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TOLKIEN: LA VITA • 1892: John Ronald Reuel Tolkien nasce a Bloemfontein (oggi Sudafrica). • 1895-1902: si trasferisce in Inghilterra con la madre e il fratello; il padre non riuscirà a raggiungerli poiché muore nel 1896. • 1904: muore la madre, dalla quale Tolkien aveva ereditato l'amore per le lingue, le antiche leggende e le fiabe, e il giovane John viene affidato, assieme al fratello, a un sacerdote cattolico, padre Morgan. Sotto la sua attenta guida, inizia gli studi, dimostrando ben presto capacità linguistiche notevoli: eccelle in latino e greco e diventa competente anche in altre lingue tra cui il gotico e l'antico finnico. A partire da queste conoscenze inizia a lavorare all’invenzione di una nuova lingua. • 1915: si sposa con Edith Bratt e poco dopo si arruola volontario come ufficiale, ma ammalatosi torna in patria sei mesi dopo. • 1917: 18 nascono i figli John e Michael. Nel 1921 diventa docente di Lettere all'università di Leeds e continua a lavorare sui Racconti perduti e il suo linguaggio inventato. Dopo tre anni nascono Christopher e Priscilla; in quel periodo diventa amico di C. S. Lewis • Tra il 1920 e il 1930 scrive: i suoi lavori comprendono storie inventate per i suoi figli e la mitologia di Arda. Queste due realtà si uniscono quando, in una calda giornata estiva alla fine degli anni venti, su un foglio bianco scrive: «In un buco nel terreno viveva uno hobbit». Quel nome lo colpisce a tal punto da spingerlo a scrivere una storia per raccontare di questa creatura. • 1937: viene pubblicato Lo Hobbit: il libro è comprensibile per i più piccoli ma nasconde realtà profonde. Tolkien infatti aveva già cominciato fin dal 1917 a “costruire" la Terra di Mezzo, ovvero il mondo incantato in cui si svolgono tutte le avventure descritte. In questo scenario si colloca Il Signore degli Anelli, unanimemente riconosciuto come la sua opera più importante. Negli anni seguenti Tolkien lavora a un'altra opera, il Silmarillion — iniziata in verità già dal 1917 — che portò avanti fino alla morte, senza concluderla. • 2 settembre 1973: trascorre gli ultimi anni della sua vita nella città costiera di Bournemouth dove muore a ottantun'anni. TRAMA Il giorno del suo 111esimo compleanno Bilbo Baggins della Contea, zio di Frodo Baggins, scompare durante la festa indossando un anello di cui anni addietro si era impossessato. Su consiglio dello stregone Gandalf il Grigio, Bilbo cede l’anello al nipote insieme alla casa e parte per Gran Burrone, la dimora degli elfi guidati da Elrond. Gandalf scopre che non è uno degli anelli di origine elfica bensì è l’Unico Anello forgiato dall’Oscuro Signore, in grado di sottomettere gli anelli minori: “Un anello per domarli, un anello per trovarli, Un anello per ghermirli e nel buio incatenarli.” . Gandalf affida a Frodo la missione di portarlo a Gran Burrone con Sam Gamgee. Frodo inscena un trasloco e parte con Sam e i suoi amici Merry e Pipino ma, inseguiti dai Nazgul, riescono a raggiungere la Locanda del Puledro Impennato a Brea dove attendono invano l’arrivo di Gandalf, che è stato catturato da Saruman. Alla locanda conoscono un ramingo del nord chiamato Grampasso, Aragorn di Gondor sotto mentite spoglie, che farà loro da guida. Scoperti, fuggono, ma cadono in un’imboscata; Frodo viene ferito da un pugnale Morgul e si risveglia a Gran Burrone guarito dalle magie di Elrond. Lì si tiene un consiglio segreto: si forma la Compagnia dell’Anello che ha lo scopo di proteggere il portatore dell’Anello (Frodo) che deve recarsi a Mordor (regno di Sauron) sul Monte Fato per eliminare l’Anello definitivamente. La Compagnia - composta dai quattro hobbit, Gandalf, Aragorn, Legolas (elfo), Gimli (nano) e Boromir (uomo di Gondor) - si avvia verso Mordor passando per Moria dove Gandalf rimane ucciso dal Flagello di Durin. Giunti alle Cascate di Rauros la Compagnia si divide: Frodo e Sam proseguono verso Mordor mentre Boromir muore combattendo per salvare Merry e Pipino che vengono rapiti; i membri restanti della compagnia si incamminano alla ricerca di questi. Frodo e Sam incontrano lungo il cammino Gollum, possessore dell’Anello prima di Bilbo, che ancora lo brama, e lo ricattano affinché li guidi verso il Monte Fato. Mentre Gollum finge di essere fedele a Frodo e lo guida a Mordor attraverso una strada “alternativa”, Merry e Pipino incontrano nella foresta di Fangorn Gandalf divenuto ora “il