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l`alleanza - Nuova evangelizzazione

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l`alleanza - Nuova evangelizzazione
L’ALLEANZA
Dio fedele alleato
L’argomento principale della Bibbia e senz’altro Dio. Di lui rivela i rapporti che
intrattiene con noi, la sua attività nei nostri confronti. Ci parla di un Dio indicibile, descrivendolo in
termini e con tratti umani, adatti ad una mentalità semplice, ma molti efficaci: Dio ha occhi, bocca,
faccia, orecchie, mani, braccio potente, si muove, scende nel campo, abita in Sion, guida il popolo,
parla, si adira, si pente, gioisce, prova gelosia. Sono tante maniere per dire che Dio è un vivente come
noi. Ma al di là di tante espressioni il Dio della Bibbia rimane indicibile. Egli è il Vivente, “Colui
che”, diverso da noi, come da qualsiasi altro essere creato e non è rappresentabile da niente e da
nessuno: egli solo è il Santo.
Di questo Dio “indicibile” la Bibbia rivela, volta per volta la misteriosità nell’agire, il
dominio universale, l’opposizione al male e al peccato, l’onniscienza, la sapienza. Ma la Bibbia ci
parla soprattutto di Dio come fedele alleato del suo popolo per il quale e attraverso il quel Egli vuol
condurre a compimento un disegno o piano di salvezza.
Alleanza
La Bibbia parla di alleanza, tra Dio e l’uomo, e questo termine sembra improponibile,
perché l’uomo, che dal Signore dipende in tutto e per tutto e da Lui tutto riceve, non può avere alcun
termine di confronto con Dio per un’alleanza. L’alleanza di cui parla la Bibbia non è come quelle
che possono intercorrere tra uomini, ma è un puro dono, di una comunione unilaterale, che fa
appello ad una risposta, la comunione con Dio.
In italiano “alleanza” è detta anche “patto”. Il termine ebraico per designarla è “berit”,
che si trova 287 volte nella Bibbia e quello greco è “diatheke”.
L’Antico Testamento parla di alleanza con Noè, dopo il diluvio (Gn 9, 8-13 ) e con
Abramo ( Gn 15, 5-18 ). L’alleanza con Israele è quella del Sinai, che viene presentata nei capitoli
19-24 di
Esodo, dove, tra l’altro, troviamo scritto: “ Se vorrete ascoltare lamia voce e
custodirete la mia alleanza, voi sarete per me la proprietà tra tutti i popoli; perché mia è tutta la
terra! Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa” ( Es 19, 5-6 ). La stessa alleanza
viene solennemente rinnovata a Sichen, ( Gs, 24 ) dopo l’ingresso nella terra promessa.
Osea (Os 2, 16-17.2,22 ) è il primo che paragona la relazione tra Javhé e Israele ad un
legame sponsale, a un “amore di alleanza” (hesed) . L’amore di Javhé per Israele è la ragione e il
fondamento per cui Dio attende dal popolo una risposta d’amore. L’amore di Dio è così potente che
rende l’uomo capace di amare.
Di questa relazione sponsale tra Dio e il popolo parlano anche Geremia ed Ezechiele. Questi
due profeti preannunziano la “nuova alleanza (Ger, 31, 31-33; Ez 36, 24-28 ), che sarà stipulata
da Gesù Cristo. In virtù del sangue di Cristo, i cuori umani saranno mutati e sarà dato loro lo Spirito
di Dio.
Nuova Alleanza
L’alleanza è una situazione di comunione con Dio. L’iniziativa di stabilirla è un libero atto di
amore di Dio per l’uomo, che culmina nella morte-risurrezione di Cristo, ed è resa presente a ogni
uomo di ogni tempo nell’Eucaristia. La comunione che Dio intende istituire con l’uomo è ordinata
anche a creare una nuova comunità, la famiglia dei figli di Dio. Tale nuova comunità ha come legge
fondamentale la thorà o il Vangelo, in cui è deposta la testimonianza ispirata della volontà di Dio per
l’uomo. Dio dona la sua legge-vangelo in vista della creazione di una comunità, che entri in
comunione con lui e viva la comunione fraterna.
La “nuova Alleanza”, enunciata da Geremia ed Ezechiele, è stipulata da Gesù Cristo. E’
nuova nel senso di un”uomo nuovo”; si tratta di una situazione antropologica nuova, l’uomo ha la
possibilità di un contatto diretto e immediato con Dio . La nuova alleanza è promessa
incondizionata di Dio, opera sua, espressione del suo amore irrevocabile.
In virtù del sangue di Cristo i cuori umani saranno mutati e sarà dato loro lo Spirito di Dio.
La Pasqua di Cristo è allo stesso tempo sacrificio di espiazione e di alleanza e porta a compimento le
figure dell’A.T. E, poiché quest’atto sarà reso presente in un gesto rituale, che Gesù ordina di
ripetere in sua memoria, mediante la partecipazione eucaristica, i fedeli saranno uniti nel modo più
intimo al mistero della nuova alleanza e beneficeranno delle sue grazie. Il dono più grande della
“nuova Alleanza” è lo Spirito Santo, che dà l’istinto della volontà di Dio e ci fa diventare
“immagine”, “icona” di Cristo. Stupendi a questo proposito sono i primi 14 versetti dell’ottavo
capitolo della lettera ai Romani Ivi leggiamo, tra l’altro : “ la legge dello Spirito, che dà la vita in
Gesù, ti ha liberato dalla legge del peccato e della morte. Infatti ciò che era impossibile alla legge….
Dio lo rese possibile: mandando il proprio Figlio…. perché la giustizia della legge si adempisse su di
noi, che non camminiamo secondo la carne, ma secondo lo Spirito. … Tutti quelli che sono guidati
dallo Spirito di Dio sono figli di Dio… e se siamo figli siamo anche eredi; eredi di Dio, coeredi di
Cristo.
CREAZIONE E ALLEANZA
Creazione ed alleanza sono in strettissima relazione. Dio crea per fare alleanza, allo
scopo di fare entrare gli uomini in comunione con lui come figli di Dio. L’alleanza permea tutta la
creazione come suo fine. Come è detto nel salmo 136, l’attività salvifica di Dio sgorgante dalla sua
misericordia fa esistere il creato e l’umanità al fine di elargire all’uomo i suoi doni e introdurlo
nella comunione con Dio.
L’alleanza è possibile perché Dio ha creato l’uomo a sua “immagine” ( Gn 1, 27
), cioè come essere aperto e capace di incontro e comunione con Dio, allo scopo di fare all’alleanza
con lui. E fin dalle prime pagine della Bibbia si rivela amico dell’uomo e si intrattiene con lui in
rapporto personale.. Quando l’uomo, appena uscito dalla mani di Dio, passeggiava per il Paradiso
terrestre, Dio “scendeva nel giardino all’aura del giorno” ( Gn 3, 8 ), conversava con lui come uno di
noi parla con un amico molto caro. Dio coltiva sempre il medesimo sentimento per l’uomo, anche
quando questi con il peccato gli volta le spalle.
ALLEANZA CON NOE
La storia del diluvio fornisce un esempio chiarissimo di come gli ebrei poterono
assumere le tradizioni popolari di altri popoli, spesso del tutto prive di valore storico, in maniera da
farne un veicolo di importanti concezioni teologiche: in questo caso la giustizia e la provvidenza
divina, la sicurezza e la stabilità della natura, basate sulla bontà di Dio, nonostante le cattive
inclinazioni del cuore umano ( Gn 8, 21 ).
Genesi 9, 1-17
1
Dio benedisse Noè e i suoi figli e disse loro: "Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite
la terra. 2Il timore e il terrore di voi sia in tutti gli animali della terra e in tutti gli uccelli
del cielo. Quanto striscia sul suolo e tutti i pesci del mare sono dati in vostro potere. 3Ogni
essere che striscia e ha vita vi servirà di cibo: vi do tutto questo, come già le verdi erbe. 4
Soltanto non mangerete la carne con la sua vita, cioè con il suo sangue. 5Del sangue
vostro, ossia della vostra vita, io domanderò conto; ne domanderò conto a ogni essere
vivente e domanderò conto della vita dell'uomo all'uomo, a ognuno di suo fratello. 6Chi
sparge il sangue dell'uomo, dall'uomo il suo sangue sarà sparso, perché a immagine di Dio
è stato fatto l'uomo. 7E voi, siate fecondi e moltiplicatevi, siate numerosi sulla terra e
dominatela". 8Dio disse a Noè e ai suoi figli con lui: 9 "Quanto a me, ecco io stabilisco la
mia alleanza con voi e con i vostri discendenti dopo di voi, 10con ogni essere vivente che
è con voi, uccelli, bestiame e animali selvatici, con tutti gli animali che sono usciti
dall'arca, con tutti gli animali della terra. 11Io stabilisco la mia alleanza con voi: non sarà
più distrutta alcuna carne dalle acque del diluvio, né il diluvio devasterà più la terra".
12
Dio disse: "Questo è il segno dell'alleanza, che io pongo tra me e voi e ogni essere
vivente che è con voi, per tutte le generazioni future. 13 Pongo il mio arco sulle nubi,
perché sia il segno dell'alleanza tra me e la terra. 14Quando ammasserò le nubi sulla terra
e apparirà l'arco sulle nubi, 15ricorderò la mia alleanza che è tra me e voi e ogni essere
che vive in ogni carne, e non ci saranno più le acque per il diluvio,per distruggere ogni
carne. 16L'arco sarà sulle nubi, e io lo guarderò per ricordare l'alleanza eterna tra Dio e
ogni essere che vive in ogni carne che è sulla terra". 17Disse Dio a Noè: "Questo è il segno
dell'alleanza che io ho stabilito tra me e ogni carne che è sulla terra".
Lettura
DIO BENEDISSE ( 1-17 )
Genesi 9, 1-17 è della tradizione P e presenta l’alleanza di Dio con Noè. La storia ricomincia
sotto la benedizione, la promessa e l’alleanza di Dio.
SIATE FECONDI (1 )
E’ come una nuova creazione. Dio ritorna a benedire la terra, gli uomini saranno ancora
fecondi, domineranno ancora sugli animali, i quali sono divisi in superiori (mammiferi e uccelli ) e
inferiori ( pesci e rettili della terra ). Il dominio dell’uomo non sarà però più pacifico come in Gn 2,
1, in cui l’uomo era considerato erbivoro, perché nella lotta per la vita l’uomo ucciderà gli animali,
che avranno di lui “timore e terrore” e se ne ciberà. ( vi servirà di cibo… come già le erbe verdi ).
SOLTANTO NON MANGERETE (4-7)
Gli scampati dal diluvio non sono, come ripetevano i miti sumero-accadici, onnipotenti, esseri
superiori. Dio, sovrano di tutto ciò che vive, impone il segno del suo dominio e riserva per sé il
sangue segno della vita. E’ la vita dell’uomo, fatto a sua immagine, e Dio lo protegge, e domanderà
conto ad ogni uomo della vita del suo fratello (del sangue vostro…io domanderò conto ). Anzi chi
uccide verrà ucciso. Forse qui si allude alla pena capitale, in caso di omicidio, che potrà essere
eseguita dall’uomo ( dall’uomo il suo sangue sarà sparso ) il quale dovrà sempre tener conto che è
fatto a immagine di Dio.
STABILISCO LA MIA ALLEANZA ( 9-12 )
Oltre che benedire, Dio fa una promessa che prende il nome di patto o alleanza. L’autore
sacerdotale punteggia la sua storia con tre grandi patti, dotato ciascuno di un segno proprio: 1° Il
patto con Noè con un segno cosmico ( l’arcobaleno ), 2° il patto con Abramo il cui segno si riferisce
alla fecondità umana ( la circoncisione ), 3° Il patto con Mosè con un segno cultuale ( il sabato).
Quello fatto con Noè conferma la promessa di non punire più in modo tanto drammatico
l’umanità. (non sarà più distrutto nessun vivente ). Ha un carattere unilaterale; riguarda infatti anche
gli animali, incapaci di ogni corrispondenza volitiva ( con voi… con tutti gli animali ). E’ fatto col
rappresentante della nuova umanità e vale anche per tutti “i discendenti”. Non si deve con ciò far
dire allo scrittore quello che non ha pensato di dire, per esempio che tutte le razze discendono da Noè;
egli infatti è interessato alla storia della salvezza.
IO PORRO’ ( 13-17 )
L’alleanza è simboleggiata da un segno naturale, l’arcobaleno, indipendente alla volontà
umana. Nel mondo antico l’arcobaleno era considerato l’arco degli dei e quando compariva indicava
che gli dei avevano cessato di combattere ed era comunemente ritenuto un segno di pace e qui il
Signore appare come un guerriero che appende l’arco (l’arcobaleno ) al cielo. Per alcune culture
l’arcobaleno è come un ponte tra la terra e il cielo. L’apocalisse per dare l’idea dello splendore
immateriale della divinità usa alcune immagini, come il brillare di pietre preziose, lampi e tuono e dice
che “ il trono era circondato da un arcobaleno luminoso come lo smeraldo” ( 4, 3 ), l’arcobaleno
della pace, come dopo il diluvio. Attraverso il simbolo dell’arcobaleno la Bibbia vuole esprimere il
dialogo e l’alleanza che intercorre tra Dio e l’umanità. E’ quella che si potrebbe chiamare la
“rivelazione della salvezza cosmica”. E Dio ripeterà ad Isaia : “Per me è sempre come ai giorni di
Noè, quando giurai che non avrei riversato le acque di Noè sulla terra “( 54, 9 ).
Riflessioni
Lo scrittore dice che l’uomo creato da Dio buono, non ne ha seguito le indicazioni, è
arrivato ad una malvagità senza confini e ha fatto approdare il mondo al contrario di come era al
momento della creazione (“era una cosa buona”). Ha posto tutte le premesse per la sua autodistruzione
ed è tornato al caos primordiale.
La catastrofe è giunta come punizione per la malvagità degli uomini, dal momento che
Dio che non è indifferente al bene e al male. Ma è avvenuta per colpa degli uomini. Gli potrebbe
succedere ancora, ma Dio farà in modo che non succeda più un simile disastro. Dio non abbandona
mai l’umanità.
Non tutti sono stati malvagi, un “resto” si è salvato dalla malvagità generale. E’ stato Noè,
con la sua famiglia, perché Dio non smentisce se stesso nella sua funzione di creatore. Con Noè
siamo ad un nuovo Adamo e ad una nuova creazione. Ora l’umanità ha l’assicurazione e l’alleanza
gratuita di Dio.
Tuttavia non ci sarà la sintonia con la natura degli inizi, ma la lotta per vivere.
L’uomo dovrà seguire le indicazioni di Dio e in particolare dovrà ritenere intoccabile la vita umana .
