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MOVIMENTI ALLEATI LA RISPOSTA DELL`OCCIDENTE ALLE
CYBER GRANDE GUERRA AVIAZIONE Il fattore C nelle operazioni militari — GIANDOMENICO TARICCO Dopo cento anni, il primato perduto della storia — GREGORY ALEGI Pmi italiane al salone Le Bourget 2015 — MICHELA DELLA MAGGESA airpress MOVIMENTI ALLEATI giugno 2015 MENSILE SULLE POLITICHE PER L’AEROSPAZIO E LA DIFESA LA RISPOSTA DELL’OCCIDENTE ALLE MINACCE GLOBALI Mariangela Zappia/ Jean-Pierre Darnis/ Alessandro Cornacchini Mirco Zuliani/ Lorenzo Benigni/ Ferdinando Sanfelice di Monteforte 57 editoriale I principali teatri critici internazionali, dal Nord Africa al Medio Oriente, all’Ucraina, premono sui confini europei, ricordando all’occidente che gli scenari geopolitici sono repentinamente mutati e richiedono risposte rapide per garantire sicurezza e difesa a partire proprio dal vecchio Continente. La crescente aggressività di una Russia pur indebolita e gli investimenti in armamenti (tradizionali e cyber) della Cina sembrano riportare le lancette dell’orologio a un contesto da nuova Guerra fredda. Ne sono una prova il recente annuncio che l’esercito russo aggiungerà oltre 40 missili nucleari intercontinentali al confine occidentale e la massiccia campagna di disinformazione del Cremlino in Europa, con l’Italia e i suoi media a giocare il ruolo di “ventre molle”. Prima ancora di incolpare gli Stati Uniti, salvo chiederne sempre l’aiuto, è l’Europa che non può sottovalutare questa situazione. Il Consiglio europeo in programma a Strasburgo nei prossimi giorni aveva all’ordine del giorno anche il tema della difesa e le funzioni dell’Eda, ma le incomprensioni dei principali Paesi sulla linea da adottare riguardo all’immigrazione, rischiano di mettere in secondo piano il tema, peraltro già rimandato dal dicembre 2013. Inoltre, il vertice interviene in un periodo difficile per le politiche comuni: i venti nazionalisti ed euroscettici stanno condizionando la politica estera delle potenze europee, facendo compiere vistosi passi indietro al progetto comune. Il caso della Grecia è solo la punta dell’iceberg. La percezione di una minaccia crescente ha portato il presidente Hollande a invertire il trend degli investimenti nel budget destinato alla difesa. La legge pluriennale di spesa francese ha previsto alcuni miliardi aggiuntivi da destinare alla sicurezza. Anche l’Italia ha da poco messo a punto la sua legge pluriennale (il Dpp) che, pur confermando i programmi-chiave, non ha però invertito la rotta del calo di spesa strategica nella difesa. L’alibi di voler condividere sistemi d’arma e forze armate in ambito europeo è ormai svanito, non regge più. Se non c’è la minima solidarietà su temi come l’immigrazione o il default finanziario, come ostinarsi a pensare a una difesa comune? L’unico orizzonte credibile ed efficace è quello della Nato. Il resto, semplicemente, non esiste. E mentre i francesi fanno risuonare le note della Marsigliese, il nostro presidente del Consiglio viene accolto in Germania per il G7 con le note di “Azzurro”. Ci canzonano e ancora non capiamo. 57 Flavia Giacobbe 1 sommario 1 editoriale 3 contributors 32 Alessandra Micelli LA NUOVA ARTE DELLA GUERRA CINESE 4 Mariangela Zappia L’IMPEGNO DELL’ITALIA NELLA DIFESA COLLETTIVA 34 Gregory Alegi IL PRIMATO (PERDUTO) DELLA STORIA 6 Passepartout IL VERTICE E L’EUROPA NEMICA DI SE STESSA 36 Andrea Ungari LE RAGIONI DELL’ITALIA 8 Jean-Pierre Darnis RIARMO FRANCESE? UNA SPIA DA NON SOTTOVALUTARE Intervista a Mirco Zuliani LA NATO VISTA DA NORFOLK 16 Valeria Serpentini UN GLOBAL HAWK MODIFICATO PER L’ALLEANZA 24 Lorenzo Benigni L’IMPULSO DI FORZA NEC ALLA GUERRA ELETTRONICA 26 Michele Pierri UN DOCUMENTO PER LA SICUREZZA DELL’ITALIA 28 Ferdinando Sanfelice di Monteforte Paper LIBRO BIANCO, MODELLO DI DIFESA O ENNESIMO RINVIO? Registrazione Tribunale di Roma n. 10311 del 7/4/1965. Registrazione R.O.C. n. 9884 Editore Base per altezza s.r.l. corso Vittorio Emanuele II, 18 00186 Roma telefono 06 454 73 850 fax 06 455 41 354 partita iva 05831140966 2 Alessandro Politi IL BARONE ROSSO 20 Tommaso De Zan e Roberta Maldacea CASA DI VETRO 22 Andrea Margelletti STRATEGICAMENTE 40 Bussola del mese — Local 45 Bussola del mese — Global 48 50 Michela Della Maggesa IN ITALIA IL TRAFFICO TORNA A CRESCERE Chiara Rossi IL PERSONAGGIO 52 Gregory Alegi FOOD FOR FLIGHT 51 Pierluigi Di Palma Per un Enac 2.0 57 Roberto Vittori PENSIERI SPAZIALI 54 Marcello Spagnulo EUROPA, USA, RUSSIA E CINA ALLA PROVA DEI LANCIATORI 60 Ezio Bussoletti IL DITO E LA LUNA 61 Luigi Martino CYBERNETICS 64 Save the date 38 Alessandro Cornacchini IL CONFLITTO SOTTO IL SEGNO DELL’AVIAZIONE 48 Leonardo Tricarico RIFLESSIONI SUI SALONI AERONAUTICI 14 Diego Scarabelli Airpress Agenzia stampa aeronautica tecnica politica 13 46 Michela Della Maggesa GLI ORDINI DI LE BOURGET 2015 10 Alessandro Cornacchini RIFLESSIONI SUI RAID IN SIRIA E IRAQ RUBRICHE 58 Massimo Claudio Comparini DESIRE II DECOLLA CON L’IMPRONTA MADE IN ITALY 62 Giandomenico Taricco IL FATTORE CYBER NELLE OPERAZIONI MILITARI Rivista fondata da Fausto Alati Direttore responsabile Flavia Giacobbe Direttore editoriale Alessandro Cornacchini Redazione Michela Della Maggesa ha collaborato Chiara Rossi Progetto grafico Nom de Plume Impaginazione e grafica Essegistudio Per comunicati, abbonamenti, pubblicità [email protected] Per le riproduzioni di testi e immagini appartenenti a terzi, l’editore è a disposizione degli aventi diritto non potuti reperire nonché per eventuali non volute omissioni e/o errori di attribuzione e riferimenti Recapito a cura di Nexive [email protected] Numero chiuso in redazione il 18 giugno 2015 Finito di stampare il 23 giugno 2015 Stampato in Italia da Rubbettino print Viale Rubbettino, 10 88049 Soveria Mannelli Consiglio di amministrazione Presidente Gianluca Calvosa Consiglieri Giovanni Lo Storto, Chicco Testa, Brunetto Tini giugno 2015 contributors JEAN PIERRE DARNIS Vicedirettore del programma Sicurezza e difesa dello Iai, dove da più di dieci anni coordina i progetti di ricerca sulla sicurezza e le politiche spaziali. Direttore e docente del Master in Relazioni franco-italiane presso l’Università di Nizza Sophia-Antipolis, Francia FERDINANDO SAN FELICE DI MONTEFORTE Ammiraglio di squadra, è entrato in Accademia navale nell’ottobre 1962. Sciabola d’onore 1965, è stato rappresentante militare italiano alla Nato e all’Unione europea dal 2005 al 2008. Insegna Studi strategici al Sid di Gorizia. Autore di Strategy and peace, I Savoia e il mare, La strategia e Le strategie declaratorie della Nato e dell’Ue 57 GIANDOMENICO TARICCO Generale di brigata aerea. È comandante del Centro Intelligence interforze del 2° Reparto dello stato maggiore della Difesa. Ha prestato servizio presso il 23° Gruppo Caccia, il 60° Stormo di Amendola e il 155° Gruppo Caccia Bombardieri, dove fu tra i primi a conseguire la prontezza al combattimento nel nuovo ruolo Electronic warfare tactical suppression (Ets). Ha comandato il 51° Stormo. Ha prestato servizio presso il 3° Reparto dello stato maggiore Aeronautica, occupandosi di rapporti internazionali e pianificazione C4Istar MARIANGELA ZAPPIA Rappresentante permanente italiano presso la Nato dal 2014, è stata ambasciatore dell’Unione europea presso le Nazioni Unite a Ginevra dal 2011 al settembre 2014. Ministro plenipotenziario dal 2010, è stata in servizio alla Rappresentanza italiana presso l’Onu a partire dal 2007. Al ministero ha guidato l’uf- ficio della cooperazione allo sviluppo dell’area Mediterraneo, Medio Oriente e Balcani e, in precedenza, l’ufficio del servizio stampa e informazione che coordina i rapporti con la stampa italiana. Tra gli altri incarichi ricoperti, dal 1997 al 2000 con funzioni di consigliere a Bruxelles, è stata distaccata presso la task force informazione della Nato durante il conflitto in Kosovo MIRCO ZULIANI Vice comandante del Comando alleato per la trasformazione (Act) di Norfolk. Pilota di F-104. Già addetto italiano alla Difesa negli Stati Uniti (20062009) e comandante italiano del Caoc di Poggio Renatico, ente responsabile della Air policing del sud Europa. Dal 7 giugno 2011 ha assunto l’incarico di comandante del Centro sperimentale volo di Pratica di Mare. Insignito della medaglia militare aeronautica d’oro di lunga navigazione, delle medaglie Nato per le operazioni connesse alle crisi nell’ex Jugoslavia e in Kosovo 3 Difesa L’IMPEGNO DELL’ITALIA NELLA DIFESA COLLETTIVA MARIANGELA ZAPPIA rappresentante permanente dell’Italia presso la Nato L’elemento centrale dell’adattamento della postura dell’Alleanza al diversificato quadro strategico emerso più recentemente, per effetto della crisi ucraina e delle minacce provenienti dal Nord Africa e dal Medio Oriente, è rappresentato dal Readiness action plan (Rap), concordato in occasione del summit del Galles nel 2014, che costituisce l’espressione più evidente del principio della difesa collettiva dalla fine della Guerra fredda. Il Rap è un importante meccanismo di risposta rapida dell’Alleanza che le consentirà di affrontare in modo sistematico e globale le minacce per la sicurezza provenienti da qualsiasi direzione, da est come da sud, anche attraverso una pur limitata presenza della Nato nei Paesi più esposti, l’intensificazione delle attività addestrative e la predisposizione di una forza mobile di intervento, pronta a rischierarsi con brevissimo preavviso. Tra le misure adottate, cosiddette di “rassicurazione”, un ruolo essenziale è stato assunto dalle attività di sorveglianza dello spazio aereo che l’Alleanza ha predisposto per la sicurezza di Paesi 4 Baltici, Bulgaria, Polonia e Romania, rafforzando al contempo l’attività di sorveglianza della flotta Nato Airborne early warning and control. In tale contesto, il nostro Paese gioca un ruolo di primo piano, a dimostrazione del convinto impegno dell’Italia a favore della sicurezza e difesa collettiva e della solidarietà interalleata che si sostanzia nel principio “28 per 28”. Dal 1 gennaio al 1 maggio 2015, l’Italia ha detenuto la leadership delle operazioni di controllo e sorveglianza dello spazio aereo dei tre Paesi Baltici tramite una task force air composta da quattro caccia Eurofighter Typhoon, con 90 tra ufficiali e sottufficiali dell’Aeronautica militare. L’operazione, denominata “Frontiera baltica 2015” ha garantito un servizio di allarme attivo in permanenza, totalizzando più di 400 ore di volo e 30 interventi di intercettazione. Rispondendo a un forte auspicio delle autorità locali, lo schieramento italiano delle Forze si estenderà fino alla fine del mese di agosto, a fianco della Norvegia, subentrata come Paese leader della Baltic air policing. giugno 2015 Alta tensione tra Nato e Russia Cresce la tensione nel mar Baltico. Dopo l’annessione della Crimea da parte della Russia, è stata una continua escalation di misure e contromisure che hanno raffreddato sempre di più le relazioni tra Putin e l’occidente. Non è solo una questione di sanzioni, confermate comunque dal G7. Il Pentagono ha annunciato anche la volontà di schierare 5mila soldati e carri armati nell’est europeo per rispondere alle preoccupazioni degli alleati baltici. Putin ha invece reso noto che nel corso dell’anno l’esercito russo aggiungerà più di 40 missili nucleari intercontinentali al confine occidentale, una mossa che il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha considerato “un tintinnio di sciabole ingiustificato, destabilizzante e pericoloso”. L’Italia partecipa a tutte e quattro le attività di Interim air policing della Nato, operando con continuità anche sui cieli dell’Albania, della Slovenia e dell’Islanda, a testimonianza della solidità del nostro impegno in seno all’Alleanza e del rispetto degli obblighi di mutuo sostegno nella risposta alle minacce esterne che rappresentano i valori fondanti del Trattato di Washington. Accanto a tali attività, molto importante è, nell’attuale congiuntura, anche la rinnovata attenzione posta dalla Nato all’attività addestrativa, settore che diventerà ancora più centrale nell’immediato futuro, sia a scopo di deterrenza sia per il mantenimento del patrimonio di interoperabilità tra le Forze armate alleate e dei partner, raggiunto con la pluriennale esperienza delle operazione Isaf in Afghanistan e Kfor in Kosovo. In autunno, l’Italia parteciperà alla più importante esercitazione organizzata dall’Alleanza degli ultimi anni, la Trident juncture 2015. Teatro dell’esercitazione sarà lo scenario Mediterraneo, con lo scopo di dimostrare e rendere visibile la 57 capacità dell’Alleanza di rischierare le proprie forze anche sul fianco sud, cruciale arco di crisi che vede il nostro Paese impegnato in prima linea sia sui fronti multilaterali, Ue, Nato e Onu, sia in via bilaterale. L’evento prevede la partecipazione di circa 26mila unità appartenenti a 30 Paesi, inclusi partner come la Finlandia, la Georgia, la Svezia e l’Ucraina. Il nostro Paese sarà, in particolare, il teatro dove si svolgeranno gli scenari aerei dell’esercitazione e significativo è lo sforzo operativo e logistico per assicurare la migliore riuscita dell’evento, dall’impiego di un cospicuo numero di assetti aerei, Typhoon e Predator, alla messa a disposizione di importanti basi aeree, poligoni e aree addestrative per simulare una campagna aerea che sarà gestita centralmente da un comando della Nato e condotta da un comando di componente aerea in Italia. L’Italia si conferma dunque alleato fondamentale in seno a un’Alleanza in rapido adattamento, pronta ad affrontare a 360 gradi le sfide della sicurezza transatlantica e globale. 5 Difesa IL VERTICE E L’EUROPA NEMICA DI SE STESSA Il Consiglio europeo dei capi di Stato e di governo di fine giugno affronterà il tema della difesa europea. Ci si dovrebbe aspettare uno scatto di reni da parte dell’Unione per contrastare il rischio di marginalizzazione sullo scenario strategico globale. Invece, emergono già divisioni interne e incapacità di fare scelte condivise, o bizantinismi politici come per la gestione dell’emergenza profughi nel Mediterraneo PASSEPARTOUT Il Consiglio europeo dei capi di Stato e di governo di fine giugno affronterà anche il tema della difesa europea, come stabilito nel vertice del dicembre 2013. L’obiettivo indicato era quello di fare il punto sull’attuazione delle iniziative assegnate alla Commissione europea e all’Eda. Ma, sullo sfondo, vi era anche la volontà di rinviare alcune decisioni e, comunque, di aspettare il rinnovo di Parlamento e Commissione con le elezioni della primavera 2014. La situazione odierna è, però, decisamente peggiorata e questo peserà sui risultati dell’incontro. Sul piano interno, complice la crisi economica e finanziaria e la scarsa capacità di gestirla dimostrata dalla classe politica europea (istituzioni e Stati membri), nel Parlamento europeo vi è un’ampia presenza nazionalista e anti-europea e nella Commissione si registra l’assenza di figure carismatiche che sappiano richiamare l’attenzione sulla problematica della sicurezza e difesa europea. La sostituzione del trio Barroso-TajaniBarnier non è compensata dalla presenza della Mogherini come Alto rappresentante (nonostante il salto di qualità rispetto alla non rimpianta 6 Ashton), perché praticamente tutte le aspettative europeiste finiscono col ricadere sulle spalle di un politico obiettivamente giovane sul piano internazionale, anche se si sta muovendo con grande capacità. Sempre sul piano interno, complice l’impotenza europea sullo scenario internazionale, si è assistito a una preoccupante rinazionalizzazione della politica estera e della sicurezza dei principali Stati membri (Regno Unito e Francia, in particolare) che, anzi, cercano di risolvere sul piano bilaterale le difficoltà che inevitabilmente incontrano, avendo anche loro limitate risorse a disposizione a livello nazionale. In questo quadro, infine, è evidente a tutti il preponderante ruolo assunto dalla Germania, non più sul solo piano economico e finanziario, ma anche su quello della politica internazionale e di sicurezza (come dimostrano le vicende di Ucraina e Iran e, soprattutto, i rapporti con la Russia). Sul piano internazionale, l’arco della crisi tocca ormai in più punti i confini europei. La prolungata crisi ucraina e la guerra in Siria, Iraq e Libia stanno agitando le acque del Mediterraneo, con giugno 2015 l’aggravante dell’incontrollato flusso di profughi e migranti legato al dissolvimento dei controlli statali in questi Paesi. Continuano, inoltre, a permanere altre aree di crisi e instabilità in Asia e in Medio Oriente. Nel frattempo cresce il divario di capacità operative, tecnologiche e industriali nel campo della difesa con gli Stati Uniti, in alcuni importanti settori: velivoli da attacco al suolo e quelli a pilotaggio remoto (da osservazione e armati) e la dimensione cyber. La Russia ha avviato un significativo programma di ammodernamento delle Forze armate e sta “punzecchiando” Europa e Nato sul confine terrestre e marittimo. Crescono anche le nuove potenze regionali (in primo luogo la Cina), ma anche il Giappone si sta preparando a farsi sentire come potenza militare. Di fronte a questo quadro, ci si dovrebbe aspettare uno scatto di reni da parte dell’Unione europea per contrastare il rischio di marginalizzazione sullo scenario strategico globale. Invece, mai come in questo momento emergono le sue divisioni interne e l’incapacità di fare scelte condivise. La logica del compromesso in 57 chiave riduttiva sta penalizzando lo stesso ruolo dell’Unione europea di fronte agli interlocutori esterni, ma anche nell’opinione pubblica interna che non può comprendere, né accettare i bizantinismi politici come, ad esempio, quelli relativi alla gestione dell’emergenza profughi nel Mediterraneo. Questa migrazione biblica (in cui l’Italia è particolarmente coinvolta), rischia, oltretutto, di assorbire gran parte del Vertice europeo di fine mese, finendo col sospingere in secondo piano il tema della difesa europea, esattamente come è avvenuto nel dicembre 2013 con le difficoltà finanziarie e monetarie. Di qui l’auspicio che da questo Consiglio escano, invece, alcuni segnali a sostegno di un rafforzamento delle capacità di difesa e sicurezza europee. Pochi obiettivi chiari ed efficaci: facilitazioni fiscali e finanziarie per nuovi programmi comuni; massimo utilizzo dei fondi di Horizon 2020 per supportare la ricerca nel campo duale; rapida riduzione delle barriere che ancora oggi impediscono un’effettiva integrazione del mercato europeo della difesa e della sicurezza. 7 Difesa RIARMO FRANCESE? UNA SPIA DA NON SOTTOVALUTARE Per la prima volta da 25 anni il budget della difesa francese è aumentato con 3,8 miliardi di euro di risorse supplementari per il periodo 2016-2018. In qualche modo Parigi corre al riparo per adeguare le risorse all’uso della forza militare che appare ormai all’Eliseo come una necessità. Si tratta di un forte simbolo, ma che rimane fragile quando le capacità militari sono sollecitate al di là dell’uso programmato. Certamente deve far riflettere i vari partner europei che hanno a lungo condiviso l’analisi comoda di un mondo senza pericoli JEAN-PIERRE DARNIS vice direttore del programma Sicurezza e difesa Iai In Francia, il recente voto della legge pluriennale di spesa per la difesa, la legge di programmazione militare (Lpm) 2015-2019, ha visto un’importante novità: per la prima volta da 25 anni il budget della difesa è aumentato, con 3,8 miliardi di euro di risorse supplementari per il periodo 2016-2018. Si tratta di un’inversione di trend notevole che va a contrastare la decrescita continua di budget contratto del 20% dal 1990, con tagli nell’organico di 80mila unità negli ultimi 12 anni. Durante questo periodo, il budget della difesa è spesso apparso come una variabile di aggiustamento, ovvero una spesa non necessaria che poteva essere tagliata per far quadrare i conti. È ovvio che questa percezione della difesa era maturata nel contesto di un mondo che sembrava aver allontanato i pericoli di guerra. La Francia non ha mai veramente disarmato, mantenendo tra l’altro intatte sia la dottrina sia le capacità di dissuasione nucleare, ma la difesa non sembrava prioritaria. Gli attentati di gennaio scorso hanno provocato un brusco risveglio, diffondendo l’idea di un Paese in guerra contro il terrorismo di matrice islamica radicale, una specie di “11 settembre” francese. La percezione di un pericolo crescente era comunque matura: fra il rinnovo della minaccia 8 russa con l’annessione della Crimea e il moltiplicarsi dei focolai di destabilizzazione in Africa, in particolare nella zona sahariana e subsahariana. L’ondata popolare suscitata dagli attentati di gennaio rappresenta il fattore di congiuntura che cristallizza la consapevolezza più profonda della crescita dei pericoli e della necessità di un uso maggiore dello strumento-difesa. Esiste anche un parametro importante, quello della personificazione del potere in Francia nella figura del presidente della Repubblica. François Hollande, come molti dei suoi predecessori, incarna un vero e proprio “chef des armées”, ossia la massima autorità che può decidere in modo quasi autonomo dell’impiego delle Forze e ha l’ultima parola in termini di scelte budgetarie. Inoltre, la presenza del fedelissimo Jean-Yves Le Drian al dicastero della Difesa contribuisce a rinforzare questo “fortino presidenziale” intorno alla difesa, che si oppone ad esempio alle logiche prudenti del ministero dell’Economia e delle finanze. Il budget della difesa francese per il 2015 è di 31,4 miliardi di euro. Le risorse aggiuntive andranno essenzialmente al personale (2,8), il rimanente verrà speso per gli equipaggiamenti. In modo concreto significa che il presidente della Repubgiugno 2015 blica ha deciso di rendere perenne il dispositivo di 7mila uomini dispiegati sul territorio per compiti di rinforzamento delle forze di polizia e di gendarmerie, un numero che può crescere fino a 10mila uomini nei momenti di crisi. Nel 2014 era previsto un taglio di 33mila uomini nell’organico della difesa, ridotto poi a 15mila. Nel contempo, si programma una crescita delle forze operazionali (combat ready) da 66mila uomini a 77mila. La presidenza della Repubblica ha deciso di non scommettere sulle cosiddette risorse extra-budgetarie (ad esempio la vendita di frequenze in disuso o la vendita di beni immobiliari, operazioni con esiti poco sicuri) e quindi mette a bilancio una spesa netta di 6,2 miliardi per il 2015-2019. Queste disposizioni scaturiscono da un netto aumento dei bisogni. La vecchia legge pluriennale prevedeva 7mila uomini in operazioni con circa 12 aerei. Oggi la Francia proietta 9mila uomini su teatri esterni con più di 25 aerei, senza poi contare la novità dei presidi militari per bersagli interni. Bisogna quindi correre ai ripari con uomini e strumenti che possano essere utilizzati nel teatro africano-sahariano: ulteriori ordini di elicotteri (tra cui i C-130); bisogno di aerei di trasporto e di rifornimento; bisogni crescenti di in57 telligence con droni equipaggiati di sensori Elint; dotazione del terzo satellite Musis (realizzato in collaborazione con la Germania); reclutamento di addetti sia per l’intelligence (650 assunzioni) sia per la cyber-security (520 assunzioni). Se questa rinnovata situazione strategica è frutto delle necessità, possiamo osservare come l’impegno militare francese rinforzi anche la sua capacità esportatrice: cresciuta del 18% nella vendita di armi nel 2014 (8,2 miliardi), mentre per il 2015 si prospetta un picco di 15 miliardi di export grazie ai contratti di vendita dei Rafale. Tra l’altro, questa vendita alleggerisce anche il budget di una difesa francese non più obbligata ad acquisire subito quei 40 velivoli che servivano a mantenere in funzione la catena di produzione. In qualche modo i francesi corrono al riparo per adeguare le risorse all’uso della forza militare che appare ormai a Parigi come una necessità. Si tratta di un forte simbolo, ma che rimane fragile quando le capacità militari sono sollecitate al di là dell’uso programmato. Certamente deve fare riflettere i vari partner europei che hanno a lungo condiviso l’analisi comoda di un mondo senza pericoli. Da questo punto di vista il caso francese rappresenta una spia di allarme da tenere in considerazione. 