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Dossier Hera - Gruppo Hera
Dossier Hera Risparmiare acqua si può. L’acqua è preziosa. Bastano alcune semplici attenzioni, nei gesti di ogni giorno, per risparmiarla. in cucina in giardino i piatti o le verdure riempiendo nnaffiare verso sera, quando l'acqua ›lunavare ›ievapora contenitore e usare l'acqua corrente più lentamente e viene solo per il risciacquo hiudere i rubinetti ed effettuare una ›clettura del contatore dopo una notte per evidenziare eventuali perdite sare lavatrice e lavastoviglie a pieno ›ucarico ed a basse temperature fa risparmiare fino a 11mila litri all'anno. in bagno hiudere il rubinetto mentre ci si lava ›ci denti, ci si rade o si fa lo shampoo la doccia fa risparmiare fino a 100 ›ulitrisared'acqua per volta rispetto al bagno n regolatore di flusso nello scarico del ›uwater fa risparmiare 26mila litri all'anno. assorbita dalla terra ›raccogliere l'acqua piovana e riutilizzarla l'acqua usata per lavare frutta ›reiutilizzare verdura per innaffiare. Un significativo contributo al risparmio idrico ed energetico si ottiene con l'installazione nei rubinetti e nelle docce di riduttori di flusso, che miscelano acqua ed aria. Sono economici, facili da montare e permettono un significativo risparmio di acqua. Dossier Hera Fatti e numeri per approf ndire Pillole tratte dai Dossier.Hera disponibili su www.gruppohera.it/dossier per approfondimenti su acqua, gas, rifiuti e smart cities. Progetto editoriale: Giuseppe Gagliano, Direttore Centrale Relazioni Esterne Hera S.p.A. Riccardo Finelli, Responsabile Rapporti con i media e editoria Sara Cameranesi, Rapporti con i media e editoria Elena Marchetti, Rapporti con i media e editoria Consulenza giornalistica: Sara Scheggia Design: Koan moltimedia Finito di stampare nel mese di dicembre 2012 Introduzione Raccontare la complessità Dei servizi offerti da una multiutility spesso si percepisce solo l’ultimo miglio: l’acqua che scorre dal rubinetto o il metano che accende il fornello della cucina. Dietro a tutto questo, però, esiste una lunga filiera di attività che interconnette ogni abitazione a tutte le altre di una città, di una nazione e, in certi casi, dell’intero pianeta. Si pensi, ad esempio, al viaggio che deve compiere un metro cubo di gas per arrivare dal giacimento alla nostra caldaia. O ai tanti passaggi attraverso cui una bottiglia di plastica usata diventa materia prima per un nuovo prodotto (magari un maglione). Il Dossier Hera è nato a inizio 2012 proprio per raccontare con immediatezza e semplicità ai nostri clienti e, più in generale, a tutti i cittadini il complesso dietro le quinte dei servizi erogati da Hera. Fra aprile e dicembre sono stati pubblicati nell’apposita sezione del sito web del Gruppo, www.gruppohera.it/dossier, 4 approfondimenti su altrettanti temi: acqua, smart city, gestione rifiuti e gas. Questo volume raccoglie un estratto dei contenuti che si possono trovare sul web e che saranno aggiornati e integrati anche in futuro. La scelta di affiancare alla comunicazione on-line anche uno strumento cartaceo diffuso in modo massivo è stata presa nella speranza di poter offrire questa opportunità d’informazione e approfondimento a una platea ancora più vasta. Certi che una cittadinanza più consapevole e attiva si possa costruire anche promuovendo la conoscenza. Tomaso Tommasi di Vignano Presidente Hera Spa Sommario Dossier.1 Acqua Dossier.2 Smart Cities Dossier.3 Rifiuti Dossier.4 Gas Una risorsa, tante sfide Una scelta obbligata Da problema a risorsa Motore invisibile del pianeta 4 In Italia l’acqua tra le più economiche d’Europa 8 Acqua. Chi la gestisce in Italia? 11 Manutenzione e nuove opere: Federutility stima investimenti per 64 miliardi 13 20 Dai cassonetti intelligenti al telecontrollo: multiutility protagoniste nelle città smart 23 Le fonti rinnovabili spianano la strada alle smart grid elettriche 26 15 Gli “speciali”, maggioranza silenziosa dei rifiuti 37 L’energia pulita viene dai rifiuti 40 Raccolta differenziata e ciclo del recupero 18 Le vie del gas in Europa 55 Un mercato del gas sempre più concorrenziale Come ti porto il metano a domicilio 60 Tra la via Emilia e il Watt “Sulle tracce dei rifiuti” per scoprire dove finisce la raccolta differenziata 46 Un cuore “intelligente” per rimanere sempre... in buone acque 50 57 43 29 La “fabbrica” dell’acqua 32 Illegalità e rifiuti: la piaga delle ecomafie 48 Sulla distribuzione gas scatta la competizione 63 4 Dossier.Hera Dossier.1 Acqua: una risorsa, tante sfide Con gli attuali tassi di sviluppo demografico e in assenza di mutamenti nei regimi alimentari, nei prossimi decenni l’acqua diventerà una risorsa sempre più preziosa 5 n.1 Acqua 2030: un mondo sempre più assetato La chiamano anche oro blu, tanto che, secondo più di un analista, le guerre del futuro non saranno per il petrolio, bensì per l’acqua. Per il controllo di una fettina, più o meno grande, delle riserve mondiali di acqua effettivamente disponibili per l’uomo, all’incirca 13mila di km cubi. Un’inezia, rispetto al totale dell’acqua contenuta nel pianeta, ben 1,4 miliardi di km cubi, in grandissima parte però salata o sotto forma di ghiaccio o neve. Questa visione, alla luce delle macrotendenze in corso, appare piuttosto realistica. Negli ultimi 100 anni, ad esempio, secondo il World Water Assessment Programme dell’Unesco, i consumi d’acqua sono aumentati proporzionalmente a un tasso doppio rispetto all’incremento della popolazione mondiale. E guardando al futuro, questo trend aumenterà in proporzione geometrica. Secondo il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente entro il 2050, quando la popolazione mondiale raggiungerà i 9 miliardi, servirà il doppio dell’acqua utilizzata oggi per garantire la sicurezza alimentare di tutti. Un fabbisogno che continuerà a essere assorbito per la maggior parte da un’agricoltura sempre più assetata. Se infatti permarranno le stesse attività agricole, i regimi alimentari attuali e se continuerà a crescere l’urbanizzazione (come tutto fa pensare), la quantità d’acqua necessaria per l’agricoltura aumenterà dal 70% al 90%. Una situazione difficilmente sostenibile. Lo stress idrico di oggi... In prospettiva, dunque, l’acqua sarà un bene sempre più prezioso. Ma già oggi il pianeta deve fare i conti con una sete crescente. Solo per dare un’idea, il 41% della superficie terrestre è considerata arida. Guardando invece alla popolazione, circa 900 milioni di persone non hanno disponibilità di una quantità d’acqua potabile sufficiente a soddisfare i propri bisogni elementari (dai 20 ai 50 litri al giorno per dissetarsi, cucinare e lavarsi), mentre ben 2,6 miliardi di persone non possiedono adeguati servizi igienico-sanitari. Fra le aree del pianeta a maggiore stress idrico, vale a dire prive d’acqua rispetto a standard minimi di utilizzo, rientra ovviamente l’Africa. L’Amref (African Medical and Research Foundation) ricorda che, nell’Africa Approfondisci www.acquavirtuale.it QR code generated on http://qrcode.littleidiot.be 6 Dossier.Hera Subsahariana, il 40% della popolazione non ha accesso all’acqua potabile e a questa privazione si accompagna spesso l’insorgenza di importanti patologie, anche mortali. Ma l’impatto, secondo l’Associazione, è anche di tipo sociale. Nel continente nero infatti, ogni anno vengono sprecate circa 40 miliardi di ore di lavoro solo per andare ad attingere acqua (per lo più da fonti contaminate). Un peso sociale che ricade soprattutto sulle donne e sulle bambine, con effetti disastrosi: incuria dei figli, mancanza di igiene domestica, assenteismo scolastico. ...e di domani Nel prossimo futuro, attorno al 2030, quasi metà della popolazione mondiale (oltre 3 miliardi di persone a quella data) vivrà in aree ad alto stress idrico. Questa situazione sarà spinta principalmente da due fenomeni: i cambiamenti climatici in atto e la brusca crescita della popolazione mondiale (che continuerà a concentrarsi in aree urbane). Gli effetti del riscaldamento globale Un ruolo decisivo sul futuro delle risorse idriche sarà giocato dagli effetti del riscaldamento globale. L’acqua è infatti il bene più esposto ai cambiamenti dell’ecosistema della terra e a quelli umani. Diverse regioni del mondo potranno andare incontro a fenomeni intensi di siccità, allo scioglimento dei ghiacciai, all’innalzamento dei mari e alla diminuzione delle piogge. La variazione delle temperature (e delle piogge) potrà avere un’influenza drammatica sulla disponibilità di acqua, incrementando la frequenza e la portata di fenomeni estremi, come quello della siccità e delle inondazioni. A titolo di esempio, a causa dei cambiamenti climatici si stima che i ghiacci dell’Himalaya, che garantiscono la maggior risorsa idrica dell’Asia, si ridurranno di circa il 20% entro il 2030. La crescita della popolazione urbana Oltre ad un’agricoltura sempre più “idrovora”, sarà anche l’aumento dei consumi domestici a determinare la scarsità d’acqua, a causa della crescente urbanizzazione mondiale concentrata, in particolare, nei paesi poveri o in via di sviluppo. Si stima, ad esempio, che in Africa e in Asia gli abitanti delle città raddoppieranno. La popolazione urbana aumenta infatti n.1 Acqua al ritmo di 2 persone al secondo e si prevede che entro 20 anni il 60% della popolazione mondiale vivrà nelle città, contro il 50% attuale. Per compensare la mancanza di acqua che colpisce una percentuale sempre maggiore della popolazione, saranno necessarie nuove tecnologie e nuove politiche, in particolare nelle città. Nelle zone urbane, già ora, 830 milioni di persone mancano dei servizi di base di approvvigionamento idrico: un fatto che rappresenta la seconda causa di mortalità infantile e contribuisce anche alla mortalità delle madri. Questo, a causa di investimenti in infrastrutture idriche che non hanno seguito il ritmo dell’urbanizzazione. La crescita dei consumi idrici 7 8 Dossier.Hera In Italia l’acqua tra le più economiche d’Europa In Belgio un metro cubo d’acqua costa 3,44 euro. In Francia 2,82. In Italia appena 1,55. Ma il forte bisogno di investimenti sulla rete idrica farà necessariamente salire il prezzo In Italia l’acqua costa la metà rispetto a Belgio, Austria e Germania L’acqua più cara d’Europa? In Lussemburgo, con un costo di quasi 3,46 euro al metro cubo. Seguono Belgio con 3,44, Austria con 3,15, Germania con 3,07, Francia con 2,82 e via via gli altri stati europei. Fino all’Italia, penultima in classifica con appena 1,55 euro al metro cubo, la metà rispetto ai primi. I numeri sono quelli del rapporto Blue Book 2011, pubblicato da Utilitatis (centro di ricerca su acqua, energia e ambiente), in cui si analizza un campione di città della zona Euro, considerando la spesa annua di una famiglia con un consumo di 180 metri cubi. Dunque, in Italia l’acqua costa meno, molto meno che nel resto d’Europa, anche se esistono differenze assai marcate fra una città e l’altra. L’indagine 2011 sulle tariffe del servizio idrico nazionale di Federconsumatori Modena attribuisce a Milano un costo al metro cubo di 0,6 euro, contro, ad esempio, i 2,39 euro di Firenze. Approfondisci www.utilitatis.org QR code generated on http://qrcode.littleidiot.be La tariffa legata agli investimenti Dovendo le tariffe recuperare completamente gli investimenti fatti dai gestori sull’intero ciclo idrico, buona parte del differenziale tra una città e l’altra, in Italia come in Europa, è dovuto alla maggiore o minore intensità di investimenti su un determinato territorio. Non solo per quanto attiene a captazione e potabilizzazione, ma anche (e soprattutto) rispetto alla depurazione delle acque reflue. n.1 Acqua Costo medio acqua Paesi zona Euro (€/mc) Il costo (e il servizio) nel territorio Hera Nei capoluoghi di provincia gestiti da Hera, in cui esiste una delle concentrazioni d’investimento sull’idrico più elevate del Paese (oltre 850 milioni di euro negli ultimi 10 anni), sempre secondo lo studio Federconsumatori il costo medio si attesta invece a 1,81 euro, più basso rispetto all’Europa ma certamente più elevato rispetto a diverse realtà italiane. La qualità del servizio idrico erogato è però sensibilmente più alta della media italiana. Alcuni dati evidenziano il quadro. Le 300mila analisi compiute ogni anno hanno dato nel 2011 una conformità agli standard di legge del 99,6%. Le perdite di rete si attestano a circa il 24%, contro una media nazionale di quasi il 40%, mentre gli utenti Hera con scarichi non depurati rappresentano solo lo 0,9%, a fronte di una media nazionale di circa il 17%. 