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immagini del terremoto della calabria del 1783
M. Forni ([email protected]) IMMAGINI DEL TERREMOTO DELLA CALABRIA DEL 1783 Oggi bastano pochi click, eseguiti rapidamente col mouse del nostro computer, comodamente seduti in ufficio, in aeroporto o in treno, per navigare tranquillamente nello sconfinato mare di immagini che le Rete ci offre. Il sismologo e l’ingegnere interessati ad esaminare i danni provocati da terremoti in regioni lontane, non hanno che da scegliere fra decine di link per avere a disposizione, in tempo praticamente reale, accelerogrammi, mappe e immagini di strutture danneggiate. A pochi giorni dal disastro, possono così iniziare dibattiti, seminari e tavole rotonde in tutto il mondo, aiutando gli esperti a studiare, confrontare, esaminare e correlare dati, e quindi a capire sempre meglio il terremoto. Ma come avveniva in passato la raccolta di queste preziose informazioni? Un interessante esempio ci viene fornito dall’ Istoria dè Fenomeni del Tremoto avvenuto nelle Calabrie, e nel Valdemone nell’anno 1783 posta in luce dalla Reale Accademia delle Scienze, e delle Belle Lettere di Napoli, e dall’ Atlante iconografico ad essa allegato. L’ Istoria fu pubblicata a Napoli nel 1784 quando la crisi sismica, iniziata il 5 Febbraio 1783, non era ancora del tutto terminata (perfino oggi, in un caso simile, potremmo usare l’espressione ‘a tempo di record’), a cura dell’ Impressore Giuseppe Campo. L’ Atlante consiste in una raccolta di 69 tavole eseguite dagli architetti Pompeo Schiantarelli ed Ignazio Stile durante la spedizione organizzata dall’ Accademia e guidata da Michele Sarconi (redattore dell’ Istoria) che, partita da Napoli il 5 Aprile 1783 (a soli due mesi dalla prima catastrofica scossa), si concluse a Messina, nel mese di Settembre dello stesso anno. Si tratta della prima ricognizione ufficiale post-terremoto organizzata da un istituto scientifico in Italia. Le tavole riportate in questo articolo, sono state tratte da una ristampa dell’ Atlante [1]. La crisi sismica conosciuta come ‘Terremoto della Calabria del 1783’ durò quasi 3 anni e fu caratterizzata da 5 scosse catastrofiche dell’XI grado della scala Mercalli (5, 6 e 7 Febbraio, 1 e 28 Marzo 1783) e da varie centinaia di scosse ‘minori’ (alcune delle quali del IX grado, come quella del 26 Aprile 1783) [2]. Le scosse interessarono l’intera Calabria meridionale e, in parte, la Sicilia orientale (Messina). Fu senza dubbio uno dei terremoti più catastrofici che abbiano mai colpito il nostro Paese: centinaia furono i paesi completamente distrutti; i morti per cause dirette furono quasi 30.000 (6,7% della popolazione), ai quali se ne dovettero aggiungere altri 5.000 per malattie e stenti negli anni successivi. Il territorio subì drammatici cambiamenti morfologici e idro-geologici (es. Tav. XLV): frane, smottamenti e crolli cambiarono la geografia della regione, il corso dei fiumi e la morfologia delle coste, e nacquero oltre duecento nuovi laghi, alcuni dei quali di notevoli dimensioni (una descrizione dettagliata del terremoto e dei suoi effetti esula dagli scopi di questo breve articolo; maggiori informazioni possono essere trovate nel Catalogo [2] e in molti libri di fine Ottocento, come ad esempio nei riferimenti [3-6], appartenenti alla collezione privata dell’autore). Fu in questo clima di morte e distruzione che Schiantarelli e Stile eseguirono il loro lavoro. La drammaticità dell’evento traspare da ogni tavola, anche se a volte, un osservatore distratto, potrebbe pensare di trovarsi di fronte a idilliaci paesaggi settecenteschi. Ciò rende l’esame dell’ Atlante un’esperienza, a suo modo, unica (occorre purtroppo dire che la forte riduzione in dimensioni e numero delle tavole, necessaria per rispettare gli spazi di questo articolo, fanno perdere molto del fascino originale dell' Atlante). Dal punto di vista più strettamente tecnico, occorre ricordare che le tavole in esso riportate hanno costituito, per decenni, materiale di studio e didattico per intere scuole di sismologi. Esse si trovano spesso pubblicate in testi posteriori anche di 100 anni (es. Tavv. XX, XXI, XXX e molte altre), spesso senza che ne sia riconosciuta la paternità (come ad esempio in [4, 6]). Famosa è la Tav. XXI, relativa al Claustro della Certosa di San Bruno, dove la rotazione dei blocchi delle due gugliette terminali della facciata della chiesa è stata spesso citata a dimostrazione dell’esistenza ‘dè moti vorticosi del tremuoto’ [4]. Anche la copertina del Catalogo [2] riporta un particolare della famosa veduta di Monteleone (Vibo Valentia) in cui appare lo stesso Schiantarelli all’opera, tratto dalla serie acquerellata dell' Atlante realizzata da Pietro Fabris (Tav. V). Nel suo trattato sul terremoto Calabro-Messinese del 1908 [6], il Baratta fa continui riferimenti al sisma del 1783 per effettuare