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Claude Lévi
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Percorso 7
Famiglia e forme
di convivenza
La famiglia è uno dei principali argomenti di interesse per la maggior parte delle scienze sociali, che se ne occupano sotto diversi punti di vista.
Questo percorso di lettura offre alcuni esempi di studio della famiglia da
parte dell’antropologia, della storia, della demografia e della sociologia.
Il primo brano, Famiglia e società, è tratto da uno scritto del celebre antropologo francese Claude Lévi-Strauss, che critica la tesi secondo cui la famiglia coniugale sarebbe elemento costitutivo di ogni società. Contrariamente
a questa concezione, essa sarebbe per Lévi-Strauss il frutto di un processo storico. Unico requisito «naturale» della famiglia umana è la regola dell’esogamia, il fatto che essa nasce dall’unione tra persone che originariamente appartengono a famiglie diverse. Una tesi analoga è sviluppata nel
secondo testo del percorso, anch’esso di ambito antropologico, intitolato
Discendenza, sistemi di parentela e gruppi domestici. Nel passo si legge
che «Per perpetuarsi nel tempo, i gruppi di parentela si scambiano tra loro
i partner matrimoniali».
Il terzo testo, opera del sociologo Marzio Barbagli, ci offre una testimonianza del dibattito storico circa le origini della famiglia «moderna», contrassegnata dal calore affettivo nelle relazioni tra marito e moglie e tra genitori e figli.
Il passo successivo è, invece, opera di uno studioso di demografia,
Massimo Livi Bacci, e indaga, come recita il titolo, Il declino della fecondità in Italia, studiandone le cause e le possibili conseguenze.
Chiude il percorso un brano di ambito sociologico, Le trasformazioni dei
modelli familiari in Italia e in Europa, che mette in evidenza la variabilità del
ciclo di vita della famiglia a seconda delle società e dei periodi storici. Se
si analizza la famiglia in termini processuali, si riescono ad esaminare le
modalità della sua formazione e trasformazione nel tempo, cogliendo i punti di rottura e di continuità rispetto al passato.
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ITINERARIO DI LETTURA
T1
Famiglia e società
T2
Discendenza,
sistemi di parentela
e gruppi domestici
T3
Lo studio delle
relazioni familiari
T4
Il declino della
fecondità in Italia
T5
Le trasformazioni
dei modelli familiari
in Italia e in Europa
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Famiglia e forme di convivenza
T1
Famiglia e società
Claude Lévi-Strauss
La famiglia è uno dei campi di studio privilegiati dalla ricerca antropologica. Molti autori hanno in particolare sottolineato l’universalità e l’inevitabilità della famiglia coniugale. Critico nei confronti di questa prospettiva è uno
dei più celebri antropologi francesi, Claude Lévi-Strauss (1908-viv.), uno dei
principali esponenti del cosiddetto «strutturalismo».
Secondo Lévi-Strauss, la famiglia coniugale, anche se largamente diffusa,
non può essere considerata elemento costitutivo di ogni tipo di società:
essa non risponde esclusivamente a funzioni biologiche, ma rappresenta
piuttosto «un equilibrio instabile» della struttura sociale. In quasi tutte le
società, tra marito, moglie e figli esiste almeno un’unione temporanea di
fatto, ma la famiglia non gode sempre dello stesso riconoscimento sociale. Pur in una varietà di forme organizzative e di norme che ne regolano il
funzionamento, la famiglia è il prodotto dei legami e degli scambi che strutturano la società.
Lévi-Strauss riconosce nella proibizione dell’incesto, cioè nel divieto di avere rapporti sessuali tra consanguinei, una regola universale, in base alla
quale i membri di un gruppo sono costretti a cercare all’esterno, in altri
gruppi, il proprio partner. Come osserva in Le strutture elementari della
parentela, del 1949: «La proibizione dell’incesto non è tanto una regola che
vieta di sposare la madre, la sorella o la figlia, quanto invece una regola
che obbliga a dare ad altri la madre, la sorella o la figlia». In questo modo,
si sviluppa una fitta trama di scambi, che garantisce la sopravvivenza del
gruppo sociale e, in definitiva, la riproduzione della società.
monogamia: vincolo
coniugale che unisce un
solo uomo a una sola
donna.
2. poligamia: unione
coniugale di un uomo
con più donne o di una
donna con più uomini.
1.
La famiglia coniugale monogamica1 è abbastanza frequente. Ogni volta che sembra essere sostituita da tipi diversi di organizzazione, ciò avviene generalmente in società molto specializzate e sofisticate, non già – come una volta
ci si attendeva – nelle società più semplici e rozze. Inoltre, i pochi casi di famiglia non coniugale (anche nella sua forma poligamica2) dimostrano, al di là di
ogni dubbio, che l’elevata frequenza del tipo coniugale di raggruppamento
sociale non deriva da una necessità universale. È almeno concepibile che una
società durevole e perfettamente stabile possa esistere senza di esso. Di qui un
difficile problema: se non esiste alcuna legge naturale che renda la famiglia universale, come possiamo spiegare che essa sia rintracciabile praticamente dappertutto? […]
Non è il caso di stupirsi troppo di fronte al predominio del matrimonio monogamico nelle società umane. Che la monogamia non sia iscritta
nella natura dell’uomo è sufficientemente provato dal fatto che la poligamia esi-
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ste in forme estremamente diverse e in molti tipi di società; d’altra parte, la prevalenza della monogamia dipende dal fatto che – salvo in particolari condizioni intenzionalmente provocate o determinate oggettivamente – di norma vi è
all’incirca una donna disponibile per ogni uomo. Nelle società moderne ragioni morali, religiose ed economiche hanno dato una sanzione ufficiale al matrimonio monogamico […]. Ma nelle società che si trovano a un livello culturale molto più basso, in cui non c’è pregiudizio alcuno contro la poligamia, e in
cui magari la poligamia è effettivamente permessa o desiderata, un risultato
identico può essere prodotto dalla mancanza di differenziazioni sociali ed economiche, cosicché nessun uomo possiede i mezzi o la capacità di ottenere più
di una moglie: di conseguenza ognuno è costretto a fare di necessità virtù. […]
Bisogna far ricorso a casi estremi […] per trovare società in cui non
esista almeno un’unione temporanea de facto tra il marito, la moglie e i loro
figli. Ma occorre tener presente che, mentre da noi un gruppo di questo genere costituisce la famiglia e viene legalmente riconosciuto, ciò non avviene affatto in un elevato numero di società umane […]. La grande maggioranza delle
società […] non dimostra un interesse fattivo per un tipo di raggruppamento
che, almeno per alcune di esse (tra cui la nostra), appare così importante. Anche
qui, sono importanti i gruppi, non già gli aggregati temporanei degli individui
che rappresentano tali gruppi. Per esempio, molte società sono interessate a stabilire con chiarezza le relazioni della prole con il gruppo del padre, da una parte, e con il gruppo della madre, dall’altra, ma fanno ciò differenziando fortemente i due generi di relazione […]. Per limitarci a un solo esempio, è sorprendente osservare la minuziosa cura con cui gli indiani Hopi dell’Arizona
distinguono diversi tipi di diritti legali e religiosi in riferimento alla linea paterna e alla linea materna, mentre la frequenza del divorzio rende la famiglia così
instabile che in pratica molti padri non hanno mai condiviso coi loro figli la
stessa casa, dato che le cose sono di proprietà delle donne e, da un punto di
vista legale, i figli seguono la linea materna […].