ALLEANZA CON ABRAMO
Genesi 15, 1-21
1 Dopo tali fatti, fu rivolta ad Abram, in visione, questa parola del Signore: "Non
temere, Abram. Io sono il tuo scudo; la tua ricompensa sarà molto grande". 2Rispose
Abram: "Signore Dio, che cosa mi darai? Io me ne vado senza figli e l'erede della mia casa
è Elièzer di Damasco". 3Soggiunse Abram: "Ecco, a me non hai dato discendenza e un mio
domestico sarà mio erede". 4Ed ecco, gli fu rivolta questa parola dal Signore: "Non sarà
costui il tuo erede, ma uno nato da te sarà il tuo erede". 5Poi lo condusse fuori e gli disse:
"Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle"; e soggiunse: "Tale sarà la tua
discendenza". 6 Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia. 7E gli disse:
"Io sono il Signore, che ti ho fatto uscire da Ur dei Caldei per darti in possesso questa
terra". 8Rispose: "Signore Dio, come potrò sapere che ne avrò il possesso?". 9Gli disse:
"Prendimi una giovenca di tre anni, una capra di tre anni, un ariete di tre anni, una tortora
e un colombo". 10Andò a prendere tutti questi animali, li divise in due e collocò ogni metà
di fronte all'altra; non divise però gli uccelli. 11Gli uccelli rapaci calarono su quei cadaveri,
ma Abram li scacciò. 12Mentre il sole stava per tramontare, un torpore cadde su Abram, ed
ecco terrore e grande oscurità lo assalirono. 13Allora il Signore disse ad Abram: "Sappi che
i tuoi discendenti saranno forestieri in una terra non loro; saranno fatti schiavi e saranno
oppressi per quattrocento anni. 14Ma la nazione che essi avranno servito, la giudicherò io:
dopo, essi usciranno con grandi ricchezze. 15Quanto a te, andrai in pace presso i tuoi
padri; sarai sepolto dopo una vecchiaia felice. 16 Alla quarta generazione torneranno qui,
perché l'iniquità degli Amorrei non ha ancora raggiunto il colmo". 17Quando, tramontato il
sole, si era fatto buio fitto, ecco un braciere fumante e una fiaccola ardente passare in
mezzo agli animali divisi. 18 In quel giorno il Signore concluse quest'alleanza con
Abram:"Alla tua discendenza io do questa terra, dal fiume d'Egitto al grande fiume, il
fiume Eufrate; 19 la terra dove abitano i Keniti, i Kenizziti, i Kadmoniti, 20gli Ittiti, i
Perizziti, i Refaìm, 21gli Amorrei, i Cananei, i Gergesei e i Gebusei".
Lettura
Genesi 1-21 è un brano composito, in parte Javista e in parte Eloista, anzi con questo brano ha
inizio la fonte E. La redazione finale ha fuso insieme una tradizione di vassallaggio e una di
fondazione La fonte J trattava della fondazione di una dinastia con incubazione, risposta di Dio,
rito di eroe, pericolo, sonno, presagi sfavorevoli, oracoli, la fonte E presentava un trattato di
vassallaggio, con iniziativa divina, obbedienza del vassallo, dono di giustizia e pace, rito del patto,
promessa, giuramento, stesura del patto, secondo tradizioni babilonesi
Il redattore finale ha fuso insieme alcuni elementi e ha unito il tutto in un’unica
manifestazione divina, in cui risalta la chiamata e alleanza di Dio con Abramo.
NON TEMERE ABRAM ( 1 )
Il capitolo 15 ha inizio con l’invito rivolto ad Abramo a non temere. La vita di Abramo era
completamente cambiata dopo aver sentito la chiamata del Signore ( Gen 12 ). Era partito per la terra
che non conosceva, fidandosi di Dio che gli aveva promesso un figlio. Il tempo però era passato e la
promessa non sembrava realizzarsi. Abramo esperimenta l’incertezza, l’oscurità della fede per il
silenzio prolungato di Dio.
Nei primi 4 versetti, a Dio che gli assicura di essere suo “scodo”, Abramo dice che, in
mancanza di un figlio, l’erede sarà Eliezer, ma Dio gli dà una solenne assicurazione: “Non costui
sarà tuo erede, ma uno nato da te”.
GUARDA IN CIELO (5 )
Dio non dà solo assicurazioni ma fa un gesto paterno, porta Abramo a vedere le stelle e lo
rassicura che, nonostante la sterilità di Sara, la sua discendenza sarà come le stelle del cielo.
EGLI CREDETTE ( 6 )
Abramo crede alle promesse di Dio che gli accredita ciò come giustizia. Su questo “amen”
(heemin) di Abramo ci sono state in seguito varie riflessioni. Paolo dice in Romani: “ ebbe fede,
speranza contro ogni speranza: e così divenne padre di molti popoli… Egli non vacillò nella fede…Per
la promessa di Dio non esitò con incredulità…. pienamente convinto che quanto egli gli aveva
promesso era anche capace di portare a compimento. Ecco perché gli fu
accreditato
come
giustizia” ( 4, 18-22 ). Egli spiritualizza la natura di quanto è avvenuto, e in questo sarà seguito dal
Protestantesimo e dal Concilio di Trento, quando parla di “giustificazione”.
IO SONO IL SIGNORE ( 8 )
Il Signore non è un essere astratto e lontano: egli è presente nella vita. “Fare uscire” era verbo
familiare ed aveva sapore di “liberazione” ( Dio aveva fatto uscire dall’Egitto) .
COME POTRO’ SAPERE ( 8 )
Sembra un tornare a dubitare, dopo la fede del “credette”, ma si tratta di una fede non
cieca, ma profondamente consapevole. Abramo vuol sapere come fondare la sua fiducia di possedere
il paese promesso. La richiesta del segno è abituale; il segno è dato anche a Maria, E’ come dire:
fede non è dimissione che abbandona ogni ricerca.
PRENDIMI UNA GIOVENCA ( 9 )
Il rituale qui descritto era abituale in Oriente, Ne abbiamo testimonianza a Mari. Si tratta del
karat-berit, o taglio dell’alleanza. In arabo è detto “fidu”, da cui “faddayn=alleato”. Il termine
“berit“ (alleanza) nella Bibbia lo troviamo centinaia di volte: si tratta di un fatto unilaterale, un
giuramento, un testamento.
NON DIVISE PERO’ GLI UCCELLI (10 )
La tortora e il piccione non erano animali sacrificali, ma simboli di fecondità e quindi segno di
fiducia per Abramo.
UCCELLI RAPACI ( 11 )
Essi tentano di distruggere tutto. L’interpretazione vede in questi uccelli le nefaste potenze
che cercano di distruggere l’alleanza, ombre nere che si proiettano sul popolo di Dio. E’ ciò che sarà
poi visto come il regno di satana contro il regno di Dio, il “misterium iniquitatis”, la potenza del male
che agisce nella storia.
UN TORPORE CADDE SU ABRAMO ( 12 )
E’ un sogno estatico, ( tardemash ) come quello di Adamo (Gen 4 ). ; il sonno è strumento di
rivelazione. Alcuni cristiani ricordano Giovanni 8, 36 : “Abramo vide e se ne rallegrò “.
SAPPI CHE ( 13 )
L’autore introduce qui uno schema di storia della salvezza sotto forma di profezia futura,
è la tappa intermedia tra la promessa e la realizzazione.
FORNO FUMANTE E FIACCOLA ARDENTE ( 17 )
Dio si manifesta negli elementi tipici della teofania, fornello fumante e colonna di fuoco, senza
per altro che essi si identifichino con Dio. E’ significativo che solo Dio non Abramo passi tra gli
animali sacrificati.
ALLA TUA DISCENDENZA (18 )
Dio soltanto stringe l’alleanza. Non si parla di reciprocità: l’uomo è ricettore passivo del patto.
Non è un patto bilaterale. Nella visione Javista solo Dio è attivo. Egli concede liberamente, l’uomo
riceve.
Riflessioni
Il rito qui presentato è davvero molto strano per noi, ma non per gli Orientali. Tagliare la
“berit” era come dire: “ Mi avvenga quel che è accaduto a questi animali se sarò infedele alla
promessa fatta”. Il biblista Ravasi dice di essere stato testimone di questa modalità di stipulare un
patto alcuni decenni or sono in Siria.
Il sonno di Abramo è una condizione estatica nella quale egli riceve la rivelazione divina, ha la
visione di animali divisi a metà e posti uno di fronte all’altro. Il forno fumante e la fiaccola ardente
sono simbolo di Dio. Il rito è spiegato: “ In quel giorno il Signore “tagliò il patto” (berit), fece
l’alleanza con Abramo, promettendo :“Alla tua razza io do questo paese”. Si tratta di una promessa
fatta con giuramento, che esprime un impegno vincolante: Dio stabilisce con Abramo un legame
stabile, dandogli una terra.
Abramo non compie nessuna azione, non fa alcun gesto e non dice nessuna parola che esprime
un impegno da parte sua. E’ inviato a contare le stelle. Ossia a riconoscere che è una semplice creatura,
incapace di numerare e contare le opere di Dio. La promessa di Dio è pura grazia, dedizione senza
limiti e senza condizioni, dedizione totalmente immeritata, che non presuppone nulla da Abramo..
Genesi 17, 1-11
1
Quando Abram ebbe novantanove anni, il Signore gli apparve e gli disse: "Io sono Dio
l'Onnipotente: cammina davanti a me e sii integro. 2Porrò la mia alleanza tra me e te e ti
renderò molto, molto numeroso". 3Subito Abram si prostrò con il viso a terra e Dio parlò
con lui: 4 Quanto a me, ecco, la mia alleanza è con te: diventerai padre di una
moltitudine di nazioni. 5 Non ti chiamerai più Abram, ma ti chiamerai Abramo,
perché padre di una moltitudine di nazioni ti renderò. 6E ti renderò molto, molto fecondo;
ti farò diventare nazioni e da te usciranno dei re. 7Stabilirò la mia alleanza con te e con
la tua discendenza dopo di te, di generazione in generazione, come alleanza perenne, per
essere il Dio tuo e della tua discendenza dopo di te. 8La terra dove sei forestiero, tutta
la terra di Canaan, la darò in possesso per sempre a te e alla tua discendenza dopo di
te; sarò il loro Dio". 9Disse Dio ad Abramo: "Da parte tua devi osservare la mia alleanza,
tu e la tua discendenza dopo di te, di generazione in generazione. 10 Questa è la mia
alleanza che dovete osservare, alleanza tra me e voi e la tua discendenza dopo di te: sia
circonciso tra voi ogni maschio. 11Vi lascerete circoncidere la carne del vostro prepuzio
e ciò sarà il segno dell'alleanza tra me e voi.
Lettura
I dati numerici e i termini tecnici usati fanno capire s che Genesi 17, 1-11 è una versione P
del periodo dell’esilio. Siamo ormai nel 500 a. Cristo e molte delle cose promesse fatte si erano
avverate e precisate: la terra era stata posseduta e persa, la discendenza c’era stata, le promesse fatte a
Isacco e ad Ismaele si erano realizzate..
Leggendo attentamente il brano si nota che lo sfondo è di un patto di confederazione. C’è
infatti l’apparizione di Dio, l’offerta del patto, la mutazione del nome, il segno dell’alleanza, il peccato
contro il patto, il carattere di figliolanza.
NOVANTANOVE ANNI (1)
Viene sottolineato il carattere miracoloso dell’evento.
IO SONO DIO ONNIPOTNTE 1 )
Io sono El Saddai ( Dio onnipotente ), nome di Dio a Manre, delle steppa, della montagna.
CAMMINA DAVANTI A ME (1)
Al Sinai verranno promulgati i Comandamenti. Qui questa è l’unica richiesta. Vedere Levitico
:19, 2 : “Siate santi, perché io, il Signore vostro Dio, sono” Questa consacrazione totale sostituisce
anche il sacrificio del capitolo 15.
PORRO LA MIA ALLEANZA (2 )
Per nove volte è in risalto il termine “berit” (alleanza). L’alleanza univa gli alleati e suo modello
era la famiglia, e la tribù , comunità naturali, dove i legami erano strettissimi e si doveva render conto
di tutto . Chi rispettava gli impegni era giusto . Qui l’impegno è: “Cammina davanti a me”.
MOLTITUDINI DI NAZIONI ( 4)
Sarebbero i popoli limitrofi, gli Ismaeliti e gli Arabi ( vedere Gn 25, 1).
TI CHIAMERAI ABRAMO ( 5)
Abram significa padre sublime, e Abramo padre di moltitudini. La differenza è minima, ma, il
fatto importante è che il nome lo indica il Signore.
LA TERRA …CANAAN (8)
E’ la seconda promessa, quella della terra, dopo quella delle discendenza . Ai tempi dello
scrittore si sperava che sarebbe restato a Israele almeno il Canaan.
SARO IL VOSTRO DIO (8)
Non si tratta di un diritto. E’ Dio che si lega al popolo.
VI LASCERETE CIRCONCIDERE ( 11)
La circoncisione era diffusa con motivazioni varie nel mondo antico anche tra gli egizi..
Certamente esisteva ai tempi di Abramo. Nel 600 divenne un segno di distinzione degli ebrei che
vivevano tra i Babilonesi che non la praticavano, ed erano considerati incirconcisi. Essendo un segno
importante, alcuni potevano finire per
pensare che essa bastasse. Deuteronomio e Geremia
puntualizzeranno e parleranno di circoncisione del cuore. .
Riflessioni
In questo nuovo racconto dell’alleanza è sempre in risalto l’iniziativa di Dio (“la mia alleanza
con te” ) . L’alleanza implica tre impegni da parte di Dio: 1° la fecondità 2° la terra, 3° essere Dio
di Israele. E’ l’alleanza di Dio non di Abramo.
Ad Abramo viene chiesto di camminare davanti al Signore e il segno della circoncisione,
che doveva far risaltare la volontà di diventare partecipe dell’alleanza.
Alla radice dell’alleanza con Abramo sta la volontà amorosa di Dio, la sua gratuita dedizione
per la salvezza degli uomini, che egli vuole stabilire in una relazione di prossimità e comunione con
lui.
ALLEANZA DEL SINAI
I racconti dell’alleanza del popolo d’Israele al monte Sinai presentano una visione
complessa dell’alleanza, espressa in forme differenti .
Si trovano nei capitoli 19-24 dell’Esodo, che è il secondo libro della Bibbia. Il nome “exodus” (
= partenza ) gli è stato dato dai traduttori greci . In ebraico: è detto “We-ellzh-semoth” ( = “questi
sono i nomi”… dei figli d’Israele che entrarono in Egitto ) . Il libro riprende le file della storia del
piccolo popolo sceso in Egitto e ora diventato numeroso e condannato alla schiavitù dai nuovi Faraoni
non più semiti. Il libro tratta di Israele in Egitto, di Mosè, delle piaghe, dell’uscita dall’Egitto, della
traversata nel deserto, dell’alleanza al Sinai, della costruzione del santuario e contiene varie leggi tra
cui il Decalogo. E’ il libro epico della liberazione del popolo da parte di Dio, dell’alleanza tra Dio e il
popolo.
Mosè chiamato da Dio ascolta nel deserto la voce del Dio dei Padri, che rompe il silenzio e si
rivela come Javhé, “colui che è presente” e porta a compimento l’antica promessa. Diventa la guida
del popolo verso la libertà, nei sentieri difficili del deserto. Siamo attorno al 1250. Le antiche
tradizioni orali si arricchiscono della grande storia dell’esodo, della Pasqua, del passaggio attraverso
il mare dalla schiavitù alla libertà, dell’alleanza presso il Monte Sinai, della salvezza gratuita da
parte di Dio, della legge, come risposta obbediente a lui, dei riti legati al Patto. Di tutto ciò poi è
stata fissata la memoria nell’Esodo e anche in altri tre libri del Pentateuco (Levitico, Numeri,
Deuteronomio ).
