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MOVIMENTI ALLEATI LA RISPOSTA DELL`OCCIDENTE ALLE

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MOVIMENTI ALLEATI LA RISPOSTA DELL`OCCIDENTE ALLE
CYBER
GRANDE GUERRA
AVIAZIONE
Il fattore C nelle operazioni
militari
— GIANDOMENICO TARICCO
Dopo cento anni, il primato
perduto della storia
— GREGORY ALEGI
Pmi italiane al salone
Le Bourget 2015
— MICHELA DELLA MAGGESA
airpress
MOVIMENTI
ALLEATI
giugno 2015
MENSILE SULLE POLITICHE
PER L’AEROSPAZIO E LA DIFESA
LA RISPOSTA
DELL’OCCIDENTE
ALLE MINACCE
GLOBALI
Mariangela Zappia/ Jean-Pierre Darnis/ Alessandro Cornacchini
Mirco Zuliani/ Lorenzo Benigni/ Ferdinando Sanfelice di Monteforte
57
editoriale
I principali teatri critici internazionali, dal Nord Africa al Medio Oriente, all’Ucraina, premono sui confini europei, ricordando all’occidente che gli scenari geopolitici sono repentinamente mutati e richiedono risposte rapide per garantire sicurezza e difesa a partire
proprio dal vecchio Continente. La crescente aggressività di una Russia pur indebolita e gli
investimenti in armamenti (tradizionali e cyber) della Cina sembrano riportare le lancette
dell’orologio a un contesto da nuova Guerra fredda. Ne sono una prova il recente annuncio
che l’esercito russo aggiungerà oltre 40 missili nucleari intercontinentali al confine occidentale e la massiccia campagna di disinformazione del Cremlino in Europa, con l’Italia e
i suoi media a giocare il ruolo di “ventre molle”. Prima ancora di incolpare gli Stati Uniti,
salvo chiederne sempre l’aiuto, è l’Europa che non può sottovalutare questa situazione. Il
Consiglio europeo in programma a Strasburgo nei prossimi giorni aveva all’ordine del giorno anche il tema della difesa e le funzioni dell’Eda, ma le incomprensioni dei principali
Paesi sulla linea da adottare riguardo all’immigrazione, rischiano di mettere in secondo
piano il tema, peraltro già rimandato dal dicembre 2013. Inoltre, il vertice interviene in un
periodo difficile per le politiche comuni: i venti nazionalisti ed euroscettici stanno condizionando la politica estera delle potenze europee, facendo compiere vistosi passi indietro
al progetto comune. Il caso della Grecia è solo la punta dell’iceberg. La percezione di una
minaccia crescente ha portato il presidente Hollande a invertire il trend degli investimenti
nel budget destinato alla difesa. La legge pluriennale di spesa francese ha previsto alcuni miliardi aggiuntivi da destinare alla sicurezza. Anche l’Italia ha da poco messo a punto la sua
legge pluriennale (il Dpp) che, pur confermando i programmi-chiave, non ha però invertito
la rotta del calo di spesa strategica nella difesa. L’alibi di voler condividere sistemi d’arma
e forze armate in ambito europeo è ormai svanito, non regge più. Se non c’è la minima solidarietà su temi come l’immigrazione o il default finanziario, come ostinarsi a pensare a una
difesa comune? L’unico orizzonte credibile ed efficace è quello della Nato. Il resto, semplicemente, non esiste. E mentre i francesi fanno risuonare le note della Marsigliese, il nostro
presidente del Consiglio viene accolto in Germania per il G7 con le note di “Azzurro”. Ci canzonano e ancora non capiamo.
57
Flavia Giacobbe
1
sommario
1
editoriale
3
contributors
32 Alessandra Micelli
LA NUOVA ARTE
DELLA GUERRA CINESE
4
Mariangela Zappia
L’IMPEGNO DELL’ITALIA
NELLA DIFESA COLLETTIVA
34 Gregory Alegi
IL PRIMATO (PERDUTO)
DELLA STORIA
6
Passepartout
IL VERTICE E L’EUROPA
NEMICA DI SE STESSA
36 Andrea Ungari
LE RAGIONI DELL’ITALIA
8
Jean-Pierre Darnis
RIARMO FRANCESE? UNA SPIA
DA NON SOTTOVALUTARE
Intervista a Mirco Zuliani
LA NATO VISTA DA NORFOLK
16 Valeria Serpentini
UN GLOBAL HAWK MODIFICATO
PER L’ALLEANZA
24 Lorenzo Benigni
L’IMPULSO DI FORZA NEC
ALLA GUERRA ELETTRONICA
26 Michele Pierri
UN DOCUMENTO PER
LA SICUREZZA DELL’ITALIA
28 Ferdinando Sanfelice di Monteforte
Paper
LIBRO BIANCO, MODELLO
DI DIFESA O ENNESIMO RINVIO?
Registrazione Tribunale di Roma n. 10311
del 7/4/1965. Registrazione R.O.C. n. 9884
Editore Base per altezza s.r.l.
corso Vittorio Emanuele II, 18
00186 Roma
telefono 06 454 73 850
fax 06 455 41 354
partita iva 05831140966
2
Alessandro Politi
IL BARONE ROSSO
20
Tommaso De Zan
e Roberta Maldacea
CASA DI VETRO
22
Andrea Margelletti
STRATEGICAMENTE
40
Bussola del mese
— Local
45
Bussola del mese
— Global
48
50 Michela Della Maggesa
IN ITALIA IL TRAFFICO
TORNA A CRESCERE
Chiara Rossi
IL PERSONAGGIO
52
Gregory Alegi
FOOD FOR FLIGHT
51 Pierluigi Di Palma
Per un Enac 2.0
57
Roberto Vittori
PENSIERI SPAZIALI
54 Marcello Spagnulo
EUROPA, USA, RUSSIA E CINA
ALLA PROVA DEI LANCIATORI
60
Ezio Bussoletti
IL DITO E LA LUNA
61
Luigi Martino
CYBERNETICS
64
Save the date
38 Alessandro Cornacchini
IL CONFLITTO SOTTO
IL SEGNO DELL’AVIAZIONE
48 Leonardo Tricarico
RIFLESSIONI SUI SALONI
AERONAUTICI
14 Diego Scarabelli
Airpress
Agenzia stampa aeronautica
tecnica politica
13
46 Michela Della Maggesa
GLI ORDINI DI LE BOURGET 2015
10 Alessandro Cornacchini
RIFLESSIONI SUI RAID
IN SIRIA E IRAQ
RUBRICHE
58 Massimo Claudio Comparini
DESIRE II DECOLLA
CON L’IMPRONTA MADE IN ITALY
62 Giandomenico Taricco
IL FATTORE CYBER
NELLE OPERAZIONI MILITARI
Rivista fondata da Fausto Alati
Direttore responsabile Flavia Giacobbe
Direttore editoriale Alessandro Cornacchini
Redazione Michela Della Maggesa
ha collaborato Chiara Rossi
Progetto grafico Nom de Plume
Impaginazione e grafica Essegistudio
Per comunicati, abbonamenti, pubblicità
[email protected]
Per le riproduzioni di testi e immagini
appartenenti a terzi, l’editore è a disposizione
degli aventi diritto non potuti reperire nonché
per eventuali non volute omissioni e/o errori
di attribuzione e riferimenti
Recapito a cura di Nexive
[email protected]
Numero chiuso in redazione il 18 giugno 2015
Finito di stampare il 23 giugno 2015
Stampato in Italia
da Rubbettino print
Viale Rubbettino, 10
88049 Soveria Mannelli
Consiglio di amministrazione
Presidente Gianluca Calvosa
Consiglieri Giovanni Lo Storto,
Chicco Testa, Brunetto Tini
giugno 2015
contributors
JEAN PIERRE DARNIS
Vicedirettore del programma Sicurezza e difesa dello Iai, dove da più
di dieci anni coordina i progetti di
ricerca sulla sicurezza e le politiche
spaziali. Direttore e docente del Master in Relazioni franco-italiane presso
l’Università di Nizza Sophia-Antipolis,
Francia
FERDINANDO SAN FELICE
DI MONTEFORTE
Ammiraglio di squadra, è entrato in
Accademia navale nell’ottobre 1962.
Sciabola d’onore 1965, è stato rappresentante militare italiano alla Nato e
all’Unione europea dal 2005 al 2008.
Insegna Studi strategici al Sid di Gorizia. Autore di Strategy and peace, I
Savoia e il mare, La strategia e Le strategie declaratorie della Nato e dell’Ue
57
GIANDOMENICO TARICCO
Generale di brigata aerea. È comandante del Centro Intelligence
interforze del 2° Reparto dello stato
maggiore della Difesa. Ha prestato
servizio presso il 23° Gruppo Caccia,
il 60° Stormo di Amendola e il 155°
Gruppo Caccia Bombardieri, dove fu
tra i primi a conseguire la prontezza al
combattimento nel nuovo ruolo Electronic warfare tactical suppression
(Ets). Ha comandato il 51° Stormo. Ha
prestato servizio presso il 3° Reparto
dello stato maggiore Aeronautica, occupandosi di rapporti internazionali e
pianificazione C4Istar
MARIANGELA ZAPPIA
Rappresentante permanente italiano
presso la Nato dal 2014, è stata ambasciatore dell’Unione europea presso le
Nazioni Unite a Ginevra dal 2011 al settembre 2014. Ministro plenipotenziario
dal 2010, è stata in servizio alla Rappresentanza italiana presso l’Onu a partire
dal 2007. Al ministero ha guidato l’uf-
ficio della cooperazione allo sviluppo
dell’area Mediterraneo, Medio Oriente
e Balcani e, in precedenza, l’ufficio del
servizio stampa e informazione che coordina i rapporti con la stampa italiana.
Tra gli altri incarichi ricoperti, dal 1997 al
2000 con funzioni di consigliere a Bruxelles, è stata distaccata presso la task
force informazione della Nato durante il
conflitto in Kosovo
MIRCO ZULIANI
Vice comandante del Comando alleato
per la trasformazione (Act) di Norfolk.
Pilota di F-104. Già addetto italiano
alla Difesa negli Stati Uniti (20062009) e comandante italiano del Caoc
di Poggio Renatico, ente responsabile
della Air policing del sud Europa. Dal
7 giugno 2011 ha assunto l’incarico di
comandante del Centro sperimentale
volo di Pratica di Mare. Insignito della
medaglia militare aeronautica d’oro
di lunga navigazione, delle medaglie
Nato per le operazioni connesse alle
crisi nell’ex Jugoslavia e in Kosovo
3
Difesa
L’IMPEGNO DELL’ITALIA
NELLA DIFESA COLLETTIVA
MARIANGELA ZAPPIA rappresentante permanente dell’Italia presso la Nato
L’elemento centrale dell’adattamento della postura dell’Alleanza al diversificato quadro strategico
emerso più recentemente, per effetto della crisi
ucraina e delle minacce provenienti dal Nord Africa e dal Medio Oriente, è rappresentato dal Readiness action plan (Rap), concordato in occasione
del summit del Galles nel 2014, che costituisce l’espressione più evidente del principio della difesa
collettiva dalla fine della Guerra fredda.
Il Rap è un importante meccanismo di risposta
rapida dell’Alleanza che le consentirà di affrontare in modo sistematico e globale le minacce per
la sicurezza provenienti da qualsiasi direzione,
da est come da sud, anche attraverso una pur limitata presenza della Nato nei Paesi più esposti,
l’intensificazione delle attività addestrative e la
predisposizione di una forza mobile di intervento, pronta a rischierarsi con brevissimo preavviso.
Tra le misure adottate, cosiddette di “rassicurazione”, un ruolo essenziale è stato assunto dalle attività di sorveglianza dello spazio aereo che
l’Alleanza ha predisposto per la sicurezza di Paesi
4
Baltici, Bulgaria, Polonia e Romania, rafforzando
al contempo l’attività di sorveglianza della flotta
Nato Airborne early warning and control.
In tale contesto, il nostro Paese gioca un ruolo di
primo piano, a dimostrazione del convinto impegno dell’Italia a favore della sicurezza e difesa
collettiva e della solidarietà interalleata che si sostanzia nel principio “28 per 28”. Dal 1 gennaio al
1 maggio 2015, l’Italia ha detenuto la leadership
delle operazioni di controllo e sorveglianza dello
spazio aereo dei tre Paesi Baltici tramite una task
force air composta da quattro caccia Eurofighter
Typhoon, con 90 tra ufficiali e sottufficiali dell’Aeronautica militare. L’operazione, denominata
“Frontiera baltica 2015” ha garantito un servizio
di allarme attivo in permanenza, totalizzando più
di 400 ore di volo e 30 interventi di intercettazione. Rispondendo a un forte auspicio delle autorità locali, lo schieramento italiano delle Forze si
estenderà fino alla fine del mese di agosto, a fianco della Norvegia, subentrata come Paese leader
della Baltic air policing.
giugno 2015
Alta tensione tra Nato e Russia
Cresce la tensione nel mar Baltico.
Dopo l’annessione della Crimea
da parte della Russia, è stata una
continua escalation di misure e
contromisure che hanno raffreddato sempre di più le relazioni tra
Putin e l’occidente. Non è solo una
questione di sanzioni, confermate
comunque dal G7. Il Pentagono
ha annunciato anche la volontà
di schierare 5mila soldati e carri
armati nell’est europeo per rispondere alle preoccupazioni degli
alleati baltici. Putin ha invece reso
noto che nel corso dell’anno l’esercito russo aggiungerà più di 40
missili nucleari intercontinentali
al confine occidentale, una mossa
che il segretario generale della
Nato, Jens Stoltenberg, ha considerato “un tintinnio di sciabole
ingiustificato, destabilizzante e
pericoloso”.
L’Italia partecipa a tutte e quattro le attività di Interim air policing della Nato, operando con continuità anche sui cieli dell’Albania, della Slovenia
e dell’Islanda, a testimonianza della solidità del
nostro impegno in seno all’Alleanza e del rispetto
degli obblighi di mutuo sostegno nella risposta
alle minacce esterne che rappresentano i valori
fondanti del Trattato di Washington. Accanto a
tali attività, molto importante è, nell’attuale congiuntura, anche la rinnovata attenzione posta dalla Nato all’attività addestrativa, settore che diventerà ancora più centrale nell’immediato futuro, sia
a scopo di deterrenza sia per il mantenimento del
patrimonio di interoperabilità tra le Forze armate
alleate e dei partner, raggiunto con la pluriennale
esperienza delle operazione Isaf in Afghanistan e
Kfor in Kosovo.
In autunno, l’Italia parteciperà alla più importante esercitazione organizzata dall’Alleanza degli ultimi anni, la Trident juncture 2015. Teatro
dell’esercitazione sarà lo scenario Mediterraneo,
con lo scopo di dimostrare e rendere visibile la
57
capacità dell’Alleanza di rischierare le proprie
forze anche sul fianco sud, cruciale arco di crisi
che vede il nostro Paese impegnato in prima linea
sia sui fronti multilaterali, Ue, Nato e Onu, sia in
via bilaterale. L’evento prevede la partecipazione di circa 26mila unità appartenenti a 30 Paesi,
inclusi partner come la Finlandia, la Georgia, la
Svezia e l’Ucraina. Il nostro Paese sarà, in particolare, il teatro dove si svolgeranno gli scenari aerei
dell’esercitazione e significativo è lo sforzo operativo e logistico per assicurare la migliore riuscita
dell’evento, dall’impiego di un cospicuo numero
di assetti aerei, Typhoon e Predator, alla messa a
disposizione di importanti basi aeree, poligoni e
aree addestrative per simulare una campagna aerea che sarà gestita centralmente da un comando
della Nato e condotta da un comando di componente aerea in Italia.
L’Italia si conferma dunque alleato fondamentale in seno a un’Alleanza in rapido adattamento,
pronta ad affrontare a 360 gradi le sfide della sicurezza transatlantica e globale.
5
Difesa
IL VERTICE E L’EUROPA
NEMICA DI SE STESSA
Il Consiglio europeo dei capi di Stato e di governo di fine giugno
affronterà il tema della difesa europea. Ci si dovrebbe aspettare
uno scatto di reni da parte dell’Unione per contrastare il rischio di
marginalizzazione sullo scenario strategico globale. Invece, emergono
già divisioni interne e incapacità di fare scelte condivise, o bizantinismi
politici come per la gestione dell’emergenza profughi nel Mediterraneo
PASSEPARTOUT
Il Consiglio europeo dei capi di Stato e di governo
di fine giugno affronterà anche il tema della difesa europea, come stabilito nel vertice del dicembre 2013. L’obiettivo indicato era quello di fare
il punto sull’attuazione delle iniziative assegnate
alla Commissione europea e all’Eda. Ma, sullo
sfondo, vi era anche la volontà di rinviare alcune
decisioni e, comunque, di aspettare il rinnovo di
Parlamento e Commissione con le elezioni della
primavera 2014.
La situazione odierna è, però, decisamente peggiorata e questo peserà sui risultati dell’incontro.
Sul piano interno, complice la crisi economica
e finanziaria e la scarsa capacità di gestirla dimostrata dalla classe politica europea (istituzioni e Stati membri), nel Parlamento europeo vi è
un’ampia presenza nazionalista e anti-europea e
nella Commissione si registra l’assenza di figure
carismatiche che sappiano richiamare l’attenzione sulla problematica della sicurezza e difesa
europea. La sostituzione del trio Barroso-TajaniBarnier non è compensata dalla presenza della
Mogherini come Alto rappresentante (nonostante il salto di qualità rispetto alla non rimpianta
6
Ashton), perché praticamente tutte le aspettative
europeiste finiscono col ricadere sulle spalle di
un politico obiettivamente giovane sul piano internazionale, anche se si sta muovendo con grande capacità.
Sempre sul piano interno, complice l’impotenza
europea sullo scenario internazionale, si è assistito a una preoccupante rinazionalizzazione
della politica estera e della sicurezza dei principali Stati membri (Regno Unito e Francia, in particolare) che, anzi, cercano di risolvere sul piano
bilaterale le difficoltà che inevitabilmente incontrano, avendo anche loro limitate risorse a disposizione a livello nazionale. In questo quadro,
infine, è evidente a tutti il preponderante ruolo
assunto dalla Germania, non più sul solo piano
economico e finanziario, ma anche su quello
della politica internazionale e di sicurezza (come
dimostrano le vicende di Ucraina e Iran e, soprattutto, i rapporti con la Russia).
Sul piano internazionale, l’arco della crisi tocca
ormai in più punti i confini europei. La prolungata crisi ucraina e la guerra in Siria, Iraq e Libia
stanno agitando le acque del Mediterraneo, con
giugno 2015
l’aggravante dell’incontrollato flusso di profughi
e migranti legato al dissolvimento dei controlli
statali in questi Paesi. Continuano, inoltre, a permanere altre aree di crisi e instabilità in Asia e in
Medio Oriente. Nel frattempo cresce il divario di
capacità operative, tecnologiche e industriali nel
campo della difesa con gli Stati Uniti, in alcuni
importanti settori: velivoli da attacco al suolo e
quelli a pilotaggio remoto (da osservazione e armati) e la dimensione cyber. La Russia ha avviato un significativo programma di ammodernamento delle Forze armate e sta “punzecchiando”
Europa e Nato sul confine terrestre e marittimo.
Crescono anche le nuove potenze regionali (in
primo luogo la Cina), ma anche il Giappone si
sta preparando a farsi sentire come potenza militare.
Di fronte a questo quadro, ci si dovrebbe aspettare uno scatto di reni da parte dell’Unione europea per contrastare il rischio di marginalizzazione sullo scenario strategico globale.
Invece, mai come in questo momento emergono le sue divisioni interne e l’incapacità di fare
scelte condivise. La logica del compromesso in
57
chiave riduttiva sta penalizzando lo stesso ruolo
dell’Unione europea di fronte agli interlocutori
esterni, ma anche nell’opinione pubblica interna che non può comprendere, né accettare i bizantinismi politici come, ad esempio, quelli relativi alla gestione dell’emergenza profughi nel
Mediterraneo.
Questa migrazione biblica (in cui l’Italia è particolarmente coinvolta), rischia, oltretutto, di
assorbire gran parte del Vertice europeo di fine
mese, finendo col sospingere in secondo piano
il tema della difesa europea, esattamente come
è avvenuto nel dicembre 2013 con le difficoltà finanziarie e monetarie.
Di qui l’auspicio che da questo Consiglio escano, invece, alcuni segnali a sostegno di un rafforzamento delle capacità di difesa e sicurezza
europee. Pochi obiettivi chiari ed efficaci: facilitazioni fiscali e finanziarie per nuovi programmi
comuni; massimo utilizzo dei fondi di Horizon
2020 per supportare la ricerca nel campo duale;
rapida riduzione delle barriere che ancora oggi
impediscono un’effettiva integrazione del mercato europeo della difesa e della sicurezza.
7
Difesa
RIARMO FRANCESE? UNA SPIA
DA NON SOTTOVALUTARE
Per la prima volta da 25 anni il budget della difesa francese è
aumentato con 3,8 miliardi di euro di risorse supplementari per il
periodo 2016-2018. In qualche modo Parigi corre al riparo per adeguare
le risorse all’uso della forza militare che appare ormai all’Eliseo
come una necessità. Si tratta di un forte simbolo, ma che rimane
fragile quando le capacità militari sono sollecitate al di là dell’uso
programmato. Certamente deve far riflettere i vari partner europei che
hanno a lungo condiviso l’analisi comoda di un mondo senza pericoli
JEAN-PIERRE DARNIS vice direttore del programma Sicurezza e difesa Iai
In Francia, il recente voto della legge pluriennale
di spesa per la difesa, la legge di programmazione
militare (Lpm) 2015-2019, ha visto un’importante
novità: per la prima volta da 25 anni il budget della difesa è aumentato, con 3,8 miliardi di euro di
risorse supplementari per il periodo 2016-2018.
Si tratta di un’inversione di trend notevole che
va a contrastare la decrescita continua di budget
contratto del 20% dal 1990, con tagli nell’organico di 80mila unità negli ultimi 12 anni. Durante
questo periodo, il budget della difesa è spesso apparso come una variabile di aggiustamento, ovvero una spesa non necessaria che poteva essere tagliata per far quadrare i conti. È ovvio che questa
percezione della difesa era maturata nel contesto
di un mondo che sembrava aver allontanato i pericoli di guerra. La Francia non ha mai veramente
disarmato, mantenendo tra l’altro intatte sia la
dottrina sia le capacità di dissuasione nucleare,
ma la difesa non sembrava prioritaria. Gli attentati di gennaio scorso hanno provocato un brusco
risveglio, diffondendo l’idea di un Paese in guerra
contro il terrorismo di matrice islamica radicale,
una specie di “11 settembre” francese.
La percezione di un pericolo crescente era comunque matura: fra il rinnovo della minaccia
8
russa con l’annessione della Crimea e il moltiplicarsi dei focolai di destabilizzazione in Africa,
in particolare nella zona sahariana e subsahariana. L’ondata popolare suscitata dagli attentati
di gennaio rappresenta il fattore di congiuntura
che cristallizza la consapevolezza più profonda
della crescita dei pericoli e della necessità di un
uso maggiore dello strumento-difesa. Esiste anche un parametro importante, quello della personificazione del potere in Francia nella figura del
presidente della Repubblica. François Hollande,
come molti dei suoi predecessori, incarna un
vero e proprio “chef des armées”, ossia la massima autorità che può decidere in modo quasi
autonomo dell’impiego delle Forze e ha l’ultima
parola in termini di scelte budgetarie. Inoltre, la
presenza del fedelissimo Jean-Yves Le Drian al
dicastero della Difesa contribuisce a rinforzare
questo “fortino presidenziale” intorno alla difesa, che si oppone ad esempio alle logiche prudenti del ministero dell’Economia e delle finanze. Il
budget della difesa francese per il 2015 è di 31,4
miliardi di euro. Le risorse aggiuntive andranno
essenzialmente al personale (2,8), il rimanente
verrà speso per gli equipaggiamenti. In modo
concreto significa che il presidente della Repubgiugno 2015
blica ha deciso di rendere perenne il dispositivo
di 7mila uomini dispiegati sul territorio per compiti di rinforzamento delle forze di polizia e di
gendarmerie, un numero che può crescere fino a
10mila uomini nei momenti di crisi. Nel 2014 era
previsto un taglio di 33mila uomini nell’organico
della difesa, ridotto poi a 15mila. Nel contempo,
si programma una crescita delle forze operazionali (combat ready) da 66mila uomini a 77mila.
