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guida normativa per la gestione di campeggi e villaggi

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guida normativa per la gestione di campeggi e villaggi
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GUIDA NORMATIVA PER LA GESTIONE
DI CAMPEGGI E VILLAGGI TURISTICI
AD USO DI OPERATORI E ADDETTI DEL SETTORE
Pubblicazione sviluppata in collaborazione con
a cura della Dott. ssa Anna Boccioli
Via C. Cecci, 1
06081 S. Maria degli Angeli - ASSISI (PG)
Tel. 075 8044085- Fax 075 8042986
www.cstassisi.eu - [email protected]
Impaginazione e Stampa:
Lineartstudio - Roma
finito di stampare a Gennaio 2012
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Federalberghi
Fipe
Faita
Fiavet
Federreti
Filcams-CGIL
Fisascat-CISL
Uiltucs-Uil
L’ENTE BILATERALE NAZIONALE DEL TURISMO (EBNT) è un organismo paritetico costituito nel 1991 dalle
organizzazioni sindacali nazionali dei datori di lavoro e dei lavoratori maggiormente rappresentative
nel settore Turismo: Federalberghi, Fipe, Fiavet, Faita, Federreti, Filcams - CGIL, Fisascat - CISL,
Uiltucs - UIL.
EBNT è un ente senza fini di lucro e costituisce uno strumento per lo svolgimento delle attività individuate dalle parti stipulanti il CCNL Turismo in materia di occupazione, mercato del lavoro, formazione e qualificazione professionali.
EBNT svolge e promuove attività di studio e ricerca, sperimentazione, documentazione, informazione e valutazione. Fornisce un supporto tecnico-scientifico alla rete degli Enti Bilaterali Territoriali
sulle politiche e sui sistemi della formazione e dell’apprendimento continuo, del mercato del lavoro
e dell’inclusione sociale, ne coordina il lavoro e ne definisce le linee operative di indirizzo.
EBNT riveste un ruolo determinante nella creazione e consolidamento dell’occupazione di settore e
ne studia l’evoluzione, anche in relazione al tema delle pari opportunità, promuovendo interventi
mirati volti al superamento di ogni forma di discriminazione nel luogo di lavoro.
L’impegno di EBNT, inoltre, è quello di offrire risposte alle situazioni di crisi congiunturali che si
manifestano sul territorio nazionale, intervenendo con forme di sostegno al reddito a favore dei
lavoratori dipendenti, salvaguardando l’occupazione e la professionalità degli addetti.
EBNT ha investito sul valore della bilateralità, interpretando le relazioni tra l’impresa e il sindacato
come una risorsa.
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GUIDA NORMATIVA PER LA GESTIONE
DI CAMPEGGI E VILLAGGI TURISTICI AD
USO DI OPERATORI E ADDETTI DEL SETTORE
Il costante impegno dell’Ente Bilaterale Nazionale del Turismo verso il complesso sistema
turistico, ha spinto l’EBNT ad approfondire gli aspetti legati al mondo delle imprese della
ricettività turistica open air (campeggi e villaggi turistici). In collaborazione con la FAITA
FEDERCAMPING - Federazione delle Associazioni Italiane dei complessi turistico ricettivi
all’aria aperta - ha fortemente voluto la realizzazione di una “Guida alla gestione di
Campeggi e Villaggi Turistici per operatori e addetti del settore”, un manuale operativo e
agile per la gestione aziendale.
L’offerta open air italiana è realizzata da 2510 aziende turistico ricettive che mettono a
disposizione degli ospiti una capacità complessiva di 1.358.000 posti letto con circa
43.000 addetti impegnati, per un fatturato di circa 2,7 miliardi di euro.
Le imprese della ricettività turistica open air necessitano di un concreto impegno per raggiungere livelli qualitativi, strutturali tali da garantire rispondenza alle necessità di una
domanda sempre più in crescita e diversificata.
La Guida costituirà, in tal senso, una prodotto di facile consultazione in materia di gestione di campeggi e villaggi turistici e si riferirà non solo agli adempimenti amministrativi,
tributari, fiscali, gestionali, ma anche al rapporto con la clientela.
Insieme a FAITA FEDERCAMPING, l’EBNT ha precedentemente realizzato anche il progetto “Open Air Tourism Web Marketing” per lo sviluppo e l’utilizzo di sistemi avanzati di web
marketing tesi a favorire una sempre più efficiente comunicazione tra domanda e offerta,
fornendo una valida risposta alla esigenza del nuovo ruolo assunto da internet nella programmazione turistica delle famiglie; ed il Progetto OPEN AIR ACCESSIBILE, che ha volto
uno sguardo particolare al tema dell’accessibilità nelle strutture ricettive open air.
La VicePresidente
Lucia Anile
Il Presidente
Alfredo Zini
Ente Bilaterale Nazionale Turismo
Via Lucullo 3, 00187 Roma
Tel. +39 06 42012372
Fax. +39 06 42012404
www.ebnt.it [email protected]
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FAITA FederCamping rappresenta e tutela gli interessi ed i diritti delle Imprese Turistico Ricettive
dell’Aria Aperta (camping e villaggi turistici). La Federazione è attiva ed opera da più di 50 anni associando la maggioranza delle imprese italiane del settore attraverso 18 associazioni regionali.
FAITA FederCamping è da sempre impegnata nella tutela e promozione delle aziende aderenti e più
in generale del comparto turistico ricettivo all’aria aperta.
L’obiettivo prioritario federale punta alla valorizzazione del comparto attraverso la promozione della
cultura d’impresa e la qualificazione del management aziendale. In questo senso sono stati sviluppati programmi di certificazione sia del processo aziendale, sia ambientali, già applicati in numerose strutture.
Inoltre, la politica federale, orientata alla promozione del settore, è integrata da iniziative direttamente rivolte ai camp manager quali la formazione professionale, l’ausilio all’adeguamento ed al miglioramento delle dotazioni strutturali, le politiche promozionali, l’attività di lobbying, di rappresentanza e di partenariato.
La Federazione realizza servizi per le Associazioni Regionali (stesura del contratto nazionale di lavoro, osservatorio congiunturale, studi e pubblicazioni, accordi e convenzioni) e coopera con loro per
la soluzione delle problematiche locali.
FAITA FederCamping è tra i soggetti fondatori di CONFTURISMO ed aderisce alla CONFCOMMERCIO ed all’EFCO, organismo europeo di rappresentanza di settore.
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Ci sono molti motivi per tenere sempre a portata di mano una pubblicazione come questa. Lo sa bene ciascuno dei 2.500 imprenditori e dei loro collaboratori che “sono” l’open air italiano. Una realtà che, cifre alla mano rappresenta di gran
lunga il segmento più vivace ed interessante della nostra offerta turistica nazionale.
Si tratta, infatti, di un compendio normativo e gestionale, che offre uno
sguardo ed una prospettiva esaudiente sulle molte incombenze ed i non pochi
meandri che disseminano ed articolano, in senso normativo, la materia della quale
ci occupiamo.
Il testo è di particolare utilità tanto per chi intenda avviare una attività di
gestione di campeggio quanto per chi intenda semplicemente aggiornarsi attraverso uno strumento autorevole ma di semplice consultazione. In particolare oltre alle
nozioni generali sull’azienda turistica, il volume contiene capitoli su: inquadramento dell’azienda e autorizzazione amministrativa con relativi adempimenti.
Un ampio capitolo è dedicato alla gestione in senso stretto, con paragrafi
riferiti al TULPS, alle norme statali e regionali, ai prezzi, alla sicurezza, ai rifiuti, ai
limiti acustici ed alla privacy.
Una sezione affronta i rapporti con la clientela sia dal punto di vista contrattuale, che da quello delle inadempienze e delle responsabilità del gestore, fino ai
regolamenti interni, la loro natura e cogenza.
Ampi capitoli sono dedicati alla disciplina fiscale, tributaria ed alla moneta
europea.
Per gestire un campeggio, per fortuna, non occorre essere un giureconsulto, tuttavia è pur vero che per fugare i dubbi che ad ogni piè sospinto intralciano la
nostra attenzione, se non il nostro lavoro, non si può sempre ricorrere al parere di
un avvocato. È, pertanto, provvidenziale il conforto di uno strumento chiaro e di
facile consultazione. Una vera e propria “guida”.
Siamo grati all’Ente Nazionale Bilaterale per il Turismo che ha contribuito in
maniera determinante alla pubblicazione.
Nell’augurarvi che essa sia utile nel lavoro quotidiano, coltivo la certezza
che anche in questa occasione la Federazione abbia assolto al suo principale ruolo
istituzionale favorendo la consapevolezza e quindi la crescita di un ceto imprenditoriale e di operatori del settore più informato e meglio attrezzato per cogliere e
superare brillantemente le sfide future che il mercato ci porrà.
Maurizio Vianello
Presidente di FAITA-FederCamping
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INDICE
1. Nozioni generali
1. 1
1. 2
1. 3
1. 4
1. 5
1. 6
Azienda di produzione o impresa
Impresa turistica - Definizione giuridica
L’imprenditore turistico
Precisazione sulle aziende del settore
Nozione di pubblico esercizio
Legislazione sulla ricettività all’aria aperta
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27
33
33
2. Inquadramento dell’azienda
2. 1
2. 2
2. 3
2. 4
2. 5
Definizione giuridica
Particolarità
Distinzione rispetto alle strutture alberghiere
Normative regionali
Requisiti minimi obbligatori per la classificazione
della struttura ricettiva all’aria aperta
3. Autorizzazione amministrativa
3. 1
3. 2
3. 3
3. 4
Premessa
Nozioni su alcune particolarità dell’autorizzazione
Ulteriori precisazioni sull’autorizzazione
Trasferimento o locazione delle attività accessorie
4. Adempimenti amministrativi
4. 1
4. 2
4. 3
Codice Fiscale
Iscrizione nel Registro delle Imprese
La rappresentanza
» 35
» 35
» 38
5. La gestione
5. 1
5. 2
Obblighi, divieti e prescrizioni stabiliti dal TULPS,
dalle leggi dello Stato e dalle Regioni
Registrazione e comunicazione alle autorità locali di P.S.
delle persone alloggiate
5. 2. 1 Ulteriori precisazioni e chiarimenti riguardanti
la notifica delle persone alloggiate
» 41
» 43
» 44
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5. 3
5. 4
5. 5
5. 6
5. 7
5. 8
5. 9
Rilevazione statistica del movimento turistico
Determinazione, comunicazione e pubblicazione dei prezzi
dei servizi delle strutture ricettive
Sicurezza e igiene dei lavoratori sui luoghi di lavoro
5. 5. 1 Il sistema di prevenzione
5. 5. 2 La valutazione dei rischi
5. 5. 3 Segnaletica di sicurezza sui luoghi di lavoro
5. 5. 4 Tenuta del registro degli infortuni
5. 5. 5 Denuncia e verifica periodica degli impianti di messa a terra
5. 5. 6 Prevenzione incendi
Legge sulla Privacy - Tutela e riservatezza dei dati personali
5. 6. 1 Procedure per gli adempimenti attuativi previsti dalla legge
Ulteriori disposizioni in materia di P.S.
5. 7. 1. Registro dei Portieri
5. 7. 2 Trattenimenti in pubblici esercizi
5. 7. 3 Disciplina delle piscine natatorie
Esercizio attività accessorie
5. 8. 1 Disciplina igienico sanitaria
5. 8. 2 Vendite di bevande alcoliche
Ulteriori adempimenti gestionali
5. 9. 1 Catasto rifiuti - Rifiuti speciali
5. 9. 2 Raccolta residui organici delle autocaravan
5. 9. 3 Requisiti acustici delle sorgenti sonore nei locali da ballo
e nei pubblici esercizi
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»
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106
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6. Rapporti con la clientela
6. 1
Contratto di alloggio
6. 1. 1 Mancato adempimento degli obblighi contrattuali
6. 2 Convenzione forfettaria di soggiorno
6. 3 Clientela inadempiente
6. 4 Le responsabilità del gestore
6. 4. 1 Custodia delle cose portate o consegnate dal cliente
6. 4. 2 La responsabilità extra contrattuale
6. 5 Regolamenti interni all’azienda ricettiva
6. 5. 1 Il regolamento interno di un campeggio: aspetti gestionali
7. Disciplina fiscale
7. 1
12
Imposta sul valore aggiunto
7. 1. 1 Operazioni soggette a imposta - Le operazioni imponibili
7. 1. 2 Soggetti passivi
7. 1. 3 Effettuazione delle operazioni
7. 1. 4 Il nuovo regime dell’IVA ad esigibilità differita
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7. 2
7. 1. 5 Aliquote applicabili alla ricettività
7. 1. 6 Il volume di affari
7. 1. 7 Gli obblighi del contribuente
7. 1. 8 Registri obbligatori IVA
7. 1. 9 Ulteriori chiarimenti IVA
Certificazione fiscale dell’operazione
7. 2. 1 Ricevuta fiscale
7. 2. 2 Scontrino fiscale
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145
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147
147
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8. Disciplina tributaria
8. 1
8. 2
8. 3
8. 4
8. 5
8. 6
8. 7
Imposta di bollo
8. 1. 1 Regole generali
Riforma dei tributi locali
8. 2. 1 Abolizione di alcuni tributi locali
8. 2. 2 Accertamenti
8. 2. 3 Potere regolamentare dei Comuni
8. 2. 4 Tasse, tariffe e canoni
8. 2. 5 Rifiuti speciali assimilati agli urbani
8. 2. 6 Applicazione della Tassa Rifiuti Solidi Urbani
nei campeggi e arenili
8. 2. 7 Dalla TASSA alla TARIFFA
8. 2. 8 Addizionale comunale IRPEF
ICI - Imposta Comunale sugli Immobili
Tasse sulle concessioni regionali
Imposta regionale sulle attività produttive – IRAP
Tasse sulle concessioni governative
Altri tributi
8. 7. 1 Tributo provinciale per la tutela - Protezione e igiene dell’ambiente
8. 7. 2 UTIF - Ufficio Tecnico Imposta di Fabbricazione
8. 7. 3 Diritti camerali
8. 7. 4 Canone di abbonamento RAI – TV
8. 7. 5 Imposta sui pubblici spettacoli – SIAE
8. 7. 6 Imposta sugli intrattenimenti
8. 7. 7 Riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo
9. Ulteriori adempimenti
9. 1
Consorzio Nazionale Imballaggi – CONAI
» 153
10.Unione Europea
10. 1 Nascita della Moneta Unica
10. 2 Tassi di conversione
» 155
» 156
13
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1. Nozioni generali
1. 1
Azienda di produzione o impresa
Le aziende si dicono aziende di produzione o più semplicemente imprese quando il
fine che l’ente si propone è il lucro. Tenuto poi conto della tipica attività svolta per ottenere il guadagno, le imprese a loro volta si classificano in: imprese commerciali, imprese
industriali, imprese agricole e imprese di servizi.
1. 2
Impresa turistica - Definizione giuridica
Con l’entrata in vigore della legge 17 maggio 1983, n. 217, recante: “Legge quadro
per il turismo e interventi per il potenziamento e la qualificazione dell’offerta turistica”, si
è venuta a creare un’altra categoria di imprese, quella “Turistica”.
Il primo comma dell’articolo 5 della sopracitata legge dispone che: “sono imprese
turistiche quelle che svolgono attività di gestione di strutture ed annessi servizi turistici”.
È certamente questo l’articolo che contiene le disposizioni fondamentali per l’individuazione, oltreché delle imprese turistiche in senso stretto, della disciplina giuridica applicabile alle imprese in tal modo definite. Nel nostro sistema positivo, infatti, mancava fino
ad oggi una disposizione che sciogliesse il nodo dell’appartenenza delle imprese qualificabili come turistiche: se esse appartenessero cioè alle categorie delle imprese commerciali o alle imprese di servizi.
È chiaro che, per definire compiutamente l’impresa turistica, occorre operare un collegamento fra il primo comma dell’articolo in esame e le disposizioni del codice civile che
si riferiscono all’imprenditore (in particolare agli artt. 2082 e 2195 c.c.).
1. 3
L’imprenditore turistico
Alla luce della combinazione normativa sopracitata, si poteva dare una definizione
dell’imprenditore turistico dal seguente tenore: “È imprenditore turistico chi esercita professionalmente una attività economica organizzata al fine della gestione di strutture ricettive ed annessi servizi”.
L’attività svolta dall’imprenditore turistico dovrà dunque possedere le seguenti
caratteristiche:
•
essere attività ricettiva (… in via principale);
•
consistere nell’esercizio di una attività economica, cioè di un’attività immediatamente diretta alla produzione di lucro;
•
essere esercitata in maniera professionale, cioè stabilmente e non occasionalmen15
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te. La giurisprudenza non richiede peraltro, ai fini dell’esistenza di tale requisito,
anche la continuità, per cui sussiste la professionalità anche nell’impresa a carattere stagionale;
•
essere esercitata in maniera organizzata. Per la sussistenza di tale requisito si richiede che l’attività dell’imprenditore si combini con gli altri fattori produttivi (lavoro,
beni immobili e mobili, capitali, prestatori d’opera, ecc.).
È imprenditore anche il gestore dell’azienda altrui.
Dall’imprenditore si differenzia il piccolo imprenditore.
Secondo l’articolo 2083 c.c. sono piccoli imprenditori “i coltivatori diretti del fondo,
gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un’attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia”.
La distinzione fra imprenditore e piccolo imprenditore non risiede tanto nella diversità delle attività economiche, quanto nella minore estensione e complessità degli affari.
Nel caso del piccolo imprenditore, infatti, l’attività economica è organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei membri della famiglia.
Con l’approvazione della L. 29 marzo 2001 n. 135 intitolata “Riforma della legislazione nazionale del turismo” il concetto di impresa turistica è stato radicalmente cambiato offrendo un’accezione della definizione di impresa (art. 7 della L. n. 135) estremamente vasta ed esaustiva e che sostituisce la limitativa previsione di cui alla legge n.
217/1983.
Infatti il sopracitato art. 7 definisce le imprese turistiche “quelle che esercitano attività economiche organizzate per la produzione, la commercializzazione, l’intermediazione
e la gestione di prodotti, di servizi tra cui gli stabilimenti balneari, di infrastrutture e di
esercizi compresi quelli di somministrazione facenti parte dei sistemi turistici locali concorrenti alla formazione dell’offerta turistica”. Alle imprese turistiche è riconosciuta la
dignità di impresa commerciale sia sotto il profilo della regolamentazione civilistica (con
obbligo di iscrizione nel registro delle imprese1 di cui alla L. 29 dicembre 1993 n. 580,
mentre viene soppressa la sezione speciale del REC istituita dalla L. n. 217/1983) che
fiscale e tributaria (accesso ad agevolazioni e provvidenze). Con la nuova normativa, pertanto, è superata la definizione ristretta e limitativa di impresa turistica ex legge n.
217/1983, che era riferita solamente alla ricettività tradizionale, estendendo notevolmente la gamma e le tipologie di imprese turistiche.
Per quanto concerne le strutture ricettive, la regolamentazione prefigurata dalla riforma
1) Il registro delle imprese è previsto dagli artt. 2188-2194 c.c. . Nel registro devono essere iscritti gli imprenditori che esercitano un’attività imprenditoriale diretta alla produzione di beni o servizi o un’attività intermediaria nella circolazione di beni o un’attività di trasporto, bancaria o assicurativa o anche un’attività ausiliaria delle
precedenti, con esclusione dei piccoli imprenditori e degli imprenditori agricoli. Le disposizione del codice civile sono state attuate con la L. 29. 12. 1993 n. 580 “Riordinamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura” che ha istituito presso ogni Camera di Commercio l’Ufficio del Registro delle Imprese con
funzioni di certificazione anagrafica e di pubblicità.
16
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della legislazione nazionale è stata completata dal DPCM 13 settembre 2002 “Recepimento
dell’accordo fra lo Stato, le regioni e le province autonome sui principi per l’armonizzazione, la
valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico”, dove facendo seguito all’intesa conseguita
in sede di Conferenza permanente Stato-regioni, in ossequio al principio di “leale collaborazione” e nel perseguimento di obiettivi di funzionalità, economicità ed efficacia dell’azione
amministrativa, si demanda alle regioni ed alla province autonome il compito di definire concordemente le tipologie di imprese turistiche alberghiere, extralberghiere, di campeggi e villaggi turistici operanti nel settore e di stabilire criteri e modalità di esercizio per le quali si ravvisi
la necessità di standard omogenei ed uniformi.
Le stesse procedure valgono anche per stabilire i requisiti minimi di qualità dei servizi
offerti dalle strutture ricettive, cui riferire i criteri relativi alla classificazione, rispetto ai quali si
registrano evidenti esigenze di armonizzazione in ambito nazionale.
1. 4
Precisazione sulle aziende del settore
La regolamentazione normativa del settore è senz’altro complessa e risulta da un intrecciarsi e sovrapporsi di direttive emanate da fonti differenti. Al fine di esporre nella maniera più
lineare possibile la materia è opportuno muovere da una considerazione di carattere preliminare, che incide costantemente su tutta la regolamentazione legislativa del settore: “i complessi turistico ricettivi all’aria aperta sono classificati dal legislatore tra i pubblici esercizi” e, pertanto, sono disciplinati, per quanto di sua competenza anche dal Testo Unico delle Leggi di
Pubblica Sicurezza (TULPS - RDL 18/6/1931, n. 733), al quale, infatti, fanno spesso richiamo
anche le altre norme che regolamentano il settore (artt. 10-11-92-93-100-108 e 109).
1. 5
Nozione di pubblico esercizio
La nozione di pubblico esercizio ha il suo fondamento nella disciplina positiva, nel senso
che non esiste una categoria astratta di pubblico esercizio che si differenzi oggettivamente da
tutte le altre imprese che, a scopo di lucro, producono beni o prestano servizi. Perciò l’unica
classificazione possibile è quella che si fonda sul dato normativo, cioè sulla sottoposizione di
un esercizio ad una speciale normativa di polizia, disciplina che si può sovrapporre a quella
prevista dalla legge del commercio, dalle leggi in materia di turismo o da altre leggi speciali.
Lo scopo della sottoposizione a controllo, mediante il regime dell’autorizzazione di polizia, di
talune attività imprenditoriali, è quello di tutelare la sicurezza, l’incolumità, la moralità, l’igiene
delle persone e la sicurezza dei beni mobili che rispettivamente si affidano o vengono affidati
a coloro i quali gestiscono esercizi per la somministrazione di alimenti e bevande, imprese
ricettive ed esercizi che prestano servizi di varia natura. Il termine di “pubblico esercizio” è, pertanto, dal legislatore usato in un’accezione ristretta perché altrimenti esso sarebbe applicabile
“a tutte le aziende aventi per oggetto prestazioni d’opera o di servizio o di generi di consumo,
che non possono essere esercitate senza autorizzazione amministrativa”. Un esercizio può
essere classificato come “pubblico” in quanto effettivamente accessibile da chiunque libera17
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mente, a prescindere dal luogo ove sia stato situato o dalla denominazione che se ne dia. Vale
a dire che deve di fatto trattarsi di “luogo aperto al pubblico”.
La giurisprudenza, al riguardo, ha costantemente affermato che per luogo aperto al
pubblico s’intende quello al quale il pubblico può accedere a certe condizioni, imposte da chi
esercita un diritto sul luogo medesimo: tale è il bar, il cinema, il teatro, l’albergo, il campeggio, ecc.
L’esigenza di imporre tutta una serie di doveri più o meno penetranti a coloro che esercitano talune attività imprenditoriali nel campo della ristorazione, della ricezione, del trasporto e di talune altre attività consimili, risale ad antica data, mentre le attività sottoposte ad autorizzazione sono via via venute mutando a seconda dell’evolvere dei tempi. Per questo l’elencazione degli esercizi pubblici contenuta nell’art. 86 del Tulps non è da ritenersi di carattere
tassativo.
1. 6
Legislazione sulla ricettività all’aria aperta
Fatta questa importante precisazione sulla natura di pubblici esercizi attribuita dal legislatore ai complessi turistico ricettivi all’aria aperta, le fonti normative statali che hanno regolato il settore a testimonianza dell’interesse crescente per esso, in ragione della crescente
domanda che lo ha caratterizzato, sono le seguenti:
a. legge 21 marzo 1958, n. 326, concernente: “Disciplina dei complessi ricettivi complementari a carattere turistico sociale”;
b. DPR 20 giugno 1961, n. 869 contenente “Norme di attuazione della legge n. 326/1958”.
A seguito del trasferimento alle regioni di funzioni statali, fra le quali quelle legislative in
materia di “turismo ed industria alberghiera” in attuazione del dettato costituzionale (art. 117
Costituzione) stante la riconosciuta potestà normativa concorrente regionale, gran parte delle
regioni si sono dotate di una propria disciplina in tema di ricettività all’aria aperta.
Con l’entrata in vigore della legge 17 maggio 1983, n. 217 (Legge Quadro per il Turismo)
si è venuto a creare il principale strumento regolatore dei rapporti fra Stato e Regione nel settore del turismo. Tale normativa conteneva, infatti, i principi ed i criteri che le Regioni erano
chiamate ad osservare nel legiferare in materia senza invadere la relativa competenza statale.
Per quanto concerne le strutture ricettive all’aria aperta la Legge Quadro introdusse alcuni punti fondamentali quali:
•
art. 5: la definizione di “impresa turistica” - l’istituzione di una sezione speciale per le
imprese turistiche all’interno del registro previsto dalla legge n. 426/71(REC) e conseguente assoggettamento dell’imprenditore all’obbligo di iscrizione;
•
art. 6: la definizione delle tipologie delle strutture ricettive;
•
art. 7: il sistema di classificazione a stelle valevole in modo uniforme su tutto il territorio nazionale;
•
art. 8: il vincolo di destinazione per la conservazione e la tutela del patrimonio ricettivo.
Infine, questa legge ha avvicinato la disciplina della ricettività all’aria aperta a quella delle
strutture alberghiere riconoscendo a pieno titolo anche alle strutture ricettive all’aria aperta il
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ruolo di imprese turistiche contrariamente alla normativa del 1958 che le annoverava nell’ambito dei complessi complementari a carattere turistico-sociale.
Ma pur avendo conseguito ottimi ed eccellenti risultati, il riordino della legislazione nazionale sul turismo operato dalla L. 29.3.2001 n. 135, si è reso necessario ed improcrastinabile
per adeguare il sistema giuridico normativo alle nuove esigenze del settore profondamente
mutate rispetto a quelle diffuse ed esistenti nel periodo in cui veniva approvata la L. n.
217/1983.
Nel frattempo, era radicalmente cambiata la competenza normativa delle regioni in materia di turismo a seguito dell’entrata in vigore della legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3
“Modifiche al Titolo V parte II della Costituzione”. Il nuovo testo dell’art. 117 della Cost. configura infatti il turismo come materia di competenza regionale esclusiva, per cui la disciplina del
settore è attribuita alla competenza normativa esclusiva delle regioni e riconosce in capo alle
province ed ai comuni l’esercizio delle relative funzioni amministrative ex art. 118 della Cost.
come riformato dalla citata legge costituzionale.
Altre leggi che disciplinano, sotto vari aspetti, il settore sono le seguenti:
•
Legge 25 agosto 1991, n. 284, Liberalizzazione dei prezzi del settore turistico e interventi di sostegno alle imprese turistiche;
•
Decreto ministero del Turismo e dello Spettacolo 16 ottobre 1991, recante:
“Determinazione delle modalità di trasmissione e di pubblicazione dei prezzi dei servizi
delle strutture ricettive, nonché delle attività turistiche ad uso pubblico gestite in regime
di concessione”. Provvedimento che norma le modalità di attuazione della sopra citata
legge 284/91;
•
Legge 25 agosto 1991, n. 287, concernente: ”Aggiornamento della normativa sull’insediamento e sull’attività dei pubblici esercizi”;
•
Decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, pubblicato sulla G.U. n. 95 del 24 aprile 1998,
recante: “Riforma della disciplina relativa al settore commercio”. Con questa normativa,
che entrerà in vigore il 365° giorno dopo la sua pubblicazione (aprile 1999), vengono
abrogati (Titolo IX - art. 26): la Legge 11 giugno 1971, n. 426, e successive modificazioni, ed il Decreto ministeriale 4 agosto 1988, n. 375; ad esclusione delle disposizioni concernenti il registro degli esercenti il commercio (articoli: 6-8-19-28-65 e allegato 4) relativamente alla attività ricettiva, di cui alla legge 17 marzo 1983, n. 21 successivamente
abrogate dalla L. n. 135/2001.
Per completezza e dovizia di informazione, non si può comunque tralasciare di menzionare la recente approvazione del D. Lgs 23 maggio 2011 n. 79 (pubblicato sulla GU n. 129
del 6.6.2011) recante il titolo “Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo, nonché attuazione della direttiva 2008/122/CE, relativa ai contratti di multiproprietà, contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine, contratti di rivendita e
di scambio”
Ma il vero e proprio Codice che ha suscitato un vespaio di polemiche da parte delle regioni (alcune di esse, come la regione Veneto hanno proposto ricorso di fronte alla Corte
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Costituzionale chiedendo che venga dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 del decreto poiché, nella fattispecie, si tratta di un provvedimento con il quale il governo interviene in
una materia, il turismo, che la Costituzione affida in via esclusiva alle regioni), è riportato
nell’Allegato 1 del decreto legislativo ed è formato complessivamente da sessantanove articoli che disciplinano nel dettaglio tutti gli aspetti correlati all’attività turistica. Il codice che abroga espressamente la L. 29.3.2001 n. 135, è tornato di nuovo sul concetto di impresa turistica
ricomprendendo in tale definizione tutte quelle imprese “volte a produrre, commercializzare,
intermediare, gestire prodotti, servizi, infrastrutture ed esercizi per soddisfare le esigenze del
turista, quali le imprese di ristorazione e tutti i pubblici esercizi, gli stabilimenti balneari, i parchi divertimento, le imprese di intrattenimento di ballo e di spettacolo, le imprese di organizzazione di eventi e congressi e le imprese turistiche nautiche”.
Pertanto tale disposizione normativa assume nell’ambito del Codice stesso un’importanza fondamentale ampliando il concetto di impresa turistica e rendendola destinataria di tutta
una serie di incentivi economici previsti in passato solo per le attività industriali.
Come già affermato e descritto, nel prosieguo del testo, sono semplificate le procedure
per l’avviamento (o per il trasferimento di un’attività turistico ricettiva) essendo ora sufficiente
la c.d. SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività), con applicazione delle disposizioni relative allo Sportello Unico.
Per quanto riguarda, in particolare, la definizione delle strutture ricettive all’aperta, (campeggi e villaggi turistici) il dlgs n. 79/2011 (art. 13) riprende integralmente le nozioni di cui alla
L. n. 217/1983 innovando relativamente ai campeggi, in merito alla previsione, che questi ultimi possano disporre di unità abitative mobili, quali tende, roulotte, caravan, mobilhome o
maxicaravan, autocaravan o camper e di unità abitative fisse per la sosta ed il soggiorno di turisti sprovvisti di propri mezzi mobili di pernottamento (art. 13 V com.). Sono previsti altresì, i
campeggi nell’ambito delle attività agrituristiche, quali aree di ricezione all’aperto gestite da
imprenditori agricoli ai sensi della L. 20.2.2006 n. 96, recante disciplina dell’agriturismo.
Altra novità è rappresentata dalla previsione dei parchi vacanza definiti quali campeggi a
gestione unitaria, in cui è praticato l’affitto della piazzola ad un unico equipaggio per l’intera
durata del periodo di apertura della struttura. Si specifica e si sottolinea che nelle strutture
ricettive all’aria aperta sono assicurati: 1) la sorveglianza continua della struttura ricettiva
durante i periodi di apertura; 2) la continua presenza all’interno della struttura ricettiva del
responsabile o di un delegato; 3) la copertura assicurativa per i rischi di responsabilità civile
a favore di clienti.
20
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2. Inquadramento dell’azienda
2. 1
Definizione giuridica
Riuscire ad enucleare dal dettato legislativo l’esatta definizione che in esso viene
data dell’impresa ricettiva all’aria aperta, è di fondamentale importanza per il comparto in
esame. Infatti solamente così esso potrà ricevere la sua giusta collocazione nel quadro
generale delle attività turistiche, cessando, in primo luogo, di essere considerato “complementare” rispetto ad altre forme di ricettività, ed in secondo luogo, risolvere di fatto
alcune perplessità sorte nell’assolvimento di talune procedure amministrative.
Tutta la legislazione che disciplina la materia è concorde sulla definizione dei complessi che compongono il comparto in questione:
«sono aziende ricettive all’aria aperta le aziende organizzate per fornire al pubblico, con
gestione unitaria, alloggio in propri allestimenti, fissi o mobili, o in spazi atti ad ospitare
turisti forniti di mezzi di pernottamento autonomi e mobili, ed altri servizi accessori per
favorire il soggiorno, compresi eventuali servizi di bar, ristorazione, spaccio e bazar».
Come sottolineato precedentemente, la Legge Quadro per il Turismo n. 217/1983 ha
collocato questi complessi nel contesto dell’imprenditoria turistica, cioè nell’insieme degli
operatori che esercitano imprese turistiche attraverso lo svolgimento dell’attività di
gestione di strutture ricettive e di annessi servizi accessori e complementari.
Quindi l’azienda ricettiva all’aria aperta può così essere definita:
a) un’impresa turistica perché “svolge attività di gestione di struttura ricettiva ed
annessi servizi turistici”;
b) un esercizio pubblico perché è un esercizio aperto al pubblico, previo rilascio di
apposita autorizzazione amministrativa di P.S., per l’effettuazione di prestazioni
d’opera e di servizio al pubblico, attraverso il pagamento del relativo compenso;
c) una struttura unitaria perché i beni organizzati hanno un vincolo aziendale unitario;
d) una struttura attrezzata su aree recintate perché l’area che deve essere delimitata
ed organizzata al fine della ricettività è elemento fondamentale del campeggio o del
villaggio turistico;
e) una struttura ricettiva perché finalizzata alla sosta ed al soggiorno di turisti provvisti
o sprovvisti di mezzi personali di pernottamento.
2. 2
Particolarità
Quanto fin qui trattato, stabilisce innegabilmente che: il complesso ricettivo all’aria
aperta è un “esercizio pubblico” con una struttura articolata su un’area di particolare ubicazione e di tipiche caratteristiche ambientali, dotata di servizi, attrezzature ed impianti
complementari destinati alle sole persone ospitate, fra i quali: “servizi di ristoro, di bar,
spaccio e bazar” perciò, oltre allo svolgimento dell’attività ricettiva e di ospitalità, si con21
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figura un esercizio congiunto di diverse attività, delle quali, talune doverosamente presenti per rendere più vivibile il soggiorno dei turisti e, quindi, vincolate tra loro da una funzionalità unitaria sia sotto il profilo turistico che commerciale. A ciò aggiungasi la gestione di tutti quei servizi obbligatori per causa/effetto della classificazione, cioè dei servizi
ricreativi, culturali, sportivi per cui necessariamente l’autorizzazione amministrativa non
può essere che “omnicomprensiva”.
Questi principi trovano la loro fonte non soltanto nella legge istitutiva “la 326/58”, ma
anche nelle singole normative regionali disciplinanti il settore, che nel corso degli anni si
sono succedute.
L’esercizio delle attività complementari all’attività ricettiva, sopra citate, per causaeffetto dell’autorizzazione omnicomprensiva possono essere esercitate anche da soggetti
diversi dal titolare delle strutture stesse, con il suo consenso e nel rispetto delle norme
vigenti.
2. 3
Distinzione rispetto alle strutture alberghiere
Al fine di sgombrare il campo da ogni possibile equivoco, occorre affermare che
l’elemento distintivo tra le strutture alberghiere, con riguardo principalmente ai “Villaggi
alberghi” (art. 6, comma 3, lettera c) della legge 217/83), e quelle della ricettività all’aria
aperta è individuabile, principalmente, nella prestazione dei servizi accessori.
In particolare, la prestazione alberghiera consiste normalmente, oltre che nella fornitura dell’alloggio ed eventualmente del vitto, nel riassetto della camera, nella fornitura e
nel ricambio della biancheria da letto e da bagno, mentre l’oggetto del contratto d’alloggio concluso dal gestore di azienda ricettiva all’aria aperta, consiste essenzialmente nel
godimento del bungalow o di altro allestimento mobile, da parte dei clienti. Non esclusi,
ma generalmente meno praticati, quindi, il servizio di riassetto dell’allestimento stesso e
la fornitura di biancheria che può, tuttavia, essere noleggiata.
2. 4
Normative regionali
Come già affermato, tra i meriti che si possono ascrivere alla L. n. 217 vi è stato
quello di aver provveduto a riordinare e definire le tipologie delle strutture ricettive sia
alberghiere che extralberghiere con le proprie caratteristiche e requisiti puntuali, pur riconoscendo in capo alle regioni il potere di individuare e disciplinare altre strutture, secondo le specifiche caratteristiche ed esigenze locali. I campeggi sono pertanto definiti come
“esercizi ricettivi aperti al pubblico, a gestione unitaria, attrezzati su aree recintate per la
sosta ed il soggiorno di turisti provvisti di norma, di tende o di altri mezzi autonomi di
pernottamento”.
Invece i villaggi turistici sono “esercizi ricettivi aperti al pubblico a gestione unitaria,
attrezzati su aree recintate per la sosta ed il soggiorno in allestimenti minimi, di turisti
sprovvisti di norma di mezzi autonomi di pernottamento”. Le normative regionali consen22
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tono la promiscuità tra le due tipologie di strutture ricettive all’aria aperta permettendo la
presenza nei campeggi di tende, camper, roulottes o comunque altri mezzi autonomi di
pernottamento, installati dalla gestione, distinguendole, di solito, in base alla prevalenza
del numero dei turisti che usufruiscono di propri mezzi di pernottamento (campeggi) o,
viceversa, del numero dei turisti che usufruiscono di allestimenti predisposti dal gestore
(villaggi turistici).
I campeggi sono classificati dalle normative regionali da un minimo di una stella ad
un massimo di quattro stelle, mentre i villaggi turistici da un minimo di due stelle ad un
massimo di quattro stelle in rapporto al servizio offerto, alla loro ubicazione ed alla presenza di attività ricreative, culturali e sportive.
All’interno delle normative regionali dedicate alla ricettività all’aria aperta sono state
regolamentate altre tipologie quali ad esempio le aree di sosta temporanea che i comuni possono prevedere per la sosta di caravan, autocaravan, camper e simili mezzi mobili
di pernottamento compatibilmente con i loro strumenti urbanistici, riservati esclusivamente alla sosta temporanea ed al parcheggio di tali mezzi per un periodo che può oscillare dalle ventiquattro ore al massimo di tre giorni. Sempre nelle normative regionali campeggi e villaggi turistici si arricchiscono di denominazioni aggiuntive; è il caso dei campeggi o dei villaggi turistici “di transito” rivolti ad una clientela itinerante, dove la sosta
non può normalmente protrarsi oltre un breve periodo prefissato.
Altra tipologia e quella del Centro Vacanze struttura dotata di rilevanti impianti e servizi sportivi, di svago e commerciali per la quale si prevedono di norma specifici e ulteriori requisiti obbligatori aggiuntivi. La normativa regionale disciplina anche il campeggio
naturalistico realizzato a scopo di studio nei territori dei parchi e riserve naturali e regionali e nelle adiacenti zone di protezione
Altra tipologia è quella dei campeggi didattico-educativi che svolgono attività educative, didattiche, sociali, religiose e di educazione ambientale realizzate da organizzazioni senza scopo di lucro in attuazione dei loro fini statutari. Non si tratta, in questo caso,
comunque, di imprese turistiche.
2. 5
Requisiti minimi obbligatori per la classificazione della
struttura ricettiva all’aria aperta
I requisiti minimi obbligatori ai fini del rilascio della classificazione della struttura
ricettiva all’aria aperta sono suddivisi in macro argomenti stabiliti dalle singole normative regionali, in particolare descritti analiticamente negli allegati, ma soprattutto dai rispettivi regolamenti regionali. Le differenze che emergono dalla comparazione delle normative regionali, si giustificano per ragioni di carattere temporale: infatti alcune normative
risalgono agli anni 90, altre invece sono state approvate in tempi più recenti. Comunque,
sono presenti molti requisiti uniformanti, pur presentando piccole variazioni da regione a
regione.
23
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Area della struttura
L’area di pertinenza della struttura comprende piazzole (aree destinate alla sosta ed
al soggiorno della clientela) ed aree destinate ai servizi (parcheggio, servizi igienici, uffici, ristorante, bar spaccio, attrezzature sportive e ricreative). Le strutture ricettive all’aria
aperta sono realizzabili in aree definite dagli strumenti urbanistici comunali vigenti, di
norma nelle aree specificamente destinate dagli strumenti urbanistici. L’area deve essere
delimitata in ossequio alle normative edilizie e paesaggistiche con recinzioni, accessi e
varchi chiudibili, o con demarcazioni o ostacoli non facilmente superabili.
La recinzione deve essere opportunamente schermata ove occorra per garantire
sicurezza e riservatezza agli ospiti (così Allegato A) delibera G. R. Emilia Romagna
2150/2004 in attuazione della lr. 28.7.2004 n. 16).
Ogni struttura deve essere dotata di servizi di vendita e somministrazione di alimenti e bevande, destinati alle sole persone alloggiate, qualora non presenti nelle vicinanze.
Servizio di sorveglianza e ricevimento
Il servizio di sorveglianza dell’intera area e degli accessi deve essere garantito 24 ore
su 24.
Il servizio di ricevimento, posto in locale apposito all’ingresso della struttura, è assicurato per almeno dieci ore giornaliere dalla presenza di addetti dotati di cartellino di riconoscimento.
Piazzole
Le piazzole sono aree attrezzate delimitate con segnali sul terreno, picchetti, alberi
o siepi e contrassegnate da apposito contrassegno numerico o alfanumerico ben visibile
per la sosta ed il soggiorno dei turisti. I requisiti dimensionali minimi e/o medi delle piazzole sono indicati nei rispettivi allegati alle leggi regionali. La superficie minima delle piazzole standard non può essere inferiore a 40 mq, mentre la superficie media varia da 50 a
75 mq a secondo della qualifica attribuita, salvo che si tratti di zone di particolare pregio
ambientale o boschive o di particolare conformazione del terreno, nel qual caso si consente per tutti i livelli di classifica la superficie media di 50 mq. (così regione Emilia
Romagna). La regione Puglia (lr. n. 11/99) prevede, invece, una dimensione delle piazzole che varia dai 50 ai 75 mq a seconda delle stelle, superficie che comunque comprende
lo spazio dedicato alla viabilità interna. Da alcuni anni la Regione Veneto, introducendo il
parametro della capacità ricettiva massima (vedi paragrafo successivo), ha eliminato ogni
prescrizione riguardante la superficie minima delle piazzole.
Capacità ricettiva
La capacità ricettiva massima autorizzabile è calcolata moltiplicando per quattro il
numero delle piazzole standard, moltiplicando per due il numero delle piazzole minime,
cui andranno sommati i posti letto autorizzati in unità abitative fisse e mobili con servizi
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riservati, fatto salvo il rispetto di quanto previsto relativamente al rapporto tra il numero
dei servizi e l’utenza.
La regione Veneto (lr. n. 33/2002) in modo del tutto innovativo ha abbandonato il
sistema delle superfici minime delle piazzole e si esprime invece in termini di “densità
ricettiva”, ovvero il rapporto, espresso in metri quadrati per persona, tra la superficie
lorda della struttura ricettiva ed il numero massimo di utenti insediabili (CRM = capacità
ricettiva massima giornaliera). La legge del Veneto indica in 28 (1 stella), 32 (2 stelle), 36
(3 stelle) e 40 (4 stelle) i metri quadrati minimi per persona ospitabile (36, 40, 44 mq per
i villaggi turistici), sempre fatto salvo il rispetto di quanto previsto relativamente al rapporto tra il numero dei servizi igienico sanitari e l’utenza.
Servizio di Pronto Soccorso
Ogni struttura ricettiva deve essere dotata di apposita cassetta di Pronto Soccorso.
Alcuni campeggi e villaggi turistici garantiscono il servizio di pronto soccorso in
apposito locale attrezzato.
Pulizia e Smaltimento dei rifiuti
Lo smaltimento dei liquami avviene attraverso l’impianto di rete fognaria realizzato
nel rispetto della normativa vigente e dei regolamenti comunali di igiene.
Le prescrizioni ed i metodi di raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi sono impartite
dal comune.
Impianto idrico
Ogni struttura deve possedere una rete di distribuzione di acqua potabile con
dimensioni ed approvvigionamento rapportati alla capacità ricettiva. L’eventuale erogazione di acqua non potabile dovrà essere adeguatamente segnalata. L’erogazione di acqua
potabile si deve garantire per fontanelle, lavabi, lavelli per stoviglie, docce nonché per i
locali dove si somministrano e si vendono cibi e bevande.
Impianto di illuminazione e distribuzione dell’energia elettrica
Gli impianti di illuminazione e distribuzione dell’energia elettrica sono realizzati nel
rispetto delle norme C. E. I. L’illuminazione dei varchi e degli accessi dei parcheggi, dei
servizi igienici e relativi percorsi di accesso, deve avere carattere tale da consentire la fruibilità notturna in sicurezza.
Animali domestici
L’introduzione di animali domestici è stabilita dal regolamento interno della struttura. In alcuni casi è subordinata alla presentazione del relativo libretto sanitario. In ogni
caso rimane fermo il principio che gli animali vanno custoditi in modo da non arrecare
danni o molestie, non consentendogli di accedere ai locali di uso comune.
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3. Autorizzazione amministrativa
3. 1
Premessa
Nessun complesso ricettivo all’aria aperta può essere aperto e gestito senza l’apposita “autorizzazione amministrativa” rilasciata dal Comune di competenza territoriale ed
avere assolto il pagamento della relativa “Tassa di concessione Regionale”. In mancanza
di uno dei due requisiti l’attività risulta “abusiva”.
L’art. 19 del DPR 24 luglio 1977, n. 616, attribuisce al Sindaco la competenza relativa al rilascio dell’autorizzazione amministrativa per l’esercizio della ricettività all’aria
aperta (campeggi e villaggi turistici); in precedenza tale competenza era demandata al
Questore ai sensi della legge 326/1958.
La domanda per ottenere l’autorizzazione all’esercizio dell’attività ricettiva deve
essere redatta in duplice copia su carta legale (del valore prescritto al momento della presentazione) da indirizzare al Sindaco, tramite l’Ente delegato dalla Regione competente
per territorio, da parte del titolare della concessione edilizia o da chi intende gestire il
complesso avendo titolo alla sua disponibilità.
La domanda deve contenere, oltre al nome, cognome, luogo e data di nascita, residenza, professione, anche le annotazioni citate al paragrafo 3. 3.
Alla domanda, inoltre vanno allegati tutti i documenti richiesti dalle competenti autorità, fra i quali si ricorda:
•
il nullaosta in bollo dell’Ufficiale Sanitario;
•
il nullaosta del Comandante Provinciale dei Vigili del Fuoco, circa l’idoneità dei
dispositivi antincendio;
•
nulla osta provvisorio di prevenzione incendi relativo all’esercizio delle attività sottoposte a tale disciplina;
•
attestazione dei versamenti delle tasse sulla concessione: Regionale (dove prevista),
per l’autorizzazione amministrativa e per l’eventuale rappresentante.
3. 2
Nozioni su alcune particolarità dell’autorizzazione
L’autorizzazione in esame ha tre principali peculiarità, è:
Personale - Intrasmissibile - Omnicomprensiva
Le particolarità di “Personale e Intrasmissibile” derivano dal fatto che l’autorizzazione rientra fra gli atti di “Pubblica Sicurezza”, anche se con l’entrata in vigore del DPR
616/1977, specificatamente dell’art. 60, sono state trasferite ai Comuni tutte le competenze relative all’istruttoria delle richieste, al rilascio, alla verifica dei requisiti soggettivi,
oggettivi e di sorvegliabilità.
