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Non strumentalizzare, non negare le Foibe Se i Carabinieri non ci

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Non strumentalizzare, non negare le Foibe Se i Carabinieri non ci
La Redazione
risponde
Beni abbandonati,
se e come ereditare
una quota dell’indennizzo
A cura dell’Avv.
Vipsania Andreicich
A pagina 5
anno XIV - n° 7
Luglio 2008
periodico mensile dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia
Centro Studi padre Flaminio Rocchi
Poste Italiane SpA - Spedizione in
Abbonamento Postale - D.L.353/2003 (conv. in
L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 2 DCB - Roma
In margine agli episodi avvenuti
alla “Sapienza”di Roma
Non strumentalizzare, non negare le Foibe
Nessuna “memoria lottizzata”,
nessuna appropriazione
indebita del Ricordo
Il comunicato stampa del Presidente nazionale ANVGD
Clima da anni Settanta all’Università “la Sapienza” di Roma, rievocato
da fazioni di estrema sinistra ed estrema destra che nulla hanno a che vedere
con lo studio e la ricerca ma soltanto con il vuoto delle menti e l’incapacità
conclamata di confrontarsi con l’evolvere della storia e dei tempi. Una sgradevole e penosa riedizione degli «opposti estremismi» che per lunghi anni
hanno minato l’istituzione universitaria nel suo complesso e l’intera società
italiana, riproposta nelle scorse settimane a partire da una conferenza sulle
Foibe, ospitata il 13 maggio dalla Facoltà di Lettere su autorizzazione del
Preside, prof. Guido Pescosolido, di due noti esponenti del negazionismo, e
dalla proibizione – pochi giorni dopo – di un’altra conferenza promossa
invece da un fronte notoriamente di estrema destra.
Gli studenti delle sigle della sinistra universitaria, per protesta contro il
seminario «fascista», avevano occupato la presidenza di Lettere ed ottenuto
dal vicerettore, prof. Luigi Frati, l’annullamento dell’iniziativa programmata.
Decisione che non impediva gli scontri avvenuti il 27 maggio poco fuori
dall’Università tra studenti dei «collettivi» universitari ed un gruppo di Forza
Nuova, che hanno messo in scena un logoro copione di intolleranza e di
violenza che si pensava finito fuori repertorio. Intimidita evidentemente dai
gruppuscoli dei «collettivi», che pur costituiti da una minoranza facinorosa
esercitano un nefasto monopolio sull’esercizio della libertà di espressione e
sulla gestione stessa degli spazi concessi dalla Facoltà, dopo aver consentito
lo svolgimento, peraltro passato sotto totale silenzio, del primo “seminario”,
Lettere ha revocato il permesso concesso a “Forza Nuova”. «Non autorizzo
tutto – ha detto il preside Pescosolido – ma solo le iniziative che possono
rientrare nei fini istituzionali di questa facoltà. Fuori da queste mura, come
cittadino e come liberaldemocratico, ritengo sia un gravissimo errore non
ascoltare gli estremisti di sinistra, di destra, o di centro».
Patrizia C. Hansen
segue a pagina 2
Due «seminari» di segno contrario all’Università “La
Sapienza” di Roma sugli eccidi delle Foibe. Il primo indetto da un collettivo di estrema sinistra, ospite una firma per
eccellenza del riduzionismo quale Alessandra Kersevan, si
è svolto regolarmente; il secondo, indetto da Forza Nuova,
è stato annullato per le intimidazioni esercitate sulle autorità accademiche.
Questa Associazione, come noto, respinge da sempre
strumentalizzazioni improprie e di parte così come contesta fermamente la negazione immorale e antistorica del
fenomeno degli eccidi nella Venezia Giulia e in Dalmazia,
smentita dalla più seria storiografia contemporanea di ogni
orientamento. Ma rammenta come il Giorno del Ricordo –
istituito dal Parlamento italiano nel 2004 pressoché all’unanimità di maggioranza e opposizione – riconosce la storicità
dell’Esodo e delle Foibe, commemorate ogni 10 febbraio
nelle più alte sedi istituzionali della nostra Repubblica, a
partire dal Quirinale con i Presidenti Ciampi e Napolitano.
Le vicende del confine orientale, della tragedia degli
Esuli giuliani e dalmati a seguito della cessione di quei territori all’ex Jugoslavia di Tito, non appartengono ad alcuno
schieramento ideologico e politico e questa Associazione
respinge con forza ogni strumentalizzazione univoca. Ma
non può esimersi dal rilevare che, mentre il 13 maggio
scorso viene concessa l’Aula grande del Dipartimento di
Storia moderna e contemporanea della Facoltà di Lettere
ad un «seminario» di stampo negazionista, che non ha cittadinanza nella ricerca storica, viene interdetta ad un «seminario» di segno contrario, egualmente più che discutibile sul piano della attendibilità scientifica, con un atto che
tuttavia denuncia, da parte dell’Istituzione universitaria,
un’inaccettabile forma di censura e di soggezione a pressioni indebite e violente.
La memoria delle vittime delle Foibe e dell’esilio della
popolazione italiana autoctona dai territori di antico inse-
diamento storico appartiene all’intera Nazione ed è stata
in questo senso pienamente recepita dall’Italia democratica rappresentata dal Parlamento.
L’Associazione condanna fermamente ogni forma di
violenza, come quella verificatasi nei pressi dell’Università. Gli Esuli, le loro famiglie e la memoria dei loro cari
esigono rispetto da parte di tutti e non strumentalizzazioni
anacronistiche.
Lucio Toth
Roma, 28 maggio 2008
Il Presidente ANVGD all’Ansa sull’“assedio”
al preside prof. Pescosolido:
«Una vergogna per tutte le Università italiane»
«Una vergogna per tutte le Università italiane». Così
il presidente dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia
e Dalmazia, Lucio Toth, ha definito i fatti della Sapienza,
in cui è stato coinvolto il preside della facoltà di Lettere,
Guido Pescosolido sequestrato per un breve periodo dagli studenti dei collettivi di estrema sinistra. «Le Università sono nate come luogo di conoscenza e di libertà contro ogni forma di violenza e potere oppressivo. Impedire
lo svolgimento di un convegno sulla tragedia delle foibe,
chiunque ne sia il promotore, significa violare il fondamento stesso dell’istituzione universitaria». Secondo Toth,
«assediare il preside di una facoltà che questa libertà di
parola e di ascolto voleva tutelare – come è avvenuto ieri
al professor Guido Pescosolido – è un atto di prepotenza
e di arroganza di una minoranza faziosa e squadrista.
Una vergogna per tutte le università italiane, dove non è
la prima volta che si impedisce lo svolgimento di convegni o conferenze, minacciando prima disordini e poi organizzandoli deliberatamente».
Se i Carabinieri non ci aiutano...
I sistemi informatici dell’Arma non “riconoscono” le città cedute
La Sede nazionale ANVGD riceve ancora oggi
frequenti segnalazioni di errori (percepiti naturalmente come “orrori”) dei sistemi informatici in
uso ai Carabinieri, i cui software non sono stati
adeguati alla normativa vigente in tema di anagrafe, nonostante le assicurazioni fornite poco tempo addietro dai più alti vertici dell’Arma.
Gli Esuli ci manifestano la loro indignazione per
un’offesa che viene loro da un Corpo la cui storia
eroica e generosa è profondamente intrecciata con
le vicende del confine orientale, e “sentito” per questo, e per tanti altri motivi, particolarmente vicino.
Il Segretario nazionale Fabio Rocchi, nel raccogliere le lamentele e il rammarico degli associati, ha
inviato il 5 giugno scorso al Comandante generale dell’Arma, Gen.C.d’A. Gianfrancesco Siazzu, al Ministro dell’Interno, on. Roberto Maroni e al Ministro della Difesa,
on. Ignazio La Russa, la lettera che riportiamo integralmente.
_____________________________
Egregio Generale, Gentili Sigg.ri Ministri,
dopo decenni di oblio, uno dei più importanti diritti riconosciuti ai profughi giuliano-dalmati, vittime innocenti
della pulizia etnica praticata al termine della seconda
guerra mondiale dalle truppe di Tito, è stato quello sancito dalla Legge 54 del 1989 che prevede su ogni docusegue a pagina 2
Parenzo, le linee antiche ed eleganti della basilica eufrasiana dal mare
The Press and Memory: the Eastern Border
in the Post-War Press
In english language to page 14
La prensa y la memoria, el confín oriental en
los periódicos de la posguerra
En lengua española en la página 15
Roma, 2 Giugno
Festa Nazionale
della Repubblica,
Via dei Fori Imperiali.
Sfila la Marina
2
DIFESA ADRIATICA
Luglio 2008
fatti e commenti
continua dalla prima pagina
continua dalla prima pagina
In margine agli episodi avvenuti
alla “Sapienza”di Roma
Nessuna “memoria lottizzata”,
nessuna appropriazione
indebita del Ricordo
Ma, ha proseguito, «da preside ho da pormi dei paletti, che non si riferiscono alle ideologie ma alle finalità di una manifestazione. Vieterei un incontro politico tanto a Forza Nuova così come al presidente del Consiglio».
All’obiezione di aver concesso in un primo tempo la sala per l’incontro di
Forza Nuova, il docente ha dichiarato di non sapere chi fosse il suo leader,
Roberto Fiore, che figurava nella richiesta quale relatore.
Ma la violenza andata in scena non si è esaurita qui. A fine maggio il
preside di Lettere è rimasto “assediato” nel suo ufficio da un gruppo di studenti (ma saranno poi studenti?), che chiedevano le sue dimissioni e hanno
preso a calci e pugni la sua porta chiusa a chiave.
• • •
Questa la cronaca dei fatti. Tra i molti commenti suscitati da questi espisodi
quello dello storico Giovanni Sabbatucci (su “la Stampa” del 31 maggio):
«Erano molti anni che non accadeva qualcosa di simile. Circa sedici, direi.
Gli ultimi episodi di questo genere che ricordo risalgono al ’92. Furono le
contestazioni da parte dei collettivi della facoltà di Lettere allo storico Renzo
De Felice che parlava di razzismo e antisemitismo e quelle a Emanuele
Paratore, anche lui preside della facoltà di Lettere, costretto a uscire da una
finestra nel 1992 dagli studenti che protestavano per l’aumento delle tasse di
iscrizione». Ma, al di là della asserita esiguità numerica degli affiliati ai cosiddetti «collettivi», rattrista dover rilevare che le vicende dei territori orientali siano ancora usate da una parte e dall’altra, abusivamente, come arma
impropria, svilite da quanti – da un verso – negano la genesi e la natura dei
tragici fatti, e da quanti – dall’altro verso – perpetuano l’equivalenza infondata e sommamente ingiusta dell’italiano profugo con il fascismo,
dell’italianità autoctona dellaVenezia Giulia e della Dalmazia con il ventennio
mussoliniano.
Nessuno ha avuto da obiettare o ha preso le distanze sul “seminario”
ispirato ai teoremi vetero-comunisti, che in nome della «libertà dei popoli»
consentirono le deportazioni, le soppressioni e le intimidazioni indiscriminate,
con preferenza per la popolazione civile e gli elementi italiani antifascisti, i
più pericolosi per il progetto annessionistico jugoslavo. Che non fosse “politica”, anzi “ideologica” l’impostazione data a quel primo incontro, solo degli ignari possono crederlo: i testi prodotti dai “relatori” sono ispirati alle più
patetiche ortodossia marxista e nostalgia della defunta Federativa.
La storia antica, complessa e ricca delle regioni orientali non può diventare il luogo estremo di legittimazione di due schieramenti smentiti dalla
storia ed eliminati, democraticamente, dal Parlamento; non può venire rinchiusa, ancora, nell’armadio dei cimeli e degli orrori dei regimi totalitari che
se la sono contesa e le hanno nociuto abbastanza; ed è da respingere fermamente, come questa Associazione ha fatto in precedenza e in quest’ultima
occasione sempre con nettezza, l’appropriazione indebita della storia di
quell’Adriatico orientale che non nasce con il fascismo e non muore con il
comunismo. Quella storia di civiltà, di convivenza, di cultura, di umanità,
non può essere ostaggio di visioni triturate dall’evoluzione delle coscienze e
delle idee, quell’evoluzione che ha portato faticosamente l’Italia ad affermare, con il voto quasi unanime delle Camere, massima e preziosa espressione
della democrazia liberale, il Ricordo quale valore morale e storico condiviso
dalla Nazione, non una “memoria lottizzata” utile ai sopravvissuti degli «opposti estremismi» ampiamente, finalmente scaduti.
Patrizia C. Hansen
Fiume, la Ferrero
sponsor delle «Notti estive»
La Ferrero, nota industria dolciaria italiana sarà sponsor ufficiale
dell’edizione 2008 delle «Notti estive» di Fiume.
L’accordo è stato siglato da Enrico Bottero, direttore generale della Ferrero in Croazia, alla presenza
della sovrintendente del Teatro “I.
Zajc” (già “GiuseppeVerdi”). La collaborazione della Ferrero con il Teatro ha avuto inizio tre anni addietro: «Eravamo curiosi di quest’attività, anche perché Fiume ha una
componente di madrelingua italiana e noi siamo una multinazionale
con forti radici italiane», ha dichiarato Bottero.
«Siamo orgogliosi di poter accompagnare le Notti estive fiumane nel suo cammino, anche perché
è un evento che è cresciuto negli
anni, diventando un appuntamento importante, sia a livello nazionale che internazionale».
Se i Carabinieri non ci aiutano...
I sistemi informatici dell’Arma non “riconoscono” le città cedute
mento redatto da ogni Amministrazione a qualsiasi livello “l’obbligo di riportare unicamente il nome italiano
del comune senza alcun riferimento
allo Stato cui attualmente appartiene”
(art.1 L. 54/1989).
Tale pronunciamento purtroppo è
rimasto spesso inapplicato.
La circolare del Ministero dell’Interno del 31 luglio 2007 ha ribadito
tale diritto, confermando e rafforzando il senso logico e morale dell’applicazione della legge. Appare infatti
quanto mai fuori norma che cittadini
italiani nati in territori italiani ancorché successivamente ceduti ad
altro Stato - vengano registrati ancora
oggi come nati all’estero, cioè in
Croazia, Slovenia o altre repubbliche
della ex Jugoslavia.
Dopo ripetute segnalazioni giunteci - in quanto associazione che rappresenta sul territorio nazionale gli Esuli da Istria Fiume e Dalmazia - sull’operato dell’Arma dei Carabinieri che persisteva in un atteggiamento contrario
ai dettami di legge in occasione di
normali denunce presentate presso i
comandi locali, in data 9 ottobre
2007 abbiamo inoltrato una formale
protesta al Gen. Siazzu che successivamente ci ha fatto giungere tramite il
suo ufficio una risposta che chiudeva
apparentemente la questione e della
quale abbiamo dato ampia pubblicità
tramite i nostri mezzi d’informazione.
Da allora però le segnalazioni hanno continuato a giungerci. Il caso più
eclatante è quello nel quale un Esule,
cittadino italiano, nato a Zara italiana
nel 1939, nel proporre una denuncia
alla Stazione Carabinieri di Trani si è
visto registrare come nato in Croazia
e - peggio ancora - come cittadino
croato. Nonostante le sue rimostranze,
la richiesta di applicazione della legge 54/1989 e dei dati (regolari) contenuti sul suo passaporto e nel codice
fiscale, gli è stata opposta come unica
motivazione il fatto che il computer
accettava come Comuni italiani solo
quelli attualmente esistenti e la denominazione Zara era consentita solo
insieme all’indicazione Croazia. Ricordiamo come l’art.2 della L.54/1989
cita espressamente che le Amministrazioni “sono obbligate, su richiesta anche orale del cittadino stesso, ad adeguare il documento alle norme della
presente legge”.
Oltre all’evidente irregolarità amministrativa che ancora oggi viene proposta senza alternative agli Esuli
giuliano-dalmati, sottolineiamo come
il mancato allineamento dell’Arma alle
indicazioni di legge crea una offesa
morale nella dignità di coloro che, proprio per restare italiani, pagarono più
di ogni altro il cocente debito di guerra con la perdita di ogni loro avere,
l’allontanamento dalla loro terra e una
scia di migliaia di morti che avrebbe-
Euroregione Adriatica, Il raduno delle «Fiamme
più informazione
cremisi» a Pordenone
e maggiore interscambio Centomila bersaglieri con
Si è parlato di Euroregione Adriatica nell’ambito
del Forum sulla Pubblica
Amministrazione di Roma,
il più importante appuntamento nazionale sui servizi Il vessillo dell’Euroregione
al cittadino che da anni si
Adriatica
svolge a maggio nella capitale. Rilanciare la qualità dell’informazione, sostenere al
meglio gli investimenti commerciali, turistici e culturali:
questi i temi del convegno tenutosi all’interno del fitto calendario del Forum P.A. Ricordiamo che l’Euroregione Adriatica, nata nel giugno 2006, è formata da enti territoriali statali appartenenti a Italia, Croazia, Albania e Montenegro e
regionali, quali Puglia, Molise, Abruzzo, Marche, EmiliaRomagna, Veneto e Friuli Venezia Giulia.
Il tema della comunicazione, ha evidenziato il presidente del CNEL Antonio Marzano, «è assai importante per
rendere più fluide le dinamiche relazionali tra le varie regioni e i Paesi interessati dall’Accordo». Trattando di comunicazione, non è mancato al convegno l’apporto dell’ANSA. «La nostra agenzia - ha spiegato il vicedirettore Carlo
Gambalonga - si propone di realizzare un progetto editoriale euro-adriatico in collaborazione con il Molise e con
altre Regioni italiane. L’impegno - ha sottolineato - è quello
di redigere ogni giorno news che andranno ad alimentare i
canali informativi per il mondo amministrativo, degli operatori e dei consumer».
Il Teatro Verdi di Fiume
in una cartolina degli anni Venti del Novecento
L’ingresso degli stabilimenti dolciari Ferrero,
ad Alba (Cuneo). La nota ditta sponsorizza
le «Notti estive» fiumane
ro voluto continuare a restare italiani.
Di fronte ad una burocrazia così
lenta, a distanza di 19 anni dalla legge
riguardante l’indicazione del luogo di
nascita, i nostri legali stanno preparando una campagna di pubblica informazione che paventerà la denuncia
di ogni singolo caso alle autorità con
l’ipotesi di reato di omissione d’atti
d’ufficio e falso in atto pubblico.
Vogliamo sperare, anche in memoria del valoroso ed eroico contributo
dei Carabinieri nella difesa dell’italianità di Istria Fiume e Dalmazia,
che l’Arma vorrà sottrarsi a questa condizione di irregolarità, per non macchiare il grande rispetto di cui gode da
parte di tutta la nostra comunità sparsa su tutto il territorio nazionale.
Le recenti celebrazioni del 2 giugno hanno visto sfilare i nostri labari
in tutta Italia accanto a quelli delle associazioni combattentistiche e d’Arma. Crediamo che la nostra gente possa aspirare al diritto sancito dalla legge e al rispetto morale dovuto per il
loro doloroso passato. La scelta di sacrificio per restare italiani ci ha visto
quindi ancora una volta in prima fila
alla Festa della Repubblica, ma chiede ancora giustizia ad un meccanismo
burocratico evidentemente ancora
non pronto, dopo sessant’anni, a recepirla.
Fabio Rocchi
Segretario nazionale ANVGD
Euroregione Adriatica, essenziale il ruolo dell’informazione
nello sviluppo integrale degli interscambi commerciali
famigliari al seguito hanno allegramente “invaso” nei giorni di fine maggio per il 56.mo
raduno nazionale. I fanti
piumati sono sfilati applauditissimi per le vie della città.
«Non c’è teatro di operazioni – ha ricordato il generale
Castagnetti – dai Balcani al
Libano, dall’Iraq all’Afghanistan, non c’è situazione di emergenza e non c’è evento
di particolare rilievo ove i bersaglieri non siano stati presenti». Aperto dalla fanfara, il corteo comprendeva giovani
e reduci, suddivisi in sette scaglioni, tutti naturalmente a
passo di corsa.
Dei reparti in servizio ha sfilato l’11.mo reggimento di
Orcenico, appena rientrato dal sud del Libano, dove ha
operato in seno alla missione UNIFIL per sei mesi. A correre
con loro vi erano anche un reduce della battaglia di El
Alamein, Pasquale Cipriani, di 85 anni, e un senatore della
Repubblica, il gen. Mauro delVecchio. Molti applausi hanno seguito la lettura del messaggio giunto dal Presidente
della Repubblica, Giorgio Napolitano, che tra l’altro scrive: «Le fiamme cremisi, con entusiasmo e immutato ardore giovanile, hanno fatto la storia nazionale e dell’Esercito,
dalle campagne risorgimentali sino alle attuali missioni per
il mantenimento della pace».
Durante la cerimonia di apertura, su un maxi schermo
è stato realizzato un collegamento con i bersaglieri della
Brigata Garibaldi, attualmente nel sud del Libano come
caschi blu.
Bersaglieri ciclisti a Fiume ripresi nell’ottobre 1919,
durante l’impresa dannunziana
Luglio 2008
3
DIFESA ADRIATICA
cultura e libri
Storici a confronto all’Accademia delle Scienze di Bologna
Il confine orientale italiano nel Novecento.
Metodi e ricerche storiografiche
L’iniziativa in collaborazione con la Federazione
delle Associazioni degli Esuli
L’Accademia delle Scienze di Bologna ha ospitato, giovedì 5 giugno,
una qualificata giornata di studi sul
tema del confine orientale italiano nel
Novecento, realizztata in collaborazione con la Federazione delle Associazioni degli Esuli e il CDM di Trieste.
La sessione mattutina è stata aperta dall’indirizzo di saluto e dall’introduzione del prof. Alberto De Bernardi,
direttore del Dipartimento di Discipline Storiche dell’Università degli Studi
di Bologna. A presiedere i lavori il prof.
Giuseppe de Vergottini (Università
degli Studi di Bologna), quindi gli interventi dei relatori: la prof.ssa Marina
Cattaruzza (Università degli Studi di
Berna), il prof. Luciano Monzali (Università degli Studi di Bari), il prof. Giuseppe Parlato (Libera Università degli
Studi S. PioV di Roma) e il prof. Fulvio
Salimbeni (Università degli Studi di
Udine).
«I problemi del nostro confine
orientale sono ben noti alla comunità
degli esuli giuliani che hanno gelosamente custodito negli anni la memoria della loro identità – ha dichiarato
al sito del Cdm il prof. Giuseppe de
Vergottini –. Sono anche oggetto delle
ricerche degli storici che hanno progressivamente concentrato l’attuazione sui diversi aspetti delle vicende che
nel tempo hanno interessato i territori
dell’Istria, del Quarnaro, della
Dalmazia»
L’incontro all’Accademia delle
Scienze segue idealmente quella dedicata all’Adriatico orientale, tenutasi
il 1°dicembre 2007 a Venezia e che
aveva per titolo «Il confine orientale
nella storia dell’Italia contemporanea»,
alla quale avevano preso parte storici,
sociologi ed esponenti dell’associazionismo degli Esuli.
Nella seconda sessione della giornata di studi sono stati presentati, con
i rispettivi autori e curatori, i volumi di
V. Caporrella, Scuole e lingua nella
Trieste asburgica di inizio Novecento
(in corso di stampa); di G. Cevolin (a
cura di), Anche le carte parlano italiano. Fonti giuridiche, censimento e
inventariazione della documentazione veneta e italiana presso l’Archivio
di Stato di Zara (volume primo), Bologna, Lo Scarabeo, 2006; ancora di G.
Cevolin (a cura di), Anche le carte parlano italiano. Fonti giuridiche e
inventariazione del fondo del Comune di Zara (1890-1920) e del fondo
Tommaseo-Artale presso l’Archivio di
Sebenico (volume secondo), Lo Sca-
rabeo, Bologna (in corso di stampa);
di G. de Vergottini-L Lago-V. Piergigli
(a cura di), La toponomastica in Istria,
Fiume e Dalmazìa. Profili storici,
cartografici, giuridici, Istituto Geografico Militare editore, Firenze 2008; di
A. M. Orecchia (a cura di), La stampa
e la memoria. Le foibe, l’esodo e il
confine orientale nelle pagine dei giornali lombardi agli albori della Repubblica, Insubria University Press,Varese
2008 (si veda a pag. 10 di questo numero del giornale).