Bianco” che li affida a Barbalbero. Nel frattempo Legolas, Aragorn e Gimli raggiungono la foresta di Fangorn dove anch’essi incontrano lo stregone e insieme si recano a Rohan per sciogliere Re Théoden da un incantesimo di Saruman e per respingere l’attacco degli Uruk-hai al fosso di Helm. In seguito Pipino svela parte dei piani dell’Oscuro Signore attraverso il Palantir e si reca con Gandalf a Minas Tirith per ammonire Denethor dell’imminente guerra. A Rohan giunge la richiesta d’aiuto e Aragorn comincia ad arruolare un esercito sempre più forte. Gli orchi si impossessano di Osgiliath e proseguono nell’avanzata in numero maggiore rispetto agli avversari fino a quando Aragon arriva con l’esercito di spettri e capovolge le sorti della battaglia. Frodo si separa da Sam a causa di Gollum e viene in seguito catturato da Shelob (Ragno dell’Oscurità) e liberato da Sam che era ritornato per salvarlo. Aragorn riunisce gli eserciti per marciare verso Mordor e distrarre l’esercito di Sauron, mentre Frodo e Sam tentano di portare a termine il loro arduo compito. Frodo è incapace di proseguire e Sam lo regge per l’ultimo tratto di cammino. Giunti finalmente all’interno del Monte Fato, Frodo cede al potere dell’anello e non riesce a distruggerLo. Infine riappare Gollum che dopo aver lottato sottrae l’anello a Frodo (staccandogli un dito) e cade nel dirupo portando involontariamente a termine la missione. L’ordine si ristabilisce: Aragorn sale al trono di Gondor accanto alla regina Arwen e i quattro hobbit ritornano nella contea dove devono affrontare Saruman e sconfiggerlo una volta per tutte. Alla fine del racconto, a Frodo viene concesso di unirsi a Bilbo, Gandalf e altri a bordo di una nave elfica per recarsi a Ovest, nelle Terre Immortali. L’EVASIONE Molti critici hanno commentato l’opera di Tolkien affermando che essa rappresenta una modalità per allontanarsi dalla realtà. Secondo Tolkien essi utilizzano in modo inappropriato il termine evasione, e lo spiega con un esempio: quei critici confondono la fuga del disertore con l’evasione del prigioniero. La prima è di colui che abbandona una battaglia ed è giustamente processato, perché ha smesso di fare il proprio dovere. La seconda riguarda l’evasione del prigioniero dal lager che, scappando da un campo di concentramento, non è un vigliacco, ma un coraggioso, perché ha evitato un ingiusto imprigionamento ed è tornato nel mondo vero. Perciò le fiabe non sono una fuga dalla realtà, ma una fuga nella realtà: sono un riacquistare le dimensioni più autentiche della percezione del mondo, del cosmo, della nostra posizione sulla Terra. IL POTERE “L’anello conferisce una vita perpetua e infonde un tedio sconfinato al mortale che lo infili al dito, il quale però non cresce, non ottiene maggior vita, prosegue soltanto in un mondo di larve, in un crepuscolo sotto l’occhio del Maligno che lo divorerà ” . J.R.R Tolkien, Introduzione a Il Signore Degli Anelli L’estratto appena citato spiega come l’anello sia l’oggetto del potere attorno al quale si sviluppano tutte le vicende narrate. In particolare abbiamo analizzato cosa esso rappresenti per alcuni personaggi in quanto essi, davanti ad un bivio, hanno dovuto operare una scelta decisiva per le sorti di tutti i personaggi del racconto. Tutti davanti al potere si rivelano corruttibili; per loro esso rappresenta un limite: alcuni, riconoscendolo, lo affrontano, altri rimangono sopraffatti da esso. LA COMPAGNIA DELL’ANELLO Per eliminare l’Unico Anello, si forma la Compagnia dell’Anello. Sebbene si siano riunite tutte le personalità di spicco della Terra di Mezzo, il centro della compagnia è un Hobbit, poco più che un ragazzo, ma che, nonostante la sua debolezza e inadeguatezza, dice: “Prenderò io l’Anello, ma non conosco la strada”. Sul fragile sì di questo ragazzino le forze del bene si coalizzano. Non c’è proporzione tra la compagnia e le forze del male, che sono nettamente in vantaggio. Sembra un compito destinato a fallire, ma la loro unità è molto più che la somma del contributo dei singoli; se sono uniti possono affrontare cose più grandi di loro, perché tutti si sostengono l’un l’altro. La Compagnia dell’Anello si forma a partire dai limiti dei componenti, come ci ha spiegato Davide Prosperi, in un incontro che abbiamo ascoltato. Ciascuno è immedesimato nello scopo, questa è la forza che li tiene uniti anche non fisicamente; ognuno ha il suo compito, ma il destino è condiviso. È