Revisione buone pratiche - Istituto Comprensivo Spinea 1
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Revisione buone pratiche - Istituto Comprensivo Spinea 1
SEZIONE 1 SCUOLA DELL’INFANZIA 1 2 Lavorare con le mani: pensare con i numeri Anna Aiolfi Scuola dell‟infanzia, Direzione Didattica Spinea 1° Circolo, Venezia Sunto. Ogni bambino esprime il proprio sapere non formalizzato, costruito con le proprie forze sulla moltitudine delle esperienze fatte in modo personale in tutte le situazioni in cui pensa che questo sapere potrebbe essere utile. La riflessione organizzata, la ricerca di regole, il saper fare ragionato sono compiti della scuola che deve intervenire con modalità e contesti che, valorizzando la ricchezza di pensiero del singolo, sappiano dove prima o poi si dovrà arrivare. 1. Lo sguardo della matematica Fin dalla scuola dell‟infanzia si può cominciare a mettere ordine in quello che i bambini sanno già per esperienza, preparando contesti significativi dove i saperi personali si mettono a confronto e parole e numeri acquistano significato. Lavorare sulla realtà, ragionare sulle cose prima che sui formalismi, porta a scoprire la matematica dei fatti per trasformarla gradualmente nella matematica intesa come modo di ragionare e agire. In un certo senso, per cominciare, si fa matematica non tanto con gli oggetti quanto con le azioni sugli oggetti. La materialità del mondo sembra essere il fondamento per ogni astrazione scientifica e matematica. 2. Le proprietà della materia e i numeri Marco infila le sue mani nelle fessure di una grossa scatola e dice: “È una cosa appiccicosa, fatta di mollo, si è tutta attaccata alla mani come colla schifosa”. È uno dei tanti momenti dedicati a riconoscere oggetti, identificabili al tatto per forma, dimensione e sostanze, dalla consistenza strana come miele, panna, colla, cotone, origano, caffè, … più difficili da raccontare e descrivere ai compagni. Ai bambini piace lavorare con le mani, toccare, soppesare, rompere, mescolare, mettere insieme e altro che è possibile fare con i materiali. In queste situazioni raccontano facilmente quello che sentono, cercando le parole adatte per descrivere le caratteristiche percepite, ragionando sulla materia e sulle sue proprietà. 3 Sono le mani con la goccia che fa lungo e poi ancora goccia che scende una per ogni dita perché il miele appiccica e va giù lento. Matilde, 4 anni Dopo aver toccato e confrontato l‟appiccicoso del miele e il molle del burro ci troviamo a discutere sulla finezza. Quale differenza tra il fino del caffè e quello del sale? Tra quello della sabbia e quello dell‟origano? Quando un oggetto si può considerare poco fino, fino o finissimo? Mettere a confronto le cose aiuta a descriverle e spesso, per valutare meglio la caratteristica esplorata, si mettono in ordine tra loro. Così capita di ordinare polveri dalla più fine alla meno fine, stoffe dalla più morbida alla meno morbida, sostanze poco o molto appiccicose e per farlo si cercano le parole adatte: “Il fino che sta in mezzo a due fini, il morbido non ancora troppo morbido, l‟appiccicoso quasi mollo”. Si confrontano, si toccano, si spostano, si scelgono fino a ottenere l‟ordine della proprietà considerata. In questo modo si abitua il bambino ad un atteggiamento mentale che non si ferma alla classificazione “fini e grossi”, “grandi e piccoli”, ma passa attraverso a tanti gradi intermedi di finezza o di grossezza, accorgendosi che non si tratta di due proprietà contrarie, ma di una sola presente in grado diverso. E per farlo si utilizzano parole come: di più, di meno, quasi uguale, in mezzo, tra questo e quello, un poco, un pochino. Insegnante: Cosa vuol dire essere fino? Bambini: È quando sei come il sale fino, fatto di pezzettini piccoli, come una polverina di gesso. Vuol dire essere fino di diverso modo, come il sale, lo zucchero, il caffè e tutte quelle robe fatte di pezzetti. Insegnante: Fini uguali? Bambini: No! Fini diversi, un po‟ di più e un po‟ di meno come in fila. Lo zucchero fino è il primo, anche la farina per me sta vicino allo zucchero. Il caffè è quasi uguale, un po‟ meno fino perché si vedono bene i pezzetti. Lo mettiamo di qua, dopo le cose fini e prima del sale grosso, così non blocchi tutto. Il caffè è meno fino dello zucchero e della farina. Insegnante: C‟è qualcosa di più grosso del sale grosso? Bambini: Sì, il riso è fatto di chicchi e li puoi prendere uno a uno con le mani e dividerli, quasi li conti. Anche la pastina si può contare, fino ai numeri grandi (anni 4). 4 Pur non essendo esperti di conteggi i bambini sanno bene che i numeri che reputano grandi esprimono il tanto, mentre quelli piccoli il poco e, esperienza dopo esperienza, gli ordinamenti di proprietà diventano ordinamenti di numeri. Tra un “fino da 10” e “un fino da 2” c‟è un “fino da 5”. Così, giocando a dare i numeri alla proprietà ordinata, gli stessi prendono significato. 3. Strumenti di misura In queste esperienze le nostre mani, i nostri occhi operano come strumenti di misura. Ma come fare a separare tra loro le sostanze se sono mescolate? Insegnante: Possiamo riprendere la sabbia o la pastina togliendole dal mucchio? Bambini: Forse la pasta la puoi prendere con le mani perché è grossa ma la sabbia no, è troppo fina, non si riesce a prendere il piccolissimo, sono troppi i granelli, tantissimi, mille, non si possono contare perché sono troppi. Mettiamo a disposizione dei passini con trame diverse. Bambini: La pasta non può passare così rimane sopra e la sabbia si divide perché scende. La sabbia passa per tutti i passini perché è finissima, poi prendi il passino con i buchi più grandi così esce il riso e lo dividi dalla pastina. Bisogna trovare i giusti buchi, quelli che fanno dividere le cose. In questo modo a poco a poco si riescono a fare discrete separazioni e ancora si mettono in ordine le polveri per finezza. Abbiamo mescolato tre cose insieme e poi per dividerle le abbiamo passate nel passino e succede che le cose grosse sono rimaste e le cose fini sono scese. Tommaso, 4 anni 5 Dentro al passino è rimasta la pastina e il riso, la polverina di sabbia è andata giù perché è fina ed è passata, poi ho cambiato passino e cosi è passato tutto il riso e mi è rimasta sopra la pastina. Camilla, 4 anni 4. Dare i numeri alla durezza Molte volte, mentre lavoriamo con i bambini e ascoltiamo le loro parole, ci accorgiamo che utilizzano piccoli e grandi numeri. Si usano numeri per indicare il bene che si vuole alla mamma, la forza dei supereroi, la bontà delle cose, la durata del tempo che passa, ben sapendo che il numero grande “vince” su quello piccolo. Quando non bastano le parole o più semplicemente si vuole essere più precisi, i numeri vengono in aiuto per spiegare e condividere con gli altri le proprie idee. Non è quindi strano chiedere ai bambini di provare a dare i numeri alla durezza dei materiali mentre li strofinano sopra la grattugia o numeri per indicare la forza necessaria per farlo o, ancora numeri, al tempo utilizzato per ottenere un mucchietto di polvere da un sasso. La difficoltà maggiore sta nel districarsi tra le tante cose che insieme si stanno guardando e che meritano ciascuna numeri diversi. L‟insegnante ha il compito di controllare la coerenza tra i fatti e le parole usate per descriverli riportando, quando serve, lo sguardo al posto giusto. Insegnante: Se l‟arancia grattugiata è fina da 1, quanto è il legno?” Bambini: Da 40 perché ci vuole molta forza, lui è duro. Non si fa bene il fino e poi ne fa poco. Con il gesso ci vuole meno forza, da 4; il pane è più duro, 3 di forza. Insegnante: Teresa ha detto che il legno è duro da 40; e il coccio di vaso? Bambini: Di più, è durissimo, più duro del legno, ci vuole un numero grande, 140. 140 di forza è tanto, di più ancora è 300, 1000. Insegnante: Possiamo dare un numero a tutte le cose che abbiamo grattugiato? Bambini: Metti il numero piccolo alle cose che hai fatto poco forza, il numero grande e grandissimo per le cose dure dentro, che si fa fatica. Puoi dare il numero 1 alla mela, un numero piccolo perché si grattugia facile in poco tempo, per una cosa difficile da grattugiare metti un numero grande. 6 Non è difficile con esperienze come questa scoprire che se faccio forza 40 per grattugiare, il legno ne deve fare sempre 40 per contrastarmi. La possibilità di dare un numero alla mia forza e alla mia fatica permette di valutare la sua durezza e di conseguenza dargli lo stesso numero ma con diverso significato. 5. Interpretazioni e modelli personali La stessa esperienza viene colta dai bambini in modo diverso perché ognuno di loro la elabora utilizzando in modo differente i vari dati. I modelli personali si manifestano nei ragionamenti e nelle rappresentazioni dei bambini quando cercano di spiegare quello che hanno capito (D‟Amore et al., 2004). Ecco come la stessa esperienza viene “letta” nei suoi aspetti diversi da più bambini, e come le diverse letture del singolo possono divenire un ricco patrimonio se condivise con il gruppo. Teresa descrive la forza necessaria: Il legno è più difficile da grattugiare perché si fa tanta forza perché è duro da legno. Il legno è più duro del gesso, il gesso ne ho grattugiato tanto tanto, tutto, perché era più facile. Con il gesso devi fare poca forza e lui si lascia fare fino, viene tanto, di gesso, perché finisce prima la grattugiata. Marco e Andrea prendono in esame come sono fatte le cose dentro: Dentro alla mia grattugia c‟era polvere mescolata di tutte le cose. Con il pane si fa prima, con il legno si fa forte perché è duro dentro, di più ancora il vaso perché dentro c‟è più duro che dentro del legno. Il gesso era più bricioloso, dentro è fatto di briciole. Il pane era morbido dentro, ci ho messo poco perché era facile rispetto al legno. Il legno era molto duro, si sentiva anche con la mano se lo prendevi sentivi che era fatto duro. Martina tiene conto del tempo necessario per trasformare: Ho fatto presto con il gesso, veniva subito fino sotto e tutto il colore in polvere molto fina. Anche la mela fa subito mollo da mela, il legno non mi piaceva perché ci voleva molto tempo per fare la polvere. Mattia esamina la finezza delle particelle: La polvere del coccio di vaso è molto fina, quella del gesso è finissima, quella del pane è fatta di briciole, la mela faceva il mollo come l‟acqua”. Martina nota la quantità delle particelle: Ho fatto dei mucchietti, quello del gesso era tanto, perché il gesso ne fa tanta fina. Poi ho fatto un po‟ di polvere di legno perché era molto duro e pochissimo del vaso che era durissimo. Tommaso e Ludovica usano i numeri per indicare l‟intensità della forza: Ho fatto dei mucchietti. Quello del gesso era tanto, perché il gesso ne fa tanta fina, poi ho fatto un po‟ di polvere di legno perché era molto duro e per il gesso ho usato forza 1, per il pane ho usato forza 3, per il legno 98 perché è più difficile, è durissimo. Quella del gesso era più facile perché ci vuole forza 1 7 perché è duro, ma si riesce a grattugiare tutto, il legno invece è durissimo ci vuole forza centomila. Anna studia le differenze tra le polveri: Quando grattugiavo si sono formate delle polverine, non erano tutte uguali, una gialla, una rosa e una marrone, fatte di pezzi piccoli e grandi. 6. La numerosità Rompere, grattugiare, sbriciolare, sono attività irrinunciabili non solo per scoprire cosa c‟è dentro alle cose, che cosa cambia e che cosa rimane, ma anche per avviare idee di piccolo, di sempre più piccolo, di numerosità. Come dicono i bambini, è impossibile contare i granelli di sabbia o le quasi infinite particelle, ottenute grattugiando un sasso, così fini che scivolano dalle mani o si alzano in volo con un soffio leggero. Prima era solo un sasso, poi una polverina fatta di pezzetti, “Un milione e quattrocento”, dice Anna, ma certo non si può sapere. Lavorare con un intero, per esempio con un foglio di giornale, che può essere diviso a metà e poi ancora a metà fino a ridursi in piccoli pezzi, permette ai bambini di sviluppare, in un diverso contesto, il problema dei “numeri grandi per parti piccole”. Si strappa il giornale e si ottengono tanti pezzi (aumenta la numerosità, diminuisce la grandezza delle parti), si riattaccano le parti (la numerosità diminuisce). Allo stesso modo da un panino si ottengono tante briciole; le stesse, impastate con l‟acqua, formano una polpetta. Ogni volta si riflette sui gesti necessari, su quello che si ottiene, sui cambiamenti. Ricordando quello che era successo al gesso grattugiato, alle gocce d‟acqua, agli impasti, si cerca di costruire l‟idea di cosa accade quando si divide un intero, quando si fanno le metà, quando si fanno moltissimi pezzetti e anche quando si mettono insieme le parti. Forse queste esperienze torneranno utili per capire il significato di alcuni concetti matematici come le operazioni, le frazioni, i numeri decimali. Prima abbiamo strappato a metà il foglio di giornale e poi ancora dei pezzi per fare il più piccolo. Io ho fatto un mucchio di pezzetti e poi li ho schiacciati con l‟acqua e la colla e ho fatto una pallina. Pietro, 4 anni 8 7. La matematica e le scienze Le esperienze su oggetti e materiali aprono discorsi complessi che uniscono e dividono la matematica dalle scienze, il contare dal misurare, ma in ogni caso la materialità del mondo è la base per operare astrazioni scientifiche e matematiche che spesso si intrecciano e si completano. Nella realtà, i materiali discreti come le caramelle sono facilmente contabili e anche di fronte alla numerosità di un sacchetto si possono trovare strategie, per esempio dividere in mucchi di cinque come le dita di una mano o in mucchi di dieci se le mani usate sono due. I materiali continui, come l‟acqua, e le grandezze continue, come la lunghezza, aprono invece discorsi e attività sulla misura. Nel tentativo di padroneggiare la numerosità dei chicchi di un risotto dentro ad un piatto si possono contare cucchiai o bocconi, allo stesso modo si può dire che la sabbionaia contiene 16 secchielli pieni di granelli, che l‟acqua di una brocca si può misurare riempiendo bicchieri o scodelle e così via. Quando i bambini mettono insieme, mischiano, portano via, aggiungono, separano, appiccicano, frantumano, dividono, in altre parole agiscono sulla materia, sviluppano idee di “operazione”. Guidati da un pensiero attento e provocatorio che in quello che si fa abitualmente sappia porre “uno sguardo” matematico, questo “fare” su materia e materiali e le conseguenti riflessioni portano a individuare i criteri, i significati, le regolarità da cui emergono le regole per costruire in maniera simbolica le operazioni matematiche come addizionare, sottrarre, dividere, moltiplicare (D‟Amore et al., 2004). Contare palette di sabbia Ci volevano tante palette per prendere tutta la sabbia. Abbiamo contato tanti numeri di palette ma non erano abbastanza grandi perché i bambini sanno i numeri quelli piccoli non quelli con tanti numeri dentro. Beatrice, 4 anni 9 Contare pugni di sabbia Ho contato la sabbia con i pugni, era tantissima quasi 20. Non si possono contare i granelli perché ti gira la testa allora li prendi con i pugni o le palette. Francesco, 4 anni Contare pizzichi di sabbia Io ho provato a contare la mia sabbia. Ho fatto tanti pizzichi con le dita: uno, due e poi dieci e dodici e poi ancora uno due. Bianca, 4 anni 8. Conclusione Il saper contare è solo un aspetto delle competenze matematiche che si sviluppano nella SdI. Bisogna guardare lontano, provare strade diverse, nuovi significati, intrecci con altre discipline, cercando di costruire non tanto un sapere matematico definito quanto un modo di pensare, di agire, di esprimersi su cui il pensiero matematico potrà essere solidamente costruito. Si aprono così nuove strade che, senza fretta, si percorreranno per approfondire, completare, guardando le cose in modo più attento e consapevole per capire insieme ciò che è possibile comprendere a questa età. 10 Bibliografia Aiolfi A. (2009). Numeri, spazio e tempo: esperienze di scienze per fare matematica. Roma: Carocci. D‟Amore B., Fandiño Pinilla M.I., Gabellini G., Marazzani I., Masi F., Sbaragli S. (2004). Infanzia e matematica. Didattica della matematica nella scuola dell‟infanzia. Bologna: Pitagora. Mazzoli P. (2005). Capire si può: educazione scientifica e matematica. Roma: Carocci. Parole chiave: numeri; quantità; proprietà della materia; ordinamenti. 11 Idee e strategie matematiche in gioco ovvero il problema e le “mie” strategie Anna Angeli e Mariangela Di Nunzio RSDDM, Bologna Sunto. Partendo da situazioni problematiche (narrate, estrapolate da favole, da giochi di strategia) il bambino, attraverso la strategia operativa, impegna le proprie risorse, per cercare di soddisfare sia la nostra richiesta sia la sua esigenza di soluzione. Le attività ludiche e le situazioni problematiche qui presentate sono state progettate per attivare, nei bambini, meccanismi di interesse e di motivazione nei riguardi della matematica; cercando di sviluppare modelli di pensiero, capacità di argomentare, di raccogliere informazioni rilevanti, di trovare soluzioni creative ad un problema. Risolvere problemi significa trovare una strada per uscire da una difficoltà, una strada per aggirare un ostacolo, per raggiungere uno scopo che non sia immediatamente raggiungibile. Risolvere problemi è un‟impresa specifica dell‟intelligenza e l‟intelligenza è il dono specifico del genere umano: si può considerare il risolvere i problemi come l‟attività più caratteristica del genere umano. (Polya, 1983). Premessa Risolvere problemi è caratteristica costante dell‟agire dei bambini. Muoversi nel mondo comporta assumere delle decisioni attraverso l‟agire, perciò è importante che il bambino abbia un atteggiamento positivo verso la risoluzione dei problemi perché sviluppando ed utilizzando strategie, si abitua a controllare e correggere il proprio operare. Finalità La motivazione essenziale che ci ha spinto a progettare un percorso basato sui problemi è dettata dalla consapevolezza che i bambini, già dal loro arrivo a scuola possiedono un consistente bagaglio di conoscenze (D‟Amore et al., 2004), ma molto raramente ciò che sanno è stato imparato intenzionalmente mentre a scuola i bambini “imparano ad imparare” (Pontecorvo, Pontecorvo, 1985). Infatti, da una parte apprendono ad usare e controllare strategie, dall‟altra a monitorare la propria consapevolezza ed i propri processi di pensiero. 12 Metodo La metodologia didattica è stata quella per “scoperta”, legata all‟apprendimento “attivo per esperienze” con il fine di potenziare lo sviluppo del pensiero critico e della logica. Il lavoro è stato condotto sia individualmente sia nel piccolo gruppo per favorire l‟aiuto reciproco, potenziare l‟autostima. Abbiamo privilegiato l‟osservazione dei bambini lavorando, il più possibile in compresenza; durante l‟attività abbiamo analizzato: il linguaggio usato, la gestualità, la dinamica all‟interno del gruppo, la ripartizione dei compiti, il coinvolgimento emotivo, le “metafore” utilizzate per spiegare la soluzione, la costruzione della soluzione, la consapevolezza di “aver fatto”. Alla conclusione delle attività sono stati rielaborati i dati raccolti e per ogni situazione formulato considerazioni utili per la progettazione delle future unità didattiche. Abbiamo attribuito agli errori, durante lo svolgimento delle attività, un ruolo positivo per la costruzione sociale del sapere. Come dice Dolto (1992): «L‟adulto deve farsi discreto, egli c‟è per permettere ad ogni bambino di elaborare il proprio pensiero, di scegliere con cognizione di causa e di discutere le leggi del gruppo: egli deve farsi zero per consentire al bambino di diventare uno». Strumenti Per avviare il bambino ad operare in situazioni problematiche, abbiamo ritenuto opportuno raccogliere tanto materiale: oggetti riportati dai luoghi delle vacanze o raccolti durante una passeggiata nel bosco, al parco, … Dopo aver osservato i materiali raccolti, si è proceduto ad una classificazione degli stessi tenendo conto degli attributi, abbiamo proseguito inventando delle semplici situazioni problematiche che potevano essere risolte con percorsi e strategie proprie di ogni bambino. I giochi proposti sono diventati un‟occasione per creare veri problemi: situazioni in cui usare delle strategie, dei ragionamenti e, perché no?, la fantasia e la creatività. Lavorare sui giochi permette di studiare modi efficaci per fare la matematica con i bambini, in quanto il gioco pone problemi e richiede l‟elaborazione di strategie di soluzione. Giocando, i bambini, vengono a trovarsi nella condizione più favorevole per individuare il problema ed intuire la soluzione. Attraverso questo tipo di situazione, il “problema” diventa “loro”, in modo che, i bambini, assumendosi la responsabilità della soluzione costruiscono il loro sapere. «Non vi è molta differenza fra il piacere provato da un dilettante a risolvere un abile rompicapo ed il piacere che un matematico prova nel dominare un problema più difficile» (Gardner, 2000). Percorso Attraverso ogni narrazione, ogni disegno, ogni attività passa un contenuto matematico di prim‟ordine, purché sia organizzativo, razionale e strutturante. 13 La matematica non si fa solo facendo matematica; è un certo modo di “vedere” il mondo, di “leggere” la realtà, di interpretare gli avvenimenti (D‟Amore et al., 2004). I bambini sono in grado di dominare vaste tipologie di situazioni con capacità che potremo definire matematiche. Nella scuola dell‟infanzia non dobbiamo fare fatica ad inventare problemi fittizi chiedendo ai bambini di risolverli: ai bambini piccoli piace molto vestire i panni di altri e giocare a far finta di essere in un altro posto, entrando in una favola, vestendo i panni di personaggi fantastici. Né abbiamo difficoltà a proporre problemi veri: basta raccogliere i problemi che ci regalano i bambini quasi ogni giorno, quelli che si pongono al di fuori delle pareti dell‟aula e poi portano a scuola. È certo che un gruppo di bambini che prepara una frittata o la macedonia sviluppa, a seconda di come vengono guidati dagli adulti, una quantità straordinaria di “competenze in matematica” e di “competenze matematiche” (Fandiño Pinilla, 2003). 1. Percorso problematico: Numeri da favola. Dieci paperelle in alto mare Questa è una storia vera o meglio quasi vera. Lo scrittore Eric ha aggiunto qualche particolare non proprio reale, ma si sa tutte le storie partono con qualcosa di vero e qualcosa di inventato. Chuckedy - Chuckedy - Chuck stride la macchina che fa le paperelle di gomma. Una dopo l‟altra saltan fuori le piccole paperelle gialle, una dopo l‟altra… vengono inscatolate - 10 per cassa… ed eccole in partenza! Il camion le scarica su un mercantile in attesa. Un‟onda gigantesca sposta una delle casse e la scaraventa in acqua. La cassa si apre e 10 piccole paperelle di gomma si rovesciano fuori. “10 paperelle in mare!” … Poi le 10 paperelle cominciano a separarsi”. 10 piccole papere galleggiano. Abbiamo aiutato i bambini a disegnare e a ritagliare, su un cartoncino, la sagoma di una paperella, e a ripetere l‟attività fino ad averne creato 10; suggeriamo ai bambini di aggiungere il becco, gli occhi e di scrivere sulla loro pancia un numero da uno a dieci. Quando le paperelle erano pronte abbiamo praticato sulla loro testa un foro per farvi passare un nastrino colorato, in modo da poter essere annodate, come collane, al collo dei bambini. Prima di proseguire il racconto abbiamo preparato delle carte raffiguranti i personaggi che le papere incontrano durante il loro viaggio: un delfino, una foca, un orso polare, un fenicottero, un pellicano, una tartaruga marina, un polpo, un gabbiano e una balena. Una volta pronte, abbiamo nascosto le carte nell‟aula, ci siamo messi in cerchio e abbiamo iniziato a leggere. 14 La paperella numero 1 è spinta verso ovest. Un delfino la saluta e si allontana. La paperella numero 2 verso est. Una foca le passa accanto. La paperella numero 3 è trascinata verso nord. Un orso polare la guarda vicino al ghiaccio. La paperella numero 4 è trascinata a sud. Un fenicottero la guarda meravigliato. La paperella numero 5 si sposta a sinistra. Un pellicano le sorride. La paperella numero 6 si sposta a destra. Una tartaruga le guizza accanto. La paperella numero 7 ondeggia su. Un polpo strabuzza gli occhi. La paperella numero 8 ondeggia in giù. Un gabbiano la sorvola stridendo. La paperella numero 9 scivola da questa parte. Una balena le canta il suo saluto. Caccia all‟amico Abbiamo proposto ai bambini di ripercorrere nella sezione il viaggio avventuroso delle paperelle. Abbiamo preparato una mappa dell‟aula e stimolato i bambini a disegnare i simboli per indicare, al bambino – papera, il percorso che lo porterà ad incontrare l‟animale della storia. Una volta trovato l‟amico animale, abbiamo chiesto al bambino di descrivere il percorso utilizzando in modo appropriato i connettivi spaziali. Abbiamo proposto di progettare un plastico dove poter giocare con la storia, abbiamo lasciato i bambini liberi di inventare altri tragitti, dando loro l‟opportunità di consolidare le conoscenze acquisite, riorganizzare lo spazio immaginato. Una strada per ogni papera Abbiamo preparato sul pavimento della sezione un piano quadrettato formato da 90 quadretti, nel quadrato in alto a sinistra abbiamo fissato la partenza, ovvero la nave, e nelle caselle del quadrato in basso a destra l‟arrivo, ovvero gli animali – amici (diversi per ogni giocata). Abbiamo costruito un dado e riportato su quattro facce un cerchio di diverso colore. Il cerchio rosso dice. Mi muovo a sinistra di una casella; quello giallo dice: Mi muovo a destra di tre caselle; quello blu permette di muoversi di una casella in qualunque direzione; quello verde indica di muoversi in basso di due caselle. Le altre due facce del dado erano neutre e la loro uscita faceva saltare il turno. Abbiamo preparato un cartellone dove i bambini, con simboli e disegni, hanno costruito la legenda. Infine siamo passate a costruire i segnalini papera (contrassegnati da 1 a 9) e nove cartoncini raffiguranti gli animali amici da posizionare, due a due sulla casella arrivo. Lo scopo del gioco era di muoversi sul piano in base all‟uscita del lancio del dado. Si giocava in due e vinceva il giocatore che per primo raggiungeva l‟animaletto. Per evidenziare la destra e la sinistra del piano abbiamo colorato, con lo stesso tono del colore del dado, le linee di confine del reticolo. 15 P. Balena e polpo Gioco carte papera nera Abbiamo preparato delle carte raffiguranti le paperelle numerate da 1 a 10 e nove carte raffiguranti gli animali incontrati, anche queste numerate. La paperella 10 era la papera nera. Istruzioni: si gioca con quattro bambini distribuendo 4 o 5 carte per ogni giocatore, il quale scarta la coppia corrispondente che ha in mano e poi dispone le altre a ventaglio. Scelto il bambino che deve iniziare, questo pesca una carta dal giocatore che lo precede. Se la carta pescata fa coppia con una di quelle che ha in mano si scarta la coppia, altrimenti la si aggiunge alle altre; quindi si fa pescare una delle proprie carte al compagno che segue. Si procede, così, fino a quando rimane in mano ad un giocatore solo la paperella nera cioè la numero 10. Il problema delle strade Continuando il racconto, abbiamo scoperto che la paperella numero 10 incontra 9 anatroccoli con la loro mamma, lei si accoda al gruppo e va a dormire nel loro nido. Ora che tutte le paperelle hanno un compagno abbiamo giocato a creare i percorsi effettuati dalle papere. Abbiamo preparato due reticoli come quelli della figura. Su ogni reticolo abbiamo disegnato gli animali amici delle papere. 16 Istruzioni: ogni papera deve trovare il percorso sulle linee, che la porta al suo amico animale ma non deve incrociare quello delle altre papere. Tracciato il reticolo a terra, con del nastro adesivo abbiamo invitato i bambini papere a camminare sulle linee cercando di risolvere il loro problema. Abbiamo contrassegnato le strade già percorse, per rendere possibile, qualora fosse stato necessario, ritornare sui propri passi. La battaglia amichevole Prepariamo, sul cartoncino, due reticoli di dieci quadretti per lato (vedi figura seguente). 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 Rosso azzurro verde giallo arancione nero blu viola rosa marrone Abbiamo preparato le carte raffiguranti alcuni animali, ritagliato dieci rettangoli di cartoncino della stessa misura di un riquadro del reticolo e disegnato su cinque di questi alcuni amici incontrati dalle paperelle; abbiamo poi ripetuto il disegno su gli altri cartoncini. Istruzioni: si gioca in due squadre. Ogni squadra posiziona le sue cinque carte sul reticolo nei riquadri che vuole. A turno le squadre tentano di scoprire, dando le coordinate (es: 3 blu; oppure 5 rosa) alla squadra avversaria, dove è posizionato l‟amico – animale, se viene individuato, la squadra che ha “sparato” il colpo vince la carta e la può prendere per far coppia con la relativa paperella. Vince la partita chi riesce a fare più coppie. La fabbrica delle paperelle Abbiamo riproposto la storia dall‟inizio. Chuck stride la macchina che fa le paperelle di gomma. Una dopo l‟altra saltan fuori le piccole paperelle gialle, una dopo l‟altra. Le piccole paperelle vengono dipinte – occhi azzurri e becchi rossi. Poi vengono inscatolate – 10 per cassa… ed eccole in partenza! Il camion le scarica su un mercantile in attesa… 17 Le paperelle di das che i bambini hanno preparato sono state messe nel cerchio della conversazione e i piccoli operai sono stati invitati a fare una stima del numero delle paperelle. Abbiamo registrato i numeri detti, preparato tante scatole e abbiamo invitato i bambini ad inscatolare le paperelle 10 a 10 nelle casse. Dopo abbiamo voluto verificare la stima, abbiamo chiesto ai bambini: Come possiamo fare per verificare? I bambini hanno suggerito di contare 10 paperelle, metterle nella scatola, chiuderla. Poi ricontare altre dieci e così via ad esaurire tutte le paperelle per poterle spedire. Ma le paperelle, quante sono?, insistiamo. Alcuni bambini suggeriscono di riaprire le scatole e di contare le papere. Un bambino dice: Ma che le riapriamo a fare? Dentro ad ogni scatola ci sono 10 paperelle. Bene e allora? Insistiamo: Quante sono in tutto? Ho capito! Contiamo le scatole 1; 2; 3; … Le paperelle sono… 8. Ma che dici! Se ne abbiamo fatte tantissime. I bambini riflettono… No, sono 10 in 8 scatole. Sicuro, ma quante sono allora tutte le paperelle? Un bambino intuisce e inizia a contare: 10, sposta la prima scatola, 20 e mette la seconda scatola sopra la prima… e via fino a 80, poi si gira e vede 8 papere rimaste fuori. Quindi continua a contare 81, 82, 83, … 18 Invitiamo i bambini a rappresentare la situazione – problema in un foglio. 2. Percorso problematico: parliamo di problemi Abbiamo lanciato, nell‟angolo delle parole, alcune domande e abbiamo portato i bambini non solo a dare risposte ma a cercare di spiegarle e riferirle alle proprie esperienze. Questo ha aiutato il bambino a superare il flusso di percezioni, emozioni, sentimenti, opinioni, puntando alla costruzione di competenze logiche: ragionare correttamente imparando, quindi, a concettualizzare (fornire la definizione essenziale di una cosa o di una 19 nozione, per esempio: che cos‟è un problema?); problematizzare (mettere in discussione, rendere problematica, dubbiosa un‟opinione); argomentare (per i bambini si tratta di dare delle buone ragioni). Una mattina abbiamo chiesto ai bambini: Che cos‟è un problema?. Stralcio da una conversazione libera: Mio papà quando fa il turno di notte dice: Devo andare a lavorare e questo è un problema. Maestra, Elena ha le scarpe sciolte. Elena, legati le scarpe. Non sono capace. Martina afferma: Questo è un problema. Come si risolve? O impara a legarsele o chiede aiuto a qualcuno. Io, so fare, lo risolvo io, dice Noemi. Giada dice: Noemi, ho il grembiule slacciato. Ora sto risolvendo il problema di Elena, aspetta. Allora, che cos‟è un problema? Se Martina vuole farsi la treccia, ma non è capace. Come fa? Per Cenerentola non andare al ballo è un problema. Meno male che c‟è la fatina. Se voglio invitare le mie amiche devo dirlo alla mamma e anche alle loro mamme. Prendendo spunto dalla loro conversazione e rilanciando le situazioni problematiche che avevano posto, abbiamo chiesto ai bambini come le risolverebbero. Ad esempio: Se un bambino piccolo vuole scrivere il suo nome e non è capace. Come fa? Chiede aiuto alla sorella più grande. Pinocchio è chiuso in gabbia. Come fa ad uscire? Arriva la fatina che lo fa uscire con la magia. Un bambino racconta: L‟altra volta abbiamo lasciato il rubinetto aperto e l‟acqua vuotata non andava via, perché avevamo chiuso il buco con la carta. Sul pavimento si scivolava. Sai come abbiamo risolto il problema? I bambini hanno presentato problemi concreti e li hanno risolti attraverso la discussione collettiva. In questo modo il problema pratico del singolo è diventato il problema teorico di tutti i compagni. Abbiamo chiesto ancora che cosa bisogna fare per risolvere problemi. Bisogna accendere il cervello. Parlare tanto così vengono le idee. Chiedo aiuto, e quando mi aiutano sto meglio. La sezione durante le conversazioni diventa un luogo in cui ciascuno pensa, uno spazio di dialogo autentico (il dialogo che conduce alla riflessione). 20 Attraverso la discussione-comunicazione il bambino può chiarire opinioni, idee, esplicitando un pensiero intuitivo. Attraverso l‟ascolto reciproco, ciascuno può accedere ad un livello superiore di riflessione, di comprensione e di conoscenza. Questo modo di dialogare permette ai bambini di imparare a: confrontare le loro opinioni e le loro esperienze; riconoscere dei punti di vista differenti; motivare i propri enunciati; vedere le cose non solo dal proprio punto di vista ma anche partendo dalle prospettive di coloro che sono presenti. 3. Percorso problematico: il problema di uno psicologo Per proporre questo problema ci siamo ispirate agli studi dello psicologo francese Raymond Duval che ha dato alla didattica della matematica un impulso formidabile (2006). Un capostazione ha un problema Abbiamo stimolato i bambini con una richiesta speciale: un grande psicologo ha chiesto aiuto a voi, tutti insieme, per risolvere un problema. In una stazione ci sono 30 automobili che devono essere trasportate in una città lontana. Per spedirle bisogna caricarle su un treno. Il capo stazione non sa quanti vagoni deve attaccare alla locomotiva. Chiede aiuto a voi dicendo: Ogni vagone può portare solo 3 automobili, mi aiutate a sapere quanti vagoni devo attaccare? Abbiamo lasciato liberi i bambini di usare i materiali che preferivano per aiutare il capostazione; quasi tutti hanno utilizzato la penna, i pennarelli e i fogli. Matteo ha scelto la rappresentazione con i numeri, disegnando una sorta di rotaia con dei riquadri – vagoni dove ha scritto 1; 2; 3; poi ha contato da 1 a 30 21 e a quel punto ha smesso di disegnare i vagoni. Li ha contati e sono risultati 10. Daniele ha rappresentato le macchinine con il simbolo tenendo a mente la successione numerica, quando è arrivato a 30 ha finito il treno dicendo che servivano 10 vagoni. Isotta ha disegnato un vagone alla volta e sopra vi ha disegnato delle macchinine micro, colorandole, di tanto in tanto le contava e aggiungeva un altro vagone. Quando è arrivata a 30 macchinine e 10 vagoni ha tagliato il foglio in eccedenza. 22 Un cartellone con alcune rappresentazioni Abbiamo verificato qual è il registro semiotico utilizzato da ognuno di loro perché, oltre alla soluzione del problema, è importante anche la rappresentazione che ogni bambino si costruisce per arrivare all‟esplicitazione del suo personale concetto matematico (D‟Amore, 1998). La scelta per rappresentare un oggetto è personale e, di fronte allo stesso quesito, i bambini hanno scelto rappresentazioni diverse dello stesso oggetto fatte all‟interno degli stessi registri semiotici (in lingua naturale, attraverso uno schema con disegni, simboli, …). Il problema diventa della sezione La proposta seguente e conseguente, rientra nelle “pratiche condivise”; si sono mostrate ai bambini le rappresentazioni realizzate da ciascuno di loro, chiedendo di spiegare come erano arrivati a quella soluzione. Il gruppo sezione ha discusso, su quale tra le rappresentazione era la più giusta, la più bella; abbiamo verificato, poi, se le soluzioni proposte dai bambini, attraverso i loro disegni, erano condivise dalla classe. Abbiamo invitato i bambini a disegnare tante macchinine, a ritagliarle e metterle in un contenitore apposito, successivamente hanno disegnato e ritagliato dei grandi vagoni di un treno e la locomotiva. Una volta in possesso di tutto il materiale abbiamo creato una situazione gioco, dove un bambino a turno era il capostazione che illustrava ai bambini il suo problema; quando tutti hanno raccontato il quesito, abbiamo invitato i bambini a trovare una soluzione condivisa da tutti, in modo da aiutare il capostazione. I bambini hanno contato le macchinine. Prendiamo il contenitore delle macchinine e mettiamole sui vagoni. 23 Dobbiamo prima contare le macchinine; devono essere 30. Una volta raggiunto l‟accordo e contato il numero di automobili, i bambini sono passati alla sistemazione. Mettiamo la locomotiva, poi i vagoni. Mettiamo le macchinine sopra ai vagoni. Ci sono troppi vagoni, dice Matteo; ne bastano 10. Matteo aveva individuato il risultato: 10 vagoni, ma i compagni si fanno prendere dalla costruzione del treno e mettono tutti i vagoni ritagliati (circa 21). Matteo ribadisce: Bisogna mettere 3 macchinine per ogni vagone. Cominciano a posizionarle, contando, 3 passano all‟altro vagone… 3 e così fino alla fine delle macchinine. Elena conta le macchinine sui vagoni e si accorge che sono troppe, allora decidono di contare le macchine fino a 30 e togliere quelle in più, mettendole nel cesto. Un bambino ha domandato: Dove le mettiamo quelle che sono nel cesto? Le macchinine da sistemare erano 30. I vagoni sono troppi. Li togliamo e facciamo un‟altra locomotiva e dentro ai vagoni di quest‟altro treno ci mettiamo i passeggeri, ha proposto Lorenzo. Il treno della sezione, finalmente era pronto per partire composto da 10 vagoni più la locomotiva e con il suo carico di 30 macchinine. In questa attività, abbiamo osservato come i bambini contrattavano socialmente le rappresentazioni, come riuscivano a comunicare tra loro sulle scelte fatte, che senso davano alle rappresentazioni, come trovavano un accordo sociale. In questa produzione collettiva sono entrati in gioco tutti i registri: i segni, la narrazione, la mimica. Nella discussione collettiva i bambini dell‟intera sezione hanno attivato la costruzione cognitiva e linguistica, hanno organizzato il pensiero, hanno argomentato e comunicato trovando un codice condiviso e impegnandosi in un “discorso matematico”, sebbene ingenuo. 24 Bibliografia AA.VV. (2004). Le competenze dei bambini di prima elementare: un approccio all‟aritmetica. La matematica e la sua didattica. 1, 47-95. Carle E. (2006). Dieci paperelle in alto mare. Milano: Mondadori. D‟Amore B. (1993). Problemi. Pedagogia e psicologia della matematica nell‟attività di problem solving. Milano: Angeli. D‟Amore B. (1998). Oggetti relazionali e diversi registri rappresentativi: difficoltà cognitive ed ostacoli – Relational objects and different representative registers: cognitive difficulties and obstacles. L‟educazione matematica. 1, 7-28. [Questo articolo è stato ripubblicato in lingua spagnola: Uno, 15, 1998, 63-76]. D‟Amore B., Fandiño Pinilla M.I., Gabellini G., Marazzani I., Masi F., Sbaragli S. (2004). Infanzia e matematica. Didattica della matematica nella scuola dell‟infanzia. Bologna: Pitagora. D‟Amore B., Marazzani I. (2003). Problemi di matematica nella scuola primaria. Bologna: Pitagora. Dolto F. (1992). Come allevare un bambino felice e farne un adulto maturo. Milano: Mondadori. Duval R. (2006). Comment analyser le role et le fonctionnement des representations semiotiques dans les activietes mathematiques? In: S. Sbaragli (2006). La matematica e la sua didattica, vent‟anni di impegno. Roma: Carocci. 101 – 104. Fandiño Pinilla M.I. (2003). “Diventare competente”, una sfida con radici antropologiche. In: D‟Amore B., Godino J., Arrigo G., Fandiño Pinilla M. I. (2003). Competenze in matematica. Bologna: Pitagora. Polya G. (1983). Come risolvere i problemi di matematica. Milano: Feltrinelli. (Edizione originale: 1945). Pontecorvo C., Pontecorvo M. (1985). Psicologia dell‟educazione conoscere a scuola. Bologna: Il Mulino. Sbaragli S. (2006). “Pratiche personali” e “pratiche condivise” nella scuola dell‟infanzia. In: D‟Amore B., Sbaragli S. (Eds.) (2006). Il convegno del ventennale. Atti del convegno di Castel San Pietro Terme. 3-4-5 novembre 2006. Bologna: Pitagora. 99-106. Schidlowsky H. (2001). La filosofia per bambini: una educazione alla felicità e alla democrazia. Dossier International de: “L‟Agora”. Revue internationale de didactique de la philosophie. Vygotskij L.S. (1931-1980). Il processo cognitivo. Torino: Boringhieri. Parole chiave: problema; favola; giochi di percorso. 25 Mappe, pirati, decine e unità Un’esperienza alla scuola dell’infanzia Eleonora Belli e Lucia Scotti Scuola dell‟infanzia Fratelli Grimm, VII circolo, Piacenza Sunto. Si tratta di un‟esperienza didattica svolta all'interno del laboratorio di matematica della nostra scuola dell'infanzia. Sono esposte le varie fasi della ricerca – azione svolta con i bambini di quattro e cinque anni. La linea dei numeri, nata come filo conduttore della mappa dei pirati, si è dimostrata rigorosa e scientifica quanto fantasiosa, perché costruita con fagioli e conchiglioni di pasta. I bambini hanno potuto sperimentare l‟uso di uno strumento didattico divertente ed efficace che li ha favoriti nell'acquisizione di importanti competenze matematiche e li ha resi sicuri nel conteggio di numeri grandi, oltre la decina. La scuola Fratelli Grimm ha partecipato al Progetto in Rete di qualificazione e miglioramento della scuola dell‟infanzia Intelligenza matematica finanziato dalla Provincia e dal Comune di Piacenza rivolto ai bambini di 3 - 6 anni con lo scopo di avvicinarli alla matematica in modo ludico. Il Progetto è stato realizzato nel 2008/09 e nel 2009/10; ha previsto in questi due anni una formazione iniziale dei docenti condotta dal Nucleo di Ricerca in Didattica della Matematica dell‟Università di Bologna (in particolare si sono tenuti corsi di formazione in servizio coi docenti Bruno D‟Amore, Martha Isabel Fandiño Pinilla, Ines Marazzani) e la successiva creazione di percorsi didattici operativi ideati e condotti dalle insegnanti delle sezioni coinvolte. Concretamente, a Borgotrebbia i bambini di 4 e 5 anni di tutta la scuola hanno giocato riflettendo intorno al concetto di numero, imparando strategie di conteggio all‟interno di un contesto fantastico (Il mondo dei Pirati) e manipolando materiali reali come i fagioli e i conchiglioni di pasta per rappresentare i numeri. Valorizzando le loro personali capacità e divertendosi, i bambini hanno appreso a riconoscere numeri anche “molto grandi” (40) e a effettuare addizioni ed operazioni logiche. Il lavoro è iniziato con una ricognizione delle conoscenze dei bambini di quattro e cinque anni; lo strumento di indagine è stata una conversazione collettiva guidata dall‟insegnante che ha chiesto: Conoscete i numeri? Che cosa sono? A cosa servono? Chi li usa? Sapete contare? Fino a quanto? In che modo? Quanti sono i numeri? Queste conversazioni ci hanno permesso di avviare una prima riflessione collettiva sull‟idea di numero che avevano i bambini. Abbiamo così scoperto che i bambini hanno conoscenze pregresse di tipo matematico; questo dipende 26 certo dal quotidiano familiare ma anche dalle esperienze ludiche e verbali di classificazione e riconoscimento delle cifre effettuate in classe, nelle sezioni, gli anni precedenti. Abbiamo utilizzato queste conoscenze come base di partenza per ampliare e costruire nuove competenze. L‟attività di ricerca del numero ha appassionato i bambini che hanno trovato numeri ovunque. Ogni giorno rinvenivano occasioni per contare in tutti i modi. Questa particolare situazione è nata in maniera semplice ed è stata sviluppata in modo che catturasse l‟attenzione dei bambini e li motivasse nella scoperta dei numeri e del conteggio. Il percorso descritto in queste pagine è nato da una situazione iniziale non allestita per il raggiungimento di qualche obbiettivo specifico; tuttavia le insegnanti si sono rese conto che era un‟occasione potenzialmente ricca di acquisizioni sulle quali costruire delle attività per creare competenze. Simone, una mattina, ha portato ai suoi compagni una mappa del tesoro trovata nelle merendine. La prima attività è stata l‟osservazione della mappa stessa: i bambini hanno osservato i disegni che la componevano, ma la loro attenzione si è soffermata soprattutto sui numeri che indicavano il percorso per arrivare al tesoro. La mappa del tesoro Quest‟anno abbiamo letto diversi libri sui pirati. M.: Osserviamo bene la mappa. Che cosa vediamo? B.: La barca dei pirati. Gli alberi. Gli uccelli. L‟acqua. L‟uccello che ruba la mappa. I numeri. M.: Sono tanti o pochi i numeri sulla mappa? B.: Tanti. M.: Perché hanno messo dei numeri sulla mappa? B.: I numeri servono per fare la strada che porta al tesoro. Si parte dal numero 1 e si arriva al tesoro al numero tre-zero. M.: Qualcuno mi sa dire come si può dire in un altro modo il numero tre-zero? A.: Si legge trenta. La sicurezza di A. dimostra che esperienze vissute al di fuori della scuola ed esperienze fatte a scuola nei momenti di gioco hanno dato modo ad alcuni bambini di costruire competenze corrette. Dopo un‟attenta osservazione, i bambini, condividendo le conoscenze di ognuno sulla conta numerica, hanno ripetuto la sequenza e, stimolati dalle insegnanti, hanno deciso di costruire una linea dei numeri come quella della mappa. La linea dei numeri M.: I numeri sulla mappa sono attaccati l‟uno all‟altro? B.: Sì, c‟è una corda che li attacca tutti: vedi? 27 M.: Proviamo anche noi a fare una linea dei numeri utilizzando una corda? Come possiamo fare? B.: Si scrivono i numeri dall‟1 al 30 e poi si attaccano ad una corda. A questo punto abbiamo preparato dei cartoncini rotondi. M.: Adesso prendiamo tutti un cartoncino e scriviamo tutti il numero 1. B.: No, uno solo scrive “uno”. F.: Lo faccio io. M.: Bambini, per voi va bene se Fabio scrive il numero 1 sul cartoncino? S.: Sì, io faccio il 2. G.: Io il 3. Man mano, tutti i bambini si propongono per scrivere e colorare sul cartoncino i numeri. Dopo il numero 10, i bambini grandi che sanno contare meglio prendono l‟iniziativa e completano la linea dei numeri. Quando i bambini hanno terminato, l‟insegnante prende una corda, la fissa da un punto all‟altro dell‟aula e poi chiede: E adesso? B.: Adesso si attaccano i cartoncini con i numeri. M.: Con quale numero si parte? B.: Uno. La maestra aspetta. Fabio, che ha in mano il cartoncino con il numero 1, esita. I bambini più grandi lo sollecitano: Tocca a te, vai! Poi i bambini si alzano spontaneamente quando si accorgono che hanno il numero in sequenza per proseguire la linea in senso crescente. Si arriva così fino al numero 27: i bambini si guardano l‟un l‟altro e osservano: Maestra, non abbiamo più numeri. M.: Quali numeri mancano? A.: Il 28, il 29 e il 30. Facilmente li realizziamo, completando così la linea dei numeri da 1 a 30. M.: Oltre al numero scritto così (in cifra), in quale altro modo possiamo scrivere i numeri? G.: Con le lettere, con un disegno delle mani, con un bambino che conta con le dita. M.: Ma come si fa? B.: Con le dita delle mani, disegniamo le nostre mani e coloriamo le dita che indicano il numero. Fotocopiamo tanti disegni di mani e completiamo anche con le dita colorate la linea dei numeri. Dopo aver completato la linea dei numeri, abbiamo giocato a costruire una linea dei numeri formata dagli stessi bambini. Abbiamo preso dei cartoncini sui quali abbiamo riscritto i numeri dall‟1 al 30 e li abbiamo posizionati sul tavolo con il numero girato sotto. Ogni bambino ha preso un cartoncino e, al “Via!” dell‟insegnante, doveva collocarsi nella giusta posizione in sequenza crescente. 28 L‟insegnante non è mai intervenuta e i bambini si sono sistemati da soli nella giusta posizione, con l‟aiuto dei più grandi ogni qualvolta si è reso necessario. Il numero – quantità Dopo qualche giorno l‟insegnante si è presentata a scuola con trenta sacchetti vuoti, un sacchetto pieno di fagioli secchi e un sacchetto di conchiglioni di pasta. L‟insegnante distribuisce ad ogni bambino un sacchetto con sopra scritto un numero: da 1 a 10 per i più piccoli e da 11 a 30 per i più grandi. Poi pone sul tavolo, davanti ad ogni bambino, una manciata di fagioli. I bambini che hanno i sacchetti dall‟1 al 10 riempiono il proprio sacchetto con tanti fagioli corrispondenti al numero scritto sopra. Arrivati al numero 10, l‟insegnante prende un conchiglione e lo riempie con dieci fagioli. Ribadisce ai bambini che dentro ad ogni conchiglione ci stanno 10 fagioli. M.: Come facciamo a fare il numero 11 con le conchiglie e i fagioli? G.: Mettiamo nel sacchetto un conchiglione (che fa 10) e un fagiolo: dieci più uno, undici. Dall‟11 al 19 i bambini hanno riempito i sacchetti nella maniera giusta usando i conchiglioni come decine e i fagioli come unità. Ma l‟intenzione era quella di completare la linea dei numeri che arriva a 30 con i sacchetti-quantità. Giorgia, che ha il sacchetto con il numero 20, chiede: Io cosa ci metto? I bambini cominciavano a formulare le loro ipotesi; noi insegnanti non intervenivamo, ma ci limitavamo a rilanciare le osservazioni più pertinenti, finché Lorenzo è arrivato alla soluzione: Maestra ci mettiamo due conchiglioni e basta, perché se in un conchiglione ci stanno dieci fagioli in due ce ne stanno venti. A questo punto, trovata la strategia, in un attimo anche i sacchetti dal venti al trenta venivano riempiti. Come verifica, il giorno dopo noi insegnanti abbiamo chiesto ai bambini di scrivere i loro numeri preferiti in cifre e di disegnare sotto ad ognuno la corrispondente rappresentazione con i sacchetti, i conchiglioni ed i fagioli. Con questa attività i bambini hanno dimostrato di cogliere simbolicamente la differenza tra unità e decina. Per avvicinarsi all‟idea di decina come raggruppamento di quantità la strategia vincente è operare in una situazione problematica concreta (riempimento dei sacchetti). Partendo dalla decina si è effettuato un conteggio dal punto di vista ordinale: ciò che ci interessava era il posto occupato dal numero in una serie. Valutando invece le unità che compongono i singoli numeri abbiamo attuato un conteggio dal punto di vista cardinale. 29 Raccolta delle rappresentazioni spontanee In un primo momento ciò che ci interessava era verificare se i nostri allievi avessero davvero costruito quelle competenze che le esperienze di ricerca mostrano. Nell‟età che precede la scuola primaria vi è un percorso di conoscenza numerica variabile da bambino a bambino, ma comunque ricco e articolato, che include aspetti concreti e astratti del concetto di numero (D‟Amore et al., 2004). Le concezioni numeriche ingenue (3 - 6 anni) sono collegate allo sviluppo linguistico e si suddividono fondamentalmente in collezione dei numerali e collezione dei simboli numerici. Dalla connessione di questi aspetti emerge l‟idea astratta di numero che diventa la base delle diverse conoscenze concrete e permette di tenere insieme gli aspetti linguistici (dire le parole), gli aspetti grafici (i disegni dei numeri), gli aspetti logici (elencare elementi), gli aspetti operativi (per esempio contare i fagioli) (Caldelli, D‟Amore, Giovannoni, 1984). Tutte le attività sono state precedute e seguite da momenti di confronto tra i bambini mediato dall‟adulto; i bambini hanno raccontato quello che avevano fatto. Lo scopo era quello di puntare sull‟interazione fra i bambini, per realizzare la costruzione di un sapere condiviso da tutti e di un codice espressivo comune (significato dei conchiglioni e dei fagioli). La narrazione delle azioni eseguite è importante perché, spiegando agli altri, rinforziamo la comprensione dei ragionamenti effettuati (D‟Amore, 1999). Le scoperte intorno alla costruzione della linea dei numeri si sono a poco poco ampliate, coinvolgendo i bambini nell‟uso consapevole dei numeri nei giochi liberi, nel disegno spontaneo oltre che nei momenti di attività guidata: i pirati della classe sapevano orientarsi su una quantità di mappe diverse disegnate da loro stessi per variare di volta in volta i giochi di fantasia che inventavano, così come si potevano variare moltissimo le squadre per fare gare, o contare quanti dobloni c‟erano nei forzieri o diventare sempre più affidabili ed autonomi nei conteggi relativi alle routines quotidiane. Queste situazioni di gioco erano caratterizzate da un continuo cambiamento delle variabili numeriche e dall‟uso delle diverse rappresentazioni (dita, fagioli, oggetti, simboli, cifre); i bambini stessi inventavano in modo sempre più complesso ed autonomo, avvicinandosi a poco a poco alla dimensione mentale del conteggio e del numero. Riteniamo che tra gli aspetti più importanti di questo percorso vi siano la motivazione dei bambini verso l‟apprendimento, e anche il lavoro svolto per gruppi cooperativi intesi come risorsa importante per la crescita e lo sviluppo dei bambini e del percorso stesso. Logicamente l‟organizzazione è fondamentale, nella formazione dei gruppi, nella creazione e distribuzione di materiali, nella ripartizione di ruoli e compiti. Un altro aspetto interessante è stata la collaborazione di tutti nella produzione dei materiali didattici. Il bambino che impara utilizzando il materiale didattico che ha prodotto insieme ai compagni, diventa protagonista del proprio 30 processo di conoscenza e sarà secondo noi un allievo anche critico nei confronti del materiale che a propria volta gli sarà sottoposto. La parola chiave che riesce a dare un senso al nostro lavoro è “coinvolgimento”. Coinvolgimento delle insegnanti interessate al progetto, coinvolgimento anche affettivo tra le insegnanti e i bambini, che insieme hanno condiviso le scoperte, le sfide, la curiosità. Proprio grazie a questo intenso coinvolgimento per i bambini il passaggio dalla concretezza alla capacità di astrazione è avvenuto naturalmente, in modo spontaneo e naturale. Bibliografia Caldelli ML., D‟Amore B., Giovannoni L. (1984). Il bambino matematizza il mondo. Firenze: La Nuova Italia. D‟Amore B. (1999). Elementi di didattica della matematica. Bologna: Pitagora. D‟Amore B., Fandiño Pinilla M.I., Gabellini G., Marazzani I., Masi F., Sbaragli S. (2004). Infanzia e matematica. Didattica della matematica nella scuola dell‟infanzia. Bologna: Pitagora. Parole chiave: concettualizzazioni intuitive; costruzione e condivisione delle conoscenze; conteggio; rappresentazioni; decina. 31 La “prima matematica” con [email protected]: un’esperienza monitorata nell’anno scolastico 2007/08 Francesco Aldo Costabile e Annarosa Serpe Dipartimento di Matematica, Università della Calabria Sunto. Il computer, nella scuola dell‟infanzia, può risultare un potente strumento interattivo, ed avviare processi di duttilità mentale, solo se l‟approccio allo strumento è gestito all‟interno di un percorso cognitivo. In tal senso, nel Centro Interdipartimentale di Ricerca Didattica (CIRD) dell‟Università della Calabria, è stato avviato un percorso di ricerca-azione (R.-A) sull‟utilizzazione del computer, in sezione, mediante il software didattico [email protected]. L‟intento precipuo, perciò, è di indagare se adeguati ambienti apprenditivi contribuiscono ad aumentare la creatività dei bambini ed, al contempo, rafforzare apprendimenti specifici in alcuni ambiti. In questo contributo, si presenta una sintesi dell‟esperienza monitorata nell‟anno scolastico 2007/08. 1. Quadro di riferimento L‟inserimento del computer in contesti educativi destinati alla prima infanzia ha acceso e continua ad accendere dibattiti e riflessioni di natura pedagogica ed istituzionale. Non mancano dubbi e perplessità (British Psychological Society, 2010), per cui l‟utilizzazione del computer nel processo formativo deve avvenire sulla base di attente riflessioni e salde consapevolezze pedagogiche. La possibilità per il bambino di accedere all‟utilizzo del computer viene valutata positivamente in taluni contesti; è dunque lecito chiedersi quali siano le modalità più idonee di utilizzo e soprattutto quale sia il ruolo, che in tale scenario, deve assumere la scuola dell‟infanzia nella mediazione dell‟uso dello strumento tecnologico, affinché quest‟ultimo risulti di effettivo ausilio all‟apprendimento ed allo sviluppo. Bruner sviluppa l‟idea che l‟essenza dell‟apprendimento sia strettamente correlata con strumenti interattivi che rendano possibile la traduzione dell‟esperienza in sistemi più efficienti di classificazione (Bruner, 1966). In questo modo si stabilisce una linea di comunicazione tra apprendimento e tecnologia. Bruner fa riferimento ad abilità e strumenti culturali, in questa accezione anche un linguaggio può essere considerato una tecnologia. Con l‟avvento del computer sono possibili nuove estensioni tecnologiche del linguaggio, in quanto estendendo la struttura lineare del linguaggio scritto nelle forme grafiche ed interattive, dinamiche consentite dal computer, le basi materiali per pensare ed apprendere, e con esse l‟intera pratica educativa, possono ampliarsi in modo sostanziale. 32 Il computer, come strumento informatico, mette a disposizione del bambino capacità di progettare strategie, di imparare ad imparare, ma soprattutto di imparare facendo; pertanto, nella scuola dell‟infanzia deve essere considerato soprattutto un ausilio didattico per consentire forme di comunicazione ed interazione, attraverso procedure interattive, che permettono la maturazione di abilità mentali superiori e tecniche operative di apprendimento. Il computer, dunque, come strumento flessibile: un kit di costruzione nelle mani di chi apprende. Il ricercatore che ha più lavorato a definire questo modo di intendere il computer è senz‟altro Papert che ha proposto e sviluppato una teoria dell‟apprendimento, il costruzionismo, che ha aperto la strada ad un‟utilizzazione attiva e costruttiva degli strumenti e delle tecnologie della comunicazione e dell‟informazione (Papert, 1993). Il computer, nella scuola dell‟infanzia, permette una specifica valenza formativa sia perché consente attività di potenziamento degli apprendimenti relativi ai diversi campi d‟esperienza, sia perché propone modalità di elaborazione e comunicazione in grado di incentivare il potenziale creativo del singolo attraverso l‟utilizzo di una pluralità di canali sensoriali; pertanto, progettare e sperimentare percorsi didattici che vedano l‟utilizzo del computer contribuisce a rendere il bambino protagonista dei propri processi di conoscenza. Tutto ciò si coniuga molto bene con l‟attività matematica. Infatti, nella scuola dell‟infanzia, l‟area della matematica si conferma come campo di esperienza privilegiato per lo sviluppo di capacità logiche; dunque, non solo disciplina dal carattere astratto, ma piuttosto linguaggio utile per la conquista delle capacità di pensare e ragionare in modo scientifico. Solo, però, un approccio idoneo, in termini di metodologia didattica, costituisce una variabile efficiente per fondare un atteggiamento soggettivo di apprezzamento per la matematica. Per mobilitare questo processo l‟insegnante deve gestire una didattica volta a promuovere le motivazioni intrinseche della curiosità, della ludicità e del piacere della scoperta, fattori insostituibili per capire ed interpretare la realtà. In particolare, la disponibilità di tecnologie costituisce un arricchimento dei contesti formativi, soprattutto alla luce del fatto che i bambini oggi sono digital natives. In Italia, le recenti normative del Ministero dell‟Istruzione, dell‟Università e della Ricerca (MIUR) sebbene da una parte hanno consentito l‟inserimento ufficiale del computer nella scuola dell‟infanzia, dall‟altra non hanno prodotto miglioramenti rilevanti dal punto di vita dello status tecnologico in quanto la non obbligatorietà dell‟uso, ha determinato un forte rallentamento nella sperimentazione didattica. 33 2. L’esperienza di ricerca-azione (R.-A.) Nel quadro di riferimento precedente è iniziato il percorso di R.-A con i seguenti obiettivi pedagogici di base: favorire i processi di apprendimento dei concetti matematici facendo leva sul gioco e sulla creatività, con l‟utilizzo del computer; promuovere percorsi apprenditivi che colleghino l‟uso del computer a vissuti esperenziali plurisensoriali. La R.-A è stata articolata in tre fasi: progettuale, operativa e valutativa (feedback). Nello specifico, la seconda e la terza fase hanno avuto come scansione temporale la durata di un anno scolastico, cioè da ottobre 2007 a fine maggio 2008 coinvolgendo n° 5 scuole dell‟infanzia per un totale di 10 insegnanti e di 130 bambini circa (fascia d‟età 5 anni). 2.1. Fase progettuale La fase progettuale, preceduta da studi di approfondimento inerenti l‟uso del computer e la ricerca di best practices (relative all‟ambito logico-matematico) esistenti in letteratura, ha visto l‟ideazione e realizzazione del software [email protected] e la strutturazione dello scaffolding inerente la fase operativa. Qui, di seguito, si riportano, brevemente, alcune peculiarità del software ai fini di una prima idea; per ulteriori approfondimenti si rinvia alle note in bibliografia. Il software [email protected] (Costabile, Golemme, 2007), ideato e realizzato in sintonia con le direttive ministeriali inerenti la scuola dell‟infanzia, ha lo scopo precipuo di accompagnare/aiutare i bambini nel loro itinerario formativo verso le prime forme di aggregazione della conoscenza in ambito matematico; pertanto è stato progettato sulle seguenti basi pedagogiche: 1. l‟insegnante deve guidare il processo evolutivo utilizzando il software, non solo per commentare/spiegare/illustrare, ma anche intervenendo per modificare la struttura ciclica e sonora secondo le esigenze didattiche legate al particolare soggetto; quindi non “una videocassetta” da vedere/ascoltare ma un software come ausilio didattico di cui il docente/tutor si serve per creare situazioni di apprendimento idoneamente innovative; 2. se pure in un contesto ludico, caratterizzato da immagini dinamiche e colorate, il software ha precipue finalità formative e di avvio all‟apprendimento, nella particolare circostanza, di stimolo per capacità intuitive, logiche e linguistico-descrittive. Il software [email protected] contiene i seguenti programmi: Orientamento Forme e colori Scansione temporale e movimento Contare: numero cardinale Scrittura con il mouse 34 che possono essere manipolati dagli insegnanti secondo le varie esigenze in sezione. Inoltre, è corredato di una guida all‟uso, che mostra i vari programmi, al fine di suggerire anche nuove idee. 2.2. Fase operativa Lo scaffolding, inerente questa fase, è stato strutturato in tre stadi: 1. indagine iniziale per valutare lo stato dell‟arte dell‟utilizzo del computer nella scuola dell‟infanzia dalla quale sono scaturite riflessioni che hanno offerto lo spunto per impostare la formazione ed il prosieguo del lavoro; 2. formazione degli insegnanti mediante tre stage, intervallati nell‟arco dell‟anno scolastico, finalizzati alla familiarizzazione con il software [email protected] ed all‟elaborazione di nuove proposte di attività operative da attuare, in sezione, interdipendenti ai campi di esperienza con particolare riferimento al campo di esperienza “La conoscenza del mondo (ordine, misura, spazio, tempo, natura)”. 3. riflessione, verifica in itinere e ricalibratura delle attività esperite in sezione per un‟analisi comparativa tra i comportamenti dei bambini ed i processi formativi messi in atto da loro all‟interno del contesto formativo per tracciare un bilancio complessivo degli apprendimenti e verificare le varie abilità acquisite. Nella fase operativa sono state esperiti laboratori in situazioni a-didattiche finalizzati alla laterizzazione, alla percezione di forme e colori, all‟ordine cronologico, all‟utilizzazione ed interpretazione di codici, simboli e segni, conoscenza di numeri. I laboratori sono stati condotti sulla base di progettazioni elaborate con gli insegnanti nel nuovo paradigma metodologico: realtà sensibile realtà virtuale realtà sensibile; infatti, tutte le attività in sezione sono state esperite prima in maniera tradizionale (senza l‟utilizzo della tecnologia); successivamente con l‟uso del PC in sezione adoperando il software [email protected], quindi ricreate nuovamente nella realtà sensibile. La fase operativa ha portato alla realizzazione di diversi materiali didattici, nonché alla produzione da parte dei bambini di numerosi elaborati di approfondimento e completamento delle attività svolte. Per palesi motivi di spazio, si riporta solo un esempio di attività proposta e di prodotti realizzati dai bambini; per i dettagli si rimanda alla bibliografia (Costabile, Serpe, 2009). A tal proposito, nelle seguenti figure sono presentate alcuni momenti dell‟attività “Giochiamo con le forme ed i colori” svolta in sezione dai bambini della scuola dell‟infanzia “Natalie Ginzburg”, 5° Circolo Didattico di Cosenza. 35 Giochiamo con le forme ed i colori – fase reale Giochiamo con le forme ed i colori – fase virtuale 2.3. Fase valutativa (feedback) Per ciò che concerne il monitoraggio delle attività, sono state strutturate delle schede di protocollo osservativo basate sulla definizione del campo e dell‟oggetto di osservazione, nonché sulle categorie dell‟oggetto di osservazione, sulla formulazione degli item osservativi, sulla costruzione di strumenti di registrazione e sulla definizione del piano di osservazione. A titolo d‟esempio, si riportano solo alcuni estratti dei protocolli. 