Con Esodo 19 cominciano i racconti degli avvenimenti del Sinai. Essi narrano dell’arrivo degli
Israeliti al Sinai e dei preparativi per la conclusione del patto ( Es 19 ), della promulgazione del
decalogo, a cui fu aggiunta la raccolta di leggi del “libro dell’alleanza” ( Es 20, 22-23-33 ) e infine la
conclusione dell’alleanza vera e propria ( Es 24, 3-8 ). Le successive direttive sulla santità, sul
sacerdozio e sulla loro messa in pratica ( Es 25-40 ) sono interrotte in Es 32-34 da una sezione che
parla della rottura dell’alleanza e del suo rinnovamento. Nel Lv e in Num 1, 10.10 seguono delle
raccolte di leggi sopra il culto, la purità, ecc, nonché liste di nomi riguardati le tribù israelitiche
L’alleanza del Sinai , che è probabilmente la sintesi di esperienze diverse fatte da gruppi e in
tempi differenti è presente nella forma di un banchetto, in quella dell’unione di sangue, e in quella
dell’impegno promessa mediante la parola e nella forma di un trattato . Parole e gesti rimandano
alla celebrazione cultuale, con cui è attualizzato e rivissuto il vincolo stabile e il rapporto vitale con
Dio nella forma di un trattato. Esperienza vissuta e celebrazione si saldano insieme nella
consapevolezza di una permanente relazione di comunione di Dio con il suo popolo.
Preparazione dell’alleanza
1
Esodo 19, 3-8
Al terzo mese dall'uscita degli Israeliti dalla terra d'Egitto, nello stesso giorno, essi
arrivarono al deserto del Sinai. 2Levate le tende da Refidìm, giunsero al deserto del Sinai,
dove si accamparono; Israele si accampò davanti al monte. 3Mosè salì verso Dio, e il
Signore lo chiamò dal monte, dicendo: "Questo dirai alla casa di Giacobbe e annuncerai
agli Israeliti: 4"Voi stessi avete visto ciò che io ho fatto all'Egitto e come ho sollevato voi
su ali di aquile e vi ho fatto venire fino a me. 5 Ora, se darete ascolto alla mia voce e
custodirete la mia alleanza, voi sarete per me una proprietà particolare tra tutti i
popoli; mia infatti è tutta la terra! 6Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una
nazione santa". Queste parole dirai agli Israeliti". 7Mosè andò, convocò gli anziani del
popolo e riferì loro tutte queste parole, come gli aveva ordinato il Signore. 8Tutto il
popolo rispose insieme e disse: "Quanto il Signore ha detto, noi lo faremo!". Mosè
tornò dal Signore e riferì le parole del popolo.
Lettura
Il capitolo 19 di Esodo è composto sostanzialmente dal primo messaggio del Signore trasmesso
al popolo da Mosè e da una grande teofania. Nel capitolo 20 si trova il decalogo.
IL TERZO MESE ( 1 )
Esodo 16 , 1 asserisce che gli Israeliti il quindicesimo giorno del secondo mese dalla partenza
dall’Egitto giunsero al deserto di Sin, tra Elim e il Sinai. Esodo 19, 1 dice che giunsero al Sinai nel
terzo mese, senza precisarne giorno ( “nello stesso giorno”).
GLI ISRAELITI ( 2 )
Il versetto 1 collega il racconto del Sinai con la restante peregrinazione di Israele nel deserto.
Secondo Es 17, 1 il popolo eletto era giunto a Refedim; la tappa successiva lo porta al Sinai. Fin
dall’età bizantina la tradizione indica il gruppo montagnoso meridionale della penisola del Sinai, dove
una cima è denominata “monte di Mosè (Dshebel Musa , metri 2444 ) Sono tuttavia state proposte
altre localizzazioni, come l’Arabia o Kades, dato che nell’AT non è mai stato localizzato con
precisione. La denominazione “Sinai” è di J e P, mentre E lo denomina “Oreb”.
MOSE’ SALI VERSO DIO (3 )
Il versetto 3 menziona un primo colloquio di Mosè con Dio sul “monte”. Mosè appare subito
nella sua funzione di mediatore tra Dio e il popolo.
ALLA CASA DI GIACOBBE (3)
La denominazione di “casa di Giacobbe” per indicare Israele non appare altrove nel
Pentateuco.
VOI STESSI AVETE VISTO (4 )
Per motivare quel che segue, viene richiama alla memoria l’azione svolta da Dio in passato.
L’azione salvifica comprende da un lato tutto ciò che è collegato con l’Esodo,
COME HO SOLLEVATO (4 )
dall’altro lato indica la guida potente di Dio nei confronti del popolo. “Su ali di aquila”
dicono la guida potente esperimentata nel deserto.; L’aquila è infatti simbolo di velocità ( Dt 28,49),
di forza (Is 40,41 ), di sicurezza. La metafora delle ali-protezione è frequente nella Bibbia ( Is 31, 5;Si
36,8 57, 2; Mt 23,37 , ecc . ).
VI HO FATTI VENIRE A ME (4 )
Anche la meta del cammino d’Israele riluce già: Israele ha trovato la via verso Dio.
ORA SE VORRETE (5 )
“Ma ora” ( weatta ) introduce la conseguenza che ne deriva per il presente e per il futuro. Sta al
centro la promessa che Israele diverrà popolo di Dio, ma la promessa è legata ad una condizione : “
Se ascolterete”. Si tratta di “ascolto” attento, “con precisione”, ”realmente”, che non solo fa prendere
conoscenza ma porta a riconoscere la direttiva divina come obbligante.
PER ME LA PROPRIETA’ (5 )
I termine ebraico è “segullah”, che originariamente significa “mandria”, e poi “proprietà”,
come il latino “puculium”, che da “pecus” passa a significare “proprietà personale”. Israele diventa
proprietà personale di Javhè ( Dt 7, 6 ), sacra ( Gr 2,3 ), un popolo consacrato (Dt 7, 6 ), santo
come Dio è santo ( Lv 19, 2 ).
VOI SARETE PER ME (7 )
Israele sarà dunque il più possibile vicino e fedele a Israele. Il concetto “regno di sacerdoti”
si trova solo in questo contesto. L’altro concetto “popolo santo “ (qados) significa “messo da parte”,
“particolare”, il contrario di “quotidiano, abituale”.. La qualità di “santo” conviene prima di tutto a
Javhé stesso ( Is 6, 3 ) , che è completamente “altro”, “incomprensibile”; gli uomini e le cose sono
santi nella misura in cui vengono separati dal campo quotidiano e vengono così ad appartenere in
qualche modo al campo divino.
Riflessioni
Esodo 19 è un brano di poesia liturgica, in cui domino la presenza di Dio. La delimitazione
del recinto sacro, i riti di purificazione, il suono del sofar e del corno evocano l’ambiente di culto.. La
nube, segno della presenza di Dio evoca la nube d’incenso del tempio, il fuoco, simbolo di Dio.
richiama quello acceso sull’altare del tempio.
L’alleanza del Sinai è pensata a partire dall’esperienza cultuale, per dire che l’evento non è
chiuso nel passato. A differenza degli altri brani manca ogni azione. La presenza di Dio si identifica
con la parola accordata a Mosè, che l’annunzia al popolo. Anche il popolo risponde con la parola.
E’ un’alleanza costituita dalla parola di Dio accolta e fatta propria dal popolo e riportata a Dio come
parola del popolo. Anche il decalogo di Esodo 20, 1, 17 è da collegarsi con le parole pronunziare da
Dio attraverso Mosè. E va collocato nella cornice della teofania di Esodo 19.
Il decalogo
I primi 17 versetti del capitolo 20 contengono una delle due versioni del Decalogo.( Il
termine “decalogo” risale a Clemente Alessandrino ). L’altra versione si trova in Deuteronomio 5, 618.
Il testo attuale, che riguarda i doveri morali verso Dio e verso il prossimo, è frutto di vari
ritocchi, ed è ragionevole legarlo a Mosè.
1
Esodo 20. 1-17
Dio pronunciò tutte queste parole: 2"Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire
dalla terra d'Egitto, dalla condizione servile: 3Non avrai altri dèi di fronte a me. 4Non ti
farai idolo né immagine alcuna di quanto è lassù nel cielo, né di quanto è quaggiù sulla
terra, né di quanto è nelle acque sotto la terra. 5Non ti prostrerai davanti a loro e non li
servirai. Perché io, il Signore, tuo Dio, sono un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri
nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, 6ma che
dimostra la sua bontà fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei
comandamenti. 7Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore
non lascia impunito chi pronuncia il suo nome invano. 8Ricòrdati del giorno del sabato per
santificarlo. 9Sei giorni lavorerai e farai ogni tuo lavoro; 10ma il settimo giorno è il sabato
in onore del Signore, tuo Dio: non farai alcun lavoro, né tu né tuo figlio né tua figlia, né il
tuo schiavo né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te.
11
Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si
è riposato il settimo giorno. Perciò il Signore ha benedetto il giorno del sabato e lo ha
consacrato. 12Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese
che il Signore, tuo Dio, ti dà. 13Non ucciderai. 14Non commetterai adulterio. 15Non ruberai.
16
Non pronuncerai falsa testimonianza contro il tuo prossimo. 17Non desidererai la casa del
tuo prossimo. Non desidererai la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo né la sua
schiava, né il suo bue né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo".
Lettura
Nella sua veste letteraria il testo del Decalogo ricalca i cosiddetti “codici o trattati di
alleanza", che .nell'antico oriente i grandi re erano soliti stipulare con i loro vassalli. Questi "trattati"
contenevano la presentazione della persona dei re (o della divinità), le sue azioni a favore dei vassalli (o
del popolo) e gli impegni o condizioni che l'alleanza, comportava. Nel Decalogo Dio si presenta come
l'unico Dio e come colui che ha fatto uscire Israele dall'Egitto. Gli impegni o le condizioni che egli
richiede; al suo popolo sono fissati nei 10 comandamenti (che Israele ama rappresentare incisi su
due tavole di pietra e recitare tutti i giorni) e in quell'insieme di prescrizioni contenute nei capitoli
20,22-23,33 dell'Esodo, chiamati "Codice dell'alleanza.
QUESTE PAROLE (1 )
Parla Dio e usa la prima persona. Il termine “parola” è usato invece di “precetti” o “ordini” o
“comandi”, o altro, che troviamo altrove ( vedi per esempio salmo 118 ).
CHI TI HO FATTO USCIRE (2)
Dio si presenta come il Dio che salva e viene ricordata la liberazione dall’Egitto. E’ sulla
liberazione che è fondata l’esigenza morale. Non ci troviamo in una situazione di legge naturale, ma
in un regime di salvezza, di alleanza.
DALLA CONDIZIONE DI SCHIAVITU’ (2 )
L’uomo libero può ascoltare con responsabilità il comando di Dio e può rispondere. La
responsabilità è segno di libertà.
NON AVRAI ALTRI DEI (2 )
Gli “altri dei” sono “altri”, estranei. “Di fronte a me” in competizione col Dio della
liberazione, come in un panteon di eguali. E’ la negazione dell’idolatria e la celebrazione dell’unico
Dio. Il monoteismo chiaro si affermerò in Israele sulla linea dei profeti; prima si può parlare di
monolatria, ossia di adorazione di Dio a differenza e in contrapposizione con altri dei.
IDOLI, NE’ IMMAGINE (4 )
E’ la proibizione di fare raffigurazioni del Dio che sul Sinai non si fa vedere, perché le
immagini permettono di manipolare Dio. Più tardi il Deuteronomio dirà che è impossibile
rappresentare Dio e che ogni immagine è idolatria. Solo l’uomo è immagine di Dio, fatto a sua
immagine e somiglianza.
LASSU’..QUAGGIU’…SOTTO (4 )
E’ la suddivisione dell’universo secondo le idee del tempo: cielo, terra, inferi. Nella cultura
del tempo gli esseri che popolavano il mondo erano considerati dei: astri, sole , luna, piante.
UN DIO GELOSO (5)
Questa immagine antropologica di Dio fa riferimento, al costume matrimoniale di allora, in
cui la donna era “proprietà” dell’uomo, e dice che Dio è l’alleato, lo sposo da non tradire, ma anche il
padrone, che non consente che l’uomo passi ad altri padroni. E’ Dio che ha dato ogni bene al suo
popolo, liberandolo dalla schiavitù e dandogli una legge; la sua gelosia non è che la rivendicazione
di tale primato e iniziativa.
TERZA… QUARTA (5 )
Il peccato crea conseguenze che si pagano a lungo. La giustizia e il castigo di Dio penetra
nella storia e i figli e nipoti ne soffrono conseguenze.
MILLE GENERAZIONI (6 )
Ma ben superiore è la misericordia di Dio ( hesed ) che penetra la storia fino a profondità
irraggiungibili. Mille generazione sarebbero 40.000 anni: una misericordia infinita.
COLORO CHE (5-6 )
La puntualizzazione, che forse è aggiunta in seguito, indica l’atteggiamento umano di odio nel
peccato, di amore nell’osservanza della legge.
NON PRONUNZIERAI (7 )
“Invano” cioè per la falsità (intesa come non verità ), senza una ragione sufficiente, dato
l’onore altissimo che si deve a Dio. Se ne esclude quindi l’uso magico, la testimonianza al falso ( Vedi
Lv 10, 12 ) e lo spergiuro ( Vedi Mt 5, 33 ). “Invano” cioè “inutile”, è termine che indica l’idolo. E’
la condanna della religiosità magica, superstiziosa, che riduce Dio ad un idolo. Qui va inclusa anche la
bestemmia. Il giudaismo poi è arrivato a proibire di pronunziare in ogni modo, anche nel culto il
nome di Javhè; e lo sostituiva con Signore ( Adonay) Eterno, Altissimo, Santo, Luogo, Cielo, o
semplicemente Nome.
SABATO PER SANTIFICARLO (8 )
Del sabato ( radice STB = cessare, riposare ) non conosciamo l’origine. Per alcuni sarebbe
addirittura extrabiblica, ma non pare cosa probabile, dato che è una specificità ebraica. Presso i
Romani ad esempio vigevano le undinae, ogni nove giorni. Del sabato si parla nelle varie fonti ( EJ-D-P ). Nei testi sacerdotali è segno del rapporto tra Dio e l’uomo. Prima dell’esilio è giorno di
festa gioiosa: ha un’enorme importanza durante l’esilio, nel periodo dei Maccabei i Giudei si fecero
massacrare per il rispetto del sabato ( 1 Mc 2, 39). Alcuni nella sua osservanza erano giunti alle
esagerazioni, che Gesù condanna.
PERCHE’ IN SEI GIORNI (8-11 )
La ragione del comandamento è liturgica: al settimo giorno Dio si è riposato (shabat, in
ebraico significa appunto "riposare"), dopo aver compiuto l'opera della creazione. Perciò anche l'uomo
deve rispettare il riposo e la festa del sabato.
ONORA TUO PADRE E TUA MADRE (12 )
Il quarto comandamento è enunciato in positivo. I genitori sono
i canali della vita, dono di Dio. Nell’onore è incluso anche il “sostenere e mantenere”, se è
necessario. L’asserzione che è condizione perché “ si prolunghino i tuoi giorni nel pause” non intende
dare un particolare valore a questo precetto, ma è aggiunta qui, perché è la famiglia che abita la
terra.
A questo punto tutte le motivazioni essenziali sono state formulate e valgono anche per quanto
segue. Tutto va visto come corpo unitario.
