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Il Ciclo Idrico
IL CICLO IDRICO
Materiali di approfondimento
L’ITINHERARIO INVISIBILE
L'ITINHERARIO INVISIBILE
Il Ciclo Idrico – Materiali di approfondimento
© tutti i diritti riservati Gruppo Hera
Testi realizzati da: Cristina Salvigni e Sandra Vandelli per Anima Mundi, Nicoletta Borghini, Melania Ghetti e Chiara
Tiozzi per Atlantide
Supervisione testi: Chiara Barausse / Divisione Distribuzione Fluidi Hera S.p.A., Alberto Ceccaroni / Hera Forlì
Cesena, Davide Lombardi / Divisione Reti Hera S.p.A., Fabrizio Stefanini / Hera Imola Faenza, Imerio Pirazzini /
Hera Ravenna, Valeria Rosati / Hera Rimini, Stefania Santacroce / Relazioni Esterne Hera S.p.A.
Coordinamento Redazionale: Daniele Vignatelli per Anima Mundi
Impaginazione: Alessandra Gariup e Sandra Vandelli per Anima Mundi
Edizione giugno 2008
2
L’ITINHERARIO INVISIBILE
Indice
Capitolo 1 – L’acqua e l’uomo
Origine dell’acqua
7
Che cosa è l’acqua
7
Le proprietà dell’acqua
8
I cambiamenti di stato dell’acqua
10
Le caratteristiche chimiche e fisiche dell’acqua
11
Classificazione delle acque naturali
12
L’acqua, elemento essenziale per la vita
13
Gli ecosistemi acquatici
14
Il ciclo dell’acqua
18
Sviluppo sostenibile
20
Conferenza delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo
23
Agenda 21
27
I Forum Mondiali dell’acqua: il vertice di Kyoto ed il Forum Alternativo
28
Normativa Comunitaria sulle acque
29
Normativa Nazionale sulle acque
30
Legislazione Regionale Emilia Romagna
30
Normativa di riferimento delle acque destinate al consumo umano (acque potabili)
31
Innovazioni del D.Lgs. 31/2001 in materia di acque destinate al consumo umano
31
Normativa di riferimento delle acque naturali minerali
32
Riferimenti bibliografici e web
32
Capitolo 2 – L’acqua, l’uomo e il territorio
L’acqua , l’uomo e il territorio
35
Gli acquedotti e le grandi infrastrutture: dagli antichi Romani al Medioevo
36
Le bonifiche
38
La grande bonifica Estense
39
I metodi di bonifica
40
Il Canale Emiliano Romagnolo (C.E.R)
41
3
L’ITINHERARIO INVISIBILE
Le dighe
42
L’approfondimento: La vittoria sull’acqua
44
L’approfondimento: Una storia lunga 2000 anni
44
Una lotta per governare l’acqua
45
L’Acquedotto della Romagna
47
La Diga di Ridracoli
47
Riferimenti bibliografici e web
49
Capitolo 3 – Distribuzione, disponibilità ed usi dell’acqua
Distribuzione e disponibilità della risorsa acqua sul Pianeta Terra
51
Distribuzione e disponibilità della risorsa acqua in Italia
53
Distribuzione e disponibilità della risorsa acqua in Emilia Romagna
55
Suddivisione dei consumi in base ai settori di attività e loro vari usi
59
Conseguenze dell’uso insostenibile delle acque
64
Subsidenza: emergenza del territorio romagnolo e problema
di carattere nazionale
65
Gli sprechi e la carenza
67
Il risparmio idrico
68
Progetti di risparmio idrico attuati e/o in fase di attuazione
nella Regione Emilia-Romagna
Riferimenti bibliografici e web
72
76
Capitolo 4 – Un viaggio… invisibile
La captazione
77
La potabilizzazione
80
La depurazione
82
L’approfondimento: La fitodepurazione
88
L’approfondimento: Il biomonitoraggio
88
La capacità autodepurativa dei sistemi acquatici
89
La distribuzione e differenziazione
92
Riferimenti bibliografici e web
94
4
L’ITINHERARIO INVISIBILE
Capitolo 5 – L’impiantistica di Hera
La gestione dell’acqua in Italia
95
Chi è HERA?
96
Il servizio idrico integrato
96
Bacini di Bubano e Acquedotto industriale
97
NIP - Impianto di potabilizzazione di Ravenna
103
Impianti di depurazione: Cesena e S. Giustina di Rimini
111
Qualità nei servizi, qualità nei prodotti
117
Riferimenti bibliografici e web
120
Capitolo 6 – L’acqua e la salute dell’uomo
I vari tipi di acque destinate al consumo umano
121
L’acqua potabile
121
L’acqua minerale
124
Come leggere l’etichetta delle acque imbottigliate
127
Confronto tra l’acqua potabile Hera e acque minerali
130
L’accesso all’acqua potabile
131
Il mercato mondiale dell’acqua in bottiglia
133
Un Contratto Mondiale sull’Acqua
135
L’approfondimento: Il Manifesto dell’acqua
136
La Carta Europea dell’Acqua
136
Riferimenti bibliografici e web
138
5
L’ITINHERARIO INVISIBILE
6
L’ITINHERARIO INVISIBILE
Capitolo 1 – L’acqua e l’uomo
Origine dell’acqua
Secondo teorie piuttosto recenti, tutta l’acqua che è presente sulla Terra, si sarebbe formata
alcuni miliardi di anni fa.
Tutta la superficie terrestre, durante le ere primordiali, fu interessata da intensi e continui
fenomeni vulcanici, che riversavano in superficie, oltre alla lava, anche grandi masse di gas ed
immense nubi di vapore acqueo. Grazie al lento e continuo raffreddamento dell’atmosfera e della
crosta terrestre, il vapore acqueo poté condensarsi ed accumularsi nelle depressioni della
terraferma, dando origine agli oceani primordiali, dove successivamente presero forma le prime
aggregazioni assimilabili a strutture viventi. In conseguenza a questo fatto l’acqua viene
considerata la chiave della vita.
La Terra può essere considerata un elemento molto simile ad un sistema chiuso: questo significa
che non acquista e non perde materia, inclusa l’acqua. E’ quindi possibile applicare a questo
elemento la famosa frase del padre della chimica moderna e filosofo francese Lavoisier: “nulla si
crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma”. Quindi l’acqua originatasi sulla Terra nelle ere
remote è la stessa (salvo piccoli nuovi quantitativi prodotti durante le eruzioni vulcaniche) che
ritroviamo oggi sul nostro pianeta; essa, durante il trascorrere dei secoli, è stata solo oggetto di
un totale ed ininterrotto riciclaggio.
Quella di oggi, perciò, è la stessa acqua che vide nascere le prime civiltà umane ed è la stessa
acqua che lasceremo in eredità a coloro che verranno dopo di noi.
Che cosa è l’acqua
Aristotele (384 a.C – 322 a.C.) sosteneva che la materia fosse formata dall’interazione di quattro
elementi: terra, aria, acqua e fuoco.
La convinzione che l’acqua fosse un elemento indivisibile si protrasse fino al 1700, quando gli
scienziati Lavoisier e Cavendish scoprirono che questa sostanza è formata in realtà da due
costituenti: idrogeno e ossigeno.
La molecola d’acqua ha una struttura molto semplice, formata da due atomi di idrogeno ed uno di
ossigeno: la sua formula elementare è H2O.
Come è ben noto, gli atomi sono legati fra loro tramite forze dette “legami”: è come se un atomo
di ossigeno legasse a sé, con una specie di filo immaginario, un atomo di idrogeno da una parte
7
L’ITINHERARIO INVISIBILE
ed un altro atomo di idrogeno dall’altra. I moderni strumenti di oggi consentono di misurare con
grande precisione sia la distanza fra ciascun atomo di idrogeno e quello di ossigeno (poco meno
di 100 picometri, cioè 100 miliardesimi di millimetro), sia il modo in cui gli atomi di idrogenoossigeno-idrogeno sono disposti nello spazio, che ricorda una V con un angolo di circa 105°.
Struttura molecola acqua
Modello generato al computer di una molecola d'acqua
Dato che l'ossigeno ha una elettronegatività maggiore, il vertice della molecola ospita una
parziale carica elettrica negativa, mentre le estremità recano una parziale carica elettrica positiva.
Una molecola che presenta questo squilibrio di cariche elettriche è detta essere un dipolo
elettrico. Le cariche fanno sì che le molecole vengano attratte reciprocamente l'una all'altra: ciò
significa che ciascun atomo di idrogeno è legato non solo con un “filo” all’atomo di ossigeno della
sua molecola, ma è legato anche con gli atomi di ossigeno delle molecole di acqua adiacenti, con
fili più sottili e lunghi. Si forma, in tal modo, una sorta di macromolecola formata da numerosi
legami. Molte molecole tenute assieme da tali legami formano un insieme di molecole che
possono ruotare tra di loro attorno ai legami, determinando in tal modo varie configurazioni nello
spazio dell'insieme molecolare dell'acqua. Si capisce pertanto che tra i possibili arrangiamenti dei
legami nello spazio, quella disposizione che lascia più vuoti intramolecolari, corrisponde alla
configurazione meno densa che è quella propria del ghiaccio. Questa attrazione nell'acqua è
particolarmente intensa, prende il nome di “legame idrogeno” e spiega molte delle proprietà
fisiche tipiche dell'acqua.