La presidenza della Repubblica ha deciso di non
scommettere sulle cosiddette risorse extra-budgetarie (ad esempio la vendita di frequenze in disuso o la vendita di beni immobiliari, operazioni
con esiti poco sicuri) e quindi mette a bilancio
una spesa netta di 6,2 miliardi per il 2015-2019.
Queste disposizioni scaturiscono da un netto aumento dei bisogni. La vecchia legge pluriennale
prevedeva 7mila uomini in operazioni con circa
12 aerei. Oggi la Francia proietta 9mila uomini
su teatri esterni con più di 25 aerei, senza poi
contare la novità dei presidi militari per bersagli
interni. Bisogna quindi correre ai ripari con uomini e strumenti che possano essere utilizzati
nel teatro africano-sahariano: ulteriori ordini di
elicotteri (tra cui i C-130); bisogno di aerei di trasporto e di rifornimento; bisogni crescenti di in57
telligence con droni equipaggiati di sensori Elint;
dotazione del terzo satellite Musis (realizzato in
collaborazione con la Germania); reclutamento
di addetti sia per l’intelligence (650 assunzioni)
sia per la cyber-security (520 assunzioni). Se questa rinnovata situazione strategica è frutto delle
necessità, possiamo osservare come l’impegno
militare francese rinforzi anche la sua capacità
esportatrice: cresciuta del 18% nella vendita di
armi nel 2014 (8,2 miliardi), mentre per il 2015
si prospetta un picco di 15 miliardi di export grazie ai contratti di vendita dei Rafale. Tra l’altro,
questa vendita alleggerisce anche il budget di una
difesa francese non più obbligata ad acquisire
subito quei 40 velivoli che servivano a mantenere
in funzione la catena di produzione. In qualche
modo i francesi corrono al riparo per adeguare
le risorse all’uso della forza militare che appare
ormai a Parigi come una necessità. Si tratta di un
forte simbolo, ma che rimane fragile quando le
capacità militari sono sollecitate al di là dell’uso
programmato. Certamente deve fare riflettere i
vari partner europei che hanno a lungo condiviso
l’analisi comoda di un mondo senza pericoli. Da
questo punto di vista il caso francese rappresenta
una spia di allarme da tenere in considerazione.
9
Difesa
RIFLESSIONI SUI RAID
IN SIRIA E IRAQ
ALESSANDRO CORNACCHINI
A margine del summit dei Paesi componenti la coalizione anti-Isis che si
è tenuto a Parigi il 2 giugno scorso,
sono stati pubblicati sulla stampa
italiana numerosi articoli che hanno
sottolineato, con commenti generosi nel loro numero e molto vari nelle
argomentazioni (spaziando dall’ambito politico a quello strettamente
tecnico-militare), l’inefficacia delle
azioni intraprese per debellare questo male dell’umanità. Ci ha colpito
quello che ci riguarda più da vicino:
riportando i dati relativi all’elevato
rateo di fallimento dei raid aerei, i
nostri commentatori concludevano
che il potere aereo fosse del tutto
inadeguato a fronteggiare questo
tipo di minaccia. Sia chiaro, probabilmente è vero, come sono inadeguate le altre forme in cui si esprime
la forza militare, almeno per raggiungere una vittoria militare intesa
in senso canonico. Ma il dubbio è
questo: l’attività aerea svolta in Siria
e Iraq può essere identificata come
espressione del potere aereo?
In Italia, è risaputo, uno degli sport
10
preferiti è “parlare di quello che non
si sa” e, più la materia è complessa
e tecnica, meglio ci si avventura in
considerazioni che hanno il peso di
dogmi basati chissà su cosa, sulla
competenza di sicuro no. Per non
rischiare di cadere quindi in un errore comune, abbiamo disturbato,
per un parere autorevole sulla questione, chi di operazioni militari e
campagne aeree in particolare se
ne intende, eccome, il generale di
squadra aerea Leandro De Vincenti, fino all’aprile 2013 capo di stato
maggiore del Nato Allied joint force command di Napoli, già comandante del Comando operativo della
forza aerea (Cofa) dell’Aeronautica
militare e del Caoc 5 della Nato. Il
generale De Vincenti, che ha avuto
un ruolo centrale nella campagna libica del 2011 sia come Cos sia come
Italian Snr-Red card holder, assicura che “è un errore che fanno in
molti confondere il concetto con lo
strumento. Il potere aereo – ci spiega – è una filosofia che non s’identifica esclusivamente con il mezzo
COSA SI STA FACENDO
IN IRAQ E IN SIRIA?
Stiamo esercitando il potere aereo nell’ambito di
una canonica campagna
aerea? Secondo il parere
del generale De Vincenti
in quell’area non ci sono
le condizioni ambientali
per lanciare una qualunque operazione militare
sostenibile e che abbia
possibilità di conseguire
l’obiettivo di annientare
l’Isis
giugno 2015
aereo; il velivolo da combattimento
è uno degli strumenti a disposizione, sicuramente il più importante,
e anche particolarmente efficace
se ben utilizzato, ma non è l’unico
mezzo nell’arsenale di chi pensa
una campagna aerea”. Considerare
racchiusa nell’impiego del singolo
aeroplano, o formazione di aeroplani, la capacità d’interpretare o
applicare questa dottrina non solo
è riduttivo, secondo De Vincenti, ma
è sbagliato, perché non si comprende il nocciolo della questione: tutto
deve essere ricondotto a un disegno,
a una campagna aerea, appunto,
che si ponga il conseguimento di finalità strategiche stabilite a livello
decisionale alto, perseguite attraverso la collazione di più forze e risorse, sicuramente anche aeree – ma
non solo – e quindi attraverso il loro
impiego mirato al raggiungimento
dell’End State. “In proposito – continua il generale – mi viene in mente il segmento C4Istar (Command,
control, communications, consultation,
information/intelligence,
57
target aquisition and reconnaissance) che è da considerarsi il pilastro
delle operazioni moderne, nocciolo
anche del potere aereo sebbene in
quest’acronimo non tutto sia esplicato attraverso dei soli mezzi in volo
ma anche da componenti sul terreno”. Detto questo, torniamo alla domanda: cosa si sta facendo in Iraq e
in Siria? Davvero stiamo esercitando
il potere aereo nell’ambito di una canonica campagna aerea? “Ma vi dico
di no, perché in quell’area non ci
sono le condizioni ambientali, intese nel senso più ampio, per lanciare
una qualunque operazione militare
sostenibile e che abbia una qualche
possibilità di conseguire l’obiettivo
strategico di annientare l’Isis, almeno per il momento” conferma il
generale. Mancano i due fattori elementari intorno ai quali disegnare
una campagna aerea: la connotazione della forza opponente e i precisi
confini in cui essa opera. Tutti e due
gli elementi sono estremamente
evanescenti e mutevoli, tali da non
consentire la stesura di un piano
L’UNIONE DI PIÙ FORZE
Considerare racchiusa
nell’impiego del singolo
aeroplano, o formazione
di aeroplani, la capacità
d’interpretare o applicare
questa dottrina non solo
è riduttivo, secondo De
Vincenti, ma è sbagliato,
perché non si comprende il nocciolo della questione: tutto deve essere
ricondotto a un disegno,
a una campagna aerea,
appunto, che si ponga il
conseguimento di finalità strategiche stabilite
a livello decisionale alto,
perseguite attraverso la
collazione di più forze
e risorse, sicuramente
anche aeree – ma non
solo – e quindi attraverso
il loro impiego mirato al
raggiungimento dell’end
State
11
appropriato. Insomma la soluzione
del problema Isis non si può trovare nella sola opzione militare senza
ricercarla anche altrove, in un ambito diverso, in un ambito politico,
religioso, culturale e prima di tutto
all’interno dello stesso Islam dove si
stanno consumando i contrasti più
drammatici con il califfato. In questo grande magma infuocato, alla
forza militare, quella che ragionevolmente si può mettere in campo,
si può chiedere di conseguire alcuni
risultati limitati, obiettivi puntuali,
anche ad alto rischio di fallimento
per il tipo di operazioni che richiedono.
Operazioni inevitabilmente aeree,
ma non significa che così facendo
si eserciti il potere aereo, che – rammento – ha un respiro strategico,
bensì alcuni suoi meccanismi, alcune specifiche attività per finalità limitate e circoscritte. È questo
che sta accadendo nell’area in questione: si sta applicando una cura
tampone a un malato affetto da un
virus particolarmente aggressivo.
È come dare l’antibiotico a chi ha
12
un’infezione virale, si sa già che il
medicinale non serve a debellare la
malattia, ma evita complicanze di
altro genere. “Quindi – aggiunge De
Vincenti – quando si legge che i raid
aerei falliscono tre volte su quattro,
io non mi meraviglio, perché conosco i tipi di missioni messe in essere
contro un nemico non chiaramente
identificabile, estremamente mobile e mutevole”. Sebbene sia stato
molto accorciato il ciclo decisionale che dall’individuazione dell’obiettivo porta alla sua soppressione
(sensor to shooter) – anche l’impiego degli Apr armati è stato un forte
ausilio in questo senso – la rapidità
con cui muta lo scenario sul terreno
porta spesso a trovare, nel momento in cui si preme il “grilletto”, una
situazione significativamente diversa da quella osservata inizialmente.
“È anche vero – secondo il generale
– che chi decide determinate azioni è perfettamente consapevole dei
rischi che esse comportano pur se
affrontabili solo con la componente
aerea”. Crediamo che non ci sia altro da aggiungere. Più chiaro di così.
I FATTORI MANCANTI
Mancano i due fattori
elementari intorno ai
quali disegnare una campagna aerea: la connotazione della forza opponente e i precisi confini
in cui essa opera. Tutti
e due gli elementi sono
estremamente evanescenti e mutevoli, tali da
non consentire la stesura
di un piano appropriato
giugno 2015
ILbaroneROSSO
Alessandro Politi
direttore Nato defense college foundation
Immigrazione:
soluzione finale?
Esiste un Paese dove apparentemente le
politiche forti predicate da xenofobi, razzisti e illusi funzionano. Benvenuti nell’isola di Manus, un ridente luogo nella Papua
Nuova Guinea dove è stato allestito uno dei
numerosi off-shore detention centres, voluti dal governo laburista di Kevin Rudd nel
2013 in Australia.
L’idea di fondo di queste prigioni all’estero (questa in particolare è chiamata la
Guantanamo del Pacifico) è che bisogna
spaventare i disperati che emigrano verso
l’Australia facendo vedere loro che finiranno in un carcere a tempo indeterminato e
che, se faranno i bravi, potranno stabilirsi
nella citata isoletta. Come nei migliori universi concentrazionari, non importa se si è
medici, ingegneri, insegnanti o tessitori, si
è un oggetto umano semovente ridotto al
minimo denominatore comune.
Naturalmente il Paese ospitante ha avuto
una sostanziosa mancia in termini di aiuti economici (ben 400 milioni di dollari
australiani) che però hanno avuto ricadute modeste sulla popolazione locale. Non
ci vuole molto da italiani a capire che il
grosso dei contratti va a ditte australiane
di security e un po’ di briciole alle guardie
indigene. Circolarità che si vede nella coo57
perazione allo sviluppo e non nella migrazione. Ha funzionato? Per ora sì, ma le cifre
australiane sono irrisorie rispetto a quelle
europee e adesso, a quanto pare, il governo
di Canberra paga direttamente i trafficanti
di carne umana per non fare i viaggi della
disperazione.
Funziona anche con gli immigrati africani che sperano di trovare in Israele la terra
promessa e finiscono nei cubi di cemento
del centro di detenzione di Holot o, se non
accettano di sloggiare in Paesi terzi con
3.500 dollari di bakshish (una sorta di mancia), nella prigione di Saharonim. Sempre
che superino la bande di predoni torturatori nel Sinai e la costosa barriera anti“infiltratori” (pardon migranti) costruita
al prezzo di 350 milioni di dollari. C’erano
stati 10mila arrivi nel 2012, ora quasi nessuno (fonte Washington Post). Funziona
forse lì, certo non qui, nemmeno ai tempi
del limes romano. La verità è che l’Europa è
in deficit demografico, che in Italia facciamo troppo pochi figli, sprezzando nei fatti
le famiglie (gabbate dai Family day) e che
entro il 2060 il 27% degli abitanti in Italia
non sarà White latin catholic (Wlac). Il resto sono truffe elettorali ai danni degli elettori e dei più deboli. Se questo è un uomo.
13
Intervista
La Nato vista da Norfolk
MIRCO ZULIANI
vice comandante del Comando alleato
per la trasformazione (Act) di Norfolk
DIEGO SCARABELLI
Il quartier generale di Allied
command transformation (HqAct), con sede a Norfolk, in Virginia, è l’unico comando strategico della Nato presente su suolo nordamericano. Il Comando
alleato per la strasformazione
(Act) ha il compito di guidare
la trasformazione dell’Alleanza,
per renderla costantemente aggiornata. Opera principalmente
perseguendo lo sviluppo di tre linee di azione in sinergia tra loro:
processo di pianificazione della
difesa della Nato, adattamento
della dottrina d’impiego delle
Forze e sviluppo della loro interoperabilità attraverso soluzioni
innovative.
< Generale Zuliani, l’ultimo
Nato summit in Galles ha
approvato il Readiness action
plan. Quali sono le implicazioni
per le Forze italiane?
> Il nostro Paese intende partecipare alla Very high readness
joint task force (Vjtf) quale framework nation, al pari di altre
nazioni europee come Gran Bretagna, Germania, Spagna, Fran14
cia e Polonia. Le esperienze fatte
dalle nostre Forze con le Nato
response forces e in Afghanistan
saranno di ulteriore impulso
nell’implementazione della Vjtf,
permettendo un ritorno addestrativo e di interoperabilità di
indubbia portata.
< Molti Paesi sono coinvolti nel
programma Joint intelligence,
surveillance and reconnaissance
(Jisr), tra cui l’Italia con la
base di Sigonella. Quali sono
i benefici che l’Alleanza può
aspettarsi dal Jisr?
> I benefici sono principalmente
due. Il primo è l’interoperabilità.
È un requisito fondamentale poiché nei conflitti moderni sono
necessari sistemi che possano
scambiarsi informazioni in merito ai dati raccolti. Il secondo è
che questa iniziativa rappresenta
un modello di solidarietà all’interno dell’Alleanza e un esempio
pratico di difesa efficace ed efficiente. In particolare poi, a livello
europeo, emerge una progressiva
consapevolezza nella necessità
di colmare il ritardo in un settore
(quello degli Uav) che ha anche
una notevole potenzialità di mercato. La creazione di un drone
comune porterebbe le aziende
europee a penetrare in un mercato in forte ascesa, tanto più che
l’odierna dipendenza dagli Stati
Uniti sta cominciando a essere
percepita come una limitazione
alle esigenze operative attuali e
futuribili. L’Italia in questo settore è in prima linea. Grazie alla
grande esperienza operativa sin
qui acquisita nei vari teatri operativi e, inoltre, in considerazione che entro il 2017 la base
di Sigonella ospiterà il sistema
d’arma Alliance ground surveillance (Ags), programma di smart
defence della Nato, che fornirà ai
Paesi le capacità di intelligence,
sorveglianza e ricognizione a supporto delle operazioni dell’Alleanza. Da qui hanno già operato i
droni impiegati a pattugliamento
di Mare nostrum e quelli usati ad
esempio per monitorare l’attività
dell’Etna.
< Durante le ultime missioni
condotte dalla Nato è stata
giugno 2015
“La Nato negli anni è passata dall’essere un’organizzazione
principalmente dedita alla difesa collettiva a una concentrata sulla
sicurezza cooperativa. Quest’ultima presuppone una più ampia
concezione della sicurezza e promuove il raggiungimento di obiettivi
sia militari sia di altro genere”
rilevata la necessità di ulteriori
acquisizioni di velivoli per il
trasporto di personale, mezzi e
rifornimenti nei teatri operativi.
Si procederà alla creazione di un
progetto Nato condiviso, oppure
i diversi Paesi acquisiranno i
nuovi assetti per conto proprio?
> Siamo orientati a uno strumento capace di condurre operazioni interforze e multinazionali, con una struttura agile, proiettabile e ready to use. In questo
contesto si inserisce la necessità
di mettere a sistema velivoli per
il trasporto nei teatri operativi,
anche alla luce dell’implementazione delle nuove Forze Nato
ad altissima prontezza quali la
Vjtf. Un esempio di questo tipo
è dato dal Comando europeo di
trasporto aereo. La missione di
tale Comando è quella di aumentare le capacità operative delle
nazioni partecipanti e di migliorare l’efficienza e l’efficacia nella
conduzione del trasporto aereo,
air-to-air di rifornimento e le
missioni di evacuazione. Abbiamo bisogno di risorse messe a
fattor comune, soprattutto in un
57
clima di spending review che, di
fatto, si deve considerare ormai
cronicizzato. Infatti, sia la smart
defense sia il pooling&sharing enfatizzano sinergie e solidarietà tra gli alleati che, definendo
congiuntamente le priorità e gli
obiettivi, dovrebbero giungere a
una convergenza d’interessi. Il
tutto in un sistema strutturato di
cooperazione. Con ciò le potenzialità dell’Alleanza risulteranno
sicuramente superiori rispetto
alla mera sommatoria di quelle
dei singoli Paesi.
< La Nato ha sviluppato
numerosi accordi di partnership
con Paesi dell’area euroatlantica,
del Mediterraneo e del Golfo
Persico. Pensa che siano
sufficienti ad allontanare
le minacce dai confini
dell’Alleanza?
> Programmi quali Partnership for peace, Mediterranean
dialogue, Istanbul Cooperation
initiative hanno l’obiettivo di
aumentare la stabilità internazionale e rafforzare i legami tra
gli Stati partner e l’Alleanza e si
basa su una serie di attività individuate congiuntamente dalle
due parti. Negli anni, la Nato è
gradualmente passata dall’essere un’organizzazione principalmente dedita alla difesa collettiva a una concentrata sulla
sicurezza cooperativa. Quest’ultima presuppone una più ampia
concezione della sicurezza e promuove quindi il raggiungimento di obiettivi sia militari sia di
altro genere; è basata sulla cooperazione piuttosto che sulla
deterrenza, riconoscendo il valore di accordi multilaterali per
il mantenimento della sicurezza regionale. Lo stesso allargamento dell’Alleanza atlantica ha
poi costituito un importante elemento di stabilità. Questo processo ha consentito di spingere
le riforme in senso democratico
nei Paesi del fianco est e di ancorarli saldamente all’occidente, diminuendo le possibilità di
involuzione ed il sorgere di conflitti. Pertanto, un allargamento
dell’Alleanza sarà in futuro il risultato di questo insieme di interazione con i vari Stati.
15
Difesa
UN GLOBAL HAWK MODIFICATO
PER L’ALLEANZA
La versione modificata del Global hawk RQ-Block 40 entrerà a far parte
della strumentazione Nato per la sorveglianza aerea di tipo High-altitude
long-endurance (Hale). A capo del team industriale di produzione del
sistema c’è la statunitense Northrop Grumman, supportata dalle aziende
del settore della difesa dei Paesi che stanno finanziando il programma.
Tra queste spiccano Airbus Defence and Space della Germania, Kongserg
della Norvegia e Finmeccanica con Selex Es dell’Italia
VALERIA SERPENTINI
La tecnologia fa passi da gigante. E con essa nuovi strumenti permettono all’uomo di avere un
controllo sempre più preciso e costante sulle evoluzioni in corso, siano esse di ordine geopolitico,
ambientale o sociale. Sulla scena oggi si presenta una versione modificata del Global hawk RQBlock 40, che entrerà a far parte della strumentazione Nato per la sorveglianza aerea di tipo Highaltitude long-endurance (Hale). Si tratta di droni
in grado di volare molto più in alto dei normali
aerei a comando remoto, a circa 18 km di altezza, riuscendo ad avere una visuale molto ampia.
Grazie all’avanzata tecnologia di cui dispongono,
sono in grado di rimanere in volo per 30 ore, andando così a rappresentare un affidabile supporto per il reperimento di dati e la sorveglianza del
territorio che garantisce una migliore prevenzione e tempestiva risoluzione di situazioni critiche.
Risale al 28 febbraio 1998 il volo del primo Global hawk, aereo che ha permesso alle missioni
Usa di ottenere nel tempo performance di sempre
maggiore successo. Sono numerose le operazioni
che oggi vedono coinvolti i Global hawk: ad esempio, due mesi dopo l’attentato terroristico di New
York del 2001, un Global hawk è stato dispiegato sull’area del Golfo Persico e nel 2011 ha sup16
portato le operazioni di terra in Libia. Sono state
sviluppate nuove e potenziate versioni del drone.
Si è passati dal Block 10 al Block 20, 30 e 40, oltre a una versione pensata specificatamente per
la sorveglianza marittima: il Global hawk triton.
È cresciuto anche il numero degli acquirenti che
hanno deciso di dotarsi di questo strumento strategico, non da ultime la Corea e l’Australia. Anche
l’Europa ha il suo Global hawk; nel 2011 è stato
infatti consegnato a Manching in Germania l’Euro hawk, basato sul modello Block 20. Differentemente da quel che si potrebbe pensare, il Global
hawk non è utilizzato solo a supporto di missioni
militari. Nell’aprile 2010 la Nasa ne ha fatto uso
per potenziare la ricerca scientifica sul Pacifico
e sull’Artico; tra i suoi obiettivi rientra l’analisi
degli uragani per capirne la formazione e prevenirla. Anche le missioni umanitarie e le attività
di salvataggio in caso di disastri naturali trovano
nel Global hawk un efficace mezzo per rendere
le operazioni sempre più rapide e sicure. A titolo
di esempio, a seguito del terremoto-tsunami che
ha colpito il Giappone nel 2011, l’aereo ha permesso di localizzare rapidamente la posizione
dei superstiti e indicare agli operatori medici e ai
soccorsi di terra la via libera più breve per agire in
giugno 2015
CARATTERISTICHE TECNICHE
DEL GLOBAL HAWK RQ-4 BLOCK 40
APERTURA ALARE
39,9M
LUNGHEZZA
14,5M
4,7M
ALTEZZA
PESO LORDO
AL DECOLLO
ALTITUDINE MASSIMA
14.628 KG
18,3 KM
CARICO
1.360 KG
VELOCITÀ
DI CROCIERA
310 NODI
RESISTENZA MASSIMA
IN VOLO
30 ORE
assenza di rischi e salvare quante più vite possibile. Parlando di droni, è necessario fare cenno anche alle questioni legate alla sicurezza. I Global
hawk sono gli unici velivoli a comando remoto
ad aver ricevuto la certificazione di volo militare
della Nasa. Non deve quindi spaventare il fatto
che questi aerei volino “da soli”. Il Global Hawk
presentato il 4 giugno a Palmdale rientra nel più
ampio sistema Alliance ground surveillance (Ags)
che si sviluppa nel framework della struttura Joint
intelligence, surveillance and reconnaissance
(Jisr) della Nato. Il finanziamento dello sviluppo
del sistema Ags ammonta a 1,7 miliardi di dollari, comprensivi delle attività di design, sviluppo,
dimostrazione e produzione. Nonostante siano
15 i Paesi dell’Alleanza che partecipano finanziariamente al programma, a usufruire delle nuove tecnologie in arrivo e a permetterne l’utilizzo
saranno tutti e 28 i membri. Tra gli elementi in
dotazione del sistema rientrano cinque Global
hawk RQ-4 Block 40, stazioni mobili per la ricezione ed elaborazione dei dati e una base centrale operativa situata a Sigonella, che funzionerà
anche come centro di utilizzo dei dati e centro di
addestramento, con un personale che si aggirerà
intorno alle 600 unità. A capo del team industria57
le di produzione del sistema c’è la statunitense
Northrop Grumman, supportata dalle del settore
della difesa dei Paesi che stanno finanziando il
programma. Tra queste spiccano Airbus Defence
and Space della Germania, Kongserg della Norvegia e Finmeccanica con Selex Es dell’Italia.