NON UCCIDERE (13 )
E’ sottolineato il valore della vita. Non sembra che questo comandamento escluda ogni uccisione,
infatti in seguito si parlerà di guerre e della giustizia del taglione. Forse il comandamento si può
interpretare con “non assassinare” non effettuare uccisioni ingiustificate.
NON COMMETTERE ADULTERIO (14)
Il comandamento riguarda propriamente l’adulterio. Ma altre leggi
condannano
comportamenti peccaminosi in campo sessuale. Era condannata la prostituzione ( Lv 19, 29 ) e la
violazione di una vergine. Ma in questo campo la morale doveva ancora fare dei passi avanti: si era
ancora in regime di poligamia ( non di poliandria ) e non veniva considerato adulterio il rapporto con
una vergine ( Es 22. 16).
NON RUBARE (15 )
Inizialmente questo comandamento riguardava la libertà personale e si condannava quindi la
razzia di persone così da ridurle in schiavitù. In seguito il precetto si allarga e riguarda i beni di
proprietà delle persone. Si ammetteva la proprietà privata, anche se temperata dalla legge. Altrove
troviamo indicazione di sanzioni per il furto ( Es 22,15 ).
NON PRONUNZIARE FALSA TESTIMONIANZA (16 )
Il comandamento tutelava in primo luogo la testimonianza corretta in sede processuale. (E’ da
ricordare che nei tempo della formulazione del Decalogo era l’accusato che doveva discolparsi). Poi il
comandamento si è estero all’intera comunicazione umana.
NON DESIDERARE (17 )
Questo comandamento va oltre il “non rubare” e arriva a condannare il desiderio interiore,
colpevole sui beni altrui, come la moglie, posta qui al primo posto tra i beni, la casa, ecc. Sono vietati i
desideri interiori appassionati e attivi. Paolo cita questo comandamento in Romani 7, 7. La cultura
che appare dalla formulazione di questo comandamento è quella tribale, secondo la
quale la donna era considerata un bene, messo insieme agli altri possessi dell’uomo. Quando viene
scritto il Decalogo del Deuteronomio la donna è invece considerata persona ( Dt 5,21 ).
L’interiorità è accentuata nel Deuteronomio e ancora più da Gesù, che indica nel “cuore” la radice
del male.
Riflessioni
I Comandamenti
I Comandamenti hanno la forma di un documento di alleanza. Non sono un “do ut des”. Non
sono i comandamenti a salvare. Solo Dio salva.
I Comandamenti esigono fede totale e suscitano la fede. Gli Ebrei furono continuamente esposti
all’idolatria e i comandamenti li richiamavano all’obbedienza al solo Dio.
Il Decalogo che ha avuto influenza su numerose leggi dentro e fuori la Bibbia, segna il termine
invalicabile per non mettere in pericolo la comunione con Dio. Ma non contiene la formula per ogni
circostanza. Le singole esigenze morali non possono appellarsi solo al Decalogo, e puntare ad esigenze
minime, accampando come scusante il Decalogo, è esporsi a rischi mortali.
Il Decalogo è una predicazione, contiene istanze fondamentali, invita ed instrada ad una
risposta responsabile. Più che un elenco di comandi è stato visto come costante invito ad accettare la
volontà di Dio. Così Michea, guardano ai comandamenti, formula una morale altissima e Gesù
respinge ogni visione minimalista, come si vede nel discorso della Montagna, che è interpretazione
perfetta dei comandamenti.
I Comandamenti e la legge naturale
Le prescrizioni del decalogo racchiudono le norme fondamentali della legge (o morale)
naturale. Tuttavia la motivazione che a queste prescrizioni dà il decalogo non è basata nella sola
ragione umana, quanto piuttosto nella volontà di Dio, che ha creato l'uomo secondo un progetto di
esistenza e di convivenza che va rispettato e osservato. In questo senso la morale biblica si differenzia
da ogni morale puramente naturale e umana. Infatti è una motivazione religiosa (la stessa che è alla
base dei primi tre comandamenti) e non solamente naturale; quella che regola i rapporti tra gli uomini
(espressa negli altri 7 comandamenti ).
Due versioni del Decalogo
La Bibbia contiene due versioni del testo dei 10 comandamenti. Una più antica è presente in
Es 20, 1-17 ( e collocata nel contesto della teofania o manifestazione di Dio al Sinai ) e l'altra più
recente in Dt 5,6-18 ( nel contesto della Parola di Dio da "osservare" e "custodire")
Le due versioni si differenziano tra loro per le motivazioni che offrono per alcuni
comandamenti.
II comandamento che parla del "Sabato" è motivato, nel testo dell'Esodo, da una ragione
liturgica: al settimo giorno Dio si è riposato (shabat, in ebraico significa appunto "riposare"), dopo
aver compiuto l'opera della creazione. Perciò anche l'uomo deve rispettare il riposo e la festa del sabato.
Nella versione del libro del Deuteronomio, invece, il sabato è presentato come giorno di riposo e di
festa perché deve ricordare a tutto Israele la liberazione dalla schiavitù dell'Egitto. Di sabato,
perciò, Israele non deve lavorare, ma deve fare il ricordo (la memoria) della liberazione nella preghiera,
nella lettura della Bibbia e nel canto dei Salmi, che lodano Dio invocato come Liberatore e Salvatore.
In Es 31,12-16 il sabato è presentato come "segno perenne" tra Dio e il suo popolo, come il giorno in
cui "Dio santifica il suo popolo Israele".
Un'altra differenza si trova nella maggiore consapevolezza che la tradizione biblica è andata
man mano acquistando nei confronti della dignità della donna. Nel libro dell'Esodo la donna è
considerata come uno dei tanti beni o delle tante cose che l'uomo possiede (la casa, lo schiavo, la
schiava, il bue, l'asino e gli altri beni materiali che l'uomo può possedere). Il comandamento che
riguarda la donna, infatti, è cosi formulato: "Non desiderare la moglie del tuo prossimo, né il suo
schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo
prossimo". Nella versione del Deuteronomio la donna è posta, invece, in primo piano. È una persona
ben distinta da ogni altra cosa che l'uomo può possedere (è questo anche il disegno originario di Dio
nella creazione: nessun animale, nessuna cosa e nessun'altra realtà creata, ha la stessa dignità
dell'uomo, come la donna, Gn 2,18-23). Infatti il comandamento è cosi presentato: "Non desiderare la
moglie del tuo prossimo" e segue, in paragrafo diverso, la descrizione di tutti gli altri beni che
appartengono all'uomo ("Non desiderare la casa del tuo prossimo...").
Origine del decalogo
Mentre nel passato gli esegeti facevano risalire il Decalogo (=dieci, deka in greco, parole,
logos ) all'epoca dei profeti e alla loro esigente predicazione contro l'idolatria e ritenevano che
l'osservanza del sabato e il possesso di beni stabili (campi, case, animali) non poteva riguardare l'epoca
del deserto o nomadica, oggi si pensa che il Decalogo, sia già presente nell'epoca del deserto e
nomadica, senza con questo attribuirlo direttamente a Mosé Mosè, tuttavia, può essere considerato
l'autore più probabile, senza che ciò implichi l'accettazione "alla lettera" del racconto delle tavole di
pietra scritte dal dito di Dio (Es 34,12; Dt 5,22) e poi riscritte da Mosè (Es 34,28). Questi racconti
vanno interpretati come un modo simbolico di esprimere l'origine divina e l'autorità del Decalogo.
Infatti la lotta contro l'idolatria è già presente nel periodo dell’insediamento in Canaan e anche la
forma originaria dei comandamenti ( probabilmente in un primo tempo tutti m forma apodittica ),
simile a quella delle antiche legislazioni orientali permettono di collocare (o datare) il Decalogo a
parecchi secoli prima della monarchia e quindi del Profetismo.
La forma originaria del decalogo è una serie di precetti scarni, fatta di comandi o di
proibizioni; il tono è categorico, personale. Quattro precetti regolano i rapporti con Dio e sei quelli col
prossimo. Pur essendo un'enumerazione selettiva, vuol essere una sintesi fondamentale (il numero dieci
allude alla totalità). Non dice niente del culto. Lungo il corso della vita israelitica sono state aggiunte
a mano a mano al testo primitivo spiegazioni di ordine teologico e motivazioni parenetiche; tali
aggiunte sono rimaste incorporate nel testo che noi leggiamo (con variazioni nella versione di Dt 5). Le
due redazioni di Es e di Dt, perciò, amplificano e sviluppano l’originaria formulazione del
Decalogo più antica e più semplificata ( o apodittica).
La numerazione dei comandamenti
I Padri greci, la moderna Chiesa greca e quella Riformata seguono questa numerazione dei
comandamenti: I, proibizione di falsi, dei; II, proibizione delle immagini; III, non nominare il nome di
Dio invano; IV, osservanza del Sabato; V, onorare i genitori; VI, non uccidere; VII, non commettere
adulterio; VITI, non rubare; IX, non dire falsa testimonianza; X, non desiderare la roba e la donna
d'altri.
Agostino, la Chiesa latina e quella luterana adottano la seguente: I proibizione di falsi dei;
la proibizione delle immagini o è compresa in questo comandamento o è soppressa; II, non nominare il
nome di Dio invano; III, osservanza del sabato; IV, onorare i genitori;
V, non uccidere; VI, non commettere adulterio; VII, non rubare; VIII, non dire falsa testimonianza; IX,
non desiderare la moglie d'altri; X, non desiderare la roba d'altri.
Gli Ebrei moderni: I, Professione di monoteismo: "Io sono il Signore Dio tuo"; II, proibizione
di falsi dei e delle immagini; III, non nominare il nome di Dio invano; IV, osservanza del sabato; V,
onorare i genitori; VI, non uccidere; VII, non commettere adulterio; VIII, non rubare; IX, non dire falsa
testimonianza; X, non desiderare la donna e la roba d'altri.
Conclusione dell’alleanza
Il complesso racconto dell’Esodo
trasmette due diversi rituali della conclusione
del’alleanza, Nel primo Mosè. Aronne e gli anziani d’Israele prendono un pasto sacro con Javhé. ( Es
24, 1. 9-11). Il secondo sembra rispondere ad una tradizione religiosa, conservata nei santuari del
Nord: Mosè offre un sacrificio e il popolo s’impegna solennemente ( Es 24, 3-8 ). I due brani sono
fusi insieme in
1
Es. 24, 1-11
Il Signore disse a Mosè: "Sali verso il Signore tu e Aronne, Nadab e Abiu e settanta
anziani d'Israele; voi vi prostrerete da lontano, 2solo Mosè si avvicinerà al Signore: gli altri
non si avvicinino e il popolo non salga con lui".
3
Mosè andò a riferire al popolo tutte le parole del Signore e tutte le norme. Tutto il
popolo rispose a una sola voce dicendo: "Tutti i comandamenti che il Signore ha dato, noi
li eseguiremo!". 4Mosè scrisse tutte le parole del Signore. Si alzò di buon mattino ed
eresse un altare ai piedi del monte, con dodici stele per le dodici tribù d'Israele. 5Incaricò
alcuni giovani tra gli Israeliti di offrire olocausti e di sacrificare giovenchi come sacrifici di
comunione, per il Signore. 6Mosè prese la metà del sangue e la mise in tanti catini e ne
versò l'altra metà sull'altare. 7Quindi prese il libro dell'alleanza e lo lesse alla presenza del
popolo. Dissero: "Quanto ha detto il Signore, lo eseguiremo e vi presteremo ascolto".
8
Mosè prese il sangue e ne asperse il popolo, dicendo: "Ecco il sangue dell'alleanza che il
Signore ha concluso con voi sulla base di
tutte queste parole!".
9
Mosè salì con Aronne, Nadab, Abiu e i settanta anziani d'Israele. 10Essi videro
il Dio d'Israele: sotto i suoi
piedi vi era come un pavimento in lastre di zaffìro, limpido come il cielo. 11Contro i
privilegiati degli Israeliti non stese la mano: essi videro Dio e poi mangiarono e
bevvero.
Lettura
Il capitolo 24 del libro dell’Esodo narra la conclusione dell’alleanza stipulata tra il
Signore Dio e Israele con la mediazione di Mosè, che , dopo aver “ricevuto” le parole” del Signore, le
riferisce al popolo. Per la
composizione di questo brano esistono più interpretazioni. Una lo
vede diviso in due parti. La prima, più antica, comprenderebbe Es 1-2. 9-11, l’altra, più liturgica,
gli altri versetti : Es 24, 3-4.
SALI SOPRA IL MONTE (1 )
Aronne è il fratello di Mosè e Nabab e Abiu due suoi figli, che periranno tragicamente per aver
presentato un fuoco profano davanti al Signore ( Lv 10, 1-7 ; Nm 3, 1-4, 26, 60-61 ) . I settanta anziani
potrebbero essere coloro che cooperavano con Mosè secondo Es 18, 21.
MOSE’ ANDO’ A RIFERIRE (3 )
Le parole che Mosè riferisce sono quelle del Decalogo. Il popolo le accetta.
MOSE’ SCRISSE (4 )
Il decalogo deve essere fissato per iscritto, essendo un documento di alleanza. Anche in Es 34,
27 è detto che Mosè scrisse il Decalogo. In Esodo 24, 32, 31, 18 e 34,1 si dice che è Javhè che scrive i
Comandamenti. Era consuetudine nell’Antico Oriente che i documenti di alleanza fossero scritti dai
due contraenti, deposti nel tempio davanti alla statua del dio e letti periodicamente.
COSTRUI’ UN ALTARE ( 4 )
L’altare rappresenta Javhè, le dodici stele ( massebe = cose collocate erette ), che delimitano lo
spazio sacro, rappresentano le dodici tribù d’Israele.
ALCUNI GIOVANI ( 5 )
Israele riteneva che i giovani illibati fossero particolarmente adatti al servizio di Dio. Basta
ricordare Giosuè ( Es 33, 11 ) e Samuele ( 1 Sam 3, 1 ).
SACRIFICI DI COMUNIONE ( 5 )
Nel sacrificio di comunione, il grasso, i reni e il fegato venivano bruciati, offerti a Dio, che
così diveniva partecipe del pasto di
comunione, il resto lo consumava il popolo mangiando insieme in clima di festa. Avveniva così una
comunione dei commensali tra di loro e con Dio.
Nell’olocausto (olah), che gli Ebrei forse appresero dopo la conquista dai Cananei, tutti
l’animale veniva bruciato. L’olocausto aveva lo scopo di onorare e propiziare la potenza di Dio.
META’ DEL SANGUE ( 6 )
Il sangue è simbolo di vita e quindi appartiene a Dio, datore della vita ed è perciò idoneo a
significare i rapporti tra il popolo e la divinità.
META’ SULL’ALTARE ( 6 )
Questa aspersione aveva due significati. Il primo era di espiare con il sangue, simbolo della vita,
il peccato del popolo. Il secondo era di riconoscere Javhè come Signore della vita e di rinunziare di
appropriarsi del diritto su tale energia vitale. Nel sacrificio fatto nel Sinai è presente questo secondo
significato.
PRESE IL LIBRO DELL’ALLEANZA ( 7 )
Mosè legge il protocollo “dell’alleanza”. Il termine “alleanza” che qui compare in ebraico suona
“berit”, che significa “vincolare”, ”determinare” e indica una particolare relazione , una comunione di
vita tra Dio e il popolo. Le alleanze erano abitualmente concluse con un contratto scritto, accettato dai
contraenti. E qui Israele accetta liberamente il documento dell’alleanza.