interessante notare che c’è sempre un personaggio che ricorda a cosa sono chiamati. La Compagnia è un aiuto che permette la crescita dei personaggi. Tutto “Il Signore degli Anelli” è scandito da un solo gesto, è un movimento che qualcuno fa per amore: tutti i personaggi positivi amano qualcosa o qualcuno e preferiscono infinitamente dare sé per questo qualcosa o qualcuno che amano invece di conservare la propria vita. E. Rialti, da un incontro tenuto a Varigotti, 2008 GOLLUM/SMÉAGOL “Un Anello del potere vive la propria vita: può benissimo scivolare a tradimento, ma il suo custode non lo abbandonerà mai. […] non era Gollum, Frodo, a prendere le decisioni: era l’Anello. Fu l’Anello stesso ad andarsene . J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli Gollum di tutti i portatori dell’Anello è quello che lo ha tenuto per più tempo subendone gli effetti negativi fino ad esserne completamente trasformato; è infatti l’emblema del fascino corruttore dell’anello. La sua bestialità è evidente in ogni sua azione e la sua volontà è sopraffatta dalla malvagità dell’anello. Il desiderio dell’Anello fu più forte della paura degli orchetti, e persino del suo odio della luce. Dopo un anno o due lasciò le montagne. Capisci, benchè egli fosse ancora vincolato all’Anello da una passione morbosa, non ne era più divorato; incominciò a rivivere. Si sentiva vecchio, terribilmente vecchio, ma meno timido, ed aveva una fame spaventosa.” J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli Con il passaggio dell’Anello a Bilbo, Gollum ha perso il suo “tesssoro” con cui ha passato secoli nei cunicoli sotto le montagne e che per tutto questo tempo gli ha avvelenato la mente. Attratto morbosamente dall’Unico, non appena viene a sapere della Compagnia ne approfitta per seguire Frodo e Sam quando si dividono dal resto del gruppo. Pur di reimpossessarsene tenta di uccidere i due mezz’uomini, ma viene catturato e gli viene fatto giurare sull’Anello, l’unica cosa a lui cara, di fare da guida verso Mordor. “Ho poca speranza che Gollum riesca ad essere curato e a guarire prima di morire. Ma c’è una possibilità. Egli è legato al destino dell’Anello. Il cuore mi dice che prima della fine di questa storia l’aspetta un ultima parte da recitare, malvagia o benigna che sia; e quando lo raggiungerà, la pietà di Bilbo potrebbe cambiare il corso di molti destini. […]” J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli Nel corso del viaggio Sméagol ritorna in sé grazie all’atteggiamento benevolo di Frodo che comprende gli effetti che l’anello ha avuto su Gollum, una cosa difficile da cogliere per Sam. Inoltre per Frodo è fondamentale credere che Gollum possa tornare ad essere Smeagol per sempre così da poter sperare per sé. Nell’ultima parte della vicenda Gollum torna ad assumere un ruolo negativo cercando di impedire con ogni mezzo il compimento della missione; suo malgrado però diviene il fattore essenziale per la risoluzione della storia. La fine di Gollum è il più imprevedibile dei frutti di quell’atto di pietà compiuto da Bilbo molti anni prima e si rivela determinante per le sorti del mondo. BILBO BAGGINS Bilbo, dopo le vicende de “lo Hobbit” si ritrova a vivere in possesso dell’Anello, sebbene non ne conosca appieno il valore. Per lui infatti esso è soltanto un gioco: lo usa ad esempio per scomparire da parenti indesiderati oppure per canzonare i presenti alla sua festa. Giunge, però, il momento in cui deve separarsene lasciandolo in eredità a Frodo. “Gli lasci proprio tutto? Anche l’anello, no? Eravamo già d’accordo su questo punto, ricordi?” “ Ma… sì, forse sì, suppongo…”, balbettò Bilbo. “Dov’è?” “In una busta se proprio lo vuoi sapere” rispose Bilbo impaziente. “Là sul camino. Anzi no! Ce l’ho qui in tasca!”, esitò. […] la sua voce mutò improvvisamente, diventando aspra, diffidente e seccata. […] “è mio ti dico, è la mia proprietà, il mio tesoro; sì il mio tesoro”. J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli È evidente come l’influenza dell’Anello condizioni Bilbo, che fino ad un momento prima era disposto a disfarsene, al punto da opporsi all’amico Gandalf, della cui saggezza si fidava ciecamente. Dopo essere riuscito a compiere questa rinuncia, grazie allo stregone, il vecchio Hobbit può finalmente mettersi in viaggio liberato dalla nefasta influenza. A Gran Burrone il cammino di Bilbo e dell’anello si rincontrano e il mezz’uomo viene nuovamente tentato. “Bilbo tese