Le proprietà dell’acqua
L'acqua è l'unica sostanza che a temperatura e pressione dell'ambiente si presenta in tutti e tre
gli stati fisici: Solido, Liquido, Gassoso.
8
L’ITINHERARIO INVISIBILE
L’acqua allo stato liquido presenta diverse anomalie: punto di ebollizione molto alto; volume
molare piuttosto basso; calore specifico alto con un minimo a 35 °C; viscosità che presenta un
minimo alle alte pressioni; notevole aumento di volume nel congelamento; un massimo della
massa volumica che indica la presenza, al di sotto della corrispondente temperatura, di uno stato
liquido che in modo anomalo all'aumentare della temperatura si contrae. Per spiegare queste
anomalie si tende ad ammettere che l'organizzazione cristallina, dovuta nel ghiaccio ai legami
idrogeno, sussista ancora nell'acqua liquida, costituendo un edificio macromolecolare lacunare
con legami interni mobili che diminuiscono di numero all'aumentare delle temperature e che
formano un insieme di agglomerati polimerici a grappolo in equilibrio dinamico, e di molecole
libere o legate in catene o in anelli.
A differenza di ogni altro composto chimico conosciuto, l’acqua non raggiunge la massima
densità a 0°C quando solidifica, ma bensì alla temperatura di 4°C, quando si trova ancora allo
stato liquido.
Quando una certa massa d’acqua viene raffreddata fino a 4°C, essa si comporta in modo del
tutto normale, dato che le sue molecole si avvicinano una all’altra riducendo gli spazi
intermolecolari e in conseguenza a ciò la sua densità aumenta ed il volume diminuisce. Ma se si
continua ad abbassare ulteriormente la temperatura, le molecole, invece di serrare ancora di più
le fila, ricominciano ad allontanarsi. La struttura cristallina del ghiaccio risulta quindi essere molto
leggera, perché nel suo interno vi sono molti spazi vuoti.
Per questa sua caratteristica, il ghiaccio è più leggero dell’acqua ed è in grado di galleggiare, così
come accade nelle zone polari, dove vere e proprie montagne di ghiaccio fluttuano e galleggiano
sulla superficie del mare.
Questa insolita espansione dell’acqua a basse temperature costituisce un vantaggio importante
per tutte le creature che vivono in ambienti di acqua dolce d'inverno. L'acqua, raffreddandosi in
superficie, aumenta di densità e scende verso il fondo innescando correnti convettive che
raffreddano uniformemente l'intero bacino. Quando la temperatura in superficie scende sotto i
4 °C questo processo si arresta; e per la spinta di Archimede, l'acqua più fredda rimane in
superficie, dove forma poi, con un ulteriore calo della temperatura, uno strato di ghiaccio. Se
l'acqua non avesse questa particolarità, i laghi ghiaccerebbero interamente, facendo morire tutte
le forme di vita presenti.
La situazione delle acque marine è in qualche modo diversa. Il sale contenuto nell’acqua
abbassa sia il punto di congelamento dell'acqua di circa 2 C, sia la temperatura cui l'acqua
9
L’ITINHERARIO INVISIBILE
raggiunge la sua massima densità fino a circa 0°C. Quindi, nelle acque oceaniche i moti
convettivi che portano verso il fondo l'acqua più fredda non sono bloccati dalla differenza di
densità come nelle acque dolci. Le creature che vivono sul fondo degli oceani artici sono adattate
a vivere a temperature prossime a 0°C.
Alla normale salinità dell’acqua di mare l’acqua congela a circa -1,9°C. Il ghiaccio che si forma è
sostanzialmente privo di sale e ha densità paragonabile a quella del ghiaccio di acqua dolce.
Questo ghiaccio galleggia sulla superficie, mentre il sale che ne è stato "espulso" va ad
aumentare salinità e densità dell’acqua vicina, la quale scende per convezione verso il fondo.
L’acqua però, aumenta di volume anche quando passa allo stato di vapore. A questa forte
espansione dell’acqua è dovuta la possibilità di usare il vapore acqueo come forza motrice in
tutte le macchine termiche, come quelle che alimentano le centrali elettriche.
La massa volumica del vapore acqueo è, a parità di temperatura, circa due terzi rispetto a quella
dell’aria e quindi il vapore acqueo più leggero tende a salire negli strati alti dell’atmosfera.
I cambiamenti di stato dell’acqua
Come avviene per tutti i corpi, anche per l’acqua il passaggio da uno stato fisico all’altro (da
ghiaccio a liquido, da liquido a gas, e viceversa) comporta uno scambio di energia. Tale energia
si chiama “calore latente” (cioè nascosto dentro ciascuna molecola) di fusione o di solidificazione
e non è altro che la quantità di energia corrispondente alla transizione dallo stato solido a quello
liquido e viceversa. Il calore latente di fusione a 0°C è di 0,23 megajoule per chilogrammo e
questo significa che occorre fornire questo calore ad un chilogrammo di ghiaccio perché si
trasformi in acqua liquida. La stessa quantità di energia deve essere sottratta, mediante
raffreddamento, per trasformare un Kg di acqua liquida in ghiaccio.
Il calore latente di evaporazione o condensazione è quello coinvolto nelle trasformazioni da
liquido a vapore e viceversa. Il calore latente di evaporazione (o di condensazione) dell’acqua a
100°C è di 2,26 MJ/Kg.
Il calore latente di evaporazione varia a seconda della temperatura a cui l’evaporazione ha luogo.
Come è ben noto, se si lascia dell’acqua su una vasta superficie, l’acqua passa allo stato di
vapore anche a pochi gradi di temperatura, se l’aria è capace di accogliere del vapore acqueo.
A ciascuna temperatura l’aria è capace di contenere allo stato di vapore soltanto una certa
quantità d’acqua;quando l’aria contiene la massima quantità possibile di vapore acqueo si dice
che l’aria è “satura” di acqua, o satura di umidità.
10
L’ITINHERARIO INVISIBILE
L’acqua è una delle sostanze con più elevato calore latente di evaporazione.
Le caratteristiche chimiche e fisiche dell’acqua
Grazie ad un’altra sua proprietà fisica, l’acqua è capace di assorbire o cedere molto calore senza
che la sua temperatura cambi velocemente. Perciò, il nostro organismo, essendo costituito per
oltre il 70% di acqua, può passare da un ambiente freddo ad uno caldo senza che la nostra
temperatura corporea cambi considerevolmente.
Per la stessa ragione le acque del mare o di un lago funzionano come veri e propri “ volani
termici”: d’estate, pur assorbendo calore, rimangono più fresche rispetto alle terre emerse,
mentre d’inverno cedono il calore assorbito durante la bella stagione alle zone costiere. Ciò
contribuisce a mitigare il clima delle regioni che si trovano affacciate sul mare o su acque lacustri.
L’acqua possiede un’elevata tensione superficiale, osservabile tramite la formazione di gocce:
tale forma sferica corrisponde al massimo grado di aderenza “interna” degli atomi di idrogeno e di
ossigeno e al massimo grado di repulsione verso le molecole esterne. Un esempio è il trasporto
dell'acqua negli xilemi degli steli delle piante; la tensione superficiale mantiene la colonna
d'acqua unita e forze adesive mantengono l'acqua aderente allo xilema. Colonne altrettanto alte e
sottili di liquidi meno coesi e meno aderenti andrebbero a spezzarsi formando sacche d'aria o di
vapore, rendendo inefficiente fino all'impossibilità il trasporto del liquido attraverso lo xilema
(insieme di tessuti vegetali presenti nelle piante vascolari ed adibito al trasporto dell’acqua e dei
soluti in essa disciolti).
Tramite un processo chiamato elettrolisi, l’acqua può essere scomposta nei suoi componenti
elementari, l’idrogeno e l’ossigeno. L'acqua è infatti parzialmente dissociata in ioni H+ e OH-, che
migrano verso i due poli della cella elettrolitica dove avvengono le seguenti reazioni:
anodo (+): 4 OH- → O2 + 2 H2O + 4 ecatodo (-): 2 H+ + 2 e− → H2
ossigeno ed idrogeno formano bolle di gas sulla superficie degli elettrodi, da cui possono essere
raccolti.
In teoria il pH dell’acqua pura a 25°C è 7. In pratica, date le sue buone capacità solventi, l’acqua
pura è difficile da produrre. Per semplice esposizione all'aria, l'acqua ne dissolve l'anidride
carbonica formando una soluzione molto diluita di acido carbonico che può arrivare fino ad un
11
L’ITINHERARIO INVISIBILE
valore di pH di 5,7. Similmente si comportano le gocce di pioggia, che quindi hanno sempre una
minima acidità. La presenza di ossidi di zolfo o di azoto nell'atmosfera, tramite la loro
dissoluzione nelle gocce di pioggia, porta a piogge acide aventi valori di pH ben inferiori (3,5 –
2,5) i cui effetti sull’ambiente sono ben più seri.