NE ASPERSE IL POPOLO (8 )
La seconda aspersione è sul popolo. Questa aspersione significa che il Dio vivente dona al popolo
quanto ha di più personale e proclama l’alleanza per la vita con il popolo. Con la solenne affermazione
“ Ecco il sangue dell’alleanza” , Mosè dice che in tal modo Dio stesso stinge un’alleanza, che è un
dono del suo amore per Israele. Si tratta di un dono di Dio ma anche di un impegno dell’uomo.
MANGIARONO E BEVVERO (9)
Qui il brano si ricollega ai versetti 1-2 .
LASTRE DI ZAFFIRO (2 )
Lo zaffiro è il lapislazzolo.
MANGIARONO E BEVVERO (11)
La visione del Signore non arreca la morte. E’ una visione senza immagini, dominata dallo
splendore di zaffiro del cielo, come pavimento o trono di Dio. Il banchetto è rituale, significa ed
effettua l’unione dei partecipanti e rimane riferito all’alleanza della quale i commensali si rendono
particolarmente responsabili.
Riflessioni
Es. 1-2. 9-11 è il brano più antico. Mosè, Aronne, Nabad, Abiu e settanta anziani,
rappresentanti del popolo “guardavano il Signore, poi mangiarono e bevvero”. Il banchetto era un
modo con cui i nomadi siglavano l’alleanza. Celebrare un banchetto alla presenza di Dio è segno che
si è in comunione con lui e ci si mette sotto la sua protezione; è una forma di comunicazione non
verbale. Dio è colui che fa vivere chi sta alla sua presenza, stabilendo con lui una relazione vitale
simboleggiata dal patto.
In questo testo l’alleanza è presentata come una relazione tra il padrone di casa e gli
amici che egli invita e ammette a mangiare alla sua presenza. La montagna è presentata come il
tempio, dove si celebra il banchetto sacro e dove Dio accoglie i suoi fedeli. In questo brano l’alleanza è
presentata come un legame quasi familiare, senza stipulazioni con precise condizioni
In Es 24, 3-8, Mosè costruisce un altare ai piedi del Sinai, poi incarica alcuni giovani
di offrire sacrifici di comunione, quindi versa parte del sangue degli animali sacrificati sull’altare e
parte sul popolo, dicendo: “ Ecco il sangue dell’alleanza che il Signore ha contratto con voi, con tutte
queste parola”. Le parole sono quelle del Signore proclamate da Mosè. Il popolo risponde: “Faremo
tutte le cose che il Signore ha detto.”
Nel rito, il sangue, che simboleggiava la vita, unisce Dio e il popolo in una inaudita
comunione di vita con un vincolo quasi parentale. Non si tratta di un’unione biologica e sono indicate
le condizioni perché sussista. Il sangue, simbolo della vita, appartiene a Dio che, mediante Mosè, ne fa
partecipe il popolo. L’alleanza viene stipulata attraverso il rito del sangue e attraverso l’accettazione
della parola di Dio. . Gli elementi costitutivo dell’alleanza sono quindi la parola di Dio. l’ascolto del
popolo, il rito del sacrificio e dell’aspersione del sangue
Il rito è descritto secondo il costume antico di una cultura agricola, infatti non si accenna a
sacerdoti, compaiono però anche elementi di un’epoca più tarda, come l’altare stabile. L’alleanza è
presentata non come un trattato, ma come un vincolo familiare e gli Israeliti diventano famiglia
(am) di Javhé.
LITURGIA DELL’ALLEANZA
A Sichem dopo l’ingresso nella Terra promessa, si celebra una grande liturgia
dell’alleanza. E’ riportata nel libro di Giosuè, che si aggancia con la parte finale del Pentateuco e
riporta i fatti relativi al passaggio del Giordano, alla conquista della Terra promessa, alla distribuzione
della terra, alla morte di Giosuè. Il libro di 24 capitoli è di una scrittore dei tempi di Giosia (640-609),
che si è servito di molto materiale precedente. L’opera come è giunta a noi è una revisione del tempo
dell’esilio.
Giosue 24
1
Giosuè radunò tutte le tribù d'Israele a Sichem e convocò gli anziani d'Israele, i
capi, i giudici e gli scribi, ed essi si presentarono davanti a Dio. 2Giosuè disse a tutto il
popolo: "Così dice il Signore, Dio d'Israele: "Nei tempi antichi i vostri padri, tra cui Terach,
padre di Abramo e padre di Nacor, abitavano oltre il Fiume. Essi servivano altri dèi. 3Io
presi Abramo, vostro padre, da oltre il Fiume e gli feci percorrere tutta la terra di Canaan.
Moltiplicai la sua discendenza e gli diedi Isacco. 4A Isacco diedi Giacobbe ed Esaù;
assegnai a Esaù il possesso della zona montuosa di Seir, mentre Giacobbe e i suoi figli
scesero in Egitto. 5In seguito mandai Mosè e Aronne e colpii l'Egitto con le mie azioni in
mezzo a esso, e poi vi feci uscire. 6Feci uscire dall'Egitto i vostri padri e voi arrivaste al
mare. Gli Egiziani inseguirono i vostri padri con carri e cavalieri fino al Mar Rosso, 7ma
essi gridarono al Signore, che pose fitte tenebre fra voi e gli Egiziani; sospinsi sopra di
loro il mare, che li sommerse: i vostri occhi hanno visto quanto feci in Egitto. Poi
dimoraste lungo tempo nel deserto. 8Vi feci entrare nella terra degli Amorrei, che
abitavano ad occidente del Giordano. Vi attaccarono, ma io li consegnai in mano vostra;
voi prendeste possesso della loro terra e io li distrussi dinanzi a voi. 9In seguito Balak,
figlio di Sippor, re di Moab, si levò e attaccò Israele. Mandò a chiamare Balaam, figlio di
Beor, perché vi maledicesse. 10Ma io non volli ascoltare Balaam ed egli dovette benedirvi.
Così vi liberai dalle sue mani. 11Attraversaste il Giordano e arrivaste a Gerico. Vi
attaccarono i signori di Gerico, gli Amorrei, i Perizziti, i Cananei, gli Ittiti, i Gergesei, gli
Evei e i Gebusei,
ma io
li
consegnai in mano vostra. 12Mandai i calabroni davanti a
voi, per sgominare i due re amorrei non con la tua spada né con il tuo arco. 13Vi diedi una
terra che non avevate lavorato, abitate in città che non avete costruito e mangiate i frutti
di vigne e oliveti che non avete piantato". 14 Ora, dunque, temete il Signore e servitelo
con integrità e fedeltà. Eliminate gli dèi che i vostri padri hanno servito oltre il Fiume e in
Egitto e servite il Signore. 15Se sembra male ai vostri occhi servire il Signore, sceglietevi
oggi chi servire: se gli dèi che i vostri padri hanno servito oltre il Fiume oppure gli dèi
degli Amorrei, nel cui territorio abitate. Quanto a me e alla mia casa, serviremo il
Signore". 16Il popolo rispose: "Lontano da noi abbandonare il Signore per servire altri dèi!
17
Poiché è il Signore, nostro Dio, che ha fatto salire noi e i padri nostri dalla terra d'Egitto,
dalla condizione servile; egli ha compiuto quei grandi segni dinanzi ai nostri occhi e ci ha
custodito per tutto il cammino che abbiamo percorso e in mezzo a tutti i popoli fra i quali
siamo passati. 18Il Signore ha scacciato dinanzi a noi tutti questi popoli e gli Amorrei che
abitavano la terra. Perciò anche noi serviremo il Signore, perché egli è il nostro Dio".
19
Giosuè disse al popolo: "Voi non potete servire il Signore, perché è un Dio santo, è un
Dio geloso; egli non perdonerà le vostre trasgressioni e i vostri peccati. 20Se
abbandonerete il Signore e servirete dèi stranieri, egli vi si volterà contro e, dopo avervi
fatto tanto bene, vi farà del male e vi annienterà". 21Il popolo rispose a Giosuè: "No! Noi
serviremo il Signore". 22Giosuè disse allora al popolo: "Voi siete testimoni contro voi
stessi, che vi siete scelti il Signore per servirlo!". Risposero: "Siamo testimoni!".
23
"Eliminate allora gli dèi degli stranieri, che sono in mezzo a voi, e rivolgete il vostro
cuore al Signore, Dio d'Israele!". 24Il popolo rispose a Giosuè: "Noi serviremo il Signore,
nostro Dio, e ascolteremo la sua voce!". 25Giosuè in quel giorno concluse un'alleanza per il
popolo e gli diede uno statuto e una legge a Sichem. 26 Scrisse queste parole nel libro
della legge di Dio. Prese una grande pietra e la rizzò là, sotto la quercia che era nel
santuario del Signore. 27Infine, Giosuè disse a tutto il popolo: "Ecco: questa pietra sarà
una testimonianza per noi, perché essa ha udito tutte le parole che il Signore ci ha detto;
essa servirà quindi da testimonianza per voi, perché non rinneghiate il vostro Dio". 28Poi
Giosuè congedò il popolo, ciascuno alla sua eredità.
Lettura
Giosuè 24 è un testo di carattere liturgico che riflette elementi della tradizione dell’alleanza
come trattato.
SICHEM (1)
Sichem si prestava moltissimo a questa grande assemblea. Era una località ricca di ricordi
patriarcali: a Sichem Javhè era apparso ad Abramo sotto la quercia di More ( Gn 12, 6-8 ),
Giacobbe aveva eretto un altare ( Gn 33, 18-20 ), era stata fatta la grande adunanza dopo l’occupazione
della terra ( Gs 8, 33-35 ).
NEI TEMPI ANTICHI (3 )
Nei versetti 3-13 vengono enumerati i benefici elargiti da Dio al suo popolo la scelta fatta da
Dio di Israele. E’ da Dio che viene l’alleanza.
ELIMINATE GLI DEI (14)
Giosuè fa cenno all’idolatria dei Patriarchi in Mesopotamia, dalla quale Javhé li aveva liberati.
Se dopo tutto quello che Egli aveva fatto, i figli di Israele si sentono il coraggio di servire ancora gli
idoli, lo facciano pure. ma è necessaria una scelta .
SCEGLIETE OGGI (15)
E la scelta deve essere fatta subito, perché Javhè non aspetta..
NOI SERVIREMO IL SIGNORE(19)
Il popolo riconosce giustissime tutte le osservazioni di Giosuè e protesta di voler mantenere nei
riguardi di Javhè la stessa fedeltà che regna nella famiglia di Giosuè e dichiara che servirà il Signore.
La stessa proclamazione di fedeltà ad Javhè il popolo pronunzia nei versetti 21 e 23 .
EGLI SI VOLTERA (20)
Giosuè descrive le conseguenze dell’impegno assunto dal popolo.
SIAMO TESTIMONI (22)
Il popolo sa di impegnarsi liberamente e consapevolmente e diventa testimone di aver fatto
una scelta per Javhé.
CONCLUSE UN’ALLEANZA (25 )
A questo punto viene fatto il rinnovamento dell’alleanza, diretto a scuotere una certa
freddezza causata dalla vita pacifica. Anche se il testo non la descrive, sembra si sia trattato di una
vera cerimonia cultuale, iniziata con l’allocuzione di Giosuè e terminata col
rinnovamento
dell’alleanza. Il termine “berit” designa il giuramento rituale del popolo, la risposta ai benefici
elargiti dal Signore. Il popolo risponde liberamente all’offerta fatta da Dio dell’alleanza.
SCRISSE QUESTE PAROLE (26)
Dopo il giuramento, Giosuè redige un atto ufficiale, che deve restare a ricordo di quel giorno.
UNA GRANE PIETRA (26 )
Il segno visibile e il testimone inconfutabile dell’impegno del popolo è una stele.
Riflessioni
Questo racconto doveva far parte di un cerimoniale liturgico, solito a ripetersi in occasione
di avvenimenti storici di una certa importanza. Il redattore ha creduto opportuno concludere il libro di
Giosuè con uno sfondo che va dall’alleanza del Sinai a Sichem Motivo è che Giosuè e una vera figura
del Mediatore, come lo era stato Mosè e come lo saranno i Profeti. Il redattore si è servito dei testi
liturgici, ha dato ragione all’importanza, legandola alla persona di Giosuè, che fu il continuatore di
Mosè. Quanto Mosè aveva fatto sul Sinai, Giosuè lo fa in Palestina nella Terra Promessa.
ALLEANZA D’AMORE
I profeti sviluppano la teologia del cuore, con lo scopo di indurre gli uditori ad un assenso
interiore, convinto e personale, ad amare Dio e a camminare nelle sue vie.
Osea
L’idea di alleanza del cuore appare per la prima volta nel profeta Osea.
Osea ( hosea = probabilmente “ Javhé salva” ) è suddito del regno del Nord e ivi
opera poco prima della sua fine (750-730). E’ contemporaneo del profeta Amos. Il suo libro si
compone di 14 capitoli ed è come un’antologia di testi senza un chiaro ordinamento. Il tema
principale è l’infedeltà di Israele al suo Dio, il quale, per la prima volta nella Bibbia viene esaltato
come lo Sposo del suo popolo, e l’alleanza viene vista come un patto d’amore. Il libro ha avuto
echi profondi. L’immagine matrimoniale ritorna nell’AT in Geremia. Ezechiele, Deuteoisaia. Il NT
l’applica ai rapporti tra Gesù e la Chiesa I mistici cristiani la estendono a tutte le anime fedeli.
Della vita e persona di Osea non si sa nulla, eccetto il nome del padre Beeri e la storia del
suo matrimonio, raccontata nella prima parte del libro. Il testo dice che sua moglie Gomer è una
prostituta, (sacra o infedele al marito? ), che i suoi figli ricevono nomi simbolici, che il profeta
continua ad amare la moglie infedele e la riprende con sé. Questa esperienza di Osea intende
mostrare che Javhé ama il suo popolo come una sposa, sebbene esso sia andato dietro ad altri dei.
Questo amore è incomprensibile.
Egli paragona la relazione tra Javhè e Israele ad legame sponsale. E’ un’unione legata
all’idea di contrato, dato che il matrimonio in Israele era un contratto, ma è costituita da un amore di
alleanza ( hesed), che non è in comune con la natura del contratto. Consiste nell’elezione di Israele per
pura grazia, ma anche nella dedizione esclusiva di Israele a Javhe.. L’amore di Dio per Israele è la
ragione e il fondamento per cui Dio attende da Israele una risposta d’amore. In questa unione Dio
rimane sempre fedele, Israele invece è spesso infedele, e Osea denunzia la rottura dell’ alleanza da
parte del popolo: “ Hanno trasgredito la mia alleanza e alla mia legge si sono ribellati “ (8, 1 ).
Osea 6, 3-6
1
"Venite, ritorniamo al Signore: egli ci ha straziato ed egli ci guarirà. Egli ci ha
percosso ed egli ci fascerà. 2Dopo due giorni ci ridarà la vita e il terzo ci farà rialzare, e noi
vivremo alla sua presenza. 3Affrettiamoci a conoscere il Signore, la sua venuta è sicura come
l'aurora. Verrà a noi come la pioggia d'autunno, come la pioggia di primavera che feconda la
terra". 4Che dovrò fare per te, Èfraim, che dovrò fare per te, Giuda? Il vostro amore è come
una nube del mattino, come la rugiada che all'alba svanisce. 5Per questo li ho abbattuti per
mezzo dei profeti, li ho uccisi con le parole della mia bocca e il mio giudizio sorge come la
luce: 6 poiché voglio l'amore e non il sacrificio, la conoscenza di Dio più degli olocausti.
