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Revisione buone pratiche - Istituto Comprensivo Spinea 1

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Revisione buone pratiche - Istituto Comprensivo Spinea 1
SEZIONE 1
SCUOLA DELL’INFANZIA
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Lavorare con le mani: pensare con i numeri
Anna Aiolfi
Scuola dell‟infanzia, Direzione Didattica Spinea 1° Circolo, Venezia
Sunto. Ogni bambino esprime il proprio sapere non formalizzato, costruito con le
proprie forze sulla moltitudine delle esperienze fatte in modo personale in tutte le
situazioni in cui pensa che questo sapere potrebbe essere utile. La riflessione
organizzata, la ricerca di regole, il saper fare ragionato sono compiti della scuola
che deve intervenire con modalità e contesti che, valorizzando la ricchezza di
pensiero del singolo, sappiano dove prima o poi si dovrà arrivare.
1. Lo sguardo della matematica
Fin dalla scuola dell‟infanzia si può cominciare a mettere ordine in quello che
i bambini sanno già per esperienza, preparando contesti significativi dove i
saperi personali si mettono a confronto e parole e numeri acquistano
significato. Lavorare sulla realtà, ragionare sulle cose prima che sui
formalismi, porta a scoprire la matematica dei fatti per trasformarla
gradualmente nella matematica intesa come modo di ragionare e agire. In un
certo senso, per cominciare, si fa matematica non tanto con gli oggetti quanto
con le azioni sugli oggetti. La materialità del mondo sembra essere il
fondamento per ogni astrazione scientifica e matematica.
2. Le proprietà della materia e i numeri
Marco infila le sue mani nelle fessure di una grossa scatola e dice: “È una cosa
appiccicosa, fatta di mollo, si è tutta attaccata alla mani come colla schifosa”.
È uno dei tanti momenti dedicati a riconoscere oggetti, identificabili al tatto
per forma, dimensione e sostanze, dalla consistenza strana come miele, panna,
colla, cotone, origano, caffè, … più difficili da raccontare e descrivere ai
compagni. Ai bambini piace lavorare con le mani, toccare, soppesare,
rompere, mescolare, mettere insieme e altro che è possibile fare con i
materiali. In queste situazioni raccontano facilmente quello che sentono,
cercando le parole adatte per descrivere le caratteristiche percepite, ragionando
sulla materia e sulle sue proprietà.
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Sono le mani con la goccia che fa lungo e poi ancora goccia che scende una per ogni
dita perché il miele appiccica e va giù lento.
Matilde, 4 anni
Dopo aver toccato e confrontato l‟appiccicoso del miele e il molle del burro ci
troviamo a discutere sulla finezza. Quale differenza tra il fino del caffè e
quello del sale? Tra quello della sabbia e quello dell‟origano? Quando un
oggetto si può considerare poco fino, fino o finissimo? Mettere a confronto le
cose aiuta a descriverle e spesso, per valutare meglio la caratteristica esplorata,
si mettono in ordine tra loro. Così capita di ordinare polveri dalla più fine alla
meno fine, stoffe dalla più morbida alla meno morbida, sostanze poco o molto
appiccicose e per farlo si cercano le parole adatte: “Il fino che sta in mezzo a
due fini, il morbido non ancora troppo morbido, l‟appiccicoso quasi mollo”.
Si confrontano, si toccano, si spostano, si scelgono fino a ottenere l‟ordine
della proprietà considerata. In questo modo si abitua il bambino ad un
atteggiamento mentale che non si ferma alla classificazione “fini e grossi”,
“grandi e piccoli”, ma passa attraverso a tanti gradi intermedi di finezza o di
grossezza, accorgendosi che non si tratta di due proprietà contrarie, ma di una
sola presente in grado diverso. E per farlo si utilizzano parole come: di più, di
meno, quasi uguale, in mezzo, tra questo e quello, un poco, un pochino.
Insegnante: Cosa vuol dire essere fino?
Bambini: È quando sei come il sale fino, fatto di pezzettini piccoli, come una
polverina di gesso. Vuol dire essere fino di diverso modo, come il sale, lo
zucchero, il caffè e tutte quelle robe fatte di pezzetti.
Insegnante: Fini uguali?
Bambini: No! Fini diversi, un po‟ di più e un po‟ di meno come in fila. Lo
zucchero fino è il primo, anche la farina per me sta vicino allo zucchero. Il
caffè è quasi uguale, un po‟ meno fino perché si vedono bene i pezzetti. Lo
mettiamo di qua, dopo le cose fini e prima del sale grosso, così non blocchi
tutto. Il caffè è meno fino dello zucchero e della farina.
Insegnante: C‟è qualcosa di più grosso del sale grosso?
Bambini: Sì, il riso è fatto di chicchi e li puoi prendere uno a uno con le mani e
dividerli, quasi li conti. Anche la pastina si può contare, fino ai numeri grandi
(anni 4).
4
Pur non essendo esperti di conteggi i bambini sanno bene che i numeri che
reputano grandi esprimono il tanto, mentre quelli piccoli il poco e, esperienza
dopo esperienza, gli ordinamenti di proprietà diventano ordinamenti di numeri.
Tra un “fino da 10” e “un fino da 2” c‟è un “fino da 5”. Così, giocando a dare i
numeri alla proprietà ordinata, gli stessi prendono significato.
3. Strumenti di misura
In queste esperienze le nostre mani, i nostri occhi operano come strumenti di
misura. Ma come fare a separare tra loro le sostanze se sono mescolate?
Insegnante: Possiamo riprendere la sabbia o la pastina togliendole dal
mucchio?
Bambini: Forse la pasta la puoi prendere con le mani perché è grossa ma la
sabbia no, è troppo fina, non si riesce a prendere il piccolissimo, sono troppi i
granelli, tantissimi, mille, non si possono contare perché sono troppi.
Mettiamo a disposizione dei passini con trame diverse.
Bambini: La pasta non può passare così rimane sopra e la sabbia si divide
perché scende. La sabbia passa per tutti i passini perché è finissima, poi prendi
il passino con i buchi più grandi così esce il riso e lo dividi dalla pastina.
Bisogna trovare i giusti buchi, quelli che fanno dividere le cose.
In questo modo a poco a poco si riescono a fare discrete separazioni e ancora
si mettono in ordine le polveri per finezza.
Abbiamo mescolato tre cose insieme e poi per dividerle le abbiamo passate nel
passino e succede che le cose grosse sono rimaste e le cose fini sono scese.
Tommaso, 4 anni
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Dentro al passino è rimasta la pastina e il riso, la polverina di sabbia è andata giù
perché è fina ed è passata, poi ho cambiato passino e cosi è passato tutto il riso e mi è
rimasta sopra la pastina.
Camilla, 4 anni
4. Dare i numeri alla durezza
Molte volte, mentre lavoriamo con i bambini e ascoltiamo le loro parole, ci
accorgiamo che utilizzano piccoli e grandi numeri. Si usano numeri per
indicare il bene che si vuole alla mamma, la forza dei supereroi, la bontà delle
cose, la durata del tempo che passa, ben sapendo che il numero grande “vince”
su quello piccolo. Quando non bastano le parole o più semplicemente si vuole
essere più precisi, i numeri vengono in aiuto per spiegare e condividere con gli
altri le proprie idee. Non è quindi strano chiedere ai bambini di provare a dare
i numeri alla durezza dei materiali mentre li strofinano sopra la grattugia o
numeri per indicare la forza necessaria per farlo o, ancora numeri, al tempo
utilizzato per ottenere un mucchietto di polvere da un sasso. La difficoltà
maggiore sta nel districarsi tra le tante cose che insieme si stanno guardando e
che meritano ciascuna numeri diversi. L‟insegnante ha il compito di
controllare la coerenza tra i fatti e le parole usate per descriverli riportando,
quando serve, lo sguardo al posto giusto.
Insegnante: Se l‟arancia grattugiata è fina da 1, quanto è il legno?”
Bambini: Da 40 perché ci vuole molta forza, lui è duro. Non si fa bene il fino e
poi ne fa poco. Con il gesso ci vuole meno forza, da 4; il pane è più duro, 3 di
forza.
Insegnante: Teresa ha detto che il legno è duro da 40; e il coccio di vaso?
Bambini: Di più, è durissimo, più duro del legno, ci vuole un numero grande,
140. 140 di forza è tanto, di più ancora è 300, 1000.
Insegnante: Possiamo dare un numero a tutte le cose che abbiamo grattugiato?
Bambini: Metti il numero piccolo alle cose che hai fatto poco forza, il numero
grande e grandissimo per le cose dure dentro, che si fa fatica. Puoi dare il
numero 1 alla mela, un numero piccolo perché si grattugia facile in poco
tempo, per una cosa difficile da grattugiare metti un numero grande.
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Non è difficile con esperienze come questa scoprire che se faccio forza 40 per
grattugiare, il legno ne deve fare sempre 40 per contrastarmi. La possibilità di
dare un numero alla mia forza e alla mia fatica permette di valutare la sua
durezza e di conseguenza dargli lo stesso numero ma con diverso significato.
5. Interpretazioni e modelli personali
La stessa esperienza viene colta dai bambini in modo diverso perché ognuno
di loro la elabora utilizzando in modo differente i vari dati. I modelli personali
si manifestano nei ragionamenti e nelle rappresentazioni dei bambini quando
cercano di spiegare quello che hanno capito (D‟Amore et al., 2004). Ecco
come la stessa esperienza viene “letta” nei suoi aspetti diversi da più bambini,
e come le diverse letture del singolo possono divenire un ricco patrimonio se
condivise con il gruppo.
Teresa descrive la forza necessaria: Il legno è più difficile da grattugiare
perché si fa tanta forza perché è duro da legno. Il legno è più duro del gesso, il
gesso ne ho grattugiato tanto tanto, tutto, perché era più facile. Con il gesso
devi fare poca forza e lui si lascia fare fino, viene tanto, di gesso, perché
finisce prima la grattugiata.
Marco e Andrea prendono in esame come sono fatte le cose dentro: Dentro
alla mia grattugia c‟era polvere mescolata di tutte le cose. Con il pane si fa
prima, con il legno si fa forte perché è duro dentro, di più ancora il vaso
perché dentro c‟è più duro che dentro del legno. Il gesso era più bricioloso,
dentro è fatto di briciole. Il pane era morbido dentro, ci ho messo poco perché
era facile rispetto al legno. Il legno era molto duro, si sentiva anche con la
mano se lo prendevi sentivi che era fatto duro.
Martina tiene conto del tempo necessario per trasformare: Ho fatto presto con
il gesso, veniva subito fino sotto e tutto il colore in polvere molto fina. Anche
la mela fa subito mollo da mela, il legno non mi piaceva perché ci voleva
molto tempo per fare la polvere.
Mattia esamina la finezza delle particelle: La polvere del coccio di vaso è
molto fina, quella del gesso è finissima, quella del pane è fatta di briciole, la
mela faceva il mollo come l‟acqua”.
Martina nota la quantità delle particelle: Ho fatto dei mucchietti, quello del
gesso era tanto, perché il gesso ne fa tanta fina. Poi ho fatto un po‟ di polvere
di legno perché era molto duro e pochissimo del vaso che era durissimo.
Tommaso e Ludovica usano i numeri per indicare l‟intensità della forza: Ho
fatto dei mucchietti. Quello del gesso era tanto, perché il gesso ne fa tanta fina,
poi ho fatto un po‟ di polvere di legno perché era molto duro e per il gesso ho
usato forza 1, per il pane ho usato forza 3, per il legno 98 perché è più
difficile, è durissimo. Quella del gesso era più facile perché ci vuole forza 1
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perché è duro, ma si riesce a grattugiare tutto, il legno invece è durissimo ci
vuole forza centomila.
Anna studia le differenze tra le polveri: Quando grattugiavo si sono formate
delle polverine, non erano tutte uguali, una gialla, una rosa e una marrone,
fatte di pezzi piccoli e grandi.
6. La numerosità
Rompere, grattugiare, sbriciolare, sono attività irrinunciabili non solo per
scoprire cosa c‟è dentro alle cose, che cosa cambia e che cosa rimane, ma
anche per avviare idee di piccolo, di sempre più piccolo, di numerosità. Come
dicono i bambini, è impossibile contare i granelli di sabbia o le quasi infinite
particelle, ottenute grattugiando un sasso, così fini che scivolano dalle mani o
si alzano in volo con un soffio leggero. Prima era solo un sasso, poi una
polverina fatta di pezzetti, “Un milione e quattrocento”, dice Anna, ma certo
non si può sapere. Lavorare con un intero, per esempio con un foglio di
giornale, che può essere diviso a metà e poi ancora a metà fino a ridursi in
piccoli pezzi, permette ai bambini di sviluppare, in un diverso contesto, il
problema dei “numeri grandi per parti piccole”. Si strappa il giornale e si
ottengono tanti pezzi (aumenta la numerosità, diminuisce la grandezza delle
parti), si riattaccano le parti (la numerosità diminuisce). Allo stesso modo da
un panino si ottengono tante briciole; le stesse, impastate con l‟acqua, formano
una polpetta. Ogni volta si riflette sui gesti necessari, su quello che si ottiene,
sui cambiamenti. Ricordando quello che era successo al gesso grattugiato, alle
gocce d‟acqua, agli impasti, si cerca di costruire l‟idea di cosa accade quando
si divide un intero, quando si fanno le metà, quando si fanno moltissimi
pezzetti e anche quando si mettono insieme le parti. Forse queste esperienze
torneranno utili per capire il significato di alcuni concetti matematici come le
operazioni, le frazioni, i numeri decimali.
Prima abbiamo strappato a metà il foglio di giornale e poi ancora dei pezzi per fare il
più piccolo. Io ho fatto un mucchio di pezzetti e poi li ho schiacciati con l‟acqua e la
colla e ho fatto una pallina.
Pietro, 4 anni
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7. La matematica e le scienze
Le esperienze su oggetti e materiali aprono discorsi complessi che uniscono e
dividono la matematica dalle scienze, il contare dal misurare, ma in ogni caso
la materialità del mondo è la base per operare astrazioni scientifiche e
matematiche che spesso si intrecciano e si completano. Nella realtà, i materiali
discreti come le caramelle sono facilmente contabili e anche di fronte alla
numerosità di un sacchetto si possono trovare strategie, per esempio dividere
in mucchi di cinque come le dita di una mano o in mucchi di dieci se le mani
usate sono due. I materiali continui, come l‟acqua, e le grandezze continue,
come la lunghezza, aprono invece discorsi e attività sulla misura. Nel tentativo
di padroneggiare la numerosità dei chicchi di un risotto dentro ad un piatto si
possono contare cucchiai o bocconi, allo stesso modo si può dire che la
sabbionaia contiene 16 secchielli pieni di granelli, che l‟acqua di una brocca si
può misurare riempiendo bicchieri o scodelle e così via. Quando i bambini
mettono insieme, mischiano, portano via, aggiungono, separano, appiccicano,
frantumano, dividono, in altre parole agiscono sulla materia, sviluppano idee
di “operazione”. Guidati da un pensiero attento e provocatorio che in quello
che si fa abitualmente sappia porre “uno sguardo” matematico, questo “fare”
su materia e materiali e le conseguenti riflessioni portano a individuare i
criteri, i significati, le regolarità da cui emergono le regole per costruire in
maniera simbolica le operazioni matematiche come addizionare, sottrarre,
dividere, moltiplicare (D‟Amore et al., 2004).
Contare palette di sabbia
Ci volevano tante palette per prendere tutta la sabbia. Abbiamo contato tanti numeri
di palette ma non erano abbastanza grandi perché i bambini sanno i numeri quelli
piccoli non quelli con tanti numeri dentro.
Beatrice, 4 anni
9
Contare pugni di sabbia
Ho contato la sabbia con i pugni, era tantissima quasi 20. Non si possono contare i
granelli perché ti gira la testa allora li prendi con i pugni o le palette.
Francesco, 4 anni
Contare pizzichi di sabbia
Io ho provato a contare la mia sabbia. Ho fatto tanti pizzichi con le dita: uno, due e
poi dieci e dodici e poi ancora uno due.
Bianca, 4 anni
8. Conclusione
Il saper contare è solo un aspetto delle competenze matematiche che si
sviluppano nella SdI. Bisogna guardare lontano, provare strade diverse, nuovi
significati, intrecci con altre discipline, cercando di costruire non tanto un
sapere matematico definito quanto un modo di pensare, di agire, di esprimersi
su cui il pensiero matematico potrà essere solidamente costruito. Si aprono
così nuove strade che, senza fretta, si percorreranno per approfondire,
completare, guardando le cose in modo più attento e consapevole per capire
insieme ciò che è possibile comprendere a questa età.
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Bibliografia
Aiolfi A. (2009). Numeri, spazio e tempo: esperienze di scienze per fare matematica.
Roma: Carocci.
D‟Amore B., Fandiño Pinilla M.I., Gabellini G., Marazzani I., Masi F., Sbaragli S.
(2004). Infanzia e matematica. Didattica della matematica nella scuola
dell‟infanzia. Bologna: Pitagora.
Mazzoli P. (2005). Capire si può: educazione scientifica e matematica. Roma:
Carocci.
Parole chiave: numeri; quantità; proprietà della materia; ordinamenti.
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Idee e strategie matematiche in gioco
ovvero il problema e le “mie” strategie
Anna Angeli e Mariangela Di Nunzio
RSDDM, Bologna
Sunto. Partendo da situazioni problematiche (narrate, estrapolate da favole, da
giochi di strategia) il bambino, attraverso la strategia operativa, impegna le proprie
risorse, per cercare di soddisfare sia la nostra richiesta sia la sua esigenza di
soluzione. Le attività ludiche e le situazioni problematiche qui presentate sono state
progettate per attivare, nei bambini, meccanismi di interesse e di motivazione nei
riguardi della matematica; cercando di sviluppare modelli di pensiero, capacità di
argomentare, di raccogliere informazioni rilevanti, di trovare soluzioni creative ad
un problema.
Risolvere problemi significa trovare una strada per uscire da una difficoltà,
una strada per aggirare un ostacolo, per raggiungere uno scopo che non sia
immediatamente raggiungibile. Risolvere problemi è un‟impresa specifica
dell‟intelligenza e l‟intelligenza è il dono specifico del genere umano: si può
considerare il risolvere i problemi come l‟attività più caratteristica del genere
umano.
(Polya, 1983).
Premessa
Risolvere problemi è caratteristica costante dell‟agire dei bambini. Muoversi
nel mondo comporta assumere delle decisioni attraverso l‟agire, perciò è
importante che il bambino abbia un atteggiamento positivo verso la
risoluzione dei problemi perché sviluppando ed utilizzando strategie, si abitua
a controllare e correggere il proprio operare.
Finalità
La motivazione essenziale che ci ha spinto a progettare un percorso basato sui
problemi è dettata dalla consapevolezza che i bambini, già dal loro arrivo a
scuola possiedono un consistente bagaglio di conoscenze (D‟Amore et al.,
2004), ma molto raramente ciò che sanno è stato imparato intenzionalmente
mentre a scuola i bambini “imparano ad imparare” (Pontecorvo, Pontecorvo,
1985). Infatti, da una parte apprendono ad usare e controllare strategie,
dall‟altra a monitorare la propria consapevolezza ed i propri processi di
pensiero.
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Metodo
La metodologia didattica è stata quella per “scoperta”, legata
all‟apprendimento “attivo per esperienze” con il fine di potenziare lo sviluppo
del pensiero critico e della logica.
Il lavoro è stato condotto sia individualmente sia nel piccolo gruppo per
favorire l‟aiuto reciproco, potenziare l‟autostima. Abbiamo privilegiato
l‟osservazione dei bambini lavorando, il più possibile in compresenza; durante
l‟attività abbiamo analizzato: il linguaggio usato, la gestualità, la dinamica
all‟interno del gruppo, la ripartizione dei compiti, il coinvolgimento emotivo,
le “metafore” utilizzate per spiegare la soluzione, la costruzione della
soluzione, la consapevolezza di “aver fatto”.
Alla conclusione delle attività sono stati rielaborati i dati raccolti e per ogni
situazione formulato considerazioni utili per la progettazione delle future unità
didattiche. Abbiamo attribuito agli errori, durante lo svolgimento delle attività,
un ruolo positivo per la costruzione sociale del sapere.
Come dice Dolto (1992): «L‟adulto deve farsi discreto, egli c‟è per permettere
ad ogni bambino di elaborare il proprio pensiero, di scegliere con cognizione
di causa e di discutere le leggi del gruppo: egli deve farsi zero per consentire al
bambino di diventare uno».
Strumenti
Per avviare il bambino ad operare in situazioni problematiche, abbiamo
ritenuto opportuno raccogliere tanto materiale: oggetti riportati dai luoghi delle
vacanze o raccolti durante una passeggiata nel bosco, al parco, …
Dopo aver osservato i materiali raccolti, si è proceduto ad una classificazione
degli stessi tenendo conto degli attributi, abbiamo proseguito inventando delle
semplici situazioni problematiche che potevano essere risolte con percorsi e
strategie proprie di ogni bambino.
I giochi proposti sono diventati un‟occasione per creare veri problemi:
situazioni in cui usare delle strategie, dei ragionamenti e, perché no?, la
fantasia e la creatività. Lavorare sui giochi permette di studiare modi efficaci
per fare la matematica con i bambini, in quanto il gioco pone problemi e
richiede l‟elaborazione di strategie di soluzione. Giocando, i bambini, vengono
a trovarsi nella condizione più favorevole per individuare il problema ed
intuire la soluzione. Attraverso questo tipo di situazione, il “problema” diventa
“loro”, in modo che, i bambini, assumendosi la responsabilità della soluzione
costruiscono il loro sapere. «Non vi è molta differenza fra il piacere provato da
un dilettante a risolvere un abile rompicapo ed il piacere che un matematico
prova nel dominare un problema più difficile» (Gardner, 2000).
Percorso
Attraverso ogni narrazione, ogni disegno, ogni attività passa un contenuto
matematico di prim‟ordine, purché sia organizzativo, razionale e strutturante.
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La matematica non si fa solo facendo matematica; è un certo modo di “vedere”
il mondo, di “leggere” la realtà, di interpretare gli avvenimenti (D‟Amore et
al., 2004).
I bambini sono in grado di dominare vaste tipologie di situazioni con capacità
che potremo definire matematiche.
Nella scuola dell‟infanzia non dobbiamo fare fatica ad inventare problemi
fittizi chiedendo ai bambini di risolverli: ai bambini piccoli piace molto vestire
i panni di altri e giocare a far finta di essere in un altro posto, entrando in una
favola, vestendo i panni di personaggi fantastici. Né abbiamo difficoltà a
proporre problemi veri: basta raccogliere i problemi che ci regalano i bambini
quasi ogni giorno, quelli che si pongono al di fuori delle pareti dell‟aula e poi
portano a scuola. È certo che un gruppo di bambini che prepara una frittata o
la macedonia sviluppa, a seconda di come vengono guidati dagli adulti, una
quantità straordinaria di “competenze in matematica” e di “competenze
matematiche” (Fandiño Pinilla, 2003).
1. Percorso problematico: Numeri da favola. Dieci paperelle in alto mare
Questa è una storia vera o meglio quasi vera. Lo scrittore Eric ha aggiunto
qualche particolare non proprio reale, ma si sa tutte le storie partono con
qualcosa di vero e qualcosa di inventato.
Chuckedy - Chuckedy - Chuck stride la macchina che fa le paperelle di
gomma. Una dopo l‟altra saltan fuori le piccole paperelle gialle, una dopo
l‟altra… vengono inscatolate - 10 per cassa… ed eccole in partenza! Il
camion le scarica su un mercantile in attesa. Un‟onda gigantesca sposta una
delle casse e la scaraventa in acqua. La cassa si apre e 10 piccole paperelle di
gomma si rovesciano fuori. “10 paperelle in mare!” … Poi le 10 paperelle
cominciano a separarsi”.
10 piccole papere galleggiano.
Abbiamo aiutato i bambini a disegnare e a ritagliare, su un cartoncino, la
sagoma di una paperella, e a ripetere l‟attività fino ad averne creato 10;
suggeriamo ai bambini di aggiungere il becco, gli occhi e di scrivere sulla loro
pancia un numero da uno a dieci.
Quando le paperelle erano pronte abbiamo praticato sulla loro testa un foro per
farvi passare un nastrino colorato, in modo da poter essere annodate, come
collane, al collo dei bambini.
Prima di proseguire il racconto abbiamo preparato delle carte raffiguranti i
personaggi che le papere incontrano durante il loro viaggio: un delfino, una
foca, un orso polare, un fenicottero, un pellicano, una tartaruga marina, un
polpo, un gabbiano e una balena. Una volta pronte, abbiamo nascosto le carte
nell‟aula, ci siamo messi in cerchio e abbiamo iniziato a leggere.
14
La paperella numero 1 è spinta verso ovest. Un delfino la saluta e si
allontana. La paperella numero 2 verso est. Una foca le passa accanto. La
paperella numero 3 è trascinata verso nord. Un orso polare la guarda vicino
al ghiaccio. La paperella numero 4 è trascinata a sud. Un fenicottero la
guarda meravigliato. La paperella numero 5 si sposta a sinistra. Un pellicano
le sorride. La paperella numero 6 si sposta a destra. Una tartaruga le guizza
accanto. La paperella numero 7 ondeggia su. Un polpo strabuzza gli occhi. La
paperella numero 8 ondeggia in giù. Un gabbiano la sorvola stridendo. La
paperella numero 9 scivola da questa parte. Una balena le canta il suo saluto.
Caccia all‟amico
Abbiamo proposto ai bambini di ripercorrere nella sezione il viaggio
avventuroso delle paperelle. Abbiamo preparato una mappa dell‟aula e
stimolato i bambini a disegnare i simboli per indicare, al bambino – papera, il
percorso che lo porterà ad incontrare l‟animale della storia. Una volta trovato
l‟amico animale, abbiamo chiesto al bambino di descrivere il percorso
utilizzando in modo appropriato i connettivi spaziali. Abbiamo proposto di
progettare un plastico dove poter giocare con la storia, abbiamo lasciato i
bambini liberi di inventare altri tragitti, dando loro l‟opportunità di consolidare
le conoscenze acquisite, riorganizzare lo spazio immaginato.
Una strada per ogni papera
Abbiamo preparato sul pavimento della sezione un piano quadrettato formato
da 90 quadretti, nel quadrato in alto a sinistra abbiamo fissato la partenza,
ovvero la nave, e nelle caselle del quadrato in basso a destra l‟arrivo, ovvero
gli animali – amici (diversi per ogni giocata). Abbiamo costruito un dado e
riportato su quattro facce un cerchio di diverso colore. Il cerchio rosso dice.
Mi muovo a sinistra di una casella; quello giallo dice: Mi muovo a destra di tre
caselle; quello blu permette di muoversi di una casella in qualunque direzione;
quello verde indica di muoversi in basso di due caselle. Le altre due facce del
dado erano neutre e la loro uscita faceva saltare il turno. Abbiamo preparato
un cartellone dove i bambini, con simboli e disegni, hanno costruito la
legenda. Infine siamo passate a costruire i segnalini papera (contrassegnati da
1 a 9) e nove cartoncini raffiguranti gli animali amici da posizionare, due a due
sulla casella arrivo. Lo scopo del gioco era di muoversi sul piano in base
all‟uscita del lancio del dado. Si giocava in due e vinceva il giocatore che per
primo raggiungeva l‟animaletto. Per evidenziare la destra e la sinistra del
piano abbiamo colorato, con lo stesso tono del colore del dado, le linee di
confine del reticolo.
15
P.
Balena
e polpo
Gioco carte papera nera
Abbiamo preparato delle carte raffiguranti le paperelle numerate da 1 a 10 e
nove carte raffiguranti gli animali incontrati, anche queste numerate. La
paperella 10 era la papera nera. Istruzioni: si gioca con quattro bambini
distribuendo 4 o 5 carte per ogni giocatore, il quale scarta la coppia
corrispondente che ha in mano e poi dispone le altre a ventaglio. Scelto il
bambino che deve iniziare, questo pesca una carta dal giocatore che lo
precede. Se la carta pescata fa coppia con una di quelle che ha in mano si
scarta la coppia, altrimenti la si aggiunge alle altre; quindi si fa pescare una
delle proprie carte al compagno che segue. Si procede, così, fino a quando
rimane in mano ad un giocatore solo la paperella nera cioè la numero 10.
Il problema delle strade
Continuando il racconto, abbiamo scoperto che la paperella numero 10
incontra 9 anatroccoli con la loro mamma, lei si accoda al gruppo e va a
dormire nel loro nido. Ora che tutte le paperelle hanno un compagno abbiamo
giocato a creare i percorsi effettuati dalle papere.
Abbiamo preparato due reticoli come quelli della figura. Su ogni reticolo
abbiamo disegnato gli animali amici delle papere.
16
Istruzioni: ogni papera deve trovare il percorso sulle linee, che la porta al suo
amico animale ma non deve incrociare quello delle altre papere.
Tracciato il reticolo a terra, con del nastro adesivo abbiamo invitato i bambini
papere a camminare sulle linee cercando di risolvere il loro problema.
Abbiamo contrassegnato le strade già percorse, per rendere possibile, qualora
fosse stato necessario, ritornare sui propri passi.
La battaglia amichevole
Prepariamo, sul cartoncino, due reticoli di dieci quadretti per lato (vedi figura
seguente).
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
Rosso
azzurro
verde
giallo
arancione
nero
blu
viola
rosa
marrone
Abbiamo preparato le carte raffiguranti alcuni animali, ritagliato dieci
rettangoli di cartoncino della stessa misura di un riquadro del reticolo e
disegnato su cinque di questi alcuni amici incontrati dalle paperelle; abbiamo
poi ripetuto il disegno su gli altri cartoncini. Istruzioni: si gioca in due squadre.
Ogni squadra posiziona le sue cinque carte sul reticolo nei riquadri che vuole.
A turno le squadre tentano di scoprire, dando le coordinate (es: 3 blu; oppure 5
rosa) alla squadra avversaria, dove è posizionato l‟amico – animale, se viene
individuato, la squadra che ha “sparato” il colpo vince la carta e la può
prendere per far coppia con la relativa paperella. Vince la partita chi riesce a
fare più coppie.
La fabbrica delle paperelle
Abbiamo riproposto la storia dall‟inizio.
Chuck stride la macchina che fa le paperelle di gomma. Una dopo l‟altra
saltan fuori le piccole paperelle gialle, una dopo l‟altra. Le piccole paperelle
vengono dipinte – occhi azzurri e becchi rossi. Poi vengono inscatolate – 10
per cassa… ed eccole in partenza! Il camion le scarica su un mercantile in
attesa…
17
Le paperelle di das che i bambini hanno preparato sono state messe nel cerchio
della conversazione e i piccoli operai sono stati invitati a fare una stima del
numero delle paperelle. Abbiamo registrato i numeri detti, preparato tante
scatole e abbiamo invitato i bambini ad inscatolare le paperelle 10 a 10 nelle
casse.
Dopo abbiamo voluto verificare la stima, abbiamo chiesto ai bambini: Come
possiamo fare per verificare?
I bambini hanno suggerito di contare 10 paperelle, metterle nella scatola,
chiuderla. Poi ricontare altre dieci e così via ad esaurire tutte le paperelle per
poterle spedire.
Ma le paperelle, quante sono?, insistiamo.
Alcuni bambini suggeriscono di riaprire le scatole e di contare le papere.
Un bambino dice: Ma che le riapriamo a fare? Dentro ad ogni scatola ci sono
10 paperelle.
Bene e allora? Insistiamo: Quante sono in tutto?
Ho capito! Contiamo le scatole 1; 2; 3; …
Le paperelle sono… 8.
Ma che dici! Se ne abbiamo fatte tantissime.
I bambini riflettono… No, sono 10 in 8 scatole.
Sicuro, ma quante sono allora tutte le paperelle?
Un bambino intuisce e inizia a contare: 10, sposta la prima scatola, 20 e mette
la seconda scatola sopra la prima… e via fino a 80, poi si gira e vede 8 papere
rimaste fuori. Quindi continua a contare 81, 82, 83, …
18
Invitiamo i bambini a rappresentare la situazione – problema in un foglio.
2. Percorso problematico: parliamo di problemi
Abbiamo lanciato, nell‟angolo delle parole, alcune domande e abbiamo portato
i bambini non solo a dare risposte ma a cercare di spiegarle e riferirle alle
proprie esperienze. Questo ha aiutato il bambino a superare il flusso di
percezioni, emozioni, sentimenti, opinioni, puntando alla costruzione di
competenze logiche: ragionare correttamente imparando, quindi, a
concettualizzare (fornire la definizione essenziale di una cosa o di una
19
nozione, per esempio: che cos‟è un problema?); problematizzare (mettere in
discussione, rendere problematica, dubbiosa un‟opinione); argomentare (per i
bambini si tratta di dare delle buone ragioni).
Una mattina abbiamo chiesto ai bambini:
Che cos‟è un problema?.
Stralcio da una conversazione libera:
Mio papà quando fa il turno di notte dice: Devo andare a lavorare e questo è
un problema.
Maestra, Elena ha le scarpe sciolte.
Elena, legati le scarpe.
Non sono capace.
Martina afferma: Questo è un problema.
Come si risolve?
O impara a legarsele o chiede aiuto a qualcuno.
Io, so fare, lo risolvo io, dice Noemi.
Giada dice: Noemi, ho il grembiule slacciato.
Ora sto risolvendo il problema di Elena, aspetta.
Allora, che cos‟è un problema?
Se Martina vuole farsi la treccia, ma non è capace. Come fa?
Per Cenerentola non andare al ballo è un problema. Meno male che c‟è la
fatina.
Se voglio invitare le mie amiche devo dirlo alla mamma e anche alle loro
mamme.
Prendendo spunto dalla loro conversazione e rilanciando le situazioni
problematiche che avevano posto, abbiamo chiesto ai bambini come le
risolverebbero. Ad esempio:
Se un bambino piccolo vuole scrivere il suo nome e non è capace. Come fa?
Chiede aiuto alla sorella più grande.
Pinocchio è chiuso in gabbia. Come fa ad uscire?
Arriva la fatina che lo fa uscire con la magia.
Un bambino racconta:
L‟altra volta abbiamo lasciato il rubinetto aperto e l‟acqua vuotata non andava
via, perché avevamo chiuso il buco con la carta. Sul pavimento si scivolava.
Sai come abbiamo risolto il problema?
I bambini hanno presentato problemi concreti e li hanno risolti attraverso la
discussione collettiva. In questo modo il problema pratico del singolo è
diventato il problema teorico di tutti i compagni.
Abbiamo chiesto ancora che cosa bisogna fare per risolvere problemi.
Bisogna accendere il cervello.
Parlare tanto così vengono le idee.
Chiedo aiuto, e quando mi aiutano sto meglio.
La sezione durante le conversazioni diventa un luogo in cui ciascuno pensa,
uno spazio di dialogo autentico (il dialogo che conduce alla riflessione).
20
Attraverso la discussione-comunicazione il bambino può chiarire opinioni,
idee, esplicitando un pensiero intuitivo. Attraverso l‟ascolto reciproco,
ciascuno può accedere ad un livello superiore di riflessione, di comprensione e
di conoscenza.
Questo modo di dialogare permette ai bambini di imparare a:
confrontare le loro opinioni e le loro esperienze;
riconoscere dei punti di vista differenti;
motivare i propri enunciati;
vedere le cose non solo dal proprio punto di vista ma anche partendo dalle
prospettive di coloro che sono presenti.
3. Percorso problematico: il problema di uno psicologo
Per proporre questo problema ci siamo ispirate agli studi dello psicologo
francese Raymond Duval che ha dato alla didattica della matematica un
impulso formidabile (2006).
Un capostazione ha un problema
Abbiamo stimolato i bambini con una richiesta speciale: un grande psicologo
ha chiesto aiuto a voi, tutti insieme, per risolvere un problema.
In una stazione ci sono 30 automobili che devono essere trasportate in una
città lontana. Per spedirle bisogna caricarle su un treno. Il capo stazione non
sa quanti vagoni deve attaccare alla locomotiva. Chiede aiuto a voi dicendo:
Ogni vagone può portare solo 3 automobili, mi aiutate a sapere quanti vagoni
devo attaccare?
Abbiamo lasciato liberi i bambini di usare i materiali che preferivano per
aiutare il capostazione; quasi tutti hanno utilizzato la penna, i pennarelli e i
fogli.
Matteo ha scelto la rappresentazione con i numeri, disegnando una sorta di
rotaia con dei riquadri – vagoni dove ha scritto 1; 2; 3; poi ha contato da 1 a 30
21
e a quel punto ha smesso di disegnare i vagoni. Li ha contati e sono risultati
10.
Daniele ha rappresentato le macchinine con il simbolo tenendo a mente la
successione numerica, quando è arrivato a 30 ha finito il treno dicendo che
servivano 10 vagoni.
Isotta ha disegnato un vagone alla volta e sopra vi ha disegnato delle
macchinine micro, colorandole, di tanto in tanto le contava e aggiungeva un
altro vagone. Quando è arrivata a 30 macchinine e 10 vagoni ha tagliato il
foglio in eccedenza.
22
Un cartellone con alcune rappresentazioni
Abbiamo verificato qual è il registro semiotico utilizzato da ognuno di loro
perché, oltre alla soluzione del problema, è importante anche la
rappresentazione che ogni bambino si costruisce per arrivare all‟esplicitazione
del suo personale concetto matematico (D‟Amore, 1998).
La scelta per rappresentare un oggetto è personale e, di fronte allo stesso
quesito, i bambini hanno scelto rappresentazioni diverse dello stesso oggetto
fatte all‟interno degli stessi registri semiotici (in lingua naturale, attraverso uno
schema con disegni, simboli, …).
Il problema diventa della sezione
La proposta seguente e conseguente, rientra nelle “pratiche condivise”; si sono
mostrate ai bambini le rappresentazioni realizzate da ciascuno di loro,
chiedendo di spiegare come erano arrivati a quella soluzione. Il gruppo
sezione ha discusso, su quale tra le rappresentazione era la più giusta, la più
bella; abbiamo verificato, poi, se le soluzioni proposte dai bambini, attraverso
i loro disegni, erano condivise dalla classe.
Abbiamo invitato i bambini a disegnare tante macchinine, a ritagliarle e
metterle in un contenitore apposito, successivamente hanno disegnato e
ritagliato dei grandi vagoni di un treno e la locomotiva.
Una volta in possesso di tutto il materiale abbiamo creato una situazione
gioco, dove un bambino a turno era il capostazione che illustrava ai bambini il
suo problema; quando tutti hanno raccontato il quesito, abbiamo invitato i
bambini a trovare una soluzione condivisa da tutti, in modo da aiutare il
capostazione.
I bambini hanno contato le macchinine.
Prendiamo il contenitore delle macchinine e mettiamole sui vagoni.
23
Dobbiamo prima contare le macchinine; devono essere 30.
Una volta raggiunto l‟accordo e contato il numero di automobili, i bambini
sono passati alla sistemazione.
Mettiamo la locomotiva, poi i vagoni.
Mettiamo le macchinine sopra ai vagoni.
Ci sono troppi vagoni, dice Matteo; ne bastano 10.
Matteo aveva individuato il risultato: 10 vagoni, ma i compagni si fanno
prendere dalla costruzione del treno e mettono tutti i vagoni ritagliati (circa
21).
Matteo ribadisce: Bisogna mettere 3 macchinine per ogni vagone. Cominciano
a posizionarle, contando, 3 passano all‟altro vagone… 3 e così fino alla fine
delle macchinine.
Elena conta le macchinine sui vagoni e si accorge che sono troppe, allora
decidono di contare le macchine fino a 30 e togliere quelle in più, mettendole
nel cesto.
Un bambino ha domandato: Dove le mettiamo quelle che sono nel cesto?
Le macchinine da sistemare erano 30. I vagoni sono troppi.
Li togliamo e facciamo un‟altra locomotiva e dentro ai vagoni di quest‟altro
treno ci mettiamo i passeggeri, ha proposto Lorenzo.
Il treno della sezione, finalmente era pronto per partire composto da 10 vagoni
più la locomotiva e con il suo carico di 30 macchinine.
In questa attività, abbiamo osservato come i bambini contrattavano
socialmente le rappresentazioni, come riuscivano a comunicare tra loro sulle
scelte fatte, che senso davano alle rappresentazioni, come trovavano un
accordo sociale. In questa produzione collettiva sono entrati in gioco tutti i
registri: i segni, la narrazione, la mimica. Nella discussione collettiva i
bambini dell‟intera sezione hanno attivato la costruzione cognitiva e
linguistica, hanno organizzato il pensiero, hanno argomentato e comunicato
trovando un codice condiviso e impegnandosi in un “discorso matematico”,
sebbene ingenuo.
24
Bibliografia
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all‟aritmetica. La matematica e la sua didattica. 1, 47-95.
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D‟Amore B. (1998). Oggetti relazionali e diversi registri rappresentativi: difficoltà
cognitive ed ostacoli – Relational objects and different representative registers:
cognitive difficulties and obstacles. L‟educazione matematica. 1, 7-28. [Questo
articolo è stato ripubblicato in lingua spagnola: Uno, 15, 1998, 63-76].
D‟Amore B., Fandiño Pinilla M.I., Gabellini G., Marazzani I., Masi F., Sbaragli S.
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Bologna: Pitagora.
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Mondadori.
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semiotiques dans les activietes mathematiques? In: S. Sbaragli (2006). La
matematica e la sua didattica, vent‟anni di impegno. Roma: Carocci. 101 –
104.
Fandiño Pinilla M.I. (2003). “Diventare competente”, una sfida con radici
antropologiche. In: D‟Amore B., Godino J., Arrigo G., Fandiño Pinilla M. I.
(2003). Competenze in matematica. Bologna: Pitagora.
Polya G. (1983). Come risolvere i problemi di matematica. Milano: Feltrinelli.
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scuola. Bologna: Il Mulino.
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ventennale. Atti del convegno di Castel San Pietro Terme. 3-4-5 novembre
2006. Bologna: Pitagora. 99-106.
Schidlowsky H. (2001). La filosofia per bambini: una educazione alla felicità e alla
democrazia. Dossier International de: “L‟Agora”. Revue internationale de
didactique de la philosophie.
Vygotskij L.S. (1931-1980). Il processo cognitivo. Torino: Boringhieri.
Parole chiave: problema; favola; giochi di percorso.
25
Mappe, pirati, decine e unità
Un’esperienza alla scuola dell’infanzia
Eleonora Belli e Lucia Scotti
Scuola dell‟infanzia Fratelli Grimm, VII circolo, Piacenza
Sunto. Si tratta di un‟esperienza didattica svolta all'interno del laboratorio di
matematica della nostra scuola dell'infanzia. Sono esposte le varie fasi della ricerca
– azione svolta con i bambini di quattro e cinque anni. La linea dei numeri, nata
come filo conduttore della mappa dei pirati, si è dimostrata rigorosa e scientifica
quanto fantasiosa, perché costruita con fagioli e conchiglioni di pasta. I bambini
hanno potuto sperimentare l‟uso di uno strumento didattico divertente ed efficace che
li ha favoriti nell'acquisizione di importanti competenze matematiche e li ha resi
sicuri nel conteggio di numeri grandi, oltre la decina.
La scuola Fratelli Grimm ha partecipato al Progetto in Rete di qualificazione e
miglioramento della scuola dell‟infanzia Intelligenza matematica finanziato
dalla Provincia e dal Comune di Piacenza rivolto ai bambini di 3 - 6 anni con
lo scopo di avvicinarli alla matematica in modo ludico.
Il Progetto è stato realizzato nel 2008/09 e nel 2009/10; ha previsto in questi
due anni una formazione iniziale dei docenti condotta dal Nucleo di Ricerca in
Didattica della Matematica dell‟Università di Bologna (in particolare si sono
tenuti corsi di formazione in servizio coi docenti Bruno D‟Amore, Martha
Isabel Fandiño Pinilla, Ines Marazzani) e la successiva creazione di percorsi
didattici operativi ideati e condotti dalle insegnanti delle sezioni coinvolte.
Concretamente, a Borgotrebbia i bambini di 4 e 5 anni di tutta la scuola hanno
giocato riflettendo intorno al concetto di numero, imparando strategie di
conteggio all‟interno di un contesto fantastico (Il mondo dei Pirati) e
manipolando materiali reali come i fagioli e i conchiglioni di pasta per
rappresentare i numeri. Valorizzando le loro personali capacità e divertendosi,
i bambini hanno appreso a riconoscere numeri anche “molto grandi” (40) e a
effettuare addizioni ed operazioni logiche.
Il lavoro è iniziato con una ricognizione delle conoscenze dei bambini di
quattro e cinque anni; lo strumento di indagine è stata una conversazione
collettiva guidata dall‟insegnante che ha chiesto: Conoscete i numeri? Che
cosa sono? A cosa servono? Chi li usa? Sapete contare? Fino a quanto? In che
modo? Quanti sono i numeri?
Queste conversazioni ci hanno permesso di avviare una prima riflessione
collettiva sull‟idea di numero che avevano i bambini. Abbiamo così scoperto
che i bambini hanno conoscenze pregresse di tipo matematico; questo dipende
26
certo dal quotidiano familiare ma anche dalle esperienze ludiche e verbali di
classificazione e riconoscimento delle cifre effettuate in classe, nelle sezioni,
gli anni precedenti.
Abbiamo utilizzato queste conoscenze come base di partenza per ampliare e
costruire nuove competenze.
L‟attività di ricerca del numero ha appassionato i bambini che hanno trovato
numeri ovunque. Ogni giorno rinvenivano occasioni per contare in tutti i modi.
Questa particolare situazione è nata in maniera semplice ed è stata sviluppata
in modo che catturasse l‟attenzione dei bambini e li motivasse nella scoperta
dei numeri e del conteggio.
Il percorso descritto in queste pagine è nato da una situazione iniziale non
allestita per il raggiungimento di qualche obbiettivo specifico; tuttavia le
insegnanti si sono rese conto che era un‟occasione potenzialmente ricca di
acquisizioni sulle quali costruire delle attività per creare competenze.
Simone, una mattina, ha portato ai suoi compagni una mappa del tesoro
trovata nelle merendine. La prima attività è stata l‟osservazione della mappa
stessa: i bambini hanno osservato i disegni che la componevano, ma la loro
attenzione si è soffermata soprattutto sui numeri che indicavano il percorso per
arrivare al tesoro.
La mappa del tesoro
Quest‟anno abbiamo letto diversi libri sui pirati.
M.: Osserviamo bene la mappa. Che cosa vediamo?
B.: La barca dei pirati. Gli alberi. Gli uccelli. L‟acqua. L‟uccello che ruba la
mappa. I numeri.
M.: Sono tanti o pochi i numeri sulla mappa?
B.: Tanti.
M.: Perché hanno messo dei numeri sulla mappa?
B.: I numeri servono per fare la strada che porta al tesoro. Si parte dal numero
1 e si arriva al tesoro al numero tre-zero.
M.: Qualcuno mi sa dire come si può dire in un altro modo il numero tre-zero?
A.: Si legge trenta.
La sicurezza di A. dimostra che esperienze vissute al di fuori della scuola ed
esperienze fatte a scuola nei momenti di gioco hanno dato modo ad alcuni
bambini di costruire competenze corrette.
Dopo un‟attenta osservazione, i bambini, condividendo le conoscenze di
ognuno sulla conta numerica, hanno ripetuto la sequenza e, stimolati dalle
insegnanti, hanno deciso di costruire una linea dei numeri come quella della
mappa.
La linea dei numeri
M.: I numeri sulla mappa sono attaccati l‟uno all‟altro?
B.: Sì, c‟è una corda che li attacca tutti: vedi?
27
M.: Proviamo anche noi a fare una linea dei numeri utilizzando una corda?
Come possiamo fare?
B.: Si scrivono i numeri dall‟1 al 30 e poi si attaccano ad una corda.
A questo punto abbiamo preparato dei cartoncini rotondi.
M.: Adesso prendiamo tutti un cartoncino e scriviamo tutti il numero 1.
B.: No, uno solo scrive “uno”.
F.: Lo faccio io.
M.: Bambini, per voi va bene se Fabio scrive il numero 1 sul cartoncino?
S.: Sì, io faccio il 2.
G.: Io il 3.
Man mano, tutti i bambini si propongono per scrivere e colorare sul cartoncino
i numeri. Dopo il numero 10, i bambini grandi che sanno contare meglio
prendono l‟iniziativa e completano la linea dei numeri.
Quando i bambini hanno terminato, l‟insegnante prende una corda, la fissa da
un punto all‟altro dell‟aula e poi chiede: E adesso?
B.: Adesso si attaccano i cartoncini con i numeri.
M.: Con quale numero si parte?
B.: Uno.
La maestra aspetta. Fabio, che ha in mano il cartoncino con il numero 1, esita.
I bambini più grandi lo sollecitano: Tocca a te, vai! Poi i bambini si alzano
spontaneamente quando si accorgono che hanno il numero in sequenza per
proseguire la linea in senso crescente.
Si arriva così fino al numero 27: i bambini si guardano l‟un l‟altro e
osservano: Maestra, non abbiamo più numeri.
M.: Quali numeri mancano?
A.: Il 28, il 29 e il 30.
Facilmente li realizziamo, completando così la linea dei numeri da 1 a 30.
M.: Oltre al numero scritto così (in cifra), in quale altro modo possiamo
scrivere i numeri?
G.: Con le lettere, con un disegno delle mani, con un bambino che conta con le
dita.
M.: Ma come si fa?
B.: Con le dita delle mani, disegniamo le nostre mani e coloriamo le dita che
indicano il numero.
Fotocopiamo tanti disegni di mani e completiamo anche con le dita colorate la
linea dei numeri.
Dopo aver completato la linea dei numeri, abbiamo giocato a costruire una
linea dei numeri formata dagli stessi bambini. Abbiamo preso dei cartoncini
sui quali abbiamo riscritto i numeri dall‟1 al 30 e li abbiamo posizionati sul
tavolo con il numero girato sotto. Ogni bambino ha preso un cartoncino e, al
“Via!” dell‟insegnante, doveva collocarsi nella giusta posizione in sequenza
crescente.
28
L‟insegnante non è mai intervenuta e i bambini si sono sistemati da soli nella
giusta posizione, con l‟aiuto dei più grandi ogni qualvolta si è reso necessario.
Il numero – quantità
Dopo qualche giorno l‟insegnante si è presentata a scuola con trenta sacchetti
vuoti, un sacchetto pieno di fagioli secchi e un sacchetto di conchiglioni di
pasta.
L‟insegnante distribuisce ad ogni bambino un sacchetto con sopra scritto un
numero: da 1 a 10 per i più piccoli e da 11 a 30 per i più grandi. Poi pone sul
tavolo, davanti ad ogni bambino, una manciata di fagioli.
I bambini che hanno i sacchetti dall‟1 al 10 riempiono il proprio sacchetto con
tanti fagioli corrispondenti al numero scritto sopra.
Arrivati al numero 10, l‟insegnante prende un conchiglione e lo riempie con
dieci fagioli. Ribadisce ai bambini che dentro ad ogni conchiglione ci stanno
10 fagioli.
M.: Come facciamo a fare il numero 11 con le conchiglie e i fagioli?
G.: Mettiamo nel sacchetto un conchiglione (che fa 10) e un fagiolo: dieci più
uno, undici.
Dall‟11 al 19 i bambini hanno riempito i sacchetti nella maniera giusta usando
i conchiglioni come decine e i fagioli come unità.
Ma l‟intenzione era quella di completare la linea dei numeri che arriva a 30
con i sacchetti-quantità.
Giorgia, che ha il sacchetto con il numero 20, chiede: Io cosa ci metto?
I bambini cominciavano a formulare le loro ipotesi; noi insegnanti non
intervenivamo, ma ci limitavamo a rilanciare le osservazioni più pertinenti,
finché Lorenzo è arrivato alla soluzione: Maestra ci mettiamo due conchiglioni
e basta, perché se in un conchiglione ci stanno dieci fagioli in due ce ne stanno
venti. A questo punto, trovata la strategia, in un attimo anche i sacchetti dal
venti al trenta venivano riempiti.
Come verifica, il giorno dopo noi insegnanti abbiamo chiesto ai bambini di
scrivere i loro numeri preferiti in cifre e di disegnare sotto ad ognuno la
corrispondente rappresentazione con i sacchetti, i conchiglioni ed i fagioli.
Con questa attività i bambini hanno dimostrato di cogliere simbolicamente la
differenza tra unità e decina. Per avvicinarsi all‟idea di decina come
raggruppamento di quantità la strategia vincente è operare in una situazione
problematica concreta (riempimento dei sacchetti).
Partendo dalla decina si è effettuato un conteggio dal punto di vista ordinale:
ciò che ci interessava era il posto occupato dal numero in una serie. Valutando
invece le unità che compongono i singoli numeri abbiamo attuato un conteggio
dal punto di vista cardinale.
29
Raccolta delle rappresentazioni spontanee
In un primo momento ciò che ci interessava era verificare se i nostri allievi
avessero davvero costruito quelle competenze che le esperienze di ricerca
mostrano. Nell‟età che precede la scuola primaria vi è un percorso di
conoscenza numerica variabile da bambino a bambino, ma comunque ricco e
articolato, che include aspetti concreti e astratti del concetto di numero
(D‟Amore et al., 2004). Le concezioni numeriche ingenue (3 - 6 anni) sono
collegate allo sviluppo linguistico e si suddividono fondamentalmente in
collezione dei numerali e collezione dei simboli numerici. Dalla connessione
di questi aspetti emerge l‟idea astratta di numero che diventa la base delle
diverse conoscenze concrete e permette di tenere insieme gli aspetti linguistici
(dire le parole), gli aspetti grafici (i disegni dei numeri), gli aspetti logici
(elencare elementi), gli aspetti operativi (per esempio contare i fagioli)
(Caldelli, D‟Amore, Giovannoni, 1984).
Tutte le attività sono state precedute e seguite da momenti di confronto tra i
bambini mediato dall‟adulto; i bambini hanno raccontato quello che avevano
fatto. Lo scopo era quello di puntare sull‟interazione fra i bambini, per
realizzare la costruzione di un sapere condiviso da tutti e di un codice
espressivo comune (significato dei conchiglioni e dei fagioli). La narrazione
delle azioni eseguite è importante perché, spiegando agli altri, rinforziamo la
comprensione dei ragionamenti effettuati (D‟Amore, 1999).
Le scoperte intorno alla costruzione della linea dei numeri si sono a poco poco
ampliate, coinvolgendo i bambini nell‟uso consapevole dei numeri nei giochi
liberi, nel disegno spontaneo oltre che nei momenti di attività guidata: i pirati
della classe sapevano orientarsi su una quantità di mappe diverse disegnate da
loro stessi per variare di volta in volta i giochi di fantasia che inventavano,
così come si potevano variare moltissimo le squadre per fare gare, o contare
quanti dobloni c‟erano nei forzieri o diventare sempre più affidabili ed
autonomi nei conteggi relativi alle routines quotidiane. Queste situazioni di
gioco erano caratterizzate da un continuo cambiamento delle variabili
numeriche e dall‟uso delle diverse rappresentazioni (dita, fagioli, oggetti,
simboli, cifre); i bambini stessi inventavano in modo sempre più complesso ed
autonomo, avvicinandosi a poco a poco alla dimensione mentale del conteggio
e del numero.
Riteniamo che tra gli aspetti più importanti di questo percorso vi siano la
motivazione dei bambini verso l‟apprendimento, e anche il lavoro svolto per
gruppi cooperativi intesi come risorsa importante per la crescita e lo sviluppo
dei bambini e del percorso stesso. Logicamente l‟organizzazione è
fondamentale, nella formazione dei gruppi, nella creazione e distribuzione di
materiali, nella ripartizione di ruoli e compiti.
Un altro aspetto interessante è stata la collaborazione di tutti nella produzione
dei materiali didattici. Il bambino che impara utilizzando il materiale didattico
che ha prodotto insieme ai compagni, diventa protagonista del proprio
30
processo di conoscenza e sarà secondo noi un allievo anche critico nei
confronti del materiale che a propria volta gli sarà sottoposto.
La parola chiave che riesce a dare un senso al nostro lavoro è
“coinvolgimento”. Coinvolgimento delle insegnanti interessate al progetto,
coinvolgimento anche affettivo tra le insegnanti e i bambini, che insieme
hanno condiviso le scoperte, le sfide, la curiosità. Proprio grazie a questo
intenso coinvolgimento per i bambini il passaggio dalla concretezza alla
capacità di astrazione è avvenuto naturalmente, in modo spontaneo e naturale.
Bibliografia
Caldelli ML., D‟Amore B., Giovannoni L. (1984). Il bambino matematizza il mondo.
Firenze: La Nuova Italia.
D‟Amore B. (1999). Elementi di didattica della matematica. Bologna: Pitagora.
D‟Amore B., Fandiño Pinilla M.I., Gabellini G., Marazzani I., Masi F., Sbaragli S.
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dell‟infanzia. Bologna: Pitagora.
Parole chiave: concettualizzazioni intuitive; costruzione e condivisione delle
conoscenze; conteggio; rappresentazioni; decina.
31
La “prima matematica” con [email protected]:
un’esperienza monitorata nell’anno scolastico 2007/08
Francesco Aldo Costabile e Annarosa Serpe
Dipartimento di Matematica, Università della Calabria
Sunto. Il computer, nella scuola dell‟infanzia, può risultare un potente strumento
interattivo, ed avviare processi di duttilità mentale, solo se l‟approccio allo strumento
è gestito all‟interno di un percorso cognitivo. In tal senso, nel Centro
Interdipartimentale di Ricerca Didattica (CIRD) dell‟Università della Calabria, è
stato avviato un percorso di ricerca-azione (R.-A) sull‟utilizzazione del computer, in
sezione, mediante il software didattico [email protected]. L‟intento precipuo, perciò, è di
indagare se adeguati ambienti apprenditivi contribuiscono ad aumentare la creatività
dei bambini ed, al contempo, rafforzare apprendimenti specifici in alcuni ambiti. In
questo contributo, si presenta una sintesi dell‟esperienza monitorata nell‟anno
scolastico 2007/08.
1. Quadro di riferimento
L‟inserimento del computer in contesti educativi destinati alla prima infanzia
ha acceso e continua ad accendere dibattiti e riflessioni di natura pedagogica
ed istituzionale. Non mancano dubbi e perplessità (British Psychological
Society, 2010), per cui l‟utilizzazione del computer nel processo formativo
deve avvenire sulla base di attente riflessioni e salde consapevolezze
pedagogiche. La possibilità per il bambino di accedere all‟utilizzo del
computer viene valutata positivamente in taluni contesti; è dunque lecito
chiedersi quali siano le modalità più idonee di utilizzo e soprattutto quale sia il
ruolo, che in tale scenario, deve assumere la scuola dell‟infanzia nella
mediazione dell‟uso dello strumento tecnologico, affinché quest‟ultimo risulti
di effettivo ausilio all‟apprendimento ed allo sviluppo.
Bruner sviluppa l‟idea che l‟essenza dell‟apprendimento sia strettamente
correlata con strumenti interattivi che rendano possibile la traduzione
dell‟esperienza in sistemi più efficienti di classificazione (Bruner, 1966).
In questo modo si stabilisce una linea di comunicazione tra apprendimento e
tecnologia. Bruner fa riferimento ad abilità e strumenti culturali, in questa
accezione anche un linguaggio può essere considerato una tecnologia. Con
l‟avvento del computer sono possibili nuove estensioni tecnologiche del
linguaggio, in quanto estendendo la struttura lineare del linguaggio scritto
nelle forme grafiche ed interattive, dinamiche consentite dal computer, le basi
materiali per pensare ed apprendere, e con esse l‟intera pratica educativa,
possono ampliarsi in modo sostanziale.
32
Il computer, come strumento informatico, mette a disposizione del bambino
capacità di progettare strategie, di imparare ad imparare, ma soprattutto di
imparare facendo; pertanto, nella scuola dell‟infanzia deve essere considerato
soprattutto un ausilio didattico per consentire forme di comunicazione ed
interazione, attraverso procedure interattive, che permettono la maturazione di
abilità mentali superiori e tecniche operative di apprendimento.
Il computer, dunque, come strumento flessibile: un kit di costruzione nelle
mani di chi apprende. Il ricercatore che ha più lavorato a definire questo modo
di intendere il computer è senz‟altro Papert che ha proposto e sviluppato una
teoria dell‟apprendimento, il costruzionismo, che ha aperto la strada ad
un‟utilizzazione attiva e costruttiva degli strumenti e delle tecnologie della
comunicazione e dell‟informazione (Papert, 1993).
Il computer, nella scuola dell‟infanzia, permette una specifica valenza
formativa sia perché consente attività di potenziamento degli apprendimenti
relativi ai diversi campi d‟esperienza, sia perché propone modalità di
elaborazione e comunicazione in grado di incentivare il potenziale creativo del
singolo attraverso l‟utilizzo di una pluralità di canali sensoriali; pertanto,
progettare e sperimentare percorsi didattici che vedano l‟utilizzo del computer
contribuisce a rendere il bambino protagonista dei propri processi di
conoscenza.
Tutto ciò si coniuga molto bene con l‟attività matematica. Infatti, nella scuola
dell‟infanzia, l‟area della matematica si conferma come campo di esperienza
privilegiato per lo sviluppo di capacità logiche; dunque, non solo disciplina dal
carattere astratto, ma piuttosto linguaggio utile per la conquista delle capacità
di pensare e ragionare in modo scientifico.
Solo, però, un approccio idoneo, in termini di metodologia didattica,
costituisce una variabile efficiente per fondare un atteggiamento soggettivo di
apprezzamento per la matematica. Per mobilitare questo processo l‟insegnante
deve gestire una didattica volta a promuovere le motivazioni intrinseche della
curiosità, della ludicità e del piacere della scoperta, fattori insostituibili per
capire ed interpretare la realtà. In particolare, la disponibilità di tecnologie
costituisce un arricchimento dei contesti formativi, soprattutto alla luce del
fatto che i bambini oggi sono digital natives.
In Italia, le recenti normative del Ministero dell‟Istruzione, dell‟Università e
della Ricerca (MIUR) sebbene da una parte hanno consentito l‟inserimento
ufficiale del computer nella scuola dell‟infanzia, dall‟altra non hanno prodotto
miglioramenti rilevanti dal punto di vita dello status tecnologico in quanto la
non obbligatorietà dell‟uso, ha determinato un forte rallentamento nella
sperimentazione didattica.
33
2. L’esperienza di ricerca-azione (R.-A.)
Nel quadro di riferimento precedente è iniziato il percorso di R.-A con i
seguenti obiettivi pedagogici di base:
favorire i processi di apprendimento dei concetti matematici facendo leva sul
gioco e sulla creatività, con l‟utilizzo del computer;
promuovere percorsi apprenditivi che colleghino l‟uso del computer a vissuti
esperenziali plurisensoriali.
La R.-A è stata articolata in tre fasi: progettuale, operativa e valutativa
(feedback). Nello specifico, la seconda e la terza fase hanno avuto come
scansione temporale la durata di un anno scolastico, cioè da ottobre 2007 a
fine maggio 2008 coinvolgendo n° 5 scuole dell‟infanzia per un totale di 10
insegnanti e di 130 bambini circa (fascia d‟età 5 anni).
2.1. Fase progettuale
La fase progettuale, preceduta da studi di approfondimento inerenti l‟uso del
computer e la ricerca di best practices (relative all‟ambito logico-matematico)
esistenti in letteratura, ha visto l‟ideazione e realizzazione del software
[email protected] e la strutturazione dello scaffolding inerente la fase operativa. Qui,
di seguito, si riportano, brevemente, alcune peculiarità del software ai fini di
una prima idea; per ulteriori approfondimenti si rinvia alle note in bibliografia.
Il software [email protected] (Costabile, Golemme, 2007), ideato e realizzato in
sintonia con le direttive ministeriali inerenti la scuola dell‟infanzia, ha lo
scopo precipuo di accompagnare/aiutare i bambini nel loro itinerario formativo
verso le prime forme di aggregazione della conoscenza in ambito matematico;
pertanto è stato progettato sulle seguenti basi pedagogiche:
1. l‟insegnante deve guidare il processo evolutivo utilizzando il software, non
solo per commentare/spiegare/illustrare, ma anche intervenendo per
modificare la struttura ciclica e sonora secondo le esigenze didattiche legate al
particolare soggetto; quindi non “una videocassetta” da vedere/ascoltare ma un
software come ausilio didattico di cui il docente/tutor si serve per creare
situazioni di apprendimento idoneamente innovative;
2. se pure in un contesto ludico, caratterizzato da immagini dinamiche e
colorate, il software ha precipue finalità formative e di avvio
all‟apprendimento, nella particolare circostanza, di stimolo per capacità
intuitive, logiche e linguistico-descrittive.
Il software [email protected] contiene i seguenti programmi:
Orientamento
Forme e colori
Scansione temporale e movimento
Contare: numero cardinale
Scrittura con il mouse
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che possono essere manipolati dagli insegnanti secondo le varie esigenze in
sezione. Inoltre, è corredato di una guida all‟uso, che mostra i vari programmi,
al fine di suggerire anche nuove idee.
2.2. Fase operativa
Lo scaffolding, inerente questa fase, è stato strutturato in tre stadi:
1. indagine iniziale per valutare lo stato dell‟arte dell‟utilizzo del computer
nella scuola dell‟infanzia dalla quale sono scaturite riflessioni che hanno
offerto lo spunto per impostare la formazione ed il prosieguo del lavoro;
2. formazione degli insegnanti mediante tre stage, intervallati nell‟arco
dell‟anno scolastico, finalizzati alla familiarizzazione con il software [email protected]
ed all‟elaborazione di nuove proposte di attività operative da attuare, in
sezione, interdipendenti ai campi di esperienza con particolare riferimento al
campo di esperienza “La conoscenza del mondo (ordine, misura, spazio,
tempo, natura)”.
3. riflessione, verifica in itinere e ricalibratura delle attività esperite in sezione
per un‟analisi comparativa tra i comportamenti dei bambini ed i processi
formativi messi in atto da loro all‟interno del contesto formativo per tracciare
un bilancio complessivo degli apprendimenti e verificare le varie abilità
acquisite.
Nella fase operativa sono state esperiti laboratori in situazioni a-didattiche
finalizzati alla laterizzazione, alla percezione di forme e colori, all‟ordine
cronologico, all‟utilizzazione ed interpretazione di codici, simboli e segni,
conoscenza di numeri. I laboratori sono stati condotti sulla base di
progettazioni elaborate con gli insegnanti nel nuovo paradigma metodologico:
realtà sensibile  realtà virtuale  realtà sensibile; infatti, tutte le attività in
sezione sono state esperite prima in maniera tradizionale (senza l‟utilizzo della
tecnologia); successivamente con l‟uso del PC in sezione adoperando il
software [email protected], quindi ricreate nuovamente nella realtà sensibile.
La fase operativa ha portato alla realizzazione di diversi materiali didattici,
nonché alla produzione da parte dei bambini di numerosi elaborati di
approfondimento e completamento delle attività svolte.
Per palesi motivi di spazio, si riporta solo un esempio di attività proposta e di
prodotti realizzati dai bambini; per i dettagli si rimanda alla bibliografia
(Costabile, Serpe, 2009).
A tal proposito, nelle seguenti figure sono presentate alcuni momenti
dell‟attività “Giochiamo con le forme ed i colori” svolta in sezione dai
bambini della scuola dell‟infanzia “Natalie Ginzburg”, 5° Circolo Didattico di
Cosenza.
