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Che rumore fa la felicità?
CHE RUMORE FA LA FELICITÀ? Perché è così che ti frega la vita. Ti piglia quando hai ancora l'anima addormentata e ti semina dentro un'immagine, o un odore, o un suono che poi non te li togli più. E quella lì era la felicità. Lo scopri dopo, quando è troppo tardi. E già sei, per sempre, un esule: a migliaia di chilometri da quell'immagine, da quel suono, da quell'odore. Alla deriva. Alessandro Baricco, Castelli di Rabbia Quell’immagine, quella sensazione che ti rimane dentro e non se ne va. All’inizio non la percepisci, troppo preso dalla frenesia della vita, da chi viene e da chi va. Troppo preso a rincorrerla la vita e a rincorrere e farti rincorrere dagli altri. Troppo occupato a cercare qualcosa di più. All’inizio, mentre la vivi, non la puoi sentire come vorresti tu. Dargli parole e corpo, cioè spazio, tempo e senso. Non la puoi definire interamente mentre la vivi (se ti fermassi seriamente a definirla, d’altra parte, non riusciresti a viverla pienamente). Mentre la vivi, se la vivi veramente, la vivi e basta. Dopo ti accorgi del momento magico che ti ha sfiorato e della strana euforia che ti sorprende. E ti rendi conto che tutto passa troppo veloce, solo il tempo di un attimo ed è già lontano. Poi, finito tutto, rimane il silenzio e lo sconcerto. E magari quel sorriso sbigottito… Ma poi ci pensi e tutto ti si fa più chiaro: quella situazione, quell’immagine, quella sensazione, quel momento insomma era lì con te, per te. Ma tu non te ne accorgevi: era lì, ma tu come facevi a saperlo? Credevi di dover ancora rincorrere e fare, di dover trovare qualcosa. Come sempre. Invece era lì e tu annaspavi come in un sogno: cercavi di afferrare ciò che è impalpabile, confuso, sfuggente, quel qualcosa di evanescente, così vicino ma al contempo tanto, troppo lontano. Tu annaspavi e intanto il momento passava, la realtà ti sfuggiva. Eppure era proprio quella lì quella che cercavi, era quella lì la felicità. E lo era proprio essendo lì in quel momento, in quel momento che tu vivevi senza stravolgere tutto, senza forzare gli eventi, senza cercare di capire subito e ad ogni costo. In quel momento che vivevi e basta. In quel momento la vita si vive, dopo la si ripensa, semmai. Ed io infatti dopo ci ripensai. E ritrovai, in quell’immagine ora ferma, ora ridotta a ricordo, certe parole, certi gesti… Capii ch’era quella la felicità. - Ecco, – mi dissi – la felicità è questa qua. E ripensai, e ritrovai quello che era stato, quello che ora non c’era più, quello che ormai è solo un ricordo (bello, unico, ma solo un ricordo). È così ch’è andata, è così che doveva andare. La felicità la vivi quando c’è, poi la rielabori, la riconosci e la capisci. Torna dunque a vivere con fiducia, non cercare con ansia una felicità. Torna a percorrere strade interminabili per incontrare sguardi e persone, per andare avanti, per fare, per dirti: “Sì, oggi è un altro giorno e potrebbe essere magari anche un giorno migliore”. Torna a vivere pienamente, per gioire di ogni istante, per cogliere ciò che ti è dato. Godi per un giorno di sole o di un sorriso inaspettato, presta le tue orecchie ai suoni del mondo, infila la tua faccia nel vento e lasciati trasportare dalla vita. Vivi, insomma. Vivi. Non chiederti che colore ha o che rumore fa la felicità. Certo, non è in questo vivere quotidiano o, per lo meno, non lo è sempre, la felicità. Sicuramente non c’è la felicità dei sogni e dei desideri. Non è la felicità che stiamo cercando: non è questa, non è ancora e chissà quando sarà. Ma tu non correre con l’angoscia di afferrarla, di doverla afferrare. E, se l’hai vissuta, non cercare