9 10 Dossier.Hera Il forte fabbisogno di investimenti italiano: il finanziamento delle opere potrà avvenire solo attraverso la tariffa In Italia, secondo molti analisti del settore, la situazione è però destinata a cambiare. In diverse aree del Paese infatti il ciclo idrico è tutt’altro che efficiente. Vuoi per condotte colabrodo, che soprattutto nel Meridione disperdono anche oltre la metà dell’acqua immessa (contro, ad esempio, un 9% della Germania). Vuoi per un sistema depurativo ancora insufficiente, che copre a malapena i due terzi della popolazione e che ha già fatto scattare, sino a oggi, due procedure d’infrazione contro l’Italia da parte dell’Unione Europea. I 64 miliardi di investimenti che secondo Federutility occorrono in Italia nei prossimi 30 anni non possono essere infatti coperti dalla fiscalità generale e, dunque, come avviene in tutti gli altri paesi europei, è ragionevole pensare che vengano finanziati attraverso il sistema tariffario. Nella Nella foto: foto: il depuratore il depuratore di di Modena Modena Il valore dell’acqua: una risorsa da non sprecare Il dibattito sul “giusto” prezzo dell’acqua porta con sé la riflessione sullo spreco che viene fatto dell’oro blu. Laddove l’acqua ha un costo irrisorio, come in Italia, la spinta verso investimenti o campagne per ridurre perdite di rete e consumi è comprensibilmente debole. Viceversa, laddove l’acqua costa di più, vedi la Germania, gli stimoli a razionalizzare consumi e distribuzione sono ben maggiori. La questione, uscendo dai confini del vecchio continente, non è di poco conto. Secondo il World Water Assessment Programme dell’Unesco, infatti, nell’ultimo secolo i consumi di acqua sono aumentati proporzionalmente ad un tasso doppio rispetto all’incremento della popolazione mondiale e questo, ad oggi, fa sì che circa due miliardi di persone vivano in regioni caratterizzate da assoluta scarsità d’acqua e che, potenzialmente, due terzi della popolazione mondiale potrebbe essere soggetta a condizioni di difficoltà di approvvigionamento idrico. Dunque, la tensione verso il risparmio di una risorsa essenziale per la vita deve essere, già oggi, massima. 11 n.1 Acqua Acqua. Chi la gestisce in Italia? Oltre 700 operatori, suddivisi fra diverse modalità di gestione. Il panorama del ciclo idrico in Italia è ancora estremamente frammentato. Emilia-Romagna esempio virtuoso Oltre 700 gestori, suddivisi in 5 tipologie di soggetti giuridici, e 72 affidamenti fatti da circa 90 Autorità d’Ambito Territoriale Ottimale (Aato): sono questi i numeri che descrivono la giungla del servizio idrico italiano. Un ginepraio di gestioni, in cui convivono soggetti pubblici, privati e misti, nel suo complesso ancora alla ricerca del miglior assetto in termini di efficienza industriale ed equilibrio economico. Nella foto: il potabilizzatore di Ravenna 12 Dossier.Hera La convivenza di più modelli di gestione Nella gestione dell’acqua, gli attori di primo piano sono le Aato, ciascuna con competenza nel proprio Ambito Territoriale Operativo (le porzioni di territorio che riflettono la mappa idrografica dei bacini d’acqua e che coincidono spesso con le province). Si tratta di enti, governati da un’assemblea di sindaci (o loro delegati) del territorio di riferimento, che affidano il servizio idrico integrato ai gestori con una convenzione, secondo schemi diversi. Non esiste, infatti, un unico modello di gestione: gestori pubblici, privati e misti convivono sul territorio italiano sulla base di scelte storiche, politiche e organizzative delle amministrazioni pubbliche. Fino a oggi, in Italia sono esistite oltre 90 Aato. Dall’1 gennaio 2012 in Emilia-Romagna l’ambito ottimale coincide con il territorio regionale; si è già data pertanto attuazione alla riforma prevista dalla L.191/2009 e successive modifiche che prevedeva il riordino delle esistenti Aato e la loro cessazione entro il 31/12/2011, scadenza prorogata di un anno dal recente decreto “mille proroghe”. Un’altra riforma importante è quella che vede trasferite in capo a un’Autorità indipendente, l’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas, le funzioni di regolazione e controllo dei servizi idrici. Il panorama dei servizi idrici in Italia, necessitando ancora di importanti e ingenti investimenti, deve anche poter contare su regole certe e di lungo periodo, condizione necessaria al reperimento delle risorse finanziarie da dedicare agli investimenti. Oltre 700 operatori I gestori rimangono di fatto gli stessi. In tutta Italia se ne contano oltre 700 e non esiste un censimento puntuale sul loro effettivo numero, tanto è caotico l’elenco. Una statistica precisa esiste per gli affidamenti, cioè i conferimenti dell’incarico di gestione dalle Aato. Il Blue Book stilato ogni anno dalla Fondazione Utilitatis, costituita da Federutility e Federambiente, registra ufficialmente una geografia di 72 affidamenti prevalenti, facendoli coincidere con gli Ambiti territoriali (le Aato sarebbero però 92: in alcune, infatti, il servizio non è affidato, ma gestito direttamente dagli enti locali). Per ogni singola Aato, che coincide quasi sempre con la provincia, viene quindi considerata la convenzione che coinvolge il numero maggiore di abitanti e la parte più estesa di territorio. E sono molto frequenti i casi in cui, all’interno dello stesso ambito territoriale, al fianco dell’affidamento prevalente ci siano dei comuni, solitamente piccoli, che hanno scelto di mantenere la gestione diretta o di fare delle società partecipate ad hoc per l’acqua. 13 n.1 Acqua Manutenzione e nuove opere: Federutility stima investimenti per 64 miliardi Pianificati dalle Aato 39 miliardi per i prossimi anni, ma solo 3 saranno coperti da finanziamenti pubblici Perdite di rete e depuratori insufficienti: forti investimenti necessari nel Nord Ovest e Sud Italia Una rete di acquedotti colabrodo, che perde in media fra il 35% e il 40% dell’acqua immessa, e un sistema fognario e depurativo ancora insufficiente a rispondere agli standard richiesti dall’Europa. È questa la fotografia del ciclo idrico in Italia scattata nell’ultima edizione del Blue Book. Per restituire efficienza alla rete e abbattere il danno provocato all’ambiente dalle carenze sul fronte della depurazione, servono, secondo Federutility (l’associazione che raggruppa oltre 400 società attive nei servizi pubblici locali), circa 64 miliardi d’investimenti nei prossimi 30 anni: un fabbisogno da 2,17 miliardi di euro all’anno. Le zone in cui saranno necessari gli interventi più urgenti, secondo le stime rielaborate da Federutility, sono il Nord Ovest e il Sud, con un totale di 15 miliardi di investimento ciascuno nel prossimo trentennio. Tra le regioni segnalate tra le più in difficoltà, la Sicilia, la Campania, il Lazio. Il ruolo del sistema tariffario Per il momento, gli investimenti programmati nei piani d’intervento dalle singole Autorità d’Ambito Territoriale Ottimale (Aato), riaggiornati e revisionati con una periodicità almeno triennale, si fermano a 38,7 miliardi e, di questi, solo uno scarso 9% sarà finanziato con fondi pubblici (3,25 miliardi di euro). Il resto, dunque, dovrà essere verosimilmente recuperato attraverso il sistema Nella foto: operatore a lavoro presso il potabilizzatore di Rimini 14 Dossier.Hera tariffario. Per gli acquedotti, sempre secondo i programmi di spesa analizzati dal Blue Book, servirebbero circa 15 miliardi, di cui più della metà andrebbe per manutenzione straordinaria, mentre per fognature e depurazione ne servirebbero 16,4 (il restante 2,5%, circa 9,6 miliardi, va invece alla voce “altri investimenti”, cioè tutti gli altri tipi di interventi). Emilia-Romagna fra le regioni virtuose Diverso il discorso per l’Emilia-Romagna, una delle regioni più virtuose: secondo i piani d’ambito delle Aato analizzati da Confservizi, associazione che rappresenta i gestori dei servizi pubblici, a livello regionale, sono stati previsti per il periodo 20082023 investimenti complessivi per 3,5 miliardi di euro, con una media di 260 milioni all’anno. Solo Hera, da parte sua, nei suoi dieci anni di attività ha investito circa 850 milioni di euro. Tale politica, come previsto dal Piano industriale, proseguirà anche nell’immediato futuro sino a superare nel 2015 il miliardo di euro. 15 n.1 Acqua La “fabbrica” dell’acqua Assicurare acqua di qualità e una depurazione efficiente richiede un ciclo idrico complesso, caratterizzato da impianti estremamente sofisticati L’acqua è la risorsa naturale per eccellenza, ma nonostante la sua naturale disponibilità non basta fare un buco nel terreno per poterne fruire. Per disporre di acqua sicura e controllata, distribuita nelle case in modo efficiente e reimmessa nell’ambiente dopo l’uso senza sostanze inquinanti, è indispensabile poter contare su un sistema d’impianti, reti e saperi estremamente articolato. Caratterizzato soprattutto da tecnologie d’avanguardia. Questo sistema è chiamato ciclo idrico integrato. Si tratta di una vera e propria “fabbrica dell’acqua” che, partendo dal prelievo della preziosa risorsa nelle forme disponibili sul territorio (sorgenti, fiumi, ecc.), la rende potabile e disponibile in ogni casa, fino a convogliarla e depurarla una volta utilizzata. Tutto questo avviene per fasi, ben distinte fra loro: captazione, potabilizzazione, distribuzione, fognatura e depurazione. Nella foto: l’impianto di potabilizzazione Val di Setta, comune di Sasso Marconi (Bo) Multimedia Guarda il video Il ciclo dell’acqua www.gruppohera.it/ gruppo/com_media/ dossier_acqua/articoli/ pagina28.html Captazione La prima fase del ciclo idrico è la captazione o prelievo. L’acqua è raccolta per essere portata alle nostre case. La captazione può avvenire da laghi, fiumi, bacini artificiali (acque superficiali), da pozzi e falde (acque sotterranee) o da sorgenti, soprattutto in montagna. QR code generated on http://qrcode.littleidiot.be 16 Dossier.Hera Potabilizzazione Per essere bevuta e utilizzata senza rischi per la nostra salute, la risorsa idrica deve essere potabilizzata. Questa fase prevede che l’acqua sia sottoposta a trattamenti specifici, secondo la sua provenienza, che ne migliorino le caratteristiche fisiche, chimiche, biologiche fino a rispettare i parametri di qualità fissati dalle norme nazionali e internazionali. Nel caso dell’acqua di superficie, ad esempio, la potabilizzazione rappresenta una fase molto complessa, che comprende trattamenti con Lo schema del Servizio Idrico Integrato di Hera 17 n.1 Acqua ozono e polidrossicloruro di alluminio, filtraggi e ripetute analisi chimico-biologiche. Non è così per le acque sotterranee che di solito necessitano di una procedura di disinfezione meno articolata, prima di essere immesse in rete. Distribuzione Solo a questo punto inizia la terza fase: la distribuzione. Attraverso la rete di tubature, l’acqua potabile è condotta dai serbatoi d’accumulo alle nostre case. Fognatura e depurazione Qualunque sia l’uso che ne facciamo, l’acqua finisce inevitabilmente nello scarico e da lì, attraverso la rete fognaria, arriva all’impianto di depurazione. Occorre infatti ripulire le acque reflue, prima che riprendano il loro viaggio verso il mare. La fase della depurazione si svolge di solito grazie a un sistema biologico, capace di imitare il processo che avviene in natura. Dopo aver ripulito il più possibile l’acqua dai corpi estranei e dalle particelle solide e pesanti, vi si immette ossigeno. In questo