9 Difesa RIFLESSIONI SUI RAID IN SIRIA E IRAQ ALESSANDRO CORNACCHINI A margine del summit dei Paesi componenti la coalizione anti-Isis che si è tenuto a Parigi il 2 giugno scorso, sono stati pubblicati sulla stampa italiana numerosi articoli che hanno sottolineato, con commenti generosi nel loro numero e molto vari nelle argomentazioni (spaziando dall’ambito politico a quello strettamente tecnico-militare), l’inefficacia delle azioni intraprese per debellare questo male dell’umanità. Ci ha colpito quello che ci riguarda più da vicino: riportando i dati relativi all’elevato rateo di fallimento dei raid aerei, i nostri commentatori concludevano che il potere aereo fosse del tutto inadeguato a fronteggiare questo tipo di minaccia. Sia chiaro, probabilmente è vero, come sono inadeguate le altre forme in cui si esprime la forza militare, almeno per raggiungere una vittoria militare intesa in senso canonico. Ma il dubbio è questo: l’attività aerea svolta in Siria e Iraq può essere identificata come espressione del potere aereo? In Italia, è risaputo, uno degli sport 10 preferiti è “parlare di quello che non si sa” e, più la materia è complessa e tecnica, meglio ci si avventura in considerazioni che hanno il peso di dogmi basati chissà su cosa, sulla competenza di sicuro no. Per non rischiare di cadere quindi in un errore comune, abbiamo disturbato, per un parere autorevole sulla questione, chi di operazioni militari e campagne aeree in particolare se ne intende, eccome, il generale di squadra aerea Leandro De Vincenti, fino all’aprile 2013 capo di stato maggiore del Nato Allied joint force command di Napoli, già comandante del Comando operativo della forza aerea (Cofa) dell’Aeronautica militare e del Caoc 5 della Nato. Il generale De Vincenti, che ha avuto un ruolo centrale nella campagna libica del 2011 sia come Cos sia come Italian Snr-Red card holder, assicura che “è un errore che fanno in molti confondere il concetto con lo strumento. Il potere aereo – ci spiega – è una filosofia che non s’identifica esclusivamente con il mezzo COSA SI STA FACENDO IN IRAQ E IN SIRIA? Stiamo esercitando il potere aereo nell’ambito di una canonica campagna aerea? Secondo il parere del generale De Vincenti in quell’area non ci sono le condizioni ambientali per lanciare una qualunque operazione militare sostenibile e che abbia possibilità di conseguire l’obiettivo di annientare l’Isis giugno 2015 aereo; il velivolo da combattimento è uno degli strumenti a disposizione, sicuramente il più importante, e anche particolarmente efficace se ben utilizzato, ma non è l’unico mezzo nell’arsenale di chi pensa una campagna aerea”. Considerare racchiusa nell’impiego del singolo aeroplano, o formazione di aeroplani, la capacità d’interpretare o applicare questa dottrina non solo è riduttivo, secondo De Vincenti, ma è sbagliato, perché non si comprende il nocciolo della questione: tutto deve essere ricondotto a un disegno, a una campagna aerea, appunto, che si ponga il conseguimento di finalità strategiche stabilite a livello decisionale alto, perseguite attraverso la collazione di più forze e risorse, sicuramente anche aeree – ma non solo – e quindi attraverso il loro impiego mirato al raggiungimento dell’End State. “In proposito – continua il generale – mi viene in mente il segmento C4Istar (Command, control, communications, consultation, information/intelligence, 57 target aquisition and reconnaissance) che è da considerarsi il pilastro delle operazioni moderne, nocciolo anche del potere aereo sebbene in quest’acronimo non tutto sia esplicato attraverso dei soli mezzi in volo ma anche da componenti sul terreno”. Detto questo, torniamo alla domanda: cosa si sta facendo in Iraq e in Siria? Davvero stiamo esercitando il potere aereo nell’ambito di una canonica campagna aerea? “Ma vi dico di no, perché in quell’area non ci sono le condizioni ambientali, intese nel senso più ampio, per lanciare una qualunque operazione militare sostenibile e che abbia una qualche possibilità di conseguire l’obiettivo strategico di annientare l’Isis, almeno per il momento” conferma il generale. Mancano i due fattori elementari intorno ai quali disegnare una campagna aerea: la connotazione della forza opponente e i precisi confini in cui essa opera. Tutti e due gli elementi sono estremamente evanescenti e mutevoli, tali da non consentire la stesura di un piano L’UNIONE DI PIÙ FORZE Considerare racchiusa nell’impiego del singolo aeroplano, o formazione di aeroplani, la capacità d’interpretare o applicare questa dottrina non solo è riduttivo, secondo De Vincenti, ma è sbagliato, perché non si comprende il nocciolo della questione: tutto deve essere ricondotto a un disegno, a una campagna aerea, appunto, che si ponga il conseguimento di finalità strategiche stabilite a livello decisionale alto, perseguite attraverso la collazione di più forze e risorse, sicuramente anche aeree – ma non solo – e quindi attraverso il loro impiego mirato al raggiungimento dell’end State 11 appropriato. Insomma la soluzione del problema Isis non si può trovare nella sola opzione militare senza ricercarla anche altrove, in un ambito diverso, in un ambito politico, religioso, culturale e prima di tutto all’interno dello stesso Islam dove si stanno consumando i contrasti più drammatici con il califfato. In questo grande magma infuocato, alla forza militare, quella che ragionevolmente si può mettere in campo, si può chiedere di conseguire alcuni risultati limitati, obiettivi puntuali, anche ad alto rischio di fallimento per il tipo di operazioni che richiedono. Operazioni inevitabilmente aeree, ma non significa che così facendo si eserciti il potere aereo, che – rammento – ha un respiro strategico, bensì alcuni suoi meccanismi, alcune specifiche attività per finalità limitate e circoscritte. È questo che sta accadendo nell’area in questione: si sta applicando una cura tampone a un malato affetto da un virus particolarmente aggressivo. È come dare l’antibiotico a chi ha 12 un’infezione virale, si sa già che il medicinale non serve a debellare la malattia, ma evita complicanze di altro genere. “Quindi – aggiunge De Vincenti – quando si legge che i raid aerei falliscono tre volte su quattro, io non mi meraviglio, perché conosco i tipi di missioni messe in essere contro un nemico non chiaramente identificabile, estremamente mobile e mutevole”. Sebbene sia stato molto accorciato il ciclo decisionale che dall’individuazione dell’obiettivo porta alla sua soppressione (sensor to shooter) – anche l’impiego degli Apr armati è stato un forte ausilio in questo senso – la rapidità con cui muta lo scenario sul terreno porta spesso a trovare, nel momento in cui si preme il “grilletto”, una situazione significativamente diversa da quella osservata inizialmente. “È anche vero – secondo il generale – che chi decide determinate azioni è perfettamente consapevole dei rischi che esse comportano pur se affrontabili solo con la componente aerea”. Crediamo che non ci sia altro da aggiungere. Più chiaro di così. I FATTORI MANCANTI Mancano i due fattori elementari intorno ai quali disegnare una campagna aerea: la connotazione della forza opponente e i precisi confini in cui essa opera. Tutti e due gli elementi sono estremamente evanescenti e mutevoli, tali da non consentire la stesura di un piano appropriato giugno 2015 ILbaroneROSSO Alessandro Politi direttore Nato defense college foundation Immigrazione: soluzione finale? Esiste un Paese dove apparentemente le politiche forti predicate da xenofobi, razzisti e illusi funzionano. Benvenuti nell’isola di Manus, un ridente luogo nella Papua Nuova Guinea dove è stato allestito uno dei numerosi off-shore detention centres, voluti dal governo laburista di Kevin Rudd nel 2013 in Australia. L’idea di fondo di queste prigioni all’estero (questa in particolare è chiamata la Guantanamo del Pacifico) è che bisogna spaventare i disperati che emigrano verso l’Australia facendo vedere loro che finiranno in un carcere a tempo indeterminato e che, se faranno i bravi, potranno stabilirsi nella citata isoletta. Come nei migliori universi concentrazionari, non importa se si è medici, ingegneri, insegnanti o tessitori, si è un oggetto umano semovente ridotto al minimo denominatore comune. Naturalmente il Paese ospitante ha avuto una sostanziosa mancia in termini di aiuti economici (ben 400 milioni di dollari australiani) che però hanno avuto ricadute modeste sulla popolazione locale. Non ci vuole molto da italiani a capire che il grosso dei contratti va a ditte australiane di security e un po’ di briciole alle guardie indigene. Circolarità che si vede nella coo57 perazione allo sviluppo e non nella migrazione. Ha funzionato? Per ora sì, ma le cifre australiane sono irrisorie rispetto a quelle europee e adesso, a quanto pare, il governo di Canberra paga direttamente i trafficanti di carne umana per non fare i viaggi della disperazione. Funziona anche con gli immigrati africani che sperano di trovare in Israele la terra promessa e finiscono nei cubi di cemento del centro di detenzione di Holot o, se non accettano di sloggiare in Paesi terzi con 3.500 dollari di bakshish (una sorta di mancia), nella prigione di Saharonim. Sempre che superino la bande di predoni torturatori nel Sinai e la costosa barriera anti“infiltratori” (pardon migranti) costruita al prezzo di 350 milioni di dollari. C’erano stati 10mila arrivi nel 2012, ora quasi nessuno (fonte Washington Post). Funziona forse lì, certo non qui, nemmeno ai tempi del limes romano. La verità è che l’Europa è in deficit demografico, che in Italia facciamo troppo pochi figli, sprezzando nei fatti le famiglie (gabbate dai Family day) e che entro il 2060 il 27% degli abitanti in Italia non sarà White latin catholic (Wlac). Il resto sono truffe elettorali ai danni degli elettori e dei più deboli. Se questo è un uomo. 13 Intervista La Nato vista da Norfolk MIRCO ZULIANI vice comandante del Comando alleato per la trasformazione (Act) di Norfolk DIEGO SCARABELLI Il quartier generale di Allied command transformation (HqAct), con sede a Norfolk, in Virginia, è l’unico comando strategico della Nato presente su suolo nordamericano. Il Comando alleato per la strasformazione (Act) ha il compito di guidare la trasformazione dell’Alleanza, per renderla costantemente aggiornata. Opera principalmente perseguendo lo sviluppo di tre linee di azione in sinergia tra loro: processo di pianificazione della difesa della Nato, adattamento della dottrina d’impiego delle Forze e sviluppo della loro interoperabilità attraverso soluzioni innovative. < Generale Zuliani, l’ultimo Nato summit in Galles ha approvato il Readiness action plan. Quali sono le implicazioni per le Forze italiane? > Il nostro Paese intende partecipare alla Very high readness joint task force (Vjtf) quale framework nation, al pari di altre nazioni europee come Gran Bretagna, Germania, Spagna, Fran14 cia e Polonia. Le esperienze fatte dalle nostre Forze con le Nato response forces e in Afghanistan saranno di ulteriore impulso nell’implementazione della Vjtf, permettendo un ritorno addestrativo e di interoperabilità di indubbia portata. < Molti Paesi sono coinvolti nel programma Joint intelligence, surveillance and reconnaissance (Jisr), tra cui l’Italia con la base di Sigonella. Quali sono i benefici che l’Alleanza può aspettarsi dal Jisr? > I benefici sono principalmente due. Il primo è l’interoperabilità. È un requisito fondamentale poiché nei conflitti moderni sono necessari sistemi che possano scambiarsi informazioni in merito ai dati raccolti. Il secondo è che questa iniziativa rappresenta un modello di solidarietà all’interno dell’Alleanza e un esempio pratico di difesa efficace ed efficiente. In particolare poi, a livello europeo, emerge una progressiva consapevolezza nella necessità di colmare il ritardo in un settore (quello degli Uav) che ha anche una notevole potenzialità di mercato. La creazione di un drone comune porterebbe le aziende europee a penetrare in un mercato in forte ascesa, tanto più che l’odierna dipendenza dagli Stati Uniti sta cominciando a essere percepita come una limitazione alle esigenze operative attuali e futuribili. L’Italia in questo settore è in prima linea. Grazie alla grande esperienza operativa sin qui acquisita nei vari teatri operativi e, inoltre, in considerazione che entro il 2017 la base di Sigonella ospiterà il sistema d’arma Alliance ground surveillance (Ags), programma di smart defence della Nato, che fornirà ai Paesi le capacità di intelligence, sorveglianza e ricognizione a supporto delle operazioni dell’Alleanza. Da qui hanno già operato i droni impiegati a pattugliamento di Mare nostrum e quelli usati ad esempio per monitorare l’attività dell’Etna. < Durante le ultime missioni condotte dalla Nato è stata giugno 2015 “La Nato negli anni è passata dall’essere un’organizzazione principalmente dedita alla difesa collettiva a una concentrata sulla sicurezza cooperativa. Quest’ultima presuppone una più ampia concezione della sicurezza e promuove il raggiungimento di obiettivi sia militari sia di altro genere” rilevata la necessità di ulteriori acquisizioni di velivoli per il trasporto di personale, mezzi e rifornimenti nei teatri operativi. Si procederà alla creazione di un progetto Nato condiviso, oppure i diversi Paesi acquisiranno i nuovi assetti per conto proprio? > Siamo orientati a uno strumento capace di condurre operazioni interforze e multinazionali, con una struttura agile, proiettabile e ready to use. In questo contesto si inserisce la necessità di mettere a sistema velivoli per il trasporto nei teatri operativi, anche alla luce dell’implementazione delle nuove Forze Nato ad altissima prontezza quali la Vjtf. Un esempio di questo tipo è dato dal Comando europeo di trasporto aereo. La missione di tale Comando è quella di aumentare le capacità operative delle nazioni partecipanti e di migliorare l’efficienza e l’efficacia nella conduzione del trasporto aereo, air-to-air di rifornimento e le missioni di evacuazione. Abbiamo bisogno di risorse messe a fattor comune, soprattutto in un 57 clima di spending review che, di fatto, si deve considerare ormai cronicizzato. Infatti, sia la smart defense sia il pooling&sharing enfatizzano sinergie e solidarietà tra gli alleati che, definendo congiuntamente le priorità e gli obiettivi, dovrebbero giungere a una convergenza d’interessi. Il tutto in un sistema strutturato di cooperazione. Con ciò le potenzialità dell’Alleanza risulteranno sicuramente superiori rispetto alla mera sommatoria di quelle dei singoli Paesi. < La Nato ha sviluppato numerosi accordi di partnership con Paesi dell’area euroatlantica, del Mediterraneo e del Golfo Persico. Pensa che siano sufficienti ad allontanare le minacce dai confini dell’Alleanza? > Programmi quali Partnership for peace, Mediterranean dialogue, Istanbul Cooperation initiative hanno l’obiettivo di aumentare la stabilità internazionale e rafforzare i legami tra gli Stati partner e l’Alleanza e si basa su una serie di attività individuate congiuntamente dalle due parti. Negli anni, la Nato è gradualmente passata dall’essere un’organizzazione principalmente dedita alla difesa collettiva a una concentrata sulla sicurezza cooperativa. Quest’ultima presuppone una più ampia concezione della sicurezza e promuove quindi il raggiungimento di obiettivi sia militari sia di altro genere; è basata sulla cooperazione piuttosto che sulla deterrenza, riconoscendo il valore di accordi multilaterali per il mantenimento della sicurezza regionale. Lo stesso allargamento dell’Alleanza atlantica ha poi costituito un importante elemento di stabilità. Questo processo ha consentito di spingere le riforme in senso democratico nei Paesi del fianco est e di ancorarli saldamente all’occidente, diminuendo le possibilità di involuzione ed il sorgere di conflitti. Pertanto, un allargamento dell’Alleanza sarà in futuro il risultato di questo insieme di interazione con i vari Stati. 15 Difesa UN GLOBAL HAWK MODIFICATO PER L’ALLEANZA La versione modificata del Global hawk RQ-Block 40 entrerà a far parte della strumentazione Nato per la sorveglianza aerea di tipo High-altitude long-endurance (Hale). A capo del team industriale di produzione del sistema c’è la statunitense Northrop Grumman, supportata dalle aziende del settore della difesa dei Paesi che stanno finanziando il programma. Tra queste spiccano Airbus Defence and Space della Germania, Kongserg della Norvegia e Finmeccanica con Selex Es dell’Italia VALERIA SERPENTINI La tecnologia fa passi da gigante. E con essa nuovi strumenti permettono all’uomo di avere un controllo sempre più preciso e costante sulle evoluzioni in corso, siano esse di ordine geopolitico, ambientale o sociale. Sulla scena oggi si presenta una versione modificata del Global hawk RQBlock 40, che entrerà a far parte della strumentazione Nato per la sorveglianza aerea di tipo Highaltitude long-endurance (Hale). Si tratta di droni in grado di volare molto più in alto dei normali aerei a comando remoto, a circa 18 km di altezza, riuscendo ad avere una visuale molto ampia. Grazie all’avanzata tecnologia di cui dispongono, sono in grado di rimanere in volo per 30 ore, andando così a rappresentare un affidabile supporto per il reperimento di dati e la sorveglianza del territorio che garantisce una migliore prevenzione e tempestiva risoluzione di situazioni critiche. Risale al 28 febbraio 1998 il volo del primo Global hawk, aereo che ha permesso alle missioni Usa di ottenere nel tempo performance di sempre maggiore successo. Sono numerose le operazioni che oggi vedono coinvolti i Global hawk: ad esempio, due mesi dopo l’attentato terroristico di New York del 2001, un Global hawk è stato dispiegato sull’area del Golfo Persico e nel 2011 ha sup16 portato le operazioni di terra in Libia. Sono state sviluppate nuove e potenziate versioni del drone. Si è passati dal Block 10 al Block 20, 30 e 40, oltre a una versione pensata specificatamente per la sorveglianza marittima: il Global hawk triton. È cresciuto anche il numero degli acquirenti che hanno deciso di dotarsi di questo strumento strategico, non da ultime la Corea e l’Australia. Anche l’Europa ha il suo Global hawk; nel 2011 è stato infatti consegnato a Manching in Germania l’Euro hawk, basato sul modello Block 20. Differentemente da quel che si potrebbe pensare, il Global hawk non è utilizzato solo a supporto di missioni militari. Nell’aprile 2010 la Nasa ne ha fatto uso per potenziare la ricerca scientifica sul Pacifico e sull’Artico; tra i suoi obiettivi rientra l’analisi degli uragani per capirne la formazione e prevenirla. Anche le missioni umanitarie e le attività di salvataggio in caso di disastri naturali trovano nel Global hawk un efficace mezzo per rendere le operazioni sempre più rapide e sicure. A titolo di esempio, a seguito del terremoto-tsunami che ha colpito il Giappone nel 2011, l’aereo ha permesso di localizzare rapidamente la posizione dei superstiti e indicare agli operatori medici e ai soccorsi di terra la via libera più breve per agire in giugno 2015 CARATTERISTICHE TECNICHE DEL GLOBAL HAWK RQ-4 BLOCK 40 APERTURA ALARE 39,9M LUNGHEZZA 14,5M 4,7M ALTEZZA PESO LORDO AL DECOLLO ALTITUDINE MASSIMA 14.628 KG 18,3 KM CARICO 1.360 KG VELOCITÀ DI CROCIERA 310 NODI RESISTENZA MASSIMA IN VOLO 30 ORE assenza di rischi e salvare quante più vite possibile. Parlando di droni, è necessario fare cenno anche alle questioni legate alla sicurezza. I Global hawk sono gli unici velivoli a comando remoto ad aver ricevuto la certificazione di volo militare della Nasa. Non deve quindi spaventare il fatto che questi aerei volino “da soli”. Il Global Hawk presentato il 4 giugno a Palmdale rientra nel più ampio sistema Alliance ground surveillance (Ags) che si sviluppa nel framework della struttura Joint intelligence, surveillance and reconnaissance (Jisr) della Nato. Il finanziamento dello sviluppo del sistema Ags ammonta a 1,7 miliardi di dollari, comprensivi delle attività di design, sviluppo, dimostrazione e produzione. Nonostante siano 15 i Paesi dell’Alleanza che partecipano finanziariamente al programma, a usufruire delle nuove tecnologie in arrivo e a permetterne l’utilizzo saranno tutti e 28 i membri. Tra gli elementi in dotazione del sistema rientrano cinque Global hawk RQ-4 Block 40, stazioni mobili per la ricezione ed elaborazione dei dati e una base centrale operativa situata a Sigonella, che funzionerà anche come centro di utilizzo dei dati e centro di addestramento, con un personale che si aggirerà intorno alle 600 unità. A capo del team industria57 le di produzione del sistema c’è la statunitense Northrop Grumman, supportata dalle del settore della difesa dei Paesi che stanno finanziando il programma. Tra queste spiccano Airbus Defence and Space della Germania, Kongserg della Norvegia e Finmeccanica con Selex Es dell’Italia. Dal punto di vista industriale, il livello di partecipazione del nostro Paese è particolarmente rilevante. La collaborazione tra ministero della Difesa e aziende del settore ha infatti permesso di