È seguito un intenso dibattito del
quale daremo conto sul prossimo numero di “Difesa”.
Alla giornata di studi il presidente
nazionale ANVGD Lucio Toth ha inviato un indirizzo di saluto, letto in apertura della prima sessione, che riproduciamo di seguito.
red.
Aiutare l’Italia
a non dimenticare se stessa
Una ricerca statistica commissionata dall’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia nel febbraio
scorso ha rivelato che solo il 40,6%
degli italiani conosce la vicenda dellle
Foibe e che solo il 23,5% sa dell’esodo degli italiani, in gran parte
autoctoni, dall’Istria, da Fiume e dalla
Dalmazia.
Ma un’indagine Mannheimer resa
nota qualche giorno fa ha accertato
Il nuovo volume degli Atti e Memorie della Società Istriana di Archeologia e Storia Patria
L’Istria nei secoli, personaggi e vicende
Di grande pregio l’ultimo, in ordine di uscita, volume degli «Atti e Memorie» della Società Istriana di Archeologia e Storia Patria edito aTrieste sotto
la direzione del prof. Giuseppe
Cuscito.
Questo volume di 381 pagine, presenta un sommario di notevole interesse nelle diverse discipline.Tra i molti
saggi ed articoli citiamo di Daniela
Durissini L’immigrazione da Capodistria aTrieste nei secoli XIV e XV. Una
prima indagine sui documenti triestini, frutto di un decennale studio dell’autrice su circa 20.000 documenti
relativi a persone provenienti dall’Istria,
in cospicua parte da Capodistria ma
in percentuali diverse anche da Pirano,
Umago, Fiume, Pinguente, Montona
e Pola. «Accanto ad un’immigrazione
poco o affatto specializzata – scrive la
Durissini – [...] si distingue nettamente un’immigrazione di persone fortemente specializzate [...]». Tra le categorie numericamente più rappresentative, quella dei salinari, che introdussero a Trieste nuove tecniche estrattive.
Ad alcune figure di studiosi istriani
e dalmati di tradizioni popolari, collaboratori del siciliano Giuseppe Pitrè,
è dedicato invece il saggio di Gian
Luigi Bruzzone che si sofferma su Antonio Ive (nato a Rovigno nel 1851),
sul dalmato Vid Vuletic Vukasovic, su
Jacopo Cella (nato a Cherso nel 1906
e deceduto aTrieste appena nel 2007),
su Giuseppe Vidossi (nato a
Capodistria nel 1878), laureatosi a
Vienna in filologia romanza con il
Statuto di Cherso ed Ossero,
particolare di Sant’Isidoro
che regge la cittadina di Cherso
dalmata Adolfo Mussafia e il grande
Meyer-Lubke. Annessa l’Istria all’Italia,
Vidossi fu destinato all’Ufficio centrale per le nuove province, quindi nel
1930 fu incaricato, a Torino, di redigere l’ Atlante linguistico italiano;
condiresse l’Archivio Glottologico Italiano e il Giornale storico della letteratura italiana; fu anche docente di
filologia germanica dal 1942 al 1952,
e cultore appassionato di tradizioni
popolari istriane.
Di analogo interesse è il saggio di
Maria Laura Iona sul Contributo dei
Polesini al Codice diplomatico istriano,
che scaturisce dal riordino dell’archivio della famiglia Polesini,originaria di
Montona ma trasferitasi a Parenzo nel
corso del Settecento. L’esame delle
carte consente alla studiosa di rievocare figure importanti della storia patria istriana, come Costantino Cumano,
nativo di Trieste, patriota ardente e protagonista dei moti del 1848; o Carlo
De Franceschi, originario di Moncalvo
nei pressi di Pisino, autore de L’Istria.
Note storiche, apparse a Parenzo nel
1879; o, ancora, Tommaso Luciani
(Albona, 1818), vivace pubblicista
impegnato nella divulgazione della
storia istriana fuori dai confini regionali. Tutti accomunati da un profondo
amore per la terra natale e impegnati,
come scrive la Iona richiamando il De
Franceschi, a cercar «di rendere gli
Istriani consapevoli di sé perché riuscissero a togliersi da quello stato d’inferiorità, nel quale le alloglotte autorità periferiche tendevano a conservarli», con evidente allusione alle autorità austriache.
In questa trama di personaggi si
inserisce il marchese Gian Paolo
Polesini, che collaborò alla raccolta di
documenti per il Codice diplomatico
e all’elaborazione di tabelle statistiche
che potessero offrire al Kandler dati
affidabili e organici. La studiosa ricostruisce le fasi del lavoro del Polesini
di reperimento delle fonti e di trascrizione dei documenti in favore di
Kandler, impegnati entrambi – come
segnala la Iona – a ricercare nei documenti antichi le radici e le premesse
del sentimento di autonomia e di libertà degli istriani nella seconda metà
dell’Ottocento.
Degli altri saggi presenti in questo
volume è doveroso segnalare quello
di Angelo Griggi La coltivazione della
vite e la produzione del vino in Istria,
un attento studio sulle diverse tipologie
di produzione e sui progressi dei metodi di coltivazione e di lavorazione
delle uve.
Alla prestigiosa
Accademia
delle Scienze
di Bologna
il seminario
su metodi
e ricerche
storiografiche
sul confine
orientale
che solo il 27% dei giovani italiani di
oggi sa cosa si festeggi il 2 giugno.
Queste constatazioni devono liberarci da quel complesso di vittimismo che
si esprime nella lamentela “siamo stati dimenticati!” in quanto gli italiani
non hanno dimenticato solo la nostra
storia, ma stanno semplicemente dimenticando se stessi.
Il dovere quindi di chi studia le vicende del confine orientale deve essere, ancor più che la conservazione
della memoria di vicende tragiche, lo
stimolo alla cultura e alla politica italiana di ritrovare la nostra comune
identità nazionale e la nostra strada nel
cammino della storia. Rudyard Kipling
si chiedeva, con un paradosso provocatorio tipicamente inglese: “che ne
può sapere dell’Inghilterra chi conosce soltanto l’Inghilterra?”.
Questo aforisma si può applicare
al nostro tema sotto due aspetti
speculari, traducendolo in “che ne può
sapere del confine orientale chi conosce solo il confine orientale?”. E que-
sto serve per liberare noi e chi si occupa dei nostri temi dai condizionamenti
di una visione localistica e marginale.
Ma può anche essere capovolto:
“che ne può sapere dell’Italia chi conosce soltanto l’Italia?”.
E questo serve alla storiografia e alla
cultura italiane, abituate – anche solo
per autodenigrarsi – a guardarsi soltanto l’ombelico, a comparare con un
po’ di coraggio e di fantasia la storia
del nostro Paese con quella degli altri.
Servirebbe anche a certa sinistra che,
legata ai miti sessantottini, ancora non
ha capito la lezione che viene dalle
esperienze dell’Europa centro-orientale nel secolo scorso.
Aiutare l’Italia ad acquisire la consapevolezza del giusto posto che deve
occupare nell’Europa unita, è compito ancora più arduo di far ricordare le
nostre vicende. Ma la grandezza del
compito dev’essere motivo di slancio
e di serietà nell’assolverlo.
Lucio Toth
E ancora il contributo di Nadia
Bertoni e Stéphan Cren sul pittore
Girolamo Santacroce di Capodistria,
seguace di Gentile Bellini, attivo tra
Istria e Dalmazia e fedele alle formule
iconografiche codificate a Venezia: e
infine l’articolo di Gianna Duda
Marinelli sui Leoni marciani di Cherso
e, della stessa autrice, le Note sulla
comunità di Ossero, Cherso, Caisole
e Lubenizze.
p.c.h.
Il frontespizio
dello Statuto
di Cherso ed Ossero,
stampato a Venezia
nel 1640
Scuola Dalmata, edito il nuovo numero
È edito, a cura della Scuola Dalmata dei SS. Giorgio e Trifone di Venezia, il
numero 53 del 2/2007 del periodico nel quale sono pubblicati articoli e note di
argomento dalmato e i verbali delle sedute della Scuola.
In questo numero si leggono alcuni interessanti contributi sulle figure dei Santi Doimo,
Anastasio e Marino, vissuti nel IV secolo, e Donato, vescovo di Zara, vissuto invece nel IX. Segue un contributo su S. Girolamo, certo il più noto
esponente del Cristianesimo in Dalmazia, soggetto di molte raffigurazioni ad opera di illustri
artisti italiani dal XV al XVII secolo, qui brevemente richiamati.
Nel fascicolo si legge anche un bel ricordo di
padre Rocchi a firma di TullioVallery e la cronaca
del convegno «La presenza di Venezia nelle Bocche di Cattaro e nel Montenegro» svoltosi a VeAntonello da Messina,
nezia nel gennaio di quest’anno con il contributo San
Gerolamo nello studio
di studi di storici italiani e montenegrini, volti a
(1474-1475),
rendere «più intensi i rapporti in atto tra le due Londra, National Gallery.
sponde adriatiche con la conseguente riscoperta Uno, e tra i più pregevoli,
e promozione di un comune patrimonio storico, dei molti dipinti che hanno
per soggetto il santo dalmato
artistico e culturale», come annota Vallery.
4
DIFESA ADRIATICA
Luglio 2008
L’Istria nel Seicento.
Una relazione sullo stato dei confini
Nel supplemento Histra Terra l’ispezione di Francesco Corner apparsa tra il 1610 e il 1615
Secolo inquieto il XVII, in Istria e più in generale negli estesi possedimenti veneziani dell’Adriatico a causa dei pirati uscocchi, tollerati
se non incoraggiati dall’Austria, e della pressione esercitata dalla Sublime Porta che proprio in
quel secolo metteva in straordinario e giustificato allarme le potenze europee. Una situazione
che indusse la Serenissima ad aggiornare continuamente i dati sullo stato delle fortificazioni,
delle città e dei contadi dell’Istria, affidando la
stesura di una relazione a Francesco Corner, Provveditore alla custodia dei confini istriani tra il 1600
e il 1601.
La relazione è ora riprodotta nel supplemento 8/2007 di Histria Terra dellla Società Istriana
di Archeologia e Storia Patria con un’introduzione di Diana Cristante e Camillo Tonini che ricostruisce il quadro storico entro il quale si colloca
la figura del Corner: «l’estesa nota – scrivono i
curatori – [...] risponde alla frenetica richiesta
d’informazione da parte della Serenissima, sempre più allarmata [...]». Infatti le devastazioni degli
Uscocchi avevano colpito diverse cittadine
istriane, causando la reazione di Venezia che
aveva replicato con un durissimo blocco navale
attorno a Trieste ed a Fiume per indurre la corte
absburgica a tenere sotto controllo la pirateria in
Adriatico.
Lo scritto del «Provveditor» è anche, naturalmente, un rapporto sullo stato di salute della piccola penisola sia nell’area litoranea che nel suo
entroterra, con un’attenzione manifesta anche per
la produzione agricola, le condizioni igieniche,
le abitudini degli abitanti.
Della relazione, integralmente riportata su
Histra Terra, riproduciamo alcuni interessanti
passaggi.
_______________________________
L’Istria ultima provincia d’Italia è quasi simile
ad una lingua, che uscendo fuori, d’un continuo labro de monti vien bagnata da tre bande
dal Mare Adriatico, et dalla parte di terra vien
serrata dalli monti Carsi, principiando a S. Giovanni di Duino, terminando con questo giogo
de monti sopra Fianona, nel golfo Quarnero, [...].
Ha diversi porti notabili, et commodi al ricetto di
qual si voglia numerosa armata, quattro fiumi, et
doi torrenti di poca consideratione; è montuosa
in diverse parti, et piena di boschi. Confina dalla
parte di terra con la Carnia, et Liburnia per tramontana col Friuli, per ostro con l’isola del
Quarner; per Ponente è in faccia di questa città,
et litti della Romagna. L’aria in lei è varia, poiché
altri luochi l’hanno perfettissima, altri mediocremente sana, et altri in tutto pestifera. [...]
Le persone, che habitano nelle città, et terre
principali sono assai civili, et parlano Italiano, li
contadini parlano Schiavo, sono astuti, vili, pigri, et poverissimi. [...]
Seguita poi per le rive del mare lontano da
Mughia miglia sei Capo d’Istria. Questa è la prima, et più stimata della provincia, et posta
d’un’isoletta fatta in forma di scudo, [...]. Questo
è il più bel sito, che s’habbi in quella provincia,
et vi si farebbe una fortezza inespugnabile, et la
sua principal custodia si è il sudetto castello, [...].
La città non è molto ben habitata per rispetto
dell’aria, che si va di giorno in giorno facendo
peggiore per causa delle saline, et per l’alteratione
della laguna. Il suo territorio è bello, et ben coltivato, produce vini assai buoni, ma poco formento
li suppliva però in parte la quantità de sali, [...].
Più avanti per l’istessa riva [...] si trova Pirano,
terra principale, et ben habitata. [...] Sono quelle
genti ardite [...].
Partendosi da Pirano [...] si trova Humago
castello quasi posto in isola, che per rispetto
dell’aere pestifero è quasi del tutto vuoto, stando
quei habitatori alle ville, havendo un territorio
buono, et grasso, et che produce d’ogni cosa [...].
Dipoi 12 miglia lontano si trova Cittanova
dishabitata massime l’estate per l’infettione
dell’aere, [...]. Il suo territorio è ampio, et buono,
et fa formento bioade, et vini, et ogli più del bisogno, [...].
Partendo da Cittanova per miglia sei si trova
Parenzo città quasi del tutto disabitata per l’aere
cattivo, [...]. Essa è posta sopra una ponta che
entra in mare a guisa di penisola, ha bellissimo
porto [...]. Il suo territorio è grande, et fertile, ma
te, con li suoi corritori di pietra per caminarvi
d’intorno. Ha dentro una cisterna molto a proposito. [...]
Lontano da S. Lorenzo miglia 12 per levante
si và a trovare la terra di Montona, lasciandosi
per ponente Visinata, villa grossissima, et
giurisdittione dell’illustrissimi Grimani fu
Procurator, qual è come una terra con belle
fabriche, piena di habitanti commodi, ma per
esser tutta aperta non occorre dirne altro. E’ la
detta terra di Montona posta sopra un eminente,
et bellissimo monte, tutto vestito di vignali, olivi,
nozzeari, et altri alberi fruttiferi, che fanno una
prospettiva mirabile, dominando la valle dei roveri, et altri siti. Oltre la terra vi è il castello di
forma tonda, senza fianchi, con li suoi corridori,
che se le camina d’intorno, nel quale habita il
clarissimo podesta, et è ben habitata, et di perso-
Jan Peeters, Parenzo, da Descriptions des
principales Villes, Havres et Isles d Golfe
de Venise, incisione, Anversa post 1686,
Venezia, Biblioteca del Museo Correr
ne civili, ha alcuni borghi d’intorno, che ancho
essi restano eminenti et vi è una grande, et faticosa ascesa. Questo sito è il più bello, et migliore per chi dissegnasse far fortezza, dell’Istria [...].
Il suo territorio è grande, et abondante d’ogni
cosa non solo per la terra, ma anco per altri
straordinarij [...].
Orsera, il Leone marciano
sulla parete di un edificio
in gran parte inculto. [...]
Dipoi altre sei miglia lontano si trova Rovigno;
questa terra è benissimo habitata, et da gente
buona, et ardita. [...] Essa è tutta cinta di muro,
ma in qualche parte rovinoso, et con pochi danari si ridurria in bonissima sicurezza. Il suo territorio non è troppo fruttifero, fa vini, et ogli, ma
manca di formenti. [...]
Da Fasana lontano miglia X è Pola gia città
famosa vedendovisi molte vestigie di edificij
magnifici, et in particolare d’un bellissimo theatro,
onde ella anticamente doveva essere in molta
stima, ma hoggi ridotta a niente, patendo dell’aria cattiva, onde si può dire, che non conservi
altro che il nome, che perciò la maggior parte
delle persone hanno ridotto le sue habitatoni alla
villa di Galesan. [...] Il suo porto è bellissimo, et
capacissimo per qual si voglia armata. Il suo territorio è grande, et a tutte le cose fruttifero, ma è
poco coltivato, mancandole habitatori. [...]
Per I’istesse rive si entra nel golfo Quarnero,
et voltando per le medesime per greco levante
circa miglia 40 si trova la terra di Albona, lontana da marina miglia due, posta sopra un
monticello, [...] la quale è benissimo habitata, et
di gente civile, et commode. Questa terra è di
consideratione per esser posta a confini, et divisa con territorio, mediante il fiume Arsa, dal resto della provincia, onde resta come in penisola.
Il suo territorio è grande, et buono, fa formento
et vino, che li basta abbondantemente, ma manca d’oglio.
Più avanti cinque miglia si trova Fianona posta sotto la falda delle montagne. Questo è piccolo castello, ma con buona muraglia, il qual
l’anno 1598 fu improvvisamente sacchegiato da
Uschocchi. Ha un porto grande ma pericoloso
per esser posti alli venti di tramontana [...]. Ha
Fianona honesto territorio et buono, fuori della
terra corre una fontana, che fa macinare molte
ruote da molini, de quali si serve non solo Albona,
et Fianona, ma anco l’isola di Cherso, et Ossero,
et altri luochi [...].
Partendosi di qua a drittura [...] vi è Dignano
terra grossa, et populata con belle habitationi, et
buon territorio, abbondante d’ogni cosa, ma è
aperta ecetto il palazzo del chiarissimo podestà
qual è in forma di castello forte con muraglie
bonissime. Questa terra è di consideratione [...].
Da Dignano 3 miglia lontano vi è Valle, castello
convenientemente habitato, con borghi intorno
alle mura, et parte del recinto della muraglia vien
fatto dalle case delli habitanti, cosa, che non sta
bene. [...] Il suo territorio non è molto grande,
ma è fruttifero, et fa’ biade d’ogni sorte, vino, et
oglio.
Da Valle cinque miglia lontano si viene a S.
Vincenti. Questo castello era del serenissimo
prencipe Grimani, et è di buonissima muraglia
con buona scarpa, fossa, et fianchi, et molto for-
Le vestigia di Duecastelli, antica fortificazione di fondazione medioevale,
abbandonata intorno alla metà del XVIII sec.
In origine consisteva di due castelli, Parentino e Moncastello.
L’insediamento del castello di Parentino, i cui resti sono visibili ancora oggi,
fu abbandonato all’inizio del Medioevo, mentre il vicino castello di Moncastello,
conosciuto come Duecastelli, si sviluppò come punto strategico dell’Istria veneta
e fu abitato fino al 1631 quando gli abitanti,
a causa di una piaga endemica, si stabilirono a Canfanaro
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seguenti,
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Dalmazia con sede in Roma, Via Leopoldo Serra, 32, nella persona del Direttore Responsabile, D.ssa Patrizia C. Hansen.
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Una lista completa dei responsabili del trattamento dei Dati Personali è disponibile presso
la sede dellAssociazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, Via Leopoldo Serra, 32
Roma.
Il modello di consenso sarà spedito a tutti gli abbonati per posta ordinaria o come supplemento a “Difesa Adriatica”.
Luglio 2008
5
DIFESA ADRIATICA
La Redazione risponde
Beni abbandonati, se e come ereditare una quota dell’indennizzo
A cura dell’Avv.
Vipsania Andreicich
Sulla base della Legge 137/2001, io ed i
miei fratelli abbiamo ottenuto l’indennizzo per
i beni abbandonati nella ex Jugoslavia, i quali
appartenevano originariamente al nostro bisnonno. Alcuni mesi dopo il pagamento dell’indennizzo a nostro favore, abbiamo ricevuto una lettera dal Ministero dell’Economia, nella
quale si rappresentava che era stata accantonata una quota dell’indennizzo complessivo,
in quanto non era stata rintracciata la persona
titolare della stessa. Io ed i miei fratelli possiamo usufruire dell’indennizzo relativo alla quota accantonata?
Lettera firmata
Il diritto all’indennizzo per i beni abbandonati nella ex Jugoslavia, spetta a coloro che sono
titolari dei beni stessi. Essendo ormai trascorsi
più di 60 anni dalla data in cui gli immobili di
cui sopra furono sottratti ai loro legittimi proprietari, oggi gli indennizzi vengono, nella
maggior parte dei casi, liquidati agli eredi di
questi ultimi.
La legge infatti prevede che nel caso di decesso dei proprietari dei beni da indennizzare,
il diritto si trasferisce agli eredi.
Il Ministero dell’Economia, al momento
della lavorazione delle pratiche verifica l’esistenza in vita di tutti gli aventi diritto all’indennizzo, relativo ai beni compresi nella pratica, e
quando viene a conoscenza del decesso di
qualcuno degli aventi diritto, esegue una prima ricerca per verificare l’esistenza di eredi.
Tali ricerche sono spesso molto difficili e richiedono tempi molto lunghi, così che in caso di
esito negativo si rivolgono agli altri titolari della pratica al fine di poter avere notizie in merito agli eredi della persona venuta a mancare
(questo corrisponde esattamente al caso che ci
è stato sottoposto).
Nel momento in cui gli eredi della persona
titolare del diritto di indennizzo vengono rintracciati, questi ultimi hanno l’onere di presentare una autocertificazione ai sensi del D.P.R.
445/2000 nella quale sono tenuti a dichiarare
ELARGIZIONI E ABBONAMENTI
Questa rubrica riporta:
- le elargizioni a “Difesa Adriatica”
di importo superiore all’abbonamento ordinario;
- le elargizioni dirette alla Sede nazionale ANVGD;
- eventuali elargizioni di altra natura;
- gli abbonamenti ordinari sottoscritti
a “Difesa Adriatica”;
All’interno di ogni gruppo, i nominativi sono elencati in ordine
alfabetico. In rispetto della normativa
sulla privacy non vengono citate le
località di residenza degli offerenti.
Ringraziamo da queste pagine tutti coloro che, con il loro riconoscimento, ci inviano il segno del loro apprezzamento e del loro sostegno. Le offerte qui indicate non comprendono le
elargizioni ricevute dai singoli Comitati provinciali dell’ ANVGD.
ABBONAMENTI
CON ELARGIZIONI
A “DIFESA ADRIATICA”
(ccp 32888000)
Le elargizioni si concentrano maggiormente tra fine e inizio anno, in
occasione del rinnovo dell’abbonamento. L’elenco comprende gli abbonati sostenitori o che hanno versato
comunque una quota maggiore dell’ordinario.
MARZO A NVGD Comitato
Cremona € 40, ANVGD Comitato Padova € 50, Buccaran Nidia € 50,
Carloni Flood A.Maria € 50, Cesarello
Giuliano € 50, Crasti Marcello € 50,
Diracca Mario € 50, Drizzi Vittorio,
Fonda Yvonne € 35, Ghidoni Anna €
50, Ive Mario € 40, Lupini Marina €
50, Marsi Tullio € 50, Miani Mario €
50, Passoni Lelio € 100, Pavich Vincenzo € 50, Rallo Giampaolo € 60,
Salvioli Livio € 100, Sardi Armando
€ 50, Sauro Antonio € 300, Scala
Iolanda € 50, Vernier Laura € 35,
Vosilla Simun M. Anna € 50.
APRILE Abbazia di Praglia € 50,
Benussi Paolo € 50, Carpenetti Maria
€ 40, Dobrez Consolaro Liana € 50,
Fumagalli Matteo € 60 in memoria di
Lucia Rocco Bellisi, Gelcich Anna ved.
