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Dossier Hera - Gruppo Hera

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Dossier Hera - Gruppo Hera
Dossier Hera
Risparmiare
acqua si può.
L’acqua è preziosa. Bastano alcune semplici
attenzioni, nei gesti di ogni giorno, per risparmiarla.
in cucina
in giardino
i piatti o le verdure riempiendo
nnaffiare verso sera, quando l'acqua
›lunavare
›ievapora
contenitore e usare l'acqua corrente
più lentamente e viene
solo per il risciacquo
hiudere i rubinetti ed effettuare una
›clettura
del contatore dopo una notte
per evidenziare eventuali perdite
sare lavatrice e lavastoviglie a pieno
›ucarico
ed a basse temperature fa
risparmiare fino a 11mila litri all'anno.
in bagno
hiudere il rubinetto mentre ci si lava
›ci denti,
ci si rade o si fa lo shampoo
la doccia fa risparmiare fino a 100
›ulitrisared'acqua
per volta rispetto al bagno
n regolatore di flusso nello scarico del
›uwater
fa risparmiare 26mila litri all'anno.
assorbita dalla terra
›raccogliere l'acqua piovana e riutilizzarla
l'acqua usata per lavare frutta
›reiutilizzare
verdura per innaffiare.
Un significativo contributo al risparmio
idrico ed energetico si ottiene
con l'installazione nei rubinetti e nelle
docce di riduttori di flusso, che miscelano
acqua ed aria. Sono economici, facili
da montare e permettono un significativo
risparmio di acqua.
Dossier Hera
Fatti e numeri per approf ndire
Pillole tratte dai Dossier.Hera disponibili su www.gruppohera.it/dossier
per approfondimenti su acqua, gas, rifiuti e smart cities.
Progetto editoriale:
Giuseppe Gagliano, Direttore Centrale Relazioni Esterne Hera S.p.A.
Riccardo Finelli, Responsabile Rapporti con i media e editoria
Sara Cameranesi, Rapporti con i media e editoria
Elena Marchetti, Rapporti con i media e editoria
Consulenza giornalistica: Sara Scheggia
Design: Koan moltimedia
Finito di stampare nel mese di dicembre 2012
Introduzione
Raccontare
la complessità
Dei servizi offerti da una multiutility spesso si percepisce solo
l’ultimo miglio: l’acqua che scorre dal rubinetto o il metano
che accende il fornello della cucina. Dietro a tutto questo,
però, esiste una lunga filiera di attività che interconnette ogni
abitazione a tutte le altre di una città, di una nazione e, in certi
casi, dell’intero pianeta. Si pensi, ad esempio, al viaggio che
deve compiere un metro cubo di gas per arrivare dal giacimento
alla nostra caldaia. O ai tanti passaggi attraverso cui una bottiglia
di plastica usata diventa materia prima per un nuovo prodotto
(magari un maglione).
Il Dossier Hera è nato a inizio 2012 proprio per raccontare
con immediatezza e semplicità ai nostri clienti e, più in generale,
a tutti i cittadini il complesso dietro le quinte dei servizi erogati
da Hera. Fra aprile e dicembre sono stati pubblicati nell’apposita
sezione del sito web del Gruppo, www.gruppohera.it/dossier,
4 approfondimenti su altrettanti temi: acqua, smart city, gestione
rifiuti e gas. Questo volume raccoglie un estratto dei contenuti
che si possono trovare sul web e che saranno aggiornati
e integrati anche in futuro.
La scelta di affiancare alla comunicazione on-line anche
uno strumento cartaceo diffuso in modo massivo è stata presa
nella speranza di poter offrire questa opportunità d’informazione
e approfondimento a una platea ancora più vasta.
Certi che una cittadinanza più consapevole e attiva si possa
costruire anche promuovendo la conoscenza.
Tomaso Tommasi di Vignano
Presidente Hera Spa
Sommario
Dossier.1
Acqua
Dossier.2
Smart Cities
Dossier.3
Rifiuti
Dossier.4
Gas
Una risorsa,
tante sfide
Una scelta
obbligata
Da problema
a risorsa
Motore
invisibile
del pianeta
4
In Italia l’acqua tra
le più economiche
d’Europa
8
Acqua. Chi la
gestisce in Italia?
11
Manutenzione
e nuove opere:
Federutility stima
investimenti
per 64 miliardi
13
20
Dai cassonetti
intelligenti al
telecontrollo:
multiutility
protagoniste nelle
città smart
23
Le fonti rinnovabili
spianano la strada
alle smart grid
elettriche
26
15
Gli “speciali”,
maggioranza
silenziosa dei rifiuti
37
L’energia pulita
viene dai rifiuti
40
Raccolta
differenziata e ciclo
del recupero
18
Le vie del gas
in Europa
55
Un mercato
del gas sempre
più concorrenziale
Come ti porto
il metano
a domicilio
60
Tra la via Emilia
e il Watt
“Sulle tracce
dei rifiuti” per
scoprire dove
finisce la raccolta
differenziata
46
Un cuore
“intelligente” per
rimanere sempre...
in buone acque
50
57
43
29
La “fabbrica”
dell’acqua
32
Illegalità e rifiuti:
la piaga delle
ecomafie
48
Sulla distribuzione
gas scatta
la competizione
63
4
Dossier.Hera
Dossier.1
Acqua: una
risorsa, tante
sfide
Con gli attuali tassi di sviluppo
demografico e in assenza di mutamenti
nei regimi alimentari, nei prossimi decenni
l’acqua diventerà una risorsa sempre
più preziosa
5
n.1 Acqua
2030: un mondo sempre più assetato
La chiamano anche oro blu, tanto che, secondo più di un analista, le guerre del futuro non saranno per il petrolio, bensì per
l’acqua. Per il controllo di una fettina, più o meno grande, delle
riserve mondiali di acqua effettivamente disponibili per l’uomo, all’incirca 13mila di km cubi. Un’inezia, rispetto al totale
dell’acqua contenuta nel pianeta, ben 1,4 miliardi di km cubi, in
grandissima parte però salata o sotto forma di ghiaccio o neve.
Questa visione, alla luce delle macrotendenze in corso, appare
piuttosto realistica. Negli ultimi 100 anni, ad esempio, secondo il World Water Assessment Programme dell’Unesco, i consumi d’acqua sono aumentati proporzionalmente a un tasso
doppio rispetto all’incremento della popolazione mondiale. E
guardando al futuro, questo trend aumenterà in proporzione
geometrica.
Secondo il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente entro il
2050, quando la popolazione mondiale raggiungerà i 9 miliardi,
servirà il doppio dell’acqua utilizzata oggi per garantire la sicurezza alimentare di tutti.
Un fabbisogno che continuerà a essere assorbito per la maggior parte da un’agricoltura sempre più assetata.
Se infatti permarranno le stesse attività agricole, i regimi alimentari attuali e se continuerà a crescere l’urbanizzazione
(come tutto fa pensare), la quantità d’acqua necessaria per
l’agricoltura aumenterà dal 70% al 90%.
Una situazione difficilmente sostenibile.
Lo stress idrico di oggi...
In prospettiva, dunque, l’acqua sarà un bene sempre più prezioso. Ma già oggi il pianeta deve fare i conti con una sete crescente. Solo per dare un’idea, il 41% della superficie terrestre
è considerata arida. Guardando invece alla popolazione, circa
900 milioni di persone non hanno disponibilità di una quantità d’acqua potabile sufficiente a soddisfare i propri bisogni
elementari (dai 20 ai 50 litri al giorno per dissetarsi, cucinare
e lavarsi), mentre ben 2,6 miliardi di persone non possiedono
adeguati servizi igienico-sanitari. Fra le aree del pianeta a maggiore stress idrico, vale a dire prive d’acqua rispetto a standard
minimi di utilizzo, rientra ovviamente l’Africa. L’Amref (African
Medical and Research Foundation) ricorda che, nell’Africa
Approfondisci
www.acquavirtuale.it
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Dossier.Hera
Subsahariana, il 40% della popolazione non ha accesso all’acqua potabile e a questa privazione si accompagna spesso l’insorgenza di importanti patologie, anche mortali. Ma l’impatto,
secondo l’Associazione, è anche di tipo sociale. Nel continente
nero infatti, ogni anno vengono sprecate circa 40 miliardi di
ore di lavoro solo per andare ad attingere acqua (per lo più da
fonti contaminate). Un peso sociale che ricade soprattutto sulle
donne e sulle bambine, con effetti disastrosi: incuria dei figli,
mancanza di igiene domestica, assenteismo scolastico.
...e di domani
Nel prossimo futuro, attorno al 2030, quasi metà della popolazione mondiale (oltre 3 miliardi di persone a quella data) vivrà in
aree ad alto stress idrico. Questa situazione sarà spinta principalmente da due fenomeni: i cambiamenti climatici in atto e
la brusca crescita della popolazione mondiale (che continuerà
a concentrarsi in aree urbane).
Gli effetti del riscaldamento globale
Un ruolo decisivo sul futuro delle risorse idriche sarà giocato dagli effetti del riscaldamento globale. L’acqua è infatti il
bene più esposto ai cambiamenti dell’ecosistema della terra e
a quelli umani. Diverse regioni del mondo potranno andare incontro a fenomeni intensi di siccità, allo scioglimento dei ghiacciai, all’innalzamento dei mari e alla diminuzione delle piogge.
La variazione delle temperature (e delle piogge) potrà avere un’influenza drammatica sulla disponibilità di acqua,
incrementando la frequenza e la portata di fenomeni estremi,
come quello della siccità e delle inondazioni. A titolo di esempio, a causa dei cambiamenti climatici si stima che i ghiacci dell’Himalaya, che garantiscono la maggior risorsa idrica
dell’Asia, si ridurranno di circa il 20% entro il 2030.
La crescita della popolazione urbana
Oltre ad un’agricoltura sempre più “idrovora”, sarà anche l’aumento dei consumi domestici a determinare la scarsità d’acqua, a causa della crescente urbanizzazione mondiale concentrata, in particolare, nei paesi poveri o in via di sviluppo.
Si stima, ad esempio, che in Africa e in Asia gli abitanti delle
città raddoppieranno. La popolazione urbana aumenta infatti
n.1 Acqua
al ritmo di 2 persone al secondo e si prevede che entro 20
anni il 60% della popolazione mondiale vivrà nelle città, contro
il 50% attuale. Per compensare la mancanza di acqua che
colpisce una percentuale sempre maggiore della popolazione, saranno necessarie nuove tecnologie e nuove politiche, in
particolare nelle città. Nelle zone urbane, già ora, 830 milioni
di persone mancano dei servizi di base di approvvigionamento
idrico: un fatto che rappresenta la seconda causa di mortalità
infantile e contribuisce anche alla mortalità delle madri. Questo, a causa di investimenti in infrastrutture idriche che non
hanno seguito il ritmo dell’urbanizzazione.
La crescita dei consumi idrici
7
8
Dossier.Hera
In Italia l’acqua tra
le più economiche
d’Europa
In Belgio un metro cubo d’acqua costa
3,44 euro. In Francia 2,82. In Italia appena 1,55.
Ma il forte bisogno di investimenti sulla rete
idrica farà necessariamente salire il prezzo
In Italia l’acqua costa la metà rispetto
a Belgio, Austria e Germania
L’acqua più cara d’Europa? In Lussemburgo, con un costo
di quasi 3,46 euro al metro cubo. Seguono Belgio con 3,44,
Austria con 3,15, Germania con 3,07, Francia con 2,82 e via via
gli altri stati europei. Fino all’Italia, penultima in classifica con
appena 1,55 euro al metro cubo, la metà rispetto ai primi. I numeri sono quelli del rapporto Blue Book 2011, pubblicato da
Utilitatis (centro di ricerca su acqua, energia e ambiente), in cui
si analizza un campione di città della zona Euro, considerando
la spesa annua di una famiglia con un consumo di 180 metri
cubi. Dunque, in Italia l’acqua costa meno, molto meno che nel
resto d’Europa, anche se esistono differenze assai marcate fra
una città e l’altra. L’indagine 2011 sulle tariffe del servizio idrico nazionale di Federconsumatori Modena attribuisce a Milano
un costo al metro cubo di 0,6 euro, contro, ad esempio,
i 2,39 euro di Firenze.