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Giochiamo con le forme ed i colori – fase reale
Giochiamo con le forme ed i colori – fase virtuale
2.3. Fase valutativa (feedback)
Per ciò che concerne il monitoraggio delle attività, sono state strutturate delle
schede di protocollo osservativo basate sulla definizione del campo e
dell‟oggetto di osservazione, nonché sulle categorie dell‟oggetto di
osservazione, sulla formulazione degli item osservativi, sulla costruzione di
strumenti di registrazione e sulla definizione del piano di osservazione.
A titolo d‟esempio, si riportano solo alcuni estratti dei protocolli.
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Distinguere
oggetti
secondo l‟attributo
Ambiente abituale
Insuf
Suff.
Buono
Ambiente
artificiale:
laboratorio al computer
Insuff
Suff.
Buono
Colore
Forma
Dimensione
Spessore
Approccio al computer con [email protected]
Mai Qualche Volta
Sempre
Ha sollecitato la curiosità dei piccoli allievi
Ha condotto i piccoli allievi a compiere scoperte
Ha reso semplice l‟utilizzo della tastiera e del mouse
Ha facilitato la flessibilità adattiva
Ha promosso l‟acquisizione di abilità in merito a:
coordinazione oculo-manuale
velocità percettiva
interesse allo strumento informatico
cooperazione tra pari e rispetto dei turni
3. Conclusioni
L‟esperienza ha fornito aspetti di positività, nella direzione degli obiettivi
pedagogici - formativi prefissi, in particolare:
1. l‟insegnante, programmando adeguatamente l‟introduzione di [email protected]
all‟interno della sezione e prendendo in considerazione le differenti
opportunità che esso può offrire, ha avuto la possibilità di arricchire le
esperienze dei bambini ed i processi formativi e cognitivi che,
quotidianamente, vengono messi in atto nelle varie attività;
2. la dimensione ludica unita a quella interattiva ha suscitato effetti positivi sul
piano motivazionale, interesse concreto per lo strumento informatico
aumentando, così, la partecipazione nella ricerca di soluzioni a situazioni
problematiche, nonché crescita del livello d‟interazione con i coetanei;
3. l‟utilizzo del software ha agevolato, notevolmente, il Learning by doing,
permettendo ai bambini di agire nelle situazioni preposte in modo naturale e
spontaneo attraverso l‟esperienza diretta, evidenziando atteggiamenti di
sicurezza, corresponsabilità, diminuzione dell‟ansia del compito e
rafforzamento delle capacità;
4. il nuovo paradigma didattico circolare:
realtà sensibile  realtà virtuale  realtà sensibile
si è manifestato non solo possibile, ma efficace e produttivo.
Non sono mancate le riflessioni sui fattori significativi provenienti da ambienti
apprenditivi diversificati, consentendo, così, l‟approfondimento del panorama
insegnativo valutativo e riflessivo della scuola dell‟infanzia.
37
Bibliografia
Bruner J. (1966). Toward a theory of instruction. Cambridge: Harvard University
Press.
Costabile F.A., Golemme R. (2007). [email protected] per la scuola dell‟infanzia. Cosenza:
Nuova Santelli.
Costabile F.A., Serpe A. (2009). Un laboratorio per la scuola dell‟Infanzia con
[email protected] - Esperienza monitorata nell‟a.s. 2007/08. Didattica e Didattiche
Disciplinari. 13.
D‟Amore B., Fandiño Pinilla M.I., Gabellini G., Marazzani I., Masi F., Sbaragli S.
(2004). Infanzia e Matematica. Didattica della Matematica nella scuola
dell‟Infanzia. Bologna: Pitagora.
Mantovani S., Ferri P. (2006), Bambini e Computer, alla scoperta delle nuove
tecnologie a scuola ed in famiglia. Milano: Fondazione IBM, ETAS.
Papert S. (1993). The Cildren‟s Machine: Rethinking School in the Age of the
Computer. New York: Basic Books.
British Psychological Society, giugno 2010, dott Aric Sigman: web site url:
http://www.dailymail.co.uk/health/article-1285981/TVs-PCs-dull-childrensbrains.html
Parole chiave: educazione matematica; computer; software didattico; scuola
dell‟infanzia.
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Mondrian, fra colori e geometria
Elena Fascinelli
Scuola dell‟infanzia Ca‟ Prato, I. C. G. Murari, Valeggio sul Mincio (VR)
R.S.D.D.M., Bologna
Sunto. L‟esperienza permette ai bambini di avvicinarsi ai concetti legati alla
geometria dei solidi e successivamente alla geometria piana, attraverso i quadri di
Mondrian. I quadri sono realizzati, all‟inizio, con grandi scatoloni e i bambini vivono
l‟esperienza artistica e matematica con il corpo e con le mani prima che con la
mente. Durante il percorso il passaggio dalla tridimensionalità alla bidimensionalità
diventa intuitivo e permette di superare la contrapposizione tra lo spazio vissuto e lo
spazio rappresentato, che crea ai bambini notevoli difficoltà grafiche e prospettiche.
Anche in questo caso il connubio tra arte e matematica risulta vincente, catturando
l‟interesse dei bambini e consente sperimentazioni profonde e ricche di senso.
In questa esperienza l‟arte diventa il pretesto che innesca e supporta l‟attività
geometrica. L‟intreccio fra queste due discipline trova nella scuola
dell‟infanzia un terreno fertile proprio per l‟apertura mentale dei bambini di
questa età e per la struttura organizzativa e metodologica possibile in questo
ordine scolastico. Il percorso attuato parte dalla costruzione dei quadri di Piet
Mondrian in tre dimensioni prendendo come riferimento il modellino che
l‟artista realizzò per l‟opera teatrale L‟Ephémère est éternel. Nella stesura di
questa esperienza ho volutamente dato risalto, in alcune parti, agli aspetti
linguistici che sono parte integrante dell‟esperienza. Non esiste infatti vero
apprendimento se non c‟è riflessione sull‟esperienza stessa. L‟interazione
verbale e l‟osservazione sono parte fondamentale del percorso che si struttura
con proposte e continui feed-back da parte dei bambini.
Obiettivi
Conoscenza e descrizione di figure solide e piane; sviluppo dell‟intuizione e
della creatività geometrica; uso di un linguaggio adeguato per descrivere le
caratteristiche degli oggetti; rafforzamento dei concetti di: linea aperta, linea
chiusa, regione, confine, spigolo, faccia, vertice; potenziamento dei concetti
relativi alla localizzazione nello spazio.
Requisiti
Per affrontare questa esperienza i bambini devono possedere la capacità di
riconoscere le caratteristiche degli oggetti; la capacità di esprimere con il
linguaggio pensieri e ipotesi.
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Materiali
Scatoloni da imballaggio, colori a tempera, pennellesse, cartoncino colorato,
forbici, colla vinilica, pennelli, tetrapak del latte di formati diversi, scatole di
cartone, carta velina colorata, pennarelli.
Esperienza
Procuriamo, presso negozi di vendita di elettrodomestici o alimentari, degli
scatoloni di grandi dimensioni. Vanno bene quelli dei televisori con tubo
catodico, ma anche quelli di certi aspirapolvere o di macchine per cucire, e
altri a forma di parallelepipedo. Procuriamo anche due scatoloni da frigorifero
per creare lo sfondo. Chiudiamo gli scatoloni più piccoli con dello scotch di
carta avendo cura di farlo aderire molto bene. Apriamo invece gli scatoloni da
frigorifero stendendoli in tutta la loro larghezza. Prepariamo il colore a
tempera diluendolo leggermente e mettiamolo in grandi contenitori o anche
all‟interno di piatti di plastica. Per questa esperienza metteremo a disposizione
dei bambini i colori che Mondrian ha usato per il modellino teatrale e per i
quadri geometrici che lo hanno reso famoso: il giallo, il rosso, il blu, il nero e
il bianco. Invitiamo i bambini a stendere il colore con le pennellesse su tutte le
facce degli scatoloni facendo in modo che tutta la superficie sia ricoperta in
maniera uniforme. In questa fase è estremamente importante porsi in
atteggiamento di osservazione e di stimolo per capire quali idee i bambini
hanno sulla forma degli oggetti tridimensionali. Sia durante la coloritura che
durante il successivo incollaggio possiamo introdurre termini quali faccia,
spigolo e vertice riferiti a un solido.
Mentre i bambini colorano interveniamo con domande opportune del tipo: Mi
piace la forma della scatola che stai dipingendo, l‟hai già vista in qualche altro
posto? Come la chiami? O anche: Sai come si chiama questa parte della
scatola che stai colorando? L‟ideale sarebbe poter registrare le risposte dei
bambini in modo da cogliere tutte le possibili sfaccettature delle risposte. La
registrazione, unita all‟osservazione diretta, permette un‟analisi approfondita
delle idee e dei concetti espressi dai bambini. Coloriamo anche i grandi cartoni
ricavati dagli scatoloni da frigo uno con il colore giallo e uno con il colore
rosso. Mentre gli scatoloni si asciugano, chiediamo ai bambini di tagliare dei
cartoncini neri creando delle strisce larghe circa 4 - 5 cm. Cerchiamo del
cartoncino non troppo pesante in modo che il taglio sia agevole e sosteniamo i
bambini aiutandoli quando sono in difficoltà, insegnando la tecnica corretta
per tagliare. Non è importante che le strisce siano lunghe o che siano
perfettamente diritte, perché verranno successivamente composte accostandole
le une alle altre, per cui avremo modo di correggere le imprecisioni. Lasciamo
asciugare a lungo gli scatoloni in modo che il successivo lavoro di incollaggio
risulti più semplice e duraturo. In alcuni contenitori mettiamo le strisce nere
ritagliate dai bambini e prepariamo dei contenitori con colla vinilica e
pennelli. Disponiamo i bambini intorno agli scatoloni e chiediamo di incollare
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le strisce di carta nera vicino agli spigoli di ciascuna faccia, in modo da creare
un contorno.
In questa fase riportiamo al gruppo eventuali commenti dei bambini in modo
da attivare lo scambio di idee e le riflessioni di gruppo: Elisa dice che per fare
un bel contorno bisogna incollare le strisce vicine allo spigolo, voi che ne
dite?. Oppure: Alberto pensa che alla fine queste facce saranno dei recinti,
secondo voi sarà così? Mentre i bambini lavorano abbiamo inoltre modo di
portare la loro attenzione sull‟accostamento delle strisce chiedendo loro di
incollarle scegliendo pezzi adeguati che siano accostabili tra loro o di
adeguarli alle misure rifilandoli con le forbici. L‟incollaggio delle strisce di
cartoncini è chiaramente da fare anche per i due sfondi.
Invitiamo i bambini a giocare liberamente con gli scatoloni realizzati
chiedendo: Che giochi possiamo fare con questi scatoloni bellissimi che
abbiamo fatto? Ascoltiamo le proposte e magari ricordiamo idee e
suggerimenti emersi nella fase di realizzazione: Prima Alberto aveva detto che
questi scatoloni assomigliano a dei recinti, volete provare a fare un gioco con i
recinti? Insieme con i bambini possiamo attivare percorsi di gioco con gli
scatoloni componendoli tra loro come delle maxi costruzioni che possono, di
volta in volta, diventare castelli, recinti o case e questo permette ai bambini di
confrontare e verificare forme, dimensioni, accostabilità, posizioni e così via.
Ma questi solidi possono diventare supporti per giocare con gli animali di
plastica, per apparecchiare piatti e bicchieri o per approntare un negozio di
parrucchiera. Nel caso del gioco con gli animali, possiamo far notare ai
bambini che il cartoncino nero è una linea chiusa introducendo in questo modo
anche i primi elementari termini della topologia.
Il gioco motorio con gli scatoloni permette di scoprire le caratteristiche dei
solidi perché i bambini sono coinvolti a livello di movimento complessivo. I
bambini si sdraiano, afferrano, circondano, salgono, compongono e
sovrappongono i solidi, scoprendo i concetti attraverso i canali sensoriali.
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Fotografiamo i bambini mentre giocano e usano gli scatoloni in modi diversi.
Quando i bambini avranno giocato con gli scatoloni, raduniamoli nello spazio
della conversazione o su un tappeto e mostriamo loro le fotografie realizzate.
L‟analisi orale delle fotografie e delle situazioni che esse mostrano, va
supportata con domande e interventi opportuni che evidenzino:
le attività e le strutture realizzate e la loro modalità di attuazione;
la posizione dei bambini rispetto agli oggetti;
la posizione e la relazione degli oggetti nello spazio e tra di loro.
Lasciamo i bambini liberi di esprimere le loro opinioni e, se possiamo,
registriamoli o annotiamo le risposte. Procuriamo poi una fotografia o un libro
con l‟immagine del modellino teatrale realizzato da Mondrian, a cui si fa
riferimento nell‟introduzione, e mostriamolo ai bambini, commentando: Ho
scoperto che anche a un grande pittore piaceva dipingere usando i colori e le
forme che avete usato voi. Guardate. Spieghiamo chi è il pittore e che cos‟è la
composizione che vediamo nella foto.
Possiamo anche proporre ai bambini di comporre i nostri solidi come se
fossero uno scenario teatrale e usarlo per una piccola rappresentazione o per
momenti di routine in cui i bambini raccontano qualcosa ai compagni.
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Sproniamo i bambini: Oggi vorrei fare con voi un gioco con le bellissime
forme che avete colorato.
Possiamo in questo modo introdurre l‟attività di composizione vera e propria.
Appoggiamo ad una parete i due grandi sfondi colorati uno accanto all‟altro e
invitiamo i bambini a realizzare la composizione mettendo gli scatoloni nella
posizione voluta davanti allo sfondo che preferiscono. Fotografiamo ogni
composizione con l‟autore a fianco e chiediamogli di commentare le scelte
effettuate sia riguardo al colore che alle forme accostate.
Chiaramente si tratterà, in questa fase, di commenti personali e assolutamente
liberi; i bambini potrebbero dire che hanno messo il blu accanto al nero perché
ricorda una squadra di calcio, o perché sono i colori della loro maglietta
preferita. E potrebbero anche affermare che hanno usato solo le forme a cubo
perché sono “come il dado”. Una volta realizzate tutte le composizioni
possiamo stampare le fotografie o guardarle sullo schermo del televisore per
poterle descrivere in maniera più precisa. In questa fase chiediamo ai bambini
di descrivere le loro strutture, ma interveniamo per richiedere una maggiore
precisione rispetto alla descrizione delle posizioni nello spazio. Anche da soli i
bambini arriveranno a scoprire che la descrizione precisa e dettagliata di
queste semplici composizioni richiede una certa correttezza linguistica. Se un
bambino è in difficoltà, chiediamo agli altri di aiutarlo suggerendo parole o
soluzioni. Possiamo anche intervenire in alcuni casi con l‟introduzione di
termini per i bambini poco usuali o sconosciuti come: parallelepipedo,
sovrapposto, verticale, orizzontale e così via, termini che sono in parte della
geometria e in parte del linguaggio comune descrittivo. Osserviamo e
registriamo gli interventi dei bambini per poter poi riprendere le loro
affermazioni e analizzarle con il gruppo. Invitiamo i bambini a chiedere ai
compagni di spiegare le parole che non comprendono. Questa abitudine
permette un approccio ai problemi di tipo analitico e i bambini sono indirizzati
verso quel modo di operare e di pensare tipicamente scientifico. Le descrizioni
emerse sono, all‟inizio, molto semplici: Ho messo il cubo rosso vicino a quello
blu e il parallelepipedo bianco sopra a tutti e due. Ma quando i bambini creano
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composizioni complesse, la necessità di spiegare in maniera chiara diventa
fondamentale.
Per movimentare il gioco e creare variabili interessanti procuriamoci dei
tetrapak del latte da litro e da mezzo litro e delle scatole cubiche che possiamo
anche costruire con del cartoncino pesante. Incolliamo sulle scatole della carta
velina realizzando “in miniatura” gli stessi scatoloni che abbiamo colorato.
Una volta asciugati mettiamo dello scotch nero a contornare le facce.
In questo modo le forme sono uguali, ma più piccole e quindi manipolabili e
maggiormente gestibili, ma sempre in tre dimensioni. L‟uso di scatole e di vari
tetrapak con cui riprodurre le esperienze giocate con i grandi scatoloni,
permette di puntare l‟attenzione sui particolari delle forme e sulle
caratteristiche dei solidi. Si tratta in sintesi di vivere le forme con le mani dopo
averle sperimentate con il corpo.
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Proponiamo un gioco che solo a prima vista risulta semplice. Facciamo in
modo che uno dei due grandi sfondi stia in piedi, diritto, magari con l‟aiuto di
sedie e tavoli, a dividere lo spazio di una stanza. Da una parte mettiamo i
solidi più grandi e dall‟altra, su un tavolino, mettiamo i solidi più piccoli. Un
bambino crea una composizione con le “forme grandi” e poi la descrive al
compagno che sta dall‟altra parte del divisorio e non la vede, il quale cerca di
riprodurla sul tavolino. Cerchiamo di orientare i bambini a costruzioni
semplici e chiediamo al gruppo di intervenire per correggere o aiutare l‟uno o
l‟altro compagno. Diamo poi ai bambini le scatole piccole per realizzare le
loro composizioni libere. Se fotografiamo queste composizioni dall‟alto,
magari appoggiate su uno sfondo colorato contornato di scotch nero, avremo
un‟immagine molto simile ai quadri di Mondrian. Confrontiamo i lavori dei
bambini con i quadri dell‟artista. In questa fase le parole che supportano
l‟attività saranno sia quelle della geometria, sia quelle descrittive. Possiamo
proporre anche un‟attività di verifica in cui, dato un reticolo con linee aperte e
chiuse, i bambini colorano, con i colori di Mondrian, solamente le regioni,
cioè le parti del piano chiuse.
L‟ultimo passaggio porta tutta l‟esperienza al bidimensionale. Dopo aver visto
le costruzioni con le scatole appoggiate e composte su uno sfondo, possiamo
contornarle usando i pennarelli dello stesso colore e creare nuove
composizioni su uno sfondo bianco o tagliarle, svolgerle e appiattirle creando
così una “scomposizione” del solido che introduce, senza forzature, l‟idea di
passaggio dalla tridimensionalità alla bidimensionalità. Molto importante in
questo momento è la parte linguistica perché le figure, disegnate sul
cartoncino che fa da sfondo, sono ricavate dai solidi, ma hanno caratteristiche
estremamente diverse.
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La descrizione che i bambini fanno delle figure in questa situazione è più
geometrica in senso “scolastico” perché i bambini, anche i più piccoli,
riconoscono e nominano figure come il rettangolo o il quadrato. Invitiamo i
bambini a scoprire le caratteristiche delle figure che hanno contornato e
colorato per scoprire quali si possono accostare, come sono fatte, quanti lati
hanno. Sarà anche possibile introdurre l‟idea di estensione superficiale,
collegandola sempre con le forme che i bambini stanno incollando.
Riguardiamo insieme qualche quadro dell‟artista e concludiamo l‟esperienza
mettendo a disposizione di ciascun bambino un cartoncino rosso o giallo, con
il solito contorno nero realizzato con il pennello e la tempera, e tante forme di
cartoncino dei colori che abbiamo usato fino ad ora. Lasciamo i bambini liberi
di comporre le forme di cartoncino come desiderano e di incollarle sullo
sfondo a loro gusto. Realizziamo una mostra dei lavori dei bambini
appendendo i loro quadri sui grandi scatoloni da frigo che abbiamo usato come
sfondo avendo cura di mettere gli sfondi gialli sul rosso e viceversa. Facciamo
partecipi le famiglie del percorso che abbiamo realizzato con i bambini
mandando a casa, insieme con i quadri sia la stesura dell‟attività, che le parole
e i ragionamenti che i bambini hanno esplicitato durante le varie fasi. Il
percorso si presenta ricco di stimoli e di opportunità educative relative sia
all‟ambito matematico che a quello artistico e permette ai bambini di
sperimentare, in situazione ludica, l‟applicazione di concetti complessi.
Bibliografia
Bartolini Bussi M. (2008). Matematica. I numeri e lo spazio. Bergamo: Junior.
D‟Amore B., Aglì F. (1995). L‟educazione matematica nella scuola dell‟infanzia.
Milano: Juvenilia.
D‟Amore B., Fandiño Pinilla M.I., Gabellini G., Marazzani I., Masi F., Sbaragli S.
(2004). Infanzia e matematica. Bologna: Pitagora.
Parole chiave: geometria; arte; forme; tridimensionalità; linguaggio.
46
SEZIONE 2
SCUOLA PRIMARIA
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48
Buone pratiche di misura
Erminia Dal Corso e Margherita Francini
R.S.D.D.M., Bologna
Sunto. Con questo contributo si vuole evidenziare come la pratica della misurazione
sia importante per una corretta formazione del concetto di misura. Nelle pratiche
consuete della scuola primaria si tende a trascurare questo lavoro perché “porta
via” tanto tempo a vantaggio di una aritmetizzazione della misura. Analizzeremo
come questo approccio non solo possa portare a misconcezioni, ma come l‟idea di
misura che ne risulta possa divenire ostacolo agli apprendimenti futuri.
1. Premessa
Nella consuetudine didattica della scuola primaria italiana, ma anche in altri
paesi europei, la misura viene trattata quasi esclusivamente attraverso
l‟algoritmizzazione, cioè con esercizi di calcolo e di trasformazione e
«l‟accento si pone sull‟aspetto algoritmico di applicazione delle formule di
passaggio da alcune unità ad altre» (Chamorro, 2001). Questo fatto è
evidenziato anche da Fandiño Pinilla (2008) che denuncia il fatto che alcuni
concetti geometrici, come contorno e superficie, vengono eliminati per
sostituirli con pratiche di calcolo algoritmico aritmetico, rispettivamente
perimetro e area.
Da dove nasce questa scelta? Forse la consuetudine ha una motivazione
storica? Questa è la nostra ipotesi.
La necessità di misurare è antica quanto l‟uomo; infatti, per quantificare i
propri averi, egli ha inventato il numero ed ha costruito strumenti di misura
adatti ai diversi prodotti.
Fino al diciottesimo secolo, ogni comunità usava i propri strumenti di misura
che determinavano pure le unità di misura con relativi multipli e sottomultipli.
Ad esempio, a Verona si usavano per le misure di capacità per il vino la botte
e suoi sottomultipli: «La botte si divide in 12 brenti, il brento in 4 secchie, la
secchia in 18 inghistare, l‟inghistara in 4 goti», mentre per le misure di
superficie si usava il campo ei suoi sottomultipli: «Il campo si divide in 24
vanezze, la vanezza in 30 tavole, la tavola in 36 piedi quadrati. In totale il
campo si divide in 720 tavole. Questo indipendentemente dalla misura base
del campo, che […] non esiste in senso assoluto neppure nell‟ambito della
provincia» (Beggio, 1968).
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Non solo le unità di misura differivano da zona a zona, ma anche i prodotti: ce
n‟erano di specifiche per il vino e per l‟olio, per la lana e per la seta, per
l‟edilizia, …
Quindi la misurazione non era calcolata attraverso delle formule, ma avveniva
direttamente con l‟uso dello strumento adeguato e, se c‟erano delle dispute,
queste si dipanavano usando degli strumenti ufficiali, come le unità di misura
scolpite nella pietra nel capitello in Piazza delle Erbe: «(…) è il capitello (più
volte confuso con la Berlina) (…). Qui avvenivano le grida e si insediavano i
podestà. Era il luogo dove si punivano i bestemmiatori o chi commetteva
frodi: sul lato sono tuttora incise le misure veronesi: la pertica, il passo, il
coppo, il quarel e l‟anello per misurare le fascine» (Varanini, 1988).
Con l‟avvento di sempre maggiori scambi commerciali, culturali e di ricerca
scientifica si rende necessario unificare le unità di misura. Il secolo in cui
finalmente si riesce a realizzare questa unificazione è il diciottesimo. Infatti
nel 1795 nasce in Francia il Sistema Metrico Decimale basato sulle unità di
lunghezza (metro), peso (dapprima il grammo ora il kilogrammo) e volume
(litro). Decimale perché i multipli e i sottomultipli rispettano base dieci.
Nel 1875 inizia la storia del Sistema Internazionale e da quel momento le
regole vengono stabilite dalla Conferenza generale dei pesi e delle misure,
organismo collegato all‟Ufficio internazionale dei pesi e delle misure.
Con la legge del 28 luglio 1861, approvata dal primo parlamento italiano, si
diffonde il Sistema Metrico Decimale e si proclama valido in tutte le attuali
province italiane (Cannella, 2005).
Il cambiamento non è né facile né ben accetto, tanto che si continuano ad
utilizzare le misure locali. Già nel 1812 nelle scuole viene richiesto «il
ragguaglio delle vecchie colle nuove misure» (articolo 1, Istruzione X del 15
febbraio 1812) e in un Prospetto delle materie che s‟insegnano nelle Scuole
Elementari minori di campagna si legge: «Si darà cognizione dei pesi e delle
misure correnti nello Stato, il quale esercizio servirà per materia
dell‟Aritmetica mentale» (Andreis, 2010).
Nel corso dei programmi didattici seguenti, l‟attenzione è focalizzata
sull‟apprendimento del sistema metrico decimale, per cui si instaura una prassi
didattica che dà maggior risalto all‟aspetto algoritmico del concetto di misura.
Gli allievi di quelle epoche però avevano uno rapporto quotidiano con
strumenti di misura quali bilance, caraffe graduate, … che erano, nella
maggior parte dei casi, strumenti semplici e che realizzavano un confronto
diretto.
Oggi, gli allievi che frequentano le classi delle scuole primarie non hanno
modo di veder usare strumenti di misura semplici. «Gli strumenti raffinati, che
si usano (orologi, bilance, termometri), non mostrano i meccanismi di
funzionamento. Spesso i prodotti sono già confezionati con un‟etichetta
stampata sulla quale la misura si legge, ma non si verifica» (Dal Corso, 2009).
50
Per questo riteniamo sia dovere della scuola recuperare esperienze
significative, esperienze che si possano legare alla rappresentazione delle unità
di misura attraverso il numero e un riferimento.
2. Che cosa significa misurare
Nel mondo fisico, una misura non è altro che un rapporto tra la grandezza
considerata e un‟altra grandezza ad essa omogenea che viene scelta come unità
di misura. “Ad essa omogenea” significa che si misura allo stesso modo, con
la stessa tecnica; ad esempio, per misurare le lunghezze, l‟unità di misura deve
essere anch‟essa una lunghezza.
Un metodo diretto consiste nel sovrapporre o comunque accostare all‟oggetto
in esame uno strumento tarato che permette la lettura visuale del valore della
grandezza.
Ad esempio:
valutare la lunghezza di un segmento tramite un righello graduato,
l‟ampiezza di un angolo tramite goniometro.
Si può usare un metodo indiretto: volendo conoscere una grandezza, ne
misuriamo in realtà un‟altra o delle altre e usiamo delle formule che collegano
le varie grandezze tra di loro.
Ad esempio:
ottenere la lunghezza di una circonferenza tramite la conoscenza della
lunghezza del suo raggio,
dell‟area di un rettangolo tramite la conoscenza delle lunghezze di due suoi
lati consecutivi.
Infine possiamo determinare delle misure con delle unità di misura derivate.
La maggior parte delle grandezze derivate sono una moltiplicazione o una
divisione di grandezze di base. Alcune di esse hanno nomi particolari. In
questo modo, non solo si vede immediatamente la relazione che intercorre tra
due grandezze ma, con un controllo dimensionale, è facile verificare la
correttezza del proprio lavoro.
Nella scuola primaria usiamo:
area (A) metro quadrato (m²);
volume (V) metro cubo (m³).
Infine, dobbiamo distinguere tra misurare e calcolare. Il primo verbo significa
usare degli strumenti e delle tecniche per confrontare, direttamente o
indirettamente, l‟oggetto considerato con una unità di misura stabilita
convenzionalmente; mentre il verbo calcolare indica un‟operazione puramente
matematica che si fa ad esempio tramite un algoritmo su numeri,
eventualmente ottenuti con un‟attività di misura (Sbaragli, 2011).
Quindi, per esempio, stiamo misurando l‟area di una figura quando contiamo,
per sovrapposizione, i quadretti che la ricoprono; e la stiamo calcolando
51
quando utilizziamo una formula della geometria: l × h (area del rettangolo) o l
× h :2 (area del triangolo).
Per costruire un apprendimento significativo, si deve dare l‟opportunità agli
allievi di effettuare misurazioni, di determinare l‟ordine di grandezza di
oggetti comuni.
Proponiamo quindi una traccia, non esaustiva, di buone pratiche didattiche da
noi esperite.
2.1. L‟indagine preliminare o conversazione clinica
La conversazione clinica ha lo scopo di rilevare gli apprendimenti in possesso
degli allievi all‟inizio di una attività, in modo da poterla impostare
correttamente. La nostra attività si propone di far emergere le idee ingenue dei
bambini sulla misura, eventuali misconcezioni e le modalità di esprimere tali
idee.
Invitiamo gli allievi ad esprimere le loro idee proponendo una serie di
domande:
Che cosa vi viene in mente se dico la parola “misura”?
Secondo voi che cosa vuol dire misurare?
Avete mai visto qualcuno che misura?
Avete mai misurato?
Servono degli strumenti per misurare?
Registriamo le risposte e mettiamo in risalto quelle che evidenziano delle
esperienze di misura.
2.2. Osservazione degli oggetti nella realtà e confronto fra oggetti per
individuare le stesse grandezze misurabili
Invitiamo gli allievi a raccogliere oggetti vari, senza specificare a che cosa
serviranno; invitiamoli quindi a sistemarli individuando dei criteri di
classificazione.
Stabiliamo, con loro, a che cosa si riferiscono i criteri scelti: funzione degli
oggetti, qualità del materiale, colore, lunghezza, spessore, peso, …
Scegliamo tra queste quelle qualità misurabili su cui vogliamo mettere
l‟attenzione. Ad esempio possiamo scegliere gli oggetti che possono essere
confrontati in riferimento alla lunghezza, oppure al peso e li raggruppiamo
definendoli in modo adeguato.
2.3. Confronto diretto
Scegliamo una delle caratteristiche che possono essere misurate e
confrontiamo gli oggetti in base a questa. Invitiamo gli allievi a confrontarle
direttamente. Possiamo accostarle per stabilire l‟oggetto più lungo e quello
meno lungo, oppure usare le mani, ad esempio, per stabilire quale pesa di più e
quale di meno.
52
Proponiamo situazioni molto diversificate. Se lavoriamo sulle lunghezze,
possiamo proporre il problema di confrontare la lunghezza di due oggetti che
non possono essere accostati (ad esempio la larghezza del davanzale di una
finestra e quella dello spigolo di un banco). Oppure invitiamo gli allievi a
camminare e a stabilire la lunghezza del passo di ciascuno. Emergerà, dalla
discussione in classe, la necessità di trovare un mezzo di confronto che possa
diventare un‟unità di misura.
2.4. Stima e colpo d‟occhio
Stimoliamo gli allievi ad “indovinare” quante volte un‟unità di misura può
stare in una certa misura. Ad esempio, se usiamo la lunghezza di un pennarello
per misurare la lunghezza di uno spigolo del banco, possiamo chiedere di
affermare quanti pennarelli serviranno per coprirla. Ogni volta che verrà fatta
un‟affermazione sarà opportuno verificarla con una misurazione effettiva, così
si confermeranno o si smentiranno le previsioni, aiutando gli allievi a
costruirsi delle immagini mentali più corrette.
Proponiamo una serie di sfide di questo genere coinvolgendo grandezze
diverse (lunghezze, aree, volumi/capacità, pesi). Durante queste attività
emergerà la difficoltà della precisione nella misura. Spesso succederà di dover
dire: La lunghezza dello spigolo del banco sta tra 6 e 7 pennarelli tipo X.
Ricordiamo, sempre, che la misura per quanto accurata conserva un margine di
errore e quindi è per sua natura approssimata.
2.5. Confronto diretto e individuazione di un‟unità di misura omogenea
A questo punto gli allievi sono pronti per capire che un‟unità di misura serve
per confrontare due grandezze. L‟unità di misura diventa l‟elemento che si
ripete e determina il numero delle volte che viene contenuto nella grandezza
che intende misurare. È fondamentale, a questo punto, far emergere i
ragionamenti che coinvolgono i rapporti tra grandezze. È indispensabile che
gli allievi descrivano oralmente le azioni che stanno svolgendo nell‟attività di
misurazione, che trascrivano queste azioni mettendo in risalto il numero di
volte che un‟unità di misura sta, viene contenuta, nella grandezza presa in
considerazione.
2.6. Misure convenzionali
A questo punto possiamo introdurre lo studio delle misure convenzionali
chiarendo che sono state scelte proprio per uniformare le misurazioni a livello
internazionale.
È buona pratica far usare strumenti di misura che mettano in evidenza il
confronto diretto tra la graduazione dello strumento e la caratteristica che si
vuole misurare.
53
2.7. Confronto indiretto e formule
Le formule devono essere il segmento conclusivo di un percorso didattico che
dia senso alle misure, alla loro rappresentazione numerica e alle operazioni
che si possono realizzare su di esse. Esse devono essere il frutto di una ricerca
da parte dei bambini e non semplicemente dettate e imposte dall‟insegnante o
dal libro di testo.
3. Conclusioni
La modifica delle richieste didattiche nei confronti della misura sono
evidenziate anche nelle Indicazioni per il curricolo del 2007, dove si legge:
negli obiettivi della classe terza primaria: Misurare segmenti utilizzando sia il
metro, sia unità arbitrarie e collegando le pratiche di misura alle conoscenze
sui numeri e sulle operazioni (pag. 95);
in quelli di quinta: Passare da un‟unità di misura ad un‟altra, limitatamente alle
unità di uso più comune, anche nel contesto del sistema monetario (pag. 96);
e nei Traguardi di sviluppo delle competenze al termine della scuola primaria:
Percepisce e rappresenta forme, relazioni e strutture che si trovano in natura o
che sono state create dall‟uomo, utilizzando in particolare strumenti per il
disegno geometrico (riga, compasso, squadra) e i più comuni strumenti di
misura.
Nel bambino il discorso della misura è legato a quello dell‟interpretazione di
una realtà esterna a sé e quindi è indispensabile che egli sia in grado di creare
un rapporto tra sé e il mondo, che sappia operare delle stime, dare dei giudizi a
priori e confrontare il proprio giudizio soggettivo con dei dati esterni.
L‟acquisizione delle capacità di operare misure, presuppone lo sviluppo
parallelo di molteplici capacità di tipo manipolativo, interpretativo, cognitivo e
simbolico.
Riteniamo ormai inevitabile e indispensabile modificare le pratiche didattiche
consuete sostituendole con pratiche laboratoriali che diano agli allievi gli
strumenti cognitivi adatti a comprendere fino in fondo il concetto di misura e
tutte le implicazioni che esso comporta.
Bibliografia
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di Grezzana.
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nella scuola elementare. Tesi di laurea. Relatore Prof. Filippo Spagnolo.
Università di Palermo. http://math.unipa.it/~grim/TesiFP_cannella_06.pdf.
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Chamorro M.C. (2001) Le difficoltà nell‟insegnamento – apprendimento delle
grandezze nella scuola di base (parte prima). La matematica e la sua didattica.
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Dal Corso E. (2009). Misuriamoci. La Vita Scolastica. Dossier. 11, 2, 40-49.
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Sbaragli S. (2011). Prefazione. In: Cottino L., Dal Corso E., Francini M., Gualandi
C., Nobis C., Ponti A., Ricci M., Sbaragli S. (2011). La misura. In corso di
stampa.
Varanini G.M. (1988). Gli scaligeri. Verona: Mondadori.
Parole chiave: didattica; consuetudine; algoritmizzare; misurare; pratiche.
55
Un curricolo pensato per prevenire gli ostacoli più
comuni nell’apprendimento dell’aritmetica
Adriana Davoli
Ma.P.Es., Milano
Sunto. Viene presentato un curricolo sperimentato a lungo con risultati interessanti,
nel quale, individuati alcuni nodi fondamentali, è stata delineata conseguentemente
la programmazione dei cinque anni di scuola primaria. Nel progetto ci si è
concentrati sull‟aritmetica, poiché più frequentemente porta all‟insuccesso. Al posto
del calcolo e delle formule, vengono privilegiate la formazione del pensiero logico e
la razionalità globale del bambino, valorizzando la portata culturale e la potenzialità
educativa della matematica. Il formalismo della matematica viene introdotto molto
lentamente, dopo che il bambino, da protagonista, ha potuto veder sostenuta la
propria intuizione attraverso esperienze, schematizzazioni e rappresentazioni,
acquisendo anche un vocabolario tecnico adeguato.
1. Premessa
Nella pratica scolastica frequentemente si trovano bambini che ancora in
quinta classe non sanno incolonnare correttamente i numeri, non sanno le
tabelline, non riescono a fare le moltiplicazioni o le divisioni, o non sanno
operare con le frazioni, o trovano difficile risolvere i problemi; difficoltà che
molte volte si trascinano anche nella scuola media. A partire dagli anni 198485, all‟Università degli Studi di Milano, nell‟ambito di una ricerca,1 in
collaborazione con una decina di insegnanti, ho potuto sperimentare e studiare
come prevenire gli ostacoli. Ne è nata una programmazione condivisa e via via
provata in classe, per introdurre l‟aritmetica, avendo come riferimento le
riflessioni che il Prof. C. F. Manara stava sviluppando riguardo alla didattica
della matematica anche a livello elementare (Manara, 1989). Pian piano, sono
state coinvolte altre insegnanti, fino all‟attività che ho guidato presso la scuola
primaria Gandhi di Laives (BZ), i cui risultati sono pubblicati in Davoli e altri
(2009). Nell‟ambito del gruppo di ricerca Ma.P.Es.,2 recentemente costituito,
si sta proseguendo la ricerca, e si cercano anche innovative modalità per
comunicare ad altri insegnanti un atteggiamento culturale e una didattica già
1
Nell‟ambito di una ricerca sviluppata presso il Dipartimento di Matematica dell‟Università
degli Studi di Milano, diretta dal prof. Manara.
2
Ma.P.Es. (Matematica, Pensiero, Esperienza), in continuità con il primo nucleo di lavoro ed
allargato alle esperienze di ricerca didattica di Paola Longo del Politecnico di Torino.
56
sperimentata con successo. Molte delle esperienze più significative sono state
documentate in alcuni capitoli in Longo e Barbieri (2008).
2. I riferimenti
2.1. Aspetti generali
L‟esperienza delle insegnanti e lo studio delle ricerche di didattica con cui ci
siamo sentite maggiormente in sintonia (di Vergnaud, Baruk e Freudenthal)
sono stati il supporto necessario per individuare gli argomenti e i motivi che
stanno all‟origine delle difficoltà degli allievi in aritmetica. Abbiamo messo a
fuoco alcuni nodi fondamentali e conseguentemente abbiamo progettato la
programmazione dei cinque anni di scuola primaria, tuttavia mantenendo fisse
competenze e conoscenze da acquisire entro la fine della quinta classe.
I principali punti sorgivi delle difficoltà sono stati individuati come segue:
la comprensione profonda del sistema decimale e posizionale;
la comprensione del significato di operazione aritmetica, in particolare la
comprensione del segno di uguaglianza;
la comprensione del concetto di moltiplicazione;
la comprensione del significato di operazione inversa di una operazione;
l‟accettazione che uno stesso problema si possa risolvere utilizzando varie
strategie;
l‟accettazione che una stessa operazione possa risolvere vari tipi di problemi;
la difficoltà ad immedesimarsi in un problema e a desiderare di trovare una
soluzione impegnandosi responsabilmente e razionalmente ad utilizzare
strumenti, risorse, competenze possedute.
Scrive Stella Baruk (1985, p. 241): «I suoi errori [del bambino], come tutti gli
errori, sono delle domande». La possibilità che l‟errore sia la forma in cui il
bambino cerca un rapporto con l‟insegnante ci ha capovolto completamente la
prospettiva tanto che, invece di partire dai contenuti, per cercare di migliorarne
l‟insegnamento, prima di tutto al centro del nostro interesse abbiamo messo la
persona del bambino e quella dell‟insegnante in rapporto con lui, e inoltre
abbiamo studiato come valorizzare l‟approccio alla matematica, in modo da
esaltarne l‟azione formativa, come indicato da Manara (1989).
2.2. Il bambino
Il bambino arriva alla scuola primaria già dotato di un patrimonio (anche se
spesso non corretto) di idee, di ipotesi sulla realtà, di modi di verifica, di modi
per intervenire sulla realtà. Scrive Zan (2007): «Come conseguenza di questo
continuo processo di interpretazione della realtà, già all‟età di 5 o 6 anni, i
bambini hanno sviluppato delle vere e proprie teorie» che sono intuitive e che
sono potenti e utili, perché consentono al bambino di dare un senso almeno
provvisorio alle sue esperienze. Per il passaggio da queste intuizioni agli
57
apprendimenti scolastici, abbiamo valorizzato la teoria dell‟equilibrazione di
Piaget (1975), secondo cui gli schemi già presenti nel bambino si
arricchiscono o si modificano in nuovi schemi, attraverso un processo di
assimilazione e accomodamento. Si ha sviluppo cognitivo solo in presenza di
perturbazioni interne al soggetto. Ciò significa che il bambino deve sempre
prendere iniziativa personale sulla realtà e non è possibile forzare gli
apprendimenti, né nei contenuti, né nei tempi. Il bambino dunque è dotato già
di una certa esperienza e di un suo linguaggio; è su questo patrimonio positivo
che abbiamo scommesso, per aiutare l‟allievo a maturare in umanità, anche
attraverso la matematica. Abbiamo puntato a far crescere una persona
protagonista della propria crescita cognitiva, alla ricerca dei significati. In
questa prospettiva l‟errore non fa più paura; se il bambino sbaglia, lo aiutiamo
a cercarne i motivi, per far leva sull‟errore come occasione di apprendimento.
2.3. L‟insegnante
Secondo la psicologa Pnina Klein, la persona viene sollecitata dalla realtà
principalmente secondo due modalità. La prima riguarda l’esposizione diretta
del soggetto agli stimoli esterni, e Piaget descrive come l’organismo stesso
seleziona ed elabora le informazioni recepite dall’ambiente. La seconda
modalità riguarda le influenze esterne all’individuo. Una delle principali
“condizioni ambientali” che possono favorire o intralciare l’apprendimento è
costituita dall’insegnante. Egli, assumendo la funzione di mediatore con la
realtà, consente al bambino di arricchire e allargare la propria visione delle
cose (Klein, 1985). Per dare il meglio di sé, il bambino ha bisogno di essere
aiutato ad interpretare le proprie esperienze, di vederle riferite ad altre passate,
o future, e di vederle collocate in una significativa e rilevante cornice di
riferimento. Il bambino ha il bisogno di scontrarsi personalmente con i dati
della realtà, ma l’insegnante ha il compito importante di aiutarlo a prendere
coscienza dei processi che hanno portato al successo o all’insuccesso. Operare
in modo da far emergere i pensieri ed i ragionamenti dei bambini, costituisce
un momento di presa di coscienza sia per il bambino che per l’insegnante. Egli
osserva l’“attività matematica” degli allievi, annota le difficoltà, valorizza le
risorse, favorisce lo sviluppo della capacità di trovare analogie e collegamenti
tra concetti. Soprattutto la nostra attenzione è stata costantemente volta a non
ridurre la portata culturale e la potenzialità educativa della matematica; a
questo scopo un notevole supporto ci è venuto anche da Freudenthal (1994),
secondo cui il bambino inventa la propria matematica e poi, sotto la guida
dell’insegnante, pian piano acquisisce la matematica di tutti. Per indicare
questo procedimento, l’autore ha coniato l’espressione “reinvenzione guidata”.
2.4. La matematica
Secondo Manara (1989), la profonda evoluzione avvenuta a partire dalla fine
del secolo XVIII nel modo di concepire la matematica ha portato
58
un‟importante vento di novità nella didattica della matematica. Mentre fino a
quel tempo questa disciplina veniva definita dai suoi contenuti,
successivamente l‟attenzione degli studiosi si è concentrata sulle sue
procedure. Questo forte cambiamento ha portato a valorizzare soprattutto la
formazione del pensiero logico e la razionalità globale della persona, al posto
di privilegiare il calcolo e le formule. Le strutture di tipo matematico stanno
alla base di certi passi fondamentali che la mente umana ha compiuto nella
storia dell‟umanità e che ciascuno compie nel percorso di costruzione del
personale pensiero astratto e generale. Riflettendo su questo processo che
conduce dall‟esperienza concreta alla formazione di strutture di pensiero,
alcuni studiosi hanno cominciato a considerare la matematica come una
attività. Esercitando tale attività, come suggerisce anche Freudenthal (1994), il
bambino impara ad usare sempre meglio la propria razionalità. Nella
prospettiva dell‟educazione globale, ci si può proporre di valorizzare la
matematica come ispiratrice di una mentalità scientifica e di un particolare
metodo di conoscenza.
Educare ad una mentalità scientifica nel senso di aiutare il bambino a:
formarsi concetti chiari e precisi aventi validità generale; sviluppare quel
particolare spirito critico che permette di scoprire quegli aspetti della realtà
che restano immutati cambiando punto di vista e contemporaneamente di
favorire il superamento della posizione egocentrica per arrivare ad una visione
oggettiva delle cose; imparare a non prestare una eccessiva attenzione ai
particolari (come di consueto fanno i bambini) e invece cercare analogie o
similarità in oggetti, situazioni, contesti apparentemente differenti; allenarsi al
ragionare corretto.
Educazione ad un metodo per conoscere e lavorare. Possiamo indicarne alcuni
aspetti: capacità di osservare e operare sulla realtà; capacità di analisi; capacità
di classificare, ordinare, schematizzare, astrarre; capacità di dedurre; capacità
di accettare e usare simboli convenzionali per rappresentare il reale. Fa ancora
parte del metodo: imparare a porsi problemi, a farsi domande, a formulare
ipotesi, ad inventare procedure, a studiare verifiche di controllo, imparare a
progettare.
3. Punti di metodo
Nel nostro progetto pensiamo di valorizzare la razionalità globale del
bambino partendo dal suo vissuto, per guidare efficacemente
all‟appropriazione dei significati (concetti e strutture), ma mettendo le
esperienze in stretto collegamento con la problematica della comunicazione
dei concetti, cioè dei vettori di significato (linguaggio matematico simbolico e
formalizzato). Poiché il bambino impara solo se è protagonista del proprio
apprendimento, la via maestra è quella di fargli affrontare situazioni
59
problematiche a partire da quelle della vita quotidiana, che implichino la
manipolazione di oggetti concreti o l‟uso del corpo, anche predisponendo
esperienze apposite, in modo che vengano sollecitati tutti i tipi di percezione e
venga sostenuta l‟intuizione. L‟attenzione si attiva, si avvia una revisione
critica del precedente punto di vista e una apertura verso nuovi concetti e
strutture. Per il bambino, scoprire di pensare e riuscire a comunicare il
percorso delle proprie idee favorisce l‟assunzione di responsabilità e la
capacità di impegnarsi in prima persona per imparare. Si attiva anche
l‟affettività e l‟attaccamento all‟insegnante, ai compagni, al lavoro: la classe
acquista lo stile di un laboratorio in cui solidarietà e complicità accomunano
tutti. La discussione comune, dopo il lavoro personale di ciascuno, molto
spesso permette anche ai più lenti di fare un passo in più, accettando le
proposte dei compagni. Per insegnare il formalismo della matematica sono
necessari tempi lunghi, curando il lento delicato passaggio dall‟impatto con il
mondo della realtà tangibile, ai simboli convenzionali, e prima passando
attraverso vari tipi di rappresentazione e schematizzazione. Alla fine, il
linguaggio matematico, anche per il bambino, assume il valore di strumento
efficace per descrivere e conoscere meglio la realtà studiata.
Sinteticamente il metodo si basa sui seguenti punti (Longo, Barbieri, 2008, pp.
25-46; Davoli, 2009, pp. 77-86): 1) impatto del bambino con la realtà; 2)
impegno di tutto l‟Io del bambino: razionalità, volontà, gusto per il bello,
libertà; 3) valorizzazione del pensiero spontaneo e delle intuizioni, puntando a
fortificare la capacità di ragionare; 4) aiuto a far leva sull‟errore come
occasione di apprendimento; 5) attenzione a favorire la formazione di
immagini e di rappresentazioni prima concrete e poi mentali; 6) educazione a
scoprire analogie in differenti aspetti della realtà; 7) educazione a cambiare
punto di vista nel considerare una stessa situazione; 8) simbolizzazione
spontanea e poi accettazione di simboli e regole appartenenti al nuovo
linguaggio speciale capace di esprimere concetti e strutture.
Tra l‟altro, seguendo questi punti, si adempie anche ad una delle indicazioni
contenute in D‟Amore (1999), il quale raccomanda di abituare gli studenti a
fare vere e proprie traduzioni da un registro ad un altro (rappresentazioni e
simbolizzazioni). Inoltre anche il paradosso cognitivo di Duval (1993) trova
una possibilità di superamento, se si mobilita l‟“Io” del bambino e si sollecita
la sua “libertà” nell‟impatto con la “realtà”.
4. Il percorso
In prima classe presentiamo situazioni problematiche in modo che l‟addizione
venga assunta come prototipo delle espressioni in aritmetica, in cui il segno
“=” ha un ruolo convenzionale che deve essere ben capito e ben usato, senza
fraintendimenti.
60
Inoltre, iniziamo un lento processo per favorire la comprensione profonda del
sistema decimale e posizionale, attraverso rappresentazioni concrete che
sostengano l‟intuizione a proposito del concetto di base.
In seconda classe, quando ormai i bambini sanno che cosa è una operazione
aritmetica, possiamo presentare il concetto di operazione inversa, prendendo la
sottrazione come prototipo. E completiamo i processi iniziati in prima.
In terza classe, presentiamo varie situazioni caratterizzate dalla struttura
moltiplicativa: costruzione di rettangoli, schieramenti, piastrellature, giochi di
squadra, o ricerca di tutte le possibili coppie di fattori nelle moltiplicazioni di
numeri, arrivando alla costruzione di schemi, tabelle e infine della tavola
pitagorica. Sulla base di attività manipolative, gli allievi inventano metodi
empirici per risolvere problemi, utilizzando tutto ciò che hanno già imparato e
che sanno fare, prima che l‟insegnante sveli che tutti quei problemi si possono
più semplicemente risolvere con l‟operazione aritmetica della moltiplicazione,
di cui, dopo un lungo percorso, si introduce il simbolo. In seguito, la necessità
nell‟affrontare nuove e più complesse situazioni aiuta a giustificare la fatica
necessaria per memorizzare le tabelline e per imparare l‟algoritmo. Si
introduce anche la divisione, facendo tesoro dell‟apprendimento già in
precedenza consolidato di operazione inversa di una operazione data.
In quarta classe, prima di parlare di frazioni, proponiamo un ampio lavoro di
avvicinamento, in cui affrontiamo una sola novità per volta. a) Prima novità.
Presentiamo problemi risolubili con una divisione ed una o più moltiplicazioni
(scegliendo quelli che si possono anche esprimere con il linguaggio delle
frazioni, ma senza dichiararlo). Poi, per partire sempre da ciò che già sanno,
lasciamo che i bambini trovino delle soluzioni in modo creativo, da soli,
utilizzando moltiplicazioni e divisioni. b) Seconda novità. Invitiamo i bambini
a guardare da un nuovo punto di vista gli stessi problemi e introduciamo la
nuova struttura concettuale ed il nuovo linguaggio delle frazioni, inizialmente
come operatori su un numero finito di elementi non divisibili. c) Ultima
novità. Il bambino ha acquisito la nuova struttura ed il nuovo linguaggio: le
frazioni; l‟ultima novità consiste nell‟estendere i nuovi concetti e linguaggi ad
una diversa realtà, quella delle grandezze continue, interpretando il concetto di
frazione questa volta come operatore su grandezze continue. Questo nuovo
passo, porterà al concetto di misura, e ai numeri decimali con virgola.
Per la quinta classe, non abbiamo progettato un percorso specifico, per
lasciare all‟insegnante la possibilità di riprendere e consolidare o completare i
contenuti, a seconda delle esigenze della classe.
Bibliografia
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D‟Amore B. (1999). Elementi di Didattica della Matematica. Bologna: Pitagora.
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Parole chiave: difficoltà di apprendimento; aritmetica; operazioni aritmetiche;
rappresentazioni, senso e significato.
62
La questione dei dati nel testo
Fabrizia Fiorani e Sonia Rossi
Scuola primaria, Circolo Didattico di Corridonia (Macerata)
Sunto. L‟attività didattica presentata scaturisce dalla constatazione che alcuni dei
nostri allievi manifestano un certo disagio di fronte alla soluzione di problemi
matematici. Tale disagio, a nostro avviso, è dovuto alla difficoltà di comprendere e di
individuare i dati utili alla soluzione di un problema. In una classe quarta primaria
abbiamo proposto un‟attività laboratoriale, nel corso della quale, gli allievi avevano
il compito di “indagare” un testo storico, per ricavare informazioni da utilizzare per
avanzare ipotesi relative alle attività economiche della Civiltà Fenicia. Il lavoro ha
reso gli allievi veri protagonisti del loro apprendimento, poiché hanno avuto la
possibilità di costruire le loro conoscenze in modo significativo.
1. Premessa
Siamo due docenti di scuola primaria che, da alcuni anni, operano nella stessa
équipe pedagogica, una come insegnante prevalente di classe a cui è stato
assegnato l‟ambito linguistico antropologico, l‟altra come insegnante
dell‟ambito matematico delle tre sezioni parallele. Durante le consuete
riunioni di programmazione, spesso abbiamo modo di confrontarci sulle
principali difficoltà che incontrano i nostri allievi nel loro percorso scolastico e
ci siamo così rese conto che, per molti dei nostri allievi, la soluzione di
problemi matematici rappresenta uno degli ostacoli più difficili da superare. Ci
siamo interrogate a lungo sulle possibili cause, giungendo alla conclusione che
spesso i nostri ragazzi non sono in grado di comprendere pienamente il testo di
un problema proposto, o non riescono ad individuare correttamente i dati utili
alla sua soluzione. Abbiamo pensato allora di intraprendere un percorso
didattico interdisciplinare, mirato a potenziare le competenze degli allievi in
merito alla comprensione del testo e all‟individuazione dei dati utili. Cercare
in un testo i dati per risolvere un problema non è infatti una prerogativa della
matematica, ma un‟abilità trasversale che può e deve essere esercitata in
qualsiasi ambito disciplinare. Volevamo poi che questa esperienza rendesse i
nostri allievi protagonisti e consapevoli dei loro apprendimenti, quindi
abbiamo deciso di proporre un‟attività laboratoriale, da svolgersi in
cooperative learning, incentrata sull‟analisi di un breve testo storico,
all‟interno del quale individuare dati significativi, necessari ad avanzare
ipotesi di soluzione a varie situazioni problematiche proposte. La modalità del
lavoro di gruppo è stata scelta infatti perché essa facilita il coinvolgimento di
tutti gli allievi che hanno la possibilità di sperimentare, confrontarsi e allo
63
stesso tempo essere supportati, se necessario, dai compagni, senza il timore di
esprimere il proprio punto di vista o incorrere nell‟errore. La prospettiva di
realizzare un power point al termine del lavoro, ha poi accresciuto l‟impegno
dei ragazzi ad imparare “facendo”, rendendo questa attività estremamente
significativa per ciascuno di loro.
2. I dati nel testo
Una delle attività più comuni che noi insegnanti di scuola primaria facciamo
compiere ai nostri ragazzi durante le lezioni di storia, è l‟individuazione nel
testo dei dati, intesi come informazioni essenziali, che debbono essere
memorizzate e opportunamente verbalizzate nel corso di un‟interrogazione.
Spesso i dati “utili” vengono semplicemente identificati dall‟insegnante; agli
allievi non spetta altro che evidenziarli e ricordarli. Ciò che invece accade
meno frequentemente è che siano gli stessi allievi ad individuare in un testo i
dati essenziali e, ancora più raramente, succede che essi siano in grado di
utilizzare quegli stessi dati per operare una scelta e pervenire alla soluzione di
un problema.
Nei manuali di storia comunemente usati nella scuola primaria, gli eventi
storici vengono ampiamente spiegati e descritti, i bambini non devono mettere
in campo alcuna abilità creativa. Inoltre gli allievi non vengono abbastanza
sollecitati a formulare ipotesi per rilevare cause e conseguenze di un fatto
storico e quasi mai, per esempio, noi insegnanti conduciamo i nostri allievi ad
individuare le attività economiche svolte da un‟antica Civiltà del passato,
senza fare riferimento esclusivamente al manuale di storia, dove tutto viene
raccontato.
Come sostiene D‟Amore (1993), ciò che dovrebbe accadere quando si deve
risolvere un problema matematico, è l‟individuazione di una strategia
risolutiva personale. Sarebbe auspicabile che anche di fronte ad un testo
storico, gli allievi siano in grado di ricercare autonomamente i dati necessari
ad avanzare ipotesi e giungere a delle conclusioni che il testo propone come
soluzioni preconfezionate. Crediamo che la scuola oggi debba fare proprio
questo: allenare i ragazzi a rielaborare le conoscenze di cui sono già in
possesso, per costruire, in modo significativo, il proprio sapere. Si tratta di
abituare i nostri allievi al fare, a sentirsi protagonisti del proprio
apprendimento, proponendo sempre più attività laboratoriali. Che si tratti di
storia, di matematica o altro, i nostri allievi debbono acquisire più che nozioni
e conoscenze, oggi facilissime da reperire, un metodo attraverso il quale
indagare la realtà per risolvere problemi e trovare soluzioni, un metodo
efficace che possano utilizzare per la vita.
L‟attività che proponiamo vuole andare proprio in questo senso: un testo
storico può costituire l‟occasione per mettere in gioco la capacità dei ragazzi
64
di “gettare in avanti il proprio pensiero”, ecco perché pensiamo che la storia
sia utilissima alla matematica.
3. L’episodio
Gli allievi di una classe quarta primaria hanno affrontato lo studio dell‟antica
civiltà fenicia. Le insegnanti, anziché presentare l‟argomento attraverso il
consueto schema di lavoro che consiste, sostanzialmente, nella spiegazione e
nell‟individuazione delle informazioni essenziali del testo, hanno deciso di
proporre un‟attività che prevede il coinvolgimento attivo di tutti i bambini.
Gli allievi, divisi in gruppi, avevano il compito di analizzare un breve brano
storico, tratto dal loro manuale. Inizialmente dovevano individuare
l‟argomento generale trattato, poiché la comprensione del testo è il
presupposto fondamentale alla base di qualsiasi abilità creativa degli allievi.
Successivamente è stato chiesto loro di rilevare i dati utili, cioè le informazioni
necessarie a stabilire quali fossero le attività economiche praticate dai Fenici. I
dati presenti nel testo, tuttavia, non riconducevano esplicitamente alla richiesta
effettuata, infatti essi si riferivano esclusivamente ai tipi di territorio che
caratterizzavano la Fenicia. A questo punto, tenendo conto anche delle
conoscenze di cui erano già in possesso, gli allievi sono stati in grado di
ipotizzare il tipo di attività che poteva essere praticata nell‟antichità in un
territorio pianeggiante, in un territorio montuoso o in prossimità del mare.
Leggi attentamente il testo e comprendi l’
l’argomento di cui
si parla.
I FENICI
A partire dal 1500 a.C., in una sottile striscia di terra
affacciata sulle coste del Mar Mediterraneo, chiamata
Fenicia, si stabilì
stabilì l’antico popolo dei Fenici, il cui nome si
deve al “rosso porpora”
porpora”, un colorante per stoffe che solo i
Fenici producevano.
Il territorio fenicio non era molto fertile; solo in prossimità
prossimità
della costa si estendevano piccole distese pianeggianti,
mentre i territori montuosi delle zone più
più interne erano
ricoperti da alberi, chiamati “ cedri del Libano,”
Libano,” che
fornivano un legno assai pregiato che col tempo i fenici
impararono ad utilizzare.
65
NEL TESTO SI PARLA DI:
 Vita quotidiana dei Fenici
 Coltivazioni tipiche della Fenicia
 Caratteristiche del territorio fenicio
 L’artigianato presso i Fenici
In seguito, utilizzando la carta geo-storica del territorio in cui ebbe a
svilupparsi questa civiltà, gli allievi hanno evidenziato quali, tra le attività
economiche praticate dal popolo fenicio, fossero quelle prevalenti.
Dopo aver rilevato nella pesca e nel commercio marittimo le attività più
diffuse, i bambini hanno discusso e si sono confrontati per individuare sia i
mezzi che ne consentivano lo svolgimento (le navi), che i materiali con il
quale queste venivano costruite (alberi di cedro).
OSSERVANDO LA CARTA
GEOGRAFICA DELLA
FENICIA, CORRISPONDENTE
ALL’
ALL’ATTUALE LIBANO,
SAPRESTE DIRE QUAL ERA
L’ATTIVITA
ATTIVITA’’ ECONOMICA
PREVALENTE DI QUESTO
POPOLO?
? Pesca e commercio
? agricoltura
? Sfruttamento del legname
? Allevamento
66
PROBLEMI…
PROBLEMI… di trasporto
di che cosa avranno avuto
bisogno i Fenici per praticare le
loro attività
attività principali?
Clicca sull’
sull’immagine giusta
Al termine, l‟esperienza effettuata è stata utilizzata dagli stessi allievi nel
corso del laboratorio di informatica, per realizzare un power point.
Concludendo, possiamo affermare che questa attività, pur nella sua semplicità,
si è rivelata estremamente efficace perché ha permesso agli allievi di
sperimentare quanto sia importante la corretta individuazione, in un testo, dei
dati utili alla soluzione di qualsiasi situazione problematica. Al contempo,
indagare la realtà, avanzare ipotesi e pervenire a conclusioni sulla base degli
strumenti di cui si dispone, consente ai nostri allievi di costruire in modo
sempre più consapevole il proprio sapere.
Bibliografia
D‟Amore B. (1993). Problemi. Pedagogia e psicologia della matematica
nell‟attività di problem solving. Milano: Franco Angeli.
D‟Amore B., Fandiño Pinilla M.I., Marazzani I. (2004). “Esercizi anticipati” e
“zona di sviluppo prossimale”: comportamento strategico e linguaggio
comunicativo in attività di problem solving. La matematica e la sua
didattica. 2, 71-95 [In lingua spagnola: Epsilon, 57, 19 (3), 357-377].
Parole chiave: didattica laboratoriale; apprendimento cooperativo; dati; testo;
abilità trasversali.
67
Geometria
in
multiculturale
movimento
e
un
calendario
Roberto Grossa e Giuliana Farisatto
Laboratorio Multimedia FDA Magazzino7, Università IUAV, Venezia
Scuola Primaria F. Petrarca II circolo Mirano, Venezia
Sunto. Con il pretesto di aiutare strane comunità nella progettazione di una piazza,
gli studenti hanno elaborato forme insolite e spiegato a corrispondenti alieni la
propria cultura geometrica, attingendo a un misto di linguaggi artistici e formali e
morfologie naturali. Scopo dell‟operazione: ripercorrere la scoperta di regolarità
che accompagna lo sviluppo della geometria. Nel progetto calendario una grande
striscia avvolge l‟intera classe e permette di leggere assieme le scansioni del tempo
di varie culture ove il ciclo solare e lunare costituiscono il denominatore comune.
1. Geometria in movimento
L‟esperienza Geometria in movimento è maturata all‟interno delle scuole
primarie “F. Petrarca” e “A. Azzolini” del II Circolo di Mirano, in provincia di
Venezia, ed ha coinvolto gli allievi delle classi terze e quinte.
Il progetto è nato dal desiderio di proporre un avvicinamento alla geometria da
angolazioni inconsuete, presentandola come l‟esito di una scoperta attiva e
personale.
L‟esperienza della costruzione geometrica è stata trasferita nello spazio fisico:
il tracciato della matita sulla carta ha corrisposto ad un tracciato nell‟aula, in
uno spazio che può quindi contenere interamente i bambini. L‟operazione di
definizione di una figura si è trasformata: non si è trattato più di tracciare un
cerchio, di vedere un triangolo, ma di “essere un cerchio”, di “tirare il
triangolo”.
Elemento centrale è stato quello di far cogliere agli allievi il senso della scelta,
della non ovvietà di alcune caratteristiche della geometria: Come nasce il
triangolo? Quali sono i triangoli, quali no?
La riflessione è partita da un‟immagine: Archimede cammina sulla spiaggia di
Siracusa. Il suo sguardo si ferma ad osservare la punta di un cristallo che
emerge da una piccola roccia. Lo raccoglie e comincia a riflettere: Esistono
solidi regolari in natura?
Le domande che si sono posti i padri della geometria potrebbero essere le
stesse che sfiorano gli allievi: Perché mai questa figura? È questa l‟unica
geometria possibile? Forse non è così importante trovare la risposta quanto
invece avviare una riflessione sull‟esistenza di possibili alternative.
68
Figg. 1-2-3. Immagini usate per stimolare la ricerca di figure in natura
Esistono figure in natura? La luna piena e il sole sono proprio cerchi? Le
cellette delle api e i settori della pigna sono prismi esagonali e pentagonali?
L‟orizzonte che separa cielo e mare può essere una linea retta? Ciò che usiamo
in geometria è un insieme di casi da cui è derivata una regola. Altre persone e
altre spiagge avrebbero potuto far nascere una diversa geometria?
Ecco allora l‟idea di proporre una cultura aliena, curiosa di capire le nostre
forme strane. Una cultura che ha prodotto forme proprie ci interroga, stimola a
dare risposte ed innesca la necessità per noi di capire le nostre regole, per
riuscire poi a spiegarle, usando un codice comprensibile e trasmissibile in
varie modalità.
Punti di forza di questa esperienza didattica sono stati l‟incrocio di
competenze tra una persona proveniente da un laboratorio multimediale
universitario e un gruppo di insegnanti che ha rimesso in gioco la propria
preparazione disciplinare, e la possibilità di agire all‟interno di un laboratorio
nel quale i bambini hanno giocato ed operato, immergendosi in una storia
carica di curiosità e fascino.
In tali attività è stato sicuramente privilegiato l‟aspetto intuitivo, scegliendo di
non proporre rapporti con la geometria quantitativa e definizioni di formule
per la risoluzione delle problematiche presentate.
La finalità generale del progetto era quella di appassionare i bambini all‟uso di
giochi geometrici, cercando di ricondurre la dimensione astratta a quella
originaria dello spazio tangibile.
Gli obiettivi specifici perseguiti erano i seguenti:
favorire la manipolazione concreta di oggetti e l‟osservazione e descrizione
delle loro trasformazioni;
far cogliere il senso di non ovvietà di alcune proprietà delle figure
geometriche;
aumentare le competenze spaziali e geometriche;
sviluppare la capacità di formulare ipotesi in relazione a situazioni
problematiche;
offrire occasioni di iniziativa e responsabilità personale per l‟accrescimento
dell‟autonomia;
attingere ad altri ambiti conoscitivi (artistici, figurativi, scientifici) per
stimolare l‟esplorazione di forme e colori;
69
utilizzare procedure e modelli presi dall‟informatica per strutturare
informazioni e conoscenze.
Nei laboratori realizzati nel triennio dal 2007 al 2010 vi sono stati alcuni
elementi ricorrenti.