modo, si creano le condizioni ottimali per la vita di batteri aerobi, che si nutrono delle sostanze organiche presenti nell’acqua. Sono loro i veri artefici della depurazione. Solo grazie alla depurazione si può restituire all’ambiente una risorsa idrica non più potabile, ma nella quale sia ancora possibile la vita di animali e piante. Nella foto: fiume Po nei pressi del potabilizzatore di Pontelagoscuro (Fe) 18 Dossier.Hera Un cuore “intelligente” per rimanere sempre... in buone acque Circa 900 analisi al giorno per garantire la qualità dell’acqua distribuita, monitoraggio costante sull’efficienza degli impianti. È l’impegno quotidiano di Hera sul ciclo idrico Il ciclo idrico di Hera, sistema arterioso di impianti e reti che trattano e pompano l’acqua nei rubinetti di ogni cittadino, ha un cuore tecnologico di assoluta avanguardia che lo pone fra i più avanzati in Europa. Un cuore “intelligente” con la regia dell’intero sistema e dove vengono effettuati tutti i controlli necessari a garantire la massima qualità e sicurezza delle acque. Si tratta del Polo regionale di telecontrollo reti di Forlì e del Laboratorio di analisi delle acque di Sasso Marconi, in provincia di Bologna. Il Polo Regionale di Telecontrollo di Forlì Il Polo di Forlì, realizzato nel 2008, è una delle maggiori strutture di telecontrollo d’Europa. In una sala di 400 mq, su uno schermo gigante di 60 mq, viene visualizzata e controllata in tempo reale l’intera rete fluidi di Hera, composta da condotte Nella foto: il Polo regionale di telecontrollo di Forlì 19 n.1 Acqua gas, teleriscaldamento e, naturalmente, acqua, che da sola conta circa 30mila km di reti. Qui circa 60 operatori, 24 ore su 24, monitorano lo stato dell’intera rete e degli impianti, oltre a rispondere alle chiamate di pronto intervento attraverso un call center tecnico, provvisto di 160 linee telefoniche. In caso di guasto o di emergenza vengono immediatamente allertate e inviate le squadre dislocate sul territorio. Multimedia Guarda il video telecontrollo e sistema laboratori www.gruppohera.it/ gruppo/com_media/ dossier_acqua/articoli/ I laboratori d’analisi Hera L’altra struttura di controllo del ciclo idrico è il laboratorio di analisi di Sasso Marconi, parte del più ampio sistema di laboratori d’analisi del Gruppo Hera. È qui che viene assicurata quotidianamente non solo la potabilità, ma anche la qualità complessiva delle acque erogate, con una mole impressionante di controlli. Nel solo 2011, ad esempio, sono state svolte 336.406 analisi (oltre 900 al giorno) su campioni prelevati in 326 impianti di potabilizzazione, 1.415 punti di captazione e lungo oltre 30mila km di rete nei territori di Modena, Bologna, Ferrara, Ravenna, Forlì-Cesena, Imola-Faenza, Rimini e in alcuni comuni di Toscana e Marche. A questa attività si aggiungono le oltre 300mila analisi svolte dalle Aziende Usl del territorio. I risultati di questa incessante attività di analisi sono illustrati ogni anno nel report “In buone acque”, pubblicato da Hera in forma cartacea e disponibile on-line, in cui si evince come l’acqua risulti conforme ai limiti di legge praticamente nella totalità dei casi (99,6%). pagina29.html QR code generated on http://qrcode.littleidiot.be Nella foto: analisi dell’acqua 20 Dossier.Hera Dossier.2 Smart Cities: una scelta obbligata Fonte: www.masdarcity.com Fonte: www.masdarcity.com Nel 2050 ci saranno 9 miliardi di persone nel mondo, concentrate per lo più in aree urbane. Uno scenario sostenibile solo con radicali cambiamenti tecnologici e di stili di vita 21 n.2 Smart Cities Nelle aree urbane del mondo si concentrerà il 70% della popolazione Ha un forte valore simbolico il 2050, il giro di boa del primo secolo del nuovo millennio. Data sufficientemente lontana per considerarla traguardo di politiche di ampio respiro, ma anche abbastanza vicina per considerarla già parte del nostro presente. Studi, previsioni, analisi, commenti, tutti lì vanno a sbattere: come saremo nel 2050? Qualche certezza, a meno di fatti clamorosi, c’è già. Fra queste, una popolazione mondiale che a quella data dovrebbe toccare i 9 miliardi di individui (contro i 7 attuali), concentrata per il 70% in aree urbane. Il vero problema è che le città oggi sono tutt’altro che virtuose. Il 50% della popolazione mondiale che attualmente vive in un contesto urbano sta consumando circa il 75% dell’energia planetaria e producendo addirittura l’80% delle emissioni a effetto serra. Città più intelligenti, scelta obbligata per la sostenibilità del pianeta Bastano forse questi pochi numeri per rendersi conto di come la qualità della vita di miliardi di persone, se non addirittura la sopravvivenza stessa del pianeta, dipenderanno da quanto gli agglomerati urbani sapranno diventare virtuosi nel risparmiare energia, nel ridurre le emissioni e nel rendere più semplici le condizioni di vita e lavoro al loro interno. Prendiamo il traffico, ad esempio. Anche solo considerando i 30 paesi più sviluppati, le previsioni più prudenziali stimano una crescita dagli attuali 700 milioni di veicoli a 1,7 miliardi nel 2050. Diventa quindi una strada obbligata la trasformazione delle attuali città in smart city. Vale a dire centri urbani intelligenti, dove, grazie alla tecnologia, sia possibile ottenere trasporti (pubblici e privati) più efficienti, risparmi energetici consistenti, un calo drastico delle emissioni inquinanti e servizi pubblici più accessibili per il cittadino. Approfondisci www.oecd.org QR code generated on http://qrcode.littleidiot.be 22 Dossier.Hera Fioriscono le sperimentazioni. L’Unione Europea ha stanziato 11 miliardi Con questo obiettivo diverse amministrazioni in tutto il mondo, in partnership con grandi aziende, università e centri di ricerca, hanno quindi avviato progetti sperimentali che spaziano dalla sostenibilità ambientale al risparmio e all’efficienza energetica, ai trasporti intelligenti, a moderne infrastrutture di comunicazione, all’infomobilità, ecc. In particolare, l’Unione Europea, con l’iniziativa Eu Smart City, ha stanziato 11 miliardi di euro in 10 anni, per finanziare progetti e introdurre elementi “smart” nelle città del vecchio continente. I due livelli delle città intelligenti Le sfide per la maggior parte delle città sono la riqualificazione e il risanamento dell’esistente. Idealmente, il primo passo per costruire una smart city è l’ottimizzazione di risorse energetiche e trasporti in modo che le aree metropolitane diventino più efficienti riducendo al tempo stesso le emissioni di carbonio, l’inquinamento in generale, la produzione di rifiuti e la congestione del traffico. Il secondo step è l’introduzione progressiva di nuove tecnologie per la gestione dei processi urbani, magari in collaborazione con grandi imprese, università o centri di ricerca. La sfida delle metropoli che nascono da zero Soprattutto nei paesi emergenti, Cina in primis, ma anche negli Emirati Arabi, in India o in altre nazioni, vi è una grossa attenzione verso il tema della metropoli del futuro. Spesso concepite e fondate ex-novo partendo da progetti ad alto contenuto innovativo, le smart cities del futuro si prefiggono di coniugare sostenibilità, sicurezza e qualità della vita, con scelte energetiche, edilizie e urbanistiche “smart”, nonché usando il meglio delle ultime tecnologie. 23 n.2 Smart Cities Dai cassonetti intelligenti al telecontrollo: multiutility protagoniste nelle città smart Reti, servizi ambientali, mobilità, illuminazione pubblica e Ict: nei servizi pubblici a rete si gioca buona parte dell’innovazione nelle aree urbane Si fa presto a dire smart. Ma introdurre in una città soluzioni in grado di ridurre l’inquinamento, consumare meno energia, facilitare gli spostamenti e migliorare la qualità della vita è un obiettivo a cui devono concorrere necessariamente più soggetti: pubblica amministrazione, imprese, il mondo della ricerca nel suo complesso, forze economiche e sociali. E, ovviamente, anche i singoli cittadini, con il proprio comportamento e le scelte di consumo quotidiane. In questo quadro il ruolo che possono svolgere le aziende di pubblico servizio, come le multiutility, è assolutamente strategico. Le aree d’intervento su cui è possibile incidere per rendere più intelligente una città sono cinque: ambiente, mobilità, reti (elettriche, gas, acqua, ecc.), illuminazione pubblica e servizi informativi. Vediamo le diverse possibilità. Ambiente In quest’ambito rientrano gli interventi per massimizzare recupero e riciclo di materia e valorizzare l’energia che può essere ricavata dai rifiuti (ad esempio, attraverso la biodigestione). Un ruolo importante è svolto dallo sviluppo dei sistemi intelligenti di raccolta rifiuti. Su questo specifico filone possono rientrare diverse soluzioni, dai cassonetti in grado di tracciare i conferimenti (che, laddove applicati, stanno Nella foto: cassonetti intelligenti 24 Dossier.Hera dando ottimi risultati in termini di aumento della raccolta differenziata) e comunicare il proprio livello di riempimento, fino ai sistemi di gestione con Gps delle flotte di mezzi, per ottimizzare i giri di raccolta e risparmiare carburante. Nella foto: auto elettrica in carica alla colonnina Hera Mobilità Il ruolo solitamente giocato dalle multiutility sta nello sviluppo di infrastrutture di alimentazione per auto elettriche. Dunque sia punti di ricarica diffusi nei centri urbani che terminali di ricarica privati. Le società che si occupano di vendita di energia elettrica possono inoltre sviluppare offerte commerciali ad hoc per l’alimentazione di auto elettriche. Reti elettriche, gas e acqua È la categoria d’intervento senz’altro più ampia. In linea generale, vi rientrano tutte le soluzioni tecnologiche in grado di rendere la gestione di reti gas, acqua, teleriscaldamento ed elettriche più flessibile, efficiente e sicura. Per quanto riguarda il settore elettrico, i progetti di sviluppo più interessanti si stanno concentrando sulle cosiddette smart grid. Si tratta di reti di nuova generazione in grado di garantire più elevati livelli di continuità operativa e, soprattutto, di gestire meglio i picchi di energia immessi in rete dai sempre più diffusi impianti di generazione locale o domestica, come i pannelli fotovoltaici. Soluzioni intelligenti si trovano nello sviluppo del telecontrollo. Vale a dire, sofisticati sistemi hardware e software che consentono di monitorare da remoto lo stato di reti gas, teleriscaldamento, acqua ed energia elettrica. 