Approfondisci
www.utilitatis.org
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La tariffa legata agli investimenti
Dovendo le tariffe recuperare completamente gli investimenti
fatti dai gestori sull’intero ciclo idrico, buona parte del differenziale tra una città e l’altra, in Italia come in Europa, è dovuto
alla maggiore o minore intensità di investimenti su un determinato territorio. Non solo per quanto attiene a captazione e
potabilizzazione, ma anche (e soprattutto) rispetto alla depurazione delle acque reflue.
n.1 Acqua
Costo medio acqua Paesi zona Euro (€/mc)
Il costo (e il servizio) nel territorio Hera
Nei capoluoghi di provincia gestiti da Hera, in cui esiste una
delle concentrazioni d’investimento sull’idrico più elevate del
Paese (oltre 850 milioni di euro negli ultimi 10 anni), sempre
secondo lo studio Federconsumatori il costo medio si attesta
invece a 1,81 euro, più basso rispetto all’Europa ma certamente più elevato rispetto a diverse realtà italiane. La qualità del
servizio idrico erogato è però sensibilmente più alta della media italiana. Alcuni dati evidenziano il quadro. Le 300mila analisi
compiute ogni anno hanno dato nel 2011 una conformità agli
standard di legge del 99,6%. Le perdite di rete si attestano a
circa il 24%, contro una media nazionale di quasi il 40%, mentre gli utenti Hera con scarichi non depurati rappresentano solo
lo 0,9%, a fronte di una media nazionale di circa il 17%.
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10
Dossier.Hera
Il forte fabbisogno di investimenti
italiano: il finanziamento delle opere
potrà avvenire solo attraverso la tariffa
In Italia, secondo molti analisti del settore, la situazione è però
destinata a cambiare. In diverse aree del Paese infatti il ciclo
idrico è tutt’altro che efficiente. Vuoi per condotte colabrodo,
che soprattutto nel Meridione disperdono anche oltre la metà
dell’acqua immessa (contro, ad esempio, un 9% della Germania). Vuoi per un sistema depurativo ancora insufficiente, che
copre a malapena i due terzi della popolazione e che ha già
fatto scattare, sino a oggi, due procedure d’infrazione contro
l’Italia da parte dell’Unione Europea.
I 64 miliardi di investimenti che secondo Federutility occorrono in Italia nei prossimi 30 anni non possono essere infatti
coperti dalla fiscalità generale e, dunque, come avviene in tutti
gli altri paesi europei, è ragionevole pensare che vengano finanziati attraverso il sistema tariffario.
Nella
Nella
foto:
foto:
il depuratore
il depuratore
di di
Modena
Modena
Il valore dell’acqua: una risorsa
da non sprecare
Il dibattito sul “giusto” prezzo dell’acqua porta con sé la riflessione sullo spreco che viene fatto dell’oro blu. Laddove l’acqua
ha un costo irrisorio, come in Italia, la spinta verso investimenti
o campagne per ridurre perdite di rete e consumi è comprensibilmente debole. Viceversa, laddove l’acqua costa di più, vedi
la Germania, gli stimoli a razionalizzare consumi e distribuzione
sono ben maggiori.
La questione, uscendo dai confini del vecchio continente, non
è di poco conto. Secondo il World Water Assessment Programme dell’Unesco, infatti, nell’ultimo secolo i consumi di
acqua sono aumentati proporzionalmente ad un tasso doppio
rispetto all’incremento della popolazione mondiale e questo,
ad oggi, fa sì che circa due miliardi di persone vivano in regioni caratterizzate da assoluta scarsità d’acqua e che, potenzialmente, due terzi della popolazione mondiale potrebbe essere soggetta a condizioni di difficoltà di approvvigionamento
idrico. Dunque, la tensione verso il risparmio di una risorsa
essenziale per la vita deve essere, già oggi, massima.
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n.1 Acqua
Acqua. Chi la gestisce
in Italia?
Oltre 700 operatori, suddivisi fra diverse
modalità di gestione. Il panorama del ciclo idrico
in Italia è ancora estremamente frammentato.
Emilia-Romagna esempio virtuoso
Oltre 700 gestori, suddivisi in 5 tipologie di soggetti giuridici,
e 72 affidamenti fatti da circa 90 Autorità d’Ambito Territoriale
Ottimale (Aato): sono questi i numeri che descrivono la giungla del servizio idrico italiano. Un ginepraio di gestioni, in cui
convivono soggetti pubblici, privati e misti, nel suo complesso
ancora alla ricerca del miglior assetto in termini di efficienza
industriale ed equilibrio economico.
Nella foto: il potabilizzatore
di Ravenna
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Dossier.Hera
La convivenza di più modelli di gestione
Nella gestione dell’acqua, gli attori di primo piano sono le Aato,
ciascuna con competenza nel proprio Ambito Territoriale Operativo
(le porzioni di territorio che riflettono la mappa idrografica dei bacini
d’acqua e che coincidono spesso con le province). Si tratta di enti,
governati da un’assemblea di sindaci (o loro delegati) del territorio di
riferimento, che affidano il servizio idrico integrato ai gestori con una
convenzione, secondo schemi diversi. Non esiste, infatti, un unico
modello di gestione: gestori pubblici, privati e misti convivono sul
territorio italiano sulla base di scelte storiche, politiche e organizzative delle amministrazioni pubbliche. Fino a oggi, in Italia sono esistite
oltre 90 Aato. Dall’1 gennaio 2012 in Emilia-Romagna l’ambito ottimale coincide con il territorio regionale; si è già data pertanto attuazione alla riforma prevista dalla L.191/2009 e successive modifiche
che prevedeva il riordino delle esistenti Aato e la loro cessazione
entro il 31/12/2011, scadenza prorogata di un anno dal recente decreto “mille proroghe”. Un’altra riforma importante è quella che vede
trasferite in capo a un’Autorità indipendente, l’Autorità per l’Energia
Elettrica e il Gas, le funzioni di regolazione e controllo dei servizi
idrici. Il panorama dei servizi idrici in Italia, necessitando ancora di
importanti e ingenti investimenti, deve anche poter contare su regole
certe e di lungo periodo, condizione necessaria al reperimento delle
risorse finanziarie da dedicare agli investimenti.
Oltre 700 operatori
I gestori rimangono di fatto gli stessi. In tutta Italia se ne contano
oltre 700 e non esiste un censimento puntuale sul loro effettivo
numero, tanto è caotico l’elenco. Una statistica precisa esiste per
gli affidamenti, cioè i conferimenti dell’incarico di gestione dalle
Aato. Il Blue Book stilato ogni anno dalla Fondazione Utilitatis, costituita da Federutility e Federambiente, registra ufficialmente una
geografia di 72 affidamenti prevalenti, facendoli coincidere con
gli Ambiti territoriali (le Aato sarebbero però 92: in alcune, infatti,
il servizio non è affidato, ma gestito direttamente dagli enti locali).
Per ogni singola Aato, che coincide quasi sempre con la provincia,
viene quindi considerata la convenzione che coinvolge il numero
maggiore di abitanti e la parte più estesa di territorio.
E sono molto frequenti i casi in cui, all’interno dello stesso ambito
territoriale, al fianco dell’affidamento prevalente ci siano dei comuni, solitamente piccoli, che hanno scelto di mantenere la gestione
diretta o di fare delle società partecipate ad hoc per l’acqua.
13
n.1 Acqua
Manutenzione
e nuove opere:
Federutility stima
investimenti
per 64 miliardi
Pianificati dalle Aato 39 miliardi
per i prossimi anni, ma solo 3 saranno
coperti da finanziamenti pubblici
Perdite di rete e depuratori insufficienti:
forti investimenti necessari nel Nord Ovest
e Sud Italia
Una rete di acquedotti colabrodo, che perde in media fra il 35%
e il 40% dell’acqua immessa, e un sistema fognario e depurativo ancora insufficiente a rispondere agli standard richiesti
dall’Europa. È questa la fotografia del ciclo idrico in Italia scattata nell’ultima edizione del Blue Book. Per restituire efficienza
alla rete e abbattere il danno provocato all’ambiente dalle carenze sul fronte della depurazione, servono, secondo Federutility
(l’associazione che raggruppa oltre 400 società attive nei servizi pubblici locali), circa 64 miliardi d’investimenti nei prossimi
30 anni: un fabbisogno da 2,17 miliardi di euro all’anno.
Le zone in cui saranno necessari gli interventi più urgenti, secondo le stime rielaborate da Federutility, sono il Nord Ovest
e il Sud, con un totale di 15 miliardi di investimento ciascuno
nel prossimo trentennio. Tra le regioni segnalate tra le più in
difficoltà, la Sicilia, la Campania, il Lazio.
Il ruolo del sistema tariffario
Per il momento, gli investimenti programmati nei piani d’intervento dalle singole Autorità d’Ambito Territoriale Ottimale (Aato),
riaggiornati e revisionati con una periodicità almeno triennale, si
fermano a 38,7 miliardi e, di questi, solo uno scarso 9% sarà finanziato con fondi pubblici (3,25 miliardi di euro). Il resto, dunque, dovrà essere verosimilmente recuperato attraverso il sistema
Nella foto: operatore a lavoro
presso il potabilizzatore di Rimini
14
Dossier.Hera
tariffario. Per gli acquedotti, sempre secondo i programmi di spesa analizzati dal Blue Book, servirebbero circa 15 miliardi, di cui
più della metà andrebbe per manutenzione straordinaria, mentre per fognature e depurazione ne servirebbero 16,4 (il restante
2,5%, circa 9,6 miliardi, va invece alla voce “altri investimenti”,
cioè tutti gli altri tipi di interventi).
Emilia-Romagna fra le regioni virtuose
Diverso il discorso per l’Emilia-Romagna, una delle regioni
più virtuose: secondo i piani d’ambito delle Aato analizzati da
Confservizi, associazione che rappresenta i gestori dei servizi
pubblici, a livello regionale, sono stati previsti per il periodo 20082023 investimenti complessivi per 3,5 miliardi di euro, con una
media di 260 milioni all’anno. Solo Hera, da parte sua, nei suoi
dieci anni di attività ha investito circa 850 milioni di euro. Tale politica, come previsto dal Piano industriale, proseguirà anche nell’immediato futuro sino a superare nel 2015 il miliardo di euro.
15
n.1 Acqua
La “fabbrica”
dell’acqua
Assicurare acqua di qualità e una
depurazione efficiente richiede un ciclo
idrico complesso, caratterizzato
da impianti estremamente sofisticati
L’acqua è la risorsa naturale per eccellenza, ma nonostante la
sua naturale disponibilità non basta fare un buco nel terreno
per poterne fruire. Per disporre di acqua sicura e controllata, distribuita nelle case in modo efficiente e reimmessa nell’ambiente dopo l’uso senza sostanze inquinanti, è indispensabile poter
contare su un sistema d’impianti, reti e saperi estremamente
articolato. Caratterizzato soprattutto da tecnologie d’avanguardia. Questo sistema è chiamato ciclo idrico integrato.
Si tratta di una vera e propria “fabbrica dell’acqua” che, partendo dal prelievo della preziosa risorsa nelle forme disponibili sul
territorio (sorgenti, fiumi, ecc.), la rende potabile e disponibile
in ogni casa, fino a convogliarla e depurarla una volta utilizzata.
Tutto questo avviene per fasi, ben distinte fra loro: captazione,
potabilizzazione, distribuzione, fognatura e depurazione.
Nella foto: l’impianto
di potabilizzazione
Val di Setta, comune
di Sasso Marconi (Bo)
Multimedia
Guarda il video
Il ciclo dell’acqua
www.gruppohera.it/
gruppo/com_media/
dossier_acqua/articoli/
pagina28.html
Captazione
La prima fase del ciclo idrico è la captazione o prelievo. L’acqua
è raccolta per essere portata alle nostre case. La captazione può
avvenire da laghi, fiumi, bacini artificiali (acque superficiali), da pozzi
e falde (acque sotterranee) o da sorgenti, soprattutto in montagna.
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16
Dossier.Hera
Potabilizzazione
Per essere bevuta e utilizzata senza rischi per la nostra salute,
la risorsa idrica deve essere potabilizzata. Questa fase prevede che l’acqua sia sottoposta a trattamenti specifici, secondo
la sua provenienza, che ne migliorino le caratteristiche fisiche,
chimiche, biologiche fino a rispettare i parametri di qualità fissati dalle norme nazionali e internazionali. Nel caso dell’acqua di superficie, ad esempio, la potabilizzazione rappresenta
una fase molto complessa, che comprende trattamenti con
Lo schema del Servizio Idrico Integrato di Hera
17
n.1 Acqua
ozono e polidrossicloruro di alluminio, filtraggi e ripetute analisi
chimico-biologiche. Non è così per le acque sotterranee che
di solito necessitano di una procedura di disinfezione meno
articolata, prima di essere immesse in rete.
Distribuzione
Solo a questo punto inizia la terza fase: la distribuzione. Attraverso la rete di tubature, l’acqua potabile è condotta dai
serbatoi d’accumulo alle nostre case.
Fognatura e depurazione
Qualunque sia l’uso che ne facciamo, l’acqua finisce inevitabilmente nello scarico e da lì, attraverso la rete fognaria, arriva
all’impianto di depurazione. Occorre infatti ripulire le acque reflue, prima che riprendano il loro viaggio verso il mare. La fase
della depurazione si svolge di solito grazie a un sistema biologico, capace di imitare il processo che avviene in natura.