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Mentre il primo di tali caratteri ammette eccezioni, nel senso che è possibile esercitare l’attività dell’atto autorizzatorio anche a mezzo di un “rappresentante”, il secondo
carattere - la intrasmissibilità - è assoluto e non ammette deroghe. Soltanto l’azienda può
essere trasmessa ad altri che devono però munirsi di una nuova autorizzazione. Infatti è
da tenere ben distinto l’esercizio dell’attività d’impresa - che è soggetto ad autorizzazione,
dai mezzi tramite i quali l’attività stessa viene esercitata, ossia dai beni materiali ed immateriali (avviamento) che costituiscono l’azienda.
Affinché vi sia l’osservanza del principio della personalità delle autorizzazioni di polizia, di cui è menzione nell’art. 8 del Tulps, non è richiesto che il titolare, ad esempio, di
autorizzazione di pubblico esercizio, abbia la proprietà del locale, che invece ben può
essere di terzi, ma è necessario che ne abbia la disponibilità a qualunque titolo giuridicamente valido (usufrutto, comodato, locazione, ecc.) e che di fatto gestisca l’esercizio, oltre
ad essere, naturalmente iscritto al registro delle imprese commerciali.
Per quanto attiene al carattere di “Omnicomprensività” esso discende dalla natura
stessa del “contratto ricettivo” che presuppone di per sé, oltre alla tipica attività di “alloggio”, anche delle altre attività ad esso connesse e/o complementari, come ben specificato nel precedente paragrafo 2. 2.
Donde, l’autorizzazione in esame deve ricomprendere in un unico atto autorizzatorio
(anche per effetto-causa della intrasmissibilità dell’atto) tutto le attività complementari
senza il rilascio di distinte licenze, con la clausola “limitatamente alle sole persone alloggiate”.
Nel rispetto dei principi di semplificazione amministrativa, che negli ultimi anni
hanno improntato gli interventi del legislatore, anche l’autorizzazione all’esercizio di un’attività ricettiva all’aria aperta è stata oggetto di numerosi provvedimenti legislativi come la
L. n. 241/1990, alla quale si diede attuazione con il Dpr. 9.5.1994 n. 407. In questo regolamento si stabiliva, che l’esercizio dell’attività ricettiva era già stato sottoposto al principio del silenzio-assenso, entro sessanta giorni dalla presentazione della relativa domanda
sia per l’esercizio delle attività alberghiere con relativo provvedimento di classificazione,
(All. 1 tab. C n. 65) sia per l’attività pararicettiva ovvero per le strutture ricettive extralberghiere. (All. 1 tab. C n. 78)
L’art. 46 V com del D. Lgs 31.3.1998 n. 112 in attuazione della delega attribuita dalla
L. 15.3.1997 n. 59 (legge Bassanini) ha soppresso il n. 65 della Tabella C costituente l’allegato 1 al Dpr. n. 407/1994, in relazione all’attività di tipo alberghiero senza invece prevedere analoga abrogazione per la relativa autorizzazione all’esercizio delle strutture ricettive pararicettive.
La L. n. 135/2001 ha contribuito a dissipare qualsiasi dubbio che poteva sorgere al
riguardo prevedendo all’art. 9 che “l’apertura e il trasferimento di sede degli esercizi ricettivi sono soggetti ad autorizzazione rilasciata dal sindaco del comune sul cui territorio è
ubicato l’esercizio” senza sottolineare, pertanto, alcuna distinzione tra esercizi alberghieri ed extralberghieri.
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Inoltre ha riunificato nello stesso provvedimento autorizzatorio da un lato, la licenza di P.S. di cui all’art. 86 del TULPS, dall’altro tutti gli altri provvedimenti autorizzatori
necessari per lo svolgimento di attività e la prestazione di servizi connessi e complementari all’attività ricettiva come la somministrazione di alimenti e bevande ai clienti e loro
ospiti, “nonché a coloro che sono ospitati nella struttura ricettiva in occasione di manifestazioni e convegni organizzati”, la rivendita di giornali, riviste, pellicole per uso fotografico e di registrazione audiovisiva, cartoline e francobolli alle sole persone alloggiate,
ovvero l’installazione ad uso esclusivo di quest’ultime di “attrezzature e strutture a carattere ricreativo per le quali è fatta salva la vigente disciplina in materia di sicurezza di igiene e di sanità”. La disciplina dell’autorizzazione così come delineata dall’art. 9 della L. n.
135/2001 contempla anche una nuova regolamentazione in casi di revoca e sospensione
(art. 9 IV e V com.) ed altresì si conforma ai principi di “speditezza, unicità e semplificazione” per il rilascio di licenze, autorizzazioni, nullaosta riguardanti le attività e le professioni turistiche (art. 9 VI com) cercando di attuare quella equiparazione, più volte
auspicata, tra attività turistiche ed attività produttive svolte in altri settori. Pertanto anche
i procedimenti autorizzatori nel turismo devono conformarsi alle procedure previste in
materia di autorizzazione delle attività produttive, ivi compresa l’introduzione degli “sportelli unici”.
L’autorizzazione deve essere revocata dal sindaco nei seguenti casi: a) qualora il titolare dell’autorizzazione, salvo proroga in caso di comprovata necessità, non attivi l’esercizio entro centottanta giorni dalla data del rilascio della stessa ovvero ne sospenda l’attività per un periodo superiore a dodici mesi; b) qualora il titolare dell’autorizzazione non
risulti più iscritto nel registro delle imprese; c) qualora, accertato il venir meno della
rispondenza dello stato dei locali ai criteri stabiliti per l’esercizio delle attività dalle regioni o alle vigenti norme, prescrizioni o autorizzazioni in materia edilizia, urbanistica o igienico-sanitaria, nonché a quelle sulla destinazione d’uso dei locali e degli edifici, il titolare
sospeso dall’attività ai sensi dell’art. 17 ter del TULPS come da ultimo modificato dal
comma quinto dell’art. 5 della stessa legge non abbia provveduto alla regolarizzazione nei
tempi stabiliti.
Nel caso di chiusura dell’esercizio ricettivo per un periodo superiore agli otto giorni, il titolare dell’autorizzazione è tenuto a darne comunicazione al sindaco. (art. 9 III com.
L. n. 135). Nulla stabilisce però la legge, in merito alle conseguenze sul piano sanzionatorio, nel caso in cui tale comunicazione non sia effettuata.
Infatti, l’originaria sanzione, consistente nella revoca dell’autorizzazione, prevista
dall’art. 99 del TULPS, non trova più applicazione per effetto dell’art. 11 II com. della L.
n. 135 che ha reso inefficace tale disposizione nei confronti delle strutture ricettive. Si
tratta nella fattispecie di una lacuna che dovrà essere colmata dal legislatore regionale.
Rimane, invece in vigore l’art. 100 del TULPS che attribuisce al Questore il potere di
sospendere l’autorizzazione di una struttura ricettiva nella quale “siano avvenuti tumulti
o gravi disordini, o che sia abituale ritrovo di persone pregiudicate o pericolose, e che
29
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comunque costituisca un pericolo per l’ordine pubblico, per la moralità, il buon costume o la sicurezza dei cittadini”.
Recentemente nell’ambito del decreto legislativo di attuazione della direttiva
2006/123/CE (direttiva Bolkestein) sui “Servizi nel mercato interno” in corso di recepimento nel nostro paese, diretta ad assicurare la libertà di stabilimento (art. 43 del Trattato
di Lisbona) ed il diritto di prestare servizi all’interno del territorio della Comunità (art. 49)
eliminando le barriere per l’accesso alle attività economiche, è stata inserita una norma di
principio che semplifica gli adempimenti amministrativi per l’apertura, il trasferimento e
le modifiche relative alle strutture ricettive. Nella fattispecie, il provvedimento prevede che
le attività sopramenzionate non siano più soggette ad autorizzazione, ma semplicemente
ad una Denuncia di Inizio Attività (DIA).
A questo proposito, si deve menzionare la legge regionale del Piemonte 30.12.2009
n. 38 “Disposizioni di attuazione della direttiva 2006/123/CE del Parlamento Europeo
e del Consiglio relativa ai servizi del mercato interno”, che in ossequio ai principi di
cui all’art. 117 Cost., adegua la normativa regionale in materia di turismo, attività di estetista ed acconciatore, artigianato, commercio, attività nautiche e concessioni demaniali
alla direttiva stessa assicurando la libertà di stabilimento e la libera prestazione dei servizi dei prestatori degli stati membri dell’Unione europea nel territorio regionale.
Per quanto concerne in particolare la disciplina dei complessi ricettivi all’aria aperta, l’art. 2 della legge regionale piemontese n. 38/2009 sostituisce l’art. 7 della precedente lr. 31.8.1979 n. 54 stabilendo che l’esercizio delle stesse strutture all’aria aperta è
subordinato alla presentazione al comune sul cui territorio insistono le stesse strutture, di
una dichiarazione di inizio attività ai sensi dell’art. 19 comma 2 secondo periodo della L.
7.8.1990 n. 241 come modificato dall’art. 9 della legge 18.6.2009 n. 69. Naturalmente il
soggetto interessato deve essere in possesso di tutta una serie di requisiti quali ad esempio quelli previsti dal TULPS n. 773/1931, i requisiti in materia di tutela e prevenzione
incendi, requisiti igienico-sanitari. Il comune, una volta che abbia ricevuto la dichiarazione di inizio attività ne trasmette tempestivamente copia all’ASL, che esercita l’attività di
vigilanza, alla provincia ed all’agenzia di accoglienza e promozione turistica locale competenti per territorio.
Si deve comunque ricordare che già la regione Toscana con lr. 17.1.2005 n. 14
“Modifiche alla legge regionale 23 marzo 2000 n. 42” (Testo unico delle leggi regionali in
materia di turismo) aveva già previsto la dichiarazione di inizio attività per l’esercizio delle
strutture ricettive tra cui anche i campeggi ed i villaggi turistici da presentare al comune
ove è ubicata la struttura, nel rispetto della normativa vigente in materia di sicurezza, di
igiene e sanità, di edilizia ed urbanistica.
Altre regioni hanno seguito la stessa impostazione della regione Piemonte. Si possono menzionare a tal proposito la regione Emilia Romagna che con lr. 12 febbraio 2010
n. 4 ha abrogato la precedente lr. n. 16/2004 prevedendo (art. 13) che “l’avvio delle attività ricettive nelle strutture alberghiere ed in quelle all’aria aperta e nelle loro dipen30
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denze è intrapreso a seguito della dichiarazione di inizio attività da presentare al
comune nel cui territorio è ubicato l’esercizio” che abilita altresì ad effettuare, unitamente al servizio ricettivo, la somministrazione di alimenti e bevande alle persone alloggiate, ai loro ospiti ed a coloro che sono ospitati nella struttura ricettiva in occasione di
convegni e manifestazioni organizzati. La DIA abilita altresì alla fornitura di giornali, riviste pellicole per uso fotografico e di registrazione audiovisiva, cartoline e francobolli, gadget e souvenir alle persone alloggiate, nonché ad installare, ad uso esclusivo di dette persone, attrezzature e strutture a carattere ricreativo, per le quali è fatta salva vigente disciplina in materia di sicurezza, igiene e sanità.
Anche la regione Umbria con lr 16 febbraio 2010 n. 15 “Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti alla regione Umbria dall’appartenenza dell’Italia all’Unione
Europea - Attuazione della direttiva 2006/123/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio
del 12 dicembre 2006 relativa ai servizi nel mercato interno” è intervenuta su tali aspetti.
In particolare, per quanto concerne l’esercizio dell’attività ricettiva in forma imprenditoriale, l’interessato è tenuto a presentare al comune ove ha sede la struttura ricettiva la
DIA, ai sensi della normativa vigente in materia di dichiarazione di inizio attività. La DIA è
corredata, anche per mezzo di autocertificazione, della documentazione concernente il
possesso dei requisiti sanitari, urbanistici e di Pubblica Sicurezza e in materia di prevenzione incendi ai sensi della normativa vigente. In ogni caso resta fermo il principio che
l’interessato potrà avviare l’attività alla data di presentazione della DIA.
La DIA contiene inoltre la seguente certificazione:
a.
iscrizione al Registro delle Imprese della Camera di Commercio, industria, artigianato e agricoltura;
b. classificazione della struttura principale e della eventuale dipendenza;
c.
stipulazione di un’assicurazione per rischi di responsabilità civile nei confronti del
cliente,
d. denominazione, titolarità, tipologia ricettiva, capacità ricettiva, ubicazione e periodo
di apertura annuale o stagionale;
e.
contestualmente alla DIA, l’interessato che intende esercitare l’attività ricettiva
dichiara, ai fini del rilascio dei cartellini dei prezzi di ciascuna unità abitativa, le tariffe da applicare all’ente pubblico competente.
Ma sebbene tutte le regioni non siano intervenute a dare attuazione ai principi della
direttiva 2006/123/CE, è stato approvato nel frattempo il D. Lgs 26.3.2010 n. 59
“Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno” che, relativamente alle strutture turistico-ricettive all’art. 83, stabilisce che “fermo restando quanto previsto dall’art. 9 della L. 29.3.2001 n. 135, l’apertura, il trasferimento e le modifiche concernenti l’operatività delle strutture turistico-ricettive sono soggetti a dichiarazione di inizio attività ai sensi dell’art. 19 comma II, primo periodo della L. 7.8.1990, n. 241”.
Resta fermo in ogni caso il principio che l’avvio e l’esercizio delle attività sopra citate
rimanga sottoposto al rispetto delle norme urbanistiche, edilizie, di Pubblica Sicurezza,
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igienico sanitarie e di sicurezza nei luoghi di lavoro.
Successivamente il Ministero dello Sviluppo Economico, in considerazione dell’entrata in vigore del D. Lgs stesso (prevista per l’8 maggio 2010) ha pubblicato una
Circolare esplicativa in cui si precisa che le disposizioni del decreto di recepimento prevalgono su eventuali disposizioni regionali in contrasto (ma si applicano solo transitoriamente, sino all’adozione da parte delle regioni stesse delle norme di attuazione della direttiva comunitaria) e che le disposizioni del decreto riconducibili alla competenza statale
non sono in alcun modo derogabili da leggi regionali di settore (somministrazione di alimenti e bevande al pubblico, commercio al dettaglio su aree pubbliche, agenti di affari in
mediazione, agenti e rappresentanti di commercio, mediatori marittimi e spedizionieri).
È comunque ancora da menzionare che il decreto legge n. 78/2010 sulla manovra
economica convertito nella legge del 31.7.2010 n. 122, ha previsto nella legge di conversione, all’art. 49 la Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA), modificando l’art.
19 della L. n. 241/1990 sulla trasparenza amministrativa. La SCIA, pertanto, sostituisce la
DIA in tutte le norme nazionali e regionali nelle quali risulta citata.
Inizialmente la SCIA doveva essere utilizzata solo da chi volesse intraprendere un’attività imprenditoriale e commerciale, successivamente nel corso della discussione in
Parlamento, il Governo ha ritenuto opportuno estenderla anche alle attività edilizie.
Altra novità che ha coinvolto l’attività dell’impresa turistica è l’attuazione dell’art. 9
della legge 2 aprile 2007 n. 40 “Conversione in legge con modificazioni del decreto legge
31 gennaio 2007 n. 7, recante misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese”.
Infatti dal primo aprile 2010 chi vuole avviare, modificare o cessare un’attività imprenditoriale può presentare al solo ufficio del Registro delle Imprese presso la Camera di
Commercio una Comunicazione Unica (ComUnica) valida ove sussistano i requisiti di
legge anche ai fini fiscali, previdenziali ed assistenziali, nonché per l’ottenimento del
Codice Fiscale e della partita IVA.
L’Ufficio del Registro delle Imprese contestualmente rilascia la ricevuta, che costituisce titolo per l’immediato avvio dell’attività imprenditoriale, e da notizia alle
Amministrazioni competenti dell’avvenuta presentazione della Comunicazione Unica.
Una delle novità più rilevanti introdotte dalla Comunicazione Unica è rappresentata
dall’obbligo esteso a tutte le imprese, anche quelle individuali, di trasmettere le dichiarazioni agli uffici del Registro Imprese per via telematica o su sopporto informatico. La presentazione della Comunicazione Unica richiede il possesso della firma digitale da parte
degli interessati che devono sottoscrivere digitalmente il modello. Il modello di
“Comunicazione Unica” prevede poi che l’utente indichi l’indirizzo di Posta Elettronica
Certificata (PEC) al quale saranno trasmesse tutte le comunicazioni relative al procedimento.
La Comunicazione Unica, una volta inviata dall’interessato all’Ufficio del Registro
delle Imprese, è sottoposta dal sistema informatico del Registro ad una serie di verifiche,
32
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le quali dovranno avere tutte esito positivo, altrimenti la Comunicazione è considerata irricevibile ed il sistema notifica immediatamente l’informazione alla casella di PEC dell’utente. Qualora le verifiche abbiano, invece, tutte esito positivo la Comunicazione Unica è protocollata immediatamente nel sistema Registro delle Imprese.
3. 3
Ulteriori precisazioni sull’autorizzazione
Oltre a quanto fin qui trattato, l’autorizzazione amministrativa deve contenere altre
annotazioni, alcune obbligatorie altre su richiesta.
Annotazioni obbligatorie:
•
nominativo del titolare o del gestore;
•
denominazione del complesso;
•
la capacità ricettiva complessivamente autorizzata;
•
il livello di classificazione attribuita;
•
il numero di “Codice Fiscale” - la mancanza di questo dato produce l’inefficacia
dell’autorizzazione (art 12, comma 2, DPR n. 784/1976) e quindi l’abusività dell’attività esercitata, con tutte le conseguenze di carattere penale a carico degli interessati;
•
“iscrizione al Registro delle imprese - per ottenere l’autorizzazione amministrativa per la ricettività all’aria aperta è preliminarmente necessario essere iscritti al registro delle imprese di cui alla L. n. 580/1993, i cui estremi devono essere riportati
sull’autorizzazione amministrativa;
•
“Gestore” - l’autorizzazione a favore di enti, associazioni e società può essere concessa solo quando i rappresentanti degli stessi abbiano designato un gestore.
Annotazioni a richiesta:
altre annotazioni possono essere apportate sull’autorizzazione, dietro specifica richiesta
del titolare, al fine di:
•
ottenere l’indicazione di un’eventuale rappresentante;
•
tenere e far funzionare elettrogrammofoni a gettoni (jukebox);
•
tenere e far funzionare apparecchi radioriceventi e televisivi;
•
installare apparecchi automatici di trattenimento (flipper, videogame, ecc.).
3. 4
Trasferimento o locazione delle attività accessorie
L’esercizio delle attività accessorie può essere trasferito o locato dal titolare dell’autorizzazione amministrativa a terzi, purché essi risultino in possesso dei requisiti stabiliti
dalle legge vigenti.
Infatti taluni servizi del complesso ricettivo possono essere affidati con contratto di
affitto di ramo d’azienda dai titolari dell’autorizzazione a persone od imprese che, pur nella
loro autonomia imprenditoriale, operino unitariamente per la finalità del complesso ricettivo del quale rimane comunque responsabile, sotto l’aspetto funzionale, il titolare. Donde,
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al titolare dell’autorizzazione ricettiva è fatto obbligo di comunicare alla “Camera di
Commercio, al Comune ed all’Ufficio IVA competenti”, il trasferimento dell’esercizio di
vendita di merci e/o la somministrazione di alimenti e bevande e/o altre attività accessorie autorizzate al nuovo soggetto e questi, entro 30 giorni dall’inizio della sua gestione
è tenuto a denunciare la stessa al Registro delle Ditte, nonché a presentare all’Ufficio IVA
la dichiarazione di inizio attività, ai sensi dell’articolo 53, comma 1 del DPR 26 ottobre
1972, n. 633.
34
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4. Adempimenti amministrativi
4. 1
Codice Fiscale
Il Codice Fiscale è la carta di identità del contribuente nei rapporti con
l’Amministrazione finanziaria. Una volta assegnato in via definitiva, accompagna il cittadino per tutta la sua vita. È unico e immutabile e può essere sostituito solo se intervengono, nei modi previsti dalla legge, cambiamenti relativi: al nome - al cognome - al luogo e
alla data di nascita.
Le persone fisiche e i soggetti diversi dalle persone fisiche che non siano contribuenti IVA devono presentare domanda di attribuzione del numero di “Codice Fiscale” agli
uffici distrettuali delle imposte dirette. I soggetti obbligati alla dichiarazione di inizio attività soggetta ad IVA devono presentare la domanda agli Uffici IVA.
Le domande devono essere sottoscritte dagli interessati o da chi ne ha la legale rappresentanza e devono essere presentate personalmente o a mezzo di persona incaricata
agli Uffici abilitati a riceverle.
Il legale rappresentante o la persona incaricata deve esibire, all’atto della presentazione della domanda, un documento d’identità proprio e del richiedente. Per le domande
riguardanti i soggetti diversi dalle persone fisiche, i minori ed i soggetti residenti all’estero, la persona che ne ha la rappresentanza legale o la persona incaricata deve esibire un
proprio documento.
Per le “persone fisiche” il Codice Fiscale è normalmente formato da sedici caratteri
(alfabetici e numerici) e riproduce per estratto i dati anagrafici: cognome, nome, sesso,
data e luogo di nascita.
Per i “soggetti diversi dalle persone fisiche” (società, enti, associazioni, ecc.), il
Codice Fiscale è sempre formato da undici caratteri, tutti numerici.
4. 2
Iscrizione nel Registro delle Imprese
Fra gli adempimenti amministrativi più importanti e improrogabili per poter esercitare la ricettività all’aria aperta si deve ricordare la disciplina prevista dall’art. 5 della legge
17 maggio 1983, n. 217, che poneva l’obbligo, per i titolari, o i gestori delle imprese turistiche, di iscrizione in una sezione speciale del REC (Registro Esercenti il Commercio, istituito dalla legge 426/1971). Il ministero dell’Industria, Commercio ed Artigianato, avvalendosi del disposto dell’art. 41 della citata legge 426/71, prevedeva l’emanazione di
norme esecutive e regolamentari, contenute nel D. M. 4 agosto 1988, n. 375 al fine di precisare le modalità per la predetta iscrizione (Artt. 6-8-19).
L’iscrizione nella sezione speciale, dunque, è prevista per i soggetti che intendano
svolgere professionalmente, in qualità di titolari o di gestori dell’impresa, l’attività di
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gestione di strutture ricettive e annessi servizi turisti ed è “condizione per il rilascio
dell’autorizzazione all’esercizio di tale attività”. L’iscrizione nella sezione speciale legittima
l’iscritto che venga autorizzato ad esercitare l’attività ricettiva ad effettuare, unitamente
alla prestazione del servizio ricettivo, la somministrazione di alimenti e bevande e la vendita di giornali, riviste, pellicole per uso cinematografico, cartoline e francobolli alle sole
persone alloggiate, nonché ad installare ad uso esclusivo di tali persone attrezzature e
strutture a carattere ricreativo (Art 8, DM 375/88).
L’iscrizione nella sezione speciale non è valida per ottenere l’iscrizione per l’esercizio
delle altre attività oggetto del REC salvo per la somministrazione di alimenti e bevande.
Analogamente l’iscrizione per l’esercizio di una di tali attività non è valida per ottenere l’iscrizione alla sezione speciale imprese turistiche.
L’iscrizione nella sezione speciale è disposta dalla Commissione REC della Camera
di Commercio nella cui circoscrizione i richiedenti hanno la propria residenza o sede legale; essa ha la validità per tutto il territorio nazionale e per la gestione di qualsiasi tipo di
struttura ricettiva.
Per ottenere l’iscrizione nel REC - sezione speciale imprese turistiche - il richiedente deve:
1. presentare la domanda in bollo;
2. aver raggiunto la maggiore età (ad eccezione del minore emancipato autorizzato a
norma di legge all’esercizio di attività commerciale);
3. essere in possesso almeno della licenza media inferiore (per i nati a tutto il
31/12/1952, la frequenza scolastica obbligatoria è stata stabilita per la durata di 5
anni);
4. non essere nelle condizioni previste dall’art. 11 del T.U. delle norme di P.S. ;
5. aver superato un esame di idoneità all’esercizio dell’attività d’impresa ricettiva,
oppure aver concluso positivamente un corso di studio o di formazione professionale attinente all’attività ricettiva riconosciuto dallo Stato o dalla Regione o dalle
Province Autonome di Bolzano e di Trento;
6. versare il diritto fisso di iscrizione al REC in favore della Camera di Commercio.
L’esame di cui al punto 5), sostenuto davanti ad una particolare Commissione, si
svolge in forma scritta, su questionari, e in forma orale, mediante colloquio. Chi non
supera la prova scritta non è ammesso alla prova orale.
Materie d’esame sono:
a) legislazione sul turismo, con particolare riguardo alle norme sull’attività ricettiva e a
quelle di carattere igienico-sanitario, sociale, penale e fiscale;
b) legislazione in materia di somministrazione di alimenti e bevande;
c) legislazione in materia di igiene della conservazione degli alimenti e delle bevande,
con particolare riguardo alla prevenzione di avvelenamenti e tossinfezioni;
d) tecniche di gestione, amministrazione e contabilità aziendale.
Il candidato deve dimostrare all’esame di conoscere tutti i vari tipi di strutture ricet36
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tive anche se ha dichiarato nella domanda di essere interessato soltanto ad una di esse
(es. campeggio).
I titolari o gestori di imprese ricettive, che alla data del 9 giugno 1983, risultavano
iscritti per tale attività nel Registro Ditte della CCIAA o erano in possesso della relativa
autorizzazione, sono tenuti a chiedere l’iscrizione al REC - sezione speciale imprese turistiche. Essi hanno diritto ad ottenere l’iscrizione su loro domanda. La domanda non deve
essere sottoposta alla Commissione per la tenuta del Registro. Né la legge né il decreto
ministeriale fissano un termine per tale adempimento.
Tuttavia il decreto ministeriale prevede che all’atto del primo rinnovo annuale
dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività ricettiva, l’autorità competente (al rinnovo stesso) deve accertare che il richiedente abbia almeno presentato domanda di iscrizione alla
Camera di Commercio.
L’autorità non può provvedere al rinnovo mancando la prova dell’avvenuta presentazione della documentazione relativa al REC - Sezione speciale imprese turistiche.
Per quanto concerne le imprese turistiche organizzate in forma diversa da quella
individuale o, più in generale, il cui esercizio è condotto per mezzo di un rappresentante
(art. 96 TULP), quest’ultimo deve essere iscritto - su domanda del titolare dell’autorizzazione - alla sezione speciale del REC. Tanto la legge quanto il decreto ministeriale parla di
sezione speciale e non di elenco speciale per i rappresentanti. È da ritenere che sarebbe
errato iscrivere i rappresentanti nell’elenco speciale previsto dall’art. 9 della legge n.
426/1971.
La sezione speciale per le imprese turistiche è unica ed è riservata ai titolari e ai loro
rappresentanti.
L’art. 2 del decreto ministeriale dice a chiare note che nel caso di esercizio affidato
a rappresentante (art. 8 e 93 del TULPS) devono essere iscritti al REC tanto il titolare
(Società, ecc.) quanto il rappresentante stesso.
Hanno diritto ad ottenere l’iscrizione al REC (sezione speciale imprese turistiche) su
loro domanda, senza dimostrare di aver superato alcun esame di idoneità:
•
coloro che dimostrino di aver trasferito ad altri la gestione dell’attività ricettiva anteriormente al 9 giugno 1983 con un contratto in corso a tale data;
•
coloro che dimostrino di essere stati titolari dell’autorizzazione per l’esercizio dell’attività ricettiva nei tre anni precedenti al 9 giugno 1983;
•
coloro che siano in possesso dell’attestato di superamento del corso di studio o di
formazione professionale descritto in precedenza.
Attualmente tali disposizioni normative sono state abrogate per effetto del D. Lgs
31.3.1998 n. 114 “Riforma della disciplina relativa al settore del commercio a norma dell’art. 4 comma IV della L. 15.3.1997 n. 59” (Legge Bassanini) che però faceva salve le previsioni del REC, relative all’attività ricettive.
Queste ultime sono state modificate dall’art. 7 III com. della L. n. 135/2001 che stabilisce e conferma il fatto che l’attività turistica è subordinata all’iscrizione nel registro
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delle imprese di cui alla legge 29.12.1993 n. 580 da effettuarsi nei tempi e nei modi di cui
al Dpr. 7 dicembre 1995 mentre è espressamente soppressa la Sezione speciale del REC
istituita dalla legge n. 217/1983 (art. 11 IV com L. n. 135/2001).
È comunque da sottolineare che la formulazione letterale della norma suscita forti
perplessità nel momento in cui afferma che l’iscrizione nel Registro sia “condizione per
l’esercizio dell’attività turistica”.
La previsione in questione si pone, infatti, in palese contrasto con la disciplina civilistica ex art. 2188 e ss c.c. che attribuisce all’iscrizione una mera efficacia dichiarativa e
non certo costitutiva della qualità di impresa o della possibilità di esercitare l’attività
imprenditoriale.
L’art. 2196 c.c. espressamente prevede che l’imprenditore è tenuto chiedere l’iscrizione nel registro entro trenta giorni dall’inizio dell’attività commerciale, per cui, si argomenta, l’avvenuta iscrizione non può certo ritenersi condizione necessaria per intraprenderla.
Pertanto, si può ritenere, che l’iscrizione nel registro delle imprese sia una conditio
sine qua non, non per l’esercizio dell’attività commerciale nel turismo, quanto piuttosto
per accedere a forme di finanziamenti ed incentivi previsti dalla normativa.
Tale tesi è infatti confermata nel successivo comma IV dello stesso art. 7 della L. n.
135 dove si dichiara che alle imprese turistiche sono estese le agevolazioni, i contributi,
le sovvenzioni i benefici e gli incentivi di qualsiasi genere previsti per le imprese del settore industriale ribadendo di nuovo l’equiparazione tra i due settori.
4. 3
La rappresentanza
Come precedentemente accennato, le autorizzazioni di polizia, sono di regola personali, per cui l’art. 93 del TULPS pone una eccezione al principio della personalità, in quanto ammette la possibilità di condurre qualunque esercizio pubblico mediante un rappresentante.
Norma ripresa, per quanto concerne il settore della ricettività all’aria aperta, dalla L.
326/58 e ribadita da diverse normative regionali in materia.
La rappresentanza autorizzata è annotata sull’autorizzazione amministrativa dall’autorità comunale competente per territorio, alla quale il titolare della licenza deve indirizzare la relativa domanda.
Sull’argomento si ritiene opportuno evidenziare:
1. ancorché sia il titolare a presentare la domanda per il rilascio all’autorizzazione della
rappresentanza da parte dell’autorità comunale, è però sempre il rappresentante il
soggetto che deve ottenere la suddetta autorizzazione e per la quale deve rilasciare
personale accettazione;
2. il titolare dell’autorizzazione può avvalersi, però, dell’opera di dipendenti o collaboratori, senza che questi ultimi debbano essere autorizzati in qualità di rappresentanti, purché effettivamente si limitino ad eseguire le disposizioni impartite dal titolare
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e le eventuali sostituzioni, del titolare, non abbiano carattere di continuità e durata;
la differenza fra “rappresentante e addetto, incaricato e sostituto (anche se familiare)” risiede perciò nel fatto che, in assenza del titolare, pur potendo essere affidata
la conduzione dell’esercizio a una di queste figure, deve essere escluso ogni carattere di continuità, cioè la sostituzione deve essere connessa a momentanee assenze del titolare (come ad esempio: durante l’ora dei pasti o in presenza di circostanze contingenti). Tale sostituzione non deve essere però abituale e di lunga durata
(cfr. Cassazione 2.3.1959 in Giustizia Pen. 1959, 11, 376);
4. sotto l’aspetto logico e giuridico, nulla impedisce che un soggetto sia titolare di più
esercizi avvalendosi dell’opera di altrettanti rappresentanti, purché egli conservi l’organizzazione e la direzione dell’azienda assumendosi le relative responsabilità, vale
a dire che non vi sia una cessione abusiva dell’autorizzazione, che è vietata nel modo
più assoluto.
Infine va ricordato che l’autorizzazione a favore di enti, associazioni e società per la
gestione di complessi ricettivi all’aria aperta può essere rilasciata solo quando i legali rappresentanti degli stessi abbiano designato un gestore dell’esercizio che, oltre ad essere
indicato sull’autorizzazione ed avere i requisiti richiesti dall’art. 11 del TULPS, è anche
responsabile dell’osservanza delle disposizioni previste nelle leggi vigenti.
3.
39
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5. La gestione
Le numerose disposizioni del regolamento di P.S., di particolari leggi di competenza dello Stato e altre di competenza delle Regioni, che disciplinano il settore prevedono
ulteriori prescrizioni a carico degli imprenditori che gestiscono strutture ricettive all’aria
aperta.
Sono già state considerate le modalità per ottenere il rilascio della licenza d’esercizio ed alcuni adempimenti amministrativi, ora interessa esaminare le principali modalità
procedurali ricorrenti nella gestione del complesso ricettivo e che interessano: la comunicazione delle persone alloggiate alle autorità locali di P.S., la comunicazione delle tariffe per le singole prestazioni, le prescrizioni particolari concernenti talune procedure
gestionali, la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro, i rapporti con la clientela. Prima di
iniziare l’esame analitico delle disposizioni sopra accennate, si vuole illustrare, attraverso
una sintetica elencazione, gli obblighi e i divieti, che sebbene di carattere residuale, fanno
rilevare segnatamente quanto sia oneroso l’impegno nella conduzione di un’azienda ricettiva.
5. 1
Obblighi, divieti e prescrizioni stabiliti dal TULPS, dalle
leggi dello Stato e dalle Regioni
Una lettura combinata dei contenuti del TULPS, del suo Regolamento, e di alcune
fra le principali normative regionali, permette di individuare un’ampia serie di obblighi gravanti sull’imprenditore che gestisce la struttura ricettiva all’aria aperta:
a.
obbligo di esporre all’ingresso del complesso ricettivo il segno distintivo inerente
alla classificazione assegnata. Tale segno distintivo deve corrispondere al logotipo
approvato dalla Regione;
b. obbligo di esporre nel locale di ricevimento le autorizzazioni e documentazioni, relative a:
autorizzazione dell’esercizio - con allegate le ricevute attestanti i versamenti delle
tasse sulle concessioni regionali relative all’anno in corso (dove previsto). Da tenere presente che in alcuni casi è stata richiesta l’esibizione delle ricevute relative ai
versamenti riguardante i cinque anni precedenti a quello in corso. Se ne consiglia,
quindi, la loro conservazione unitamente alle licenze ed autorizzazioni in atto;
planimetria generale del complesso;
tabella delle tariffe - conforme all’ultima comunicazione presentata all’ente preposto
e dal medesimo vistata;
cartellino delle tariffe - contenute nella tabella sopracitata, da esporre all’interno
delle unità abilitative;
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c.
d.
e.
f.
g.
h.
i.
j.
k.
l.
m.
42
polizza di assicurazione - di responsabilità civile verso terzi, comprendente la copertura dei rischi previsti dalla legge 316/78 (richiesta obbligatoriamente in alcune
regioni);
cartello in quattro lingue contenente “Disposizioni per il soggiorno degli stranieri” previsto dall’art. 226 del Regolamento del TULPS;
obbligo di gestire l’esercizio personalmente o a mezzo di un proprio rappresentante
autorizzato e annotato sulla licenza d’esercizio;
divieto di vendita anche parziale della piazzola e di qualsiasi altra forma che possa
far venire meno, anche in parte, il carattere di pubblico esercizio unitario dell’azienda medesima;
divieto di rifiutare, senza legittimo motivo, le prestazioni del proprio esercizio a
chiunque le domandi e ne corrisponda il prezzo (art. 187 del Regolamento del
TULPS);
obbligo di comunicare giornalmente alle autorità locali di P.S. le dichiarazioni delle
generalità delle persone alloggiate;
divieto di dare alloggio alle persone non provviste di documento valido ad attestare
l’identità personale del turista;
obbligo di denuncia degli stranieri alloggiati od ospitati non per soggiorno turistico,
anche se parenti o affini, oppure assunti per qualsiasi causa alle proprie dipendenze;
divieto di adibire i minori degli anni 18 alla somministrazione di bevande alcoliche;
divieto di assumere o mantenere in servizio personale, anche se appartenente alla
propria famiglia, adibito alla confezione, manipolazione, vendita o somministrazione
di sostanze alimentari o bevande, non munito di regolare libretto di idoneità sanitaria. Il rimanente personale dovrà essere munito di certificato sanitario che ne attesti
l’idoneità e l’esclusione di malattie infettive in atto;
obbligo di denunciare immediatamente al Sindaco e alle Autorità Sanitarie locali
qualsiasi infermità degli ospiti o del personale di servizio che dia luogo a sospetti
circa la natura contagiosa;
divieto di tenere gatti e cani, ancorché legati, nei locali di produzione, manipolazione, vendita e somministrazione di sostanze alimentari e bevande, fatta eccezione per
i cani guida dei non vedenti (Legge 376/1988);
divieto di installare apparecchi radio televisivi, elettro-grammofoni a gettone (Jukebox) e giradischi senza il rilascio di una specifica autorizzazione del Sindaco ed il
preventivo pagamento di abbonamento speciale RAI (relativamente alla radio e alla
televisione) ed il versamento dei diritti SIAE. Segnatamente per i televisori, l’installazione, deve attenersi alle prescrizioni di P.S.. L’autorizzazione del Sindaco è necessaria anche per installare apparecchi automatici e semiautomatici da gioco leciti e
da puro intrattenimento (flipper, videogame, calcio da tavolo, ecc.) e devono essere
pagati i diritti SIAE;
manuale faita 2012-18nov_Layout 1 01/02/12 14.48 Pagina 43
n.
o.
5. 2
obbligo di non esercitare o far esercitare giochi d’azzardo e l’uso di sostanze stupefacenti;
obbligo di trasmettere all’ente preposto, debitamente compilati, i modelli ISTAT ai
fini della rilevazione dei dati sul movimento turistico.
Registrazione e comunicazione alle autorità locali di
P.S. delle persone alloggiate
L’articolo 109 del TULPS2 a seguito delle modificazioni introdotte dall’art. 8 della L.
29 marzo 2001 n. 135 risulta essere così sostituito:
“I gestori di esercizi alberghieri e di altre strutture ricettive comprese quelle che forniscono alloggio in tende, roulotttes, nonché i proprietari e gestori di case e di appartamenti per vacanze e gli affittacamere, ivi compresi i gestori di strutture di accoglienza non
convenzionali, ad eccezione dei rifugi alpini inclusi in apposito elenco istituito dalla regione o provincia autonoma, possono dare alloggio esclusivamente a persone munite della
carta di identità o di altro documento equipollente idoneo ad attestare l’identità secondo
le norme vigenti. Per gli stranieri extracomunitari è sufficiente l’esibizione del passaporto
o di altro documento che sia considerato ad esso equivalente in forza di accordi internazionali, purché munito dalla fotografia del titolare.
I soggetti di cui al primo comma, anche tramite i propri collaboratori, sono tenuti a
consegnare ai clienti una scheda di dichiarazione delle generalità conforme al modello
approvato dal Ministero dell’Interno. Tale scheda, anche se compilata a cura del gestore,
deve essere sottoscritta dal cliente. Per i nuclei familiari e per i gruppi guidati la sottoscrizione può essere effettuata da uno dei coniugi anche per gli altri familiari e dal capogruppo anche per i componenti del gruppo. I soggetti di cui al primo comma sono altresì tenuti a comunicare giornalmente all’Autorità Locale di Pubblica Sicurezza le generalità delle
persone alloggiate, mediante consegna di copia della scheda, entro le ventiquattro ore
successive al loro arrivo. In alternativa il gestore può scegliere di effettuare tale comunicazione inviando, entro lo stesso termine, alle questure territorialmente competenti, i dati
nominativi delle predette schede con mezzi informatici o telematici o mediante fax secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro dell’Interno”.
Pertanto in luogo del registro bollato e vidimato dalla Pubblica sicurezza, previsto
dalla normativa vigente, ora secondo le ultime disposizioni normative di cui alla L. n.
135/2001 si contempla la consegna, ai clienti che chiedono alloggio, di una scheda di
dichiarazione delle generalità, compilata dal cliente o dallo stesso gestore, ma comunque
sottoscritta dal cliente
Con il decreto del Ministero dell’Interno 11 dicembre 2000, pubblicato sulla G.U. 19
dicembre 2000, n. 295 sono state individuate le modalità di comunicazione all’autorità di
2) L’art. 109 del TULPS approvato con R. d 18. 6. 1931 n. 773 come già modificato dall’art. 7 del decreto
legge 29 marzo 1995 n. 97 convertito con modificazioni dalla L. 30.5.1995 n. 203
43
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Pubblica Sicurezza, anche con mezzi informatici, dell’arrivo delle persone alloggiate.
A risolvere le vivaci dispute sollevate, in merito all’interpretazione normativa che
disponeva l’obbligo della comunicazione giornaliera, il decreto dirime qualsiasi dubbio
prevedendo che la consegna della scheda all’autorità di P.S. o la comunicazione telematica debba avvenire entro ventiquattro ore dall’arrivo delle persone alloggiate.
L’inosservanza dell’obbligo dell’annotazione e della comunicazione era sanzionata
dall’art. 665 III com. c. p. poi abrogato dall’art. 4 del D. Lgs n. 480/1994; attualmente in
seguito alla nuova configurazione dell’art. 109 del TULPS, come riscritto dalla L. 135/200,
trova applicazione l’art. 17 del TULPS che punisce con l’arresto sino a tre mesi o con l’ammenda sino a 206 euro le violazioni delle disposizioni del TULPS, per le quali non è stabilita una pena od una sanzione amministrativa ovvero non provvede il codice penale.
La comunicazione giornaliera è effettuata al questore della provincia anche per il tramite del commissariato di Pubblica Sicurezza territorialmente competente. Nel caso di
struttura ricettiva ubicata in un comune che non sia sede né di questura né di commissariato di Pubblica Sicurezza è in facoltà dei gestori di effettuare la comunicazione giornaliera presso i reparti minori dell’Arma dei Carabinieri che provvederanno a trasmettere gli
atti acquisiti, nel più breve tempo possibile, alla questura.
Infine per le strutture ricettive ubicate in località che non siano sede né di questura,
né di commissariato di Pubblica Sicurezza, né di reparti minori dell’Arma dei Carabinieri,
la comunicazione giornaliera va effettuata al Comune.
Nonostante che la nuova versione dell’art. 109 del TULPS faccia cessare l’obbligo di
conservazione delle schede a decorre dal 30 giugno 1996, si ritiene opportuno consigliare che le medesime siano conservate presso l’esercizio sino al termine di prescrizione
delle eventuali violazioni all’art. 109; e l’impresa deve essere in grado di dimostrare di
avere adempiuto a tali obblighi per un quinquennio. Tuttavia, è data facoltà ai gestori delle
strutture ricettive, al fine di avere prova documentale dell’assolvimento dell’obbligo della
comunicazione giornaliera, di consegnare mensilmente gli originali delle schede di dichiarazione delle generalità, alla Questura competente, entro il 10 del mese successivo a quello di compilazione, ovvero per gruppi di mille schede, unitamente ad un elenco in duplice
copia, contenente i dati identificativi delle persone alloggiate. Una copia di tale elenco,
vistata e timbrata a cura dell’ufficio, sarà restituito al gestore.
5. 2. 1 Ulteriori precisazioni e chiarimenti riguardanti la notifica delle persone
alloggiate
Al fine di completare la trattazione della materia in esame, si ritiene opportuno
segnalare ulteriori precisazioni e chiarimenti:
a) Innovazioni introdotte dalle nuove modifiche apportate all’art. 109 del TULPS:
• soppressione del registro delle persone alloggiate - i gestori dei complessi ricettivi non devono più annotare la presenza nel tradizionale “registro delle persone
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alloggiate” che viene ora sostituito dalle schede di dichiarazione delle generalità.
Detto registro o le schede previste dalla vecchia disciplina andranno comunque conservati sino al temine di prescrizione, anche in caso di cambio della gestione del
complesso (cinque anni);
• partenza e luogo di destinazione delle persone alloggiate - particolare rilevanza
riveste la circostanza che nel regime di notifica delle persone alloggiate, disciplinato
dalla nuova formulazione del terzo comma dell’art. 109 TULPS, i titolari delle strutture ricettive non sono più tenuti a dare notizia alle Autorità Locali di P.S. del giorno di
partenza e del luogo di destinazione delle persone alloggiate.
b) Documenti di identità
A seguito di controlli di polizia, è stata contestata ad alcuni gestori di complessi
ricettivi la validità come documento di riconoscimento, ai fini delle disposizioni di
Pubblica Sicurezza, delle tessere rilasciate dagli ordini professionali o da club automobilistici (o come nella fattispecie del Touring Club Italiano). Per consuetudine, infatti, molti
clienti esibiscono, all’arrivo in campeggio, la tessera internazionale rilasciata da questi
organismi. Tale tessera è ritenuta, erroneamente, da alcuni gestori, un valido documento
di riconoscimento, i cui estremi vengono infatti trascritti nella scheda di dichiarazione
delle generalità delle persone alloggiate.
La materia è disciplinata dal TULPS e dal relativo regolamento. In base all’art. 3 della
disciplina in questione l’unico documento cui è riconosciuta la specifica funzione di identificare un soggetto è la “carta di identità”, rilasciata dal Sindaco alle persone di età superiore a quindici anni, che ne facciano richiesta. Gli articoli 292 e 293 del Regolamento di
P.S. equiparano però alla carta di identità i documenti rilasciati da amministrazioni statali, o convalidati da un organo dell’amministrazione statale, forniti di fotografia e timbro a
secco. Tra questi, il regolamento ricomprende, ad esempio: le patenti, i libretti di porto
d’armi ed i passaporti. Gli ordini professionali o alcuni club, benché riconosciuti dalla
legge come persone giuridiche di diritto pubblico, non sono amministrazioni dello Stato.
Pertanto, la tessera rilasciata ai propri iscritti, anche se munita di foto e di timbro a secco,
non è in effetti un documento di riconoscimento ai sensi del TULPS. La stessa considerazione va fatta per le patenti di guida. Le nuove patenti, rilasciate dalla Motorizzazione
Civile, non hanno più validità come documento di riconoscimento. Conservano invece tale
validità le vecchie patenti rilasciate dalla Prefettura. Ai sensi dell’art. 109, primo comma,
del TULPS, i gestori di strutture ricettive non possono dare alloggio alle persone non
munite della carta di identità o altro documento idoneo ad attestare l’identità secondo le
norme vigenti. Pertanto il gestore è responsabile qualora il cliente alloggiato inserisca
nella scheda di dichiarazione gli estremi di un documento non idoneo ad attestare l’identità.
A tale proposito, deve osservarsi che la richiesta di documenti di identità riguarda
coloro cui viene dato alloggio, e cioè cui viene messa a disposizione una stanza o, per
analogia, nel caso della ricettività, una piazzola per il posizionamento del mezzo di sog45
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giorno del cliente o di una unità abitativa. La prescrizione perciò non riguarda coloro che
sostano in locali di utilizzazione comuni o adibiti a trattenimento, e dove possano svolgersi anche riunioni sportive o altro (Corte Cass. sent. 56/1970 - Foro It. 1970 - I -1293).
c) Modalità di registrazione per i campeggi stanziali
Al riguardo delle modalità di registrazione delle persone alloggiate nei campeggi
stanziali, si osserva che l’art. 109 del TULPS richiede che la notifica dell’arrivo dell’ospite
venga effettuata all’inizio del soggiorno.
