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Climatizzazione naturale. Dalla cultura islamica ottimi spunti

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Climatizzazione naturale. Dalla cultura islamica ottimi spunti
Tecnologia
Alessandra Pezzoli *
Climatizzazione naturale.
Dalla cultura islamica
ottimi spunti
Le soluzioni offerte dall’architettura mediterranea tradizionale ancora oggi indicano efficaci
metodi per risolvere alcune problematiche della climatizzazione evitando energivori impianti
per garantire il comfort degli edifici
KEYWORDS Sostenibilità, ventilazione, comfort, architettura mediterranea
L
a climatizzazione artificiale è divenuta sempre più d’uso
comune, non solo nei luoghi di lavoro ma anche nelle
abitazioni.Voci critiche si levano però contro gli effetti
dannosi dell’aria condizionata artificiale sulla salute nonché
l’elevato consumo elettrico per il suo funzionamento. Ricerche per il benessere ambientale “passive” o “ecosostenibili” ci
portano nuovamente ad esplorare l’antica saggezza dei nostri
predecessori mediterranei che già utilizzavano soluzioni semplici, economiche e e non dannose per la salute.
L’ area geografica e culturale del Medio-Oriente Islamico, è
caratterizzata da un clima caldo-secco, con temperature medie
giornaliere estive che variano dai 40°C ai 50°; queste condizioni hanno determinato l’adozione di particolari strategie di
controllo microclimatico, dal controllo della radiazione solare
all’utilizzo della ventilazione, allo sfruttamento dell’acqua per
l’azione raffrescante. La disposizione dei gruppi di abitazioni
è sicuramente la prima scelta che permette di limitare o sfrut-
tare la presenza del sole e del vento (a seconda che si desideri
fare scudo contro i loro eccessi o potenziarne gli effetti) e di
drenare le acque. Gli edifici possono proteggersi a vicenda
contro gli eccessi di radiazioni solari, o essere disposti in modo
da migliorare la ventilazione e la luminosità interne.
Ad esempio, il tracciato delle classiche vie tortuose delle città
mediterranee crea zone d’ombra, favorisce e incanala, ove occorra, brezze rinfrescanti, mentre frena i venti di tempesta;
così come la tipica casa “a patio”, raccolta intorno a un cortile
centrale con i lati porticati, crea giochi di aperture, cortili in
ombra e camini per captare il vento o per aspirare verso l’alto
l’aria calda. Di particolare interesse sono alcuni sistemi edilizi
costruiti per il controllo e l’incremento della ventilazione naturale e per il raffrescamento tramite evaporazione dell’acqua,
diversi a seconda delle singole situazioni climatiche, delle condizioni socio-economiche delle popolazioni, del tipo e della
funzione degli edifici.
Natural air conditioning.
Excellent ideas from the Islamic culture
KEYWORDS Sustainability, ventilation, comfort, Mediterranean architecture
T
he results of many studies show the harmful effects of artificial air
conditioning on human health and the high energy consumption
for its operation. The research for the “passive” or “eco-friendly”
environmental well-being brings us to explore once again the ancient
wisdom of our Mediterranean predecessors, who were already using simple and inexpensive solutions.
The Islamic Middle East is characterized by a hot and dry climate, with
summer average daily temperatures ranging from 40° to 50° C; these
conditions have led to the adoption of specific strategies of microclimatic
control, from the control of solar radiation to the use of ventilation and
the exploitation of water for the cooling action.
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The most advanced natural cooling techniques by ventilation are those
developed within such civilizations as the Arabian or the Persian one,
for example those applied in the malqaf, a tower for the picking up of
the air, which is placed on the top of inhabited spaces and built with an
opening that faces towards the prevailing winds, or the Qà’a, an opening
which is placed leeward and allows the emission of the warmest air of the
indoor environment, or the Iranian bad-ghir, a “windcatcher” for the hot
air extraction, oriented upwind.
Such natural ventilation systems can be associated with evaporative cooling systems, such as the one in the Palazzo della Zisa
in Palermo.
CIL 156
1. Schema funzionale del Malquaf.
2. L’applicazione del Malquaf in una residenza araba.
3. Schema funzionale del Bad-ghir.
4.Schema funzionale del Qa’a.