Lettura
I quattro versetti del brano liturgico sono come la conclusione della sezione 5, 8- 6, 6 che
tratta di una guerra fratricida in atto o imminente tra Israele e Giuda. Il riferimento è ai fatti avvenuti
durante il regno di Tiglatpilesser III. Israele e la Siria progettano di attaccare l’Assisia e vorrebbero
associare alla coalizione anche Achaz re di Giuda, che chiede aiuto a Tiglatiplesser III di Assiria.
Costui scende in Palestina, sconfigge la coalizione antiassira, distrugge Israele e pone sotto il suo
influsso anche la Giudea. Tutto si conclude quindi con un disastro, come è detto in seguito: “gli
stranieri divorano la sua forza ed egli non se ne accorge” ( 7, 9 ) e con l’abbandono da parte di Dio
(5, 15 ). Come Isaia nel regno del Sud ( Isaia 7, 4 ss) così Osea nel regno del Nord critica il
comportamento del popolo.
Il brano 1-6 di Osea è una liturgia penitenziale che inizia con l’invito al popolo alla
conversione ( venite, ritorniamo al Signore) per poter sperare da Javhé la guarigione dai mali (
Egli ci percosso ed egli ci fascerà ).
VENITE, RITORNIAMO AL SIGNORE (1 )
Il popolo è invitato alla conversione.
AFFRETTIAMOCI A CONOSCERE (3 )
La guida invita a “conoscere il Signore”, cioè a conoscere la sua legge e le tradizioni sante
d’Israele; tale conoscenza però non è teorica ma pratica: si tratta di agire secondo la volontà di
Dio, di allontanare l’idolatria, osservare i decreti del Signore e creare una stretta comunione con
Javhé. La mancanza di questa “conoscenza” era stata la causa del castigo.
LA SUA VENUTA E’ SICURA (3 )
Javhè si mostrerà nuovamente come salvatore del suo popolo. Avverrà con sicurezza il
contrario di quanto era avvenuto prima ed è detto in 5, 15: “me ne ritornerò nella mia dimora, finché
non avranno espiato e cercheranno il mio volto e ricorreranno a me nella loro angoscia” .
COME L’AURORA
L’intervento di Dio nella storia del suo popolo dopo la conversione è sicuro come il sorgere
dell’aurora ( come l’aurora), come la pioggia d’autunno (malqos ), che permette la semina e come
la pioggia ( gesaen ) di primavera, che fa maturare quello che è stato seminato e che arriva a tempo
opportuno per vivificare la terra riarsa (Dt 11, 14 ). Il popolo spera, attraverso la sua conversione, di
riavere presto quei benefici ci che il profeta aveva promesso da Dio al popolo ritornato a lui ( 2,
17.20.23-25 ).
CHE DOVRO’ FARE (4 )
La risposta di Dio è una dichiarazione dell’impossibilità di aiutarli, perché il popolo non
mostra di essere costante nel proposito di conversione. La riposta inizia con una domanda retorica
rivolta ai due regni: Efraim e Giuda, e qui alcuni discutono se la menzione di Giuda sia originaria.
IL VOSTRO AMORE E’ COME UNA NUBE (4 )
Poi, riallacciandosi a quanto detto prima di aurora e pioggia dice che la “haesed” del popolo e
come una nube del mattino e la rugiada dell’alba, che si dileguano molto presto, non sopportando il
caldo del giorno; così è instabile il popolo dal punto di vista religioso. L’essenza della vera
conversione è l’amore, inteso qui come fedeltà del popolo ai precetti di Javhé e specialmente come
abbandono completo dei culti idolatrici dei cananei e adesione al culto del Signore.
PER QUESTO (5 )
Nonostante tutti i suoi interventi salvifici, Dio non trova in Israele un “haesed” genuino. Pertanto (
per questo ) è necessario l’intervento dei profeti ( nebiim ) del giudizio, tra i quali si possono
catalogare Aiha di Silo, Eklia, Eliseo, Michea , Amos e Osea.
LI HO COLPITI (5 )
L’asserzione: “Per questo li ho colpiti per mezzo dei profeti, li ho uccisi con le parole della
mia bocca”, pone in stretta relazione “i profeti” con “la parola” ed indica la natura del profetismo. Le
parole “che escono dalle bocca” di Dio, che cioè manifestano la sua volontà sono sempre efficaci, si
realizzano; la “bocca” di Dio è il profeta. Dio ha “colpito” (hsb) e “ucciso”. I verbi indicano la
situazione concreta, descritta nel c 5 in seguito alla sconfitta dell’esercito d’Israele per opera di
Tiglatpilesser III e già preannunziata, come castigo delle infedeltà ( Es Israele ed Efraim cadranno per
le loro colpe e Giuda soccomberà con loro: 5,5)
IL MIO GIUDIZIO (5 )
Il castigo non significa la fine del popolo, esso serve a ristabilire l’ordine (mispat) divino; da
parte di Javhé ha solo una finalità educativa.
VOGLIO L’AMORE (6 )
L’affermazione di questo versetto dice dove sta l’essenza della conversione: “Voglio l’amore
(haesed) e non il sacrificio (zaebach ), la conoscenza di me,( daat aelohim ) più degli olocausti (olà )
“. Haesed è la piena dedizione e l’assoluta fedeltà a Dio; la “daat” è agire secondo la volontà di Dio.
(vedi v. 3 ). Senza amore e conoscenza il sacrificio non ha alcun contenuto.
Riflessioni
“Andate e imparate che cosa significhi: Misericordia voglio e non sacrificio”. La frase così
come suona è un po’ paradossale, perché sembra cancellare il culto per lasciare spazio solo alla
misericordia. In realtà i tratta di una negazione enfatica, destinata a sottolineare fortemente il vincolo
tra religione e impegno vitale. Noi poniamo l’accento sulla parola decisiva, misericordia. In greco ha
“eleos” che è alla base della nostra “elemosina”, ma in ebraico abbiamo un vocabolo importante a
livello teologico. Si ha infatti “hesed”, un temine tipico del lessico dell’alleanza con Dio: esso
significa: “Fedeltà amorosa” e denota l’atteggiamento radicale con cui bisogna seguire la via
tracciata dalla legge divina, designa l’adesione gioiosa alla volontà del Signore e il relativo impegno
nell’esistenza quotidiana. In questo senso si comprende che la “misericordia” non deve essere una
semplice compassione, si tratta, invece, di una scelta radicale che pervade il cuore e la vita.
Geremia
Geremia nasce ad Anatot, a 5 km da Gerusalemme, nel 650 a. C., è chiamato ad essere profeta
giovanissimo nel 626, nel 13° anno di regno di Giosia. Inizia il suo ministero di profeta che è forse
ventenne. Assiste alla caduta dell’impero assiro ( 612 ) e alla nascita di quello babilonese. E’
profeta per circa 40 anni, ai tempi di Giosia, morto nel 609, e per tutto il periodo del doppio assedio
di Gerusalemme ( 597-586 ) e della sua distruzione. Viene lasciato in città dai babilonesi e muore in
Egitto dove lo conduce un gruppo di Giudei fuggitivi.
Nel libro si trovano detti, discorsi contro il popolo e i re per la loro infedeltà, annunzio del
giudizio imminente prima della caduta della città e , dopo la catastrofe, promesse sul futuro, parole di
giudizio sull’Egitto, su Babilonia e su altri popoli minori. Il libro di 52 capitoli è il risultato di un
lungo lavoro di composizione iniziato ai tempi del profeta che si è protratto fino al periodo del
Deuteroisaia, con qualche parte ( i capitoli 50-51 che parlano della caduta di Babilonia ), ancora più
recente.
Geremia 31, 31-34
31 Ecco, verranno giorni - oracolo del Signore -, nei quali con la casa d'Israele e con
la casa di Giuda concluderò un'alleanza nuova. 32Non sarà come l'alleanza che ho
concluso con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dalla terra d'Egitto,
alleanza che essi hanno infranto, benché io fossi loro Signore. Oracolo del Signore.
33
Questa sarà l'alleanza che concluderò con la casa d'Israele dopo quei giorni - oracolo del
Signore -: porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore. Allora io
sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. 34Non dovranno più istruirsi l'un l'altro,
dicendo: "Conoscete il Signore", perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più
grande - oracolo del Signore -, poiché io perdonerò la loro iniquità e non ricorderò più il
loro peccato".
Lettura
Il brano 31, 31-34 è tratto dal “libro della Consolazione” (30-33 ), che è la parte
centrale del libro di Geremia e suppone una distruzione di Gerusalemme e un esilio. Quindi è
almeno del periodo successivo alla prima invasione ( 598 ). Secondo alcuni in primo tempo si riferiva
a coloro che erano stati esiliati nella distruzione del Regno del Nord (721 ) e avrebbe avuto adattamenti
successivi. Comunque sia, l’esilio non è visto come una punizione, ma come attuazione di un
grandioso piano di misericordia, un crogiolo dove il popolo viene purificato dalle scorie
dell’idolatria. Spicca il capitolo 31 di tono messianico, in cui si parla del nuovo patto, in una
prospettiva che supera la restaurazione storica d’Israele.
ECCO VERRANNO GIORNI ( 31 )
Il messaggio della salvezza si apre con una formula tipica di Geremia : “ Ecco verranno giorni”.
Siamo al punto centrale della restaurazione, o nuova creazione, di cui si parla ad iniziare dal v 23. E
l’evento è “l’alleanza nuova” .
CASA D’IRAELE…DI GIUDA (31 )
Il patto riguarda tutta la nazione, anche se “di Giuda” è forse un’aggiunta posteriore.
ALLEANZA NUOVA (31 )
Questa nuovo patto è in contrapposizione con l’alleanza del Sinai ( Es 34, 10-18 ). Ci si
domanda in cosa consista la differenza dal momento che anche nell’alleanza del Sinai lo scopo era di
stabilire una nuova dipendenza Javhè-Popolo. La novità sta nel carattere spirituale. Ci troviamo
nella stessa direzione della “circoncisione del cuore”. Anche l’alleanza del Sinai puntava al cuore, ma,
dato il carattere psicologico dei destinatari, la stessa legge stabiliva dei segni per ricordala, come le
filatterie, le cordicelle da legare alle vesti, le piccole teche ( mezusoth), contenenti l’atto di fede, da
legare alle porte delle case, ma queste pratiche furono trasformate in talismani, tanto da far
consistere in questi segni esterni la fedeltà alla legge. La nuova legge sarà scritta direttamente da
Dio nel cuore dell’uomo.
QUANDO LI PRESI PER MANO (32 )
Geremia considera l’alleanza del Sinai in rapporto alla liberazione dall’Egitto e vede , come fa
la tradizione elohista, il patto come lo scopo o almeno il completamento della liberazione.
HANNO VIOLATO (32 )
Il motivo che rende necessario il nuovo patto è il fatto che gli Israeliti hanno violato il
vecchio , e Dio
si è mostrato “come Signore” ( questa tradizione sembra migliore dell’altra:
“benché fossi loro Signore” ) , ossia li ha dovuti castigare e così l’alleanza non fu per loro fonte di
salvezza, ma di condanna.
QUESTA SARA’ ( 33)
L’alleanza nuova non è diversa quanto ai contenuti; anche in essa , come nella precedente c’è la
certezza che: “ io sarò il loro Dio ed essi il mio popolo”. L’elemento nuovo è che Javhé non
obbligherà dall’esterno, con una tavola della legge (cf Es 31,18; 31, 27 ) o con un codice (cf Es 24, 7
), come nel vecchio patto, quando, nonostante i pressanti avvertimenti del Deuteronomio le esigenze
dell’alleanza non erano giunte al cuore e non si erano tradotte in pratica, ma sta nel fatto che Javhè
iscrive l’obbligo nel cuore ( la scriverò nel loro cuore), per cui non potrà più essere soffocato o
frainteso.
NON DOVRANNO PIU’ ISTRUIRSI (34 )
Dal momento che ogni uomo porta interiormente nel cuore l’ammonimento di Dio non ci sarà
bisogno che altri gli ricordi quale è la volontà divina, né dovrà venir esortato a riconoscere Dio.
(riconoscete il Signore ). Se prima, tutto era stato rituale, esteriore giuridico, scritto su tavole di pietra,
“in quei giorni”, la religione sarà personale, interiore, vissuta, soprannaturale, scritta nel cuore
dell’uomo.
IO PERDONERO’ (34 )
Le parole di salvezza contenute in Geremia 31, 31-34 pongono il perdono a fondamento del
nuovo patto ( poiché io perdonerò ). Non è detto che il popolo non cadrà più in peccato, ma c’è
un’assicurazione saldissima dell’indulgenza divina.
Il messaggio di restaurazione e nuova creazione, di cui si parla del v. 23 in poi si realizzerà col
ritorno dei deportati da Babilonia. Ma Geremia è un innovatore e interpreta la storia passata nella
prospettiva di un messianismo, che andava sempre più prendendo consistenza e forma. E qui la
promessa è più ampia di un ritorno in patria. E’ la promessa di un patto nuovo e di “un cuore
nuovo”, come dirà anche Ezechiele, e la realizzazione sta in Gesù, nella salvezza da lui donata e
nella nuova alleanza, stipulata sulla croce.
Riflessioni
E’ promessa un’alleanza nuova. La legge del Sinai ( thorà) non sarà una rivelazione
inafferrabile all’uomo, sarà vicina a lui, nel suo cuore e nella sua bocca. Questa iscrizione nel cuore
produce una identificazione del pensiero umano con quello divino, garantirà l’unione della volontà
d’Israele e di Dio. Sarà nuova, nel senso che sarà l’alleanza di un uomo nuovo . Non si tratta di una
legge nuova, ma di una situazione nuova . L’interiorità della legge che fa nuova l’alleanza è la
possibilità di un contatto diretto e immediato dell’individuo con il suo Dio e con la thora. Questa nuova
alleanza è opera di Dio. è una sua promessa , espressione del suo amore irrevocabile ( Gr 31, 3 ) . E’
l’assoluta bontà e fedeltà di Javhé che opererà la nuova alleanza, cioè farà conoscere Dio stesso e darà
la capacità di obbedire alla sua volontà.
Ezechiele
Un altro profeta che annunzia la nuova alleanza è Ezechiele. Era un sacerdote che fu
condotto a Babilonia nella prima deportazione ( 597 ) e visse presso il fiume o canale Chebar in
quella Città. Il libro, che è di difficile lettura, contiene discorsi di minacce prima della caduta di
Gerusalemme, oracoli contro i popoli, discorsi di promessa dopo la caduta di Gerusalemme,
descrizioni della futura restaurazione. Sulla composizione del libro ci sono molte teorie ancora allo
studio, ma in generale si asserisce che il libro è in sostanza opera di Ezechiele, ma che ha subito
elaborazioni e sviluppi, in qualche parte anche notevoli.
Ezechiele annunzia la conclusione di un’alleanza eterna di un’ alleanza di pace, che
rinnoverà quelle del Sinai (Ez 16, 60) e che implicherà il mutamento dei cuori e il dono dello spirito
di Dio. In tal modo si realizzerà il programma abbozzato un tempo: “ Voi sarete il mio popolo ed io
sarò il vostro Dio “ ( Ger 31. 33, 32, 38, Ez 36,28; 37,27).