Dopo aver ripulito il più possibile l’acqua dai corpi estranei e
dalle particelle solide e pesanti, vi si immette ossigeno. In questo modo, si creano le condizioni ottimali per la vita di batteri aerobi, che si nutrono delle sostanze organiche presenti
nell’acqua. Sono loro i veri artefici della depurazione.
Solo grazie alla depurazione si può restituire all’ambiente una
risorsa idrica non più potabile, ma nella quale sia ancora possibile la vita di animali e piante.
Nella foto: fiume Po nei
pressi del potabilizzatore
di Pontelagoscuro (Fe)
18
Dossier.Hera
Un cuore “intelligente”
per rimanere sempre...
in buone acque
Circa 900 analisi al giorno per garantire
la qualità dell’acqua distribuita, monitoraggio
costante sull’efficienza degli impianti.
È l’impegno quotidiano di Hera sul ciclo idrico
Il ciclo idrico di Hera, sistema arterioso di impianti e reti che
trattano e pompano l’acqua nei rubinetti di ogni cittadino, ha un
cuore tecnologico di assoluta avanguardia che lo pone fra i più
avanzati in Europa. Un cuore “intelligente” con la regia dell’intero sistema e dove vengono effettuati tutti i controlli necessari
a garantire la massima qualità e sicurezza delle acque. Si tratta
del Polo regionale di telecontrollo reti di Forlì e del Laboratorio
di analisi delle acque di Sasso Marconi, in provincia di Bologna.
Il Polo Regionale di Telecontrollo di Forlì
Il Polo di Forlì, realizzato nel 2008, è una delle maggiori strutture di telecontrollo d’Europa. In una sala di 400 mq, su uno
schermo gigante di 60 mq, viene visualizzata e controllata in
tempo reale l’intera rete fluidi di Hera, composta da condotte
Nella foto: il Polo regionale
di telecontrollo di Forlì
19
n.1 Acqua
gas, teleriscaldamento e, naturalmente, acqua, che da sola
conta circa 30mila km di reti. Qui circa 60 operatori, 24 ore su
24, monitorano lo stato dell’intera rete e degli impianti, oltre
a rispondere alle chiamate di pronto intervento attraverso un
call center tecnico, provvisto di 160 linee telefoniche. In caso
di guasto o di emergenza vengono immediatamente allertate e
inviate le squadre dislocate sul territorio.
Multimedia
Guarda il video
telecontrollo
e sistema laboratori
www.gruppohera.it/
gruppo/com_media/
dossier_acqua/articoli/
I laboratori d’analisi Hera
L’altra struttura di controllo del ciclo idrico è il laboratorio di
analisi di Sasso Marconi, parte del più ampio sistema di laboratori d’analisi del Gruppo Hera. È qui che viene assicurata
quotidianamente non solo la potabilità, ma anche la qualità
complessiva delle acque erogate, con una mole impressionante di controlli. Nel solo 2011, ad esempio, sono state svolte
336.406 analisi (oltre 900 al giorno) su campioni prelevati in
326 impianti di potabilizzazione, 1.415 punti di captazione e
lungo oltre 30mila km di rete nei territori di Modena, Bologna,
Ferrara, Ravenna, Forlì-Cesena, Imola-Faenza, Rimini e in alcuni comuni di Toscana e Marche.
A questa attività si aggiungono le oltre 300mila analisi svolte
dalle Aziende Usl del territorio. I risultati di questa incessante
attività di analisi sono illustrati ogni anno nel report “In buone
acque”, pubblicato da Hera in forma cartacea e disponibile
on-line, in cui si evince come l’acqua risulti conforme ai limiti
di legge praticamente nella totalità dei casi (99,6%).
pagina29.html
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Nella foto: analisi dell’acqua
20
Dossier.Hera
Dossier.2
Smart Cities:
una scelta
obbligata
Fonte:
www.masdarcity.com
Fonte:
www.masdarcity.com
Nel 2050 ci saranno 9 miliardi di persone
nel mondo, concentrate per lo più
in aree urbane. Uno scenario sostenibile
solo con radicali cambiamenti tecnologici
e di stili di vita
21
n.2 Smart Cities
Nelle aree urbane del mondo
si concentrerà il 70% della popolazione
Ha un forte valore simbolico il 2050, il giro di boa del primo secolo del nuovo millennio. Data sufficientemente lontana per considerarla traguardo di politiche di ampio respiro, ma anche abbastanza vicina per considerarla già parte del nostro presente.
Studi, previsioni, analisi, commenti, tutti lì vanno a sbattere:
come saremo nel 2050?
Qualche certezza, a meno di fatti clamorosi, c’è già. Fra queste, una popolazione mondiale che a quella data dovrebbe toccare i 9 miliardi di individui (contro i 7 attuali), concentrata
per il 70% in aree urbane.
Il vero problema è che le città oggi sono tutt’altro che virtuose. Il
50% della popolazione mondiale che attualmente vive in un contesto urbano sta consumando circa il 75% dell’energia planetaria e producendo addirittura l’80% delle emissioni a effetto serra.
Città più intelligenti, scelta obbligata
per la sostenibilità del pianeta
Bastano forse questi pochi numeri per rendersi conto di come
la qualità della vita di miliardi di persone, se non addirittura la
sopravvivenza stessa del pianeta, dipenderanno da quanto gli
agglomerati urbani sapranno diventare virtuosi nel risparmiare
energia, nel ridurre le emissioni e nel rendere più semplici le
condizioni di vita e lavoro al loro interno. Prendiamo il traffico,
ad esempio. Anche solo considerando i 30 paesi più sviluppati, le previsioni più prudenziali stimano una crescita dagli
attuali 700 milioni di veicoli a 1,7 miliardi nel 2050.
Diventa quindi una strada obbligata la trasformazione delle
attuali città in smart city. Vale a dire centri urbani intelligenti,
dove, grazie alla tecnologia, sia possibile ottenere trasporti
(pubblici e privati) più efficienti, risparmi energetici consistenti, un calo drastico delle emissioni inquinanti e servizi pubblici
più accessibili per il cittadino.
Approfondisci
www.oecd.org
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22
Dossier.Hera
Fioriscono le sperimentazioni. L’Unione
Europea ha stanziato 11 miliardi
Con questo obiettivo diverse amministrazioni in tutto il mondo, in partnership con grandi aziende, università e centri di
ricerca, hanno quindi avviato progetti sperimentali che spaziano dalla sostenibilità ambientale al risparmio e all’efficienza
energetica, ai trasporti intelligenti, a moderne infrastrutture di
comunicazione, all’infomobilità, ecc. In particolare, l’Unione
Europea, con l’iniziativa Eu Smart City, ha stanziato 11 miliardi di euro in 10 anni, per finanziare progetti e introdurre
elementi “smart” nelle città del vecchio continente.
I due livelli delle città intelligenti
Le sfide per la maggior parte delle città sono la riqualificazione e il risanamento dell’esistente. Idealmente, il primo passo
per costruire una smart city è l’ottimizzazione di risorse energetiche e trasporti in modo che le aree metropolitane diventino più efficienti riducendo al tempo stesso le emissioni di
carbonio, l’inquinamento in generale, la produzione di rifiuti
e la congestione del traffico. Il secondo step è l’introduzione
progressiva di nuove tecnologie per la gestione dei processi
urbani, magari in collaborazione con grandi imprese, università o centri di ricerca.
La sfida delle metropoli che nascono
da zero
Soprattutto nei paesi emergenti, Cina in primis, ma anche negli
Emirati Arabi, in India o in altre nazioni, vi è una grossa attenzione verso il tema della metropoli del futuro. Spesso concepite e fondate ex-novo partendo da progetti ad alto contenuto
innovativo, le smart cities del futuro si prefiggono di coniugare
sostenibilità, sicurezza e qualità della vita, con scelte energetiche, edilizie e urbanistiche “smart”, nonché usando il meglio
delle ultime tecnologie.
23
n.2 Smart Cities
Dai cassonetti intelligenti
al telecontrollo:
multiutility protagoniste
nelle città
smart
Reti, servizi ambientali, mobilità, illuminazione
pubblica e Ict: nei servizi pubblici a rete si gioca
buona parte dell’innovazione nelle aree urbane
Si fa presto a dire smart. Ma introdurre in una città soluzioni
in grado di ridurre l’inquinamento, consumare meno energia,
facilitare gli spostamenti e migliorare la qualità della vita è un
obiettivo a cui devono concorrere necessariamente più soggetti: pubblica amministrazione, imprese, il mondo della ricerca nel suo complesso, forze economiche e sociali. E, ovviamente, anche i singoli cittadini, con il proprio comportamento
e le scelte di consumo quotidiane. In questo quadro il ruolo
che possono svolgere le aziende di pubblico servizio, come le
multiutility, è assolutamente strategico.
Le aree d’intervento su cui è possibile incidere per rendere
più intelligente una città sono cinque: ambiente, mobilità, reti
(elettriche, gas, acqua, ecc.), illuminazione pubblica e servizi
informativi.
Vediamo le diverse possibilità.
Ambiente
In quest’ambito rientrano gli interventi per
massimizzare recupero e riciclo di materia e valorizzare l’energia che può essere
ricavata dai rifiuti (ad esempio, attraverso
la biodigestione). Un ruolo importante è
svolto dallo sviluppo dei sistemi intelligenti
di raccolta rifiuti. Su questo specifico filone possono rientrare diverse soluzioni,
dai cassonetti in grado di tracciare i conferimenti (che, laddove applicati, stanno
Nella foto: cassonetti intelligenti
24
Dossier.Hera
dando ottimi risultati in termini di aumento della raccolta differenziata) e comunicare il proprio livello di riempimento, fino ai
sistemi di gestione con Gps delle flotte di mezzi, per ottimizzare i giri di raccolta e risparmiare carburante.
Nella foto: auto elettrica in
carica alla colonnina Hera
Mobilità
Il ruolo solitamente giocato dalle multiutility sta nello sviluppo di
infrastrutture di alimentazione per auto elettriche. Dunque sia
punti di ricarica diffusi nei centri urbani che terminali di ricarica
privati. Le società che si occupano di vendita di energia elettrica possono inoltre sviluppare offerte commerciali ad hoc per
l’alimentazione di auto elettriche.
Reti elettriche, gas e acqua
È la categoria d’intervento senz’altro più ampia. In linea generale, vi rientrano tutte le soluzioni tecnologiche in grado di
rendere la gestione di reti gas, acqua, teleriscaldamento ed
elettriche più flessibile, efficiente e sicura.
Per quanto riguarda il settore elettrico, i progetti di sviluppo
più interessanti si stanno concentrando sulle cosiddette
smart grid. Si tratta di reti di nuova generazione in grado
di garantire più elevati livelli di continuità operativa e, soprattutto, di gestire meglio i picchi di energia immessi in rete dai
sempre più diffusi impianti di generazione locale o domestica,
come i pannelli fotovoltaici.
Soluzioni intelligenti si trovano nello sviluppo del telecontrollo.
Vale a dire, sofisticati sistemi hardware e software che consentono di monitorare da remoto lo stato di reti gas, teleriscaldamento, acqua ed energia elettrica.
25
n.2 Smart Cities
Ciò consente di individuare in tempo reale i guasti, eseguire interventi da remoto e migliorare i tempi d’attivazione dei servizi di
pronto intervento sul posto.
Nella foto: cabina gas
Altri ambiti di sviluppo di progetti smart riguardano la lettura a
distanza dei contatori (già attiva quasi ovunque per l’energia elettrica e in corso di realizzazione per il gas), l’allocazione intelligente
dell’acqua in base alla domanda istantanea dell’utenza o durante
fasi di siccità.
Illuminazione pubblica
In questo campo esistono due macro-famiglie d’interventi.
Un primo gruppo comprende tutte le soluzioni per ottenere risparmi energetici attraverso tecnologie illuminanti più efficienti
e introdurre sistemi di telegestione dei punti luce che permettano di rilevare immediatamente malfunzionamenti e gestire da
remoto reti anche molto vaste. Un secondo gruppo, invece,
comprende i progetti tesi a utilizzare i classici lampioni per l’illuminazione di strade e piazze come terminali, in rete fra loro, di
servizi evoluti. Ad esempio, per installarvi hot spot per la copertura Wi-Fi, telecamere per la videosorveglianza o apparecchi di
monitoraggio della qualità dell’aria.
Servizi informativi
Le utility dotate di divisioni o società Ict, oltre ai normali servizi
di cablaggio con banda larga e di connettività per aziende e
privati, sono impegnate nella realizzazione di piattaforme abilitanti per servizi di e-learning, e-government, video-conferenze,
gestione documentale, ecc.