Dal punto di vista industriale, il livello di partecipazione del nostro Paese è particolarmente
rilevante. La collaborazione tra ministero della
Difesa e aziende del settore ha infatti permesso
di sviluppare un sistema-Paese che ha portato le
eccellenze italiane a emergere a livello internazionale. All’interno del programma Ags, Selex Es
fornisce una serie di elementi, attestandosi di fatto tra i partner privilegiati della Northrop Grumman. Nello specifico, oltre alla produzione delle
due stazioni di terra trasportabili (Transportable
general ground stations – Tggs), l’azienda italiana è responsabile del Mission operation support
(Mos), in base al quale verranno gestite tutte le tecnologie di terra del sistema Ags, garantendo attività di pianificazione, connessione, elaborazione
dati e sfruttamento delle potenzialità. Il Mos verrà
gestito da Sigonella attraverso due aree principali. La presenza italiana si fa sentire, quindi, anche
nella trasmissione dati tra i componenti di terra
17
I DIVERSI MODELLI
Sono state sviluppate nuove e potenziate
versioni del drone. Si è
passati dal Block 10 al
Block 20, 30 e 40, oltre
a una versione pensata
specificatamente per la
sorveglianza marittima: il
Global hawk triton
ANCHE L’EUROPA
LO HA SCELTO
È cresciuto anche il numero degli acquirenti che
hanno deciso di dotarsi
di questo strumento strategico, non da ultime la
Corea e l’Australia. Anche
l’Europa ha il suo Global
hawk; nel 2011 è stato
infatti consegnato a Manching in Germania l’Euro
hawk, basato sul modello
Block 20
USO DUALE
Differentemente da quel
che si potrebbe pensare,
il Global hawk non è utilizzato solo a supporto di
missioni militari. Nell’a-
e i Global hawk, di fatto resa possibile grazie alla
fornitura del Wide band data link (Wbdl), sistema di comunicazione a banda larga che permette
di stabilire un contatto bidirezionale costante in
tempo reale punto a punto fino a 45 Mbps. Selex
Es coordina anche le attività delle aziende bulgare (Bianor Services Limited, Technologica e Zavod Telefonna Aparatura) e rumene (Uti Systems
ed Elettra Communication) che partecipano al
programma. I componenti mobili delle Tggs
(Mobile ground comms components – Mgcc) e le
altre stazioni mobili (Mobile general ground stations – Mggs) sono prodotti dalla Airbus Defence
and Space. Si tratta di stazioni ideate per i bisogni
operativi e tattici, che rappresentano dei veri e
propri quartieri generali interforze. Per la raccolta dei dati il Global Hawk della Nato è dotato del
Multi-platform radar technology insertion program (Mp-Rtip). Grazie ai sensori Electronic support measures (Esm) e Identification friend or foe
(Iff) e alle informazioni Full motion video (Fmv),
il sistema Ags è in grado di individuare e trarre informazioni da oggetti statici e in movimento, fornendo dati in modo continuo e in tempo reale. In
termini pratici il Global hawk è capace di fornire
una serie di mappe dettagliate, accompagnate da
informazioni specifiche relative agli elementi che
18
prile 2010 la Nasa ne ha
fatto uso per potenziare
la ricerca scientifica sul
Pacifico e sull’Artico; tra
i suoi obiettivi rientra
l’analisi degli uragani per
capirne la formazione
e prevenirla. Anche le
missioni umanitarie e le
attività di salvataggio in
caso di disastri naturali
trovano nel Global hawk
un efficace mezzo per
rendere le operazioni
sempre più rapide e sicure
vengono osservati. Questi dati vengono poi associati alle rilevazioni di terra e degli altri velivoli
Medium-altitude long-endurance (Male) eventualmente presenti nell’area, in modo da fornire
agli operatori di terra un quadro completo della
situazione e assicurare il compimento di attività
di difesa e gestione delle situazioni critiche, evitando il più possibile la perdita di vite umane e
garantendo la sicurezza di chi opera a terra e in
mare. Conclusa la cerimonia di Palmdale, i prossimi appuntamenti riguardano: l’inaugurazione
del primo volo prevista per la fine dell’estate, la
consegna nel 2016 del primo aereo a Sigonella
e l’avvio dell’operatività del sistema Ags a fine
2017. La capacità operativa completa sarà possibile a partire dal 2018. Intanto la Nato si prepara
a utilizzare il suo nuovo aereo per la grande esercitazione conosciuta come Triden Juncture 2015,
che si dispiegherà a ottobre con la collaborazione
di Spagna, Portogallo e Italia. Infatti, con molta
probabilità, le oltre 25mila truppe coinvolte nella
più grande esercitazione Nato del periodo successivo alla Guerra fredda, saranno supportate
da un Global hawk messo a disposizione dall’Air
Force degli Stati Uniti, dotato dello stesso radar
del sistema Ags della Nato.
giugno 2015
CASAdiVETRO
Tommaso De Zan e Roberta Maldacea
programma Sicurezza e difesa, Iai
D1
Difesa e sicurezza Ue
- Ue lancia operazione
navale per contrastare
i trafficanti nel
Mediterraneo
- Due nuovi rapporti
chiedono maggiore
ambizione per la politica
di sicurezza e difesa Ue
- Eucap Sahel Niger
20
D2
pagina 21
rafforzata per arginare
l’immigrazione irregolare
- Aumenta il supporto
dell’Ue alla Repubblica
centrafricana
- Siria: Ue estende le
sanzioni contro il regime
e i suoi sostenitori
- Fondo fiduciario Ue:
40 milioni per i rifugiati
siriani
pagina 22
Difesa Nato
- Parte Nato Dynamic
mongoose, l’esercitazione
dell’Alleanza nelle acque
norvegesi
- La Nato manterrà una
presenza in Afghanistan
- La Polonia ospita
l’esercitazione Puma 2015
giugno 2015
D1
Difesa e sicurezza Ue
Operazione navale Ue contro
i trafficanti nel Mediterraneo
Il Consiglio ha istituito Eunavfor med,
un’operazione militare per contrastare il
traffico illegale di esseri umani nel Mediterraneo. La missione comincerà con una
prima fase di sorveglianza delle tratte
nel Mediterraneo centro-meridionale. La
seconda e la terza fase si concentreranno invece sulla ricerca, il sequestro e la
distruzione dei mezzi a disposizione dei
trafficanti, in collaborazione anche con
le autorità libiche. Il comando dell’operazione, affidato all’ammiraglio Enrico Credendino, avrà come sede operativa Roma.
Eunavfor med ha un costo stimato di circa
11,82 milioni di euro. Il lancio dell’operazione navale sarà all’ordine del giorno del
Consiglio Affari esteri nel mese di giugno.
Più ambizione per la politica di
sicurezza e difesa Ue
La Commissione e l’Alto rappresentante
hanno dato nuovo impeto alla politica di
sicurezza e di difesa europea. I due rapporti, inviati al presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, riassumono i progressi
compiuti nei settori-chiave della sicurezza
e difesa comune, evidenziando il ruolo di
facilitatore assunto dall’Ue nella cooperazione in materia di difesa, proponendo allo
stesso tempo una serie di iniziative per alimentare il dibattito in vista del Consiglio
europeo del 25 giugno.
57
Eucap Sahel Niger rafforzata per
arginare l’immigrazione irregolare
Il Consiglio ha deciso di rafforzare la missione civile Eucap Sahel Niger, fornendo
consulenza e attività di formazione alle autorità di sicurezza nigeriane per prevenire
l’immigrazione irregolare. In particolare,
la missione già promuove l’interoperabilità delle forze nazionali di sicurezza, lo sviluppo delle capacità d’indagine penale e il
coordinamento nella lotta contro il terrorismo e la criminalità organizzata. Il Niger si
trova in una posizione geografica cruciale
per i flussi migratori verso l’Europa: il 90%
dei migranti provenienti dall’Africa occidentale viaggia infatti attraverso il Niger
prima di raggiungere la Libia.
Aumenta il supporto dell’Ue alla
Repubblica centrafricana
L’Europa ha incrementato il proprio sostegno finanziario alla Repubblica centrafricana, Paese che si sta ancora riprendendo
dal recente conflitto. La Commissione
europea ha stanziato ulteriori 72 milioni
di euro, concentrati in aiuti umanitari (10
milioni), sostegno al bilancio (40 milioni)
e un nuovo contributo al fondo fiduciario
dell’Ue per la Repubblica centrafricana (22
milioni).
Siria: Ue estende le sanzioni contro
il regime e i suoi sostenitori
Il Consiglio ha esteso le misure restrittive
contro il regime siriano per un altro anno.
Alla lista è stato aggiunto un alto ufficiale
militare ritenuto responsabile di atti di repressione e violenza contro la popolazione
civile di Damasco. Attualmente le sanzioni
sono indirizzate a più di 200 individui e 70
entità. Il Consiglio ha inoltre prolungato
ulteriormente le misure già esistenti, tra
cui l’embargo petrolifero e le restrizioni su
alcuni investimenti, fino al 1 giugno 2016.
21
Fondo fiduciario Ue: 40 milioni per
i rifugiati siriani
Il nuovo fondo fiduciario regionale dell’Ue
ha finanziato i primi programmi europei
in risposta alla crisi siriana per un totale
di 40 milioni di euro. Il fondo fornirà aiuti
a 400mila rifugiati siriani e alle comunità
degli Stati ospitanti: Libano, Turchia, Giordania e Iraq. Le risorse saranno destinate
soprattutto a istruzione, mezzi di sussistenza e sicurezza alimentare, con una
particolare attenzione rivolta verso giovani e bambini. I fondi arrivano dal bilancio
europeo e dall’Italia, mentre la Germania
ha promesso altri 5 milioni, comunque ancora in attesa di approvazione da parte del
Parlamento tedesco. Ulteriori contributi
sono attesi entro la fine dell’anno.
D2
Difesa Nato
Nelle acque norvegesi parte Nato
Dynamic mongoose
La Nato ha iniziato l’esercitazione annuale
per testare le proprie capacità di guerra anti-sommergibile nel mare del Nord. A essa
ha partecipato per la prima volta anche
la Svezia. Dynamic mongoose consentirà
alle navi dell’Alleanza di esercitarsi in un
ambiente complesso e impegnativo. Prendono parte a Dyanamic mongoose quattro
sottomarini, tedeschi, norvegesi, svedesi e
statunitensi, a cui si sono aggiunte 13 navi
di superficie e due navi da ricerca, oltre ai
velivoli da pattugliamento forniti da Germania e Francia.
22
La Nato manterrà una presenza in
Afghanistan
I ministri degli Esteri dei Paesi Nato hanno
deciso che l’Alleanza manterrà una presenza in Afghanistan anche dopo la fine della
missione Resolute support. La nuova missione sarà di natura civile, anche se manterrà una componente militare. Le autorità Nato svilupperanno entro l’autunno un
piano per il mantenimento di questa presenza, il cui principale obiettivo sarà quello di addestrare le istituzioni di sicurezza
afgane e di renderle pienamente autosufficienti.
La Polonia ospita l’esercitazione
Puma 2015
L’esercitazione Puma, che si è tenuta in
Polonia occidentale, ha impegnato le forze
polacche, americane e francesi, con l’obiettivo di mettere alla prova la reattività e l’interoperabilità delle Forze armate dell’Alleanza. L’esercitazione ha visto in campo
mezzi corazzati di piccole e medie dimensioni, in particolare i carri armati americani M1A2 Abrams e i carri armati francesi AMX-56 Leclerc. Puma 2015 ha incluso
manovre avanzate in scenari realistici ed
esercitazioni di tiro, che hanno coinvolto
elicotteri, aerei, carri armati e artiglieria.
giugno 2015
STRATEGICAmente
Andrea Margelletti — presidente del CeSI
Una mossa europea
nello scacchiere
del Pacifico?
Lo scorso 29 maggio si è aperta a Singapore
la quattordicesima edizione dello ShangriLa dialogue (conosciuto anche come Asia
security summit), il vertice che riunisce annualmente ministri della Difesa e alti delegati, governativi e militari, impegnati nel
settore per discutere delle principali sfide
alla stabilità dell’area-Pacifico. L’assertività della condotta cinese nell’ambito delle
storiche dispute marittime nel mar Cinese orientale e meridionale, da un lato, e la
conseguente corsa agli armamenti e alle
più svariate forme di cooperazione militare da parte degli Stati rivieraschi, dall’altro, stanno logorando i rapporti all’interno
della regione. Il forum è stato l’occasione
per ribadire la necessità di creare un’architettura regionale, in grado di elaborare
una soluzione politica alle attuali tensioni
e di farsi garante della sicurezza dell’area.
La necessità di lanciare una simile iniziativa, fino a ora inesistente all’interno del
continente asiatico, potrebbe aprire nuove
e importanti finestre di dialogo non solo
per Paesi, come gli Stati Uniti, che ormai
hanno fatto del cosiddetto pivot to Asia la
punta di diamante della propria strategia
di lungo periodo. Tali spazi, infatti, potrebbero rappresentare incoraggianti opportunità di cooperazione anche per l’Europa, al
momento cauta spettatrice di una partita
giudicata troppo rischiosa o troppo poco
57
importante per poter essere giocata da
protagonista. La pluriennale esperienza
dell’Unione europea nel dar forma e, soprattutto, nel cercare di ponderare i diversi
interessi nazionali per creare una comunità politica – prima che economica – potrebbe rivelarsi un’importante carta da giocare
per rilanciare la relazione con i propri partner asiatici.
Un maggior impegno dell’Ue nella regione e, conseguentemente, un rilancio della
qualità della partnership in Asia consentirebbero a Bruxelles di uscire dall’ombra
dell’alleato statunitense per perseguire
una politica più autonoma e proattiva, che
permetterebbe all’Europa di fare il passo
decisivo per trasformarsi da perfetto maggiordomo in vero e proprio padrone di
casa. La presenza dell’Alto rappresentante
per la politica estera e di sicurezza dell’Ue
Federica Mogherini, intervenuta a chiusura del summit, sembrerebbe testimoniare
che qualcosa in questa direzione stia cambiando: il Vecchio continente pare cominciare a essere, se non pronto, per lo meno
più consapevole che nei prossimi anni sarà
sempre più necessario imparare a esprimere una voce univoca nel Pacifico, per poter assumere un ruolo attivo nella gestione
di minacce che, per quanto distanti, hanno
inevitabilmente ripercussioni sugli interessi internazionali.
23
Difesa
L’IMPULSO DI FORZA NEC
ALLA ELETTRONIC WARFARE
Con l’acronimo Nec, la Nato esprimeva l’idea di abilitare la capacità
di combinare in un’unica rete di elementi tra loro eterogenei in modo
da ottenere la loro interazione per raggiungere e mantenere una
desiderata superiorità strategica
LORENZO BENIGNI deputy Evp corporate marketing & strategy, Elettronica
La struttura e l’utilizzo dello strumento militare,
in un contesto strategico attuale di rapida evoluzione su scala globale, sembra essere influenzato
da alcuni elementi, tra cui: la rapida mutevolezza
degli scenari, che richiede forze efficaci – in termini qualitativi e quantitativi –, flessibili, mobili,
modulari e proiettabili, capaci di reagire alle crisi; la connotazione sempre più interforze e multinazionale delle operazioni all’estero, che necessita di elevati standard di interoperabilità con un
ampio spettro di partner; i vincoli economici che,
limitando significativamente i bilanci della difesa, rendono necessarie scelte sempre più basate
su una analisi costi-benefici; infine, il progresso
tecnologico particolarmente rapido soprattutto
nel settore della Information technology (It) e
della protezione delle forze, che determina la rapida obsolescenza dei sistemi e impone un processo di continuo aggiornamento.
In particolare l’It ha introdotto, prima nel settore
civile, una serie di nuove potenzialità quali la rapidità e ubiquità delle comunicazioni, la facilità
di diffusione, di scambio e di condivisione delle
informazioni in vari formati e una sempre maggiore economicità nel realizzare questo tipo di
azioni. Ciò rappresenta una vera rivoluzione, risultata decisiva per molti settori della vita dell’uomo e non poteva, dunque, non avere ricadute anche sul settore della difesa, con la conseguenza di
24
una vera e propria corsa alla digitalizzazione degli
eserciti in numerosi Paesi ormai da diversi anni.
Come accade di frequente nel campo della tecnologia militare, l’impulso iniziale si è sviluppato
negli Stati Uniti alla fine degli anni 90, quando
venne introdotta la dottrina del Net centric warfare (Ncw), mentre Regno Unito e Francia hanno
iniziato un percorso analogo negli ultimi anni. A
livello Nato, nel 2002 nell’ambito del summit di
Praga, vennero concordate alcune importanti iniziative per acquisire, in tempi ristretti, un novero
di capacità giudicate irrinunciabili; tra queste, la
cosiddetta Network enabled capability (Nec) per
l’implementazione del processo di trasformazione. Con l’acronimo Nec, la Nato esprimeva l’idea
di abilitare la capacità (enable capability) di combinare in un’unica rete (network) di elementi tra
loro eterogenei – dottrinali, procedurali, tecnici,
organizzativi e umani – appartenenti a organizzazioni e livelli gerarchici diversi, in modo da ottenere la loro interazione per raggiungere e mantenere una desiderata superiorità strategica. Nei
fatti, il concetto Nec rappresenta una scelta meno
radicale rispetto a quella del Dod statunitense,
ma altrettanto efficace, preferita dalla Nato e da
molti altri Paesi compresa l’Italia.
Tra l’altro, proprio in questi ultimi anni anche
gli Usa hanno dovuto abbandonare, almeno in
parte, l’approccio iniziale di fronte all’inaccetgiugno 2015
IL RUOLO
DI ELETTRONICA SPA
Il programma Forza Nec è
finalizzato alla costituzione,
inizialmente, di una forza di
livello divisionale, idonea a
essere proiettata e a operare in uno spazio di manovra
digitalizzato, assicurando
l’interoperabilità a livello
interforze e multinazionale.
Elettronica Spa, fin dalla
fase iniziale di Risk reduction (2007), ha assunto il
ruolo di Design authority
della capacità “guerra elettronica”, sviluppando le
architetture funzionali e i
sistemi che si andranno via
via ad integrare agli altri sistemi d’arma e piattaforme
componenti la Forza Nec
tabile aumento dei costi del loro ambizioso programma. Il fulcro della teoria net-centrica risiede
nell’interconnessione in rete (sia essa cablata o
wireless) di sensori, cioè elementi tecnici o umani che percepiscono e rilevano attività naturali
e umane, decisori, cioè elementi che, sulla base
delle informazioni disponibili, assumono una
decisione, e attuatori, cioè elementi che mettono
in pratica la decisione. Tutti questi componenti
sono integrati in un’unica struttura, per sfruttare
sinergicamente informazioni e capacità operative, allo scopo di conseguire effetti coerenti con
gli obiettivi desiderati. Solo tramite il collegamento in rete e mediante la conseguente possibilità di accesso e condivisione delle informazioni
si ottiene la conoscenza condivisa della situazione (situational awareness), rappresentante il vero
moltiplicatore di forza.
Una forza net-centrica è pertanto in grado di operare in un’area geografica più ampia, con risorse
quantitativamente inferiori e “disperse” nello
spazio, con maggiore precisione, portata e capacità di sopravvivenza, in modo sincronizzato e
con un ciclo decisionale estremamente ridotto rispetto a una forza tradizionale, accrescendo proporzionalmente l’efficienza della propria azione
e le probabilità di successo.
Il paradigma Nec fornisce un effetto moltiplicatore anche sul pacchetto di capacità Ew costituito
57
da sensori, decisori e attuatori tipici dello strato
di guerra elettronica, in cui i sensori sono rappresentati da sistemi Electronic support measures
(Esm) operanti su segnali radar e comunicazioni,
i decisori sono le piattaforme di Comando e controllo di guerra elettronica (Ew-C2) e gli attuatori sono le contromisure elettroniche (Electronic
counter measures – Ecm) che vengono attivate,
in maniera più precisa e sincronizzata, a valle
del processo di situational assessment e decisione
effettuato presso i sistemi C2. In questo modo si
beneficia dell’interconnessione in rete di tutti gli
assetti Ew, così come delle informazioni che afferiscono da altri nodi di altre capacità interconnesse dalla rete, che contribuiscono ad arricchire
la Tactical picture coerentemente con gli sviluppi
delle operazioni.
Il programma Forza Nec è finalizzato alla costituzione, inizialmente, di una forza di livello divisionale idonea a essere proiettata e a operare in uno
spazio di manovra digitalizzato, assicurando l’interoperabilità a livello interforze e multinazionale. Elettronica Spa, fin dalla fase iniziale di Risk
reduction (2007), ha assunto il ruolo di Design authority della capacità “guerra elettronica”, sviluppando le architetture funzionali e i sistemi che
si andranno via via ad integrare agli altri sistemi
d’arma e piattaforme componenti la Forza Nec.
25
Difesa
UN DOCUMENTO PER
LA SICUREZZA DELL’ITALIA
Il Documento di programmazione pluriennale messo a punto dal
dicastero guidato da Roberta Pinotti rappresenta una cerniera
concettuale con i provvedimenti definiti nel Libro bianco. Nei
dati riportati, tra il 2010 e il 2017 la Difesa ha visto diminuire le
consistenze iniziali del bilancio dei settori investimento ed esercizio
MICHELE PIERRI
Il calo di investimenti nella Difesa preoccupa Via
xx settembre. L’allarme è posto, nero su bianco, nel nuovo Documento di programmazione
pluriennale (Dpp), messo a punto dal dicastero
guidato da Roberta Pinotti e che rappresenta una
cerniera concettuale con i provvedimenti definiti
nel Libro bianco.
Secondo i dati riportati, tra il 2010 e il 2017 la Difesa ha visto diminuire le consistenze iniziali del
bilancio dei settori investimento ed esercizio di
1.858,9 milioni di euro. Tagli avvenuti in un quadro dei rischi per la sicurezza euro-mediterranea
molto complesso che, spiega il testo, richiederebbe invece “risorse finanziarie stabili per poter
assicurare sviluppo e sostegno a progetti di lungo termine”, come avviene altrove. In Francia, ad
esempio, dove il 29 aprile è stato annunciato lo
stanziamento di 3,8 miliardi di euro in più da destinare a spese militari.
D’altro canto il documento conferma il proseguimento di programmi-chiave, che vedono protagonista Finmeccanica. Per la società guidata
dall’ad Mauro Moretti, uno di questi è il caccia
di quinta generazione di Lockheed Martin. Nello specifico, il testo illustra due scelte strategi26
che prese dal governo in relazione al velivolo. La
prima, di breve-medio periodo, limiterà fino al
2020 le acquisizioni di velivoli Joint strike fighter,
“oggi ipotizzato fino a un massimo di 38 velivoli”,
in “riduzione sia rispetto ai 101 originariamente
previsti per questo lasso di tempo, sia alle diverse
ipotesi che erano state fatte nel corso degli ultimi anni”. La seconda, di medio-lungo termine,
“prevede una rimodulazione della pianificazione
dell’intero programma per generare, fino al 2026,
un ulteriore efficientamento della spesa”.
Buona parte della partecipazione industriale al
programma F-35 – si legge – è centrata sull’impianto di Final assembly & check out (Faco) di Cameri, realizzato dalla Difesa e affidato ad Alenia
Aermacchi per l’assemblaggio dei velivoli e per la
produzione dell’assieme alare del velivolo (le due
ali e la parte centrale della fusoliera).
Per ciò che riguarda invece l’acquisizione di 15 velivoli (+ 3 opzionali) per l’addestramento avanzato
Aermacchi M-346 e del relativo supporto logistico,
gli oneri complessivi saranno di circa 660 milioni
di euro. Il programma è sostenuto con risorse del
ministero dello Sviluppo economico, con un investimento nel 2016 e 2017 di 116,5 e 105 milioni
giugno 2015
I PROGRAMMI-CHIAVE
CONTENUTI NEL DPP
Il documento conferma il proseguimento
di programmi-chiave
che vedono protagonista Finmeccanica. Uno
di questi è il caccia di
quinta generazione di
Lockheed Martin. Viene confermato anche il
programma destinato
ad assicurare il mantenimento delle capacità
operative della flotta di
velivoli da trasporto C27J Spartan (20 e 19,8 i
di euro. Il suo termine è nel 2020. Sempre per ciò
che riguarda Alenia, viene confermato nel Dpp il
programma destinato ad assicurare il mantenimento delle capacità operative della flotta di velivoli da trasporto C- 27J Spartan (20 e 19,8 i milioni
di euro stanziati nel 2016 e 2017).
