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Quanto piangeremo su quel latte versato?
Anno LX - N. 4 - 29 febbraio 2012 - Rivista quindicinale - kn 14,00 - EUR 1,89 - Spedizione in abbonamento postale a tariffa intera - Tassa pagata ISSN-0475-6401 Panorama www.edit.hr/panorama Quanto piangeremo su quel latte versato? Silenzi in cui le cose s’abbandonano U na prospettiva particolare sull’arte contemporanea in Italia e sulla relativa scena performativa sono stati i temi della mostra Silenzi in cui le cose s’abbandonano allestita presso il Museo di Arte contemporanea di Zagabria dall’Istituto Italiano di Cultura, con il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e l’Ambasciata d’Italia a Zagabria. L’evento è stato sostenuto dal Ministero della Cultura della Repubblica 2 Panorama di Croazia, dall’Ufficio Municipale di Zagabria per l’Istruzione, la Cultura e lo Sport e dalla Regione Veneto - Direzione attività culturali e spettacolo. La mostra ha presentato le opere di undici artisti italiani e Christian Frosi e Diego Perrone in cooperazione con gli studenti della Scuola di Arti Applicate e Design di Zagabria hanno realizzato una performance video che è stata proiettata per tutta la durata della mostra. In primo piano Le inquietanti sfaccettature di una protesta durata due settimane Quanto piangeremo su quel latte? di Mario Simonovich E ra cominciata come tante volte prima. Con l’annuncio del blocco conseguente allo scontento per i prezzi di prelievo, i trattori che pian piano venivano istradati sulle viabili, i bivacchi, le dichiarazioni dei “portavoce”, l’intervento del ministro e... il caso era chiuso. Questa volta la protesta del mondo della campagna, rappresentata per l’occasione dai produttori di latte, oltre che per la durata - è arrivata a quasi quindici giorni - ha mostrato caratteristiche nuove su cui sicuramente avremo l’opportunità di tornare a riflettere quando, secondo un processo inevitabile, si ripeteranno manifestazioni del genere. Uno degli elementi che si è imposto maggiormente è l’atteggiamento assunto progressivamente dalle tre parti in causa. Gli allevatori in primo luogo, che si sono ostinati - sulla base di affermazioni di cui il pubblico non ha comprove - da una parte a sostenere che il prezzo offerto era inaccettabile e dall’altra ad insistere con sempre maggior vigore nel considerare quale primo se non unico interlocutore il governo. Con il passare dei giorni tale atteggiamento è stato caratterizzato da un oltranzismo sempre più marcato, segnato dalla pressante richiesta di essere ricevuti dal premier (il che avrebbe significato l’implicito scavalcamento del competente ministro) ed anche dal capo dello stato, che, se da un parte ha accondisceso alla richiesta, dall’altra ha liquidato l’incontro con le usuali parole di circostanza che usa pronunciare chi di solito “regna ma non governa”. Per quanto riguarda il governo, si può facilmente comprendere quanto di malavoglia si sia accinto ad affrontare una questione imprevista, e sicuramente non d’importanza tale da convogliare qui mezzi ed energie di cui c’è una spasmodica necessità se si vuole recuperare ancora il poco tempo a disposizione per far ripartire l’economia nazionale. L’esecutivo si è mosso su due piani. Da una parte facendo capire che i soldi sono quelli che sono e che pertanto, fosse in perdita o meno, la produzione di latte non poteva assolutamente fruire di quei contributi che i dimostranti chiedevano a gran voce. In questo contesto si poneva anche la riottosità del premier ad incontrare i produttori. Allo stesso tempo però ed è questo un aspetto particolarmente significativo - ha assunto una posizione che di fatto costitutiva anche una copertura per l’industria di lavorazione. Per giorni è sembrato che lo scontro fosse segnato da una bipolarità che di fatto negava la reale “triangolazione” dello scontro. Per capirci meglio: se il pezzo pagato ai produttori è basso, perché le megalatterie non si sono fatte avanti ad offrire di più? È solo compito del governo quello di offrire e negoziare? Decisamente no: le latterie sono tutt’altro che governative. Eppure l’Esecutivo si è esposto ed ha affrontato in pieno il malcontento e questo atteggiamento induce all’inevitabile conclusione che, fossero di destra fossero di sinistra, i governi devono fare i conti con un liberismo inconcepibile che delega loro oneri e conflitti riservando ai “signori del denaro” gli utili, forse non enormi, ma in questo come in altri settori, palesemente non trascurabili. Sarà forse per tale motivo che (ci avete fatto caso?) gli industriali della lavorazione del latte, sempre pronti ad “apparire e comparire” quando possono appuntarsi al petto qualche merito, stavolta si sono rintanati nei loro uffici rinunciando del tutto alla visibility. Un’ultima considerazione: da non dimenticare che quel latte versato nelle strade accanto ai trattori (ma quanti soldi ci vogliono per comprare ‘sti mostri?) ci farà ancora piangere. Siamo stati infatti testimoni di un’escalation che sicuramente darà vita a più duri e preoccupanti confronti che, come già intravvisto, potrebbero spostarsi con inaspettata facilità dal piano economico a quello politico. ● Costume e scostume La caccia al posto barca Ai tempi della federativa, si ricorderà, i lamenti sulla scarsa correttezza dei “ricchi” che non andavano mai per il sottile quando si trattava di guadagnare a danno dei sottosviluppati e dei “terzomondisti” di cui allora faceva parte anche Belgrado. Ammorbidita, ma non troppo, questa posizione si è ampiamente mantenuta in Croazia dopo l’avvento del pluripartitismo rafforzandosi anzi negli ultimi tempi con l’intensificarsi delle (più che giustificate) invettive contro i “signori del denaro”. Un’invidiabile posizione di principio, si direbbe, se non fosse per la reazione di cui siamo stati testimoni in questi giorni, dopo l’annuncio delle grosse maggiorazioni che l’Italia intende applicare per le barche di lusso. Alla TV di stato abbiamo assistito ad una serie di serrati ragionamenti volti a valutare due soli elementi: quante di queste “barchette” italiane potrebbero trovare riparo nei nostri marina e quali potrebbero essere gli utili. Uno degli “esperti” addirittura ha prospettato (nel marina di Ragusa) una nuova diga del costo di svariati milioni. Chi conosce il fisco italiano sa bene quanto sia talvolta ingiusto e sbilanciato. Ci si chiede però: che direbbero le nostre autorità se dall’altra parte si optasse per una mossa simile? Ma se proprio vogliamo “catturare” i megayacht italiani, visto che i nostri soldi non bastano, perché non chiedere stanziamenti Ue? Nel caso poi che essa risponda picche, perché non chiedere magari all’Italia di appoggiarci? Panorama 3 Panorama www.edit.hr/panorama Ente giornalistico-editoriale ED IT Rijeka - Fiume Direttore Silvio Forza PANORAMA Redattore capo responsabile Mario Simonovich [email protected] Progetto grafico - tecnico Daria Vlahov-Horvat Redattore grafico - tecnico Annamaria Picco Collegio redazionale Nerea Bulva, Diana Pirjavec Rameša, Mario Simonovich, Ardea Velikonja REDAZIONE [email protected] Via re Zvonimir 20a Rijeka - Fiume, Tel. 051/228-789. Telefax: 051/672-128, direttore: tel. 672-153. Diffusione: tel. 228-766 e pubblicità: tel. 672-146 ISSN 0475-6401 Panorama (Rijeka) ISSN 1334-4692 Panorama (Online) ABBONAMENTI: Tel. 228-782. Croazia: annuale (24 numeri) kn 300,00 (IVA inclusa); semestrale (12 numeri) kn 150,00 (IVA inclusa); una copia kn 14,00 (IVA inclusa). Slovenia: annuale (24 numeri) euro 62,59 - semestrale (12 numeri) euro 31,30 - una copia euro 1,89. Italia: annuale (24 numeri) euro 70,00 una copia: euro 1,89. 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PANORAMA esce con il concorso finanziario della Repubblica di Croazia e della Repubblica di Slovenia e viene parzialmente distribuita in convenzione con il sostegno del Governo italiano nell’ambito della collaborazione tra Unione Italiana (FiumeCapodistria) e l’Università Popolare di Trieste EDIT - Fiume, via Re Zvonimir 20a [email protected] La distribuzione nelle scuole italiane di Croazia e Slovenia avviene all’interno del progetto “L’EDIT nelle scuole III”, sostenuto dall’Unione Italiana di Fiume, realizzato con il tramite dell’Università Popolare di Trieste e finanziato dal Governo italiano (Ministero degli Affari Esteri - Direzione Generale per l’Unione Europea) ai sensi della Legge 193/04, Convenzione MAE-UPT. Consiglio di amministrazione: Roberto Battelli (presidente), Fabrizio Radin (vicepresidente), Maria Grazia Frank Franco Palma, Ilaria Rocchi, Marianna Jelicich Buić, Livia Kinkela. 44Panorama Panorama Panorama testi N. 4 - 29 febbraio 2012 Sommario IN PRIMO PIANO Le inquietanti sfaccettature di una protesta che perdura da giorni QUANTO PIANGEREMO SU QUEL LATTE?........................... 3 di Mario Simonovich ATTUALITÀ Il governo croato in gravi difficoltà cerca di tenere a bada il debito pubblico PRIORITÀ: SOVRANITÀ ECONOMICA, CONTROLLO DEI CONTI... 6 L’accordo commerciale preso in esame dalla Corte di Giustizia ACTA: LE PROTESTE FERMANO LA RATIFICA DEL DOCUMENTO... 8 di Diana Pirjavec Rameša ETNIA Tantissimi i ragazzi che si sono contesi l’ambito riconoscimento PREMIATI A ROVIGNO GLI SPORTIVI DELL’ANNO DELLA CNI... 10 a cura di Ardea Velikonja PERSONAGGI Florinda Klevisser, geografo, giramondo, scrittrice: Barcellona città ideale, l’esagerazione delle megalopoli, sviluppo e qualità di vita, la sua Fiume DOPO LO SCEMPIO IN CITTAVECCHIA SALVARE IL DELTA, MLAKA, IL PORTO... 12 di Bruno Bontempo LA STORIA OGGI Una proposta del Circolo “Istria” avanzata in concomitanza con il trentennale UNA VISIONE TRANSFRONTALIERA DELLE VICENDE NAZIONALI... 16 di Fulvio Salimbeni PSICOLOGIA Quando siamo in tanti ad assistere ad un atto di violenza, il soccorso è di regola tardivo e inadeguato PERCHÉ NESSUNO AIUTÒ LA DONNA PRESA A COLTELLATE NEL CENTRO CITTADINO?....... 18 di Denis Stefan FESTA DELLA DONNA FESTA DELL’8 MARZO? DOVREBBE ESSERE UNA COSA SERIA...... 20 a cura di Nerea Bulva La flautista udinese Luisa Sello sul ruolo del gentil sesso nella storia dell’arte dei suoni NOMI DIMENTICATI, PARTITURE DISPERSE, CARRIERE SPEZZATE....... 22 di Bruno Bontempo CINEMA E DINTORNI Film a confronto: “The Iron Lady” di Phyllida Lloyd e “Shame” di Steve McQueen SESSO SENZA LIMITI, INESAUSTA BANALITÀ DEL MALE....... 24 di Gianfranco Sodomaco REPORTAGE Il Kenya d’oggi, stretto fra retaggio coloniale e problemi dimensione globale HIC SUNT LEONES... NONCHÉ IL MUCCHIO DI TURISTI CHE VUOL VEDERLI DA VICINO...... 26 di Nataša Stuper LETTURE ISTRIA NOBILISSIMA “DIGHELO COLA POI∫IA (DIGLIELO CON LA POESIA)”................. 34 di Lino Capolicchio ANNIVERSARI Bicentenario della nascita di Dickens: dure le sue osservazioni sull’Italia PAESE DI MISERIE E INGIUSTIZIE... 38 ITALIANI NEL MONDO Rispetto allo scorso anno i censiti sono risultati pari a 93.742 unità in più AUMENTATO IL NUMERO DEI CONNAZIONALI ALL’ESTERO... 40 a cura di Ardea Velikonja MADE IN ITALY La sesta edizione di Olio Capitale A TRIESTE LA PRODUZIONE OLIVICOLA................................... 42 a cura di Ardea Velikonja MUSICA Storia degli strumenti che compongono un’orchestra sinfonica (7) PER LA FURTIVA LACRIMA È D’OBBLIGO IL CONTROFAGOTTO........ 44 SANREMO: IL FESTIVAL DELLE POLEMICHE.................... 46 a cura di Ardea Velikonja SPORT I vertici federali con le spalle al muro. L’imprenditore ligure Gabriele Volpi salva Fiume dalla bancarotta CALCIO MESSO ALLA FRUSTA, MA IL RIJEKA SI CHIAMA FUORI........ 48 di Bruno Bontempo TRA CUCINA E GUSTO SULLE TAVOLE DEI ROMANI IL FORMAGGIO ERA UN RE...... 50 di Sostene Schena MULTIMEDIA Invece di Facebook c’è chi preferisce cinguettare conTwitter MICROBLOGGING: NUOVO MEDIA... 52 a cura di Igor Kramarsich RUBRICHE.................................. 54 a cura di Nerea Bulva IN COPERTINA: la protesta dei produttori di latte Agenda Aggiornata a data ancora da definire la quinta sessione ordinaria dell’Assemblea L’Unione Italiana ha chiuso il 2011 in positivo A ssorbita in buona parte da interrogazioni, interpellanze e mozioni, la quinta sessione ordinaria dell’Assemblea di Unione Italiana è stata aggiornata a data ancora da definire. Infatti, nella riunione di lunedì scorso, alla Comunità degli Italiani “Fulvio Tomizza” di Umago, sono stati evasi appena due dei complessivamente dieci punti (varie incluse) all’ordine del giorno. Approvati i Bilanci consuntivi 2011 per le due sedi dell’UI, ossia Fiume e Capodistria. L’UI di Fiu- me ha chiuso l’anno precedente con un attivo di 804.158,18 kune, mentre l’ufficio capodistriano ha riportato un sufficit di 41.181,81 euro. Promosso pure il Programma di lavoro e Piano finanziario per il 2012, compresa la Programmazione delle attività e degli interventi da finanziarsi con i mezzi delle Leggi 191/2009 e 25/ e il Fondo per la valorizzazione delle attività artistiche-culturali italiane delle Comunità degli Italiani e per la diffusione e la promozione della lingua e cultura italiana. Da rileva- re che nella programmazione l’UI ha tenuto conto delle esigenze dell’Università Popolare di Trieste, che si trova in una difficile situazione finanziaria, destinando al suo partner storico 150mila euro.● Dopo vent’anni Mladen Ćulić Dalbello lascia le redini della Comunità degli Italiani Damiano Cosimo D’Ambra a capo della CI di Spalato L a Comunità degli Italiani di Spalato, dopo vent’anni ha cambiato presidente. Mladen Ćulić Dalbello ha lasciato le redini, dopo le elezioni, a Damiano Cosimo D’Ambra (nella foto). Il neoeletto presidente è cittadino italiano (nato a Canosa di Puglia in provincia di Bari) ed uno dei primi violini dell’orchestra del Teatro di Spalato. E subito si è messo al lavoro: infatti alla CI si stanno catalogando i li- bri e si procede a riordinare il tutto, in attesa del progetto di ristrutturazione dei vani. Ricorderemo che la sede della Comunità degli Italiani si trova tra le antiche mura del Palazzo di Diocleziano. “Stiamo inoltre lavorando a un nuovo Statuto e poi potremo procedere con l’elezione delle altre cariche che ci mancano, tra cui anche quella del Consigliere di Spalato all’Assemblea dell’UI. Ricorderemo che oltre alla Giunta (formata da quattro membri tra cui il presidente della CI) è operativa anche l’Assemblea che conta 7 persone. Inoltre abbiamo pure il Comitato dei garanti. Comunque abbiamo eletto Mladen Ćulić Dalbello a presidente onorario della CI”. ● Lucio Toth ha rassegnato le dimissioni per ragioni di salute Rodolfo Ziberna nuovo presidente dell’ANVGD R odolfo Ziberna (nella foto) è il nuovo presidente dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (Anvgd). È subentrato al senatore Lucio Toth (Zara, 1934) che ha rinunciato all’incarico in seguito a motivi di salute. Nel presentare le dimissioni, Toth ha ribadito che gli impegni oggi richiesti per rappresentare un’Associazione così diffusa ed accreditata, vanno oltre il suo stato fisico e meritano l’impegno di forze più giovani. L’Anvgd riunisce gli italiani esuli e i discendenti da Istria, Fiume e Dalmazia. Rodolfo Ziberna, cin- quantenne goriziano, è anche presidente da dieci anni del Comitato provinciale di Gorizia dell’ANVGD, dopo esserne stato per quasi 20 anni vice presidente. Ziberna è anche presidente della Lega Nazionale di Gorizia, oltre che presidente del Consorzio universitario goriziano. Ziberna ha espresso parole di grande apprezzamento per l’opera svolta da Toth in tanti anni di dedizione all’associazione. ● Panorama 5 Attualità Il governo croato Le priorità: so di Diana Pirjavec Rameša A L’ambasciatrice D’Alessandro ha incontrato il ministro Grčić L’ ambasciatrice italiana a Zagabria, Emanuela D’Alessandro, è stata ricevuta in visita di presentazione dal vice presidente del governo croato nonché ministro per lo sviluppo e i fondi Ue, Branko Grčić. L’ambasciatrice D’Alessandro si è congratulata con il vice premier per la velocità con cui è stata accolta la Finanziaria e per le direttrici e le priorità che questo documento fondamentale prevede, soprattutto in quel segmento che riguarda le prospettive di sviluppo. Durante l’incontro è stato fatto il punto sui progetti che sino ad oggi sono stati cofinanziati dai fondi europei. Inoltre sono stati individuati campi d’intervento entro cui queste iniziative possono venir implementate. Inoltre c’è grande interesse per la visita del ministro italiano per la coesione territoriale Fabrizio Barca “assieme a cui si potranno condividere le esperienze acquisite ma soprattutto ottenere un sostegno e indicazioni su come fruire al meglio dei fondi Ue, strutturali e di coesione” ha piegato il Grčić. Il vice premier ha poi ringraziato l’Italia per il sostegno che sta dando alla Croazia lungo il non semplice percorso di completa integrazione nell’Unione Europea e ha auspicato un ulteriore rafforzamento della cooperazione in ambito economico, in primo luogo nel settore energetico, nel trasporto turismo e agricoltura. Di recente l’ambasciatrice D’Alessandro ha incontrato pure il presidente della Regione Istriana, Ivan Jakovčić. Presenti all’incontro il console generale d’Italia a Fiume, Renato Cianfarani, e Viviana Benussi e Oriano Otočan in rappresentanza delle autorità regionali. “Abbiamo avuto un incontro aperto, amichevole, costruttivo - ha dichiarato Jakovčić - e vorrei ringraziare l’ambasciatrice per il sostegno dato a tutti i progetti istriani nel campo dell’istruzione, della sanità e dell’economia. Per l’Istria, la collaborazione con l’Italia è di importanza strategica ed ogni incontro è occasione per approfondire l’amicizia e la collaborazione”. Ha rilevato pure quanto sia importante quello che l’Italia fa per la componente italiana in Istria: “Assieme all’Unione Italiana abbiamo dato vita a importanti programmi. Confermo che la Regione sosterrà anche in futuro i progetti dell’UI”. Piuttosto soddisfatta l’ambasciatrice italiana ha rilevato: “Sono in Croazia da quattro mesi ed è la seconda volta che vengo in Istria, a testimonianza dell’interesse nei confronti della Regione e della molteplicità dei temi trattati. Questa è una Regione attiva, non solo a livello centrale, ma anche per la collaborazione con varie Regioni italiane. A seguito dell’entrata della Croazia nell’Ue la collaborazione sarà maggiormente intensificata. Con Jakovčić abbiamo trattato temi tra i più disparati, a 360 gradi, e ribadisco la disponibilità del Consolato, dell’Ambasciata e mio personale affinché i rapporti si intensifichino”.