Non strumentalizzare, non negare le Foibe Se i Carabinieri non ci
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Non strumentalizzare, non negare le Foibe Se i Carabinieri non ci
La Redazione risponde Beni abbandonati, se e come ereditare una quota dell’indennizzo A cura dell’Avv. Vipsania Andreicich A pagina 5 anno XIV - n° 7 Luglio 2008 periodico mensile dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia Centro Studi padre Flaminio Rocchi Poste Italiane SpA - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L.353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 2 DCB - Roma In margine agli episodi avvenuti alla “Sapienza”di Roma Non strumentalizzare, non negare le Foibe Nessuna “memoria lottizzata”, nessuna appropriazione indebita del Ricordo Il comunicato stampa del Presidente nazionale ANVGD Clima da anni Settanta all’Università “la Sapienza” di Roma, rievocato da fazioni di estrema sinistra ed estrema destra che nulla hanno a che vedere con lo studio e la ricerca ma soltanto con il vuoto delle menti e l’incapacità conclamata di confrontarsi con l’evolvere della storia e dei tempi. Una sgradevole e penosa riedizione degli «opposti estremismi» che per lunghi anni hanno minato l’istituzione universitaria nel suo complesso e l’intera società italiana, riproposta nelle scorse settimane a partire da una conferenza sulle Foibe, ospitata il 13 maggio dalla Facoltà di Lettere su autorizzazione del Preside, prof. Guido Pescosolido, di due noti esponenti del negazionismo, e dalla proibizione – pochi giorni dopo – di un’altra conferenza promossa invece da un fronte notoriamente di estrema destra. Gli studenti delle sigle della sinistra universitaria, per protesta contro il seminario «fascista», avevano occupato la presidenza di Lettere ed ottenuto dal vicerettore, prof. Luigi Frati, l’annullamento dell’iniziativa programmata. Decisione che non impediva gli scontri avvenuti il 27 maggio poco fuori dall’Università tra studenti dei «collettivi» universitari ed un gruppo di Forza Nuova, che hanno messo in scena un logoro copione di intolleranza e di violenza che si pensava finito fuori repertorio. Intimidita evidentemente dai gruppuscoli dei «collettivi», che pur costituiti da una minoranza facinorosa esercitano un nefasto monopolio sull’esercizio della libertà di espressione e sulla gestione stessa degli spazi concessi dalla Facoltà, dopo aver consentito lo svolgimento, peraltro passato sotto totale silenzio, del primo “seminario”, Lettere ha revocato il permesso concesso a “Forza Nuova”. «Non autorizzo tutto – ha detto il preside Pescosolido – ma solo le iniziative che possono rientrare nei fini istituzionali di questa facoltà. Fuori da queste mura, come cittadino e come liberaldemocratico, ritengo sia un gravissimo errore non ascoltare gli estremisti di sinistra, di destra, o di centro». Patrizia C. Hansen segue a pagina 2 Due «seminari» di segno contrario all’Università “La Sapienza” di Roma sugli eccidi delle Foibe. Il primo indetto da un collettivo di estrema sinistra, ospite una firma per eccellenza del riduzionismo quale Alessandra Kersevan, si è svolto regolarmente; il secondo, indetto da Forza Nuova, è stato annullato per le intimidazioni esercitate sulle autorità accademiche. Questa Associazione, come noto, respinge da sempre strumentalizzazioni improprie e di parte così come contesta fermamente la negazione immorale e antistorica del fenomeno degli eccidi nella Venezia Giulia e in Dalmazia, smentita dalla più seria storiografia contemporanea di ogni orientamento. Ma rammenta come il Giorno del Ricordo – istituito dal Parlamento italiano nel 2004 pressoché all’unanimità di maggioranza e opposizione – riconosce la storicità dell’Esodo e delle Foibe, commemorate ogni 10 febbraio nelle più alte sedi istituzionali della nostra Repubblica, a partire dal Quirinale con i Presidenti Ciampi e Napolitano. Le vicende del confine orientale, della tragedia degli Esuli giuliani e dalmati a seguito della cessione di quei territori all’ex Jugoslavia di Tito, non appartengono ad alcuno schieramento ideologico e politico e questa Associazione respinge con forza ogni strumentalizzazione univoca. Ma non può esimersi dal rilevare che, mentre il 13 maggio scorso viene concessa l’Aula grande del Dipartimento di Storia moderna e contemporanea della Facoltà di Lettere ad un «seminario» di stampo negazionista, che non ha cittadinanza nella ricerca storica, viene interdetta ad un «seminario» di segno contrario, egualmente più che discutibile sul piano della attendibilità scientifica, con un atto che tuttavia denuncia, da parte dell’Istituzione universitaria, un’inaccettabile forma di censura e di soggezione a pressioni indebite e violente. La memoria delle vittime delle Foibe e dell’esilio della popolazione italiana autoctona dai territori di antico inse- diamento storico appartiene all’intera Nazione ed è stata in questo senso pienamente recepita dall’Italia democratica rappresentata dal Parlamento. L’Associazione condanna fermamente ogni forma di violenza, come quella verificatasi nei pressi dell’Università. Gli Esuli, le loro famiglie e la memoria dei loro cari esigono rispetto da parte di tutti e non strumentalizzazioni anacronistiche. Lucio Toth Roma, 28 maggio 2008 Il Presidente ANVGD all’Ansa sull’“assedio” al preside prof. Pescosolido: «Una vergogna per tutte le Università italiane» «Una vergogna per tutte le Università italiane». Così il presidente dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, Lucio Toth, ha definito i fatti della Sapienza, in cui è stato coinvolto il preside della facoltà di Lettere, Guido Pescosolido sequestrato per un breve periodo dagli studenti dei collettivi di estrema sinistra. «Le Università sono nate come luogo di conoscenza e di libertà contro ogni forma di violenza e potere oppressivo. Impedire lo svolgimento di un convegno sulla tragedia delle foibe, chiunque ne sia il promotore, significa violare il fondamento stesso dell’istituzione universitaria». Secondo Toth, «assediare il preside di una facoltà che questa libertà di parola e di ascolto voleva tutelare – come è avvenuto ieri al professor Guido Pescosolido – è un atto di prepotenza e di arroganza di una minoranza faziosa e squadrista. Una vergogna per tutte le università italiane, dove non è la prima volta che si impedisce lo svolgimento di convegni o conferenze, minacciando prima disordini e poi organizzandoli deliberatamente». Se i Carabinieri non ci aiutano... I sistemi informatici dell’Arma non “riconoscono” le città cedute La Sede nazionale ANVGD riceve ancora oggi frequenti segnalazioni di errori (percepiti naturalmente come “orrori”) dei sistemi informatici in uso ai Carabinieri, i cui software non sono stati adeguati alla normativa vigente in tema di anagrafe, nonostante le assicurazioni fornite poco tempo addietro dai più alti vertici dell’Arma. Gli Esuli ci manifestano la loro indignazione per un’offesa che viene loro da un Corpo la cui storia eroica e generosa è profondamente intrecciata con le vicende del confine orientale, e “sentito” per questo, e per tanti altri motivi, particolarmente vicino. Il Segretario nazionale Fabio Rocchi, nel raccogliere le lamentele e il rammarico degli associati, ha inviato il 5 giugno scorso al Comandante generale dell’Arma, Gen.C.d’A. Gianfrancesco Siazzu, al Ministro dell’Interno, on. Roberto Maroni e al Ministro della Difesa, on. Ignazio La Russa, la lettera che riportiamo integralmente. _____________________________ Egregio Generale, Gentili Sigg.ri Ministri, dopo decenni di oblio, uno dei più importanti diritti riconosciuti ai profughi giuliano-dalmati, vittime innocenti della pulizia etnica praticata al termine della seconda guerra mondiale dalle truppe di Tito, è stato quello sancito dalla Legge 54 del 1989 che prevede su ogni docusegue a pagina 2 Parenzo, le linee antiche ed eleganti della basilica eufrasiana dal mare The Press and Memory: the Eastern Border in the Post-War Press In english language to page 14 La prensa y la memoria, el confín oriental en los periódicos de la posguerra En lengua española en la página 15 Roma, 2 Giugno Festa Nazionale della Repubblica, Via dei Fori Imperiali. Sfila la Marina 2 DIFESA ADRIATICA Luglio 2008 fatti e commenti continua dalla prima pagina continua dalla prima pagina In margine agli episodi avvenuti alla “Sapienza”di Roma Nessuna “memoria lottizzata”, nessuna appropriazione indebita del Ricordo Ma, ha proseguito, «da preside ho da pormi dei paletti, che non si riferiscono alle ideologie ma alle finalità di una manifestazione. Vieterei un incontro politico tanto a Forza Nuova così come al presidente del Consiglio». All’obiezione di aver concesso in un primo tempo la sala per l’incontro di Forza Nuova, il docente ha dichiarato di non sapere chi fosse il suo leader, Roberto Fiore, che figurava nella richiesta quale relatore. Ma la violenza andata in scena non si è esaurita qui. A fine maggio il preside di Lettere è rimasto “assediato” nel suo ufficio da un gruppo di studenti (ma saranno poi studenti?), che chiedevano le sue dimissioni e hanno preso a calci e pugni la sua porta chiusa a chiave. • • • Questa la cronaca dei fatti. Tra i molti commenti suscitati da questi espisodi quello dello storico Giovanni Sabbatucci (su “la Stampa” del 31 maggio): «Erano molti anni che non accadeva qualcosa di simile. Circa sedici, direi. Gli ultimi episodi di questo genere che ricordo risalgono al ’92. Furono le contestazioni da parte dei collettivi della facoltà di Lettere allo storico Renzo De Felice che parlava di razzismo e antisemitismo e quelle a Emanuele Paratore, anche lui preside della facoltà di Lettere, costretto a uscire da una finestra nel 1992 dagli studenti che protestavano per l’aumento delle tasse di iscrizione». Ma, al di là della asserita esiguità numerica degli affiliati ai cosiddetti «collettivi», rattrista dover rilevare che le vicende dei territori orientali siano ancora usate da una parte e dall’altra, abusivamente, come arma impropria, svilite da quanti – da un verso – negano la genesi e la natura dei tragici fatti, e da quanti – dall’altro verso – perpetuano l’equivalenza infondata e sommamente ingiusta dell’italiano profugo con il fascismo, dell’italianità autoctona dellaVenezia Giulia e della Dalmazia con il ventennio mussoliniano. Nessuno ha avuto da obiettare o ha preso le distanze sul “seminario” ispirato ai teoremi vetero-comunisti, che in nome della «libertà dei popoli» consentirono le deportazioni, le soppressioni e le intimidazioni indiscriminate, con preferenza per la popolazione civile e gli elementi italiani antifascisti, i più pericolosi per il progetto annessionistico jugoslavo. Che non fosse “politica”, anzi “ideologica” l’impostazione data a quel primo incontro, solo degli ignari possono crederlo: i testi prodotti dai “relatori” sono ispirati alle più patetiche ortodossia marxista e nostalgia della defunta Federativa. La storia antica, complessa e ricca delle regioni orientali non può diventare il luogo estremo di legittimazione di due schieramenti smentiti dalla storia ed eliminati, democraticamente, dal Parlamento; non può venire rinchiusa, ancora, nell’armadio dei cimeli e degli orrori dei regimi totalitari che se la sono contesa e le hanno nociuto abbastanza; ed è da respingere fermamente, come questa Associazione ha fatto in precedenza e in quest’ultima occasione sempre con nettezza, l’appropriazione indebita della storia di quell’Adriatico orientale che non nasce con il fascismo e non muore con il comunismo. Quella storia di civiltà, di convivenza, di cultura, di umanità, non può essere ostaggio di visioni triturate dall’evoluzione delle coscienze e delle idee, quell’evoluzione che ha portato faticosamente l’Italia ad affermare, con il voto quasi unanime delle Camere, massima e preziosa espressione della democrazia liberale, il Ricordo quale valore morale e storico condiviso dalla Nazione, non una “memoria lottizzata” utile ai sopravvissuti degli «opposti estremismi» ampiamente, finalmente scaduti. Patrizia C. Hansen Fiume, la Ferrero sponsor delle «Notti estive» La Ferrero, nota industria dolciaria italiana sarà sponsor ufficiale dell’edizione 2008 delle «Notti estive» di Fiume. L’accordo è stato siglato da Enrico Bottero, direttore generale della Ferrero in Croazia, alla presenza della sovrintendente del Teatro “I. Zajc” (già “GiuseppeVerdi”). La collaborazione della Ferrero con il Teatro ha avuto inizio tre anni addietro: «Eravamo curiosi di quest’attività, anche perché Fiume ha una componente di madrelingua italiana e noi siamo una multinazionale con forti radici italiane», ha dichiarato Bottero. «Siamo orgogliosi di poter accompagnare le Notti estive fiumane nel suo cammino, anche perché è un evento che è cresciuto negli anni, diventando un appuntamento importante, sia a livello nazionale che internazionale». Se i Carabinieri non ci aiutano... I sistemi informatici dell’Arma non “riconoscono” le città cedute mento redatto da ogni Amministrazione a qualsiasi livello “l’obbligo di riportare unicamente il nome italiano del comune senza alcun riferimento allo Stato cui attualmente appartiene” (art.1 L. 54/1989). Tale pronunciamento purtroppo è rimasto spesso inapplicato. La circolare del Ministero dell’Interno del 31 luglio 2007 ha ribadito tale diritto, confermando e rafforzando il senso logico e morale dell’applicazione della legge. Appare infatti quanto mai fuori norma che cittadini italiani nati in territori italiani ancorché successivamente ceduti ad altro Stato - vengano registrati ancora oggi come nati all’estero, cioè in Croazia, Slovenia o altre repubbliche della ex Jugoslavia. Dopo ripetute segnalazioni giunteci - in quanto associazione che rappresenta sul territorio nazionale gli Esuli da Istria Fiume e Dalmazia - sull’operato dell’Arma dei Carabinieri che persisteva in un atteggiamento contrario ai dettami di legge in occasione di normali denunce presentate presso i comandi locali, in data 9 ottobre 2007 abbiamo inoltrato una formale protesta al Gen. Siazzu che successivamente ci ha fatto giungere tramite il suo ufficio una risposta che chiudeva apparentemente la questione e della quale abbiamo dato ampia pubblicità tramite i nostri mezzi d’informazione. Da allora però le segnalazioni hanno continuato a giungerci. Il caso più eclatante è quello nel quale un Esule, cittadino italiano, nato a Zara italiana nel 1939, nel proporre una denuncia alla Stazione Carabinieri di Trani si è visto registrare come nato in Croazia e - peggio ancora - come cittadino croato. Nonostante le sue rimostranze, la richiesta di applicazione della legge 54/1989 e dei dati (regolari) contenuti sul suo passaporto e nel codice fiscale, gli è stata opposta come unica motivazione il fatto che il computer accettava come Comuni italiani solo quelli attualmente esistenti e la denominazione Zara era consentita solo insieme all’indicazione Croazia. Ricordiamo come l’art.2 della L.54/1989 cita espressamente che le Amministrazioni “sono obbligate, su richiesta anche orale del cittadino stesso, ad adeguare il documento alle norme della presente legge”. Oltre all’evidente irregolarità amministrativa che ancora oggi viene proposta senza alternative agli Esuli giuliano-dalmati, sottolineiamo come il mancato allineamento dell’Arma alle indicazioni di legge crea una offesa morale nella dignità di coloro che, proprio per restare italiani, pagarono più di ogni altro il cocente debito di guerra con la perdita di ogni loro avere, l’allontanamento dalla loro terra e una scia di migliaia di morti che avrebbe- Euroregione Adriatica, Il raduno delle «Fiamme più informazione cremisi» a Pordenone e maggiore interscambio Centomila bersaglieri con Si è parlato di Euroregione Adriatica nell’ambito del Forum sulla Pubblica Amministrazione di Roma, il più importante appuntamento nazionale sui servizi Il vessillo dell’Euroregione al cittadino che da anni si Adriatica svolge a maggio nella capitale. Rilanciare la qualità dell’informazione, sostenere al meglio gli investimenti commerciali, turistici e culturali: questi i temi del convegno tenutosi all’interno del fitto calendario del Forum P.A. Ricordiamo che l’Euroregione Adriatica, nata nel giugno 2006, è formata da enti territoriali statali appartenenti a Italia, Croazia, Albania e Montenegro e regionali, quali Puglia, Molise, Abruzzo, Marche, EmiliaRomagna, Veneto e Friuli Venezia Giulia. Il tema della comunicazione, ha evidenziato il presidente del CNEL Antonio Marzano, «è assai importante per rendere più fluide le dinamiche relazionali tra le varie regioni e i Paesi interessati dall’Accordo». Trattando di comunicazione, non è mancato al convegno l’apporto dell’ANSA. «La nostra agenzia - ha spiegato il vicedirettore Carlo Gambalonga - si propone di realizzare un progetto editoriale euro-adriatico in collaborazione con il Molise e con altre Regioni italiane. L’impegno - ha sottolineato - è quello di redigere ogni giorno news che andranno ad alimentare i canali informativi per il mondo amministrativo, degli operatori e dei consumer». Il Teatro Verdi di Fiume in una cartolina degli anni Venti del Novecento L’ingresso degli stabilimenti dolciari Ferrero, ad Alba (Cuneo). La nota ditta sponsorizza le «Notti estive» fiumane ro voluto continuare a restare italiani. Di fronte ad una burocrazia così lenta, a distanza di 19 anni dalla legge riguardante l’indicazione del luogo di nascita, i nostri legali stanno preparando una campagna di pubblica informazione che paventerà la denuncia di ogni singolo caso alle autorità con l’ipotesi di reato di omissione d’atti d’ufficio e falso in atto pubblico. Vogliamo sperare, anche in memoria del valoroso ed eroico contributo dei Carabinieri nella difesa dell’italianità di Istria Fiume e Dalmazia, che l’Arma vorrà sottrarsi a questa condizione di irregolarità, per non macchiare il grande rispetto di cui gode da parte di tutta la nostra comunità sparsa su tutto il territorio nazionale. Le recenti celebrazioni del 2 giugno hanno visto sfilare i nostri labari in tutta Italia accanto a quelli delle associazioni combattentistiche e d’Arma. Crediamo che la nostra gente possa aspirare al diritto sancito dalla legge e al rispetto morale dovuto per il loro doloroso passato. La scelta di sacrificio per restare italiani ci ha visto quindi ancora una volta in prima fila alla Festa della Repubblica, ma chiede ancora giustizia ad un meccanismo burocratico evidentemente ancora non pronto, dopo sessant’anni, a recepirla. Fabio Rocchi Segretario nazionale ANVGD Euroregione Adriatica, essenziale il ruolo dell’informazione nello sviluppo integrale degli interscambi commerciali famigliari al seguito hanno allegramente “invaso” nei giorni di fine maggio per il 56.mo raduno nazionale. I fanti piumati sono sfilati applauditissimi per le vie della città. «Non c’è teatro di operazioni – ha ricordato il generale Castagnetti – dai Balcani al Libano, dall’Iraq all’Afghanistan, non c’è situazione di emergenza e non c’è evento di particolare rilievo ove i bersaglieri non siano stati presenti». Aperto dalla fanfara, il corteo comprendeva giovani e reduci, suddivisi in sette scaglioni, tutti naturalmente a passo di corsa. Dei reparti in servizio ha sfilato l’11.mo reggimento di Orcenico, appena rientrato dal sud del Libano, dove ha operato in seno alla missione UNIFIL per sei mesi. A correre con loro vi erano anche un reduce della battaglia di El Alamein, Pasquale Cipriani, di 85 anni, e un senatore della Repubblica, il gen. Mauro delVecchio. Molti applausi hanno seguito la lettura del messaggio giunto dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che tra l’altro scrive: «Le fiamme cremisi, con entusiasmo e immutato ardore giovanile, hanno fatto la storia nazionale e dell’Esercito, dalle campagne risorgimentali sino alle attuali missioni per il mantenimento della pace». Durante la cerimonia di apertura, su un maxi schermo è stato realizzato un collegamento con i bersaglieri della Brigata Garibaldi, attualmente nel sud del Libano come caschi blu. Bersaglieri ciclisti a Fiume ripresi nell’ottobre 1919, durante l’impresa dannunziana Luglio 2008 3 DIFESA ADRIATICA cultura e libri Storici a confronto all’Accademia delle Scienze di Bologna Il confine orientale italiano nel Novecento. Metodi e ricerche storiografiche L’iniziativa in collaborazione con la Federazione delle Associazioni degli Esuli L’Accademia delle Scienze di Bologna ha ospitato, giovedì 5 giugno, una qualificata giornata di studi sul tema del confine orientale italiano nel Novecento, realizztata in collaborazione con la Federazione delle Associazioni degli Esuli e il CDM di Trieste. La sessione mattutina è stata aperta dall’indirizzo di saluto e dall’introduzione del prof. Alberto De Bernardi, direttore del Dipartimento di Discipline Storiche dell’Università degli Studi di Bologna. A presiedere i lavori il prof. Giuseppe de Vergottini (Università degli Studi di Bologna), quindi gli interventi dei relatori: la prof.ssa Marina Cattaruzza (Università degli Studi di Berna), il prof. Luciano Monzali (Università degli Studi di Bari), il prof. Giuseppe Parlato (Libera Università degli Studi S. PioV di Roma) e il prof. Fulvio Salimbeni (Università degli Studi di Udine). «I problemi del nostro confine orientale sono ben noti alla comunità degli esuli giuliani che hanno gelosamente custodito negli anni la memoria della loro identità – ha dichiarato al sito del Cdm il prof. Giuseppe de Vergottini –. Sono anche oggetto delle ricerche degli storici che hanno progressivamente concentrato l’attuazione sui diversi aspetti delle vicende che nel tempo hanno interessato i territori dell’Istria, del Quarnaro, della Dalmazia» L’incontro all’Accademia delle Scienze segue idealmente quella dedicata all’Adriatico orientale, tenutasi il 1°dicembre 2007 a Venezia e che aveva per titolo «Il confine orientale nella storia dell’Italia contemporanea», alla quale avevano preso parte storici, sociologi ed esponenti dell’associazionismo degli Esuli. Nella seconda sessione della giornata di studi sono stati presentati, con i rispettivi autori e curatori, i volumi di V. Caporrella, Scuole e lingua nella Trieste asburgica di inizio Novecento (in corso di stampa); di G. Cevolin (a cura di), Anche le carte parlano italiano. Fonti giuridiche, censimento e inventariazione della documentazione veneta e italiana presso l’Archivio di Stato di Zara (volume primo), Bologna, Lo Scarabeo, 2006; ancora di G. Cevolin (a cura di), Anche le carte parlano italiano. Fonti giuridiche e inventariazione del fondo del Comune di Zara (1890-1920) e del fondo Tommaseo-Artale presso l’Archivio di Sebenico (volume secondo), Lo Sca- rabeo, Bologna (in corso di stampa); di G. de Vergottini-L Lago-V. Piergigli (a cura di), La toponomastica in Istria, Fiume e Dalmazìa. Profili storici, cartografici, giuridici, Istituto Geografico Militare editore, Firenze 2008; di A. M. Orecchia (a cura di), La stampa e la memoria. Le foibe, l’esodo e il confine orientale nelle pagine dei giornali lombardi agli albori della Repubblica, Insubria University Press,Varese 2008 (si veda a pag. 10 di questo numero del giornale). È seguito un