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Cinematica: moto in una dimensione I parte

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Cinematica: moto in una dimensione I parte
Questi appunti trattano del problema fondamentale del moto in una
dimensione, tradizionalmente il primo capitolo di un corso di Fisica; sono
stati pensati e preparati allo scopo di abituare all’uso di strumenti
matematici avanzati come derivate e integrali, essenziali per una corretta
formulazione e comprensione delle leggi Fisiche.
In particolare i temi trattati in questi appunti si affiancano al capitolo 2 del
libro di testo, e sostituiscono completamente il paragrafo 2.5; vi sono anche
alcuni problemi di approfondimento. Vi si trova inoltre una applicazione a
un problema classico di “dinamica delle popolazioni”
Cinematica: moto in una dimensione
I parte
1) Legge oraria
Si ha un moto in una dimensione quando il movimento di un corpo (un oggetto, una
particella, comunque schematizzabili come punti materiali) avviene su una linea retta, o in
generale se il movimento è comunque vincolato a seguire un percorso fissato, anche
curvilineo. Assegnato un sistema di coordinate, normalmente cartesiane, e un’unità di misura,
il moto del corpo è completamente specificato dalla sua posizione spaziale in funzione del
tempo x(t), detta anche “legge oraria”, cioè una funzione che assegna un valore alla
coordinata x per ogni tempo t ; essa può essere validamente rappresentata graficamente su un
piano cartesiano t-x, come mostrato in questi esempi:
c)
b)
a)
x
x
x
0
0
t
0
t
T
t
a) la posizione x varia all’aumentare del tempo t, aumentando in modo abbastanza regolare;
b) x varia col tempo t in modo non semplice;
c) x varia in modo periodico: gli stessi valori della coordinata x(t) si ripetono dopo un
intervallo di tempo costante detto periodo T.
La variazione della posizione del corpo durante un intervallo di
tempo finito
∆t = t f − ti
è detta “spostamento”, e viene scritta come:
∆x = x f − xi
x
xf
∆x
xi
0
∆t
ti
tf
t
dove xi = x(ti) è la posizione al tempo iniziale ti , mentre xf = x(tf) è la posizione al tempo
successivo (finale) tf .
Useremo sempre il simbolo ∆ per indicare un intervallo o differenza finita tra due
quantità. Un intervallo potrà in generale essere positivo, negativo o nullo, secondo i casi, e
può essere rappresentato graficamente come nel disegno.
Lo spostamento non è in generale identificabile con lo spazio percorso, o con la
“distanza” percorsa dal corpo, in assenza di altre informazioni su come il corpo sia passato
dalla posizione iniziale a quella finale. Ad esempio, se consideriamo un moto periodico, lo
spostamento tra due posizioni corrispondenti ad un periodo temporale T è zero (si ritorna alla
stessa coordinata x), ma ovviamente non lo è distanza percorsa.
2) Velocità istantanea
Un’importante quantità che caratterizza il moto è la velocità v; una prima idea elementare
può essere ricavata dalla osservazione dello spostamento ∆x effettuato dal corpo durante
l’intervallo di tempo ∆t, definendo la velocità media v come:
v=
x −x
∆x
= f i
∆t
t f − ti
cioè semplicemente il rapporto tra lo spostamento ∆x e il tempo ∆t.
In realtà il significato intuitivo di velocità è molto meglio espresso dal concetto di
velocità istantanea v(t); infatti un corpo può andare più o meno “veloce” in diversi istanti di
tempo e a noi interessa poter descrivere i dettagli fini del suo moto. La velocità istantanea di
un corpo all’istante scelto t, che sarà quindi in generale una funzione del tempo, è definita e
calcolabile operativamente partendo dalla formula precedente, considerando il piccolo
spostamento ∆x effettuato dal corpo durante un intervallo di tempo ∆t piccolo a piacere,
preso a partire dall’istante considerato t (e questo è anche il modo di funzionare di molti
strumenti per misurare la velocità); è essenziale che ∆t = tf - t sia preso piccolo per quanto
possibile proprio per seguire passo passo e con precisione il moto del corpo (vedi la
Osservazione 1).