confronti e valutazioni, ma le numerose immagini dello Schiantarelli e dello Stile riportate nel testo, tristemente simili alle fotografie del 1908 (Figure 1 – 2), vengono definite semplicemente Tavole dell’epoca, quasi che i due architetti Napoletani fossero stati anch’essi semplici macchine fotografiche. Oltre al dolore e al senso di rovina, le Tavole dell’ Atlante ci mostrano anche la grande voglia di ricominciare di quelle popolazioni: a pochi mesi dal sisma, il paese di Polistina è già in fase di ricostruzione (Tav. XXVIII) in una posizione geologicamente più sicura, secondo un preciso schema urbano e con costruzioni in legno realizzate secondo una ‘prescritta tecnologia antisismica’ descritta da Vivenzio pochi anni dopo [7]. Purtroppo Polistina resterà un'eccezione che conferma la regola dei ritardi e delle inefficienze nella ricostruzione, in questo caso dovuti soprattutto all'arretratezza e alla miseria della vita sociale ed economica della Calabria dell'epoca, soggetta ad un regime ancora di tipo feudale in più dell'80% del territorio. Infine, vale la pena di ricordare il lavoro svolto da Padre Eliseo della Concezione, il cartografo della spedizione che, con l'ausilio di una 'macchina equatoriale' dal lui stesso concepita (rappresentata dallo Schiantarelli in un fatigatissimo disegno allegato all' Atlante) elabora la prima carta geografica della Calabria Ulteriore realizzata su basi astronomiche. Fu lo stesso presidente della Reale Accademia a volere che nella spedizione fatta a fine di esplorare i fenomeni dè tremuoti, si desse opera a formare una carta topografica della desolata Calabria, perchè in un colpo d'occhio potesse vedersene il soqquadro in cui fu posta. La nuova carta, non solo corregge gli errori di latitudine e longitudine presenti nelle vecchie mappe, ma riporta anche la distribuzione dei danni del terremoto classificando quasi 200 centri abitati in 'in parte lesionati', 'in parte distrutti ed in parte resi inabitabili' e 'interamente distrutti'. Essa costituisce il primo esempio di carta sismica in Italia ed ha fornito un contributo importantissimo allo studio della crisi sismica del 1783. La prima edizione della carta [8], in formato 1416 x 1144 mm, venne data alla stampa nel mese di Settembre del 1783, a soli quattro mesi dall'inizio della spedizione. Quelle terre di Calabria e Sicilia, che già 90 anni prima avevano subito un terremoto catastrofico che aveva causato oltre 50,000 vittime [2], furono nuovamente sconvolte 125 anni più tardi dalla catastrofe Calabro-Messinese, che pretese un tributo ancora maggiore (oltre 60,000 vittime). Le già citate fotografie del trattato del Baratta [6], se osservate dopo l’esame dell’ Atlante, danno un’inquietante sensazione di deja vu. (confronta Fig. 1 con Tav. LVIII e Fig2. con Tav. LXIV). Evidentemente, la Storia ci sta insegnando qualcosa. O almeno ci sta provando. BIBLIOGRAFIA [1] M. Sarconi, Istoria dè Fenomeni del Tremoto avvenuto nelle Calabrie, e nel Valdemone nell’anno 1783 posta in luce dalla Reale Accademia delle Scienze, e delle Belle Lettere di Napoli, Atlante Iconografico, in Napoli 1784, presso Giuseppe Campo Impressore, ristampa in fac-simile, Mario Giuditta Editore, Roma-Catanzaro 1987, Introduzione di Emilia Zinzi. [2] Istituto Nazionale di Geofisica, Catalogo dei forti terremoti in Italia dal 461 a.C. al 1980, SGA Editore, Bologna, 1995 [3] L. Gatta, L’Italia – sua formazione, suoi vulcani e terremoti, Hoepli Editore, Milano, 1882. [4] G. Negri, A. Stoppani, G. Mercalli, Geologia d’Italia – Parte Terza: Vulcani e Fenomeni Vulcanici, Francesco Vallardi Editore, Milano, 1883. [5] S. Meunier, La terre qui tremble, Paul Brodard Imprimerie, Paris, 1909. [6] M. Baratta, La catastrofe sismica Calabro-Messinese (28 Dicembre 1908), SGI, Roma, 1910. [7] G. Vivenzio, Istoria dè tremuoti avvenuti nella provincia di Calabria Ulteriore, e nella città di Messina nell’anno 1783, e di quanto nelle Calabrie fu fatto per il suo risorgimento fino al 1787. Preceduta da una teoria, ed istoria generale dè tremuoti, Napoli, 1788. [8] Padre Eliseo della Concezione, Teresiano Accademico Pensionario della Reale Accademia delle Scienze e delle Belle Lettere, Carta Corografica della Calabria Ulteriore, Acquaforte, 1416 x 1144, Napoli, 1783. Tav. V. Monteleone (particolare) Tav. XX. Fenditure di terreno nel distretto di Jerocarne Tav. XXI. Claustro della Certosa di San Bruno Tav. XXVIII. Polistina nascente Tav. XLV. Porzione del lago formato in Cumi. Monti nuovi di creta. Rivolgimento di terreni Tav. LVIII. Messina, Palazzo Reale Figura 1. Il Palazzo Reale di Messina dopo il sisma del 1908 [6] Tav. LXIV. Messina, Duomo Figura 2. Il Duomo di Messina dopo il sisma del 1908 [6] Carta corografica della Calabria Ulteriore realizzata da Padre Eliseo della Concezione Macchina equatoriale per rilievi geodetici realizzata ed utilizzata da Padre Eliseo