Confermato anche il finanziamento del programma italo-francese Fremm, relativo all’acquisizione di dieci fregate europee multimissione in
sostituzione delle fregate Lupo e Maestrale. Al
programma, dagli oneri globali pari a circa 5.680
milioni di euro, partecipa Orizzonte sistemi navali, joint venture tra Fincantieri (51%) e Finmeccanica (49%). Piazza Monte grappa partecipa al programma Fremm attraverso Selex Es, Oto Melara,
Wass e Mbda.
Anche questa iniziativa è sostenuta con risorse
del Mise, mediante finanziamenti che prevedono
stanziamenti diretti per 516 milioni di euro nel
2015, 332 nel 2016 e 299 nel 2017.
La Difesa continuerà a puntare anche su Forza
Nec, il programma di modernizzazione delle Forze armate e per la digitalizzazione della componente terrestre, al quale Finmeccanica partecipa
con Selex Es. A fronte di oneri globali pari a circa
57
milioni di euro stanziati
nel 2016 e 2017). Confermato anche il finanziamento del programma
italo-francese Fremm,
relativo all’acquisizione
di dieci fregate europee
multimissione in sostituzione delle fregate Lupo
e Maestrale. La Difesa
continuerà a puntare anche su Forza Nec e per
la digitalizzazione della
componente terrestre, al
quale Finmeccanica partecipa con Selex Es
ATTENZIONE AL CYBER
Per la parte cibernetica,
il Dpp conferma le collaborazioni con Ibm, Microsoft e Oracle, e prevede
lo sviluppo di capacità
C4-Istar. Cresce l’esigenza d’investire su progetti
innovativi. Come quelli
della stessa Selex o di
Elettronica, che assieme
a Expert System ha dato
vita a una newco (CY4
Gate) dedicata proprio ai
temi cyber
940 milioni di euro, il suo completamento è previsto nel 2021. Per il 2016 e 2017 la contribuzione
del Mise sarà di 112 e 114 milioni di euro.
Spazio anche ad Alliance ground surveillance, il
programma promosso in ambito Nato per sviluppare un sistema aereo di sorveglianza terrestre
e marittima composto da droni, come il Global
Hawk RQ-4 Block 40, presentato la prima settimana di giugno a Palmdale, California, e che
vede coinvolta Finmeccanica-Selex Es sul piano
industriale e la base di Sigonella dal punto di vista operativo. In questo caso, l’impegno del nostro Paese si attesta a 27,1 milioni di euro per il
2016 e 9,7 milioni per il 2017.
Grande enfasi, infine, è destinata nel Dpp ai temi
dell’elettronica per la Difesa e dell’intelligence. In
questi campi spiccano le collaborazioni con Ibm,
Microsoft e Oracle, ma anche lo sviluppo di capacità C4-Istar, il sistema di controllo basato sulla
centralizzazione e lo scambio delle informazioni.
Queste dimensioni sono ormai strategiche e cresce l’esigenza d’investire su progetti innovativi.
Come quelli della stessa Selex Es o di Elettronica,
che assieme a Expert System ha dato vita a una
newco (CY4 Gate) dedicata proprio ai temi cyber.
27
Il Libro bianco non è un documento di public diplomacy, ma un testo
che costituisce un riferimento per chi dovrà portare avanti un processo i cui dettagli sono ancora da definire. Il documento persegue
due obiettivi: innanzitutto, si intende spiegare la metodologia che
dovrà essere seguita nel corso di una futura serie di studi, destinati a
Paper
LIBRO BIANCO,
MODELLO DI DIFESA
O ENNESIMO RINVIO?
FERDINANDO SANFELICE DI MONTEFORTE ammiraglio di squadra
Bisogna riconoscere che il linguaggio adoperato nel Libro bianco della
Difesa è quello tipico degli addetti
ai lavori, il che lo rende poco adatto
al grande pubblico. Non si tratta
quindi di un documento di public
diplomacy, ma di un testo che costituisce un riferimento per chi dovrà
portare avanti un processo i cui dettagli sono ancora da definire.
Infatti, basta una rapida lettura per
capire che il Libro bianco persegue
due obiettivi. Anzitutto si intende
spiegare la metodologia che dovrà
essere seguita nel corso di una futura serie di studi, destinati a definire
un nuovo modello di strumento
militare. Il richiamo a una futura “revisione strategica della difesa che
terminerà con la definizione di una
nuova pianificazione generale con
prospettiva quindicennale” ne è la
conferma.
Ma il Libro bianco annuncia pure
che, per motivi d’urgenza, qualche
provvedimento dovrà essere preso a
breve termine. Particolarmente chiara, a tal proposito, è l’affermazione
28
secondo cui gli “aggiustamenti nei
livelli di preparazione delle forze
possono essere ottenuti più velocemente rispetto a modifiche della
struttura e composizione delle unità”. Il secondo obiettivo è quello di
annunciare, sia pure a grandi linee,
una serie di riforme organizzative,
che – nell’intenzione dei compilatori
– dovrebbe migliorare la gestione
dello strumento e renderla più trasparente di fronte al governo e al
Parlamento.
Malgrado la prudenza e l’involuzione del linguaggio, non alieno da
pochi, seppur significativi, errori
(si veda, ad esempio, il riferimento
a strutture “composte prevalentemente da personale di leva”),
alcune delle linee direttrici che si
intende seguire in questa ristrutturazione trapelano in modo abbastanza evidente. La prima novità
è la decisione di procedere con un
nuovo sistema di gestione dei livelli
di prontezza e di preparazione delle Forze. Si tratta, in sostanza, di
determinare quali Forze debbano
essere pronte all’azione in tempi
brevi – concentrando su di esse gli
sforzi economici per assicurarne
l’efficacia – e quali invece debbano
rimanere a livelli di prontezza inferiori. Si tratta di una scelta dolorosa
e difficile, dato che questo porta a
uno strumento “a due velocità”, con
interi reparti destinati a rimanere a
ranghi incompleti e dotati di mezzi
antiquati, oppure basati su riservisti
e, quindi, utilizzabili in compiti di
minor impegno, previo un notevole
preavviso.
In merito, una prima indicazione di
quali scelte si intenda effettuare è
rilevabile dall’intendimento a “preservare e rafforzare quelle capacità
che rappresentano, per tradizione,
un livello di capacità raggiunto, vere
e proprie aree di eccellenza”, oltre
che a “mantenere una significativa
capacità di deterrenza costituita da
una forza integrata di combattimento che sia moderna e impiegabile,
per un periodo limitato, negli scenari a più alta intensità”.
Se si pensa che in questi ultimi degiugno 2015
definire un nuovo modello di strumento militare; il secondo obiettivo
è quello di annunciare, sia pure a grandi linee, una serie di riforme organizzative che – nell’intenzione dei compilatori – dovrebbe migliorare la gestione dello strumento e renderla più trasparente di fronte
al governo e al Parlamento
cenni abbiamo tradizionalmente
fornito contributi alle operazioni
internazionali, basati su contingenti
prevalentemente terrestri, numerosi
ma poco armati, e quindi con funzioni prevalentemente sussidiarie di
controllo del territorio, si può vedere
quanto queste due affermazioni siano in contrasto tra loro.
Se, infatti, prevarrà l’intendimento
di sviluppare questo tipo di settori
tradizionali, si continuerà a possedere uno strumento supplementare,
e quindi subalterno a quelli altrui,
anziché averne uno complementare,
con pari dignità decisionale rispetto
ai nostri partner.
Se questo, in ambito Nato, è sempre stato inevitabile, non si può dire
che sia prudente accettare la nostra
supplementarietà in ambito europeo,
dove le divergenze di interessi e di
approcci tra nazioni sono sempre
state notevoli, e la questione della Libia, nel 2011, lo ha dimostrato.
L’intenzione però di produrre alcuni
“pacchetti di capacità”, ovvero delle
forze integrate e multi-dimensionali
57
in grado di svolgere un compito
significativo, lascia adito a qualche
speranza, a condizione che questi
pacchetti vengano scelti bene. La
seconda novità consiste nello sviluppare le forze di riserva. Finora,
queste sono state utilizzate per
disporre di alte professionalità tipiche del mondo civile, e con buoni
risultati. Ampliare il settore aggiungendovi altri contenuti professionali
o, peggio, di “capacità a più basso
contenuto di professionalità specifica” significa sostenere uno sforzo
finanziario significativo per addestrare periodicamente questa massa
di riservisti.
L’esperienza dimostra infatti che i
risultati ottenuti nel passato sono
stati quantomeno dubbi e ciò fa
temere che la spesa fatta andrà a
detrimento delle risorse disponibili
per lo strumento principale, senza
migliorare la postura del complesso
di forze. Dato che i riservisti a basso
contenuto di professionalità sono
solo in grado di costituire reparti
di seconda linea, da attivare “su
chiamata”, ciò sembra confermare
l’intenzione di passare allo stato di
reparto quadro alcune unità esistenti, come accennato prima. La
terza novità è costituita dall’intenzione di condurre “una profonda
revisione concettuale della struttura
di supporto alla direzione politica
del dicastero” in modo da renderla
più snella ed efficace, sia nell’ambito tecnico-operativo, sia in quello
tecnico-amministrativo.
Indubbiamente, l’ammissione che
l’attuale struttura sia ancora dimensionata per “gestire Forze armate
di dimensioni più ampie di quelle
attuali” è indicativa del fatto che “la
testa” delle Forze armate sia oggi
ben più massiccia del loro “corpo”
e che sia necessario semplificarla,
dedicando così maggiori risorse
umane non solo alla componente
operativa, ma anche e, soprattutto,
alle strutture multinazionali le cui
esigenze sono in continua crescita.
Si tratta di un’opera meritoria già
tentata in passato, ma che è fallita
prevalentemente per ragioni inter-
29
TRA FORZE E SFORZI
ECONOMICI
La prima novità è la
decisione di procedere
con un nuovo sistema
di gestione dei livelli di
prontezza e di preparazione delle Forze. Si
tratta di determinare
quali Forze debbano
essere pronte all’azione
in tempi brevi – concentrando su di esse
gli sforzi economici per
assicurarne l’efficacia
– e quali invece debba-
no rimanere a livelli di
prontezza inferiori. Si
tratta di una scelta dolorosa e difficile, dato
che questo porta a uno
strumento “a due velocità”, con interi reparti
destinati a rimanere a
ranghi incompleti e dotati di mezzi antiquati,
oppure basati su riservisti e, quindi, utilizzabili
in compiti di minor impegno, previo un notevole preavviso
ne: in particolare, l’espansione negli
ultimi decenni di strutture interforze
– lo stato maggiore Difesa in primis
– senza che fossero modificate le
attribuzioni per legge di quelle preesistenti, ha creato una situazione
in cui le decisioni non sono prese da
chi ne è responsabile.
Altre nazioni occidentali hanno
condotto a soluzioni efficaci in tal
senso. Bisogna vedere se sarà possibile seguirle su questa strada, o
se si creerà un moloch ancora più
impacciato e inefficace di chi lo ha
preceduto.
In questo ambito, viene infatti dichiarato l’intendimento di affidare al
capo di stato maggiore della Difesa
ulteriori competenze, e precisamente quella logistica, della formazione
e della “generazione e preparazione
delle Forze”. Troppe funzioni affidate a una sola figura di vertice ne
provocano la saturazione, per la
molteplicità dei suoi impegni, con
conseguente perdita di attenzione
e di efficacia nell’opera di alta direzione.
Già nel 1910, quando in Francia furono centralizzate molte funzioni nella
30
loro Marina, si notò che i vertici del
ministero avevano perso la capacità
di controllare molte tra le attività
che erano state tolte alla periferia. Uno studioso dell’epoca, René
Daveluy, osservava: “I dossier si
spandono nelle direzioni degli uffici
competenti; e spesso è un oscuro
burocrate (plumitif=pennaiuolo) che
trova la soluzione a una questione
sottoposta all’approvazione del
ministro da un ammiraglio comandante in capo”. Questa è una realtà
per tutti gli organi centralizzati che
svolgono un numero troppo elevato di funzioni. Bisogna dire che
l’agilità decisionale è un processo
che dipende più dalla sinergia e
dalla concordia dei vari attori, che
devono essere in grado di coordinarsi orizzontalmente, piuttosto che
da modifiche strutturali. Le accese
divergenze di questi ultimi decenni, con le connesse resistenze al
cambiamento del nostro strumento
militare, dall’attuale postura aeroterrestre da Guerra fredda a uno più
bilanciato, non lasciano molti margini di ottimismo.
Non a caso, tali dubbi sembrano
DUBBI SUL POTENZIAMENTO
COMPETENZE CAPO SMD
Nel documento viene dichiarato l’intendimento di affidare al
capo di stato maggiore della
Difesa ulteriori competenze, e
precisamente quella logistica,
della formazione e della “generazione e preparazione delle
Forze”. Troppe funzioni affidate
a una sola figura di vertice ne
provocano la saturazione, per la
molteplicità dei suoi impegni,
con conseguente perdita di attenzione e di efficacia nell’opera di alta direzione
avvalorati dal documento, che conferma il livello di “consistenza numerica di 150mila unità” da tempo
considerato eccessivamente ambizioso, in rapporto alle risorse. Chi
ricorda la vana battaglia per liberare
risorse, allo scopo di ammodernare
il nostro strumento militare, condotta dal ministro Di Paola – fu sua
la definizione del nostro strumento
come uno “stipendificio”, il che portò a numerose proteste – non può
esimersi dal vedere questo attaccamento a consistenze numeriche elevate come l’intenzione di mantenere
uno strumento numeroso ma di
bassa qualità, vista la realtà finanziaria del nostro Paese. Non si può
infatti avere una forza numerosa e
allo stesso tempo moderna, efficace e adeguata alle sfide del futuro,
senza aumentare di gran lunga le
spese militari, cosa assolutamente
non realizzabile nella nostra situazione economica.
Peraltro, uno strumento numeroso,
anche se di bassa qualità, è stato
visto, nei centocinquant’anni di vita
nazionale, come una necessità motivata essenzialmente da ragioni di
giugno 2015
TRA UNITÀ E QUALITÀ
Il Libro bianco conferma
il livello di “consistenza numerica di 150mila
unità” da tempo considerato eccessivamente
ambizioso, in rapporto
alle risorse. Chi ricorda
la vana battaglia per
liberare risorse, allo
scopo di ammodernare il nostro strumento
militare, condotta dal
ministro Di Paola, non
può esimersi dal vedere
questo attaccamento a
consistenze numeriche
“concorso alla salvaguardia delle
libere istituzioni in caso di necessità
e urgenza”. Va detto che tale ruolo,
sebbene poco pubblicizzato, ha richiesto più volte impegni consistenti di ordine pubblico ai nostri militari, anche negli ultimi decenni.
Non tutti ricordano le operazioni
Campania e Vespri siciliani, e pochi
prestano attenzione all’attuale operazione Strade sicure, che impegna
il nostro esercito con migliaia di
militari. Questo avviene malgrado
la notevole crescita in cinquant’anni
della consistenza numerica delle
nostre forze dell’ordine, ora arrivate
a quasi 400mila uomini e donne,
se si considerano anche le polizie
locali.
Siamo infatti, da sempre, un Paese
intrinsecamente instabile, nel quale
le tensioni sono notevoli e l’illegalità
è fin troppo diffusa, tanto da comportare l’esistenza di organizzazioni
che in altri Paesi sarebbero definite
“bande armate”. Non parliamo poi
dei nostri disastri naturali, in parte
dovuti alla nostra scarsa preveggenza nel gestire l’ambiente, ma il
più delle volte legati alla notevole
57
sismicità del nostro territorio.
A questo punto, appare chiaro quale sia la preoccupazione prevalente
dei nostri leader politici e militari:
anche di fronte a un quadro internazionale che mette in pericolo la
nostra precaria esistenza economica e alimentare – si ricordi che
la tragedia del Norman Atlantic ha
contribuito alla improvvisa crescita
del prezzo dell’olio d’oliva – i nostri
problemi interni sono considerati
ancora più preoccupanti.
Questo spiega perché sia stato deciso di rinviare la definizione del nostro strumento militare in funzione
delle minacce esterne, affidandola
a un’opera di revisione strategica,
i cui contenuti “rappresenteranno i
riferimenti per la formulazione della
legge pluriennale sugli investimenti
per la Difesa che il governo presenterà al Parlamento per la sua valutazione e approvazione”, insieme
alla prevedibile richiesta di stanziare
fondi extra bilancio ordinario, come
si è fatto finora per le missioni all’estero.
Sarà da vedere se questa linea d’azione sarà vincente, come peraltro è
elevate come l’intenzione di mantenere uno
strumento numeroso ma
di bassa qualità, vista la
realtà finanziaria del nostro Paese. Non si può
infatti avere una forza
numerosa e allo stesso
tempo moderna, efficace e adeguata alle sfide
del futuro, senza aumentare di gran lunga le spese militari, cosa assolutamente non realizzabile
nella nostra situazione
economica
avvenuto in tutto l’arco della nostra
vita nazionale. Leggi promozionali
sono state approvate periodicamente, in questo modo, fin dal
1877 e sono state l’unico modo per
ammodernare il nostro strumento
militare.
Questo spiega perché il Libro bianco ponga l’enfasi sulle riforme di carattere organizzativo, un’ammissione indiretta che il bilancio ordinario
della Difesa non ha in sé i margini
necessari per consentirci di fronteggiare, con mezzi adeguati, il mondo
sempre più ostile che ci circonda.
Ma il problema di fondo è che i nostri decisori, preoccupati come sono
dalle nostre fragilità interne, da una
parte dichiarano di voler limitare
gli impegni oltremare e dall’altra
decidono comunque di mandare
reparti piccoli e grandi a migliaia
di chilometri di distanza, ben al di
là di quanto da loro stabilito, senza
protezione – come è avvenuto per i
nostri Marò – non potendo dislocare, nelle zone di massimo pericolo,
le forze che dovrebbero sostenerli,
perché non ve ne sono a sufficienza.
31
Difesa
LA NUOVA ARTE
DELLA GUERRA CINESE
Molto più breve di quello italiano, il Libro bianco della Difesa reso
noto dalla Repubblica Popolare Cinese (dal titolo La strategia
militare della Cina) è diviso in sei capitoli. Fulcro del documento
sono il rafforzamento dell’alleanza con la Russia, in funzione
inevitabilmente anti-americana, e il cyber-spazio, terreno di battaglia
delle guerre di domani
ALESSANDRA MICELLI
“Il futuro della Cina è strettamente legato al resto
del mondo”. Esordisce così il Libro bianco cinese, mettendo le mani avanti e garantendo ai vicini
– non solo geografici – che la Repubblica Popolare Cinese non ha mire belliche o espansionistiche. “Le Forze armate cinesi resteranno devote al
mantenimento della pace” si legge nella prefazione de La strategia militare della Cina. Fulcro del
documento sono sicuramente il rafforzamento
dell’alleanza con la Russia, in funzione inevitabilmente anti-americana, e il cyber-spazio, terreno di battaglia delle guerre di domani. Molto più
breve del recente Libro bianco italiano, il testo
cinese è suddiviso in sei capitoli: situazione della
sicurezza nazionale; missioni e attività strategiche delle Forze armate cinesi; linee-guida strategiche di difesa attiva; costituzione e sviluppo delle Forze armate cinesi; preparazione ai conflitti
militari; cooperazione militare e di sicurezza.
In un concettuale ma altrettanto puntuale discorso sui mutamenti geopolitici, il primo capitolo ha un retrogusto che sa di deterrenza. Pur
riaffermando l’insussistenza di fini imperialisti,
il Partito comunista non rinuncia a delineare la
condicio sine qua non affinché l’equilibrio rimanga imperturbato, ovvero una politica statunitense non belligerante e, soprattutto, non invadente.
32
Sebbene una terza guerra mondiale appaia oggi
improbabile, vi sono altri pericoli che vanno tenuti sotto controllo. L’impero celeste fa particolare riferimento alla tensione nel Mar cinese
orientale e meridionale, oggetto di disputa fra
Giappone, Vietnam, Filippine, Malesia, Taiwan e
la stessa Cina: “Alcuni dei vicini – si legge testualmente nel documento – hanno provocato la Cina
rafforzando illegalmente la presenza militare
sulle coste e sulle isole” e “alcuni Paesi esteri si
stanno intromettendo negli affari del Mar cinese meridionale, mantenendo una costante sorveglianza aerea e marittima sulla Cina” motivo
per cui il Paese si sente obbligato a perseguire il
duro compito di salvaguardare gli interessi cinesi
da eventuali – non del tutto infondate – minacce.
Per quanto riguarda la questione Taiwan, invece,
il documento spiega come, nonostante i tentativi
di insurrezione delle forze separatiste, ci si diriga verso una serena condivisione delle risorse,
auspicio supportato dai pacifici rapporti portati
avanti negli ultimi anni. Lo Stato a partito unico,
inoltre, non trascura la corsa verso nuovi tipi di
armamenti, garantendo la resilienza della Cina
che dovrà – ma si legge saprà – affrontare le nuove
e “severe sfide alla sicurezza militare”. Il secondo
capitolo, dedicato alle missioni e alle attività stragiugno 2015
tegiche, tratta i fini peculiari della nazione. “L’obiettivo strategico nazionale cinese – esordisce
la sezione – è la realizzazione di una società prospera entro il 2021, quando il Communist party
of China (Cpc) compirà il suo centenario e di un
moderno Paese socialista che sia fiorente, forte,
democratico, culturalmente avanzato e armonioso entro il 2049, in occasione del centenario della
Repubblica Popolare Cinese”. Nel terzo capitolo, vengono delineati i principi per l’implementazione delle linee-guida della strategia militare
cinese, che riconducono inequivocabilmente alla
citazione del primo paragrafo: “Noi non attaccheremo finché non verremo attaccati, ma se attaccati contrattaccheremo senza dubbio”. Il quarto
capitolo, invece, si concentra sulla riforma e sullo
svecchiamento dell’esercito, affinché sia in grado
di proteggere lo Stato anche nel marasma delle
innovazioni belliche. Tale revisione riguarda tutti
i settori delle Forze armate, quelle di terra (Plaa),
quelle marine (Plan), quelle aeree (Plaaf) e finanche la Seconda forza d’artiglieria (Plasaf), orientandole verso un perfezionamento strategico e
un’importante focalizzazione sulle competenze
informatiche e digitali. Nel capitolo vi è anche un
intero paragrafo dedicato al cyber-spazio che “è
diventato un nuovo pilastro dello sviluppo eco57
nomico e sociale. Non pochi Paesi – si legge nel
testo – stanno sviluppando le proprie forze militari informatiche; ed essendo la Cina una delle
principali vittime di attacchi hacker accelererà
lo sviluppo della propria” perché sia per tempo
specializzata e competitiva. Non è un caso che il
governo cinese dedichi particolare attenzione al
cyber-spazio: poche settimane fa, gli Stati Uniti
hanno divulgato la nuova Cyber strategy facendo riferimento, peraltro, proprio alla Cina come
plausibile minaccia. Il quinto capitolo si concentra sulla prontezza al combattimento e sull’addestramento militare. La Cina deve essere pronta a
“combattere e vincere”, se attaccata, “mantenendo alta la vigilanza anche in tempo di pace”. L’addestramento deve essere “realistico”, temprando
e preparando fattivamente le truppe a eventuali
conflitti. Verrà dunque intensificata la formazione militare in condizioni geografiche, meteorologiche ed elettromagnetiche estreme. Il capitolo
conclusivo, tratta l’alleanza con la Russia, con cui
proseguiranno gli scambi e la cooperazione, rafforzando l’asse di potere fra due dei soggetti che
inevitabilmente rimandano alla Guerra fredda.