26
Dossier.Hera
Le fonti rinnovabili
spianano la strada
alle smart grid
elettriche
Una produzione elettrica sempre più diffusa
e irregolare impone lo sviluppo di reti flessibili
e intelligenti, capaci di gestire i picchi
e distribuire al meglio l’energia prodotta
Nel settore del servizio elettrico, sempre più spesso viene
alla ribalta il concetto di smart grid: le cosiddette “reti intelligenti”. Un tema su cui Hera, proprietario e/o gestore delle reti
elettriche nel modenese e nell’area di Imola (9.800 km in tutto),
è in prima linea.
Una produzione di energia elettrica
sempre più diffusa (e irregolare)
grazie alle rinnovabili
Fino a qualche tempo fa la rete elettrica era unidirezionale,
cioè distribuiva energia da pochi produttori a molti consumatori. Oggi invece, e sempre più nel futuro, la possibilità che
ogni cliente ha di diventare anche produttore, per esempio
attraverso l’installazione di pannelli solari nella propria abitazione o d’impianti di produzione da altre fonti rinnovabili, comporta la necessità di avere una rete bidirezionale. Cioè, che
possa trasportare, oltre all’energia proveniente dai grandi impianti (ad esempio, una centrale termoelettrica), anche quella
immessa in rete dai tanti piccoli produttori domestici e che
eccede l’autoconsumo.
Questa produzione distribuita, però, essendo per gran parte
legata a fonti rinnovabili, è per definizione intermittente: in assenza di vento, una pala eolica non può certo funzionare, così
come un pannello fotovoltaico riduce sensibilmente la propria
produzione in mancanza di sole.
27
n.2 Smart Cities
La necessità di una rete flessibile
e intelligente
In questo scenario, in cui i punti d’immissione nella rete si moltiplicano, la distribuzione deve quindi essere in grado di sopportare in modo flessibile e sicuro le forti variazioni alla quantità di corrente elettrica immessa e trasportata. Per farlo dovrà
gestire una notevolissima mole d’informazioni provenienti dalle
singole utenze produttrici/consumatrici, necessariamente in
comunicazione fra loro.
Da qui le smart grid, reti d’informazioni che, una volta sviluppate,
gestiranno in maniera efficiente le reti elettriche vere e proprie,
evitando sprechi (tutta l’energia generata in quel dato momento
verrà utilizzata), impiegando il più possibile quella generata da
fonti rinnovabili, ridistribuendo in tempo reale eventuali surplus
di alcune zone in altre aree, attingendo in ogni momento dalla
fonte più economica, correggendo in pochi secondi ogni problema. Una rete controllata e utilizzata nella maniera ottimale,
senza essere più sottoposta allo stress dei picchi di consumo
ma con un flusso costante, porta a una migliore gestione e a
una maggiore sicurezza dal rischio black out.
Nella foto: tralicci elettrici
a Coriano (Rn)
28
Dossier.Hera
Uno dei punti nodali di questo sistema è rappresentato dal
contatore elettronico: permette uno scambio d’informazioni
continuo sui consumi attraverso la telelettura a distanza, e,
tracciando un profilo del consumo di ogni utente allacciato,
rende possibile una programmazione più esatta della produzione. L’Italia è al primo posto nel mondo per la diffusione dei contatori digitali. Hera ne ha già installati circa 350mila, coprendo
oltre il 90% dei propri clienti.
L’attività di Hera: 5 milioni di investimenti
nel 2011
Nel 2011 Hera ha investito 5 milioni di euro in tecnologie smart, per poter arrivare in futuro a sfruttarne appieno
le potenzialità. L’automazione della rete e la sua modulazione sono tra gli obiettivi principali: il progressivo telecontrollo delle cabine secondarie, quelle da cui
partono le linee di bassa tensione che alimentano le
case, farà venire meno la necessità, in caso di problemi, di un operatore che si rechi direttamente sul posto.
Le manovre saranno più rapide, portando a risparmi
di tempo e a interruzioni più brevi. La modulazione
della rete, invece, per gestire tutti i punti d’immissione
e compensare le eventuali variazioni di tensione, necessita di una comunicazione efficace tra produttore di
energia e gestore della rete quindi di una trasmissione
rapida dei dati attraverso lo sviluppo di software e del
sistema di controllo. Hera sta inoltre lavorando anche
a un progetto pilota di teledistacco (anti islanding): in
caso di guasto sulla rete, tutti i produttori dovranno
ricevere in automatico l’input di disconnettersi da essa immediatamente, per evitare il formarsi di “un’isola” che continui ad
alimentare una porzione della rete dopo la disconnessione dal
resto del sistema, creando problemi di vario genere anche nella
ricerca del guasto.
Nella foto: contatore
elettronico
29
n.2 Smart Cities
Tra la via
e il Watt
Emilia
“Mi muovo elettrico” è un progetto condotto
dalla Regione Emilia-Romagna con Hera
ed Enel: trasformerà l’antica via romana
nella prima strada in Italia a misura
di veicoli elettrici
Sulla via di Marco Emilio Lepido
la mobilità è elettrica
Presto la via Emilia, strada tracciata e già percorsa dagli antichi
Romani, sarà davvero più verde e “smart” grazie al progetto
Mi muovo elettrico, che la Regione conduce insieme a Hera
ed Enel. Il programma è nato per contrastare l’alto tasso d’inquinamento atmosferico col quale l’Emilia-Romagna, per sua
collocazione naturale, deve fare i conti. E permetterà ad auto
e veicoli elettrici di viaggiare in un tratto di 150 Km, contando
su punti di ricarica situati a distanza di una trentina di Km l’uno
dall’altro. Per la prima volta in Italia, quindi, la mobilità elettrica
uscirà dall’ambito strettamente urbano, con un progetto che
Hera porta avanti in quanto distributore e che vanta il primato
europeo per estensione territoriale della copertura attraverso
una rete integrata di colonnine di ricarica.
La realizzazione di questa rete sta procedendo: alla fine del
2011 sono stati collocati una ventina di punti nei comuni di
Modena e Imola, dove l’azienda è proprietaria e/o gestore delle reti elettriche. La maggior parte di esse si trova in aree di
scambio, per offrire un servizio ad hoc a pendolari e imprese
del territorio, garantendo una sosta dedicata al veicolo elettrico e alla sua ricarica. I clienti del progetto pilota, in questa prima fase, saranno soprattutto le imprese del territorio: a
fronte dell’acquisto di un veicolo elettrico, Hera mette a loro
disposizione anche un contratto annuale di fornitura di energia
elettrica a ottime condizioni.
30
Dossier.Hera
Verso la Smart City
Il “modello del distributore” applicato da Hera in tema di mobilità elettrica è di fatto un tassello essenziale nello sviluppo
del più ampio concetto di Smart City, in cui gli operatori locali
di servizi svolgono un ruolo fondamentale e le città di medie
dimensioni offrono il contesto più favorevole, secondo quanto
affermato dal politecnico olandese di Delft in uno studio condiviso da altri atenei.
I trasporti sono infatti uno dei punti cardine del programma che
l’Unione Europea sta portando avanti per ridurre l’inquinamento atmosferico: secondo l’Agenzia Europea dell’Ambiente, nel
2009 sono stati responsabili del 24% di tutte le emissioni di
gas a effetto serra dell’Ue. Nella roadmap di Bruxelles si richiede agli stati membri entro il 2050 di ridurre del 60%, rispetto
ai livelli del 1990, i gas serra prodotti dai trasporti. In realtà, le
emissioni sono aumentate del 27% fra il 1990 e il 2009: l’Ue
dovrà dunque realizzare una riduzione complessiva del 68%
nei prossimi 40 anni.
Approfondisci
www.smart-cities.eu
“Io guido elettrico”: il carburante
costa 25 euro al mese
Coloro che già possiedono un veicolo elettrico possono ricaricarlo aderendo all’offerta commerciale di Hera Comm
“Io Guido Elettrico”. Il cliente, a fronte di una spesa di poche decine di euro al mese, riceve una card con cui ricaricare senza limiti la propria auto elettrica in tutte le colonnine
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Nella foto: colonnina
di ricarica per l’auto
elettrica
31
n.2 Smart Cities
pubbliche dell’Emilia-Romagna di “Mi Muovo Elettrico”. Il progetto, infatti, presenta un aspetto innovativo: l’interoperatività
fra i punti di ricarica Hera e quelli Enel. E il carburante è verde: per ciascuna ricarica effettuata, Hera Comm si impegna a
fornire energia elettrica certificata “Co-Fer” (certificazione per
energia prodotta da fonte rinnovabile). In questo modo il veicolo elettrico è realmente a impatto zero sull’ambiente. Hera
Comm ha previsto un’offerta anche per gli automobilisti elettrici
possessori di partita Iva: in questo caso l’energia per i rifornimenti è pagata a consumo e il prezzo di copertura della componente energia è fisso per un anno.
In un’app la mappa dei punti di ricarica
I pionieri della mobilità elettrica possono già contare su una
mappa loro dedicata. Hera ha infatti realizzato Hera Mobility,
l’app per iPhone che permette di trovare, in tutta Italia, la
colonnina di ricarica pubblica più vicina, capire come raggiungerla e, soprattutto, sapere se è libera e funzionante in quel
momento. Il download di “Hera Mobility” è disponibile gratuitamente sull’Apple Store (il sito Apple da cui scaricare file
multimediali e applicazioni
per i prodotti Mac).
L’applicativo si trova anche sul
sito del Gruppo, all’indirizzo:
www.gruppohera.it/mobility.
Qui è possibile visualizzare
in tempo reale anche il numero di ricariche complessivamente fatte dall’intero
sistema di colonnine pubbliche e la quantità di anidride carbonica risparmiata
fino a quel momento.
Multimedia
Scarica la App Hera
mobility dall’Apple store
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Nella foto: l’app Hera
per le colonnine elettriche
32
Dossier.Hera
Dossier.3
Rifiuti: da
problema
a risorsa
Nei prossimi 15 anni nel mondo
si arriverà a produrre oltre 6 miliardi
di tonnellate di rifiuti all’anno, con
spese di gestione che raggiungeranno
i 400 miliardi di dollari e danni
per l’ambiente. La via d’uscita?
Gestioni corrette e recupero
dei materiali
n.3 Rifiuti
Tra 15 anni la produzione mondiale di
rifiuti supererà i 6 miliardi di tonnellate
annue
Secondo l’ultimo rapporto dell’International Solid Waste Association (l’associazione mondiale che riunisce gli operatori del
settore trattamento e smaltimento rifiuti), attualmente nel mondo vengono prodotti circa 4 miliardi di tonnellate di rifiuti ogni
anno. La metà è rappresentata da rifiuti urbani (quelli prodotti
dalle famiglie), mentre l’altra metà riguarda i rifiuti cosiddetti
speciali, provenienti cioè da attività industriali e produttive. Anche se non esistono stime univoche, complici la crescita della
popolazione mondiale e lo sviluppo economico (oggi particolarmente accentuato nei cosiddetti paesi Bric, Brasile, Russia, India e Cina), nel giro dei prossimi 10-15 anni si potrebbe
arrivare a un aumento di questa produzione anche del 50%;
quindi oltre 6 miliardi di tonnellate.
I rifiuti totali prodotti ogni anno nel mondo
33
34
Dossier.Hera
La soluzione? Una corretta gestione
dei rifiuti e il loro recupero
Occorre dunque correre ai ripari. Come? Secondo la Banca
Mondiale con seri piani di riduzione, riciclo e recupero dei rifiuti, favorendo la raccolta differenziata e facendo pagare tariffe molto più alte a chi non la adotta. In questo, l’Europa
ha cominciato da qualche anno a premere sugli stati membri
attraverso la direttiva sui rifiuti del 2008. I risultati cominciano
a vedersi soprattutto in paesi come Germania e regione scandinava, che vantano percentuali elevate di riciclo, impianti moderni e diffusi capillarmente sul territorio e minore ricorso alle
discariche, attraverso severe regole di disincentivo e controllo.
Le economie in crisi e il ricorso alle
discariche
L’incremento della produzione globale dei rifiuti fa sì che, in
quelle nazioni in cui lo sviluppo di impianti e tecnologie è in
ritardo, i costi di smaltimento siano più alti. E i paesi poco
sviluppati diventano inevitabilmente la destinazione ultima dei
rifiuti, soprattutto speciali e pericolosi, per il loro uso massiccio delle discariche, soluzione più economica ma molto impattante per l’ambiente.