● 6 Panorama umento dell’Iva dal 23 al 25 per cento, un ritocco alle aliquote fiscali sul reddito che dovrebbe favorire la classe media e penalizzare i più ricchi, una tassa sui dividendi, licenziamenti nel settore pubblico e tagli delle tredicesime, nuove privatizzazioni e meno sussidi pubblici all’agricoltura e all’economia in generale. Sono queste le principali misure di austerità che il nuovo governo croato di centro-sinistra, in carica da due mesi, introduce dal primo marzo per diminuire il deficit dei conti pubblici dal 4,4 per cento nel 2011 al 2,8 per cento, stabilizzare le finanze pubbliche e tentare di prevenire un declassamento del debito sovrano della Croazia allo status di spazzatura (junk). Questa sarà la prima volta in più di dieci anni che lo Stato croato cercherà di spendere meno rispetto all’anno precedente. Infatti, la legge finanziaria prevede spese nel 2012 per 15,7 miliardi di euro, una diminuzione di 610 milioni rispetto al 2011, mentre sono previsti 14,5 miliardi di entrate, con un deficit di 1,2 miliardi. “La Croazia non è un Paese povero, ma per mantenere il nostro tenore di vita dobbiamo cambiare la politica economica, essere fiscalmente più responsabili”, ha detto in Parlamento il primo ministro Zoran Milanovic. “Il nostro obiettivo è mantenere la sovranità economica, essere un Paese che non dovrà chiedere aiuto agli altri, perché solo quando si ha il controllo delle proprie casse si è veramente indipendenti”, ha spiegato il premier, riferendosi alle critiche secondo cui le misure di austerità sarebbero dettate dalle agenzie di rating internazionali che stanno aspettando di valutare l’effetto delle nuove norme sull’economia in generale prima di rivedere lo status del debito sovrano della Croazia, ora a BBB-, un punto sopra lo status di spazzatura. Un declassamento renderebbe estremamente costoso l’indebitamento estero necessario per finanziare il Attualità in gravi difficoltà cerca di tenere a bada il debito pubblico dello stato o vranità economica, controllo dei conti Il vice premier Slavko Linić e il premier Zoran Milanović deficit, con il rischio di dover introdurre misure di risparmio molto più drastiche. Per questo il pacchetto proposto dal governo non prevede licenziamenti di massa nel settore pubblico, ma la cancellazione dei contratti a tempo determinato, che riguarderebbe circa 4 mila persone su 200 mila impiegati pubblici. Non sono previsti tagli agli stipendi base, ma una riduzione di alcuni benefici come le tredicesime, il lavoro notturno e gli straordinari, i buoni per i figli a carico, forse anche l’abolizione di due o tre festività nazionali. Per ora non si sa cosa il governo intenda fare per rilanciare la crescita dell’economia, stimata allo 0,8 per cento nel 2012, contro lo 0,4 per cento nel 2011, dopo tre anni consecutivi di declino. Contro le previsioni del governo, la Banca mondiale ha stimato una diminuzione del Pil dell’uno per cento nel 2012. Il pacchetto di riforme fiscali prevede la tassazione con un’aliquota del 12 per cento dei dividendi superiori ai 1600 euro riscossi dalle azioni, la completa abolizione di qualsiasi imposta sul capitale reinvestito, e una diminuzione del due per cento dell’imposta per l’assicurazione sanitaria dei lavoratori dipendenti. È stato annunciato anche un rilancio degli investimenti pubblici nell’economia reale, ma senza un piano preciso, mentre una forte diminuzione dell’Iva nel settore del turismo, promessa in campagna elettorale, è stata rimandata all’anno prossimo. Infine, entro l’anno il governo di Zagabria intende privatizzare le ultime due aziende del settore finanziario ancora di proprietà dello Stato: la Croatia Osiguranje, la maggiore società assicurativa, e la Hrvatska Poštanska Banka (HPB), il cui valore insieme è stimato a 270 milioni di euro. Per quanto il governo manterrà una quota del 25 per cento di azioni nelle due società, gli esperti sono molto critici verso questa decisione, sostenendo che lo Stato rinuncerà totalmente alla possibilità di influire sul sistema finanziario nazionale, cedendolo alle banche europee, in questo periodo esposte a rischi della crisi dell’euro. Infatti ad essere interessata a rilevare circa il 30 per cento della proprietà è proprio la EBRD (Banca europea per lo sviluppo e il rinnovamento) che ha già avviato le trattative con il governo croato. Non si conosce ancora con precisione il modello in base a cui verrà privatizzata una delle ultime banche che erano rimaste di proprietà croata ma è chiaro che anche questo istituto di credito verrà ceduto... al miglior offerente. In questi giorni l’amara e drammatica pubblicazione dei dati relati- vi all’evasione fiscale in Croazia ha allarmato il governo e l’authority fiscale. Stando ai dati pubblicati, infatti, gli evasori sarebbero 1.385.000 (persone fisiche) a cui vanno aggiunte 131.000 persone giuridiche e altre 261.000 dipendenti autonomi. Detto in modo piuttosto sintetico ogni terzo cittadino maggiorenne ha un debito nei confronti del fisco. Lo Stato croato non è stato in grado di incamerare a titolo di tasse ben 42 miliardi di kune... che ora creano grandi problemi di liquidità all’economia nazionale. A denunciare pubblicamente il problema è stato il ministro delle Finanze, Slavko Linić, il quale ha deciso pure di rendere pubblici i nomi delle persone che sono in difetto... ovvero che hanno evaso il fisco. Le misure che il governo propone onde ovviare questo grande problema sono due: il pagamento del debito senza il computo degli interessi di mora entro 30 giorni oppure il rifinanziamento del debito in 36 mesi con gli interessi di mora. Nel caso in cui lo Stato non riuscisse a mettere in riga i morosi verrà avviato il processo fallimentare. Inoltre il ministero dell’Economia ha approvato l’aumento del prezzo dei derivati della nafta. L’ennesimo rincaro del prezzo del carburante rischia di avere gravi ripercussioni sul bilancio delle famiglie. Per tale motivo il governo è già sul chi vive. “L’Esecutivo si accosterà molto seriamente al problema del prezzo della benzina”, ha dichiarato il ministro Slavko Linić, aggiungendo che “l’allarme scatterà quando il prezzo di vendita raggiungerà le 12 kune, perché ciò rappresenterà un grosso problema sia per i cittadini sia per l’economia. Il governo discuterà dei modelli da applicare per contenere aumenti superiori a tale soglia”. Il ministro ha poi rilevato che la soglia di 10 kune, superata già due mesi fa, “costituisce un allarme sufficiente per rendersi conto che i problemi legati approvigionamento del gasolio sono molto gravi”. ● Panorama 7 Attualità L’accordo commerciale sarà preso in esame dalla Corte di Giustizia per ACTA: le proteste fermano la ratifica d a cura di Diana Pirjavec Rameša l commissario al commercio dell’Unione europea, Karel De Gucht, ha annunciato che il documento ACTA sarà analizzato dalla Corte di Giustizia europea che dovrà stabilire se il trattato anticontraffazione metta a rischio i diritti fondamentali dei cittadini dell’Unione. La Commissione europea, tramite il commissario, ha annunciato di aver interpellato la Corte di giustizia dell’Unione per esprimersi sulla validità del documento. In una nota apparsa sul sito ufficiale della Commissione europea, si afferma che la Corte si pronuncerà sulla legittimità del documento ACTA verificando se la versione attuale possa costituire un limite alla libertà di espressione e di informazione. In seguito al rifiuto da parte di diversi Paesi, tra cui anche la Germania, di ratificare l’accordo sottoscritto a Tokyo lo scorso 26 gennaio, la Commissione europea ha inizialmente difeso la validità di ACTA. I Tuttavia l’incrementare delle polemiche e l’approssimarsi della data di ratifica dell’accordo prevista per il prossimo 11 giugno, hanno indotto la Commissione europea a rivolgersi alla Corte di Giustizia, nell’auspicio che sia l’Alta Corte a legittimare il documento. Il commissario De Gucht ha affermato che “il rinvio consentirà alla Corte di Giustizia di chiarire in modo indipendente la legalità di questo accordo” e ha poi aggiunto di condividere in parte le perplessità esposte dall’opinione pubblica. Nel frattempo continua ad infuriare il dibattito su ACTA: i promotori del documento ribadiscono la necessità di modificare le norme che regolano il diritto di proprietà intellettuale, mentre la maggior parte del mondo del web si è schierato apertamente contro l’accordo. Il trattato mondiale ACTA, vorrebbe imporre un controllo legale sui diritti di proprietà intellettuale in rete. Il termine “internet” non è menzionato nemmeno una volta in tutto il trattato. L’obiettivo dell’accordo ACTA tra l’Unione europea, gli Stati Uniti, l’Australia, il Canada, il Messico, il Marocco, la Nuova Zelanda, Singapore, la Corea del Sud e la Svizzera, è quello di rafforzare i diritti sulla proprietà intellettuale - anche quelli on line - e sostenere la lotta alla contraffazione e alla pirateria dei beni (abiti, musica e film), ma ci sono in tanti che non la pensano così e in Europa ci sono state nelle scorse settimana parecchie manifestazioni di protesta come quella dell’11 febbraio. Una mobilitazione rumorosa, anche se poco seguita dai media, ma che nonostante ciò è riuscita nel suo intento: costringere i politici europei a rimboccarsi le maniche e prendere seriamente in esame un “accordo commerciale” che secondo alcuni potrebbe calare l’ultima scure sulla Rete come la conosciamo oggi. A quanto pare le proteste hanno già avuto effetto e in alcuni paesi, Germania in primis, la Pare che il governo sia fermamente intenzionato a chiudere Il crollo annunciato di un gra l “Vjesnik”, la più vecchia e, in passato, la più prestigiosa testata giornalistica croata, tra breve potrebbe dichiarare la bancarotta per le perdite e debiti generati in più di vent’anni di cattiva gestione. “Per i troppi debiti accumulati e le vendite ridotte al minimo, il ‘Vjesnik’ dovrà chiudere”, ha annunciato il vice-premier croato, Radimir Čačić, come rappresentante del governo, unico proprietario della testata. “Decine di milioni di euro di soldi pubblici sono stati elargiti al giornale negli ultimi vent’anni per coprire le perdite di un prodotto che non acquistava quasi nessuno e che non ha più giustificazione sul mercato”, ha spiegato il vice premier con delega per l’economia. I La decisione definitiva sulla chiusura della testata alla politica, visto che questo giornale è stato da sempre in funzione della politica più che del mercato... 8 Panorama Solo nel 2011 lo Stato ha cancellato i debiti della società verso l’erario e concesso un sussidio di 3 milioni di euro. Nonostante gli sforzi finanziari profusi la testata non è riuscita a vendere più di 2000-3000 mila copie al giorno, contro le circa 70 mila vendute dai maggiori quotidiani come per esempio “Večernji List” o “Jutarnji List”. Il giornale è stato fondato nel 1940 ed è una delle testate più longeve presenti sul mercato croato. Negli anni Sessanta divenne uno dei principali quotidiani nella ex Jugoslavia, con picchi di vendite fino a 150 mila copie, specialmente nei periodi in ha dimostrato un considerevole livello di critica verso il regime comunista. Attualità vedere se viola le libertà el documento firma dell’accordo non è più così certa. Nella giornata di venerdì 10 febbraio, alle soglie di una manifestazione che si preannunciava significativa (soprattutto considerando che fino ad ora questo genere di proteste ha avuto una cornice meramente digitale), il governo di Angela Merkel ha annunciato di aver rimandato la firma dell’accordo anticontraffazione. In particolare, il ministro della Giustizia Sabine Leutheusser-Schnarrenberger ha annunciato che il provvedimento necessita un’attenta analisi prima di essere sottoscritto e che in ogni caso la firma tedesca non verrà siglata prima della discussione al Parlamento Europeo, prevista per giugno. Nel frattempo, in coda alle dichiarazioni del governo sono arrivate le parole di un altro tedesco, il socialdemocratico Martin Schulz, attuale Presidente del Consiglio Europeo: “Così com’è l’accordo non va bene.” Va rilevato che le proteste hanno cominciato a generare risonanze. In Ungheria, dove poco più di 1000 persone hanno sfilato per le strade di Sono numerosi i gruppi che contestano la sottoscrizione dell’accordo commerciale ACTA, tra questi in prima fila c’è Anonymous Budapest, Anonymous ha lanciato un attacco hacker all’Hungarian Intellectual Property Office. A Sofia, in Bulgaria, membri del governo e delle autorità che vigilano sul copyright hanno aperto un tavolo di discussione per ragionare su ACTA e su futuro della proprietà intellettuale. Si è poi registrato il passo indietro del governo polacco (tra i più colpiti dalle proteste hacker) e dell’ambasciatrice slovena in Giappone, che si è addirittura scusata per la leggerezza con cui ha sottoscritto l’accordo. Interessante inoltre notare come in Spagna la Corte Suprema abbia acconsentito a valutare la richiesta di sospensione di un provvedimento a lungo contestato, chiamato Ley Sinde, che secondo gli attivisti spagnoli rischierebbe di dare alla Commissione per la Proprietà Intellettuale poteri simili a quelli di un’Autorità Giudiziaria, e quindi di minare seriamente la libertà di espressione in Rete. In Croazia i navigatori della rete hanno avuto un vivace confronto online con il presidente Ivo Josipović il quale si era espresso a favore di ACTA, ma il governo presieduto da Milanović pare non abbia intenzione di affrontare l’argomento visto che di problemi al momento ne ha sin troppi. Tutto rimandato a tempi meno.. complicati.● il quotidiano. A protestare sono in molti, tra cui la Federazione Europea dei giornalisti nde impero mediatico. Vjesnik, ultimo atto Dopo l’indipendenza della Croazia, raggiunta nel 1991, il giornale non venne privatizzato, come successo con le altre testate, ma divenne di fatto un quotidiano pubblico e filogovernativo supportando le scelte dell’allora establishment politico dell’HDZ con il testa il presidente Franjo Tuđman. Dopo la democratizzazione del Paese iniziata nel 2000, il “Vjesnik” ha continuato ad essere il portavoce del governo, anche se l’allora esecutivo guidato da Ivica Račan (SDP) avrebbe voluto disfarsene visti gli alti costi di gestione e la costante perdita di tiratura e di immagine. E così è stato pure in questi ultimi anni in cui la proprietà è stata tramessa all’azienda Narodne Novine (Gazzetta Pubblica), ma solo la testata non la tipografia, e il giornale ha continuato a dedicare le prime pagine con titoli a favore dell’operato dei governi conservatori guidati da Ivo Sanader prima e da Jadranka Kosor poi. Il “Vjesnik” ha potenziato da sempre la rubrica culturale cosa che invece gli altri editori hanno ridotto al minimo, soprattutto negli ultimi dieci anni, puntando più sul valore della cronaca, in primo luogo di quella nera e della cronaca giudiziaria. Ha dato ampio spazio, anche se con grandi difficoltà, alla rubrica di politica estera (negli anni Settanta e Ottanta ha avuto un’invidiabile rete di corrispondenti dall’estero), ma ciò non è stato sufficiente a salvare la tiratura e a far tornare i conti. Lo sfacelo del grande impero editoriale del “Vjesnik”, che dagli inizi degli anni Novanta ha chiuso parecchie testate, ha favorito l’affermazione sul mercato di altri editori di giornali, come l’Europapress Holding (Jutarnji, Globus) o il gruppo Styria. Sul caso “Vjesnik” si sono mobilitate le organizzazioni sindacali e la Federazione europea della stampa con un comunicato in cui si condanna il tentativo di chiudere una testata che è considerata tutt’oggi una grande istituzione culturale. L’EFJ ha invitato il governo croato a fare qualche passo indietro e a non aprire il procedimento fallimentare da cui poi dovrebbe scaturire la decisione di chiudere. Ma la decisione definitiva spetta alla politica, visto che questo giornale è stato da sempre in funzione della politica più che del mercato...● Panorama 9 Etnia Tantissimi i ragazzi che si sono contesi l’ambito riconoscimento nelle Premiati a Rovigno gli sportivi dell’an a cura di Ardea Velikonja foto di G. Žiković È stata la Comunità degli Italiani di Rovigno quest’anno ad ospitare la premiazione dei migliori sportivi per l’anno 2011 della Comunità nazionale Italiana di Croazia e Slovenia. La manifestazione è stata organizzata dall’Unione Italiana, dall’Università Popolare di Trieste, dal CONI del Friuli Venezia Giulia, con la collaborazione della Comunità Italiana di Rovigno, della Città di Rovigno, della Società turistico-alberghiera Maistra di Rovigno e della TV Capodistria. Ospiti d’onore quest’anno il noto calciatore italiano Giancarlo Antognoni e il cronista amato da tutta Italia Bruno Pizzul. Tra gli esponenti di spicco da rilevare la presenza dell’ambasciatrice d’Italia a Zagabria Emanuela D’Alessandro, il console generale a Fiume Renato Cianfarani nonché il sindaco e il vicesindaco do Rovigno rispettivamente Giovanni Sponza e Marino Budicin, i rappresentanti del CONI del Friuli Venezia Giulia, Emuilio Felluga, Giorgio Brandolin e Francesco Cipolla, e il presidente dell’Associazione spor- I vincitori GIOVANI PROMESSE Antonio Vitasović, Dignano, tennis Igor Savatović, Verteneglio, calcio RAGAZZE/RAGAZZI Miglior sportiva 2011 Petra Šunjić. Fiume, nuoto Sportiva esemplare 2011 Alessia Švagelj, Isola, pallamano Miglior sportivo 2011 Paolo Grgorinić, Pola, vela optimist Sportivo esemplare 2011 Moreno Emanuelle Pinter, Cittanova, karate CADETTE/CADETTI Miglior sportiva 2011 Mia Šestan, Fiume, nuoto sincronizzato 10 Panorama Il gruppo dei premiati per la tradizionale foto tivi sloveni in Italia Giorgio Kufersin. Presenti pure il presidente dell’Unione Italiana, Furio Radin e della Giunta Maurizio Tremul nonché Silvio Delbello presidente e Alessandro Rossit e direttore generale dell’Università popolare di Trieste. La manifestazione è iniziata con l’esibizione del coro della SAC “Marco Garbin” di Rovigno diretto da Giorgio Sugar a cui sono seguiti i discorsi di circostanza. Quindi la presentazione degli ospiti d’onore: Giancarlo Antognoni noto giocatore di calcio e il cronista sportivo amato da tutta Italia Bruno Pizzul. La TV Capodistria ha pure preparato un breve Sportiva esemplare 2011 Katja Tonković, Fiume, nuoto Miglior sportivo 2011 Kevin Bozic, Isola, bocce Sportivo esemplare 2011 Kristian Brkić, Fiume, karate ALLIEVE/ALLIEVI Miglior sportivo 2011 Sara Calderara, Fiume, nuoto Sportiva esemplare 2011 Francesca Bulian, Fiume, tiro a segno Miglior sportivo 2011 Marco Opšivač, valle, kick boxing Sportivo esemplare 2011 Filip Ušić, Pola, judo JUNIORES FEMMINE/MASCHI Miglior sportiva 2011 Dunja Štokan, Fiume, calcio femminile Il presidente dell’UI, Furio Radin, con una delle ragazze premiate filmato sulla carriera calcistica di Antognoni. Ha chiuso la parte non ufficiale della manifestazione il duo KriSportiva esemplare 2011 Rebecca Pellizzer, Rovigno corsa campestre Miglior sportivo 2011 Antonio Poretti, Rovigno, vela laser 4.7 Sportivo esemplare 2011 Sandro Venier, Rovigno, pallavolo SENIORES FEMMINE/MASCHI Miglior sportiva 2011 Stella Zambelli, Fiume, equitazione Miglior sportivo 2011 Giovanni Cernogoraz, Cittanova, trap (tiro a volo) SQUADRE CI di Fiume, squadra calcetto Over 30 OPERATORI SPORTIVI Fredi Rajdojkovič, Isola, allenatore Cimos Koper - squadra di pallamano Etnia specialità più svariate no della CNI stian Terzić e Marko Ramljak che si sono esibiti al pianoforte e rispettivamente al violino in tre composizioni. Quindi il momento solenne della premiazione in cui ai due sportivi dell’anno il premio è stato consegnato proprio dal giocatore italiano. Giovanni Cernogoraz, definito il miglior sportivo dell’anno 2011 della CNI ha così realizzato il sogno di ogni sportivo: arrivare alle Olimpiadi. Il cecchino di Cittanova, come viene amorevolmente chiamato avrà così la possibilità di inseguire ai Giochi di Londra non più un sogno ma un bel risultato nel trap o tiro a volo. Nella categoria donne, la miglior sportiva dell’anno 2011 è risultata essere Stella Zambelli, già più volte premiata. La sua specialità è il salto con gli ostacoli in sella al suo cavallo. La ragazza quest’anno ha avuto risultati eccellenti sia a livello croato che internazionale.