L’acqua pura è un buon isolante elettrico (cioè un cattivo conduttore). Ma essendo anche un
buon solvente, dato che riesce a portare in soluzione un’enorme quantità di sostanze, siano esse
allo stato liquido, solido o gassoso, spesso reca in sé tracce di sali disciolti in essa, che con i loro
ioni la rendono un buon conduttore di elettricità. In conseguenza a ciò è molto difficile trovare
l’acqua allo stato puro.
Quando un composto ionico o polare viene messo in acqua, viene circondato dalle molecole di
acqua le quali, per via delle loro piccole dimensioni, si inseriscono tra uno ione e l'altro o tra una
molecola e l'altra di soluto orientandosi in modo da presentare ad ogni ione (o estremità polare)
del soluto la parte di sé che reca la carica opposta; questo indebolisce l'attrazione tra gli ioni (o
tra le molecole polari) e rompe la struttura cristallina. Ogni ione (o ogni molecola polare) si ritrova
quindi solvatato, cioè circondato completamente da molecole d’acqua.
L’acqua, tra le varie cose, chimicamente è considerata essere un anfotero, cioè un composto
capace di comportarsi sia da acido che da base.
A pH 7 (neutralità) la concentrazione di ioni idrossido OH- è uguale a quella di ioni idrogeno H+
(o idronio H3O+). Se questo equilibrio viene alterato si presentano due casi possibili: quando è
maggiore la concentrazione di ioni idrogeno la soluzione diventa acida, quando è maggiore la
concentrazione degli ioni idrossido la soluzione diventa basica.
Secondo la teoria di Bronsted-Lowry, un acido è una specie chimica capace di donare uno ione
H+ ed una base è una specie chimica capace di addizionarlo a sé. In presenza di un acido più
forte di lei, l'acqua si comporta da base, in presenza di un acido più debole di lei, l'acqua si
comporta da acido.
Classificazione delle acque naturali
Le acque naturali a seconda della loro provenienza si classificano in:
•
meteoriche: sono rappresentate da piogge e nevi, notevoli come fonte di
approvvigionamento, ma considerate scarsamente potabili, perché povere di sali e ricche
12
L’ITINHERARIO INVISIBILE
di gas disciolti e non sempre igienicamente sicure, soprattutto se hanno attraversato
strati di atmosfera inquinata.
•
superficiali: sono acque che possono essere dolci o salate. Le prime spesso vengono
usate per l’approvvigionamento idrico, ma richiedono notevoli e costosi trattamenti di
potabilizzazione. Le acque marine, invece, solo in casi eccezionali sono utilizzabili, dato
l’altissimo costo di potabilizzazione.
•
telluriche: sono acque che provengono da falde freatiche o artesiane. Queste ultime (le
più profonde) sono qualitativamente migliori, perché prima di emergere hanno percorso
diversi strati di terreno che le hanno purificate. Le falde freatiche, invece, sono più
superficiali, di conseguenza i processi di autodepurazione dell’acqua non sono sempre
garantiti.
L’acqua, elemento essenziale per la vita
Come già detto in precedenza, l’acqua è un elemento estremamente importante per tutti gli esseri
viventi (compreso l’uomo), dato che questi sono costituiti in gran parte di acqua.
Gli esseri viventi primitivi sono formati da piccole cellule, chiuse dentro una membrana, nella
quale la percentuale dell’acqua è oltre il 98%; i primi animali probabilmente erano simili alle
attuali meduse, la cui composizione è di circa il 95% di acqua. Anche le piante presentano
un’elevata percentuale di acqua nella loro costituzione (in media l’80%) ed i mammiferi (uomo
compreso) hanno una composizione media nella quale l’acqua è circa il 70%.
Inoltre moltissime specie uni o pluricellulari trascorrono nei corpi d’acqua tutto il loro ciclo vitale,
trovandovi nutrimento e protezione, mentre per gli organismi terrestri spesso l’acqua risulta
essere il massimo fattore limitante proprio per la necessità di reperirla.
Anche l’essere umano necessita dell’acqua sia per le sue funzioni vitali, sia per le sue attività;
essa rappresenta una risorsa indispensabile per usi che vanno da quello potabile all’irriguo, da
quello civile all’industriale, dal ricreativo alla pesca e alla navigazione.
Quindi l’acqua risulta essere una risorsa di enorme importanza. Con la parola risorsa noi
indichiamo tutto quello che può essere utilizzato per ottenere un risultato vantaggioso o per
risolvere un problema.
L’acqua è una delle risorse più preziose presenti sul nostro Pianeta, ma oramai anche una delle
più rare e questo perché l’uomo non ha compreso a fondo che la quantità di acqua non è infinita,
13
L’ITINHERARIO INVISIBILE
ma solo rinnovabile e quindi, per definizione, sempre disponibile purché la velocità di prelievo non
superi la velocità di riproduzione e crescita della risorsa stessa.
L’acqua si rinnova continuamente attraverso il suo ciclo naturale, ma l’incuria e la superficialità
umana lo hanno distorto ed inquinato. Diventa sempre più impellente la necessità di rendersi
conto che la crescente scarsità delle risorse idriche e l’uso improprio che ne viene ancora oggi
fatto, rendono alquanto difficile uno sviluppo sostenibile a livello globale.
Gli ecosistemi acquatici
L’ecosistema è una unità complessa, funzionale e fondamentale della biosfera, costituita da un
determinato ambiente fisico-chimico (detto biotopo) e da tutti gli organismi, sia vegetali che
animali, che lo popolano interagendo tra di loro (biocenosi) e con l’ambiente stesso. L’ecosistema
è la risultante dinamica tra il biotopo e la biocenosi che lo popola. Più semplicemente si può
definire come “l’insieme degli esseri viventi e dei fattori ambientali che interagiscono n una data
area dalle caratteristiche ben definite”.
In questo lavoro vengono presi in considerazione gli ecosistemi acquatici.
Il Fiume
Il fiume è un ecosistema complesso, caratterizzato da una forte dinamica evolutiva, dovuta
all’azione di modellamento delle acque correnti, condizionato da fattori quali il bilancio idrico, il
regime idraulico e pluviometereologico dell’area geografica. Il fiume è anche e soprattutto
un’unità biologica, un vettore di vita, in quanto è un ambiente dove convivono comunità di
vegetali ed animali costituite da batteri, alghe, protozoi, larve di insetti, crostacei, molluschi,
pesci,…. che nascono, si nutrono, si riproducono e muoiono nell’acqua. All’interno di questo
ambiente, come negli altri ecosistemi, gli organismi viventi si suddividono in produttori,
consumatori e decompositori, dando vita alla catena alimentare.
In questo ecosistema, per quanto riguarda la catena alimentare, i produttori (alghe e piante
acquatiche che effettuano la fotosintesi clorofilliana) risultano essere molto meno importanti di
quelli tipici degli altri ambienti acquatici, come ad esempio il mare o il lago, dove i produttori
rappresentano la fonte primaria del nutrimento di tutti gli organismi consumatori. Questo avviene
perché nei fiumi la forza trascinante delle correnti impedisce l’esistenza del plancton (esseri
microscopici sospesi nell’acqua, che non sono in grado di opporsi alle correnti) che invece popola
14
L’ITINHERARIO INVISIBILE
massicciamente le acque ferme dei mari e dei laghi. Caso diverso si verifica per i fiumi di pianura,
dove la presenza di alghe e di piante sommerse aumenta notevolmente grazie al rallentamento
dell’acqua.
Si potrebbe pensare che nelle parti montane dei fiumi, essendo scarsi i produttori, siano scarsi
anche i consumatori, ma ciò non avviene perché nel fiume la fonte primaria di alimenti necessaria
per le comunità dei consumatori viene tratta dai detriti organici (foglie e rami secchi, spoglie di
animali, rifiuti organici animali o umani) che provengono da tutto il territorio in cui il fiume scorre.
Grazie all’abbondanza di queste sostanze, all’interno del fiume si instaura la catena del detrito
che permette la sopravvivenza di tutti gli organismi animali.
Il Lago
Un lago è una grossa massa d’acqua dolce raccolta nelle cavità terrestri.
L’origine di questo ambiente è particolare in quanto si forma in seguito a vari eventi quali
glaciazioni, intensa attività tettonica o vulcanica.
A seconda delle sue dimensioni un lago può essere definito anche “mare interno” (quando di
elevate dimensioni), mentre a volte, quando un mare è di piccole dimensioni, può essere
chiamato lago.
I laghi esistenti in natura sono di vario tipo:
•
laghi di superficie, comunemente chiamati soltanto laghi;
•
laghi sotterranei, che si possono trovare al di sotto dei ghiacci dell’Antartide;
•
laghi stagionali, che si riempiono quando le piogge stagionali sono consistenti.
