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4 del 21.5.2012 - il decreto ingiuntivo nella insinuazione al passivo

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4 del 21.5.2012 - il decreto ingiuntivo nella insinuazione al passivo
TRIBUNALE DI BUSTO ARSIZIO
Seconda Sezione Civile
Direttiva numero 4 del 21 maggio 2012
Al Presidente della Commissione Studi Procedure Concorsuali
dell’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili
di Busto Arsizio
Al Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati
di Busto Arsizio
OGGETTO: l’insinuazione al passivo sulla base di decreto ingintivo.
PREMESSA
La presente direttiva, predisposta sulla base di quanto emerso nel corso della
riunione tra i Magistrati della Sezione Fallimentare ed i Curatori tenutasi lo scorso
20 gennaio, riguarda le insinuazioni al passivo basate su decreto ingiuntivo.
Non sarà superfluo ribadire, in questa sede, quanto già sottolineato con la prima
direttiva (dell’11 ottobre 2010): questo documento, come gli altri, già inoltrati al
Consiglio dell’Ordine o che saranno predisposti in futuro, contengono indicazioni
condivise da tutti Magistrati ma resta ovviamente salva la possibilità che il singolo
Giudice Delegato, per ragioni legate alle più varie contingenze (di ordine
processuale, sostanziale o di organizzazione del proprio ruolo) si discosti da tali
linee guida o prassi condivise.
Le indicazioni interpretative (in tema, soprattutto, di verifica dei crediti) vengono
segnalate sotto forma di comunicazione degli orientamenti della Sezione, maturati,
nello specifico, anche ad esito del confronto con i Commercialisti, ma lasciano
ovviamente liberi i Curatori di espletare, in piena autonomia, le attività che la Legge
indica come di loro esclusiva pertinenza e soprattutto, quindi, con specifico riguardo
alle verifica dei crediti, di formulare le “motivate conclusioni” sulle domande di
ammissione al passivo di cui all’articolo 95 comma 1 della Legge Fallimentare
anche in difformità dal contenuto delle direttive della Sezione.
IL DECRETO INGIUNTIVO
La questione della rilevanza probatoria del decreto ingiuntivo si pone quando il
creditore basa la domanda di insinuazione al passivo soltanto sul provvedimento
monitorio ovvero nel caso in cui chieda l’ammissione al passivo (oltre che per il
credito, in ipotesi supportato da altra documentazione) anche per le spese liquidate
dal Giudice in sede di ingiunzione.
Il decreto ingiuntivo costituisce piena prova del credito fatto valere in via monitoria
solo quando é divenuto esecutivo per mancata opposizione (e quindi definitivo, ai
sensi dell’articolo 647 del Codice di Procedura Civile) prima della dichiarazione di
fallimento: “Se non é fatta opposizione nel termine stabilito, oppure l’opponente non
si é costituito, il giudice che ha pronunciato il decreto, su istanza anche verbale del
ricorrente, lo dichiara esecutivo...Quando il decreto é stato dichiarato esecutivo a
norma del presente articolo l’opposizione non può essere più proposta nè
proseguita, salvo il disposto dell’articolo 650...” (“opposizione tardiva”, che é rimedio
di carattere eccezionale).
La rubrica dell’articolo 647 parla di “esecutorietà” del decreto, termine questo che in
ambito processualcivilistico é equivalente a quello di “esecutività”: i termini, infatti,
sono usati, in giurisprudenza, come sinonimi (Cass., ex plurimis: 12731/2007 e
199/1985).
Quello che occorre distinguere in questa sede é la esecutività definitiva o meglio
l’esecutività derivante dalla definitività (non più eliminabile con il normale strumento
dell’opposizione) dalla esecutività provvisoria, concessa a norma dell’articolo 642
del Codice di Procedura Civile in sede di emissione del provvedimento monitorio
(l’altra ipotesi di esecutività provvisoria prevista, in generale, dall’ordinamento, é
quella concessa, in pendenza di opposizione e quindi nel corso del relativo giudizio,
a norma dell’articolo 648 del Codice di rito).
Soltanto il decreto ingiuntivo divenuto esecutivo in via definitiva ai sensi dell’articolo
647 del Codice di Procedura Civile prima della dichiarazione di Fallimento può
costituire, di per sé, piena prova del credito e quindi presupposto per l’insinuazione
al passivo della Procedura.