intenso dibattito del quale daremo conto sul prossimo numero di “Difesa”. Alla giornata di studi il presidente nazionale ANVGD Lucio Toth ha inviato un indirizzo di saluto, letto in apertura della prima sessione, che riproduciamo di seguito. red. Aiutare l’Italia a non dimenticare se stessa Una ricerca statistica commissionata dall’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia nel febbraio scorso ha rivelato che solo il 40,6% degli italiani conosce la vicenda dellle Foibe e che solo il 23,5% sa dell’esodo degli italiani, in gran parte autoctoni, dall’Istria, da Fiume e dalla Dalmazia. Ma un’indagine Mannheimer resa nota qualche giorno fa ha accertato Il nuovo volume degli Atti e Memorie della Società Istriana di Archeologia e Storia Patria L’Istria nei secoli, personaggi e vicende Di grande pregio l’ultimo, in ordine di uscita, volume degli «Atti e Memorie» della Società Istriana di Archeologia e Storia Patria edito aTrieste sotto la direzione del prof. Giuseppe Cuscito. Questo volume di 381 pagine, presenta un sommario di notevole interesse nelle diverse discipline.Tra i molti saggi ed articoli citiamo di Daniela Durissini L’immigrazione da Capodistria aTrieste nei secoli XIV e XV. Una prima indagine sui documenti triestini, frutto di un decennale studio dell’autrice su circa 20.000 documenti relativi a persone provenienti dall’Istria, in cospicua parte da Capodistria ma in percentuali diverse anche da Pirano, Umago, Fiume, Pinguente, Montona e Pola. «Accanto ad un’immigrazione poco o affatto specializzata – scrive la Durissini – [...] si distingue nettamente un’immigrazione di persone fortemente specializzate [...]». Tra le categorie numericamente più rappresentative, quella dei salinari, che introdussero a Trieste nuove tecniche estrattive. Ad alcune figure di studiosi istriani e dalmati di tradizioni popolari, collaboratori del siciliano Giuseppe Pitrè, è dedicato invece il saggio di Gian Luigi Bruzzone che si sofferma su Antonio Ive (nato a Rovigno nel 1851), sul dalmato Vid Vuletic Vukasovic, su Jacopo Cella (nato a Cherso nel 1906 e deceduto aTrieste appena nel 2007), su Giuseppe Vidossi (nato a Capodistria nel 1878), laureatosi a Vienna in filologia romanza con il Statuto di Cherso ed Ossero, particolare di Sant’Isidoro che regge la cittadina di Cherso dalmata Adolfo Mussafia e il grande Meyer-Lubke. Annessa l’Istria all’Italia, Vidossi fu destinato all’Ufficio centrale per le nuove province, quindi nel 1930 fu incaricato, a Torino, di redigere l’ Atlante linguistico italiano; condiresse l’Archivio Glottologico Italiano e il Giornale storico della letteratura italiana; fu anche docente di filologia germanica dal 1942 al 1952, e cultore appassionato di tradizioni popolari istriane. Di analogo interesse è il saggio di Maria Laura Iona sul Contributo dei Polesini al Codice diplomatico istriano, che scaturisce dal riordino dell’archivio della famiglia Polesini,originaria di Montona ma trasferitasi a Parenzo nel corso del Settecento. L’esame delle carte consente alla studiosa di rievocare figure importanti della storia patria istriana, come Costantino Cumano, nativo di Trieste, patriota ardente e protagonista dei moti del 1848; o Carlo De Franceschi, originario di Moncalvo nei pressi di Pisino, autore de L’Istria. Note storiche, apparse a Parenzo nel 1879; o, ancora, Tommaso Luciani (Albona, 1818), vivace pubblicista impegnato nella divulgazione della storia istriana fuori dai confini regionali. Tutti accomunati da un profondo amore per la terra natale e impegnati, come scrive la Iona richiamando il De Franceschi, a cercar «di rendere gli Istriani consapevoli di sé perché riuscissero a togliersi da quello stato d’inferiorità, nel quale le alloglotte autorità periferiche tendevano a conservarli», con evidente allusione alle autorità austriache. In questa trama di personaggi si inserisce il marchese Gian Paolo Polesini, che collaborò alla raccolta di documenti per il Codice diplomatico e all’elaborazione di tabelle statistiche che potessero offrire al Kandler dati affidabili e organici. La studiosa ricostruisce le fasi del lavoro del Polesini di reperimento delle fonti e di trascrizione dei documenti in favore di Kandler, impegnati entrambi – come segnala la Iona – a ricercare nei documenti antichi le radici e le premesse del sentimento di autonomia e di libertà degli istriani nella seconda metà dell’Ottocento. Degli altri saggi presenti in questo volume è doveroso segnalare quello di Angelo Griggi La coltivazione della vite e la produzione del vino in Istria, un attento studio sulle diverse tipologie di produzione e sui progressi dei metodi di coltivazione e di lavorazione delle uve. Alla prestigiosa Accademia delle Scienze di Bologna il seminario su metodi e ricerche storiografiche sul confine orientale che solo il 27% dei giovani italiani di oggi sa cosa si festeggi il 2 giugno. Queste constatazioni devono liberarci da quel complesso di vittimismo che si esprime nella lamentela “siamo stati dimenticati!” in quanto gli italiani non hanno dimenticato solo la nostra storia, ma stanno semplicemente dimenticando se stessi. Il dovere quindi di chi studia le vicende del confine orientale deve essere, ancor più che la conservazione della memoria di vicende tragiche, lo stimolo alla cultura e alla politica italiana di ritrovare la nostra comune identità nazionale e la nostra strada nel cammino della storia. Rudyard Kipling si chiedeva, con un paradosso provocatorio tipicamente inglese: “che ne può sapere dell’Inghilterra chi conosce soltanto l’Inghilterra?”. Questo aforisma si può applicare al nostro tema sotto due aspetti speculari, traducendolo in “che ne può sapere del confine orientale chi conosce solo il confine orientale?”. E que- sto serve per liberare noi e chi si occupa dei nostri temi dai condizionamenti di una visione localistica e marginale. Ma può anche essere capovolto: “che ne può sapere dell’Italia chi conosce soltanto l’Italia?”. E questo serve alla storiografia e alla cultura italiane, abituate – anche solo per autodenigrarsi – a guardarsi soltanto l’ombelico, a comparare con un po’ di coraggio e di fantasia la storia del nostro Paese con quella degli altri. Servirebbe anche a certa sinistra che, legata ai miti sessantottini, ancora non ha capito la lezione che viene dalle esperienze dell’Europa centro-orientale nel secolo scorso. Aiutare l’Italia ad acquisire la consapevolezza del giusto posto che deve occupare nell’Europa unita, è compito ancora più arduo di far ricordare le nostre vicende. Ma la grandezza del compito dev’essere motivo di slancio e di serietà nell’assolverlo. Lucio Toth E ancora il contributo di Nadia Bertoni e Stéphan Cren sul pittore Girolamo Santacroce di Capodistria, seguace di Gentile Bellini, attivo tra Istria e Dalmazia e fedele alle formule iconografiche codificate a Venezia: e infine l’articolo di Gianna Duda Marinelli sui Leoni marciani di Cherso e, della stessa autrice, le Note sulla comunità di Ossero, Cherso, Caisole e Lubenizze. p.c.h. Il frontespizio dello Statuto di Cherso ed Ossero, stampato a Venezia nel 1640 Scuola Dalmata, edito il nuovo numero È edito, a cura della Scuola Dalmata dei SS. Giorgio e Trifone di Venezia, il numero 53 del 2/2007 del periodico nel quale sono pubblicati articoli e note di argomento dalmato e i verbali delle sedute della Scuola. In questo numero si leggono alcuni interessanti contributi sulle figure dei Santi Doimo, Anastasio e Marino, vissuti nel IV secolo, e Donato, vescovo di Zara, vissuto invece nel IX. Segue un contributo su S. Girolamo, certo il più noto esponente del Cristianesimo in Dalmazia, soggetto di molte raffigurazioni ad opera di illustri artisti italiani dal XV al XVII secolo, qui brevemente richiamati. Nel fascicolo si legge anche un bel ricordo di padre Rocchi a firma di TullioVallery e la cronaca del convegno «La presenza di Venezia nelle Bocche di Cattaro e nel Montenegro» svoltosi a VeAntonello da Messina, nezia nel gennaio di quest’anno con il contributo San Gerolamo nello studio di studi di storici italiani e montenegrini, volti a (1474-1475), rendere «più intensi i rapporti in atto tra le due Londra, National Gallery. sponde adriatiche con la conseguente riscoperta Uno, e tra i più pregevoli, e promozione di un comune patrimonio storico, dei molti dipinti che hanno per soggetto il santo dalmato artistico e culturale», come annota Vallery. 4 DIFESA ADRIATICA Luglio 2008 L’Istria nel Seicento. Una relazione sullo stato dei confini Nel supplemento Histra Terra l’ispezione di Francesco Corner apparsa tra il 1610 e il 1615 Secolo inquieto il XVII, in Istria e più in generale negli estesi possedimenti veneziani dell’Adriatico a causa dei pirati uscocchi, tollerati se non incoraggiati dall’Austria, e della pressione esercitata dalla Sublime Porta che proprio in quel secolo metteva in straordinario e giustificato allarme le potenze europee. Una situazione che indusse la Serenissima ad aggiornare continuamente i dati sullo stato delle fortificazioni, delle città e dei contadi dell’Istria, affidando la stesura di una relazione a Francesco Corner, Provveditore alla custodia dei confini istriani tra il 1600 e il 1601. La relazione è ora riprodotta nel supplemento 8/2007 di Histria Terra dellla Società Istriana di Archeologia e Storia Patria con un’introduzione di Diana Cristante e Camillo Tonini che ricostruisce il quadro storico entro il quale si colloca la figura del Corner: «l’estesa nota – scrivono i curatori – [...] risponde alla frenetica richiesta d’informazione da parte della Serenissima, sempre più allarmata [...]». Infatti le devastazioni degli Uscocchi avevano colpito diverse cittadine istriane, causando la reazione di Venezia che aveva replicato con un durissimo blocco navale attorno a Trieste ed a Fiume per indurre la corte absburgica a tenere sotto controllo la pirateria in Adriatico. Lo scritto del «Provveditor» è anche, naturalmente, un rapporto sullo stato di salute della piccola penisola sia nell’area litoranea che nel suo entroterra, con un’attenzione manifesta anche per la produzione agricola, le condizioni igieniche, le abitudini degli abitanti. Della relazione, integralmente riportata su Histra Terra, riproduciamo alcuni interessanti passaggi. _______________________________ L’Istria ultima provincia d’Italia è quasi simile ad una lingua, che uscendo fuori, d’un continuo labro de monti vien bagnata da tre bande dal Mare Adriatico, et dalla parte di terra vien serrata dalli monti Carsi, principiando a S. Giovanni di Duino, terminando con questo giogo de monti sopra Fianona, nel golfo Quarnero, [...]. Ha diversi porti notabili, et commodi al ricetto di qual si voglia numerosa armata, quattro fiumi, et doi torrenti di poca consideratione; è montuosa in diverse parti, et piena di boschi. Confina dalla parte di terra con la Carnia, et Liburnia per tramontana col Friuli, per ostro con l’isola del Quarner; per Ponente è in faccia di questa città, et litti della Romagna. L’aria in lei è varia, poiché altri luochi l’hanno perfettissima, altri mediocremente sana, et altri in tutto pestifera. [...] Le persone, che habitano nelle città, et terre principali sono assai civili, et parlano Italiano, li contadini parlano Schiavo, sono astuti, vili, pigri, et poverissimi. [...] Seguita poi per le rive del mare lontano da Mughia miglia sei Capo d’Istria. Questa è la prima, et più stimata della provincia, et posta d’un’isoletta fatta in forma di scudo, [...]. Questo è il più bel sito, che s’habbi in quella provincia, et vi si farebbe una fortezza inespugnabile, et la sua principal custodia si è il sudetto castello, [...]. La città non è molto ben habitata per rispetto dell’aria, che si va di giorno in giorno facendo peggiore per causa delle saline, et per l’alteratione della laguna. Il suo territorio è bello, et ben coltivato, produce vini assai buoni, ma poco formento li suppliva però in parte la quantità de sali, [...]. Più avanti per l’istessa riva [...] si trova Pirano, terra principale, et ben habitata. [...] Sono quelle genti ardite [...]. Partendosi da Pirano [...] si trova Humago castello quasi posto in isola, che per rispetto dell’aere pestifero è quasi del tutto vuoto, stando quei habitatori alle ville, havendo un territorio buono, et grasso, et che produce d’ogni cosa [...]. Dipoi 12 miglia lontano si trova Cittanova dishabitata massime l’estate per l’infettione dell’aere, [...]. Il suo territorio è ampio, et buono, et fa formento bioade, et vini, et ogli più del bisogno, [...]. Partendo da Cittanova per miglia sei si trova Parenzo città quasi del tutto disabitata per l’aere cattivo, [...]. Essa è posta sopra una ponta che entra in mare a guisa di penisola, ha bellissimo porto [...]. Il suo territorio è grande, et fertile, ma te, con li suoi corritori di pietra per caminarvi d’intorno. Ha dentro una cisterna molto a proposito. [...] Lontano da S. Lorenzo miglia 12 per levante si và a trovare la terra di Montona, lasciandosi per ponente Visinata, villa grossissima, et giurisdittione dell’illustrissimi Grimani fu Procurator, qual è come una terra con belle fabriche, piena di habitanti commodi, ma per esser tutta aperta non occorre dirne altro. E’ la detta terra di Montona posta sopra un eminente, et bellissimo monte, tutto vestito di vignali, olivi, nozzeari, et altri alberi fruttiferi, che fanno una prospettiva mirabile, dominando la valle dei roveri, et altri siti. Oltre la terra vi è il castello di forma tonda, senza fianchi, con li suoi corridori, che se le camina d’intorno, nel quale habita il clarissimo podesta, et è ben habitata, et di perso- Jan Peeters, Parenzo, da Descriptions des principales Villes, Havres et Isles d Golfe de Venise, incisione, Anversa post 1686, Venezia, Biblioteca del Museo Correr ne civili, ha alcuni borghi d’intorno, che ancho essi restano eminenti et vi è una grande, et faticosa ascesa. Questo sito è il più bello, et migliore per chi dissegnasse far fortezza, dell’Istria [...]. Il suo territorio è grande, et abondante d’ogni cosa non solo per la terra, ma anco per altri straordinarij [...]. Orsera, il Leone marciano sulla parete di un edificio in gran parte inculto. [...] Dipoi altre sei miglia lontano si trova Rovigno; questa terra è benissimo habitata, et da gente buona, et ardita. [...] Essa è tutta cinta di muro, ma in qualche parte rovinoso, et con pochi danari si ridurria in bonissima sicurezza. Il suo territorio non è troppo fruttifero, fa vini, et ogli, ma manca di formenti. [...] Da Fasana lontano miglia X è Pola gia città famosa vedendovisi molte vestigie di edificij magnifici, et in particolare d’un bellissimo theatro, onde ella anticamente doveva essere in molta stima, ma hoggi ridotta a niente, patendo dell’aria cattiva, onde si può dire, che non conservi altro che il nome, che perciò la maggior parte delle persone hanno ridotto le sue habitatoni alla villa di Galesan. [...] Il suo porto è bellissimo, et capacissimo per qual si voglia armata. Il suo territorio è grande, et a tutte le cose fruttifero, ma è poco coltivato, mancandole habitatori. [...] Per I’istesse rive si entra nel golfo Quarnero, et voltando per le medesime per greco levante circa miglia 40 si trova la terra di Albona, lontana da marina miglia due, posta sopra un monticello, [...] la quale è benissimo habitata, et di gente civile, et commode. Questa terra è di consideratione per esser posta a confini, et divisa con territorio, mediante il fiume Arsa, dal resto della provincia, onde resta come in penisola. Il suo territorio è grande, et buono, fa formento et vino, che li basta abbondantemente, ma manca d’oglio. Più avanti cinque miglia si trova Fianona posta sotto la falda delle montagne. Questo è piccolo castello, ma con buona muraglia, il qual l’anno 1598 fu improvvisamente sacchegiato da Uschocchi. Ha un porto grande ma pericoloso per esser posti alli venti di tramontana [...]. Ha Fianona honesto territorio et buono, fuori della terra corre una fontana, che fa macinare molte ruote da molini, de quali si serve non solo Albona, et Fianona, ma anco l’isola di Cherso, et Ossero, et altri luochi [...]. Partendosi di qua a drittura [...] vi è Dignano terra grossa, et populata con belle habitationi, et buon territorio, abbondante d’ogni cosa, ma è aperta ecetto il palazzo del chiarissimo podestà qual è in forma di castello forte con muraglie bonissime. Questa terra è di consideratione [...]. Da Dignano 3 miglia lontano vi è Valle, castello convenientemente habitato, con borghi intorno alle mura, et parte del recinto della muraglia vien fatto dalle case delli habitanti, cosa, che non sta bene. [...] Il suo territorio non è molto grande, ma è fruttifero, et fa’ biade d’ogni sorte, vino, et oglio. Da Valle cinque miglia lontano si viene a S. Vincenti. Questo castello era del serenissimo prencipe Grimani, et è di buonissima muraglia con buona scarpa, fossa, et fianchi, et molto for- Le vestigia di Duecastelli, antica fortificazione di fondazione medioevale, abbandonata intorno alla metà del XVIII sec. In origine consisteva di due castelli, Parentino e Moncastello. L’insediamento del castello di Parentino, i cui resti sono visibili ancora oggi, fu abbandonato all’inizio del Medioevo, mentre il vicino castello di Moncastello, conosciuto come Duecastelli, si sviluppò come punto strategico dell’Istria veneta e fu abitato fino al 1631 quando gli abitanti, a causa di una piaga endemica, si stabilirono a Canfanaro PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI (D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196) La seguente informativa le viene resa ai sensi e per gli effetti del Decreto Legislativo 30 giugno 2003 n. 196 in materia di protezione dei dati personali e concerne i dati forniti all’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, in relazione agli abbonamenti alla rivista “Difesa Adriatica”. Categorie di dati personali oggetto di trattamento, scopi e modalità del trattamento stesso. 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I Dati Personali verranno gestiti dal personale addetto che, nominato responsabile e/o incaricato del trattamento secondo la vigente organizzazione aziendale, è preposto al loro trattamento al fine del raggiungimento degli scopi precedentemente indicati. I Dati personali verranno posti a conoscenza dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia – Via Leopoldo Serra 32, Roma - di Caterini Editore Società a.s. – Via Ambrogio Traversari n. 72, Roma - nonché di Spedis S.r.l. – Via dell’Omo n. 128 Roma, nominate responsabili del trattamento, che sono preposte al loro trattamento in outsourcing nel rispetto delle finalità come sopra elencate. Eccetto alle sopraccitate persone, fisiche o giuridiche, enti o istituzioni, non è in alcun modo prevista la comunicazione dei Dati Personali a terzi, ovvero la loro diffusione. Natura obbligatoria dei conferimenti dei Dati Personali e conseguenze in caso di mancata risposta Il conferimento dei Dati Personali ed il relativo trattamento per le finalità indicate sub a) e sub b) nel precedente paragrafo sono strettamente funzionali alla ricezione della Rivista “Difesa Adriatica” e pertanto costituiscono condizione necessaria per poter dar seguito alla spedizione della rivista indicata. Il conferimento dei Dati Personali ed il relativo trattamento per le finalità indicate sub c) nel precedente paragrafo sono invece facoltativi. Conseguentemente, la mancata prestazione del consenso al trattamento comporterà l’impossibilità per l’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, di svolgere le attività ivi indicate, e pertanto, di fornire i beni e/o servizi ivi indicati. 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Titolare del trattamento e disponibilità della lista dei responsabili del trattamento Il titolare del trattamento dei Dati Personali è ll’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia con sede in Roma, Via Leopoldo Serra, 32, nella persona del Direttore Responsabile, D.ssa Patrizia C. Hansen. Qualsiasi comunicazione o atto ufficiale potrà essere inviato presso la sede dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, nella persona del Direttore Responsabile, D.ssa Patrizia C. Hansen, nominato responsabile del trattamento anche per consentire agli interessati l’esercizio dei diritti di cui all’articolo 7 del codice. Una lista completa dei responsabili del trattamento dei Dati Personali è disponibile presso la sede dellAssociazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, Via Leopoldo Serra, 32 Roma. Il modello di consenso sarà spedito a tutti gli abbonati per posta ordinaria o come supplemento a “Difesa Adriatica”. Luglio 2008 5 DIFESA ADRIATICA La Redazione risponde Beni abbandonati, se e come ereditare una quota dell’indennizzo A cura dell’Avv. Vipsania Andreicich Sulla base della Legge 137/2001, io ed i miei fratelli abbiamo ottenuto l’indennizzo per i beni abbandonati nella ex Jugoslavia, i quali appartenevano originariamente al nostro bisnonno. Alcuni mesi dopo il pagamento dell’indennizzo a nostro favore, abbiamo ricevuto una lettera dal Ministero dell’Economia, nella quale si rappresentava che era stata accantonata una quota dell’indennizzo complessivo, in quanto non era stata rintracciata la persona titolare della stessa. Io ed i miei fratelli possiamo usufruire dell’indennizzo relativo alla quota accantonata? Lettera firmata Il diritto all’indennizzo per i beni abbandonati nella ex Jugoslavia, spetta a coloro che sono titolari dei beni stessi. Essendo ormai trascorsi più di 60 anni dalla data in cui gli immobili di cui sopra furono sottratti ai loro legittimi proprietari, oggi gli indennizzi vengono, nella maggior parte dei casi, liquidati agli eredi di questi ultimi. La legge infatti prevede che nel caso di decesso dei proprietari dei beni da indennizzare, il diritto si trasferisce agli eredi. Il Ministero dell’Economia, al momento della lavorazione delle pratiche verifica l’esistenza in vita di tutti gli aventi diritto all’indennizzo, relativo ai beni compresi nella pratica, e quando viene a conoscenza del decesso di qualcuno degli aventi diritto, esegue una prima ricerca per verificare l’esistenza di eredi. Tali ricerche sono spesso molto difficili e richiedono tempi molto lunghi, così che in caso di esito negativo si rivolgono agli altri titolari della pratica al fine di poter avere notizie in merito agli eredi della persona venuta a mancare (questo corrisponde esattamente al caso che ci è stato sottoposto). Nel momento in cui gli eredi della persona titolare del diritto di indennizzo vengono rintracciati, questi ultimi hanno l’onere di presentare una autocertificazione ai sensi del D.P.R. 445/2000 nella quale sono tenuti a dichiarare ELARGIZIONI E ABBONAMENTI Questa rubrica riporta: - le elargizioni a “Difesa Adriatica” di importo superiore all’abbonamento ordinario; - le elargizioni dirette alla Sede nazionale ANVGD; - eventuali elargizioni di altra natura; - gli abbonamenti ordinari sottoscritti a “Difesa Adriatica”; All’interno di ogni gruppo, i nominativi sono elencati in ordine alfabetico. In rispetto della normativa sulla privacy non vengono citate le località di residenza