Fig. 4. Contatto iniziale con p51 di Arturo di Boote
Figg. 5, 6. Edifici “arturiani”
Fig. 7. Disposizione d‟aula nel laboratorio al V anno
Fig. 8. Pavimento a quadri come sistema di riferimento cartesiano
Fig. 9. Rapporto tra le superfici di rappresentazione durante la costruzione del cerchio
Fig. 10. Esperimenti sulla forma triangolare
L‟attività iniziava con un messaggio che conteneva una richiesta di
collaborazione.
Per le classi terze si trattava di una comunità di insetti del bosco un po‟
scombinati, per le classi quinte erano gli abitanti di un lontano pianeta, vicini
alla stella Arturo di Boote. Insetti e popoli alieni vivevano con una geometria
diversa dalla nostra, quella euclidea, e sollecitavano i bambini a ripensare alla
nostra storia per poterla trasmettere loro. La narrazione veniva affiancata da
suggestioni colte da vari contesti (arti figurative, geologia, danza, architettura,
informatica grafica) che permettevano di ripercorrere lo stesso significato
descrivendolo in termini diversi.
Uno spazio comune centrale rappresentava lo spazio in cui costruire.
Il centro del pavimento dell‟aula (per le classi terze) era usato come spazio
cartesiano che veniva tracciato con corde e nastro; nelle quinte si utilizzava
una grande mappa in cui il tracciato era pure cartesiano, ma deformato a
descrivere un terreno sul bordo di un fiume.
70
Fig. 11. Lab V - il tavoliere di gioco: la piazza per p51 di Arturo di Boote
Fig. 12. Carte sul tavoliere e pezzi da identificare e ricostruire
Fig. 13. Prove di montaggio e collocazione dei solidi nella piazza
Fig. 14. Trasformazione con copia della figura
Fig. 15. Scalatura con l‟ausilio dei regoli autocostruiti
Fig. 16. Le trasformazioni geometriche tradotte in messaggi (formule) per le formiche
Fig. 17. Scalimetro costruito dagli studenti
Lo spazio centrale era direttamente relazionato allo spazio di elaborazione, il
banco, su cui lavoravano due allievi e in cui oggetti e figure erano nella stessa
scala del progetto generale, mentre la superficie a parte (lavagna più spazio di
proiezione) è stata usata per presentare argomenti e per amplificare e
commentare ciò che avveniva sulle altre due superfici.
Ogni progetto si concludeva con il collocamento delle forme sul quadrante e la
loro traduzione.
Gli insetti e i popoli lontani nello spazio non sapevano leggere i disegni,
quindi era necessario trovare un codice per comunicare loro delle
configurazioni. Il codice veniva definito con un miscuglio abbastanza libero di
71
coordinate posizionali, descrizioni di figure e trasformazioni geometriche, e
diventava occasione per discutere sul processo di costruzione algoritmica della
figura.
Ciascun laboratorio aveva poi specifici caratteri.
nelle terze i bambini diventavano gli strumenti geometrici che misuravano e
tracciavano a terra linee, cerchi e triangoli; le case degli insetti progettate dai
gruppi di allievi erano delle libere combinazioni di rotazioni, traslazioni,
scalature applicate alla figura iniziale;
nelle quinte una serie di solidi dovevano essere costruiti a partire da pezzi
sparsi sul tavoliere assieme alle foto che li descrivevano; il lavoro di
identificazione delle parti, premontaggio, collocazione e descrizione in altri
termini obbligava i ragazzi a ricostruire, tradurre e confrontare le loro
rappresentazioni con forme già conosciute;le forme arturiane seguivano regole
di trasformazione diverse dalle consuete, ritrovabili però in opere d‟arte
contemporanea o in certe strutture vegetali; gli allievi utilizzavano queste
trasformazioni su solidi rappresentati in vari modi e materiali: scheletrati in
filo d‟ottone, pieni in plastilina, gusci in cartoncino.
La metodologia didattica utilizzata è stata quella della ricerca che prevedeva le
seguenti fasi:
problematizzazione della realtà dal punto di vista spaziale;
formulazione di ipotesi;
realizzazione di figure e materiali;
descrizione mediante un codice specifico dei materiali realizzati;
analisi collettiva delle descrizioni;
riflessioni conclusive.
Fig. 18. Montaggio della costruzione nel piano generale
Figg. 19, 20. Decorazione della piazza per gli insetti ispirata a un mosaico, elaborata
in LOGO e tracciata sul pavimento dell‟aula (ed. 2007)
L‟esperienza in aula con i bambini veniva condotta dal docente esterno,
mentre l‟insegnante di classe lo affiancava intervenendo soprattutto durante le
conversazioni e nella gestione dei materiali da proporre.
72
Fig. 21. Continuità tra le figure attraverso aumento dei lati e angolo di estrusione
Fig. 22. Ritorno all‟immagine dal solido; ridisegno intuitivo
Figg. 23, 24, 25. Trasformazione di solidi ispirate a un palazzo arturiano dalle tre alle
due dimensioni
Gli strumenti usati per il progetto sono stati scelti in base alla loro efficacia
comunicativa, alla relativa disponibilità e alla facilità d‟uso. Ove possibile gli
oggetti didattici e la strumentazione di supporto sono stati costruiti dagli
studenti.
Fig. 26. Montaggio finale sul progetto della piazza arturiana dei solidi a guscio,
scheletrati e pieni
Fig. 27. I messaggi pronti da trasmettere agli arturiani con istruzioni per la
costruzione e collocazione dei solidi nella loro piazza
73
La valutazione dell‟esperienza è stata svolta in relazione ad alcuni indicatori.
La realizzazione delle figure, il loro posizionamento, la loro traduzione in
forma di algoritmo, sono stati elementi di valutazione dell‟accoglimento e
dell‟efficacia dell‟attività. Come occasione di verifica e confronto è stata
introdotta un‟attività in cui alcuni allievi, a partire dal messaggio di altri
compagni, dovevano ricostruire la figura e la sua posizione. Gli errori che
emergevano venivano esplicitati, analizzati e rettificati, confermandosi
importanti momenti di consolidamento. Inoltre il grado di concentrazione
molto alta da parte dei bambini e la loro elevata partecipazione durante i
laboratori hanno rappresentato dei riscontri significativi. L‟atteggiamento
positivo nei confronti delle attività geometriche ed alcune abilità acquisite in
relazione alle trasformazioni si sono mantenuti ben oltre le giornate di
laboratorio.
2. Un calendario multiculturale
Il progetto, proposto alle seconde della scuola primaria “F. Petrarca” di
Mirano è nato dalla ricerca di un‟origine condivisa tra i calendari di varie
culture, ponendo le stesse sul medesimo piano rispetto ad un denominatore
comune individuabile nel tempo astronomico scandito dal cambiamento di
altezza del sole e dalle fasi della luna. Tutti i calendari si riferiscono in qualche
modo all‟uno, all‟altro o ambedue questi percorsi.
Il calendario è stato realizzato con una striscia di carta alta 30 centimetri e
lunga quasi 30 metri che avvolge l‟intera aula, ricordando il percorso ciclico
del tempo. Con il mese che si estende per oltre due metri il calendario diventa
un elemento molto presente nello spazio dell‟aula.
La striscia è divisa in sei fasce nel senso della lunghezza: le due fasce centrali
portano la scansione del tempo astronomico di riferimento, in cui sono
tracciati solstizi ed equinozi per il tempo solare e le fasi per il tempo lunare.
Le fasce che corrono a fianco delle due centrali sono i calendari civili e
religiosi: gregoriano, islamico, ortodosso, giuliano, cinese.
74
Fig. 28. Calendario multiculturale, vista d‟insieme dal solstizio d‟inverno
all‟equinozio di primavera
Fig. 29. Schizzo d‟insieme del progetto calendario
Fig. 30. Il calendario verso l‟inizio dell‟anno solare
Per far partecipare i bambini alla progressiva costruzione e scoperta del tempo,
sono state previste attività di rilevamento, di annotazione e di confronto. Il
rilevamento riguardava i principali eventi che strutturano il tempo del sole e
della luna: mentre il rilevamento delle fasi lunari, base per il ritmo settimanale,
poteva avvenire con l‟osservazione diretta, per poter comparare lo
spostamento apparente del sole nel cielo è stata tracciata una linea meridiana
nel cortile della scuola. Ogni settimana i bambini uscivano all‟ora
corrispondente al mezzogiorno solare e tracciavano la posizione del giorno
sulla linea meridiana. La distanza da equinozi e solstizi diventava in questo
modo trascrivibile nella fascia solare del calendario.
Lo spostamento apparente del sole è stato raccontato sulla lavagna aiutandosi
con una rappresentazione panoramica del cielo sopra il profilo degli edifici,
così come sono visti dallo stilo della meridiana.
Le fasce dei calendari venivano riempite quotidianamente. Lo spazio che un
giorno occupa sulla carta è largo 8 centimetri: si potevano segnare le festività
civili e religiose di tutti, ma anche compleanni, ferie scolastiche, offrendo la
75
possibilità di rileggere eventi locali nelle diverse notazioni e creare nel
contempo occasioni per rendere centrali anche le altre culture.
Fig. 31. Dettaglio del calendario con eventi religiosi, civili e personali della classe
Fig. 32. La meridiana tracciata a terra e aggiornata settimanalmente dagli studenti. Il
muretto della scala funge da stilo
Fig. 33. Percorso apparente del sole rispetto alla scuola visto dalla meridiana
Bibliografia
Biémont E. (2002). Ritmi del tempo. Astronomia e calendari. Bologna: Zanichelli.
Borie A., Micheloni P., Pinon P. (1978). Forme et déformation des objets
architecturaux et urbains. Paris: Ecole des Beaux-Arts.
Grossa R. (1990). La chiocciola e la scala. Computer Grafica & Desktop Publishing.
Milano: Gruppo Editoriale Jackson. 4, 21, 68-70.
Grossa R., Stefanelli C. (2009). Collective drawing. ID&A. 4, 7-8, 54-59.
March L., Steadman P. (1974). La geometria dell‟ambiente: una introduzione alla
organizzazione spaziale nella progettazione. Milano: Mazzotta.
Marcolli A. (1980). Teoria del campo: corso di educazione alla visione. Firenze:
Sansoni.
Mattozzi I. (2009). Raccontare il tempo. In: D‟Amore B., Sbaragli S. (Eds.) (2009).
Pratiche matematiche e didattiche d‟aula. Atti del Convegno “Incontri con la
Matematica n. 23”, 75-81. Bologna: Pitagora.
Munari B. (1960). La scoperta del quadrato. Milano: Scheiwiller.
Munari B. (ed.) (1981). I laboratori per bambini a Brera. Bologna: Zanichelli.
Rohr R.R.J. (1988). Meridiane. Storia, teoria, pratica. Torino: Ulisse.
Parole chiave: geometria intuitiva; calendari; laboratori; trasformazioni;
multiculturale.
76
Dalla “divisione di cose”
un’esperienza in terza primaria
alla
“divisione”:
Barbara Mallarino
Direzione didattica Savona-Chiavella, scuola primaria E. De Amicis
Sunto. Scopo di questo progetto è quello di sperimentare una alternativa, sia
metodologica che concettuale, di approccio al concetto e alla tecnica della divisione.
Si è tentato di promuovere una costruttiva comunicazione/scambio con l‟ambiente
esterno, in modo da limitare il più possibile il gap tra le forme di ragionamento dei
ragazzi (che essendo così piccoli sono pregne di riflessioni scaturite da situazioni
reali) e quelle dell‟insegnante (molto più formalizzate). La diversificazione dei
contesti è ciò che ha reso possibile, a queste due forme di ragionamento, di entrare in
contatto e di comunicare efficacemente.
1. Premessa
La finalità di questo lavoro è stata di avviare nei bambini la consapevolezza di
poter utilizzare strumenti del contesto extrascolastico per riflettere sulle cose
ed agire su di esse. Nel caso specifico è stata offerta una alternativa, sia
metodologica sia concettuale, di approccio al concetto e alla tecnica della
divisione.
La convinzione sottesa al progetto è che la cultura, in senso lato, intervenga
nelle dinamiche di una classe. Il problema dei rapporti tra cultura e
insegnamento-apprendimento della matematica assume un‟importanza cruciale
se si vogliono chiarire i contributi che vari contesti reali possono fornire allo
sviluppo delle conoscenze e delle abilità matematiche. Il lavoro in un campo di
esperienza1 della vita reale consente all‟insegnante di appoggiarsi sia ai vincoli
e alle risorse extrascolastiche sia alle strategie e ai modi di pensare
dell‟enciclopedia cognitiva dell‟allievo per introdurre segni, procedure e
concetti matematici funzionali alla risoluzione di problemi scaturiti
dall‟esperienza extrascolastica. Nel nostro caso come campi di esperienza
abbiamo scelto di privilegiare quelli che consentono un approccio alla
divisione sia per contenenza che per partizione: monete, tempi e misure.
Le differenti modalità di rappresentazione e di modellizzazione che questi
contesti offrono ha permesso, inoltre, di far accostare i bambini a situazioni
familiari ma differenti sotto molti punti di vista (ad esempio i diversi sistemi
numerici con cui sono rappresentati i tempi e le altre grandezze) mantenendo
1
Per campo di esperienza si intende un settore della cultura umana identificabile
dall‟insegnante e dagli allievi come unitario ed omogeneo.
77
costante l‟obiettivo principale, che è stato quello di trovare strategie
(manipolative, per tentativi, ricorrendo a divisioni successive, ...) per effettuare
divisioni intrecciando strategie sia per contenenza che per partizione. Gli
strumenti utilizzati per supportare il ragionamento interno, quindi, sono stati di
diverso tipo (dall‟orologio analogico alle monete) e ciò ha consentito ai
bambini di mettere a punto ed integrare strategie diverse per operare sulla
realtà.
Ogni attività proposta è stata organizzata secondo uno schema pressoché fisso:
lavoro manipolativo sollecitato da una domanda-problema (con l‟ausilio di:
monete di carta fotocopiate dalle originali, metro Ikea, due quadranti, uno
normale e l‟altro numerato da 0 a 60), discussione di bilancio2 in plenaria per
la condivisione delle strategie trovate e la verifica dei percorsi; ricerca di una
forma condivisa dalla classe della “soluzione” alla domanda-problema;
verifiche individuali delle capacità manipolative.
Durante la sperimentazione sono stati posti ai bambini dei problemi di
divisione che loro hanno inizialmente risolto come (inversi di) problemi di
moltiplicazione (uno dei capi saldi del lavoro è stato lo sviluppo dei significati
della divisione come operazione inversa della moltiplicazione). Si è scelto,
poi, di far seguire ad ogni problema manipolativo una prima fase che potesse
consentire un immediato controllo sul lavoro svolto. Questa verifica ha
fornito, una volta che sono state acquisite e consolidate alcune prime tecniche,
l‟occasione per mettere a fuoco, operativamente, come partizione e contenenza
siano due aspetti differenti che possono essere unificati come procedure
inverse di operazioni di moltiplicazione. Acquisita questa consapevolezza si è
avviato un approccio all‟algoritmo della divisione che utilizzasse (con
riferimenti indiretti a contesti diversi, con forme controllate di astrazione)
entrambi gli aspetti.
Con queste attività non si è voluto, e non ci si è potuti, limitare a risvolti
puramente matematici: i risvolti applicativi e la componente emotiva hanno
avuto un‟influenza rilevante.
Per i bambini in difficoltà, poter utilizzare conoscenze extrascolastiche e
acquisire la consapevolezza di avere capacità apprezzate e spendibili a scuola,
ha rivestito sicuramente un ruolo fondamentale. Questo progetto ha messo in
evidenza, ancora una volta, che la motivazione all‟apprendere è il primo passo
verso una comprensione più consapevole e partecipata.
2
«…socializzare e valutare collettivamente le strategie usate dai singoli allievi nella soluzione
di un problema e costruire (quando è possibile) una o più rappresentazioni e soluzioni
condivise da tutta la classe e consistenti con quelle costruite a livello adulto per mezzo di
concetti e procedure matematiche…» (Bartolini Bussi, Boni, Ferri, 1995).
78
2. Il percorso didattico
2.1. Requisiti matematici
Per ciò che riguarda i requisiti generali, risulta essere di decisiva importanza
un lungo ed accurato lavoro da svolgersi preliminarmente sulla
moltiplicazione. Le tabelline, la proprietà commutativa, il calcolo mentale
(moltiplicazioni per 10, 100, 1000, con decine e centinaia, …) sono concetti il
cui consolidamento influisce sulla concettualizzazione della divisione.
Vediamo nel dettaglio.
Tabelline: il fatto di conoscerle fornisce ai bambini uno strumento
indispensabile nel momento in cui si troveranno a lavorare operativamente con
problemi di divisione.
La proprietà commutativa: porre l‟attenzione sulla proprietà commutativa
della moltiplicazione è il veicolo implicito che consente di trasformare un
problema di partizione in uno di contenenza a seconda dei dati numerici (… 
2 = 300 [partizione]; 150  ... = 300 [contenenza]). Le modalità con cui si può
fare sono molteplici; trovare i numeri uguali nella tabella della moltiplicazione
e osservare di quali prodotti sono il risultato, utilizzare nodi o reticoli …
Il calcolo mentale: in questo caso si verifica la stessa situazione delle tabelline.
Conoscere già “quanto fa” un certo prodotto fornisce la base di partenza per le
riflessioni ulteriori che l‟insegnante richiederà agli allievi.
In secondo luogo mi preme considerare i requisiti specifici dei campi
d‟esperienza necessari allo svolgimento del percorso sperimentato e che
vedremo tra breve.
Per ognuno di essi è stato essenziale predisporre delle attività parallele al
progetto sperimentale che consentissero un efficace utilizzo delle potenzialità
che questi ambiti forniscono, motivo per il quale sono stati scelti e reputati
così emblematici. Nell‟elenco qui riportato non ho trascritto tutte le schede
individuali, i compiti,… che i bambini hanno dovuto svolgere, ma solo una
lista sommaria delle principali attività.
Monete
introduzione dei vari tagli di monete (fino a 2 €);
cambio mantenendo lo stesso valore (1€ lo posso cambiare con due monete da
50 cent);
compra-vendita/resto (allestimento del mercatino della classe dove poter
effettuare acquisti);
indovina il prezzo! (dato un oggetto si deve indovinare il prezzo, vince chi si
avvicina di più; si può anche stendere una graduatoria);
indovina il contenuto del portafoglio (un allievo disegna alla lavagna una
quantità a piacere di monete, gli altri devono indovinare quanto è il totale; chi
indovina va alla lavagna).
79
Lunghezze
introduzione con modalità tradizionali (introduzione dei multipli e dei
sottomultipli del metro senza riferimento esperienziale);
osservazione del righello (avvicinamento ai centimetri e ai millimetri);
misurazione settimanali delle piantine della classe (ceci, lenticchie, grano):
Quanto sono cresciute dalla prima alla seconda settimana? E dalla prima alla
terza?;
trova tra gli oggetti noti quelli che misurano 1 cm (una vite, il diametro di un
bottone,… ; chi non aveva niente ha ritagliato striscioline di carta);
introduzione del decimetro per accorciare la scrittura della misura delle piante
(10 cm si possono chiamare 1 dm);
trova tra gli oggetti noti quelli che misurano 1 dm (pastelli, matite, ….);
introduzione del metro (piega e scopri quante volte un decimetro sta nel metro
Ikea).
Tempo
attività sull‟orologio svolte in maniera tradizionale (come leggere l‟orologio
con lancette);
attività sul calendario della classe: osservazione diretta dello scorrere del
tempo (collegamento del tempo che passa con aspetti significativi per la
classe: la crescita delle piante, lo spettacolo a teatro, gli assenti nel giorno in
cui si è costruita l‟aiuola di classe, ...), quanti giorni compongono la settimana,
indagine sulle conoscenze già possedute: quanti secondi in un minuto, quanti
minuti in un‟ora, quante ore in un giorno, …
2.2. Abilità trasversali
Accanto ai requisiti matematici sopra indicati, occorre fare almeno un cenno
alle abilità trasversali che sono intervenute in questo percorso. Anche se, a
livello implicito, con il trascorrere del tempo si è notato un considerevole
cambiamento delle modalità con cui esse hanno supportato lo sforzo dei
bambini nel tentativo di adattarsi al nuovo contesto di apprendimentoinsegnamento dovuto, principalmente, alla brusca alterazione del contratto
didattico: sono dovuti passare dall‟ascoltare e dal tentare di comprendere,
all‟agire sugli oggetti e al dare un senso al loro operato tramite la conferma
sociale delle loro opinioni. Possiamo riassumerle qui di seguito:
capacità di agire operativamente sui materiali proposti
Capacità di lavorare in gruppo o individualmente;
capacità di cogliere relazioni;
capacità di descrivere (a parole, con disegni, con simboli,…) e “formalizzare”
una situazione pratica.
80
2.3. Conoscenze specifiche del contenuto
Ci sono due aspetti su cui vale la pena soffermarsi ulteriormente: la verifica e
il resto.
Il resto: la prima osservazione da fare è che volutamente, nei primi problemi
da risolvere, le divisioni (anche se i bambini le hanno chiamate con questo
nome solo molto tempo dopo) sono state assegnate con resto. Se, come detto
sopra, il riferimento all‟esperienza quotidiana deve essere stretto, in primo
luogo difficilmente capita di effettuare suddivisioni esatte, secondariamente le
divisioni a resto 0 sono un caso particolare di quelle con resto diverso da 0 e
questa gerarchia è stata con intenzione mantenuta anche nell‟introduzione
degli argomenti. La seconda osservazione è che, dal punto di vista lessicale, la
parola resto è usata nel linguaggio naturale con la stessa accezione che si
utilizza per il linguaggio scientifico; per questo motivo l‟insegnante, con molta
disinvoltura, ha fatto uso di questo termine anche nelle consegne iniziali. La
terza e ultima considerazione è quella che il resto a seconda che la divisione
sia del tipo per contenenza o per partizione ha un significato un po‟ diverso.
Abbiamo creduto, pertanto, che far riflettere i bambini su questo duplice
significato potesse contribuire ad una maggiore strutturazione della
conoscenza che si voleva andare a costruire. Se la divisione è per contenenza il
resto è ottenuto perché non ha più senso andare avanti (se ad esempio ho 1 € e
voglio sapere quante cose da 30 cent posso comprare, il risultato è 3 cose con
resto 10 cent, non ha senso chiedermi niente altro). Se la divisione è per
partizione il discorso è diverso;non posso proseguire nella ripartizione per
mancanza di strumenti adatti o perché, ad esempio, non ho tagli di monete più
piccoli da poter utilizzare, se li avessi potrei continuare a dividere (1cm : 3= 3
mm e 1 mm di resto, se avessi strumenti per ingrandire lo spazio a sufficienza
potrei continuare). Questa differenziazione condurrà, in futuro,
all‟introduzione dei numeri decimali infiniti.
La verifica: abbiamo scelto di far seguire ad ogni attività manipolativa una
prima fase che potesse consentire un immediato controllo sul lavoro svolto.
Questa verifica ha consentito, una volta acquisita la tecnica, una prima attività
di autocontrollo e l‟occasione successiva di poter considerare partizione e
contenenza due aspetti differenti di uno stesso concetto (utilizzando gli stessi
dati numerici ma in contesti diversi, uno per partizione e l‟altro per contenenza
la verifica risulta la stessa: 25 cent da dividere tra 3 persone, quanto a
ciascuno, quanto avanza? 8 cent resto 1 cent; con 25 cent quante cose da 8
cent posso comprare, quanto avanza? 3 cose resto 1 cent. La verifica può
essere schematizzata nel seguente modo:
8cent
3
24 cent
+1cent
25 cent).
81
Attraverso l‟uguaglianza della verifica delle due divisioni si è tentato un
approccio all‟algoritmo che unifichi le procedure di calcolo nella
consapevolezza dei duplici contesti di applicazione.
3. Le attività
3.1. Attività 1: monete (partizione)
Ad ogni gruppo vengono consegnati un foglio, una moneta da 20 cent ed una
da 5 cent con la seguente richiesta:
Avete 25 cent, divideteli tra voi tre. Potete cambiare le monete che vi ho dato
ma non si possono aggiungere né togliere altre monete. Sul foglio segnate i
cambi che avete fatto e quale cifra spetta a ciascuno (disegnate le monete).
Al termine del lavoro, esclusivamente manipolativo, ognuno avrà davanti a sé
il suo gruppetto di 8 cent, con resto di 1 cent.
I bambini sono invitati, ogni gruppo separatamente, ad esplicitare verbalmente
il risultato ottenuto e, se sono in grado, a ricostruire il percorso fatto per
ottenerlo. A questo punto l‟insegnante fa la seguente richiesta al gruppo
classe: Come possiamo controllare se avete ottenuto un risultato corretto?
Ricordatevi che siete partiti da 25 cent… Dovreste averli ancora tutti.
È facile arrivare alla conclusione che 8 cent per 3 bambini sono 24 cent, più 1
cent, che non si può più dividere, fa 25 cent (per attirare maggiormente
l‟attenzione si potrebbe colorare di rosso la quantità che hanno trovato).
Fatto questo si formalizza sul quaderno. Il gruppo classe, dopo breve
discussione, propone un testo condiviso per raccontare quello che si è fatto
(ripercorrendo le tappe essenziali del lavoro). Ognuno potrà disegnare i suoi
gruppi da 8 cent e 1 cent di resto. Si trasforma anche la verifica utilizzando la
simbologia aritmetica.
3.2. Attività 2: monete (contenenza)
Come l‟attività precedente ma con diversa consegna:
Avete 25 cent, quante cose da 8 cent potete acquistare? Potete cambiare le
monete che vi ho dato ma non si possono aggiungere né togliere altre monete.
Si può considerare lo stesso andamento dell‟attività precedente, anche se
operativamente ai bambini è richiesta una metodologia differente (anche in
questo caso ciò che hanno trovato può essere scritto in rosso sulla verifica).
Dopo la formalizzazione, a cui si dovrebbe arrivare in maniera piuttosto
rapida, l‟insegnante riprende il lavoro dell‟attività 1 ed in particolare quello
sulla verifica. Dopo essersi accorti che la verifica è la stessa, ai bambini viene
chiesto di provare a spiegare il perché di questa coincidenza (proprietà
commutativa della moltiplicazione).
82
Attività 2 bis: monete
Stesse attività precedenti ma con le seguenti consegne:
Dividere 1 euro tra 3 persone e tra 4 persone (quanto spetta a ciascuno, quanto
avanza);
Dividere 1 euro e 20 cent in cose da 40, da 50, da 60 cent (quante ne posso
comprare e quanto avanza).
Per sveltire le attività (ovviamente supposto di suddividere le consegne in
sottoconsegne), non è più il caso di riportare ogni volta la ricostruzione del
percorso fatto; al termine del lavoro basterà riportare come ogni gruppo ha
effettuato le divisioni, il resto e la verifica.
Compito a casa: Allenati, come a scuola:
Dividere 50 cent tra 3 persone (quanto spetta a ciascuno e quanto avanza);
Dividere 1 euro in cose da 30 cent (quante ne posso comprare e quanto mi
resta).
3.3. Attività 3: metro Ikea (partizione)
Ad ogni bambino viene fornito un metro Ikea. La consegna è quella di
dividerlo in 3 parti uguali. Si osservano le strategie scelte, l‟insegnante
interviene nei momenti di blocco.
Terminato il compito, si discute delle strategie adottate, si tenta di far
emergere i punti positivi e negativi di ognuna. Per esempio: se effettuo
piegature per dividere, questo mi consente di proseguire, se fossi capace, la
divisione “fino a quando voglio”, mentre se usassi cm e mm mi dovrei fermare
ai millimetri; d‟altra parte se utilizzo questi sono in grado di quantificare
esattamente quanto spetta a ciascuno.
Scelgo quella che utilizza centimetri e millimetri per poter formalizzare la
verifica.
L‟attività si conclude come le precedenti.
Nell‟ipotesi in cui tutti facessero la divisione misurando le quantità anziché
piegando il metro, al termine dell‟attività si potrebbe chiedere di suddividere
in tre il metro girato (in modo da non poter vedere i numeri).
3.4. Attività 4: foglio A4 e metro (contenenza)
L‟insegnante consegna ad ogni allievo il consueto metro Ikea e un foglio
formato A4 (dimensioni 21 cm e 29,7 cm). La consegna è la seguente:
Quante volte ci sta il foglio (dal lato più lungo) nel metro? Quanto avanza?
Gli allievi troveranno la risposta abbastanza rapidamente. In questo caso
maggiore attenzione verrà posta nel trovare la verifica formalizzata (anche per
la presenza di numeri “quasi decimali”); nella discussione di classe lo scopo
dell‟insegnante è quello di far emergere che prima di poter effettuare
numericamente la verifica occorre misurare il lato del foglio… L‟insegnante,
attraverso domande stimolo, porterà gli allievi a riflettere sulla differenza tra la
83
divisione precedentemente svolta in cui avrei potuto continuare a dividere e
questa in cui sono obbligato a fermarmi.
Compito a casa
Quante volte il lato corto del foglio sta nel metro e quanto avanza?
3.5. Attività 5: orologio (partizione)
Ad ogni gruppo vengono somministrati due quadranti, uno normale e uno per i
secondi, che gli allievi hanno costruito nei giorni precedenti. La consegna è la
seguente: Avete un nuovo videogioco e potete giocarci dalle 16 alle 17,10;
quanto tempo spetta a ciascuno e quanto tempo vi rimane?
Si procede come nelle attività precedenti in questo caso però, se i cambi sono
fatti opportunamente, si dovrebbero accorgere che il resto è zero.
3.6. Attività 6: orologio (contenenza)
Ad ogni gruppo vengono somministrati i due quadranti. La consegna è la
seguente: In 1 h e 10‟, quante attività da 20‟ potete fare? Quanto avanza?
Si procede come nelle attività precedenti e si avvia come di consueto la
discussione, segue la trascrizione sul quaderno.
3.7. Attività 7: riflessione sul resto
Riprendendo quasi tutte le attività svolte fino a questo momento, si avvia la
discussione per mettere in evidenza la differenza del significato del resto nei
diversi tipi di divisione come anticipato nella parte introduttiva al progetto. La
domanda di avvio, dopo aver presentato una divisione già nota, potrebbe
essere: Come mai mi fermo a questo resto e non continuo a dividere? Dopo la
discussione segue la trascrizione sul quaderno delle considerazioni fatte.
3.8. Attività 8: settimane in un anno scolastico
Utilizzando il calendario di classe l‟insegnante avvia la discussione con la
seguente domanda stimolo: Quante settimane ci sono in un mese? (Quante
volte il 7 sta nel 30/31?).
Da questa dovrebbe emergere la necessità di fare ipotesi che possano
semplificare il problema: una settimana sono 7 giorni, supponiamo un mese di
30 giorni, … Trovata la soluzione che pare più adeguata (di questo si dovrà
tenere conto nelle discussioni successive), l‟insegnante prosegue con questa
domanda: Quante settimane ci saranno, più o meno, in un anno scolastico?
Anche in questo caso gli allievi dovranno fare una serie si supposizioni;
facciamo finta che i mesi di scuola siano 10 e che questi mesi siano tutti di 30
giorni, ...
Per il calcolo finale si procede per tentativi: se fossero 10 settimane avrei 70
giorni, se fossero 20 avrei 140 giorni, ... In questo modo si giunge alla
soluzione approssimata.
84
Condivisione delle strategie con il gruppo classe.
4. La prosecuzione del progetto
L‟ordine con cui svolgere le attività è stato deciso in modo da lasciare per
ultime quelle che implicano processi di pensiero più simili a quelli necessari
allo svolgimento dell‟algoritmo della divisione (per tentativi o per divisioni
successive). In questo senso l‟ultima attività, cioè quella del conteggio delle
settimane in un anno, ci è parsa la più idonea.
In generale il progetto è stato svolto come programmato ed è proseguito con le
attività di seguito elencate:
Definizione di divisione come inversa della moltiplicazione. Per semplicità
sono state utilizzate le verifiche di quelle attività pratiche in cui il resto era 0.
Se ho 24 cent da dividere in 3, il risultato è 8 cent ciascuno e resto 0; la
verifica si presenta in questa forma:
3
8 cent
24 cent
:3
Compilazione della tavola pitagorica. Per ogni numero presente si mettono in
evidenza sia il prodotto da cui è scaturito che il ritorno ad uno dei fattori
tramite la divisione. La formalizzazione avviene in maniera affine a quanto si
era fatto per le verifiche delle attività pratiche:
6
4
24
:6
Riflessioni sul comportamento dello 0 e dell‟1 nella divisione. Queste attività
sono state svolte mantenendo costante il riferimento sia alle attività pratiche
che a quelle svolte in relazione alla tavola pitagorica. Soprattutto tramite
quest‟ultima è abbastanza evidente l‟impossibilità della divisione per 0 (0:0
avrebbe ogni volta un risultato diverso a seconda del prodotto che considero
come punto di partenza).
0
1
0
0
2
:0
0
:0
Divisione per 10, 100, e 1000
85
Introduzione dell‟algoritmo: sono state proposte alcune attività simili alle
precedenti e successivamente si è pensato di riutilizzare le strategie adottate
dai bambini dal punto di vista pratico (come quella delle divisioni successive)
per “compilare” l‟algoritmo.
1h e 15‟ : 3 = 75‟ :3 = 25‟ resto 0
x3
75
60
5‟
15
00
3
20‟
25‟
Verifica:
25‟
75‟
:3
Bibliografia
AA.VV. (1996). Bambini, maestri, realtà: un progetto per la scuola elementare.
Rapporto Tecnico, quinta edizione. Università degli Studi di Genova,
Dipartimento di Matematica. Voll. 1-5.
Bartolini Bussi M., Boni M., Ferri F. (1995). Interazione sociale e conoscenza a
scuola: la discussione matematica. Rapporto Tecnico n° 21. Nucleo di Ricerca
in Storia e Didattica della Matematica, Dipartimento di Matematica Pura e
Applicata, Università degli Studi di Modena, Comune di Modena, Settore
Istruzione.
Boero P., Dapueto C., Ferrari P., Ferrero E., Garuti R., Lemut E., Parenti L., Scali E.,
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conference “Psychology of Mathematics Education”. XIX, Recife, Brazil.
Borsese A. (2007/2008). Dispense, Corso di Comunicazione Didattica, Master
Universitario di II livello in Didattica delle scienze per insegnanti delle scuole
medie ed elementari: una formazione qualificata per l‟orientamento alla
cultura scientifica. Università degli Studi di Genova.
Parole chiave: divisione; contenenza; partizione; campo di esperienza;
extrascuola.
86
Gioco...metria: una passeggiata “ricrea-attiva” tra
forme, colori ed altro
Antonia Tordella
Scuola primaria E. Rosso, Monterosi (VT) - I.C. A. Moro, Sutri
Sunto. Si presentano esperienze didattiche effettuate nella scuola primaria per
l‟insegnamento della geometria attraverso percorsi ludici, spesso affiancate ed
integrate ad altre discipline. L‟aspetto che le accomuna è il fare, cioè l‟operare
concreto degli allievi sin dalle prime classi di scuola primaria, affrontando
argomenti e concetti via via più complessi. Gli obiettivi sono di proporre attività
accattivanti per raggiungere un apprendimento significativo, accostando gli allievi
gradualmente al complesso e all‟astratto, introdurre la riflessione sull‟operato e
consentire un atteggiamento positivo verso la disciplina, favorendo l‟acquisizione di
competenze.
Ognuno vede ciò che sa.
(Munari, 1996).
L‟obiettivo delle esperienze descritte è di insegnare la matematica nella scuola
primaria, ai bambini dai 6 agli 11 anni, perseguendo l‟obiettivo di dare
significato alle cose da apprendere e indirizzare l‟apprendimento della
matematica in una prospettiva di utilità futura, oltre che formativa. Sappiamo
che l‟azione ludica è essenziale e non va tradita in questa fascia di età. Occorre
curare «un atteggiamento corretto verso la matematica, inteso … anche come
contesto per affrontare e porsi problemi significativi, per esplorare e percepire
affascinanti relazioni e strutture che si ritrovano e ricorrono in natura e nelle
creazioni dell‟uomo», come recita il documento delle Nuove Indicazioni per il
Curricolo, specificandone il ruolo nello sviluppo della capacità di operare,
comunicare tramite un linguaggio formalizzato e saperlo utilizzare per
risolvere problemi, posti come questioni autentiche e significative. Procedere
pianificando azioni didattiche basate su trama giocosa, è divertente e rende
affascinante l‟apprendimento delle “cose” matematiche per gli allievi,
facilitando il loro apprendimento e favorendo la progressiva costruzione delle
capacità di pensiero riflessivo e critico.
Di seguito si presentano varie esperienze, avute nel corso degli anni di
insegnamento nella scuola primaria, a partire dalle prime classi, sino alla
conclusione del quinquennio di istruzione primaria. Sono soprattutto attività di
geometria. Si noterà come la complessità delle conoscenze proceda di pari
87
passo con l‟età degli allievi e come si possa arrivare a completare tutto il
percorso d‟acquisizione delle conoscenze proposte nell‟arco temporale dei
cinque anni, per consentire agli allievi il raggiungimento delle competenze di
base. Le attività sono da intendersi come un possibile percorso verso la
formalizzazione del pensiero e l‟acquisizione graduale del linguaggio
specifico della disciplina. L‟approccio è il fare. Le attività proposte sono tutte
caratterizzate dalla costruzione del proprio bagaglio di conoscenze e abilità,
attraverso l‟azione pratica, esperienziale, manipolatoria, accompagnata dalla
riflessione comune conclusiva. La fase conclusiva è da intendersi come il
momento in cui si sintetizza il pensare (ipotesi) con il fare sperimentato
(ricerca di soluzioni) nell‟atto pratico del lavoro. Il laboratorio è stato lo spazio
esperienziale dove si è esercitata la conoscenza degli allievi. Niente di
particolare: una veste nuova ad un vecchio ambiente come l‟aula scolastica.
Gli allievi sono stati gli autori della propria conoscenza attraverso il processo
in cui il conoscere si fonde con il fare per acquisire il sapere agito, sinonimo
di competenza. In questo contesto viene data molta importanza all‟aspetto
creativo fantastico e alla manipolazione. Il discorso matematico, e in
particolare geometrico, è evidente, ma è facile rilevare anche un percorso
educativo trasversale, includendo altre sfere del sapere attraverso giochi di
analisi e di sintesi degli apprendimenti. Quindi è un itinerario interdisciplinare
a garanzia di quel sapere unitario e integrato, atto a interpretare la complessità
del reale e alla sua elaborazione critica. Ad esempio il progetto Gioco… metria
è un‟esperienza avuta in classe seconda, che ha coinvolto due classi parallele.
È un lavoro interdisciplinare che coinvolge i diversi ambiti con l‟obiettivo di:
sperimentare modalità nuove per l‟apprendimento delle conoscenze
facilitandone l‟acquisizione e significazione. Gli ambiti coinvolti sono:
immagine, geometria, musica (ritmi), lingua italiana, scienze, informatica.
L‟articolazione del lavoro è iniziata con presentazione della Filastrocca delle
forme (Belsanti, Ricciardi, 2004). Una volta letta la filastrocca ha dato lo
spunto per cercare il significato di alcune parole riferite prettamente all‟ambito
geometrico. Gli allievi sono stati invitati a rispondere sul significato di codesti
termini o a spiegare a cosa si riferivano. È nato così un piccolo glossario
condiviso sul significato di parole come: linea, punto, lato, angolo ecc. che ha
chiarito collettivamente a cosa fosse riferito in campo geometrico e non solo.
Ad esempio la parola “linea” negli allievi è stata individuata come “tratto” di
matita o di penna, di gesso una spiegazione nettamente ancorata al loro mondo
esperienziale. Continuando la lettura della filastrocca si è individuata la prima
figura presentata, cioè il cerchio. Sono state poi tratte tante informazioni
rilevate dalla conoscenza degli allievi su cosa e dove fosse possibile
individuare questa figura. Le risposte sono state varie e un momento
particolare si è avuto quando è stata richiesta la differenza tra cerchio e palla
(sfera). In quella occasione l‟insegnante aveva in mano un cerchio per le
attività motorie e un pallone di plastica. Subito, osservando i due oggetti, è
88
saltata all‟occhio la somiglianza e la differenza, ma il linguaggio usato è stato
inappropriato e limitato. Solo con la guida dell‟insegnante, che ha introdotto il
termine “solido” e dimostrato quanto fosse più ingombrante la palla,
occupando più spazio che il cerchio (piatto), allora è stato più facile far
cogliere successivamente la tridimensionalità anche in altri oggetti presenti
nell‟aula, ad esempio: l‟armadio, le scatole ecc. La presentazione della sfera
ha consentito di introdurre una canzone dello Zecchino D‟Oro di qualche anno
fa intitolata La Terra è un palla. Il testo affronta il problema dell‟ecologia in
difesa del nostro pianeta. Gli allievi hanno realizzato delle illustrazioni
partendo dal testo della canzone ed è stato realizzato un video sonoro usando i
disegni prodotti.
La terra è una palla
Poiché la filastrocca parla di un filo che trasformandosi crea le diverse figure
geometriche piane, gli allievi hanno consolidato la loro conoscenza riguardo al
rettangolo e al quadrato ed appreso l‟esistenza di una figura che si conosce e
riconosce nei problemi di geometria piana, ci si riferisce al trapezio. Questo
termine associato nella poesia all‟altalena, ha destato curiosità e sorrisi. I
bambini pronunciavano la parola trapezio continuamente sorridendo. Anche il
triangolo presentato solo come figura regolare e cioè come equilatero, ha
permesso di poter creare stelle usando due triangoli sovrapposti. Ciò che è
stato sottolineato è come tutte queste figure fossero state create dalla continua
trasformazione che un filo subiva, tirando, di volta in volta, 3 o 4 suoi punti
(vertici), in posizioni diverse e per gioco, creando forme sempre diverse, quasi
in evoluzione. Il concetto di trasformazione, di evoluzione, è stato sempre
presente e continuamente richiamato dall‟insegnante, per avviare gli allievi a
vedere le cose in modo dinamico e soltanto all‟occorrenza statico. Infatti si
ritiene utile prospettare da subito la dinamicità dei punti di vista per sviluppare
un‟immaginazione più plastica e flessibile possibile. Durante un‟attività di
matematica, un‟alunna con in mano un elastico per capelli, ha richiamato
l‟attenzione dell‟intera classe e dell‟insegnante perché aveva per gioco
riprodotto rettangoli, quadrati, triangoli, tirando l‟elastico con l‟aiuto di una
sua compagna. Si divertivano a cambiare forma e dimensioni proprio come
nella poesia. Questo ha dato l‟idea di portare elastici a scuola e lasciare che i
ragazzi giocassero liberamente a coppie facendo esercizio e riproducendo
figure varie.
89
Poiché le figure principali erano conosciute da tutti sin dalla scuola
dell‟infanzia, questi giochi hanno permesso di consolidarne la conoscenza,
anche in una bambina diversamente abile con deficit cognitivo. Il progetto
includeva anche un percorso di arte e immagine per cui sono stati usati i punti
per realizzare semplici disegni con la tecnica del puntinismo. Poi si è passati
allo studio delle linee, che nella poesia erano rappresentate da un filo. Il lavoro
sulle linee ha prodotto numerose attività con un duplice valore : artistico e
geometrico. Ad esempio, con i colori freddi si è giocato con cerchi e linee
curve, realizzando sfumature con i toni di un colore. Usando i colori caldi si è
chiesto di creare cerchi a piacimento per realizzare composizioni personali in
maniera spontanea e creativa. Oppure si sono individuate linee dritte
(segmenti) o linee curve.
Confini e regioni
Linee spezzate e curve
Un semplice gioco partito dall‟osservazione diretta del nostro corpo, a
confronto con quello di un compagno o riflesso allo specchio, ha introdotto la
scoperta-rilevazione della simmetria: rintracciare l‟asse interno in vari oggetti,
iniziando appunto dal nostro viso e corpo, e poi saperlo individuare negli
oggetti che si circondano o inventando immagini sul foglio, ritagliarle e
incollarle su un altro cartoncino. Sono giochi che hanno prodotto un facile
apprendimento del concetto, riferendoci sempre all‟età degli allievi (8/9 anni)
e alla libera espressione di capacità creativa e immaginativa propria dei
bambini.
90
Un passo successivo è stato realizzato con un‟attività sulle regioni e confini
(topologia) per lo studio di relazioni tra numero di linee (confini) e numero di
regioni (superfici). Utile è stato l‟utilizzo di una cartina muta dell‟Italia che ha
consentito di rinforzare il concetto di confine e regione, veicolato tramite il
disegno. Questo lavoro è rappresentato da cartine multicolori dell‟Italia che ha
incuriosito molto i bambini i quali hanno posto tante domande su città
conosciute, o luoghi visitati durante le vacanze o perché abitate da parenti o
conoscenti. Inoltre ha contribuito a consolidare il concetto di regione interna e
esterna. Sono esperienze propedeutiche al concetto di perimetro ed area,
spesso fonte di notevole difficoltà di discriminazione anche negli allievi più
grandi. Si è sottolineata molto la linea “dritta”, segmento e la linea spezzata.
Da qui è nata un‟attività che ha dato luogo alla produzione di una
composizione individuale iniziata col tracciare liberamente linee rette su un
foglio le quali, intersecandosi, hanno fatto da trama per riprodurre paesi o
borghi del nostro ambiente. Successivamente dopo la presentazione di opere di
artisti famosi come Kandisky, Mondrian, Klee ecc., i bambini hanno prodotto
le loro opere astratte, esprimendo la massima immaginazione e sensibilità
personale. Cartoncini di vario colore e un gioco di gruppo ha prodotto
composizioni libere aventi come trama comune l‟uso di figure geometriche
piane. L‟unico comando dato è stato ad esempio: Usare solo cerchi o Usare
solo triangoli e rettangoli e così via lasciando massima libertà di azione e
produzione.
Componimenti liberi
Dalle continue osservazioni e sollecitazioni a cogliere le figure nel mondo
reale e quindi tridimensionale, è nata l‟esigenza di rappresentare sul foglio
piano un paesaggio reale tridimensionale, come una strada, una casa. Così,
spiegando con semplicità e sinteticità il gioco prospettico, i ragazzi hanno
tentato di rielaborare quanto è stato proposto con diverse ed originali
soluzioni. Attività di raccordo con la lingua italiana è stata ulteriormente
introdotta con lo studio e la rappresentazione grafica di alcune “poesie
91
geometriche”, cioè gli allievi hanno letto ed interpretato da soli i testi preparati
e li hanno rappresentati con disegni effettuati in gruppi spontanei.
Una mostra finale ha permesso alle famiglie di vedere le composizioni
elaborate e create dagli allievi. L‟iniziativa ha riscosso consensi positivi giunti
sia da parte degli allievi, che lo hanno dimostrato in più occasioni richiedendo
le attività, sia da parte delle famiglie, le quali hanno partecipato alla mostra
apprezzando moltissimo quanto visto esposto.
Da un bilancio finale si può affermare che l‟obiettivo di creare un percorso
trasversale a carattere artistico, coinvolgendo anche l‟ambito geometrico,
linguistico, musicale, geografico, per superare la frammentazione del sapere e
concretizzare esperienze di apprendimento significative ed originali negli
allievi in forma ludico-creativo è stato raggiunto.
Movimenti e trasformazioni
Dinamicità, evoluzione, sviluppo sono le caratteristiche che vanno sollecitate e
sempre proposte per formare una mente plastica atta a cogliere la specificità e
la particolarità di ogni evento e problematicità. Accostare gli allievi, ancora
ancorati al concreto, al modo delle trasformazioni e delle evoluzioni, oggi non
è più un problema. Spesso i cartoni animati proposti negli ultimi anni possono
fornire ottimi esempi di significato. Si pensi alle trasformazioni di alcuni
personaggi conosciuti dalla maggior parte dei bambini e delle bambine. Anche
la parola “evoluzione” è divenuta una costante nel parlato dei bambini. Proprio
sulla scia di questi riferimenti un percorso didattico centrato sulle
trasformazioni, svolto in classe terza è iniziato con situazioni sulla simmetria
con asse esterno.
92
Specchiolandia
Sempre in terza l‟introduzione del concetto di rotazione permette di porre le
basi delle future figure geometriche solide di rotazione e diverse situazioni
presentate dapprima con attività motorie e con oggetti vari, permettono di
cogliere il concetto di angolo. Di conseguenza vengono introdotte anche tutte
le tipologie di angolo: retto, piatto, giro, acuto, ottuso, … che verranno riprese
e studiate più dettagliatamente nelle ultime classi di scuola primaria. Il
tangram, il conosciutissimo gioco di origine cinese, offre sempre un
particolare momento educativo che se ben utilizzato introduce il concetto di
equiestensione nella trasformazione delle forme. Il gioco delle trasformazioni
è ripreso e riutilizzato in attività diverse per la composizione/scomposizione di
figure geometriche piane e per dimostrare le formule di perimetro ed area in
classe quarta. Tutte le attività sono condotte dagli allievi che. con la
manipolazione di carta, matita e forbici, sotto la guida dell‟insegnante,
verificano quanto viene proposto, memorizzando facilmente formule
riproposte per risolvere problemi. Esempio di queste attività sono le
realizzazione di aquiloni, scacchiere, girandole con l‟uso di quadrati.
Produzioni degli allievi con i quadrati
93
Escher tra noi
Un‟esperienza particolare è stata quella relativa alla tassellazione per chiarire e
consolidare i concetti di superficie e area, attraverso la tecnica usata da Escher.
Composizioni degli allievi
Giocando con poligoni in classe quinta è stato sviluppato un progetto che ha
permesso di verificare la formula dell‟area dei poligoni nella piazza centrale
del paese di Monterosi, che ha la struttura ottagonale e nella quale è posta una
fontana della stessa forma. Gli allievi hanno dapprima rilevato le misure della
piazza con il metro a fettuccia, usato in edilizia, poi in classe hanno calcolato
il perimetro e l‟area della piazza. Una fase successiva è stata quella di
realizzare con il cartone e in scala ridotta la fontana del paese. Questi lavori
hanno avuto grande successo negli allievi, che dimostravano entusiasmo e
richiedevano le attività di laboratorio geometrico, apprendendo senza fatica e
migliorando le dinamiche relazionali del gruppo classe.
La realizzazione del pannello intitolato Un arcobaleno… tra gli origami è un
altro esempio dell‟uso manipolativo a fini didattici. Poligoni, pieghe, linee,
colori, per realizzare un pannello suggestivo e bello che ha rallegrato il
corridoio della scuola per alcuni anni.
94
Bibliografia
Munari B. (1996). Desing e comunicazione visiva. Bari: Laterza.
Belsanti R., Ricciardi V. (2004). La filastrocca delle forme. Bologna: PiKa.
Parole chiave: problemi; geometria; creatività; laboratorio; sapere agito.
95
La Storia della matematica nella pratica didattica
Nadia Vecchi
Istituto Comprensivo di Andorno Micca – R.S.D.D.M., Bologna
Sunto. Per lungo tempo la matematica è stata considerata una disciplina per pochi
eletti e la trasposizione didattica avveniva solo come passaggio di un codice che
comprendeva formule e regole. In un secondo tempo si è tentato di renderla più
accattivante avvicinandola alla pratica del quotidiano. Però, anche in questo caso, si
perdeva (e si perde) l‟aspetto umano cioè le vicende e gli uomini che hanno dato
origine alle conoscenze odierne. È attraverso la soluzione di problemi, che gli uomini
hanno incontrato durante il loro divenire, che siamo giunti alle conoscenze di oggi ed
è attraverso la sperimentazione in prima persona della ricerca di soluzione a
problemi che si possono presentare in situazioni fortemente a-didattiche che i
bambini acquisiscono una mente critica e mettono in gioco fantasia e creatività per
risolverli. Lo scopo del percorso presentato è proprio questo: rendere la matematica
una peculiarità dell‟intelligenza umana.
1. Percorso didattico
In un articolo del 2006, D‟Amore e Fandiño Pinilla affermano: «Quando una
disciplina deve diventare sapere da insegnare, allora deve essere sottoposta ad
una trasposizione didattica, cioè ad una trasformazione che muta un Sapere
accademico, di ricerca, epistemologico, in qualche cosa di adatto a chi non sa
e deve cominciare a costruire conoscenza. La trasposizione didattica è un atto
creativo, molto importante, che compie l‟insegnante: l‟adattamento di un
Sapere nei confronti di chi questo Sapere non ha, per renderlo comprensibile.
Non sempre questa trasformazione è una banale semplificazione; talvolta è
una vera e propria rielaborazione. Certamente qualche cosa si perde nel
passaggio. Che cosa? Si perde la storia, si perde la vicenda umana, si perde il
pensiero speculativo che l‟ha creato. A scuola si propone un insieme di saperi
destoricizzati, depersonalizzati, deumanizzati…».
Essendo profondamente convinta di ciò, ho usato la storia della matematica
come filo conduttore di tutta la programmazione didattica.
Quando i bambini giungono alla scuola primaria hanno già un notevole
bagaglio di competenze che devono essere sistematizzare. Ogni insegnante usa
i mezzi e gli strumenti che ritiene più adeguati all‟età dei suoi allievi per fare
in modo che la trasposizione didattica risulti efficace.
Ma è proprio durante la trasposizione didattica che si corre il rischio di
trasmettere delle informazioni, delle regole, dei concetti che poi difficilmente
diventano competenze. Infatti accade spesso (più in matematica che in altre
96
discipline) di avere dei ragazzi che hanno una predisposizione naturale verso
questa materia e non incontrano particolari difficoltà con il procedere degli
studi, mentre la maggioranza resta ancorata ad un ricordo della matematica
come noiosa, priva di fantasia e di creatività. Al massimo ricordano con
piacere le lezioni di matematica perché l‟insegnante era simpatica ed era
riuscita a creare un clima positivo in classe, durante le ore dedicate a questa
materia. I bambini giungono alla scuola primaria con una notevole voglia di
conoscere e di sperimentare cose nuove. Nei primi mesi effettivamente si
imparano cose nuove: i numeri, le cifre, come è formato un numero, le
operazioni poi; poi inizia il vuoto.
È soprattutto in prima e seconda primaria che si può sviluppare nei bambini la
curiosità per tutto ciò che riguarda la matematica e, al tempo stesso, la voglia
di capire e di scoprire quali necessità contingenti hanno spinto l‟uomo ad
inventare strumenti utili alle sue esigenze.
Il percorso che presento non è in ordine cronologico in quanto, nella scuola
primaria, lo studio della storia inizia in terza; per tale motivo a partire dalla
classe prima ho collegato gli argomenti per affinità e problemi da risolvere
sempre tenendo ben presente la linea del tempo e i luoghi in cui si svolgono le
vicende.
In prima ho usato un metodo legato alla narrazione che, pur essendo di pura
fantasia, stimola i bambini a immedesimarsi nei personaggi e a cercare di
risolvere i problemi che gli uomini primitivi potevano incontrare nella vita di
tutti i giorni.
Già dalla scuola dell‟infanzia i bambini hanno acquisito competenze sui
numeri che necessariamente la scuola primaria deve organizzare; si va quindi
“a caccia di numeri”, si misura l‟altezza dei bambini, si cercano le pagine del
libro su cui devono lavorare e si ordinano questi numeri su una linea. I
bambini danno per scontato che i numeri siano sempre esistiti.
Il percorso parte proprio da qui: si inizia domandando se, secondo loro, i
numeri sono sempre esistiti.
Gli allievi espongono le proprie idee ma, considerando che non hanno ancora
nozioni circa l‟evoluzione della storia, le risposte saranno frutto di fantasia. Si
tratta quindi di mettere prima ordine nell‟idea di evoluzione dell‟uomo (a
livello intuitivo).
I bambini hanno già sentito parlare di dinosauri, posseggono diversi libri e
animali di plastica che ricordano questo periodo ma poco o nulla sanno della
comparsa dell‟uomo sulla Terra. Coordiniamo tutte le informazioni che i
bambini hanno in modo tale da giungere alla conclusione che l‟uomo non è
sempre esistito. Una volta stabilito che quando c‟erano i dinosauri gli uomini
non c‟erano, domandiamo ai bambini di immaginare cosa sarà capitato quando
l‟essere umano ha fatto la sua comparsa sulla Terra. Trovandoci in una
situazione a-didattica, dove nessuno ha conoscenze precedenti, i bambini
97
espongono le loro idee. Leggiamo la poesia di Gianni Rodari (1993): Storia
universale.
Spieghiamo che, con il passare del tempo, si sono formate le tribù. Tutti quelli
che vivevano nelle tribù avevano degli incarichi precisi ma, fra tutti, uno dei
più importanti era quello del guardiano di pecore. Anche in questo caso
domandiamo perché questo incarico era così importante. Al termine dovrebbe
emergere che il guardiano doveva controllare che alla sera rientrassero tutte le
pecore che erano uscite al mattino: da questo dipendeva la sopravvivenza
dell‟intera tribù. A questo punto svolgiamo concretamente il gioco. Un
bambino, scelto a caso, sarà il pastore mentre, con i banchi, faremo un recinto
dove saranno rinchiuse tutte le pecore (impersonate dagli altri bambini).
Il bambino pastore aprirà il recinto per far uscire le pecore e, dopo un tempo
adeguato, stabiliremo che le pecore devono rientrare. Domandiamo a tutti
come farà il pastore ad essere sicuro che tutte le pecore sono rientrate nel
recinto. La risposta che i bambini danno in queste situazioni è che il pastore le
può contare. In questo modo ritorniamo alla domanda iniziale: Allora i numeri
esistevano già, sono nati con l‟uomo? Di fronte a questa domanda è nata una
nuova discussione ma i bambini non hanno sapranno giustificare le loro
risposte (e non hanno neppure le competenze per farlo). Conduciamo la
conversazione in modo tale da stabilire che i numeri non esistevano ancora.
Per risolvere il problema è quindi necessario che i bambini strutturino una
strategia risolutiva adeguata. Ognuno esprimerà la sua idea ma,
tendenzialmente, emergerà un‟attività di corrispondenza biunivoca fra pecore
e sassi o fra pecore e bastoncini (o pecore e altri oggetti).
Continuando nel racconto: spieghiamo che i pastori dovevano portare le
proprie pecore a pascolare e anche in questo caso era necessario controllare
che nessuna pecora venisse mangiata dai lupi. Domandiamo come facevano a
sapere che nessuna pecora fosse scappata o fosse stata mangiata dal lupo.
Dopo aver ascoltato le loro ipotesi, mostriamo ai bambini le fotografie delle
ossa di lupo con incise le tacche e domandiamo che cosa possono significare.
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Se i bambini non riescono a trovare un‟ipotesi plausibile e condivisa,
spieghiamo che gli storici hanno fatto risalire questi reperti al 35000 a. C. Si
presuppone che questa fosse una delle prime attività matematiche dell‟uomo:
invece di usare i sassolini i primi uomini facevano delle tacche sulle ossa con
una pietra molto affilata.
Con il passare del tempo l‟uomo si trovò a dover rappresentare quantità
sempre maggiori e le ossa di lupo non bastavano più quindi inventò altri
sistemi per raffigurare la quantità di oggetti, merci o animali. Segniamo sul
planisfero la zona della Mesopotamia e raccontiamo che sono state trovate
delle palline di argilla più grandi accanto a quelle più piccole. Anche in questo
caso avviamo la discussione per cercare di scoprire perché gli uomini primitivi
usavano due tipi di palline di argilla diversi. Guidiamo la conversazione fino a
giungere alla conclusione che le palline piccole indicavano un animale mentre
quelle più grosse indicavano tanti animali insieme. Sempre discutendo
cerchiamo di concludere che una pallina grossa indicava dieci animali insieme.
(Essendo in prima primaria è stata scelta appositamente la base 10 per non
creare confusione; in realtà sembra che la prima base usata dall‟uomo sia stata
la base 5 come le dita di una mano).
Per contenere tutte le palline di creta veniva usato un contenitore più grosso
chiamato bulla. Anche questo sistema però risultò inadeguato.
Quando giunge il momento di usare l‟abaco per la scomposizione dei numeri
naturali narriamo ai bambini che, ad un certo punto, le tribù erano diventate
così numerose che le bulle non bastavano più per contare gli oggetti: fu
necessario trovare un altro sistema. Poiché ci rivolgiamo a bambini molto
piccoli, modifichiamo in parte il racconto storico rendendolo più adatto alla
loro età e alle nostre esigenze anche se storicamente non risulta rigorosamente
aderente alla realtà storica. Del resto non ci sono documenti che ci indichino
come sia nato l‟abaco ma solo reperti che ci confermano il suo uso
nell‟antichità, quindi possiamo permetterci
di fare alcune ipotesi sulla sua nascita.
Usando l‟abaco per introdurre il cambio è
necessario avvalersi della base dieci:
l‟importante è che l‟insegnante sia
consapevole che, probabilmente, proprio
grazie al ritrovamento delle ossa di lupo di
cui abbiamo parlato prima, la prima base
usata dall‟uomo è stata la base cinque. Di
questo ne potremo riparlare con i bambini
in terza primaria quando affronteremo la
Preistoria.
Raccontiamo che un giorno un pastore
doveva assicurarsi che tutte le pecore
raggiungessero la parte opposta di una
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stretta gola fra due montagne. Il cane spingeva le pecore verso il passaggio; il
pastorello, per poter controllare se tutte le pecore lo attraversavano, fece un
solco sul terreno e cominciò a mettere una pallina per ogni pecora che arrivava
dove si trovava lui.
Giunto alla decima pallina si accorse che non aveva più palline piccole a
disposizione ma solo una pallina più grossa delle altre. Ebbe quindi una grande
idea: se avesse messo in un altro solco la pallina grossa che indicava dieci
palline piccole, avrebbe avuto ancora a disposizione le palline piccole e
avrebbe potuto continuare a contare le sue pecore.
Proponiamo ai bambini di fare come il pastore. Prepariamo una plancia con
della sabbia, undici palline di creta e l‟immagine di 13 pecore. Un bambino
impersonerà il pastore che posizionerà le palline ed eseguirà il cambio mentre
i compagni faranno passare le pecore.
Facciamo costruire a ogni bambino con la creta il suo abaco personale con cui
potrà non solo scomporre i numeri ma anche eseguire le prime operazioni.
In seconda l‟abaco ci servirà per
fare piccole gare fra abacisti e
algoristi.
In terza colleghiamo la storia della
matematica al programma di storia.
Continuando nel percorso evolutivo
gli uomini diventarono sedentari e
diedero origine alle prime civiltà.
La necessità di registrare le merci
divenne impellente come la
sicurezza che ciò che veniva
registrato fosse conforme al vero.
Dalle bulle si passò quindi a tavolette di creta su cui furono incisi dei simboli
che hanno chiaramente un valore numerico. Spieghiamo ai bambini che gli
uomini, per non dover sempre rompere le bulle quando era necessario fare un
controllo della merce, cominciarono ad imprimere sulla superficie esterna
delle stesse dei simboli che ne descrivevano il contenuto. Ad esempio, se
all‟interno della bulla si dovevano inserire 7 palline piccole e 1 cono (che
corrispondeva alla pallina che valeva 10), prima di chiuderla si imprimeva con
delicatezza ogni calculo sulla creta ancora fresca. Una volta essiccate, per
conoscere il contenuto, bastava osservare i simboli impressi all‟esterno. La
conseguenza più immediata fu che in breve tempo gli uomini si resero conto
che non era più necessario costruire le bulle ma bastava incidere i simboli su
delle tavolette. Quindi si può affermare che le bulle diedero vita alle prime
forme di scrittura mentre i calculi originarono l‟abaco.
I più antichi documenti scritti numerici, come la famosa tavoletta di Kish,
risalgono al quarto millennio a C. Posteriormente, verso il XXVII secolo a. C.,
100
si diffuse la scrittura cuneiforme. Mostriamo ai bambini alcune immagini di
tavolette sumere ritrovate in epoche diverse poi decifriamone una.
Raccontiamo ai bambini come è avvenuto il passaggio dalle bulle alla
notazione su tavolette di creta e sperimentiamo con loro l‟avventura delle
prime registrazioni.
Usando tavolette di argilla create dagli allievi diventa semplice cercare di
decifrare alcuni messaggi (che definiremo cifrati perché molto lontani dal
nostro sistema di scrittura dei numeri) e passare al valore posizionale delle
cifre comparando i due sistemi di numerazione: quello mesopotamico (che era
misto sessagesimale e decimale) e quello che usiamo oggi che è solo decimale.
Svolgendo le attività precedenti abbiamo ripercorso le tappe dell‟evoluzione
umana analizzando i numeri naturali senza dover ricorrere ad alcun artefatto
che non sia stato creato dall‟uomo per necessità contingenti.
Dopo i popoli mesopotamici spostiamo l‟attenzione su un altro grande fiume:
il Nilo dove si sviluppò la civiltà egizia. Le prime testimonianze dei numerali
egiziani si trovano sullo scettro del re Narmer e rappresentano un bottino di
guerra. Parlando dell‟Egitto si può approfondire la differenza fra la scrittura
geroglifica (iscrizione su pietra) e quella ieratica (scrittura su papiro).
Mostriamo ai bambini un foglio di papiro poi raccontiamo che, delle
conoscenze aritmetiche e geometriche ottenute dagli antichi Egizi, siamo
giunti a conoscenza grazie ai papiri che si sono salvati dalla distruzione come
il papiro di Mosca (1800 a. C.) e il papiro Rhind (1600 a. C.). Da questi antichi
documenti possiamo risalire alla scrittura dei numeri: il valore del numero è
dato dalla somma dei valori associati ai simboli. La base di questo sistema è
decimale e non esisteva lo zero.
È a questo punto del percorso didattico che ci discostiamo dalla cronologia
storica per affrontare alcuni argomenti connessi ai numeri naturali attraverso la
soluzione di problemi che, nonostante siano comparsi in epoche molto distanti
tra loro, possono essere posti a confronto per affinità risolutive.
Raccontiamo la storia del papiro Rhind e dello scriba Ahmes e facciamo
trovare la soluzione del problema 79 che può essere risolto usando la
moltiplicazione di un numero per sé stesso arrivando così ad impostare la
potenza di un numero. Leggiamo il problema delle Sette vecchie che andavano
a Roma e facciamolo risolvere. Solo alla fine racconteremo che questo testo si
trova nel Liber Abaci scritto da Fibonacci nel 1202 (ma fu riscritto nel 1228 in
quanto la prima edizione andò perduta). Usando la linea del tempo, si può
notare come, a distanza di circa 3000 anni e in luoghi diversi, gli stessi
problemi rappresentavano un momento di svago o di studio. In un secondo
tempo possiamo collegare questi problemi ad alcune filastrocche odierne che
si risolvono nello stesso modo e cercare soluzioni diverse e inusuali. Tutte
comunque portano all‟uso della potenza di un numero.
Narriamo ai bambini il contenuto del libro di Fibonacci e il problema per cui
viene spesso ricordato e che ha dato origine alla sua famosa sequenza.
101
Fibonacci è ricordato per il problema dei conigli: Immaginiamo di chiudere in
un recinto una coppia di conigli (maschio e femmina) e supponiamo che ogni
coppia produca ogni mese, a partire dal secondo mese di vita, una nuova
coppia (sempre un maschio e una femmina). Quanti conigli si troveranno nel
recinto dopo un anno, posto che nessun coniglio nel frattempo muoia?
Per risolvere il problema è necessario preparare una tabella. Al termine,
saranno i bambini stessi a scoprire i numeri che formano questa sequenza. Ma
strabiliante è che in natura esistono numerosissimi casi in cui è possibile
trovare questa sequenza.
Lo studio della vita e dell‟opera di Fibonacci ci permette anche di trattare la
storia dello zero e gli algoritmi di calcolo presenti in questo volume.