● Alla simpatica manifestazione hanno presenziato pure l’ambasciatrice d’Italia a Zagabria, Emanuela d’Alessandro (prima da sinistra), ed il console a Fiume, Renato Cianfarani Silvio Delbello direttore dell’UPT con una delle premiate Il mitico calciatore italiano Giancarlo Antognoni ha consegnato la coppa sia a Giovanni Cernogoraz... ...che a Stella Zambelli La signora Mariella Radojković, moglie dell’allenatore dello Cimos Koper ha ritirato il premio per il marito premiato come miglior operatore sportivo Foto ricordo dei vertici UI con Bruno Pizzul e Giancarlo Antognoni Il collega Andrea Marsanich (Radio Fiume) ha preso dalle mani di Bruno Pizzul il premio per la miglior squadra di calcio Over 30 (ma anche 40) della CNI o meglio della CI di Fiume Panorama 11 Personaggi L a connazionale Florinda Klevisser, di Fiume, dottore di ricerca in geografia, specializzatasi in geografia urbana e sistemi informativi territoriali, nella sua tesi di laurea aveva trattato la rivitalizzazione della Tramontana (la zona nord-est dell’isola di Cherso) secondo i principi dello sviluppo sostenibile. “Mi sono divertita tantissimo durante il lavoro di ricerca, che mi ha obbligato a trascorrere molto tempo sul campo, in un posto bellissimo - ricorda Florinda -. Ho collaborato con i membri del centro ecologico Caput insulae di Caisole (Beli) e di altre organizzazioni locali, soprattutto la Tramuntana. L’obiettivo comune era di operare in funzione di una possibile ripopolazione dei villaggi dell’isola, molti dei quali sono quasi o completamente abbandonati”. Florinda ha insegnato all’Università degli studi di Trieste e quella del Litorale a Capodistria, oltre che a numerosi Master e corsi post laurea, ha scritto articoli sia d’evasione sia specialistici e contributi scientifici a livello internazionale. Recentemente l’Edit ha pubblicato il suo libro “Viaggia con me” nel quale descrive, attraverso racconti e aneddoti, un piccolo giro del mondo in tre mesi che l’ha portata dall’Europa all’Asia, in Oceania e in America: “Il viaggio è la scoperta di me stessa e del mondo. Quando parto apro la mente e aguzzo i sensi. Incontrare persone, conoscere i luoghi, affrontare le piccole e grandi sfide quotidiane fanno parte del piacere di prepararsi a partire, diventano parte del mio mondo e lo ampliano, mi fanno scoprire cose nuove e vedere alcune di quelle che avevo sotto gli occhi da sempre ma non avevo mai notato prima. Ecco, viaggiare ci aiuta ad aprire gli occhi, ci permette di vivere pienamente ogni attimo, liberi e in armonia con il mondo, in un equilibrio che, altrimenti, nella vita è difficile da raggiungere e mantenere”. Florinda Klevisser, geografo, giramondo, scrittrice: Barcell Dopo lo scempio in Cittav di Bruno Bontempo Il lavoro del geografo consiste nello studiare le caratteristiche dell’ambiente in cui viviamo, nello scavare dentro l’identità di un luogo, nell’andare alla scoperta del territorio attraverso la storia, la cultura e tutti gli altri aspetti, nel confrontare queste espressioni con il presente e spiegare la nuova realtà. Da dove nasce la tua passione per questa materia, che si colloca a metà strada tra il mestiere e la vocazione? “Fare il geografo potrebbe dirsi piuttosto una vocazione che un mestiere, anche se forse è entrambe le cose. Il geografo studia e scopre il territorio considerandolo nei suoi aspetti più vari, nella sua complessità. Ci sono poi varie specializzazioni. Qualcuno concentra la sua attenzione sugli aspetti morfogenetici legati alla natura fisica del territorio e altri su quelli socio-economici, geopolitici, geostorici o, come nel mio caso, sugli aspetti urbani che coniugano tutti questi elementi. Essere un geografo urbano permette di comprendere le dinamiche che avvengono in una città. Ad esempio, si analizzano gli elementi che agiscono da trasformatori e cata- lizzatori, si studia cosa va valorizzato e in che modo, quali sono le opportunità sfruttabili localmente tenendo conto dei nuovi trend dell’economia e in ambito sociale, quali sono i rischi che si corrono con determinati interventi oppure ignorando completamente alcune problematiche. La mia curiosità mi ha sempre spinto a cercare di capire quello che succede intorno a me e questa attitudine si riflette ora nella mie scelte professionali”. La tua specializzazione riguarda la geografia urbana, che si occupa dello studio delle aree urbane in termini di concentrazione, infrastrutture, economia e impatti ambientali, con i quali ci confrontiamo quasi giornalmente. A fronte di tale realtà, è possibile un giudizio di confronto tra Fiume e Trieste, a noi più vicine, con altre grandi città del mondo che hai avuto occasione di conoscere? “Volendo fare un discorso proprio terra a terra, la prima cosa che noto a Fiume è il disagio che si incontra nell’usare la macchina per andare in centro a sbrigare delle commissioni a causa della scarsità di parcheggi. A Trieste questo problema sussiste soltanto per chi vuole parcheggiare gratuitamente, ma a pagamento si trova Fiume, Filodrammatica, bell’esempio di edilizia del periodo Secessione 12 Panorama Personaggi ona città ideale, l’esagerazione delle megalopoli, sviluppo e qualità di vita, la sua Fiume ecchia salvare il Delta, Mlaka, il porto (quasi) sempre posto con relativa facilità. Nelle grandi città che ho visitato la situazione varia di caso in caso. Singapore e Hong Kong non sono pensate per essere girate in auto per cui i trasporti pubblici sono molto efficienti ed economici. Stesso discorso per i taxi. Un altro aspetto che ho notato a Fiume è il mortorio nel quale la città piomba già durante le ore del tardo pomeriggio. A Trieste ero abituata a vedere le strade piene di gente e i locali stracolmi anche dopo l’orario di chiusura degli uffici e dei negozi, per l’oramai tradizionale aperitivo. Una vivacità simile, peraltro, l’ho ritrovata in quasi tutte le città visitate nel corso del viaggio narrato nel mio libro. Ecco, sono principalmente questi i motivi che frenano il desiderio di fare un giro per il Corso, ciò che in passato era un’abitudine molto in voga a Fiume, soprattutto tra i giovani”. Quali sono i contrasti più evidenti che emergono dal punto di vista propriamente urbanistico? “Lo scempio fatto nella Cittavecchia, che avrebbe potuto essere valorizzata decisamente meglio, anche se alcuni progetti di recupero hanno ridato dignità a diversi edifici. Tuttavia, ancora molti palazzi di Fiume hanno estremo e urgente bisogno di in- La simpatica e intraprendente Florinda nelle strade di Bangkok terventi di manutenzione o ristrutturazione. Qualcosa è stato fatto e ciò fa ben sperare che si continuerà in questa direzione, anche se so bene che è un problema di elevata complessità, di cui tutti sono consci, ma la sua soluzione richiede grandi risorse tecniche, finanziarie e umane. Dovremmo prendere esempio dagli americani, che si sono resi conto del valore del Singapore, una delle principali città cosmopolite del mondo passato, anche in termini economici. L’antico attira molti visitatori e loro hanno ricostruito interi centri storici soprattutto in funzione del turismo”. C’è qualche dettaglio positivo che hai riscontrato nell’assetto organizzativo di Fiume? “Sì, ad esempio la possibilità di usufruire gratuitamente di Internet in tutto il centro e in alcune zone periferiche, tra cui quella della splendida piscina di Costabella, con spiaggia annessa. E su questo piano Fiume è all’avanguardia anche rispetto a Trieste. Tuttavia, non capisco in quale direzione intende svilupparsi il capoluogo quarnerino. Si fa tanta promozione per il turismo, ma i collegamenti aerei e ferroviari sono carenti e i contenuti per i turisti scarsi. Ogni volta che nomino all’estero il nostro Carnevale, che a noi sembra famosissimo, la gente mi guarda stupita e perfino a Trieste pochissimi lo conoscono o comunque non immaginano quali possano essere le sue proporzioni e la sua rilevanza. Il ruolo di città industriale è oramai tramontato e il commercio non è certo fiorente. Fiume gode di una posizione geostrategica privilegiata ed ha tante possibilità da sfruttare, ma bisogna avere le idee Panorama 13 Personaggi chiare e la pazienza di vedere realizzati i cambiamenti, che non avvengono dal giorno alla notte”. Quali sono le tendenze della pianificazione urbana a livello mondiale e dove possiamo collocare Fiume in questo contesto? “Le tendenze emerse a livello globale negli ultimi trent’anni hanno richiesto un approccio integrato, ossia di considerazione degli aspetti economico, ambientale e sociale. Come risultato di questo approccio, è diventata fondamentale la sostenibilità urbana a livello teorico, mentre su quello pratico nasce il piano strategico, uno strumento urbanistico usato sempre di più nella pianificazione, con l’idea di promuovere lo sviluppo della città con efficienza distributiva. Pensando «Il luogo che ricordo con più affetto del viaggio raccontato nel mio libro è Samoa, non solo per la bellezza delle sue spiagge incontaminate, ma soprattutto per la semplicità e il calore della sua gente. La vita a Samoa è ricca di quegli elementi di spontaneità che sono oramai quasi completamente scomparsi nella società occidentale. Ogni tanto la rivedo nei miei sogni». a Fiume, la prima cosa che mi viene in mente parlando di pianificazione urbana è la zona del Delta. La riqualificazione dell’area rientra nel trend globale di valorizzazione del patrimonio industriale e di trasformazione di alcune zone del centro, tra quelle utilizzate per magazzini e aree di produzione, in splendidi quartieri residenziali e commerciali. Questa tendenza vede i primi esempi a Londra e in alcuni agglomerati urbani statunitensi, per poi riflettersi nuovamente sulle città europee. Spero che il progetto si attui al più presto perché la nostra città aspetta di veder utilizzato al meglio lo spazio che si affaccia sul mare, per mettere fine alla situazione di degrado, di disuso e di completo abbandono, come è successo negli ultimi anni. Questo trend potrebbe interessare anche la zona della Raffineria del petrolio e dei suoi derivati in Mlaka. Non voglio entrare in discorsi legati all’inquinamento o alle valenze economiche e sociali, ma dal punto di vista urbanistico lo spazio che essa occupa ha delle potenzialità enormi. Spero che si porti a termine il progetto di costruzione della marina e che il centro città possa arricchire e diversificare il più possibile l’offerta di contenuti quanto più diversificati. Inoltre, nelle grandi città del mondo ho riscontrato una generale tendenza a rivolgere sempre maggiori attenzioni alla qualità della vita e al rispetto degli spazi verdi, che a Fiume invece scarseggiano e comunque non sono utilizzati in modo La nostra viaggiatrice a Sydney. Sullo sfondo la celeberrima Opera House 14 Panorama Nelle strade di Hong Kong attivo. Da quanto posso capire, Fiume segue i principali trend mondiali per quel che riguarda le idee, ma è in ritardo nella loro applicazione pratica”. Esiste la “città ideale”? “È il sogno di tutti gli urbanisti. Ogni città, in realtà, è lo specchio della sua posizione geopolitica attuale e di quella storica. Le aspettative delle persone che vi abitano cambiano nel tempo e cambia anche quella che viene percepita come esigenza lecita da chi è al governo. Un esempio spesso citato nella storia urbanistica mondiale come tentativo di creare una città ideale è Palmanova, con la sua struttura radiocentrica (è chiamata la città stellata per la sua pianta poligonale a stella con 9 punte, nda). Nella società contemporanea è diventato fondamentale il concetto di benessere e qualità della vita - idee che condivido pienamente - e, in questa ottica una che si avvicina all’immagine di città ideale è certamente Barcellona. La maggior parte dei suoi spazi abitativi sono comodi, luminosi e soleggiati; le zone verdi e le aree pedonali, generalmente alberate, sono numerose; la spiaggia è fornita sia per il giorno sdraio, massaggi, bagnini, attrezzature per il fitness...- sia per la sera - bar, ristoranti, discoteche, panchine. I trasporti pubblici del capoluogo catalano sono molto ben organizzati e relativamente economici; ogni rione cittadino ha un suo centro e funziona in modo autonomo. L’architettura e gli elementi della cultura locale sono valorizzati appieno, ogni zona offre degli Personaggi All’Edit progetti per e-book, e-pub, iPad... A qualche mese dall’uscita del suo libro, Florinda Klevisser è impegnata intensamente nella campagna di promozione e nella realizzazione di alcuni progetti per l’Edit, che coinvolgono l’uso dei nuovi media: ”Si stanno facendo piccoli ma importanti passi in questa direzione. Il volume è già stato distribuito in alcune librerie in Italia e spero che presto saranno ancora più numerosi i punti vendita. Stiamo realizzando l’e-book, il primo libro elettronico dell’Edit, sia come e-pub sia in formato per iPad. Si parla anche di una possibile traduzione in lingua inglese. Sono molto soddisfatta dell’impegno che l’Edit ha investito nel mio libro, assieme ai vari collaboratori. Credo moltissimo in questo progetto”. “Questo è un momento molto particolare della mia vita - ha confessato Florinda -. Sono tornata a Fiume dopo molti anni durante i quali mi sono dedicata all’insegnamento, soprattutto all’Università di Trieste. Ho avuto e continuo ad avere molte soddisfazioni sul piano professionale. La cosa che mi rende più felice, comunque, è vedere i miei studenti crescere e maturare, stimolati anche dai miei insegnamenti. Questo è uno dei motivi che mi ha spinto a condividere con gli altri, su questo libro, l’esperienza del mio viaggio. Attraverso il racconto della realizzazione del mio sogno, spero di dare un piccolo impulso anche agli altri perché, come ha detto un antico saggio, mai ci è dato un desiderio senza che ci sia dato anche il potere di realizzarlo. Quindi, tutto è possibile”. A leggerla, tutto sembra fin troppo facile. Ma chiaramente sono poche le persone che, come Florinda, elementi di riconoscibilità, che si differenziano per atmosfera, contenuti, funzione, un’offerta tanto diversificata che riesce a non annoiare mai. Pur trattandosi di un’area urbana molto ampia, tutto ciò la rende decisamente accogliente e vivibile. Servita da varie stazioni dei treni e da due aeroporti, è ben collegata al resto del mondo, elemento da non sottovalutare in un’epoca che vede sempre più persone muoversi giornalmente per lavoro con la necessità di arrivare a destinazione in tempi stretti”. Dalla città ideale alle megalopoli: quale futuro prevedi per questi maxiagglomerati, quali limiti potranno raggiungere? “Penso che abbiamo ampiamente esagerato. Mi viene subito in mente Bangkok che, come risulta da fonti ufficiose, durante il giorno raggiunge i 13 milioni di abitanti. L’aria è terribilmente inquinata e il traffico è sempre congestionato. Questa è la situazione Florinda Klevisser con il suo libro Viaggia con me hanno un’indole tendenzialmente avventurosa e una personalità così forte, contraddistinta da comunicabilità, simpatia, sicurezza, facilità nel muoversi, padronanza delle lingue...● di molte città, che occupano aree tanto vaste da sembrare infinite. Molti dei loro abitanti non hanno mai oltrepassato la soglia del loro quartiere residenziale, non conoscono minimamente il resto dell’area urbana dove vivono e dove molti sono nati, e non sentono nemmeno il bisogno di farlo. In effetti, la maggior parte dei rioni semcentrali e soprattutto di quelli periferici, sono uno la copia dell’altro, nella migliore delle ipotesi costituiti da anonimi caseggiati ma non mancano gli assembramenti più o meno vasti di autentiche baraccopoli. Le precarie condizioni di vita e di emarginazione di questi quartieri poveri, sono la causa di fenomeni sociali allarmanti, soprattutto delinquenza e droga. Tutto ciò è impensabile per me che amo i luoghi dove la gente si saluta per strada, ricchi di verde, con un’intensa vita sociale e culturale. Mentre l’agglomerato urbano dovrebbe svolgere una funzione di contesto civico capace di mettere a proprio agio gli abitanti e creare le condizioni per offrire un’alta qualità di vita a tutti i cittadini, con le megalopoli assistiamo al fenomeno opposto, quello che favorisce l’alienazione del singolo”. Qual è il ruolo degli urbanisti e dell’urbanistica? “Gli urbanisti non godono della dovuta considerazione e spesso sono visti come dei semplici surrogati degli architetti. Sarebbe indispensabile dare il giusto valore a questa importantissima professione e distinguerla da quella dagli architetti, in quanto hanno funzioni diverse. Penso che una proficua collaborazione tra geografo urbano, urbanista e architetto sarebbe l’ideale per costruire il territorio tenendo conto di tutti gli elementi della sua complessità. Ognuno di loro può offrire una visione diversa del progetto, sono profili di esperti che non si escludono, anzi, si integrano perfettamente”.● Panorama 15 La storia oggi Una proposta del Circolo «Istria» avanzata in concomitanza Una visione transfrontaliera de di Fulvio Salimbeni L ivio Dorigo, intervistato dalla “Voce del Popolo” (10 gennaio) in occasione del trentennale della fondazione del Circolo di cultura istro-veneta “Istria”, da lui presieduto, dopo aver ricordato quanto finora compiuto - che non è poco, l’entusiasmo dei soci avendo sempre supplito alla scarsezza di fondi -, ha indicato come prioritario tra i prossimi impegni quello sul versante scolastico, poiché è nelle istituzioni educative che si plasmano i futuri cittadini, cui è doveroso fornire un’adeguata formazione, che sia non semplice istruzione bensì seria formazione etico-politica. Come suo costume, avendo fatto seguire i fatti alle parole, il 14 febbraio il Circolo, d’intesa con il Laboratorio per la ricerca e la didattica della storia dell’Università di Udine, ha organizzato a Trieste una Tavola Rotonda - con la partecipazione del suo presidente, di Chiara Vigini, Gaetano Bencic e dell’estensore di queste note, oltre all’intervento dal pubblico di Monica Rebeschini, tutti a vario titolo impegnati sul versante universitario o delle scuole secondarie - sull’insegnamento della storia in una regione di frontiera come la Venezia Giulia. 16 Panorama Tale iniziativa s’è richiamata esplicitamente al suggerimento della Commissione mista storico-culturale italo-slovena, che, nel 2000 concludendo i propri lavori, raccomandava ai rispettivi governi di diffondere in primo luogo la relazione finale nelle scuole, come, del resto, previsto nell’atto istitutivo, onde superare le vecchie impostazioni nazionalistiche, aprendo il discorso a nuove e più moderne prospettive metodologiche e storiografiche, che, dopo tutto, si rifanno alle indicazioni che già sul finire degli anni Quaranta dello scorso secolo l’UNESCO aveva formulato a proposito dell’insegnamento d’una disciplina cruciale come la storia, facilmente manipolabile in senso politico e ideologicamente strumentalizzabile, invitando i paesi già in conflitto tra loro a istituire commissioni miste di storici che rileggessero insieme le rispettive storie, mettendone a confronto le interpretazioni e narrazioni, così da giungere a ricostruzioni comuni, che abituassero i cittadini e ancor più gli studenti a trascendere la dimensione nazionale, fino allora privilegiata, per prendere atto pure dei punti di vista dell’Altro, dei vicini e confinanti e delle loro ragioni e incominciare a pensare in termini soprannazionali, europei. Da qui le esperienze delle commissioni franco-tedesche, di recente giunte perfino alla stesura congiunta d’uno stesso manuale, bilingue, adottato nelle scuole di qua e di là dal Reno, che propone una lettura condivisa dei rapporti tra i due popoli, ma anche di quella italo-austriaca negli anni Sessanta dopo la crisi alto-atesina, che ha portato alla pubblicazione del lavoro congiunto di Silvio Furlani e Adam Wandruszka, Austria e Italia: storia a due voci, uscito nel 1974 e riedito, con aggiornamenti, nel 2002, senza trascurare quelle di altri paesi dell’area centro-europea, a suo tempo in conflitto con la Germania o tra loro. Del resto, negli anni Sessanta era già stata attiva, in tale ambito, anche una commissione mista italo-jugoslava, composta da alcuni dei più prestigiosi nomi delle rispettive storiografie (per la parte italiana, tra gli altri, Leo Valiani, Giorgio Spini, Franco Valsecchi, Franco Venturi), che aveva dato alle stampe una serie di tesi sulle vicende intercorse tra 1848 e 1920, indirizzate in primo luogo alla scuola e di recente riproposte proprio dal Circolo “Istria” come qualificato punto di partenza per i suoi meritori progetti in materia (Le tesi italo-jugoslave per i testi di storia, 1960-64, 2011). L’esperienza di Stefan Zweig L’ispirazione ideale di tutto ciò, incluso l’incontro triestino, si trova nelle preveggenti considerazioni di Stefan Zweig, formulate in numerosi scritti e discorsi del ventennio tra i due conflitti mondiali, ora raccolti nel volume La patria comune del cuore (Frassinelli, 1993), che è l’Europa, in cui lo scrittore austriaco, dopo la tragica esperienza della Grande Guerra, da lui a ragione definita “suicidio dell’Europa”, s’impegnò a fondo per un nuovo e diverso insegnamento della storia, che nella versione fino allora dominante aveva contribuito a forgiare una mentalità nazionalistica, d’avversione tra stati e popoli, contribuendo alla catastrofe bellica. Per ovviare a ciò bisognava ridimensionare l’attenzione alla storia politica e militare, comunque imprescindibile nelle vicende umane, per privilegiare quella della civiltà, accantonando “ciò che divide” e ponendo in primo piano “ciò che unisce”, ovvero i valori spirituali e culturali, condivisi in tutto il continente, così da educare i giovani a ragionare e a muoversi in una dimensione europea e non più angustamente nazionale. Oggi poi, che la Slovenia è nell’Unione Europea, mentre la Croazia v’entrerà il 1° luglio 2013 e la Serbia e il Montenegro sono in lista d’attesa, tale discorso è ancor più attuale e urgente, favorito, altresì, dai gesti simbolici, di rilevante spessore, del concerto della riconciliazione di Riccardo Muti in piazza Unità d’Italia a Trieste il 13 luglio 2010, presenti i presiden- La storia oggi con il trentennale della fondazione lle vicende nazionali ti delle repubbliche d’Italia, Slovenia e Croazia, e di quello di Pola il 3 settembre 2011, con la partecipazione dei presidenti Napolitano e Josipović. Di là, però, da tali iniziative istituzionali, pur importanti, essenziale è affrontare il tema alla radice sul versante educativo, che è quello assolutamente prioritario, concentrando gli sforzi in particolare sull’insegnamento della storia secondo le nuove modalità in precedenza indicate. In tale ottica diventa di primaria importanza promuovere convegni e seminari pluridisciplinari internazionali di formazione per giovani studiosi, come l’Università estiva per la pace che ha avuto luogo a Tarcento dal 16 al 28 agosto 2009, promossa dal Centro interdipartimentale di ricerca sulla pace “Irene” dell’Università di Udine e cui hanno partecipato docenti e studenti italiani, sloveni e austriaci, impegnati proprio su tali fondamentali questioni. Oltre a ciò, vanno ripensati strumenti tradizionali di lavoro come i manuali, e a questo riguardo non si possono non citare Istria nel tempo. Manuale di storia regionale dell’Istria con riferimenti alla città di Fiume, curato da Egidio Ivetic (Centro di ricerche storiche di Rovigno, 2006), e Istria, Quarnero, Dalmazia. Storia di una regione contesa dal 1796 alla fine del XX secolo, a cura di Marco Cuz- zi, Guido Rumici e Roberto Spazzali (IRCI, 2009), riusciti tentativi di ripensare la storia d’una regione di frontiera tenendo conto delle sue diverse componenti etniche e della complessità culturale della sua storia, già rilevata da Ernesto Sestan nel classico saggio, del 1947, Venezia Giulia. Lineamenti di una storia etnica e culturale, titolo per se stesso metodologicamente emblematico. Storie convergenti non più parallele D’altro canto, l’istituzione della Giornata del Ricordo il 10 febbraio è servita pure a promuovere, da parte degli organi degli esuli, in primo luogo l’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia e l’Associazione delle Comunità Istriane, corsi d’aggiornamento per insegnanti delle scuole secondarie sul tema delle foibe e dell’esodo, intelligentemente sganciandolo da una dimensione meramente celebrativa e localistica e situandolo in un contesto geograficamente più ampio, quello dell’Europa centro-orientale, nel Novecento segnato in profondità da analoghe, e quantitativamente molto maggiori, tragedie, e in una prospettiva cronologica di più ampio respiro, prendente avvio dalla svolta del 1848, l’anno “mirabile delle rivoluzioni” e della “primavera dei popoli”, superando la dimensione puramente politica e allargando il discorso a quella culturale e sociale. Questo positivo orientamento ha trovato, del resto, concreta attuazione negli annuali seminari nazionali d’aggiornamento per gli insegnanti su Le vicende del confine orientale ed il mondo della scuola, promossi dal Ministero dell’Istruzione, il terzo dei quali, dedicato al Contributo dei Giuliano-Dalmati alla storia e alla cultura nazionale, svoltosi a Trieste il 22-23 febbraio scorso e seguito da più di cento iscritti, provenienti da tutta Italia, vedrà gli atti dei lavori pubblicati, come quelli precedenti, negli “Studi e documenti degli Annali della Pubblica Istruzione”. Solo proseguendo su tale valida linea, organizzando altri convegni come quello capodistriano dello scorso ottobre sulle storiografie di confine, di cui s’è riferito in questa sede, attuando scambi di esperienze e confronti operativi tra studiosi e docenti italiani, austriaci, sloveni e croati sulle complesse vicende di quelle che furono le provincie meridionali della monarchia asburgica, mettendo in cantiere guide didattiche alla storia contemporanea regionale - questo è un progetto Interreg che vede coinvolti gli atenei di Udine, Trieste, Capodistria e Nova Gorica e che si spera venga approvato dalle competenti autorità -, dando corso a quelle storie “incrociate”, “convergenti”, non più “parallele”, giustamente auspicate da una studiosa sensibile e competente in materia quale Marta Verginella, sarà possibile giungere a un insegnamento comune della storia transfrontaliera, capace di liquidare quei confini mentali assai più persistenti di quelli amministrativi, che possono essere facilmente cancellati con un tratto di penna. Per tali ragioni particolarmente meritevole è, dunque, la proposta del Circolo “Istria” di porre a filone principale della sua programmazione quello della storia transfrontaliera e del suo insegnamento.