33
Speciale Grande guerra
IL PRIMATO (PERDUTO)
DELLA STORIA
Le tante iniziative per il centenario della Prima guerra mondiale
potrebbero indurre a credere a un momento felice per gli studi storici.
In realtà la scena culturale è dominata da discipline di matrice
ideologica, molto più influenti di quelle empirico-fattuali. Eppure,
contrariamente a quanto scriveva Fukuyama 25 anni fa, la storia
non è finita. Anzi, sarebbe bene studiarla
GREGORY ALEGI giornalista e storico
Riflettendo sul crollo del muro di Berlino, nel
1992 Francis Fukuyama introdusse nel dibattito
pubblico l’idea di una “fine della Storia” coincidente con la vittoria del sistema liberal-capitalistico. Il ventennio successivo ha sconfessato la
sua analisi: il mondo presunto “unipolare” si è
dimostrato molto più dinamico del precedente
quarantennio bipolare. Se nel mondo la realtà ha
prevalso sulla filosofia (e quindi la storia sull’economia e sulla politologia), nella cultura è successo il contrario. La storia come disciplina e come
professione accademica è in regresso.
Può sembrare strano parlare di crisi della storia
quando fioriscono iniziative sulla Prima guerra
mondiale. In realtà la storia non è fatta di anniversari, che nella migliore delle ipotesi sono strumenti per promuovere iniziative che avrebbero
avuto luogo comunque. Un rapido sguardo mostra che di rado gli studi significativi sono legati
alle ricorrenze. Classici quali Storia politica della
grande guerra di Piero Melograni (1972) o La grande guerra e la memoria moderna di Paul Fussell
(1975) prescindevano dagli anniversari e forse
34
sono sopravvissuti per questo. Una parte del problema è la riluttanza degli editori a investire in
vere novità, cosa che comporterebbe l’assumersi
un rischio d’impresa, ma darebbe anche l’opportunità di costruirsi un patrimonio di proprietà
intellettuale traducibile, ristampabile e rivendibile. Purtroppo gli anniversari, si fronteggiano
con logiche commerciali, riconfezionando alla
bell’e meglio contenuti, purtroppo, datati. Né si
fa storia con le moderne tecnologie informatiche
che ricolorano immagini o creano realtà virtuali.
Anche quando non si tratti di videogiochi mascherati, il risultato è una pericolosa confusione tra realtà e finzione, puntualmente riversata
in rievocazioni storiche più o meno accurate o
nell’incapacità di distinguere tra la “docufiction”
di Gandhi e la fantasia di Amadeus.
Anche gli storici hanno le proprie colpe. L’abbandono dell’impostazione tradizionale della storia
(quella basata su re, guerre, ministri ed eroi che
gli annalisti francesi disprezzavano come histoire evenementielle) ha portato a sostituire la storia
con le storie (o le “microstorie”). Alla ricostruziogiugno 2015
LE DATE ITALIANE
28 GIUGNO 1914
L’arciduca Francesco Ferdinando
d’Asburgo-Este, erede al trono
d’Austria-Ungheria, viene ucciso
a Sarajevo dal nazionalista serbo
Gavrilo Princip
24 MAGGIO 1915
L’Italia entra in guerra
contro l’Austria-Ungheria
15-22 GIUGNO 1918
Battaglia del Solstizio, i soldati
italiani bloccano l’avanzata
austro-ungarica
28 AGOSTO 1916
L’Italia dichiara guerra
alla Germania
3 NOVEMBRE 1918
Italia e Austro-Ungheria firmano l’armistizio a Villa Giusti
ne delle cose “come sono avvenute” cara a Ranke
si sono sovrapposte narrazioni che, parafrasando
il detto dei traduttori, potrebbero definirsi “come
le donne: più sono belle, meno sono fedeli”. Storie fatte per essere lette (meglio: consumate) o
per stupire (magari attraverso il linguaggio suggestivo), che privilegiano categorie interpretative
deboli (l’immagine), fallaci (la memoria condivisa) o comunque non generalizzabili.
A lungo andare, il rinnovamento della storia ha
messo in crisi il rapporto tra i soggetti studiati
e la loro rilevanza per la comprensione generale del passato, scivolando verso la negazione del
“fatto”. Ma poiché è impossibile battere gli ideologi al proprio gioco, la storia è oggi in secondo
piano rispetto a scienza politica, diritto, economia. La crisi d’identità si appalesa (per esempio)
nei programmi ministeriali dei licei italiani che
accorpano storia e geografia nell’ircocervo della
“geostoria”. Esito ultimo del depotenziamento
dei fatti rispetto alle interpretazioni è la trasformazione della storia in strumento ancillare delle
discipline il cui fondamento empirico-fattuale è
57
24 OTTOBRE 1917
Battaglia di Caporetto, la più
grande disfatta per l’esercito
italiano
da sempre minore rispetto all’impostazione filosofico-ideologica. Le conseguenze sono evidenti.
La discussione (ma soprattutto la sorpresa) sul
“rinascere” dei nazionalismi è basata sull’incomprensione (o negazione) della loro dimensione
storica, del legame con il principio dell’autodeterminazione dei popoli e della contraddizione
tra questa e la stabilità. Tutte lezioni connesse
allo studio della Prima guerra mondiale.
Anche in tante altre crisi del xxi secolo è facile
rintracciare la perdita di prestigio (e di potere)
della storia a favore dell’ideologia. Basti pensare
all’ambizioso e fallimentare esperimento di creare dal nulla Stati e organizzazioni statali sganciati
dalla maturazione economico-culturale delle società. O allo scontro con Putin, frutto dell’ignoranza delle costanti della storia russa, dal timore
dell’accerchiamento al latente senso di inferiorità rispetto all’occidente.
E ora chi spiega all’economista e scienziato politico Fukuyama che la storia non è finita?
35
Speciale Grande guerra
LE RAGIONI DELL’ITALIA
L’Italia entrò in guerra il 24 maggio del 1915, dieci mesi dopo
lo scoppio della Prima guerra mondiale avvenuto nell’agosto
del 1914. Il governo guidato da Salandra avviò le operazioni militari
contro l’Austria-Ungheria, partecipando a un conflitto
che avrebbe mutato il volto dell’Italia e quello dell’Europa
ANDREA UNGARI professore associato di Storia contemporanea presso l’Università Guglielmo Marconi
Come ci è stato ricordato nelle scorse settimane,
l’Italia entrò in guerra il 24 maggio del 1915, dieci
mesi dopo lo scoppio della Prima guerra mondiale
avvenuto nell’agosto del 1914. Quali furono i motivi di questo ritardo? Perché l’Italia alleata per più
di trent’anni della Germania e dell’Austria-Ungheria, non entrò al fianco dei suoi alleati? Per rispondere a queste domande bisogna ritornare al 20
maggio 1882, quando l’Italia firmò il trattato della
Triplice alleanza che la legava ai cosiddetti Imperi
centrali. Questa alleanza, che aveva natura prettamente difensiva e non offensiva, durante il periodo crispino fu rafforzata dall’ammirazione che sia
il presidente del Consiglio, Francesco Crispi, sia
il re, Umberto i, sia l’opinione pubblica italiana
avevano nei confronti della cultura tedesca. E per
cultura si intende non solo stima e considerazione
per la filosofia, la scienza, l’arte, ecc., ma ammirazione per la potenza industriale della Germania, timore per la sua forza militare, apprezzamento per
il modello politico tedesco che annoverava molti
sostenitori anche in Italia. Questa situazione cominciò a mutare a partire dalla fine del periodo
crispino (1896) e, soprattutto, con il nuovo secolo,
quando il giovane Vittorio Emanuele iii, succeduto al padre dopo il regicidio di Monza, diede una
direzione nuova alla politica estera italiana. Il sovrano, infatti, non solo coltivava una passione irredentista che lo spingeva ad accogliere le istanze di
coloro che rivendicavano le terre italiane soggette
36
all’Austria-Ungheria, ma, anche per il matrimonio contratto con la regina del Montenegro Elena
Petrovic-Njegos, pensava che una delle direttive di
espansione geopolitica italiana fosse rappresentata dai Balcani; prospettiva che, inevitabilmente,
metteva l’Italia in contrasto con la duplice monarchia. In tal modo, il sovrano cercò di riequilibrare
la politica estera italiana, dapprima siglando un
trattato di amicizia con la Francia (1902) e, successivamente, con la Russia (1909). Il che non vuol dire
che l’Italia rinunciasse alla Triplice alleanza: solo
che questa perse progressivamente la propria validità sostanziale, anche per l’atteggiamento progressivamente ostile dell’Austria-Ungheria che,
dapprima, negò l’Università italiana a Innsbruck,
poi coltivò l’idea di un attacco preventivo all’Italia
in occasione del maremoto che distrusse Messina
(1908) e, infine, annettendosi la Bosnia-Erzegovina (1908), senza prevedere compensi per l’Italia,
come invece era previsto dall’art. 7 dell’Alleanza.
Tutti questi atteggiamenti fecero sì che, malgrado
il rinnovo dell’Alleanza nel 1912, la qualità dei rapporti tra le nazioni coinvolte, soprattutto tra Italia
e Austria-Ungheria, fosse ormai molto deteriorata.
La Germania, poi, rinunciando a fare da intermediario, assecondò in tutto e per tutto il proprio alleato danubiano. Così, al momento dell’attentato
di Sarajevo, l’Italia non solo venne tenuta all’oscuro delle principali decisioni dei suoi alleati, ma le
venne rigettato qualsiasi tentativo di accordo bagiugno 2015
sato sul principio delle compensazioni che, per
l’Italia, non poteva che riguardare il Trentino. La
proclamazione della neutralità italiana avvenuta
il 3 agosto 1914 non deve, dunque, sorprendere. A
determinarla contribuirono l’impreparazione militare italiana, aggravatasi dopo la Guerra di Libia e
accentuata dalla politica di tagli voluta da Giolitti e
dal ministro della Guerra Spingardi, e un atteggiamento generale dell’opinione pubblica politicamente attiva che era fortemente ostile all’AustriaUngheria e che chiedeva l’intervento a fianco delle
potenze democratiche. Si aprì, così, un lungo dibattito all’interno del Paese tra coloro che volevano mantenere la neutralità (cattolici, liberali giolittiani e socialisti) e quanti invocavano l’entrata in
guerra (i liberali legati al presidente del Consiglio
Salandra, i radicali, i repubblicani, i nazionalisti e
i socialrivoluzionari). Questo dibattito, che pure fu
acceso e, a tratti, violento, non impedì al governo
di portare avanti le trattative diplomatiche. Dapprima con l’Austria-Ungheria: constatata l’impossibilità di ottenere quei territori (Trento e Trieste)
che l’Italia chiedeva e che le avrebbero consentito
di completare il Risorgimento nazionale, i vertici
politici e istituzionali italiani si rivolsero alla Triplice intesa (Francia, Inghilterra e Russia), siglando il 26 aprile 1915 il patto di Londra, con il quale
l’Italia avrebbe ottenuto, in caso di vittoria, Trento, Trieste e gran parte della Dalmazia, soprattutto
lungo la fascia costiera. Siglato il patto, il governo
57
italiano denunciò il trattato della Triplice alleanza per quanto riguardava l’Austria-Ungheria. Proprio a partire da questo avvenimento, si assistette
all’ultimo tentativo neutralista esperito da Giolitti
e dalla diplomazia segreta germanica. In quello
che fu definito il “radioso maggio”, si svolse un
duro scontro politico tra neutralisti e interventisti,
infiammati dall’oratoria del poeta Gabriele d’Annunzio. Tornato Giolitti a Roma, egli ebbe subito
il consenso della maggioranza dei parlamentari
liberali alla sua opzione neutralista, costringendo
Salandra a dare le dimissioni. A quel punto, il re –
che nell’ombra aveva sostenuto l’azione di Salandra e del ministro degli Esteri Sonnino e aveva ormai deciso di cogliere l’occasione storica per completare il Risorgimento nazionale – chiese a Giolitti di assumere la carica di presidente del Consiglio
precisando, però, che la sigla del patto di Londra
lo impegnava personalmente e che, quindi, avrebbe abdicato in caso di denuncia del patto stesso.
Di fronte al timore del vuoto istituzionale che si
sarebbe crea-to, Giolitti rifiutò l’incarico, come
lo rifiutarono gli altri parlamentari consultati dal
re. Alla fine, il sovrano ridiede l’incarico a Salandra
che, presentatosi alla Camera, ottenne un successo
inaspettato fino a pochi giorni prima. Rafforzato da
tale voto di fiducia, il governo si accinse, dunque, a
iniziare le operazioni militari contro l’Austria-Ungheria e a entrare in una guerra che avrebbe mutato
il volto dell’Italia e quello dell’Europa.
37
Speciale Grande guerra
IL CONFLITTO SOTTO
IL SEGNO DELL’AVIAZIONE
L’aviazione non si presentava alla grande prova della Prima guerra
mondiale in modo così sprovveduto come spesso si è voluto
far credere. Sebbene in ritardo soprattutto nella produzione
di velivoli competitivi, ha saputo ottimizzare un dispositivo
all’altezza degli avversari. Con il velivolo Caproni Ca.3, ha espresso
il primo bombardiere strategico della storia dell’aviazione
ALESSANDRO CORNACCHINI
Ventotto giugno 1914, è una domenica mattina quando l’arciduca Ferdinando e sua moglie,
Sofia Chotek, arrivano alla stazione di Sarajevo.
L’Europa è in uno stato, almeno apparente, di
prosperità e di pace e nulla fa presagire che 37
giorni più tardi inizierà una delle più terribili tragedie che l’umanità ricordi. Il conflitto, che inizia
in quell’estate del ‘14, avrebbe causato la mobilitazione di 65 milioni di soldati, decretato la fine
di tre imperi, provocato la morte di 20 milioni di
persone, tra militari e civili, e 21 milioni di feriti.
Una catastrofe dalla portata biblica intercalata da
orrori di ogni genere e ritenuta la causa scatenante delle sciagure che si sono succedute nel xx secolo. Si ritiene che sia stata la prima calamità del
cosiddetto secolo breve da cui sono discese tutte
le altre; questo è uno dei punti verso cui migliaia di studiosi di diverse estrazioni e nazionalità
convergono. I più prestigiosi analisti delle relazioni internazionali, d’altra parte, classificano i
fatti e gli eventi del 1914 come la crisi politica per
eccellenza, tanto ingarbugliata da rendere convincente qualsiasi ipotesi interpretativa. Quello
che colpisce l’osservatore di oggi, in realtà, è la
38
sostanziale modernità della crisi del 1914 che la
rende più comprensibile all’uomo contemporaneo rispetto a quello appartenente a un passato
anche recente. D’altra parte, la dinamica dei fatti
scatenanti e le relazioni che a essi sottendono è di
sorprendente attualità: dietro l’attentato di Sarajevo si nascondeva un’organizzazione terroristica
che coltivava il culto del sacrificio e della vendetta che esprimeva gruppo di fuoco di dinamitardi
suicidi. Questa organizzazione aveva una caratteristica extraterritoriale: non era collocata geograficamente, era costituita in cellule e aveva relazioni con i governi ufficiali a dir poco non ortodossi.
Le affinità con il mondo moderno sono fin troppo
semplici. Ecco, questo è sinteticamente il quadro
generale che racchiude l’immane tragedia della
Grande guerra. Ma dalle parti nostre cosa accadeva? Come si giunse a quel 24 maggio 1915, data
dell’entrata in guerra dell’Italia contro l’impero
Austro-Ungarico? Quale il ruolo dell’aviazione?
Questo centenario è, come spesso accade negli
anniversari importanti, anche l’occasione per
una rilettura degli eventi salienti di quel passaggio epocale del 1915, compreso lo scardinamento
giugno 2015
In alto, a sinistra:
Gabriele D’Annunzio.
In alto, a destra:
Francesco Baracca.
In basso: i relatori, la
91a squadriglia, nota
come Squadriglia degli
Assi
di alcuni luoghi comuni fortemente radicati nella lettura della nostra partecipazione alla Prima
guerra mondiale. Primo fra tutti la “leggenda
nera” del tradimento italiano, cara a una certa
storiografia “continentale”, ma anche un’interpretazione della Grande guerra in chiave totalmente negativa, come per anni è stata dispensata
a generazioni di alunni sui banchi di scuola. Una
guerra spesso rappresentata come non si deve,
svincolata da una seria prospettiva storica, decontestualizzata, con modalità che la rendono
del tutto incomprensibile o semplicisticamente
come il frutto della convergenza di più follie o di
biechi interessi.
In quest’ambito ci si deve anche interrogare se il
ruolo dell’aviazione così, come per decenni rappresentato, sia effettivamente rispondente alla
realtà. Crediamo sia opportuno anche in questo
campo, a distanza di un secolo dai fatti, andare oltre i miti e le suggestioni più comuni come
quello di una guerra aerea fatta essenzialmente
dagli assi della caccia, proposti come eroi “cappa
e spada” che agivano come avessero una questione personale con il nemico, in una sfida continua
57
e macabra con la morte. Che agissero, insomma,
non in aderenza di quei concetti basilari della
dottrina aerea che proprio nella Grande guerra,
invece, poneva le basi dei principi universali del
potere aereo e introduceva quella definizione di
competenza ambientale che è oggi la ragion d’essere dell’Aeronautica militare.
Un’aviazione, quindi, che non si presentava alla
grande prova in modo così sprovveduto – come
spesso si è voluto far credere – ma che, sebbene
in ritardo soprattutto nella produzione di velivoli competitivi e, in parte, nell’organizzazione sul
campo di battaglia, ha saputo, con un’azione efficace, risalire la china e ottimizzare un dispositivo
all’altezza degli avversari, moderno ed efficiente.
Un’aviazione, intesa in senso lato, che ha saputo esprimere, tra l’altro, con il velivolo Caproni
Ca.3, il primo bombardiere strategico della storia
dell’aviazione; indicato come la sintesi dei concetti fondamentali del potere aereo, resi vitali in
una favorevole sinergia e congiunzione intellettuale tra il pensatore Giulio Douhet, l’industriale
Caproni e il più grande “testimonial” dell’epoca,
Gabriele D’annunzio.
39
BUSSOLA
delMESELOCAL
NUOVO VOLO DA PISA A RIGA
CON AIR BALTIC
FINMECCANICA AL ROMA DRONE
CON IL FALCO DI SELEX ES
ALITALIA: RIPRESO VOLO DIRETTO
PISA-MOSCA
Air Baltic, compagnia di bandiera
lettone, ha presentato il nuovo collegamento settimanale Pisa-Riga, primo
collegamento non-stop tra la Toscana
e i Paesi Baltici. Air Baltic vola da Pisa
a Riga una volta alla settimana, con un
Boeing 737. “Siamo felici di aprire la
sesta delle rotte che collegano diverse
città italiane con Riga”. Ha detto Christophe Viatte, direttore commerciale
di Air Baltic. “Una bella opportunità
per la Toscana che si apre a flussi di
turismo del tutto nuovi”, ha detto Gina
Giani, amministratore delegato e direttore generale Sat.
Il velivolo tattico senza pilota Falco,
realizzato da Finmeccanica-Selex Es
e impiegato per attività di sorveglianza, è stato in mostra al Roma Drone
2015. La società ha partecipato alla
manifestazione anche attraverso una
presentazione delle capacità relative
ai velivoli a pilotaggio remoto prodotti
dall’azienda. Dai micro ai mini Uav fino
al Falco e alla sua evoluzione Falco
Evo, Selex Es offre una gamma di velivoli anche nel campo della sicurezza
civile.
Alitalia ha ripreso i voli fra Pisa e
Mosca che saranno effettuati con
frequenza trisettimanale fino al 13
settembre. Questo servirà al vettore
a consolidare la propria presenza
sull’aeroporto Galileo Galilei dal quale,
questa estate, servirà sette destinazioni nazionali e internazionali: RomaFiumicino, Catania, Olbia, Praga, Berlino, Tirana e Mosca, con 53 frequenze
settimanali. I collegamenti stagionali si
associano ai voli attivi tutto l’anno da
Pisa verso Fiumicino, Catania, Tirana,
Praga e Berlino. Il volo per Mosca è
l’unico collegamento diretto da e per
la Toscana.
IL T-346A A GROSSETO CON L’EFA
ENAV APPROVA IL BILANCIO 2014
CHINA EASTERN:
NUOVO VOLO DA FIUMICINO
A maggio, uno dei T-346A in dotazione al 61° Stormo di Lecce è stato rischierato a Grosseto, sede del 4° Stormo. L’attività si è inquadrata nell’ambito delle azioni finalizzate a standardizzare e ad armonizzare i syllabi, i
manuali di volo, le procedure e la fraseologia tra i corsi Lead in to fighter
training svolti sul 212° Gruppo volo di
Galatina e i corsi di Conversione operativa svolti sul 20° Gruppo Ocu del 4°
Stormo. L’obiettivo è la messa a punto
dei profili di missione della fase finale
del primo corso Istruttori tiri e tattiche
della linea Eurofighter, che si svolgerà
a Grosseto questo mese.
40
La compagnia aerea China Eastern
ha attivato un nuovo collegamento
diretto fra Ningbo, nell’est della Cina,
e Roma-Fiumicino. I voli, primo servizio diretto dalla città all’Europa, sono
cominciati il 28 maggio scorso con
charter. Se la richiesta sarà adeguata,
in futuro la tratta potrà essere trasformata in servizio di linea. “La capitale
d’Italia è una porta d’accesso naturale
al Paese e noi operiamo già con successo un volo giornaliero da Shanghai”, ha fatto sapere China Eastern.
Il cda di Enav ha approvato il progetto di Bilancio d’esercizio 2014, che
chiude con un utile netto di 40 milioni
e un’Ebitda di 224 milioni. Il bilancio
2014 è il migliore di sempre, considerato l’effetto negativo dell’inflazione.
Il risultato è stato raggiunto grazie
a “un’ottima gestione, economicofinanziaria e operativa, e al rafforzamento della qualità del servizio, ad
una più efficiente gestione dei costi e
all’espansione dell’attività commerciale anche nei mercati internazionali”.
L’attività commerciale è cresciuta del
44% e nei mercati internazionali del
21% rispetto al 2013.
giugno 2015
BUSSOLA
delMESELOCAL
IL VULCAN DI OTO MELARA
PER I C-27J DELL’AM
SELEX ES E IBM INSIEME
SULLA CYBER SECURITY
Il sistema d’arma a canne rotanti M61A1 Vulcan di Oto Melara, sviluppato
per la trasformazione dei velivoli da
trasporto tattico C-27J in cannoniera volante, equipaggerà gli Spartan
dell’Aeronautica. Montato su pallet
Nato, il cannone da 20 mm con sistemi elettro-ottici all’infrarosso, realizzati da Selex Es è installabile sul C-27J
in pochi minuti e può rimanere invisibile fino all’apertura del portellone di
lancio. Messo a punto con fondi della
Difesa, il sistema, già certificato sullo
Spartan, verrà prodotto in sei esemplari per le esigenze dell’Am, il cui
ordine è previsto per il 2016.
Finmeccanica-Selex Es e Ibm daranno vita a un “centro di competenza
virtuale” per la cyber-security. Il
progetto prevede l’offerta integrata
delle migliori capacità dei due gruppi
nella lotta alla criminalità informatica.
Il centro proporrà a organizzazioni
pubbliche e private soluzioni per la
difesa delle infrastrutture informatiche e dell’intellectual property. Ibm
porterà l’esperienza fatta su X-Force
exchange, la piattaforma aperta che
mette a disposizione informazioni
relative alle minacce, mentre Selex Es
le competenze sviluppate su scala internazionale.
ACCORDO TRA AM E TAS
PER TESTARE RADAR EXOMARS
AMOROSO NUOVO CEO
DI THALES ALENIA SPACE ITALIA
Il Centro sperimentale volo dell’Aeronautica ha firmato un accordo tecnico
operativo con Thales Alenia Space Italia per lo svolgimento di prove a terra
e in volo per la caratterizzazione delle
prestazioni del radar di guida del modulo di discesa su Marte, nell’ambito
del programma ExoMars dell’Agenzia
spaziale europea. Per le prove il radar
altimetro doppler di Tas sarà installato
tramite un’apposita interfaccia meccanica e strumentazione sperimentale
su un elicottero HH212. Il lancio della
prima missione è previsto nel 2016.