Parlando della moltiplicazione, facciamo nuovamente un salto indietro sulla
linea del tempo per incontrare un personaggio che i bambini hanno conosciuto
in classe seconda grazie alle tabelline: Pitagora. In questo modo procediamo
scoprendo altri personaggi e altre particolarità sui numeri naturali.
Dai numeri triangolari si giunge alla somma dei primi 100 numeri naturali con
la storia di Gauss e al triangolo di Tartaglia.
Affrontando l‟argomento relativo alla forma dei numeri, esaminiamo il
crivello di Eratostene e l‟argomento relativo ai numeri primi. Il percorso sui
numeri naturali si conclude con la leggenda di Yü il Grande che ricevette in
dono da una tartaruga proveniente dal fiume Lo un quadrato magico
considerato amuleto portafortuna.
Come si vede la storia ci consente di affrontare alcuni nodi concettuali che, di
norma, vengono presentati agli allievi come sapere che giunge dall‟alto senza
nessun legame con l‟uomo e il suo progresso.
Bibliografia
Bagni G.T. (2000). Matematici. Treviso: Antilia.
Beccastrini S., Nannicini M.P. (2008). Il cammino della matematica nella storia.
Roma: Armando.
Boyer C. B. (1990). Storia della Matematica. Milano: Arnoldo Mondatori.
D‟Amore B. (2006). Basi epistemologiche della Didattica della Matematica.
Rassegna. XIV, 29, 8-14.
D‟Amore B., Fandiño Pinilla M.I. (2006). Matematica, da disciplina a materia.
Riforma & Didattica. 4, 10, 27-29.
D‟Amore B., Fandiño Pinilla M. I. (2009). Zero. Aspetti concettuali e didattici.
Trento: Erickson.
D‟Amore B., Oliva P. (1993). Numeri. Teoria, storia, curiosità, giochi e didattica nel
mondo dei numeri. Milano: Franco Angeli.
D‟Amore B., Speranza F. (Eds.) (1989). Lo sviluppo storico della matematica Spunti didattici. 2 volumi. Vol. primo. Roma: Armando.
D‟Amore B. Speranza F. (Eds.) (1992). Lo sviluppo storico della matematica - Spunti
didattici. 2 volumi. Vol. secondo. Roma: Armando.
102
D‟Amore B., Speranza F. (Eds.) (1995). La matematica e la sua storia. Alcuni esempi
per spunti didattici. Milano: Franco Angeli.
Rodari G. (1993). Favole al telefono. Trieste: Einaudi Ragazzi.
Vecchi N. (2010). Come sono nati i numeri. Un percorso didattico dagli uomini
primitivi all‟abaco. Roma: Carocci.
Parole chiave: epistemologia e storia della matematica; situazioni a-didattiche;
contratto didattico; devoluzione; istituzionalizzazione delle conoscenze.
103
104
SEZIONE 3
SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO GRADO
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Matematica a teatro
un’esperienza didattica significativa
Antonella Castellini, Alfia Lucia Fazzino e Rosa Santori
Scuola secondaria di primo grado L. da Vinci, Poggibonsi (SI)
Sunto. Si presenta il resoconto di un‟esperienza di matematica a teatro realizzata
con un gruppo di allievi delle tre classi di scuola media. Si espongono all‟inizio le
motivazioni che hanno portato all‟ideazione del progetto. Successivamente, se ne
descrivono, in modo specifico, le varie fasi organizzative dalla stesura dei testi fino
alla realizzazione in teatro dello spettacolo dal titolo: Trilogia di matematica.
1. Premessa: Il nostro percorso verso l’apprendimento attraverso il fare
La nostra collaborazione nasce una decina di anni fa, quando ci ritroviamo,
dopo esserci conosciute in qualche scuola della provincia, tutte e tre nello
stesso Istituto, la scuola secondaria di primo grado “L. da Vinci” di
Poggibonsi (SI). Ci rendiamo così conto di appartenere alla classe di quegli
insegnanti che usano la manualità e le attività laboratoriali per introdurre gli
argomenti di matematica e di scienze sperimentali, cioè l‟apprendimento
attraverso il fare.
Iniziamo a confrontarci, scontrarci e a condividere idee; conosciamo prima sui
libri e poi personalmente Emma Castelnuovo che, davvero, ci apre ad un
nuovo modo di insegnare la matematica, quello che più o meno
consapevolmente stavamo cercando, e così nasce in noi la voglia di provare ad
“emularla” prima in classe e poi con le Esposizioni di matematica.
Siamo fermamente convinte che si debba modificare gli atteggiamenti verso la
matematica e le scienze in genere. Sono campi di conoscenze da troppo tempo
investiti di un carico di emozioni negative e soprattutto la matematica è vista
come una materia élitaria e accessibile a pochi. Quindi dobbiamo affrontarla
come un insegnamento meno monolitico e più vicino alla realtà sociale così
come suggerisce Castelnuovo.
In classe, più che accumulare sapere fornendo informazioni, ci preoccupiamo
di disporre gli allievi ad un‟attitudine generale a porre e trattare problemi,
principi organizzatori che siano in grado di collegare i saperi e dar loro un
senso. Già Platone suggeriva un ruolo attivo dell‟allievo perché potesse
avvenire l‟apprendimento: «Non inducete i ragazzi ad apprendere con la
violenza e la severità, ma guidateli invece, per mezzo di ciò che li diverte,
affinché possano meglio scoprire l‟inclinazione del loro animo».
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Per questo svolgiamo attività laboratoriali dal latino laboratorium, che deriva
da laborare, cioè faticare, darsi da fare, che non significa andare in laboratorio
ma fare laboratorio. L‟apprendimento attraverso il fare, infatti, è centrato
sull‟allievo, sui suoi bisogni formativi, sulle sue abilità/disabilità, sulle sue
conoscenze. È l‟ambiente in cui gli studenti sono attivi sperimentatori, alla
scoperta della matematica, si formano la mentalità scientifica, acquisiscono le
capacità di individuare, accettare, affrontare e risolvere problemi nuovi, sia
individualmente che in gruppo.
Noi citiamo spesso ai nostri ragazzi un proverbio che la tradizione cinese ci ha
tramandato e che è presente anche nel copione dello spettacolo perché lo
riteniamo significativo: Se ascolto dimentico, se vedo ricordo, se faccio
capisco. Il nostro insegnamento invita all‟azione, in prima persona, favorendo
cosi la partecipazione alle sfide della società.
Riteniamo fondamentale:
Proporre situazioni-problema che li invitino a mettersi in una situazione attiva
e propositiva e che siano in grado di provocare rotture “epistemologiche”.
Favorire l‟emergere di domande aperte (anche fuori dal programma) attraverso
la costruzione di situazioni dialogiche, di un esercizio regolare della critica e
incoraggiamento alle iniziative, anzi pronti a cogliere e ad affrontare
l‟inaspettato, mantenendoci flessibili e disponibili a cambiare bruscamente
direzione per andare dove la loro curiosità potrebbe condurre, senza il timore
di perdere tempo. Cercare di ridisegnare un modello didattico creativo e
versatile che evidenzi che ciò che fai fuori da scuola ti serve per la scuola e
viceversa.
Il lavoro di gruppo, in grado di fare dell‟eterogeneità degli allievi una risorsa
per l‟intera classe. Nel gruppo si riesce rapidamente ad instaurare rapporti di
fiducia tra pari, condividendo esperienze che favorendo l‟abilità di lavorare in
gruppo stimolano anche l‟apprendimento collaborativo.
Nell‟anno scolastico 2000-01 iniziamo con la prima Esposizione di
matematica che ripetiamo negli anni scolastici successivi fino al 2008
all‟interno della nostra scuola. Durante questi anni le nostre Esposizioni sono
state ospitate una volta all‟Università degli Studi di Siena, Dipartimento di
Matematica e un‟altra in un Istituto comprensivo di Firenze.
Ma cosa vuol dire Esposizione? Emma Castelnuovo ci suggerisce che il verbo
esporre ha un doppio significato: mostrare qualcosa e spiegare verbalmente.
Un‟esposizione matematica deve avere ambedue i significati. Perché questo
sia possibile, l‟allievo deve aver fatto suo il concetto, deve aver creato lui il
concreto e l‟astratto, cioè il materiale da esporre e l‟argomento da esporre
verbalmente. Con nostra grande soddisfazione, tra i visitatori dell‟esposizione
a Siena, ci fu anche Emma Castelnuovo.
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2. Ed ora il teatro: Trilogia di matematica
Da qualche anno cominciavamo a pensare ad un altro possibile percorso per
rendere più accattivante la matematica e divulgare sia il nostro lavoro di classe
che, e soprattutto, la nostra passione per la matematica.
L‟idea era quella di una rappresentazione teatrale. Nel 2009 decidiamo di
provare: ci sentiamo pronte per questa nuova avventura. Costruiamo un
progetto e lo presentiamo al collegio assieme ad una richiesta per avere dei
fondi. Ci diamo dei tempi e dei temi (naturalmente partendo da ciò che già
facciamo con i ragazzi in classe, in una sorta di ricerca-azione di un percorso
diverso, e così fissiamo i contenuti affrontati nelle nostre tre classi prima
seconda e terza con attinenze, connessioni, rimandi, relazioni e quant‟altro).
Classi prime: i numeri (storia, essenza, qualità, relazioni, curiosità). Il nostro
modo di presentarli in classe nasce dalle domande: Perché i numeri? Dove
nascono? A cosa saranno serviti e a cosa servono? Si affronta così il percorso
storico, come si modificano nel tempo, le diverse basi numeriche, i numeri
vincenti e perché, le curiosità nel tempo, ….
Classi seconde: i poligoni (la grande famiglia dei quadrilateri dinamici: con le
loro caratteristiche e peculiarità che si confrontano e scontrano anche con altri
poligoni).
Classi terze: le bolle di sapone ci raccontano un sacco di segreti sul cerchio,
sulla sfera e sulle superfici minime.
Fissati i contenuti, si deve scrivere il copione pensando anche ad un file rouge
che sottolinei che non esistono comparti stagni ma un percorso che è poi il
percorso naturale che l‟uomo ha seguito per costruire nel tempo le conoscenze
matematiche. Ovviamente nello scrivere i tre testi ognuna di noi si distingue
per esperienze di vita e personalità diverse: la fantasia (il mago), l‟eleganza (il
balletto), l‟allegria e la rumorosità di una famiglia. Tali diversità emergono
abbastanza chiaramente ma la metodologia che condividiamo e la
consapevolezza di stare facendo qualcosa di significativo in grado di far
crescere noi con i nostri allievi hanno fatto sì che nascesse un testo unico. Le
nostre esperienze di classe sono così diventate un testo per teatro. Marcel
Proust diceva: «Un vero viaggio di scoperta non è quello che scopre nuove
terre, ma quello che le vede con un occhio nuovo».
Un‟altra costante che abbiamo sempre cercato di tenere presente, era quella di
creare e mantenere un coinvolgimento del pubblico (poiché di teatro si tratta)
per condividere che la matematica non è materia indecifrabile che ci rende
sterili ripetitori del già creato ma proprio l‟esatto contrario e pertanto
divertente poiché creativa.
A questo punto presentiamo l‟idea ai ragazzi più che altro come una proposta.
Come suggerisce Mario Barra è bene che gli studenti possano percepire
l‟importanza e la bellezza della matematica senza soggezione, perché
didatticamente ciò che deve avere più importanza è lo studente. I ragazzi sono
109
da subito molto entusiasti tanto che diventa un‟impresa limitare il numero dei
partecipanti (previsti in 43). La scelta non si è basata su criteri di merito ma
semplicemente sull‟interesse e la disponibilità nei giorni fissati per le prove
che si sono tenute nel pomeriggio, da marzo a giugno per due ore settimanali.
Alla fine siamo state costrette a fare estrazioni, gestite dagli stessi allievi, per
decidere chi doveva partecipare.
La storia è presentata dal “mago della matematica” che realizza tre magìe
ovvero le tre parti che ci permettono di portare sul palcoscenico le classi
prime, seconde e terze delle nostre tre sezioni. Per la rappresentazione
abbiamo aperto le nostre classi e ognuna di noi ha lavorato su un gruppo classe
misto di prima, seconda e terza. All‟inizio il copione viene solo raccontato ai
tre gruppi di ragazzi; riteniamo infatti che sia più utile che leggerlo
integralmente perché è bene scoprire solo in un secondo tempo le intenzioni,
l‟affettività, il comportamento dei diversi personaggi. Inoltre ogni gruppo non
sa che cosa stiano facendo gli altri ma già al terzo incontro i ragazzi chiedono
di poter vedere i compagni e inizia cosi una sorta di supervisione interna.
Come in classe, sono messi da subito nella condizione di poter liberamente
interagire, contribuendo alla variazione dei testi che noi avevamo scritto dato
che conoscono molto bene i contenuti visto che sono stati affrontati nelle
classi. Puntualizzano alcune battute, dimostrando padronanza e competenza. I
ragazzi discutono spesso, come del resto sono abituati a fare, con l‟insegnante
e fra di loro, su come questa o quella battuta risulterebbe più chiara se… e
mediano in modo critico.
Avviene così ciò che avevamo ipotizzato: i ragazzi lavorano senza la necessità
di una traccia ben definita, anzi sono loro che la vogliono ridisegnare perché
così la sentono propria.
Diamo il titolo all‟opera: Trilogia di matematica, perché tre sono appunto le
magie: i numeri parlano per le prime, nel fantastico mondo della geometria
per le seconde e infine bolle di sapone per le terze. I testi, i balletti, le
scenografie e la regia sono stati curati da noi docenti mentre gli allievi hanno
scelto le musiche. Il mago della matematica introduce il pubblico alle tre
“magie” che vogliono far capire che la matematica non è una materia arida,
noiosa e staccata dal mondo come viene spesso definita, ma una materia
appassionante, divertente e fortemente individuabile nella nostra quotidianità.
Il problema dei fondi (che non sono mai arrivati) è stato superato
brillantemente grazie alla disponibilità di alcuni genitori che hanno fatto da
sponsor con le loro imprese .
3. Il seguito: Come far pace con i numeri
Nell‟anno scolastico 2009-10, una di noi si trasferisce alla scuola secondaria di
primo grado “S. Bernardino da Siena” di Siena, ma la nostra collaborazione
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continua. La suddetta Scuola ha aderito al progetto Educare alla pace per la
pace del Comune di Siena e così si è creata la possibilità di riutilizzare parte
del percorso teatrale che, con i dovuti adattamenti, è stato messo in scena alla
fine dell‟anno scolastico al S. Maria della Scala a Siena.
Scopo fondamentale questa volta è stato quello di raccontare la matematica
attraverso il teatro, ma sottolineando che si tratta di un linguaggio universale
che ha unito da sempre i popoli e come tale è uno strumento per una lettura
democratica del mondo.
Alcuni allievi di due classi prime, con la collaborazione di un‟altra giovane
collega di matematica, hanno rappresentato quindi: Come far pace con i
numeri.
4. Conclusioni
La nostra esperienza non vuole essere una ricetta da seguire passo-passo; a
scuola sappiamo bene che non funzionano percorsi prestabiliti da altri.
Ogni anno i ragazzi cambiano e solo la professionalità e l‟esperienza possono
guidare il docente in percorsi di ricerca-azione in cui il suo ruolo sia davvero
quello di educatore. L‟apprendimento attraverso il fare che parte da molto
lontano ma che trova le sue radici più profonde nella scuola attiva di Bovet e
Ferrière e che vede l‟allievo al centro del suo percorso formativo, si coniuga
perfettamente con la nostra esperienza teatrale.
Concordiamo con Hardy quando dice che: «Il matematico, come il pittore e il
poeta, è un creatore di forme. Se le forme che crea sono più durature delle
loro, è perché sono fatte di idee».
Bibliografia
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analizzate in chiave didattica e possibili influenze dei suoi insegnamenti.
Alcuni particolari utili allo sviluppo della creatività. Progetto Alice. XI, 31.
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112
Parole chiave: didattica laboratoriale; passione; teatro; bellezza; matematica.
113
La matematica si mette in mostra in laboratorio
Ivan Graziani
Istituto Comprensivo Civitella di Romagna (FC)
Scuola secondaria di Cusercoli (FC)
Sunto. In questo testo si illustrano alcuni esempi di laboratori matematici per le
ultime classi della scuola primaria e per la prima della secondaria di I grado.
Abbiamo messo in evidenza come nessun percorso sia semplice e mostrato alcuni
esempi di matematici che hanno dovuto superare vari ostacoli prima di arrivare alle
formule “belle e pronte” che vengono inserite nei libri di testo. Con gli allievi ci
siamo “sporcati” le mani insieme in un laboratorio, seppur virtuale, in cui tutti
hanno lavorato e contribuito alla costruzione delle attività e del proprio sapere. La
matematica è risultata così molto più “commestibile e digeribile”.
La didattica laboratoriale riveste una notevole importanza tra le modalità
d‟insegnamento di una materia, spesso ingiustamente vituperata, come la
matematica. Il concetto fondamentale da cui si parte è quello del “se faccio
imparo”, mentre il termine “laboratorio” riguarda più un modo di lavorare che
un determinato spazio in cui questo viene effettuato.
In questo lavoro vengono presentate alcune attività realizzate con i ragazzi
della scuola secondaria di Cusercoli, in situazioni di tipo laboratoriale,
nell‟ambito del Progetto PQM (Piano Nazionale Qualità e Merito), predisposto
da ANSAS (ex INDIRE) nell‟a.s. 2009/2010, in collaborazione con MIUR e
INVALSI.
Le attività sono state scelte, una per ogni nucleo tematico, in base ai risultati di
una prova d‟ingresso predisposta da INVALSI per il progetto PQM e
somministrata ai ragazzi di una prima di scuola secondaria inferiore nel mese
di novembre 2009.
Dall‟analisi dei risultati di tale prova sono emerse alcune difficoltà relative al
concetto di frazione, alla classificazione dei poligoni, ai procedimenti logici e
all‟analisi statistica.
La prima attività è relativa ad un lavoro a carattere interdisciplinare dedicato
allo studio delle frazioni, che è stato intitolato: Fra azioni e frazioni.
In questa attività i ragazzi hanno lavorato a piccoli gruppi e cercato di
collegare i vari significati delle frazioni alle diverse azioni che si compiono
ogni giorno, non necessariamente in ambito matematico, aiutandosi con i vari
sinonimi che la lingua italiana offre, nel tentativo di umanizzare un concetto in
un modo che spesso non rientra nella normale prassi didattica.
Ogni gruppo aveva il compito di collegare alcune particolari azioni, aiutandosi
anche con esempi formulati dagli studenti, ai vari significati di frazione.
114
Il primo gruppo ha analizzato la frazione come parte di un tutto; i ragazzi
hanno provato a dividere tra loro in parti uguali una cioccolata e poi le
caramelle prese da un sacchetto, distinguendo tra le situazioni nel continuo e
nel discreto. Sono state interessanti le azioni che hanno associato a questo
concetto, in particolare quella di “sporzionare”, ma anche tagliare, ripartire e
soprattutto quella “profetica” di dividere.
I ragazzi si sono inoltre soffermati sul significato che possiamo attribuire al
termine “uguale”, ritenuto troppo generico se non accompagnato da una
specificazione.
Suddividendo il quadrato del tangram, sono state trovate parti e quindi frazioni
equivalenti e dagli esempi precedenti è risultato immediato il riconoscimento
delle unità frazionarie.
Un altro gruppo ha condotto il procedimento inverso rispetto a quello
precedente, analizzando le frazioni “dalla parte al tutto”, aiutandosi con i
mattoncini delle costruzioni e i quadretti del quaderno. In questo caso hanno
introdotto, in modo molto naturale, le frazioni tra loro complementari. Tra le
azioni correlate troviamo associare, raggruppare, ricomporre, ricostruire…
I ragazzi hanno potuto inoltre rilevare che, come parte del tutto, non ha senso
parlare di frazioni con numeratore maggiore del denominatore e, a tale
proposito, hanno potuto riscontrare, in alcuni libri di testo, delle
rappresentazioni di tali frazioni, mostrate in modi che possono creare
misconcezioni.
Un terzo gruppo ha analizzato le frazioni come quoziente, partendo dalla
corrispondenza del segno di divisione (:) con la linea di frazione. L‟azione
collegata in questo caso è quella di dividere, intesa nel significato di eseguire
l‟operazione della divisione.
I ragazzi hanno però potuto anche affrontare e “smontare” due “credenze
popolari” per cui il risultato di una moltiplicazione debba essere sempre
maggiore dei due fattori, mentre nelle divisioni il quoziente dovrebbe essere
sempre minore del dividendo. Tali convinzioni cadono, infatti, utilizzando
fattori o divisori minori di uno.
Un quarto gruppo ha utilizzato la frazione come operatore, evidenziando che si
tratta di un nuovo tipo di operazione che associa moltiplicazione e divisione.
Le azioni associate a questo concetto sono state operare, stimare e valutare.
Con vari esempi, tra i quali quello di trovare quali fossero i tre quindicesimi di
cinquanta cioccolate, i ragazzi hanno potuto osservare che l‟ordine di tali
operazioni può essere anche variato a seconda della necessità.
I quattro gruppi insieme hanno analizzato la frazione come numero e,
attraverso varie divisioni effettuate tra numeratore e denominatore di diverse
frazioni, si sono resi conto del fatto che non tutti i numeri decimali sono dello
stesso tipo. Hanno potuto distinguere tre possibili situazioni, introducendo, di
fatto, anche i numeri decimali limitati e quelli illimitati periodici semplici e
composti.
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Le azioni correlate, in questo caso, sono state trasformazione, metamorfosi e
conversione.
I quattro gruppi hanno poi proseguito nello stesso ordine precedente ad
analizzare gli altri significati delle frazioni.
Dalla frazione come numero si è passati agevolmente alla rappresentazione di
numeri e frazioni su una retta orientata. I ragazzi hanno potuto così osservare
anche la densità presente tra 0 e 1, con le infinite frazioni aventi il numeratore
minore del denominatore.
Questa attività, associata alle azioni rappresentare, disporre, ordinare, ha
permesso anche per confrontare tra loro le diverse frazioni e ordinarle in senso
crescente o decrescente.
La frazione come rapporto è stata esaminata provando a fare una torta con la
ricetta di una nonna e osservando che le quantità vengono adattate al numero
delle persone non in modo casuale. Un altro esempio è stato quello del numero
di uomini necessari per spostare uno scatolone, al variare del numero di
scatoloni varia anche quello degli operai.
Sono state osservate insieme all‟insegnante di geografia le cartine geografiche,
in cui le scale sono date da frazioni.
Le azioni collegate sono state rapportare, confrontare, paragonare e correlare.
L‟utilizzo delle frazioni nelle percentuali è stato osservato attraverso una
raccolta di volantini degli sconti presentati da vari negozi. Si sono analizzati
quali fossero i più convenienti e i ragazzi hanno così capito che le frazioni
possono servire anche per diventare dei consumatori più consapevoli.
Scontare, ridurre, scalare, risparmiare sono state tra le azioni collegate con
questo significato di frazione.
Attraverso il lancio di una moneta e di un dado e con l‟uso delle carte da gioco
è stato immediato passare all‟impiego delle frazioni nella probabilità.
In questo caso nasce spontanea la formula della probabilità semplice,
lavorando a piccoli gruppi con lanci di monete e dadi, non necessariamente
con solo 6 facce. Dai vari esempi effettuati appare evidente che la probabilità è
data da una frazione che ha sempre il numeratore minore del denominatore e
va quindi da 0 (probabilità nulla) a 1 (probabilità certa). Le azioni della
probabilità sono ipotizzare, pronosticare, prevedere e predire.
Abbiamo anche raccolto, dalle prove nazionali (INVALSI) e internazionali
(OCSE-PISA) somministrate agli studenti della scuola secondaria di I e II
grado, i vari quesiti che sono stati presentati negli ultimi anni sulle frazioni.
I ragazzi si sono sorpresi di poter risolvere anche quesiti formulati per gli
allievi delle terze della scuola secondaria di II grado, osservando che il
concetto di frazione rimane inalterato col progredire degli studi.
Un gruppo ha analizzato l‟utilizzo delle frazioni nella musica.
Questa particolare attività è nata anche dopo aver visionato il cortometraggio
Paperino nel mondo della matemagica. Gli studenti, partendo dalle indicazioni
116
contenute nel film, hanno effettuato altre ricerche, scoprendo il prezioso
contributo di Pitagora.
Con l‟insegnante di musica hanno analizzato la lunghezza delle corde che
emettono i suoni delle sette note. Hanno potuto così osservare che, partendo
dal “do” preso come intero, le altre note si ottengono con corde di lunghezza
frazionaria rispetto a tale misura.
Il numero di vibrazioni delle corde ha permesso invece di introdurre le frazioni
reciproche, in quanto tale numero è dato dalla frazione che si ottiene
scambiando tra loro numeratore e denominatore.
In musica sono utilizzate le frazioni anche per il valore o la durata di una nota
o di una battuta, con l‟introduzione anche della somma di frazioni con i
puntini aggiunti alle note. Le azioni sono state chiaramente musicali: suonare,
solfeggiare e comporre.
L‟insegnante di arte ci ha permesso di introdurre il rapporto aureo, la divina
proporzione e la sezione aurea, con vari esempi presentati per la pittura e
l‟architettura. Questo ha offerto ai ragazzi maggiori strumenti per osservare
con occhio differente alcune opere d‟arte dagli esempi sui libri, ma anche nelle
mostre visitate quest‟anno.
Hanno inoltre potuto analizzare in laboratorio di informatica, con Geogebra, le
proporzioni del “rettangolo aureo”. Anche qui le azioni sono tipicamente
artistiche: costruire, dipingere, edificare.
Con questo metodo di lavoro sono emersi spontaneamente nei singoli gruppi
vari concetti, come quelli di frazione unitaria, frazioni complementari,
equivalenti ecc., che sono stati analizzati e discussi successivamente in
plenaria sentendo i contributi di tutti.
Nella seconda attività è stata affrontata una delle tematiche che nei vari test,
sia nazionali che internazionali, hanno registrato ultimamente tra gli studenti,
in genere, risultati poco lusinghieri: quelli legati alla statistica.
Per questa attività, denominata Cosa leggiamo oggi? Grafici e tabelle!, i
ragazzi hanno affrontato un‟indagine statistica, partendo dalla scelta del tema
della ricerca. In gruppo è stato scelto di fare domande sulla scuola, sulla vita
privata e sulle abitudini alimentari.
Per fare questo è stato necessario scegliere anche la popolazione e perché
questa fosse abbastanza numerosa si è deciso di effettuare l‟indagine sugli
allievi dalla classe terza della scuola primaria alla terza di quella secondaria di
I grado.
Per quanto riguarda la modalità di raccolta dei dati, è stata invece scelta quella
del questionario, per velocizzare sia la tempistica dell‟indagine sia la sua
successiva elaborazione.
Le domande del questionario sono state elaborate dall‟intera classe e poi
scritte al computer da un gruppo. Un altro gruppo ha steso un diario di bordo
dell‟intera attività, mentre altri allievi hanno provveduto alla somministrazione
del questionario agli allievi del campione prescelto.
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Successivamente, lavorando a piccoli gruppi, si è proceduto all‟elaborazione
dei dati, utilizzando un‟apposita tabella preparata al computer con un
programma di scrittura.
Il lavoro dei singoli gruppi è stato poi raccolto, dapprima in forma cartacea e
successivamente utilizzando il foglio elettronico di calcolo nell‟aula di
informatica.
Prima di elaborare i grafici, i dati rilevati sono stati discussi in classe,
rilevando quali fossero anche le modalità più adeguate per rappresentare i
risultati.
L‟ultima fase è stata quella di rappresentazione del lavoro fatto in cartelloni
che sono stati mostrati agli allievi che sono stati oggetto dell‟indagine
statistica.
Il terzo lavoro è stato effettuato sui problemi e sulla loro risoluzione.
In questa attività, intitolata Quando un problema è davvero un problema, i
ragazzi hanno cercato di elencare le principali difficoltà legate alla risoluzione
dei problemi, in ambito matematico e non solo, facendo pure alcuni esempi
elaborati da loro e altri tratti dai libri.
Si sono utilizzati anche alcuni quesiti presi dalle prove del Rally matematico,
dalle Olimpiadi di problem solving e dal Kangaroo.
Da queste prove è emerso da parte dei ragazzi che le maggiori difficoltà
riscontrate sono quelle relative alla lettura e comprensione del testo, alla
presenza di dati inutili e impliciti, alla traduzione del contenuto in operazioni,
alla scelta della strategia di risoluzione, alla verifica della plausibilità del
risultato ottenuto, alle parole chiave da non ricercare in quanto non sempre
utili e talvolta fuorvianti e agli errori di calcolo.
Tale situazione generale è state raffigurata anche in un quadro, fatto in
collaborazione con l‟insegnante di arte, intitolato Un mare di problemi. In tale
dipinto è raffigurato un mare con vari scogli disseminati in esso e con un sole
all‟orizzonte.
Questa rappresentazione è stata scelta per indicare le difficoltà risolutive sugli
scogli che rendono complicato il percorso lungo questo ipotetico mare dei vari
problemi che si possono incontrare, e non solo in matematica, per raggiungere
l‟orizzonte, cioè la Sol… uzione dei quesiti.
Nell‟ultima parte, denominata Quando fare una bella figura è davvero
importante, i ragazzi hanno lavorato sulla classificazione dei poligoni in
generale e poi dei triangoli e dei quadrilateri in particolare.
Si è cercato di recuperare quanto i ragazzi si ricordassero dagli anni scolastici
precedenti per poi discutere in classe, alla lavagna, su quale fossero le
modalità migliori per rappresentare quanto emerso.
Per i poligoni è stata scelta una mappa concettuale, costruita dagli allievi
suddivisi in gruppi e poi confrontate, insieme, per l‟elaborazione di una forma
riassuntiva alla lavagna.
118
Il passaggio successivo è stato quello di elaborare tale mappa al computer con
il software cmap.
Dalle informazioni raccolte per la mappa dei poligoni, si è poi passati alla
classificazione dei triangoli e dei quadrilateri. In questo caso si è scelto di
rappresentare entrambe le situazioni attraverso dei diagrammi di Eulero-Venn.
Si sono anche affrontati problemi legati a varie figure tra loro equivalenti,
dapprima partendo dal tangram, già utilizzato nell‟attività sulle frazioni e poi
attraverso il software Geogebra.
Con tale programma è stato possibile costruire tanti triangoli equivalenti per
avere un lato in comune e analoghe distanze dal vertice opposto che si
spostava lungo la parallela condotta a tale lato. Inoltre, mediante la possibilità
di evidenziare la misura dell‟area delle figure, i ragazzi hanno costruito diversi
poligoni equivalenti. Questa raccolta di figure è stata chiamata Equivalenti, ma
differenti.
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Equivalenti ma differenti, realizzati con Geogebra
Si sono anche confrontate tra loro figure isoperimetriche, valutando cosa
questa particolarità comportasse per le loro aree. Questa particolare ricerca è
stata chiamata Isoperimetrici, ma non identici.
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Isoperimetrici, ma non identici, realizzato con Geogebra
Inoltre, visitando il nostro castello abbiamo potuto osservare da molto vicino,
e in totale sicurezza, un alveare formato tra il vetro di una finestra e lo stipite
esterno. I ragazzi hanno così potuto osservare come la scelta effettuata dalle
api sia caduta su un poligono particolare, un esagono regolare.
Ciò ha permesso di rilevare che, tra le possibili tassellazioni condotte con
poligoni regolari, quella con gli esagoni potrebbe essere la più vantaggiosa, in
quanto, a parità di perimetro, la superficie di queste figure risulta più estesa
rispetto a quella dei quadrati e dei triangoli equilateri.
Si è concluso sottolineando il fatto che anche le api conoscono la geometria.
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122
SEZIONE 4
SCUOLA DELL’INFANZIA, PRIMARIA E
SECONDARIA DI PRIMO GRADO
123
124
Un’esperienza dalla terra alla luna
Alessandra Montanari Lughi
R.S.D.D.M., Bologna
Sunto. Siamo così abituati sulla terra a vivere immersi nello strato d‟aria che la
circonda e si estende nello spazio per centinaia di chilometri, in questa sostanza
impalpabile, invisibile, apparentemente priva di peso, da non accorgerci quasi della
sua presenza. Ma quali sono gli effetti dell‟aria sulla terra? Perché non ci
accorgiamo della sua presenza? Attraverso semplici esperimenti è possibile
evidenziare alcuni effetti sorprendenti della presenza dell‟atmosfera che forniscono
un‟idea sull‟importante influenza che essa ha in fenomeni che appartengono alla vita
quotidiana e sulla notevolissima intensità della pressione alla quale siamo sottoposti.
Un piccolo viaggio in quello che Galilei chiamava “il grande libro dell‟Universo”.
La cosa più triste è che, crescendo, noi non ci abituiamo soltanto alla legge di
gravità bensì al mondo così com‟è. In altre parole, perdiamo a poco a poco la
capacità di stupirci per quello che il mondo ci offre… Per i bambini, il mondo,
con tutto ciò che offre, è qualcosa di nuovo, di stupefacente. Non è così per
tutti gli adulti, la maggior parte dei quali percepisce il mondo come un fatto
ordinario.
(Gaarder, 2009)
Il percorso, rivolto ad allievi di scuola dell‟infanzia, primaria e secondaria
inferiore, prevede una serie di esperimenti alcuni dei quali realizzati con
materiale di recupero. Esperienze che gli allievi possono in parte riprodurre a
casa, volte a evidenziare alcuni effetti sorprendenti della presenza
dell‟atmosfera e che forniscono un‟idea sull‟importante influenza che essa ha
in fenomeni che appartengono alla vita quotidiana e sulla notevole intensità
della pressione atmosferica alla quale siamo sottoposti.
I bambini vengono accompagnati, seguendo le parole di Albert Einstein, come
giovani investigatori a cercare indizi sulla presenza dell‟aria, questa sostanza
impalpabile, invisibile e apparentemente priva di peso.
«Dagli ammirevoli racconti di Conan Doyle in poi, in quasi tutti i romanzi
gialli viene il momento in cui l‟investigatore ha raccolto tutti gli indizi
occorrenti per arrivare per lo meno a una certa tappa della soluzione. Quei fatti
sembrano spesso strani, incoerenti e senza avere un rapporto tra di loro. Ciò
malgrado l‟acuto detective si rende conto che per il momento non è il caso di
spingere più oltre le ricerche e soltanto la pura riflessione perverrà a stabilire
una correlazione fra i fatti accertati.
125
Egli si mette allora a suonare il violino o si sprofonda nella sua poltrona
fumando la pipa, e, vedi miracolo, ad un tratto scopre la correlazione. Anzi,
non soltanto trova una relazione fra gl‟indizi che gli sono già noti, ma si rende
altresì conto che debbono essersi prodotti taluni altri avvenimenti non ancora
constatati. E siccome ora vede chiaramente da che lato bisogna cercare, può,
se gli garba, avviarsi a raccogliere ulteriori conferme della sua teoria»
(Einstein, Infeld, 2000).
Trovati gli indizi, ecco che scopriamo, come Evangelista Torricelli ci ricorda,
di vivere «sul fondo di un pelago d‟aria». Un “viaggio” fantastico sulla luna
porterà gli allievi ad analizzare quali sono gli effetti sorprendenti dell‟assenza
di atmosfera.
Il percorso si conclude ricordando agli allievi che, così come il “linguaggio
delle lettere” ha permesso e permetterà loro di leggere tantissimi libri di fiabe,
racconti e tutto ciò che la loro curiosità li porterà ad esplorare, esiste un altro
linguaggio, quello dei “numeri e delle forme”.
Se è piaciuto loro quella piccola parte di Universo mostrata attraverso gli
esperimenti, e se vorranno continuare la loro indagine scoprendo i segreti di
ciò che la natura mostra attraverso quello che li circonda, usciti da scuola o
alzando gli occhi al cielo, se vorranno scoprire i segreti di quello che Galileo
Galilei chiamava “il grande libro dell‟Universo” solo attraverso il linguaggio
matematico, i suoi numeri e le sue forme, potranno riuscirci.
«La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta
aperto innanzi agli occhi (io dico l‟universo), ma non si può intendere se prima
non s‟impara a intendere la lingua, e a conoscere i caratteri, nei quali è scritto.
Egli è scritto in lingua matematica e i suoi caratteri son triangoli, cerchi, ed
altre figure geometriche, senza i quali mezzi è impossibile a intendere
umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro
labirinto» (Galileo Galilei, in Brunetti, 2005).
L‟aria è impalpabile, invisibile, apparentemente priva di peso.
Abbiamo chiesto agli studenti che hanno visitato il percorso di che colore è
l‟aria. Trasparente, invisibile, hanno risposto. È come un fantasma, ha detto un
bambino.
E se la tocchiamo? Che sensazione proviamo? Nessuna, non si sente, hanno
risposto, È come se non ci fosse nulla.
E quanto pesa l‟aria? Non pesa l‟aria, È leggerissima, hanno risposto mimando
con le mani i due piatti di una bilancia.
Allora come facciamo ad essere certi che l‟aria c‟è? Silenzio …
Eppure c‟è. È impalpabile, invisibile, ma in alcuni momenti è evidente la sua
presenza. Abbiamo invitato i nostri giovani interlocutori ad utilizzare i loro
cinque sensi per scoprire alcuni indizi che ci aiutassero a svelare la presenza
dell‟aria.
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Quando metto una mano fuori dal finestrino dell‟automobile la sento, mi
preme.
Anche se muovo velocemente una mano davanti alla faccia la sento.
A volte alla mattina quando esco di casa è fresca.
In un prato è profumata.
Il vento quando soffia sibila, lo sento.
Allora l‟aria c‟è, è solo apparentemente impalpabile, invisibile e priva di peso.
E pesa anche tanto, quanto una massa di 10000 Kg ogni metro quadrato.
Siamo così abituati a vivere immersi nello strato di aria che circonda la terra e
si estende nello spazio per centinaia di chilometri che quasi non ci accorgiamo
della sua presenza.
Perché non sentiamo la sua presenza? E se è vero che pesa così tanto perché
non ne siamo schiacciati?
È Torricelli ad aiutarci a rispondere a questa domanda: Ci troviamo sul fondo
di un pelago d‟aria, egli afferma.
Così come i pesci non risentono dell‟enorme massa di acqua che li sovrasta,
così noi non ci accorgiamo dell‟enorme massa di aria che ci circonda, ma che
non ci schiaccia perché ci preme in ogni direzione e da tutte le parti e a questa
pressione il nostro corpo è abituato.
Sono tanti gli esperimenti adatti a fornire un‟idea sulla notevole intensità della
pressione atmosferica alla quale siamo sottoposti: bottiglie bucate dalle quali
l‟acqua non esce se non quando il bambino lo vuole, foglietti di carta in grado
di sostenere il peso di enormi colonne di acqua, palloncini non annodati che
non si sgonfiano…
Esperimenti che aiutano l‟allievo ad avvicinarsi al metodo sperimentale, nel
quale l‟esperimento è visto come interrogazione ragionata dei fenomeni
naturali, come strumento di controllo di ipotesi interpretative.
Se l‟aria c‟è…
Una colonna d‟acqua sostenuta da un sottile foglio di carta.
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L‟esperimento consiste nel rovesciare un cilindro colmo di acqua tappandolo
con un sottile foglio di carta. Nonostante venga lasciato il solo foglio a
sostenere la colonna di liquido, dal cilindro rovesciato l‟acqua non esce.
L‟aria preme con forza in tutte le direzioni al punto che riesce a sostenere una
colonna di acqua alta otre 50 cm semplicemente con un foglietto di carta.
L‟aria fa pressione in tutte le direzioni, in particolare anche dal basso.
Una strana bottiglia bucata
Una
bottiglia
viene
forata
lateralmente. La bottiglia è piena di
acqua, tappata e con uno spillone
che ne chiude il buco.
Quando viene tolto lo spillone,
l‟acqua non esce dal buco: è l‟aria
ad impedirne l‟uscita premendo
anche sul fianco della bottiglia.
Ma se si apre il tappo, l‟acqua esce
perché ora all‟interno della bottiglia
a premere non è solo l‟acqua, ma
aria e acqua insieme, e l‟aria, fuori.
da sola, non è in grado di contrastare
la loro spinta.
Se l‟aria non c‟è…
La luna è stata un ambiente ideale dove riprodurre esperimenti in assenza di
atmosfera. Anche a questo furono istruiti gli astronauti che presero parte alle
molteplici spedizioni che seguirono l‟Apollo 11 dal 1969. È noto un breve
filmato che riproduce una sequenza in cui il comandante David Scott, presente
nell‟equipaggio della missione Apollo 15, lascia cadere sul suolo lunare, prima
di risalire sulla navicella, una piuma e un martello e, così come Galileo aveva
previsto, e la luna fornisce la conferma, piuma e martello cadono l‟uno a
fianco all‟altra.
In laboratorio è possibile riprodurre tale ambiente attraverso una pompa
pneumatica collegata alla base di una campana di vetro o all‟estremità di un
tubo che permette di estrarre l‟aria.
Con tale dispositivo è possibile realizzare numerosi esperimenti. come quello
appena citato di Scott che trae spunto da un famoso esperimento di Galileo, o
altri ancora, come far bollire l‟acqua a temperatura ambiente, o far gonfiare da
solo un palloncino, o annullare il suono di una campanella.
Sono tutti esperimenti capaci di sorprendere l‟osservatore in quanto l‟esito
risulta spesso contrario al senso comune e quindi difficilmente prevedibile.
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Una campanella muta
Il suono, come tutte le onde elastiche, necessita di un mezzo materiale per
potersi propagare.
Se poniamo nella campana di vetro un campanello elettrico dove il suono
viene emesso attraverso il battito di un batacchio, quando aspiriamo l‟aria
dalla campana il suono del campanello si affievolisce fino a scomparire,
l‟onda sonora generata non avrà più un mezzo materiale che le permette di
propagarsi e noi non saremo più in grado di percepire il suono.
Fu Robert Boyle che per primo dimostrò, evacuando una campana di vetro
nella quale era posto un campanello, che il suono non riusciva più ad essere
percepito.
Una piuma veloce quanto un sasso
Galileo affermò per primo che i corpi, di qualunque materia, peso e volume,
cadono tutti da uno stato di quiete con la medesima velocità. Le prove
sperimentali tuttavia mostravano come
i corpi più pesanti giungessero al suolo
con un buon anticipo rispetto ai più
leggeri.
Grazie alla messa a punto di strumenti
per produrre agevolmente il vuoto, alla
fine del Seicento venne costruito un
ingegnoso apparato sperimentale che
consentì finalmente di dimostrare che
Galileo aveva ragione.
In un tubo di vetro, evacuato mediante
una pompa, venivano fatte cadere
simultaneamente una piuma e una moneta d‟oro (una ghinea inglese): i due
corpi, nonostante il loro peso così diverso, giungevano insieme alla base del
tubo.
129
Abbiamo riprodotto in laboratorio la stessa esperienza di Galileo, prima
invitando i bambini a lasciare cadere liberamente un sasso e una piuma e
osservando come la piuma giunga con notevole ritardo rispetto al sasso a terra.
Poi lo stesso esperimento lo abbiamo realizzato all‟interno del tubo evacuato.
in questo caso piuma e sasso giungono a terra nello stesso istante.
L‟esperimento si è concluso con la visione di un brevissimo filmato in cui
David Scott, comandante della missione Apollo 15, prima di lasciare la luna,
ripropone l‟esperimento che abbiamo già descritto in quell‟ambiente ideale in
assenza di atmosfera che è la luna.
L‟acqua bolle ma non scotta
L‟esperimento consiste nel porre sotto la campana pneumatica un bicchiere
d‟acqua
a
temperatura
ambiente.
Azionando la pompa aspirante, man mano
che si forma il vuoto si cominciano ad
osservare bollicine di vapore che si
formano all‟interno del liquido. Infine si
arriva all‟ebollizione dell‟acqua, quando il
vuoto è sufficientemente spinto. Si può
osservare che la temperatura dell‟acqua è
rimasta inalterata, bollendo quindi ad una
temperatura notevolmente inferiore ai
100°C.
Questa esperienza vuole evidenziare la correlazione tra temperatura di
ebollizione e pressione.
In montagna, dove la pressione atmosferica è minore, l‟acqua bolle ad una
temperatura inferiore ai 100°C, mentre nella pentola a pressione dove la
pressione è maggiore della pressione atmosferica l‟acqua può essere portata ad
una temperatura molto maggiore di 100°C. Sotto la campana pneumatica la
pressione è molto bassa e di conseguenza anche la temperatura di ebollizione
sarà estremamente bassa.
Un palloncino che si gonfia da solo
L‟esperimento ripropone in chiave moderna
l‟esperimento storico realizzato con vesciche
precedentemente svuotate d‟aria.
In questo caso si usa un palloncino contenente
poca aria residua. Particolarmente spettacolare e
convincente risulta, quando si fa il vuoto
all‟interno di una campana, osservare che il
palloncino aumenta di volume. La poca aria
residua contenuta all‟interno del palloncino, non
essendovi più il contrasto della pressione
130
atmosferica, basta infatti a gonfiarlo. Reimmettendo l‟aria all‟interno della
campana, il palloncino ritorna sgonfio.
Bibliografia
Brunetti F. (2005). Opere di Galileo Galilei. Torino: UTET.
Bolondi G., D‟Amore B. (2010). La matematica non serve a nulla. Provocazioni e
risposte per capire di più. Bologna: Compositori.
Einstein A., Infeld L. (2000). L‟evoluzione della fisica. Sviluppo delle idee dai
concetti iniziali alla relatività e a i quanti. Torino: Bollati Boringhieri.
Gaarder J. (2009). Il mondo di Sofia. Milano: Longanesi.
Toscano F. (2008). L‟erede di Galileo. Vita breve e mirabile di Evangelista
Torricelli. Milano: Sironi.
Parole chiave: metodo sperimentale; atmosfera; Galileo; Torricelli; Einstein.
131
Contare e raccontare
Stefania Neri e Serena Laghi
Istituto Comprensivo Castrocaro (FC)
Sunto. Questo testo tratta di una sperimentazione didattica realizzata nell‟I.C. di
Castrocaro allo scopo di favorire l‟incontro tra cultura umanistico-letteraria e
scientifico-matematica per superare un divario che ha caratterizzato e talvolta
continua a caratterizzare la scuola italiana, con risultati dequalificanti sul piano
culturale in genere. Vengono presentate alcune attività in cui gli allievi si sono
cimentati nella produzione di varie tipologie testuali in cui sono state affrontate
tematiche matematiche.
Premessa
Il titolo prende spunto dal libro Contare e raccontare di Carlo Bernardini,
ordinario di metodi matematici della fisica presso il dipartimento di fisica
dell‟Università La Sapienza di Roma, e Tullio De Mauro, ordinario di
linguistica generale presso la stessa Università. Il testo è una sorta di
epistolario nel quale gli Autori si scambiano riflessioni sulle “due culture”
(quella umanistico - letteraria e quella scientifico - matematica), allo scopo di
superare un divario che ha caratterizzato, e talvolta continua a caratterizzare, la
scuola italiana, con risultati dequalificanti sul piano culturale in genere: è per
questo motivo che chi scrive sono un‟insegnante di matematica (Neri) e una di
lettere (Laghi).
Senso didattico
Contare e raccontare fa parte di una serie di attività rivolte a realizzare,
all‟interno del nostro Istituto Comprensivo, ma anche in prospettiva del 2°
ciclo d‟istruzione, verticalità negli apprendimenti e trasversalità delle
competenze in un‟ottica di didattica orientativa. L‟esperienza didattica,
realizzata nei 3 plessi del nostro Istituto, ha avuto lo scopo di far maturare la
consapevolezza che non esistono competenze diverse per ciascun livello
scolastico, ma diversi livelli per ogni competenza e di favorire il passaggio
dalle discipline ai curricoli, privilegiando sempre una didattica di tipo
laboratoriale.
Finalità
Mantenere continuità nel sapere, nel saper fare, nel saper comunicare e nel
saper essere in modo tale che il sapere accademico diventi sapere insegnato, il
quale diventi a sua volta sapere appreso, il quale diventi sapere competente;
definire il concetto di cultura; individuare i saperi essenziali; favorire
132
l‟incontro tra cultura umanistico-letteraria e scientifico-matematica; saper
trasferire le conoscenze da un ambito disciplinare all‟altro; condurre gli allievi
a scoprire il fascino della “ricerca e scoperta” e della “fantasia e creatività” sia
in ambito matematico che linguistico; valorizzare i diversi stili di
apprendimento; individuare le caratteristiche tipiche dei vari linguaggi,
cogliendo analogie e differenze; arricchire il proprio lessico sia linguistico che
matematico; verificare la validità di intuizioni e congetture con ragionamenti
via via più organizzati; ricercare soluzioni diverse alle situazioni
problematiche proposte; sviluppare idee legate alla progettazione; sapersi
orientare nel tempo e nello spazio utilizzando unità temporali adeguate;
sviluppare il concetto di sincronia e diacronia.
Descrizione delle attività
La pratica didattica in oggetto può avvenire all‟interno del curricolo: nella
classe si istituiscono gruppi di ricerca (gruppi del contare e gruppi del
raccontare) i quali sono guidati a svolgere ricerche, fare scoperte, produrre
materiale sul tema incontro (scontro?) fra le due culture. Le attività si sono
realizzate con la produzione di testi che sviluppano tematiche matematiche
quali quelle che descriveremo di seguito.
Fiabe matematiche. La fiaba rappresenta un genere letterario ricco di
tradizione e di suggestioni. A differenza di quanto normalmente si ritiene, le
fiabe non sono uno strumento per evadere dalla realtà ma, come ribadito da
diversi studiosi (da Bruno Bettelheim a Marina Zaoli solo per citarne alcuni)
sono un aiuto per riuscire a interpretare e comprendere meglio le
problematiche della vita che, in questo modo, vengono affrontate e
combattute, nella consapevolezza che si può riuscire a emergere nella lotta
quotidiana contro ogni ostacolo. E quale ostacolo può essere più evidente per
uno studente di un problema di matematica da risolvere?
Per questo motivo è stato proposto agli allievi lo studio di diverse fiabe,
analizzate inizialmente allo scopo di individuare le principali funzioni di
Propp (eroe, antagonista, aiutante, mezzo magico, tranello, compito difficile,
divieto, infrazione…); in seguito i ragazzi sono stati stimolati a produrre fiabe
di argomento matematico nelle quali sono state affrontate tematiche
diversificate nelle varie classi in cui è stata proposta l‟attività. Sono state così
elaborate fiabe in cui venivano utilizzate particolarità interessanti di alcuni
numeri e di alcune figure geometriche come prove da superare da parte
dell‟eroe nella lotta contro l‟antagonista, fiabe ambientate in mondi ed epoche
diverse in cui le conoscenze matematiche del protagonista gli consentono di
avere la meglio sul cattivo di turno, o ancora fiabe in cui semplici allievi
scoprono di poter sconfiggere la loro paura della matematica applicando in
modo divertente le proprietà delle operazioni. I titoli di queste fiabe?
Fantasiosi e matematici: Asinino indovinino; Draghi, principesse, numeri: un
133
mondo di magia; La matematica sul trono d‟Egitto; Matematica glaciale; Una
guerra matematica; Il bambino e la matematica difficile; L‟esame di
Oper(azione).
Poesie matematiche. Sono state analizzate le caratteristiche del testo poetico
con particolare riferimento a verso, rima, strofa, struttura sintattica, uso del
lessico e di figure retoriche e, prendendo spunto da alcuni avvenimenti della
storia della matematica e da alcune curiosità dei numeri, gli allievi hanno
composto poesie secondo la personale ispirazione utilizzando anche, nel caso
di allievi stranieri, la lingua madre di origine. Abbiamo letto, a scopo
esemplificativo, Nummeri di Trilussa. La poesia è del resto un testo che i
ragazzi affrontano con interesse perché garantisce quella creatività che
consente anche ad allievi che normalmente non hanno risultati particolarmente
positivi, di produrre elaborati apprezzabili e personali. Ecco un esempio di
poesia matematica:
Due per due quattro,
tre per tre nove,
le tabelline non sono nuove;
base ed esponente
sono caratteristiche
delle potenze;
le frazioni sono utili:
rendono i numeri razionali
assoluti;
aritmetica , algebra
e geometria…
la scienza dei numeri è mia!
Ricette matematiche. È questo forse l‟esperimento letterario più ardito
proposto nell‟ambito dell‟attività in questione. Gli allievi si sono cimentati
questa volta con il testo regolativo, un testo d‟uso o pragmatico che è possibile
incontrare nella normale esperienza quotidiana e, in ambito scolastico,
all‟interno di ogni disciplina. Per questa attività particolare sono state
analizzate le caratteristiche delle ricette di cucina con riferimento al lessico e
alla sintassi, dopo di ché gli allievi, con procedimenti e ingredienti matematici
(particolarità di numeri, numeri quadrati e triangolari, date palindrome ecc.),
hanno prodotto ricette con gustosi risultati matematici.
Un esempio.
Date palindrome alla provenzale
Strumenti: 1 kg di logica, 3 kg di capacità di osservare, impegno q.b., voglia,
q.b., ½ kg di intuizione.
Ingredienti: numeri naturali compresi fra 0 e 3.
134
Procedimento: partendo da una base di buon impegno e voglia (q.b.), aggiungi
la logica, la capacità di osservare e l‟intuizione.
Amalgama il tutto per qualche minuto e aggiungi le cifre comprese fra 0 e 3
disponendole in modo da formare una serie di numeri che, utilizzando
qualsiasi senso di lettura (da sinistra a destra e da destra a sinistra), indichino
la stessa data (esempio: 20/02/2002).
Infine cuoci in padella a fuoco basso con un po‟ d‟olio e uno spicchio d‟aglio
per 15 minuti circa. Servire come dessert accompagnato da un pizzico di
mistero che esalti le caratteristiche magiche del numero.
Letteratura matematica (La matematica in Dante). Ispirandoci a un testo di
Bruno D‟Amore (2001), abbiamo analizzato la cultura nel Medio Evo; la
matematica nel Medio Evo; i numeri della Commedia; la struttura dell‟inferno
dantesco; il canto XXVII dell‟Inferno: la vicenda di Guido da Montefeltro e
“la logica del demone”; la struttura del paradiso dantesco; il canto XXVIII del
Paradiso «… più che „l doppiar delli scacchi s‟inmilla» (la leggenda di Sessa)
dove il linguaggio della matematica tenta di esprimere l‟ineffabile; la
notazione scientifica e l‟infinito matematico. I due canti della Divina
Commedia ci hanno ispirato una sceneggiatura teatrale dove un demone
esperto di logica e un bramino abile nel contare quantità grandi, grandissime,
immense ma pur sempre finite, ci hanno accompagnato nell‟oltretomba
dantesco con la guida di Piero Angela.
Epica matematica. Abbiamo analizzato le caratteristiche del testo epico e la
storia dello zero, dalle prime apparizioni come simbolo per segnare l‟assenza
di una quantità, alla più recente identità come proprietà comune a tutti gli
insiemi vuoti. Si accorsero per primi della sua importanza i popoli della
135
Mesopotamia che, dal 4000 al 3000 a. C., svilupparono un sistema di
numerazione posizionale a base 60. Da allora in avanti, della presenza dello
zero si perde ogni traccia nella “scrittura di numeri” di Egizi, Greci e Romani.
Occorreranno circa 11 secoli perché faccia la sua ricomparsa grazie alla
cultura indiana prima, e araba poi, che ce ne hanno fatto gradito omaggio
insieme alla rappresentazione decimale dei numeri. Lo zero tornò di nuovo tra
i popoli del Mediterraneo intorno all‟anno 1200 grazie al matematico
Leonardo Fibonacci (1175 - 1240) e al suo Liber Abaci; solo dai primi anni del
XX secolo, dopo che è stata sviluppata una teoria coerente dei numeri e degli
insiemi, possiamo dire che lo zero è la cardinalità gli insiemi vuoti.
Prendendo spunto da tutto questo, gli allievi hanno composto Zeriade, il
poemetto sulla storia dello zero, con tanto di proemio, dove viene invocata la
Musa della matematica (da loro battezzata Mathema). L‟attività si è conclusa
con una rappresentazione teatrale sulla storia di una delle vittime più illustri
della matematica, la cifra zero, a nostro avviso una storia veramente epica.
«Il mio nome è nessuno», dice lo scaltro Ulisse al ciclope Polifemo (forse il
primo riferimento storico al più misterioso e dispettoso dei numeri?). La
sceneggiatura termina con un confronto fra l‟Ulisse omerico e l‟Ulisse
dantesco.
Storia della matematica: abbiamo analizzato le tappe principali della storia
della matematica contestualmente al percorso didattico. Legare puntualmente
la disciplina alla sua realtà storica fa superare la falsa concezione che la
matematica sia statica e conclusa (come molti esponenti di altre culture
credono) valorizzandone l‟aspetto formativo molto spesso trascurato a
vantaggio di quello strumentale. Il percorso didattico della matematica non
coincide con il suo percorso cronologico. La contestualizzazione storica
136
avviene dapprima in modo diacronico: quando presentiamo, ad esempio, il
nostro sistema di numerazione decimale e posizionale, arrivato in Europa nel
XIII secolo, contemporaneamente ricostruiamo le tappe principali della Storia
dei sistemi di numerazione partendo dalla preistoria, passando attraverso le
civiltà della Mesopotamia, la civiltà egizia, la civiltà greca, la civiltà romana,
il Medioevo (europeo e non…), facendo raccogliere i dati dagli studenti in
apposite tavole cronologiche (precedentemente predisposte in calce al loro
quaderno di matematica) e facendo rappresentare le varie situazioni storicomatematiche con il disegno (preferibilmente vignette o vignette in
espansione). Se per ogni nucleo di contenuto si procede come sopra descritto,
al termine del percorso (ma anche in itinere) si possono indurre gli studenti a
fare riflessioni su ogni singola tavola cronologica per cogliere l‟aspetto
sincronico della storia della matematica: se analizziamo, ad esempio, la tavola
della civiltà greca, possiamo facilmente ricavare che, da un certo momento in
avanti, la geometria prende il sopravvento rispetto all‟aritmetica. Per quale
motivo? In che modo? Per opera di quale matematico? Quali vicende storiche
possono avere ingenerato tale passaggio? E andando avanti? Questo tipo di
approccio migliora l‟apprendimento e l‟interiorizzazione dei contenuti:
l‟aneddoto storico può servire a generare interesse per il personaggio e quindi
per la sua matematica. Abbiamo scelto tre matematici greci significativi quali
Pitagora, Euclide, Archimede. Sono state scritte tre sceneggiature che mettono
in evidenza i momenti salienti delle loro biografie sia dal punto di vista
personale che professionale: Pitagora è stato processato per l‟omicidio di
Ippaso da Metaponto, Euclide è stato invitato da Bruno Vespa a Porta a Porta,
Archimede, infine ha viaggiato nel tempo con pi greco.
137
Giocare con le parole e con i numeri. Così come con le lettere si formano
parole e con le parole si formano testi linguistici, così con le cifre si formano
numeri e con i numeri si formano testi matematici. Ecco come si può giocare
con parole e numeri.
Acrostici delle parole “contare” e “raccontare”:
Contare O Narrare Tante Avventure Realizziamo Equipotenti
Raccontare Analiticamente Contare Creativamente Ogni Numero Troviamo
Affascinante Raccontarlo Elegantemente
Quante parole occorrono per scrivere i nomi di tutti i numeri?
Ne occorrono solo 32. Proviamo: zero, uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette,
otto, nove, dieci, undici, dodici, tredici, quattordici, quindici, sedici,
diciassette, diciotto, diciannove, venti, trenta, quaranta, cinquanta, sessanta,
settanta, ottanta, novanta, cento, mille, milione, miliardo. Non è straordinario?
Come si fa a passare da due a tre? In matematica aggiungendo uno, in italiano
utilizzando un metagramma (gioco linguistico inventato dal Lewis Carroll, nel
quale, partendo da una parola si arriva ad un‟altra sostituendo una sola lettera
per volta, formando parole di senso compiuto e con lo stesso numero di lettere
di quella iniziale). Più complicato che in matematica? Due-tue-tre!
138
Autobiografie di matematici. Allo scopo di presentare una “matematica dal
volto umano”, gli allievi sono stati invitati a leggere alcune biografie di
matematici che, per la loro esperienza di vita, potessero comunque incuriosire
e attirare; in seguito sono stati prodotti testi “autobiografici” in cui i ragazzi si
sono immedesimati nel personaggio stesso, interpretando così in modo
personale quanto appreso sui matematici presi in considerazione, nel caso
specifico Fermat e Cartesio.
Gialli matematici. Caratteristica essenziale di qualsiasi giallo è la presenza di
un enigma da risolvere. Nell‟attività proposta, l‟enigma da sviluppare e da
risolvere era di tipo geometrico. Gli allievi, divisi in tre gruppi, hanno
elaborato tre gialli storico-matematici in cui gli investigatori di turno sono due
personaggi appartenenti rispettivamente al mondo del contare e del raccontare:
mister “8” e lady “H”, o se vogliamo “ mister OTTO” e “lady ACCA”, nomi
dalla chiara struttura palindroma e legati dal fatto che H è l‟ottava lettera
dell‟alfabeto. La loro collaborazione non è inizialmente scontata, prevale
invece la diffidenza; poi però inizia l‟avventura che porterà i due protagonisti
a viaggiare con la macchina del tempo e a essere coinvolti nella soluzione di
famosi delitti: la morte di Ippaso da Metaponto ne Il segreto della stella,
quella di Pier delle Vigne avvenuta ad Andria nell‟edificio a pianta ottagonale
di Castel del Monte ne L‟oro nell‟infinito, o ancora quella del pittore Annibale
Carnacci ambientata nella chiesa a pianta esagonale di Santa Liberata a
Caravaggio, città natale di Michelangelo Merisi ne Giallo Caravaggio. È solo
grazie alla collaborazione dei due investigatori e all‟uso delle loro specifiche
competenze, che i gialli vengono risolti, ma ancora più importante è l‟epilogo,
in cui viene ribadito come la cultura matematico-scientifica e quella
umanistico-letteraria non devono essere viste in contrapposizione come spesso
accade, ma complementari ed entrambe indispensabili per una equilibrata
crescita culturale.
139
Per noi la matematica è ricerca e scoperta, fantasia e creatività: non va
insegnata, ma raccontata perché essa è dentro di noi.
A Castrocaro la matematica fa spettacolo!
Bibliografia
Bernardini C., De Mauro T. (2003). Contare e raccontare. Bari: Laterza.
Cerasoli A. (2008). Sono il numero uno. Milano: Feltrinelli.
D‟Amore B. (2001). Più che „l doppiar de li scacchi s‟inmilla: incontri di Dante con
la matematica. Bologna: Pitagora.
D‟Amore B. (2007). Matematica dappertutto. Percorsi matematici inusuali e curiosi.
Bologna: Pitagora.
D‟Amore B., Godino D.J., Arrigo G., Fandiño Pinilla M.I. (2003). Competenze in
matematica. Bologna: Pitagora.
D‟Amore B., Fandiño Pinilla M.I. (2009). Zero. Aspetti concettuali e didattici.
Trento: Erickson. Pagine 128. ISBN: 978-88-6137-481-2.
D‟Amore B., Frabboni F. (2005). Didattica generale e Didattica disciplinare .Milano:
Mondadori.
Odifreddi P. (2005). Penna, pennello e bacchetta: le tre invidie del matematico. Bari:
Laterza.
Prosdocimi L. (2006). Conti e racconti. Roma: Carocci.
Parole chiave: matematica; italiano; trasversalità; verticalità; didattica
laboratoriale.
140
Gli orologi ritmici
Fabiola Tota
Scuola primaria, I.C. Fontanile Anagnino, Roma
Sunto. La sperimentazione sugli orologi ritmici è stata svolta in due classi terze della
scuola primaria. Si è trattato di un‟attività laboratoriale di aritmetica modulare,
detta anche aritmetica dell‟orologio, che ha stimolato l‟osservazione e la scoperta di
regolarità nel mondo delle tabelline. L‟aver utilizzato individualmente i materiali ha
sicuramente rafforzato la scoperta dei concetti nuovi, permettendo ai bambini la
traslazione delle conoscenze già acquisite, la generalizzazione e infine la
formalizzazione del sapere.
1. Premessa
Tutti i bambini sognano di volare. In matematica si vola, eccome.
(Enzensberger, 1997).
La matematica ha uno specifico ruolo nello sviluppo della capacità generale di
operare e comunicare significati con linguaggi formalizzati e di utilizzare tali
linguaggi per rappresentare e costruire modelli di relazioni fra oggetti ed
eventi.
In particolare la matematica dà strumenti per la descrizione scientifica del
mondo e per affrontare problemi utili nella vita quotidiana; inoltre contribuisce
a sviluppare la capacità di comunicare e discutere, di argomentare in modo
corretto, di comprendere i punti di vista e le argomentazioni degli altri.
Le trasmissioni standardizzate e normative delle conoscenze, che comunicano
contenuti invarianti pensati per allievi medi, non sono più adeguate. La società
del cambiamento e della complessità richiede il superamento di modalità
didattiche trasmissive, ecco perché le discipline dell’area matematico –
scientifico – tecnologica dovrebbero avere come elemento fondamentale il
laboratorio, inteso sia come luogo fisico (aula o altro spazio specificamente
attrezzato), sia come momento proprio dell’allievo attivo, che formula le
proprie ipotesi e ne controlla le conseguenze, progetta e sperimenta, discute e
argomenta le proprie scelte, impara a raccogliere dati e a confrontarli con le
ipotesi formulate, negozia e costruisce significati interindividuali e porta a
conclusioni temporanee e a nuove aperture la costruzione delle conoscenze
personali e collettive. Durante l’attività laboratoriale l’allievo ragiona ed in
matematica ragionare è sinonimo di osservare, costruire, farsi una propria idea,
scambiarla con i propri compagni in modo attivo.
141
Ecco perché la matematica è disciplina del fare per eccellenza, a volte ridotta a
sequela assurda di regole astratte ed è importante quindi evitare quegli
atteggiamenti di passività nella ricezione delle idee e dei concetti, che spesso
condizionano in modo negativo tale disciplina. Inoltre la scuola che mira allo
sviluppo di competenze chiave, che forniscono le basi per un apprendimento
che dura tutta la vita per far fronte alle continue trasformazioni, dovrebbe
essere un vero laboratorio di pensiero, centro di ricerca e spazio di
sperimentazione, di cooperazione e di relazioni significative.
2. Le basi della neuroscienza
Nel nostro cervello esistono speciali circuiti neurali funzionali alla
matematica. Questo significa che veniamo al mondo con un modulo numerico,
con informazioni codificate geneticamente che ci conferiscono un‟intuizione
delle quantità numeriche.
«Fin dalla nascita – afferma Stanislas Dehaene (2000) – disponiamo di un
accumulatore interno in grado di valutare in modo approssimativo gli oggetti
che ci circondano».
Nuovi strumenti, disponibili soltanto da pochi anni, come la camera a
positroni, hanno finalmente consentito di visualizzare l‟attività cerebrale e di
avviare nuovi studi sul cervello, arrivando a localizzare anche i circuiti neurali
della matematica. Le nostre conoscenze matematiche, quindi, dipendono
dall‟organizzazione del cervello. Ogni nostro pensiero, ogni calcolo, è il
risultato dell‟attività di circuiti neuronali specializzati che si trovano nella
corteccia cerebrale. La lunga evoluzione culturale degli oggetti matematici è
opera del cervello, un organo biologico che rappresenta a sua volta il risultato
di un‟evoluzione biologica ancora più lunga, governata dai principi della
selezione darwiniana.