a tutti i costi di riprenderti un momento che regga il confronto con il passato. Vivi il presente: la vita è qui, è ora, e ogni momento è in sé, irripetibile. Perderlo in confronti e affanni è il primo passo certo verso l’infelicità. Questo è sicuro. l’Acciuga – Il giornalino del liceo “Cavalleri” di Parabiago Ma non piccarti neppure di andare avanti col sorriso beffardo di chi pensa di aver capito e cinicamente procede senza più voltarsi, non considerando i ricordi e nascondendo l’anima di un tempo. Ugualmente sbaglia, come chi vive di ricordi e confronti, chi non considera il passato: è su di esso che poggiamo le nostre conoscenze, è su di esso che costruiamo il nostro futuro. Le situazioni, le sensazioni, le emozioni che ho vissuto e imparato a conoscere mi permettono di vivere con più intensità la vita che sto vivendo ora. È nella felicità che ho conosciuto che poggia la capacità di vivere e di apprezzare pienamente quella che verrà. È nella felicità di ieri il germe di quella di domani. L’importante è vivere senza l’ansia del confronto. La vita costruisce ogni giorno nuovi possibili piccoli o grandi momenti di felicità. Ma a cercarla a tutti i costi, la felicità, ci si fa male, perché non è detto che la si trovi o la si trovi con i modi e i mezzi con cui noi la cerchiamo e, pur trovandola, non è detto che la si riconosca immediatamente o che si riconosca in essa la felicità che stavamo cercando, che ci aspettavamo. La felicità c’è e ha mille varietà. Ma con quale faccia, in quali momenti, in quale luogo e con quali emozioni si possa presentare a noi non si sa. Blondie & Pau La felicità? Meglio non pensarci Un sito americano, www.cracked.com, elenca le veramente felice. Ma ci sono veramente delle cose che di per sé possano rendere beate e appagate le persone? Vediamo. Il 51% dei giovani statunitensi ha come obiettivo diventare famoso perché lo considera un buon trampolino di lancio per la felicità. Eppure la percentuale dei suicidi tra le persone famose è 4 volte superiore alla media. Al secondo posto è indicata la ricchezza: ma gli americani, che di soldi ne hanno, nella classifica mondiale della felicità occupano soltanto il 16° posto, mentre al primo posto vi sono i nigeriani il cui reddito medio annuo non supera i 300 dollari e è quasi di cento volte inferiore a quello USA. La bellezza, al terzo posto, è un altro elemento di assoluta precarietà e non solo perché, come per i soldi, il fascino è relativo e ci sarà sempre qualcuno più bello di te, ma è destinato irrimediabilmente a declinare. Le persone che puntano su di essa, statisticamente, sono tra le più depresse e deprimono e stancano anche chi gli sta intorno. Quarta, la genialità. Ma il genio rischia d’impazzire: oltre un terzo di poeti, musicisti e pittori soffre di disturbi psichici e, comunque, la maggior parte di essi si dichiara infelice. Forse perché ha a che fare con un mondo prevalentemente di idioti? Al quinto posto, il potere. Proprio quello che pure è l’obiettivo primario di psicopatici e frustrati e di quanti vivono soprattutto spinti da un sentimento di rivalsa verso gli altri. Non c’è che dire: c’è proprio da stare allegri. cinque cose che la gente pensa possa renderla Dunque? Che cosa dirci? Ci risponderemo in modo vago come Marilyn Monroe, che aveva tutto ed era tremendamente infelice: ”I soldi e il successo non m’interessano, voglio solo essere una persona meravigliosa”? Oppure? C’è chi ci suggerisce che il modo per non diventare almeno infelice è smettere di pensarci e dedicarsi di più ad altro, soprattutto a quello che più ci piace fare. E magari anche di più agli altri. l’Acciuga – Il giornalino del liceo “Cavalleri” di Parabiago