la mano; immediatamente frodo ritrasse l’Anello con angoscia e sommo stupore si accorse che non stava più vedendo Bilbo; un ombra sembrava essere scesa tra di loro, ed egli scorgeva dall’altro lato un piccolo essere avvizzito dal viso avido e dalle ossute mani ingorde”. J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli È solo qui che Bilbo coglie l’importanza e la pericolosità di ciò che aveva usato per anni a cuor leggero. “Ora capisco” disse “mettilo via! Mi dispiace: mi dispiace che tocchi a te sopportare questo peso, mi dispiace tanto”. Solo Bilbo capisce appieno il peso che Frodo sta portando, a differenza di tutti coloro che provano ad impossessarsi dell’Anello nel corso della vicenda. Questo perché solo chi è stato ferito dall’Anello può o comprendere la maledizione che è o esserne sopraffatto, come Gollum. Gandalf stesso ipotizza che sia stato l’atto di Pietà nei confronti di Gollum all’inizio del possesso dell’Anello a permettere a Bilbo il distacco da Esso. “Peccato? Ma fu la Pietà a fermargli la mano. Pietà e Misericordia: egli non volle colpire senza necessità e fu ben ricompensato di questo suo gesto, Frodo. Stai pur certo che se è stato grandemente risparmiato dal male, riuscendo infine a scappare ed a trarsi in alvo è proprio perché all’inizio del suo possesso dell’Anello vi era stato un atto di Pietà”. J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli FRODO BAGGINS L’unica razza che Tolkien inventa per il suo universo sono gli Hobbit, proiezione fantastica dei suoi contemporanei. La definizione di mezz’uomini usata spesso nel romanzo acquista in quest’ottica un significato più profondo della semplice descrizione fisica: è il giudizio stesso dell’autore. Un popolo ormai incapace di grandi imprese, escluso dal mondo da una siepe. Frodo, il protagonista della vicenda, non è dotato di poteri o abilità particolari; la sua unica grandezza è la capacità di accettare il suo ruolo in una vicenda più grande di lui, anche se comporta un fardello quasi insostenibile. Inizialmente il portatore non si rende conto di quanto sia pericoloso il fardello che porta ma subisce subito il suo fascino. “Prima di averlo in mano la sua intenzione era di scaraventarlo nella parte più infocata del camino. Ma ora si accorgeva che non era cosa facile, che avrebbe avuto bisogno di un grandissimo sforzo di volontà. Soppesò l’Anello, esitante e imponendosi di pensare a tutto ciò che Gandalf gli aveva detto; poi riunì tutte le sue forze per lanciarlo nel fuoco, ma scoprì di esserselo rimesso in tasca”. Giunto a Gran Burrone Frodo, che ha già vissuto alcuni dei pericoli che essere il portatore dell’Unico comporta, decide consapevolmente di proseguire in questa missione; vedendo che tra tutti i partecipanti del consiglio di Elrond nessuno ardisce incaricarsi di questo peso. “Un irresistibile desiderio di riposo e di pace accanto a Bilbo a Gran Burrone gli empì il cuore infine, con grande sforzo, parlò, meravigliandosi di udire le proprie parole, come se qualche altra volontà comandasse la sua piccola voce . ‹‹Prenderò io l’Anello››, disse, ‹‹ma non conosco la strada››.” J.R.R. Tolkien, Molti incontri ,da Il Signore degli Anelli Dopo essersi allontanati dalla Compagnia per preservarne l’unità, Frodo ricorre a Gollum come guida per Mordor. Si sviluppa tra i due un rapporto particolare basato sulla comprensione reciproca e sull’ influenza che l’Anello ha su entrambi. Avviene così un cambiamento nella visione che Frodo ha di Sméagol: se prima provava solo paura e disgusto per lui, ora non può che essere pietoso riconoscendo in lui una vittima del suo stesso male. Nel momento della prova finale lo Hobbit cede alla tentazione di tenere l’anello per sé non adempiendo al suo compito. Vediamo qui come nessuno, per innocente che sia, è totalmente immune dal male e che la sola risolutezza non può bastare contro di esso. Conclusasi la vicenda, apparentemente la Terra di Mezzo torna come è sempre stata, ma non per Frodo: ciò che ha visto e vissuto non può essere dimenticato e la vita tranquilla e riparata della Contea non può più bastare. “Come fai a raccogliere le fila di una vecchia vita? Come fai ad andare avanti, quando nel tuo cuore cominci a capire… che non si torna indietro? Ci sono cose che il tempo non può accomodare. Ferite talmente profonde, che lasciano un segno.” J.R.R. Tolkien, Molti incontri, da Il Signore degli Anelli SAM E FRODO Samvise Gamgee chiamato più