Le conoscenze matematiche non mettono in funzione un circuito cerebrale
specializzato, ma numerose reti diffuse, parzialmente indipendenti e
automatizzate.
Veniamo al mondo con un circuito accumulatore che ci conferisce
un‟intuizione delle quantità numeriche. Con l‟acquisizione del linguaggio dei
numeri entrano in funzione molti altri circuiti di manipolazione dei simboli
numerici e di conteggio verbale.
Le ricerche in psicologia dell‟educazione dimostrano l‟efficacia di un
insegnamento dell‟aritmetica che favorisca la costruzione di modelli mentali
concreti dei numeri. Alcuni psicologi nordamericani hanno studiato con rigore
l‟impatto di diverse strategie educative. La loro analisi teorica attribuisce un
ruolo centrale alla rappresentazione intuitiva delle quantità sulla retta
numerica. Basandosi su questo hanno sviluppato un programma aritmetico
intitolato Buona partenza, che si compone di giochi divertenti che si rifanno a
142
materiale vario, come il termometro, giochi di percorso, retta numerica murale
e da pavimento, file di oggetti, gioco dell‟oca ecc.
Prima dei sei o sette anni i bambini non hanno una cattiva opinione della
matematica. Tutto ciò che solletica ed eccita la loro immaginazione sembra un
gioco. Sono pronti ad appassionarsi ai numeri non appena si faccia loro
intravedere un poco di mistero e di magia.
Il cervello di un bambino non è una spugna, ma un organo già strutturato che
impara soltanto ciò che è in risonanza con le sue conoscenze anteriori ed è
adeguato alla rappresentazione delle quantità continue e alla loro
manipolazione approssimativa sotto forma analogica. L‟evoluzione però non
l‟ha mai preparato ad ingurgitare vasti sistemi di assiomi o lunghi algoritmi
simbolici e nei loro confronti si mostra molto riluttante. È così che l‟intuizione
ha la meglio sugli assiomi. È inutile dunque bombardare un giovane cervello
di assiomi astratti.
«Mi sembra che la sola strategia ragionevole per insegnare la matematica sia
quella che arricchisce progressivamente l‟intuizione dei bambini, facendo leva
sul loro talento precoce per la manipolazione delle quantità e il conteggio. Si
comincerà con lo stuzzicare la loro curiosità con giochetti divertenti; si passerà
poi a esporre, a poco a poco, quanto siano utili le scorciatoie che la notazione
matematica simbolica permette, senza tuttavia separarla mai dall‟intuizione
quantitativa; infine, si introdurranno i sistemi formali o assiomatici, sempre
motivati da un‟esigenza di semplicità. Si tratta quasi di tracciare, nel cervello
di ciascun allievo, la storia della matematica e delle sue motivazioni. I bambini
chiederebbero solo di poter amare la matematica, a condizione che si
presentassero loro gli aspetti ludici invece che simboli astratti» (Dehaene,
2000, p. 268).
Il cervello non si accontenta di simboli astratti: l‟intuizione concreta ha un
ruolo determinante in matematica, come in altri campi. Le conoscenze
matematiche nel cervello dei bambini vanno costruite su qualcosa di concreto
e non sull‟astrazione e le operazioni hanno un significato intuitivo e possono
essere rappresentate con l‟aiuto del senso innato delle quantità.
Ecco perché è fondamentale il ruolo dell‟insegnante, che ha il compito di
aiutare i bambini a costruirsi una ricca biblioteca di modelli mentali
dell‟aritmetica.
3. L’aritmetica modulare
La matematica è la regina delle scienze e la teoria dei numeri è la regina della
matematica.
Carl Friedrich Gauss
L‟aritmetica modulare si occupa di un sistema di aritmetica degli interi, nel
quale i numeri “si avvolgono su se stessi” ogni volta che raggiungono i
143
multipli di un determinato numero n, detto modulo. L‟aritmetica modulare e la
notazione usuale delle congruenze vennero formalmente introdotte da Carl
Friedrich Gauss nel suo trattato Disquisitiones Arithmeticae, pubblicato nel
1801.
È un testo di teoria dei numeri scritto nel 1798 in latino, quando Gauss aveva
solo ventun anni. Il termine Arithmeticae si riferisce al nome che Gauss usava
per la teoria dei numeri, cioè aritmetica superiore.
L‟opera presenta sia risultati originali che teoremi già noti, che tuttavia sono
presentati per la prima volta in maniera organica e sistematica. Copre sia i
campi della teoria dei numeri cosiddetta “elementare” (cioè senza l‟uso di
metodi propri di altre parti della matematica) sia di quella che noi chiamiamo
teoria algebrica dei numeri.
L‟aritmetica modulare è detta anche aritmetica dell‟orologio, poiché su tale
principio si basa il calcolo delle ore a cicli di 12 o 24, in analogia
all‟aritmetica costruita sul quadrante di un orologio. L‟aritmetica dell‟orologio
rappresenta un importante ramo della matematica.
4. Il problem solving
Generalmente il problem solving è associato allo sviluppo delle abilità
matematiche di risoluzione di problemi, tuttavia non deve essere identificato
con la risoluzione di esercizi che vanno risolti utilizzando concetti e regole già
apprese. Il problem solving riguarda attività più complesse, che implicano
innanzitutto la soluzione di un problema nuovo, che non prevede soluzioni già
note, che richiede capacità decisionali tattiche e strategiche e l‟utilizzazione di
procedure e di strategie da scoprire.
Il problem solving potrebbe essere definito quindi come un approccio didattico
teso a sviluppare l‟abilità di soluzione di problemi non solo sul piano
cognitivo, ma anche sul piano psicologico, comportamentale e operativo –
metacognitivo.
Gli studiosi delle scienze cognitive, e per primi gli psicologi della Gestalt,
hanno studiato il ruolo cruciale della ristrutturazione cognitiva necessaria per
arrivare ad una soluzione. In particolare Wertheimer, parlando del pensiero
produttivo, ha sottolineato l‟importanza, nella didattica, della stimolazione che
144
alleni le intuizioni spontanee degli allievi (insight o illuminazione), piuttosto
che l‟esercitazione di ripetizioni meccaniche di soluzioni e procedure già
apprese.
Le Indicazioni Nazionali per il primo ciclo di istruzione del 2007 insistono sul
problem solving affermando che «caratteristica della pratica matematica è la
risoluzione dei problemi, che devono essere intesi come questioni autentiche e
significative, legate spesso alla vita quotidiana e non solo esercizi a carattere
ripetitivo o quesiti ai quali si risponde semplicemente ricordando una
definizione o una regola. Gradualmente, stimolato dalla guida dell‟insegnante
e dalla discussione con i pari, l‟allievo imparerà ad affrontare con fiducia e
determinazione situazioni-problema, rappresentandole in diversi modi,
conducendo le esplorazioni opportune, dedicando il tempo necessario alla
precisa individuazione di ciò che è noto e di ciò che si intende trovare,
congetturando soluzioni e risultati, individuando possibili strategie risolutive».
5. Gli orologi ritmici
La sperimentazione sugli orologi ritmici è stata svolta in due classi terze della
scuola primaria. Si è trattato di un‟attività laboratoriale di aritmetica modulare,
svolta in situazione di problem solving, che ha stimolato l‟osservazione e la
scoperta di regolarità nel mondo delle tabelline.
Le fasi dell‟attività, discusse e concordate rigorosamente con i bambini, sono
state di:
1. progettazione; 2. realizzazione; 3. manipolazione; 4. sperimentazione; 5.
argomentazione; 6. verbalizzazione scritta.
Ai bambini è stato presentato il modello con i due orologi, senza specificarne
l‟utilizzo, ed è stata solo posta la domanda: Come possiamo realizzare un
modello simile per ogni bambino?
Dalla discussione collettiva sono scaturite le fasi di lavoro per realizzare gli
orologi. Gli allievi sono stati solo un po‟ guidati sull‟utilizzo del goniometro
(strumento conosciuto solo da pochi bambini) per disegnare i due cerchi e
segnare i dieci punti dove inserire i numeri da 0 a 9, rigorosamente tutti alla
stessa distanza. Qualche bambino ha preferito utilizzare il compasso.
145
Durante la fase manipolativa, i bambini hanno scoperto l’utilizzo del modello
costruito: muovendo opportunamente le lancette, con l’orologio di sinistra
potevano indicare le decine e con quello di destra le unità, quindi tutti i numeri
a due cifre da 0 a 99. Inoltre hanno scoperto che potevano eseguire operazioni
di addizione e sottrazione e trovare tabelline e ritmi. A questo punto hanno
deciso di chiamare gli orologi “ritmici”.
Dopo la fase di manipolazione i bambini hanno rappresentato la situazione sui
quaderni. Grazie alla rappresentazione grafica hanno scoperto la specularità, a
coppie, dei ritmi: 1 e 9, 2 e 8, 3 e 7, 4 e 6.
Sensazionale è stata la scoperta che il ritmo del 5 si disponeva sull’asse di
simmetria verticale dell’orologio, essendo speculare solo con se stesso, cioè le
cifre delle unità si dispongono regolarmente sia dall’alto verso il basso, che dal
basso verso l’alto.
Scrivendo solo la cifra dell‟unità, gli allievi hanno colto la regolarità della
successione numerica, ad esempio se considero i ritmi del 2 e dell‟8 la
successione numerica delle sole unità è la seguente: 2-4-6-8-0-2-4-6-8 e la
posso leggere da sinistra verso destra come numerazione del 2 e da destra
verso sinistra come numerazione dell‟8, sempre considerando solo la cifra
delle unità. La stessa regolarità si scopre per le altre coppie di ritmi.
Dal confronto delle successioni numeriche speculari inoltre i bambini hanno
scoperto che la somma delle unità corrispondenti è sempre 10.
146
Come fase finale del lavoro, i bambini hanno relazionato per iscritto le fasi di
costruzione, le osservazioni e le regolarità scoperte. Questa fase ha permesso
di verificare l‟apprendimento delle scoperte argomentate nella discussione
collettiva, consentendo inoltre agli allievi di formalizzare le relazioni tra i
numeri e di fissare le rappresentazioni mentali.
6. Verifica dell’attività svolta
Durante la verbalizzazione scritta i bambini hanno potuto riflettere
individualmente sulle diverse fasi che hanno portato alla realizzazione degli
orologi ritmici e soprattutto hanno formalizzato le scoperte ampiamente
relazionate nella discussione collettiva. La verbalizzazione come verifica
dell‟attività ha inoltre consentito agli allievi di stabilire e formalizzare le
relazioni tra i numeri, inoltre le rappresentazioni schematiche hanno permesso
loro di fissare le rappresentazioni mentali.
Vari sono stati gli elementi importanti in questo tipo di esperienza:
la motivazione, sostenuta dall‟interesse al fare;
la discussione tra pari, che ha permesso il confronto;
il controllo degli errori;
la socializzazione delle scoperte.L’aver utilizzato individualmente i materiali
ha sicuramente facilitato la scoperta dei concetti nuovi, permettendo ai
bambini la traslazione delle conoscenze già acquisite, la generalizzazione e
infine la formalizzazione del sapere.
7. Conclusioni
La scuola è il luogo dove allievi e insegnanti passano gran parte della loro vita.
Come tutti gli ambienti, anche la scuola è un sistema di relazioni: i suoi
componenti dipendono gli uni dagli altri, inseriti in una precisa
organizzazione, ciascuno con un proprio ruolo. Stare a scuola dovrebbe avere
senso, soprattutto per i bambini, per questo acquista particolare importanza la
creazione di contesti significativi, in quanto le esperienze danno forma al
pensiero e il fare, facilita il pensare.
147
È importante imparare insieme, discutere le proprie idee, ascoltare quelle dei
compagni. Si costruiscono, così, relazioni significative tra i diversi bambini,
tra i bambini e i loro insegnanti, tra i bambini e il sapere. L’insegnante assume
un ruolo di mediatore culturale, guidando gli allievi nel processo di
costruzione di conoscenza. Imparare a “saper fare” non può e non deve essere
un fatto episodico: l’abitudine a mettere le mani sulle cose deve essere
sviluppata con continuità. Solo in questo modo, nel tempo, lungo il percorso di
apprendimento, il bagaglio culturale di ogni bambino si modificherà ed
arricchirà in modo significativo e duraturo.
Mi piace concludere questo contributo, spero significativo, con le parole di un
grandissimo insegnante, Daniel Pennac: «Che l‟allievo di tanto in tanto
incontri un professore pieno di entusiasmo che insegna la matematica come
una delle Belle Arti e la fa amare […] e grazie al quale lo sforzo diventa un
piacere, questo dipende dalla casualità dell‟incontro, non dalla genialità
dell‟istituzione. È proprio degli esseri viventi di fare amare la vita, anche sotto
forma di un‟equazione di secondo grado, ma la vitalità non è mai stata inserita
nei programmi scolastici» (Pennac, 1992).
Bibliografia
Davenport H. (1994). Aritmetica superiore. Bologna: Zanichelli.
Dehaene S. (2000). Il pallino della matematica. Milano: Mondadori.
Enzensberger H. M. (1997). Il mago dei numeri. Torino: Einaudi.
Mazzoli P. (2008). Capire si può. Educazione scientifica e matematica. Roma:
Carocci Faber.
M.P.I. (2007). Indicazioni per il curricolo per la scuola dell‟infanzia e per il primo
ciclo d‟istruzione. Napoli: Tecnodid.
Pennac D. (1992). Come un romanzo. Milano: Feltrinelli.
Topping K. (2006). Tutoring. L‟insegnamento reciproco tra compagni. Trento:
Erickson.
Wertheimer M. (1997). Il pensiero produttivo. Firenze: Giunti.
Parole chiave: aritmetica modulare; laboratorio; problem-solving; peereducation; manipolazione-argomentazione.
148
Il teatro di figura nella didattica della matematica e
dell’astronomia
Claudio Zellermayer e Mariela Petta
Il Cielo e la Terra, Ravenna
Sunto. Vengono presentati lavori didattici che affrontano i problemi scientifici
tramite la narrazione e che favoriscono il coinvolgimento degli allievi utilizzando
come strumento la tecnica del teatro di figura.
1. Finalità generali
I lavori didattici che presentiamo hanno come finalità:
1. affrontare un determinato problema scientifico con la narrazione;
2. il coinvolgimento degli allievi utilizzando, come strumento, la tecnica del
teatro di figura;
3. la costruzione di un manufatto che sia uno strumento di osservazione
astronomica o un modellino che sintetizzi il problema affrontato o
un‟applicazione pratica.
2. La narrazione
La narrazione è il più potente mezzo di cui dispone l‟uomo per trasmettere le
proprie esperienze, individuali o collettive, alla sua discendenza. Fino a che
non è stata inventata la scrittura, la narrazione nella sua forma orale è stato
149
anche il solo mezzo. Anche le scienze hanno usufruito di tale mezzo
espressivo cominciando proprio dall‟astronomia, la scienza che ha fatto da
apripista a tutte le altre discipline. L‟osservazione del cielo stellato ad occhio
nudo ha suscitato nell‟uomo il fascino irresistibile di liberare la fantasia e
narrare. La narrazione poi si è evoluta, nell‟ambito della scienza, ed è
diventata la “lezione”. Quando un insegnante svolge una lezione sta narrando
una storia che è opera dell‟uomo; narra una vicenda umana fatta di scoperte e
trionfi ma anche di battaglie perse. Il formalismo di una lezione di una qualche
disciplina scientifica spesso nasconde queste vicende nelle formule, nelle leggi
fisiche, nei teoremi di matematica. Tuttavia esse sono sempre lì che affiorano
e quando emergono suscitano, spesso, il fascino in chi ascolta. La narrazione,
quindi, da sempre rappresenta un potente strumento in grado di catalizzare
l‟attenzione degli studenti.
Nel nostro approccio, che qui esporremo brevemente, siamo partiti proprio
dalla narrazione. La storia della matematica e dell‟astronomia s‟intreccia con
storie di uomini, drammatiche, tragiche e comiche che contribuiscono a
rendere la scienza una fondamentale disciplina di vita, non solo un insieme di
nozioni. Spesso siamo partiti da una storia o da una leggenda e l‟abbiamo
adattata alla nostra necessità. Nessuno saprà mai se, ad esempio, la storia di
Talete che misura la piramide di Cheope sia realmente accaduta e se essa lo
abbia ispirato per affermare il concetto di proporzione. Quando la storia non
esisteva abbiamo fatto lavorare la fantasia e l‟abbiamo scritta noi. Questo è, ad
esempio, il caso della storia della costruzione di Stonehenge. In altre situazioni
la storia è stata scritta per il solo scopo di introdurre un argomento desiderato.
Qualunque sia la genesi della storia essa ci è servita per affrontare un
determinato problema matematico e/o astronomico.
3. Il teatro di figura
Per narrare le nostre storie,
abbiamo scelto la tecnica del
teatro di figura o di oggetti. Il
palcoscenico è un tavolo su
cui
vengono
posti
in
successione i personaggi e gli
oggetti che costituiscono la
trama della storia. La voce
narrante si incaricherà via via
di muovere i personaggi o di
costruire la scena con
l‟evoluzione della storia.
Personaggi ed oggetti della
150
scenografia sono realizzati con materiali e tecniche varie tra cui carta pesta,
pasta di sale o di segatura, cartone ed altri. Illuminazione e musica fanno da
ulteriore contorno alla rappresentazione.
Nel corso della narrazione, il pubblico a volte è coinvolto in prima persona,
stimolato dal narratore. I personaggi delle storie, sia fantastici che reali, sono
sempre individui che si distinguono per la loro curiosità nei confronti della
natura, per la loro insofferenza ai dogmi ed alle restrizioni della libertà di
pensiero e sfidando tutto e tutti arrivano ad un risultato significativo: la
scoperta di un fenomeno, di un principio, di un teorema. Molto spesso il
personaggio principale della storia è un bambino dell‟età del pubblico a cui è
rivolta la storia: vogliamo così mostrare loro che a tutte le età si possono fare
scoperte, si può cominciare un percorso di apprendimento.
La pièce teatrale ha una durata media di 30-40 minuti ed è rivolta a gruppi di
circa 25 bambini.
Alla fine della rappresentazione il pubblico viene invitato a prendere visione e
contatto con gli oggetti della scena e
viene spiegato loro come sono stati
realizzati.
A conclusione della pièce teatrale viene
proposta la costruzione di uno strumento
o di un manufatto che sintetizzi il
problema e ricordi la storia. Il manufatto
può essere sia uno strumento di
osservazione
astronomica
sia
un
modellino che sintetizzi il problema
affrontato (storia di astronomia) o
un‟applicazione pratica (storia di
matematica).
4. Le storie
Il ladro di stelle. Storia per bambini di 4-6 anni. È una favola che ha per tema
un‟amicizia molto forte tra un bambino ed una bambina. Per suggellare
l‟amicizia lui le promette di portarle una stella ogni notte. Via via che le notti
si susseguono e lui mantiene la promessa, il cielo si va impoverendo di stelle
finché una notte il bambino incontra in cielo uno strano personaggio che lo
sorprende a portar via le stelle. Dal dialogo tra i due nascerà la consapevolezza
nel bambino a desistere nella sua impresa e trovare un altro modo di
dimostrare la sua amicizia.
Nel laboratorio annesso si parla delle costellazioni, di cosa sono veramente e
di come gli uomini le abbiano inventate. Segue la costruzione della propria
151
costellazione di fantasia che unita a quelle di tutti gli altri formeranno un cielo
di gruppo.
Il lampionaio. È una storia rivolta a bambini di 6-8 anni. In una valle sperduta
tra le montagne, dove mai nessuno era entrato ed uscito c‟è un villaggio. In
questa valle il cielo era sempre stato nuvoloso e nessuno conosceva l‟esistenza
del Sole, della Luna e delle stelle. Il personaggio principale ogni giorno
accende lampioni e torce al calare dell‟oscurità e li spegne col ritorno del
giorno. Per conoscere il momento esatto in cui svolgere queste operazioni usa
un orologio a polenta che, come una clessidra, gli segna il tempo. Ma un
fenomeno mai visto prima nella valle sarà lo stimolo per Lautaro (il
lampionaio) per scalare le montagne e scoprire un nuovo universo. Di ritorno
alla valle non sarà creduto, rischiando l‟oblio. Tuttavia un fenomeno
inaspettato porterà finalmente il Sole nella valle e Lautaro lascerà il suo lavoro
di lampionaio per dedicarsi allo studio dei fenomeni del cielo, cominciando
dalla costruzione di un orologio solare.
Il laboratorio annesso prevede la costruzione di un semplice orologio solare
che permetta sia di visualizzare la relazione tra posizione del Sole nel cielo che
lunghezza e spostamento delle ombre. Per i più grandi si utilizza anche come
strumento per l‟individuazione dei punti cardinali.
Il popolo di Stonehenge. La storia è rivolta a bambini di 7-10 anni. Si narra in
modo fantasioso la costruzione del monumento megalitico di Stonehenge che
nasce dalla curiosità di tre bambini di dieci anni di conoscere i ritmi della
natura per aiutare i grandi a fare i lavori agricoli. È anche la storia romanzata
della nascita dell‟agricoltura. Dalle iniziali osservazioni di uno di loro nasce la
consapevolezza che il cammino del Sole comincia e finisce in posizioni
diverse durante l‟anno. Successivamente insieme ad altri due amici Cedric, il
protagonista della storia, edifica un cerchio di tronchi che serve da calendario
solare per stabilire inizio e fine di ogni stagione. Da questa epopea il suo
villaggio e quelli vicini ne traggono le informazioni per dare vita
all‟agricoltura. Cedric ormai grande racconta questa storia e come dal cerchio
di tronchi si passi al monumento di pietre che è l‟attuale Stonehenge. Alla fine
della sua vita Cedric passerà il testimone ai suoi discendenti.
Nel laboratorio annesso si costruisce un semplice modellino che schematizza il
giro del Sole durante le varie stagioni mostrando come ad un diverso percorso
corrispondano punti di levata e calata del Sole diversi sull‟orizzonte.
Il paese dei quadrati. Storia per bambini di 9-12 anni. Questa storia è
liberamente ispirata dal libro Il paese dei quadrati di Francesco Tonucci. Un
fiume divide due città. In una ci abitano i quadrati nell‟altra i triangoli. I
quadrati prendono in giro i triangoli per la loro stravaganza ma un giorno un
terremoto colpisce le due città con effetti completamente diversi: molti danni
152
nella città dei quadrati pochissimi invece in quella dei triangoli. Una
delegazione dei quadrati viene spedita nell‟altra città per capire il perché e qui
scoprono che il triangolo è una figura indeformabile a differenza dei quadrati.
Dalla loro alleanza nasceranno altre figure geometriche e successivamente dal
loro incontro con i cerchi si amplierà la gamma di figure.
Il laboratorio annesso conduce alla ricerca e costruzione di figure geometriche
semplici e composte, alle loro proprietà e ad una serie di giochi che si possono
fare con le stesse.
Talete e la Piramide. È una storia rivolta a bambini di 10-13 anni. Qui si narra,
tra verità e leggenda, di come l‟astronomo greco Talete abbia misurato la
piramide di Cheope. Durante un viaggio di studio in Egitto a Talete viene
lanciata la sfida di misurare la piramide. La geometria della piramide esclude
una misura diretta della sua altezza. Talete dovrà escogitare un metodo
indiretto di misura e lo trova usando come paragone la sua ombra. Questa
storia coniuga quindi la geometria (la piramide), con l‟astronomia (posizione
del Sole e le ombre) e con la matematica (le proporzioni). Nella leggenda
quindi si sostiene che Talete con questa geniale trovata per misurare l‟altezza
della piramide abbia scoperto la scienza delle proporzioni che è alla base di
qualunque rappresentazione in scala di oggetti.
Il codice di Eratostene. Storia rivolta a ragazzi di 11-14 anni. In questa storia,
similmente a quella di Talete, si suppone, lavorando di fantasia, come
l‟astronomo Eratostene sia riuscito ad eseguire la prima misura delle
dimensioni della Terra. Partendo da due fondamentali presupposti (forma della
Terra e parallelismo dei raggi del Sole) e con considerazioni di geometria della
circonferenza Eratostene ricava le dimensioni della Terra con solo misurare un
arco di meridiano terrestre e l‟ombra di uno gnomone. La storia vera però non
spiega come sia riuscito a misurare l‟arco di meridiano. Nella versione
romanzata che viene utilizzata, che parte dal ritrovamento di un antico codice,
questo mistero verrà chiarito.
A seguire viene proposto nel laboratorio di utilizzare lo stesso metodo per
determinare la circonferenza di una sfera valutando in questo modo anche gli
inevitabili errori nelle misure e nelle approssimazioni che vengono compiute.
Parole chiave: narrazione; teatro di figura; fascinazione; insofferenza ai
dogmi; libertà di pensiero.
153
154
SEZIONE 5
SCUOLA PRIMARIA E SECONDARIA
DI PRIMO GRADO
155
156
Percorsi matematici in continuità
Sabrina Ambrogetti, Vincenza Bellani, Anna Canzi, Malvina
Poggiagliolmi, Luisella Riva e Monica Zanon
Docenti di scuola primaria e secondaria di 1° grado I.C. di Bernareggio, I.C.
di Calusco d‟Adda (BG), I.C. Paccini di Sovico, primaria Renzo Pezzani di
Villa Raverio – Besana Brianza, S.M.S. Verga-Vinci Gramsci di Limbiate
Sunto. “A scuola la matematica si fa rete” è una rete territoriale di scuole nata nel
settembre 2006, con finanziamenti dell‟USR Lombardia, che vede coinvolte le
seguenti istituzioni scolastiche della provincia di Monza e Brianza: Istituto
Comprensivo Paccini di Sovico, Istituto Comprensivo di Bernareggio, Istituto
Comprensivo Koiné di Monza, scuola secondaria di primo grado Croce-Faré di
Lissone. L‟obiettivo principale della rete è stimolare i docenti a riflettere sulle
proprie convinzioni, sul proprio agire, sulle proprie competenze e sull‟essere
insegnante. Per questo si dà massimo risalto a percorsi di formazione in didattica
della matematica aperti ai docenti di tutte le scuole del territorio e condotti da
docenti del NRD di Bologna. Un‟esperienza di formazione condotta dalla
professoressa Silvia Sbaragli ha portato alla costituzione di un gruppo di lavoro attualmente costituito da 25 docenti, 4 della scuola dell‟infanzia, 12 della scuola
primaria e 9 della scuola secondaria di I grado - che durante l‟anno scolastico si
riunisce periodicamente per attività di studio in autoformazione, per la progettazione
e la verifica di percorsi disciplinari.
All‟interno del gruppo sono stati individuate quattro tematiche di riferimento:
classificazioni e trasformazioni, area/perimetro, area/volume, infinito e frazioni.
L‟orientamento metodologico condiviso dai docenti pone al centro la persona, che
apprende facendo esperienze e attraverso la libera espressione di pensieri, intuizioni,
domande e dubbi. La dimensione temporale non è rigidamente determinata
dall‟insegnante ma è in armonia con le attività degli allievi. Viene dato molto spazio
alla discussione collettiva, perché ogni allievo contribuisce col proprio pensiero al
sapere condiviso dalla classe. In questa prospettiva si pone anche molta cura ad
intervenire sulle misconcezioni.
Un‟altra “pista metodologica” che caratterizza i percorsi del gruppo individua la
comunicazione come forma di apprendimento. Per questo le docenti propongono alle
classi esperienze di comunicazione pubblica. In particolare, sul territorio di Monza e
Brianza è attivo dall‟anno scolastico 2002/2003 il Progetto “Scienza under 18”,
progetto di rete divenuto ormai storico in alcune città della Lombardia, che ha tra i
suoi obiettivi quello di creare, organizzare e gestire uno spazio strutturato di
diffusione della scienza prodotta nelle scuole dagli studenti di ogni ordine e grado.
Per raggiungere tale obiettivo viene realizzata, ogni anno nel mese di maggio, una
manifestazione durante la quale gli studenti presentano al pubblico i progetti
scientifici prodotti a scuola durante l‟anno. Scienza under 18 quindi, assegnando agli
studenti il compito inconsueto di docenti del loro progetto, offre un nuovo contesto
comunicativo che rende gli allievi protagonisti anche dei loro processi di
157
apprendimento, secondo una prospettiva di tipo autobiografico. Inoltre, esso crea nei
gruppi di lavoro dei ragazzi un clima motivante, favorevole all‟apprendimento
scientifico; sviluppa negli allievi competenze di tipo comunicativo, argomentativo e
organizzativo/progettuale, nonché competenze metacognitive.
Le docenti di “A scuola la matematica si fa rete” ritengono l‟esperienza di Su18
particolarmente significativa; per questo la matematica è regolarmente in mostra a
Su18 Monza e Brianza nella sezione Exhibit - ovvero progetti che propongono
esperimenti, macchine, manufatti, ecc. che permettono un‟interazione diretta e
immediata tra gli studenti espositori e i visitatori - oppure nella sezione Teatro
scientifico.
1. Teatro scientifico. Cioccolato e cammelli (frazioni: numeri speciali)3
In una classe IV di scuola primaria l‟insegnante racconta...
Tutto comincia con la lettura di un capitolo (Animali da soma) tratto dal libro
L‟uomo cha sapeva contare” di Malba Tahan.
La lettura è portata avanti a tappe ben definite per dare la possibilità ai
bambini (suddivisi per il lavoro in piccoli gruppi di 3 o 4) di ragionare sui
passaggi del problema e di provare a stendere possibili soluzioni mettendo in
campo le proprie conoscenze matematiche e facendo in modo di stimolarli ad
acquisirne di nuove.
Per ogni tappa si raccolgono le considerazioni di ogni gruppo sul percorso
attuato e le possibili soluzioni trovate.
Prima tappa. Situazione problema. Un padre ha lasciato in eredità ai suoi figli
35 cammelli, che devono essere divisi secondo queste norme: metà dei
cammelli al primogenito, un terzo dei cammelli al secondogenito, un nono al
terzogenito.
I tre figli affermano che tale suddivisione è impossibile, ma Beremiz, l‟Uomo
Che Contava, afferma che è semplicissimo.
Tutti gli allievi sono molto perplessi ed evidenziano le difficoltà, facendo però
scaturire dai loro discorsi le competenze matematiche messe in atto:
Ma se faccio la metà di 35, devo tagliare un cammello a metà.
Ma 35 non è divisibile né per 2, né per 3, né per 9, come è possibile…
Seconda tappa. Primo intervento. Per l‟Uomo Che Contava tutto è
semplicissimo. Ai 35 cammelli aggiunge quello del suo amico. I cammelli
diventano 36.
Ora tutti i bambini riescono con estrema facilità a risolvere il problema con 3
semplici divisioni: 36:2= 18; 36:3=12; 36:9 =4.
3
Anna Maria Canzi e Luisa Longoni, docenti della scuola primaria “R. Pezzani” Villa
Raverio, I. C. “Giovanni XXIII” di Besana in Brianza (MB).
158
Tra i commenti più frequenti troviamo anche alcune domande interessanti e di
stimolo per proseguire:
Così è semplice davvero, ci riescono tutti.
Ma come mai Beremiz ha pensato una cosa così strana.
Come sapeva che tutto avrebbe funzionato?
Se, ad esempio, ne toglieva uno, non andava tutto bene.
Ma soprattutto come faceva a sapere che sarebbero avanzati 2 cammelli?
Terza tappa. Suddivisione e conclusione a sorpresa. Quindi il primo figlio, che
secondo le imposizioni del padre avrebbe dovuto prendersi 17 cammelli e
mezzo (35/2) se ne prende 18 (36/2).
Il secondo figlio, che ne avrebbe dovuti ricevere 11 e mezzo circa (35/3), ne
riceve 12 (36/3).
Il terzo figlio, che ne avrebbe dovuti ricevere quasi 4 (35/9) ne riceve 4 giusti
(36/9). Misteriosamente tutti hanno da guadagnare, ma chi ha guadagnato di
più è senz‟altro Beremiz: 18+12+4=34; quindi avanzano due cammelli, uno lo
restituisce al suo amico e uno gli rimane, come premio per la suddivisione.
I ragazzi a questo punto sono pieni di curiosità e si stimolano a vicenda per
scoprire le ragioni matematiche che hanno mosso la mente di Beremiz.
Dopo una discussione si arriva ad esprimere due domande a cui si vuole dare
una risposta.
1) Come mai Beremiz era così sicuro di una soluzione positiva per lui e
l‟amico?
2) Cosa aveva capito osservando le frazioni contenute nella storia?
Dopo discussioni, confronti e prove pratiche i ragazzi arrivano a tre grandi
scoperte:
A) Beremiz si è accorto che i denominatori delle tre frazioni erano tutti
divisori di 36.
B) Se le tre frazioni fossero state unite non avrebbero formato l‟intero, ma
sarebbe avanzata una parte (vedi disegno)
C) La parte avanzata sarebbero stati 2 su 36 cammelli (uso delle frazioni
equivalenti) 1/2 + 1/3 + 1/9 = 9/18 + 6/18 + 2/18 = 18/36 + 12/36 + 4/36 =
34/36 avanzano 2/36 cioè i 2 cammelli.
Dopo tutto il lavoro matematico, insieme decidiamo di realizzare uno
spettacolo teatrale per raccontare questa esperienza.
L‟idea è proprio quella di portare in scena la storia di Beremiz, così come
159
l‟abbiamo vissuta noi in classe, comprendendo anche le fasi di ragionamento
sui concetti matematici affrontati.
Fasi di lavoro (spettacolo teatrale):
1) costruiamo il canovaccio e scegliamo il titolo;
2) dal canovaccio passiamo alla stesura del copione;
3) pensiamo a come mettere in scena le varie parti dello spettacolo (spazio
scenico, movimenti, luci, musiche, …);
4) prepariamo una serie di diapositive (power point) da inserire come sfondo;
5) suddividiamo le parti da recitare e gli incarichi di scenografia e aspetti
multimediali (luci, musiche, proiezione diapositive).
Questo lavoro teatrale ha offerto ai bambini la possibilità di raccontare al
pubblico, partendo da una narrazione e attraverso esperienze concrete, la
soluzione di una situazione problematica in modo divertente ma soprattutto ha
dato loro l‟occasione di comprendere gli aspetti matematici, non banali,
incontrati e di poterli spiegare in modo esaustivo e creativo al tempo stesso.
2. Di pelle di bue, di città e piazze1
Sconvolta Didone prepara la fuga dei compagni…
Giunsero in questi luoghi… qui acquistarono tanta terra
quanta ne potesse cingere la pelle di un toro
Virgilio, Eneide, libro 1
2.1. Premessa
L‟esperienza condotta in una classe quinta primaria e in una classe prima
secondaria è un percorso di apprendimento sui concetti di perimetro ed area e
sulle relazioni che intercorrono tra questi due saperi.
Attraverso la storia della matematica (il mito della fondazione di Cartagine),
gli allievi, mettendosi nei panni di Didone scoprono, creano, comunicano,
condividendo pensieri, intuizioni, domande, dubbi.
La scelta didattica è operata in un‟ottica di curricolo verticale al fine di
riflettere sulle misconcezioni e quindi sugli “errori” degli studenti, non
stigmatizzandoli, ma interpretandoli come tentativi di far quadrare concezioni
precedenti in situazioni nuove.
Nel suo strutturarsi, l‟attività vede l‟introduzione in modo naturale dello
strumento tecnologico, il foglio di Cabri; nel contesto operativo che si viene a
creare, il software di geometria dinamica rappresenta solo una possibile
estensione delle potenzialità dei soggetti coinvolti, chiamati invece a elaborare
autonomamente conoscenze o a fare scoperte, coinvolgendo le proprie
1
Vincenza Bellani e Luisella Riva, docenti di scuola primaria e secondaria di 1° grado I.C.
Bernareggio.
160
competenze e nei momenti di laboratorio di interclasse sfruttando le
potenzialità del confronto con i compagni dell‟altra classe.
Peculiare il momento della verifica, l‟exhibit degli allievi delle due classi,
durante la manifestazione Scienza Under18 Monza e Brianza, è la
comunicazione pubblica, la narrazione matematica del sapere condiviso.
2.2. Di pelle di bue…
Incipit, la leggenda di Didone
Nelle classi quinta e prima media l‟insegnante racconta la leggenda di Didone
e della fondazione di Cartagine: La principessa chiese tanta terra quanta ne
può cingere una pelle di bue, il re Iarba, accettò, ma la bella e intelligente
Didone, che sapeva di geometria, tagliò la pelle in strisce sottilissime …
Gli studenti considerano l‟ambiguità della parola cingere; il termine è
riconducibile, per Iarba, al concetto di area, ma se così fosse Cartagine non
avrebbe avuto alcuna storia, per Didone, al contorno della superficie. Cingere
è circondare con la pelle ridotta a lunga striscia sottile, il contorno di tutto il
territorio cartaginese.
Con l‟idea vincente di Didone, ha avuto inizio la storia di Cartagine questa
interpretazione crea, in classe, una situazione didattica emozionalmente
positiva nella quale gli studenti sono implicati personalmente a porsi problemi,
scoprire e intuire, a creare e concettualizzare.
Dobbiamo trovare la forma di contorno più vantaggiosa entro la quale
racchiudere la superficie di Cartagine.
La soluzione empirica del problema di Didone
Una cordicella (il contorno del poligono), alcune puntine (i vertici) e la spugna
racchiusa dallo spago (la superficie) sono il materiale povero per il modello
figurale di Cartagine, adatto a cogliere l‟idea matematica sottesa: fra le figure
con lo stesso perimetro, l‟area varia e la città deve avere la maggior estensione
possibile.
161
Più è regolare la figura, maggiore è l‟estensione racchiusa; Non so che forma
avrà Cartagine, certo non triangolare, sarebbe una città poco vasta; Allora
bisogna aumentare il numero dei lati, così la città è più estesa; … lo stesso
perimetro, ma se il numero dei lati aumenta, l‟area aumenta e la forma
poligonale… è quasi un cerchio.
Dal problema di Didone al problema matematico
È il momento di comprendere che si tratta di un vero problema matematico:
a parità di perimetro qual è la figura con area massima?
Insieme si concettualizza il modello sperimentale:
fra i poligoni isoperimetrici, quello convesso ha area maggiore rispetto a
quello concavo e fra quelli di dato perimetro, con lo stesso numero di lati, il
poligono regolare ha area massima (tra i triangoli, il triangolo equilatero, tra i
quadrilateri, il quadrato, ecc);
tra tutte le figure piane di dato perimetro, il cerchio è quella di area massima.
La soluzione con Cabri
Con il foglio di Cabri, i ragazzi di prima media, attraverso alcuni esempi che
dapprima presentano ai bambini di quinta e poi con altri che costruiscono e
modificano insieme, generalizzano le proprietà individuate e verificano le
relazioni fra area e perimetro funzionali alla soluzione del problema: fra tutti i
poligoni regolari aventi perimetro dato, ha area maggiore quello con più
numero di lati; viceversa, fra i poligoni equiestesi, quello con più lati, ha
perimetro minore.
162
Intuitivamente gli studenti pervengono ai concetti di numero infinito di lati, di
approssimazione della circonferenza e della proprietà ottimale del cerchio: a
parità di perimetro è la figura che contiene l‟area massima.
L‟exhibit a Scienze Under18
La comunicazione allargata del percorso è la verifica del lavoro svolto: la
progettazione dell‟exhibit, la costruzione della scenografia (il pannello
introduttivo, i cartelloni alle pareti), la scelta degli attori (il narratore, Didone,
gli architetti e i matematici), la stesura del testo e le prove per una
comunicazione matematica coerente e chiara sono momenti altrettanto
importanti per un apprendimento significativo e condiviso.
3. La cellula: forma, superficie, volume2
I bambini di prima classe di scuola secondaria di primo grado sono ancora
curiosi, non si sono ancora assuefatti a tutto il surplus di informazioni che li
circonda e finisce con l‟intontirli; basta solleticare un po‟ il loro spirito di
osservazione e ne vengono fuori delle belle.
In una classe prima dunque mi ritrovo a parlare di esseri viventi, di cellule, di
interazione con l‟ambiente.
Naturalmente tutti hanno già sentito parlare di queste cose, soprattutto di
cellule. C‟è chi ha visto dei documentari sull‟argomento, chi ha una zia che
lavora in un laboratorio, chi ha letto libri o gli hanno già spiegato tutto alla
primaria. Ma è quando si arriva a parlare di forma, ma ancor più di area e di
volume, che le cose cambiano. Non sono più tanto sicuri, tentennano, hanno
incertezze, si fanno domande, si pongono quesiti, prima a sé stessi e poi tra
compagni. Finalmente ho trovato il punto in cui inserirmi e pungolare,
incitare, sollecitare. Se però voglio introdurre certi concetti e discuterne devo
prima indagare sulle informazioni già in possesso degli allievi.
Che cos‟è il perimetro? E il contorno? E la forma? Sono parole diverse per
indicare la stessa cosa? Che differenza c‟è tra area e superficie?
Gli allievi rendono conto che i termini usati indicano concetti differenti, ma
capiscono anche che comunemente li usiamo quasi fossero sinonimi.
2
Sabrina Ambrogetti, docente di scuola secondaria di 1° grado, I.C. di Calusco D‟Adda (BG).
163
Ci riflettiamo. Una volta chiariti i concetti è il problema della misura dell‟area
che li attira. Misura, misurazione, unità di misura … tutti termini da
soppesare, indagare, chiarire con attività pratiche.
Il passo successivo riguarda il volume: è forse il concetto più affascinante,
intrigante, più vicino a noi (tutto ciò che ci circonda ha un volume), ma al
tempo stesso più difficile da comprendere. Sul volume gli studenti hanno idee
molto vaghe. E allora al lavoro, con oggetti di tutti i tipi, strumenti di
laboratorio, strumenti di misura dei più vari, acqua, utensili da cucina, ma,
soprattutto, con idee.
Dopo tutto questo lavoro pratico, cerchiamo di riflettere: abbiamo
intuitivamente capito cosa sono perimetro, area, volume. Ma che rapporto c‟è
tra loro? L‟uno ha a che fare con l‟altro?
A questo punto guido gli studenti a concentrare la loro attenzione sulla cellula:
Come è fatta una cellula? La sua forma, la sua area e il suo volume sono in
qualche modo legati tra loro? E quali sono le esigenze di una cellula?
Intraprendiamo un percorso che ci occupa e coinvolge totalmente per alcune
lezioni e arriviamo a dire che una cellula è strettamente legata all‟ambiente
che la circonda, altrimenti, da sola, non ce la potrebbe mai fare, non
sopravvivrebbe. Ma cosa la lega all‟ambiente che la circonda? Avendo
bisogno di interagire con esso, per lei deve avere una importanza
fondamentale la sottile pellicola che da esso la separa ma che
contemporaneamente con esso la mantiene in contatto: la membrana cellulare.
Appurato a questo punto che la cellula deve interagire con l‟ambiente
circostante e che lo fa tramite la membrana cellulare, andiamo a indagare
ulteriormente sulla forma che dovrebbe avere la cellula e, di conseguenza, la
membrana.
Abbiamo quindi iniziato a lavorare sulla forma della cellula utilizzando pongo,
didò, polistirolo, palloncini gonfiabili e altri materiali facili da manipolare,
dividere in parti, riunire eccetera. Gli allievi sono già a conoscenza di forma e
struttura cellulare, informazioni che sono state loro fornite alla scuola
primaria. Io però li invito a creare cellule nuove, non già viste sui libri o nei
documentari. I ragazzini si sbizzarriscono, anche se alcuni restano legati al
concetto classico di cellula, mentre altri costruiscono cellule che sembrano
navicelle spaziali o mostri marini.
Riflettiamo su tutti i modelli realizzati e conveniamo che il modello migliore è
quello creato con un foglio sottile ripiegato su sé stesso. Abbiamo potuto
verificare infatti che in questo caso con la stessa quantità di materiale (ad
esempio plastilina), la cellula ha più superficie a disposizione.
Ma allora perché non esistono esseri viventi costituiti da un‟unica, enorme
cellula? Ciò che differenzia un elefante da un insetto o un topolino non è la
grandezza delle cellule che li compone, ma piuttosto il loro numero. Perché?
Sarà sempre un problema legato alla superficie a disposizione per interagire
con l‟ambiente? Ma se la cellula diventa più grande per formare il corpo di un
164
essere vivente di maggiori dimensioni, aumenta il volume ma aumenta anche
l‟area. E qui arriva un concetto un po‟ difficile, quello di area relativa. Ma con
la pratica si arriva a comprendere ciò che a parole è difficile definire e capire.
Cuboni, cubetti, cubi piccolissimi, loro volumi e aree a confronto, e si apre un
mondo di esplorazioni, riflessioni, conclusioni.
4. Trasformiamo... “geometriArte”3
Il lavoro in questione è stato svolto per un intero anno scolastico per due spazi
settimanali, durante una compresenza tra gli insegnanti di educazione artistica
e di scienze e matematiche. Il percorso è nato dall‟idea di dare un approccio
interdisciplinare alla conoscenza, di far vedere come sia possibile affrontare un
argomento matematico, come le trasformazioni geometriche, guardandolo da
un diverso punto di vista insolito per i ragazzi, quello artistico creativo. Ma in
particolare ha voluto assegnare un ruolo centrale ai problemi di
rappresentazione dello spazio visibile (difficoltà percettive derivanti dal
rappresentare un oggetto tridimensionale nel piano) e alla costruzione del
concetto di punto di vista. Osservatori diversi che rappresentano la stessa
situazione da punti di vista diversi otterranno rappresentazioni differenti. Per
ricostruire le relazioni spaziali nel sistema è necessario ricomporre le diverse
viste.
Ai ragazzi è stato sottoposto un cubo disegnato, e si sono accorti di uno strano
fenomeno percettivo: il disegno si stacca dal piano del foglio e invade la terza
dimensione. Da bidimensionale, l‟immagine illusoriamente, assume le
sembianze di un solido: un cubo che si mostra ambiguo.
Qual è la faccia più vicina a noi? Qual è la faccia davanti e quella dietro?
Gli studenti si sono accorti che nel momento in cui diventa possibile fissare un
davanti e un dietro tra le facce del cubo, il centro della figura perde il suo
ruolo di centro di simmetria. Tanto è vero che, dopo qualche istante, la faccia
davanti sembra spostarsi dietro e viceversa, dando così inizio ad una
successione ininterrotta di inversioni prospettiche.
Per non avere ambiguità, hanno provato a mettere il cubo in relazione ad un
oggetto, che hanno posizionato dentro, fuori, sopra, sotto, davanti, dietro.
Poi abbiamo considerato il cubo come una porzione di spazio chiuso inserito
nello spazio infinito e per rappresentarlo nel piano ci siamo serviti della
prospettiva. Grazie ad essa, il piano bidimensionale del foglio è diventato lo
spazio infinito.
3
Monica Zanon, docente di scuola secondaria di 1° grado, S.M.S. Vinci-Verga-Gramsci di
Limbiate (MB).
165
Questo è stato un momento importante per prendere consapevolezza di quanto
sia fondamentale la determinazione del punto da cui si guarda, il punto di
vista.
Il piano bidimensionale del foglio da disegno, inoltre, attraverso la tecnica
della prospettiva è stato trasformato nello spazio interno del cubo,
immaginandolo come l‟interno di una stanza.
Le attività condotte sulla visione del cubo nello spazio e dello spazio dentro il
cubo ci hanno portato a costruire un modello tridimensionale di cubo, uno
scheletrato in legno, che fosse abitabile e che interagisse con il corpo, dentro,
fuori, dietro, sotto.
I ragazzi, riproducendo con il loro corpo le posizioni degli oggetti disegnati
precedentemente sul foglio di carta, hanno sperimentato concretamente che la
posizione dell‟osservatore è fondamentale per l‟osservazione.
Cambiare il punto di vista cambia l‟esito dell‟osservazione. Questo ha portato
gli studenti a considerare che non esiste un davanti e un dietro, un sopra e un
sotto assoluti, ma dipendono sempre da chi coglie l‟osservazione, dal punto di
vista dell‟osservatore e quindi, che tutto è relativo (anche se, veramente, il
sopra e il sotto locali, essendoci la forza di gravità, sono più obiettivi, non
assoluti, di davanti e dietro).
5. Viaggio nell’Infinito4
Dopo aver seguito un affascinante corso di formazione sull‟infinito
matematico, condotto dalla professoressa Silvia Sbaragli, mi sono dedicata a
momenti di studio individuale per approfondire alcuni aspetti teorici e didattici
trattati nel corso. Questa esperienza mi ha portato a progettare e realizzare un
percorso sull‟infinito che ho proposto agli allievi di una classe prima di scuola
secondaria di 1° grado, utilizzando 10 ore curricolari di matematica.
La metodologia utilizzata non ha visto la proposta in rigida successione di
argomenti e obiettivi da raggiungere, ma ho scelto di dare spazio e tempo alle
esperienze, alla libera espressione di pensieri, intuizioni, domande e dubbi.
Secondo questa prospettiva, rappresentano fasi irrinunciabili di tutto il lavoro
l‟esperienza della scoperta e la discussione collettiva che hanno consentito di
mettere in luce il valore dei pensieri di ciascun allievo e di dare forma al
pensiero condiviso dalla classe. È stata posta una cura particolare ad
intervenire sulle misconcezioni. Ho dato inoltre la massima attenzione alla
comunicazione come forma di apprendimento. Gli allievi non avevano testi di
riferimento sui quali studiare; pertanto ho chiesto loro di scrivere regolarmente
una relazione delle attività della giornata, riportando anche le fasi più
significative della discussione collettiva.
4
Malvina Poggiagliolmi, docente di scuola secondaria di 1° grado I.C. Paccini di Sovico
(MB).
166
L‟argomento così evocativo richiedeva, a mio giudizio, un approccio ad alta
temperatura emozionale (Longo, 1998); così ho proposto alla classe un brain
storming iniziale sulla parola infinito e la lettura della poesia di Giacomo
Leopardi con la condivisione delle suggestioni e delle sensazioni ricevute.
Durante la lezione successiva, ho chiesto agli allievi di rappresentare delle
rette utilizzando le modalità da essi ritenute più opportune, a partire da
materiali che erano stati messi a disposizione tra cui spago, cannucce, penne e
pennarelli di vario genere.
Ecco cosa scrive Martina: Concludemmo che tutte le rette disegnate erano in
qualche modo inadeguate perché non è possibile disegnare davvero una retta,
possiamo soltanto rappresentarle, anche se alcune rappresentazioni sono più
accettabili di altre. Ad esempio, nel nostro cartellone una di esse era formata
da dei sassolini distaccati tra loro dando l‟idea che la retta fosse formata da
punti ma che i punti erano come una collana di perle, cioè discontinui mentre
noi abbiamo imparato che la retta è continua.
La tappa successiva è stata ancora di tipo geometrico: partendo dall‟immagine
di due segmenti di lunghezza diversa ho chiesto agli allievi di indicare quale
fosse il segmento più lungo e se ci fossero più punti nell‟uno o nell‟altro
segmento.
Alessandro scrive: Alla prima domanda tutti siamo decisi a dire AB, ma alla
seconda alcuni compagni dissero: Dato che AB è più lungo di CD ci sono più
punti in AB; e gli altri invece dissero: Dato che nella retta ci sono infiniti punti
una parte di retta (segmento) è quindi composto anche esso da infiniti punti.
Abbiamo poi dimostrato che effettivamente ci sono tanti punti nel segmento
AB quanti in CD.
In seguito è stato gettato il primo sguardo nei mondi numerici, cominciando
dai Naturali con la mia richiesta: Ci sono più numeri naturali o più numeri
pari?
Beatrice scrive: C‟erano due idee nella classe che si era divisa in due squadre:
secondo una erano tanti quanti perché la metà dell‟infinito è infinita, secondo
l‟altra idea i numeri pari erano la metà dei naturali quindi minori. Abbiamo
discusso molto su queste ipotesi. Abbiamo fatto una prova per confermare che
i numeri naturali e i numeri pari sono tanti quanti. Facciamo finta che i numeri
siano dame e cavalieri che danzano a coppie, qualcuno resterà spaiato o
167
balleranno tutti? Si dimostra che associando ad ogni numero naturale un
numero pari… nessuna dama rimane senza cavaliere e viceversa.
La danza è stata rappresentata davvero dagli allievi indossando dei pettorali
numerati.
È stato interessante e significativo proporre agli allievi, dopo avere dato spazio
al confronto e alla loro discussione, i seguenti brani storici sull‟infinito:
Il tutto è maggiore della parte (Euclide, Elementi);
Io non veggo che ad altra decisione si possa venire, che a dire, infiniti esser
tutti i numeri [naturali], infiniti i quadrati, infinite le loro radici, né la
moltitudine dei quadrati esser minore di quella di tutti i numeri [naturali], né
questa maggiore di quella, ed in ultima conclusione, gli attributi di uguale,
maggiore e minore non aver luogo negli infiniti, ma solo nelle quantità
terminate (Galileo Galilei, Dialogo sopra i due massimi sistemi).
Gli studenti hanno potuto così comprendere che c‟è un percorso storico
importantissimo nella matematica che ha portato a risolvere problemi anche a
distanza di moltissimi anni; quindi non è tutto affatto scontato e immediato
come troppo spesso appare dai testi scolastici. Soprattutto, però, si sono
confrontati col pensiero di grandi matematici imparando a dare valore al
proprio pensiero e a quello dei compagni.
Dice ancora Beatrice: La prof. chiese: Ragazzi cosa avete capito da questa
lettura? Luca, che parlava per la squadra che aveva pensato la prima ipotesi
disse: Io ho capito che Galileo era nella nostra squadra.
6. Geometria in società5
Siamo docenti di scuola secondaria di primo grado e, pur facendo parte di due
diversi istituti (Calusco d‟Adda e Sovico) abbiamo deciso di lavorare in
parallelo sulle nostre classi prime progettando insieme il percorso.
In particolare, abbiamo sviluppato una delle attività suggerite in occasione del
corso di formazione tenuto da Silvia Sbaragli, nell‟ottobre 2007 per il nostro
gruppo di lavoro.
Si tratta di utilizzare il gioco di società Indovina Chi? nella pratica didattica
della geometria.
Noi abbiamo pensato di utilizzarla per far discutere i nostri allievi, con
l‟obiettivo di far loro raggiungere un apprendimento delle proprietà
geometriche che fosse significativo. Il gioco consiste nell‟indovinare chi è
raffigurato nelle carte dell‟avversario prima che questi indovini i nomi di chi
lo sta sfidando, le carte riportano i visi di alcuni personaggi con diversi tratti di
fisionomia e si va per esclusione (ha i baffi? ecc.).
5
Sabrina Ambrogetti e Malvina Poggiagliolmi, docenti di scuola secondaria di 1° grado
dell‟I.C. di Calusco d‟Adda (BG) e dell‟I.C. “G. Paccini” di Sovico (MB).
168
Per l‟attività, che è stata denominata Geometria in società, abbiamo scelto e
riprodotto 12 soggetti-quadrilateri e ogni allievo ha costruito il proprio mazzo
di carte, da poter utilizzare come i personaggi di Indovina Chi.
Nel nostro gioco ci si sfida reciprocamente rispettando queste regole: non si
possono usare termini quali base, obliquo, verticale, orizzontale… (parole
considerate da noi tabù) perché sono termini del linguaggio comune legati alla
disposizione nel piano delle figure ma che non esprimono proprietà
geometriche; quindi le domande sono fatte solo utilizzando proprietà assolute
come quelle relative a lati e angoli, diagonali, parallelismo, perpendicolarità,
congruenza ecc. Si devono usare in modo corretto e pertinente i connettivi
logici e i quantificatori (e, o, non, almeno ecc.). Non si può utilizzare il nome
delle figure nelle domande (es. è un quadrato?) ma soltanto a figura
indovinata. È evidente che la comunicazione - in questo caso verbale e
gestuale - gioca un ruolo fondamentale, strettamente legato agli apprendimenti
dei ragazzi.
La verifica dell‟attività consiste naturalmente in una sfida. Oltre ad avvenire in
classe, la sfida si è recentemente tenuta in un contesto comunicativo molto
particolare che è quello della manifestazione Scienza under 18 Monza e
Brianza (Monza 8 maggio 2008). In tale ambito gli allievi si sono trovati ad
interagire col pubblico costituito da coetanei, allievi più giovani o più anziani
e adulti dovendo, di conseguenza, adeguare la comunicazione velocemente, in
relazione ai diversi destinatari.
Durante la verifica, abbiamo anche testato come strumento di valutazione la
griglia riportata di seguito. Per l‟attività di osservazione sono stati coinvolti, a
turno, gli allievi che assistevano alla sfida affidando loro il compito di
osservatori.
Ovviamente gli allievi si sono alternati nel gioco e nel ruolo di osservatori.
Per questa parte del lavoro relativa alle valenze della comunicazione come
tramite per l‟apprendimento, abbiamo consultato il testo - specifico per la
didattica della matematica - di Radford, Demers (2006).
169
Competenza:
comunicazione
Nell‟attività Geometria
in società relativa alla
conoscenza e all‟uso
delle proprietà dei
quadrilateri l‟allievo:
Livello
elementare
Livello intermedio
Livello avanzato
utilizza, con chiarezza e
correttezza, la terminologia e le convenzioni
matematiche
utilizza in modo
generalmente corretto la terminologia e le convenzioni
utilizza in modo
corretto la terminologia e le convenzioni, talvolta facendo uso di connettivi logici o
quantificatori
utilizza in modo
corretto la terminologia e le convenzioni,
padroneggiando l‟uso
di connettivi e quantificatori
esprime ragioni e argomenti chiari e logici
a
richiesta
di
chiarimento, ripete
la sua affermazione senza sostanziali variazioni
a
richiesta
di
chiarimento, modifica alcune affermazioni per precisare e rendere più
efficace la sua opinione
fa valere i suoi punti
di vista matematici
con chiarezza e pertinenza
ascolta e considera gli
argomenti e le ragioni
degli altri con efficacia
e pertinenza
ascolta gli argo- interagisce in modo argomenta e interagimenti degli altri generalmente effi- sce in modo personainteragisce utiliz- cace e pertinente
le
zando schemi semplici
Commenti (punti di forza/ debolezza/ suggerimenti):
Livello assegnato
E
I
A
La classe I C dell‟Istituto Comprensivo di Calusco D‟Adda è composta da 17
allievi, 11 maschi e 6 femmine. Dopo una prima fase, a dire il vero piuttosto
breve, di conoscenza e apprendimento delle regole del gioco, gli allievi si sono
subito entusiasmati e hanno iniziato a giocare anche non in presenza del
docente di matematica, nei momenti liberi o nelle ore di supplenza,
richiedendo sempre più spesso la presenza di sfidanti adulti o di altre classi. Si
sono anche subito resi conto della valenza del gioco, del fatto che giocando
apprendevano con sempre maggior sicurezza a riconoscere le caratteristiche
dei quadrilateri. Una parte degli allievi (5 maschi e 1 femmina), ha raggiunto
un livello avanzato di competenza. Altri 9 allievi (5 maschi e 4 femmine) un
livello intermedio. I restanti 2 allievi (1 maschio e 1 femmina) un livello
elementare.
La classe 1C dell‟I.C. Paccini di Sovico è costituita da 20 allievi, 12 maschi e
8 femmine. Un allievo, proveniente dall‟Ucraina, è inserito dal secondo
170
quadrimestre. Anche per questi allievi valgono le considerazioni fatte per
l‟altra classe in merito al gradimento dell‟attività e alla motivazione al lavoro
promossa dall‟attività di gioco.
6 allievi (5 maschi e 1 femmina) hanno raggiunto un livello avanzato di
competenze, 10 allievi ( 3 maschi e 6 femmine) un livello intermedio e 3
allievi (2 maschi e 1 femmina) un livello elementare. L‟allievo straniero,
ovviamente molto condizionato dalla scarsa conoscenza della lingua italiana,
ha imparato ad utilizzare in modo generalmente corretto la terminologia e le
convenzioni.
Bibliografia
Arrigo G., D‟Amore B., Sbaragli S. (2010). Infiniti infiniti. Trento: Erickson.
D‟Amore B., Fandiño Pinilla M.I. (2006). Perimetro e area. Trento: Erickson.
Longo C. (1998). Didattica della biologia. Firenze: La Nuova Italia.
Martini B., Sbaragli S. (2005). Insegnare e apprendere la matematica. Napoli:
Tecnodid.
Radford L., Demers S. (2006). Comunicazione e apprendimento. Bologna: Pitagora.
Sbaragli S. (2004) Le convinzioni degli insegnanti sull‟infinito matematico Tesi di
dottorato. http://math.unipa.it/~grim/tesi_it.htm.
Parole chiave: comunicazione; analogia; piano; spazio; misconcezioni.
171
Tutte le strade portano al quadrato
Resoconto di un percorso di insegnamento/apprendimento
Anna Maria Facenda, Paola Fulgenzi, Janna Nardi, Floriana Paternoster,
Daniela Rivelli e Daniela Zambon
Sezione Mathesis di Pesaro
Sunto. Viene presentato un percorso di didattica laboratoriale, realizzato mediante
l‟utilizzo integrato di modelli dinamici e del software Cabri, con lo scopo di costruire
alcune definizioni di quadrato. Sono descritti sinteticamente i materiali di lavoro e si
riportano anche i programmi elaborati dai ragazzi e le modalità di svolgimento delle
diverse fasi dell‟attività. Si riassumono infine i punti di forza della metodologia con
particolare riferimento a questioni quali: l‟evidenziazione dei misconcetti,
l‟affinamento del linguaggio, la strutturazione delle immagini mentali.
Il percorso didattico che presentiamo è coerente con l‟attività di ricerca/azione
che il nostro gruppo porta avanti da parecchi anni e che si fonda sull‟utilizzo
sia di modelli dinamici che del software Cabri, in modalità integrata.
L‟ipotesi di lavoro alla base di questo e degli altri percorsi che abbiamo
realizzato nel tempo si fonda su alcune premesse:
la convinzione che l‟approccio alla nostra disciplina debba essere di tipo
costruttivo, a partire da un contesto esperienziale dove sono presenti materiali,
modelli concreti, software;
la consapevolezza che gli “oggetti” della matematica sono accessibili solo
attraverso le loro rappresentazioni;
l‟accettazione che disegno, modelli dinamici e software geometrici sono
registri di rappresentazione diversi e complementari e svolgono una
mediazione semiotica;
la necessità che in tutte le fasi del lavoro trovino spazio la discussione,
l‟argomentazione, la verbalizzazione scritta.
Riteniamo inoltre che, in un ambiente didattico così caratterizzato, possano e
debbano realizzarsi: a) la personalizzazione dei percorsi di apprendimento; b)
una diversa modalità di interpretazione del proprio ruolo da parte del docente.
Per un approfondimento di tutte queste indicazioni rimandiamo alle nostre
pubblicazioni indicate in bibliografia.
1. Obiettivi
Il percorso che illustreremo nelle pagine seguenti si propone prioritariamente
di condurre gli allievi a formulare differenti definizioni di quadrato, elaborate
172
guardando questa figura - apparentemente così elementare - secondo punti di
vista diversi. Questo risultato finale comporta inevitabilmente, in itinere, la
progressiva scoperta della ricca e complessa rete di relazioni che unisce tale
figura geometrica agli altri quadrilateri e mette le premesse per la
strutturazione di classificazioni inclusive. Inoltre, come docenti/ricercatori, ci
interessava proseguire nella sperimentazione di modalità di lavoro con utilizzo
integrato di modelli e software, in classi di livello scolastico diverso e con
“storie” di apprendimento non omogenee.
Nelle due classi terze di scuola primaria che abbiamo coinvolto, infine,
l‟esperienza è stata principalmente l‟occasione per introdurre – direttamente in
situazione- concetti e termini geometrici di base, funzionali alle attività da
realizzare.
Ci interessa sottolineare in modo particolare come la sequenza didattica che
descriveremo sia stata ideata e organizzata “rovesciando” l‟abituale
impostazione, che vede le definizioni delle figure geometriche come punto di
partenza del percorso di apprendimento: l‟insegnante definisce e spiega,
l‟allievo recepisce ed applica. Al contrario, nel nostro lavoro l‟allievo osserva,
manipola, formula congetture, individua invarianti e varianti significative, le
seleziona; al termine, attraverso la discussione e con il supporto di contro
esempi, arriva alla - o meglio alle - definizioni.
2. Organizzazione: le classi e i tempi
Sono state coinvolte nell‟esperienza cinque classi, per un totale di 114 allievi:
due terze e due quinte di scuola primaria; una prima di secondaria di primo
grado.
Le classi di scuola primaria erano già abituate ad una impostazione didattica
caratterizzata da modalità di lavoro operative e partecipative, con largo spazio
per la discussione, la verbalizzazione e il confronto delle idee. La classe di
scuola secondaria, essendo naturalmente composta da allievi provenienti da
scuole diverse, era invece più eterogenea e una gran parte dei ragazzi non
aveva esperienze di attività matematiche svolte con l‟uso di modelli. In questa
classe è presente un allievo con ritardo cognitivo che ha partecipato comunque
a tutte le fasi del lavoro, senza che fosse presente il docente di sostegno.
Per quanto riguarda il software Cabri, le quinte e la prima secondaria avevano
già alcune conoscenze di base; le terze, invece, non lo avevano ancora mai
utilizzato e quindi vi sono stati svolti, prima di iniziare il percorso vero e
proprio, quattro incontri di un‟ora ciascuno per consentire ai bambini di
apprendere i primi rudimenti del software. In tutte le classi, poi, nel corso del
lavoro, sono state introdotte diverse funzioni che consentono di costruire con
Cabri segmenti uguali (in particolare: circonferenza, trasporto di misura,
173
compasso). Al computer il lavoro si è sempre svolto a coppie; l‟intero percorso
si è articolato in 8 ore complessive (un‟ora a settimana per due mesi).
Tutti gli incontri sono stati gestiti in compresenza dal docente di classe e dal
docente ricercatore; questa modalità di lavoro permette a uno dei docenti di
verbalizzare le discussioni, mentre l‟altro le gestisce.1
3. Fasi di lavoro
Mod. 1
Mod. 2
A) Primo modello: costruzione, articolazione, giustificazione del quadrato.
La prima consegna, da svolgere individualmente, consiste nella costruzione
del modello “quadrato articolabile” (Mod. 1) utilizzando quattro asticciole di
legno incernierate; gli allievi avevano a disposizione, oltre alle quattro viti, 8
asticciole: 4 di una misura e 4 di un‟altra (in una quinta e in prima media)
oppure 3 di una misura e 5 di un‟altra (nelle altre classi). Questa differenza nel
materiale a disposizione non ha avuto conseguenze sulle scelte degli allievi;
tutti hanno correttamente utilizzato quattro asticciole uguali (tranne un allievo
di terza, che ha costruito un rettangolo), prendendo indifferentemente i legnetti
lunghi o quelli corti.
Riportiamo il testo esatto della prima consegna: Dovete montare un quadrato,
scegliete il materiale adatto e spiegate le motivazioni della scelta usando, se
necessario, anche dei disegni.
Tempo assegnato: 10 minuti.
Viene poi data la seconda consegna:Vi sarete accorti che il modello non è
rigido. Articolandolo, quali altre figure si formano? Perché, tra tutte, una sola
la chiami quadrato? Potete arricchire la vostra risposta con dei disegni.
Tempo assegnato: 10 minuti.