Matematicamente, possiamo pensare di prendere ∆t tendente a zero, cioè infinitesimo,
e quindi il discorso precedente risulta essere nient’altro che l’usuale definizione di derivata di
una funzione; in questo caso abbiamo la posizione x come funzione della variabile tempo t, e
la velocità istantanea è la derivata rispetto al tempo della funzione posizione:
v(t )
=
∆x
∆t → 0 ∆t
lim
=
dx
dt
(1)
dove si è usato il simbolo dx/dt (detto rapporto dei differenziali di x e di t ) per indicare la
derivata di x(t).
E’ importante notare che questo simbolo, che useremo sempre per indicare una derivata,
ha un diretto significato, simile al modo elementare in cui viene inteso il concetto di velocità;
infatti, ponendo dx (o dt) al posto di ∆x (o ∆t) indichiamo esplicitamente, ora e nel seguito,
che consideriamo intervalli (spaziali o temporali) piccoli a piacere, al limite infinitesimi, in
Matematica detti anche differenziali. La velocità istantanea è il rapporto tra uno spostamento
spaziale infinitesimo dx e un intervallo temporale infinitesimo dt. In Fisica tale operazione
ha sempre significato e fornisce valori sempre più precisi della velocità istantanea, cioè
sempre più vicini al valore della derivata di x(t), quanto più piccoli possono essere considerati
gli intervalli dx e dt (vedi la Osservazione 1).
E’ importante anche considerare che si può scrivere la formula inversa :
dx = v (t ) dt
(2)
(simile alla ∆x = v ∆t ) che risolve il problema di trovare il valore del (piccolo) spostamento
dx effettuato dal corpo in esame, durante un (piccolo) intervallo di tempo dt, partendo
dall’istante t in cui la velocità del corpo è v(t); naturalmente il risultato è tanto più preciso
quanto più piccolo è l’intervallo dt considerato. Ritorneremo su questo argomento,
estendendolo a intervalli non infinitesimi ma finiti, nella parte II.
Infine ricordiamo che nel sistema SI lo spostamento di misura in metri (m), il tempo in
secondi (s), e quindi la velocità ha le dimensioni di una lunghezza divisa per un tempo,
ovvero m/s (metri al secondo).
Osservazione 1
Quanto possono essere “piccoli a piacere” gli intervalli spaziali o temporali? In generale
la piccolezza degli intervalli da considerare dipende sia dalla precisione con cui in Fisica è
possibile misurare lunghezze o tempi, sia dal tipo di problema in esame. Oggi è possibile
misurare con precisione lunghezze dell’ordine dell’angstrom (10-10 m) e intervalli di tempo
dell’ordine del femtosecondo (10-15 s), con tecniche di microscopia e laser impulsati,
consentendoci quasi di osservare atomi in movimento durante reazioni chimiche. Questa
precisione è chiaramente eccessiva se vogliamo descrivere il moto di un oggetto di dimensioni
macroscopiche (dell’ordine del metro), ma indica che la richiesta di “intervallo piccolo a
piacere” può essere in pratica soddisfatta, e quindi è giustificato l’uso del concetto di
infinitesimo.
3) Accelerazione
L’ esperienza ci dice che la velocità di un oggetto può variare nel tempo; nel linguaggio
ordinario si parla di oggetto accelerato (o decelerato). Inoltre è importante osservare che la
velocità può variare non solo nella sua grandezza assoluta (il modulo) ma anche in direzione,
come avviene ad esempio quando un veicolo esegue una curva.