La ventilazione naturale
Le tecniche di raffrescamento naturale per ventilazione più
avanzate sono quelle sviluppate in seno a civiltà come l’araba
o la persiana, quali quelle applicate nei malqaf, nei Qà’a e nei
bad-ghir iraniani.
malqaf sono di dimensioni ridotte ed hanno uno sbocco in
ogni stanza, sino a quella più interna detta serdab, un locale
interrato, in grado di raffrescare ulteriormente l’aria in arrivo
dal malqaf, in cui la famiglia si rifugia nelle ore più calde della
giornata. I malqaf iraniani sono in muratura, hanno pianta
rettangolare e sono alti dagli 8 ai 15 metri; l’apertura di captazione è realizzata con un colonnato aperto nella direzione
dei venti dominanti.
Anche in Egitto il malqaf è stato usato fin dall’antichità nelle
abitazioni tradizionali; ha una forma diversa dalle torri del
vento mediorientali, infatti è costituito da una copertura in
legno inclinata tra i 30° e i 45° posta sul tetto degli edifici. In
Pakistan, e in particolare nella città di Hyderabad, l’alta temperatura e la scarsa umidità vengono combattute mediante
centinaia di torri del vento di tipo unilaterale, direzionate tutte
nello stesso verso perché in quella regione dell’India il vento
soffia sempre dalla stessa parte.
Il modo più semplice di realizzare dispositivi multidirezionali
è quello di incorporare una vela o un’aletta orientabile che
ruota su un perno, manovrabile dall’interno dell’abitazione,
orientate in modo da poter gestire due differenti angolazioni
di vento dominante.
Il malqaf
Il malqaf è una torre di captazione dell’aria posta sulla sommità di locali, realizzata con un’apertura rivolta verso i venti
dominanti ad una certa altezza dall’edificio. Essa ha il pregio
di funzionare anche in assenza di vento: durante la notte la
massa che lo costituisce si raffresca, per irraggiamento e convezione asporta calore dall’aria presente al suo interno che,
aumentando di densità, scende nei locali dell’edificio; durante
il giorno, quando la temperatura esterna aumenta, la massa
muraria costituente la torre mantiene una temperatura minore, per cui può continuare a raffrescare l’aria al suo interno,
che penetra negli ambienti. In presenza di vento questo fenomeno viene accelerato.
Il malqaf si trova in varie forme e dimensioni, dal Nord Africa,
attraverso il Medio Oriente, sino alle regioni del Pakistan.
In Iraq, dove la temperatura esterna estiva è di circa 45°C, i
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CIL 156
Il Qà’a
Il sistema di estrazione dell’aria più comune, il wind-escape,
è un’apertura posta sottovento che permette all’aria più calda
dell’ambiente confinato di fuoriuscire, grazie alla depressione
che si crea presso l’apertura che ha l’effetto di smuovere i
flussi d’aria.
Dalla tradizione turca deriva il qà’a, un ambiente ventilato
naturalmente, utilizzato secondo la tradizione per ricevere gli
ospiti. Il qà’a è composto da tre ambienti: il durqà’a, un locale centrale a tutta altezza, con pavimento in marmo usato
per la circolazione delle persone, coperto con un lanternino
in legno che fornisce illuminazione; gli iwanat, due ambienti
annessi, chiusi, sollevati e con tappeti, dove avvengono le pubbliche relazioni.
Il principio su cui si basa il qà’a è molto semplice: in estate
l’aria calda dell’ambiente tende a salire verso l’alto e fuoriesce
dalle aperture del lanternino; tale flusso richiama aria fresca
dagli ambienti circostanti. In inverno, invece, le aperture vengono chiuse con del vetro e l’effetto serra che si crea riscalda
l’ambiente, reso freddo dall’aria invernale.
Un esempio emblematico derivante dalla tradizione araba è
il qà’a associato al malqaf nell’edificio Muhib Al Din Eshafei
al Cairo, risalente al 1350 d.C. Il sistema funziona grazie alla
differenza di pressione tra le parti in gioco: il malqaf, posto
sopravento, cattura l’aria dei venti dominanti, la incanala entro l’iwan e poi nel durqà’a, che ha un soffitto molto più alto
degli ambienti circostanti, a forma di lanternino. Al centro
della stanza è posta una fontana che aumenta l’umidità relativa
dell’ambiente e diminuisce la temperatura dell’aria. Il flusso
d’aria esce per effetto camino all’esterno, attraverso le grate
di legno poste sulle pareti del lanternino, che, surriscaldandosi per i raggi solari, favorisce ulteriormente il meccanismo.