Se gli esempi precedenti possono essere spiegati con l’instabilità, ve
ne sono altri che implicano considerazioni del tutto opposte. Nella maggior parte delle regioni dell’India e in molte regioni dell’Europa occidentale e orientale – in alcuni casi fino al secolo scorso3 – l’unità sociale di base era costituita da
un tipo di famiglia che si dovrebbe definire come domestico, anziché coniugale:
della proprietà della terra e della fattoria, nonché dell’autorità familiare ed economica era investito il più vecchio antenato vivente, oppure la comunità di fratelli discendenti dallo stesso antenato. Nel bratstvo russo, nella zadruga slava
meridionale, nella maisnie francese la famiglia era effettivamente costituita dall’antenato o dai fratelli ancora viventi con le loro mogli, dai figli sposati, anch’essi con le loro mogli e le figlie nubili, e così via fino ai pronipoti. Questi vasti
gruppi, che in certi casi potevano comprendere diverse dozzine di persone che
vivevano e lavoravano sotto una comune autorità, sono stati designati come
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3.
al secolo scorso: si fa
riferimento al XIX secolo,
in quanto il saggio da
cui è tratto il brano è
stato pubblicato nel
1974.
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4.
fuorvianti ... coniugali:
perché partono dal
presupposto che la
famiglia «normale» sia
quella coniugale e che
le altre siano il frutto
dell’unione di più
famiglie coniugali.
5.
status legale:
riconoscimento legale.
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famiglie congiunte o famiglie estese. Entrambi i termini sono utili, ma fuorvianti, in quanto implicano che quelle grandi unità siano costituite da piccole famiglie coniugali4. Come abbiamo già visto, mentre è vero che la famiglia coniugale limitata a madre e bambini è praticamente universale, in quanto si basa
sulla dipendenza fisiologica e psicologica che, almeno per un certo tempo, esiste tra essi, e che la famiglia coniugale costituita da marito, moglie e figli è quasi altrettanto frequente per ragioni psicologiche ed economiche che vanno
aggiunte a quella a cui si è accennato prima, il processo storico che ci ha condotti al riconoscimento legale della famiglia coniugale è d’altra parte molto complesso: solo in parte esso è stato determinato dalla crescente consapevolezza di
una situazione naturale. Ma non c’è quasi dubbio che, in larga misura, esso sia
dipeso dal restringere a un gruppo, il più piccolo possibile, lo status legale5 che,
nel passato delle nostre istituzioni, era stato attribuito per secoli a gruppi molto ampi. In conclusione, non sarebbe errato rifiutare i termini di famiglia congiunta e di famiglia estesa. Anzi, è piuttosto la famiglia coniugale che merita il
nome di famiglia ristretta. […]
Per completare il quadro, dobbiamo infine considerare i casi in cui la
famiglia coniugale differisce dalla nostra, non tanto a causa di una differenza
quantitativa di valore funzionale, quanto perché il suo valore funzionale viene
inteso in modo qualitativamente diverso dalle nostre concezioni […]. Ci sono
molti popoli per i quali il tipo di coniuge che si dovrebbe sposare è molto più
importante del tipo di matrimonio che si può realizzare. Questi popoli sono
disposti ad accettare unioni che ai nostri occhi apparirebbero non solo incredibili, ma in diretta contraddizione con gli intenti e gli scopi che ci si propone
quando si forma una famiglia. Per esempio, i Ciukci della Siberia non erano
affatto contrari al matrimonio di una ragazza adulta, diciamo sulla ventina, con
un marito bambino di due o tre anni. In tal caso la giovane donna, resa madre
da un amante autorizzato, avrebbe curato insieme suo figlio e il piccolo marito. Analogamente, tra i Mohave dell’America settentrionale vigeva il costume
opposto, in virtù del quale un uomo sposava una bambina e l’accudiva fino a
che non diventasse sufficientemente adulta da adempiere i propri doveri coniugali: tali matrimoni venivano considerati molto saldi, dal momento che i sentimenti naturali tra marito e moglie sarebbero stati rafforzati dal ricordo delle
cure che uno dei coniugi aveva prodigato, come fosse un genitore, all’altro […].
Gli esempi che abbiamo finora riferito rispettano, in una certa misura, la dualità dei sessi che costituisce, per il nostro modo di sentire, un requisito del matrimonio e dell’edificazione di una famiglia. Ma in diverse regioni dell’Africa era
consentito che donne di alto rango sposassero altre donne, alle quali facevano
generare dei figli grazie ai servigi di amanti maschili non riconosciuti. […]
Ci rendiamo ora conto perché sia tanto erroneo cercare di spiegare la
famiglia sulle basi puramente naturali della procreazione, dell’istinto materno e
dei sentimenti psicologici che intercorrono tra un uomo e una donna, e tra
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padre e figli. Nessuno di questi fattori sarebbe sufficiente a dare origine alla
famiglia, e per una ragione abbastanza semplice: per l’intera umanità il requisito assoluto per la costituzione di una famiglia è l’esistenza preliminare di due
altre famiglie, di cui una sia disposta a fornire l’uomo e l’altra la donna, i quali attraverso il loro matrimonio daranno origine a una terza famiglia, e così indefinitamente. In altre parole, ciò che rende l’uomo realmente diverso dall’animale è il fatto che nell’umanità non ci potrebbe essere famiglia se non vi fosse
società: se non vi fosse cioè una pluralità di famiglie disposte a riconoscere che
vi sono altri legami, oltre a quelli di consanguineità6, e che il processo naturale della filiazione può essere perseguito soltanto attraverso il processo sociale dell’affinità. […]
Della famiglia ristretta non possiamo affermare né che costituisca l’elemento del gruppo sociale, né che ne risulti. Piuttosto, il gruppo sociale può
instaurarsi soltanto in contrapposizione, e entro certi limiti in accordo, con la
famiglia. Infatti, al fine di conservare la società nel tempo occorre che le donne generino dei figli e beneficino della protezione maschile, mentre sono impegnate nel parto e nell’allattamento; e per perpetuare attraverso le generazioni il
modello fondamentale del tessuto sociale sono necessari precisi complessi di
regole. Eppure, l’interesse primario della società verso la famiglia non è di proteggerla o di rafforzarla: si tratta piuttosto di un atteggiamento di diffidenza, di
un rifiuto del suo diritto di esistere in isolamento o in permanenza. Alle famiglie ristrette è concesso di vivere soltanto per un periodo di tempo limitato, lungo o breve secondo i casi, ma alla rigorosa condizione che i suoi componenti
siano incessantemente spostati, dati o presi a prestito, offerti o restituiti, cosicché nuove famiglie ristrette possano essere ricreate indefinitamente, ovvero fatte per scomparire.
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6.
consanguineità: legame di
sangue. Lévi-Strauss
vuole dimostrare che la
famiglia esiste soltanto
perché, in questo modo,
è possibile riconoscere
il valore dei legami
sociali al di fuori del
gruppo da cui si
proviene. Il matrimonio,
infatti, che è all’origine
di una nuova famiglia,
avviene tra persone di
gruppi diversi.
(C. Lévi-Strauss, The Family, in H. L. Shapiro, Man, Culture, and Society,
London, Oxford University Press, 1956; il brano è tratto da: F. Remotti, I sistemi di parentela,
Torino, Loescher, 1974, pp. 198-99, 201-206)
Comprensione del testo
Rielaborazione e produzione
1. Per quali ragioni, in molte società, risulta prevalente il modello familiare di tipo coniugale?
2. Descrivi le caratteristiche del raggruppamento
familiare di tipo domestico e spiega perché l’autore definisce famiglia ristretta la famiglia coniugale.
3. Qual è il requisito essenziale e comune alle diverse società umane (compresa la nostra) per la
costituzione di una famiglia coniugale?
4. Suddividi il brano che hai letto in sequenze e a
ciascuna attribuisci un titolo.
5. Riassumi in 20 righe al massimo il contenuto del
brano ed esponi la tesi di Lévi-Strauss.