25 n.2 Smart Cities Ciò consente di individuare in tempo reale i guasti, eseguire interventi da remoto e migliorare i tempi d’attivazione dei servizi di pronto intervento sul posto. Nella foto: cabina gas Altri ambiti di sviluppo di progetti smart riguardano la lettura a distanza dei contatori (già attiva quasi ovunque per l’energia elettrica e in corso di realizzazione per il gas), l’allocazione intelligente dell’acqua in base alla domanda istantanea dell’utenza o durante fasi di siccità. Illuminazione pubblica In questo campo esistono due macro-famiglie d’interventi. Un primo gruppo comprende tutte le soluzioni per ottenere risparmi energetici attraverso tecnologie illuminanti più efficienti e introdurre sistemi di telegestione dei punti luce che permettano di rilevare immediatamente malfunzionamenti e gestire da remoto reti anche molto vaste. Un secondo gruppo, invece, comprende i progetti tesi a utilizzare i classici lampioni per l’illuminazione di strade e piazze come terminali, in rete fra loro, di servizi evoluti. Ad esempio, per installarvi hot spot per la copertura Wi-Fi, telecamere per la videosorveglianza o apparecchi di monitoraggio della qualità dell’aria. Servizi informativi Le utility dotate di divisioni o società Ict, oltre ai normali servizi di cablaggio con banda larga e di connettività per aziende e privati, sono impegnate nella realizzazione di piattaforme abilitanti per servizi di e-learning, e-government, video-conferenze, gestione documentale, ecc. 26 Dossier.Hera Le fonti rinnovabili spianano la strada alle smart grid elettriche Una produzione elettrica sempre più diffusa e irregolare impone lo sviluppo di reti flessibili e intelligenti, capaci di gestire i picchi e distribuire al meglio l’energia prodotta Nel settore del servizio elettrico, sempre più spesso viene alla ribalta il concetto di smart grid: le cosiddette “reti intelligenti”. Un tema su cui Hera, proprietario e/o gestore delle reti elettriche nel modenese e nell’area di Imola (9.800 km in tutto), è in prima linea. Una produzione di energia elettrica sempre più diffusa (e irregolare) grazie alle rinnovabili Fino a qualche tempo fa la rete elettrica era unidirezionale, cioè distribuiva energia da pochi produttori a molti consumatori. Oggi invece, e sempre più nel futuro, la possibilità che ogni cliente ha di diventare anche produttore, per esempio attraverso l’installazione di pannelli solari nella propria abitazione o d’impianti di produzione da altre fonti rinnovabili, comporta la necessità di avere una rete bidirezionale. Cioè, che possa trasportare, oltre all’energia proveniente dai grandi impianti (ad esempio, una centrale termoelettrica), anche quella immessa in rete dai tanti piccoli produttori domestici e che eccede l’autoconsumo. Questa produzione distribuita, però, essendo per gran parte legata a fonti rinnovabili, è per definizione intermittente: in assenza di vento, una pala eolica non può certo funzionare, così come un pannello fotovoltaico riduce sensibilmente la propria produzione in mancanza di sole. 27 n.2 Smart Cities La necessità di una rete flessibile e intelligente In questo scenario, in cui i punti d’immissione nella rete si moltiplicano, la distribuzione deve quindi essere in grado di sopportare in modo flessibile e sicuro le forti variazioni alla quantità di corrente elettrica immessa e trasportata. Per farlo dovrà gestire una notevolissima mole d’informazioni provenienti dalle singole utenze produttrici/consumatrici, necessariamente in comunicazione fra loro. Da qui le smart grid, reti d’informazioni che, una volta sviluppate, gestiranno in maniera efficiente le reti elettriche vere e proprie, evitando sprechi (tutta l’energia generata in quel dato momento verrà utilizzata), impiegando il più possibile quella generata da fonti rinnovabili, ridistribuendo in tempo reale eventuali surplus di alcune zone in altre aree, attingendo in ogni momento dalla fonte più economica, correggendo in pochi secondi ogni problema. Una rete controllata e utilizzata nella maniera ottimale, senza essere più sottoposta allo stress dei picchi di consumo ma con un flusso costante, porta a una migliore gestione e a una maggiore sicurezza dal rischio black out. Nella foto: tralicci elettrici a Coriano (Rn) 28 Dossier.Hera Uno dei punti nodali di questo sistema è rappresentato dal contatore elettronico: permette uno scambio d’informazioni continuo sui consumi attraverso la telelettura a distanza, e, tracciando un profilo del consumo di ogni utente allacciato, rende possibile una programmazione più esatta della produzione. L’Italia è al primo posto nel mondo per la diffusione dei contatori digitali. Hera ne ha già installati circa 350mila, coprendo oltre il 90% dei propri clienti. L’attività di Hera: 5 milioni di investimenti nel 2011 Nel 2011 Hera ha investito 5 milioni di euro in tecnologie smart, per poter arrivare in futuro a sfruttarne appieno le potenzialità. L’automazione della rete e la sua modulazione sono tra gli obiettivi principali: il progressivo telecontrollo delle cabine secondarie, quelle da cui partono le linee di bassa tensione che alimentano le case, farà venire meno la necessità, in caso di problemi, di un operatore che si rechi direttamente sul posto. Le manovre saranno più rapide, portando a risparmi di tempo e a interruzioni più brevi. La modulazione della rete, invece, per gestire tutti i punti d’immissione e compensare le eventuali variazioni di tensione, necessita di una comunicazione efficace tra produttore di energia e gestore della rete quindi di una trasmissione rapida dei dati attraverso lo sviluppo di software e del sistema di controllo. Hera sta inoltre lavorando anche a un progetto pilota di teledistacco (anti islanding): in caso di guasto sulla rete, tutti i produttori dovranno ricevere in automatico l’input di disconnettersi da essa immediatamente, per evitare il formarsi di “un’isola” che continui ad alimentare una porzione della rete dopo la disconnessione dal resto del sistema, creando problemi di vario genere anche nella ricerca del guasto. Nella foto: contatore elettronico 29 n.2 Smart Cities Tra la via e il Watt Emilia “Mi muovo elettrico” è un progetto condotto dalla Regione Emilia-Romagna con Hera ed Enel: trasformerà l’antica via romana nella prima strada in Italia a misura di veicoli elettrici Sulla via di Marco Emilio Lepido la mobilità è elettrica Presto la via Emilia, strada tracciata e già percorsa dagli antichi Romani, sarà davvero più verde e “smart” grazie al progetto Mi muovo elettrico, che la Regione conduce insieme a Hera ed Enel. Il programma è nato per contrastare l’alto tasso d’inquinamento atmosferico col quale l’Emilia-Romagna, per sua collocazione naturale, deve fare i conti. E permetterà ad auto e veicoli elettrici di viaggiare in un tratto di 150 Km, contando su punti di ricarica situati a distanza di una trentina di Km l’uno dall’altro. Per la prima volta in Italia, quindi, la mobilità elettrica uscirà dall’ambito strettamente urbano, con un progetto che Hera porta avanti in quanto distributore e che vanta il primato europeo per estensione territoriale della copertura attraverso una rete integrata di colonnine di ricarica. La realizzazione di questa rete sta procedendo: alla fine del 2011 sono stati collocati una ventina di punti nei comuni di Modena e Imola, dove l’azienda è proprietaria e/o gestore delle reti elettriche. La maggior parte di esse si trova in aree di scambio, per offrire un servizio ad hoc a pendolari e imprese del territorio, garantendo una sosta dedicata al veicolo elettrico e alla sua ricarica. I clienti del progetto pilota, in questa prima fase, saranno soprattutto le imprese del territorio: a fronte dell’acquisto di un veicolo elettrico, Hera mette a loro disposizione anche un contratto annuale di fornitura di energia elettrica a ottime condizioni. 30 Dossier.Hera Verso la Smart City Il “modello del distributore” applicato da Hera in tema di mobilità elettrica è di fatto un tassello essenziale nello sviluppo del più ampio concetto di Smart City, in cui gli operatori locali di servizi svolgono un ruolo fondamentale e le città di medie dimensioni offrono il contesto più favorevole, secondo quanto affermato dal politecnico olandese di Delft in uno studio condiviso da altri atenei. I trasporti sono infatti uno dei punti cardine del programma che l’Unione Europea sta portando avanti per ridurre l’inquinamento atmosferico: secondo l’Agenzia Europea dell’Ambiente, nel 2009 sono stati responsabili del 24% di tutte le emissioni di gas a effetto serra dell’Ue. Nella roadmap di Bruxelles si richiede agli stati membri entro il 2050 di ridurre del 60%, rispetto ai livelli del 1990, i gas serra prodotti dai trasporti. In realtà, le emissioni sono aumentate del 27% fra il 1990 e il 2009: l’Ue dovrà dunque realizzare una riduzione complessiva del 68% nei prossimi 40 anni. Approfondisci www.smart-cities.eu “Io guido elettrico”: il carburante costa 25 euro al mese Coloro che già possiedono un veicolo elettrico possono ricaricarlo aderendo all’offerta commerciale di Hera Comm “Io Guido Elettrico”. Il cliente, a fronte di una spesa di poche decine di euro al mese, riceve una card con cui ricaricare senza limiti la propria auto elettrica in tutte le colonnine QR code generated on http://qrcode.littleidiot.be Nella foto: colonnina di ricarica per l’auto elettrica 31 n.2 Smart Cities pubbliche dell’Emilia-Romagna di “Mi Muovo Elettrico”. Il progetto, infatti, presenta un aspetto innovativo: l’interoperatività fra i punti di ricarica Hera e quelli Enel. E il carburante è verde: per ciascuna ricarica effettuata, Hera Comm si impegna a fornire energia elettrica certificata “Co-Fer” (certificazione per energia prodotta da fonte rinnovabile). In questo modo il veicolo elettrico è realmente a impatto zero sull’ambiente. Hera Comm ha previsto un’offerta anche per gli automobilisti elettrici possessori di partita Iva: in questo caso l’energia per i rifornimenti è pagata a consumo e il prezzo di copertura della componente energia è fisso per un anno. In un’app la mappa dei punti di ricarica I pionieri della mobilità elettrica possono già contare su una mappa loro dedicata. Hera ha infatti realizzato Hera Mobility, l’app per iPhone che permette di trovare, in tutta Italia, la colonnina di ricarica pubblica più vicina, capire come raggiungerla e, soprattutto, sapere se è libera e funzionante in quel momento. Il download di “Hera Mobility” è disponibile gratuitamente sull’Apple Store (il sito Apple da cui scaricare file multimediali e applicazioni per i prodotti Mac). L’applicativo si trova anche sul sito del Gruppo, all’indirizzo: www.gruppohera.it/mobility. Qui è possibile visualizzare in tempo reale anche il numero di ricariche complessivamente fatte dall’intero sistema di colonnine pubbliche e la quantità di anidride carbonica risparmiata fino a quel momento. Multimedia Scarica la App Hera mobility dall’Apple store QR code generated on http://qrcode.littleidiot.be Nella foto: l’app Hera per le colonnine elettriche 32 Dossier.Hera Dossier.3 Rifiuti: da problema a risorsa Nei prossimi 15 anni nel mondo si arriverà a produrre oltre 6 miliardi di tonnellate di rifiuti all’anno, con spese di gestione che raggiungeranno i 400 miliardi di dollari e danni per l’ambiente. La via d’uscita? Gestioni corrette e recupero dei materiali n.3 Rifiuti Tra 15 anni la produzione mondiale di rifiuti supererà i 6 miliardi di tonnellate annue Secondo l’ultimo rapporto dell’International Solid Waste Association (l’associazione mondiale che riunisce gli operatori del settore trattamento e smaltimento rifiuti), attualmente nel mondo vengono prodotti circa 4 miliardi di tonnellate di rifiuti ogni anno. La metà è rappresentata da rifiuti urbani (quelli prodotti dalle famiglie), mentre l’altra metà riguarda i rifiuti cosiddetti speciali, provenienti cioè da attività industriali e produttive. Anche se non esistono stime univoche, complici la crescita della popolazione mondiale e lo sviluppo economico (oggi particolarmente accentuato nei cosiddetti paesi Bric, Brasile, Russia, India e Cina), nel giro dei prossimi 10-15 anni si potrebbe arrivare a un aumento di questa produzione anche del 50%; quindi oltre 6 miliardi di tonnellate. I rifiuti totali prodotti ogni anno nel mondo 33 34 Dossier.Hera La soluzione? Una corretta gestione dei rifiuti e il loro recupero Occorre dunque correre ai ripari. Come? Secondo la Banca Mondiale con seri piani di riduzione, riciclo e recupero dei rifiuti, favorendo la raccolta differenziata e facendo pagare tariffe molto più alte a chi non la adotta. In questo, l’Europa ha cominciato da qualche anno a premere sugli stati membri attraverso la direttiva sui rifiuti del 2008. I risultati cominciano a vedersi soprattutto in paesi come Germania e regione scandinava, che vantano percentuali elevate di riciclo, impianti moderni e diffusi capillarmente sul territorio e minore ricorso alle discariche, attraverso severe regole di disincentivo e controllo. Le economie in crisi e il ricorso alle discariche L’incremento della produzione globale dei rifiuti fa sì che, in quelle nazioni in cui lo sviluppo di impianti e tecnologie è in ritardo, i costi di smaltimento siano più alti. E i paesi poco sviluppati diventano inevitabilmente la destinazione ultima dei rifiuti, soprattutto speciali e pericolosi, per il loro uso massiccio delle discariche, soluzione più economica ma molto impattante per l’ambiente. Le ecomafie: una piaga da combattere La via dello