In tutte le classi è stato necessario chiarire il significato del verbo “articolare”;
nelle terze di scuola primaria sono anche stati introdotti alcuni concetti di base
sugli angoli, con il supporto di due legnetti incernierati ad una estremità. Gli
allievi hanno tutti individuato: il quadrato, i rombi (“infiniti” o “moltissimi”);
alcuni hanno anche citato il parallelogramma e il caso limite, rappresentato
dalla posizione a segmenti sovrapposti. Il riconoscimento del quadrato è stato
giustificato in prevalenza con l‟uguaglianza di lati e angoli e solo pochi allievi
si sono resi conto che bastava osservare questi ultimi (ciò indica che la loro
attenzione era all‟oggetto quadrato e non al modello concreto). Ciò ha fornito
ai docenti lo spunto per le prime riflessioni sulla differenza tra condizioni
1
I diari di lavoro, con i verbali completi delle discussioni, sono reperibili sul sito della
Sezione Mathesis Pesaro: www.mathesispesaro.altervista.org.
174
necessarie e condizioni necessarie e sufficienti. Lo svolgimento di questa
prima consegna ha richiesto agli allievi di confrontare la loro percezione visiva
con le immagini mentali e le conoscenze già possedute.
B) Verso la prima definizione (riferimento: lati ed angoli).
Conclusa la fase manipolativa, gli allievi sono stati sollecitati a formulare
diverse definizioni di quadrato che tenessero conto delle proprietà di lati ed
angoli; si trattava di completare, collettivamente, frasi del tipo:
Un quadrato è un poligono che ha … - Un quadrato è un quadrilatero che ha
… - Un quadrato è un parallelogramma che ha … - Un quadrato è un rombo
che ha … - ... e così via (questo comporta una preventiva osservazione degli
invarianti).
Caso per caso, gli allievi dovevano quindi selezionare le proprietà necessarie e
sufficienti, evitando ridondanze e ambiguità; le definizioni proposte venivano
scritte alla lavagna, discusse e - se necessario - modificate. È superfluo
sottolineare come questo tipo di consegna, sia pure svolta collettivamente,
comporti un‟attenzione stringente al linguaggio e un controllo severo sul
significato dei termini e sul loro contenuto matematico sia da parte degli stessi
allievi che del docente, nella sua qualità di garante scientifico del lavoro.
C) Costruzione della prima figura Cabri e sua validazione.
Per questa fase dell‟attività, la consegna era: Usando Cabri, costruisci una
figura che riproduca esattamente il modello e la sua modalità di movimento.
La strategia di costruzione adottata dalla maggior parte dei gruppi ha fatto uso
della funzione “circonferenza”; in genere, i ragazzi hanno operato in maniera
consapevole ed orientata e solo pochi hanno svolto, inizialmente, dei tentativi
casuali. Dopo una breve discussione, si è deciso collettivamente di proseguire
il lavoro sulla base del programma elaborato dalla maggioranza.
(Circonferenza di centro A – segmenti AB, AD con B e D sulla circonferenza
– rette a, b parallele: per B ad AD, per D ad AB – poligono ABCD, con C
intersezione tra a, b. Validazione quadrato: perpendicolare per A ad AB). Si
trattava ora di mettere a punto una strategia che consentisse di riconoscere il
punto esatto in cui, nel movimento, si formava un quadrato; testo della
consegna: Come verificare con Cabri (con quale funzione) quando nel
trascinamento si ottiene un quadrato? Per un buon numero di allievi, almeno in
prima istanza, il riferimento privilegiato è stata la misura: quella degli angoli,
naturalmente, dato che il programma garantiva l‟uguaglianza dei lati. È stato
suggerito allora di ritornare sul modello concreto, riflettendo sulla
caratteristica che, in quella situazione, aveva permesso di individuare il
quadrato, cioè la perpendicolarità dei lati. A questo punto diversi allievi hanno
intuito che potevano usare la funzione “Retta perpendicolare” e tale modalità
di controllo è stata poi adottata da tutti; nelle terze, naturalmente, con qualche
sollecitazione in più da parte delle docenti.
D) Verso un nuovo punto di vista: montaggio delle diagonali sul primo
modello e costruzione del secondo modello (Mod. 2).
175
Vengono di nuovo distribuiti i modelli, sui quali gli allievi montano le
diagonali in elastico; la necessità che le diagonali siano di filo non rigido viene
discussa, in collegamento con la variazione di misura delle diagonali stesse.
Prevale intuitivamente l‟idea che tali variazioni si compensino; per rimuovere
questa convinzione si fa ricorso sia alla verifica pratica (misurazione) sia ad
argomentazioni. Si arriva comunque agevolmente ad osservare che, nel caso
del quadrato, le diagonali sono uguali, perpendicolari e si bisecano; questa
constatazione rappresenta il punto di partenza per la prosecuzione dell‟attività,
in quanto si chiede agli allievi di provare ad immaginare come si potrebbe
costruire un modellino di quadrato partendo, questa volta, dalle diagonali. Gli
allievi suggeriscono di utilizzare due legnetti uguali, di incernierarli al centro e
di usare filo elastico per i lati. Viene distribuito il materiale e i ragazzi
costruiscono il modellino; si chiede di nuovo di individuare, articolando il
modello, quali figure si formano, quante di ogni tipo e di spiegare perché si
formano quelle figure e non altre. Gli allievi, in tutte le classi, riconoscono
correttamente le figure e identificano il quadrato come un rettangolo
“speciale”; osservano anche - quasi tutti - la variazione degli angoli formati
dall‟intersezione delle diagonali.
E) La seconda definizione (riferimento: diagonali).
Anche in questa fase si richiede agli allievi di definire il quadrato partendo da
premesse diverse (…un poligono che ha …, un quadrilatero che ha …, un
rettangolo che ha …. ), facendo però riferimento alle diagonali. I ragazzi si
rendono conto - come emerge chiaramente dai verbali delle discussioni - che
più il punto di partenza è generico più sono numerose le proprietà (necessarie
e sufficienti) da esplicitare per identificare il quadrato in modo non ambiguo.
Durante la discussione si fa ricorso – sia su iniziativa dei docenti che degli
allievi – ad altri modelli, con il ruolo di controesempi o di esempi di rinforzo.
F) Costruzione della seconda figura Cabri e sua validazione.
Si passa alla formulazione di un nuovo programma che riproduca il secondo
modello e il suo movimento. Prevalentemente i gruppi costruiscono una
circonferenza con due rette passanti per il centro (circonferenza di centro O –
rette a, b per O – poligono ABCD, con A, B, C, D intersezioni tra rette e
circonferenza. Validazione Quadrato: perpendicolare per O ad AC oppure a
BD); alcuni bloccano le rette al centro e ad un punto della circonferenza e due
gruppi di quinta utilizzano Compasso. Per verificare la formazione del
quadrato, ancora una volta molti utilizzano la misura (sui lati oppure sugli
angoli [sic] del quadrilatero o ancora su quelli formati dall‟intersezione delle
diagonali); solo pochi gruppi usano spontaneamente la perpendicolare – per un
vertice o per il centro – ad una diagonale. In prima secondaria si apre una
discussione sull‟uso della misura in genere (cosa misurare e perché, quante
misurazioni sono necessarie) e in particolare con Cabri, per ribadire che si
tratta comunque di una misura approssimata.
176
In chiusura di percorso, in tutte le classi viene svolta una discussione di
bilancio; si fa insieme il punto sulle definizioni elaborate, sia riferite a lati e
angoli che alle diagonali, riprendendo i modelli costruiti nel corso del lavoro e
quelli via via utilizzati come controesempi. È stato possibile quindi rinforzare
le conoscenze acquisite, verificare la consapevolezza dei concetti e sottoporre
ad un primo controllo le competenze raggiunte.
4. Osservazioni
La lettura e l‟analisi dei protocolli dei ragazzi e dei verbali delle discussioni ci
hanno offerto numerosi spunti di riflessione e di approfondimento in merito
all‟efficacia del percorso presentato; sono venuti alla luce, naturalmente, anche
aspetti che richiedono di essere meglio indagati o parzialmente ripensati, ma
nel complesso il bilancio dell‟esperienza è positivo. Riassumiamo quelli che
sono, a nostro avviso, i principali punti di forza di questa metodologia.
Attraverso la partecipazione attiva degli allievi, la discussione e il confronto
delle idee, si rivelano all‟insegnante misconcetti che spesso restano latenti;
questo è un passo importante, perché consente di attivare strategie volte a
rimuoverli o almeno a rendere gli allievi consapevoli della loro presenza nel
proprio sistema di conoscenze. Questa consapevolezza può rendere possibile,
da parte loro, un controllo critico sulle loro congetture e affermazioni.
Il progressivo affinamento delle definizioni è strettamente connesso con la
conquista di un linguaggio sempre più essenziale e scevro di ambiguità.
I controesempi (altri modelli o anche altre figure Cabri) hanno un ruolo
fondamentale sia per l‟accuratezza e la precisione del linguaggio che per la
consapevolezza delle conoscenze; in particolare riducono significativamente il
rischio che gli allievi considerino come caratterizzanti per una figura delle
proprietà che non le appartengono in modo esclusivo.
Nelle classi di scuola primaria, alcuni scambi di battute nel corso delle
discussioni testimoniano la progressiva maturazione di un punto di vista più
oggettivo sui fenomeni; lo evidenzia il passaggio dall‟uso di forme verbali
soggettive (vedo che ….) a considerazioni su ciò che accade oggettivamente e
che quindi è ritenuto più convincente perché condiviso.
La dialettica tra modello concreto e Cabri ha consentito non solo di acquisire
in modo non passivo nuove conoscenze, ma anche di sottoporle a verifica e
validazione attraverso metodologie di lavoro diverse e complementari.
Sia i modelli che Cabri, infine, incorporano un‟idea dinamica della geometria
pur essendo registri di rappresentazione diversi; rispetto ad un approccio
“statico”, si realizza così un forte stimolo alla flessibilità del pensiero e si
arriva alla costruzione di immagini mentali più ricche, integrate e solide.
177
Bibliografia
Bartolini Bussi M. G., Mariotti M. A. (2009). Mediazione semiotica nella didattica
della matematica: artefatti e segni nella tradizione di Vygotskij.
L‟insegnamento della matematica e delle scienze integrate. A-B, 3, 269 – 294.
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Facenda A.M., Fulgenzi P., Nardi J., Paternoster F., Rivelli D., Zambon D. (2008).
Parallelogrammi inscritti in quadrilateri. Seconda parte. L‟insegnamento della
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Facenda A.M., Fulgenzi P., Nardi J., Paternoster F., Rivelli D., Zambon D. (2008).
Uso integrato di Cabri e modelli dinamici: resoconto di una esperienza sui
parallelogrammi. Terza parte. L‟insegnamento della matematica e delle scienze
integrate. A, 5, 429 – 444.
Parole chiave: modelli dinamici; Cabri; immagini mentali; argomentazione;
definizione.
178
SEZIONE 6
SCUOLA SECONDARIA
DI SECONDO GRADO
179
180
Prodotti notevoli e scomposizioni
Una parafrasi algebrica e le sue implicazioni didattiche
Miglena Asenova
R.S.D.D.M., Bologna
Sunto. Questo testo espone un percorso didattico in classe, legato all‟argomento
“prodotti notevoli-scomposizioni”. Esso propone un‟analisi tramite gli strumenti del
triangolo della didattica, della storia dell‟algebra e della semantica di Frege [calata
nel contesto della retorica classica, come suggerito da Arzarello, Bazzini e Chiappini
(1994)].
1. Premessa
Uno degli argomenti più difficili per gli allievi all‟inizio delle scuole superiori
è quello delle operazioni con i polinomi e in modo particolare la gestione dei
prodotti notevoli e delle scomposizioni.
Il presente testo non ha l‟ambizione di proporre percorsi innovativi della
didattica dell‟algebra in senso generale; lo scopo è quello di condividere la
seguente esperienza e di mostrare com‟è possibile scomporre una situazione
didattica, analizzando i percorsi cognitivi dell‟allievo, tramite gli strumenti
della didattica della matematica e le ricerche svolte in questo campo.
L‟esperienza in aula (svolta in una 1a ITC) anticipa il trattamento delle
scomposizioni, proponendone il primo approccio insieme ai prodotti notevoli.
2. Breve quadro teorico
In didattica della matematica gli ostacoli all‟apprendimento si distinguono in
ostacoli epistemologici, ostacoli didattici e ostacoli ontogenetici.
L‟analisi degli ostacoli epistemologici si basa sulla tesi della convergenza, in
generale, tra evoluzione storica dei concetti e il percorso d‟apprendimento del
singolo individuo e l‟interpretazione che ne dà Guy Brousseau in campo
matematico (Brousseau, 1983). A tale proposito sono molto interessanti le
analisi di Anna Sfard (1991); l‟Autrice evidenzia in modo molto convincente
come ogni concetto matematico può essere concepito in due modi diversi ma
complementari: una volta come processo (cioè operativamente) ed una volta
come oggetto (cioè strutturalmente). L‟aspetto operativo è quello che compare
sempre come primo e porta, dopo aver stabilito una sufficiente familiarità con
esso, ad una cristallizzazione (la reificazione) del processo, che diventa
181
concetto e oggetto matematico. Dall‟operare tramite esso si arriva quindi
all‟operare con esso.
Gli ostacoli didattici sono strettamente legati alla figura dell‟insegnante, in
quanto protagonista della trasposizione didattica «…intesa come il lavoro di
adattamento, di trasformazione del sapere in oggetto di insegnamento, in
funzione del luogo, del pubblico e delle finalità didattiche che ci si pone»
(D‟Amore, 1999, p. 223).
Gli ostacoli ontogenetici rivestono un‟importanza minore in questa occasione
e non avranno spazio all‟interno di questo lavoro.
La conoscenza della storia della matematica è fondamentale per poter
individuare eventuali ostacoli epistemologici; la conoscenza degli strumenti
diagnostici della didattica della matematica è indispensabile per riconoscere
immagini mentali, modelli e misconcezioni.1
Per l‟analisi didattica specifica mi appoggerò ripetutamente alla terminologia
ed agli strumenti proposti in Arzarello, Bazzini, Chiappini (1994). In questo
testo gli Autori fanno uso della semantica di Frege (triangolo costituito da
segno, senso e denotazione), calando questa però in un contesto più dinamico,
quello della retorica classica.
La retorica classica studia le relazioni tra significato (insieme dato da senso e
denotazione) e significante (il segno, cioè l‟espressione simbolica che li
rappresenta). Le espressioni vengono così distinte in tropos (trasformazione
paradigmatica) e figura (trasformazione sintagmatica). Nei tropos cambia il
significato, mentre rimane inalterato il segno; nella figura cambia il segno,
mentre rimane inalterato il significato.
Per analizzare l‟uso del linguaggio algebrico, sono di principale interesse le
polisemie (una tipologia di tropos) e le parafrasi (una tipologia di figure). Le
prime sono connesse alla funzione simbolica della scrittura ed alla creatività
semantica,2 mentre le seconde governano la funzione algoritmica della
scrittura ed esprimono principalmente una efficienza sintattica.
3. Il lavoro in classe e l’analisi dal punto di vista didattico
Dopo aver introdotto la moltiplicazione tra polinomi, ho suddiviso i ragazzi in
gruppi omogenei per capacità per mantenere una buona motivazione anche per
gli studenti più deboli e per evitare che all‟interno del gruppo si deleghi il
lavoro al più bravo e gli altri non traggano nessun beneficio dalla
1
Per la definizione della terminologia specifica della didattica della matematica ed un‟analisi
del triangolo della didattica consiglio D‟Amore (1999) e D‟Amore, Fandiño Pinilla (2002);
sull‟analisi del termine misconcezione si può vedere anche D‟Amore, Sbaragli (2005).
2
Quando per esempio nella soluzione dei problemi si passa da un frame all‟altro o da un
dominio di conoscenza all‟altro (D‟Amore, 1999).
182
cooperazione.3 Gli studenti sono in questo modo costretti a comunicare le
proprie riflessioni; la discussione sulla correttezza delle soluzioni all‟interno
del gruppo può così appoggiarsi ad un linguaggio dichiarativo orale o scritto
diretto ai propri pari, che è inevitabilmente diverso da quello rivolto
all‟insegnante e che può contribuire al rafforzamento della competenza
comunicativa in matematica, ma anche all‟apprendimento concettuale stesso
(D‟Amore, Fandiño Pinilla, 2007).
Fase I. Nella prima fase ho fatto lavorare i singoli gruppi su esercizi nei quali
comparivano esempi del tipo 2 x  3 y  2 x  3 y  o simili. Dopo aver lasciato
il tempo ai ragazzi di correggersi a vicenda all‟interno del gruppo, ho proposto
di cercare un modo che permette di velocizzare il calcolo.
I gruppi degli studenti più bravi in matematica tendono a voler lavorare da
soli, accettando la sfida ed implicandosi nella risoluzione del problema
proposto, mentre i gruppi degli studenti più deboli hanno bisogno d‟essere più
guidati e necessitano di incoraggiamenti frequenti. I suggerimenti vanno
tuttavia forniti con molta parsimonia e soltanto fino quando almeno uno degli
studenti non è in grado di proseguire.
Le risposte che i ragazzi hanno elaborato erano del tipo: Si prende il primo, lo
si moltiplica per se stesso, si fa la stessa cosa con il secondo, poi si fa il primo
per il secondo e poi per due.
Per me il passo da qui alla formula sembrava breve, ma dal punto di vista
dell‟allievo non lo è sempre. Il modo che usano gli allievi per spiegare il
procedimento è basato sul linguaggio naturale; il linguaggio simbolico è
assente. A questo punto mi sembra opportuno fare un breve cenno storico.
Per diventare lo strumento efficiente che conosciamo oggi, l‟algebra ha
percorso almeno tre stadi fondamentali: algebra retorica (è parlata, non sono
presenti simboli; risale al periodo prima di Diofanto di Alessandria (250 d.C.)
ed è rintracciabile già nei papiri egizi), algebra sincopata (si introducono delle
abbreviazioni per le incognite, ma i calcoli sono eseguiti sempre tramite il
linguaggio naturale; risale al periodo di Diofanto, che ne diede inizio, e dura
fino al sec. XVI), algebra simbolica (impiego di lettere per tutte le quantità,
sia note sia ignote; l‟algebra non viene più usata solo per risolvere equazioni
ma anche per generalizzare processi risolutivi o per dimostrare congetture;
viene introdotta da F. Viète nel XVI sec. e perfezionata successivamente).4
La differenza fondamentale tra le prime due fasi e la terza consiste
nell‟abbandono del linguaggio naturale che esercita il controllo semantico.
Mentre le prime due fasi sono procedurali, la terza fase è di natura strutturale;
il salto concettuale è quindi alto e il livello di astrazione è ben diverso. Il caso
in questione è ancora più complicato in quanto gli studenti, che hanno appena
3
Per un trattamento approfondito sulle diverse modalità di lavorare in gruppo, si veda Triani
(2000).
4
Si veda Arzarello, Bazzini e Chiappini (1994) e Bagni (2008).
183
iniziato a confrontarsi con il linguaggio simbolico (quindi fase procedurale sui
polinomi), devono riconoscerli come oggetti sui quali operare generalizzazioni
e tra i quali riconoscere delle relazioni (quindi fase strutturale).
La nominalizzazione è un‟altra difficoltà con la quale ci si scontra, quando si
ha lo scopo di generalizzare o si intende sfruttare l‟algebra per indagare o
dimostrare. Il fatto di poter usare lettere al posto di quantità note è stato già
interiorizzato dai ragazzi, ma capire come si devono scegliere le lettere per
esprimere la relazione tra gli oggetti in questione, significa aver interpretato
correttamente tale legame ed essere in grado di usare in maniera corretta il
simbolismo operativo.
Alcuni ragazzi hanno proposto per esempio la seguente notazione:
A. 2a  3b 2a  3b
oppure
B. a  b  c  d 
2x  3 y   2x  3 y  .
per generalizzare
Nel caso A. è evidente che lo studente si trova ancora al livello di astrazione
precedente, dove solo la quantità incognita è rappresentata da lettere; egli non
è in grado di percepire il monomio come un oggetto unico, rappresentabile
tramite un unico simbolo.
Nel caso B. si nota invece come le lettere vengono impiegate come disignatori
rigidi (ogni lettera designa un oggetto), non riconoscendo la caratteristica che
devono esprimere le lettere: la moltiplicazione di due binomi uguali.
Fase II. Il passo successivo è stato quello di generalizzare il risultato della
moltiplicazione del tipo 2 x  3 y   2 x  3 y  , cioè 4 x 2  12 xy  9 y 2 , usando
la generalizzazione discussa precedentemente ( a  2 x e b  3 y ) e di
esprimere il prodotto usando le potenze.
I ragazzi del gruppo più debole hanno evidenziato la mancanza di controllo
semantico sull‟attività, dimostrando di non riconoscere più la differenza tra gli
esempi concreti e la formula che si tentava di costruire (i due livelli di
astrazione non esistono più, il secondo è collassato sul primo). Questo ha
richiesto una ripetuta ricapitolazione e ridiscussione dei passaggi finora seguiti
per riassumere la situazione.
In questa occasione è emersa una difficoltà dovuta all‟interpretazione del
simbolo di uguaglianza soltanto come indicatore algoritmico di “eseguire” e
non come indicatore di equivalenza. Una interpretazione del secondo tipo
viene costruita lentamente e difficilmente prima che si affrontino in maniera
corretta le equazioni. L‟interpretazione del primo tipo è quella che viene
acquisita per prima e continuamente confermata dai numerosi esercizi di
rafforzamento sulle espressioni.
Inoltre, un mio sospetto, che un fatto tanto semplice ed ovvio per noi
2
insegnanti, cioè che a  b a  b  a  b , non lo fosse affatto per tutti i
ragazzi, ha trovato conferma proprio in questa occasione. Qui si potrebbe
2
annidare anche il classico errore a  b  a 2  b 2 , basato sulla misconcezione
184
di una presunta distributività della potenza rispetto alla somma (Arzarello,
Bazzini, Chiappini, 1994, p. 20).5
Si potrebbe quindi supporre che le difficoltà con le successive scomposizioni,
che di solito sono introdotte tramite i riconoscimenti dei prodotti notevoli,
potrebbero avere le loro radici proprio in questa mancata attribuzione di senso
ai prodotti notevoli.
Fase III. È stata proposta la seguente consegna: Che cosa cambia se i due
monomi a e b invece di essere entrambi positivi, avessero segni opposti oppure
fossero entrambi negativi?
I ragazzi hanno calcolato alcuni esempi senza l‟applicazione del prodotto
notevole. Tali esempi proponevano a volte il primo, a volte il secondo
monomio come negativo, per evitare che si confondesse il segno con il
simbolo di sottrazione. Dopo che gli studenti hanno constatato che il doppio
prodotto è negativo se i monomi sono discordi ed è positivo se sono concordi,
ho proposto il seguente esercizio:
2
e
2 x  4 x  2 4 x  2  6
 6  4 x  2  2 x
Nonostante il lavoro svolto, tre ragazzi hanno eseguito la moltiplicazione
applicando la proprietà distributiva nel primo caso e il prodotto notevole nel
secondo caso. Un ragazzo ha svolto correttamente il primo esercizio, mentre
ha commesso il classico errore di svolgere il prodotto notevole dimenticando il
doppio prodotto.
Fase IV. Nell‟ultima fase gli allievi hanno lavorato in gruppi disomogenei per
capacità. Lo scopo era quello di motivare, gratificare ed incoraggiare i ragazzi
più deboli ad interagire con i loro compagni più esperti, sfruttando in questo
modo la “zona di sviluppo prossimale” tra coetanei; inoltre, il fatto di aver
discusso ed istituzionalizzato i risultati precedenti, li metteva in una
condizione di quasi parità nelle posizioni di partenza.
Il quesito proposto è stato il seguente:
Osserva la figura sottostante. Mostra, usando la scrittura simbolica, che l‟area
del quadrato grande può essere espressa sia come somma delle aree delle
figure che lo compongono, sia come prodotto dei suoi lati.
5
Per un‟analisi approfondita riguardante le immagini e i modelli mentali che si nascondono
dietro le misconcezioni degli studenti, ma anche sulla difficoltà di farli emergere, si veda
D‟Amore (1999, pp. 145-167).
185
Il lavoro proposto doveva permettere la gestione dello stesso argomento
all‟interno di più registri semiotici e favorire il passaggio tra questi. Tale
attività dovrebbe contribuire al superamento del paradosso di Duval secondo il
quale lo studente è quasi costretto a confondere l‟oggetto matematico con la
sua rappresentazione (coppie rigide oggetto-rappresentazione), visto che gli
oggetti matematici non sono direttamente accessibili, ma lo sono soltanto
attraverso le rappresentazioni semiotiche (Duval, 1993). In questo modo,
inoltre, è possibile legare il prodotto notevole alla sua scomposizione,
rafforzando la concezione del simbolo “=” come indicatore di relazione di
equivalenza e come leggibile da destra a sinistra e viceversa.6
I problemi che sono emersi principalmente in questa fase, sono legati
all‟interpretazione che lo studente dà alle formule algebriche.
Nel caso specifico si tratta di riconoscere l‟invarianza della denotazione che
sta dietro al cambio del segno (passaggio da una espressione simbolica
all‟altra) e la possibilità di associargli sensi diversi. Alcuni allievi eseguono le
trasformazioni delle espressioni algebriche non riconoscendo delle parafrasi,
ma seguendo una tacita convinzione che ogni espressione ha un proprio
significato, mettendo in atto cioè la teoria dei designatori rigidi (Arzarello,
Bazzini, Chiappini, 1994). In questo caso il triangolo di Frege collassa in un
segmento segno-denotazione, spogliandosi del senso.
Durante il lavoro alcuni ragazzi, pur riuscendo a scrivere correttamente le due
espressioni algebriche, non avevano colto l‟unicità della denotazione (area del
quadrato) che doveva essere espressa tramite il simbolo “=”. L‟immagine che
loro avevano del simbolo “=” solamente come comando “esegui” non era più
stabile, ma una nuova interpretazione non era ancora costruita7 (Camici et al.,
2002).
4. Conclusioni
Oltre allo scopo specifico (la condivisione dell‟esperienza d‟aula), questo testo
aveva anche un compito meno evidente, ma non meno importante: mostrare
come le riflessioni sui processi di apprendimento degli allievi diventano ottime
occasioni di riflessione sulla trasposizione didattica ed inevitabilmente anche
sulle proprie convinzioni e sulla propria epistemologia; su ciò che si sa e
soprattutto sul come lo si sa. Un fatto estremamente utile, visto che le nostre
immagini mentali potranno diventare le future misconcezioni dei nostri
studenti (D‟Amore, Fandiño Pinilla, Marazzani, Santi, Sbaragli, 2009).
6
Dal punto di vista geometrico si tratta della proposizione 4 del II libro degli Elementi di
Euclide (proposizione 7 nel caso dei monomi con segni opposti) (Bagni, 1996).
7
Questo disagio è emerso anche in seguito, quando questi ragazzi, in ripetute occasioni, hanno
iniziato ad omettere il simbolo di uguaglianza, cercando di ovviare all‟incertezza attraverso la
scrittura delle varie trasformazioni su righe successive.
186
Inavvertitamente si passa dalla didattica B (centrata sull‟apprendimento
dell‟allievo) alla didattica C (centrata sull‟epistemologia dell‟insegnante).8 Un
passo breve, che richiede però un pizzico di coraggio e di volontà di mettersi
in gioco e di “osare” - verbo che, come nota Fandiño Pinilla, non dovrebbe
essere riservato solo allo studente (Fandiño Pinilla, 2006).
Bibliografia
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8
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epistemologico;
188
Didattica laboratoriale in matematica
(come creare schede di laboratorio per le proprie classi)
Sylviane Beltrame e Graziana Faccin
Liceo scientifico Marinelli, Udine
Sunto. In questo testo viene presentata l‟esperienza di un gruppo di docenti di
matematica di scuola secondaria, impegnati in un‟attività di ricerca-azione per
creare schede di laboratorio adatte alle proprie classi: a questo proposito vengono
date indicazioni, suggerimenti, spunti di riflessione su come operare fattivamente per
produrre tali schede. Infine vengono proposte, come esempio, la scheda-studente e la
scheda-docente riguardanti una attività di introduzione al concetto di polinomio.
1. Premessa
Il progetto nasce dal desiderio espresso dai partecipanti ai corsi [email protected],
tenutisi al Liceo “Marinelli” di Udine, di proseguire il confronto e la
formazione iniziati negli a. s. 2006/07 e 2007/08.
Durante i corsi i docenti avevano analizzato e utilizzato alcune attività già
predisposte da docenti esperti (UMI - Matematica 2001 e 2003): al termine, è
stato loro proposto di diventare a loro volta autori di schede di laboratorio, per
diventare sempre più autonomi e fiduciosi nella costruzione di una didattica
laboratoriale su misura per le proprie classi. I docenti si sono così impegnati in
una attività di ricerca-azione, secondo le peculiarità proprie di questa
metodologia (Spagnolo, 1999): «Il ricercatore è profondamente implicato
perché egli stesso è fattore di cambiamento. Egli è preso “dentro” la situazione
e vi partecipa attivamente. Gli attori sono anche ricercatori, quindi devono
essere consapevoli di ciò che realizzano. Questa consapevolezza è già
promotrice di cambiamento. La valutazione viene fatta dal collettivo. È intesa
in senso formativo, come analisi del feedback per poter meglio orientare la
marcia futura».
A tale scopo, sono stati attivati incontri mensili, guidati da 3 tutors [email protected],
con la partecipazione di 25 docenti di tutta la regione; hanno prodotto schede
di laboratorio fruibili in classi della scuola secondaria di 1° o di 2° grado, ora
messe a disposizione dei colleghi interessati sotto forma di pubblicazione
cartacea (stampa a cura della Provincia di Udine) o multimediale (nel sito
www.liceomarinelli.it).
189
2. Come creare una scheda di laboratorio
Inizialmente i partecipanti sono stati coinvolti in una simulazione di attività
laboratoriale: è stata loro proposta la scheda “Antico gioco russo” (inserita
nella pubblicazione sopra citata), e così i docenti hanno potuto vivere in prima
persona tutte le fasi di un laboratorio strutturato tramite una scheda-guida.
L‟esperienza ha avuto un duplice effetto: da una parte quello di far capire le
caratteristiche indispensabili per rendere chiara ed efficace una scheda di
laboratorio, dall‟altra parte quello di poter vedere come si gestisce un‟attività
di laboratorio così organizzata.
In seguito, sono stati concordati alcuni temi da trattare e i gruppi di lavoro si
sono formati a seconda dell‟interesse dei partecipanti per uno dei temi
proposti:
Introduzione al principio di induzione
Dalla congettura alla dimostrazione
I polinomi
Introduzione alle probabilità
La matematica degli oggetti.
A questo punto, ogni gruppo ha lavorato autonomamente, sotto la supervisione
dei tutors. Ha definito preventivamente gli obiettivi di apprendimento da
raggiungere tramite l‟attività laboratoriale da sottoporre agli studenti: quale
concetto introdurre, quale proprietà, con quale grado di approfondimento. Ad
esempio, il tema dei polinomi è stato affrontato a diversi livelli: due schede
riguardano l‟introduzione della funzione polinomiale in una terza media o
prima superiore; altre due schede, rivolte ad una classe seconda superiore,
trattano il legame dei polinomi con equazioni o disequazioni. In questo modo
le quattro attività costruite su questo tema possono essere utilizzate in
successione per accompagnare gli studenti nella formazione dei principali
concetti relativi ai polinomi.
Un‟attività di laboratorio può comunque essere il frutto di due situazioni,
diciamo così, contrapposte:
da una parte, il docente davanti alla necessità di introdurre uno specifico
argomento matematico va alla ricerca di qualche circostanza della vita reale o
della storia della matematica che abbia un legame con tale argomento e che
desti curiosità;
può invece succedere che nella vita di tutti i giorni sorga un‟idea, uno spunto
che abbia un legame con la matematica e lo si intenda sviluppare; è così che il
gruppo “La matematica degli oggetti” ha elaborato schede e unità didattiche a
partire dalle proprietà matematiche intrinseche di alcuni strumenti e oggetti
della vita quotidiana.
Ogni attività ha portato alla stesura di due schede: una per lo studente, da
impiegare in aula, ed una per il docente, per mettere a disposizione di altri
colleghi il materiale prodotto e consentirne un facile e completo utilizzo. Per
190
far in modo che le schede presentassero una struttura omogenea, è stato
definito un format comune, che si è cercato generalmente di seguire.
Per quanto riguarda la scheda per lo studente, l‟idea di fondo è stata quella di
creare una scheda quanto più possibile snella, chiara, facilmente fruibile dai
ragazzi: a tale scopo, ad esempio, sono state generalmente preferite le tabelle
rispetto alle frasi a completamento, perché visivamente più immediate, ed è
stato limitato al massimo il testo discorsivo.
Altra scelta da operare: quanto è necessario, corretto, utile, guidare gli studenti
nel percorso di ricerca/scoperta proposto? Si è optato per una guida abbastanza
salda con alcuni suggerimenti, spunti di riflessione, indicazioni per procedere
nel percorso. Nello stesso tempo si è però evitato di guidarli eccessivamente:
richiedere troppa precisione, specificità, completezza può far perdere di vista
allo studente lo scopo del lavoro. L‟importante è dare all‟allievo una visione
d‟insieme di quanto sta facendo e permettergli di proseguire l‟attività, avendo
chiari gli obiettivi man mano raggiunti nel percorso.
Il format comune scelto per scrivere le varie schede è stato il seguente:
un titolo eloquente illustrato da un disegno
una introduzione il più possibile intrigante (realtà, curiosità, gioco, storia della
matematica)
una dichiarazione esplicita e chiara del problema da risolvere
una successione di punti numerati che guidano la ricerca dello studente (con
eventuale indicazione degli strumenti informatici da sfruttare).
Per quanto riguarda i commenti per il docente, è stato ritenuto utile inserire
all‟inizio della scheda alcune indicazioni generali su:
classe consigliata in cui si può presentare l‟attività
strumenti consigliati o necessari (software, materiali usuali, carta…)
prerequisiti
obiettivi in termine di conoscenze e/o abilità
concetti soggiacenti eventualmente sviluppabili (approfondimenti)
in modo che il docente abbia subito di fronte le caratteristiche principali della
scheda e possa decidere se e quando utilizzarla.
Si è seguito poi, passo a passo, la scheda dello studente, indicando le risposte
che sarebbe lecito attendersi dagli studenti.
Infine, laddove è risultato utile, sono stati indicati alcuni consigli sulla
gestione dell‟attività: ad esempio, si è cercato di porre in evidenza le eventuali
criticità o difficoltà che l‟allievo potrebbe incontrare, oppure sono stati messi
in rilievo i passi richiedenti una guida più attenta da parte del docente.
3. Come utilizzare una scheda di laboratorio
Tenendo presente che gli obiettivi del laboratorio di matematica sono:
costruire i significati degli oggetti matematici, mostrare la matematica come
191
una sfida intellettuale, aumentare la motivazione allo studio, invitare all‟uso
consapevole di modelli matematici, favorire l‟apprendimento socializzato,
diamo di seguito alcuni suggerimenti che possono rivelarsi utili nell‟uso delle
schede di laboratorio.
1. Il docente introduce il problema, possibilmente proiettando su schermo la
scheda di laboratorio per lo studente, illustrando il contesto e dichiarando
chiaramente gli obiettivi e le fasi della ricerca. Ciò permette ad ogni studente
di avere fin da subito chiaro lo scopo dell‟attività ed i punti principali su cui
essa è strutturata; inoltre il docente ha la possibilità di rispondere a dubbi o
domande che inizialmente possono emergere. Successivamente si distribuisce
un copia cartacea della scheda a ogni studente.
2. È importante far percepire agli studenti che il momento del laboratorio, pur
presentandosi in modo accattivante e piacevole, è a tutti gli effetti una attività
che contribuisce pienamente al processo di apprendimento. A questo scopo
sarà utile inquadrare i contenuti dell‟attività nella mappa dell‟unità didattica in
corso oppure dichiarare che il lavoro che sta per essere svolto funge da
introduzione ad un nuovo argomento.
3. È consigliabile indicare preventivamente gli strumenti (quale software, carta
e penna, ...) utili alla ricerca o eventualmente utilizzare l‟attività per introdurre
o approfondire un software. In alcuni casi il docente dovrà preparare in
anticipo alcuni semplici oggetti (spaghi, bollini, …).
4. Il docente forma i gruppi di lavoro, preferibilmente composti da 3 studenti
(numero ideale per favorire la discussione senza lasciare nessuno da parte) di
livelli eterogenei. Se la ricerca si concluderà con una relazione scritta o
multimediale, può essere utile assegnare subito a un membro del gruppo anche
il compito di osservatore del processo di ricerca.
Sarà compito del docente monitorare l‟andamento dell‟attività di ogni gruppo,
ponendo particolare attenzione ad eventuali studenti in difficoltà, in modo tale
da intervenire, se necessario, per stimolarli e indirizzarli in modo appropriato.
5. Per favorire un atteggiamento metacognitivo può essere utile richiedere agli
studenti, oltre alla compilazione della scheda, anche una relazione finale sul
lavoro svolto, che riporti le loro osservazioni, scoperte e commenti (con
modalità libera: documento di testo, presentazione in diapositive, ipertesto). In
laboratorio di informatica potranno essere curate le elaborazioni che
necessitano di particolare software, mentre l‟assemblaggio sarà perfezionato a
casa. In questo caso è preferibile lasciare una certa libertà di scelta nella
formazione dei gruppi di lavoro, per facilitare la collaborazione anche al di
fuori dell‟orario scolastico.
6. Al termine dell‟attività, il docente potrà correggere, commentare,
approfondire i risultati ottenuti dai vari gruppi o anche chiedere a un gruppo di
relazionare in plenaria sul proprio lavoro.
Proponiamo di seguito, a titolo di esempio, la prima delle quattro attività sui
polinomi.
192
4. Polinomi per descrivere la realtà: una scatola capiente
PER LO STUDENTE
Problema: dato un foglio di cartone di forma
rettangolare 100 × 80 cm, ritagliare in
corrispondenza dei vertici quattro quadrati
uguali in modo da ottenere, con opportune
piegature, una scatola aperta senza coperchio
che abbia il volume massimo.
Per risolvere questo problema userai un foglio
di calcolo che ti aiuterà a trovare la soluzione.
1. Osservando la figura e immaginando la scatola che si viene a formare, scrivi
la sua lunghezza e la sua larghezza in funzione dell‟altezza x che avrai scelta
per la scatola.
100 cm
80 cm
x
x
193
2. Scrivi la formula che dà il volume V (x)
della scatola, poi sviluppa l‟espressione
ordinandola secondo le potenze decrescenti di
x (ottieni un polinomio, di che grado?)
V (x) 
3. Prepara in Excel una tabella per ottenere i
possibili valori del volume a seconda della
scelta di x . Inizia con x  0 (cosa succede
alla scatola?) poi continua fino a completare
tutte le possibili scelte di x … Cosa hai notato
sulla scelta di x : puoi scegliere qualsiasi
valore?
4. Illustra i risultati ottenuti con un istogramma in Excel. Il grafico ti dà un
valore approssimato dell‟altezza per cui ottieni il volume massimo: qual è?
PER IL DOCENTE
Classe consigliata:
Strumenti: Excel
1^
PREREQUISITI
volume di un parallelepipedo
formule e grafici con Excel (oppure introduzione a questi strumenti di Excel
durante l‟attività)
OBIETTIVO DELL‟ATTIVITA‟ conoscenze e abilità
concetto di polinomio come funzione di una variabile
equivalenza fra forma fattorizzata e sviluppata di un polinomio
percezione che la modellizzazione matematica di un problema concreto
aiuta a dare una risposta
lettura di un grafico per riconoscere un massimo
CONCETTI SOGGIACENTI (eventualmente sviluppabili)
zero e segno di un polinomio
Risposta:
V ( x)  100  2 x   80  2 x   x
 4 x 3  360 x 2  8000 x
Questa attività ha il vantaggio di presentare inizialmente un polinomio sotto
forma fattorizzata, necessaria per scrivere il volume di un parallelepipedo. In
questo modo lo studente dovrebbe in futuro percepire naturalmente
194
l‟equivalenza fra forma fattorizzata e sviluppata. Inoltre il docente potrà da
subito, se lo ritiene opportuno, utilizzare la tabella Excel per sollecitare gli
studenti con varie domande: Perché alcuni particolari valori di x azzerano il
polinomio? (Introduzione al concetto di zero di un polinomio); Perché certi
valori lo rendono positivo e altri negativo? (La risposta alla domanda si trova
nella forma fattorizzata del polinomio); Questi risultati hanno tutti una
corrispondenza nella realtà della scatola da costruire? (Un volume negativo
non esiste…).
L‟osservazione dei risultati ottenuti sia in forma numerica che grafica sarà una
utile occasione per capire l‟equivalenza dei due linguaggi e esercitarsi
all‟interpretazione di grafici.
altezza
x
0
0,5
1
1,5
2
………
13,5
14
14,5
15
15,5
………
39
39,5
40
40,5
41
………
49
49,5
50
50,5
51
51,5
52
volume
V(x)
= (100-2x)(802x)x
0
3910,5
7644,0
11203,5
14592,0
………..
52231,5
52416,0
52504,5
52500,0
52405,5
……….
1716,0
829,5
0
-769,5
-1476,0
……….
-1764,0
-940,5
0
1060,5
2244,0
3553,5
4992,0
nullo
+
+
+
+
+
+
+
max
+
+
+
+
+
nullo
nullo
+
+
+
+
Dal foglio Excel si osserva che:
per x  0 la scatola ha volume 0,
perché praticamente non si può formare
una scatola di altezza 0;
per x  40 si ottiene un volume
negativo, il che è assurdo: in effetti
essendo la larghezza della scatola pari a
80  2 x , x non può superare 40;
x varia con un passo di 0,5 cm ma si
potrebbe anche impostare la tabella con
un passo di 0,1 ( x assume valori
razionali a scelta compresi fra 0 e 40).
Dal grafico, si osserva che il volume
pare massimo per x compreso tra 13,5
e
15
(14,5
nella
tabella,
approssimazione dovuta al passo
impostato a 0,5 per fare variare x).
Il docente farà notare agli studenti che
il valore massimo letto sul grafico e
sulla tabella è soltanto un valore
approssimato e che durante il loro
percorso di studi verranno in possesso
di precisi strumenti matematici per
ottenere il valore esatto.
195
Bibliografia
Beltrame S., Faccin G. (2010). Didattica laboratoriale in Matematica: 20 schede del
Laboratorio Permanente. Udine: Ufficio stampa Provincia di Udine.
MIUR-UMI-SIS (2004). Matematica 2003. La Matematica per il cittadino. Lucca:
Matteoni.
Spagnolo F. (1999). La ricerca in didattica. Sito internet della Treccani, ITER,
Dialogare. http://math.unipa.it/~grim/ricercirsae.pdf.
Parole chiave: didattica laboratoriale; ricerca-azione; formazione docenti;
matematica.
196
Appunti di un viaggio della matematica
Paola Ferioli
con il contributo di Gianluca Fava, Pietro Nannetti e Michele Zarri
Centro formazione professionale Forma Giovani, San Pietro in Casale (BO)
Sunto. Quando in un‟aula troviamo ragazzi diversi per esperienze, etnia, lingua e
colore, ma saldamente accomunati da fallimenti nella scuola secondaria, da
mancanze di fiducia in sé e negli altri, di sogni, di passioni, di autostima, e quindi
delusi ed arrabbiati o, nel peggiore dei casi, rassegnati, occorre che noi insegnanti
strutturiamo una situazione didattica in cui gli studenti siano i veri protagonisti della
progettazione delle attività. A ragazzi quasi o già maggiorenni viene richiesto di
ipotizzare, agire, costruire, verificare e all‟insegnante è chiesto di attuare una
pedagogia attiva che permetta all‟allievo di costruirsi il proprio sapere attraverso la
realizzazione di un singolo artefatto o di un lavoro più ampio. Il lavoro pratico
diventa dunque luogo e occasione di coinvolgimento di più gruppi di allievi e di
insegnanti, ognuno dei quali ha un ruolo specifico e nello stesso tempo tutti i membri
si sentono accomunati dallo stesso obiettivo. L‟apprendimento non è solo mezzo di
conoscenza, ma ciò che permette di riconoscere e contattare la voglia di lavorare e di
scoprire che ci si può divertire ad imparare perché ci si sente parte essenziale nel
progetto: alla fine facciamo matematica tutti quanti.
1. La motivazione
Insieme ad un bel gruppo di persone ed a un variopinto insieme di studenti,
lavoro presso il Centro di Formazione Professionale “Forma Giovani” a San
Pietro in Casale, paese della provincia di Bologna; tale scuola opera sui profili
professionali meccanico ed elettrico, offrendo ai ragazzi corsi biennali gratuiti.
Le tante persone che vi lavorano ed i distinti ruoli che si integrano, hanno le
stesse motivazioni e finalità: difendere i ragazzi da una deludente dispersione
scolastica e garantire un‟importante offerta didattica nell‟ambito dell‟Obbligo
Formativo di Istruzione e di Formazione, per insegnare il mestiere ai ragazzi,
senza però escluderli mai da quelle conoscenze di cultura di base, che
conferiscono loro la dignità di cittadini italiani.
Io insegno matematica e mi piace pensarla non come la materia del calcolo
professionale arido e sterile, ma come una vera forma di educazione al
ragionamento, alla ricerca di strategie, al pensiero matematico vero e proprio.
Pur lavorando in un centro professionale, non umilierò mai la matematica per
ridurla ad una disciplina finalizzata alle materie pratiche di indirizzo, il
servilismo non ci appartiene. La matematica può essere sì un supporto, ma è
197
bella anche da sola, fatta magari in modo laboratoriale, con ipotesi, ricerca e
valutazioni e mostre finali delle attività svolte.
Perciò ci siamo chiesti: Se nel nostro Centro non usiamo libri (un unico testo
non potrebbe rispondere alle nostre richieste didattiche), ma usiamo solo
fotocopie o appunti personali troppo spesso vaganti e/o volanti, allora perché
non costruire insieme il nostro strumento, una nostra grande dispensa con le
indicazioni delle lezioni e le esperienze realizzate insieme ai ragazzi?
Formata didatticamente e sostenuta nelle emozioni e nelle convinzioni da
Silvia Sbaragli, con la sua supervisione e superlettura, ho pensato quindi,
assieme ad alcuni colleghi altrettanto coraggiosi e convinti e con l‟aiuto di
alcuni studenti, di realizzare un nostro Libro di Aula: un lavoro forse un po‟
presuntuoso, ma senza alcun dubbio altamente stimolante per i nostri ragazzi,
spesso con più problematiche degli adolescenti “comuni”, quasi sempre con
meno autostima, ragazzi simili al giovane Step di Moccia, facili da perdere,
difficili da conoscere, ragazzi che forse si scandalizzano solo se li consideri
bravi ragazzi.
Abbiamo così pensato, progettato e realizzato insieme e con passione, un
percorso didattico interdisciplinare che fosse attento sia ai programmi
ministeriale ed agli Indicatori degli obiettivi da raggiungere, sia e soprattutto
alle esigenze degli allievi, con i quali si può sperimentare senza dimenticare
mai che sono persone reali.
Abbiamo raccolto la maggior parte delle attività che svolgiamo nel corso dei
due anni, presentando lo stesso argomento secondo le varie discipline tecnico
– scientifiche e nell‟ordine reale in cui le trattiamo: consideriamo, per
esempio, il cubo con la criticità del matematico, l‟attenzione del disegnatore al
CAD, la praticità del costruttore.
Il sapere passa dall‟aula di matematica, uno spazio gestito insieme, ricco di
materiali diversi e di voci di ragazzi che ricercano, ipotizzano, misurano,
calcolano, provano, verificano, all‟aula del disegno tecnico tradizionale e
computerizzato dove trovano ulteriori conferme o smentite al lavoro iniziale,
all‟officina dove l‟oggetto si concretizza e tale artefatto in materia diventa il
veicolo attraverso il quale il sapere concretamente si realizza.
In aula si progetta, in officina si realizza, si ritorna in aula per
istituzionalizzare la lezione: la matematica - andata e ritorno -.
Il gusto dell‟apprendere avviene quando ce n‟è il bisogno. Sono convinta che
non sia sufficiente motivare i nostri ragazzi al fare, ma occorre che in essi
nasca la voglia di fare e questo avviene se stimolati in realizzazioni di oggetti
o coinvolti in situazioni reali.
Il nostro manuale è un oggetto di carta, ma può anche viaggiare in rete, ed è
ricco di oggetti che i ragazzi hanno fatto prima con la testa e poi con le mani.
Ci piacerebbe molto se le sue 125 pagine diventassero 250 o ancora il doppio
con il contributo delle esperienze - matematica e non solo - di altre scuole di
Obbligo Formativo.
198
I disegni di alcuni utensili per la nostra copertina
2. Il libretto didattico
Il nostro manuale didattico, dal titolo Appunti di un viaggio della matematica
(aula - laboratorio - officina, andata e ritorno), si divide in due parti: un‟area
meccanica ed un‟area elettrica.
Nella sezione meccanica abbiamo presentato il programma dell‟area tecnico –
pratico – scientifica del biennio.
Inizialmente consiste nella realizzazione di una morsa meccanica: partendo da
un pezzo di ferro grezzo tutti gli studenti arrivano al prodotto finito eseguendo
una serie di lavorazioni pratiche che devono essere presentate e seguite anche
nelle aule di matematica e di disegno. Alla fine del corso ogni allievo potrà
portare a casa la propria morsa didattica.
Quindi, se in officina si usano metro e righello, nel laboratorio matematico si
studiano gli insiemi numerici e le unità di misura nel sistema metrico
decimale; se in officina si limano piani perpendicolari del pezzo grezzo, in
aula si studia la geometria partendo dal solido per arrivare al piano, poi alla
retta e infine al punto privo di dimensione. È motivante per me insegnante e di
grande credibilità per gli allievi studiare geometria con i pezzi che
comporranno la loro morsa, perché i solidi che via via costruiscono
contengono tutte le informazioni, competenze e conoscenze che un‟insegnante
vuole trasferire.
Quando in officina l‟insegnante ed i ragazzi lavorano sul pezzo con il
goniometro universale o il compasso per misurare e per segnare circonferenze
o archi su una superficie, in aula si ragiona di angoli e di diedri, così puntuale
sorge la domanda: Perché 30° 50‟ non sono trenta gradi e mezzo?, e quasi mai
sono riuscita a convincere proprio tutti che il loro radicato parere è forse una
misconcezione radicata nel tempo da superare.
In seguito i meccanici adopereranno le macchine utensili e con il trapano
realizzeranno fori diversi con punte cilindriche con attacco cilindrico e
cilindriche con attacco conico.
A questo punto il docente di matematica deve incontrare e diventare il collega
di tecnologia perché la conicità è una caratteristica meccanica del tronco di
199
cono ed è data dal rapporto tra la differenza dei diametri delle due basi
circolari e l‟altezza del solido stesso. Con il cartoncino in aula costruiamo un
cono, poi lo sezioniamo per ricavare il tronco di cono ed infine risezioniamo
tale solido con un piano perpendicolare a due diametri e ragioniamo sulla
seziona piana, che risulta essere un trapezio isoscele (in questo modo i
diametri del tronco di cono diventano i lati paralleli del trapezio).
La conicità è data da D-d/h, ma è anche vero che 2h/D - d è uguale alla
tangente dell‟angolo adiacente alla base maggiore del trapezio isoscele, quindi
si introduce e si lavora con la trigonometria nei triangoli rettangoli.
In tecnologia, tale rapporto viene espresso in percentuale o in frazione.
Si incontrano esercizi in cui è richiesta, per esempio, la lavorazione di un
particolare conico con conicità P=25% o altrimenti detto con rapporto 1/K=¼.
Geometria solida, piana, euclidea, trigonometrica, percentuali, frazioni, numeri
e forme, diventano tutte le componenti essenziali per la costruzione del
lavorato, per imparare il mestiere, per avere una qualifica professionale ed un
domani un reddito: finalità forse poco educativa per loro o gratificante per noi,
ma non certo poco ovvia ed intelligente.
Dopo la lavorazione delle singole componenti della morsa, compresa la vite
filettata collegata al manubrio che funziona da leva per l‟apertura e chiusura
della morsa stessa, si passa al montaggio dei particolari al banco, al controllo
della qualità e alla verifica della funzionalità.
Per il controllo delle misure con tolleranze fino al micron (che i meccanici in
officina chiamano millesimo di millimetro) i ragazzi adoperano il calibro ed il
micrometro, mentre per controllare il parallelismo tra due superfici o la
conicità, quindi l‟angolo di inclinazione, si usa invece il comparatore.
La morsa
Un pezzo conico
200
Durante la lavorazione al tornio, per arrivare ad un prodotto finito, partendo da
uno grezzo, i ragazzi devono fare tanti passaggi di lavorazione, asportando
ogni volta del materiale.
Il tornio ha utensili di metallo, il pezzo da lavorare è esso stesso di metallo, i
metalli sono diversi, quindi vanno calcolati bene la velocità di taglio v
(m/min) o il numero n di giri del pezzo (giri/min) per evitare che tutto si rompa
o si fonda.
La velocità di taglio è data da v = 3,14dn, dove d è la lunghezza del
diametro del pezzo in metri. Nell‟aula di matematica consideriamo questa
equazione per ricavare le due d oppure n e giocare con le trasformazioni delle
unità di misura. Dopo avere raccolto una serie di dati sperimentali, i ragazzi
disegnano nel piano cartesiano sia il grafico che mostra la situazione a velocità
costante per vedere l‟andamento della funzione nelle due variabili
inversamente proporzionali, diametro e numero di giri, sia il caso con diametro
costante, nel quale velocità di taglio e numero di giri sono due grandezze
direttamente proporzionali (in questo modo fa ingresso una piccola parte della
geometria analitica nella rappresentazione di un ramo d‟iperbole e di una
retta).
Quale ragazzo non ha mai smontato o almeno osservato un albero a camme di
un motore? Al tornio parallelo gli allievi lavorano un pezzo costituito da due o
più parti cilindriche non coassiali. Se gli assi di rotazione dei cilindri sono
diversi tra loro, significa che esiste un‟eccentricità, data dalla distanza tra i due
centri dei cerchi. Il corpo eccentrico, cioè il cilindro traslato rispetto a quello
che si considera di riferimento, non ruota attorno all‟asse di riferimento, ma
attorno ad un altro ad esso parallelo. La realizzazione di pezzi eccentrici si
rende necessaria quando si vogliono costruire parti che siano in grado di
trasformare un moto circolare uniforme in un moto rettilineo uniforme.
Per progettare in aula un particolare eccentrico da lavorare al tornio, con i
ragazzi si discuterà di circonferenze secanti, di angoli al centro ed alla
circonferenza, del teorema di Carnot. Ho sempre chiesto ai ragazzi di
“provare” il teorema dei coseni nei triangoli rettangoli e sorrido sempre
quando qualcuno dice che Pitagora ha copiato da Carnot o viceversa, per molti
è una questione anagrafica.
Nel manuale didattico presentiamo anche l‟uso dei blocchetti piano paralleli,
con la forma di piccoli parallelepipedi retti, costruiti con elevata precisione e
inalterabili chimico-fisicamente, servono per individuare lunghezze
dell‟ordine del micron. Su ogni blocchetto è riportata la distanza tra le facce
del solido ed è interessante chiedere ai ragazzi combinazioni particolari anche
solo per esercitarli con le addizioni di numeri decimali.
Assieme ad uno strumento detto barraseni, i blocchetti servono anche per
controllare il valore degli angoli in un triangolo rettangolo.
201
Un pezzo eccentrico
I blocchetti p.p.
Il barraseni
Alla fine del secondo anno, quando il programma sopra velocemente descritto
è stato appreso con convinzione, ci piace mostrare agli allievi l‟uso del
divisore meccanico, uno strumento che permette di eseguire degli spostamenti
angolari equidistanti, grazie ai quali possiamo costruire una serie di fori
equidistanti in un pezzo: i fori dei cerchioni di una ruota o dodici fori per i
numeri di un orologio, sono esempi di n divisioni su un oggetto. Il divisore
viene annesso al mandrino della macchina utensile, con un rapporto di
trasmissione 1/K: a 1 giro di mandrino corrispondono K giri di manovella del
divisore. I fori vengono realizzati inserendo dei dischi divisori, ognuno dei
quali ha un certo numero di fori equidistanti, distribuiti su circonferenze
concentriche.
La scelta del disco e della circonferenza di quel disco dipende dal numero di
divisioni n che dobbiamo effettuare. Indicando con x il numero di fori del
disco da passare mentre ruotiamo la manovella del divisore, con f il numero
dei fori della circonferenza scelta, diciamo che per effettuare n divisioni
occorre passare il seguente numero di fori: x = Kf / n.
Il divisore di cui disponiamo in aula ha K = 40, per cui diventa interessante
lavorare con divisori e multipli, facendo scegliere ai ragazzi dischi con fori f in
funzione di n.
Possono realizzare così piccoli oggetti, non solo con utilità meccanica, ma
anche un ciondolino per sé o per un amico.
Per facilitare la comprensione delle funzioni goniometriche, è stato costruito
un quarto di cerchio (di raggio 1 metro per facilità di lettura), come
simulazione del primo quadrante del cerchio goniometrico, all‟origine è stata
posta un‟estremità di un‟asta che termina con un filo al quale è legato un
pesetto. Mediante una vite, l‟asta scorre da 0° a 90° e il pesetto cadendo a
piombo ci permette di leggere il valore del coseno dell‟angolo descritto.
Abbiamo inoltre costruito un cubo scheletrato con le facce reticolate come lo
schema del gioco della schiera o del filetto. Tale realizzazione è stata molto
utile per la comprensione della terna di coordinate nello spazio, il programma
nell‟indirizzo meccanico comprende anche la conoscenza del CNC dove la
fresa lavora seguendo le direzioni dei tre assi ortogonali.
202
Il divisore
Il primo quadrante
Il cubo reticolato
Riguardo la sezione elettrica, i ragazzi che seguono tale profilo hanno
realizzato la simulazione di un piccolo appartamento: hanno lavorato insieme,
progettato, discusso, tagliato il legno, disegnato, colorato, studiato, provato,
verificato, … Si tratta di un impianto elettrico di illuminazione, chiamata
ingresso porta/allarme bagno e prese di energia di una civile abitazione.
Le caratteristiche dell‟impianto sono dettagliatamente descritte nel nostro
libricino, quel che a me interessa ricordare è sia il lavoro di riproduzione in
scala, sia la simulazione dei consumi dell‟ipotetica famiglia Sprechetti,
composta da 4 persone e le cui abitudini rappresentavano un po‟ la media delle
abitudini delle famiglie di appartenenza dei nostri ragazzi (senza accorgercene
abbiamo fatto un pochino di statistica).
Abbiamo quindi considerato 14 elettrodomestici di tipo standard, il loro
consumo energetico in KWh, le ore di utilizzo al giorno (considerando che i
due figli al mattino sono a scuola, che i genitori lavorano fuori casa, che il
climatizzatore si accende solo di giorno ed in estate e tante altre variabili
suggerite dai ragazzi e comunque riportate e scritte), il totale di KWh in un
giorno e in un anno, la spesa in un anno considerando un costo medio di 0,16
euro/KWh (imposte ed IVA escluse), i Kg di anidride carbonica prodotta in un
anno (1 KWh emette 0,65 Kg di CO2 nell‟aria) ed il numero di alberi da
piantare per digerire la CO2 emessa (un albero fissa 2,5 Kg CO2 in un anno).
L‟idea mi è stata data dal docente Giovanni Pezzi, durante la formazione di
matematica tenuta da Sbaragli.
I dati sono stati descritti e rappresentati sia tramite tabella, sia con aerogrammi
ed istogrammi, realizzati durante le attività di matematica, ma anche di
informatica.
E se ora vi dicessi che la famiglia Sprechetti spende circa 1700 euro l‟anno per
buttare nell‟ambiente oltre 7 tonnellate di CO2, non vi fermereste a fare due
calcoli ed a riflettere su quanto consumate voi o su quante volte i vostri
elettrodomestici non sono spenti, ma in un costoso dormiveglia?
203
Il nostro appartamento, fronte e retro
3. Conclusione
Parte del materiale raccontato e descritto nella nostra dispensa, è stato
presentato nel 2008 al Convegno di Didattica della Matematica Incontri con la
matematica n. 22 a Castel San Pietro Terme, dove i ragazzi hanno esposto i
loro lavori, non senza quella timidezza sottile che spesso nascondono.
Dovevamo però fare ancora molte cose. C‟era esigenza di un ordine.
Serviva a noi ed ai ragazzi un quaderno di appunti con i loro lavori, i loro
disegni, un quaderno aperto che si potrà arricchire con le idee di molti altri.
Appunti di un viaggio della matematica ha come sottotitolo: - aula laboratorio - officina, andata e ritorno, ma si può sempre ripartire per un‟altra
esperienza, perché non si è mai arrivati e anche per questo insegnare vuole
dire sperimentarci.
Parole chiave: matematica; laboratorio; didattica; meccanico; elettrico.
204
Facciamo un disegno? Sì, di matematica o di fisica?
Stefano Giacovelli, Anna Marantonio e Gaetano Vallone
Istituto Tecnico A. Serpieri, Bologna
Lorenza Barbieri
Cooperativa La Dolce, Bologna
Sunto. Viene presentata un‟esperienza didattica di apprendimenti basati su immagini
e sulla memoria visiva, per aggirare le difficoltà legate agli apprendimenti
tradizionali in un caso di Disturbo Pervasivo dello Sviluppo. Le semplici tecniche
usate sono facilmente utilizzabili anche in contesti di classe non legati all‟handicap e
in ogni tipo e ordine di scuola. Viene infine proposta una discussione sulla
completezza di significato matematico di sussidi didattici che utilizzino
esclusivamente il registro visivo.
Questo testo documenta un intervento per la riduzione dell‟handicap, in
presenza di una diagnosi di disturbo pervasivo dello sviluppo di livello mediograve, in uno studente di seconda superiore in un istituto tecnico agrario; si
ritiene, e si spera, che l‟approccio seguito possa essere utile non solo in altri
casi di handicap, ma anche per molti studenti normodotati.
Nel caso in esame, le rigidità negli ambiti emotivo-relazionali tipiche del
disturbo compromettono le capacità attentive determinando rilevanti carenze
negli apprendimenti, che giustificano il ricorso a una programmazione
differenziata. Lo studente, sin dalla sua entrata nella scuola secondaria di
secondo grado, ha un caratteristico rifiuto verso le materie dell‟area
matematica, con atteggiamenti di educata ma ferma opposizione a qualsiasi
proposta di lavoro in queste aree. Lo studente però possiede anche rilevanti
abilità mnemoniche e logiche, dimostrate tra l‟altro dalla sua passione per i
giochi logico-enigmistici che esegue abitualmente per rilassarsi. Ha anche una
passione per il disegno a mano libera e ama memorizzare lunghe liste di nomi
scientifici di animali e piante.
L‟intervento educativo per il primo anno porta comunque a buoni risultati, in
particolare per l‟algebra (si arriva fino a equazioni di primo grado), ma
permane l‟atteggiamento oppositivo verso le materie matematiche e fisiche,
accompagnato ormai da forti disagi anche fisici (cefalee e dolori di stomaco).
Per il secondo anno scolastico nell‟istituto tecnico agrario cambia l‟insegnante
di sostegno, per cui si forma un piccolo team composto da un insegnante
curricolare di matematica, una insegnante curricolare di fisica, un docente di
sostegno di area scientifica AD01 (tutti e tre con abilitazione A049) e una
educatrice specializzata (oltre ad un‟altra insegnante di sostegno, che segue lo
205
studente nelle materie umanistiche). Il team decide quindi di provare a ridurre
il disagio dello studente, che ormai è diventato un aspetto preponderante. Per
prima cosa si prova a trattare dei semplici argomenti fuori dalla classe in
contesti particolarmente tranquilli e rassicuranti, ma questo approccio fallisce,
perché è proprio la materia stessa a causargli disagio. Si prova quindi un
approccio visuale alle materie, viste le buone performance dell‟allievo in
questa area cognitiva. Due argomenti di termodinamica svolti nelle ore di
fisica vengono quindi trattati in modo visuale attraverso grafici di Excel, con
risultati incoraggianti. La differenza tra un andamento lineare e un andamento
quadratico viene visualizzata facilmente come differenza tra una linea dritta e
una particolare linea curva, mentre la trattazione qualitativa attraverso il
registro algebrico era purtroppo improponibile.
Il grande salto in avanti si verifica quando si propone all‟allievo di ricopiare
delle formule matematiche non sul quaderno, ma su fogli da disegno e usando
le tempere. Inoltre, e questo si dimostrerà il passaggio cruciale, gli si propone
di guardare le formule come se fossero dei paesaggi, e non come delle
formule. Lo studente si è immediatamente rilassato e ha svolto questo compito
in modo sorprendentemente accurato e soprattutto con il sorriso sulle labbra;
era chiaro che trovava il compito facile e soprattutto piacevole. Questa
richiesta non è stata casuale: lo scopo era infatti di portarlo a fare comunque
matematica ma con registri non dichiaratamente matematici, e quindi fonte di
stress. Lo studente ha quindi prodotto durante l‟anno scolastico un discreto
numero di tavole con formule su vari argomenti, principalmente prodotti
notevoli e radicali. È stato anche in grado di ricopiare senza errori una formula
che gli è stata mostrata per cinque minuti, e poi nascosta. Durante questo
percorso lo studente stesso ha comunicato spontaneamente alla sua educatrice
e al suo insegnante di sostegno l‟affievolirsi del suo disagio verso la
matematica e la fisica. La speranza del team di insegnanti ed educatrice era
proprio questa: aiutarlo a superare il suo blocco emotivo proponendogli un
cambio radicale di prospettiva e di registro comunicativo. Dopo questo
cambiamento concettuale, è stato possibile proseguire gli insegnamenti
curricolari veri e propri, arrivando in matematica alle disequazioni di primo
grado e alle equazioni di secondo grado, e facendogli presentare una sua
ricerca personale sulle linee di forza del campo elettrico e del campo
magnetico. Il team ha considerato il risultato scolastico raggiunto pienamente
soddisfacente, ma non ripagante quanto il sorriso che il nostro studente ora ha
mentre fa matematica.
206
Appendice
Disegni prodotti dallo studente e rappresentazioni grafiche proposte
dall‟insegnante.
Fig. 1. Formula riprodotta dallo studente. La consegna era anche di creare, seguendo
la sua creatività, uno sfondo che si intonasse, visivamente ed emotivamente, con il
tema della formula, cioè la velocità media delle particelle di un gas, secondo la teoria
cinetica dei gas. Le linee incurvate verso destra rappresentano appunto la velocità. Il
tipo di colori caldi utilizzati è anche questo frutto di una scelta dello studente. Va
anche ricordato che i disturbi dello spettro autistico e i disturbi pervasivi dello
sviluppo possono comportare spesso particolari idiosincrasie, come l‟assoluta
intolleranza verso particolari colori o altre caratteristiche di oggetti e di persone, o al
contrario grande predilezione per altri aspetti delle cose e delle persone. Un
insegnante di sostegno di norma prende atto di queste idiosincrasie e le rispetta; solo
se la situazione lo permette e, soprattutto, se lo studente lo tollera, si può cercare di
aiutarlo ad attenuarle.