Donato Amoroso è il nuovo amministratore delegato di Thales Alenia
Space Italia. Ha preso il posto di Elisio
Giacomo Prette, alla guida della società dal 2013. Quest’ultimo rimarrà
come presidente e come senior vice
president risorse umane. Nell’ambito
della joint venture internazionale tra
Finmeccanica e Thales, Amoroso, che
arriva da Alenia Aermacchi, sarà invece deputy del ceo Jean-Loic Galle e
avrà responsabilità diretta della linea
di business osservazione, esplorazione
e navigazione.
57
PHILAE SI È RISVEGLIATO
Il lander Philae è uscito dallo stato di
ibernazione in cui era entrato il 15 novembre scorso: il suo primo contatto
dopo sette mesi di silenzio – e ripetuti tentativi di comunicare da parte
dell’Orbiter Rosetta a partire dal 12
marzo – è durato 85 secondi. “Possiamo confermare che l’avventura di Philae continua” ha dichiarato l’Asi. Philae
ha inviato a Rosetta, e quindi a Terra,
oltre 300 pacchetti di dati, che verranno processati e analizzati dal team
internazionale che segue la missione.
I pacchetti di dati attesi adesso dal
team internazionale sono più di 8mila.
SELEX CONSEGNA AL VIETNAM
SISTEMA GESTIONE TRAFFICO AEREO
Finmeccanica-Selex Es ha consegnato un sistema di gestione del traffico
aereo al Vietnam Air Traffic Management per il centro di controllo di
Hanoi. Il sistema è diventato operativo
dopo soli 22 mesi dalla data di firma
del contratto. La fornitura include un
sistema di gestione del traffico aereo
automatizzato con 24 postazioni per
i controllori del traffico aereo. In caso
di necessità, quattro suite operatore
potranno essere riallocate come sistema di backup. Consegnato anche un
simulatore con funzionalità avanzate
per la formazione dei controllori.
41
BUSSOLA
delMESELOCAL
CONTRATTO TRA AVIO
E DISTRETTO SARDO
ACCORDO PER TRACCIARE
I DETRITI SPAZIALI
PIAGGIO VENDE IL SECONDO
AVANTI EVO IN MALESIA
Avio e il Distretto aerospaziale della
Sardegna hanno firmato un contratto
per realizzare inserti con materiali
speciali per il lanciatore Vega. Per il
Distretto si tratta della prima commessa dalla sua fondazione avvenuta
nel 2013. L’attività commissionata da
Avio consiste nella realizzazione, con
materiali speciali, Ultra high temperature ceramics, di inserti per gli ugelli
che saranno impiegati per i motori a
propellente solido e liquido del lanciatore. I soci coinvolti in questo progetto saranno l’Università di Cagliari, il
CRS4 e lo spin off dell’ateneo cagliaritano Innovative materials.
Francia, Germania, Italia, Spagna e
Regno Unito hanno deciso di formare
un consorzio per il programma Sostegno di sorveglianza dello spazio e
di tracciamento (Sst). L’obiettivo è di
contribuire ad assicurare la disponibilità a lungo termine di infrastrutture,
mezzi e servizi spaziali essenziali per
la sicurezza della società in Europa. Il
consorzio stabilirà, attraverso lo sfruttamento delle infrastrutture e dei sensori nazioni esistenti, un servizio per
monitorare e tracciare gli oggetti e i
detriti spaziali. All’interno di ciascuno
Stato, le agenzie spaziali collaboreranno con i ministeri della Difesa.
Piaggio Aerospace ha annunciato la
firma di un contratto per un Avanti
Evo acquistato da un cliente malese,
che sarà destinato ad operazioni charter. Si tratta del secondo Evo venduto
in sei mesi in Malesia. Questo velivolo
business, la cui consegna è prevista
entro fine anno, è in configurazione
Extended Range e Full Optional. A
bordo anche sistemi Cvfdr (Cockpit
Voice & Flight Data Recorder), Tcas II
(Traffic Collision Avoidance System) e
Flight Entertainment System.
ALITALIA: MOU CON IL MESSICO
PER VOLO DIRETTO DA ROMA
ENAV, VERSO ELISOCCORSO H24
NUOVO VOLO CARGO DA MALPENSA
Alitalia ha firmato un memorandum of
understanding con il Messico finalizzato all’apertura di un nuovo collegamento diretto Roma-Città del Messico.
L’intesa prevede lo sviluppo dei flussi
turistici tra i due Paesi, anche per
aumentare l’interscambio commerciale. L’apertura di questa nuova tratta
intercontinentale è resa possibile dal
piano di investimenti che Alitalia sta
sostenendo per lo sviluppo e il rinnovamento della flotta di lungo raggio,
dando vita così a un piano di rilancio
del vettore.
Enav, su commissione della Regione
Piemonte, ha realizzato le prime procedure satellitari che consentiranno
agli elicotteri del 118, impegnati in
operazioni di emergenza, di atterrare
e decollare anche di notte e in condizioni di bassa visibilità - fino a oggi,
gli elicotteri hanno sempre volato con
procedure a vista - creando i presupposti per un servizio operativo h24. Il
progetto prevede un network di rotte
satellitari e relative procedure che
permetteranno il collegamento capillare tra varie elisuperfici del Piemonte.
Cargolux Italia ha avviato un volo
settimanale da Milano-Malpensa a
Zhengzhou, hub cinese di Cargolux
Airlines, con un Boeing 747. Il volo
è previsto ogni sabato sulla rotta
Malpensa-Novosibirsk-ZhengzhouNovosibirsk-Malpensa. Per la prima
volta Cargolux introduce uno stop
commerciale in Russia. “Il volo rappresenta una novità per Malpensa in
quanto si tratta di due destinazioni
mai collegate prima”, ha detto Andrea
Tucci, direttore aviation business development di Sea.
42
giugno 2015
BUSSOLA
delMESEGLOBAL
VOLA L’S97 RAIDER DI SIKORSKY
Sikorsky ha completato con successo
il primo volo dell’elicottero S97 Raider.
Il prototipo, uno dei due che saranno
utilizzati per le prove, rappresenta “il
futuro dell’ala rotante”, fa sapere il
costruttore. Pensato per missioni di
ricognizione, attacco e per le forze
speciali, l’elicottero a rotori coassiali,
derivato del dimostratore X2, è stato
lanciato nel 2010 per competere nel
Future vertical lift (Fvl) dell’esercito
Usa. Grazie ai nuovi rotori e al sistema
di propulsione posteriore, l’S97 potrà
raggiungere i 240 nodi.
IL MODULO PMM TRASLOCA
DAL NODO 1 AL 3 DELLA ISS
Il Modulo multifunzionale permanente,
elemento dell’Agenzia spaziale italiana, derivato dalla flotta Multi purpose
logistics module per la Nasa, e realizzato da Thales Alenia Space è stato
ricollocato a bordo della Stazione
spaziale dal Nodo 1 al 3, anche questo
sviluppato da Thales Alenia Space. La
ricollocazione è solo uno dei passaggi
previsti per la riconfigurazione della
Iss: il Nodo 2 è destinato a diventare
l’elemento dedicato all’attracco dei
veicoli di nuova generazione, mentre il
Nodo 3 l’elemento per la gestione delle
risorse alla cupola e ai nuovi elementi
per l’esplorazione umana dello spazio.
57
AUSTRIAN RINNOVA
LA FLOTTA DI MEDIO RAGGIO
ALLA MARINA BRASILIANA
IL PRIMO AF-1B
Austrian Airlines ha dato il via al rinnovo della flotta di medio raggio, che
prevede la sostituzione dei Fokker
attualmente in servizio. Il piano di rinnovamento si concluderà entro il 2017
e vedrà il progressivo ingresso di 17
Embraer 195. Questi permetteranno al
vettore di aumentare la capacità per
aeromobile sulle tratte di feederaggio
verso Vienna. Gli Embraer 195 hanno
una capacità di 120 posti rispetto agli
80-100 dei Fokker e assicurano il 18%
di consumo di carburante in meno per
posto a sedere.
Embraer ha consegnato il primo AF-1B
alla Marina militare brasiliana. La cerimonia si è svolta il 27 maggio scorso
nello stabilimento del costruttore di
Gaviao Peixoto, vicino San Paolo, alla
presenza del comandante della Marina, ammiraglio Eduardo Bacellar Leal
Ferreira. L’aereo da combattimento fa
parte di un programma per l’ammodernamento della flotta, che prevede
in tutto 12 caccia: nove AF-1 monoposto e tre AF-1A biposto. I velivoli
saranno imbarcati sulla portaerei Sao
Paulo.
BOEING: PRIMA MISSIONE UMANA
COMMERCIALE NELLO SPAZIO
La Nasa ha assegnato un ordine, parte
del contratto da 4,2 miliardi di dollari Commercial crew transportation
capability di Boeing, per includere
il primo volo mai effettuato verso la
Stazione spaziale internazionale. L’assegnazione segna la prima volta nella
storia del volo spaziale umano in cui la
Nasa abbia stipulato un contratto con
un’azienda commerciale per una missione spaziale umana. Boeing è stata
selezionata nel 2014 per costruire e
far volare la prossima navicella spaziale passeggeri Usa, la Crew space transportation Cst-100. Il primo volo della
capsula, capace di sette passeggeri, è
programmato nel 2017.
DASSAULT PRESENTA IL FALCON 5X
Dassault ha presentato il Falcon 5X,
che – fa sapere il costruttore – “stabilirà un nuovo standard nel segmento
dei velivoli corporate”, grazie alla
sua ampia cabina, la più grande sul
mercato, e al lungo raggio d’azione.
Il bireattore, 9.630 km di autonomia,
sarà il più ecocompatibile della sua
categoria e avrà una velocità di avvicinamento di soli 105 nodi, simile a
quella di un turboprop, e sarà dunque
capace di volare su un gran numero di
aeroporti. Il Falcon 5X è equipaggiato
di una nuova ala, di un nuovo motore
e di un sistema numerico di controllo
di volo derivato dal Rafale.
43
BUSSOLA
delMESEGLOBAL
PRENDE FORMA L’A350 DI TAM
DODICI A321 PER FRONTIER
LION GROUP RICEVE IL 50ESIMO ATR
Procede l’assemblaggio dell’A350-900
destinato a Tam Airlines all’interno
della Fal (la linea di assemblaggio finale di Tolosa), con l’aggiunta delle ali,
del piano di coda orizzontale e verticale del carrello di atterraggio principale, e del cono di coda alla fusoliera.
L’A350 xwb è costituto al 70% da materiali avanzati, di cui il 53% compositi,
e racchiude le più recenti innovazioni,
in grado di garantire una maggiore
efficienza a beneficio dei vettori. A
fine aprile 2015, il programma A350
xwb contava 780 ordini da parte di 40
clienti nel mondo.
Frontier Airlines, vettore con sede a
Denver, ha siglato un ordine fermo per
dieci aeromobili A321 e due A320. I
dodici aeromobili sono tutti del tipo
Current engine option (Ceo). Si tratta
del secondo ordine per degli A321
effettuato dal vettore in meno di un
anno. Il contratto, siglato il 1 giugno,
porta a 101 il totale degli ordini di
Frontier Airlines per gli aeromobili a
corridoio singolo di Airbus. Gli aerei
oggetto di questo ordine saranno
dotati di Sharklet. “L’ordine – ha detto
Frontier – è parte integrante della nostra strategia basata su crescita, modernizzazione e rinnovo della flotta”.
Lion Group ha preso in consegna il
50esimo Atr 72-600, parte di una
commessa per 100 velivoli. L’aereo
sarà utilizzato dalla sussidiaria regionale Wings Air, che già utilizza una
flotta di 40 Atr in Indonesia. I restanti
50 Atr 72-600 saranno consegnati al
vettore tra il 2015 e il 2019. A novembre 2014 Lion Group aveva firmato un
accordo con il costruttore, valutato
circa 1 miliardo di dollari, per ulteriori
40 aeromobili regionali. I velivoli serviranno a rispondere alla crescente
domanda nella regione del sud-est
asiatico.
AVVIATO L’ASSEMBLAGGIO
DEL B737 MAX
Boeing ha avviato a Renton la costruzione delle ali del B737 Max, il cui debutto è previsto per il 2017. “Il nostro
team responsabile della costruzione
del nuovo 737 può contare sui migliori
dipendenti del mondo”, ha detto Keith
Leverkuhn, vice presidente e general
manager del 737 Max. L’assemblaggio delle ali è un passo fondamentale
per Boeing, dal momento che, finita
la fase di realizzazione del gruppo
alare, il B737 inizierà già entro la fine
di quest’anno a prendere forma sulla
Final assembly line di Renton.
44
CONSEGNATO A DELTA IL PRIMO
A330-300 DA 242 TONNELLATE
La prima variante da 242 tonnellate
di peso massimo al decollo (Mtow)
dell’A330-300 è stata consegnata da
Airbus a fine maggio a Delta Airlines. Il
vettore con base ad Atlanta, in Georgia, è stato il primo a ricevere questo
tipo di aeromobile fra gli undici operatori nel mondo che hanno scelto questa opzione. Per il nuovo A330-300,
Delta ha selezionato la motorizzazione GE CF6-80E1. Questo aeromobile
consente voli più lunghi a costi meno
elevati.
IN LUSSEMBURGO UN CENTRO
CONTRO RISCHI INDUSTRIALI
Telespazio France (controllata Telespazio), e-Geos (Asi-Telespazio), Post
Luxembourg e Sme Hitec Luxembourg
hanno creato – nell’ambito del programma EarthLab – una joint venture
per la costituzione di EarthLab Luxembourg, primo centro europeo per il
monitoraggio ambientale, dedicato ai
rischi industriali e ambientali. La nuova joint venture si avvale del supporto
del governo del Lussemburgo, con
l’intento di sviluppare applicazioni e
servizi a valore aggiunto, facendo affidamento su infrastrutture satellitari.
giugno 2015
BUSSOLA
delMESEGLOBAL
VUELING ENTRA NELLA IATA
ADOTTA L’A330-300 REGIONAL
La compagnia low cost Vueling entra
nella Iata, l’associazione internazionale
del trasporto aereo. Ad annunciarlo
il vettore spagnolo, parte del gruppo
Iag, durante il 71esimo Annual general
meeting dell’associazione mondiale. L’ingresso “consolida il ruolo di
Vueling come compagnia low cost di
alto livello e permette di migliorare le
opportunità di collaborazione con gli
altri partner Iata, e di ridurre i costi
interni”, fa sapere Vueling. Iata raggruppa circa 260 compagnie aeree in
più di 115 Paesi.
Saudi Arabian Airlines, il vettore di
bandiera dell’Arabia Saudita, diventerà la prima compagnia al mondo a
operare il nuovo Airbus A330-300 Regional. Venti A330-300 Regional raggiungeranno la flotta assieme a trenta
A320ceo. La domanda in termini di
posti passeggeri in Arabia Saudita è
in fase di crescita. La nuova variante
Regional dell’A330 è la soluzione di
Airbus per i mercati con una popolazione elevata e in crescita e per i flussi
di traffico concentrati. L’A330-300
Regional incrementerà la capacità sulle tratte più richieste di Saudi Arabian.
TAP PORTUGAL VERSO
LA PRIVATIZZAZIONE
Il governo portoghese cederà il 61%
della compagnia Tap Portugal al consorzio Gateway, guidato da David Neeleman, fondatore di Azul. Per questa
transazione l’imprenditore americano
ha creato una partnership con la società portoghese Barraqueiro Group.
La vendita potrebbe fruttare tra i 354
e i 488 milioni di euro. Il consorzio
Gateway avrebbe intenzione di procedere a una ricapitalizzazione della
compagnia, di aggiungere 53 nuovi
aerei alla flotta del vettore e di sviluppare un’alleanza con la compagnia
brasiliana Azul. L’acquisizione dovrà
essere sottoposta alla Commissione
europea.
57
SELEX ES: CONTRATTO
DALL’INDONESIA PER IL SAGE
Finmeccanica-Selex Es ha siglato un
contratto con Integrated Surveillance
and Defense Inc. per fornire il Sage
600, un sistema digitale di autoprotezione, all’Aeronautica militare indonesiana. Il sistema sarà consegnato a
settembre e verrà integrato in un velivolo Airbus CN-235 per il pattugliamento marittimo. Sage è una misura
elettronica di supporto (Electronic
support measure) passiva in radio
frequenza per missioni di intelligence,
sorveglianza e riconoscimento. È la
prima volta che il sistema viene scelto
per un requisito di pattugliamento
marittimo ad ala fissa.
OLTRE 32MILA AEREI
NEI PROSSIMI VENT’ANNI
Secondo l’Airbus Global Market Forecast, nei prossimi vent’anni (20152034) il traffico passeggeri mondiale
crescerà al tasso annuale del 4,6%,
rendendo necessari circa 32.600 nuovi aeromobili da 100 posti per un controvalore di 4,9 trilioni di dollari. Entro
il 2034 le flotte passeggeri e merci
raggiungeranno i 38.500 aeromobili, il
doppio rispetto agli attuali 19mila. Le
economie emergenti saranno i motori
di questa crescita. Entro il 2034 l’Asia
Pacifico sarà l’area più importante per
traffico, mentre entro i prossimi dieci
anni la Cina diventerà il mercato più
importante a livello mondiale.
NUOVO ELICOTTERO PESANTE
PER AIRBUS HELICOPTERS
Partita la fase di concept del nuovo
elicottero europeo pesante X6 di
Airbus Helicopters per il mercato civile. Inizialmente pensato solo per missioni oil and gas, il bimotore potrà trovare
impiego anche per ricerca e soccorso e
trasporto Vip. “Questo elicottero – ha
dichiarato Guillaume Faury, numero
uno di Airbus Helicopters – stabilirà
nuovi standard industriali, non solo per
il design, ma anche per la sua strategia
di produzione, incentrata sulle capacità industriali dei nostri Paesi core,
Polonia inclusa”. L’entrata in servizio è
prevista per il 2020.
45
Aviazione
GLI ORDINI
DI LE BOURGET 2015
MICHELA DELLA MAGGESA
Le Pmi italiane a Parigi
Airbus: accordi per 57 miliardi
Il salone di Le Bourget 2015 ha visto la pre- di dollari
senza di 120 aziende italiane. “Non ci sono
mai state così tante aziende italiane, con
una forte presenza dei distretti e delle Piccole e medie imprese” ha detto il ministro
della Difesa, Roberta Pinotti, durante la
sua visita al salone aerospaziale, nonostante il forte ridimensionamento della presenza di Finmeccanica rispetto alle passate edizioni. Il principale player italiano del
settore, contrariamente ad altri importanti
gruppi occidentali che hanno scelto di non
essere a Le Bourget – come Bae Systems,
Northrop Grumman o Saab – ha deciso infatti di essere comunque presente a Parigi,
ancorché unitamente alle altre imprese
e senza esibire in statica i propri prodotti
di punta. Uniche eccezioni Atr e SuperJet
International, ma si tratta di joint venture.
Fugace apparizione anche per Eurofighter
nell’area statica di Airbus Defence and
Space. Tra le novità di quest’anno, la prima
volta di Avio con un proprio stand e un nuovo logo. Presente a Parigi, per la prima volta
dal nuovo assetto, anche Piaggio Aerospace
che ha annunciato la firma dei contratti
per due business jet Avanti Evo e portato un
modello full scale del P.1HH con la livrea
dell’Aeronautica militare italiana.
46
Durante il Paris air show, Airbus si è aggiudicata contratti per 57 miliardi di dollari, grazie
ad accordi per 421 aeromobili. Tra questi figurano 124 ordini fermi, pari a 16,3 miliardi
e impegni per 297 velivoli, valutati 40,7 miliardi di dollari. In particolare, nel segmento widebody, il costruttore ha annunciato il
primo operatore per il nuovo A330 Regional.
Si tratta di Saudi Arabian Airlines, che ha preso in leasing da Iafc 20 aeromobili di questo
tipo. Bene anche per l’A350 Xwb, che ha ricevuto impegni per 31 unità in versione -900.
Accanto a questi, Airbus ha raggiunto accordi per quattro A330-300. Nel settore a corridoio singolo, la famiglia A320 ha totalizzato
ben 103 ordini fermi e 263 impegni d’acquisto, per un totale di 41,4 miliardi di dollari. Di
questi, 323 sono neo e portano a oltre 4mila
gli accordi per la famiglia A320neo, lanciata
nel 2010. Per l’A320 il costruttore ha annunciato, in collaborazione con Efw e St Aerospace, il nuovo programma di conversione cargo. “Nei prossimi vent’anni – ha detto John
Leahy, coo Airbus – stimiamo una domanda
per 32.600 velivoli e gli accordi ricevuti dimostrano tre cose: che l’Asia sta guidando
la crescita, che siamo leader nel segmento a
corridoio singolo e doppio e che nel mezzo
c’è l’A321neo (240 posti)”.
giugno 2015
Ancora conferme per Atr
Ordini e novità per Boeing
Anche quest’anno Atr ha riscosso un grande
successo al salone di Le Bourget. La joint venture paritetica tra Finmeccanica-Alenia Aermacchi e Airbus Group ha annunciato ordini
per 46 velivoli fermi e 35 opzioni, per un valore
complessivo di circa 1,98 miliardi di dollari.
In particolare, il contratto con il vettore Japan
Airlines per otto Atr 42-600, a cui si aggiungono 15 opzioni, il primo con una compagnia
del Giappone, ha rappresentato il 1.500esimo
ordine fermo dall’inizio del programma. Altri
ordini sono arrivati da Cebu Pacific (16 ordini fermi e dieci opzioni), Binter Canarias (sei
ordini fermi), Braathens Aviation (cinque ordini fermi e 10 opzioni), Bahamas Air (cinque
ordini fermi), Air Madagascar (tre ordini fermi) e da Air New Zealand per un Atr 72-600. Il
costruttore ha anche annunciato importanti
innovazioni destinate alla serie-600. In particolare, sarà migliorata l’avionica, grazie a un
accordo con Thales. Oltre a questo, per i velivoli turboprop ci sarà nel 2016 una versione
più grande della cabina Armonia e una con
più capacità cargo. Attento da tempo a un approccio green, il costruttore ha altresì fatto volare – nell’ambito del progetto europeo Clean
Sky – un prototipo di Atr 72-600 più leggero,
grazie ai materiali compositi, ed equipaggiato
con particolari sensori per lavorare alla riduzione delle emissioni.
Tra le commesse registrate da Boeing al salone di Le Bourget, spicca quella del lessor americano AerCap, che assieme al costruttore ha
annunciato un ordine per cento 737 MAX 8,
valutato a prezzi di listino 10,7 miliardi di dollari. Il nuovo Max è stato oggetto di un accordo
anche con Korean Air, che ha annunciato un
intento per trenta 737 Max e due 777-300Er,
con opzioni per altri 20 Max. L’accordo è stato
valutato 3,9 miliardi di dollari. Qatar Airways
ha invece annunciato un ordine per dieci 7778X e quattro 777 Freighter, per un valore di
4,8 miliardi di dollari a prezzi di listino. “Con
questa firma – ha detto il ceo di Qatar Akbar Al
Baker – confermiamo il grande successo del
B777”. Boeing ha poi firmato un Mou per 7,4
miliardi di dollari con il gruppo Volga-Dnepr
per altri 747-8 Freighter. Conferme anche per
il programma Dreamliner, che ha ricevuto un
ordine per sei 787-8 da parte di Ethiopian Airlines. Gli aerei si andranno ad aggiungere ai
tredici 787 già presenti nella flotta del vettore. A Parigi, Boeing ha firmato con il governo
del Qatar per altri quattro C-17 Globemaster
e venduto a un cliente europeo il suo primo
Max 9 in versione Bbj. Il costruttore ha confermato al salone che il Max volerà nel 2016
che nel 2015 si raggiungerà la configurazione
finale del 777X e che il primo 787-10 sarà consegnato nel 2018.