Biggi € 50, Livraghi Giuseppe € 50,
Lughi Silvia € 60, Nicolich Sergio €
50 nel 1° anniversario di Morin Maria
(Meri) ved. Nicolich dai figli Gianni e
Sergio, Sigovini Aldo € 40, Skull Bian-
ca € 50, Skull Petrelli Diana € 50 in
memoria del padre Nevio Skull deceduto a Fiume nel maggio 1945,
Varlyen Maria € 40, Viverit Lucio €
35.
ELARGIZIONI
ALLA SEDE NAZIONALE ANVGD
(ccp 52691003)
MARZO L.R. € 1.000, M.C. €
500.
ABBONAMENTI ORDINARI
A “DIFESA ADRIATICA”
(ccp 32888000)
Il rinnovo degli abbonamenti si
concentra maggiormente tra fine e inizio anno, quando i lettori ricevono
insieme al giornale il bollettino postale precompilato. L’elenco comprende
solo coloro che hanno versato la quota ordinaria di abbonamento.
MARZO ANVGD ComitatoVicenza,
Apollonio Giacomo, Argentini Livio,
Bacci Pier Luigi, Benussi Ario,
Blascovich Bruno, Bontempo Fabio,
Bonzano Laura, Borme Miguena,
Botteri M.Luisa, Bulian Pivac Liliana,
Caizzi Tommaso, Calucci Gianluigi,
Cerboncini Alessandro, Clemente
Aldo, Cobai Ornella, Colomban Giuseppe, Costiera Sergio, Cozzi Franca,
Cvetnich Margarit Vanda Mancini,
Damiani Graziella, Daris Emilia, Davanzo Ambretta, De Carli Romana, De
Denaro Giuliana, Delise Lidia,
Demarin Doriano, Depase Giovanni,
Deponte Sergio, Descovi Redenta, Di
Lenna Alfredo, Di Prampero Pietro
Enrico, Diviacchi Lucia, Donorà Luigi, Dussich Renato, Gherdovich Vittorio, Gherghetta Lucia, Ghisdavcich
Miriliana, Giachin Lino, Giangreco
Chiara, Giorgini Francesco, Gregori
Mario, Iurissevich Valerio,[...]
(segue...)
quanto segue:
- luogo e data di nascita del de cuius;
- luogo e data del decesso del de cuius;
- nome e cognome degli eredi, residenza e
rapporto di parentela con il de cuius;
- se il de cuius ha lasciato testamento o meno,
e nel caso in cui vi sia un testamento è necessario allegare una copia autentica, rilasciata da un notaio, del testamento medesimo;
- se tra gli eredi del de cuius vi è il coniuge,
indicare se è intervenuta o meno sentenza
di separazione o divorzio (la bozza
dell’autocertificazione di successione può essere richiesta alla Sede nazionale dell’ANVGD).
A seguito della presentazione dell’autocertificazione relativa alla successione di colui
che aveva diritto all’indennizzo, il Ministero
provvede ad indennizzare la quota spettante
allo stesso ai suoi eredi legittimi o testamentari.
Non vi sono altre possibilità per ottenere il
diritto all’indennizzo di cui alle leggi sopra citate, all’infuori della successione sia legittima
che testamentaria. La legge infatti non prevede
il diritto di accrescimento tra gli aventi diritto
all’indennizzo dei beni abbandonati, così che
nell’ipotesi in cui uno dei titolari della pratica
non fosse più rintracciabile o non fosse possibile rintracciarne gli eredi, tale quota rimarrebbe giacente presso il Ministero dell’Economia
in attesa che coloro che siano in grado di provare diritti successori sul titolare di tale indennizzo si presentino a rivendicare il loro diritto.
Solo la successione, legittima o testamentaria, consente agli eredi di avere
attribuita la quota di un congiunto
“Sapienza”,
alcuni commenti
della stampa
Gli episodi registrati alla prima
Università romana sono stati naturalmente commentati da tutti gli organi
di stampa. Sul “Corriere della Sera”
Piero Ostellino così riflette sulla solidarietà espressa dai colleghi docenti
al preside di Lettere Pescosolido (Quei
non senso antifascisti, 7 giugno 2008):
«la solidarietà, in nome dell’antifascismo, espressa dal Corpo accademico dell’Università la Sapienza di Roma
al preside della Facoltà di Lettere, Guido Pescosolido, sequestrato dai collettivi studenteschi di sinistra, mi pareva
francamente un nonsenso. Ma come,
un docente subisce una violenza da
sinistra e i suoi colleghi gli manifestano solidarietà antifascista ? Mah. Poi,
ho letto la lettera del professor
Pescosolido pubblicata dal Corriere [4
giugno scorso, ndr] e credo di aver
capito. E la lettera di un uomo impaurito, che cerca di giustificare, in
burocratese, l’autorizzazione data all’organizzazione del dibattito sulle
Foibe – che ha provocato la vergognosa cagnara studentesca e la singolare
presa di posizione del Corpo accademico – con la prevista partecipazione di una relatrice «negazionista».
Anche la lettera a me pare un
nonsenso. Ma come, lo storico di professione, professor Pescosolido, pensa davvero che possa avere un qualche valore storiografico un dibattito su
un «fatto» storico acclarato, e sul quale già si sono pronunciate a suo tempo tutte le forze politiche, fra chi lo
utilizza per ragioni polemiche di parte e chi addirittura lo nega per le stesse
ma opposte e speculari ragioni? Mah.
[...]
Ti sei iscritto all’ANVGD?
Prosegue la campagna abbonamenti 2008
Cosa aspetti? Noi Ti aspettiamo
Rivolgiti ai nostri Comitati Provinciali
o contatta la nostra Sede nazionale
(tel. 06 5816852)
L’abbonamento a Difesa Adriatica non equivale alla quota associativa
Da un lato, l’antifascismo è la foglia di fico della quale una certa sinistra si fa miserevolmente scudo per
giustificare la propria intolleranza nei
confronti di chiunque non la pensi
come lei. Insomma, l’antifascismo
militante è la negazione stessa
dell’antifascismo storico, che è stato,
innanzi tutto, opposizione morale all’intolleranza politica totalitaria. Dall’altro lato, l’antifascismo è l’argomento
che quella stessa sinistra usa per legittimare o delegittimare moralmente e
politicamente chiunque le attraversi la
strada. Insomma, l’antifascismo militante non è un ideale, ma un manganello da esibire come “avvertimento”
[...].
Se, come credo, così stanno le
cose, la solidarietà “antifascista” del
Corpo docente della Sapienza a
Pescolido, vittima di una violenza di
sinistra, e la sua stessa lettera al Corriere, non sono due insensatezze logiche, ma due comportamenti razionali. Traduco liberamente il senso della
solidarietà del Corpo docente: «Caro
Pescosolido, il crinale sul quale si è
manifestata, ma può anche decadere,
la nostra solidarietà, è l’antifascismo.
Che noi identifichiamo con la rinuncia, da parte tua, a organizzare altri
dibattiti sulle Foibe. Altrimenti non ti
assicuriamo di solidarizzare ancora
con te in caso di una nuova aggressione». Con la sua lettera, Pescosolido ha
promesso che non lo farà più».
Su “Il Giornale” del 28 maggio interviene Mario Cervi (Intolleranza travestita). «[...] Per impedire che il dibattito si svolgesse i contestatori hanno occupato la presidenza della facoltà, e se ne sono andati – promettendo
tuttavia vigilanza arcigna, e mantenendo la promessa – solo dopo che il
prorettore Luigi Frati [...] ha comunicato l’annullamento del convegno
«per il timore che disordini prendano
il posto di un libero dibattito». In effetti il dibattito non c’è stato, ci sono stati
i disordini.
Di solito, in queste circostanze, l’intolleranza riveste per essere accettata,
i panni nobili dell’antifascismo. E, secondo schemi tanto vecchi quanto
astuti, sono evocati ideali nobili – come
la ribellione al razzismo – per far pas-
sare divieti e censure ideologici.
È uno stratagemma d’annata. Nel
1960 il Pci volle impedire – avendo
come obiettivo la caduta del governo
Tambroni – che il Msi tenesse a Genova il suo congresso: che era il quarto
del Msi, e i precedenti si erano svolti
senza incidenti. Si affermò che Genova era una città medaglia d’oro della
Resistenza, che il congresso si sarebbe tenuto in un teatro distante solo una
cinquantina di metri da una lapide
partigiana, che tutto questo rappresentava la classica «provocazione». Genova fu messa a soqquadro, il congresso non si tenne, Tambroni cadde.
Eventi del massimo rilievo, quelli
di quasi mezzo secolo fa; innescati per
un disegno politico importante da un
fortissimo partito comunista. Oggi abbiamo parodie lillipuziane delle tecniche agitatorie d’un tempo: oggi tutto volge al bonsai e al grottesco, i residui piazzaioli e studenteschi d’una sinistra allo sbando fanno la voce grossa con gli epigoni di un’estrema destra irrilevante».
E Francesco Merlo su “Repubblica” del 5 giugno (L’Università e gli ultrà
della destra): «[...] è assolutamente
necessario restaurare l’ovvietà basilare che nelle università italiane si può
parlare solo per titoli e competenze.
Ebbene, il leader di “Forza Nuova”
Roberto Fiore non ha titoli né competenze per parlare delle foibe in una
sede scientifica [...]. E subito va chiarito che allo stesso modo, della teoria
del valore-lavoro possono discutere
all’università Mario Monti eTito Boeri,
ma non Casarini e neppure Veltroni e
Berlusconi. [...] Ovviamente la politica può usare la scienza come vuole,
ma la scienza non la fanno i politici
[...]. Sulle foibe sono andati in pellegrinaggio si Fassino che Veltroni. È vero
che sono state lungamente nascoste a
sinistra e che dunque ancora oggi nei
manuali adottati nelle scuole ci sono
lacune e reticenze, ma anche questa
colpa è stata oggetto di studio, e proprio a sinistra. [...] La nostra speranza
è che dunque l’università italiana con
un po’ di orgoglio si sottragga a questa
strategia eversiva ribadendo che il rapporto che c’è tra la politica e la scienza è lo stesso che c’è tra l’ortolano e la
botanica [...] ».
Giampaolo Pansa, intervistato dal
TG1, ha commentato: «Un’università
molto strana, la Sapienza, dove tempo addietro non ho potuto mettere piede. Sono molto preoccupato, vedo
montare un clima che ho visto a Milano negli anni Settanta».
Red.
6
DIFESA ADRIATICA
FIUME: FM O FU?
Sono nata a Fiume. Nelle varie documentazioni in mio possesso la sigla di Fiume è sempre FU. Oggi ho scoperto che nel
1930 la sigla fu mutata in FM. Cosa devo fare quando,
nell’espletamento di documenti, mi chiedono la sigla della mia
città? Nella tessera sanitaria e nel codice fiscale c’è FU, la Banca
non accetta FU ma bensì FM.
Annamaria Mihalich, mail
L’indicazione della sigla di Fiume non è regolamentata da alcuna legge che riguarda gli esuli. Pertanto quando viene indicato
il suo luogo di nascita è fondamentale che il nome «Fiume» sia
indicato in italiano. Sulla sigla quindi ogni sistema informatico si
gestisce per conto proprio, senza che la cosa, sia usando FM sia
usando FU, crei problemi al cittadino.
RISCOPRIRSI DOPO 60 ANNI
Nell’era di internet, dopo 60 anni
dall’esodo, figlio e nipote di esule
navigando nel web ho constatato che
sul sito del catasto croato alla data
odierna risultano ancora iscritte a
nome di nonno (oramai defunto dal
1990) sei particelle catastali relative
a circa 11.000 metri quadri di terreni nel comune di Parenzo.
Chiedo consiglio a Voi se ho ancora dei diritti come erede ed
eventualmente sulla strada da seguire per esercitare gli eventuali
diritti di proprietà. Tengo a precisare che per detti terreni non è
mai stato percepito alcun indennizzo. L’unico indennizzo percepito dai miei avi, in due soluzioni, è stato per l’abitazione (in quanto
era diviso 1/2ip a nome di mio nonno e 1/2ip a nome di mia
nonna).
Claudio, mail
In realtà il catasto croato porta
ancora la dicitura di buona parte dei
vecchi proprietari, che però sono stati
praticamente “espropriati” nel momento in cui l’Italia ha utilizzato i loro
beni per pagare i danni di guerra alla
Jugoslavia. Il dato catastale è quindi
solo indicativo, in quanto non rappresenta un diritto all’utilizzo
della proprietà. Se i suoi avi hanno percepito un indennizzo, l’applicazione di tale diritto non è ancora perfezionata perché lo Stato
italiano sta ancora continuando a pagare in più tranche il suo
debito nei confronti degli Esuli e dei loro discendenti, con indubbio e grave ritardo.
LA MIA PROVINCIA NON È «EE»
Sono nato a Cittanova d’Istria nel 1944 alla stipula di un con-
Dal nostro inviato nel tempo...
Pola, domenica 22 gennaio 1922
Si terrà questa mattina la gara di
Marcia, organizzata dalla S.S.
Grion,che assegnerà al vincitore il titolo di Campione della Città di Pola. Il
percorso prevede due giri della città
pari a 12 Km e il ‘Via’ verrà dato a tutti
i concorrenti alle ore 9.00.
Via V Novembre ore 16.
Malgrado le pessime condizioni
del tempo, la manifestazione non poteva avere una più brillante riuscita ed
un maggiore successo. Le strade fangose, a volte ridotte in pantani, non
hanno permesso agli atleti di esprimere tutte le loro capacità fisiche, in
particolar modo, ai favoriti Movia e
Glavich, che sono stati i protagonisti
della bella manifestazione.
Dopo una veloce partenza, il primo tratto di gara ha visto protagonista
l’eclettico e tenace Zamboni della Brigata Lombarda, che con un fulmineo
allungo ha distanziato il gruppo di
quasi cento metri. Movia e Glavich,
che si trovavano nelle ultime posizioni, di comune accordo, decidono di
riprendere l’atleta lombardo e con un
poderoso allungo riescono a riprendere la testa della corsa. I tre atleti continuano a marciare insieme fino a via
IV Novembre dove Zamboni non riuscendo più a mantenere il ritmo degli
atleti di casa, si stacca abbandonando
così la possibilità di vittoria. Preso quindi risolutamente il comando della
competizione, i polesi con una progressione inesorabile, si distaccano
sempre più da Zamboni e dal resto del
gruppo. I due, con superba andatura
conducono la gara fianco a fianco per
tutto il restante percorso, dando così
ai tifosi presenti uno spaccato carattere di combattività. L’unionista ha sa-
Luglio 2008
Lettere al giornale
FERMO POSTA
di Fabio Rocchi
I quesiti (possibilmente brevi) possono essere inviati alla Redazione (Via Leopoldo Serra 32, 00153 Roma, fax 06.5816852,
e-mail [email protected]). Alcuni vengono tratti da più ampie interrogazioni che giungono alla sede nazionale dell’Anvgd.
tratto di assicurazione con Genertel per
poterlo rendere valido hanno dovuto inserire la provincia E.E. Questa è una ulteriore presa in giro. È corretta l’applicazione della legge?
Pensionato statale
La legge parla dell’indicazione del Comune di nascita e non della provincia. per
cui se hanno indicato «Cittanova d’Istria»
esattamente col nome italiano, non hanno violato la legge. L’indicazione della
provincia è un settore in cui la legislazione non si è espressa. Se
però «EE» sta per estero, in questo caso va fatta opposizione perché il Comune, all’atto della sua nascita, era italiano. Pertanto o va
indicata la sigla della ex provincia o non va messa alcuna indicazione della provincia.
OMONIMI E SIMILITUDINI
Ho ricevuto il n. 5 di “Difesa Adriatica” di cui vi ringrazio. A
pag. 5 alla voce elargizioni leggo il mio nome storpiato. Il nome
scritto è Orlini Bruno, mentre esatto è Orliani Bruno.
In realtà non si tratta di un errore, in quanto Bruno Orlini è un
nostro abbonato, così come lo è Bruno Orliani. Con migliaia di
abbonati è frequente che nomi e cognomi si assomiglino.
LA SECONDA PARTE DEL LIBRO DI PADRE ROCCHI
Vi prego inviarmi la seconda parte del libro L’Esodo dei 350mila
giuliani fiumani e dalmati. Complimenti alla vostra stimata Associazione.
T.S. - Lozzolo (VC)
La ristampa della prima parte del più celebre libro di Padre
Flaminio Rocchi è stata presentata nel 2007. La seconda parte,
quella relativa alle monografie delle città perdute, è prevista in
stampa per l’inizio del 2009.
A Pola, in gara a passo di marcia
IL CONVEGNO
AL MONTE MAGGIORE D’ ISTRIA
puto imporsi per ben 11 Km al più allenato Movia, il quale nell’ultima frazione, in superbe condizioni fisiche,
ha lasciato dietro l’avversario, giungendo al traguardo con qualche decina di
metri di vantaggio.
La gara del nerostellato è stata indubbiamente brillante e la sua vittoria
netta e convincente. Non meno magnifico è stato l’atleta dell’ U.S. Polese
Glavich, al quale concediamo una attenuante, quella di essere stato in precarie condizioni di forma. Belle anche le prove che hanno fornito
Zamboni, terzo al traguardo e i
marciatori di casa Eberli, Tercovich,
Tomich e l’eterno Bisio, l’agile corridore genovese.
L’organizzazione ai posti di controllo e lungo il percorso è stata buona, ha difettato però all’arrivo che è
avvenuto alla presenza di un folto pubblico, malgrado la presenza di una
pioggia fittissima.
Ecco l’ordine di arrivo:1. Movia
Gino della S.S. Grion in 1 ora e 47
minuti; 2.Glavich Luigi 1.59; 3.
Zamboni Ruggero. Seguono altri 15
corridori in tempo massimo.
Monte Maggiore, 9 gennaio 1922
Il Consiglio e il Gruppo della SUCAI
di Trieste (Sezione Universitaria Club
Alpino Italiano) hanno organizzato per
i giorni 11 e 12 gennaio un primo convegno annuale al Monte Maggiore
(m.1396) e precisamente al rifugio
Duchessa d’Aosta al passo di Polkon
(m. 956). Questo passo segna il limite
naturale della regione fiumana e da
qui la strada scende rapidamente verso l’Istria. Il Programma prevede che
gli studenti triestini incontreranno i loro
colleghi del Club Studentesco Alpino
Fiumano che, invitato al convegno, ha
promesso il suo intervento con una
numerosa rappresentanza. Il giorno
seguente si uniranno al Convegno,
anche una rappresentanza dell’Alpina delle Giulie di Trieste ed una del
Corpo Nazionale dei Giovani Esploratori. Da Pisino inoltre arriverà al rifugio una rappresentanza della Società Escursionisti Istriani.
Monte Maggiore 12 gennaio 1922
Come da programma la prima giornata è stata dedicata ad una gara di
sci. Questa è stata particolarmente brillante e vivace a causa della rivalità tra
gli studenti triestini e quelli fiumani.
Tutti i giovani sono giunti, senza incidenti al traguardo, compiendo magnificamente la discesa finale, mostrando buone condizioni di forma.
Il giorno successivo, grazie all’arrivo degli altri invitati, si sono svolte,
una gara di Mezzofondo e una di Bob
a coppie. Il convegno ha ottenuto così
un importante successo, grazie
sopratutto alla impeccabile organizza-
BENI ABBANDONATI:
RIPRENDERE LA TRATTATIVA
[…] Mentre nel resto d’Italia
i cittadini che ebbero i loro beni
distrutti dalla guerra vennero risarciti, i cittadini profughi non videro riconosciuto il loro diritto
ad un equo indennizzo per
quanto avevano patito e perduto, ed è ancora aperta anche la
questione dei beni oltre confine.
A questo scopo è importante che
riprenda la sua attività il Tavolo di coordinamento. Riporto quanto
sopra perché ho reperito in casa, fra alcune carte vecchie, una
lettera da Trieste del 1972 inviata a mio padre, defunto da oltre 20
anni. Una lettera di 36 anni fa su un argomento di oltre 60 anni,
ancora di attualità! Saprà chiudere la questione il nuovo Governo?
E.C.- Varese
Potrà immaginare quanto stia a cuore all’ANVGD il problema,
tuttora irrisolto, dei beni abbandonati. Sul numero di giugno di
“Difesa Adriatica” abbiamo fornito ulteriori aggiornamenti. V’è da
precisare che il diritto intrinseco all’indennizzo è sempre stato
riconosciuto agli Esuli e finora anche con coefficienti maggiori di
quelli riservati ai danni di guerra. Il Governo dovrà velocizzare il
pagamento degli indennizzi stabiliti dalla Legge 137/2001, così
da portarli a termine in pochi mesi, e aprire le porte all’ultima
legge che erogherà il saldo definitivo agli aventi diritto. Come consuetudine, tutto si gioca sui coefficienti di rivalutazione, ovvero
sul costo economico dell’operazione per lo Stato. Compito essenziale dell’ANVGD e della Federazione degli Esuli, in questo caso, è
proporre e vigilare affinché il diritto venga soddisfatto nella maniera più equa possibile.
LA SENSIBILITÀ DEGLI ESULI
Ho ricevuto il recente libro di Toth: l’ho letto in un soffio, commuovendomi tante volte. Ancora tante grazie e auguri, perché
“Difesa Adriatica” abbia sempre è più successo. Mi spiace che
dopo più di 50 anni che siamo via dalle nostre terre, vengano
fuori dei risentimenti da parte di alcuni istriani verso altri profughi.
Io ho seguito le vicende perché una mia amica mi regalava il
giornale dell’Unione degli Istriani, che ora non voglio più.
A.V. - Savona
Grazie per le parole di solidarietà. Dalla sua esperienza di vita
avrà senz’altro riscontrato che spesso anche chi si prodiga verso il
prossimo riceve sonori schiaffoni. L’unica cosa che spiace è che
qualche Esule possa realmente credere indistintamente a tutto ciò
che legge.
zione della SUCAI di Trieste che sta pensando di organizzarne un altro per il
prossimo anno.
IL CAMPIONATO ITALIANO
DI HOCKEY VINTO
DAL HOCKEY CLUB POLA.
Pola, 27 aprile 1922
Si è concluso, ieri sera, con due
importanti partite, il campionato italiano di Hockey che doveva assegnare il titolo di campione nazionale tra
l’Hockey Club Pola e l’Hockey Club
Trieste e stabilire il terzo posto della
classifica fra l’Hockey Club Sempione
e il Veloce Club Milano. Nella finale,
già dai primi istanti è emersa immediatamente la superiorità dell’Hockey
Club Pola, che si è concretizzata con
il gol di Mares al 2 minuto del primo
tempo. Da quel momento in poi, crollata psicologicamente, l’Hockey Club
Trieste rinuncia a giocare ed inizia a
commettere una serie di brutti falli che
costringono l’arbitro ad espellere due
giocatori triestini.
I polesi, per nulla intimoriti, chiudono il primo tempo con un altro gol,
segnato questa volta da Fabro. La ripresa vede, a causa delle due espulsioni nel primo tempo, scendere in
campo la squadra polese con 6 giocatori e la triestina con 4. Il gioco è nuovamente falloso e frammentato, ma
malgrado la netta situazione di inferiorità, i triestini riescono a contenere
l’offensiva polese e a limitare i danni,
ma sul finale di partita subiscono il terzo gol. L’Hockey Club Pola si aggiudica così il titolo di Campione d’Italia,
titolo secondo tutti gli esperti meritato, in quanto il team istriano ha mostrato per tutto il campionato una classe
e tecnica di gioco superiori rispetto alle
avversarie. Nell’altra gara, si aggiudica il terzo posto l’Hockey Club
Sempione su il Veloce Club Milano per
4 a 1.
Giorgio di Giuseppe
Monte Maggiore, il rifugio Duca d’Aosta
in una cartolina da collezione
Luglio 2008
7
DIFESA ADRIATICA
dai comitati
DELEGAZIONE
DI FROSINONE
Anche quest’anno nel Comune di
S.Ambrogio sul Garigliano è stato celebrato il Giorno del Ricordo affinché
fosse rinnovata nella memoria degli
uomini la tragedia che colpì gli italiani delle regioni orientali dell’Istria, di
Fiume e della Dalmazia nonché della
Venezia Giulia, ma soprattutto le vittime delle Foibe. Per legge del Parlamento tale ricorrenza è stata fissata il 10
febbraio, ma il Comune ciociaro ha
voluto simbolicamente spostare la data
al 14 maggio che segnava anche la
data della liberazione di S. Ambrogio
dalla catastrofe bellica.