Solitamente la classificazione dei laghi viene fatta sulla base del tipo di evento che li ha generati:
•
laghi endotermici: sono laghi privi di emissari;
•
laghi tettonici: si formano in seguito allo sprofondamento di tratti della superficie terrestre;
•
laghi vulcanici: laghi che si formano nei crateri dei vulcani;
•
laghi alluvionali: si formano quando un corso d’acqua trova sul proprio percorso dei
depositi alluvionali;
•
laghi glaciali: si originano in seguito alla erosione di lingue glaciali;
•
laghi morenici: laghi che si formano quando la controtendenza è dovuta ad un deposito
morenico di un fronte glaciale;
•
laghi carsici: possono essere laghi superficiali, in corrispondenza di doline (valli) e
spesso molto piccoli, oppure laghi sotterranei, all’interno di grotte, spesso collegate fra di
loro per mezzo di sifoni;
15
L’ITINHERARIO INVISIBILE
•
laghi da sbarramento: la loro origine è dovuta allo sbarramento da parte di un corso
d’acqua, all’interno di una valle, a causa di frane di grandi dimensioni;
•
laghi costieri: si trovano nelle estreme vicinanze della costa e spesso presentano acqua
salmastra;
•
laghi artificiali: sono laghi originatisi in seguito alla costruzione di opere da parte
dell’uomo, spesso delle dighe;
•
laghi effimeri: sono quei laghi che si originano in regioni aride in seguito ad intense
piogge stagionali. Le acque si raccolgono in depressioni poco profonde, sottoposte a
rapido essiccamento per l’intensa evaporazione durante la stagione arida.
Geologicamente parlando la maggior parte dei laghi ha una vita relativamente breve e la loro
morte può essere legata all’interramento o all’erosione della soglia, il punto più basso del bordo
della conca lacustre, ad opera dell’emissario.
Spesso si è portati a pensare che l’acqua all’interno dei laghi sia ferma, ma ciò non è vero in
quanto, oltre alle correnti dovute alle presenza di immissari ed emissari, si possono formare
anche dei gorghi o delle onde dovute a varie cause, tra cui l’azione del vento sulla superficie
dell’acqua. Inoltre i laghi sono soggetti ad una serie di movimenti, detti sesse, che sono dei veri e
propri spostamenti periodici dell’acqua da una parte all'altra del bacino, osservabili come dislivelli
tra una parte e l'altra della costa.
Per quanto riguarda la catena alimentare, come si è già visto prima, in questo ecosistema i
produttori primari (alghe e piante acquatiche che effettuano la fotosintesi clorofilliana) sono molto
importanti in quanto rappresentano la fonte primaria del nutrimento di tutti gli organismi
consumatori.
La palude
Una palude è costituita da un terreno pianeggiante completamente intriso d’acqua, che risulta
essere meno profonda di quella dei laghi.
L’estensione di una palude può variare fortemente in relazione al regime delle acque e in
conseguenza a ciò possiamo avere:
•
lagune e stagni costieri: sono bacini d’acqua dolce o salmastra separati dal mare
mediante un esile cordone dunale e comunque sono situati a meno di 10 km dalla costa
marina;
16
L’ITINHERARIO INVISIBILE
•
acquitrini: sono acque stagnanti non necessariamente perenni;
•
torbiere: sono depressioni paludose di varia dimensione e profondità dove l’accumulo di
particolari vegetali porta alla formazione di sostanze decomposte acide, la cosiddetta
torba.
Una palude solitamente si origina in seguito alla mancanza del normale deflusso delle acque che
convergono nella superficie della zona, o mediante la falda sotterranea dell’area interessata,
oppure in seguito al lento prosciugarsi di un lago.
Questo ecosistema presenta specie animali peculiari ed una particolare vegetazione, che si è
adattata a vivere in presenza di un’elevata umidità e che è in grado di assimilare i nutrienti
(composti di N e P), favorendo la decomposizione microbica della sostanza organica.
Le paludi hanno un ruolo importante in quanto attenuano e regolano i fenomeni naturali come le
piene dei fiumi, poiché lungo i corsi d’acqua si comportano come delle “spugne” che durante le
piene raccolgono le acque, rallentandone il deflusso e diluendo gli inquinanti. In questo modo
riducono il rischio di alluvioni e, durante i periodi di magra, restituiscono ai fiumi parte delle acque
accumulate. Inoltre sono degli importanti serbatoi per le falde acquifere.
A livello mondiale, le paludi rappresentano una delle tipologie di habitat più importanti per la
conservazione della biodiversità, in quanto il numero delle specie degli organismi viventi presenti
in questo ambiente è molto alto.
Spesso le paludi sono state oggetto di bonifica, soprattutto in passato, per poter essere
trasformate in zone agricole produttive.
Il mare
Il mare è una vasta distesa di acqua salata che si trova a ridosso dei continenti e che è connessa
con un oceano. A volte il termine mare viene usato per indicare laghi che non hanno sbocchi su
di un oceano e che presentano acque salate.
Il confine esistente tra l’acqua del mare e la terraferma è detto costa o litorale.
Un fenomeno caratteristico di questo ecosistema è rappresentato dalle maree, le quali sono
rilevanti nella determinazione sulla costa di una particolare zonazione degli organismi,
conseguenza di una maggiore o minore capacità di adattamento ai periodi di emersione.
17
L’ITINHERARIO INVISIBILE
A partire dal margine superiore della linea di costa si distinguono 3 zone che vengono più o meno
interessate dal fenomeno delle maree: il sopralitorale, il mesolitorale e l’infralitorale.
Il sopralitorale viene interessato solo dal moto ondoso, quindi presenta sia momenti di mancanza
d’acqua che momenti di immersione; nel mesolitorale si alternano periodi di immersione ed
emersione regolati dai cicli lunari e la sua estensione varia a seconda dell’ampiezza delle maree;
l’infralitorale è una zona che viene normalmente sommersa e che solamente nella parte
superiore, durante le maree più intense (le sigiziali), presenta periodi di emersione.
Anche in questo ecosistema i produttori risultano essere di fondamentale importanza per la
catena alimentare, in quanto producono e fungono da risorsa per tutti gli altri organismi che
vivono nel mare.
Il fitoplancton, che rientra nei produttori, ha anche un altro ruolo molto importante in quanto,
effettuando la fotosintesi clorofilliana, trattiene anidride carbonica. In conseguenza a ciò i mari
sono in grado di assorbire circa il 30% dell’anidride carbonica che viene emessa nell’atmosfera
dalle attività umane sotto forma di gas serra, mitigando così il surriscaldamento globale.
Inoltre, il fitoplancton produce anche dei gas organici contenenti zolfo; uno di questi è il
dimetilsolfuro, che risulta essere un gas molto importante per il sistema climatico a causa delle
elevate quantità in cui è presente. Esso si ossida e forma piccole goccioline di acido solforico,
sulle quali l'acqua si condensa dando origine alle nuvole. Pertanto i gas che provengono dal
fitoplancton sono la fonte più importante per le nuvole che si sviluppano sopra gli oceani e la
fonte naturale più importante di zolfo in atmosfera, anche più dei vulcani.
Si pensa che i cambiamenti nella catena alimentare marina possano influenzare i cambiamenti
climatici.
Il ciclo dell’acqua
Il ciclo dell’acqua, insieme a quelli di alcuni elementi chimici, come il carbonio, l’azoto e altri,
costituisce uno dei più importanti cicli naturali che si ripetono ininterrottamente da milioni di anni
nella biosfera.
Lo studio del ciclo dell’acqua costituisce il nucleo fondamentale dell’idrologia.
Il ciclo a cui sono soggette in natura le acque è innescato da più fattori continuati nel tempo: la
presenza dei mari e dei laghi, l’azione dell’energia solare e della gravità.
18
L’ITINHERARIO INVISIBILE
Il ciclo naturale dell’acqua
Le acque sono costantemente soggette ad evaporazione indotta dall’irraggiamento solare: il
vapore acqueo formatosi passa negli strati alti dell’atmosfera ove si condensa ed origina le
nuvole che possono essere trasportate dai venti a centinaia di chilometri di distanza dal punto di
formazione. Nel momento in cui la condensazione provoca un aumento di peso, tale da vincere la
gravità, si ha la ricaduta sulla terra delle precipitazioni a carattere nevoso o piovoso. Parte di
queste acque di precipitazione può essere temporaneamente immagazzinata nei ghiacciai,
scorrere sulla superficie raccogliendosi nei fiumi, laghi e torrenti, infiltrarsi nel suolo (andando a
costituire le riserve idriche del sottosuolo, le falde freatiche) oppure evaporare di nuovo per
azione dell’irraggiamento solare o per attività della vegetazione (traspirazione delle piante).
Le acque di falda non rimangono immobili, ma percolano sempre più verso il basso, fin quando
non incontrano una strato impermeabile, sul quale scorrono fino a che il banco di roccia
impermeabile non affiora, dando origine ad una sorgente. La superficie della falda, le
precipitazioni e il drenaggio sono in equilibrio dinamico; questo equilibrio rimane stabile se la
quantità e la frequenza delle precipitazioni sono sufficienti da compensare la perdita subita
attraverso i corsi d’acqua, i pozzi e le sorgenti; se gli apporti o i prelievi aumentano, la superficie
della falda si innalza o si abbassa. Questo spiega perché, nelle zone sottoposte a forte
19
L’ITINHERARIO INVISIBILE
pompaggio di acque, la superficie della falda si abbassa continuamente: infatti la ricarica
dell’acqua non riesce a compensare le perdite legate all’emungimento.