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T2
Discendenza, sistemi di parentela
e gruppi domestici
Antonio Marazzi
Uno dei modi attraverso cui ogni società definisce le posizioni degli individui e ne regola, di conseguenza, le interazioni è quello fondato sulla «riproduzione». Quest’ultima riveste una notevole importanza non solo in termini biologici, ma anche per i suoi contenuti culturali e sociali. Oltre a implicazioni inerenti le relazioni tra i sessi e, quindi, le differenze di genere, la
riproduzione chiama in causa i criteri e le strategie attraverso cui avvengono la scelta del partner e la costruzione della famiglia, che stanno poi alla
base della formazione dei sistemi di parentela e di discendenza.
Numerose ricerche antropologiche, in diverse società tradizionali, hanno
mostrato una grande varietà di modelli di matrimonio, di famiglia e di parentela. Questi modelli strutturano le reti di relazioni sociali di una comunità,
fissando norme e obblighi sociali.
Da essi derivano anche forme diverse di «gruppi domestici», ovvero i tipi di
residenza che, in genere, riguardano i membri di una famiglia. Una nuova
coppia può andare a vivere con la famiglia dello sposo, seguendo il modello «patrilocale», oppure con la famiglia della sposa, seguendo il modello
«matrilocale». Un altro modello, di gran lunga prevalente nelle società
moderne, è quello «neolocale»: in questo caso, si forma una famiglia nucleare autonoma, che va a vivere in una propria residenza.
1.
aspetto dinamico: l’autore
si riferisce
al perpetuarsi di una
società attraverso
la riproduzione.
La scelta del partner e il suo riconoscimento sociale è al centro di un
delicato e complesso sistema di rapporti interindividuali, che molte popolazioni regolano scrupolosamente, in modo da assicurare una rete ordinata di alleanze matrimoniali. Un’unione stabile e riconosciuta lega i gruppi d’origine dei due
partner attraverso una rete di obbligazioni reciproche che ogni società definisce
secondo i propri orientamenti. Ma è alla discendenza, assicurata dalla riproduzione, che viene prestata una particolare attenzione, dato che è attraverso essa
che una società dura nel tempo.
Questo aspetto dinamico1, essenziale per la vita stessa di una cultura,
è vissuto in prima persona da ogni individuo, che nel corso del tempo si percepisce di volta in volta come appartenente all’ultima generazione, a quella precedente o ad altre precedenti ancora. Se questa condizione fondata sul fatto
naturale della riproduzione è concreta e universale e viene percepita da tutti gli
individui come un elemento d’identità sociale che muta nel tempo, la definizione della collocazione sociale all’interno di questo schema generale varia da
cultura a cultura.
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Famiglia e forme di convivenza
Gli abitanti delle isole Trobriand nell’arcipelago della Melanesia, così
come ebbe a riferire Bronislaw Malinowski2 […], avrebbero ignorato, al tempo
della sua ricerca, la funzione fisiologica dell’atto sessuale. Il genitore, per i trobriandesi, avrebbe impresso le sue fattezze al figlio coabitando ripetutamente con
la madre e plasmando perciò il figlio nel grembo di lei. In quanto marito della
madre, egli sarebbe stato considerato dal figlio un affine, non un parente. […]
Non ovunque il genitore – cioè colui che ha generato – è riconosciuto come colui che ha diritti e doveri «paterni» nei confronti dei figli. Nelle società matrilineari3 l’autorità e la responsabilità nei confronti della discendenza sono
affidate al fratello della madre, mentre il padre si occupa dei figli di sua sorella. È il rapporto chiamato di avuncolato: in latino, avunculus è lo zio materno.
Nelle società matrilineari non ha senso parlare genericamente di «zio», dato che
quello materno – di cui si è detto – e quello paterno hanno ruoli e quindi un’identità sociale completamente diversi.
Si hanno notevoli differenze da società a società nel riconoscimento
delle singole posizioni e dei rapporti reciproci, all’interno di un gruppo di parentela. Fratelli maggiori e minori sono percepiti in modo talmente diverso in Cina,
in Giappone e in molte altre società asiatiche che non si dispone del termine
generico di «fratello» e «sorella», ma solo di quelli che indicano la loro posizione relativa. […] Ogni individuo, quindi, oltre che dall’identità sessuale, definisce la propria identità sociale in base alla posizione assunta all’interno di un
sistema di relazioni di parentela, nelle quali si viene a trovare per nascita o nella quale entra per matrimonio proprio o di un parente.
Nel primo caso si ha consanguineità4, nel secondo affinità5: la trama
e l’ordito, si può dire, della parentela. Ma, come nei tessuti, gli intrecci possono essere molto vari, a seconda delle scelte adottate. […]
La parentela comprende le relazioni per consanguineità e per affinità. È un sistema quando è costituito da un insieme di regole e obbligazioni fondate su una logica e una strategia che caratterizzano il gruppo sociale che lo
adotta.
Per quanto riguarda la consanguineità, i sistemi di parentela si distinguono a seconda delle linee di discendenza riconosciute. In tal senso, la discendenza può essere bilaterale – se, cioè, la parentela viene riconosciuta sia per linea
paterna sia per linea materna – o unilineare. A sua volta, la discendenza unilineare può essere patrilineare, se riconosce solo la discendenza per via paterna,
o matrilineare, se riconosce solo quella materna. Vi sono anche rari casi di
discendenza doppia, in cui cioè si riconosce ora l’una ora l’altra linea per il riconoscimento di particolari diritti e obblighi sociali. I gruppi di discendenza sono
formati da tutti i membri di una linea di discendenza.
Il riconoscimento della discendenza unilineare è frequente, specie nelle società di piccole dimensioni. Essa consente di perpetuare i legami di parentela nel tempo definendoli con chiarezza. Ciò è particolarmente importante in
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Percorso 7
2.
Bronislaw Malinowski: noto
antropologo, vissuto tra
il 1884 e il 1942, cui si
deve la sistematica
codificazione dei principi
della ricerca etnografica.
3.
società matrilineari:
società in cui
la discendenza avviene
secondo la linea
materna.
4. consanguineità: legame di
sangue.
5. affinità: vincolo che
unisce un coniuge
ai parenti dell’altro
coniuge.
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tutti i casi in cui diritti e obblighi sociali sono legati alla parentela anziché essere affidati ad altre istituzioni o dipendere caso per caso dalla condizione individuale.
Nella terminologia antropologica, sono chiamati clan quei gruppi
estesi di discendenza che fanno risalire i loro legami di consanguineità a un fondatore mitico.
Lignaggi sono invece quelle linee di discendenza la cui genealogia può
essere ricostruita con certezza a partire da un comune antenato ed è nota ai suoi
membri. Un certo numero di lignaggi può ritenersi unito socialmente e ritualmente in un clan comune. […]
I lignaggi formati da linee di discendenza paterne sono chiamati patrilignaggi, quelli matrilineari sono chiamati matrilignaggi. […]
Nei sistemi bilaterali, l’insieme dei parenti, che si ramifica sia dal lato
maschile sia da quello femminile, viene chiamato parentado.
Nelle società matrilineari, la figura che detiene l’autorità sui figli della donna non è il genitore – che appartiene a un altro lignaggio e spesso vive
altrove, dove risiedono i suoi parenti – ma il fratello di lei, che appartiene al suo
stesso lignaggio.