degli offerenti. Ringraziamo da queste pagine tutti coloro che, con il loro riconoscimento, ci inviano il segno del loro apprezzamento e del loro sostegno. Le offerte qui indicate non comprendono le elargizioni ricevute dai singoli Comitati provinciali dell’ ANVGD. ABBONAMENTI CON ELARGIZIONI A “DIFESA ADRIATICA” (ccp 32888000) Le elargizioni si concentrano maggiormente tra fine e inizio anno, in occasione del rinnovo dell’abbonamento. L’elenco comprende gli abbonati sostenitori o che hanno versato comunque una quota maggiore dell’ordinario. MARZO A NVGD Comitato Cremona € 40, ANVGD Comitato Padova € 50, Buccaran Nidia € 50, Carloni Flood A.Maria € 50, Cesarello Giuliano € 50, Crasti Marcello € 50, Diracca Mario € 50, Drizzi Vittorio, Fonda Yvonne € 35, Ghidoni Anna € 50, Ive Mario € 40, Lupini Marina € 50, Marsi Tullio € 50, Miani Mario € 50, Passoni Lelio € 100, Pavich Vincenzo € 50, Rallo Giampaolo € 60, Salvioli Livio € 100, Sardi Armando € 50, Sauro Antonio € 300, Scala Iolanda € 50, Vernier Laura € 35, Vosilla Simun M. Anna € 50. APRILE Abbazia di Praglia € 50, Benussi Paolo € 50, Carpenetti Maria € 40, Dobrez Consolaro Liana € 50, Fumagalli Matteo € 60 in memoria di Lucia Rocco Bellisi, Gelcich Anna ved. Biggi € 50, Livraghi Giuseppe € 50, Lughi Silvia € 60, Nicolich Sergio € 50 nel 1° anniversario di Morin Maria (Meri) ved. Nicolich dai figli Gianni e Sergio, Sigovini Aldo € 40, Skull Bian- ca € 50, Skull Petrelli Diana € 50 in memoria del padre Nevio Skull deceduto a Fiume nel maggio 1945, Varlyen Maria € 40, Viverit Lucio € 35. ELARGIZIONI ALLA SEDE NAZIONALE ANVGD (ccp 52691003) MARZO L.R. € 1.000, M.C. € 500. ABBONAMENTI ORDINARI A “DIFESA ADRIATICA” (ccp 32888000) Il rinnovo degli abbonamenti si concentra maggiormente tra fine e inizio anno, quando i lettori ricevono insieme al giornale il bollettino postale precompilato. L’elenco comprende solo coloro che hanno versato la quota ordinaria di abbonamento. MARZO ANVGD ComitatoVicenza, Apollonio Giacomo, Argentini Livio, Bacci Pier Luigi, Benussi Ario, Blascovich Bruno, Bontempo Fabio, Bonzano Laura, Borme Miguena, Botteri M.Luisa, Bulian Pivac Liliana, Caizzi Tommaso, Calucci Gianluigi, Cerboncini Alessandro, Clemente Aldo, Cobai Ornella, Colomban Giuseppe, Costiera Sergio, Cozzi Franca, Cvetnich Margarit Vanda Mancini, Damiani Graziella, Daris Emilia, Davanzo Ambretta, De Carli Romana, De Denaro Giuliana, Delise Lidia, Demarin Doriano, Depase Giovanni, Deponte Sergio, Descovi Redenta, Di Lenna Alfredo, Di Prampero Pietro Enrico, Diviacchi Lucia, Donorà Luigi, Dussich Renato, Gherdovich Vittorio, Gherghetta Lucia, Ghisdavcich Miriliana, Giachin Lino, Giangreco Chiara, Giorgini Francesco, Gregori Mario, Iurissevich Valerio,[...] (segue...) quanto segue: - luogo e data di nascita del de cuius; - luogo e data del decesso del de cuius; - nome e cognome degli eredi, residenza e rapporto di parentela con il de cuius; - se il de cuius ha lasciato testamento o meno, e nel caso in cui vi sia un testamento è necessario allegare una copia autentica, rilasciata da un notaio, del testamento medesimo; - se tra gli eredi del de cuius vi è il coniuge, indicare se è intervenuta o meno sentenza di separazione o divorzio (la bozza dell’autocertificazione di successione può essere richiesta alla Sede nazionale dell’ANVGD). A seguito della presentazione dell’autocertificazione relativa alla successione di colui che aveva diritto all’indennizzo, il Ministero provvede ad indennizzare la quota spettante allo stesso ai suoi eredi legittimi o testamentari. Non vi sono altre possibilità per ottenere il diritto all’indennizzo di cui alle leggi sopra citate, all’infuori della successione sia legittima che testamentaria. La legge infatti non prevede il diritto di accrescimento tra gli aventi diritto all’indennizzo dei beni abbandonati, così che nell’ipotesi in cui uno dei titolari della pratica non fosse più rintracciabile o non fosse possibile rintracciarne gli eredi, tale quota rimarrebbe giacente presso il Ministero dell’Economia in attesa che coloro che siano in grado di provare diritti successori sul titolare di tale indennizzo si presentino a rivendicare il loro diritto. Solo la successione, legittima o testamentaria, consente agli eredi di avere attribuita la quota di un congiunto “Sapienza”, alcuni commenti della stampa Gli episodi registrati alla prima Università romana sono stati naturalmente commentati da tutti gli organi di stampa. Sul “Corriere della Sera” Piero Ostellino così riflette sulla solidarietà espressa dai colleghi docenti al preside di Lettere Pescosolido (Quei non senso antifascisti, 7 giugno 2008): «la solidarietà, in nome dell’antifascismo, espressa dal Corpo accademico dell’Università la Sapienza di Roma al preside della Facoltà di Lettere, Guido Pescosolido, sequestrato dai collettivi studenteschi di sinistra, mi pareva francamente un nonsenso. Ma come, un docente subisce una violenza da sinistra e i suoi colleghi gli manifestano solidarietà antifascista ? Mah. Poi, ho letto la lettera del professor Pescosolido pubblicata dal Corriere [4 giugno scorso, ndr] e credo di aver capito. E la lettera di un uomo impaurito, che cerca di giustificare, in burocratese, l’autorizzazione data all’organizzazione del dibattito sulle Foibe – che ha provocato la vergognosa cagnara studentesca e la singolare presa di posizione del Corpo accademico – con la prevista partecipazione di una relatrice «negazionista». Anche la lettera a me pare un nonsenso. Ma come, lo storico di professione, professor Pescosolido, pensa davvero che possa avere un qualche valore storiografico un dibattito su un «fatto» storico acclarato, e sul quale già si sono pronunciate a suo tempo tutte le forze politiche, fra chi lo utilizza per ragioni polemiche di parte e chi addirittura lo nega per le stesse ma opposte e speculari ragioni? Mah. [...] Ti sei iscritto all’ANVGD? Prosegue la campagna abbonamenti 2008 Cosa aspetti? Noi Ti aspettiamo Rivolgiti ai nostri Comitati Provinciali o contatta la nostra Sede nazionale (tel. 06 5816852) L’abbonamento a Difesa Adriatica non equivale alla quota associativa Da un lato, l’antifascismo è la foglia di fico della quale una certa sinistra si fa miserevolmente scudo per giustificare la propria intolleranza nei confronti di chiunque non la pensi come lei. Insomma, l’antifascismo militante è la negazione stessa dell’antifascismo storico, che è stato, innanzi tutto, opposizione morale all’intolleranza politica totalitaria. Dall’altro lato, l’antifascismo è l’argomento che quella stessa sinistra usa per legittimare o delegittimare moralmente e politicamente chiunque le attraversi la strada. Insomma, l’antifascismo militante non è un ideale, ma un manganello da esibire come “avvertimento” [...]. Se, come credo, così stanno le cose, la solidarietà “antifascista” del Corpo docente della Sapienza a Pescolido, vittima di una violenza di sinistra, e la sua stessa lettera al Corriere, non sono due insensatezze logiche, ma due comportamenti razionali. Traduco liberamente il senso della solidarietà del Corpo docente: «Caro Pescosolido, il crinale sul quale si è manifestata, ma può anche decadere, la nostra solidarietà, è l’antifascismo. Che noi identifichiamo con la rinuncia, da parte tua, a organizzare altri dibattiti sulle Foibe. Altrimenti non ti assicuriamo di solidarizzare ancora con te in caso di una nuova aggressione». Con la sua lettera, Pescosolido ha promesso che non lo farà più». Su “Il Giornale” del 28 maggio interviene Mario Cervi (Intolleranza travestita). «[...] Per impedire che il dibattito si svolgesse i contestatori hanno occupato la presidenza della facoltà, e se ne sono andati – promettendo tuttavia vigilanza arcigna, e mantenendo la promessa – solo dopo che il prorettore Luigi Frati [...] ha comunicato l’annullamento del convegno «per il timore che disordini prendano il posto di un libero dibattito». In effetti il dibattito non c’è stato, ci sono stati i disordini. Di solito, in queste circostanze, l’intolleranza riveste per essere accettata, i panni nobili dell’antifascismo. E, secondo schemi tanto vecchi quanto astuti, sono evocati ideali nobili – come la ribellione al razzismo – per far pas- sare divieti e censure ideologici. È uno stratagemma d’annata. Nel 1960 il Pci volle impedire – avendo come obiettivo la caduta del governo Tambroni – che il Msi tenesse a Genova il suo congresso: che era il quarto del Msi, e i precedenti si erano svolti senza incidenti. Si affermò che Genova era una città medaglia d’oro della Resistenza, che il congresso si sarebbe tenuto in un teatro distante solo una cinquantina di metri da una lapide partigiana, che tutto questo rappresentava la classica «provocazione». Genova fu messa a soqquadro, il congresso non si tenne, Tambroni cadde. Eventi del massimo rilievo, quelli di quasi mezzo secolo fa; innescati per un disegno politico importante da un fortissimo partito comunista. Oggi abbiamo parodie lillipuziane delle tecniche agitatorie d’un tempo: oggi tutto volge al bonsai e al grottesco, i residui piazzaioli e studenteschi d’una sinistra allo sbando fanno la voce grossa con gli epigoni di un’estrema destra irrilevante». E Francesco Merlo su “Repubblica” del 5 giugno (L’Università e gli ultrà della destra): «[...] è assolutamente necessario restaurare l’ovvietà basilare che nelle università italiane si può parlare solo per titoli e competenze. Ebbene, il leader di “Forza Nuova” Roberto Fiore non ha titoli né competenze per parlare delle foibe in una sede scientifica [...]. E subito va chiarito che allo stesso modo, della teoria del valore-lavoro possono discutere all’università Mario Monti eTito Boeri, ma non Casarini e neppure Veltroni e Berlusconi. [...] Ovviamente la politica può usare la scienza come vuole, ma la scienza non la fanno i politici [...]. Sulle foibe sono andati in pellegrinaggio si Fassino che Veltroni. È vero che sono state lungamente nascoste a sinistra e che dunque ancora oggi nei manuali adottati nelle scuole ci sono lacune e reticenze, ma anche questa colpa è stata oggetto di studio, e proprio a sinistra. [...] La nostra speranza è che dunque l’università italiana con un po’ di orgoglio si sottragga a questa strategia eversiva ribadendo che il rapporto che c’è tra la politica e la scienza è lo stesso che c’è tra l’ortolano e la botanica [...] ». Giampaolo Pansa, intervistato dal TG1, ha commentato: «Un’università molto strana, la Sapienza, dove tempo addietro non ho potuto mettere piede. Sono molto preoccupato, vedo montare un clima che ho visto a Milano negli anni Settanta». Red. 6 DIFESA ADRIATICA FIUME: FM O FU? Sono nata a Fiume. Nelle varie documentazioni in mio possesso la sigla di Fiume è sempre FU. Oggi ho scoperto che nel 1930 la sigla fu mutata in FM. Cosa devo fare quando, nell’espletamento di documenti, mi chiedono la sigla della mia città? Nella tessera sanitaria e nel codice fiscale c’è FU, la Banca non accetta FU ma bensì FM. Annamaria Mihalich, mail L’indicazione della sigla di Fiume non è regolamentata da alcuna legge che riguarda gli esuli. Pertanto quando viene indicato il suo luogo di nascita è fondamentale che il nome «Fiume» sia indicato in italiano. Sulla sigla quindi ogni sistema informatico si gestisce per conto proprio, senza che la cosa, sia usando FM sia usando FU, crei problemi al cittadino. RISCOPRIRSI DOPO 60 ANNI Nell’era di internet, dopo 60 anni dall’esodo, figlio e nipote di esule navigando nel web ho constatato che sul sito del catasto croato alla data odierna risultano ancora iscritte a nome di nonno (oramai defunto dal 1990) sei particelle catastali relative a circa 11.000 metri quadri di terreni nel comune di Parenzo. Chiedo consiglio a Voi se ho ancora dei diritti come erede ed eventualmente sulla strada da seguire per esercitare gli eventuali diritti di proprietà. Tengo a precisare che per detti terreni non è mai stato percepito alcun indennizzo. L’unico indennizzo percepito dai miei avi, in due soluzioni, è stato per l’abitazione (in quanto era diviso 1/2ip a nome di mio nonno e 1/2ip a nome di mia nonna). Claudio, mail In realtà il catasto croato porta ancora la dicitura di buona parte dei vecchi proprietari, che però sono stati praticamente “espropriati” nel momento in cui l’Italia ha utilizzato i loro beni per pagare i danni di guerra alla Jugoslavia. Il dato catastale è quindi solo indicativo, in quanto non rappresenta un diritto all’utilizzo della proprietà. Se i suoi avi hanno percepito un indennizzo, l’applicazione di tale diritto non è ancora perfezionata perché lo Stato italiano sta ancora continuando a pagare in più tranche il suo debito nei confronti degli Esuli e dei loro discendenti, con indubbio e grave ritardo. LA MIA PROVINCIA NON È «EE» Sono nato a Cittanova d’Istria nel 1944 alla stipula di un con- Dal nostro inviato nel tempo... Pola, domenica 22 gennaio 1922 Si terrà questa mattina la gara di Marcia, organizzata dalla S.S. Grion,che assegnerà al vincitore il titolo di Campione della Città di Pola. Il percorso prevede due giri della città pari a 12 Km e il ‘Via’ verrà dato a tutti i concorrenti alle ore 9.00. Via V Novembre ore 16. Malgrado le pessime condizioni del tempo, la manifestazione non poteva avere una più brillante riuscita ed un maggiore successo. Le strade fangose, a volte ridotte in pantani, non hanno permesso agli atleti di esprimere tutte le loro capacità fisiche, in particolar modo, ai favoriti Movia e Glavich, che sono stati i protagonisti della bella manifestazione. Dopo una veloce partenza, il primo tratto di gara ha visto protagonista l’eclettico e tenace Zamboni della Brigata Lombarda, che con un fulmineo allungo ha distanziato il gruppo di quasi cento metri. Movia e Glavich, che si trovavano nelle ultime posizioni, di comune accordo, decidono di riprendere l’atleta lombardo e con un poderoso allungo riescono a riprendere la testa della corsa. I tre atleti continuano a marciare insieme fino a via IV Novembre dove Zamboni non riuscendo più a mantenere il ritmo degli atleti di casa, si stacca abbandonando così la possibilità di vittoria. Preso quindi risolutamente il comando della competizione, i polesi con una progressione inesorabile, si distaccano sempre più da Zamboni e dal resto del gruppo. I due, con superba andatura conducono la gara fianco a fianco per tutto il restante percorso, dando così ai tifosi presenti uno spaccato carattere di combattività. L’unionista ha sa- Luglio 2008 Lettere al giornale FERMO POSTA di Fabio Rocchi I quesiti (possibilmente brevi) possono essere inviati alla Redazione (Via Leopoldo Serra 32, 00153 Roma, fax 06.5816852, e-mail [email protected]). Alcuni vengono tratti da più ampie interrogazioni che giungono alla sede nazionale dell’Anvgd. tratto di assicurazione con Genertel per poterlo rendere valido hanno dovuto inserire la provincia E.E. Questa è una ulteriore presa in giro. È corretta l’applicazione della legge? Pensionato statale La legge parla dell’indicazione del Comune di nascita e non della provincia. per cui se hanno indicato «Cittanova d’Istria» esattamente col nome italiano, non hanno violato la legge. L’indicazione della provincia è un settore in cui la legislazione non si è espressa. Se però «EE» sta per estero, in questo caso va fatta opposizione perché il Comune, all’atto della sua nascita, era italiano. Pertanto o va indicata la sigla della ex provincia o non va messa alcuna indicazione della provincia. OMONIMI E SIMILITUDINI Ho ricevuto il n. 5 di “Difesa Adriatica” di cui vi ringrazio. A pag. 5 alla voce elargizioni leggo il mio nome storpiato. Il nome scritto è Orlini Bruno, mentre esatto è Orliani Bruno. In realtà non si tratta di un errore, in quanto Bruno Orlini è un nostro abbonato, così come lo è Bruno Orliani. Con migliaia di abbonati è frequente che nomi e cognomi si assomiglino. LA SECONDA PARTE DEL LIBRO DI PADRE ROCCHI Vi prego inviarmi la seconda parte del libro L’Esodo dei 350mila giuliani fiumani e dalmati. Complimenti alla vostra stimata Associazione. T.S. - Lozzolo (VC) La ristampa della prima parte del più celebre libro di Padre Flaminio Rocchi è stata presentata nel 2007. La seconda parte, quella relativa alle monografie delle città perdute, è prevista in stampa per l’inizio del 2009. A Pola, in gara a passo di marcia IL CONVEGNO AL MONTE MAGGIORE D’ ISTRIA puto imporsi per ben 11 Km al più allenato Movia, il quale nell’ultima frazione, in superbe condizioni fisiche, ha lasciato dietro l’avversario, giungendo al traguardo con qualche decina di metri di vantaggio. La gara del nerostellato è stata indubbiamente brillante e la sua vittoria netta e convincente. Non meno magnifico è stato l’atleta dell’ U.S. Polese Glavich, al quale concediamo una attenuante, quella di essere stato in precarie condizioni di forma. Belle anche le prove che hanno fornito Zamboni, terzo al traguardo e i marciatori di casa Eberli, Tercovich, Tomich e l’eterno Bisio, l’agile corridore genovese. L’organizzazione ai posti di controllo e lungo il percorso è stata buona, ha difettato però all’arrivo che è avvenuto alla presenza di un folto pubblico, malgrado la presenza di una pioggia fittissima. Ecco l’ordine di arrivo:1. Movia Gino della S.S. Grion in 1 ora e 47 minuti; 2.Glavich Luigi 1.59; 3. Zamboni Ruggero. Seguono altri 15 corridori in tempo massimo. Monte Maggiore, 9 gennaio 1922 Il Consiglio e il Gruppo della SUCAI di Trieste (Sezione Universitaria Club Alpino Italiano) hanno organizzato per i giorni 11 e 12 gennaio un primo convegno annuale al Monte Maggiore (m.1396) e precisamente al rifugio Duchessa d’Aosta al passo di Polkon (m. 956). Questo passo segna il limite naturale della regione fiumana e da qui la strada scende rapidamente verso l’Istria. Il Programma prevede che gli studenti triestini incontreranno i loro colleghi del Club Studentesco Alpino Fiumano che, invitato al convegno, ha promesso il suo intervento con una numerosa rappresentanza. Il giorno seguente si uniranno al Convegno, anche una rappresentanza dell’Alpina delle Giulie di Trieste ed una del Corpo Nazionale dei Giovani Esploratori. Da Pisino inoltre arriverà al rifugio una rappresentanza della Società Escursionisti Istriani. Monte Maggiore 12 gennaio 1922 Come da programma la prima giornata è stata dedicata ad una gara di sci. Questa è stata particolarmente brillante e vivace a causa della rivalità tra gli studenti triestini e quelli fiumani. Tutti i giovani sono giunti, senza incidenti al traguardo, compiendo magnificamente la discesa finale, mostrando buone condizioni di forma. Il giorno successivo, grazie all’arrivo degli altri invitati, si sono svolte, una gara di Mezzofondo e una di Bob a coppie. Il convegno ha ottenuto così un importante successo, grazie sopratutto alla impeccabile organizza- BENI ABBANDONATI: RIPRENDERE LA TRATTATIVA […] Mentre nel resto d’Italia i cittadini che ebbero i loro beni distrutti dalla guerra vennero risarciti, i cittadini profughi non videro riconosciuto il loro diritto ad un equo indennizzo per quanto avevano patito e perduto, ed è ancora aperta anche la questione dei beni oltre confine. A questo scopo è importante che riprenda la sua attività il Tavolo di coordinamento. Riporto quanto sopra perché ho reperito in casa, fra alcune carte vecchie, una lettera da Trieste del 1972 inviata a mio padre, defunto da oltre 20 anni. Una lettera di 36 anni fa su un argomento di oltre 60 anni, ancora di attualità! Saprà chiudere la questione il nuovo Governo? E.C.- Varese Potrà immaginare quanto stia a cuore all’ANVGD il problema, tuttora irrisolto, dei beni abbandonati. Sul numero di giugno di “Difesa Adriatica” abbiamo fornito ulteriori aggiornamenti. V’è da precisare che il diritto intrinseco all’indennizzo è sempre stato riconosciuto agli Esuli e finora anche con coefficienti maggiori di quelli riservati ai danni di guerra. Il Governo dovrà velocizzare il pagamento degli indennizzi stabiliti dalla Legge 137/2001, così da portarli a termine in pochi mesi, e aprire le porte all’ultima legge che erogherà il saldo definitivo agli aventi diritto. Come consuetudine, tutto si gioca sui coefficienti di rivalutazione, ovvero sul costo economico dell’operazione per lo Stato. Compito essenziale dell’ANVGD e della Federazione degli Esuli, in questo caso, è proporre e vigilare affinché il diritto venga soddisfatto nella maniera più equa possibile. LA SENSIBILITÀ DEGLI ESULI Ho ricevuto il recente libro di Toth: l’ho letto in un soffio, commuovendomi tante volte. Ancora tante grazie e auguri, perché “Difesa Adriatica” abbia sempre è più successo. Mi spiace che dopo più di 50 anni che siamo via dalle nostre terre, vengano fuori dei risentimenti da parte di alcuni istriani verso altri profughi. Io ho seguito le vicende perché una mia amica mi regalava il giornale dell’Unione degli Istriani, che ora non voglio più. A.V. - Savona Grazie per le parole di solidarietà. Dalla sua esperienza di vita avrà senz’altro riscontrato che spesso anche chi si prodiga verso il prossimo riceve sonori schiaffoni. L’unica cosa che spiace è che qualche Esule possa realmente credere indistintamente a tutto ciò che legge. zione della SUCAI di Trieste che sta pensando di organizzarne un altro per il prossimo anno. IL CAMPIONATO ITALIANO DI HOCKEY VINTO DAL HOCKEY CLUB POLA. Pola, 27 aprile 1922 Si è concluso, ieri sera, con due importanti partite, il campionato italiano di Hockey che doveva assegnare il titolo di campione nazionale tra l’Hockey Club Pola e l’Hockey Club Trieste e stabilire il terzo posto della classifica fra l’Hockey Club Sempione e il Veloce Club Milano. Nella finale, già dai primi istanti è emersa immediatamente la superiorità dell’Hockey Club Pola, che si è concretizzata con il gol di Mares al 2 minuto del primo tempo. Da quel momento in poi, crollata psicologicamente, l’Hockey Club Trieste rinuncia a giocare ed inizia a commettere una serie di brutti falli che costringono l’arbitro ad espellere due giocatori triestini. I polesi, per nulla intimoriti, chiudono il primo tempo con un altro gol, segnato questa volta da Fabro. La ripresa vede, a causa delle due espulsioni nel primo tempo, scendere in campo la squadra polese con 6 giocatori e la triestina con 4. Il gioco è nuovamente falloso e frammentato, ma malgrado la netta situazione di inferiorità, i triestini riescono a contenere l’offensiva polese e a limitare i danni, ma sul finale di partita subiscono il terzo gol. L’Hockey Club Pola si aggiudica così il titolo di Campione d’Italia, titolo secondo tutti gli esperti meritato, in quanto il team istriano ha mostrato per tutto il campionato una classe e tecnica di gioco superiori rispetto alle avversarie. Nell’altra gara, si aggiudica il terzo posto l’Hockey Club Sempione su il Veloce Club Milano per 4 a 1. Giorgio di Giuseppe Monte Maggiore, il rifugio Duca d’Aosta in una cartolina da collezione Luglio 2008 7 DIFESA ADRIATICA dai comitati DELEGAZIONE DI FROSINONE Anche quest’anno nel Comune di S.Ambrogio sul Garigliano è stato celebrato il Giorno del Ricordo affinché fosse rinnovata nella memoria degli uomini la tragedia che colpì gli italiani delle regioni orientali dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia nonché della Venezia Giulia, ma soprattutto le vittime delle Foibe. Per legge del Parlamento tale ricorrenza è stata fissata il 10 febbraio, ma il Comune ciociaro ha voluto simbolicamente spostare la data al 14 maggio che segnava anche la data della liberazione di S. Ambrogio dalla catastrofe bellica. Sempre sensibile a tali ricorrenze di memoria storica, il Comune ambrosiano si avvale anche della forte collaborazione dell’Istituto Comprensivo Scolastico “Don Bosco” ha voluto accogliere con umiltà ma con italiano orgoglio, le personalità intervenute. Oltre al rappresentante della ANVGD, il delegato provinciale Sergio Viti, era presente la delegazione ufficiale dell’Ambasciata delle Repubblica Federale di Germania composta dal ten. col. Hagen Peukert e dal mar. Michael Fisher e del Dirigente Scolastico prof.ssa Maria Rosaria Di Palma. In un gremito atrio dell’edificio scolastico di S. Ambrogio, erano presenti infatti tutte le Scuole Medie dei paesi di S.Andrea, S.Apollinare e Vallemaio nonché gli alunni delle elementari di S.Ambrogio. Ha portato il saluto dell’Amministrazione il neo assessore alla Cultura Franco Simeone. La parola è quindi passata al col. Peukert che, visibilmente soddisfatto di vedere al suo cospetto una platea formata da soli giovani, ha voluto ribadire il suo credo nelle giovani generazioni, esortandole a tenere sempre vivo la memoria storica poiché con essa si costruisce il futuro. E ha voluto rendere omaggio alle vittime delle Foibe, ma con esse anche tutte le vittime delle scellerate guerre razziali, di qualsiasi colore esse siano, e delle pulizie etniche che ancora oggi si perpetrano nel mondo cosiddetto “civile”. Ha voluto tessere inoltre un elogio al piccolo paese ambrosiano che oltre alla intima ricorrenza del 2 dicembre, si è prodigato anche a ricercare la “verità” in una ricorrenza così importante per l’Italia. Sicuramente ha posto un’altra pietra per la riconciliazione tra i popoli e per la pacifica convivenza tra gli uomini. È stata la volta del delegato provinciale dell’ANVGD Sergio Viti, esule Il delegato ANVGD Sergio Viti premia uno dei ragazzi dell’Istituto Comprensivo Scolastico “Don Bosco” Una lezione di storia giuliana ed europea agli attenti allievi di Fiume, residente in Ciociaria. Ha voluto ricordare toccanti episodi vissuti direttamente nella città fiumana, con le lacrime agli occhi. La morte nelle Foibe, ha sottolineato, è stata atroce come è atroce il ricordo dei parenti sopravvissuti. Ma ha voluto lanciare anche un messaggio di speranza: ricordare significa conoscere la nostra storia, quella di italiani. «Ciascuno di noi, e in special modo voi studenti e giovani ne dovete far tesoro affinché si evitino gli errori del passato. Affermare la giustizia vuol dire onorare coloro che sono morti per la giusta causa e per un giusto credo». Si è compiaciuto di vedere esposta la bandiera dell’ ANVGD donata al Comune dalla Presidenza nazionale dell’Associazione, issata sul pennone insieme a quella italiana e tedesca. Le conclusioni sono state riservata alla prof.ssa Di Palma, che oltre a complimentarsi per l’organizzazione di S. Ambrogio sul Garigliano (Frosinone), una parte dei giovanissimi alunni presenti alla commemorazione, adatta allo loro età, del Giorno del Ricordo promossa dal Comune ambrosiano e dalla Delegazione ANVGD con la fattiva collaborazione dell’Istituto Comprensivo Scolastico “Don Bosco” questa giornata ha voluto esprimere auspici affinché tutti possano impegnarsi quotidianamente poiché questi orrori che colpiscono le coscienze diventino parte integrante della comune memoria e che la tolleranza e il vivere civile portino sempre più alla ricerca delle verità e che si instauri finalmente un sano ed imperituro sentimento di identità e di spirito comunitario. C.S. COMITATO DI GORIZIA Lunedì 26 maggio, nel Palazzo del Cinema di Gorizia, il critico cinematografico Alessandro Cuk ha presentato al pubblico il suo ultimo libro. L’incontro, promosso dall’ANVGD, dalla Lega Nazionale di Gorizia e dall’Associazione di Cultura Cinematografica Sergio Amidei, con la collaborazione del Corso di Laurea DAMS Cinema di Gorizia dell’Università degli Studi di Udine e della Mediateca Provinciale, è stato introdotto dal presidente del Comitato ANVGD e Lega Nazionale dott. Rodolfo Ziberna, e vi hanno preso parte il presidente dell’Associazione Sergio Amidei, avv. Nereo Battello, e il professore e storico Fulvio Salimbeni. È seguita la proiezione di alcuni filmati. Il nuovo libro di Alessandro Cuk, uno dei maggiori esperti del cinema di frontiera, autore di volumi quali L’esodo Giuliano-dalmata nel Veneto (2001), Il giorno del ricordo (2005), Giuseppe Berto, uno scrittore al cinema (2005), è pubblicato da Alcione ed è nato da una sinergia tra ANVGD, Cinit Cineforum Italiano e CDM. Il volume affronta la produzione cinematografica del confine orientale della Venezia Giulia, dell’Istria e della Dalmazia e analizza sistematicamente sia i vari film che sono stati concepiti sull’argomento che tutti quelli che sono stati ambientati e girati in queste terre. L’itinerario, lungo quasi un se- colo, comprende documentari, cortometraggi, fiction e cinegiornali. All’interno scorrono parole e immagini tratte, per esempio, da La città dolente (1949) di Mario Bonnard, che affrontano l’esodo di Pola, dai film del Maestro Franco Giraldi, che costituiscono un’analisi unica e sorprendente sul tema come La rosa rossa (1973), tratto dal romanzo di Pier Antonio Quarantotti Gambini, Un anno di scuola (1977), dal racconto di Giani Stuparich e La frontiera (1996) dal romanzo di Franco Vegliani. Un capitolo dell’importante volume di Cuk è poi dedicato a lavori contemporanei come il film-tv Il cuore nel pozzo di Alberto Negrin che la RAI ha trasmesso in prima serata in occasione del Giorno del Ricordo del 2005, e la fiction Senza confini sulla vita di Giovanni Palatucci, ultimo questore di Fiume italiana. Alla presentazione del libro Il cinema di Frontiera – Il confine orientale, hanno partecipato anche gli studenti del DAMS Cinema di Gorizia e gli studenti del Master in scritture per il cinema. Sceneggiatura/critica del DAMS. Cuk infatti, in occasione della presentazione, parlerà agli studenti e agli appassionati di cinema, di un concorso per aspiranti critici e giornalisti cinematografici, da lui stesso istituito. La presentazione di un libro, arricchita dalla presenza di studiosi ed esperti di cinema e di storia e dalla possibilità di vedere rari e interessanti frammenti cinematografici dedicati al confine orientale, è stata un’occasione importante per gli appassionati e studiosi di cinema e di storia di tutto il territorio giuliano. Rosolin (ANVGD) nuovo presidente della Famiglia Pisinota Claudio Rosolin, dirigente dell’ANVGD di Gorizia è il neo eletto Presidente della Famiglia Pisinota, l’associazione (aderente all’Unione degli Istriani) che raggruppa i tanti esuli costretti ad abbandonare la città istriana di Pisino e che è particolarmente attiva con manifestazioni culturali ed editoriali in Italia ed all’estero. Nato a Pisino nel 1942, Claudio si trasferisce con la famiglia a Gorizia a poco più di un anno. Frequenta il liceo classico “Dante” e si diploma nel 1961, poi sceglie Giurisprudenza e per qualche tempo insegna al “Fermi”. I rapporti con la terra natia sono sempre stati molto stretti. Anche il padre di Claudio, Ottavio, fu un dirigente dell’ ANVGD di Gorizia. Un uomo generoso e sempre desideroso di aiutare gli esuli, spentosi nel 1974. Originario di Pisino, dove era nato il 3 dicembre del 1909, La locandina del film di Franco Giraldi tratto dal romanzo di Franco Vegliani La frontiera aveva svolto diversi lavori, rivestito ruoli importanti in politica e soprattutto si era impegnato nel campo dell’assistenza. Si fece conoscere in città e fece tutto il possibile per dare una mano agli esuli che avevano difficoltà di inserimento in città. Ex combattente, fu dirigente locale e consigliere nazionale dell’ANVGD, e si dedicò all’organizzazione di molte manifestazioni, fra cui i celebri “veglioni dell’esule”. A livello politico e amministrativo, fu consigliere comunale e provinciale. A Claudio Rosolin vanno le felicitazioni dell’ANVGD di Gorizia e del suo presidente Rodolfo Ziberna. COMITATO DI MASSA CARRARA Presenti le massime autorità, dal sindaco di Carrara Angelo Zubbani, al Prefetto di Massa/Carrara dott. Carlo Striccoli, dalla vicepresidente del Consiglio comunale a vari consiglieri comunali, e con il concorso di una nutrita rappresentanza di esuli e cittadini, anche Massa Carra ha reso omaggio al Giorno del Ricordo con la deposizione di una corona d’alloro alla lapide apposta nell’ex Campo Profughi. Quindi, in una sala messa a disposizione e subito rivelatasi insufficiente a contenere tutto il pubblico intervenuto, ha avuto inizio la manifestazione commemorativa, aperta dall’intervento della dott.ssa Rigoletta Vincenti, vìcepresidente del Consiglio comunale, seguita dal sindaco Striccoli che ha ricordato come Massa Carrara, duplice medaglia d’oro, al valore civile e al valore militare, anche in quella occasione dimostrò di assolvere ad un dovere morale, mettendo a disposizione una moderna struttura per quei tempi, che assolse meritoriamente il compito di accogliere e non di segregare, profughi considerati fratelli più sfortunati della popolazione locale, che comunque aveva subito la repressione e le stragi naziste, durante la guerra. Infatti molti Esuli si integrarono in un tessuto sociale, che sotanzialmente non li aveva respinti, e il primo cittadino ha rivendicato con orgoglio e con fierezza l’accoglienza fornita dalla sua città. Il sindaco Striccoli ha rimarcato come il Giorno del Ricordo adempi ad un dovere verso la storia. È seguito l’intervento del presidente del Comitato ANVGD Sergio Tabanelli, che ha ringraziato sentitamente il sindaco per le belle ed emozionanti parole usate e per la collaborazione prestata alla comunità esule, augurandosi che nel futuro possa diventare ancora più soddisfacente. Ha preso quindi la parola il segre- 8 DIFESA ADRIATICA Luglio 2008 dai comitati tario ANVGD Vittorio Miletti, con una lunga digressione che partiva dalla sua condizione di profugo da Fiume, e ospite di quel Campo per lunghi sei anni, dal 1953 al 1958, e quindi testimone diretto di quanto avvenuto. Una seconda testimonianza veniva dal profugo fiumano Tullio Locatelli sulle traversie toccate a suo padre, prima di poter espatriare. L’ultimo intervento è stato della dott.ssa Giovanna Bernardini, assessore alla Cultura del Comune di Carrara, che ha affermato: «un’esperienza che ha caraterizzato una parte importante della mia vita» è dovuta alla frequentazione che la mia famiglia ha avuto con profughi e in particolare con due di loro. Si è impegnata, con mandato del sindaco, a testimoniare nelle scuole, affinché i giovani, possano vivere, attraverso testimonianze dirette, una pagina di storia troppo spesso taciuta e poco rappresentata Nel pomeriggio alle ore 18.00, nella Chiesa parracchiale di Marina di Massa, presenti le autorità municipali e il prefetto, S. Messa solenne dedicata ai Martiri delle Foibe. V. M. • • • Riproduciamo di seguito un estratto dell’intervento di Vittorio Miletti, segertario del Comitato carrarese, alla cerimonia di commemorazione del 10 febbraio nell’ex Campo Profughi di Marina di Carrara. «Cosa signfica fuggire? Perdere la casa? Perdere le radici? diventare Profughi o Esuli? Significa un viaggio senza ritorno, senza una meta, con tante illusioni, per una libertà che non ha prezzo, ovunque stranieri, come una pianta senza radici, come un sogno che ancora oggi ci appare tutto verde, un mare tutto azzurro, ma passati 60 anni, l’illusione sparisce e subentra il desiderio della concretezza, delle azioni che dobbiamo compiere per dar peso e sostanza all’impegno di far sentire le nostre voci, nel raccontare quanto abbiamo vissuto sulla nostra pelle e in prima persona, in modo tale che tutti, compresi i giovani, sappiano finalmente quanto è accaduto ai confini nordorientali dell’ltalia, durante e dopo la fine della Seconda guerra mondiale. L’ Esodo non fu soltanto un plebiscito per l’Italia, ma piuttosto anche una fuga da un regime di terrore [...]. Questa era la vera e dura realtà di allora, che molti, ancor oggi non accettano e non amettono, preferendo altre interpretazioni più addolcite. [...] L’importante però, è che non resti confinato alle celebrazioni, il ricordo di quei fatti, ma ci sia una precisa presa di coscienza, da parte di tutta la comunità, e soprattutto questo avvenga nell’ambito delle Istituzioni e degli uomini che le guidano. Come ha detto il Presidente Ciampi “La memoria ci aiuta a guardare al passato con interezza di sentimenti, a riconoscerci nelle nostre identità, a radicarci nei suoi valori fondanti» [...]. Nella vita è necessario coltivare la speranza, e noi lo facciamo, l’attesa è un tempo prezioso, non un inutile passatempo, e questo significa dare un senso alla vita con un atteggiamento che porta alla fiducia, alla operosità, e alle cose positive. Non ci possiamo permettere di coltivare il senso della pigrizia, dell’egoismo, del disimpegno, perché queste caratteristiche rischiano di farci perdere la speranza [...]. Inutile aggiungere che queste cose valgono per tutti, ma per la nostra gente hanno un valore particolare. Concediamoci quindi alla speranza, perché così romperemo quel silenzio e riusciremo a dire ciò che per tanto tempo è stato taciuto [...]. Questo è il messaggio che oggi noi mandiamo a tutta la nostra gente, a tutta la comunità, a tutte le Autorità presenti e non, nella speranza che quanto espresso diventi realtà, e ringraziamo, in anticipo, quanti si adopereranno perché questo avvenga». Vittorio Miletti L’omaggio del picchetto d’onore COMITATO DI PESARO Domenica 10 febbraio 2008 i Giuliani, Dalmati e Fiumani si sono incontratisul sagrato del Duomo di Pesaro per assistere alla S.Messa in suffragio e ricordo dei nostri fratelli istriani, fiumani e dalmati trucidati e infoibati dai carnefici comunisti jugoslavi. Il parroco del Duomo, don Gino Rossini, ha ufficiato la funzione religiosa. Nella sua omelia ha messo in risalto la carneficina perpetrata dalle truppe di Tito. La chiesa era stracolma di persone. Il celebrante ha detto tra l’altro: «Finalmente il muro del silenzio sembra essere definitivamente caduto». Lunedì 11 febbraio 2008, alle 15.30, l’incontro in Municipio alla presenza del prefetto di Pesaro, del sindaco e di tutto il Consiglio comunale, per la consegna a 40 giuliano-dalmati dell’attestato personalizzato di cittadinanza benemerita. Presenti anche i comandanti militari della Provincia. Per primo ha preso la parola il pre- fetto Luigi Riccio, che ha ricordato le atrocità commesse dalle truppe di Tito. Secondo relatore il sindaco, che ha avuto parole di elogio per l’operosità dei giuliano-dalmati residenti a Pesaro. Dopo la guerra Pesaro contava 385 profughi, oggi sono 64. È seguito l’intervento del presidente del Comitato pesarese, Eugenio Vagnini, che ha toccato argomenti importanti, facendo menzione in particolare del martirio dei 36 carabinieri trucidati barbaramente a Zara dalle truppe di Tito. Vagnini ha rievocato anche la personalità del grande sacerdote pesarese, Padre Pietro Damiani, che nel “Villaggio del fanciullo” in Viale Trieste ha ospitato tanti bambini profughi, circa 1.500 dal 1945 al 1955. Subito dopo ha preso la parola Franco Rismondo (figlio del «Rime»), zaratino, presidente del Comitato A NVGD di Ancona, il quale ha stigmatizzato le manifestazioni indette contro il Giorno del Ricordo. COMITATO DI PISA Numerose sono state le manifestazioni organizzate a Pisa in occasione del Giorno del Ricordo. Mercoledì 6 febbraio si è svolto nell’Auditorium del Liceo scientifico un incontro con alcune classi quinte che hanno seguito con molto interesse le relazioni de.gli storici a cui ha fatto seguito un intervento di Rossella Bari, presidente del Comitato provinciale ANVGD. Sabato 9 nella Sala delle Baleari del Comune dopo un bel saluto del Sindaco, Paolo Fontanelli, e brevi interventi del Prefetto e del prof. Landucci, assessore alla Cultura della Provincia, hanno preso la parola la dott. Cappella della Scuola Normale e il dott. Ciavattone che hanno illustrato i risultati di una ricerca, per il momento ancora parziale, su «I profughi istriani, fiumani e dalmati a Pisa: storia e memoria». La dott.ssa Cappella si è soffermata in particolare sulle interviste fatte ad alcuni esuli che per lungo tempo sono rimasti nel campo profughi di Migliarino Pisano, dimostrando di aver saputo cogliere e Pisa, Sala delle Baleari, Palazzo Gambacorti, 9 febbraio. La commemorazione ufficiale del Giorno del Ricordo alla presenza delle massime autorità civili e militari interpretare con rara sensibilità i ricordi, i dolori, le emozioni degli intervistati. «Con questo articolato programma di iniziative, ha detto il sindaco di Pisa Paolo Fontanelli, la comunità pisana, le sue istituzioni, locali e culturali, e l’associazione dei profughi giuliano-dalmati vogliono offrire un approfondito contributo alla diffusione della memoria delle vittime dei massacri delle foibe e alle vicende che causarono questa pagina tragica della storia italiana del Novecento. Un contributo di conoscenza perché tutti sappiano come fu possibile quella tragedia e, insieme, un atto di onoranza e di monito per il futuro». È successivamente intervenuto il prof. Pezzino del Dipartimento di Storia dell’Università, che ha tra l’altro evidenziato le difficoltà dello studio compiuto dai due giovani ricercatori per mancanza di documenti anche nelle sedi istituzionali e per il modesto numero di esuli disposti a ricordare quelle tristi vicende, atteggiamento comunque comprensibilissimo. La presidente del Comitato Provinciale, dopo aver ringraziato le autorità e i presenti, ha sottolineato come sia importante condividere la memoria di quegli eventi superando i pregiudizi ideologici e cercando di interpretarli con onestà intellettuale. Ha poi consegnato alle autorità e ai relatori il crest del Comitato. Infine è stato distribuito ai presenti il volumetto edito a cura del Comune di Pisa Sguardo storico sui rapporti tra Italiani e Slavi nella Venezia Giulia di Carlo Schiffrer con introduzione del prof.Battini. Domenica 10 nel Cimitero suburbano alla presenza delle massime autorità militari, di molti esuli e cittani pisani si è svolta una toccante cerimonia.Ai lati del cippo che ricorda i nostri morti. due carabinieri in alta uniforme, davanti un picchetto multiforze che ha reso gli onori mentre Prefetto, Vicesindaco, Vicepresidente della Provincia e Presidente del Comitato deponevano corone d’alloro e un trombettiere della Folgore intonava il Silenzio. Successivamente un’analoga cerimonia si è tenuta a Marina di Pisa davanti al cippo dedicato ai Martiri delle Foibe.Durante entrambe le manifestazioni la Presidente ha letto l’invocazione per gli infoibati composta Mons. Santin. La giornata si è conclusa con la celebrazione della S. Messa officiata da :Mons. Crisman che durante l’omelia ha invitato i fedeli a disporsi alla preghiera «perché il Giorno del Ricordo sia ricco di grazia per tutte le vittime dell’esodo, sia sostegno spirituale per la nostra buona testimonianza e occasione propizia per ogni positiva riconciliazione». II giorno 13, infine, in un cinema cittadino è stato proiettato dopo una breve presentazione della dott. ssa Storchi, assessore alla Cultura del Comune, e di Rossella Bari, il film-documentario «Ritorno a casa» al termine del quale la presidente del Comitato ha risposto alle numerose domande degli spettatori. R. B. COMITATO DI SASSARI La Presidente del Comitato provinciale ANVGD di Sassari, Marisa Brugna, è stata di nuovo in Svizzera a presentare per la seconda volta il suo libro Memoria negata - Crescere in un centro raccolta profughi per Esuli Giuliani. La presentazione è stata organizzata dai Circoli Sardi e dalla “Dante Alighieri”. Il 17 maggio era a Losanna presso il circolo sardo Nuraghe - Presidente Josiane Masala - con l’intervento del presidente della “Dante Alighieri”, prof. Alberto Roncaccia mentre il 18 è stata a Ginevra presso la sede dell’ Associazione Sarda della quale è presidente il cav. MarioViglino, presenti esponenti della B WP International Federation of Business and Professional Women. COMITATO DI TRENTO La presidente Anna Maria Marcozzi Keller informa che nel corso di una pubblica cerimonia il Municipio di Levico Terme con il Centro Studi sulla Storia dell’Europa Orientale hanno voluto piantare un albero nel Giardino della Memoria. La messa a dimora è avvenuta lo scorso 31 maggio. COMITATO DI VENEZIA Il Comitato ANVGD ha organizzato, sabato 7 giugno, un viaggio di una giornata che comprende la visita della Foiba di Basovizza e un’escursione in Istria. Il gruppo è partito in pullman da Venezia e da Mestre accompagnato anche dal presidente del Consiglio comunale di Venezia, Renato Boraso, e ha reso omaggio alla Foiba di Basovizza. Successivamente ha proseguito per Momiano. Qui la delegazione del Comitato veneziano, guidata dal vice-presidente Alessandro Cuk, ha incontrato a Momiano il presidente della locale Comunità degli Italiani, Arijana Brajko. La delegazione che era formata, tra gli altri, dal segretario Piero Gazzari e dai consiglieri Regina Cimmino, Luciano Toncetti e Antonio Zett, era accompagnata dal Presidente del Consiglio Comunale di Venezia Renato Boraso. La delegazione ha incontrato il Presidente della Comunità di Luglio 2008 9 DIFESA ADRIATICA dai comitati Il Giorno del Ricordo a Catania Ci pervengono ancora cronache di manifestazioni commemorative svoltesi in diverse città italiane il 10 Febbraio. Il socio Livio Musina, residente a Catania sin dall’esodo, cortesemente ci trasmette la nota sulla cerimonia tenutasi nella città siciliana. Momiano, foto ricordo della visita del Comitato ANVGD . Da sin. il vicepresidente della CI di Parenzo, Alessandro Cuk, Arijana Braiko e Renato Boraso Momiano e il vicepresidente della Comunità degli Italiani di Parenzo. Arijana Braiko ha parlato delle numerose attività che vengono svolte della Comunità degli Italiani di Momiano e ha espresso la soddisfazione di questo incontro con il gruppo proveniente da Venezia dell’Associazione Venezia Giulia e Dalmazia. Il presidente del Consiglio Comunale di Venezia Renato Boraso ha donato una riproduzione del Leone di S. Marco e ha spiegato che devono essere sviluppati sempre di più i rapporti tra le associazioni degli Esuli e le Comunità degli Italiani presenti nei territori giuliano-dalmati. Alessandro Cuk ha portato il saluto del Comitato diVenezia, ma anche della Consulta regionale veneta, di cui è presidente, con l’augurio di instaurare un contatto di collaborazione positivo tra le comunità del Veneto e quelle dell’Istria e della Dalmazia, che hanno nella loro storia e nella loro tradizione un passato direttamente collegato con Venezia. COMITATO DI VERONA «Da Ovest ad Est: Uno sguardo sul cinema Italiano» è il titolo della seconda rassegna cinematografica ospitata dal 23 al 26 maggio dalla Comunità degli Italiani di Fiume, su iniziativa del Comitato Provinciale ANVGD, per favorire una migliore