sviluppare un sistema-Paese che ha portato le eccellenze italiane a emergere a livello internazionale. All’interno del programma Ags, Selex Es fornisce una serie di elementi, attestandosi di fatto tra i partner privilegiati della Northrop Grumman. Nello specifico, oltre alla produzione delle due stazioni di terra trasportabili (Transportable general ground stations – Tggs), l’azienda italiana è responsabile del Mission operation support (Mos), in base al quale verranno gestite tutte le tecnologie di terra del sistema Ags, garantendo attività di pianificazione, connessione, elaborazione dati e sfruttamento delle potenzialità. Il Mos verrà gestito da Sigonella attraverso due aree principali. La presenza italiana si fa sentire, quindi, anche nella trasmissione dati tra i componenti di terra 17 I DIVERSI MODELLI Sono state sviluppate nuove e potenziate versioni del drone. Si è passati dal Block 10 al Block 20, 30 e 40, oltre a una versione pensata specificatamente per la sorveglianza marittima: il Global hawk triton ANCHE L’EUROPA LO HA SCELTO È cresciuto anche il numero degli acquirenti che hanno deciso di dotarsi di questo strumento strategico, non da ultime la Corea e l’Australia. Anche l’Europa ha il suo Global hawk; nel 2011 è stato infatti consegnato a Manching in Germania l’Euro hawk, basato sul modello Block 20 USO DUALE Differentemente da quel che si potrebbe pensare, il Global hawk non è utilizzato solo a supporto di missioni militari. Nell’a- e i Global hawk, di fatto resa possibile grazie alla fornitura del Wide band data link (Wbdl), sistema di comunicazione a banda larga che permette di stabilire un contatto bidirezionale costante in tempo reale punto a punto fino a 45 Mbps. Selex Es coordina anche le attività delle aziende bulgare (Bianor Services Limited, Technologica e Zavod Telefonna Aparatura) e rumene (Uti Systems ed Elettra Communication) che partecipano al programma. I componenti mobili delle Tggs (Mobile ground comms components – Mgcc) e le altre stazioni mobili (Mobile general ground stations – Mggs) sono prodotti dalla Airbus Defence and Space. Si tratta di stazioni ideate per i bisogni operativi e tattici, che rappresentano dei veri e propri quartieri generali interforze. Per la raccolta dei dati il Global Hawk della Nato è dotato del Multi-platform radar technology insertion program (Mp-Rtip). Grazie ai sensori Electronic support measures (Esm) e Identification friend or foe (Iff) e alle informazioni Full motion video (Fmv), il sistema Ags è in grado di individuare e trarre informazioni da oggetti statici e in movimento, fornendo dati in modo continuo e in tempo reale. In termini pratici il Global hawk è capace di fornire una serie di mappe dettagliate, accompagnate da informazioni specifiche relative agli elementi che 18 prile 2010 la Nasa ne ha fatto uso per potenziare la ricerca scientifica sul Pacifico e sull’Artico; tra i suoi obiettivi rientra l’analisi degli uragani per capirne la formazione e prevenirla. Anche le missioni umanitarie e le attività di salvataggio in caso di disastri naturali trovano nel Global hawk un efficace mezzo per rendere le operazioni sempre più rapide e sicure vengono osservati. Questi dati vengono poi associati alle rilevazioni di terra e degli altri velivoli Medium-altitude long-endurance (Male) eventualmente presenti nell’area, in modo da fornire agli operatori di terra un quadro completo della situazione e assicurare il compimento di attività di difesa e gestione delle situazioni critiche, evitando il più possibile la perdita di vite umane e garantendo la sicurezza di chi opera a terra e in mare. Conclusa la cerimonia di Palmdale, i prossimi appuntamenti riguardano: l’inaugurazione del primo volo prevista per la fine dell’estate, la consegna nel 2016 del primo aereo a Sigonella e l’avvio dell’operatività del sistema Ags a fine 2017. La capacità operativa completa sarà possibile a partire dal 2018. Intanto la Nato si prepara a utilizzare il suo nuovo aereo per la grande esercitazione conosciuta come Triden Juncture 2015, che si dispiegherà a ottobre con la collaborazione di Spagna, Portogallo e Italia. Infatti, con molta probabilità, le oltre 25mila truppe coinvolte nella più grande esercitazione Nato del periodo successivo alla Guerra fredda, saranno supportate da un Global hawk messo a disposizione dall’Air Force degli Stati Uniti, dotato dello stesso radar del sistema Ags della Nato. giugno 2015 CASAdiVETRO Tommaso De Zan e Roberta Maldacea programma Sicurezza e difesa, Iai D1 Difesa e sicurezza Ue - Ue lancia operazione navale per contrastare i trafficanti nel Mediterraneo - Due nuovi rapporti chiedono maggiore ambizione per la politica di sicurezza e difesa Ue - Eucap Sahel Niger 20 D2 pagina 21 rafforzata per arginare l’immigrazione irregolare - Aumenta il supporto dell’Ue alla Repubblica centrafricana - Siria: Ue estende le sanzioni contro il regime e i suoi sostenitori - Fondo fiduciario Ue: 40 milioni per i rifugiati siriani pagina 22 Difesa Nato - Parte Nato Dynamic mongoose, l’esercitazione dell’Alleanza nelle acque norvegesi - La Nato manterrà una presenza in Afghanistan - La Polonia ospita l’esercitazione Puma 2015 giugno 2015 D1 Difesa e sicurezza Ue Operazione navale Ue contro i trafficanti nel Mediterraneo Il Consiglio ha istituito Eunavfor med, un’operazione militare per contrastare il traffico illegale di esseri umani nel Mediterraneo. La missione comincerà con una prima fase di sorveglianza delle tratte nel Mediterraneo centro-meridionale. La seconda e la terza fase si concentreranno invece sulla ricerca, il sequestro e la distruzione dei mezzi a disposizione dei trafficanti, in collaborazione anche con le autorità libiche. Il comando dell’operazione, affidato all’ammiraglio Enrico Credendino, avrà come sede operativa Roma. Eunavfor med ha un costo stimato di circa 11,82 milioni di euro. Il lancio dell’operazione navale sarà all’ordine del giorno del Consiglio Affari esteri nel mese di giugno. Più ambizione per la politica di sicurezza e difesa Ue La Commissione e l’Alto rappresentante hanno dato nuovo impeto alla politica di sicurezza e di difesa europea. I due rapporti, inviati al presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, riassumono i progressi compiuti nei settori-chiave della sicurezza e difesa comune, evidenziando il ruolo di facilitatore assunto dall’Ue nella cooperazione in materia di difesa, proponendo allo stesso tempo una serie di iniziative per alimentare il dibattito in vista del Consiglio europeo del 25 giugno. 57 Eucap Sahel Niger rafforzata per arginare l’immigrazione irregolare Il Consiglio ha deciso di rafforzare la missione civile Eucap Sahel Niger, fornendo consulenza e attività di formazione alle autorità di sicurezza nigeriane per prevenire l’immigrazione irregolare. In particolare, la missione già promuove l’interoperabilità delle forze nazionali di sicurezza, lo sviluppo delle capacità d’indagine penale e il coordinamento nella lotta contro il terrorismo e la criminalità organizzata. Il Niger si trova in una posizione geografica cruciale per i flussi migratori verso l’Europa: il 90% dei migranti provenienti dall’Africa occidentale viaggia infatti attraverso il Niger prima di raggiungere la Libia. Aumenta il supporto dell’Ue alla Repubblica centrafricana L’Europa ha incrementato il proprio sostegno finanziario alla Repubblica centrafricana, Paese che si sta ancora riprendendo dal recente conflitto. La Commissione europea ha stanziato ulteriori 72 milioni di euro, concentrati in aiuti umanitari (10 milioni), sostegno al bilancio (40 milioni) e un nuovo contributo al fondo fiduciario dell’Ue per la Repubblica centrafricana (22 milioni). Siria: Ue estende le sanzioni contro il regime e i suoi sostenitori Il Consiglio ha esteso le misure restrittive contro il regime siriano per un altro anno. Alla lista è stato aggiunto un alto ufficiale militare ritenuto responsabile di atti di repressione e violenza contro la popolazione civile di Damasco. Attualmente le sanzioni sono indirizzate a più di 200 individui e 70 entità. Il Consiglio ha inoltre prolungato ulteriormente le misure già esistenti, tra cui l’embargo petrolifero e le restrizioni su alcuni investimenti, fino al 1 giugno 2016. 21 Fondo fiduciario Ue: 40 milioni per i rifugiati siriani Il nuovo fondo fiduciario regionale dell’Ue ha finanziato i primi programmi europei in risposta alla crisi siriana per un totale di 40 milioni di euro. Il fondo fornirà aiuti a 400mila rifugiati siriani e alle comunità degli Stati ospitanti: Libano, Turchia, Giordania e Iraq. Le risorse saranno destinate soprattutto a istruzione, mezzi di sussistenza e sicurezza alimentare, con una particolare attenzione rivolta verso giovani e bambini. I fondi arrivano dal bilancio europeo e dall’Italia, mentre la Germania ha promesso altri 5 milioni, comunque ancora in attesa di approvazione da parte del Parlamento tedesco. Ulteriori contributi sono attesi entro la fine dell’anno. D2 Difesa Nato Nelle acque norvegesi parte Nato Dynamic mongoose La Nato ha iniziato l’esercitazione annuale per testare le proprie capacità di guerra anti-sommergibile nel mare del Nord. A essa ha partecipato per la prima volta anche la Svezia. Dynamic mongoose consentirà alle navi dell’Alleanza di esercitarsi in un ambiente complesso e impegnativo. Prendono parte a Dyanamic mongoose quattro sottomarini, tedeschi, norvegesi, svedesi e statunitensi, a cui si sono aggiunte 13 navi di superficie e due navi da ricerca, oltre ai velivoli da pattugliamento forniti da Germania e Francia. 22 La Nato manterrà una presenza in Afghanistan I ministri degli Esteri dei Paesi Nato hanno deciso che l’Alleanza manterrà una presenza in Afghanistan anche dopo la fine della missione Resolute support. La nuova missione sarà di natura civile, anche se manterrà una componente militare. Le autorità Nato svilupperanno entro l’autunno un piano per il mantenimento di questa presenza, il cui principale obiettivo sarà quello di addestrare le istituzioni di sicurezza afgane e di renderle pienamente autosufficienti. La Polonia ospita l’esercitazione Puma 2015 L’esercitazione Puma, che si è tenuta in Polonia occidentale, ha impegnato le forze polacche, americane e francesi, con l’obiettivo di mettere alla prova la reattività e l’interoperabilità delle Forze armate dell’Alleanza. L’esercitazione ha visto in campo mezzi corazzati di piccole e medie dimensioni, in particolare i carri armati americani M1A2 Abrams e i carri armati francesi AMX-56 Leclerc. Puma 2015 ha incluso manovre avanzate in scenari realistici ed esercitazioni di tiro, che hanno coinvolto elicotteri, aerei, carri armati e artiglieria. giugno 2015 STRATEGICAmente Andrea Margelletti — presidente del CeSI Una mossa europea nello scacchiere del Pacifico? Lo scorso 29 maggio si è aperta a Singapore la quattordicesima edizione dello ShangriLa dialogue (conosciuto anche come Asia security summit), il vertice che riunisce annualmente ministri della Difesa e alti delegati, governativi e militari, impegnati nel settore per discutere delle principali sfide alla stabilità dell’area-Pacifico. L’assertività della condotta cinese nell’ambito delle storiche dispute marittime nel mar Cinese orientale e meridionale, da un lato, e la conseguente corsa agli armamenti e alle più svariate forme di cooperazione militare da parte degli Stati rivieraschi, dall’altro, stanno logorando i rapporti all’interno della regione. Il forum è stato l’occasione per ribadire la necessità di creare un’architettura regionale, in grado di elaborare una soluzione politica alle attuali tensioni e di farsi garante della sicurezza dell’area. La necessità di lanciare una simile iniziativa, fino a ora inesistente all’interno del continente asiatico, potrebbe aprire nuove e importanti finestre di dialogo non solo per Paesi, come gli Stati Uniti, che ormai hanno fatto del cosiddetto pivot to Asia la punta di diamante della propria strategia di lungo periodo. Tali spazi, infatti, potrebbero rappresentare incoraggianti opportunità di cooperazione anche per l’Europa, al momento cauta spettatrice di una partita giudicata troppo rischiosa o troppo poco 57 importante per poter essere giocata da protagonista. La pluriennale esperienza dell’Unione europea nel dar forma e, soprattutto, nel cercare di ponderare i diversi interessi nazionali per creare una comunità politica – prima che economica – potrebbe rivelarsi un’importante carta da giocare per rilanciare la relazione con i propri partner asiatici. Un maggior impegno dell’Ue nella regione e, conseguentemente, un rilancio della qualità della partnership in Asia consentirebbero a Bruxelles di uscire dall’ombra dell’alleato statunitense per perseguire una politica più autonoma e proattiva, che permetterebbe all’Europa di fare il passo decisivo per trasformarsi da perfetto maggiordomo in vero e proprio padrone di casa. La presenza dell’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue Federica Mogherini, intervenuta a chiusura del summit, sembrerebbe testimoniare che qualcosa in questa direzione stia cambiando: il Vecchio continente pare cominciare a essere, se non pronto, per lo meno più consapevole che nei prossimi anni sarà sempre più necessario imparare a esprimere una voce univoca nel Pacifico, per poter assumere un ruolo attivo nella gestione di minacce che, per quanto distanti, hanno inevitabilmente ripercussioni sugli interessi internazionali. 23 Difesa L’IMPULSO DI FORZA NEC ALLA ELETTRONIC WARFARE Con l’acronimo Nec, la Nato esprimeva l’idea di abilitare la capacità di combinare in un’unica rete di elementi tra loro eterogenei in modo da ottenere la loro interazione per raggiungere e mantenere una desiderata superiorità strategica LORENZO BENIGNI deputy Evp corporate marketing & strategy, Elettronica La struttura e l’utilizzo dello strumento militare, in un contesto strategico attuale di rapida evoluzione su scala globale, sembra essere influenzato da alcuni elementi, tra cui: la rapida mutevolezza degli scenari, che richiede forze efficaci – in termini qualitativi e quantitativi –, flessibili, mobili, modulari e proiettabili, capaci di reagire alle crisi; la connotazione sempre più interforze e multinazionale delle operazioni all’estero, che necessita di elevati standard di interoperabilità con un ampio spettro di partner; i vincoli economici che, limitando significativamente i bilanci della difesa, rendono necessarie scelte sempre più basate su una analisi costi-benefici; infine, il progresso tecnologico particolarmente rapido soprattutto nel settore della Information technology (It) e della protezione delle forze, che determina la rapida obsolescenza dei sistemi e impone un processo di continuo aggiornamento. In particolare l’It ha introdotto, prima nel settore civile, una serie di nuove potenzialità quali la rapidità e ubiquità delle comunicazioni, la facilità di diffusione, di scambio e di condivisione delle informazioni in vari formati e una sempre maggiore economicità nel realizzare questo tipo di azioni. Ciò rappresenta una vera rivoluzione, risultata decisiva per molti settori della vita dell’uomo e non poteva, dunque, non avere ricadute anche sul settore della difesa, con la conseguenza di 24 una vera e propria corsa alla digitalizzazione degli eserciti in numerosi Paesi ormai da diversi anni. Come accade di frequente nel campo della tecnologia militare, l’impulso iniziale si è sviluppato negli Stati Uniti alla fine degli anni 90, quando venne introdotta la dottrina del Net centric warfare (Ncw), mentre Regno Unito e Francia hanno iniziato un percorso analogo negli ultimi anni. A livello Nato, nel 2002 nell’ambito del summit di Praga, vennero concordate alcune importanti iniziative per acquisire, in tempi ristretti, un novero di capacità giudicate irrinunciabili; tra queste, la cosiddetta Network enabled capability (Nec) per l’implementazione del processo di trasformazione. Con l’acronimo Nec, la Nato esprimeva l’idea di abilitare la capacità (enable capability) di combinare in un’unica rete (network) di elementi tra loro eterogenei – dottrinali, procedurali, tecnici, organizzativi e umani – appartenenti a organizzazioni e livelli gerarchici diversi, in modo da ottenere la loro interazione per raggiungere e mantenere una desiderata superiorità strategica. Nei fatti, il concetto Nec rappresenta una scelta meno radicale rispetto a quella del Dod statunitense, ma altrettanto efficace, preferita dalla Nato e da molti altri Paesi compresa l’Italia. Tra l’altro, proprio in questi ultimi anni anche gli Usa hanno dovuto abbandonare, almeno in parte, l’approccio iniziale di fronte all’inaccetgiugno 2015 IL RUOLO DI ELETTRONICA SPA Il programma Forza Nec è finalizzato alla costituzione, inizialmente, di una forza di livello divisionale, idonea a essere proiettata e a operare in uno spazio di manovra digitalizzato, assicurando l’interoperabilità a livello interforze e multinazionale. Elettronica Spa, fin dalla fase iniziale di Risk reduction (2007), ha assunto il ruolo di Design authority della capacità “guerra elettronica”, sviluppando le architetture funzionali e i sistemi che si andranno via via ad integrare agli altri sistemi d’arma e piattaforme componenti la Forza Nec tabile aumento dei costi del loro ambizioso programma. Il fulcro della teoria net-centrica risiede nell’interconnessione in rete (sia essa cablata o wireless) di sensori, cioè elementi tecnici o umani che percepiscono e rilevano attività naturali e umane, decisori, cioè elementi che, sulla base delle informazioni disponibili, assumono una decisione, e attuatori, cioè elementi che mettono in pratica la decisione. Tutti questi componenti sono integrati in un’unica struttura, per sfruttare sinergicamente informazioni e capacità operative, allo scopo di conseguire effetti coerenti con gli obiettivi desiderati. Solo tramite il collegamento in rete e mediante la conseguente possibilità di accesso e condivisione delle informazioni si ottiene la conoscenza condivisa della situazione (situational awareness), rappresentante il vero moltiplicatore di forza. Una forza net-centrica è pertanto in grado di operare in un’area geografica più ampia, con risorse quantitativamente inferiori e “disperse” nello spazio, con maggiore precisione, portata e capacità di sopravvivenza, in modo sincronizzato e con un ciclo decisionale estremamente ridotto rispetto a una forza tradizionale, accrescendo proporzionalmente l’efficienza della propria azione e le probabilità di successo. Il paradigma Nec fornisce un effetto moltiplicatore anche sul pacchetto di capacità Ew costituito 57 da sensori, decisori e attuatori tipici dello strato di guerra elettronica, in cui i sensori sono rappresentati da sistemi Electronic support measures (Esm) operanti su segnali radar e comunicazioni, i decisori sono le piattaforme di Comando e controllo di guerra elettronica (Ew-C2) e gli attuatori sono le contromisure elettroniche (Electronic counter measures – Ecm) che vengono attivate, in maniera più precisa e sincronizzata, a valle del processo di situational assessment e decisione effettuato presso i sistemi C2. In questo modo si beneficia dell’interconnessione in rete di tutti gli assetti Ew, così come delle informazioni che afferiscono da altri nodi di altre capacità interconnesse dalla rete, che contribuiscono ad arricchire la Tactical picture coerentemente con gli sviluppi delle operazioni. Il programma Forza Nec è finalizzato alla costituzione, inizialmente, di una forza di livello divisionale idonea a essere proiettata e a operare in uno spazio di manovra digitalizzato, assicurando l’interoperabilità a livello interforze e multinazionale. Elettronica Spa, fin dalla fase iniziale di Risk reduction (2007), ha assunto il ruolo di Design authority della capacità “guerra elettronica”, sviluppando le architetture funzionali e i sistemi che si andranno via via ad integrare agli altri sistemi d’arma e piattaforme componenti la Forza Nec. 25 Difesa UN DOCUMENTO PER LA SICUREZZA DELL’ITALIA Il Documento di programmazione pluriennale messo a punto dal dicastero guidato da Roberta Pinotti rappresenta una cerniera concettuale con i provvedimenti definiti nel Libro bianco. Nei dati riportati, tra il 2010 e il 2017 la Difesa ha visto diminuire le consistenze iniziali del bilancio dei settori investimento ed esercizio MICHELE PIERRI Il calo di investimenti nella Difesa preoccupa Via xx settembre. L’allarme è posto, nero su bianco, nel nuovo Documento di programmazione pluriennale (Dpp), messo a punto dal dicastero guidato da Roberta Pinotti e che rappresenta una cerniera concettuale con i provvedimenti definiti nel Libro bianco. Secondo i dati riportati, tra il 2010 e il 2017 la Difesa ha visto diminuire le consistenze iniziali del bilancio dei settori investimento ed esercizio di 1.858,9 milioni di euro. Tagli avvenuti in un quadro dei rischi per la sicurezza euro-mediterranea molto complesso che, spiega il testo, richiederebbe invece “risorse finanziarie stabili per poter assicurare sviluppo e sostegno a progetti di lungo termine”, come avviene altrove. In Francia, ad esempio, dove il 29 aprile è stato annunciato lo stanziamento di 3,8 miliardi di euro in più da destinare a spese militari. D’altro canto il documento conferma il proseguimento di programmi-chiave, che vedono protagonista Finmeccanica. Per la società guidata dall’ad Mauro Moretti, uno di questi è il caccia di quinta generazione di Lockheed Martin. Nello specifico, il testo illustra due scelte strategi26 che prese dal governo in relazione al velivolo. La prima, di breve-medio periodo, limiterà fino al 2020 le acquisizioni di velivoli Joint strike fighter, “oggi ipotizzato fino a un massimo di 38 velivoli”, in “riduzione sia rispetto ai 101 originariamente previsti per questo lasso di tempo, sia alle diverse ipotesi che erano state fatte nel corso degli ultimi anni”. La seconda, di medio-lungo termine, “prevede una rimodulazione della pianificazione dell’intero programma per generare, fino al 2026, un ulteriore efficientamento della spesa”. Buona parte della partecipazione industriale al programma F-35 – si legge – è centrata sull’impianto di Final assembly & check out (Faco) di Cameri, realizzato dalla Difesa e affidato ad Alenia Aermacchi per l’assemblaggio dei velivoli e per la produzione dell’assieme alare del velivolo (le due ali e la parte centrale della fusoliera). Per ciò che riguarda invece l’acquisizione di 15 velivoli (+ 3 opzionali) per l’addestramento avanzato Aermacchi M-346 e del relativo supporto logistico, gli oneri complessivi saranno di circa 660 milioni di euro. Il programma è sostenuto con risorse del ministero dello Sviluppo economico, con