Sempre sensibile a tali ricorrenze
di memoria storica, il Comune
ambrosiano si avvale anche della forte collaborazione dell’Istituto Comprensivo Scolastico “Don Bosco” ha
voluto accogliere con umiltà ma con
italiano orgoglio, le personalità intervenute. Oltre al rappresentante della
ANVGD, il delegato provinciale Sergio
Viti, era presente la delegazione ufficiale dell’Ambasciata delle Repubblica Federale di Germania composta dal
ten. col. Hagen Peukert e dal mar.
Michael Fisher e del Dirigente Scolastico prof.ssa Maria Rosaria Di Palma.
In un gremito atrio dell’edificio
scolastico di S. Ambrogio, erano presenti infatti tutte le Scuole Medie dei
paesi di S.Andrea, S.Apollinare e
Vallemaio nonché gli alunni delle elementari di S.Ambrogio. Ha portato il
saluto dell’Amministrazione il neo assessore alla Cultura Franco Simeone.
La parola è quindi passata al col.
Peukert che, visibilmente soddisfatto
di vedere al suo cospetto una platea
formata da soli giovani, ha voluto ribadire il suo credo nelle giovani generazioni, esortandole a tenere sempre vivo la memoria storica poiché con
essa si costruisce il futuro. E ha voluto
rendere omaggio alle vittime delle
Foibe, ma con esse anche tutte le vittime delle scellerate guerre razziali, di
qualsiasi colore esse siano, e delle
pulizie etniche che ancora oggi si perpetrano nel mondo cosiddetto “civile”. Ha voluto tessere inoltre un elogio al piccolo paese ambrosiano che
oltre alla intima ricorrenza del 2 dicembre, si è prodigato anche a ricercare la “verità” in una ricorrenza così
importante per l’Italia. Sicuramente ha
posto un’altra pietra per la riconciliazione tra i popoli e per la pacifica convivenza tra gli uomini.
È stata la volta del delegato provinciale dell’ANVGD Sergio Viti, esule
Il delegato ANVGD Sergio Viti premia uno dei ragazzi
dell’Istituto Comprensivo Scolastico “Don Bosco”
Una lezione di storia giuliana ed europea agli attenti allievi
di Fiume, residente in Ciociaria. Ha
voluto ricordare toccanti episodi vissuti direttamente nella città fiumana,
con le lacrime agli occhi. La morte
nelle Foibe, ha sottolineato, è stata atroce come è atroce il ricordo dei parenti
sopravvissuti. Ma ha voluto lanciare
anche un messaggio di speranza: ricordare significa conoscere la nostra
storia, quella di italiani. «Ciascuno di
noi, e in special modo voi studenti e
giovani ne dovete far tesoro affinché si
evitino gli errori del passato. Affermare la giustizia vuol dire onorare coloro
che sono morti per la giusta causa e
per un giusto credo». Si è compiaciuto di vedere esposta la bandiera dell’
ANVGD donata al Comune dalla Presidenza nazionale dell’Associazione,
issata sul pennone insieme a quella
italiana e tedesca.
Le conclusioni sono state riservata
alla prof.ssa Di Palma, che oltre a complimentarsi per l’organizzazione di
S. Ambrogio sul Garigliano (Frosinone), una parte dei giovanissimi
alunni presenti alla commemorazione, adatta allo loro età,
del Giorno del Ricordo promossa dal Comune ambrosiano
e dalla Delegazione ANVGD con la fattiva collaborazione
dell’Istituto Comprensivo Scolastico “Don Bosco”
questa giornata ha voluto esprimere
auspici affinché tutti possano impegnarsi quotidianamente poiché questi
orrori che colpiscono le coscienze diventino parte integrante della comune memoria e che la tolleranza e il
vivere civile portino sempre più alla
ricerca delle verità e che si instauri finalmente un sano ed imperituro sentimento di identità e di spirito comunitario.
C.S.
COMITATO DI GORIZIA
Lunedì 26 maggio, nel Palazzo del
Cinema di Gorizia, il critico cinematografico Alessandro Cuk ha presentato al pubblico il suo ultimo libro. L’incontro, promosso dall’ANVGD, dalla
Lega Nazionale di Gorizia e dall’Associazione di Cultura Cinematografica Sergio Amidei, con la collaborazione del Corso di Laurea DAMS Cinema
di Gorizia dell’Università degli Studi
di Udine e della Mediateca Provinciale, è stato introdotto dal presidente del
Comitato ANVGD e Lega Nazionale
dott. Rodolfo Ziberna, e vi hanno preso parte il presidente dell’Associazione Sergio Amidei, avv. Nereo Battello,
e il professore e storico Fulvio
Salimbeni. È seguita la proiezione di
alcuni filmati.
Il nuovo libro di Alessandro Cuk,
uno dei maggiori esperti del cinema
di frontiera, autore di volumi quali
L’esodo Giuliano-dalmata nel Veneto
(2001), Il giorno del ricordo (2005),
Giuseppe Berto, uno scrittore al cinema (2005), è pubblicato da Alcione
ed è nato da una sinergia tra ANVGD,
Cinit Cineforum Italiano e CDM.
Il volume affronta la produzione
cinematografica del confine orientale
della Venezia Giulia, dell’Istria e della
Dalmazia e analizza sistematicamente sia i vari film che sono stati concepiti sull’argomento che tutti quelli che
sono stati ambientati e girati in queste
terre. L’itinerario, lungo quasi un se-
colo, comprende documentari,
cortometraggi, fiction e cinegiornali.
All’interno scorrono parole e immagini tratte, per esempio, da La città dolente (1949) di Mario Bonnard, che
affrontano l’esodo di Pola, dai film del
Maestro Franco Giraldi, che costituiscono un’analisi unica e sorprendente sul tema come La rosa rossa (1973),
tratto dal romanzo di Pier Antonio
Quarantotti Gambini, Un anno di
scuola (1977), dal racconto di Giani
Stuparich e La frontiera (1996) dal romanzo di Franco Vegliani.
Un capitolo dell’importante volume di Cuk è poi dedicato a lavori contemporanei come il film-tv Il cuore nel
pozzo di Alberto Negrin che la RAI ha
trasmesso in prima serata in occasione del Giorno del Ricordo del 2005, e
la fiction Senza confini sulla vita di
Giovanni Palatucci, ultimo questore di
Fiume italiana.
Alla presentazione del libro Il cinema di Frontiera – Il confine orientale, hanno partecipato anche gli studenti del DAMS Cinema di Gorizia e gli
studenti del Master in scritture per il
cinema. Sceneggiatura/critica del
DAMS. Cuk infatti, in occasione della
presentazione, parlerà agli studenti e
agli appassionati di cinema, di un concorso per aspiranti critici e giornalisti
cinematografici, da lui stesso istituito.
La presentazione di un libro, arricchita dalla presenza di studiosi ed esperti
di cinema e di storia e dalla possibilità
di vedere rari e interessanti frammenti
cinematografici dedicati al confine
orientale, è stata un’occasione importante per gli appassionati e studiosi di
cinema e di storia di tutto il territorio
giuliano.
Rosolin (ANVGD)
nuovo presidente
della Famiglia Pisinota
Claudio Rosolin, dirigente
dell’ANVGD di Gorizia è il neo eletto
Presidente della Famiglia Pisinota, l’associazione (aderente all’Unione degli
Istriani) che raggruppa i tanti esuli costretti ad abbandonare la città istriana
di Pisino e che è particolarmente attiva con manifestazioni culturali ed editoriali in Italia ed all’estero. Nato a
Pisino nel 1942, Claudio si trasferisce
con la famiglia a Gorizia a poco più
di un anno. Frequenta il liceo classico
“Dante” e si diploma nel 1961, poi
sceglie Giurisprudenza e per qualche
tempo insegna al “Fermi”. I rapporti
con la terra natia sono sempre stati
molto stretti. Anche il padre di Claudio, Ottavio, fu un dirigente dell’ ANVGD
di Gorizia. Un uomo generoso e sempre desideroso di aiutare gli esuli, spentosi nel 1974. Originario di Pisino,
dove era nato il 3 dicembre del 1909,
La locandina
del film di Franco
Giraldi tratto
dal romanzo
di Franco Vegliani
La frontiera
aveva svolto diversi lavori, rivestito ruoli
importanti in politica e soprattutto si
era impegnato nel campo dell’assistenza. Si fece conoscere in città e fece
tutto il possibile per dare una mano
agli esuli che avevano difficoltà di inserimento in città. Ex combattente, fu
dirigente locale e consigliere nazionale
dell’ANVGD, e si dedicò all’organizzazione di molte manifestazioni, fra cui
i celebri “veglioni dell’esule”. A livello politico e amministrativo, fu consigliere comunale e provinciale.
A Claudio Rosolin vanno le
felicitazioni dell’ANVGD di Gorizia e del
suo presidente Rodolfo Ziberna.
COMITATO
DI MASSA CARRARA
Presenti le massime autorità, dal
sindaco di Carrara Angelo Zubbani, al
Prefetto di Massa/Carrara dott. Carlo
Striccoli, dalla vicepresidente del Consiglio comunale a vari consiglieri comunali, e con il concorso di una nutrita rappresentanza di esuli e cittadini, anche Massa Carra ha reso omaggio al Giorno del Ricordo con la deposizione di una corona d’alloro alla
lapide apposta nell’ex Campo Profughi. Quindi, in una sala messa a disposizione e subito rivelatasi insufficiente a contenere tutto il pubblico
intervenuto, ha avuto inizio la manifestazione commemorativa, aperta
dall’intervento della dott.ssa Rigoletta
Vincenti, vìcepresidente del Consiglio
comunale, seguita dal sindaco Striccoli
che ha ricordato come Massa Carrara,
duplice medaglia d’oro, al valore civile e al valore militare, anche in quella
occasione dimostrò di assolvere ad un
dovere morale, mettendo a disposizione una moderna struttura per quei tempi, che assolse meritoriamente il compito di accogliere e non di segregare,
profughi considerati fratelli più sfortunati della popolazione locale, che
comunque aveva subito la repressione e le stragi naziste, durante la guerra. Infatti molti Esuli si integrarono in
un tessuto sociale, che sotanzialmente
non li aveva respinti, e il primo cittadino ha rivendicato con orgoglio e con
fierezza l’accoglienza fornita dalla sua
città. Il sindaco Striccoli ha rimarcato
come il Giorno del Ricordo adempi
ad un dovere verso la storia.
È seguito l’intervento del presidente
del Comitato ANVGD Sergio Tabanelli,
che ha ringraziato sentitamente il sindaco per le belle ed emozionanti parole usate e per la collaborazione prestata alla comunità esule, augurandosi che nel futuro possa diventare ancora più soddisfacente.
Ha preso quindi la parola il segre-
8
DIFESA ADRIATICA
Luglio 2008
dai comitati
tario ANVGD Vittorio Miletti, con una
lunga digressione che partiva dalla sua
condizione di profugo da Fiume, e
ospite di quel Campo per lunghi sei
anni, dal 1953 al 1958, e quindi testimone diretto di quanto avvenuto. Una
seconda testimonianza veniva dal profugo fiumano Tullio Locatelli sulle traversie toccate a suo padre, prima di
poter espatriare. L’ultimo intervento è
stato della dott.ssa Giovanna
Bernardini, assessore alla Cultura del
Comune di Carrara, che ha affermato:
«un’esperienza che ha caraterizzato
una parte importante della mia vita» è
dovuta alla frequentazione che la mia
famiglia ha avuto con profughi e in
particolare con due di loro. Si è impegnata, con mandato del sindaco, a testimoniare nelle scuole, affinché i giovani, possano vivere, attraverso testimonianze dirette, una pagina di storia
troppo spesso taciuta e poco rappresentata
Nel pomeriggio alle ore 18.00,
nella Chiesa parracchiale di Marina di
Massa, presenti le autorità municipali
e il prefetto, S. Messa solenne dedicata ai Martiri delle Foibe.
V. M.
• • •
Riproduciamo di seguito un estratto dell’intervento di Vittorio Miletti,
segertario del Comitato carrarese, alla
cerimonia di commemorazione del 10
febbraio nell’ex Campo Profughi di
Marina di Carrara.
«Cosa signfica fuggire? Perdere la
casa? Perdere le radici? diventare Profughi o Esuli? Significa un viaggio senza ritorno, senza una meta, con tante
illusioni, per una libertà che non ha
prezzo, ovunque stranieri, come una
pianta senza radici, come un sogno
che ancora oggi ci appare tutto verde,
un mare tutto azzurro, ma passati 60
anni, l’illusione sparisce e subentra il
desiderio della concretezza, delle azioni che dobbiamo compiere per dar
peso e sostanza all’impegno di far sentire le nostre voci, nel raccontare quanto abbiamo vissuto sulla nostra pelle e
in prima persona, in modo tale che
tutti, compresi i giovani, sappiano finalmente quanto è accaduto ai confini nordorientali dell’ltalia, durante e
dopo la fine della Seconda guerra
mondiale.
L’ Esodo non fu soltanto un plebiscito per l’Italia, ma piuttosto anche
una fuga da un regime di terrore [...].
Questa era la vera e dura realtà di allora, che molti, ancor oggi non accettano e non amettono, preferendo altre
interpretazioni più addolcite. [...]
L’importante però, è che non resti
confinato alle celebrazioni, il ricordo
di quei fatti, ma ci sia una precisa presa di coscienza, da parte di tutta la
comunità, e soprattutto questo avvenga nell’ambito delle Istituzioni e degli
uomini che le guidano. Come ha detto il Presidente Ciampi “La memoria
ci aiuta a guardare al passato con
interezza di sentimenti, a riconoscerci nelle nostre identità, a radicarci nei
suoi valori fondanti» [...].
Nella vita è necessario coltivare la
speranza, e noi lo facciamo, l’attesa è
un tempo prezioso, non un inutile
passatempo, e questo significa dare un
senso alla vita con un atteggiamento
che porta alla fiducia, alla operosità, e
alle cose positive. Non ci possiamo
permettere di coltivare il senso della
pigrizia, dell’egoismo, del disimpegno,
perché queste caratteristiche rischiano di farci perdere la speranza [...].
Inutile aggiungere che queste cose
valgono per tutti, ma per la nostra gente
hanno un valore particolare.
Concediamoci quindi alla speranza, perché così romperemo quel silenzio e riusciremo a dire ciò che per tanto
tempo è stato taciuto [...]. Questo è il
messaggio che oggi noi mandiamo a
tutta la nostra gente, a tutta la comunità, a tutte le Autorità presenti e non,
nella speranza che quanto espresso
diventi realtà, e ringraziamo, in anticipo, quanti si adopereranno perché
questo avvenga».
Vittorio Miletti
L’omaggio
del picchetto d’onore
COMITATO DI PESARO
Domenica 10 febbraio 2008 i
Giuliani, Dalmati e Fiumani si sono
incontratisul sagrato del Duomo di
Pesaro per assistere alla S.Messa in
suffragio e ricordo dei nostri fratelli
istriani, fiumani e dalmati trucidati e
infoibati dai carnefici comunisti jugoslavi. Il parroco del Duomo, don Gino
Rossini, ha ufficiato la funzione religiosa. Nella sua omelia ha messo in
risalto la carneficina perpetrata dalle
truppe di Tito. La chiesa era stracolma
di persone. Il celebrante ha detto tra
l’altro: «Finalmente il muro del silenzio sembra essere definitivamente caduto».
Lunedì 11 febbraio 2008, alle
15.30, l’incontro in Municipio alla
presenza del prefetto di Pesaro, del sindaco e di tutto il Consiglio comunale,
per la consegna a 40 giuliano-dalmati
dell’attestato personalizzato di cittadinanza benemerita. Presenti anche i
comandanti militari della Provincia.
Per primo ha preso la parola il pre-
fetto Luigi Riccio, che ha ricordato le
atrocità commesse dalle truppe di Tito.
Secondo relatore il sindaco, che ha
avuto parole di elogio per l’operosità
dei giuliano-dalmati residenti a Pesaro.
Dopo la guerra Pesaro contava 385
profughi, oggi sono 64.
È seguito l’intervento del presidente
del Comitato pesarese, Eugenio
Vagnini, che ha toccato argomenti
importanti, facendo menzione in particolare del martirio dei 36 carabinieri
trucidati barbaramente a Zara dalle
truppe di Tito. Vagnini ha rievocato
anche la personalità del grande sacerdote pesarese, Padre Pietro Damiani,
che nel “Villaggio del fanciullo” in Viale Trieste ha ospitato tanti bambini profughi, circa 1.500 dal 1945 al 1955.
Subito dopo ha preso la parola
Franco Rismondo (figlio del «Rime»),
zaratino, presidente del Comitato
A NVGD di Ancona, il quale ha
stigmatizzato le manifestazioni indette contro il Giorno del Ricordo.
COMITATO DI PISA
Numerose sono state le manifestazioni organizzate a Pisa in occasione
del Giorno del Ricordo. Mercoledì 6
febbraio si è svolto nell’Auditorium del
Liceo scientifico un incontro con alcune classi quinte che hanno seguito
con molto interesse le relazioni de.gli
storici a cui ha fatto seguito un intervento di Rossella Bari, presidente del
Comitato provinciale ANVGD. Sabato
9 nella Sala delle Baleari del Comune
dopo un bel saluto del Sindaco, Paolo
Fontanelli, e brevi interventi del Prefetto e del prof. Landucci, assessore alla
Cultura della Provincia, hanno preso
la parola la dott. Cappella della Scuola Normale e il dott. Ciavattone che
hanno illustrato i risultati di una ricerca, per il momento ancora parziale,
su «I profughi istriani, fiumani e dalmati
a Pisa: storia e memoria». La dott.ssa
Cappella si è soffermata in particolare
sulle interviste fatte ad alcuni esuli che
per lungo tempo sono rimasti nel campo profughi di Migliarino Pisano, dimostrando di aver saputo cogliere e
Pisa, Sala delle Baleari, Palazzo Gambacorti, 9 febbraio.
La commemorazione ufficiale del Giorno del Ricordo
alla presenza delle massime autorità civili e militari
interpretare con rara sensibilità i ricordi, i dolori, le emozioni degli intervistati.
«Con questo articolato programma di iniziative, ha detto il sindaco di
Pisa Paolo Fontanelli, la comunità
pisana, le sue istituzioni, locali e culturali, e l’associazione dei profughi
giuliano-dalmati vogliono offrire un
approfondito contributo alla diffusione della memoria delle vittime dei
massacri delle foibe e alle vicende che
causarono questa pagina tragica della
storia italiana del Novecento. Un contributo di conoscenza perché tutti sappiano come fu possibile quella tragedia e, insieme, un atto di onoranza e
di monito per il futuro».
È successivamente intervenuto il
prof. Pezzino del Dipartimento di Storia dell’Università, che ha tra l’altro
evidenziato le difficoltà dello studio
compiuto dai due giovani ricercatori
per mancanza di documenti anche
nelle sedi istituzionali e per il modesto numero di esuli disposti a ricordare quelle tristi vicende, atteggiamento
comunque comprensibilissimo.
La presidente del Comitato Provinciale, dopo aver ringraziato le autorità
e i presenti, ha sottolineato come sia
importante condividere la memoria di
quegli eventi superando i pregiudizi
ideologici e cercando di interpretarli
con onestà intellettuale. Ha poi consegnato alle autorità e ai relatori il crest
del Comitato. Infine è stato distribuito
ai presenti il volumetto edito a cura
del Comune di Pisa Sguardo storico
sui rapporti tra Italiani e Slavi nella
Venezia Giulia di Carlo Schiffrer con
introduzione del prof.Battini.
Domenica 10 nel Cimitero suburbano alla presenza delle massime autorità militari, di molti esuli e cittani
pisani si è svolta una toccante
cerimonia.Ai lati del cippo che ricorda i nostri morti. due carabinieri in alta
uniforme, davanti un picchetto
multiforze che ha reso gli onori mentre Prefetto, Vicesindaco, Vicepresidente della Provincia e Presidente del
Comitato deponevano corone d’alloro e un trombettiere della Folgore intonava il Silenzio.
Successivamente un’analoga cerimonia si è tenuta a Marina di Pisa davanti al cippo dedicato ai Martiri delle
Foibe.Durante entrambe le manifestazioni la Presidente ha letto l’invocazione per gli infoibati composta Mons.
Santin. La giornata si è conclusa con
la celebrazione della S. Messa officiata
da :Mons. Crisman che durante l’omelia ha invitato i fedeli a disporsi alla
preghiera «perché il Giorno del Ricordo sia ricco di grazia per tutte le vittime dell’esodo, sia sostegno spirituale
per la nostra buona testimonianza e
occasione propizia per ogni positiva
riconciliazione».
II giorno 13, infine, in un cinema
cittadino è stato proiettato dopo una
breve presentazione della dott. ssa
Storchi, assessore alla Cultura del Comune, e di Rossella Bari, il film-documentario «Ritorno a casa» al termine
del quale la presidente del Comitato
ha risposto alle numerose domande
degli spettatori.
R. B.
COMITATO DI SASSARI
La Presidente del Comitato provinciale ANVGD di Sassari, Marisa Brugna,
è stata di nuovo in Svizzera a presentare per la seconda volta il suo libro
Memoria negata - Crescere in un centro raccolta profughi per Esuli Giuliani.
La presentazione è stata organizzata
dai Circoli Sardi e dalla “Dante
Alighieri”. Il 17 maggio era a Losanna
presso il circolo sardo Nuraghe - Presidente Josiane Masala - con l’intervento del presidente della “Dante
Alighieri”, prof. Alberto Roncaccia
mentre il 18 è stata a Ginevra presso
la sede dell’ Associazione Sarda della
quale è presidente il cav. MarioViglino,
presenti esponenti della B WP International Federation of Business
and Professional Women.
COMITATO DI TRENTO
La presidente Anna Maria Marcozzi Keller informa che nel corso di
una pubblica cerimonia il Municipio
di Levico Terme con il Centro Studi
sulla Storia dell’Europa Orientale hanno voluto piantare un albero nel Giardino della Memoria. La messa a dimora è avvenuta lo scorso 31 maggio.
COMITATO DI VENEZIA
Il Comitato ANVGD ha organizzato, sabato 7 giugno, un viaggio di una
giornata che comprende la visita della Foiba di Basovizza e un’escursione
in Istria. Il gruppo è partito in pullman
da Venezia e da Mestre accompagnato anche dal presidente del Consiglio
comunale di Venezia, Renato Boraso,
e ha reso omaggio alla Foiba di
Basovizza. Successivamente ha proseguito per Momiano. Qui la delegazione del Comitato veneziano, guidata dal vice-presidente Alessandro Cuk,
ha incontrato a Momiano il presidente della locale Comunità degli Italiani,
Arijana Brajko.
La delegazione che era formata, tra
gli altri, dal segretario Piero Gazzari e
dai consiglieri Regina Cimmino, Luciano Toncetti e Antonio Zett, era accompagnata dal Presidente del Consiglio Comunale di Venezia Renato
Boraso. La delegazione ha incontrato
il Presidente della Comunità di
Luglio 2008
9
DIFESA ADRIATICA
dai comitati
Il Giorno del Ricordo a Catania
Ci pervengono ancora cronache
di manifestazioni commemorative
svoltesi in diverse città italiane il 10
Febbraio. Il socio Livio Musina, residente a Catania sin dall’esodo, cortesemente ci trasmette la nota sulla
cerimonia tenutasi nella città siciliana.
Momiano, foto ricordo della visita del Comitato ANVGD .
Da sin. il vicepresidente della CI di Parenzo, Alessandro Cuk,
Arijana Braiko e Renato Boraso
Momiano e il vicepresidente della
Comunità degli Italiani di Parenzo.
