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The Lay of Mantel, edited and translated by Glyn S
DOI 10.1515/zrp-2014-0070 ZrP 2014; 130(3): 853–856 The Lay of Mantel, edited and translated by Glyn S. Burgess and Leslie C. Brook (French Arthurian Literature, 5), Cambridge, Brewer, 2013, 170 p. Da qualche anno, Glyn S. Burgess (da solo o con la collaborazione di Leslie C. Brook) sta pubblicando i lais in langue d’oïl, sia quelli anonimi pubblicati nel 1976 da Prudence M. O’Hara Tobin (Three Old French narrative Lays: Trot, Lecheor, Nabaret, Liverpool, Univ. of Liverpool, Dep. of French, 1999; Eleven Old French Narrative Lays, edited and translated by Glyn S. Burgess and Leslie C. Brook, Cambridge, Brewer, 2007), sia sparsi al di fuori di questa raccolta, come Ignaure e Oiselet (The Old French Lays of Ignaure, Oiselet and Amours, edited and translated by Glyn S. Burgess and Leslie C. Brook, Cambridge, Brewer, 2010). L’edizione del Mantel rientra in questo programma, segnalandosi – lo si può dire subito – per una notevole accuratezza di esecuzione. Tale accuratezza si segnala sin dall’intitolazione: Lay of (du) Mantel, ottenuto dalla valutazione della tradizione manoscritta al posto dei più frequenti Cort Mantel o di Mantel Mautaillé con cui il testo è per lo più noto. Mantel è uno dei testi della letteratura cortese breve ad essere tràdito da molteplici testimoni, ben cinque attualmente, numero che fa supporre una più che probabilmente cospicua tradizione manoscritta, molto più ampia a comparazione sia di quella dei Lais di Marie de France, sia della maggior parte dei Lais anonymes. Il testo, pur nella canonica brevità dei lais (intorno ai 900 ottosillabi), presenta non pochi punti di interesse, e – si può dire – di incertezza. Numerosi sono i problemi che esso presenta, a cominciare dai quelli schiettamente ecdotici, la cui disamina si amplia in varie direzioni, come lo statuto medesimo della composizione, che fa catalogare Mantel senza dubbio nel gruppo dei lais, ma con qualche (inquietante?) attrazione verso la scrittura comica dei fabliaux. Mantel risulta dunque uno dei migliori e più caratteristici appartenenti a quella «zona grigia» intermedia tra scrittura eminentemente cortese dei lais e scrittura comica fabliolistica, con passaggi intermedi che cooptano i possibili rappresentanti ora verso una direzione, ora verso l’altra. Si dica anzitutto del problema ecdotico. La tradizione di Mantel è affidata appunto a cinque manoscritti: A, cioè: Paris, Bibliothèque Nationale de France 1593 (fine XIII sec.); B, Berne, Bibliothèque de Berne 354 (fine XIII sec.); C, Paris, Bibliothèque Nationale de France, fr.353 (prima metà del XIV secolo); S, Bibliothèque Nationale de France nouv. Acq. Fr. 1104 (fine XIII o inizio XIV sec.); T, ancora Bibliothèque Nationale de France, fr. 837 (fine XIII sec.). Mantel è qui pubblicato prendendo S come base. Come è noto, questo manoscritto è preziosa silloge della maggior parte dei lais che si sia conservata (contenendone ben ventiquattro, anonymes o di Marie de France) e testimone di notevole qualità (cf. l’Introduction all’edizione Tobin). Di fronte alla scelta di pubblicare il lai attra- Unauthenticated Download Date | 7/6/16 10:44 PM 854 Besprechungen verso la prassi di ricostruzione di un possibile archetipo, i nuovi editori hanno quindi preferito ricorrere al bon manuscrit, identificato con la versione del MS 1104: decisione che potrebbe essere forse ritenuta confutabile e soggetta ad altre opzioni, ma che nel caso – chi scrive sostenendo eguale posizione – viene qui del tutto approvata. La versione del MS 1104 è in effetti la più completa (914 ottosillabi), e sembra per più ragioni (accoglienza nell’1104, veste linguistica, concorde giudizio moderno) esibire una buona qualità. Nella nuova edizione, la versione di S viene completata con due versi assenti dalla sua tradizione e indispensabili per la comprensione del testo (vv. 785–786), diminuita di un altro verso (v. 391), che viene espunto, o meglio corretto, perché errato nel manoscritto, rivista poi, e corretta, in cinque passaggi (vv. 475–480, 522, 525–527, 636, 658), laddove un copista tardo era intervenuto