Questo surriscaldamento non influenza il microclima interno
poiché la sommità del lanternino del qà’a si trova molto in alto
rispetto alla parte destinata all’uomo.Tale sistema permette di
avere un buon movimento dell’aria anche quando all’esterno
non vi siano brezze.
In Iran, tradizionalmente, è realizzato con una copertura a
cupola, che evita eccessivi surriscaldamenti, alla cui sommità
vengono realizzate delle aperture per l’uscita dell’aria calda.
Il Bad-ghir
In altri casi, come per la ventilazione di grandi ambienti pubblici come moschee, scuole, bagni o depositi commerciali, è
più diffuso l’impiego di prese d’aria unidirezionali, molto simili alle “maniche a vento” usate sulle navi, orientate controvento, per l’ estrazione dell’aria calda.
Il sistema più noto ed efficace è quello dei bad-ghir, letteralmente in persiano “prendi vento”, diffusi in Iran e nelle aree
del Golfo. Il sistema è basato sul principio della ventilazione
termica o “dei moti convettivi”, ed è costituito essenzialmente
da una canna in muratura leggera (generalmente a pianta qua-
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5.Una delle caratteristiche torri del vento di Bastakija, Dubai (Emirati Arabi Uniti).
drilatera ma anche ottagonale o circolare), a sua volta suddivisa nel senso dell’altezza in quattro o più settori, quadrati o
triangolari. Qualunque sia la giacitura dell’edificio, la stagione
e l’ora, almeno due settori contigui saranno in ombra e all’interno della canna si determinerà un doppio flusso parallelo,
tale da estrarre aria calda e immettere aria fresca. Inoltre la
massa del bad-ghir funziona da volano termico: il mattino
è più fredda dell’aria esterna che, a contatto con la massiccia
muratura, si raffredda e diventando più densa scende verso il
basso ed entra nell’edificio; durante il giorno accumula calore
che restituisce di notte all’aria che tende a salire, innescando
così un ciclo di ventilazione inverso. Se canna, altezza e orientamento saranno ben dimensionati, negli ambienti in cui termina il bad-ghir (spesso è la sala comune o di rappresentanza
della famiglia) si avvierà una sensibile circolazione d’aria, ma
soprattutto si otterrà un abbassamento di temperatura, valutabile tra i 6 e i 10 gradi.
In alcuni casi le torri del vento sono costruite ad una certa
distanza dall’edificio e collegate ad essi tramite condotti sotterranei; il funzionamento della torre è analogo a quello del
bad-ghir, ma il condotto induce un ulteriore raffrescamento
dell’aria captata per l’elevata inerzia termica del terreno.
Il raffrescamento “evaporativo”. Le fontane
I sistemi di raffrescamento naturali più efficaci che si trovano
nell’architettura tradizionale araba utilizzano anche l’acqua. È
CIL 156
6. Il raffrescamento dei cortili del Palazzo del Generalife, Alhambra, Granada, avviene tramite evaporazione dell’acqua.
questa una caratteristica fondamentale della cultura islamica:
si sfrutta il raffrescamento per evaporazione.
Il raffrescamento “evaporativo” è un processo in cui l’effetto
dell’evaporazione del contenuto d’acqua dell’aria viene utilizzato come pozzo termico naturale; il calore sensibile dell’aria viene ceduto alle molecole d’acqua sotto forma di calore
latente, al fine di consentirne l’evaporazione. La quantità di
calore sensibile assorbito dipende dall’ammontare di acqua
che può essere evaporata.
Le tecniche di raffrescamento evaporativo hanno radici antiche di migliaia di anni e si sono sviluppate nei tipici paesi
islamici con climi caldi e secchi, nei quali l’acqua ha assunto
anche un forte significato simbolico e religioso. La fontana,
posta generalmente nel mezzo del cortile o del patio, spesso
ha una forma simbolica che rievoca la volta celeste: è esternamente quadrata con il bacino centrale ottagonale o a più facce
e dei semicerchi negli spigoli dei quadrati.
L’acqua in movimento nelle fontane è efficace nel raffreddare
l’aria, e spesso infatti viene collocata al centro dei locali forniti
di torri del vento, che convogliano l’aria esterna verso l’acqua
della fontana, diminuendo la temperatura dell’aria ed incrementandone il contenuto di umidità.