comunemente Sam, è un Hobbit della Contea, è il giardiniere e il migliore amico di Frodo Beggins. Sam dà prova di essere il più vicino compagno di Frodo, il più fedele della Compagnia dell’Anello e gioca un ruolo chiave nel proteggere Frodo e nella distruzione dell'Anello. Ciò che rende speciale l’amicizia tra Frodo e Sam è il fatto che sono messi insieme dal destino stesso e ciò permette ad entrambi di scoprirsi amici non solo nel divertimento, ma anche davanti alle difficoltà.. “Io posso portarne ancora, signore. Il mio fagotto è molto leggero”, mentì coraggiosamente Sam Frodo partecipa al consiglio privato di Elrond dove si doveva scegliere colui che avrebbe portato l’Anello fino al monte Fato per distruggerlo. “Prenderò io l’Anello”, disse Frodo, “ ma non conosco la strada”. J. R.R. Tolkien, Il Consiglio di Elrond, da Il Signore degli Anelli Sam origlia da dietro finché non decide di intervenire. “Ma non vorrai mandarlo via da solo, Messere!”, gridò Sam. J.R.R. Tolkien, L’Ombra del Passato da Il Signore degli Anelli “ Ora, Sam”, disse Frodo, “non ostacolarmi! […] Devo andare via subito; è l’unico modo”. “Naturalmente”, disse Sam. “Ma non da solo. Vengo anch’io, o non partirete neppure voi. Farò dei buchi in tutte le barche”. […] J.R.R. Tolkien, La compagnia si scioglie da Il Signore degli Anelli Disse Frodo: “è inutile cercare di sfuggirti. Ma ne sono felice Sam, non sai quanto. Andiamo! È chiaro che il destino vuole che viaggiamo insieme! Noi partiremo, e possano gli altri trovare una via verso la salvezza! Grampasso si occuperà di loro. Penso che non li vedremo mai più”. “Chissà, signor Frodo, può darsi di sì. Tutto è possibile”, disse Sam. “Era dunque questo il lavoro che sentivo essermi destinato”, pensò Sam: “ aiutare il signor Frodo sino all’ultimo passo e poi morire con lui? Ebbene, se questo è il mio compito, lo farò”. […] “Coraggio, signor Frodo!”, gridò Sam. “Non posso portare io l’Anello, ma posso trasportare voi ed esso insieme. Alzatevi! Suvvia, signor Frodo, caro! Sam vi porterà in groppa. Ditegli dove devo andare, e lui vi andrà”. […] «Sono felice che tu sia qui con me» disse Frodo. «Qui alla fine di ogni cosa, Sam». «Sì, sono con voi padrone», disse Sam, stringendosi dolcemente al petto la mano ferita di Frodo. «E voi siete con me. E il viaggio è finito. Ma dopo aver fatto tanta strada non voglio ancora darmi per vinto». « Forse no, Sam», disse Frodo; «ma così sono le cose nel mondo. Fallisce la speranza. Giunge la fine . Ci rimane poco oramai da attendere. Siamo perduti in mezzo alle rovine e alle catastrofi e non abbiamo scampo» J.R.R. Tolkien, Il Monte Fato da Il Signore degli Anelli GIMLI E LEGOLAS UN’AMICIZIA INASPETTATA “Sempre scarsa fu l’amicizia tra i Naugrim e gli Eldar” J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli Fin dal principio, i rapporti tra gli Elfi e i Nani non sono amichevoli, infatti alcuni avvenimenti (l’uccisione di re Elu Thingol) guastano i loro rapporti. La situazione 6500 anni dopo è di un profondo e radicato pregiudizio negativo. Inoltre, ne Lo Hobbit, Thranduil, padre di Legolas, aveva incarcerato il nano Gloin, ovvero il padre di Gimli, quindi alle ostilità tra le razze si aggiunge anche l’onta personale. La reazione immediata di entrambi è di difendere la propria reputazione, quindi sono soliti avere vari battibecchi. “Penetrare nel cuore di un nemico all’improvviso, e di trovarvi amore e comprensione…” J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli Quest’amicizia è resa possibile dalla figura “paterna” di Gandalf: «Ma prego almeno voi due, Legolas e Gimli, di essere amici e aiutarmi; ho bisogno dell’uno quanto dell’altro». J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli Il suo invito infatti verrà poi percepito come un testamento dopo che Gandalf si sacrifica al Ponte di Moria. Grazie anche all’aiuto di Galadriel, entrambi riescono a sbarazzarsi di quel pregiudizio; ciò segna sia una riconciliazione sia il sorgere di qualcosa di nuovo. Infatti dopo il mese trascorso a Lòrien si nota che nell’ultima barca presero posto Legolas e Gimli, divenuti ormai grandi amici. “In virtù della loro profonda amicizia, la piu’ profonda che fosse mai sorta tra un Elfo e un Nano” J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli Questo legame pone i due su un piano di parità, di profondo rispetto e ascolto reciproco, anche se ciascuno resta con la sua identità. Sempre nel racconto l’Elfo ha un