conoscenza della produzione filmica italiana. Ha inaugurato la rassegna «La cena per farli conoscere» di Pupi Avati, cui ha fatto seguito «La sconosciuta» di Giuseppe Tornatore, in parte ambientato a Trieste. Sabato 24 si è tenuta la presentazione del libro di Angelo Picariello Capuozzo, accontenta questo ragazzo, sulla vita di Giovanni Palatucci, ultimo questore italiano di Fiume. Le proiezioni sono proseguite con «La giusta distanza», regia di Carlo Mazzacurati, e «La ragazza del lago», diretto da Andrea Malaioli. Collaterale alla manifestazione la giornata del 26 maggio, dedicata ai bambini. Nel pomeriggio, invece, i connazionali hanno assistito alla proiezione della pellicola di Vittorio e Paolo Taviani «La masseria delle allodole» sul genocidio degli armeni (tratta dal romanzo di Antonia Arslan) e, a chiusura, della pellicola di Silvio Soldini «Giorni e nuvole». I film sono stati presentati da Maria Luisa Budicin, vicepresidente del Comitato ANVGD di Verona, e da Melita Sciucca della CI di Fiume. • • • La nuova edizione del Premio “Loris Tanzella” Anche quest’anno il Comitato Provinciale di Verona bandisce il Premio Letterario “Loris Tanzella”, giunto alla sua ottava edizione. Si vuole in tal modo celebrare la figura del Generale Loris Tanzella che in vita si è prodigato, con la sua cultura e il suo sconfinato amor di patria, a tenere sempre viva la causa giuliano-dalmata. L’iniziativa, promossa e realizzata dal Comitato ANVGD di Verona su proposta della sig.ra Maria Silvi, istriana e vedova del Generale, ha registrato importanti apprezzamenti nell’intero territorio nazionale. Sono ammessi al concorso lavori letterati in prosa e poesia, tesi di laurea, lavori di ricerca sul patrimonio storico, artistico, linguistico e culturale delle terre dell’Adriatico orientale con premi significativi in denaro e riconoscimenti per le opere più meritevoli. Per quanto riguarda la sezione poesia, si richiede la presentazione di una raccolta di almeno 10 componimenti. I lavori dovranno pervenire in 8 copie entro il 30 novembre 2008 al seguente indirizzo: Sig.a Loredana Gioseffi,Via G. Pascoli, 19 – 37038 Soave (VR). La premiazione avverrà nel corso delle celebrazioni per il Giorno del Ricordo (febbraio 2009) presso il foyer del Teatro Nuovo di Verona (ingresso dal cortile della Casa di Giulietta in Via Cappello). Per ulteriori informazioni rivolgersi ai seguenti numeri telefonici: tel. 045.768.04.17 – fax. 0455.22.509 cell. 338.522 85 09 - email [email protected] Alla presenza di studenti, cittadini e rappresentanti delle associazioni d’arma, il Comune di Catania, con l’associazione culturale «La Contea», su iniziativa dei consiglieri comunali Puccio La Rosa e Franco Siciliano, ha con due momenti ufficiali celebrato il Giorno del Ricordo. Alla presenza del vicepresidente dell’ARS [Assemblea Regionale Siciliana], Raffaele Stancanelli, dei consiglieri comunali La Rosa e Siciliano, del vicepresidente della Provincia, Angelo Sicali, dell’assessore provinciale Marco Falcone, degli assessori comunali Fabio Fatuzzo e Silvana Grasso e di diversi cittadini che subirono l’esilio dalle proprie terre, guidati dai signori Musina e Bettanin, è stata deposta una corona d’alloro in piazza Università. La commemorazione è quindi proseguita con una cerimonia commemorativa, nel corso della quale sono stati consegnati i riconoscimenti della seconda edizione del premio «Io Ricordo», promosso dall’associazione «La Contea». Riconoscimento che è stato attribuito al comm. Luigi Maina, esule da Fiume, per il puntuale contributo prestato per organizzare la cerimonia, e alla fiumana Antonina Bonaccorsi. L’iniziativa, anche quest’anno, ha coinvolto un nutrito gruppo di rappresentanti degli esuli istriani, fiumani e dalmati. Periodico mensile dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia Centro studi padre Flaminio Rocchi DIRETTORE RESPONSABILE Patrizia C. Hansen Editrice: ASSOCIAZIONE NAZIONALE VENEZIA GIULIA E DALMAZIA Via Leopoldo Serra, 32 00153 Roma - 06.5816852 Abbonamenti: Annuo 30 euro Socio Sostenitore 50 euro Solidarietà a piacere Estero 40 euro (non assegni stranieri) Una copia 1 euro - Arretrati 2 euro C/c postale n° 32888000 Intestato a “Difesa Adriatica” Con il contributo della legge 72/2001 Redazione e amministrazione Via Leopoldo Serra, 32 00153 Roma - 06.5894900 Fax 06.5816852 Grafica e impianti: CATERINI EDITORE (Roma) Servizi Integrati per l’Editoria e la Comunicazione Tel. 06.58332424 Fax 06.97255609 E-mail: [email protected] Autorizzazione del Tribunale di Roma n° 91/94 dell’11 marzo 1994 Spedizione in abbonamento Postale di ROMA Stampa: Beta Tipografica Srl (Roma) Finito di stampare il 18 giugno 2008 Una fotografia, tanti volti. Era il 1944 Ci scrive la nostra Lettrice signora Graziella Zerauschek, esule da Zara, allegando alla sua lettera la fotografia che pubblichiamo nella speranza che qualcuno vi si riconosca e ci scriva. Nel Giorno del Ricordo, guardando con nostalgia tra le vecchie foto, ho trovato una sul retro della quale è stampata la data novembre 1944, data che dà inizio al nostro primo anno d’esilio a Pieve di Soligo in provincia di Treviso, io avevo 10 anni. Ringrazio ancora dopo tanti anni questa cittadina che ci aveva accolto senza pregiudizi. Non so perché fosse stata scelta, certo che eravamo in molti, qualcuno ebbe l’idea di farci fotografare sul sagrato della Chiesa. Restammo a Pieve di Soligo anche se subimmo i rastrellamenti dei tedeschi, per cui qualcuno di noi finì in campo di concentramento e non tornò più. Restammo lì finché ci tolsero la speranza di tornare a Zara, alle nostre case, al nostro lavoro, poi ci salutammo e ci disperdemmo ai quattro venti. Io non li ho più rivisti, perché ognuno dovette ricominciare a vivere. Non so quanti siano ancora tra noi, certo i loro figli che saluto e abbraccio. Graziella Zerauschek 10 DIFESA ADRIATICA Luglio 2008 Sin dall’autunno del 1944 l’intelligence alleata sapeva degli eccidi delle Foibe La stampa e la memoria, il confine orientale nei quotidiani del dopoguerra Un’antologia di interventi dalle più importanti testate lombarde nel decennio 1945-1954 curata dall’Università dell’Insubria con il supporto dell’ANVGD La stampa e la memoria è il titolo del bel volume curato da Antonio Maria Orecchia e stampato dalla Insubria University Press con il fattivo contributo di contenuti e di idee del Comitato ANVGD di Varese, nel quale è raccolta un’ampia scelta di articoli apparsi sui giornali lombardi nel primissimo dopoguerra sul tema del dramma della Venezia Giulia contesa dalla Jugoslavia comunista di Tito e degli eccidi di italiani compiuti dai partigiani «titini». Il senso del libro, ottimamente curato anche dal punto di vista redazionale, è ben riassunto dalla Presentazione a firma dell’avv. Sissi Corsi, presidente del Comitato ANVGD: «anche questo è un modo per salvare “UNA” memoria [...]. Una memoria in un contesto storico ben definito nell’arco del decennio dal 1945 al 1954». Le fa eco Ottavio Missoni, che sigla una riflessione sul Giorno del Ricordo, mentre è il curatore, il prof. Orecchia, docente di Storia contemporanea ndell’Università degli Studi dell’Insubria, l’autore delle pagine di inquadramento storico di quel clima di angoscia vissuto dai giulianodalmati e di profonda inquietudine dell’Italia intera che assisteva all’offesa inferta ai suoi territori orientali e alla sua popolazione civile. Bene evidenzia lo studioso come, al contrario di quanto ai nostri giorni si pensi, nel primo decennio dal trattato di pace il tema del confine orientale fu enormemente presente su tutta la stampa italiana. E questo volume collettaneo chiaramente lo prova, riproducendo una serie molto significativa di commenti e cronache pubblicati sui principali quotidiani della Lombardia, ma rinvenibili più generalmente su tutta la stampa quotidiana e periodica nazionale. Dal “Corriere d’Informazione” al “Giornale di Brescia”, dal “Nuovo Corriere della Sera” a “Il Sole”, dall’“Italia Libera” alla “Domenica del Corriere”, da “La Notte” a “La Prealpina”, solo per citarne alcuni, è uno scorrere di servizi e corsivi sui teatri della tragedia, da Trieste all’Istria alle isole del Quarnero, dai quali l’opinione pubblica italiana di ogni orientamento era informata delle continue rappresaglie operate dai partigiani jugoslavi e di un quadro generale che andava via via precipitando. Dell’articolato contributo del prof. Orecchia riproduciamo un estratto, rinviando al volume per l’intero apparato di citazioni e riferimenti. p. c. h. TRA CRONACA E STORIA “Il secolo XVII è stato il secolo della matematica, il XVIII quello della fisica, il XIX quello della biologia; il nostro XX secolo è il secolo della paura”. Era solo il gennaio del 1947 ma Albert Camus già tirava le somme di quello che era stato il Novecento. Eppure, proprio il concetto di paura è in genere del tutto assente nelle immagini di memoria collettiva che abbiamo quando torniamo alla Liberazione e ai giorni che chiusero la Seconda guerra mondiale. Anzi. [...] Questa è l’emozionante immagine fissata nella memoria degli italiani: la fine di un disastro che al ventennio di dit- Il comizio tenuto a Trieste da Alcide De Gasperi il 10 giugno 1949 (foto Fondazione Alcide De Gasperi, AMRDG. http://www.fondazionedegasperi.it) tatura aveva sommato cinque anni di guerra mondiale e venti mesi di guerra civile. Un’immagine di vivo fermento. In mezzo alle macerie dei bombardamenti e agli inevitabili lutti tutti condividevano il senso di liberazione, la volontà di ricostruire la nuova Italia della democrazia e della pace. Ma vi è qualcosa d’altro che non è entrato nella nostra memoria condivisa. Sono le “folate di paura” che in quegli stessi giorni “corrono per le strade” sul confine nordorientale, a Trieste, a Gorizia, a Monfalcone, in Istria. Qui non si festeggiava. Si viveva in uno stato di ansia, di apprensione e di inquietudine. Le case erano sprangate, il coprifuoco comportava “il divieto assoluto di circolazione in città per i civili dalle 8 di sera alle 10 di mattina”. [...] Nella Venezia Giulia erano arrivate per prime le formazioni partigiane jugoslave e si respirava un clima ben diverso. Gli edifici pubblici, dai municipi ai cinema, erano stati occupati; dal 4 maggio, avvisava un manifesto, si sarebbero spostati indietro di un’ora gli orologi così da uniformare il tempo di Trieste con quello del resto della Jugoslavia. Sui muri campeggiavano scritte in sloveno e croato che inneggiavano a Tito e a Stalin; ovunque i partigiani titini avevano insediato le loro autorità civili e militari. Poi iniziarono i fermi, le perquisizioni, gli arresti. E soprattutto le scomparse. Cittadini che uscivano di casa e non tornavano più, cittadini prelevati dalle loro case di cui non si sapeva più nulla, di fronte a quella sorta di muro di gomma – così lo ha definito Carlo Sgorlon – eretto dalle autorità jugoslave che si rifiutavano di dare alcuna spiegazione. Chi scomparve in quella breve e terribile stagione, in cui la repressione colpì in realtà anche indiscriminatamente? Collaboratori del nazismo e del fascismo, ma anche antifascisti del Comitato di Liberazione Nazionale, alcuni comumsti, altri che per il loro lavoro di funzionario, impiegato alle poste, maestro di scuola, carabiniere o finanziere rappresentavano in un modo o in un altro lo Stato italiano; e poi ancora gente comune, che pagò odi e rancori personali non sopiti o sommari regolamenti di conti, drammatica costante della storia quando termina una guerra, e soprattutto una guerra civile. La sorte di questi uomini era segnata, come narrarono, e narrano, le testimonianze dei pochi superstiti: infoibamenti, esecuzioni sommarie, trasferimenti forzati nei campi di prigionia sloveni, croati, serbi. [...] Da qui si deve partire per interrogarci intorno ai motivi di questa vicenda, al perché questa tragedia da sempre profondamente sentita dalle popolazioni giuliane sia stata per decenni esclusa dalla memoria della nazione, alle ragioni per cui sono stati necessari quasi sessant’ anni, e il voto del Parlamento che ha istituito il «giorno del ricordo», per iniziare ad elaborare una memoria condivisa su quanto accaduto. È indubbio che in Italia sia difficile fare i conti con la Storia, e la responsabilità credo si possa attribuire non solo alle mancanze di alcuni storici di professione e ad una produzione storiografica spesso troppo legata alle ideologie, ma anche ad una non così minoritaria parte di una classe dirigente che ha vuto l’abitudine di usare la Storia come una clava per colpire politicamente l’avversario. [...] Il Novecento vive in una sorta di limbo. Il secolo alle nostre spalle è ancora nel campo della memoria e non è ancora entrato del tutto in quello della storia. Memoria e storia non sono sinonimi, poiché – per riprendere le tesi del noto storico francese Pierre Nora – la prima è “viva”, è tan- gibile nel suo essere patrimonio di una comunità vivente; ma è anche suscettibile ai rischi di strumentalizzazione, alle manipolazioni, ai risvegli dei ricordi, agli affetti, alla dialettica simbolica. La storia, al contrario, è, o dovrebbe essere, una ricostruzione problematica, scientifica, critica. Il Novecento è qui, appena dietro di noi, e in un Paese come il nostro dove forti sono le passioni egli interessi di parte, e le ideologie – sebbene in tutto o in parte abbandonate – sono ancora parte viva del tessuto sociale, è assai difficile fare i conti con la storia ed assumerla a coscienza nazionale. Tuttavia, una volta tanto, l’Italia non rappresenta un’eccezione in quello che è stato definito “il passato che non passa”, con il suo portato di inevitabili strumentalizzazioni politiche. Anzi. [...] La questione è andata in crescendo, e allora la storia e la politica si sono confuse: i cinesi e i sudcoreani hanno creato un caso diplomatico protestando nelle sedi ufficiali in seguito alla pubblicazione di manuali filogovernativi giapponesi in cui il secondo conflitto mondiale viene presentato come una sorta di guerra di liberazione per l’Asia orientale dal dominio coloniale [...] mentre l’invasione nipponica di quella parte dell’Asia continentale viene del tutto trascurata. E accade allora che la Storia venga scritta, o forse riscritta, per legge, con l’idea assai discutibile che debba divenire “verità di Stato”. [...] Già l’anno scorso molti tra i più noti storici francesi – Pierre Nora, Jacques Le Goff, Emmanuel Le RoiLadurie, Max Gallo – si erano sentiti in dovere di sottoscrivere un appello, «Liberté pour l’histoire!», polemizzando contro una legge che in pratica imponeva di riconoscere per verità storica sentenze di tribunali sui crimini contro l’umanità. È di fronte ad un quadro come questo che si deve ragionare su quan- to è si presentano quando ci si confronta con un periodo storico ancora assai vivo nella memoria [...]. È una storia lunga quella delle foibe, dell’esodo e del confine nordorientale dell’Italia, un intreccio di eventi difficile da dipanare, una storia dalle radici remote a cui tuttavia, dopo decenni di rimozione, la pubblicistica e la storiografia hanno negli ultimi anni dedicato una attenzione del tutto particolare e mostrato un rinnovato interesse, derivato non solo dalla riscoperta del tema dell’identità nazionale o dal riemergere di quella che è stata definita la “memoria dolente” .Dopo tanti anni, infatti, è parso vi fossero le condizioni per provare a “fare i conti” con maggiore serenità di giudizio con ferite ancora aperte, al di fuori delle pur consuete polemiche di natura prettamente politica e senza dimenticare i rischi di una “memoria lottizzata”. [...] La Venezia Giulia era quindi talmente importante per Tito che l’esercito di liberazione jugoslavo, prima ancora di aver liberato totalmente il proprio territorio nazionale, puntò direttamente su Trieste ed entrò in città il 1° maggio, “aggirando” sia Zagabria sia Lubiana, che furono liberate rispettivamente l’8 maggio e l’11 maggio. Così, in breve, con l’arrivo anche delle truppe neozelandesi in quella zona si creò una situazione del tutto inedita nello scacchiere europeo, una premessa tangibile alla “cortina di ferro” evocata il 5 marzo 1946 a Fulton da Winston Churchill, che non a caso in quella occasione citò esplicitamente Trieste. La sovrapposizione di due eserciti, con obiettivi differenti, e la presenza di un Comitato di Liberazione Nazionale spaccato al suo interno – come l’eccidio delle malghe di Porzus aveva sin dal febbraio drammaticamente dimostrato – rese impraticabile quanto andava accadendo nel resto dell’Italia settentrionale, dove le autorità locali erano nominate dai CLN e controllate dal Comando Alleato. L’arrivo delle avanguardie neozelandesi, in tempo per accogliere la resa dei tedeschi, non impedì agli jugoslavi di imporre la propria amministrazione sul territorio, che consideravano di loro competenza. In questo quadro si colloca la seconda ondata di violenza contro gli italiani, dopo quella del settembre 1943, quando nel vuoto di potere che aveva seguito l’8 settembre i partigiani jugoslavi erano dilagati nella Venezia Giulia ed erano cominciate le esecuzioni sommarie – peraltro prontamente denunciate dalla propaganda fascista – secondo la logica – anche di comodo – che portava alla equazione “italiani, fascisti, nemici del popolo”. Per presentarsi alla Conferenza di pace da una posizione il più possibile di forza, ed ottenere l’annessione della Venezia Giulia magari fino all’Isonzo, Tito aveva bisogno che la regione fosse già pacificata: non era sufficiente solo anticipare gli angloamericani ed insediare le proprie autorità e la propria amministrazione, ma si doveva imprimere anche un segno della rivoluzione, di quella che sarebbe stata la nuova Jugoslavia comunista. Vista sotto questa ottica l’epurazione doveva essere rapidissima, e doveva colpire tutti coloro che Luglio 2008 Nel 1952, Trieste divenuta ormai emblema del contenzioso con la Jugoslavia di Tito ed ancora amministrata dal GMA, venne raffigurata mediante la basilica di San Giusto in questo francobollo delle Poste italiane in occasione della Fiera di quell’anno. L’immagine elaborata contrastava evidentemente con lo stato giuridico del Territorio Libero, ma venne tollerato dal Governo Militare Alleato anche solo potenzialmente si sarebbero potuti opporre al disegno di annessione della regione. Come ha scritto Gianni Oliva, “l’epurazione [doveva] eliminare qualsiasi voce di dissenso, e [andava] diretta non solo contro i fascisti in quanto tali, ma contro tutti coloro che si [opponevano] al comunismo jugoslavo, [fossero] stati essi stessi criminali di guerra, collaboratori del nazismo, oppure sinceri antifascisti o, ancora, comunisti sensibili alla questione nazionale e contrari all’annessione”. In altri termini si doveva decapitare la comunità italiana non solo dalle autorità del passato regime fascista, che per certi aspetti personificavano il regime stesso, o da chi aveva partecipato in vario modo a quella esperienza, ma soprattutto da quella parte del futuro ceto dirigente italiano che occupava posizioni strategiche e dunque era pericoloso perché, come punto di riferimento della comunità, avrebbe potuto organizzare e porsi a capo di una eventuale opposizione interna. E l’epurazione creò quel clima di incertezza e di terrore di cui si è accennato in precedenza. [...] Alla fine, tra infoibati, deportati, uccisi nei campi di prigionia, le vittime furono probabilmente circa diecimila, cifra approssimativa ma che offre il senso dell’eccidio spaventoso che venne perpetrato. E gli alleati? Gli angloamericani sapevano. Avevano saputo tutto per lo meno dall’autunno del 1944, ma avevano deciso di non intervenire per i non compromettere l’unità antinazista. Sin dal 30 novembre 1944 un rapporto della Special Intelligence aveva denunciato che “dapprima i partigiani jugoslavi arrestarono i fascisti, ma più tardi operarono arresti indiscriminati, di massa, di centinaia di italiani. I progionieri furono legati, messi nelle prigioni di Pisino, chiusi in celle sovraffollate, con poco cibo e molta sporcizia. Ogni notte, alcuni vengono portati via. Di recente, nelle foibe, le caverne del Carso, fu scoperto un mucchio di cadaveri legati, nudi, qualcuno dei quali identificato dai congiunti. Ci viene riferito che in tutto i partigiani jugoslavi hanno gettato parecchie centinaia di persone nelle foibe”. [...] Anche la seconda ondata di violenza nei giorni della fine della guerra era conosciuta dagli Alleati: già il 1° giugno 1945 l’Office of Strategic Services definiva “inferno comunista” i quaranta giorni dell’occupazione jugoslava di Trieste e delle zone rurali della Venezia Giulia, dove “i partigia- 11 DIFESA ADRIATICA ni comunisti danno la caccia a chi rifiuta di arruolarsi come se fossero banditi. A Trieste vengono incarcerati anche esponenti del Comitato di Liberazione Nazionale e persino antifascisti. Anche il Vescovo di Gorizia è stato fermato e poi rilasciato”. E nel frattempo si erano mosse anche le autorità italiane. Alberto Tarchiani, ambasciatore italiano a Washington, il 16 maggio aveva inviato una nota al Dipartimento di Stato in cui denunciava: “il regime di terrore titino prosegue. Da Gorizia sono scomparse 4.000 persone. Sembra che 700 siano state uccise nella zone di Trieste. Sinora gli angloamericanihanno assistito passivamente a questo dramma”. Ormai non si trattava solo di una disputa tra Italia e Jugoslavia. La questione aveva investito inevitabilmente anche i rapporti tra le superpotenze. Gli Stati Uniti non potevano permettere all’Unione Sovietica – attraverso il suo satellite – di decidere unilateralmente una sistemazione territoriale, anche perché la Venezia Giulia non era la Polonia, non era – come Stalin aveva più volte affermato – la storica porta d’ingresso degli invasori stranieri della Russia. Il nuovo approccio politico del presidente Truman portò quindi all’accordo di Belgrado del 9 giugno: la Venezia Giulia veniva spartita in due zone, denominate A e B, separate dalla Linea Morgan. La prima, che includeva anche Pola, sotto il controllo alleato; la seconda, che comprendeva l’Istria, Fiume e le isole del Quarnaro, sotto l’amministrazione jugoslava. Ma il parziale ritorno alla normalità almeno nella zona di competenza americana non limitò certamente le furibonde polemiche e l’intenso dibattito che fecero da contorno al trattato di pace [...] un vero e proprio diktat imposto dai vincitori all’Italia sconfitta [...] . l’Italia era un Paese sconfitto e, nel caso specifico, la Venezia Giulia andava a pagare in pratica tutto il peso della sconfitta. [...] In tutto questo decennio la precarietà seguita alla fine del conflitto, il vulnus – così lo ha definito Silvio Lanaro – di “un’amputazione reale e lancinante dell’integrità nazionale” che la nuova repubblica dovette subire nel 1947, fino alla chiusura della questione triestina nel 1954, portarono la comunità italiana dell’Istria, della Dalmazia, di Fiume ad abbandonare le proprie terre. [...] Gli italiani non furono espulsi, ma troppo vivo era il ricordo delle foibe, del clima di insicurezza e di paura, cui ora si aggiungevano l’esasperazione per gli atteggiamenti e le politiche intolleranti jugoslave, le