Ezechiele 36, 23-28
23 Santificherò il mio nome grande, disonorato fra le genti, profanato da voi in
mezzo a loro. Allora le genti sapranno che io sono il Signore - parola del Signore Dio quando mostrerò la mia santità in voi davanti ai loro occhi. 24 Vi prenderò dalle genti, vi
radunerò da ogni terra e vi condurrò sul vostro suolo. 25 Vi aspergerò con acqua pura e
sarete purificati; io vi purificherò da tutte le vostre sozzure e da tutti i vostri idoli; 26 vi
darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il
cuore di
pietra e vi darò un cuore di carne. 27 Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere
secondo i miei statuti e vi farò osservare e mettere in pratica le mie leggi. 28 Abiterete
nella terra che io diedi ai vostri padri; voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio.
Lettura
IL MIO NOME GRANDE (23 )
Dio non può agire se non per la sua gloria. Questo lo avevano compreso anche i filosofi. La gloria
divina non è contraria all’amore divino, anzi pone nella situazione giusta: tutto ciò che Dio dona non è
meritato, è pura gratuità.
VI RADUNERO (24 )
Il popolo disperso nell’impero babilonese a Babilonia non esalta la grandezza del Signore, come
può farlo un popolo liberato.. Il Signore inventerà un gesto inatteso, miracoloso: libererà Israele dalla
prigionia e lo riporterà in patria.
VI ASPERGERO (25 )
Nella tappa futura della storia di questo popolo ci sarà una nuova alleanza, un rinnovamento
totale, quasi una nuova creazione. Prima di tutto ci sarà una purificazione radicale, da ogni
“sozzura”.
UN CUORE NUOVO (26 )
Quindi ci sarà un cuore nuovo, trasformato, che sarà creazione di Dio, in sostituzione del cuore
umano “di pietra”, un cuore
UNO SPIRITO NUOVO (26)
Infine sarà donato lo “spirito nuovo”. Lo spirito “ruah” è un termine che indica ogni genere di
vita, ma qui Ezechiele precisa che si tutta di qualcosa di più che lo spirito dell’uomo, egli parla della
potenza straordinaria di Dio, che ha compiuto tanti prodigi. Si tratta dello spirito di Javhé che fu
donato ad alcuni personaggi della Bibbia, (es. Mosè, Giosuè) e ora è donato a tutti.
Riflessioni
Dio toglierà all’uomo il “cuore vecchio”, fatto di pietra, insensibile e sordo alla volontà del
Signore, vera causa della vita passata, e gli darà un cuore nuovo, fatto di carne, aperto alle intenzioni e
alla volontà di Javhè. Israele sa bene che il cuore dell’uomo vecchio “ è complesso più di ogni cosa e
malizioso: chi lo conosce a fondo?” (Ger 17, 9) . esso “ è falso e ipocrita” (Os 10, 2 ). “ Tutti i pensieri
concepiti dal cuore umano sono rivolti continuamente al male” (Gn 6, 5 ). Il “cuore nuovo”, “diverso”
(Ger 32, 9) e “puro” (Sl 51, 12 ), che Dio crea nell’uomo sarà dotato di “uno spirito nuovo” ( Sl 51, 12
), del “ mio- di Javhè-spirito” , della forza vitale di Dio stesso. Grazie a questo cuore nuovo, vivificato
dallo spirito di Javhé, l’uomo potrà intraprendere una “nuova via” (Ger 32, 40 ). “Darò loro un cuore
nuovo per conoscere che io sono il Signore” (Ger 24, 7 ). “Metterò la mia legge in loro e la scriverò nei
loro cuori” (Ger 31, 35) e “farò sì che camminiate nei miei statuti e osserviate e mettiate in pratica le
mie leggi”
EUCARISTIA
Coloro che nel 200 a. C. Cristo tradussero in greco la parola berit (alleanza ) usarono il termine
“diatheke” che nel diritto ellenistico designava l’atto con cui uno dispone dei propri beni
(testamento), sottolineando così’ la grande condiscendenza di Dio nei confronti del suo popolo.
La parola “diatheke” figura nei quattro racconti dell’ultima cena. In Marco è detto : “ Questo
è il mio sangue, il sangue dell’alleanza, che sarà sparso per una moltitudine” (Mc 14, 14), Matteo
dice“ Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell’alleanza versato per molti, per la remissione
dei peccati” (Mt 26, 28); in Luca e Paolo leggiamo “ Questo calice è la nuova alleanza nel mio
sangue” (Lc 22, 20, 1 Cor 11, 23 ). .
1 Corinzi 11, 23-26
23
Io, infatti, ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il
Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane 24e, dopo aver reso grazie,
lo spezzò e disse: "Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me".
25
Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: "Questo calice è la
nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in
memoria di me". 26Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi
annunciate la morte del Signore, finché egli venga. 27Perciò chiunque mangia il pane o
beve al calice del Signore in modo indegno, sarà colpevole verso il corpo e il sangue del
Signore. 28Ciascuno, dunque, esamini se stesso e poi mangi del pane e beva dal calice;
29
perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la
propria condanna.
Lettura
1 Corinzi 11, 23-26 è tratta dalla prima lettera ai Corinzi, scritta da Paolo nell’anno 52 d.C.. è
il ricordo dell’istituzione eucaristica. Quanto qui si legge è meritatamente celebre e storicamente
importante, perché ci riporta agli anno 50-52, quando già esisteva un racconto ufficiale, con
stilizzazioni liturgiche e autenticazione apostolica di quanto era avvenuto nell’ultima cena..
Ci troviamo davanti alla prima attestazione letteraria dell’Eucaristia, anteriore ai Vangeli, che
sembra rimandare alla comune tradizione della chiesa di Antiochia, dalla quale Paolo e Luca
sembrano dipendere.
Corinto era una città in grande espansione, ma con gravi squilibri tra ricchi e poveri e con una
moralità assai bassa. Pullulavano molti culti religiosi antichi e nuovi . Paolo vi si reca nel 50 ( At 18,
12-17 ) e, partendo da essa nel 52, lascia una comunità cristiana fiorente, che vive in un contesto
pagano. Qualche tempo dopo, mentre Paolo sta compiendo il suo terzo viaggio missionario, mentre si
trova ad Efeso, ha notizia che a Corinto si verificano divisioni, ci sono liti per interesse e alcuni
partecipano a riti pagani. Paolo interviene inviando varie lettere, almeno quattro; due di esse sono
incluse nel canone.
L’occasione di quanto leggiamo in 11, 23-26 è data dalle interrogazioni sul modo di celebrare
correttamente l’Eucaristia e sulle comunicazione di natura privata che Paolo aveva ricevuto intorno
agli abusi verificatesi nello svolgimento della celebrazione eucaristica. A Corinto agape e
celebrazione eucaristica costituivano un’unica cosa. Ma pare che nel consumere il pasto ci si radunasse
in gruppi, con diversità da gruppo a gruppo ed evidenti manifestazione di dislivello sociale. Paolo
prende posizione e ricordando l’istituzione ( 23-25 ), trae le conseguenze per la vita cristiana. .
IO HO RICEVUTO DAL SIGNORE ( 23 )
Per riportare i Corinzi alla giusta strada, Paolo richiama alla memoria quanto ha già trasmesso
al tempo della sua prima venuta a Corinto ( “vi ho trasmesso"”). Dichiara di “aver ricevuto dal
Signore” quanto ha trasmesso ( ricevuto = parélabon, trasmesso = parédoka ) Non si tratta di una
rivelazione personale a Paolo , ma di una trasmissione attraverso organi umani normativi ed
ufficiali. Paolo in sostanza dice che quanto dice è storicamente dimostrabile e fondato sull’autorità
del Signore Gesù.
NELLA NOTTE IN CUI ( 23 )
Un breve racconto descrive il rito introduttivo di un banchetto giudaico, in cui chi presiede
spezza il pane recitando una debita formula di benedizione. Le parole di Gesù sono state pronunziate
in tale contesto.
QUESTO E’ IL MIO CORPO (24 )
Nella cena ebraica, secondo un testo aramaico, la formula da recitarsi era : “ Questo è il pane
della sofferenza che i nostri padri in Egitto hanno mangiato”. Gesù invece spiega la consumazione
in rapporto a se stesso: “ Questo è il mio corpo” . Soma ( corpo ) non è semplicemente “persona”,
oppure “io”, indica la concretezza corporea. Questo corpo è “per voi”, cioè donato. Queste parole
messe insieme a quelle sul sangue dicono che il dono è fatto col sacrificio, nella morte.. Il “per voi”
di Paolo e l’aggiunta “dato” di Luca (22, 19 ) avvicinando le due redazioni, mentre Marco hanno
semplicemente “ Questo è il mio corpo”.
FATE QUESTO ( 24 )
Paolo e anche Luca, ma non Matteo e Marco, riferiscono dell’ordine di fare memoria. E’ il
precetto di attualizzare sacramentalmente, di rinnovare l’ultima cena: per questo l’Eucaristia ricevette
l’appellativo di anamnesi o memoriale della morte del Signore.
DOPO AVER CENATO ( 25 )
La cena prosegue secondo le diverse fasi: pane, pasto, calice. Siamo all’ultimo calice ( dopo aver
cenato ) e la precisazione è comune ancora in Paolo e Luca, ma manca in Marco e Matteo.
QUESTO CALICE E’ LA NUOVA ALLEANZA ( 25 )
Matteo e Marco dicono: “ Questo è il sangue della Nuova Alleanza” . L’alleanza “nuova”
significa alleanza definitiva, escatologica, che non invecchia più e non è più perfezionabile. E’ il
Regno di Dio annunziato da Cristo e realizzato con la sua morte. L’alleanza nuova è “nel sangue di
Cristo”, mentre l’antica era stata stipulata mediante il sangue di animali ( Es 28, 4 ). Come la morte
dell’agnello pasquale ha annullato la sentenza di morte dei primogeniti d’Israele ( Es 12, 12 ), così la
morte di Gesù abroga la sentenza di morte dell’umanità avvenuta per il peccato.
FATE QUESTO ( 25 )
Questa insistenza di Paolo sulla reiterazione ha contribuito a sviluppare la coscienza della Chiesa
circa il nesso esistente tra l’ultima cena e la celebrazione eucaristica. “Ogni volta” rende ancora
più chiaro l’ordine di “rinnovare”.
ANNUNZIATE….FINCHE IO VENGA (26 )
La morte del Cristo è alla base della cena del Signore: la celebrazione eucaristica è
l’annunzio di tale morte. “Finché io venga” è’ il netto tratto escatologico che esprime la coscienza
della Chiesa orientata verso la parusia. Fra la morte di Gesù e la parusia, l’Eucaristia ha la sua sede
appropriata. Essa fonda la Chiesa.
PERCIO’ (28 )
La nostra pericope non include le conclusioni di Paolo, ma è utile conoscerle: al versetto 28
l’Apostolo asserisce : “ perciò chiunque mangia o beve il corpo del Signore indegnamente, è reo del
corpo e sangue di Cristo… mangia e beve la sua condanna”. Si vede qui l’orizzonte morale in cui si
muove l’Apostolo, e che vale anche per noi. Quanto alla situazione concreta della Comunità Paolo
dice al v. 33 “Quando vi radunate per la cena, aspettatevi gli uni gli altri”
Riflessioni
Gesù si considera come il servo sofferente (Is 53, 11 ) ed intende la sua morte come sacrificio
espiatorio. Con ciò egli diventa il mediatore. Ma il sangue dell’alleanza ricorda anche l’alleanza del
Sinai, che era conclusa nel sangue ( Es 24, 8). I racconti eucaristici uniscono insieme sia l’idea
dell’alleanza che quella di espiazione vicaria. La morte di Gesù (sangue versato) è vista come la
divina disposizione (alleanza ) di una nuova salvezza ( nuova alleanza).
Si compie così la promessa della nuova alleanza preannunziata da Geremia e da Ezechiele in
virtù del sangue di Gesù, i cuori umani saranno mutati e sarà dato lo Spirito di Dio. Questo gesto sarà
ormai reso presente nel gesto rituale dell’eucaristia, che Gesù ordina di ripetere in sua memoria (1
Cr 11, 25 ). Con la partecipazione all’Eucaristia i fedeli saranno uniti nel modo più intimo al mistero
della alleanza e beneficeranno della sue grazie.
Senza merito e senza poterla esigere, . Israele riceve la nuova salvezza da Dio, il quale ha fatto
della morte del suo Figlio Gesù la “disposizione” del suo amore fedele e irrevocabile per Israele.
L’Eucaristia è l’alleanza nuova in quanto è la diposizione definitiva e irrevocabile di Dio in Gesù
Cristo che ci rende capaci di vivere e morire come è vissuto ed è morto Lui. Nell’Eucaristia si compie
in modo sublime tutta la storia antico testamentaria dell’alleanza di Dio con il suo popolo:
dall’Eucaristia nasce un popolo nuovo: la chiesa.
COMUNIONE CON DIO
L’iniziativa di Dio di stabilire un’alleanza, una comunione di vita con l’uomo culmina
con la morte e risurrezione di Gesù Cristo, resa presenta a tutti e in ogni tempo con l’Eucaristia.
Questa comunione con Dio è proposta a tutti ed è ordinata a creare una nuova comunità, la famiglia
dei figli di Dio.
La situazione di alleanza implica un’intima relazione personale con Dio, prodotta da Dio
stesso, che rinnova e trasforma per opera dello Spirito di Cristo, che fa dei credenti veri figli di Dio.
L’accoglienza di questo dono richiede che l’uomo viva in conformità alle indicazioni della thorà, del
Vangelo.
Efesini 1, 3-14
3
Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni
benedizione spirituale nei cieli in Cristo. 4In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo
per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, 5predestinandoci a essere per lui
figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d'amore della sua volontà, 6 a lode
dello splendore della sua grazia, di cui ci ha gratificati nel Figlio amato. 7In lui, mediante il
suo sangue, abbiamo la redenzione, il perdono delle colpe, secondo la ricchezza della sua
grazia. 8Egli l'ha riversata in abbondanza su di noi con ogni sapienza e intelligenza,
9
facendoci conoscere il mistero della sua volontà, secondo la benevolenza che in lui si era
proposto 10 per il governo della pienezza dei tempi: ricondurre al Cristo, unico capo, tutte
le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra. 11 In lui siamo stati fatti anche eredi,
predestinati - secondo il progetto di colui che tutto opera secondo la sua volontà - 12a
essere lode della sua gloria, noi, che già prima abbiamo sperato nel Cristo. 13In lui anche
voi, dopo avere ascoltato la parola della verità, il Vangelo della vostra salvezza, e avere in
esso creduto, avete ricevuto il sigillo dello Spirito Santo che era stato promesso, 14il quale
è caparra della nostra eredità, in attesa della completa redenzione di coloro che Dio si è
acquistato a lode della sua gloria.
Lettura
La lettera agli Efesini, fa parte delle lettere dette “della prigionia”. Il quadro storico
è il medesimo di Colossesi e diFilemone. Paolo si trova in carcere (Ef 3, 1;4, 1; 6, 20; Fm 9,
10.13.25; Col 4, 3.10.18), è circondato dagli stessi compagni, incarica Tichico di una medesima
missione ( Col 4, 7-8; Ef 6, 21-22 ) . Per questi e vari motivi interni alla lettera, gli studiosi hanno
formulato varie opinioni sull’autore, i destinatari, la data di composizione. La lettera ha per tema il
disegno di Dio, fissato dal Padre da tutta l’eternità, eseguito da Gesù Cristo, rivelato all’Apostolo,
spiegato alla Chiesa. Dopo il versetto di indirizzo Paolo inizia subito la lettera con questo inno.