Per perpetuarsi nel tempo, i gruppi di parentela si scambiano tra loro
i partner matrimoniali: è stato notato che nella pratica sociale sono generalmente le donne a essere oggetto di scambio, indipendentemente dalla scelta residenziale e dal riconoscimento dei legami di parentela. Questi scambi possono
essere simmetrici o asimmetrici, a seconda che il gruppo donatore riceva a sua
volta – nella stessa generazione o in tempi successivi – i partner dal gruppo ricevente, oppure che i gruppi siano l’uno nei confronti dell’altro solo riceventi o
solo donatori, in un cerchio più ampio. […]
La relazione asimmetrica crea a livello sociale una gerarchia derivante dall’ineguaglianza costante tra gruppo ricevente e gruppo donatore: il primo
sarà sempre debitore nei confronti del secondo, dipenderà da esso e sarà costretto ad assicurarsi la sua disponibilità a cedergli i partner di cui ha bisogno. Ciò
rende la struttura sociale più complessa e spesso stratificata. In questo quadro,
è possibile che si creino più cerchi di scambi matrimoniali asimmetrici al loro
interno e che in alcuni casi isolati alcuni uomini di un cerchio dotati di particolare ricchezza o prestigio riescano ad avere accesso a donne di un altro cerchio, ritenuto superiore, per ascendere nella scala sociale. […]
Il più classico dei sistemi simmetrici è quello degli aborigeni australiani […]. I Kariera praticano lo scambio sistematico delle sorelle tra due gruppi: chi cede in moglie la propria sorella acquisisce il diritto di chiedere al proprio cognato la sorella di lui, trovandosi così doppiamente imparentato. […]
Il sistema esaminato ci consente di introdurre alcuni termini generali. I due gruppi che si scambiano le donne a scopo matrimoniale sono detti «esogamici»: significa che i loro membri non possono cercare un partner per assi-
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curare la discendenza al gruppo dentro al gruppo stesso. Devono sposarsi fuori: questo è il significato etimologico del termine eso- (in greco antico exō, «fuori»), gamico (gamein, «sposarsi»). Il termine opposto è «endogamico» (endon,
«dentro»). […]
La residenza crea forti legami strutturali tra gli uomini. Nel caso del
gruppo domestico, la residenza è comune e i membri formano generalmente
una famiglia. L’estensione della famiglia può essere varia e con essa muta il
numero dei componenti il gruppo residenziale. In alcuni casi, ai membri della
famiglia si aggiungono stabilmente parenti lontani e individui non imparentati, che sono entrati a fare parte del gruppo a vario titolo: assistenziale, di servizio, per comuni attività lavorative. Talvolta, necessità impongono una certa
dimensione al gruppo residente in comune, dipendenti generalmente dalla scarsità di beni per la sopravvivenza o, all’opposto, dall’opportunità di disporre di
giovani adulti per assicurare la discendenza o per lavorare nei campi, per l’allevamento, per la caccia. […]
È importante considerare la dinamica nel tempo dei gruppi domestici. Si ha un ciclo di sviluppo legato alle fasi generazionali dei suoi membri: esso
influenza non soltanto i rapporti reciproci e i ruoli dei singoli, ma la stessa composizione numerica del gruppo. Sposandosi, una coppia può formare un nuovo nucleo residenziale autonomo. Oppure, la sposa o lo sposo possono andare
ad accrescere il gruppo domestico del coniuge. Quando nasceranno dei figli,
una nuova generazione si aggiungerà. Con la morte degli anziani conviventi,
scomparirà la prima generazione.
(A. Marazzi, Lo sguardo antropologico. Processi educativi e multiculturalismo,
Roma, Carocci, 1998, pp. 28-34)
Comprensione del testo
Rielaborazione e produzione
1. Formula una definizione di «rapporto di avunculato».
2. Qual è la differenza tra clan e lignaggio?
3. In che senso gli scambi di partner matrimoniali
fra due gruppi possono essere simmetrici o
asimmetrici?
4. Individua le parole chiave contenute nel brano
che hai letto.
5. Elabora cinque domande di comprensione da
sottoporre ai tuoi compagni.
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T3
Lo studio delle relazioni familiari
Marzio Barbagli
Per lungo tempo, gli scienziati sociali hanno privilegiato lo studio della struttura delle famiglie. Seguendo questa prospettiva, in molte ricerche è stata
focalizzata l’attenzione sulle forme di organizzazione degli aggregati domestici. In questo modo, ad esempio, si è mostrato come, nella storia dei
Paesi occidentali, si è verificato un profondo cambiamento delle strutture
familiari, in particolare il passaggio da un modello «tradizionale» di famiglia
complessa a uno «moderno» di famiglia nucleare. Alcuni autori hanno individuato l’inizio di questa trasformazione nei processi di industrializzazione
e di urbanizzazione, mentre altri lo hanno fissato più indietro nel tempo.
Questi ultimi studiosi non si sono limitati a retrodatare di secoli l’affermazione della famiglia nucleare, ma hanno anche sostenuto che essa sia stata uno dei fattori che ha contribuito allo stesso sviluppo dell’industrializzazione. Il dibattito è ancora aperto: le ricerche più recenti hanno evidenziato la presenza di differenti tipi di organizzazione domestica a seconda dei
diversi contesti territoriali di riferimento.
Il quadro delle conoscenze disponibili è stato arricchito e, in parte, complicato da un’altra prospettiva di ricerca, che ha privilegiato l’analisi delle
relazioni, piuttosto che delle strutture familiari. In quest’ottica, sono state
analizzate le relazioni di affetto e di autorità fra i componenti della famiglia,
come ad esempio i rapporti tra marito e moglie, oppure tra genitori e figli.
Sono state, inoltre, prese in esame le relazioni esterne all’unità coniugale:
ad esempio, i vincoli e gli obblighi posti dalla comunità e dalla parentela.
Queste ricerche hanno gettato nuova luce sui mutamenti storici della famiglia, anche se lo studio delle interazioni familiari risulta particolarmente difficile da un punto di vista metodologico.
1. Due teorie a confronto
1.
asimmetria di potere:
diseguale distribuzione
di potere.
Tutti gli studi pubblicati nell’ultimo decennio concordano nell’individuazione, almeno a grandi linee, dei principali mutamenti della famiglia nei
paesi occidentali. Sinteticamente si può dire che, secondo i loro autori, la famiglia «moderna» è nata da alcune trasformazioni avvenute nelle relazioni di autorità e di affetto esterne ed interne all’unità coniugale elementare. In primo luogo, questa si è liberata a poco a poco dai controlli della comunità e della parentela. Vi è stato in secondo luogo il passaggio da un sistema di matrimonio
combinato dai genitori, mossi esclusivamente da interessi di tipo economico e
sociale, ad uno basato sulla libera scelta dei coniugi, sull’attrazione fisica, sull’amore. È mutato in terzo luogo il rapporto fra i coniugi. La tradizionale asimmetria di potere1 fra marito e moglie si è attenuata, la freddezza ed il distacco
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Famiglia e forme di convivenza
hanno lasciato il posto al calore affettivo ed all’intimità, la passione erotica ha
acquistato una crescente importanza. Infine, sono cambiate le relazioni fra
genitori e figli. Per lungo tempo i padri e le madri hanno avuto un atteggiamento di indifferenza verso i figli (soprattutto finché questi erano piccoli). […]
Con la nascita della famiglia moderna gli atteggiamenti ed i comportamenti
dei genitori sono radicalmente cambiati ed i figli sono diventati i destinatari
privilegiati delle loro cure e del loro affetto.
Anche se concordano nell’individuazione dei principali mutamenti
della famiglia nei paesi occidentali, gli autori di questi studi sono in disaccordo su tre cose: su quando, in quali classi sociali e per quali motivi tali mutamenti hanno avuto luogo. In particolare, Edward Shorter e Lawrence Stone
sono arrivati a conclusioni completamente diverse su questi punti. Per Shorter,
è nella seconda metà del Settecento, a causa della nascita e dello sviluppo del
«capitalismo industriale», che è sorta la famiglia moderna. È in questo periodo
che sia i rapporti fra i coniugi che quelli fra genitori e figli sono stati investiti
da un’«ondata di sentimento».