Spesso associato alla fontana è il salsabil, una lastra di marmo
obliqua lavorata con disegni minuti, che grazie all’irregolarità
della superficie movimenta l’acqua aumentando la superficie
di scambio per l’umidificazione dell’aria; esso è generalmente
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posto in una nicchia di fronte all’iwàn, il luogo adibito alle relazioni sociali ed è collegato ad una fontana posta poco lontano.
Nella tradizione mediorientale e araba alcuni elementi dell’involucro edilizio tipici hanno la funzione di controllo del microclima interno, come ad esempio la mashrabìya, uno schermo di
legno dalle geometrie molto decorative, applicato sulle aperture di facciata. La mashrabìya ha la funzione di controllare il
passaggio della luce e assicurare la privacy, ma anche di ridurre
la temperatura dell’aria e aumentarne l’umidità, grazie al materiale usato, il legno. Esso infatti assorbe l’umidità del vento
durante la notte e, quando è colpita dai raggi del sole di giorno,
rilascia l’umidità all’aria nell’ambiente. Questo effetto poteva
essere aumentato costruendo un ambiente apposito a sbalzo,
chiuso da pannelli in legno, nel quale venivano collocate delle
giare di terracotta naturalmente porose, piene d’acqua.
Anche i cortili dell’architettura mediterranea sono conosciuti,
almeno sin dal Medioevo, come un utile modo di rinfrescare
le case. Quando il clima è particolarmente secco, l’architettura araba e moresca ricorre alle fontane o ai canali d’acqua
circolanti fra patios e giardini. Nell’architettura moresca, in
particolare, il cortile si comporta come un pozzo che raccoglie l’aria fresca della notte e la mantiene, sinché il sole non
giunge a perpendicolo. In un palazzo con due cortili, uno più
ampio e basso e l’altro più stretto e profondo, si crea così un
flusso di aria fresca, attraverso gli ambienti intermedi, nelle ore
più calde e torride della giornata. Questo sistema era in uso
CIL 156
7. Palazzo della Zisa (Palermo).
in molti edifici del mondo islamico in particolare nei palazzi
signorili della Casbah di Algeri. Le case della vecchia Algeri
non hanno fontane all’interno, poiché l’aria è troppo umida
(da 70% a 90% di umidità relativa, a seconda delle stagioni).
Ma altrove la fontana nel cortile ha garantito il raffreddamento
e l’umificazione dell’aria che entra nelle stanze d’abitazione.
Spesso l’impiego di materiali da costruzione porosi, come la
terra cruda, ha lo scopo preciso di rinfrescare l’ambiente per
evaporazione, aspirando umidità dal terreno.
Il raffrescamento evaporativo associato alla ventilazione: il Palazzo della Zisa di Palermo
La realizzazione del palazzo della Zisa di Palermo risale all’epoca di dominazione normanna in Sicilia, seguita all’egemonia islamica dell’isola durata per due secoli. Il palazzo venne
ultimato intorno al 1166 dal re Guglielmo II, con la duplice
finalità di realizzare una dimora in cui trascorrere le calde
giornate estive e la volontà di lasciare un segno tangibile del
suo potere e della grandezza della dominazione normanna in
Sicilia. L’edificio venne progettato in un unico contesto con
il giardino circostante, il parco reale del Genoard (Paradiso
in terra), arricchito da una vasca, la “peschiera”, in asse all’ingresso: la presenza del giardino progettato alla maniera araba
testimonia la forte influenza islamica subita dai Normanni, che
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furono fortemente attratti dalla cultura dei loro predecessori.
Il massiccio involucro del palazzo è costituito da un parallelepipedo orientato nella direzione est-ovest, con due corpi
sporgenti che rompono la linearità dei fronti sui due prospetti
laterali. Tutto il palazzo è realizzato intorno ad un vano quadrato, posto al centro, che costituisce il fulcro dell’edificio ai
cui lati sorgono simmetricamente gli ambienti residenziali.
Al piano terra si trova la sala di rappresentanza, che con la sua
doppia altezza, le ricche decorazioni murarie e la presenza
dell’acqua, che simboleggia una delle sorgenti del paradiso
coranico, costituisce un elemento caratteristico dell’edilizia
palazziale islamica. Il secondo piano si sviluppava originariamente attorno a un grande atrio scoperto, con loggette ai
quattro angoli, sovrastante il salone della fontana; anche gli
ambienti adiacenti erano scoperti.