Arijana Braiko ha parlato delle
numerose attività che vengono svolte
della Comunità degli Italiani di
Momiano e ha espresso la soddisfazione di questo incontro con il gruppo proveniente da Venezia dell’Associazione Venezia Giulia e Dalmazia.
Il presidente del Consiglio Comunale
di Venezia Renato Boraso ha donato
una riproduzione del Leone di S. Marco e ha spiegato che devono essere
sviluppati sempre di più i rapporti tra
le associazioni degli Esuli e le Comunità degli Italiani presenti nei territori
giuliano-dalmati. Alessandro Cuk ha
portato il saluto del Comitato diVenezia, ma anche della Consulta regionale veneta, di cui è presidente, con l’augurio di instaurare un contatto di collaborazione positivo tra le comunità
del Veneto e quelle dell’Istria e della
Dalmazia, che hanno nella loro storia
e nella loro tradizione un passato direttamente collegato con Venezia.
COMITATO DI VERONA
«Da Ovest ad Est: Uno sguardo sul
cinema Italiano» è il titolo della seconda rassegna cinematografica ospitata
dal 23 al 26 maggio dalla Comunità
degli Italiani di Fiume, su iniziativa del
Comitato Provinciale ANVGD, per favorire una migliore conoscenza della
produzione filmica italiana. Ha inaugurato la rassegna «La cena per farli
conoscere» di Pupi Avati, cui ha fatto
seguito «La sconosciuta» di Giuseppe
Tornatore, in parte ambientato a Trieste. Sabato 24 si è tenuta la presentazione del libro di Angelo Picariello
Capuozzo, accontenta questo ragazzo, sulla vita di Giovanni Palatucci,
ultimo questore italiano di Fiume. Le
proiezioni sono proseguite con «La
giusta distanza», regia di Carlo
Mazzacurati, e «La ragazza del lago»,
diretto da Andrea Malaioli. Collaterale
alla manifestazione la giornata del 26
maggio, dedicata ai bambini. Nel pomeriggio, invece, i connazionali hanno assistito alla proiezione della pellicola di Vittorio e Paolo Taviani «La
masseria delle allodole» sul genocidio
degli armeni (tratta dal romanzo di
Antonia Arslan) e, a chiusura, della
pellicola di Silvio Soldini «Giorni e
nuvole». I film sono stati presentati da
Maria Luisa Budicin, vicepresidente
del Comitato ANVGD di Verona, e da
Melita Sciucca della CI di Fiume.
• • •
La nuova edizione
del Premio “Loris Tanzella”
Anche quest’anno il Comitato Provinciale di Verona bandisce il Premio
Letterario “Loris Tanzella”, giunto alla
sua ottava edizione. Si vuole in tal
modo celebrare la figura del Generale
Loris Tanzella che in vita si è prodigato, con la sua cultura e il suo sconfinato amor di patria, a tenere sempre viva
la causa giuliano-dalmata. L’iniziativa,
promossa e realizzata dal Comitato
ANVGD di Verona su proposta della
sig.ra Maria Silvi, istriana e vedova del
Generale, ha registrato importanti apprezzamenti nell’intero territorio nazionale.
Sono ammessi al concorso lavori
letterati in prosa e poesia, tesi di laurea, lavori di ricerca sul patrimonio storico, artistico, linguistico e culturale
delle terre dell’Adriatico orientale con
premi significativi in denaro e riconoscimenti per le opere più meritevoli.
Per quanto riguarda la sezione poesia,
si richiede la presentazione di una raccolta di almeno 10 componimenti.
I lavori dovranno pervenire in 8
copie entro il 30 novembre 2008 al
seguente indirizzo:
Sig.a Loredana Gioseffi,Via G. Pascoli, 19 – 37038 Soave (VR).
La premiazione avverrà nel corso
delle celebrazioni per il Giorno del
Ricordo (febbraio 2009) presso il foyer
del Teatro Nuovo di Verona (ingresso
dal cortile della Casa di Giulietta in
Via Cappello).
Per ulteriori informazioni rivolgersi ai seguenti numeri telefonici: tel.
045.768.04.17 – fax. 0455.22.509 cell. 338.522 85 09 - email
[email protected]
Alla presenza di studenti, cittadini e rappresentanti delle associazioni d’arma, il Comune di Catania,
con l’associazione culturale «La
Contea», su iniziativa dei consiglieri comunali Puccio La Rosa e Franco Siciliano, ha con due momenti
ufficiali celebrato il Giorno del Ricordo.
Alla presenza del vicepresidente
dell’ARS [Assemblea Regionale Siciliana], Raffaele Stancanelli, dei consiglieri comunali La Rosa e Siciliano, del vicepresidente della Provincia, Angelo Sicali, dell’assessore provinciale Marco Falcone, degli assessori comunali Fabio Fatuzzo e
Silvana Grasso e di diversi cittadini
che subirono l’esilio dalle proprie
terre, guidati dai signori Musina e
Bettanin, è stata deposta una corona d’alloro in piazza Università.
La commemorazione è quindi
proseguita con una cerimonia
commemorativa, nel corso della
quale sono stati consegnati i riconoscimenti della seconda edizione
del premio «Io Ricordo», promosso
dall’associazione «La Contea».
Riconoscimento che è stato attribuito al comm. Luigi Maina, esule da Fiume, per il puntuale contributo prestato per organizzare la cerimonia, e alla fiumana Antonina
Bonaccorsi.
L’iniziativa, anche quest’anno,
ha coinvolto un nutrito gruppo di
rappresentanti degli esuli istriani,
fiumani e dalmati.
Periodico mensile dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia
Centro studi padre Flaminio Rocchi
DIRETTORE RESPONSABILE
Patrizia C. Hansen
Editrice:
ASSOCIAZIONE NAZIONALE
VENEZIA GIULIA E DALMAZIA
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n° 91/94 dell’11 marzo 1994
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Finito di stampare il 18 giugno 2008
Una fotografia, tanti volti. Era il 1944
Ci scrive la nostra Lettrice signora
Graziella Zerauschek, esule da Zara,
allegando alla sua lettera la fotografia
che pubblichiamo nella speranza che
qualcuno vi si riconosca e ci scriva.
Nel Giorno del Ricordo, guardando con nostalgia tra le vecchie
foto, ho trovato una sul retro della
quale è stampata la data novembre
1944, data che dà inizio al nostro
primo anno d’esilio a Pieve di Soligo
in provincia di Treviso, io avevo 10
anni. Ringrazio ancora dopo tanti
anni questa cittadina che ci aveva
accolto senza pregiudizi.
Non so perché fosse stata scelta,
certo che eravamo in molti, qualcuno ebbe l’idea di farci fotografare sul
sagrato della Chiesa.
Restammo a Pieve di Soligo anche se subimmo i rastrellamenti dei
tedeschi, per cui qualcuno di noi finì
in campo di concentramento e non
tornò più. Restammo lì finché ci tolsero la speranza di tornare a Zara,
alle nostre case, al nostro lavoro, poi
ci salutammo e ci disperdemmo ai
quattro venti.
Io non li ho più rivisti, perché
ognuno dovette ricominciare a vivere.
Non so quanti siano ancora tra
noi, certo i loro figli che saluto e abbraccio.
Graziella Zerauschek
10
DIFESA ADRIATICA
Luglio 2008
Sin dall’autunno del 1944 l’intelligence alleata sapeva degli eccidi delle Foibe
La stampa e la memoria,
il confine orientale nei quotidiani del dopoguerra
Un’antologia di interventi dalle più importanti testate lombarde nel decennio 1945-1954
curata dall’Università dell’Insubria con il supporto dell’ANVGD
La stampa e la memoria è il titolo
del bel volume curato da Antonio
Maria Orecchia e stampato dalla
Insubria University Press con il fattivo
contributo di contenuti e di idee del
Comitato ANVGD di Varese, nel quale è
raccolta un’ampia scelta di articoli
apparsi sui giornali lombardi nel primissimo dopoguerra sul tema del
dramma della Venezia Giulia contesa
dalla Jugoslavia comunista di Tito e
degli eccidi di italiani compiuti dai
partigiani «titini».
Il senso del libro, ottimamente curato anche dal punto di vista
redazionale, è ben riassunto dalla Presentazione a firma dell’avv. Sissi Corsi, presidente del Comitato ANVGD:
«anche questo è un modo per salvare
“UNA” memoria [...]. Una memoria in
un contesto storico ben definito nell’arco del decennio dal 1945 al 1954».
Le fa eco Ottavio Missoni, che sigla una riflessione sul Giorno del Ricordo, mentre è il curatore, il prof.
Orecchia, docente di Storia contemporanea ndell’Università degli Studi
dell’Insubria, l’autore delle pagine di
inquadramento storico di quel clima
di angoscia vissuto dai giulianodalmati e di profonda inquietudine
dell’Italia intera che assisteva all’offesa inferta ai suoi territori orientali e alla
sua popolazione civile. Bene
evidenzia lo studioso come, al contrario di quanto ai nostri giorni si pensi, nel primo decennio dal trattato di
pace il tema del confine orientale fu
enormemente presente su tutta la stampa italiana. E questo volume
collettaneo chiaramente lo prova, riproducendo una serie molto significativa di commenti e cronache pubblicati sui principali quotidiani della Lombardia, ma rinvenibili più generalmente su tutta la stampa quotidiana e periodica nazionale.
Dal “Corriere d’Informazione” al
“Giornale di Brescia”, dal “Nuovo
Corriere della Sera” a “Il Sole”, dall’“Italia Libera” alla “Domenica del
Corriere”, da “La Notte” a “La
Prealpina”, solo per citarne alcuni, è
uno scorrere di servizi e corsivi sui teatri della tragedia, da Trieste all’Istria
alle isole del Quarnero, dai quali l’opinione pubblica italiana di ogni orientamento era informata delle continue
rappresaglie operate dai partigiani jugoslavi e di un quadro generale che
andava via via precipitando.
Dell’articolato contributo del prof.
Orecchia riproduciamo un estratto,
rinviando al volume per l’intero apparato di citazioni e riferimenti.
p. c. h.
TRA CRONACA E STORIA
“Il secolo XVII è stato il secolo della matematica, il XVIII quello della fisica, il XIX quello della biologia; il
nostro XX secolo è il secolo della paura”. Era solo il gennaio del 1947 ma
Albert Camus già tirava le somme di
quello che era stato il Novecento.
Eppure, proprio il concetto di paura è in genere del tutto assente nelle
immagini di memoria collettiva che
abbiamo quando torniamo alla Liberazione e ai giorni che chiusero la Seconda guerra mondiale. Anzi. [...]
Questa è l’emozionante immagine fissata nella memoria degli italiani: la fine
di un disastro che al ventennio di dit-
Il comizio tenuto a Trieste da Alcide De Gasperi il 10 giugno 1949
(foto Fondazione Alcide De Gasperi, AMRDG. http://www.fondazionedegasperi.it)
tatura aveva sommato cinque anni di
guerra mondiale e venti mesi di guerra civile. Un’immagine di vivo fermento. In mezzo alle macerie dei bombardamenti e agli inevitabili lutti tutti
condividevano il senso di liberazione,
la volontà di ricostruire la nuova Italia
della democrazia e della pace.
Ma vi è qualcosa d’altro che non è
entrato nella nostra memoria condivisa. Sono le “folate di paura” che in
quegli stessi giorni “corrono per le strade” sul confine nordorientale, a Trieste, a Gorizia, a Monfalcone, in Istria.
Qui non si festeggiava. Si viveva in uno
stato di ansia, di apprensione e di inquietudine. Le case erano sprangate,
il coprifuoco comportava “il divieto
assoluto di circolazione in città per i
civili dalle 8 di sera alle 10 di mattina”. [...]
Nella Venezia Giulia erano arrivate per prime le formazioni partigiane
jugoslave e si respirava un clima ben
diverso. Gli edifici pubblici, dai municipi ai cinema, erano stati occupati;
dal 4 maggio, avvisava un manifesto,
si sarebbero spostati indietro di un’ora
gli orologi così da uniformare il tempo di Trieste con quello del resto della
Jugoslavia. Sui muri campeggiavano
scritte in sloveno e croato che
inneggiavano a Tito e a Stalin; ovunque i partigiani titini avevano insediato
le loro autorità civili e militari. Poi iniziarono i fermi, le perquisizioni, gli
arresti. E soprattutto le scomparse. Cittadini che uscivano di casa e non tornavano più, cittadini prelevati dalle
loro case di cui non si sapeva più nulla, di fronte a quella sorta di muro di
gomma – così lo ha definito Carlo
Sgorlon – eretto dalle autorità jugoslave che si rifiutavano di dare alcuna
spiegazione.
Chi scomparve in quella breve e
terribile stagione, in cui la repressione
colpì in realtà anche indiscriminatamente? Collaboratori del nazismo e del
fascismo, ma anche antifascisti del
Comitato di Liberazione Nazionale,
alcuni comumsti, altri che per il loro
lavoro di funzionario, impiegato alle
poste, maestro di scuola, carabiniere
o finanziere rappresentavano in un
modo o in un altro lo Stato italiano; e
poi ancora gente comune, che pagò
odi e rancori personali non sopiti o
sommari regolamenti di conti, drammatica costante della storia quando
termina una guerra, e soprattutto una
guerra civile. La sorte di questi uomini
era segnata, come narrarono, e narrano, le testimonianze dei pochi superstiti: infoibamenti, esecuzioni sommarie, trasferimenti forzati nei campi di
prigionia sloveni, croati, serbi. [...]
Da qui si deve partire per interrogarci intorno ai motivi di questa vicenda, al perché questa tragedia da sempre profondamente sentita dalle popolazioni giuliane sia stata per decenni esclusa dalla memoria della nazione, alle ragioni per cui sono stati necessari quasi sessant’ anni, e il voto del
Parlamento che ha istituito il «giorno
del ricordo», per iniziare ad elaborare
una memoria condivisa su quanto accaduto.
È indubbio che in Italia sia difficile
fare i conti con la Storia, e la responsabilità credo si possa attribuire non
solo alle mancanze di alcuni storici di
professione e ad una produzione
storiografica spesso troppo legata alle
ideologie, ma anche ad una non così
minoritaria parte di una classe dirigente
che ha vuto l’abitudine di usare la Storia come una clava per colpire politicamente l’avversario. [...]
Il Novecento vive in una sorta di
limbo. Il secolo alle nostre spalle è
ancora nel campo della memoria e
non è ancora entrato del tutto in quello della storia. Memoria e storia non
sono sinonimi, poiché – per riprendere le tesi del noto storico francese
Pierre Nora – la prima è “viva”, è tan-
gibile nel suo essere patrimonio di una
comunità vivente; ma è anche suscettibile ai rischi di strumentalizzazione,
alle manipolazioni, ai risvegli dei ricordi, agli affetti, alla dialettica simbolica. La storia, al contrario, è, o dovrebbe essere, una ricostruzione problematica, scientifica, critica.
Il Novecento è qui, appena dietro
di noi, e in un Paese come il nostro
dove forti sono le passioni egli interessi di parte, e le ideologie – sebbene in
tutto o in parte abbandonate – sono
ancora parte viva del tessuto sociale,
è assai difficile fare i conti con la storia
ed assumerla a coscienza nazionale.
Tuttavia, una volta tanto, l’Italia non
rappresenta un’eccezione in quello
che è stato definito “il passato che non
passa”, con il suo portato di inevitabili
strumentalizzazioni politiche. Anzi.
[...] La questione è andata in crescendo, e allora la storia e la politica si sono
confuse: i cinesi e i sudcoreani hanno
creato un caso diplomatico protestando nelle sedi ufficiali in seguito alla
pubblicazione di manuali filogovernativi giapponesi in cui il secondo
conflitto mondiale viene presentato
come una sorta di guerra di liberazione per l’Asia orientale dal dominio
coloniale [...] mentre l’invasione
nipponica di quella parte dell’Asia
continentale viene del tutto trascurata. E accade allora che la Storia venga
scritta, o forse riscritta, per legge, con
l’idea assai discutibile che debba divenire “verità di Stato”. [...] Già l’anno
scorso molti tra i più noti storici francesi – Pierre Nora, Jacques Le Goff,
Emmanuel Le RoiLadurie, Max Gallo
– si erano sentiti in dovere di sottoscrivere un appello, «Liberté pour
l’histoire!», polemizzando contro una
legge che in pratica imponeva di riconoscere per verità storica sentenze di
tribunali sui crimini contro l’umanità.
È di fronte ad un quadro come
questo che si deve ragionare su quan-
to è si presentano quando ci si confronta con un periodo storico ancora
assai vivo nella memoria [...].
È una storia lunga quella delle
foibe, dell’esodo e del confine
nordorientale dell’Italia, un intreccio
di eventi difficile da dipanare, una storia dalle radici remote a cui tuttavia,
dopo decenni di rimozione, la
pubblicistica e la storiografia hanno
negli ultimi anni dedicato una attenzione del tutto particolare e mostrato
un rinnovato interesse, derivato non
solo dalla riscoperta del tema dell’identità nazionale o dal riemergere di quella che è stata definita la “memoria
dolente” .Dopo tanti anni, infatti, è
parso vi fossero le condizioni per provare a “fare i conti” con maggiore serenità di giudizio con ferite ancora
aperte, al di fuori delle pur consuete
polemiche di natura prettamente politica e senza dimenticare i rischi di
una “memoria lottizzata”. [...]
La Venezia Giulia era quindi talmente importante per Tito che l’esercito di liberazione jugoslavo, prima
ancora di aver liberato totalmente il
proprio territorio nazionale, puntò direttamente su Trieste ed entrò in città il
1° maggio, “aggirando” sia Zagabria
sia Lubiana, che furono liberate rispettivamente l’8 maggio e l’11 maggio.
Così, in breve, con l’arrivo anche delle truppe neozelandesi in quella zona
si creò una situazione del tutto inedita
nello scacchiere europeo, una premessa tangibile alla “cortina di ferro” evocata il 5 marzo 1946 a Fulton da
Winston Churchill, che non a caso in
quella occasione citò esplicitamente
Trieste. La sovrapposizione di due eserciti, con obiettivi differenti, e la presenza di un Comitato di Liberazione
Nazionale spaccato al suo interno –
come l’eccidio delle malghe di Porzus
aveva sin dal febbraio drammaticamente dimostrato – rese impraticabile
quanto andava accadendo nel resto
dell’Italia settentrionale, dove le autorità locali erano nominate dai CLN e
controllate dal Comando Alleato. L’arrivo delle avanguardie neozelandesi,
in tempo per accogliere la resa dei tedeschi, non impedì agli jugoslavi di
imporre la propria amministrazione sul
territorio, che consideravano di loro
competenza.
In questo quadro si colloca la seconda ondata di violenza contro gli
italiani, dopo quella del settembre
1943, quando nel vuoto di potere che
aveva seguito l’8 settembre i partigiani jugoslavi erano dilagati nella Venezia Giulia ed erano cominciate le esecuzioni sommarie – peraltro prontamente denunciate dalla propaganda
fascista – secondo la logica – anche di
comodo – che portava alla equazione
“italiani, fascisti, nemici del popolo”.
Per presentarsi alla Conferenza di
pace da una posizione il più possibile
di forza, ed ottenere l’annessione della Venezia Giulia magari fino
all’Isonzo, Tito aveva bisogno che la
regione fosse già pacificata: non era
sufficiente solo anticipare gli
angloamericani ed insediare le proprie
autorità e la propria amministrazione,
ma si doveva imprimere anche un segno della rivoluzione, di quella che
sarebbe stata la nuova Jugoslavia comunista. Vista sotto questa ottica
l’epurazione doveva essere rapidissima, e doveva colpire tutti coloro che
Luglio 2008
Nel 1952, Trieste divenuta
ormai emblema del contenzioso
con la Jugoslavia di Tito
ed ancora amministrata
dal GMA, venne raffigurata
mediante la basilica
di San Giusto in questo
francobollo delle Poste italiane
in occasione della Fiera
di quell’anno.
L’immagine elaborata
contrastava evidentemente
con lo stato giuridico
del Territorio Libero,
ma venne tollerato
dal Governo Militare Alleato
anche solo potenzialmente si sarebbero potuti opporre al disegno di annessione della regione. Come ha scritto
Gianni Oliva, “l’epurazione [doveva]
eliminare qualsiasi voce di dissenso, e
[andava] diretta non solo contro i fascisti in quanto tali, ma contro tutti
coloro che si [opponevano] al comunismo jugoslavo, [fossero] stati essi stessi criminali di guerra, collaboratori del
nazismo, oppure sinceri antifascisti o,
ancora, comunisti sensibili alla questione nazionale e contrari all’annessione”.
In altri termini si doveva decapitare la comunità italiana non solo dalle
autorità del passato regime fascista, che
per certi aspetti personificavano il regime stesso, o da chi aveva partecipato in vario modo a quella esperienza,
ma soprattutto da quella parte del futuro ceto dirigente italiano che occupava posizioni strategiche e dunque
era pericoloso perché, come punto di
riferimento della comunità, avrebbe
potuto organizzare e porsi a capo di
una eventuale opposizione interna.
E l’epurazione creò quel clima di
incertezza e di terrore di cui si è accennato in precedenza. [...] Alla fine,
tra infoibati, deportati, uccisi nei campi di prigionia, le vittime furono probabilmente circa diecimila, cifra approssimativa ma che offre il senso dell’eccidio spaventoso che venne perpetrato.
E gli alleati? Gli angloamericani
sapevano. Avevano saputo tutto per lo
meno dall’autunno del 1944, ma avevano deciso di non intervenire per i
non compromettere l’unità antinazista.
Sin dal 30 novembre 1944 un rapporto della Special Intelligence aveva denunciato che “dapprima i partigiani
jugoslavi arrestarono i fascisti, ma più
tardi operarono arresti indiscriminati,
di massa, di centinaia di italiani. I
progionieri furono legati, messi nelle
prigioni di Pisino, chiusi in celle
sovraffollate, con poco cibo e molta
sporcizia. Ogni notte, alcuni vengono
portati via. Di recente, nelle foibe, le
caverne del Carso, fu scoperto un
mucchio di cadaveri legati, nudi, qualcuno dei quali identificato dai congiunti. Ci viene riferito che in tutto i
partigiani jugoslavi hanno gettato parecchie centinaia di persone nelle
foibe”. [...]
Anche la seconda ondata di violenza nei giorni della fine della guerra
era conosciuta dagli Alleati: già il 1°
giugno 1945 l’Office of Strategic
Services definiva “inferno comunista”
i quaranta giorni dell’occupazione jugoslava di Trieste e delle zone rurali
della Venezia Giulia, dove “i partigia-
11
DIFESA ADRIATICA
ni comunisti danno la caccia a chi rifiuta di arruolarsi come se fossero banditi. A Trieste vengono incarcerati anche esponenti del Comitato di Liberazione Nazionale e persino antifascisti.
Anche il Vescovo di Gorizia è stato
fermato e poi rilasciato”. E nel frattempo si erano mosse anche le autorità
italiane. Alberto Tarchiani, ambasciatore italiano a Washington, il 16 maggio aveva inviato una nota al Dipartimento di Stato in cui denunciava: “il
regime di terrore titino prosegue. Da
Gorizia sono scomparse 4.000 persone. Sembra che 700 siano state uccise
nella zone di Trieste. Sinora gli
angloamericanihanno assistito passivamente a questo dramma”.
Ormai non si trattava solo di una
disputa tra Italia e Jugoslavia. La questione aveva investito inevitabilmente
anche i rapporti tra le superpotenze.
Gli Stati Uniti non potevano permettere all’Unione Sovietica – attraverso
il suo satellite – di decidere unilateralmente una sistemazione territoriale,
anche perché la Venezia Giulia non
era la Polonia, non era – come Stalin
aveva più volte affermato – la storica
porta d’ingresso degli invasori stranieri della Russia.