36 Distinguere oggetti secondo l‟attributo Ambiente abituale Insuf Suff. Buono Ambiente artificiale: laboratorio al computer Insuff Suff. Buono Colore Forma Dimensione Spessore Approccio al computer con [email protected] Mai Qualche Volta Sempre Ha sollecitato la curiosità dei piccoli allievi Ha condotto i piccoli allievi a compiere scoperte Ha reso semplice l‟utilizzo della tastiera e del mouse Ha facilitato la flessibilità adattiva Ha promosso l‟acquisizione di abilità in merito a: coordinazione oculo-manuale velocità percettiva interesse allo strumento informatico cooperazione tra pari e rispetto dei turni 3. Conclusioni L‟esperienza ha fornito aspetti di positività, nella direzione degli obiettivi pedagogici - formativi prefissi, in particolare: 1. l‟insegnante, programmando adeguatamente l‟introduzione di [email protected] all‟interno della sezione e prendendo in considerazione le differenti opportunità che esso può offrire, ha avuto la possibilità di arricchire le esperienze dei bambini ed i processi formativi e cognitivi che, quotidianamente, vengono messi in atto nelle varie attività; 2. la dimensione ludica unita a quella interattiva ha suscitato effetti positivi sul piano motivazionale, interesse concreto per lo strumento informatico aumentando, così, la partecipazione nella ricerca di soluzioni a situazioni problematiche, nonché crescita del livello d‟interazione con i coetanei; 3. l‟utilizzo del software ha agevolato, notevolmente, il Learning by doing, permettendo ai bambini di agire nelle situazioni preposte in modo naturale e spontaneo attraverso l‟esperienza diretta, evidenziando atteggiamenti di sicurezza, corresponsabilità, diminuzione dell‟ansia del compito e rafforzamento delle capacità; 4. il nuovo paradigma didattico circolare: realtà sensibile realtà virtuale realtà sensibile si è manifestato non solo possibile, ma efficace e produttivo. Non sono mancate le riflessioni sui fattori significativi provenienti da ambienti apprenditivi diversificati, consentendo, così, l‟approfondimento del panorama insegnativo valutativo e riflessivo della scuola dell‟infanzia. 37 Bibliografia Bruner J. (1966). Toward a theory of instruction. Cambridge: Harvard University Press. Costabile F.A., Golemme R. (2007). [email protected] per la scuola dell‟infanzia. Cosenza: Nuova Santelli. Costabile F.A., Serpe A. (2009). Un laboratorio per la scuola dell‟Infanzia con [email protected] - Esperienza monitorata nell‟a.s. 2007/08. Didattica e Didattiche Disciplinari. 13. D‟Amore B., Fandiño Pinilla M.I., Gabellini G., Marazzani I., Masi F., Sbaragli S. (2004). Infanzia e Matematica. Didattica della Matematica nella scuola dell‟Infanzia. Bologna: Pitagora. Mantovani S., Ferri P. (2006), Bambini e Computer, alla scoperta delle nuove tecnologie a scuola ed in famiglia. Milano: Fondazione IBM, ETAS. Papert S. (1993). The Cildren‟s Machine: Rethinking School in the Age of the Computer. New York: Basic Books. British Psychological Society, giugno 2010, dott Aric Sigman: web site url: http://www.dailymail.co.uk/health/article-1285981/TVs-PCs-dull-childrensbrains.html Parole chiave: educazione matematica; computer; software didattico; scuola dell‟infanzia. 38 Mondrian, fra colori e geometria Elena Fascinelli Scuola dell‟infanzia Ca‟ Prato, I. C. G. Murari, Valeggio sul Mincio (VR) R.S.D.D.M., Bologna Sunto. L‟esperienza permette ai bambini di avvicinarsi ai concetti legati alla geometria dei solidi e successivamente alla geometria piana, attraverso i quadri di Mondrian. I quadri sono realizzati, all‟inizio, con grandi scatoloni e i bambini vivono l‟esperienza artistica e matematica con il corpo e con le mani prima che con la mente. Durante il percorso il passaggio dalla tridimensionalità alla bidimensionalità diventa intuitivo e permette di superare la contrapposizione tra lo spazio vissuto e lo spazio rappresentato, che crea ai bambini notevoli difficoltà grafiche e prospettiche. Anche in questo caso il connubio tra arte e matematica risulta vincente, catturando l‟interesse dei bambini e consente sperimentazioni profonde e ricche di senso. In questa esperienza l‟arte diventa il pretesto che innesca e supporta l‟attività geometrica. L‟intreccio fra queste due discipline trova nella scuola dell‟infanzia un terreno fertile proprio per l‟apertura mentale dei bambini di questa età e per la struttura organizzativa e metodologica possibile in questo ordine scolastico. Il percorso attuato parte dalla costruzione dei quadri di Piet Mondrian in tre dimensioni prendendo come riferimento il modellino che l‟artista realizzò per l‟opera teatrale L‟Ephémère est éternel. Nella stesura di questa esperienza ho volutamente dato risalto, in alcune parti, agli aspetti linguistici che sono parte integrante dell‟esperienza. Non esiste infatti vero apprendimento se non c‟è riflessione sull‟esperienza stessa. L‟interazione verbale e l‟osservazione sono parte fondamentale del percorso che si struttura con proposte e continui feed-back da parte dei bambini. Obiettivi Conoscenza e descrizione di figure solide e piane; sviluppo dell‟intuizione e della creatività geometrica; uso di un linguaggio adeguato per descrivere le caratteristiche degli oggetti; rafforzamento dei concetti di: linea aperta, linea chiusa, regione, confine, spigolo, faccia, vertice; potenziamento dei concetti relativi alla localizzazione nello spazio. Requisiti Per affrontare questa esperienza i bambini devono possedere la capacità di riconoscere le caratteristiche degli oggetti; la capacità di esprimere con il linguaggio pensieri e ipotesi. 39 Materiali Scatoloni da imballaggio, colori a tempera, pennellesse, cartoncino colorato, forbici, colla vinilica, pennelli, tetrapak del latte di formati diversi, scatole di cartone, carta velina colorata, pennarelli. Esperienza Procuriamo, presso negozi di vendita di elettrodomestici o alimentari, degli scatoloni di grandi dimensioni. Vanno bene quelli dei televisori con tubo catodico, ma anche quelli di certi aspirapolvere o di macchine per cucire, e altri a forma di parallelepipedo. Procuriamo anche due scatoloni da frigorifero per creare lo sfondo. Chiudiamo gli scatoloni più piccoli con dello scotch di carta avendo cura di farlo aderire molto bene. Apriamo invece gli scatoloni da frigorifero stendendoli in tutta la loro larghezza. Prepariamo il colore a tempera diluendolo leggermente e mettiamolo in grandi contenitori o anche all‟interno di piatti di plastica. Per questa esperienza metteremo a disposizione dei bambini i colori che Mondrian ha usato per il modellino teatrale e per i quadri geometrici che lo hanno reso famoso: il giallo, il rosso, il blu, il nero e il bianco. Invitiamo i bambini a stendere il colore con le pennellesse su tutte le facce degli scatoloni facendo in modo che tutta la superficie sia ricoperta in maniera uniforme. In questa fase è estremamente importante porsi in atteggiamento di osservazione e di stimolo per capire quali idee i bambini hanno sulla forma degli oggetti tridimensionali. Sia durante la coloritura che durante il successivo incollaggio possiamo introdurre termini quali faccia, spigolo e vertice riferiti a un solido. Mentre i bambini colorano interveniamo con domande opportune del tipo: Mi piace la forma della scatola che stai dipingendo, l‟hai già vista in qualche altro posto? Come la chiami? O anche: Sai come si chiama questa parte della scatola che stai colorando? L‟ideale sarebbe poter registrare le risposte dei bambini in modo da cogliere tutte le possibili sfaccettature delle risposte. La registrazione, unita all‟osservazione diretta, permette un‟analisi approfondita delle idee e dei concetti espressi dai bambini. Coloriamo anche i grandi cartoni ricavati dagli scatoloni da frigo uno con il colore giallo e uno con il colore rosso. Mentre gli scatoloni si asciugano, chiediamo ai bambini di tagliare dei cartoncini neri creando delle strisce larghe circa 4 - 5 cm. Cerchiamo del cartoncino non troppo pesante in modo che il taglio sia agevole e sosteniamo i bambini aiutandoli quando sono in difficoltà, insegnando la tecnica corretta per tagliare. Non è importante che le strisce siano lunghe o che siano perfettamente diritte, perché verranno successivamente composte accostandole le une alle altre, per cui avremo modo di correggere le imprecisioni. Lasciamo asciugare a lungo gli scatoloni in modo che il successivo lavoro di incollaggio risulti più semplice e duraturo. In alcuni contenitori mettiamo le strisce nere ritagliate dai bambini e prepariamo dei contenitori con colla vinilica e pennelli. Disponiamo i bambini intorno agli scatoloni e chiediamo di incollare 40 le strisce di carta nera vicino agli spigoli di ciascuna faccia, in modo da creare un contorno. In questa fase riportiamo al gruppo eventuali commenti dei bambini in modo da attivare lo scambio di idee e le riflessioni di gruppo: Elisa dice che per fare un bel contorno bisogna incollare le strisce vicine allo spigolo, voi che ne dite?. Oppure: Alberto pensa che alla fine queste facce saranno dei recinti, secondo voi sarà così? Mentre i bambini lavorano abbiamo inoltre modo di portare la loro attenzione sull‟accostamento delle strisce chiedendo loro di incollarle scegliendo pezzi adeguati che siano accostabili tra loro o di adeguarli alle misure rifilandoli con le forbici. L‟incollaggio delle strisce di cartoncini è chiaramente da fare anche per i due sfondi. Invitiamo i bambini a giocare liberamente con gli scatoloni realizzati chiedendo: Che giochi possiamo fare con questi scatoloni bellissimi che abbiamo fatto? Ascoltiamo le proposte e magari ricordiamo idee e suggerimenti emersi nella fase di realizzazione: Prima Alberto aveva detto che questi scatoloni assomigliano a dei recinti, volete provare a fare un gioco con i recinti? Insieme con i bambini possiamo attivare percorsi di gioco con gli scatoloni componendoli tra loro come delle maxi costruzioni che possono, di volta in volta, diventare castelli, recinti o case e questo permette ai bambini di confrontare e verificare forme, dimensioni, accostabilità, posizioni e così via. Ma questi solidi possono diventare supporti per giocare con gli animali di plastica, per apparecchiare piatti e bicchieri o per approntare un negozio di parrucchiera. Nel caso del gioco con gli animali, possiamo far notare ai bambini che il cartoncino nero è una linea chiusa introducendo in questo modo anche i primi elementari termini della topologia. Il gioco motorio con gli scatoloni permette di scoprire le caratteristiche dei solidi perché i bambini sono coinvolti a livello di movimento complessivo. I bambini si sdraiano, afferrano, circondano, salgono, compongono e sovrappongono i solidi, scoprendo i concetti attraverso i canali sensoriali. 41 Fotografiamo i bambini mentre giocano e usano gli scatoloni in modi diversi. Quando i bambini avranno giocato con gli scatoloni, raduniamoli nello spazio della conversazione o su un tappeto e mostriamo loro le fotografie realizzate. L‟analisi orale delle fotografie e delle situazioni che esse mostrano, va supportata con domande e interventi opportuni che evidenzino: le attività e le strutture realizzate e la loro modalità di attuazione; la posizione dei bambini rispetto agli oggetti; la posizione e la relazione degli oggetti nello spazio e tra di loro. Lasciamo i bambini liberi di esprimere le loro opinioni e, se possiamo, registriamoli o annotiamo le risposte. Procuriamo poi una fotografia o un libro con l‟immagine del modellino teatrale realizzato da Mondrian, a cui si fa riferimento nell‟introduzione, e mostriamolo ai bambini, commentando: Ho scoperto che anche a un grande pittore piaceva dipingere usando i colori e le forme che avete usato voi. Guardate. Spieghiamo chi è il pittore e che cos‟è la composizione che vediamo nella foto. Possiamo anche proporre ai bambini di comporre i nostri solidi come se fossero uno scenario teatrale e usarlo per una piccola rappresentazione o per momenti di routine in cui i bambini raccontano qualcosa ai compagni. 42 Sproniamo i bambini: Oggi vorrei fare con voi un gioco con le bellissime forme che avete colorato. Possiamo in questo modo introdurre l‟attività di composizione vera e propria. Appoggiamo ad una parete i due grandi sfondi colorati uno accanto all‟altro e invitiamo i bambini a realizzare la composizione mettendo gli scatoloni nella posizione voluta davanti allo sfondo che preferiscono. Fotografiamo ogni composizione con l‟autore a fianco e chiediamogli di commentare le scelte effettuate sia riguardo al colore che alle forme accostate. Chiaramente si tratterà, in questa fase, di commenti personali e assolutamente liberi; i bambini potrebbero dire che hanno messo il blu accanto al nero perché ricorda una squadra di calcio, o perché sono i colori della loro maglietta preferita. E potrebbero anche affermare che hanno usato solo le forme a cubo perché sono “come il dado”. Una volta realizzate tutte le composizioni possiamo stampare le fotografie o guardarle sullo schermo del televisore per poterle descrivere in maniera più precisa. In questa fase chiediamo ai bambini di descrivere le loro strutture, ma interveniamo per richiedere una maggiore precisione rispetto alla descrizione delle posizioni nello spazio. Anche da soli i bambini arriveranno a scoprire che la descrizione precisa e dettagliata di queste semplici composizioni richiede una certa correttezza linguistica. Se un bambino è in difficoltà, chiediamo agli altri di aiutarlo suggerendo parole o soluzioni. Possiamo anche intervenire in alcuni casi con l‟introduzione di termini per i bambini poco usuali o sconosciuti come: parallelepipedo, sovrapposto, verticale, orizzontale e così via, termini che sono in parte della geometria e in parte del linguaggio comune descrittivo. Osserviamo e registriamo gli interventi dei bambini per poter poi riprendere le loro affermazioni e analizzarle con il gruppo. Invitiamo i bambini a chiedere ai compagni di spiegare le parole che non comprendono. Questa abitudine permette un approccio ai problemi di tipo analitico e i bambini sono indirizzati verso quel modo di operare e di pensare tipicamente scientifico. Le descrizioni emerse sono, all‟inizio, molto semplici: Ho messo il cubo rosso vicino a quello blu e il parallelepipedo bianco sopra a tutti e due. Ma quando i bambini creano 43 composizioni complesse, la necessità di spiegare in maniera chiara diventa fondamentale. Per movimentare il gioco e creare variabili interessanti procuriamoci dei tetrapak del latte da litro e da mezzo litro e delle scatole cubiche che possiamo anche costruire con del cartoncino pesante. Incolliamo sulle scatole della carta velina realizzando “in miniatura” gli stessi scatoloni che abbiamo colorato. Una volta asciugati mettiamo dello scotch nero a contornare le facce. In questo modo le forme sono uguali, ma più piccole e quindi manipolabili e maggiormente gestibili, ma sempre in tre dimensioni. L‟uso di scatole e di vari tetrapak con cui riprodurre le esperienze giocate con i grandi scatoloni, permette di puntare l‟attenzione sui particolari delle forme e sulle caratteristiche dei solidi. Si tratta in sintesi di vivere le forme con le mani dopo averle sperimentate con il corpo. 44 Proponiamo un gioco che solo a prima vista risulta semplice. Facciamo in modo che uno dei due grandi sfondi stia in piedi, diritto, magari con l‟aiuto di sedie e tavoli, a dividere lo spazio di una stanza. Da una parte mettiamo i solidi più grandi e dall‟altra, su un tavolino, mettiamo i solidi più piccoli. Un bambino crea una composizione con le “forme grandi” e poi la descrive al compagno che sta dall‟altra parte del divisorio e non la vede, il quale cerca di riprodurla sul tavolino. Cerchiamo di orientare i bambini a costruzioni semplici e chiediamo al gruppo di intervenire per correggere o aiutare l‟uno o l‟altro compagno. Diamo poi ai bambini le scatole piccole per realizzare le loro composizioni libere. Se fotografiamo queste composizioni dall‟alto, magari appoggiate su uno sfondo colorato contornato di scotch nero, avremo un‟immagine molto simile ai quadri di Mondrian. Confrontiamo i lavori dei bambini con i quadri dell‟artista. In questa fase le parole che supportano l‟attività saranno sia quelle della geometria, sia quelle descrittive. Possiamo proporre anche un‟attività di verifica in cui, dato un reticolo con linee aperte e chiuse, i bambini colorano, con i colori di Mondrian, solamente le regioni, cioè le parti del piano chiuse. L‟ultimo passaggio porta tutta l‟esperienza al bidimensionale. Dopo aver visto le costruzioni con le scatole appoggiate e composte su uno sfondo, possiamo contornarle usando i pennarelli dello stesso colore e creare nuove composizioni su uno sfondo bianco o tagliarle, svolgerle e appiattirle creando così una “scomposizione” del solido che introduce, senza forzature, l‟idea di passaggio dalla tridimensionalità alla bidimensionalità. Molto importante in questo momento è la parte linguistica perché le figure, disegnate sul cartoncino che fa da sfondo, sono ricavate dai solidi, ma hanno caratteristiche estremamente diverse. 45 La descrizione che i bambini fanno delle figure in questa situazione è più geometrica in senso “scolastico” perché i bambini, anche i più piccoli, riconoscono e nominano figure come il rettangolo o il quadrato. Invitiamo i bambini a scoprire le caratteristiche delle figure che hanno contornato e colorato per scoprire quali si possono accostare, come sono fatte, quanti lati hanno. Sarà anche possibile introdurre l‟idea di estensione superficiale, collegandola sempre con le forme che i bambini stanno incollando. Riguardiamo insieme qualche quadro dell‟artista e concludiamo l‟esperienza mettendo a disposizione di ciascun bambino un cartoncino rosso o giallo, con il solito contorno nero realizzato con il pennello e la tempera, e tante forme di cartoncino dei colori che abbiamo usato fino ad ora. Lasciamo i bambini liberi di comporre le forme di cartoncino come desiderano e di incollarle sullo sfondo a loro gusto. Realizziamo una mostra dei lavori dei bambini appendendo i loro quadri sui grandi scatoloni da frigo che abbiamo usato come sfondo avendo cura di mettere gli sfondi gialli sul rosso e viceversa. Facciamo partecipi le famiglie del percorso che abbiamo realizzato con i bambini mandando a casa, insieme con i quadri sia la stesura dell‟attività, che le parole e i ragionamenti che i bambini hanno esplicitato durante le varie fasi. Il percorso si presenta ricco di stimoli e di opportunità educative relative sia all‟ambito matematico che a quello artistico e permette ai bambini di sperimentare, in situazione ludica, l‟applicazione di concetti complessi. Bibliografia Bartolini Bussi M. (2008). Matematica. I numeri e lo spazio. Bergamo: Junior. D‟Amore B., Aglì F. (1995). L‟educazione matematica nella scuola dell‟infanzia. Milano: Juvenilia. D‟Amore B., Fandiño Pinilla M.I., Gabellini G., Marazzani I., Masi F., Sbaragli S. (2004). Infanzia e matematica. Bologna: Pitagora. Parole chiave: geometria; arte; forme; tridimensionalità; linguaggio. 46 SEZIONE 2 SCUOLA PRIMARIA 47 48 Buone pratiche di misura Erminia Dal Corso e Margherita Francini R.S.D.D.M., Bologna Sunto. Con questo contributo si vuole evidenziare come la pratica della misurazione sia importante per una corretta formazione del concetto di misura. Nelle pratiche consuete della scuola primaria si tende a trascurare questo lavoro perché “porta via” tanto tempo a vantaggio di una aritmetizzazione della misura. Analizzeremo come questo approccio non solo possa portare a misconcezioni, ma come l‟idea di misura che ne risulta possa divenire ostacolo agli apprendimenti futuri. 1. Premessa Nella consuetudine didattica della scuola primaria italiana, ma anche in altri paesi europei, la misura viene trattata quasi esclusivamente attraverso l‟algoritmizzazione, cioè con esercizi di calcolo e di trasformazione e «l‟accento si pone sull‟aspetto algoritmico di applicazione delle formule di passaggio da alcune unità ad altre» (Chamorro, 2001). Questo fatto è evidenziato anche da Fandiño Pinilla (2008) che denuncia il fatto che alcuni concetti geometrici, come contorno e superficie, vengono eliminati per sostituirli con pratiche di calcolo algoritmico aritmetico, rispettivamente perimetro e area. Da dove nasce questa scelta? Forse la consuetudine ha una motivazione storica? Questa è la nostra ipotesi. La necessità di misurare è antica quanto l‟uomo; infatti, per quantificare i propri averi, egli ha inventato il numero ed ha costruito strumenti di misura adatti ai diversi prodotti. Fino al diciottesimo secolo, ogni comunità usava i propri strumenti di misura che determinavano pure le unità di misura con relativi multipli e sottomultipli. Ad esempio, a Verona si usavano per le misure di capacità per il vino la botte e suoi sottomultipli: «La botte si divide in 12 brenti, il brento in 4 secchie, la secchia in 18 inghistare, l‟inghistara in 4 goti», mentre per le misure di superficie si usava il campo ei suoi sottomultipli: «Il campo si divide in 24 vanezze, la vanezza in 30 tavole, la tavola in 36 piedi quadrati. In totale il campo si divide in 720 tavole. Questo indipendentemente dalla misura base del campo, che […] non esiste in senso assoluto neppure nell‟ambito della provincia» (Beggio, 1968). 49 Non solo le unità di misura differivano da zona a zona, ma anche i prodotti: ce n‟erano di specifiche per il vino e per l‟olio, per la lana e per la seta, per l‟edilizia, … Quindi la misurazione non era calcolata attraverso delle formule, ma avveniva direttamente con l‟uso dello strumento adeguato e, se c‟erano delle dispute, queste si dipanavano usando degli strumenti ufficiali, come le unità di misura scolpite nella pietra nel capitello in Piazza delle Erbe: «(…) è il capitello (più volte confuso con la Berlina) (…). Qui avvenivano le grida e si insediavano i podestà. Era il luogo dove si punivano i bestemmiatori o chi commetteva frodi: sul lato sono tuttora incise le misure veronesi: la pertica, il passo, il coppo, il quarel e l‟anello per misurare le fascine» (Varanini, 1988). Con l‟avvento di sempre maggiori scambi commerciali, culturali e di ricerca scientifica si rende necessario unificare le unità di misura. Il secolo in cui finalmente si riesce a realizzare questa unificazione è il diciottesimo. Infatti nel 1795 nasce in Francia il Sistema Metrico Decimale basato sulle unità di lunghezza (metro), peso (dapprima il grammo ora il kilogrammo) e volume (litro). Decimale perché i multipli e i sottomultipli rispettano base dieci. Nel 1875 inizia la storia del Sistema Internazionale e da quel momento le regole vengono stabilite dalla Conferenza generale dei pesi e delle misure, organismo collegato all‟Ufficio internazionale dei pesi e delle misure. Con la legge del 28 luglio 1861, approvata dal primo parlamento italiano, si diffonde il Sistema Metrico Decimale e si proclama valido in tutte le attuali province italiane (Cannella, 2005). Il cambiamento non è né facile né ben accetto, tanto che si continuano ad utilizzare le misure locali. Già nel 1812 nelle scuole viene richiesto «il ragguaglio delle vecchie colle nuove misure» (articolo 1, Istruzione X del 15 febbraio 1812) e in un Prospetto delle materie che s‟insegnano nelle Scuole Elementari minori di campagna si legge: «Si darà cognizione dei pesi e delle misure correnti nello Stato, il quale esercizio servirà per materia dell‟Aritmetica mentale» (Andreis, 2010). Nel corso dei programmi didattici seguenti, l‟attenzione è focalizzata sull‟apprendimento del sistema metrico decimale, per cui si instaura una prassi didattica che dà maggior risalto all‟aspetto algoritmico del concetto di misura. Gli allievi di quelle epoche però avevano uno rapporto quotidiano con strumenti di misura quali bilance, caraffe graduate, … che erano, nella maggior parte dei casi, strumenti semplici e che realizzavano un confronto diretto. Oggi, gli allievi che frequentano le classi delle scuole primarie non hanno modo di veder usare strumenti di misura semplici. «Gli strumenti raffinati, che si usano (orologi, bilance, termometri), non mostrano i meccanismi di funzionamento. Spesso i prodotti sono già confezionati con un‟etichetta stampata sulla quale la misura si legge, ma non si verifica» (Dal Corso, 2009). 50 Per questo riteniamo sia dovere della scuola recuperare esperienze significative, esperienze che si possano legare alla rappresentazione delle unità di misura attraverso il numero e un riferimento. 2. Che cosa significa misurare Nel mondo fisico, una misura non è altro che un rapporto tra la grandezza considerata e un‟altra grandezza ad essa omogenea che viene scelta come unità di misura. “Ad essa omogenea” significa che si misura allo stesso modo, con la stessa tecnica; ad esempio, per misurare le lunghezze, l‟unità di misura deve essere anch‟essa una lunghezza. Un metodo diretto consiste nel sovrapporre o comunque accostare all‟oggetto in esame uno strumento tarato che permette la lettura visuale del valore della grandezza. Ad esempio: valutare la lunghezza di un segmento tramite un righello graduato, l‟ampiezza di un angolo tramite goniometro. Si può usare un metodo indiretto: volendo conoscere una grandezza, ne misuriamo in realtà un‟altra o delle altre e usiamo delle formule che collegano le varie grandezze tra di loro. Ad esempio: ottenere la lunghezza di una circonferenza tramite la conoscenza della lunghezza del suo raggio, dell‟area di un rettangolo tramite la conoscenza delle lunghezze di due suoi lati consecutivi. Infine possiamo determinare delle misure con delle unità di misura derivate. La maggior parte delle grandezze derivate sono una moltiplicazione o una divisione di grandezze di base. Alcune di esse hanno nomi particolari. In questo modo, non solo si vede immediatamente la relazione che intercorre tra due grandezze ma, con un controllo dimensionale, è facile verificare la correttezza del proprio lavoro. Nella scuola primaria usiamo: area (A) metro quadrato (m²); volume (V) metro cubo (m³). Infine, dobbiamo distinguere tra misurare e calcolare. Il primo verbo significa usare degli strumenti e delle tecniche per confrontare, direttamente o indirettamente, l‟oggetto considerato con una unità di misura stabilita convenzionalmente; mentre il verbo calcolare indica un‟operazione puramente matematica che si fa ad esempio tramite un algoritmo su numeri, eventualmente ottenuti con un‟attività di misura (Sbaragli, 2011). Quindi, per esempio, stiamo misurando l‟area di una figura quando contiamo, per sovrapposizione, i quadretti che la ricoprono; e la stiamo calcolando 51 quando utilizziamo una formula della geometria: l × h (area del rettangolo) o l × h :2 (area del triangolo). Per costruire un apprendimento significativo, si deve dare l‟opportunità agli allievi di effettuare misurazioni, di determinare l‟ordine di grandezza di oggetti comuni. Proponiamo quindi una traccia, non esaustiva, di buone pratiche didattiche da noi esperite. 2.1. L‟indagine preliminare o conversazione clinica La conversazione clinica ha lo scopo di rilevare gli apprendimenti in possesso degli allievi all‟inizio di una attività, in modo da poterla impostare correttamente. La nostra attività si propone di far emergere le idee ingenue dei bambini sulla misura, eventuali misconcezioni e le modalità di esprimere tali idee. Invitiamo gli allievi ad esprimere le loro idee proponendo una serie di domande: Che cosa vi viene in mente se dico la parola “misura”? Secondo voi che cosa vuol dire misurare? Avete mai visto qualcuno che misura? Avete mai misurato? Servono degli strumenti per misurare? Registriamo le risposte e mettiamo in risalto quelle che evidenziano delle esperienze di misura. 2.2. Osservazione degli oggetti nella realtà e confronto fra oggetti per individuare le stesse grandezze misurabili Invitiamo gli allievi a raccogliere oggetti vari, senza specificare a che cosa serviranno; invitiamoli quindi a sistemarli individuando dei criteri di classificazione. Stabiliamo, con loro, a che cosa si riferiscono i criteri scelti: funzione degli oggetti, qualità del materiale, colore, lunghezza, spessore, peso, … Scegliamo tra queste quelle qualità misurabili su cui vogliamo mettere l‟attenzione. Ad esempio possiamo scegliere gli oggetti che possono essere confrontati in riferimento alla lunghezza, oppure al peso e li raggruppiamo definendoli in modo adeguato. 2.3. Confronto diretto Scegliamo una delle caratteristiche che possono essere misurate e confrontiamo gli oggetti in base a questa. Invitiamo gli allievi a confrontarle direttamente. Possiamo accostarle per stabilire l‟oggetto più lungo e quello meno lungo, oppure usare le mani, ad esempio, per stabilire quale pesa di più e quale di meno. 52 Proponiamo situazioni molto diversificate. Se lavoriamo sulle lunghezze, possiamo proporre il problema di confrontare la lunghezza di due oggetti che non possono essere accostati (ad esempio la larghezza del davanzale di una finestra e quella dello spigolo di un banco). Oppure invitiamo gli allievi a camminare e a stabilire la lunghezza del passo di ciascuno. Emergerà, dalla discussione in classe, la necessità di trovare un mezzo di confronto che possa diventare un‟unità di misura. 2.4. Stima e colpo d‟occhio Stimoliamo gli allievi ad “indovinare” quante volte un‟unità di misura può stare in una certa misura. Ad esempio, se usiamo la lunghezza di un pennarello per misurare la lunghezza di uno spigolo del banco, possiamo chiedere di affermare quanti pennarelli serviranno per coprirla. Ogni volta che verrà fatta un‟affermazione sarà opportuno verificarla con una misurazione effettiva, così si confermeranno o si smentiranno le previsioni, aiutando gli allievi a costruirsi delle immagini mentali più corrette. Proponiamo una serie di sfide di questo genere coinvolgendo grandezze diverse (lunghezze, aree, volumi/capacità, pesi). Durante queste attività emergerà la difficoltà della precisione nella misura. Spesso succederà di dover dire: La lunghezza dello spigolo del banco sta tra 6 e 7 pennarelli tipo X. Ricordiamo, sempre, che la misura per quanto accurata conserva un margine di errore e quindi è per sua natura approssimata. 2.5. Confronto diretto e individuazione di un‟unità di misura omogenea A questo punto gli allievi sono pronti per capire che un‟unità di misura serve per confrontare due grandezze. L‟unità di misura diventa l‟elemento che si ripete e determina il numero delle volte che viene contenuto nella grandezza che intende misurare. È fondamentale, a questo punto, far emergere i ragionamenti che coinvolgono i rapporti tra grandezze. È indispensabile che gli allievi descrivano oralmente le azioni che stanno svolgendo nell‟attività di misurazione, che trascrivano queste azioni mettendo in risalto il numero di volte che un‟unità di misura sta, viene contenuta, nella grandezza presa in considerazione. 2.6. Misure convenzionali A questo punto possiamo introdurre lo studio delle misure convenzionali chiarendo che sono state scelte proprio per uniformare le misurazioni a livello internazionale. È buona pratica far usare strumenti di misura che mettano in evidenza il confronto diretto tra la graduazione dello strumento e la caratteristica che si vuole misurare. 53 2.7. Confronto indiretto e formule Le formule devono essere il segmento conclusivo di un percorso didattico che dia senso alle misure, alla loro rappresentazione numerica e alle operazioni che si possono realizzare su di esse. Esse devono essere il frutto di una ricerca da parte dei bambini e non semplicemente dettate e imposte dall‟insegnante o dal libro di testo. 3. Conclusioni La modifica delle richieste didattiche nei confronti della misura sono evidenziate anche nelle Indicazioni per il curricolo del 2007, dove si legge: negli obiettivi della classe terza primaria: Misurare segmenti utilizzando sia il metro, sia unità arbitrarie e collegando le pratiche di misura alle conoscenze sui numeri e sulle operazioni (pag. 95); in quelli di quinta: Passare da un‟unità di misura ad un‟altra, limitatamente alle unità di uso più comune, anche nel contesto del sistema monetario (pag. 96); e nei Traguardi di sviluppo delle competenze al termine della scuola primaria: Percepisce e rappresenta forme, relazioni e strutture che si trovano in natura o che sono state create dall‟uomo, utilizzando in particolare strumenti per il disegno geometrico (riga, compasso, squadra) e i più comuni strumenti di misura. Nel bambino il discorso della misura è legato a quello dell‟interpretazione di una realtà esterna a sé e quindi è indispensabile che egli sia in grado di creare un rapporto tra sé e il mondo, che sappia operare delle stime, dare dei giudizi a priori e confrontare il proprio giudizio soggettivo con dei dati esterni. L‟acquisizione delle capacità di operare misure, presuppone lo sviluppo parallelo di molteplici capacità di tipo manipolativo, interpretativo, cognitivo e simbolico. Riteniamo ormai inevitabile e indispensabile modificare le pratiche didattiche consuete sostituendole con pratiche laboratoriali che diano agli allievi gli strumenti cognitivi adatti a comprendere fino in fondo il concetto di misura e tutte le implicazioni che esso comporta. Bibliografia Andreis A. (2010). Duecento anni di scuola a Grezzana e dintorni. Verona: Comune di Grezzana. Beggio G. (1968). Le antiche misure veronesi rapportate al sistema metrico decimale. Vita veronese. 21. Cannella M.C. (2004-2005). Le unità di misure locali e il sistema metrico decimale nella scuola elementare. Tesi di laurea. Relatore Prof. Filippo Spagnolo. Università di Palermo. http://math.unipa.it/~grim/TesiFP_cannella_06.pdf. 54 Chamorro M.C. (2001) Le difficoltà nell‟insegnamento – apprendimento delle grandezze nella scuola di base (parte prima). La matematica e la sua didattica. 4, 332-351. Dal Corso E. (2009). Misuriamoci. La Vita Scolastica. Dossier. 11, 2, 40-49. Fandiño Pinilla M.I. (2008). Molteplici aspetti dell‟apprendimento della matematica. Trento: Erickson. Ministero della Pubblica Istruzione (2003). Indicazioni nazionali per i piani di studio personalizzati nella scuola primaria. Ministero della Pubblica Istruzione (2007). Indicazioni per il curricolo per la scuola dell‟infanzia e per il primo ciclo di istruzione. Sbaragli S. (2011). Prefazione. In: Cottino L., Dal Corso E., Francini M., Gualandi C., Nobis C., Ponti A., Ricci M., Sbaragli S. (2011). La misura. In corso di stampa. Varanini G.M. (1988). Gli scaligeri. Verona: Mondadori. Parole chiave: didattica; consuetudine; algoritmizzare; misurare; pratiche. 55 Un curricolo pensato per prevenire gli ostacoli più comuni nell’apprendimento dell’aritmetica Adriana Davoli Ma.P.Es., Milano Sunto. Viene presentato un curricolo sperimentato a lungo con risultati interessanti, nel quale, individuati alcuni nodi fondamentali, è stata delineata conseguentemente la programmazione dei cinque anni di scuola primaria. Nel progetto ci si è concentrati sull‟aritmetica, poiché più frequentemente porta all‟insuccesso. Al posto del calcolo e delle formule, vengono privilegiate la formazione del pensiero logico e la razionalità globale del bambino, valorizzando la portata culturale e la potenzialità educativa della matematica. Il formalismo della matematica viene introdotto molto lentamente, dopo che il bambino, da protagonista, ha potuto veder sostenuta la propria intuizione attraverso esperienze, schematizzazioni e rappresentazioni, acquisendo anche un vocabolario tecnico adeguato. 1. Premessa Nella pratica scolastica frequentemente si trovano bambini che ancora in quinta classe non sanno incolonnare correttamente i numeri, non sanno le tabelline, non riescono a fare le moltiplicazioni o le divisioni, o non sanno operare con le frazioni, o trovano difficile risolvere i problemi; difficoltà che molte volte si trascinano anche nella scuola media. A partire dagli anni 198485, all‟Università degli Studi di Milano, nell‟ambito di una ricerca,1 in collaborazione con una decina di insegnanti, ho potuto sperimentare e studiare come prevenire gli ostacoli. Ne è nata una programmazione condivisa e via via provata in classe, per introdurre l‟aritmetica, avendo come riferimento le riflessioni che il Prof. C. F. Manara stava sviluppando riguardo alla didattica della matematica anche a livello elementare (Manara, 1989). Pian piano, sono state coinvolte altre insegnanti, fino all‟attività che ho guidato presso la scuola primaria Gandhi di Laives (BZ), i cui risultati sono pubblicati in Davoli e altri (2009). Nell‟ambito del gruppo di ricerca Ma.P.Es.,2 recentemente costituito, si sta proseguendo la ricerca, e si cercano anche innovative modalità per comunicare ad altri insegnanti un atteggiamento culturale e una didattica già 1 Nell‟ambito di una ricerca sviluppata presso il Dipartimento di Matematica dell‟Università degli Studi di Milano, diretta dal prof. Manara. 2 Ma.P.Es. (Matematica, Pensiero, Esperienza), in continuità con il primo nucleo di lavoro ed allargato alle esperienze di ricerca didattica di Paola Longo del Politecnico di Torino. 56 sperimentata con successo. Molte delle esperienze più significative sono state documentate in alcuni capitoli in Longo e Barbieri (2008). 2. I riferimenti 2.1. Aspetti generali L‟esperienza delle insegnanti e lo studio delle ricerche di didattica con cui ci siamo sentite maggiormente in sintonia (di Vergnaud, Baruk e Freudenthal) sono stati il supporto necessario per individuare gli argomenti e i motivi che stanno all‟origine delle difficoltà degli allievi in aritmetica. Abbiamo messo a fuoco alcuni nodi fondamentali e conseguentemente abbiamo progettato la programmazione dei cinque anni di scuola primaria, tuttavia mantenendo fisse competenze e conoscenze da acquisire entro la fine della quinta classe. I principali punti sorgivi delle difficoltà sono stati individuati come segue: la comprensione profonda del sistema decimale e posizionale; la comprensione del significato di operazione aritmetica, in particolare la comprensione del segno di uguaglianza; la comprensione del concetto di moltiplicazione; la comprensione del significato di operazione inversa di una operazione; l‟accettazione che uno stesso problema si possa risolvere utilizzando varie strategie; l‟accettazione che una stessa operazione possa risolvere vari tipi di problemi; la difficoltà ad immedesimarsi in un problema e a desiderare di trovare una soluzione impegnandosi responsabilmente e razionalmente ad utilizzare strumenti, risorse, competenze possedute. Scrive Stella Baruk (1985, p. 241): «I suoi errori [del bambino], come tutti gli errori, sono delle domande». La possibilità che l‟errore sia la forma in cui il bambino cerca un rapporto con l‟insegnante ci ha capovolto completamente la prospettiva tanto che, invece di partire dai contenuti, per cercare di migliorarne l‟insegnamento, prima di tutto al centro del nostro interesse abbiamo messo la persona del bambino e quella dell‟insegnante in rapporto con lui, e inoltre abbiamo studiato come valorizzare l‟approccio alla matematica, in modo da esaltarne l‟azione formativa, come indicato da Manara (1989). 2.2. Il bambino Il bambino arriva alla scuola primaria già dotato di un patrimonio (anche se spesso non corretto) di idee, di ipotesi sulla realtà, di modi di verifica, di modi per intervenire sulla realtà. Scrive Zan (2007): «Come conseguenza di questo continuo processo di interpretazione della realtà, già all‟età di 5 o 6 anni, i bambini hanno sviluppato delle vere e proprie teorie» che sono intuitive e che sono potenti e utili, perché consentono al bambino di dare un senso almeno provvisorio alle sue esperienze. Per il passaggio da queste intuizioni agli 57 apprendimenti scolastici, abbiamo valorizzato la teoria dell‟equilibrazione di Piaget (1975), secondo cui gli schemi già presenti nel bambino si arricchiscono o si modificano in nuovi schemi, attraverso un processo di assimilazione e accomodamento. Si ha sviluppo cognitivo solo in presenza di perturbazioni interne al soggetto. Ciò significa che il bambino deve sempre prendere iniziativa personale sulla realtà e non è possibile forzare gli apprendimenti, né nei contenuti, né nei tempi. Il bambino dunque è dotato già di una certa esperienza e di un suo linguaggio; è su questo patrimonio positivo che abbiamo scommesso, per aiutare l‟allievo a maturare in umanità, anche attraverso la matematica. Abbiamo puntato a far crescere una persona protagonista della propria crescita cognitiva, alla ricerca dei significati. In questa prospettiva l‟errore non fa più paura; se il bambino sbaglia, lo aiutiamo a cercarne i motivi, per far leva sull‟errore come occasione di apprendimento. 2.3. L‟insegnante Secondo la psicologa Pnina Klein, la persona viene sollecitata dalla realtà principalmente secondo due modalità. La prima riguarda l’esposizione diretta del soggetto agli stimoli esterni, e Piaget descrive come l’organismo stesso seleziona ed elabora le informazioni recepite dall’ambiente. La seconda modalità riguarda le influenze esterne all’individuo. Una delle principali “condizioni ambientali” che possono favorire o intralciare l’apprendimento è costituita dall’insegnante. Egli, assumendo la funzione di mediatore con la realtà, consente al bambino di arricchire e allargare la propria visione delle cose (Klein, 1985). Per dare il meglio di sé, il bambino ha bisogno di essere aiutato ad interpretare le proprie esperienze, di vederle riferite ad altre passate, o future, e di vederle collocate in una significativa e rilevante cornice di riferimento. Il bambino ha il bisogno di scontrarsi personalmente con i dati della realtà, ma l’insegnante ha il compito importante di aiutarlo a prendere coscienza dei processi che hanno portato al successo o all’insuccesso. Operare in modo da far emergere i pensieri ed i ragionamenti dei bambini, costituisce un momento di presa di coscienza sia per il bambino che per l’insegnante. Egli osserva l’“attività matematica” degli allievi, annota le difficoltà, valorizza le risorse, favorisce lo sviluppo della capacità di trovare analogie e collegamenti tra concetti. Soprattutto la nostra attenzione è stata costantemente volta a non ridurre la portata culturale e la potenzialità educativa della matematica; a questo scopo un notevole supporto ci è venuto anche da Freudenthal (1994), secondo cui il bambino inventa la propria matematica e poi, sotto la guida dell’insegnante, pian piano acquisisce la matematica di tutti. Per indicare questo procedimento, l’autore ha coniato l’espressione “reinvenzione guidata”. 2.4. La matematica Secondo Manara (1989), la profonda evoluzione avvenuta a partire dalla fine del secolo XVIII nel modo di concepire la matematica ha portato 58 un‟importante vento di novità nella didattica della matematica. Mentre fino a quel tempo questa disciplina veniva definita dai suoi contenuti, successivamente l‟attenzione degli studiosi si è concentrata sulle sue procedure. Questo forte cambiamento ha portato a valorizzare soprattutto la formazione del pensiero logico e la razionalità globale della persona, al posto di privilegiare il calcolo e le formule. Le strutture di tipo matematico stanno alla base di certi passi fondamentali che la mente umana ha compiuto nella storia dell‟umanità e che ciascuno compie nel percorso di costruzione del personale pensiero astratto e generale. Riflettendo su questo processo che conduce dall‟esperienza concreta alla formazione di strutture di pensiero, alcuni studiosi hanno cominciato a considerare la matematica come una attività. Esercitando tale attività, come suggerisce anche Freudenthal (1994), il bambino impara ad usare sempre meglio la propria razionalità. Nella prospettiva dell‟educazione globale, ci si può proporre di valorizzare la matematica come ispiratrice di una mentalità scientifica e di un particolare metodo di conoscenza. Educare ad una mentalità scientifica nel senso di aiutare il bambino a: formarsi concetti chiari e precisi aventi validità generale; sviluppare quel particolare spirito critico che permette di scoprire quegli aspetti della realtà che restano immutati cambiando punto di vista e contemporaneamente di favorire il superamento della posizione egocentrica per arrivare ad una visione oggettiva delle cose; imparare a non prestare una eccessiva attenzione ai particolari (come di consueto fanno i bambini) e invece cercare analogie o similarità in oggetti, situazioni, contesti apparentemente differenti; allenarsi al ragionare corretto. Educazione ad un metodo per conoscere e lavorare. Possiamo indicarne alcuni aspetti: capacità di osservare e operare sulla realtà; capacità di analisi; capacità di classificare, ordinare, schematizzare, astrarre; capacità di dedurre; capacità di accettare e usare simboli convenzionali per rappresentare il reale. Fa ancora parte del metodo: imparare a porsi problemi, a farsi domande, a formulare ipotesi, ad inventare procedure, a studiare verifiche di controllo, imparare a progettare. 3. Punti di metodo Nel nostro progetto pensiamo di valorizzare la razionalità globale del bambino partendo dal suo vissuto, per guidare efficacemente all‟appropriazione dei significati (concetti e strutture), ma mettendo le esperienze in stretto collegamento con la problematica della comunicazione dei concetti, cioè dei vettori di significato (linguaggio matematico simbolico e formalizzato). Poiché il bambino impara solo se è protagonista del proprio apprendimento, la via maestra è quella di fargli affrontare situazioni 59 problematiche a partire da quelle della vita quotidiana, che implichino la manipolazione di oggetti concreti o l‟uso del corpo, anche predisponendo esperienze apposite, in modo che vengano sollecitati tutti i tipi di percezione e venga sostenuta l‟intuizione. L‟attenzione si attiva, si avvia una revisione critica del precedente punto di vista e una apertura verso nuovi concetti e strutture. Per il bambino, scoprire di pensare e riuscire a comunicare il percorso delle proprie idee favorisce l‟assunzione di responsabilità e la capacità di impegnarsi in prima persona per imparare. Si attiva anche l‟affettività e l‟attaccamento all‟insegnante, ai compagni, al lavoro: la classe acquista lo stile di un laboratorio in cui solidarietà e complicità accomunano tutti. La discussione comune, dopo il lavoro personale di ciascuno, molto spesso permette anche ai più lenti di fare un passo in più, accettando le proposte dei compagni. Per insegnare il formalismo della matematica sono necessari tempi lunghi, curando il lento delicato passaggio dall‟impatto con il mondo della realtà tangibile, ai simboli convenzionali, e prima passando attraverso vari tipi di rappresentazione e schematizzazione. Alla fine, il linguaggio matematico, anche per il bambino, assume il valore di strumento efficace per descrivere e conoscere meglio la realtà studiata. Sinteticamente il metodo si basa sui seguenti punti (Longo, Barbieri, 2008, pp. 25-46; Davoli, 2009, pp. 77-86): 1) impatto del bambino con la realtà; 2) impegno di tutto l‟Io del bambino: razionalità, volontà, gusto per il bello, libertà; 3) valorizzazione del pensiero spontaneo e delle intuizioni, puntando a fortificare la capacità di ragionare; 4) aiuto a far leva sull‟errore come occasione di apprendimento; 5) attenzione a favorire la formazione di immagini e di rappresentazioni prima concrete e poi mentali; 6) educazione a scoprire analogie in differenti aspetti della realtà; 7) educazione a cambiare punto di vista nel considerare una stessa situazione; 8) simbolizzazione spontanea e poi accettazione di simboli e regole appartenenti al nuovo linguaggio speciale capace di esprimere concetti e strutture. Tra l‟altro, seguendo questi punti, si adempie anche ad una delle indicazioni contenute in D‟Amore (1999), il quale raccomanda di abituare gli studenti a fare vere e proprie traduzioni da un registro ad un altro (rappresentazioni e simbolizzazioni). Inoltre anche il paradosso cognitivo di Duval (1993) trova una possibilità di superamento, se si mobilita l‟“Io” del bambino e si sollecita la sua “libertà” nell‟impatto con la “realtà”. 4. Il percorso In prima classe presentiamo situazioni problematiche in modo che l‟addizione venga assunta come prototipo delle espressioni in aritmetica, in cui il segno “=” ha un ruolo convenzionale che deve essere ben capito e ben usato, senza fraintendimenti. 60 Inoltre, iniziamo un lento processo per favorire la comprensione profonda del sistema decimale e posizionale, attraverso rappresentazioni concrete che sostengano l‟intuizione a proposito del concetto di base. In seconda classe, quando ormai i bambini sanno che cosa è una operazione aritmetica, possiamo presentare il concetto di operazione inversa, prendendo la sottrazione come prototipo. E completiamo i processi iniziati in prima. In terza classe, presentiamo varie situazioni caratterizzate dalla struttura moltiplicativa: costruzione di rettangoli, schieramenti, piastrellature, giochi di squadra, o ricerca di tutte le possibili coppie di fattori nelle moltiplicazioni di numeri, arrivando alla costruzione di schemi, tabelle e infine della tavola pitagorica. Sulla base di attività manipolative, gli allievi inventano metodi empirici per risolvere problemi, utilizzando tutto ciò che hanno già imparato e che sanno fare, prima che l‟insegnante sveli che tutti quei problemi si possono più semplicemente risolvere con l‟operazione aritmetica della moltiplicazione, di cui, dopo un lungo percorso, si introduce il simbolo. In seguito, la necessità nell‟affrontare nuove e più complesse situazioni aiuta a giustificare la fatica necessaria per memorizzare le tabelline e per imparare l‟algoritmo. Si introduce anche la divisione, facendo tesoro dell‟apprendimento già in precedenza consolidato di operazione inversa di una operazione data. In quarta classe, prima di parlare di frazioni, proponiamo un ampio lavoro di avvicinamento, in cui affrontiamo una sola novità per volta. a) Prima novità. Presentiamo problemi risolubili con una divisione ed una o più moltiplicazioni (scegliendo quelli che si possono anche esprimere con il linguaggio delle frazioni, ma senza dichiararlo). Poi, per partire sempre da ciò che già sanno, lasciamo che i bambini trovino delle soluzioni in modo creativo, da soli, utilizzando moltiplicazioni e divisioni. b) Seconda novità. Invitiamo i bambini a guardare da un nuovo punto di vista gli stessi problemi e introduciamo la nuova struttura concettuale ed il nuovo linguaggio delle frazioni, inizialmente come operatori su un numero finito di elementi non divisibili. c) Ultima novità. Il bambino ha acquisito la nuova struttura ed il nuovo linguaggio: le frazioni; l‟ultima novità consiste nell‟estendere i nuovi concetti e linguaggi ad una diversa realtà, quella delle grandezze continue, interpretando il concetto di frazione questa volta come operatore su grandezze continue. Questo nuovo passo, porterà al concetto di misura, e ai numeri decimali con virgola. Per la quinta classe, non abbiamo progettato un percorso specifico, per lasciare all‟insegnante la possibilità di riprendere e consolidare o completare i contenuti, a seconda delle esigenze della classe. Bibliografia Baruk S. (1985). L‟ âge du capitaine. De l‟erreur en mathématiques. Paris: Seuil. D‟Amore B. (1999). Elementi di Didattica della Matematica. Bologna: Pitagora. 61 Davoli A. e altri (2009). Il curricolo per competenze. Dalla scuola dell‟infanzia alla scuola primaria: un‟esperienza realizzata. Roma: Armando. Duval R. (1993). Registres de représentations sémiotique et fonctionnement cognitif de la pensée. Annales de didactique et de sciences cognitives. Strasbourg: ULP, IREM. 5, 38. Freudenthal H. (1994). Ripensando l‟educazione matematica. Brescia: La Scuola. Klein P.S. (1985). La promozione della flessibilità della mente del bambino nell‟ambito della famiglia. Atti del Convegno “Psicologia e creatività”. Milano: Selezione dal Reader‟s Digest. Longo P., Barbieri S. (a cura di) (2008). Insegnare matematica. Esempi di buone prassi in Lombardia. Milano: Guerini e Associati. Manara C.F. (1989). Problemi di didattica della matematica. Brescia: La Scuola. Piaget J. (1975). L‟équilibration des structures cognitives: problèmes centrales du développement. Etudes d‟épistemologie génétique. Paris: Press Universitaires de France. Zan R. (2007). Difficoltà in matematica. Osservare, interpretare, intervenire. Milano: Springer. Parole chiave: difficoltà di apprendimento; aritmetica; operazioni aritmetiche; rappresentazioni, senso e significato. 62 La questione dei dati nel testo Fabrizia Fiorani e Sonia Rossi Scuola primaria, Circolo Didattico di Corridonia (Macerata) Sunto. L‟attività didattica presentata scaturisce dalla constatazione che alcuni dei nostri allievi manifestano un certo disagio di fronte alla soluzione di problemi matematici. Tale disagio, a nostro avviso, è dovuto alla difficoltà di comprendere e di individuare i dati utili alla soluzione di un problema. In una classe quarta primaria abbiamo proposto un‟attività laboratoriale, nel corso della quale, gli allievi avevano il compito di “indagare” un testo storico, per ricavare informazioni da utilizzare per avanzare ipotesi relative alle attività economiche della Civiltà Fenicia. Il lavoro ha reso gli allievi veri protagonisti del loro apprendimento, poiché hanno avuto la possibilità di costruire le loro conoscenze in modo significativo. 1. Premessa Siamo due docenti di scuola primaria che, da alcuni anni, operano nella stessa équipe pedagogica, una come insegnante prevalente di classe a cui è stato assegnato l‟ambito linguistico antropologico, l‟altra come insegnante dell‟ambito matematico delle tre sezioni parallele. Durante le consuete riunioni di programmazione, spesso abbiamo modo di confrontarci sulle principali difficoltà che incontrano i nostri allievi nel loro percorso scolastico e ci siamo così rese conto che, per molti dei nostri allievi, la soluzione di problemi matematici rappresenta uno degli ostacoli più difficili da superare. Ci siamo interrogate a lungo sulle possibili cause, giungendo alla conclusione che spesso i nostri ragazzi non sono in grado di comprendere pienamente il testo di un problema proposto, o non riescono ad individuare correttamente i dati utili alla sua soluzione. Abbiamo pensato allora di intraprendere un percorso didattico interdisciplinare, mirato a potenziare le competenze degli allievi in merito alla comprensione del testo e all‟individuazione dei dati utili. Cercare in un testo i dati per risolvere un problema non è infatti una prerogativa della matematica, ma un‟abilità trasversale che può e deve essere esercitata in qualsiasi ambito disciplinare. Volevamo poi che questa esperienza rendesse i nostri allievi protagonisti e consapevoli dei loro apprendimenti, quindi abbiamo deciso di proporre un‟attività laboratoriale, da svolgersi in cooperative learning, incentrata sull‟analisi di un breve testo storico, all‟interno del quale individuare dati significativi, necessari ad avanzare ipotesi di soluzione a varie situazioni problematiche proposte. La modalità del lavoro di gruppo è stata scelta infatti perché essa facilita il coinvolgimento di tutti gli allievi che hanno la possibilità di sperimentare, confrontarsi e allo 63 stesso tempo essere supportati, se necessario, dai compagni, senza il timore di esprimere il proprio punto di vista o incorrere nell‟errore. La prospettiva di realizzare un power point al termine del lavoro, ha poi accresciuto l‟impegno dei ragazzi ad imparare “facendo”, rendendo questa attività estremamente significativa per ciascuno di loro. 2. I dati nel testo Una delle attività più comuni che noi insegnanti di scuola primaria facciamo compiere ai nostri ragazzi durante le lezioni di storia, è l‟individuazione nel testo dei dati, intesi come informazioni essenziali, che debbono essere memorizzate e opportunamente verbalizzate nel corso di un‟interrogazione. Spesso i dati “utili” vengono semplicemente identificati dall‟insegnante; agli allievi non spetta altro che evidenziarli e ricordarli. Ciò che invece accade meno frequentemente è che siano gli stessi allievi ad individuare in un testo i dati essenziali e, ancora più raramente, succede che essi siano in grado di utilizzare quegli stessi dati per operare una scelta e pervenire alla soluzione di un problema. Nei manuali di storia comunemente usati nella scuola primaria, gli eventi storici vengono ampiamente spiegati e descritti, i bambini non devono mettere in campo alcuna abilità creativa. Inoltre gli allievi non vengono abbastanza sollecitati a formulare ipotesi per rilevare cause e conseguenze di un fatto storico e quasi mai, per esempio, noi insegnanti conduciamo i nostri allievi ad individuare le attività economiche svolte da un‟antica Civiltà del passato, senza fare riferimento esclusivamente al manuale di storia, dove tutto viene raccontato. Come sostiene D‟Amore (1993), ciò che dovrebbe accadere quando si deve risolvere un problema matematico, è l‟individuazione di una strategia risolutiva personale. Sarebbe auspicabile che anche di fronte ad un testo storico, gli allievi siano in grado di ricercare autonomamente i dati necessari ad avanzare ipotesi e giungere a delle conclusioni che il testo propone come soluzioni preconfezionate. Crediamo che la scuola oggi debba fare proprio questo: allenare i ragazzi a rielaborare le conoscenze di cui sono già in possesso, per costruire, in modo significativo, il proprio sapere. Si tratta di abituare i nostri allievi al fare, a sentirsi protagonisti del proprio apprendimento, proponendo sempre più attività laboratoriali. Che si tratti di storia, di matematica o altro, i nostri allievi debbono acquisire più che nozioni e conoscenze, oggi facilissime da reperire, un metodo attraverso il quale indagare la realtà per risolvere problemi e trovare soluzioni, un metodo efficace che possano utilizzare per la vita. L‟attività che proponiamo vuole andare proprio in questo senso: un testo storico può costituire l‟occasione per mettere in gioco la capacità dei ragazzi 64 di “gettare in avanti il proprio pensiero”, ecco perché pensiamo che la storia sia utilissima alla matematica. 3. L’episodio Gli allievi di una classe quarta primaria hanno affrontato lo studio dell‟antica civiltà fenicia. Le insegnanti, anziché presentare l‟argomento attraverso il consueto schema di lavoro che consiste, sostanzialmente, nella spiegazione e nell‟individuazione delle informazioni essenziali del testo, hanno deciso di proporre un‟attività che prevede il coinvolgimento attivo di tutti i bambini. Gli allievi, divisi in gruppi, avevano il compito di analizzare un breve brano storico, tratto dal loro manuale. Inizialmente dovevano individuare l‟argomento generale trattato, poiché la comprensione del testo è il presupposto fondamentale alla base di qualsiasi abilità creativa degli allievi. Successivamente è stato chiesto loro di rilevare i dati utili, cioè le informazioni necessarie a stabilire quali fossero le attività economiche praticate dai Fenici. I dati presenti nel testo, tuttavia, non riconducevano esplicitamente alla richiesta effettuata, infatti essi si riferivano esclusivamente ai tipi di territorio che caratterizzavano la Fenicia. A questo punto, tenendo conto anche delle conoscenze di cui erano già in possesso, gli allievi sono stati in grado di ipotizzare il tipo di attività che poteva essere praticata nell‟antichità in un territorio pianeggiante, in un territorio montuoso o in prossimità del mare. Leggi attentamente il testo e comprendi l’ l’argomento di cui si parla. I FENICI A partire dal 1500 a.C., in una sottile striscia di terra affacciata sulle coste del Mar Mediterraneo, chiamata Fenicia, si stabilì stabilì l’antico popolo dei Fenici, il cui nome si deve al “rosso porpora” porpora”, un colorante per stoffe che solo i Fenici producevano. Il territorio fenicio non era molto fertile; solo in prossimità prossimità della costa si estendevano piccole distese pianeggianti, mentre i territori montuosi delle zone più più interne erano ricoperti da alberi, chiamati “ cedri del Libano,” Libano,” che fornivano un legno assai pregiato che col tempo i fenici impararono ad utilizzare. 65 NEL TESTO SI PARLA DI: Vita quotidiana dei Fenici Coltivazioni tipiche della Fenicia Caratteristiche del territorio fenicio L’artigianato presso i Fenici In seguito, utilizzando la carta geo-storica del territorio in cui ebbe a svilupparsi questa civiltà, gli allievi hanno evidenziato quali, tra le attività economiche praticate dal popolo fenicio, fossero quelle prevalenti. Dopo aver rilevato nella pesca e nel commercio marittimo le attività più diffuse, i bambini hanno discusso e si sono confrontati per individuare sia i mezzi che ne consentivano lo svolgimento (le navi), che i materiali con il quale queste venivano costruite (alberi di cedro). OSSERVANDO LA CARTA GEOGRAFICA DELLA FENICIA, CORRISPONDENTE ALL’ ALL’ATTUALE LIBANO, SAPRESTE DIRE QUAL ERA L’ATTIVITA ATTIVITA’’ ECONOMICA PREVALENTE DI QUESTO POPOLO? ? Pesca e commercio ? agricoltura ? Sfruttamento del legname ? Allevamento 66 PROBLEMI… PROBLEMI… di trasporto di che cosa avranno avuto bisogno i Fenici per praticare le loro attività attività principali? Clicca sull’ sull’immagine giusta Al termine, l‟esperienza effettuata è stata utilizzata dagli stessi allievi nel corso del laboratorio di informatica, per realizzare un power point. Concludendo, possiamo affermare che questa attività, pur nella sua semplicità, si è rivelata estremamente efficace perché ha permesso agli allievi di sperimentare quanto sia importante la corretta individuazione, in un testo, dei dati utili alla soluzione di qualsiasi situazione problematica. Al contempo, indagare la realtà, avanzare ipotesi e pervenire a conclusioni sulla base degli strumenti di cui si dispone, consente ai nostri allievi di costruire in modo sempre più consapevole il proprio sapere. Bibliografia D‟Amore B. (1993). Problemi. Pedagogia e psicologia della matematica nell‟attività di problem solving. Milano: Franco Angeli. D‟Amore B., Fandiño Pinilla M.I., Marazzani I. (2004). “Esercizi anticipati” e “zona di sviluppo prossimale”: comportamento strategico e linguaggio comunicativo in attività di problem solving. La matematica e la sua didattica. 2, 71-95 [In lingua spagnola: Epsilon, 57, 19 (3), 357-377]. Parole chiave: didattica laboratoriale; apprendimento cooperativo; dati; testo; abilità trasversali. 67 Geometria in multiculturale movimento e un calendario Roberto Grossa e Giuliana Farisatto Laboratorio Multimedia FDA Magazzino7, Università IUAV, Venezia Scuola Primaria F. Petrarca II circolo Mirano, Venezia Sunto. Con il pretesto di aiutare strane comunità nella progettazione di una piazza, gli studenti hanno elaborato forme insolite e spiegato a corrispondenti alieni la propria cultura geometrica, attingendo a un misto di linguaggi artistici e formali e morfologie naturali. Scopo dell‟operazione: ripercorrere la scoperta di regolarità che accompagna lo sviluppo della geometria. Nel progetto calendario una grande striscia avvolge l‟intera classe e permette di leggere assieme le scansioni del tempo di varie culture ove il ciclo solare e lunare costituiscono il denominatore comune. 1. Geometria in movimento L‟esperienza Geometria in movimento è maturata all‟interno delle scuole primarie “F. Petrarca” e “A. Azzolini” del II Circolo di Mirano, in provincia di Venezia, ed ha coinvolto gli allievi delle classi terze e quinte. Il progetto è nato dal desiderio di proporre un avvicinamento alla geometria da angolazioni inconsuete, presentandola come l‟esito di una scoperta attiva e personale. L‟esperienza della costruzione geometrica è stata trasferita nello spazio fisico: il tracciato della matita sulla carta ha corrisposto ad un tracciato nell‟aula, in uno spazio che può quindi contenere interamente i bambini. L‟operazione di definizione di una figura si è trasformata: non si è trattato più di tracciare un cerchio, di vedere un triangolo, ma di “essere un cerchio”, di “tirare il triangolo”. Elemento centrale è stato quello di far cogliere agli allievi il senso della scelta, della non ovvietà di alcune caratteristiche della geometria: Come nasce il triangolo? Quali sono i triangoli, quali no? La riflessione è partita da un‟immagine: Archimede cammina sulla spiaggia di Siracusa. Il suo sguardo si ferma ad osservare la punta di un cristallo che emerge da una piccola roccia. Lo raccoglie e comincia a riflettere: Esistono solidi regolari in natura? Le domande che si sono posti i padri della geometria potrebbero essere le stesse che sfiorano gli allievi: Perché mai questa figura? È questa l‟unica geometria possibile? Forse non è così importante trovare la risposta quanto invece avviare una riflessione sull‟esistenza di possibili alternative. 68 Figg. 1-2-3. Immagini usate per stimolare la ricerca di figure in natura Esistono figure in natura? La luna piena e il sole sono proprio cerchi? Le cellette delle api e i settori della pigna sono prismi esagonali e pentagonali? L‟orizzonte che separa cielo e mare può essere una linea retta? Ciò che usiamo in geometria è un insieme di casi da cui è derivata una regola. Altre persone e altre spiagge avrebbero potuto far nascere una diversa geometria? Ecco allora l‟idea di proporre una cultura aliena, curiosa di capire le nostre forme strane. Una cultura che ha prodotto forme proprie ci interroga, stimola a dare risposte ed innesca la necessità per noi di capire le nostre regole, per riuscire poi a spiegarle, usando un codice comprensibile e trasmissibile in varie modalità. Punti di forza di questa esperienza didattica sono stati l‟incrocio di competenze tra una persona proveniente da un laboratorio multimediale universitario e un gruppo di insegnanti che ha rimesso in gioco la propria preparazione disciplinare, e la possibilità di agire all‟interno di un laboratorio nel quale i bambini hanno giocato ed operato, immergendosi in una storia carica di curiosità e fascino. In tali attività è stato sicuramente privilegiato l‟aspetto intuitivo, scegliendo di non proporre rapporti con la geometria quantitativa e definizioni di formule per la risoluzione delle problematiche presentate. La finalità generale del progetto era quella di appassionare i bambini all‟uso di giochi geometrici, cercando di ricondurre la dimensione astratta a quella originaria dello spazio tangibile. Gli obiettivi specifici perseguiti erano i seguenti: favorire la manipolazione concreta di oggetti e l‟osservazione e descrizione delle loro trasformazioni; far cogliere il senso di non ovvietà di alcune proprietà delle figure geometriche; aumentare le competenze spaziali e geometriche; sviluppare la capacità di formulare ipotesi in relazione a situazioni problematiche; offrire occasioni di iniziativa e responsabilità personale per l‟accrescimento dell‟autonomia; attingere ad altri ambiti conoscitivi (artistici, figurativi, scientifici) per stimolare l‟esplorazione di forme e colori; 69 utilizzare procedure e modelli presi dall‟informatica per strutturare informazioni e conoscenze. Nei laboratori realizzati nel triennio dal 2007 al 2010 vi sono stati alcuni elementi ricorrenti. Fig. 4. Contatto iniziale con p51 di Arturo di Boote Figg. 5, 6. Edifici “arturiani” Fig. 7. Disposizione d‟aula nel laboratorio al V anno Fig. 8. Pavimento a quadri come sistema di riferimento cartesiano Fig. 9. Rapporto tra le superfici di rappresentazione durante la costruzione del cerchio Fig. 10. Esperimenti sulla forma triangolare L‟attività iniziava con un messaggio che conteneva una richiesta di collaborazione. Per le classi terze si trattava di una comunità di insetti del bosco un po‟ scombinati, per le classi quinte erano gli abitanti di un lontano pianeta, vicini alla stella Arturo di Boote. Insetti e popoli alieni vivevano con una geometria diversa dalla nostra, quella euclidea, e sollecitavano i bambini a ripensare alla nostra storia per poterla trasmettere loro. La narrazione veniva affiancata da suggestioni colte da vari contesti (arti figurative, geologia, danza, architettura, informatica grafica) che permettevano di ripercorrere lo stesso significato descrivendolo in termini diversi. Uno spazio comune centrale rappresentava lo spazio in cui costruire. Il centro del pavimento dell‟aula (per le classi terze) era usato come spazio cartesiano che veniva tracciato con corde e nastro; nelle quinte si utilizzava una grande mappa in cui il tracciato era pure cartesiano, ma deformato a descrivere un terreno sul bordo di un fiume. 