Così come era tradizione nel mondo islamico, nell’ideazione
e nella realizzazione della Zisa è stata posta molta attenzione
al rapporto tra la natura ed il costruito al fine di sfruttare al
meglio tutti quegli elementi che potevano influire sul microclima interno al palazzo.
Il massiccio involucro costituisce una frontiera per proteggere
gli ambienti interni dalla forte radiazione solare. Sul prospetto
posteriore, rivolto ad ovest, un corridoio non ha solo funzione
distributiva ma è utile come ostacolo per il surriscaldamento
CIL 156
8. Nicchia della sala principale con fontana del castello della Zisa (Palermo).
degli ambienti; le aperture su questo fronte sono di dimensioni
molto ridotte per impedire che durante le lunghe ore di insolazione nelle giornate estive la temperatura degli ambienti salga.
Tra i diversi accorgimenti progettuali, quello che più di ogni
altro caratterizza la Zisa è il sistema di ventilazione naturale interna che, prima delle numerose trasformazioni a cui il palazzo
è stato soggetto nel corso dei secoli, riusciva a garantire una
costante refrigerio portato dalle brezze più fresche. Quest’ultime lambivano l’acqua della peschiera antistante l’edificio, entravano dai fornici del prospetto principale e raggiungevano
la sala della fontana.
La presenza dell’acqua che scorreva all’interno del vano permetteva di aumentare la percentuale di umidità dell’aria prima
che questa cominciasse il suo naturale moto ascendente verso
i piani superiori. Nella sala della fontana è infatti presente
un salsabil. L’acqua veniva convogliata alla fontana attraverso
un’apertura sul muro e da lì scorrendo sul marmoreo salsabil
raggiungeva le vasche e poi la peschiera.
Il sistema di ventilazione era reso possibile dalla presenza di
condotti verticali di ventilazione posti all’interno dei corpi
sporgenti sui lati corti del palazzo, che comunicavano con
aperture ai diversi piani del palazzo; sfruttando l’effetto camino, determinato dal moto ascendente dell’aria calda, le
brezze che venivano introdotte all’interno del palazzo anda-
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vano a sostituire l’aria calda presente negli ambienti che trovava uno sfogo naturale attraverso le torri. La scoperta delle
canne di ventilazione è avvenuta durante i recenti lavori di
consolidamento e restauro; infatti le fenditure (lunghe 120
cm e larghe 25 cm) nelle volte erano state otturate nei secoli
scorsi, così come nelle stesse pareti erano state aperte finestre
che annullavano il tiraggio e il ricambio dell’aria.
La sala centrale del secondo piano e gli atri adiacenti venivano
ventilati direttamente dalle ampie aperture presenti nella copertura del palazzo, che garantivano la circolazione dell’aria
per l’effetto camino. Le aperture contrapposte sui due prospetti est ed ovest rendevano possibile, oltre alla mobilitazione
dell’aria in senso verticale dovuta all’effetto camino, anche la
ventilazione orizzontale; questa era incrementata inoltre dalla
presenza di ulteriori aperture al di sopra delle porte interne,
che mettevano in comunicazione i diversi ambienti. Queste
piccole finestrelle, ancora oggi visibili, permettevano all’aria di
muoversi costantemente tra gli ambienti ad una quota superiore a quella abitata, evitando fastidiose correnti.
Il palazzo della Zisa ha subito nel corso dei secoli pesanti
trasformazioni: nel tempo sono state ostruite molte delle aperture che permettevano all’aria di circolare all’interno degli
ambienti, le canne di ventilazione sono state chiuse in più
punti ed è stata creata una copertura degli ambienti del secondo piano; tutti questi interventi hanno eliminato l’effetto
camino grazie a cui si aveva la mobilitazione dell’aria negli
ambienti del palazzo. Inoltre, interventi secenteschi hanno distrutto tutte le bifore del prospetto principale sostituendole
con finestre rettangolari di luce maggiore, cosa che ha incrementato la superficie di accesso dell’irraggiamento solare determinando il surriscaldamento degli ambienti esposti ad est.
Il recente restauro ha riportato il palazzo alla sua bellezza ed
oggi la Zisa ospita il museo dell’Islam; alcuni elementi originari sono stati parzialmente ripristinati, ma il raffinato sistema
di controllo microclimatico risulta notevolmente ridotto. ¶
* Alessandra Pezzoli
Ingegnere, libera professionista
Bibliografia
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CIL 156
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