Prefazione La scrittura è un filo che tiene attaccati alla vita… Una
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Prefazione La scrittura è un filo che tiene attaccati alla vita… Una
Prefazione La scrittura è un filo che tiene attaccati alla vita… Una speranza per Angelo, l’impalpabile protagonista di Poeti di mandorla amara, una certezza per Maria Antonietta D’Onofrio, la raffinata autrice del romanzo. Un filo che tiene unite le parole perché non si disperdano, trasportate dal vento, tra le nuvole leggere che, nel loro piroettare nel mondo, raccolgono i pensieri degli uomini per consegnarli alle stelle. “C’era un tempo in cui non era insolito usare un pezzo di filo per guidare le persone che altrimenti avrebbero faticato ad arrivare a destinazione. Le persone timide si portavano in tasca un rocchetto di filo, ma anche chi aveva facilità a esprimersi sentiva di averne bisogno dal momento che, chi era abituato a farsi ascoltare da tutti, spesso si trovava in difficoltà quando voleva essere ascoltato da una persona in particolare. La distanza fisica tra due persone che usavano il filo spesso era minima; talvolta più piccola era e maggiore era la necessità di usare il filo” (Nicole Krauss) Frugando nelle proprie tasche, Maria Antonietta D’Onofrio ha tirato fuori il suo rocchetto ed ha cominciato a svolgerlo e poi a svolgerlo ancora e, nella maglia ordita, ha intrecciato le parole dei suoi personaggi. Parole lievi come petali di rosa, simbolo della bellezza eterea e della vita, investite del ruolo di singolari ambasciatrici in giro per il mondo. Parole per sconfiggere lo smarrimento e rompere l’isolamento. Parole per cementarne altre. Il filo usato dall’abile tessitrice di racconti è quello che tiene sospese le nuvole nell’aria affinché il vento, quello forte, quello che contiene le risposte della vita, non le spazzi via con il loro potere di stupire tutte le volte che riempiono e disvelano il cielo. Un gioco tra gioie e sofferenze, un puzzle di parole che mette ordine nel complesso sistema di pensiero degli uomini. Un viaggio tra i tanti perché della vita, tra i conflitti interiori, tra le passioni e i sogni, tra le tristezze e le delusioni, tra la pietà e la compassione. Un tuffo in un mondo sospeso tra il cielo e le stelle, in un mare di fatalità e di mistero nel quale annegano Filly, Angelo e sua madre. Un sogno che profuma di sabbia rosa del quale s’inebria la protagonista femminile. Una storia forte, quella che racconta l’autrice, che nasce nel cuore adolescente di una fanciulla accompagnandola fino in età adulta. Una parabola che racconta l’attaccamento alla vita attraverso le continue metafore utilizzate, gli elementi della natura dal forte valore simbolico. Il cielo, il vento, le nuvole, la pioggia, i fiori, le stelle, la luna, i colori dei paesaggi e gli odori dei ricordi, tutto riconduce a una poetica che trova il suo punto di riferimento nel poeta e drammaturgo spagnolo, Garcia Lorca. Un poeta sensibile e delicato la cui parola poetica è riuscita a cogliere l’oggetto in una dimensione mitica. E come lui, la scrittrice lucana, Maria Antonietta D’Onofrio ha usato la scrittura per dar voce alle forme del creato vittime della miopia e dell’indifferenza del mondo. Il suo Poeti di mandorla amara è una carezza a chi è vittima d’incomprensione, a chi cade nella rete della derisione, a chi è ostaggio del formalismo, a chi è prigioniero del pregiudizio. Il libro di Maria Antonietta è un inno alla libertà del pensiero, un canto al diritto della diversità, un grido alla voglia di sognare. È un romanzo che fa vibrare l’anima per l’intensità delle storie e per lo spessore dei personaggi. È una storia che attraverso il sentimento della disillusione conduce alla realizzazione del proprio sogno: creare un luogo che accolga le tempeste delle proprie menti. Un luogo fisico dove poter dar vita alle proprie pulsioni e alle proprie aspirazioni. Un luogo che trasudi di sogni. Un luogo d’incontro tra menti pensanti, cultori del pensiero e artisti di arte varia. Dove la musica si incontri con la letteratura, con la pittura e con tutte le forme che esprimono l’amore per la vita. Un luogo terreno per anime celesti e che continui a far vivere chi non vive più sulla terra. L’inquietudine che regna e governa la vita dei personaggi di Maria Antonietta è la rappresentazione del conflitto ontologico dell’essere. L’autrice, esperta conoscitrice dell’essere umano in quanto medico prima che scrittore, testimonia la propria filantropia che si estrinseca nelle numerose attività in cui è impegnata in prima persona. Un amore e uno studio dell’essere umano che la eleva a un gradino superiore rispetto ad altri narratori, consentendole di leggere nel profondo dei suoi personaggi e di tirar fuori la loro reale essenza. Espressione autentica del panorama letterario contemporaneo, ciò che fa di Maria Antonietta una scrittrice pura è il suo scrivere sincero, senza orpelli e artifici. La sua scrittura, delicata ma decisa, affonda come lama di coltello e rimane scolpita nella mente e nel cuore di chi legge. Un lirismo che traccia uno stile letterario inequivocabile, evidente già nei suoi precedenti romanzi. Una freschezza stilistica che testimonia la sua voglia di raccontare pescando da una scatola di cartone ricordi che annullano il tempo. Ciò che Maria Antonietta consegna al lettore è una storia densa di sentimento che corre veloce come il vento che fa volare le foglie secche lasciate cadere in terra da alberi spenti dal freddo. Una storia dedicata a tutti gli esseri sbagliati sparsi per il mondo. Una storia dal sapore amaro, che non tedia ma appassiona e fa pensare. Un racconto che nasce nell’immensità degli occhi azzurri dell’autrice e che va lontano, fino all’ultima stella del cielo dietro la quale vive un Angelo. Eva Bonitatibus