70 Fig. 11. Lab V - il tavoliere di gioco: la piazza per p51 di Arturo di Boote Fig. 12. Carte sul tavoliere e pezzi da identificare e ricostruire Fig. 13. Prove di montaggio e collocazione dei solidi nella piazza Fig. 14. Trasformazione con copia della figura Fig. 15. Scalatura con l‟ausilio dei regoli autocostruiti Fig. 16. Le trasformazioni geometriche tradotte in messaggi (formule) per le formiche Fig. 17. Scalimetro costruito dagli studenti Lo spazio centrale era direttamente relazionato allo spazio di elaborazione, il banco, su cui lavoravano due allievi e in cui oggetti e figure erano nella stessa scala del progetto generale, mentre la superficie a parte (lavagna più spazio di proiezione) è stata usata per presentare argomenti e per amplificare e commentare ciò che avveniva sulle altre due superfici. Ogni progetto si concludeva con il collocamento delle forme sul quadrante e la loro traduzione. Gli insetti e i popoli lontani nello spazio non sapevano leggere i disegni, quindi era necessario trovare un codice per comunicare loro delle configurazioni. Il codice veniva definito con un miscuglio abbastanza libero di 71 coordinate posizionali, descrizioni di figure e trasformazioni geometriche, e diventava occasione per discutere sul processo di costruzione algoritmica della figura. Ciascun laboratorio aveva poi specifici caratteri. nelle terze i bambini diventavano gli strumenti geometrici che misuravano e tracciavano a terra linee, cerchi e triangoli; le case degli insetti progettate dai gruppi di allievi erano delle libere combinazioni di rotazioni, traslazioni, scalature applicate alla figura iniziale; nelle quinte una serie di solidi dovevano essere costruiti a partire da pezzi sparsi sul tavoliere assieme alle foto che li descrivevano; il lavoro di identificazione delle parti, premontaggio, collocazione e descrizione in altri termini obbligava i ragazzi a ricostruire, tradurre e confrontare le loro rappresentazioni con forme già conosciute;le forme arturiane seguivano regole di trasformazione diverse dalle consuete, ritrovabili però in opere d‟arte contemporanea o in certe strutture vegetali; gli allievi utilizzavano queste trasformazioni su solidi rappresentati in vari modi e materiali: scheletrati in filo d‟ottone, pieni in plastilina, gusci in cartoncino. La metodologia didattica utilizzata è stata quella della ricerca che prevedeva le seguenti fasi: problematizzazione della realtà dal punto di vista spaziale; formulazione di ipotesi; realizzazione di figure e materiali; descrizione mediante un codice specifico dei materiali realizzati; analisi collettiva delle descrizioni; riflessioni conclusive. Fig. 18. Montaggio della costruzione nel piano generale Figg. 19, 20. Decorazione della piazza per gli insetti ispirata a un mosaico, elaborata in LOGO e tracciata sul pavimento dell‟aula (ed. 2007) L‟esperienza in aula con i bambini veniva condotta dal docente esterno, mentre l‟insegnante di classe lo affiancava intervenendo soprattutto durante le conversazioni e nella gestione dei materiali da proporre. 72 Fig. 21. Continuità tra le figure attraverso aumento dei lati e angolo di estrusione Fig. 22. Ritorno all‟immagine dal solido; ridisegno intuitivo Figg. 23, 24, 25. Trasformazione di solidi ispirate a un palazzo arturiano dalle tre alle due dimensioni Gli strumenti usati per il progetto sono stati scelti in base alla loro efficacia comunicativa, alla relativa disponibilità e alla facilità d‟uso. Ove possibile gli oggetti didattici e la strumentazione di supporto sono stati costruiti dagli studenti. Fig. 26. Montaggio finale sul progetto della piazza arturiana dei solidi a guscio, scheletrati e pieni Fig. 27. I messaggi pronti da trasmettere agli arturiani con istruzioni per la costruzione e collocazione dei solidi nella loro piazza 73 La valutazione dell‟esperienza è stata svolta in relazione ad alcuni indicatori. La realizzazione delle figure, il loro posizionamento, la loro traduzione in forma di algoritmo, sono stati elementi di valutazione dell‟accoglimento e dell‟efficacia dell‟attività. Come occasione di verifica e confronto è stata introdotta un‟attività in cui alcuni allievi, a partire dal messaggio di altri compagni, dovevano ricostruire la figura e la sua posizione. Gli errori che emergevano venivano esplicitati, analizzati e rettificati, confermandosi importanti momenti di consolidamento. Inoltre il grado di concentrazione molto alta da parte dei bambini e la loro elevata partecipazione durante i laboratori hanno rappresentato dei riscontri significativi. L‟atteggiamento positivo nei confronti delle attività geometriche ed alcune abilità acquisite in relazione alle trasformazioni si sono mantenuti ben oltre le giornate di laboratorio. 2. Un calendario multiculturale Il progetto, proposto alle seconde della scuola primaria “F. Petrarca” di Mirano è nato dalla ricerca di un‟origine condivisa tra i calendari di varie culture, ponendo le stesse sul medesimo piano rispetto ad un denominatore comune individuabile nel tempo astronomico scandito dal cambiamento di altezza del sole e dalle fasi della luna. Tutti i calendari si riferiscono in qualche modo all‟uno, all‟altro o ambedue questi percorsi. Il calendario è stato realizzato con una striscia di carta alta 30 centimetri e lunga quasi 30 metri che avvolge l‟intera aula, ricordando il percorso ciclico del tempo. Con il mese che si estende per oltre due metri il calendario diventa un elemento molto presente nello spazio dell‟aula. La striscia è divisa in sei fasce nel senso della lunghezza: le due fasce centrali portano la scansione del tempo astronomico di riferimento, in cui sono tracciati solstizi ed equinozi per il tempo solare e le fasi per il tempo lunare. Le fasce che corrono a fianco delle due centrali sono i calendari civili e religiosi: gregoriano, islamico, ortodosso, giuliano, cinese. 74 Fig. 28. Calendario multiculturale, vista d‟insieme dal solstizio d‟inverno all‟equinozio di primavera Fig. 29. Schizzo d‟insieme del progetto calendario Fig. 30. Il calendario verso l‟inizio dell‟anno solare Per far partecipare i bambini alla progressiva costruzione e scoperta del tempo, sono state previste attività di rilevamento, di annotazione e di confronto. Il rilevamento riguardava i principali eventi che strutturano il tempo del sole e della luna: mentre il rilevamento delle fasi lunari, base per il ritmo settimanale, poteva avvenire con l‟osservazione diretta, per poter comparare lo spostamento apparente del sole nel cielo è stata tracciata una linea meridiana nel cortile della scuola. Ogni settimana i bambini uscivano all‟ora corrispondente al mezzogiorno solare e tracciavano la posizione del giorno sulla linea meridiana. La distanza da equinozi e solstizi diventava in questo modo trascrivibile nella fascia solare del calendario. Lo spostamento apparente del sole è stato raccontato sulla lavagna aiutandosi con una rappresentazione panoramica del cielo sopra il profilo degli edifici, così come sono visti dallo stilo della meridiana. Le fasce dei calendari venivano riempite quotidianamente. Lo spazio che un giorno occupa sulla carta è largo 8 centimetri: si potevano segnare le festività civili e religiose di tutti, ma anche compleanni, ferie scolastiche, offrendo la 75 possibilità di rileggere eventi locali nelle diverse notazioni e creare nel contempo occasioni per rendere centrali anche le altre culture. Fig. 31. Dettaglio del calendario con eventi religiosi, civili e personali della classe Fig. 32. La meridiana tracciata a terra e aggiornata settimanalmente dagli studenti. Il muretto della scala funge da stilo Fig. 33. Percorso apparente del sole rispetto alla scuola visto dalla meridiana Bibliografia Biémont E. (2002). Ritmi del tempo. Astronomia e calendari. Bologna: Zanichelli. Borie A., Micheloni P., Pinon P. (1978). Forme et déformation des objets architecturaux et urbains. Paris: Ecole des Beaux-Arts. Grossa R. (1990). La chiocciola e la scala. Computer Grafica & Desktop Publishing. Milano: Gruppo Editoriale Jackson. 4, 21, 68-70. Grossa R., Stefanelli C. (2009). Collective drawing. ID&A. 4, 7-8, 54-59. March L., Steadman P. (1974). La geometria dell‟ambiente: una introduzione alla organizzazione spaziale nella progettazione. Milano: Mazzotta. Marcolli A. (1980). Teoria del campo: corso di educazione alla visione. Firenze: Sansoni. Mattozzi I. (2009). Raccontare il tempo. In: D‟Amore B., Sbaragli S. (Eds.) (2009). Pratiche matematiche e didattiche d‟aula. Atti del Convegno “Incontri con la Matematica n. 23”, 75-81. Bologna: Pitagora. Munari B. (1960). La scoperta del quadrato. Milano: Scheiwiller. Munari B. (ed.) (1981). I laboratori per bambini a Brera. Bologna: Zanichelli. Rohr R.R.J. (1988). Meridiane. Storia, teoria, pratica. Torino: Ulisse. Parole chiave: geometria intuitiva; calendari; laboratori; trasformazioni; multiculturale. 76 Dalla “divisione di cose” un’esperienza in terza primaria alla “divisione”: Barbara Mallarino Direzione didattica Savona-Chiavella, scuola primaria E. De Amicis Sunto. Scopo di questo progetto è quello di sperimentare una alternativa, sia metodologica che concettuale, di approccio al concetto e alla tecnica della divisione. Si è tentato di promuovere una costruttiva comunicazione/scambio con l‟ambiente esterno, in modo da limitare il più possibile il gap tra le forme di ragionamento dei ragazzi (che essendo così piccoli sono pregne di riflessioni scaturite da situazioni reali) e quelle dell‟insegnante (molto più formalizzate). La diversificazione dei contesti è ciò che ha reso possibile, a queste due forme di ragionamento, di entrare in contatto e di comunicare efficacemente. 1. Premessa La finalità di questo lavoro è stata di avviare nei bambini la consapevolezza di poter utilizzare strumenti del contesto extrascolastico per riflettere sulle cose ed agire su di esse. Nel caso specifico è stata offerta una alternativa, sia metodologica sia concettuale, di approccio al concetto e alla tecnica della divisione. La convinzione sottesa al progetto è che la cultura, in senso lato, intervenga nelle dinamiche di una classe. Il problema dei rapporti tra cultura e insegnamento-apprendimento della matematica assume un‟importanza cruciale se si vogliono chiarire i contributi che vari contesti reali possono fornire allo sviluppo delle conoscenze e delle abilità matematiche. Il lavoro in un campo di esperienza1 della vita reale consente all‟insegnante di appoggiarsi sia ai vincoli e alle risorse extrascolastiche sia alle strategie e ai modi di pensare dell‟enciclopedia cognitiva dell‟allievo per introdurre segni, procedure e concetti matematici funzionali alla risoluzione di problemi scaturiti dall‟esperienza extrascolastica. Nel nostro caso come campi di esperienza abbiamo scelto di privilegiare quelli che consentono un approccio alla divisione sia per contenenza che per partizione: monete, tempi e misure. Le differenti modalità di rappresentazione e di modellizzazione che questi contesti offrono ha permesso, inoltre, di far accostare i bambini a situazioni familiari ma differenti sotto molti punti di vista (ad esempio i diversi sistemi numerici con cui sono rappresentati i tempi e le altre grandezze) mantenendo 1 Per campo di esperienza si intende un settore della cultura umana identificabile dall‟insegnante e dagli allievi come unitario ed omogeneo. 77 costante l‟obiettivo principale, che è stato quello di trovare strategie (manipolative, per tentativi, ricorrendo a divisioni successive, ...) per effettuare divisioni intrecciando strategie sia per contenenza che per partizione. Gli strumenti utilizzati per supportare il ragionamento interno, quindi, sono stati di diverso tipo (dall‟orologio analogico alle monete) e ciò ha consentito ai bambini di mettere a punto ed integrare strategie diverse per operare sulla realtà. Ogni attività proposta è stata organizzata secondo uno schema pressoché fisso: lavoro manipolativo sollecitato da una domanda-problema (con l‟ausilio di: monete di carta fotocopiate dalle originali, metro Ikea, due quadranti, uno normale e l‟altro numerato da 0 a 60), discussione di bilancio2 in plenaria per la condivisione delle strategie trovate e la verifica dei percorsi; ricerca di una forma condivisa dalla classe della “soluzione” alla domanda-problema; verifiche individuali delle capacità manipolative. Durante la sperimentazione sono stati posti ai bambini dei problemi di divisione che loro hanno inizialmente risolto come (inversi di) problemi di moltiplicazione (uno dei capi saldi del lavoro è stato lo sviluppo dei significati della divisione come operazione inversa della moltiplicazione). Si è scelto, poi, di far seguire ad ogni problema manipolativo una prima fase che potesse consentire un immediato controllo sul lavoro svolto. Questa verifica ha fornito, una volta che sono state acquisite e consolidate alcune prime tecniche, l‟occasione per mettere a fuoco, operativamente, come partizione e contenenza siano due aspetti differenti che possono essere unificati come procedure inverse di operazioni di moltiplicazione. Acquisita questa consapevolezza si è avviato un approccio all‟algoritmo della divisione che utilizzasse (con riferimenti indiretti a contesti diversi, con forme controllate di astrazione) entrambi gli aspetti. Con queste attività non si è voluto, e non ci si è potuti, limitare a risvolti puramente matematici: i risvolti applicativi e la componente emotiva hanno avuto un‟influenza rilevante. Per i bambini in difficoltà, poter utilizzare conoscenze extrascolastiche e acquisire la consapevolezza di avere capacità apprezzate e spendibili a scuola, ha rivestito sicuramente un ruolo fondamentale. Questo progetto ha messo in evidenza, ancora una volta, che la motivazione all‟apprendere è il primo passo verso una comprensione più consapevole e partecipata. 2 «…socializzare e valutare collettivamente le strategie usate dai singoli allievi nella soluzione di un problema e costruire (quando è possibile) una o più rappresentazioni e soluzioni condivise da tutta la classe e consistenti con quelle costruite a livello adulto per mezzo di concetti e procedure matematiche…» (Bartolini Bussi, Boni, Ferri, 1995). 78 2. Il percorso didattico 2.1. Requisiti matematici Per ciò che riguarda i requisiti generali, risulta essere di decisiva importanza un lungo ed accurato lavoro da svolgersi preliminarmente sulla moltiplicazione. Le tabelline, la proprietà commutativa, il calcolo mentale (moltiplicazioni per 10, 100, 1000, con decine e centinaia, …) sono concetti il cui consolidamento influisce sulla concettualizzazione della divisione. Vediamo nel dettaglio. Tabelline: il fatto di conoscerle fornisce ai bambini uno strumento indispensabile nel momento in cui si troveranno a lavorare operativamente con problemi di divisione. La proprietà commutativa: porre l‟attenzione sulla proprietà commutativa della moltiplicazione è il veicolo implicito che consente di trasformare un problema di partizione in uno di contenenza a seconda dei dati numerici (… 2 = 300 [partizione]; 150 ... = 300 [contenenza]). Le modalità con cui si può fare sono molteplici; trovare i numeri uguali nella tabella della moltiplicazione e osservare di quali prodotti sono il risultato, utilizzare nodi o reticoli … Il calcolo mentale: in questo caso si verifica la stessa situazione delle tabelline. Conoscere già “quanto fa” un certo prodotto fornisce la base di partenza per le riflessioni ulteriori che l‟insegnante richiederà agli allievi. In secondo luogo mi preme considerare i requisiti specifici dei campi d‟esperienza necessari allo svolgimento del percorso sperimentato e che vedremo tra breve. Per ognuno di essi è stato essenziale predisporre delle attività parallele al progetto sperimentale che consentissero un efficace utilizzo delle potenzialità che questi ambiti forniscono, motivo per il quale sono stati scelti e reputati così emblematici. Nell‟elenco qui riportato non ho trascritto tutte le schede individuali, i compiti,… che i bambini hanno dovuto svolgere, ma solo una lista sommaria delle principali attività. Monete introduzione dei vari tagli di monete (fino a 2 €); cambio mantenendo lo stesso valore (1€ lo posso cambiare con due monete da 50 cent); compra-vendita/resto (allestimento del mercatino della classe dove poter effettuare acquisti); indovina il prezzo! (dato un oggetto si deve indovinare il prezzo, vince chi si avvicina di più; si può anche stendere una graduatoria); indovina il contenuto del portafoglio (un allievo disegna alla lavagna una quantità a piacere di monete, gli altri devono indovinare quanto è il totale; chi indovina va alla lavagna). 79 Lunghezze introduzione con modalità tradizionali (introduzione dei multipli e dei sottomultipli del metro senza riferimento esperienziale); osservazione del righello (avvicinamento ai centimetri e ai millimetri); misurazione settimanali delle piantine della classe (ceci, lenticchie, grano): Quanto sono cresciute dalla prima alla seconda settimana? E dalla prima alla terza?; trova tra gli oggetti noti quelli che misurano 1 cm (una vite, il diametro di un bottone,… ; chi non aveva niente ha ritagliato striscioline di carta); introduzione del decimetro per accorciare la scrittura della misura delle piante (10 cm si possono chiamare 1 dm); trova tra gli oggetti noti quelli che misurano 1 dm (pastelli, matite, ….); introduzione del metro (piega e scopri quante volte un decimetro sta nel metro Ikea). Tempo attività sull‟orologio svolte in maniera tradizionale (come leggere l‟orologio con lancette); attività sul calendario della classe: osservazione diretta dello scorrere del tempo (collegamento del tempo che passa con aspetti significativi per la classe: la crescita delle piante, lo spettacolo a teatro, gli assenti nel giorno in cui si è costruita l‟aiuola di classe, ...), quanti giorni compongono la settimana, indagine sulle conoscenze già possedute: quanti secondi in un minuto, quanti minuti in un‟ora, quante ore in un giorno, … 2.2. Abilità trasversali Accanto ai requisiti matematici sopra indicati, occorre fare almeno un cenno alle abilità trasversali che sono intervenute in questo percorso. Anche se, a livello implicito, con il trascorrere del tempo si è notato un considerevole cambiamento delle modalità con cui esse hanno supportato lo sforzo dei bambini nel tentativo di adattarsi al nuovo contesto di apprendimentoinsegnamento dovuto, principalmente, alla brusca alterazione del contratto didattico: sono dovuti passare dall‟ascoltare e dal tentare di comprendere, all‟agire sugli oggetti e al dare un senso al loro operato tramite la conferma sociale delle loro opinioni. Possiamo riassumerle qui di seguito: capacità di agire operativamente sui materiali proposti Capacità di lavorare in gruppo o individualmente; capacità di cogliere relazioni; capacità di descrivere (a parole, con disegni, con simboli,…) e “formalizzare” una situazione pratica. 80 2.3. Conoscenze specifiche del contenuto Ci sono due aspetti su cui vale la pena soffermarsi ulteriormente: la verifica e il resto. Il resto: la prima osservazione da fare è che volutamente, nei primi problemi da risolvere, le divisioni (anche se i bambini le hanno chiamate con questo nome solo molto tempo dopo) sono state assegnate con resto. Se, come detto sopra, il riferimento all‟esperienza quotidiana deve essere stretto, in primo luogo difficilmente capita di effettuare suddivisioni esatte, secondariamente le divisioni a resto 0 sono un caso particolare di quelle con resto diverso da 0 e questa gerarchia è stata con intenzione mantenuta anche nell‟introduzione degli argomenti. La seconda osservazione è che, dal punto di vista lessicale, la parola resto è usata nel linguaggio naturale con la stessa accezione che si utilizza per il linguaggio scientifico; per questo motivo l‟insegnante, con molta disinvoltura, ha fatto uso di questo termine anche nelle consegne iniziali. La terza e ultima considerazione è quella che il resto a seconda che la divisione sia del tipo per contenenza o per partizione ha un significato un po‟ diverso. Abbiamo creduto, pertanto, che far riflettere i bambini su questo duplice significato potesse contribuire ad una maggiore strutturazione della conoscenza che si voleva andare a costruire. Se la divisione è per contenenza il resto è ottenuto perché non ha più senso andare avanti (se ad esempio ho 1 € e voglio sapere quante cose da 30 cent posso comprare, il risultato è 3 cose con resto 10 cent, non ha senso chiedermi niente altro). Se la divisione è per partizione il discorso è diverso;non posso proseguire nella ripartizione per mancanza di strumenti adatti o perché, ad esempio, non ho tagli di monete più piccoli da poter utilizzare, se li avessi potrei continuare a dividere (1cm : 3= 3 mm e 1 mm di resto, se avessi strumenti per ingrandire lo spazio a sufficienza potrei continuare). Questa differenziazione condurrà, in futuro, all‟introduzione dei numeri decimali infiniti. La verifica: abbiamo scelto di far seguire ad ogni attività manipolativa una prima fase che potesse consentire un immediato controllo sul lavoro svolto. Questa verifica ha consentito, una volta acquisita la tecnica, una prima attività di autocontrollo e l‟occasione successiva di poter considerare partizione e contenenza due aspetti differenti di uno stesso concetto (utilizzando gli stessi dati numerici ma in contesti diversi, uno per partizione e l‟altro per contenenza la verifica risulta la stessa: 25 cent da dividere tra 3 persone, quanto a ciascuno, quanto avanza? 8 cent resto 1 cent; con 25 cent quante cose da 8 cent posso comprare, quanto avanza? 3 cose resto 1 cent. La verifica può essere schematizzata nel seguente modo: 8cent 3 24 cent +1cent 25 cent). 81 Attraverso l‟uguaglianza della verifica delle due divisioni si è tentato un approccio all‟algoritmo che unifichi le procedure di calcolo nella consapevolezza dei duplici contesti di applicazione. 3. Le attività 3.1. Attività 1: monete (partizione) Ad ogni gruppo vengono consegnati un foglio, una moneta da 20 cent ed una da 5 cent con la seguente richiesta: Avete 25 cent, divideteli tra voi tre. Potete cambiare le monete che vi ho dato ma non si possono aggiungere né togliere altre monete. Sul foglio segnate i cambi che avete fatto e quale cifra spetta a ciascuno (disegnate le monete). Al termine del lavoro, esclusivamente manipolativo, ognuno avrà davanti a sé il suo gruppetto di 8 cent, con resto di 1 cent. I bambini sono invitati, ogni gruppo separatamente, ad esplicitare verbalmente il risultato ottenuto e, se sono in grado, a ricostruire il percorso fatto per ottenerlo. A questo punto l‟insegnante fa la seguente richiesta al gruppo classe: Come possiamo controllare se avete ottenuto un risultato corretto? Ricordatevi che siete partiti da 25 cent… Dovreste averli ancora tutti. È facile arrivare alla conclusione che 8 cent per 3 bambini sono 24 cent, più 1 cent, che non si può più dividere, fa 25 cent (per attirare maggiormente l‟attenzione si potrebbe colorare di rosso la quantità che hanno trovato). Fatto questo si formalizza sul quaderno. Il gruppo classe, dopo breve discussione, propone un testo condiviso per raccontare quello che si è fatto (ripercorrendo le tappe essenziali del lavoro). Ognuno potrà disegnare i suoi gruppi da 8 cent e 1 cent di resto. Si trasforma anche la verifica utilizzando la simbologia aritmetica. 3.2. Attività 2: monete (contenenza) Come l‟attività precedente ma con diversa consegna: Avete 25 cent, quante cose da 8 cent potete acquistare? Potete cambiare le monete che vi ho dato ma non si possono aggiungere né togliere altre monete. Si può considerare lo stesso andamento dell‟attività precedente, anche se operativamente ai bambini è richiesta una metodologia differente (anche in questo caso ciò che hanno trovato può essere scritto in rosso sulla verifica). Dopo la formalizzazione, a cui si dovrebbe arrivare in maniera piuttosto rapida, l‟insegnante riprende il lavoro dell‟attività 1 ed in particolare quello sulla verifica. Dopo essersi accorti che la verifica è la stessa, ai bambini viene chiesto di provare a spiegare il perché di questa coincidenza (proprietà commutativa della moltiplicazione). 82 Attività 2 bis: monete Stesse attività precedenti ma con le seguenti consegne: Dividere 1 euro tra 3 persone e tra 4 persone (quanto spetta a ciascuno, quanto avanza); Dividere 1 euro e 20 cent in cose da 40, da 50, da 60 cent (quante ne posso comprare e quanto avanza). Per sveltire le attività (ovviamente supposto di suddividere le consegne in sottoconsegne), non è più il caso di riportare ogni volta la ricostruzione del percorso fatto; al termine del lavoro basterà riportare come ogni gruppo ha effettuato le divisioni, il resto e la verifica. Compito a casa: Allenati, come a scuola: Dividere 50 cent tra 3 persone (quanto spetta a ciascuno e quanto avanza); Dividere 1 euro in cose da 30 cent (quante ne posso comprare e quanto mi resta). 3.3. Attività 3: metro Ikea (partizione) Ad ogni bambino viene fornito un metro Ikea. La consegna è quella di dividerlo in 3 parti uguali. Si osservano le strategie scelte, l‟insegnante interviene nei momenti di blocco. Terminato il compito, si discute delle strategie adottate, si tenta di far emergere i punti positivi e negativi di ognuna. Per esempio: se effettuo piegature per dividere, questo mi consente di proseguire, se fossi capace, la divisione “fino a quando voglio”, mentre se usassi cm e mm mi dovrei fermare ai millimetri; d‟altra parte se utilizzo questi sono in grado di quantificare esattamente quanto spetta a ciascuno. Scelgo quella che utilizza centimetri e millimetri per poter formalizzare la verifica. L‟attività si conclude come le precedenti. Nell‟ipotesi in cui tutti facessero la divisione misurando le quantità anziché piegando il metro, al termine dell‟attività si potrebbe chiedere di suddividere in tre il metro girato (in modo da non poter vedere i numeri). 3.4. Attività 4: foglio A4 e metro (contenenza) L‟insegnante consegna ad ogni allievo il consueto metro Ikea e un foglio formato A4 (dimensioni 21 cm e 29,7 cm). La consegna è la seguente: Quante volte ci sta il foglio (dal lato più lungo) nel metro? Quanto avanza? Gli allievi troveranno la risposta abbastanza rapidamente. In questo caso maggiore attenzione verrà posta nel trovare la verifica formalizzata (anche per la presenza di numeri “quasi decimali”); nella discussione di classe lo scopo dell‟insegnante è quello di far emergere che prima di poter effettuare numericamente la verifica occorre misurare il lato del foglio… L‟insegnante, attraverso domande stimolo, porterà gli allievi a riflettere sulla differenza tra la 83 divisione precedentemente svolta in cui avrei potuto continuare a dividere e questa in cui sono obbligato a fermarmi. Compito a casa Quante volte il lato corto del foglio sta nel metro e quanto avanza? 3.5. Attività 5: orologio (partizione) Ad ogni gruppo vengono somministrati due quadranti, uno normale e uno per i secondi, che gli allievi hanno costruito nei giorni precedenti. La consegna è la seguente: Avete un nuovo videogioco e potete giocarci dalle 16 alle 17,10; quanto tempo spetta a ciascuno e quanto tempo vi rimane? Si procede come nelle attività precedenti in questo caso però, se i cambi sono fatti opportunamente, si dovrebbero accorgere che il resto è zero. 3.6. Attività 6: orologio (contenenza) Ad ogni gruppo vengono somministrati i due quadranti. La consegna è la seguente: In 1 h e 10‟, quante attività da 20‟ potete fare? Quanto avanza? Si procede come nelle attività precedenti e si avvia come di consueto la discussione, segue la trascrizione sul quaderno. 3.7. Attività 7: riflessione sul resto Riprendendo quasi tutte le attività svolte fino a questo momento, si avvia la discussione per mettere in evidenza la differenza del significato del resto nei diversi tipi di divisione come anticipato nella parte introduttiva al progetto. La domanda di avvio, dopo aver presentato una divisione già nota, potrebbe essere: Come mai mi fermo a questo resto e non continuo a dividere? Dopo la discussione segue la trascrizione sul quaderno delle considerazioni fatte. 3.8. Attività 8: settimane in un anno scolastico Utilizzando il calendario di classe l‟insegnante avvia la discussione con la seguente domanda stimolo: Quante settimane ci sono in un mese? (Quante volte il 7 sta nel 30/31?). Da questa dovrebbe emergere la necessità di fare ipotesi che possano semplificare il problema: una settimana sono 7 giorni, supponiamo un mese di 30 giorni, … Trovata la soluzione che pare più adeguata (di questo si dovrà tenere conto nelle discussioni successive), l‟insegnante prosegue con questa domanda: Quante settimane ci saranno, più o meno, in un anno scolastico? Anche in questo caso gli allievi dovranno fare una serie si supposizioni; facciamo finta che i mesi di scuola siano 10 e che questi mesi siano tutti di 30 giorni, ... Per il calcolo finale si procede per tentativi: se fossero 10 settimane avrei 70 giorni, se fossero 20 avrei 140 giorni, ... In questo modo si giunge alla soluzione approssimata. 84 Condivisione delle strategie con il gruppo classe. 4. La prosecuzione del progetto L‟ordine con cui svolgere le attività è stato deciso in modo da lasciare per ultime quelle che implicano processi di pensiero più simili a quelli necessari allo svolgimento dell‟algoritmo della divisione (per tentativi o per divisioni successive). In questo senso l‟ultima attività, cioè quella del conteggio delle settimane in un anno, ci è parsa la più idonea. In generale il progetto è stato svolto come programmato ed è proseguito con le attività di seguito elencate: Definizione di divisione come inversa della moltiplicazione. Per semplicità sono state utilizzate le verifiche di quelle attività pratiche in cui il resto era 0. Se ho 24 cent da dividere in 3, il risultato è 8 cent ciascuno e resto 0; la verifica si presenta in questa forma: 3 8 cent 24 cent :3 Compilazione della tavola pitagorica. Per ogni numero presente si mettono in evidenza sia il prodotto da cui è scaturito che il ritorno ad uno dei fattori tramite la divisione. La formalizzazione avviene in maniera affine a quanto si era fatto per le verifiche delle attività pratiche: 6 4 24 :6 Riflessioni sul comportamento dello 0 e dell‟1 nella divisione. Queste attività sono state svolte mantenendo costante il riferimento sia alle attività pratiche che a quelle svolte in relazione alla tavola pitagorica. Soprattutto tramite quest‟ultima è abbastanza evidente l‟impossibilità della divisione per 0 (0:0 avrebbe ogni volta un risultato diverso a seconda del prodotto che considero come punto di partenza). 0 1 0 0 2 :0 0 :0 Divisione per 10, 100, e 1000 85 Introduzione dell‟algoritmo: sono state proposte alcune attività simili alle precedenti e successivamente si è pensato di riutilizzare le strategie adottate dai bambini dal punto di vista pratico (come quella delle divisioni successive) per “compilare” l‟algoritmo. 1h e 15‟ : 3 = 75‟ :3 = 25‟ resto 0 x3 75 60 5‟ 15 00 3 20‟ 25‟ Verifica: 25‟ 75‟ :3 Bibliografia AA.VV. (1996). Bambini, maestri, realtà: un progetto per la scuola elementare. Rapporto Tecnico, quinta edizione. Università degli Studi di Genova, Dipartimento di Matematica. Voll. 1-5. Bartolini Bussi M., Boni M., Ferri F. (1995). Interazione sociale e conoscenza a scuola: la discussione matematica. Rapporto Tecnico n° 21. Nucleo di Ricerca in Storia e Didattica della Matematica, Dipartimento di Matematica Pura e Applicata, Università degli Studi di Modena, Comune di Modena, Settore Istruzione. Boero P., Dapueto C., Ferrari P., Ferrero E., Garuti R., Lemut E., Parenti L., Scali E., (1995). Alcuni aspetti del rapporto tra matematica e cultura nell‟insegnamentoapprendimento della matematica nella scuola dell‟obbligo. International conference “Psychology of Mathematics Education”. XIX, Recife, Brazil. Borsese A. (2007/2008). Dispense, Corso di Comunicazione Didattica, Master Universitario di II livello in Didattica delle scienze per insegnanti delle scuole medie ed elementari: una formazione qualificata per l‟orientamento alla cultura scientifica. Università degli Studi di Genova. Parole chiave: divisione; contenenza; partizione; campo di esperienza; extrascuola. 86 Gioco...metria: una passeggiata “ricrea-attiva” tra forme, colori ed altro Antonia Tordella Scuola primaria E. Rosso, Monterosi (VT) - I.C. A. Moro, Sutri Sunto. Si presentano esperienze didattiche effettuate nella scuola primaria per l‟insegnamento della geometria attraverso percorsi ludici, spesso affiancate ed integrate ad altre discipline. L‟aspetto che le accomuna è il fare, cioè l‟operare concreto degli allievi sin dalle prime classi di scuola primaria, affrontando argomenti e concetti via via più complessi. Gli obiettivi sono di proporre attività accattivanti per raggiungere un apprendimento significativo, accostando gli allievi gradualmente al complesso e all‟astratto, introdurre la riflessione sull‟operato e consentire un atteggiamento positivo verso la disciplina, favorendo l‟acquisizione di competenze. Ognuno vede ciò che sa. (Munari, 1996). L‟obiettivo delle esperienze descritte è di insegnare la matematica nella scuola primaria, ai bambini dai 6 agli 11 anni, perseguendo l‟obiettivo di dare significato alle cose da apprendere e indirizzare l‟apprendimento della matematica in una prospettiva di utilità futura, oltre che formativa. Sappiamo che l‟azione ludica è essenziale e non va tradita in questa fascia di età. Occorre curare «un atteggiamento corretto verso la matematica, inteso … anche come contesto per affrontare e porsi problemi significativi, per esplorare e percepire affascinanti relazioni e strutture che si ritrovano e ricorrono in natura e nelle creazioni dell‟uomo», come recita il documento delle Nuove Indicazioni per il Curricolo, specificandone il ruolo nello sviluppo della capacità di operare, comunicare tramite un linguaggio formalizzato e saperlo utilizzare per risolvere problemi, posti come questioni autentiche e significative. Procedere pianificando azioni didattiche basate su trama giocosa, è divertente e rende affascinante l‟apprendimento delle “cose” matematiche per gli allievi, facilitando il loro apprendimento e favorendo la progressiva costruzione delle capacità di pensiero riflessivo e critico. Di seguito si presentano varie esperienze, avute nel corso degli anni di insegnamento nella scuola primaria, a partire dalle prime classi, sino alla conclusione del quinquennio di istruzione primaria. Sono soprattutto attività di geometria. Si noterà come la complessità delle conoscenze proceda di pari 87 passo con l‟età degli allievi e come si possa arrivare a completare tutto il percorso d‟acquisizione delle conoscenze proposte nell‟arco temporale dei cinque anni, per consentire agli allievi il raggiungimento delle competenze di base. Le attività sono da intendersi come un possibile percorso verso la formalizzazione del pensiero e l‟acquisizione graduale del linguaggio specifico della disciplina. L‟approccio è il fare. Le attività proposte sono tutte caratterizzate dalla costruzione del proprio bagaglio di conoscenze e abilità, attraverso l‟azione pratica, esperienziale, manipolatoria, accompagnata dalla riflessione comune conclusiva. La fase conclusiva è da intendersi come il momento in cui si sintetizza il pensare (ipotesi) con il fare sperimentato (ricerca di soluzioni) nell‟atto pratico del lavoro. Il laboratorio è stato lo spazio esperienziale dove si è esercitata la conoscenza degli allievi. Niente di particolare: una veste nuova ad un vecchio ambiente come l‟aula scolastica. Gli allievi sono stati gli autori della propria conoscenza attraverso il processo in cui il conoscere si fonde con il fare per acquisire il sapere agito, sinonimo di competenza. In questo contesto viene data molta importanza all‟aspetto creativo fantastico e alla manipolazione. Il discorso matematico, e in particolare geometrico, è evidente, ma è facile rilevare anche un percorso educativo trasversale, includendo altre sfere del sapere attraverso giochi di analisi e di sintesi degli apprendimenti. Quindi è un itinerario interdisciplinare a garanzia di quel sapere unitario e integrato, atto a interpretare la complessità del reale e alla sua elaborazione critica. Ad esempio il progetto Gioco… metria è un‟esperienza avuta in classe seconda, che ha coinvolto due classi parallele. È un lavoro interdisciplinare che coinvolge i diversi ambiti con l‟obiettivo di: sperimentare modalità nuove per l‟apprendimento delle conoscenze facilitandone l‟acquisizione e significazione. Gli ambiti coinvolti sono: immagine, geometria, musica (ritmi), lingua italiana, scienze, informatica. L‟articolazione del lavoro è iniziata con presentazione della Filastrocca delle forme (Belsanti, Ricciardi, 2004). Una volta letta la filastrocca ha dato lo spunto per cercare il significato di alcune parole riferite prettamente all‟ambito geometrico. Gli allievi sono stati invitati a rispondere sul significato di codesti termini o a spiegare a cosa si riferivano. È nato così un piccolo glossario condiviso sul significato di parole come: linea, punto, lato, angolo ecc. che ha chiarito collettivamente a cosa fosse riferito in campo geometrico e non solo. Ad esempio la parola “linea” negli allievi è stata individuata come “tratto” di matita o di penna, di gesso una spiegazione nettamente ancorata al loro mondo esperienziale. Continuando la lettura della filastrocca si è individuata la prima figura presentata, cioè il cerchio. Sono state poi tratte tante informazioni rilevate dalla conoscenza degli allievi su cosa e dove fosse possibile individuare questa figura. Le risposte sono state varie e un momento particolare si è avuto quando è stata richiesta la differenza tra cerchio e palla (sfera). In quella occasione l‟insegnante aveva in mano un cerchio per le attività motorie e un pallone di plastica. Subito, osservando i due oggetti, è 88 saltata all‟occhio la somiglianza e la differenza, ma il linguaggio usato è stato inappropriato e limitato. Solo con la guida dell‟insegnante, che ha introdotto il termine “solido” e dimostrato quanto fosse più ingombrante la palla, occupando più spazio che il cerchio (piatto), allora è stato più facile far cogliere successivamente la tridimensionalità anche in altri oggetti presenti nell‟aula, ad esempio: l‟armadio, le scatole ecc. La presentazione della sfera ha consentito di introdurre una canzone dello Zecchino D‟Oro di qualche anno fa intitolata La Terra è un palla. Il testo affronta il problema dell‟ecologia in difesa del nostro pianeta. Gli allievi hanno realizzato delle illustrazioni partendo dal testo della canzone ed è stato realizzato un video sonoro usando i disegni prodotti. La terra è una palla Poiché la filastrocca parla di un filo che trasformandosi crea le diverse figure geometriche piane, gli allievi hanno consolidato la loro conoscenza riguardo al rettangolo e al quadrato ed appreso l‟esistenza di una figura che si conosce e riconosce nei problemi di geometria piana, ci si riferisce al trapezio. Questo termine associato nella poesia all‟altalena, ha destato curiosità e sorrisi. I bambini pronunciavano la parola trapezio continuamente sorridendo. Anche il triangolo presentato solo come figura regolare e cioè come equilatero, ha permesso di poter creare stelle usando due triangoli sovrapposti. Ciò che è stato sottolineato è come tutte queste figure fossero state create dalla continua trasformazione che un filo subiva, tirando, di volta in volta, 3 o 4 suoi punti (vertici), in posizioni diverse e per gioco, creando forme sempre diverse, quasi in evoluzione. Il concetto di trasformazione, di evoluzione, è stato sempre presente e continuamente richiamato dall‟insegnante, per avviare gli allievi a vedere le cose in modo dinamico e soltanto all‟occorrenza statico. Infatti si ritiene utile prospettare da subito la dinamicità dei punti di vista per sviluppare un‟immaginazione più plastica e flessibile possibile. Durante un‟attività di matematica, un‟alunna con in mano un elastico per capelli, ha richiamato l‟attenzione dell‟intera classe e dell‟insegnante perché aveva per gioco riprodotto rettangoli, quadrati, triangoli, tirando l‟elastico con l‟aiuto di una sua compagna. Si divertivano a cambiare forma e dimensioni proprio come nella poesia. Questo ha dato l‟idea di portare elastici a scuola e lasciare che i ragazzi giocassero liberamente a coppie facendo esercizio e riproducendo figure varie. 89 Poiché le figure principali erano conosciute da tutti sin dalla scuola dell‟infanzia, questi giochi hanno permesso di consolidarne la conoscenza, anche in una bambina diversamente abile con deficit cognitivo. Il progetto includeva anche un percorso di arte e immagine per cui sono stati usati i punti per realizzare semplici disegni con la tecnica del puntinismo. Poi si è passati allo studio delle linee, che nella poesia erano rappresentate da un filo. Il lavoro sulle linee ha prodotto numerose attività con un duplice valore : artistico e geometrico. Ad esempio, con i colori freddi si è giocato con cerchi e linee curve, realizzando sfumature con i toni di un colore. Usando i colori caldi si è chiesto di creare cerchi a piacimento per realizzare composizioni personali in maniera spontanea e creativa. Oppure si sono individuate linee dritte (segmenti) o linee curve. Confini e regioni Linee spezzate e curve Un semplice gioco partito dall‟osservazione diretta del nostro corpo, a confronto con quello di un compagno o riflesso allo specchio, ha introdotto la scoperta-rilevazione della simmetria: rintracciare l‟asse interno in vari oggetti, iniziando appunto dal nostro viso e corpo, e poi saperlo individuare negli oggetti che si circondano o inventando immagini sul foglio, ritagliarle e incollarle su un altro cartoncino. Sono giochi che hanno prodotto un facile apprendimento del concetto, riferendoci sempre all‟età degli allievi (8/9 anni) e alla libera espressione di capacità creativa e immaginativa propria dei bambini. 90 Un passo successivo è stato realizzato con un‟attività sulle regioni e confini (topologia) per lo studio di relazioni tra numero di linee (confini) e numero di regioni (superfici). Utile è stato l‟utilizzo di una cartina muta dell‟Italia che ha consentito di rinforzare il concetto di confine e regione, veicolato tramite il disegno. Questo lavoro è rappresentato da cartine multicolori dell‟Italia che ha incuriosito molto i bambini i quali hanno posto tante domande su città conosciute, o luoghi visitati durante le vacanze o perché abitate da parenti o conoscenti. Inoltre ha contribuito a consolidare il concetto di regione interna e esterna. Sono esperienze propedeutiche al concetto di perimetro ed area, spesso fonte di notevole difficoltà di discriminazione anche negli allievi più grandi. Si è sottolineata molto la linea “dritta”, segmento e la linea spezzata. Da qui è nata un‟attività che ha dato luogo alla produzione di una composizione individuale iniziata col tracciare liberamente linee rette su un foglio le quali, intersecandosi, hanno fatto da trama per riprodurre paesi o borghi del nostro ambiente. Successivamente dopo la presentazione di opere di artisti famosi come Kandisky, Mondrian, Klee ecc., i bambini hanno prodotto le loro opere astratte, esprimendo la massima immaginazione e sensibilità personale. Cartoncini di vario colore e un gioco di gruppo ha prodotto composizioni libere aventi come trama comune l‟uso di figure geometriche piane. L‟unico comando dato è stato ad esempio: Usare solo cerchi o Usare solo triangoli e rettangoli e così via lasciando massima libertà di azione e produzione. Componimenti liberi Dalle continue osservazioni e sollecitazioni a cogliere le figure nel mondo reale e quindi tridimensionale, è nata l‟esigenza di rappresentare sul foglio piano un paesaggio reale tridimensionale, come una strada, una casa. Così, spiegando con semplicità e sinteticità il gioco prospettico, i ragazzi hanno tentato di rielaborare quanto è stato proposto con diverse ed originali soluzioni. Attività di raccordo con la lingua italiana è stata ulteriormente introdotta con lo studio e la rappresentazione grafica di alcune “poesie 91 geometriche”, cioè gli allievi hanno letto ed interpretato da soli i testi preparati e li hanno rappresentati con disegni effettuati in gruppi spontanei. Una mostra finale ha permesso alle famiglie di vedere le composizioni elaborate e create dagli allievi. L‟iniziativa ha riscosso consensi positivi giunti sia da parte degli allievi, che lo hanno dimostrato in più occasioni richiedendo le attività, sia da parte delle famiglie, le quali hanno partecipato alla mostra apprezzando moltissimo quanto visto esposto. Da un bilancio finale si può affermare che l‟obiettivo di creare un percorso trasversale a carattere artistico, coinvolgendo anche l‟ambito geometrico, linguistico, musicale, geografico, per superare la frammentazione del sapere e concretizzare esperienze di apprendimento significative ed originali negli allievi in forma ludico-creativo è stato raggiunto. Movimenti e trasformazioni Dinamicità, evoluzione, sviluppo sono le caratteristiche che vanno sollecitate e sempre proposte per formare una mente plastica atta a cogliere la specificità e la particolarità di ogni evento e problematicità. Accostare gli allievi, ancora ancorati al concreto, al modo delle trasformazioni e delle evoluzioni, oggi non è più un problema. Spesso i cartoni animati proposti negli ultimi anni possono fornire ottimi esempi di significato. Si pensi alle trasformazioni di alcuni personaggi conosciuti dalla maggior parte dei bambini e delle bambine. Anche la parola “evoluzione” è divenuta una costante nel parlato dei bambini. Proprio sulla scia di questi riferimenti un percorso didattico centrato sulle trasformazioni, svolto in classe terza è iniziato con situazioni sulla simmetria con asse esterno. 92 Specchiolandia Sempre in terza l‟introduzione del concetto di rotazione permette di porre le basi delle future figure geometriche solide di rotazione e diverse situazioni presentate dapprima con attività motorie e con oggetti vari, permettono di cogliere il concetto di angolo. Di conseguenza vengono introdotte anche tutte le tipologie di angolo: retto, piatto, giro, acuto, ottuso, … che verranno riprese e studiate più dettagliatamente nelle ultime classi di scuola primaria. Il tangram, il conosciutissimo gioco di origine cinese, offre sempre un particolare momento educativo che se ben utilizzato introduce il concetto di equiestensione nella trasformazione delle forme. Il gioco delle trasformazioni è ripreso e riutilizzato in attività diverse per la composizione/scomposizione di figure geometriche piane e per dimostrare le formule di perimetro ed area in classe quarta. Tutte le attività sono condotte dagli allievi che. con la manipolazione di carta, matita e forbici, sotto la guida dell‟insegnante, verificano quanto viene proposto, memorizzando facilmente formule riproposte per risolvere problemi. Esempio di queste attività sono le realizzazione di aquiloni, scacchiere, girandole con l‟uso di quadrati. Produzioni degli allievi con i quadrati 93 Escher tra noi Un‟esperienza particolare è stata quella relativa alla tassellazione per chiarire e consolidare i concetti di superficie e area, attraverso la tecnica usata da Escher. Composizioni degli allievi Giocando con poligoni in classe quinta è stato sviluppato un progetto che ha permesso di verificare la formula dell‟area dei poligoni nella piazza centrale del paese di Monterosi, che ha la struttura ottagonale e nella quale è posta una fontana della stessa forma. Gli allievi hanno dapprima rilevato le misure della piazza con il metro a fettuccia, usato in edilizia, poi in classe hanno calcolato il perimetro e l‟area della piazza. Una fase successiva è stata quella di realizzare con il cartone e in scala ridotta la fontana del paese. Questi lavori hanno avuto grande successo negli allievi, che dimostravano entusiasmo e richiedevano le attività di laboratorio geometrico, apprendendo senza fatica e migliorando le dinamiche relazionali del gruppo classe. La realizzazione del pannello intitolato Un arcobaleno… tra gli origami è un altro esempio dell‟uso manipolativo a fini didattici. Poligoni, pieghe, linee, colori, per realizzare un pannello suggestivo e bello che ha rallegrato il corridoio della scuola per alcuni anni. 94 Bibliografia Munari B. (1996). Desing e comunicazione visiva. Bari: Laterza. Belsanti R., Ricciardi V. (2004). La filastrocca delle forme. Bologna: PiKa. Parole chiave: problemi; geometria; creatività; laboratorio; sapere agito. 95 La Storia della matematica nella pratica didattica Nadia Vecchi Istituto Comprensivo di Andorno Micca – R.S.D.D.M., Bologna Sunto. Per lungo tempo la matematica è stata considerata una disciplina per pochi eletti e la trasposizione didattica avveniva solo come passaggio di un codice che comprendeva formule e regole. In un secondo tempo si è tentato di renderla più accattivante avvicinandola alla pratica del quotidiano. Però, anche in questo caso, si perdeva (e si perde) l‟aspetto umano cioè le vicende e gli uomini che hanno dato origine alle conoscenze odierne. È attraverso la soluzione di problemi, che gli uomini hanno incontrato durante il loro divenire, che siamo giunti alle conoscenze di oggi ed è attraverso la sperimentazione in prima persona della ricerca di soluzione a problemi che si possono presentare in situazioni fortemente a-didattiche che i bambini acquisiscono una mente critica e mettono in gioco fantasia e creatività per risolverli. Lo scopo del percorso presentato è proprio questo: rendere la matematica una peculiarità dell‟intelligenza umana. 1. Percorso didattico In un articolo del 2006, D‟Amore e Fandiño Pinilla affermano: «Quando una disciplina deve diventare sapere da insegnare, allora deve essere sottoposta ad una trasposizione didattica, cioè ad una trasformazione che muta un Sapere accademico, di ricerca, epistemologico, in qualche cosa di adatto a chi non sa e deve cominciare a costruire conoscenza. La trasposizione didattica è un atto creativo, molto importante, che compie l‟insegnante: l‟adattamento di un Sapere nei confronti di chi questo Sapere non ha, per renderlo comprensibile. Non sempre questa trasformazione è una banale semplificazione; talvolta è una vera e propria rielaborazione. Certamente qualche cosa si perde nel passaggio. Che cosa? Si perde la storia, si perde la vicenda umana, si perde il pensiero speculativo che l‟ha creato. A scuola si propone un insieme di saperi destoricizzati, depersonalizzati, deumanizzati…». Essendo profondamente convinta di ciò, ho usato la storia della matematica come filo conduttore di tutta la programmazione didattica. Quando i bambini giungono alla scuola primaria hanno già un notevole bagaglio di competenze che devono essere sistematizzare. Ogni insegnante usa i mezzi e gli strumenti che ritiene più adeguati all‟età dei suoi allievi per fare in modo che la trasposizione didattica risulti efficace. Ma è proprio durante la trasposizione didattica che si corre il rischio di trasmettere delle informazioni, delle regole, dei concetti che poi difficilmente diventano competenze. Infatti accade spesso (più in matematica che in altre 96 discipline) di avere dei ragazzi che hanno una predisposizione naturale verso questa materia e non incontrano particolari difficoltà con il procedere degli studi, mentre la maggioranza resta ancorata ad un ricordo della matematica come noiosa, priva di fantasia e di creatività. Al massimo ricordano con piacere le lezioni di matematica perché l‟insegnante era simpatica ed era riuscita a creare un clima positivo in classe, durante le ore dedicate a questa materia. I bambini giungono alla scuola primaria con una notevole voglia di conoscere e di sperimentare cose nuove. Nei primi mesi effettivamente si imparano cose nuove: i numeri, le cifre, come è formato un numero, le operazioni poi; poi inizia il vuoto. È soprattutto in prima e seconda primaria che si può sviluppare nei bambini la curiosità per tutto ciò che riguarda la matematica e, al tempo stesso, la voglia di capire e di scoprire quali necessità contingenti hanno spinto l‟uomo ad inventare strumenti utili alle sue esigenze. Il percorso che presento non è in ordine cronologico in quanto, nella scuola primaria, lo studio della storia inizia in terza; per tale motivo a partire dalla classe prima ho collegato gli argomenti per affinità e problemi da risolvere sempre tenendo ben presente la linea del tempo e i luoghi in cui si svolgono le vicende. In prima ho usato un metodo legato alla narrazione che, pur essendo di pura fantasia, stimola i bambini a immedesimarsi nei personaggi e a cercare di risolvere i problemi che gli uomini primitivi potevano incontrare nella vita di tutti i giorni. Già dalla scuola dell‟infanzia i bambini hanno acquisito competenze sui numeri che necessariamente la scuola primaria deve organizzare; si va quindi “a caccia di numeri”, si misura l‟altezza dei bambini, si cercano le pagine del libro su cui devono lavorare e si ordinano questi numeri su una linea. I bambini danno per scontato che i numeri siano sempre esistiti. Il percorso parte proprio da qui: si inizia domandando se, secondo loro, i numeri sono sempre esistiti. Gli allievi espongono le proprie idee ma, considerando che non hanno ancora nozioni circa l‟evoluzione della storia, le risposte saranno frutto di fantasia. Si tratta quindi di mettere prima ordine nell‟idea di evoluzione dell‟uomo (a livello intuitivo). I bambini hanno già sentito parlare di dinosauri, posseggono diversi libri e animali di plastica che ricordano questo periodo ma poco o nulla sanno della comparsa dell‟uomo sulla Terra. Coordiniamo tutte le informazioni che i bambini hanno in modo tale da giungere alla conclusione che l‟uomo non è sempre esistito. Una volta stabilito che quando c‟erano i dinosauri gli uomini non c‟erano, domandiamo ai bambini di immaginare cosa sarà capitato quando l‟essere umano ha fatto la sua comparsa sulla Terra. Trovandoci in una situazione a-didattica, dove nessuno ha conoscenze precedenti, i bambini 97 espongono le loro idee. Leggiamo la poesia di Gianni Rodari (1993): Storia universale. Spieghiamo che, con il passare del tempo, si sono formate le tribù. Tutti quelli che vivevano nelle tribù avevano degli incarichi precisi ma, fra tutti, uno dei più importanti era quello del guardiano di pecore. Anche in questo caso domandiamo perché questo incarico era così importante. Al termine dovrebbe emergere che il guardiano doveva controllare che alla sera rientrassero tutte le pecore che erano uscite al mattino: da questo dipendeva la sopravvivenza dell‟intera tribù. A questo punto svolgiamo concretamente il gioco. Un bambino, scelto a caso, sarà il pastore mentre, con i banchi, faremo un recinto dove saranno rinchiuse tutte le pecore (impersonate dagli altri bambini). Il bambino pastore aprirà il recinto per far uscire le pecore e, dopo un tempo adeguato, stabiliremo che le pecore devono rientrare. Domandiamo a tutti come farà il pastore ad essere sicuro che tutte le pecore sono rientrate nel recinto. La risposta che i bambini danno in queste situazioni è che il pastore le può contare. In questo modo ritorniamo alla domanda iniziale: Allora i numeri esistevano già, sono nati con l‟uomo? Di fronte a questa domanda è nata una nuova discussione ma i bambini non hanno sapranno giustificare le loro risposte (e non hanno neppure le competenze per farlo). Conduciamo la conversazione in modo tale da stabilire che i numeri non esistevano ancora. Per risolvere il problema è quindi necessario che i bambini strutturino una strategia risolutiva adeguata. Ognuno esprimerà la sua idea ma, tendenzialmente, emergerà un‟attività di corrispondenza biunivoca fra pecore e sassi o fra pecore e bastoncini (o pecore e altri oggetti). Continuando nel racconto: spieghiamo che i pastori dovevano portare le proprie pecore a pascolare e anche in questo caso era necessario controllare che nessuna pecora venisse mangiata dai lupi. Domandiamo come facevano a sapere che nessuna pecora fosse scappata o fosse stata mangiata dal lupo. Dopo aver ascoltato le loro ipotesi, mostriamo ai bambini le fotografie delle ossa di lupo con incise le tacche e domandiamo che cosa possono significare. 98 Se i bambini non riescono a trovare un‟ipotesi plausibile e condivisa, spieghiamo che gli storici hanno fatto risalire questi reperti al 35000 a. C. Si presuppone che questa fosse una delle prime attività matematiche dell‟uomo: invece di usare i sassolini i primi uomini facevano delle tacche sulle ossa con una pietra molto affilata. Con il passare del tempo l‟uomo si trovò a dover rappresentare quantità sempre maggiori e le ossa di lupo non bastavano più quindi inventò altri sistemi per raffigurare la quantità di oggetti, merci o animali. Segniamo sul planisfero la zona della Mesopotamia e raccontiamo che sono state trovate delle palline di argilla più grandi accanto a quelle più piccole. Anche in questo caso avviamo la discussione per cercare di scoprire perché gli uomini primitivi usavano due tipi di palline di argilla diversi. Guidiamo la conversazione fino a giungere alla conclusione che le palline piccole indicavano un animale mentre quelle più grosse indicavano tanti animali insieme. Sempre discutendo cerchiamo di concludere che una pallina grossa indicava dieci animali insieme. (Essendo in prima primaria è stata scelta appositamente la base 10 per non creare confusione; in realtà sembra che la prima base usata dall‟uomo sia stata la base 5 come le dita di una mano). Per contenere tutte le palline di creta veniva usato un contenitore più grosso chiamato bulla. Anche questo sistema però risultò inadeguato. Quando giunge il momento di usare l‟abaco per la scomposizione dei numeri naturali narriamo ai bambini che, ad un certo punto, le tribù erano diventate così numerose che le bulle non bastavano più per contare gli oggetti: fu necessario trovare un altro sistema. Poiché ci rivolgiamo a bambini molto piccoli, modifichiamo in parte il racconto storico rendendolo più adatto alla loro età e alle nostre esigenze anche se storicamente non risulta rigorosamente aderente alla realtà storica. Del resto non ci sono documenti che ci indichino come sia nato l‟abaco ma solo reperti che ci confermano il suo uso nell‟antichità, quindi possiamo permetterci di fare alcune ipotesi sulla sua nascita. Usando l‟abaco per introdurre il cambio è necessario avvalersi della base dieci: l‟importante è che l‟insegnante sia consapevole che, probabilmente, proprio grazie al ritrovamento delle ossa di lupo di cui abbiamo parlato prima, la prima base usata dall‟uomo è stata la base cinque. Di questo ne potremo riparlare con i bambini in terza primaria quando affronteremo la Preistoria. Raccontiamo che un giorno un pastore doveva assicurarsi che tutte le pecore raggiungessero la parte opposta di una 99 stretta gola fra due montagne. Il cane spingeva le pecore verso il passaggio; il pastorello, per poter controllare se tutte le pecore lo attraversavano, fece un solco sul terreno e cominciò a mettere una pallina per ogni pecora che arrivava dove si trovava lui. Giunto alla decima pallina si accorse che non aveva più palline piccole a disposizione ma solo una pallina più grossa delle altre. Ebbe quindi una grande idea: se avesse messo in un altro solco la pallina grossa che indicava dieci palline piccole, avrebbe avuto ancora a disposizione le palline piccole e avrebbe potuto continuare a contare le sue pecore. Proponiamo ai bambini di fare come il pastore. Prepariamo una plancia con della sabbia, undici palline di creta e l‟immagine di 13 pecore. Un bambino impersonerà il pastore che posizionerà le palline ed eseguirà il cambio mentre i compagni faranno passare le pecore. Facciamo costruire a ogni bambino con la creta il suo abaco personale con cui potrà non solo scomporre i numeri ma anche eseguire le prime operazioni. In seconda l‟abaco ci servirà per fare piccole gare fra abacisti e algoristi. In terza colleghiamo la storia della matematica al programma di storia. Continuando nel percorso evolutivo gli uomini diventarono sedentari e diedero origine alle prime civiltà. La necessità di registrare le merci divenne impellente come la sicurezza che ciò che veniva registrato fosse conforme al vero. Dalle bulle si passò quindi a tavolette di creta su cui furono incisi dei simboli che hanno chiaramente un valore numerico. Spieghiamo ai bambini che gli uomini, per non dover sempre rompere le bulle quando era necessario fare un controllo della merce, cominciarono ad imprimere sulla superficie esterna delle stesse dei simboli che ne descrivevano il contenuto. Ad esempio, se all‟interno della bulla si dovevano inserire 7 palline piccole e 1 cono (che corrispondeva alla pallina che valeva 10), prima di chiuderla si imprimeva con delicatezza ogni calculo sulla creta ancora fresca. Una volta essiccate, per conoscere il contenuto, bastava osservare i simboli impressi all‟esterno. La conseguenza più immediata fu che in breve tempo gli uomini si resero conto che non era più necessario costruire le bulle ma bastava incidere i simboli su delle tavolette. Quindi si può affermare che le bulle diedero vita alle prime forme di scrittura mentre i calculi originarono l‟abaco. I più antichi documenti scritti numerici, come la famosa tavoletta di Kish, risalgono al quarto millennio a C. Posteriormente, verso il XXVII secolo a. C., 100 si diffuse la scrittura cuneiforme. Mostriamo ai bambini alcune immagini di tavolette sumere ritrovate in epoche diverse poi decifriamone una. Raccontiamo ai bambini come è avvenuto il passaggio dalle bulle alla notazione su tavolette di creta e sperimentiamo con loro l‟avventura delle prime registrazioni. Usando tavolette di argilla create dagli allievi diventa semplice cercare di decifrare alcuni messaggi (che definiremo cifrati perché molto lontani dal nostro sistema di scrittura dei numeri) e passare al valore posizionale delle cifre comparando i due sistemi di numerazione: quello mesopotamico (che era misto sessagesimale e decimale) e quello che usiamo oggi che è solo decimale. Svolgendo le attività precedenti abbiamo ripercorso le tappe dell‟evoluzione umana analizzando i numeri naturali senza dover ricorrere ad alcun artefatto che non sia stato creato dall‟uomo per necessità contingenti. Dopo i popoli mesopotamici spostiamo l‟attenzione su un altro grande fiume: il Nilo dove si sviluppò la civiltà egizia. Le prime testimonianze dei numerali egiziani si trovano sullo scettro del re Narmer e rappresentano un bottino di guerra. Parlando dell‟Egitto si può approfondire la differenza fra la scrittura geroglifica (iscrizione su pietra) e quella ieratica (scrittura su papiro). Mostriamo ai bambini un foglio di papiro poi raccontiamo che, delle conoscenze aritmetiche e geometriche ottenute dagli antichi Egizi, siamo giunti a conoscenza grazie ai papiri che si sono salvati dalla distruzione come il papiro di Mosca (1800 a. C.) e il papiro Rhind (1600 a. C.). Da questi antichi documenti possiamo risalire alla scrittura dei numeri: il valore del numero è dato dalla somma dei valori associati ai simboli. La base di questo sistema è decimale e non esisteva lo zero. È a questo punto del percorso didattico che ci discostiamo dalla cronologia storica per affrontare alcuni argomenti connessi ai numeri naturali attraverso la soluzione di problemi che, nonostante siano comparsi in epoche molto distanti tra loro, possono essere posti a confronto per affinità risolutive. Raccontiamo la storia del papiro Rhind e dello scriba Ahmes e facciamo trovare la soluzione del problema 79 che può essere risolto usando la moltiplicazione di un numero per sé stesso arrivando così ad impostare la potenza di un numero. Leggiamo il problema delle Sette vecchie che andavano a Roma e facciamolo risolvere. Solo alla fine racconteremo che questo testo si trova nel Liber Abaci scritto da Fibonacci nel 1202 (ma fu riscritto nel 1228 in quanto la prima edizione andò perduta). Usando la linea del tempo, si può notare come, a distanza di circa 3000 anni e in luoghi diversi, gli stessi problemi rappresentavano un momento di svago o di studio. In un secondo tempo possiamo collegare questi problemi ad alcune filastrocche odierne che si risolvono nello stesso modo e cercare soluzioni diverse e inusuali. Tutte comunque portano all‟uso della potenza di un numero. Narriamo ai bambini il contenuto del libro di Fibonacci e il problema per cui viene spesso ricordato e che ha dato origine alla sua famosa sequenza. 101 Fibonacci è ricordato per il problema dei conigli: Immaginiamo di chiudere in un recinto una coppia di conigli (maschio e femmina) e supponiamo che ogni coppia produca ogni mese, a partire dal secondo mese di vita, una nuova coppia (sempre un maschio e una femmina). Quanti conigli si troveranno nel recinto dopo un anno, posto che nessun coniglio nel frattempo muoia? Per risolvere il problema è necessario preparare una tabella. Al termine, saranno i bambini stessi a scoprire i numeri che formano questa sequenza. Ma strabiliante è che in natura esistono numerosissimi casi in cui è possibile trovare questa sequenza. Lo studio della vita e dell‟opera di Fibonacci ci permette anche di trattare la storia dello zero e gli algoritmi di calcolo presenti in questo volume. Parlando della moltiplicazione, facciamo nuovamente un salto indietro sulla linea del tempo per incontrare un personaggio che i bambini hanno conosciuto in classe seconda grazie alle tabelline: Pitagora. In questo modo procediamo scoprendo altri personaggi e altre particolarità sui numeri naturali. Dai numeri triangolari si giunge alla somma dei primi 100 numeri naturali con la storia di Gauss e al triangolo di Tartaglia. Affrontando l‟argomento relativo alla forma dei numeri, esaminiamo il crivello di Eratostene e l‟argomento relativo ai numeri primi. Il percorso sui numeri naturali si conclude con la leggenda di Yü il Grande che ricevette in dono da una tartaruga proveniente dal fiume Lo un quadrato magico considerato amuleto portafortuna. Come si vede la storia ci consente di affrontare alcuni nodi concettuali che, di norma, vengono presentati agli allievi come sapere che giunge dall‟alto senza nessun legame con l‟uomo e il suo progresso. Bibliografia Bagni G.T. (2000). Matematici. Treviso: Antilia. Beccastrini S., Nannicini M.P. (2008). Il cammino della matematica nella storia. Roma: Armando. Boyer C. B. (1990). Storia della Matematica. Milano: Arnoldo Mondatori. D‟Amore B. (2006). Basi epistemologiche della Didattica della Matematica. Rassegna. XIV, 29, 8-14. D‟Amore B., Fandiño Pinilla M.I. (2006). Matematica, da disciplina a materia. Riforma & Didattica. 