Il nuovo approccio politico del presidente Truman portò quindi all’accordo di Belgrado del 9 giugno: la Venezia Giulia veniva spartita in due zone,
denominate A e B, separate dalla Linea Morgan. La prima, che includeva
anche Pola, sotto il controllo alleato;
la seconda, che comprendeva l’Istria,
Fiume e le isole del Quarnaro, sotto
l’amministrazione jugoslava. Ma il
parziale ritorno alla normalità almeno nella zona di competenza americana non limitò certamente le furibonde polemiche e l’intenso dibattito che
fecero da contorno al trattato di pace
[...] un vero e proprio diktat imposto
dai vincitori all’Italia sconfitta [...] . l’Italia era un Paese sconfitto e, nel caso
specifico, la Venezia Giulia andava a
pagare in pratica tutto il peso della
sconfitta. [...]
In tutto questo decennio la
precarietà seguita alla fine del conflitto, il vulnus – così lo ha definito Silvio
Lanaro – di “un’amputazione reale e
lancinante dell’integrità nazionale”
che la nuova repubblica dovette subire nel 1947, fino alla chiusura della
questione triestina nel 1954, portarono la comunità italiana dell’Istria, della Dalmazia, di Fiume ad abbandonare le proprie terre. [...] Gli italiani
non furono espulsi, ma troppo vivo era
il ricordo delle foibe, del clima di insicurezza e di paura, cui ora si aggiungevano l’esasperazione per gli atteggiamenti e le politiche intolleranti jugoslave, le vessazioni e le minacce, le
violenze, la consapevolezza che il
potere statale comunista era divenuto
un fatto irreversibile con il cambiamento sociale che questo comportava. Gli
italiani, stranieri in patria, se ne andarono, e se molti riuscirono a rifarsi una
vita in Australia o in America, molti
altri trovarono non poche difficoltà in
Italia, raccolti inizialmente in 109 centri di accoglienza spesso improvvisati
e dissemmati in tutte le regioni della
penisola. [...]
Molto è stato scritto in questi ultimi anni a proposito della rimozione e
del silenzio che scese sulla tragedia
vissuta da quelle terre ed impedì l’elaborazione di una memoria condivisa.
Raoul Pupo ha evidenziato le ragioni
“che coinvolgono le principali culture politiche italiane e i loro interessi
sovrapposti”, Guido Crainz ha visto
nella rimozione delle foibe e dell’esodo l’episodio di una più generale congiura del silenzio europea – appunto
– che ha coinvolto anche altri popoli
come i tedeschi di Danzica e di
Dresda. Certamente, sotto l’aspetto
della tattica e della strategia politica,
diversi interessi finirono con il coinci-
dere. Il Partito comunista, che stava trasformandosi in partito «nuovo», di
massa e anche di governo, non aveva
alcuna intenzione e convenienza ad
attaccare Tito, compagno di fede comunista, in particolare su una questione che avrebbe leso la sua nuova immagine di partito “nazionale” richiamando le contraddizioni dei suoi legami con l’Unione Sovietica. E nel
1948, quando la rottura insanabile tra
Stalin e Tito portò gli jugoslavi all’accusa di “deviazionismo”, lo stesso Tito
si trasformò per l’occidente – e per il
ceto dirigente italiano – in un possibile alleato o quantomeno in un possibile interlocutore. [...]
Al contrario di quanto una certa
vulgata ritiene e sostiene polemicamente ancora oggi in ogni occasione,
a dispetto dei silenzi della politica ma
anche di parte della classe intellettuale – accusata da Claudio Magris di essere “ignara di quei capitoli di storia e
soddisfatta della propria ignoranza” –
l’argomento fu, in particolare nel primo decennio postbellico, assai frequentato dalla pubblicistica e non solo
da quella giuliana. Di questo si occupa il presente volume, che raccoglie i
principali interventi pubblicati sulla
stampa lombarda tra il 1945 e il 1954.
Si tratta di una ricerca condotta su oltre quaranta testate che rappresentano l’intero panorama politico e culturale del Paese, dai monarchici ai repubblicani, dai liberali ai comunisti,
dai qualunquisti ai federalisti. Ed emerge come ai calcoli politici si affiancarono anche interventi polemici, in cui
dominava una certa retorica, una dose
di nazionalismo rancoroso e un risentimento che lasciava sullo sfondo le
vere e profonde ragioni di quanto era
successo ed andava accadendo, sovente non senza una certo sottofondo
di malcelato razzismo antislavo. Ma,
appunto, le foibe, l’esodo in corso, il
confìne orientale campeggiarono nel
decennio su tutta la stampa, su quella
indipendente come su quella di partito, con una dovizia di particolari che
nulla lasciava ad intendere o immaginare.
Tuttavia ormai “anche l’Italia aveva vinto la guerra”. L’Italia, come è
noto, ha da sempre un difficile rapporto con le sue origini e con i numerosi nodi storici che ne hanno scandito gli ultimi due secoli. Il meccanismo
di dissociazione psicologica dalle responsabilità collettive era già in marcia, favorito non solo dall’affermarsi
della guerra fredda e dalla necessità
dell’alleato americano di avere un’opinione pubblica favorevole e un Paese
posto su un piano di parità e dignità
internazionale ma, ad esempio, dall’uso della Resistenza come alibi da
parte della maggioranza degli italiani
per sentirsi esonerati dal fare fino in
fondo i conti con il proprio passato,
come ha sostenuto Rosario Romeo.
La guerra e il suo portato di lutti e
sofferenze non interessavano più,
come mostravano l’indifferenza e l’incomprensione quando non il
malcelato fastidio di cui erano circondati il milione e trecentomila reduci
che tornavano in patria dalla prigionia.
E trascurati ed ignorati non potevano non essere anche coloro che rappresentavano la sconfìtta, e che arrivavano proprio dalla zona dove
trent’anni prima l’Italia, dopo
Caporetto e il Piave, era diventata una
nazione. [...]
Antonio Maria Orecchia
La stampa e la memoria
Le foibe, l’esodo
e il confine orientale
nelle pagine dei giornali lombardi
agli albori della Repubblica
a c. di A. M. Orecchia,
Insubria University Press,
Varese 2008, pp. 439, Euro 22,00
Ottobre 1954, giovani in Vespa nella manifestazione per Trieste italiana (fonte www.leganazionale.it)
12
DIFESA ADRIATICA
Luglio 2008
Note dolorose...
Si è spento a Montevideo l’Ambasciatore d’Italia
Tomaso de Vergottini
CLAUDIO PER VOI
Ciao Claudio, ti scrivo per avere un consiglio da te. A me
capita abbastanza spesso, in caso di contrasti con persone
(lavoro, condominio), di pensare e ripensare spesso a questi
problemi e soprattutto alle ingiustizie subite in queste situazioni. Risultato è che spesso tengo dentro queste cose e non esterno la mia rabbia, con il risultato di accumulare stress, dormire
meno bene, etc etc. Sono arrivato anche ad avere attacchi di
panico anni fa, per fortuna un po’ con i farmaci li ho risolti.
Come faccio a evitare di somatizzare queste cose, queste tensioni, spesso e volentieri mi danno fastidio le cose ingiuste che
capitano, non le tensioni generiche, ma proprio quando subisci una ingiustizia. Ho 34 anni, non sono sposato. Grazie.
Ciao,
Emilio
Ciao Emilio, tocchi un tasto provocatorio, attuale, che invita a riflettere sulla nostra vita, un po’ caotica e poco informata su realtà che si possono gestire con dignità e equilibrio.
Spesso basta essere consapevoli che anche noi cittadini possiamo essere cautelati da soprusi e ingiustizie. Esistono associazioni che ci proteggono dalle prevaricazioni del consumo
e da chi ci vuole sottomessi a ruoli non coscienti ma passivi.
Una cosa importante, in determinate situazioni (vedi certi
ambienti di lavoro, dove domina il capo branco, o anche le
apparentemente innocue riunioni di condominio) è giocare
una partita pulita, cercando alleati con un confronto serio,
dettato dalla voglia di solidarietà e miglioramento e sostentamento reciproco.
È normale, oggi, convivere o essere sfiorati con tensioni e
malesseri quindi, se possibile, niente farmaci ma valorizzare
la serenità interiore per far nascere nuovi propositi, nuovi ideali, nuove mete e nuove speranze. Bene, carissimo Emilio.
Indossa il tuo miglior sorriso (dopo aver contato con calma
sino a dieci), con determinazione raddrizza le spalle e affronta
con ottimismo questa stimolante partita con la vita. Un sincero abbraccio,
Chi volesse scrivere a Claudio può inviare una lettera a
Claudio c/o ANVGD, Via Leopoldo Serra 32, Roma 00153; o
una mail a <[email protected]>; o un fax a 06.58 16 852.
Claudio risponderà nella sua rubrica sul nostri sito internet e
gli interenti verranno poi pubblicati sul nostro giornale.
Era nato a Parenzo nel 1933, dalla nota famiglia di patrioti
istriani la cui storia è intensamente legata all’Istria e alle sue lotte
risorgimentali. Ebbe il padre infoibato.
Console a Innsbruck e Norimberga, successivamente Consigliere a Tel Aviv, nel dicembre del 1973 fu nominato Capo della
Missione in Cile, dove rimase fino al 1984. Negli anni tragici della
dittatura militare, grazie al Suo coraggio e al Suo senso di umanità
e di giustizia la sede diplomatica italiana divenne un rifugio per gli
oppositori perseguitati dalla giunta di Pinochet, con ciò esponendo sé e la Sua famiglia a gravi e costanti rischi.
Le esequie si sono svolte a Montevideo il 27 maggio scorso.
Centinaia le testimonianze di affetto e cordoglio arrivate alla famiglia.
Sul prossimo numero pubblicheremo un più ampio servizio.
• • •
È mancato a Roma, dove risiedeva, il 10 maggio 2008 il
Dott. Ugo Perni
nato a Fiume il 29 luglio 1938, figlio di Bruno e di Italia Pasquali, fiumani esuli dal 1948.
Lascia nel profondo dolore i fratelli, la sorella e i parenti tutti.
La famiglia elargisce in memoria Euro 50,00 all’ANVGD.
• • •
Circondato dall’amore dei suoi cari, il 21 maggio 2008 a Trieste, ci ha lasciato all’età di 35 anni
Notizie liete...
Marco Zaccai
Dussich presidente
degli italiani a Santo Domingo
Repubblica Dominicana: il COM.IT.ES. (Comitato degli italiani
all’estero), organo di rappresentanza degli italiani all’estero nei
rapporti con le rappresentanze diplomatico-consolari, ha un nuovo presidente. È Paolo Dussich, 44 anni, imprenditore padovano,
figlio di un esule di Cittanova d’Istria. Da diciotto anni vive e lavora nella capitale, Santo Domingo, ed è diventato un vero riferimento per la comunità italiana dell’isola caraibica, forte di circa
ventimila nostri connazionali. Per il suo impegno, nel 2005 ha
ricevuto l’onorificenza di “Cavaliere dell’Ordine della Stella della
Solidarietà Italiana” con decreto del Presidente della Repubblica
Carlo Azeglio Ciampi. Paolo Dussich ha sempre manifestato fierezza delle sue origini istriane e quando torna a Padova non manca mai di fare una visita a Cittanova, dove vivono i suoi zii e
cugini.
Memorie di Pola
nella pittura di Giusy Uljanic
Si ispira a Pola, città di origine della famiglia, la giovane pittrice Giusy Uljanic (nella foto un’opera ispirata all’Arena). Nata a
Torino, molto legata alla comunità degli Esuli, dopo gli studi di
disegno e pittura, inizia il suo percorso artistico nel 1994 sotto la
guida del prof. Enzo Papa, orientandosi verso la tecnica della tempera guache con particolare predilezione per il paesaggio.
Si perfeziona con la pittrice Mirella Ribaudo, e sperimenta la
matita e l’acquarello, l’acrilico e l’olio. I soggetti delle sue tele
sono le nature morte d’ispirazione orientale. Diverse, a partire
dagli anni Novanta, le esposizioni personali e collettive e i riconoscimenti ottenuti, tra i quali la menzione della Giuria al Concorso
nazionale “Città di Castelfranco Veneto”-Premio Noè Bordignon,
e il secondo posto al Premio nazionale di pittura, edizione 2007,
intitolato a Cesare Pavese (nella foto mentre riceve il premio).
Un’esposizione di quadri di Giusy Uljanic è stata allestita lo
scorso novembre al Teatro Murialdo nella cornice di «InCanto
d’Autunno», manifestazione promossa a Torino dall’Associazione Culturale Istriani Fiumani e Dalmati e dalla Famiglia Dignanese
a corollario del Giorno del Ricordo.
figlio di Guido Zaccai, profugo istriano di San Lorenzo del
Pasenatico e di Mara Cecot.
Lascia la moglie Irene e la piccola Giorgia.
Nonostante la Sua breve vita, ha lasciato nei cuori di chi Lo ha
conosciuto una prova di dignità e coraggio nell’affrontare la malattia.
Lo ricordano con affetto la zia Evelina Zaccai e le cugine di
Lucca.
Un Lettore si chiede:
chi ricorda quanti difesero i confini orientali?
Ci scrive da Cividale del Friuli, il signor Egidio Contento.
«Vorrei ricordare attraverso questo nostro giornale coloro che, dopo l’8 settembre 1943, sentirono il dovere di
difendere la Venezia Giulia dall’ingordigia slava. Per attuare questo loro desiderio non ebbero altra alternativa che
arruolarsi nelle forze armate della Repubblica Sociale Italiana. Ebbero come avversari anche degli italiani, che purtroppo combattevano all’insegna del tricolore slavo con lo
scopo di annettere alla Yugoslavia il territorio italiano fino
al Tagliamento.
L’italianissima formazione partigiana “Osoppo” fu l’unica a combattere la dittatura fascista, ma limitatamente al
territorio friulano; poiché combatteva all’insegna del nostro tricolore ebbe i suoi morti, a Porzus, uccisi a tradimento da coloro che, a fianco del maresciallo Tito, dicevano di
combattere per la libertà dei popoli, ma il cui vero scopo
era di instaurare la dittatura comunista.
Finita la guerra, a coloro che difesero il confine orientale della nostra Patria venne negata la qualifica di combattente e quindi ai morti in combattimento venne soltanto la
pensione civile di guerra. [...]
Ancora oggi, dopo tanti anni dalla fine della guerra, mi
domando: questo scritto verrà pubblicato oppure prevarrà
il timore di urtare la suscettibilità di qualche formazione
politica? Ci sono voluti sessant’anni per ottenere la Giornata del Ricordo, quanti ancora per ricordare i dimenticati e
riconoscere loro la qualifica di combattente? Finora si è
parlato degli slavi infoibatori, quando si parlerà anche dei
mandanti?».
Grazie, signor Contento, del Suo scritto. Lei solleva un
argomento già posto, tempo addietro, all’attenzione dell’opinione pubblica e del dibattito politico che inevitabilmente ne è seguito. La “Difesa Adriatica” non è, evidentemente, la sede per una riflessione storica di ampio respiro
quale questo argomento esige per la sua complessità e delicatezza. Una riflessione che la storiografia contempora-
nea – a partire da Renzo De Felice molti anni addietro – ha
iniziato a fare nel più ampio contesto della storia del Novecento in Italia e della guerra civile che dilaniò il nostro Paese tra il 1943 e il ’45 ed oltre.
Ciò che ci sembra ormai indispensabile è, per così dire,
de-ideologizzare la storia, avendo chiaro che, trascorsi più
di 60 anni dalla fine del conflitto, il dopoguerra è ben che
terminato e che una insana perpetuazione di tensioni ormai esaurite – essendosi esaurite anche le ideologie totalitarie che hanno inflitto lutti e ingiustizie in tutta Europa –
ha impedito per lungo tempo di affrontare contesti e problemi con strumenti corretti di indagine. Ci sembra indispensabile sottrarre la ricerca storica alle opposte ipoteche
ideologiche, che hanno velato, anziché disvelare, le vicende più tragiche, quale ad esempio quella delle Foibe e dell’esodo, colpevolmente assegnata ed anzi assimilata alle
responsabilità del fascismo.
Qualche isolato nostalgico del nazionalcomunismo
titoista ancora si affanna in questo senso, ma è fuori tempo,
smentito dalla coscienza storica raggiunta in questi anni
che ha condotto l’Italia unanimemente ad istituire il Giorno del Ricordo. Come vede abbiamo pubblicato il Suo testo. La ricerca storica è, fortunatamente, altro dalla tattica
politica. O almeno dovrebbe.
p. c. h.
P.S. Purtroppo, gli italiani che aderirono alla RSI quasi
mai ebbero la possibilità di difendere concretamente i confini orientali, dal momento che quei territori erano stati di
fatto occupati dagli “alleati” tedeschi (che in molti casi vietarono l’esposizione del Tricolore sui pubblici uffici), e sottratti di fatto a qualsiasi autorità italiana. Si arrivò per questo a sfiorare a volte veri e propri scontri armati tra tedeschi
e soldati italiani, in particolare Marò della X Flottiglia MAS
di Borghese.
Luglio 2008
Il Giornale
4 maggio 2008
Quando tra Stalin e Tito,
Togliatti scelse l’URSS
Il dito sulla piaga di Maurizio
Zuccari (Mursia editore, pp. 644, Euro
26) è un’accurata ricostruzione dei
rapporti tra il PCI di Togliatti e la Jugoslavia di Tito: ribelle, questi, agli ordini
che venivano da Mosca. Il titolo del
volume si riferisce al passaggio d’un
discorso di Togliatti che, sulla scia delle direttive di Stalin, inneggiava alla
scomunica del maresciallo balcanico.
«Era quindi necessario mettere a tempo il dito sulla piaga, denunciare gli
errori, porre davanti al partito e al popolo jugoslavo la necessità di correggere tutti questi errori prima di giungere a una situazione ancor più grave
di quella attuale ». Ossia, in breve:
Stalin ha sempre ragione. In questa
vicenda – che per gli italiani aveva un
nome, Trieste – «il migliore» diede il
peggio della sua obbedienza al Cremlino. All’epilogo della seconda guerra
mondiale, mentre i partigiani di Tito
incalzavano i resti delle forze tedesche,
e mentre a Trieste e in tutta la penisola
si trepidava per la sorte della città qualora fosse caduta nelle mani di soldati
con la stella rossa assetati di conquista
e di vendetta, Togliatti faceva il tifo per
i titini avanzanti, scrivendo testualmente: «Questo significa che in questa regione non vi sarà né occupazione inglese né una restaurazione dell’amministrazione reazionaria italiana ». Ma
allorché, nel 1948, i fulmini di Stalin
si abbattono su Tito, Togliatti si adegua
senza perplessità [...]. La pubblicistica
del PCI si scagliò con violenza, dopo
d’allora, contro Tito che teneva in galera militanti italiani di purissima fede:
«La vita dei carcerati è in balia della
bestiale ferocia antioperaia e
anticomunista dei dirigenti». E venne,
morto Stalin, la riconciliazione tra la
Jugoslavia e l’Urss di Nikita Kruscev. Il
Pci si adeguò lestamente, a Roma. Ma
a Trieste i duri, intransigentemente
antititini, fecero resistenza, Vittorio
Vidali impegnò una lunga polemica
con la direzione del suo partito, ricordando che «a Trieste ci sono trentamila
esuli della zona B ove continua la
snazionalizzazione con metodi
nazisti». Ma l’obbedienza prevalse. [...]
13
DIFESA ADRIATICA
RASSEGNA
Il Piccolo
7 maggio 2008
Fiume: primo asilo nido italiano
Dal prossimo anno scolastico, ossia da settembre, sarà operativo il primo asilo nido italiano in Croazia. L’asilo, che ospiterà una dozzina di frugoletti
da uno a tre anni, sarà sistemato nella
villa in cui si trova il giardino d’infanzia Mirta, nel rione di Cantrida a Fiume. Si tratta di un progetto dell’Unione
Italiana, precisamente della sua direttrice amministrativa, Orietta Marot.
«Sono molto soddisfatta e orgogliosa
di questo progetto – dice la Marot – in
quanto si tratta del primo asilo nido in
lingua italiana a Fiume e in Croazia.
[...] Per questa sezione sarà ristrutturato (con i mezzi forniti da Roma) il
sottotetto della villa, per cui si avranno
a disposizione ben 120 metri quadrati.
L’asilo nido italiano, che accoglierà da
10 a 12 bimbetti, sarà operativo nel citato stanzone e in un altro spazio messo a disposizione dalla direttrice, per
un totale di 45 metri quadrati. Nel complesso le due sezioni italiane potranno
contare su 165 metri quadrati, per un
totale di 30–32 bambini. Le iscrizioni
all’asilo e all’asilo nido italiani partiranno il 21 maggio, mentre i lavori di
ristrutturazione dovranno concludersi
entro il 20 agosto. [...]
Messaggero Veneto
11 maggio 2008
I 60 anni delle foibe:
tragedia da non ripetere
«Tragedie come quella delle foibe
non appartengono a una o all’altra
parte, sono di tutti, ed è importante
affidare questo messaggio soprattutto
ai giovani, ai tanti giovani che vengono visitare questi luoghi». Chiudendo
la cerimonia di Commemorazione dei
martiri delle Foibe, Paolo Sardos
Albertini, presidente della Lega Nazionale, ha sottolineato soprattutto l’importanza di trasmettere alle giovani
generazioni il ricordo della tragedia
che si consumò lungo il confine orien-
Basovizza, 10 maggio 2008, i gonfaloni della Provincia e del Comune
di Trieste e l’arrivo del picchetto d’onore (foto www.leganazionale.it)
tale negli ultimi anni della seconda
guerra mondiale e nel dopoguerra. La
cerimonia del sessantatreesimo anniversario della tragedia, si è svolta al
sacrario della Foiba di Basovizza, nei
pressi di Trieste [...].
Un tema rimasto, fino a pochi anni
fa, ignoto alla maggior parte del Paese, spesso strumentalizzato, ma che,
ha detto Sardos Albertini, da qualche
anno comincia finalmente a essere
conosciuto e studiato. [...] «Quest’anno abbiamo registrato un record di
presenze al monumento e al centro di
documentazione della foiba: 12 mia
giovani solo ad aprile. Si tratta di ragazzi che vengono da tutta Italia, e che
tornano a casa dopo aver visitato questi luoghi. Sono cifre importanti, che
ci danno fiducia per il futuro». Nel
corso della cerimonia, accompagnata dalle esecuzioni del coro dell’Associazione Nazionale Carabinieri, sono
state deposte delle corone di fronte alla
cavità, oggi coperta da un’imponente
lastra di metallo, dal sindaco di Trieste
Roberto Dipiazza, dalla presidente
della Provincia, Maria Teresa Bassa
Poropat, e da parte del Comitato per i
Martiri delle foibe. Una breve cerimonia si è svolta anche alla foiba di
Monrupino, una delle poche cavità,
accanto a quella dì Basovizza, presenti
sul territorio italiano.
Ansa
26 maggio 2008
Carso 2014+, storia e cultura
sui luoghi di guerra
«Il Carso come memoria viva ed
‘evolutiva’ del passato, in una
contemporaneità che sappia valorizzarne il patrimonio di storia e di cultura», costituisce, secondo l’architetto
tedesco Andreas Kipar, uno degli obiettivi del progetto “Carso 2014+”, presentato oggi a Sagrado (Gorizia). Kipar,
[...] è il curatore del progetto “Carso
2014+”, promosso dalla Provincia di
Gorizia con la Regione Friuli Venezia
Giulia, la Provincia di Trieste ed alcuni Comuni dell’Isontino su un territorio dove la natura ha cicatrizzato le
ferite della storia e le testimonianze
ancora tangibili del primo conflitto
mondiale. [...] Il progetto, che si pone
il traguardo del 2014 in quanto centenario dello scoppio della prima guerra mondiale, prevede la “ripulitura” e
risistemazione dei percorsi strategici
per il turismo storico e culturale sul
Carso. Come prime iniziative, saranno messe in sicurezza, dopo l’autorizzazione concessa dal ministero della
Difesa, le storiche cannoniere, destinate ad essere visitate dal pubblico [...].