vessazioni e le minacce, le violenze, la consapevolezza che il potere statale comunista era divenuto un fatto irreversibile con il cambiamento sociale che questo comportava. Gli italiani, stranieri in patria, se ne andarono, e se molti riuscirono a rifarsi una vita in Australia o in America, molti altri trovarono non poche difficoltà in Italia, raccolti inizialmente in 109 centri di accoglienza spesso improvvisati e dissemmati in tutte le regioni della penisola. [...] Molto è stato scritto in questi ultimi anni a proposito della rimozione e del silenzio che scese sulla tragedia vissuta da quelle terre ed impedì l’elaborazione di una memoria condivisa. Raoul Pupo ha evidenziato le ragioni “che coinvolgono le principali culture politiche italiane e i loro interessi sovrapposti”, Guido Crainz ha visto nella rimozione delle foibe e dell’esodo l’episodio di una più generale congiura del silenzio europea – appunto – che ha coinvolto anche altri popoli come i tedeschi di Danzica e di Dresda. Certamente, sotto l’aspetto della tattica e della strategia politica, diversi interessi finirono con il coinci- dere. Il Partito comunista, che stava trasformandosi in partito «nuovo», di massa e anche di governo, non aveva alcuna intenzione e convenienza ad attaccare Tito, compagno di fede comunista, in particolare su una questione che avrebbe leso la sua nuova immagine di partito “nazionale” richiamando le contraddizioni dei suoi legami con l’Unione Sovietica. E nel 1948, quando la rottura insanabile tra Stalin e Tito portò gli jugoslavi all’accusa di “deviazionismo”, lo stesso Tito si trasformò per l’occidente – e per il ceto dirigente italiano – in un possibile alleato o quantomeno in un possibile interlocutore. [...] Al contrario di quanto una certa vulgata ritiene e sostiene polemicamente ancora oggi in ogni occasione, a dispetto dei silenzi della politica ma anche di parte della classe intellettuale – accusata da Claudio Magris di essere “ignara di quei capitoli di storia e soddisfatta della propria ignoranza” – l’argomento fu, in particolare nel primo decennio postbellico, assai frequentato dalla pubblicistica e non solo da quella giuliana. Di questo si occupa il presente volume, che raccoglie i principali interventi pubblicati sulla stampa lombarda tra il 1945 e il 1954. Si tratta di una ricerca condotta su oltre quaranta testate che rappresentano l’intero panorama politico e culturale del Paese, dai monarchici ai repubblicani, dai liberali ai comunisti, dai qualunquisti ai federalisti. Ed emerge come ai calcoli politici si affiancarono anche interventi polemici, in cui dominava una certa retorica, una dose di nazionalismo rancoroso e un risentimento che lasciava sullo sfondo le vere e profonde ragioni di quanto era successo ed andava accadendo, sovente non senza una certo sottofondo di malcelato razzismo antislavo. Ma, appunto, le foibe, l’esodo in corso, il confìne orientale campeggiarono nel decennio su tutta la stampa, su quella indipendente come su quella di partito, con una dovizia di particolari che nulla lasciava ad intendere o immaginare. Tuttavia ormai “anche l’Italia aveva vinto la guerra”. L’Italia, come è noto, ha da sempre un difficile rapporto con le sue origini e con i numerosi nodi storici che ne hanno scandito gli ultimi due secoli. Il meccanismo di dissociazione psicologica dalle responsabilità collettive era già in marcia, favorito non solo dall’affermarsi della guerra fredda e dalla necessità dell’alleato americano di avere un’opinione pubblica favorevole e un Paese posto su un piano di parità e dignità internazionale ma, ad esempio, dall’uso della Resistenza come alibi da parte della maggioranza degli italiani per sentirsi esonerati dal fare fino in fondo i conti con il proprio passato, come ha sostenuto Rosario Romeo. La guerra e il suo portato di lutti e sofferenze non interessavano più, come mostravano l’indifferenza e l’incomprensione quando non il malcelato fastidio di cui erano circondati il milione e trecentomila reduci che tornavano in patria dalla prigionia. E trascurati ed ignorati non potevano non essere anche coloro che rappresentavano la sconfìtta, e che arrivavano proprio dalla zona dove trent’anni prima l’Italia, dopo Caporetto e il Piave, era diventata una nazione. [...] Antonio Maria Orecchia La stampa e la memoria Le foibe, l’esodo e il confine orientale nelle pagine dei giornali lombardi agli albori della Repubblica a c. di A. M. Orecchia, Insubria University Press, Varese 2008, pp. 439, Euro 22,00 Ottobre 1954, giovani in Vespa nella manifestazione per Trieste italiana (fonte www.leganazionale.it) 12 DIFESA ADRIATICA Luglio 2008 Note dolorose... Si è spento a Montevideo l’Ambasciatore d’Italia Tomaso de Vergottini CLAUDIO PER VOI Ciao Claudio, ti scrivo per avere un consiglio da te. A me capita abbastanza spesso, in caso di contrasti con persone (lavoro, condominio), di pensare e ripensare spesso a questi problemi e soprattutto alle ingiustizie subite in queste situazioni. Risultato è che spesso tengo dentro queste cose e non esterno la mia rabbia, con il risultato di accumulare stress, dormire meno bene, etc etc. Sono arrivato anche ad avere attacchi di panico anni fa, per fortuna un po’ con i farmaci li ho risolti. Come faccio a evitare di somatizzare queste cose, queste tensioni, spesso e volentieri mi danno fastidio le cose ingiuste che capitano, non le tensioni generiche, ma proprio quando subisci una ingiustizia. Ho 34 anni, non sono sposato. Grazie. Ciao, Emilio Ciao Emilio, tocchi un tasto provocatorio, attuale, che invita a riflettere sulla nostra vita, un po’ caotica e poco informata su realtà che si possono gestire con dignità e equilibrio. Spesso basta essere consapevoli che anche noi cittadini possiamo essere cautelati da soprusi e ingiustizie. Esistono associazioni che ci proteggono dalle prevaricazioni del consumo e da chi ci vuole sottomessi a ruoli non coscienti ma passivi. Una cosa importante, in determinate situazioni (vedi certi ambienti di lavoro, dove domina il capo branco, o anche le apparentemente innocue riunioni di condominio) è giocare una partita pulita, cercando alleati con un confronto serio, dettato dalla voglia di solidarietà e miglioramento e sostentamento reciproco. È normale, oggi, convivere o essere sfiorati con tensioni e malesseri quindi, se possibile, niente farmaci ma valorizzare la serenità interiore per far nascere nuovi propositi, nuovi ideali, nuove mete e nuove speranze. Bene, carissimo Emilio. Indossa il tuo miglior sorriso (dopo aver contato con calma sino a dieci), con determinazione raddrizza le spalle e affronta con ottimismo questa stimolante partita con la vita. Un sincero abbraccio, Chi volesse scrivere a Claudio può inviare una lettera a Claudio c/o ANVGD, Via Leopoldo Serra 32, Roma 00153; o una mail a <[email protected]>; o un fax a 06.58 16 852. Claudio risponderà nella sua rubrica sul nostri sito internet e gli interenti verranno poi pubblicati sul nostro giornale. Era nato a Parenzo nel 1933, dalla nota famiglia di patrioti istriani la cui storia è intensamente legata all’Istria e alle sue lotte risorgimentali. Ebbe il padre infoibato. Console a Innsbruck e Norimberga, successivamente Consigliere a Tel Aviv, nel dicembre del 1973 fu nominato Capo della Missione in Cile, dove rimase fino al 1984. Negli anni tragici della dittatura militare, grazie al Suo coraggio e al Suo senso di umanità e di giustizia la sede diplomatica italiana divenne un rifugio per gli oppositori perseguitati dalla giunta di Pinochet, con ciò esponendo sé e la Sua famiglia a gravi e costanti rischi. Le esequie si sono svolte a Montevideo il 27 maggio scorso. Centinaia le testimonianze di affetto e cordoglio arrivate alla famiglia. Sul prossimo numero pubblicheremo un più ampio servizio. • • • È mancato a Roma, dove risiedeva, il 10 maggio 2008 il Dott. Ugo Perni nato a Fiume il 29 luglio 1938, figlio di Bruno e di Italia Pasquali, fiumani esuli dal 1948. Lascia nel profondo dolore i fratelli, la sorella e i parenti tutti. La famiglia elargisce in memoria Euro 50,00 all’ANVGD. • • • Circondato dall’amore dei suoi cari, il 21 maggio 2008 a Trieste, ci ha lasciato all’età di 35 anni Notizie liete... Marco Zaccai Dussich presidente degli italiani a Santo Domingo Repubblica Dominicana: il COM.IT.ES. (Comitato degli italiani all’estero), organo di rappresentanza degli italiani all’estero nei rapporti con le rappresentanze diplomatico-consolari, ha un nuovo presidente. È Paolo Dussich, 44 anni, imprenditore padovano, figlio di un esule di Cittanova d’Istria. Da diciotto anni vive e lavora nella capitale, Santo Domingo, ed è diventato un vero riferimento per la comunità italiana dell’isola caraibica, forte di circa ventimila nostri connazionali. Per il suo impegno, nel 2005 ha ricevuto l’onorificenza di “Cavaliere dell’Ordine della Stella della Solidarietà Italiana” con decreto del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Paolo Dussich ha sempre manifestato fierezza delle sue origini istriane e quando torna a Padova non manca mai di fare una visita a Cittanova, dove vivono i suoi zii e cugini. Memorie di Pola nella pittura di Giusy Uljanic Si ispira a Pola, città di origine della famiglia, la giovane pittrice Giusy Uljanic (nella foto un’opera ispirata all’Arena). Nata a Torino, molto legata alla comunità degli Esuli, dopo gli studi di disegno e pittura, inizia il suo percorso artistico nel 1994 sotto la guida del prof. Enzo Papa, orientandosi verso la tecnica della tempera guache con particolare predilezione per il paesaggio. Si perfeziona con la pittrice Mirella Ribaudo, e sperimenta la matita e l’acquarello, l’acrilico e l’olio. I soggetti delle sue tele sono le nature morte d’ispirazione orientale. Diverse, a partire dagli anni Novanta, le esposizioni personali e collettive e i riconoscimenti ottenuti, tra i quali la menzione della Giuria al Concorso nazionale “Città di Castelfranco Veneto”-Premio Noè Bordignon, e il secondo posto al Premio nazionale di pittura, edizione 2007, intitolato a Cesare Pavese (nella foto mentre riceve il premio). Un’esposizione di quadri di Giusy Uljanic è stata allestita lo scorso novembre al Teatro Murialdo nella cornice di «InCanto d’Autunno», manifestazione promossa a Torino dall’Associazione Culturale Istriani Fiumani e Dalmati e dalla Famiglia Dignanese a corollario del Giorno del Ricordo. figlio di Guido Zaccai, profugo istriano di San Lorenzo del Pasenatico e di Mara Cecot. Lascia la moglie Irene e la piccola Giorgia. Nonostante la Sua breve vita, ha lasciato nei cuori di chi Lo ha conosciuto una prova di dignità e coraggio nell’affrontare la malattia. Lo ricordano con affetto la zia Evelina Zaccai e le cugine di Lucca. Un Lettore si chiede: chi ricorda quanti difesero i confini orientali? Ci scrive da Cividale del Friuli, il signor Egidio Contento. «Vorrei ricordare attraverso questo nostro giornale coloro che, dopo l’8 settembre 1943, sentirono il dovere di difendere la Venezia Giulia dall’ingordigia slava. Per attuare questo loro desiderio non ebbero altra alternativa che arruolarsi nelle forze armate della Repubblica Sociale Italiana. Ebbero come avversari anche degli italiani, che purtroppo combattevano all’insegna del tricolore slavo con lo scopo di annettere alla Yugoslavia il territorio italiano fino al Tagliamento. L’italianissima formazione partigiana “Osoppo” fu l’unica a combattere la dittatura fascista, ma limitatamente al territorio friulano; poiché combatteva all’insegna del nostro tricolore ebbe i suoi morti, a Porzus, uccisi a tradimento da coloro che, a fianco del maresciallo Tito, dicevano di combattere per la libertà dei popoli, ma il cui vero scopo era di instaurare la dittatura comunista. Finita la guerra, a coloro che difesero il confine orientale della nostra Patria venne negata la qualifica di combattente e quindi ai morti in combattimento venne soltanto la pensione civile di guerra. [...] Ancora oggi, dopo tanti anni dalla fine della guerra, mi domando: questo scritto verrà pubblicato oppure prevarrà il timore di urtare la suscettibilità di qualche formazione politica? Ci sono voluti sessant’anni per ottenere la Giornata del Ricordo, quanti ancora per ricordare i dimenticati e riconoscere loro la qualifica di combattente? Finora si è parlato degli slavi infoibatori, quando si parlerà anche dei mandanti?». Grazie, signor Contento, del Suo scritto. Lei solleva un argomento già posto, tempo addietro, all’attenzione dell’opinione pubblica e del dibattito politico che inevitabilmente ne è seguito. La “Difesa Adriatica” non è, evidentemente, la sede per una riflessione storica di ampio respiro quale questo argomento esige per la sua complessità e delicatezza. Una riflessione che la storiografia contempora- nea – a partire da Renzo De Felice molti anni addietro – ha iniziato a fare nel più ampio contesto della storia del Novecento in Italia e della guerra civile che dilaniò il nostro Paese tra il 1943 e il ’45 ed oltre. Ciò che ci sembra ormai indispensabile è, per così dire, de-ideologizzare la storia, avendo chiaro che, trascorsi più di 60 anni dalla fine del conflitto, il dopoguerra è ben che terminato e che una insana perpetuazione di tensioni ormai esaurite – essendosi esaurite anche le ideologie totalitarie che hanno inflitto lutti e ingiustizie in tutta Europa – ha impedito per lungo tempo di affrontare contesti e problemi con strumenti corretti di indagine. Ci sembra indispensabile sottrarre la ricerca storica alle opposte ipoteche ideologiche, che hanno velato, anziché disvelare, le vicende più tragiche, quale ad esempio quella delle Foibe e dell’esodo, colpevolmente assegnata ed anzi assimilata alle responsabilità del fascismo. Qualche isolato nostalgico del nazionalcomunismo titoista ancora si affanna in questo senso, ma è fuori tempo, smentito dalla coscienza storica raggiunta in questi anni che ha condotto l’Italia unanimemente ad istituire il Giorno del Ricordo. Come vede abbiamo pubblicato il Suo testo. La ricerca storica è, fortunatamente, altro dalla tattica politica. O almeno dovrebbe. p. c. h. P.S. Purtroppo, gli italiani che aderirono alla RSI quasi mai ebbero la possibilità di difendere concretamente i confini orientali, dal momento che quei territori erano stati di fatto occupati dagli “alleati” tedeschi (che in molti casi vietarono l’esposizione del Tricolore sui pubblici uffici), e sottratti di fatto a qualsiasi autorità italiana. Si arrivò per questo a sfiorare a volte veri e propri scontri armati tra tedeschi e soldati italiani, in particolare Marò della X Flottiglia MAS di Borghese. Luglio 2008 Il Giornale 4 maggio 2008 Quando tra Stalin e Tito, Togliatti scelse l’URSS Il dito sulla piaga di Maurizio Zuccari (Mursia editore, pp. 644, Euro 26) è un’accurata ricostruzione dei rapporti tra il PCI di Togliatti e la Jugoslavia di Tito: ribelle, questi, agli ordini che venivano da Mosca. Il titolo del volume si riferisce al passaggio d’un discorso di Togliatti che, sulla scia delle direttive di Stalin, inneggiava alla scomunica del maresciallo balcanico. «Era quindi necessario mettere a tempo il dito sulla piaga, denunciare gli errori, porre davanti al partito e al popolo jugoslavo la necessità di correggere tutti questi errori prima di giungere a una situazione ancor più grave di quella attuale ». Ossia, in breve: Stalin ha sempre ragione. In questa vicenda – che per gli italiani aveva un nome, Trieste – «il migliore» diede il peggio della sua obbedienza al Cremlino. All’epilogo della seconda guerra mondiale, mentre i partigiani di Tito incalzavano i resti delle forze tedesche, e mentre a Trieste e in tutta la penisola si trepidava per la sorte della città qualora fosse caduta nelle mani di soldati con la stella rossa assetati di conquista e di vendetta, Togliatti faceva il tifo per i titini avanzanti, scrivendo testualmente: «Questo significa che in questa regione non vi sarà né occupazione inglese né una restaurazione dell’amministrazione reazionaria italiana ». Ma allorché, nel 1948, i fulmini di Stalin si abbattono su Tito, Togliatti si adegua senza perplessità [...]. La pubblicistica del PCI si scagliò con violenza, dopo d’allora, contro Tito che teneva in galera militanti italiani di purissima fede: «La vita dei carcerati è in balia della bestiale ferocia antioperaia e anticomunista dei dirigenti». E venne, morto Stalin, la riconciliazione tra la Jugoslavia e l’Urss di Nikita Kruscev. Il Pci si adeguò lestamente, a Roma. Ma a Trieste i duri, intransigentemente antititini, fecero resistenza, Vittorio Vidali impegnò una lunga polemica con la direzione del suo partito, ricordando che «a Trieste ci sono trentamila esuli della zona B ove continua la snazionalizzazione con metodi nazisti». Ma l’obbedienza prevalse. [...] 13 DIFESA ADRIATICA RASSEGNA Il Piccolo 7 maggio 2008 Fiume: primo asilo nido italiano Dal prossimo anno scolastico, ossia da settembre, sarà operativo il primo asilo nido italiano in Croazia. L’asilo, che ospiterà una dozzina di frugoletti da uno a tre anni, sarà sistemato nella villa in cui si trova il giardino d’infanzia Mirta, nel rione di Cantrida a Fiume. Si tratta di un progetto dell’Unione Italiana, precisamente della sua direttrice amministrativa, Orietta Marot. «Sono molto soddisfatta e orgogliosa di questo progetto – dice la Marot – in quanto si tratta del primo asilo nido in lingua italiana a Fiume e in Croazia. [...] Per questa sezione sarà ristrutturato (con i mezzi forniti da Roma) il sottotetto della villa, per cui si avranno a disposizione ben 120 metri quadrati. L’asilo nido italiano, che accoglierà da 10 a 12 bimbetti, sarà operativo nel citato stanzone e in un altro spazio messo a disposizione dalla direttrice, per un totale di 45 metri quadrati. Nel complesso le due sezioni italiane potranno contare su 165 metri quadrati, per un totale di 30–32 bambini. Le iscrizioni all’asilo e all’asilo nido italiani partiranno il 21 maggio, mentre i lavori di ristrutturazione dovranno concludersi entro il 20 agosto. [...] Messaggero Veneto 11 maggio 2008 I 60 anni delle foibe: tragedia da non ripetere «Tragedie come quella delle foibe non appartengono a una o all’altra parte, sono di tutti, ed è importante affidare questo messaggio soprattutto ai giovani, ai tanti giovani che vengono visitare questi luoghi». Chiudendo la cerimonia di Commemorazione dei martiri delle Foibe, Paolo Sardos Albertini, presidente della Lega Nazionale, ha sottolineato soprattutto l’importanza di trasmettere alle giovani generazioni il ricordo della tragedia che si consumò lungo il confine orien- Basovizza, 10 maggio 2008, i gonfaloni della Provincia e del Comune di Trieste e l’arrivo del picchetto d’onore (foto www.leganazionale.it) tale negli ultimi anni della seconda guerra mondiale e nel dopoguerra. La cerimonia del sessantatreesimo anniversario della tragedia, si è svolta al sacrario della Foiba di Basovizza, nei pressi di Trieste [...]. Un tema rimasto, fino a pochi anni fa, ignoto alla maggior parte del Paese, spesso strumentalizzato, ma che, ha detto Sardos Albertini, da qualche anno comincia finalmente a essere conosciuto e studiato. [...] «Quest’anno abbiamo registrato un record di presenze al monumento e al centro di documentazione della foiba: 12 mia giovani solo ad aprile. Si tratta di ragazzi che vengono da tutta Italia, e che tornano a casa dopo aver visitato questi luoghi. Sono cifre importanti, che ci danno fiducia per il futuro». Nel corso della cerimonia, accompagnata dalle esecuzioni del coro dell’Associazione Nazionale Carabinieri, sono state deposte delle corone di fronte alla cavità, oggi coperta da un’imponente lastra di metallo, dal sindaco di Trieste Roberto Dipiazza, dalla presidente della Provincia, Maria Teresa Bassa Poropat, e da parte del Comitato per i Martiri delle foibe. Una breve cerimonia si è svolta anche alla foiba di Monrupino, una delle poche cavità, accanto a quella dì Basovizza, presenti sul territorio italiano. Ansa 26 maggio 2008 Carso 2014+, storia e cultura sui luoghi di guerra «Il Carso come memoria viva ed ‘evolutiva’ del passato, in una contemporaneità che sappia valorizzarne il patrimonio di storia e di cultura», costituisce, secondo l’architetto tedesco Andreas Kipar, uno degli obiettivi del progetto “Carso 2014+”, presentato oggi a Sagrado (Gorizia). Kipar, [...] è il curatore del progetto “Carso 2014+”, promosso dalla Provincia di Gorizia con la Regione Friuli Venezia Giulia, la Provincia di Trieste ed alcuni Comuni dell’Isontino su un territorio dove la natura ha cicatrizzato le ferite della storia e le testimonianze ancora tangibili del primo conflitto mondiale. [...] Il progetto, che si pone il traguardo del 2014 in quanto centenario dello scoppio della prima guerra mondiale, prevede la “ripulitura” e risistemazione dei percorsi strategici per il turismo storico e culturale sul Carso. Come prime iniziative, saranno messe in sicurezza, dopo l’autorizzazione concessa dal ministero della Difesa, le storiche cannoniere, destinate ad essere visitate dal pubblico [...]. La Voce del Popolo 26 maggio 2008 Croazia, in 10mila al raduno pro Tito Il mito di Tito resiste ancora. Oltre diecimila ammiratori del defunto Maresciallo provenienti da tutta l’ex Jugoslavia, si sono radunati a Kumrovec per celebrare la Giornata della gioventù. Tomislav Badovinec, presidente dell’Unione delle associazioni “Josip Broz Tito”, ha affermato che la figura del Maresciallo raccoglie nuovi consensi, nonostante i duri attacchi ai quali è costantemente soggetto il defunto leader. [...] Ha parlato anche del campo di prigionia dell’isola Calva (Goli Otok). [...] Vesna CulinovicKonstantinovic, presidente dell’Associazione dei combattenti antifascisti e degli antifascisti della Croazia, ha ricordato il 65.esimo anniversario della seconda riunione del Consiglio antifascista di liberazione popolare della Jugoslavia (AVNOJ), svoltasi a Jajce dal 21 al 29 novembre 1943. Nel corso della riunione in questione fu ribadita la decisione di congiungere all’allora Jugoslavia, l’Istria e le altre terre sottratte. Non sono mancate le polemiche. L’Associazione dei difensori, degli invalidi e delle vedove della Guerra patriottica della Podravka (UBIUDR), ha fatto sapere ieri, di essere amareggiata del raduno di Kumrovec, nel corso del quale numerose persone hanno esibito ed esaltato i simboli dell’ex Jugoslavia comunista (la stella rossa a cinque punte). [...] La Voce del Popolo 26 maggio 2008 Palatucci torna nella sua Fiume Ha tenuto tutti avvinti il racconto di Angelo Picariello, giornalista dell’“Avvenire” che si occupa di cronache e politica italiana, autore del volume Capuozzo, accontenta questo ragazzo. La vita di Giovanni Palatucci (Edizioni Paoline), saggio letterario imperniato sulla vita dell’ultimo questore italiano di Fiume, presentato sabato sera alla Comunità degli Italiani di Fiume, dinanzi ad un numeroso pubblico. [...] La Prima Conferenza mondiale ebraica, svoltasi a Londra nel ’45 stabilì che il questore di Fiume aveva salvato la vita a più di cinquemila ebrei. Oggi è “Giusto tra le nazioni” ed è in corso la causa di beatificazione. L’ultimo a parlare con Palatucci, alla stazione di Trieste, già chiuso con altri mille deportati in un vagone sigillato, fu il brigadiere Pietro Capuozzo, padre del noto giornalista Toni, tra l’altro autore della prefazione del libro. Al fidato brigadiere Palatucci raccomanda non se stesso, ma un ragazzo di Trieste che veniva deportato con lui a Dachau e gli fa scivolare tra le mani un biglietto, ‘Capuozzo, accontenta questo ragazzo’. Da qui il titolo dell’opera. [...] Il simpatico logo della Mailing List Histria La Voce del Popolo 2 giugno 2008 MLH: ‘‘piccoli passi’’ verso il ritorno degli esuli È approdato ieri a Fiume l’ormai tradizionale Raduno della Mailing List Histria, giunto quest’anno alla sua ottava edizione, un gradito appuntamento letterario nato quasi in sordina nel 2001 e che, con l’andare degli anni, si è trasformato in un avvenimento di impareggiabile portata per le problematiche dell’esodo e per la Comunità Nazionale Italiana di Croazia e Slovenia. L’edizione 2008 è stata ospitata da un gremito Salone delle feste della Comunità degli Italiani dove in mattinata, in un clima estremamente allegro e vivace e dinanzi a un pubblico formato per lo più da genitori e alunni, si sono svolte le premiazioni ufficiali del Concorso letterario riservato alle scuole elementari e medie superiori dell’Adriatico orientale. La consegna dei premi di quest’anno è stata preceduta da un breve intervento della presidente della CI di Fiume, Agnese Superina [...]