Possiamo precisare il concetto di accelerazione, cioè di variazione della velocità,
definendo, in analogia con quanto fatto nel paragrafo precedente (formula (1)),
un’accelerazione media e soprattutto un’accelerazione istantanea a. Consideriamo cioè la
variazione della velocità ∆v = vf – vi del corpo che si ha durante un piccolo intervallo di
tempo ∆t preso a partire dall’istante considerato t; in particolare vi = v(t) è la velocità
istantanea del corpo al tempo t, vf = v(tf) = v(t + ∆t) è la velocità istantanea del corpo al
tempo successivo tf = t + ∆t. L’accelerazione istantanea è data dal rapporto tra la variazione
della velocità istantanea e l’intervallo di tempo, preso piccolo per quanto possibile, come nel
paragrafo precedente :
a (t )
=
∆v
∆t → 0 ∆t
lim
=
dv
dt
(3)
Risulta quindi che l’accelerazione istantanea, che esprime come la velocità istantanea di
un corpo varia nel tempo, è la derivata rispetto al tempo della funzione velocità, e in
generale potrà essere anche essa una funzione del tempo. Il differenziale della velocità dv
rappresenta evidentemente la variazione infinitesima della velocità istantanea che si ha
nell’intervallo di tempo infinitesimo dt. Osserviamo anche che, usando le definizioni viste, si
ha, matematicamente :
dv d  dx 
=  =
a (t ) =
dt dt  dt 
d 2x
dt 2
(4)
cioè l’accelerazione istantanea é anche la derivata seconda della funzione posizione rispetto al
tempo.
Dalla definizione della accelerazione, abbiamo subito la formula inversa :
dv = a (t ) dt
(5)
che risolve il problema di trovare la piccola variazione di velocità dv del corpo in esame,
durante un piccolo intervallo di tempo dt, partendo dall’istante t in cui il corpo ha
accelerazione istantanea a(t). Infine osserviamo che dalla definizione si ha direttamente che
nel sistema SI l’accelerazione si misura in m/s2 (metri al secondo quadro).
Concludendo, abbiamo visto come le tre grandezze cinematiche fondamentali posizione,
velocità e accelerazione, definite a partire dal loro significato intuitivo, sono legate da
un’operazione di derivazione. Per ogni tempo t, possiamo studiare il moto di un oggetto,
passando dalla funzione posizione x(t) alla funzione velocità istantanea, e alla funzione
accelerazione istantanea usando le note regole di derivazione. In sintesi :
x = x (t )
⇒{
v = v(t )
derivazione
⇒{
a = a (t )
(6)
derivazione
4) Tre esempi
a) Moto uniforme nel tempo; la posizione x di un corpo in movimento su una retta (o su
una curva data) varia linearmente nel tempo con la formula:
x(t ) = x0 + b t
dove x0 = x(0) è la posizione iniziale fissata (per semplicità si è preso il tempo iniziale a zero,
ti = 0 s) e b è un’opportuna costante. Notiamo che per lo spostamento si ha ∆x = b ∆t, cioè
proporzionale all’intervallo temporale. Usando le regole di derivazione ricaviamo subito la
velocità v(t) = dx / dt e la accelerazione a(t) = dv / dt istantanee:
v (t ) = b ;
a (t ) = 0.
Quindi la velocità del corpo è costante e uguale a b, mentre l’accelerazione risulta nulla.
b) La caduta libera dei corpi; come mostrato da Galileo, se si trascura la resistenza
dell’aria, un corpo cade da fermo secondo la legge:
y ( t ) = y0 − c t 2
dove y0 = y(0) è la posizione iniziale su un asse verticale (altezza) con ti = 0 s, mentre c è
un’opportuna costante; l’altezza y del corpo che cade diminuisce proporzionalmente al
quadrato del tempo. Dalle regole di derivazione ricaviamo subito la velocità verticale vy(t) =
dy / dt e l’accelerazione verticale ay = dvy / dt :
v y (t ) = − 2 c t ;
a y = − 2 c.