Da un lato si è avuta una crescente «sentimentalizzazione» ed «erotizzazione» del rapporto di coppia: i giovani hanno scoperto l’«amore romantico» ed i piaceri del sesso, le relazioni sessuali pre-matrimoniali sono diventate
molto più frequenti, il numero delle nascite illegittime e dei concepimenti prenuziali2 è cresciuto vertiginosamente. Dall’altro lato, dopo secoli di indifferenza dei genitori verso i figli, è nato l’«amore materno». […]
In primo luogo, con la nascita e lo sviluppo del capitalismo industriale, i giovani proletari concentrati nelle città acquistavano la «mentalità dell’economia di mercato». I valori fondamentali di questa nuova mentalità, l’interesse individuale e la competitività, venivano trasmessi dall’ambito del comportamento economico a quello dei rapporti familiari. Così i giovani proletari
divenivano sempre meno sensibili ai doveri verso la comunità e la parentela e
tendevano sempre più ad essere autonomi3, a ricercare la realizzazione di sé ed
il piacere sessuale. In secondo luogo, il capitalismo industriale produceva un
innalzamento del livello di vita dei ceti medi (artigiani, commercianti, contadini proprietari) e determinava un mutamento nelle relazioni fra genitori e figli,
permettendo alle madri di spendere meno tempo ad aiutare il marito nell’azienda familiare e di dedicarsi molto di più all’allevamento della prole.
Completamente diverse sono le risposte date da Lawrence Stone agli
interrogativi su quando, in quali classi sociali e per quali motivi è nata la famiglia moderna. Secondo questo storico, dal XV al XIX secolo la famiglia inglese
(ma non solo quella) è passata attraverso tre diversi tipi in tre diversi stadi. Il
primo, la «famiglia a lignaggio aperto4», aveva due caratteristiche di fondo.
Innanzitutto i suoi componenti erano sottoposti ad un forte controllo della
parentela (nei ceti più elevati) e della comunità (in quelli più bassi). In secondo luogo, sia i rapporti fra i coniugi che quelli fra genitori e figli erano freddi.
105
Percorso 7
2.
prenuziali: prima del
matrimonio.
3.
tendevano ... autonomi: il
valore dell’interesse
personale, caratteristico
dell’economia di
mercato, si traduce
nella ricerca
dell’autorealizzazione.
4. lignaggio aperto: il
termine «lignaggio»
indica la linea di
discendenza da un
antenato comune,
a partire dal quale è
possibile ricostruire
i legami genealogici di
un gruppo. La
discendenza può essere
matrilineare o
patrilineare, a seconda
che l’affiliazione di un
individuo al gruppo di
parenti avvenga solo per
via materna oppure solo
per via paterna.
Si parla, invece, di
discendenza bilaterale
quando si considerano
i legami di parentela sia
della linea maschile sia
di quella femminile. Con
l’espressione «famiglia a
lignaggio aperto», Stone
vuole indicare un tipo di
famiglia che non
risultava completamente
separata dalla comunità:
era, perciò,
caratterizzata da
un’elevata apertura
verso l’esterno, ma da
scarsa continuità
interna.
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Percorso 7
5.
affettività «a gradiente
debole»: persone
cresciute in un contesto
di scarso calore
affettivo non sviluppano
la capacità di instaurare
relazioni «calde» e
tenderanno a loro volta,
diventate adulte, a
essere fredde e
distaccate nei confronti
dei figli.
Pagina 106
Famiglia e forme di convivenza
Questa mancanza di calore affettivo nelle relazioni familiari dipendeva da vari fattori. Dal modello di matrimonio prevalente, che non era basato
sulla libera scelta dei coniugi. Dall’alto tasso di mortalità, che spingeva a non
fare forti investimenti emotivi in persone la cui vita era appesa ad un filo. Infine
dal fatto che i modi in cui venivano allevati i bambini in quella società producevano un tipo di personalità con un’affettività a «gradiente debole»5, incapace
cioè di stabilire relazioni calde con gli altri.
Il secondo tipo di famiglia, quella che Stone chiama «nucleare, patriarcale, ristretta», ha predominato fra il 1580 ed il 1640. Era caratterizzata dal
declino della parentela e della comunità, dall’accrescimento del peso dell’unità
coniugale elementare, dal rafforzamento del patriarcato, cioè del potere del
maschio, padre e marito. Il passaggio dal primo al secondo tipo di famiglia è
stato provocato, secondo Stone, dal formarsi del sistema statale moderno e favorito dalla Riforma protestante.
Il terzo tipo di famiglia, che Stone chiama «nucleare, domestica, chiusa», era basata sul principio dell’autonomia personale e tenuta insieme da forti legami affettivi. La influenza di forze esterne come la parentela e la comunità sull’unità coniugale elementare, che era già diminuita nel periodo precedente, si riduceva ulteriormente. All’interno di questa unità nucleare si
formavano relazioni affettive più calde fra marito e moglie, genitori e figli. Si
invertiva inoltre la tendenza del periodo precedente al patriarcato, mutava la
distribuzione del potere all’interno della famiglia ed il grado di subordinazione della moglie e dei figli al marito-padre si attenuava. Questo tipo di famiglia iniziava ad emergere verso il 1620 e si affermava progressivamente nel secolo successivo.
Dunque, a differenza di Shorter, Stone ritiene che la famiglia nucleare domestica chiusa preceda di un lungo periodo di tempo l’industrializzazione
e sia di conseguenza del tutto indipendente da questa. Secondo Stone, il formarsi di questo nuovo tipo di famiglia va ricondotto invece alla nascita
dell’«individualismo affettivo», cioè ai profondi mutamenti avvenuti nel modo
in cui «l’individuo considerava se stesso in rapporto alla società (l’affermarsi dell’individualismo) e nel modo in cui si comportava e sentiva nei confronti di
altri esseri umani, da un lato la moglie ed i figli, dall’altro i genitori ed i parenti (l’affermarsi dell’affetto)». […]
2. Sentimenti di affetto e relazioni di autorità
Numerose critiche sono state rivolte alle ricerche sulle relazioni familiari. Molti studiosi hanno attaccato le tesi principali sostenute dai loro autori,
negando in particolare che vi sia mai stato un periodo storico in cui nei rapporti fra coniugi e fra genitori e figli mancasse ogni forma di affetto. Ma più in
generale si può dire che dal dibattito che vi è stato è emerso che la ricerca sto-
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Famiglia e forme di convivenza
rica sui sentimenti e le relazioni di affetto presenta problemi e difficoltà non
facilmente superabili.
In primo luogo, è problematica la definizione stessa dei concetti
usati in queste ricerche. Riferendosi in particolare ai rapporti fra i coniugi,
Hans Medick e David Sabean hanno negato che si possano considerare come
categorie che si escludono a vicenda le emozioni e gli interessi, l’amore ed il
denaro. […]
In secondo luogo, è straordinariamente difficile distinguere i «sentimenti» dal «modo di espressione dei sentimenti». E questo comporta il rischio,
soprattutto nello studio della vita familiare di un tempo, di scambiare per mancanza di affetto un rapporto di autorità-deferenza. […]
In terzo luogo, la documentazione che anche lo storico più abile o più
fortunato può reperire presenta tali limiti che da essa si possono difficilmente
ricavare delle prove decisive a favore dell’una o dell’altra tesi sui sentimenti che
provavano l’uno per l’altro i diversi componenti di una famiglia. […]
Gli autori delle ricerche sulle relazioni di affetto […] hanno anche
cercato di inferire6 informazioni sui sentimenti partendo da quelle disponibili
sui comportamenti. Ma anche questa strada si è dimostrata difficilmente praticabile. […] Molti degli autori delle ricerche sui sentimenti hanno […] considerato indicatori della mancanza di affetto dei genitori verso i figli l’abbandono dei neonati, la pratica di fasciarli strettamente e di lasciarli per lungo tempo da soli immobilizzati in questo modo, di darli ad allattare ad una balia ecc…
Ma è stato convincentemente mostrato da altri che nessuno di questi comportamenti può da solo dirci quali fossero i «sentimenti» dei genitori verso i figli.