57
47
ilPERSONAGGIO
Chiara Rossi
Giancarlo Zanardo
pilota per passione,
all’attivo oltre 2.500 ore
di volo
Storia di un
aviatore fai-da-te
Mentre rimbomba l’allarme aereo degli alleati che mitragliano dal cielo le colonne
tedesche in ritirata verso la Germania, tutti
corrono a nascondersi nei rifugi-cantina,
tutti tranne un bambino di cinque anni che
a quelle squadriglie va incontro. Per Giancarlo Zanardo, classe 1939, sfollato con la
famiglia a Colle Umberto, il rombo degli
Spitfire lungo la strada fra Conegliano e Vittorio Veneto è musica per le orecchie. Inizia
così un connubio che durerà tutta una vita
quello tra Giancarlo e il volo. Ma l’episodio
che più d’ogni altro ha segnato la sua vita accade a guerra finita: durante una gita in seconda elementare a Nervesa della Battaglia,
scopre il sacello in ricordo di Francesco Baracca, abbattuto dagli austriaci il 19 giugno
1918 mentre colpiva i ponti di barche sul
Piave per impedire l’avanzata dell’esercito
austroungarico. Davanti all’incisione “Qui
cadde il maggiore Francesco Baracca, asso
degli assi” promette a se stesso che un giorno avrebbe volato con un aeroplano uguale
al suo. Esonerato dal servizio militare perché
a vent’anni era già sposato e con figli, ottiene
comunque il brevetto di pilota nel 1966 e a
sessant’anni dalla promessa fatta nel luogo
in cui fu combattuta la battaglia del solstizio,
Zanardo ha sorvolato il sacello alla cloche di
uno Spad xiii, un caccia monoposto biplano
identico a quello del Baracca, costruito interamente da solo. Ha realizzato, sempre da
solo, altri velivoli storici famosi, dando poi
48
vita alla Fondazione Jonathan Collection,
così da rendere pubblica la sua collezione di
aerei d’epoca. Nemmeno un incidente nel
1970 lo ha trattenuto a terra: mentre stava
caricando l’autogiro in auto dopo una giornata di volo a Bibione, un cavo d’acciaio si
è spezzato e gli è caduto addosso insieme al
paranco. Scatola cranica fratturata, labirinto
schiacciato, sordità, mesi di ospedale e due
anni di esaurimento nervoso non sono riusciti a spegnere in lui il desiderio di volare.
Con la sua riproduzione del Fokker Dr1 – lo
stesso di Manfred Von Richthofen, il Barone rosso, leggenda dell’aviazione tedesca,
morto a soli 25 anni sul fronte francese dopo
aver totalizzato 80 abbattimenti – il 9 agosto
1988, nel 70esimo anniversario del volo su
Vienna di Gabriele D’Annunzio, Zanardo replica l’impresa lanciando spartiti di Strauss
al posto dei proclami gettati dal poeta.
Omaggiare i grandi pionieri con gli aerei originali, modificati solo nei motori e nei freni
per volare in sicurezza, è il segreto di queste
imprese che hanno attirato l’ammirazione
di tanti: dagli appassionati di volo ai direttori
di musei aeronautici. Erano presenti perfino
due ingegneri della Nasa a Guidonia durante
la commemorazione del centenario del primo volo della storia con il Flyer 1-1903 dei
fratelli Wright, unica celebrazione al mondo
effettuata con successo con una replica dello stesso modello. Costruita dall’aviatore del
Piave ovviamente.
giugno 2015
Aviazione
RIFLESSIONI SUI SALONI
AERONAUTICI
LEONARDO TRICARICO presidente Fondazione Icsa
Non so chi abbia visitato il salone di Le Bourget
quest’anno in rappresentanza del governo né la
questione interessa più di tanto. L’industria del
settore invece – Finmeccanica – si è segnalata
per una presenza minimale, uno stand di poche
decine di metri quadri, due soli velivoli a terra.
Una nota comune unisce i due comportamenti,
quello del governo e quello dell’industria del settore: l’incapacità di mettere a fuoco il significato
dei saloni aeronautici più prestigiosi e i conseguenti livelli di partecipazione. Non sono lontani i puntuali fasti della presenza industriale nazionale, con stand da guerre stellari, esibizioni in
volo a ripetizione di prototipi e non, coreografie
conviviali nei più prestigiosi castelli britannici
o francesi, a turno. Più regolare nella sua inadeguatezza il ruolo del governo, lo specchio della
inconsapevolezza di ciò che accade nel mondo
della difesa, dell’industria associata e delle tecnologie che la accompagnano, che proprio perché di punta, andrebbero protette, pubblicizzate, sostenute nei palcoscenici internazionali di
maggiore prestigio, Le Bourget e Farnborough
ad anni alterni. Invece, salvo qualche, (forse una
sola) sporadica eccezione, un palpabile disinteresse ha segnato il comportamento del mondo
politico governativo, ministri distratti, poco consapevoli del contesto che li circondava nelle loro
fugaci apparizioni.
Vero è che ai saloni non si fanno affari, si annunciano solamente, le negoziazioni avvengono altrove e tuttavia tutto un certo mondo è lì, è
57
come alle grandi cerimonie ufficiali: devi esserci
o mandare qualcuno in tua rappresentanza.
Per una fortunata e bizzarra circostanza ho avuto qualche anno fa la sorte di essere al seguito
di un capo di governo europeo al salone di Dubai, meno prestigioso degli europei ma più succulento nelle aspettative degli operatori: prima
colazione e briefing al mattino all’ultimo piano
dell’hotel Palace con un’inflessibile assistente
che ha ripetuto come in una sceneggiatura la
schedula del giorno. Il capo di governo in questione nelle ore successive ha interpretato fedelmente la sequenza degli appuntamenti stringendo mani di connazionali e di stranieri, facendosi
fotografare negli stand del suo Paese, non sottraendosi ad alcuna seppur minima opportunità
da cui l’industria nazionale avesse potuto trarre
vantaggio. Innumerevoli sarebbero gli esempi di
come un governo dovrebbe sostenere la propria
industria, sia nelle occasioni più “evidenti” come
quelle di un Salone aerospaziale, sia in altre più
lontane dalla luce dei riflettori. Certo è che c’è bisogno di una strategia nazionale anche in questo
ambito. In proposito Renzi non dimentichi che
all’interno della presidenza del Consiglio esiste
un gruppo di lavoro interministeriale, probabilmente dormiente, che si dovrebbe occupare di
tutelare e promuovere gli interessi dell’industria
della difesa. Ecco, sarebbe il caso che il nostro
presidente del Consiglio si facesse un “selfie”
con i componenti di questo gruppo e li mettesse
al lavoro.
49
Aviazione
IN ITALIA IL TRAFFICO
TORNA A CRESCERE
I passeggeri transitati sugli scali italiani sono stati oltre 150,2 milioni
nel 2014 e, nei primi tre mesi del 2015, il traffico ha registrato un
incremento del 5% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Lo
rileva il Rapporto 2014 dell’Enac. Per l’Ente è stato anche l’anno dei
droni, visto che a breve uscirà la seconda edizione del regolamento
che disciplinerà l’acquisizione delle competenze per il pilotaggio e ne
semplificherà l’impiego, in attesa della normativa europea dell’Easa
MICHELA DELLA MAGGESA
Crescita del traffico, consolidamento dei dati
relativi alla sicurezza e boom del numero dei sistemi a pilotaggio remoto. Questi i principali
dati emersi dal Rapporto e bilancio sociale Enac
2014, presentato in Senato alla presenza, tra gli
altri, del presidente Pietro Grasso e del ministro
delle Infrastrutture e dei trasporti Graziano Delrio. Invertendo la tendenza degli anni precedenti, nel 2014 il settore aeroportuale fotografato
dall’Ente ha gradualmente ripreso a crescere.
In Italia i passeggeri sono aumentati del 4,7% rispetto al 2013. “Questa ripresa è un buon segnale”, ha detto il ministro, spiegando come l’Italia
a questo punto debba aumentare l’efficienza e
lavorare per integrare il trasporto aereo con l’alta
velocità. “Non dobbiamo più pensare in maniera
settoriale – ha aggiunto – perché la competitività
dipenderà anche dal collegare in tempi rapidi gli
hub con le reti ferroviarie”. I passeggeri transitati
50
sugli scali italiani sono stati oltre 150,2 milioni
e, nei primi tre mesi del 2015, ha detto Alessio
Quaranta, direttore generale di Enac, il traffico
ha registrato un incremento del 5% rispetto allo
stesso periodo dello scorso anno. “Dopo l’incremento del 2014, questo dato ci fa ben sperare
per l’anno in corso, tenendo conto del fatto che i
primi tre mesi dell’anno sono il periodo di bassa
stagione del settore e delle difficoltà che potrebbero arrivare da Fiumicino”. Per quanto riguarda
invece la sicurezza, a livello mondiale il 2014 è
stato un anno di stabilità, che ha visto consolidare gli ottimi risultati dell’anno precedente e,
in particolare, il dato di incidentalità in Europa
(0,15 incidenti per milione di voli) è rimasto costante rispetto al 2013, anno che, come ha ricordato il presidente Vito Riggio, è stato “il migliore
di sempre nella storia del settore”. “L’incidente
al volo di Germanwings – ha poi spiegato il pregiugno 2015
Per un Enac 2.0
PIERLUIGI DI PALMA presidente Centro studi Demetra
Da alcuni anni la comunità del
trasporto aereo ha aperto un dibattito sul riassetto istituzionale
della governance del settore che
favorisca un intervento normativo
per chiarire competenze, responsabilità e poteri dei soggetti che
compongono la complessa filiera
aeroportuale, anche in considerazione dei compiti affidati all’Autorità dei trasporti (Art), superando
così pericolose zone grigie e
consentendo l’efficientamento e
il miglioramento degli standard
qualitativi del servizio pubblico,
per il corretto presidio degli interessi dei passeggeri e della loro
sicurezza.
In tale contesto, l’implementazione nell’ordinamento nazionale
delle previsioni del Reg. Ue n.
139/2014, che ha stabilito i requisiti tecnici e le procedure amministrative per la certificazione degli
aeroporti, riconoscendo al gestore
un ruolo di coordinamento dell’attività aeroportuale oggi, per la
parte pubblica, ancora di pertinenza dell’Enac, rappresenta l’occasione per operare la necessaria
riorganizzazione, ricollocando sul
gestore aeroportuale la piena ed
effettiva responsabilità operativa
nella gestione dello scalo e consolidando in capo all’Ente poteri
di indirizzo, ispettivi e di vigilanza
attiva, così superando la supposta
dualità di responsabilità che, evidentemente, genera una dannosa
incertezza di carattere giuridico.
Tale percorso di rinnovamento
può permettere all’Enac di proiettarsi nel futuro, investendo in nuovi progetti, nonostante la critica
riduzione delle risorse professionali a disposizione. Così possiamo
immaginare un Enac 2.0 che, esercitando le proprie competenze
e sfruttando al meglio il proprio
know how, potrà affermarsi in un
sidente – ha gettato su questi dati un’ombra, che
ha aperto una riflessione sul fattore umano, che
va condotta nell’interesse dei passeggeri, la cifra
dei quali cresce continuamente”.
Il 2014 è stato l’anno dei droni, settore dove Enac
ha dato attuazione al regolamento Mezzi aerei a
pilotaggio remoto, per rispondere alle esigenze
di regolazione di questa innovativa categoria di
mezzi aerei, nonché alla disciplina del loro utilizzo sia a livello amatoriale sia a livello professionale. A breve uscirà, poi, la seconda edizione
del regolamento che disciplinerà l’acquisizione
delle competenze per il pilotaggio di questi sistemi e che semplificherà l’impiego di quelli a minore fattore di rischio, in attesa di una normativa
europea che si sta mettendo a punto in ambito
Easa. “Nel 2014 – spiega il vicedirettore Enac, Benedetto Marasà – sono state valutate 177 dichiarazioni di operatori Sapr per attività sperimenta57
settore ricco di grandi potenzialità
come quello degli aeromobili a pilotaggio remoto (Apr), la cui sperimentazione e regolamentazione
vede il nostro Paese all’avanguardia nel panorama europeo, avendo già individuato nell’aeroporto
di Grottaglie l’infrastruttura a ciò
specificatamente dedicata. Rispetto a tali obiettivi, è evidente
che l’attuazione del Reg. Ue n.
139/2014, e le correlate modifiche
codicistiche, rappresentano un’opportunità per completare, in tempi
brevi, il riassetto istituzionale di
cui il nostro ordinamento ha bisogno, un cambiamento necessario
per continuare a riconoscere all’Enac il ruolo di amministrazione
all’avanguardia che sin dalla sua
istituzione, nel 1997, ha distinto
l’Autorità dell’aviazione civile nel
sistema delle Pa.
le, 102 dichiarazioni di operatori per operazioni
specializzate non critiche e sono state emesse
otto autorizzazioni per operazioni specializzate
critiche”. Inoltre, fa sapere Enac, sono state riconosciute 69 organizzazioni di addestramento
per Sapr parte teorica e/o pratica ed emessi otto
permessi di volo.
Nel Rapporto si parla anche di volo suborbitale.
Nel 2014 Enac ha infatti firmato un Memorandum con la Federal aviation administration per
gettare le basi del trasporto commerciale spaziale. Con questo documento, l’Ente è la prima
autorità dell’aviazione civile al mondo a stabilire
una collaborazione con l’omologa statunitense
in questo settore avveniristico, con l’obiettivo di
sviluppare progetti regolamentari e di sperimentazione per i voli commerciali in Italia.
51
FOODforFLIGHT
Gregory Alegi
L’uovo
del giorno dopo
“Comandante, l’uovo non è fresco”, disse
il primo ufficiale. “Sembra anche a me”,
aggiunse il motorista, raccogliendo l’invito lanciatogli dal comandante con gli occhi. “D’accordo”, sospirò il comandante,
“all’atterraggio lo segnaliamo al caposcalo. Chissà che questa volta non ci ascoltino”. L’uovo, insieme a prosciutto crudo (70
grammi di san Daniele, oppure di cotto, o
ancora di bresaola), tonno, mozzarella (oppure formaggino), barretta di cioccolata,
frutta fresca e persino una bustina di vitamina C faceva parte del menu sviluppato
per gli equipaggi dal professor Giuseppe
Dal Fabbro, il medico aerospaziale dell’università di Roma assunto da Alitalia negli
anni Sessanta con qualifica dirigenziale
quale direttore del servizio Med. Da questa
esperienza Dal Fabbro trasse il libro La medicina d’aviazione di linea (Torino, Minerva
medica, 1973). La novità del pasto confezionato studiato per una dieta equilibrata
fu accompagnata da un certo scetticismo.
Il vassoietto fu presto indicato con soprannomi che andavano dal “vassoio Dal Fabbro” al “vassoio dell’astronauta”. Ai vari
membri dell’equipaggio toccavano prodotti diversi tra loro o inscatolati all’origine, evitando così il rischio di simultanea
intossicazione e incapacitazione dei piloti.
52
L’uovo sodo sostituiva obbli- INGREDIENTI
gatoriamente il prosciutto sui Uova fresche (attenzione
alla data di scadenza!)
voli destinati in Medio Oriente o in Paesi islamici. Benché PREPARAZIONE
non fosse possibile dimostra- Lavare bene le uova e
in un pentolino.
re la deposizione delle varie metterle
Riempire il pentolino con
uova da parte di galline diver- acqua fredda, fino a coprire
se, ai fini della salute valeva il le uova.
criterio del confezionamento Portare l’acqua a ebollizione
e far bollire per 8-10 minuti,
diverso – cioè il guscio – tra in base alla grandezza delle
una porzione e l’altra. Nep- uova.
pure questo costituiva però Scolare le uova e raffreddarle sciacquandole con
una garanzia assoluta. Le ri- altra acqua corrente fredda.
petute segnalazioni di appa- Sgusciare e salare a piacere.
rente scarsa freschezza delle
uova furono raccolte dall’Anpac. L’allora
potente associazione professionale dei
piloti commerciali ottenne che la compagnia riportasse sul guscio dell’uovo la data
di confezionamento. Controllarla prima
di mangiare divenne così un’abitudine regolare. Finché un giorno: “Comandante,
l’uovo ...”, “È scaduto anche questa volta?”,
“No, al contrario! È il più fresco che abbia
mai mangiato. Pensa tu che è stato confezionato domani ...”.
Si ringraziano Giancarlo Biranti, Franco Di
Antonio, Agostino Ferrari, Carlo Galliotto,
Walter Gori, Adalberto Pellegrino
giugno 2015
Spazio
EUROPA, USA, RUSSIA E CINA
ALLA PROVA DEI LANCIATORI
MARCELLO SPAGNULO ingegnere aeronautico ed esperto aerospaziale
Tempo fa, un lanciatore russo Proton, uno tra i veicoli di lancio più
potenti al mondo, è decollato dalla
mitica base di Baikonour nel Kazahstan, per portare in orbita geostazionaria un satellite messicano
per telecomunicazioni commerciali. I motori del Proton (sei sul primo
stadio, tre sul secondo, e poi uno sul
terzo e quarto) sono così potenti che
il lanciatore può inserire un satellite
da 3 tonnellate direttamente nell’orbita geostazionaria a 36mila km di
altezza. Non ha rivali in questo. Però
lo scorso maggio dopo circa otto minuti dal lancio la turbopompa del terzo stadio si è arrestata e il lanciatore
col satellite da 300 milioni di dollari
è precipitato nella steppa, non senza
qualche apprensione per il rilascio di
propellente altamente tossico. Il settimo insuccesso di un Proton in quattro anni e mezzo: una battuta d’arresto decisamente preoccupante e che
segue di un mese il fallimento di una
altro mitico razzo russo, la Soyuz, che
doveva portare un cargo Progress sulla Stazione spaziale internazionale.
54
L’astronave ha avuto un problema al
momento del rilascio dalla Soyuz, è
rimasta bloccata in orbita bassa e poi
ricaduta sulla Terra, fortunatamente
sul Pacifico, ma privando l’equipaggio della Stazione spaziale internazionale, tra cui la nostra Cristoforetti,
dei necessari rifornimenti. Un pessimo momento per i veicoli di lancio
russi. Nello stesso momento in cui
esplodeva sul Kazahstan il Proton,
dall’altra parte dell’Atlantico a Washington il Pentagono annunciava
che il Falcon aveva messo i “gradi”. La
società SpaceX del miliardario Elon
Musk (si veda Airpress 53 di febbraio 2015) ha ottenuto l’approvazione,
lungamente attesa, della US Air force per lanciare i satelliti militari con
il suo Falcon 9, aprendosi quindi la
strada del lucroso mercato governativo che dagli anni 90 è stato monopolio della joint venture Ula di Boeing
e di Lockheed Martin. E sempre nello
stesso momento, in Europa, la società francese Airbus-Safran Launchers,
Asl, (si veda Airpress 47 di luglio 2014)
ha presentato la sua offerta formale,
GEOPOLITICA DEI LANCI
Ariane e Falcon stanno
dispiegando le loro ali in
una serrata competizione
commerciale che li vede,
già oggi che il russo Proton ha gravi problemi, in
lotta per il mercato dei
25-30 satelliti di telecomunicazione lanciati ogni
anno nello spazio. La Satellite industry association
ha calcolato in 5,9 miliardi
di dollari il turn over dei
lanci spaziali nel 2014, in
crescita del 9% rispetto
al 2013, ed è interessante
notare che la quota parte
di questo mercato che gli
Usa si sono aggiudicati
è stata leggermente inferiore a quella dell’anno
precedente, il 41% rispetto al 45% del 2013. Su 22
lanci ordinati nel 2014,
ben 11 sono andati negli
Stati Uniti, cioè al Falcon,
e dieci all’europeo Ariane
5, solo uno in Russia al
Proton
giugno 2015
L’EUROPA PUNTA
SU ARIANE 6
In Europa, la società francese Airbus-Safran Launchers (Asl) ha presentato
la sua offerta formale,
circa 3,2 miliardi di euro,
all’Agenzia spaziale europea per il lanciatore di
nuova generazione Ariane
6 da lanciarsi nel 2020. A
giugno di quest’anno poi
la Asl ha acquisito il 75%
della società commerciale
Arianespace che è ormai
una società privata senza
più quote del governo
francese
circa 3,2 miliardi di euro, all’Agenzia
spaziale europea per il lanciatore di
nuova generazione Ariane 6 da lanciarsi nel 2020. A giugno di quest’anno poi la Asl ha acquisito il 75% della
società commerciale Arianespace
che è ormai una società privata senza più quote del governo francese.
Ariane e Falcon stanno quindi dispiegando le loro ali in una serrata competizione commerciale che li vede,
già oggi che il russo Proton ha gravi
problemi, in lotta per il mercato dei
25-30 satelliti di telecomunicazione
lanciati ogni anno nello spazio. Un
mercato importante: la Satellite industry association ha calcolato in 5,9
miliardi di dollari il turn over dei lanci spaziali nel 2014, in crescita del 9%
rispetto al 2013, ed è interessante notare che la quota parte di questo mercato che gli Usa si sono aggiudicati è
stata leggermente inferiore a quella
dell’anno precedente, il 41% rispetto
al 45% del 2013. Su 22 lanci ordinati nel 2014, ben 11 sono andati negli Stati Uniti, cioè al Falcon, e dieci
all’europeo Ariane 5, solo uno in Rus57
sia al Proton. Un trend che dal 2011
rispecchia l’evoluzione industriale
del settore dei lanciatori, con l’arrivo
dell’outsider Falcon che ha spezzato il monopolio russo-europeo degli
anni 2000. Uno scenario però destinato a mutare ancora. Due colossi
industriali come Boeing e Lockheed
Martin difficilmente potevano restare inerti di fronte all’aggressività innovativa di un competitor come SpaceX. La loro joint venture Ula dispone
di due lanciatori formidabili, l’Atlas
v e il Delta iv, ma costosissimi. Un
lancio del Delta può costare oltre 300
milioni di dollari rispetto agli 80-100
di un Falcon 9 Heavy della SpaceX.
Inoltre le recenti tensioni geopolitiche tra Russia e Usa hanno messo
in seria difficoltà la fornitura commerciale alla Lockheed Martin dei
motori RD-180 prodotti dalla russa
Npo-Energomash (si veda Airpress 50
di novembre 2014) che equipaggiano
il primo stadio dell’Atlas v. Tutto questo ha portato i due giganti industriali statunitensi a unire le loro forze e
progettare un solo lanciatore made
VULCANO SFIDA
ELON MUSK
I due giganti Boeing e
Lockheed Martin hanno
unito le loro forze e progettato un solo lanciatore
made in Usa che racchiude il meglio del Delta e
dell’Atlas. E per sfidare
Elon Musk, Vulcano sarà
nel 2020 un lanciatore
molto competitivo per
Falcon e per Ariane. Il
primo stadio, derivato
dal serbatoio criogenico dell’attuale Delta IV,
utilizzerà due motori
BE-4 della Blue Origin di
nuovissima concezione a
ossigeno e metano, e sarà
potenziato da una serie di
propulsori laterali a solido
uguali a quelli oggi usati
sull’Atlas V. I motori BE-4
forniranno una spinta di
4.900 Kn in luogo dei
4.150 Kn del RD-180
55
IL DRAGONE VERSO
IL LUNGA MARCIA
I cinesi stanno assemblando il loro più
grande lanciatore, il Lunga marcia 5,
per un lancio inaugurale nel 2016. Alto
62 metri e con un peso al decollo di
800 tonnellate, trasporterà 25 tonnellate di carico utile in orbita terrestre, o
un’astronave da 14 tonnellate per Marte
o la Luna; sotto la sua ogiva da oltre
5 metri di diametro potrà alloggiare
grandi satelliti spia, lo spazioplano
Shenlong, le capsule Shenzhou con
equipaggio, e i moduli per la nuova
stazione orbitante Tiangong 2. Il suo
utilizzo nel mercato commerciale non
è ancora certo, ma qualora dovesse avvenire si tratterebbe di un altro temibilissimo competitor per Ariane e Falcon
in Usa che racchiuda il meglio del Delta e dell’Atlas. E per sfidare Elon Musk, genio informatico del
web, hanno chiamato a raccolta gli appassionati
americani a votare su Internet il loro nome preferito per il nuovo lanciatore a stelle e strisce. Più di
un milione di persone si è pronunciata via web e
il nome Vulcano è risultato il più cliccato rispetto a Eagle, Freedom o Zeus. Vulcano è sì il nome
del Dio greco del fuoco, ma è anche più prosaicamente il pianeta natale del noto Mr Spock, il vulcaniano dalle orecchie a punta della serie televisiva
Star Trek, e che fu interpretato dall’attore Leonard
Nimoy, scomparso di recente. È indubbio che la
partecipazione emotiva al lutto dei votanti del web
abbia plebiscitato il nome Vulcano rispetto agli
altri. In ogni modo Vulcano sarà nel 2020 un lanciatore molto competitivo per Falcon e per Ariane.