Sulla scia, di frequenti e numerosi quesiti posti dagli operatori, si sottolineano in
particolare due aspetti che hanno inciso profondamente sulla disciplina dell’art. 109 del
TULPS, quale risulta dopo le ultime modifiche (art. 8 L. n. 135/2001)
Il primo aspetto concerne la cessazione di qualsivoglia rapporto o collegamento tra
l’obbligo di notifica delle persone alloggiate e quello di rilevazione del movimento turistico a fini ISTAT. Per adempiere a quest’ultimo, infatti, ogni gestore adotterà un proprio
sistema, atto a rilevare o comunicare con la maggiore esattezza possibile il movimento
arrivi, partenze e presenze degli ospiti.
Il secondo aspetto riguarda invece gli ospiti che soggiornano per lunghi periodi (stagionali, forfait) con i quali solitamente il campeggio stipula un accordo/contratto di agevolazione del prezzo per la permanenza delle persone e l’uso di un alloggio (piazzola od
unità abitativa) per l’intero periodo concordato. Questi ospiti, non diversamente dagli altri
“ospiti” tradizionali del campeggio sono liberi di assentarsi a propria discrezione dal campeggio, senza che in ciò si ravvisi interruzione del soggiorno. Pertanto, appare pertinente
ed adeguata la compilazione di una sola dichiarazione delle generalità all’inizio del soggiorno, intendendosi per tale il periodo contrattuale di permanenza, che si conclude alla
partenza con rilascio dell’alloggio.
Quindi si reputa assurda la tesi che ritiene necessaria la ripresentazione, al termine
di ogni saltuaria assenza, della dichiarazione delle generalità del medesimo soggetto, che
non ha interrotto il suo soggiorno presso la stessa struttura ricettiva.
5. 3
Rilevazione statistica del movimento turistico
Nella direttiva del Consiglio dell’Unione Europea 95/97 avente la finalità di realizzare a livello comunitario un sistema di informazioni statistiche nel settore del turismo,
viene precisato che vanno rilevati gli arrivi e le partenze negli alloggi collettivi turistici.
A tale fine l’ISTAT, con circolari n. 45 del 16 settembre 1996 e circolare n. 58 del 18
dicembre 2002 ha dato disposizioni dei nuovi modelli e delle nuove procedure per la rilevazione del movimento clienti nelle strutture ricettive, in particolare con riferimento ai
modelli di rilevazione ed ai compiti degli esercizi ricettivi.
Modello ISTAT C/59 - è il modello base in cui sono rilevate giornalmente le informazioni sugli arrivi e le partenze di tutti gli esercizi ricettivi. Per agevolare gli esercenti, il
modello può essere compilato in tre modi:
a.
raggruppando gli arrivi e le partenze della clientela secondo ciascuna nazionalità di
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residenza o secondo la provincia dei cittadini italiani;
indicando l’arrivo e la partenza di ciascun cliente;
in forma mista.
Il modello C/59 è predisposto in duplice copia, una da inviare all’organo del turismo
competente (APT), l’altra da trattenere presso l’esercizio ricettivo per due anni.
Compiti degli esercizi ricettivi - Tutti gli esercizi ricettivi devono compilare giornalmente il
modello di base indicato dal competente organo territoriale del turismo (Mod. C/59 o
Tavole di spoglio A1 e A2). Modello che sarà reso compilato al competente organo del
turismo: “giornalmente” nel caso del Mod. C/59; alla fine di ogni quindicina del mese nel
caso della Tavola di spoglio A1 o A2. In merito alla norma contenuta nella circolare ISTAT
in questione, nel caso di clienti che arrivino e partano nello stesso giorno, sarà adottata,
quindi, la seguente convenzione:
•
l’arrivo e la presenza sono registrati il giorno dell’arrivo effettivo;
•
la partenza è registrata il giorno successivo.
Si fa presente che detta norma si riferisce alle persone alloggiate e non ai cosiddetti “visitatori”.
I dati sul movimento clienti negli esercizi ricettivi sono stati rilevati in conformità a
quanto previsto dalla direttiva 95/57/CE relativa alla raccolta dei dati statistici nel settore
turismo, attuata dal Consiglio dell’Unione Europea il 23/11/95. Tale direttiva è stata recepita dal decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri (Dipartimento del Turismo) del
25 settembre 1998 che ha attribuito il compito di rilevare i dati all’ISTAT, il quale si avvale della collaborazione dell’Enit e della Segreteria Centrale del Sistan.
L’Istituto Nazionale di Statistica è quindi l’organo cui compete il compito di effettuare la rilevazione sul movimento dei clienti negli esercizi ricettivi secondo il Programma
Statistico Nazionale 2008-2010.
Per l’esecuzione della rilevazione, l’ISTAT si avvale di organismi intermedi, costituiti dagli Uffici di statistica di enti territoriali con competenze specifiche in materia di turismo, nonché di enti ed organismi territoriali non facenti parte del Sistema Statistico
Nazionale ai sensi degli artt. 2 e 4 del dlgs n. 322/89.
b.
c.
5. 4
Determinazione, comunicazione e pubblicazione dei
prezzi dei servizi delle strutture ricettive
Dal 16 ottobre 1991, con l’entrata in vigore della legge 25 agosto 1991, n. 284, concernente: “Liberalizzazione dei prezzi del settore turistico”, pubblicata sulla G.U. del 2 settembre 1991, n. 295, i prezzi dei servizi alberghieri e della altre strutture ricettive di cui
alla legge 217/1983, sono liberamente determinati dai singoli operatori. Con decreto del
16 ottobre 1991, il Ministero del Turismo, norma le modalità di attuazione della legge in
esame. Si fa seguire una breve analisi dei provvedimenti in questione divisa in tre momenti procedurali:
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Comunicazione dei prezzi - Premesso che è fatto obbligo a tutti i conduttori delle strutture ricettive elencate nell’articolo 6 della legge 17 maggio 1983, n. 217 di comunicare i
prezzi autonomamente stabiliti, che intendono praticare nelle loro aziende, si segnalano le
particolarità sui contenuti della comunicazione:
* la comunicazione dovrà contenere i prezzi minimi e massimi, fissati in due determinati periodi stagionali: alta e bassa stagione;
* se verranno comunicati solo i prezzi minimi o solo i prezzi massimi, o in un unico periodo stagionale, quelli indicati saranno considerati prezzi unici;
* non possono essere praticati prezzi superiori ai massimi ne inferiori ai minimi, salvo nei
seguenti casi: gruppi organizzati di almeno 10 persone - accompagnatori e interpreti al
seguito di gruppi - bambini di età inferiore ai sei anni - ospiti per un periodo di soggiorno continuativo pari o superiore ai quindici giorni;
* qualora sia praticato un “prezzo complessivo” quest’ultimo dovrà essere pari alla
somma dei prezzi comunicati per singoli servizi.
Procedure per la comunicazione dei prezzi - La comunicazione dei prezzi, da effettuare
tramite apposito modulo sulla base dello schema tipo, dovrà pervenire in duplice copia
alle “Regioni o agli Enti da esse delegati”.
I termini di scadenza delle comunicazioni sono:
• 1° ottobre di ogni anno - per i prezzi a valere dal 1° gennaio al 31 dicembre dell’anno successivo;
• 1° marzo di ogni anno - eventuali modifiche per i prezzi a valere dal 1° giugno al 31
dicembre dello stesso anno.
Una copia vidimata della comunicazione verrà resa, dal competente ufficio pubblico, al
soggetto interessato.
- Esercizi di nuova apertura o cessata attività - gli esercizi di nuova apertura dovranno effettuare la comunicazione entro 30 giorni dalla data di apertura del complesso.
Sempre entro 30 giorni, dovrà essere data la comunicazione della cessazione dell’esercizio o dell’attività.
- Comunicazione incompleta o mancante - Qualora la comunicazione dei prezzi, entro
i termini stabiliti, sia incompleta o mancante vengono ritenuti validi i prezzi precedentemente comunicati (previa applicazione delle sanzioni previste).
Pubblicità dei prezzi - Viene posto l’obbligo di esporre al pubblico i prezzi comunicati,
come segue:
• Ufficio ricevimento ospiti - esposizione di una “tabella prezzi” conforme all’ultima
comunicazione dei prezzi vidimata.
• Luogo di prestazione dei servizi - all’interno delle unità abitative (bungalow, case
mobili, caravan, ecc.) esposizione di un “cartellino dei prezzi” dei servizi prestati, conforme ai contenuti della tabella vidimata esposta all’ufficio ricevimento.
48
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La tabella e il cartellino, con indicazioni in lingua italiana, inglese, francese e tedesca, sono predisposti sulla base delle precise indicazioni delle Regioni.
5. 5
Sicurezza e igiene dei lavoratori sui luoghi di lavoro
Con l’entrata in vigore del D. Lgs 19 settembre 1994, n. 626, anche le attività turistico-ricettive devono uniformarsi alle nuove disposizioni di legge riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sui luoghi di lavoro.
Considerata la complessità della norma ed i molteplici riflessi in termini organizzativi e di responsabilità che la stessa determina all’interno delle aziende, si ritiene opportuno illustrare, sia pure in linea generale, i principi innovativi introdotti dal provvedimento
in questione e gli obblighi cui i datori di lavoro sono soggetti in questo delicato settore.
Resta fermo peraltro il fatto che il D. Lgs n. 626/1994 si inserisce in un quadro normativo già preesistente basato sui DPR 547/1955 e 303/1956 per cui il datore di lavoro
già dovrebbe trovarsi “in regola” con la normativa di settore a partire dalle disposizioni
per la prevenzione degli infortuni e l’igiene di lavoro, cui si riferiscono i decreti citati in
precedenza.
Tale considerazione è esplicitamente confermata dallo stesso D. Lgs n. 626/94, che
nell’ultima sua disposizione così recita: «restano in vigore, in quanto non specificatamente modificate dal presente decreto le disposizioni vigenti in materia di prevenzione degli
infortuni e igiene di lavoro».
Il D. Lgs 626/1994 è stato abrogato per effetto del D. Lgs 9.4.2008 n. 81 intitolato
“Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007 n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro” che sostituisce completamente ed integralmente
la precedente normativa.
Gli adempimenti da rispettare a carico delle imprese turistiche secondo le previsioni del D. Lgs 81/08 sono i seguenti :
1. Nomina del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP);
2. Nomina del Medico Competente (nel caso in cui sia prevista la sorveglianza sanitaria);
3. Valutazione dei rischi aziendali e redazione del Documento di Valutazione dei Rischi
(DVR); nelle aziende fino a 10 dipendenti non soggette a valutazione di rischio incidente rilevante il DVR può essere sostituito da una autocertificazione;
4. Sorveglianza sanitaria per i lavoratori dipendenti;
5. Formazione e informazione a tutti i dipendenti;
6. Formazione specifica per gli addetti al primo soccorso;
7. Formazione specifica per gli addetti alla gestione delle emergenze e prevenzione
incendi;
8. Formazione specifica per il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RSL)
eletto facoltativamente nelle aziende fino a 15 dipendenti o individuato tra le rappre49
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sentanze sindacali nelle aziende con più di 15 dipendenti (in caso di non presenza
del RLS si deve fare riferimento al Rappresentante Sicurezza Lavoratori Territoriale);
9. Tenuta del Registro Infortuni (vidimato dalla ASL competente per territorio);
10. Valutazione dei rischi interferenti nel caso di affidamento di lavori/manutenzioni
all’interno dell’azienda e redazione del Documento Unico di Valutazione dei Rischi
Interferenti (DUVRI).
Il Testo Unico sulla sicurezza ha esteso rispetto al precedente D. Lgs 626/1994 gli
obblighi ed i relativi campi di applicazione. Si rivolge infatti a:
a) tutti i settori di attività privati e pubblici e a tutte le tipologie di rischio;
b) tutti i lavoratori e lavoratrici subordinati, autonomi ed imprese familiari;
c) per i contratti di somministrazione (D. Lgs n. 276/2003) tutti gli obblighi di prevenzione e protezione sono a carico degli utilizzatori;
5. 5. 1 Il sistema di prevenzione
Ciascun datore di lavoro dovrà costituire, all’interno della propria azienda, un sistema integrato di prevenzione i cui principi e linee guida sono indicati dalla legge. Scopo di
questo sistema è la valutazione del rischio per la sicurezza e la salute dei lavoratori, nonché l’attuazione di tutte le misure generali di tutela per la prevenzione infortuni e l’igiene
di lavoro.
Il TU individua ed indica con chiarezza le principali figure che devono occuparsi di
sicurezza e salute nei luoghi di lavoro. Il sistema di prevenzione contempla una pluralità
di figure:
a. Datore di lavoro, lavoratori autonomi ed imprese familiari;
b. Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione dei Rischi (RSPP) può essere
interno od esterno all’azienda. Nelle imprese fino a trenta dipendenti e non rientranti
nelle aziende soggette a Rischio di Incidente Rilevante può coincidere con il datore di
lavoro;
c. Rappresentante dei Lavoratori per la sicurezza Aziendale (RLS) che se non presente
in azienda viene supportato dal Rappresentante Territoriale (RLST);
d. Medico competente in caso di sorveglianza sanitaria obbligatoria;
e. Addetti alle emergenze (prevenzione incendi, evacuazione, pronto soccorso).
A) Datore di lavoro (art. 17 e 18)
Il datore di lavoro è tenuto all’osservanza delle misure generali di tutela. In particolare, deve provvedere ai seguenti adempimenti:
a. valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza e conseguente elaborazione del documento (non delegabile) sentito il parere del RLS se presente in azienda;
b. designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi (non
delegabile) sentito il parere del RLS se presente in azienda;
c. nomina del medico competente;
50
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d. designazione preventiva dei lavoratori incaricati dell’attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro, in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di primo soccorso, e comunque di gestione
della emergenza;
e. fornitura ai lavoratori dei necessari ed idonei dispositivi di protezione individuale;
f. richiesta dell’osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti;
g. adozione delle misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza;
h. informazione tempestiva ai lavoratori esposti a rischi gravi fornendo loro formazione
e DPI adeguati;
i. adempimento degli obblighi di informazione, formazione ed addestramento;
j. consegna tempestiva al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, su richiesta di
questi, di copia del DVR e del DUVRI;
k. elaborazione del DUVRI e su richiesta di questi e per l’espletamento della sua funzione, consegna tempestiva di copia ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
l. comunicazione all’INAIL o all’ISPEMA, in relazione alla rispettive competenze dati relativi agli infortuni sul lavoro che comportino un’assenza dal lavoro di almeno un giorno ed a fini previdenziali di almeno tre giorni;
m. consultazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza;
n. adozione delle misure necessarie ai fini della prevenzione incendi e dell’evacuazione
dei luoghi di lavoro;
o. aggiornamento delle misure di prevenzione in relazione ai mutamenti organizzativi e
produttivi;
p. comunicazione annuale all’INAIL dei nominativi dei rappresentanti dei lavoratori per la
sicurezza;
q. convocazione della riunione periodica con RSPP, Medico competente ed RLS nelle
aziende con più di 15 dipendenti, di aggiornamento delle valutazioni sui rischi e dei
relativi provvedimenti adottati.
B) Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione dei Rischi
Il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione è una persona in possesso
delle capacità e dei requisiti professionali di cui all’art. 32 designata dal datore di lavoro a
cui risponde per coordinare il servizio di prevenzione dei rischi.
Il RSPP è una figura strategica nel sistema di gestione della sicurezza ed allo scopo
di porre in atto le funzioni di cui all’art. 33 del D. Lgs n. 81/2008, deve instaurare un rapporto di interazione/collaborazione con numerosi soggetti presenti sia all’interno che
all’esterno dell’azienda e deve essere dotato sia di capacità tecniche e gestionali che di
comunicazione e mediazione.
Inoltre sia il RSPP che gli Addetti al Servizio di Prevenzione e Protezione (ASPP),
sono obbligati a mantenere il segreto professionale in ordine ai particolari processi lavorativi di cui sono venuti a conoscenza durante lo svolgimento delle proprie funzioni.
51
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Il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione dei Rischi professionali partecipa alle consultazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, nonché alla riunione periodica di cui all’art. 35 del D. Lgs n. 81/2008.
La riunione periodica, alla quale debbono partecipare Datore di Lavoro, RSPP, medico competente e Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS), è anche l’occasione per stabilire una forma di collaborazione tra RSPP e RLS.
È evidente comunque che tale collaborazione non si esaurisce nella riunione periodica, ma prevede un continuo scambio di informazioni, proposte, segnalazioni che hanno
lo scopo di migliorare ed ottimizzare sempre più il livello qualitativo aziendale nell’ambito
della sicurezza sul lavoro.
C) Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza
Le disposizioni di cui all’art. 47 del D. Lgs n. 81/2008, stabiliscono che in ogni azienda o unità produttiva deve essere garantita la rappresentanza dei lavoratori per la sicurezza ciò indipendentemente dalle dimensioni e dalla composizione di Rifermento e quindi,
anche ove l’azienda o l’unità produttiva abbia un solo lavoratore.
Alla luce di quanto evidenziato, va sottolineato che l’elezione o la designazione del
Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza è una facoltà dei lavoratori e non certo un
obbligo del datore di lavoro, il quale, peraltro, una volta chiesta ai lavoratori tale elezione
o designazione, non ha alcun titolo decisionale al riguardo.
Quindi, ove i lavoratori, non abbiano eletto o designato un rappresentante dei lavoratori “interno” all’azienda ex art. 47 del D. Lgs n. 81/2008, si applicheranno le disposizioni di cui all’art. 48 del TU e, nella azienda o nella unità produttiva a svolgere le funzioni di rappresentanza ai fini della sicurezza, sarà un rappresentante “esterno” all’azienda
(RLST), nel rispetto delle previsioni del contratto collettivo che regolamenteranno l’elezione o la designazione di tale figura.
D) Medico competente
A questo preventore viene attribuito un fascio di delicate funzioni, dall’organizzazione
del controllo sanitario alle visite mediche, con ampie potestà decisionali, alcune delle quali
sanzionate penalmente. La scelta del medico competente è attribuita al datore di lavoro (sentito il RLS) che ne sostiene l’onere economico. Il medico competente può essere un dipendente dell’azienda, un libero professionista, un dipendente di una struttura pubblica o privata. È incompatibile l’attività di sorveglianza sanitaria con la funzione ispettiva. Pertanto, gli
ispettori medici del lavoro e delle aziende sanitarie locali non possono assumere l’incarico di
“medico competente”.
In particolare le funzioni del medico competente ai sensi del D. Lgs n. 81/2008 (art. 25)
si esplicano:
a) nella collaborazione con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e protezione
alla valutazione dei rischi ai fini della programmazione della sorveglianza sanitaria, ed
52
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alla predisposizione della attuazione delle misure per la tutela della salute e dell’integrità dei lavoratori;
b) nell’aggiornamento e nella custodia di una cartella sanitaria e di rischio per ogni lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria;
c) nella visita degli ambienti di lavoro almeno una volta all’anno o a cadenza diversa che
viene stabilita in base alla valutazione dei rischi.
La sorveglianza sanitaria effettuata dal medico competente, nei casi previsti dalla normativa vigente, comprende:
•
gli accertamenti preventivi a constatare l’assenza di controindicazioni al lavoro cui i
lavoratori sono destinati, ai fini di valutare la loro idoneità alla mansione specifica;
•
gli accertamenti periodici per controllare il loro stato di salute e confermare il giudizio
di idoneità al lavoro specifico.
Tra i casi in cui le visite mediche preventive e periodiche sono obbligatorie rientrano le
attività lavorative che comportano l’uso di videoterminali (Titolo VII del D. Lgs 81/2008 artt.
172-177). A tutela della salute nei luoghi di lavoro i lavoratori che utilizzino un’attrezzatura
munita di video terminali per almeno venti ore settimanali, hanno diritto a particolari cautele,
in ordine ai rischi per la vista e per gli occhi, ai problemi legati alla postura ed all’affaticamento fisico o mentale, alle condizione ergonomiche e di igiene ambientale. Hanno altresì diritto
ad una interruzione delle attività mediante pause, ovvero cambiamento delle attività ed in particolare ad una pausa di quindici minuti ogni centoventi minuti di applicazione continuativa al
video terminale. La pausa è considerata a tutti gli effetti parte integrante dell’orario di lavoro.
Inoltre gli stessi lavoratori devono, altresì essere sottoposti a costante sorveglianza sanitaria,
con particolare riferimento ai rischi per la vista e per gli occhi, ai rischi per l’apparato muscolo-scheletrico.
5. 5. 2 La valutazione dei rischi
L’organizzazione di un sistema integrato di prevenzione per l’attività svolta, consente al
datore di lavoro di adempiere agli obblighi previsti dagli artt. 28 e 29 del D. Lgs n. 81/2008 e
cioè di effettuare la “valutazione dei rischi” per la sicurezza e la salute dei lavoratori.
Tale valutazione va effettuata in collaborazione con le figure precedentemente descritte
(responsabile del servizio di prevenzione e protezione, rappresentante dei lavoratori, medico
competente) e, si estrinseca nell’elaborazione del Documento di Valutazione dei Rischi
(DVR) o, per le aziende fino ai 10 dipendenti non soggette a rischio incidente rilevante, nella
redazione di una autocertificazione.
La valutazione dei rischi anche nella scelta delle attrezzature di lavoro delle sostanze o
dei preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione del luoghi di lavoro, deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli allo stress lavoro-correlato,
quelli riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza, nonché quelli connessi alle differenze di
53
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genere, all’età, alla provenienza di altri paesi.
Il DVR, redatto a conclusione della valutazione, deve avere data certa e contenere:
a) una relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l’attività lavorativa, nella quale siano specificati i criteri adottati per la valutazione stessa;
b) l’indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate e dei dispositivi di protezione individuati adottati a seguito della valutazione;
c) il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo
dei livelli di sicurezza;
d) l’individuazione delle procedure per l’attuazione delle misure da realizzare;
e) l’indicazione del nominativo del responsabile del servizio di prevenzione e protezione,
del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, o di quello territoriale e del medico
competente che ha partecipato alla valutazione del rischio;
f)
l’individuazione delle mansioni che eventualmente espongono i lavoratori a rischi specifici che richiedono una riconosciuta capacità professionale, specifica esperienza, adeguata formazione ed addestramento.
Il DVR ed il DUVRI devono essere custoditi presso l’unità produttiva alla quale si riferisce la valutazione dei rischi.
5. 5. 3 Segnaletica di sicurezza sui luoghi di lavoro
Il titolo V del D. Lgs n. 81/2008 stabilisce le prescrizioni per la segnaletica di sicurezza
e di salute sui luoghi di lavoro per tutte le attività pubbliche e private.
La funzione - La segnaletica di sicurezza, riferita a un oggetto, a un’attività o a una
situazione determinata di rischio, fornisce un’indicazione o una prescrizione concernente la
sicurezza o la salute sul luogo di lavoro, a seconda dei casi specifici di comportamento. Un
appropriato segnale, infatti, trasmette, con immediatezza un messaggio che fornisce un’utile
indicazione in merito a divieti, obblighi di comportamento, pericoli, informazioni, ubicazione
dei mezzi antincendio e di soccorso, vie di fuga, ecc. Inoltre, affinchè sia garantita la percorribilità in sicurezza dei passaggi, delle uscite e delle vie di esodo, in situazioni di emergenza,
la relativa segnaletica deve essere adeguatamente alimentata da una apposita sorgente elettrica, distinta da quella ordinaria (ad esempio batteria a ricarica automatica) in grado di assicurare un livello di illuminazione non inferiore a 5 lux.
È prescritto, inoltre, che i cartelli devono essere costituiti di materiale il più possibile
resistente agli urti, alle intemperie ed alle aggressioni dei fattori ambientali, mentre le dimensioni e le proprietà colorimetriche e fotometriche devono essere tali da garantire una buona
visibilità e comprensione.
•
54
Tipologia - I segnali previsti sono:
divieto - quando vietano un comportamento che potrebbe causare o far correre un pericolo;
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•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
antincendio - quando prescrivono una serie d comportamenti in caso di incendio;
avvertimento - quando avvertono di un rischio o di un pericolo;
prescrizione - quando indicano un determinato comportamento;
salvataggio o di soccorso - quando forniscono indicazioni relative alle uscite di sicurezza o di mezzi di soccorso o di salvataggio;
informazione - quando forniscono ulteriori notizie.
La segnaletica è costituita da:
cartelli che forniscono un’indicazione determinata - mediante una combinazione di una
forma geometrica, di colori e di un simbolo o pittogramma, la cui visibilità è garantita
da un’illuminazione di intensità adeguata;
segnali luminosi - emessi da un dispositivo costituito da materiale trasparente che è
illuminato dall’interno, in modo da apparire esso stesso come una superficie luminosa;
segnali acustici emessi o diffusi da un dispositivo sonoro;
comunicazioni verbali per messaggi predeterminati con impiego di voce umana o sintesi vocale;
segnali gestuali per guidare persone che effettuano manovre che implicano un rischio
o un pericolo.
5. 5. 4 Tenuta del registro degli infortuni
È previsto per il datore di lavoro la tenuta di un registro nel quale siano annotati cronologicamente gli infortuni sul lavoro che comportano un’assenza dal lavoro.
L’obbligo di registrazione sussiste quando l’infortunio comporta l’assenza di almeno un
giorno escluso quello dell’evento (Circ. Mininlavoro n. 28/97).
Il ministero conferma che nel caso di attività di breve durata, caratterizzata da modalità o svolta in sede con pochi lavoratori e priva di adeguata attrezzatura amministrativa, l’obbligo in questione si ritiene assolto anche nell’ipotesi in cui il registro in questione sia tenuto
nella sede centrale dell’impresa, anche se tali attività siano dislocate in una provincia diversa
(Circ. Mininlavoro 73/97).
In attesa che venga emanato un apposito decreto interministeriale relativo al funzionamento del SNIP Servizio Informativo Nazionale per la Prevenzione nei luoghi di lavoro, (art.
8 com. IV D. Lgs n. 81/2008) tutte le imprese che sono tenute all’applicazione del TU sulla
sicurezza, devono comunque tenere un registro infortuni conforme al modello approvato con
DM 12 settembre1958, ma con tutte le modifiche approvate con il DM 5 dicembre 1996 ed
essere timbrato dall’Asl territoriale.
5. 5. 5 Denuncia e verifica periodica degli impianti di messa a terra
Le disposizioni di legge in materia prevedono obblighi specifici per il datore di lavoro (v. DPR
n. 547/1955 e successive disposizioni). L’impianto di messa a terra è obbligatorio e deve
essere:
55
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a.
progettato e realizzato da un’impresa installatrice, iscritta alla CCIAA, in possesso di
determinati requisiti tecnico-professionali ed in grado di rilasciare una dichiarazione di
conformità alle norme di buona tecnica (norme CEI) dell’impianto realizzato;
b. omologato dall’Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro (ISPESL)
competente, a seguito di denuncia da effettuarsi su apposita scheda.
L’impianto di messa a terra deve essere quindi verificato, da parte dell’ISPESL competente, prima della messa in servizio e, successivamente, ad intervalli non superiori ai due anni.
5. 5. 6 Prevenzione incendi
La normativa in materia di prevenzione incendi ha subito un radicale cambiamento
con l’entrata in vigore del Decreto del Presidente della Repubblica 1.8.2011 n. 151 intitolato “Regolamento recante semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi
alla prevenzione degli incendi, a norma dell’art. 49, comma 4-quater del decreto legge
31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122”,
pubblicato nella GU del 22.9.2011, n. 221.
Il regolamento individua le attività soggette ai controlli di prevenzione incendi, modificandole ed innovandole rispetto all’elencazione prevista nel DM 16.2.1982 e disciplina le
procedure per il deposito e l’esame dei progetti, per le visite tecniche, per l’approvazione
di deroghe e per la verifica delle condizioni di sicurezza da parte del Corpo Nazionale dei
Vigili del Fuoco.
Le attività soggette ai controlli di prevenzione incendi sono distinte in tre categorie
(A, B, C) elencate nell’allegato 1 al DPR n. 151/2011 in relazione alla dimensione dell’impresa, al settore dell’attività, all’esistenza di specifiche regole tecniche all’esigenza di tutela della pubblica incolumità.
La nuova normativa contempera un duplice obiettivo: rendere più snella e veloce
l’azione amministrativa e, al contempo, più efficace l’opera di controllo dei Comandi
Provinciali che hanno la possibilità di concentrare la gran parte delle verifiche tecniche
sulle attività con rischio di incendio più elevato.
In particolare, il regolamento, al punto 66, include tra le attività soggette ai controlli di prevenzione incendi, le strutture turistico ricettive all’aria aperta (campeggi,
villaggi turistici) con capacità ricettiva superiore a 400 persone collocandole nella categoria B.
La medesima attività comprende anche alberghi, pensioni, motel, villaggi albergo,
residenze turistico alberghiere, studentati, alloggi agrituristici, ostelli per la gioventù, rifugi alpini, bed & breakfast e case per ferie con oltre 25 posti letto, suddividendoli nelle
seguenti categorie:
 Categoria A: strutture ricettive da 26 sino a 50 posti letto;
 Categoria B: strutture turistico ricettive all’aria aperta (campeggi e villaggi turistici) nonché le strutture ricettive con oltre 50 posti letto sino a 100 posti letto;
 Categoria C: strutture ricettive con oltre 100 posti letto.
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Come previsto dall’art. 4 comma I del DPR n. 151/2011, prima dell’inizio dell’attività, il titolare presenta una segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), che produce gli
stessi effetti giuridici dell’istanza per il rilascio del certificato di prevenzione incendi.
Rispetto alla precedente disciplina normativa, per le attività ricomprese nella categoria A (strutture ricettive da 26 a 50 posti letto) che si ritiene non siano suscettibili di
provocare rischi significativi, non è più contemplato il parere di conformità sul progetto ed i progetti relativi sono presentati contestualmente alla presentazione della
segnalazione certificata di inizio attività (SCIA).
Resta fermo il principio che per le attività di cui alla categoria A e B (campeggi e
villaggi turistici, strutture ricettive da 51 a 100 posti letto) successivamente alla presentazione della SCIA, il Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco territorialmente competente effettuerà i controlli anche con metodo a campione.
Per la categoria C (strutture ricettive con oltre 100 posti letto) il Comando, invece, effettua necessariamente il sopralluogo di controllo entro sessanta giorni dalla
presentazione della SCIA.
In merito alle procedure successive alla presentazione dell’istanza per il rilascio del
Certificato di Prevenzione mediante SCIA, corredata della relativa documentazione, si sottolinea che queste differiscono sempre in relazione al tipo di attività.
Per le attività di cui alle categorie A e B, il Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco
territorialmente competente, entro 60 giorni dal ricevimento della SCIA, effettua controlli
tramite visite tecniche, volti ad accertare il rispetto delle prescrizioni previste dalla normativa di prevenzione degli incendi, nonché la sussistenza dei requisiti di sicurezza antincendio. Tali controlli sono anche disposti con metodo a campione o in base a programmi settoriali.
Qualora nel corso dei controlli emergessero carenze dei requisiti e dei presupposti
per l’esercizio dell’attività previsti dalla normativa di prevenzione incendi, il Comando
adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione delle attività e di rimozione degli
eventuali effetti dannosi prodotti dalla stessa, fatta salva l’ipotesi che, ove sia possibile,
l’interessato provveda a conformare alla normativa antincendio ed ai criteri tecnici di prevenzione incendi detta attività entro un termine di 45 giorni, imponendo, ove si ritenesse
necessario, specifiche misure tecnico gestionali atte a far cessare il pericolo per la pubblica e privata incolumità ovvero per la messa in sicurezza delle opere.
In tal modo, è riconosciuta la possibilità al Comando Provinciale di non dover prescrivere, sempre ed in ogni caso, l’interruzione dell’attività, ma di richiedere all’interessato di conformare l’attività alla normativa antincendio entro un termine congruo.
Per quanto riguarda, invece, le attività di cui alla categoria C il Comando entro 60
giorni dal ricevimento della SCIA, effettua controlli attraverso visite tecniche volti ad
accertare il rispetto delle prescrizioni previste dalla normativa di prevenzione incendi.
Entro 15 giorni dalla data di effettuazione delle visite, solo in caso di esito positivo del
controllo, il Comando procede al rilascio del Certificato di Prevenzione Incendi (CPI).
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È importante sottolineare che il Certificato Prevenzione Incendi, nella nuova normativa analogamente al verbale della visita tecnica, non costituisce più un provvedimento
finale di un procedimento amministrativo, ma rappresenta solo il risultato del controllo
effettuato e non ha validità temporale. Resta comunque confermato l'obbligo di presentazione della domanda di rinnovo periodico della conformità antincendio da inviare al
Comando dei VVFF, con cadenza quinquennale o decennale, in funzione del tipo di attività soggetta a controllo di prevenzione incendi.
Tra le disposizioni transitorie e finali si specifica che gli enti ed i privati responsabili delle nuove attività introdotte all’Allegato 1, esistenti alla data di pubblicazione del
Regolamento (22 settembre 2011), devono espletare i prescritti adempimenti entro il 7
ottobre 2012, mentre gli enti ed i privati responsabili delle attività di cui all’Allegato 1 esistenti alla data di entrata in vigore del Regolamento (7 ottobre 2011) ed in possesso del
CPI, alla scadenza del medesimo Certificato, devono chiedere il rinnovo di conformità
antincendio secondo le nuove disposizioni normative.
5. 6
Legge sulla Privacy - Tutela e riservatezza dei dati
personali
La legge 31 dicembre 1996, n. 675, in materia di “Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali”, prevede precisi obblighi per coloro che
intendono o devono procedere ad un trattamento di dati personali. Tali obblighi si sostanziano in adempimenti dettagliati, omessi i quali scattano le sanzioni sia penali, sia amministrative, sia civili poste a salvaguardia dei diritti tutelati. La legge non vieta, né potrebbe farlo, nell’attuale società della comunicazione, il trattamento di dati personali, ma istituisce una serie di adempimenti formali e sostanziali tali da garantire che il trattamento
dei dati avvenga senza lesioni per i diritti della personalità e per le prerogative attinenti una
sorta di diritto alla riservatezza delle persone fisiche, giuridiche e dei soggetti collettivi.
Una legge sulla privacy si rendeva necessaria per garantire il pieno rispetto del diritto alla
riservatezza annoverato dalla nostra Costituzione tra i diritti inviolabili dell’uomo ed anche
per recepire una direttiva comunitaria. Ma la normativa sulla privacy, per alcuni aspetti, è
stata ritenuta eccessivamente rigida e burocratica e pertanto si è passati ad una tutela più
flessibile e meno vincolante per le imprese che è stato possibile realizzare a seguito delle
modifiche apportate dal D. Lgs 30.6.2003 n. 196 “Codice in materia di protezione dei
dati personali” con cui l’intero settore è stato semplificato e razionalizzato coordinando
le varie disposizioni legislative e regolamentari che nel corso di questi ultimi anni si sono
succeduti in materia di tutela della privacy.
Notificazione - informativa - consenso - autorizzazione: questi sono in primissima
approssimazione e con riserva di approfondimento, nel proseguo della trattazione, gli istituti cardini della tutela della “privacy” come sono descritti dall’art. 4 del D. Lgs 196/2003.
58
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Glossario dei termini usati e i soggetti presi in considerazione dal D. Lgs n.
196/2003
Dato personale
Qualunque informazione relativa a persona fisica, persona giuridica ente od associazione
identificati o identificabili anche indirettamente mediante riferimento a qualsiasi altra
informazione ivi compreso un numero di identificazione personale.
Interessato
La persona fisica, la persona giuridica, l’ente o l’associazione cui si riferiscono i dati personali.
Dati sensibili
I dati personali idonei a rivelare l’origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l’adesione a partiti, sindacati, associazioni, od
organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale nonché i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale.
Trattamento
Qualunque operazione o complesso di operazioni, effettuati anche senza l’ausilio di mezzi
elettronici concernenti la raccolta, la registrazione, l’organizzazione, la conservazione, la
consultazione, l’elaborazione, la modificazione, la selezione, l’estrazione, il raffronto, l’utilizzo, l’interconnessione, il blocco, la comunicazione, la diffusione, la cancellazione e la
distruzione dei dati, anche se non registrati in una banca dati.
Incaricato
Le persone fisiche autorizzate a compiere operazioni di trattamento dal titolare o dal
responsabile.
Titolare
La persona fisica, la persona giuridica, la pubblica amministrazione e qualsiasi altro ente,
associazione od organismo cui competono anche unitamente ad altro titolare le decisioni
in ordine alle finalità, alle modalità del trattamento di dati, personali e agli strumenti utilizzati compreso il profilo della sicurezza.
Il responsabile
La persona fisica, la persona giuridica, la pubblica amministrazione e qualsiasi altro ente,
associazione od organismo preposti dal titolare al trattamento di dati personali.
Secondo quanto stabilisce l’art. 5 del Codice, le disposizioni normative si applicano
al trattamento di dati personali di chiunque effettuato nel territorio dello Stato, estendendolo anche al caso di chi si sia stabilito nel territorio di un paese non appartenente
all’Unione europea, ma impieghi, per il trattamento, mezzi anche non elettronici, situati nel
territorio italiano, escluso il caso di utilizzo solo a fini di transito nel territorio italiano.
59
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5. 6. 1 Procedure per gli adempimenti attuativi previsti dalla legge
I diritti dell’interessato
L’interessato ha il diritto:
a.
di ottenere la conferma dell’esistenza o meno di dati personali che lo riguardano;
b. di ottenere informazioni sull’origine dei dati personali, sulle finalità e modalità del
trattamento, sulla logica applicata in caso di trattamento effettuato con l’ausilio di
strumenti elettronici, sull’identità del titolare e degli eventuali responsabili, sui soggetti ai quali i dati personali possono essere comunicati o che possono venirne a
conoscenza;
c.
di ottenere l’aggiornamento, la rettificazione, l’integrazione, la cancellazione, la trasformazione in forma anonima o il blocco dei dati trattati in violazione della legge.
Inoltre ha diritto di opporsi, in tutto o in parte:
a.
per motivi legittimi al trattamento dei dati personali che lo riguardano, ancorché pertinenti allo scopo della raccolta;
b. al trattamento dei dati personali che lo riguardano a fini di invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta o per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale.
Il controllo dell’interessato sui dati che lo riguardano è pertanto un controllo finalizzato in primo luogo a constatare l’esattezza del dato stesso, ed in secondo luogo a verificare la correttezza nell’utilizzo del dato trattato. Inoltre tale controllo si può estendere sia
al soggetto in possesso di quel dato, sia all’attività dello stesso. Sempre l’art. 13 del codice prevede che all’atto della raccolta di dati personali, l’interessato o la persona presso la
quale i dati sono raccolti, debba essere previamente informato oralmente o per iscritto:
a.
sui suoi diritti, nonché sulle finalità e modalità del trattamento;
b. sulla natura obbligatoria o facoltativa del conferimento dei dati, e sulle conseguenze di un rifiuto di rispondere;
c.
sui soggetti ai quali i dati possono essere comunicati o che possono venirne a conoscenza;
d. sulle generalità del titolare e del responsabile.
La Notificazione al Garante: il titolare che intenda procedere ad un trattamento di dati
personali è tenuto a darne notificazione al Garante solo se il trattamento, per le modalità
o la natura dei dati trattati, sia suscettibile di recare pregiudizio ai diritti ed alle libertà degli
interessati.
L’art. 37 del Codice descrive i casi di trattamenti sottoposti all’obbligo di notificazione; tuttavia il Garante ha provveduto con apposita Deliberazione (31 marzo 2004 n. 1) a
chiarirne l’ambito di applicazione, individuando specificatamente i trattamenti di dati personali (raccolta, uso, conservazione) non soggetti all’obbligo di notificazione.
Il provvedimento del Garante, infatti, chiarisce che non è previsto l’obbligo di effet60
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tuare la notificazione al Garante per i trattamenti normalmente effettuati dalle imprese turistiche ricettive quali ad esempio:
a.
trattamento dei dati dei clienti che effettuano una prenotazione alberghiera;
b. trattamento dei dati dei clienti ai fini previsti dall’art. 109 del TULPS
c.
trattamento dei dati dei clienti effettuato a fini fiscali
d. trattamento dei dati dei clienti effettuato per l’invio di materiale pubblicitario o per
iniziative promozionali.
Pertanto nel caso b), ossia il trattamento dei dati personali dei clienti ai sensi dell’art. 109 del TULPS, la struttura ricettiva all’atto della compilazione della scheda è tenuta a dare una corretta informativa all’interessato, mentre non è necessario acquisire il suo
consenso, poiché nella fattispecie si tratta di un trattamento effettuato in base ad un obbligo di legge.
Mentre nel caso d), qualora l’impresa ricettiva utilizzi i dati dei clienti, acquisiti al
momento della prenotazione, per inviare periodicamente gli aggiornamenti delle proprie
tariffe, la promozione di offerte speciali, oppure inviare semplicemente gli auguri per il
compleanno o le festività, in tal caso la struttura ricettiva è tenuta ad acquisire il consenso dell’interessato.
La notificazione del trattamento è presentata al Garante prima dell’inizio del trattamento ed una sola volta a prescindere dal numero delle operazioni e della durata del trattamento da effettuare. Si intende validamente effettuata solo se è trasmessa per via telematica utilizzando il modello predisposto dal Garante ed osservando le prescrizioni da
questi impartite, anche per quanto riguarda le modalità di sottoscrizione con firma digitale e di conferma del ricevimento della notificazione.
Quindi le formalità e gli adempimenti da effettuare verso la clientela sono i seguenti:
Informativa - Da rilasciare all’atto della raccolta dei dati personali agli interessati, per
iscritto od oralmente, sulla finalità e modalità del trattamento e sui propri diritti. Si consiglia di eseguire questo adempimento con un avviso, in lingua italiana, esposto in modo
ben visibile nell’ufficio ricezione o nel locale dove vengono raccolti questi dati. Serve
anche come prova di avere informato il cliente.
Consenso - Consenso dell’interessato, documentato per iscritto, per il trattamento dei dati
comuni.
Rientra in quest’obbligo il trattamento dei dati personali dei clienti, effettuato dalle
imprese ricettive per propri fini promozionali, di invio di materiale pubblicitario, per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale interattiva e la verifica del
livello di soddisfazione della clientela sulle prestazioni e sui servizi resi dall’azienda.
In tal senso si evidenzia che il Garante, a suo tempo, si è pronunciato sulla privacy,
relativamente alla ricettività, con diversi comunicati stampa affermando:
- «che non sarà possibile sapere se una persona è ospite di un complesso ricettivo, quindi anche del ricevimento di messaggi e/o telefonate se non esiste il consenso diretto
dell’interessato a divulgare informazioni a terzi»;
61
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- «viene precisato che la tutela della privacy del cliente non è invece applicabile quando
ricorrono esigenze di giustizia, e cioè a chiedere precise informazioni sia un’Autorità
Giudiziaria (cosa del resto già obbligatoria per legge in quanto il gestore della ricettività
deve fornire ogni giorno le schede di dichiarazione delle generalità delle persone presenti nel complesso)»;
- «la normativa sulla privacy non modifica sostanzialmente gli obblighi per i gestori della
ricettività; impone soltanto un attento controllo sulla divulgazione di dati personali riguardanti i propri ospiti».
5. 7
Ulteriori disposizioni in materia di P.S.
Tra le numerose disposizioni del regolamento di P.S. si evidenziano: l’obbligo di
iscrizione del custode in apposito registro dei portieri tenuto dal Corpo di Polizia
Municipale, trattenimenti in pubblici esercizi e la Disciplina delle piscine natatorie.
5. 7. 1 Registro dei Portieri
L’obbligo di tenere un registro speciale è stato abrogato ai sensi dell’art. 1
commi 1 e 3 dell’allegato B alla L. 24.11.2000 n. 340 “Disposizioni per la delegificazione di norme e per la semplificazione di procedimenti amministrativi - Legge di
semplificazione 1999”.
5. 7. 2 Trattenimenti in pubblici esercizi
*
Commissione di vigilanza - Il Ministero dell’Interno ha fornito alcuni chiarimenti
circa la assoggettabilità o meno alle verifiche della Commissione di Vigilanza prevista dall’art. 80 del TULPS, e conseguentemente sul rilascio del relativo certificato di agibilità ad
alcune ipotesi particolari.
I casi in cui non viene richiesto l’intervento della Commissione riguardano:
a.
locali di spettacolo e di intrattenimento, con capienza non superiore a 100 persone,
nell’ambito di un pubblico esercizio. Indipendentemente dal limite numerico, viene
precisato che l’intervento della Commissione di Vigilanza non deve essere richiesto
quando si svolgano trattenimenti musicali occasionali e temporanei, in esercizi,
ove l’attività principale resti quella della ristorazione, mentre lo spettacolo rappresenta solo una attività complementare.
b. Trattenimenti di arte varia nell’ambito di un esercizio pubblico. Anche per tale fattispecie si applica quanto precisato al punto precedente.
c.
Luoghi e spazi all’aperto, qualificati come aree urbane, privi di strutture specificatamente destinate allo stazionamento del pubblico per assistere a manifestazioni
62
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varie. Non viene richiesto l’intervento della commissione, qualora le manifestazioni
si svolgano in spazi non delimitati, là dove manchi una struttura minima destinata
ad accogliere il pubblico.
*
Installazione di apparecchi televisivi in pubblici esercizi - Il Ministero dell’Interno,
con la circolare 559/C21502. 11690. H. 2 del 16 novembre 1998, ha fornito ai Prefetti, ai
Questori, ai Comandi Generali dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza nuove
e più aggiornate direttive, in ordine alla disciplina dell’installazione di apparecchi televisivi nei pubblici esercizi.
Dal contenuto della circolare Ministeriale si evince il seguente quadro di riferimento:
•
normale apparecchio televisivo, installato in pubblici esercizi, ove la clientela accede per usuali consumazioni: non deve essere rilasciata alcuna licenza.
•
Apparecchio televisivo, abilitato a trasmettere, su reti decodificate, partite di calcio,
od altri spettacoli, installato in pubblici esercizi, senza imposizione del pagamento
del biglietto di ingresso e senza trasformazione del locale in sala di trattenimento:
non deve essere rilasciata alcuna licenza.
•
Apparecchio televisivo, abilitato a trasmettere, su reti decodificate, partite di calcio,
od altri spettacoli, installato in pubblici esercizi, previo pagamento del biglietto di
ingresso, senza trasformare il locale in sala di trattenimento: deve essere rilasciata la licenza prevista dall’articolo 69 del TULPS, il cui rilascio non è condizionato al sopralluogo della commissione permanente di vigilanza.
•
Apparecchio televisivo, abilitato a trasmettere, su reti decodificate, partite di calcio,
od altri spettacoli, installato in pubblici esercizi con obbligo di pagamento di biglietto di ingresso e svolgimento dell’intrattenimento, in sale appositamente allestite,
con elementi tali, che configurino una trasformazione in locale di pubblico spettacolo (es. disposizione delle sedie a platea): deve essere rilasciata l’autorizzazione ex
art. 68 TULPS, previo sopralluogo della commissione permanente di vigilanza.
Dalla nuova disciplina emerge chiaramente che non esiste nessun divieto di maggiorare le consumazioni, o di pretendere il pagamento del biglietto di ingresso, in occasione delle partite di calcio effettuate in esercizi autorizzati, e che eventuali divieti in tal
senso, imposti dai Comuni in sede di rilascio della licenza, non esplicano più alcuna efficacia.
L’impostazione di tale prescrizione era motivata, oltre che da ragioni di tipo “sociale” dal timore di concorrenza all’industria cinematografica. Tali presupposti sono da
tempo caduti e, specialmente a seguito delle sentenze della Corte di Cassazione, in tema
di non necessità del conseguimento della specifica autorizzazione, il Ministero ritiene che
non vi sia alcuna motivazione di pubblico interesse, che possa consentire la limitazione
dell’esercizio dell’attività economica in parola.
La qualificazione dell’autorizzazione per la detenzione di apparecchio televisivo, in
forza dell’articolo 69 TULPS, in assenza di trasformazioni della sala in locale di pubblico
63
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spettacolo è estremamente coerente con il dettato legislativo, in quanto l’articolo 124 del
Regolamento del Testo Unico prevede, espressamente, l’assoggettamento a tale provvedimento autorizzatorio di tutti gli spettacoli, di qualsiasi specie, che si danno in pubblici
esercizi (piano bar, concertini, jukebox, ecc.).