Percorso 7
6.
inferire: dedurre.
(M. Barbagli, Sotto lo stesso tetto. Mutamenti della famiglia in Italia dal XV al XX secolo,
Bologna, il Mulino, 2000, pp. 246-52)
Comprensione del testo
Rielaborazione e produzione
1. Quali sono i principali mutamenti che hanno caratterizzato la famiglia dell’Europa occidentale?
2. Secondo Shorter, quali sono stati gli effetti del
capitalismo industriale sui rapporti familiari nel
proletariato e nei ceti medi?
3. Indica quali sono i maggiori problemi che la ricerca storica deve tenere conto nello studio dei sentimenti e delle relazioni di affetto nelle famiglie
del passato.
4. Confronta le tesi di Shorter e di Stone sull’origine storica della famiglia moderna.
5. Suddividi il brano in sequenze e a ciascuna attribuisci un titolo.
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Percorso 7
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Famiglia e forme di convivenza
T4
Il declino della fecondità in Italia
Massimo Livi Bacci
Uno dei maggiori cambiamenti che, negli ultimi decenni, ha interessato le
famiglie dei Paesi occidentali riguarda la riduzione della fecondità. In Italia,
questo fenomeno si è manifestato più tardi rispetto ad altri Paesi, ma è
cresciuto fortemente a partire dalla fine degli anni Settanta del secolo scorso, tanto che il tasso di fecondità delle donne italiane è oggi tra i più bassi in Europa. Il declino della fecondità può essere ricondotto a una molteplicità di fattori. Tra questi, sono rilevanti la maggiore autonomia delle donne, determinata da più alti tassi di scolarizzazione e di occupazione nel
mercato del lavoro, ma anche il «valore più elevato» assegnato ai figli e,
quindi, una maggiore preoccupazione rispetto al loro futuro. Le incertezze
che restringono lo spazio delle scelte procreative sono, inoltre, aggravate
dall’assenza di sostegni e servizi pubblici adeguati.
Il demografo Massimo Livi Bacci (1936-viv.) mette in evidenza gli aspetti critici di un prolungato declino demografico, mostrando come esso possa provocare effetti negativi sull’intera società. Le cause della ridotta fecondità
italiana sono ricondotte alla rapidità delle trasformazioni sociali e culturali
e al lento distacco dei giovani dalla famiglia di origine. Per correggere questa situazione, sarebbero necessari interventi rivolti a sostenere economicamente le coppie, ma anche maggiori investimenti, soprattutto nel campo
dell’istruzione, per i bambini e i giovani.
1.
biodemografico:
l’aggettivo si riferisce
ai processi
di riproduzione,
composizione
e distribuzione della
popolazione, determinati
dai tassi di natalità
e di mortalità.
Nel corso degli anni Novanta la popolazione italiana, che oggi è di 57
milioni, è rimasta praticamente stazionaria, con l’eccesso di decessi rispetto alle
nascite compensato dall’immigrazione. Nel trentennio 1960-1990 la popolazione era cresciuta di 6 milioni, e altri 9 se n’erano aggiunti nei trent’anni precedenti, tra il 1930 e il 1960. Quella che in passato era stata una crescita rigogliosa si è oggi ridotta a zero. E per il futuro? Considerando i prossimi trent’anni […] la popolazione italiana potrebbe ridursi di 7 milioni di unità. […]
Questa previsione è basata sul fatto che la fecondità resterà attestata sui bassi
livelli registrati negli ultimi quindici anni e che la durata della vita aumenterà
ulteriormente. […]
Prima di giungere al cuore della questione vorrei esaminare brevemente un altro aspetto.
[…] La questione non è se l’Italia (o qualsiasi altro paese) sarebbe un
posto migliore con 10 o 20 o 30 milioni di abitanti in meno, ma se un rapido
declino demografico è sostenibile per lungo tempo senza provocare un generale impoverimento della società.
[…] Un rapido declino, come quello previsto dalle attuali tendenze
demografiche, non è sostenibile a lungo in numerosi campi: biodemografico1,
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Famiglia e forme di convivenza
economico, sociale o politico. Sotto il profilo biodemografico, l’attuale tasso di
fecondità implica il dimezzamento della popolazione italiana ogni quarant’anni. […] Di fatto, l’ipotizzato declino di 7 milioni di unità nei prossimi trent’anni comporta un rapidissimo invecchiamento della popolazione2. […] Tale
rapido invecchiamento implica la non sostenibilità economica degli attuali meccanismi dei trasferimenti intergenerazionali per il decrescente numero di chi
produce e paga le tasse e il contemporaneo aumento di anziani e pensionati.
L’invecchiamento, inoltre, è destinato a frenare la produttività e a ritardare la
crescita. Infine, in campo sociale e politico, una piramide d’età3 rovesciata provocherebbe un forte rallentamento dell’innovazione e della mobilità; le reti familiari sarebbero più deboli e meno dense; le decisioni politiche verrebbero sempre più a concentrarsi nelle mani degli anziani4. Ovviamente, le società possono adattarsi e conformarsi ai cambiamenti, ma nel caso dell’Italia questi ultimi
potrebbero essere così rapidi che qualsiasi aggiustamento risulterebbe inefficace. Da qui la non sostenibilità.
Quanto pochi sono i pochi figli che l’Italia produce? Un’unità di misura convenzionale impiegata dai demografi è il cosiddetto tasso di fecondità totale, o il numero di figli per donna basato sull’ipotesi che nessuna donna muoia
prima della fine del ciclo di vita fecondo. La fecondità di sostituzione – il numero di bambini necessari per sostituire esattamente una generazione con un’altra, senza aumento o diminuzione – è di pochissimo superiore a due figli per
donna, più o meno l’odierno tasso di fecondità delle donne americane. […]
Nell’ultimo decennio, Italia, Spagna e Germania hanno gareggiato per la conquista del tasso di fecondità più basso d’Europa, e l’Italia si è quasi sempre
aggiudicata la vittoria. […]
È giunto ora il momento di affrontare un quesito cruciale: perché la
fecondità in Italia è così bassa? […]
Esistono almeno due importanti gruppi di elementi correlati: il primo è la rapidità del cambiamento sociale negli ultimi decenni; il secondo consiste nei peculiari meccanismi che governano il lento distacco dei giovani dal
nido familiare […].
Questa rivoluzione di valori, atteggiamenti e comportamenti ha avuto luogo in una società che, sotto altri profili, è rimasta statica o si è andata evolvendo molto lentamente. L’organizzazione del tempo è rimasta caotica, i ritmi
della scuola contrastano con quelli del lavoro; spostarsi è impresa ardua e costosa; l’investimento sociale (in biblioteche, punti d’incontro, strutture sportive e
ricreative) per bambini e giovani è gravemente carente; la divisione di genere
dei compiti all’interno della famiglia è ancora fortemente asimmetrica5; il mercato del lavoro offre poche opportunità alla madre lavoratrice che abbisogna di
un lavoro flessibile o part time. Il mancato adeguamento della società ha imposto ulteriori oneri – in termini di tempo ed energia – ai genitori e alle donne
in particolare. Il rinvio della decisione di fare un figlio e la riduzione del nume-
109
Percorso 7
2.
rapidissimo invecchiamento
della popolazione:
considerando l’età
media della
popolazione.
Diminuendo le nascite,
infatti, l’età media della
popolazione risulta più
elevata.