L’ipotesi normale e fisiologica é quella, già descritta, indicata dall’articolo 647 più
volte citato: il Giudice che ha emesso il decreto, verificata la regolarità della
notificazione e la mancata proposizione di opposizione, lo dichiara esecutivo.
In questo caso il credito é definitivamente accertato e quindi, sulla base del detto
titolo, la domanda di ammissione al passivo del Fallimento può essere accolta sia
per la somma ingiunta (salvo quanto si dirà più avanti con riguardo agli interessi
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moratori) sia per le spese legali liquidate dal Giudice nello stesso provvedimento
monitorio.
Secondo l’orientamento, rigoroso, assunto sul punto dalla Corte di Cassazione, “...il
decreto ingiuntivo acquista efficacia di giudicato sostanziale solo a seguito della
dichiarazione di esecutività ai sensi dell’articolo 647 del Codice di Procedura Civile
e, dunque, è inopponibile alla massa dei creditori concorsuali se non dichiarato
esecutivo prima della sentenza dichiarativa di fallimento, ricorrendo l'esigenza di
verificarne l'irrevocabilità....” (sentenza numero 6198 del 13 marzo 2009).
Tale impostazione giurisprudenziale deriva dalla qualificazione come “costitutiva” (o
“dichiarativo-costitutiva”) della definitività del decreto ingiuntivo data all’attestazione
di cui all’articolo 647 e dalla conseguente applicazione, nella fattispecie, dell’articolo
45 della Fallimentare secondo il quale “Le formalità necessarie per rendere
opponibili gli atti ai terzi, se compiute dopo la data della dichiarazione di fallimento
sono senza effetto rispetto ai creditori”.
Nell’ambito di tale orientamento, che richiede, quindi, non soltanto il verificarsi dei
presupposti per la definitività del decreto, ma anche la relativa formale pronuncia, la
questione relativa alla ipotizzabile disparità di trattamento tra chi avesse ottenuto la
dichiarazione prevista dall’articolo 647 più volte citato prima della dichiarazione di
fallimento e chi, pur avendola richiesta per tempo, non ne avesse ottenuto il rilascio,
viene superato richiamando la possibilità dell’ammissione del credito con riserva, ai
sensi dell’articolo 96 comma 2 numero 2 della Legge Fallimentare (ipotesi della
mancata produzione del titolo per fatto non riferibile al creditore).
L’opzione interpretativa sin qui esaminata non é di poco momento in quanto
l’ipotizzata inopponibilità del decreto ingiuntivo alla Procedura (per la mancata
formale pronuncia di definitività ai sensi dell’articolo 647 citato prima della
dichiarazione di Fallimento) determinerebbe anche l’inefficacia di un’eventuale
ipoteca iscritta sulla base del provvedimento monitorio.
Altro orientamento, assunto dalla dottrina e da parte della giurisprudenza di merito,
ritiene che la pronuncia di esecutività (per intervenuta definitività) del decreto
ingiuntivo prevista dall’articolo 647 abbia natura dichiarativa di un giudicato già
verificatosi per la mancata proposizione dell’opposizione nei termini di legge.
Sulla base di tale orientamento può ritenersi sufficiente, ai fini dell’ammissione al
passivo (considerando verificatasi la definitività sostanziale del provvedimento
monitorio ritualmente notificato a seguito della mancata opposizione) la produzione
del decreto ingiuntivo completo della relata di notificazione e di attestazione della
cancelleria (del Giudice che ha emesso il decreto) in ordine alla mancata
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opposizione: il Giudice Delegato verificherà, in questo caso, la regolarità della
notificazione ai sensi degli articoli 137 e seguenti del Codice di Procedura Civile, la
tempestività di tale notifica, ai sensi dell’articolo 644 dello stesso Codice nonché
l’avvenuto decorso del termine per l’opposizione (previsto dall’articolo 641) in data
anteriore alla dichiarazione di Fallimento; lo stesso Giudice Delegato, infine,
controllerà che l’attestazione della cancelleria in ordine alla mancata proposizione
dell’opposizione sia stata apposta dopo la scadenza del termine per l’opposizione
stessa.