● Panorama 17 Psicologia Lo stemperamento della responsabilità, ovvero quando siamo in tanti ad Perché nessuno aiutò la donna pre di Denis Stefan E ra il 13 marzo 1964. Mancavano ancora alcune ore al sorgere del sole. Catherine Genovese, detta Kitty, aveva appena parcheggiato la sua autovettura e si stava accingendo a percorrere quei pochi metri che la separavano dal portone di casa sua, ai Kew Gardens di New York. Il tempo di percorrere pochi passi ed un uomo, tale Winston Moseley, le venne addosso colpendola con due coltellate alla schiena. Le sue urla ed il pianto richiamarono l’attenzione di un vicino che si affacciò alla finestra ed intimò all’aggressore di lasciar stare quella ragazza. Moseley, vistosi scoperto, tornò alla sua macchina e scappò, salvo tornare, dieci minuti più tardi, sul luogo dell’aggressione. Niente polizia, niente ambulanze, niente di niente. Kitty Genovese era ancora lì: aveva percorso solo pochi metri dal luogo in cui le erano state inferte le prime due coltellate. Moseley si avventò nuovamente su di lei dapprima colpendola ripetutamente con il coltello, poi tentando di stuprarla mentre giaceva priva di coscienza, quindi infliggendole altre coltellate, per lasciarla infine morire dissanguata sull’asfalto. L’attacco durò, nella sua interezza, circa 30 minuti. 38 persone avevano assistito, o comunque percepito l’aggressione a Kitty Genovese, senza tuttavia intervenire o limitarsi a chiamare almeno la polizia. La giovane fu assassinata nell’indifferenza di chi la circondava. L’ignoranza pluralistica Fatti di cronaca come questo ci lasciano sconcertati e danno luogo a di- 18 Panorama scussioni sui media, e nei luoghi di lavoro e di ritrovo della gente. Il modo in cui sono avvenuti, in particolare, ci lascia un certo amaro in bocca: critci ed opinionisti immediatamente sparano a zero sull’alienazione e la disumanità della società moderna. Si rinvangano i tanti episodi, in cui una persona in difficoltà, magari in pieno centro cittadino, viene notata da moltissimi, come accaduto nella nostra città di recente, ma nessuno intraprende alcunché per aiutarla. Siamo veramente disumani ed alienati, egoisti e preoccupati solo di sé stessi? L’omicidio di Kitty Genovese ha dato il via a studi scientifici sui motivi per cui in certi casi la gente non reagisce. Che cosa aveva dunque resi passivi i numerosi spettatori del delitto? Gli psicologi Latane e Darley notarono che l’eventuale azione o non azione viene sempre preceduta da una seria di passaggi mentali, illustrati nel riquadro, e che l’inibizione dell’azione si può avere in ciascuno di questi passaggi. Per poter porgere aiuto si deve innanzitutto registrare l’avvenimento, ovvero la persona in pericolo. Chi si muove affrettandosi nella ressa e nel rumore urbano, preoccupato dei propri affari, spesso neppure nota gli altri, dove poi i loro problemi. In questa fase si può manifestare il fenomeno dell’ignoranza pluralistica, ovvero quando non sappiamo bene cosa stia succedendo, stiamo a guardare cosa fanno gli altri, ma al contempo essi fanno lo stesso e già questo può bastare a omettere il soccorso o fargli superare tempi ragionevoli. Appena avremo registrato che la persona è in pericolo, ci domanderemo quanto sia reale la minaccia e se ha veramente bisogno di aiuto. La valutazione della pericolosità della situazione dipende dallo stato notato, o anche solo immaginato o stimato, dalle caratteristiche della vittima (uomo, donna, anziano, bambino, ecc.) dalla situazione e dalle caratteristiche del potenziale soccorritore, in primis dall’autovalutazione della propria capacità di porgere aiuto. Ad esempio, qualcuno può stare disteso in mezzo alla via perché è ubriaco, ma forse anche perché svenuto o colpito ad es. da infarto. Se l’osservatore conclude che la persona è ubriaca, e non malata, è minore la probabilità che gli porga aiuto. Perché? Perché la decisione non dipende soltanto dalla misura in cui una persona è minacciata, ma anche dalla valutazione dell’opportunità dell’azione e dalla valutazione di quanto qualcuno “meriti” tale aiuto. Se gli viene attribuita la colpa per la situazione che si è creata (“si è ubriacato”), questo può venire a mancare. Psicologia assistere ad un atto di violenza, il soccorso è di regola tardivo e inadeguato sa a coltellate nel centro cittadino? Maggiori i presenti più ridotto l’intervento Un ruolo importante spetta anche al comportamento delle altre persone presenti. Se uno dei presenti si accinge ad aiutare, il suo comportamento diventa un modello di comportamento adeguato in una simile situazione. Inoltre, con un comportamento simile, avverte che il pericolo esiste veramente e che è necessario l’aiuto. Ciò vorrebbe dire che un maggior numero di presenti dà una maggiore sicurezza alla persona in difficoltà ed aumenta la probabilità che l’aiuto sarà dato? Le ricerche sperimentali sul comportamento prosociale mostrano l’esatto contrario. È stato notato il cosiddetto effetto del testimone o dell’osservatore passivo: quanto è maggiore il numero dei testimoni e potenziali soccorritori presenti, minore è la prontezza dei singoli ad aiutare e più si allungano i tempi dell’azione. Come si può spiegare il fatto che la presenza di altre persone fa abbassare la prontezza ad aiutare? Quando entra in gioco il disimpegno morale Quando è presente una sola persona, la sensazione di responsabilità e di obbligo a intraprendere qualcosa aumenta: se non si fa nulla, la persona minacciata continuerà a soffrire e forse perderà la vita, per cui ci sentiremo in colpa. Se vi sono altri presenti, il singolo non si sente l’unico responsabile del destino di chi è in pericolo: la responsabilità si divide tra più singoli. Il singolo non è più l’unico che dovrebbe aiutare, ma anche gli altri dovrebbero fare qualcosa ed egli pensa che comunque si troverà qualcuno che aiuterà se necessario, o pensa che forse si è già intrapreso qualcosa (hanno chiamato la polizia o il pronto soccorso). Quando è presente un maggior numero di potenziali aiutanti si manifesta una diffusione della responsabilità. Questo fenomeno venne studiato con esperimenti simili a quello del 1968 che illustrerò e che diede inizio agli studi stu- di sperimentali sulla diffusione della responsabilità. Una persona veniva invitata, insieme ad altri partecipanti, a raccontare la propria esperienza di vita. Per garantire l’anonimato, ognuno avrebbe dovuto parlare tramite interfono dall’interno di una cabina e, per garantire l’ordine, avrebbe avuto a disposizione due minuti di tempo per parlare, mentre gli altri avevano l’interfono disattivato sino al proprio turno successivo. Il trucco sta nel fatto che in realtà i soggetti partecipavano all’esperimento uno per volta, mentre tutti gli altri erano solo voci registrate. Durante la registrazione, uno dei finti partecipanti raccontava delle sue crisi epilettiche e in seguito fingeva di averne una piuttosto grave. “Stranamente” la percentuale di persone che intervenivano in suo aiuto variava drasticamente in base al presunto numero di altri partecipanti. Ecco i risultati: Quando ai soggetti veniva detto di essere soli col ragazzo che stava male: interveniva l’85%. Quando gli veniva detto che, oltre alla vittima, ci fosse un’altra persona: interveniva il 62%. Quando gli veniva detto che vi fossero ulteriori 4 persone: interveniva solo il 31%. Vediamo quindi in una situazione sperimentale che la disponibilità ad intervenire cala progressivamente quanto è maggiore il numero dei presenti. Da queste osservazioni risulta che non è che siamo tutti disumani, alienati, insensibili verso il prossimo, bensì soggetti a meccanismi mentali (di disimpegno morale o di autoassoluzione) che mettiamo in atto quando le nostre azioni od omissioni vanno contro i nostri principi morali, e che vengono adottati anche da per- sone capacissime di ragionamenti morali elevati. Il disimpegno morale è un costrutto proposto dallo psicologo canadese Albert Bandura (1986) nel contesto della teoria social-cognitiva della condotta aggressiva. Egli adotta una prospettiva interazionista secondo la quale l’azione morale può essere compresa attraverso una prospettiva integrata in cui la persona, il suo comportamento e l’ambiente sono tre fattori reciprocamente dipendenti. La costruzione delle strutture cognitive di autoregolazione della condotta, o per semplificare, dei principi morali individuali, sono fortemente influenzate dall’interazione di questi fattori. Il costrutto di disimpegno morale rappresenta l’insieme dei dispositivi cognitivi interni all’individuo, socialmente appresi e costruiti, che liberano l’individuo dai sentimenti di auto-biasimo e sensi di colpa, lesivi per l’autostima, nel momento in cui viene meno il rispetto delle norme morali universalmente accettate e condivise. Negli interventi successivi vedrò di prendere in esame altri meccanismi di disimpegno morale ed illustrare di come essi siano stati innanzitutto osservati e poi studiati in modo sperimentale. Concludendo, se vi capitasse un malore per strada è meglio che non sia una strada affollata. Meno gente vi vede… maggiore è la possibilità che qualcuno vi porga aiuto!!!:-)● Panorama 19 Giornata della Donna La festa dell’8 marzo? Dovrebbe a cura di Nerea Bulva T ra una mimosa ed un sentito augurio, l’8 marzo ormai da più di cent’anni rappresenta una data speciale per l’altra metà del cielo: la ricorrenza, infatti, è quella della “Giornata internazionale della donna”, più comumenete conosciuta come la “Festa della donna”. Una data che vuole ricordare e celebrare sia le conquiste sociali, politiche ed economiche dell’universo femminile sia le discriminazioni e le violenze cui le donne sono ancora fatte oggetto in molte zone del mondo. Sempre la tradizione ha legato l’8 marzo al ricordo di un evento drammatico: erano i primi giorni di marzo del 1908, quando un gruppo di operaie della fabbrica tessile Triangle di New York iniziò a scioperare in segno di protesta contro le terribili condizioni lavorative. Lo sciopero proseguì per diverse giornate. Secondo la tradizione, l’8 marzo il proprietario dell’azienda bloccò le uscite della fabbrica, impedendo alle operaie di uscire. Poi allo stabilimento venne appiccato il fuoco (alcune fonti parlano di incendio accidentale). Le 129 Cleopatra è la più famosa dei sovrani egiziani, pur non avendo di fatto mai regnato da sola (ha affiancato il padre, il fratello, il fratello/marito ed il figlio). È stata l’ultima regnante della dinastia tolemaica. Viene ricordata anche per le sue storie sentimentali con Giulio Cesare e Marco Antonio 20 Panorama operaie prigioniere all’interno non ebbero scampo. Questa storia è un falso storico accertato, che fu elaborato dalla propaganda comunista ai tempi della guerra fredda: l’incendio della Triangle Shirtwaist Factory di New York fu tragedia vera e immane, ma non fu riconducibile né a scioperi né a serrate, fece vitti- Ipazia d’Egitto viene considerata la prima grande scienziata vittima del fondamentalismo religioso. Pagana, dedita alla matematica, astronomia e filosofia neo-platonica, è stata uccisa da una folla di cristiani e l’evento l’ha fatta diventare una martire della libertà di pensiero. me anche fra gli uomini e oltretutto avvenne nel 1911, un anno dopo il supposto “proclama”. L’idea di istituire una giornata internazionale della donna fu invece per la prima volta presa in considerazione all’inizio del 20° secolo quando la rapida industrializzazione e l’espansione economica portò Elisabetta I Tudor, insediatasi all’età di 25 anni, è considerata la più grande regina che l’Inghilterra abbia mai avuto. Nei suoi 45 anni di regno il paese, all’inizio pieno di problemi, dalla bancarotta alle discordie religiose, è progredito tanto da diventare una potenza mondiale Giornata della Donna essere una cosa seria a molteplici proteste sulle condizioni di lavoro. Nel 1910 si tenne la prima conferenza internazionale delle donne nell’ambito della seconda internazionale socialista a Copenaghen. Qui più di 100 donne rappresentanti di 17 paesi scelsero di istituire una festa per onorare la lotta femminile per l’ottenimento dell’uguaglianza sociale, chiamata Giornata internazionale della Donna. L’anno seguente, la giornata mondiale della donna segnò oltre un milione di manifestanti in Austria, Danimarca, Germania e Svizzera. L’incendio della fabbrica Triangle accese ancora di più l’attenzione sul tema della sicurezza sul lavoro, tema molto caro alle giornate internazionali della donna degli anni seguenti. Le donne russe si ritrovarono a manifestare il 23 febbraio 1917 (l’8 marzo del calendario giuliano) per la morte di circa 2 milioni di soldati russi morti in guerra. Le proteste continuarono per vari giorni fintanto che lo Zar fu costretto ad abdicare ed il governo dovette concedere il diritto al voto anche alle donne. Da quell’anno la festa viene celebrata in una data fissa, mentre precedentemente era festeggiata l’ultima domenica di febbraio. In Italia, nel secondo dopoguerra, la giornata internazionale della donna fu ripresa e rilanciata dall’UDI (Unione Donne Italiane) associando nel contempo alla data dell’8 marzo l’ormai tradizionale fiore della mimosa. Il 1975 fu designato come l’Anno Internazionale delle Donne dalle Nazioni Unite e nel dicembre 1977, l’assemblea generale delle Nazioni Unite adottò una risoluzione proclamando una “giornata delle nazioni unite per i diritti della donna e la pace internazionale” da osservare in un qualsiasi giorno dell’anno dagli stati membri in accordo con le tradizioni storiche e nazionali di ogni stato. La Festa della donna è diventato dunque il simbolo di celebrazione per le conquiste sociali, politiche ed economiche della condizione femminile ed è una festività internazionale celebrata in diversi paesi del mondo occidentale. Il tulipano è il simbolo mondiale di questa festa. Oggi, l’8 marzo è giorno festivo in Afghanistan, Armenia, Azerbaijan, Belarus, Burkina Faso, Cambogia, Cina, Cuba, Georgia, Guinea-Bissau, Eritrea, Kazakhstan, Kyrgyzstan, Laos, Madagascar, Moldova, Mongolia, Montenegro, Nepal, Russia, Tajikistan, Turkmenistan, Uganda, Ukraina, Uzbekistan, Vietnam e Zambia. In Nepal, Madagascar e Cina, è giorno festivo solo per le donne, mentre gli uomini sono tenuti a lavorare come in un giorno feriale. Curiosamente, non è un giorno festivo in Germania, nel resto dell’Europa occidentale, negli Stati Uniti, benché esse siano state le culle della Giornata internazionale della donna. Dei grandi Paesi coinvolti nelle primissime fasi del movimento femminista, solo in Russia uffici, scuole e negozi restano chiusi.● Le grandi figure femminili nella storia S George Sand è considerata una delle scrittrici più innovatrici dell’800 ed una delle autrici più prolifiche della storia della letteratura. Ha promosso i diritti di uguaglianza del mondo femminile ribellandosi alle imposizioni sociali che consideravano la donna inferiore all’uomo Marie Curie, geniale ricercatrice, primo professore donna in Francia, ha dedicato la sua vita all’isolamento ed alla concentrazione del radio e del polonio. È stata Premio Nobel per la fisica nel 1903, insieme al marito Pierre Curie e ad Antoine Henri Becquerel, e nel 1911 Premio Nobel per la chimica ono tante le donne che, con le loro idee, opere e studi, hanno segnato la storia di tutti i tempi. Che si sono battute per la conquista di diritti importanti o sono giunte a scoperte determinanti in vari ambiti, dalla fisica alla medicina, dalla politica al sociale. Donne che hanno saputo affrontare l’ostilità del mondo che le circondava, dimostrando di non essere inferiori agli uomini, ma di avere qualcosa da dire e da fare e smentendo le tesi che compito di una donna è solo quello di stare a casa e di occuparsi della famiglia. Ecco quindi un sintetico percorso tra i secoli per rievocare i tratti salienti di donne che hanno influito sulla storia dell’umanità e che pertanto oggi sono ricordate e conosciute per il valore delle loro idee ed opere. ● Panorama 21 Giornata della Donna Riflessioni con la flautista udinese Luisa Sello sul ruolo del gentil sesso nell Nomi dimenticati, partiture disperse, ca di Bruno Bontempo L a musica è prodotta dalla mente, dall’animo, è così astratta che può essere pensata da qualunque persona. L’ascoltatore non dovrebbe porsi il quesito se essa sia stata pensata da un uomo o da una donna. Tuttavia, assistendo a vari concerti, più volte mi sono chiesto perché tra quelle eseguite, non ci sono mai composizioni di autori-donne e se esiste un modo femminile di fare musica. Proprio ripensando al significato della Giornata della Donna, istituita per ricordare sia le conquiste sociali, politiche ed economiche delle donne, sia le discriminazioni e le violenze cui esse sono state fatte oggetto (e lo sono ancora) in molti campi e in molte parti del mondo, ho girato la domanda alla musicista udinese Luisa Sello, prestigiosa flautista di fama internazionale e sensibile poetessa, diplomata giovanissima al conservatorio del capoluogo friulano. Ha proseguendo gli studi all’Accademia Chigiana di Siena con Severino Gazzelloni e all’Accademia Internazionale di Nizza con Alain Marion ed a Parigi per approfondire il repertorio solistico più importante della letteratura per flauto. Artista eclettica ed innovativa, con un’intensa attività solistica in Europa, Estremo Oriente, Fanny Mendelssohn 22 Panorama Luisa Sello Usa e Sud America, si distingue per fraseggio e qualità del suono. Dopo una breve esperienza con l’orchestra della Scala diretta da Riccardo Muti, è ospite di orchestre quali i Wiener Symphoniker, la Salzburger Kammerorchester, la Miami Great Symphony Orchestra, I Virtuosi Italiani. Abbiamo avuto occasione di apprezzarla nelle nostre CI ed a Fiume, anche come solista con l’orchestra del Teatro Nazionale Zajc. Titolare della cattedra di flauto al Conservatorio Tartini di Trieste, professore ospite all’Università di Graz, docente ai Summerkurse fur musik di St. Paul im Lavanttal in Austria, tiene Master Class e