successivamente a modificare la lezione di S. L’edizione di S è poi fatta seguire (Appendix I) da una trascrizione del MS B (882 ottosillabi), allegata per la presenza di alcune lezioni nettamente distanti: decisione se non altro interessante, che segnalando tali varianti (ad esempio la lunga scrittura dei vv. 474–481), mette in rilievo l’accentuazione (a differenza di S, che l’attenua) del côté fabliolistico, a spese di quello più strettamente ancorato alla comune poetica del lai. Alle questioni ecdotiche si legano immediatamente i problemi dell’autore e della datazione. Dell’uno niente si può dire, poiché non si trova menzione del suo nome in nessuno dei cinque testimoni, né è possibile reperirne in essi una qualsiasi traccia individuante. L’autore non può, con totale sicurezza, essere ricondotto a Marie de France, come, ancora nel XIX secolo (1885), poteva pensare l’editore Wulff; di lui si può solo affermare che dovesse essere bene a conoscenza delle convenzioni letterarie e genericamente culturali della materia arturiana, situandosi nel sillage della scrittura delle opere «brevi» tipica di questa. Più dubbia, se mai, la questione della datazione. In proposito vengono passate in rassegna le opinioni dei precedenti editori del testo, mettendo Mantel in rapporto con la data di composizione del Lai du Cor, che tratta un argomento analogo a Mantel, benché sostituendo un mantello magico al corno magico come oggetto del Chastity Test cui sono sottoposte le donne della corte arturiana. Di queste opinioni la nuova edizione di Mantel sottolinea le esitazioni cui sono andati, sostanzialmente, incontro i precedenti editori, non decidendo per la priorità di un testo rispetto all’altro, e dunque non decidendo in merito alla datazione di entrambi: sospensione decisa anche sulla base dell’opinione dell’editore in precedenza più competente di entrambi i testi, Philip E. Bennett, di cui si cita la conclusione (Mantel et Cor. Deux lais du XIIe siècle, University of Exeter, 1975, XVII) che «it is probably wise to accept Bennett’s verdict that we cannot establish ‹la priorite d’un texte sur l’autre›» [8]. Sul rapporto tra Cor e Mantel è però – forse – possibile sfumare il giudizio, rammentando che alcuni indizi meritano, se non altro, di essere presi in conside- Unauthenticated Download Date | 7/6/16 10:44 PM Besprechungen 855 razione. Due, in particolare. Uno è rappresentato dal fatto che Cor sia scritto in versi esasillabi. Nella narrativa breve, questo tipo di verso è di uso antico, da collocare entro il XII secolo, quando in ambito anglo-normanno esso è di uso relativamente comune per autori didattico-narrativi, come Philippe de Thaon. Non lo si trova invece mai usato per i Lais, che adoperano sempre l’ottosillabo, sull’esempio del primo autore (autrice) di questo tipo di composizioni, Marie di France. Trovare quindi un lai che ricorra all’esasillabo, come avviene per Cor, fa pensare che la tradizione, già impostata su Marie, non fosse ancora stabilizzata al punto da non riconoscere altro che l’ottosillabo, ma trovasse naturale il ricorso ad un verso che poteva apparire ancora comune. Come infatti ritiene di essere legittimato a fare Cor, ma non Mantel. A questo punto, però, entra in gioco un altro fattore, che deve tener conto di un terzo testo, di una terza versione della storia del Chastity Test, il Livre de Carados, terza branche della Première Continuation Perceval, che racconta anch’esso la stessa storia del cavaliere Caradoc e della sua fedele compagna (moglie o fidanzata o amante). Ma di questo si dica più avanti. Proseguendo nella lettura dell’Introduction, si notano ancora la trattazione della questione del Prologue di Mantel, dei tre versi incipitari che risultano comuni a Cor (un possibile accidente di trasmissione), e dell’inusualmente lungo Epilogue con il suo ammicco alle ascoltatrici, dell’indagine sui personaggi, maschili e femminili, sul tema e sulle immagini, sulla resa dell’episodio dell’arrivo del vallet alla corte arturiana, e specialmente dei problemi del genere di appartenenza di Mantel e dei rapporti con testi antecedenti e successivi. Quanto a questi, gli editori individuano come possibile antecedente