Le ecomafie: una piaga da combattere
La via dello smaltimento illegale, soprattutto per quanto riguarda
i rifiuti industriali, continua a essere una delle più battute in tutto
il mondo. Una triste realtà che coinvolge anche l’Italia: secondo
Legambiente, nel nostro paese, solo nel 2010, è stato sequestrato qualcosa come 2 milioni di tonnellate di rifiuti speciali e
pericolosi, gestiti illegalmente dalle cosche mafiose. Le rotte dei
traffici coinvolgono quasi tutte le regioni e si proiettano su scala
mondiale, in 22 stati esteri. E i flussi non sono più unidirezionali
né riguardano solo rifiuti del meridione che vanno verso settentrione: i traffici seguono rotte circolari e bidirezionali, dunque
anche dal sud al nord Europa.
Europa a due velocità
Venendo nello specifico all’Europa, se si considerano le modalità attraverso cui i diversi paesi gestiscono il ciclo rifiuti, è possibile individuare nettamente due categorie. Da un lato i paesi
35
n.3 Rifiuti
non virtuosi, caratterizzati da carenza di impianti di trattamento specifici (ad esempio termovalorizzatori, impianti di compostaggio, trattamento fanghi, ecc.), basse percentuali di raccolta differenziata e, di conseguenza, alto ricorso al conferimento
in discarica. Fra questi vi sono soprattutto i paesi dell’Europa orientale e meridionale (ad esempio Bulgaria, Repubblica
Ceca, Grecia). Dall’altro lato, vi sono invece i paesi più virtuosi,
dove, grazie a una robusta dotazione impiantistica e a politiche di forte incentivazione alla riduzione rifiuti e al riciclo materiali, si è fortemente ridotto, o addirittura azzerato, l’uso delle
discariche. In questa categoria rientrano praticamente tutti i
paesi centro-settentrionali del vecchio continente (Svizzera,
Germania, Austria, Olanda, Svezia, ecc.). L’Italia in questo
panorama sta nel mezzo, con ancora il 46% dei rifiuti urbani
conferiti in discarica (contro un 38% medio dell’Ue a 27, fonte
Ispra), e una percentuale di raccolta differenziata molto diversa da regione a regione, ma complessivamente ancora molto
Nella foto: veduta aerea
del sito Herambiente
a Coriano (Rn)
36
Dossier.Hera
bassa (35,3%, fonte Ispra 2012). Uno dei motivi del ritardo italiano sta nella scarsità di presenza di impianti di trattamento e
smaltimento. Prendiamo il caso degli impianti di termovalorizzazione, grazie ai quali è possibile recuperare dai rifiuti importanti quantitativi di energia termica ed elettrica in parte rinnovabile. In Italia sono 49 e dovrebbero coprire il fabbisogno di
60 milioni di abitanti. In Francia ce ne sono 130 per 65 milioni,
in Danimarca 31 per 7 milioni di abitanti. In Germania ce ne
sono “solo” 70, ma con un potenziale di valorizzazione pari al
quadruplo delle tonnellate del nostro sistema (fonte Cewep).
L’Emilia-Romagna e l’impegno di Hera
Se l’Italia è in mezzo al guado, la situazione dell’Emilia-Romagna,
grazie anche all’impegno di Hera e delle amministrazioni
locali, è allineata alle migliori esperienze europee. Nei territori della regione gestiti da Hera, la percentuale di raccolta
differenziata ha superato il 50% (di cui oltre il 90% effettivamente avviato a recupero) e gli impianti destinati al trattamento e allo smaltimento sono 80. Dopo aver proceduto
al completo rinnovo dei sette termovalorizzatori (che nel 2011
hanno consentito la produzione di circa 535 milioni di kWh di energia elettrica, pari al fabbisogno annuo di circa 198mila famiglie),
è in fase di completamento un programma di forte potenziamento delle strutture destinate alla valorizzazione della raccolta differenziata.
Nella foto: modellino
camion Hera
per la raccolta
37
n.3 Rifiuti
Gli “speciali”,
maggioranza
silenziosa dei rifiuti
L’80% dei rifiuti prodotti in Italia deriva
dalle attività produttive. Gli scarti domestici
rappresentano solo il 20% del totale.
La necessità di un’impiantistica dedicata
Nel sentire comune, quando si parla di rifiuti il pensiero va subito alla spazzatura raccolta in casa: resti di cibo, scatolette,
carta, ecc. E la stessa cosa succede quando si pensa ai servizi
di raccolta per i cittadini: cassonetti, campane, raccolte a domicilio, porta a porta. Anche in questo caso, si fa sempre riferimento solo ai rifiuti prodotti in casa. In realtà, i rifiuti domestici,
comunemente classificati come “rifiuti urbani”, rappresentano
appena il 17% del totale dei rifiuti prodotti.
Rifiuti speciali, rifiuti “invisibili”
(eppure sono la maggioranza)
In Italia (dati 2009, fonte Ispra), a fronte di una produzione
complessiva di rifiuti di circa 161 milioni di tonnellate, sono solo
32 milioni quelli provenienti prevalentemente da utenze domestiche e oltre 128, invece, i rifiuti cosiddetti “speciali”, cioè gli
scarti prodotti dal complesso delle attività produttive: industrie,
depurazione delle acque di scarico, costruzioni, commercio e
servizi, sanità e bonifiche. Parliamo, dunque, di fanghi, scarti
di lavorazione, calcinacci derivanti da demolizioni e così via.
In Emilia-Romagna, nel 2009, gli speciali sono stati circa 12,3
milioni di tonnellate, mentre quelli urbani, nello stesso anno, si
sono attestati sui 2,9 milioni.
I rifiuti speciali, nonostante rappresentino l’80% del totale,
nell’immaginario collettivo diventano spesso invisibili, probabilmente perché non vengono “toccati con mano” nelle cucine
e nei tinelli di milioni di italiani, mentre un cassonetto o il contenitore stradale per la raccolta differenziata è sempre sotto gli
occhi di tutti, è più semplice averne un’opinione.
Approfondisci
Rapporto Rifiuti Speciali
Edizione 2011 Ispra
www.isprambiente.gov.it/
it/pubblicazioni/rapporti/
rapporto-rifiuti-specialiedizione-2011
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38
Dossier.Hera
Un altro motivo di questa “invisibilità” risiede probabilmente nel
diverso trattamento che la legge riserva alle due categorie di
rifiuti. I rifiuti urbani devono essere trattati, ed eventualmente
smaltiti, nell’ambito della provincia o della regione in cui vengono prodotti, a costi predeterminati per il cittadino dalle autorità
di pianificazione (Aato) attraverso tariffe (Tia) o tasse (Tarsu).
I rifiuti speciali, invece, possono essere smaltiti a libero mercato. Le aziende possono cioè scegliere di rivolgersi per lo smaltimento all’operatore che meglio risponde alle loro esigenze,
anche dal punto di vista economico.
La cronica carenza di impianti in Italia
premessa allo smaltimento illegale
In Italia, purtroppo, la rete impiantistica dedicata allo smaltimento di questo tipo di rifiuti (ad es. impianti chimico-fisici
e biologici, impianti di inertizzazione, ecc.) non è sufficiente a trattare adeguatamente le quantità prodotte. E così i rifiuti speciali, in larga parte, vengono ancora oggi smaltiti in
discarica senza alcun trattamento che ne abbatta l’impatto
ambientale. L’insufficiente dotazione impiantistica comporta spesso l’“emigrazione” di questi rifiuti lontano dal luogo
di produzione, in molti casi anche all’estero, dove esistono
(soprattutto nell’Europa centro-settentrionale) impianti adeguati al loro trattamento e valorizzazione. Questo, purtroppo,
sposta fuori dal territorio un indotto economico che invece
potrebbe creare reddito e posti di lavoro.
Nella foto: impianto per
i rifiuti speciali a Ravenna
Approfondisci
Rapporto Rifiuti Urbani
Edizione 2012 Ispra
www.isprambiente.
gov.it/it/pubblicazioni/
rapporti/rapporto-rifiutiurbani-2012
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39
n.3 Rifiuti
In molti casi, inoltre, tali migrazioni di spazzatura industriale
ingrassano il mercato dello smaltimento illegale. Ad esempio,
attraverso il conferimento in discariche gestite dalla malavita
organizzata, che offrono alle imprese costi di smaltimento inferiori rispetto alle filiere di trattamento legali, ma senza alcuna
tutela dell’ambiente e della salute. In questo modo si compromettono irrimediabilmente la qualità della vita e il patrimonio
naturalistico di vaste aree del Paese.
Approfondisci
Report Rifiuti 2011
La gestione dei rifiuti
in Emilia-Romagna
La situazione dell’Emilia-Romagna
L’Emilia-Romagna, per quanto riguarda la parte servita da Hera,
vive una situazione ben diversa ed è uno dei pochi territori in Italia
al riparo per i prossimi decenni dal rischio di emergenze ambientali. Questo grazie alle scelte fatte negli anni e agli investimenti
realizzati prima da Hera e poi da Herambiente, la società del
Gruppo che si occupa di smaltimento e trattamento dei rifiuti e
che rappresenta il primo operatore nazionale in questo settore.
www.arpa.emr.it/
dettaglio_documento.
asp?id=3474&idlivello=216
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Produzione di rifiuti in Italia (dati Ispra 2009)
40
Dossier.Hera
L’energia pulita
viene dai rifiuti
Con termovalorizzazione e biodigestione
si ottengono energia elettrica e calore.
Nel sacco che ogni giorno gettiamo
nel cassonetto c’è l’equivalente dell’energia
prodotta da un litro di benzina
Uno studio recente condotto da Nomisma Energia ha messo
in luce dati eloquenti: ogni anno finiscono in discarica potenziali combustibili per un potere calorico pari a circa 3,7 miliardi di Tep (Tonnellate Equivalenti di Petrolio) e per un valore
che si aggira sui 2,5 miliardi di euro. Sono i cosiddetti Css
(Combustibili Solidi Secondari), immondizia che esce dalle
nostre case e che, se fosse bruciata in impianti idonei, potrebbe evitare l’emissione in atmosfera di circa 7,9 milioni di
tonnellate di CO2. Un buon contributo alla nostra sempre più
pressante richiesta di energia. Lo studio presenta un esempio
41
n.3 Rifiuti
indicativo: il sacchetto medio che gettiamo nel cassonetto contiene potenzialmente 2.200 kilocalorie, che equivalgono all’energia prodotta da oltre un litro di benzina. In Italia le discariche
sono più di 100 e ogni anno accolgono in totale 17 milioni di
tonnellate di rifiuti. Si tratta di uno dei dati peggiori a livello europeo. Un articolato sistema impiantistico di recupero energetico
nello smaltimento dei rifiuti è ormai indispensabile.
Energia e calore dalla combustione
dei rifiuti
La termovalorizzazione è una strada concreta e percorribile: è
uno strumento corretto per l’eliminazione dei rifiuti e rappresenta una fonte energetica in parte rinnovabile. Attraverso la combustione dei rifiuti non recuperabili, infatti, si possono ottenere
energia elettrica e calore, veicolabile nelle case, ad esempio,
attraverso il teleriscaldamento. Secondo gli esperti, se in Italia
si riuscisse a incrementare ulteriormente la termovalorizzazione
dei rifiuti, si potrebbe soddisfare il 3% del fabbisogno nazionale
di energia elettrica. Oggi, nel nostro Paese, sono presenti più di
una cinquantina di impianti di termovalorizzazione, destinati a
rifiuti urbani e speciali non pericolosi. Di questi, 6 sono gestiti dal
Gruppo Hera e solo nel 2011 hanno prodotto 512 GWh di energia elettrica. In Europa i termovalorizzatori sono oltre 400
e i paesi che più ricorrono a questo sistema di smaltimento sono:
Olanda, Germania, Svezia e Danimarca. La termovalorizzazione
si utilizza da tempo anche fuori dai confini europei, in particolare
negli Stati Uniti, in Canada e in Giappone.
Biodigestione anaerobica: in arrivo
32 milioni di kWh all’anno
L’energia verde, rinnovabile e a chilometro zero, può essere
prodotta anche attraverso il trattamento della raccolta della frazione organica. Il processo si chiama biodigestione e rappresenta un’altra forma di valorizzazione degli scarti. Grazie a una
fermentazione in assenza di aria, che simula la digestione di
una mucca, i rifiuti organici domestici provenienti dalla raccolta
differenziata si trasformano in compost di qualità e in energia
elettrica, attraverso la produzione di biogas. Il Gruppo Hera,
primo in Italia, è già dotato di un impianto del genere. Si tratta
di Romagna Compost, controllato da Herambiente.
