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in avaria nel mezzo della manica
Voiles & Voiliers N° 366 – Ag. 2001 Un mattino siamo partiti da Calais su una ETAP 21i inaffondabile e abbiamo provocato una via d'acqua, aprendo le valvole completamente, lasciando che la barca si riempisse d'acqua nel mezzo della nostra traversata della Manica. Poi abbiamo raggiunto Dover con i nostri mezzi. Eric Bibart, Foto di Jean-Luc Gourmelen Tempo grigio e nebbia costante durante i primi bordi della nostra traversata, l'ETAP 21i mostra di avere un temperamento dinamico. Vita vissuta IN AVARIA NEL MEZZO DELLA MANICA "Attraversare la Manica con una barca in avaria? Con i cargo e i ferry-boat? Tanto varrebbe attraversare Place de la Concorde a Parigi nell'ora di punta su una bici senza freni e con le ruote sgonfie!". Sentendo del nostro progetto, i giornalisti della redazione si dimostrano scettici, sono preoccupati. Eppure un test comparativo, fatto qualche settimana prima, e la partecipazione a vari test per l'omologazione ci avevano fornito alcune certezze riguardo all'inaffondabilità dei monoscafi. Ma volevano andare oltre con la sperimentazione, avvicinarci ad una situazione reale di avaria. Una breve navigazione a forza 2 proprio non bastava per sapere come una barca inaffondabile piena d'acqua si comporta nel mare agitato. Oltre ad effettuare una traversata, il passaggio tra Calais e Dover, con il suo traffico, la scia dei ferry e le tipiche onde corte, ci sembrava particolarmente adatto. "Allora, volete proprio attraversare lo stretto della morte?", ci dicono a Calais a mo' di incoraggiamento, precisando che i ferry effettuano un centinaio di viaggi andata-ritorno al giorno tra Calais e Dover. Sul pontile alle 6 del mattino, siamo all'inizio dell'impresa. Il vento, salito a 40 nodi nella notte, è sceso da poco e tocca i 20 nodi al momento in cui passiamo sotto il ponte che blocca l'accesso al porto. Rimorchiati dalla Rosabelle, la barca da pesca del nostro amico Vincent Guilbert, gettiamo l'ancora nell'avanporto per partire prima dell'inversione di marea alle nove. 1 Siamo d'accordo che mi imbarcherò con Jan Van Speybroeck, direttore vendite del cantiere ETAP, e che ci manterremo in contatto con Jean-Luc (il fotografo) e Vincent a bordo della Rosabelle. Con i due motori da 175 cavalli, la Rosabelle sarà la nostra indispensabile accompagnatrice durante tutta la traversata. A terra, soltanto il presidente della Società delle regate di Calais è informato del nostro tentativo. Verifichiamo il nostro equipaggiamento: a bordo, dentro un sacchetto impermeabile, abbiamo un GPS portatile, una bussola di rotta e una di rilevamento, una carta nautica dettagliata, un anemometro manuale, due secchi, una sassola, spugne e materiale di sicurezza in conformità con le regole del Belgio, di cui battiamo la bandiera. Sono stati lasciati a terra per questa prova diversa dalle altre, il pagliolato, i cuscini dei divani, i fornelli e tutti gli accessori fragili. La VHS portatile, infilata in un sacchetto di plastica, è appesa in alto e solo il microfono sporge dall'imballaggio. Prima d'imbarcarci, Jan ed io indossiamo la tuta di sopravvivenza TPS Cotten, nella quale è facile muoversi, al caldo e all'asciutto. Così siamo pronti a ogni eventualità. Spero solo che tra qualche ora l’ufficiale di un ferry, pieno di buone intenzioni, non chiami la guardia costiera per segnalare due marziani in tuta di sopravvivenza che si muovono su una piccola barca a vela stranamente troppo bassa nell'acqua. In marcia! Rimorchiati dalla Rosabelle, usciamo dal porto alle 8 e prendiamo la linea diretta attraverso i banchi all'esterno del porto per toglierci dalle rotte dei ferry. Al largo, issiamo la