La velocità del corpo è negativa (diretta verso il basso) e varia linearmente col tempo;
l’accelerazione è costante, e a posteriori si vedrà che il suo modulo corrisponde
all’accelerazione di gravità g = 9.8 m/s2 (|ay| = 2c = g).
c) Moto oscillatorio armonico; è il caso delle molle o dei pendoli. La coordinata x(t)
esegue un moto periodico dato da una funzione sinusoidale del tipo:
x (t ) = A cos(ω t + ϕ )
dove le tre grandezze caratteristiche A, ω e ϕ sono dette rispettivamente ampiezza, pulsazione
e costante di fase, ed hanno dei valori costanti assegnati. Dalla regola di derivazione di
funzioni composte (ripassare le regole di derivazione!) abbiamo:
v(t ) = − A ω sen(ω t + ϕ ) ;
a(t ) = − A ω 2 cos(ω t + ϕ ).
La velocità e l’accelerazione sono quindi delle funzioni sinusoidali (e periodiche) del tempo.
(Per ora questo è un semplice esercizio di derivazione, ma verrà ripreso in seguito quando si
studieranno le forze elastiche e il moto oscillatorio armonico)
5) Rappresentazioni grafiche
E’ importante e utile saper rappresentare graficamente le tre
grandezze cinematiche considerate (posizione, velocità, accelerazione)
retta tangente in P
e saper “leggere” un grafico. Ricordiamo che la derivata di una
funzione in un punto viene interpretata graficamente come la X
θ
pendenza della retta tangente alla curva rappresentativa della funzione
P
(esattamente si ha dx / dt = tan(θ), dove θ é l’angolo tra la retta
tangente e una parallela all’asse delle ascisse). Sfruttando questa e
t
altre informazioni possiamo costruire qualitativamente i grafici di v(t)
e a(t) partendo dal grafico di x(t), o viceversa.
Lasciamo come esercizio la costruzione dei grafici rappresentativi per i tre casi studiati
nel paragrafo precedente, che vengono comunque ripresi più avanti. Come esempio diverso,
consideriamo la funzione posizione x(t) rappresentata nel primo dei grafici successivi, in cui
abbiamo segnato in particolare 5 istanti temporali come riferimento per la costruzione. La
coordinata x dapprima diminuisce (zona di t1, pendenza negativa), poi rimane pressoché
costante (intorno a t2, pendenza zero e tangente orizzontale), quindi cresce lentamente intorno
a t3, poi più speditamente (massima pendenza positiva intorno a t4); continua poi a crescere,
ma con una pendenza inferiore. Corrispondentemente un grafico qualitativo della velocità
istantanea può essere il seguente: la velocità è negativa intorno a t1, aumenta fino ad assumere
il valore zero intorno a t2, continua a crescere fino al valore massimo che raggiunge a t4, poi
diminuisce rimanendo comunque positiva. Il grafico dell’accelerazione viene costruito
partendo da quello della velocità : dove essa cresce l’accelerazione é positiva, maggiore o
minore a seconda della pendenza della curva della velocità; uno dei valori massimi locali di
accelerazione si ha poco prima di t2, dove la tangente alla curva di v ha pendenza maggiore.
L’accelerazione diminuisce a zero quando la velocità é al massimo in t4 poiché nel grafico
della velocità la tangente in questo punto é orizzontale, e diventa negativa nella regione
successiva in cui la velocità è in diminuzione.
Naturalmente queste sono solo rappresentazioni grafiche approssimate, utili strumenti per
lo studio e la comprensione delle caratteristiche del moto e quindi delle leggi fisiche che lo
determinano, nonché per la risoluzione di problemi. Rappresentazioni grafiche precise
possono essere costruite se si hanno espressioni esplicite delle funzioni in esame, come negli
esempi del paragrafo precedente.
x
t3
0 t2
t4
t1
v
t1 0
t5
t
a
t2
t3
t5
0
t4
t5
t
t1
t2
t3
t4
t
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