smaltimento illegale, soprattutto per quanto riguarda i rifiuti industriali, continua a essere una delle più battute in tutto il mondo. Una triste realtà che coinvolge anche l’Italia: secondo Legambiente, nel nostro paese, solo nel 2010, è stato sequestrato qualcosa come 2 milioni di tonnellate di rifiuti speciali e pericolosi, gestiti illegalmente dalle cosche mafiose. Le rotte dei traffici coinvolgono quasi tutte le regioni e si proiettano su scala mondiale, in 22 stati esteri. E i flussi non sono più unidirezionali né riguardano solo rifiuti del meridione che vanno verso settentrione: i traffici seguono rotte circolari e bidirezionali, dunque anche dal sud al nord Europa. Europa a due velocità Venendo nello specifico all’Europa, se si considerano le modalità attraverso cui i diversi paesi gestiscono il ciclo rifiuti, è possibile individuare nettamente due categorie. Da un lato i paesi 35 n.3 Rifiuti non virtuosi, caratterizzati da carenza di impianti di trattamento specifici (ad esempio termovalorizzatori, impianti di compostaggio, trattamento fanghi, ecc.), basse percentuali di raccolta differenziata e, di conseguenza, alto ricorso al conferimento in discarica. Fra questi vi sono soprattutto i paesi dell’Europa orientale e meridionale (ad esempio Bulgaria, Repubblica Ceca, Grecia). Dall’altro lato, vi sono invece i paesi più virtuosi, dove, grazie a una robusta dotazione impiantistica e a politiche di forte incentivazione alla riduzione rifiuti e al riciclo materiali, si è fortemente ridotto, o addirittura azzerato, l’uso delle discariche. In questa categoria rientrano praticamente tutti i paesi centro-settentrionali del vecchio continente (Svizzera, Germania, Austria, Olanda, Svezia, ecc.). L’Italia in questo panorama sta nel mezzo, con ancora il 46% dei rifiuti urbani conferiti in discarica (contro un 38% medio dell’Ue a 27, fonte Ispra), e una percentuale di raccolta differenziata molto diversa da regione a regione, ma complessivamente ancora molto Nella foto: veduta aerea del sito Herambiente a Coriano (Rn) 36 Dossier.Hera bassa (35,3%, fonte Ispra 2012). Uno dei motivi del ritardo italiano sta nella scarsità di presenza di impianti di trattamento e smaltimento. Prendiamo il caso degli impianti di termovalorizzazione, grazie ai quali è possibile recuperare dai rifiuti importanti quantitativi di energia termica ed elettrica in parte rinnovabile. In Italia sono 49 e dovrebbero coprire il fabbisogno di 60 milioni di abitanti. In Francia ce ne sono 130 per 65 milioni, in Danimarca 31 per 7 milioni di abitanti. In Germania ce ne sono “solo” 70, ma con un potenziale di valorizzazione pari al quadruplo delle tonnellate del nostro sistema (fonte Cewep). L’Emilia-Romagna e l’impegno di Hera Se l’Italia è in mezzo al guado, la situazione dell’Emilia-Romagna, grazie anche all’impegno di Hera e delle amministrazioni locali, è allineata alle migliori esperienze europee. Nei territori della regione gestiti da Hera, la percentuale di raccolta differenziata ha superato il 50% (di cui oltre il 90% effettivamente avviato a recupero) e gli impianti destinati al trattamento e allo smaltimento sono 80. Dopo aver proceduto al completo rinnovo dei sette termovalorizzatori (che nel 2011 hanno consentito la produzione di circa 535 milioni di kWh di energia elettrica, pari al fabbisogno annuo di circa 198mila famiglie), è in fase di completamento un programma di forte potenziamento delle strutture destinate alla valorizzazione della raccolta differenziata. Nella foto: modellino camion Hera per la raccolta 37 n.3 Rifiuti Gli “speciali”, maggioranza silenziosa dei rifiuti L’80% dei rifiuti prodotti in Italia deriva dalle attività produttive. Gli scarti domestici rappresentano solo il 20% del totale. La necessità di un’impiantistica dedicata Nel sentire comune, quando si parla di rifiuti il pensiero va subito alla spazzatura raccolta in casa: resti di cibo, scatolette, carta, ecc. E la stessa cosa succede quando si pensa ai servizi di raccolta per i cittadini: cassonetti, campane, raccolte a domicilio, porta a porta. Anche in questo caso, si fa sempre riferimento solo ai rifiuti prodotti in casa. In realtà, i rifiuti domestici, comunemente classificati come “rifiuti urbani”, rappresentano appena il 17% del totale dei rifiuti prodotti. Rifiuti speciali, rifiuti “invisibili” (eppure sono la maggioranza) In Italia (dati 2009, fonte Ispra), a fronte di una produzione complessiva di rifiuti di circa 161 milioni di tonnellate, sono solo 32 milioni quelli provenienti prevalentemente da utenze domestiche e oltre 128, invece, i rifiuti cosiddetti “speciali”, cioè gli scarti prodotti dal complesso delle attività produttive: industrie, depurazione delle acque di scarico, costruzioni, commercio e servizi, sanità e bonifiche. Parliamo, dunque, di fanghi, scarti di lavorazione, calcinacci derivanti da demolizioni e così via. In Emilia-Romagna, nel 2009, gli speciali sono stati circa 12,3 milioni di tonnellate, mentre quelli urbani, nello stesso anno, si sono attestati sui 2,9 milioni. I rifiuti speciali, nonostante rappresentino l’80% del totale, nell’immaginario collettivo diventano spesso invisibili, probabilmente perché non vengono “toccati con mano” nelle cucine e nei tinelli di milioni di italiani, mentre un cassonetto o il contenitore stradale per la raccolta differenziata è sempre sotto gli occhi di tutti, è più semplice averne un’opinione. Approfondisci Rapporto Rifiuti Speciali Edizione 2011 Ispra www.isprambiente.gov.it/ it/pubblicazioni/rapporti/ rapporto-rifiuti-specialiedizione-2011 QR code generated on http://qrcode.littleidiot.be 38 Dossier.Hera Un altro motivo di questa “invisibilità” risiede probabilmente nel diverso trattamento che la legge riserva alle due categorie di rifiuti. I rifiuti urbani devono essere trattati, ed eventualmente smaltiti, nell’ambito della provincia o della regione in cui vengono prodotti, a costi predeterminati per il cittadino dalle autorità di pianificazione (Aato) attraverso tariffe (Tia) o tasse (Tarsu). I rifiuti speciali, invece, possono essere smaltiti a libero mercato. Le aziende possono cioè scegliere di rivolgersi per lo smaltimento all’operatore che meglio risponde alle loro esigenze, anche dal punto di vista economico. La cronica carenza di impianti in Italia premessa allo smaltimento illegale In Italia, purtroppo, la rete impiantistica dedicata allo smaltimento di questo tipo di rifiuti (ad es. impianti chimico-fisici e biologici, impianti di inertizzazione, ecc.) non è sufficiente a trattare adeguatamente le quantità prodotte. E così i rifiuti speciali, in larga parte, vengono ancora oggi smaltiti in discarica senza alcun trattamento che ne abbatta l’impatto ambientale. L’insufficiente dotazione impiantistica comporta spesso l’“emigrazione” di questi rifiuti lontano dal luogo di produzione, in molti casi anche all’estero, dove esistono (soprattutto nell’Europa centro-settentrionale) impianti adeguati al loro trattamento e valorizzazione. Questo, purtroppo, sposta fuori dal territorio un indotto economico che invece potrebbe creare reddito e posti di lavoro. Nella foto: impianto per i rifiuti speciali a Ravenna Approfondisci Rapporto Rifiuti Urbani Edizione 2012 Ispra www.isprambiente. gov.it/it/pubblicazioni/ rapporti/rapporto-rifiutiurbani-2012 QR code generated on http://qrcode.littleidiot.be 39 n.3 Rifiuti In molti casi, inoltre, tali migrazioni di spazzatura industriale ingrassano il mercato dello smaltimento illegale. Ad esempio, attraverso il conferimento in discariche gestite dalla malavita organizzata, che offrono alle imprese costi di smaltimento inferiori rispetto alle filiere di trattamento legali, ma senza alcuna tutela dell’ambiente e della salute. In questo modo si compromettono irrimediabilmente la qualità della vita e il patrimonio naturalistico di vaste aree del Paese. Approfondisci Report Rifiuti 2011 La gestione dei rifiuti in Emilia-Romagna La situazione dell’Emilia-Romagna L’Emilia-Romagna, per quanto riguarda la parte servita da Hera, vive una situazione ben diversa ed è uno dei pochi territori in Italia al riparo per i prossimi decenni dal rischio di emergenze ambientali. Questo grazie alle scelte fatte negli anni e agli investimenti realizzati prima da Hera e poi da Herambiente, la società del Gruppo che si occupa di smaltimento e trattamento dei rifiuti e che rappresenta il primo operatore nazionale in questo settore. www.arpa.emr.it/ dettaglio_documento. asp?id=3474&idlivello=216 QR code generated on http://qrcode.littleidiot.be Produzione di rifiuti in Italia (dati Ispra 2009) 40 Dossier.Hera L’energia pulita viene dai rifiuti Con termovalorizzazione e biodigestione si ottengono energia elettrica e calore. Nel sacco che ogni giorno gettiamo nel cassonetto c’è l’equivalente dell’energia prodotta da un litro di benzina Uno studio recente condotto da Nomisma Energia ha messo in luce dati eloquenti: ogni anno finiscono in discarica potenziali combustibili per un potere calorico pari a circa 3,7 miliardi di Tep (Tonnellate Equivalenti di Petrolio) e per un valore che si aggira sui 2,5 miliardi di euro. Sono i cosiddetti Css (Combustibili Solidi Secondari), immondizia che esce dalle nostre case e che, se fosse bruciata in impianti idonei, potrebbe evitare l’emissione in atmosfera di circa 7,9 milioni di tonnellate di CO2. Un buon contributo alla nostra sempre più pressante richiesta di energia. Lo studio presenta un esempio 41 n.3 Rifiuti indicativo: il sacchetto medio che gettiamo nel cassonetto contiene potenzialmente 2.200 kilocalorie, che equivalgono all’energia prodotta da oltre un litro di benzina. In Italia le discariche sono più di 100 e ogni anno accolgono in totale 17 milioni di tonnellate di rifiuti. Si tratta di uno dei dati peggiori a livello europeo. Un articolato sistema impiantistico di recupero energetico nello smaltimento dei rifiuti è ormai indispensabile. Energia e calore dalla combustione dei rifiuti La termovalorizzazione è una strada concreta e percorribile: è uno strumento corretto per l’eliminazione dei rifiuti e rappresenta una fonte energetica in parte rinnovabile. Attraverso la combustione dei rifiuti non recuperabili, infatti, si possono ottenere energia elettrica e calore, veicolabile nelle case, ad esempio, attraverso il teleriscaldamento. Secondo gli esperti, se in Italia si riuscisse a incrementare ulteriormente la termovalorizzazione dei rifiuti, si potrebbe soddisfare il 3% del fabbisogno nazionale di energia elettrica. Oggi, nel nostro Paese, sono presenti più di una cinquantina di impianti di termovalorizzazione, destinati a rifiuti urbani e speciali non pericolosi. Di questi, 6 sono gestiti dal Gruppo Hera e solo nel 2011 hanno prodotto 512 GWh di energia elettrica. In Europa i termovalorizzatori sono oltre 400 e i paesi che più ricorrono a questo sistema di smaltimento sono: Olanda, Germania, Svezia e Danimarca. La termovalorizzazione si utilizza da tempo anche fuori dai confini europei, in particolare negli Stati Uniti, in Canada e in Giappone. Biodigestione anaerobica: in arrivo 32 milioni di kWh all’anno L’energia verde, rinnovabile e a chilometro zero, può essere prodotta anche attraverso il trattamento della raccolta della frazione organica. Il processo si chiama biodigestione e rappresenta un’altra forma di valorizzazione degli scarti. Grazie a una fermentazione in assenza di aria, che simula la digestione di una mucca, i rifiuti organici domestici provenienti dalla raccolta differenziata si trasformano in compost di qualità e in energia elettrica, attraverso la produzione di biogas. Il Gruppo Hera, primo in Italia, è già dotato di un impianto del genere. Si tratta di Romagna Compost, controllato da Herambiente. Multimedia Controlla in tempo reale le emissioni dei termovalorizzatori di Hera su: www.gruppohera.it/ gruppo/attivita_servizi/business_ambiente/termoval/ QR code generated on http://qrcode.littleidiot.be 42 Dossier.Hera Grazie al Progetto Biodigestori, entrato nella sua fase