randa e il fiocco numero 2. Il tempo non è bello. Il mare, molto mosso, è grigio ed è arrivata la nebbia, la visibilità è molto ridotta. Entrambi all'aperto, facciamo fatica a tenere la barca e decidiamo subito di prendere una mano di terzaroli, una manovra facile a bordo della nostra ETAP 21i che è dotata di presa automatica di terzaroli. Di bolina, sulla giusta rotta per raggiungere Dover, abbiamo una velocità di quasi 5 nodi sul fondo. Con la VHF Rosabelle ci segnala tre eco radar a 1,4 . Nella dinette del Rosabelle si studia la rotta e si verificano le condizioni di sicurezza miglia. Dopo un'ora di navigazione, filiamo sempre a gonfie vele. A bordo, Jan ed io ci domandiamo, quando sentiamo in lontananza muggire le sirene dei cargo, senza vederli: vogliamo proprio aprire le valvole adesso, con questo vento e con questo mare ad onda corta, senza visibilità ? Vorrebbe dire sommare troppe circostanze contrarie. 2 "Pronto, Rosabelle? Le condizioni non sono buone. Pensiamo di tentare l'esperimento al ritorno da Dover". "Ricevuto. Se continuate così, sarete a Dover verso mezzogiorno e mezzo...". Mezz'ora dopo, la situazione migliora in pochi minuti. Lasciamo dietro di noi una grande zona grigia e navighiamo sotto un bel cielo blu e il sole che brilla. Miracolo...Il mare si è un po' calmato e il vento è calato al punto che possiamo issare tutta la randa. Non ci vuole molto per metterci d'accordo. "Facciamo il colpo?"."Dai, andiamo!". Sono le 10, 20, Jan scende in cabina, apre le due piccole valvole della toilette e cerca inutilmente di togliere il grosso tubo di scarico del lavandino della cucina. Dal pozzetto, lo vedo darsi da fare sotto coperta: non ce la fa. Alla fine, non gli resta che tagliare il tubo col coltello. "Pronto, Rosabelle? Abbiamo appena aperto le valvole!". "E allora?". "Non si riempie!". Mura a sinistra, le valvole sono troppo in alto sull'acqua; dobbiamo virare di bordo affinché le prese d'acqua siano ben al di sotto della linea di galleggiamento. Una specie di geyser esce subito da ognuna delle valvole. Vittoria, affondiamo! Diamo un'occhiata al traffico attorno a noi: tre ferry attraversano lo stretto una dietro l'altra., una “Seacat” le raggiunge e due cargo si profilano in lontananza. Niente di allarmante. All'interno, una bella acqua chiara comincia a riempire il fondo e noi manteniamo per un po' questa andatura per assicurarci di riempire la barca al di là del punto d'equilibrio. A un certo punto, e per effetto del principio dei vasi comunicanti, il livello interno e quello esterno devono allinearsi e l’eventuale surplus di acqua imbarcata deve uscire dalle valvole aperte. Per il momento, il livello sale, lentamente ma continuamente, e l'acqua raggiunge il livello dei divani, circa mezz'ora dopo aver aperto le valvole. In confronto con le prove che avevamo precedentemente effettuato in modo statico, questo riempimento dinamico è molto più rapido. Al timone, il comportame nto dell'ETAP 21i è cambiato. Non batte più nell'onda corta. Appesantita, non si alza più con la cresta dell'onda e, una volta completamente riempita d'acqua, abbiamo l'impressione che la carena si incolli all'elemento liquido come se il mare fosse vischioso. Attraversiamo, nel silenzio assoluto e senza sollevare molta schiuma, le onde della scia tracciata da un ferry poco lontano. Non bagniamo il ponte e, all'interno, l'acqua fa sciacquii limitati. Quando il livello dell'acqua non sale più, viriamo di bordo e riprendiamo la rotta verso Dover. Il timone è più duro, ma la barca si muove perfettamente. Solo le correzioni richiedono più anticipazione e spostamenti lenti, ma, parlando sinceramente, sono un po' deluso: non subiamo i cambiamenti di rotta ed i rollii che mi aspettavo nella risacca a causa del spostamento della carena liquida. Con i piedi (con stivali) nell’acqua, si potrebbe persino prepararsi un bel pasto caldo ! 