Le piante prelevano l’acqua dal terreno mediante le radici e la utilizzano nel processo di
fotosintesi clorofilliana per la produzione di composti organici (biomassa ed energia) secondo la
reazione:
6CO2 + 6H2O C6H12O6 + 6O2
A questo punto, l’acqua trasportata alle foglie può uscire dagli stomi (piccole aperture poste sulla
loro superficie), ritrasformandosi in vapore che ritorna all’atmosfera. Questo processo si chiama
traspirazione e rappresenta la maggior perdita di acqua da parte delle piante.
Anche gli animali necessitano di acqua per il loro ciclo vitale; essi prima la utilizzano e poi la
restituiscono al terreno mediante le deiezioni e all’atmosfera mediante la traspirazione.
Rispetto all’azoto e all’ossigeno, la quantità di vapore acqueo contenuto nell’atmosfera è molto
piccola; eppure esso ha un ruolo molto importante essendo l’origine delle nubi e delle
precipitazioni (pioggia, neve, grandine), attraverso le quali l’acqua ritorna sulla superficie
terrestre. A loro volta, le notevoli differenze nelle quantità di precipitazioni da luogo a luogo e, per
una stessa località, da periodo a periodo, finiscono per influire non solo sulla natura fisica del
paesaggio ma anche sulle abitudini di vita di intere popolazioni.
Se la superficie del suolo è coperta di vegetazione l’acqua delle piogge cade sulla superficie delle
foglie e la sua forza erosiva viene attutita, in quanto la vegetazione presente sul suolo assorbe
una parte dell’acqua, mentre lascia scorrere lentamente la restante acqua in modo che abbia il
tempo di penetrare nel suolo e di raggiungere ed arricchire le falde idriche sotterranee.
Se invece la superficie del suolo è priva di vegetazione le piogge esercitano una forte azione
erosiva e nel giro di poco tempo le terre rimangono aride, prive di sostanze nutritive, e
contribuiscono ad avviare un processo di desertificazione.
Sviluppo sostenibile
Il termine "Sviluppo Sostenibile" (Sustainable Development — S.D.) è stato utilizzato per la prima
volta nel Rapporto Brundtland nel 1987 (WCED, 1987). Anche se possedeva contorni concettuali
piuttosto vaghi, tale termine sembrava adatto a combinare e riconciliare gli esiti del dibattito,
maturato all'interno delle Nazione Unite, sulle politiche dello sviluppo e su quelle dell'ambiente.
20
L’ITINHERARIO INVISIBILE
Da quel momento in poi, la "questione ambientale" divenne un tema politico prioritario e mise in
discussione la visione fortemente antropocentrica dei tradizionali modelli di sviluppo, e cioè quella
basata sulla superiorità dell'uomo rispetto alla natura.
Come detto poco fa la prima definizione in ordine temporale fu quella contenuta nel rapporto
Brundtland (dal nome della presidente della Commissione, la norvegese Gro Harem Brundtland)
del 1987 e poi ripresa dalla Commissione mondiale sull'ambiente e lo sviluppo dell'ONU (World
Commission on Environment and Development, WCED) con l’obiettivo di mantenere uno sviluppo
economico compatibile con l’equità sociale e gli ecosistemi, operante quindi in regime di equilibrio
ambientale: lo sviluppo sostenibile è quello sviluppo in grado di soddisfare i bisogni delle
generazioni presenti senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i
propri; un processo nel quale lo sfruttamento delle risorse, la direzione degli investimenti,
l'orientamento dello sviluppo tecnologico ed il cambiamento istituzionale sono tutti in armonia, ed
accrescono le potenzialità presenti e future per il soddisfacimento delle aspirazioni e dei bisogni
umani.
Con questa dichiarazione vengono sintetizzati alcuni aspetti importanti del rapporto tra sviluppo
economico, equità sociale, rispetto dell’ambiente. E’ la cosiddetta regola dell’equilibrio delle tre
“E”: Ecologia, Equità, Economia. Tale definizione parte da una visione antropocentrica, infatti al
centro della questione non è tanto l’ecosistema, e quindi la sopravvivenza ed il benessere di tutte
le specie viventi, ma piuttosto le generazioni umane.
Schema dello sviluppo sostenibile, alla confluenza di tre preoccupazioni
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
Nel 1991 fu fornita una nuova definizione di sviluppo sostenibile dalla World Conservation Union,
UN Environment Programme and World Wide Fund for Nature, che includeva una visione più
globale: <<…un miglioramento della qualità della vita, senza eccedere la capacità di carico degli
ecosistemi di supporto, dai quali essa dipende >>.
Questa potente dichiarazione significa che sostenibilità e sviluppo devono procedere insieme:
•
sostenibilità come pre-condizione per la conservazione di uno sviluppo duraturo,
ricostituendo e sostituendo le risorse delle attuali e future generazioni;
•
sviluppo come modo per superare la povertà, amministrando le risorse per affermare,
contemporaneamente: equità sociale (all'interno delle singole comunità e nel rapporto tra
esse e gli individui), equità interlocale e/o interregionale (tra le varie comunità territoriali),
equità intergenerazionale (tra le presenti e le future comunità).
Nello stesso anno Hermann Daly ricondusse lo sviluppo sostenibile a tre condizioni generali
concernenti l'uso delle risorse naturali da parte dell'uomo:
1. il tasso di utilizzazione delle risorse rinnovabili non deve essere superiore al loro tasso di
rigenerazione;
2. l'immissione di sostanze inquinanti e di scorie nell'ambiente non deve superare la
capacità di carico dell'ambiente stesso;
3. lo stock di risorse non rinnovabili deve restare costante nel tempo.
In tale definizione venne introdotto anche un concetto di "equilibrio" auspicabile tra uomo ed
ecosistema.
Nel 1994, l'ICLEI (International Council for Local Environmental Initiatives) ha fornito un'ulteriore
definizione di sviluppo sostenibile: “Sviluppo che offre servizi ambientali, sociali ed economici di
base a tutti i membri di una comunità, senza minacciare l'operabilità dei sistemi naturali, edificato
e sociale da cui dipende la fornitura di tali servizi”. Ciò significa che le tre dimensioni economiche,
sociali ed ambientali sono strettamente correlate, ed ogni intervento di programmazione deve
tenere conto delle reciproche interrelazioni. L’ICLEI, infatti, definisce lo sviluppo sostenibile come
lo sviluppo che fornisce elementi ecologici, sociali ed opportunità economiche a tutti gli abitanti di
una comunità, senza creare una minaccia alla vitalità del sistema naturale, urbano e sociale che
da queste opportunità dipendono.
Nel 2001, l'UNESCO ha ampliato il concetto di sviluppo sostenibile indicando che "la diversità
culturale è necessaria per l'umanità quanto la biodiversità per la natura (...) la diversità culturale è
una delle radici dello sviluppo inteso non solo come crescita economica, ma anche come un
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
mezzo per condurre una esistenza più soddisfacente sul piano intellettuale, emozionale, morale e
spirituale". (Art 1 e 3, Dichiarazione Universale sulla Diversità Culturale, UNESCO, 2001). In
questa visione, la diversità culturale diventa il quarto pilastro dello sviluppo sostenibile, accanto al
tradizionale equilibrio delle tre E.
Successivamente il rapporto Brundtland ha ispirato alcune importanti conferenze delle Nazioni
Unite, documenti di programmazione economica e legislazioni nazionali ed internazionali.
Per favorire lo sviluppo sostenibile sono in atto molteplici attività ricollegabili sia alle politiche
ambientali dei singoli stati e delle organizzazioni sovranazionali sia a specifiche attività collegate
ai vari settori dell'ambiente naturale.
Conferenza delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo
A Rio de Janeiro, dal 3 al 14 Giugno del 1992, si è tenuta la conferenza delle Nazioni Unite
sull’Ambiente e lo Sviluppo, a cui hanno partecipato rappresentanti dei governi di 178 Paesi, più
di 100 capi di Stato e oltre 1000 Organizzazioni Non Governative.
Durante questa conferenza fu scritta la Dichiarazione di Rio su Ambiente e Sviluppo, che
definisce in 27 principi i diritti e le responsabilità delle nazioni nei riguardi dello sviluppo
sostenibile:
Principio 1
Gli esseri umani sono al centro delle problematiche per lo sviluppo sostenibile. Essi hanno diritto
a una vita sana e produttiva in armonia con la natura.
Principio 2
Gli Stati, in conformità alla Carta delle Nazioni Unite e ai principi delle leggi internazionali, hanno
il diritto sovrano di sfruttare le proprie risorse in funzione delle rispettive politiche ambientali e di
sviluppo e hanno la responsabilità di assicurare che tali attività nel loro ambito di competenza o
di controllo non provochino danni all’ambiente di altri Stati o territori oltre i confini della
giurisdizione nazionale.