Multimedia
Controlla in tempo
reale le emissioni
dei termovalorizzatori
di Hera su:
www.gruppohera.it/
gruppo/attivita_servizi/business_ambiente/termoval/
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42
Dossier.Hera
Grazie al Progetto Biodigestori, entrato nella sua fase operativa con l’inizio
del 2012, è prevista la realizzazione di
altri 5 impianti del genere: Modena,
Ostellato (Fe), Sant’Agata Bolognese
(Bo), Voltana (Ra) e Rimini. L’intero
progetto comporterà per il Gruppo
Hera un investimento complessivo
di oltre 40 milioni di euro e doterà il
territorio di una produzione potenziale
di energia elettrica rinnovabile pari a
oltre 32 milioni di kWh annui (circa 6,5
milioni di kWh per impianto). In concreto, si potrà soddisfare il fabbisogno
energetico annuo di circa 12mila famiglie (considerando un
consumo medio a famiglia di circa 2.700 kWh), risparmiando
l’emissione in atmosfera di 17mila tonnellate di CO2.
Riflettori accesi sulle discariche
La pratica dello smaltimento dei rifiuti in discarica sarà sempre più residuale, a favore di altri sistemi tecnologicamente
più sicuri e avanzati. Questi impianti, tuttavia, potranno ancora
portare il proprio contributo alla produzione di energia pulita.
Dalle discariche esaurite occorre infatti estrarre il biogas prodotto dalla fermentazione dei rifiuti interrati.
Ogni impianto ne può fornire quantitativi importanti e per periodi che arrivano anche a 20 anni. È il caso, ad esempio, della
discarica ravennate di Bosco Impero, sulla Statale Romea, in
cui Hera ha recentemente fatto entrare in funzione un nuovo
impianto di recupero energetico da biogas da 495 kW. Inoltre,
su questo sito è stato attivato un impianto fotovoltaico che ha
una potenza di circa 1MW, grazie al quale è possibile generare
energia elettrica per quasi 1.200 MWh all’anno, equivalenti al
consumo di circa 500 famiglie. L’avvio dell’impianto fotovoltaico permetterà un risparmio di anidride carbonica stimato
in 570 tonnellate annue. L’esempio di Bosco Impero non è
il solo in Italia e sarà certamente seguito da altri. Per le vecchie discariche si prospetta una vita ancora lunga e all’insegna
dell’energia rinnovabile.
Nella foto: l’impianto
di Romagna Compost
a Cesena (Fc)
43
n.3 Rifiuti
Raccolta differenziata
e ciclo del recupero
La maglietta del calciatore? Nella sua vita
precedente era una bottiglia di plastica.
Il flacone del profumo appena acquistato?
È fatto col vetro del vasetto della passata.
Addirittura, anche le caffettiere sono fatte
di materiale riciclato: bastano 37 lattine di
alluminio. Ecco a cosa serve e dove va a finire
la raccolta differenziata che facciamo a casa
La raccolta differenziata: qualche dato
Nel 2010 l’Italia ha prodotto 32,5 milioni di tonnellate di spazzatura, con una media di circa 536 kg pro-capite (dati Ispra).
La raccolta differenziata ha raggiunto una percentuale pari al
35,3% della produzione nazionale dei rifiuti urbani (in media,
189 kg per abitante), attestandosi a oltre 11,4 milioni di tonnellate. Nel territorio servito da Hera (circa 2,8 milioni di cittadini) nel 2011 si sono invece raggiunte percentuali di raccolta
differenziata del 50,5%.
Dallo shampoo all’abbigliamento
Per capire l’importanza di separare i rifiuti è utile seguire il
percorso completo di un rifiuto e il suo avvio al riciclo. Proviamo a fare un esempio pratico. Un flacone di shampoo che
viene buttato a Bologna nel corretto contenitore Hera della
plastica, arriva presso i centri di raccolta della città e passa
per un impianto di selezione. Lì la plastica viene separata da
corpi estranei o metalli e il nostro flacone, a seconda della sua
composizione, finirà nel gruppo delle plastiche Pe (polietilene), PP (propilene), PVc (cloruro di polivinile), Pet (polietilentereflato), PS (polistirene) o altri.
Già suddivisa per tipo, la plastica passa poi attraverso altre
strutture dove viene lavata e macinata, e trasformata in scagliette o granuli pronti per essere fusi e produrre nuovi oggetti
in plastica. Il nostro shampoo, insieme ad altri 9 flaconi simili,
Approfondisci
Consorzio Nazionale
per il Recupero e il
Riciclo degli Imballaggi
a base Cellulosica
www.comieco.org
Approfondisci
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Prodotti in plastica
riciclata
www.corepla.it/corepla/
dati/corepla/files/
pdf/20120228110246
_1_9150_1.pdf
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44
Dossier.Hera
Il ciclo della plastica
potrà quindi diventare una sedia. Con qualche altro contenitore
in più, potrà diventare addirittura un caldo maglione di pile o
una maglietta di poliestere.
Alluminio e vetro: materiali
importantissimi
Per la vaschetta di alluminio del tonno, che buttiamo nella campana del vetro, il percorso sarà simile. Andrà subito a
un impianto di selezione per essere separato dal vetro o da
altri materiali come la plastica (in alcuni casi, infatti, vengono
raccolti insieme), attraverso dei sistemi meccanici, magnetici
o manuali. Poi, verrà fuso ad altissime temperature, per essere
reintrodotto nel ciclo di produzione e, dunque, subire ulteriori
fusioni o lavorazioni. Così, la nostra scatoletta di tonno sarà
utilizzata per produrre nuovi utensili, elettrodomestici, complementi di arredo, articoli sportivi, materiali edili e molto altro.
Approfondisci
Consorzio Recupero Vetro
www.coreve.it
n.3 Rifiuti
Il ciclo dell’alluminio
Allo stesso modo, il vetro, materiale riciclabile all’infinito, diventa nuovo vetro per produrre oggetti e contenitori, la carta si
rigenera evitando di distruggere altri alberi e la frazione organica diventa compost da utilizzare nei campi come fertilizzante.
Cosa fa Hera
Il Gruppo Hera non si occupa della sola raccolta: in molti casi,
attraverso i suoi impianti, è presente anche nella fase successiva delle varie filiere. In quella dell’organico, per esempio,
con le strutture dedicate al compostaggio come Romagna Compost o il biodigestore di Ravenna, o in quella della
plastica, con gli impianti di selezione a lettura ottica come
quello di Voltana (Ravenna), gestito da Akron, società controllata da Herambiente. Strutture come questa, infatti, inaugurata pochi mesi fa, permettono di incrementare le percentuali di
raccolta e avvio a riciclo.
45
46
Dossier.Hera
“Sulle
tracce dei
rifiuti” per scoprire
dove finisce la raccolta
differenziata
Hera pubblica ogni anno un opuscolo
che illustra l’intero percorso della raccolta
differenziata: da casa ai cassonetti, fino
alle 125 imprese che si occupano di avviare
a riciclo i materiali. Il 93% della differenziata
viene effettivamente recuperato
Fare la raccolta differenziata serve, eccome: il 93% di quanto i cittadini conferiscono nei diversi contenitori è avviato a
recupero. È quanto emerge dal report di Hera “Sulle tracce
dei rifiuti”, un’analisi unica in Italia e giunta nel 2012 alla sua
terza edizione, attraverso la quale si segue la strada indicata dalla recente direttiva europea 2008/98/Ce, che sposta
Approfondisci
Progetto
“Sulle tracce dei rifiuti”
www.gruppohera.it/
sulletraccedeirifiuti
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47
n.3 Rifiuti
Nella foto: contenitori
per la raccolta differenziata
progressivamente l’attenzione dalla percentuale di raccolta differenziata alla quantità di materiale effettivamente recuperato.
Il progetto ha ricevuto anche il Premio Areté 2012 - Comunicazione Responsabile, promosso da Nuvolaverde (comitato
per il digitale in funzione della sostenibilità del Ministero
dell’Ambiente), con Confindustria e ABI.
Monitorati gli impianti di prima
destinazione
Per realizzare il monitoraggio, cofinanziato dalla Regione
Emilia-Romagna e certificato da DNV Business Assurance,
Hera ha raccolto e incrociato i dati delle imprese che nel 2011
sono state la prima destinazione della raccolta differenziata,
gestendo impianti di stoccaggio, selezione o prima lavorazione delle frazioni. Essi hanno poi inviato i materiali a 125 aziende che si sono occupate del loro effettivo recupero.
48
Dossier.Hera
Illegalità e rifiuti:
la piaga delle ecomafie
Secondo l’ultima indagine di Legambiente,
solo nel 2010 sono stati gestiti in maniera
illegale più di due milioni di tonnellate di rifiuti.
La punta di un iceberg che in Italia ha alla
base quasi 93 eco-reati al giorno
L’eco-criminalità in Italia:
una torta da 16,6 miliardi di euro all’anno
Nel 2011 in Italia sono stati accertati quasi 34mila reati ambientali, circa 93 al giorno. Una cifra altissima, in aumento del 9,7%
rispetto al 2010, che ha portato anche a più di 8.700 sequestri,
28mila persone denunciate e 18 amministrazioni comunali sciolte per infiltrazione mafiosa, solo nell’anno appena trascorso.
Sono i dati del Rapporto Ecomafia 2012 di Legambiente presentato lo scorso luglio, che ogni anno aggiorna un elenco di
reati che vanno dalle infiltrazioni mafiose nella gestione dei rifiuti
agli incendi boschivi o a illeciti contro la fauna, insieme a furti di
opere d’arte e beni archeologici e abusivismo edilizio. Per il 2011
la stima del fatturato totale dell’eco-criminalità si aggira intorno
ai 16 miliardi e mezzo di euro.
Legambiente e l’indagine sul ciclo
dei rifiuti
Secondo un altro importante dossier dell’associazione pubblicato all’inizio del 2012, “Rifiuti Spa”, solo nel 2010 sono stati
sequestrati oltre 2 milioni di tonnellate di rifiuti speciali e pericolosi. Discariche abusive di amianto o di scarti di raffineria, traffici
transnazionali di plastiche e copertoni, fanghi industriali smaltiti
dentro cave, rifiuti elettronici e rottami di auto spediti in paesi
remoti dell’Africa o dell’Asia: negli ultimi dieci anni le inchieste
giudiziarie aperte contro reati come questi sono state 191, con
più di un migliaio di ordinanze di custodia cautelare. Dal 2002,
le tonnellate di “monnezza” gestita dalla criminalità sono arrivate oltre quota 13 milioni, con un volume d’affari stimato di 43
miliardi di euro.
Approfondisci
Il dossier “Rifiuti Spa”
www.legambiente.it/
contenuti/articoli/rifiuti-spa
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n.3 Rifiuti
Non più da nord a sud: i traffici circolari
Le rotte dei traffici coinvolgono tutte le regioni (a eccezione della Valle
d’Aosta) e si proiettano su scala mondiale, in 22 stati esteri. Delle 85
procure coinvolte nelle inchieste nell’ultimo decennio, 29 sono del
nord, 26 del centro, 30 del sud. I flussi non riguardano più rifiuti del
meridione che vanno verso il settentrione, ma traffici circolari. La crisi
economica degli ultimi anni, inoltre, ha irrobustito le fila dell’illegalità
nella gestione dei rifiuti. Secondo Legambiente e le sue rielaborazioni
di documenti giudiziari, grosse piattaforme logistiche italiane racimolano rifiuti plastici, cartacei, ferrosi ed elettronici e li immettono nei
circuiti illegali internazionali, dove dopo diversi passaggi di mano (e di
confine) finiscono in Cina o in India. Qui vengono trattati senza precauzioni e senza regole, con enormi costi ambientali e sanitari, per
andare a dissetare la fame di materie prime a basso costo.
Ecomafie nemiche della green economy
Il traffico illecito di scarti e rifiuti va ovviamente in controsenso rispetto a quella fetta di economia che oggi sta diventando il salvagente
anti-crisi per molti paesi del mondo: la green economy e la filiera
del riciclo. Ma come si combatte questa piaga? Di certo, secondo
Legambiente, rafforzando e semplificando le sanzioni e introducendo
specifici reati. Come quello di inquinamento o di disastro ambientale,
su cui pende già da qualche anno una direttiva dell’Unione Europea.
49
50
Dossier.Hera
Dossier.4
Gas:
Gas: motore
motore
invisibile
invisibile
del
del pianeta
pianeta
Nel 2035 un quarto del fabbisogno
energetico mondiale sarà soddisfatto
dal gas. Già da oggi, l’impennata della
domanda fa pensare che in pochi anni
si eguaglierà quella del petrolio.