207
Fig. 2. Tavola prodotta dallo studente
Fig. 3. Tavola riprodotta a memoria dallo studente dopo 5 minuti di osservazione
della tavola precedente
È possibile notare intanto una grande fedeltà cromatica, non accompagnata da
una altrettanto grande fedeltà alle dimensioni degli oggetti: l‟unica vera
differenza tra le due tavole è la mancanza del fregio superiore che compare
nella prima. La formula matematica è riprodotta esattamente; ovviamente,
almeno in questa fase, essa viene acquisita e memorizzata puramente come
una fotografia.
208
Per migliorare l‟area della riproduzione degli oggetti nella loro giusta
proporzione spaziale è stato deciso di continuare il percorso facendo svolgere
allo studente una serie di tavole di copia dal vero, in particolare di copia di
immagini di animali, con il compito preciso di preservare le proporzioni tra le
varie parti del disegno con l‟ausilio di una griglia riprodotta sopra il disegno
(una tecnica di base nell‟insegnamento del disegno artistico).
La griglia permette la preservazione delle dimensioni degli oggetti anche se
cambiano le dimensioni della tavola da disegno.
Infine, un esempio di disegno realizzato dall‟insegnante di sostegno e
utilizzato per illustrare un argomento di matematica, in particolare
l‟introduzione delle funzioni goniometriche seno e coseno.
Fig. 4. Tavola proposta dall‟insegnante di sostegno
209
Lo scopo di questo disegno è di tentare di riassumere graficamente il
significato geometrico delle funzioni goniometriche, utilizzando lo stesso tipo
di rappresentazione proposta (ed evidentemente prediletta) dallo studente. Per
questo motivo è stato scelto di differenziare gli assi cartesiani e la
circonferenza goniometrica dal raggio e soprattutto dalle proiezioni del punto
della circonferenza goniometrica sugli assi cartesiani attraverso una scelta
puramente cromatica: sono stati usati colori freddi per rappresentare il
contorno, mentre sono stati scelti colori caldi per il cuore del disegno. Visto
che lo studente predilige i colori caldi, è stato logico pensare che in questo
modo la sua attenzione si sarebbe focalizzata più verso le proiezioni del punto
sulla circonferenza goniometrica, che sugli assi cartesiani.
Bibliografia
Bertolini P. (2001). Pedagogia fenomenologica. Genesi, sviluppo e orizzonti. Firenze:
La Nuova Italia.
Cadamuro A. (2004). Stili cognitivi e stili di apprendimento. Da quello che pensi a
come lo pensi. Roma: Carocci.
Canevaro A. (1999). Pedagogia speciale. La riduzione dell‟handicap. Milano:
Mondadori.
D‟Amore B. (1991). Ricerca-azione, possibile paradigma della ricerca in didattica. La
Scuola Se. 79-80, 14-17.
D‟Amore B., Frabboni F. (1996). Didattica generale e didattiche disciplinari.
Milano: Franco Angeli.
Lichtner M. (1999). La qualità delle azioni formative. Criteri di valutazione tra
esigenze di funzionalità e costruzione del significato. Milano: Franco Angeli.
Parole chiave: matematica; disagio; handicap; approccio visuale; registri di
comunicazione.
210
Eternamente familiari, eternamente sconosciuti
Carlo Maturo
Liceo A. Nobel, Torre del Greco (NA)
Sunto. Vengono ripresi i concetti della categoria degli insiemi che si rivelano
fondamentali per lo studio dei morfismi reali di variabile reale e dei problemi di
ordine ad essi collegati.
1. Premessa
La nozione di morfismo o applicazione da un insieme a un altro è senza
esagerazione la più importante e la più generale di tutta la matematica.
Questo concetto entra nel pensiero matematico nel XVII secolo; la definizione
come un insieme di coppie ordinate è opera del XX secolo.
Per noi un morfismo sarà una regola o azione che assegna ad ogni elemento
di un insieme non vuoto , detto dominio, un unico elemento
di un
insieme non vuoto , detto codominio. L‟elemento
viene chiamato
l‟immagine dell‟argomento
nel morfismo ; si scriverà
per
descrivere l‟effetto di una regola su un elemento variabile del suo dominio.
L‟insieme di tutte le immagini degli elementi del dominio
è detto
l‟immagine del morfismo
e viene indicato con
: esso è sempre un
sottoinsieme di .
Nel caso in cui
, il morfismo è chiamato suriettivo.
Useremo lo schema
, detto diagramma esterno, per tenere traccia del
dominio e del codominio di un morfismo ;9 la notazione completa che
rappresenta è la seguente:
.
Emerge che un morfismo resta determinato quando se ne specifichino il
dominio, il codominio e l‟immagine che esso assegna ad ogni elemento del
suo dominio. Tenendo conto di questo, l‟uguaglianza
di due morfismi
significa che:
e hanno lo stesso dominio;
e hanno lo stesso codominio;
per ogni punto del dominio
9
Non si esclude la possibilità che il dominio e il codominio di un morfismo siano lo stesso
insieme; si parla allora di endomorfismo, dal greco éndon, interno.
211
10
Per esempio, i morfismi
e
sono
diversi perché hanno codomini diversi anche se vengono descritti dalla stessa
regola. Nondimeno, il morfismo è suriettivo, laddove non è suriettivo.
Così il nostro criterio di uguaglianza per morfismi tra insiemi è necessario se
vogliamo che proprietà quali la suriettività abbiano senso. Viceversa, morfismi
come {
} e {
}, descritti da
regole diverse, sono uguali. L‟idea è che un morfismo fra insiemi non è la
regola stessa, ma ciò che la regola realizza.
Da qui, e non solo, il ruolo rilevante che questo criterio riveste nello studio dei
morfismi e dei problemi ad essi collegati.
Esempi di morfismo sono:
il morfismo costante, la cui immagine consta di un unico elemento;
il morfismo identico di un insieme , {
};
il morfismo restrizione ,
, di un morfismo ,
, con
,
e
per ogni
.
il morfismo proiezione canonica su , {
} oppure su
,{
};
il morfismo composto
di due morfismi che si ottiene dalla azione
successiva prima di e poi di , purché questo abbia senso, purché, cioè, il
dominio di sia il codominio di ;
i morfismi invertibili o biiettivi.
L‟importanza di questi ultimi, in tutti i settori della matematica, ci induce a
una definizione che potremmo dire algebrica poiché si riferisce alla
composizione come operazione.
Un morfismo
si dice invertibile se esiste un morfismo
che
soddisfa entrambe le relazioni:
e
.
Se sussiste la prima relazione e non la seconda, si chiama un inverso sinistro
di che in tal caso risulta iniettivo, cioè porta elementi distinti del dominio in
elementi distinti del codominio; se, invece, sussiste la seconda relazione e non
la prima, si chiama un inverso destro di che in tal caso risulta suriettivo.
10
, dove
denota l‟insieme dei numeri reali positivi.
212
Sono effettivamente necessarie entrambe le equazioni perché il morfismo sia
invertibile; questo rende l‟algebra delle composizioni simile all‟algebra della
moltiplicazione numerica, ma la sua interpretazione è molto più ricca di
significati.
2. I morfismi elementari
Lo schema seguente propone i morfismi che dovrebbero essere costruiti in un
corso di studio elementare.
costante
modulo
circolare
inverso
circolare
polinomi
oo
potenza
esponenziale
logaritmo
eee
La costruzione di ognuno di essi porta con sé quella di determinare anche, se è
possibile, la costruzione dell‟inverso. Ciò avviene di rado. Allora, come i
morfismi elementari, che associano numeri reali a numeri reali, dovrebbero
essere tenuti nella memoria? Un morfismo prodotto da parole e simboli è
alquanto impalpabile; esso acquista un aspetto caratteristico non appena il suo
grafico11 viene rappresentato per il tramite di punti in un piano riferito a un
sistema di coordinate cartesiane. La continuità li organizza in una forma
connessa e sensibile per rivelare una curva. È questo l‟aspetto che, più di ogni
altra cosa, ne spiega l‟identità.
Tuttavia, una curva riferita ad un sistema di coordinate cartesiane non è
sempre rappresentativa del grafico di un morfismo ;
11
Si chiama grafico di
radice
l‟insieme
.
213
lo è se una generica retta parallela all‟asse delle ordinate interseca la curva in
al più un punto. La proiezione parallela dei punti della curva sull‟asse delle
ascisse fornisce il dominio di , mentre la proiezione parallela sull‟asse delle
ordinate fornisce l‟immagine.
Inoltre, se una generica retta parallela all‟asse delle ascisse incontra la curva in
al più un punto allora è iniettiva.
Ritornando allo schema, l‟invertibilità tra potenza e radice, come anche
l‟invertibilità tra circolare e inverso circolare, si ottiene solo a determinate
condizioni: la qual cosa viene evidenziata con un semplice tratto che induce a
pensare un legame.
Il caso che presentiamo è paradigmatico.
Sia
il morfismo potenza ad esponente un numero naturale .
La curva, rappresentativa del grafico di nel caso di pari, mostra che non
è iniettivo.
Volendo invertire questo morfismo dobbiamo restringerne l‟azione ai reali non
negativi oppure a quelli non positivi e prendere come codominio la sua
immagine. Si generano due morfismi diversi ognuno dei quali ha un inverso.
I morfismi restrizione sono rappresentati, con tratto continuo, in due colori
diversi; nello stesso colore, ma con tratto discontinuo, sono rappresentati i
rispettivi inversi. Come si vede, i grafici degli uni sono i simmetrici degli altri
rispetto alla bisettrice del primo e terzo quadrante; del resto l‟operazione
trasforma un elemento di
in uno di
.
Arriviamo al caso.
214
La relazione
che sta ad indicare il morfismo identico dell‟insieme
se è dispari risulta indeterminata se è pari, non sapendo a quale dei due
insieme
o
si fa riferimento; in altri termini, non sappiamo quale segno
attribuire a , né la posizione
contribuisce a farlo, essendo
l‟espressione analitica di un morfismo non più identico. Ecco che la
sostituzione di
con può essere fonte di errore se è pari.
Rimanendo nell‟ambito dell‟invertibilità, l‟esponenziale
e
il logaritmo
danno luogo alle relazioni:
e
;
queste identità risultano molto utili in svariate circostanze, soprattutto nella
forma:
,
.
3. Un problema di ordine
Il màndala dei morfismi elementari porta a intuire come essi agiscono sulla
struttura di ordine dei reali sia a livello locale che globale: a questa struttura
sono legati diversi notevoli problemi.
Proviamo a chiedere a un interlocutore: Che cos‟è una disequazione?, oppure:
Che cos‟è un‟equazione? Le risposte che si ricevono sono variegate e quasi
mai centrano il problema, perché di un problema si tratta.
Innanzitutto, qual è il contesto in cui siffatte domande hanno senso e quali
conoscenze occorre possedere per dare una degna risposta?
Ebbene, il concetto fondamentale che soggiace a simili problematiche è
proprio quello di morfismo tra insiemi che presentano una determinata
struttura: quella di ordine.
Sia un siffatto morfismo.
La disequazione
, come anche l‟altra
, pongono il problema
di determinare quali sono gli elementi del dominio che porta in elementi
negativi oppure positivi del codominio.
Una prima interpretazione del problema per i morfismi reali di variabile reale,
da un punto di vista del tutto generale, è insita nella nozione di grafico di un
morfismo: si tratta di determinare le coppie ordinate
la cui seconda
componente soddisfa la relazione richiesta per
e prendere come
soluzione l‟insieme formato dalle prime componenti di queste coppie.
Questo approccio chiarisce il problema che si sta affrontando ma è del tutto
impraticabile per individuarne le eventuali soluzioni.
A tal fine consideriamo la curva rappresentativa del grafico di : essa ci
consente di vedere le soluzioni del nostro problema nelle ascisse di quei punti
che hanno ordinata negativa, nulla o positiva.
215
In altri termini, i punti della curva situati:
al di sotto dell‟asse delle ascisse rappresentano con le loro ordinate il
problema
;
sull‟asse delle ascisse rappresentano con le loro ordinate il problema
;
al di sopra dell‟asse delle ascisse rappresentano con le loro ordinate il
problema
.
Le soluzioni, nei predetti casi, si ottengono proiettando sull‟asse delle ascisse
il gruppo di punti corrispondente.
Interesse particolare rivestono i morfismi tra insiemi totalmente ordinati che
conservano o invertono l‟ordine. Ad esempio, il morfismo
inverte l‟ordine se
, lo conserva se
; nel primo caso si suole
dire che è monotono strettamente decrescente, nel secondo monotono
strettamente crescente.
I morfismi monotoni, sotto opportune condizioni, godono di altre notevoli
proprietà; ne citiamo qualcuna:
se un morfismo è strettamente monotono nel suo dominio allora esso è
invertibile a partire dall‟immagine;
se un morfismo è strettamente monotono in un intervallo
incluso nel suo
dominio e assume tutti i valori compresi fra
e
allora è continuo in
.
Mostriamo, infine, che conoscere la modalità con la quale un morfismo
conserva o inverte l‟ordine è di fondamentale importanza per eseguire i calcoli
in maniera ragionata.
Assegnata la disequazione
, siano
e
morfismi reali di
variabile reale, entrambi definiti in
. Riscritto il morfismo costante nella
veste
, si ha
.
La proprietà di monotonia di cui gode il morfismo esponenziale, in base
, consente di passare dalle immagini agli argomenti. Si ottiene
216
e quindi
. Le soluzioni di quest‟ultima disequazione
sono evidenti e appartengono all‟intervallo
.
Bibliografia
AAVV (1963). Strutture algebriche e strutture topologiche. Milano: Feltrinelli.
Artin M. (1997). Algebra. Torino: Boringhieri.
D‟Amore B. (1999). Elementi di didattica della matematica. Bologna: Pitagora.
Hersh R. (2003). Cos‟è davvero la matematica. Milano: Baldini Castoldi Dalai.
Israel G. (2008). Chi sono i nemici della scienza? Torino: Lindau.
Lolli G. (2002). Filosofia della matematica. Bologna: Il Mulino.
Prodi G. (1970). Analisi matematica. Torino: Boringhieri.
Parole chiave: morfismo; composizione; grafico e curva; ordine; monotonia.
217
La matematica sul quotidiano
Stefania Teresa Morrone
I.T.C. Padre A.M. Tannoia di Corato, sede di Ruvo di Puglia (BA)
Sunto. In questo testo si presenta un‟esperienza effettuata in una classe seconda
dell‟ITC “Padre A.M. Tannoia” di Ruvo di Puglia, composta da studenti abituati a
leggere i quotidiani in classe, ma limitatamente all‟informazione del testo scritto e
non del corredo iconografico, in particolare dei grafici. Nella presentazione si
descriverà il percorso seguito e la rilevanza dell‟esperienza per la comprensione
degli aspetti matematici presenti nella vita reale.
1. Introduzione
L‟attività qui descritta è nata quasi per caso, nell‟ambito di un progetto
didattico pluridisciplinare che coinvolgeva studenti delle seconde e terze
classi, sul tema del disagio adolescenziale e del bullismo scolastico. Per
quanto riguardava la matematica, il progetto prevedeva un esame delle
informazioni sull‟argomento, presenti in forma numerica e grafica, sui
quotidiani distribuiti a scuola e abitualmente letti dagli studenti in classe.
Data la frequenza con cui, infatti, nello sfogliare un giornale, ci si imbatte in
una o più rappresentazioni grafiche che accompagnano le informazioni in
colonna, si è ritenuto opportuno fare una ricerca su questo tipo di immagini,
anche per capire in che modo esse fossero recepite dagli studenti e fino a che
punto i dati rappresentati fossero compresi.
Nel momento in cui si è presentato agli allievi il compito da svolgere, è sorta
subito da parte loro qualche perplessità; in tanti hanno chiesto cosa si
218
intendesse per informazioni in forma numerica e grafica. È stato subito chiaro
il concetto di rappresentazione di dati in forma tabulare, e qualcuno ha
autonomamente rinvenuto dai giornali alcune tabelle a doppia entrata su
articoli relativi a fenomeni economici e sociali. Più difficile è stata la
comprensione del concetto di rappresentazione grafica.
In certi casi, del resto, svariati tipi di grafici e di raffigurazioni simboliche si
ritrovava fusi in una sola immagine sintetica, a comporre un‟unica figura
emblematica e rappresentativa delle notizie comunicate.
Dal Corriere delle Sera di mercoledì 27 maggio 2009. Articolo: I fumatori di nuovo
in aumento
Molti studenti sapevano individuare i grafici sui giornali, ma non
distinguevano tali figure dalle altre immagini che corredavano gli articoli di
cui facevano parte. Infatti, alla richiesta della docente di mettere da parte le
pagine in cui comparivano i grafici e di sintetizzare le informazioni trasmesse,
gli allievi, per la maggior parte, tendevano a effettuare un riassunto anche
dettagliato di quanto scritto in colonna, con un cenno alla rappresentazione
grafica, più che altro una constatazione della sua presenza, senza
approfondimenti riguardanti i dati presentati da essa. In alcuni casi gli studenti
ritagliavano il grafico dal giornale, senza considerare la relazione tra esso e
quanto scritto nell‟articolo che l‟accompagnava.
Sono emerse, quindi, la tendenza degli allievi a considerare i grafici vincolati a
contesti matematici e l‟attitudine a concentrare la propria attenzione nella
lettura ai messaggi scritti.
Con queste premesse è sorta l‟esigenza di ampliare, con una classe seconda, le
attività previste, con un approfondimento sulle caratteristiche dei grafici che
219
compaiono sui giornali e sulla loro funzionalità, in termini di sintesi ed analisi,
nella comunicazione.
2. I grafici sui giornali
Per trattare l‟argomento è stato dapprima necessario introdurre nella classe i
concetti matematici di base alla comprensione dei grafici. Si è quindi
dapprima preso in esame il sistema di riferimento cartesiano ortogonale nel
piano; successivamente si è considerata la rappresentazione di punti e rette su
di esso.
In seguito si è fatto un accenno alla statistica descrittiva, trattando in
particolare le modalità di rappresentazione di dati quantitativi e qualitativi.
Successivamente si è passati a leggere i grafici sui quotidiani distribuiti a
scuola e si è invitato gli studenti a reperirne altri sui giornali letti abitualmente
a casa.
Gli allievi sono stati portati a dialogare sui grafici esaminati, si è fatto notare
loro che questo tipo di figure non solo sono ricorrenti sui manuali scolastici
delle più diverse discipline di studio (scienze, economia, geografia, storia,
diritto), ma sono sempre più frequenti sui giornali, mentre le tabelle vanno via
via scomparendo. Si è evidenziato che a differenza della tabella, in cui è
ancora il testo scritto a veicolare le informazioni, il grafico poggia quasi
integralmente su elementi visivi, che rendono immediatamente più
comprensibile il messaggio da trasmettere. Rispetto alla tabella, inoltre, il
grafico ha un impatto visivo più gradevole e, in un colpo d‟occhio, fornisce
informazioni dettagliate dando contemporaneamente una visione d‟insieme del
fenomeno, di qualsiasi natura esso sia.
In seguito, con l‟analisi delle prime figure, si sono messe in evidenza le varie
tipologie e le caratteristiche dei grafici, evidenziando gli aspetti matematici
insiti in ciascun caso.
Successivamente, ogni studente ha avuto il compito di compilare una relazione
su un grafico in particolare o di effettuare una ricerca sulle origini storiche di
queste rappresentazioni.
Come ultima attività, gli allievi hanno compilato un WIKI sulla piattaforma
MOODLE dell‟Istituto. Tale elaborato è costituito da una pagina iniziale di
presentazione, nella quale si sono riportate le riflessioni fatte in classe sui
grafici; ogni allievo ha avuto poi il compito di comporre una pagina, collegata
a quella iniziale, nella quale riportare il grafico esaminato con commenti sulle
sue caratteristiche, in relazione anche all‟articolo di cui faceva parte.
Questa esperienza ha consentito agli allievi di entrare con capacità di lettura
nella comunicazione grafica che si va diffondendo sempre più sui giornali,
quotidiani e non, e sulla rete Internet.
220
Capire, inoltre, che un grafico è sempre legato ad una relazione matematica
induce a considerare viva e dominante l‟azione euristica della disciplina nei
campi più diversi, e in particolare nell‟economia, dove ogni fenomeno è
espresso da un grafico e da un sistema di formule matematiche. Dominare
questi sistemi significa agire secondo direttive logiche e risolutive, utili negli
studi successivi, come pure nella vita reale.
3. Alcuni esempi
Ecco alcuni grafici analizzati sul WIKI. Sono presentate le immagini
esaminate e il commento su di esse elaborato dagli studenti.
1. Nell‟articolo, riguardante la variazione dei posti di lavoro in 5 note industrie
italiane, c‟è un ideogramma. Nel grafico viene fatto un confronto fra il numero
dei lavoratori del passato e il numero dei lavoratori attuali.
Da Il Sole 24 Ore del 27 febbraio 2009 - Articolo: Sussidi? Come 23 Ponti sullo
Stretto
Per ogni industria citata l‟ideogramma presenta 2 file di omini; nella prima
fila, di colore arancione, sono rappresentati i dati di oggi, nella seconda fila, di
colore celeste, sono rappresentati i dati del passato.
Il grafico non presenta una legenda completa, in quanto vi compaiono solo i
simboli che rappresentano i dati di oggi e quelli del passato, senza chiarire
quante unità essi indichino; ma i numeri accanto a ciascuna fila ci consentono
di calcolare quanti lavoratori rappresenti ogni omino. Osservando i dati
riportati per ciascuna industria si evince che ogni omino corrisponde a 2.000
lavoratori. Ad esempio, per l‟industria Ilva, per un totale di 12.000 occupati
nel 2009, sono disegnati 6 omini (6×2=12) mentre per il passato, nel 1984,
sono disegnati 13 omini per un totale di 26.000 lavoratori (13×2=26).
221
La rappresentazione con due file di colore diverso permette un facile confronto
tra un periodo e l‟altro. Si osserva infatti che la maggior parte delle industrie
ha ridotto il numero dei posti di lavoro, in alcuni casi drasticamente come
l‟Eni, il cui numero di occupanti è calato di 8.500 unità (da 26.000 a 17.000).
Altre sono invece rimaste stabili ed hanno conservato, chi completamente e
chi no, i numeri di posti di lavoro. È il caso della Fiat che ha mantenuto stabile
il proprio numero di occupati a 12.000 unità, o della Stmicroelectronics che ha
quasi del tutto conservato il numero dei suoi posti di lavoro dal 1999 al 2009
con una differenza di 600 unità o dell‟industria Finmeccanica che nel 1999
poteva offrire 2.300 posti di lavoro in più rispetto ad oggi.
2. Nell‟articolo è rappresentato lo sviluppo imprenditoriale femminile
verificatosi tra giugno 2007 e giugno 2008. Il fenomeno è descritto attraverso
un cartogramma e una tabella più specifica. Il cartogramma illustra come la
imprenditoria femminile sia diversamente distribuita nelle regioni italiane; ad
ogni regione corrisponde un cerchio di corrispondente dimensione
proporzionale al numero di imprenditrici; la rappresentazione è di facile lettura
e risulta dettagliata perché insieme al simbolo grafico del cerchio, collegato da
una linea, c‟è anche il dato numerico.
Dal Corriere della Sera del 9 Gennaio 2009. Articolo: Donne Imprenditrici il Boom
contro la crisi
Si osserva quindi che: la regione italiana in cui il fenomeno è più sviluppato è
la Lombardia con 167819 donne imprenditrici; le regioni in cui si registra un
incremento inferiore sono nel sud, anche se fanno eccezione la Campania e la
Sicilia. Al Nord, in Trentino e Friuli Venezia Giulia si osservano poche donne
imprenditrici, ma va tenuto conto che si tratta di zone non molto popolate.
222
Nella tabella la situazione viene descritta in forma più particolareggiata; si
divide in varie colonne: Società di capitale, Società di persone, Imprese
individuali, Cooperative, Consorzi. Nella rappresentazione grafica viene
indicato il totale per ogni regione.
3. Nell‟articolo, riguardante il problema dell‟inquinamento nello spazio,
compaiono due grafici. Nel primo, un diagramma ad anello, viene descritta la
composizione del materiale disperso, cui vanno aggiunte le due sonde che si
sono scontrate il 10 febbraio 2009.
Da La Repubblica del 17 febbraio 2009. Articolo: Spazio, se si vola fra i detriti
Nel grafico non c‟è legenda, ma per ogni sezione compare una linea collegata
al tipo di spazzatura che rappresenta e alla relativa percentuale. Nel secondo
grafico viene descritta la situazione della spazzatura spaziale; dalla
rappresentazione grafica si desume che il 37% della spazzatura spaziale è alla
deriva, il 31% è sotto controllo, il 5% è composta da oggetti non identificati, il
14% da oggetti incontrollati e il 13% da altri oggetti. In questo grafico ognuna
delle cinque voci è rappresentata da un cerchio; si chiarisce che sono presenti
quantità di satelliti e navi spaziali in funzione, quantità di pezzi di razzo,
quantità di oggetti delle missioni spaziali e quantità di frammenti vari.
Nell‟articolo, inoltre, si viene a sapere che ci sono seimila satelliti lanciati dal
1957 (Sputnik) a oggi, e tremila satelliti ancora funzionanti.
223
4. In questo articolo, riguardante il petrolio e il progetto di estrarlo nel mar
glaciale artico ci sono 2 grafici. Il primo è un diagramma cartesiano mentre il
secondo è un ortogramma.
Da La Repubblica, Affari e Finanza del 23 febbraio 2009. Articolo: Il petrolio che
viene dal freddo
Nel diagramma sull‟asse delle ascisse viene rappresentato il tempo dal
febbraio 2008 al febbraio 2009, mentre sull‟asse delle ordinate compaiono
numeri che indicano il prezzo del greggio in dollari al barile. L‟unità di misura
per l‟asse delle ascisse è il bimestre per l‟asse delle ordinate 20 dollari.
Leggendo il grafico veniamo a sapere che il prezzo del greggio ha subito
notevoli variazioni nel corso del periodo analizzato; partendo da circa 80$ al
barile nel febbraio 2008, è aumentato fino ad arrivare a 140$ ad agosto 2008,
per poi diminuire drasticamente fino a 40$ nel febbraio 2009.
L‟ortogramma mette a confronto la capacità produttiva e la domanda media
annuale di petrolio dal 2004 al 2011 (per il periodo del 2009 al 2011 si tratta di
224
previsioni). Questa rappresentazione grafica presenta la legenda e un asse delle
ordinate suddiviso in tacche regolari che semplificano l‟interpretazione dei
dati.
Bibliografia
D‟Amore B. (1981). Educazione matematica e sviluppo mentale. La matematica dalla
scuola dell‟infanzia all‟università. Roma: Armando.
Degiovanni M., Lucchetti R., Marzocchi A., Paolini M. (2009). Matematica per la
vita – Anche dove non te l‟aspetti. Novara: Fondazione Achille e Giulia Boroli.
Gheverghese J.G. (2000). C‟era una volta un numero. Il Saggiatore. 1, 17-19.
Osservatorio Permanente Giovani Editori (a cura di). (2009). Il quotidiano in classe.
Spunti per una nuova formazione. Firenze: La Nuova Italia.
Parole chiave: grafici; matematica; giornali; quotidiano; Wiki.
225
I sistemi di Lindenmayer: dalla struttura delle alghe
alla forma delle piante
Mario Puppi
Istituto Superiore E. Majorana, Mirano (VE)
Sunto. Vengono presentati percorsi didattici centrati sull‟attività di modellizzazione,
in cui vengono evidenziate interpretazioni ed applicazioni dei sistemi di Lindenmayer
in contesti diversi.
1. Introduzione
Il formalismo dei sistemi di Lindenmayer, brevemente L-sistemi, viene
introdotto per studiare la logica della riproduzione di un‟alga (Lindenmayer,
1968). A partire da allora vengono sviluppati modelli di processi biologici
basati sugli L-sistemi come la crescita di colonie di funghi, lo sviluppo di
foglie e di piante, la pigmentazione nei gusci delle chiocciole o nella pelle di
un leopardo. I primi modelli si limitano a cogliere semplici aspetti della
struttura topologica delle piante, formalizzando la relazione di vicinanza tra
cellule o tra organi di una pianta. Nei modelli successivi si usano delle
tecniche per rappresentare in modo più fedele la geometria dell‟organismo
biologico (Prusinkiewicz, 1996).
È possibile costruire dei percorsi didattici centrati sull‟attività di
modellizzazione, in cui si possono vedere interpretazioni ed applicazioni dei
sistemi di Lindenmayer in contesti diversi. Vedremo una rassegna delle
possibili applicazioni realizzabili in un laboratorio didattico, con computer
dotati di Mathematica.
2. Aspetto computazionale di un L-sistema
Un L-sistema è una grammatica basata su un alfabeto di simboli con delle
regole per produrre parole di un linguaggio. L‟applicazione di una regola ad
una parola ne produce una nuova, tramite il meccanismo della riscrittura. Un
L-sistema consiste in un insieme di regole ed una parola speciale, detta
l‟assioma. A partire dall‟assioma a0 viene generata una successione di parole
a0, a1, a2, …, an in cui il successivo ak+1 si ottiene riscrivendo ak con una
regola del sistema, relazione che indichiamo con ak  ak+1.
226
L‟aspetto computazionale degli L-sistemi può essere riprodotto in modo
naturale nel linguaggio Mathematica, il cui sistema di calcolo è basato su un
concetto di riscrittura analogo, solo un po‟ più generale.
3. Interpretazione biologica
Dal punto di vista biologico, una computazione a0, a1, a2, a3, …, an generata
da un L-sistema si può interpretare come il processo di crescita di un
organismo, in cui il tempo è discreto e a0, a1, a2, a3, … rappresentano gli stati
del processo ad istanti successivi. Uno stato può essere inteso come la
generazione di una popolazione batterica o di una colonia di funghi ad un dato
istante.
I primi modelli di Lindenmayer erano stati concepiti per studiare la logica
della divisione cellulare in semplici organismi multicellulari come l‟alga
anaebena catenula (Lindenmayer, 1968). Le cellule di questi organismi sono di
due tipi e si dispongono in filamenti in cui si osservano sequenze di cellule di
un tipo separate da singole cellule dell‟altro tipo. Lindenmayer fa un modello
del processo di crescita che spiega la disposizione delle cellule.
4. Geometria della tartaruga: le curve che riempiono il piano
L‟interpretazione grafica degli L-sistemi che si afferma negli anni‟80 è la
geometria della tartaruga. I simboli di un L-sistema vengono interpretati
come comandi LOGO, il linguaggio di programmazione introdotto da S.
Papert (Abelson, 1981), per cui le parole si traducono in figure del piano.
Verso la fine degli anni ‟70, grazie anche all‟influenza degli studi in geometria
frattale, nasce l‟idea di interpretare un L-sistema come una curva che riempie
il piano (Szilard, 1979). Si possono così ottenere le curve classiche di Peano
(1890), Hilbert (1891), Sierpinski (1915) e von Koch (1905).
5. Geometria della tartaruga: la tradizione Kolam
Una significativa applicazione nell‟ambito dell‟etnomatematica (Ascher,
1994) è la riproduzione delle figure della tradizione Kolam. Nel Tamil Nadu
(India meridionale), sulla soglia di casa, le donne fanno dei disegni sulla terra
con polvere di riso.
227
Fig. 1. I disegni kolam sono un‟espressione di concetti matematici nell‟ambito della
cultura Tamil, che in anni recenti hanno incuriosito gli informatici interessati
all‟analisi e alla descrizione di immagini mediante linguaggi grafici.
Fig. 2. Due figure kolam, ottenute aggiungendo alla geometria della tartaruga una
funzione Mathematica per generare curve Spline. La figura di destra è nota come la
cavigliera di Krisna (Ascher, 1994).
6. Curve 3D: la curva di Hilbert e le molecole
Nella geometria 3D lo stato della tartaruga è una coppia (posizione, direzione),
la posizione è una terna (x, y, z) di numeri, mentre la direzione è una terna di
vettori (H, L, U) dello spazio 3D, di lunghezza unitaria e legati tra loro dalla
relazione HL = U, dove  è il prodotto vettoriale.
228
Fig. 3. A sinistra, la terna (H, L, U), a destra la curva di Hilbert 3D
Si possono fare modelli geometrici della struttura di molecole complesse,
come il fullerene C20 e C60 (Vahadipour, 2008). Si tratta di due poliedri
generati con un L-sistema che è formalmente lo stesso. L‟assioma è lo stesso,
la sua interpretazione è una faccia pentagonale del poliedro. Anche l‟unica
regola del sistema è formalmente la stessa per le due molecole, cambia solo
l‟interpretazione numerica dell‟angolo di rotazione pitch, ciascuna molecola
ha un suo angolo caratteristico.
Fig. 4. A sinistra la molecola fullerene C20 e a destra la molecola C60
Un‟altra applicazione chimica è la molecola di butano, un idrocarburo impiegato
come combustibile negli ambienti domestici. La molecola C4H10 è composta da 4
atomi di carbonio e 10 di idrogeno (vedi fig. 5).
229
Fig. 5.
7. Generazione algoritmica di piante 3D
Nel 1971 Honda presenta un modello di piante (Prusinkiewicz, 1996),
basandosi su alcune ipotesi. I rami sono dei segmenti. Ogni segmento madre
(ad eccezione del tronco) ha due figli rami, sinistro e destro, le cui lunghezze
hanno rapporto costante r1 e r2 con la lunghezza del ramo madre. I segmenti
figli e madre sono contenuti in un piano (piano branch) in cui i figli formano
angoli costanti a1 e a2 con il segmento madre. Nella figura sotto vediamo due
esempi ottenuto dal modello di Honda, con diversi valori dei parametri.
8. Composizione algoritmica di musica
Gli L-sistemi sono usati per la prima volta in (Prusinkiewicz, 1986) per
comporre melodie musicali.
230
Supponiamo di percorrere la curva di Hilbert considerandone i soli segmenti
orizzontali. Ogni segmento orizzontale è interpretato come una nota: segmenti
con la stessa ordinata y saranno considerati la stessa nota. La durata della nota
sarà proporzionale alla lunghezza del segmento. Il risultato è una
composizione.
In (Grafton, 2004) viene considerato il seguente L-sistema, con alfabeto {A, B,
C, D, E}, assioma C e regole:
A D,
D  DAEC, E  EAA, C  D
La computazione generata dal sistema alla 4° generazione è la sequenza:
C, D, DAEC, DAECDEAAD, DAECDEAADDAECEAADDDAEC
Se concateniamo assieme queste 5 parole otteniamo una parola
CDDAECDAECDEAADDAECDEAADDAECEAADDDAEC
che, nell‟interpretazione della notazione musicale ABC Plus, diviene una
composizione musicale:
Con Mathematica si possono suonare queste sequenze. Ad esempio
l‟espressione SoundNote [“A”,0.40] rappresenta la nota A della notazione
musicale ABC Plus, con una durata di 0.40 sec., mentre la funzione Sound
suona una qualsiasi sequenza di queste note.
In (Jensen, 2001) viene usato il sistema di Lindenmayer dell‟anaebena, con
alfabeto {A, B}, assioma A e regole: A B,
B  BA
La parola generata alla 10° iterazione è
BABBABABBABBABABBABABBABBABABBABBABABBABABBABBABABB
ABABBABBABABBABBABABBABABBABBABABBABBA
Jensen la suddivide in parole di 5 caratteri: BABBA, BABBA, BBABA, …
Tra le parole di 5 caratteri nell‟alfabeto {A , B} solo 7 si possono ottenere in
questo modo. Jensen, stabilisce un dizionario per tradurre queste parole in note
musicali, con una durata. Ad esempio, BABAB viene tradotta nella nota C con
231
durata 0,40 sec. Jensen ottiene così un metodo per interpretare musicalmente
la sequenza di Fibonacci.
Bibliografia
Abelson H., diSessa A. (1981). Turtle geometry: the computer as a medium for
exploring mathematics. Cambridge, MA: MIT Press.
Ascher M. (1994). Ethnomathematics: A multicultural view of mathematical ideas.
Londra: Chapman & Hall/CRC.
Grafton J. (2004). Investigation of AI Computer Music Composition Techinques.
(http://citeseerx.ist.psu.edu/viewdoc/summary?doi=10.1.1.127.418).
Jensen E., Rusay R. (2001) Musical Representations of the Fibonacci String. The
Mathematica Journal. 8, 2.
Lindenmayer A. (1968). Mathematical models for cellular interaction in development.
Journal of Theoretical Biology. 18, 280-315.
Prusinkiewicz P. (1986). Score generation with L−systems. Proceedings of the
International Computer Music Conference „86. 455−457.
Prusinkiewicz P., Lindenmayer A. (1996). The algorithmic beauty of plants. New
York: Springer Verlag.
Szilard A.L., Quinton R.E. (1979). An Interpretation for DOL systems by computer
graphics. The Science Terrapin. 4, 8-13.
Vahadipour M., Sabaghian-Bidgoli H., Vakili-Nezhaad G. (2008). Generation of the
Figures of Some Fullerenes by Using L-Systems. Croatica Chemica Acta,
CCACAA 81. 2, 341-345.
Parole chiave: Lindenmayer; L-sistemi; geometria; tartaruga; modelli.
232
Conoscenze e competenze matematiche al termine della
scuola secondaria di II grado:
proposta di un syllabus di matematica
Luigi Tomasi
Liceo Scientifico G. Galilei, Adria (RO)
Sunto. In questo contributo si parte dall‟analisi della situazione esistente per quanto
riguarda i programmi e la prova scritta di matematica all‟esame di Stato di liceo
scientifico. I programmi di matematica non precisano in modo chiaro che cosa gli
studenti devono conoscere e saper fare per affrontare la prova d‟esame. Con il
riordino dei licei, degli istituti tecnici e professionali (2010) questi vecchi programmi
sono in via di superamento. Per l‟esame però le nuove indicazioni nazionali per la
matematica non entreranno in vigore prima del 2015. Di qui la necessità di un
syllabus nel quale siano elencate con precisione - nel passaggio dai vecchi
programmi alle nuove indicazioni - le conoscenze e le abilità matematiche da
raggiungere al termine della scuola secondaria di II grado.
1. Matematica e prove d’esame al termine della scuola secondaria di II
grado
La prova scritta all‟esame di Stato è di solito uno dei momenti in cui la
matematica suscita maggiormente l‟attenzione dei mass-media e dell‟opinione
pubblica. Questo si verifica anche se la matematica - all‟esame finale di scuola
secondaria di II grado - è presente come prova scritta soltanto al liceo
scientifico. La matematica, per le altre scuole, può essere presente nella terza
prova oltre che nella prova orale, ma si tratta di solito di una presenza poco
significativa. La matematica ha quindi una limitata presenza nelle prove
d‟esame e questa situazione ha poco senso, in generale e in vista degli studi
universitari. Sarebbe pertanto opportuno che, al termine della scuola
secondaria di II grado, fossero introdotte delle forme più precise di verifica
delle conoscenze e competenze matematiche per tutti gli studenti - non
soltanto di quelli che frequentano il liceo scientifico - come avviene in quasi
tutti i Paesi del mondo. Tra i compiti dell‟INVALSI (Istituto nazionale per la
valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione) ci sarebbe
anche questo, ma la verifica di queste conoscenze e competenze nelle classi
terminali della scuola secondaria di II grado, è stata rinviata al 2012.
Tuttavia, anche nei licei scientifici - dove la matematica è presente nella
seconda prova scritta - la situazione è ben lontana da essere soddisfacente. Gli
esami, nel bene e nel male, hanno sempre una grande influenza sul modo in
233
cui viene insegnata una data materia e questo vale ancor più per la matematica.
Con l‟entrata in vigore delle nuove indicazioni nazionali - pubblicate nel
periodo maggio-luglio 2010 - per i licei, gli istituti tecnici e professionali i
vecchi programmi cominciano a essere mandati in pensione. Queste nuove
indicazioni arriveranno però all‟esame non prima dell‟anno 2015.
La prova scritta di matematica all‟esame di Liceo scientifico presenta quindi
una situazione paradossale. I programmi di matematica del liceo scientifico sia quelli tradizionali che quelli sperimentali PNI e “Brocca”, ancora in vigore
agli esami per i prossimi quattro anni - non precisano in modo chiaro che cosa
gli studenti devono conoscere e saper fare (anche le nuove indicazioni
nazionali per la matematica appaiono comunque piuttosto carenti per quanto
riguarda l‟esame finale). In assenza di chiare indicazioni gli insegnanti
seguono quanto è stato assegnato nelle prove scritte degli anni precedenti. Le
prove d‟esame di matematica di liceo scientifico sono quindi “guidate” quasi
esclusivamente dalle prove stesse, con grave stortura della didattica e della
preparazione matematica degli allievi.
La prova finale del liceo scientifico dovrebbe verificare negli studenti il
raggiungimento degli obiettivi della scuola stessa, ma si evidenzia in
particolare un‟incongruenza macroscopica. I programmi di matematica del
Liceo Scientifico tradizionale risalgono al 1945 e quelli sperimentali (PNIPiano Nazionale per l‟Informatica, programmi della Commissione Brocca,
ecc.) a circa vent‟anni fa. È ovvio che le conoscenze matematiche necessarie
per affrontare gli studi universitari sono cambiate, e che l‟evoluzione della
matematica e soprattutto delle tecnologie e degli strumenti di calcolo hanno
modificato sia gli argomenti fondamentali, sia il “taglio” da dare ad essi e il
peso di vari aspetti. I programmi tradizionali di matematica sono ormai
obsoleti; ad essi si è sostituita una prassi didattica – in particolare nel liceo
scientifico tradizionale - che insiste sull‟addestramento alla risoluzione di
esercizi complicati, e in definitiva stereotipati. Conviene in particolare citare
alcune questioni che si pongono da anni:
la presenza nei programmi di temi del tutto anacronistici, quali le tavole
trigonometriche e logaritmiche e il regolo calcolatore, che ormai hanno solo
l‟aspetto di curiosità di carattere storico, ma la cui utilità pratica si è persa;
la presenza, nelle prove assegnate, di temi di interesse limitato rispetto a una
cultura matematica generale, almeno se inseriti nel programma di una scuola
superiore, quali i problemi “con discussione”;
la mancanza nei programmi del liceo scientifico tradizionale di interi temi,
quali la statistica e la probabilità, ma anche di elementi di aritmetica, di
algebra lineare, dei vettori e in generale di tutto quanto possa almeno fornire
un‟introduzione alla matematica contemporanea e al suo linguaggio.
Sarebbe inoltre interessante che fossero disponibili valutazioni generalizzate
sugli effettivi livelli di conoscenza, ma soprattutto di comprensione, degli
elementi fondamentali della matematica studiata nella scuola secondaria di II
234
grado. Laddove queste valutazioni sono state svolte - si vedano per esempio le
indagini INVALSI in collaborazione con l‟UMI-Unione Matematica Italiana
sulla prova scritta di matematica del 2007 del liceo scientifico - i risultati sono
stati decisamente deludenti.
D‟altro lato è evidente che le conoscenze e competenze matematiche sono
fondamentali per tutti quegli studenti che si iscrivono all‟università in facoltà
scientifiche o tecnologiche. In queste facoltà sono ormai presenti delle prove
di ammissione e di verifica delle conoscenze di base. È un dato di fatto che
molti studenti che si iscrivono in facoltà scientifiche e tecnologiche presentano
carenze nella preparazione matematica di partenza. Si riscontra inoltre una
grande variabilità relativamente agli argomenti che sono stati svolti nella
scuola secondaria di II grado oltre al loro livello di approfondimento.
Emerge quindi la necessità di fissare le conoscenze, le abilità e le competenze
di base, in modo il più possibile dettagliato perché gli insegnanti e gli studenti
possano avere un‟idea precisa di quali sono le richieste dell‟esame e
dell‟università per quanto riguarda gli apprendimenti matematici.
2. La proposta di un syllabus di matematica
Dai problemi esposti è sorta, negli anni scorsi, la richiesta al Ministero
dell‟Istruzione e dell‟università di emanare un syllabus per la prova scritta di
matematica, al liceo scientifico, ovvero «un elenco chiaro e preciso di ciò che
nell‟ambito dei programmi vigenti di matematica gli allievi devono sapere e
saper fare per l‟esame di Stato».
La scrittura di un syllabus è ovviamente collegata a molteplici aspetti che qui
di seguito si elencano sommariamente: Quali sono le finalità della prova scritta
di matematica all‟esame di Stato? Come deve essere strutturata la prova scritta
d‟esame? Quali apprendimenti matematici (conoscenze/abilità/competenze)
deve valutare? Sulla base di quali programmi/curricoli/indicazioni? Come
devono essere valutate le prove scritte di matematica?
La prova di matematica al liceo scientifico è attualmente regolamentata da una
Nota apparsa sul sito del Ministero della Pubblica Istruzione nell‟ottobre 2000,
intitolata: La nuova struttura della prova scritta di matematica. In essa, si
afferma che la prova ha le seguenti finalità: «Con riferimento alla matematica
studiata nell‟intero corso di studi la prova scritta è intesa ad accertare: le
conoscenze specifiche, le competenze nell‟applicare le procedure e i concetti
acquisiti, le capacità logiche e argomentative».
La Nota fissa anche la struttura formale della prova: «Il testo è costituito da
due problemi (articolati al loro interno in almeno tre quesiti, possibilmente
indipendenti tra loro) e da un questionario contenente altri quesiti (da un
minimo di 6 a un massimo di 10) riguardanti argomenti del programma. La
tipologia delle questioni poste è tale da offrire al candidato le più ampie
235
opportunità di esprimere conoscenze, competenze e capacità acquisite nel
corso degli studi. Il candidato è tenuto a risolvere uno dei due problemi
proposti a scelta e la metà dei quesiti del questionario».
Nella Nota si stabilisce infine che le prove avranno “una durata massima di 6
ore” e che “nel corso della prova è consentito soltanto l‟uso di calcolatrici non
programmabili”.
In mancanza di programmi precisi e dettagliati -sia vecchi che nuovi- queste
regole appaiono del tutto generiche e lasciano largo spazio all‟aleatorietà nella
scelta dei temi delle prove, che provoca disorientamento negli studenti oltre
che negli insegnanti, come si è visto in modo macroscopico nel 2007 e in altri
anni. La conseguenza più evidente è che i temi assegnati risultano mediamente
difficili per la maggioranza degli allievi. Ad esempio nel 2007, secondo i dati
emersi dall‟indagine UMI-INVALSI (si veda il rapporto finale nel sito:
http://www.invalsi.it/download/matematica_prova2007.pdf), c‟è stato il 50%
di insufficienze nella prova di matematica del liceo scientifico tradizionale e
circa un terzo di insufficienze nel liceo PNI.
Le prove di matematica assegnate all‟esame di Stato appaiono inoltre piuttosto
slegate dalle esigenze della società attuale e in particolare dalle richieste
dell‟università.
Un giudizio molto condiviso sui temi di matematica assegnati all‟esame di
liceo scientifico è il seguente: «Talvolta alcune domande (non solo nella prova
del 2007) appaiono di notevole difficoltà, al punto che può stupire il fatto che
una percentuale alta dei candidati riesca a superare le prove» (Bernardi,
Zoccante, 2008).
3. Quale syllabus di matematica e perché?
Da quanto esposto in precedenza, emerge quindi la necessità, per gli
insegnanti e per gli studenti, di avere a disposizione un syllabus delle
conoscenze e abilità matematiche da conseguire al termine della scuola
secondaria di II grado.
Che cosa dovrebbe contenere questo syllabus e come si deve collegare con i
vecchi programmi (ancora vigenti nelle classi successive alla prima) e
soprattutto con le nuove indicazioni nazionali di matematica che sono state
introdotte nelle classi prime con l‟avvio dell‟anno scolastico 2010-2011?
Prima di tutto il syllabus dovrebbe togliere dall‟esame le parti ormai obsolete
dei vecchi programmi. Tenendo conto degli orari che si hanno effettivamente a
disposizione, dovrebbe poi elencare chiaramente che cosa gli allievi devono
sapere, in termini di conoscenze, abilità e competenze, per affrontare la prova
scritta di matematica di liceo scientifico.
A breve termine il syllabus dovrebbe essere adeguato ai nuovi curricoli di
matematica, che nel frattempo sarà necessario formulare sulla base delle nuove
236
indicazioni nazionali per i licei, per gli istituti tecnici e professionali. Per
scrivere un documento di questo tipo, il riferimento privilegiato, soprattutto
per la metodologia indicata, dovrebbe essere la proposta UMI (Unione
Matematica Italiana) di curricolo di matematica, contenuto nei volumi
Matematica 2003 e Matematica 2004 (per la scuola secondaria di II grado).
Questi documenti sono stati parzialmente recepiti nelle nuove indicazioni
nazionali che sono entrate in vigore con l‟anno scolastico 2010-2011, ma con
orari settimanali del tutto insufficienti per poterli realizzare nella maggior
parte dei licei, dei tecnici e dei professionali.
Le conoscenze e le abilità dovrebbero quindi aggregarsi attorno ai quattro
nuclei fondamentali:
numeri e algoritmi (“aritmetica e algebra” nelle indicazioni nazionali);
spazio e figure (“geometria” nelle indicazioni nazionali);
relazioni e funzioni;
dati e previsioni;
con riferimenti continui - per quel che riguarda soprattutto le competenze - ai
nuclei trasversali (non presenti esplicitamente nelle nuove indicazioni
nazionali): argomentare, congetturare e dimostrare - risolvere e porsi problemi
- misurare, e una forte attenzione alle tecnologie (software di tipo matematico)
e all‟uso degli strumenti di calcolo e di rappresentazione disponibili.
Il syllabus di matematica dovrebbe quindi essere uno strumento molto
concreto e flessibile, necessario non solo per rendere più precise le finalità
della prova scritta dell‟esame ma anche per esplicitare in modo concreto le
indicazioni nazionali di matematica per i licei, per gli istituti tecnici e
professionali emanate di recente.
La stesura di queste indicazioni, soprattutto per i licei, è a volte generica e
necessita di ulteriori precisazioni, in particolare per l‟esame conclusivo.
Allo stato attuale il syllabus dovrebbe essere adottato per la prova scritta di
matematica dell‟esame di liceo scientifico, ma poi dovrebbe essere esteso con opportuni adattamenti e modifiche - anche a tutte le altre scuole
secondarie di II grado.
Solo in questa prospettiva il syllabus di matematica potrebbe diventare uno
strumento utile al lavoro degli insegnanti e nello stesso tempo un aiuto per gli
studenti, per una formazione matematica che sia al passo con gli sviluppi
attuali e futuri della società e in particolare con le richieste dell‟università.
4. Conclusioni
In questo contributo è stata esaminata la situazione attuale per quanto riguarda
la valutazione degli apprendimenti matematici al termine della scuola
secondaria di II grado e per l‟ingresso all‟università. La scuola secondaria è in
un anno di transizione. I vecchi programmi verranno progressivamente
237
sostituiti dalle nuove indicazioni nazionali per la matematica (2010). Si è
osservato però che i vecchi programmi e le nuove indicazioni non
costituiscono dei veri curricoli e non precisano in modo completo e dettagliato
quali sono le conoscenze e le competenze da raggiungere al termine della
scuola secondaria di II grado.
C‟è quindi la necessità, per gli insegnanti e per gli studenti, che siano elaborati
dei veri e propri curricoli e un syllabus per gli esami. In questo documento che può essere anche in più versioni - è necessario indicare in modo preciso
quali sono le conoscenze e le competenze matematiche fondamentali
necessarie per la società attuale e futura e per l‟accesso all‟università nelle
facoltà scientifiche e tecnologiche.
Bibliografia
Accascina G. (1998). La strage degli innocenti. Problemi di raccordo in matematica
tra scuola e università. Paderno: C.R.D.U. Morin, Battagin Editore.
Anichini G., Ciarrapico L. (2001). Esami di Stato: la prova scritta di matematica nel
liceo scientifico. Archimede. 2, 61-70.
Bernardi C., Zoccante S. (2008). Proposte per la prova scritta da assegnare all‟Esame
di Stato. Archimede. 1.
Chimetto M.A., Tomasi L. (2009). Le prove scritte di matematica all‟esame di Stato:
alcune riflessioni e qualche ragionevole proposta. L‟insegnamento della
matematica e delle scienze integrate. 32B, 4, 413-416.
Chimetto M.A., Tomasi L. (2010). Un syllabus per la prova scritta di matematica
all‟esame di Stato di liceo scientifico: alcune osservazioni e considerazioni su
una richiesta degli insegnanti finita nel nulla. L‟insegnamento della matematica
e delle scienze integrate. 33B, 1, 9-46.
Ciarrapico L. (2002). L‟insegnamento della matematica, dal passato recente
all‟attualità. Archimede. 2.
Tomasi L. (2009). Il Syllabus che vorrei… conoscenze e competenze matematiche al
termine della scuola secondaria di II grado. Sito Enciclopedia Treccani
Scuola:
www.treccani.it/Portale/sito/scuola/in_aula/matematica/syllabus/mainArea.html
Parole chiave: conoscenze; abilità; competenze; esami; scuola secondaria di II
grado.
238
SEZIONE 7
SCUOLA PRIMARIA E
SECONDARIA DI SECONDO GRADO
239
240
Una mostra in 34 pannelli:
Much ado about nothing (molto rumore per nulla)
La storia dello zero dalle origini ad oggi
Un percorso laboratoriale: Lo zero birbante
Attilio Ferrini
RSDDM, Bologna
Vanna Pratesi
Scuola primaria Don Milani, San Giovanni Valdarno
Sunto. Da anni con gli studenti delle classi quinte viene scelto un argomento
interdisciplinare da portare agli esami di maturità e dato che le problematiche
connesse allo zero (1/0, 0/0, 00) si dovevano trattare nel programma di matematica,
con gli studenti della V G del liceo linguistico “Giovanni da San Giovanni” abbiamo
scelto di studiare la storia di questo numero, perché è stato introdotto nella nostra
numerazione così tardi, e anche perché suscita tante difficoltà agli studenti di ogni
età e ordine e grado di scuola. Abbiamo poi realizzato una mostra dal titolo Much
ado about nothing (Molto rumore per nulla). La storia dello zero dalle origini ad oggi
che presenteremo al convegno di Castel San Pietro Terme.
Inoltre con gli studenti abbiamo fatto degli incontri con gli allievi della classe 4°
della scuola primaria “Don Milani” di San Giovanni Valdarno, ove abbiamo
presentato lo zero, il suo comportamento da “birbante” e abbiamo fornito dei
questionari, i cui risultati verranno presentati in questo articolo. Gli studenti hanno
anche animato alcuni racconti riguardanti lo zero e il suo strano comportamento.
Poi sono stati forniti alcuni esercizi, per verificare se gli scolari avevano capito le
proprietà dello zero e volevano proporre osservazioni personali e disegni su questo
numero.
1. Il progetto “Much ado about nothing” (molto rumore per nulla). La
Storia dello zero dalle origini ad oggi
L‟idea di concludere il quinquennio del liceo con un progetto di carattere
interdisciplinare ed una mostra che offrisse e rendesse visibile anche ad un
pubblico di non addetti ai lavori i risultati del nostro lavoro, è nata da alcune
riflessioni che gli studenti mi comunicavano sul loro rapporto con la
matematica. Da circa dieci anni sono solito dare agli studenti di prima un
classico tema dal titolo Io e la Matematica ove gli studenti vengono invitati ad
esprimere liberamente le loro riflessioni; ne citiamo alcune.
Per me la matematica è una materia importante anche se io non ho molta
simpatia per essa. È una materia che se la capisci è facile, il problema è
241
capirla: Io non riesco a farmela entrare in testa benché io ci provi e riprovi.
Molti ragazzi trovano la matematica una materia orribile e per questo non
vogliono e non riescono a capirla.
Io con la matematica non ho avuto mai un buon rapporto, non l‟ho mai
digerita, mi è sempre rimasta sullo stomaco fin da quando ero piccola. Questo
odio verso la “signora” Matematica è iniziato dall‟elementari, quando la mia
maestra ci assegnò una scheda da fare a scuola che trattava sulle metà, il
doppio e il triplo di un numero.
A me la matematica non è che mi piaccia tanto, anzi la detesto. Secondo me la
matematica la dovrebbero studiare solo chi da grande vorrebbe fare
l‟ingegnere, l‟insegnante di matematica ecc e non chi vuole fare il cuoco,
l‟hostess ecc.
I temi esprimono quasi tutti questo senso di smarrimento, insofferenza, rifiuto
(in alcuni casi gli studenti usano la parola odio) verso una materia di cui non
capiscono il senso, e in definitiva verso un metodo di insegnamento ripetitivo,
freddo, che non sa coglierne gli aspetti formativi, di gioco, il suo profondo
inserimento nella cultura umana, nella sua storia. Da qui la necessità di
cambiare il mio insegnamento, meno grandi quantità di inutili esercizi che
servivano spesso ad addestrare lo studente a prendere l‟agognato 6 (la
sospirata sufficienza), ma che non andavano al nocciolo della questione, di una
comprensione dell‟argomento trattato. Per citare un esempio, nei primi anni
del mio insegnamento, in una classe particolarmente problematica, con
risultati catastrofici nei compiti scritti, dedicai tutto il mio tempo a fare
centinaia e centinaia di esercizi; tutti quelli che erano nel libro di testo, ma il
risultato alla fine dell‟anno scolastico non fu affatto soddisfacente. La
partecipazione ai vari convegni tenuti a Castel San Pietro Terme, la lettura dei
testi e la partecipazione ai vari corsi tenuti dal Prof. Bruno D‟Amore, con la
possibilità di scambio di esperienze anche con insegnanti della scuola primaria
e media, mi aiutarono moltissimo nell‟impostare un nuovo tipo di didattica.
Cioè realizzare una didattica in continuità fra diversi ordini di scuola, arrivare
all‟apprendimento della matematica attraverso l‟esplorazione, la scoperta, i
legami con altre discipline. Realizzando un progetto che avesse come
momento conclusivo l‟esposizione di ciò che viene prodotto (anche attraverso
una mostra) nella consapevolezza che i ragazzi hanno più che mai necessità di
sentirsi protagonisti nella costruzione della propria conoscenza. Ed è proprio
con i laboratori che si recupera il luogo dove si ricerca, si sperimenta, si
produce “qualcosa” che dà senso al lavoro svolto, in sintonia con la naturale
curiosità degli allievi. Inoltre mostrarsi ad una platea che supera i limiti
dell‟ambiente scolastico è forte motivazione al fare, alla assunzione di
responsabilità e, quindi, all‟apprendimento.
La scelta di affrontare le problematiche connesse allo zero è nata anche dal
fatto contingente, che nel marzo del 2010 è stato realizzato un convegno sulle
problematiche interculturali dal titolo È l‟ora del dialogo, come educare alla
242
tolleranza attraverso la scienza, la filosofia e la cultura, che affrontava il
rapporto tra l‟Islam e l‟Europa: per cui è stato facile collegare la storia dello
zero alla diffusione dei numeri indiani in occidente attraverso i rapporti
commerciali tra arabi e popolazioni orientali, la loro diffusione in Spagna, ove
la civiltà araba dette origine a splendide città, come Siviglia, Cordoba,
Granada e splendide moschee, ove gli artisti musulmani usarono la geometria
come «Una delle porte che ci conducono all‟essenza dell‟anima che è la radice
di ogni conoscenza».
Gli studenti in seguito hanno realizzato un fumetto, il cui protagonista è lo
zero e una animazione che hanno riproposto agli allievi della classe 4°
primaria della scuola Don Milani di San Giovanni Valdarno. Poi sono stati dati
dei questionari per verificare le conoscenze da parte degli allievi su questo
numero, che in accordo con la maestra Vanna Pratesi, che ha collaborato al
Progetto, abbiamo definito birbante, per sottolinearne il suo comportamento
molto diverso dagli altri numeri.
Nella pagina seguente verrà riportato il manifesto di introduzione della mostra,
con alcuni esempi del lavoro fatto nella classe 4° della scuola primaria.
2. Un percorso laboratoriale: Lo zero “birbante”
Per lavorare sullo zero è necessario partire da una considerazione
fondamentale: il calcolo che conosciamo e usiamo funziona perché il nostro è
un sistema di numerazione posizionale, cioè il valore di ogni cifra è
determinato dalla posizione che occupa.
Nella classe quarta primaria, per capire cosa significa sistema posizionale
abbiamo provato a confrontare fra di loro i sistemi di scrittura non posizionali.
Abbiamo scoperto, ad esempio, che i Romani usavano i simboli per indicare la
quantità ma non avevano un simbolo per indicare l‟assenza di quantità. Da qui
il lavoro sull‟importanza dello zero nel nostro sistema di numerazione.
In una fase successiva abbiamo proposto ai bambini dei questionari tratti dal
libro Lo zero e il senso comune (Capucci, Codetta Raiteri, Cazzaniga, 2001).
È interessante notare nelle risposte la ricchezza grafica e di colore con cui i
bambini si sono espressi. Lo zero diventa personaggio che parla e vive in un
contesto, in alcuni casi rappresenta loro stessi. Lo zero viene riconosciuto da
tutti come elemento importante nella numerazione posizionale, c‟è
consapevolezza del ruolo che svolge nelle operazioni, delle difficoltà che può
creare nel calcolo, della necessità di stare attenti nel suo uso. Dalle risposte è
uscito un mondo interiore ricco di simboli, creativo, dove le esperienze
scolastiche ed extra-scolastiche si fondono a vicenda.
243
244
Alla domanda: Se non ci fosse il numero zero cosa cambierebbe?, gli allievi
hanno risposto:
Non potrei tifare i giocatori col numero 10 – 20 – 30 – 40…;
Lo zero per me è un numero molto strano è dispettoso che fa venire dubbi
anche nelle operazioni più facili come l‟addizione;
Cambierebbero i conti, i numeri delle carte di credito;
Ci sarebbe un argomento in meno da studiare a matematica… YUP!
Così, quando il prof. Ferrini e gli studenti della V G mi hanno proposto di
lavorare in classe sull‟argomento zero ho accettato perché poteva essere una
occasione per arricchire le conoscenze dei bambini.
245
3. Fasi del lavoro
Gli studenti ci hanno presentato una storia a fumetti sullo zero che hanno
raccontato e mimato.
I bambini sono stati invitati a coppie a mimare una scena i cui personaggi
erano il numero uno e il numero zero e poi si scambiavano i ruoli.
Per concludere abbiamo presentato ai bambini una serie di situazioni sullo
zero con il tutoraggio da parte degli studenti della V G.
4. Conclusione
Il lavoro ha entusiasmato gli studenti della scuola superiore che si sono trovati
protagonisti di un‟esperienza didattica in cui sono riusciti a trasmettere in
modo non astratto le conoscenze acquisite sui banchi di scuola.
Ha entusiasmato i bambini perché hanno interagito con “insegnanti” che
potevano identificare come figure familiari (fratelli e sorelle).
Per noi insegnanti, questa esperienza al di là dei risultati strettamente scolastici
acquisiti dai bambini (maggiore consapevolezza del ruolo dello zero nelle
operazioni aritmetiche, nella numerazione decimale, ….), ha evidenziato
l‟importanza dello scambio e del confronto tra ordini diversi di scuola che
generalmente vengono considerati distanti fra loro.
246
Bibliografia
Barrow John D. (2001). Da zero a infinito. La grande storia del nulla. Milano:
Arnoldo Mondatori.
Boyer C. B. (1998). Storia della matematica. Milano: Arnoldo Mondatori.
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Roma: Armando.
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D‟Amore B.(1999). Elementi di didattica della matematica. Bologna: Pitagora.
D‟Amore B. (2007). Lo zero, da ostacolo epistemologico a ostacolo didattico. La
matematica e la sua didattica. Vol. 21, n° 4, 425-454. ISSN: 1120-9968.
D‟Amore B., Fandiño Pinilla M.I. (2009). Zero. Aspetti concettuali e didattici.
Trento: Erickson.
Di Bella A., Rapelli N. (2005). Il fumetto a scuola. San Sebastiano al Vesuvio:
Fratelli Ferraro.
Enrico G., Petti R. (2002). Un ponte sul mediterraneo. Leonardo Pisano, la scienza
araba e la rinascita della matematica in Occidente. Firenze: Edizioni
Polistampa.
Enzensberger H. M. (1997). Il mago dei numeri. Torino: Einaudi.
Ghevergese Joseph G. (2003). C‟era una volta un numero. La vera storia della
matematica. Milano: Gruppo editoriale il Saggiatore.
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Ifrah G. (2008). Enciclopedia universale dei numeri. Milano: Arnoldo Mondadori.
Ministero della pubblica Istruzione (2007). Indicazioni per il curricolo, per la scuola
dell‟infanzia e per il primo ciclo d‟istruzione. Napoli: Tecnodid.
Kaplan R. (1999). Zero, storia di una cifra. Milano: RCS Libri S.p.A.
Rodari G. (1960). Filastrocche in cielo e in terra. Torino: Einaudi.
Parole chiave: progetto; cifra; quantità; zero; proprietà dello zero.
247
Alla ricerca della qualità: tre esperienze di pratica
didattica
Paolo Longoni
Laboratorio Didattico di Matematica e Filosofia, Bergamo
Gianstefano Riva
Liceo scientifico Maironi da Ponte, Presezzo (Bg)
Ernesto Rottoli
Istituto Magistrale Secco Suardo, Bergamo
Sunto. L‟insegnamento della matematica nella seconda metà del secolo scorso in
Italia è stato caratterizzato da elementi significativi e innovativi. Negli ultimi anni
però il percorso dell‟insegnamento della matematica si è in parte appiattito in
direzioni non sempre aperte alle novità dei contesti. Forse l‟aspetto che più ha
nuociuto è stato il prevalere dell‟idea della “accumulazione” su quella della qualità.
Noi utilizziamo il termine “ottimale” per indicare il tentativo di superare l‟idea
dell‟accumulazione e riportare la qualità al centro dell‟attenzione. Esso rappresenta
il più “efficace”, il più “adatto”, relativamente a dati contesti e porta in sé sia l‟idea
di sforzo costante di ricerca e di reinterpretazione, sia l‟attenzione ai contesti, ai loro
mutamenti e alla molteplicità di attribuzioni di significato che li accompagnano. Tale
termine inoltre è fornito di un sicuro riferimento teorico in quanto è al centro del
programma di Gal‟perin, una delle figure leader nella psicologia sovietica, che
indicava come obiettivo del suo programma di ricerca “la formazione ottimale delle
azioni mentali e dei concetti” (Haenen, 1993). Proponiamo alcune esperienze
didattiche, riferite a diversi contesti e momenti, che possono mostrare l‟articolazione
del concetto di “ottimale”.
1. Il gioco del nascondere
L‟“ottimale” si manifesta nel processo di organizzazione delle conoscenze su
concetti centrali. Nella scuola primaria, pensiamo di avere realizzato questa
forma di “ottimale” durante le numerose e diversificate attività relative
all‟apprendimento del contare. Il “gioco del nascondere” ci ha permesso di
pervenire all‟“ottimale” grazie alla costruzione di specifiche azioni mentali
che hanno formato il nucleo attorno al quale le diverse attività del contare si
sono coagulate e ne hanno ricavato un senso compiuto.
1.1. Prima parte
Presentiamo qui il gioco come è stato svolto, per la prima volta, nell‟anno
scolastico 2001-02 in alcune classi prime (Bonetto et al., 2002).
248
La prima parte viene svolta inizialmente con la guida dell‟insegnante e poi a
coppie, sotto forma di gioco. L‟insegnante chiede al bambino di contare le
palline nella seguente situazione.
Sotto il cartoncino ci sono 3 palline. Quante sono in tutto le palline?