Principio 3
Il diritto allo sviluppo deve essere attuato in modo da soddisfare equamente i bisogni di sviluppo
ed ambientali delle generazioni presenti e future.
Principio 4
Nel quadro della realizzazione dello sviluppo sostenibile, la tutela ambientale costituirà parte
integrante del processo di sviluppo e non potrà essere considerata separatamente da questo.
23
L’ITINHERARIO INVISIBILE
Principio 5
Tutti gli Stati e le persone collaboreranno al compito fondamentale di sradicamento della
povertà come requisito indispensabile per lo sviluppo sostenibile, al fine di ridurre le disparità dei
livelli di vita e soddisfare meglio i bisogni della maggior parte della popolazione mondiale.
Principio 6
Una speciale priorità deve essere accordata alle condizioni e ai bisogni particolari dei Paesi in
via di sviluppo, soprattutto di quelli meno sviluppati e più vulnerabili sotto l’aspetto
dell’ambiente. Gli interventi internazionali nel campo dell’ambiente e dello sviluppo devono
essere rivolti anche agli interessi e ai bisogni di tutti i Paesi.
Principio 7
Gli Stati devono cooperare in uno spirito di collaborazione globale per conservare, tutelare e
ripristinare l’integrità e la salute dell’ecosistema della Terra. Nel quadro dei diversi contributi al
degrado ambientale globale, gli Stati avranno responsabilità comuni, ma differenziate. I Paesi
sviluppati prendono atto della propria responsabilità nel perseguimento internazionale dello
sviluppo sostenibile, considerando le pressioni che le loro società esercitano sull’ambiente
globale e le tecnologie e delle risorse finanziarie che essi controllano.
Principio 8
Per realizzare lo sviluppo sostenibile e ottenere una migliore qualità della vita per tutte le
persone, gli Stati devono ridurre ed eliminare i modelli insostenibili di produzione e di
consumo e promuovere adeguate politiche demografiche.
Principio 9
Gli Stati devono collaborare per rafforzare la formazione endogena di competenze per lo
sviluppo sostenibile, promuovendo il sapere scientifico attraverso scambi di conoscenze
scientifiche e tecniche e favorendo lo sviluppo, l’adattamento, la diffusione e il trasferimento di
tecnologie, incluse quelle nuove ed innovative.
Principio 10
I problemi ambientali vengono affrontati al meglio con la partecipazione di tutti i cittadini
interessati, ciascuno a seconda del proprio livello. A livello nazionale ogni individuo dovrà avere
idoneo accesso alle informazioni riguardanti l’ambiente in possesso delle autorità pubbliche,
comprese le informazioni su materiali e attività pericolose nelle loro comunità, e dovrà avere la
possibilità di partecipare ai processi decisionali. Gli Stati dovranno facilitare e incoraggiare la
consapevolezza e la partecipazione dei cittadini rendendo ampiamente disponibili le
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
informazioni. Dovrà essere garantito un accesso effettivo ai procedimenti giudiziari e
amministrativi, comprese le iniziative di riparazione e di rimedio.
Principio 11
Gli Stati dovranno attuare un’efficace legislazione ambientale. Gli standard ambientali, gli
obiettivi e le priorità di attuazione dovranno riflettere il contesto ambientale e di sviluppo cui si
riferiscono. Gli standard applicati da alcuni Paesi possono risultare inadatti e con inaccettabili
costi economici e sociali per altri Paesi, in particolare per quelli in via di sviluppo.
Principio 12
Gli Stati devono collaborare per promuovere un sistema economico internazionale aperto e di
sostegno che possa condurre a una crescita economica e allo sviluppo sostenibile in tutti i
Paesi, al fine di affrontare meglio i problemi del degrado ambientale. Le misure di politica
commerciale per scopi ambientali non dovranno costituire uno strumento di discriminazione
arbitraria o ingiustificabile o una restrizione occulta nel commercio internazionale. Dovranno
essere evitate le iniziative unilaterali per affrontare le sfide ambientali al di fuori della giurisdizione
del paese importatore. Le iniziative ambientali concernenti i problemi ambientali transnazionali o
globali devono, per quanto possibile, essere basati su un consenso internazionale.
Principio 13
Gli Stati devono elaborare leggi nazionali riguardanti la responsabilità civile e l’indennizzo delle
vittime dell’inquinamento e di altri danni ambientali. Gli Stati devono anche cooperare in modo più
incisivo e determinato per emanare ulteriori leggi internazionali riguardanti la responsabilità civile
e l’indennizzo per gli effetti nocivi dei danni ambientali provocati nell’ambito della loro
giurisdizione o del loro controllo su zone al di fuori della loro giurisdizione.
Principio 14
Gli Stati devono cooperare efficacemente per scoraggiare o prevenire il dislocamento e il
trasferimento ad altri Stati di ogni attività e di ogni sostanza che provochi grave degrado
ambientale o che sia riconosciuta nociva alla salute delle persone.
Principio 15
Al fine di tutelare l’ambiente, gli Stati adotteranno ampiamente un approccio cautelativo in
conformità alle proprie capacità. Qualora sussistano minacce di danni gravi o irreversibili, la
mancanza di una completa certezza scientifica non potrà essere addotta come motivo per
rimandare iniziative costose in grado di prevenire il degrado ambientale.
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
Principio 16
Le autorità nazionali dovranno cercare di promuovere l’internazionalizzazione dei costi
ambientali e l’uso di strumenti economici, tenendo presente il principio che chi inquina deve
fondamentalmente sostenere il costo dell’inquinamento, con la dovuta considerazione
dell’interesse pubblico e senza distorsioni del commercio e degli investimenti internazionali.
Principio 17
La valutazione dell’impatto ambientale (V.I.A.)deve essere adottata come strumento nazionale
per le attività proposte che potrebbero avere un rilevante impatto negativo sull’ambiente e che
sono soggette a una decisione da parte di un’autorità nazionale competente.
Principio 18
Ogni Stato deve immediatamente comunicare agli altri qualsiasi disastro naturale o altre
emergenze che potrebbero produrre improvvisi effetti nocivi sull’ambiente di tali Stati. La
comunità internazionale farà tutti gli sforzi per aiutare gli Stati colpiti da tali emergenze.
Principio 19
Gli Stati daranno preventiva e tempestiva comunicazione e forniranno adeguate informazioni
agli Stati potenzialmente colpiti su attività che possano avere un negativo effetto ambientale
transnazionale e si consulteranno con tali Stati prontamente e in buona fede.
Principio 20
Le donne hanno un ruolo fondamentale nella gestione e nello sviluppo ambientale. La loro piena
partecipazione è pertanto essenziale per la realizzazione dello sviluppo sostenibile.
Principio 21
La creatività, gli ideali e il coraggio della gioventù di tutto il mondo devono essere mobilitati per
creare una collaborazione globale, al fine di realizzare uno sviluppo sostenibile e assicurare un
migliore futuro per tutti.
Principio 22
Le genti indigene e le altre comunità locali hanno un ruolo fondamentale nella gestione e nello
sviluppo ambientale grazie alla loro conoscenza e alle usanze tradizionali. Gli Stati devono
riconoscere e debitamente sostenere la loro identità, cultura e interessi e consentire la loro
efficace partecipazione per il raggiungimento dello sviluppo sostenibile.
Principio 23
Le risorse ambientali e naturali dei popoli oppressi, sotto dominazione e occupazione dovranno
essere tutelate.
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
Principio 24
La guerra è intrinsecamente distruttiva per lo sviluppo sostenibile. Gli Stati pertanto dovranno
rispettare le leggi internazionali assicurando la tutela dell’ambiente nei periodi di conflitto armato
e, se necessario, collaborare nelle fasi successive.
Principio 25
La pace, lo sviluppo e la tutela dell’ambiente sono interdipendenti e indivisibili.
Principio 26
Gli Stati risolveranno le controversie ambientali pacificamente e con gli strumenti idonei in
conformità alla Carta delle Nazioni Unite.
Principio 27
Gli Stati e le persone collaboreranno in buona fede e in uno spirito di cooperazione per
l’attuazione dei principi stabiliti in questa Dichiarazione e per l’ulteriore evoluzione delle leggi
internazionali nel campo dello sviluppo sostenibile.
(Fonte: http://www.rete.toscana.it/sett/pta/svilsost/dichiarazione_rio.pdf; 12/03/08).
Sempre durante questa conferenza fu stabilità la Giornata Mondiale dell’Acqua, che ogni anno
cade il 22 Marzo. Questa giornata fu definita con lo scopo di ricordare a tutti quanti che l’acqua è
vita, che è un diritto per tutti e che è una risorsa limitata che dovrebbe essere conservata e
gestita con equità.
Agenda 21
Agenda 21 è il Piano di Azione delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile di riferimento per il
21° secolo, sottoscritto da oltre 170 Paesi di tutto il mondo durante la Conferenza su Ambiente e
Sviluppo tenutasi a Rio de Janeiro nel mese di Giugno del 1992.
Questo programma consiste in una pianificazione completa delle azioni da intraprendere, a livello
mondiale, nazionale e locale dalle organizzazioni delle Nazioni Unite, dai governi e dalle
amministrazioni in ogni area in cui la presenza umana ha impatti sull'ambiente.