un investimento nel 2016 e 2017 di 116,5 e 105 milioni giugno 2015 I PROGRAMMI-CHIAVE CONTENUTI NEL DPP Il documento conferma il proseguimento di programmi-chiave che vedono protagonista Finmeccanica. Uno di questi è il caccia di quinta generazione di Lockheed Martin. Viene confermato anche il programma destinato ad assicurare il mantenimento delle capacità operative della flotta di velivoli da trasporto C27J Spartan (20 e 19,8 i di euro. Il suo termine è nel 2020. Sempre per ciò che riguarda Alenia, viene confermato nel Dpp il programma destinato ad assicurare il mantenimento delle capacità operative della flotta di velivoli da trasporto C- 27J Spartan (20 e 19,8 i milioni di euro stanziati nel 2016 e 2017). Confermato anche il finanziamento del programma italo-francese Fremm, relativo all’acquisizione di dieci fregate europee multimissione in sostituzione delle fregate Lupo e Maestrale. Al programma, dagli oneri globali pari a circa 5.680 milioni di euro, partecipa Orizzonte sistemi navali, joint venture tra Fincantieri (51%) e Finmeccanica (49%). Piazza Monte grappa partecipa al programma Fremm attraverso Selex Es, Oto Melara, Wass e Mbda. Anche questa iniziativa è sostenuta con risorse del Mise, mediante finanziamenti che prevedono stanziamenti diretti per 516 milioni di euro nel 2015, 332 nel 2016 e 299 nel 2017. La Difesa continuerà a puntare anche su Forza Nec, il programma di modernizzazione delle Forze armate e per la digitalizzazione della componente terrestre, al quale Finmeccanica partecipa con Selex Es. A fronte di oneri globali pari a circa 57 milioni di euro stanziati nel 2016 e 2017). Confermato anche il finanziamento del programma italo-francese Fremm, relativo all’acquisizione di dieci fregate europee multimissione in sostituzione delle fregate Lupo e Maestrale. La Difesa continuerà a puntare anche su Forza Nec e per la digitalizzazione della componente terrestre, al quale Finmeccanica partecipa con Selex Es ATTENZIONE AL CYBER Per la parte cibernetica, il Dpp conferma le collaborazioni con Ibm, Microsoft e Oracle, e prevede lo sviluppo di capacità C4-Istar. Cresce l’esigenza d’investire su progetti innovativi. Come quelli della stessa Selex o di Elettronica, che assieme a Expert System ha dato vita a una newco (CY4 Gate) dedicata proprio ai temi cyber 940 milioni di euro, il suo completamento è previsto nel 2021. Per il 2016 e 2017 la contribuzione del Mise sarà di 112 e 114 milioni di euro. Spazio anche ad Alliance ground surveillance, il programma promosso in ambito Nato per sviluppare un sistema aereo di sorveglianza terrestre e marittima composto da droni, come il Global Hawk RQ-4 Block 40, presentato la prima settimana di giugno a Palmdale, California, e che vede coinvolta Finmeccanica-Selex Es sul piano industriale e la base di Sigonella dal punto di vista operativo. In questo caso, l’impegno del nostro Paese si attesta a 27,1 milioni di euro per il 2016 e 9,7 milioni per il 2017. Grande enfasi, infine, è destinata nel Dpp ai temi dell’elettronica per la Difesa e dell’intelligence. In questi campi spiccano le collaborazioni con Ibm, Microsoft e Oracle, ma anche lo sviluppo di capacità C4-Istar, il sistema di controllo basato sulla centralizzazione e lo scambio delle informazioni. Queste dimensioni sono ormai strategiche e cresce l’esigenza d’investire su progetti innovativi. Come quelli della stessa Selex Es o di Elettronica, che assieme a Expert System ha dato vita a una newco (CY4 Gate) dedicata proprio ai temi cyber. 27 Il Libro bianco non è un documento di public diplomacy, ma un testo che costituisce un riferimento per chi dovrà portare avanti un processo i cui dettagli sono ancora da definire. Il documento persegue due obiettivi: innanzitutto, si intende spiegare la metodologia che dovrà essere seguita nel corso di una futura serie di studi, destinati a Paper LIBRO BIANCO, MODELLO DI DIFESA O ENNESIMO RINVIO? FERDINANDO SANFELICE DI MONTEFORTE ammiraglio di squadra Bisogna riconoscere che il linguaggio adoperato nel Libro bianco della Difesa è quello tipico degli addetti ai lavori, il che lo rende poco adatto al grande pubblico. Non si tratta quindi di un documento di public diplomacy, ma di un testo che costituisce un riferimento per chi dovrà portare avanti un processo i cui dettagli sono ancora da definire. Infatti, basta una rapida lettura per capire che il Libro bianco persegue due obiettivi. Anzitutto si intende spiegare la metodologia che dovrà essere seguita nel corso di una futura serie di studi, destinati a definire un nuovo modello di strumento militare. Il richiamo a una futura “revisione strategica della difesa che terminerà con la definizione di una nuova pianificazione generale con prospettiva quindicennale” ne è la conferma. Ma il Libro bianco annuncia pure che, per motivi d’urgenza, qualche provvedimento dovrà essere preso a breve termine. Particolarmente chiara, a tal proposito, è l’affermazione 28 secondo cui gli “aggiustamenti nei livelli di preparazione delle forze possono essere ottenuti più velocemente rispetto a modifiche della struttura e composizione delle unità”. Il secondo obiettivo è quello di annunciare, sia pure a grandi linee, una serie di riforme organizzative, che – nell’intenzione dei compilatori – dovrebbe migliorare la gestione dello strumento e renderla più trasparente di fronte al governo e al Parlamento. Malgrado la prudenza e l’involuzione del linguaggio, non alieno da pochi, seppur significativi, errori (si veda, ad esempio, il riferimento a strutture “composte prevalentemente da personale di leva”), alcune delle linee direttrici che si intende seguire in questa ristrutturazione trapelano in modo abbastanza evidente. La prima novità è la decisione di procedere con un nuovo sistema di gestione dei livelli di prontezza e di preparazione delle Forze. Si tratta, in sostanza, di determinare quali Forze debbano essere pronte all’azione in tempi brevi – concentrando su di esse gli sforzi economici per assicurarne l’efficacia – e quali invece debbano rimanere a livelli di prontezza inferiori. Si tratta di una scelta dolorosa e difficile, dato che questo porta a uno strumento “a due velocità”, con interi reparti destinati a rimanere a ranghi incompleti e dotati di mezzi antiquati, oppure basati su riservisti e, quindi, utilizzabili in compiti di minor impegno, previo un notevole preavviso. In merito, una prima indicazione di quali scelte si intenda effettuare è rilevabile dall’intendimento a “preservare e rafforzare quelle capacità che rappresentano, per tradizione, un livello di capacità raggiunto, vere e proprie aree di eccellenza”, oltre che a “mantenere una significativa capacità di deterrenza costituita da una forza integrata di combattimento che sia moderna e impiegabile, per un periodo limitato, negli scenari a più alta intensità”. Se si pensa che in questi ultimi degiugno 2015 definire un nuovo modello di strumento militare; il secondo obiettivo è quello di annunciare, sia pure a grandi linee, una serie di riforme organizzative che – nell’intenzione dei compilatori – dovrebbe migliorare la gestione dello strumento e renderla più trasparente di fronte al governo e al Parlamento cenni abbiamo tradizionalmente fornito contributi alle operazioni internazionali, basati su contingenti prevalentemente terrestri, numerosi ma poco armati, e quindi con funzioni prevalentemente sussidiarie di controllo del territorio, si può vedere quanto queste due affermazioni siano in contrasto tra loro. Se, infatti, prevarrà l’intendimento di sviluppare questo tipo di settori tradizionali, si continuerà a possedere uno strumento supplementare, e quindi subalterno a quelli altrui, anziché averne uno complementare, con pari dignità decisionale rispetto ai nostri partner. Se questo, in ambito Nato, è sempre stato inevitabile, non si può dire che sia prudente accettare la nostra supplementarietà in ambito europeo, dove le divergenze di interessi e di approcci tra nazioni sono sempre state notevoli, e la questione della Libia, nel 2011, lo ha dimostrato. L’intenzione però di produrre alcuni “pacchetti di capacità”, ovvero delle forze integrate e multi-dimensionali 57 in grado di svolgere un compito significativo, lascia adito a qualche speranza, a condizione che questi pacchetti vengano scelti bene. La seconda novità consiste nello sviluppare le forze di riserva. Finora, queste sono state utilizzate per disporre di alte professionalità tipiche del mondo civile, e con buoni risultati. Ampliare il settore aggiungendovi altri contenuti professionali o, peggio, di “capacità a più basso contenuto di professionalità specifica” significa sostenere uno sforzo finanziario significativo per addestrare periodicamente questa massa di riservisti. L’esperienza dimostra infatti che i risultati ottenuti nel passato sono stati quantomeno dubbi e ciò fa temere che la spesa fatta andrà a detrimento delle risorse disponibili per lo strumento principale, senza migliorare la postura del complesso di forze. Dato che i riservisti a basso contenuto di professionalità sono solo in grado di costituire reparti di seconda linea, da attivare “su chiamata”, ciò sembra confermare l’intenzione di passare allo stato di reparto quadro alcune unità esistenti, come accennato prima. La terza novità è costituita dall’intenzione di condurre “una profonda revisione concettuale della struttura di supporto alla direzione politica del dicastero” in modo da renderla più snella ed efficace, sia nell’ambito tecnico-operativo, sia in quello tecnico-amministrativo. Indubbiamente, l’ammissione che l’attuale struttura sia ancora dimensionata per “gestire Forze armate di dimensioni più ampie di quelle attuali” è indicativa del fatto che “la testa” delle Forze armate sia oggi ben più massiccia del loro “corpo” e che sia necessario semplificarla, dedicando così maggiori risorse umane non solo alla componente operativa, ma anche e, soprattutto, alle strutture multinazionali le cui esigenze sono in continua crescita. Si tratta di un’opera meritoria già tentata in passato, ma che è fallita prevalentemente per ragioni inter- 29 TRA FORZE E SFORZI ECONOMICI La prima novità è la decisione di procedere con un nuovo sistema di gestione dei livelli di prontezza e di preparazione delle Forze. Si tratta di determinare quali Forze debbano essere pronte all’azione in tempi brevi – concentrando su di esse gli sforzi economici per assicurarne l’efficacia – e quali invece debba- no rimanere a livelli di prontezza inferiori. Si tratta di una scelta dolorosa e difficile, dato che questo porta a uno strumento “a due velocità”, con interi reparti destinati a rimanere a ranghi incompleti e dotati di mezzi antiquati, oppure basati su riservisti e, quindi, utilizzabili in compiti di minor impegno, previo un notevole preavviso ne: in particolare, l’espansione negli ultimi decenni di strutture interforze – lo stato maggiore Difesa in primis – senza che fossero modificate le attribuzioni per legge di quelle preesistenti, ha creato una situazione in cui le decisioni non sono prese da chi ne è responsabile. Altre nazioni occidentali hanno condotto a soluzioni efficaci in tal senso. Bisogna vedere se sarà possibile seguirle su questa strada, o se si creerà un moloch ancora più impacciato e inefficace di chi lo ha preceduto. In questo ambito, viene infatti dichiarato l’intendimento di affidare al capo di stato maggiore della Difesa ulteriori competenze, e precisamente quella logistica, della formazione e della “generazione e preparazione delle Forze”. Troppe funzioni affidate a una sola figura di vertice ne provocano la saturazione, per la molteplicità dei suoi impegni, con conseguente perdita di attenzione e di efficacia nell’opera di alta direzione. Già nel 1910, quando in Francia furono centralizzate molte funzioni nella 30 loro Marina, si notò che i vertici del ministero avevano perso la capacità di controllare molte tra le attività che erano state tolte alla periferia. Uno studioso dell’epoca, René Daveluy, osservava: “I dossier si spandono nelle direzioni degli uffici competenti; e spesso è un oscuro burocrate (plumitif=pennaiuolo) che trova la soluzione a una questione sottoposta all’approvazione del ministro da un ammiraglio comandante in capo”. Questa è una realtà per tutti gli organi centralizzati che svolgono un numero troppo elevato di funzioni. Bisogna dire che l’agilità decisionale è un processo che dipende più dalla sinergia e dalla concordia dei vari attori, che devono essere in grado di coordinarsi orizzontalmente, piuttosto che da modifiche strutturali. Le accese divergenze di questi ultimi decenni, con le connesse resistenze al cambiamento del nostro strumento militare, dall’attuale postura aeroterrestre da Guerra fredda a uno più bilanciato, non lasciano molti margini di ottimismo. Non a caso, tali dubbi sembrano DUBBI SUL POTENZIAMENTO COMPETENZE CAPO SMD Nel documento viene dichiarato l’intendimento di affidare al capo di stato maggiore della Difesa ulteriori competenze, e precisamente quella logistica, della formazione e della “generazione e preparazione delle Forze”. Troppe funzioni affidate a una sola figura di vertice ne provocano la saturazione, per la molteplicità dei suoi impegni, con conseguente perdita di attenzione e di efficacia nell’opera di alta direzione avvalorati dal documento, che conferma il livello di “consistenza numerica di 150mila unità” da tempo considerato eccessivamente ambizioso, in rapporto alle risorse. Chi ricorda la vana battaglia per liberare risorse, allo scopo di ammodernare il nostro strumento militare, condotta dal ministro Di Paola – fu sua la definizione del nostro strumento come uno “stipendificio”, il che portò a numerose proteste – non può esimersi dal vedere questo attaccamento a consistenze numeriche elevate come l’intenzione di mantenere uno strumento numeroso ma di bassa qualità, vista la realtà finanziaria del nostro Paese. Non si può infatti avere una forza numerosa e allo stesso tempo moderna, efficace e adeguata alle sfide del futuro, senza aumentare di gran lunga le spese militari, cosa assolutamente non realizzabile nella nostra situazione economica. Peraltro, uno strumento numeroso, anche se di bassa qualità, è stato visto, nei centocinquant’anni di vita nazionale, come una necessità motivata essenzialmente da ragioni di giugno 2015 TRA UNITÀ E QUALITÀ Il Libro bianco conferma il livello di “consistenza numerica di 150mila unità” da tempo considerato eccessivamente ambizioso, in rapporto alle risorse. Chi ricorda la vana battaglia per liberare risorse, allo scopo di ammodernare il nostro strumento militare, condotta dal ministro Di Paola, non può esimersi dal vedere questo attaccamento a consistenze numeriche “concorso alla salvaguardia delle libere istituzioni in caso di necessità e urgenza”. Va detto che tale ruolo, sebbene poco pubblicizzato, ha richiesto più volte impegni consistenti di ordine pubblico ai nostri militari, anche negli ultimi decenni. Non tutti ricordano le operazioni Campania e Vespri siciliani, e pochi prestano attenzione all’attuale operazione Strade sicure, che impegna il nostro esercito con migliaia di militari. Questo avviene malgrado la notevole crescita in cinquant’anni della consistenza numerica delle nostre forze dell’ordine, ora arrivate a quasi 400mila uomini e donne, se si considerano anche le polizie locali. Siamo infatti, da sempre, un Paese intrinsecamente instabile, nel quale le tensioni sono notevoli e l’illegalità è fin troppo diffusa, tanto da comportare l’esistenza di organizzazioni che in altri Paesi sarebbero definite “bande armate”. Non parliamo poi dei nostri disastri naturali, in parte dovuti alla nostra scarsa preveggenza nel gestire l’ambiente, ma il più delle volte legati alla notevole 57 sismicità del nostro territorio. A questo punto, appare chiaro quale sia la preoccupazione prevalente dei nostri leader politici e militari: anche di fronte a un quadro internazionale che mette in pericolo la nostra precaria esistenza economica e alimentare – si ricordi che la tragedia del Norman Atlantic ha contribuito alla improvvisa crescita del prezzo dell’olio d’oliva – i nostri problemi interni sono considerati ancora più preoccupanti. Questo spiega perché sia stato deciso di rinviare la definizione del nostro strumento militare in funzione delle minacce esterne, affidandola a un’opera di revisione strategica, i cui contenuti “rappresenteranno i riferimenti per la formulazione della legge pluriennale sugli investimenti per la Difesa che il governo presenterà al Parlamento per la sua valutazione e approvazione”, insieme alla prevedibile richiesta di stanziare fondi extra bilancio ordinario, come si è fatto finora per le missioni all’estero. Sarà da vedere se questa linea d’azione sarà vincente, come peraltro è elevate come l’intenzione di mantenere uno strumento numeroso ma di bassa qualità, vista la realtà finanziaria del nostro Paese. Non si può infatti avere una forza numerosa e allo stesso tempo moderna, efficace e adeguata alle sfide del futuro, senza aumentare di gran lunga le spese militari, cosa assolutamente non realizzabile nella nostra situazione economica avvenuto in tutto l’arco della nostra vita nazionale. Leggi promozionali sono state approvate periodicamente, in questo modo, fin dal 1877 e sono state l’unico modo per ammodernare il nostro strumento militare. Questo spiega perché il Libro bianco ponga l’enfasi sulle riforme di carattere organizzativo, un’ammissione indiretta che il bilancio ordinario della Difesa non ha in sé i margini necessari per consentirci di fronteggiare, con mezzi adeguati, il mondo sempre più ostile che ci circonda. Ma il problema di fondo è che i nostri decisori, preoccupati come sono dalle nostre fragilità interne, da una parte dichiarano di voler limitare gli impegni oltremare e dall’altra decidono comunque di mandare reparti piccoli e grandi a migliaia di chilometri di distanza, ben al di là di quanto da loro stabilito, senza protezione – come è avvenuto per i nostri Marò – non potendo dislocare, nelle zone di massimo pericolo, le forze che dovrebbero sostenerli, perché non ve ne sono a sufficienza. 31 Difesa LA NUOVA ARTE DELLA GUERRA CINESE Molto più breve di quello italiano, il Libro bianco della Difesa reso noto dalla Repubblica Popolare Cinese (dal titolo La strategia militare della Cina) è diviso in sei capitoli. Fulcro del documento sono il rafforzamento dell’alleanza con la Russia, in funzione inevitabilmente anti-americana, e il cyber-spazio, terreno di battaglia delle guerre di domani ALESSANDRA MICELLI “Il futuro della Cina è strettamente legato al resto del mondo”. Esordisce così il Libro bianco cinese, mettendo le mani avanti e garantendo ai vicini – non solo geografici – che la Repubblica Popolare Cinese non ha mire belliche o espansionistiche. “Le Forze armate cinesi resteranno devote al mantenimento della pace” si legge nella prefazione de La strategia militare della Cina. Fulcro del documento sono sicuramente il rafforzamento dell’alleanza con la Russia, in funzione inevitabilmente anti-americana, e il cyber-spazio, terreno di battaglia delle guerre di domani. Molto più breve del recente Libro bianco italiano, il testo cinese è suddiviso in sei capitoli: situazione della sicurezza nazionale; missioni e attività strategiche delle Forze armate cinesi; linee-guida strategiche di difesa attiva; costituzione e sviluppo delle Forze armate cinesi; preparazione ai conflitti militari; cooperazione militare e di sicurezza. In un concettuale ma altrettanto puntuale discorso sui mutamenti geopolitici, il primo capitolo ha un retrogusto che sa di deterrenza. Pur riaffermando l’insussistenza di fini imperialisti, il Partito comunista non rinuncia a delineare la condicio sine qua non affinché l’equilibrio rimanga imperturbato, ovvero una politica statunitense non belligerante e, soprattutto, non invadente. 32 Sebbene una terza guerra mondiale appaia oggi improbabile, vi sono altri pericoli che vanno tenuti sotto controllo. L’impero celeste fa particolare riferimento alla tensione nel Mar cinese orientale e meridionale, oggetto di disputa fra Giappone, Vietnam, Filippine, Malesia, Taiwan e la stessa Cina: “Alcuni dei vicini – si legge testualmente nel documento – hanno provocato la Cina rafforzando illegalmente la presenza militare sulle coste e sulle isole” e “alcuni Paesi esteri si stanno intromettendo negli affari del Mar cinese meridionale, mantenendo una costante sorveglianza aerea e marittima sulla Cina” motivo per cui il Paese si sente obbligato a perseguire il duro compito di salvaguardare gli interessi cinesi da eventuali – non del tutto infondate – minacce. Per quanto riguarda la questione Taiwan, invece, il documento spiega come, nonostante i tentativi di insurrezione delle forze separatiste, ci si diriga verso una serena condivisione delle risorse, auspicio supportato dai pacifici rapporti portati avanti negli ultimi anni. Lo Stato a partito unico, inoltre, non trascura la corsa verso nuovi tipi di armamenti, garantendo la resilienza della Cina che dovrà – ma si legge saprà – affrontare le nuove e “severe sfide alla sicurezza militare”. Il secondo capitolo, dedicato alle missioni e alle attività stragiugno 2015 tegiche, tratta i fini peculiari della nazione. “L’obiettivo strategico nazionale cinese – esordisce la sezione – è la realizzazione di una società prospera entro il 2021, quando il Communist party of China (Cpc) compirà il suo centenario e di un moderno Paese socialista che sia fiorente, forte, democratico, culturalmente avanzato e armonioso entro il 2049, in occasione del centenario della Repubblica Popolare Cinese”. Nel terzo capitolo, vengono delineati i principi per l’implementazione delle linee-guida della strategia militare cinese, che riconducono inequivocabilmente alla citazione del primo paragrafo: “Noi non attaccheremo finché non verremo attaccati, ma se attaccati contrattaccheremo senza dubbio”. Il quarto capitolo, invece, si concentra sulla riforma e sullo svecchiamento dell’esercito, affinché sia in grado di proteggere lo Stato anche nel marasma delle innovazioni belliche. Tale revisione riguarda tutti i settori delle Forze armate, quelle di terra (Plaa), quelle marine (Plan), quelle aeree (Plaaf) e finanche la Seconda forza d’artiglieria (Plasaf), orientandole verso un perfezionamento strategico e un’importante focalizzazione sulle competenze informatiche e digitali. Nel capitolo vi è anche un intero paragrafo dedicato al cyber-spazio che “è diventato un nuovo pilastro dello sviluppo eco57 nomico e sociale. Non pochi Paesi – si legge nel testo – stanno sviluppando le proprie forze militari informatiche; ed essendo la Cina una delle principali vittime di attacchi hacker accelererà lo sviluppo della propria” perché sia per tempo specializzata e competitiva. Non è un caso che il governo cinese dedichi particolare attenzione al cyber-spazio: poche settimane fa, gli Stati Uniti hanno divulgato la nuova Cyber strategy facendo riferimento, peraltro, proprio alla Cina come plausibile minaccia. Il quinto capitolo si concentra sulla prontezza al combattimento e sull’addestramento militare. La Cina deve essere pronta a “combattere e vincere”, se attaccata, “mantenendo alta la vigilanza anche in tempo di pace”. L’addestramento deve essere “realistico”, temprando e preparando fattivamente le truppe a eventuali conflitti. Verrà dunque intensificata la formazione militare in condizioni geografiche, meteorologiche ed elettromagnetiche estreme. Il capitolo conclusivo, tratta l’alleanza con la Russia, con cui proseguiranno gli scambi e la cooperazione, rafforzando l’asse di potere fra due dei soggetti che inevitabilmente rimandano alla Guerra fredda. 