la prova che nel Tristan di Béroul, Yseut deve affrontare quando viene a trovarsi al guado, sulle spalle di Tristan déguisé da lebbroso e deve convincere Marc di non aver conosciuto carnalmente altro uomo che questo, oltre al re medesimo (Tristan, vv. 3217–4266). Viene poi ricordata l’affinità di Mantel con Cor e con la trattazione dell’episodio nel Livre de Carados, appartenente alla Première Continuation Perceval, le variationes costituite dal Tristan en prose (§ 526, ll. 17–21), dalla Vengeance Raguidel di Raoul de Houdenc, dove un episodio consimile riguarda Gauvain e l’amante Ydain, dai pochi versi di Renart le Contrefait dell’Épicier de Troyes (vv. 4325–4422 nell’edizione Raynaud-Lemaître) e dal Lanzelet di Ulrich von Zatzikhoven (vv. 5679–6228), da situare intorno all’inizio del XIII secolo. Testi, tutti, di rilievo per la loro epoca, che testimoniano autorevolmente di una ricezione elevata del motivo del Chastity Test. Tra essi, il Livre de Carados offre (a parere di chi scrive) qualcosa di più. Esso fornisce forse, come si è annunciato, un appoggio cronologico a Mantel: perché il Lai sembra riprendere: 1) il motivo dell’envie (vv. 856– 860) che si diffonde nella corte arturiana dopo il superamento della prova del corno da parte dell’amie di Caradoc (il lungo racconto della III branche termina con una ripresa di questa declinazione del test di castità), 2) e il momento della Unauthenticated Download Date | 7/6/16 10:44 PM 856 Besprechungen rapida partenza dalla corte arturiana, che nel romanzo compiono Caradoc e Guignier, in Mantel Caradoc e quella che T nomina come «Galete» (vv. 886–889). Particolari che non si trovano in Cor e che avvicinano invece Carados e Mantel, facendo inclinare la congruenza tra i due testi in favore di Carados, che sembrerebbe porsi come precedente se non altro per la qualità testuale e l’importanza del progetto romanzesco. Tornando a Mantel: sul problema del genere cui appartiene Mantel, ma anche Cor, si sono espressi, ed hanno discusso, tutti gli esegeti del testo (dei due testi, invero). Mantel e Cor sono lais o fabliaux? Il dubbio concerne specialmente Mantel, che anche più di Cor indulge a particolari che paiono sconfinare nella grivoiserie anche molto spinta. Saggiamente i nuovi editori, dopo aver vagliato ogni parere, risolvono puntando sul lai: né potrebbe essere diversamente, dato che Mantel si pone nella piena corrente della mentalità, cultura e ideologia cortese, senza mostrare possibili fluttuazioni nella direzione «borghese» e parodistica di tanti testi che parrebbero porsi a metà tra lai e fabliau perché declinano temi-motivi di appartenenza cavalleresca in tono non-cavalleresco. Si può dire che sia la natura del messaggio a fare il lai (o il fabliau), in compagnia, senza dubbio, di specificazioni più o meno virate sull’erotico e il comico osceno: come avviene ad esempio per il fabliau De l’annel qui faisoit les vis grans et roides, che non ha niente di cortese, a dispetto del ricorso al motivo dell’oggetto magico (e che oggetto: gli anelli non avendo nella letteratura medievale che impieghi in ogni senso cortesi); o per il fabliau Du chevalier qui faisoit les cons parler o per Berengier au long cul, che «non» possono essere lais, perché è anzitutto la qualità della loro concezione anti-cortese a determinarne la direzione. Mentre Cor, ed anche Mantel, non esulano mai da una piena adesione cortese, a scapito di qualche possibile concessione comica. In conclusione: la nuova edizione si segnala come molto buona, ottimale nell’equilibrio che mostra a riguardo della proposizione del testo e del suo contesto letterario, esito di un lavoro che pare rimarchevole, in special modo sotto l’aspetto ecdotico, laddove fa il punto e corregge alcuni elementi rimasti in sospeso nelle edizioni precedenti. Che, anche, riesce a mantenere intatto il fascino di questa tradizione «breve», ma non esauribile nelle sue molte riprese. A quando, dunque, una nuova edizione di Cor? Prof. Dr. Margherita Lecco: Università degli Studi di Genova, Dipartimento di Italianistica e Romanistica, via Balbi 2, I-16126 Genova, E-Mail: [email protected] Unauthenticated Download Date | 7/6/16 10:44 PM