. La parola è passata poi alla presidente della commissione di valutazione, Maria Luisa Botteri, la quale ha ripercorso brevemente la storia del Concorso letterario, auspicando che in un prossimo futuro il Raduno della Mailing List Histria possa approdare anche in Dalmazia e Cattaro. La cerimonia di premiazione [...] è stata arricchita dal sentito intervento del presidente della Giunta esecutiva dell’Unione Italiana, Maurizio Tremul, il quale ha colto l’occasione per trasmettere i saluti del presidente dell’Assemblea dell’UI, Furio Radin e del deputato della CNI alla Camera di Stato slovena, nonché vicepresidente dell’ UI, Roberto Battelli, impossibilitati a partecipare all’evento. [...] Dopo la cerimonia di premiazione, nel pomeriggio ci sono stati gli interventi degli ospiti sul tema «De Reditu Nostro: speranze e prospettive per un possibile ‘ritorno a casa’ degli esuli giulianodalmati e delle loro famiglie». Le relazioni sono state introdotte da un breve discorso del coordinatore della ML Histria Axel Famiglini, il quale ha parlato delle iniziative compiute nell’anno appena trascorso. Presenti in sala anche Guido Brazzoduro, Mario Stalzer e Laura Calci, rispettivamente sindaco, segretario generale e vicesindaco del Libero Comune di Fiume in Esilio. Ansa 3 giugno 2008 Mostre: a Roma i luoghi della Grande Guerra in Friuli Venezia Giulia Verrà inaugurata domani, all’Altare della Patria a Roma, la mostra sui luoghi della Grande Guerra in Friuli Venezia Giulia. L’esposizione - che sarà aperta alla presenza del sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia - è curata dall’Associazione Culturale di Storia Militare Onlus di Udine, nell’ambito del 147/o anniversario dell’Esercito Italiano. La mostra – informa una nota – testimonia il ruolo e l’importanza del Friuli Venezia Giulia nel contesto storico della prima Guerra mondiale per valorizzare e promuovere, anche a scopo turistico, i luoghi sacri della Patria. Redipuglia, trincee e ricoveri militari alla base del Sacrario Militare 14 DIFESA ADRIATICA Luglio 2008 As early as the Fall of 1944 Allied Intelligence knew about the Foiba massacres The Press and Memory: the Eastern Border in the Post-War Press An anthology of articles from the most important newspapers and journals of Lombardy from 1945 to 1954, compiled by the University of Insubria with the support of the ANVGD The Press and Memory is the title of a new, interesting volume edited by Antonio Maria Orecchia and published by the Insubria University Press with contributions of contents and ideas by the ANVGD ofVarese.. It presents an ample selection of articles piublished in Lombardy region newspapers in the first post-war period on the drama of Venezia-Giulia, Tito’t struggle to dominate it, and crimes against Italians carried out by Tito’s forces. Ottavio Missoni, the famous stylist born in Ragusa (today’s Dubrovnik) but raised in Zara, contributes to the volume with his reflections on the Day of Remembrance, while the editor, Professor Orecchia, of the University of Insubria, writes the section that gives historical context, and brings alive the anxious period lived through by the Giulia-Dalmatia Italians, as well as the turmoil felt throughout Italy by Italians who saw the injustices rendered against Italy’s eastern border and its civilian population. Professor Orecchia underlines how, contrary to our modern-day understanding, in those days the subject of Italy’s eastern border was enormously present throughout the Italian press. Following is an extract of Professor Orecchia’s contribution. This is only a taste of the wealth of information and references to be found in the complete work. p.c.h. BETWEEN HEADLINES AND HISTORY “The 16th Century was the century of Mathematics, the 17th Century was the century of Physics, the 18th Century was the century of Biology, and our 20th Century was the century of fear.” It was only January of 1947 but Albert Camus was already summing up the 1900s. And yet, the concept of fear is completely lacking in our collective memory when we think back on the period of Liberation and the close of World War II. Even more […] this is the emotional image fixed in the memory of most Italians, the end of a disaster that, besides twenty years of dictatorship had given five years of war and twenty months of civil war. A very live image indeed. In the midst of the ruins left after the bombings and inevitable mourning, everyone shared the sense of liberation, the will to rebuild a new democratic, peaceful Italy. But there is something that never entered into our collective memory. It was the “wind of fear”, that in those same days was blowing through the streets of the eastern border lands, in Trieste, in Gorizia, in Monfalcone, in Istria. Here there was no celebrating. All lived in a state of anxiety, apprehension and turmoil. Homes were shuttered, with the curfew bringing “no circulation allowed in town for any citizen, from 8 p.m. to 10 a.m.” […] In Venezia Giulia the first to arrive were the Yugoslav partisans, which caused a totally different atmosphere. All public buildings, from city government offices to cinemas, were occupied; according to a proclamation, starting from May 4th, the official time would be pushed back an hour to bring it into line with the rest of Yugoslavia. There began to appear slogans painted on the walls, slogans written in Croatian and Slovenian that praised Tito and Stalin, wherever Tito had begun his civil and military conquest. It was then that the stopping of citizens, the holding and arrests began. And, more significantly, the disappearances. Citizens who left home never to return, citizens taken from their homes and were never heard from again, all in front of that rubber wall – it was Carlo Sgorlon who defined it as such – erected by the Yugoslavs who refused to give any explanations. Who was disappearing in that short but terrible era of history, in which repression hit in a truly indiscriminate manner? Collaborators of nazism and fascism, but also the antifascists of the Committee for National Liberation, some communists, some for their jobs as low-level party workers, post office workers, schoolteachers, policemen who, in some way, represented the Italian state, and then the common people, who might pay for a local vendetta or personal grudge, a dramatic yet typical problem at the end of wars, especially civil wars. The destinies of these people was marked, as was narrated and is narrated, in the eyewitness accounts of the few survivors: death in the foibas, summary executions, forced transfers toYugoslav prison camps. […] At this point, we must ask why these tragic events never made it to play a part in the collective memories of the Italian people. For decades it was excluded, and only recently, with the institution of the Day of Remembrance, has it been brought to the attention of the public, after nearly sixty years of silence. […] The history behind these tragic events is long and complicated, twisted and hard to unravel, having ancient roots and yet, it has been resuscitated in the public eye recently, both in the sense of publicity and historiography: there is now a renewed interest, as people rediscover the subject, in the interest of national identity in light of this “painful memory”. […] The Venezia-Giulia region was, In the photo: U.S. President Franklin D. Roosevelt, left, and British Prime Minister Winston Churchill. As early as the Fall of 1944, according to sources preserved in the American archives, the Allies knew of the violence perpetrated by the Yugoslavs against the native Italian population of Venezia Giulia and Dalmatia occupied by Tito An American warship anchored in the port of Trieste during the period of AngloAmerican administration of the Julian city that Yugoslavia intended to annex even in the face of its manifest Italian character therefore, so important to Tito that even They knew everything as early as the before the complete liberation of its Fall of 1944, but they had decided not national territory, the liberating army to intervene in order not to comproof Yugoslavia pointed directly towards mise the anti-nazi unity. On November Trieste and entered the city on May 30th, 1944, a Special Intelligence report 1st, leaving Zagreb and Ljubljana to be stated that “from the beginning the liberated the 8th and the 11th of May, Yugoslav partisans arrested Fascists, but respectively. In this way, with the arrival later they operated indiscriminately, of New Zealand troops, a unique carrying out mass arrests, of hundreds situation was created in the European of Italians. The prisoners were tied up, chessboard, a tangible proof of the placed in the prison of Pisino, in “iron curtain” referred to by Churchill overcrowded cells with little food and in his March 5th, 1946, speech, in filthy conditions. Every night, some Fulton. In that occasion, not by chance, were brought away. Recently, in the he had singled out Trieste precisely by foibas, the caves of the Carso, there name. The overlapping of the two was discovered a heap of bodies tied armies, with very different agendas, together, naked, some of which were along with the presence of the identified by family members. It has Committee for National Liberation, been referred to us that, in total, the split among its members, (…) made Yugoslav partisans have thrown many any moves similar to what was going hundreds of people into the foibas. […] on in the rest of northern Italy, where The second wave of violence, at local authorities were being nominated war’s end, was also known to the Allies. by the CLN and controlled by the The Office of Strategic Services, on June Allied Command, impracticable. The 1st 1945, defined as a “Communist arrival of the New Zealanders, in time inferno” the 40 days of Yugoslav to accept the surrender of the occupation of Trieste and the Germans, was not enough to stop the surrounding rural areas of VeneziaYugoslavs from imposing their Giulia, where “Communist partisans administration on the city and territory, hunt down men who refuse to join which they considered rightfully theirs them, as if they were bandits. In Trie[…]. ste even members of the National In this period there began the Liberation Committee were second wave of anti-Italian violence, imprisoned, as were antifascists. Even after the first wave in the post- the Bishop of Gorizia was arrested, and September 8th, 1943 period. In that first later released.” And in the meantime, period, the vacuum of power that had the Italian authorities were not being been created after Italy stopped fighting idle. Alberto Tarchiani, the Italian the War had allowed Tito’s troops to ambassador in Washington, wrote a branch out inVenezia Giulia and begin note to the State Department on May carrying out summary executions, 16th, in which he denounced that quickly denounced by fascist propa- “Tito’s reign of terror is continuing. In ganda, as fitting easily into the equation Gorizia province 4,000 people have of “Italians equal to Fascists equal to disappeared. It seems that 700 people Enemies of the People”. have been killed in the zone of Trieste. Tito wanted to appear at the peace Up to now, the Anglo-American forces conference with as much advantage have sat back and watched this drama as possible, and wouldn’t have idly.” minded annexing Venezia Giulia all This was no longer a conflict the way to the Isonzo River, but he merely between Italy and Yugoslavia. needed the region to be in a state of The matter was having an effect on the peace: it wouldn’t be enough to have relationships between the superposet up his administration ahead of the wers. The United States could not allow Angla-Americans. He instead would the Soviet Union – by means of its saneed to showcase a sense of tellite – to unilaterally decide on the revolution, of what the new territorial set-up of the area. Also communist Yugoslavia would truly be. because Venezia-Giulia was not Seen in this light, the change wrought Poland; it was not – as Stalin had would have to be rapid indeed, and underlined so many time – the historic would need to hit most forcefully those port through which Russia had been elements that may be able to oppose invaded in the past. the plans for annexation of the region. Truman’s new political approach […] brought about the Belgrade accord of In other words, it was vital for Tito June 9th.Venezia-Giulia was to be split not only to decapitate the Italian in two zones, denominated Zone A community of authorities of its Fascist and Zone B, separated by the Morgan past, who in a certain sense were its Line. Zone A, which included Pola, representatives, but most of all it was would be under Allied control, and necessary to rid the area of any future Zone B, which included Istria, Fiume, leadership that might, later, be a rallying point for internal resistance. The movement for eradicating these Italians created the state of terror that was referred to earlier. (…) In the end, with foiba killings, deportations and prison camp killings, there were probably about ten thousand victims, an approximate figure, but one that offers a sense of the fearful excesses that were perpetrated. Trieste, the last days of October, 1954. As the city And the Allies? The is returned to Italy, an Italian navy ship is surrounded Anglo-Americans knew. by the jubilant crowds of celebrating citizens and the Quarner islands, would fall underYugoslav administration. But the partial return to normality, at least in the areas under American control, did nothing to limit the intense debate on the issues surrounding the peace treaty: it was truly a diktat imposed by the victors onto the defeated Italy: Italy had lost the war, and, specifically, the Venezia-Giulia region was going to shoulder the entire burden of this defeat. […] During the entire course of this decade, the precarious situation […] forced the members of the Italian community of Istria, Dalmatia and Fiume to abandon their homelands […] The Italian were not expelled, but the memory of the foibas and the feelings of insecurity and fear were too strong. On top of these problems there was now the exasperation for the intolerance shown by the Yugoslavs, the threats, the violence, and the knowledge that the Yugoslav communist administration had become well-established and was not likely to be reversed, and along with it had come basic social changes in the region. The Italians, strangers in their own land, and while many were able to start over and build a prosperous new life in America or Australia, many others found a life heaped with difficulties in Italy, starting with being sent to one of 109 refugee centers, often no more than makeshift camps. There is still a slice of popular opinion that refuses to acknowledge these events for what they were, and there is always a silence held b the political classes as well as the intellectuals – accused by Claudio Magris of being “ignorant of those chapters of history, and satisfied in its own ignorance” – but, contrary to how it may seem to us today, this subject, in the first decade after the War, was very well publicized, and not only in Venezia-Giulia. This volume discusses this very topic: it gathers together the most significant articles published in the Lombardy press from 1945 to 1954. More than 40 different newspapers were included, and together they represent the entire political and cultural panorama of the country, from pro-monarchy groups to Republicans, from Liberals to Communists, and on through the Italian political gamut. […] The war and its mourning and suffering weren’t of great interest anymore, as shown by the indifference and poorly-hidden irritation and incomprehension towards the million and three hundred-thousand returned prisoners of war who came back to Italy during this time. As representatives of defeat, the Italians of Venezia-Giulia were also ignored, these Italians who came from the zones where, thirty years prior, after Caporetto and the Piave, Italy had finally become a nation.(…) Antonio Maria Orecchia (traduzioni di Lorie Ballarin) The Press and Memory The foibas, the exodus, and the eastern border within the pages of the Lombardy press in the first years of the Italian Republic Edited by A. M. Orecchia Insubria University Press,Varese 2008, 439 pgs, price: 22 euros Luglio 2008 La prensa y la memoria es el título del volumen compuesto por Antonio Maria Orecchia e impreso por la Insubria University Press con la contribución de contenidos y de ideas del Comité ANVGD deVarese, en el que está recogida una amplia selección de artículos aparecidos en los periódicos lombardos al inicio de la posguerra sobre el tema del drama de Venecia Giulia contendida por la Yugoslavia comunista de Tito y de las exterminaciones de italianos llevadas a cabo por los partidarios «titines». Le hace eco Ottavio Missoni, el notable estilista nativo de Ragusa en Dalmazia (la actual Dubrovnik) pero zaratino de adopción, que hace una reflexión sobre el Día del Recuerdo, mientras es el responsable, el prof. Orecchia, docente de Historia contemporánea de la Universidad de Estudios de Insubria, el autor de las páginas de encuadramiento histórico de aquel clima de angustia vivido por los giuliano-dalmatas y de profunda inquietud de la entera Italia que asistía a la ofensa inferida a sus territorios orientales y a su población civil. Bien evidencia el estudioso como, al contrario de cuanto se piensa en nuestros días, en el primer decenio del tratado de paz el tema del confín oriental fue enormemente presente en toda la prensa italiana. De la articulada contribución del prof. Orecchia reproducimos un extracto, refiriéndonos al volumen para el entero conjunto de citaciones y referencias. p. c. h. ENTRE CRÓNICA E HISTORIA “El siglo XVII ha sido el siglo de la matemática, el XVIII el de la física, el XIX el de la biología; el siglo XX es el siglo del miedo”. Era solo enero del 1947 pero Albert Camus ya hacía las cuentas de lo que había sido el Novecientos. Aun así, propio el concepto de miedo en general esta del todo ausente en las imágenes de memoria colectiva que tenemos cuando volvemos a la Liberación y a los días que cerraron la Segunda guerra mundial. Al contrario. [...] Esta es la emocionante imagen fijada en la memoria de los italianos: el fin de un desastre que a los veinte años de dictadura había sumado cinco años de guerra mundial y veinte meses de guerra civil. Una imagen de vivo fermento. En medio de los escombros de los bombardeos y a los inevitables lutos todos con dividían el sentido de liberación, la voluntad de reconstruir la nueva Italia de la democracia y de la paz. Pero queda alguna cosa que no ha entrado en nuestra memoria condividida. Son las “ráfagas de miedo” que en aquellos mismos días “corren por las calles” en el confín nororiental, en Trieste, en Gorizia, en Monfalcone, en Istria. Aqui no se festejaba. Se vivía en un estado de ansia, de aprensión y de inquietud. Las casas estaban atrancadas, el toque de queda comportaba “la prohibición absoluta de circulación en la ciudad para los civiles desde las 8 de la tarde hasta las 10 de la mañana”. [...] En Venecia Giulia habían llegado las primeras formaciones partidarias yugoslavas y se respiraba un clima bien distinto. Los edificios públicos, desde los municipios a los cines, habían sido ocupados; desde el 4 de mayo, avisaba un anuncio, se habría retrocedido una hora en los relojes para uniformar el tiempo de Trieste con el del resto deYugoslavia. En los muros se leían escritos en esloveno y croata que aclamaban a Tito y a Stalin; por todas partes los partidarios titines habían insidiado sus autoridades civiles y militares. Después iniciaron los controles, las perquisiciones, los 15 DIFESA ADRIATICA Desde el otoño del 1944 la inteligencia aliada sabía de los destrozos de las Foibe La prensa y la memoria, el confín oriental en los periódicos de la posguerra Una antología de intervenciones de los más importantes títulos lombardos en el decenio 1945-1954 organizada por la Universidad de Insubria con el apoyo de la ANVGD arrestos. Y sobre todo las desapariciones. Ciudadanos que salían de casa y no volvían más, ciudadanos tomados de sus casas de los que no se sabía nada, de cara a aquella especie de muro de goma – así lo ha definido Carlo Sgorlon – erigido por las autoridades yugoslavas que se negaba a dar ninguna explicación. ¿Quién desapareció en aquel breve y terrible periodo, en el que la represión golpeó en realidad indiscriminadamente? Colaboradores del nazismo y del fascismo, pero también antifascistas del Comité de Liberazione Nazionale, algunos comunistas, otros que por su trabajo de funcionario, empleado de correos, maestro de escuela, policía o financiero representaban de un modo o de otro al Estado italiano; y después también gente común, que pagó odios y rencores personales no reprimidos o sumarios ajustes de cuentas, dramática constante de la historia cuando termina una guerra, y sobre todo una guerra civil. La suerte de estos hombres estaba comprometida, como narraron, y narran, los testimonios de los pocos supervivientes: enfoibamentos, ejecuciones sumarias, traslados forzados a los campos de prisión eslovenos, croatas, serbios. [...] Se debe partir de aquí para interrogarse sobre los motivos de este acontecimiento, al por qué esta tragedia desde siempre sentida profundamente por las poblaciones giulianas haya sido durante decenios excluida de la memoria de la nación, a las razones por las que han sido necesarios casi sesenta años, y el voto del Parlamento que ha instituido el «día del recuerdo», para iniciar a elaborar una memoria con dividida sobre lo sucedido. [...] Es una historia larga la