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Il danno da Tso va provato - Responsabilitasanitaria.it

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Il danno da Tso va provato - Responsabilitasanitaria.it
CASSAZIONE/ La richiesta di risarcimento per un trattamento sanitario obbligatorio
«Il danno da Tso va provato»
Il paziente bipolare aveva bisogno di cure che poi aveva accettato di proseguire
1
1 provvedimento che dispone il
trattamento sanitario obbligatorio, siccome annoverabile tra
quelli restrittivi della libertà personale, lia carattere decisorio e incide su
diritti soggettivi dell'interessato. Tale
attitudine a incidere su fondamentali
diritti della persona difesi dalla Costituzione quali quello alla libertà
personale (articolo 13), alla libertà di
circolazione (articolo 16) e alla libertà di accettazione dei trattamenti sanitari (articolo 32) non implica di per
sé che, ove pure il provvedimento
dispositivo venga annullato, il destinatario sia esonerato dal dimostrare
l'esistenza di un danno ingiusto come conseguenza del trattamento subito. Il primo e principale tra i danni
astrattamente derivabili dal Tso è
proprio quello conseguente all'uso
coatto di farmaci. Se successivamente l'interessato accetta di protrarre il
trattamento, oltre i limiti imposti dalla legge, manifesta in modo lampante e inoppugnabile che egli stesso ha
escluso l'esistenza di tale danno.
Questa è l'opinione, destinata a
fare scuola, espressa nella sentenza
della terza sezione della Corte di
Cassazione civile, del 29 febbraio, n.
3.900/2016. nel respingere il ricorso
del paziente.
Il fatto. Il cittadino convenne in
giudizio, davanti al Tribunale di Venezia, il ministero dell'Interno,
un'Usi Veneta, il Sindaco del suo
paese, il medico di base che propose
il ricovero, il medico del servizio
pubblico che lo confennò e il ministero della Salute, chiedendo il risar-
cimento dei danni conseguenti al
trattamento sanitario obbligatorio che
gli era stato praticato.
A sostegno della domanda addusse che il citato trattamento lo aveva
privato dei diritti fondamentali della
persona, ledendo la sua dignità e impedendogli la realizzazione di un
rapporto di collaborazione per lo sviluppo di un brevetto industriale e la
sua immagine nei confronti dei consociati che lo consideravano "inatto".
Nelle more, il provvedimento venne
annullato dal Tribunale in quanto i
due medici aveva omesso la visita
medica con conseguente omissione
d'atti d'ufficio e nullità dell'intero
procedimento. Ciononostante, aveva
accettato di farsi curare accettando il
ricovero ospedaliero e proseguendolo oltre 0 termine previsto dalla leggeli provvedimento amministrativo
che dispose il Tso venne annullato
dal Tribunale per violazione del procedimento, in quanto il medico di famiglia si era limitato a confermare la
sindrome bipolare aggravata dall'abuso di sostanze alcooliche e da
comportamenti aggressivi e intimidatori che sintomi si erano aggravati
«sino a culminare in un episodio in
cui, annata, cercava la moglie e le fighe minacciando di ucciderle».
Era emerso, invece, che il medico
non vedeva il paziente da molto tempo e non l'aveva visto neppure nella
circostanza del ricovero. Anche il
medico ospedaliero che convalidò il
trattamento non esaminò il paziente
GIURISPRUDENZA
e di tutta la procedura è risultata le- Paola Ferrari
avvocato
gittima. La visita medica è un aspetto fondamentale della procedura e la
giurisprudenza penale ha ribadito,
più volte, la necessità dell'esame diretto del paziente destinatario del
trattamento sanitario obbligatorio.
In primo grado il Tribunale accolse la domanda e condannò le parti in
sohdo al pagamento della somma di
euro lOOmila atitolodi risarcimento
danni, nonché alla rifusione delle
spese di giudizio, pronuncia ribaltata
dalla Corte d'appello di Venezia rigettò la domandarisarcitoriadel paziente.
Secondo la Corte d'appello, anche
se il Tso era stato annullato, il paziente avendo poi accettato ti prolungamento della terapia fino al completamento del piano terapeutico
aveva accettato anche la conseguente
terapia farmacologica, conseguentemente non poteva essere risarcito il
lamentato danno «si uso di medicinali durante la degenza obbligatoria
che. poi, egli accettava di continuare».
Una volta escluso tale danno, ogni
altro danno deve essere dimostrato
dal paziente. Ciò vale, in particolare,
in riferimento al danno derivante
dalla notorietà della vicenda. Anche
a questo proposito non possono ritenersi sufficienti, affennano i giudici,
generiche affennazioni «di essere
stato trattato come un inatto e che
continua a portarsi dietro la patente
di matto», ma devono essere supportate da prove che devono essere date
dal cittadino.
Le regole del Tso
Articoli 33, 34 e 35
Iella legge 23 dicembre 1978 n. 833
G
li accertamenti e i trattamenti sanitari possono essere disposti nei confronti di persone affette da malattia
mentale e richiedono un doppio accertamento medico: il
primo del medico che vede il paziente "in loco" (artitcolo
33, terzo comma) seguito dalla "visita di convalida" effettuata dal medico specialista della struttura pubblica. L'assenza di visita medica costituisce per il sanitario un'omissione d'atti d'ufficio e comporta la nullità della procedura.
La procedura è la seguente.
• Gli accertamenti e i trattamenti sanitari obbligatori sono disposti con provvedimento del sindaco nella sua qualità di autorità sanitaria, su proposta motivata dei medici
ed attuati dai presidi e servizi sanitari pubblici territoriali e,
ove, necessiti la degenza, nelle strutture ospedaliere pub-
bliche o convenzionate. Chiunque può chiederne la revoca del provvedimento. Il sindaco deve esprimersi sulla domanda di revoca entro IO giorni. Il provvedimento con il
quale il sindaco dispone il trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera, da emanarsi entro 48 ore dalla convalida da parte dello specialista deve
essere corredato, unitamente alle proposte mediche, entro 48 ore al giudice tutelare che, eventualmente con ulteriori accertamenti, provvede con decreto motivato a
convalidare o non convalidare il provvedimento e ne dà
comunicazione al sindaco.
• Il trattamento sanitario obbligatorio per malattia mentale può prevedere che le cure vengano prestate in condizioni di degenza ospedaliera solo se esistano alterazioni
psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici,
se gli stessi non vengano accettati dall'infermo e se non vi
siano le condizioni e le circostanze che consentano di
adottare tempestive ed idonee misure sanitarie extraospedaliere.
• Nei casi in cui il trattamento sanitario obbligatorio debba protrarsi oltre il settimo giorno, e in quelli di ulteriore
prolungamento, il sanitario responsabile del servizio psichiatrico della unità sanitaria locale è tenuto a formulare,
in tempo utile, una proposta motivata al sindaco che ha
disposto il ricovero, il quale ne dà comunicazione al giudice tutelare.
• Il sanitario di cui al comma precedente è tenuto a comunicare al sindaco la dimissione e/o il proseguimento
delle cure con modalità di degenza con accordo del paziente.
• Qualora ne sussista la necessità il giudice tutelare adotta i provvedimenti urgenti che possono occorrere per
conservare e per amministrare il patrimonio dell'infermo.
GIURISPRUDENZA
ij RIERHMI:IVME RISERVATA
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