operativa con l’inizio del 2012, è prevista la realizzazione di altri 5 impianti del genere: Modena, Ostellato (Fe), Sant’Agata Bolognese (Bo), Voltana (Ra) e Rimini. L’intero progetto comporterà per il Gruppo Hera un investimento complessivo di oltre 40 milioni di euro e doterà il territorio di una produzione potenziale di energia elettrica rinnovabile pari a oltre 32 milioni di kWh annui (circa 6,5 milioni di kWh per impianto). In concreto, si potrà soddisfare il fabbisogno energetico annuo di circa 12mila famiglie (considerando un consumo medio a famiglia di circa 2.700 kWh), risparmiando l’emissione in atmosfera di 17mila tonnellate di CO2. Riflettori accesi sulle discariche La pratica dello smaltimento dei rifiuti in discarica sarà sempre più residuale, a favore di altri sistemi tecnologicamente più sicuri e avanzati. Questi impianti, tuttavia, potranno ancora portare il proprio contributo alla produzione di energia pulita. Dalle discariche esaurite occorre infatti estrarre il biogas prodotto dalla fermentazione dei rifiuti interrati. Ogni impianto ne può fornire quantitativi importanti e per periodi che arrivano anche a 20 anni. È il caso, ad esempio, della discarica ravennate di Bosco Impero, sulla Statale Romea, in cui Hera ha recentemente fatto entrare in funzione un nuovo impianto di recupero energetico da biogas da 495 kW. Inoltre, su questo sito è stato attivato un impianto fotovoltaico che ha una potenza di circa 1MW, grazie al quale è possibile generare energia elettrica per quasi 1.200 MWh all’anno, equivalenti al consumo di circa 500 famiglie. L’avvio dell’impianto fotovoltaico permetterà un risparmio di anidride carbonica stimato in 570 tonnellate annue. L’esempio di Bosco Impero non è il solo in Italia e sarà certamente seguito da altri. Per le vecchie discariche si prospetta una vita ancora lunga e all’insegna dell’energia rinnovabile. Nella foto: l’impianto di Romagna Compost a Cesena (Fc) 43 n.3 Rifiuti Raccolta differenziata e ciclo del recupero La maglietta del calciatore? Nella sua vita precedente era una bottiglia di plastica. Il flacone del profumo appena acquistato? È fatto col vetro del vasetto della passata. Addirittura, anche le caffettiere sono fatte di materiale riciclato: bastano 37 lattine di alluminio. Ecco a cosa serve e dove va a finire la raccolta differenziata che facciamo a casa La raccolta differenziata: qualche dato Nel 2010 l’Italia ha prodotto 32,5 milioni di tonnellate di spazzatura, con una media di circa 536 kg pro-capite (dati Ispra). La raccolta differenziata ha raggiunto una percentuale pari al 35,3% della produzione nazionale dei rifiuti urbani (in media, 189 kg per abitante), attestandosi a oltre 11,4 milioni di tonnellate. Nel territorio servito da Hera (circa 2,8 milioni di cittadini) nel 2011 si sono invece raggiunte percentuali di raccolta differenziata del 50,5%. Dallo shampoo all’abbigliamento Per capire l’importanza di separare i rifiuti è utile seguire il percorso completo di un rifiuto e il suo avvio al riciclo. Proviamo a fare un esempio pratico. Un flacone di shampoo che viene buttato a Bologna nel corretto contenitore Hera della plastica, arriva presso i centri di raccolta della città e passa per un impianto di selezione. Lì la plastica viene separata da corpi estranei o metalli e il nostro flacone, a seconda della sua composizione, finirà nel gruppo delle plastiche Pe (polietilene), PP (propilene), PVc (cloruro di polivinile), Pet (polietilentereflato), PS (polistirene) o altri. Già suddivisa per tipo, la plastica passa poi attraverso altre strutture dove viene lavata e macinata, e trasformata in scagliette o granuli pronti per essere fusi e produrre nuovi oggetti in plastica. Il nostro shampoo, insieme ad altri 9 flaconi simili, Approfondisci Consorzio Nazionale per il Recupero e il Riciclo degli Imballaggi a base Cellulosica www.comieco.org Approfondisci QR code generated on http://qrcode.littleidiot.be Prodotti in plastica riciclata www.corepla.it/corepla/ dati/corepla/files/ pdf/20120228110246 _1_9150_1.pdf QR code generated on http://qrcode.littleidiot.be 44 Dossier.Hera Il ciclo della plastica potrà quindi diventare una sedia. Con qualche altro contenitore in più, potrà diventare addirittura un caldo maglione di pile o una maglietta di poliestere. Alluminio e vetro: materiali importantissimi Per la vaschetta di alluminio del tonno, che buttiamo nella campana del vetro, il percorso sarà simile. Andrà subito a un impianto di selezione per essere separato dal vetro o da altri materiali come la plastica (in alcuni casi, infatti, vengono raccolti insieme), attraverso dei sistemi meccanici, magnetici o manuali. Poi, verrà fuso ad altissime temperature, per essere reintrodotto nel ciclo di produzione e, dunque, subire ulteriori fusioni o lavorazioni. Così, la nostra scatoletta di tonno sarà utilizzata per produrre nuovi utensili, elettrodomestici, complementi di arredo, articoli sportivi, materiali edili e molto altro. Approfondisci Consorzio Recupero Vetro www.coreve.it n.3 Rifiuti Il ciclo dell’alluminio Allo stesso modo, il vetro, materiale riciclabile all’infinito, diventa nuovo vetro per produrre oggetti e contenitori, la carta si rigenera evitando di distruggere altri alberi e la frazione organica diventa compost da utilizzare nei campi come fertilizzante. Cosa fa Hera Il Gruppo Hera non si occupa della sola raccolta: in molti casi, attraverso i suoi impianti, è presente anche nella fase successiva delle varie filiere. In quella dell’organico, per esempio, con le strutture dedicate al compostaggio come Romagna Compost o il biodigestore di Ravenna, o in quella della plastica, con gli impianti di selezione a lettura ottica come quello di Voltana (Ravenna), gestito da Akron, società controllata da Herambiente. Strutture come questa, infatti, inaugurata pochi mesi fa, permettono di incrementare le percentuali di raccolta e avvio a riciclo. 45 46 Dossier.Hera “Sulle tracce dei rifiuti” per scoprire dove finisce la raccolta differenziata Hera pubblica ogni anno un opuscolo che illustra l’intero percorso della raccolta differenziata: da casa ai cassonetti, fino alle 125 imprese che si occupano di avviare a riciclo i materiali. Il 93% della differenziata viene effettivamente recuperato Fare la raccolta differenziata serve, eccome: il 93% di quanto i cittadini conferiscono nei diversi contenitori è avviato a recupero. È quanto emerge dal report di Hera “Sulle tracce dei rifiuti”, un’analisi unica in Italia e giunta nel 2012 alla sua terza edizione, attraverso la quale si segue la strada indicata dalla recente direttiva europea 2008/98/Ce, che sposta Approfondisci Progetto “Sulle tracce dei rifiuti” www.gruppohera.it/ sulletraccedeirifiuti QR code generated on http://qrcode.littleidiot.be 47 n.3 Rifiuti Nella foto: contenitori per la raccolta differenziata progressivamente l’attenzione dalla percentuale di raccolta differenziata alla quantità di materiale effettivamente recuperato. Il progetto ha ricevuto anche il Premio Areté 2012 - Comunicazione Responsabile, promosso da Nuvolaverde (comitato per il digitale in funzione della sostenibilità del Ministero dell’Ambiente), con Confindustria e ABI. Monitorati gli impianti di prima destinazione Per realizzare il monitoraggio, cofinanziato dalla Regione Emilia-Romagna e certificato da DNV Business Assurance, Hera ha raccolto e incrociato i dati delle imprese che nel 2011 sono state la prima destinazione della raccolta differenziata, gestendo impianti di stoccaggio, selezione o prima lavorazione delle frazioni. Essi hanno poi inviato i materiali a 125 aziende che si sono occupate del loro effettivo recupero. 48 Dossier.Hera Illegalità e rifiuti: la piaga delle ecomafie Secondo l’ultima indagine di Legambiente, solo nel 2010 sono stati gestiti in maniera illegale più di due milioni di tonnellate di rifiuti. La punta di un iceberg che in Italia ha alla base quasi 93 eco-reati al giorno L’eco-criminalità in Italia: una torta da 16,6 miliardi di euro all’anno Nel 2011 in Italia sono stati accertati quasi 34mila reati ambientali, circa 93 al giorno. Una cifra altissima, in aumento del 9,7% rispetto al 2010, che ha portato anche a più di 8.700 sequestri, 28mila persone denunciate e 18 amministrazioni comunali sciolte per infiltrazione mafiosa, solo nell’anno appena trascorso. Sono i dati del Rapporto Ecomafia 2012 di Legambiente presentato lo scorso luglio, che ogni anno aggiorna un elenco di reati che vanno dalle infiltrazioni mafiose nella gestione dei rifiuti agli incendi boschivi o a illeciti contro la fauna, insieme a furti di opere d’arte e beni archeologici e abusivismo edilizio. Per il 2011 la stima del fatturato totale dell’eco-criminalità si aggira intorno ai 16 miliardi e mezzo di euro. Legambiente e l’indagine sul ciclo dei rifiuti Secondo un altro importante dossier dell’associazione pubblicato all’inizio del 2012, “Rifiuti Spa”, solo nel 2010 sono stati sequestrati oltre 2 milioni di tonnellate di rifiuti speciali e pericolosi. Discariche abusive di amianto o di scarti di raffineria, traffici transnazionali di plastiche e copertoni, fanghi industriali smaltiti dentro cave, rifiuti elettronici e rottami di auto spediti in paesi remoti dell’Africa o dell’Asia: negli ultimi dieci anni le inchieste giudiziarie aperte contro reati come questi sono state 191, con più di un migliaio di ordinanze di custodia cautelare. Dal 2002, le tonnellate di “monnezza” gestita dalla criminalità sono arrivate oltre quota 13 milioni, con un volume d’affari stimato di 43 miliardi di euro. Approfondisci Il dossier “Rifiuti Spa” www.legambiente.it/ contenuti/articoli/rifiuti-spa QR code generated on http://qrcode.littleidiot.be n.3 Rifiuti Non più da nord a sud: i traffici circolari Le rotte dei traffici coinvolgono tutte le regioni (a eccezione della Valle d’Aosta) e si proiettano su scala mondiale, in 22 stati esteri. Delle 85 procure coinvolte nelle inchieste nell’ultimo decennio, 29 sono del nord, 26 del centro, 30 del sud. I flussi non riguardano più rifiuti del meridione che vanno verso il settentrione, ma traffici circolari. La crisi economica degli ultimi anni, inoltre, ha irrobustito le fila dell’illegalità nella gestione dei rifiuti. Secondo Legambiente e le sue rielaborazioni di documenti giudiziari, grosse piattaforme logistiche italiane racimolano rifiuti plastici, cartacei, ferrosi ed elettronici e li immettono nei circuiti illegali internazionali, dove dopo diversi passaggi di mano (e di confine) finiscono in Cina o in India. Qui vengono trattati senza precauzioni e senza regole, con enormi costi ambientali e sanitari, per andare a dissetare la fame di materie prime a basso costo. Ecomafie nemiche della green economy Il traffico illecito di scarti e rifiuti va ovviamente in controsenso rispetto a quella fetta di economia che oggi sta diventando il salvagente anti-crisi per molti paesi del mondo: la green economy e la filiera del riciclo. Ma come si combatte questa piaga? Di certo, secondo Legambiente, rafforzando e semplificando le sanzioni e introducendo specifici reati. Come quello di inquinamento o di disastro ambientale, su cui pende già da qualche anno una direttiva dell’Unione Europea. 