Aumentano anche le riserve conosciute:
ai ritmi attuali di consumo, tuttavia,
potrebbero esaurirsi in circa 60 anni
51
n.4 Gas
Gas: nel 2035 soddisferà un quarto
del fabbisogno energetico mondiale
In tutto il mondo nel 2011 sono stati consumati circa 3.300 miliardi di metri cubi di gas naturale, quello da cui si ricava anche
il metano: circa il 2% in più rispetto al 2010. E le stime parlano
di una crescita che si manterrà costante, tanto da rappresentare, nel 2035, il 25% dei consumi energetici mondiali (oggi è
circa il 21%). Secondo il World Energy Outlook 2012, redatto
dall’Agenzia Internazionale per l’Energia, nei prossimi 20
anni la domanda di gas sarà l’unica ad aumentare senza sosta,
di circa il 50% in più, sfiorando quella del petrolio e sorpassando quella di carbone, attestandosi sui 5mila miliardi di mc (circa
4,2 miliardi di tonnellate equivalenti di petrolio). Attualmente il
gas supera di poco i 2,7 miliardi di tonnellate equivalenti di
petrolio, mentre il greggio è già oltre i 4 miliardi. Tra i motivi
che stanno spingendo il mondo alla corsa verso il mercato del
gas, c’è anche la crescente insicurezza sul nucleare e le nuove
scoperte di riserve fatte negli ultimi tempi.
Approfondisci
World Energy
Outlook 2012
www.worldenergy
outlook.org
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Approfondisci
Agenzia Internazionale
per l’Energia
www.iea.org
La domanda di gas
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Dossier.Hera
Asia e Medio Oriente trainano i consumi,
cala la domanda in Europa
A trainare la crescita dei consumi di gas sarà dunque l’Asia (ad
es. Cina, Taiwan, Yemen, Qatar) e i paesi che continueranno
sulla via del massiccio sviluppo industriale. Sul mercato asiatico pesa inoltre l’impennata dei consumi in Giappone: dopo
il terremoto del 2011 e la conseguente chiusura della centrale nucleare di Fukushima, Tokyo ha infatti aumentato l’import
di gas, come fonte energetica primaria alternativa all’atomo.
L’Europa registra invece una profonda flessione nei consumi
di gas, legata soprattutto alla difficile congiuntura economica:
tutta l’area Ue, infatti, segna un -10,8%, complice anche un
inverno mediamente più mite dell’anno precedente. L’Italia si
attesta sui 76,12 miliardi di metri cubi di gas naturale per il
2012, registrando una flessione nei consumi del 6,2%.
Russia, Iran e Qatar: ecco dove si trova il gas
Il paese che, nel mondo, ha le maggiori disponibilità di gas è la
Russia: nel 2011 le sue riserve ammontano a 46mila miliardi di
metri cubi. Ingenti quantità si trovano anche in Iran e in Qatar,
al secondo e al terzo posto della classifica dei paesi detentori
di riserve. Da sole, queste tre nazioni possiedono circa il 44%
delle disponibilità mondiali, che oggi si attestano sui 196mila
miliardi di metri cubi. Solo il 3% di queste si trova in Europa.
Al ritmo dei consumi attuali e con le riserve ad oggi conosciute, Eni stima che la disponibilità di gas nel mondo si
esaurirebbe nel giro di 60 anni.
Per riserve si intendono le quantità oggi conosciute e che possono essere estratte attraverso le potenzialità tecnologiche
attuali: non sono equivalenti, dunque, alla totale disponibilità
presente in natura, visto che molti giacimenti sono ancora sconosciuti e che altri si trovano in punti in cui l’estrazione è impraticabile, soprattutto per via degli alti costi.
I paesi produttori: il dominio di Stati Uniti
e Russia
Secondo i recenti dati di British Petroleum, nel 2011 la produzione globale è cresciuta del 3,1%: un incremento legato al record
degli Stati Uniti che, con nuove scoperte di giacimenti e tecniche all’avanguardia nell’estrazione di gas non convenzionali,
Approfondisci
Rapporto Eni World Oil
and Gas Review 2012
www.eni.com/worldoil-gas-review-2012/
wogr.shtml
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n.4 Gas
ha registrato, solo l’anno scorso, un’impennata di produzione
(+7,1%). Questo ha fatto rapidamente scendere i prezzi del gas,
pagato oggi in Europa e Asia in media da quattro a sei volte di
più rispetto al mercato Usa.
I 10 maggiori detentori di riserve di gas
Gli americani si confermano così i primi produttori al mondo
con 651mila miliardi di metri cubi, seguiti dalla Russia (607mila
miliardi). In forte crescita anche la produzione in Turkmenistan
(+40%), dove nuove risorse sono state scoperte, mentre avvenimenti come la guerra legata alla primavera araba hanno
fatto segnare grossi cali in Libia (-75,6%), in recupero solo da
quest’anno. L’Europa registra delle riduzioni anche sul fronte
della produzione: si tratta della contrazione più forte di sempre
(-11,4%) e, secondo BP, è legata a un mix di cause tra cui
l’assestamento del settore e i minori consumi.
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54
Dossier.Hera
Gnl e gas non convenzionali: la prossima
frontiera
Per il futuro, gli avanzamenti tecnologici stanno aprendo nuove possibilità nel mondo del gas. Grazie alla liquefazione, per
esempio, il gas (che in questo modo diventa gas naturale liquefatto, Gnl) può essere reso trasportabile in maniera più
semplice: il suo volume si riduce di circa 600 volte.
Arrivato a destinazione, il gas torna al suo stato originale attraverso i rigassificatori e viene poi immesso nella rete.
Questo ha reso possibile il trasporto via mare, attraverso navi
particolari che costituiscono una valida alternativa ai metanodotti e consentono di diversificare ulteriormente le fonti di
approvvigionamento. Si stima che il Gnl diventerà sempre più
importante, visto che ingenti scoperte di gas sono state fatte
in paesi lontani dalle reti di gasdotti dei maggiori paesi consumatori, come per esempio in Usa.
Altra nuova frontiera sarà l’utilizzo dei cosiddetti gas “non convenzionali” (come lo shale gas, estratto da rocce argillose)
che arriveranno a soddisfare una quota di domanda sempre
maggiore. Come spiega l’Enea, l’industria dello shale gas ha
avuto un boom eccezionale negli Stati Uniti, con un aumento
di produzione di circa il 45% all’anno tra il 2005 e il 2010, dove
grazie alle nuove tecniche sono state fatte negli ultimi tempi
scoperte eccezionali.
L’estrazione di questo gas, che avviene attraverso la frantumazione di rocce profonde e il pompaggio ad altissima pressione
di una miscela di acqua sabbia e sostanze chimiche, sembra
essere molto impattante sull’ambiente, inquinando le falde e
rendendo improduttivi i terreni. La stessa Agenzia Internazionale per l’Energia ha già caldeggiato una presa di coscienza
sul tema, pubblicando nelle scorse settimane il report “Golden
rules for a golden age of gas”, un documento su come rendere
più sostenibile lo sfruttamento di questa risorsa.
n.4 Gas
Le vie del gas
in Europa
In tutto il mondo, esiste oltre 1 milione di km
di condotte per il trasporto di questa risorsa.
Ecco dove sono e da dove arriva il gas
I gasdotti: fanno arrivare calore
ed energia da lontano
Il gas, prima di essere utilizzato attraverso la combustione in
cucina, in auto o nelle caldaie, fa un viaggio molto lungo attraverso migliaia di chilometri di gasdotti (in inglese, “pipelines”).
Sono condotte, terrestri o marine, interrate o adagiate sul fondo marino, che trasportano il gas dal centro di produzione a
quello di consumo.
Le porte del gas in Europa
In Europa il gas arriva da tre porte principali: il Nord Africa
(Algeria e Libia), la Russia (da cui passa anche quello asiatico)
e la parte settentrionale del vecchio continente (sull’asse Mare
del Nord/Norvegia-Olanda).
Dal Nord Africa partono 4 gasdotti: il Transmed, che collega
l’Algeria all’Italia (Mazara del Vallo) attraverso la Tunisia; il Greenstream, che collega la Libia all’Italia (Gela); il Maghreb che
collega l’Algeria alla Spagna attraverso il Marocco e, infine, il
Medgas, che collega direttamente l’Algeria alle coste spagnole.
I gasdotti in arrivo dalla Russia sono altrettanti: il Nord Stream,
inaugurato nel 2011 e lungo 1.224 km con una capacità di trasporto di 27,5 miliardi di metri cubi all’anno (raddoppiabili mediante
l’affiancamento di una ulteriore linea già programmata), collega
la Russia alla Germania attraverso il Mar Baltico, scavalcando
l’Ucraina; lo Yamal, che dalla Russia percorre quasi 4.200 km
attraverso Bielorussia e Polonia per arrivare in Germania; il Tag,
che passa dall’Austria e arriva fino all’Italia (Tarvisio) e alla Slovenia e, infine, il Blue Stream, che trasporta gas naturale alla
Turchia attraverso il Mar Nero. Dall’Asia centrale arrivano in Turchia due ulteriori gasdotti: quello tra Iran e Turchia al confine
curdo-iraniano e il gasdotto Baku-Tblisi-Erzurum.
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56
Dossier.Hera
Esiste una rete di gasdotti nel mare del Nord (Langeled Gas
Pipeline) che collega Norvegia, Inghilterra e Olanda. Infine,
l’Europa centrale è attraversata dai gasdotti Tenp e Transitgas che
dall’Olanda, attraverso la Germania, portano gas di produzione
olandese e del Mare del Nord in Svizzera e Italia (Passo Gries).
I principali gasdotti in Europa
Gasdotti in
progettazione/
costruzione
Condotte esistenti
La rete si espande: i gasdotti del futuro
Per il futuro, sono in fase di progettazione anche il cosiddetto “corridoio sud” (South Stream, sempre dalla Russia) e il percorso Nabucco
(dalle zone del Caucaso e Mar Caspio). Ma la crisi economica sta
rallentando gli iter ed è probabile che tra i due solo uno venga davvero realizzato. Il primo, anche detto “gasdotto ortodosso”, connetterebbe l’Europa sud-occidentale e balcanica direttamente alle
coste della Russia sul Mar Nero, senza passare da paesi non Ue.
Nabucco, invece, porterebbe il gas da Azerbaijan, Kazakistan e
Turkmenistan senza transitare dal territorio russo, aiutando paesi
come l’Italia a essere meno dipendenti da Mosca. È stato infatti voluto dall’Ue nell’ottica di diversificare le fonti di approvvigionamento. Altro importante progetto allo studio è il Galsi, un gasdotto a cui
partecipa anche il Gruppo Hera, destinato all’importazione di gas
naturale dall’Algeria all’Italia attraverso la Sardegna (con conseguente metanizzazione della regione) e sbocco finale a Piombino,
con una capacità di 8 miliardi di metri cubi all’anno.
n.4 Gas
Un mercato del
gas sempre più
concorrenziale
Nuove tecnologie, sviluppo di infrastrutture
e dinamiche commerciali rendono
la formazione del prezzo del gas sempre
meno dipendente dai grandi monopoli
e dal prezzo del petrolio
Un mercato rigido, in mano a pochi grandi operatori e con contratti molto vincolanti per gli acquirenti. Era questo il mercato del
gas fino a pochi anni fa. Poi, seppur con tratti oligopolistici, la
disponibilità di nuove tecnologie estrattive e di infrastrutture ha
attivato una dinamica commerciale che pian piano sta rendendo
la formazione del prezzo del gas sempre più condizionata da una
pluralità di fattori.
Dal giacimento al fornello di casa:
una filiera suddivisa in 3 parti
Il mercato del gas è caratterizzato da tre principali settori di attività:
upstream (ricerca ed estrazione/produzione del gas), downstream (la parte finale del processo, quindi la vendita al dettaglio al
cliente) e midstream (l’attività di acquisto all’ingrosso e vendita agli
operatori del downstream). Si compra e si vende utilizzando due
tipologie di contratto diverse tra di loro, take or pay e spot, nate a
distanza una dall’altra e rappresentative di due differenti concezioni
del mercato.
I contratti “take or pay”
Sono quelli prevalenti: stipulati dagli operatori midstream con
le compagnie di produzione, sono caratterizzati da una lunga
durata (in genere 20-25 anni) e dalla clausola che l’acquirente, in cambio della garanzia della fornitura, sottoscrive l’acquisto impegnandosi al pagamento anche in caso di flessione della domanda di gas. Questi contratti nascono negli anni
’60, in un quadro in cui le compagnie di produzione avevano la
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58
Dossier.Hera
necessità di ripagare gli investimenti fatti per la realizzazione
dei gasdotti. In questo tipo di accordi il prezzo del gas è legato
all’andamento del prezzo del petrolio. Questo perché l’utilizzo
del gas, inizialmente, era legato alla sostituzione di altri combustibili derivati dall’ “oro nero” (gasolio per il riscaldamento e olio
combustibile per gli usi industriali e termoelettrici).
I contratti “spot” e la funzione strategica
degli hub
I contratti spot, invece, hanno una durata limitata (annuale o
inferiore) e i prezzi sottoscritti non sono legati al petrolio, ma si
basano sulla dinamica domanda-offerta, in un contesto globale
in cui il gas ha sottratto fette di mercato sempre maggiori al petrolio e al carbone, trasformandosi da prodotto complementare
a valida alternativa, anche in ragione del suo minore impatto
sull’inquinamento in atmosfera.