La Voce del Popolo
26 maggio 2008
Croazia, in 10mila
al raduno pro Tito
Il mito di Tito resiste ancora. Oltre
diecimila ammiratori del defunto Maresciallo provenienti da tutta l’ex Jugoslavia, si sono radunati a Kumrovec
per celebrare la Giornata della gioventù. Tomislav Badovinec, presidente
dell’Unione delle associazioni “Josip
Broz Tito”, ha affermato che la figura
del Maresciallo raccoglie nuovi consensi, nonostante i duri attacchi ai quali
è costantemente soggetto il defunto
leader. [...] Ha parlato anche del campo di prigionia dell’isola Calva (Goli
Otok). [...] Vesna CulinovicKonstantinovic, presidente dell’Associazione dei combattenti antifascisti e
degli antifascisti della Croazia, ha ricordato il 65.esimo anniversario della
seconda riunione del Consiglio antifascista di liberazione popolare della
Jugoslavia (AVNOJ), svoltasi a Jajce dal
21 al 29 novembre 1943. Nel corso
della riunione in questione fu ribadita
la decisione di congiungere all’allora
Jugoslavia, l’Istria e le altre terre sottratte. Non sono mancate le polemiche. L’Associazione dei difensori, degli invalidi e delle vedove della Guerra patriottica della Podravka (UBIUDR),
ha fatto sapere ieri, di essere
amareggiata del raduno di Kumrovec,
nel corso del quale numerose persone hanno esibito ed esaltato i simboli
dell’ex Jugoslavia comunista (la stella
rossa a cinque punte). [...]
La Voce del Popolo
26 maggio 2008
Palatucci torna nella sua Fiume
Ha tenuto tutti avvinti il racconto
di Angelo Picariello, giornalista dell’“Avvenire” che si occupa di cronache e politica italiana, autore del volume Capuozzo, accontenta questo
ragazzo. La vita di Giovanni Palatucci
(Edizioni Paoline), saggio letterario
imperniato sulla vita dell’ultimo questore italiano di Fiume, presentato sabato sera alla Comunità degli Italiani
di Fiume, dinanzi ad un numeroso
pubblico. [...] La Prima Conferenza
mondiale ebraica, svoltasi a Londra nel
’45 stabilì che il questore di Fiume
aveva salvato la vita a più di
cinquemila ebrei. Oggi è “Giusto tra
le nazioni” ed è in corso la causa di
beatificazione. L’ultimo a parlare con
Palatucci, alla stazione di Trieste, già
chiuso con altri mille deportati in un
vagone sigillato, fu il brigadiere Pietro
Capuozzo, padre del noto giornalista
Toni, tra l’altro autore della prefazione
del libro. Al fidato brigadiere Palatucci
raccomanda non se stesso, ma un ragazzo di Trieste che veniva deportato
con lui a Dachau e gli fa scivolare tra
le mani un biglietto, ‘Capuozzo, accontenta questo ragazzo’. Da qui il titolo dell’opera. [...]
Il simpatico logo della Mailing List Histria
La Voce del Popolo
2 giugno 2008
MLH: ‘‘piccoli passi’’
verso il ritorno degli esuli
È approdato ieri a Fiume l’ormai
tradizionale Raduno della Mailing List
Histria, giunto quest’anno alla sua ottava edizione, un gradito appuntamento letterario nato quasi in sordina nel
2001 e che, con l’andare degli anni, si
è trasformato in un avvenimento di
impareggiabile portata per le
problematiche dell’esodo e per la Comunità Nazionale Italiana di Croazia
e Slovenia. L’edizione 2008 è stata
ospitata da un gremito Salone delle
feste della Comunità degli Italiani dove
in mattinata, in un clima estremamente
allegro e vivace e dinanzi a un pubblico formato per lo più da genitori e alunni, si sono svolte le premiazioni ufficiali del Concorso letterario riservato
alle scuole elementari e medie superiori dell’Adriatico orientale. La consegna dei premi di quest’anno è stata
preceduta da un breve intervento della presidente della CI di Fiume, Agnese
Superina [...]. La parola è passata poi
alla presidente della commissione di
valutazione, Maria Luisa Botteri, la
quale ha ripercorso brevemente la storia del Concorso letterario, auspicando
che in un prossimo futuro il Raduno
della Mailing List Histria possa approdare anche in Dalmazia e Cattaro. La
cerimonia di premiazione [...] è stata
arricchita dal sentito intervento del
presidente della Giunta esecutiva dell’Unione Italiana, Maurizio Tremul, il
quale ha colto l’occasione per trasmettere i saluti del presidente dell’Assemblea dell’UI, Furio Radin e del deputato della CNI alla Camera di Stato
slovena, nonché vicepresidente dell’
UI, Roberto Battelli, impossibilitati a
partecipare all’evento. [...] Dopo la
cerimonia di premiazione, nel pomeriggio ci sono stati gli interventi degli
ospiti sul tema «De Reditu Nostro: speranze e prospettive per un possibile
‘ritorno a casa’ degli esuli giulianodalmati e delle loro famiglie». Le relazioni sono state introdotte da un breve discorso del coordinatore della ML
Histria Axel Famiglini, il quale ha parlato delle iniziative compiute nell’anno appena trascorso. Presenti in sala
anche Guido Brazzoduro, Mario
Stalzer e Laura Calci, rispettivamente
sindaco, segretario generale e
vicesindaco del Libero Comune di Fiume in Esilio.
Ansa
3 giugno 2008
Mostre: a Roma
i luoghi della Grande Guerra
in Friuli Venezia Giulia
Verrà inaugurata domani, all’Altare della Patria a Roma, la mostra sui
luoghi della Grande Guerra in Friuli
Venezia Giulia.
L’esposizione - che sarà aperta alla
presenza del sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia - è curata dall’Associazione Culturale di Storia Militare Onlus di Udine, nell’ambito del
147/o anniversario dell’Esercito Italiano. La mostra – informa una nota –
testimonia il ruolo e l’importanza del
Friuli Venezia Giulia nel contesto storico della prima Guerra mondiale per
valorizzare e promuovere, anche a
scopo turistico, i luoghi sacri della Patria.
Redipuglia, trincee e ricoveri militari alla base del Sacrario Militare
14
DIFESA ADRIATICA
Luglio 2008
As early as the Fall of 1944 Allied Intelligence knew about the Foiba massacres
The Press and Memory:
the Eastern Border in the Post-War Press
An anthology of articles from the most important newspapers and journals of Lombardy
from 1945 to 1954, compiled by the University of Insubria with the support of the ANVGD
The Press and Memory is the title
of a new, interesting volume edited by
Antonio Maria Orecchia and
published by the Insubria University
Press with contributions of contents
and ideas by the ANVGD ofVarese.. It
presents an ample selection of articles
piublished in Lombardy region
newspapers in the first post-war period
on the drama of Venezia-Giulia, Tito’t
struggle to dominate it, and crimes
against Italians carried out by Tito’s
forces.
Ottavio Missoni, the famous stylist
born in Ragusa (today’s Dubrovnik) but
raised in Zara, contributes to the volume with his reflections on the Day of
Remembrance, while the editor,
Professor Orecchia, of the University
of Insubria, writes the section that gives
historical context, and brings alive the
anxious period lived through by the
Giulia-Dalmatia Italians, as well as the
turmoil felt throughout Italy by Italians
who saw the injustices rendered
against Italy’s eastern border and its
civilian population. Professor Orecchia
underlines how, contrary to our
modern-day understanding, in those
days the subject of Italy’s eastern border
was enormously present throughout
the Italian press.
Following is an extract of Professor
Orecchia’s contribution. This is only a
taste of the wealth of information and
references to be found in the complete work.
p.c.h.
BETWEEN
HEADLINES AND HISTORY
“The 16th Century was the century
of Mathematics, the 17th Century was
the century of Physics, the 18th Century
was the century of Biology, and our
20th Century was the century of fear.”
It was only January of 1947 but Albert
Camus was already summing up the
1900s.
And yet, the concept of fear is
completely lacking in our collective
memory when we think back on the
period of Liberation and the close of
World War II. Even more […] this is
the emotional image fixed in the
memory of most Italians, the end of a
disaster that, besides twenty years of
dictatorship had given five years of war
and twenty months of civil war. A very
live image indeed. In the midst of the
ruins left after the bombings and
inevitable mourning, everyone shared
the sense of liberation, the will to
rebuild a new democratic, peaceful
Italy.
But there is something that never
entered into our collective memory. It
was the “wind of fear”, that in those
same days was blowing through the
streets of the eastern border lands, in
Trieste, in Gorizia, in Monfalcone, in
Istria. Here there was no celebrating.
All lived in a state of anxiety,
apprehension and turmoil. Homes
were shuttered, with the curfew
bringing “no circulation allowed in
town for any citizen, from 8 p.m. to
10 a.m.” […]
In Venezia Giulia the first to arrive
were the Yugoslav partisans, which
caused a totally different atmosphere.
All public buildings, from city
government offices to cinemas, were
occupied; according to a
proclamation, starting from May 4th,
the official time would be pushed back
an hour to bring it into line with the
rest of Yugoslavia. There began to
appear slogans painted on the walls,
slogans written in Croatian and
Slovenian that praised Tito and Stalin,
wherever Tito had begun his civil and
military conquest. It was then that the
stopping of citizens, the holding and
arrests began. And, more significantly,
the disappearances. Citizens who left
home never to return, citizens taken
from their homes and were never
heard from again, all in front of that
rubber wall – it was Carlo Sgorlon who
defined it as such – erected by the
Yugoslavs who refused to give any
explanations.
Who was disappearing in that short
but terrible era of history, in which
repression hit in a truly indiscriminate
manner? Collaborators of nazism and
fascism, but also the antifascists of the
Committee for National Liberation,
some communists, some for their jobs
as low-level party workers, post office
workers, schoolteachers, policemen
who, in some way, represented the
Italian state, and then the common
people, who might pay for a local vendetta or personal grudge, a dramatic
yet typical problem at the end of wars,
especially civil wars. The destinies of
these people was marked, as was
narrated and is narrated, in the
eyewitness accounts of the few
survivors: death in the foibas, summary
executions, forced transfers toYugoslav
prison camps. […]
At this point, we must ask why
these tragic events never made it to play
a part in the collective memories of
the Italian people. For decades it was
excluded, and only recently, with the
institution of the Day of Remembrance,
has it been brought to the attention of
the public, after nearly sixty years of
silence. […]
The history behind these tragic
events is long and complicated, twisted
and hard to unravel, having ancient
roots and yet, it has been resuscitated
in the public eye recently, both in the
sense of publicity and historiography:
there is now a renewed interest, as
people rediscover the subject, in the
interest of national identity in light of
this “painful memory”. […]
The Venezia-Giulia region was,
In the photo: U.S.
President Franklin
D. Roosevelt, left,
and British Prime
Minister Winston
Churchill. As early
as the Fall of 1944,
according to sources
preserved in the
American archives,
the Allies knew of the
violence perpetrated
by the Yugoslavs against
the native Italian
population of Venezia
Giulia and Dalmatia
occupied by Tito
An American warship
anchored in the port of
Trieste during
the period of AngloAmerican administration of
the Julian city that
Yugoslavia intended to
annex even in the face of its
manifest Italian character
therefore, so important to Tito that even They knew everything as early as the
before the complete liberation of its Fall of 1944, but they had decided not
national territory, the liberating army to intervene in order not to comproof Yugoslavia pointed directly towards mise the anti-nazi unity. On November
Trieste and entered the city on May 30th, 1944, a Special Intelligence report
1st, leaving Zagreb and Ljubljana to be stated that “from the beginning the
liberated the 8th and the 11th of May, Yugoslav partisans arrested Fascists, but
respectively. In this way, with the arrival later they operated indiscriminately,
of New Zealand troops, a unique carrying out mass arrests, of hundreds
situation was created in the European of Italians. The prisoners were tied up,
chessboard, a tangible proof of the placed in the prison of Pisino, in
“iron curtain” referred to by Churchill overcrowded cells with little food and
in his March 5th, 1946, speech, in filthy conditions. Every night, some
Fulton. In that occasion, not by chance, were brought away. Recently, in the
he had singled out Trieste precisely by foibas, the caves of the Carso, there
name. The overlapping of the two was discovered a heap of bodies tied
armies, with very different agendas, together, naked, some of which were
along with the presence of the identified by family members. It has
Committee for National Liberation, been referred to us that, in total, the
split among its members, (…) made Yugoslav partisans have thrown many
any moves similar to what was going hundreds of people into the foibas. […]
on in the rest of northern Italy, where
The second wave of violence, at
local authorities were being nominated war’s end, was also known to the Allies.
by the CLN and controlled by the The Office of Strategic Services, on June
Allied Command, impracticable. The 1st 1945, defined as a “Communist
arrival of the New Zealanders, in time inferno” the 40 days of Yugoslav
to accept the surrender of the occupation of Trieste and the
Germans, was not enough to stop the surrounding rural areas of VeneziaYugoslavs from imposing their Giulia, where “Communist partisans
administration on the city and territory, hunt down men who refuse to join
which they considered rightfully theirs them, as if they were bandits. In Trie[…].
ste even members of the National
In this period there began the Liberation Committee were
second wave of anti-Italian violence, imprisoned, as were antifascists. Even
after the first wave in the post- the Bishop of Gorizia was arrested, and
September 8th, 1943 period. In that first later released.” And in the meantime,
period, the vacuum of power that had the Italian authorities were not being
been created after Italy stopped fighting idle. Alberto Tarchiani, the Italian
the War had allowed Tito’s troops to ambassador in Washington, wrote a
branch out inVenezia Giulia and begin note to the State Department on May
carrying out summary executions, 16th, in which he denounced that
quickly denounced by fascist propa- “Tito’s reign of terror is continuing. In
ganda, as fitting easily into the equation Gorizia province 4,000 people have
of “Italians equal to Fascists equal to disappeared. It seems that 700 people
Enemies of the People”.
have been killed in the zone of Trieste.
Tito wanted to appear at the peace Up to now, the Anglo-American forces
conference with as much advantage have sat back and watched this drama
as possible, and wouldn’t have idly.”
minded annexing Venezia Giulia all
This was no longer a conflict
the way to the Isonzo River, but he merely between Italy and Yugoslavia.
needed the region to be in a state of The matter was having an effect on the
peace: it wouldn’t be enough to have relationships between the superposet up his administration ahead of the wers. The United States could not allow
Angla-Americans. He instead would the Soviet Union – by means of its saneed to showcase a sense of tellite – to unilaterally decide on the
revolution, of what the new territorial set-up of the area. Also
communist Yugoslavia would truly be. because Venezia-Giulia was not
Seen in this light, the change wrought Poland; it was not – as Stalin had
would have to be rapid indeed, and underlined so many time – the historic
would need to hit most forcefully those port through which Russia had been
elements that may be able to oppose invaded in the past.
the plans for annexation of the region.
Truman’s new political approach
[…]
brought about the Belgrade accord of
In other words, it was vital for Tito June 9th.Venezia-Giulia was to be split
not only to decapitate the Italian in two zones, denominated Zone A
community of authorities of its Fascist and Zone B, separated by the Morgan
past, who in a certain sense were its Line. Zone A, which included Pola,
representatives, but most of all it was would be under Allied control, and
necessary to rid the area of any future Zone B, which included Istria, Fiume,
leadership that might,
later, be a rallying point
for internal resistance.
The movement for
eradicating these Italians
created the state of terror
that was referred to
earlier. (…) In the end,
with foiba killings,
deportations and prison
camp killings, there
were probably about ten
thousand victims, an
approximate figure, but
one that offers a sense
of the fearful excesses
that were perpetrated.
Trieste, the last days of October, 1954. As the city
And the Allies? The is returned to Italy, an Italian navy ship is surrounded
Anglo-Americans knew.
by the jubilant crowds of celebrating citizens
and the Quarner islands, would fall
underYugoslav administration. But the
partial return to normality, at least in
the areas under American control, did
nothing to limit the intense debate on
the issues surrounding the peace treaty:
it was truly a diktat imposed by the
victors onto the defeated Italy: Italy had
lost the war, and, specifically, the Venezia-Giulia region was going to
shoulder the entire burden of this
defeat. […]
During the entire course of this
decade, the precarious situation […]
forced the members of the Italian
community of Istria, Dalmatia and Fiume to abandon their homelands […]
The Italian were not expelled, but the
memory of the foibas and the feelings
of insecurity and fear were too strong.
On top of these problems there was
now the exasperation for the
intolerance shown by the Yugoslavs,
the threats, the violence, and the
knowledge that the Yugoslav
communist administration had
become well-established and was not
likely to be reversed, and along with it
had come basic social changes in the
region. The Italians, strangers in their
own land, and while many were able
to start over and build a prosperous
new life in America or Australia, many
others found a life heaped with
difficulties in Italy, starting with being
sent to one of 109 refugee centers,
often no more than makeshift camps.
There is still a slice of popular
opinion that refuses to acknowledge
these events for what they were, and
there is always a silence held b the
political classes as well as the
intellectuals – accused by Claudio
Magris of being “ignorant of those
chapters of history, and satisfied in its
own ignorance” – but, contrary to how
it may seem to us today, this subject,
in the first decade after the War, was
very well publicized, and not only in
Venezia-Giulia. This volume discusses
this very topic: it gathers together the
most significant articles published in
the Lombardy press from 1945 to
1954. More than 40 different
newspapers were included, and
together they represent the entire
political and cultural panorama of the
country, from pro-monarchy groups to
Republicans, from Liberals to
Communists, and on through the
Italian political gamut. […]
The war and its mourning and
suffering weren’t of great interest
anymore, as shown by the indifference
and poorly-hidden irritation and
incomprehension towards the million
and three hundred-thousand returned
prisoners of war who came back to
Italy during this time.
As representatives of defeat, the
Italians of Venezia-Giulia were also
ignored, these Italians who came from
the zones where, thirty years prior, after
Caporetto and the Piave, Italy had
finally become a nation.(…)
Antonio Maria Orecchia
(traduzioni di Lorie Ballarin)
The Press and Memory
The foibas, the exodus,
and the eastern border
within the pages of the Lombardy
press in the first years
of the Italian Republic
Edited by A. M. Orecchia
Insubria University Press,Varese 2008,
439 pgs, price: 22 euros
Luglio 2008
La prensa y la memoria es el título
del volumen compuesto por Antonio
Maria Orecchia e impreso por la
Insubria University Press con la
contribución de contenidos y de ideas
del Comité ANVGD deVarese, en el que
está recogida una amplia selección de
artículos aparecidos en los periódicos
lombardos al inicio de la posguerra
sobre el tema del drama de Venecia
Giulia contendida por la Yugoslavia
comunista de Tito y de las
exterminaciones de italianos llevadas
a cabo por los partidarios «titines».
Le hace eco Ottavio Missoni, el
notable estilista nativo de Ragusa en
Dalmazia (la actual Dubrovnik) pero
zaratino de adopción, que hace una
reflexión sobre el Día del Recuerdo,
mientras es el responsable, el prof.
Orecchia, docente de Historia
contemporánea de la Universidad de
Estudios de Insubria, el autor de las
páginas de encuadramiento histórico
de aquel clima de angustia vivido por
los giuliano-dalmatas y de profunda
inquietud de la entera Italia que asistía
a la ofensa inferida a sus territorios
orientales y a su población civil. Bien
evidencia el estudioso como, al contrario de cuanto se piensa en nuestros
días, en el primer decenio del tratado
de paz el tema del confín oriental fue
enormemente presente en toda la
prensa italiana.
De la articulada contribución del
prof. Orecchia reproducimos un
extracto, refiriéndonos al volumen para
el entero conjunto de citaciones y
referencias.
p. c. h.
ENTRE CRÓNICA E HISTORIA
“El siglo XVII ha sido el siglo de la
matemática, el XVIII el de la física, el
XIX el de la biología; el siglo XX es el
siglo del miedo”. Era solo enero del
1947 pero Albert Camus ya hacía las
cuentas de lo que había sido el
Novecientos.
Aun así, propio el concepto de
miedo en general esta del todo ausente
en las imágenes de memoria colectiva
que tenemos cuando volvemos a la
Liberación y a los días que cerraron la
Segunda guerra mundial. Al contrario.
[...] Esta es la emocionante imagen
fijada en la memoria de los italianos:
el fin de un desastre que a los veinte
años de dictadura había sumado cinco
años de guerra mundial y veinte meses
de guerra civil. Una imagen de vivo
fermento. En medio de los escombros
de los bombardeos y a los inevitables
lutos todos con dividían el sentido de
liberación, la voluntad de reconstruir
la nueva Italia de la democracia y de
la paz.
Pero queda alguna cosa que no ha
entrado en nuestra memoria
condividida. Son las “ráfagas de
miedo” que en aquellos mismos días
“corren por las calles” en el confín
nororiental, en Trieste, en Gorizia, en
Monfalcone, en Istria. Aqui no se
festejaba. Se vivía en un estado de
ansia, de aprensión y de inquietud. Las
casas estaban atrancadas, el toque de
queda comportaba “la prohibición
absoluta de circulación en la ciudad
para los civiles desde las 8 de la tarde
hasta las 10 de la mañana”. [...]
En Venecia Giulia habían llegado
las primeras formaciones partidarias
yugoslavas y se respiraba un clima
bien distinto. Los edificios públicos,
desde los municipios a los cines,
habían sido ocupados; desde el 4 de
mayo, avisaba un anuncio, se habría
retrocedido una hora en los relojes
para uniformar el tiempo de Trieste con
el del resto deYugoslavia. En los muros
se leían escritos en esloveno y croata
que aclamaban a Tito y a Stalin; por
todas partes los partidarios titines
habían insidiado sus autoridades
civiles y militares. Después iniciaron
los controles, las perquisiciones, los
15
DIFESA ADRIATICA
Desde el otoño del 1944 la inteligencia aliada sabía de los destrozos de las Foibe
La prensa y la memoria, el confín oriental
en los periódicos de la posguerra
Una antología de intervenciones de los más importantes títulos lombardos
en el decenio 1945-1954 organizada por la Universidad de Insubria con el apoyo de la ANVGD
arrestos. Y sobre todo las
desapariciones. Ciudadanos que salían
de casa y no volvían más, ciudadanos
tomados de sus casas de los que no se
sabía nada, de cara a aquella especie
de muro de goma – así lo ha definido
Carlo Sgorlon – erigido por las
autoridades yugoslavas que se negaba
a dar ninguna explicación.
¿Quién desapareció en aquel breve y terrible periodo, en el que la
represión golpeó en realidad
indiscriminadamente? Colaboradores
del nazismo y del fascismo, pero
también antifascistas del Comité de
Liberazione Nazionale, algunos
comunistas, otros que por su trabajo
de funcionario, empleado de correos,
maestro de escuela, policía o
financiero representaban de un modo
o de otro al Estado italiano; y después
también gente común, que pagó odios
y rencores personales no reprimidos
o sumarios ajustes de cuentas,
dramática constante de la historia
cuando termina una guerra, y sobre
todo una guerra civil. La suerte de estos
hombres estaba comprometida, como
narraron, y narran, los testimonios de
los
pocos
supervivientes:
enfoibamentos, ejecuciones sumarias,
traslados forzados a los campos de
prisión eslovenos, croatas, serbios. [...]
Se debe partir de aquí para
interrogarse sobre los motivos de este
acontecimiento, al por qué esta tragedia desde siempre sentida
profundamente por las poblaciones
giulianas haya sido durante decenios
excluida de la memoria de la nación,
a las razones por las que han sido
necesarios casi sesenta años, y el voto
del Parlamento que ha instituido el «día
del recuerdo», para iniciar a elaborar
una memoria con dividida sobre lo
sucedido. [...]
Es una historia larga la de las foibe,
del éxodo y del confín nororiental de
Italia, una maraña de eventos difícil
de desenredar, una historia de las raíces
remotas a las que todavía, después de
decenios de remoción, la publicidad
y la historiografía han dedicado en los
últimos años una atención muy
particular y mostrado un renovado
interés, derivado no solo por el
redescubrimiento del tema de la
identidad nacional o por el renacer de
aquella que ha sido definida la “memoria doliente”. [...]