corsi di perfezionamento alle Università di Vienna, Colonia, Graz, Mosca, Pechino, Tokyo, Buenos Aires e Madrid. Ideatrice di spettacoli estremamente originali e nuovi, propone repertori classici e programmi riscoperti in un personale percorso aperto a diverse forme d’arte, come interprete musicale, autrice di testi e regista. Ambasciatrice della musica italiana nel mondo, laureata in Lingue per la Comunicazione Internazionale ed in Letterature Moderne, ha pubblicato saggi comparativi su letteratura e musica ed ha vinto diversi premi letterari di poesia. Incide per Stradivarius, una delle eccellenze discografiche europee. Ispiratrice più che non musicista, questo lo stereotipo che si porta attaccato addosso. Qual è stato il vero ruolo della donna nella storia della musica? “Ispiratrici, compagne di vita e dedicatarie, questo è il ruolo che più emerge da una prima lettura del percorso femminile attraverso i secoli. Eppure la presenza di talenti femminili nella storia della musica è stata ed è particolarmente significativa, ma gli approfondimenti in proposito risultano ancora deboli. Ricostruire l’itinerario del loro contributo non è facile e spesso ci imbattiamo in donne che, non solo sono state musiciste virtuose, ma hanno anche ricoperto il ruolo silenzioso di muse e compagne musicali. È un universo che ci riserva ancora molte sorprese e nel quale si procede tra nomi dimenticati, partiture disperse e carriere spezzate”. Infatti, quello delle sette note, dietro alla sua maschera di tolleranza e apertura, è stato un mondo in cui le donne sono state confinate quasi sempre a un ruolo minore. “Sì, è proprio questo che è accaduto. Basti pensare alla musica di Vivaldi, molto spesso di dubbia attribuzione proprio perché alcune composizioni sembrano essere state scritte dalle putte veneziane della Chiesa della Pietà ove egli era maestro d’armonia. L’esempio più eclatante è comunque quello di Fanny Mendelssohn, le cui composizioni - circa 400 - furono firmate dal fratello Felix. Ci sono poi i casi felici, come quello di Clara Schumann, che fu esortata dal padre e dal marito Robert a pubblicare sue composizioni firmate dalla vera maternità. Ma la maggior parte del repertorio femminile, è andato dimenticato nell’oblio a causa di rigidi principi del tempo e restrizioni familiari. Solo nel XX secolo sono state riscoperte partiture femminili sconosciute, ma di grande valore; mi riferisco, ad esempio, ad Anna Bon, veneziana e virtuosa di corte nel palazzo reale di Federico il Grande Re di Prussia già a 16 anni”. Giornata della Donna a storia dell’arte dei suoni rriere spezzate Oggi la loro musica viene eseguita raramente, per quanto ne so... “Certo la reperibilità del materiale non è facilissima. Io stessa ho fatto delle ricerche che mi hanno portato nelle biblioteche americane e a manoscritti che giacciono ancora lì aspettando una nobile collocazione. Le fondazioni che si occupano di questa materia sono sempre più numerose, e quindi esorto i musicisti a cercare il contatto che, oggi, è sicuramente reso più facile dalla comunicazione telematica”. Robert e Clara Schumann Quando c’è stata la svolta? “Il vero cambiamento si attuò con l’opera, quando in Italia si affermò il fenomeno della lirica e la figura della cantante assunse il ruolo di prima donna. Si pensi che già alla fine dell’800 la soprano Adelina Patti, madre di 8 figli, chiedeva per contratto un treno personale per viaggiare nelle lunghe tournèe americane, alle quali si univano anche i figlioli più piccoli, che lei spesso allattava tra un concerto e l’altro. Da quel momento la donna entrò in modo prepotente e indiscusso nella storia dell’interpretazione musicale, e quindi del palcoscenico. La seguirono, nel 1900, le figure delle compositrici. Germaine Tailleferre ebbe notorietà anche per esser stata l’unica donna che entrò a far parte del famosissimo Gruppo dei sei a Parigi. Ma già agli inizi del XX secolo, Lilì Boulanger, poco più che diciannovenne, vinse La flautista Sello con la Filarmonica di Fiume diretta da Nada Matošević il celebre Prix de Rome, traguardo maschile per eccellenza. Purtroppo visse troppo poco - morì a vent’anni - ma la sua figura si impose nel panorama compositivo, aprendo la strada a tantissime altre musiciste. Certo, ci sono poi le eccezioni anche nell’ottocento, quando la giovanissima Cecile Chaminade viene scoperta da Bizet e mandata a studiare composizione al Conservatorio di Parigi, formazione che terminò nell’arco di 3 anni, contro il percorso decennale usuale”. Oggi la situazione è decisamente cambiata in meglio, la parità dei diritti credo sia ampiamente raggiunta, anche se non mancano casi limite di ostruzionismo, come la Filarmonica di Vienna che ha rinviato a lungo la decisione prima di accogliere una donna tra le sue file, mentre i Berliner, mi sembra, non l’hanno ancora fatto... “Certo, l’episodio di Karajan e di Sabine Mayer con in Wiener Symphoniker ha fatto storia. Non dobbiamo comunque dimenticare che l’ostruzionismo arriva anche in seguito alla mancanza di spazio politico-sociale della donna. Basti ricordare che in Italia la donna ottenne il permesso di votare appena nel 1946”. Tuttavia oggi neanche le donne direttore d’orchestra destano più scalpore. A Fiume c’è il maestro Nada Matošević che, dopo esser stata direttore dell’Opera, è addirittura al secondo mandato di sovrintendente del Teatro nazionale di Fiume. Lei ha avuto occasione di suonare con la Filarmonica fiumana, che impressione ne ha ricavato? “Ho conosciuto Nada Matošević sia come artista alla direzione dell’Orchestra, con cui ho avuto il piacere di suonare, sia come sovrintendente per la collaborazione di alcuni progetti musicali a Fiume e a Udine. Mi ha colpito la sua determinazione, affiancata da una grande competenza di direzione e talento musicale. Potrei affermare che per raggiungere questi ruoli, una donna deve dimostrare il doppio, o quasi, del talento normalmente richiesto e, una volta ottenuto il consenso, deve lavorare ancora più alacremente e con energia per poter dimostrare di averlo meritato. Con Nada questo è stato superato, credo, perché la sua autorevolezza e la sua preparazione sono al di sopra dei canoni. Sarebbe bello che altre donne sviluppassero questa capacità, dimostrassero la stessa energia, e prendessero ad esempio la sua figura. Dal punto di vista personale ho un’ottima considerazione e stima della vostra direttrice e sovrintendente, e, per certi aspetti, mi sento vicina nel temperamento, nelle scelte e nell’energia”. Quale ruolo assumo oggi le donne che si dedicano alla composizione e quante occasioni hanno di veder eseguita la loro musica? “La musica contemporanea occupa, purtroppo, un ruolo poco visitato, in generale, non solo nel campo femminile. L’ispirazione commerciale ha devastato il mercato colto, e non sempre le rassegne uniscono linguaggi classici a quelli dell’espressione dell’oggi. Si uniscono quindi due campi di minoranza. Beh! Si potrebbe sperare in una simbiosi che rendesse loro merito, perché no? Come dice lo scrittore italiano Carlo Sgorlon, la musica è donna”.● Panorama 23 Cinema e dintorni Due film a confronto: The Iron Lady di Phyllida Lloyd e Shame di Sesso senza limiti, inesausta banal di Gianfranco Sodomaco ue film a confronto. Il primo: spettacolare, grandioso, storico, incentrato su un personaggio famoso e dunque sulla interpretazione di una grande diva (per forza di cosa “hollywoodiana”), Meryl Streep. Sì, l’avete capito, si tratta di The Iron Lady (La signora di ferro), che racconta la vita di Margaret Thatcher, la famosa primo ministro inglese dal 1979 al 1990,nel pieno degli anni ‘80, gli anni della “reazione”, della “controrivoluzione”, della fine dell’utopia sessantottina, dell’esplosione consumistica. In Italia gli anni di Craxi, degli ultimi, disperati colpi d’ala del terrorismo, in cui il signor Berlusconi comincia ad “affilare le armi”. E “la signora di ferro”, conservatrice all’ennesima potenza, a menare fendenti di qua e di là in nome di un capitalismo selvaggio, di un “mercato senza pietà”, di un liberismo senza condizioni, individualista e prepotente, che manda a ramengo tutta la tradizione “labour”, del partito socialista inglese, culla della storia del movimento operaio europeo. E, negli stessi anni, negli Stati Uniti, il suo degno “compagno di viaggio”, il presidente repubblicano Ronald Reagan, a darle man forte su tutta la linea. Una bella coppia, non c’è che dire..., “anni favolosi”, non c’è che dire... D 24 Panorama Phyllida Lloyd, regista de “La Lady di Ferro”,assieme a Meryl Streep nei panni di Margaret Thatcher Il film, furbetto (la regista, Phyllida Lloyd, è quella di “Mamma Mia!”, capita l’antifona?), si apre e si chiude sulla “povera donna” ormai vecchia, in pensione, che angosciosamente ha vuoti di memoria, un corpo per forza di cose appesantito che trascina da una stanza all’altra del suo appartamento, e che vede (o almeno la regista ce li fa vedere) i fantasmi del marito (Jim Broadbent) e del padre (Iain Glen). E tutti e due a tormentarla (anche le donne di ferro hanno un’anima!), a farle venir i sensi di colpa per la famiglia, i figli che ha trascurato. Potrebbe venire quasi da piangere a vedere questa “virago”, ma con le sue fragilità, essere letteralmente plagiata da papà che, ferocemente conservatore, quando la “poverina” va a studiare... a Oxford, le dice: “Non mi deludere!”. E allora, tutto ciò che vediamo durante il film, la sua ascesa al potere, prima come segretario del partito “tory” poi come primo ministro, la sua durissima repressione dei moti operai quando decide la chiusura di molte miniere (è finita l’epoca del carbone, avanza l’uranio!), quando addirittura, in nome dell’antico patriottismo/colonialismo inglese, dichiara guerra all’Argentina che reclama il possedimento di due isolotti sperduti nell’Atlantico, i filmati dell’epoca che vediamo e che vorrebbero quasi in contrapposizione dialettica testimoniare la realtà viva di quegli anni, in realtà rimangono “sepa- Cinema e dintorni Steve McQueen ità del male rati”, come se le due storie, quella individuale di Margaret e quella collettiva del “suo popolo”, fossero cose diverse. Insomma, la scelta iniziale di sceneggiatura (un’altra donna, Aby Morgan) e regia, non da buttar via ma da sviluppare con ben altra profondità, condizionano tutto il film e si resta, quando si esce dalla sala, con una sensazione negativa di prodotto non finito, di occasione perduta: l’idea era buona ma “scivolosa”, e le tre donne (Meryl, Phillyda ed Aby) sono cadute nel buco della mediocrità. Anche la stessa Meryl Streep, secondo me grandissima in tanti altri film, qui viene come “ridotta”, vanificata dall’atmosfera generale del film. Peccato, ma bisogna andarci piano con le biografie, soprattutto con certi “eroi negativi” che si vuole, in qualche modo, rivalutare. Due film a confronto: il secondo, Shame, una piccola, privata, niente af- fatto spettacolare, storia di un uomo qualunque, o quasi, che ha un problema solo suo, tutto suo e che cerca, per quanto gli è possibile, di tenerlo per sé: è ossessionato dal sesso, soffre, come si dice, di una “sex-addiction” e non ne viene fuori. L’attore anglo-tedesco che interpreta il personaggio, Michael Fassbender, e il regista, Steve McQueen (omonimo dell’indimenticabile attore scomparso), hanno trovato un equilibrio perfetto nel far emergere, dalla inevitabile nudità dell’uomo, la quotidianità del vivere, la “banalità del male”, un male, una dipendenza che non ha particolari, drammatiche, origi- Il protagonista Brandon (Michael Fassbender) sul set con Steve McQueen, regista di “Shame” ni; una delle poche battute significative del film (il resto è un tristissimo silenzio) è pronunciata dalla sorella, una cantante fallita e dunque in crisi anche nel rapporto col fratello, la quale dice: “Noi non siamo brutta gente, veniamo solo da un brutto posto”. Che dice tutto e niente, sta di fatto che non sappiamo e non sapremo nulla di Brandon, un “affascinante” uomo di media età, scapolo con un buon lavoro, un appartamento elegante e dunque, apparentemente, senza difficoltà a piacere alle donne. E questo perché, appunto, il regista vuole dirci che questa non è una storia eccezionale ma anzi, in qualche modo è la norma. Basti pensare a cosa abbia significato la diffusione dei siti pornografici su Internet e a come resista, a livello mondiale, il fenomeno antico della prostituzione. Sicché nel film noi questo vediamo, la ricerca continua, la ripetitività, solo il tentativo dell’”originalità”, mai di quello della via d’uscita. Da qui l’impressione, in un primo momento, del film noioso, inconcludente, ecc. No, la capacità del regista, utilizzando toni e musiche e inquadrature “normali”, ottiene l’effetto opposto: quella di mostrarci, invece, la sofferenza, alla fin fine “shame”, la vergogna, un senso di colpa che potrebbe appartenere a tutti, sotteso, soffuso, ma senza una particolare drammaticità. Vale davvero la pena sentire la voce del regista, intervistato da “la Repubblica” (12 gennaio): “È un disturbo gra- ve, una dipendenza simile all’alcolismo. E ne soffre un sacco di gente... Il tema è tutt’altro che divertente perché questo bisogno, contrariamente a quanto si possa pensare, finisce per condizionare ogni aspetto della quotidianità. Una routine che ti costringe a chiuderti in te stesso. E allora cerchi di evitare ogni rapporto emotivo, tenere tutto sotto controllo. Un uomo mi ha spiegato che il problema di lasciarsi andare ti impedisce di avere un rapporto normale. Un altro mi ha raccontato che ha una bella moglie, che ama, ma che... preferisce andare a letto con qualsiasi altra donna, tranne lei: una tragedia... In tanti, raccontandomi la loro esperienza, continuavano a ripetere che, consumato il rapporto, ciò che resta, soprattutto, è la vergogna: ho capito che il titolo del film sarebbe stato quello....” Sappiamo, dalla cronaca gossipara americana, che celebri attori come Warren Beatty, David Duchovny, Michael Douglas, ecc., sono finiti, per disintossicarsi, in clinica. Per non parlare delle abitudini sessuali, riandando con la memoria, del presidente americano John Kennedy. Fenomeno solo americano, fenomeno solo “maschile”? No, ma come al solito, come altri mille fatti di costume ecc., molti “accidenti” nascono negli States, per la pazzesca esplosione tecnologica e consumistica che questa società sta vivendo da molto tempo e che ha mandato in tilt la “normalità” dei rapporti umani. Inutile dire che, tra i due film, i miei favori vanno di gran lunga a “Shame”, un film che fa pensare, mentre “La Signora di Ferro”, nel migliore dei casi, fa solo “incaz.....”.● Panorama 25 Reportage Impressioni di viaggio nel Kenya d’oggi, stretto fra il retaggio coloni Hic sunt leones... nonché il mucchio testo e foto di Nataša Stuper S ono profondamente attaccata alle bellezze paesaggistiche del territorio in cui vivo: l’Istria. E da naturalista ho saputo esplorare e studiare a fondo la penisola istriana - in ogni sua parte: dagli ecosistemi dell’entroterra a quelli costieri. Queste zone sanno ancora regalare una natura selvaggia e vergine che riesce a dominare incontrastata e libera dalla presenza umana. Queste sensazioni mi hanno spinto a tornare in Africa. Sono passati quattro anni precisi dal mio anno trascorso in Tanzania. Nel 2008 ero partita come educatrice ambientale a Zanzibar, piccola isola poco distante dalle coste del Tanzania. E ben presto quello che mi ha circondato per un anno intero ha saputo segnare profondamente la mia personalità e l’approccio verso quello che mi circonda, regalandomi sensazioni nuove che vanno assaporate più lentamente. Da quel momento, l’Africa ha saputo entrare sotto la mia pelle e insediarsi in ogni centimetro del mio corpo. Ed io ho accettato la sua presenza senza esitazioni. E ora rieccomi. Scelto con cura, il percorso prevede l’attraversamento del sudovest del Kenya, dalla metropoli di Nairobi entro il Parco nazionale dello Tsavo (nessun dilemma sull’articolo, l’uso corrente è questo!), sino alla costa trascurando le agenzie e spostandosi con i mezzi locali. Un viaggio pensato nei minimi dettagli da parecchio tempo, nella cui organizzazione le mie due compagne di viaggio si sono fidate completamente. In Kenya, ex colonia britannica, la guida è a sinistra ma il pessimo stato delle strade impone più che altro frequenti zig zag da un pezzo di asfalto all’altro. Scesa dall’aereo dopo dieci ore di volo, eccomi sommersa da un’aria calda e umida che si infila immediatamente nei miei vestiti. Siamo a Nairobi. Superato il controllo passaporti e ottenuto il visto d’ingresso, all’uscita c’è ad aspettarci Leonard, il nostro tassista, un uomo corpulento e alto, che con un sorriso timido e sventolando in mano un foglio di carta con i nostri nomi, ci invita a seguirlo fino alla macchina. Superiamo le vie caotiche e affollate di Nairobi e dopo circa un’ora entriamo in una stradina sterrata e buia che conduce all’hotel. Le diverse guide sul Kenya, che si possono trovare in giro, definiscono Nairobi una città piuttosto pericolosa. In effetti lo è. Per capirlo è sufficiente osservare l’asset- 26 Panorama to di molte case e hotel, più chiusi e controllati di un carcere: guardie semi armate al cancello, rete elettrica di recinzione o muro con filo spinato. Due colpi di clacson davanti al portone fanno balzare in piedi le guardie che si precipitano ad aprire. Un piccolo e umile hotel ci accoglie per la prima notte. Le mura arancione sono invase da piante tropicali rampicanti e piccoli alberi di papaya. Lasciamo i dati alla reception, ci rifugiamo finalmente in camera. Distrutta dal viaggio, ma con l’adrenalina che scorre ancora nelle vene e un fastidioso ronzio delle zanzare che cercano di infilarsi sotto la zanzariera che avvolge il mio letto, faccio fatica ad addormentarmi. L’indomani ci svegliamo presto: abbiamo a disposizione solo mezza giornata prima di dirigerci verso la costa. Leonard è già di fronte all’hotel e, dopo aver concordato il prezzo, decidiamo dove andare. Si chiama Rothschild ma è a rischio d’estinzione Dopo qualche chilometro ci fermiamo al Giraffe Centre AFEW, (African Fund for Endangered Wildlife Kenya), situato a Nairobi nella zona di Langata. Il centro rappresenta un’imperdibile sosta naturalistica. Fondato nel 1974, dà la possi- bilità di osservare da vicino la giraffa di Rothschild (Giraffa camelopardalis rothschildi), seconda sottospecie di giraffa più minacciata del continente. Le poche centinaia di esemplari rimaste vivono in aree protette del Kenya e dell’Uganda. La particolarità di questa giraffa, è che è l’unica sottospecie che nasce con cinque “corna”. Con i suoi sei metri d’altezza è inoltre più alta di molte altre. Il centro offre programmi per la conservazione di questi esemplari e l’espansione del pool genetico. Ci spostiamo verso il centro di Nairobi. Il traffico è immenso e trovare un parcheggio (sicuro) è difficile. Leonard fa il giro dell’isolato un paio di volte e sembra rinunciarci dicendo di voler cambiare zona. Alfine un uomo in uniforme blu ci fa segno di fermarci. Leonard inizia a discutere con lui in swahili; io cerco di ascoltarli percependo solo il senso del discorso. Si discute del prezzo. Leonard contratta per arrivare a una cifra ragionevole. A un certo punto si gira verso di me dicendo: “Mia tatu”. Sono trecento scellini, circa tre euro. Sperando di lasciare macchina e bagagli in mani sicure, proseguiamo a piedi verso il centro. Questa metropoli ha preso il peggio delle città occidentali: inquinamento, traffico e criminalità. Ciò che dà più fastidio sono però le contraddizioni. Mentre nel centro si vive all’oc- Reportage ale ed i problemi che tanto spesso assumono una dimensione globale di turisti che vuol vederli da vicino cidentale - non mancano acqua, elettricità e centri commerciali - a pochi chilometri milioni di persone sono stipate nelle baraccopoli (slum) di lamiera, cartone e nel fango. Le slum, prive ovviamente di corrente e reti fognarie, occupano circa l’80 p.c. dell’area urbana e accolgono oltre la metà dei suoi quattro milioni di abitanti. Per avere di che mangiare si vive di espedienti. le ragazze si prostituiscono, i maschi sniffano droga e delinquono. Vista l’alta criminalità, bisogna essere sempre cauti: cercare di non apparire troppo spaesati, camminare con passo sicuro e non vestire in modo appariscente o con accessori di valore. Siamo però le uniche bianche per strada, sicché non passiamo inosservate. La presenza di Leonard probabilmente intimorisce gli altri dandoci un’innegabile sicurezza. Sentendo i morsi della fame entriamo in un piccolo locale. Il cameriere ci viene incontro invitandoci a prendere in mano il menù. Dò una fugace occhiata e mi rivolgo a Leonard: “Prendo quello che prendi tu”. Sorride compiaciuto: “Il Kenya ha diversi piatti, che variano a seconda delle