3 La rotta di andata e ritorno Prima di questo esperimento, pensavo che i problemi maggiori sarebbero potuti venire da questa massa d'acqua imbarcata. Ritenevo che attraverso i suoi movimenti avrebbe provocato degli squilibri durevoli. A bordo dell'ETAP 21i, questa ammonta a circa una tonnellata, vale a dire circa l'equivalente del peso della barca. Credevo sarebbe stata capace di proiettarsi in avanti e di dare tali colpi di maglio che tutta la barca ne sarebbe stata sconquassata e che la legatura scafo-coperta avrebbe potuto minacciare di aprirsi come una vecchia scarpa. Le prove comparative, effettuate prima di questo esperimento, non avevano confermato questi timori, ma che cosa sarebbe successo in alto mare? Adesso, Troppo bassa, la pompa obbliga l’utilizzatore a sfiancarsi ben presto è quasi deludente, questa carena liquida sulla cui superficie navigano secchi, gilet, pagaie e presto un numero di Voiles et Voiliers (e sì, cari abbonati, la vostra rivista preferita vi viene consegnata in un imballaggio inaffondabile!). L'acqua rimbalza talvolta fino agli armadietti superiori, ma non crea squilibri visibili a bordo dell'ETAP 21i, che procede a quasi 5 nodi, ben guidata dalle sue vele. Confrontando le velocità prima e dopo il riempimento, abbiamo perso appena poco più di mezzo nodo! Sono il primo ad esserne deluso. La semplice osservazione consente di costatare che all'interno i volumi tra il blocco cucina, i divani laterali e le cuccette di prua sono sufficientemente compartimentati ed abbastanza alti per limitare lo spostamento della massa d'acqua. I movimenti si neutralizzano l'un l'altro e l'acqua imbarcata ribolle come il mare che c’è fuori. Fissati con cerniere, i coperchi dei gavoni sotto i divani si aprono e poi si chiudono seguendo le onde e sbattono come ostriche nelle vasche di purificazione. L'acqua ha riempito pure i gavoni del pozzetto di circa venti centimetri. "Se avessimo un po' più vento e mare, dovremmo ridurre la tela", osserva Jan Van Speybroeck . 4 In effetti, in una situazione come questa, il pericolo più grande è quello di rompere l'albero, perché l'albero e le sartie sono calcolate in funzione del peso della barca! Per il momento, con 15 nodi di vento reale, tutto lavora senza il minimo segno di logoramento. È già più di un'ora che navighiamo così. Dobbiamo convincerli per VHF gli occupanti della Rosabelle, che noi siamo pieni d'acqua al massimo: la nostra linea di galleggiamento è scesa solo di circa 25 centimetri, una differenza appena percettibile. Se non avessimo le TPS, potremmo incrociare qualsiasi barca senza attirare l'attenzione. Nel pozzetto non abbiamo mai avuto i piedi nell'acqua e, se mi avessero bendato gli occhi, soltanto la pesantezza persistente del timone mi avrebbe fatto pensare che ci fosse qualcosa d’anormale. La Rosabelle accosta e JeanLuc sale a bordo per fare delle foto. L'ETAP 21i incassa il peso di questo nuovo venuto senza lamentarsi. Ci spostiamo persino da un capo all'altro della barca senza che ciò disturbi il suo equilibrio. All'interno, tutto galleggia e, mentre Jan è alla barra, vado nel quadrato e mi siedo nel nostro "mare interno" per mangiucchiare qualcosa che ha portato Jean- Luc. La realtà diventa fiction: mentre noi stavamo riempiendo d'acqua la barca, Jean-Luc e Vincent hanno visto passare poco distante, in superficie, un enorme tronco. Per poco, forse non sarebbe stato necessario aprire le valvole! Ritroviamo qui lo scopo del nostro esperimento. Una barca inaffondabile non è fatta per navigare per ore piena d'acqua, mentre noi