4, 10, 27-29. D‟Amore B., Fandiño Pinilla M. I. (2009). Zero. Aspetti concettuali e didattici. Trento: Erickson. D‟Amore B., Oliva P. (1993). Numeri. Teoria, storia, curiosità, giochi e didattica nel mondo dei numeri. Milano: Franco Angeli. D‟Amore B., Speranza F. (Eds.) (1989). Lo sviluppo storico della matematica Spunti didattici. 2 volumi. Vol. primo. Roma: Armando. D‟Amore B. Speranza F. (Eds.) (1992). Lo sviluppo storico della matematica - Spunti didattici. 2 volumi. Vol. secondo. Roma: Armando. 102 D‟Amore B., Speranza F. (Eds.) (1995). La matematica e la sua storia. Alcuni esempi per spunti didattici. Milano: Franco Angeli. Rodari G. (1993). Favole al telefono. Trieste: Einaudi Ragazzi. Vecchi N. (2010). Come sono nati i numeri. Un percorso didattico dagli uomini primitivi all‟abaco. Roma: Carocci. Parole chiave: epistemologia e storia della matematica; situazioni a-didattiche; contratto didattico; devoluzione; istituzionalizzazione delle conoscenze. 103 104 SEZIONE 3 SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO GRADO 105 106 Matematica a teatro un’esperienza didattica significativa Antonella Castellini, Alfia Lucia Fazzino e Rosa Santori Scuola secondaria di primo grado L. da Vinci, Poggibonsi (SI) Sunto. Si presenta il resoconto di un‟esperienza di matematica a teatro realizzata con un gruppo di allievi delle tre classi di scuola media. Si espongono all‟inizio le motivazioni che hanno portato all‟ideazione del progetto. Successivamente, se ne descrivono, in modo specifico, le varie fasi organizzative dalla stesura dei testi fino alla realizzazione in teatro dello spettacolo dal titolo: Trilogia di matematica. 1. Premessa: Il nostro percorso verso l’apprendimento attraverso il fare La nostra collaborazione nasce una decina di anni fa, quando ci ritroviamo, dopo esserci conosciute in qualche scuola della provincia, tutte e tre nello stesso Istituto, la scuola secondaria di primo grado “L. da Vinci” di Poggibonsi (SI). Ci rendiamo così conto di appartenere alla classe di quegli insegnanti che usano la manualità e le attività laboratoriali per introdurre gli argomenti di matematica e di scienze sperimentali, cioè l‟apprendimento attraverso il fare. Iniziamo a confrontarci, scontrarci e a condividere idee; conosciamo prima sui libri e poi personalmente Emma Castelnuovo che, davvero, ci apre ad un nuovo modo di insegnare la matematica, quello che più o meno consapevolmente stavamo cercando, e così nasce in noi la voglia di provare ad “emularla” prima in classe e poi con le Esposizioni di matematica. Siamo fermamente convinte che si debba modificare gli atteggiamenti verso la matematica e le scienze in genere. Sono campi di conoscenze da troppo tempo investiti di un carico di emozioni negative e soprattutto la matematica è vista come una materia élitaria e accessibile a pochi. Quindi dobbiamo affrontarla come un insegnamento meno monolitico e più vicino alla realtà sociale così come suggerisce Castelnuovo. In classe, più che accumulare sapere fornendo informazioni, ci preoccupiamo di disporre gli allievi ad un‟attitudine generale a porre e trattare problemi, principi organizzatori che siano in grado di collegare i saperi e dar loro un senso. Già Platone suggeriva un ruolo attivo dell‟allievo perché potesse avvenire l‟apprendimento: «Non inducete i ragazzi ad apprendere con la violenza e la severità, ma guidateli invece, per mezzo di ciò che li diverte, affinché possano meglio scoprire l‟inclinazione del loro animo». 107 Per questo svolgiamo attività laboratoriali dal latino laboratorium, che deriva da laborare, cioè faticare, darsi da fare, che non significa andare in laboratorio ma fare laboratorio. L‟apprendimento attraverso il fare, infatti, è centrato sull‟allievo, sui suoi bisogni formativi, sulle sue abilità/disabilità, sulle sue conoscenze. È l‟ambiente in cui gli studenti sono attivi sperimentatori, alla scoperta della matematica, si formano la mentalità scientifica, acquisiscono le capacità di individuare, accettare, affrontare e risolvere problemi nuovi, sia individualmente che in gruppo. Noi citiamo spesso ai nostri ragazzi un proverbio che la tradizione cinese ci ha tramandato e che è presente anche nel copione dello spettacolo perché lo riteniamo significativo: Se ascolto dimentico, se vedo ricordo, se faccio capisco. Il nostro insegnamento invita all‟azione, in prima persona, favorendo cosi la partecipazione alle sfide della società. Riteniamo fondamentale: Proporre situazioni-problema che li invitino a mettersi in una situazione attiva e propositiva e che siano in grado di provocare rotture “epistemologiche”. Favorire l‟emergere di domande aperte (anche fuori dal programma) attraverso la costruzione di situazioni dialogiche, di un esercizio regolare della critica e incoraggiamento alle iniziative, anzi pronti a cogliere e ad affrontare l‟inaspettato, mantenendoci flessibili e disponibili a cambiare bruscamente direzione per andare dove la loro curiosità potrebbe condurre, senza il timore di perdere tempo. Cercare di ridisegnare un modello didattico creativo e versatile che evidenzi che ciò che fai fuori da scuola ti serve per la scuola e viceversa. Il lavoro di gruppo, in grado di fare dell‟eterogeneità degli allievi una risorsa per l‟intera classe. Nel gruppo si riesce rapidamente ad instaurare rapporti di fiducia tra pari, condividendo esperienze che favorendo l‟abilità di lavorare in gruppo stimolano anche l‟apprendimento collaborativo. Nell‟anno scolastico 2000-01 iniziamo con la prima Esposizione di matematica che ripetiamo negli anni scolastici successivi fino al 2008 all‟interno della nostra scuola. Durante questi anni le nostre Esposizioni sono state ospitate una volta all‟Università degli Studi di Siena, Dipartimento di Matematica e un‟altra in un Istituto comprensivo di Firenze. Ma cosa vuol dire Esposizione? Emma Castelnuovo ci suggerisce che il verbo esporre ha un doppio significato: mostrare qualcosa e spiegare verbalmente. Un‟esposizione matematica deve avere ambedue i significati. Perché questo sia possibile, l‟allievo deve aver fatto suo il concetto, deve aver creato lui il concreto e l‟astratto, cioè il materiale da esporre e l‟argomento da esporre verbalmente. Con nostra grande soddisfazione, tra i visitatori dell‟esposizione a Siena, ci fu anche Emma Castelnuovo. 108 2. Ed ora il teatro: Trilogia di matematica Da qualche anno cominciavamo a pensare ad un altro possibile percorso per rendere più accattivante la matematica e divulgare sia il nostro lavoro di classe che, e soprattutto, la nostra passione per la matematica. L‟idea era quella di una rappresentazione teatrale. Nel 2009 decidiamo di provare: ci sentiamo pronte per questa nuova avventura. Costruiamo un progetto e lo presentiamo al collegio assieme ad una richiesta per avere dei fondi. Ci diamo dei tempi e dei temi (naturalmente partendo da ciò che già facciamo con i ragazzi in classe, in una sorta di ricerca-azione di un percorso diverso, e così fissiamo i contenuti affrontati nelle nostre tre classi prima seconda e terza con attinenze, connessioni, rimandi, relazioni e quant‟altro). Classi prime: i numeri (storia, essenza, qualità, relazioni, curiosità). Il nostro modo di presentarli in classe nasce dalle domande: Perché i numeri? Dove nascono? A cosa saranno serviti e a cosa servono? Si affronta così il percorso storico, come si modificano nel tempo, le diverse basi numeriche, i numeri vincenti e perché, le curiosità nel tempo, …. Classi seconde: i poligoni (la grande famiglia dei quadrilateri dinamici: con le loro caratteristiche e peculiarità che si confrontano e scontrano anche con altri poligoni). Classi terze: le bolle di sapone ci raccontano un sacco di segreti sul cerchio, sulla sfera e sulle superfici minime. Fissati i contenuti, si deve scrivere il copione pensando anche ad un file rouge che sottolinei che non esistono comparti stagni ma un percorso che è poi il percorso naturale che l‟uomo ha seguito per costruire nel tempo le conoscenze matematiche. Ovviamente nello scrivere i tre testi ognuna di noi si distingue per esperienze di vita e personalità diverse: la fantasia (il mago), l‟eleganza (il balletto), l‟allegria e la rumorosità di una famiglia. Tali diversità emergono abbastanza chiaramente ma la metodologia che condividiamo e la consapevolezza di stare facendo qualcosa di significativo in grado di far crescere noi con i nostri allievi hanno fatto sì che nascesse un testo unico. Le nostre esperienze di classe sono così diventate un testo per teatro. Marcel Proust diceva: «Un vero viaggio di scoperta non è quello che scopre nuove terre, ma quello che le vede con un occhio nuovo». Un‟altra costante che abbiamo sempre cercato di tenere presente, era quella di creare e mantenere un coinvolgimento del pubblico (poiché di teatro si tratta) per condividere che la matematica non è materia indecifrabile che ci rende sterili ripetitori del già creato ma proprio l‟esatto contrario e pertanto divertente poiché creativa. A questo punto presentiamo l‟idea ai ragazzi più che altro come una proposta. Come suggerisce Mario Barra è bene che gli studenti possano percepire l‟importanza e la bellezza della matematica senza soggezione, perché didatticamente ciò che deve avere più importanza è lo studente. I ragazzi sono 109 da subito molto entusiasti tanto che diventa un‟impresa limitare il numero dei partecipanti (previsti in 43). La scelta non si è basata su criteri di merito ma semplicemente sull‟interesse e la disponibilità nei giorni fissati per le prove che si sono tenute nel pomeriggio, da marzo a giugno per due ore settimanali. Alla fine siamo state costrette a fare estrazioni, gestite dagli stessi allievi, per decidere chi doveva partecipare. La storia è presentata dal “mago della matematica” che realizza tre magìe ovvero le tre parti che ci permettono di portare sul palcoscenico le classi prime, seconde e terze delle nostre tre sezioni. Per la rappresentazione abbiamo aperto le nostre classi e ognuna di noi ha lavorato su un gruppo classe misto di prima, seconda e terza. All‟inizio il copione viene solo raccontato ai tre gruppi di ragazzi; riteniamo infatti che sia più utile che leggerlo integralmente perché è bene scoprire solo in un secondo tempo le intenzioni, l‟affettività, il comportamento dei diversi personaggi. Inoltre ogni gruppo non sa che cosa stiano facendo gli altri ma già al terzo incontro i ragazzi chiedono di poter vedere i compagni e inizia cosi una sorta di supervisione interna. Come in classe, sono messi da subito nella condizione di poter liberamente interagire, contribuendo alla variazione dei testi che noi avevamo scritto dato che conoscono molto bene i contenuti visto che sono stati affrontati nelle classi. Puntualizzano alcune battute, dimostrando padronanza e competenza. I ragazzi discutono spesso, come del resto sono abituati a fare, con l‟insegnante e fra di loro, su come questa o quella battuta risulterebbe più chiara se… e mediano in modo critico. Avviene così ciò che avevamo ipotizzato: i ragazzi lavorano senza la necessità di una traccia ben definita, anzi sono loro che la vogliono ridisegnare perché così la sentono propria. Diamo il titolo all‟opera: Trilogia di matematica, perché tre sono appunto le magie: i numeri parlano per le prime, nel fantastico mondo della geometria per le seconde e infine bolle di sapone per le terze. I testi, i balletti, le scenografie e la regia sono stati curati da noi docenti mentre gli allievi hanno scelto le musiche. Il mago della matematica introduce il pubblico alle tre “magie” che vogliono far capire che la matematica non è una materia arida, noiosa e staccata dal mondo come viene spesso definita, ma una materia appassionante, divertente e fortemente individuabile nella nostra quotidianità. Il problema dei fondi (che non sono mai arrivati) è stato superato brillantemente grazie alla disponibilità di alcuni genitori che hanno fatto da sponsor con le loro imprese . 3. Il seguito: Come far pace con i numeri Nell‟anno scolastico 2009-10, una di noi si trasferisce alla scuola secondaria di primo grado “S. Bernardino da Siena” di Siena, ma la nostra collaborazione 110 continua. La suddetta Scuola ha aderito al progetto Educare alla pace per la pace del Comune di Siena e così si è creata la possibilità di riutilizzare parte del percorso teatrale che, con i dovuti adattamenti, è stato messo in scena alla fine dell‟anno scolastico al S. Maria della Scala a Siena. Scopo fondamentale questa volta è stato quello di raccontare la matematica attraverso il teatro, ma sottolineando che si tratta di un linguaggio universale che ha unito da sempre i popoli e come tale è uno strumento per una lettura democratica del mondo. Alcuni allievi di due classi prime, con la collaborazione di un‟altra giovane collega di matematica, hanno rappresentato quindi: Come far pace con i numeri. 4. Conclusioni La nostra esperienza non vuole essere una ricetta da seguire passo-passo; a scuola sappiamo bene che non funzionano percorsi prestabiliti da altri. Ogni anno i ragazzi cambiano e solo la professionalità e l‟esperienza possono guidare il docente in percorsi di ricerca-azione in cui il suo ruolo sia davvero quello di educatore. L‟apprendimento attraverso il fare che parte da molto lontano ma che trova le sue radici più profonde nella scuola attiva di Bovet e Ferrière e che vede l‟allievo al centro del suo percorso formativo, si coniuga perfettamente con la nostra esperienza teatrale. Concordiamo con Hardy quando dice che: «Il matematico, come il pittore e il poeta, è un creatore di forme. Se le forme che crea sono più durature delle loro, è perché sono fatte di idee». Bibliografia Barra M. (2010). Alcune considerazioni per Euclide e sul periodo in cui è vissuto analizzate in chiave didattica e possibili influenze dei suoi insegnamenti. Alcuni particolari utili allo sviluppo della creatività. Progetto Alice. XI, 31. Cangemi P. (2007). Insalate di matematica 2. Milano: Sironi. Castelnuovo E., Barra M. (2000). Matematica nella realtà. Torino: Boringhieri. Castelnuovo E. (1993). Pentole, ombre e formiche, in viaggio con la matematica. Firenze: La Nuova Italia. Cerasoli A. (2001). I magnifici dieci. Milano: Sperling e Kupfer. Cerasoli A. (2003). La sorpresa dei numeri. Milano: Sperling e Kupfer. Cerasoli A. (2006). Mr Quadrato. Trento: Sperling e Kupfer. Emmatematica (2003). L‟insegnamento di Emma Castelnuovo: “Vedere oltre le figure e i numeri”. Atti del convegno, Liceo Sc. A.M. “Enriques Agnoletti”, Sesto Fiorentino. Firenze: Edifir. Emmer M. (1991). La perfezione visibile. Matematica e Arte. Roma-Napoli: Theoria. Enzensbererger H.M. (1997). Il mago dei numeri. Milano: Einaudi. 111 Filocamo G. (2009). Mai più paura della matematica. Trento: Kowalski. Ghattas R. (2004). Insalate di matematica. Lavis (Trento): Sironi. Guedj D. (2009). La matematica spiegata alle mie figlie. Milano: Longanesi. Hardy G.H. (1989). Apologia di un matematico. Milano: Garzanti. Morin E. (1999). Coltivare un altro rapporto con il sapere. La tète bien faite. Parigi: Le Senil. Siety A. (2003). Matematica, mio terrore, alla scoperta del lato umano della matematica. Milano: Salani. 112 Parole chiave: didattica laboratoriale; passione; teatro; bellezza; matematica. 113 La matematica si mette in mostra in laboratorio Ivan Graziani Istituto Comprensivo Civitella di Romagna (FC) Scuola secondaria di Cusercoli (FC) Sunto. In questo testo si illustrano alcuni esempi di laboratori matematici per le ultime classi della scuola primaria e per la prima della secondaria di I grado. Abbiamo messo in evidenza come nessun percorso sia semplice e mostrato alcuni esempi di matematici che hanno dovuto superare vari ostacoli prima di arrivare alle formule “belle e pronte” che vengono inserite nei libri di testo. Con gli allievi ci siamo “sporcati” le mani insieme in un laboratorio, seppur virtuale, in cui tutti hanno lavorato e contribuito alla costruzione delle attività e del proprio sapere. La matematica è risultata così molto più “commestibile e digeribile”. La didattica laboratoriale riveste una notevole importanza tra le modalità d‟insegnamento di una materia, spesso ingiustamente vituperata, come la matematica. Il concetto fondamentale da cui si parte è quello del “se faccio imparo”, mentre il termine “laboratorio” riguarda più un modo di lavorare che un determinato spazio in cui questo viene effettuato. In questo lavoro vengono presentate alcune attività realizzate con i ragazzi della scuola secondaria di Cusercoli, in situazioni di tipo laboratoriale, nell‟ambito del Progetto PQM (Piano Nazionale Qualità e Merito), predisposto da ANSAS (ex INDIRE) nell‟a.s. 2009/2010, in collaborazione con MIUR e INVALSI. Le attività sono state scelte, una per ogni nucleo tematico, in base ai risultati di una prova d‟ingresso predisposta da INVALSI per il progetto PQM e somministrata ai ragazzi di una prima di scuola secondaria inferiore nel mese di novembre 2009. Dall‟analisi dei risultati di tale prova sono emerse alcune difficoltà relative al concetto di frazione, alla classificazione dei poligoni, ai procedimenti logici e all‟analisi statistica. La prima attività è relativa ad un lavoro a carattere interdisciplinare dedicato allo studio delle frazioni, che è stato intitolato: Fra azioni e frazioni. In questa attività i ragazzi hanno lavorato a piccoli gruppi e cercato di collegare i vari significati delle frazioni alle diverse azioni che si compiono ogni giorno, non necessariamente in ambito matematico, aiutandosi con i vari sinonimi che la lingua italiana offre, nel tentativo di umanizzare un concetto in un modo che spesso non rientra nella normale prassi didattica. Ogni gruppo aveva il compito di collegare alcune particolari azioni, aiutandosi anche con esempi formulati dagli studenti, ai vari significati di frazione. 114 Il primo gruppo ha analizzato la frazione come parte di un tutto; i ragazzi hanno provato a dividere tra loro in parti uguali una cioccolata e poi le caramelle prese da un sacchetto, distinguendo tra le situazioni nel continuo e nel discreto. Sono state interessanti le azioni che hanno associato a questo concetto, in particolare quella di “sporzionare”, ma anche tagliare, ripartire e soprattutto quella “profetica” di dividere. I ragazzi si sono inoltre soffermati sul significato che possiamo attribuire al termine “uguale”, ritenuto troppo generico se non accompagnato da una specificazione. Suddividendo il quadrato del tangram, sono state trovate parti e quindi frazioni equivalenti e dagli esempi precedenti è risultato immediato il riconoscimento delle unità frazionarie. Un altro gruppo ha condotto il procedimento inverso rispetto a quello precedente, analizzando le frazioni “dalla parte al tutto”, aiutandosi con i mattoncini delle costruzioni e i quadretti del quaderno. In questo caso hanno introdotto, in modo molto naturale, le frazioni tra loro complementari. Tra le azioni correlate troviamo associare, raggruppare, ricomporre, ricostruire… I ragazzi hanno potuto inoltre rilevare che, come parte del tutto, non ha senso parlare di frazioni con numeratore maggiore del denominatore e, a tale proposito, hanno potuto riscontrare, in alcuni libri di testo, delle rappresentazioni di tali frazioni, mostrate in modi che possono creare misconcezioni. Un terzo gruppo ha analizzato le frazioni come quoziente, partendo dalla corrispondenza del segno di divisione (:) con la linea di frazione. L‟azione collegata in questo caso è quella di dividere, intesa nel significato di eseguire l‟operazione della divisione. I ragazzi hanno però potuto anche affrontare e “smontare” due “credenze popolari” per cui il risultato di una moltiplicazione debba essere sempre maggiore dei due fattori, mentre nelle divisioni il quoziente dovrebbe essere sempre minore del dividendo. Tali convinzioni cadono, infatti, utilizzando fattori o divisori minori di uno. Un quarto gruppo ha utilizzato la frazione come operatore, evidenziando che si tratta di un nuovo tipo di operazione che associa moltiplicazione e divisione. Le azioni associate a questo concetto sono state operare, stimare e valutare. Con vari esempi, tra i quali quello di trovare quali fossero i tre quindicesimi di cinquanta cioccolate, i ragazzi hanno potuto osservare che l‟ordine di tali operazioni può essere anche variato a seconda della necessità. I quattro gruppi insieme hanno analizzato la frazione come numero e, attraverso varie divisioni effettuate tra numeratore e denominatore di diverse frazioni, si sono resi conto del fatto che non tutti i numeri decimali sono dello stesso tipo. Hanno potuto distinguere tre possibili situazioni, introducendo, di fatto, anche i numeri decimali limitati e quelli illimitati periodici semplici e composti. 115 Le azioni correlate, in questo caso, sono state trasformazione, metamorfosi e conversione. I quattro gruppi hanno poi proseguito nello stesso ordine precedente ad analizzare gli altri significati delle frazioni. Dalla frazione come numero si è passati agevolmente alla rappresentazione di numeri e frazioni su una retta orientata. I ragazzi hanno potuto così osservare anche la densità presente tra 0 e 1, con le infinite frazioni aventi il numeratore minore del denominatore. Questa attività, associata alle azioni rappresentare, disporre, ordinare, ha permesso anche per confrontare tra loro le diverse frazioni e ordinarle in senso crescente o decrescente. La frazione come rapporto è stata esaminata provando a fare una torta con la ricetta di una nonna e osservando che le quantità vengono adattate al numero delle persone non in modo casuale. Un altro esempio è stato quello del numero di uomini necessari per spostare uno scatolone, al variare del numero di scatoloni varia anche quello degli operai. Sono state osservate insieme all‟insegnante di geografia le cartine geografiche, in cui le scale sono date da frazioni. Le azioni collegate sono state rapportare, confrontare, paragonare e correlare. L‟utilizzo delle frazioni nelle percentuali è stato osservato attraverso una raccolta di volantini degli sconti presentati da vari negozi. Si sono analizzati quali fossero i più convenienti e i ragazzi hanno così capito che le frazioni possono servire anche per diventare dei consumatori più consapevoli. Scontare, ridurre, scalare, risparmiare sono state tra le azioni collegate con questo significato di frazione. Attraverso il lancio di una moneta e di un dado e con l‟uso delle carte da gioco è stato immediato passare all‟impiego delle frazioni nella probabilità. In questo caso nasce spontanea la formula della probabilità semplice, lavorando a piccoli gruppi con lanci di monete e dadi, non necessariamente con solo 6 facce. Dai vari esempi effettuati appare evidente che la probabilità è data da una frazione che ha sempre il numeratore minore del denominatore e va quindi da 0 (probabilità nulla) a 1 (probabilità certa). Le azioni della probabilità sono ipotizzare, pronosticare, prevedere e predire. Abbiamo anche raccolto, dalle prove nazionali (INVALSI) e internazionali (OCSE-PISA) somministrate agli studenti della scuola secondaria di I e II grado, i vari quesiti che sono stati presentati negli ultimi anni sulle frazioni. I ragazzi si sono sorpresi di poter risolvere anche quesiti formulati per gli allievi delle terze della scuola secondaria di II grado, osservando che il concetto di frazione rimane inalterato col progredire degli studi. Un gruppo ha analizzato l‟utilizzo delle frazioni nella musica. Questa particolare attività è nata anche dopo aver visionato il cortometraggio Paperino nel mondo della matemagica. Gli studenti, partendo dalle indicazioni 116 contenute nel film, hanno effettuato altre ricerche, scoprendo il prezioso contributo di Pitagora. Con l‟insegnante di musica hanno analizzato la lunghezza delle corde che emettono i suoni delle sette note. Hanno potuto così osservare che, partendo dal “do” preso come intero, le altre note si ottengono con corde di lunghezza frazionaria rispetto a tale misura. Il numero di vibrazioni delle corde ha permesso invece di introdurre le frazioni reciproche, in quanto tale numero è dato dalla frazione che si ottiene scambiando tra loro numeratore e denominatore. In musica sono utilizzate le frazioni anche per il valore o la durata di una nota o di una battuta, con l‟introduzione anche della somma di frazioni con i puntini aggiunti alle note. Le azioni sono state chiaramente musicali: suonare, solfeggiare e comporre. L‟insegnante di arte ci ha permesso di introdurre il rapporto aureo, la divina proporzione e la sezione aurea, con vari esempi presentati per la pittura e l‟architettura. Questo ha offerto ai ragazzi maggiori strumenti per osservare con occhio differente alcune opere d‟arte dagli esempi sui libri, ma anche nelle mostre visitate quest‟anno. Hanno inoltre potuto analizzare in laboratorio di informatica, con Geogebra, le proporzioni del “rettangolo aureo”. Anche qui le azioni sono tipicamente artistiche: costruire, dipingere, edificare. Con questo metodo di lavoro sono emersi spontaneamente nei singoli gruppi vari concetti, come quelli di frazione unitaria, frazioni complementari, equivalenti ecc., che sono stati analizzati e discussi successivamente in plenaria sentendo i contributi di tutti. Nella seconda attività è stata affrontata una delle tematiche che nei vari test, sia nazionali che internazionali, hanno registrato ultimamente tra gli studenti, in genere, risultati poco lusinghieri: quelli legati alla statistica. Per questa attività, denominata Cosa leggiamo oggi? Grafici e tabelle!, i ragazzi hanno affrontato un‟indagine statistica, partendo dalla scelta del tema della ricerca. In gruppo è stato scelto di fare domande sulla scuola, sulla vita privata e sulle abitudini alimentari. Per fare questo è stato necessario scegliere anche la popolazione e perché questa fosse abbastanza numerosa si è deciso di effettuare l‟indagine sugli allievi dalla classe terza della scuola primaria alla terza di quella secondaria di I grado. Per quanto riguarda la modalità di raccolta dei dati, è stata invece scelta quella del questionario, per velocizzare sia la tempistica dell‟indagine sia la sua successiva elaborazione. Le domande del questionario sono state elaborate dall‟intera classe e poi scritte al computer da un gruppo. Un altro gruppo ha steso un diario di bordo dell‟intera attività, mentre altri allievi hanno provveduto alla somministrazione del questionario agli allievi del campione prescelto. 117 Successivamente, lavorando a piccoli gruppi, si è proceduto all‟elaborazione dei dati, utilizzando un‟apposita tabella preparata al computer con un programma di scrittura. Il lavoro dei singoli gruppi è stato poi raccolto, dapprima in forma cartacea e successivamente utilizzando il foglio elettronico di calcolo nell‟aula di informatica. Prima di elaborare i grafici, i dati rilevati sono stati discussi in classe, rilevando quali fossero anche le modalità più adeguate per rappresentare i risultati. L‟ultima fase è stata quella di rappresentazione del lavoro fatto in cartelloni che sono stati mostrati agli allievi che sono stati oggetto dell‟indagine statistica. Il terzo lavoro è stato effettuato sui problemi e sulla loro risoluzione. In questa attività, intitolata Quando un problema è davvero un problema, i ragazzi hanno cercato di elencare le principali difficoltà legate alla risoluzione dei problemi, in ambito matematico e non solo, facendo pure alcuni esempi elaborati da loro e altri tratti dai libri. Si sono utilizzati anche alcuni quesiti presi dalle prove del Rally matematico, dalle Olimpiadi di problem solving e dal Kangaroo. Da queste prove è emerso da parte dei ragazzi che le maggiori difficoltà riscontrate sono quelle relative alla lettura e comprensione del testo, alla presenza di dati inutili e impliciti, alla traduzione del contenuto in operazioni, alla scelta della strategia di risoluzione, alla verifica della plausibilità del risultato ottenuto, alle parole chiave da non ricercare in quanto non sempre utili e talvolta fuorvianti e agli errori di calcolo. Tale situazione generale è state raffigurata anche in un quadro, fatto in collaborazione con l‟insegnante di arte, intitolato Un mare di problemi. In tale dipinto è raffigurato un mare con vari scogli disseminati in esso e con un sole all‟orizzonte. Questa rappresentazione è stata scelta per indicare le difficoltà risolutive sugli scogli che rendono complicato il percorso lungo questo ipotetico mare dei vari problemi che si possono incontrare, e non solo in matematica, per raggiungere l‟orizzonte, cioè la Sol… uzione dei quesiti. Nell‟ultima parte, denominata Quando fare una bella figura è davvero importante, i ragazzi hanno lavorato sulla classificazione dei poligoni in generale e poi dei triangoli e dei quadrilateri in particolare. Si è cercato di recuperare quanto i ragazzi si ricordassero dagli anni scolastici precedenti per poi discutere in classe, alla lavagna, su quale fossero le modalità migliori per rappresentare quanto emerso. Per i poligoni è stata scelta una mappa concettuale, costruita dagli allievi suddivisi in gruppi e poi confrontate, insieme, per l‟elaborazione di una forma riassuntiva alla lavagna. 118 Il passaggio successivo è stato quello di elaborare tale mappa al computer con il software cmap. Dalle informazioni raccolte per la mappa dei poligoni, si è poi passati alla classificazione dei triangoli e dei quadrilateri. In questo caso si è scelto di rappresentare entrambe le situazioni attraverso dei diagrammi di Eulero-Venn. Si sono anche affrontati problemi legati a varie figure tra loro equivalenti, dapprima partendo dal tangram, già utilizzato nell‟attività sulle frazioni e poi attraverso il software Geogebra. Con tale programma è stato possibile costruire tanti triangoli equivalenti per avere un lato in comune e analoghe distanze dal vertice opposto che si spostava lungo la parallela condotta a tale lato. Inoltre, mediante la possibilità di evidenziare la misura dell‟area delle figure, i ragazzi hanno costruito diversi poligoni equivalenti. Questa raccolta di figure è stata chiamata Equivalenti, ma differenti. 119 Equivalenti ma differenti, realizzati con Geogebra Si sono anche confrontate tra loro figure isoperimetriche, valutando cosa questa particolarità comportasse per le loro aree. Questa particolare ricerca è stata chiamata Isoperimetrici, ma non identici. 120 Isoperimetrici, ma non identici, realizzato con Geogebra Inoltre, visitando il nostro castello abbiamo potuto osservare da molto vicino, e in totale sicurezza, un alveare formato tra il vetro di una finestra e lo stipite esterno. I ragazzi hanno così potuto osservare come la scelta effettuata dalle api sia caduta su un poligono particolare, un esagono regolare. Ciò ha permesso di rilevare che, tra le possibili tassellazioni condotte con poligoni regolari, quella con gli esagoni potrebbe essere la più vantaggiosa, in quanto, a parità di perimetro, la superficie di queste figure risulta più estesa rispetto a quella dei quadrati e dei triangoli equilateri. Si è concluso sottolineando il fatto che anche le api conoscono la geometria. Bibliografia Balsimelli S.B. (2009). La geometria con Geogebra. Esercizi per la scuola secondaria di I grado. Macerata: Matematicamente.it. D‟Amore B. (2007). Matematica dappertutto. Percorsi matematici inusuali e curiosi. Bologna: Pitagora. D‟Amore B., Marazzani I. (ed.) (2005). Laboratorio di matematica nella scuola primaria. Attività per creare competenze. Bologna: Pitagora. Fandiño Pinilla M.I. (2005). Le frazioni. Aspetti concettuali e didattici. Bologna: Pitagora. Fandiño Pinilla M.I. (2008). Molteplici aspetti dell‟apprendimento della matematica. Valutare e intervenire in modo mirato e specifico. Trento: Erickson. Fandiño Pinilla M.I., D‟Amore B. (2006). Area e perimetro. Aspetti concettuali e didattici. Trento: Erickson. 121 Fandiño Pinilla M.I., Santi G., Sbaragli S. (2008). Insegnamento e apprendimento delle frazioni in aula. Ricerche, prospettive e esperienze. Bologna: Archetipo libri. Holl P. (2003). Elementi di statistica. Bologna: Il Mulino. Martini B., Sbaragli S. (2005). Insegnare e apprendere la matematica. Napoli: Tecnodid. Parole chiave: frazioni; didattica laboratoriale; poligoni; problemi; statistica. 122 SEZIONE 4 SCUOLA DELL’INFANZIA, PRIMARIA E SECONDARIA DI PRIMO GRADO 123 124 Un’esperienza dalla terra alla luna Alessandra Montanari Lughi R.S.D.D.M., Bologna Sunto. Siamo così abituati sulla terra a vivere immersi nello strato d‟aria che la circonda e si estende nello spazio per centinaia di chilometri, in questa sostanza impalpabile, invisibile, apparentemente priva di peso, da non accorgerci quasi della sua presenza. Ma quali sono gli effetti dell‟aria sulla terra? Perché non ci accorgiamo della sua presenza? Attraverso semplici esperimenti è possibile evidenziare alcuni effetti sorprendenti della presenza dell‟atmosfera che forniscono un‟idea sull‟importante influenza che essa ha in fenomeni che appartengono alla vita quotidiana e sulla notevolissima intensità della pressione alla quale siamo sottoposti. Un piccolo viaggio in quello che Galilei chiamava “il grande libro dell‟Universo”. La cosa più triste è che, crescendo, noi non ci abituiamo soltanto alla legge di gravità bensì al mondo così com‟è. In altre parole, perdiamo a poco a poco la capacità di stupirci per quello che il mondo ci offre… Per i bambini, il mondo, con tutto ciò che offre, è qualcosa di nuovo, di stupefacente. Non è così per tutti gli adulti, la maggior parte dei quali percepisce il mondo come un fatto ordinario. (Gaarder, 2009) Il percorso, rivolto ad allievi di scuola dell‟infanzia, primaria e secondaria inferiore, prevede una serie di esperimenti alcuni dei quali realizzati con materiale di recupero. Esperienze che gli allievi possono in parte riprodurre a casa, volte a evidenziare alcuni effetti sorprendenti della presenza dell‟atmosfera e che forniscono un‟idea sull‟importante influenza che essa ha in fenomeni che appartengono alla vita quotidiana e sulla notevole intensità della pressione atmosferica alla quale siamo sottoposti. I bambini vengono accompagnati, seguendo le parole di Albert Einstein, come giovani investigatori a cercare indizi sulla presenza dell‟aria, questa sostanza impalpabile, invisibile e apparentemente priva di peso. «Dagli ammirevoli racconti di Conan Doyle in poi, in quasi tutti i romanzi gialli viene il momento in cui l‟investigatore ha raccolto tutti gli indizi occorrenti per arrivare per lo meno a una certa tappa della soluzione. Quei fatti sembrano spesso strani, incoerenti e senza avere un rapporto tra di loro. Ciò malgrado l‟acuto detective si rende conto che per il momento non è il caso di spingere più oltre le ricerche e soltanto la pura riflessione perverrà a stabilire una correlazione fra i fatti accertati. 125 Egli si mette allora a suonare il violino o si sprofonda nella sua poltrona fumando la pipa, e, vedi miracolo, ad un tratto scopre la correlazione. Anzi, non soltanto trova una relazione fra gl‟indizi che gli sono già noti, ma si rende altresì conto che debbono essersi prodotti taluni altri avvenimenti non ancora constatati. E siccome ora vede chiaramente da che lato bisogna cercare, può, se gli garba, avviarsi a raccogliere ulteriori conferme della sua teoria» (Einstein, Infeld, 2000). Trovati gli indizi, ecco che scopriamo, come Evangelista Torricelli ci ricorda, di vivere «sul fondo di un pelago d‟aria». Un “viaggio” fantastico sulla luna porterà gli allievi ad analizzare quali sono gli effetti sorprendenti dell‟assenza di atmosfera. Il percorso si conclude ricordando agli allievi che, così come il “linguaggio delle lettere” ha permesso e permetterà loro di leggere tantissimi libri di fiabe, racconti e tutto ciò che la loro curiosità li porterà ad esplorare, esiste un altro linguaggio, quello dei “numeri e delle forme”. Se è piaciuto loro quella piccola parte di Universo mostrata attraverso gli esperimenti, e se vorranno continuare la loro indagine scoprendo i segreti di ciò che la natura mostra attraverso quello che li circonda, usciti da scuola o alzando gli occhi al cielo, se vorranno scoprire i segreti di quello che Galileo Galilei chiamava “il grande libro dell‟Universo” solo attraverso il linguaggio matematico, i suoi numeri e le sue forme, potranno riuscirci. «La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi agli occhi (io dico l‟universo), ma non si può intendere se prima non s‟impara a intendere la lingua, e a conoscere i caratteri, nei quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica e i suoi caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezzi è impossibile a intendere umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro labirinto» (Galileo Galilei, in Brunetti, 2005). L‟aria è impalpabile, invisibile, apparentemente priva di peso. Abbiamo chiesto agli studenti che hanno visitato il percorso di che colore è l‟aria. Trasparente, invisibile, hanno risposto. È come un fantasma, ha detto un bambino. E se la tocchiamo? Che sensazione proviamo? Nessuna, non si sente, hanno risposto, È come se non ci fosse nulla. E quanto pesa l‟aria? Non pesa l‟aria, È leggerissima, hanno risposto mimando con le mani i due piatti di una bilancia. Allora come facciamo ad essere certi che l‟aria c‟è? Silenzio … Eppure c‟è. È impalpabile, invisibile, ma in alcuni momenti è evidente la sua presenza. Abbiamo invitato i nostri giovani interlocutori ad utilizzare i loro cinque sensi per scoprire alcuni indizi che ci aiutassero a svelare la presenza dell‟aria. 126 Quando metto una mano fuori dal finestrino dell‟automobile la sento, mi preme. Anche se muovo velocemente una mano davanti alla faccia la sento. A volte alla mattina quando esco di casa è fresca. In un prato è profumata. Il vento quando soffia sibila, lo sento. Allora l‟aria c‟è, è solo apparentemente impalpabile, invisibile e priva di peso. E pesa anche tanto, quanto una massa di 10000 Kg ogni metro quadrato. Siamo così abituati a vivere immersi nello strato di aria che circonda la terra e si estende nello spazio per centinaia di chilometri che quasi non ci accorgiamo della sua presenza. Perché non sentiamo la sua presenza? E se è vero che pesa così tanto perché non ne siamo schiacciati? È Torricelli ad aiutarci a rispondere a questa domanda: Ci troviamo sul fondo di un pelago d‟aria, egli afferma. Così come i pesci non risentono dell‟enorme massa di acqua che li sovrasta, così noi non ci accorgiamo dell‟enorme massa di aria che ci circonda, ma che non ci schiaccia perché ci preme in ogni direzione e da tutte le parti e a questa pressione il nostro corpo è abituato. Sono tanti gli esperimenti adatti a fornire un‟idea sulla notevole intensità della pressione atmosferica alla quale siamo sottoposti: bottiglie bucate dalle quali l‟acqua non esce se non quando il bambino lo vuole, foglietti di carta in grado di sostenere il peso di enormi colonne di acqua, palloncini non annodati che non si sgonfiano… Esperimenti che aiutano l‟allievo ad avvicinarsi al metodo sperimentale, nel quale l‟esperimento è visto come interrogazione ragionata dei fenomeni naturali, come strumento di controllo di ipotesi interpretative. Se l‟aria c‟è… Una colonna d‟acqua sostenuta da un sottile foglio di carta. 127 L‟esperimento consiste nel rovesciare un cilindro colmo di acqua tappandolo con un sottile foglio di carta. Nonostante venga lasciato il solo foglio a sostenere la colonna di liquido, dal cilindro rovesciato l‟acqua non esce. L‟aria preme con forza in tutte le direzioni al punto che riesce a sostenere una colonna di acqua alta otre 50 cm semplicemente con un foglietto di carta. L‟aria fa pressione in tutte le direzioni, in particolare anche dal basso. Una strana bottiglia bucata Una bottiglia viene forata lateralmente. La bottiglia è piena di acqua, tappata e con uno spillone che ne chiude il buco. Quando viene tolto lo spillone, l‟acqua non esce dal buco: è l‟aria ad impedirne l‟uscita premendo anche sul fianco della bottiglia. Ma se si apre il tappo, l‟acqua esce perché ora all‟interno della bottiglia a premere non è solo l‟acqua, ma aria e acqua insieme, e l‟aria, fuori. da sola, non è in grado di contrastare la loro spinta. Se l‟aria non c‟è… La luna è stata un ambiente ideale dove riprodurre esperimenti in assenza di atmosfera. Anche a questo furono istruiti gli astronauti che presero parte alle molteplici spedizioni che seguirono l‟Apollo 11 dal 1969. È noto un breve filmato che riproduce una sequenza in cui il comandante David Scott, presente nell‟equipaggio della missione Apollo 15, lascia cadere sul suolo lunare, prima di risalire sulla navicella, una piuma e un martello e, così come Galileo aveva previsto, e la luna fornisce la conferma, piuma e martello cadono l‟uno a fianco all‟altra. In laboratorio è possibile riprodurre tale ambiente attraverso una pompa pneumatica collegata alla base di una campana di vetro o all‟estremità di un tubo che permette di estrarre l‟aria. Con tale dispositivo è possibile realizzare numerosi esperimenti. come quello appena citato di Scott che trae spunto da un famoso esperimento di Galileo, o altri ancora, come far bollire l‟acqua a temperatura ambiente, o far gonfiare da solo un palloncino, o annullare il suono di una campanella. Sono tutti esperimenti capaci di sorprendere l‟osservatore in quanto l‟esito risulta spesso contrario al senso comune e quindi difficilmente prevedibile. 128 Una campanella muta Il suono, come tutte le onde elastiche, necessita di un mezzo materiale per potersi propagare. Se poniamo nella campana di vetro un campanello elettrico dove il suono viene emesso attraverso il battito di un batacchio, quando aspiriamo l‟aria dalla campana il suono del campanello si affievolisce fino a scomparire, l‟onda sonora generata non avrà più un mezzo materiale che le permette di propagarsi e noi non saremo più in grado di percepire il suono. Fu Robert Boyle che per primo dimostrò, evacuando una campana di vetro nella quale era posto un campanello, che il suono non riusciva più ad essere percepito. Una piuma veloce quanto un sasso Galileo affermò per primo che i corpi, di qualunque materia, peso e volume, cadono tutti da uno stato di quiete con la medesima velocità. Le prove sperimentali tuttavia mostravano come i corpi più pesanti giungessero al suolo con un buon anticipo rispetto ai più leggeri. Grazie alla messa a punto di strumenti per produrre agevolmente il vuoto, alla fine del Seicento venne costruito un ingegnoso apparato sperimentale che consentì finalmente di dimostrare che Galileo aveva ragione. In un tubo di vetro, evacuato mediante una pompa, venivano fatte cadere simultaneamente una piuma e una moneta d‟oro (una ghinea inglese): i due corpi, nonostante il loro peso così diverso, giungevano insieme alla base del tubo. 129 Abbiamo riprodotto in laboratorio la stessa esperienza di Galileo, prima invitando i bambini a lasciare cadere liberamente un sasso e una piuma e osservando come la piuma giunga con notevole ritardo rispetto al sasso a terra. Poi lo stesso esperimento lo abbiamo realizzato all‟interno del tubo evacuato. in questo caso piuma e sasso giungono a terra nello stesso istante. L‟esperimento si è concluso con la visione di un brevissimo filmato in cui David Scott, comandante della missione Apollo 15, prima di lasciare la luna, ripropone l‟esperimento che abbiamo già descritto in quell‟ambiente ideale in assenza di atmosfera che è la luna. L‟acqua bolle ma non scotta L‟esperimento consiste nel porre sotto la campana pneumatica un bicchiere d‟acqua a temperatura ambiente. Azionando la pompa aspirante, man mano che si forma il vuoto si cominciano ad osservare bollicine di vapore che si formano all‟interno del liquido. Infine si arriva all‟ebollizione dell‟acqua, quando il vuoto è sufficientemente spinto. Si può osservare che la temperatura dell‟acqua è rimasta inalterata, bollendo quindi ad una temperatura notevolmente inferiore ai 100°C. Questa esperienza vuole evidenziare la correlazione tra temperatura di ebollizione e pressione. In montagna, dove la pressione atmosferica è minore, l‟acqua bolle ad una temperatura inferiore ai 100°C, mentre nella pentola a pressione dove la pressione è maggiore della pressione atmosferica l‟acqua può essere portata ad una temperatura molto maggiore di 100°C. Sotto la campana pneumatica la pressione è molto bassa e di conseguenza anche la temperatura di ebollizione sarà estremamente bassa. Un palloncino che si gonfia da solo L‟esperimento ripropone in chiave moderna l‟esperimento storico realizzato con vesciche precedentemente svuotate d‟aria. In questo caso si usa un palloncino contenente poca aria residua. Particolarmente spettacolare e convincente risulta, quando si fa il vuoto all‟interno di una campana, osservare che il palloncino aumenta di volume. La poca aria residua contenuta all‟interno del palloncino, non essendovi più il contrasto della pressione 130 atmosferica, basta infatti a gonfiarlo. Reimmettendo l‟aria all‟interno della campana, il palloncino ritorna sgonfio. Bibliografia Brunetti F. (2005). Opere di Galileo Galilei. Torino: UTET. Bolondi G., D‟Amore B. (2010). La matematica non serve a nulla. Provocazioni e risposte per capire di più. Bologna: Compositori. Einstein A., Infeld L. (2000). L‟evoluzione della fisica. Sviluppo delle idee dai concetti iniziali alla relatività e a i quanti. Torino: Bollati Boringhieri. Gaarder J. (2009). Il mondo di Sofia. Milano: Longanesi. Toscano F. (2008). L‟erede di Galileo. Vita breve e mirabile di Evangelista Torricelli. Milano: Sironi. Parole chiave: metodo sperimentale; atmosfera; Galileo; Torricelli; Einstein. 131 Contare e raccontare Stefania Neri e Serena Laghi Istituto Comprensivo Castrocaro (FC) Sunto. Questo testo tratta di una sperimentazione didattica realizzata nell‟I.C. di Castrocaro allo scopo di favorire l‟incontro tra cultura umanistico-letteraria e scientifico-matematica per superare un divario che ha caratterizzato e talvolta continua a caratterizzare la scuola italiana, con risultati dequalificanti sul piano culturale in genere. Vengono presentate alcune attività in cui gli allievi si sono cimentati nella produzione di varie tipologie testuali in cui sono state affrontate tematiche matematiche. Premessa Il titolo prende spunto dal libro Contare e raccontare di Carlo Bernardini, ordinario di metodi matematici della fisica presso il dipartimento di fisica dell‟Università La Sapienza di Roma, e Tullio De Mauro, ordinario di linguistica generale presso la stessa Università. Il testo è una sorta di epistolario nel quale gli Autori si scambiano riflessioni sulle “due culture” (quella umanistico - letteraria e quella scientifico - matematica), allo scopo di superare un divario che ha caratterizzato, e talvolta continua a caratterizzare, la scuola italiana, con risultati dequalificanti sul piano culturale in genere: è per questo motivo che chi scrive sono un‟insegnante di matematica (Neri) e una di lettere (Laghi). Senso didattico Contare e raccontare fa parte di una serie di attività rivolte a realizzare, all‟interno del nostro Istituto Comprensivo, ma anche in prospettiva del 2° ciclo d‟istruzione, verticalità negli apprendimenti e trasversalità delle competenze in un‟ottica di didattica orientativa. L‟esperienza didattica, realizzata nei 3 plessi del nostro Istituto, ha avuto lo scopo di far maturare la consapevolezza che non esistono competenze diverse per ciascun livello scolastico, ma diversi livelli per ogni competenza e di favorire il passaggio dalle discipline ai curricoli, privilegiando sempre una didattica di tipo laboratoriale. Finalità Mantenere continuità nel sapere, nel saper fare, nel saper comunicare e nel saper essere in modo tale che il sapere accademico diventi sapere insegnato, il quale diventi a sua volta sapere appreso, il quale diventi sapere competente; definire il concetto di cultura; individuare i saperi essenziali; favorire 132 l‟incontro tra cultura umanistico-letteraria e scientifico-matematica; saper trasferire le conoscenze da un ambito disciplinare all‟altro; condurre gli allievi a scoprire il fascino della “ricerca e scoperta” e della “fantasia e creatività” sia in ambito matematico che linguistico; valorizzare i diversi stili di apprendimento; individuare le caratteristiche tipiche dei vari linguaggi, cogliendo analogie e differenze; arricchire il proprio lessico sia linguistico che matematico; verificare la validità di intuizioni e congetture con ragionamenti via via più organizzati; ricercare soluzioni diverse alle situazioni problematiche proposte; sviluppare idee legate alla progettazione; sapersi orientare nel tempo e nello spazio utilizzando unità temporali adeguate; sviluppare il concetto di sincronia e diacronia. Descrizione delle attività La pratica didattica in oggetto può avvenire all‟interno del curricolo: nella classe si istituiscono gruppi di ricerca (gruppi del contare e gruppi del raccontare) i quali sono guidati a svolgere ricerche, fare scoperte, produrre materiale sul tema incontro (scontro?) fra le due culture. Le attività si sono realizzate con la produzione di testi che sviluppano tematiche matematiche quali quelle che descriveremo di seguito. Fiabe matematiche. La fiaba rappresenta un genere letterario ricco di tradizione e di suggestioni. A differenza di quanto normalmente si ritiene, le fiabe non sono uno strumento per evadere dalla realtà ma, come ribadito da diversi studiosi (da Bruno Bettelheim a Marina Zaoli solo per citarne alcuni) sono un aiuto per riuscire a interpretare e comprendere meglio le problematiche della vita che, in questo modo, vengono affrontate e combattute, nella consapevolezza che si può riuscire a emergere nella lotta quotidiana contro ogni ostacolo. E quale ostacolo può essere più evidente per uno studente di un problema di matematica da risolvere? Per questo motivo è stato proposto agli allievi lo studio di diverse fiabe, analizzate inizialmente allo scopo di individuare le principali funzioni di Propp (eroe, antagonista, aiutante, mezzo magico, tranello, compito difficile, divieto, infrazione…); in seguito i ragazzi sono stati stimolati a produrre fiabe di argomento matematico nelle quali sono state affrontate tematiche diversificate nelle varie classi in cui è stata proposta l‟attività. Sono state così elaborate fiabe in cui venivano utilizzate particolarità interessanti di alcuni numeri e di alcune figure geometriche come prove da superare da parte dell‟eroe nella lotta contro l‟antagonista, fiabe ambientate in mondi ed epoche diverse in cui le conoscenze matematiche del protagonista gli consentono di avere la meglio sul cattivo di turno, o ancora fiabe in cui semplici allievi scoprono di poter sconfiggere la loro paura della matematica applicando in modo divertente le proprietà delle operazioni. I titoli di queste fiabe? Fantasiosi e matematici: Asinino indovinino; Draghi, principesse, numeri: un 133 mondo di magia; La matematica sul trono d‟Egitto; Matematica glaciale; Una guerra matematica; Il bambino e la matematica difficile; L‟esame di Oper(azione). Poesie matematiche. Sono state analizzate le caratteristiche del testo poetico con particolare riferimento a verso, rima, strofa, struttura sintattica, uso del lessico e di figure retoriche e, prendendo spunto da alcuni avvenimenti della storia della matematica e da alcune curiosità dei numeri, gli allievi hanno composto poesie secondo la personale ispirazione utilizzando anche, nel caso di allievi stranieri, la lingua madre di origine. Abbiamo letto, a scopo esemplificativo, Nummeri di Trilussa. La poesia è del resto un testo che i ragazzi affrontano con interesse perché garantisce quella creatività che consente anche ad allievi che normalmente non hanno risultati particolarmente positivi, di produrre elaborati apprezzabili e personali. Ecco un esempio di poesia matematica: Due per due quattro, tre per tre nove, le tabelline non sono nuove; base ed esponente sono caratteristiche delle potenze; le frazioni sono utili: rendono i numeri razionali assoluti; aritmetica , algebra e geometria… la scienza dei numeri è mia! Ricette matematiche. È questo forse l‟esperimento letterario più ardito proposto nell‟ambito dell‟attività in questione. Gli allievi si sono cimentati questa volta con il testo regolativo, un testo d‟uso o pragmatico che è possibile incontrare nella normale esperienza quotidiana e, in ambito scolastico, all‟interno di ogni disciplina. Per questa attività particolare sono state analizzate le caratteristiche delle ricette di cucina con riferimento al lessico e alla sintassi, dopo di ché gli allievi, con procedimenti e ingredienti matematici (particolarità di numeri, numeri quadrati e triangolari, date palindrome ecc.), hanno prodotto ricette con gustosi risultati matematici. Un esempio. Date palindrome alla provenzale Strumenti: 1 kg di logica, 3 kg di capacità di osservare, impegno q.b., voglia, q.b., ½ kg di intuizione. Ingredienti: numeri naturali compresi fra 0 e 3. 134 Procedimento: partendo da una base di buon impegno e voglia (q.b.), aggiungi la logica, la capacità di osservare e l‟intuizione. Amalgama il tutto per qualche minuto e aggiungi le cifre comprese fra 0 e 3 disponendole in modo da formare una serie di numeri che, utilizzando qualsiasi senso di lettura (da sinistra a destra e da destra a sinistra), indichino la stessa data (esempio: 20/02/2002). Infine cuoci in padella a fuoco basso con un po‟ d‟olio e uno spicchio d‟aglio per 15 minuti circa. Servire come dessert accompagnato da un pizzico di mistero che esalti le caratteristiche magiche del numero. Letteratura matematica (La matematica in Dante). Ispirandoci a un testo di Bruno D‟Amore (2001), abbiamo analizzato la cultura nel Medio Evo; la matematica nel Medio Evo; i numeri della Commedia; la struttura dell‟inferno dantesco; il canto XXVII dell‟Inferno: la vicenda di Guido da Montefeltro e “la logica del demone”; la struttura del paradiso dantesco; il canto XXVIII del Paradiso «… più che „l doppiar delli scacchi s‟inmilla» (la leggenda di Sessa) dove il linguaggio della matematica tenta di esprimere l‟ineffabile; la notazione scientifica e l‟infinito matematico. I due canti della Divina Commedia ci hanno ispirato una sceneggiatura teatrale dove un demone esperto di logica e un bramino abile nel contare quantità grandi, grandissime, immense ma pur sempre finite, ci hanno accompagnato nell‟oltretomba dantesco con la guida di Piero Angela. Epica matematica. Abbiamo analizzato le caratteristiche del testo epico e la storia dello zero, dalle prime apparizioni come simbolo per segnare l‟assenza di una quantità, alla più recente identità come proprietà comune a tutti gli insiemi vuoti. Si accorsero per primi della sua importanza i popoli della 135 Mesopotamia che, dal 4000 al 3000 a. C., svilupparono un sistema di numerazione posizionale a base 60. Da allora in avanti, della presenza dello zero si perde ogni traccia nella “scrittura di numeri” di Egizi, Greci e Romani. Occorreranno circa 11 secoli perché faccia la sua ricomparsa grazie alla cultura indiana prima, e araba poi, che ce ne hanno fatto gradito omaggio insieme alla rappresentazione decimale dei numeri. Lo zero tornò di nuovo tra i popoli del Mediterraneo intorno all‟anno 1200 grazie al matematico Leonardo Fibonacci (1175 - 1240) e al suo Liber Abaci; solo dai primi anni del XX secolo, dopo che è stata sviluppata una teoria coerente dei numeri e degli insiemi, possiamo dire che lo zero è la cardinalità gli insiemi vuoti. Prendendo spunto da tutto questo, gli allievi hanno composto Zeriade, il poemetto sulla storia dello zero, con tanto di proemio, dove viene invocata la Musa della matematica (da loro battezzata Mathema). L‟attività si è conclusa con una rappresentazione teatrale sulla storia di una delle vittime più illustri della matematica, la cifra zero, a nostro avviso una storia veramente epica. «Il mio nome è nessuno», dice lo scaltro Ulisse al ciclope Polifemo (forse il primo riferimento storico al più misterioso e dispettoso dei numeri?). La sceneggiatura termina con un confronto fra l‟Ulisse omerico e l‟Ulisse dantesco. Storia della matematica: abbiamo analizzato le tappe principali della storia della matematica contestualmente al percorso didattico. Legare puntualmente la disciplina alla sua realtà storica fa superare la falsa concezione che la matematica sia statica e conclusa (come molti esponenti di altre culture credono) valorizzandone l‟aspetto formativo molto spesso trascurato a vantaggio di quello strumentale. Il percorso didattico della matematica non coincide con il suo percorso cronologico. La contestualizzazione storica 136 avviene dapprima in modo diacronico: quando presentiamo, ad esempio, il nostro sistema di numerazione decimale e posizionale, arrivato in Europa nel XIII secolo, contemporaneamente ricostruiamo le tappe principali della Storia dei sistemi di numerazione partendo dalla preistoria, passando attraverso le civiltà della Mesopotamia, la civiltà egizia, la civiltà greca, la civiltà romana, il Medioevo (europeo e non…), facendo raccogliere i dati dagli studenti in apposite tavole cronologiche (precedentemente predisposte in calce al loro quaderno di matematica) e facendo rappresentare le varie situazioni storicomatematiche con il disegno (preferibilmente vignette o vignette in espansione). Se per ogni nucleo di contenuto si procede come sopra descritto, al termine del percorso (ma anche in itinere) si possono indurre gli studenti a fare riflessioni su ogni singola tavola cronologica per cogliere l‟aspetto sincronico della storia della matematica: se analizziamo, ad esempio, la tavola della civiltà greca, possiamo facilmente ricavare che, da un certo momento in avanti, la geometria prende il sopravvento rispetto all‟aritmetica. Per quale motivo? In che modo? Per opera di quale matematico? Quali vicende storiche possono avere ingenerato tale passaggio? E andando avanti? Questo tipo di approccio migliora l‟apprendimento e l‟interiorizzazione dei contenuti: l‟aneddoto storico può servire a generare interesse per il personaggio e quindi per la sua matematica. Abbiamo scelto tre matematici greci significativi quali Pitagora, Euclide, Archimede. Sono state scritte tre sceneggiature che mettono in evidenza i momenti salienti delle loro biografie sia dal punto di vista personale che professionale: Pitagora è stato processato per l‟omicidio di Ippaso da Metaponto, Euclide è stato invitato da Bruno Vespa a Porta a Porta, Archimede, infine ha viaggiato nel tempo con pi greco. 137 Giocare con le parole e con i numeri. Così come con le lettere si formano parole e con le parole si formano testi linguistici, così con le cifre si formano numeri e con i numeri si formano testi matematici. Ecco come si può giocare con parole e numeri. Acrostici delle parole “contare” e “raccontare”: Contare O Narrare Tante Avventure Realizziamo Equipotenti Raccontare Analiticamente Contare Creativamente Ogni Numero Troviamo Affascinante Raccontarlo Elegantemente Quante parole occorrono per scrivere i nomi di tutti i numeri? Ne occorrono solo 32. Proviamo: zero, uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove, dieci, undici, dodici, tredici, quattordici, quindici, sedici, diciassette, diciotto, diciannove, venti, trenta, quaranta, cinquanta, sessanta, settanta, ottanta, novanta, cento, mille, milione, miliardo. Non è straordinario? Come si fa a passare da due a tre? In matematica aggiungendo uno, in italiano utilizzando un metagramma (gioco linguistico inventato dal Lewis Carroll, nel quale, partendo da una parola si arriva ad un‟altra sostituendo una sola lettera per volta, formando parole di senso compiuto e con lo stesso numero di lettere di quella iniziale). Più complicato che in matematica? Due-tue-tre! 138 Autobiografie di matematici. Allo scopo di presentare una “matematica dal volto umano”, gli allievi sono stati invitati a leggere alcune biografie di matematici che, per la loro esperienza di vita, potessero comunque incuriosire e attirare; in seguito sono stati prodotti testi “autobiografici” in cui i ragazzi si sono immedesimati nel personaggio stesso, interpretando così in modo personale quanto appreso sui matematici presi in considerazione, nel caso specifico Fermat e Cartesio. Gialli matematici. Caratteristica essenziale di qualsiasi giallo è la presenza di un enigma da risolvere. Nell‟attività proposta, l‟enigma da sviluppare e da risolvere era di tipo geometrico. Gli allievi, divisi in tre gruppi, hanno elaborato tre gialli storico-matematici in cui gli investigatori di turno sono due personaggi appartenenti rispettivamente al mondo del contare e del raccontare: mister “8” e lady “H”, o se vogliamo “ mister OTTO” e “lady ACCA”, nomi dalla chiara struttura palindroma e legati dal fatto che H è l‟ottava lettera dell‟alfabeto. La loro collaborazione non è inizialmente scontata, prevale invece la diffidenza; poi però inizia l‟avventura che porterà i due protagonisti a viaggiare con la macchina del tempo e a essere coinvolti nella soluzione di famosi delitti: la morte di Ippaso da Metaponto ne Il segreto della stella, quella di Pier delle Vigne avvenuta ad Andria nell‟edificio a pianta ottagonale di Castel del Monte ne L‟oro nell‟infinito, o ancora quella del pittore Annibale Carnacci ambientata nella chiesa a pianta esagonale di Santa Liberata a Caravaggio, città natale di Michelangelo Merisi ne Giallo Caravaggio. È solo grazie alla collaborazione dei due investigatori e all‟uso delle loro specifiche competenze, che i gialli vengono risolti, ma ancora più importante è l‟epilogo, in cui viene ribadito come la cultura matematico-scientifica e quella umanistico-letteraria non devono essere viste in contrapposizione come spesso accade, ma complementari ed entrambe indispensabili per una equilibrata crescita culturale. 139 Per noi la matematica è ricerca e scoperta, fantasia e creatività: non va insegnata, ma raccontata perché essa è dentro di noi. A Castrocaro la matematica fa spettacolo! Bibliografia Bernardini C., De Mauro T. (2003). Contare e raccontare. Bari: Laterza. Cerasoli A. (2008). Sono il numero uno. Milano: Feltrinelli. D‟Amore B. (2001). Più che „l doppiar de li scacchi s‟inmilla: incontri di Dante con la matematica. Bologna: Pitagora. D‟Amore B. (2007). Matematica dappertutto. Percorsi matematici inusuali e curiosi. Bologna: Pitagora. D‟Amore B., Godino D.J., Arrigo G., Fandiño Pinilla M.I. (2003). Competenze in matematica. Bologna: Pitagora. D‟Amore B., Fandiño Pinilla M.I. (2009). Zero. Aspetti concettuali e didattici. Trento: Erickson. Pagine 128. ISBN: 978-88-6137-481-2. D‟Amore B., Frabboni F. (2005). Didattica generale e Didattica disciplinare .Milano: Mondadori. Odifreddi P. (2005). Penna, pennello e bacchetta: le tre invidie del matematico. Bari: Laterza. Prosdocimi L. (2006). Conti e racconti. Roma: Carocci. Parole chiave: matematica; italiano; trasversalità; verticalità; didattica laboratoriale. 140 Gli orologi ritmici Fabiola Tota Scuola primaria, I.C. Fontanile Anagnino, Roma Sunto. La sperimentazione sugli orologi ritmici è stata svolta in due classi terze della scuola primaria. Si è trattato di un‟attività laboratoriale di aritmetica modulare, detta anche aritmetica dell‟orologio, che ha stimolato l‟osservazione e la scoperta di regolarità nel mondo delle tabelline. L‟aver utilizzato individualmente i materiali ha sicuramente rafforzato la scoperta dei concetti nuovi, permettendo ai bambini la traslazione delle conoscenze già acquisite, la generalizzazione e infine la formalizzazione del sapere. 1. Premessa Tutti i bambini sognano di volare. In matematica si vola, eccome. (Enzensberger, 1997). La matematica ha uno specifico ruolo nello sviluppo della capacità generale di operare e comunicare significati con linguaggi formalizzati e di utilizzare tali linguaggi per rappresentare e costruire modelli di relazioni fra oggetti ed eventi. In particolare la matematica dà strumenti per la descrizione scientifica del mondo e per affrontare problemi utili nella vita quotidiana; inoltre contribuisce a sviluppare la capacità di comunicare e discutere, di argomentare in modo corretto, di comprendere i punti di vista e le argomentazioni degli altri. Le trasmissioni standardizzate e normative delle conoscenze, che comunicano contenuti invarianti pensati per allievi medi, non sono più adeguate. La società del cambiamento e della complessità richiede il superamento di modalità didattiche trasmissive, ecco perché le discipline dell’area matematico – scientifico – tecnologica dovrebbero avere come elemento fondamentale il laboratorio, inteso sia come luogo fisico (aula o altro spazio specificamente attrezzato), sia come momento proprio dell’allievo attivo, che formula le proprie ipotesi e ne controlla le conseguenze, progetta e sperimenta, discute e argomenta le proprie scelte, impara a raccogliere dati e a confrontarli con le ipotesi formulate, negozia e costruisce significati interindividuali e porta a conclusioni temporanee e a nuove aperture la costruzione delle conoscenze personali e collettive. Durante l’attività laboratoriale l’allievo ragiona ed in matematica ragionare è sinonimo di osservare, costruire, farsi una propria idea, scambiarla con i propri compagni in modo attivo. 141 Ecco perché la matematica è disciplina del fare per eccellenza, a volte ridotta a sequela assurda di regole astratte ed è importante quindi evitare quegli atteggiamenti di passività nella ricezione delle idee e dei concetti, che spesso condizionano in modo negativo tale disciplina. Inoltre la scuola che mira allo sviluppo di competenze chiave, che forniscono le basi per un apprendimento che dura tutta la vita per far fronte alle continue trasformazioni, dovrebbe essere un vero laboratorio di pensiero, centro di ricerca e spazio di sperimentazione, di cooperazione e di relazioni significative. 