BENEDETTO SIA DIO ( 3 )
Questa tipo di benedizione posta all’inizio dell’inno era comune nel giudaismo. Il salmo 71 così
esclama “ Benedetto il Signore, Dio d’Israele” Qui però non si parla del Dio d’Israele ma di “Dio,
Padre del Signore nostro Gesù Cristo”.
CON OGNI BENEDIZIONE SPIRITUALE ( 1 )
Sono benedizioni “spirituali” quelle elargite da Cristo, provenienti dallo Spirito, ben diverse dalle
realtà della “carne”, della condizione umana abbandonata alle sue forze.
CI HA BENEDETTI… NEI CIELI, IN CRISTO ( 1 )
La benedizione di Dio è fatta nei “luoghi” dove è il Padre e allora si riteneva che Dio fosse “nei
cieli”. Dio benedice tutti “in Cristo” .
PRIMA DELLA CREAZIONE DEL MONDO ( 4 )
Il nuovo popolo non è un’improvvisazione, ma un progetto eterno che, nella “mente “ di Dio,
occupa un posto superiore allo stesso piano della creazione.
PER ESSERE SANTI ( 4 )
Essere in Cristo fin dall’eternità. Indica le caratteristiche del popolo eletto; i cristiani devono
essere “santi”, segregati da ogni cosa non santa e riservati al servizio di Dio. L’appartenenza a Dio
domanda una vita intemerata.
PREDESTINANDOCI (5 )
E’ un piano di Dio, una predestinazione, che però non influisce sulla libertà personale, perché si
tratta della “Chiesa” come tale e non dei membri di ciascuna comunità, che entrano liberamente a farne
parte.
FIGLI ADOTTIVI ( 5 )
La chiesa, secondo il piano prestabilito da Dio, è uno spazio nel quale gli uomini divengono suoi
figli adottivi. Gesù Cristo è il Figlio naturale che, con la incorporazione dei credenti nella sua persona,
li trasforma in figli adottivi.
SECONDO IL BENEPLACITO ( 5 )
Gli uomini e le donne che formano la Chiesa non hanno meriti maggiori di qualsiasi altro gruppo
umano. La scelta, la predestinazione, l’adozione filiale sono atto esclusivo, sovranamente libero di
Dio.
A LODE E GLORIA ( 6 )
Dio che agisce secondo il proprio giudizio con libertà sovrana, determina il cammino della
comunità verso la salvezza e la mette in grado di cantare la sua lode.
FIGLIO DILETTO…ABBIAMO REDENZIONE ( 7 )
Il Signore nel suo Figlio diletto ci ha donato la sua grazia, che si concretizza nel perdono dei
peccati.
REDENZIONE MEDIANTE IL SUO SANGUE (7 )
La nostra liberazione è avvenuta nella morte di Gesù Cristo
RICCHEZZA (7 ) SAPIENZA E INTELLIGENZA (8)
L’opera della salvezza è un atto d’amore proporzionato alla ricchezza di Dio, il quale ha
perdonato i peccati con somma saggezza e intelligenza.
RICAPITOLARE IN CRISTO (10 )
Il disegno salvifico, rivelato nella “pienezza dei tempi”, consiste nell’orientare verso Cristo
tutta la creazione. E’ un mistero, cioè un piano misterioso. Nemmeno i profeti potevano pensare che il
Messia sarebbe diventato capo non solo d’Israele e dell’umanità intera ma di ogni realtà: spiriti celesti,
uomini, universo. Il piano di Dio che orienta tutto a Cristo e che arriva a pienezza quando tutto sarà a
lui orientato, è stato rivelato agli Apostoli e per mezzo loro a tutti gli uomini.
FATTI ANCHE EREDI (11 )
Come il popolo eletto ebbe in “eredità” la terra, così il nuovo popolo di Dio ha come “eredità” il
cielo ( Col 1, 12 ). Questa “eredità” che avremo in pienezza alla fine, in parte è già donata alla comunità
cristiana. Ciò avviene, in conformità al piano di Dio.
NOI CHE PER PRIMI ( 12 )
I cristiani provenienti dal Giudaismo , come Israeliti credenti, erano già in Cristo nella speranza,
già orientati a Lui nelle aspettative dei loro padri.
IN LUI ANCHE VOI (13 )
Anche i cristiani provenienti dal paganesimo hanno ora ottenuto di partecipare alla elezione per
mezzo del Vangelo, “parola di verità”. Chi ascolta questa parola è salvo.
IL SUGGELLO ( 13 )
Tutti gli evangelizzati sono stati “sigillati” con un segno di protezione, di appartenenza a Dio, di
partecipazione alla Nuova Alleanza. Il “sigillo” è il Battesimo, in cui è donato lo Spirito Santo.
CAPARRA (14 )
Lo Spirito Santo è caparra della salvezza piena, solida garanzia della completa redenzione che
possederemo.
Riflessioni
Dio ci ha eletti in Cristo, prima della creazione del mondo. Il disegno segreto di Dio ,
manifestatoci in Cristo coincide con la predestinazione ad essere suoi figli in Cristo. Egli ci ha creati
per attuare il suo disegno salvifico. L’alleanza in Cristo e per mezzo di Cristo è la ragione e il fine per
cui Dio ci ha creati.
L’uomo è stato creato “ a immagine di Dio” ( Gn 1 ). Ora l’immagine del Dio invisibile,
primogenito di tutta la creazione” è Gesù Cristo ( Col 1, 15-17) e “tutte le cose sono state create per
mezzo di lui e in vista di Lui” ( Col 1, 15-17 ) . Quindi l’uomo è davvero umano se assomiglia a Lui .
Ciò avviene quando egli accoglie l’alleanza offerta da Dio, alleanza che è Gesù Cristo stesso. Allora
Dio per mezzo dello Spirito di Cristo lo fa suo figlio e lo trasforma.
.
GERUSALEMME CELESTE
In terra la realizzazione della nuova alleanza implica limitazioni. Bisogna quindi
contemplarla nella prospettiva finale della Gerusalemme celeste: in questa “dimora di Dio con gli
uomini” “essi saranno il suo popolo ed egli sarà il loro Dio” ( Ap 21, 3 ) La nuova alleanza culmina
con le nozze dell’agnello e della Chiesa sua sposa (Ap 21, 2-9) .
Apocalisse 21, 1-10 . 22-23
1
E vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano
scomparsi e il mare non c'era più. 2E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova,
scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. 3 Udii allora
una voce potente, che veniva dal trono e diceva: "Ecco la tenda di Dio con gli uomini! Egli
abiterà con loro ed essi saranno suoi popolied egli sarà il Dio con loro, il loro Dio.4 E
asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né
affanno, perché le cose di prima sono passate". 5 E Colui che sedeva sul trono disse:
"Ecco, io faccio nuove tutte le cose". E soggiunse: "Scrivi, perché queste parole sono certe
e vere". 6 E mi disse: "Ecco, sono compiute! Io sono l'Alfa e l'Omèga, il Principio e la Fine.
A colui che ha sete io darò gratuitamenteda bere alla fonte dell'acqua della vita. 7 Chi sarà
vincitore erediterà questi beni; io sarò suo Dio ed egli sarà mio figlio. 8Ma per i vili e gli
increduli, gli abietti e gli omicidi, gli immorali, i maghi, gli idolatri e per tutti i mentitori è
riservato lo stagno ardente di fuoco e di zolfo. Questa è la seconda morte". 9 Poi venne
uno dei sette angeli, che hanno le sette coppe piene degli ultimi sette flagelli, e mi parlò:
"Vieni, ti mostrerò la promessa sposa, la sposa dell'Agnello". 10L'angelo mi trasportò in
spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scende
dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio. 22 In essa non vidi alcun tempio: il
Signore Dio, l'Onnipotente, e l'Agnello sono il suo tempio. 23La città non ha bisogno della
luce del sole, né della luce della luna: la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è
l'Agnello.
Lettura
VIDI UN NUOVO CIELO (2)
Il vecchio mondo ribelle a Dio cambia radicalmente. Il mare che, secondo le idee di
allora, era residuo del caos primitivo e soggiorno delle potenze del male, non esiste più. . La creazione
è rinnovata . Paolo aveva scritto: “ La creazione ...nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla
schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio” (Rm 8, 20 ). Ora la
trasformazione è avvenuta.
VIDI ....LA NUOVA GERUSALEMME (1)
Eliminato definitivamente ogni male, rifulge la Gerusalemme celeste, in cui si compiono tutte
le promesse fatte da Dio nel Vecchio e nel Nuovo Testamento.
Il punto di partenza è la Gerusalemme terrestre, amata e idealizzata da Israele, sognata come
un’oasi, popolata di ruscelli, di palme, di frutti ( Sl 46), ricordata con nostalgia durante l’esilio, vista
come una madre. Di “Gerusalemme celeste “ già si trattava nella letteratura giudaica. Qui .
“Gerusalemme” è l’immagine, piena di magnificenza e di splendore celeste, del regno di Dio e dei
suoi eletti.
“nuova”, perfetta, definitiva.
“scende dal cielo”, perché non è realizzazione umana, ma è una comunità fondata e animata
da Dio e tutta opera sua.
“come una sposa adorna” . Alla figura di Gerusalemme, unisce la figura di una donna
meravigliosa, pronta per le nozze.
“dimora di Dio con gli uomini”. L’alleanza ora trova la sua completa e definitiva
realizzazione nei cieli.
“Egli sarà il Dio con loro”. La presenza e l’intimità caratterizzano questa alleanza.
“non ci sarà più la morte” . Morte e dolore sono finiti per sempre. Le cose passate davvero
non ci sono più..
COLUI CHE SEDEVA (5)
E’ Dio che trasforma tutte le cose ( “faccio nuove” ) e ha su tutto la prima e l’ultima parola (“
principio e fine” ). Solo in Dio l’uomo colma la sua sete, dato che il cuore umano è inquieto finché non
riposa in Lui ( Agostino ) . E l’acqua che riceve è lo Spirito di Dio ( Gv 4, 1 ) . Gli eletti ( “chi sarà
vittorioso”) sono adottati come figli ( “egli sarà mio figlio” )
TI MOSTRERO’ LA FIDANZATA (9 )
Il tema della nuova Gerusalemme, già abbozzato precedentemente, ora è sviluppato. La figura
della Città s’intreccia con la figura della sposa. E’ tutto il popolo di Dio, la comunità dei santi,
adottata come “figlio”. Per comprendere meglio la descrizione della Nuova Gerusalemme è utile vedere
i capitoli 40-48 di Ezechiele.
LA CITTÀ’ SANTA (10 )
“scendeva dal cielo” . Questo popolo deve tutto a Dio.
“splendente della gloria di Dio”, a differenza della città idolatra, nell’ostentazione dei i suoi
gioielli , segno di una gloria solo terrena..
dodici porte...dodici angeli.. dodici nomi... dodici tribù...dodici basamenti...dodici Apostoli” . E’ il
popolo eletto del Vecchio e del Nuovo Testamento. Dodici è il numero dell’elezione divina,
dell’importante grandezza e della consistenza del popolo di Dio.
“la città. ..a forma di quadrato” . La nuova Gerusalemme è un unico grande tempio, che ricalca
la struttura del Santo dei Santi (debir) del Tempio di Gerusalemme. La forma quadrata ( “ a forma di
quadrato”) si rifà anche alla concezione degli antichi, che vedevano nel quadrato la forma perfetta.
Incarna il numero dodici , la cifra del popolo di Dio, moltiplicato per mille, segno di immensità, di
potenza e del nuovo Israele (“ dodicimila stadi” ). La grandezza è volutamente spropositata ( 550
chilometri per lato e mura alte 65 metri ).
“le mura... con diaspro...la città è di oro”. Tutto ciò che l’uomo dell’antichità poteva escogitare
in fatto di sontuosità viene qui elencato per descrivere la Nuova Gerusalemme ad indicare la solidità e
lo splendore, riflesso della gloria divina. La presentazione della città messianica, ricoperta di gemme
si trova spesso nel Vecchio Testamento ( Is 54, 11-12 ). Le dodici pietre preziose ( 19-20 ) ricordano
le dodici perle incastonate nel pettorale del Sommo Sacerdote, che rappresentavano le dodici tribù
d’Israele.
NON VIDI ALCUN TEMPIO (22 )
Nella nuova Gerusalemme non c’è bisogno di Tempo, perché ora non è più necessaria nessuna
mediazione: Dio stesso e Cristo sono il “tempio vivente”. La comunione e l’incontro con Dio sono
diretti.
NON HA BISOGNO DI LUCE (23 )
Non c’è più “ bisogno della luce del sole, né della luce della luna”, perché Cristo è la” luce del
mondo” ( Gv 1, 4. 9 ), irradiata senz’ombra su tutte le nazioni riunite. (“ cammineranno alla sua
luce...non vi sarà più notte “).
Giovanni raggiunge qui il vertice della spiritualizzazione della dottrina della shekinah. Essa ha
avuto varie tappe: dimora di Dio nel tempio ( 2Cr6, 18-21 ), inabitazione fra il popolo “tempio
spirituale” (Ef 2, 21 ), Dio tempio della Gerusalemme celeste ( Ap 21, 22 ).
Riflessioni
La nuova Gerusalemme vuole indicare ciò che noi chiamiamo “cielo” o “paradiso”. Sono
immagini. Nella Sacra Scrittura ne troviamo anche altre (es. banchetto ). L’autore dell’Apocalisse
tenta di descrivere la Nuova Gerusalemme, ma ciò che sarà la felicità eterna non si può esprimere con
parole umane.
Si fa cenno a “ un nuovo cielo e a una nuova terra, ma non è detto assolutamente nulla sulle
modalità della trasformazione e sui rapporti tra la “prima creazione” e la creazione trasfigurata.
L’apocalittica del tardo giudaismo ha sviluppato su queste modalità due teorie: la prima
supponeva che ci sarebbe stato un grandioso incendio che avrebbe purificato il mondo peccatore. Da
ciò che restava Dio avrebbe tratto il nuovo cielo e la nuova terra. Un’eco di questa teoria la troviamo
anche nella seconda lettera di Pietro 3, 7 ss.: “ i cieli si dissolveranno e gli elementi incendiati si
fonderanno. E poi... aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova” Anche Paolo ne fa un breve cenno, ma
interpretando il fuoco in modo simbolico : ““come attraverso il fuoco” ( 1 Cor 3, 15) l’altra teoria
parlava di una distruzione della creazione e di una creazione completamente nuova
La creazione sarà trasformata alla fine dei tempi, ma già ora possiamo avere la certezza
che “ i germi di primavera del mondo nuovo si trovano in tutto il bene che esiste e che è meno vistoso
del male. Siamo invitati a guardarci attorno per scoprire gli inizi di quel bene e di quel nuovo che
Dio sta già attuando, sulla linea del rinnovamento futuro e radicale: c’è nascosta nella Chiesa e
nell’umanità una riserva di infinito, di generosità, di amore “
BIBLIOGRAFIA
La Bibbia : nuovissima versione
La Bibbia : parola di Dio scritta per noi
La Bibbia di Gerusalemme
Bibbia tob
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Dizionario biblico
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Introduzione lettura A.T
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Viaggio entro la Bibbia
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