33 Speciale Grande guerra IL PRIMATO (PERDUTO) DELLA STORIA Le tante iniziative per il centenario della Prima guerra mondiale potrebbero indurre a credere a un momento felice per gli studi storici. In realtà la scena culturale è dominata da discipline di matrice ideologica, molto più influenti di quelle empirico-fattuali. Eppure, contrariamente a quanto scriveva Fukuyama 25 anni fa, la storia non è finita. Anzi, sarebbe bene studiarla GREGORY ALEGI giornalista e storico Riflettendo sul crollo del muro di Berlino, nel 1992 Francis Fukuyama introdusse nel dibattito pubblico l’idea di una “fine della Storia” coincidente con la vittoria del sistema liberal-capitalistico. Il ventennio successivo ha sconfessato la sua analisi: il mondo presunto “unipolare” si è dimostrato molto più dinamico del precedente quarantennio bipolare. Se nel mondo la realtà ha prevalso sulla filosofia (e quindi la storia sull’economia e sulla politologia), nella cultura è successo il contrario. La storia come disciplina e come professione accademica è in regresso. Può sembrare strano parlare di crisi della storia quando fioriscono iniziative sulla Prima guerra mondiale. In realtà la storia non è fatta di anniversari, che nella migliore delle ipotesi sono strumenti per promuovere iniziative che avrebbero avuto luogo comunque. Un rapido sguardo mostra che di rado gli studi significativi sono legati alle ricorrenze. Classici quali Storia politica della grande guerra di Piero Melograni (1972) o La grande guerra e la memoria moderna di Paul Fussell (1975) prescindevano dagli anniversari e forse 34 sono sopravvissuti per questo. Una parte del problema è la riluttanza degli editori a investire in vere novità, cosa che comporterebbe l’assumersi un rischio d’impresa, ma darebbe anche l’opportunità di costruirsi un patrimonio di proprietà intellettuale traducibile, ristampabile e rivendibile. Purtroppo gli anniversari, si fronteggiano con logiche commerciali, riconfezionando alla bell’e meglio contenuti, purtroppo, datati. Né si fa storia con le moderne tecnologie informatiche che ricolorano immagini o creano realtà virtuali. Anche quando non si tratti di videogiochi mascherati, il risultato è una pericolosa confusione tra realtà e finzione, puntualmente riversata in rievocazioni storiche più o meno accurate o nell’incapacità di distinguere tra la “docufiction” di Gandhi e la fantasia di Amadeus. Anche gli storici hanno le proprie colpe. L’abbandono dell’impostazione tradizionale della storia (quella basata su re, guerre, ministri ed eroi che gli annalisti francesi disprezzavano come histoire evenementielle) ha portato a sostituire la storia con le storie (o le “microstorie”). Alla ricostruziogiugno 2015 LE DATE ITALIANE 28 GIUGNO 1914 L’arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo-Este, erede al trono d’Austria-Ungheria, viene ucciso a Sarajevo dal nazionalista serbo Gavrilo Princip 24 MAGGIO 1915 L’Italia entra in guerra contro l’Austria-Ungheria 15-22 GIUGNO 1918 Battaglia del Solstizio, i soldati italiani bloccano l’avanzata austro-ungarica 28 AGOSTO 1916 L’Italia dichiara guerra alla Germania 3 NOVEMBRE 1918 Italia e Austro-Ungheria firmano l’armistizio a Villa Giusti ne delle cose “come sono avvenute” cara a Ranke si sono sovrapposte narrazioni che, parafrasando il detto dei traduttori, potrebbero definirsi “come le donne: più sono belle, meno sono fedeli”. Storie fatte per essere lette (meglio: consumate) o per stupire (magari attraverso il linguaggio suggestivo), che privilegiano categorie interpretative deboli (l’immagine), fallaci (la memoria condivisa) o comunque non generalizzabili. A lungo andare, il rinnovamento della storia ha messo in crisi il rapporto tra i soggetti studiati e la loro rilevanza per la comprensione generale del passato, scivolando verso la negazione del “fatto”. Ma poiché è impossibile battere gli ideologi al proprio gioco, la storia è oggi in secondo piano rispetto a scienza politica, diritto, economia. La crisi d’identità si appalesa (per esempio) nei programmi ministeriali dei licei italiani che accorpano storia e geografia nell’ircocervo della “geostoria”. Esito ultimo del depotenziamento dei fatti rispetto alle interpretazioni è la trasformazione della storia in strumento ancillare delle discipline il cui fondamento empirico-fattuale è 57 24 OTTOBRE 1917 Battaglia di Caporetto, la più grande disfatta per l’esercito italiano da sempre minore rispetto all’impostazione filosofico-ideologica. Le conseguenze sono evidenti. La discussione (ma soprattutto la sorpresa) sul “rinascere” dei nazionalismi è basata sull’incomprensione (o negazione) della loro dimensione storica, del legame con il principio dell’autodeterminazione dei popoli e della contraddizione tra questa e la stabilità. Tutte lezioni connesse allo studio della Prima guerra mondiale. Anche in tante altre crisi del xxi secolo è facile rintracciare la perdita di prestigio (e di potere) della storia a favore dell’ideologia. Basti pensare all’ambizioso e fallimentare esperimento di creare dal nulla Stati e organizzazioni statali sganciati dalla maturazione economico-culturale delle società. O allo scontro con Putin, frutto dell’ignoranza delle costanti della storia russa, dal timore dell’accerchiamento al latente senso di inferiorità rispetto all’occidente. E ora chi spiega all’economista e scienziato politico Fukuyama che la storia non è finita? 35 Speciale Grande guerra LE RAGIONI DELL’ITALIA L’Italia entrò in guerra il 24 maggio del 1915, dieci mesi dopo lo scoppio della Prima guerra mondiale avvenuto nell’agosto del 1914. Il governo guidato da Salandra avviò le operazioni militari contro l’Austria-Ungheria, partecipando a un conflitto che avrebbe mutato il volto dell’Italia e quello dell’Europa ANDREA UNGARI professore associato di Storia contemporanea presso l’Università Guglielmo Marconi Come ci è stato ricordato nelle scorse settimane, l’Italia entrò in guerra il 24 maggio del 1915, dieci mesi dopo lo scoppio della Prima guerra mondiale avvenuto nell’agosto del 1914. Quali furono i motivi di questo ritardo? Perché l’Italia alleata per più di trent’anni della Germania e dell’Austria-Ungheria, non entrò al fianco dei suoi alleati? Per rispondere a queste domande bisogna ritornare al 20 maggio 1882, quando l’Italia firmò il trattato della Triplice alleanza che la legava ai cosiddetti Imperi centrali. Questa alleanza, che aveva natura prettamente difensiva e non offensiva, durante il periodo crispino fu rafforzata dall’ammirazione che sia il presidente del Consiglio, Francesco Crispi, sia il re, Umberto i, sia l’opinione pubblica italiana avevano nei confronti della cultura tedesca. E per cultura si intende non solo stima e considerazione per la filosofia, la scienza, l’arte, ecc., ma ammirazione per la potenza industriale della Germania, timore per la sua forza militare, apprezzamento per il modello politico tedesco che annoverava molti sostenitori anche in Italia. Questa situazione cominciò a mutare a partire dalla fine del periodo crispino (1896) e, soprattutto, con il nuovo secolo, quando il giovane Vittorio Emanuele iii, succeduto al padre dopo il regicidio di Monza, diede una direzione nuova alla politica estera italiana. Il sovrano, infatti, non solo coltivava una passione irredentista che lo spingeva ad accogliere le istanze di coloro che rivendicavano le terre italiane soggette 36 all’Austria-Ungheria, ma, anche per il matrimonio contratto con la regina del Montenegro Elena Petrovic-Njegos, pensava che una delle direttive di espansione geopolitica italiana fosse rappresentata dai Balcani; prospettiva che, inevitabilmente, metteva l’Italia in contrasto con la duplice monarchia. In tal modo, il sovrano cercò di riequilibrare la politica estera italiana, dapprima siglando un trattato di amicizia con la Francia (1902) e, successivamente, con la Russia (1909). Il che non vuol dire che l’Italia rinunciasse alla Triplice alleanza: solo che questa perse progressivamente la propria validità sostanziale, anche per l’atteggiamento progressivamente ostile dell’Austria-Ungheria che, dapprima, negò l’Università italiana a Innsbruck, poi coltivò l’idea di un attacco preventivo all’Italia in occasione del maremoto che distrusse Messina (1908) e, infine, annettendosi la Bosnia-Erzegovina (1908), senza prevedere compensi per l’Italia, come invece era previsto dall’art. 7 dell’Alleanza. Tutti questi atteggiamenti fecero sì che, malgrado il rinnovo dell’Alleanza nel 1912, la qualità dei rapporti tra le nazioni coinvolte, soprattutto tra Italia e Austria-Ungheria, fosse ormai molto deteriorata. La Germania, poi, rinunciando a fare da intermediario, assecondò in tutto e per tutto il proprio alleato danubiano. Così, al momento dell’attentato di Sarajevo, l’Italia non solo venne tenuta all’oscuro delle principali decisioni dei suoi alleati, ma le venne rigettato qualsiasi tentativo di accordo bagiugno 2015 sato sul principio delle compensazioni che, per l’Italia, non poteva che riguardare il Trentino. La proclamazione della neutralità italiana avvenuta il 3 agosto 1914 non deve, dunque, sorprendere. A determinarla contribuirono l’impreparazione militare italiana, aggravatasi dopo la Guerra di Libia e accentuata dalla politica di tagli voluta da Giolitti e dal ministro della Guerra Spingardi, e un atteggiamento generale dell’opinione pubblica politicamente attiva che era fortemente ostile all’AustriaUngheria e che chiedeva l’intervento a fianco delle potenze democratiche. Si aprì, così, un lungo dibattito all’interno del Paese tra coloro che volevano mantenere la neutralità (cattolici, liberali giolittiani e socialisti) e quanti invocavano l’entrata in guerra (i liberali legati al presidente del Consiglio Salandra, i radicali, i repubblicani, i nazionalisti e i socialrivoluzionari). Questo dibattito, che pure fu acceso e, a tratti, violento, non impedì al governo di portare avanti le trattative diplomatiche. Dapprima con l’Austria-Ungheria: constatata l’impossibilità di ottenere quei territori (Trento e Trieste) che l’Italia chiedeva e che le avrebbero consentito di completare il Risorgimento nazionale, i vertici politici e istituzionali italiani si rivolsero alla Triplice intesa (Francia, Inghilterra e Russia), siglando il 26 aprile 1915 il patto di Londra, con il quale l’Italia avrebbe ottenuto, in caso di vittoria, Trento, Trieste e gran parte della Dalmazia, soprattutto lungo la fascia costiera. Siglato il patto, il governo 57 italiano denunciò il trattato della Triplice alleanza per quanto riguardava l’Austria-Ungheria. Proprio a partire da questo avvenimento, si assistette all’ultimo tentativo neutralista esperito da Giolitti e dalla diplomazia segreta germanica. In quello che fu definito il “radioso maggio”, si svolse un duro scontro politico tra neutralisti e interventisti, infiammati dall’oratoria del poeta Gabriele d’Annunzio. Tornato Giolitti a Roma, egli ebbe subito il consenso della maggioranza dei parlamentari liberali alla sua opzione neutralista, costringendo Salandra a dare le dimissioni. A quel punto, il re – che nell’ombra aveva sostenuto l’azione di Salandra e del ministro degli Esteri Sonnino e aveva ormai deciso di cogliere l’occasione storica per completare il Risorgimento nazionale – chiese a Giolitti di assumere la carica di presidente del Consiglio precisando, però, che la sigla del patto di Londra lo impegnava personalmente e che, quindi, avrebbe abdicato in caso di denuncia del patto stesso. Di fronte al timore del vuoto istituzionale che si sarebbe crea-to, Giolitti rifiutò l’incarico, come lo rifiutarono gli altri parlamentari consultati dal re. Alla fine, il sovrano ridiede l’incarico a Salandra che, presentatosi alla Camera, ottenne un successo inaspettato fino a pochi giorni prima. Rafforzato da tale voto di fiducia, il governo si accinse, dunque, a iniziare le operazioni militari contro l’Austria-Ungheria e a entrare in una guerra che avrebbe mutato il volto dell’Italia e quello dell’Europa. 37 Speciale Grande guerra IL CONFLITTO SOTTO IL SEGNO DELL’AVIAZIONE L’aviazione non si presentava alla grande prova della Prima guerra mondiale in modo così sprovveduto come spesso si è voluto far credere. Sebbene in ritardo soprattutto nella produzione di velivoli competitivi, ha saputo ottimizzare un dispositivo all’altezza degli avversari. Con il velivolo Caproni Ca.3, ha espresso il primo bombardiere strategico della storia dell’aviazione ALESSANDRO CORNACCHINI Ventotto giugno 1914, è una domenica mattina quando l’arciduca Ferdinando e sua moglie, Sofia Chotek, arrivano alla stazione di Sarajevo. L’Europa è in uno stato, almeno apparente, di prosperità e di pace e nulla fa presagire che 37 giorni più tardi inizierà una delle più terribili tragedie che l’umanità ricordi. Il conflitto, che inizia in quell’estate del ‘14, avrebbe causato la mobilitazione di 65 milioni di soldati, decretato la fine di tre imperi, provocato la morte di 20 milioni di persone, tra militari e civili, e 21 milioni di feriti. Una catastrofe dalla portata biblica intercalata da orrori di ogni genere e ritenuta la causa scatenante delle sciagure che si sono succedute nel xx secolo. Si ritiene che sia stata la prima calamità del cosiddetto secolo breve da cui sono discese tutte le altre; questo è uno dei punti verso cui migliaia di studiosi di diverse estrazioni e nazionalità convergono. I più prestigiosi analisti delle relazioni internazionali, d’altra parte, classificano i fatti e gli eventi del 1914 come la crisi politica per eccellenza, tanto ingarbugliata da rendere convincente qualsiasi ipotesi interpretativa. Quello che colpisce l’osservatore di oggi, in realtà, è la 38 sostanziale modernità della crisi del 1914 che la rende più comprensibile all’uomo contemporaneo rispetto a quello appartenente a un passato anche recente. D’altra parte, la dinamica dei fatti scatenanti e le relazioni che a essi sottendono è di sorprendente attualità: dietro l’attentato di Sarajevo si nascondeva un’organizzazione terroristica che coltivava il culto del sacrificio e della vendetta che esprimeva gruppo di fuoco di dinamitardi suicidi. Questa organizzazione aveva una caratteristica extraterritoriale: non era collocata geograficamente, era costituita in cellule e aveva relazioni con i governi ufficiali a dir poco non ortodossi. Le affinità con il mondo moderno sono fin troppo semplici. Ecco, questo è sinteticamente il quadro generale che racchiude l’immane tragedia della Grande guerra. Ma dalle parti nostre cosa accadeva? Come si giunse a quel 24 maggio 1915, data dell’entrata in guerra dell’Italia contro l’impero Austro-Ungarico? Quale il ruolo dell’aviazione? Questo centenario è, come spesso accade negli anniversari importanti, anche l’occasione per una rilettura degli eventi salienti di quel passaggio epocale del 1915, compreso lo scardinamento giugno 2015 In alto, a sinistra: Gabriele D’Annunzio. In alto, a destra: Francesco Baracca. In basso: i relatori, la 91a squadriglia, nota come Squadriglia degli Assi di alcuni luoghi comuni fortemente radicati nella lettura della nostra partecipazione alla Prima guerra mondiale. Primo fra tutti la “leggenda nera” del tradimento italiano, cara a una certa storiografia “continentale”, ma anche un’interpretazione della Grande guerra in chiave totalmente negativa, come per anni è stata dispensata a generazioni di alunni sui banchi di scuola. Una guerra spesso rappresentata come non si deve, svincolata da una seria prospettiva storica, decontestualizzata, con modalità che la rendono del tutto incomprensibile o semplicisticamente come il frutto della convergenza di più follie o di biechi interessi. In quest’ambito ci si deve anche interrogare se il ruolo dell’aviazione così, come per decenni rappresentato, sia effettivamente rispondente alla realtà. Crediamo sia opportuno anche in questo campo, a distanza di un secolo dai fatti, andare oltre i miti e le suggestioni più comuni come quello di una guerra aerea fatta essenzialmente dagli assi della caccia, proposti come eroi “cappa e spada” che agivano come avessero una questione personale con il nemico, in una sfida continua 57 e macabra con la morte. Che agissero, insomma, non in aderenza di quei concetti basilari della dottrina aerea che proprio nella Grande guerra, invece, poneva le basi dei principi universali del potere aereo e introduceva quella definizione di competenza ambientale che è oggi la ragion d’essere dell’Aeronautica militare. Un’aviazione, quindi, che non si presentava alla grande prova in modo così sprovveduto – come spesso si è voluto far credere – ma che, sebbene in ritardo soprattutto nella produzione di velivoli competitivi e, in parte, nell’organizzazione sul campo di battaglia, ha saputo, con un’azione efficace, risalire la china e ottimizzare un dispositivo all’altezza degli avversari, moderno ed efficiente. Un’aviazione, intesa in senso lato, che ha saputo esprimere, tra l’altro, con il velivolo Caproni Ca.3, il primo bombardiere strategico della storia dell’aviazione; indicato come la sintesi dei concetti fondamentali del potere aereo, resi vitali in una favorevole sinergia e congiunzione intellettuale tra il pensatore Giulio Douhet, l’industriale Caproni e il più grande “testimonial” dell’epoca, Gabriele D’annunzio. 39 BUSSOLA delMESELOCAL NUOVO VOLO DA PISA A RIGA CON AIR BALTIC FINMECCANICA AL ROMA DRONE CON IL FALCO DI SELEX ES ALITALIA: RIPRESO VOLO DIRETTO PISA-MOSCA Air Baltic, compagnia di bandiera lettone, ha presentato il nuovo collegamento settimanale Pisa-Riga, primo collegamento non-stop tra la Toscana e i Paesi Baltici. Air Baltic vola da Pisa a Riga una volta alla settimana, con un Boeing 737. “Siamo felici di aprire la sesta delle rotte che collegano diverse città italiane con Riga”. Ha detto Christophe Viatte, direttore commerciale di Air Baltic. “Una bella opportunità per la Toscana che si apre a flussi di turismo del tutto nuovi”, ha detto Gina Giani, amministratore delegato e direttore generale Sat. Il velivolo tattico senza pilota Falco, realizzato da Finmeccanica-Selex Es e impiegato per attività di sorveglianza, è stato in mostra al Roma Drone 2015. La società ha partecipato alla manifestazione anche attraverso una presentazione delle capacità relative ai velivoli a pilotaggio remoto prodotti dall’azienda. Dai micro ai mini Uav fino al Falco e alla sua evoluzione Falco Evo, Selex Es offre una gamma di velivoli anche nel campo della sicurezza civile. Alitalia ha ripreso i voli fra Pisa e Mosca che saranno effettuati con frequenza trisettimanale fino al 13 settembre. Questo servirà al vettore a consolidare la propria presenza sull’aeroporto Galileo Galilei dal quale, questa estate, servirà sette destinazioni nazionali e internazionali: RomaFiumicino, Catania, Olbia, Praga, Berlino, Tirana e Mosca, con 53 frequenze settimanali. I collegamenti stagionali si associano ai voli attivi tutto l’anno da Pisa verso Fiumicino, Catania, Tirana, Praga e Berlino. Il volo per Mosca è l’unico collegamento diretto da e per la Toscana. IL T-346A A GROSSETO CON L’EFA ENAV APPROVA IL BILANCIO 2014 CHINA EASTERN: NUOVO VOLO DA FIUMICINO A maggio, uno dei T-346A in dotazione al 61° Stormo di Lecce è stato rischierato a Grosseto, sede del 4° Stormo. L’attività si è inquadrata nell’ambito delle azioni finalizzate a standardizzare e ad armonizzare i syllabi, i manuali di volo, le procedure e la fraseologia tra i corsi Lead in to fighter training svolti sul 212° Gruppo volo di Galatina e i corsi di Conversione operativa svolti sul 20° Gruppo Ocu del 4° Stormo. L’obiettivo è la messa a punto dei profili di missione della fase finale del primo corso Istruttori tiri e tattiche della linea Eurofighter, che si svolgerà a Grosseto questo mese. 40 La compagnia aerea China Eastern ha attivato un nuovo collegamento diretto fra Ningbo, nell’est della Cina, e Roma-Fiumicino. I voli, primo servizio diretto dalla città all’Europa, sono cominciati il 28 maggio scorso con charter. Se la richiesta sarà adeguata, in futuro la tratta potrà essere trasformata in servizio di linea. “La capitale d’Italia è una porta d’accesso naturale al Paese e noi operiamo già con successo un volo giornaliero da Shanghai”, ha fatto sapere China Eastern. Il cda di Enav ha approvato il progetto di Bilancio d’esercizio 2014, che chiude con un utile netto di 40 milioni e un’Ebitda di 224 milioni. Il bilancio 2014 è il migliore di sempre, considerato l’effetto negativo dell’inflazione. Il risultato è stato raggiunto grazie a “un’ottima gestione, economicofinanziaria e operativa, e al rafforzamento della qualità del servizio, ad una più efficiente gestione dei costi e all’espansione dell’attività commerciale anche nei mercati internazionali”. L’attività commerciale è cresciuta del 44% e nei mercati internazionali del 21% rispetto al 2013. giugno 2015 BUSSOLA delMESELOCAL IL VULCAN DI OTO MELARA PER I C-27J DELL’AM SELEX ES E IBM INSIEME SULLA CYBER SECURITY Il sistema d’arma a canne rotanti M61A1 Vulcan di Oto Melara, sviluppato per la trasformazione dei velivoli da trasporto tattico C-27J in cannoniera volante, equipaggerà gli Spartan dell’Aeronautica. Montato su pallet Nato, il cannone da 20 mm con sistemi elettro-ottici all’infrarosso, realizzati da Selex Es è installabile sul C-27J in pochi minuti e può rimanere invisibile fino all’apertura del portellone di lancio. Messo a punto con fondi della Difesa, il sistema, già certificato sullo Spartan, verrà prodotto in sei esemplari per le esigenze dell’Am, il cui ordine è previsto per il 2016. Finmeccanica-Selex Es e Ibm daranno vita a un “centro di competenza virtuale” per la cyber-security. Il progetto prevede l’offerta integrata delle migliori capacità dei due gruppi nella lotta alla criminalità informatica. Il centro proporrà a organizzazioni pubbliche e private soluzioni per la difesa delle infrastrutture informatiche e dell’intellectual property. Ibm porterà l’esperienza fatta su X-Force exchange, la piattaforma aperta che mette a disposizione informazioni relative alle minacce, mentre Selex Es le competenze sviluppate su scala internazionale. ACCORDO TRA AM E TAS PER TESTARE RADAR EXOMARS AMOROSO NUOVO CEO DI THALES ALENIA SPACE ITALIA Il Centro sperimentale volo dell’Aeronautica ha firmato un accordo tecnico operativo con Thales Alenia Space Italia per lo svolgimento di prove a terra e in volo per la caratterizzazione delle prestazioni del radar di guida del modulo di discesa su Marte, nell’ambito del programma ExoMars dell’Agenzia spaziale europea. Per le prove il radar altimetro doppler di Tas sarà installato tramite un’apposita interfaccia meccanica e strumentazione sperimentale su un elicottero HH212. Il lancio della prima missione è previsto nel 2016. Donato Amoroso è il nuovo amministratore delegato di Thales Alenia Space Italia. Ha preso il posto di Elisio Giacomo Prette, alla guida della società dal 2013. Quest’ultimo rimarrà come presidente e come senior vice president risorse umane. Nell’ambito della joint venture internazionale tra Finmeccanica e Thales, Amoroso, che arriva da Alenia Aermacchi, sarà invece deputy del ceo Jean-Loic Galle e avrà responsabilità diretta della linea di business osservazione, esplorazione e navigazione. 