Il primo stadio, derivato dal serbatoio criogenico
dell’attuale Delta iv, utilizzerà due motori BE-4
della Blue Origin di nuovissima concezione a ossigeno e metano, e sarà potenziato da una serie di
propulsori laterali a solido uguali a quelli oggi usati sull’Atlas v. I motori BE-4 forniranno una spinta di 4.900 Kn in luogo dei 4.150 Kn del RD-180,
quindi la potenza al decollo sarà ben maggiore di
quella oggi disponibile sull’Atlas v. Il secondo stadio sarà l’affidabile Centaur in uso dagli anni 60, e
la grande ogiva che alloggerà i satelliti sarà fabbricata dalla svizzera Ruag, che realizza anche quelle
56
di Ariane, in due dimensioni: 4 metri e 5,4 metri.
Davvero un bel competitor per Ariane e Falcon. E
poi non poteva mancare il Dragone cinese. Al caldo tropicale dell’isola di Hainan, i cinesi stanno assemblando il loro più grande lanciatore, il Lunga
marcia 5, per un lancio inaugurale nel 2016. Alto
62 metri e con un peso al decollo di 800 tonnellate,
trasporterà 25 tonnellate di carico utile in orbita
terrestre, o un’astronave da 14 tonnellate per Marte o la Luna; sotto la sua ogiva da oltre 5 metri di
diametro potrà alloggiare grandi satelliti spia, lo
spazioplano Shenlong (si veda Airpress 50 di Aprile 2015), le capsule Shenzhou con equipaggio, e i
moduli per la nuova stazione orbitante Tiangong
2. Al momento i responsabili cinesi non si pronunciano sul suo utilizzo nel mercato commerciale, ma qualora dovessero farlo si tratterebbe di
un altro temibilissimo competitor per Ariane e Falcon. Senza contare che già negli anni 90 il Lunga
marcia 4 stava raccogliendo discreti successi nel
business commerciale, ma una serie di fallimenti
e soprattutto il divieto Itar-Usa di esportare satelliti con componenti americani in Cina ne avevano
minato il percorso. Oggi però il Lunga marcia 3A
e le sue versioni potenziate CZ-3B e CZ-3C hanno
un track-record di successi di tutto rispetto e presto
saranno dei seri competitor a livello commerciale.
Per Ariane e il Falcon la Lunga marcia per le stelle
è cosparsa di fuoco vulcaniano.
giugno 2015
PENSIERIspaziali
Roberto Vittori — astronauta
Sbagliando
s’impara!
Lo scorso 16 maggio, 490 secondi dal lancio avvenuto dal cosmodromo di Baikonur,
il razzo Proton M ha subìto un catastrofico malfunzionamento del terzo stadio del
razzo vettore portando alla perdita del carico, il satellite di comunicazione “Centenario” commissionato dal Messico.
Il sistema propulsivo del Proton M include
un primo stadio con sei motori RD-276 che
sviluppano circa 2.500 lbf, un secondo stadio con tre RD-0210 e un RD-0211 per un
totale di circa 540mila lbf; il terzo stadio
con motore RD-0212 in grado di sviluppare
131mila lbf di spinta.
Nonostante le indagini siano appena iniziate, sembra consolidata l’idea che il problema sia localizzato nel sistema propulsivo, in particolare al terzo stadio.
Solo poche settimane prima avevamo assistito alla perdita della Progress M-27M,
partita il 28 aprile sempre da Baikonur per
portare rifornimenti e logistica alla Stazione spaziale internazionale. Anche in questo caso, le prime indicazioni sembrano
convergere su un malfunzionamento del
57
sistema propulsivo e in particolare del terzo stadio del razzo vettore Soyuz.
Il 28 ottobre dello scorso anno, presso la
base di lancio di Wallops Island, è esploso
il razzo Antares: evento apparentemente
scollegato dagli altri due, a parte il fatto
che Antares utilizza motori di fabbricazione russa.
Senz’altro si tratta di un momento non positivo dei sistemi propulsivi e in particolare
di quelli russi ma, in un’ottica più ad ampio raggio, vale meditare sull’effettiva opportunità di continuare con il monopolio
dei sistemi di lancio verticale multistadio.
L’alternativa potrebbe essere sviluppare
sistemi single stage to orbit, per esempio
quelli muniti di capacità horizontal takeoffhorizontal landing.
Ricordiamo, in questo senso, sia il progetto inglese Skylon e il relativo sistema propulsivo Sabre, sia i dimostratori come Ixv
dell’Agenzia spaziale europea, anche se per
i futuri programmi dovremo concentrarci a
migliorarne le capacità per consentire l’atterraggio in pista.
57
Spazio
DESIRE II DECOLLA
CON L’IMPRONTA MADE IN ITALY
Il progetto Desire ii, partito lo scorso aprile con durata di 18 mesi
e budget di circa 2,6 milioni di euro, mira a fornire connettività
satellitare per sistemi a pilotaggio remoto. Infatti, per consentire
un’integrazione sicura nei cieli europei, le tecnologie satellitari
giocano un ruolo-chiave. Così come la navigazione satellitare
è essenziale al fine di rendere possibile un alto livello di autonomia
in tutte le fasi di volo
MASSIMO CLAUDIO COMPARINI chief technical officer, Telespazio
Decolla Desire ii, il progetto di connettività satellitare per sistemi a pilotaggio remoto, di cui si era
discusso durante l’incontro sul tema presso l’Esa. L’importanza del settore dei Remotely piloted
aircraft systems è resa evidente dalla crescente attenzione su tali piattaforme, per una pluralità di
applicazioni in campo istituzionale e governativo
e in prospettiva nel campo commerciale. Lo sviluppo di tali macchine ha avuto un rapida accelerazione nell’ultima decade, partendo dalle applicazioni in campo militare, ma aprendosi oggi
a una vasta pluralità di applicazioni in campo civile e commerciale, e rappresentando un potenziale di sviluppo economico particolarmente significativo, non solo per il settore manifatturiero
aerospaziale, trasversale a molti settori produttivi e pienamente integrato nell’evoluzione dell’Internet of things. Come descritto nella dichiarazione di Riga di poche settimane fa, Framing the
future of aviation, siamo di fronte a una transformational technology. L’importanza del settore è
58
testimoniata anche dall’attenzione delle istituzioni europee e della Commissione che ha ideato
una prima strategia per supportare il progressivo
sviluppo del settore civile, indirizzando aspetti
quali la pubblica accettazione delle piattaforme
a pilotaggio remoto, la sicurezza, la privacy solo
per citare alcuni aspetti particolarmente rilevanti
assieme agli elementi regolatori e naturalmente a quelli tecnologici (sense & avoid, comment &
control communication link). Il quinto Rpas userstakeholder workshop, tenutosi a Noordwjik lo
scorso 21 maggio, ha visto il contributo di Esa,
Eda, rappresentanze delle istituzioni e authority
europee, di attori del mondo della ricerca e naturalmente del mondo industriale. È emerso un
ruolo particolarmente rilevante dell’Italia, con la
presentazione del progetto Esa-Eda di Desire ii
guidato da Telespazio in team con Piaggio Aerospace, fornitrice del velivolo demo P.1HH HammerHead come testbed di volo, e Selex Es.
Il consigliere militare del presidente del Consigiugno 2015
glio, Carlo Magrassi, ha testimoniato l’attenzione
dell’Italia sul tema, garantendo la centralità della connettività e delle tecnologie di navigazione
satellitare nel percorso di sviluppo dei prossimi
anni, evidenziando l’efficace collaborazione tra
autorità militari e civili (Enac e Enav) per la sperimentazione e l’utilizzo di tali velivoli, la presenza in Italia di qualificati attori nel mondo delle
ricerca scientifica e industriale e la possibilità di
sperimentazione in corridoi dedicati non presente allo stesso livello in altri Paesi. Per consentire
un’integrazione sicura nei cieli europei, le tecnologie satellitari giocano un ruolo chiave nel rendere possibile comunicazioni Beyond radio line
of sight (Brlos) a elevata data rate per i payload di
bordo ovvero per le funzioni di Comando e controllo (C2), Detect & avoid (D&a) e per servizi di Air
traffic (Ats). Inoltre, la navigazione satellitare è
essenziale al fine di rendere possibile un alto livello di autonomia in tutte le fasi di volo.
Il progetto Desire ii, partito lo scorso aprile con
57
durata di 18 mesi e budget di circa 2,6 milioni di
euro, è stato oggetto di una specifica presentazione a testimonianza della sua importanza. Esa ed
Eda hanno concepito un progetto con lo scopo di
dimostrare, nell’ambito della European demonstration roadmap, servizi basati su Rpa in Beyond
radio line of sight (Brlos) utilizzanti sia SatCom
sia SatNav in spazi non segregati e di supportare il processo regolatorio nel contesto europeo.
Esempi di servizi in ambito istituzionale civile
sono: Maritime surveillance and border control,
environmental surveillance e Law enforcement.
Nel progetto sono previste tre campagne complementari di validazione: una simulazione allo
scopo di validare l’Air traffic injection e i requisiti
utente; una emulazione essenzialmente mirata
alla caratterizzazione dei collegamenti satellitari
nelle diverse bande (L, Ka); un test nell’ambiente
operativo reale, con dimostrazione di volo condotta sotto la guida del controllo del traffico aereo civile al fine di validare l’intera architettura.
59
ilDITOe laLUNA
Ezio Bussoletti
docente di Fisica e Tecnologie spaziali
presso l’Università Parthenope
Un pianeta nano
visto da Down
Dopo sette anni e mezzo e percorsi quasi
5 miliardi di km, nella prima settimana di
giugno la sonda della Nasa Down è entrata in orbita intorno a Cerere, un pianeta
nano nella fascia degli asteroidi tra Marte
e Giove. Per gli scienziati rappresenta un
appuntamento storico per molte ragioni: è
il più grande tra gli asteroidi e il più antico,
praticamente sferico, ha un diametro di
circa 950 km ed è simile ai satelliti Europa
di Giove ed Encelado di Saturno, il che significa che potrebbe avere caratteristiche
astrobiologiche che aiutino a comprendere le fasi evolutive della formazione del sistema solare.
Cerere è un ottimo campione, rimasto
intatto, dei “mattoni planetari” – i protopianeti – che durante la prima fase della
formazione del sistema solare hanno formato Venere, Terra e Marte. Fu scoperto
nel 1801 dall’astronomo italiano Giuseppe
Piazzi e promosso da semplice asteroide a
pianeta nano nel 2006 dall’Unione astrofisica internazionale.
Dalle poche immagini sin qui registrate, il
suolo appare martoriato al pari di quello
lunare e le ipotesi sulle cause sono varie:
i crateri possono essere il risultato di una
pioggia di sciami di meteoriti generati dalla frammentazione di un asteroide vicino o
60
il prodotto di un impatto sulla superficie di
materiale autoctono causato dall’urto con
un corpo minore.
Un altro aspetto importante è che, grazie
anche ai due strumenti italiani sulla sonda, sarà possibile verificare se il sottosuolo
nasconda un oceano liquido, forse l’acqua.
Questa ipotesi è avvalorata dalle osservazioni dello scorso anno del telescopio Herschel della Nasa che mostravano la presenza di enormi geyser, segno di una attività
geologica rilevante.
A bordo di Down sono montati tre strumenti: una camera che opera nel visibile,
uno spettrometro che opera sia nel visibile sia nell’infrarosso e uno spettrometro a
raggi gamma. La combinazione delle tre
osservazioni eseguite in parallelo permetterà un’analisi completa delle caratteristiche fisico-chimiche del suolo del pianeta.
Se le osservazioni confermeranno le prime
stime degli scienziati, Cerere si mostrerà
composta per il 25% d’acqua, una quantità maggiore di tutta l’acqua presente sulla
Terra. La sonda ruoterà intorno al pianeta
sino a quando, consumato tutto il combustibile del suo motore a ioni di Xeno, comincerà a fluttuargli intorno diventando
una sua luna artificiale.
giugno 2015
CYBERnetics
Luigi Martino
teaching and research assistant
in Ict policies presso l'Università di Firenze
Verso la Cyber
mission force
L’ennesimo colpo grosso da parte di hacker
non ancora identificati, ma indirettamente collegati al governo russo, ha colpito e
messo fuori uso il sito web istituzionale
dell’US Army. Obama (in trasferta per il G7)
ha reagito chiedendo al Congresso americano di inasprire le pene per chi compie
attacchi informatici prevedendo anche il
congelamento dei beni economici e finanziari. Tuttavia, per stessa ammissione del
presidente americano, sono ancora molte
le debolezze presenti nei sistemi informatici pubblici e privati che potrebbero mettere a repentaglio la sicurezza e il benessere degli Stati Uniti. Anche per questi ultimi
eventi, la Casa Bianca ha deciso di inserire
nel prossimo budget federale (il Fy 2016)
una spesa per la cyber-security incrementata del 10% rispetto all’anno in corso. In particolare, secondo le stime fatte dall’analisi
del prossimo budget che dovrà essere approvato dal Congresso, il bilancio federale
del 2016 prevede lo stanziamento di circa
57
15 miliardi di dollari per la cyber-security.
Inoltre, complessivamente la spesa prevista per il 2015 per il solo dipartimento della Difesa (Dod) in materia cyber si assesta
a circa 5,5 miliardi di dollari. Il solo Cyber
command prevede un incremento del 7%
della spesa relativa alla messa in sicurezza
della rete informatica del Dod. Infine, per
il 2016 l’obiettivo principale rimane l’arruolamento di 6mila esperti informatici
in dotazione al Pentagono per condurre le
cyber-ops, ovvero le operazioni militari nel
dominio cibernetico.
Tutti questi numeri devono essere sommati e integrati alla recente Cyber-strategy
(pubblicata lo scorso aprile dal dipartimento della Difesa statunitense) la quale, tra gli obiettivi strategici, mira anche a
mettere a regime la Cyber mission force che
sarà composta proprio da 6.200 operatori
divisi in 113 unità.
61
Cyber
IL FATTORE CYBER
NELLE OPERAZIONI MILITARI
GIANDOMENICO TARICCO comandante del Centro Intelligence interforze del 2° Reparto dello stato maggiore della Difesa
La possibilità di utilizzare un sistema informatico è un’esigenza imprescindibile per svolgere tutte le principali attività della vita di ogni giorno:
dall’accesso a un servizio pubblico,
all’acquisto di un bene, dallo svolgimento del lavoro quotidiano ai modi
per trascorrere il tempo libero. La
familiarità e la dipendenza da uno
strumento informatico è tanto più
elevata quanto più è giovane il suo
utilizzatore, tanto è vero che i ragazzi
al di sotto dei vent’anni (i nativi digitali) sono ormai incapaci di immaginare la loro vita senza averne sempre
uno in tasca o a portata di mano.
La medesima priorità e rilevanza non
poteva non estendersi all’organizzazione delle Forze armate, per cui lo
stesso livello di dipendenza da un sistema informatico pervade il mondo
militare e gli strumenti a disposizione per lo svolgimento dei compiti assegnati. È naturale che tale rilevanza
e impatto avessero come contraltare
il fatto che i “cattivi” di tutte le organizzazioni, da quelle statuali a quelle
criminali, decidessero di perseguire
i propri fini illeciti o distruttivi con
gli stessi mezzi informatici per il
62
vantaggio che facilmente è possibile
ottenere: in estrema sintesi un computer è diventato anche un’arma con
la quale combattere, per cui esiste
una precisa minaccia che cerca continuamente vantaggi a danno di Stati
o individui. È già in corso ogni giorno
una vera e propria guerra che per ora
è quasi invisibile e solo economica,
ma che potrebbe includere anche effetti cinetici. Gli Stati Uniti sono indubbiamente il Paese nel quale sono
nate e si sono sviluppate tali capacità
e continuano a essere i promotori di
gran parte delle nuove iniziative. La
sensibilità e la consapevolezza del
governo Usa del livello di minaccia
sono altissime, tanto da definire e
presentare una nuova strategia che
indirizza tutte le attività e gli investimenti del Department of defense (Dod)
nel settore nei prossimi cinque anni.
Alla cosiddetta dimensione cyber o
cibernetica, per usare un’espressione autarchica, non solo viene ormai
riconosciuto il rango di dominio,
paritetico a quelli più tradizionali
(terrestre, marittimo o aerospaziale)
ma è anche a loro trasversale. Al Dod
viene richiesto di intraprendere tut-
UNA CULTURA
DA COLTIVARE
Solo con un costante
investimento su una
“corretta cultura cyber”
si disporrà di un sistema
idoneo ed adeguato a
condurre operazioni cibernetiche. La sensibilità
e la consapevolezza del
governo Usa del livello di
minaccia sono altissime,
mentre la Cina nel suo
Libro bianco attribuisce la massima priorità
alla realizzazione di una
capacità cibernetica sostanziale e complementare alle altre capacità
militari
giugno 2015
te le azioni necessarie per costituire
una vera e propria forza cibernetica a
cui sono affidate tre missioni: difendere le sue reti, i suoi sistemi e le sue
informazioni; tutelare gli Stati Uniti
e i suoi interessi contro gli attacchi
cibernetici di livello significativo; fornire capacità cibernetiche integrate
per supportare operazioni militari e
piani di contingenza. Pur essendo il
sistema delle reti e dei sistemi della
Difesa Usa il più complesso e sofisticato al mondo, non viene ritenuto
autosufficiente, per cui è riconosciuta l’assoluta priorità di stabilire un
rapporto continuo e costante con il
mondo privato, grazie al quale è possibile far convergere le migliori risorse ed energie per il conseguimento
degli obiettivi comuni. Medesima
sinergia deve essere perseguita con i
Paesi partner ed alleati, per costruire
anche in questo dominio un sistema
di difesa interoperabile ed efficace.
È di poco tempo fa la pubblicazione
del primo Libro bianco della Difesa cinese. Per la prima volta con un
approccio occidentale, anche il governo cinese presenta i propri piani
futuri. Nella definizione del nuovo
57
e complesso sistema, viene attribuita la massima priorità alla realizzazione di una capacità cibernetica
sostanziale e complementare alle altre capacità militari. In Italia grandi
passi sono stati fatti per creare una
corretta sensibilità sulla materia,
un processo che, attraverso iniziative di vario genere, dai dibattiti nei
think tank e nel mondo accademico a
esperimenti ed esercitazioni, ha creato le condizioni per l’adozione di un
provvedimento legislativo, il Dpcm
del 24 gennaio 2013, con il quale si
sono definite una struttura organizzativa e una governance per il settore.
La Difesa italiana sta riconoscendo la
prioritaria importanza di inserire le
operazioni cibernetiche nello spettro
di capacità da sviluppare per un’efficace sistema di sicurezza. Tuttavia è
essenziale evidenziare che l’elemento più critico e più importante di qualunque sistema informatico rimane
comunque quello umano: infatti,
solo con un costante investimento su
una “corretta cultura cyber” si disporrà di un sistema idoneo e adeguato a
condurre operazioni cibernetiche.
I PASSI IN AVANTI
DELL’ITALIA
In Italia grandi passi sono
stati fatti per creare una
corretta sensibilità sulla
materia, un processo
che, attraverso iniziative di vario genere, dai
dibattiti nei think tank e
nel mondo accademico
a esperimenti ed esercitazioni, ha creato le
condizioni per l’adozione
di un provvedimento legislativo, il Dpcm del 24
gennaio 2013, con il quale si sono definite una
struttura organizzativa
e una governance per il
settore. La Difesa italiana sta riconoscendo la
prioritaria importanza di
inserire le operazioni cibernetiche nello spettro
di capacità da sviluppare
per un’efficace sistema di
sicurezza
63
SAVEtheDATE
1 LUGLIO
9 LUGLIO
Avio Aero e Iai discutono
di aerospazio
Enac-Demetra, nuove prospettive per il trasporto aereo
“Sviluppo e innovazione nei
settori strategici a elevata tecnologia” è il titolo del convegno
organizzato da Avio Aero e Iai il
1 luglio alle ore 15 presso Palazzo
Rospigliosi a Roma. Interverranno, tra gli altri, il commissario
europeo per il mercato interno,
l’industria, l’imprenditoria e le
piccole e medie imprese Elzbieta
Biezkowska, il vice presidente
del Parlamento europeo Antonio
Tajani e il consigliere militare del
presidente del Consiglio il generale Carlo Magrassi.
Il Centro studi Demetra e la Fondazione 8 ottobre, in collaborazione con Enac e Assaeroporti,
organizzano il convegno “Enac
2.0: le Authorities aeroportuali
ai sensi del Reg. Ue n. 139/2014”.
L’evento è articolato in due sessioni, la prima dal carattere istituzionale, intitolata “Enac 2.0: riassetto istituzionale del trasporto
aereo” e la seconda, di carattere
tecnico, su “Certificazione
aeroportuale – regolamentazione
tecnica”.
9 LUGLIO
8 LUGLIO
A Singapore per parlare
di cyber-security
Si terrà il prossimo 8 luglio l’“AsiaPacific airline cyber-security workshop” organizzato dalla Iata, con
il sostegno del ministero dei Trasporti di Singapore e la Singapore
aviation academy. L’obiettivo è
aumentare la consapevolezza
della gamma di minacce informatiche che minano il settore aeronautico, sia a livello globale sia
nella regione.
64
Airpress discute
di cyber-security
Le riviste Formiche e Airpress
organizzano una conferenza dal
titolo “The challanges of Cybersecurity – Perspectives from
Italy&Us” il prossimo 9 luglio a
Roma. Interverranno, tra gli altri:
il presidente della delegazione
italiana presso l’Assemblea parlamentare Nato Andrea Manciulli,
l’ambasciatrice Mariangela Zappia, rappresentante permanente
dell’Italia alla Nato, Denise Zheng,
senior fellow and deputy direc-
tor of the Strategic technologies
program del Csis di Washington
e Sondra Barbour, executive
vice president of Is&Gs presso
Lockheed Martin. Introdurrà i lavori il ministro della Difesa Roberta Pinotti.
13 LUGLIO
Il ministro Pinotti al Casd
“Il sistema industriale della difesa
per il sistema-Paese” è il titolo
del convegno organizzato dalla
Federazione aziende italiane per
l’aerospazio, la difesa e la sicurezza presso il Centro alti studi per
la difesa alle ore 16. Interverranno, tra gli altri, il presidente della
commissione Industria della Camera dei deputati Guglielmo Epifani, il segretario generale della
Difesa Enzo Stefanini e concluderà il ministro della Difesa Roberta
Pinotti.
17-19 LUGLIO
Torna il Royal international
air tattoo
È tutto pronto per il Royal international air tattoo, una delle più
grandi manifestazioni aeree del
mondo. Come ogni anno l’appuntamento è presso la base Raf di
Fairford nel Regno Unito.
giugno 2015
BUILT FOR ENABLED MINDS TO THINK HIGHER
CY4GATE was created by ELETTRONICA and Expert System by combining
resources, competences and expertise to realize a 360° Project.
cy4gate.com
Un’inconfondibile firma nel cielo.
I nostri aerei hanno un design unico, inconfondibile e innovativo.
È la nostra firma. Una firma che oggi accompagna programmi civili e militari d’avanguardia,
pensati per rispondere alle nuove domande del mercato e della società del nostro tempo.
Il sistema a pilotaggio remoto P.1HH, tra i più avanzati al mondo, e il pattugliatore MPA sono
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un aereo di leggenda, riscrive le regole dell’efficienza e dell’eleganza in volo.
Tutti coniugano stile e alta tecnologia. Tutti sono frutto del talento e del lavoro italiano.
Piaggio Aerospace. Innovation to perform.
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