5. 7. 3 Disciplina delle piscine natatorie
Il Ministero dell’Interno ha sempre considerato le piscine natatorie annesse alle
imprese ricettive, ancorché l’accesso fosse riservato ai soli ospiti, quali luoghi di trattenimento pubblico, ai sensi dei contenuti della circolare n. 16 del 15/2/1951 e del DM.
25/8/1989, provvedimenti emanati dallo stesso ministero. Pertanto i suddetti impianti
erano da ritenersi soggetti al collaudo di agibilità da parte della Commissione Provinciale
di Vigilanza sui locali di Pubblico Spettacolo.
Con la circolare n. 559/C. 19479. 12010 del 28 novembre 1994, inviata alle competenti autorità periferiche, il Ministero dell’Interno ha cambiato opinione affermando un
nuovo principio estremamente positivo per il nostro settore. Secondo il Ministero, infatti,
non vi è dubbio che debbano essere assoggettate al controllo preventivo della
Commissione di Vigilanza ed alla disciplina dei provvedimenti sopra citati “le piscine qualificate come luogo pubblico o aperto al pubblico”. Più precisamente sono da qualificare
impianti pubblici, o comunque aperti al pubblico, quelli “ai quali può accedere una pluralità indistinta di persone previo pagamento o meno del prezzo del biglietto”.
L’atto ministeriale al proposito cita testualmente: “le strutture ricettive che consentono ai soli ospiti l’uso delle piscine natatorie, mettono in essere un sistema di selezione
dell’utenza tali da far considerare detti impianti come veri e propri luoghi privati”.
Si pensi, al riguardo, alle piscine ed impianti annessi ad alberghi, campeggi, villaggi turistici, qualora consentano l’ingresso ai soli ospiti, interdicendolo ad un pubblico indistinto. Si ribadisce che la distinzione è importante in quanto, essendo queste piscine qualificate come luoghi privati, non sono assoggettate alla disciplina della circolare ministeriale n. 16, del 15/2/1951, né all’art. 20 del D. M. 25/8/1989. Il Ministero dell’Interno ritiene che le piscine qualificate come “private” debbano comunque essere disciplinate, relativamente ai profili di igiene, sanità e Pubblica Sicurezza, da un “Atto di intesa StatoRegioni”, pubblicato sul S. O. alla G.U. n. 39 del 17/2/1992; in realtà tale Atto di intesa è
ancora privo di effetto, perché non è stato a tutt’oggi recepito da legge regionale, ed anzi
il Ministero della Sanità, con circolare del 21/7/1993, ha invitato le regioni a non legiferare sul punto, in quanto sarebbero necessarie alcune modifiche. Il chiarimento del Ministro
dell’Interno ha di fatto creato un vuoto legislativo in materia di disciplina di sicurezza delle
piscine private, anche e soprattutto perché, a rigore, non si dovrebbe applicare neppure
l’art. 20 del D. M. 25/8/89 e quindi non viene richiesto di assegnare al servizio di salvataggio, personale qualificato.
Per ovviare a questa situazione di vuoto normativo che si era determinata, è da
segnalare l’Accordo Stato-Regioni del 16 gennaio 2003 (pubblicato sulla GU del 3.3.2003)
64
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sottoscritto tra il Ministero della Salute, le Regioni e la Province Autonome di Trento e
Bolzano relativo agli aspetti igienico-sanitari per la costruzione, la manutenzione e la vigilanza delle piscine a uso natatorio. Tale accordo si è reso necessario a seguito delle modifiche apportate dalla legge costituzionale n. 3/2001 in base alla quale “la tutela della salute” ricade nell’ambito della potestà normativa concorrente Stato-Regioni. In tale documento, dopo che è stata fornita una definizione di piscina, si stabiliscono i principi relativi alla dotazione del personale, delle attrezzature e dei relativi materiali, stabilendo anche
tutta una serie di controlli sia interni che esterni.
A tale proposito si rende necessario ricordare ai gestori dei complessi ricettivi un
principio enunciato dalla giurisprudenza secondo la quale il gestore risponderà di omicidio colposo nel caso di annegamento di un bagnante, qualora non sia stato predisposto
un idoneo servizio di protezione e vigilanza. Pertanto, seppure nel silenzio della legge, è
comunque sempre consigliabile un assiduo servizio di vigilanza e protezione degli utenti
delle piscine.
5. 8
Esercizio attività accessorie
5. 8. 1 Disciplina igienico sanitaria
*Autorizzazione sanitaria - I locali adibiti all’esercizio delle attività di ristorazione e
somministrazione di alimenti e bevande (bar-spaccio), all’interno dei complessi ricettivi
all’aria aperta, sono sottoposti alla disciplina igienico-sanitaria dei pubblici esercizi.
L’idoneità igienico-sanitaria dei locali annessi a esercizi di somministrazione di alimenti e bevande e di ristorazione deve essere attestata, oltre che dall’autorizzazione
amministrativa (tassa di concessione regionale, peraltro soppressa in alcune Regioni),
anche dalle Unità Sanitarie Locali a mezzo di apposita autorizzazione (nullaosta).
* Idoneità sanitaria degli addetti - Gli addetti alla preparazione e manipolazione degli
alimenti destinati a venire a contatto diretto o indiretto (somministrazione, preparazione e
vendita) di sostanze alimentari e di bevande, ivi compresi: “il conduttore dell’esercizio e
suoi familiari che prestino la loro attività, anche a titolo gratuito e casualmente, nell’esercizio stesso” devono possedere (ai sensi dell’art. 37 del DPR 26 marzo 1980, n. 327), il
“libretto di idoneità sanitaria”.
Il libretto in questione ha validità di un anno e deve essere rinnovato, previo controllo medico, prima della scadenza, e “deve essere tenuto nell’esercizio” a disposizione degli
organi di vigilanza per eventuali controlli. La mancanza del libretto o il libretto scaduto
comportano gravi sanzioni (fino alla chiusura del locale da uno a dieci giorni, ai sensi
dell’art. 14 della legge 283/1962). Al fine di ottenere il libretto di idoneità sanitaria è sufficiente rivolgersi “all’Ufficio di Igiene dell’ASL, in cui si ha la residenza”.
La tendenza attuale da parte del legislatore è invece quella che ha condotto
65
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all’abolizione del libretto di idoneità sanitaria sostituito nelle normative regionali
(vedi leggi regionali del Veneto, Emilia Romagna, Puglia) da misure di autocontrollo,
corsi di formazione ed informazione.
Il titolare o il conduttore dell’esercizio ha pure l’obbligo di segnalare immediatamente all’autorità sanitaria locale i casi sospetti di malattie infettive o contagiose del personale dipendente o comunque dei collaboratori.
* Igiene dei prodotti alimentari - HACCP - Il sistema HACCP ovvero “Hazard analysis and critical control points”, definito come “Analisi dei rischi connessi alla produzione
degli alimenti e dei punti critici che li pongono sotto controllo”, si basa sull’attento studio
di tutte le tappe della produzione dell’alimento al fine di individuare, analizzare e limitare
o contenere i rischi o gli effetti di una eventuale contaminazione. Tale procedura, vede la
sua origine negli USA negli anni 60 con l’intento di garantire che gli alimenti somministrati agli astronauti della NASA non potessero avere alcun effetto negativo sulla loro salute,
né tantomeno compromettere il buon esito delle missioni spaziali. L’HACCP è previsto dal
decreto legislativo n. 155, del 26 maggio ’97, con il quale è stata recepita la normativa
europea in materia ed è entrato in vigore il 28 giugno 1998. Tali disposizioni normative
sono state sostituite dal Regolamento CE 852/2004 entrato in vigore il 1 gennaio 2006.
Successivamente per opera del D. Lgs 6 novembre 2007 n. 193 “Attuazione della direttiva 2004/41/CE relativa ai controlli in materia di sicurezza alimentare e applicazione dei
regolamenti comunitari nel medesimo settore”, la normativa del 1997 è stata definitivamente abrogata.
Sotto il profilo aziendale l’introduzione di questo sistema implica una approfondita
analisi dei propri processi produttivi al fine di identificare le operazioni che possono originare contaminazioni. Una volta effettuata l’indagine si procede a elaborare gli eventuali
correttivi che possono ridurre la probabilità di offrire al cliente un prodotto non salubre.
In particolare nel settore ricettivo è necessario individuare la tipologia di servizio che si
offre alla propria clientela. Diverse, infatti, come è facilmente comprensibile, sono le problematiche da affrontare se vi è in atto un semplice servizio di bar-caffetteria rispetto alla
fornitura di pranzi a buffet o addirittura alla presenza di un ristorante con cucina. La verifica dei fornitori dai quali si attua l’approvvigionamento, il controllo delle regole codificate di corretta pulizia ed igiene, l’adozione di comportamenti idonei a evitare l’inquinamento dei cibi sono regole base alle quali si devono aggiungere i comportamenti specifici relativi alle caratteristiche della propria struttura. Particolare attenzione va riservata alle prassi igieniche che, se pur presenti nel contesto produttivo, raramente vengono fissate in
regolamenti scritti, così come vanno segnalate e documentate le operazioni di verifica
periodica relative alle temperature di conservazione degli alimenti.
Tutti questi aspetti vanno cioè riepilogati in una relazione scritta e confluiscono codificati in un manuale (definito “di autocontrollo”) che riflette come uno specchio la realtà
in essere presso l’azienda. Molte associazioni e federazioni, ivi compreso la FAITA, al fine
di rendere omogenei i comportamenti hanno elaborato dei manuali di linee guida. Questi
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principi generali, pur nella loro indubbia utilità quali punti di riferimento nella adozione
delle procedure di autocontrollo, non vanno confusi con il “manuale di autocontrollo” che
ognuno deve elaborare per essere in linea con il dettato normativo. È da precisare che
l’adozione del sistema di autocontrollo non è qualcosa di statico che una volta elaborato
resta immutato nel tempo, ma è un modo di essere in costante evoluzione che comporta
una continua verifica della propria realtà anche alla luce della costante evoluzione normativa in atto che richiede sempre nuovi adempimenti.
Particolare attenzione va poi dedicata all’informazione e formazione da fornire ai collaboratori che operano all’interno della struttura. Le regole di comportamento codificate
nel manuale devono infatti entrare a far parte della routine quotidiana per tutti coloro che
lavorano in essa ed entrano direttamente o indirettamente a contatto con i cibi.
Recentemente con la circolare n. 11 del 7 agosto 1998 il Ministero della Sanità chiarisce l’applicazione riguardante l’igiene dei prodotti alimentari. In particolare, in relazione
alla descrizione del sistema dell’autocontrollo si sottolineano i seguenti principi cardine:
•
il sistema di autocontrollo deve essere: semplice - limitato all’essenziale - compatibile con le dimensioni dell’azienda o unità produttiva;
•
le analisi di laboratorio non costituiscono in sè autocontrollo ma esclusivamente
uno strumento di verifica del funzionamento del sistema;
•
il sistema di autocontrollo deve essere oggetto di periodica verifica e, ove necessario, dei conseguenti aggiornamenti e perfezionamenti;
•
il sistema deve essere specifico per ciascuna realtà aziendale evitando, di conseguenza, l’adozione di manuali aziendali “precostituiti”, cioè elaborati senza tener
conto delle caratteristiche, dei processi produttivi e dei flussi delle singole unità produttive.
Di conseguenza il protocollo di autocontrollo della singola struttura aziendale deve:
•
riferirsi al processo produttivo o al flusso operativo della singola unità produttiva;
•
contenere le misure igieniche previste dall’azienda;
•
riportare la descrizione nelle varie fasi dei procedimenti produttivi con l’indicazione
dei rischi igienici individuati in tale percorso e delle misure adottate per prevenirli
e/o eliminarli;
•
indicare le verifiche analitiche previste e la loro periodicità, fermo restando che per
alcuni tipi di attività a trascurabile rischio, tali accertamenti possono non essere programmati.
Con un provvedimento, contenuto all’interno della legge 21.7.1999, n. 236 pubblicata sulla G.U. n. 172 del 24 luglio 1999, sono state approvate, esclusivamente per le
aziende sino a un numero massimo di cinque dipendenti, le seguenti proroghe:
•
l’azienda dovrà adeguarsi alle norme contenute nel D. Lgs 155/97 entro il 31 marzo
2000;
•
le sanzioni amministrative pecuniarie derivanti dalla mancata applicazione delle
norme si applicheranno dal 1° aprile 2000.
67
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Si evidenzia in particolare che si fa riferimento al numero dei dipendenti e non a
quelli addetti. Ciò significa che, per stabilire l’applicabilità della proroga, non devono
essere conteggiati, né i collaboratori familiari, né i soci prestatori d’opera.
5. 8. 2 Vendite di bevande alcoliche
Si premette che: «con l’entrata in vigore della legge 25 agosto 1991, n. 287, recante: “aggiornamento della normativa sull’insediamento e sull’attività dei pubblici esercizi”,
che ha espressamente abrogato tanto la legge 524/1974 - che l’articolo 89 del TULPS, al
fine della somministrazione di bevande, anche con gradazione superiore al 21% di volume, è sufficiente una sola autorizzazione, cioè quella che conferisce la possibilità di esercitare l’attività di bevande alcoliche».
Altre innovazioni sono state introdotte, per quanto concerne i pubblici esercizi, dal D. Lgs
N. 504/95:
•
cade il divieto di tenere aperto un numero di bottiglie di bevande alcoliche superiore a quello determinato dalla licenza (in genere una);
•
non è più prevista, in sede di rilascio e rinnovo della licenza, l’acquisizione da parte
dei comuni del parere preventivo degli Uffici finanziari;
•
dispone, per la vendita anche di solo vino o bevande fermentate diverse dal vino e
birra e prodotti alcolici intermedi, il possesso dell’apposita “licenza fiscale” rilasciata dall’Ufficio Tecnico Imposta di Fabbricazione (UTIF).
A proposito della licenza fiscale e in base alle precisazioni fornite dal Ministero delle
Finanze si possono quindi verificare le seguenti ipotesi:
•
posto che la licenza in esame è riferita a tutti i prodotti alcolici commercializzati
nell’esercizio, se l’esercente è già in possesso della licenza fiscale per la vendita di
alcole e liquori, questi non deve richiedere il rilascio di un’altra licenza per la vendita di vino, birra e bevande fermentate;
•
se invece, l’esercente l’attività di vendita di vino, birra e altre bevande fermentate e
prodotti alcolici intermedi non è già in possesso della licenza fiscale per la vendita
di alcole o liquori, questi dovrà chiedere il rilascio della licenza fiscale.
* Licenza fiscale UTIF - A norma dell’art. 21, comma 3 del D. L. 1200/48, convertito dalla legge n. 1388/48, “coloro che effettuano la minuta vendita di liquori o bevande
alcoliche, in recipienti di capacità non superiore ai due litri, hanno l’obbligo di munirsi di
apposita licenza fiscale rilasciata dall’Ufficio Tecnico Imposta di Fabbricazione”.
Per il rilascio, il duplicato, la voltura e la cessazione della licenza fiscale, è necessario produrre all’UTIF provinciale, nella cui circoscrizione ha sede l’azienda ricettiva o
l’esercizio:
•
domanda in carta bollata, del valore vigente al momento della presentazione, alla
quale vanno allegate:
•
copia conforme autenticata della licenza d’esercizio;
68
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•
•
5. 9
marca da bollo del valore della tariffa vigente al momento della presentazione;
eventuale licenza UTIF originale da volturare, o da rendere per cessata attività.
Ulteriori adempimenti gestionali
Prima di terminare questo capitolo si ritiene utile fare una sintesi sugli ulteriori
adempimenti relativi alla gestione del complesso ricettivo all’aria aperta. Adempimenti
che, pure se secondari, sono sempre motivo per evitare di aprire un contenzioso con le
autorità preposte.
5. 9. 1 Catasto Rifiuti - Rifiuti speciali
Con la circolare n. 343/C del 3/3/1998, il Ministero dell’Industria, fornisce chiarimenti e indicazioni sui nuovi obblighi previsti dai decreti “Ronchi” in relazione alla denuncia annuale al Catasto Rifiuti:
*
Rifiuti speciali - Oneri del produttore del rifiuto - Le imprese ricettive che producono rifiuti speciali (ad esempio l’olio di frittura) sono tenute ai sensi del D. Lgs 22/1997:
•
a conferirli a terzi autorizzati ai sensi delle disposizioni vigenti;
•
o eventualmente a conferirli ai soggetti che gestiscono il servizio pubblico di raccolta dei rifiuti urbani, con i quali sia stata stipulata apposita convenzione.
*
Comunicazione annuale al Catasto Rifiuti - Secondo il disposto dell’art. 11, comma
3, le imprese commerciali e di servizio che producono rifiuti speciali non pericolosi sono
esonerate dall’effettuare la comunicazione alle Camere di Commercio con i MUD entro il
30 aprile di ogni anno. Con la legge 9/12/1998 sono state apportate alcune modifiche al
decreto Ronchi. Da una nuova attenta lettura del decreto in questione coordinato con le
modifiche apportate, per le imprese ricettive si delinea il seguente quadro:
•
Rifiuti conferiti al servizio pubblico di raccolta dei rifiuti urbani - Per essi l’azienda
non è tenuta né a compilare i registri di carico e scarico, né ad effettuare la denuncia annuale.
•
Olio (o grasso animale) esausto di frittura - Deve essere conferito a ditte autorizzate, e deve essere compilato l’apposito formulario di presentazione del rifiuto. Non
devono essere compilati i registri di carico e scarico né deve essere effettuata la
denuncia annuale.
•
Fanghi prodotti dalla potabilizzazione dell’acqua e da altri trattamenti delle acque e
dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento di fumi - Nel caso in cui l’impresa ricettiva li produca, essi vanno conferiti a ditte autorizzate e va compilato il
formulario di presentazione del rifiuto, e deve effettuare la denuncia annuale (art. 7,
comma 3 D. Lgs 22/1997).
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5. 9. 2 Raccolta residui organici delle autocaravan
Si segnala che il comma 6 del DPR 16/9/1996, n. 610, inerente: “Regolamento
recante modifiche al DPR 16 dicembre 1992, n. 495 recante il regolamento di esecuzione
e di attuazione del nuovo Codice della Strada” stabilisce disposizioni per l’installazione di
pozzetti attinenti al servizio di scarico dei residui organici e delle acque chiare e luride raccolti negli impianti interni delle autocaravan anche in transito; chiarendo che le tariffe per
tale servizio saranno liberamente determinate dai singoli operatori ai sensi della legge
284/1991.
5. 9. 3 Requisiti acustici delle sorgenti sonore nei locali da ballo e nei pubblici
esercizi
Sulla G.U. del 2 luglio 1999 è stato pubblicato il DPCM 16 aprile 1999, n. 215 inerente: “Regolamento recante norme per la determinazione dei requisiti acustici delle sorgenti sonore nei luoghi di intrattenimento danzante e di pubblico spettacolo e nei pubblici esercizi”.
Il decreto in oggetto abroga il precedente decreto 19. 9. 1997.
Nello specifico si evidenzia quanto segue:
* Campo di applicazione - Nel campo di applicazione del provvedimento, oltre ai luoghi di intrattenimento danzante e di pubblico spettacolo, rientrano anche i pubblici esercizi, che utilizzino impianti elettroacustici di amplificazione e diffusione sonora.
Per i pubblici esercizi tali disposizioni saranno, però, applicabili dopo sei mesi dell’entrata in vigore del provvedimento e cioè dal 2000. Pertanto fino a tale data, le autorità non
possono richiedere a tali imprese adempimenti di alcun genere, né condizionare il rinnovo delle licenze alla produzione delle perizie previste dal DPCM.
* Limite di livello di pressione sonora:
105 dn(A) Lasmax a decorrere dal 1.6.1999 nei luoghi di trattenimento danzante;
105 db(A) Lasmax a decorrere da sei mesi dall’entrata in vigore per i pubblici esercizi;
103 db(A) Lasmax a decorrere da 12 mesi dall’entrata in vigore del decreto;
102 db(A) Lasmax a decorrere da 24 mesi dall’entrata in vigore del decreto;
95 db(A) Laeq a decorrere dal 1° giugno 1999 per i locali da ballo;
95 db(A) Laeq a decorrere da sei mesi dall’entrata in vigore del decreto per i pubblici esercizi.
* Obblighi del gestore:
•
Verifica dei livelli di pressione sonora - Il gestore verifica i livelli di pressione sonora generati dagli impianti elettroacustici. Tale verifica va effettuata dopo ogni modifica o riparazione dell’impianto elettroacustico.
•
Impianti idonei a superare i limiti - Un tecnico acustico competente, seguendo la
procedura prevista dall’articolo 4, redige una relazione, dalla quale risultino l’esito
della verifica (idoneità al superamento dei limiti). Il gestore dovrà redigere apposita
dichiarazione sostitutiva.
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•
Impianti potenzialmente idonei a superare i limiti consentiti - Un tecnico acustico
competente seguendo la procedura prevista dall’articolo 4, redige una relazione,
dalla quale risulti l’esito della verifica (idoneità al superamento dei limiti).
Il tecnico procederà a nuovo accertamento nelle condizioni di esercizio più ricorrenti del locale (presenza abituale di pubblico, tipi di emissione sonora più frequente, etc.),
al termine del quale redigerà un’apposita relazione.
Qualora i termini di pressione sonora, previsti dal DPCM, siano rispettati, il gestore
dovrà redigere apposita dichiarazione sostitutiva.
Qualora i limiti di pressione, previsti dal DPCM, vengono superati, il gestore dovrà
porre in essere tutti gli interventi, indicati dal tecnico competente, affinché non sia in nessun modo possibile il superamento dei limiti, dotando le strumentazioni, eventualmente
utilizzate, di meccanismi, che ne impediscono la manomissione. Il tecnico dovrà procedere al collaudo degli interventi e alla verifica dell’impianto.
* Conservazione ed esibizione della documentazione - Le relazioni e le certificazioni, di
cui ai punti sopra evidenziati, devono essere conservati presso il locale ed esibiti, su
richiesta delle autorità di controllo.
* Responsabilità in solido - Il soggetto diverso dal gestore del locale, che utilizza autonomamente gli impianti e che non sia vincolato dal rapporto di subordinazione o di collaborazione continuata e coordinata, risponde, in solido col gestore, degli obblighi previsti
dal decreto.
Il provvedimento in questione è entrato in vigore il 17 luglio 1999.
71
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6. Rapporti con la clientela
L’obiettivo che questo capitolo intende perseguire, non è tanto lo scopo di ridurre a
sintesi gli aspetti peculiari dell’esercizio ricettivo, ma quanto quello di tentarne una esposizione chiara dei principi del “diritto-dovere” da rispettare ed usare per un corretto rapporto con il turista cliente.
Nel grande complesso ricettivo dove vi sono strumenti, metodi di lavoro e personale preposto, un ruolo decisivo lo giocano gli addetti alla reception, chiamati ad applicare
questi principi ed a fornire eventualmente spiegazioni e suggerimenti all’ospite.
Nella piccola media impresa, nella quale il titolare ed i suoi familiari debbono essere necessariamente “polivalenti”, è difficile che vi sia personale preposto per questa
incombenza, che dovrà, quindi, essere opportunamente assunta dallo stesso titolare e/o
dai suoi collaboratori, poiché la funzione rimane la stessa.
Un elemento che accomuna tutti e che gioca un ruolo importante nei confronti
dell’ospite, è quello del “rapporto umano”. Senza dimenticare, però, che oltre il sorriso
occorre che funzioni anche “la doccia”.
6. 1
Contratto di alloggio
Generalità. «Il rapporto giuridico che lega l’operatore con il cliente sorge con il contratto di alloggio ed in esso ha il suo fondamento».
Si tratta di un contratto in base al quale una parte (imprenditore ricettivo) si obbliga, verso corrispettivo di denaro, da fornire all’altra (cliente) il servizio di soggiorno comprensivo di alloggio o di spazi atti (piazzole) ad ospitare il suo mezzo autonomo di pernottamento, a fornirgli eventualmente il vitto ed a prestare quei servizi che rendono confortevole il soggiorno, taluni dei quali possono essere “a domanda”, vale a dire a pagamento.
Il contratto ha dunque struttura complessa, nel senso che all’obbligazione principale, se ne assommano altre che possono considerarsi servizi necessari od utili al corretto
espletamento della prima; tali sono ad esempio la disponibilità delle attrezzature igienicosanitarie, di quelle dell’uso dell’impianto elettrico, di quelle della ristorazione e bar, di
quelle ricreative e sportive.
I soggetti del contratto di alloggio sono il gestore del complesso ricettivo ed il cliente. Il primo assume insieme all’obbligo di fornire l’alloggio o la piazzola (e le prestazioni
ad essa coordinate) anche la responsabilità nei confronti delle persone accolte nell’azienda ricettiva. L’utilizzazione di ausiliari non sposta la titolarità delle obbligazioni del gestore il quale risponderà per gli atti compiuti dagli stessi.
Nel termine cliente, si deve comprendere non solo chi conclude il contratto di allog73
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gio ma anche coloro a favore dei quali il contratto è concluso (familiari, amici, domestici,
ecc.) che usufruiscono dei servizi del complesso ricettivo. Non possono, in alcun caso,
ritenersi clienti i visitatori che si rechino in un complesso ricettivo a trovare i conoscenti
ivi alloggiati.
Diversi e particolari sono gli obblighi che le parti si assumono con la conclusione
del contratto di alloggio. Le obbligazioni del cliente si possono riassumere nell’utilizzazione delle attrezzature del complesso messe a sua disposizione, con la diligenza del buon
padre di famiglia e nel pagamento del corrispettivo per le prestazioni ricevute. Il corrispettivo, salvo diversi accordi o convenzioni, viene stabilito in relazione alle giornate o alle
notti di alloggio. Ulteriori sovrapprezzi possono inoltre derivare da vincoli dipendenti da
pattuizioni speciali.
Le obbligazioni dell’imprenditore turistico consistono principalmente nell’obbligo di
far godere all’ospite l’uso di tutti i servizi e delle attrezzature messe a sua disposizione dal
complesso ricettivo e nella tutela delle cose portate con sè dal cliente. A quest’ultimo
riguardo, la disciplina legislativa è stata modificata dalla legge 10 giugno 1978, n. 316 che
ha sostituito gli articoli 1783, 1784 e 1785 del c.c. introducendo inoltre gli artt. 1785 bis,
ter, quater, quintes. Data l’importanza della materia si ritiene necessario un commento di
approfondimento riservando un apposito paragrafo alla tematica (v. paragrafo 6. 4).
6. 1. 1 Mancato adempimento degli obblighi contrattuali
* Adempimento da parte del cliente - Eventuali inadempimenti degli obblighi contrattuali da parte del cliente possono riguardare sia la prenotazione delle attrezzature ricettive (bungalow, caravan, piazzole, ecc.), che il pagamento dei servizi prestati.
Infatti, se il complesso ricettivo ha accettato la prenotazione e si è obbligato a tenere a disposizione la relativa attrezzatura ricettiva, il cliente è inadempiente:
•
se non prende il possesso dell’attrezzatura fissata in anticipo;
•
se arriva dopo il giorno convenuto;
•
se parte prima del giorno convenuto.
In tutti e tre i casi è tenuto al risarcimento del danno e cioè il gestore ha diritto di farsi pagare il
servizio non prestato, ossia il prezzo relativo all’attrezzatura ricettiva fissata.
Per premunirsi dei danni derivanti dal mancato adempimento della prenotazione
dell’attrezzatura ricettiva, specialmente quando trattasi di lunghi periodi di soggiorno, è
opportuno che, nell’accordo intervenuto all’atto della prenotazione, venga richiesto, a
maggior garanzia, il versamento di una somma a titolo di caparra. In tale caso le conseguenze dell’inadempimento contrattuale sono previste dagli artt. 1385 e 1386 del codice
civile. Altra ipotesi di inadempimento del cliente può essere il mancato pagamento di servizi prestati. Il pagamento dei conti dei servizi, salvo accordi diversi, avviene posticipatamente e cioè al momento in cui il cliente termina il soggiorno.
* Adempimenti da parte del gestore - La “prenotazione”, dal punto di vista giuridico, rappresenta un vero e proprio contratto, con il quale il gestore si impegna a stipulare
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con il cliente un contratto di alloggio a partire da una certa data. Se il gestore non mantiene la sua promessa, il cliente ha diritto al risarcimento del danno e l’obbligo reciproco
viene sciolto. Il gestore ha però la facoltà entro tre giorni di proporre una diversa soluzione che il cliente può rifiutare. La moneta di pagamento è quella che ha corso legale nello
Stato; ma al gestore del settore ricettivo è permesso ricevere, al regolamento dei conti,
limitatamente però alle persone alloggiate, moneta estera, cheque e traveler’s-cheques
emessi nelle valute correnti. Al riguardo della custodia valori (come si vedrà al paragrafo
6. 4), il gestore ha l’obbligo di accettare le carte-valori, il denaro contante e gli oggetti di
valore; egli può rifiutarsi di riceverli se si tratta di oggetti pericolosi o che, tenuto conto
dell’importanza e delle condizioni di gestione del complesso, abbiano valore eccessivo o
natura ingombrante. Sono nulli i patti o le dichiarazioni tendenti ad escludere o limitare
preventivamente la responsabilità del gestore del complesso ricettivo. Il gestore non può
rifiutare, senza legittimo motivo, le prestazioni del proprio esercizio a chiunque le domandi e ne corrisponda il prezzo.
* Crediti dell’imprenditore ricettivo - In caso di mancato pagamento del cliente l’imprenditore è tutelato dalla legge, in quanto egli ha il privilegio sulle cose che il cliente ha
portato nel complesso ricettivo e che continuano a trovarvisi (art. 2760 c.c.).
Il credito in questione si prescrive in sei mesi; dopo tale periodo nulla può il gestore del complesso ricettivo contro l’insolvenza del cliente, a meno che nel frattempo non
abbia manifestato in qualche modo la sua volontà a recuperare il credito. Ciò potrà essere fatto, ad esempio, con una citazione o con solleciti di pagamento documentabili (raccomandata A. R.). In questi casi il periodo di prescrizione si interrompe e ricomincia a
decorrere per intero dal momento in cui sia manifestato l’atto di volontà dal gestore.
Pur non essendo previsto per l’imprenditore turistico, a garanzia dei suoi crediti
derivanti dall’alloggio, un vero e proprio diritto di ritenzione sul bene del cliente, egli, per
conservare il privilegio in questione, potrà chiedere alle competenti autorità il sequestro
cautelativo delle cose stesse.
Infatti tale privilegio non costituisce una completa garanzia a tutela del gestore, per
tre motivi:
•
il privilegio è un semplice diritto di precedenza creato a beneficio del creditore privilegiato nella divisione del ricavato della vendita forzata dei beni del debitore (artt.
2761 e 2756 c.c.);
•
il privilegio non è anche un diritto di ritenzione, per cui il gestore non può in nessun caso impossessarsi dei beni del cliente per obbligarlo ad assolvere al suo debito. Per conservare il privilegio in questione il gestore deve impedire la rimozione
delle cose dalla particolare situazione richiesta dalla norma. Si pone quindi il problema di richiedere al giudice competente il sequestro cautelativo dei beni del debitore
avvalendosi delle disposizioni di cui all’articolo 2769 c.c. e secondo le regole di procedure civile (c. p. c. 671);
•
il privilegio ha per oggetto solo i beni depositati nella struttura ricettiva. Tutta la giu75
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risprudenza del caso, però, è concorde nel ritenere che il privilegio sussista anche
rispetto agli autoveicoli lasciati in custodia.
6. 2
Convenzione forfettaria di soggiorno
Come previsto dall’articolo 3, comma 3, del decreto del Ministro del Turismo 16
ottobre 1991, concernente norme attuative della legge 281/1991 sulla liberalizzazione dei
prezzi del settore turistico-ricettivo, al gestore è consentito praticare prezzi inferiori ai
minimi comunicati alle competenti autorità: “agli ospiti per periodi di soggiorni continuativi pari o superiori a 15 giorni”.
Donde si evince che, sotto l’aspetto giuridico, si possono stipulare “Convenzioni forfettarie” comprendenti tariffe inferiori ai prezzi minimi comunicati, per soggiorni superiori a 15 giorni.
Ciò premesso ed al fine di poter chiarire alcune perplessità, si fanno seguire alcune
note in merito:
a.
la convenzione forfettaria consiste nel comune accordo sia sul prezzo delle prestazioni che su alcune norme di comportamento fra le parti (gestore - cliente). Da non
confondersi con un “contratto d’affitto”, poiché l’attività dell’impresa turistico-ricettiva all’aria aperta non contempla in nessun modo l’affitto o la locazione di immobili, ma è finalizzata a fornire dei servizi per la sosta e il soggiorno di turisti provvisti
di propri mezzi di pernottamento; oppure per il soggiorno di turisti, sprovvisti di tali
mezzi, in attrezzature fisse o mobili di proprietà del complesso;
b. è estremamente importante che la convenzione forfettaria risulti da atto scritto per
soddisfare le esigenze, sia di carattere fiscale che di carattere giuridico. Invero le
procedure della certificazione fiscale stabiliscono che in presenza di un accordo economico sulle prestazioni dell’azienda, gli estremi risultino o sul documento fiscale
stesso o da atto scritto. In sede di eventuale verifica fiscale, altrimenti, il relativo
importo potrebbe essere rubricato come presenza giornaliera, con le conseguenze
previste per l’irregolare emissione del documento fiscale.
Sotto l’aspetto giuridico, l’atto scritto, che prevede i rapporti fra utente e gestore,
risulta essere una garanzia dei diritti di quest’ultimo ed elemento di prova determinante in
caso di eventuali contestazioni o inadempienze.
6. 3
Clientela inadempiente
* Comportamento del gestore - Al paragrafo 6. 1. 1 è stato precisato che il credito dell’imprenditore dell’attività ricettiva è tutelato dall’art. 2760 del c.c. relativo al privilegio
sulle cose portate nel complesso ricettivo. Al fine di completare la trattazione si fanno
seguire alcune note di comportamento verso la clientela insolvente:
•
se il cliente moroso pretendesse di dover partire d’urgenza, senza dare il tempo di
poter effettuare “il sequestro cautelativo” il gestore potrà imporgli di lasciare “le
76
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cose portate nel complesso”, sotto minaccia di denuncia alla P.S. per “insolvenza
fraudolenta” ai termini dell’articolo 641 del Codice Penale. Denuncia che si renderà
indispensabile, dopo il rifiuto del cliente a lasciare i suoi beni al fine di estinguere il
debito, per avere la prova documentale del mancato pagamento delle prestazioni
fornite;
•
il diritto di privilegio dell’impresa ricettiva si prescrive in sei mesi dal giorno dell’ultima prestazione, ma se il cliente ha, però, riconosciuto per iscritto la somma dovuta, la prescrizione è decennale (art. 2946 c.c.);
•
si ritiene utile sottolineare che, nel caso in cui il cliente lasci la propria “attrezzatura” nel complesso ricettivo e non si presenti a ritirarla, sembra non corretta la procedura di lasciare decorrere un anno e quindi disporre liberamente di tali cose. In
realtà, non si tratta di cose trovate, ma di cose pur sempre lasciate in deposito e
sulle quali il cliente potrebbe fare poi valere i suoi diritti. In questi casi è consigliabile far redigere, alla presenza di testimoni, un inventario delle “cose” abbandonate
dal cliente e comunicarlo alla Pubblica Sicurezza, denunciando il fatto e facendosi
rilasciare copia vidimata della denuncia. Tanto più è opportuna tale denuncia in
quanto le cose abbandonate potrebbero essere di origine sospetta (art. 157 TULPS);
•
qualora il gestore ricettivo non voglia trattenere in custodia tali cose, sarà bene che
chieda all’autorità di P.S. o all’autorità comunale di volerle prendere in consegna.
Nell’eventualità di un rifiuto, sarebbe consigliabile rivolgersi al pretore perché voglia,
in via d’urgenza, autorizzare gli opportuni atti, non escluso quello del deposito presso terzi a spese dell’eventuale debitore.
*
Possibilità di interruzione del servizio ricettivo - La sospensione dei servizi ricettivi
(uso dell’impianto elettrico - dell’impianto idrico - del gas - ecc.) è legittima quando il
gestore procede, nei confronti del cliente moroso, ai sensi dell’articolo 1454 c.c., attraverso una “diffida ad adempiere”. Questa deve contenere un termine congruo e non inferiore ai 15 giorni; scaduto inutilmente il quale, il gestore non è più tenuto ad erogare alcuna prestazione al cliente inadempiente.
È bene sottolineare che la diffida ad adempiere è lo strumento più agile per dare il
via a qualsiasi azione legale contro il cliente inadempiente.
*
Procedure per l’estromissione di un cliente dal complesso ricettivo
•
Unità abitative - La via più breve per ottenere il rilascio dell’unità abitativa (bungalow - casa mobile - caravan - ecc.) è quello del “provvedimento speciale d’urgenza”
previsto dall’articolo 700 c.p.c. Per dare inizio a tale provvedimento è necessario
rivolgersi, attraverso un legale, ad un giudice, il quale, dopo aver preso atto della
persistente inadempienza del cliente, successiva anche al termine contenuto nella
sopracitata diffida ad adempiere (in questo modo l’eventuale convenzione è risolta),
può emanare un provvedimento cautelare che impone al cliente il rilascio dell’unità
abitativa. È necessario chiarire, però, che il giudice non è tenuto all’emanazione del
provvedimento cautelare, in quanto il sopra richiamato art. 700 c.p.c., secondo una
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sua interpretazione restrittiva, si applica solo nel caso in cui la parte che richiede il
provvedimento (nel caso in questione il gestore del complesso ricettivo) possa subire un danno imminente e irreparabile.
Il gestore può, comunque, dare inizio ad un “procedimento ordinario”. Tale procedimento, oltre a portare al rilascio dell’unità abitativa, permette di ottenere il pagamento
del soggiorno ed il risarcimento del danno. I suoi tempi di svolgimento, resi ancora più
lunghi da un eventuale ricorso in appello del cliente, spingono a preferire il procedimento d’urgenza.
•
Piazzola - Per quanto riguarda la liberazione della piazzola dal mezzo di soggiorno,
le procedure sono meno complesse:
se il cliente è inadempiente, dopo aver ottenuto dal giudice il “sequestro cautelativo”, il creditore può ritenere la cosa oggetto del privilegio finché non è soddisfatto
del suo credito e può anche venderla secondo le norme stabilite per la vendita
all’asta ai sensi dell’articolo 2756 del c.c. ;
se il cliente non è inadempiente, il mezzo più breve per liberare la piazzola è quello
di applicare, alla scadenza del termine della convenzione forfettaria (se in essa non
sono incluse clausole per il rinnovo automatico), la “tariffa giornaliera”, sia per l’occupazione della piazzola che per la presenza delle persone.
Si “sconsiglia”, comunque ed in ogni caso, la rimozione del mezzo di soggiorno
senza l’autorizzazione del cliente, anche per non incorrere, in primo luogo, nel reato di
“violazione di domicilio” e secondariamente dovere risarcire eventuali danni arrecati al
mezzo ed alle cose che si trovano nello stesso.
6. 4
Le responsabilità del gestore
Le aziende ricettive all’aria aperta in Italia hanno origine abbastanza recente ed al
loro sorgere nacque subito il problema se alle stesse potesse essere applicata la disciplina degli albergatori, così come regolata dal codice civile negli articoli 1783 e seguenti. In
tale ottica il contributo della giurisprudenza e della dottrina, sensibili al compito di adattare le norme codificate alle nuove esigenze sociali, ha portato a ritenere applicabile al
gestore della ricettività all’aria aperta le norme sul deposito in albergo. L’estensione è stata
motivata dalla considerazione che, nella gestione di un’azienda ricettiva all’aria aperta,
ricorrono gli stessi principi sui quali riposa la responsabilità degli albergatori e cioè: “il
deposito necessario da parte degli utenti e l’organizzazione ad impresa del complesso
ricettivo”.
Quanto al primo punto, si può osservare che il cliente si trova nella necessità, per
poter usufruire dei servizi ricettivi, di dover momentaneamente lasciare in custodia alcune proprie cose. Ne consegue, pertanto, che il gestore è tenuto a garantire un sistema di
sorveglianza che offra al cliente la necessaria sicurezza sia delle cose espressamente consegnate, sia di quelle semplicemente portate all’interno del complesso ricettivo. Quanto al
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secondo punto, si rileva che il gestore della ricettività all’aria aperta esercita un’attività
economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi (art. 2082
c.c.), il che comporta determinati rischi. La responsabilità del gestore verso il cliente, sia
pure nei modi e con i limiti che vedremo, è stata riconosciuta come il suo specifico rischio
professionale, vale a dire come tipica responsabilità di chi esercita questa attività, la quale
è stata assimilata a quella dell’albergatore, come si evince non solo dall’elencazione delle
attività assimilate dall’articolo 1786 del c.c., ma anche dai contenuti degli articoli 5 e 6
della “Legge Quadro del Turismo” n. 217/1983.
6. 4. 1 Custodia delle cose portate o consegnate dal cliente
Fatta questa necessaria premessa, per inquadrare il rischio professionale del gestore della ricettività all’aria aperta, possiamo sintetizzare i seguenti tipi di responsabilità per
deposito di cose all’interno dei complessi ricettivi all’aria aperta:
a.
responsabilità per le cose consegnate (custodia diretta);
b. responsabilità per cose portate dal cliente (custodia indiretta).
Tali responsabilità scaturiscono dalla natura del contratto di alloggio, in quanto le
obbligazioni del gestore consistono principalmente nell’obbligo di far godere delle attrezzature del complesso e nella tutela delle cose portate con sé dal cliente. La violazione a
tale obbligo contrattuale rende il gestore responsabile verso il cliente (responsabilità contrattuale).
È questa una responsabilità prevista non solo dall’ordinamento italiano, in quanto la
legge 10 giugno 1978, n. 316, ratificando la Convenzione Europea sulla responsabilità
degli albergatori per le cose portate dai clienti, firmata a Parigi il 17 dicembre 1962, ha
uniformato la disciplina normativa di un settore che, per l’attività tipica assolta, necessitava di identici criteri, non solo per quanto attiene la imputazione della responsabilità, ma
anche per quanto concerne la misura del danno.
La legge n. 316/1978 ha modificato, nella parte relativa al deposito alberghiero, il
codice civile ed ora costituisce parte integrante di esso. In precedenza il codice civile
distingueva fra le “cose consegnate” all’albergatore e “cose portate” in albergo, per stabilire un diverso grado di diligenza nella custodia e, quindi, una diversa responsabilità,
nonché un determinato limite di risarcimento.
Con la nuova disciplina, invece, la responsabilità dell’albergatore e, quindi del gestore ricettivo all’aria aperta, è identica sia per le cose consegnate che per quelle portate dal
cliente, nel senso che l’albergatore è responsabile di ogni deterioramento, distruzione o
sottrazione delle cose del cliente, salvo che l’evento sia dovuto al cliente stesso, alle persone che l’accompagnano, che sono al suo servizio o gli rendono visita oppure a forza
maggiore o alla natura delle cose.
La legge, pur avendo uniformato l’obbligo di diligenza nella custodia e, quindi, il tipo
di responsabilità, ne ha limitato l’ammontare a seconda che le cose del cliente siano state
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“consegnate” all’albergatore o siano state semplicemente portate dal cliente:
•
per le prime l’albergatore è responsabile per l’intero valore delle cose;
•
per le seconde la sua responsabilità è limitata al valore di quanto sia deteriorato,
distrutto o sottratto, sino all’equivalente di cento volte il prezzo dell’alloggio
giornaliero calcolato sulla sola persona danneggiata (ciò significa, ad esempio,
un quarto del prezzo se l’alloggio è utilizzato da quattro persone).
Se, tuttavia, la distruzione o la sottrazione delle cose portate dal cliente in albergo
sono da imputare a colpa dell’albergatore, dei membri della sua famiglia, o dei suoi dipendenti, la responsabilità è illimitata, come per le cose consegnate (art. 1785bis c.c.).
Le disposizioni sopra illustrate, non si applicano: ai veicoli, alle cose lasciate negli
stessi, né agli animali vivi. Risolvendosi così opportunamente, con disposizioni legislative (art. 1785 quinquies c.c.), casi che in pratica avevano dato adito a contrastanti decisioni giurisprundenziali, creando profonde incertezze fra gli utenti. Va precisato, infine,
che la legge dispone (art. 1785 quarter) che “sono nulli i patti o le dichiarazioni tendenti a escludere o a limitare preventivamente la responsabilità dell’albergatore”.
6. 4. 2 La responsabilità extra contrattuale
Oltre alla specifica responsabilità per violazione degli obblighi assunti contrattualmente, il gestore di una struttura ricettiva all’aria aperta può incorrere nella responsabilità di tipo extra contrattuale per danni a persone o a cose, a prescindere da ogni impegno
assunto in precedenza.
La legge, dispone, infatti, che qualunque fatto colposo o doloso che cagiona ad altri
un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno (art. 2043
c.c.).
Da ciò non deriva un obbligo di sorveglianza sui propri clienti al fine di dissuaderli
da un comportamento pericoloso che essi sono liberi di assumere; ma il gestore deve
provvedere che le cose immobili e le relative pertinenze che formano l’ospitalità del complesso ricettivo, non arrechino danni e non costituiscano insidia per i clienti o per i frequentatori. Qualora ciò dovesse malauguratamente avvenire entra in essere la responsabilità extra-contrattuale, che sta appunto ad indicare che si prescinde da precedenti specifici obblighi assunti in contratto e ne consegue una disciplina, in tema di onere della
prova, diversa da quella stabilita per la responsabilità contrattuale.
La regola è che il danneggiato deve fornire la prova della condotta colposa o dolosa dell’autore del danno e del nesso di casualità fra la prima e quest’ultimo. La legge,
però, per alcuni tipi di responsabilità, nascenti da situazioni tipiche, quali lo svolgimento
di particolari attività oppure per danni procurati da determinate cose o animali, è venuto
incontro al danneggiato prevedendo una presunzione di colpa a carico di determinate persone, le quali dovranno dimostrare la mancanza di ogni propria responsabilità (c.d. presunzione di responsabilità con inversione dell’onere della prova).
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La gestione di un complesso ricettivo, in generale, non è considerata svolgimento
di attività pericolosa ai sensi dell’art. 2050 c.c. (norma che prevede, appunto, l’inversione
dell’onere della prova), ma potrebbe essere considerata tale la gestione di una piscina per
cui, in questo ultimo caso, i danni subiti dall’uso della piscina ricadono sul gestore se non
prova di avere adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno, prova che, di fronte
all’accadimento dannoso, di fatto può essere diabolica.
Particolare fonte di responsabilità può derivare dal danno cagionato dalle cose in
custodia (art. 2051 c.c.), sia per la loro intrinseca natura di cose pericolose, sia anche nel
caso in cui la cosa, pur non avendo attitudine a cagionare danno, in quanto sfornita di un
dinamismo proprio, lo diventa per l’insorgere in essa di un agente dannoso (ad esempio:
incendio, caduta di rami di albero, di neve dai tetti, infiltrazione di acqua, ecc.) che si inserisce nella sua struttura, in modo da alterare la natura e provocare un’intrinseca attitudine lesiva. In questi casi, il gestore è responsabile, salvo che provi il caso fortuito, inteso
questo nella sua lata accezione di fatto del terzo, colpa esclusiva del danneggiato o della
forza maggiore. Come appare da questa breve disamina, le responsabilità del gestore del
complesso ricettivo all’aria aperta sono molteplici e complesse, per cui, sia per la salvaguardia del suo patrimonio esposto per legge (articolo 2740 c.c.) all’azione del danneggiato, sia per un più puntuale e completo servizio al cliente, è opportuno che dette responsabilità vengano coperte da valide garanzie assicurative, che permettano la gestione dei
complessi casi, la determinazione delle rispettive responsabilità e, quindi, la conseguente
liquidazione dei danni, di non sempre facile quantificazione.