57 PHILAE SI È RISVEGLIATO Il lander Philae è uscito dallo stato di ibernazione in cui era entrato il 15 novembre scorso: il suo primo contatto dopo sette mesi di silenzio – e ripetuti tentativi di comunicare da parte dell’Orbiter Rosetta a partire dal 12 marzo – è durato 85 secondi. “Possiamo confermare che l’avventura di Philae continua” ha dichiarato l’Asi. Philae ha inviato a Rosetta, e quindi a Terra, oltre 300 pacchetti di dati, che verranno processati e analizzati dal team internazionale che segue la missione. I pacchetti di dati attesi adesso dal team internazionale sono più di 8mila. SELEX CONSEGNA AL VIETNAM SISTEMA GESTIONE TRAFFICO AEREO Finmeccanica-Selex Es ha consegnato un sistema di gestione del traffico aereo al Vietnam Air Traffic Management per il centro di controllo di Hanoi. Il sistema è diventato operativo dopo soli 22 mesi dalla data di firma del contratto. La fornitura include un sistema di gestione del traffico aereo automatizzato con 24 postazioni per i controllori del traffico aereo. In caso di necessità, quattro suite operatore potranno essere riallocate come sistema di backup. Consegnato anche un simulatore con funzionalità avanzate per la formazione dei controllori. 41 BUSSOLA delMESELOCAL CONTRATTO TRA AVIO E DISTRETTO SARDO ACCORDO PER TRACCIARE I DETRITI SPAZIALI PIAGGIO VENDE IL SECONDO AVANTI EVO IN MALESIA Avio e il Distretto aerospaziale della Sardegna hanno firmato un contratto per realizzare inserti con materiali speciali per il lanciatore Vega. Per il Distretto si tratta della prima commessa dalla sua fondazione avvenuta nel 2013. L’attività commissionata da Avio consiste nella realizzazione, con materiali speciali, Ultra high temperature ceramics, di inserti per gli ugelli che saranno impiegati per i motori a propellente solido e liquido del lanciatore. I soci coinvolti in questo progetto saranno l’Università di Cagliari, il CRS4 e lo spin off dell’ateneo cagliaritano Innovative materials. Francia, Germania, Italia, Spagna e Regno Unito hanno deciso di formare un consorzio per il programma Sostegno di sorveglianza dello spazio e di tracciamento (Sst). L’obiettivo è di contribuire ad assicurare la disponibilità a lungo termine di infrastrutture, mezzi e servizi spaziali essenziali per la sicurezza della società in Europa. Il consorzio stabilirà, attraverso lo sfruttamento delle infrastrutture e dei sensori nazioni esistenti, un servizio per monitorare e tracciare gli oggetti e i detriti spaziali. All’interno di ciascuno Stato, le agenzie spaziali collaboreranno con i ministeri della Difesa. Piaggio Aerospace ha annunciato la firma di un contratto per un Avanti Evo acquistato da un cliente malese, che sarà destinato ad operazioni charter. Si tratta del secondo Evo venduto in sei mesi in Malesia. Questo velivolo business, la cui consegna è prevista entro fine anno, è in configurazione Extended Range e Full Optional. A bordo anche sistemi Cvfdr (Cockpit Voice & Flight Data Recorder), Tcas II (Traffic Collision Avoidance System) e Flight Entertainment System. ALITALIA: MOU CON IL MESSICO PER VOLO DIRETTO DA ROMA ENAV, VERSO ELISOCCORSO H24 NUOVO VOLO CARGO DA MALPENSA Alitalia ha firmato un memorandum of understanding con il Messico finalizzato all’apertura di un nuovo collegamento diretto Roma-Città del Messico. L’intesa prevede lo sviluppo dei flussi turistici tra i due Paesi, anche per aumentare l’interscambio commerciale. L’apertura di questa nuova tratta intercontinentale è resa possibile dal piano di investimenti che Alitalia sta sostenendo per lo sviluppo e il rinnovamento della flotta di lungo raggio, dando vita così a un piano di rilancio del vettore. Enav, su commissione della Regione Piemonte, ha realizzato le prime procedure satellitari che consentiranno agli elicotteri del 118, impegnati in operazioni di emergenza, di atterrare e decollare anche di notte e in condizioni di bassa visibilità - fino a oggi, gli elicotteri hanno sempre volato con procedure a vista - creando i presupposti per un servizio operativo h24. Il progetto prevede un network di rotte satellitari e relative procedure che permetteranno il collegamento capillare tra varie elisuperfici del Piemonte. Cargolux Italia ha avviato un volo settimanale da Milano-Malpensa a Zhengzhou, hub cinese di Cargolux Airlines, con un Boeing 747. Il volo è previsto ogni sabato sulla rotta Malpensa-Novosibirsk-ZhengzhouNovosibirsk-Malpensa. Per la prima volta Cargolux introduce uno stop commerciale in Russia. “Il volo rappresenta una novità per Malpensa in quanto si tratta di due destinazioni mai collegate prima”, ha detto Andrea Tucci, direttore aviation business development di Sea. 42 giugno 2015 BUSSOLA delMESEGLOBAL VOLA L’S97 RAIDER DI SIKORSKY Sikorsky ha completato con successo il primo volo dell’elicottero S97 Raider. Il prototipo, uno dei due che saranno utilizzati per le prove, rappresenta “il futuro dell’ala rotante”, fa sapere il costruttore. Pensato per missioni di ricognizione, attacco e per le forze speciali, l’elicottero a rotori coassiali, derivato del dimostratore X2, è stato lanciato nel 2010 per competere nel Future vertical lift (Fvl) dell’esercito Usa. Grazie ai nuovi rotori e al sistema di propulsione posteriore, l’S97 potrà raggiungere i 240 nodi. IL MODULO PMM TRASLOCA DAL NODO 1 AL 3 DELLA ISS Il Modulo multifunzionale permanente, elemento dell’Agenzia spaziale italiana, derivato dalla flotta Multi purpose logistics module per la Nasa, e realizzato da Thales Alenia Space è stato ricollocato a bordo della Stazione spaziale dal Nodo 1 al 3, anche questo sviluppato da Thales Alenia Space. La ricollocazione è solo uno dei passaggi previsti per la riconfigurazione della Iss: il Nodo 2 è destinato a diventare l’elemento dedicato all’attracco dei veicoli di nuova generazione, mentre il Nodo 3 l’elemento per la gestione delle risorse alla cupola e ai nuovi elementi per l’esplorazione umana dello spazio. 57 AUSTRIAN RINNOVA LA FLOTTA DI MEDIO RAGGIO ALLA MARINA BRASILIANA IL PRIMO AF-1B Austrian Airlines ha dato il via al rinnovo della flotta di medio raggio, che prevede la sostituzione dei Fokker attualmente in servizio. Il piano di rinnovamento si concluderà entro il 2017 e vedrà il progressivo ingresso di 17 Embraer 195. Questi permetteranno al vettore di aumentare la capacità per aeromobile sulle tratte di feederaggio verso Vienna. Gli Embraer 195 hanno una capacità di 120 posti rispetto agli 80-100 dei Fokker e assicurano il 18% di consumo di carburante in meno per posto a sedere. Embraer ha consegnato il primo AF-1B alla Marina militare brasiliana. La cerimonia si è svolta il 27 maggio scorso nello stabilimento del costruttore di Gaviao Peixoto, vicino San Paolo, alla presenza del comandante della Marina, ammiraglio Eduardo Bacellar Leal Ferreira. L’aereo da combattimento fa parte di un programma per l’ammodernamento della flotta, che prevede in tutto 12 caccia: nove AF-1 monoposto e tre AF-1A biposto. I velivoli saranno imbarcati sulla portaerei Sao Paulo. BOEING: PRIMA MISSIONE UMANA COMMERCIALE NELLO SPAZIO La Nasa ha assegnato un ordine, parte del contratto da 4,2 miliardi di dollari Commercial crew transportation capability di Boeing, per includere il primo volo mai effettuato verso la Stazione spaziale internazionale. L’assegnazione segna la prima volta nella storia del volo spaziale umano in cui la Nasa abbia stipulato un contratto con un’azienda commerciale per una missione spaziale umana. Boeing è stata selezionata nel 2014 per costruire e far volare la prossima navicella spaziale passeggeri Usa, la Crew space transportation Cst-100. Il primo volo della capsula, capace di sette passeggeri, è programmato nel 2017. DASSAULT PRESENTA IL FALCON 5X Dassault ha presentato il Falcon 5X, che – fa sapere il costruttore – “stabilirà un nuovo standard nel segmento dei velivoli corporate”, grazie alla sua ampia cabina, la più grande sul mercato, e al lungo raggio d’azione. Il bireattore, 9.630 km di autonomia, sarà il più ecocompatibile della sua categoria e avrà una velocità di avvicinamento di soli 105 nodi, simile a quella di un turboprop, e sarà dunque capace di volare su un gran numero di aeroporti. Il Falcon 5X è equipaggiato di una nuova ala, di un nuovo motore e di un sistema numerico di controllo di volo derivato dal Rafale. 43 BUSSOLA delMESEGLOBAL PRENDE FORMA L’A350 DI TAM DODICI A321 PER FRONTIER LION GROUP RICEVE IL 50ESIMO ATR Procede l’assemblaggio dell’A350-900 destinato a Tam Airlines all’interno della Fal (la linea di assemblaggio finale di Tolosa), con l’aggiunta delle ali, del piano di coda orizzontale e verticale del carrello di atterraggio principale, e del cono di coda alla fusoliera. L’A350 xwb è costituto al 70% da materiali avanzati, di cui il 53% compositi, e racchiude le più recenti innovazioni, in grado di garantire una maggiore efficienza a beneficio dei vettori. A fine aprile 2015, il programma A350 xwb contava 780 ordini da parte di 40 clienti nel mondo. Frontier Airlines, vettore con sede a Denver, ha siglato un ordine fermo per dieci aeromobili A321 e due A320. I dodici aeromobili sono tutti del tipo Current engine option (Ceo). Si tratta del secondo ordine per degli A321 effettuato dal vettore in meno di un anno. Il contratto, siglato il 1 giugno, porta a 101 il totale degli ordini di Frontier Airlines per gli aeromobili a corridoio singolo di Airbus. Gli aerei oggetto di questo ordine saranno dotati di Sharklet. “L’ordine – ha detto Frontier – è parte integrante della nostra strategia basata su crescita, modernizzazione e rinnovo della flotta”. Lion Group ha preso in consegna il 50esimo Atr 72-600, parte di una commessa per 100 velivoli. L’aereo sarà utilizzato dalla sussidiaria regionale Wings Air, che già utilizza una flotta di 40 Atr in Indonesia. I restanti 50 Atr 72-600 saranno consegnati al vettore tra il 2015 e il 2019. A novembre 2014 Lion Group aveva firmato un accordo con il costruttore, valutato circa 1 miliardo di dollari, per ulteriori 40 aeromobili regionali. I velivoli serviranno a rispondere alla crescente domanda nella regione del sud-est asiatico. AVVIATO L’ASSEMBLAGGIO DEL B737 MAX Boeing ha avviato a Renton la costruzione delle ali del B737 Max, il cui debutto è previsto per il 2017. “Il nostro team responsabile della costruzione del nuovo 737 può contare sui migliori dipendenti del mondo”, ha detto Keith Leverkuhn, vice presidente e general manager del 737 Max. L’assemblaggio delle ali è un passo fondamentale per Boeing, dal momento che, finita la fase di realizzazione del gruppo alare, il B737 inizierà già entro la fine di quest’anno a prendere forma sulla Final assembly line di Renton. 44 CONSEGNATO A DELTA IL PRIMO A330-300 DA 242 TONNELLATE La prima variante da 242 tonnellate di peso massimo al decollo (Mtow) dell’A330-300 è stata consegnata da Airbus a fine maggio a Delta Airlines. Il vettore con base ad Atlanta, in Georgia, è stato il primo a ricevere questo tipo di aeromobile fra gli undici operatori nel mondo che hanno scelto questa opzione. Per il nuovo A330-300, Delta ha selezionato la motorizzazione GE CF6-80E1. Questo aeromobile consente voli più lunghi a costi meno elevati. IN LUSSEMBURGO UN CENTRO CONTRO RISCHI INDUSTRIALI Telespazio France (controllata Telespazio), e-Geos (Asi-Telespazio), Post Luxembourg e Sme Hitec Luxembourg hanno creato – nell’ambito del programma EarthLab – una joint venture per la costituzione di EarthLab Luxembourg, primo centro europeo per il monitoraggio ambientale, dedicato ai rischi industriali e ambientali. La nuova joint venture si avvale del supporto del governo del Lussemburgo, con l’intento di sviluppare applicazioni e servizi a valore aggiunto, facendo affidamento su infrastrutture satellitari. giugno 2015 BUSSOLA delMESEGLOBAL VUELING ENTRA NELLA IATA ADOTTA L’A330-300 REGIONAL La compagnia low cost Vueling entra nella Iata, l’associazione internazionale del trasporto aereo. Ad annunciarlo il vettore spagnolo, parte del gruppo Iag, durante il 71esimo Annual general meeting dell’associazione mondiale. L’ingresso “consolida il ruolo di Vueling come compagnia low cost di alto livello e permette di migliorare le opportunità di collaborazione con gli altri partner Iata, e di ridurre i costi interni”, fa sapere Vueling. Iata raggruppa circa 260 compagnie aeree in più di 115 Paesi. Saudi Arabian Airlines, il vettore di bandiera dell’Arabia Saudita, diventerà la prima compagnia al mondo a operare il nuovo Airbus A330-300 Regional. Venti A330-300 Regional raggiungeranno la flotta assieme a trenta A320ceo. La domanda in termini di posti passeggeri in Arabia Saudita è in fase di crescita. La nuova variante Regional dell’A330 è la soluzione di Airbus per i mercati con una popolazione elevata e in crescita e per i flussi di traffico concentrati. L’A330-300 Regional incrementerà la capacità sulle tratte più richieste di Saudi Arabian. TAP PORTUGAL VERSO LA PRIVATIZZAZIONE Il governo portoghese cederà il 61% della compagnia Tap Portugal al consorzio Gateway, guidato da David Neeleman, fondatore di Azul. Per questa transazione l’imprenditore americano ha creato una partnership con la società portoghese Barraqueiro Group. La vendita potrebbe fruttare tra i 354 e i 488 milioni di euro. Il consorzio Gateway avrebbe intenzione di procedere a una ricapitalizzazione della compagnia, di aggiungere 53 nuovi aerei alla flotta del vettore e di sviluppare un’alleanza con la compagnia brasiliana Azul. L’acquisizione dovrà essere sottoposta alla Commissione europea. 57 SELEX ES: CONTRATTO DALL’INDONESIA PER IL SAGE Finmeccanica-Selex Es ha siglato un contratto con Integrated Surveillance and Defense Inc. per fornire il Sage 600, un sistema digitale di autoprotezione, all’Aeronautica militare indonesiana. Il sistema sarà consegnato a settembre e verrà integrato in un velivolo Airbus CN-235 per il pattugliamento marittimo. Sage è una misura elettronica di supporto (Electronic support measure) passiva in radio frequenza per missioni di intelligence, sorveglianza e riconoscimento. È la prima volta che il sistema viene scelto per un requisito di pattugliamento marittimo ad ala fissa. OLTRE 32MILA AEREI NEI PROSSIMI VENT’ANNI Secondo l’Airbus Global Market Forecast, nei prossimi vent’anni (20152034) il traffico passeggeri mondiale crescerà al tasso annuale del 4,6%, rendendo necessari circa 32.600 nuovi aeromobili da 100 posti per un controvalore di 4,9 trilioni di dollari. Entro il 2034 le flotte passeggeri e merci raggiungeranno i 38.500 aeromobili, il doppio rispetto agli attuali 19mila. Le economie emergenti saranno i motori di questa crescita. Entro il 2034 l’Asia Pacifico sarà l’area più importante per traffico, mentre entro i prossimi dieci anni la Cina diventerà il mercato più importante a livello mondiale. NUOVO ELICOTTERO PESANTE PER AIRBUS HELICOPTERS Partita la fase di concept del nuovo elicottero europeo pesante X6 di Airbus Helicopters per il mercato civile. Inizialmente pensato solo per missioni oil and gas, il bimotore potrà trovare impiego anche per ricerca e soccorso e trasporto Vip. “Questo elicottero – ha dichiarato Guillaume Faury, numero uno di Airbus Helicopters – stabilirà nuovi standard industriali, non solo per il design, ma anche per la sua strategia di produzione, incentrata sulle capacità industriali dei nostri Paesi core, Polonia inclusa”. L’entrata in servizio è prevista per il 2020. 45 Aviazione GLI ORDINI DI LE BOURGET 2015 MICHELA DELLA MAGGESA Le Pmi italiane a Parigi Airbus: accordi per 57 miliardi Il salone di Le Bourget 2015 ha visto la pre- di dollari senza di 120 aziende italiane. “Non ci sono mai state così tante aziende italiane, con una forte presenza dei distretti e delle Piccole e medie imprese” ha detto il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, durante la sua visita al salone aerospaziale, nonostante il forte ridimensionamento della presenza di Finmeccanica rispetto alle passate edizioni. Il principale player italiano del settore, contrariamente ad altri importanti gruppi occidentali che hanno scelto di non essere a Le Bourget – come Bae Systems, Northrop Grumman o Saab – ha deciso infatti di essere comunque presente a Parigi, ancorché unitamente alle altre imprese e senza esibire in statica i propri prodotti di punta. Uniche eccezioni Atr e SuperJet International, ma si tratta di joint venture. Fugace apparizione anche per Eurofighter nell’area statica di Airbus Defence and Space. Tra le novità di quest’anno, la prima volta di Avio con un proprio stand e un nuovo logo. Presente a Parigi, per la prima volta dal nuovo assetto, anche Piaggio Aerospace che ha annunciato la firma dei contratti per due business jet Avanti Evo e portato un modello full scale del P.1HH con la livrea dell’Aeronautica militare italiana. 46 Durante il Paris air show, Airbus si è aggiudicata contratti per 57 miliardi di dollari, grazie ad accordi per 421 aeromobili. Tra questi figurano 124 ordini fermi, pari a 16,3 miliardi e impegni per 297 velivoli, valutati 40,7 miliardi di dollari. In particolare, nel segmento widebody, il costruttore ha annunciato il primo operatore per il nuovo A330 Regional. Si tratta di Saudi Arabian Airlines, che ha preso in leasing da Iafc 20 aeromobili di questo tipo. Bene anche per l’A350 Xwb, che ha ricevuto impegni per 31 unità in versione -900. Accanto a questi, Airbus ha raggiunto accordi per quattro A330-300. Nel settore a corridoio singolo, la famiglia A320 ha totalizzato ben 103 ordini fermi e 263 impegni d’acquisto, per un totale di 41,4 miliardi di dollari. Di questi, 323 sono neo e portano a oltre 4mila gli accordi per la famiglia A320neo, lanciata nel 2010. Per l’A320 il costruttore ha annunciato, in collaborazione con Efw e St Aerospace, il nuovo programma di conversione cargo. “Nei prossimi vent’anni – ha detto John Leahy, coo Airbus – stimiamo una domanda per 32.600 velivoli e gli accordi ricevuti dimostrano tre cose: che l’Asia sta guidando la crescita, che siamo leader nel segmento a corridoio singolo e doppio e che nel mezzo c’è l’A321neo (240 posti)”. giugno 2015 Ancora conferme per Atr Ordini e novità per Boeing Anche quest’anno Atr ha riscosso un grande successo al salone di Le Bourget. La joint venture paritetica tra Finmeccanica-Alenia Aermacchi e Airbus Group ha annunciato ordini per 46 velivoli fermi e 35 opzioni, per un valore complessivo di circa 1,98 miliardi di dollari. In particolare, il contratto con il vettore Japan Airlines per otto Atr 42-600, a cui si aggiungono 15 opzioni, il primo con una compagnia del Giappone, ha rappresentato il 1.500esimo ordine fermo dall’inizio del programma. Altri ordini sono arrivati da Cebu Pacific (16 ordini fermi e dieci opzioni), Binter Canarias (sei ordini fermi), Braathens Aviation (cinque ordini fermi e 10 opzioni), Bahamas Air (cinque ordini fermi), Air Madagascar (tre ordini fermi) e da Air New Zealand per un Atr 72-600. Il costruttore ha anche annunciato importanti innovazioni destinate alla serie-600. In particolare, sarà migliorata l’avionica, grazie a un accordo con Thales. Oltre a questo, per i velivoli turboprop ci sarà nel 2016 una versione più grande della cabina Armonia e una con più capacità cargo. Attento da tempo a un approccio green, il costruttore ha altresì fatto volare – nell’ambito del progetto europeo Clean Sky – un prototipo di Atr 72-600 più leggero, grazie ai materiali compositi, ed equipaggiato con particolari sensori per lavorare alla riduzione delle emissioni. Tra le commesse registrate da Boeing al salone di Le Bourget, spicca quella del lessor americano AerCap, che assieme al costruttore ha annunciato un ordine per cento 737 MAX 8, valutato a prezzi di listino 10,7 miliardi di dollari. Il nuovo Max è stato oggetto di un accordo anche con Korean Air, che ha annunciato un intento per trenta 737 Max e due 777-300Er, con opzioni per altri 20 Max. L’accordo è stato valutato 3,9 miliardi di dollari. Qatar Airways ha invece annunciato un ordine per dieci 7778X e quattro 777 Freighter, per un valore di 4,8 miliardi di dollari a prezzi di listino. “Con questa firma – ha detto il ceo di Qatar Akbar Al Baker – confermiamo il grande successo del B777”. Boeing ha poi firmato un Mou per 7,4 miliardi di dollari con il gruppo Volga-Dnepr per altri 747-8 Freighter. Conferme anche per il programma Dreamliner, che ha ricevuto un ordine per sei 787-8 da parte di Ethiopian Airlines. Gli aerei si andranno ad aggiungere ai tredici 787 già presenti nella flotta del vettore. A Parigi, Boeing ha firmato con il governo del Qatar per altri quattro C-17 Globemaster e venduto a un cliente europeo il suo primo Max 9 in versione Bbj. Il costruttore ha confermato al salone che il Max volerà nel 2016 che nel 2015 si raggiungerà la configurazione finale del 777X e che il primo 787-10 sarà consegnato nel 2018. 