Un buon numero di bambini risponde correttamente. I bambini possono
scegliere entro il 5 la quantità da usare (anche lo 0; la maestra mostra ai
bambini che si può utilizzare la quantità 0). La durata di questo intervento è
mediamente di 30 minuti. I bambini “registrano” quando vincono e quando
perdono. Il gioco viene ripreso tre volte nei giorni successivi, all‟inizio
dell‟ora, con una durata media di 15 minuti.
1.2. Seconda parte
Le due quantità nascoste.
Sotto il primo cartoncino ci sono tre caramelle, sotto il secondo ce ne sono
due; quante sono in tutto le caramelle? I tempi e i modi di svolgimento di
questa parte sono identici a quelli della prima parte.
1.3. Terza parte
L‟insegnante mostra 5 palline; il bambino le conta. In seguito l‟insegnante ne
nasconde alcune.
Quante palline ci sono sotto il cartoncino? Il gioco viene poi ripetuto tra
bambini, a coppie. Questa attività si è rivelata difficile. È stato necessario
proporre attività che rendessero l‟approccio più graduale.
1.4. Quarta parte
Le due quantità nascoste.
In tutto le caramelle sono 5; sotto il primo cartellino ce ne sono 2. Quante
caramelle ci sono sotto il secondo cartellino?
Quando i bambini hanno acquistato familiarità con il gioco, ripetono le diverse
attività usando numeri più grandi.
249
Negli anni successivi il gioco del nascondere è stato ripresentato in altre classi
prime, in forme più o meno diverse (Bonalumi et al., 2009).
2. Introduzione della moltiplicazione
Riferendoci ancora ad attività svolte nella scuola primaria, stiamo ricercando
una forma “ottimale” nell‟approccio alla moltiplicazione. La letteratura
scientifica riporta numerosi misconcetti che si formano nell‟insegnamentoapprendimento della moltiplicazione. Molti autori attribuiscono questi
misconcetti al modello intuitivo della moltiplicazione come somma ripetuta
(D‟Amore,1999). Il nostro sforzo nella ricerca dell‟“ottimale” si sta
indirizzando verso la formazione di un modello intuitivo che interpreta la
moltiplicazione come cambio di unità di misura. Per questo facciamo uso delle
attività proposte da Davydov e da lui organizzate in nove situazioni (Davydov,
1992).
2.1. Prima situazione
L‟obiettivo è di mostrare ai bambini la necessità di cambiare l‟unità di
conteggio. Il bambino deve contare (misurare) oggetti con l‟aiuto di un‟unità
deliberatamente piccola e non conveniente. L‟insegnante fa in modo che il
compito venga eseguito in presenza di ovvie difficoltà o di impossibilità di
lavoro. Per esempio egli mostra ai bambini un grande contenitore di acqua e
chiede quanti conigli possono bere, se ciascun coniglio beve un piccolo
bicchierino di acqua. I bambini si rendono conto che il conteggio è lungo e
difficile. Che cosa si può fare?
2.2. Seconda situazione
Dopo che il bambino si è chiaramente reso conto delle difficoltà, l‟insegnante
mostra lui stesso un modo nuovo di procedere. Prende una caraffa e lavora con
questa, discutendo con i bambini il risultato ottenuto.
La successione delle due attività permette di formulare una nuova conclusione
e di scriverla in parole (.... preso .... volte).
2.3. Terza situazione
L‟insegnante usa altri sussidi didattici per rinforzare nei bambini la strategia
che permette di sostituire l‟unità di misura iniziale e di formulare la relazione
tra i numeri ottenuti. Per esempio utilizza lo stesso secchio di prima, solo che
ora è riempito con chicchi di granoturco, oppure mostra ai bambini un foglio
con disegnata una parete di mattoni (dimensione della parete 52 cm × 75 cm;
dimensione del mattone 3 cm × 2 cm).
250
2.4. Quarta situazione
Questa situazione riguarda il passaggio alla scrittura della formula per la
moltiplicazione. L‟insegnante richiama l‟attenzione dei bambini sulle frasi
scritte nelle attività svolte ed evidenzia i termini che sono comuni nella loro
struttura (… preso … volte) e pone compiti verbali finalizzati a evidenziare la
struttura comune delle espressioni scritte. Spiega quindi che tali espressioni
possono essere scritte in una maniera più breve e mostra la struttura della
moltiplicazione. Infine fa loro ripercorrere le attività svolte facendo uso dei
nuovi simboli e chiedendo loro di interpretare i numeri che compaiono nella
formula (5 è il numero di bicchierini, contenuto nella caraffa, 6 è il numero di
caraffe contenuto nel secchio). Il termine “moltiplicazione” non è ancora stato
utilizzato).
2.5. Quinta situazione
In questa situazione i bambini, in collaborazione con l‟insegnante,
ripercorrono tutte le tappe della moltiplicazione e acquistano familiarità con la
successione delle attività. Nello stesso tempo essi si impadroniscono dei
termini necessari e delle loro caratteristiche. In particolare l‟insegnante
informa i bambini che queste notazioni possono anche essere lette in un modo
particolare e introduce la parola “moltiplicare”: l‟operazione è chiamata
moltiplicazione e il segno “×” tra i due numeri è chiamato segno di
moltiplicazione. La determinazione del risultato diventa l‟oggetto centrale
delle attività successive.
2.6. Sesta situazione
In questa situazione i bambini risolvono da soli una serie di problemi che
richiedono l‟uso della moltiplicazione, facendo uso di sussidi didattici.
Quando è possibile l‟insegnante mostra ai bambini un modo speciale di
sistemare gli oggetti da contare: fare in modo che essi formino righe uguali.
Allora una riga di n elementi è presa come unità di misura grande, il numero di
righe è k e la caratteristica numerica generale dello “schieramento è (n×k).
2.7. Settima - ottava - nona situazione
La settima situazione è finalizzata alla transizione verso la considerazione
delle formule di moltiplicazione senza riferirle direttamente a problemi
oggettivi concreti e quindi a introdurre una rappresentazione grafica delle
relazioni espresse nella formula di moltiplicazione.
L‟ottava situazione è dedicata alla costruzione delle tabelline.
Nella nona situazione si procede alla costruzione delle tabelline facendo uso
delle leggi principali della moltiplicazione.
Già Piaget aveva sostenuto che l‟operazione di moltiplicazione va insegnata
come nuova operazione e non come addizione ripetuta (Piaget, 1987). La tesi
che metodi di introduzione della moltiplicazione che non fanno uso
251
dell‟addizione ripetuta siano più efficaci comincia a trovare supporto
sperimentale (Park, Nuñez, 2001). Le caratteristiche che rendono significativa
la proposta di Davydov sono due: prima di tutto la ricchezza, l‟articolazione e
la specifica finalizzazione delle attività pratiche proposte esaltano il ruolo
della corporeità nell‟apprendimento; in secondo luogo viene esplicitamente
evidenziato il nuovo livello dell‟operazione di moltiplicazione: essa si
diversifica dal semplice conteggio (che non è possibile nelle attività proposte);
consiste piuttosto nel mettere in relazione – nel combinare in senso compiuto
due conteggi distinti.
3. Il metodo degli intervalli nella soluzione delle disequazioni
La ricerca dell‟“ottimale” può essere associata anche a un discorso di
funzionalità. Per esempio l‟utilizzo del metodo degli intervalli nella soluzione
delle disequazioni, nelle scuole superiori, fornisce agli studenti uno strumento
agile che può essere recuperato con facilità tutte le volte che si presenta la
condizione di risolvere una disequazione razionale.
Il metodo degli intervalli viene presentato in un libro di testo russo del 1981
(Yakovlev, 1981) nel seguente modo.
1. Si definiscono prima di tutto i concetti di
polinomiale:
Pn (x) = ao + a1x + … + anxn
funzione razionale:
R (x) = Pn (x) /Qm (x)
punti critici:
x=-2, x=-1, x=1, x=6 sono punti critici di
P3(x)
x3-6x2-x+6
(x+1)(x-1)(x-6)
──── = ──────── = ────────── (1)
Q2(x)
x2+3x+2
(x+1)(x+2)
disuguaglianza razionale: disuguaglianza tra funzioni razionali.
2. Il metodo si basa sulle seguenti proprietà delle funzioni razionali, assunte
senza prova:
una funzione razionale conserva il segno nell‟intervallo determinato da due
punti critici consecutivi;
tranne casi particolari, in intervalli consecutivi, i segni si alternano.
3. Il processo di risoluzione di una disequazione procede in questo modo:
si riduce la disuguaglianza alla forma Pn (x)/Qm (x) >,=,< 0,
si determinano i punti critici della funzione razionale,
si rappresentano i punti critici sulla retta,
si determina il segno in un punto non critico,
si determina il segno negli intervalli.
Per esempio, nel caso della funzione (1), i punti critici dividono la retta in
cinque intervalli e in ciascun intervallo la funzione mantiene lo stesso segno.
I punti critici del numeratore sono indicati con trattini, mentre i punti critici
del denominatore sono indicati con “asintoti” orizzontali. Tre dei punti critici
252
hanno molteplicità 1, mentre il punto -1 si distingue in quanto, comparendo sia
a numeratore sia a denominatore, ha molteplicità pari; per questo è indicato
con una linea tratteggiata.
Si determina ora il segno della funzione in un punto non critico. Siccome 0
non è un punto critico e in 0 la funzione è positiva, essa è positiva in tutto
l‟intervallo (-2;-1). Per determinare i segni dell‟intera funzione basta applicare
la regola che in intervalli consecutivi “normalmente” i segni si alternano. Però
se il punto critico di confine ha “molteplicità pari”, il segno rimane invariato.
I segni della funzione (1) sono rappresentati nel seguente grafico.
-2
-
-1
+
1
+
6
-
+
Anni di pratica hanno mostrato che, contro ogni previsione, le difficoltà degli
studenti si sono concentrate sulla determinazione del valore della funzione in
un punto non critico; difficoltà dovute alla gestione contemporanea di due
insiemi distinti: l‟insieme dei numeri della retta rappresentata e l‟insieme dei
valori che la funzione assume in essi. Queste difficoltà hanno comportato
l‟impiego di specifiche attività che permettessero allo studente di andare oltre,
di «salire per esse – su esse – oltre esse. Egli deve, per così dire, gettar via la
scala dopo che v‟è salito» (Wittgenstein, 1969, penultima proposizione).
Bibliografia
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Sperlari C. (2009). Il senso del numero in prima elementare: una rilettura
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Parole chiave: emmatematica; ottimale; azioni mentali; modello intuitivo;
funzionalità.
254
SEZIONE 8
SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO
E SECONDO GRADO
255
256
MATh.en.JEANS: un anno di esperienza
Alessandra Brena e Ombretta Locatelli
Centro Matematita - Collegio San Carlo, Milano
Sunto. In questo testo viene presentato l‟innovativo progetto “MATh.en.JEANS: fare
ricerca matematica a scuola” e se ne fornisce un primo bilancio a un anno dall‟avvio
della sperimentazione in diverse scuole del nord Italia. L‟analisi viene condotta
tenendo conto del punto di vista delle differenti figure coinvolte: un‟insegnante di
scuola secondaria di secondo grado, i suoi studenti e un ricercatore universitario.
È ormai trascorso un anno dalla presentazione ufficiale italiana del progetto
MATh.en.JEANS: fare ricerca matematica a scuola. Questa innovativa pratica
didattica in aula è diffusa in Francia già da circa vent‟anni e ora finalmente è
approdata in Italia grazie alla collaborazione tra Matematita, Centro
Interuniversitario di Ricerca per la Comunicazione e l‟Apprendimento
Informale della Matematica e Kangourou Italia.
I numeri della prima sperimentazione italiana del progetto (anno scolastico
2009-2010) sono questi: 15 docenti di scuola secondaria di primo grado, 18
docenti di scuola secondaria di secondo grado, 12 ricercatori, 32 gruppi di
lavoro appartenenti a 24 diversi Istituti scolastici, per un totale di oltre 600
studenti.
In questa sede accorpiamo la presentazione del progetto nella sua struttura con
la lettura dell‟esperienza svolta seguendo i commenti degli studenti del
secondo autore. In tal modo l‟analisi viene condotta tenendo conto del punto di
vista delle differenti figure di MATh.en.JEANS: un‟insegnante di scuola
secondaria di secondo grado e uno dei ricercatori in jeans, che è anche primo
autore di questo articolo.
1. Il progetto
MATh.en.JEANS è l‟acronimo di Metode d‟Apprentissage des THeories
Mathematiques EN Jumelant des Etablissements pour une Approche Nouvelle
du Savoir, ovvero Metodo di apprendimento delle teorie matematiche
attraverso il gemellaggio degli Istituti scolastici per un approccio nuovo al
sapere.
È opinione ampiamente diffusa nell‟ambito della ricerca in didattica della
matematica che lo studio della regina delle scienze non debba essere
ricondotto alla memorizzazione di formule o alla mera acquisizione di
tecniche di calcolo. Il vero cuore pulsante della matematica risiede infatti nel
257
ragionamento individuale e collettivo, nella capacità di affrontare un problema
costruendone prima un modello a cui applicare le proprie conoscenze e
verificando poi i risultati ottenuti per correggerli ove necessario e
successivamente generalizzarli. Per fare matematica non occorre affatto che il
problema sia assolutamente complicato. Come afferma Polya (1945): «Una
grande scoperta risolve un grande problema, ma c‟è una briciola di scoperta
nella soluzione di qualsiasi problema. Il tuo problema può essere semplice, ma
se mette alla prova la tua curiosità e mette in gioco le tue capacità di
invenzione, e se lo risolvi con i tuoi mezzi, puoi provare la tensione e il trionfo
della scoperta. Queste esperienze possono creare un gusto per il lavoro
intellettuale e lasciare la loro impronta sulla mente e sul carattere per tutta la
vita».
E in effetti i problemi di MATh.en.JEANS sono molto diversi fra loro quanto a
difficoltà e a necessità di prerequisiti, ma tutti - per essere risolti - richiedono
agli studenti di mettere in gioco le loro conoscenze e competenze, giocando un
ruolo attivo nella costruzione del loro stesso sapere.
Queste sono le caratteristiche generali dell‟attività di ricerca in matematica che
il progetto si propone di riprodurre:
vi sono alcuni problemi da risolvere;
si forma un gruppo di ricercatori;
si individuano strategie risolutive per tali problemi, anche ideando a tal fine
modelli concreti;
si effettuano esperimenti per verificare la validità delle soluzioni trovate e, nel
caso, si correggono i risultati inizialmente ottenuti;
si estendono le scoperte ottenute interrogandosi su altri casi;
si espongono e si discutono i risultati ottenuti con altri interessati alle stesse
questioni.
Nella pratica italiana di MATh.en.JEANS, all‟inizio dell‟anno scolastico gli
organizzatori hanno assegnato due gruppi di studenti appartenenti a due
diversi istituti ad ogni ricercatore. Quest‟ultimo li ha quindi incontrati una
prima volta per proporre loro uno stesso problema da risolvere. La scelta del
problema è una questione cruciale: non si deve infatti trattare né di una
questione di troppo semplice risoluzione né di una questione di troppo difficile
comprensione e, inoltre, essa deve prestarsi a offrire lo spunto per diverse
riflessioni.
Ecco alcuni esempi dei temi proposti nell‟edizione 2009-2010.
Per le scuole secondarie di primo grado:
Lumache nella scatola: qual è la distanza minima tra due punti su un poliedro?
Triangoli e tetraedri: quali e quanti sono tutti i triangoli realizzabili con lati di
due lunghezze assegnate? Quali e quanti sono i tetraedri realizzabili con questi
triangoli come facce?
Tassellazioni del piano e dello spazio: date alcune piastrelle aventi la forma di
poligono regolare, tutte con i lati della stessa lunghezza, come si possono
258
disporre queste piastrelle in modo da tassellare l‟intero piano, facendo
attenzione a non sovrapporle e a non lasciare spazi tra una e l‟altra?
Gli ingranaggi: usando ruote dentate, con un numero di denti compreso tra 20
e 40, è possibile un ingranaggio che abbia rapporto 37?
Per le scuole secondarie di secondo grado:
Poligoni di Reuleaux: in che modo un triangolo di Reuleaux può creare buchi
quadrati? A quali altri poligoni si può applicare la costruzione di Reuleaux?
Quali sono le proprietà di queste figure?
Infinito: come confrontare due insiemi con un numero finito di elementi?
Come confrontare due insiemi con un numero infinito di elementi? Fra le varie
strategie individuate quale è la più comoda?
Metro: è possibile, avendo a disposizione un righello (non graduato) lungo 10
cm e un compasso con un‟apertura massima di 10 cm, costruire una linea
lunga 1 m? Come?
Frattali: quale modello di figura può essere utile per misurare la lunghezza di
una costa frastagliata o la superficie di un‟isola con una tale costa?
Avviato il progetto, gli studenti di ciascun gruppo di lavoro si sono impegnati
a incontrarsi all‟interno della propria scuola per risolvere il problema proposto,
con cadenza settimanale o quindicinale, in orario curricolare o extracurricolare, a discrezione del docente che li ha seguiti.
Dopodiché, al raggiungimento dei primi risultati, il gruppo è stato invitato a
contattare l‟Istituto scolastico gemellato per uno scambio di informazioni
(domande, perplessità, confronto di soluzioni, …), utilizzando – su una
particolare piattaforma informatica protetta – un forum creato ad hoc per i due
gruppi e gestito dal ricercatore. Inutile sottolineare che le situazioni ottimali
sono state quelle in cui si è riusciti ad ottenere una fervida collaborazione tra i
due Istituti scolastici. In tale caso si è raggiunto infatti uno degli obiettivi più
importanti per la riuscita del progetto, ovvero l‟indipendenza del lavoro degli
studenti dall‟abituale guida di un adulto: il ricercatore aveva infatti, in questa
fase, solo il ruolo di tutor nei momenti di impasse.
All‟interno dei singoli gruppi di lavoro si sono dimostrati fondamentali, fra
l‟altro, la forza di volontà, la tenacia, l‟inventiva e la precisione nel
formalizzare un risultato, la capacità di convincere i compagni delle proprie
idee. Spesso gli studenti hanno avvertito la necessità di realizzare modelli
concreti utili per la comprensione, la soluzione e la comunicazione al pubblico
dei risultati ottenuti o dei percorsi avviati. A tal proposito, ci piace sottolineare
che le loro realizzazioni (poliedri di svariate forme, dimensioni e colori,
componenti meccaniche, elaborati disegni di frattali, pavimentazioni e curve,
strumenti per la misurazione) hanno, in alcuni casi, lasciato senza parole i
responsabili del progetto, i ricercatori e gli stessi docenti delle classi.
Un altro elemento fondamentale per la buona riuscita dell‟esperienza è legato
alla maniera con cui i docenti responsabili dei singoli gruppi hanno inteso il
259
proprio ruolo. I responsabili di MATh.en.JEANS hanno chiesto loro di essere
solo garanti, con la presenza in aula, della sicurezza del lavoro dei ragazzi.
Ovviamente gli studenti sono stati spesso tentati di usarli per superare le
difficoltà: non è stato facile resistere alla tentazione di assecondarli, ma in
qualità di esperti a disposizione della classe hanno dovuto stimolarli e aiutarli,
frenando l‟istinto di sostituirsi a loro e di condurre i diversi ragionamenti.
Il lavoro dei gruppi si è chiuso con un convegno rivolto a tutti i protagonisti
del progetto (studenti, docenti e ricercatori), nel quale ogni gruppo di lavoro è
stato chiamato ad esporre non solo i risultati raggiunti, ma anche le strategie e
le modalità di lavoro impiegate, le esperienze realizzate, le domande che si è
posto, le congetture fatte, eventuali risposte trovate, le ulteriori domande che
sono a mano a mano scaturite.
Nella fattispecie, il convegno finale della prima edizione del MATh.en.JEANS
italiano si è tenuto nei giorni 23-24 Aprile 2010, presso il Dipartimento di
Matematica dell‟Università degli Studi di Milano. Il primo giorno è stato
dedicato ai docenti che hanno lavorato al progetto e che si sono confrontati su
alcune questioni centrali nella costruzione di un apprendimento/insegnamento
efficace: collaborazione e apprendimento in Matematica, errore e
apprendimento in Matematica, rigore e apprendimento informale in
Matematica. Il secondo giorno è stato invece interamente dedicato ai ragazzi,
all‟esposizione delle loro relazioni e a una piccola mostra dei modelli prodotti.
È stato emozionante per docenti e ricercatori osservare con quale serietà e
professionalità i ragazzi abbiano svolto il loro compito: qualsiasi fossero i
risultati raggiunti (non sempre infatti i gruppi sono riusciti a risolvere il
problema assegnato o a completare l‟intero percorso previsto dal ricercatore), i
ragazzi hanno mostrato in corso d‟opera di acquisire via via una crescente
scioltezza linguistica e precisione nel parlare di questioni matematiche, e
hanno dedicato un‟attenzione particolare alla preparazione ed esposizione
delle presentazioni nella fase finale. Abbiamo ascoltato gruppi di “piccoli” che
hanno cercato di raccontare agli studenti più grandi le loro scoperte e di
convincerli quando questi si sono mostrati scettici, e gruppi di “grandi” che
hanno cercato di trovare le parole più adatte per spiegare il proprio lavoro ai
più giovani. Nessuno sembrava preoccuparsi dei docenti presenti.
A guisa di riconoscimento del lavoro svolto, le relazioni dei vari gruppi sono
state pubblicate on-line sul sito www.xlatangente.it (sezione rubriche /over25/
materiali) e in due dossier, uno per le scuole secondarie inferiori e uno per
quelle superiori, nei numeri 21 e 22 della rivista XlaTangente. E non è tutto!
Due gruppi scelti durante il convegno, quello che ha studiato “Gli ingranaggi”
in rappresentanza delle scuole secondarie di primo grado e quello che si è
occupato dei “Poligoni di Reuleaux” per quelle di secondo grado, sono stati
invitati ad esporre nuovamente i propri lavori a Mirabilandia a latere delle
gare finali dell‟edizione 2010 di Kangourou Italia.
260
2. I commenti dei ragazzi
Ecco ora i commenti dei ragazzi che, mentre frequentavano una seconda liceo
classico di un Istituto scolastico di Milano, hanno preso parte al progetto
nell‟edizione 2009-2010 affrontando il tema “Infinito”.
Il ricercatore è venuto nella nostra classe e ci ha posto alcuni quesiti sui quali
riflettere da un punto di vista matematico, come ad esempio: «Gli infiniti sono
tutti equivalenti? Come si può fare per confrontare due insiemi con un numero
infinito di elementi? Conosciamo tanti insiemi con infiniti elementi (i numeri
naturali, i multipli di 7, i punti di un segmento o di una curva, ...); sappiamo
confrontarli tra loro?». Ci ha mostrato poi come avremmo potuto trovare
alcune risposte a tali quesiti solo attraverso l‟uso delle nostre conoscenze e del
ragionamento.
Da subito ci siamo immersi in tale progetto, totalmente fuori dall‟ordinario, e
abbiamo scoperto un modo nuovo di approcciarsi alla matematica. Abbiamo
lavorato per risolvere un problema in cui non bisogna applicare una formula
più o meno complessa, ma scoprire come funziona la logica del ragionamento.
Questa interessante prospettiva ci ha motivati a intraprendere il “lavoro” con la
giusta serietà e passione.
Poiché nel nostro tipo di liceo le ore mattutine dedicate alla matematica sono
soltanto due, abbiamo dovuto dedicare anche alcune ore pomeridiane al
progetto; ciò ha comportato che il progetto venisse portato avanti solo da un
gruppo ristretto di compagni. Un punto focale per la riuscita della ricerca è
stato sicuramente il lavoro di squadra; anche se dobbiamo ammettere che non
è stato semplice collaborare fra di noi e distribuirci equamente i ruoli e i
compiti. Ci siamo occupati tutti dello sviluppo delle idee e, in un secondo
momento, ci siamo divisi in due gruppi: alcuni hanno curato l‟organizzazione
della presentazione per il convegno finale, altri l‟esposizione.
La fase più divertente del progetto è stata quella che ha richiesto più impegno:
sviluppare delle risposte efficaci ai quesiti che ci erano stati posti dal
ricercatore. Siamo partiti inizialmente da qualche “aiuto” fornitoci da lui e
siamo giunti a conclusioni corrette procedendo per tentativi, sempre più fieri
della riuscita del lavoro ad ogni step superato. Ci hanno in seguito raccontato
che in questo modo siamo arrivati a elaborare una dimostrazione molto simile
a quella che fece il matematico Cantor nella sua diagonalizzazione, pur non
ricordandoci di averne mai sentito parlare prima!
Non meno impegnativa è stata la preparazione della presentazione per il
convegno finale, tenutosi sabato 24 aprile, che ha richiesto sia competenze
abbastanza specifiche del campo informatico, sia capacità espositiva di fronte
ad un centinaio di ragazzi decisamente attenti all‟argomento. Le difficoltà
riguardo a quest‟ultimo punto sono state notevoli, dato che il lavoro che
261
abbiamo dovuto raccontare al pubblico presente al convegno era
particolarmente astratto.
Sinceramente non è stato semplice, per motivi di mezzi di comunicazione, di
distanza e di tempistiche, lavorare con il gruppo dell‟altra scuola a noi
associata. Abbiamo più che altro fatto riferimento al ricercatore e usato lui
come tramite per le nostre idee.
Il momento che più ci è rimasto impresso è stato sicuramente quello della
presentazione finale. In quella mezzora infatti abbiamo avuto la sensazione di
giocarci il tutto per tutto: una cattiva presentazione avrebbe rischiato di
compromettere il lavoro fatto; tuttavia con la preparazione e il supporto della
squadra siamo riusciti a fare un buon lavoro. Al termine dell‟esposizione
l‟applauso della platea ha suscitato in noi la soddisfazione più grande: la
consapevolezza di essersi impegnati per un lavoro riuscito e capito da altri,
nonostante il tema fosse così difficile da rendere graficamente!
Per conoscere più in dettaglio i contenuti matematici del lavoro di questa
classe si legga il numero 22 della rivista XlaTangente, pagine 22-23.
Bibliografia
Dossier Math.en.JEANS 2009/2010 (Scuola secondaria di primo grado)-Raccolta
degli abstract, XlaTangente. 21, 13-36.
Dossier Math.en.JEANS 2009/2010 (Scuola secondaria di secondo grado)-Raccolta
degli abstract, XlaTangente. 22, 13-36.
Polya G. (1971). La scoperta matematica. Capire, imparare e insegnare a risolvere i
problemi. Volume I. (Traduzione da: Mathematical discovery, 1962). Milano:
Feltrinelli.
Testi Saltini P. (a cura di) (2010). Partiti! XlaTangente. 18, 45.
Testi Saltini P. (a cura di) (2010). L‟infinito in una perla. XlaTangente. 19, 46-47.
Testi Saltini P. (a cura di) (2010). Eccoci al traguardo! XlaTangente. 20, 46-47.
www.mathenjeans.it
www.xlatangente.it
Parole chiave: apprendimento; ricerca matematica; problem solving;
cooperative learning; collaborazione scuola-università.
262
SEZIONE 9
SCUOLA DELL’INFANZIA, PRIMARIA,
SECONDARIA DI PRIMO E SECONDO GRADO
263
264
La Scatola di Einstein: da un oggetto a tanti progetti
Giorgio Häusermann
D.F.A. – S.U.P.S.I., Locarno
Sunto. La Scatola di Einstein, raccolta di giocattoli con cui svolgere delle esperienze
scientifiche nelle scuole primarie, è stata il punto di partenza per sviluppare diverse
attività nell‟ambito della formazione scientifica degli allievi, degli insegnanti e per il
pubblico in generale. Nell‟articolo sono presentate le attività svolte e alcune proposte
per utilizzare i giocattoli nelle attività didattiche nei diversi livelli scolastici.
1. La Scatola di Einstein
L‟idea della Scatola di Einstein nacque nell‟estate del 2004 in vista del
successivo anno mondiale della fisica ed è figlia della mostra I giocattoli e la
scienza sviluppata dal prof. Vittorio Zanetti dell‟Università di Trento ospitata
al liceo di Bellinzona nel 1996. La collezione della Scatola comprendeva oltre
cinquanta pezzi tra giocattoli e altri oggetti con i quali gli insegnanti delle
scuole primarie e secondarie di I grado potevano studiare con i loro allievi
diversi argomenti di fisica, dal moto alle trasformazioni di energia, dalla luce
all‟elettromagnetismo. Il risultato fu molto positivo: l‟Alta Scuola Pedagogica
265
diede in prestito una scatola a diverse scuole del Cantone dal 2005 in avanti,
due scatole furono acquistate dai Centri didattici cantonali di Bellinzona e di
Massagno, che ne suddivisero il contenuto in contenitori tematici, ancora oggi
molto richiesti dagli insegnanti.
2. Le attività successive
L‟esperienza della Scatola di Einstein fu un punto di svolta decisivo per
sviluppare nuove attività: durante il 2005 fu possibile presentarne il contenuto
per decine di volte in scuole, convegni, mostre, festival della scienza e corsi di
formazione, evidenziando l‟interesse suscitato dalla proposta e la necessità di
trovare nuove strade per avvicinare i giovani alla scienza. Le esperienze di
alcuni convegni e della manifestazione Science on stage, organizzata al CERN
nel novembre 2005, permisero poi di conoscere altre interessanti situazioni e
avvicinare ulteriori attività di sviluppo. A partire dalla primavera 2006 iniziò
la collaborazione con Marco Calò e Pamela De Lorenzi, allora insegnanti in
formazione di scuola secondaria di I grado e di scuola primaria, con i quali fu
possibile far partire all‟Alta scuola pedagogica il progetto Giovani scienziaTI,
attività rivolta agli allievi degli ultimi anni di scuola primaria e dei primi anni
di scuola media (8 – 12 anni) del locarnese.1 Dal 2006 al 2008 ebbero luogo
una quindicina di incontri al sabato mattina, nei quali si svolsero attività basate
sull‟osservazione e sull‟esecuzione di esperimenti, sulla costruzione di oggetti
e sull‟interpretazione di fenomeni fisici. L‟attività iniziò con una trentina di
iscritti per terminare con oltre settanta. I temi degli incontri e le attività svolte
sono descritte al sito
http://www.aspti.ch/giocafisica/pagine/giovani_scienziati.html.
Questa proposta fu ripresa in seguito a Giubiasco e a Barbengo presso le
scuole secondarie di primo grado con la collaborazione del Gruppo Genitori.
Dal 2005 si moltiplicarono anche le presentazioni della Scatola in pubblico a
studenti, a corsi per insegnanti e in molte altre occasioni.
Dalla Scatola si passò poi a più contenitori, tra i quali grandi valigie, per
facilitare i viaggi in aereo. Si aggiunsero pure via via diverse nuove esperienze
con lo scopo di rendere più scenografica e attraente la presentazione, anche nel
caso di un numero elevato di spettatori.
Continuarono le attività nell‟ambito della formazione iniziale e continua per
gli insegnanti e prese avvio una collaborazione con due colleghe spagnole che
inserirono nel loro programma annuale un percorso didattico centrato sull‟uso
dei giocattoli e le semplici esperienze svolte dagli allievi.
A completare il quadro delle attività si aggiunse nel 2009 la partecipazione
alla trasmissione televisiva della RSI Colazione con Peo2 dove, durante una
1
2
Con la collaborazione di Guido Della Bruna, presidente del Gruppo Genitori Locarnese.
RSI (Radio della Svizzera italiana) http://la1.rsi.ch/peo/welcome.cfm.
266
dozzina di puntate vennero presentati alcuni personaggi celebri nel campo
della scienza e mostrate numerose esperienze svolte con i giocattoli.
3. Il ruolo del giocattolo nell’insegnamento scientifico
«L‟introduzione di attività comprendenti i giocattoli nelle attività didattiche
permette agli studenti di costruire attivamente, con esempi concreti, il proprio
sapere nell‟ambito della fisica. I giocattoli sono oggetti del mondo reale che
stimolano l‟interesse e l‟emotività. Le esperienze semplici e i giocattoli
permettono a tutti gli studenti di compiere il primo semplice passo verso lo
sviluppo della curiosità per il sapere scientifico. Compito degli insegnanti è
coltivare nel modo migliore la piccola fiamma che nasce dall‟incontro tra
gioco e scienza» (Giorgio Häusermann, Apprendere la fisica giocando, Istituto
tecnico Malignani Udine, 8 aprile 1999).
Le esperienze maturate in questi anni nei diversi livelli scolastici hanno
permesso di approfondire il ruolo del giocattolo nell‟insegnamento scientifico,
considerando i possibili approcci e i diversi significati che esso ricopre nel
corso degli studi, dalla scuola dell‟infanzia alla scuola secondaria di secondo
grado e oltre. Un principio generale può essere espresso nel seguente modo: il
giocattolo non è sufficiente in sé ad avvicinare alla conoscenza ma è uno
strumento stimolante che permette al docente di organizzare attività didattiche
strutturate secondo alcuni dei seguenti passi:
osservare ed eventualmente misurare
porre domande (distinguendo quelle per cui è possibile dare una risposta e
quelle che restano inaccessibili)
formulare ipotesi e spiegazioni
proporre strategie per verificare le ipotesi
concepire ed eseguire nuove esperienze
interpretare le informazioni raccolte, stabilire delle connessioni e trarre delle
conclusioni
comunicare i risultati e difendere le proprie opinioni.
Nel caso dei livelli scolastici superiori, a questo schema possono essere
aggiunti altri passi come la costruzione di modelli matematici e il riferimento a
modelli fisici studiati in teoria.
Il ruolo dei giocattoli nell‟insegnamento della fisica assume nel corso degli
anni di scuola obiettivi e modalità diverse: nei livelli inferiori i punti focali
sono l‟osservazione, la manipolazione e la comprensione dei fenomeni mentre
in quelli superiori si aggiungono la ricerca dei collegamenti tra il
funzionamento di oggetti reali, le attività dei laboratori specifici e le leggi
studiate nei diversi capitoli del corso di fisica.
267
4. Studiare la fisica con i giocattoli. Gli esempi
4.1. Da 4 a 6 anni
Magia, scienza o magie scientifiche? In occasione della VII edizione del
Festival della Mente di Sarzana http://www.festivaldellamente.it/, ci è stato
chiesto di svolgere un‟attività di un‟ora per una trentina di bambini, da
ripetersi per tre volte nell‟arco di una mattinata. Nella prima parte dell‟atelier
mostravamo magie chimiche in cui facevamo sparire l‟acqua con un po‟ di
poliacrilato di sodio in fondo a un bicchiere, utilizzando poi altri tipi di
polimeri idrofili per mostrare altri effetti particolari, come le palle d‟acqua e la
neve istantanea. Abbiamo pure fatto volare una corda, dell‟aria e del fumo con
i nostri apparecchi speciali (string launcher e airzooka) e abbiamo parlato di
diavoletti magici e di buchi nell‟acqua (diavoletto di Cartesio e il Vortice).
Nella seconda parte abbiamo fatto costruire un braccialetto fotosensibile, fatto
di perline che si colorano con i raggi ultravioletti, e abbiamo distribuito il
materiale per costruire a casa un diavoletto-calamaro, una ninfea di carta.
4.2. Nelle scuole primarie
Nell‟autunno 2009 abbiamo proposto un corso di formazione per docenti delle
scuole dell‟infanzia e primarie nel quale abbiamo proposto alcune delle attività
che avevamo sperimentato con i Giovani scienziaTI. A seguito di questo
incontro siamo stati contattati dalla sede scolastica di Stabio per progettare con
loro alcune attività riguardanti lo studio del galleggiamento. Le lezioni si sono
svolte all‟inizio del 2010 e sono state articolate in un incontro plenario, in cui
abbiamo mostrato degli esempi di come si può studiare la fisica con i
giocatoli, a cui sono poi seguite delle attività svolte in parte con il nostro
contributo e in parte in maniera autonoma dalle docenti della sede. La nostra
funzione è stata quella di fornire il materiale per costruire il Vortice e il
Diavoletto e di presentare una serie di esperimenti di galleggiamento.
268
4.3. Nelle scuole secondarie di primo grado
Le attività svolte in questo settore sono state le presentazioni alle Giornate
della scienza e quelle in occasione di inviti da parte di colleghi per eventi
particolari. Inoltre la Scatola di Einstein, come pure alcune raccolte di
giocattoli suddivisi per argomenti in dotazione ai centri didattici di Bellinzona
e di Massagno, sono stati dati in prestito ad alcune sedi nel 2005 in Ticino e
nel Canton Grigioni. I giocattoli sono stati anche utilizzati per costruire i
percorsi didattici nell‟ambito di due lavori di diploma; uno sul galleggiamento
e l‟altro sul sistema solare. In quest‟ultimo caso si è trattato di palloni
gonfiabili che rappresentavano il sistema Sole-Terra-Luna e altri modelli
planetari. In generale però, a livello di scuole medie ticinesi, non si è
riscontrato un grande interesse a proporre interi percorsi con i giocattoli,
poiché i programmi sono molto strutturati e le proposte didattiche sono già ben
organizzate dagli esperti che seguono l‟insegnamento.
269
4.4. Nelle scuole secondarie di secondo grado
Lo scopo principale dell‟uso di giocattoli nell‟insegnamento della fisica nelle
superiori è quello di mostrare come nel funzionamento di oggetti del mondo
reale è possibile ritrovare le leggi e i principi studiati a partire da modelli
semplificati. Affiancare osservazioni e misure sul comportamento dei
giocattoli ad esperienze di laboratorio, costruite per mettere in evidenza
unicamente il concetto per le quali sono state concepite, permette di collegare
in modo più completo i differenti argomenti e mostrare così la validità dello
studio della materia in un modo più ampio e più vicino alla vita degli studenti.
Pur non avendo in questi anni esperienze dirette d‟insegnamento nel settore
delle superiori, è stato possibile tuttavia collaborare con diversi colleghi dando
loro una consulenza in termini di prestito di giocattoli da utilizzare nelle loro
classi. Esempi sono stati il disco a cuscino d‟aria per lo studio del moto
circolare, oggetti galleggianti e non per la statica dei fluidi, il generatore di
onde stazionarie per il modello atomico e i campioni di metalli per il concetto
di mole.
270
5. Gli spettacoli con il pubblico
La presentazione/spettacolo I giocattoli della Scatola di Einstein è stata
proposta oltre un centinaio di volte dalla fine degli anni novanta ad oggi. In
essa si ripercorrono i principali capitoli di un immaginario manuale di fisica
dove al posto delle pagine, delle formule, delle definizioni e degli esercizi, ci
sono giocattoli e semplici esperienze che mostrano come nel loro
funzionamento si possano ritrovare i concetti e i fenomeni studiati nei corsi di
fisica. A seconda del tipo di pubblico e della struttura si è dovuto optare per un
maggiore o un minore contatto diretto e quindi una diversa possibilità di far
pendere la bilancia dalla parte dell‟apprendimento della fisica anziché da
quella del puro divertimento. Non sappiamo quanta scienza abbiamo
trasmesso in questi dieci anni ma di certo abbiamo avuto di fronte a noi
giovani e meno giovani attenti e interessati per oltre un‟ora e mezza e persino
persone con una formazione scientifica qualificata hanno mostrato grande
soddisfazione per il nostro approccio ludico.
6. Le trasmissioni TV
Peo è un cane blu di peluche che “lavora” alla Televisione della Svizzera
italiana. Dal 1995 “conduce” trasmissioni per bambini in cui sono proposti
cartoni animati e telefilm. Con Peo sono presenti ospiti che avvicinano i
bambini all‟arte, al mondo quotidiano, alla natura e alla scienza. Dal 2009
collaboriamo con Peo mostrando semplici esperienze di fisica e presentando la
storia delle scoperte scientifiche e tecnologiche. Questa attività ci ha permesso
di riflettere su molti aspetti della comunicazione scientifica per i più piccoli e
per le peculiarità del mezzo televisivo. La preparazione delle puntate richiede
molta attenzione nel proporre esperienze che siano spettacolari, non
pericolose, che rispettino le dimensioni dello studio di registrazione e che
seguano un filo logico facile da comprendere. Nella fase di registrazione si
scelgono le esperienze più adatte alla ripresa televisiva, si devono trovare le
271
spiegazioni corrette dal punto di vista scientifico e adatte al pubblico di
giovani tra i 6 e i 10 anni e si devono coordinare i movimenti con Peo e con le
attività da svolgere, mantenendo un ritmo molto veloce tipico del mezzo
televisivo.
7. Il Giardino della scienza
Dall‟estate del 2010 Giorgio Gilardi, direttore delle scuole comunali di
Ascona, ci ha messo a disposizione un‟aula di classe per le nostre attività. Si
tratta di un locale grande e ben attrezzato in cui poter accogliere classi di
allievi o gruppi di insegnanti nonché disporre in modo ordinato il materiale e
poter preparare nuove esperienze. L‟aula si chiamerà Il giardino della scienza
poiché si trova in un edificio immerso nel verde. La prima attività è già stata
proposta agli allievi della sede il 2 settembre 2010: dopo una breve
presentazione plenaria con alcuni giochi speciali, gli allievi sono stati suddivisi
in gruppi che hanno potuto visitare una decina di postazioni in cui erano
presentate diverse attività da provare e su cui riflettere.
8. Conclusioni
La convinzione che la formazione scientifica degli allievi debba essere oggetto
di particolare attenzione sin dall‟inizio del percorso scolastico sta
affermandosi anche in quei contesti dove finora era stata trascurata. I più
piccoli sono particolarmente interessati alle attività didattiche in cui sono
presenti la scienza e il gioco. Per poter mettere in atto delle strategie in questo
campo è necessario lavorare nell‟ambito della formazione e
dell‟aggiornamento dei docenti sulla loro capacità di trasporre le conoscenze
per mezzo dei giocattoli e delle semplici esperienze, vincendo così le paure e
le incertezze accumulate nel corso degli studi. Per i più grandi e in generale
per il pubblico d‟ogni età, i giocattoli sono l‟occasione per capire come la
fisica sia intorno a noi e non solo nelle formule.
A tutti i livelli, i giocattoli aiutano a sviluppare competenze che i normali
strumenti didattici non possono raggiungere perché rispetto ad essi, sono in
grado di coinvolgere aspetti emotivi e relazionali capaci di far amare la fisica e
lo studio dei fenomeni naturali.
Bibliografia
AA.VV. (1998). Hands on-Experiments in Physics Education Proceedings. ICPE –
GIREP Intenational Conference Duisburg 23-28 August 1998. 29-39; 138-147;
228-229.
272
Hixson B.K. (2003). Newton Take 3. Loose in the Lab. Inc, Sandy, Utah USA.
Linx N° 5 gennaio 2010 Pearson Ed.
http://magazine.linxedizioni.it/2010/01/03/insegnare-fisica-con-i-giochi/
Taylor B., Portman D., Gertz S., Hogue L. (2005). Teaching Physics with TOYS.
Middletown, Ohio USA: Terrific Science Press.
Zanetti V. (1993). I giocattoli e la scienza. La fisica nella scuola. Quaderno 4,
Associazione per l‟Insegnamento della Fisica.
Gioca con la fisica http://www.aspti.ch/giocafisica
Steve Spangler Science http://www.stevespanglerscience.com/
Educational Innovations http://www.teachersource.com/
Science Kit http://sciencekit.com/
Betzold http://www.betzold.ch/
Nitinoldrath http://www.nitinoldraht.de/
Supermagnete http://www.supermagnete.ch/
Opitec http://www.opitec.ch/
Grand Illusion http://www.grand-illusions.com/
Klangspiel www.klangspiel.ch
DinoDirect http://www.dinodirect.com
Riferimenti agli oggetti citati nel testo:
Poliacrilato di sodio - www.teachersource.com/ - PolyacrylateDiaperPolymer
String launcher - www.teachersource.com/ - StringLauncher
Airzooka - www.teachersource.com - AirZooka
Diavoletto di Cartesio - www.teachersource.com/ - CartesianDiversionsClassKit
Vortice - www.teachersource.com - VortexBottleConnectors
Perline che si colorano con i raggi ultravioletti - www.teachersource.com/ UltravioletDetectingBeads
Sole-Terra-Luna - www.betzold.ch/ - Sonnensystem
Disco a cuscino d‟aria - www.teachersource.com - AirPowerSoccerDisk
Oggetti galleggianti - www.teachersource.com/ - FloatingAndSinking.
Generatore di onde stazionarie - www.teachersource.com - 3DStandingWaveMachine
Campioni di metalli - www.teachersource.com/ - MoleElementSampleSet
[email protected]
Parole chiave: giocattoli scientifici; didattica della fisica; insegnamento
scientifico; educazione scientifica informale.
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La Bottega Matematica
Lorenza Resta
Liceo E. Torricelli di Faenza
Questo testo è stato scritto da Lorenza Resta, coordinatrice della mostra, con la collaborazione
dei docenti/studenti che hanno realizzato gli elaborati vincitori del concorso legato alla mostra.
Sunto. Nel testo viene descritta una mostra di contenuto matematico, con concorso
annesso, svoltasi a Faenza nella primavera del 2010. Vengono anche illustrati gli
elaborati, prodotti dalle scuole dei vari ordini, che sono risultati vincitori o
menzionati al concorso.
Il Liceo “E. Torricelli”12 insieme al Tavolo della Scienza e alla Palestra della
Scienza del Comune di Faenza, con la collaborazione di vari enti e istituzioni,
ha organizzato a Faenza, presso il Palazzo delle Esposizioni, dal 6 al 28 marzo
2010 una mostra intitolata: La bottega matematica; in collegamento con la
mostra è stato bandito un concorso rivolto alle scuole primarie, secondarie di
primo e secondo grado. Questa iniziativa è nata dal desiderio di condividere la
passione per la matematica degli organizzatori e dalla volontà di coinvolgere
le scuole, gli insegnanti e soprattutto gli allievi, nella speranza di impegnarli in
attività stimolanti e creative.
L‟esposizione era suddivisa come segue:
Sezioni legate a musei/laboratori e a percorsi didattici.
Macchine matematiche realizzate dall‟Associazione macchine matematiche di
Modena relative a prospettiva, trasformazioni geometriche, sezioni coniche e
curve particolari.
Macchine matematiche del progetto Matebilandia, composto da percorsi
matematici in cui si ricercano curve geometriche nelle attrazioni del parco di
Mirabilandia;13 gli strumenti esposti permettono di tracciare e studiare le
sezioni coniche, le epicicloidi, la clotoide ecc.
Strumenti per il calcolo forniti dal Museo del calcolo Mateureka di Pennabilli.
Una sezione di giochi matematici.
12
Docenti coinvolti nell‟organizzazione della mostra: Lorenza Resta, Sandra Gaudenzi,
Monica Pratesi, Stefano Alberghi, Angela Drei, Giovanni Pezzi, Francesco Rotundo.
13
Progetto realizzato dal Liceo “E. Torricelli” di Faenza (docenti: L. Resta, S. Gaudenzi, S.
Alberghi, G. Pezzi, L. Paglialonga, A. Foschi) e vincitore della IX edizione del concorso
nazionale Centoscuole.
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Sezioni legate al concorso con elaborati prodotti dalle scuole.
Fotografie originali, con rielaborazione del contenuto matematico.
Oggetti matematici (exhibit, strumenti di calcolo, dispositivi per lo studio della
geometria ecc).
Durante la mostra si sono svolti laboratori14 per le scuole e per il pubblico,
sono state organizzate una conferenza con il Prof. Michele Emmer, una tavola
rotonda sul tema laboratorio di matematica e nuove competenze ed è stato
proiettato il film Möbius.
Sono stati più di 5000 i visitatori della mostra, provenienti da scuole locali ma
anche da varie parti di Italia mentre 53 scuole hanno aderito al concorso.
Segue una breve descrizione degli elaborati vincitori;15 sono stati assegnati
premi in denaro ai migliori tre elaborati, per ogni ordine di scuola, mentre
hanno ricevuto una menzione e altri premi alcuni elaborati che si sono distinti
per alcune particolarità.
Gli “oggetti” presentati hanno riguardato temi molto diversi fra loro ed il
coinvolgimento degli studenti è stato vario: in alcuni casi c‟è stata una
partecipazione di tutti gli allievi sotto la guida degli insegnanti, in altri è stata
coinvolta soltanto una parte della classe ed in altri ancora alcuni allievi hanno
lavorato in piena autonomia sviluppando idee personali. I risultati sono stati
soddisfacenti e soprattutto è stato un grande successo vedere studenti
responsabili, coinvolti emotivamente, e propositivi nel fare matematica.
La successiva presentazione pubblica degli elaborati prodotti ha permesso ai
docenti di mostrare esempi di “buona pratica didattica”, di confrontarsi e di
condividere esperienze; al contempo, gli studenti hanno potuto osservare,
interagire, utilizzare oggetti concreti con contenuto matematico, e forse hanno
aggiunto qualche sfaccettatura alla loro visione della matematica.
1. Sezione: scuole primarie
1° Classificato: Alla ricerca della mia metà.
Classe: prima B dell‟Istituto Comprensivo Faenza Centro, insegnanti G.
Carloni e M. Mannarella.
Descrizione: l‟elaborato è un gioco, di tipo memory, finalizzato
all‟osservazione e al riconoscimento delle simmetrie in natura.
Dopo aver analizzato oggetti di forma simmetrica, sono state proposte ai
bambini delle immagini disegnate solo per metà da completare, in modo da
doversi concentrare non solo sulla forma, ma anche sulla posizione degli
14
Laboratori didattici proposti: tassellazioni, origami, bolle di sapone, macchine matematiche,
giochi, tecnologie di calcolo, la matematica dei balli popolari.
15
Gli elaborati sono risultati vincitori in base al giudizio di una giuria indipendente ed esterna
all'organizzazione del concorso, con esponenti appartenenti ai diversi ordini di scuola.
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elementi interni all‟immagine. I bambini prima si sono impegnati a colorare le
carte intere del gioco (che le insegnanti hanno tagliato lungo l‟asse di
simmetria) poi, l‟effettivo utilizzo del gioco, ha favorito l‟interiorizzazione del
concetto di simmetria.
L‟insegnante afferma: Il vero successo di tutto il lavoro è stata la mutata
percezione della matematica, non più come disciplina difficile da imparare, ma
anche creativa e adatta al gioco”.
2° Classificato: Il prato di Tobia (il nastro di
Möbius).
Classe: prima della scuola primaria di Rocca
San Casciano (FC), insegnante P. Ricci.
Descrizione: Si è indagato e costruito il
Nastro di Möbius come soluzione di un
problema proposto. Il laboratorio ha preso
avvio da una storia, inventata dalle
insegnanti, attraverso la quale si sono
presentati alcuni termini geometrici e un
problema spaziale, la cui soluzione prevedeva
la costruzione del nastro. Ogni fase del lavoro
ha richiesto la lettura di una parte della storia,
una discussione collegiale, la sperimentazione
pratica di idee e la rappresentazione con il
disegno. Al termine della narrazione si è svolta un‟analisi guidata delle forme
geometriche indicate dalla storia, per focalizzare e rinforzare termini
(superficie, bordo) e proprietà (percorribilità). Si è poi collegato l‟oggetto
matematico al concetto di ciclicità del tempo cronologico (i giorni della
settimana), realizzando così un calendario settimanale davvero originale.
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3° Classificato: Piastrellare che passione.
Classe: quinta della scuola primaria “L.
Cappelli”, Istituto Comprensivo di Rocca San
Casciano (FC), insegnante L. Tassinari.
Descrizione: L‟elaborato, risultato della attività
di laboratorio sulla tassellazione del piano, è
costituito da:
esempi di tassellazioni con solo piastrelle
quadrate di diverse aree;
moduli diversi per la copertura del piano
realizzati con una piastrella “base”;
pianta di un appartamento pavimentata con le
piastrellazioni più adatte all‟uso delle stanze;
2. Sezione: scuole secondarie di primo grado
1° Classificato: Matememory.
Classe: Alice, Giada, Ilaria e Sofia della classe
terza dell‟Istituto Comprensivo “Carchidio
Strocchi” di Faenza, insegnante E. Cavatorta.
Descrizione: Gioco dedicato al passaggio
cruciale tra la formula matematica che esprime
una relazione tra grandezze e il suo grafico nel
piano cartesiano. È stata scelta la tipologia del
memory pensando che l‟abbinamento, anche
visuale, equazione-funzione possa rimanere
impresso nella mente degli studenti.
Durante le attività curriculari l‟insegnante, per
migliorare il passaggio fra i registri:
“lessicale”, “simbolico”, “grafico” del concetto
di relazione, ha utilizzato la metafora delle tre isole: l‟isola “della legge”
(relazione in linguaggio corrente), l‟isola “XY“ (relazione tradotta in formula),
l‟isola di “Cartesio” (rappresentazione grafica della relazione). È risultato
efficace applicare il gioco (l‟abbinamento formula-grafico) sia per superare le
difficoltà nel passaggio tra le isole sia per discutere i dubbi degli studenti sul
tema.
2° Classificato: Il Crivello della 1aC
Classe: prima C dell‟Istituto Comprensivo “Carchidio Strocchi” di Faenza,
insegnante E. Gaeta.
Descrizione: Il crivello (“setaccio”) è formato da una scatola in legno avente
una scanalatura in cui alloggiare dei piani di legno forati. Una volta inserito il
“filtro” dei multipli di 2, vengono versate delle palline colorate di diverse
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dimensioni numerate da 2 a 100. Muovendo la scatola cadono nei fori del
filtro e si raccolgono sul fondo della scatola le palline che rappresentano i
multipli di 2 (ad eccezione di 2 stesso).
Vengono inseriti in successione vari filtri, affinché possano lasciar cadere
anche i multipli di 3, di 5, di 7;16 gli unici numeri che rimangono sopra
l‟ultimo filtro sono quelli primi.
3° Classificato: I metodi di calcolo nella storia.
Classe: prima A della scuola media “Ungaretti” di Solarolo, insegnante E.
Zaccherini.
Descrizione: Gli allievi hanno realizzato i seguenti metodi di calcolo: il
metodo dei bastoncini di Nepero, il metodo della graticola (griglia), il metodo
delle linee.
Inizialmente è stata svolta una ricerca storica per comprendere il
funzionamento degli strumenti, poi un gruppo di allievi si è occupato della
parte “pratica” realizzando gli strumenti con materiali “poveri” ed un altro
gruppo invece ha curato la presentazione (digitale) del lavoro svolto.
Questa attività sui metodi di calcolo ha consentito agli allievi di comprendere
la funzione e la motivazione di alcuni procedimenti da loro svolti solitamente
in modo automatico.
16
È sufficiente realizzare il crivello per eliminare i multipli dei numeri primi minori della
radice quadrata del numero massimo dato (in tal caso 100).
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3. Sezione: scuole secondarie di secondo grado della provincia di Ravenna
1°
Classificato:
Naturalmente...
matematica!
Classe: Giulia Montanari e Lorenzo
Quercia della V E scientifico del
Liceo “E. Torricelli” di Faenza,
insegnante L. Resta.
Descrizione: La foto presentata
riprende l‟istante successivo alla
caduta di una goccia in una tazza
piena d‟acqua. Dopo l‟impatto della
goccia con la superficie dell‟acqua, si
può creare prima una cavità poi una piccola colonna d‟acqua dalla quale si può
distaccare una piccola goccia sferica. Le perturbazioni generate dalla caduta
della goccia si propagano nell‟acqua circostante creando piccole onde circolari
concentriche. I due fianchi della colonna d‟acqua sono approssimati, in
maniera accettabile, da due rami d‟iperbole, il profilo della goccia sferica da
una circonferenza e le onde concentriche (nella visione bidimensionale che
fornisce la fotografia) da delle ellissi. Questa fotografia può essere presentata
in una classe in cui si stia affrontando lo studio delle sezioni coniche. In primo
luogo, la fotografia potrebbe testimoniare come in realtà si sia circondati da
curve matematiche anche senza rendercene conto; in secondo luogo, dopo lo
studio delle caratteristiche fondamentali di iperbole, circonferenza ed ellisse,
può essere interessante fare verificare agli studenti come le curve presenti
nella foto possano avvicinarsi alle curve matematiche considerate.
Gli studenti affermano: Ci è piaciuto il fatto di aver avuto completa libertà
sugli argomenti da trattare, su dove indirizzare i discorsi e su quali materie
coinvolgere. È stato un modo per mettere alla prova le nostre conoscenze e le
nostre capacità di gestirci e organizzarci.
2° Classificato: Cicloide e Rifrazione.
Classe: IV B1 scientifico del Liceo “G.R. Curbastro” di Lugo, insegnante A.
Seganti con il contributo di E. Cortesi e B. Conti.
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Descrizione: All‟interno del progetto si sono studiate le proprietà e la forma
della cicloide, sia attraverso il rotolamento sia grazie al fenomeno della
rifrazione. Il lavoro è iniziato con l‟esposizione frontale delle proprietà della
cicloide corredate dall‟osservazione diretta della curva in laboratorio, ottenuta
facendo rotolare un disco, appositamente costruito, su una rotaia orizzontale.
Nel disco sono stati collocati quattro diversi LED, uno al centro, uno in
corrispondenza della circonferenza C tangente alla rotaia, uno in posizione più
interna ed uno in posizione più esterna rispetto a C. Grazie ad una macchina
fotografica, regolata su un ampio tempo di esposizione, si sono così ottenute
rispettivamente le immagini di una retta (descritta dal LED centrale), una
cicloide accorciata, ordinaria e allungata.
Nella
seconda
parte
dell‟esperienza
è
stato
realizzato un mezzo composto
da acqua e glicerina, in cui
l‟indice di rifrazione variava
con continuità, in modo
decrescente, dal fondo di una
vaschetta fino alla superficie.
Gli studenti hanno osservato
la curvatura che un raggio laser subisce all‟interno della vaschetta e hanno
cercato l‟angolo di incidenza migliore per evidenziare il fenomeno. La curva è
stata riprodotta utilizzando un software specifico per il tracciamento di grafici,
come Derive, ed è risultato utile il confronto e la sovrapposizione fra la curva
teorica disegnata dal software e quella ottenuta sperimentalmente.
3° Classificato: Dimostrazione idraulica del
Teorema di Pitagora.
Classe: seconda della sezione tecnica dell‟Istituto
Tecnico Industriale e professionale “Luigi Bucci”
di Faenza, insegnante S. Belletti.
Descrizione: Il modello è costituito da un
pannello girevole con un triangolo rettangolo, ai
lati del triangolo sono state collegate delle
vaschette sigillate, di forma quadrata, in grado di
contenere un liquido colorato. Il liquido colorato
inizialmente riempie esattamente il volume della
vaschetta collocata sull‟ipotenusa del triangolo,
ruotando il pannello, il liquido inizia a scendere e
progressivamente riempie esattamente i recipienti connessi ai due cateti del
triangolo.
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Sono state preparate anche due presentazioni relative all‟ inquadramento
storico del teorema e ad alcune sue dimostrazioni più significative. L‟attività si
è rivelata un‟ottima occasione per “fare matematica” in modo “laboratoriale” e
per coinvolgere anche gli studenti meno motivati.
4. Sezione: scuole secondarie di secondo grado esterne alla provincia di
Ravenna
Vincitore unico: Quid vides? Vedo matematica.
Classe: terza A del Liceo Scientifico “Rinaldo Corso” di Correggio,
insegnante D. Anceschi.
Descrizione: All‟inizio dell‟anno scolastico l‟insegnante ha proposto di
realizzare il progetto Foto al microscopio,
con l‟intento di scattare foto di preparati al
microscopio (a 100, 400 e 1000
ingrandimenti) per produrre dei cartelloni
da esporre nel laboratorio di biologia. Con
grande entusiasmo si sono svolti i martedì
“microscopici”, inoltre i vetrini da
fotografare (dalla sezione del campione fino
alla colorazione) sono stati tutti preparati
dagli studenti. Le abilità manuali e tecniche
degli allievi sono gradualmente migliorate e anche l‟indagine si è estesa fino a
toccare campi molto diversificati: si è partiti da cellule vegetali per passare a
batteri, a diversi tipi di tessuti e organi vegetali e animali, per poi arrivare ai
cristalli. È iniziato quindi un lavoro di selezione e ricerca delle foto (tra più di
cinquecento scatti) e di rielaborazione matematica delle stesse (sono stati
individuati diversi elementi: spirali, tassellazioni, simmetrie, frattali, curve
particolari).
5. Sezione: menzioni speciali
Elaborato: Dalla Cina con… gioia.
Un possibile percorso per conoscere
e amare la matematica anche grazie a
una nuova amica.
Classe: II A T.P. della Scuola
Primaria “A. Saffi” di Forlì,
Insegnante M. S. Tampellini.
Descrizione: L‟oggetto matematico
studiato e ricostruito in laboratorio è
stato il suàn pán, l‟abaco cinese nato in Cina verso il 1200 ed usato ancora
oggi. L‟abaco è formato da una serie di aste verticali (che rappresentano da
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destra verso sinistra: le unità, le decine, le centinaia, le migliaia, ecc). Sono
presenti tre aste orizzontali: una disposta in alto (rappresenta il cielo), una in
basso (la terra) e una interna (l‟uomo) che suddivide le aste verticali in due
parti disuguali. Si dispongono due palline nella parte più stretta appoggiandole
sulla linea del cielo (ciascuna pallina equivale a cinque unità) e cinque palline
in quella più larga appoggiandole sulla linea di terra (ciascuna pallina equivale
ad un‟unità). Per rappresentare un numero si spostano le palline corrispondenti
verso la barra orizzontale dell‟uomo.
La motivazione iniziale che ha spinto l‟insegnante a proporre agli allievi
l‟impiego di questo strumento di calcolo è stata l‟inserimento in classe di
Gioia, una bambina cinese; successivamente sono emerse le grandi
potenzialità che l‟uso del suàn pán può avere nella didattica.
Elaborato: La geometria del cavolo
romano.
Classe: classe III B della Scuola Media
Cova “Lanzoni” di Faenza, insegnanti:
M.L. Oriani (matematica), C. Tabanelli
(tecnologia), S. Monti (arte e
immagine).
Descrizione:
Cercando
un
collegamento fra matematica e natura,
si è deciso si studiare il cavolo romano
che ha affascinato la classe per la sua struttura frattale, per la disposizione a
spirale multipla delle infiorescenze, per la simmetria-armonia che lo
caratterizza. Dopo una ricerca sull‟argomento e l‟acquisto di un esemplare è
cominciato lo studio del cavolo dal punto di vista geometrico, artistico e
tecnologico. Congiungendo i punti base del cavolo è stata individuata una
struttura pentagonale e si è notata una distribuzione interna dei pentagoni
secondo una spirale multipla; l‟individuazione dell‟elemento base e lo studio
della sua disposizione hanno permesso di ottenere il modello.
Elaborato: Gaussian Gun.
Classe: Luca Grementieri della III C scientifico
del Liceo “E. Torricelli”, insegnante L. Resta.
Descrizione: Gaussian Gun è un gioco, scritto in
autonomia con il linguaggio di programmazione
JavaFX, che permette di esercitarsi nella
determinazione del dominio di una funzione. Per
eliminare le funzioni che scendono verso Gauss,
prima che raggiungano il fondo dell‟area di
gioco, il giocatore deve colpirle digitando un
numero intero (da -9 a +9) che esca dal campo di esistenza della funzione. Le
funzioni che sono coinvolte nel gioco contengono: frazioni, valori assoluti,
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radicali, polinomi di primo e secondo grado. La velocità è una caratteristica
fondamentale del gioco: infatti Gaussian Gun è stato pensato per esercitare il
giocatore a fare semplici calcoli mentali e a seguire le strategie più convenienti
per svolgere le operazioni richieste.
Elaborato: Sprofondare in un “Altro mondo”.
Classe: IV A del Liceo Scientifico “Aselli” di
Cremona, insegnante N. Nolli.
Descrizione: L‟attività si è svolta in seguito allo
studio dell‟ottica, in particolare, si voleva
produrre un oggetto riguardante l‟aspetto
percettivo-interpretativo della visione, toccando
anche il tema delle illusioni ottiche. Si è cercato
un risultato che non solo incuriosisse il pubblico,
ma potesse disorientare e indurre una riflessione.
La realizzazione ha richiesto un uso non banale
della trigonometria, una ricerca di materiali
idonei ed una esecuzione diligente.
Con questo intento, si è riprodotta tridimensionalmente la xilografia di M.C.
Escher Altro mondo II; grazie all‟illusionismo prospettico usato dall‟artista,
una volta che l‟osservatore si trova immerso nell‟opera, rimane spaesato a
causa della presenza di un unico punto di fuga prospettico
contemporaneamente con le funzioni di Nadir, Zenit e orizzonte. Si è cercato
di aumentare il senso di immersione/ambiguità e di ricostituirne una parziale
tridimensionalità arrivando così ad un misto tra un disegno bidimensionale e
un oggetto tridimensionale. Preso il disegno in due dimensioni, è stato
suddiviso in settori e deformato, stirando i disegni sui trapezi laterali ed
inclinandoli per formare una struttura a tronco di piramide.
Elaborato: Solidi di rotazione.
Classe: III B dell‟Istituto Statale di Istruzione
Superiore “Galileo Galilei” di Ostiglia (MN),
insegnante L. Zenari.
Descrizione: I solidi che si ottengono dalla rotazione di
figure piane attorno ad un asse possono suscitare molto
interesse se, oltre ai casi più noti (cilindro, cono, sfera,
…) si visualizzano solidi “fantasiosi” generati dalla
rotazione di particolari figure piane. In classe si è
partiti dalla trattazione storica del problema, poi,
lasciando spazio alla creatività degli allievi, si sono
costruite le figure piane da far ruotare grazie ad un trapano elettrico. In questa
fase del lavoro è risultata molto importante la capacità degli allievi di scegliere
le figure piane e soprattutto di prevedere la forma del solido che avrebbero
ottenuto: l‟effetto finale non sempre è stato quello ipotizzato/desiderato, ma la
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curiosità nel plasmare il proprio solido ha portato gli allievi ad un approccio
più propositivo verso la disciplina.
Elaborato: Galileo tra parabole e catene.
Classe: IV H del Liceo Scientifico “G. Ulivi” di Parma, insegnante A. Rizza.
Descrizione: Una catena vincolata in due punti e soggetta al proprio peso si
dispone lungo una particolare curva detta catenaria; si ottiene invece una
parabola se la catena viene opportunamente tirata verso il basso, in più punti,
in modo che il peso risulti distribuito uniformemente per unità orizzontali di
lunghezza. La lettura del testo Discorsi e
dimostrazioni matematiche intorno a due nuove
scienze di Galileo ha ispirato la realizzazione dei tre
seguenti esperimenti basati sulle proprietà della
parabola e della catenaria.
Area del segmento parabolico: confronto fra i pesi di
tre figure (un mezzo segmento parabolico, un
rettangolo circoscritto e la parte rimanente)17 tramite
una bilancia a bracci regolabili (grazie alla presenza
di ganci); l‟equilibrio viene raggiunto quando i
momenti sono uguali in modulo.
Traiettoria parabolica di una pallina opportunamente lanciata su un piano
inclinato.
Dalla catenaria alla parabola: consiste nel confrontare le curve descritte da
due catene vincolate in due punti: la prima è soggetta solamente al proprio
peso, la seconda è sottoposta anche all‟azione di pesetti disposti a distanze
uguali. La fotografia e l‟elaborazione mediante un software di geometria
dinamica hanno permesso di osservare le differenze fra le curve catenaria e
parabola.
1
1
1
1
Parole chiave: mostra; concorso; exhibit; macchine matematiche; laboratorio.
17
Al rettangolo circoscritto è stato sottratto il segmento parabolico.
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