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SACRA DI SAN MICHELE m 962, Val di Susa

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SACRA DI SAN MICHELE m 962, Val di Susa
ESCURSIONI 2016
U.O.E.I. Unione Operaia Escursionisti Italiani
Sezione “Alberto Casari” Bergamo
L.go Porta Nuova, 10
24122 Bergamo
Tel. Fax. 035.239405
www.bergamo.uoei.it
e-mail: [email protected]
ESCURSIONE ALLA SACRA DI SAN MICHELE
3 aprile 2016 – Sacra di San Michele (T0)
Da Chiusa S. Michele m 378 lungo la mulattiera della Via Crucis fino alla Sacra di
San Michele (monte Pirchiriano). Pranzo e visita guidata della Sacra.
Ritorno: discesa a. Sant’Ambrogio torinese m 360,
Dislivello 600 m - Tempo di percorrenza totale 2.5 -3 – Difficoltà: E
Turistica: salta alla Sacra con l'autobus
Partenza: ore 6:00
Coordinatori: Mariagrazia GANDOLFI, Gabriele VECCHI
In caso di necessità
Comunicare ai :
N. +39.346 42 33 397
N. +39.333 32 11 755
Sacra di San Michele mt. 962
Partenza da Chiusa di San Michele (m 378). Sulla
destra della Chiesa parrocchiale parte, ben indicata, la
comoda mulattiera (sentiero CAI 503), lunga 3 Km,
che porta alla Sacra. Il sentiero è largo e ben tracciato
con fondo con lastre e ciottoli di pietra. Dopo 1.2 km
si piega a destra in salita seguendo i tornanti e dopo
300 m, a sinistra, si incontra un’edicola mariana. Dopo
altri 400 m si tiene il sentiero a a sinistra che sale
ancora per 700 m e termina su un piazzale
(parcheggio) asfaltato. Quì si svolta a sinistra e si
arriva in breve alla Sacra di San Michele. Dal Sepolcro
dei Monaci, la salita continua fino alla chiesa
superiore, ma è una fatica che vale la pena di fare.
(Ore 1:30, 2:00 da Chiusa San Michele)
Alla Sacra, alle ore 11:00 avremo la visita guidata della
Chiesa e dell’Abbazia
Discesa - Per scendere si torna indietro sul viale di
accesso e dopo 300 m sulla sinistra è ben visibile il
sentiero (CAI 502) in discesa per San Pietro e
Sant’Ambrogio. Il primo tratto del sentiero finisce
all’ingresso del paese di San Pietro che si attraversa
passando a fianco della chiesa e in discesa tra le case
fino a un piazzale. Qui, a ridosso di un muro, accanto
al monumento del Giubileo, a sinistra, parte la
mulattiera in discesa (è una via crucis) che porta A
Sant’Ambrogio. Si arriva in paese a destra della chiesa
di Sant’Ambrogio (in un’ora circa dalla Sacra).
Pranzo al sacco, oppure locali disponibili solo al ritorno a Sant’Ambrogio Torinese
Cenni storici
La Sacra di San Michele è uno dei monumenti più
scenografici di tutto il Piemonte (se non il più
scenografico in assoluto) e non a caso è stato scelto
come simbolo della regione. Arroccata in cima al
monte Pirchiriano domani la val di Susa dai suoi 962
metri di altezza e regala alla valle un profilo
inconfondibile e decisamente suggestivo. È uno tra i
più grandi complessi architettonici religiosi si epoca
romanica di tutta Europa.
L’articolo 1 della legge regionale n. 68 del 21/12/1994
recita: “La Regione riconosce la Sacra di San Michele
quale monumento simbolo del Piemonte, per la sua
storia secolare, per le testimonianze di spiritualità, di
ardimento, d’arte, di cultura e l’ammirevole sintesi
delle più peculiari caratteristiche che può offrire del
Piemonte, nonché per la sua eccezionale collocazione
e visibilità.”
È dal lontano 1994, quindi che la Sacra di San Michele
ha il compito di rappresentare la regione Piemonte.
Nonostante questa sua grande visibilità, non è un
monumento conosciutissimo e, da alcuni punti di
vista, questo è un bene dal momento che il turismo di
massa spesso distrugge molti luoghi. In tanti quindi
perdono l’occasione di visitare un posto decisamente
unico. L’atmosfera della Sacra di San Michele è un po’
quella che si respira ne “Il nome della Rosa“: pare
infatti che Umberto Eco si sia ispirato proprio alla
Sacra per ambientare il suo romanzo. Ha anche
rischiato di diventare il set dell’omonimo film, ma il
progetto non è stato mai realizzato a causa dei costi
troppo alti.
Situato nel territorio del comune di Sant'Ambrogio di
Torino poco sopra la borgata San Pietro, appartiene
alla diocesi di Susa. È il monumento simbolo del
Piemonte e una delle più eminenti architetture
religiose di questo territorio alpino, transito per i
pellegrini tra Italia e Francia. Ristrutturato, è stato
affidato alla cura dei padri rosminiani.