L’organo, che ha il compito di supervisionare e controllare lo sviluppo sostenibile, è rappresentato
dalla Commissione sullo Sviluppo Sostenibile, che ha avuto anche il ruolo di commissione
preliminare per gli incontri e le sessioni sull’esecuzione dell’Agenda 21. La Divisione per lo
Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite, invece, ha il ruolo di segretario per la Commissione e
lavora all’interno del contesto dell’Agenda 21.
L'Agenda 21 è composta da 40 capitoli, divisi in quattro sezioni:
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
Sezione I - Dimensioni Sociali ed Economiche: include la lotta alla povertà, il cambiamento della
struttura dei consumi, della popolazione e delle dinamiche demografiche, la promozione della
salute e dei programmi sostenibili di popolamento, e l'integrazione delle problematiche relative
all'ambiente e allo sviluppo nel processo di decision-making.
Sezione II - Conservazione e Gestione delle Risorse per lo Sviluppo: comprende la protezione
dell'atmosfera, la lotta alla deforestazione, la protezione degli ambienti deboli, la conservazione
della diversità biologica (biodiversità), e il controllo dell'inquinamento.
Sezione III - Rafforzamento del ruolo dei Major Groups: comprende i ruoli dei gruppi di
rappresentanza dei bambini e dei giovani, delle donne, delle ONG (Organizzazioni Non
Governative, vedi anche NGO), delle autorità locali, del commercio e dei lavoratori.
Sezione IV - Mezzi per l'Esecuzione (del programma): comprende la scienza, la diffusione della
tecnologia, l'educazione, le istituzioni internazionali e i meccanismi di finanziamento.
In Italia l'"Agenda 21" si concretizza dopo la Conferenza di Aalborg in Danimarca del 1994, dal
cui ambito nasce la "Campagna Europea Città Sostenibili" per promuovere processi di Agenda 21
Locale.
Un ulteriore impulso determinante in questa direzione si concretizzò con la nascita del
"Coordinamento Nazionale Agende 21 locali", avvenuta nel 1999 a Ferrara, con il proposito di
diffondere, valorizzare e monitorare le esperienze di "Agenda 21 locale" attualmente in corso e
nel favorire la partnership e lo scambio di informazioni tra gli enti locali.
L’Agenda 21 locale è un piano d’azione, un laboratorio-cantiere per realizzare progetti di
sostenibilità ambientale, economica e sociale sul territorio; inoltre prevede un approccio integrato
ai problemi e coinvolge tutti gli attori di una comunità locale e i cittadini interessati, mettendoli
sullo stesso piano, a prescindere dai loro interessi e dal loro grado di influenza.
Nella nostra regione esistono più di 80 enti pubblici, tra province, comuni, comunità montane,
parchi regionali, ecc., che sono coinvolti in percorsi di Agenda 21, alcuni avviati da poco tempo,
altri in fase già più o meno avanzata.
I Forum Mondiali dell’acqua: il vertice di Kyoto ed il Forum Alternativo
Nella primavera del 2003 più di 10.000 rappresentanti di 160 Paesi si sono riuniti in Giappone per
il III Forum mondiale sull’acqua, seguito a quello dell’Aja (2000) e a quello di Marrakech (1997).
L’evento, organizzato dal Consiglio mondiale dell’acqua (una struttura privata con sede a
Marsiglia), era una sorta di proseguimento della conferenza sullo sviluppo sostenibile di
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
Johannesburg (settembre 2002). In quanto tale, il suo proposito era definire metodi adeguati per
il raggiungimento dell’obiettivo fissato a Johannesburg: dimezzare entro il 2015 il numero di
persone che non dispongono di acqua potabile. Da questo Forum l’accesso all’acqua è stato
riconosciuto come “bisogno” umano di base (nel Forum tenuto all’Aja, l’acqua era stata definita
come merce).
Con presupposti differenti da quelli del vertice di Kyoto si è svolto, sempre nella primavera del
2003, il primo Forum alternativo mondiale dell’acqua. L’iniziativa, nata dal confronto tra
associazioni e ONG con le istituzioni internazionali che si occupano dell’argomento, è scaturita
dalla valutazione in merito alla Dichiarazione del Consiglio Mondiale dell’Acqua, la quale
riconosce l’accesso alle risorse idriche come bisogno umano di base. Secondo le posizioni di
Firenze l’accesso alle risorse idriche deve esser visto come un “diritto” umano e sociale
inalienabile. I sostenitori di questa tesi richiedono un intervento che prenda in considerazione
concrete misure a carattere legislativo, economico-finanziario, sociale e culturale. Promuovono
inoltre la necessità di avviare campagne di sensibilizzazione e responsabilizzazione dei cittadini
nella definizione delle regole di gestione dell’acqua. Gli altri obiettivi includono l’organizzazione di
un sistema finanziario collettivo per sostenere i costi necessari ad assicurare il diritto di accesso
all’acqua per i Paesi poveri.
Normativa Comunitaria sulle acque
Direttiva Quadro sulle acque 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23
ottobre 2000, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque (Direttiva
“acque”).
Direttiva 2006/118/CE del 12 dicembre 2006, del Parlamento europeo e Consiglio, sulla
protezione delle acque sotterranee dall’inquinamento e dal deterioramento.
Raccomandazione della Commissione del 20 dicembre 2001: Tutela della popolazione contro
l'esposizione al radon nell'acqua potabile [notificata con il numero C(2001)4580 ]
(2001/928/Euratom)
Decisione 2001/2455/CE: Parlamento Europeo e Consiglio del 20 novembre 2001 relativa
all'istituzione di un elenco di sostanze prioritarie in materia di acque e che modifica la direttiva
2000/60/CE. (GUCE L 15/12/2001, n. 331)
Direttiva 98/83/CE del 3 novembre 1998 concernente la qualità delle acque destinate al
consumo umano
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
Direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat
naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (Direttiva “Habitat”)
Direttiva 91/676/CEE del 12 dicembre 1991 relativa alla protezione delle acque
dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole
Direttiva 91/271/CEE del 21 maggio 1991 concernente il trattamento delle acque reflue urbane
Direttiva 80/778/CEE del 15 luglio 1980: Qualità delle acque destinate al consumo umano
(G.U.C.E. 30 agosto 1980, n. L 229)
Direttiva 75/440/CEE del 16 giugno 1975: Qualità delle acque superficiali destinate alla
produzione di acqua potabile negli Stati membri. (G.U.C.E. 25 luglio 1975, n. L 194. Direttiva
76/160/CEE del 8 dicembre 1975 concernente la qualità delle acque di balneazione).
(Fonte: http://www.greencrossitalia.it/ita/acqua/risorse_acqua/politica_acqua/acqua_elenco_norme.htm; 12/03/08).
Normativa Nazionale sulle acque
D.Lgs. 152/2006 “Norme in materia ambientale”. Il testo, come modificato da diversi successivi
decreti ministeriali, riorganizza e armonizza la normativa in materia ambientale, disciplinando:
•
le procedure per la valutazione ambientale strategica (V.A.S.), la valutazione di impatto
ambientale (V.I.A.) e per l’autorizzazione ambientale integrata (I.P.P.C.);
•
la difesa del suolo e la lotta alla desertificazione;
•
la tutela delle acque dall’inquinamento e la gestione delle risorse idriche;
•
la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti contaminati;
•
la tutela dell’aria e la riduzione delle emissioni in atmosfera;
•
la tutela risarcitoria contro i danni all’ambiente.
D.Lgs. 31/2001: Attuazione della direttiva 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al
consumo umano (Supplemento alla Gazzetta ufficiale 3 marzo 2001 n. 52).
Legge 5 gennaio 1994, n. 36 (c.d. Legge Galli) Disposizioni in materia di risorse idriche.
Abrogata da Dlgs 152/2006
(Fonte: http://www.greencrossitalia.it/ita/acqua/risorse_acqua/politica_acqua/acqua_elenco_norme.htm; 12/03/08).
Legislazione Regionale Emilia Romagna
Delibera n. 40 del 21 dicembre 2005: Piano di Tutela delle Acque. Il P.T.A., conformemente a
quanto previsto dal D. Lgs. 152/99 e dalla Direttiva europea 2000/60 (Direttiva Quadro sulle
Acque), è lo strumento regionale volto a raggiungere gli obiettivi di qualità ambientale nelle acque
30
L’ITINHERARIO INVISIBILE
interne e costiere della Regione e a garantire un approvvigionamento idrico sostenibile nel lungo
periodo.
Delibera n. 1053 del 09 giugno 2003 recante gli indirizzi per l'applicazione del D. Lgs. 152/99 e
s.m.i., applicata anche a seguito dell’entrata in vigore del D. Lgs. 152/06 e s.m.i.;
Legge Regionale n. 25 del 6 settembre 1999, come modificata dalla L.R. 1/2003 (applicativa
della "legge Galli"): delimitazione degli ambiti territoriali ottimali e disciplina delle forme di
cooperazione tra gli enti locali per l'organizzazione del servizio idrico integrato e del servizio di
gestione dei rifiuti urbani.