comunità, le loro culture e abitudini. La pietanza di base in tutte è l’ugali, a base di farina di mais e acqua, simile alla polenta. Nella zona costiera, in cui è avvertibile l’influenza del Medio Oriente e dell’immigrazione indiana, sono presenti piatti di tipo orientale: il curry, il chapati o pane indiano, il riso pilaf e la samosa”. Finito di mangiare ordino il masala chai, un tè particolare molto bevuto in Kenya anche se tipico del Sud dell’India. È un mix di spezie, di cui non mancano cardamonio, cannella, zenzero, chiodi di garofano, anice e pepe. Per la sigaretta peggio che in Europa All’uscita sto per accendere una sigaretta ma Leonard mi ferma: “A Nairobi è vietato fumare per strada. Si rischiano pesanti multe o addirittura l’arresto”. Da qualche anno, c’è il divieto di fumo nelle aree pubbliche di tutto il paese. Il divieto è però quasi I bambini, un elemento che non manca nel continente. Nell’altra pagina, gli sforzi del paese nel campo dell’istruzione inesistente lungo la costa, visto l’enorme flusso di turisti che hanno reso i luoghi più “europei”. In varie zone di Nairobi si trovano aree fumatori: piccoli gabbiotti di lamiera in cui gli uomini si concedono qualche minuto per una sigaretta. Ore diciotto. È tempo di farci accompagnare alla stazione e salutare Leonard. Alla biglietteria mi avvertono che si partirà in ritardo, non specificando quanto. Ma come per ogni treno africano che si rispetti, i ritardi sono più che possibili. E poi è quasi inutile dirlo: qui bisogna avere una grossa allergia agli orologi. La stazione è grande e pulita, con parecchi viaggiatori in attesa del treno per Mombasa. Il “Kenya Railways”, che ha preso il posto della vecchia ferrovia, copre circa duemila chilometri tra la costa del Kenya e l’Uganda. Seguendo la linea Nairobi-Mombasa, passa in mezzo al parco nazionale dello Tsavo orientale e dello Tsavo occidentale. Una ferrovia famosa anche perché ha fatto da sfondo a una delle più affascinanti leggende africane, quella dei Mangiatori di Uomini. Durante la costruzione di un ponte sul fiume Tsavo, che avrebbe dovuto unire il porto di Mombasa all’entroterra ugandese, nel 1898, due grossi leoni attaccarono e divorarono 135 operai. Dal 1924, i due felini sono esposti al Field Museum di Chicago. Alle 22 30 si parte. Abbiamo scelto la prima classe: uno scompartimento di due cuccette con lavandino e guardaroba. Peccato che non c’è acqua e la corrente elettrica se ne va spesso. Le condizioni dei binari rendono il viaggio molto simile a un giro in giostra in un luna park; il treno sobbalza continuamente sulle rotaie facendoci schizzare via ogni cosa tenuta in mano. Non meno difficile è prendere sonno. Quat- Panorama 27 Reportage tro ore dopo guardo dal finestrino: la leggera nebbia mattutina nasconde il sole che sta per sorgere e avvolge gli alberi di acacia, numerosi in mezzo alle steppe della savana. Che cosa cela? Lo scopro poco dopo, quando i primi raggi tingono il paesaggio d’arancio. Alle otto, con il tasso d’umidità che sale veloce più ci avviciniamo alla costa. fa già un caldo insopportabile, I ventilatori non funzionano ed anche i finestrini aperti non aiutano. La mattina scorre lenta, il treno sosta diverse volte nei villaggi dove i bambini, in attesa da ore, si precipitano a piedi nudi sulla rotaie per chiedere qualche caramella o un regalino. Dal treno si vedono così volare magliette, penne, quaderni e dolci, che i bimbi più agili afferra per correre via e mostrare ai genitori il “guadagno quotidiano”. Stiamo per arrivare a Mombasa, il caldo è insostenibile, i miei vestiti umidi sono tutt’uno con la pelle. Dopo diciannove ore di viaggio sento il bisogno di una doccia e di vestiti puliti. Da qui proseguiamo in macchina per Malindi, una piccola colonia italiana: negozi, ristoranti, discoteche… ogni insegna è in italiano e tutti lo parlano, anche i kenioti, che hanno avuto modo di conoscere magari solo il peggio del Made in Italy - il turista grezzo e maleducato, in cerca di qualche fugace avventura sessuale. Dopo una sosta di qualche giorno, è tempo d’attivarsi con modalità Na- tional Geographic: macchina fotografica, binocolo, videocamera digitale, spirito di osservazione e tanta pazienza. Ho saputo affidarmi a un gruppo di guide esperte: Massimo Vallarin e Davide Gremmo dell’AIEA (Associazione Italiana Esperti d’Africa) per un safari vecchio stile,, ossia un’esperienza dal significato puramente esplorativo, legato all’avventura, al senso di libertà e all’emozione che si può provare ad osservare gli animali. L’AIEA, nata da un gruppo di esperti e appassionati del l’Africa da anni coinvolge i viaggiatori in varie missioni naturalistiche, volte alla salvaguardia delle specie a rischio di estinzione e alla lotta al bracconaggio, fenomeno molto diffuso. Ci dirigiamo verso lo Tsavo che, con un’area complessiva di 22 000 km², è il più grande parco naturale del paese, e offre diverse tipologie di habitat. Dalle zone pianeggianti e steppose dello Tsavo East, dominate dagli erbivori, quali la gazzella di Grant, l’alcefalo di Coke (detto anche kongoni), l’orice beisa, decine di zebre, elefanti e giraffe, si può risalire verso il più grande plateau lavico del mondo, sull’altipiano di Yatta, con un’estensione di centonovanta chilometri. La regione è un paradiso per gli appassionati del birdwatching, con la possibilità di avvistare numerose specie di uccelli, tra cui rapaci, uccelli acquatici, insettivori, marabù africani e avvoltoi. Come tutti i parchi del Kenya, è amministrato Nel Kenya anche il pitone è un “animale domestico”. Nell’altra foto, secondo un costume diffuso su scala generale, una giovane donna posa volentieri dinanzi all’obiettivo del fotografo 28 Panorama e monitorato dal KWS (Kenya Wildilife Service), l’ente per la protezione della natura del Kenya, che combatte in prima linea il bracconaggio. Sta calando l’oscurità ed è ora di rientrare nelle tende. Alle cinque del mattino dopo siamo già svegli e pronti ad affrontare l’obiettivo: esplorare lo Tsavo occidentale, caratterizzato da una grande varietà di paesaggi, dalle paludi ai picchi rocciosi e vulcani spenti. Appena finita la stagione delle piogge, la savana coperta dalla fitta vegetazione in cui pascolano decine di zebre, kongoni e gazzelle. È un paradiso. A un certo punto il pasto degli animali viene disturbato dal rumore della jeep; sollevano la testa, drizzano le orecchie e, continuando a masticare, ci osservano per qualche minuto. Non percependo probabilmente alcun odore di pericolo, si rimettono a strappare i germogli d’erba fresca da terra. Dopo un paio di chilometri, Massimo fa segno di fermarsi. Restiamo immobili, quand’ecco comparire un elefante femmina. È la matriarca, distinguibile per le dimensioni e le rughe sul corpo, chiaro segno di anzianità, e rispettata all’interno del clan. Lascito dell’epoca coloniale britannica, seppur lenta ed obsoleta, in Kenya la ferrovia conserva a tutt’oggi un ruolo insostituibile nello spostamento della popolazione locale. Oltre a contribuire al mantenimento dei posti di lavoro, essa si pone anche come specifico punto di socializzazione: lungo il percorso i bambini attendono pazientemente per ore l’arrivo dei convogli per affiancarsi ad essi nella corsa ed afferrare i piccoli oggetti che vengono loro gettati dai passeggeri Panorama 29 30 Panorama Panorama 31 Passato e presente s’intrecciano nel Kenya a creare complessi legami. Così, la moderna tecnologia aeroportuale fa da contraltare alle piste in terra battuta e le stazioni diventano luoghi d’incontro nei viaggi verso i minuscoli nuclei abitati ontani. Anche l’abbigliamento denuncia il connubio fra il pittoresco “mondo che fu” e la praticità imposta dalla cosiddetta “civiltà” 32 Panorama Reportage Non ci vede e non riesce a percepire il nostro odore. Seguita da alcuni giovani maschi e un paio di cuccioli, si muove lenta tenendo il gruppo sempre coeso, fermandosi dove la vegetazione abbonda. Dietro ad un cespuglio si vede un altro cucciolo avrà pochi mesi - e la guida ci fa segno di rispettare il silenzio: il branco è a duecento metri e ogni minimo rumore potrebbe disturbarlo. Se non hanno motivo di caricare, gli animali sono tranquilli, ma se ci si avvicina troppo, specie in presenza di cuccioli, c’è il rischio di reazioni. Ci spostiamo a nord, parecchi chilometri lontano da qualsiasi fonte d’acqua e lo si nota dalla vegetazione. Costeggiamo il fiume Galana, che scorre attraverso il parco dello Tsavo orientale. Il paesaggio è arido. Qui un tempo vivevano molte tribù, tra cui i Masai e i Kamba, i cui villaggi vennero spostati quando fu istituito il parco. Oggi talune di queste comunità vivono in riserve naturali e fattorie ai suoi margini. Cambi, il nostro tracciatore con un’esperienza pluriennale nel parco, osserva il suolo in silenzio, per rilevare la pista lasciata da qualche animale. Ogni tanto scende, fa alcuni metri a piedi e risale sulla jeep. Dopo alcuni tentativi, ci siamo. Massimo controlla l’area circostante, prende il fucile e ci invita a scendere in silenzio. Cambi ci dirige verso le impronte. Sono ancora fresche… ed enormi: qualche ora prima saranno passati alcuni leoni maschi molto grossi. Chiediamo a Massimo se possiamo continuare a piedi. Si guarda attorno, ci dà alcune raccomandazioni e proseguiamo. Le impronte sono molte e segnano il passaggio di gazzelle, zebre e facoceri. Ecco altre impronte feline: questa volta si tratta di un leopardo. Massimo ci fa cenno di salire: è ora di andare avanti. Pochi metri e troviamo la carcassa sfigurata di un elefante adulto. Il corpo è in decomposizione, le zanne viaggiano già di sicuro su qualche nave diretta in Cina o Giappone, sicché troveremo l’avorio offerto a cifre molto alte nelle vetrine di Pechino, Tokyo o Shangai. Ma è questo il prezzo che devono pagare questi poveri animali, dettato dall’ignoranza umana? Il 2011 ad esempio è stato un anno particolarmente triste per il rinoceronte, i cui esemplari hanno subito un drasti- Prodotti dell’artigianato locale, un’attività che fa conto sulla consistenza delle presenze turistiche co calo. I dati dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) dicono che in Africa occidentale il rinoceronte nero è estinto, mentre quello bianco è sull’orlo dell’estinzione nelle zone dell’Africa centrale. Quale la causa principale? Circa mille anni fa ampiamente presente in Cina, è stato sterminato per il loro corno con cui la medicina tradizionale cinese cura la febbre e altre malattie, anche se la scienza medica non ne ha mai dimostrato l’efficacia. Una piccola folla per vedere i leoni Grazie al TRAFFIC (Trade Records Analysis of Flora and Fauna in Commerce), specifico programma del WWF e dell’IUCN che controlla il commercio di animali e piante selvatici, si cerca di fermare il commercio dei corni di rinoceronte e avorio in Cina, Corea del Sud e Taiwan, ossia i mercati principali. Si offre assistenza ai governi negli sforzi per proteggere le specie contro il bracconaggio e preservare ciò che resta del loro habitat, la riproduzione in cattività, e la pressione sui paesi perché vietino qualsiasi commercio, prima che la situazione si aggravi. Anche il premier cinese da Wen Jiabao ha proposto un’azione internazionale per fermare il massacro. “Il bracconaggio di rinoceronti ed elefanti in Africa ha raggiunto livelli senza precedenti”, si legge sul sito www. change.org. “La maggior parte delle specie di rinoceronte in tutto il mondo sono ad alto rischio di estinzione e l’incremento del bracconaggio è dovuto in gran parte dalla crescente domanda di corni di rinoceronte in Cina”. Proseguiamo verso il prossimo obiettivo: avvistare i leoni. Ci si ferma un paio di volte, Massimo osserva attentamente con il binocolo e si riparte. Dopo qualche chilometro raggiungiamo alcune jeep ferme in mezzo a una stradina. C’è una folla notevole. Massimo si ferma, prende tra le mani il binocolo e lo indirizza verso un albero di acacia, circondato da tronchi secchi. “Eccoli!”, esclama. Mi passa il binocolo e mi indica il punto da osservare. Un gruppo di avvoltoi sono radunati attorno alla carcassa di qualche erbivoro appena ucciso. Spostando di poco lo sguardo, vedo due enormi code muoversi sinuosamente all’ombra di una grossa acacia. Si tratta di due leoni. Avranno appena pranzato e se ne stanno all’ombra dell’albero a digerire il loro pasto. Lasciamo il parco dello Tsavo e rientriamo sulla costa. Salutiamo le nostre guide e ci sistemiamo in hotel. La sera faccio due calcoli dei giorni trascorsi e quelli che mancano prima di rientrare a casa. Siamo solo agli inizi e sono già sommersa da montagne di appunti, foto e video da sistemare. Riguardo i miei scatti chiedendomi cosa mi piace e cosa non va, provando emozione nel rivedere tutti quegli animali, la maggior parte dei quali supplica aiuto: si tratta di un problema serio che mette a rischio la biodiversità di questi luoghi. Lo sapevo già, ancor prima di ripartire: avrei ripreso a viaggiare attraverso questo continente assorbendo come una spugna tutte le conoscenza che mi avrebbe potuto dare. E documentando la realtà, per rendere la gente più consapevole, nella speranza di poter cambiare qualcosa. ● Panorama 33 Letture L o scorso luglio sono stati attribuiti i Premi della XLIII edizione del concorso Istria Nobilissima, che hanno dato una nuova conferma dei potenziali creativi del gruppo nazionale italiano nei campi dell’arte e della cultura. Ritenendo che di tali potenziali debba fruire il maggior numero di lettori, nelle pagine riservate alle letture “Panorama” propone le opere a cui siano stati attribuiti premi o menzioni. Nella categoria “Letteratura - Premio Osvaldo Ramous” alla sezione “Poesia in uno dei dialetti CNI” la giuria ha assegnato la menzione onorevole a LINO CAPOLICCHIO di Gallesano per la sua raccolta di poesie dal titolo “Dighelo cola poi∫ia” (Diglielo con la poesia). «Dighelo cola poi∫ia» («Diglielo con la poesia») Al’Istria Anco dormindo me ‘nsogni de tio Istria meja, cor mejo. Tè sen bela tè segni la più bela de dute le province, te segni como la più bela del ca∫in, la più calda, duti te vol! Duti te ‘nbrama. Tè segni sempro ∫ota, sempro ∫ota!! Como la putana. Prima i romani, poi? Per trede∫e secoli piun paroni, poi i venesiani i austriachi i taliani la Jugo∫lavia deso la Croasia. E mi? Che dele volte segni ‘n sognador ’nbramaravi che la storia tornarao ‘ndrio ’n tò ‘l tempo del re Epulone e de i sò Istri che viveva soli e contenti, però questo nò se pol perché la storia ∫e como ‘l refolo del vento 34 Panorama che quando ‘l ven, ‘l riva, ’l pasa, ‘l và via e no ‘l torna piun ’ndrio. E lora mì carego de sono de tristesa e malinconico giri la suca de l’altra banda del cusin e vardi de dormì ‘n po’ prima che vegna ’l ciaro dela mitina a tirame ∫ò de ‘l leto ALL’ISTRIA Anche dormendo/ io sogno te/ Istria mia/ cuore mio./ Sei bella/ sei la più bella/ di tutte le province,/ sei come la più bella/ del bordello/ la più calda,/ tutti ti vogliono!/ Tutti ti desiderano/ sei sempre sotto,/ sempre sotto/ come la prostituta./ Prima i romani,/ poi?/ Per tredici secoli/ vari padroni,/ poi i veneziani/ gli austriaci, gli italiani/ la Jugoslavia/ adesso la Croazia./ Ed io?/ Che alle volte/ sono un sognatore/ desidererei/ che la storia/ tornasse indietro/ nel tempo/ del re Epulone/ e dei suoi istriani/ che vivevano soli e contenti,/ purtroppo questo non è possibile/ perché la storia/ è come il refolo del vento/ che quando viene, arriva,/ passa e va via/ e non torna più/ indietro./ E allora io/ pieno di sonno/ di tristezza e malinconia/ giro la testa/ dall’altra parte/ del guanciale/ e cerco di dormire un poco/ prima che venga/ il chiarore mattutino/ a tirarmi/ giù dal letto./ Letture Sè fuso,.... Sè sarao SE FOSSE SE SAREBBE Sè fuso,... Sè sarao como ‘na volta, como n´tol tempo antico; como ‘ntoi dì che ∫idi lon∫i. Quando che i gali∫ane∫i se comandeva soli e quando che i confini del comun de Gali∫an i ∫eva dela banda de ∫ora del castel del Conte Cornede e i Carsi grandi fina Buran e de la ∫ò per i carpi e Val Comuna fina San Silvestro e poi ∫ò, ∫ò per le contrade dei Demori e dei Pianela quatro∫ento etari ton toco solo e ∫o ancora ‘n Siana duto tere dei Leonardeli; e de là fina l’Arena e Port’aora e Prà grando duto tere dei Simonei, Capolichio, Teser e Delcaro e poi treso fina Fi∫ela e Scojo dei frati de me cu∫in Nane Ciarel e Scojo olii dele fameje Teser e de là de Valelonga sun fina ‘n Val de naga altri du∫ento etari ton toco solo dele fameje Pianela. E a sanca fina Ponti∫ela e Prà del gorgo ‘ncoi Bi Vilage duto tere dei Teser, Delmoro, Capolichio e Tofeti e poi sun de novo fina Vi∫an e Ca∫al Major tere dei Castelichio, Pastrovichio e Delmoro e ’ncora sun per Carignan tere dei Valente e De Petre e ancora sun, sun per Canagroto e Ti∫on duto Comun de Gali∫an. E se parleva ‘n dialeto solo e se doreva solo ‘n Cristo ‘n cro∫e. E i veci Gali∫ane∫i che sà stà roba quando che i pensa ghe ven ‘l maro ‘n boca. Però l’acqua pasada nò ma∫ena piun!... Ahi se solo fuso; sè sarao como ‘na volta como ‘n tol tempo antico e como ‘n toi dì che ∫idi lon∫i. Se fosse, se sarebbe/ come una volta,/ come nei tempi antichi;/ come nei giorni lontani./ Quando i gallesanesi/ erano autonomi/ e i confini/ del loro comune/ andavano da settentrione/ dal castello del Conte Cornede/ ed i Carsi grandi fino in bosco Buran/ e da lì giù per i carpi/ e Val Comuna fino a San Silvestro/ e poi giù, giù per le contrade/ dei Demori e dei Pianella/ quattrocento ettari tutti d’un pezzo/ e giù ancora in Siana tutto terreni/ dei Leonardelli; e di là fino/ all’arena e Port’aurea e/ Pra grande tutto terreni dei/ Simonelli, Capolicchio, Tesser e Delcaro/ e il confine meridionale da Pra grande a Fisela/ e Scoglio dei frati/ di mio cugino Giovanni Ciarel,/ e Scoglio olivi delle famiglie Tesser/ e di là sù per Vallelunga/ fino a Val de naga altri/ duecento ettari in un pezzo unico/ delle famiglie Pianella./ E a sinistra fino Puntisella/ e Pra` del gorgo oggi chiamato Bi Village/ tutto terreni dei Tesser,/ Delmoro, Capolicchio e Toffetti/ e poi su di nuovo fino a/ Visan e a Casal major/ terreni dei Castelicchio,/ Pastrovicchio e Delmoro e/ ancora su per Carignano/ terreni dei Valente e dei De petre/ e ancora su, su per/ Canalgroto e Tison tutto/ comune di Gallesano./ E si parlava una lingua sola/ e si adorava un solo Cristo in croce./ I vecchi gallesanesi che sanno/ queste cose quando le pensano/ viene a loro l’amaro in bocca./ Purtroppo l’acqua passata/ non macina più.../ Ah! Se solo fosse; se sarebbe/come una volta/ come nei tempi antichi/ come nei giorni lontani./ Panorama 35 Letture Storia gali∫ane∫a Ca∫ai gali∫ane∫i Como fio picio me bordivi senpro sula cal e ‘l vecio Vitorio Calan dito Toni me di∫eva sempro: te sé che noi signemo calabre∫i? Rivadi sà ‘n tol secondo secolo? Si Toni ghe rispondevi perché anco me nono me la conta sempro così e anco me barba Mengo Tofo e ‘l vecio Toni Tilin e ‘l vecio Spadin e duti sti altri veci. I dì sempro che signemo rivadi sun per la cal de Fa∫ana col sinbolo ‘n man e con le pive ‘n spala e col subioto ‘n scarselin como servi dei Patrisi romani a vardaghe le pegore e laoraghe le vide e i olii. A la je sintuda tante volte Toni. Duti i gali∫ane∫i de sà de Carignan fina ‘n San Pano∫ jera servi dei Patrisi fora che le fameje Durin, Deghenghi, Demori, Pianela e Leonardeli che i jera paroni de tere a la sé, a la sé si Toni. Perché questa ∫è la nostra storia. Ca∫ai gali∫ane∫i duti sparnisadi ’ntorno ‘l pae∫ como i polastri ’ntorno la cioca ola signè? Ola signè finidi? Solo grumasi, ∫e restà de voi. Ola ∫è la vostra ∫ento, ola? Tio Paderno te segni muto como ‘l peso. E voi? San Mauro e San Silvestro njente no me di∫è? E voialtri Ca∫al de mur e Toro anco voi ve perso la favela. E tio Ca∫al major ’l piun grando de duti njanco tio no ti faveli piun, no se sento piun i to fioi che siga. E questo val anco per voi Vi∫an e Carignan. I doj piun pici signè e anco voi ta∫è e ste là duti ‘ngrumasadi. Ma a sto mondo duto pasa e va via e njente no torna piun... como prima. STORIA GALLESANESA Come bambino piccolo/ giocavo sempre sulla strada/ ed il vecchio Ghiraldo Vittorio/ detto Toni mi diceva sempre:/ lo sai che noi siamo calabresi?/ Arrivati quì nel secondo secolo?/ Sì Toni gli rispondevo/ perché anche mio nonno/ me la racconta sempre così/ ed anche mio zio Domenico Detoffi/ ed il vecchio Antonio Tilin/ ed il vecchio Valente/ e tutti ‘sti altri vecchi./ Dicono sempre che siamo arrivati/ su per la strada di Fasana/ con il cembalo in mano/ e la zampogna in spalla/ e lo zufolo nel taschino/ come servi dei Patrizi romani/ a pascolare le loro pecore/ e lavorare nei loro vigneti e uliveti./ L’ho sentita molte volte Toni./ Tutti i gallesanesi da Carignano/ fino in San Panos erano servi dei Patrizi/ fuori che le famiglie Durin,/ Deghenghi, Demori, Pianella/ e Leonardelli/ che erano padroni terrieri/ e lo so,/ lo so Toni/ perché questa è/ la nostra storia./ 36 Panorama CASALI GALLESANESI Casali gallesanesi/ tutti sparpagliati/ intorno il paese/ come i pulcini/ intorno alla chioccia/ dove siete?