Tale ultimo orientamento interpretativo sembra essere più aderente alla lettera della
legge (che all’articolo 647 parla di “dichiarazione di esecutività” del decreto) ed alla
ratio del sistema di accertamento dei crediti in sede fallimentare che non indica
specifici e concreti criteri per l’individuazione della singola pretesa creditoria e
consente che la domanda di insinuazione al passivo possa essere proposta senza
l’assistenza di un difensore.
Una volta risolta la questione relativa alle formalità richieste perché il provvedimento
monitorio possa considerarsi definitivo e possa quindi costituire, di per sé, piena
prova del credito del quale si chiede l’ammissione al passivo, é opportuno
richiamare i principi che regolano, in generale e sotto vari aspetti, l’efficacia del
provvedimento monitorio in ambito fallimentare.
“...Il decreto ingiuntivo, una volta sopravvenuta la dichiarazione di fallimento del
debitore, è inefficace nei confronti della massa, sia nella ipotesi in cui il termine per
proporre opposizione non sia decorso all'atto dell'apertura della procedura, sia
nell'ipotesi in cui l'opposizione sia stata esperita e penda il relativo giudizio. In tali
casi il creditore che chiede l’ammissione al passivo, deve seguire, ai fini
dell’accertamento del credito, la procedura di cui articoli 92 e seguenti della Legge
Fallimentare, senza poter far valere, quale titolo per l’ammissione allo stato passivo,
il decreto ingiuntivo, essendo questo inopponibile alla procedura fallimentare...”
nell’ipotesi, invece, in cui il decreto ingiuntivo sia divenuto definitivo, esso
“...acquista efficacia di giudicato sostanziale; in tal caso il decreto ingiuntivo
costituisce titolo per l'ammissione del credito allo stato passivo senza alcuna
possibilità di esclusione, non essendo consentito al curatore ed al giudice delegato
di rimettere in discussione l’esistenza del credito, atteso che il giudicato sostanziale
conseguente alla mancata opposizione del decreto ingiuntivo copre non soltanto
l’esistenza del credito azionato, del rapporto di cui esso è oggetto e del titolo su cui
il credito ed il rapporto stesso si fondano, ma anche l’inesistenza di fatti impeditivi,
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estintivi e modificativi del rapporto e del credito precedenti al ricorso per ingiunzione
e non dedotti con l’opposizione” (Cass. 31 ottobre 2007 numero 22959).
Sulla base di una rigorosa applicazione dell’articolo 2719 del Codice Civile
(sull’efficacia probatoria delle copie) dovrebbe considerarsi sufficiente, per
l’ammissione del credito, in assenza di contestazione da parte del Curatore, la
produzione di una copia informale del decreto ingiuntivo. Appare però opportuno,
sia per uniformità di trattamento, sia per evitare, ove possibile, contestazioni in sede
di verifica dei crediti, che il Curatore richieda al creditore la produzione di una copia
del decreto ingiuntivo recante l’attestazione di conformità all’originale, ovvero che
disconosca espressamente la conformità di una copia informale in sede di
predisposizione del progetto di stato passivo, così sollecitando, concretamente, il
deposito di una copia del titolo conforme all’originale.
In presenza della documentazione indicata (e quindi della sostanziale definitività del
provvedimento) potranno riconoscersi al creditore, con lo stesso rango della somma
dovuta per capitale, gli interessi al tasso legale (quello previsto dall’articolo 1284 del
Codice Civile) ovvero gli interessi moratori contrattuali eventualmente indicati nel
provvedimento monitorio, sino alla data del Fallimento.
Non potranno in nessun caso riconoscersi gli interessi moratori di cui al Decreto
Legislativo 9 ottobre 2002 numero 231 in quanto non applicabili, ai sensi dell’articolo
1 comma 2 lettera a) dello stesso Decreto, alle Procedure Concorsuali.
Non é di ostacolo a tale interpretazione la dedotta definitività del provvedimento,
posto che la Corte di Cassazione ha statuito, affermando un principio pienamente
condivisibile, che il mutato regime normativo (e la conseguente diversa
regolamentazione del rapporto derivante, nel nostro caso, da un mutamento della
condizione soggettiva del debitore, che é stato dichiarato fallito) travolge il giudicato
formatosi sulla base di un decreto ingiuntivo non opposto (sentenza numero 9335
del 14 luglio 2000).