Le origini della Sacra di san Michele - Secondo alcuni
storici, già in epoca romana esisteva, nel luogo in cui
sorge ora l'abbazia, un presidio militare che
controllava la strada verso le Gallie. Successivamente
anche i Longobardi installarono un presidio che
fungesse da baluardo contro le invasioni dei Franchi,
facendo del luogo un caposaldo delle cosiddette
chiuse longobarde delle quali rimangono alcune
vestigia nel sottostante paese di Chiusa di San
Michele. Le fasi iniziali della nascita della sacra di San
Michele sono incerte e avvolte in un'alternanza di
storia e racconti leggendari. Lo storico più antico fu un
monaco Guglielmo, vissuto proprio in quel cenobio e
che, intorno alla fine dell'XI secolo, scrisse il
Chronicon Coenobii Sancti Michaelis de Clusa. In
questo scritto, la data di fondazione della sacra è
indicata nel 966, ma lo stesso monaco, in un altro
passo della sua opera, afferma che la costruzione
iniziò sotto il pontificato di papa Silvestro II (999 1003), in precedenza abate dell'abbazia di San
Colombano di Bobbio. Per quanto concerne la data di
fondazione, alcuni studiosi sono orientati a
identificare negli anni 999-1002 il periodo in cui
nacque questa abbazia, mentre per altri la data di
fondazione dovrebbe essere anticipata agli anni 983987. In sostanza quindi l'origine vera e propria della
costruzione risale al tempo in cui visse il santo
Giovanni Vincenzo, tra la fine del X e l'inizio dell'XI
secolo.
Accanto al sacello più antico, Giovanni Vincenzo ne
realizzò un altro che è l'ambiente centrale dell'attuale
cripta della Chiesa. Gli studiosi tendono ad attribuire
questo ambiente a Giovanni Vincenzo in quanto le
nicchie, gli archetti e le colonnine richiamano motivi
analoghi propri dell'architettura bizantina, e l'eremita
probabilmente soggiornò nella città di Ravenna o in
una qualche diocesi del ravennate. Nei decenni
successivi fu costruito un piccolo cenobio che ospitava
pochi monaci e poteva accogliere qualche pellegrino.
Questa costruzione è dovuta alla magnanimità e alla
fede del nobile francese Hugon di Montboissier,
governatore di Aurec-sur-Loire, nell'Alvernia. Nei
decenni successivi, la struttura dell'abbazia, affidata ai
Benedettini, si sviluppò progressivamente dando asilo
ai pellegrini e protezione alle popolazioni della zona.
Nell'XI secolo fu infatti costruito l'edificio della
foresteria, staccato dal monastero, e in grado di
accogliere i numerosi pellegrini che, percorrendo la
via Francigena, vi salivano per trovare ristoro fisico e
spirituale. Un grande impulso fu dato dall'abate
Adverto di Lezat (diocesi di Tolosa) chiamato da Ugo di
Montboissier a dirigere il primo cenobio.
Probabilmente l'architetto Guglielmo da Volpiano
realizzò il progetto della chiesa posta sopra le tre
preesistenti. Il periodo interessato da questo sviluppo
è compreso tra il 1015 e il 1035.
Dopo seicento anni di vita benedettina, nel XVII
secolo, la Sacra restò quasi abbandonata per oltre due
secoli. Nel 1836 Carlo Alberto di Savoia, desideroso di
far risorgere il monumento che era stato l'onore della
Chiesa piemontese e del suo casato, pensò di
collocare, stabilmente, una congregazione religiosa.
Offrì l'opera ad Antonio Rosmini, giovane fondatore
dell'Istituto della carità, che accettò, trovandola
conforme allo spirito della sua congregazione.
Papa Gregorio XVI, con un breve dell'agosto 1836,
nominò i rosminiani amministratori della sacra e delle
superstiti rendite abbaziali. Contemporaneamente, il
re affidò loro in custodia le salme di ventiquattro reali
di casa Savoia, traslate dal duomo di Torino, ora
tumulate in Chiesa entro pesanti sarcofaghi di pietra.
Tra i più noti di essi il duca bambino Francesco
Giacinto di Savoia, l'intrigante madre di Vittorio
Amedeo II primo Re di Sardegna, Maria Giovanna
Battista di Savoia-Nemours e il cardinale Maurizio di
Savoia che tentò senza riuscirci di conquistare il
potere. La scelta di questa antica abbazia evidenzia la
prospettiva della spiritualità di Antonio Rosmini che,
negli scritti ascetici, richiama costantemente ai suoi
religiosi la priorità della vita contemplativa, quale
fonte ed alimento che dà senso e sapore ad ogni
attività esterna: nella vita attiva il consacrato entra
solo dietro chiamata della provvidenza e tutte le
opere, in qualsiasi luogo o tempo, sono per lui buone
se lo perfezionano nella carità di Dio. I padri
rosminiani restano alla sacra anche dopo la legge
dell'incameramento dei beni ecclesiastici del 1867 che
spogliava la comunità religiosa dei pochi averi
necessari per un dignitoso sostentamento e un
minimo di manutenzione all'edificio che conserva
numerose opere d'arte.
Nel XX secolo particolare importanza riveste la visita
di papa Giovanni Paolo II il 14 luglio 1991, nel corso
della sua visita alla diocesi di Susa per la
beatificazione del vescovo Edoardo Giuseppe Rosaz.
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