/ Dove siete finiti?/ Solo cumuli,/ sono rimasti di voi./ Dov’è la vostra gente,/ dov’è?/ Tu Paderno/ tu sei muto/ come il pesce./ E voi?/ San Mauro e San Silvestro/ niente non mi dite?/ E voi altri/ Casale de mur e Toro/ anche voi avete perduto/ la parola./ E tu Casal major/ il più grande di tutti/ nemmeno tu mi parli più,/ non sento più i tuoi figlioli/ che gridano./ E questo vale/ anche per voi/ Visan e Carignan/ i due più piccoli siete/ e anche voi tacete/ e state lì tutti in un cumulo./ Ma a questo mondo/ tutto passa/ e va via/ e niente/ torna più.../come prima./ Letture Tempi pasadi Se tornarao ’l tempo pasà quando che i Castropola torneva de sera ’ndrio del sò Castel de Momoran treso Buran e Paderno fina Gali∫an ò dei sò poderi ’n tè le contrade de Savicenti e Bocordi e li ciapeva la noto e ‘l scur pela cal, o ‘l caligo e le medole de ‘l inverno alora i se fermeva a senà e a dormì a ca∫a meja e ‘l mè antenato; ’l vecio Pasqualin Capolichio ’l mandeva presto ‘l servo a menà i cavai pieni de spiuma e de sudor ’n stala, ‘n Lumel, e li forbiva e li sugheva e ‘l ghe ‘npiniva la magnadora de biava. O sè tornarao ‘l tempo quando che la ∫ento dei ca∫ai gali∫ane∫i se menteva ‘n senbro e i formeva la piasa squa∫i a quadrato; de la banda de ∫ota i Capolichio, de ∫ora i Deghenghi, de un fianco Leonardeli e Delmoro e de quel’altro i Valente. O sè tornarao ’l tempo del sijesento quando ché i me veci se veva batun a Pola coi genove∫i e i veva perso e lori i ne veva bru∫à la ca∫a che jera sul pial de cità vecia. Ma ‘l tempo pasà, no torna mai ‘ndrio e forsi ∫e mejo cusì. TEMPI PASSATI Se tornasse/ il tempo passato/ quando che i Castropola/ tornavano alla sera/ indietro dal proprio/ Castello di Momorano/ attraverso bosco Burano e Paderno/ fino a Gallesano/ o dai propri poderi/ nelle contrade/ di Sanvincenti e Bocordi/ e li sorpendeva la notte/ e l’oscuro per la strada/ o la nebbia/ o le bufere invernali/ allora si fermavano/ a cena e a dormire/ a casa mia/ ed il mio antenato,/ il vecchio Pasquale Capolicchio/ mandava presto il servo/ a portare i cavalli/ colmi di schiuma e di sudore/ nella stalla in Lumel/ e li asciugava/ e riempiva/ la mangiatoia di biada./O se tornasse il tempo/ quando che la gente/ dei casali gallesanesi/ si assenbrava/ e si formava la piazza/ quasi a quadrato;/ dal meridione i Capolicchio/ da settentrione i Deghenghi/ dal lato orientale i Leonardelli e Delmoro/ e dal lato occidentale i Valente./ O se tornasse/ il tempo del seicento/ quando i miei antenati/ avevano combattuto/ a Pola contro i genovesi/ e avevano perso/ e loro ci avevano/ bruciato la casa che si trovava/ sul pendio/ di cittavecchia./ Ma i tempi passati, non tornano/ mai indietro/ e forse è meglio così./ Panorama 37 Anniversari Bicentenario della nascita di Dickens: dure le sue osservazioni sull’Italia Un paese di miserie e ingiustizie È stato definito uno dei maggiori autori inglesi del proprio secolo nonché “fondatore” del romanzo sociale: a 200 anni dalla nascita, Charles Dickens viene ricordato non solo in Gran Bretagna - che gli dedica tutto l’anno -, ma ovunque nel mondo. Non molti però sanno che soggiornò anche in Italia traendone dettagliate impressioni. I n luglio Genova “appariva bella dalla nave, ma da vicino doveva essere la regina tra tutte le città dimenticate da Dio”. Scriveva così Charles Dickens nelle sue Impressioni d’Italia, all’inizio del suo viaggio nella penisola che, bella o brutta che fosse, lo “trattenne” per due anni (1844-1845) facendolo a tratti partecipe anche di vicende del tutto impreviste. Nella decisione di venirci, afferma su “La Stampa” Richard Newbury richiamandosi a Becoming Dickens, la biografia più recente scritta da Robert Douglas Fairhurst, c’è tanto un misto “dickensiano” di giornalismo investigativo sullo “stato della nazione” italiana quanto, nel contempo, l’aspirazione sociale del nuovo ricco che ora a Londra può vivere in un palazzo. Questa, scriveva Dickens, era la sua prima vacanza dall’età di 12 anni: prima neppure sapeva cosa significasse essere pigri. Eppure un bel diversivo se l’era preso dal gennaio al giugno di due anni prima: un viaggio negli Usa, con moglie e cameriera, che fra l’altro lo portò nei luoghi in cui viveva Edgar Allan Poe, che tuttavia non incontrò. Osannato fin dallo sbarco, in un primo 38 Panorama momento fu ben contento di queste attenzioni, ma ben presto se ne stancò. In una lettera a un amico si lamentò di non poter fare né andare come e dove voleva: ovunque era seguito dalla folla. Si mostrò critico tanto su temi capitali quali la stampa o le condizioni sanitarie delle città quanto su questioni “di folclore” come l’abitudine americana largamente diffusa di masticare tyabacco e poi sputarlo in pubblico. La stessa capitale, notò con acredine, poteva essere chiamata “il quartier generale della saliva tinta di tabacco”. Il giudizio finale sugli Usa, condito da parole particolarmente dure sulla schiavitù, fu sferzante. Era questa una nazione “volgare, grossolana e meschina”, alla cui testa non vi erano altri che “un branco di mascalzoni”. In Italia, associò, come detto, Genova alle altre città italiane, “ammuffite, tristi, sonnolente, sporche, pigre, malmesse. Sembrava di essere arrivati alla fine di tutto”. Tuttavia, proprio come gli esuli italiani nella nebbiosa Londra - non erano passati vent’anni dalla morte di Foscolo, avvenuta proprio in questa città, mentre qualche anno dopo, nel 1833, a Londra era sbarcato Giuseppe Mazzini - si sistemò relativamente presto, “aiutato” dal fatto che a Genova aveva preso alloggio a Palazzo Peschiere, nel cuore della città, si era fatto le prime amicizie e aveva preso un palco all’opera. Nel gennaio successivo, passando per Pisa e Siena, si recò con la moglie a Roma - e il giudizio non fu meno duro rispetto a Genova. La trovò infatti “degradata e decaduta” giacente “addormentata sotto il sole tra un cumulo di rovine”. Sul percorso scoprì però anche qualcosa di valido, come la strada costiera fra Genova e La Spezia: “Non c’è niente di più bello al mondo” dirà. E Pisa? La sua torre “è troppo piccola”, fu il lapidario giudizio lenito peraltro da una considerazione personale: “Sarà forse dovuto al fatto che è uno di quei soggetti che si collegano nelle loro prime associazioni con i libri di scuola”. L’uso letterario del soggiorno italiano fu inevitabile. Il suo nuovo libro Le campane inizia proprio con un tour pickwickiano in diligenza fra Piacenza, Parma, Modena, Bologna e Ferrara. “Che strano dormive- glia, mezzo triste e mezzo delizioso, è il passaggio attraverso questi luoghi addormentati che si crogiolano al sole! Ognuno, di volta in volta, appare il luogo del mondo più ammuffito, triste, dimenticato da Dio!”. Fu colpito, però, mentre proseguiva, dalle “piacevoli” Verona, Mantova e Milano, fino al Sempione. Non poteva manca- Anniversari Un ritratto di Dickens fra una copertina di quell’”Oliver Twist” che fece piangere generazioni di adolescenti e lo storico “Racconto di Natale” in cui compare Scrooge, l’antesignano di Paperon de Paperoni. Nell’altra pagina: sono state parecchie le edizioni delle sue “Impressioni dall’Italia” re Napoli, dove l’eccentrico inglese arrivò con la famiglia proprio nelle prime fasi di un’eruzione sul Vesuvio. Fedele - non si sa quanto coscientemente al detto “vedi Napoli e poi muori” insistette a voler guardare oltre il bordo del cratere. Conclusione: tornò indietro con gli abiti in fiamme e due delle sue guide scomparirono per sempre nella discesa sul ghiaccio. Lasciò l’Italia attraverso il San Gottardo dopo essere passato per Firenze dove “sopravvive la parte imperitura della mente umana”. Indicativo il giudizio finale: “Lasciate che ci congediamo dall’Italia, con tutte le sue miserie e le ingiustizie, affettuosamente, con la nostra ammirazione per le bellezze, naturali e artificiali, di cui è piena fino a traboccare, e con la nostra tenerezza verso un popolo, naturalmente ben disposto, paziente e di temperamento mite”. “Anni di abbandono, oppressione e malgoverno hanno operato per cambiare la sua natura e fiaccare il suo spirito; gelosie miserabili... sono state il cancro alla radice della nazionalità... ma il bene che era in esso c’è ancora, e un popolo nobile può, un giorno, risorgere dalle ceneri. Coltiviamo la speranza”. La sua vita il primo romanzo L’infanzia e l’adolescenza di Charles John Huffam Dickens (Portsea, vicino a Portsmouth, 7 febbraio 1812) furono segnate dall’impriginonamento del padre per debiti contratti al gioco, sicché il figlio, a soli nove anni do- vette lavorare in una fabbrica di lucido da scarpe. A quindici si impiegò presso un avvocato e poi divenne stenografo in tribunale. Nel 1833 scrisse per un giornale i primi vivaci bozzetti di vita londinese che ebbero tanto successo che gli fu offerto di scrivere storie per una serie di disegni destinati a rappresentare umoristicamente il londinese tipo. Così nacque Il circolo Pickwick, uscito a puntate mensili tra il 1836 e il 1837. Il successo (dalle iniziali 400 la tiratura raggiunse le 40.000 copie) portò al giovane autore (aveva 24 anni) e alla moglie, sposata nel 1836, l’agiatezza economica e la fama. In due anni pubblicò sulla “Bentley’s Miscellany”, la rivista letteraria da lui diretta, altri due romanzi Oliver Twist: or, the parish boy’s progress (Oliver Twist, 1838) e The life and adventures of Nicholas Nickleby (Nicholas Nickleby, 1839). Dopo A Christmas carol (Racconto di Natale, 1843) e Dombey and son (Dombey e figlio, 1846-48) lavorò al suo romanzo più popolare, The personal history, adventures, experiences and observations of David Copperfield (David Copperfield, 1850) e fondò varie riviste ed anche due settimanali, “Household Words” e “All the Year Round”, in cui riversò tutta la sua poliedrica creatività con 129 brani e... 181 pezzi scritti assieme ad altri. Direttore invadente e incontentabile metteva, infatti, spesso le mani sugli articoli dei collaboratori, pubblicati tutti senza firma ma su pagine rigorosamente marchiate sotto l’egida di “Charles Dickens the Conductor”. Il volitivo “conduttore”, faceva opera estensiva di editing, aggiungeva tocchi dickensiani, spesso di colore ma non solo, al punto da ridurre le bozze, con mille cancellazioni e aggiunte, a “inky fishing nets” (intricate reti di inchiostro). La separazione dalla moglie, da cui aveva da cui aveva avuto dieci figli, avvenuta nel 1858, segnò l’avvio ad una maturità maturità tormentata e inquieta, riflessa nei grandi romanzi: Bleak house (Casa desolata, 1853), Hard times (Tempi difficili, 1854), Little Dorritt (La piccola Dorritt, 1857) e Great expectations (Grandi speranze, 1860-61). Il lavoro sempre più gravoso, tra cui le lezioni pubbliche ne minarono la salute: la morte lo colse a Londra, il 9 giugno 1870, a soli 58 anni, mentre scriveva un romanzo in cui sperimentava il genere poliziesco. Fu sepolto nell’Abbazia di Westminster. Erede della grande tradizione del romanzo del ‘700, egli sfruttò a fondo la forte carica patetica del suo tempo. A questo si aggiunga una genialità istintiva, non ravvivata da una cultura razionalizzata o influenzata da un pensiero politico definito che forse gli avrebbe fatto arrivare meglio a capire il nesso tra politica e potere e la condizione sociale delle masse. Caratteristica principale dei suoi scritti, che conquistarono sempre il pubblico, ma molto meno la critica, fu la capacità di cogliere con arguzia ed ironia gli aspetti più profondi della società vittoriana, opulenta e perbenista, caratteristiche che, a ben vedere, troviamo intorno a noi anche oggi. ● Panorama 39 Italiani nel mondo Rispetto allo scorso anno i censiti sono risultati pari a 93.742 unità in più, dim Aumentato il numero dei connazion a cura di Ardea Velikonja A l 31 dicembre 2011 erano 4.208.977 gli italiani residenti all’estero. È stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 31 gennaio, il decreto dei Ministeri dell’Interno e degli Esteri che ogni anno – così come previsto dalla Legge Tremaglia – sancisce il numero dei connazionali residenti nelle quattro ripartizioni della circoscrizione Estero. Nel dettaglio sono 2.307.683 i residenti in Europa; 1.283.078 in America Meridionale; 388.904 in America Settentrionale e Centrale e 229.312 in Africa, Asia, Oceania e Antartide. Rispetto al 2010, i residenti all’estero sono aumentati di 93.742 unità: erano 4.115.235 i connazionali “censiti” dal decreto 2010. Dei nuovi espatriati, in 43.266 risiedono in Europa, 38.655 in Sud America, 5.165 in Nord America e 6.656 in Africa Asia e Oceania. La Commissione Affari Esteri del Senato ha esaminato in sede consultiva il decreto sulle liberalizzazioni varato dal Consiglio dei Ministri che quindi è passata all’esame della Commissione Industria. L’esame della Commissione, in particolare, si è concentrato sull’articolo 40 che – in tema di semplificazioni burocratiche per i cittadini – prevede il rilascio di un codice fiscale ai residenti all’estero. Relatore del provvedimento il senatore Alfredo Mantica (Pdl) che, da ex sottosegretario agli esteri con delega per gli italiani nel mondo, ha ribadito ancora una volta la necessità di riformare l’Aire. A margine del dibattito, alla presenza del sottosegretario De Mistura,la Commissione ha dato mandato al relatore di redigere parere non ostativo al decreto. Il decreto sulle liberalizzazioni, ha spiegato Mantica, “si inserisce in una strategia complessiva del Governo per affrontare la crisi finanziaria internazionale, introducendo misure di liberalizzazione per sostenere lo sviluppo e la crescita economica. Le valutazioni delle istituzioni economiche internazionali (OCSE, Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale) hanno evidenziato per l’Italia la precisa necessità di sostegno all’iniziativa economica privata. I settori dell’economia italiana che risentono meno della con- correnza internazionale sono tutti quelli diversi dal manifatturiero, e che rappresentano più della metà del valore complessivo. In tali ambiti (commercio, trasporti, credito e assicurazioni, costruzioni, elettricità, gas, acqua, hotel e ristoranti, professioni) è intenzione del Governo eliminare barriere all’entrata o limitazioni all’esercizio per favorirne lo sviluppo”. Secondo Mantica è quindi “indispensabile avviare un’approfondita riflessione sull’assetto e sulle opportunità offerte dal mercato unico europeo. All’interno dello stesso, infatti, sussistono differenti gradi di liberalizzazione in particolare dei servizi. Quindi, una comparazione tra la situazione italiana e quella dei principali partner europei costituisce una premessa indispensabile per valutare il livello di liberalizzazione che deve essere introdotto anche in Italia, onde individuare il punto di equilibrio per garantire l’ingresso del mercato di nuovi operatori che si traduca in una crescita competitiva”. Passando ai profili di competenza della Commissione Esteri, Mantica ha richiamato l’articolo 40, recante disposizioni in mate- Organizzati dal Calcif di Milano, tre settimane a luglio e agosto sul Lago di Garda 60 borse studio per partecipare ai corsi estivi S ono 60 le borse di studio messe a disposizione per i corsi estivi internazionali di lingua e cultura italiana curati dal Centro d’ateneo per la promozione della lingua e della cultura italiana Feltrinelli (Calcif) di Milano sul Lago di Garda. I corsi, in programma nei mesi di luglio e agosto, si svolgeranno presso la nella sede di Gargnano del Garda (Palazzo Feltrinelli) e avranno una durata di 3 settimane. La borsa di studio copre i costi del corso, del vitto e dell’alloggio. Il bando – in italiano ed in inglese – è consultabile al sito: www.calcif.unimi.it. Ai corsi internazionali del Calcif hanno già partecipato finora circa mille studenti stranieri provenienti da tutto il mondo. In misura crescente, oltre a studenti provenienti da paesi che hanno una lunga tradizione di studio della lingua e cultura italiana, vi hanno partecipato 40 Panorama studenti che costituiscono un pubblico nuovo ed emergente per lo studio dell’italiano all’estero, provenienti da paesi come l’Angola, Camerun, Kazakstan, Mozambico, Nuova Zelanda, Sudan,Thailandia. Si tratta di una delle numerose iniziative messe in campo dal Calcif, istituito nel 2004, per la promozione dell’insegnamento e dell’apprendimento della lingua italiana. Tra esse, vi è anche la realizzazione della rivista semestrale elettronica gratuita “Italiano LinguaDue”, liberamente consultabile all’indirizzo: www.italianolinguadue.unimi.it. La rivista svolge un’importante azione di informazione e aggiornamento per i docenti e per quanti amano la lingua e la cultura italiana. L’iniziativa è segnalata dal portale dei Lombardi nel Mondo (www.lombardinelmondo.org). (Inform) Italiani nel mondo oranti soprattuto in Europa ali all’estero ria di carta di identità e in materia di anagrafe della popolazione residente all’estero. Secondo l’articolo, ha spiegato, “l’amministrazione finanziaria attribuirà d’ufficio il codice fiscale ai cittadini italiani iscritti all’Aire, ai quali non risulta già attribuito, previo allineamento dei dati anagrafici in possesso degli uffici consolari e delle Aire comunali. Voglio ricordare ancora una volta che la problematica fondamentale in materia di Aire è il suo mancato aggiornamento. Poiché la comunicazione delle variazione di indirizzo all’estero non comporta alcuna conseguenza né operativa né sanzionatoria, si verifica l’esistenza di una preoccupante quota di cittadini italiani non più in alcun modo rintracciabili. Ciò – ha concluso – determina particolari difficoltà per il corretto espletamento delle operazioni di voto per corrispondenza in occasione delle consultazioni elettorali”. È quindi intervenuto il senatore Claudio Micheloni (Pd) secondo cui “sarebbe necessario procedere ad una riforma complessiva dell’Aire. L’obiettivo, infatti, di un suo aggiornamento preciso, al di là della problematica dell’allineamento dei dati con le anagrafi comunali, è di difficile conseguimento”. Per Micheloni si potrebbe istituire “una distinta anagrafe degli elettori residenti all’estero quale base di riferimento per individuare l’elettorato attivo per i parlamentari della circoscrizione Estero”. Nella sua replica, De Mistura ha osservato come “il disposto di cui all’articolo 40 del decreto-legge in materia di attribuzione automatica del codice fiscale ai cittadini italiani iscritti all’Aire, ai quali non risulta già attribuito, costituisca una misura di semplificazione che andrà valutata in concreto nella fase attuativa”. La Commissione ha infine conferito al relatore il mandato a redigere un parere non ostativo con le osservazioni emerse nel corso del dibattito. (aise) La sede del Ministero agli Affari esteri Accordo Nexta-Dante Alighieri N uove sinergie per l’arte e la cultura italiana: Nexta e Società Dante Alighieri uniscono competenze, strategie e network con l’obiettivo di migliorare e accrescere la diffusione e la fruizione del patrimonio nazionale in Italia e nel mondo. Nexta, la media company del Gruppo Itedi/La Stampa, che un anno fa ha lanciato Arte.it, il primo motore di ricerca semantico e tematico dedicato all’arte, ha annunciato nei giorni scorsi l’accordo stipulato con la Società Dante Alighieri, che include anche la gamma di servizi legati ad Art Wireless. Quest’ultima ha, a sua volta, siglato una convenzione con la Dante per la realizzazione di attività ed eventi finalizzati alla diffusione dell’arte, della cultura e dello spettacolo. L’accordo Dante-Nexta mira a una collaborazione nella programmazione di eventi culturali, artistici e letterari, nello scambio di visibilità attraverso i rispettivi siti Internet, nell’ideazione, realizzazione, produzione e promozione di festival, rassegne, premi, fiere, mostre ed esposizioni, stabili e itineranti, finalizzati alla diffusione della lingua e della cultura italiana, in particolare nei confronti dei giovani e dei settori di popolazione particolarmente svantaggiati. ”La missione di Arte.it”, spiega Piero Muscarà, socio fondatore e amministratore delegato di Nexta, “è quella di facilitare questo processo, creando strumenti e mettendo a disposizione un approccio di innovazione tecnologica che semplifichi il passaggio al mondo digitale e la costruzione di reti per far emergere e convergere i beni culturali e gli eventi d’arte italiani. L’accordo tra Nexta e Società Dante Alighieri”, conclude Muscarà, “è un passo ulteriore in questa direzione, che siamo certi darà slancio a nuovi progetti e a forme di collaborazione votate a raggiungere risultati concreti e apprezzabili per la valorizzazione e la