Tali considerazioni valgono, ovviamente, solo per gli interessi (qualificati come
moratori) previsti dal Decreto Legislativo 231/2002; nell’ipotesi in cui il decreto
ingiuntivo contenesse la condanna al pagamento di interessi (anch’essi moratori)
aventi fonte diversa dalla normativa appena richiamata, il provvedimento monitorio
sarebbe coperto dal giudicato nella sua interezza ed andrebbero riconosciuti, quindi,
anche gli interessi indicati nel decreto ingiuntivo.
Le spese legali liquidate in sede monitoria andranno riconosciute al chirografo
anche se il credito azionato é assistito da privilegio, e ciò per le seguenti
considerazioni.
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L’unica norma della Legge Fallimentare che fa riferimento alle spese è quella
contenuta nell’articolo 54, riguardante i creditori privilegiati, che “fanno valere il loro
diritto di prelazione sul prezzo dei beni vincolati per il capitale, gli interessi e le
spese”; tale disposizione deve essere letta in relazione alla norma generale dettata
dall’articolo 2749 comma 1 del Codice Civile che indica come assistiti dallo stesso
privilegio del credito “le spese ordinarie per l’intervento nel processo di esecuzione”.
La norma speciale di cui all’articolo 54 citato, indicando, con espressione generica,
“le spese” non può che riferirsi alla regola dettata, in via generale, dall’articolo 2749
del Codice Civile proprio con riguardo ai crediti assistiti da privilegio: il diritto di
prelazione deve quindi ritenersi esteso alle spese ordinarie necessarie all’intervento
nella procedura concorsuale e non alle spese liquidate in sede monitoria.
Per la stessa ragione vanno riconosciute in via chirografaria, anche se il credito
fosse, in ipotesi, privilegiato, le spese di registrazione del decreto ingiuntivo (dovute
all’Erario ai sensi dell’articolo 1 del D.P.R. 26 aprile 1986 numero 131 e all’articolo 8
della Tariffa allegata allo stesso Decreto).
La relativa domanda deve essere documentata (nonostante l’importo sia dovuto per
legge) nel senso che il creditore deve depositare la ricevuta dell’avvenuto
versamento della somma all’Erario, ferma restando la possibilità di chiedere
l’ammissione con riserva, ai sensi dell’articolo 96 comma 2 numero 2 della Legge
Fallimentare, del credito relativo alle spese di registrazione del decreto ingiuntivo.
Oltre alle spese liquidate in sede monitoria, spesso i creditori chiedono anche il
riconoscimento delle spese di precetto e di pignoramento.
Nell’ipotesi di pignoramento positivo soccorre la norma di cui all’articolo 2755 del
Codice Civile che riconosce un privilegio speciale, sui beni oggetto di atti
conservativi o di espropriazione, alle “spese di giustizia” sostenute dal creditore in
relazione a tali atti.
Con riguardo alle spese di precetto e di pignoramento negativo non può che farsi
riferimento alle norme del Codice di Procedura Civile sul processo di esecuzione e
sulle relative spese. La Corte di Cassazione, affermando, sul punto, un principio
pienamente condivisibile, ha statuito che “L’articolo 95 del Codice di Procedura
Civile, nel porre a carico del debitore esecutato le spese sostenute dal creditore
procedente e da quelli intervenuti che partecipano utilmente alla distribuzione,
presuppone che il processo esecutivo sia iniziato con il pignoramento eseguito
dall’ufficiale giudiziario; tale disposizione, pertanto, non può trovare applicazione in
caso di pignoramento negativo e di mancato inizio dell'espropriazione forzata...”
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(sentenza numero 8298 del 12 aprile 2011 e, nello stesso senso: Cass. 26
settembre 2006 numero 20836).
Potranno quindi essere riconosciute le spese di precetto e di pignoramento solo nel
caso di esito positivo di quest’ultimo, con privilegio sui beni pignorati.
Distinti saluti.
Busto Arsizio, 21 maggio 2012
il Presidente di Sezione
dott. Carmelo Leotta
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