6. 5
Regolamenti interni all’azienda ricettiva
Sulla necessità di dotarsi di regolamenti interni e di divulgarli non sembra debbano
esserci dubbi, sia dal punto di vista contrattuale, al fine di stabilire le condizioni per la prestazione dei servizi, sia da quello informativo, richiamando norme di legge per prevenire infrazioni e regole di buona condotta per armonizzare la convivenza di così grandi comunità quali sono
i complessi ricettivi all’aria aperta.
Dal punto di vista legale il regolamento si può definire come un elenco di clausole dei
contratti che si instaurano tra il gestore del complesso ricettivo ed i suoi clienti. Il regolamento interno, assieme ad altri eventuali strumenti (il listino dei prezzi - le condizioni di prenotazioni - gli avvisi al pubblico) stabilisce molti dei doveri dell’ospite e alcuni limiti della prestazione assieme ad alcuni impegni del gestore.
Il rapporto che intercorre tra l’ospite e l’ospitante è assai vario, come si è avuto anche
modo di constatare da quanto sin qui trattato, e racchiude in sé i caratteri di diversi distinti
contratti, tra i quali: locazione (nel senso di concedere l’uso di una cosa) - deposito - somministrazione - fornitura di servizi. Per quanto riguarda l’applicabilità del regolamento e la sua
maggior o minore impugnabilità sarà proporzionale a due fattori: alla diffusione del testo presso la clientela e al principio essenziale che le clausole siano applicabili in modo proporzionale
alla loro logicità, ragionevolezza e alla loro appartenenza alle norme in uso nel settore. Ci sono
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anche clausole esagerate per convenienza. Sono le clausole atte a porre il gestore comunque
dalla parte della ragione, laddove il confine tra lecito e illecito, tollerabile e intollerabile è indefinito, discutibile e soggettivo.
In via strettamente legale è invece certo che una buona copertura si ottiene solo facendo sottoscrivere al singolo cliente una copia del regolamento. Ovviamente, per quanto si possa
aver ottenuto la firma del cliente in calce al regolamento, continueranno a non avere validità ed
impugnabilità, in sede giudiziale, le clausole che siano ingiuste o vessatorie o contrarie alle
leggi.
Un discorso a sé stante deve essere necessariamente fatto per la “accettazione del
Regolamento”, che può essere “implicita” o “esplicita”. Per quella implicita, alcuni regolamenti affermano che l’azione dell’accedere al complesso ricettivo è accettazione del regolamento.
È bene ricordare, però, che agli effetti di legge l’accettazione delle pattuizione delle parti,
o meglio, delle clausole del regolamento si concretizza solo con l’apposizione della firma del
cliente sul documento (accettazione esplicita). È comunque opportuno che le clausole contenenti particolari responsabilità gravanti sugli ospiti stessi, siano accettate espressamente (ex
art 1341 c.c.), con l’apposizione di una seconda firma in calce al documento stesso.
A conclusione si ritiene utile fare alcune considerazioni sulle clausole più frequentemente inserite nei regolamenti:
•
Furti, danni a cose e incidenti vari - Spesso queste clausole sono portate a declinare la
responsabilità del gestore; si ricordi che, poiché la materia è oggetto di norme di legge,
le indicazioni non consone ai dettami del codice sono nulle.
•
Erogazione energia elettrica - Poiché l’Enel proibisce la rivendita di energia elettrica,
sarebbe meglio indicare: “Uso dell’impianto elettrico”.
•
Abusivi - È bene ricordare ai clienti, che l’accesso e la presenza nel complesso ricettivo
di persone non registrate o comunque clandestine comporta i seguenti reati: violazione
del Regolamento di P.S., violazione di domicilio (art. 614 c.p.), furto di servizi (violazione art. 624) e infine reato di truffa contrattuale.
•
Espulsione - L’argomento è già stato trattato precedentemente, quindi l’indicazione
“espulsione” è alquanto vaga per la difficile applicazione pratica, qualora la persona indesiderata si rifiuti di andarsene.
•
Visitatori - Si suggerisce di introdurre nei regolamenti l’obbligo per i visitatori degli ospiti del complesso di munirsi di “Pass”, nel quale siano inseriti l’ora di arrivo e il nome della
persona a cui si rende visita.
•
Clienti inadempienti - Inserire, nel regolamento o nell’eventuale convenzione forfettaria,
una specifica clausola che indichi la possibilità, da parte del gestore ricettivo, di esercitare il diritto di ritenzione (ex art. 2760 c.c.), sulle cose portate, in caso di mancato pagamento dei servizi.
Allo scopo di illustrare in maniera esaustiva ed il più possibile dettagliata le norme e le singole clausole che possono disciplinare l’ospitalità all’interno di una struttura ricettiva all’aria aperta, si riporta l’analisi comparativa realizzata all’interno delle previsioni normative contenute in
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alcuni regolamenti, prendendo in esame e comparando tra di loro gli articoli più importanti dei
regolamenti stessi.
6. 5. 1. Il regolamento interno di un campeggio: aspetti gestionali
CONSIDERAZIONI SU SINGOLE CLAUSOLE
1) Accettazione (implicita) del regolamento
2) Accettazione (esplicita) del regolamento
3) Accesso al campeggio
4) Accesso dei minori
5) Permanenza minima
6) Documenti di soggiorno
7) Notifica delle variazioni
8) Limite equipaggi e/o persone per piazzola
9) Scelta della piazzola
10) Veicoli ed attrezzature su piazzola
11) Partenze
12) Visitatori - Ospiti giornalieri
13) Animali
14) Quiete ed orari di silenzio
15) Giochi ed attività sportive
16) Limitazioni ai veicoli
17) Bambini
18) Ordine e pulizia durante il soggiorno
19) Uso dei servizi igienici
20) Divieti vari
21) Preingressi invernali
22) Messaggi e corrispondenza
23) Erogazione elettricità
24) Oggetti smarriti
25) Furti
26) Danni e responsabilità varie
27) Orari ed informazioni varie
28) Abusivi
29) Espulsione
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1) ACCETTAZIONE (IMPLICITA) DEL REGOLAMENTO
Esempio 1/A:
Il presente regolamento è distribuito all’arrivo ed è esposto sia all’entrata che all’interno
del complesso ricettivo. L’atto di accedere al campeggio ne è accettazione integrale da
parte degli Ospiti.
Esempio 1/B:
Il presente Regolamento, il Listino Prezzi e le Condizioni di Prenotazione sono portati a
conoscenza dell’Ospite all’arrivo e sono affissi sia all’entrata che all’interno del campeggio. L’atto dell’entrata ne è accettazione senza riserve da parte dell’Ospite.
Osservazioni:
Posizione: all’inizio, senza numerazione, evidenziato in grassetto o tutto maiuscolo. È la
premessa da usare laddove non si metta in atto la raccolta della firma del cliente in calce
al regolamento, così come specificato al punto successivo.
2) ACCETTAZIONE (ESPLICITA) DEL REGOLAMENTO
Posizione: alla fine, evidenziato in tutto od in parte.
Esempio 2/A:
Letto, confermato e sottoscritto per accettazione.
_______________ ____________. . . _______________________
luogo
data
firma
Dichiaro di aver letto e di approvare specificamente le clausole di cui ai punti:. . . . . .
(Numero ed argomento). . . . .
_______________ ____________. . . _______________________
luogo
data
firma
Osservazioni:
Questa è la sola forma che garantisce l’applicabilità delle clausole.
3) ACCESSO AL CAMPEGGIO
Esempio 3/A:
Chiunque e per qualsiasi motivo intende accedere al campeggio deve munirsi di autorizzazione della direzione. A tale scopo deve essere esibito alla direzione un documento di
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identità personale per le registrazioni di legge. La non osservanza costituisce violazione
di norme del codice penale.
Osservazioni:
Posizione: primo articolo numerato. Si tratta di un semplice richiamo di norme vigenti ed
è uno degli articoli più diffusi, seppure in varie forme. Molti testi però si limitano ad indicare il Cliente / l’Ospite / il Campeggiatore quale unico soggetto dell’obbligo ed a confinare l’obbligo di autorizzazione e registrazione alla sola azione del soggiornare e non, più
ampiamente, a quella dell’entrare. Il testo da noi riportato è certo uno dei più crudi e può
ovviamente essere “addolcito”.
4) ACCESSO DEI MINORI
Esempio 4/A:
È vietato l’accesso ai minorenni se non accompagnati da persona adulta che ne sia legalmente responsabile.
Osservazioni:
Posizione: continuazione del testo del precedente articolo, oppure secondo articolo numerato. Pochi i campeggi che lo adottano.
Il divieto appare illegittimo, anche alla luce delle norme che tutelano i diritti dei giovani
e la loro libertà di movimento, raccomandate anche dalla CE.
5) PERMANENZA MINIMA
Esempio 5/A:
Permanenza minima giorni __ (2, 3,. . ., 7)
Osservazioni:
Se ne consiglia l’inserimento in grande evidenza comunque nel listino prezzi ed eventualmente la ripetizione nel regolamento, tra i primi articoli numerati iniziali. È un articolo
molto poco presente nei regolamenti, mentre è molto diffuso nei listini prezzi, cosa che ci
appare, come dicevamo, più corretta. L’imposizione, infatti, ha implicazioni solo di tipo
tariffario.
La permanenza minima è spesso introdotta ed applicata solo in funzione limitativa dell’afflusso di ospiti giornalieri o “visitatori”. Gli ospiti giornalieri possono, peraltro, essere
“tariffati” a sé anche in conseguenza della diversa prestazione (non di soggiorno) e diversa aliquota IVA (21%).
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6) DOCUMENTI DI SOGGIORNO
Esempio 6/A:
All’arrivo ad ogni Cliente vengono consegnati (. . . . tagliandi, adesivi, cartellini, pass, ecc.
. .) che devono essere conservati con cura (. . . . esposti sul parabrezza dell’auto, ecc.
ecc.), esibiti a richiesta del personale e riconsegnati alla partenza.
Osservazioni:
Posizione: sempre tra gli articoli numerati iniziali. Si tratta di una clausola contrattuale
poco diffusa. È molto personalizzata da ciascuna azienda, ragion per cui non è possibile
dare un testo definito. Se ne consiglia l’uso anche a scopo di informazione.
7) NOTIFICA DELLE VARIAZIONI
Esempio 7/A:
Il Cliente è tenuto a controllare l’esattezza delle registrazioni, a segnalare alla direzione
ogni discordanza ed a notificare preventivamente le variazioni quali il cambio della piazzola, l’arrivo e la partenza di persone, la durata presunta della permanenza. (tutto o parte)
Osservazioni:
Posizione: subito dopo l’articolo precedente o suo subarticolo. Si tratta di un articolo poco
diffuso.
8) LIMITE EQUIPAGGI E/O PERSONE PER PIAZZOLA
Esempio 8/A:
Non è consentito l’insediamento (l’installazione) di più di un equipaggio/equipaggiamento per piazzola.
Oppure: Ciascuna piazzola non può essere occupata da più di un equipaggio/equipaggiamento.
Esempio 8/B:
Non è consentita la presenza di più di __ persone (4, 5, 6,. . . .) per ciascuna piazzola.
Oppure: Non sono ammessi equipaggi composti da più di __ persone.
Esempio 8/C:
Su ciascuna piazzola non è consentita l’installazione di più di un equipaggio/equipaggiamento e la presenza di più di ___ persone.
Osservazioni:
L’articolo fa sempre parte dei primi, assieme a tutti quelli concernenti la fase di arrivo ed
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ammissione. È presente, nelle varie forme citate, in pochissimi regolamenti. Il termine
“equipaggio” oppure “equipaggiamento” (breve quanto troppo tecnico) è usato in sostituzione della forma descrittiva delle varie numerose, noiose composizioni possibili:
non più di una caravan ed un’auto od una moto, oppure una tenda ed un’auto od una
moto, oppure un camper e un veicolo più una tenda piccola, ecc. ecc. . . .
Entrambe le imposizioni appaiono legittime. La prima è implicita conseguenza dell’obbligo della superficie minima della piazzola, e la seconda è a tutela della capacità ricettiva
massima autorizzata.
9) SCELTA DELLA PIAZZOLA
Esempio 9/A:
La piazzola può essere scelta dal Cliente, tenendo conto delle indicazioni del personale
(della direzione).
Esempio 9/B:
La piazzola può essere scelta dal Cliente, tenendo conto delle indicazioni del personale
(della direzione). Le piazzole prenotate sono indicate mediante. . . . . . . . . . e possono
essere occupate solo previa autorizzazione della direzione.
Osservazioni:
Precisazione molto diffusa, spesso abbinata ad altre istruzioni quali all’obbligo di parcheggiare i veicoli all’interno della piazzola o di installare tutto entro i confini della medesima.
10) VEICOLI ED ATTREZZATURE SU PIAZZOLA
Esempio 10/A:
Le auto devono essere parcheggiate all’interno della piazzola.
Esempio 10/B:
Tutte le attrezzature, ivi compresi i veicoli, devono essere ordinatamente sistemate entro
i confini della piazzola.
Osservazioni:
È un articolo abbastanza diffuso, spesso immerso in altri articoli riguardanti, oltre alla
scelta della piazzola, l’arrivo, il limite di equipaggi e persone e la velocità dei veicoli. La
precisazione è sovente limitata alle sole auto.
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11) PARTENZE
Esempio 11/A:
Le partenze devono avvenire entro le ore __ (9,. . . . 14).
Esempio 11/B:
Le partenze devono avvenire entro le ore __ (9,. . . . 14). Superata tale ora verrà addebitato in conto anche il giorno della partenza.
Esempio 11/C:
La permanenza viene conteggiata in base al numero delle notti che intercorrono tra il giorno dell’arrivo e le ore ___ del giorno della partenza. In caso di partenza dopo tale ora il
conteggio verrà effettuato in base al numero dei giorni.
Esempio 11/D:
Il termine orario di scatto giornaliero delle tariffe è fissato alle ore ___.
Esempio 11/E:
La tariffa giornaliera di soggiorno viene applicata dal momento dell’arrivo fino alle ore ___
del giorno successivo. Il superamento del predetto termine comporta il pagamento di un
ulteriore giorno di permanenza.
Esempio 11/F:
Il termine orario di scatto giornaliero delle tariffe è fissato alle ore ___. Il pagamento del
soggiorno può avvenire anche un giorno prima della partenza. L’ufficio cassa è aperto
dalle __ alle __ e dalle __ alle __. Le operazioni di cassa richieste al di fuori di detto orario comportano un addebito straordinario di Euro__________ .
Osservazioni:
Più dell’80% dei regolamenti cita l’orario di partenza, benché tale limite, magari nella sua
forma più semplice “Le partenze devono avvenire entro le ore __ “è bene che sia comunque presente anche nel listino prezzi.
Il suo richiamo nel regolamento non guasta, specie se inserito in altro articolo informativo, quale ad esempio l’orario di cassa, la chiusura dei cancelli, ecc.
Che nell’hotellerie vi sia un orario massimo di partenza è cosa ben nota alla clientela, comprese le conseguenze del mancato rispetto. Pertanto crediamo si possa tralasciare la
descrizione di quest’ultime, specie nella forma meno simpatica: “dovrà essere pagato un
giorno in più”, che suona come qualcosa di indebito, di punitivo.
Riguardo all’orario, per le piazzole le ore 12 e 13 sono le più diffuse, vale a dire un’ora
prima od alla stessa ora della chiusura dei cancelli per il silenzio pomeridiano. Diverso è
invece l’orario per le unità abitative che, per i tempi di pulizia, vengono richieste libere già
per le 9/10 del mattino.
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12) VISITATORI - OSPITI GIORNALIERI
Esempio 12/A:
Non sono ammessi visitatori (ospiti giornalieri).
Esempio 12/B:
La direzione si riserva la facoltà di consentire l’entrata di visitatori ed ospiti giornalieri con
permesso gratuito della durata di ___ ora/e (di breve durata), compatibilmente con le esigenze organizzative.
Un successivo prolungamento della permanenza deve essere autorizzato dalla direzione e
comporta il pagamento della tariffa prevista in listino prezzi.
Esempio 12/C:
Le persone che desiderano fare visita agli ospiti del campeggio devono consegnare un
documento alla ricezione e pagare la tariffa prevista in listino prezzi.
L’entrata per visita è consentito dalle ore __ alle ore__.
Esempio 12/D:
I visitatori possono accedere al campeggio solo previa autorizzazione della direzione. Se
la loro permanenza si protrae per più di __ ora/e essi saranno tenuti a pagare la prevista
tariffa.
Esempio 12/E:
Il Cliente è tenuto, qualora riceva visite, ad accertarsi che gli ospiti siano in possesso di autorizzazione della direzione ed è responsabile del loro comportamento all’interno del campeggio. Qualora la permanenza si protragga per oltre ___ ora/e deve essere corrisposta la tariffa prevista in listino prezzi.
I visitatori possono entrare in campeggio esclusivamente a piedi e dalle ore ___ alle ore ___.
Osservazioni:
Quasi tutti i regolamenti (90%) riportano prescrizioni per i “visitatori”, ad ulteriore prova,
ove ve ne fosse bisogno, che essi costituiscono un problema nella maggior parte dei casi.
Inoltre, in alcuni dei restanti regolamenti, l’assenza della voce visitatori è evidentemente
una voluta omissione che implicitamente significa: i visitatori non esistono, esistono solo
i clienti (anche se a breve permanenza). I problemi derivano dal fatto che in italiano il termine visitatori definisce, a seconda della struttura “visitata”, persone sia paganti che non
paganti.
Nel campeggio il visitatore tenderebbe, ovviamente per propria convenienza, a ritenere
non dovuto il pagamento per una “visita”, relegando alle sole permanenze sostanziose
(molte ore), od al pernottamento, la condizione che giustifica il pagamento del soggiorno.
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Se da una parte ci sembra che il gestore potrebbe pretendere un pagamento per qualsiasi permanenza, dall’altra appare molto discutibile pretendere il pagamento per soste di
così breve durata, da potersi ragionevolmente supporre che il cliente non abbia potuto
usufruire di servizi in modo significativo.
Premesso che, come pubblico esercizio, l’accesso non può essere rifiutato se non per casi
particolarissimi, l’interessato potrebbe presentarsi alla ricezione, farsi registrare, entrare
e dopo pochi minuti riuscire affermando che non intende soggiornare. In tal caso sarebbe difficile pretendere il pagamento di prestazioni sostanzialmente non erogate.
Ci sembra quindi che la soluzione dei permessi gratuiti di breve durata sia egregia (nei
regolamenti domina il permesso gratuito di un’ora).
In quanto poi alla necessità, soprattutto in certi casi o periodi della stagione, di scoraggiare o limitare l’afflusso di ospiti giornalieri, un buon sistema è quello di applicare la permanenza minima, così da rendere molto costoso il prolungamento della sosta. Impedire
del tutto l’accesso può essere fatto solo invocando il completo, vale a dire il raggiungimento della capacità ricettiva autorizzata, cosa che però presenta, nel caso di pura visita,
molte controindicazioni.
Ciò premesso si può dire che l’articolo ha forti connotazioni di informazione verso la clientela soggiornante, affinché essa si possa regolare nell’invitare amici e parenti. Per finire:
far carico al cliente di comportamenti scorretti dei suoi ospiti “maggiorenni e vaccinati”
appare una minaccia che può solo avere effetto deterrente.
13) ANIMALI
Esempio 13/A:
L’accettazione dei cani e degli altri animali dovrà essere concordata con la direzione. I cani
devono essere tenuti al guinzaglio e con la museruola e condotti all’esterno del campeggio per i loro bisogni fisiologici.
I proprietari sono responsabili degli eventuali danni provocati dagli animali. Gli animali
non possono accedere alla spiaggia.
Esempio 13/B:
Non sono ammessi i cani e gli altri animali domestici.
Osservazioni:
Constatiamo che ogni anno diminuiscono i campeggi che non ammettono animali (attualmente circa un 30%), forse per l’aumento della clientela che ne possiede e li porta in viaggio e forse anche per un miglioramento dell’educazione dei loro padroni.
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14) QUIETE ED ORARI DI SILENZIO
Esempio 14/A:
A qualunque ora devono essere evitati comportamenti, attività, giochi e l’uso di apparecchiature che provochino disturbo agli ospiti del complesso. In particolare dalle ore __ alle
ore __ del pomeriggio e dalle ore __ alle ore__ della notte va osservato il silenzio.
Durante gli orari di silenzio è vietata sia la circolazione che l’entrata e l’uscita dei veicoli a
motore.
Esempio 14/B:
L’orario del silenzio vige dalle __ alle __ e dalle __ alle __. Durante il silenzio non sono
consentiti: gli arrivi e le partenze, l’entrata, l’uscita, la circolazione di veicoli a motore,
l’uso di apparecchiature sonore, l’uso di impianti ed attrezzature sportive e di svago, il
montaggio e lo smontaggio di tende.
Osservazioni:
Generalmente si può dire che si tratta di uno degli articoli tra i più diffusi.
Qualche testo richiama la necessità della quiete più volte in diversi articoli, mentre la maggior parte dei testi unifica in un articolo l’obbligo di non provocare rumori molesti, di non
fare schiamazzi, di usare apparecchiature radio a basso volume ecc. durante qualsiasi ora,
alle particolari prescrizioni degli orari di silenzio.
Solo pochi campeggi praticano solo il silenzio notturno, 23.00-07.00 oppure 23.00-08.00.
Tutti gli altri, con qualche rara eccezione, fissano il doppio silenzio 23.00-07.00 e 13.0015.00. Le eccezioni: 13.00-15.30, 13.00-16.00, 13.30-15.30, 12.30-15.00, 23.30-07.30,
23.00-08.00, 24.00-07.00, 23.00-09.00.
Ci sono anche dei campeggi che modificano gli orari del silenzio in funzione della stagione. I regolamenti che menzionano l’uso degli “apparecchi sonori” (radio, televisione, giradischi, ecc.) sono solo il 30%. Alcuni ne vietano sempre l’uso, altri ne impongono un uso
“civile”, al di fuori del silenzio, con le espressioni più varie: sono tollerati solo se. . . . ., a
bassissimo volume, non udibili da altri, ecc.
15) GIOCHI ED ATTIVITÀ SPORTIVE
Esempio 15/A:
All’interno del campeggio è vietato giocare a calcio, tamburello, bocce, ecc. È inoltre vietato l’uso di pattini a rotelle.
Osservazioni:
Solo pochi testi fanno divieto di praticare dei giochi ben specifici, primo fra tutti il calcio
o palla o pallone, seguito dai tamburelli, bocce, pallavolo, pattini a rotelle. Gli altri, evidentemente, li intendono compresi nei giochi ed attività molesti.
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16) LIMITAZIONI AI VEICOLI
Esempio 16/A:
Tutti i veicoli possono essere utilizzati solo per entrare ed uscire dal campeggio durante
le ore consentite, a velocità moderata (a passo d’uomo, massimo a 5/10 km/h) e rispettando la segnaletica.
I motorini e le motociclette devono essere condotti a spinta.
Esempio 16/B:
Le auto possono essere usate esclusivamente per entrare ed uscire dal complesso ricettivo a velocità. . . ecc.
È vietata la circolazione delle biciclette, dei motorini e delle motociclette.
Esempio 16/C:
Le auto possono essere usate. . . . . ecc.
Non è consentito circolare con biciclette, pattini a rotelle, skateboards ed altri, compresi
quelli per bambini.
Non è consentito l’ingresso a moto e motocicli.
Osservazioni:
Quasi tutti i campeggi limitano la velocità delle auto, quasi tutti a 10 km/h. Il limite è spesso inserito in altri articoli, del parcheggio delle auto sulla piazzola, dell’orario di silenzio e
nell’articolo, molto diffuso, di breve elencazione di divieti vari. Sono invece pochi quei
regolamenti che si occupano anche degli altri veicoli come le biciclette, benché il problema di queste ultime, si pensi alla pericolosità dei gruppetti di bambini in gara continua, ci
sembra sia generalmente sentito.
17) BAMBINI
Esempio 17/A:
I bambini devono essere accompagnati ai servizi igienici da persona adulta.
Esempio 17/B:
I bambini devono essere costantemente sorvegliati. Al riguardo la direzione declina ogni
responsabilità.
Esempio 17/C:
Gli adulti sono responsabili del comportamento dei propri bambini, la cui vivacità, educazione e necessità non possono andare a discapito della quiete, sicurezza ed igiene degli
altri ospiti.
I bambini devono sempre essere accompagnati ai servizi igienici, ai giochi, in spiaggia
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(e/o in piscina) da una persona adulta.
Osservazioni:
Più della metà dei regolamenti accennano più o meno ampiamente ai bambini. Si va dal
minimo dell’esempio 1, il cui testo è spesso parte di altro articolo, al massimo dell’esempio 3, il cui testo si ripete pressoché uguale in molti casi, segno evidente che la formulazione ha avuto successo. Va notato che è un articolo di carattere esortativo, che manca in
alcuni regolamenti peraltro completi ed attenti, a significare che alcuni gestori lo ritengono scontato, e quindi superfluo.
18) ORDINE E PULIZIA DURANTE IL SOGGIORNO
Esempio 18/A:
Piazzole ed alloggi devono essere tenuti durante il soggiorno e riconsegnati alla partenza
decorosamente puliti ed ordinati.
Osservazioni:
Meno del 10% dei regolamenti esaminati formula questa raccomandazione che, quindi, è
considerata superflua dai più.
19) USO DEI SERVIZI IGIENICI
Esempio 19/A:
I servizi igienici devono essere lasciati, dopo l’uso, nelle condizioni in cui si vorrebbe trovarli.
Esempio 19/B:
Gli Ospiti sono tenuti all’uso civile e corretto dei servizi igienici.
Osservazioni:
Anche questa è una sollecitazione scarsamente richiamata dai regolamenti, inserita quasi
sempre in discorsi più generali, spesso lapalissiani, sul comportamento del “bravo campeggiatore”.
20) DIVIETI VARI
Esempio 20/A:
È vietato:
1
Gettare rifiuti fuori dagli appositi contenitori;
2
Scavare nel terreno buche o canaletti;
93
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3
4
5
6
7
8
9
10
11
Accendere fuochi all’aperto;
Danneggiare la vegetazione;
Versare sul terreno oli, carburanti, liquidi bollenti, salati o di rifiuto;
Lavare auto od altri mezzi sul campo;
Lavare stoviglie e biancheria fuori dagli appositi lavelli;
Lavare o lavarsi alle fontanelle sul campo;
Sprecare od usare impropriamente l’acqua;
Stendere recinzioni, teloni ombreggianti, legare od ancorare alcunché alle piante,
tirare corde ad altezza d’uomo ed installare quant’altro possa costituire potenziale
pericolo od essere di intralcio al libero passaggio;
Danneggiare o manomettere impianti ed attrezzature.
Osservazioni:
E chi più ne ha, più ne metta. Abbiamo cercato di riportare solo i divieti più comuni ai
regolamenti presi in esame, ma ci sono anche i divieti di introdurre armi, di esercitare attività commerciali e simili, di esporre vessilli e manifesti di carattere politico, ecc.
Il divieto, anzi l’esortazione ad usare in modo appropriato i lavabi, lavelli e lavatoi è sicuramente la più diffusa: più del 60% dei regolamenti la riporta, segno che c’è ancora molta
gente incivile che lava indumenti intimi nei lavelli per i piatti. Anche altri divieti hanno purtroppo buona frequenza.
Dover imporre di usare le pattumiere, di non gettare acque luride sul campo, di non sprecare l’acqua, di rispettare le piante, e così via, è tutto sommato abbastanza triste.
Assieme alla citazione del divieto, qualche testo in modo appropriato dà l’informazione
alternativa. Ad esempio:
3
Accendere fuochi all’aperto. Il grill può essere usato a condizione che non costituisca disturbo o pericolo;
6
Lavare auto od altri mezzi sul campo. Il campeggio dispone di apposita piazzola il
cui uso è gratuito;
21) PREINGRESSI INVERNALI
Esempio 21/A:
Il preingresso invernale deve avere le seguenti dimensioni e caratteristiche
______________________________________.
Non è consentito il secondo preingresso posteriore ai caravan.
Osservazioni:
Si tratta di un articolo che abbiamo trovato in un solo regolamento. Quand’anche si tratti
di norma di legge, quindi applicabile anche se non citato dal regolamento, farne menzione a scopo informativo ci sembra però opportuno.
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22) MESSAGGI E CORRISPONDENZA
Esempio 22/A:
La corrispondenza in arrivo può essere ritirata solo da persone adulte e viene tenuta in
giacenza per ____ giorni, trascorsi i quali viene rispedita al mittente.
Esempio 22/B:
Le chiamate tramite altoparlante vengono effettuate alle ore ___ (dalle ore __ alle ore __).
Non si effettuano annunci per la ricerca di oggetti smarriti.
Osservazioni:
Precisazioni a riguardo dei messaggi e della posta sono riportate solo in pochi regolamenti. I più limitano l’uso dell’altoparlante a due intervalli giornalieri di una/due ore ciascuno.
Non si effettuano annunci per la ricerca di oggetti smarriti (sono del tutto inutili, quando
non controproducenti).
In generale va detto che l’avvento dell’informatica e dei cellulari ha reso tutti, ospiti compresi, assai facilmente raggiungibili. Quindi queste indicazioni hanno raramente ancora
motivo d’essere.
23) EROGAZIONE ELETTRICITÀ
Esempio 23/A:
Le prese di corrente elettrica delle colonnine sul campo sono tarate a ___ Ampere (circa
____ Watt). L’uso di apparecchiature con maggior assorbimento, quali fornelli, stufe,
condizionatori, danneggia l’interruttore automatico e la corrente viene interrotta.
Esempio 23/B:
Per il collegamento alla presa elettrica delle colonnine sul campo è obbligatorio che l’impianto, il cavo e la spina siano a norme CEE. È vietato l’allacciamento delle tende.
L’erogazione di corrente (220 V.) è limitata a __ Ampere (__ Watt). La colonnina è dotata
di interruttore differenziale (salvavita). Nel caso in cui l’erogazione di corrente si interrompa, si prega di avvisare la direzione (il personale del campeggio).
Osservazioni:
Il numero dei regolamenti che riportano precisazioni sulle prese elettriche è molto limitato.
Ciò è in gran parte dovuto al fatto che il limite di amperaggio viene già menzionato in
numerosi listini prezzo, in riferimento alla tariffa della piazzola.
Gli ampere erogati si attestano attorno ai 6/8, corrispondenti a 1.400-1.800 watt con tensione 230 v. La tendenza, però è ad aumentare, se non altro per la diffusione/esigenza dei
condizionatori.
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24) OGGETTI SMARRITI
Esempio 24/A:
Gli oggetti rinvenuti nell’ambito del campeggio devono essere consegnati alla direzione
(all’ufficio _______) per gli opportuni adempimenti (oppure: per la restituzione al legittimo proprietario).
Osservazioni:
Più del 40% dei regolamenti menziona il servizio oggetti smarriti, benché la procedura si
possa ritenere generalmente nota agli ospiti.
25) FURTI
Esempio 25/A:
La direzione non risponde dei valori non affidati ed accettati in custodia.
Esempio 25/B:
L’ospite è tenuto a custodire gli oggetti di sua proprietà. La direzione non risponde di
eventuali furti di oggetti e valori non affidati ed accettati in custodia.
Esempio 25/C:
Nessuna responsabilità viene assunta dal campeggio per oggetti o valori perduti o rubati.
Il servizio deposito valori viene svolto presso l’ufficio ____________. Presso lo stesso
ufficio sono disponibili cassette di sicurezza a noleggio.
Esempio 25/D:
Si consiglia di fare attenzione agli effetti personali e di adottare le dovute precauzioni.
Denaro e preziosi non vanno lasciati incustoditi all’interno dell’alloggio. Il denaro va tenuto sempre con sé, possibilmente suddiviso tra i componenti della famiglia.
Si consiglia di non lasciare nell’automobile oggetti di valore specialmente durante la notte.
Il servizio deposito valori viene svolto presso l’ufficio _____________. Presso lo stesso
ufficio sono disponibili cassette di sicurezza a noleggio.
La direzione non risponde dei valori non affidati ed accettati in custodia.
Osservazioni:
Si tratta di un articolo tra i più diffusi, accomunati dalla dichiarazione di totale non responsabilità della direzione.
C’è chi tiene il testo al minimo indispensabile, per non indurre la clientela a sopravvalutare il
rischio furti, riuscendo a non menzionare nemmeno l’orribile parola “furto”, ed adottando
ancor più orribili eufemismi come: “asportazione, sottrazione, mancanza”.
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Dall’altra parte c’è invece chi si prodiga in consigli, ritenendo che sia più conveniente ottenere una diminuzione degli episodi sia nel numero che nell’importanza delle conseguenze. La
declinazione di responsabilità per i furti viene spesso inserita nell’articolo seguente, riguardante i danni.
In pratica, però, non va dimenticato che anche per i campeggi valgono le norme sul deposito alberghiero, che vanificano qualsiasi declinazione di responsabilità.
Tali norme, univocamente estese ai campeggi, prevedono la responsabilità oggettiva del
gestore sulle cose non consegnate.
26) DANNI E RESPONSABILITÀ VARIE
Esempio 26/A:
Nessuna responsabilità viene assunta dalla direzione per oggetti e valori perduti o rubati e per
danni a persone o cose non dipendenti da diretta negligenza del personale del campeggio.
Esempio 26/B:
La direzione non risponde per danni causati da altri ospiti, da forza maggiore, da calamità
naturali, da insetti, epidemie, da malattie delle piante o da altre cause non dipendenti da diretta negligenza del personale del campeggio.
Esempio 26/C:
Salvo la copertura dei rischi per la responsabilità civile verso terzi, di cui alla polizza di assicurazione depositata presso l’ufficio ___________ (il cui testo è consultabile presso l’ufficio
__________), la direzione non risponde dei danni non imputabili a sua diretta responsabilità quali, in via esemplificativa, le calamità naturali, gli eventi fortuiti, l’incendio, il furto, ecc.
Esempio 26/D:
L’uso delle attrezzature sportive e di svago avviene a rischio e pericolo dell’utente.
Inoltre la direzione non risponde:
•
di eventuali furti di oggetti e valori non affidati ed accettati in custodia;
•
dei danni causati da altri ospiti, da forza maggiore, da calamità naturali, da insetti, da
malattie ed epidemie anche delle piante o da altre cause non dipendenti da negligenza del personale del campeggio;
•
dei danni provocati da eccessivo carico di neve e da cadute di rami o piante.
Osservazioni:
L’argomento è molto trattato dai regolamenti, spesso assieme al precedente (furti), come già
accennato.
Poiché la materia è oggetto di norme di legge, le indicazioni dei regolamenti, non consone ai
dettami del codice, sono nulle.
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27) ORARI ED INFORMAZIONI VARIE
Esempio 27/A:
Per l’uso della piscina devono essere rispettate le seguenti norme:. . . . . . . .
Esempio 27/B:
Il servizio di assistenza ai bagnanti viene svolto con le seguenti modalità:. . . . . . . .
Esempio 27/C:
Il servizio di assistenza medica è svolto. . . . . . . . .
Le malattie infettive devono essere immediatamente notificate alla direzione.
Esempio 27/D:
ORARI:
Arrivi-piazzole
Arrivi-alloggi
Partenze-piazzole
Partenze-alloggi
Ufficio ricezione
Silenzio
Cassa-pagamenti
Cassa-cambio valuta
Posta
Telefono
Chiamate altoparlante
Ospiti giornalieri-Visitatori
Piscina
Assistenza bagnanti
Ambulatorio medico
Market
Ristorante
Bazar
Bar
ecc. ecc.
dalle - alle
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Osservazioni:
Le informazioni particolari sono numerose ed, appunto, “particolari” per ogni azienda.
Ciò che comincia a comparire in più regolamenti, specie in quelli integrati con altri stampati, è un più o meno breve elenco degli orari, al quale si fa riferimento esplicito od implicito nel testo del regolamento: “Durante le ore di silenzio (vedi “ORARI”) è vietato... ” “I visitatori possono accedere al campeggio durante gli orari consentiti. Essi devono...”.
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28) ABUSIVI
Esempio 28/A:
Le persone sorprese all’interno del recinto, prive di autorizzazione della direzione, verranno denunciate per violazione di domicilio ai sensi dell’art. 614 C.P.
Esempio 28/B:
Il campeggiatore sorpreso con ospiti non regolarmente dichiarati e registrati in direzione,
verrà allontanato dal campeggio.
Esempio 28/C:
L’Ospite, in caso di constatazione della presenza di persone non registrate o clandestine,
è tenuto a corrispondere per ciascuna persona, a titolo di penale, un importo pari alla tariffa di soggiorno dal giorno di inizio di occupazione della piazzola o dell’alloggio, con un
minimo di giorni 8 (otto), salva la insindacabile facoltà della direzione di risolvere immediatamente il contratto di soggiorno e di espellere l’Ospite ed il suo nucleo.
La direzione si riserva inoltre la facoltà di agire penalmente contro i responsabili a sensi
degli artt. 614, 624, 633 e 637 del Codice Penale.
Esempio 28/D:
L’accesso e la presenza in campeggio di persone non autorizzate comporta:
- violazione del Regolamento di Pubblica Sicurezza;
- violazione dell’art. 614 C.P. (violazione di domicilio);
- violazione dell’art. 633 C.P. (invasione di terreni ed edifici);
- violazione dell’art. 624 C.P. (furto di servizi);
- reato di truffa contrattuale.
Osservazioni:
È comunque nostra opinione che gli ospiti non conoscano generalmente la gravità dei
reati, considerando l’abuso, se non un diritto, quasi un gioco a nascondino. La cruda elencazione dei reati può avere solo positivi effetti di prevenzione.
29) ESPULSIONE
Esempio 29/A:
L’inosservanza del regolamento comporta l’allontanamento dal campeggio dei trasgressori.
Esempio 29/B:
La direzione ha facoltà di espellere coloro che vengano meno all’obbligo dell’osservanza
delle norme del presente regolamento.
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Esempio 29/C:
La direzione si riserva il diritto di allontanare dal campeggio coloro che, a suo insindacabile giudizio, turbino il buon andamento della vita comunitaria o che non rispettino le
norme ed i patti del presente regolamento.
Esempio 29/D:
La direzione si riserva il diritto di espellere coloro che, a suo giudizio, contravvenendo al
regolamento o comunque turbando l’armonia e lo spirito dell’insediamento ricettivo,
disturbino il buon andamento della vita comunitaria.
Ospiti già espulsi o richiamati non potranno riaccedere al campeggio privi di una nuova,
specifica autorizzazione della direzione.
Esempio 30/E:
I comportamenti contrari a quanto disposto dalle presenti condizioni per il soggiorno
danno titolo alla direzione di espellere l’Ospite ed il suo nucleo, riservate tutte le azioni sul
piano sia civile che penale.
Osservazioni:
Il 70% dei regolamenti contengono il presente avviso, in forma più o meno dettagliata, ma
quasi sempre molto cruda, nel senso che non vengono ricercati eufemismi.
L’avviso viene talvolta accodato ad un’altra norma - accettazione del regolamento - quiete, ordine, silenzio - abusivi - o l’espulsione viene prospettata solo per una o più particolari infrazioni.
A nostro parere dovrebbe essere un avviso a sé stante, in evidenza al termine dell’elencazione degli articoli.
Il difficile sta nell’applicazione pratica, qualora l’indesiderato si rifiuti di andarsene. Certo
non possiamo suggerire di fare il dovuto ricorso all’autorità giudiziaria, visti i tempi necessari.
Possiamo solo consigliare, in base all’esperienza:
- di impiegare sempre la comunicazione scritta e consegnata a mano con discrezione
all’interessato in busta chiusa da un dipendente;
- la prima volta di privilegiare la comunicazione di un ultimatum;
- imporre la partenza in tempi che siano materialmente rispettabili.
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7. Disciplina fiscale
7. 1
Imposta sul valore aggiunto
Nozioni generali e riferimenti normativi
➢ L’imposta sul valore aggiunto è stata introdotta nel nostro sistema tributario con il
DPR 26 ottobre 1972, n. 633 ed è in vigore dal 1° gennaio 1973.
➢ La disciplina, tuttavia, si basa non solo su fonti statali ma soprattutto su fonti comunitarie (direttive) che la legislazione nazionale deve periodicamente recepire.
➢ È un’imposta indiretta sui consumi. Il consumo, infatti, a differenza del reddito (per il
quale si parla di imposte dirette) è una manifestazione indiretta di capacità contributiva (chi consuma, infatti, implicitamente palesa l’esistenza di capacità contributiva).
Caratteristiche
➢ Presupposto - colpisce, con carattere di generalità, le cessioni di beni e le prestazioni di servizi.
➢ Soggetti passivi - le operazioni di cui sopra per essere assoggettate ad IVA devono
essere effettuate da imprenditori o lavoratoti autonomi (in genere dai soggetti titolari di partita IVA);
➢ è applicata sul prezzo del bene o sul corrispettivo del servizio;
➢ è proporzionale al prezzo dei beni o dei servizi, secondo aliquote che variano a seconda dei beni (l’aliquota ordinaria è del 21%) e di cui si dirà qui di seguito;
➢ prescinde dal numero delle transizioni che sono intervenute nel processo di produzione (è la c.d. caratteristica della “neutralità”); l’imposta, cioè, è neutrale nei passaggi intermedi di produzione o distribuzione (tra i soggetti passivi, titolari di partita IVA)
e grava sul consumatore finale in proporzione del prezzo di vendita;
➢ in virtù di tale caratteristica l’imposta è strutturata in modo da consentire una predeterminazione dell’incidenza del suo onere sul prodotto finito (il consumatore finale è
sempre in grado di conoscere il prezzo – l’imponibile – ed il carico fiscale dell’IVA);
➢ è un’unica imposta sui consumi il cui pagamento è frazionato in ognuno degli stadi
che sono percorsi dal prodotto; per ognuno dei passaggi essa colpisce, tuttavia, il
solo valore aggiunto (da qui il nome); infatti, per quanto detto, l’entità complessiva è
corrisposta soltanto nella fase finale del consumo (consumatore finale); i soggetti
passivi (imprenditore o lavoratore autonomo), invece, a fronte del debito per l’IVA
incassata dalla vendita o dalla prestazione di servizi possono detrarre l’IVA sugli
acquisti;
➢ in definitiva l’imposta in esame risponde al principio della neutralità, per cui non è
rilevante il numero dei passaggi cui il bene è soggetto.
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Operazioni incluse ed operazioni escluse dal campo di applicazione dell’IVA
➢ Come si è accennato, si può affermare in generale che costituiscono oggetto dell’imposta le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato
nell’esercizio di imprese o di arti e professioni e le importazioni da chiunque effettuate (sono le cosiddette operazioni imponibili, come definite dall’art. 1 del DPR
633/1972).
➢ Tuttavia, l’espressione campo di applicazione dell’IVA designa non soltanto l’area
delle fattispecie imponibili ma anche operazioni altrimenti rilevanti.
➢ La rilevanza di una operazione ai fini IVA riguarda:
- la fatturazione (o come vedremo, il rilascio di ricevuta o scontrino);
- la registrazione dell’operazione in contabilità;
- la liquidazione dell’imposta (con cadenza mensile o trimestrale);
- il pagamento del debito d’imposta (o il diritto a detrarsi l’eventuale credito);
- il fatto che vada a costituire il volume d’affari (per la cui definizione si rimanda all’art.
20 del DPR 633/1972;
- la rilevanza ai fini del diritto alla detrazione dell’IVA assolta sugli acquisti.
➢ Le operazioni escluse sono quelle che non hanno alcun rilevo ai fini dell’applicazione dell’imposta: ciò significa che non soltanto non comportano alcun debito d’imposta (alcun pagamento) ma anche che non determinano il sorgere di nessun obbligo
formale (fatturazione, registrazione, ecc.).
➢ Le operazioni che rientrano, invece, nel campo di applicazione dell’IVA, più precisamente si distinguono in:
- Operazioni “imponibili”;
- Operazioni “non imponibili”;
- Operazioni “esenti”.
Le operazioni imponibili determinano un regime giuridico completo, vale a dire non
solo il pagamento dell’imposta ma anche l’assolvimento degli obblighi formali di cui sopra.
Le operazioni non imponibili (che sono, in pratica, le esportazioni, come definite dall’art. 8 del DPR 633/1972) e le operazioni esenti (elencate, in via tassativa, dall’art. 10 del
DPR 633/1972: tra queste le più frequenti sono le prestazioni sanitarie) non fanno sorgere il debito d’imposta, ma comportano gli stessi adempimenti formali delle operazioni
imponibili (devono essere fatturate e registrate, devono essere incluse nel calcolo del
“volume d’affari”, ecc.).
L’elemento caratteristico delle operazioni esenti risiede nel fatto che esse limitano il
diritto alla detrazione, a differenza delle operazioni non imponibili (esportazioni) che non
incidono su tale diritto.
Territorialità
Affinchè un’operazione comporti il pagamento del tributo deve comunque comportare il sorgere, accanto al presupposto oggettivo (cessione di beni o prestazioni di servi102
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zi) e soggettivo (operazione effettuata da imprenditori o lavoratori autonomi) anche di
quello della territorialità.
Ai fini di tale ulteriore presupposto, rilevano due ambiti territoriali rilevanti:
- quello nazionale (territorio della Repubblica Italiana);
- quello comunitario (territorio dell’Unione Europea) ed un ambito territoriale non rilevante (fuori campo IVA);
- quello extracomunitario.
L’imposta, quindi, si applica sulle cessioni dei beni e le prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato e nel territorio della Comunità Europea – Ai fini IVA la definizione di territorio nazionale e di territorio della Comunità Europea è contenuta nell’articolo 7, comma 1, dell’IVA.
Il territorio comunitario (compreso quello della Repubblica Italiana) viene definito:
a) con le aree individuate nel Trattato di Roma e successive modificazioni. Ne sono al di
fuori tanto il Vaticano e S. Marino, quanto i territori italiani di Livigno e Campione
d’Italia;
b) escludendo alcune altre zone di Stati comunitari, come le isole Canarie;
c) comprendendo il principato di Monaco (aggregato alla Francia) e l’isola di Man
(aggregata alla Gran Bretagna).
Le prestazioni di servizi (ad esempio le prestazioni alberghiere o ricettive) si considerano effettuate nel territorio dello Stato, con conseguente assoggettabilità al tributo
dei relativi corrispettivi, quando rese da:
a) soggetti che hanno il domicilio nel territorio stesso;
b) soggetti ivi residenti, purché non abbiano stabilito il domicilio all’estero;
c) stabili organizzazioni in Italia di soggetti domiciliati e residenti all’estero. Non si considerano effettuate nel territorio dello Stato quando sono rese da stabili organizzazioni all’estero di soggetti domiciliati o residenti in Italia.
Con riferimento alla nozione di stabile organizzazione, è unanimamente accettata la
definizione riportata negli accordi internazionali contro le doppie imposizioni, mutuata a sua
volta, dal modello di convenzione elaborato da parte del Comitato Fiscale dell’OCSE nel 1963.
In particolare, la nozione di stabile organizzazione è ricavata dalla sesta direttiva comunitaria (Direttiva 2006/112/CE del 28 novembre 2006). Nella nostra legislazione, per la prima
volta, con la riforma fiscale del 2004 (d. lgs. 344/2003), viene data una definizione di Stabile
Organizzazione, ai fini delle imposte sui redditi II. DD., nell’art. 162 del DPR 917/1986.
La nozione, in ogni caso, si fonda sulle seguenti caratteristiche:
- designa una sede fissa di affari in cui l’impresa esercita in tutto o in parte la sua attività; in questo senso, può farsi riferimento ad esempio alle filiali o agli stabilimenti;
- per la sua configurazione è necessaria un’autonomia gestionale e contabile e costituisce,
sul piano imprenditoriale, un’entità economica operativa dotata di autonomia di gestione.