ruolo educativo, quasi da “fratello maggiore”. Tuttavia anche Legolas riceve molto da Gimli: il bisogno di scoprire di essere più bambino… «… Mi par quasi di tornare giovane, una sensazione che non ho mai più provata dopo essermi messo in viaggio con dei bambini come voi.» … e di essere sconfitto in un suo punto di forza. «E mai prima d'oggi un Nano aveva sconfitto un Elfo in una competizione di parole». In questo modo si consolida un’amicizia duratura, che costituisce un’occasione di crescita per entrambi e permette loro di superare i limiti, cioè il pregiudizio. «Chi pensava di morire combattendo fianco a fianco a un Elfo?» «E invece fianco a fianco ad un amico?» «Sì... Questo potrei farlo!» GANDALF “Gandalf è un maiar, una potenza divina il cui spirito ha preso forma nel corpo di un vecchio col bastone.” da un confronto con Daniele Gazzoli, che ci ha aiutato nella ricerca Egli non è dotato della «magia» come si potrebbe ipotizzare a primo impatto, ma possiede un’Arte, ossia un’abilità divina con cui elabora le materie prime trasformandole in materie seconde. “ Non mi tentare! […] L’Anello acquisterebbe un potere ancor più spaventoso e diabolico su di me[…] non oso prenderlo nemmeno per custodirlo senza adoperarlo. Il desiderio sarebbe troppo irresistibile per le mie forze. Il desiderio sarebbe troppo irresistibile per le mie forze. Ne avrei tanto bisogno: grandi pericoli mi attendono” J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli L’Anello non viene mai a contatto fisico con Gandalf, c’è solo attrazione. Gandalf è tentato dall’Anello ma riesce a resistere sapendo che non è in grado di portarlo, è consapevole del suo limite pur essendo un maiar. Gandalf è la guida designata della compagnia per le sue abilità e capacità: saggezza, autorità e senso del dovere. È il punto di riferimento sin dal principio per Frodo e gli Hobbit, sa accompagnarli fin quando è necessario ma allo stesso tempo lascia che loro compiano il proprio destino. Riprende e corregge gli errori fatti ma sa dare sempre una possibilità per riscattarsi e addirittura una prospettiva più grande di tutte le loro aspettative, come quando Sam viene designato da giardiniere ad accompagnatore del portatore dell’Anello; o come quando perdona Pipino, che si era fatto dominare dalla curiosità e dalla sua goffaggine. «Attraversate il ponte! […] Fuggite! Questo è un nemico troppo forte per chiunque di voi. Devo difendere io lo stretto passaggio […] Fuggite, sciocchi!» J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli Nei momenti decisivi e di maggior difficoltà Lui fa sempre la scelta giusta anche, se dolorosa, come contro il Balrog, un altro maiar come Gandalf. ARAGORN “Io sono Aragorn figlio di Arathorn, mi chiamano Elessar, gemma elfica, Dùnadain, erede di Isildur di Gondor figlio di Elendil. Ecco questa è la spada che fu rotta ed è stata riforgiata.” J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli Aragorn è l’erede al trono di Gondor ed è cosciente del destino che lo aspetta. Nel suo viaggio prende sempre più consapevolezza del fatto che lui possiede già le caratteristiche di un re: umiltà, lealtà, responsabilità e senso del dovere. Aragorn è uno dei pochi personaggi mai tentato dall’Anello. Questo lo vediamo quando richiama Boromir a lasciare l’Anello a Frodo, cadutogli nel cammino per Caradhras. Riportiamo alcune citazioni significative che mettono in luce il cammino di Aragorn, che lo porterà a prendere consapevolezza del suo destino: diventare re. “Ebbene, Frodo», disse infine Aragorn. «Purtroppo il fardello pesa sulle tue spalle. Sei tu il Portatore designato dal Consiglio. Tu solo puoi scegliere la tua strada. Io non ti posso dare suggerimenti. Non sono Gandalf, e benché abbia tentato di fare le sue veci, ignoro quali fossero i suoi progetti o le sue speranze a questo proposito, seppure le aveva. Credo del resto che anche se fosse qui adesso, la scelta toccherebbe sempre a te. È il tuo destino“. J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli “Questi non appartenevano certo agli Orchi!” disse. “Li portavano gli Hobbit. Indubbiamente gli Orchi li hanno spogliati, ma non hanno avuto il coraggio di tenere i pugnali, conoscendone la provenienza […] Dunque, se i nostri amici sono ancora vivi, sappiamo che sono disarmati. Porterò con me questi oggetti, con l’ultima illusoria speranza di poterli un giorno restituire”. J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli Il cammino si compie definitivamente quando Elrond gli consegna Elendil, la spada che fu spezzata, che lo rende definitivamente re di Gondor. Tutta la sua personalità unita ai poteri di re portano Aragorn al compimento del suo destino: proteggere Frodo guidandolo al Monte Fato, salvare Gondor e divenire la guida di tutti gli uomini. SARUMAN “Era un vecchio avviluppato in un grande manto dal colore difficilmente discernibile, poiché mutava ogni volta che si spostavano gli occhi o che egli si muoveva. Aveva un viso lungo dalla fronte alta, dove due occhi profondi, ch’era impossibile scandagliare, parevano ora gravi e benevoli, e un po’ stanchi. Capelli e barba erano bianchi, m intorno alle labbra e alle orecchie si scorgeva ancora qualche ciocca nera” . J.R.R. Tolkien, La voce di Saruman da Il Signore degli Anelli È uno stregone, capo del Bianco Consiglio, la congrega a cui appartiene anche Gandalf. Non è attratto in particolare dall’Anello ma dal potere assoluto e dalla possibilità di esercitarlo su chiunque. Viene corrotto e diventa un alleato di Sauron pur mantenendo l’obiettivo di sconfiggerlo e sostituirlo. “Eri capo del consiglio ma ti sei finalmente smascherato. Ebbene, la scelta era di sottomettersi o a Sauron, o a te. Non accetto né l’una né l’altra. Hai altro da propormi?” . J.R.R. Tolkien, Il Consiglio di Elrond, da Il Signore degli Anelli Questo passaggio mostra come il suo desidero di potere gli faccia cambiare rotta tanto da portare uno dei suo amici più cari, Gandalf, a perdere la fiducia in lui. Innanzitutto giura fedeltà a Sauron e usa la Fortezza di Isengard per dare vita ad una nuova razza di orchiuomini e orchi-elfi: gli Uruk-hai. Servirà Sauron fino alla sua morte in seguito alla distruzione dell’Anello. DENETHOR “Denethor è di tutt’altra razza, orgoglioso e perspicace, uomo di assai più alto lignaggio e grande potere, pur non essendo chiamato re. Ma si rivolgerà soprattutto a te e, ti porrà numerose domande, poiché gli puoi parlare di suo figlio Boromir. Egli lo amava molto: troppo, forse, e proprio perché erano tanto diversi. Ma col pretesto del suo amore riterrà assai più facile apprendere da te ciò che desidera sapere, piuttosto che da me. Non gli svelare più di quanto non sia necessario, e non accennare allo scopo della missione di Frodo. Me ne occuperò io quando sarà giunto il momento. E non dire nulla di Aragorn, a meno di non esservi proprio costretto ”. J.R.R.Tolkien da Il Signore degli Anelli, Il ritorno de Re Denethor è il sovrintendente della città di Minas Tirith, capitale di Gondor, il regno più potente degli uomini. Egli è il padre di Boromir e di Faramir e da come si può leggere dalle righe tratte dal libro di Tolkien, egli amava in modo particolare il primo. Era fiero del suo primogenito che conduceva gli eserciti di Gondor alla vittoria e che portava ancora un bagliore di speranza nel regno. Per questo alla sua morte il sovrintendente cadde in uno stato di disperazione che diventò follia nel momento in cui vide la fine del suo regno. Quando gli eserciti di Sauron assaltarono la città egli uscì di senno e cercò di darsi fuoco assieme a suo figlio Faramir, che credeva morto, tanta era la paura di affrontare il nemico e tanta era la disperazione che la morte del figlio primogenito gli aveva causato. La figura di Denethor rappresenta la figura dell’uomo che ha perso ciò in cui crede e non riesce più a rialzarsi sprofondando sempre di più in uno stato di disperazione tale da diventare una vera e propria ossessione. BOROMIR CAPITANO DI GONDOR “Gli uomini dal cuore sincero non si lascerebbero mai corrompere […] è un dono ai nemici di Mordor. E’ pura follia non adoperarlo, non adoperare il potere del nemico per lottare contro di lui […] l’Anello mi conferirebbe il potere del comando. Come caccerei i nemici da Mordor! Ed allora tutti gli uomini si raggrupperebbero attorno alla mia bandiera!” J.R.R. Tolkien da Il Signore degli Anelli Boromir è il capitano di Gondor, figlio del sovrintendente della città Denethor. E’ un uomo valoroso, molto forte, con un grande amore per la sua patria e farebbe tutto il possibile per salvare il suo popolo. Viene inviato dal padre a Gran Burrone per recuperare l’anello e adoperare il suo potere contro il nemico. Boromir mostra quanto grande sia il suo desiderio di possedere l’anello per salvare la sua patria. Durante il viaggio in più occasioni è tentato dall’Anello: durante il consiglio sceglie di