2. Le basi della neuroscienza Nel nostro cervello esistono speciali circuiti neurali funzionali alla matematica. Questo significa che veniamo al mondo con un modulo numerico, con informazioni codificate geneticamente che ci conferiscono un‟intuizione delle quantità numeriche. «Fin dalla nascita – afferma Stanislas Dehaene (2000) – disponiamo di un accumulatore interno in grado di valutare in modo approssimativo gli oggetti che ci circondano». Nuovi strumenti, disponibili soltanto da pochi anni, come la camera a positroni, hanno finalmente consentito di visualizzare l‟attività cerebrale e di avviare nuovi studi sul cervello, arrivando a localizzare anche i circuiti neurali della matematica. Le nostre conoscenze matematiche, quindi, dipendono dall‟organizzazione del cervello. Ogni nostro pensiero, ogni calcolo, è il risultato dell‟attività di circuiti neuronali specializzati che si trovano nella corteccia cerebrale. La lunga evoluzione culturale degli oggetti matematici è opera del cervello, un organo biologico che rappresenta a sua volta il risultato di un‟evoluzione biologica ancora più lunga, governata dai principi della selezione darwiniana. Le conoscenze matematiche non mettono in funzione un circuito cerebrale specializzato, ma numerose reti diffuse, parzialmente indipendenti e automatizzate. Veniamo al mondo con un circuito accumulatore che ci conferisce un‟intuizione delle quantità numeriche. Con l‟acquisizione del linguaggio dei numeri entrano in funzione molti altri circuiti di manipolazione dei simboli numerici e di conteggio verbale. Le ricerche in psicologia dell‟educazione dimostrano l‟efficacia di un insegnamento dell‟aritmetica che favorisca la costruzione di modelli mentali concreti dei numeri. Alcuni psicologi nordamericani hanno studiato con rigore l‟impatto di diverse strategie educative. La loro analisi teorica attribuisce un ruolo centrale alla rappresentazione intuitiva delle quantità sulla retta numerica. Basandosi su questo hanno sviluppato un programma aritmetico intitolato Buona partenza, che si compone di giochi divertenti che si rifanno a 142 materiale vario, come il termometro, giochi di percorso, retta numerica murale e da pavimento, file di oggetti, gioco dell‟oca ecc. Prima dei sei o sette anni i bambini non hanno una cattiva opinione della matematica. Tutto ciò che solletica ed eccita la loro immaginazione sembra un gioco. Sono pronti ad appassionarsi ai numeri non appena si faccia loro intravedere un poco di mistero e di magia. Il cervello di un bambino non è una spugna, ma un organo già strutturato che impara soltanto ciò che è in risonanza con le sue conoscenze anteriori ed è adeguato alla rappresentazione delle quantità continue e alla loro manipolazione approssimativa sotto forma analogica. L‟evoluzione però non l‟ha mai preparato ad ingurgitare vasti sistemi di assiomi o lunghi algoritmi simbolici e nei loro confronti si mostra molto riluttante. È così che l‟intuizione ha la meglio sugli assiomi. È inutile dunque bombardare un giovane cervello di assiomi astratti. «Mi sembra che la sola strategia ragionevole per insegnare la matematica sia quella che arricchisce progressivamente l‟intuizione dei bambini, facendo leva sul loro talento precoce per la manipolazione delle quantità e il conteggio. Si comincerà con lo stuzzicare la loro curiosità con giochetti divertenti; si passerà poi a esporre, a poco a poco, quanto siano utili le scorciatoie che la notazione matematica simbolica permette, senza tuttavia separarla mai dall‟intuizione quantitativa; infine, si introdurranno i sistemi formali o assiomatici, sempre motivati da un‟esigenza di semplicità. Si tratta quasi di tracciare, nel cervello di ciascun allievo, la storia della matematica e delle sue motivazioni. I bambini chiederebbero solo di poter amare la matematica, a condizione che si presentassero loro gli aspetti ludici invece che simboli astratti» (Dehaene, 2000, p. 268). Il cervello non si accontenta di simboli astratti: l‟intuizione concreta ha un ruolo determinante in matematica, come in altri campi. Le conoscenze matematiche nel cervello dei bambini vanno costruite su qualcosa di concreto e non sull‟astrazione e le operazioni hanno un significato intuitivo e possono essere rappresentate con l‟aiuto del senso innato delle quantità. Ecco perché è fondamentale il ruolo dell‟insegnante, che ha il compito di aiutare i bambini a costruirsi una ricca biblioteca di modelli mentali dell‟aritmetica. 3. L’aritmetica modulare La matematica è la regina delle scienze e la teoria dei numeri è la regina della matematica. Carl Friedrich Gauss L‟aritmetica modulare si occupa di un sistema di aritmetica degli interi, nel quale i numeri “si avvolgono su se stessi” ogni volta che raggiungono i 143 multipli di un determinato numero n, detto modulo. L‟aritmetica modulare e la notazione usuale delle congruenze vennero formalmente introdotte da Carl Friedrich Gauss nel suo trattato Disquisitiones Arithmeticae, pubblicato nel 1801. È un testo di teoria dei numeri scritto nel 1798 in latino, quando Gauss aveva solo ventun anni. Il termine Arithmeticae si riferisce al nome che Gauss usava per la teoria dei numeri, cioè aritmetica superiore. L‟opera presenta sia risultati originali che teoremi già noti, che tuttavia sono presentati per la prima volta in maniera organica e sistematica. Copre sia i campi della teoria dei numeri cosiddetta “elementare” (cioè senza l‟uso di metodi propri di altre parti della matematica) sia di quella che noi chiamiamo teoria algebrica dei numeri. L‟aritmetica modulare è detta anche aritmetica dell‟orologio, poiché su tale principio si basa il calcolo delle ore a cicli di 12 o 24, in analogia all‟aritmetica costruita sul quadrante di un orologio. L‟aritmetica dell‟orologio rappresenta un importante ramo della matematica. 4. Il problem solving Generalmente il problem solving è associato allo sviluppo delle abilità matematiche di risoluzione di problemi, tuttavia non deve essere identificato con la risoluzione di esercizi che vanno risolti utilizzando concetti e regole già apprese. Il problem solving riguarda attività più complesse, che implicano innanzitutto la soluzione di un problema nuovo, che non prevede soluzioni già note, che richiede capacità decisionali tattiche e strategiche e l‟utilizzazione di procedure e di strategie da scoprire. Il problem solving potrebbe essere definito quindi come un approccio didattico teso a sviluppare l‟abilità di soluzione di problemi non solo sul piano cognitivo, ma anche sul piano psicologico, comportamentale e operativo – metacognitivo. Gli studiosi delle scienze cognitive, e per primi gli psicologi della Gestalt, hanno studiato il ruolo cruciale della ristrutturazione cognitiva necessaria per arrivare ad una soluzione. In particolare Wertheimer, parlando del pensiero produttivo, ha sottolineato l‟importanza, nella didattica, della stimolazione che 144 alleni le intuizioni spontanee degli allievi (insight o illuminazione), piuttosto che l‟esercitazione di ripetizioni meccaniche di soluzioni e procedure già apprese. Le Indicazioni Nazionali per il primo ciclo di istruzione del 2007 insistono sul problem solving affermando che «caratteristica della pratica matematica è la risoluzione dei problemi, che devono essere intesi come questioni autentiche e significative, legate spesso alla vita quotidiana e non solo esercizi a carattere ripetitivo o quesiti ai quali si risponde semplicemente ricordando una definizione o una regola. Gradualmente, stimolato dalla guida dell‟insegnante e dalla discussione con i pari, l‟allievo imparerà ad affrontare con fiducia e determinazione situazioni-problema, rappresentandole in diversi modi, conducendo le esplorazioni opportune, dedicando il tempo necessario alla precisa individuazione di ciò che è noto e di ciò che si intende trovare, congetturando soluzioni e risultati, individuando possibili strategie risolutive». 5. Gli orologi ritmici La sperimentazione sugli orologi ritmici è stata svolta in due classi terze della scuola primaria. Si è trattato di un‟attività laboratoriale di aritmetica modulare, svolta in situazione di problem solving, che ha stimolato l‟osservazione e la scoperta di regolarità nel mondo delle tabelline. Le fasi dell‟attività, discusse e concordate rigorosamente con i bambini, sono state di: 1. progettazione; 2. realizzazione; 3. manipolazione; 4. sperimentazione; 5. argomentazione; 6. verbalizzazione scritta. Ai bambini è stato presentato il modello con i due orologi, senza specificarne l‟utilizzo, ed è stata solo posta la domanda: Come possiamo realizzare un modello simile per ogni bambino? Dalla discussione collettiva sono scaturite le fasi di lavoro per realizzare gli orologi. Gli allievi sono stati solo un po‟ guidati sull‟utilizzo del goniometro (strumento conosciuto solo da pochi bambini) per disegnare i due cerchi e segnare i dieci punti dove inserire i numeri da 0 a 9, rigorosamente tutti alla stessa distanza. Qualche bambino ha preferito utilizzare il compasso. 145 Durante la fase manipolativa, i bambini hanno scoperto l’utilizzo del modello costruito: muovendo opportunamente le lancette, con l’orologio di sinistra potevano indicare le decine e con quello di destra le unità, quindi tutti i numeri a due cifre da 0 a 99. Inoltre hanno scoperto che potevano eseguire operazioni di addizione e sottrazione e trovare tabelline e ritmi. A questo punto hanno deciso di chiamare gli orologi “ritmici”. Dopo la fase di manipolazione i bambini hanno rappresentato la situazione sui quaderni. Grazie alla rappresentazione grafica hanno scoperto la specularità, a coppie, dei ritmi: 1 e 9, 2 e 8, 3 e 7, 4 e 6. Sensazionale è stata la scoperta che il ritmo del 5 si disponeva sull’asse di simmetria verticale dell’orologio, essendo speculare solo con se stesso, cioè le cifre delle unità si dispongono regolarmente sia dall’alto verso il basso, che dal basso verso l’alto. Scrivendo solo la cifra dell‟unità, gli allievi hanno colto la regolarità della successione numerica, ad esempio se considero i ritmi del 2 e dell‟8 la successione numerica delle sole unità è la seguente: 2-4-6-8-0-2-4-6-8 e la posso leggere da sinistra verso destra come numerazione del 2 e da destra verso sinistra come numerazione dell‟8, sempre considerando solo la cifra delle unità. La stessa regolarità si scopre per le altre coppie di ritmi. Dal confronto delle successioni numeriche speculari inoltre i bambini hanno scoperto che la somma delle unità corrispondenti è sempre 10. 146 Come fase finale del lavoro, i bambini hanno relazionato per iscritto le fasi di costruzione, le osservazioni e le regolarità scoperte. Questa fase ha permesso di verificare l‟apprendimento delle scoperte argomentate nella discussione collettiva, consentendo inoltre agli allievi di formalizzare le relazioni tra i numeri e di fissare le rappresentazioni mentali. 6. Verifica dell’attività svolta Durante la verbalizzazione scritta i bambini hanno potuto riflettere individualmente sulle diverse fasi che hanno portato alla realizzazione degli orologi ritmici e soprattutto hanno formalizzato le scoperte ampiamente relazionate nella discussione collettiva. La verbalizzazione come verifica dell‟attività ha inoltre consentito agli allievi di stabilire e formalizzare le relazioni tra i numeri, inoltre le rappresentazioni schematiche hanno permesso loro di fissare le rappresentazioni mentali. Vari sono stati gli elementi importanti in questo tipo di esperienza: la motivazione, sostenuta dall‟interesse al fare; la discussione tra pari, che ha permesso il confronto; il controllo degli errori; la socializzazione delle scoperte.L’aver utilizzato individualmente i materiali ha sicuramente facilitato la scoperta dei concetti nuovi, permettendo ai bambini la traslazione delle conoscenze già acquisite, la generalizzazione e infine la formalizzazione del sapere. 7. Conclusioni La scuola è il luogo dove allievi e insegnanti passano gran parte della loro vita. Come tutti gli ambienti, anche la scuola è un sistema di relazioni: i suoi componenti dipendono gli uni dagli altri, inseriti in una precisa organizzazione, ciascuno con un proprio ruolo. Stare a scuola dovrebbe avere senso, soprattutto per i bambini, per questo acquista particolare importanza la creazione di contesti significativi, in quanto le esperienze danno forma al pensiero e il fare, facilita il pensare. 147 È importante imparare insieme, discutere le proprie idee, ascoltare quelle dei compagni. Si costruiscono, così, relazioni significative tra i diversi bambini, tra i bambini e i loro insegnanti, tra i bambini e il sapere. L’insegnante assume un ruolo di mediatore culturale, guidando gli allievi nel processo di costruzione di conoscenza. Imparare a “saper fare” non può e non deve essere un fatto episodico: l’abitudine a mettere le mani sulle cose deve essere sviluppata con continuità. Solo in questo modo, nel tempo, lungo il percorso di apprendimento, il bagaglio culturale di ogni bambino si modificherà ed arricchirà in modo significativo e duraturo. Mi piace concludere questo contributo, spero significativo, con le parole di un grandissimo insegnante, Daniel Pennac: «Che l‟allievo di tanto in tanto incontri un professore pieno di entusiasmo che insegna la matematica come una delle Belle Arti e la fa amare […] e grazie al quale lo sforzo diventa un piacere, questo dipende dalla casualità dell‟incontro, non dalla genialità dell‟istituzione. È proprio degli esseri viventi di fare amare la vita, anche sotto forma di un‟equazione di secondo grado, ma la vitalità non è mai stata inserita nei programmi scolastici» (Pennac, 1992). Bibliografia Davenport H. (1994). Aritmetica superiore. Bologna: Zanichelli. Dehaene S. (2000). Il pallino della matematica. Milano: Mondadori. Enzensberger H. M. (1997). Il mago dei numeri. Torino: Einaudi. Mazzoli P. (2008). Capire si può. Educazione scientifica e matematica. Roma: Carocci Faber. M.P.I. (2007). Indicazioni per il curricolo per la scuola dell‟infanzia e per il primo ciclo d‟istruzione. Napoli: Tecnodid. Pennac D. (1992). Come un romanzo. Milano: Feltrinelli. Topping K. (2006). Tutoring. L‟insegnamento reciproco tra compagni. Trento: Erickson. Wertheimer M. (1997). Il pensiero produttivo. Firenze: Giunti. Parole chiave: aritmetica modulare; laboratorio; problem-solving; peereducation; manipolazione-argomentazione. 148 Il teatro di figura nella didattica della matematica e dell’astronomia Claudio Zellermayer e Mariela Petta Il Cielo e la Terra, Ravenna Sunto. Vengono presentati lavori didattici che affrontano i problemi scientifici tramite la narrazione e che favoriscono il coinvolgimento degli allievi utilizzando come strumento la tecnica del teatro di figura. 1. Finalità generali I lavori didattici che presentiamo hanno come finalità: 1. affrontare un determinato problema scientifico con la narrazione; 2. il coinvolgimento degli allievi utilizzando, come strumento, la tecnica del teatro di figura; 3. la costruzione di un manufatto che sia uno strumento di osservazione astronomica o un modellino che sintetizzi il problema affrontato o un‟applicazione pratica. 2. La narrazione La narrazione è il più potente mezzo di cui dispone l‟uomo per trasmettere le proprie esperienze, individuali o collettive, alla sua discendenza. Fino a che non è stata inventata la scrittura, la narrazione nella sua forma orale è stato 149 anche il solo mezzo. Anche le scienze hanno usufruito di tale mezzo espressivo cominciando proprio dall‟astronomia, la scienza che ha fatto da apripista a tutte le altre discipline. L‟osservazione del cielo stellato ad occhio nudo ha suscitato nell‟uomo il fascino irresistibile di liberare la fantasia e narrare. La narrazione poi si è evoluta, nell‟ambito della scienza, ed è diventata la “lezione”. Quando un insegnante svolge una lezione sta narrando una storia che è opera dell‟uomo; narra una vicenda umana fatta di scoperte e trionfi ma anche di battaglie perse. Il formalismo di una lezione di una qualche disciplina scientifica spesso nasconde queste vicende nelle formule, nelle leggi fisiche, nei teoremi di matematica. Tuttavia esse sono sempre lì che affiorano e quando emergono suscitano, spesso, il fascino in chi ascolta. La narrazione, quindi, da sempre rappresenta un potente strumento in grado di catalizzare l‟attenzione degli studenti. Nel nostro approccio, che qui esporremo brevemente, siamo partiti proprio dalla narrazione. La storia della matematica e dell‟astronomia s‟intreccia con storie di uomini, drammatiche, tragiche e comiche che contribuiscono a rendere la scienza una fondamentale disciplina di vita, non solo un insieme di nozioni. Spesso siamo partiti da una storia o da una leggenda e l‟abbiamo adattata alla nostra necessità. Nessuno saprà mai se, ad esempio, la storia di Talete che misura la piramide di Cheope sia realmente accaduta e se essa lo abbia ispirato per affermare il concetto di proporzione. Quando la storia non esisteva abbiamo fatto lavorare la fantasia e l‟abbiamo scritta noi. Questo è, ad esempio, il caso della storia della costruzione di Stonehenge. In altre situazioni la storia è stata scritta per il solo scopo di introdurre un argomento desiderato. Qualunque sia la genesi della storia essa ci è servita per affrontare un determinato problema matematico e/o astronomico. 3. Il teatro di figura Per narrare le nostre storie, abbiamo scelto la tecnica del teatro di figura o di oggetti. Il palcoscenico è un tavolo su cui vengono posti in successione i personaggi e gli oggetti che costituiscono la trama della storia. La voce narrante si incaricherà via via di muovere i personaggi o di costruire la scena con l‟evoluzione della storia. Personaggi ed oggetti della 150 scenografia sono realizzati con materiali e tecniche varie tra cui carta pesta, pasta di sale o di segatura, cartone ed altri. Illuminazione e musica fanno da ulteriore contorno alla rappresentazione. Nel corso della narrazione, il pubblico a volte è coinvolto in prima persona, stimolato dal narratore. I personaggi delle storie, sia fantastici che reali, sono sempre individui che si distinguono per la loro curiosità nei confronti della natura, per la loro insofferenza ai dogmi ed alle restrizioni della libertà di pensiero e sfidando tutto e tutti arrivano ad un risultato significativo: la scoperta di un fenomeno, di un principio, di un teorema. Molto spesso il personaggio principale della storia è un bambino dell‟età del pubblico a cui è rivolta la storia: vogliamo così mostrare loro che a tutte le età si possono fare scoperte, si può cominciare un percorso di apprendimento. La pièce teatrale ha una durata media di 30-40 minuti ed è rivolta a gruppi di circa 25 bambini. Alla fine della rappresentazione il pubblico viene invitato a prendere visione e contatto con gli oggetti della scena e viene spiegato loro come sono stati realizzati. A conclusione della pièce teatrale viene proposta la costruzione di uno strumento o di un manufatto che sintetizzi il problema e ricordi la storia. Il manufatto può essere sia uno strumento di osservazione astronomica sia un modellino che sintetizzi il problema affrontato (storia di astronomia) o un‟applicazione pratica (storia di matematica). 4. Le storie Il ladro di stelle. Storia per bambini di 4-6 anni. È una favola che ha per tema un‟amicizia molto forte tra un bambino ed una bambina. Per suggellare l‟amicizia lui le promette di portarle una stella ogni notte. Via via che le notti si susseguono e lui mantiene la promessa, il cielo si va impoverendo di stelle finché una notte il bambino incontra in cielo uno strano personaggio che lo sorprende a portar via le stelle. Dal dialogo tra i due nascerà la consapevolezza nel bambino a desistere nella sua impresa e trovare un altro modo di dimostrare la sua amicizia. Nel laboratorio annesso si parla delle costellazioni, di cosa sono veramente e di come gli uomini le abbiano inventate. Segue la costruzione della propria 151 costellazione di fantasia che unita a quelle di tutti gli altri formeranno un cielo di gruppo. Il lampionaio. È una storia rivolta a bambini di 6-8 anni. In una valle sperduta tra le montagne, dove mai nessuno era entrato ed uscito c‟è un villaggio. In questa valle il cielo era sempre stato nuvoloso e nessuno conosceva l‟esistenza del Sole, della Luna e delle stelle. Il personaggio principale ogni giorno accende lampioni e torce al calare dell‟oscurità e li spegne col ritorno del giorno. Per conoscere il momento esatto in cui svolgere queste operazioni usa un orologio a polenta che, come una clessidra, gli segna il tempo. Ma un fenomeno mai visto prima nella valle sarà lo stimolo per Lautaro (il lampionaio) per scalare le montagne e scoprire un nuovo universo. Di ritorno alla valle non sarà creduto, rischiando l‟oblio. Tuttavia un fenomeno inaspettato porterà finalmente il Sole nella valle e Lautaro lascerà il suo lavoro di lampionaio per dedicarsi allo studio dei fenomeni del cielo, cominciando dalla costruzione di un orologio solare. Il laboratorio annesso prevede la costruzione di un semplice orologio solare che permetta sia di visualizzare la relazione tra posizione del Sole nel cielo che lunghezza e spostamento delle ombre. Per i più grandi si utilizza anche come strumento per l‟individuazione dei punti cardinali. Il popolo di Stonehenge. La storia è rivolta a bambini di 7-10 anni. Si narra in modo fantasioso la costruzione del monumento megalitico di Stonehenge che nasce dalla curiosità di tre bambini di dieci anni di conoscere i ritmi della natura per aiutare i grandi a fare i lavori agricoli. È anche la storia romanzata della nascita dell‟agricoltura. Dalle iniziali osservazioni di uno di loro nasce la consapevolezza che il cammino del Sole comincia e finisce in posizioni diverse durante l‟anno. Successivamente insieme ad altri due amici Cedric, il protagonista della storia, edifica un cerchio di tronchi che serve da calendario solare per stabilire inizio e fine di ogni stagione. Da questa epopea il suo villaggio e quelli vicini ne traggono le informazioni per dare vita all‟agricoltura. Cedric ormai grande racconta questa storia e come dal cerchio di tronchi si passi al monumento di pietre che è l‟attuale Stonehenge. Alla fine della sua vita Cedric passerà il testimone ai suoi discendenti. Nel laboratorio annesso si costruisce un semplice modellino che schematizza il giro del Sole durante le varie stagioni mostrando come ad un diverso percorso corrispondano punti di levata e calata del Sole diversi sull‟orizzonte. Il paese dei quadrati. Storia per bambini di 9-12 anni. Questa storia è liberamente ispirata dal libro Il paese dei quadrati di Francesco Tonucci. Un fiume divide due città. In una ci abitano i quadrati nell‟altra i triangoli. I quadrati prendono in giro i triangoli per la loro stravaganza ma un giorno un terremoto colpisce le due città con effetti completamente diversi: molti danni 152 nella città dei quadrati pochissimi invece in quella dei triangoli. Una delegazione dei quadrati viene spedita nell‟altra città per capire il perché e qui scoprono che il triangolo è una figura indeformabile a differenza dei quadrati. Dalla loro alleanza nasceranno altre figure geometriche e successivamente dal loro incontro con i cerchi si amplierà la gamma di figure. Il laboratorio annesso conduce alla ricerca e costruzione di figure geometriche semplici e composte, alle loro proprietà e ad una serie di giochi che si possono fare con le stesse. Talete e la Piramide. È una storia rivolta a bambini di 10-13 anni. Qui si narra, tra verità e leggenda, di come l‟astronomo greco Talete abbia misurato la piramide di Cheope. Durante un viaggio di studio in Egitto a Talete viene lanciata la sfida di misurare la piramide. La geometria della piramide esclude una misura diretta della sua altezza. Talete dovrà escogitare un metodo indiretto di misura e lo trova usando come paragone la sua ombra. Questa storia coniuga quindi la geometria (la piramide), con l‟astronomia (posizione del Sole e le ombre) e con la matematica (le proporzioni). Nella leggenda quindi si sostiene che Talete con questa geniale trovata per misurare l‟altezza della piramide abbia scoperto la scienza delle proporzioni che è alla base di qualunque rappresentazione in scala di oggetti. Il codice di Eratostene. Storia rivolta a ragazzi di 11-14 anni. In questa storia, similmente a quella di Talete, si suppone, lavorando di fantasia, come l‟astronomo Eratostene sia riuscito ad eseguire la prima misura delle dimensioni della Terra. Partendo da due fondamentali presupposti (forma della Terra e parallelismo dei raggi del Sole) e con considerazioni di geometria della circonferenza Eratostene ricava le dimensioni della Terra con solo misurare un arco di meridiano terrestre e l‟ombra di uno gnomone. La storia vera però non spiega come sia riuscito a misurare l‟arco di meridiano. Nella versione romanzata che viene utilizzata, che parte dal ritrovamento di un antico codice, questo mistero verrà chiarito. A seguire viene proposto nel laboratorio di utilizzare lo stesso metodo per determinare la circonferenza di una sfera valutando in questo modo anche gli inevitabili errori nelle misure e nelle approssimazioni che vengono compiute. Parole chiave: narrazione; teatro di figura; fascinazione; insofferenza ai dogmi; libertà di pensiero. 153 154 SEZIONE 5 SCUOLA PRIMARIA E SECONDARIA DI PRIMO GRADO 155 156 Percorsi matematici in continuità Sabrina Ambrogetti, Vincenza Bellani, Anna Canzi, Malvina Poggiagliolmi, Luisella Riva e Monica Zanon Docenti di scuola primaria e secondaria di 1° grado I.C. di Bernareggio, I.C. di Calusco d‟Adda (BG), I.C. Paccini di Sovico, primaria Renzo Pezzani di Villa Raverio – Besana Brianza, S.M.S. Verga-Vinci Gramsci di Limbiate Sunto. “A scuola la matematica si fa rete” è una rete territoriale di scuole nata nel settembre 2006, con finanziamenti dell‟USR Lombardia, che vede coinvolte le seguenti istituzioni scolastiche della provincia di Monza e Brianza: Istituto Comprensivo Paccini di Sovico, Istituto Comprensivo di Bernareggio, Istituto Comprensivo Koiné di Monza, scuola secondaria di primo grado Croce-Faré di Lissone. L‟obiettivo principale della rete è stimolare i docenti a riflettere sulle proprie convinzioni, sul proprio agire, sulle proprie competenze e sull‟essere insegnante. Per questo si dà massimo risalto a percorsi di formazione in didattica della matematica aperti ai docenti di tutte le scuole del territorio e condotti da docenti del NRD di Bologna. Un‟esperienza di formazione condotta dalla professoressa Silvia Sbaragli ha portato alla costituzione di un gruppo di lavoro attualmente costituito da 25 docenti, 4 della scuola dell‟infanzia, 12 della scuola primaria e 9 della scuola secondaria di I grado - che durante l‟anno scolastico si riunisce periodicamente per attività di studio in autoformazione, per la progettazione e la verifica di percorsi disciplinari. All‟interno del gruppo sono stati individuate quattro tematiche di riferimento: classificazioni e trasformazioni, area/perimetro, area/volume, infinito e frazioni. L‟orientamento metodologico condiviso dai docenti pone al centro la persona, che apprende facendo esperienze e attraverso la libera espressione di pensieri, intuizioni, domande e dubbi. La dimensione temporale non è rigidamente determinata dall‟insegnante ma è in armonia con le attività degli allievi. Viene dato molto spazio alla discussione collettiva, perché ogni allievo contribuisce col proprio pensiero al sapere condiviso dalla classe. In questa prospettiva si pone anche molta cura ad intervenire sulle misconcezioni. Un‟altra “pista metodologica” che caratterizza i percorsi del gruppo individua la comunicazione come forma di apprendimento. Per questo le docenti propongono alle classi esperienze di comunicazione pubblica. In particolare, sul territorio di Monza e Brianza è attivo dall‟anno scolastico 2002/2003 il Progetto “Scienza under 18”, progetto di rete divenuto ormai storico in alcune città della Lombardia, che ha tra i suoi obiettivi quello di creare, organizzare e gestire uno spazio strutturato di diffusione della scienza prodotta nelle scuole dagli studenti di ogni ordine e grado. Per raggiungere tale obiettivo viene realizzata, ogni anno nel mese di maggio, una manifestazione durante la quale gli studenti presentano al pubblico i progetti scientifici prodotti a scuola durante l‟anno. Scienza under 18 quindi, assegnando agli studenti il compito inconsueto di docenti del loro progetto, offre un nuovo contesto comunicativo che rende gli allievi protagonisti anche dei loro processi di 157 apprendimento, secondo una prospettiva di tipo autobiografico. Inoltre, esso crea nei gruppi di lavoro dei ragazzi un clima motivante, favorevole all‟apprendimento scientifico; sviluppa negli allievi competenze di tipo comunicativo, argomentativo e organizzativo/progettuale, nonché competenze metacognitive. Le docenti di “A scuola la matematica si fa rete” ritengono l‟esperienza di Su18 particolarmente significativa; per questo la matematica è regolarmente in mostra a Su18 Monza e Brianza nella sezione Exhibit - ovvero progetti che propongono esperimenti, macchine, manufatti, ecc. che permettono un‟interazione diretta e immediata tra gli studenti espositori e i visitatori - oppure nella sezione Teatro scientifico. 1. Teatro scientifico. Cioccolato e cammelli (frazioni: numeri speciali)3 In una classe IV di scuola primaria l‟insegnante racconta... Tutto comincia con la lettura di un capitolo (Animali da soma) tratto dal libro L‟uomo cha sapeva contare” di Malba Tahan. La lettura è portata avanti a tappe ben definite per dare la possibilità ai bambini (suddivisi per il lavoro in piccoli gruppi di 3 o 4) di ragionare sui passaggi del problema e di provare a stendere possibili soluzioni mettendo in campo le proprie conoscenze matematiche e facendo in modo di stimolarli ad acquisirne di nuove. Per ogni tappa si raccolgono le considerazioni di ogni gruppo sul percorso attuato e le possibili soluzioni trovate. Prima tappa. Situazione problema. Un padre ha lasciato in eredità ai suoi figli 35 cammelli, che devono essere divisi secondo queste norme: metà dei cammelli al primogenito, un terzo dei cammelli al secondogenito, un nono al terzogenito. I tre figli affermano che tale suddivisione è impossibile, ma Beremiz, l‟Uomo Che Contava, afferma che è semplicissimo. Tutti gli allievi sono molto perplessi ed evidenziano le difficoltà, facendo però scaturire dai loro discorsi le competenze matematiche messe in atto: Ma se faccio la metà di 35, devo tagliare un cammello a metà. Ma 35 non è divisibile né per 2, né per 3, né per 9, come è possibile… Seconda tappa. Primo intervento. Per l‟Uomo Che Contava tutto è semplicissimo. Ai 35 cammelli aggiunge quello del suo amico. I cammelli diventano 36. Ora tutti i bambini riescono con estrema facilità a risolvere il problema con 3 semplici divisioni: 36:2= 18; 36:3=12; 36:9 =4. 3 Anna Maria Canzi e Luisa Longoni, docenti della scuola primaria “R. Pezzani” Villa Raverio, I. C. “Giovanni XXIII” di Besana in Brianza (MB). 158 Tra i commenti più frequenti troviamo anche alcune domande interessanti e di stimolo per proseguire: Così è semplice davvero, ci riescono tutti. Ma come mai Beremiz ha pensato una cosa così strana. Come sapeva che tutto avrebbe funzionato? Se, ad esempio, ne toglieva uno, non andava tutto bene. Ma soprattutto come faceva a sapere che sarebbero avanzati 2 cammelli? Terza tappa. Suddivisione e conclusione a sorpresa. Quindi il primo figlio, che secondo le imposizioni del padre avrebbe dovuto prendersi 17 cammelli e mezzo (35/2) se ne prende 18 (36/2). Il secondo figlio, che ne avrebbe dovuti ricevere 11 e mezzo circa (35/3), ne riceve 12 (36/3). Il terzo figlio, che ne avrebbe dovuti ricevere quasi 4 (35/9) ne riceve 4 giusti (36/9). Misteriosamente tutti hanno da guadagnare, ma chi ha guadagnato di più è senz‟altro Beremiz: 18+12+4=34; quindi avanzano due cammelli, uno lo restituisce al suo amico e uno gli rimane, come premio per la suddivisione. I ragazzi a questo punto sono pieni di curiosità e si stimolano a vicenda per scoprire le ragioni matematiche che hanno mosso la mente di Beremiz. Dopo una discussione si arriva ad esprimere due domande a cui si vuole dare una risposta. 1) Come mai Beremiz era così sicuro di una soluzione positiva per lui e l‟amico? 2) Cosa aveva capito osservando le frazioni contenute nella storia? Dopo discussioni, confronti e prove pratiche i ragazzi arrivano a tre grandi scoperte: A) Beremiz si è accorto che i denominatori delle tre frazioni erano tutti divisori di 36. B) Se le tre frazioni fossero state unite non avrebbero formato l‟intero, ma sarebbe avanzata una parte (vedi disegno) C) La parte avanzata sarebbero stati 2 su 36 cammelli (uso delle frazioni equivalenti) 1/2 + 1/3 + 1/9 = 9/18 + 6/18 + 2/18 = 18/36 + 12/36 + 4/36 = 34/36 avanzano 2/36 cioè i 2 cammelli. Dopo tutto il lavoro matematico, insieme decidiamo di realizzare uno spettacolo teatrale per raccontare questa esperienza. L‟idea è proprio quella di portare in scena la storia di Beremiz, così come 159 l‟abbiamo vissuta noi in classe, comprendendo anche le fasi di ragionamento sui concetti matematici affrontati. Fasi di lavoro (spettacolo teatrale): 1) costruiamo il canovaccio e scegliamo il titolo; 2) dal canovaccio passiamo alla stesura del copione; 3) pensiamo a come mettere in scena le varie parti dello spettacolo (spazio scenico, movimenti, luci, musiche, …); 4) prepariamo una serie di diapositive (power point) da inserire come sfondo; 5) suddividiamo le parti da recitare e gli incarichi di scenografia e aspetti multimediali (luci, musiche, proiezione diapositive). Questo lavoro teatrale ha offerto ai bambini la possibilità di raccontare al pubblico, partendo da una narrazione e attraverso esperienze concrete, la soluzione di una situazione problematica in modo divertente ma soprattutto ha dato loro l‟occasione di comprendere gli aspetti matematici, non banali, incontrati e di poterli spiegare in modo esaustivo e creativo al tempo stesso. 2. Di pelle di bue, di città e piazze1 Sconvolta Didone prepara la fuga dei compagni… Giunsero in questi luoghi… qui acquistarono tanta terra quanta ne potesse cingere la pelle di un toro Virgilio, Eneide, libro 1 2.1. Premessa L‟esperienza condotta in una classe quinta primaria e in una classe prima secondaria è un percorso di apprendimento sui concetti di perimetro ed area e sulle relazioni che intercorrono tra questi due saperi. Attraverso la storia della matematica (il mito della fondazione di Cartagine), gli allievi, mettendosi nei panni di Didone scoprono, creano, comunicano, condividendo pensieri, intuizioni, domande, dubbi. La scelta didattica è operata in un‟ottica di curricolo verticale al fine di riflettere sulle misconcezioni e quindi sugli “errori” degli studenti, non stigmatizzandoli, ma interpretandoli come tentativi di far quadrare concezioni precedenti in situazioni nuove. Nel suo strutturarsi, l‟attività vede l‟introduzione in modo naturale dello strumento tecnologico, il foglio di Cabri; nel contesto operativo che si viene a creare, il software di geometria dinamica rappresenta solo una possibile estensione delle potenzialità dei soggetti coinvolti, chiamati invece a elaborare autonomamente conoscenze o a fare scoperte, coinvolgendo le proprie 1 Vincenza Bellani e Luisella Riva, docenti di scuola primaria e secondaria di 1° grado I.C. Bernareggio. 160 competenze e nei momenti di laboratorio di interclasse sfruttando le potenzialità del confronto con i compagni dell‟altra classe. Peculiare il momento della verifica, l‟exhibit degli allievi delle due classi, durante la manifestazione Scienza Under18 Monza e Brianza, è la comunicazione pubblica, la narrazione matematica del sapere condiviso. 2.2. Di pelle di bue… Incipit, la leggenda di Didone Nelle classi quinta e prima media l‟insegnante racconta la leggenda di Didone e della fondazione di Cartagine: La principessa chiese tanta terra quanta ne può cingere una pelle di bue, il re Iarba, accettò, ma la bella e intelligente Didone, che sapeva di geometria, tagliò la pelle in strisce sottilissime … Gli studenti considerano l‟ambiguità della parola cingere; il termine è riconducibile, per Iarba, al concetto di area, ma se così fosse Cartagine non avrebbe avuto alcuna storia, per Didone, al contorno della superficie. Cingere è circondare con la pelle ridotta a lunga striscia sottile, il contorno di tutto il territorio cartaginese. Con l‟idea vincente di Didone, ha avuto inizio la storia di Cartagine questa interpretazione crea, in classe, una situazione didattica emozionalmente positiva nella quale gli studenti sono implicati personalmente a porsi problemi, scoprire e intuire, a creare e concettualizzare. Dobbiamo trovare la forma di contorno più vantaggiosa entro la quale racchiudere la superficie di Cartagine. La soluzione empirica del problema di Didone Una cordicella (il contorno del poligono), alcune puntine (i vertici) e la spugna racchiusa dallo spago (la superficie) sono il materiale povero per il modello figurale di Cartagine, adatto a cogliere l‟idea matematica sottesa: fra le figure con lo stesso perimetro, l‟area varia e la città deve avere la maggior estensione possibile. 161 Più è regolare la figura, maggiore è l‟estensione racchiusa; Non so che forma avrà Cartagine, certo non triangolare, sarebbe una città poco vasta; Allora bisogna aumentare il numero dei lati, così la città è più estesa; … lo stesso perimetro, ma se il numero dei lati aumenta, l‟area aumenta e la forma poligonale… è quasi un cerchio. Dal problema di Didone al problema matematico È il momento di comprendere che si tratta di un vero problema matematico: a parità di perimetro qual è la figura con area massima? Insieme si concettualizza il modello sperimentale: fra i poligoni isoperimetrici, quello convesso ha area maggiore rispetto a quello concavo e fra quelli di dato perimetro, con lo stesso numero di lati, il poligono regolare ha area massima (tra i triangoli, il triangolo equilatero, tra i quadrilateri, il quadrato, ecc); tra tutte le figure piane di dato perimetro, il cerchio è quella di area massima. La soluzione con Cabri Con il foglio di Cabri, i ragazzi di prima media, attraverso alcuni esempi che dapprima presentano ai bambini di quinta e poi con altri che costruiscono e modificano insieme, generalizzano le proprietà individuate e verificano le relazioni fra area e perimetro funzionali alla soluzione del problema: fra tutti i poligoni regolari aventi perimetro dato, ha area maggiore quello con più numero di lati; viceversa, fra i poligoni equiestesi, quello con più lati, ha perimetro minore. 162 Intuitivamente gli studenti pervengono ai concetti di numero infinito di lati, di approssimazione della circonferenza e della proprietà ottimale del cerchio: a parità di perimetro è la figura che contiene l‟area massima. L‟exhibit a Scienze Under18 La comunicazione allargata del percorso è la verifica del lavoro svolto: la progettazione dell‟exhibit, la costruzione della scenografia (il pannello introduttivo, i cartelloni alle pareti), la scelta degli attori (il narratore, Didone, gli architetti e i matematici), la stesura del testo e le prove per una comunicazione matematica coerente e chiara sono momenti altrettanto importanti per un apprendimento significativo e condiviso. 3. La cellula: forma, superficie, volume2 I bambini di prima classe di scuola secondaria di primo grado sono ancora curiosi, non si sono ancora assuefatti a tutto il surplus di informazioni che li circonda e finisce con l‟intontirli; basta solleticare un po‟ il loro spirito di osservazione e ne vengono fuori delle belle. In una classe prima dunque mi ritrovo a parlare di esseri viventi, di cellule, di interazione con l‟ambiente. Naturalmente tutti hanno già sentito parlare di queste cose, soprattutto di cellule. C‟è chi ha visto dei documentari sull‟argomento, chi ha una zia che lavora in un laboratorio, chi ha letto libri o gli hanno già spiegato tutto alla primaria. Ma è quando si arriva a parlare di forma, ma ancor più di area e di volume, che le cose cambiano. Non sono più tanto sicuri, tentennano, hanno incertezze, si fanno domande, si pongono quesiti, prima a sé stessi e poi tra compagni. Finalmente ho trovato il punto in cui inserirmi e pungolare, incitare, sollecitare. Se però voglio introdurre certi concetti e discuterne devo prima indagare sulle informazioni già in possesso degli allievi. Che cos‟è il perimetro? E il contorno? E la forma? Sono parole diverse per indicare la stessa cosa? Che differenza c‟è tra area e superficie? Gli allievi rendono conto che i termini usati indicano concetti differenti, ma capiscono anche che comunemente li usiamo quasi fossero sinonimi. 2 Sabrina Ambrogetti, docente di scuola secondaria di 1° grado, I.C. di Calusco D‟Adda (BG). 163 Ci riflettiamo. Una volta chiariti i concetti è il problema della misura dell‟area che li attira. Misura, misurazione, unità di misura … tutti termini da soppesare, indagare, chiarire con attività pratiche. Il passo successivo riguarda il volume: è forse il concetto più affascinante, intrigante, più vicino a noi (tutto ciò che ci circonda ha un volume), ma al tempo stesso più difficile da comprendere. Sul volume gli studenti hanno idee molto vaghe. E allora al lavoro, con oggetti di tutti i tipi, strumenti di laboratorio, strumenti di misura dei più vari, acqua, utensili da cucina, ma, soprattutto, con idee. Dopo tutto questo lavoro pratico, cerchiamo di riflettere: abbiamo intuitivamente capito cosa sono perimetro, area, volume. Ma che rapporto c‟è tra loro? L‟uno ha a che fare con l‟altro? A questo punto guido gli studenti a concentrare la loro attenzione sulla cellula: Come è fatta una cellula? La sua forma, la sua area e il suo volume sono in qualche modo legati tra loro? E quali sono le esigenze di una cellula? Intraprendiamo un percorso che ci occupa e coinvolge totalmente per alcune lezioni e arriviamo a dire che una cellula è strettamente legata all‟ambiente che la circonda, altrimenti, da sola, non ce la potrebbe mai fare, non sopravvivrebbe. Ma cosa la lega all‟ambiente che la circonda? Avendo bisogno di interagire con esso, per lei deve avere una importanza fondamentale la sottile pellicola che da esso la separa ma che contemporaneamente con esso la mantiene in contatto: la membrana cellulare. Appurato a questo punto che la cellula deve interagire con l‟ambiente circostante e che lo fa tramite la membrana cellulare, andiamo a indagare ulteriormente sulla forma che dovrebbe avere la cellula e, di conseguenza, la membrana. Abbiamo quindi iniziato a lavorare sulla forma della cellula utilizzando pongo, didò, polistirolo, palloncini gonfiabili e altri materiali facili da manipolare, dividere in parti, riunire eccetera. Gli allievi sono già a conoscenza di forma e struttura cellulare, informazioni che sono state loro fornite alla scuola primaria. Io però li invito a creare cellule nuove, non già viste sui libri o nei documentari. I ragazzini si sbizzarriscono, anche se alcuni restano legati al concetto classico di cellula, mentre altri costruiscono cellule che sembrano navicelle spaziali o mostri marini. Riflettiamo su tutti i modelli realizzati e conveniamo che il modello migliore è quello creato con un foglio sottile ripiegato su sé stesso. Abbiamo potuto verificare infatti che in questo caso con la stessa quantità di materiale (ad esempio plastilina), la cellula ha più superficie a disposizione. Ma allora perché non esistono esseri viventi costituiti da un‟unica, enorme cellula? Ciò che differenzia un elefante da un insetto o un topolino non è la grandezza delle cellule che li compone, ma piuttosto il loro numero. Perché? Sarà sempre un problema legato alla superficie a disposizione per interagire con l‟ambiente? Ma se la cellula diventa più grande per formare il corpo di un 164 essere vivente di maggiori dimensioni, aumenta il volume ma aumenta anche l‟area. E qui arriva un concetto un po‟ difficile, quello di area relativa. Ma con la pratica si arriva a comprendere ciò che a parole è difficile definire e capire. Cuboni, cubetti, cubi piccolissimi, loro volumi e aree a confronto, e si apre un mondo di esplorazioni, riflessioni, conclusioni. 4. Trasformiamo... “geometriArte”3 Il lavoro in questione è stato svolto per un intero anno scolastico per due spazi settimanali, durante una compresenza tra gli insegnanti di educazione artistica e di scienze e matematiche. Il percorso è nato dall‟idea di dare un approccio interdisciplinare alla conoscenza, di far vedere come sia possibile affrontare un argomento matematico, come le trasformazioni geometriche, guardandolo da un diverso punto di vista insolito per i ragazzi, quello artistico creativo. Ma in particolare ha voluto assegnare un ruolo centrale ai problemi di rappresentazione dello spazio visibile (difficoltà percettive derivanti dal rappresentare un oggetto tridimensionale nel piano) e alla costruzione del concetto di punto di vista. Osservatori diversi che rappresentano la stessa situazione da punti di vista diversi otterranno rappresentazioni differenti. Per ricostruire le relazioni spaziali nel sistema è necessario ricomporre le diverse viste. Ai ragazzi è stato sottoposto un cubo disegnato, e si sono accorti di uno strano fenomeno percettivo: il disegno si stacca dal piano del foglio e invade la terza dimensione. Da bidimensionale, l‟immagine illusoriamente, assume le sembianze di un solido: un cubo che si mostra ambiguo. Qual è la faccia più vicina a noi? Qual è la faccia davanti e quella dietro? Gli studenti si sono accorti che nel momento in cui diventa possibile fissare un davanti e un dietro tra le facce del cubo, il centro della figura perde il suo ruolo di centro di simmetria. Tanto è vero che, dopo qualche istante, la faccia davanti sembra spostarsi dietro e viceversa, dando così inizio ad una successione ininterrotta di inversioni prospettiche. Per non avere ambiguità, hanno provato a mettere il cubo in relazione ad un oggetto, che hanno posizionato dentro, fuori, sopra, sotto, davanti, dietro. Poi abbiamo considerato il cubo come una porzione di spazio chiuso inserito nello spazio infinito e per rappresentarlo nel piano ci siamo serviti della prospettiva. Grazie ad essa, il piano bidimensionale del foglio è diventato lo spazio infinito. 3 Monica Zanon, docente di scuola secondaria di 1° grado, S.M.S. Vinci-Verga-Gramsci di Limbiate (MB). 165 Questo è stato un momento importante per prendere consapevolezza di quanto sia fondamentale la determinazione del punto da cui si guarda, il punto di vista. Il piano bidimensionale del foglio da disegno, inoltre, attraverso la tecnica della prospettiva è stato trasformato nello spazio interno del cubo, immaginandolo come l‟interno di una stanza. Le attività condotte sulla visione del cubo nello spazio e dello spazio dentro il cubo ci hanno portato a costruire un modello tridimensionale di cubo, uno scheletrato in legno, che fosse abitabile e che interagisse con il corpo, dentro, fuori, dietro, sotto. I ragazzi, riproducendo con il loro corpo le posizioni degli oggetti disegnati precedentemente sul foglio di carta, hanno sperimentato concretamente che la posizione dell‟osservatore è fondamentale per l‟osservazione. Cambiare il punto di vista cambia l‟esito dell‟osservazione. Questo ha portato gli studenti a considerare che non esiste un davanti e un dietro, un sopra e un sotto assoluti, ma dipendono sempre da chi coglie l‟osservazione, dal punto di vista dell‟osservatore e quindi, che tutto è relativo (anche se, veramente, il sopra e il sotto locali, essendoci la forza di gravità, sono più obiettivi, non assoluti, di davanti e dietro). 5. Viaggio nell’Infinito4 Dopo aver seguito un affascinante corso di formazione sull‟infinito matematico, condotto dalla professoressa Silvia Sbaragli, mi sono dedicata a momenti di studio individuale per approfondire alcuni aspetti teorici e didattici trattati nel corso. Questa esperienza mi ha portato a progettare e realizzare un percorso sull‟infinito che ho proposto agli allievi di una classe prima di scuola secondaria di 1° grado, utilizzando 10 ore curricolari di matematica. La metodologia utilizzata non ha visto la proposta in rigida successione di argomenti e obiettivi da raggiungere, ma ho scelto di dare spazio e tempo alle esperienze, alla libera espressione di pensieri, intuizioni, domande e dubbi. Secondo questa prospettiva, rappresentano fasi irrinunciabili di tutto il lavoro l‟esperienza della scoperta e la discussione collettiva che hanno consentito di mettere in luce il valore dei pensieri di ciascun allievo e di dare forma al pensiero condiviso dalla classe. È stata posta una cura particolare ad intervenire sulle misconcezioni. Ho dato inoltre la massima attenzione alla comunicazione come forma di apprendimento. Gli allievi non avevano testi di riferimento sui quali studiare; pertanto ho chiesto loro di scrivere regolarmente una relazione delle attività della giornata, riportando anche le fasi più significative della discussione collettiva. 4 Malvina Poggiagliolmi, docente di scuola secondaria di 1° grado I.C. Paccini di Sovico (MB). 166 L‟argomento così evocativo richiedeva, a mio giudizio, un approccio ad alta temperatura emozionale (Longo, 1998); così ho proposto alla classe un brain storming iniziale sulla parola infinito e la lettura della poesia di Giacomo Leopardi con la condivisione delle suggestioni e delle sensazioni ricevute. Durante la lezione successiva, ho chiesto agli allievi di rappresentare delle rette utilizzando le modalità da essi ritenute più opportune, a partire da materiali che erano stati messi a disposizione tra cui spago, cannucce, penne e pennarelli di vario genere. Ecco cosa scrive Martina: Concludemmo che tutte le rette disegnate erano in qualche modo inadeguate perché non è possibile disegnare davvero una retta, possiamo soltanto rappresentarle, anche se alcune rappresentazioni sono più accettabili di altre. Ad esempio, nel nostro cartellone una di esse era formata da dei sassolini distaccati tra loro dando l‟idea che la retta fosse formata da punti ma che i punti erano come una collana di perle, cioè discontinui mentre noi abbiamo imparato che la retta è continua. La tappa successiva è stata ancora di tipo geometrico: partendo dall‟immagine di due segmenti di lunghezza diversa ho chiesto agli allievi di indicare quale fosse il segmento più lungo e se ci fossero più punti nell‟uno o nell‟altro segmento. Alessandro scrive: Alla prima domanda tutti siamo decisi a dire AB, ma alla seconda alcuni compagni dissero: Dato che AB è più lungo di CD ci sono più punti in AB; e gli altri invece dissero: Dato che nella retta ci sono infiniti punti una parte di retta (segmento) è quindi composto anche esso da infiniti punti. Abbiamo poi dimostrato che effettivamente ci sono tanti punti nel segmento AB quanti in CD. In seguito è stato gettato il primo sguardo nei mondi numerici, cominciando dai Naturali con la mia richiesta: Ci sono più numeri naturali o più numeri pari? Beatrice scrive: C‟erano due idee nella classe che si era divisa in due squadre: secondo una erano tanti quanti perché la metà dell‟infinito è infinita, secondo l‟altra idea i numeri pari erano la metà dei naturali quindi minori. Abbiamo discusso molto su queste ipotesi. Abbiamo fatto una prova per confermare che i numeri naturali e i numeri pari sono tanti quanti. Facciamo finta che i numeri siano dame e cavalieri che danzano a coppie, qualcuno resterà spaiato o 167 balleranno tutti? Si dimostra che associando ad ogni numero naturale un numero pari… nessuna dama rimane senza cavaliere e viceversa. La danza è stata rappresentata davvero dagli allievi indossando dei pettorali numerati. È stato interessante e significativo proporre agli allievi, dopo avere dato spazio al confronto e alla loro discussione, i seguenti brani storici sull‟infinito: Il tutto è maggiore della parte (Euclide, Elementi); Io non veggo che ad altra decisione si possa venire, che a dire, infiniti esser tutti i numeri [naturali], infiniti i quadrati, infinite le loro radici, né la moltitudine dei quadrati esser minore di quella di tutti i numeri [naturali], né questa maggiore di quella, ed in ultima conclusione, gli attributi di uguale, maggiore e minore non aver luogo negli infiniti, ma solo nelle quantità terminate (Galileo Galilei, Dialogo sopra i due massimi sistemi). Gli studenti hanno potuto così comprendere che c‟è un percorso storico importantissimo nella matematica che ha portato a risolvere problemi anche a distanza di moltissimi anni; quindi non è tutto affatto scontato e immediato come troppo spesso appare dai testi scolastici. Soprattutto, però, si sono confrontati col pensiero di grandi matematici imparando a dare valore al proprio pensiero e a quello dei compagni. Dice ancora Beatrice: La prof. chiese: Ragazzi cosa avete capito da questa lettura? Luca, che parlava per la squadra che aveva pensato la prima ipotesi disse: Io ho capito che Galileo era nella nostra squadra. 6. Geometria in società5 Siamo docenti di scuola secondaria di primo grado e, pur facendo parte di due diversi istituti (Calusco d‟Adda e Sovico) abbiamo deciso di lavorare in parallelo sulle nostre classi prime progettando insieme il percorso. In particolare, abbiamo sviluppato una delle attività suggerite in occasione del corso di formazione tenuto da Silvia Sbaragli, nell‟ottobre 2007 per il nostro gruppo di lavoro. Si tratta di utilizzare il gioco di società Indovina Chi? nella pratica didattica della geometria. Noi abbiamo pensato di utilizzarla per far discutere i nostri allievi, con l‟obiettivo di far loro raggiungere un apprendimento delle proprietà geometriche che fosse significativo. Il gioco consiste nell‟indovinare chi è raffigurato nelle carte dell‟avversario prima che questi indovini i nomi di chi lo sta sfidando, le carte riportano i visi di alcuni personaggi con diversi tratti di fisionomia e si va per esclusione (ha i baffi? ecc.). 5 Sabrina Ambrogetti e Malvina Poggiagliolmi, docenti di scuola secondaria di 1° grado dell‟I.C. di Calusco d‟Adda (BG) e dell‟I.C. “G. Paccini” di Sovico (MB). 168 Per l‟attività, che è stata denominata Geometria in società, abbiamo scelto e riprodotto 12 soggetti-quadrilateri e ogni allievo ha costruito il proprio mazzo di carte, da poter utilizzare come i personaggi di Indovina Chi. Nel nostro gioco ci si sfida reciprocamente rispettando queste regole: non si possono usare termini quali base, obliquo, verticale, orizzontale… (parole considerate da noi tabù) perché sono termini del linguaggio comune legati alla disposizione nel piano delle figure ma che non esprimono proprietà geometriche; quindi le domande sono fatte solo utilizzando proprietà assolute come quelle relative a lati e angoli, diagonali, parallelismo, perpendicolarità, congruenza ecc. Si devono usare in modo corretto e pertinente i connettivi logici e i quantificatori (e, o, non, almeno ecc.). Non si può utilizzare il nome delle figure nelle domande (es. è un quadrato?) ma soltanto a figura indovinata. È evidente che la comunicazione - in questo caso verbale e gestuale - gioca un ruolo fondamentale, strettamente legato agli apprendimenti dei ragazzi. La verifica dell‟attività consiste naturalmente in una sfida. Oltre ad avvenire in classe, la sfida si è recentemente tenuta in un contesto comunicativo molto particolare che è quello della manifestazione Scienza under 18 Monza e Brianza (Monza 8 maggio 2008). In tale ambito gli allievi si sono trovati ad interagire col pubblico costituito da coetanei, allievi più giovani o più anziani e adulti dovendo, di conseguenza, adeguare la comunicazione velocemente, in relazione ai diversi destinatari. Durante la verifica, abbiamo anche testato come strumento di valutazione la griglia riportata di seguito. Per l‟attività di osservazione sono stati coinvolti, a turno, gli allievi che assistevano alla sfida affidando loro il compito di osservatori. Ovviamente gli allievi si sono alternati nel gioco e nel ruolo di osservatori. Per questa parte del lavoro relativa alle valenze della comunicazione come tramite per l‟apprendimento, abbiamo consultato il testo - specifico per la didattica della matematica - di Radford, Demers (2006). 169 Competenza: comunicazione Nell‟attività Geometria in società relativa alla conoscenza e all‟uso delle proprietà dei quadrilateri l‟allievo: Livello elementare Livello intermedio Livello avanzato utilizza, con chiarezza e correttezza, la terminologia e le convenzioni matematiche utilizza in modo generalmente corretto la terminologia e le convenzioni utilizza in modo corretto la terminologia e le convenzioni, talvolta facendo uso di connettivi logici o quantificatori utilizza in modo corretto la terminologia e le convenzioni, padroneggiando l‟uso di connettivi e quantificatori esprime ragioni e argomenti chiari e logici a richiesta di chiarimento, ripete la sua affermazione senza sostanziali variazioni a richiesta di chiarimento, modifica alcune affermazioni per precisare e rendere più efficace la sua opinione fa valere i suoi punti di vista matematici con chiarezza e pertinenza ascolta e considera gli argomenti e le ragioni degli altri con efficacia e pertinenza ascolta gli argo- interagisce in modo argomenta e interagimenti degli altri generalmente effi- sce in modo personainteragisce utiliz- cace e pertinente le zando schemi semplici Commenti (punti di forza/ debolezza/ suggerimenti): Livello assegnato E I A La classe I C dell‟Istituto Comprensivo di Calusco D‟Adda è composta da 17 allievi, 11 maschi e 6 femmine. Dopo una prima fase, a dire il vero piuttosto breve, di conoscenza e apprendimento delle regole del gioco, gli allievi si sono subito entusiasmati e hanno iniziato a giocare anche non in presenza del docente di matematica, nei momenti liberi o nelle ore di supplenza, richiedendo sempre più spesso la presenza di sfidanti adulti o di altre classi. Si sono anche subito resi conto della valenza del gioco, del fatto che giocando apprendevano con sempre maggior sicurezza a riconoscere le caratteristiche dei quadrilateri. Una parte degli allievi (5 maschi e 1 femmina), ha raggiunto un livello avanzato di competenza. Altri 9 allievi (5 maschi e 4 femmine) un livello intermedio. I restanti 2 allievi (1 maschio e 1 femmina) un livello elementare. La classe 1C dell‟I.C. Paccini di Sovico è costituita da 20 allievi, 12 maschi e 8 femmine. Un allievo, proveniente dall‟Ucraina, è inserito dal secondo 170 quadrimestre. Anche per questi allievi valgono le considerazioni fatte per l‟altra classe in merito al gradimento dell‟attività e alla motivazione al lavoro promossa dall‟attività di gioco. 6 allievi (5 maschi e 1 femmina) hanno raggiunto un livello avanzato di competenze, 10 allievi ( 3 maschi e 6 femmine) un livello intermedio e 3 allievi (2 maschi e 1 femmina) un livello elementare. L‟allievo straniero, ovviamente molto condizionato dalla scarsa conoscenza della lingua italiana, ha imparato ad utilizzare in modo generalmente corretto la terminologia e le convenzioni. Bibliografia Arrigo G., D‟Amore B., Sbaragli S. (2010). Infiniti infiniti. Trento: Erickson. D‟Amore B., Fandiño Pinilla M.I. (2006). Perimetro e area. Trento: Erickson. Longo C. (1998). Didattica della biologia. Firenze: La Nuova Italia. Martini B., Sbaragli S. (2005). Insegnare e apprendere la matematica. Napoli: Tecnodid. Radford L., Demers S. (2006). Comunicazione e apprendimento. Bologna: Pitagora. Sbaragli S. (2004) Le convinzioni degli insegnanti sull‟infinito matematico Tesi di dottorato. http://math.unipa.it/~grim/tesi_it.htm. Parole chiave: comunicazione; analogia; piano; spazio; misconcezioni. 171 Tutte le strade portano al quadrato Resoconto di un percorso di insegnamento/apprendimento Anna Maria Facenda, Paola Fulgenzi, Janna Nardi, Floriana Paternoster, Daniela Rivelli e Daniela Zambon Sezione Mathesis di Pesaro Sunto. Viene presentato un percorso di didattica laboratoriale, realizzato mediante l‟utilizzo integrato di modelli dinamici e del software Cabri, con lo scopo di costruire alcune definizioni di quadrato. Sono descritti sinteticamente i materiali di lavoro e si riportano anche i programmi elaborati dai ragazzi e le modalità di svolgimento delle diverse fasi dell‟attività. Si riassumono infine i punti di forza della metodologia con particolare riferimento a questioni quali: l‟evidenziazione dei misconcetti, l‟affinamento del linguaggio, la strutturazione delle immagini mentali. Il percorso didattico che presentiamo è coerente con l‟attività di ricerca/azione che il nostro gruppo porta avanti da parecchi anni e che si fonda sull‟utilizzo sia di modelli dinamici che del software Cabri, in modalità integrata. L‟ipotesi di lavoro alla base di questo e degli altri percorsi che abbiamo realizzato nel tempo si fonda su alcune premesse: la convinzione che l‟approccio alla nostra disciplina debba essere di tipo costruttivo, a partire da un contesto esperienziale dove sono presenti materiali, modelli concreti, software; la consapevolezza che gli “oggetti” della matematica sono accessibili solo attraverso le loro rappresentazioni; l‟accettazione che disegno, modelli dinamici e software geometrici sono registri di rappresentazione diversi e complementari e svolgono una mediazione semiotica; la necessità che in tutte le fasi del lavoro trovino spazio la discussione, l‟argomentazione, la verbalizzazione scritta. Riteniamo inoltre che, in un ambiente didattico così caratterizzato, possano e debbano realizzarsi: a) la personalizzazione dei percorsi di apprendimento; b) una diversa modalità di interpretazione del proprio ruolo da parte del docente. Per un approfondimento di tutte queste indicazioni rimandiamo alle nostre pubblicazioni indicate in bibliografia. 1. Obiettivi Il percorso che illustreremo nelle pagine seguenti si propone prioritariamente di condurre gli allievi a formulare differenti definizioni di quadrato, elaborate 172 guardando questa figura - apparentemente così elementare - secondo punti di vista diversi. Questo risultato finale comporta inevitabilmente, in itinere, la progressiva scoperta della ricca e complessa rete di relazioni che unisce tale figura geometrica agli altri quadrilateri e mette le premesse per la strutturazione di classificazioni inclusive. Inoltre, come docenti/ricercatori, ci interessava proseguire nella sperimentazione di modalità di lavoro con utilizzo integrato di modelli e software, in classi di livello scolastico diverso e con “storie” di apprendimento non omogenee. Nelle due classi terze di scuola primaria che abbiamo coinvolto, infine, l‟esperienza è stata principalmente l‟occasione per introdurre – direttamente in situazione- concetti e termini geometrici di base, funzionali alle attività da realizzare. Ci interessa sottolineare in modo particolare come la sequenza didattica che descriveremo sia stata ideata e organizzata “rovesciando” l‟abituale impostazione, che vede le definizioni delle figure geometriche come punto di partenza del percorso di apprendimento: l‟insegnante definisce e spiega, l‟allievo recepisce ed applica. Al contrario, nel nostro lavoro l‟allievo osserva, manipola, formula congetture, individua invarianti e varianti significative, le seleziona; al termine, attraverso la discussione e con il supporto di contro esempi, arriva alla - o meglio alle - definizioni. 2. Organizzazione: le classi e i tempi Sono state coinvolte nell‟esperienza cinque classi, per un totale di 114 allievi: due terze e due quinte di scuola primaria; una prima di secondaria di primo grado. Le classi di scuola primaria erano già abituate ad una impostazione didattica caratterizzata da modalità di lavoro operative e partecipative, con largo spazio per la discussione, la verbalizzazione e il confronto delle idee. La classe di scuola secondaria, essendo naturalmente composta da allievi provenienti da scuole diverse, era invece più eterogenea e una gran parte dei ragazzi non aveva esperienze di attività matematiche svolte con l‟uso di modelli. In questa classe è presente un allievo con ritardo cognitivo che ha partecipato comunque a tutte le fasi del lavoro, senza che fosse presente il docente di sostegno. Per quanto riguarda il software Cabri, le quinte e la prima secondaria avevano già alcune conoscenze di base; le terze, invece, non lo avevano ancora mai utilizzato e quindi vi sono stati svolti, prima di iniziare il percorso vero e proprio, quattro incontri di un‟ora ciascuno per consentire ai bambini di apprendere i primi rudimenti del software. In tutte le classi, poi, nel corso del lavoro, sono state introdotte diverse funzioni che consentono di costruire con Cabri segmenti uguali (in particolare: circonferenza, trasporto di misura, 173 compasso). Al computer il lavoro si è sempre svolto a coppie; l‟intero percorso si è articolato in 8 ore complessive (un‟ora a settimana per due mesi). Tutti gli incontri sono stati gestiti in compresenza dal docente di classe e dal docente ricercatore; questa modalità di lavoro permette a uno dei docenti di verbalizzare le discussioni, mentre l‟altro le gestisce.1 3. Fasi di lavoro Mod. 1 Mod. 2 A) Primo modello: costruzione, articolazione, giustificazione del quadrato. La prima consegna, da svolgere individualmente, consiste nella costruzione del modello “quadrato articolabile” (Mod. 1) utilizzando quattro asticciole di legno incernierate; gli allievi avevano a disposizione, oltre alle quattro viti, 8 asticciole: 4 di una misura e 4 di un‟altra (in una quinta e in prima media) oppure 3 di una misura e 5 di un‟altra (nelle altre classi). Questa differenza nel materiale a disposizione non ha avuto conseguenze sulle scelte degli allievi; tutti hanno correttamente utilizzato quattro asticciole uguali (tranne un allievo di terza, che ha costruito un rettangolo), prendendo indifferentemente i legnetti lunghi o quelli corti. Riportiamo il testo esatto della prima consegna: Dovete montare un quadrato, scegliete il materiale adatto e spiegate le motivazioni della scelta usando, se necessario, anche dei disegni. Tempo assegnato: 10 minuti. Viene poi data la seconda consegna:Vi sarete accorti che il modello non è rigido. Articolandolo, quali altre figure si formano? Perché, tra tutte, una sola la chiami quadrato? Potete arricchire la vostra risposta con dei disegni. Tempo assegnato: 10 minuti. In tutte le classi è stato necessario chiarire il significato del verbo “articolare”; nelle terze di scuola primaria sono anche stati introdotti alcuni concetti di base sugli angoli, con il supporto di due legnetti incernierati ad una estremità. Gli allievi hanno tutti individuato: il quadrato, i rombi (“infiniti” o “moltissimi”); alcuni hanno anche citato il parallelogramma e il caso limite, rappresentato dalla posizione a segmenti sovrapposti. Il riconoscimento del quadrato è stato giustificato in prevalenza con l‟uguaglianza di lati e angoli e solo pochi allievi si sono resi conto che bastava osservare questi ultimi (ciò indica che la loro attenzione era all‟oggetto quadrato e non al modello concreto). Ciò ha fornito ai docenti lo spunto per le prime riflessioni sulla differenza tra condizioni 1 I diari di lavoro, con i verbali completi delle discussioni, sono reperibili sul sito della Sezione Mathesis Pesaro: www.mathesispesaro.altervista.org. 174 necessarie e condizioni necessarie e sufficienti. Lo svolgimento di questa prima consegna ha richiesto agli allievi di confrontare la loro percezione visiva con le immagini mentali e le conoscenze già possedute. B) Verso la prima definizione (riferimento: lati ed angoli). Conclusa la fase manipolativa, gli allievi sono stati sollecitati a formulare diverse definizioni di quadrato che tenessero conto delle proprietà di lati ed angoli; si trattava di completare, collettivamente, frasi del tipo: Un quadrato è un poligono che ha … - Un quadrato è un quadrilatero che ha … - Un quadrato è un parallelogramma che ha … - Un quadrato è un rombo che ha … - ... e così via (questo comporta una preventiva osservazione degli invarianti). Caso per caso, gli allievi dovevano quindi selezionare le proprietà necessarie e sufficienti, evitando ridondanze e ambiguità; le definizioni proposte venivano scritte alla lavagna, discusse e - se necessario - modificate. È superfluo sottolineare come questo tipo di consegna, sia pure svolta collettivamente, comporti un‟attenzione stringente al linguaggio e un controllo severo sul significato dei termini e sul loro contenuto matematico sia da parte degli stessi allievi che del docente, nella sua qualità di garante scientifico del lavoro. C) Costruzione della prima figura Cabri e sua validazione. Per questa fase dell‟attività, la consegna era: Usando Cabri, costruisci una figura che riproduca esattamente il modello e la sua modalità di movimento. La strategia di costruzione adottata dalla maggior parte dei gruppi ha fatto uso della funzione “circonferenza”; in genere, i ragazzi hanno operato in maniera consapevole ed orientata e solo pochi hanno svolto, inizialmente, dei tentativi casuali. Dopo una breve discussione, si è deciso collettivamente di proseguire il lavoro sulla base del programma elaborato dalla maggioranza. (Circonferenza di centro A – segmenti AB, AD con B e D sulla circonferenza – rette a, b parallele: per B ad AD, per D ad AB – poligono ABCD, con C intersezione tra a, b. Validazione quadrato: perpendicolare per A ad AB). Si trattava ora di mettere a punto una strategia che consentisse di riconoscere il punto esatto in cui, nel movimento, si formava un quadrato; testo della consegna: Come verificare con Cabri (con quale funzione) quando nel trascinamento si ottiene un quadrato? Per un buon numero di allievi, almeno in prima istanza, il riferimento privilegiato è stata la misura: quella degli angoli, naturalmente, dato che il programma garantiva l‟uguaglianza dei lati. È stato suggerito allora di ritornare sul modello concreto, riflettendo sulla caratteristica che, in quella situazione, aveva permesso di individuare il quadrato, cioè la perpendicolarità dei lati. A questo punto diversi allievi hanno intuito che potevano usare la funzione “Retta perpendicolare” e tale modalità di controllo è stata poi adottata da tutti; nelle terze, naturalmente, con qualche sollecitazione in più da parte delle docenti. D) Verso un nuovo punto di vista: montaggio delle diagonali sul primo modello e costruzione del secondo modello (Mod. 2). 