Venecia Giulia era por tanto de tal
manera importante para Tito que el
ejercito de liberación yugoslavo, antes
de haber liberado totalmente el propio
territorio
nacional,
apuntó
directamente a Trieste y entró en la
ciudad el 1 de mayo, “cercando” sea
Zagabria sea Lubiana, que fueron
liberadas respectivamente el 8 de
mayo y el 11 de mayo. Así, en breve,
también con la llegada de las tropas
nueva zelandesas en aquella zona se
creó una situación del todo inédita en
el ajedrez europeo, una premisa
tangible a la “cortina de hierro”
evocada el 5 de marzo de 1946 en
Fulton por Winston Churchill, que no
por casualidad en aquella ocasión citó
explícitamente
Trieste.
La
superposición de dos ejércitos, con
objetivos diferentes, y la presencia de
un Comité de Liberazione Nazionale
dividido internamente [...] hicieron
impracticable lo que estaba
sucediendo en el resto de la Italia
septentrional, donde las autoridades
locales eran nombradas por los CLN y
controladas por el Comando Aliado.
Albaro Vescovà (Istria),
una instantánea del éxodo de la
población italiana a inicios de octubre
de 1954, habiendo tenido noticia
del Memorandum de acuerdo entre
Italia y Yugoslavia que asignaba
el pequeño burgo a la República
federativa de Tito
La llegada de las vanguardias nueva
zelandesas, a tiempo para acoger la
rendición de los alemanes, no impidió
a los yugoslavos el imponer la propia
administración en el territorio, que
consideraban de su competencia.
En este cuadro se coloca la
segunda ola de violencia contra los
italianos, después de la de septiembre
de1943, cuando en la ausencia de
poder que siguió al 8 de septiembre
los partidarios yugoslavos estaban
esparcidos por Venecia Giulia y habían
comenzado las ejecuciones sumarias
– por algo prontamente denunciadas
por la propaganda fascista – según la
lógica – también de cómodo – que
llevaba a la ecuación “italianos,
fascistas, enemigos del pueblo”.
Para presentarse a la Conferencia
de paz desde una posición lo más
posible de fuerza, y obtener la anexión
de Venecia Giulia hasta el Isonzo, Tito
necesitaba que la región fuera ya
pacificada: no era suficiente solo anticipar a los angloamericanos y asentar
las propias autoridades y la propia
administración, sino que se tenía que
imprimir también un signo de la
revolución, de la que habría sido la
nueva Yugoslavia comunista. Vista
desde esta óptica la depuración tenía
que ser rapidísima, y tenía que sacudir
a todos aquellos que aun solo
potencialmente se hubieran podido
oponer al diseño de anexión de la
región. [...]
En otras palabras había que decapitar a la comunidad italiana no solo
de las autoridades del pasado régimen
fascista, que en ciertos aspectos
personificaban el régimen mismo, o
de quien había participado en
cualquier modo a aquella experiencia,
pero sobre todo de la parte del futuro
rango dirigente italiano que ocupaba
posiciones estratégicas y por tanto era
peligroso porque, como punto de
referencia de la comunidad, habría
podido organizar y ponerse en cabeza
de una eventual oposición interna. Y
la depuración creó aquel clima de
incertidumbre y de terror del que se
ha aludido precedentemente. [...] Al
final, entre enfoibados, deportados,
asesinados en campos de prisión, las
victimas fueron probablemente casi
diez mil, cifra aproximada que hace
entender la matanza espantosa que fue
perpetrada.
¿Y los aliados? Los angloamericanos lo sabían. Lo habían
sabido todo por lo menos desde el
otoño del 1944, pero habían decidido
no intervenir para no comprometer la
unidad antinazista. Desde el 30 de
noviembre de 1944 un informe de la
Special Intelligence había denunciado
que “al inicio los partidarios
yugoslavos arrestaron a los fascistas,
pero después obraron arrestos
indiscriminados, de masa, de
centenares de italianos. Los prisioneros
fueron atados, metidos en las prisiones
de Pisino, encerrados con llave en
celdas abarrotadas, con poca comida
y mucha suciedad. Cada noche, se
llevan a algunos. Recientemente, en
las foibe, las cavernas del carso, fue
descubierto un montón de cadáveres
atados, desnudos, algunos de los
cuales identificados por los familiares.
Se nos ha referido que en total los
partidarios yugoslavos han tirado
muchos centenares de personas en las
foibe”. [...]
Aunque la segunda ola de
violencia en los días del final de la
guerra era conocida por los Aliados:
ya el 1 de junio de 1945 el Office of
Strategic Services definía “infierno comunista” a los cuarenta días de la
ocupación yugoslava de Trieste y de
las zonas rurales de Venecia Giulia,
donde “los partidarios comunistas dan
la caza a quien se niega a alistarse
como si fueran bandidos. EnTrieste son
encarcelados también exponentes del
Comité de Liberazione Nazionale y
hasta antifascistas. También el Obispo
de Gorizia ha sido detenido y después
soltado”. Contemporáneamente se
habían movido también las
autoridades italianas. AlbertoTarchiani,
embajador italiano en Washington, el
16 de mayo había enviado una nota
al Departamento de Estado en la que
denunciaba: “el régimen de terror
titino prosigue. De Gorizia han
desaparecido 4.000 personas. Parece
que 700 han sido asesinadas en las
zonas de Trieste. Hasta ahora los
angloamericanos han asistido
pasivamente a este drama”.
Ya no se tratava solo de una disputa entre Italia yYugoslavia. La cuestión
había tocado inevitablemente también
las relaciones entre las superpotencias.
Estados Unidos no podía permitir a la
Unión Soviética – a través de su satélite
– decidir unilateralmente una
sistematización territorial, también
porque Venecia Giulia no era Polonia,
no era – como Stalin había afirmado
diversas veces – la histórica puerta de
ingreso de los invasores extranjeros en
Rusia.
El nuevo acercamiento político del
presidente Truman llevó entonces al
acuerdo de Belgrado del 9 de junio:
Venecia Giulia se dividía en dos zonas,
denominadas A y B, separadas por la
Línea Morgan. La primera, que incluía
también Pola, bajo el control aliado;
la segunda, que comprendía Istria, Fiume y las islas del Quarnaro, bajo la
administración yugoslava. Pero la
vuelta parcial a la normalidad al menos
en la zona de competencia americana no limitó ciertamente las furibundas
polémicas y el intenso debate que
acompañaron al tratado de paz [...] un
verdadero y propio diktat impuesto por
Partidarios yugoslavos en Trieste en
mayo de 1945. Miraban alrededor
perplejos, ninguna calurosa acogida los
esperaba, los ciudadanos encerrados
en las casas habían esperado con
angustia que la ciudad fuese liberada
por los aliados angloamericanos. Con
la entrada de los «titines» tuvieron
inicio los famosos 40 días de ocupación
yugoslava de Trieste, en los cuales
tuvieron lugar deportaciones y
exterminaciones de civiles italianos con
el objetivo de eliminar a los
exponentes de los partidos políticos
democráticos contrarios a la anexión a
la Yugoslavia comunista de Tito
los vencedores a Italia derrotada [...] .
Italia era un País derrotado y, en el caso
específico, Venecia Giulia iba a pagar
en práctica todo el peso de la derrota.
[...]
En todo este decenio la
precariedad seguida al final del
conflicto, [...] llevaron a la comunidad
italiana de Istria, de Dalmazia, de Fiume a abandonar las propias tierras. [...]
Los italianos no fueron expulsados,
pero el recuerdo de las foibe estaba
demasiado vivo, del clima de
inseguridad y de miedo, al que ahora
se unían la exasperación por el
comportamiento y la política
intolerante yugoslava, las vejaciones
y las amenazas, la violencia, el
conocimiento de que el poder estatal
comunista se había convertido en un
hecho irreversible con el cambio social
que esto conllevaba. Los italianos,
extranjeros en patria, se fueron, y si
muchos consiguieron rehacerse una
vida en Australia o en América, otros
muchos encontraron no pocas
dificultades en Italia, recogidos
inicialmente en 109 centros de
acogida a menudo improvisados y
diseminados por todas las regiones de
la península. [...]
Al contrario de lo que una cierta
versión retiene y sostiene
polémicamente hasta hoy en toda
ocasión, a menosprecio de los
silencios de la política pero también
de parte de la clase intelectual –
acusada por Claudio Magris de ser
“ignorante de aquellos capítulos de
historia y satisfecha de la propia
ignorancia” – el argumento fue, en
particular en el primer decenio
posbélico, muy frecuentado por la
publicidad y no solo por la giuliana.
De esto se ocupa el presente volumen,
que recoge las principales
intervenciones publicadas en la prensa
lombarda entre el 1945 y el 1954. Se
trata de una investigación llevada a
cabo sobre más de cuarenta cabecillas
que representan el entero panorama
político y cultural del País, desde los
monárquicos a los republicanos, desde
los liberales a los comunistas, desde
los cualuncuistas a los federalistas. [...]
La guerra y su corte de lutos y
sufrimientos ya no interesaban, como
mostraban la indiferencia y la
incomprensión cuando no el mal
celado fastidio del que estaban
rodeados el millón trescientos mil
reducidos que volvían a la patria de la
cautividad.
Y descuidados e ignorados no
podían no ser también los que
representaban la derrota, y que
llegaban justo de la zona donde hacía
treinta años Italia, después de
Caporetto y el Piave, se había
convertido en una nación. [...]
Antonio Maria Orecchia
(traduzioni di Marta Cobian)
La stampa e la memoria
Le foibe, l’esodo
e il confine orientale
nelle pagine dei giornali lombardi
agli albori della Repubblica
a c. di A. M. Orecchia,
Insubria University Press,Varese 2008,
pp. 439, Euro 22,00
16
Pubblichiamo alcune delle notizie
apparse in tempi recenti sul nostro sito
www.anvgd.it, così da rendere edotti
e aggiornati anche coloro che non utilizzano internet per avere informazioni
dalla nostra Associazione.
Le proposte ANVGD
per i finanziamenti 2007/2008
lunedì 19 maggio 2008
La macchina amministrativa dello
Stato non finisce mai di stupire. Solo
in queste ore si chiudono i termini di
presentazione, da parte delle associazioni degli Esuli, delle domande di
contributo per i progetti con validità
2007 (anno abbondantemente già
chiuso) e 2008 (anno abbondantemente già in corso), finanziati con la
legge 72/2001 e successive proroghe.
La Sede nazionale e i Comitati provinciali hanno preparato per questo
biennio contabile ben 93 progetti. Si
tratta di libri, traduzioni, ricerche d’archivio e sul territorio, siti internet, documentari, film, giornali, premi e borse di studio, sondaggi, attività editoriali, convegni, incontri, mostre, rappresentazioni teatrali, monumenti.
Sono il polso dell’impegno quotidiano dell’Associazione e degli ambiziosi obiettivi che si pone, attraverso queste idee, per realizzare una piena coscienza nazionale sulle vicende legate all’Esodo giuliano-dalmata. Oltre
alle Sede nazionale, hanno presentato progetti i Comitati provinciali di
Ancona, Avellino, Bologna, Brescia,
Cremona, Gorizia, Milano, Padova,
Pescara, Roma, Torino, Trieste, Venezia e Verona. V’è da dire, al di là della
qualità delle proposte presentate, che
tutte passeranno sotto la scure del taglio fondi della commissione
interministeriale dei Beni Culturali e
degli Esteri, per cui molte valide iniziative probabilmente non vedranno
la luce.
Se anche croati e sloveni
usano i nomi italiani...
giovedì 22 maggio 2008
Sembra quasi una contraddizione,
ma la maggior parte dei giornalisti italiani, quando trattano argomenti riguardanti le terre come l’Istria, Fiume o la
Dalmazia, si lasciano condizionare da
ciò che oggi sono queste località, usando termini e soprattutto nomi in croato
o in slavo. Non per polemizzare, e
nemmeno per farne un discorso troppo nazionalistico, ma resta da capire
perché pronunciare in slavo o croato
ciò che è nato come italiano? E soprattutto, perché lo si fa solo con queste città, quando tendiamo ad
italianizzare tutte le altre ad esempio
London-Londra, Paris- Parigi, ecc. Una
risposta c’è! Forse alcuni giornalisti italiani non conoscono la storia o meglio riportano semplicemente ciò che
leggono, senza dare troppo peso o
importanza al tema che stanno affron-
Senza commenti,
ma con ironia...
DIFESA ADRIATICA
Luglio 2008
La rubrica di “Difesa”
www.anvgd.it
tando. Questa mia riflessione nasce in
riferimento ad una articolo letto sul
quotidiano gratuito “Metro” di giovedì 15 maggio 2008, dove la giornalista Patrizia Magi parla del turismo
nell’Istria slovena; l’aspetto più singolare e curioso della Magi, è che scrive
tutti i nomi delle località in italiano,
pur inserendo a fine articolo un sito
internet di un ufficio turistico slavo.
Devo dire che non solo lei fa questo,
addirittura gli stessi slavi e croati, hanno iniziato proprio in quei posti, per il
bilinguismo presente in Istria, ad affiancare la versione italiana a quella
slava nei cartelli stradali o quelli che
indicano le maggiori città. Penso che
chiamare Fiume-Rijeka, Cres-Cherso
o Pola-Pula quando fino al 1947 queste città erano italiane, sia come rinnegare ciò che un tempo era nostro, e
in particolare far del male a tutte quelle persone che quei tragici momenti li
hanno vissuti sulla propria pelle, e che
con i loro occhi hanno guardato mentre gli venivano sottratte violentemente le loro case, i loro ricordi e tutta la
loro vita. Ed è proprio per quello che
ha subito un popolo e per la storia d’Italia che chiedo ai giornalisti in quanto
italiani e in quanto uomini di cultura,
di trasmettere sapere e conoscenza, ed
usare i giusti termini per lo meno quando si relazionano con i propri connazionali.
Samanta Dell’Uomo
INPS: non serve sparare “a salve”
lunedì 26 maggio 2008
Sull’ormai nota vicenda delle
perequazioni alla maggiorazione spettante ai pensionati INPS con la qualifica di profugo, non mancano elementi
di spicco fra i rappresentanti degli Esuli
che ormai da tempo si esprimono a
suon di “picconate”. Eppure si tratta
di personaggi che, avendo lavorato da
tempo per gli Esuli, dovrebbero dimostrare una certa professionalità nel trattare questi argomenti, che invece viene vanificata dal livore nei confronti
di chi – semplicemente - cerca una
soluzione al problema. Partono così
periodicamente le invettive verso
l’ANVGD, la Federazione e chiunque
non sia schierato sulla “loro” visione
della realtà. E sì, perché ANVGD e
FederEsuli avrebbero “provocato” il
famigerato articolo della Finanziaria
che ha dato ragione all’INPS sull’interpretazione della norma. Nulla di più
falso, naturalmente, ma vallo a spie-
gare a chi vede rosso più di un toro
nell’arena. In realtà ANVGD e FederEsuli
hanno combattuto contro questo articolo, in tutti i modi possibili. È prevalsa invece in questo caso la ragione
“economica” dello Stato. E tale nefanda situazione viene attribuita alla nostra raccolta di firme proposta l’anno
scorso per fare pressione sull’INPS affinché desse applicazione a tutti delle
sentenze in favore dei profughi. Tale
raccolta non ha avuto poi esito perché il Governo ha tagliato le gambe,
con quell’articolo della Finanziaria, a
qualsiasi aspirazione di giustizia per
gli Esuli. Ma ci vengono attribuiti, da
questi personaggi, poteri che non abbiamo: il Governo avrebbe così agito,
spaventato dalla nostra petizione. Ma
magari così fosse! Se un Governo nazionale fosse costretto a correre ai ripari, impaurito da una nostra raccolta
di firme, allora sì che avremmo da tempo risolto molti dei nostri problemi!
Invece, nel caso specifico, sia noi, sia
tutti gli altri (personaggi inclusi) attendiamo l’esito delle istanze di
incostituzionalità aperte su tutto il territorio nazionale dai tribunali che hanno in essere procedimenti sulla materia. Il sereno consiglio è di avere rispetto di chi, come loro, è impegnato
quotidianamente a lavorare per i diritti degli Esuli. Non serve a nulla e non
ha alcun senso attaccare chi sta al nostro fianco, mente il vero “nemico”,
ovvero la macchina burocratico-politica dello Stato, è in tutt’altra direzione. Si parla tanto, tra gli Esuli, della
necessità di trovare nuova coesione e
nuova unità d’intenti per arrivare uniti
a far fronte nella battaglia ancora dura
per i diritti degli Esuli: è una legittima
aspirazione di ciascuno di noi. Ecco
perché gli Esuli non capiscono chi,
invece di cercare un fronte comune, è
ancorato alla vetusta idea che in fondo la ragione ce l’ha uno solo e tutti
gli altri hanno torto. Un vero peccato,
quindi, vedere energie disperse a trovare il pelo nell’uovo dell’altro, invece di caricare insieme le stesse “armi”
per la battaglia ancora di là dall’essere
conclusa.
Premio per la cultura latino-veneta
in Dalmazia
venerdì 30 maggio 2008
L’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti grazie al finanziamento della Fondazione culturale Antonio e
Ildebrando Tacconi, di Venezia, istituisce un premio di Euro 3.000 (tremila), per un lavoro originale ed inedito,
o edito nel quinquennio 2004-2008,
sulla cultura latino-veneto-italica in
Dalmazia. Il tema indicato si riferisce
all’intero arco temporale della
romanità ad oggi, ed i lavori possono
vertere sia sulla globalità del tema, sia
su aspetti particolari o figure significative, inoltre l’argomento può essere trattato sotto il profilo umanistico, quello
scientifico o con riferimento a
problematiche politiche o sociali. Potranno essere prese in considerazione
tesi di laurea o dissertazioni conclusive di dottorato di ricerca; ma anche
altri lavori di corrispondente impegno,
non necessariamente svolti in ambito
universitario. I lavori in concorso, ad
ogni modo, dovranno segnalarsi per il
rigore scientifico della ricerca, per
l’attendibilità delle fonti alle quali fanno riferimento e per lo spessore e la
completezza della bibliografia utilizzata. È auspicabile la partecipazione
da parte di studiosi delle regioni italiane od europee i cui rapporti con la
Dalmazia sono stati più stretti e di più
lunga durata. I lavori dovranno pervenire in 3 copie dattiloscritte o a stampa (l’eventuale documentazione fotografica in una sola copia), entro il 30
gennaio 2009, unitamente alla domanda di ammissione al concorso, in
carta semplice a mezzo raccomandata al seguente indirizzo:
Segreteria dell’Istituto Veneto di
Scienze, Lettere ed Arti, Campo S. Stefano, 2945 – 30124 Venezia. I lavori
compilati in lingue diverse dall’italiano dovranno essere corredati della traduzione in lingua italiana. Ci sarà una
Commissione esaminatrice composta
da tre membri che valuterà i lavori, due
dei quali nominati dall’Istituto Veneto
ed uno dalla Fondazione culturale
Antonio Ildebrando Tacconi. Una sintesi della relazione sarà pubblicata
negli «Atti dell’Istituto». L’Istituto
Veneto e la Fondazione Tacconi si riservano il diritto di riprodurre, parzialmente o totalmente, il testo del lavoro
giudicato vincitore, che verrà comunque conservato nell’Archivio dell’Istituto Veneto.
Per l’UNUCI Pola
non è mai stata italiana
mercoledì 4 giugno 2008
Pubblichiamo la lettera di Bruno
Crevato-Selvaggi indirizzata al periodico dell’Unione Nazionale Ufficiali
in Congedo.
Signor Generale, signor direttore,
sono un socio della sezione di Venezia. Leggo solo ora il n. 3/4 , di aprile,
della nostra rivista, di cui apprezzo
sempre i contenuti militari e culturali
e lo spirito patriottico. Vedo a pagina
24 la cronaca del meeting ARPA a Pola.
Nel testo, dove Pola è indicata semplicemente come «città croata», vi è
anche un box con qualche riga di approfondimento sulla città, che inizia:
«Pola (in croato Pula, in sloveno Pulj)
è una città della Croazia che conta,
secondo le stime del 2006, 62.378
abitanti. È la maggiore città dell’Istria,
la penisola dell’Adriatico settentrionale
situata a cavallo tra Italia, Slovenia e
Croazia...» continuando per qualche
riga. Ecco, avrei gradito qualche accenno, che invece sia nel box sia nella cronaca mancava completamente,
alle vicende storiche molto particolari
della città. Città veneziana ed italiana
per storia, geografia ed etnìa, che vide
stravolto il proprio volto etnico ed il
proprio nesso politico con l’esodo
pressoché totale dei suoi abitanti originari, italiani, a causa dell’amputazio-
ne di un lembo di territorio nazionale,
fra il 1945 ed il 1947. Città rivendicata all’Italia nel 1918 dalle Armi italiane, che la liberarono assieme all’intera Istria, a Fiume, alla Dalmazia ed al
Trentino, portando a compimento
l’Unità nazionale. Ancora oggi in città, che per proprio Statuto è bilingue,
vive una comunità italiana, oggi minoranza. Oggi, è noto, fra molti giovani queste vicende sono generalmente
del tutto ignote. Non pensa quindi che
specialmente in una rivista come la
nostra, che pure conscia del mondo
di oggi è attenta alla storia patria nazionale, civile e militare, sarebbe stato importante un accenno di questo
genere? Con i miei più cordiali saluti
ed auguri.
Ten. Bruno Crevato-Selvaggi,
UNUCI-Venezia
Da Palermo ricerca
di un’Esule fiumana
mercoledì 4 giugno 2008
Enrico Giuseppe Simeone da Palermo cerca notizie su una Esule da
Fiume. Ecco la sua ricerca. «La profuga in questione di chiama Conzani
Ornella, sposata con uno slavo di
nome Natanelic. Partita da Fiume si
recò a Marghera (Venezia): la data di
arrivo a Marghera è tra il 1948 e il
1960. La data di nascita, invece, tra il
1922 e il 1928. Questi sono gli unici
dati in mio possesso. Il poterla rintracciare sarebbe per me di estrema importanza, in quanto conosceva mia
madre e potrebbe darmi notizie in
merito all’esodo. Enrico Giuseppe
Simeone». Chi si riconosce in questi
dati o ne conosce alcuni aspetti, può
scrivere a Enrico Giuseppe Simeone,
Via G. Ingegneros 98, 90146 Palermo.
Provincia Roma:
nel XV sec. Zara era in Croazia...
giovedì 5 giugno 2008
Si è chiusa il 25 maggio a Palazzo
Incontro di Roma la Mostra organizzata dalla Provincia di Roma in collaborazione con la Fabbrica di San Pietro e ben cinque università, denominata «Magnificenze Vaticane. Capolavori d’arte dalle collezioni della Fabbrica di San Pietro». La Mostra portava al pubblico 130 pezzi recuperati
dagli archivi vaticani e restaurati. Il
Quattrocento scultoreo era rappresentato dalla serie dei quattro Evangelisti
eseguiti da due veri protagonisti della
scena romana dell’epoca, Mino da
Fiesole e Giovanni Dalmata. A quest’utlimo la Provincia di Roma attribuisce i natali a «Vinisce, Zara, Croazia
1440 circa». Ora sarebbe da chiedersi dov’era la Croazia nel 1440 e se non
era il caso, dato l’evidente nome dell’artista, di scrivere «Dalmazia», ricordando poi che era la Repubblica veneziana a dettar legge sulla costa
dalmata. Politici, cattedratici e
vaticanisti si sono stavolta trovati uniti... nell’Ignoranza! Eh sì, ignoranza
con la “I” maiuscola, perché certe
baggianate meritano la giusta
sottolineatura.
L’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti (nella foto la sede)
e la Fondazione Antonio e Ildebrando Tacconi bandiscono un
premio per studi sulla cultura latino-veneto-italica in Dalmazia
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