Tali contratti sono più recenti dei take or pay: occupano quindi
uno spazio ancora ridotto nel mercato, anche se crescente, e
si sottoscrivono negli hub.
Nella foto: tubi gas
Gazprom
(da Gazprom.com)
n.4 Gas
Gli hub sono punti di snodo tra due o più gasdotti di compagnie diverse, generalmente collocati alla frontiera tra due stati.
Lì nascono centri di contrattazione e compravendita del gas
che viene smistato tra i vari sistemi.
Ci sono anche hub virtuali, non associati a snodi fisici ma a un
sistema infrastrutturale nazionale o regionale. I principali hub in
Europa sono il National balancing point britannico, il Ttf olandese, lo Zeebrugge belga, il Ncg Vtp tedesco e il Peg francese.
In Italia c’è il Psv, Punto di Scambio Virtuale: un sistema elettronico di scambio e cessione di capacità di trasporto e di gas
immesso nella rete di gasdotti.
È tra l’altro in atto un dibattito sulla nascita di un hub fisico italiano come nuova porta d’ingresso del gas in Europa, un luogo
di scambio e di transito dei flussi strategico per il vecchio continente, che porterebbe vantaggi ai consumatori in termini di
prezzi più bassi. Il progetto necessita però di forti investimenti
nello stoccaggio e nella realizzazione di nuove infrastrutture di
importazione come gasdotti e rigassificatori.
Lo sviluppo delle tecniche estrattive
e di liquefazione muove il mercato attuale
Negli ultimi anni il mercato globale del gas è cambiato e la causa va cercata in diversi fattori.
Primo fra tutti, lo sviluppo degli hub: in queste piazze i prezzi, slegati dal petrolio, risultano più convenienti, soprattutto in
questo momento di eccesso di offerta di gas.
Sui prezzi, inoltre, pesano la diminuzione dei costi di trasporti
del gas naturale liquefatto e la contrazione della domanda, legata a una crisi dei consumi che va avanti dal 2008.
Infine, l’affacciarsi sul mercato dello shale gas, di cui gli Stati
Uniti sono forti produttori, che ha contribuito ad aumentare l’offerta disponibile, con conseguente discesa dei prezzi.
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Dossier.Hera
Come ti porto il metano
a domicilio
Dal giacimento al fornello di casa:
il tragitto del gas lungo dorsali nazionali
e reti di distribuzione locale, ancora troppo
frammentate. Ma in Europa è diverso
Un viaggio invisibile per portare il gas
dove serve
Bollire sul fornello l’acqua, aprire un rubinetto per una doccia
calda o fare il pieno di metano alla macchina: tutte azioni quotidiane che presuppongono l’utilizzo del gas.
Gas che, per arrivare dove serve, deve essere trasportato e
distribuito. Questo viaggio, per buona parte invisibile, avviene attraverso una fitta rete di tubi che scorre sotto i nostri
piedi e che si dirama per tutta la penisola fino ad arrivare agli
utenti finali (il gas in Italia è impiegato al 25,5% per usi domestici, al 7,4% per commercio, al 41,7% come combustibile per
le centrali termoelettriche e al 25,4% per utilizzo industriale).
L’infrastruttura di trasporto gas in Italia si sviluppa su due livelli
di distribuzione: primaria (le grandi dorsali nazionali e regionali)
e secondaria.
La distribuzione primaria
Cominciamo dall’inizio. La rete di trasporto nazionale è una
rete in alta pressione e di grande diametro, che attraversa il
Paese da nord a sud e trasporta il gas fino all’interconnessione
con le reti di trasporto regionali (alta e media pressione).
Il gas naturale importato in Italia viene immesso nella rete nazionale attraverso sette punti di entrata, in corrispondenza delle interconnessioni con i metanodotti d’importazione (Tarvisio,
Gorizia, Passo Gries, Mazara del Vallo, Gela) e dei terminali
di rigassificazione del Gas Naturale Liquefatto (Panigaglia e
Rovigo).
La produzione nazionale (i maggiori giacimenti si trovano
nell’Adriatico, in Puglia, Calabria e nella pianura padana) viene
invece immessa in rete attraverso i punti di entrata dai campi
61
n.4 Gas
di produzione o dai loro centri di raccolta, così come il gas
degli stoccaggi. Complessivamente la rete di trasporto primaria, che comprende quella nazionale e quella regionale, misura
oltre 33mila km.
La distribuzione secondaria
Il punto di interconnessione tra la rete di trasporto regionale
e la rete di distribuzione locale (secondaria, che misura complessivamente circa 200mila km) è la cabina di riduzione e
misura (Remi) dove il gas viene ridotto di pressione, contabilizzato e odorizzato. Dalle cabine Remi parte una rete di distribuzione in media pressione che trasporta grandi quantitativi di
gas in prossimità degli utilizzatori o per fornire grandi utenze
industriali. A questa rete sono collegate numerose cabine di
riduzione finale dove il gas viene decompresso fino alla pressione di utilizzo nelle case.
Trasporto e distribuzione: ancora molta
frammentazione
In Italia, a differenza di molti paesi europei (ad es. Francia) il
sistema di trasporto e distribuzione è fortemente frammentato, in particolare nel settore della distribuzione locale dove è
prerogativa dei singoli comuni gestire i servizi pubblici locali.
Nella foto: l’impianto
di riduzione e misurazione
gas San Giovanni
in Persiceto (Bo)
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Dossier.Hera
Ciò non ha certamente favorito il raggiungimento di un elevato
grado di efficienza nella fornitura del servizio. Negli ultimi anni
però si sta assistendo a una progressiva concentrazione del
settore, attraverso processi di fusione e incorporazione. Inoltre, il mutato quadro normativo, con l’avvento delle gare per
l’aggiudicazione della distribuzione gas a partire dal 2013, è
destinato a produrre ulteriori passi verso la concentrazione e
l’efficienza.
Mentre il sistema di trasporto gas nazionale e regionale è gestito da 10 imprese, di cui 7 operative solo su reti regionali e 3
anche su tratti di rete nazionale (il principale operatore è Snam
Rete Gas che possiede circa il 96% della rete di trasporto
nazionale e regionale, pari a quasi 32mila km), nella distribuzione locale la situazione è ben più polverizzata. A dicembre
2011 erano attivi 229 operatori (comunque meno rispetto ai
circa 700 degli anni novanta). Di questi, i primi 5 coprono da
soli il 60% del mercato: Eni è al primo posto con il 23% della
distribuzione locale, F2i Reti Italia è al secondo posto con il
17,2%. Hera si conferma al terzo posto con il 6,5%. Seguono
Iren (multiutility di Torino, Genova, Reggio Emilia, Parma e Piacenza) e A2A (Milano e Brescia).
Tariffe, standard qualitativi della
distribuzione: il ruolo dell’Authority
L’accesso al servizio di trasporto e le tariffe vengono definiti
sulla base di criteri stabiliti dall’Autorità per l’Energia Elettrica
e il Gas e approvate ogni anno. I margini per il distributore
dipendono, quindi, dalle tariffe regolate dall’Aeeg e dalle efficienze di costo perseguite. Il servizio di distribuzione è remunerato da apposite voci in bolletta, che il venditore fattura al
cliente e poi trasferisce al distributore.
L’Autorità, oltre a regolare i temi economici della distribuzione
locale, ha definito anche standard qualitativi su performance e
sicurezza che il distributore deve rispettare.
n.4 Gas
Sulla distribuzione
gas scatta
la competizione
A partire dal 2013 la gestione delle reti locali
di metano sarà assegnata agli operatori tramite
gara. L’obiettivo è concentrare il settore,
per avere più efficienza e qualità del servizio
Arrivano le gare, contro la polverizzazione
del settore
Più efficienza, trasparenza e capacità d’investimento nella distribuzione locale di gas. Sono questi gli obiettivi che si è posto il Dlgs n°
164/00, un decreto destinato a rivoluzionare il settore introducendo la gara pubblica come unica forma per assegnare a un gestore
la distribuzione locale di gas. A differenza della maggior parte dei
paesi europei, in Italia la gestione delle reti locali di metano è ancora piuttosto frammentata, in particolare tra gli operatori di piccole
Il mercato della distribuzione locale del gas
in Italia
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Dossier.Hera
e medie dimensioni: su oltre 200 operatori attivi, i primi 5 coprono
il 60% del mercato. Questa polverizzazione fa sì che la maggior
parte degli operatori, attivi su reti piccole o piccolissime, fatichi
sia a ridurre i costi di gestione (e quindi le tariffe di distribuzione ai
clienti finali) che a sviluppare gli investimenti necessari ad assicurare qualità e sicurezza del servizio.
Si parte nel 2013 con 177 ambiti territoriali
da mettere a gara
La normativa sulle gare gas, che partiranno dal prossimo novembre
2013, ha definito 177 ambiti territoriali (solitamente uno o due per
provincia). In questi ambiti verranno bandite le gare, individuando
una dimensione abbastanza ampia (in media circa 200mila punti di
riconsegna) da favorire la concentrazione delle imprese, produrre
benefici economici di scala e assicurare gli investimenti per la manutenzione delle reti di distribuzione. Il gestore che vincerà il bando
si aggiudicherà la gestione per 12 anni e sarà chiamato, eventualmente, a rifondere il gestore uscente con il valore residuo della rete.
Chi vince gestisce per 12 anni
Il risultato di questo processo, che durerà alcuni anni, dovrebbe
essere una mappa dell’Italia in cui la distribuzione locale sarà nelle mani di un numero minore di operatori (ma di maggiori dimensioni) in grado di investire maggiori risorse e assicurare migliori
standard di servizio. Anche gli obiettivi di qualità dati dall’Autorità
per l’Energia Elettrica e il Gas alle aziende di distribuzione
sono sempre più stringenti e a lungo andare non potranno essere più garantiti da gestioni locali di piccole dimensioni. Soprattutto agendo in “monopolio naturale” (cioè senza rivali per 12
anni di aggiudicazione) saranno chiamati a competere al rinnovo
della concessione, mettendo sul tavolo risorse e know-how.
A Bologna il bando già l’anno prossimo
Nel territorio attualmente servito da Hera, il primo ambito che
andrà a gara comprende Bologna e altri 17 Comuni della sua
provincia, oltre al comune di Firenzuola (Fi). Il bando di gara per
questa area dovrà essere pubblicato entro l’11/11/2013. Via via
andranno a gara anche tutti gli altri ambiti: Bologna 2 e Modena
2 entro l’11 agosto 2013; Modena 1 entro l’11 novembre 2013;
Ferrara e Rimini entro l’11 maggio 2015; Ravenna e Forlì-Cesena
entro l’11 novembre 2015.
Otto caldi consigli
per risparmiare
sulla bolletta.
1
In casa, d’inverno, manteniamo
una temperatura di 20 gradi,
abbassiamola di notte e, se fa caldo,
spegniamo i termosifoni.La riduzione
di un solo grado assicura un risparmio
di circa il 6%.
2
Non copriamo i termosifoni con pannelli,
tende o altro, perché, per riscaldare
in maniera efficiente, il calore ha bisogno
di diffondersi nella stanza.
3
Applichiamo valvole termostatiche
ai termosifoni per risparmiare fino al 30%.
La valvola termostatica è un sistema
che consente di diversificare la
temperatura del termosifone in ogni
stanza, in base all’uso e all’esposizione.
4
Se dobbiamo sostituire la caldaia,
scegliamo quelle a condensazione
con bruciatore modulante in grado
di garantire la massima efficienza
in qualsiasi condizione di funzionamento
(anche a carico parziale).
5
Rendiamo autonomo l’impianto
centralizzato installando dispositivi
di contabilizzazione individuale del calore
che, permettendoci di ripartire i costi,
ci consentono di non sprecare.
6
Per aumentare l’efficienza dei termosifoni
sostituiamo i vecchi termoconvettori
con i radiatori di calore.
7
Durante la notte abbassiamo
del tutto tapparelle o serrande in modo
da aumentare l’isolamento contro
il freddo esterno.
8
Scegliamo di fare l’autolettura per tenere
sotto controllo i consumi anomali e pagare
solo l’effettivo consumo.
Nei locali
pubblici e
commerciali
orologi programmatori
›Upertilizziamo
spegnere o ridurre l’intensità
luminosa nei momenti in cui non serve;
utilizziamo lampade a Led o fluorescenti
per risparmiare fino all’80% lasciando
inalterato il grado di illuminazione.
tilizziamo pompe di calore ad alta
›Uefficienza
per il raffrescamento estivo
e il riscaldamento invernale.
I.P.
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