57 47 ilPERSONAGGIO Chiara Rossi Giancarlo Zanardo pilota per passione, all’attivo oltre 2.500 ore di volo Storia di un aviatore fai-da-te Mentre rimbomba l’allarme aereo degli alleati che mitragliano dal cielo le colonne tedesche in ritirata verso la Germania, tutti corrono a nascondersi nei rifugi-cantina, tutti tranne un bambino di cinque anni che a quelle squadriglie va incontro. Per Giancarlo Zanardo, classe 1939, sfollato con la famiglia a Colle Umberto, il rombo degli Spitfire lungo la strada fra Conegliano e Vittorio Veneto è musica per le orecchie. Inizia così un connubio che durerà tutta una vita quello tra Giancarlo e il volo. Ma l’episodio che più d’ogni altro ha segnato la sua vita accade a guerra finita: durante una gita in seconda elementare a Nervesa della Battaglia, scopre il sacello in ricordo di Francesco Baracca, abbattuto dagli austriaci il 19 giugno 1918 mentre colpiva i ponti di barche sul Piave per impedire l’avanzata dell’esercito austroungarico. Davanti all’incisione “Qui cadde il maggiore Francesco Baracca, asso degli assi” promette a se stesso che un giorno avrebbe volato con un aeroplano uguale al suo. Esonerato dal servizio militare perché a vent’anni era già sposato e con figli, ottiene comunque il brevetto di pilota nel 1966 e a sessant’anni dalla promessa fatta nel luogo in cui fu combattuta la battaglia del solstizio, Zanardo ha sorvolato il sacello alla cloche di uno Spad xiii, un caccia monoposto biplano identico a quello del Baracca, costruito interamente da solo. Ha realizzato, sempre da solo, altri velivoli storici famosi, dando poi 48 vita alla Fondazione Jonathan Collection, così da rendere pubblica la sua collezione di aerei d’epoca. Nemmeno un incidente nel 1970 lo ha trattenuto a terra: mentre stava caricando l’autogiro in auto dopo una giornata di volo a Bibione, un cavo d’acciaio si è spezzato e gli è caduto addosso insieme al paranco. Scatola cranica fratturata, labirinto schiacciato, sordità, mesi di ospedale e due anni di esaurimento nervoso non sono riusciti a spegnere in lui il desiderio di volare. Con la sua riproduzione del Fokker Dr1 – lo stesso di Manfred Von Richthofen, il Barone rosso, leggenda dell’aviazione tedesca, morto a soli 25 anni sul fronte francese dopo aver totalizzato 80 abbattimenti – il 9 agosto 1988, nel 70esimo anniversario del volo su Vienna di Gabriele D’Annunzio, Zanardo replica l’impresa lanciando spartiti di Strauss al posto dei proclami gettati dal poeta. Omaggiare i grandi pionieri con gli aerei originali, modificati solo nei motori e nei freni per volare in sicurezza, è il segreto di queste imprese che hanno attirato l’ammirazione di tanti: dagli appassionati di volo ai direttori di musei aeronautici. Erano presenti perfino due ingegneri della Nasa a Guidonia durante la commemorazione del centenario del primo volo della storia con il Flyer 1-1903 dei fratelli Wright, unica celebrazione al mondo effettuata con successo con una replica dello stesso modello. Costruita dall’aviatore del Piave ovviamente. giugno 2015 Aviazione RIFLESSIONI SUI SALONI AERONAUTICI LEONARDO TRICARICO presidente Fondazione Icsa Non so chi abbia visitato il salone di Le Bourget quest’anno in rappresentanza del governo né la questione interessa più di tanto. L’industria del settore invece – Finmeccanica – si è segnalata per una presenza minimale, uno stand di poche decine di metri quadri, due soli velivoli a terra. Una nota comune unisce i due comportamenti, quello del governo e quello dell’industria del settore: l’incapacità di mettere a fuoco il significato dei saloni aeronautici più prestigiosi e i conseguenti livelli di partecipazione. Non sono lontani i puntuali fasti della presenza industriale nazionale, con stand da guerre stellari, esibizioni in volo a ripetizione di prototipi e non, coreografie conviviali nei più prestigiosi castelli britannici o francesi, a turno. Più regolare nella sua inadeguatezza il ruolo del governo, lo specchio della inconsapevolezza di ciò che accade nel mondo della difesa, dell’industria associata e delle tecnologie che la accompagnano, che proprio perché di punta, andrebbero protette, pubblicizzate, sostenute nei palcoscenici internazionali di maggiore prestigio, Le Bourget e Farnborough ad anni alterni. Invece, salvo qualche, (forse una sola) sporadica eccezione, un palpabile disinteresse ha segnato il comportamento del mondo politico governativo, ministri distratti, poco consapevoli del contesto che li circondava nelle loro fugaci apparizioni. Vero è che ai saloni non si fanno affari, si annunciano solamente, le negoziazioni avvengono altrove e tuttavia tutto un certo mondo è lì, è 57 come alle grandi cerimonie ufficiali: devi esserci o mandare qualcuno in tua rappresentanza. Per una fortunata e bizzarra circostanza ho avuto qualche anno fa la sorte di essere al seguito di un capo di governo europeo al salone di Dubai, meno prestigioso degli europei ma più succulento nelle aspettative degli operatori: prima colazione e briefing al mattino all’ultimo piano dell’hotel Palace con un’inflessibile assistente che ha ripetuto come in una sceneggiatura la schedula del giorno. Il capo di governo in questione nelle ore successive ha interpretato fedelmente la sequenza degli appuntamenti stringendo mani di connazionali e di stranieri, facendosi fotografare negli stand del suo Paese, non sottraendosi ad alcuna seppur minima opportunità da cui l’industria nazionale avesse potuto trarre vantaggio. Innumerevoli sarebbero gli esempi di come un governo dovrebbe sostenere la propria industria, sia nelle occasioni più “evidenti” come quelle di un Salone aerospaziale, sia in altre più lontane dalla luce dei riflettori. Certo è che c’è bisogno di una strategia nazionale anche in questo ambito. In proposito Renzi non dimentichi che all’interno della presidenza del Consiglio esiste un gruppo di lavoro interministeriale, probabilmente dormiente, che si dovrebbe occupare di tutelare e promuovere gli interessi dell’industria della difesa. Ecco, sarebbe il caso che il nostro presidente del Consiglio si facesse un “selfie” con i componenti di questo gruppo e li mettesse al lavoro. 49 Aviazione IN ITALIA IL TRAFFICO TORNA A CRESCERE I passeggeri transitati sugli scali italiani sono stati oltre 150,2 milioni nel 2014 e, nei primi tre mesi del 2015, il traffico ha registrato un incremento del 5% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Lo rileva il Rapporto 2014 dell’Enac. Per l’Ente è stato anche l’anno dei droni, visto che a breve uscirà la seconda edizione del regolamento che disciplinerà l’acquisizione delle competenze per il pilotaggio e ne semplificherà l’impiego, in attesa della normativa europea dell’Easa MICHELA DELLA MAGGESA Crescita del traffico, consolidamento dei dati relativi alla sicurezza e boom del numero dei sistemi a pilotaggio remoto. Questi i principali dati emersi dal Rapporto e bilancio sociale Enac 2014, presentato in Senato alla presenza, tra gli altri, del presidente Pietro Grasso e del ministro delle Infrastrutture e dei trasporti Graziano Delrio. Invertendo la tendenza degli anni precedenti, nel 2014 il settore aeroportuale fotografato dall’Ente ha gradualmente ripreso a crescere. In Italia i passeggeri sono aumentati del 4,7% rispetto al 2013. “Questa ripresa è un buon segnale”, ha detto il ministro, spiegando come l’Italia a questo punto debba aumentare l’efficienza e lavorare per integrare il trasporto aereo con l’alta velocità. “Non dobbiamo più pensare in maniera settoriale – ha aggiunto – perché la competitività dipenderà anche dal collegare in tempi rapidi gli hub con le reti ferroviarie”. I passeggeri transitati 50 sugli scali italiani sono stati oltre 150,2 milioni e, nei primi tre mesi del 2015, ha detto Alessio Quaranta, direttore generale di Enac, il traffico ha registrato un incremento del 5% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. “Dopo l’incremento del 2014, questo dato ci fa ben sperare per l’anno in corso, tenendo conto del fatto che i primi tre mesi dell’anno sono il periodo di bassa stagione del settore e delle difficoltà che potrebbero arrivare da Fiumicino”. Per quanto riguarda invece la sicurezza, a livello mondiale il 2014 è stato un anno di stabilità, che ha visto consolidare gli ottimi risultati dell’anno precedente e, in particolare, il dato di incidentalità in Europa (0,15 incidenti per milione di voli) è rimasto costante rispetto al 2013, anno che, come ha ricordato il presidente Vito Riggio, è stato “il migliore di sempre nella storia del settore”. “L’incidente al volo di Germanwings – ha poi spiegato il pregiugno 2015 Per un Enac 2.0 PIERLUIGI DI PALMA presidente Centro studi Demetra Da alcuni anni la comunità del trasporto aereo ha aperto un dibattito sul riassetto istituzionale della governance del settore che favorisca un intervento normativo per chiarire competenze, responsabilità e poteri dei soggetti che compongono la complessa filiera aeroportuale, anche in considerazione dei compiti affidati all’Autorità dei trasporti (Art), superando così pericolose zone grigie e consentendo l’efficientamento e il miglioramento degli standard qualitativi del servizio pubblico, per il corretto presidio degli interessi dei passeggeri e della loro sicurezza. In tale contesto, l’implementazione nell’ordinamento nazionale delle previsioni del Reg. Ue n. 139/2014, che ha stabilito i requisiti tecnici e le procedure amministrative per la certificazione degli aeroporti, riconoscendo al gestore un ruolo di coordinamento dell’attività aeroportuale oggi, per la parte pubblica, ancora di pertinenza dell’Enac, rappresenta l’occasione per operare la necessaria riorganizzazione, ricollocando sul gestore aeroportuale la piena ed effettiva responsabilità operativa nella gestione dello scalo e consolidando in capo all’Ente poteri di indirizzo, ispettivi e di vigilanza attiva, così superando la supposta dualità di responsabilità che, evidentemente, genera una dannosa incertezza di carattere giuridico. Tale percorso di rinnovamento può permettere all’Enac di proiettarsi nel futuro, investendo in nuovi progetti, nonostante la critica riduzione delle risorse professionali a disposizione. Così possiamo immaginare un Enac 2.0 che, esercitando le proprie competenze e sfruttando al meglio il proprio know how, potrà affermarsi in un sidente – ha gettato su questi dati un’ombra, che ha aperto una riflessione sul fattore umano, che va condotta nell’interesse dei passeggeri, la cifra dei quali cresce continuamente”. Il 2014 è stato l’anno dei droni, settore dove Enac ha dato attuazione al regolamento Mezzi aerei a pilotaggio remoto, per rispondere alle esigenze di regolazione di questa innovativa categoria di mezzi aerei, nonché alla disciplina del loro utilizzo sia a livello amatoriale sia a livello professionale. A breve uscirà, poi, la seconda edizione del regolamento che disciplinerà l’acquisizione delle competenze per il pilotaggio di questi sistemi e che semplificherà l’impiego di quelli a minore fattore di rischio, in attesa di una normativa europea che si sta mettendo a punto in ambito Easa. “Nel 2014 – spiega il vicedirettore Enac, Benedetto Marasà – sono state valutate 177 dichiarazioni di operatori Sapr per attività sperimenta57 settore ricco di grandi potenzialità come quello degli aeromobili a pilotaggio remoto (Apr), la cui sperimentazione e regolamentazione vede il nostro Paese all’avanguardia nel panorama europeo, avendo già individuato nell’aeroporto di Grottaglie l’infrastruttura a ciò specificatamente dedicata. Rispetto a tali obiettivi, è evidente che l’attuazione del Reg. Ue n. 139/2014, e le correlate modifiche codicistiche, rappresentano un’opportunità per completare, in tempi brevi, il riassetto istituzionale di cui il nostro ordinamento ha bisogno, un cambiamento necessario per continuare a riconoscere all’Enac il ruolo di amministrazione all’avanguardia che sin dalla sua istituzione, nel 1997, ha distinto l’Autorità dell’aviazione civile nel sistema delle Pa. le, 102 dichiarazioni di operatori per operazioni specializzate non critiche e sono state emesse otto autorizzazioni per operazioni specializzate critiche”. Inoltre, fa sapere Enac, sono state riconosciute 69 organizzazioni di addestramento per Sapr parte teorica e/o pratica ed emessi otto permessi di volo. Nel Rapporto si parla anche di volo suborbitale. Nel 2014 Enac ha infatti firmato un Memorandum con la Federal aviation administration per gettare le basi del trasporto commerciale spaziale. Con questo documento, l’Ente è la prima autorità dell’aviazione civile al mondo a stabilire una collaborazione con l’omologa statunitense in questo settore avveniristico, con l’obiettivo di sviluppare progetti regolamentari e di sperimentazione per i voli commerciali in Italia. 51 FOODforFLIGHT Gregory Alegi L’uovo del giorno dopo “Comandante, l’uovo non è fresco”, disse il primo ufficiale. “Sembra anche a me”, aggiunse il motorista, raccogliendo l’invito lanciatogli dal comandante con gli occhi. “D’accordo”, sospirò il comandante, “all’atterraggio lo segnaliamo al caposcalo. Chissà che questa volta non ci ascoltino”. L’uovo, insieme a prosciutto crudo (70 grammi di san Daniele, oppure di cotto, o ancora di bresaola), tonno, mozzarella (oppure formaggino), barretta di cioccolata, frutta fresca e persino una bustina di vitamina C faceva parte del menu sviluppato per gli equipaggi dal professor Giuseppe Dal Fabbro, il medico aerospaziale dell’università di Roma assunto da Alitalia negli anni Sessanta con qualifica dirigenziale quale direttore del servizio Med. Da questa esperienza Dal Fabbro trasse il libro La medicina d’aviazione di linea (Torino, Minerva medica, 1973). La novità del pasto confezionato studiato per una dieta equilibrata fu accompagnata da un certo scetticismo. Il vassoietto fu presto indicato con soprannomi che andavano dal “vassoio Dal Fabbro” al “vassoio dell’astronauta”. Ai vari membri dell’equipaggio toccavano prodotti diversi tra loro o inscatolati all’origine, evitando così il rischio di simultanea intossicazione e incapacitazione dei piloti. 52 L’uovo sodo sostituiva obbli- INGREDIENTI gatoriamente il prosciutto sui Uova fresche (attenzione alla data di scadenza!) voli destinati in Medio Oriente o in Paesi islamici. Benché PREPARAZIONE non fosse possibile dimostra- Lavare bene le uova e in un pentolino. re la deposizione delle varie metterle Riempire il pentolino con uova da parte di galline diver- acqua fredda, fino a coprire se, ai fini della salute valeva il le uova. criterio del confezionamento Portare l’acqua a ebollizione e far bollire per 8-10 minuti, diverso – cioè il guscio – tra in base alla grandezza delle una porzione e l’altra. Nep- uova. pure questo costituiva però Scolare le uova e raffreddarle sciacquandole con una garanzia assoluta. Le ri- altra acqua corrente fredda. petute segnalazioni di appa- Sgusciare e salare a piacere. rente scarsa freschezza delle uova furono raccolte dall’Anpac. L’allora potente associazione professionale dei piloti commerciali ottenne che la compagnia riportasse sul guscio dell’uovo la data di confezionamento. Controllarla prima di mangiare divenne così un’abitudine regolare. Finché un giorno: “Comandante, l’uovo ...”, “È scaduto anche questa volta?”, “No, al contrario! È il più fresco che abbia mai mangiato. Pensa tu che è stato confezionato domani ...”. Si ringraziano Giancarlo Biranti, Franco Di Antonio, Agostino Ferrari, Carlo Galliotto, Walter Gori, Adalberto Pellegrino giugno 2015 Spazio EUROPA, USA, RUSSIA E CINA ALLA PROVA DEI LANCIATORI MARCELLO SPAGNULO ingegnere aeronautico ed esperto aerospaziale Tempo fa, un lanciatore russo Proton, uno tra i veicoli di lancio più potenti al mondo, è decollato dalla mitica base di Baikonour nel Kazahstan, per portare in orbita geostazionaria un satellite messicano per telecomunicazioni commerciali. I motori del Proton (sei sul primo stadio, tre sul secondo, e poi uno sul terzo e quarto) sono così potenti che il lanciatore può inserire un satellite da 3 tonnellate direttamente nell’orbita geostazionaria a 36mila km di altezza. Non ha rivali in questo. Però lo scorso maggio dopo circa otto minuti dal lancio la turbopompa del terzo stadio si è arrestata e il lanciatore col satellite da 300 milioni di dollari è precipitato nella steppa, non senza qualche apprensione per il rilascio di propellente altamente tossico. Il settimo insuccesso di un Proton in quattro anni e mezzo: una battuta d’arresto decisamente preoccupante e che segue di un mese il fallimento di una altro mitico razzo russo, la Soyuz, che doveva portare un cargo Progress sulla Stazione spaziale internazionale. 54 L’astronave ha avuto un problema al momento del rilascio dalla Soyuz, è rimasta bloccata in orbita bassa e poi ricaduta sulla Terra, fortunatamente sul Pacifico, ma privando l’equipaggio della Stazione spaziale internazionale, tra cui la nostra Cristoforetti, dei necessari rifornimenti. Un pessimo momento per i veicoli di lancio russi. Nello stesso momento in cui esplodeva sul Kazahstan il Proton, dall’altra parte dell’Atlantico a Washington il Pentagono annunciava che il Falcon aveva messo i “gradi”. La società SpaceX del miliardario Elon Musk (si veda Airpress 53 di febbraio 2015) ha ottenuto l’approvazione, lungamente attesa, della US Air force per lanciare i satelliti militari con il suo Falcon 9, aprendosi quindi la strada del lucroso mercato governativo che dagli anni 90 è stato monopolio della joint venture Ula di Boeing e di Lockheed Martin. E sempre nello stesso momento, in Europa, la società francese Airbus-Safran Launchers, Asl, (si veda Airpress 47 di luglio 2014) ha presentato la sua offerta formale, GEOPOLITICA DEI LANCI Ariane e Falcon stanno dispiegando le loro ali in una serrata competizione commerciale che li vede, già oggi che il russo Proton ha gravi problemi, in lotta per il mercato dei 25-30 satelliti di telecomunicazione lanciati ogni anno nello spazio. La Satellite industry association ha calcolato in 5,9 miliardi di dollari il turn over dei lanci spaziali nel 2014, in crescita del 9% rispetto al 2013, ed è interessante notare che la quota parte di questo mercato che gli Usa si sono aggiudicati è stata leggermente inferiore a quella dell’anno precedente, il 41% rispetto al 45% del 2013. Su 22 lanci ordinati nel 2014, ben 11 sono andati negli Stati Uniti, cioè al Falcon, e dieci all’europeo Ariane 5, solo uno in Russia al Proton giugno 2015 L’EUROPA PUNTA SU ARIANE 6 In Europa, la società francese Airbus-Safran Launchers (Asl) ha presentato la sua offerta formale, circa 3,2 miliardi di euro, all’Agenzia spaziale europea per il lanciatore di nuova generazione Ariane 6 da lanciarsi nel 2020. A giugno di quest’anno poi la Asl ha acquisito il 75% della società commerciale Arianespace che è ormai una società privata senza più quote del governo francese circa 3,2 miliardi di euro, all’Agenzia spaziale europea per il lanciatore di nuova generazione Ariane 6 da lanciarsi nel 2020. A giugno di quest’anno poi la Asl ha acquisito il 75% della società commerciale Arianespace che è ormai una società privata senza più quote del governo francese. Ariane e Falcon stanno quindi dispiegando le loro ali in una serrata competizione commerciale che li vede, già oggi che il russo Proton ha gravi problemi, in lotta per il mercato dei 25-30 satelliti di telecomunicazione lanciati ogni anno nello spazio. Un mercato importante: la Satellite industry association ha calcolato in 5,9 miliardi di dollari il turn over dei lanci spaziali nel 2014, in crescita del 9% rispetto al 2013, ed è interessante notare che la quota parte di questo mercato che gli Usa si sono aggiudicati è stata leggermente inferiore a quella dell’anno precedente, il 41% rispetto al 45% del 2013. Su 22 lanci ordinati nel 2014, ben 11 sono andati negli Stati Uniti, cioè al Falcon, e dieci all’europeo Ariane 5, solo uno in Rus57 sia al Proton. Un trend che dal 2011 rispecchia l’evoluzione industriale del settore dei lanciatori, con l’arrivo dell’outsider Falcon che ha spezzato il monopolio russo-europeo degli anni 2000. Uno scenario però destinato a mutare ancora. Due colossi industriali come Boeing e Lockheed Martin difficilmente potevano restare inerti di fronte all’aggressività innovativa di un competitor come SpaceX. La loro joint venture Ula dispone di due lanciatori formidabili, l’Atlas v e il Delta iv, ma costosissimi. Un lancio del Delta può costare oltre 300 milioni di dollari rispetto agli 80-100 di un Falcon 9 Heavy della SpaceX. Inoltre le recenti tensioni geopolitiche tra Russia e Usa hanno messo in seria difficoltà la fornitura commerciale alla Lockheed Martin dei motori RD-180 prodotti dalla russa Npo-Energomash (si veda Airpress 50 di novembre 2014) che equipaggiano il primo stadio dell’Atlas v. Tutto questo ha portato i due giganti industriali statunitensi a unire le loro forze e progettare un solo lanciatore made VULCANO SFIDA ELON MUSK I due giganti Boeing e Lockheed Martin hanno unito le loro forze e progettato un solo lanciatore made in Usa che racchiude il meglio del Delta e dell’Atlas. E per sfidare Elon Musk, Vulcano sarà nel 2020 un lanciatore molto competitivo per Falcon e per Ariane. Il primo stadio, derivato dal serbatoio criogenico dell’attuale Delta IV, utilizzerà due motori BE-4 della Blue Origin di nuovissima concezione a ossigeno e metano, e sarà potenziato da una serie di propulsori laterali a solido uguali a quelli oggi usati sull’Atlas V. I motori BE-4 forniranno una spinta di 4.900 Kn in luogo dei 4.150 Kn del RD-180 55 IL DRAGONE VERSO IL LUNGA MARCIA I cinesi stanno assemblando il loro più grande lanciatore, il Lunga marcia 5, per un lancio inaugurale nel 2016. Alto 62 metri e con un peso al decollo di 800 tonnellate, trasporterà 25 tonnellate di carico utile in orbita terrestre, o un’astronave da 14 tonnellate per Marte o la Luna; sotto la sua ogiva da oltre 5 metri di diametro potrà alloggiare grandi satelliti spia, lo spazioplano Shenlong, le capsule Shenzhou con equipaggio, e i moduli per la nuova stazione orbitante Tiangong 2. Il suo utilizzo nel mercato commerciale non è ancora certo, ma qualora dovesse avvenire si tratterebbe di un altro temibilissimo competitor per Ariane e Falcon in Usa che racchiuda il meglio del Delta e dell’Atlas. E per sfidare Elon Musk, genio informatico del web, hanno chiamato a raccolta gli appassionati americani a votare su Internet il loro nome preferito per il nuovo lanciatore a stelle e strisce. Più di un milione di persone si è pronunciata via web e il nome Vulcano è risultato il più cliccato rispetto a Eagle, Freedom o Zeus. Vulcano è sì il nome del Dio greco del fuoco, ma è anche più prosaicamente il pianeta natale del noto Mr Spock, il vulcaniano dalle orecchie a punta della serie televisiva Star Trek, e che fu interpretato dall’attore Leonard Nimoy, scomparso di recente. È indubbio che la partecipazione emotiva al lutto dei votanti del web abbia plebiscitato il nome Vulcano rispetto agli altri. In ogni modo Vulcano sarà nel 2020 un lanciatore