175 Vengono di nuovo distribuiti i modelli, sui quali gli allievi montano le diagonali in elastico; la necessità che le diagonali siano di filo non rigido viene discussa, in collegamento con la variazione di misura delle diagonali stesse. Prevale intuitivamente l‟idea che tali variazioni si compensino; per rimuovere questa convinzione si fa ricorso sia alla verifica pratica (misurazione) sia ad argomentazioni. Si arriva comunque agevolmente ad osservare che, nel caso del quadrato, le diagonali sono uguali, perpendicolari e si bisecano; questa constatazione rappresenta il punto di partenza per la prosecuzione dell‟attività, in quanto si chiede agli allievi di provare ad immaginare come si potrebbe costruire un modellino di quadrato partendo, questa volta, dalle diagonali. Gli allievi suggeriscono di utilizzare due legnetti uguali, di incernierarli al centro e di usare filo elastico per i lati. Viene distribuito il materiale e i ragazzi costruiscono il modellino; si chiede di nuovo di individuare, articolando il modello, quali figure si formano, quante di ogni tipo e di spiegare perché si formano quelle figure e non altre. Gli allievi, in tutte le classi, riconoscono correttamente le figure e identificano il quadrato come un rettangolo “speciale”; osservano anche - quasi tutti - la variazione degli angoli formati dall‟intersezione delle diagonali. E) La seconda definizione (riferimento: diagonali). Anche in questa fase si richiede agli allievi di definire il quadrato partendo da premesse diverse (…un poligono che ha …, un quadrilatero che ha …, un rettangolo che ha …. ), facendo però riferimento alle diagonali. I ragazzi si rendono conto - come emerge chiaramente dai verbali delle discussioni - che più il punto di partenza è generico più sono numerose le proprietà (necessarie e sufficienti) da esplicitare per identificare il quadrato in modo non ambiguo. Durante la discussione si fa ricorso – sia su iniziativa dei docenti che degli allievi – ad altri modelli, con il ruolo di controesempi o di esempi di rinforzo. F) Costruzione della seconda figura Cabri e sua validazione. Si passa alla formulazione di un nuovo programma che riproduca il secondo modello e il suo movimento. Prevalentemente i gruppi costruiscono una circonferenza con due rette passanti per il centro (circonferenza di centro O – rette a, b per O – poligono ABCD, con A, B, C, D intersezioni tra rette e circonferenza. Validazione Quadrato: perpendicolare per O ad AC oppure a BD); alcuni bloccano le rette al centro e ad un punto della circonferenza e due gruppi di quinta utilizzano Compasso. Per verificare la formazione del quadrato, ancora una volta molti utilizzano la misura (sui lati oppure sugli angoli [sic] del quadrilatero o ancora su quelli formati dall‟intersezione delle diagonali); solo pochi gruppi usano spontaneamente la perpendicolare – per un vertice o per il centro – ad una diagonale. In prima secondaria si apre una discussione sull‟uso della misura in genere (cosa misurare e perché, quante misurazioni sono necessarie) e in particolare con Cabri, per ribadire che si tratta comunque di una misura approssimata. 176 In chiusura di percorso, in tutte le classi viene svolta una discussione di bilancio; si fa insieme il punto sulle definizioni elaborate, sia riferite a lati e angoli che alle diagonali, riprendendo i modelli costruiti nel corso del lavoro e quelli via via utilizzati come controesempi. È stato possibile quindi rinforzare le conoscenze acquisite, verificare la consapevolezza dei concetti e sottoporre ad un primo controllo le competenze raggiunte. 4. Osservazioni La lettura e l‟analisi dei protocolli dei ragazzi e dei verbali delle discussioni ci hanno offerto numerosi spunti di riflessione e di approfondimento in merito all‟efficacia del percorso presentato; sono venuti alla luce, naturalmente, anche aspetti che richiedono di essere meglio indagati o parzialmente ripensati, ma nel complesso il bilancio dell‟esperienza è positivo. Riassumiamo quelli che sono, a nostro avviso, i principali punti di forza di questa metodologia. Attraverso la partecipazione attiva degli allievi, la discussione e il confronto delle idee, si rivelano all‟insegnante misconcetti che spesso restano latenti; questo è un passo importante, perché consente di attivare strategie volte a rimuoverli o almeno a rendere gli allievi consapevoli della loro presenza nel proprio sistema di conoscenze. Questa consapevolezza può rendere possibile, da parte loro, un controllo critico sulle loro congetture e affermazioni. Il progressivo affinamento delle definizioni è strettamente connesso con la conquista di un linguaggio sempre più essenziale e scevro di ambiguità. I controesempi (altri modelli o anche altre figure Cabri) hanno un ruolo fondamentale sia per l‟accuratezza e la precisione del linguaggio che per la consapevolezza delle conoscenze; in particolare riducono significativamente il rischio che gli allievi considerino come caratterizzanti per una figura delle proprietà che non le appartengono in modo esclusivo. Nelle classi di scuola primaria, alcuni scambi di battute nel corso delle discussioni testimoniano la progressiva maturazione di un punto di vista più oggettivo sui fenomeni; lo evidenzia il passaggio dall‟uso di forme verbali soggettive (vedo che ….) a considerazioni su ciò che accade oggettivamente e che quindi è ritenuto più convincente perché condiviso. La dialettica tra modello concreto e Cabri ha consentito non solo di acquisire in modo non passivo nuove conoscenze, ma anche di sottoporle a verifica e validazione attraverso metodologie di lavoro diverse e complementari. Sia i modelli che Cabri, infine, incorporano un‟idea dinamica della geometria pur essendo registri di rappresentazione diversi; rispetto ad un approccio “statico”, si realizza così un forte stimolo alla flessibilità del pensiero e si arriva alla costruzione di immagini mentali più ricche, integrate e solide. 177 Bibliografia Bartolini Bussi M. G., Mariotti M. A. (2009). Mediazione semiotica nella didattica della matematica: artefatti e segni nella tradizione di Vygotskij. L‟insegnamento della matematica e delle scienze integrate. A-B, 3, 269 – 294. Facenda A.M., Fulgenzi P., Nardi J., Paternoster F., Rivelli D., Zambon D. (2007). Parallelogrammi inscritti in quadrilateri. Prima parte. L‟insegnamento della matematica e delle scienze integrate. A, 5, 550 – 571. Facenda A.M., Fulgenzi P., Nardi J., Paternoster F., Rivelli D., Zambon D. (2008). Parallelogrammi inscritti in quadrilateri. Seconda parte. L‟insegnamento della matematica e delle scienze integrate. A, 1, 13 – 31. Facenda A.M., Fulgenzi P., Nardi J., Paternoster F., Rivelli D., Zambon D. (2008). Uso integrato di Cabri e modelli dinamici: resoconto di una esperienza sui parallelogrammi. Terza parte. L‟insegnamento della matematica e delle scienze integrate. A, 5, 429 – 444. Parole chiave: modelli dinamici; Cabri; immagini mentali; argomentazione; definizione. 178 SEZIONE 6 SCUOLA SECONDARIA DI SECONDO GRADO 179 180 Prodotti notevoli e scomposizioni Una parafrasi algebrica e le sue implicazioni didattiche Miglena Asenova R.S.D.D.M., Bologna Sunto. Questo testo espone un percorso didattico in classe, legato all‟argomento “prodotti notevoli-scomposizioni”. Esso propone un‟analisi tramite gli strumenti del triangolo della didattica, della storia dell‟algebra e della semantica di Frege [calata nel contesto della retorica classica, come suggerito da Arzarello, Bazzini e Chiappini (1994)]. 1. Premessa Uno degli argomenti più difficili per gli allievi all‟inizio delle scuole superiori è quello delle operazioni con i polinomi e in modo particolare la gestione dei prodotti notevoli e delle scomposizioni. Il presente testo non ha l‟ambizione di proporre percorsi innovativi della didattica dell‟algebra in senso generale; lo scopo è quello di condividere la seguente esperienza e di mostrare com‟è possibile scomporre una situazione didattica, analizzando i percorsi cognitivi dell‟allievo, tramite gli strumenti della didattica della matematica e le ricerche svolte in questo campo. L‟esperienza in aula (svolta in una 1a ITC) anticipa il trattamento delle scomposizioni, proponendone il primo approccio insieme ai prodotti notevoli. 2. Breve quadro teorico In didattica della matematica gli ostacoli all‟apprendimento si distinguono in ostacoli epistemologici, ostacoli didattici e ostacoli ontogenetici. L‟analisi degli ostacoli epistemologici si basa sulla tesi della convergenza, in generale, tra evoluzione storica dei concetti e il percorso d‟apprendimento del singolo individuo e l‟interpretazione che ne dà Guy Brousseau in campo matematico (Brousseau, 1983). A tale proposito sono molto interessanti le analisi di Anna Sfard (1991); l‟Autrice evidenzia in modo molto convincente come ogni concetto matematico può essere concepito in due modi diversi ma complementari: una volta come processo (cioè operativamente) ed una volta come oggetto (cioè strutturalmente). L‟aspetto operativo è quello che compare sempre come primo e porta, dopo aver stabilito una sufficiente familiarità con esso, ad una cristallizzazione (la reificazione) del processo, che diventa 181 concetto e oggetto matematico. Dall‟operare tramite esso si arriva quindi all‟operare con esso. Gli ostacoli didattici sono strettamente legati alla figura dell‟insegnante, in quanto protagonista della trasposizione didattica «…intesa come il lavoro di adattamento, di trasformazione del sapere in oggetto di insegnamento, in funzione del luogo, del pubblico e delle finalità didattiche che ci si pone» (D‟Amore, 1999, p. 223). Gli ostacoli ontogenetici rivestono un‟importanza minore in questa occasione e non avranno spazio all‟interno di questo lavoro. La conoscenza della storia della matematica è fondamentale per poter individuare eventuali ostacoli epistemologici; la conoscenza degli strumenti diagnostici della didattica della matematica è indispensabile per riconoscere immagini mentali, modelli e misconcezioni.1 Per l‟analisi didattica specifica mi appoggerò ripetutamente alla terminologia ed agli strumenti proposti in Arzarello, Bazzini, Chiappini (1994). In questo testo gli Autori fanno uso della semantica di Frege (triangolo costituito da segno, senso e denotazione), calando questa però in un contesto più dinamico, quello della retorica classica. La retorica classica studia le relazioni tra significato (insieme dato da senso e denotazione) e significante (il segno, cioè l‟espressione simbolica che li rappresenta). Le espressioni vengono così distinte in tropos (trasformazione paradigmatica) e figura (trasformazione sintagmatica). Nei tropos cambia il significato, mentre rimane inalterato il segno; nella figura cambia il segno, mentre rimane inalterato il significato. Per analizzare l‟uso del linguaggio algebrico, sono di principale interesse le polisemie (una tipologia di tropos) e le parafrasi (una tipologia di figure). Le prime sono connesse alla funzione simbolica della scrittura ed alla creatività semantica,2 mentre le seconde governano la funzione algoritmica della scrittura ed esprimono principalmente una efficienza sintattica. 3. Il lavoro in classe e l’analisi dal punto di vista didattico Dopo aver introdotto la moltiplicazione tra polinomi, ho suddiviso i ragazzi in gruppi omogenei per capacità per mantenere una buona motivazione anche per gli studenti più deboli e per evitare che all‟interno del gruppo si deleghi il lavoro al più bravo e gli altri non traggano nessun beneficio dalla 1 Per la definizione della terminologia specifica della didattica della matematica ed un‟analisi del triangolo della didattica consiglio D‟Amore (1999) e D‟Amore, Fandiño Pinilla (2002); sull‟analisi del termine misconcezione si può vedere anche D‟Amore, Sbaragli (2005). 2 Quando per esempio nella soluzione dei problemi si passa da un frame all‟altro o da un dominio di conoscenza all‟altro (D‟Amore, 1999). 182 cooperazione.3 Gli studenti sono in questo modo costretti a comunicare le proprie riflessioni; la discussione sulla correttezza delle soluzioni all‟interno del gruppo può così appoggiarsi ad un linguaggio dichiarativo orale o scritto diretto ai propri pari, che è inevitabilmente diverso da quello rivolto all‟insegnante e che può contribuire al rafforzamento della competenza comunicativa in matematica, ma anche all‟apprendimento concettuale stesso (D‟Amore, Fandiño Pinilla, 2007). Fase I. Nella prima fase ho fatto lavorare i singoli gruppi su esercizi nei quali comparivano esempi del tipo 2 x 3 y 2 x 3 y o simili. Dopo aver lasciato il tempo ai ragazzi di correggersi a vicenda all‟interno del gruppo, ho proposto di cercare un modo che permette di velocizzare il calcolo. I gruppi degli studenti più bravi in matematica tendono a voler lavorare da soli, accettando la sfida ed implicandosi nella risoluzione del problema proposto, mentre i gruppi degli studenti più deboli hanno bisogno d‟essere più guidati e necessitano di incoraggiamenti frequenti. I suggerimenti vanno tuttavia forniti con molta parsimonia e soltanto fino quando almeno uno degli studenti non è in grado di proseguire. Le risposte che i ragazzi hanno elaborato erano del tipo: Si prende il primo, lo si moltiplica per se stesso, si fa la stessa cosa con il secondo, poi si fa il primo per il secondo e poi per due. Per me il passo da qui alla formula sembrava breve, ma dal punto di vista dell‟allievo non lo è sempre. Il modo che usano gli allievi per spiegare il procedimento è basato sul linguaggio naturale; il linguaggio simbolico è assente. A questo punto mi sembra opportuno fare un breve cenno storico. Per diventare lo strumento efficiente che conosciamo oggi, l‟algebra ha percorso almeno tre stadi fondamentali: algebra retorica (è parlata, non sono presenti simboli; risale al periodo prima di Diofanto di Alessandria (250 d.C.) ed è rintracciabile già nei papiri egizi), algebra sincopata (si introducono delle abbreviazioni per le incognite, ma i calcoli sono eseguiti sempre tramite il linguaggio naturale; risale al periodo di Diofanto, che ne diede inizio, e dura fino al sec. XVI), algebra simbolica (impiego di lettere per tutte le quantità, sia note sia ignote; l‟algebra non viene più usata solo per risolvere equazioni ma anche per generalizzare processi risolutivi o per dimostrare congetture; viene introdotta da F. Viète nel XVI sec. e perfezionata successivamente).4 La differenza fondamentale tra le prime due fasi e la terza consiste nell‟abbandono del linguaggio naturale che esercita il controllo semantico. Mentre le prime due fasi sono procedurali, la terza fase è di natura strutturale; il salto concettuale è quindi alto e il livello di astrazione è ben diverso. Il caso in questione è ancora più complicato in quanto gli studenti, che hanno appena 3 Per un trattamento approfondito sulle diverse modalità di lavorare in gruppo, si veda Triani (2000). 4 Si veda Arzarello, Bazzini e Chiappini (1994) e Bagni (2008). 183 iniziato a confrontarsi con il linguaggio simbolico (quindi fase procedurale sui polinomi), devono riconoscerli come oggetti sui quali operare generalizzazioni e tra i quali riconoscere delle relazioni (quindi fase strutturale). La nominalizzazione è un‟altra difficoltà con la quale ci si scontra, quando si ha lo scopo di generalizzare o si intende sfruttare l‟algebra per indagare o dimostrare. Il fatto di poter usare lettere al posto di quantità note è stato già interiorizzato dai ragazzi, ma capire come si devono scegliere le lettere per esprimere la relazione tra gli oggetti in questione, significa aver interpretato correttamente tale legame ed essere in grado di usare in maniera corretta il simbolismo operativo. Alcuni ragazzi hanno proposto per esempio la seguente notazione: A. 2a 3b 2a 3b oppure B. a b c d 2x 3 y 2x 3 y . per generalizzare Nel caso A. è evidente che lo studente si trova ancora al livello di astrazione precedente, dove solo la quantità incognita è rappresentata da lettere; egli non è in grado di percepire il monomio come un oggetto unico, rappresentabile tramite un unico simbolo. Nel caso B. si nota invece come le lettere vengono impiegate come disignatori rigidi (ogni lettera designa un oggetto), non riconoscendo la caratteristica che devono esprimere le lettere: la moltiplicazione di due binomi uguali. Fase II. Il passo successivo è stato quello di generalizzare il risultato della moltiplicazione del tipo 2 x 3 y 2 x 3 y , cioè 4 x 2 12 xy 9 y 2 , usando la generalizzazione discussa precedentemente ( a 2 x e b 3 y ) e di esprimere il prodotto usando le potenze. I ragazzi del gruppo più debole hanno evidenziato la mancanza di controllo semantico sull‟attività, dimostrando di non riconoscere più la differenza tra gli esempi concreti e la formula che si tentava di costruire (i due livelli di astrazione non esistono più, il secondo è collassato sul primo). Questo ha richiesto una ripetuta ricapitolazione e ridiscussione dei passaggi finora seguiti per riassumere la situazione. In questa occasione è emersa una difficoltà dovuta all‟interpretazione del simbolo di uguaglianza soltanto come indicatore algoritmico di “eseguire” e non come indicatore di equivalenza. Una interpretazione del secondo tipo viene costruita lentamente e difficilmente prima che si affrontino in maniera corretta le equazioni. L‟interpretazione del primo tipo è quella che viene acquisita per prima e continuamente confermata dai numerosi esercizi di rafforzamento sulle espressioni. Inoltre, un mio sospetto, che un fatto tanto semplice ed ovvio per noi 2 insegnanti, cioè che a b a b a b , non lo fosse affatto per tutti i ragazzi, ha trovato conferma proprio in questa occasione. Qui si potrebbe 2 annidare anche il classico errore a b a 2 b 2 , basato sulla misconcezione 184 di una presunta distributività della potenza rispetto alla somma (Arzarello, Bazzini, Chiappini, 1994, p. 20).5 Si potrebbe quindi supporre che le difficoltà con le successive scomposizioni, che di solito sono introdotte tramite i riconoscimenti dei prodotti notevoli, potrebbero avere le loro radici proprio in questa mancata attribuzione di senso ai prodotti notevoli. Fase III. È stata proposta la seguente consegna: Che cosa cambia se i due monomi a e b invece di essere entrambi positivi, avessero segni opposti oppure fossero entrambi negativi? I ragazzi hanno calcolato alcuni esempi senza l‟applicazione del prodotto notevole. Tali esempi proponevano a volte il primo, a volte il secondo monomio come negativo, per evitare che si confondesse il segno con il simbolo di sottrazione. Dopo che gli studenti hanno constatato che il doppio prodotto è negativo se i monomi sono discordi ed è positivo se sono concordi, ho proposto il seguente esercizio: 2 e 2 x 4 x 2 4 x 2 6 6 4 x 2 2 x Nonostante il lavoro svolto, tre ragazzi hanno eseguito la moltiplicazione applicando la proprietà distributiva nel primo caso e il prodotto notevole nel secondo caso. Un ragazzo ha svolto correttamente il primo esercizio, mentre ha commesso il classico errore di svolgere il prodotto notevole dimenticando il doppio prodotto. Fase IV. Nell‟ultima fase gli allievi hanno lavorato in gruppi disomogenei per capacità. Lo scopo era quello di motivare, gratificare ed incoraggiare i ragazzi più deboli ad interagire con i loro compagni più esperti, sfruttando in questo modo la “zona di sviluppo prossimale” tra coetanei; inoltre, il fatto di aver discusso ed istituzionalizzato i risultati precedenti, li metteva in una condizione di quasi parità nelle posizioni di partenza. Il quesito proposto è stato il seguente: Osserva la figura sottostante. Mostra, usando la scrittura simbolica, che l‟area del quadrato grande può essere espressa sia come somma delle aree delle figure che lo compongono, sia come prodotto dei suoi lati. 5 Per un‟analisi approfondita riguardante le immagini e i modelli mentali che si nascondono dietro le misconcezioni degli studenti, ma anche sulla difficoltà di farli emergere, si veda D‟Amore (1999, pp. 145-167). 185 Il lavoro proposto doveva permettere la gestione dello stesso argomento all‟interno di più registri semiotici e favorire il passaggio tra questi. Tale attività dovrebbe contribuire al superamento del paradosso di Duval secondo il quale lo studente è quasi costretto a confondere l‟oggetto matematico con la sua rappresentazione (coppie rigide oggetto-rappresentazione), visto che gli oggetti matematici non sono direttamente accessibili, ma lo sono soltanto attraverso le rappresentazioni semiotiche (Duval, 1993). In questo modo, inoltre, è possibile legare il prodotto notevole alla sua scomposizione, rafforzando la concezione del simbolo “=” come indicatore di relazione di equivalenza e come leggibile da destra a sinistra e viceversa.6 I problemi che sono emersi principalmente in questa fase, sono legati all‟interpretazione che lo studente dà alle formule algebriche. Nel caso specifico si tratta di riconoscere l‟invarianza della denotazione che sta dietro al cambio del segno (passaggio da una espressione simbolica all‟altra) e la possibilità di associargli sensi diversi. Alcuni allievi eseguono le trasformazioni delle espressioni algebriche non riconoscendo delle parafrasi, ma seguendo una tacita convinzione che ogni espressione ha un proprio significato, mettendo in atto cioè la teoria dei designatori rigidi (Arzarello, Bazzini, Chiappini, 1994). In questo caso il triangolo di Frege collassa in un segmento segno-denotazione, spogliandosi del senso. Durante il lavoro alcuni ragazzi, pur riuscendo a scrivere correttamente le due espressioni algebriche, non avevano colto l‟unicità della denotazione (area del quadrato) che doveva essere espressa tramite il simbolo “=”. L‟immagine che loro avevano del simbolo “=” solamente come comando “esegui” non era più stabile, ma una nuova interpretazione non era ancora costruita7 (Camici et al., 2002). 4. Conclusioni Oltre allo scopo specifico (la condivisione dell‟esperienza d‟aula), questo testo aveva anche un compito meno evidente, ma non meno importante: mostrare come le riflessioni sui processi di apprendimento degli allievi diventano ottime occasioni di riflessione sulla trasposizione didattica ed inevitabilmente anche sulle proprie convinzioni e sulla propria epistemologia; su ciò che si sa e soprattutto sul come lo si sa. Un fatto estremamente utile, visto che le nostre immagini mentali potranno diventare le future misconcezioni dei nostri studenti (D‟Amore, Fandiño Pinilla, Marazzani, Santi, Sbaragli, 2009). 6 Dal punto di vista geometrico si tratta della proposizione 4 del II libro degli Elementi di Euclide (proposizione 7 nel caso dei monomi con segni opposti) (Bagni, 1996). 7 Questo disagio è emerso anche in seguito, quando questi ragazzi, in ripetute occasioni, hanno iniziato ad omettere il simbolo di uguaglianza, cercando di ovviare all‟incertezza attraverso la scrittura delle varie trasformazioni su righe successive. 186 Inavvertitamente si passa dalla didattica B (centrata sull‟apprendimento dell‟allievo) alla didattica C (centrata sull‟epistemologia dell‟insegnante).8 Un passo breve, che richiede però un pizzico di coraggio e di volontà di mettersi in gioco e di “osare” - verbo che, come nota Fandiño Pinilla, non dovrebbe essere riservato solo allo studente (Fandiño Pinilla, 2006). Bibliografia Arzarello F., Bazzini L., Chiappini G. (1994). L‟algebra come strumento di pensiero; analisi teorica e considerazioni didattiche. Tecnologie e innovazioni didattiche. Quaderno n° 6. Bagni G.T. (1996). Storia della Matematica. 1 e 2. Bologna: Pitagora. Bagni G.T. (2008). Equazioni e disequazioni dalla storia alla didattica della matematica. In: Bazzini L. (Ed.). Atti del Seminario Franco Italiano di Didattica dell‟Algebra, VI, (SFIDA 21, 22, 23, 24, 25). Torino: Dipartimento di Matematica, Università di Torino. 53-64. Brousseau G. (1983). Les obstacles épistémologiques et les problèmes en mathematiques. Recherches en didactique des mathématiques. 4, 3, 165-198. Camici C., Cini A., Cottino L., Dal Corso E., D‟Amore B., Ferrini A., Francini M., Maraldi A.M., Michelini C., Nobis G., Ponti A., Ricci M., Stella C. (2002). Uguale è un segno di relazione o un indicatore di procedura? L‟insegnamento della matematica e delle scienze integrate. 25, 3, 255-270. D‟Amore B. (1999). Elementi di didattica della matematica. Bologna: Pitagora. D‟Amore B. (2006). Didattica della matematica “C”. In: Sbaragli S. (ed.) (2006). La Matematica e la sua Didattica, vent‟anni di impegno. Atti del Convegno Internazionale omonimo, Castel San Pietro Terme, 23 09 2006. Bologna: Pitagora. D‟Amore B., Fandiño Pinilla MI. (2002). Un acercamiento analitico al “triángulo de la didáctica”. Educación Matemática. México DF, México. 14, 1, 48-61. D‟Amore B., Fandiño Pinilla M.I. (2007). Modi di comunicare. La Vita Scolastica. Vol. 61, n° 16. 20-22. D‟Amore B., Fandiño Pinilla M.I., Marazzani I., Santi G., Sbaragli S. (2009). Il ruolo dell‟epistemologia dell‟insegnante nelle pratiche d‟insegnamento. L‟insegnamento della matematica e delle scienze integrate. 32B, 2, 171-192. D‟Amore B., Sbaragli S. (2005). Analisi semantica e didattica dell‟idea di “misconcezione”. La matematica e la sua didattica. 2, 139-163. Duval R. (1993). Registres de représentations sémiotiques et fonctionnement cognitif de la pensée. Annales de Didactique et de Sciences Cognitives. 5, 37-65. Fandiño Pinilla M.I. (2006). Trasposizione, ostacoli epistemologici e didattici: quel che imparano gli allievi dipende da noi. Il caso emblematico di frazioni, area e perimetro. In: Sbaragli S. (ed.) (2006). La matematica e la sua didattica, vent‟anni di impegno. Atti del Convegno Internazionale omonimo, Castel San Piretro Terme (Bo), 23 settembre 2006. Bologna: Pitagora. 117-120. 8 La distinzione tra didattica A (centrata sull‟insegnamento), didattica B e didattica C si basa sull‟interpretazione fornita da D‟Amore (2006). 187 Sfard A. (1991). On the dual nature of mathematical conceptions: reflections on processes and objects as different sides on the same coin. Educational Studies in Mathematics. 22, 1-36. Triani P. (2000). Socializzazione e lavoro di gruppo. De Agostini. Parole chiave: algebra; scomposizioni; semantica. misconcezione; ostacolo epistemologico; 188 Didattica laboratoriale in matematica (come creare schede di laboratorio per le proprie classi) Sylviane Beltrame e Graziana Faccin Liceo scientifico Marinelli, Udine Sunto. In questo testo viene presentata l‟esperienza di un gruppo di docenti di matematica di scuola secondaria, impegnati in un‟attività di ricerca-azione per creare schede di laboratorio adatte alle proprie classi: a questo proposito vengono date indicazioni, suggerimenti, spunti di riflessione su come operare fattivamente per produrre tali schede. Infine vengono proposte, come esempio, la scheda-studente e la scheda-docente riguardanti una attività di introduzione al concetto di polinomio. 1. Premessa Il progetto nasce dal desiderio espresso dai partecipanti ai corsi [email protected], tenutisi al Liceo “Marinelli” di Udine, di proseguire il confronto e la formazione iniziati negli a. s. 2006/07 e 2007/08. Durante i corsi i docenti avevano analizzato e utilizzato alcune attività già predisposte da docenti esperti (UMI - Matematica 2001 e 2003): al termine, è stato loro proposto di diventare a loro volta autori di schede di laboratorio, per diventare sempre più autonomi e fiduciosi nella costruzione di una didattica laboratoriale su misura per le proprie classi. I docenti si sono così impegnati in una attività di ricerca-azione, secondo le peculiarità proprie di questa metodologia (Spagnolo, 1999): «Il ricercatore è profondamente implicato perché egli stesso è fattore di cambiamento. Egli è preso “dentro” la situazione e vi partecipa attivamente. Gli attori sono anche ricercatori, quindi devono essere consapevoli di ciò che realizzano. Questa consapevolezza è già promotrice di cambiamento. La valutazione viene fatta dal collettivo. È intesa in senso formativo, come analisi del feedback per poter meglio orientare la marcia futura». A tale scopo, sono stati attivati incontri mensili, guidati da 3 tutors [email protected], con la partecipazione di 25 docenti di tutta la regione; hanno prodotto schede di laboratorio fruibili in classi della scuola secondaria di 1° o di 2° grado, ora messe a disposizione dei colleghi interessati sotto forma di pubblicazione cartacea (stampa a cura della Provincia di Udine) o multimediale (nel sito www.liceomarinelli.it). 189 2. Come creare una scheda di laboratorio Inizialmente i partecipanti sono stati coinvolti in una simulazione di attività laboratoriale: è stata loro proposta la scheda “Antico gioco russo” (inserita nella pubblicazione sopra citata), e così i docenti hanno potuto vivere in prima persona tutte le fasi di un laboratorio strutturato tramite una scheda-guida. L‟esperienza ha avuto un duplice effetto: da una parte quello di far capire le caratteristiche indispensabili per rendere chiara ed efficace una scheda di laboratorio, dall‟altra parte quello di poter vedere come si gestisce un‟attività di laboratorio così organizzata. In seguito, sono stati concordati alcuni temi da trattare e i gruppi di lavoro si sono formati a seconda dell‟interesse dei partecipanti per uno dei temi proposti: Introduzione al principio di induzione Dalla congettura alla dimostrazione I polinomi Introduzione alle probabilità La matematica degli oggetti. A questo punto, ogni gruppo ha lavorato autonomamente, sotto la supervisione dei tutors. Ha definito preventivamente gli obiettivi di apprendimento da raggiungere tramite l‟attività laboratoriale da sottoporre agli studenti: quale concetto introdurre, quale proprietà, con quale grado di approfondimento. Ad esempio, il tema dei polinomi è stato affrontato a diversi livelli: due schede riguardano l‟introduzione della funzione polinomiale in una terza media o prima superiore; altre due schede, rivolte ad una classe seconda superiore, trattano il legame dei polinomi con equazioni o disequazioni. In questo modo le quattro attività costruite su questo tema possono essere utilizzate in successione per accompagnare gli studenti nella formazione dei principali concetti relativi ai polinomi. Un‟attività di laboratorio può comunque essere il frutto di due situazioni, diciamo così, contrapposte: da una parte, il docente davanti alla necessità di introdurre uno specifico argomento matematico va alla ricerca di qualche circostanza della vita reale o della storia della matematica che abbia un legame con tale argomento e che desti curiosità; può invece succedere che nella vita di tutti i giorni sorga un‟idea, uno spunto che abbia un legame con la matematica e lo si intenda sviluppare; è così che il gruppo “La matematica degli oggetti” ha elaborato schede e unità didattiche a partire dalle proprietà matematiche intrinseche di alcuni strumenti e oggetti della vita quotidiana. Ogni attività ha portato alla stesura di due schede: una per lo studente, da impiegare in aula, ed una per il docente, per mettere a disposizione di altri colleghi il materiale prodotto e consentirne un facile e completo utilizzo. Per 190 far in modo che le schede presentassero una struttura omogenea, è stato definito un format comune, che si è cercato generalmente di seguire. Per quanto riguarda la scheda per lo studente, l‟idea di fondo è stata quella di creare una scheda quanto più possibile snella, chiara, facilmente fruibile dai ragazzi: a tale scopo, ad esempio, sono state generalmente preferite le tabelle rispetto alle frasi a completamento, perché visivamente più immediate, ed è stato limitato al massimo il testo discorsivo. Altra scelta da operare: quanto è necessario, corretto, utile, guidare gli studenti nel percorso di ricerca/scoperta proposto? Si è optato per una guida abbastanza salda con alcuni suggerimenti, spunti di riflessione, indicazioni per procedere nel percorso. Nello stesso tempo si è però evitato di guidarli eccessivamente: richiedere troppa precisione, specificità, completezza può far perdere di vista allo studente lo scopo del lavoro. L‟importante è dare all‟allievo una visione d‟insieme di quanto sta facendo e permettergli di proseguire l‟attività, avendo chiari gli obiettivi man mano raggiunti nel percorso. Il format comune scelto per scrivere le varie schede è stato il seguente: un titolo eloquente illustrato da un disegno una introduzione il più possibile intrigante (realtà, curiosità, gioco, storia della matematica) una dichiarazione esplicita e chiara del problema da risolvere una successione di punti numerati che guidano la ricerca dello studente (con eventuale indicazione degli strumenti informatici da sfruttare). Per quanto riguarda i commenti per il docente, è stato ritenuto utile inserire all‟inizio della scheda alcune indicazioni generali su: classe consigliata in cui si può presentare l‟attività strumenti consigliati o necessari (software, materiali usuali, carta…) prerequisiti obiettivi in termine di conoscenze e/o abilità concetti soggiacenti eventualmente sviluppabili (approfondimenti) in modo che il docente abbia subito di fronte le caratteristiche principali della scheda e possa decidere se e quando utilizzarla. Si è seguito poi, passo a passo, la scheda dello studente, indicando le risposte che sarebbe lecito attendersi dagli studenti. Infine, laddove è risultato utile, sono stati indicati alcuni consigli sulla gestione dell‟attività: ad esempio, si è cercato di porre in evidenza le eventuali criticità o difficoltà che l‟allievo potrebbe incontrare, oppure sono stati messi in rilievo i passi richiedenti una guida più attenta da parte del docente. 3. Come utilizzare una scheda di laboratorio Tenendo presente che gli obiettivi del laboratorio di matematica sono: costruire i significati degli oggetti matematici, mostrare la matematica come 191 una sfida intellettuale, aumentare la motivazione allo studio, invitare all‟uso consapevole di modelli matematici, favorire l‟apprendimento socializzato, diamo di seguito alcuni suggerimenti che possono rivelarsi utili nell‟uso delle schede di laboratorio. 1. Il docente introduce il problema, possibilmente proiettando su schermo la scheda di laboratorio per lo studente, illustrando il contesto e dichiarando chiaramente gli obiettivi e le fasi della ricerca. Ciò permette ad ogni studente di avere fin da subito chiaro lo scopo dell‟attività ed i punti principali su cui essa è strutturata; inoltre il docente ha la possibilità di rispondere a dubbi o domande che inizialmente possono emergere. Successivamente si distribuisce un copia cartacea della scheda a ogni studente. 2. È importante far percepire agli studenti che il momento del laboratorio, pur presentandosi in modo accattivante e piacevole, è a tutti gli effetti una attività che contribuisce pienamente al processo di apprendimento. A questo scopo sarà utile inquadrare i contenuti dell‟attività nella mappa dell‟unità didattica in corso oppure dichiarare che il lavoro che sta per essere svolto funge da introduzione ad un nuovo argomento. 3. È consigliabile indicare preventivamente gli strumenti (quale software, carta e penna, ...) utili alla ricerca o eventualmente utilizzare l‟attività per introdurre o approfondire un software. In alcuni casi il docente dovrà preparare in anticipo alcuni semplici oggetti (spaghi, bollini, …). 4. Il docente forma i gruppi di lavoro, preferibilmente composti da 3 studenti (numero ideale per favorire la discussione senza lasciare nessuno da parte) di livelli eterogenei. Se la ricerca si concluderà con una relazione scritta o multimediale, può essere utile assegnare subito a un membro del gruppo anche il compito di osservatore del processo di ricerca. Sarà compito del docente monitorare l‟andamento dell‟attività di ogni gruppo, ponendo particolare attenzione ad eventuali studenti in difficoltà, in modo tale da intervenire, se necessario, per stimolarli e indirizzarli in modo appropriato. 5. Per favorire un atteggiamento metacognitivo può essere utile richiedere agli studenti, oltre alla compilazione della scheda, anche una relazione finale sul lavoro svolto, che riporti le loro osservazioni, scoperte e commenti (con modalità libera: documento di testo, presentazione in diapositive, ipertesto). In laboratorio di informatica potranno essere curate le elaborazioni che necessitano di particolare software, mentre l‟assemblaggio sarà perfezionato a casa. In questo caso è preferibile lasciare una certa libertà di scelta nella formazione dei gruppi di lavoro, per facilitare la collaborazione anche al di fuori dell‟orario scolastico. 6. Al termine dell‟attività, il docente potrà correggere, commentare, approfondire i risultati ottenuti dai vari gruppi o anche chiedere a un gruppo di relazionare in plenaria sul proprio lavoro. Proponiamo di seguito, a titolo di esempio, la prima delle quattro attività sui polinomi. 192 4. Polinomi per descrivere la realtà: una scatola capiente PER LO STUDENTE Problema: dato un foglio di cartone di forma rettangolare 100 × 80 cm, ritagliare in corrispondenza dei vertici quattro quadrati uguali in modo da ottenere, con opportune piegature, una scatola aperta senza coperchio che abbia il volume massimo. Per risolvere questo problema userai un foglio di calcolo che ti aiuterà a trovare la soluzione. 1. Osservando la figura e immaginando la scatola che si viene a formare, scrivi la sua lunghezza e la sua larghezza in funzione dell‟altezza x che avrai scelta per la scatola. 100 cm 80 cm x x 193 2. Scrivi la formula che dà il volume V (x) della scatola, poi sviluppa l‟espressione ordinandola secondo le potenze decrescenti di x (ottieni un polinomio, di che grado?) V (x) 3. Prepara in Excel una tabella per ottenere i possibili valori del volume a seconda della scelta di x . Inizia con x 0 (cosa succede alla scatola?) poi continua fino a completare tutte le possibili scelte di x … Cosa hai notato sulla scelta di x : puoi scegliere qualsiasi valore? 4. Illustra i risultati ottenuti con un istogramma in Excel. Il grafico ti dà un valore approssimato dell‟altezza per cui ottieni il volume massimo: qual è? PER IL DOCENTE Classe consigliata: Strumenti: Excel 1^ PREREQUISITI volume di un parallelepipedo formule e grafici con Excel (oppure introduzione a questi strumenti di Excel durante l‟attività) OBIETTIVO DELL‟ATTIVITA‟ conoscenze e abilità concetto di polinomio come funzione di una variabile equivalenza fra forma fattorizzata e sviluppata di un polinomio percezione che la modellizzazione matematica di un problema concreto aiuta a dare una risposta lettura di un grafico per riconoscere un massimo CONCETTI SOGGIACENTI (eventualmente sviluppabili) zero e segno di un polinomio Risposta: V ( x) 100 2 x 80 2 x x 4 x 3 360 x 2 8000 x Questa attività ha il vantaggio di presentare inizialmente un polinomio sotto forma fattorizzata, necessaria per scrivere il volume di un parallelepipedo. In questo modo lo studente dovrebbe in futuro percepire naturalmente 194 l‟equivalenza fra forma fattorizzata e sviluppata. Inoltre il docente potrà da subito, se lo ritiene opportuno, utilizzare la tabella Excel per sollecitare gli studenti con varie domande: Perché alcuni particolari valori di x azzerano il polinomio? (Introduzione al concetto di zero di un polinomio); Perché certi valori lo rendono positivo e altri negativo? (La risposta alla domanda si trova nella forma fattorizzata del polinomio); Questi risultati hanno tutti una corrispondenza nella realtà della scatola da costruire? (Un volume negativo non esiste…). L‟osservazione dei risultati ottenuti sia in forma numerica che grafica sarà una utile occasione per capire l‟equivalenza dei due linguaggi e esercitarsi all‟interpretazione di grafici. altezza x 0 0,5 1 1,5 2 ……… 13,5 14 14,5 15 15,5 ……… 39 39,5 40 40,5 41 ……… 49 49,5 50 50,5 51 51,5 52 volume V(x) = (100-2x)(802x)x 0 3910,5 7644,0 11203,5 14592,0 ……….. 52231,5 52416,0 52504,5 52500,0 52405,5 ………. 1716,0 829,5 0 -769,5 -1476,0 ………. -1764,0 -940,5 0 1060,5 2244,0 3553,5 4992,0 nullo + + + + + + + max + + + + + nullo nullo + + + + Dal foglio Excel si osserva che: per x 0 la scatola ha volume 0, perché praticamente non si può formare una scatola di altezza 0; per x 40 si ottiene un volume negativo, il che è assurdo: in effetti essendo la larghezza della scatola pari a 80 2 x , x non può superare 40; x varia con un passo di 0,5 cm ma si potrebbe anche impostare la tabella con un passo di 0,1 ( x assume valori razionali a scelta compresi fra 0 e 40). Dal grafico, si osserva che il volume pare massimo per x compreso tra 13,5 e 15 (14,5 nella tabella, approssimazione dovuta al passo impostato a 0,5 per fare variare x). Il docente farà notare agli studenti che il valore massimo letto sul grafico e sulla tabella è soltanto un valore approssimato e che durante il loro percorso di studi verranno in possesso di precisi strumenti matematici per ottenere il valore esatto. 195 Bibliografia Beltrame S., Faccin G. (2010). Didattica laboratoriale in Matematica: 20 schede del Laboratorio Permanente. Udine: Ufficio stampa Provincia di Udine. MIUR-UMI-SIS (2004). Matematica 2003. La Matematica per il cittadino. Lucca: Matteoni. Spagnolo F. (1999). La ricerca in didattica. Sito internet della Treccani, ITER, Dialogare. http://math.unipa.it/~grim/ricercirsae.pdf. Parole chiave: didattica laboratoriale; ricerca-azione; formazione docenti; matematica. 196 Appunti di un viaggio della matematica Paola Ferioli con il contributo di Gianluca Fava, Pietro Nannetti e Michele Zarri Centro formazione professionale Forma Giovani, San Pietro in Casale (BO) Sunto. Quando in un‟aula troviamo ragazzi diversi per esperienze, etnia, lingua e colore, ma saldamente accomunati da fallimenti nella scuola secondaria, da mancanze di fiducia in sé e negli altri, di sogni, di passioni, di autostima, e quindi delusi ed arrabbiati o, nel peggiore dei casi, rassegnati, occorre che noi insegnanti strutturiamo una situazione didattica in cui gli studenti siano i veri protagonisti della progettazione delle attività. A ragazzi quasi o già maggiorenni viene richiesto di ipotizzare, agire, costruire, verificare e all‟insegnante è chiesto di attuare una pedagogia attiva che permetta all‟allievo di costruirsi il proprio sapere attraverso la realizzazione di un singolo artefatto o di un lavoro più ampio. Il lavoro pratico diventa dunque luogo e occasione di coinvolgimento di più gruppi di allievi e di insegnanti, ognuno dei quali ha un ruolo specifico e nello stesso tempo tutti i membri si sentono accomunati dallo stesso obiettivo. L‟apprendimento non è solo mezzo di conoscenza, ma ciò che permette di riconoscere e contattare la voglia di lavorare e di scoprire che ci si può divertire ad imparare perché ci si sente parte essenziale nel progetto: alla fine facciamo matematica tutti quanti. 1. La motivazione Insieme ad un bel gruppo di persone ed a un variopinto insieme di studenti, lavoro presso il Centro di Formazione Professionale “Forma Giovani” a San Pietro in Casale, paese della provincia di Bologna; tale scuola opera sui profili professionali meccanico ed elettrico, offrendo ai ragazzi corsi biennali gratuiti. Le tante persone che vi lavorano ed i distinti ruoli che si integrano, hanno le stesse motivazioni e finalità: difendere i ragazzi da una deludente dispersione scolastica e garantire un‟importante offerta didattica nell‟ambito dell‟Obbligo Formativo di Istruzione e di Formazione, per insegnare il mestiere ai ragazzi, senza però escluderli mai da quelle conoscenze di cultura di base, che conferiscono loro la dignità di cittadini italiani. Io insegno matematica e mi piace pensarla non come la materia del calcolo professionale arido e sterile, ma come una vera forma di educazione al ragionamento, alla ricerca di strategie, al pensiero matematico vero e proprio. Pur lavorando in un centro professionale, non umilierò mai la matematica per ridurla ad una disciplina finalizzata alle materie pratiche di indirizzo, il servilismo non ci appartiene. La matematica può essere sì un supporto, ma è 197 bella anche da sola, fatta magari in modo laboratoriale, con ipotesi, ricerca e valutazioni e mostre finali delle attività svolte. Perciò ci siamo chiesti: Se nel nostro Centro non usiamo libri (un unico testo non potrebbe rispondere alle nostre richieste didattiche), ma usiamo solo fotocopie o appunti personali troppo spesso vaganti e/o volanti, allora perché non costruire insieme il nostro strumento, una nostra grande dispensa con le indicazioni delle lezioni e le esperienze realizzate insieme ai ragazzi? Formata didatticamente e sostenuta nelle emozioni e nelle convinzioni da Silvia Sbaragli, con la sua supervisione e superlettura, ho pensato quindi, assieme ad alcuni colleghi altrettanto coraggiosi e convinti e con l‟aiuto di alcuni studenti, di realizzare un nostro Libro di Aula: un lavoro forse un po‟ presuntuoso, ma senza alcun dubbio altamente stimolante per i nostri ragazzi, spesso con più problematiche degli adolescenti “comuni”, quasi sempre con meno autostima, ragazzi simili al giovane Step di Moccia, facili da perdere, difficili da conoscere, ragazzi che forse si scandalizzano solo se li consideri bravi ragazzi. Abbiamo così pensato, progettato e realizzato insieme e con passione, un percorso didattico interdisciplinare che fosse attento sia ai programmi ministeriale ed agli Indicatori degli obiettivi da raggiungere, sia e soprattutto alle esigenze degli allievi, con i quali si può sperimentare senza dimenticare mai che sono persone reali. Abbiamo raccolto la maggior parte delle attività che svolgiamo nel corso dei due anni, presentando lo stesso argomento secondo le varie discipline tecnico – scientifiche e nell‟ordine reale in cui le trattiamo: consideriamo, per esempio, il cubo con la criticità del matematico, l‟attenzione del disegnatore al CAD, la praticità del costruttore. Il sapere passa dall‟aula di matematica, uno spazio gestito insieme, ricco di materiali diversi e di voci di ragazzi che ricercano, ipotizzano, misurano, calcolano, provano, verificano, all‟aula del disegno tecnico tradizionale e computerizzato dove trovano ulteriori conferme o smentite al lavoro iniziale, all‟officina dove l‟oggetto si concretizza e tale artefatto in materia diventa il veicolo attraverso il quale il sapere concretamente si realizza. In aula si progetta, in officina si realizza, si ritorna in aula per istituzionalizzare la lezione: la matematica - andata e ritorno -. Il gusto dell‟apprendere avviene quando ce n‟è il bisogno. Sono convinta che non sia sufficiente motivare i nostri ragazzi al fare, ma occorre che in essi nasca la voglia di fare e questo avviene se stimolati in realizzazioni di oggetti o coinvolti in situazioni reali. Il nostro manuale è un oggetto di carta, ma può anche viaggiare in rete, ed è ricco di oggetti che i ragazzi hanno fatto prima con la testa e poi con le mani. Ci piacerebbe molto se le sue 125 pagine diventassero 250 o ancora il doppio con il contributo delle esperienze - matematica e non solo - di altre scuole di Obbligo Formativo. 198 I disegni di alcuni utensili per la nostra copertina 2. Il libretto didattico Il nostro manuale didattico, dal titolo Appunti di un viaggio della matematica (aula - laboratorio - officina, andata e ritorno), si divide in due parti: un‟area meccanica ed un‟area elettrica. Nella sezione meccanica abbiamo presentato il programma dell‟area tecnico – pratico – scientifica del biennio. Inizialmente consiste nella realizzazione di una morsa meccanica: partendo da un pezzo di ferro grezzo tutti gli studenti arrivano al prodotto finito eseguendo una serie di lavorazioni pratiche che devono essere presentate e seguite anche nelle aule di matematica e di disegno. Alla fine del corso ogni allievo potrà portare a casa la propria morsa didattica. Quindi, se in officina si usano metro e righello, nel laboratorio matematico si studiano gli insiemi numerici e le unità di misura nel sistema metrico decimale; se in officina si limano piani perpendicolari del pezzo grezzo, in aula si studia la geometria partendo dal solido per arrivare al piano, poi alla retta e infine al punto privo di dimensione. È motivante per me insegnante e di grande credibilità per gli allievi studiare geometria con i pezzi che comporranno la loro morsa, perché i solidi che via via costruiscono contengono tutte le informazioni, competenze e conoscenze che un‟insegnante vuole trasferire. Quando in officina l‟insegnante ed i ragazzi lavorano sul pezzo con il goniometro universale o il compasso per misurare e per segnare circonferenze o archi su una superficie, in aula si ragiona di angoli e di diedri, così puntuale sorge la domanda: Perché 30° 50‟ non sono trenta gradi e mezzo?, e quasi mai sono riuscita a convincere proprio tutti che il loro radicato parere è forse una misconcezione radicata nel tempo da superare. In seguito i meccanici adopereranno le macchine utensili e con il trapano realizzeranno fori diversi con punte cilindriche con attacco cilindrico e cilindriche con attacco conico. A questo punto il docente di matematica deve incontrare e diventare il collega di tecnologia perché la conicità è una caratteristica meccanica del tronco di 199 cono ed è data dal rapporto tra la differenza dei diametri delle due basi circolari e l‟altezza del solido stesso. Con il cartoncino in aula costruiamo un cono, poi lo sezioniamo per ricavare il tronco di cono ed infine risezioniamo tale solido con un piano perpendicolare a due diametri e ragioniamo sulla seziona piana, che risulta essere un trapezio isoscele (in questo modo i diametri del tronco di cono diventano i lati paralleli del trapezio). La conicità è data da D-d/h, ma è anche vero che 2h/D - d è uguale alla tangente dell‟angolo adiacente alla base maggiore del trapezio isoscele, quindi si introduce e si lavora con la trigonometria nei triangoli rettangoli. In tecnologia, tale rapporto viene espresso in percentuale o in frazione. Si incontrano esercizi in cui è richiesta, per esempio, la lavorazione di un particolare conico con conicità P=25% o altrimenti detto con rapporto 1/K=¼. Geometria solida, piana, euclidea, trigonometrica, percentuali, frazioni, numeri e forme, diventano tutte le componenti essenziali per la costruzione del lavorato, per imparare il mestiere, per avere una qualifica professionale ed un domani un reddito: finalità forse poco educativa per loro o gratificante per noi, ma non certo poco ovvia ed intelligente. Dopo la lavorazione delle singole componenti della morsa, compresa la vite filettata collegata al manubrio che funziona da leva per l‟apertura e chiusura della morsa stessa, si passa al montaggio dei particolari al banco, al controllo della qualità e alla verifica della funzionalità. Per il controllo delle misure con tolleranze fino al micron (che i meccanici in officina chiamano millesimo di millimetro) i ragazzi adoperano il calibro ed il micrometro, mentre per controllare il parallelismo tra due superfici o la conicità, quindi l‟angolo di inclinazione, si usa invece il comparatore. La morsa Un pezzo conico 200 Durante la lavorazione al tornio, per arrivare ad un prodotto finito, partendo da uno grezzo, i ragazzi devono fare tanti passaggi di lavorazione, asportando ogni volta del materiale. Il tornio ha utensili di metallo, il pezzo da lavorare è esso stesso di metallo, i metalli sono diversi, quindi vanno calcolati bene la velocità di taglio v (m/min) o il numero n di giri del pezzo (giri/min) per evitare che tutto si rompa o si fonda. La velocità di taglio è data da v = 3,14dn, dove d è la lunghezza del diametro del pezzo in metri. Nell‟aula di matematica consideriamo questa equazione per ricavare le due d oppure n e giocare con le trasformazioni delle unità di misura. Dopo avere raccolto una serie di dati sperimentali, i ragazzi disegnano nel piano cartesiano sia il grafico che mostra la situazione a velocità costante per vedere l‟andamento della funzione nelle due variabili inversamente proporzionali, diametro e numero di giri, sia il caso con diametro costante, nel quale velocità di taglio e numero di giri sono due grandezze direttamente proporzionali (in questo modo fa ingresso una piccola parte della geometria analitica nella rappresentazione di un ramo d‟iperbole e di una retta). Quale ragazzo non ha mai smontato o almeno osservato un albero a camme di un motore? Al tornio parallelo gli allievi lavorano un pezzo costituito da due o più parti cilindriche non coassiali. Se gli assi di rotazione dei cilindri sono diversi tra loro, significa che esiste un‟eccentricità, data dalla distanza tra i due centri dei cerchi. Il corpo eccentrico, cioè il cilindro traslato rispetto a quello che si considera di riferimento, non ruota attorno all‟asse di riferimento, ma attorno ad un altro ad esso parallelo. La realizzazione di pezzi eccentrici si rende necessaria quando si vogliono costruire parti che siano in grado di trasformare un moto circolare uniforme in un moto rettilineo uniforme. Per progettare in aula un particolare eccentrico da lavorare al tornio, con i ragazzi si discuterà di circonferenze secanti, di angoli al centro ed alla circonferenza, del teorema di Carnot. Ho sempre chiesto ai ragazzi di “provare” il teorema dei coseni nei triangoli rettangoli e sorrido sempre quando qualcuno dice che Pitagora ha copiato da Carnot o viceversa, per molti è una questione anagrafica. Nel manuale didattico presentiamo anche l‟uso dei blocchetti piano paralleli, con la forma di piccoli parallelepipedi retti, costruiti con elevata precisione e inalterabili chimico-fisicamente, servono per individuare lunghezze dell‟ordine del micron. Su ogni blocchetto è riportata la distanza tra le facce del solido ed è interessante chiedere ai ragazzi combinazioni particolari anche solo per esercitarli con le addizioni di numeri decimali. Assieme ad uno strumento detto barraseni, i blocchetti servono anche per controllare il valore degli angoli in un triangolo rettangolo. 201 Un pezzo eccentrico I blocchetti p.p. Il barraseni Alla fine del secondo anno, quando il programma sopra velocemente descritto è stato appreso con convinzione, ci piace mostrare agli allievi l‟uso del divisore meccanico, uno strumento che permette di eseguire degli spostamenti angolari equidistanti, grazie ai quali possiamo costruire una serie di fori equidistanti in un pezzo: i fori dei cerchioni di una ruota o dodici fori per i numeri di un orologio, sono esempi di n divisioni su un oggetto. Il divisore viene annesso al mandrino della macchina utensile, con un rapporto di trasmissione 1/K: a 1 giro di mandrino corrispondono K giri di manovella del divisore. I fori vengono realizzati inserendo dei dischi divisori, ognuno dei quali ha un certo numero di fori equidistanti, distribuiti su circonferenze concentriche. La scelta del disco e della circonferenza di quel disco dipende dal numero di divisioni n che dobbiamo effettuare. Indicando con x il numero di fori del disco da passare mentre ruotiamo la manovella del divisore, con f il numero dei fori della circonferenza scelta, diciamo che per effettuare n divisioni occorre passare il seguente numero di fori: x = Kf / n. Il divisore di cui disponiamo in aula ha K = 40, per cui diventa interessante lavorare con divisori e multipli, facendo scegliere ai ragazzi dischi con fori f in funzione di n. Possono realizzare così piccoli oggetti, non solo con utilità meccanica, ma anche un ciondolino per sé o per un amico. Per facilitare la comprensione delle funzioni goniometriche, è stato costruito un quarto di cerchio (di raggio 1 metro per facilità di lettura), come simulazione del primo quadrante del cerchio goniometrico, all‟origine è stata posta un‟estremità di un‟asta che termina con un filo al quale è legato un pesetto. Mediante una vite, l‟asta scorre da 0° a 90° e il pesetto cadendo a piombo ci permette di leggere il valore del coseno dell‟angolo descritto. Abbiamo inoltre costruito un cubo scheletrato con le facce reticolate come lo schema del gioco della schiera o del filetto. Tale realizzazione è stata molto utile per la comprensione della terna di coordinate nello spazio, il programma nell‟indirizzo meccanico comprende anche la conoscenza del CNC dove la fresa lavora seguendo le direzioni dei tre assi ortogonali. 202 Il divisore Il primo quadrante Il cubo reticolato Riguardo la sezione elettrica, i ragazzi che seguono tale profilo hanno realizzato la simulazione di un piccolo appartamento: hanno lavorato insieme, progettato, discusso, tagliato il legno, disegnato, colorato, studiato, provato, verificato, … Si tratta di un impianto elettrico di illuminazione, chiamata ingresso porta/allarme bagno e prese di energia di una civile abitazione. Le caratteristiche dell‟impianto sono dettagliatamente descritte nel nostro libricino, quel che a me interessa ricordare è sia il lavoro di riproduzione in scala, sia la simulazione dei consumi dell‟ipotetica famiglia Sprechetti, composta da 4 persone e le cui abitudini rappresentavano un po‟ la media delle abitudini delle famiglie di appartenenza dei nostri ragazzi (senza accorgercene abbiamo fatto un pochino di statistica). Abbiamo quindi considerato 14 elettrodomestici di tipo standard, il loro consumo energetico in KWh, le ore di utilizzo al giorno (considerando che i due figli al mattino sono a scuola, che i genitori lavorano fuori casa, che il climatizzatore si accende solo di giorno ed in estate e tante altre variabili suggerite dai ragazzi e comunque riportate e scritte), il totale di KWh in un giorno e in un anno, la spesa in un anno considerando un costo medio di 0,16 euro/KWh (imposte ed IVA escluse), i Kg di anidride carbonica prodotta in un anno (1 KWh emette 0,65 Kg di CO2 nell‟aria) ed il numero di alberi da piantare per digerire la CO2 emessa (un albero fissa 2,5 Kg CO2 in un anno). L‟idea mi è stata data dal docente Giovanni Pezzi, durante la formazione di matematica tenuta da Sbaragli. I dati sono stati descritti e rappresentati sia tramite tabella, sia con aerogrammi ed istogrammi, realizzati durante le attività di matematica, ma anche di informatica. E se ora vi dicessi che la famiglia Sprechetti spende circa 1700 euro l‟anno per buttare nell‟ambiente oltre 7 tonnellate di CO2, non vi fermereste a fare due calcoli ed a riflettere su quanto consumate voi o su quante volte i vostri elettrodomestici non sono spenti, ma in un costoso dormiveglia? 203 Il nostro appartamento, fronte e retro 3. Conclusione Parte del materiale raccontato e descritto nella nostra dispensa, è stato presentato nel 2008 al Convegno di Didattica della Matematica Incontri con la matematica n. 22 a Castel San Pietro Terme, dove i ragazzi hanno esposto i loro lavori, non senza quella timidezza sottile che spesso nascondono. Dovevamo però fare ancora molte cose. C‟era esigenza di un ordine. Serviva a noi ed ai ragazzi un quaderno di appunti con i loro lavori, i loro disegni, un quaderno aperto che si potrà arricchire con le idee di molti altri. Appunti di un viaggio della matematica ha come sottotitolo: - aula laboratorio - officina, andata e ritorno, ma si può sempre ripartire per un‟altra esperienza, perché non si è mai arrivati e anche per questo insegnare vuole dire sperimentarci. Parole chiave: matematica; laboratorio; didattica; meccanico; elettrico. 204 Facciamo un disegno? Sì, di matematica o di fisica? Stefano Giacovelli, Anna Marantonio e Gaetano Vallone Istituto Tecnico A. Serpieri, Bologna Lorenza Barbieri Cooperativa La Dolce, Bologna Sunto. Viene presentata un‟esperienza didattica di apprendimenti basati su immagini e sulla memoria visiva, per aggirare le difficoltà legate agli apprendimenti tradizionali in un caso di Disturbo Pervasivo dello Sviluppo. Le semplici tecniche usate sono facilmente utilizzabili anche in contesti di classe non legati all‟handicap e in ogni tipo e ordine di scuola. Viene infine proposta una discussione sulla completezza di significato matematico di sussidi didattici che utilizzino esclusivamente il registro visivo. Questo testo documenta un intervento per la riduzione dell‟handicap, in presenza di una diagnosi di disturbo pervasivo dello sviluppo di livello mediograve, in uno studente di seconda superiore in un istituto tecnico agrario; si ritiene, e si spera, che l‟approccio seguito possa essere utile non solo in altri casi di handicap, ma anche per molti studenti normodotati. Nel caso in esame, le rigidità negli ambiti emotivo-relazionali tipiche del disturbo compromettono le capacità attentive determinando rilevanti carenze negli apprendimenti, che giustificano il ricorso a una programmazione differenziata. Lo studente, sin dalla sua entrata nella scuola secondaria di secondo grado, ha un caratteristico rifiuto verso le materie dell‟area matematica, con atteggiamenti di educata ma ferma opposizione a qualsiasi proposta di lavoro in queste aree. Lo studente però possiede anche rilevanti abilità mnemoniche e logiche, dimostrate tra l‟altro dalla sua passione per i giochi logico-enigmistici che esegue abitualmente per rilassarsi. Ha anche una passione per il disegno a mano libera e ama memorizzare lunghe liste di nomi scientifici di animali e piante. L‟intervento educativo per il primo anno porta comunque a buoni risultati, in particolare per l‟algebra (si arriva fino a equazioni di primo grado), ma permane l‟atteggiamento oppositivo verso le materie matematiche e fisiche, accompagnato ormai da forti disagi anche fisici (cefalee e dolori di stomaco). Per il secondo anno scolastico nell‟istituto tecnico agrario cambia l‟insegnante di sostegno, per cui si forma un piccolo team composto da un insegnante curricolare di matematica, una insegnante curricolare di fisica, un docente di sostegno di area scientifica AD01 (tutti e tre con abilitazione A049) e una educatrice specializzata (oltre ad un‟altra insegnante di sostegno, che segue lo 205 studente nelle materie umanistiche). Il team decide quindi di provare a ridurre il disagio dello studente, che ormai è diventato un aspetto preponderante. Per prima cosa si prova a trattare dei semplici argomenti fuori dalla classe in contesti particolarmente tranquilli e rassicuranti, ma questo approccio fallisce, perché è proprio la materia stessa a causargli disagio. Si prova quindi un approccio visuale alle materie, viste le buone performance dell‟allievo in questa area cognitiva. Due argomenti di termodinamica svolti nelle ore di fisica vengono quindi trattati in modo visuale attraverso grafici di Excel, con risultati incoraggianti. La differenza tra un andamento lineare e un andamento quadratico viene visualizzata facilmente come differenza tra una linea dritta e una particolare linea curva, mentre la trattazione qualitativa attraverso il registro algebrico era purtroppo improponibile. Il grande salto in avanti si verifica quando si propone all‟allievo di ricopiare delle formule matematiche non sul quaderno, ma su fogli da disegno e usando le tempere. Inoltre, e questo si dimostrerà il passaggio cruciale, gli si propone di guardare le formule come se fossero dei paesaggi, e non come delle formule. Lo studente si è immediatamente rilassato e ha svolto questo compito in modo sorprendentemente accurato e soprattutto con il sorriso sulle labbra; era chiaro che trovava il compito facile e soprattutto piacevole. Questa richiesta non è stata casuale: lo scopo era infatti di portarlo a fare comunque matematica ma con registri non dichiaratamente matematici, e quindi fonte di stress. Lo studente ha quindi prodotto durante l‟anno scolastico un discreto numero di tavole con formule su vari argomenti, principalmente prodotti notevoli e radicali. È stato anche in grado di ricopiare senza errori una formula che gli è stata mostrata per cinque minuti, e poi nascosta. Durante questo percorso lo studente stesso ha comunicato spontaneamente alla sua educatrice e al suo insegnante di sostegno l‟affievolirsi del suo disagio verso la matematica e la fisica. La speranza del team di insegnanti ed educatrice era proprio questa: aiutarlo a superare il suo blocco emotivo proponendogli un cambio radicale di prospettiva e di registro comunicativo. Dopo questo cambiamento concettuale, è stato possibile proseguire gli insegnamenti curricolari veri e propri, arrivando in matematica alle disequazioni di primo grado e alle equazioni di secondo grado, e facendogli presentare una sua ricerca personale sulle linee di forza del campo elettrico e del campo magnetico. Il team ha considerato il risultato scolastico raggiunto pienamente soddisfacente, ma non ripagante quanto il sorriso che il nostro studente ora ha mentre fa matematica. 