Nel caso di una società estera che intenda svolgere in Italia, per mezzo di una sede
secondaria, attività turistico ricettiva, la sede secondaria, operante in Italia, assume agli
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effetti dell’IVA, autonoma soggettività passiva d’imposta, ricorrendo i requisiti sia oggettivi
che territoriali in presenza dei quali sorge l’imponibilità al tributo delle prestazioni in cui si
estrinseca la sua attività. Quanto ai rapporti con la casa madre, la sede secondaria, per le
prestazioni rese nei confronti della casa madre, deve emettere regolare fattura da assoggettare all’aliquota IVA ordinaria (attualmente 21% - Art. 6 D.L. 138/2011).
Viceversa, le prestazioni effettuate dalla casa madre in favore di una propria struttura
secondaria situata in Italia non sono assoggettabili ad imposizione (Corte di giustizia, 23
marzo 2006; Cass. 12 gennaio 2007, n. 526).
7. 1. 1 Operazioni soggette a imposta - Le operazioni imponibili
* Cessioni di beni – Lo schema legale, previsto nel DPR 633/1972, con riferimento alle
cessioni di beni prevede:
a. una definizione generale (art. 2, comma 1) (cessioni di beni in senso stretto);
b. operazioni assimilate alle cessioni di beni;
c. cessioni di beni escluse dal campo di applicazione dell’IVA.
Cessioni di beni in senso stretto - Ai sensi dell’art. 2, comma 1, del DPR 633/1972
costituiscono cessioni di beni:
• gli atti a titolo oneroso (cioè verso corrispettivo) che:
- trasferiscono la proprietà;
- costituiscono o trasferiscono un diritto reale di godimento (servitù, usufrutto, uso,
abitazione, superficie, enfiteusi).
• vi rientrano anche le cessioni coattive, cioè disposte dalla Pubblica Amministrazione
per motivi di interesse generale (ad esempio le “espropriazioni”).
Tra le cessioni in senso stretto primeggia sicuramente la vendita. Questa può avere
ad oggetto:
a. Beni materiali (nuovi o usati) immobili (ad eccezioni dei terreni non edificabili) e
mobili (nel cui ambito si comprendono anche l’energia elettrica e il gas);
b. Beni immateriali (es. licenze, marchi, disegni, ecc.). Sono considerate, ai fini IVA
prestazioni di servizi;
c. Un cenno merita, infine, il commercio elettronico (il c.d. “e-commerce”). A tale
riguardo occorre distinguere:
- Vendita di beni virtuali, senza consegna fisica ma solo telematica, che concretizza il commercio elettronico diretto; ai fini IVA queste tipologie di vendita sono
considerate prestazioni di servizi;
- Se, invece, la transazione, perfezionatasi on line, prevede la consegna fisica del
bene (commercio elettronico indiretto) allora sono considerate, a tutti gli effetti, cessioni di beni.
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•
•
•
•
•
Operazioni assimilate alle cessioni di beni (come tali assoggettate ad IVA)
Vendita con riserva di proprietà (il prezzo della vendita è rateizzato e l’effetto traslativo si
verifica con il pagamento dell’ultima rata). Vi è, in questo caso, una deroga ai principi generali, nel senso che l’IVA è dovuta subito e per intero e non allorché si verifica l’effetto traslativo;
Locazione con patto di futura vendita (valgono le stesse considerazioni di cui al precedente punto: siamo sempre nell’ambito delle cosiddette “vendite differite”);
Operazioni gratuite. Anche in questo caso la deroga rileva nel senso che l’operazione, pur
non essendo a titolo oneroso, è soggetta ad IVA se la donazione ha ad oggetto beni merce,
vale a dire beni che rientrano nell’attività propria dell’impresa; fanno eccezione (e, quindi, non
sono assoggettati ad IVA): campioni gratuiti di modico valore e beni per i quali non è stata
operata la detrazione dell’IVA sull’acquisto (per la ratio giustificatrice, si veda qui di seguito).
Autoconsumo di beni, vale a dire:
- il consumo personale o familiare da parte dei soggetti passivi medesimi (imprenditore
o lavoratore autonomo);
- la destinazione del bene o del servizio ad altre finalità estranee all’esercizio dell’impresa
o della professione.
Anche in questo caso l’unica eccezione (con facoltà, quindi, di non addebitare il tributo)
si ha se per il bene in oggetto non è stata effettuata la detrazione sull’acquisto (ciò si
giustifica in virtù di un principio di coerenza fiscale, per cui se è coerente pagare l’IVA sulla
cessione di un bene per il quale si è esercitata il diritto alla detrazione sull’acquisto, è
altrettanto coerente non addebitarla nell’ipotesi in cui non si è usufruito della detrazione).
Assegnazione di beni delle società ai soci (valgono le medesime considerazioni esposte a
proposto dell’autoconsumo, con la sola differenza che il bene, in questa ipotesi, è assegnato dalla società – e non dall’imprenditore o dal lavoratore autonomo - ad un proprio socio).
* Prestazioni di servizi - Vengono definite come tali le prestazioni verso corrispettivi (non gratuite), derivanti da contratti di opera, appalto, trasporto, mandato, spedizione, deposito, qualsiasi obbligazione di fare, non fare, permettere, locazione, affitti, noleggi, diritti d’autore nel campo
dell’architettura e del cinema od utilizzazione pubblicitaria di opere, prestiti, somministrazioni di
alimenti e bevande, cessioni di contratto e assegnazione ai soci di servizi. In particolare, risultano soggetti all’imposta sul valore aggiunto le seguenti prestazioni turistico ricettive:
• alloggio di persone;
• servizi di bar e ristorante ed in genere ogni somministrazione di alimenti e bevande;
• noleggio di locali per meeting, conferenze, banchetti e simili;
• cessioni di beni in locazione, affitto, noleggio e simili.
Le suddette operazioni sono assoggettabili all’imposta solo se prestate a titolo oneroso.
Tuttavia, come per le cessioni di beni, anche per le prestazioni di servizi la legge prevede
delle fattispecie di assimilazione, come ad esempio le operazioni gratuite e l’autoconsumo.
Con riferimento alle rispettive nozioni, si rinvia a quanto esposto a proposito delle cessio105
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ni di beni. Anche per quanto concerne le prestazioni di servizi, il comma terzo dell’art. 3 del DPR
633/1972 afferma la generale assoggettabilità ad IVA delle prestazioni gratuite (se aventi ad
oggetto i servizi oggetto dell’attività d’impresa) e dell’autoconsumo personale o familiare; sono
previste, tuttavia, delle particolarità:
• l’autoconsumo per le prestazioni di servizi si applica soltanto agli imprenditori (e non ai
lavoratori autonomi);
• accanto alla deroga che si ravvisa nel caso in cui non sia stata effettuata detrazione sugli
acquisti, è prevista dalla legge un’ulteriore fattispecie derogatoria (con possibilità, quindi,
di non assoggettare la prestazione al tributo) nell’ipotesi in cui il valore della prestazione
non sia superiore ad Euro 25,82.
In quest’ambito il ristoratore che offre una cena ad alcuni amici o consuma per sé stesso
o per i propri familiari, se la prestazione di somministrazione ha un valore superiore ad euro
25,82 dovrebbe autofatturarsi (o comunque emettersi ricevuta o scontrino), annotare che la
prestazione è stata eseguita a titolo gratuito ovvero che si tratta di autoconsumo personale o
familiare e, quindi, pur in assenza di corrispettivo incassato, provveder al versamento dell’IVA
sul valore normale che, ai sensi dell’art. 9 del DPR 633/1972, è pari al prezzo comunemente
praticato.
7. 1. 2 Soggetti passivi
Sono soggetti passivi dell’imposta:
gli esercenti attività d’impresa e cioè i soggetti che esercitano professionalmente
un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio dei beni o
servizi (art. 2082 del c.c.). Dal 1° gennaio 1998 rientrano anche le attività organizzate in forma di impresa qualora dirette alla produzione di servizi non rientranti nell’art.
2195 c.c. (art. 12, comma 8, D. Lgs 2.9.1997, 313).
Rientrano nella fattispecie le società costituite in uno dei tipi indicati dall’art. 2200 del
c.c. : società in nome collettivo, in accomandita semplice, per azioni, in accomandita
per azioni, a responsabilità limitata e cooperative, nonché le società di fatto che sono
soggette allo stesso regime delle società in nome collettivo.
b. coloro che operano nell’esercizio di arti e professioni (i c.d. “lavoratori autonomi”).
La legge esclude dal campo di applicazione dell’IVA le attività che pur rientrando nel
lavoro autonomo sono svolte in forma occasionale (e non professionale), come ad
es. le collaborazioni a progetto.
a.
7. 1. 3 Effettuazione delle operazioni
Dal 1° gennaio 1998 i momenti dell’effettuazione delle operazioni sono:
* Principio generale - Il momento in cui l’operazione si considera effettuata segna anche
quello della esigibilità (art. 1, c. 3, D. Lgs n. 313/1997).
* Obbligo dell’imposta - Sorge al momento in cui le operazioni si considerano effettuate.
* Momento di esigibilità - Scatta all’atto dell’effettuazione delle operazioni.
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* Cessioni di beni - Occorre distinguere:
Beni immobili: l’operazione si considera effettuata al momento della stipulazione purché abbia
natura traslativa; se, invece, gli effetti traslativi sono differiti, avrà rilevanza, quale momento
impositivo, il momento in cui si producono gli effetti.
Beni mobili: alla consegna o alla spedizione, salvo anche qui il caso in cui gli effetti traslativi
siano differiti; in ogni caso, a differenza dei beni immobili, l’operazione si da per effettuata
dopo il decorso di un anno dalla consegna o spedizione.
* Prestazioni di servizi - Si considerano effettuate:
Principio generale: all’atto del pagamento dei corrispettivi; non ha rilievo, quindi, la conclusione della prestazione, ma il pagamento.
Prestazioni inerenti a somministrazione di alimenti e bevande: per tali prestazioni, il momento impositivo IVA coincide con il momento in cui sono rese.
Pagamento anticipato in tutto o in parte del corrispettivo: in questa particolarità la prestazione si considera effettuata al momento del pagamento.
Caparra confirmatoria: le somme pagate a titolo di caparra (sia essa penitenziale o confirmatoria) sono escluse dal campo di applicazione dell’IVA; ciò, in quanto tali somme non si configurano, a differenza dell’acconto, come corrispettivo a fronte di un servizio (R.M. 1.6.1974,
n. 501824, orientamento ribadito nella successiva C.M. n. 187 del 21 novembre 1987).
7. 1. 4 Il nuovo regime dell’IVA ad “esigibilità differita” (“IVA per cassa”)
L’articolo 7 del Decreto Legge 29 novembre 2008, n. 185 (c.d. “Decreto anticrisi”) ha
introdotto un nuovo regime opzionale dell’IVA ad esigibilità differita per le operazioni effettuate tra soggetti passivi, quindi tra imprenditori, artigiani e professionisti.
Sono escluse, quindi, le operazioni che i soggetti passivi effettuano nei confronti dei
consumatori finali, per le quali l’IVA continua ad essere ad esigibilità immediata.
In particolare, il dettato legislativo ha esteso la possibilità di applicare a tutte le cessioni di beni e le prestazioni di servizi l’esigibilità differita dell’IVA, istituto già previsto precedentemente, ai sensi dell’art. 6, comma 5, DPR 633/1972, con esclusivo riferimento alle operazioni effettuate nei confronti di alcune tipologie di soggetti aventi natura pubblica, tra i quali
lo Stato, gli enti pubblici territoriali, le unità sanitarie locali, le camere di commercio, le università, ecc.
Il sistema dell’IVA per cassa consente di rimandare il versamento dell’imposta alla data
dell’effettiva riscossione del corrispettivo: in altre parole, per le operazioni effettuate nei confronti dei soggetti che agiscono nell’esercizio di impresa, arte o professione, l’IVA diventa
esigibile all’atto del pagamento del corrispettivo anziché al momento dell’effettuazione
dell’operazione.
Il cedente o prestatore ha la facoltà di applicare l’esigibilità differita dell’IVA in relazione
ad ogni singola fattura emessa. Basterà indicare in fattura:
“operazione con imposta ad esigibilità differita ex art. 7 D. L. n. 185/2008”
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I requisiti per poter applicare il regime sono:
a. deve trattarsi di operazioni tra imprenditori e professionisti (tra soggetti passivi);
b. i soggetti passivi devono avere un volume di ricavi non superiore ad euro 200.000,00.
Una caratteristica fondamentale è che il differimento non può in ogni caso essere
superiore ad un anno, trascorso il quale l’IVA si considera comunque esigibile (anche se
il corrispettivo non è stato incassato).
7. 1. 5 Aliquote applicabili alla ricettività
Dal 1° ottobre 1997, con D. L. 29/9/1997, n. 328, convertito con legge 29/11/1997,
n. 410 (successivamente modificato dall’Art. 6 D.L. 138/2011), sono state ridotte il numero delle aliquote da 4 a 3, stabilite nelle seguenti misure:
- 4% - aliquota super ridotta - 10% - aliquota ridotta - 21% - aliquota ordinaria
Le aliquote sono stabilite e disciplinate dalla tabella A allegata al DPR 633/1972. La
tabella si distingue in tre parti, dedicate rispettivamente alle tre aliquote sopra indicate.
* Applicazione - Per applicare correttamente le aliquote occorre innanzitutto stabilire se si è in presenza di cessioni di beni o di prestazioni di servizi.
Con riferimento specifico al settore alberghiero, di ristorazione e ricettivo in genere,
bisogna distinguere tra la vendita del bene (non consumato sul posto), operazione per cui
si applicano le aliquote ordinarie previste dalla tabella (dal 4%, 10% o 21%, a seconda del
tipo di bene) e la somministrazione (il consumo sul posto), operazione cui si applica, in
genere, l’aliquota del 10% (ai sensi del n. 121 della parte III della tabella).
Esempio – Così, ad esempio, il liquore venduto in bottiglia sconta l’aliquota del 21%
mentre quello somministrato al bar sconta l’aliquota del 10%.
Si fa seguire un prospetto delle aliquote IVA applicabili alle aziende ricettive all’aria
aperta
Aliquote
Dal 4% al 21%
10%
10%
10%
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Descrizione delle prestazioni
• Tutte le cessioni (n.b.: vendita e non somministrazione) di beni
effettuate negli spacci e nei bazar.
• L’aliquota varia a seconda del tipo di bene ceduto; in questo senso
occorre far riferimento alla tabella allegata al DPR 633/1972.
Esempio: vendita di olio di oliva, pasta: 4%; carne, latte: 10%.
Fornitura di alloggio sia nei mezzi di pernottamento propri dei clienti,
che in attrezzature messe a disposizione del complesso ricettivo (se
presentati in un conto unico, possono essere compresi in questa aliquota anche l’eventuale uso delle attrezzature sportive, ricreative,
noleggio di biancheria ed altri servizi inclusi quelli di spiaggia).
Servizio di ristorazione e somministrazione di pasti e bevande.
Gas di petroli liquefatti (G.P.L.) contenuti o destinati ad essere messi
in bombole da 10 a 20 kg. In qualsiasi fase di commercializzazione.
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21%
Non sono
soggetti a IVA
Tutte le altre prestazioni di servizi, quali:
- provvigioni da corrispondere alle agenzie di viaggio;
- noleggio di impianti o attrezzature sportive, di barche e altri natanti;
- rimessaggio di caravan e altre attrezzature;
- eventuale posteggio auto non inclusa nella tariffa di soggiorno;
- fornitura di biancheria e servizio di pulizia finale delle Unità Abitative;
- cessioni di beni e prestazioni di servizio effettuate mediante
apparecchi automatici funzionanti a gettone (lavatrici - docce - ecc.);
- noleggio ombrellone, sdraio, lettino da spiaggia, ecc.;
- uso di sale per convegni, mostre, ecc.
Le prestazioni gratuite, purché non superiori ad euro 25,82 (art. 3
DPR 633/1972).
La distribuzione di gettoni e schede telefoniche (art. 74 L. 66/1972)
Rimborso di spese anticipate in nome e per conto del cliente, purché
le relative somme siano addebitate in base a dettagliata documentazione (art. 15 DPR 633/1972).
7. 1. 6 Il volume di affari
Il volume di affari del contribuente è rappresentato dall’ammontare complessivo
delle cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate, registrate o soggette a registrazione, nel corso dell’anno solare. Sulla base della classificazione sopra esposta, vi rientrano
tutte le operazioni incluse nel campo di applicazione dell’IVA (imponibili, non imponibili
ed esenti). Coloro i quali non sono obbligati all’emissione della fattura (perché i corrispettivi delle operazioni effettuate comprendono l’imposta) devono provvedere a diminuire il
volume d’affari della percentuale d’imposta determinata a seconda delle aliquote entro cui
rientrano le operazioni effettuate (operazione c.d. di “scorporo”).
7. 1. 7 Gli obblighi del contribuente
In materia di imposta sul valore aggiunto è previsto, a carico dell’imprenditore un’articolata serie di obblighi di dichiarazione, quali:
- l’inizio dell’attività d’impresa;
- la variazione di uno o più elementi comunicati in precedenza;
- la cessazione dell’attività.
Dichiarazione e variazione di inizio di attività - Chiunque intraprenda l’esercizio di
un’impresa, entro 30 giorni dalla data di inizio dell’attività, deve presentare all’Agenzia delle
Entrate una dichiarazione, in duplice esemplare, utilizzando i modelli AA 9/10 da parte delle
persone fisiche; e AA 7/10 da parte dei soggetti diversi dalle persone fisiche.
Elementi della dichiarazione di inizio di attività sono:
• cognome, nome, luogo e data di nascita, residenza, domicilio fiscale ed eventuale ditta:
109
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per le persone fisiche
natura giuridica, denominazione, ragione sociale o ditta, sede legale, o, in mancanza
sede amministrativa, domicilio fiscale: per i soggetti diversi dalle persone fisiche.
Dichiarazione di variazione attività - Deve essere presentata, entro 30 giorni, dal verificarsi di una variazione degli elementi comunicati all’Ufficio IVA con la dichiarazione iniziale ovvero con successive comunicazioni.
La cessazione di attività – Deve essere comunicata all’Ufficio IVA entro 30 giorni, con
apposito modello. Nell’ipotesi di liquidazione di azienda è espressamente previsto che il
termine di 30 giorni per la presentazione della suddetta dichiarazione, decorra dalla data di
ultimazione delle operazioni relative alla liquidazione e non quindi dalla messa in liquidazione dell’azienda. Le imprese che cessano l’attività devono limitarsi a presentare (oltre alla
dichiarazione di cessazione di cui si è detto sopra), la dichiarazione annuale entro i normali termini di legge (a partire dal 1° febbraio ed entro il 30 settembre dell’anno successivo a
quello di cessazione dell’attività).
* Attribuzione della partita IVA - L’Agenzia delle Entrate, all’atto della presentazione della
dichiarazione di inizio attività, attribuisce al contribuente il numero di partita IVA che deve
sempre essere riportato sulle dichiarazioni, sulle deleghe o attestati di versamento e su
ogni documento destinato all’ufficio.
* Attribuzione della partita IVA tramite la Camera di Commercio - Dal 1° aprile 2010, attraverso il procedimento della c.d. Comunicazione Unica, le ditte individuali e le società
potranno ricevere il numero di partita IVA e del Codice Fiscale direttamente all’atto di iscrizione nel “Registro” delle imprese presso le Camere di Commercio, senza doversi recare
negli uffici IVA del Ministero delle Finanze. In questo senso la Camera di Commercio funge
da Sportello Unico per l’inizio dell’attività di impresa (non solo per gli adempimenti camerali, ma anche per quelli fiscali e previdenziali). Tali funzioni sono esercitate anche per qualsiasi forma di comunicazione di variazione di dati.
Dal 1° gennaio 1989 e fino al 31 dicembre 1997, per l’attribuzione del numero di partita IVA, era dovuta una tassa di concessione per l’iscrizione sulla partita IVA. A partire dal
1998 la suddetta tassa è abolita: essa è stata assorbita dalla nuova imposta regionale IRAP.
•
7. 1. 8 Registri obbligatori IVA
* Registro delle fatture emesse - Le prestazioni turistico-ricettive rientrano tra le operazioni per le quali non c’è obbligo di emettere fattura. Pertanto il prezzo di queste prestazioni si intende comprensivo di imposta; per cui, quando il cliente chiede il conto,
nell’emissione della ricevuta fiscale o dello scontrino, il gestore non è obbligato a distinguere l’imponibile e l’IVA.
Quando il cliente invece richiede specificatamente la fattura, il gestore non deve
aggiungere l’IVA al prezzo, ma deve scorporare da questo l’imposta che in esso è compresa. Ciò si ottiene dividendo il corrispettivo per 110 e moltiplicando il risultato per 10
110
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(nel caso in cui la cessione del bene o la prestazione di servizio sconta l’aliquota del 10%),
oppure dividendo il corrispettivo per 121 e moltiplicandolo per 21 (aliquota 21%).
Esempio:
corrispettivo €200,00 aliquota 10%: 200,00 : 110x10 = €18,18 imposta
corrispettivo €200,00 aliquota 21%: 200,00 : 121x21 = €34,71 imposta
Nella fattispecie la fattura va annotata sul registro delle fatture emesse in ordine di
numerazione e con riferimento alla data della loro emissione. Il termine utile per la registrazione è di 15 giorni dalla data di emissione della fattura.
Con il D. L. n. 112/2008, il Legislatore è intervenuto sull’art. 19-bis1 del DPR
633/1972, abrogando la parte del comma 1, lett. e) che prevedeva l’indetraibilità dell’IVA
relativa agli acquisti di prestazioni alberghiere e di somministrazione di alimenti e bevande.
Per effetto della nuova formulazione della lett. e) dell’art. 19-bis1, a partire dal 1°
settembre 2008, è stato sancito il regime di detrazione integrale dell’IVA per le spese
in esame, purché, naturalmente, inerenti l’attività d’impresa.
Per completezza di trattazione, per effetto del medesimo intervento normativo, si
precisa che le spese in esame, prima integralmente deducibili ai fini delle imposte dirette, sono, ora, deducibili nella misura del 75 %.
Poiché, quindi, il recupero dell’IVA sulle prestazioni alberghiere e di somministrazione di alimenti e bevande è ora ammesso per la generalità dei contribuenti titolari di partita
IVA, molti gestori ricettivi potranno vedersi aumentare le richieste di emissione di fatture.
* Registro degli acquisti - Nel registro degli acquisti il contribuente deve registrare (in
ordine progressivo ed entro il mese successivo a quello in cui è venuto in possesso) le
fatture e le eventuali bolle doganali dei beni e servizi acquistati o importati, compresi i
documenti delle relative operazioni non imponibili o esenti.
Dalla registrazione devono risultare: la data della fattura; il numero progressivo; gli
estremi del cedente o del prestatore; l’ammontare dell’imponibile; l’ammontare dell’imposta, distinta per aliquote.
* Registro dei corrispettivi - Nel registro dei corrispettivi, che può essere istituito in sostituzione del registro delle fatture emesse, devono essere annotate, giorno per giorno:
- il corrispettivo totale delle operazioni imponibili;
- le relative imposte, distinte per aliquote;
- l’ammontare globale delle operazioni imponibili ed esenti.
Il termine per queste operazioni, con riferimento al giorno in cui sono state effettuate è
entro il giorno successivo non festivo.
* Registro dei corrispettivi per mancato funzionamento del registratore di cassa - Nel
caso di guasto del registratore di cassa, l’esercente deve annotare in un apposito registro
i corrispettivi di ogni singola operazione. Il totale giornaliero, sommato allo scontrino di
chiusura del registratore di cassa, va annotato sul registro di prima nota. Dal 21 febbraio 1997, i contribuenti che possono emettere, in alternativa, la ricevuta fiscale, non sono
più obbligati allo specifico obbligo (art. 11, D.M. 23.3.1983).
111
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* Registro di carico delle ricevute fiscali - In questo registro dovranno essere indicati i
numeri di serie delle ricevute stesse, entro il giorno successivo non festivo a quello di
acquisto delle ricevute in questione.
7. 1. 9 Ulteriori chiarimenti IVA
Per opportuna conoscenza si riportano alcuni chiarimenti per l’applicazione dell’imposta
inerente ad alcune circostanze riguardanti la nostra attività.
* Distribuzione di gettoni o schede telefoniche - La legge 6.2.1992, n. 66, ha aggiunto all’articolo 74, 1° comma della legge sull’IVA, la lettera e/bis), che fa rientrare nel “regime speciale”, escludendo in tal modo dall’applicazione dell’imposta, la vendita di gettoni e delle schede
telefoniche messi in commercio dai vari gestori di servizi di telefonia, in quanto l’imposta è
stata assolta all’origine sulla base del prezzo di vendita al pubblico.
* Gas di petrolio liquefatti (GPL) contenuti in bombole - Gas metano per uso di cottura e produzione di acqua calda; gas in bombole da 10 a 20 Kg. sconta l’aliquota del 10%.
* Caparra confirmatoria - Ai sensi dell’articolo 1385 del codice civile, la caparra confirmatoria non può considerarsi come parziale pagamento del prezzo del servizio inerente il soggiorno, poiché ha funzione esclusivamente risarcitoria del danno in caso di inadempimento ingiustificato.
Ne consegue che le somme versate a pari titolo (titolo che deve risultare esplicitamente
chiarito da un atto scritto) non possono rientrare nella sfera di applicazione della disciplina IVA
in quanto non costituiscono corrispettivo dell’operazione (Art. 2, lettera a), DPR 633/1972). Si
può, quindi, parlare di “operazione fuori campo IVA”. Per le stesse ragioni, l’importo ricevuto
a titolo di caparra confirmatoria non costituirà reddito imponibile.
Qualora, al momento del perfezionamento del servizio, la caparra venga imputata come
corrispettivo della prestazione, essa diviene parte dei corrispettivi pattuiti e, come tale, concorre alla formazione base imponibile IVA.
* Aliquota IVA differenziata per cibi da asporto - Con la risoluzione n. 107/E del 20.8.1998, il
Ministero delle Finanze ha chiarito che un ristorante che effettua cessioni di “piatti per asporto” deve applicare l’aliquota propria del singolo bene ceduto e non quella normale per l’attività di ristorazione (pari al 10%).
Non ha effetto, quindi, su questa risposta - se non in alcune ipotesi - la modifica normativa alla “voce 121 della tabella A, parte III, del DPR 633/1972, in vigore dal 1° ottobre 1997,
che estende l’aliquota della somministrazione (10%) alla fornitura di alimenti e bevande. La
norma (che forse è risolutiva per il caso prospettato) pone infatti la condizione che la fornitura discenda da un contratto di appalto. Nelle singole operazioni, non c’è dubbio che sia ancora valido il principio dell’aliquota del bene, già enunciato nella risoluzione del 25.2.1980,
n. 380292.
* Ingresso visitatori nei complessi ricettivi - Prendendo in esame i contenuti:
a) della tabella A, parte III al punto 120 dei beni o prestazioni assoggettati all’aliquota IVA del
112
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10% «prestazioni rese ai clienti alloggiati nelle aziende alberghiere e nei parchi di campeggio»;
b) della circolare Ministero della Finanza n. 9, del 14.2.1980 riferita alla disciplina della ricevuta fiscale che al punto C) precisa: che i gestori di campeggi sono tenuti al rilascio della ricevuta fiscale per le prestazioni di carattere alberghiero, cioè per la fornitura di alloggio in attrezzature atte al pernottamento proprie dei turisti o del campeggio; si può fondatamente ritenere
che la persona che entra nel complesso ricettivo all’aria aperta per visitare un’ospite (ivi alloggiato), senza usufruire di alloggio, ma con la possibilità di usufruire dei servizi igienico-sanitari, degli impianti e delle attrezzature sportive e ricreative e di altri servizi di cui è dotato il complesso, con il pagamento del relativo corrispettivo, per questa prestazione possa scontare l’aliquota IVA del 21% e che possa richiede altresì l’emissione della certificazione fiscale dell’operazione.
7. 2
Certificazione fiscale dell’operazione
* Principio di alternatività tra ricevuta e scontrino fiscale - La certificazione avviene mediante rilascio della ricevuta fiscale o dello scontrino fiscale, indipendentemente dall’esercizio di
apposita opzione. Conseguentemente è demandato ai contribuenti l’individuazione dello strumento ritenuto più adatto all’organizzazione e alle caratteristiche dell’azienda.
L’equiparazione dei due documenti fiscali non incide sulla disciplina dettata nel tempo
per la ricevuta o lo scontrino fiscale. Ne consegue che continuano a trovare applicazione le
disposizioni normative, le circolari, le istruzioni, le risoluzioni emanate nel tempo (C.M.
4.4.1997, n. 97/E).
Ciò premesso si evidenzia che il DPR 696/1996, riprendendo in parte la disposizione
della legge 413/1991, che ha generalizzato l’obbligo di certificazione dei corrispettivi, introduce il nuovo concetto di alternanza non vincolata tra scontrino e ricevuta fiscale. Tale alternanza prima era limitata in relazione alla tipologia di operazioni poste in essere dal contribuente
(cessione di beni = scontrino fiscale; prestazioni di servizio = ricevuta fiscale) e in relazione al
servizio di una specifica opzione. Ora questa scelta è completamente libera e non necessita più
di alcuna opzione.
La circolare 97/E, sopra richiamata, chiarisce che tutte le opzioni precedentemente esercitate sono nulle e che l’operatore economico può avvalersi, per documentare i propri corrispettivi, indifferentemente sia della ricevuta fiscale che dello scontrino fiscale ovvero di uno dei
due documenti per una o più operazioni e dell’altro documento per le ulteriori operazioni.
La libertà di scelta determina tra l’altro che il contribuente, in grado di utilizzare alternativamente i due meccanismi, non debba tenere il registro di emergenza che viene utilizzato in
caso di guasto del misuratore fiscale.
* Le caratteristiche dello scontrino e della ricevuta fiscale integrati - Il regolamento introduce la possibilità per gli scontrini fiscali di essere documento idoneo per la deducibilità dei costi
e delle spese agli effetti delle imposte dirette. Esso per essere documento idoneo alla deduzione del relativo costo che certifica, deve contenere la specificazione degli elementi attinenti alla
natura, alla qualità e alla quantità dell’operazione e l’indicazione del Codice Fiscale del cessio113
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nario o committente (c.d. “scontrino fiscale parlante”).
Il Ministero dispone che gli attuali misuratori fiscali possono essere adattati all’esigenza, su
iniziativa del contribuente e senza il rilascio di alcun atto autorizzativo da parte dell’amministrazione finanziaria. Sono, al contrario, illegittime eventuali integrazioni a mano o tramite timbri da
chiunque apposti. Il Codice Fiscale del cessionario e dell’acquirente può essere inserito in qualsiasi spazio del singolo scontrino, preceduto dalle lettere C.F., a condizione che le specifiche indicazioni siano riportate con evidenziazione grafica differenziata rispetto alle altre componenti.
Anche la ricevuta fiscale può avere la capacità di documentare un costo o una spesa a
condizione che venga integrata dal mittente con i dati identificativi del cessionario o committente. Quindi non è più corretta la prassi invalsa di compilare a posteriori da parte del cessionario il documento giustificativo. Sia lo scontrino che la ricevuta, integrati con le modalità
sopra descritte, possono essere utilizzati per le deduzioni dei costi dell’impresa. In effetti anche
per un rimborso spesa a piè di lista, per trasferte fuori dal Comune dei dipendenti; l’integrazione è sufficiente e in alcuni casi necessaria per il raggiungimento dello scopo.
7. 2. 1 Ricevuta fiscale
Come precedentemente specificato, l’articolo 22, del DPR 26.10.1972, n. 633 prevede che
gli esercenti di attività di commercio al minuto e di prestazioni di servizi non siano tenuti a certificare le proprie operazioni mediante fatturazione, sempre che ciò non sia richiesto espressamente dal cliente, bensì mediante rilascio di scontrino o ricevuta fiscale. L’estensione pressoché
generalizzata dell’obbligo della ricevuta fiscale ha indotto il Ministero delle Finanze ad unificare lo
schema di modulo, già differenziato in tre versioni, conservandogli quella ambivalenza già
riconosciuta in passato, in modo da agevolare quell’imprenditore che, per tipo di attività svolta,
si trovi a dover soddisfare frequenti richieste da parte dei clienti di emissione della fattura.
* Ricevuta fiscale unificata
- Caratteristiche generali: a decorrere dal 1° gennaio 1993, è consentito l’utilizzo, per tutti i
contribuenti IVA, del modello di ricevuta fiscale unificata.
- Contenuto: la ricevuta fiscale, contenente, una numerazione progressiva prestampata per
anno solare, anche con l’adozione di prefissi alfabetici di serie deve essere datata e rilasciata per ogni operazione e contenente le seguenti indicazioni:
• ditta, denominazione o ragione sociale, ovvero nome e cognome se persona fisica, domicilio fiscale e numero di partita IVA dell’emittente, nonché l’ubicazione dell’esercizio in cui
viene esercitata l’attività e sono conservati i documenti previsti dal D.M. 30.3.1982 relativamente al soggetto emittente;
• natura, qualità, quantità dei beni e servizi che sono soggetti dell’operazione;
• ammontare dei corrispettivi dovuti comprensivi di IVA.
La C.M. del 23.7.1993, n. 15 consente di non indicare il domicilio fiscale dell’emittente
in quanto elemento non pregiudizievole all’azione accertatrice se è indicato in modo corretto il
numero di partita IVA.
114
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Tab. 1 - Modello di ricevuta fiscale unificata
RICEVUTA FISCALE - FATTURA (L. 30.12.1991, n. 413)
DATI IDENTIFICATIVI EMITTENTE
RICEVUTA FISCALE
Cedente o prestatore
FATTURA - RICEVUTA FISCALE
Residenza o domicilio
Numero attribuito
Codice fiscale o partita IVA
AA00000000/99
Data. . . . /. . . . /. . . . .
DATI IDENTIFICATIVI DEL CLIENTE. . . . . . . .
Quantità, natura e qualità dei beni o servizi
IMPORTO
Dettaglio IVA
Aliquota
Imponibile
Imposta
Corrispettivo pagato
Aliquota
Imponibile
Imposta
Corrispettivo pagato
Totale
Totale documento
DATI TIPOGRAFIA AUTORIZZATA
* Fattura - Ricevuta fiscale: qualora la ricevuta fiscale dovesse assumere la forma di
Fattura - Ricevuta fiscale dovrà contenere altresì gli altri elementi richiesti a norma
dell’art. 21, DPR 26.10.1976, n. 633 e precisamente:
- il numero progressivo attribuito dal mittente;
- i dati identificativi del cliente;
- l’aliquota IVA applicata;
- l’ammontare imponibile.
La fattura - ricevuta fiscale deve essere rilasciata a richiesta del cliente ed assolve le
stesse funzioni della fattura.
* Prestazioni ricettive soggette alla certificazione fiscale - I gestori dei complessi ricettivi all’aria aperta, con la normativa istitutiva della R. F. dovevano rilasciare la certificazione
fiscale a riprova dell’avvenuta prestazione di fornitura di alloggio in attrezzature atte al
pernottamento, siano esse di proprietà dei turisti o del complesso ricettivo, comprendendo anche l’eventuale somministrazione dei pasti. Con la legge 413/91, che ha esteso e
generalizzato l’obbligo della certificazione dal 1° gennaio 1993 devono rilasciare il documento fiscale (fatto salvo il principio di alternatività tra ricevuta e scontrino fiscale - 7.2)
per tutti i servizi prestati dall’impresa salvo le operazioni esenti dall’imposta (vd TAB.
paragrafo 7.1.5) o quelle non soggette all’obbligo.
Per quanto riguarda la somministrazione di pasti l’obbligo del rilascio della ricevuta
fiscale sussiste per ogni singola prestazione mentre per l’alloggio tale obbligo dovrà esse115
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re adempiuto al termine del soggiorno.
* Operazione non soggette all’obbligo - Regime dal 21.2.1997 - Non sono soggette
all’obbligo della certificazione fiscale, con riferimento al nostro comparto, le seguenti operazioni:
• le cessioni di tabacchi ed altri beni commercializzati esclusivamente dall’Amministrazione Autonoma dei Monopoli dello Stato;
• le cessioni di giornali quotidiani, di periodici, di supporti integrativi, di libri, con esclusione di quelli d’antiquariato;
• le cessioni e le prestazioni effettuate mediante apparecchi automatici, funzionanti a gettone o a moneta;
• le prestazioni rese mediante apparecchi da trattenimento o divertimento installati in luoghi pubblici o locali aperti al pubblico, ovvero in circoli e associazioni di ogni specie;
• le attività spettacolistiche e le altre attività soggette all’imposta sugli spettacoli, per i corrispettivi certificati dal biglietto d’ingresso o dal biglietto scommessa, contemplati, nonché determinati in base ai forfait, limitatamente alla prima consumazione;
• le attività diverse da quelle rese mediante apparecchi da trattenimento o divertimento,
per le quali l’imponibile è determinato forfettariamente;
• le prestazioni di traghetto rese con barche a remi, le prestazioni rese dai gondolieri della
laguna di Venezia, le prestazioni di trasporto rese con mezzi a trazione animale, le prestazioni di trasporto a mezzo servizio taxi, le prestazioni rese con imbarcazioni a motore
da soggetti che esplicano attività di traghetto fluviale di persone o veicoli tra due rive
nell’ambito dello stesso comune o tra comuni limitrofi;
• le prestazioni di parcheggio di veicoli in aree coperte o scoperte, quando la determinazione o il pagamento del corrispettivo viene effettuata mediante apparecchi funzionanti a
monete, gettoni, tessere, biglietti o mediante schede magnetiche elettriche o similari,
indipendentemente dall’eventuale presenza di personale addetto;
• le prestazioni di servizi rese dai gestori di stabilimenti balneari, titolari dei relativi provvedimenti amministrativi rilasciati dalle autorità competenti, escluse le somministrazioni
di alimenti e bevande ed ogni altra attività connessa.
Modalità di emissione della ricevuta fiscale e casi particolari
Acquisto dei moduli
L’acquisto deve avvenire presso tipografie o rivenditori autorizzati. L’acquisto deve essere preso in carico su registro vidimato o in apposita sezione di un registro IVA (DPR
695/96, 6, 8), entro il giorno non festivo successivo alla ricezione degli stampati o comunque prima del loro utilizzo.
Criterio generale
La ricevuta fiscale deve essere emessa da apposito bollettario a ricalco <<madre e figlia>>
dal soggetto che effettua l’operazione al momento di ultimazione della stessa e cioè all’at116
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to della richiesta o presentazione del <<conto>>. Nello stesso momento, la sezione
<<figlia>> deve essere consegnata al cliente.
Per la ricettività all’aria aperta si ritiene utile sottolineare che “l’ultimazione della prestazione” si ha quando l’utente lascia il complesso con il proprio mezzo di pernottamento;
non potendo il campeggiatore soggiornare senza di questo.
In merito alle disposizioni che regolano la natura, qualità e quantità dei servizi formanti
oggetto della prestazione, l’operatore economico interessato dovrà avere cura di compilare la ricevuta fiscale indicando, in linea di massima, gli elementi normalmente in uso
nella compilazione dei conti di ristoranti o alberghi con riferimento alle componenti della
prestazione fornita, indicandole anche in modo abbreviato ovvero con simboli o codici
chiaramente identificabili dal documento stesso, emesso anche attraverso l’uso di macchine contabili (C.M. 3/380101 del 19.1.1980).
Le imprese ricettive non sono obbligate a emettere le ricevute fiscali con appositi bollettari a ricalco “a madre e figlia” ma possono stampare i documenti in duplice esemplare,
ottenendo il secondo esemplare non con il procedimento da ricalco ma con una doppia
stampa. Il Ministero, quindi, ha ora chiarito che può essere legittimamente utilizzato il
modello unificato di ricevuta fiscale per il quale sono irrilevanti le modalità di stampa (R.
M. n. 96/E del 30.7.1998).
Corrispettivo non pagato
L’indicazione di “corrispettivo non pagato” può essere utilizzata quando la prestazione
resa a titolo oneroso viene pagata in un momento diverso da quello corrispondente all’obbligo di certificazione fiscale.
Pagamento anticipato
Qualora il cliente provveda al saldo del conto all’inizio della prestazione (pagamento anticipato) la ricevuta fiscale può essere rilasciata all’atto del saldo del conto da parte del
cliente, con l’annotazione “pagamento anticipato del corrispettivo”; fermo restando l’obbligo del prestatore del servizio di rilasciare ricevuta fiscale per ulteriori prestazioni, che
comportino l’emissione di tale documento (R.M. n. 381458 dell’11.7.1980).
Pagamento di acconti
Deve essere rilasciata una ricevuta fiscale contestualmente ad ogni pagamento con riferimento all’importo corrisposto. Al momento di ultimazione della prestazione, la ricevuta
rilasciata deve contenere gli estremi di quelle precedentemente emesse. Nel caso di saldi
negativi (importi a rendere già iscritti nei corrispettivi), va emessa una nota di accredito,
non essendo ammessa la “ricevuta negativa”.
Caparra
Se all’atto della prenotazione viene corrisposta una caparra, questa non essendo versata a
titolo di corrispettivo in quanto, come detto precedentemente (vd. paragrafo 7.1.9) costituisce in tutta evidenza, una cautela per le eventuali inadempienze, è fuori dal campo di
applicazione del tributo. A fronte di tale versamento non è previsto alcun adempimento, ne
si deve rilasciare la ricevuta fiscale, con indicazione espressa della dicitura di “caparra”.
117
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La rilevanza della caparra, ai fini IVA, perdura anche nella fase successiva quando la
caparra viene eventualmente restituita al cliente al suo arrivo nel complesso ricettivo; ed
anche quando la caparra dovesse, invece, essere introitata dall’operatore ricettivo (perché
il cliente non si è presentato nel complesso ricettivo nel giorno fissato).
In ogni caso, l’operazione è irrilevante ai fini IVA, così come ai fini delle imposte sui redditi: da un lato, non viene resa alcuna prestazione; dall’altro, l’incasso avviene a titolo di
risarcimento del danno per l’inadempimento contrattuale di cui all’articolo 1385 c.c.
La caparra acquista natura di corrispettivo e quindi va rilasciata ricevuta fiscale, come per
l’acconto, soltanto se e quando verrà introitata in conto prezzo (in tal caso tramuta, infatti, la sua natura da “caparra” ad “acconto”).
È indispensabile far risultare da un atto scritto (lettera commerciale ecc.) che il versamento è stato effettuato a titolo di caparra. Altrimenti in sede di eventuale verifica fiscale il
relativo importo potrebbe essere rubricato come acconto con conseguente applicazione
delle sanzioni previste per l’omessa emissione del documento fiscale e per la conseguente omessa annotazione sul registro dei corrispettivi e quindi per l’omesso versamento dell’imposta.
Cauzione
Nella pratica ricettiva la cauzione viene stabilita in genere per garantire l’adempimento di
una specifica obbligazione (es. batteria di cucina nelle U.A.).
A tale proposito il Ministero delle Finanze ha precisato che la “corresponsione di somma
a titolo di deposito cauzionale” non costituisce pagamento parziale del corrispettivo alla
stessa stregua della caparra. (R. M. n. 501544 - 29.7.1974)
Obbligo di conservazione dei documenti
A carico dell’imprenditore (art. 2220 del cod. civ.):
• Ai sensi della disposizione citata, le scritture contabili, così come ogni altro documento inerente l’attività esercitata, deve essere conservato per dieci anni.
• In quest’ambito si confondono i termini a disposizione per l’A.F. per esercitare il potere di accertamento (in genere 5 anni) dall’obbligo di conservazione.
A carico dell’utilizzatore:
• La conservazione del documento è, invece, obbligatoria da parte degli utilizzatori fino
a quando siano stati definiti gli accertamenti relativi al corrispondente periodo di
imposta (art. 4 D.M. 13.10.1979 e art. 55 D.M. 2.7.1980).
Più precisamente, nessun obbligo di conservazione incombe al cittadino destinatario della
ricevuta fiscale ad eccezione del tempo strettamente necessario ad eventuali controlli, che
si esauriscono dopo aver superato le “immediate vicinanze” del luogo in cui ha ricevuto
la prestazione.
Esenzione dell’imposta di bollo
Per il noto principio di alternatività IVA-BOLLO, ai sensi dell’art. 13 della legge 29 febbraio 1980, n. 31, la ricevuta fiscale è esente dall’imposta di bollo. Tale esenzione ovviamente, deve ritenersi operante ogni qualvolta sia rilasciata la ricevuta fiscale anche se nella
118
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stessa sono riportati elementi non espressamente richiesti dai singoli decreti ministeriali,
ma pur sempre attinenti al rapporto instaurato con la prestazione resa, quali, ad esempio,
gli estremi di identificazione del cliente. Si precisa, inoltre, che sono esenti anche le copie
delle ricevute fiscali nonché i registri di carico e scarico e gli stampati prenumerati.
Pagamento a mezzo assegno o carta di credito
Il pagamento con “assegno bancario o circolare”, è ritenuto un mezzo di pagamento sostitutivo della moneta, la prestazione ricettiva si considera effettuata al momento in cui l’assegno viene consegnato o, comunque perviene all’operatore ricettivo, a nulla rilevando la
circostanza che l’incasso (l’accredito) della somma avvenga qualche giorno dopo, ovvero
che, addirittura, non avvenga (assegno a vuoto), considerandosi ai particolari fini l’assegno come rilasciato sempre pro-soluto. Così pure per quanto concerne la carta di credito, la prestazione ricettiva si deve considerare effettuata al momento della compilazione
da parte del cliente, dell’apposito modulo (cosiddetto memorandum di spesa), e ciò in
quanto nella sottoscrizione e consegna all’operatore ricettivo del suddetto memorandum
si ravviserebbe un effetto liberatorio per il fruitore del servizio ricettivo. Di conseguenza
sorge l’obbligo di emettere la relativa certificazione fiscale.
Pagamento a mezzo cambiale
Secondo l’amministrazione finanziaria il rilascio della cambiale, a fronte della prestazione,
costituisce pagamento e l’operazione si considera effettuata, dovendosi ritenere che il rilascio della cambiale, indipendentemente dal fatto che venga “pro-soluto o pro-solvendo”,
realizzi l’ipotesi dell’effettuazione dell’operazione o pagamento del conto, prevista dal legislatore fiscale e integri la previsione impositiva contenuta nella disciplina in questione. Ciò
nella considerazione che il credito bancario va distinto dal rapporto fondamentale intercorso fra le parti (traente e imprenditore e girante; girante e giratario, ecc.) e che con il
possesso del titolo il prestatore del servizio può, anche immediatamente, realizzare attraverso l’operazione di sconto o la cessione del titolo, il corrispettivo dell’operazione a fronte del quale è stato emesso il titolo (R.M. n. 330541 - 14.3.1981).
Versamento del corrispettivo a mezzo bollettino di c/c postale e vaglia postale
In caso di versamento del corrispettivo mediante “bollettino di conto corrente postale”
intestato all’imprenditore ricettivo “il pagamento deve ritenersi eseguito nel momento in
cui il creditore riceva comunicazione dell’avvenuto accreditamento delle somme a lui
dovute” (R.M. n. 363519 - 25.1.1978).
È del pari da ritenere che per il pagamento con “vaglia postale” l’operazione deve considerarsi effettuata al momento in cui il vaglia viene recapitato all’operatore ricettivo (il
momento impositivo coincide, cioè, con quello della ricezione del titolo).