3. piramide d’età: indica la
composizione per età
della popolazione,
raffigurata di solito
graficamente con una
serie di rettangoli
(istogrammi) sovrapposti
in senso orizzontale,
i quali omplessivamente
tendono ad assumere
una forma di tipo
piramidale.
4.
decisioni politiche ...
anziani: dal momento
che nei sistemi
democratici le decisioni
politiche rispecchiano le
preferenze di tutti
i cittadini, chiamati a
votare, il fatto che in
una società siano
numericamente
prevalenti gli anziani fa
sì che le azioni politiche
intraprese dalle
istituzioni corrispondano
principalmente ai loro
orientamenti e interessi.
5.
la divisione di genere …
fortemente asimmetrica:
la divisione dei compiti
tra uomini e donne
all’interno della famiglia
risulta ancora diseguale,
a svantaggio delle
donne.
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Percorso 7
6.
postpuberale:
immediatamente
successiva alla pubertà,
cioè al raggiungimento
della maturità sessuale.
7. procrastinazione: rinvio.
Pagina 110
Famiglia e forme di convivenza
ro di figli programmati possono dunque essere interpretati come conseguenza
di questo insieme di fattori.
Il secondo gruppo di elementi che spiegano la bassissima fecondità
concerne quel «troppa famiglia» che è causa e conseguenza di quella che ho definito «sindrome del ritardo», tipica della società italiana. Questa sindrome ha
spostato in avanti negli anni la piena assunzione di responsabilità che fanno di
un individuo una persona adulta, autonoma e indipendente, in grado di prendere decisioni fondamentali quali instaurare un rapporto stabile o avere dei figli.
La riproduzione è un processo che inizia con la maturazione sessuale e finisce
col cessare della capacità di concepire. Una delle principali costanti della storia
sociale e demografica nell’Europa moderna è stata il graduale innalzamento dell’età media al primo parto: da un’età postpuberale6, com’era comunemente tra
le donne toscane del Quattrocento, a un’età molto più matura che per la maggioranza delle donne italiane si avvicina ai 30 anni. Questo processo di graduale
procrastinazione7 è accelerato durante gli ultimi vent’anni, com’è ben documentato da censimenti, indagini e analisi demografiche e sociologiche, e comprovato dall’esperienza comune. Questa ampia documentazione […] dimostra
inequivocabilmente due importanti aspetti. Il primo concerne le aspettative: se
quasi tutti gli uomini e le donne desiderano e prevedono di avere almeno un
figlio, e – in media – vorrebbero averne due, d’altro canto le loro decisioni riproduttive appaiono il risultato finale di una serie di passi da compiere in ordine
sequenziale. Il secondo è il graduale innalzamento, tra le recenti generazioni,
dell’età in cui si completa l’istruzione, si entra nel mercato del lavoro e si trova
un’occupazione stabile, si sceglie una casa, si lascia la famiglia, si inizia una relazione affettiva. […]
Analizziamo dunque il primo aspetto: se è vero che tutti sentono il
desiderio di diventare genitori, è altrettanto vero che tale desiderio è subordinato a una serie di condizioni. I sondaggi dimostrano che i programmi dei giovani prevedono, in primo luogo, il completamento degli studi; occorre quindi
trovare un lavoro a tempo pieno e poi una casa confortevole; si può pensare,
infine, di creare un’unione stabile, il che significa pressoché invariabilmente sposarsi. Il cammino verso le decisioni riproduttive implica la graduale costruzione della stabilità. La grande differenza rispetto al passato non sta nel fatto che
per avere dei figli sia richiesta stabilità, ma che tale stabilità viene oggi raggiunta
gradualmente, lentamente, e perciò più in là negli anni. […] Negli ultimi vent’anni si è sviluppato un nuovo modello di vita. Secondo tale modello il completamento dell’educazione di entrambi i partner è un prerequisito per entrare
nel mercato del lavoro; trovare un’occupazione a tempo pieno e una casa (il che
richiede risorse, dal momento che tre quarti delle famiglie italiane possiedono
la casa in cui vivono) sono prerequisiti per lasciare la casa dei genitori; e lasciare la casa dei genitori è una condizione per prendere decisioni su matrimonio
e procreazione. Ciascuno di questi passi richiede più tempo che in passato. […]
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Famiglia e forme di convivenza
Percorso 7
La combinazione di questi ritardi implica, per un numero crescente
di coppie, il fatto che la decisione di avere un primo o un secondo figlio – non
importa quanto desiderato o pianificato – viene presa in una fase avanzata del
periodo riproduttivo e che in alcuni casi tali piani non vengono realizzati a causa del sopraggiungere di problemi di sterilità, del logorio o della rottura del rapporto, o della presa di coscienza che i costi fisiologici o psicologici della procreazione sono più pesanti di quanto si pensasse.
(M. Livi Bacci, Pochi bambini e troppa famiglia, in Il caso italiano 2. Dove sta andando il nostro paese?,
a cura di T. Padoa-Schioppa e S. R. Graubard, Milano, Garzanti, 2001, pp. 448, 450-52, 454-59)
Comprensione del testo
Rielaborazione e produzione
1. Quali conseguenze negative comporterebbe il
rapido declino demografico, previsto nel futuro
dell’Italia?
2. Quali sono le cause del basso tasso di fecondità in Italia e che cosa intende l’autore con l’espressione «sindrome del ritardo»?
3. Definisci i termini «tasso di fecondità totale» e
«fecondità di sostituzione».
4. Esponi in forma sintetica la tesi di Livi Bacci sul
declino demografico in Italia.
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Percorso 7
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Famiglia e forme di convivenza
T5
Le trasformazioni dei modelli familiari
in Italia e in Europa
Marzio Barbagli, Maria Castiglioni,
Gianpiero Dalla Zuanna
In tutti i Paesi europei, nell’ultimo trentennio, si osservano profonde trasformazioni nella vita domestica e nell’organizzazione della famiglia. Le differenze esistenti tra i diversi modelli di «fare famiglia» sono diminuite, anche
se permangono alcune peculiarità che continuano a distinguere i Paesi
mediterranei da quelli centro-settentrionali. Nei primi i figli lasciano molto
più tardi la famiglia di origine, mentre nei secondi risultano di gran lunga
più diffuse le convivenze more uxorio. Queste differenze trovano fondamento nella diversa «intensità» che storicamente ha connotato le relazioni
familiari nelle due aree: più «debole» nell’Europa centro-settentrionale, più
«forte» in quella mediterranea.
Con riferimento al nostro Paese, molte caratteristiche delle attuali famiglie
italiane sono comprensibili alla luce delle sue dinamiche storiche: ne emerge un quadro che evidenzia notevoli mutamenti, ma che conferma anche
la persistente e forte presenza della famiglia nel sistema di relazioni sociali e nei diversi ambiti dell’organizzazione.
1.
more uxorio: (latino)
condizione di due
persone che convivono
senza aver contratto
matrimonio fra loro.
2. asimmetrici: diseguali.
3.
tasso di fecondità:
rapporto tra il numero
dei nati e il numero
delle donne fertili.
Indica il numero medio
dei figli per donna.
Le categorie più spesso usate dagli studiosi di scienze sociali per descrivere e spiegare i mutamenti avvenuti in Europa, nell’ultimo trentennio del
Novecento, nella vita domestica, sono quelle di rottura e di convergenza. Rottura,
perché in questo periodo sono avvenute delle trasformazioni radicali nei modi
in cui le famiglie si formano, si trasformano, si dividono, come pure nelle relazioni di autorità, di cooperazione e di solidarietà fra coloro che ne fanno parte,
fra mariti e mogli, genitori e figli, suoceri, generi e nuore. Convergenza, perché
la direzione di queste trasformazioni è stata la stessa in tutta l’Europa occidentale e le differenze esistenti fra i vari paesi sono diminuite.