49 50 Dossier.Hera Dossier.4 Gas: Gas: motore motore invisibile invisibile del del pianeta pianeta Nel 2035 un quarto del fabbisogno energetico mondiale sarà soddisfatto dal gas. Già da oggi, l’impennata della domanda fa pensare che in pochi anni si eguaglierà quella del petrolio. Aumentano anche le riserve conosciute: ai ritmi attuali di consumo, tuttavia, potrebbero esaurirsi in circa 60 anni 51 n.4 Gas Gas: nel 2035 soddisferà un quarto del fabbisogno energetico mondiale In tutto il mondo nel 2011 sono stati consumati circa 3.300 miliardi di metri cubi di gas naturale, quello da cui si ricava anche il metano: circa il 2% in più rispetto al 2010. E le stime parlano di una crescita che si manterrà costante, tanto da rappresentare, nel 2035, il 25% dei consumi energetici mondiali (oggi è circa il 21%). Secondo il World Energy Outlook 2012, redatto dall’Agenzia Internazionale per l’Energia, nei prossimi 20 anni la domanda di gas sarà l’unica ad aumentare senza sosta, di circa il 50% in più, sfiorando quella del petrolio e sorpassando quella di carbone, attestandosi sui 5mila miliardi di mc (circa 4,2 miliardi di tonnellate equivalenti di petrolio). Attualmente il gas supera di poco i 2,7 miliardi di tonnellate equivalenti di petrolio, mentre il greggio è già oltre i 4 miliardi. Tra i motivi che stanno spingendo il mondo alla corsa verso il mercato del gas, c’è anche la crescente insicurezza sul nucleare e le nuove scoperte di riserve fatte negli ultimi tempi. Approfondisci World Energy Outlook 2012 www.worldenergy outlook.org QR code generated on http://qrcode.littleidiot.be Approfondisci Agenzia Internazionale per l’Energia www.iea.org La domanda di gas QR code generated on http://qrcode.littleidiot.be 52 Dossier.Hera Asia e Medio Oriente trainano i consumi, cala la domanda in Europa A trainare la crescita dei consumi di gas sarà dunque l’Asia (ad es. Cina, Taiwan, Yemen, Qatar) e i paesi che continueranno sulla via del massiccio sviluppo industriale. Sul mercato asiatico pesa inoltre l’impennata dei consumi in Giappone: dopo il terremoto del 2011 e la conseguente chiusura della centrale nucleare di Fukushima, Tokyo ha infatti aumentato l’import di gas, come fonte energetica primaria alternativa all’atomo. L’Europa registra invece una profonda flessione nei consumi di gas, legata soprattutto alla difficile congiuntura economica: tutta l’area Ue, infatti, segna un -10,8%, complice anche un inverno mediamente più mite dell’anno precedente. L’Italia si attesta sui 76,12 miliardi di metri cubi di gas naturale per il 2012, registrando una flessione nei consumi del 6,2%. Russia, Iran e Qatar: ecco dove si trova il gas Il paese che, nel mondo, ha le maggiori disponibilità di gas è la Russia: nel 2011 le sue riserve ammontano a 46mila miliardi di metri cubi. Ingenti quantità si trovano anche in Iran e in Qatar, al secondo e al terzo posto della classifica dei paesi detentori di riserve. Da sole, queste tre nazioni possiedono circa il 44% delle disponibilità mondiali, che oggi si attestano sui 196mila miliardi di metri cubi. Solo il 3% di queste si trova in Europa. Al ritmo dei consumi attuali e con le riserve ad oggi conosciute, Eni stima che la disponibilità di gas nel mondo si esaurirebbe nel giro di 60 anni. Per riserve si intendono le quantità oggi conosciute e che possono essere estratte attraverso le potenzialità tecnologiche attuali: non sono equivalenti, dunque, alla totale disponibilità presente in natura, visto che molti giacimenti sono ancora sconosciuti e che altri si trovano in punti in cui l’estrazione è impraticabile, soprattutto per via degli alti costi. I paesi produttori: il dominio di Stati Uniti e Russia Secondo i recenti dati di British Petroleum, nel 2011 la produzione globale è cresciuta del 3,1%: un incremento legato al record degli Stati Uniti che, con nuove scoperte di giacimenti e tecniche all’avanguardia nell’estrazione di gas non convenzionali, Approfondisci Rapporto Eni World Oil and Gas Review 2012 www.eni.com/worldoil-gas-review-2012/ wogr.shtml QR code generated on http://qrcode.littleidiot.be n.4 Gas ha registrato, solo l’anno scorso, un’impennata di produzione (+7,1%). Questo ha fatto rapidamente scendere i prezzi del gas, pagato oggi in Europa e Asia in media da quattro a sei volte di più rispetto al mercato Usa. I 10 maggiori detentori di riserve di gas Gli americani si confermano così i primi produttori al mondo con 651mila miliardi di metri cubi, seguiti dalla Russia (607mila miliardi). In forte crescita anche la produzione in Turkmenistan (+40%), dove nuove risorse sono state scoperte, mentre avvenimenti come la guerra legata alla primavera araba hanno fatto segnare grossi cali in Libia (-75,6%), in recupero solo da quest’anno. L’Europa registra delle riduzioni anche sul fronte della produzione: si tratta della contrazione più forte di sempre (-11,4%) e, secondo BP, è legata a un mix di cause tra cui l’assestamento del settore e i minori consumi. 53 54 Dossier.Hera Gnl e gas non convenzionali: la prossima frontiera Per il futuro, gli avanzamenti tecnologici stanno aprendo nuove possibilità nel mondo del gas. Grazie alla liquefazione, per esempio, il gas (che in questo modo diventa gas naturale liquefatto, Gnl) può essere reso trasportabile in maniera più semplice: il suo volume si riduce di circa 600 volte. Arrivato a destinazione, il gas torna al suo stato originale attraverso i rigassificatori e viene poi immesso nella rete. Questo ha reso possibile il trasporto via mare, attraverso navi particolari che costituiscono una valida alternativa ai metanodotti e consentono di diversificare ulteriormente le fonti di approvvigionamento. Si stima che il Gnl diventerà sempre più importante, visto che ingenti scoperte di gas sono state fatte in paesi lontani dalle reti di gasdotti dei maggiori paesi consumatori, come per esempio in Usa. Altra nuova frontiera sarà l’utilizzo dei cosiddetti gas “non convenzionali” (come lo shale gas, estratto da rocce argillose) che arriveranno a soddisfare una quota di domanda sempre maggiore. Come spiega l’Enea, l’industria dello shale gas ha avuto un boom eccezionale negli Stati Uniti, con un aumento di produzione di circa il 45% all’anno tra il 2005 e il 2010, dove grazie alle nuove tecniche sono state fatte negli ultimi tempi scoperte eccezionali. L’estrazione di questo gas, che avviene attraverso la frantumazione di rocce profonde e il pompaggio ad altissima pressione di una miscela di acqua sabbia e sostanze chimiche, sembra essere molto impattante sull’ambiente, inquinando le falde e rendendo improduttivi i terreni. La stessa Agenzia Internazionale per l’Energia ha già caldeggiato una presa di coscienza sul tema, pubblicando nelle scorse settimane il report “Golden rules for a golden age of gas”, un documento su come rendere più sostenibile lo sfruttamento di questa risorsa. n.4 Gas Le vie del gas in Europa In tutto il mondo, esiste oltre 1 milione di km di condotte per il trasporto di questa risorsa. Ecco dove sono e da dove arriva il gas I gasdotti: fanno arrivare calore ed energia da lontano Il gas, prima di essere utilizzato attraverso la combustione in cucina, in auto o nelle caldaie, fa un viaggio molto lungo attraverso migliaia di chilometri di gasdotti (in inglese, “pipelines”). Sono condotte, terrestri o marine, interrate o adagiate sul fondo marino, che trasportano il gas dal centro di produzione a quello di consumo. Le porte del gas in Europa In Europa il gas arriva da tre porte principali: il Nord Africa (Algeria e Libia), la Russia (da cui passa anche quello asiatico) e la parte settentrionale del vecchio continente (sull’asse Mare del Nord/Norvegia-Olanda). Dal Nord Africa partono 4 gasdotti: il Transmed, che collega l’Algeria all’Italia (Mazara del Vallo) attraverso la Tunisia; il Greenstream, che collega la Libia all’Italia (Gela); il Maghreb che collega l’Algeria alla Spagna attraverso il Marocco e, infine, il Medgas, che collega direttamente l’Algeria alle coste spagnole. I gasdotti in arrivo dalla Russia sono altrettanti: il Nord Stream, inaugurato nel 2011 e lungo 1.224 km con una capacità di trasporto di 27,5 miliardi di metri cubi all’anno (raddoppiabili mediante l’affiancamento di una ulteriore linea già programmata), collega la Russia alla Germania attraverso il Mar Baltico, scavalcando l’Ucraina; lo Yamal, che dalla Russia percorre quasi 4.200 km attraverso Bielorussia e Polonia per arrivare in Germania; il Tag, che passa dall’Austria e arriva fino all’Italia (Tarvisio) e alla Slovenia e, infine, il Blue Stream, che trasporta gas naturale alla Turchia attraverso il Mar Nero. Dall’Asia centrale arrivano in Turchia due ulteriori gasdotti: quello tra Iran e Turchia al confine curdo-iraniano e il gasdotto Baku-Tblisi-Erzurum. 55 56 Dossier.Hera Esiste una rete di gasdotti nel mare del Nord (Langeled Gas Pipeline) che collega Norvegia, Inghilterra e Olanda. Infine, l’Europa centrale è attraversata dai gasdotti Tenp e Transitgas che dall’Olanda, attraverso la Germania, portano gas di produzione olandese e del Mare del Nord in Svizzera e Italia (Passo Gries). I principali gasdotti in Europa Gasdotti in progettazione/ costruzione Condotte esistenti La rete si espande: i gasdotti del futuro Per il futuro, sono in fase di progettazione anche il cosiddetto “corridoio sud” (South Stream, sempre dalla Russia) e il percorso Nabucco (dalle zone del Caucaso e Mar Caspio). Ma la crisi economica sta rallentando gli iter ed è probabile che tra i due solo uno venga davvero realizzato. Il primo, anche detto “gasdotto ortodosso”, connetterebbe l’Europa sud-occidentale e balcanica direttamente alle coste della Russia sul Mar Nero, senza passare da paesi non Ue. Nabucco, invece, porterebbe il gas da Azerbaijan, Kazakistan e Turkmenistan senza transitare dal territorio russo, aiutando paesi come l’Italia a essere meno dipendenti da Mosca. È stato infatti voluto dall’Ue nell’ottica di diversificare le fonti di approvvigionamento. Altro importante progetto allo studio è il Galsi, un gasdotto a cui partecipa anche il Gruppo Hera, destinato all’importazione di gas naturale dall’Algeria all’Italia attraverso la Sardegna (con conseguente metanizzazione della regione) e sbocco finale a Piombino, con una capacità di 8 miliardi di metri cubi all’anno. n.4 Gas Un mercato del gas sempre più concorrenziale Nuove tecnologie, sviluppo di infrastrutture e dinamiche commerciali rendono la formazione del prezzo del gas sempre meno dipendente dai grandi monopoli e dal prezzo del petrolio Un mercato rigido, in mano a pochi grandi operatori e con contratti molto vincolanti per gli acquirenti. Era questo il mercato del gas fino a pochi anni fa. Poi, seppur con tratti oligopolistici, la disponibilità di nuove tecnologie estrattive e di infrastrutture ha attivato una dinamica commerciale che pian piano sta rendendo la formazione del prezzo del gas sempre più condizionata da una pluralità di fattori. Dal giacimento al fornello di casa: una filiera suddivisa in 3 parti Il mercato del gas è caratterizzato da tre principali settori di attività: upstream (ricerca ed estrazione/produzione del gas), downstream (la parte finale del processo, quindi la vendita al dettaglio al cliente) e midstream (l’attività di acquisto all’ingrosso e vendita agli operatori del downstream). Si compra e si vende utilizzando due tipologie di contratto diverse tra di loro, take or pay e spot, nate a distanza una dall’altra e rappresentative di due differenti concezioni del mercato. I contratti “take or pay” Sono quelli prevalenti: stipulati dagli operatori midstream con le compagnie di produzione, sono caratterizzati da una lunga durata (in genere 20-25 anni) e dalla clausola che l’acquirente, in cambio della garanzia della fornitura, sottoscrive l’acquisto impegnandosi al pagamento anche in caso di flessione della domanda di gas. Questi contratti nascono negli anni ’60, in un quadro in cui le compagnie di produzione avevano la 57 58 Dossier.Hera necessità di ripagare gli investimenti fatti per la realizzazione dei gasdotti. In questo tipo di accordi il prezzo del gas è legato all’andamento del prezzo del petrolio. Questo perché l’utilizzo del gas, inizialmente, era legato alla sostituzione di altri combustibili derivati dall’ “oro nero” (gasolio per il riscaldamento e olio combustibile per gli usi industriali e termoelettrici). I contratti “spot” e la funzione strategica degli hub I contratti spot, invece, hanno una durata limitata (annuale o inferiore) e i prezzi sottoscritti non sono legati al petrolio, ma si basano sulla dinamica domanda-offerta, in un contesto globale in cui il gas ha sottratto fette di mercato sempre maggiori al petrolio e al carbone, trasformandosi da prodotto complementare a valida alternativa, anche in