Convenzioni con agenzie turistiche
Nel caso di convenzione stipulata tra committente (agenzie turistiche, tour operators,
ecc.) e operatore ricettivo, non sussiste l’obbligo del rilascio della ricevuta fiscale a fronte del corrispettivo da parte del committente, bensì l’obbligo stesso sussiste nei confronti dei diretti usufruitori della prestazione in base alla sopracitata convenzione. Tale adem119
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pimento può essere assolto, anche in modo cumulativo, nei confronti di uno del gruppo,
nel caso di prestazione a favore di comitive indicando nella ricevuta fiscale, in luogo del
corrispettivo i dati identificativi del committente con il quale è intervenuto l’accordo. Di
tale accordo, deve comunque essere fornita prova da parte del prestatore, anche attraverso la normale corrispondenza commerciale. Gli estremi delle ricevute rilasciate dovranno
poi essere riportati, stante la nuova normativa, “nelle ricevute - fatture fiscali”, emesse nei
confronti del committente (R.M. n. 361991 del 2.08.1986).
Fornitura di “collier bar”
In molti villaggi turistici, all’inizio del soggiorno vengono forniti ai clienti particolari “collier
bar” (collane di palline colorate) rappresentative del diritto di poter usufruire delle somministrazioni di bevande in punti di ristorazione dislocati nell’ambito del complesso. A fronte del
pagamento anticipato, comprendente, oltre l’importo dovuto per i predetti collier anche il corrispettivo delle prestazioni ricettive, va emessa ricevuta fiscale. Nei casi in cui i clienti durante il soggiorno richiedano altri collier bar pagando il relativo corrispettivo, è consentito emettere ulteriori ricevute fiscali nella considerazione che, in sostanza, si tratta di corrispettivi riferiti a prestazioni integrative a quelle inizialmente pagate (R.M. n. 490772 del 4.08.1990).
Pasti forniti dal ristorante ai propri dipendenti
Non è stato ritenuto fondato il rilievo elevato nei confronti di un esercizio di ristorazione per
omesso rilascio di ricevuta fiscale a fronte delle somministrazioni al proprio personale dipendente. Al riguardo, mentre è stato confermato che le “mense aziendali” gestite sia da terzi che
direttamente da imprenditori tenuti per contratto a fornire tale servizio sociale, sono escluse
dall’obbligo del rilascio della ricevuta fiscale, è stato precisato che tale esonero deve essere
inteso in senso oggettivo, riferendolo, cioè, a tutti i soggetti che in concreto offrono al personale dipendente il servizio di mensa e non soltanto a quegli organismi denominati “mense
aziendali” (R.M. n. 561118 del 15.04.1991).
7. 2. 2 Scontrino fiscale
L’art. 12 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, ha introdotto l’obbligo generalizzato di certificazione fiscale, mediante il rilascio di ricevuta fiscale oppure di scontrino fiscale, per tutte quelle operazioni (cessioni di beni e prestazioni di servizi) per le quali non è obbligatorio l’emissione
di fattura, se non richiesta dal cliente.
Con la legge 26 gennaio 1983, n. 18, è stato introdotto l’obbligo da parte di determinate
categorie di contribuenti dell’IVA di rilasciare uno scontrino fiscale mediante l’uso di speciali registratori di cassa.
* Operazioni soggette:
- cessioni di beni effettuate in locali aperti al pubblico o in spacci interni;
- somministrazioni in pubblici esercizi di alimenti e bevande (non soggette al rilascio della ricevuta fiscale).
* Caratteristiche generali - lo scontrino fiscale deve contenere le seguenti indicazioni:
- ditta, denominazione o ragione sociale ovvero cognome e nome;
120
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-
numero di partita IVA dell’emittente e ubicazione dell’esercizio;
dati contabili (corrispettivi parziali, con relativi sconti o rettifiche; subtotali; rimborsi per restituzioni di vendite; totale dovuto; eventuali corrispettivi non riscossi);
- data, ora di emissione e numero progressivo;
- logotipo fiscale e numero di matricola dell’apparecchio misuratore fiscale.
* Scontrino ad uso interno - è consentito per esigenze organizzative a condizione che:
- presenti colorazione diversa da quella degli scontrini fiscali e sia apposta la dizione “non vale
come scontrino fiscale”;
- sugli apparecchi utilizzati sia applicata apposita targhetta recante la dicitura “apparecchio
non valido al rilascio dello scontrino fiscale”;
- la documentazione venga esibita all’operatore addetto all’apparecchio misuratore fiscale ai
fini della conversione in scontrino fiscale.
* Modalità di rilascio - per le cessioni di beni effettuati in locali aperti al pubblico o in spacci
interni e per le somministrazioni in pubblici esercizi di alimenti e bevande, non soggette all’obbligo del rilascio della ricevuta fiscale, vi è obbligo di rilasciare apposito scontrino fiscale mediante
l’uso esclusivo di speciali registratori di cassa o terminali elettronici, o di idonee bilance elettroniche munite di stampante.
* Momento del rilascio - lo scontrino deve essere emesso al momento del pagamento del corrispettivo della cessione o della prestazione ovvero al momento della consegna del bene o dell’ultimazione della prestazione se tali eventi si verificano anteriormente al pagamento.
* Scontrini errati - lo scontrino erroneamente emesso e non ancora rilasciato può essere annullato mediante idonea annotazione, anche della relativa causale, sullo scontrino stesso che va
comunque allegato allo scontrino di chiusura giornaliera. Se lo scontrino è stato già rilasciato,
questo non può essere più annullato, ma degli errori si può tenere conto, per giustificati motivi,
nelle annotazioni giornaliere sul registro dei corrispettivi o sul registro di prima nota, e comunque non oltre i termini di annotazione.
* Apparecchi misuratori fiscali - trattasi di apparecchi elettronici idonei a provvedere alla stampa ed emissione di uno scontrino fiscale, di uno scontrino di chiusura giornaliera, ed alla stampa, contestuale a quella dello scontrino, di un giornale di fondo (di cui all’art. 12, D.M. 23.3.1983).
Apparecchi misuratori fiscali - Disposizioni particolari
Modelli autorizzati
I modelli degli apparecchi misuratori fiscali devono essere preventivamente approvati dal
Ministero delle Finanze, su parere di apposita Commissione, istituita e composta ai sensi
dell’articolo 5 del D.M. 23.3.1983. L’approvazione (valida per sette anni prorogabili per
uguali periodi e revocabile in caso di riscontranti difetti nell’uso) costituisce condizione di
ammissibilità per la procedura di controllo di conformità.
Controllo di conformità
Gli apparecchi fabbricati secondo il modello approvato, prima della loro commercializzazione, devono essere sottoposti a controllo di conformità alle prescrizioni stabilite nel
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provvedimento di approvazione del relativo modello e in particolare a quelle relative alle
caratteristiche costruttive e funzionali.
Il controllo è effettuato da personale tecnico degli UTE e degli UTIF nelle sedi stabilite dal provvedimento di approvazione: l’esito positivo è attestato mediante apposizione di bollo fiscale.
Installazione
Entro il giorno successivo a quello di installazione, l’utente deve darne comunicazione,
mediante apposita dichiarazione in carta libera e in duplice esemplare, al competente
Ufficio IVA. La comunicazione deve essere sottoscritta anche dal tecnico che ha provveduto all’installazione e contenere tutti i dati identificativi dell’apparecchio nonché l’ubicazione dell’esercizio dove è installato.
Libretto di dotazione
Ogni apparecchio misuratore fiscale deve essere dotato dal produttore o importatore di
apposito libretto con pagine progressivamente numerate e contenente, sotto la loro
responsabilità, le seguenti indicazioni:
- la ditta, denominazione o ragione sociale, o nome e cognome se persona fisica, domicilio e numero di partita IVA del produttore o importatore;
- denominazione commerciale del modello;
- numero di matricola ed estremi di approvazione del modello;
- numero delle pagine di cui è composto.
Devono essere altresì indicate le operazioni di installazione, assistenza e manutenzione del
modello. In caso di furto o smarrimento va data notizia all’Ufficio IVA nonché al fornitore
per il rilascio di un duplicato del libretto di dotazione. Il libretto di dotazione va conservato per tutto il periodo di utilizzo del relativo apparecchio.
Scontrino di chiusura giornaliero
Deve contenere nell’ordine:
1. numero di partita IVA dell’emittente ed ubicazione dell’esercizio;
2. l’ammontare complessivo dei corrispettivi del giorno;
3. il totale cumulativo degli ammontari dei corrispettivi giornalieri compreso quello di chiusura cui si riferisce lo scontrino;
4. gli eventuali ammontari degli sconti, rettifiche, rimborsi per resi, ecc. ;
5. numero degli scontrini fiscali (compreso quello di chiusura) emessi a seguito delle operazioni di cui all’art. 1 del D.M. 23.3.1983;
6. il numero degli scontrini fiscali recanti la stampa del contenuto della memoria fiscale;
7. il numero degli scontrini non fiscali;
8. il numero progressivo degli azzeramenti giornalieri;
9. data e ora di emissione;
10. numero ripristini fiscali;
11. il logotipo fiscale e numero di matricola dell’apparecchio;
12. distanziati da due righe vuote, i dati di carattere non fiscale, preceduti e seguiti dalla scritta “dati non fiscali”.
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La “giornata” deve intendersi in senso civilistico, pertanto lo scontrino di chiusura giornaliero va emesso entro le ore 24, anche per quelle attività con chiusura dopo tale orario. La
R. M. in questione, concede inoltre la possibilità che vengano costruite delle macchine
capaci di effettuare automaticamente alle ore 24 l’azzeramento delle operazioni con stampa dello scontrino di chiusura nel giorno successivo (R.M. 25.10.1995, n. 53/E).
Utilizzo saltuario
Lo scontrino di chiusura giornaliero può non essere emesso per le giornate in cui l’apparecchio misuratore fiscale non sia stato utilizzato (D.M. 4.4.1990, art. 5).
Comunque, qualora siano state compiute le operazioni di apertura della giornata, impostando la data nel registratore di cassa fiscale, occorrerà procedere alle relative operazioni di chiusura emettendo lo scontrino di chiusura giornaliero, anche se i totali saranno,
ovviamente, pari a zero.
Manutenzione
Le imprese che cedono apparecchi misuratori fiscali devono garantire almeno un intervento di manutenzione ogni anno da annotarsi sul libretto di dotazione. Tutte le parti non
protette dal bollo fiscale in caso di guasto possono essere sostituite direttamente ed autonomamente dall’utente, sempre che si tratti di apparecchio modulario (ossia composto di
parti singole).
A tale proposito il Ministero delle Finanze annuncia che un decreto ministeriale in approvazione prevede il trasferimento in capo all’utilizzatore fiscale dell’obbligo di richiedere la
manutenzione annuale, oltre alla riparazione del misuratore fiscale in caso di mancato o
irregolare funzionamento. La responsabilità del centro di assistenza e quindi l’erogazione
delle sanzioni, a carico del centro stesso, si verifica solo in caso di mancato intervento del
tecnico per colpa a lui imputabile, salvo venga approvata la sua impossibilità a prestare
l’intervento stesso (R.M. 7.9.1998, n. 130/E).
Mancato o irregolare funzionamento
Il contribuente deve richiedere tempestivamente l’intervento della ditta tenuta alla manutenzione, annotando la data e l’ora della richiesta sul libretto di dotazione dell’apparecchio,
e deve, fino a quando non sia ultimato il servizio di assistenza, provvedere, in luogo del
rilascio dello scontrino fiscale, alla distinta annotazione su apposito registro (registro per
mancato funzionamento del registratore di cassa) dei corrispettivi relativi a ciascuna operazione, ovvero in alternativa e sempre che sia nelle condizioni di poterlo fare, all’emissione della ricevuta fiscale (C.M. 4.4.1997, n. 97/E).
Cessione di apparecchi usati
Il cedente deve conservare copia del libretto di dotazione, effettuare la stampa integrale
dei dati contenuti nella memoria fiscale relativi alle operazioni dallo stesso effettuate, fare
autenticare entrambe dal tecnico del servizio di assistenza. Deve inoltre provvedere a conservare tutti i documenti per i termini di tempo previsti per l’ordinaria documentazione
contabile e a comunicare all’Ufficio IVA la disinstallazione del registratore entro il giorno
successivo alla cessione.
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Conservazione dei documenti inerenti lo scontrino fiscale
Per quanto concerne il cliente, egli è obbligato a esibire il documento fiscale (scontrino o
ricevuta) agli ordini accertatori all’interno dell’esercizio o nelle immediate adiacenze.
L’immediata adiacenza, secondo il Ministero, implica un rapporto di immediatezza temporale e spaziale tra il comportamento addebitato e la contestazione di esso.
Lo scontrino di chiusura giornaliera deve essere tenuto e conservato ai sensi dell’articolo 39 del D.P.R. 673/72, per cinque anni a partire dal 1° gennaio dell’anno successivo a
quello in cui sono state effettuate le operazioni ovvero anche oltre fino alla definizione
dell’accertamento.
È importante ricordare, per quanto sopra detto, che accanto a tale obbligo fiscale vi è
altresì l’obbligo civilistico, sancito dall’art. 2220 c.c. (sanzionabile) di conservazione per
la durata di anni 10, dalla data di emissione.
Ammortamento
Può essere effettuato a partire dal periodo di imposta in cui ciascuno apparecchio misuratore è stato acquistato, in ragione del 25% del costo degli apparecchi, al netto degli interessi passivi corrisposti per il pagamento differito del prezzo. Qualora il suddetto costo
unitario non superi € 516,46 è ammessa la deduzione integrale nell’esercizio in cui il bene
è stato acquistato.
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8. Disciplina tributaria
8. 1
Imposta di bollo
*
Disciplina e oggetto
Disciplina - Il riferimento normativo di base dell’imposta di bollo è costituito dal
D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642.
Oggetto o presupposto del tributo - Con il bollo lo Stato realizza un’entrata, in quanto impone l’obbligo di redigere alcuni documenti che, a pena di validità o regolarità, devono scontare l’imposta di bollo. Il trasferimento di ricchezza dal contribuente all’Erario può
avvenire:
a) in modo diretto (pagamento con gli ordinari mezzi: delega di pagamento - mod. F23
o mod. F24 ovvero pagamento tramite un intermediario: tabaccaio);
b) in modo indiretto, mediante l’uso di carta bollata o marche da bollo; in questo caso
il trasferimento di denaro a favore dello Stato avviene con l’acquisto di “valori” prodotti dallo Stato in regime di monopolio.
In ogni caso, il presupposto dell’imposta di bollo è costituito dalla formazione per
iscritto di determinati atti giuridici, indicati nella tariffa allegata al D.P.R. 642/1972.
8. 1. 1 Regole generali
Vi sono atti soggetti al tributo sin dall’origine: tali atti devono soggiacere al tributo nel
momento in cui si formano, pena la loro validità o la loro regolarità (in quest’ultimo caso l’atto è valido ma il mancato pagamento del bollo comporterà l’applicazione di sanzioni). Al contrario vi sono atti soggetti ad imposta solo in caso d’uso. Per “caso d’uso” si intende la presentazione dell’atto all’ufficio dell’Agenzia delle Entrate per la registrazione (con applicazione
delle aliquote vigenti al momento in cui l’uso si verifica). In questo senso, un atto ben può
essere validamente formato, all’origine, senza scontare l’imposta di bollo, imposta che sarà
dovuta solo si è intenzionati, in un secondo momento, ad usare l’atto in senso giuridico (ad
es. registrandolo per dotarlo di data certa).
* Bollatura dall’origine - Riguarda gli atti e i documenti indicati nella parte I della tariffa. Il
documento dev’essere assoggettato ad imposta di bollo all’atto della sua emissione. Gli allegati al documento in bollo sono soggetti solo se autonomamente previsti dalla tariffa (R.M. del
27.12.83, n. 292119).
* Bollatura in caso d’uso - Riguarda gli atti sottoposti alla registrazione con la tariffa vigente al momento dell’uso.
* Modalità di pagamento - Deve avvenire osservando una delle seguenti modalità secondo
le indicazioni fornite dalla tabella:
in modo ordinario, utilizzando carta filigranata e bollata;
in modo straordinario, mediante l’applicazione e l’annullamento di marche da bollo,
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visto per bollo o bollo a punzoni;
mediante pagamento dell’imposta ad un intermediario convenzionato con l’Agenzia
delle Entrate (tabaccai), il quale rilascia, per via telematica, uno speciale contrassegno;
virtuale, mediante pagamento diretto all’ufficio dell’Agenzia delle Entrate, ad altri uffici
autorizzati (ad es. le Camere di Commercio) ovvero a mezzo di versamento in conto corrente.
* Misura dell’imposta - applicazione: in misura fissa o proporzionale, secondo le indicazioni della tariffa.
A tal fine si ricorda che:
il foglio è composto da quattro facciate;
la pagina da una facciata;
la riproduzione va intesa come foglio purché le facciate siano unite tra di loro;
la copia è da considerare come originale;
nel caso di impiego di carta bollata è vietato scrivere fuori dai margini, eccedere il numero delle linee in essa tracciate. È consentito, per contro, apporre sottoscrizioni, annotazioni, visti, numerazioni e bolli prescritti dai regolamenti;
nei tabulati meccanografici e in genere per l’uso di carta bollata o carta semplice in formato bollo è dovuta l’imposta nella misura ordinaria (€ 14,62) per ogni cento righe effettivamente utilizzate (nel formato bollo la pagine si compone di 25 righe; pertanto l’apposizione della marca dovrà avvenire ogni 4 facciate).
* Esenzione - Spetta per gli atti indicati nella tabella B alla legge di bollo. La più nota riguarda le fatture e i documenti emessi in relazione al pagamento di corrispettivi soggetti ad IVA.
Non riguarda le fatture esenti o esclusi da IVA o emessi a carico di esportatori (in questi casi
occorre applicare la marca da bollo di € 1,81, a meno che la fattura rechi un importo inferiore ad € 77,47). Sono esenti da bollo le ricevute fiscali.
-
Alcuni atti soggetti ad imposta, sin dall’origine in misura fissa
Descrizione
Scritture private contenenti convenzioni o dichiarazioni anche unilaterali con le quali si creano, si
modificano, si estinguono, si accertano o si documentano rapporti giuridici di ogni specie: originali e copie.
Per ogni foglio
Ricevute, quietanze, note, conti, fatture, distinte e simili, anche se non sono sottoscritti, quando la
somma superi € 77,47 ovvero sia indeterminata o a saldo per somme inferiori al debito originario senza indicazione di questo o delle precedenti quietanze: originali, duplicati e copie.
Per ogni esemplare
Libri di cui all’articolo 2214, primo comma, del c.c. ; repertori, libri e registri che abbiano carattere contabile o commerciale, se obbligatori per legge o regolamenti o se presentati per la vidimazione ai sensi dell’articolo 2218 del c.c.
Per ogni cento pagine o frazioni di cento pagine
Imposta
€ 14,62
€ 1,81
€ 14,62
(mediante marche da bollo annullate da pubblici ufficiali - notai, uffici finanziari, ecc. o mediante bollo a punzone)
Copia degli atti delle società da depositarsi ai sensi dell’articolo 2435 del c.c.
Per ogni foglio
(Modalità di pagamento: carta bollata, marche o bollo a punzone)
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€ 14,62
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Per l’elenco completo degli atti soggetti ad imposta di bollo e per le fattispecie di
esenzione si rinvia alle tabelle della tariffa allegata al DPR 642/72.
8. 2
Riforma dei tributi locali
Il 1997 ha visto gettare le basi della riforma della fiscalità degli enti locali con una
serie di provvedimenti inseriti nel “Titolo III: Riordino della disciplina degli enti locali” del
D. Lgs 15 dicembre 1997 n. 446 (più noto come Decreto istitutivo dell’IRAP) e con alcune norme successive contenute nelle varie finanziarie, fino alla manovra 2010 (D.L. 31
maggio 2010 n. 78). In realtà dalla riforma tributaria del 1971, ogni manovra finanziaria
ha avuto sempre al suo interno una o più disposizione in tema di fiscalità locale.
Questa, in sintesi, l’evoluzione storica dei principali tributi locali:
Anni ’70 – Negli anni ’70 furono istituiti i tributi urbanistici (c.d. “legge Bucalossi”), la
tassa per la tutela delle acque (c.d. “legge Merli”) e la tassa sulle concessioni comunali.
Anni ’90
Nel 1992 fu istituita l’imposta comunale sugli immobili (ICI) (disciplinata dal D. Lgs
30 dicembre 1992, n. 504);
Nel 1993 furono istituite l’imposta comunale sulla pubblicità, la tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (TOSAP) e la tassa per lo smaltimento dei rifiuti
solidi urbani (TARSU);
Nel 1997 fu istituita l’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), un’addizionale regionale all’IRPEF;
Nel 1998 è stata introdotta l’imposta regionale sulle attività un’addizionale comunale all’IRPEF.
A partire dagli anni ’90, si è rafforzata la spinta verso una più accentuata autonomia impositiva degli enti locali, indicata come federalismo fiscale. Tuttavia, è bene precisare che, ad oggi, lo Stato italiano, almeno a livello fiscale, è ancora uno stato unitario,
accentrato, seppur nel riformato titolo V della Costituzione, attuato con la legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001.
8. 2. 1 Abolizione di alcuni tributi locali
*
•
•
Con l’introduzione dell’IRAP sono stati aboliti alcuni tributi; tra questi si segnalano:
A decorrere dal 1° gennaio 1998:
L’ICIAP, applicata alle persone fisiche, le società, le associazioni, i concorsi ed ogni
altra organizzazione di persone e beni che avessero esercitato, nel corso dell’anno
in positivo, attività di impresa, arte e professione con carattere di continuità, sia pure
per periodi limitati e che era commisurata alla superficie degli immobili utilizzati per
l’esercizio delle attività (legge 24.4.1989, n. 144);
Le tasse sulle concessioni comunali, dovute su numerosi atti e provvedimenti
127
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(elencati dal D.M. 29.11.78); tra cui, per quanto riguarda il comparto ricettivo: licenza di esercizio - TV RADIO - alcolici - autorimesse.
*
•
A decorrere dal 1° gennaio 1999:
La TOSAP, tassa occupazione spazi ed aree pubbliche.
La tassa era dovuta per l’occupazione di qualsiasi natura di strade, vie, corsi, piazze del demanio o del patrimonio indisponibile di Comuni e Province, nonché per
l’occupazione di strade private con servitù di pubblico passaggio.
Per la verità, l’abolizione è stata rimessa alla discrezione degli enti comunali, i quali
avrebbero dovuta abolirla con propria norma regolamentare; poiché molti comuni
non hanno deliberato in tal senso, questa tassa è ancora in vigore in molti comuni
italiani.
•
La IET, imposta erariale di trascrizione, iscrizione ed annotazione di veicoli al PRA,
da versare in occasione del passaggio di proprietà degli autoveicoli.
•
La APIET, addizionale provinciale sull’imposta erariale di trascrizione (IET).
•
Con l’articolo 49, 1° comma, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 è stata
stabilita l’abolizione della TARSU (tassa per lo smaltimento dei rifiuti), e la sua sostituzione con una tariffa di natura non fiscale a partire dal 1° gennaio 1999; prorogata, poi, dal Decreto Legge 2 novembre 1998, n. 376, al 1° gennaio 2000. Il nuovo
tributo concepito a sostituzione del precedente ha assunto la denominazione di TIA:
Tariffa di Igiene Ambientale. Anche in questo caso, la legislazione statale ha rimesso la scelta alla discrezione del Comune, e in questo senso non tutti i comuni hanno
aderito; per ciò in alcuni comuni è ancora in vigore la TARSU.
In attuazione di direttive comunitarie, TARSU e Tia dovranno essere sostituite dalla
“Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani” (come previsto dal decreto di recepimento
delle direttive: D. Lgs 3 aprile 2006, n. 152).
È ovvio che per i tributi aboliti, i cui presupposti d’imposizione si siano verificati anteriormente alla data della loro abolizione, e che non siano stati pagati, i versamenti debbano essere effettuati anche successivamente a tale data.
8. 2. 2. Accertamenti
Il procedimento di accertamento dei tributi locali si snoda, come per i tributi statali,
attraverso le seguenti fasi fondamentali:
•
La dichiarazione (o denuncia) da parte del contribuente; questa fase caratterizza
quasi tutti i tributi locali;
•
L’autoliquidazione (il contribuente provvede, generalmente con cadenza annuale, a
calcolare, da sé medesimo, le imposte dovute); tale fase non è presente in tutti i tributi locali (ma lo è per i principali: ICI e IRAP);
•
Controlli e accertamenti da parte dell’ente impositore, creditore del tributo, attra128
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-
verso cui:
Rettificare le dichiarazioni incomplete o infedeli;
Accertare d’ufficio i tributi non dichiarati;
Emettere, quindi, avvisi di accertamento che, a pena di decadenza, devono essere
notificati, in genere, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in
cui la dichiarazione è stata (in caso di dichiarazione infedele o incompleta) o
avrebbe dovuto essere presentata (in caso di omessa dichiarazione). Nel passato
si è fatto spesso ricorso alla proroga dei termini di accertamento, attraverso l’emanazione di leggi ad hoc. La prassi è stata condannata dallo Statuto dei Diritti del
Contribuente (legge 27 luglio 2000 n. 212) ove all’art. 3, comma 3, si è statuito che:
“i termini di prescrizione e di decadenza per gli accertamenti di imposta non possono essere prorogati”.
8. 2. 3. Potere regolamentare dei Comuni
Con l’art. 52 del decreto legislativo n. 446/1997, è stato stabilito che a partire dal 1°
gennaio 1999, i Comuni e le Province possono disciplinare le proprie entrate, anche tributarie, con regolamento, nel rispetto delle esigenze di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti.
Spetta sempre e comunque allo Stato l’individuazione e la definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e dell’aliquota dei singoli tributi.
Ciò in virtù della riserva relativa di legge, sancita dall’art. 23 della Costituzione, per
effetto della quale solo la legge può disciplinare la parte sostanziale del tributo (vale a dire
gli elementi essenziali che si fanno coincidere con il presupposto, i soggetti passivi, la
base imponibile e l’aliquota).
Tali regolamenti devono essere adottati, con delibera dell’ente locale, entro e non
oltre il termine di approvazione del bilancio di previsione. Qualora i provvedimenti non
vengano adottati o relativamente a quanto da essi non disciplinato, si applicano le norme
vigenti in materia.
I regolamenti possono riguardare ad esempio:
•
le modalità e i termini di dichiarazione e di pagamento - riscossione coattiva e accertamento - ravvedimento - esenzioni e agevolazioni (queste ultime, tuttavia, poiché
incidenti sulla parte sostanziale del tributo, possono essere regolamentate nei limiti di quanto stabilito dalla legge ordinaria).
Entro la data del bilancio preventivo devono essere delibarti, oltre i regolamenti, le tariffe e le aliquote d’imposta per i tributi locali e le variazioni dell’addizionale comunale IRPEF.
8. 2. 4. Tasse, tariffe e canoni
* TOSAP - L’articolo 62 del D. Lgs, 446/97 concede la possibilità ai Comuni di sostituire con proprio regolamento l’imposta comunale sulla pubblicità con un canone in base
a tariffa, applicato sulle iniziative pubblicitarie che incidono sull’arredo urbano o sull’am129
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biente, sottoponendole ad un regime autorizzatorio.
Con l’articolo 63 dello stesso decreto si dà, inoltre, alle Province e ai Comuni, al fine
di non perdere il gettito della TOSAP, la facoltà di sottoporre, con regolamento, l’occupazione sia temporanea che permanente di strade, aree e relativi spazi soprastanti e sottostanti appartenenti al proprio demanio o patrimonio indisponibile, comprese le aree
destinate a mercati, al pagamento di un canone - COSAP - da parte del titolare della concessione, in base a tariffa. Anche l’occupazione di aree private soggette a servitù di pubblico passaggio, costituita nei modi di legge, possono essere assoggettate al canone.
Come chiarito dalla Giurisprudenza (si veda, fra le altre Cass. 19 agosto 2003 n.
12167; Corte Cost. 14 marzo 2008, n. 64) i canoni “per l’installazione di mezzi pubblicitari e per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche” non hanno natura di entrate tributarie e, pertanto, i relativi regolamenti non devono essere trasmessi al Ministero delle
Finanze, in quanto le comunicazioni al Ministero per la pubblicazione in G.U. e per l’eventuale esercizio del potere di impugnativa riguardano solo i regolamenti comunali e provinciali che disciplinano le entrate aventi natura tributaria. Ne consegue ancora che le controversie su tali canoni appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario e non alla
giurisdizione delle commissioni tributarie.
L’art. 24 della legge 23 dicembre 1998 n. 448 (collegato alla Finanziaria ’99), al
comma 19, ha sancito l’abrogazione delle norme recanti l’abolizione della TOSAP ed ha
stabilito che i comuni possono “escludere l’applicazione nel proprio territorio della
TOSAP” e, in alternativa, “prevedere che l’occupazione, sia permanente che temporanea,
degli spazi e delle aree” elencati nella norma sostituita debba essere assoggettata ad un
canone di concessione (COSAP) determinato in base a tariffa.
Per quanto sopra detto, il COSAP non ha natura tributaria (al contrario della
TOSAP).
* Tassa rifiuti solidi urbani – La tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani interni
(TARSU) è disciplinata dal Capo terzo del Decreto Legislativo 15.11.1993, n. 507, in vigore dal 1° gennaio 1994. Con questo decreto, la tassa assume la natura di vero e proprio
tributo, mancando qualsiasi correlazione tra l’importo pagato ed il servizio ricevuto. Infatti
presupposto per l’applicazione non è la quantità di rifiuti prodotti o smaltiti, ma l’occupazione o la detenzione di locali o aree aventi determinate caratteristiche.
* Istituzione della tassa: sulla base dell’art. 58 del sopracitato decreto legislativo, i
Comuni, per il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani interni, ossia rifiuti non provenienti da aree soggette ad uso pubblico, devono istituire una tassa annuale da
disciplinare con apposito regolamento ed applicare sulla base di una tariffa.
* Presupposto impositivo - La tassa è dovuta per l’occupazione o la detenzione di locali
ed aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, ed esistenti nelle zone del territorio comunale in
cui il servizio è istituito ed attivato. Quindi l’occupazione o la detenzione di locali o aree siti
in determinate zone del Comune è ritenuta dalla legge presunzione di produzione di rifiuti.
130
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Non rientrano nella presunzione suddetta l’occupazione o la detenzione di aree scoperte pertinenziali o accessorie di civili abitazioni diverse dalle aree a verde, cioè balconi, terrazzi e simili, mentre vi rientrano i locali pertinenziali o accessori di altri immobili
quali box e cantine.
Come sopra accennato, a partire dal D.L. 376/98 si sono susseguite proroghe che
hanno consentito di mantenere ancora in vita la tassa per lo smaltimento dei rifiuti che, in
base all’art. 49 del D. Lgs 22/97, doveva essere abolita a partire dal 1° gennaio 1999 e
sostituita con una tariffa di natura non fiscale. La TARSU, per effetto dell’art. 49 del D. Lgs
5 febbraio 1997, n. 22 (c.d. decreto Ronchi) può essere sostituita, con delibera comunale, dalla TIA (Tariffa d’Igiene Ambientale).
Esclusioni - Sono esclusi dalla tassa i locali e le aree che non possono produrre
rifiuti o per loro natura (luoghi impraticabili o in stato di abbandono) o per il particolare uso cui sono stabilmente destinati (depositi di materiali in disuso).
* Per superficie tassabile si intende:
•
locali: sono considerate le superfici nette degli ambienti di una costruzione dove sia
possibile soggiornare;
•
aree: sono considerate le superfici nette degli spazi circoscritti e aperti, esterni, a
vario titolo utilizzati.
* Sono considerate non tassabili le superfici (locali o aree) dove si producono (per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione) rifiuti classificabili speciali o tossico-nocivi in quanto i produttori sono tenuti a provvedere a proprie spese allo smaltimento di tali categorie di rifiuti.
* Soggetti passivi: al pagamento della TARSU sono obbligati, in via principale, i soggetti che occupano o detengono i locali o le aree. In via solidale sono poi obbligati al pagamento i soggetti che compongono il nucleo familiare dell’obbligato principale, o i soggetti che usano in comune i locali o le aree stesse.
8. 2. 5 Rifiuti speciali assimilati agli urbani
Dal 22 maggio 1998, cioè dalla data di entrata in vigore della legge 24.4.1998, n. 128,
si è completamente modificato il sistema di gestione della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani.
In particolare entra in vigore la disciplina contenuta nel Decreto Legislativo 5.2.1997,
n. 22, meglio conosciuto come “Decreto Ronchi” che all’art. 21 regola le competenze dei
Comuni in materia di gestione dei rifiuti. Specificamente prevede che i Comuni stabiliscano
«l’assimilazione per qualità e quantità dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani ai
fini della raccolta e dello smaltimento sulla base dei criteri fissati dall’art. 18. Sono comunque considerati rifiuti urbani, ai fini della raccolta, del trasporto e dello stoccaggio, tutti i
rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade ovvero, di qualunque natura e provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d’acqua». Diviene
131
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così effettiva la classificazione prevista dall’art. 7 dello stesso D. Lgs 22/1997, che suddivide i rifiuti in base all’origine in:
•
rifiuti urbani:
1.
rifiuti domestici, anche ingombranti, provenienti da locali e luoghi adibiti ad uso
di civile abitazione;
2.
rifiuti non pericolosi provenienti da locali o luoghi ad usi diversi da quelli di cui
al punto 1, assimilati ai rifiuti urbani per qualità e quantità;
3.
rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade;
4.
rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche
o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d’acqua;
5.
rifiuti vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi ed aree cimiteriali;
6.
rifiuti provenienti da esumazioni ed estumulazioni, nonché gli altri rifiuti provenienti da attività cimiteriali diversi da quelli di cui ai punti 2 - 3 - 5.
•
rifiuti speciali:
1.
rifiuti da attività agricole e agro-industriali;
2.
rifiuti derivanti da attività di demolizione, costruzione, nonché rifiuti pericolosi
che derivano dalle attività di scavo;
3.
rifiuti da lavorazioni industriali;
4.
rifiuti da lavorazioni artigianali;
5.
rifiuti da attività commerciali;
6.
rifiuti da attività di servizio;
7.
rifiuti derivanti dalla attività di recupero e smaltimento di rifiuti, fanghi prodotti
dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle
acque reflue e da abbattimento di fumi;
8.
rifiuti derivanti da attività sanitarie;
9.
macchinari e apparecchiature deteriorati ed obsoleti;
10. veicoli a motore, rimorchi, caravan e simili fuori uso e loro parti.
Si noti come i rifiuti urbani siano sostanzialmente solo quelli domestici, mentre i rifiuti prodotti dalle attività, dicasi imprese, all’origine siano speciali per qualità o quantità, e
come tali da smaltirsi a cura del produttore, non essendo ricompresi nel servizio pubblico
comunale di smaltimento. I Comuni hanno, però, la possibilità di dichiarare con atto formale “assimilati agli urbani” i rifiuti delle attività che intendono sottoporre al servizio pubblico
di smaltimento. È una pratica largamente adottata (e abusata) dalle amministrazioni comunali, che in tal modo ampliano il servizio e la sua base impositiva, consentendo una distribuzione dei costi secondo criteri “politici”, che non sempre rispettano il principio di legge:
Costo utente = TIA utente.
132
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8. 2. 6. Applicazione della Tassa Rifiuti Solidi Urbani nei campeggi e arenili
Per opportuna conoscenza si riporta integralmente la Risoluzione Ministeriale
28.4.1994, n. p. 5/2151 inerente alla materia di cui in oggetto.
Con riferimento alle annualità anteriori al 1994 si rileva che l’articolo 21 del D.P.R. 10
settembre 1982, n. 915, estende l’applicazione della tassa in oggetto ai campeggi ed in
genere alle aree scoperte che, come precisato nella circolare n. 7 del 16.5.1983, non costituiscono accessori o pertinenza di locali assoggettati a tassazione e siano adibite allo svolgimento di una attività privata idonea alla produzione di rifiuti urbani, per cui è da ritenere
che i campeggi siano tassabili nel loro complesso con quelle aree scoperte suscettibili
di formazione di rifiuti con la sola esclusione delle superfici impraticabili, non produttive di rifiuti o destinate a verde intercluso aventi funzioni ornamentale o di isolamento delle
piazzole, dei parcheggi per clienti e dipendenti annessi ai locali adibiti ad uffici e servizi, nonché le aree visibilmente adibite in modo esclusivo alla viabilità interna che assicurino il collegamento con locali tassabili. Le strade e i percorsi pedonali, se collegano tra loro locali
coperti già tassati, costituiscono accessori o pertinenze di questi ultimi e pertanto non devono essere sottoposti a tassazione; mentre nel caso in cui costituiscano collegamento tra
aree scoperte, seguono il regime di tassazione dell’area scoperta alla quale accedono o
appartengono, come chiarito dall’Avvocatura Generale dello Stato con parere n. 1103/90 del
5.5.1991.
Per quanto concerne i parcheggi, si fa presente che, qualora si tratti di servizio gratuito a favore del personale e dei clienti, si può precedere a detassazione, concretandosi la citata ipotesi di aree scoperte accessorie o di pertinenza di locali già tassati. Viceversa, qualora
si tratti di parcheggi a pagamento, l’area corrispondente va regolarmente tassata, in quanto
in essa si realizza una attività che esclude il carattere dell’accessorietà.
A decorrere dal 1995 dopo l’entrata in vigore della nuova disciplina dettata dal D. Lgs
n. 507/93, le superfici pertinenziali ed accessorie non beneficiano più dell’esonero totale ma
sono assoggettate, sempreché suscettibili di rifiuti, alla tassa limitatamente al 25% della loro
superficie.
Tale trattamento è stato comunque esteso anche alle superfici che risultano pertinenziali ed accessorie ad altre superfici soggette a tributo, per cui l’esonero del 75% della
superficie è applicabile anche alle strade, ai percorsi pedonali ed ai parcheggi del camping.
Per quanto concerne la parte di piazzola eccedente la superficie di alloggiamento
dell’unità abitativa mobile, si ritiene che in tal caso non si tratti di superficie accessoria o
pertinenziale ma di area operativa del campeggio, come tale tassabile per la metà ai sensi
dell’articolo 66, comma 1.
* Arenili - La tassa sui rifiuti si applica anche agli arenili antistanti gli stabilimenti balneari. A questa conclusione è giunta la Quinta Sezione del Consiglio di Stato (decisione
122/99), affermando: “che tra le aree soggette alla tassa certamente rientrano gli arenili, dal
momento che di essi si deve escludere il carattere di accessorio o pertinenziale rispetto agli
edifici in cui hanno sede gli stabilimenti balneari”.
133
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8. 2. 7 Dalla TASSA alla TARIFFA
Come riferito precedentemente, la legge 9.12.1998 n. 426, prevede a decorrere dal
1° gennaio 2000 la soppressione della tassa per lo smaltimento dei rifiuti e la sua sostituzione con una tariffa di natura non fiscale. Ad onor del vero, la sentenza n. 17526 del
2007 della Corte di Cassazione ha statuito la natura tributaria della TIA. Con la citata sentenza, la Corte Suprema ha dichiarato la natura tributaria della tariffa, sulla base della
devoluzione delle relative controversie al giudice tributario, a opera dell’art. 3-bis del D.L.
203/2005.
In particolare, gli atti con cui il gestore del servizio di smaltimento dei rifiuti solidi
urbani richiede al contribuente quanto da lui dovuto a titolo di tariffa di igiene ambientale
hanno natura di atti amministrativi impositivi di un obbligo pecuniario di natura pubblicistica, perciò sottoposto dal legislatore alla giurisdizione del giudice tributario; essi, di conseguenza, debbono rispondere ai requisiti sostanziali propri di tali atti: in primo luogo
debbono - al fine di consentire l’esercizio da parte del destinatario del diritto alla difesa enunciare - anche in forma sintetica, purché chiara - sia la fonte della richiesta sia gli elementi di fatto e di diritto che la giustificano, anche sotto il profilo quantitativo (Sent. n.
17526 del 9 marzo 2007 dep. il 9 agosto 2007 della Corte Cass., Sez. tributaria).
Il Consiglio dei Ministri, in data 16 aprile 1999 ha varato in via definitiva il regolamento per l’elaborazione del metodo normalizzato con cui calcolare l’onere a carico dei
contribuenti che coprirà i costi del servizio di gestione del ciclo dei rifiuti solidi urbani.
Secondo il provvedimento, dal 1° gennaio 2000 i Comuni con oltre 5000 abitanti,
che nel 1999 avranno coperto con la TARSU il 90% e oltre del costo di gestione dei rifiuti, dovranno applicare la tariffa, differenziata tra utenze domestiche e non.
Il nuovo sistema prevede per le utenze domestiche una tariffa che è il risultato di una
parte fissa relativa alla superficie dell’abitazione e di una parte variabile legata al numero
dei componenti il nucleo familiare. Le utenze non domestiche, cioè soprattutto gli esercizi commerciali, saranno invece classificate, per la parte variabile della nuova tariffa in trentuno categorie e in dieci sottocategorie riferite alle specifiche attività. Una quota della
parte variabile potrà essere abbattuta in base al raggiungimento di risultati nella raccolta
differenziata.
Per i Comuni che non hanno raggiunto livelli ottimali di finanziamento del servizio,
o che comunque hanno meno di 5000 abitanti, il DPR prevede un periodo di transizione
da tre a otto anni a seconda del grado di copertura dei costi.
In questi casi la tariffa verrà introdotta gradualmente:
•
nei primi due anni sarà applicata una tariffa “temporanea” basata sulla superficie
dell’abitazione e, per una percentuale variabile tra il 20 e 70% a discrezione degli enti
locali, sul numero dei componenti il nucleo familiare;
•
dal terzo anno in poi verrà applicato integralmente il nuovo metodo di calcolo della
tariffa.
134
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8. 2. 8 Addizionale comunale IRPEF
•
•
8. 3
Il D. lgs 28 settembre 1998, n. 360 ha istituito l’addizionale comunale all’IRPEF.
L’addizionale si compone di due parti:
una prima parte, con una aliquota che viene approvata con decreto del Ministro delle
Finanze di concerto con i Ministri del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione
Economica e dell’Interno entro il 15 dicembre, da applicare a partire dall’anno successivo, con la contemporanea riduzione delle aliquote IRPEF stabilite dall’art. 11,
comma 1, DPR n. 917/86;
una seconda parte deliberata dai Comuni, entro il 31 dicembre 1998 (entro il 31
ottobre negli anni successivi) con la variazione dell’aliquota addizionale da applicare per l’anno successivo. Tale variazione non può eccedere complessivamente 0,5
punti percentuali con incrementi annui non superiori a 0,2 punti.
ICI - Imposta Comunale sugli Immobili
L’ICI è stata istituita a decorrere dal 1° gennaio 1993 dal Decreto Legislativo 30
dicembre 1992 n. 504. Successivamente il legislatore è intervenuto più volte per integrare e rettificare le disposizioni contenute nel citato provvedimento.
Ai Comuni è stato attribuito un ampio potere di deliberare, oltre all’aliquota normale, aliquote più alte o più basse per determinati gruppi di immobili.
* Soggetti obbligati - Soggetti obbligati ad effettuare il versamento dell’imposta comunale sono:
•
i proprietari di fabbricati, aree fabbricabili o terreni agricoli siti nel territorio dello
Stato;
•
i titolari di un diritto reale di godimento (usufrutto, uso, abitazione), anche se non
residenti nel territorio o non aventi la sede legale/amministrativa o non esercenti
attività nello stesso.
* Presupposto – Presupposto del tributo è il possesso di uno dei seguenti tipi di immobili:
a) fabbricati;
b) aree fabbricabili - L’art. 36, comma 2, D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con
modificazioni, dalla L. 4 agosto 2006, n. 248 ha definito la nozione di area fabbricabile, prevedendo che “un’area è da considerarsi fabbricabile se utilizzabile a
scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal comune,
indipendentemente dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo”;
c) terreni agricoli.
Dal 2008 è esente da ICI l’unità immobiliare adibita ad abitazione principale (prima
casa), intendendosi per tale l’unità immobiliare ove il soggetto passivo ha fissato la propria residenza.
Parimenti può essere esentata da ICI (purché, tuttavia, sia stabilito nel regolamento
135
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comunale) l’unità immobiliare concessa in uso gratuito ad un proprio familiare.
A partire dal 1° gennaio 1998 vengono introdotte alcune novità previste dall’art. 58
del D. Lgs 15 dicembre 1997, n. 446 oltre all’individuazione tra i soggetti passivi del tributo, come: “dell’enfiteuta, del superficiario e dell’utilizzatore dell’immobile nell’ambito di
un rapporto finanziario (com’è noto nel caso di locazioni “semplici”, l’inquilino è completamente estraneo al tributo comunale), anche di alcuni chiarimenti in materia:
•
-
-
-
-
ICI e leasing - con l’art. 56 del decreto in questione, il soggetto passivo diviene dunque il locatario e nel caso di fabbricati di gruppo catastale D privi di rendita e posseduti da imprese «il locatario assume la qualità di soggetto passivo a decorrere dal
1° gennaio successivo a quello nel corso del quale è stato stipulato il contratto di
locazione finanziaria».
Fabbricati del gruppo catastale A e C - per uffici e negozi l’obbligo ICI spetta all’utilizzatore e non alla compagnia di leasing dalla data del contratto di consegna. In
questi casi la base imponibile è data dalla rendita catastale (sia essa “attribuita”,
“proposta” o solo “presunta”).
Fabbricati del gruppo catastale D senza rendita - in questa ipotesi la base imponibile si crea con i dati contabili e non con quelli catastali. L’ICI dev’essere pagata dalla
parte utilizzatrice dall’anno successivo a quello di stipula (o di consegna del bene),
quindi: il primo anno paga il conducente e dal secondo anno in poi l’utilizzatore.
Fabbricati del gruppo catastale D con rendita “proposta” nel 1998 deve pagare l’ICI
la compagnia di leasing con i dati di contabilità, nel 1999 paga l’ICI l’utilizzatore riferendosi alla rendita catastale.
Fabbricati del gruppo catastale D con rendita “attribuita” definitivamente - se la rendita già sussisteva al 1° gennaio 1998, l’ICI è dovuta dall’utilizzatore sulla base dei
dati catastali.
A proposito dei fabbricati di categoria “D” - Con la risoluzione del 1° marzo 1999,
n. 35/E il Ministero delle Finanze chiarisce che il criterio della determinazione ai fini ICI
della base imponibile secondo il valore contabile dei fabbricati classificati nel gruppo catastale D, interamente posseduti dalle imprese e distintamente contabilizzati, non può più
essere preso in considerazione una volta che detti immobili siano stati iscritti nel registro
del catasto e abbiano ricevuto attribuzione della rendita. Il Ministero ha inoltre precisato
che se i fabbricati appartenenti al gruppo D, hanno subito rilevanti modificazioni strutturali dopo che gli è stata assegnata la rendita, l’unica possibilità per effettuare correttamente gli adempimenti correlati al pagamento dell’ICI è quella di affidarsi alla rendita dei fabbricati similari già iscritti in catasto. Il divieto così imposto passa attraverso la lettura delle
disposizioni inserite nell’art. 5 del D. Lgs n. 504/1992, che stabiliscono vari criteri per la
determinazione della base imponibile degli immobili per l’applicazione dell’ICI. La precisazione che giunge dal Dicastero è che l’attribuzione della rendita equivale ad annotazio136
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ne della rendita “proposta”. Una volta che il procedimento di determinazione della base
imponibile risulta incardinato sul binario del valore catastale non è dato far ritorno al precedente sistema di calcolo, quand’anche si verificasse la necessità di ottenere la valutazione della rendita per le notifiche permanenti, strutturali o di destinazione subite dall’immobile. A questo punto il bene immobile ha ormai perso il suo stato di “fabbricato classificabile” che consentiva il suo trattamento ai sensi del comma 3 dell’art. 5 del D. Lgs n.
504/1992 ed è necessario seguire il criterio ordinario, che richiede il ricorso alla rendita
di immobili similari già iscritti in catasto.