non fare giuramento a Frodo; sul passo di Karadras prende, per poco tempo, possesso dell’Unico . Il fascino dell’Anello che lo corrompe sempre di più, lo spinge a tentare di rubare con la forza l’Anello a Frodo. Diventando invisibile grazie all’Anello Frodo riesce a sfuggire a Boromir; quest’ ultimo allora si infuria con se stesso, ma dopo un momento si rende conto del suo sbaglio e cerca immediatamente di porvi rimedio. “Seduto con la schiena appoggiata ad un grande albero, pareva dormire. Ma Aragorn vide che era trafitto da molte frecce dalle piume nere; stringeva ancora in mano la spada, rotta presso l’impugnatura; l’elmo, spaccato in due, giaceva al suo fianco. Tutt’ intorno a lui, e ai suoi piedi, erano ammucchiati i corpi di molti orchetti… ho cercato di togliere a Frodo l’Anello. Chiedo perdono. Ho pagato… addio, Aragorn! Va’ tu a Minas Tirith e salva la mia gente! Io ho fallito”. J.R.R Tolkien da Il Signore degli Anelli In questo passo viene descritto il trapasso di Boromir in cui lui, valoroso eroe, prende coscienza del suo sbaglio, chiede perdono ad Aragorn e lo riconosce come suo re e fratello. Durante il viaggio Boromir compie un radicale cambiamento poiché diventa più cosciente del potere dell’ anello e capisce che non può essere usato a fin di bene. Lui è l’unico personaggio della compagnia che non vuole distruggere l’anello di Sauron ma vuole servirsene per salvare il suo popolo e di conseguenza viene soggiogato dalla volontà del male. FARAMIR “Era costui un uomo d'alto rango, simile ad Aragorn in certi momenti; forse il suo lignaggio era meno alto, ma più vicino e tangibile: uno dei Re degli Uomini nato in tempi più recenti, ma impregnato della saggezza e della tristezza dell'Antica Razza. […] Era un capitano che gli uomini avrebbero seguito […] persino all'ombra delle ali nere." J.R.R. Tolkien, Minas Tirith, da Il Signore degli Anelli Figlio di Denethor che è sovrintendente di Gondor, e fratello di Boromir, a differenza del fratello, Faramir non desidera l’Anello per il bene del suo popolo ma per compiacere il padre. “E Boromir tentò d’impadronirsene con la forza? E voi scappaste? E correndo correndo… cadete tra le mie mani! E qui in mezzo a contrade sperdute con due mezz’uomini, e una schiera di uomini ai miei ordini, e l’Anello degli anelli. Un bel colpo di fortuna! Una buona occasione per Faramir, capitano di Gondor, di mostrare la propria virtù!” J.R.R.Tolkien, La finestra che si affaccia ad occidente da Il Signore degli Anelli In questo momento Frodo, Sam e Gollum sono suoi prigionieri e lui, dopo aver torturato Gollum parla coi due hobbit e scopre che possiedono l’Anello e quale sia la loro missione. Faramir sceglie di portare i prigionieri a Gondor con sè per consegnare l’Anello al padre Denethor, e salvare il suo popolo (proseguendo l’originale intento di Boromir). “Io non mi impadronirei di quell’oggetto anche se lo trovassi lungo la strada, dissi qualche tempo fa. Pur se fossi uomo da desiderarlo, e benché allora non sapessi precisamente di che cosa stessi parlando, considererei tuttavia quelle parole una promessa vincolante. Ma non sono quel genere d’uomo”. J.R.R. Tolkien, La finestra che si affaccia a occidente da Il Signore degli Anelli Giunti a Osgiliath, Faramir decide di liberarli perché lui, proprio come il fratello, aveva compreso l’urgenza della missione. IL FALLIMENTO DELL’EROE, LA VITTORIA DELL’UOMO Concluso tutto il viaggio Frodo si trova davanti al problema di tutta la vicenda: distruggere l’Anello. Questo atto è compiuto da Gollum e non da Frodo, conseguenza sia dell’irresistibile attrazione dell’Anello sia della Pietà di Bilbo e Frodo verso Gollum stesso. Tolkien, in un lettera, spiega questo fatto drammatico e fallimentare, ma anche estremamente umano e vero. Frodo fallisce come eroe, nel senso che non arriva alla fine, all’ideale perfetto e assoluto verso il quale devono dirigersi i nostri sforzi, anche se questo ideale è irraggiungibile. Il fallimento di Frodo non è un fallimento morale. La sua umiltà e le sue sofferenze vennero giustamente ricompensate dall’onore più alto, e l’aver esercitato la pazienza e la compassione nei confronti di Gollum gli fecero meritare la Pietà: il suo fallimento si trasformò in vittoria. Il suo vero compito era solamente fare quello che poteva, cercare di trovare una strada, e andare tanto lontano quanto gliel’avrebbe permesso la forza della sua mente e del suo corpo. Lui fece questo.