de las foibe, del éxodo y del confín nororiental de Italia, una maraña de eventos difícil de desenredar, una historia de las raíces remotas a las que todavía, después de decenios de remoción, la publicidad y la historiografía han dedicado en los últimos años una atención muy particular y mostrado un renovado interés, derivado no solo por el redescubrimiento del tema de la identidad nacional o por el renacer de aquella que ha sido definida la “memoria doliente”. [...] Venecia Giulia era por tanto de tal manera importante para Tito que el ejercito de liberación yugoslavo, antes de haber liberado totalmente el propio territorio nacional, apuntó directamente a Trieste y entró en la ciudad el 1 de mayo, “cercando” sea Zagabria sea Lubiana, que fueron liberadas respectivamente el 8 de mayo y el 11 de mayo. Así, en breve, también con la llegada de las tropas nueva zelandesas en aquella zona se creó una situación del todo inédita en el ajedrez europeo, una premisa tangible a la “cortina de hierro” evocada el 5 de marzo de 1946 en Fulton por Winston Churchill, que no por casualidad en aquella ocasión citó explícitamente Trieste. La superposición de dos ejércitos, con objetivos diferentes, y la presencia de un Comité de Liberazione Nazionale dividido internamente [...] hicieron impracticable lo que estaba sucediendo en el resto de la Italia septentrional, donde las autoridades locales eran nombradas por los CLN y controladas por el Comando Aliado. Albaro Vescovà (Istria), una instantánea del éxodo de la población italiana a inicios de octubre de 1954, habiendo tenido noticia del Memorandum de acuerdo entre Italia y Yugoslavia que asignaba el pequeño burgo a la República federativa de Tito La llegada de las vanguardias nueva zelandesas, a tiempo para acoger la rendición de los alemanes, no impidió a los yugoslavos el imponer la propia administración en el territorio, que consideraban de su competencia. En este cuadro se coloca la segunda ola de violencia contra los italianos, después de la de septiembre de1943, cuando en la ausencia de poder que siguió al 8 de septiembre los partidarios yugoslavos estaban esparcidos por Venecia Giulia y habían comenzado las ejecuciones sumarias – por algo prontamente denunciadas por la propaganda fascista – según la lógica – también de cómodo – que llevaba a la ecuación “italianos, fascistas, enemigos del pueblo”. Para presentarse a la Conferencia de paz desde una posición lo más posible de fuerza, y obtener la anexión de Venecia Giulia hasta el Isonzo, Tito necesitaba que la región fuera ya pacificada: no era suficiente solo anticipar a los angloamericanos y asentar las propias autoridades y la propia administración, sino que se tenía que imprimir también un signo de la revolución, de la que habría sido la nueva Yugoslavia comunista. Vista desde esta óptica la depuración tenía que ser rapidísima, y tenía que sacudir a todos aquellos que aun solo potencialmente se hubieran podido oponer al diseño de anexión de la región. [...] En otras palabras había que decapitar a la comunidad italiana no solo de las autoridades del pasado régimen fascista, que en ciertos aspectos personificaban el régimen mismo, o de quien había participado en cualquier modo a aquella experiencia, pero sobre todo de la parte del futuro rango dirigente italiano que ocupaba posiciones estratégicas y por tanto era peligroso porque, como punto de referencia de la comunidad, habría podido organizar y ponerse en cabeza de una eventual oposición interna. Y la depuración creó aquel clima de incertidumbre y de terror del que se ha aludido precedentemente. [...] Al final, entre enfoibados, deportados, asesinados en campos de prisión, las victimas fueron probablemente casi diez mil, cifra aproximada que hace entender la matanza espantosa que fue perpetrada. ¿Y los aliados? Los angloamericanos lo sabían. Lo habían sabido todo por lo menos desde el otoño del 1944, pero habían decidido no intervenir para no comprometer la unidad antinazista. Desde el 30 de noviembre de 1944 un informe de la Special Intelligence había denunciado que “al inicio los partidarios yugoslavos arrestaron a los fascistas, pero después obraron arrestos indiscriminados, de masa, de centenares de italianos. Los prisioneros fueron atados, metidos en las prisiones de Pisino, encerrados con llave en celdas abarrotadas, con poca comida y mucha suciedad. Cada noche, se llevan a algunos. Recientemente, en las foibe, las cavernas del carso, fue descubierto un montón de cadáveres atados, desnudos, algunos de los cuales identificados por los familiares. Se nos ha referido que en total los partidarios yugoslavos han tirado muchos centenares de personas en las foibe”. [...] Aunque la segunda ola de violencia en los días del final de la guerra era conocida por los Aliados: ya el 1 de junio de 1945 el Office of Strategic Services definía “infierno comunista” a los cuarenta días de la ocupación yugoslava de Trieste y de las zonas rurales de Venecia Giulia, donde “los partidarios comunistas dan la caza a quien se niega a alistarse como si fueran bandidos. EnTrieste son encarcelados también exponentes del Comité de Liberazione Nazionale y hasta antifascistas. También el Obispo de Gorizia ha sido detenido y después soltado”. Contemporáneamente se habían movido también las autoridades italianas. AlbertoTarchiani, embajador italiano en Washington, el 16 de mayo había enviado una nota al Departamento de Estado en la que denunciaba: “el régimen de terror titino prosigue. De Gorizia han desaparecido 4.000 personas. Parece que 700 han sido asesinadas en las zonas de Trieste. Hasta ahora los angloamericanos han asistido pasivamente a este drama”. Ya no se tratava solo de una disputa entre Italia yYugoslavia. La cuestión había tocado inevitablemente también las relaciones entre las superpotencias. Estados Unidos no podía permitir a la Unión Soviética – a través de su satélite – decidir unilateralmente una sistematización territorial, también porque Venecia Giulia no era Polonia, no era – como Stalin había afirmado diversas veces – la histórica puerta de ingreso de los invasores extranjeros en Rusia. El nuevo acercamiento político del presidente Truman llevó entonces al acuerdo de Belgrado del 9 de junio: Venecia Giulia se dividía en dos zonas, denominadas A y B, separadas por la Línea Morgan. La primera, que incluía también Pola, bajo el control aliado; la segunda, que comprendía Istria, Fiume y las islas del Quarnaro, bajo la administración yugoslava. Pero la vuelta parcial a la normalidad al menos en la zona de competencia americana no limitó ciertamente las furibundas polémicas y el intenso debate que acompañaron al tratado de paz [...] un verdadero y propio diktat impuesto por Partidarios yugoslavos en Trieste en mayo de 1945. Miraban alrededor perplejos, ninguna calurosa acogida los esperaba, los ciudadanos encerrados en las casas habían esperado con angustia que la ciudad fuese liberada por los aliados angloamericanos. Con la entrada de los «titines» tuvieron inicio los famosos 40 días de ocupación yugoslava de Trieste, en los cuales tuvieron lugar deportaciones y exterminaciones de civiles italianos con el objetivo de eliminar a los exponentes de los partidos políticos democráticos contrarios a la anexión a la Yugoslavia comunista de Tito los vencedores a Italia derrotada [...] . Italia era un País derrotado y, en el caso específico, Venecia Giulia iba a pagar en práctica todo el peso de la derrota. [...] En todo este decenio la precariedad seguida al final del conflicto, [...] llevaron a la comunidad italiana de Istria, de Dalmazia, de Fiume a abandonar las propias tierras. [...] Los italianos no fueron expulsados, pero el recuerdo de las foibe estaba demasiado vivo, del clima de inseguridad y de miedo, al que ahora se unían la exasperación por el comportamiento y la política intolerante yugoslava, las vejaciones y las amenazas, la violencia, el conocimiento de que el poder estatal comunista se había convertido en un hecho irreversible con el cambio social que esto conllevaba. Los italianos, extranjeros en patria, se fueron, y si muchos consiguieron rehacerse una vida en Australia o en América, otros muchos encontraron no pocas dificultades en Italia, recogidos inicialmente en 109 centros de acogida a menudo improvisados y diseminados por todas las regiones de la península. [...] Al contrario de lo que una cierta versión retiene y sostiene polémicamente hasta hoy en toda ocasión, a menosprecio de los silencios de la política pero también de parte de la clase intelectual – acusada por Claudio Magris de ser “ignorante de aquellos capítulos de historia y satisfecha de la propia ignorancia” – el argumento fue, en particular en el primer decenio posbélico, muy frecuentado por la publicidad y no solo por la giuliana. De esto se ocupa el presente volumen, que recoge las principales intervenciones publicadas en la prensa lombarda entre el 1945 y el 1954. Se trata de una investigación llevada a cabo sobre más de cuarenta cabecillas que representan el entero panorama político y cultural del País, desde los monárquicos a los republicanos, desde los liberales a los comunistas, desde los cualuncuistas a los federalistas. [...] La guerra y su corte de lutos y sufrimientos ya no interesaban, como mostraban la indiferencia y la incomprensión cuando no el mal celado fastidio del que estaban rodeados el millón trescientos mil reducidos que volvían a la patria de la cautividad. Y descuidados e ignorados no podían no ser también los que representaban la derrota, y que llegaban justo de la zona donde hacía treinta años Italia, después de Caporetto y el Piave, se había convertido en una nación. [...] Antonio Maria Orecchia (traduzioni di Marta Cobian) La stampa e la memoria Le foibe, l’esodo e il confine orientale nelle pagine dei giornali lombardi agli albori della Repubblica a c. di A. M. Orecchia, Insubria University Press,Varese 2008, pp. 439, Euro 22,00 16 Pubblichiamo alcune delle notizie apparse in tempi recenti sul nostro sito www.anvgd.it, così da rendere edotti e aggiornati anche coloro che non utilizzano internet per avere informazioni dalla nostra Associazione. Le proposte ANVGD per i finanziamenti 2007/2008 lunedì 19 maggio 2008 La macchina amministrativa dello Stato non finisce mai di stupire. Solo in queste ore si chiudono i termini di presentazione, da parte delle associazioni degli Esuli, delle domande di contributo per i progetti con validità 2007 (anno abbondantemente già chiuso) e 2008 (anno abbondantemente già in corso), finanziati con la legge 72/2001 e successive proroghe. La Sede nazionale e i Comitati provinciali hanno preparato per questo biennio contabile ben 93 progetti. Si tratta di libri, traduzioni, ricerche d’archivio e sul territorio, siti internet, documentari, film, giornali, premi e borse di studio, sondaggi, attività editoriali, convegni, incontri, mostre, rappresentazioni teatrali, monumenti. Sono il polso dell’impegno quotidiano dell’Associazione e degli ambiziosi obiettivi che si pone, attraverso queste idee, per realizzare una piena coscienza nazionale sulle vicende legate all’Esodo giuliano-dalmata. Oltre alle Sede nazionale, hanno presentato progetti i Comitati provinciali di Ancona, Avellino, Bologna, Brescia, Cremona, Gorizia, Milano, Padova, Pescara, Roma, Torino, Trieste, Venezia e Verona. V’è da dire, al di là della qualità delle proposte presentate, che tutte passeranno sotto la scure del taglio fondi della commissione interministeriale dei Beni Culturali e degli Esteri, per cui molte valide iniziative probabilmente non vedranno la luce. Se anche croati e sloveni usano i nomi italiani... giovedì 22 maggio 2008 Sembra quasi una contraddizione, ma la maggior parte dei giornalisti italiani, quando trattano argomenti riguardanti le terre come l’Istria, Fiume o la Dalmazia, si lasciano condizionare da ciò che oggi sono queste località, usando termini e soprattutto nomi in croato o in slavo. Non per polemizzare, e nemmeno per farne un discorso troppo nazionalistico, ma resta da capire perché pronunciare in slavo o croato ciò che è nato come italiano? E soprattutto, perché lo si fa solo con queste città, quando tendiamo ad italianizzare tutte le altre ad esempio London-Londra, Paris- Parigi, ecc. Una risposta c’è! Forse alcuni giornalisti italiani non conoscono la storia o meglio riportano semplicemente ciò che leggono, senza dare troppo peso o importanza al tema che stanno affron- Senza commenti, ma con ironia... DIFESA ADRIATICA Luglio 2008 La rubrica di “Difesa” www.anvgd.it tando. Questa mia riflessione nasce in riferimento ad una articolo letto sul quotidiano gratuito “Metro” di giovedì 15 maggio 2008, dove la giornalista Patrizia Magi parla del turismo nell’Istria slovena; l’aspetto più singolare e curioso della Magi, è che scrive tutti i nomi delle località in italiano, pur inserendo a fine articolo un sito internet di un ufficio turistico slavo. Devo dire che non solo lei fa questo, addirittura gli stessi slavi e croati, hanno iniziato proprio in quei posti, per il bilinguismo presente in Istria, ad affiancare la versione italiana a quella slava nei cartelli stradali o quelli che indicano le maggiori città. Penso che chiamare Fiume-Rijeka, Cres-Cherso o Pola-Pula quando fino al 1947 queste città erano italiane, sia come rinnegare ciò che un tempo era nostro, e in particolare far del male a tutte quelle persone che quei tragici momenti li hanno vissuti sulla propria pelle, e che con i loro occhi hanno guardato mentre gli venivano sottratte violentemente le loro case, i loro ricordi e tutta la loro vita. Ed è proprio per quello che ha subito un popolo e per la storia d’Italia che chiedo ai giornalisti in quanto italiani e in quanto uomini di cultura, di trasmettere sapere e conoscenza, ed usare i giusti termini per lo meno quando si relazionano con i propri connazionali. Samanta Dell’Uomo INPS: non serve sparare “a salve” lunedì 26 maggio 2008 Sull’ormai nota vicenda delle perequazioni alla maggiorazione spettante ai pensionati INPS con la qualifica di profugo, non mancano elementi di spicco fra i rappresentanti degli Esuli che ormai da tempo si esprimono a suon di “picconate”. Eppure si tratta di personaggi che, avendo lavorato da tempo per gli Esuli, dovrebbero dimostrare una certa professionalità nel trattare questi argomenti, che invece viene vanificata dal livore nei confronti di chi – semplicemente - cerca una soluzione al problema. Partono così periodicamente le invettive verso l’ANVGD, la Federazione e chiunque non sia schierato sulla “loro” visione della realtà. E sì, perché ANVGD e FederEsuli avrebbero “provocato” il famigerato articolo della Finanziaria che ha dato ragione all’INPS sull’interpretazione della norma. Nulla di più falso, naturalmente, ma vallo a spie- gare a chi vede rosso più di un toro nell’arena. In realtà ANVGD e FederEsuli hanno combattuto contro questo articolo, in tutti i modi possibili. È prevalsa invece in questo caso la ragione “economica” dello Stato. E tale nefanda situazione viene attribuita alla nostra raccolta di firme proposta l’anno scorso per fare pressione sull’INPS affinché desse applicazione a tutti delle sentenze in favore dei profughi. Tale raccolta non ha avuto poi esito perché il Governo ha tagliato le gambe, con quell’articolo della Finanziaria, a qualsiasi aspirazione di giustizia per gli Esuli. Ma ci vengono attribuiti, da questi personaggi, poteri che non abbiamo: il Governo avrebbe così agito, spaventato dalla nostra petizione. Ma magari così fosse! Se un Governo nazionale fosse costretto a correre ai ripari, impaurito da una nostra raccolta di firme, allora sì che avremmo da tempo risolto molti dei nostri problemi! Invece, nel caso specifico, sia noi, sia tutti gli altri (personaggi inclusi) attendiamo l’esito delle istanze di incostituzionalità aperte su tutto il territorio nazionale dai tribunali che hanno in essere procedimenti sulla materia. Il sereno consiglio è di avere rispetto di chi, come loro, è impegnato quotidianamente a lavorare per i diritti degli Esuli. Non serve a nulla e non ha alcun senso attaccare chi sta al nostro fianco, mente il vero “nemico”, ovvero la macchina burocratico-politica dello Stato, è in tutt’altra direzione. Si parla tanto, tra gli Esuli, della necessità di trovare nuova coesione e nuova unità d’intenti per arrivare uniti a far fronte nella battaglia ancora dura per i diritti degli Esuli: è una legittima aspirazione di ciascuno di noi. Ecco perché gli Esuli non capiscono chi, invece di cercare un fronte comune, è ancorato alla vetusta idea che in fondo la ragione ce l’ha uno solo e tutti gli altri hanno torto. Un vero peccato, quindi, vedere energie disperse a trovare il pelo nell’uovo dell’altro, invece di caricare insieme le stesse “armi” per la battaglia ancora di là dall’essere conclusa. Premio per la cultura latino-veneta in Dalmazia venerdì 30 maggio 2008 L’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti grazie al finanziamento della Fondazione culturale Antonio e Ildebrando Tacconi, di Venezia, istituisce un premio di Euro 3.000 (tremila), per un lavoro originale ed inedito, o edito nel quinquennio 2004-2008, sulla cultura latino-veneto-italica in Dalmazia. Il tema indicato si riferisce all’intero arco temporale della romanità ad oggi, ed i lavori possono vertere sia sulla globalità del tema, sia su aspetti particolari o figure significative, inoltre l’argomento può essere trattato sotto il profilo umanistico, quello scientifico o con riferimento a problematiche politiche o sociali. Potranno essere prese in considerazione tesi di laurea o dissertazioni conclusive di dottorato di ricerca; ma anche altri lavori di corrispondente impegno, non necessariamente svolti in ambito universitario. I lavori in concorso, ad ogni modo, dovranno segnalarsi per il rigore scientifico della ricerca, per l’attendibilità delle fonti alle quali fanno riferimento e per lo spessore e la completezza della bibliografia utilizzata. È auspicabile la partecipazione da parte di studiosi delle regioni italiane od europee i cui rapporti con la Dalmazia sono stati più stretti e di più lunga durata. I lavori dovranno pervenire in 3 copie dattiloscritte o a stampa (l’eventuale documentazione fotografica in una sola copia), entro il 30 gennaio 2009, unitamente alla domanda di ammissione al concorso, in carta semplice a mezzo raccomandata al seguente indirizzo: Segreteria dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, Campo S. Stefano, 2945 – 30124 Venezia. I lavori compilati in lingue diverse dall’italiano dovranno essere corredati della traduzione in lingua italiana. Ci sarà una Commissione esaminatrice composta da tre membri che valuterà i lavori, due dei quali nominati dall’Istituto Veneto ed uno dalla Fondazione culturale Antonio Ildebrando Tacconi. Una sintesi della relazione sarà pubblicata negli «Atti dell’Istituto». L’Istituto Veneto e la Fondazione Tacconi si riservano il diritto di riprodurre, parzialmente o totalmente, il testo del lavoro giudicato vincitore, che verrà comunque conservato nell’Archivio dell’Istituto Veneto. Per l’UNUCI Pola non è mai stata italiana mercoledì 4 giugno 2008 Pubblichiamo la lettera di Bruno Crevato-Selvaggi indirizzata al periodico dell’Unione Nazionale Ufficiali in Congedo. Signor Generale, signor direttore, sono un socio della sezione di Venezia. Leggo solo ora il n. 3/4 , di aprile, della nostra rivista, di cui apprezzo sempre i contenuti militari e culturali e lo spirito patriottico. Vedo a pagina 24 la cronaca del meeting ARPA a Pola. Nel testo, dove Pola è indicata semplicemente come «città croata», vi è anche un box con qualche riga di approfondimento sulla città, che inizia: «Pola (in croato Pula, in sloveno Pulj) è una città della Croazia che conta, secondo le stime del 2006, 62.378 abitanti. È la maggiore città dell’Istria, la penisola dell’Adriatico settentrionale situata a cavallo tra Italia, Slovenia e Croazia...» continuando per qualche riga. Ecco, avrei gradito qualche accenno, che invece sia nel box sia nella cronaca mancava completamente, alle vicende storiche molto particolari della città. Città veneziana ed italiana per storia, geografia ed etnìa, che vide stravolto il proprio volto etnico ed il proprio nesso politico con l’esodo pressoché totale dei suoi abitanti originari, italiani, a causa dell’amputazio- ne di un lembo di territorio nazionale, fra il 1945 ed il 1947. Città rivendicata all’Italia nel 1918 dalle Armi italiane, che la liberarono assieme all’intera Istria, a Fiume, alla Dalmazia ed al Trentino, portando a compimento l’Unità nazionale. Ancora oggi in città, che per proprio Statuto è bilingue, vive una comunità italiana, oggi minoranza. Oggi, è noto, fra molti giovani queste vicende sono generalmente del tutto ignote. Non pensa quindi che specialmente in una rivista come la nostra, che pure conscia del mondo di oggi è attenta alla storia patria nazionale, civile e militare, sarebbe stato importante un accenno di questo genere? Con i miei più cordiali saluti ed auguri. Ten. Bruno Crevato-Selvaggi, UNUCI-Venezia Da Palermo ricerca di un’Esule fiumana mercoledì 4 giugno 2008 Enrico Giuseppe Simeone da Palermo cerca notizie su una Esule da Fiume. Ecco la sua ricerca. «La profuga in questione di chiama Conzani Ornella, sposata con uno slavo di nome Natanelic. Partita da Fiume si recò a Marghera (Venezia): la data di arrivo a Marghera è tra il 1948 e il 1960. La data di nascita, invece, tra il 1922 e il 1928. Questi sono gli unici dati in mio possesso. Il poterla rintracciare sarebbe per me di estrema importanza, in quanto conosceva mia madre e potrebbe darmi notizie in merito all’esodo. Enrico Giuseppe Simeone». Chi si riconosce in questi dati o ne conosce alcuni aspetti, può scrivere a Enrico Giuseppe Simeone, Via G. Ingegneros 98, 90146 Palermo. Provincia Roma: nel XV sec. Zara era in Croazia... giovedì 5 giugno 2008 Si è chiusa il 25 maggio a Palazzo Incontro di Roma la Mostra organizzata dalla Provincia di Roma in collaborazione con la Fabbrica di San Pietro e ben cinque università, denominata «Magnificenze Vaticane. Capolavori d’arte dalle collezioni della Fabbrica di San Pietro». La Mostra portava al pubblico 130 pezzi recuperati dagli archivi vaticani e restaurati. Il Quattrocento scultoreo era rappresentato dalla serie dei quattro Evangelisti eseguiti da due veri protagonisti della scena romana dell’epoca, Mino da Fiesole e Giovanni Dalmata. A quest’utlimo la Provincia di Roma attribuisce i natali a «Vinisce, Zara, Croazia 1440 circa». Ora sarebbe da chiedersi dov’era la Croazia nel 1440 e se non era il caso, dato l’evidente nome dell’artista, di scrivere «Dalmazia», ricordando poi che era la Repubblica veneziana a dettar legge sulla costa dalmata. Politici, cattedratici e vaticanisti si sono stavolta trovati uniti... nell’Ignoranza! Eh sì, ignoranza con la “I” maiuscola, perché certe baggianate meritano la giusta sottolineatura. L’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti (nella foto la sede) e la Fondazione Antonio e Ildebrando Tacconi bandiscono un premio per studi sulla cultura latino-veneto-italica in Dalmazia