* Come si calcola l’imposta: l’imposta si ottiene moltiplicando il valore della rendita del
fabbricato, dell’area fabbricabile o del terreno agricolo, rivalutata del 5% (valore imponibile ICI), per uno dei seguenti coefficienti:
100 per fabbricati in categorie catastali A (abitazioni), B (collegi, convitti, ecc.) e C
(magazzini, depositi, laboratori);
50 per fabbricati in categorie catastali D (opifici, alberghi, campeggi, teatri, banche
ecc.) e A/10 (uffici e studi privati);
34 per fabbricati in categoria catastale C/1 (negozi e botteghe).
* Fabbricati di categorie catastali D privi di rendita catastale posseduti da imprese: la
base imponibile si definisce applicando determinati coefficienti sull’ammontare dei costi
sostenuti per gli immobili che risulta al lordo delle quote di ammortamento, dalle scritture contabili. In particolare, occorre applicare, per ciascun anno di fondazione, di detti costi
appositi coefficienti stabiliti con Decreto Ministeriale, come da tabella sottoriportata.
Anno
1999
1998
1997
1996
1995
1994
1993
1992
1991
Aggiornamento dei coefficienti (D.M. 10.2.1999)
Coefficienti
Anno
Coefficienti
1,02
1990
1,28
1,03
1989
1,33
1,06
1988
1,39
1,09
1987
1,51
1,12
1986
1,62
1,16
1985
1,74
1,18
1984
1,86
1,19
1983
1,97
1,22
1882 e preced.
2,09
* Gli orticelli, i piccoli appezzamenti coltivati occasionalmente senza struttura organizzativa, e i terreni incolti: se non sono aree fabbricabili, sono esclusi dal campo di applicazione dell’ICI.
137
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* Immobili inagibili - l’imposta è ridotta al 50% per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili
e di fatto non utilizzati, limitatamente al periodo dell’anno in cui sussistono tali condizioni.
* Periodo di possesso - l’ICI va rapportata ai mesi di titolarità del diritto reale; il mese in cui
la titolarità è iniziata o cessata si computa per intero se la frazione è superiore a 14 giorni, non
si computa se la frazione è fino a 14 giorni.
Ad esempio, il contribuente che ha acquistato un immobile il 20 aprile, dovrà versare, tra giugno e dicembre, l’ICI relativa agli 8 mesi di possesso dell’immobile (maggio - dicembre).
In conseguenza di questo metodo di calcolo, le vendite o gli acquisti effettuati dopo il 17 dicembre non incidono sull’ammontare dell’ICI annuale da pagare, ma la denuncia va presentata
ugualmente. In questo caso il venditore dichiarerà 12 mesi di possesso, mentre l’acquirente,
anch’egli tenuto a dichiarare l’immobile, dichiarerà 0 mesi di possesso.
* Come si effettua il versamento - il versamento dell’ICI deve essere effettuato il due rate:
prima rata (acconto): deve essere versata entro il 16 giugno di ogni anno ed è pari al 50%
dell’imposta dovuta;
seconda rata (saldo): deve essere versata fra il 1° e il 16 dicembre (il restante 50% per il
possesso dell’intero anno).
Non si effettuano versamenti di imposta uguale o inferiore a € 2,07. Se l’ammontare della
prima rata è inferiore a detto importo, si effettua un solo versamento a saldo.
* Modalità di versamento - il versamento deve essere effettuato a favore del Concessionario
della riscossione del Comune in cui è situato l’immobile ovvero al Comune attraverso una delle
seguenti modalità:
a) Mediante l’utilizzo dell’apposito bollettino di versamento sul conto corrente postale;
b) Mediante delega di pagamento conferita ad una banca o alle Poste, attraverso il modello
F24 disponibile gratuitamente sul sito dell’agenzia delle entrate (www.agenziaentrate.it).
In questo caso i contribuenti hanno la possibilità di compensare il debito d’imposta con
eventuali crediti derivanti dalla dichiarazione dei redditi.
Se il contribuente possiede immobili in Comuni diversi, deve effettuare distinti versamenti per ciascun Comune. Se il contribuente possiede, invece, più immobili ubicati nello stesso
Comune, deve effettuare un unico versamento.
•
In caso di contitolarità devono essere effettuati tanti versamenti quanti sono i contitolari,
ciascuno dei quali versa la propria quota. Per le parti comuni dell’edificio (ad esempio:
alloggio del portiere) il versamento può essere effettuato dall’amministratore del condominio a nome del condominio medesimo.
•
Qualora nel corso dell’anno il contribuente titolare degli immobili sia deceduto, gli eredi
dovranno calcolare l’ICI da versare per conto del de cuius fino alla data del decesso (sempre per dodicesimi e in relazione alla quota posseduta dal defunto) e versare l’imposta con
un bollettino a suo nome. Per il restante periodo dell’anno, gli eredi calcoleranno la loro
138
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imposta in proporzione alle quote ereditate e utilizzeranno per il versamento bollettini
distinti.
Il versamento dell’ICI dovuta per l’intero anno può essere effettuato in un’unica soluzione nel mese di giugno.
l’ICI indebitamente versata negli anni precedenti non può essere recuperata sul versamento successivo. Il contribuente può recuperare tale importo presentando istanza di rimborso.
Le persone non residenti nel territorio dello Stato possono avvalersi anche della facoltà di
effettuare il versamento dell’imposta dovuta per l’intero anno, in un’unica soluzione nel
periodo dal 1° al 16 dicembre dell’anno in corso.
•
•
•
* Misura delle sanzioni - In caso di omesso o insufficiente versamento ICI, si irroga la sanzione amministrativa del 30% dell’imposta non versata oltre agli interessi di mora del 2,5%, per
ogni semestre compiuto (misura modificata dall’art. 17, Legge 146/1998; fino al 14.05.1998 era
7%).
8. 4
Tasse sulle concessioni regionali
Con decreto legislativo 22 giugno 1991, n. 230, recante: “Approvazione della tariffa delle
tasse sulle concessioni regionali ai sensi dell’art. 3 della legge 16/5/1970, n. 281”, è stata emanata una “Tariffa unica delle tasse sulle concessioni regionali”, in vigore, nelle Regioni a statuto ordinario, dal 1° gennaio 1992.
Il provvedimento, inoltre, stabilisce che gli atti e provvedimenti rientranti nella competenza delle “Regioni a statuto ordinario” ed elencati in questa tariffa, non sono soggetti, in dette
regioni, a tasse di concessioni governativa.
Le tasse, come indicate nella tabella sotto riportata, devono essere pagate mediante versamento su apposito conto corrente postale intestato alla Tesoreria della Regione competente
ed i relativi importi devono essere richiesti ai pertinente Servizi Tributari regionali.
Articolo
7
22
Indicazione degli atti soggetti a tassa
Titolo 1 - Igiene e Sanità
Autorizzazione igienico-sanitaria per l’apertura e vidimazione annuale dei seguenti pubblici esercizi:
Esercizi per la somministrazione di alimenti;
Esercizi per la ristorazione;
Esercizi per la somministrazione di bevande.
Titolo III - Turismo e industria alberghiera
1. Autorizzazione rilasciata ai sensi dell’art. 2 della Legge 21/3/1958, n. 326, per l’apertura e l’esercizio di uno dei seguenti complessi ricettivi:
a) - alberghi e ostelli per la gioventù;
b) - campeggi;
c) - villaggi turistici.
2. Autorizzazione rilasciata ai titolari o gestori di uno dei predetti complessi ricettivi per la nomina
di un proprio rappresentante (art. 6, L. 326/58)
139
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L’articolo 55 del D. Lgs 15 dicembre 1997, n. 446 (Finanziaria ’98) dispone che dal
1° gennaio 1998, le Regioni a statuto ordinario possono non applicare, anche limitatamente ad alcune di esse, le tasse sulle concessioni regionali.
Attualmente, per quanto a nostra conoscenza, le Regioni che hanno previsto l’abrogazione delle tasse di concessione regionale sugli atti adottati dalle stesse sono: Emilia
Romagna - Lombardia - Marche - Piemonte - Veneto.
8. 5
Imposta regionale sulle attività produttive - IRAP
Con la pubblicazione sul Supplemento Ordinario n. 252 alla G.U. n. 298 del 23 dicembre 1997 del Decreto Legislativo 15 dicembre 1997 n. 446 è stata istituita l’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP). Si ricorda che l’articolo 42, comma 7, D. L. 207/2008
ha differito al 1° gennaio 2010 il termine a decorrere dal quale l’IRAP assumerà natura di
tributo regionale, con istituzione e regolamentazione con legge regionale. Ad oggi, quindi, l’IRAP è ancora una imposta statale (la fonte, infatti, è statale: D. Lgs 446/1997); la
dizione “regionale” attiene soltanto alla considerazione che il gettito, così come il potere di
regolamentare l’accertamento o la riscossione sono devoluti alle regioni.
Per espressa previsione normativa (art. 1, comma 2, D. Lgs n. 446/1997) l’IRAP è
indeducibile dalle basi imponibili IRPEF e IRES. Detta previsione è stata recentemente
modificata dall’art. 6, D.L. n. 185/2008 che, dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2008, ha disposto la possibilità di dedurre dalle imposte sui redditi il 10% dell’IRAP.
Si sintetizzano di seguito i principali contenuti della disciplina relativa all’imposta in
questione.
* Istituzione dell’imposta - A decorrere dal 1° gennaio 1998 è istituita l’imposta regionale sulle attività produttive esercitate nel territorio delle regioni. L’imposta ha carattere
reale e non è deducibile ai fini dell’IRPEF e IRPEG.
* Presupposto dell’imposta - È l’esercizio abituale di un’attività diretta alla produzione
o allo scambio di beni e servizi. L’IRAP è un’imposta peculiare perché, a differenza delle
tradizionali imposte dirette, non ha come presupposto il reddito o il patrimonio, ma lo
svolgimento di un’attività (economica o no), autonomamente organizzata, per la produzione di beni e servizi; in altre parole, sono presupposti dell’IRAP lo svolgimento, con
autonoma organizzazione, di un’attività imprenditoriale, di un’attività artistica o professionale o di un’attività amministrativa. Costituisce in ogni caso presupposto di imposta l’attività esercitata dai seguenti soggetti:
•
società di qualunque tipo (Snc - Sas - Spa - Srl, ecc.);
•
dagli enti (Associazioni - Consorzi - ecc.), compresi gli organi e le amministrazioni
dello Stato.
*
•
140
Soggetti passivi - Sono soggetti passivi dell’IRAP:
le società di capitali e gli enti aventi per oggetto l’esclusivo o principale l’esercizio di
manuale faita 2012-18nov_Layout 1 01/02/12 14.49 Pagina 141
•
•
•
•
•
•
attività commerciale;
le società in nome collettivo e in accomandita semplice e quelle ad esse equiparate;
le persone fisiche esercenti attività commerciali;
le persone fisiche, le società semplici e quelle ad esse equiparate esercenti arti e
professioni;
i produttori agricoli titolati di reddito agrario;
gli enti pubblici e privati non aventi per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di
attività commerciale;
le società e gli enti non residenti nel territorio dello Stato.
Non sono soggetti passivi dell’imposta:
•
i fondi comuni di investimento;
•
i fondi pensione;
•
i gruppi economici di interesse europeo (GEIE).
* Periodo di imposta - L’IRAP è dovuta per periodi di imposta a ciascuno dei quali corrisponde un’obbligazione tributaria autonoma. Il periodo di imposta è determinato secondo i criteri generali vigenti per le imposte sui redditi.
* Destinazione dell’imposta – Il gettito dell’imposta è destinato alla regione nel cui territorio il valore della produzione netta è realizzata.
*
Dichiarazione dei soggetti passivi - Anche se non ne consegue debito di imposta,
ogni soggetto passivo deve dichiarare, per ogni periodo di imposta, i componenti per
determinare il valore della produzione (base imponibile IRAP).
A pena di nullità la dichiarazione deve essere redatta su stampato conforme a quello
approvato con decreto del Ministero delle Finanze.
A partire dal periodo d’imposta 2008 (Unico 2009) la dichiarazione IRAP non fa più parte
integrante del modello unificato (Unico), ma va presentata alla Regione attraverso un
modello ministeriale autonomo.
*
Obblighi contabili - Ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive, i soggetti
passivi devono osservare gli stessi obblighi documentali e contabili ai quali sono tenuti ai
fini delle imposte sul reddito e sul valore aggiunto.
*
Domicilio dei soggetti passivi - Ogni soggetto passivo si considera domiciliato nel
comune nel quale ha il domicilio fiscale secondo le disposizioni in materia di imposta sui
redditi (art. 2, comma 2 e comma 2 bis del Dpr 917/1986 - comune di residenza, sede
legale, ecc.).
141
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*
Giurisdizione sulle controversie - Le controversie concernenti l’imposta regionale
sulle attività produttive e le relative addizionali e le sanzioni sono soggette alla giurisdizione delle Commissioni Tributarie.
* Poteri delle regioni - Le regioni a statuto ordinario emanano una legge che, nel rispetto dei principi in materia di imposta sul reddito e di quelli recati dalla legge nazionale istitutiva dell’IRAP, disciplini le procedure applicative dell’imposta.
Compete alle amministrazioni regionali il potere di constatare le violazioni in materia di
IRAP.
* Determinazione dell’imposta - L’imposta è determinata applicando al valore della produzione netta, l’aliquota ordinaria che, dal periodo d’imposta successivo a quello in corso
al 31 dicembre 2007, è pari al 3,9% salvo l’applicazione delle addizionali comunali e provinciali come più avanti specificate.
*
Addizionale comunale e provinciale all’imposta regionale sulle attività produttive - A
partire dall’anno d’imposta 1999 i Comuni e le Province potranno applicare un’addizionale all’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP).
Dopo l’emanazione della legge regionale che stabilisce le aliquote minime delle addizionali in questione, i comuni e le province possono istituire l’addizionale comunale o provinciale; i comuni e le province hanno facoltà di aumentare l’aliquota dell’addizionale in
misura non superiore a una volta e mezza l’aliquota minima stabilita dalla predetta legge
regionale.
*
Riscossione dell’imposta e versamento in acconto - Fino a quando non avranno effetto le leggi regionali che disciplineranno le procedure applicative dell’IRAP,
per la riscossione dell’imposta si applicano le seguenti disposizioni:
•
l’imposta dovuta a ciascuna regione in base alla dichiarazione è riscossa
mediante versamento del soggetto passivo da eseguire con le modalità e nei
termini stabiliti per le imposte sui redditi;
•
nel periodo di imposta per il quale la dichiarazione deve essere presentata
sono dovuti acconti dell’imposta ad esso relativa. Gli acconti sono dovuti
secondo le stesse disposizioni previste per le imposte sui redditi e sono versati con le modalità e nei tempi per queste stabilite;
•
l’imposta che risulta dalla dichiarazione annuale non è dovuta se l’importo
spettante a ciascuna regione non supera € 10,33, per lo stesso importo, non
si fa luogo, a iscrizione nei ruoli. Con le leggi regionali il predetto importo può
essere adeguato;
•
se il saldo è negativo, l’imposta non è rimborsabile né il credito può essere
portato in compensazione se il relativo importo non supera € 10,33;
142
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•
la riscossione coattiva dell’imposta avviene mediante ruolo sulla base delle
disposizioni che regolano la disciplina delle imposte sui redditi (i ruoli, formati dall’ente creditore sono affidati all’Agente della riscossione).
8. 6
Tasse sulle concessioni governative
Le tasse sulle concessioni governative sono disciplinate dal DPR 26 ottobre
1972, n. 641; sono dovute allorché vengono richiesti determinati provvedimenti
amministrativi emessi da amministrazioni statali; talvolta, in ipotesi espressamente disciplinate, possono essere assolte attraverso il sistema del bollo.
Il prelievo tributario è connesso allo svolgimento dell’attività amministrativa:
la tassa è, infatti, collocata e dovuta o nella fase iniziale, o nello svolgimento, o
nella fase conclusiva del procedimento amministrativo. Pur se la denominazione del
tributo fa riferimento alle “concessioni”, sono soggetti alla tassa non solo le concessioni in senso tecnico, ma gli atti amministrativi concessori in senso lato,
ossia gli atti che producono un qualche vantaggio per l’amministrato (autorizzazioni, licenze, legalizzazioni, certificazioni, iscrizioni, ecc.).
Classificazione - Le tasse in esame possono essere raggruppate in relazione al
modo in cui sono collegate al procedimento amministrativo. Esse si dividono in:
a) Tasse di domanda: devono essere corrisposte prima della presentazione della
domanda (esempio: domanda di brevetto).
b) Tasse di rilascio: devono essere corrisposte prima del rilascio di licenze, autorizzazioni e simili (porto d’armi, passaporto, licenza di pesca).
c) Tasse periodiche: devono essere corrisposte annualmente e si correlano ad
atti amministrativi la cui efficacia dura nel tempo (ad esempio il porto d’armi).
In generale, gli atti per i quali sono dovute le tasse non sono efficaci sino a
quando il tributo non è stato assolto.
Modalità di pagamento – Le tasse di CC.GG. sono riscosse:
a) In modo ordinario:
versamento sul conto corrente postale intestato all’Agenzia delle Entrate;
versamento all’agente della riscossione (anche tramite banca o posta).
b) In modo straordinario, ossia mediante l’impiego di apposite marche, annullate da un pubblico ufficiale.
Tariffa - in vigore dall’1.1.1996 - D.M. 28.12.1995
Le tasse devono essere pagate, salva diversa disposizione della tariffa, mediante
versamento sul conto corrente postale intestato a: Agenzia delle Entrate di Roma –
Tasse CC.GG. (oppure Agenzia delle Entrate Centro Operativo di Pescara – Tasse
CC.GG.).
Le tasse annuali devono essere pagate, salva diversa disposizione della tariffa, entro il 31 gennaio di ciascuno degli anni solari a quello di emanazione o di com143
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pimento dell’atto. Stante le modifiche apportate alle tasse di concessione governative, di seguito, si indicano quelle prevalenti nel nostro comparto o comunque di
comune utilizzo.
Art.
1
2
3
4
5
15
16
23
24
8. 7
Indicazione degli atti soggetti a tasse
TITOLO I - Persone fisiche, giuridiche e società
Rilascio del passaporto ordinario per l’estero
Registrazione delle persone giuridiche e delle modificazioni
dei relativi atti costitutivi e statuti
Iscrizioni nel registro delle imprese relativo a società nazionali
e a società estere aventi la sede legale nel territorio dello Stato
TITOLO II - Pubblica sicurezza
Licenza di porto di pistole, rivoltelle o pistole automatiche,
armi lunghe da fuoco e bastoni animati
Licenza di porto di fucile anche per uso di caccia.
Tassa di rilascio, di rinnovo e annuale
TITOLO V - Trasporti
Patente di abilitazione alla guida di veicoli a motore
Patente di abilitazione al comando o alla condotta
di imbarcazioni da diporto compresi i motoscafi
Tassa annuale e di rilascio
TITOLO VIII - Altri atti
Bollatura e numerazione di libri e registri
(art. 2215 del codice civile)
per ogni 500 pagine o frazioni di 500 pagine
Attribuzione del numero di partita IVA
Importo ( in €)
40,29
soppressa dal 1.1.98
soppressa dal 1.1.98
115,00
168,00
soppressa dal 1.1.98
soppressa dal 1.1.98
67,00
soppressa dal 1.1.98
Altri tributi
8. 7. 1 Tributo provinciale per la tutela - Protezione e igiene dell’ambiente
*
Istituzione dell’imposta - Con D. Lgs 30.12.1992, n. 504, è stato istituito, a decorrere dal
1° gennaio 1993, un tributo annuale a favore delle province, a fronte dell’esercizio delle funzioni amministrative di interesse provinciale riguardanti l’organizzazione dello smaltimento dei
rifiuti, il rilevamento, la disciplina ed il controllo degli scarichi e delle emissioni e la tutela, la difesa e la valorizzazione del suolo.
* Soggetti passivi e tariffa - Il tributo è commisurato alla superficie degli immobili assoggettata dai comuni alla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani ed è dovuto dagli stessi soggetti che, sulla base delle disposizioni vigenti, sono tenuti al pagamento della predetta tassa.
144
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Il tributo è determinato in misura non inferiore all’1% e non superiore al 5% delle tariffe per unità di superficie stabilite ai fini della tassa comunale per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, ed è adottato con delibera della Giunta Provinciale entro il mese di ottobre di ciascun
anno per l’anno successivo.
* Liquidazione del tributo - Il tributo è liquidato e iscritto a ruolo dai comuni contestualmente alla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani con l’osservanza delle relative norme per
l’accertamento.
8. 7. 2 UTIF - Ufficio Tecnico Imposta di Fabbricazione
*
Diritto annuale di licenza UTIF per gli esercizi di vendita di prodotti alcolici - Soppressa a
valere del 1° gennaio 1999 (art. 21, comma 5, legge 448/1998 - Finanziaria ‘99).
*
Gruppi elettrogeni di riserva - I detentori di gruppi elettronici di riserva devono effettuare la
relativa denuncia presso l’UTIF, di competenza territoriale, in duplice copia sugli stampati M/BIS
1-2-3-5 unificati.
Occorre inoltre presentare allo stesso ente un’istanza in bollo per ottenere una licenza specifica per il gruppo elettrogeno di riserva, allegando alla stessa un certificato dalla CCIAA e numero tre marche da bollo.
La relativa tassa di rilascio e di rinnovo deve avvenire nei seguenti termini:
Gruppi con potenza inferiore a 20 KV - importo da imputarsi sul capo primo capitolo 1419;
Gruppi con potenza superiore a 20 KV - importo da imputarsi sul capo primo capitolo
1419;
in entrambi i casi deve essere versata un’ulteriore tassa sul capo primo capitolo 1411.
Con le seguenti modalità:
•
Nuove licenze: mediante versamento alla Tesoreria della Banca d’Italia il cui numero di c/c
è da chiedere al locale istituto.
•
Rinnovo annuale: mediante versamento in c/c postale, da corrispondere entro il 31 dicembre di ogni anno ed il cui numero è da chiedere all’UTIF di competenza provinciale.
*
Depositi oli minerali - Chi intende esercitare un deposito con o senza serbatoio di oli minerali (gasolio) deve fornire preventiva denuncia, in carta legale, all’UTIF provinciale.
Sono altresì soggetti alla denuncia gli esercizi di depositi per usi privati, agricoli ed industriali,
aventi capacità superiore a 10 mc. Tale limite è elevato a 25 mc. solo per i depositi per usi privati, o di oli combustibili e di oli da gas. La denuncia deve essere corredata dalla copia dell’atto di
concessione o di quello di autorizzazione.
8. 7. 3 Diritti camerali
*
Istituzione del tributo - Il tributo è dovuto alla Camera di Commercio Industria
Artigiano e Agricoltura, ai sensi del decreto legge 22.12.1981, n. 786, convertito in legge
n. 51 del 26.2.1982 e successive modificazioni.
*
Soggetti obbligati - Devono corrispondere il “diritto annuale” tutte le aziende che
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svolgono attività economiche iscritte agli Albi ed ai Registri tenuti dalle Camere di
Commercio. Il diritto è dovuto anche per un solo giorno di attività svolta nell’anno solare.
Più precisamente il diritto camerale è legato alla semplice iscrizione al Registro Imprese,
anche nell’ipotesi in cui l’impresa o la società fosse inattiva.
*
Modalità di pagamento - Le Camere di Commercio provvedono alla riscossione del
diritto a mezzo di apposito bollettino prestampato di c/c postale. I versamenti dovranno
essere effettuati entro 30 giorni dal termine indicato nei bollettini stessi. In genere il termine di 30 gg vale per la prima iscrizione; per gli anni successivi la scadenza è legata al
pagamento del saldo (16 giugno o, con la maggiorazione dello 0,40%, entro il 16 luglio)
delle imposte sui redditi. Il pagamento in genere avviene tramite mod. F24.
*
Avvertenze - Le imprese devono porre particolare attenzione nel non confondere il
bollettino della Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura (C.C.I.A.A.) prestampato, con i numerosi bollettini postali, talvolta formalmente simili, che ricevono da
parte di organizzazioni private. Queste, facendo riferimento in modo spesso equivoco
all’iscrizione dell’impresa alla Camera di Commercio, “esigono versamenti per pubblicazioni, servizi e cosi via che nulla hanno a che fare con gli enti camerali” e che non sono
obbligatori per le imprese.
8. 7. 4 Canone di abbonamento RAI - TV
*
Soggetti passivi - Chi detiene (la legge, quindi, non fa riferimento all’uso effettivo)
uno o più apparecchi radioriceventi e/o televisivi, in esercizi pubblici o in locali aperti al
pubblico, o comunque fuori dall’ambito familiare, o li impegna a scopo di lucro diretto o
indiretto, deve corrispondere il canone di “abbonamento speciale” alla RAI-TV. La materia è regolata dal RDL del 21.12.1938, n. 426 e dal D.L. 21.12.1944, n. 458 e successive
modificazioni.
*
Modalità di pagamento - Il canone di abbonamento speciale va pagato, a differenza
di quello ordinario, entro il 31 gennaio di ogni anno, direttamente alla: “RAIRadiotelevisione italiana - Via Cernaia - 10121 Torino”.
*
Particolarità (da Regolamento RAI) - A differenza dell’abbonamento privato, l’abbonamento speciale:
1. è valido solo per l’indirizzo per il quale è stipulato. Ne consegue che ogni esercizio
o ufficio facente capo ad una medesima struttura centrale (aziende ricettive di una
stessa catena) dovrà essere coperto da un autonomo abbonamento speciale;
2. è di importo commisurato al numero degli apparecchi detenuti. In particolare, per
ogni esercizio pubblico presso il quale siano detenuti più apparecchi è dovuto il
canone base per il primo apparecchio e tanti supplementi quanti sono gli apparecchi ulteriori (o più esattamente, i locali nei quali sono installati gli apparecchi).
Di norma, tanto il canone base quanto i supplementi debbono essere corrisposti
nella misura prevista dalle tabelle ministeriali per l’anno o il semestre solare. Tuttavia, nel
146
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caso in cui l’esercizio pubblico sia ad apertura stagionale, il canone complessivamente
dovuto risulterà dalla somma del canone base annuale e dell’importo dei supplementi
parametrato al periodo di effettiva apertura.
Per l’abbonamento speciale il primo versamento deve essere effettuato mediante
l’apposito bollettino di c/c postale n. 2105 da richiedere alle Sedi Regionali della RAI. A
seguito del primo versamento, viene inviato al nuovo abbonato speciale il libretto di abbonamento, sul quale è riportato il numero di ruolo e che contiene i bollettini di c/c postale
n. 2105 per il rinnovo dell’abbonamento.
Le tabelle con gli importi dei canoni sono disponibili su “Televideo” alla pagina 528
o sulla sito interenti ufficiale della rai (www.rai.it).
L’abbonamento deve essere richiesto a nome del titolare dell’autorizzazione amministrativa e deve essere precisata la natura del locale in cui viene installato l’apparecchio
ricevente, la categoria di classificazione ed eventualmente il numero di apparecchi oltre il
primo.
*
Modalità d’uso nelle aziende ricettive - Si precisa che le aziende ricettive provviste
di apparecchi radio, filodiffusione e TV, oltre ad essere in possesso delle relative autorizzazioni amministrative per la detenzione di dette attrezzature, sono tenute a corrispondere ulteriori oneri elencati nei paragrafi seguenti.
8. 7. 5 Imposta sui pubblici spettacoli - SIAE
*
Oggetto - L’imposta concerne l’esecuzione di composizioni musicali, intrattenimenti e spettacoli che avvengono nei pubblici esercizi, organizzati gratuitamente o a pagamento, per i clienti e per l’uso di strumenti meccanici o apparecchi riceventi. La materia è
regolata dal DPR 26/10/1972, n. 640 e successive modificazioni.
*
Ufficio competente - L’art. 17, del provvedimento in esame, ha affidato: l’accertamento e la riscossione dell’imposta e dei tributi connessi, alla Società Italiana degli Autori
ed Editori - SIAE. Più specificatamente per effettuare trattenimenti musicali e/o spettacoli, bisogna ottenere un permesso dalla SIAE e quindi corrispondere, a mezzo degli agenti
locali, la relativa imposta.
*
Convenzione SIAE - FAITA - La FAITA ha provveduto a stipulare, con la SIAE, una
convenzione consistente ad avere delle riduzioni sui compensi relativamente agli strumenti meccanici, radioriceventi e televisivi installati, nonché per tutti i trattenimenti svolti all’interno dei complessi ricettivi; operanti previo rilascio di certificazione di adesione
all’Associazione. Certificazione da richiedere alle Associazioni regionali.
8. 7. 6 Imposta sugli intrattenimenti
Dal 1° gennaio 2000 l’imposta sugli spettacoli è stata sostituita dall’imposta sugli
intrattenimenti.
Infatti, il D. Lgs 60/99 attuativo della L. 288/98, entrato in vigore il 1° gennaio 2000
modifica, sostituisce e abroga molti articoli del DPR. 640/72.
147
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Il provvedimento si compone di due titoli: imposta sugli intrattenimenti e disposizioni in materia di IVA e di due allegati:
*
allegato A relativo alla tariffa dell’imposta sugli intrattenimenti e
*
allegato B, o tabella C, contenente l’elenco delle manifestazioni alle quali si applica
il regime ordinario IVA.
Prima della riforma, l’imposta colpiva tutti gli spettacoli; l’oggetto è ora più circoscritto, in quanto colpisce gli intrattenimenti nei quali prevale l’aspetto ludico, ed è
assente ogni profilo culturale. Gli spettacoli non soggetti a questa imposta sono ora tassati con l’imposta sul valore aggiunto.
8. 7. 7 Riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo
La disciplina della riscossione è stata caratterizzata negli ultimi anni da continue
novelle legislative. Il Decreto Legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 ha disposto il riordino
generale della disciplina della riscossione. Si sono quindi succeduti altri intereventi del
legislatore (ad es. la legge 266/2005), fino alla manovra anticrisi del 2009 (in particolare
il D.L. 185/2008 e il D.L 78/2009) e alla manovra 2010, disposta con il D.L. 31 maggio
2010, n. 78. Si passano in rassegna i punti salienti della riforma della riscossione.
*
-
-
Definizione - Ai fini delle disposizioni contenute nel decreto sulla riscossione si intende per:
concessionario (dal 2006 non più concessionario ma “agente della riscossione”,
vale a dire Equitalia Spa): il soggetto cui è affidato in concessione il servizio di
riscossione o il commissario governativo che gestisce il servizio stesso. Equitalia
Spa è una società a totale partecipazione pubblica; il capitale è, infatti, detenuto per
il 51% dall’Agenzia delle Entrate e per il 49% dall’INPS.
ruolo: l’elenco dei debitori e delle somme da esse dovute formato dall’ufficio ai fini
della riscossione a mezzo del concessionario (oggi “agente della riscossione”).
*
Formazione dei ruoli - Viene soppressa la distinzione fra ruoli principali, suppletivi,
speciali e straordinari. A partire dal 1° luglio 1999 i ruoli in cui sono iscritti le imposte, le
sanzioni e gli interessi si distinguono in ordinari e straordinari. I ruoli straordinari sono
formati quando vi è fondato pericolo per la riscossione. I ruoli ordinari, con formula residuale, sono tutti i ruoli che non sono straordinari. In questo senso, infatti, i riferimenti
contenuti nelle norme ai ruoli principali, suppletivi e speciali, già disciplinati dal D.P.R. n.
602/73, si intendono effettuati ai ruoli ordinari. Il ruolo deve comunque indicare il numero del Codice Fiscale del contribuente, la specie di ruolo, la data in cui il ruolo diviene esecutivo; in mancanza di tali elementi non può farsi luogo all’iscrizione. Il ruolo è sottoscritto, anche mediante firma elettronica, dal titolare dell’ufficio o da un suo delegato. Con la
sottoscrizione il ruolo diviene esecutivo.
148
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*
Termini di decadenza per le iscrizioni a ruolo – L’art. 17 del DPR 602/1973 che disciplinava i termini per l’iscrizione a ruolo è stato abrogato dall’art. 1 D.L. 17 giugno 2005,
n. 106, convertito dalla L. 31 luglio 2005 n. 156. I termini sono ora connessi alla notifica
della cartella di pagamento al debitore secondo i dettami di cui all’art. 25 DPR 602/1973.
*
Cartella di pagamento - Ricevuto il ruolo dall’ufficio, l’agente della riscossione deve
notificare al debitore la cartella di pagamento, entro termini ben specificati, in riferimento
ai quali si rinvia all’art. 25 citato. La cartella di pagamento, redatta in conformità al modello approvato con decreto del Ministero delle Finanze, contiene:
•
l’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo entro il termine di sessanta
giorni dalla notificazione;
•
l’avvertimento che, in mancanza dell’adempimento, il concessionario procederà ad
esecuzione forzata.
Ai fini della scadenza del termine di pagamento il sabato è considerato giorno festivo; in tali casi il termine di scadenza è prorogato al 1° giorno successivo non festivo.
*
Notificazione delle cartelle di pagamento - La cartella può essere alternativamente
notificata:
- dagli ufficiali della riscossione;
- da altri soggetti abilitati dal concessionario;
- dai messi comunali o dagli agenti della polizia municipale;
La notifica può essere eseguita anche mediante invio di raccomandata con avviso di
ricevimento; in tal caso, la cartella è notificata in plico chiuso e la notifica si considera
avvenuta nella data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto dal destinatario o da
persone di famiglia o addetti alla casa, all’ufficio o all’azienda.
*
Modalità di pagamento - Il pagamento delle somme iscritte a ruolo può essere
effettuato presso gli sportelli dell’agente della riscossione (Equitalia Spa) ovvero presso gli uffici delle Poste Italiane od anche presso gli sportelli bancari. In caso di versamento presso le agenzie postali e le banche i costi dell’operazione sono a carico del
contribuente.
*
Interessi di mora - Come visto, il contribuente deve pagare gli importi iscritti a ruolo
entro sessanta giorni dalla notificazione della cartella; decorso inutilmente detto termine,
sulle somme iscritte a ruolo si applicano, a partire dalla data della notifica della cartella e
fino alla data del pagamento, gli interessi di mora determinato annualmente dal Ministro
delle Finanze.
*
Riscossione coattiva - Il concessionario, una volta scaduto il debito e verificata la
mora del contribuente (vale a dire, trascorsi 60 giorni dalla notifica della cartella di paga149
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mento) potrà iniziare, senza la necessità di ulteriori particolari atti, la procedura di espropriazione e di pignoramento.
Tra i beni pignorabili, ovviamente, hanno attenzione privilegiata gli immobili e i
mobili registrati. Per i beni mobili registrati (esempio autovetture), se non è possibile il
pignoramento, perché il bene non viene trovato verrà disposto il fermo. In concreto, il
concessionario scriverà nei registri mobiliari il fermo e darà comunicazione al debitore
insolvente. È ovvio che l’autovettura - per restare nell’esempio - da quel momento non
potrà più circolare.
*
Il valore degli immobili - Se un’immobile viene messo all’asta, il valore d’asta è pari
al valore catastale rivalutato dell’immobile stesso; si applica, cioè, il valore convenzionale stabilito dall’articolo 52, comma 4, del Testo Unico del Registro.
*
Le novità rilevanti - In sostanza, i poteri dell’agente di riscossione in sede di esecuzione forzata, vengono ampliati e rafforzati; si pensi all’esempio fatto per l’autovettura.
In generale: l’agente della riscossione è titolare del diritto di esigere l’adempimento
e di realizzare, anche coattivamente, il credito, avvalendosi anche di azioni cautelari e conservative; queste ultime possono essere:
ordinarie (vale a dire quelle disciplinate dal c.c. e c.p.c.: ipoteca e sequestro conservativo) (art. 49, c. 1, DPR 602/73);
speciali (previste dalle norme tributarie: blocco dei pagamenti, fermo amministrativo dei veicoli, pignoramenti presso terzi, pignoramento del quinto dello stipendio e
della pensione, ecc.)
All’agente è riconosciuta, inoltre, ampia discrezionalità nella scelta della misura da
adottare, in una valutazione, caso per caso, in termini di economicità/efficienza. Oltre a
quanto sopra, in virtù di più riforme legislative, al concessionario sono stati attribuiti
numerosi e penetranti poteri: attraverso i canali tradizionali ovvero tramite una procedura informatica, definita A.R.CO. (Ausilio alla Riscossione Coattiva) ad Equitalia è consentito “gratuitamente”:
Accesso ai dati in possesso di:
1. Agenzia delle Entrate;
2. Anagrafe Tributaria (e, quindi, anche ai dati bancari e finanziari in possesso di questi uffici);
3. Agenzia del Territorio;
4. Conservatoria dei RR II;
5. Camera di Commercio;
6. INPS;
7. Pubblico Registro Automobilistico;
8. Altri numerosi Uffici Pubblici.
150
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Accessi, ispezioni e verifiche
Al pari dell’A.F. e, con l’ausilio anche della GdF e previo rilascio di autorizzazione del
direttore da cui dipendono;
1. Possono accedere anche preso istituti di credito o amministrazioni postali;
2. Nel caso di accesso in locali adibiti anche ad abitazione privata occorre altresì l’autorizzazione della Procura della Repubblica
Da ultimo, si può segnalare che, per effetto dell’art. 29 del D.L. n. 78/2010, l’avviso
di accertamento, tradizionalmente estraneo alla riscossione coattiva (per intraprendere la
quale occorreva da sempre l’iscrizione a ruolo, la notifica della cartella esattoriale e il
decorso dei 60 gg) diviene anch’esso titolo esecutivo; più specificatamente gli avvisi di
accertamento che verranno notificati a partire dal 1° luglio 2011, in ragione della loro
nuova efficacia esecutiva, recheranno l’intimazione ad adempiere entro i termini di proposizione del ricorso (60 giorni dalla notifica) all’obbligo di pagamento delle somme accertate in misura integrale in caso di acquiescenza o per la metà del tributo e degli interessi
in caso di ricorso. Quindi, decorsi trenta giorni da tale termine, la riscossione, in deroga
alla disposizione in materia di iscrizione a ruolo, è affidata agli agenti della riscossione che
sulla base del solo titolo esecutivo iniziale (avviso di accertamento) e senza la preventiva
notifica della cartella esattoriale, procedono ad espropriazione forzata con gli stessi poteri, facoltà e modalità previste dalla disposizioni che disciplinano la riscossione a mezzo
ruolo (così l’art. 29, comma 1, lettera b del D.L. n. 78 del 31 maggio 2010).
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9. Ulteriori adempimenti
9. 1
Consorzio Nazionale Imballaggi - CONAI
Il CONAI è l’organismo privatistico istituito dal Decreto Ronchi 22/97 per gestire il
recupero e il riciclo dei rifiuti da imballaggio. Sono obbligati a iscriversi - pena una sanzione pecuniaria nella misura di sei volte l’importo dovuto - sia i produttori che gli utilizzatori di imballaggi, comprese le piccole imprese sotto il miliardo di fatturato.
*
Adesione al CONAI - L’adesione dev’essere fatta pervenire, su appositi moduli, al
Consiglio di Amministrazione dell’Ente - Via del Vecchio Politecnico, 3 - 20121 Milano.
*
Quota di adesione - La richiesta di adesione dovrà essere accompagnata mediante
sottoscrizione una tantum (che equivale all’acquisto di quote consortili) del versamento
di una quota di partecipazione il cui importo totale è composto da un’importo fisso e uno
variabile:
Importo fisso - è stabilito in euro 5,16 per le imprese con ricavi nell’ultimo esercizio non superiori ad euro 500.000,00 per vendite e prestazioni;
Importo variabile - le imprese con ricavi superiori ad euro 500.000,00 dovranno
corrispondere la quota fissa di euro 5,16 ed una variabile pari allo 0,015% dei ricavi complessivi per vendite o prestazioni.
*
Soggetti che devono iscriversi al CONAI - Secondo le indicazioni e i suggerimenti della
Confcommercio, nell’ambito della ristorazione e ricettività, devono iscriversi al CONAI:
pubblici esercizi che, oltre alla normale attività di somministrazione, vendono prodotti confezionati o bevande per asporto;
pizzerie o ristoranti che vendono cibi preparati per l’asporto.
*
Non devono, invece, iscriversi al CONAI, in quanto imprese considerate esclusivamente utenti finali di imballaggi:
ristoranti che effettuano esclusivamente attività di somministrazione di alimenti e
bevande;
alberghi e strutture ricettive in genere con attività di ristorazione e bar riservati
esclusivamente ai propri clienti.
Tale esclusione dall’iscrizione al CONAI viene meno se:
l’impresa, sia pure marginalmente, svolge attività commerciale (spaccio) vendendo
prodotti completi di imballaggio;
l’impresa importa direttamente i prodotti imballati, in quanto diventa responsabile
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dell’immissione sul territorio nazionale dell’imballaggio e del relativo rifiuto. In tal
caso l’impresa dovrà fare la relativa dichiarazione e versare il Contributo Ambiente
CONAI.
L’azienda che esercita più attività deve iscriversi solo per l’attività prevalente; la prevalenza verrà determinata in base ai ricavi.
Le aziende utilizzatrici di imballaggi di nuova costituzione si devono iscrivere al
CONAI entro un mese dall’apertura della partita IVA. Alla domanda di iscrizione e alla copia
della ricevuta di versamento della quota devono allegare una lettera in cui autocertificano
la recente costituzione.
Le aziende che cessano l’attività devono invece inviare al CONAI una lettera su carta
intestata di disdetta dall’iscrizione.
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10. Unione Europea
Con il “Trattato di Maastricht”, entrato in vigore nel novembre del 1993 dopo la ratifica da parte dei parlamentari nazionali dei Paesi della Comunità Europea, nasce l’UNIONE
EUROPEA.
Il trattato impegna gli Stati membri a potenziare il mercato unico e ad avviare
l’Unione Economica e Monetaria - UEM.
I Paesi che partecipano all’Europa Unita sono inizialmente: Francia, Germania, Italia,
Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo. Negli anni successivi si sono poi aggiunti: Gran
Bretagna, Danimarca, Irlanda, Grecia, Spagna, Portogallo, Austria, Finlandia, Svezia,
Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria,
Bulgaria e Romania.
Nel prossimo futuro si prospetta un’ulteriore allargamento alla: Turchia, Islanda,
Macedonia, Montenegro e Croazia.
Perché la domanda di adesione sia accolta è importante che il Paese richiedente
abbia caratteristiche socio-economiche e politiche simili a quelle prevalenti nella
Comunità.
Attualmente (febbraio 2010) i paesi che fanno parte dell’Unione Europea sono esattamente 27, ma non tutti hanno adottato la moneta unica. I paesi che ancora non hanno
introdotto l’euro sono Bulgaria, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Lettonia, Lituania,
Ungheria, Polonia, Romania, Svezia e Regno Unito.
Inoltre il primo dicembre 2009 è entrato in vigore il nuovo Trattato dell’Unione
Europea (Trattato di Lisbona) nell’ambito del quale il turismo entra a far parte a pieno titolo degli obiettivi dell’UE, che potrà agire a sostegno delle iniziative degli Stati membri,
senza sostituirsi alle loro competenze. In particolare l’art. 195 TUE è stato inserito affinché l’Unione Europea sostenga attraverso determinate misure il settore del turismo all’interno dello spazio comunitario, escludendo tuttavia l’armonizzazione degli ordinamenti
giuridici degli Stati membri nel settore del turismo. Nonostante ciò, l’Unione Europea può
sostenere gli Stati membri in tale settore, in particolare per la promozione della competitività delle imprese che vi lavorano e favorendo lo scambio delle best practice.
10. 1 Nascita della Moneta Unica
Il simbolo della nuova moneta dell’Unione Europea è costituito da una E barrata in
senso orizzontale da due linee ben marcate €. È un simbolo che si ispira alla “epsilon”
dell’alfabeto greco, un riferimento alla culla della civiltà europea e alla prima lettera di
“Europa”, mentre le due linee orizzontali stanno ad indicare la stabilità della moneta.
Il 1° gennaio 1999 nasce l’Euro ed entrano in vigore i tassi di cambio irrevocabilmente fissi tra le valute dei paesi partecipanti.
155
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Pertanto dal 1° gennaio 2002 l’Euro diventa banconota e sostituisce la Lira.
Le lire vengono progressivamente ritirate dalla circolazione dalle banche e sostituite con quelle in Euro, secondo il tasso di conversione precedentemente fissato.
Il cambio della moneta non comporterà variazioni del potere di acquisto, ma solamente l’uso di una diversa unità monetaria.
Le Lire sono comunque accettate per i pagamenti quotidiani fino al 30 giugno del
2002.
Al più tardi entro il 1° luglio 2002 la lira non sarà più in circolazione e non si accetteranno più le banconote in Lire come mezzo di pagamento.
Successivamente le Lire potranno essere cambiate in Euro solo presso la Banca
d’Italia.
10. 2 Tassi di conversione
I tassi di conversione definiti il 31 dicembre 1999 dal regolamento del Consiglio
Europeo n. 2866/98 rappresentano ormai un punto di riferimento non più modificabile nel
processo di unificazione monetaria europea. Si tratta di valori fissi e non più semplicemente di parità centrali di riferimento quali quelle esistenti nell’ambito dello SME, attorno
alle quali poi il cambio tra le divise era solito variare quotidianamente.
Dal 1° gennaio 1999 sono fissati irrevocabilmente i rapporti di conversione tra le
divise dei paesi “in” e l’Euro.
Tassi fissi di conversione fra le 11 divise UEM e l’Euro
Sigla
Lira italiana
ITL
Marco tedesco
DEM
Franco belga
BEF
Franco lussemburghese
LUF
Peseta spagnola
ESP
Franco francese
FRF
Lira irlandese
IEP
Fiorino olandese
NLG
Scellino austriaco
ATS
Escudo portoghese
PTE
Marco finlandese
FIM
Euro - €
1936,27
1,95583
40,3399
40,3399
166,386
6,55957
0,787564
2,20371
13,7603
200,482
5,94573
L’unico modello di calcolo previsto nella conversione di una valuta nazionale ad un’altra è il “sistema della triangolazione”. Vengono individuati tre momenti nella conversione:
•
Nel primo momento si deve convertire la valuta nazionale in Euro utilizzando il tasso
di conversione a sei cifre significative (si divide l’ammontare di valuta nazionale per
il tasso di conversione).
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•
•
•
•
Nel secondo si effettua l’arrotondamento dell’ammontare in Euro a non meno di tre
cifre decimali.
Nel terzo momento l’ammontare in Euro viene convertito in valuta nazionale a tasso
di conversione stabilito.
Nella conversione delle monete due sono le regole da applicare:
I tassi di conversione sono definiti in unità monetaria nazionali per Euro (ad esempio
il tasso di conversione della lira in Euro è: 1 Euro = 1.936,27 Lire e non viceversa);
Il tasso di conversione è a sei cifre significative (ad esempio 1 Euro = 1.936,27 Lire;
1 Euro = 1,95583 Marchi tedeschi).
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Per un aggiornamento puntuale e preciso delle normative più recenti in materia
di strutture ricettive all’aria aperta si consiglia di consultare i seguenti siti:
www.turismo-regioni.it
dove accanto all’indicazione delle normative, comunitarie, nazionali
e regionali interessanti il comparto turistico e le attività imprenditoriali di interesse turistico, è possibile trovare l’indicazione delle più
significative decisioni giurisprudenziali che influenzano il settore
turistico; come anche progetti interessanti le politiche interregionali di sviluppo del tursmo.
www.regioni.it
per poi successivamente cliccare sull’area geografica di riferimento
della regione ed entrare tra le aree tematiche: quali Turismo ma
anche Attività Produttive.
www.lavoro.gov.it
per le problematiche inerenti la sicurezza sui luoghi di lavoro.
www.garanteprivacy.it
www.governo.it/Presidenza/DSCT/normativa
per quanto concerne l’azione del Dipartimento per lo sviluppo e la
competitività del turismo presso la Presidenza del Consiglio dei
Ministri.
www.agcm.it
in merito al corretto rispetto delle regole della concorrenza tra le
imprese e della veridicità dei messaggi pubblicitari, nonché degli
strumenti a tutela del consumatore turista.
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