Che negli ultimi decenni del Novecento vi siano stati in Europa profondi cambiamenti nell’organizzazione e nella vita domestica è fuori dubbio.
Ovunque, il numero dei matrimoni celebrati ogni anno è diminuito, mentre si
è innalzata l’età a cui i giovani lasciano la famiglia di origine e quella a cui si sposano ed è cresciuta la quota di coloro che trascorrono alcuni anni della loro vita
in convivenze more uxorio1, di solito eterosessuali, ma talvolta omosessuali.
Ovunque, le relazioni interne alle famiglie sono cambiate, il grado di divisione
del lavoro si è ridotto, i rapporti fra coniugi e quelli fra genitori e figli sono diventati meno asimmetrici2. Ovunque, vi è stato un calo del tasso di fecondità3.
Ovunque, è cresciuta l’instabilità coniugale, il numero dei matrimoni che terminano con la separazione legale o il divorzio. Questi cambiamenti di compor-
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Famiglia e forme di convivenza
tamento sono stati talvolta preceduti e talvolta accompagnati da mutamenti non
meno importanti del diritto di famiglia. […] Da questa rivoluzione dei valori e
dei comportamenti, delle norme giuridiche e di quelle sociali, è emerso un sistema di organizzazione e di vita familiare assolutamente unico nella lunga storia
dell’umanità. Se è vero infatti che anche in passato vi sono state società che
ammettevano il divorzio e accettavano le coppie omosessuali, è altrettanto vero
che la funzione ed il rilievo di queste istituzioni erano assai diverse da oggi.
Inoltre, in nessuna società del passato si sono mai affermati due principi che
dominano oggi nei paesi dell’Europa occidentale: la parità di diritti fra coniugi
e fra i figli nati dentro e fuori il matrimonio4.
Altrettanto innegabile è che nell’Europa occidentale, nell’ultimo trentennio del Novecento, vi sia stata una convergenza per molti aspetti della vita
domestica. In questo periodo, le somiglianze fra i vari paesi sono aumentate
riguardo alle dimensioni ed alla composizione della famiglia, alle regole di residenza dopo le nozze, alla fecondità, alle relazioni fra mariti e mogli, genitori e
figli, alle norme giuridiche. Così, ad esempio, le differenze fra i paesi con e quelli senza il divorzio sono venute meno quando questo istituto è stato introdotto nei codici dell’Italia e della Spagna, del Portogallo e dell’Irlanda. […]
Tuttavia, per certi aspetti della vita domestica, vi sono ancora oggi
rilevanti differenze fra i vari paesi dell’Europa occidentale, alcune di antica
origine, altre emerse più recentemente. Nell’Europa occidentale vi sono oggi
due sistemi di formazione della famiglia assai diversi. Nei paesi centro settentrionali, i giovani escono di casa presto, per motivi di studio o di lavoro, e vanno a vivere spesso in una casa in affitto, da soli, con qualche amico o con un
partner more uxorio. Nei paesi mediterranei invece i figli e le figlie lasciano la
famiglia di origine molto più tardi, in genere in occasione del matrimonio, e
vanno a vivere con il coniuge, spesso in una casa di loro proprietà, acquistata
con l’aiuto determinante dei genitori. […]
I modi ed i tempi in cui, nel nostro paese, si lasciano i genitori per
creare una nuova famiglia sono stati spesso considerati con stupore, preoccupazione, ironia, moralismo. Si è deriso il «mammismo» dei figli e l’iperprotettività ansiosa dei loro genitori. Molti studiosi di scienze sociali hanno cercato
invece di capire e di spiegare, e si sono chiesti perché in Italia e in Spagna, in
Grecia ed in Portogallo, il sistema di formazione della famiglia sia oggi diverso
rispetto agli altri paesi dell’Europa centro settentrionale. Numerose sono state
le risposte che essi hanno finora dato a questo interrogativo. Le più importanti riconducono questa differenza alla situazione del mercato del lavoro, a quello dell’abitazione, alle politiche sociali5 seguite ed alla religione. […]
Ma nel complesso si può dire che i tempi ed i modi in cui si creava
una nuova famiglia in Italia (e negli altri paesi mediterranei) erano anche in passato assai diversi da quelli che si seguivano nei paesi dell’Europa centro settentrionale. E dunque, pur non ignorando che nell’ultimo trentennio vi è stata in
113
Percorso 7
4.
figli ... matrimonio: è
infatti venuta meno
l’antica distinzione tra
figli «legittimi» e
«illegittimi», che definiva
chi faceva parte della
famiglia e poteva godere
dei diritti di
successione.
5.
politiche sociali:
interventi di carattere
assistenziale, sanitario
ecc., volte a garantire
determinati standard di
reddito e di qualità della
vita. Sono alla base
dello Stato sociale, o
Welfare State.
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Famiglia e forme di convivenza
tutta Europa una rottura nella storia del mondo domestico, siamo convinti che
dobbiamo tenere conto anche della continuità con il passato per spiegare le differenze oggi esistenti fra i paesi centro settentrionali e quelli meridionali.
Più in generale, i risultati di numerose ricerche storiche condotte negli
ultimi trenta anni da storici, demografi e sociologi – per quanto ancora frammentari ed insoddisfacenti – fanno pensare che per molti secoli i legami familiari siano stati tendenzialmente «deboli» nei paesi centro settentrionali, «forti»
in quelli meridionali. Per quanto possiamo affermare grazie alla documentazione attualmente disponibile, nell’Europa meridionale i legami fra genitori e figli
e fra fratelli permangono intensi per tutta la vita, mentre nell’Europa centro settentrionale si attenuano già alla fine dell’adolescenza. Oggi come nei secoli passati, questa struttura a «famiglia forte» è in grado di condizionare profondamente sia la vita dei singoli che l’intera organizzazione sociale dei paesi
dell’Europa del Sud. Questa differenza ha conseguenze importanti su diversi
aspetti della vita delle persone e delle famiglie […]. Ad esempio, i legami familiari forti reggono anche davanti all’emigrazione in paesi dominati dalla famiglia «debole», come mostriamo esaminando le scelte familiari dei giovani italiani di seconda generazione emigrati in Australia. […]
Se fosse davvero fondata, questa ipotesi di continuità storica potrebbe
aiutarci a capire molte altre differenze che si riscontrano oggi in Europa, fra le
quali quelle nelle politiche sociali tradizionalmente seguite. Naturalmente queste politiche dipendono da numerosi fattori. Ma se oggi nei paesi centro settentrionali i compiti di assistenza e di cura delle persone vengono attributi spesso
allo stato ed al mercato, mentre in quelli mediterranei ricadono più frequentemente sui genitori, sui figli, sui coniugi, è anche perché, per molti secoli, nei primi hanno dominato le famiglie «deboli», nei secondi invece quelle «forti».
(M. Barbagli, M. Castiglioni, G. Dalla Zuanna, Fare famiglia in Italia. Un secolo di cambiamenti,
Bologna, il Mulino, 2003, pp. 7-12)
Comprensione del testo
Rielaborazione e produzione
1. Quali sono stati i mutamenti che hanno caratterizzato la vita familiare e domestica dei Paesi
dell’Europa occidentale nella seconda metà del
Novecento?
2. Descrivi i due sistemi di formazione della famiglia diffusi in Europa.
3. Quali ipotesi sono state avanzate dagli studiosi
di scienze sociali per spiegare la convivenza in
Europa di modelli familiari diversi?
4. Spiega che cosa intendono gli autori quando parlano di legami familiari «deboli» e legami familiari
«forti».
5. Costruisci uno schema di sintesi in cui esporre
il contenuto del brano.
114
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