ragione del suo minore impatto sull’inquinamento in atmosfera. Tali contratti sono più recenti dei take or pay: occupano quindi uno spazio ancora ridotto nel mercato, anche se crescente, e si sottoscrivono negli hub. Nella foto: tubi gas Gazprom (da Gazprom.com) n.4 Gas Gli hub sono punti di snodo tra due o più gasdotti di compagnie diverse, generalmente collocati alla frontiera tra due stati. Lì nascono centri di contrattazione e compravendita del gas che viene smistato tra i vari sistemi. Ci sono anche hub virtuali, non associati a snodi fisici ma a un sistema infrastrutturale nazionale o regionale. I principali hub in Europa sono il National balancing point britannico, il Ttf olandese, lo Zeebrugge belga, il Ncg Vtp tedesco e il Peg francese. In Italia c’è il Psv, Punto di Scambio Virtuale: un sistema elettronico di scambio e cessione di capacità di trasporto e di gas immesso nella rete di gasdotti. È tra l’altro in atto un dibattito sulla nascita di un hub fisico italiano come nuova porta d’ingresso del gas in Europa, un luogo di scambio e di transito dei flussi strategico per il vecchio continente, che porterebbe vantaggi ai consumatori in termini di prezzi più bassi. Il progetto necessita però di forti investimenti nello stoccaggio e nella realizzazione di nuove infrastrutture di importazione come gasdotti e rigassificatori. Lo sviluppo delle tecniche estrattive e di liquefazione muove il mercato attuale Negli ultimi anni il mercato globale del gas è cambiato e la causa va cercata in diversi fattori. Primo fra tutti, lo sviluppo degli hub: in queste piazze i prezzi, slegati dal petrolio, risultano più convenienti, soprattutto in questo momento di eccesso di offerta di gas. Sui prezzi, inoltre, pesano la diminuzione dei costi di trasporti del gas naturale liquefatto e la contrazione della domanda, legata a una crisi dei consumi che va avanti dal 2008. Infine, l’affacciarsi sul mercato dello shale gas, di cui gli Stati Uniti sono forti produttori, che ha contribuito ad aumentare l’offerta disponibile, con conseguente discesa dei prezzi. 59 60 Dossier.Hera Come ti porto il metano a domicilio Dal giacimento al fornello di casa: il tragitto del gas lungo dorsali nazionali e reti di distribuzione locale, ancora troppo frammentate. Ma in Europa è diverso Un viaggio invisibile per portare il gas dove serve Bollire sul fornello l’acqua, aprire un rubinetto per una doccia calda o fare il pieno di metano alla macchina: tutte azioni quotidiane che presuppongono l’utilizzo del gas. Gas che, per arrivare dove serve, deve essere trasportato e distribuito. Questo viaggio, per buona parte invisibile, avviene attraverso una fitta rete di tubi che scorre sotto i nostri piedi e che si dirama per tutta la penisola fino ad arrivare agli utenti finali (il gas in Italia è impiegato al 25,5% per usi domestici, al 7,4% per commercio, al 41,7% come combustibile per le centrali termoelettriche e al 25,4% per utilizzo industriale). L’infrastruttura di trasporto gas in Italia si sviluppa su due livelli di distribuzione: primaria (le grandi dorsali nazionali e regionali) e secondaria. La distribuzione primaria Cominciamo dall’inizio. La rete di trasporto nazionale è una rete in alta pressione e di grande diametro, che attraversa il Paese da nord a sud e trasporta il gas fino all’interconnessione con le reti di trasporto regionali (alta e media pressione). Il gas naturale importato in Italia viene immesso nella rete nazionale attraverso sette punti di entrata, in corrispondenza delle interconnessioni con i metanodotti d’importazione (Tarvisio, Gorizia, Passo Gries, Mazara del Vallo, Gela) e dei terminali di rigassificazione del Gas Naturale Liquefatto (Panigaglia e Rovigo). La produzione nazionale (i maggiori giacimenti si trovano nell’Adriatico, in Puglia, Calabria e nella pianura padana) viene invece immessa in rete attraverso i punti di entrata dai campi 61 n.4 Gas di produzione o dai loro centri di raccolta, così come il gas degli stoccaggi. Complessivamente la rete di trasporto primaria, che comprende quella nazionale e quella regionale, misura oltre 33mila km. La distribuzione secondaria Il punto di interconnessione tra la rete di trasporto regionale e la rete di distribuzione locale (secondaria, che misura complessivamente circa 200mila km) è la cabina di riduzione e misura (Remi) dove il gas viene ridotto di pressione, contabilizzato e odorizzato. Dalle cabine Remi parte una rete di distribuzione in media pressione che trasporta grandi quantitativi di gas in prossimità degli utilizzatori o per fornire grandi utenze industriali. A questa rete sono collegate numerose cabine di riduzione finale dove il gas viene decompresso fino alla pressione di utilizzo nelle case. Trasporto e distribuzione: ancora molta frammentazione In Italia, a differenza di molti paesi europei (ad es. Francia) il sistema di trasporto e distribuzione è fortemente frammentato, in particolare nel settore della distribuzione locale dove è prerogativa dei singoli comuni gestire i servizi pubblici locali. Nella foto: l’impianto di riduzione e misurazione gas San Giovanni in Persiceto (Bo) 62 Dossier.Hera Ciò non ha certamente favorito il raggiungimento di un elevato grado di efficienza nella fornitura del servizio. Negli ultimi anni però si sta assistendo a una progressiva concentrazione del settore, attraverso processi di fusione e incorporazione. Inoltre, il mutato quadro normativo, con l’avvento delle gare per l’aggiudicazione della distribuzione gas a partire dal 2013, è destinato a produrre ulteriori passi verso la concentrazione e l’efficienza. Mentre il sistema di trasporto gas nazionale e regionale è gestito da 10 imprese, di cui 7 operative solo su reti regionali e 3 anche su tratti di rete nazionale (il principale operatore è Snam Rete Gas che possiede circa il 96% della rete di trasporto nazionale e regionale, pari a quasi 32mila km), nella distribuzione locale la situazione è ben più polverizzata. A dicembre 2011 erano attivi 229 operatori (comunque meno rispetto ai circa 700 degli anni novanta). Di questi, i primi 5 coprono da soli il 60% del mercato: Eni è al primo posto con il 23% della distribuzione locale, F2i Reti Italia è al secondo posto con il 17,2%. Hera si conferma al terzo posto con il 6,5%. Seguono Iren (multiutility di Torino, Genova, Reggio Emilia, Parma e Piacenza) e A2A (Milano e Brescia). Tariffe, standard qualitativi della distribuzione: il ruolo dell’Authority L’accesso al servizio di trasporto e le tariffe vengono definiti sulla base di criteri stabiliti dall’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas e approvate ogni anno. I margini per il distributore dipendono, quindi, dalle tariffe regolate dall’Aeeg e dalle efficienze di costo perseguite. Il servizio di distribuzione è remunerato da apposite voci in bolletta, che il venditore fattura al cliente e poi trasferisce al distributore. L’Autorità, oltre a regolare i temi economici della distribuzione locale, ha definito anche standard qualitativi su performance e sicurezza che il distributore deve rispettare. n.4 Gas Sulla distribuzione gas scatta la competizione A partire dal 2013 la gestione delle reti locali di metano sarà assegnata agli operatori tramite gara. L’obiettivo è concentrare il settore, per avere più efficienza e qualità del servizio Arrivano le gare, contro la polverizzazione del settore Più efficienza, trasparenza e capacità d’investimento nella distribuzione locale di gas. Sono questi gli obiettivi che si è posto il Dlgs n° 164/00, un decreto destinato a rivoluzionare il settore introducendo la gara pubblica come unica forma per assegnare a un gestore la distribuzione locale di gas. A differenza della maggior parte dei paesi europei, in Italia la gestione delle reti locali di metano è ancora piuttosto frammentata, in particolare tra gli operatori di piccole Il mercato della distribuzione locale del gas in Italia 63 64 Dossier.Hera e medie dimensioni: su oltre 200 operatori attivi, i primi 5 coprono il 60% del mercato. Questa polverizzazione fa sì che la maggior parte degli operatori, attivi su reti piccole o piccolissime, fatichi sia a ridurre i costi di gestione (e quindi le tariffe di distribuzione ai clienti finali) che a sviluppare gli investimenti necessari ad assicurare qualità e sicurezza del servizio. Si parte nel 2013 con 177 ambiti territoriali da mettere a gara La normativa sulle gare gas, che partiranno dal prossimo novembre 2013, ha definito 177 ambiti territoriali (solitamente uno o due per provincia). In questi ambiti verranno bandite le gare, individuando una dimensione abbastanza ampia (in media circa 200mila punti di riconsegna) da favorire la concentrazione delle imprese, produrre benefici economici di scala e assicurare gli investimenti per la manutenzione delle reti di distribuzione. Il gestore che vincerà il bando si aggiudicherà la gestione per 12 anni e sarà chiamato, eventualmente, a rifondere il gestore uscente con il valore residuo della rete. Chi vince gestisce per 12 anni Il risultato di questo processo, che durerà alcuni anni, dovrebbe essere una mappa dell’Italia in cui la distribuzione locale sarà nelle mani di un numero minore di operatori (ma di maggiori dimensioni) in grado di investire maggiori risorse e assicurare migliori standard di servizio. Anche gli obiettivi di qualità dati dall’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas alle aziende di distribuzione sono sempre più stringenti e a lungo andare non potranno essere più garantiti da gestioni locali di piccole dimensioni. Soprattutto agendo in “monopolio naturale” (cioè senza rivali per 12 anni di aggiudicazione) saranno chiamati a competere al rinnovo della concessione, mettendo sul tavolo risorse e know-how. A Bologna il bando già l’anno prossimo Nel territorio attualmente servito da Hera, il primo ambito che andrà a gara comprende Bologna e altri 17 Comuni della sua provincia, oltre al comune di Firenzuola (Fi). Il bando di gara per questa area dovrà essere pubblicato entro l’11/11/2013. Via via andranno a gara anche tutti gli altri ambiti: Bologna 2 e Modena 2 entro l’11 agosto 2013; Modena 1 entro l’11 novembre 2013; Ferrara e Rimini entro l’11 maggio 2015; Ravenna e Forlì-Cesena entro l’11 novembre 2015. Otto caldi consigli per risparmiare sulla bolletta. 1 In casa, d’inverno, manteniamo una temperatura di 20 gradi, abbassiamola di notte e, se fa caldo, spegniamo i termosifoni.La riduzione di un solo grado assicura un risparmio di circa il 6%. 2 Non copriamo i termosifoni con pannelli, tende o altro, perché, per riscaldare in maniera efficiente, il calore ha bisogno di diffondersi nella stanza. 3 Applichiamo valvole termostatiche ai termosifoni per risparmiare fino al 30%. La valvola termostatica è un sistema che consente di diversificare la temperatura del termosifone in ogni stanza, in base all’uso e all’esposizione. 4 Se dobbiamo sostituire la caldaia, scegliamo quelle a condensazione con bruciatore modulante in grado di garantire la massima efficienza in qualsiasi condizione di funzionamento (anche a carico parziale). 5 Rendiamo autonomo l’impianto centralizzato installando dispositivi di contabilizzazione individuale del calore che, permettendoci di ripartire i costi, ci consentono di non sprecare. 6 Per aumentare l’efficienza dei termosifoni sostituiamo i vecchi termoconvettori con i radiatori di calore. 7 Durante la notte abbassiamo del tutto tapparelle o serrande in modo da aumentare l’isolamento contro il freddo esterno. 8 Scegliamo di fare l’autolettura per tenere sotto controllo i consumi anomali e pagare solo l’effettivo consumo. Nei locali pubblici e commerciali orologi programmatori ›Upertilizziamo spegnere o ridurre l’intensità luminosa nei momenti in cui non serve; utilizziamo lampade a Led o fluorescenti per risparmiare fino all’80% lasciando inalterato il grado di illuminazione. tilizziamo pompe di calore ad alta ›Uefficienza per il raffrescamento estivo e il riscaldamento invernale. I.P.