giriamo i pollici, ma per assicurare un margine di sicurezza che permetta di cercare la via d'acqua, di tapparla, di svuotare la barca e di ripartire normalmente. Intanto, appaiono in lontananza le falesie di Dover: meravigliose sotto il sole, sembrano imballate da Cristo, tanto i drappeggi sono armoniosi. Decidiamo di chiudere le valvole e di svuotare la barca. Un secchio per l’uno, la pompa fissa per l'altro, l'acqua prigioniera comincia a riprendere il suo posto all'esterno della barca. Quale compito è il migliore? Di chi usa il secchio o di chi manovra la pompa? Ho il sospetto che quest'ultima, ubicata molto in basso, sia sponsorizzata dalle associazioni dei kinesiterapisti. Dopo cinquanta colpi, è impossibile non avere i muscoli lombari in frantumi! Secchio alla mano, impassibile, Jan svuota la barca versando l'acqua nel pozzetto. Manovrando sia il timone che la pompa, alternandomi con regolarità con Jean- Luc, confesso di aver presto smesso di contare i colpi. In ogni caso, in tre, con un secchio e una pompa attivata in continuazione, l'ETAP 21i è stata svuotata in poco più di venti minuti, il che sembra più che ragionevole. Ritroviamo una barca leggera, viva e che corre allegramente sulle onde. Presi di nuovo a rimorchio in vista dei moli, entriamo nel porto di Dover alle ore 13,15. Dimostrazione perfetta. Ripartiti un'ora dopo, veleggiamo con brio al largo verso Calais, che raggiungiamo in quattro ore. L'ETAP 21i, sempre con fiocco e randa, ci ha dato una bella dimostrazione delle sue capacità. Un applauso ai due architetti Mortain e Mavrikios. Ecco una bella barca di piccola crociera costiera, esteticamente bella, rapida e facile da manovrare. Quanto alla sicurezza, non c'è più da dimostrarla... E.V. A barca svuotata. Addio all’Inghilterra ! Completata l’esperienza, ripartiamo, dopo aver vuotato l’acqua dalla barca, e filiamo a bella andatura verso Calais … 5 Da “ Voile set Voiliers” N° 366 – agosto 2001 Traduzione del riquadro a pag. 2 intitolato “ L’ETAP 21i à la loupe” L’Etap 21i sotto la lente d’ingrandimento _______________________________ Prodotta Estetica Rapida fino ad oggi in 350 esemplari, l’ETAP 21i è attualmente la barca più venduta del cantiere ETAP. La coperta di questa barca è costruita mediante iniezione, tecnologia messa a punto dal cantiere stesso. Dopo le prove successive al lancio di questa serie, ci si è accorti che c’era troppa schiuma (di poliuretano espanso) nella zona di prua, il che ha permesso di rimuoverne una parte e di sistemare dei volumi di stivaggio sotto il letto di prua. e , l?ETAP 21i è veramente l’esempio azzeccato della piccola barca trasportabile per famiglia, destinata sia all’uscita giornaliera che alla crociera costiera. Noi abbiamo dimostrato che si puo’ tranquillamente andare (dalla Francia) all’Inghilterra a bordo di questa unità. Altri , sono andati ancora molto più lontano, ma senza dubbio non è consigliabile di oltrepassare il programma reale di questa barca. Così, l’autunno scorso, una ETAP 21i tedesca ha attraversato l’Atlantico, condotta da una coppia di prepensionati e da un loro nipote, avventura per niente raccomandabile … Caratteristiche: lunghezza fuori tutto (L.F.T.) 6,56 m lunghezza scafo 6,26 m lunghezza al galleggiamento (L.G.) 6,10 m baglio massimo (B.M.) 2,49 m larghezza al galleggiamento 1,95 m pescaggio con chiglia Tandem 2M 0,70 m pescaggio con chiglia lunga 1,30 m altezza (tirante d’aria) 10,40 m dislocamento 1150 (con 2M) / 1100 Kg bulbo (per pescaggio 0,70 m) 350 Kg bulbo (per pescaggio 1,30 m) 300 Kg superficie velica randa 15,5 m 2 fiocco 8,4 m 2 categoria di progettazione CE : C categoria della Marina Mercantile Francese: 3a Architetti: Mortain & Mavrikios ETAP Yachting N.V 6