diffusione della cultura e dell’arte italiana in Italia e nel mondo”. (aise) Panorama 41 Made in Italy La sesta edizione di Olio Capitale in programma dal 2 al 5 marzo A Trieste la produzione olivicola a cura di Ardea Velikonja I migliori oli d’oliva? Saranno in mostra a Trieste, dal 2 al 5 marzo, per essere scoperti, degustati e, perché no, anche acquistati a Olio Capitale, la prima e unica fiera interamente dedicata all’extra vergine d’oliva. Un evento specializzato, in forte crescita, che presenta il meglio della produzione olivicola italiana e non solo, tornato per la sesta edizione sotto la regia organizzativa di Aries, Azienda Speciale della Camera di Commercio di Trieste. Eventi per il grande pubblico, con la Scuola di cucina di Olio Capitale e le degustazioni dell’Oil Bar, e altri dedicati agli operatori del settore, con gli incontri d’affari tra espositori e buyer, il prestigioso Concorso Olio Capitale e gli approfondimenti tematici sui trend del settore: è la formula vincente che anno dopo anno ha visto crescere costantemente il numero di espositori e di visitatori, e che ha condotto quest’anno a una superficie espositiva ampliata ulteriormente, su 42 Panorama 4 padiglioni e oltre 200 produttori in fiera. Olio Capitale ha scelto di puntare coraggiosamente solo sull’extra vergine, senza altri prodotti food di contorno come spesso accade in appuntamenti fieristici analoghi.”Siamo assolutamente convinti che qualità e tipicità siano gli asset strategici per rilanciare l’olivicoltura - ha detto Antonio Paoletti presidente della camera di Commercio di Trieste - Io posso dire che la sesta edizione di Olio Capitale sarà ancora più ricca, fiorente e fruttuosa”. Già confermata la presenza di tutte le regioni produttrici italiane, dai grandi produttori a quelli di nicchia, con Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Trentino Alto Adige, Umbria, Veneto. Oltre il meglio della produzione italiana, confermata anche la presenza di produttori stranieri, in primis dalle vicine Slovenia e Croazia. Oltre all’esposizione mini-corsi guidati d’assaggio all’ormai rinomato Oil Bar, con la presenza di assaggiatori professionisti che permetteranno ai visitatori di imparare a riconoscere le caratteristiche organolettiche degli oli presenti (cen- tinaia le etichette) consigliando i corretti abbinamenti tra oli e pietanze. Nella “Scuola di Cucina di Olio Capitale”, dove ai fornelli si susseguiranno noti chef, ottimi interpreti della cucina italiana, si terranno delle vere lezioni di cucina per il pubblico, proponendo numerosi piatti spaziando dalla cucina moderna, antica e tradizionale. Evento di spicco della tre-giorni il Concorso Olio Capitale, unico nel suo genere in Italia e riproposto anche quest’anno, alla luce del gradimento riscosso nelle passate edizioni. Dopo la preselezione dei campioni da parte di un panel professionale, gli oli vengono valutati da tre differenti giurie: una di assaggiatori professionisti, una costituita dai fruitori professionali del prodotto, ovvero cuochi e ristoratori, e una di consumatori. Si è voluto rappresentare così uno spaccato del mercato dell’olio d’oliva, delle diverse sensibilità e dei gusti di questi tre diversi fruitori del prodotto. Saranno, infatti, i loro tre punti di vista a concorrere a proclamare i vincitori delle tre categorie ammesse: fruttato leggero, medio, intenso, valorizzando così gli oli extra vergine di oliva tipici e di qualità dell’area mediterranea.● Made in Italy A Pordenone dal 3 all’11 marzo anche il primo Festival dei giardini Lo spettacolo della primavera L’ appuntamento che segna ormai da 33 anni l’arrivo della primavera alla Fiera di Pordenone torna anche quest’anno: Ortogiardino, il Salone dell’ortoflorovivaismo in programma nel quartiere fieristico pordenonese da sabato 3 a domenica 11 marzo 2012. Dove germogliano le idee migliori per i professionisti e soprattutto per gli appassionati del verde. Piante da giardino, da appartamento, ornamentali e tropicali. I fiori più colorati e ricercati. Tante idee per un giardino ogni giorno più bello e più ricco. Questa edizione di Ortogiardino – farà da cornice ad un concorso nazionale davvero particolare, denominato I° Festival dei Giardini, interamente dedicato a “I colori in giardino”. I 15 progetti selezionati lo scorso 16 gennaio tra oltre 40 proposte originali saranno visibili dal pubblico all’interno dei padiglioni fieristici. I progetti si sono distinti per la loro creatività e per aver proposto soluzioni particolari, che non mancheranno di stupire ed ispirare i visitatori. Tutti i progetti sono accomunati, nella progettazione e nella realizzazione, dalla particolare attenzione all’uso dei colori. Il concetto del giardino o spazio verde ora di grande attualità è diventato un virtuoso fenomeno di costume. La vera innovazione e cuore pul- sante del concorso è la sfida di realizzare un giardino di dimensioni ridotte utilizzando piante di bellezza che sappiano soddisfare sia la valenza funzionale, sia quella estetica. Per i progettisti si tratta di un’opportunità unica: disporre di una vetrina prestigiosa come Ortogiardino, sia in termini di visibilità di pubblico, sia in termini di risonanza mediatica, grazie alla presenza di più di 70.000 visitatori provenienti anche dalla vicina Slovenia e Croazia. Un’occasione davvero imperdibile, considerando che la totalità dei partecipanti è costituita sia da giovani progettisti che da progettisti già affermati, formati da professionalità diverse (vivaisti, architetti, periti agrari ed agronomi) e provenienti, oltre che da tutta Italia, anche dalla Spagna. La Fiera Ortogiardino sarà aperta nei nei giorni feriali dalle 14.30 alle19.30 e nei festivi dalle 9.30 alle 19.30. Biglietto d’ingresso: 8 euro.● Panorama 43 Musica Storia degli strumenti a corda, legni, ottoni e percu Per la furtiva lacrima è d ’ a cura di Ardea Velikonja I l fagotto è uno strumento musicale a fiato ad ancia doppia appartenente al gruppo dei legni, di cui costituisce il basso. Il nome fagotto deriva dalla forma che esso aveva in origine, simile a quella di un mantice a soffietto che immetteva l’aria in due tubi affiancati. Il musicista che lo suona va sotto il nome di fagottista Struttura È composto da un tubo conico lungo circa 2,60 m ripiegato su se stesso a “U”, e ricavato in tre diversi segmenti e un padiglione, da altrettanti masselli di legno (pero, acero, palissandro, ebano ecc.): i segmenti esterni sono innestati su quello mediano, detto “piede” o “stivale”, costituito da un blocco a sezione ovale nel quale sono ricavati due tratti di tubo paralleli, uno ascendente e l’altro discendente, congiunti da un accordo a gomito (culatta) all’estremità inferiore. Ha l’imboccatura ad ancia doppia e un sistema di chiavi e 5 fori. L’ancia è inserita su un cannello metallico ritorto inserito nel segmento iniziale Il controfagotto Il fagotto 44 Panorama chiamato “esse”. I fori sono scavati con andamento obliquo, in modo da raggiungere la colonna d’aria contenuta nel tubo in punti tra loro più distanziati di quanto non siano le aperture esterne, adeguate all’estensione delle dita di una mano. Il controfagotto è un parente stretto del fagotto ed è dotato di una canna lunga il doppio del fagotto (la colonna d’aria) e un registro più grave di un’ottava, quindi produce note più basse. Storia L’evoluzione tecnica dello strumento si deve soprattutto alla casa produttrice tedesca Heckel, che lo arricchisce con chiavette e fori non presenti fino alla metà del XIX secolo. Le sue origini sono da riferire alla dulciana, strumento rinascimentale esistente in una famiglia che comprendeva dal soprano al basso. Il basso ebbe particolare fortuna e venne usato anche in funzione solista in grandi e piccole formazioni durante tutto il XVII secolo. La dulciana si evolve e diviene fagotto grazie alle sperimentazioni che avvengono soprattutto in Francia. Il controfagotto è uno strumento traspositore all’ottava inferiore Musica ssioni che compongono un’orchestra sinfonica (7) ’obbligo il controfagotto In ogni orchestra sinfonica ci sono 2 fagotti e un controfagotto Si possono definire due tipi fondamentali di fagotto fino alla metà dell’800, il fagotto barocco e il fagotto classico. Dalla fine dell’800 si delineano due tendenze di costruzione essenziali: il sistema tedesco Heckel, utilizzato ormai in tutto il mondo, ed il sistema francese Buffet Crampon, oggi utilizzato solamente nell’orchestra dell’Opera di Parigi e raramente nel resto del mondo. Il fagotto è l’unico strumento dei legni ad avere configurazioni di strumento basso, quindi resta quasi imprescindibile nella scrittura orchestrale fino alla metà del 900. Utilizzo Il suo timbro particolare, pieno e scuro, è dato dall’ancia doppia e dalla lunghezza e corposità del legno che lo compone. Molti compositori lo utilizzano in orchestra sia per concerti sinfonici che per opere liriche. È uno strumento fondamentale in orchestra sia come basso che come solista. Strumento dalle notevoli capacità musicali, in grado di estendersi per tre ottave e mezzo, il fagotto fu utilizzato dal periodo barocco, Vivaldi compose ben 39 concerti per fagotto. Il periodo classico fu contrassegnato da un forte utilizzo del fagotto come strumento solista, da autori quali Mozart, Hummel, Franz Danzi, Johann Baptist Vanhal, solo per citarne alcuni. Weber, Saint-Saëns ed Edward Elgar lo utilizzano in periodo romantico per sonate e romanze. Celebri sono i passi della sinfonia n. 4 di Beethoven, della sinfonia n. 8 di Schubert, di Sheherazade di Rimskij-Korsakov, della sinfonia n. 4 di Čajkovskij, di Pierino e il lupo di Prokof’ev, de L’apprenti sorcier di Paul Dukas, del Bolero di Ravel e della Sagra della Primavera di Stravinskij. In ambito operistico apprezziamo invece il fagotto nella celebre aria “Una furtiva lagrima” dell’Elisir d’Amore di Gaetano Donizetti, ma anche nelle Nozze di Figaro di Mozart. Registro d’organo Il registro di fagotto è molto antico: lo si riscontra già in strumenti (tedeschi e olandesi per lo più) del XVII secolo. Ha timbro dolce, morbido e pastoso. Esiste di diverse misure: 32, 16, 8, 4 e, talvolta, 64 piedi. Le cronache tramandano che fosse uno dei registri più amati da Bach. Il contrafagotto è uno strumento musicale ad ancia doppia che rappresenta la tessitura contrabbassa dell’intera famiglia. Il controfagotto Deriva dal fagotto, di cui è, in un certo senso, un ampliamento e ne condivide l’intero sistema di chiavi e di posizioni, tanto che a suonare questo strumento sono solitamente i fagottisti. Lo strumento è traspositore d’ottava verso il basso, vale a dire che le Beethoven lo usò mirabilmente nel finale della Nona sinfonia, per ottenere l’effetto denominato alla turca note scritte suonano d’effetto un’ottava sotto. Prima degli inizi del XX secolo, a causa di alcune imperfezioni costruttive, al controfagotto veniva preferito il sarrusofono, pur rimanendo il termine “controfagotto” scritto in partitura. Ma dalla fine del XIX secolo in poi il suo posto in orchestra è stabile ed indispensabile per coprire il registro 32’ della famiglia dei legni. Anche se già Beethoven lo usò mirabilmente nel finale della Nona sinfonia, per ottenere l’effetto denominato alla turca, il controfagotto si distingue in orchestra, anche in assolo, a partire dalla fine del XIX secolo, come nel celebre Apprendista stregone di Paul Dukas dove il suo lugubre timbro, pigro e cavernoso, lo rende inconfondibile. Altri compositori che usarono il controfagotto nelle loro partiture furono Giuseppe Verdi nel Don Carlos e Maurice Ravel in Ma Mère l’Oye (episodio Les Entretiens de la Belle et de la Bête). Estensione Il controfagotto è uno strumento traspositore, le note realmente prodotte suonano un’ottava sotto. Le note più gravi in nero sono di difficile emissione e intonazione; le note acute sopra il Sib sarebbero eseguibili solo con l’uso di ance speciali che, però, renderebbero difficile l’emissione dei suoni gravi, cioè proprio quelli che rendono timbricamente prezioso questo strumento.● Panorama 45 Sport I vertici federali con le spa Calcio messo di Bruno Bontempo L Darijo Šimić e Vlatko Marković. L’ex giocatore di Dinamo, Inter, Milan e Monaco e della nazionale croata, potrebbe diventare il traghettatore di compromesso della nuova Federcalcio croata Gabriele Volpi con il sindaco di Fiume, Vojko Obersnel, alla firma dell’accordo tra Social Sport e Rijeka (foto Ivor Hreljanović) Damir Mišković, Gabriele Volpi e Predrag Sloboda (foto Goran Žiković) 48 Panorama a corruzione è parte costituente dei campionati di calcio. Questa amarissima (ma non proprio sorprendente) considerazione non è stata estrapolata dalle motivazioni di qualche sentenza, come quella che in Italia ha portato alla condanna di Luciano Moggi nel processo per Calciopoli. E nemmeno dalle indiscrezioni relative all’interrogatorio dell’ex barese Andrea Masiello, secondo le quali l’intero campionato italiano di Serie A 2010-11 sarebbe stato falsato causa scommesse, oppure - per scavalcare il confine e trasferirci in Croazia - dall’interrogatorio del general manager dello Split, Nenad Pralija. L’ex centrocampista di Hajduk, Espanol, Reggina e della nazionale croata, era stato arrestato nei primi giorni dell’anno nell’ambito della maxinchiesta su un giro di gare truccate che ha già decapitato i vertici dell’organizzazione arbitrale e della Lega calcio (tangenti per arbitraggi favorevoli sia in seconda divisione, sia nel massimo campionato croato). Ebbene, quell’amaro, bruciante riscontro sul marcio che imperversa nello sport più popolare, emerge dal Libro Nero del Calcio Est Europeo, risultato di un’indagine cominciata due anni fa e condotta da una task force allestita dal Sindacato mondiale dei calciatori professionisti, con sede in Olanda. Obiettivo dell’inchiesta era mettere in luce il mancato rispetto dei diritti dei calciatori professionisti dell’est Europa, studiare le conseguenze sul piano della regolarità dei campionati, e stabilire infine se il sistema di licenze messo in atto dalla Fifa, e amministrato dalle federazioni nazionali, sia sufficiente a proteggere i diritti dei calciatori. A seguito di una riunione dei sindacati nazionali dei calciatori di Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Grecia, Ungheria, Kazakhstan, Montenegro, Polonia, Russia, Serbia, Slovenia e Ucraina, è stato redatto un questionario, alle cui domande hanno risposto, ottenendo di rimanere anonimi, oltre 3400 calciatori professionisti di que- Sport lle al muro. L’imprenditore ligure Gabriele Volpi salva Fiume dalla bancarotta alla frusta, ma il Rijeka si chiama fuori sti campionati. I risultati sono impietosi: un quarto dei calciatori intervistati ha ammesso di essere a conoscenza che nel proprio campionato le partite sono falsate e i risultati decisi in anticipo; in Russia, dove verranno disputati i mondiali del 2018, i giocatori che hanno diretta conoscenza che le partite sono truccate sono addirittura il 44 per cento. Inoltre, più del 10 p.c. degli intervistati ha ammesso di essere stato contattato personalmente da membri di organizzazioni criminali per aggiustare i risultati di partite della propria squadra, percentuale che in Grecia supera il 30 per cento. La corruzione sarebbe direttamente proporzionale al mancato pagamento degli emolumenti dovuti ai calciatori da parte delle società. I giocatori spesso non sono pagati entro i termini stabiliti, o non sono pagati del tutto e diventano più vulnerabili quando poi sono avvicinati dalle organizzazioni criminali. Se il 90 per cento dei calciatori intervistati è consapevole che la sua squadra versa in serie difficoltà economiche, almeno un terzo ha raccontato di avere subito pressioni da parte del club di appartenenza per rinnovare o rescindere il contratto, molti sono stati vittime di violenza psicologica o fisica, tramite vessazioni o episodi di bullismo che possono essere addebitati alle società. Una situazione che riguarda molto da vicino la Croazia, dove però il nuovo governo, in carica da tre mesi, non sta con le mani in mano. Il ministro dello sport, il fiumano Željko Jovanović, ha già promosso una serie di iniziative per costruire un nuovo testo di legge in materia di sport, in attesa del quale si procederà al varo di decreti attuativi per la legge attualmente in vigore per fronteggiare corruzione, evasione fiscale e violenza negli stadi. Considerato che tutto ciò riguarda in primis il calcio, il ministro ha mandato dei segnali eloquenti ai vertici della Federazione, anunciando l’invio di ispettori del fisco anche nelle società sportive (si potrebbe partire dalla Dinamo del padre-padrone Zdravko Mamić) e chiedendo l’esclusione dei consiglieri indagati per vari reati e ancora ai loro posti. Il ministro ha parlato a quattr’occhi, con il presidente Vlatko Marković (in carica ormai da 14 anni!?) e collaboratori più stretti, affermando senza mezzi termini che la sua squadra non gode più della fiducia di questo Ministero. Jovanović ha chiesto che vengano prese delle misure concrete per la lotta alla corruzione oppure, in caso contrario, che gli attuali dirigenti convochino un’assemblea straordinaria della federcalcio e mettano a disposizione i loro mandati. Il presidente Vlatko Marković (in carica ormai da 14 anni) e il segretario Zorislav Srebrić, rispettivamente 75 e 72 anni appena compiuti, non hanno fatto una piega e, imperterriti, hanno lasciato capire che non hanno nessuna intenzione di dimettersi. Non sappiamo che titolo dare a gente che, con un’impenetrabile faccia di bronzo, non si arrende neanche di fronte all’evidenza dei fatti: degrado morale dilagante, società sottoposte a procedura fallimentare per debiti nei confronti del fisco ma anche dei giocatori, comportamento a sfondo razzista - vittima anche l’attaccante camerunense dell’Istra di Pola, Belle - e di omofobia da parte dello stesso presidente Marković, che poi si era scusato... “Stiamo faccendo tutto quello che ci è stato chiesto dalla Fifa” si sono limitati a dire, rimandando per ora la convocazione dell’Assemblea a dopo gli Europei di giugno. Anche il Rijeka ha corso il rischio di finire nella spirale dei processi fallimentari, avendo accumulato debiti complessivi per circa 3,1 milioni di kune, tra pendenze nei confronti dei giocatori e dello stato, fisco, tasse processuali di cause perse per termini contrattuali non rispettati... E, poi, oplà, gli è capitato di trovare una presa, quanto basta a gridare al miracolo. L’imprenditore ligure Gabriele Volpi ha firmato, a nome della sua fondazione Social Sport, un accordo triennale con il quale si impegna a investire subito 1.8 milioni di euro e complessivamente circa 7 milioni nella società di Cantrida, per divenire tra breve il proprietario di maggioranza (la Città di Fiume conserverà il 25-30 p.c. con diritto di prelazione in caso di scissione del contratto). Gabriele Volpi guida in Nigeria un impero della logistica petrolifera che fattura due miliardi di dollari l’anno, il 2 p.c. dei quali vanno nella fondazione Social Sport con sede in Olanda, attraverso la quale sostiene finanziariamente un’accademia calcistica in Nigeria, lo Spezia calcio (che dalla serie D sta portando in B), ha comprato l’amatissima Pro Recco (nella quale aveva giocato a pallanuoto da ragazzo) che, da allora, ha messo in bacheca sei scudetti, tre coppe dei campioni, sei coppe Italia e quattro Supercoppe, tanto che lo accusano di mettere sotto contratto i migliori giocatori pur di sottrarli alla concorrenza e di ammazzare il campionato sotto il peso dei soldi. Due anni fa ha allungato i suoi “tentacoli” sul Primorje di Fiume, diventato squadra satellite della plurititolata Recco ed affidato alle cure di Predrag Sloboda, che ora è anche presidente della Federpallanuoto croata. Sloboda è uno dei due fiumani che lavorano con Volpi in Nigeria da decenni e che sono diventati i suoi uomini di fiducia. L’altro è Damir Mišković, portiere di calcio negli anni giovanili, al quale Volpi ha affidato ora la presidenza del Rijeka, per questa operazione sinergica che ha avuto il beneplacito della Città di Fiume. Un partenariato in affari, l’amore per la Croazia, che ha conosciuto soprattutto da bordo del suo yacht, hanno finito per far prevalere l’idea di sbarcare a Fiume invece di andare a Malaga. Gli obiettivi? Rilanciare il Rijeka, consolidare le strutture societarie prima di pensare ai risultati sportivi, con la graduale scalata verso i vertici del calcio croato prima di tentare qualche avventura in Europa. Volpi non ha promesso mari e monti, dice di voler lavorare in piena trasparenza, soprattutto per i giovani: “Lo sport deve essere fatica, deve imparare alla disciplina, al rispetto di arbitri e avversari, deve essere una scuola di vita”. Se queste sono le credenziali con le quali si è presentato a Fiume, non possono che destare ottimismo. ● Panorama 49