206 Appendice Disegni prodotti dallo studente e rappresentazioni grafiche proposte dall‟insegnante. Fig. 1. Formula riprodotta dallo studente. La consegna era anche di creare, seguendo la sua creatività, uno sfondo che si intonasse, visivamente ed emotivamente, con il tema della formula, cioè la velocità media delle particelle di un gas, secondo la teoria cinetica dei gas. Le linee incurvate verso destra rappresentano appunto la velocità. Il tipo di colori caldi utilizzati è anche questo frutto di una scelta dello studente. Va anche ricordato che i disturbi dello spettro autistico e i disturbi pervasivi dello sviluppo possono comportare spesso particolari idiosincrasie, come l‟assoluta intolleranza verso particolari colori o altre caratteristiche di oggetti e di persone, o al contrario grande predilezione per altri aspetti delle cose e delle persone. Un insegnante di sostegno di norma prende atto di queste idiosincrasie e le rispetta; solo se la situazione lo permette e, soprattutto, se lo studente lo tollera, si può cercare di aiutarlo ad attenuarle. 207 Fig. 2. Tavola prodotta dallo studente Fig. 3. Tavola riprodotta a memoria dallo studente dopo 5 minuti di osservazione della tavola precedente È possibile notare intanto una grande fedeltà cromatica, non accompagnata da una altrettanto grande fedeltà alle dimensioni degli oggetti: l‟unica vera differenza tra le due tavole è la mancanza del fregio superiore che compare nella prima. La formula matematica è riprodotta esattamente; ovviamente, almeno in questa fase, essa viene acquisita e memorizzata puramente come una fotografia. 208 Per migliorare l‟area della riproduzione degli oggetti nella loro giusta proporzione spaziale è stato deciso di continuare il percorso facendo svolgere allo studente una serie di tavole di copia dal vero, in particolare di copia di immagini di animali, con il compito preciso di preservare le proporzioni tra le varie parti del disegno con l‟ausilio di una griglia riprodotta sopra il disegno (una tecnica di base nell‟insegnamento del disegno artistico). La griglia permette la preservazione delle dimensioni degli oggetti anche se cambiano le dimensioni della tavola da disegno. Infine, un esempio di disegno realizzato dall‟insegnante di sostegno e utilizzato per illustrare un argomento di matematica, in particolare l‟introduzione delle funzioni goniometriche seno e coseno. Fig. 4. Tavola proposta dall‟insegnante di sostegno 209 Lo scopo di questo disegno è di tentare di riassumere graficamente il significato geometrico delle funzioni goniometriche, utilizzando lo stesso tipo di rappresentazione proposta (ed evidentemente prediletta) dallo studente. Per questo motivo è stato scelto di differenziare gli assi cartesiani e la circonferenza goniometrica dal raggio e soprattutto dalle proiezioni del punto della circonferenza goniometrica sugli assi cartesiani attraverso una scelta puramente cromatica: sono stati usati colori freddi per rappresentare il contorno, mentre sono stati scelti colori caldi per il cuore del disegno. Visto che lo studente predilige i colori caldi, è stato logico pensare che in questo modo la sua attenzione si sarebbe focalizzata più verso le proiezioni del punto sulla circonferenza goniometrica, che sugli assi cartesiani. Bibliografia Bertolini P. (2001). Pedagogia fenomenologica. Genesi, sviluppo e orizzonti. Firenze: La Nuova Italia. Cadamuro A. (2004). Stili cognitivi e stili di apprendimento. Da quello che pensi a come lo pensi. Roma: Carocci. Canevaro A. (1999). Pedagogia speciale. La riduzione dell‟handicap. Milano: Mondadori. D‟Amore B. (1991). Ricerca-azione, possibile paradigma della ricerca in didattica. La Scuola Se. 79-80, 14-17. D‟Amore B., Frabboni F. (1996). Didattica generale e didattiche disciplinari. Milano: Franco Angeli. Lichtner M. (1999). La qualità delle azioni formative. Criteri di valutazione tra esigenze di funzionalità e costruzione del significato. Milano: Franco Angeli. Parole chiave: matematica; disagio; handicap; approccio visuale; registri di comunicazione. 210 Eternamente familiari, eternamente sconosciuti Carlo Maturo Liceo A. Nobel, Torre del Greco (NA) Sunto. Vengono ripresi i concetti della categoria degli insiemi che si rivelano fondamentali per lo studio dei morfismi reali di variabile reale e dei problemi di ordine ad essi collegati. 1. Premessa La nozione di morfismo o applicazione da un insieme a un altro è senza esagerazione la più importante e la più generale di tutta la matematica. Questo concetto entra nel pensiero matematico nel XVII secolo; la definizione come un insieme di coppie ordinate è opera del XX secolo. Per noi un morfismo sarà una regola o azione che assegna ad ogni elemento di un insieme non vuoto , detto dominio, un unico elemento di un insieme non vuoto , detto codominio. L‟elemento viene chiamato l‟immagine dell‟argomento nel morfismo ; si scriverà per descrivere l‟effetto di una regola su un elemento variabile del suo dominio. L‟insieme di tutte le immagini degli elementi del dominio è detto l‟immagine del morfismo e viene indicato con : esso è sempre un sottoinsieme di . Nel caso in cui , il morfismo è chiamato suriettivo. Useremo lo schema , detto diagramma esterno, per tenere traccia del dominio e del codominio di un morfismo ;9 la notazione completa che rappresenta è la seguente: . Emerge che un morfismo resta determinato quando se ne specifichino il dominio, il codominio e l‟immagine che esso assegna ad ogni elemento del suo dominio. Tenendo conto di questo, l‟uguaglianza di due morfismi significa che: e hanno lo stesso dominio; e hanno lo stesso codominio; per ogni punto del dominio 9 Non si esclude la possibilità che il dominio e il codominio di un morfismo siano lo stesso insieme; si parla allora di endomorfismo, dal greco éndon, interno. 211 10 Per esempio, i morfismi e sono diversi perché hanno codomini diversi anche se vengono descritti dalla stessa regola. Nondimeno, il morfismo è suriettivo, laddove non è suriettivo. Così il nostro criterio di uguaglianza per morfismi tra insiemi è necessario se vogliamo che proprietà quali la suriettività abbiano senso. Viceversa, morfismi come { } e { }, descritti da regole diverse, sono uguali. L‟idea è che un morfismo fra insiemi non è la regola stessa, ma ciò che la regola realizza. Da qui, e non solo, il ruolo rilevante che questo criterio riveste nello studio dei morfismi e dei problemi ad essi collegati. Esempi di morfismo sono: il morfismo costante, la cui immagine consta di un unico elemento; il morfismo identico di un insieme , { }; il morfismo restrizione , , di un morfismo , , con , e per ogni . il morfismo proiezione canonica su , { } oppure su ,{ }; il morfismo composto di due morfismi che si ottiene dalla azione successiva prima di e poi di , purché questo abbia senso, purché, cioè, il dominio di sia il codominio di ; i morfismi invertibili o biiettivi. L‟importanza di questi ultimi, in tutti i settori della matematica, ci induce a una definizione che potremmo dire algebrica poiché si riferisce alla composizione come operazione. Un morfismo si dice invertibile se esiste un morfismo che soddisfa entrambe le relazioni: e . Se sussiste la prima relazione e non la seconda, si chiama un inverso sinistro di che in tal caso risulta iniettivo, cioè porta elementi distinti del dominio in elementi distinti del codominio; se, invece, sussiste la seconda relazione e non la prima, si chiama un inverso destro di che in tal caso risulta suriettivo. 10 , dove denota l‟insieme dei numeri reali positivi. 212 Sono effettivamente necessarie entrambe le equazioni perché il morfismo sia invertibile; questo rende l‟algebra delle composizioni simile all‟algebra della moltiplicazione numerica, ma la sua interpretazione è molto più ricca di significati. 2. I morfismi elementari Lo schema seguente propone i morfismi che dovrebbero essere costruiti in un corso di studio elementare. costante modulo circolare inverso circolare polinomi oo potenza esponenziale logaritmo eee La costruzione di ognuno di essi porta con sé quella di determinare anche, se è possibile, la costruzione dell‟inverso. Ciò avviene di rado. Allora, come i morfismi elementari, che associano numeri reali a numeri reali, dovrebbero essere tenuti nella memoria? Un morfismo prodotto da parole e simboli è alquanto impalpabile; esso acquista un aspetto caratteristico non appena il suo grafico11 viene rappresentato per il tramite di punti in un piano riferito a un sistema di coordinate cartesiane. La continuità li organizza in una forma connessa e sensibile per rivelare una curva. È questo l‟aspetto che, più di ogni altra cosa, ne spiega l‟identità. Tuttavia, una curva riferita ad un sistema di coordinate cartesiane non è sempre rappresentativa del grafico di un morfismo ; 11 Si chiama grafico di radice l‟insieme . 213 lo è se una generica retta parallela all‟asse delle ordinate interseca la curva in al più un punto. La proiezione parallela dei punti della curva sull‟asse delle ascisse fornisce il dominio di , mentre la proiezione parallela sull‟asse delle ordinate fornisce l‟immagine. Inoltre, se una generica retta parallela all‟asse delle ascisse incontra la curva in al più un punto allora è iniettiva. Ritornando allo schema, l‟invertibilità tra potenza e radice, come anche l‟invertibilità tra circolare e inverso circolare, si ottiene solo a determinate condizioni: la qual cosa viene evidenziata con un semplice tratto che induce a pensare un legame. Il caso che presentiamo è paradigmatico. Sia il morfismo potenza ad esponente un numero naturale . La curva, rappresentativa del grafico di nel caso di pari, mostra che non è iniettivo. Volendo invertire questo morfismo dobbiamo restringerne l‟azione ai reali non negativi oppure a quelli non positivi e prendere come codominio la sua immagine. Si generano due morfismi diversi ognuno dei quali ha un inverso. I morfismi restrizione sono rappresentati, con tratto continuo, in due colori diversi; nello stesso colore, ma con tratto discontinuo, sono rappresentati i rispettivi inversi. Come si vede, i grafici degli uni sono i simmetrici degli altri rispetto alla bisettrice del primo e terzo quadrante; del resto l‟operazione trasforma un elemento di in uno di . Arriviamo al caso. 214 La relazione che sta ad indicare il morfismo identico dell‟insieme se è dispari risulta indeterminata se è pari, non sapendo a quale dei due insieme o si fa riferimento; in altri termini, non sappiamo quale segno attribuire a , né la posizione contribuisce a farlo, essendo l‟espressione analitica di un morfismo non più identico. Ecco che la sostituzione di con può essere fonte di errore se è pari. Rimanendo nell‟ambito dell‟invertibilità, l‟esponenziale e il logaritmo danno luogo alle relazioni: e ; queste identità risultano molto utili in svariate circostanze, soprattutto nella forma: , . 3. Un problema di ordine Il màndala dei morfismi elementari porta a intuire come essi agiscono sulla struttura di ordine dei reali sia a livello locale che globale: a questa struttura sono legati diversi notevoli problemi. Proviamo a chiedere a un interlocutore: Che cos‟è una disequazione?, oppure: Che cos‟è un‟equazione? Le risposte che si ricevono sono variegate e quasi mai centrano il problema, perché di un problema si tratta. Innanzitutto, qual è il contesto in cui siffatte domande hanno senso e quali conoscenze occorre possedere per dare una degna risposta? Ebbene, il concetto fondamentale che soggiace a simili problematiche è proprio quello di morfismo tra insiemi che presentano una determinata struttura: quella di ordine. Sia un siffatto morfismo. La disequazione , come anche l‟altra , pongono il problema di determinare quali sono gli elementi del dominio che porta in elementi negativi oppure positivi del codominio. Una prima interpretazione del problema per i morfismi reali di variabile reale, da un punto di vista del tutto generale, è insita nella nozione di grafico di un morfismo: si tratta di determinare le coppie ordinate la cui seconda componente soddisfa la relazione richiesta per e prendere come soluzione l‟insieme formato dalle prime componenti di queste coppie. Questo approccio chiarisce il problema che si sta affrontando ma è del tutto impraticabile per individuarne le eventuali soluzioni. A tal fine consideriamo la curva rappresentativa del grafico di : essa ci consente di vedere le soluzioni del nostro problema nelle ascisse di quei punti che hanno ordinata negativa, nulla o positiva. 215 In altri termini, i punti della curva situati: al di sotto dell‟asse delle ascisse rappresentano con le loro ordinate il problema ; sull‟asse delle ascisse rappresentano con le loro ordinate il problema ; al di sopra dell‟asse delle ascisse rappresentano con le loro ordinate il problema . Le soluzioni, nei predetti casi, si ottengono proiettando sull‟asse delle ascisse il gruppo di punti corrispondente. Interesse particolare rivestono i morfismi tra insiemi totalmente ordinati che conservano o invertono l‟ordine. Ad esempio, il morfismo inverte l‟ordine se , lo conserva se ; nel primo caso si suole dire che è monotono strettamente decrescente, nel secondo monotono strettamente crescente. I morfismi monotoni, sotto opportune condizioni, godono di altre notevoli proprietà; ne citiamo qualcuna: se un morfismo è strettamente monotono nel suo dominio allora esso è invertibile a partire dall‟immagine; se un morfismo è strettamente monotono in un intervallo incluso nel suo dominio e assume tutti i valori compresi fra e allora è continuo in . Mostriamo, infine, che conoscere la modalità con la quale un morfismo conserva o inverte l‟ordine è di fondamentale importanza per eseguire i calcoli in maniera ragionata. Assegnata la disequazione , siano e morfismi reali di variabile reale, entrambi definiti in . Riscritto il morfismo costante nella veste , si ha . La proprietà di monotonia di cui gode il morfismo esponenziale, in base , consente di passare dalle immagini agli argomenti. Si ottiene 216 e quindi . Le soluzioni di quest‟ultima disequazione sono evidenti e appartengono all‟intervallo . Bibliografia AAVV (1963). Strutture algebriche e strutture topologiche. Milano: Feltrinelli. Artin M. (1997). Algebra. Torino: Boringhieri. D‟Amore B. (1999). Elementi di didattica della matematica. Bologna: Pitagora. Hersh R. (2003). Cos‟è davvero la matematica. Milano: Baldini Castoldi Dalai. Israel G. (2008). Chi sono i nemici della scienza? Torino: Lindau. Lolli G. (2002). Filosofia della matematica. Bologna: Il Mulino. Prodi G. (1970). Analisi matematica. Torino: Boringhieri. Parole chiave: morfismo; composizione; grafico e curva; ordine; monotonia. 217 La matematica sul quotidiano Stefania Teresa Morrone I.T.C. Padre A.M. Tannoia di Corato, sede di Ruvo di Puglia (BA) Sunto. In questo testo si presenta un‟esperienza effettuata in una classe seconda dell‟ITC “Padre A.M. Tannoia” di Ruvo di Puglia, composta da studenti abituati a leggere i quotidiani in classe, ma limitatamente all‟informazione del testo scritto e non del corredo iconografico, in particolare dei grafici. Nella presentazione si descriverà il percorso seguito e la rilevanza dell‟esperienza per la comprensione degli aspetti matematici presenti nella vita reale. 1. Introduzione L‟attività qui descritta è nata quasi per caso, nell‟ambito di un progetto didattico pluridisciplinare che coinvolgeva studenti delle seconde e terze classi, sul tema del disagio adolescenziale e del bullismo scolastico. Per quanto riguardava la matematica, il progetto prevedeva un esame delle informazioni sull‟argomento, presenti in forma numerica e grafica, sui quotidiani distribuiti a scuola e abitualmente letti dagli studenti in classe. Data la frequenza con cui, infatti, nello sfogliare un giornale, ci si imbatte in una o più rappresentazioni grafiche che accompagnano le informazioni in colonna, si è ritenuto opportuno fare una ricerca su questo tipo di immagini, anche per capire in che modo esse fossero recepite dagli studenti e fino a che punto i dati rappresentati fossero compresi. Nel momento in cui si è presentato agli allievi il compito da svolgere, è sorta subito da parte loro qualche perplessità; in tanti hanno chiesto cosa si 218 intendesse per informazioni in forma numerica e grafica. È stato subito chiaro il concetto di rappresentazione di dati in forma tabulare, e qualcuno ha autonomamente rinvenuto dai giornali alcune tabelle a doppia entrata su articoli relativi a fenomeni economici e sociali. Più difficile è stata la comprensione del concetto di rappresentazione grafica. In certi casi, del resto, svariati tipi di grafici e di raffigurazioni simboliche si ritrovava fusi in una sola immagine sintetica, a comporre un‟unica figura emblematica e rappresentativa delle notizie comunicate. Dal Corriere delle Sera di mercoledì 27 maggio 2009. Articolo: I fumatori di nuovo in aumento Molti studenti sapevano individuare i grafici sui giornali, ma non distinguevano tali figure dalle altre immagini che corredavano gli articoli di cui facevano parte. Infatti, alla richiesta della docente di mettere da parte le pagine in cui comparivano i grafici e di sintetizzare le informazioni trasmesse, gli allievi, per la maggior parte, tendevano a effettuare un riassunto anche dettagliato di quanto scritto in colonna, con un cenno alla rappresentazione grafica, più che altro una constatazione della sua presenza, senza approfondimenti riguardanti i dati presentati da essa. In alcuni casi gli studenti ritagliavano il grafico dal giornale, senza considerare la relazione tra esso e quanto scritto nell‟articolo che l‟accompagnava. Sono emerse, quindi, la tendenza degli allievi a considerare i grafici vincolati a contesti matematici e l‟attitudine a concentrare la propria attenzione nella lettura ai messaggi scritti. Con queste premesse è sorta l‟esigenza di ampliare, con una classe seconda, le attività previste, con un approfondimento sulle caratteristiche dei grafici che 219 compaiono sui giornali e sulla loro funzionalità, in termini di sintesi ed analisi, nella comunicazione. 2. I grafici sui giornali Per trattare l‟argomento è stato dapprima necessario introdurre nella classe i concetti matematici di base alla comprensione dei grafici. Si è quindi dapprima preso in esame il sistema di riferimento cartesiano ortogonale nel piano; successivamente si è considerata la rappresentazione di punti e rette su di esso. In seguito si è fatto un accenno alla statistica descrittiva, trattando in particolare le modalità di rappresentazione di dati quantitativi e qualitativi. Successivamente si è passati a leggere i grafici sui quotidiani distribuiti a scuola e si è invitato gli studenti a reperirne altri sui giornali letti abitualmente a casa. Gli allievi sono stati portati a dialogare sui grafici esaminati, si è fatto notare loro che questo tipo di figure non solo sono ricorrenti sui manuali scolastici delle più diverse discipline di studio (scienze, economia, geografia, storia, diritto), ma sono sempre più frequenti sui giornali, mentre le tabelle vanno via via scomparendo. Si è evidenziato che a differenza della tabella, in cui è ancora il testo scritto a veicolare le informazioni, il grafico poggia quasi integralmente su elementi visivi, che rendono immediatamente più comprensibile il messaggio da trasmettere. Rispetto alla tabella, inoltre, il grafico ha un impatto visivo più gradevole e, in un colpo d‟occhio, fornisce informazioni dettagliate dando contemporaneamente una visione d‟insieme del fenomeno, di qualsiasi natura esso sia. In seguito, con l‟analisi delle prime figure, si sono messe in evidenza le varie tipologie e le caratteristiche dei grafici, evidenziando gli aspetti matematici insiti in ciascun caso. Successivamente, ogni studente ha avuto il compito di compilare una relazione su un grafico in particolare o di effettuare una ricerca sulle origini storiche di queste rappresentazioni. Come ultima attività, gli allievi hanno compilato un WIKI sulla piattaforma MOODLE dell‟Istituto. Tale elaborato è costituito da una pagina iniziale di presentazione, nella quale si sono riportate le riflessioni fatte in classe sui grafici; ogni allievo ha avuto poi il compito di comporre una pagina, collegata a quella iniziale, nella quale riportare il grafico esaminato con commenti sulle sue caratteristiche, in relazione anche all‟articolo di cui faceva parte. Questa esperienza ha consentito agli allievi di entrare con capacità di lettura nella comunicazione grafica che si va diffondendo sempre più sui giornali, quotidiani e non, e sulla rete Internet. 220 Capire, inoltre, che un grafico è sempre legato ad una relazione matematica induce a considerare viva e dominante l‟azione euristica della disciplina nei campi più diversi, e in particolare nell‟economia, dove ogni fenomeno è espresso da un grafico e da un sistema di formule matematiche. Dominare questi sistemi significa agire secondo direttive logiche e risolutive, utili negli studi successivi, come pure nella vita reale. 3. Alcuni esempi Ecco alcuni grafici analizzati sul WIKI. Sono presentate le immagini esaminate e il commento su di esse elaborato dagli studenti. 1. Nell‟articolo, riguardante la variazione dei posti di lavoro in 5 note industrie italiane, c‟è un ideogramma. Nel grafico viene fatto un confronto fra il numero dei lavoratori del passato e il numero dei lavoratori attuali. Da Il Sole 24 Ore del 27 febbraio 2009 - Articolo: Sussidi? Come 23 Ponti sullo Stretto Per ogni industria citata l‟ideogramma presenta 2 file di omini; nella prima fila, di colore arancione, sono rappresentati i dati di oggi, nella seconda fila, di colore celeste, sono rappresentati i dati del passato. Il grafico non presenta una legenda completa, in quanto vi compaiono solo i simboli che rappresentano i dati di oggi e quelli del passato, senza chiarire quante unità essi indichino; ma i numeri accanto a ciascuna fila ci consentono di calcolare quanti lavoratori rappresenti ogni omino. Osservando i dati riportati per ciascuna industria si evince che ogni omino corrisponde a 2.000 lavoratori. Ad esempio, per l‟industria Ilva, per un totale di 12.000 occupati nel 2009, sono disegnati 6 omini (6×2=12) mentre per il passato, nel 1984, sono disegnati 13 omini per un totale di 26.000 lavoratori (13×2=26). 221 La rappresentazione con due file di colore diverso permette un facile confronto tra un periodo e l‟altro. Si osserva infatti che la maggior parte delle industrie ha ridotto il numero dei posti di lavoro, in alcuni casi drasticamente come l‟Eni, il cui numero di occupanti è calato di 8.500 unità (da 26.000 a 17.000). Altre sono invece rimaste stabili ed hanno conservato, chi completamente e chi no, i numeri di posti di lavoro. È il caso della Fiat che ha mantenuto stabile il proprio numero di occupati a 12.000 unità, o della Stmicroelectronics che ha quasi del tutto conservato il numero dei suoi posti di lavoro dal 1999 al 2009 con una differenza di 600 unità o dell‟industria Finmeccanica che nel 1999 poteva offrire 2.300 posti di lavoro in più rispetto ad oggi. 2. Nell‟articolo è rappresentato lo sviluppo imprenditoriale femminile verificatosi tra giugno 2007 e giugno 2008. Il fenomeno è descritto attraverso un cartogramma e una tabella più specifica. Il cartogramma illustra come la imprenditoria femminile sia diversamente distribuita nelle regioni italiane; ad ogni regione corrisponde un cerchio di corrispondente dimensione proporzionale al numero di imprenditrici; la rappresentazione è di facile lettura e risulta dettagliata perché insieme al simbolo grafico del cerchio, collegato da una linea, c‟è anche il dato numerico. Dal Corriere della Sera del 9 Gennaio 2009. Articolo: Donne Imprenditrici il Boom contro la crisi Si osserva quindi che: la regione italiana in cui il fenomeno è più sviluppato è la Lombardia con 167819 donne imprenditrici; le regioni in cui si registra un incremento inferiore sono nel sud, anche se fanno eccezione la Campania e la Sicilia. Al Nord, in Trentino e Friuli Venezia Giulia si osservano poche donne imprenditrici, ma va tenuto conto che si tratta di zone non molto popolate. 222 Nella tabella la situazione viene descritta in forma più particolareggiata; si divide in varie colonne: Società di capitale, Società di persone, Imprese individuali, Cooperative, Consorzi. Nella rappresentazione grafica viene indicato il totale per ogni regione. 3. Nell‟articolo, riguardante il problema dell‟inquinamento nello spazio, compaiono due grafici. Nel primo, un diagramma ad anello, viene descritta la composizione del materiale disperso, cui vanno aggiunte le due sonde che si sono scontrate il 10 febbraio 2009. Da La Repubblica del 17 febbraio 2009. Articolo: Spazio, se si vola fra i detriti Nel grafico non c‟è legenda, ma per ogni sezione compare una linea collegata al tipo di spazzatura che rappresenta e alla relativa percentuale. Nel secondo grafico viene descritta la situazione della spazzatura spaziale; dalla rappresentazione grafica si desume che il 37% della spazzatura spaziale è alla deriva, il 31% è sotto controllo, il 5% è composta da oggetti non identificati, il 14% da oggetti incontrollati e il 13% da altri oggetti. In questo grafico ognuna delle cinque voci è rappresentata da un cerchio; si chiarisce che sono presenti quantità di satelliti e navi spaziali in funzione, quantità di pezzi di razzo, quantità di oggetti delle missioni spaziali e quantità di frammenti vari. Nell‟articolo, inoltre, si viene a sapere che ci sono seimila satelliti lanciati dal 1957 (Sputnik) a oggi, e tremila satelliti ancora funzionanti. 223 4. In questo articolo, riguardante il petrolio e il progetto di estrarlo nel mar glaciale artico ci sono 2 grafici. Il primo è un diagramma cartesiano mentre il secondo è un ortogramma. Da La Repubblica, Affari e Finanza del 23 febbraio 2009. Articolo: Il petrolio che viene dal freddo Nel diagramma sull‟asse delle ascisse viene rappresentato il tempo dal febbraio 2008 al febbraio 2009, mentre sull‟asse delle ordinate compaiono numeri che indicano il prezzo del greggio in dollari al barile. L‟unità di misura per l‟asse delle ascisse è il bimestre per l‟asse delle ordinate 20 dollari. Leggendo il grafico veniamo a sapere che il prezzo del greggio ha subito notevoli variazioni nel corso del periodo analizzato; partendo da circa 80$ al barile nel febbraio 2008, è aumentato fino ad arrivare a 140$ ad agosto 2008, per poi diminuire drasticamente fino a 40$ nel febbraio 2009. L‟ortogramma mette a confronto la capacità produttiva e la domanda media annuale di petrolio dal 2004 al 2011 (per il periodo del 2009 al 2011 si tratta di 224 previsioni). Questa rappresentazione grafica presenta la legenda e un asse delle ordinate suddiviso in tacche regolari che semplificano l‟interpretazione dei dati. Bibliografia D‟Amore B. (1981). Educazione matematica e sviluppo mentale. La matematica dalla scuola dell‟infanzia all‟università. Roma: Armando. Degiovanni M., Lucchetti R., Marzocchi A., Paolini M. (2009). Matematica per la vita – Anche dove non te l‟aspetti. Novara: Fondazione Achille e Giulia Boroli. Gheverghese J.G. (2000). C‟era una volta un numero. Il Saggiatore. 1, 17-19. Osservatorio Permanente Giovani Editori (a cura di). (2009). Il quotidiano in classe. Spunti per una nuova formazione. Firenze: La Nuova Italia. Parole chiave: grafici; matematica; giornali; quotidiano; Wiki. 225 I sistemi di Lindenmayer: dalla struttura delle alghe alla forma delle piante Mario Puppi Istituto Superiore E. Majorana, Mirano (VE) Sunto. Vengono presentati percorsi didattici centrati sull‟attività di modellizzazione, in cui vengono evidenziate interpretazioni ed applicazioni dei sistemi di Lindenmayer in contesti diversi. 1. Introduzione Il formalismo dei sistemi di Lindenmayer, brevemente L-sistemi, viene introdotto per studiare la logica della riproduzione di un‟alga (Lindenmayer, 1968). A partire da allora vengono sviluppati modelli di processi biologici basati sugli L-sistemi come la crescita di colonie di funghi, lo sviluppo di foglie e di piante, la pigmentazione nei gusci delle chiocciole o nella pelle di un leopardo. I primi modelli si limitano a cogliere semplici aspetti della struttura topologica delle piante, formalizzando la relazione di vicinanza tra cellule o tra organi di una pianta. Nei modelli successivi si usano delle tecniche per rappresentare in modo più fedele la geometria dell‟organismo biologico (Prusinkiewicz, 1996). È possibile costruire dei percorsi didattici centrati sull‟attività di modellizzazione, in cui si possono vedere interpretazioni ed applicazioni dei sistemi di Lindenmayer in contesti diversi. Vedremo una rassegna delle possibili applicazioni realizzabili in un laboratorio didattico, con computer dotati di Mathematica. 2. Aspetto computazionale di un L-sistema Un L-sistema è una grammatica basata su un alfabeto di simboli con delle regole per produrre parole di un linguaggio. L‟applicazione di una regola ad una parola ne produce una nuova, tramite il meccanismo della riscrittura. Un L-sistema consiste in un insieme di regole ed una parola speciale, detta l‟assioma. A partire dall‟assioma a0 viene generata una successione di parole a0, a1, a2, …, an in cui il successivo ak+1 si ottiene riscrivendo ak con una regola del sistema, relazione che indichiamo con ak ak+1. 226 L‟aspetto computazionale degli L-sistemi può essere riprodotto in modo naturale nel linguaggio Mathematica, il cui sistema di calcolo è basato su un concetto di riscrittura analogo, solo un po‟ più generale. 3. Interpretazione biologica Dal punto di vista biologico, una computazione a0, a1, a2, a3, …, an generata da un L-sistema si può interpretare come il processo di crescita di un organismo, in cui il tempo è discreto e a0, a1, a2, a3, … rappresentano gli stati del processo ad istanti successivi. Uno stato può essere inteso come la generazione di una popolazione batterica o di una colonia di funghi ad un dato istante. I primi modelli di Lindenmayer erano stati concepiti per studiare la logica della divisione cellulare in semplici organismi multicellulari come l‟alga anaebena catenula (Lindenmayer, 1968). Le cellule di questi organismi sono di due tipi e si dispongono in filamenti in cui si osservano sequenze di cellule di un tipo separate da singole cellule dell‟altro tipo. Lindenmayer fa un modello del processo di crescita che spiega la disposizione delle cellule. 4. Geometria della tartaruga: le curve che riempiono il piano L‟interpretazione grafica degli L-sistemi che si afferma negli anni‟80 è la geometria della tartaruga. I simboli di un L-sistema vengono interpretati come comandi LOGO, il linguaggio di programmazione introdotto da S. Papert (Abelson, 1981), per cui le parole si traducono in figure del piano. Verso la fine degli anni ‟70, grazie anche all‟influenza degli studi in geometria frattale, nasce l‟idea di interpretare un L-sistema come una curva che riempie il piano (Szilard, 1979). Si possono così ottenere le curve classiche di Peano (1890), Hilbert (1891), Sierpinski (1915) e von Koch (1905). 5. Geometria della tartaruga: la tradizione Kolam Una significativa applicazione nell‟ambito dell‟etnomatematica (Ascher, 1994) è la riproduzione delle figure della tradizione Kolam. Nel Tamil Nadu (India meridionale), sulla soglia di casa, le donne fanno dei disegni sulla terra con polvere di riso. 227 Fig. 1. I disegni kolam sono un‟espressione di concetti matematici nell‟ambito della cultura Tamil, che in anni recenti hanno incuriosito gli informatici interessati all‟analisi e alla descrizione di immagini mediante linguaggi grafici. Fig. 2. Due figure kolam, ottenute aggiungendo alla geometria della tartaruga una funzione Mathematica per generare curve Spline. La figura di destra è nota come la cavigliera di Krisna (Ascher, 1994). 6. Curve 3D: la curva di Hilbert e le molecole Nella geometria 3D lo stato della tartaruga è una coppia (posizione, direzione), la posizione è una terna (x, y, z) di numeri, mentre la direzione è una terna di vettori (H, L, U) dello spazio 3D, di lunghezza unitaria e legati tra loro dalla relazione HL = U, dove è il prodotto vettoriale. 228 Fig. 3. A sinistra, la terna (H, L, U), a destra la curva di Hilbert 3D Si possono fare modelli geometrici della struttura di molecole complesse, come il fullerene C20 e C60 (Vahadipour, 2008). Si tratta di due poliedri generati con un L-sistema che è formalmente lo stesso. L‟assioma è lo stesso, la sua interpretazione è una faccia pentagonale del poliedro. Anche l‟unica regola del sistema è formalmente la stessa per le due molecole, cambia solo l‟interpretazione numerica dell‟angolo di rotazione pitch, ciascuna molecola ha un suo angolo caratteristico. Fig. 4. A sinistra la molecola fullerene C20 e a destra la molecola C60 Un‟altra applicazione chimica è la molecola di butano, un idrocarburo impiegato come combustibile negli ambienti domestici. La molecola C4H10 è composta da 4 atomi di carbonio e 10 di idrogeno (vedi fig. 5). 229 Fig. 5. 7. Generazione algoritmica di piante 3D Nel 1971 Honda presenta un modello di piante (Prusinkiewicz, 1996), basandosi su alcune ipotesi. I rami sono dei segmenti. Ogni segmento madre (ad eccezione del tronco) ha due figli rami, sinistro e destro, le cui lunghezze hanno rapporto costante r1 e r2 con la lunghezza del ramo madre. I segmenti figli e madre sono contenuti in un piano (piano branch) in cui i figli formano angoli costanti a1 e a2 con il segmento madre. Nella figura sotto vediamo due esempi ottenuto dal modello di Honda, con diversi valori dei parametri. 8. Composizione algoritmica di musica Gli L-sistemi sono usati per la prima volta in (Prusinkiewicz, 1986) per comporre melodie musicali. 230 Supponiamo di percorrere la curva di Hilbert considerandone i soli segmenti orizzontali. Ogni segmento orizzontale è interpretato come una nota: segmenti con la stessa ordinata y saranno considerati la stessa nota. La durata della nota sarà proporzionale alla lunghezza del segmento. Il risultato è una composizione. In (Grafton, 2004) viene considerato il seguente L-sistema, con alfabeto {A, B, C, D, E}, assioma C e regole: A D, D DAEC, E EAA, C D La computazione generata dal sistema alla 4° generazione è la sequenza: C, D, DAEC, DAECDEAAD, DAECDEAADDAECEAADDDAEC Se concateniamo assieme queste 5 parole otteniamo una parola CDDAECDAECDEAADDAECDEAADDAECEAADDDAEC che, nell‟interpretazione della notazione musicale ABC Plus, diviene una composizione musicale: Con Mathematica si possono suonare queste sequenze. Ad esempio l‟espressione SoundNote [“A”,0.40] rappresenta la nota A della notazione musicale ABC Plus, con una durata di 0.40 sec., mentre la funzione Sound suona una qualsiasi sequenza di queste note. In (Jensen, 2001) viene usato il sistema di Lindenmayer dell‟anaebena, con alfabeto {A, B}, assioma A e regole: A B, B BA La parola generata alla 10° iterazione è BABBABABBABBABABBABABBABBABABBABBABABBABABBABBABABB ABABBABBABABBABBABABBABABBABBABABBABBA Jensen la suddivide in parole di 5 caratteri: BABBA, BABBA, BBABA, … Tra le parole di 5 caratteri nell‟alfabeto {A , B} solo 7 si possono ottenere in questo modo. Jensen, stabilisce un dizionario per tradurre queste parole in note musicali, con una durata. Ad esempio, BABAB viene tradotta nella nota C con 231 durata 0,40 sec. Jensen ottiene così un metodo per interpretare musicalmente la sequenza di Fibonacci. Bibliografia Abelson H., diSessa A. (1981). Turtle geometry: the computer as a medium for exploring mathematics. Cambridge, MA: MIT Press. Ascher M. (1994). Ethnomathematics: A multicultural view of mathematical ideas. Londra: Chapman & Hall/CRC. Grafton J. (2004). Investigation of AI Computer Music Composition Techinques. (http://citeseerx.ist.psu.edu/viewdoc/summary?doi=10.1.1.127.418). Jensen E., Rusay R. (2001) Musical Representations of the Fibonacci String. The Mathematica Journal. 8, 2. Lindenmayer A. (1968). Mathematical models for cellular interaction in development. Journal of Theoretical Biology. 18, 280-315. Prusinkiewicz P. (1986). Score generation with L−systems. Proceedings of the International Computer Music Conference „86. 455−457. Prusinkiewicz P., Lindenmayer A. (1996). The algorithmic beauty of plants. New York: Springer Verlag. Szilard A.L., Quinton R.E. (1979). An Interpretation for DOL systems by computer graphics. The Science Terrapin. 4, 8-13. Vahadipour M., Sabaghian-Bidgoli H., Vakili-Nezhaad G. (2008). Generation of the Figures of Some Fullerenes by Using L-Systems. Croatica Chemica Acta, CCACAA 81. 2, 341-345. Parole chiave: Lindenmayer; L-sistemi; geometria; tartaruga; modelli. 232 Conoscenze e competenze matematiche al termine della scuola secondaria di II grado: proposta di un syllabus di matematica Luigi Tomasi Liceo Scientifico G. Galilei, Adria (RO) Sunto. In questo contributo si parte dall‟analisi della situazione esistente per quanto riguarda i programmi e la prova scritta di matematica all‟esame di Stato di liceo scientifico. I programmi di matematica non precisano in modo chiaro che cosa gli studenti devono conoscere e saper fare per affrontare la prova d‟esame. Con il riordino dei licei, degli istituti tecnici e professionali (2010) questi vecchi programmi sono in via di superamento. Per l‟esame però le nuove indicazioni nazionali per la matematica non entreranno in vigore prima del 2015. Di qui la necessità di un syllabus nel quale siano elencate con precisione - nel passaggio dai vecchi programmi alle nuove indicazioni - le conoscenze e le abilità matematiche da raggiungere al termine della scuola secondaria di II grado. 1. Matematica e prove d’esame al termine della scuola secondaria di II grado La prova scritta all‟esame di Stato è di solito uno dei momenti in cui la matematica suscita maggiormente l‟attenzione dei mass-media e dell‟opinione pubblica. Questo si verifica anche se la matematica - all‟esame finale di scuola secondaria di II grado - è presente come prova scritta soltanto al liceo scientifico. La matematica, per le altre scuole, può essere presente nella terza prova oltre che nella prova orale, ma si tratta di solito di una presenza poco significativa. La matematica ha quindi una limitata presenza nelle prove d‟esame e questa situazione ha poco senso, in generale e in vista degli studi universitari. Sarebbe pertanto opportuno che, al termine della scuola secondaria di II grado, fossero introdotte delle forme più precise di verifica delle conoscenze e competenze matematiche per tutti gli studenti - non soltanto di quelli che frequentano il liceo scientifico - come avviene in quasi tutti i Paesi del mondo. Tra i compiti dell‟INVALSI (Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione) ci sarebbe anche questo, ma la verifica di queste conoscenze e competenze nelle classi terminali della scuola secondaria di II grado, è stata rinviata al 2012. Tuttavia, anche nei licei scientifici - dove la matematica è presente nella seconda prova scritta - la situazione è ben lontana da essere soddisfacente. Gli esami, nel bene e nel male, hanno sempre una grande influenza sul modo in 233 cui viene insegnata una data materia e questo vale ancor più per la matematica. Con l‟entrata in vigore delle nuove indicazioni nazionali - pubblicate nel periodo maggio-luglio 2010 - per i licei, gli istituti tecnici e professionali i vecchi programmi cominciano a essere mandati in pensione. Queste nuove indicazioni arriveranno però all‟esame non prima dell‟anno 2015. La prova scritta di matematica all‟esame di Liceo scientifico presenta quindi una situazione paradossale. I programmi di matematica del liceo scientifico sia quelli tradizionali che quelli sperimentali PNI e “Brocca”, ancora in vigore agli esami per i prossimi quattro anni - non precisano in modo chiaro che cosa gli studenti devono conoscere e saper fare (anche le nuove indicazioni nazionali per la matematica appaiono comunque piuttosto carenti per quanto riguarda l‟esame finale). In assenza di chiare indicazioni gli insegnanti seguono quanto è stato assegnato nelle prove scritte degli anni precedenti. Le prove d‟esame di matematica di liceo scientifico sono quindi “guidate” quasi esclusivamente dalle prove stesse, con grave stortura della didattica e della preparazione matematica degli allievi. La prova finale del liceo scientifico dovrebbe verificare negli studenti il raggiungimento degli obiettivi della scuola stessa, ma si evidenzia in particolare un‟incongruenza macroscopica. I programmi di matematica del Liceo Scientifico tradizionale risalgono al 1945 e quelli sperimentali (PNIPiano Nazionale per l‟Informatica, programmi della Commissione Brocca, ecc.) a circa vent‟anni fa. È ovvio che le conoscenze matematiche necessarie per affrontare gli studi universitari sono cambiate, e che l‟evoluzione della matematica e soprattutto delle tecnologie e degli strumenti di calcolo hanno modificato sia gli argomenti fondamentali, sia il “taglio” da dare ad essi e il peso di vari aspetti. I programmi tradizionali di matematica sono ormai obsoleti; ad essi si è sostituita una prassi didattica – in particolare nel liceo scientifico tradizionale - che insiste sull‟addestramento alla risoluzione di esercizi complicati, e in definitiva stereotipati. Conviene in particolare citare alcune questioni che si pongono da anni: la presenza nei programmi di temi del tutto anacronistici, quali le tavole trigonometriche e logaritmiche e il regolo calcolatore, che ormai hanno solo l‟aspetto di curiosità di carattere storico, ma la cui utilità pratica si è persa; la presenza, nelle prove assegnate, di temi di interesse limitato rispetto a una cultura matematica generale, almeno se inseriti nel programma di una scuola superiore, quali i problemi “con discussione”; la mancanza nei programmi del liceo scientifico tradizionale di interi temi, quali la statistica e la probabilità, ma anche di elementi di aritmetica, di algebra lineare, dei vettori e in generale di tutto quanto possa almeno fornire un‟introduzione alla matematica contemporanea e al suo linguaggio. Sarebbe inoltre interessante che fossero disponibili valutazioni generalizzate sugli effettivi livelli di conoscenza, ma soprattutto di comprensione, degli elementi fondamentali della matematica studiata nella scuola secondaria di II 234 grado. Laddove queste valutazioni sono state svolte - si vedano per esempio le indagini INVALSI in collaborazione con l‟UMI-Unione Matematica Italiana sulla prova scritta di matematica del 2007 del liceo scientifico - i risultati sono stati decisamente deludenti. D‟altro lato è evidente che le conoscenze e competenze matematiche sono fondamentali per tutti quegli studenti che si iscrivono all‟università in facoltà scientifiche o tecnologiche. In queste facoltà sono ormai presenti delle prove di ammissione e di verifica delle conoscenze di base. È un dato di fatto che molti studenti che si iscrivono in facoltà scientifiche e tecnologiche presentano carenze nella preparazione matematica di partenza. Si riscontra inoltre una grande variabilità relativamente agli argomenti che sono stati svolti nella scuola secondaria di II grado oltre al loro livello di approfondimento. Emerge quindi la necessità di fissare le conoscenze, le abilità e le competenze di base, in modo il più possibile dettagliato perché gli insegnanti e gli studenti possano avere un‟idea precisa di quali sono le richieste dell‟esame e dell‟università per quanto riguarda gli apprendimenti matematici. 2. La proposta di un syllabus di matematica Dai problemi esposti è sorta, negli anni scorsi, la richiesta al Ministero dell‟Istruzione e dell‟università di emanare un syllabus per la prova scritta di matematica, al liceo scientifico, ovvero «un elenco chiaro e preciso di ciò che nell‟ambito dei programmi vigenti di matematica gli allievi devono sapere e saper fare per l‟esame di Stato». La scrittura di un syllabus è ovviamente collegata a molteplici aspetti che qui di seguito si elencano sommariamente: Quali sono le finalità della prova scritta di matematica all‟esame di Stato? Come deve essere strutturata la prova scritta d‟esame? Quali apprendimenti matematici (conoscenze/abilità/competenze) deve valutare? Sulla base di quali programmi/curricoli/indicazioni? Come devono essere valutate le prove scritte di matematica? La prova di matematica al liceo scientifico è attualmente regolamentata da una Nota apparsa sul sito del Ministero della Pubblica Istruzione nell‟ottobre 2000, intitolata: La nuova struttura della prova scritta di matematica. In essa, si afferma che la prova ha le seguenti finalità: «Con riferimento alla matematica studiata nell‟intero corso di studi la prova scritta è intesa ad accertare: le conoscenze specifiche, le competenze nell‟applicare le procedure e i concetti acquisiti, le capacità logiche e argomentative». La Nota fissa anche la struttura formale della prova: «Il testo è costituito da due problemi (articolati al loro interno in almeno tre quesiti, possibilmente indipendenti tra loro) e da un questionario contenente altri quesiti (da un minimo di 6 a un massimo di 10) riguardanti argomenti del programma. La tipologia delle questioni poste è tale da offrire al candidato le più ampie 235 opportunità di esprimere conoscenze, competenze e capacità acquisite nel corso degli studi. Il candidato è tenuto a risolvere uno dei due problemi proposti a scelta e la metà dei quesiti del questionario». Nella Nota si stabilisce infine che le prove avranno “una durata massima di 6 ore” e che “nel corso della prova è consentito soltanto l‟uso di calcolatrici non programmabili”. In mancanza di programmi precisi e dettagliati -sia vecchi che nuovi- queste regole appaiono del tutto generiche e lasciano largo spazio all‟aleatorietà nella scelta dei temi delle prove, che provoca disorientamento negli studenti oltre che negli insegnanti, come si è visto in modo macroscopico nel 2007 e in altri anni. La conseguenza più evidente è che i temi assegnati risultano mediamente difficili per la maggioranza degli allievi. Ad esempio nel 2007, secondo i dati emersi dall‟indagine UMI-INVALSI (si veda il rapporto finale nel sito: http://www.invalsi.it/download/matematica_prova2007.pdf), c‟è stato il 50% di insufficienze nella prova di matematica del liceo scientifico tradizionale e circa un terzo di insufficienze nel liceo PNI. Le prove di matematica assegnate all‟esame di Stato appaiono inoltre piuttosto slegate dalle esigenze della società attuale e in particolare dalle richieste dell‟università. Un giudizio molto condiviso sui temi di matematica assegnati all‟esame di liceo scientifico è il seguente: «Talvolta alcune domande (non solo nella prova del 2007) appaiono di notevole difficoltà, al punto che può stupire il fatto che una percentuale alta dei candidati riesca a superare le prove» (Bernardi, Zoccante, 2008). 3. Quale syllabus di matematica e perché? Da quanto esposto in precedenza, emerge quindi la necessità, per gli insegnanti e per gli studenti, di avere a disposizione un syllabus delle conoscenze e abilità matematiche da conseguire al termine della scuola secondaria di II grado. Che cosa dovrebbe contenere questo syllabus e come si deve collegare con i vecchi programmi (ancora vigenti nelle classi successive alla prima) e soprattutto con le nuove indicazioni nazionali di matematica che sono state introdotte nelle classi prime con l‟avvio dell‟anno scolastico 2010-2011? Prima di tutto il syllabus dovrebbe togliere dall‟esame le parti ormai obsolete dei vecchi programmi. Tenendo conto degli orari che si hanno effettivamente a disposizione, dovrebbe poi elencare chiaramente che cosa gli allievi devono sapere, in termini di conoscenze, abilità e competenze, per affrontare la prova scritta di matematica di liceo scientifico. A breve termine il syllabus dovrebbe essere adeguato ai nuovi curricoli di matematica, che nel frattempo sarà necessario formulare sulla base delle nuove 236 indicazioni nazionali per i licei, per gli istituti tecnici e professionali. Per scrivere un documento di questo tipo, il riferimento privilegiato, soprattutto per la metodologia indicata, dovrebbe essere la proposta UMI (Unione Matematica Italiana) di curricolo di matematica, contenuto nei volumi Matematica 2003 e Matematica 2004 (per la scuola secondaria di II grado). Questi documenti sono stati parzialmente recepiti nelle nuove indicazioni nazionali che sono entrate in vigore con l‟anno scolastico 2010-2011, ma con orari settimanali del tutto insufficienti per poterli realizzare nella maggior parte dei licei, dei tecnici e dei professionali. Le conoscenze e le abilità dovrebbero quindi aggregarsi attorno ai quattro nuclei fondamentali: numeri e algoritmi (“aritmetica e algebra” nelle indicazioni nazionali); spazio e figure (“geometria” nelle indicazioni nazionali); relazioni e funzioni; dati e previsioni; con riferimenti continui - per quel che riguarda soprattutto le competenze - ai nuclei trasversali (non presenti esplicitamente nelle nuove indicazioni nazionali): argomentare, congetturare e dimostrare - risolvere e porsi problemi - misurare, e una forte attenzione alle tecnologie (software di tipo matematico) e all‟uso degli strumenti di calcolo e di rappresentazione disponibili. Il syllabus di matematica dovrebbe quindi essere uno strumento molto concreto e flessibile, necessario non solo per rendere più precise le finalità della prova scritta dell‟esame ma anche per esplicitare in modo concreto le indicazioni nazionali di matematica per i licei, per gli istituti tecnici e professionali emanate di recente. La stesura di queste indicazioni, soprattutto per i licei, è a volte generica e necessita di ulteriori precisazioni, in particolare per l‟esame conclusivo. Allo stato attuale il syllabus dovrebbe essere adottato per la prova scritta di matematica dell‟esame di liceo scientifico, ma poi dovrebbe essere esteso con opportuni adattamenti e modifiche - anche a tutte le altre scuole secondarie di II grado. Solo in questa prospettiva il syllabus di matematica potrebbe diventare uno strumento utile al lavoro degli insegnanti e nello stesso tempo un aiuto per gli studenti, per una formazione matematica che sia al passo con gli sviluppi attuali e futuri della società e in particolare con le richieste dell‟università. 4. Conclusioni In questo contributo è stata esaminata la situazione attuale per quanto riguarda la valutazione degli apprendimenti matematici al termine della scuola secondaria di II grado e per l‟ingresso all‟università. La scuola secondaria è in un anno di transizione. I vecchi programmi verranno progressivamente 237 sostituiti dalle nuove indicazioni nazionali per la matematica (2010). Si è osservato però che i vecchi programmi e le nuove indicazioni non costituiscono dei veri curricoli e non precisano in modo completo e dettagliato quali sono le conoscenze e le competenze da raggiungere al termine della scuola secondaria di II grado. C‟è quindi la necessità, per gli insegnanti e per gli studenti, che siano elaborati dei veri e propri curricoli e un syllabus per gli esami. In questo documento che può essere anche in più versioni - è necessario indicare in modo preciso quali sono le conoscenze e le competenze matematiche fondamentali necessarie per la società attuale e futura e per l‟accesso all‟università nelle facoltà scientifiche e tecnologiche. Bibliografia Accascina G. (1998). La strage degli innocenti. Problemi di raccordo in matematica tra scuola e università. Paderno: C.R.D.U. Morin, Battagin Editore. Anichini G., Ciarrapico L. (2001). Esami di Stato: la prova scritta di matematica nel liceo scientifico. Archimede. 2, 61-70. Bernardi C., Zoccante S. (2008). Proposte per la prova scritta da assegnare all‟Esame di Stato. Archimede. 1. Chimetto M.A., Tomasi L. (2009). Le prove scritte di matematica all‟esame di Stato: alcune riflessioni e qualche ragionevole proposta. L‟insegnamento della matematica e delle scienze integrate. 32B, 4, 413-416. Chimetto M.A., Tomasi L. (2010). Un syllabus per la prova scritta di matematica all‟esame di Stato di liceo scientifico: alcune osservazioni e considerazioni su una richiesta degli insegnanti finita nel nulla. L‟insegnamento della matematica e delle scienze integrate. 33B, 1, 9-46. Ciarrapico L. (2002). L‟insegnamento della matematica, dal passato recente all‟attualità. Archimede. 2. Tomasi L. (2009). Il Syllabus che vorrei… conoscenze e competenze matematiche al termine della scuola secondaria di II grado. Sito Enciclopedia Treccani Scuola: www.treccani.it/Portale/sito/scuola/in_aula/matematica/syllabus/mainArea.html Parole chiave: conoscenze; abilità; competenze; esami; scuola secondaria di II grado. 238 SEZIONE 7 SCUOLA PRIMARIA E SECONDARIA DI SECONDO GRADO 239 240 Una mostra in 34 pannelli: Much ado about nothing (molto rumore per nulla) La storia dello zero dalle origini ad oggi Un percorso laboratoriale: Lo zero birbante Attilio Ferrini RSDDM, Bologna Vanna Pratesi Scuola primaria Don Milani, San Giovanni Valdarno Sunto. Da anni con gli studenti delle classi quinte viene scelto un argomento interdisciplinare da portare agli esami di maturità e dato che le problematiche connesse allo zero (1/0, 0/0, 00) si dovevano trattare nel programma di matematica, con gli studenti della V G del liceo linguistico “Giovanni da San Giovanni” abbiamo scelto di studiare la storia di questo numero, perché è stato introdotto nella nostra numerazione così tardi, e anche perché suscita tante difficoltà agli studenti di ogni età e ordine e grado di scuola. Abbiamo poi realizzato una mostra dal titolo Much ado about nothing (Molto rumore per nulla). La storia dello zero dalle origini ad oggi che presenteremo al convegno di Castel San Pietro Terme. Inoltre con gli studenti abbiamo fatto degli incontri con gli allievi della classe 4° della scuola primaria “Don Milani” di San Giovanni Valdarno, ove abbiamo presentato lo zero, il suo comportamento da “birbante” e abbiamo fornito dei questionari, i cui risultati verranno presentati in questo articolo. Gli studenti hanno anche animato alcuni racconti riguardanti lo zero e il suo strano comportamento. Poi sono stati forniti alcuni esercizi, per verificare se gli scolari avevano capito le proprietà dello zero e volevano proporre osservazioni personali e disegni su questo numero. 1. Il progetto “Much ado about nothing” (molto rumore per nulla). La Storia dello zero dalle origini ad oggi L‟idea di concludere il quinquennio del liceo con un progetto di carattere interdisciplinare ed una mostra che offrisse e rendesse visibile anche ad un pubblico di non addetti ai lavori i risultati del nostro lavoro, è nata da alcune riflessioni che gli studenti mi comunicavano sul loro rapporto con la matematica. Da circa dieci anni sono solito dare agli studenti di prima un classico tema dal titolo Io e la Matematica ove gli studenti vengono invitati ad esprimere liberamente le loro riflessioni; ne citiamo alcune. Per me la matematica è una materia importante anche se io non ho molta simpatia per essa. È una materia che se la capisci è facile, il problema è 241 capirla: Io non riesco a farmela entrare in testa benché io ci provi e riprovi. Molti ragazzi trovano la matematica una materia orribile e per questo non vogliono e non riescono a capirla. Io con la matematica non ho avuto mai un buon rapporto, non l‟ho mai digerita, mi è sempre rimasta sullo stomaco fin da quando ero piccola. Questo odio verso la “signora” Matematica è iniziato dall‟elementari, quando la mia maestra ci assegnò una scheda da fare a scuola che trattava sulle metà, il doppio e il triplo di un numero. A me la matematica non è che mi piaccia tanto, anzi la detesto. Secondo me la matematica la dovrebbero studiare solo chi da grande vorrebbe fare l‟ingegnere, l‟insegnante di matematica ecc e non chi vuole fare il cuoco, l‟hostess ecc. I temi esprimono quasi tutti questo senso di smarrimento, insofferenza, rifiuto (in alcuni casi gli studenti usano la parola odio) verso una materia di cui non capiscono il senso, e in definitiva verso un metodo di insegnamento ripetitivo, freddo, che non sa coglierne gli aspetti formativi, di gioco, il suo profondo inserimento nella cultura umana, nella sua storia. Da qui la necessità di cambiare il mio insegnamento, meno grandi quantità di inutili esercizi che servivano spesso ad addestrare lo studente a prendere l‟agognato 6 (la sospirata sufficienza), ma che non andavano al nocciolo della questione, di una comprensione dell‟argomento trattato. Per citare un esempio, nei primi anni del mio insegnamento, in una classe particolarmente problematica, con risultati catastrofici nei compiti scritti, dedicai tutto il mio tempo a fare centinaia e centinaia di esercizi; tutti quelli che erano nel libro di testo, ma il risultato alla fine dell‟anno scolastico non fu affatto soddisfacente. La partecipazione ai vari convegni tenuti a Castel San Pietro Terme, la lettura dei testi e la partecipazione ai vari corsi tenuti dal Prof. Bruno D‟Amore, con la possibilità di scambio di esperienze anche con insegnanti della scuola primaria e media, mi aiutarono moltissimo nell‟impostare un nuovo tipo di didattica. Cioè realizzare una didattica in continuità fra diversi ordini di scuola, arrivare all‟apprendimento della matematica attraverso l‟esplorazione, la scoperta, i legami con altre discipline. Realizzando un progetto che avesse come momento conclusivo l‟esposizione di ciò che viene prodotto (anche attraverso una mostra) nella consapevolezza che i ragazzi hanno più che mai necessità di sentirsi protagonisti nella costruzione della propria conoscenza. Ed è proprio con i laboratori che si recupera il luogo dove si ricerca, si sperimenta, si produce “qualcosa” che dà senso al lavoro svolto, in sintonia con la naturale curiosità degli allievi. Inoltre mostrarsi ad una platea che supera i limiti dell‟ambiente scolastico è forte motivazione al fare, alla assunzione di responsabilità e, quindi, all‟apprendimento. La scelta di affrontare le problematiche connesse allo zero è nata anche dal fatto contingente, che nel marzo del 2010 è stato realizzato un convegno sulle problematiche interculturali dal titolo È l‟ora del dialogo, come educare alla 242 tolleranza attraverso la scienza, la filosofia e la cultura, che affrontava il rapporto tra l‟Islam e l‟Europa: per cui è stato facile collegare la storia dello zero alla diffusione dei numeri indiani in occidente attraverso i rapporti commerciali tra arabi e popolazioni orientali, la loro diffusione in Spagna, ove la civiltà araba dette origine a splendide città, come Siviglia, Cordoba, Granada e splendide moschee, ove gli artisti musulmani usarono la geometria come «Una delle porte che ci conducono all‟essenza dell‟anima che è la radice di ogni conoscenza». Gli studenti in seguito hanno realizzato un fumetto, il cui protagonista è lo zero e una animazione che hanno riproposto agli allievi della classe 4° primaria della scuola Don Milani di San Giovanni Valdarno. Poi sono stati dati dei questionari per verificare le conoscenze da parte degli allievi su questo numero, che in accordo con la maestra Vanna Pratesi, che ha collaborato al Progetto, abbiamo definito birbante, per sottolinearne il suo comportamento molto diverso dagli altri numeri. Nella pagina seguente verrà riportato il manifesto di introduzione della mostra, con alcuni esempi del lavoro fatto nella classe 4° della scuola primaria. 2. Un percorso laboratoriale: Lo zero “birbante” Per lavorare sullo zero è necessario partire da una considerazione fondamentale: il calcolo che conosciamo e usiamo funziona perché il nostro è un sistema di numerazione posizionale, cioè il valore di ogni cifra è determinato dalla posizione che occupa. Nella classe quarta primaria, per capire cosa significa sistema posizionale abbiamo provato a confrontare fra di loro i sistemi di scrittura non posizionali. Abbiamo scoperto, ad esempio, che i Romani usavano i simboli per indicare la quantità ma non avevano un simbolo per indicare l‟assenza di quantità. Da qui il lavoro sull‟importanza dello zero nel nostro sistema di numerazione. In una fase successiva abbiamo proposto ai bambini dei questionari tratti dal libro Lo zero e il senso comune (Capucci, Codetta Raiteri, Cazzaniga, 2001). È interessante notare nelle risposte la ricchezza grafica e di colore con cui i bambini si sono espressi. Lo zero diventa personaggio che parla e vive in un contesto, in alcuni casi rappresenta loro stessi. Lo zero viene riconosciuto da tutti come elemento importante nella numerazione posizionale, c‟è consapevolezza del ruolo che svolge nelle operazioni, delle difficoltà che può creare nel calcolo, della necessità di stare attenti nel suo uso. Dalle risposte è uscito un mondo interiore ricco di simboli, creativo, dove le esperienze scolastiche ed extra-scolastiche si fondono a vicenda. 243 244 Alla domanda: Se non ci fosse il numero zero cosa cambierebbe?, gli allievi hanno risposto: Non potrei tifare i giocatori col numero 10 – 20 – 30 – 40…; Lo zero per me è un numero molto strano è dispettoso che fa venire dubbi anche nelle operazioni più facili come l‟addizione; Cambierebbero i conti, i numeri delle carte di credito; Ci sarebbe un argomento in meno da studiare a matematica… YUP! Così, quando il prof. Ferrini e gli studenti della V G mi hanno proposto di lavorare in classe sull‟argomento zero ho accettato perché poteva essere una occasione per arricchire le conoscenze dei bambini. 245 3. Fasi del lavoro Gli studenti ci hanno presentato una storia a fumetti sullo zero che hanno raccontato e mimato. I bambini sono stati invitati a coppie a mimare una scena i cui personaggi erano il numero uno e il numero zero e poi si scambiavano i ruoli. Per concludere abbiamo presentato ai bambini una serie di situazioni sullo zero con il tutoraggio da parte degli studenti della V G. 4. Conclusione Il lavoro ha entusiasmato gli studenti della scuola superiore che si sono trovati protagonisti di un‟esperienza didattica in cui sono riusciti a trasmettere in modo non astratto le conoscenze acquisite sui banchi di scuola. Ha entusiasmato i bambini perché hanno interagito con “insegnanti” che potevano identificare come figure familiari (fratelli e sorelle). Per noi insegnanti, questa esperienza al di là dei risultati strettamente scolastici acquisiti dai bambini (maggiore consapevolezza del ruolo dello zero nelle operazioni aritmetiche, nella numerazione decimale, ….), ha evidenziato l‟importanza dello scambio e del confronto tra ordini diversi di scuola che generalmente vengono considerati distanti fra loro. 246 Bibliografia Barrow John D. (2001). Da zero a infinito. La grande storia del nulla. Milano: Arnoldo Mondatori. Boyer C. B. (1998). Storia della matematica. Milano: Arnoldo Mondatori. Capucci G., Codetta Raiteri A., Cazzaniga G. (2001). Lo zero e il senso comune. Roma: Armando. D‟Amore B. (1983). Educazione matematica e sviluppo mentale. Roma: Armando. D‟Amore B.(1999). Elementi di didattica della matematica. Bologna: Pitagora. D‟Amore B. (2007). Lo zero, da ostacolo epistemologico a ostacolo didattico. La matematica e la sua didattica. Vol. 21, n° 4, 425-454. ISSN: 1120-9968. D‟Amore B., Fandiño Pinilla M.I. (2009). Zero. Aspetti concettuali e didattici. Trento: Erickson. Di Bella A., Rapelli N. (2005). Il fumetto a scuola. San Sebastiano al Vesuvio: Fratelli Ferraro. Enrico G., Petti R. (2002). Un ponte sul mediterraneo. Leonardo Pisano, la scienza araba e la rinascita della matematica in Occidente. Firenze: Edizioni Polistampa. Enzensberger H. M. (1997). Il mago dei numeri. Torino: Einaudi. Ghevergese Joseph G. (2003). C‟era una volta un numero. La vera storia della matematica. Milano: Gruppo editoriale il Saggiatore. Guedj D. (1996). L‟impero dei numeri. Trieste: Electa/Gallimard. Ifrah G. (2008). Enciclopedia universale dei numeri. Milano: Arnoldo Mondadori. Ministero della pubblica Istruzione (2007). Indicazioni per il curricolo, per la scuola dell‟infanzia e per il primo ciclo d‟istruzione. Napoli: Tecnodid. Kaplan R. (1999). Zero, storia di una cifra. Milano: RCS Libri S.p.A. Rodari G. (1960). Filastrocche in cielo e in terra. Torino: Einaudi. Parole chiave: progetto; cifra; quantità; zero; proprietà dello zero. 247 Alla ricerca della qualità: tre esperienze di pratica didattica Paolo Longoni Laboratorio Didattico di Matematica e Filosofia, Bergamo Gianstefano Riva Liceo scientifico Maironi da Ponte, Presezzo (Bg) Ernesto Rottoli Istituto Magistrale Secco Suardo, Bergamo Sunto. L‟insegnamento della matematica nella seconda metà del secolo scorso in Italia è stato caratterizzato da elementi significativi e innovativi. Negli ultimi anni però il percorso dell‟insegnamento della matematica si è in parte appiattito in direzioni non sempre aperte alle novità dei contesti. Forse l‟aspetto che più ha nuociuto è stato il prevalere dell‟idea della “accumulazione” su quella della qualità. Noi utilizziamo il termine “ottimale” per indicare il tentativo di superare l‟idea dell‟accumulazione e riportare la qualità al centro dell‟attenzione. Esso rappresenta il più “efficace”, il più “adatto”, relativamente a dati contesti e porta in sé sia l‟idea di sforzo costante di ricerca e di reinterpretazione, sia l‟attenzione ai contesti, ai loro mutamenti e alla molteplicità di attribuzioni di significato che li accompagnano. Tale termine inoltre è fornito di un sicuro riferimento teorico in quanto è al centro del programma di Gal‟perin, una delle figure leader nella psicologia sovietica, che indicava come obiettivo del suo programma di ricerca “la formazione ottimale delle azioni mentali e dei concetti” (Haenen, 1993). Proponiamo alcune esperienze didattiche, riferite a diversi contesti e momenti, che possono mostrare l‟articolazione del concetto di “ottimale”. 1. Il gioco del nascondere L‟“ottimale” si manifesta nel processo di organizzazione delle conoscenze su concetti centrali. Nella scuola primaria, pensiamo di avere realizzato questa forma di “ottimale” durante le numerose e diversificate attività relative all‟apprendimento del contare. Il “gioco del nascondere” ci ha permesso di pervenire all‟“ottimale” grazie alla costruzione di specifiche azioni mentali che hanno formato il nucleo attorno al quale le diverse attività del contare si sono coagulate e ne hanno ricavato un senso compiuto. 