molto competitivo per Falcon e per Ariane. Il primo stadio, derivato dal serbatoio criogenico dell’attuale Delta iv, utilizzerà due motori BE-4 della Blue Origin di nuovissima concezione a ossigeno e metano, e sarà potenziato da una serie di propulsori laterali a solido uguali a quelli oggi usati sull’Atlas v. I motori BE-4 forniranno una spinta di 4.900 Kn in luogo dei 4.150 Kn del RD-180, quindi la potenza al decollo sarà ben maggiore di quella oggi disponibile sull’Atlas v. Il secondo stadio sarà l’affidabile Centaur in uso dagli anni 60, e la grande ogiva che alloggerà i satelliti sarà fabbricata dalla svizzera Ruag, che realizza anche quelle 56 di Ariane, in due dimensioni: 4 metri e 5,4 metri. Davvero un bel competitor per Ariane e Falcon. E poi non poteva mancare il Dragone cinese. Al caldo tropicale dell’isola di Hainan, i cinesi stanno assemblando il loro più grande lanciatore, il Lunga marcia 5, per un lancio inaugurale nel 2016. Alto 62 metri e con un peso al decollo di 800 tonnellate, trasporterà 25 tonnellate di carico utile in orbita terrestre, o un’astronave da 14 tonnellate per Marte o la Luna; sotto la sua ogiva da oltre 5 metri di diametro potrà alloggiare grandi satelliti spia, lo spazioplano Shenlong (si veda Airpress 50 di Aprile 2015), le capsule Shenzhou con equipaggio, e i moduli per la nuova stazione orbitante Tiangong 2. Al momento i responsabili cinesi non si pronunciano sul suo utilizzo nel mercato commerciale, ma qualora dovessero farlo si tratterebbe di un altro temibilissimo competitor per Ariane e Falcon. Senza contare che già negli anni 90 il Lunga marcia 4 stava raccogliendo discreti successi nel business commerciale, ma una serie di fallimenti e soprattutto il divieto Itar-Usa di esportare satelliti con componenti americani in Cina ne avevano minato il percorso. Oggi però il Lunga marcia 3A e le sue versioni potenziate CZ-3B e CZ-3C hanno un track-record di successi di tutto rispetto e presto saranno dei seri competitor a livello commerciale. Per Ariane e il Falcon la Lunga marcia per le stelle è cosparsa di fuoco vulcaniano. giugno 2015 PENSIERIspaziali Roberto Vittori — astronauta Sbagliando s’impara! Lo scorso 16 maggio, 490 secondi dal lancio avvenuto dal cosmodromo di Baikonur, il razzo Proton M ha subìto un catastrofico malfunzionamento del terzo stadio del razzo vettore portando alla perdita del carico, il satellite di comunicazione “Centenario” commissionato dal Messico. Il sistema propulsivo del Proton M include un primo stadio con sei motori RD-276 che sviluppano circa 2.500 lbf, un secondo stadio con tre RD-0210 e un RD-0211 per un totale di circa 540mila lbf; il terzo stadio con motore RD-0212 in grado di sviluppare 131mila lbf di spinta. Nonostante le indagini siano appena iniziate, sembra consolidata l’idea che il problema sia localizzato nel sistema propulsivo, in particolare al terzo stadio. Solo poche settimane prima avevamo assistito alla perdita della Progress M-27M, partita il 28 aprile sempre da Baikonur per portare rifornimenti e logistica alla Stazione spaziale internazionale. Anche in questo caso, le prime indicazioni sembrano convergere su un malfunzionamento del 57 sistema propulsivo e in particolare del terzo stadio del razzo vettore Soyuz. Il 28 ottobre dello scorso anno, presso la base di lancio di Wallops Island, è esploso il razzo Antares: evento apparentemente scollegato dagli altri due, a parte il fatto che Antares utilizza motori di fabbricazione russa. Senz’altro si tratta di un momento non positivo dei sistemi propulsivi e in particolare di quelli russi ma, in un’ottica più ad ampio raggio, vale meditare sull’effettiva opportunità di continuare con il monopolio dei sistemi di lancio verticale multistadio. L’alternativa potrebbe essere sviluppare sistemi single stage to orbit, per esempio quelli muniti di capacità horizontal takeoffhorizontal landing. Ricordiamo, in questo senso, sia il progetto inglese Skylon e il relativo sistema propulsivo Sabre, sia i dimostratori come Ixv dell’Agenzia spaziale europea, anche se per i futuri programmi dovremo concentrarci a migliorarne le capacità per consentire l’atterraggio in pista. 57 Spazio DESIRE II DECOLLA CON L’IMPRONTA MADE IN ITALY Il progetto Desire ii, partito lo scorso aprile con durata di 18 mesi e budget di circa 2,6 milioni di euro, mira a fornire connettività satellitare per sistemi a pilotaggio remoto. Infatti, per consentire un’integrazione sicura nei cieli europei, le tecnologie satellitari giocano un ruolo-chiave. Così come la navigazione satellitare è essenziale al fine di rendere possibile un alto livello di autonomia in tutte le fasi di volo MASSIMO CLAUDIO COMPARINI chief technical officer, Telespazio Decolla Desire ii, il progetto di connettività satellitare per sistemi a pilotaggio remoto, di cui si era discusso durante l’incontro sul tema presso l’Esa. L’importanza del settore dei Remotely piloted aircraft systems è resa evidente dalla crescente attenzione su tali piattaforme, per una pluralità di applicazioni in campo istituzionale e governativo e in prospettiva nel campo commerciale. Lo sviluppo di tali macchine ha avuto un rapida accelerazione nell’ultima decade, partendo dalle applicazioni in campo militare, ma aprendosi oggi a una vasta pluralità di applicazioni in campo civile e commerciale, e rappresentando un potenziale di sviluppo economico particolarmente significativo, non solo per il settore manifatturiero aerospaziale, trasversale a molti settori produttivi e pienamente integrato nell’evoluzione dell’Internet of things. Come descritto nella dichiarazione di Riga di poche settimane fa, Framing the future of aviation, siamo di fronte a una transformational technology. L’importanza del settore è 58 testimoniata anche dall’attenzione delle istituzioni europee e della Commissione che ha ideato una prima strategia per supportare il progressivo sviluppo del settore civile, indirizzando aspetti quali la pubblica accettazione delle piattaforme a pilotaggio remoto, la sicurezza, la privacy solo per citare alcuni aspetti particolarmente rilevanti assieme agli elementi regolatori e naturalmente a quelli tecnologici (sense & avoid, comment & control communication link). Il quinto Rpas userstakeholder workshop, tenutosi a Noordwjik lo scorso 21 maggio, ha visto il contributo di Esa, Eda, rappresentanze delle istituzioni e authority europee, di attori del mondo della ricerca e naturalmente del mondo industriale. È emerso un ruolo particolarmente rilevante dell’Italia, con la presentazione del progetto Esa-Eda di Desire ii guidato da Telespazio in team con Piaggio Aerospace, fornitrice del velivolo demo P.1HH HammerHead come testbed di volo, e Selex Es. Il consigliere militare del presidente del Consigiugno 2015 glio, Carlo Magrassi, ha testimoniato l’attenzione dell’Italia sul tema, garantendo la centralità della connettività e delle tecnologie di navigazione satellitare nel percorso di sviluppo dei prossimi anni, evidenziando l’efficace collaborazione tra autorità militari e civili (Enac e Enav) per la sperimentazione e l’utilizzo di tali velivoli, la presenza in Italia di qualificati attori nel mondo delle ricerca scientifica e industriale e la possibilità di sperimentazione in corridoi dedicati non presente allo stesso livello in altri Paesi. Per consentire un’integrazione sicura nei cieli europei, le tecnologie satellitari giocano un ruolo chiave nel rendere possibile comunicazioni Beyond radio line of sight (Brlos) a elevata data rate per i payload di bordo ovvero per le funzioni di Comando e controllo (C2), Detect & avoid (D&a) e per servizi di Air traffic (Ats). Inoltre, la navigazione satellitare è essenziale al fine di rendere possibile un alto livello di autonomia in tutte le fasi di volo. Il progetto Desire ii, partito lo scorso aprile con 57 durata di 18 mesi e budget di circa 2,6 milioni di euro, è stato oggetto di una specifica presentazione a testimonianza della sua importanza. Esa ed Eda hanno concepito un progetto con lo scopo di dimostrare, nell’ambito della European demonstration roadmap, servizi basati su Rpa in Beyond radio line of sight (Brlos) utilizzanti sia SatCom sia SatNav in spazi non segregati e di supportare il processo regolatorio nel contesto europeo. Esempi di servizi in ambito istituzionale civile sono: Maritime surveillance and border control, environmental surveillance e Law enforcement. Nel progetto sono previste tre campagne complementari di validazione: una simulazione allo scopo di validare l’Air traffic injection e i requisiti utente; una emulazione essenzialmente mirata alla caratterizzazione dei collegamenti satellitari nelle diverse bande (L, Ka); un test nell’ambiente operativo reale, con dimostrazione di volo condotta sotto la guida del controllo del traffico aereo civile al fine di validare l’intera architettura. 59 ilDITOe laLUNA Ezio Bussoletti docente di Fisica e Tecnologie spaziali presso l’Università Parthenope Un pianeta nano visto da Down Dopo sette anni e mezzo e percorsi quasi 5 miliardi di km, nella prima settimana di giugno la sonda della Nasa Down è entrata in orbita intorno a Cerere, un pianeta nano nella fascia degli asteroidi tra Marte e Giove. Per gli scienziati rappresenta un appuntamento storico per molte ragioni: è il più grande tra gli asteroidi e il più antico, praticamente sferico, ha un diametro di circa 950 km ed è simile ai satelliti Europa di Giove ed Encelado di Saturno, il che significa che potrebbe avere caratteristiche astrobiologiche che aiutino a comprendere le fasi evolutive della formazione del sistema solare. Cerere è un ottimo campione, rimasto intatto, dei “mattoni planetari” – i protopianeti – che durante la prima fase della formazione del sistema solare hanno formato Venere, Terra e Marte. Fu scoperto nel 1801 dall’astronomo italiano Giuseppe Piazzi e promosso da semplice asteroide a pianeta nano nel 2006 dall’Unione astrofisica internazionale. Dalle poche immagini sin qui registrate, il suolo appare martoriato al pari di quello lunare e le ipotesi sulle cause sono varie: i crateri possono essere il risultato di una pioggia di sciami di meteoriti generati dalla frammentazione di un asteroide vicino o 60 il prodotto di un impatto sulla superficie di materiale autoctono causato dall’urto con un corpo minore. Un altro aspetto importante è che, grazie anche ai due strumenti italiani sulla sonda, sarà possibile verificare se il sottosuolo nasconda un oceano liquido, forse l’acqua. Questa ipotesi è avvalorata dalle osservazioni dello scorso anno del telescopio Herschel della Nasa che mostravano la presenza di enormi geyser, segno di una attività geologica rilevante. A bordo di Down sono montati tre strumenti: una camera che opera nel visibile, uno spettrometro che opera sia nel visibile sia nell’infrarosso e uno spettrometro a raggi gamma. La combinazione delle tre osservazioni eseguite in parallelo permetterà un’analisi completa delle caratteristiche fisico-chimiche del suolo del pianeta. Se le osservazioni confermeranno le prime stime degli scienziati, Cerere si mostrerà composta per il 25% d’acqua, una quantità maggiore di tutta l’acqua presente sulla Terra. La sonda ruoterà intorno al pianeta sino a quando, consumato tutto il combustibile del suo motore a ioni di Xeno, comincerà a fluttuargli intorno diventando una sua luna artificiale. giugno 2015 CYBERnetics Luigi Martino teaching and research assistant in Ict policies presso l'Università di Firenze Verso la Cyber mission force L’ennesimo colpo grosso da parte di hacker non ancora identificati, ma indirettamente collegati al governo russo, ha colpito e messo fuori uso il sito web istituzionale dell’US Army. Obama (in trasferta per il G7) ha reagito chiedendo al Congresso americano di inasprire le pene per chi compie attacchi informatici prevedendo anche il congelamento dei beni economici e finanziari. Tuttavia, per stessa ammissione del presidente americano, sono ancora molte le debolezze presenti nei sistemi informatici pubblici e privati che potrebbero mettere a repentaglio la sicurezza e il benessere degli Stati Uniti. Anche per questi ultimi eventi, la Casa Bianca ha deciso di inserire nel prossimo budget federale (il Fy 2016) una spesa per la cyber-security incrementata del 10% rispetto all’anno in corso. In particolare, secondo le stime fatte dall’analisi del prossimo budget che dovrà essere approvato dal Congresso, il bilancio federale del 2016 prevede lo stanziamento di circa 57 15 miliardi di dollari per la cyber-security. Inoltre, complessivamente la spesa prevista per il 2015 per il solo dipartimento della Difesa (Dod) in materia cyber si assesta a circa 5,5 miliardi di dollari. Il solo Cyber command prevede un incremento del 7% della spesa relativa alla messa in sicurezza della rete informatica del Dod. Infine, per il 2016 l’obiettivo principale rimane l’arruolamento di 6mila esperti informatici in dotazione al Pentagono per condurre le cyber-ops, ovvero le operazioni militari nel dominio cibernetico. Tutti questi numeri devono essere sommati e integrati alla recente Cyber-strategy (pubblicata lo scorso aprile dal dipartimento della Difesa statunitense) la quale, tra gli obiettivi strategici, mira anche a mettere a regime la Cyber mission force che sarà composta proprio da 6.200 operatori divisi in 113 unità. 61 Cyber IL FATTORE CYBER NELLE OPERAZIONI MILITARI GIANDOMENICO TARICCO comandante del Centro Intelligence interforze del 2° Reparto dello stato maggiore della Difesa La possibilità di utilizzare un sistema informatico è un’esigenza imprescindibile per svolgere tutte le principali attività della vita di ogni giorno: dall’accesso a un servizio pubblico, all’acquisto di un bene, dallo svolgimento del lavoro quotidiano ai modi per trascorrere il tempo libero. La familiarità e la dipendenza da uno strumento informatico è tanto più elevata quanto più è giovane il suo utilizzatore, tanto è vero che i ragazzi al di sotto dei vent’anni (i nativi digitali) sono ormai incapaci di immaginare la loro vita senza averne sempre uno in tasca o a portata di mano. La medesima priorità e rilevanza non poteva non estendersi all’organizzazione delle Forze armate, per cui lo stesso livello di dipendenza da un sistema informatico pervade il mondo militare e gli strumenti a disposizione per lo svolgimento dei compiti assegnati. È naturale che tale rilevanza e impatto avessero come contraltare il fatto che i “cattivi” di tutte le organizzazioni, da quelle statuali a quelle criminali, decidessero di perseguire i propri fini illeciti o distruttivi con gli stessi mezzi informatici per il 62 vantaggio che facilmente è possibile ottenere: in estrema sintesi un computer è diventato anche un’arma con la quale combattere, per cui esiste una precisa minaccia che cerca continuamente vantaggi a danno di Stati o individui. È già in corso ogni giorno una vera e propria guerra che per ora è quasi invisibile e solo economica, ma che potrebbe includere anche effetti cinetici. Gli Stati Uniti sono indubbiamente il Paese nel quale sono nate e si sono sviluppate tali capacità e continuano a essere i promotori di gran parte delle nuove iniziative. La sensibilità e la consapevolezza del governo Usa del livello di minaccia sono altissime, tanto da definire e presentare una nuova strategia che indirizza tutte le attività e gli investimenti del Department of defense (Dod) nel settore nei prossimi cinque anni. Alla cosiddetta dimensione cyber o cibernetica, per usare un’espressione autarchica, non solo viene ormai riconosciuto il rango di dominio, paritetico a quelli più tradizionali (terrestre, marittimo o aerospaziale) ma è anche a loro trasversale. Al Dod viene richiesto di intraprendere tut- UNA CULTURA DA COLTIVARE Solo con un costante investimento su una “corretta cultura cyber” si disporrà di un sistema idoneo ed adeguato a condurre operazioni cibernetiche. La sensibilità e la consapevolezza del governo Usa del livello di minaccia sono altissime, mentre la Cina nel suo Libro bianco attribuisce la massima priorità alla realizzazione di una capacità cibernetica sostanziale e complementare alle altre capacità militari giugno 2015 te le azioni necessarie per costituire una vera e propria forza cibernetica a cui sono affidate tre missioni: difendere le sue reti, i suoi sistemi e le sue informazioni; tutelare gli Stati Uniti e i suoi interessi contro gli attacchi cibernetici di livello significativo; fornire capacità cibernetiche integrate per supportare operazioni militari e piani di contingenza. Pur essendo il sistema delle reti e dei sistemi della Difesa Usa il più complesso e sofisticato al mondo, non viene ritenuto autosufficiente, per cui è riconosciuta l’assoluta priorità di stabilire un rapporto continuo e costante con il mondo privato, grazie al quale è possibile far convergere le migliori risorse ed energie per il conseguimento degli obiettivi comuni. Medesima sinergia deve essere perseguita con i Paesi partner ed alleati, per costruire anche in questo dominio un sistema di difesa interoperabile ed efficace. È di poco tempo fa la pubblicazione del primo Libro bianco della Difesa cinese. Per la prima volta con un approccio occidentale, anche il governo cinese presenta i propri piani futuri. Nella definizione del nuovo 57 e complesso sistema, viene attribuita la massima priorità alla realizzazione di una capacità cibernetica sostanziale e complementare alle altre capacità militari. In Italia grandi passi sono stati fatti per creare una corretta sensibilità sulla materia, un processo che, attraverso iniziative di vario genere, dai dibattiti nei think tank e nel mondo accademico a esperimenti ed esercitazioni, ha creato le condizioni per l’adozione di un provvedimento legislativo, il Dpcm del 24 gennaio 2013, con il quale si sono definite una struttura organizzativa e una governance per il settore. La Difesa italiana sta riconoscendo la prioritaria importanza di inserire le operazioni cibernetiche nello spettro di capacità da sviluppare per un’efficace sistema di sicurezza. Tuttavia è essenziale evidenziare che l’elemento più critico e più importante di qualunque sistema informatico rimane comunque quello umano: infatti, solo con un costante investimento su una “corretta cultura cyber” si disporrà di un sistema idoneo e adeguato a condurre operazioni cibernetiche. I PASSI IN AVANTI DELL’ITALIA In Italia grandi passi sono stati fatti per creare una corretta sensibilità sulla materia, un processo che, attraverso iniziative di vario genere, dai dibattiti nei think tank e nel mondo accademico a esperimenti ed esercitazioni, ha creato le condizioni per l’adozione di un provvedimento legislativo, il Dpcm del 24 gennaio 2013, con il quale si sono definite una struttura organizzativa e una governance per il settore. La Difesa italiana sta riconoscendo la prioritaria importanza di inserire le operazioni cibernetiche nello spettro di capacità da sviluppare per un’efficace sistema di sicurezza 63 SAVEtheDATE 1 LUGLIO 9 LUGLIO Avio Aero e Iai discutono di aerospazio Enac-Demetra, nuove prospettive per il trasporto aereo “Sviluppo e innovazione nei settori strategici a elevata tecnologia” è il titolo del convegno organizzato da Avio Aero e Iai il 1 luglio alle ore 15 presso Palazzo Rospigliosi a Roma. Interverranno, tra gli altri, il commissario europeo per il mercato interno, l’industria, l’imprenditoria e le piccole e medie imprese Elzbieta Biezkowska, il vice presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani e il consigliere militare del presidente del Consiglio il generale Carlo Magrassi. Il Centro studi Demetra e la Fondazione 8 ottobre, in collaborazione con Enac e Assaeroporti, organizzano il convegno “Enac 2.0: le Authorities aeroportuali ai sensi del Reg. Ue n. 139/2014”. L’evento è articolato in due sessioni, la prima dal carattere istituzionale, intitolata “Enac 2.0: riassetto istituzionale del trasporto aereo” e la seconda, di carattere tecnico, su “Certificazione aeroportuale – regolamentazione tecnica”. 9 LUGLIO 8 LUGLIO A Singapore per parlare di cyber-security Si terrà il prossimo 8 luglio l’“AsiaPacific airline cyber-security workshop” organizzato dalla Iata, con il sostegno del ministero dei Trasporti di Singapore e la Singapore aviation academy. L’obiettivo è aumentare la consapevolezza della gamma di minacce informatiche che minano il settore aeronautico, sia a livello globale sia nella regione. 64 Airpress discute di cyber-security Le riviste Formiche e Airpress organizzano una conferenza dal titolo “The challanges of Cybersecurity – Perspectives from Italy&Us” il prossimo 9 luglio a Roma. Interverranno, tra gli altri: il presidente della delegazione italiana presso l’Assemblea parlamentare Nato Andrea Manciulli, l’ambasciatrice Mariangela Zappia, rappresentante permanente dell’Italia alla Nato, Denise Zheng, senior fellow and deputy direc- tor of the Strategic technologies program del Csis di Washington e Sondra Barbour, executive vice president of Is&Gs presso Lockheed Martin. Introdurrà i lavori il ministro della Difesa Roberta Pinotti. 13 LUGLIO Il ministro Pinotti al Casd “Il sistema industriale della difesa per il sistema-Paese” è il titolo del convegno organizzato dalla Federazione aziende italiane per l’aerospazio, la difesa e la sicurezza presso il Centro alti studi per la difesa alle ore 16. Interverranno, tra gli altri, il presidente della commissione Industria della Camera dei deputati Guglielmo Epifani, il segretario generale della Difesa Enzo Stefanini e concluderà il ministro della Difesa Roberta Pinotti. 17-19 LUGLIO Torna il Royal international air tattoo È tutto pronto per il Royal international air tattoo, una delle più grandi manifestazioni aeree del mondo. Come ogni anno l’appuntamento è presso la base Raf di Fairford nel Regno Unito. giugno 2015 BUILT FOR ENABLED MINDS TO THINK HIGHER CY4GATE was created by ELETTRONICA and Expert System by combining resources, competences and expertise to realize a 360° Project. cy4gate.com Un’inconfondibile firma nel cielo. I nostri aerei hanno un design unico, inconfondibile e innovativo. È la nostra firma. Una firma che oggi accompagna programmi civili e militari d’avanguardia, pensati per rispondere alle nuove domande del mercato e della società del nostro tempo. Il sistema a pilotaggio remoto P.1HH, tra i più avanzati al mondo, e il pattugliatore MPA sono sinonimi di intelligenza, sorveglianza e sicurezza per tutti. Avanti EVO, ultima generazione di un aereo di leggenda, riscrive le regole dell’efficienza e dell’eleganza in volo. Tutti coniugano stile e alta tecnologia. Tutti sono frutto del talento e del lavoro italiano. Piaggio Aerospace. Innovation to perform.