1.1. Prima parte Presentiamo qui il gioco come è stato svolto, per la prima volta, nell‟anno scolastico 2001-02 in alcune classi prime (Bonetto et al., 2002). 248 La prima parte viene svolta inizialmente con la guida dell‟insegnante e poi a coppie, sotto forma di gioco. L‟insegnante chiede al bambino di contare le palline nella seguente situazione. Sotto il cartoncino ci sono 3 palline. Quante sono in tutto le palline? Un buon numero di bambini risponde correttamente. I bambini possono scegliere entro il 5 la quantità da usare (anche lo 0; la maestra mostra ai bambini che si può utilizzare la quantità 0). La durata di questo intervento è mediamente di 30 minuti. I bambini “registrano” quando vincono e quando perdono. Il gioco viene ripreso tre volte nei giorni successivi, all‟inizio dell‟ora, con una durata media di 15 minuti. 1.2. Seconda parte Le due quantità nascoste. Sotto il primo cartoncino ci sono tre caramelle, sotto il secondo ce ne sono due; quante sono in tutto le caramelle? I tempi e i modi di svolgimento di questa parte sono identici a quelli della prima parte. 1.3. Terza parte L‟insegnante mostra 5 palline; il bambino le conta. In seguito l‟insegnante ne nasconde alcune. Quante palline ci sono sotto il cartoncino? Il gioco viene poi ripetuto tra bambini, a coppie. Questa attività si è rivelata difficile. È stato necessario proporre attività che rendessero l‟approccio più graduale. 1.4. Quarta parte Le due quantità nascoste. In tutto le caramelle sono 5; sotto il primo cartellino ce ne sono 2. Quante caramelle ci sono sotto il secondo cartellino? Quando i bambini hanno acquistato familiarità con il gioco, ripetono le diverse attività usando numeri più grandi. 249 Negli anni successivi il gioco del nascondere è stato ripresentato in altre classi prime, in forme più o meno diverse (Bonalumi et al., 2009). 2. Introduzione della moltiplicazione Riferendoci ancora ad attività svolte nella scuola primaria, stiamo ricercando una forma “ottimale” nell‟approccio alla moltiplicazione. La letteratura scientifica riporta numerosi misconcetti che si formano nell‟insegnamentoapprendimento della moltiplicazione. Molti autori attribuiscono questi misconcetti al modello intuitivo della moltiplicazione come somma ripetuta (D‟Amore,1999). Il nostro sforzo nella ricerca dell‟“ottimale” si sta indirizzando verso la formazione di un modello intuitivo che interpreta la moltiplicazione come cambio di unità di misura. Per questo facciamo uso delle attività proposte da Davydov e da lui organizzate in nove situazioni (Davydov, 1992). 2.1. Prima situazione L‟obiettivo è di mostrare ai bambini la necessità di cambiare l‟unità di conteggio. Il bambino deve contare (misurare) oggetti con l‟aiuto di un‟unità deliberatamente piccola e non conveniente. L‟insegnante fa in modo che il compito venga eseguito in presenza di ovvie difficoltà o di impossibilità di lavoro. Per esempio egli mostra ai bambini un grande contenitore di acqua e chiede quanti conigli possono bere, se ciascun coniglio beve un piccolo bicchierino di acqua. I bambini si rendono conto che il conteggio è lungo e difficile. Che cosa si può fare? 2.2. Seconda situazione Dopo che il bambino si è chiaramente reso conto delle difficoltà, l‟insegnante mostra lui stesso un modo nuovo di procedere. Prende una caraffa e lavora con questa, discutendo con i bambini il risultato ottenuto. La successione delle due attività permette di formulare una nuova conclusione e di scriverla in parole (.... preso .... volte). 2.3. Terza situazione L‟insegnante usa altri sussidi didattici per rinforzare nei bambini la strategia che permette di sostituire l‟unità di misura iniziale e di formulare la relazione tra i numeri ottenuti. Per esempio utilizza lo stesso secchio di prima, solo che ora è riempito con chicchi di granoturco, oppure mostra ai bambini un foglio con disegnata una parete di mattoni (dimensione della parete 52 cm × 75 cm; dimensione del mattone 3 cm × 2 cm). 250 2.4. Quarta situazione Questa situazione riguarda il passaggio alla scrittura della formula per la moltiplicazione. L‟insegnante richiama l‟attenzione dei bambini sulle frasi scritte nelle attività svolte ed evidenzia i termini che sono comuni nella loro struttura (… preso … volte) e pone compiti verbali finalizzati a evidenziare la struttura comune delle espressioni scritte. Spiega quindi che tali espressioni possono essere scritte in una maniera più breve e mostra la struttura della moltiplicazione. Infine fa loro ripercorrere le attività svolte facendo uso dei nuovi simboli e chiedendo loro di interpretare i numeri che compaiono nella formula (5 è il numero di bicchierini, contenuto nella caraffa, 6 è il numero di caraffe contenuto nel secchio). Il termine “moltiplicazione” non è ancora stato utilizzato). 2.5. Quinta situazione In questa situazione i bambini, in collaborazione con l‟insegnante, ripercorrono tutte le tappe della moltiplicazione e acquistano familiarità con la successione delle attività. Nello stesso tempo essi si impadroniscono dei termini necessari e delle loro caratteristiche. In particolare l‟insegnante informa i bambini che queste notazioni possono anche essere lette in un modo particolare e introduce la parola “moltiplicare”: l‟operazione è chiamata moltiplicazione e il segno “×” tra i due numeri è chiamato segno di moltiplicazione. La determinazione del risultato diventa l‟oggetto centrale delle attività successive. 2.6. Sesta situazione In questa situazione i bambini risolvono da soli una serie di problemi che richiedono l‟uso della moltiplicazione, facendo uso di sussidi didattici. Quando è possibile l‟insegnante mostra ai bambini un modo speciale di sistemare gli oggetti da contare: fare in modo che essi formino righe uguali. Allora una riga di n elementi è presa come unità di misura grande, il numero di righe è k e la caratteristica numerica generale dello “schieramento è (n×k). 2.7. Settima - ottava - nona situazione La settima situazione è finalizzata alla transizione verso la considerazione delle formule di moltiplicazione senza riferirle direttamente a problemi oggettivi concreti e quindi a introdurre una rappresentazione grafica delle relazioni espresse nella formula di moltiplicazione. L‟ottava situazione è dedicata alla costruzione delle tabelline. Nella nona situazione si procede alla costruzione delle tabelline facendo uso delle leggi principali della moltiplicazione. Già Piaget aveva sostenuto che l‟operazione di moltiplicazione va insegnata come nuova operazione e non come addizione ripetuta (Piaget, 1987). La tesi che metodi di introduzione della moltiplicazione che non fanno uso 251 dell‟addizione ripetuta siano più efficaci comincia a trovare supporto sperimentale (Park, Nuñez, 2001). Le caratteristiche che rendono significativa la proposta di Davydov sono due: prima di tutto la ricchezza, l‟articolazione e la specifica finalizzazione delle attività pratiche proposte esaltano il ruolo della corporeità nell‟apprendimento; in secondo luogo viene esplicitamente evidenziato il nuovo livello dell‟operazione di moltiplicazione: essa si diversifica dal semplice conteggio (che non è possibile nelle attività proposte); consiste piuttosto nel mettere in relazione – nel combinare in senso compiuto due conteggi distinti. 3. Il metodo degli intervalli nella soluzione delle disequazioni La ricerca dell‟“ottimale” può essere associata anche a un discorso di funzionalità. Per esempio l‟utilizzo del metodo degli intervalli nella soluzione delle disequazioni, nelle scuole superiori, fornisce agli studenti uno strumento agile che può essere recuperato con facilità tutte le volte che si presenta la condizione di risolvere una disequazione razionale. Il metodo degli intervalli viene presentato in un libro di testo russo del 1981 (Yakovlev, 1981) nel seguente modo. 1. Si definiscono prima di tutto i concetti di polinomiale: Pn (x) = ao + a1x + … + anxn funzione razionale: R (x) = Pn (x) /Qm (x) punti critici: x=-2, x=-1, x=1, x=6 sono punti critici di P3(x) x3-6x2-x+6 (x+1)(x-1)(x-6) ──── = ──────── = ────────── (1) Q2(x) x2+3x+2 (x+1)(x+2) disuguaglianza razionale: disuguaglianza tra funzioni razionali. 2. Il metodo si basa sulle seguenti proprietà delle funzioni razionali, assunte senza prova: una funzione razionale conserva il segno nell‟intervallo determinato da due punti critici consecutivi; tranne casi particolari, in intervalli consecutivi, i segni si alternano. 3. Il processo di risoluzione di una disequazione procede in questo modo: si riduce la disuguaglianza alla forma Pn (x)/Qm (x) >,=,< 0, si determinano i punti critici della funzione razionale, si rappresentano i punti critici sulla retta, si determina il segno in un punto non critico, si determina il segno negli intervalli. Per esempio, nel caso della funzione (1), i punti critici dividono la retta in cinque intervalli e in ciascun intervallo la funzione mantiene lo stesso segno. I punti critici del numeratore sono indicati con trattini, mentre i punti critici del denominatore sono indicati con “asintoti” orizzontali. Tre dei punti critici 252 hanno molteplicità 1, mentre il punto -1 si distingue in quanto, comparendo sia a numeratore sia a denominatore, ha molteplicità pari; per questo è indicato con una linea tratteggiata. Si determina ora il segno della funzione in un punto non critico. Siccome 0 non è un punto critico e in 0 la funzione è positiva, essa è positiva in tutto l‟intervallo (-2;-1). Per determinare i segni dell‟intera funzione basta applicare la regola che in intervalli consecutivi “normalmente” i segni si alternano. Però se il punto critico di confine ha “molteplicità pari”, il segno rimane invariato. I segni della funzione (1) sono rappresentati nel seguente grafico. -2 - -1 + 1 + 6 - + Anni di pratica hanno mostrato che, contro ogni previsione, le difficoltà degli studenti si sono concentrate sulla determinazione del valore della funzione in un punto non critico; difficoltà dovute alla gestione contemporanea di due insiemi distinti: l‟insieme dei numeri della retta rappresentata e l‟insieme dei valori che la funzione assume in essi. Queste difficoltà hanno comportato l‟impiego di specifiche attività che permettessero allo studente di andare oltre, di «salire per esse – su esse – oltre esse. Egli deve, per così dire, gettar via la scala dopo che v‟è salito» (Wittgenstein, 1969, penultima proposizione). Bibliografia Bonalumi S., Carola M., Daleffe A., Gatta F., Orsino F., Rottoli E., Sorgato S., Sperlari C. (2009). Il senso del numero in prima elementare: una rilettura secondo Gal‟perin. Grimed 16. Le competenze matematiche per l‟identità, l‟autonomia, la cittadinanza. Bologna: Pitagora. Bonetto M., Bonissoni P., Ravasio N., Soffientini D., Rottoli E. (2002). A teaching Experience: the game of hiding. Proceedings CIEAEM 54. Vilanova i la Gertù, Spain. 407-411. D‟Amore B.(1999). Elementi di didattica della matematica. Bologna: Pitagora. Davydov V.V. (1992). The psychological Analysis of Multiplication Procedures. Focus on learning problems in mathematics. 14, 1, 3-67. Haenen J. (1993). Piotr Gal‟perin. His lifelong quest for the content of psychology. Amsterdam: Proefschrift Vrije Universiteit Amsterdam. 253 Park J-H., Nunes T. (2001). The development of the concept of multiplication. Cognitive Development. 16, 763–773. Piaget J. (1987). La genesi del numero nel bambino. Firenze: La Nuova Italia. Yakovlev G.N. (1981). High School Mathematics. Part I. Moscow: MIR Publishers. Wittgenstein L. (1969) Tractatus logico-philosophicus. Torino: Einaudi. Parole chiave: emmatematica; ottimale; azioni mentali; modello intuitivo; funzionalità. 254 SEZIONE 8 SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO E SECONDO GRADO 255 256 MATh.en.JEANS: un anno di esperienza Alessandra Brena e Ombretta Locatelli Centro Matematita - Collegio San Carlo, Milano Sunto. In questo testo viene presentato l‟innovativo progetto “MATh.en.JEANS: fare ricerca matematica a scuola” e se ne fornisce un primo bilancio a un anno dall‟avvio della sperimentazione in diverse scuole del nord Italia. L‟analisi viene condotta tenendo conto del punto di vista delle differenti figure coinvolte: un‟insegnante di scuola secondaria di secondo grado, i suoi studenti e un ricercatore universitario. È ormai trascorso un anno dalla presentazione ufficiale italiana del progetto MATh.en.JEANS: fare ricerca matematica a scuola. Questa innovativa pratica didattica in aula è diffusa in Francia già da circa vent‟anni e ora finalmente è approdata in Italia grazie alla collaborazione tra Matematita, Centro Interuniversitario di Ricerca per la Comunicazione e l‟Apprendimento Informale della Matematica e Kangourou Italia. I numeri della prima sperimentazione italiana del progetto (anno scolastico 2009-2010) sono questi: 15 docenti di scuola secondaria di primo grado, 18 docenti di scuola secondaria di secondo grado, 12 ricercatori, 32 gruppi di lavoro appartenenti a 24 diversi Istituti scolastici, per un totale di oltre 600 studenti. In questa sede accorpiamo la presentazione del progetto nella sua struttura con la lettura dell‟esperienza svolta seguendo i commenti degli studenti del secondo autore. In tal modo l‟analisi viene condotta tenendo conto del punto di vista delle differenti figure di MATh.en.JEANS: un‟insegnante di scuola secondaria di secondo grado e uno dei ricercatori in jeans, che è anche primo autore di questo articolo. 1. Il progetto MATh.en.JEANS è l‟acronimo di Metode d‟Apprentissage des THeories Mathematiques EN Jumelant des Etablissements pour une Approche Nouvelle du Savoir, ovvero Metodo di apprendimento delle teorie matematiche attraverso il gemellaggio degli Istituti scolastici per un approccio nuovo al sapere. È opinione ampiamente diffusa nell‟ambito della ricerca in didattica della matematica che lo studio della regina delle scienze non debba essere ricondotto alla memorizzazione di formule o alla mera acquisizione di tecniche di calcolo. Il vero cuore pulsante della matematica risiede infatti nel 257 ragionamento individuale e collettivo, nella capacità di affrontare un problema costruendone prima un modello a cui applicare le proprie conoscenze e verificando poi i risultati ottenuti per correggerli ove necessario e successivamente generalizzarli. Per fare matematica non occorre affatto che il problema sia assolutamente complicato. Come afferma Polya (1945): «Una grande scoperta risolve un grande problema, ma c‟è una briciola di scoperta nella soluzione di qualsiasi problema. Il tuo problema può essere semplice, ma se mette alla prova la tua curiosità e mette in gioco le tue capacità di invenzione, e se lo risolvi con i tuoi mezzi, puoi provare la tensione e il trionfo della scoperta. Queste esperienze possono creare un gusto per il lavoro intellettuale e lasciare la loro impronta sulla mente e sul carattere per tutta la vita». E in effetti i problemi di MATh.en.JEANS sono molto diversi fra loro quanto a difficoltà e a necessità di prerequisiti, ma tutti - per essere risolti - richiedono agli studenti di mettere in gioco le loro conoscenze e competenze, giocando un ruolo attivo nella costruzione del loro stesso sapere. Queste sono le caratteristiche generali dell‟attività di ricerca in matematica che il progetto si propone di riprodurre: vi sono alcuni problemi da risolvere; si forma un gruppo di ricercatori; si individuano strategie risolutive per tali problemi, anche ideando a tal fine modelli concreti; si effettuano esperimenti per verificare la validità delle soluzioni trovate e, nel caso, si correggono i risultati inizialmente ottenuti; si estendono le scoperte ottenute interrogandosi su altri casi; si espongono e si discutono i risultati ottenuti con altri interessati alle stesse questioni. Nella pratica italiana di MATh.en.JEANS, all‟inizio dell‟anno scolastico gli organizzatori hanno assegnato due gruppi di studenti appartenenti a due diversi istituti ad ogni ricercatore. Quest‟ultimo li ha quindi incontrati una prima volta per proporre loro uno stesso problema da risolvere. La scelta del problema è una questione cruciale: non si deve infatti trattare né di una questione di troppo semplice risoluzione né di una questione di troppo difficile comprensione e, inoltre, essa deve prestarsi a offrire lo spunto per diverse riflessioni. Ecco alcuni esempi dei temi proposti nell‟edizione 2009-2010. Per le scuole secondarie di primo grado: Lumache nella scatola: qual è la distanza minima tra due punti su un poliedro? Triangoli e tetraedri: quali e quanti sono tutti i triangoli realizzabili con lati di due lunghezze assegnate? Quali e quanti sono i tetraedri realizzabili con questi triangoli come facce? Tassellazioni del piano e dello spazio: date alcune piastrelle aventi la forma di poligono regolare, tutte con i lati della stessa lunghezza, come si possono 258 disporre queste piastrelle in modo da tassellare l‟intero piano, facendo attenzione a non sovrapporle e a non lasciare spazi tra una e l‟altra? Gli ingranaggi: usando ruote dentate, con un numero di denti compreso tra 20 e 40, è possibile un ingranaggio che abbia rapporto 37? Per le scuole secondarie di secondo grado: Poligoni di Reuleaux: in che modo un triangolo di Reuleaux può creare buchi quadrati? A quali altri poligoni si può applicare la costruzione di Reuleaux? Quali sono le proprietà di queste figure? Infinito: come confrontare due insiemi con un numero finito di elementi? Come confrontare due insiemi con un numero infinito di elementi? Fra le varie strategie individuate quale è la più comoda? Metro: è possibile, avendo a disposizione un righello (non graduato) lungo 10 cm e un compasso con un‟apertura massima di 10 cm, costruire una linea lunga 1 m? Come? Frattali: quale modello di figura può essere utile per misurare la lunghezza di una costa frastagliata o la superficie di un‟isola con una tale costa? Avviato il progetto, gli studenti di ciascun gruppo di lavoro si sono impegnati a incontrarsi all‟interno della propria scuola per risolvere il problema proposto, con cadenza settimanale o quindicinale, in orario curricolare o extracurricolare, a discrezione del docente che li ha seguiti. Dopodiché, al raggiungimento dei primi risultati, il gruppo è stato invitato a contattare l‟Istituto scolastico gemellato per uno scambio di informazioni (domande, perplessità, confronto di soluzioni, …), utilizzando – su una particolare piattaforma informatica protetta – un forum creato ad hoc per i due gruppi e gestito dal ricercatore. Inutile sottolineare che le situazioni ottimali sono state quelle in cui si è riusciti ad ottenere una fervida collaborazione tra i due Istituti scolastici. In tale caso si è raggiunto infatti uno degli obiettivi più importanti per la riuscita del progetto, ovvero l‟indipendenza del lavoro degli studenti dall‟abituale guida di un adulto: il ricercatore aveva infatti, in questa fase, solo il ruolo di tutor nei momenti di impasse. All‟interno dei singoli gruppi di lavoro si sono dimostrati fondamentali, fra l‟altro, la forza di volontà, la tenacia, l‟inventiva e la precisione nel formalizzare un risultato, la capacità di convincere i compagni delle proprie idee. Spesso gli studenti hanno avvertito la necessità di realizzare modelli concreti utili per la comprensione, la soluzione e la comunicazione al pubblico dei risultati ottenuti o dei percorsi avviati. A tal proposito, ci piace sottolineare che le loro realizzazioni (poliedri di svariate forme, dimensioni e colori, componenti meccaniche, elaborati disegni di frattali, pavimentazioni e curve, strumenti per la misurazione) hanno, in alcuni casi, lasciato senza parole i responsabili del progetto, i ricercatori e gli stessi docenti delle classi. Un altro elemento fondamentale per la buona riuscita dell‟esperienza è legato alla maniera con cui i docenti responsabili dei singoli gruppi hanno inteso il 259 proprio ruolo. I responsabili di MATh.en.JEANS hanno chiesto loro di essere solo garanti, con la presenza in aula, della sicurezza del lavoro dei ragazzi. Ovviamente gli studenti sono stati spesso tentati di usarli per superare le difficoltà: non è stato facile resistere alla tentazione di assecondarli, ma in qualità di esperti a disposizione della classe hanno dovuto stimolarli e aiutarli, frenando l‟istinto di sostituirsi a loro e di condurre i diversi ragionamenti. Il lavoro dei gruppi si è chiuso con un convegno rivolto a tutti i protagonisti del progetto (studenti, docenti e ricercatori), nel quale ogni gruppo di lavoro è stato chiamato ad esporre non solo i risultati raggiunti, ma anche le strategie e le modalità di lavoro impiegate, le esperienze realizzate, le domande che si è posto, le congetture fatte, eventuali risposte trovate, le ulteriori domande che sono a mano a mano scaturite. Nella fattispecie, il convegno finale della prima edizione del MATh.en.JEANS italiano si è tenuto nei giorni 23-24 Aprile 2010, presso il Dipartimento di Matematica dell‟Università degli Studi di Milano. Il primo giorno è stato dedicato ai docenti che hanno lavorato al progetto e che si sono confrontati su alcune questioni centrali nella costruzione di un apprendimento/insegnamento efficace: collaborazione e apprendimento in Matematica, errore e apprendimento in Matematica, rigore e apprendimento informale in Matematica. Il secondo giorno è stato invece interamente dedicato ai ragazzi, all‟esposizione delle loro relazioni e a una piccola mostra dei modelli prodotti. È stato emozionante per docenti e ricercatori osservare con quale serietà e professionalità i ragazzi abbiano svolto il loro compito: qualsiasi fossero i risultati raggiunti (non sempre infatti i gruppi sono riusciti a risolvere il problema assegnato o a completare l‟intero percorso previsto dal ricercatore), i ragazzi hanno mostrato in corso d‟opera di acquisire via via una crescente scioltezza linguistica e precisione nel parlare di questioni matematiche, e hanno dedicato un‟attenzione particolare alla preparazione ed esposizione delle presentazioni nella fase finale. Abbiamo ascoltato gruppi di “piccoli” che hanno cercato di raccontare agli studenti più grandi le loro scoperte e di convincerli quando questi si sono mostrati scettici, e gruppi di “grandi” che hanno cercato di trovare le parole più adatte per spiegare il proprio lavoro ai più giovani. Nessuno sembrava preoccuparsi dei docenti presenti. A guisa di riconoscimento del lavoro svolto, le relazioni dei vari gruppi sono state pubblicate on-line sul sito www.xlatangente.it (sezione rubriche /over25/ materiali) e in due dossier, uno per le scuole secondarie inferiori e uno per quelle superiori, nei numeri 21 e 22 della rivista XlaTangente. E non è tutto! Due gruppi scelti durante il convegno, quello che ha studiato “Gli ingranaggi” in rappresentanza delle scuole secondarie di primo grado e quello che si è occupato dei “Poligoni di Reuleaux” per quelle di secondo grado, sono stati invitati ad esporre nuovamente i propri lavori a Mirabilandia a latere delle gare finali dell‟edizione 2010 di Kangourou Italia. 260 2. I commenti dei ragazzi Ecco ora i commenti dei ragazzi che, mentre frequentavano una seconda liceo classico di un Istituto scolastico di Milano, hanno preso parte al progetto nell‟edizione 2009-2010 affrontando il tema “Infinito”. Il ricercatore è venuto nella nostra classe e ci ha posto alcuni quesiti sui quali riflettere da un punto di vista matematico, come ad esempio: «Gli infiniti sono tutti equivalenti? Come si può fare per confrontare due insiemi con un numero infinito di elementi? Conosciamo tanti insiemi con infiniti elementi (i numeri naturali, i multipli di 7, i punti di un segmento o di una curva, ...); sappiamo confrontarli tra loro?». Ci ha mostrato poi come avremmo potuto trovare alcune risposte a tali quesiti solo attraverso l‟uso delle nostre conoscenze e del ragionamento. Da subito ci siamo immersi in tale progetto, totalmente fuori dall‟ordinario, e abbiamo scoperto un modo nuovo di approcciarsi alla matematica. Abbiamo lavorato per risolvere un problema in cui non bisogna applicare una formula più o meno complessa, ma scoprire come funziona la logica del ragionamento. Questa interessante prospettiva ci ha motivati a intraprendere il “lavoro” con la giusta serietà e passione. Poiché nel nostro tipo di liceo le ore mattutine dedicate alla matematica sono soltanto due, abbiamo dovuto dedicare anche alcune ore pomeridiane al progetto; ciò ha comportato che il progetto venisse portato avanti solo da un gruppo ristretto di compagni. Un punto focale per la riuscita della ricerca è stato sicuramente il lavoro di squadra; anche se dobbiamo ammettere che non è stato semplice collaborare fra di noi e distribuirci equamente i ruoli e i compiti. Ci siamo occupati tutti dello sviluppo delle idee e, in un secondo momento, ci siamo divisi in due gruppi: alcuni hanno curato l‟organizzazione della presentazione per il convegno finale, altri l‟esposizione. La fase più divertente del progetto è stata quella che ha richiesto più impegno: sviluppare delle risposte efficaci ai quesiti che ci erano stati posti dal ricercatore. Siamo partiti inizialmente da qualche “aiuto” fornitoci da lui e siamo giunti a conclusioni corrette procedendo per tentativi, sempre più fieri della riuscita del lavoro ad ogni step superato. Ci hanno in seguito raccontato che in questo modo siamo arrivati a elaborare una dimostrazione molto simile a quella che fece il matematico Cantor nella sua diagonalizzazione, pur non ricordandoci di averne mai sentito parlare prima! Non meno impegnativa è stata la preparazione della presentazione per il convegno finale, tenutosi sabato 24 aprile, che ha richiesto sia competenze abbastanza specifiche del campo informatico, sia capacità espositiva di fronte ad un centinaio di ragazzi decisamente attenti all‟argomento. Le difficoltà riguardo a quest‟ultimo punto sono state notevoli, dato che il lavoro che 261 abbiamo dovuto raccontare al pubblico presente al convegno era particolarmente astratto. Sinceramente non è stato semplice, per motivi di mezzi di comunicazione, di distanza e di tempistiche, lavorare con il gruppo dell‟altra scuola a noi associata. Abbiamo più che altro fatto riferimento al ricercatore e usato lui come tramite per le nostre idee. Il momento che più ci è rimasto impresso è stato sicuramente quello della presentazione finale. In quella mezzora infatti abbiamo avuto la sensazione di giocarci il tutto per tutto: una cattiva presentazione avrebbe rischiato di compromettere il lavoro fatto; tuttavia con la preparazione e il supporto della squadra siamo riusciti a fare un buon lavoro. Al termine dell‟esposizione l‟applauso della platea ha suscitato in noi la soddisfazione più grande: la consapevolezza di essersi impegnati per un lavoro riuscito e capito da altri, nonostante il tema fosse così difficile da rendere graficamente! Per conoscere più in dettaglio i contenuti matematici del lavoro di questa classe si legga il numero 22 della rivista XlaTangente, pagine 22-23. Bibliografia Dossier Math.en.JEANS 2009/2010 (Scuola secondaria di primo grado)-Raccolta degli abstract, XlaTangente. 21, 13-36. Dossier Math.en.JEANS 2009/2010 (Scuola secondaria di secondo grado)-Raccolta degli abstract, XlaTangente. 22, 13-36. Polya G. (1971). La scoperta matematica. Capire, imparare e insegnare a risolvere i problemi. Volume I. (Traduzione da: Mathematical discovery, 1962). Milano: Feltrinelli. Testi Saltini P. (a cura di) (2010). Partiti! XlaTangente. 18, 45. Testi Saltini P. (a cura di) (2010). L‟infinito in una perla. XlaTangente. 19, 46-47. Testi Saltini P. (a cura di) (2010). Eccoci al traguardo! XlaTangente. 20, 46-47. www.mathenjeans.it www.xlatangente.it Parole chiave: apprendimento; ricerca matematica; problem solving; cooperative learning; collaborazione scuola-università. 262 SEZIONE 9 SCUOLA DELL’INFANZIA, PRIMARIA, SECONDARIA DI PRIMO E SECONDO GRADO 263 264 La Scatola di Einstein: da un oggetto a tanti progetti Giorgio Häusermann D.F.A. – S.U.P.S.I., Locarno Sunto. La Scatola di Einstein, raccolta di giocattoli con cui svolgere delle esperienze scientifiche nelle scuole primarie, è stata il punto di partenza per sviluppare diverse attività nell‟ambito della formazione scientifica degli allievi, degli insegnanti e per il pubblico in generale. Nell‟articolo sono presentate le attività svolte e alcune proposte per utilizzare i giocattoli nelle attività didattiche nei diversi livelli scolastici. 1. La Scatola di Einstein L‟idea della Scatola di Einstein nacque nell‟estate del 2004 in vista del successivo anno mondiale della fisica ed è figlia della mostra I giocattoli e la scienza sviluppata dal prof. Vittorio Zanetti dell‟Università di Trento ospitata al liceo di Bellinzona nel 1996. La collezione della Scatola comprendeva oltre cinquanta pezzi tra giocattoli e altri oggetti con i quali gli insegnanti delle scuole primarie e secondarie di I grado potevano studiare con i loro allievi diversi argomenti di fisica, dal moto alle trasformazioni di energia, dalla luce all‟elettromagnetismo. Il risultato fu molto positivo: l‟Alta Scuola Pedagogica 265 diede in prestito una scatola a diverse scuole del Cantone dal 2005 in avanti, due scatole furono acquistate dai Centri didattici cantonali di Bellinzona e di Massagno, che ne suddivisero il contenuto in contenitori tematici, ancora oggi molto richiesti dagli insegnanti. 2. Le attività successive L‟esperienza della Scatola di Einstein fu un punto di svolta decisivo per sviluppare nuove attività: durante il 2005 fu possibile presentarne il contenuto per decine di volte in scuole, convegni, mostre, festival della scienza e corsi di formazione, evidenziando l‟interesse suscitato dalla proposta e la necessità di trovare nuove strade per avvicinare i giovani alla scienza. Le esperienze di alcuni convegni e della manifestazione Science on stage, organizzata al CERN nel novembre 2005, permisero poi di conoscere altre interessanti situazioni e avvicinare ulteriori attività di sviluppo. A partire dalla primavera 2006 iniziò la collaborazione con Marco Calò e Pamela De Lorenzi, allora insegnanti in formazione di scuola secondaria di I grado e di scuola primaria, con i quali fu possibile far partire all‟Alta scuola pedagogica il progetto Giovani scienziaTI, attività rivolta agli allievi degli ultimi anni di scuola primaria e dei primi anni di scuola media (8 – 12 anni) del locarnese.1 Dal 2006 al 2008 ebbero luogo una quindicina di incontri al sabato mattina, nei quali si svolsero attività basate sull‟osservazione e sull‟esecuzione di esperimenti, sulla costruzione di oggetti e sull‟interpretazione di fenomeni fisici. L‟attività iniziò con una trentina di iscritti per terminare con oltre settanta. I temi degli incontri e le attività svolte sono descritte al sito http://www.aspti.ch/giocafisica/pagine/giovani_scienziati.html. Questa proposta fu ripresa in seguito a Giubiasco e a Barbengo presso le scuole secondarie di primo grado con la collaborazione del Gruppo Genitori. Dal 2005 si moltiplicarono anche le presentazioni della Scatola in pubblico a studenti, a corsi per insegnanti e in molte altre occasioni. Dalla Scatola si passò poi a più contenitori, tra i quali grandi valigie, per facilitare i viaggi in aereo. Si aggiunsero pure via via diverse nuove esperienze con lo scopo di rendere più scenografica e attraente la presentazione, anche nel caso di un numero elevato di spettatori. Continuarono le attività nell‟ambito della formazione iniziale e continua per gli insegnanti e prese avvio una collaborazione con due colleghe spagnole che inserirono nel loro programma annuale un percorso didattico centrato sull‟uso dei giocattoli e le semplici esperienze svolte dagli allievi. A completare il quadro delle attività si aggiunse nel 2009 la partecipazione alla trasmissione televisiva della RSI Colazione con Peo2 dove, durante una 1 2 Con la collaborazione di Guido Della Bruna, presidente del Gruppo Genitori Locarnese. RSI (Radio della Svizzera italiana) http://la1.rsi.ch/peo/welcome.cfm. 266 dozzina di puntate vennero presentati alcuni personaggi celebri nel campo della scienza e mostrate numerose esperienze svolte con i giocattoli. 3. Il ruolo del giocattolo nell’insegnamento scientifico «L‟introduzione di attività comprendenti i giocattoli nelle attività didattiche permette agli studenti di costruire attivamente, con esempi concreti, il proprio sapere nell‟ambito della fisica. I giocattoli sono oggetti del mondo reale che stimolano l‟interesse e l‟emotività. Le esperienze semplici e i giocattoli permettono a tutti gli studenti di compiere il primo semplice passo verso lo sviluppo della curiosità per il sapere scientifico. Compito degli insegnanti è coltivare nel modo migliore la piccola fiamma che nasce dall‟incontro tra gioco e scienza» (Giorgio Häusermann, Apprendere la fisica giocando, Istituto tecnico Malignani Udine, 8 aprile 1999). Le esperienze maturate in questi anni nei diversi livelli scolastici hanno permesso di approfondire il ruolo del giocattolo nell‟insegnamento scientifico, considerando i possibili approcci e i diversi significati che esso ricopre nel corso degli studi, dalla scuola dell‟infanzia alla scuola secondaria di secondo grado e oltre. Un principio generale può essere espresso nel seguente modo: il giocattolo non è sufficiente in sé ad avvicinare alla conoscenza ma è uno strumento stimolante che permette al docente di organizzare attività didattiche strutturate secondo alcuni dei seguenti passi: osservare ed eventualmente misurare porre domande (distinguendo quelle per cui è possibile dare una risposta e quelle che restano inaccessibili) formulare ipotesi e spiegazioni proporre strategie per verificare le ipotesi concepire ed eseguire nuove esperienze interpretare le informazioni raccolte, stabilire delle connessioni e trarre delle conclusioni comunicare i risultati e difendere le proprie opinioni. Nel caso dei livelli scolastici superiori, a questo schema possono essere aggiunti altri passi come la costruzione di modelli matematici e il riferimento a modelli fisici studiati in teoria. Il ruolo dei giocattoli nell‟insegnamento della fisica assume nel corso degli anni di scuola obiettivi e modalità diverse: nei livelli inferiori i punti focali sono l‟osservazione, la manipolazione e la comprensione dei fenomeni mentre in quelli superiori si aggiungono la ricerca dei collegamenti tra il funzionamento di oggetti reali, le attività dei laboratori specifici e le leggi studiate nei diversi capitoli del corso di fisica. 267 4. Studiare la fisica con i giocattoli. Gli esempi 4.1. Da 4 a 6 anni Magia, scienza o magie scientifiche? In occasione della VII edizione del Festival della Mente di Sarzana http://www.festivaldellamente.it/, ci è stato chiesto di svolgere un‟attività di un‟ora per una trentina di bambini, da ripetersi per tre volte nell‟arco di una mattinata. Nella prima parte dell‟atelier mostravamo magie chimiche in cui facevamo sparire l‟acqua con un po‟ di poliacrilato di sodio in fondo a un bicchiere, utilizzando poi altri tipi di polimeri idrofili per mostrare altri effetti particolari, come le palle d‟acqua e la neve istantanea. Abbiamo pure fatto volare una corda, dell‟aria e del fumo con i nostri apparecchi speciali (string launcher e airzooka) e abbiamo parlato di diavoletti magici e di buchi nell‟acqua (diavoletto di Cartesio e il Vortice). Nella seconda parte abbiamo fatto costruire un braccialetto fotosensibile, fatto di perline che si colorano con i raggi ultravioletti, e abbiamo distribuito il materiale per costruire a casa un diavoletto-calamaro, una ninfea di carta. 4.2. Nelle scuole primarie Nell‟autunno 2009 abbiamo proposto un corso di formazione per docenti delle scuole dell‟infanzia e primarie nel quale abbiamo proposto alcune delle attività che avevamo sperimentato con i Giovani scienziaTI. A seguito di questo incontro siamo stati contattati dalla sede scolastica di Stabio per progettare con loro alcune attività riguardanti lo studio del galleggiamento. Le lezioni si sono svolte all‟inizio del 2010 e sono state articolate in un incontro plenario, in cui abbiamo mostrato degli esempi di come si può studiare la fisica con i giocatoli, a cui sono poi seguite delle attività svolte in parte con il nostro contributo e in parte in maniera autonoma dalle docenti della sede. La nostra funzione è stata quella di fornire il materiale per costruire il Vortice e il Diavoletto e di presentare una serie di esperimenti di galleggiamento. 268 4.3. Nelle scuole secondarie di primo grado Le attività svolte in questo settore sono state le presentazioni alle Giornate della scienza e quelle in occasione di inviti da parte di colleghi per eventi particolari. Inoltre la Scatola di Einstein, come pure alcune raccolte di giocattoli suddivisi per argomenti in dotazione ai centri didattici di Bellinzona e di Massagno, sono stati dati in prestito ad alcune sedi nel 2005 in Ticino e nel Canton Grigioni. I giocattoli sono stati anche utilizzati per costruire i percorsi didattici nell‟ambito di due lavori di diploma; uno sul galleggiamento e l‟altro sul sistema solare. In quest‟ultimo caso si è trattato di palloni gonfiabili che rappresentavano il sistema Sole-Terra-Luna e altri modelli planetari. In generale però, a livello di scuole medie ticinesi, non si è riscontrato un grande interesse a proporre interi percorsi con i giocattoli, poiché i programmi sono molto strutturati e le proposte didattiche sono già ben organizzate dagli esperti che seguono l‟insegnamento. 269 4.4. Nelle scuole secondarie di secondo grado Lo scopo principale dell‟uso di giocattoli nell‟insegnamento della fisica nelle superiori è quello di mostrare come nel funzionamento di oggetti del mondo reale è possibile ritrovare le leggi e i principi studiati a partire da modelli semplificati. Affiancare osservazioni e misure sul comportamento dei giocattoli ad esperienze di laboratorio, costruite per mettere in evidenza unicamente il concetto per le quali sono state concepite, permette di collegare in modo più completo i differenti argomenti e mostrare così la validità dello studio della materia in un modo più ampio e più vicino alla vita degli studenti. Pur non avendo in questi anni esperienze dirette d‟insegnamento nel settore delle superiori, è stato possibile tuttavia collaborare con diversi colleghi dando loro una consulenza in termini di prestito di giocattoli da utilizzare nelle loro classi. Esempi sono stati il disco a cuscino d‟aria per lo studio del moto circolare, oggetti galleggianti e non per la statica dei fluidi, il generatore di onde stazionarie per il modello atomico e i campioni di metalli per il concetto di mole. 270 5. Gli spettacoli con il pubblico La presentazione/spettacolo I giocattoli della Scatola di Einstein è stata proposta oltre un centinaio di volte dalla fine degli anni novanta ad oggi. In essa si ripercorrono i principali capitoli di un immaginario manuale di fisica dove al posto delle pagine, delle formule, delle definizioni e degli esercizi, ci sono giocattoli e semplici esperienze che mostrano come nel loro funzionamento si possano ritrovare i concetti e i fenomeni studiati nei corsi di fisica. A seconda del tipo di pubblico e della struttura si è dovuto optare per un maggiore o un minore contatto diretto e quindi una diversa possibilità di far pendere la bilancia dalla parte dell‟apprendimento della fisica anziché da quella del puro divertimento. Non sappiamo quanta scienza abbiamo trasmesso in questi dieci anni ma di certo abbiamo avuto di fronte a noi giovani e meno giovani attenti e interessati per oltre un‟ora e mezza e persino persone con una formazione scientifica qualificata hanno mostrato grande soddisfazione per il nostro approccio ludico. 6. Le trasmissioni TV Peo è un cane blu di peluche che “lavora” alla Televisione della Svizzera italiana. Dal 1995 “conduce” trasmissioni per bambini in cui sono proposti cartoni animati e telefilm. Con Peo sono presenti ospiti che avvicinano i bambini all‟arte, al mondo quotidiano, alla natura e alla scienza. Dal 2009 collaboriamo con Peo mostrando semplici esperienze di fisica e presentando la storia delle scoperte scientifiche e tecnologiche. Questa attività ci ha permesso di riflettere su molti aspetti della comunicazione scientifica per i più piccoli e per le peculiarità del mezzo televisivo. La preparazione delle puntate richiede molta attenzione nel proporre esperienze che siano spettacolari, non pericolose, che rispettino le dimensioni dello studio di registrazione e che seguano un filo logico facile da comprendere. Nella fase di registrazione si scelgono le esperienze più adatte alla ripresa televisiva, si devono trovare le 271 spiegazioni corrette dal punto di vista scientifico e adatte al pubblico di giovani tra i 6 e i 10 anni e si devono coordinare i movimenti con Peo e con le attività da svolgere, mantenendo un ritmo molto veloce tipico del mezzo televisivo. 7. Il Giardino della scienza Dall‟estate del 2010 Giorgio Gilardi, direttore delle scuole comunali di Ascona, ci ha messo a disposizione un‟aula di classe per le nostre attività. Si tratta di un locale grande e ben attrezzato in cui poter accogliere classi di allievi o gruppi di insegnanti nonché disporre in modo ordinato il materiale e poter preparare nuove esperienze. L‟aula si chiamerà Il giardino della scienza poiché si trova in un edificio immerso nel verde. La prima attività è già stata proposta agli allievi della sede il 2 settembre 2010: dopo una breve presentazione plenaria con alcuni giochi speciali, gli allievi sono stati suddivisi in gruppi che hanno potuto visitare una decina di postazioni in cui erano presentate diverse attività da provare e su cui riflettere. 8. Conclusioni La convinzione che la formazione scientifica degli allievi debba essere oggetto di particolare attenzione sin dall‟inizio del percorso scolastico sta affermandosi anche in quei contesti dove finora era stata trascurata. I più piccoli sono particolarmente interessati alle attività didattiche in cui sono presenti la scienza e il gioco. Per poter mettere in atto delle strategie in questo campo è necessario lavorare nell‟ambito della formazione e dell‟aggiornamento dei docenti sulla loro capacità di trasporre le conoscenze per mezzo dei giocattoli e delle semplici esperienze, vincendo così le paure e le incertezze accumulate nel corso degli studi. Per i più grandi e in generale per il pubblico d‟ogni età, i giocattoli sono l‟occasione per capire come la fisica sia intorno a noi e non solo nelle formule. A tutti i livelli, i giocattoli aiutano a sviluppare competenze che i normali strumenti didattici non possono raggiungere perché rispetto ad essi, sono in grado di coinvolgere aspetti emotivi e relazionali capaci di far amare la fisica e lo studio dei fenomeni naturali. Bibliografia AA.VV. (1998). Hands on-Experiments in Physics Education Proceedings. ICPE – GIREP Intenational Conference Duisburg 23-28 August 1998. 29-39; 138-147; 228-229. 272 Hixson B.K. (2003). Newton Take 3. Loose in the Lab. Inc, Sandy, Utah USA. Linx N° 5 gennaio 2010 Pearson Ed. http://magazine.linxedizioni.it/2010/01/03/insegnare-fisica-con-i-giochi/ Taylor B., Portman D., Gertz S., Hogue L. (2005). Teaching Physics with TOYS. Middletown, Ohio USA: Terrific Science Press. Zanetti V. (1993). I giocattoli e la scienza. La fisica nella scuola. Quaderno 4, Associazione per l‟Insegnamento della Fisica. Gioca con la fisica http://www.aspti.ch/giocafisica Steve Spangler Science http://www.stevespanglerscience.com/ Educational Innovations http://www.teachersource.com/ Science Kit http://sciencekit.com/ Betzold http://www.betzold.ch/ Nitinoldrath http://www.nitinoldraht.de/ Supermagnete http://www.supermagnete.ch/ Opitec http://www.opitec.ch/ Grand Illusion http://www.grand-illusions.com/ Klangspiel www.klangspiel.ch DinoDirect http://www.dinodirect.com Riferimenti agli oggetti citati nel testo: Poliacrilato di sodio - www.teachersource.com/ - PolyacrylateDiaperPolymer String launcher - www.teachersource.com/ - StringLauncher Airzooka - www.teachersource.com - AirZooka Diavoletto di Cartesio - www.teachersource.com/ - CartesianDiversionsClassKit Vortice - www.teachersource.com - VortexBottleConnectors Perline che si colorano con i raggi ultravioletti - www.teachersource.com/ UltravioletDetectingBeads Sole-Terra-Luna - www.betzold.ch/ - Sonnensystem Disco a cuscino d‟aria - www.teachersource.com - AirPowerSoccerDisk Oggetti galleggianti - www.teachersource.com/ - FloatingAndSinking. Generatore di onde stazionarie - www.teachersource.com - 3DStandingWaveMachine Campioni di metalli - www.teachersource.com/ - MoleElementSampleSet [email protected] Parole chiave: giocattoli scientifici; didattica della fisica; insegnamento scientifico; educazione scientifica informale. 273 La Bottega Matematica Lorenza Resta Liceo E. Torricelli di Faenza Questo testo è stato scritto da Lorenza Resta, coordinatrice della mostra, con la collaborazione dei docenti/studenti che hanno realizzato gli elaborati vincitori del concorso legato alla mostra. Sunto. Nel testo viene descritta una mostra di contenuto matematico, con concorso annesso, svoltasi a Faenza nella primavera del 2010. Vengono anche illustrati gli elaborati, prodotti dalle scuole dei vari ordini, che sono risultati vincitori o menzionati al concorso. Il Liceo “E. Torricelli”12 insieme al Tavolo della Scienza e alla Palestra della Scienza del Comune di Faenza, con la collaborazione di vari enti e istituzioni, ha organizzato a Faenza, presso il Palazzo delle Esposizioni, dal 6 al 28 marzo 2010 una mostra intitolata: La bottega matematica; in collegamento con la mostra è stato bandito un concorso rivolto alle scuole primarie, secondarie di primo e secondo grado. Questa iniziativa è nata dal desiderio di condividere la passione per la matematica degli organizzatori e dalla volontà di coinvolgere le scuole, gli insegnanti e soprattutto gli allievi, nella speranza di impegnarli in attività stimolanti e creative. L‟esposizione era suddivisa come segue: Sezioni legate a musei/laboratori e a percorsi didattici. Macchine matematiche realizzate dall‟Associazione macchine matematiche di Modena relative a prospettiva, trasformazioni geometriche, sezioni coniche e curve particolari. Macchine matematiche del progetto Matebilandia, composto da percorsi matematici in cui si ricercano curve geometriche nelle attrazioni del parco di Mirabilandia;13 gli strumenti esposti permettono di tracciare e studiare le sezioni coniche, le epicicloidi, la clotoide ecc. Strumenti per il calcolo forniti dal Museo del calcolo Mateureka di Pennabilli. Una sezione di giochi matematici. 12 Docenti coinvolti nell‟organizzazione della mostra: Lorenza Resta, Sandra Gaudenzi, Monica Pratesi, Stefano Alberghi, Angela Drei, Giovanni Pezzi, Francesco Rotundo. 13 Progetto realizzato dal Liceo “E. Torricelli” di Faenza (docenti: L. Resta, S. Gaudenzi, S. Alberghi, G. Pezzi, L. Paglialonga, A. Foschi) e vincitore della IX edizione del concorso nazionale Centoscuole. 274 Sezioni legate al concorso con elaborati prodotti dalle scuole. Fotografie originali, con rielaborazione del contenuto matematico. Oggetti matematici (exhibit, strumenti di calcolo, dispositivi per lo studio della geometria ecc). Durante la mostra si sono svolti laboratori14 per le scuole e per il pubblico, sono state organizzate una conferenza con il Prof. Michele Emmer, una tavola rotonda sul tema laboratorio di matematica e nuove competenze ed è stato proiettato il film Möbius. Sono stati più di 5000 i visitatori della mostra, provenienti da scuole locali ma anche da varie parti di Italia mentre 53 scuole hanno aderito al concorso. Segue una breve descrizione degli elaborati vincitori;15 sono stati assegnati premi in denaro ai migliori tre elaborati, per ogni ordine di scuola, mentre hanno ricevuto una menzione e altri premi alcuni elaborati che si sono distinti per alcune particolarità. Gli “oggetti” presentati hanno riguardato temi molto diversi fra loro ed il coinvolgimento degli studenti è stato vario: in alcuni casi c‟è stata una partecipazione di tutti gli allievi sotto la guida degli insegnanti, in altri è stata coinvolta soltanto una parte della classe ed in altri ancora alcuni allievi hanno lavorato in piena autonomia sviluppando idee personali. I risultati sono stati soddisfacenti e soprattutto è stato un grande successo vedere studenti responsabili, coinvolti emotivamente, e propositivi nel fare matematica. La successiva presentazione pubblica degli elaborati prodotti ha permesso ai docenti di mostrare esempi di “buona pratica didattica”, di confrontarsi e di condividere esperienze; al contempo, gli studenti hanno potuto osservare, interagire, utilizzare oggetti concreti con contenuto matematico, e forse hanno aggiunto qualche sfaccettatura alla loro visione della matematica. 1. Sezione: scuole primarie 1° Classificato: Alla ricerca della mia metà. Classe: prima B dell‟Istituto Comprensivo Faenza Centro, insegnanti G. Carloni e M. Mannarella. Descrizione: l‟elaborato è un gioco, di tipo memory, finalizzato all‟osservazione e al riconoscimento delle simmetrie in natura. Dopo aver analizzato oggetti di forma simmetrica, sono state proposte ai bambini delle immagini disegnate solo per metà da completare, in modo da doversi concentrare non solo sulla forma, ma anche sulla posizione degli 14 Laboratori didattici proposti: tassellazioni, origami, bolle di sapone, macchine matematiche, giochi, tecnologie di calcolo, la matematica dei balli popolari. 15 Gli elaborati sono risultati vincitori in base al giudizio di una giuria indipendente ed esterna all'organizzazione del concorso, con esponenti appartenenti ai diversi ordini di scuola. 275 elementi interni all‟immagine. I bambini prima si sono impegnati a colorare le carte intere del gioco (che le insegnanti hanno tagliato lungo l‟asse di simmetria) poi, l‟effettivo utilizzo del gioco, ha favorito l‟interiorizzazione del concetto di simmetria. L‟insegnante afferma: Il vero successo di tutto il lavoro è stata la mutata percezione della matematica, non più come disciplina difficile da imparare, ma anche creativa e adatta al gioco”. 2° Classificato: Il prato di Tobia (il nastro di Möbius). Classe: prima della scuola primaria di Rocca San Casciano (FC), insegnante P. Ricci. Descrizione: Si è indagato e costruito il Nastro di Möbius come soluzione di un problema proposto. Il laboratorio ha preso avvio da una storia, inventata dalle insegnanti, attraverso la quale si sono presentati alcuni termini geometrici e un problema spaziale, la cui soluzione prevedeva la costruzione del nastro. Ogni fase del lavoro ha richiesto la lettura di una parte della storia, una discussione collegiale, la sperimentazione pratica di idee e la rappresentazione con il disegno. Al termine della narrazione si è svolta un‟analisi guidata delle forme geometriche indicate dalla storia, per focalizzare e rinforzare termini (superficie, bordo) e proprietà (percorribilità). Si è poi collegato l‟oggetto matematico al concetto di ciclicità del tempo cronologico (i giorni della settimana), realizzando così un calendario settimanale davvero originale. 276 3° Classificato: Piastrellare che passione. Classe: quinta della scuola primaria “L. Cappelli”, Istituto Comprensivo di Rocca San Casciano (FC), insegnante L. Tassinari. Descrizione: L‟elaborato, risultato della attività di laboratorio sulla tassellazione del piano, è costituito da: esempi di tassellazioni con solo piastrelle quadrate di diverse aree; moduli diversi per la copertura del piano realizzati con una piastrella “base”; pianta di un appartamento pavimentata con le piastrellazioni più adatte all‟uso delle stanze; 2. Sezione: scuole secondarie di primo grado 1° Classificato: Matememory. Classe: Alice, Giada, Ilaria e Sofia della classe terza dell‟Istituto Comprensivo “Carchidio Strocchi” di Faenza, insegnante E. Cavatorta. Descrizione: Gioco dedicato al passaggio cruciale tra la formula matematica che esprime una relazione tra grandezze e il suo grafico nel piano cartesiano. È stata scelta la tipologia del memory pensando che l‟abbinamento, anche visuale, equazione-funzione possa rimanere impresso nella mente degli studenti. Durante le attività curriculari l‟insegnante, per migliorare il passaggio fra i registri: “lessicale”, “simbolico”, “grafico” del concetto di relazione, ha utilizzato la metafora delle tre isole: l‟isola “della legge” (relazione in linguaggio corrente), l‟isola “XY“ (relazione tradotta in formula), l‟isola di “Cartesio” (rappresentazione grafica della relazione). È risultato efficace applicare il gioco (l‟abbinamento formula-grafico) sia per superare le difficoltà nel passaggio tra le isole sia per discutere i dubbi degli studenti sul tema. 2° Classificato: Il Crivello della 1aC Classe: prima C dell‟Istituto Comprensivo “Carchidio Strocchi” di Faenza, insegnante E. Gaeta. Descrizione: Il crivello (“setaccio”) è formato da una scatola in legno avente una scanalatura in cui alloggiare dei piani di legno forati. Una volta inserito il “filtro” dei multipli di 2, vengono versate delle palline colorate di diverse 277 dimensioni numerate da 2 a 100. Muovendo la scatola cadono nei fori del filtro e si raccolgono sul fondo della scatola le palline che rappresentano i multipli di 2 (ad eccezione di 2 stesso). Vengono inseriti in successione vari filtri, affinché possano lasciar cadere anche i multipli di 3, di 5, di 7;16 gli unici numeri che rimangono sopra l‟ultimo filtro sono quelli primi. 3° Classificato: I metodi di calcolo nella storia. Classe: prima A della scuola media “Ungaretti” di Solarolo, insegnante E. Zaccherini. Descrizione: Gli allievi hanno realizzato i seguenti metodi di calcolo: il metodo dei bastoncini di Nepero, il metodo della graticola (griglia), il metodo delle linee. Inizialmente è stata svolta una ricerca storica per comprendere il funzionamento degli strumenti, poi un gruppo di allievi si è occupato della parte “pratica” realizzando gli strumenti con materiali “poveri” ed un altro gruppo invece ha curato la presentazione (digitale) del lavoro svolto. Questa attività sui metodi di calcolo ha consentito agli allievi di comprendere la funzione e la motivazione di alcuni procedimenti da loro svolti solitamente in modo automatico. 16 È sufficiente realizzare il crivello per eliminare i multipli dei numeri primi minori della radice quadrata del numero massimo dato (in tal caso 100). 278 3. Sezione: scuole secondarie di secondo grado della provincia di Ravenna 1° Classificato: Naturalmente... matematica! Classe: Giulia Montanari e Lorenzo Quercia della V E scientifico del Liceo “E. Torricelli” di Faenza, insegnante L. Resta. Descrizione: La foto presentata riprende l‟istante successivo alla caduta di una goccia in una tazza piena d‟acqua. Dopo l‟impatto della goccia con la superficie dell‟acqua, si può creare prima una cavità poi una piccola colonna d‟acqua dalla quale si può distaccare una piccola goccia sferica. Le perturbazioni generate dalla caduta della goccia si propagano nell‟acqua circostante creando piccole onde circolari concentriche. I due fianchi della colonna d‟acqua sono approssimati, in maniera accettabile, da due rami d‟iperbole, il profilo della goccia sferica da una circonferenza e le onde concentriche (nella visione bidimensionale che fornisce la fotografia) da delle ellissi. Questa fotografia può essere presentata in una classe in cui si stia affrontando lo studio delle sezioni coniche. In primo luogo, la fotografia potrebbe testimoniare come in realtà si sia circondati da curve matematiche anche senza rendercene conto; in secondo luogo, dopo lo studio delle caratteristiche fondamentali di iperbole, circonferenza ed ellisse, può essere interessante fare verificare agli studenti come le curve presenti nella foto possano avvicinarsi alle curve matematiche considerate. Gli studenti affermano: Ci è piaciuto il fatto di aver avuto completa libertà sugli argomenti da trattare, su dove indirizzare i discorsi e su quali materie coinvolgere. È stato un modo per mettere alla prova le nostre conoscenze e le nostre capacità di gestirci e organizzarci. 2° Classificato: Cicloide e Rifrazione. Classe: IV B1 scientifico del Liceo “G.R. Curbastro” di Lugo, insegnante A. Seganti con il contributo di E. Cortesi e B. Conti. 279 Descrizione: All‟interno del progetto si sono studiate le proprietà e la forma della cicloide, sia attraverso il rotolamento sia grazie al fenomeno della rifrazione. Il lavoro è iniziato con l‟esposizione frontale delle proprietà della cicloide corredate dall‟osservazione diretta della curva in laboratorio, ottenuta facendo rotolare un disco, appositamente costruito, su una rotaia orizzontale. Nel disco sono stati collocati quattro diversi LED, uno al centro, uno in corrispondenza della circonferenza C tangente alla rotaia, uno in posizione più interna ed uno in posizione più esterna rispetto a C. Grazie ad una macchina fotografica, regolata su un ampio tempo di esposizione, si sono così ottenute rispettivamente le immagini di una retta (descritta dal LED centrale), una cicloide accorciata, ordinaria e allungata. Nella seconda parte dell‟esperienza è stato realizzato un mezzo composto da acqua e glicerina, in cui l‟indice di rifrazione variava con continuità, in modo decrescente, dal fondo di una vaschetta fino alla superficie. Gli studenti hanno osservato la curvatura che un raggio laser subisce all‟interno della vaschetta e hanno cercato l‟angolo di incidenza migliore per evidenziare il fenomeno. La curva è stata riprodotta utilizzando un software specifico per il tracciamento di grafici, come Derive, ed è risultato utile il confronto e la sovrapposizione fra la curva teorica disegnata dal software e quella ottenuta sperimentalmente. 3° Classificato: Dimostrazione idraulica del Teorema di Pitagora. Classe: seconda della sezione tecnica dell‟Istituto Tecnico Industriale e professionale “Luigi Bucci” di Faenza, insegnante S. Belletti. Descrizione: Il modello è costituito da un pannello girevole con un triangolo rettangolo, ai lati del triangolo sono state collegate delle vaschette sigillate, di forma quadrata, in grado di contenere un liquido colorato. Il liquido colorato inizialmente riempie esattamente il volume della vaschetta collocata sull‟ipotenusa del triangolo, ruotando il pannello, il liquido inizia a scendere e progressivamente riempie esattamente i recipienti connessi ai due cateti del triangolo. 280 Sono state preparate anche due presentazioni relative all‟ inquadramento storico del teorema e ad alcune sue dimostrazioni più significative. L‟attività si è rivelata un‟ottima occasione per “fare matematica” in modo “laboratoriale” e per coinvolgere anche gli studenti meno motivati. 4. Sezione: scuole secondarie di secondo grado esterne alla provincia di Ravenna Vincitore unico: Quid vides? Vedo matematica. Classe: terza A del Liceo Scientifico “Rinaldo Corso” di Correggio, insegnante D. Anceschi. Descrizione: All‟inizio dell‟anno scolastico l‟insegnante ha proposto di realizzare il progetto Foto al microscopio, con l‟intento di scattare foto di preparati al microscopio (a 100, 400 e 1000 ingrandimenti) per produrre dei cartelloni da esporre nel laboratorio di biologia. Con grande entusiasmo si sono svolti i martedì “microscopici”, inoltre i vetrini da fotografare (dalla sezione del campione fino alla colorazione) sono stati tutti preparati dagli studenti. Le abilità manuali e tecniche degli allievi sono gradualmente migliorate e anche l‟indagine si è estesa fino a toccare campi molto diversificati: si è partiti da cellule vegetali per passare a batteri, a diversi tipi di tessuti e organi vegetali e animali, per poi arrivare ai cristalli. È iniziato quindi un lavoro di selezione e ricerca delle foto (tra più di cinquecento scatti) e di rielaborazione matematica delle stesse (sono stati individuati diversi elementi: spirali, tassellazioni, simmetrie, frattali, curve particolari). 5. Sezione: menzioni speciali Elaborato: Dalla Cina con… gioia. Un possibile percorso per conoscere e amare la matematica anche grazie a una nuova amica. Classe: II A T.P. della Scuola Primaria “A. Saffi” di Forlì, Insegnante M. S. Tampellini. Descrizione: L‟oggetto matematico studiato e ricostruito in laboratorio è stato il suàn pán, l‟abaco cinese nato in Cina verso il 1200 ed usato ancora oggi. L‟abaco è formato da una serie di aste verticali (che rappresentano da 281 destra verso sinistra: le unità, le decine, le centinaia, le migliaia, ecc). Sono presenti tre aste orizzontali: una disposta in alto (rappresenta il cielo), una in basso (la terra) e una interna (l‟uomo) che suddivide le aste verticali in due parti disuguali. Si dispongono due palline nella parte più stretta appoggiandole sulla linea del cielo (ciascuna pallina equivale a cinque unità) e cinque palline in quella più larga appoggiandole sulla linea di terra (ciascuna pallina equivale ad un‟unità). Per rappresentare un numero si spostano le palline corrispondenti verso la barra orizzontale dell‟uomo. La motivazione iniziale che ha spinto l‟insegnante a proporre agli allievi l‟impiego di questo strumento di calcolo è stata l‟inserimento in classe di Gioia, una bambina cinese; successivamente sono emerse le grandi potenzialità che l‟uso del suàn pán può avere nella didattica. Elaborato: La geometria del cavolo romano. Classe: classe III B della Scuola Media Cova “Lanzoni” di Faenza, insegnanti: M.L. Oriani (matematica), C. Tabanelli (tecnologia), S. Monti (arte e immagine). Descrizione: Cercando un collegamento fra matematica e natura, si è deciso si studiare il cavolo romano che ha affascinato la classe per la sua struttura frattale, per la disposizione a spirale multipla delle infiorescenze, per la simmetria-armonia che lo caratterizza. Dopo una ricerca sull‟argomento e l‟acquisto di un esemplare è cominciato lo studio del cavolo dal punto di vista geometrico, artistico e tecnologico. Congiungendo i punti base del cavolo è stata individuata una struttura pentagonale e si è notata una distribuzione interna dei pentagoni secondo una spirale multipla; l‟individuazione dell‟elemento base e lo studio della sua disposizione hanno permesso di ottenere il modello. Elaborato: Gaussian Gun. Classe: Luca Grementieri della III C scientifico del Liceo “E. Torricelli”, insegnante L. Resta. Descrizione: Gaussian Gun è un gioco, scritto in autonomia con il linguaggio di programmazione JavaFX, che permette di esercitarsi nella determinazione del dominio di una funzione. Per eliminare le funzioni che scendono verso Gauss, prima che raggiungano il fondo dell‟area di gioco, il giocatore deve colpirle digitando un numero intero (da -9 a +9) che esca dal campo di esistenza della funzione. Le funzioni che sono coinvolte nel gioco contengono: frazioni, valori assoluti, 282 radicali, polinomi di primo e secondo grado. La velocità è una caratteristica fondamentale del gioco: infatti Gaussian Gun è stato pensato per esercitare il giocatore a fare semplici calcoli mentali e a seguire le strategie più convenienti per svolgere le operazioni richieste. Elaborato: Sprofondare in un “Altro mondo”. Classe: IV A del Liceo Scientifico “Aselli” di Cremona, insegnante N. Nolli. Descrizione: L‟attività si è svolta in seguito allo studio dell‟ottica, in particolare, si voleva produrre un oggetto riguardante l‟aspetto percettivo-interpretativo della visione, toccando anche il tema delle illusioni ottiche. Si è cercato un risultato che non solo incuriosisse il pubblico, ma potesse disorientare e indurre una riflessione. La realizzazione ha richiesto un uso non banale della trigonometria, una ricerca di materiali idonei ed una esecuzione diligente. Con questo intento, si è riprodotta tridimensionalmente la xilografia di M.C. Escher Altro mondo II; grazie all‟illusionismo prospettico usato dall‟artista, una volta che l‟osservatore si trova immerso nell‟opera, rimane spaesato a causa della presenza di un unico punto di fuga prospettico contemporaneamente con le funzioni di Nadir, Zenit e orizzonte. Si è cercato di aumentare il senso di immersione/ambiguità e di ricostituirne una parziale tridimensionalità arrivando così ad un misto tra un disegno bidimensionale e un oggetto tridimensionale. Preso il disegno in due dimensioni, è stato suddiviso in settori e deformato, stirando i disegni sui trapezi laterali ed inclinandoli per formare una struttura a tronco di piramide. Elaborato: Solidi di rotazione. Classe: III B dell‟Istituto Statale di Istruzione Superiore “Galileo Galilei” di Ostiglia (MN), insegnante L. Zenari. Descrizione: I solidi che si ottengono dalla rotazione di figure piane attorno ad un asse possono suscitare molto interesse se, oltre ai casi più noti (cilindro, cono, sfera, …) si visualizzano solidi “fantasiosi” generati dalla rotazione di particolari figure piane. In classe si è partiti dalla trattazione storica del problema, poi, lasciando spazio alla creatività degli allievi, si sono costruite le figure piane da far ruotare grazie ad un trapano elettrico. In questa fase del lavoro è risultata molto importante la capacità degli allievi di scegliere le figure piane e soprattutto di prevedere la forma del solido che avrebbero ottenuto: l‟effetto finale non sempre è stato quello ipotizzato/desiderato, ma la 283 curiosità nel plasmare il proprio solido ha portato gli allievi ad un approccio più propositivo verso la disciplina. Elaborato: Galileo tra parabole e catene. Classe: IV H del Liceo Scientifico “G. Ulivi” di Parma, insegnante A. Rizza. Descrizione: Una catena vincolata in due punti e soggetta al proprio peso si dispone lungo una particolare curva detta catenaria; si ottiene invece una parabola se la catena viene opportunamente tirata verso il basso, in più punti, in modo che il peso risulti distribuito uniformemente per unità orizzontali di lunghezza. La lettura del testo Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze di Galileo ha ispirato la realizzazione dei tre seguenti esperimenti basati sulle proprietà della parabola e della catenaria. Area del segmento parabolico: confronto fra i pesi di tre figure (un mezzo segmento parabolico, un rettangolo circoscritto e la parte rimanente)17 tramite una bilancia a bracci regolabili (grazie alla presenza di ganci); l‟equilibrio viene raggiunto quando i momenti sono uguali in modulo. Traiettoria parabolica di una pallina opportunamente lanciata su un piano inclinato. Dalla catenaria alla parabola: consiste nel confrontare le curve descritte da due catene vincolate in due punti: la prima è soggetta solamente al proprio peso, la seconda è sottoposta anche all‟azione di pesetti disposti a distanze uguali. La fotografia e l‟elaborazione mediante un software di geometria dinamica hanno permesso di osservare le differenze fra le curve catenaria e parabola. 1 1 1 1 Parole chiave: mostra; concorso; exhibit; macchine matematiche; laboratorio. 17 Al rettangolo circoscritto è stato sottratto il segmento parabolico. 284