Legge Regionale n. 3 del 21 aprile 1999: Riforma del sistema regionale e locale "Capo III
Sezione III "Inquinamento delle acque" Artt. 110 - 120, Capo IV Sezione I "Funzioni in materia di
risorse idriche, difesa del suolo e miniere" Artt. 138 - 144.
Normativa di riferimento delle acque destinate al consumo umano (acque potabili)
La legislazione delle acque destinate al consumo umano in Italia trova le sue basi nel Testo
Unico delle Leggi Sanitarie, R.D. 27 luglio 1934, n.1265 (art.248: “Ogni Comune deve essere
fornito per uso potabile, di acqua pura e di buona qualità”) e progressivi sviluppi con la Circolare
del Ministero della Sanità n. 33 del 27 aprile 1977 (“Controllo e sorveglianza delle caratteristiche
di qualità dell’acqua potabile”) che prende come riferimento per i vari parametri alcuni standard di
qualità dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Con il DPCM 8 febbraio 1985 si ha la prima
normativa organica delle acque destinate al consumo umano che arriva alla piena realizzazione
con il DPR 236/88.
Con il D.Lgs. 31/2001 (che recepisce la direttiva 98/83/CE concernente la qualità delle acque
destinate al consumo umano) e con le integrazioni del D.Lgs. 27/2002 (in vigore dal 25 dicembre
2003) si afferma il quadro attuale per le acque destinate al consumo umano.
Innovazioni del D.Lgs. 31/2001 in materia di acque destinate al consumo umano
Il Dlgs n. 31 del 2001 emanato in applicazione della Direttiva CEE in materia e disciplinante la
"Qualità dell'acqua destinata al consumo umano", detta i parametri in base ai quali si misura la
qualità dell'acqua e la sua potabilità. In essa si ritrovano i valori di parametro, superati i quali, si è
in presenza di acqua non potabile.
Tale decreto apporta sostanziali modifiche ed innovazioni, sia di carattere qualitativo che
quantitativo, rispetto alla precedente normativa. Con tale decreto sono state apportate sostanziali
modifiche all’elenco dei parametri chimici (vedi cap. 6). Alcuni elementi, ritenuti oggi di scarso
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
significato sanitario, sono stati eliminati, mentre altri nuovi sono stati introdotti. Specifici valori
limite sono stati fissati per le sostanze come il clorito (sottoprodotto che ha origine dall’utilizzo di
biossido di cloro come disinfettante), il vanadio, l’acrilammide, il benzene, il benzo(a)pirene, il
bromato (sottoprodotto che ha origine dal trattamento con ozono di acque in cui è presente
bromuro), il dicloroetano, l’epicloridina, il tetracloroetilene ed il tricloroetilene, i trialometani totali
(sottoprodotti che hanno origine dall’ipoclorito di sodio come disinfettante), il cloruro di vinile. Con
tale decreto viene riportata anche la radioattività e i relativi parametri di controllo (non riportati nel
DPR 236/88). Valori di parametro più restrittivi sono stati fissati per elementi quali l’arsenico, il
nichel, il piombo, l’antimonio e gli idrocarburi policiclici aromatici; mentre sono stati eliminati dalla
lista dei parametri altri elementi quali il magnesio, l’azoto Kjeldahl, le sostanze estraibili con il
cloroformio, gli idrocarburi disciolti o emulsionabili, i fenoli, i tensioattivi, i composti
organoalogenati (in realtà presenti con differente denominazione), lo zinco, il fosforo e l’argento.
In sostanza il nuovo elenco dei parametri (e quindi dei rispettivi valori limite di concentrazione)
contempla un numero inferiore di voci. E’ stata omessa una serie di elementi considerati, alla luce
delle nuove conoscenze, di scarso significato sanitario o con bassa probabilità di presenza nelle
acque, mentre si è rivolta maggiore attenzione ai contaminanti di natura antropica ed in
particolare ai sottoprodotti dei processi di disinfezione.
Normativa di riferimento delle acque naturali minerali
La cultura delle acque minerali nel nostro paese trova origine con la legge del 16 luglio 1916,
n.947 che costituisce il primo atto legislativo che pone delle regole per la produzione e la
distribuzione delle acque minerali in Italia. Successivamente con il R.D. n.1924/1919, in parte
tuttora valido, viene disegnata la prima struttura normativa che ha consentito la base dei
successivi interventi legislativi.
Con la direttiva 80/777 recepita con D.Lgs. 105/1992, con successive direttive e decreti
integrativi, si arriva allo stato attuale, caratterizzato da una legislazione armonizzata con quella
europea.
Riferimenti bibliografici
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P. Ball. In: “H2O. Una biografia dell’acqua”. 2000. Ed Rizzoli. Pp 13-32.
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ecosistemi fluviali”. 1999. WWF Teramo. Pp 13-21; 27-28; 39.
G.N. Baldaccini, A. Lacci. “Seguendo la corrente. Piccola guida all’ambiente fluviale”.
1997. Pp 13-14; 92.
G. Angle. “Habitat. Guida alla gestione degli ambienti naturali”. 1992. WWF. Pp 103-106.
M. Spoto, F. Zuppa. “Un’aula in riva al mare. Manuale di ecologia marina”. 1989. WWF.
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http://www.srseuropa.it/mat_for/docs/A37B.htm
http://it.wikipedia.org/wiki/Agenda_21
33
L’ITINHERARIO INVISIBILE
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http://it.wikipedia.org/wiki/Ecosistema_fluviale
http://it.wikipedia.org/wiki/Lago
http://it.wikipedia.org/wiki/Mare
http://it.wikipedia.org/wiki/Palude
http://www.atmosphere.mpg.de/enid/No_5_Gen__2__6_zolfo_marino/C__La_catena_ali
mentare_marina_5i0.html
CD-Rom Tuttoambiente. Anima Mundi Editrice
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
Capitolo 2 – L’acqua, l’uomo e il territorio
Elemento vitale, prezioso, soprattutto in alcune zone della Terra, da sempre l’acqua ha guidato le
scelte dell’uomo sia quando era nomade, sia quando ha cominciato a fermarsi per periodi lunghi:
non a caso infatti molti insediamenti umani furono storicamente localizzati proprio in luoghi nei
quali vi era grande disponibilità di acqua di buona qualità.
Con il passare del tempo, e l’aumento degli insediamenti umani, si rese necessario escogitare
metodi per l’approvvigionamento dell’acqua non immediatamente disponibile da fiumi o laghi,
scavando pozzi e inventando sistemi per trasportarla: ad esempio in Egitto si usavano palme
vuote, mentre in Cina e Giappone canne di bambù.
Anche se abitualmente si associa l'acquedotto (dal latino “aqua”, acqua, e “ducere”, condurre)
all'Antica Roma, in realtà la sua invenzione risale ad alcuni secoli prima, quando, nel Medio
Oriente, antichi popoli come i babilonesi e gli egiziani costruirono sofisticati impianti di irrigazione.
Lo shaduf per esempio è uno strumento semplice e ingegnoso adottato a partire dal II millennio
a.C. dalle popolazioni egiziane per pescare acqua da fiumi e laghi e alimentare canali a un livello
più alto o innaffiare campi coltivati, palmeti, viti, orti. L’attrezzo è composto da due pali, uniti in
alto da un’asse su cui poggia una lunga pertica. Ai due estremi della pertica vi sono un peso (un
masso) e un secchio. Un uomo da solo, manovrando la pertica, può raccogliere e sollevare circa
3000 litri d’acqua al giorno. Quando i dislivelli da risalire sono sensibili, gli shaduf vengono messi
in fila lungo il declivio.
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
Shaduf
Anche in Mesopotamia venivano costruiti acquedotti che portavano l’acqua alle cittadine in
condutture protette. In Palestina l'acqua del Siloe (700 a.C.) arrivava sino a Gerusalemme grazie
a tubazioni scavate nella roccia per oltre cinquecento metri. L'antica Grecia era servita da
acquedotti con molti chilometri di condutture fittili o di condotte scavate nella roccia.
Gli acquedotti di stile romano furono usati sin dal VII secolo a.C., quando gli Assiri costruirono
una struttura di calcare alta 10 m e lunga 300 m per trasportare l'acqua attraverso una valle fino
alla capitale Ninive per una lunghezza totale di 80 km.
Gli acquedotti e le grandi infrastrutture: dagli antichi Romani al Medioevo
I romani hanno realizzato molti acquedotti nei territori da loro occupati, alcuni molto complessi
altri più semplici, ma tutti rappresentano ancor oggi esempi di alta tecnologia ingegneristica. La
stessa città di Roma ebbe la più grande concentrazione di condotte idriche, con 11 acquedotti
costruiti nell'arco di cinque secoli, con una lunghezza complessiva di circa 350 km.
Gli acquedotti realizzati dai Romani potevano essere di superficie con canali artificiali, ponti,
viadotti oppure con condotte in pressione sotto il terreno.
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
Acquedotto romano a Nimes (Francia), risalente al 19 a.C.
Con l’arrivo del Medioevo molte delle esperienze e conoscenze accumulate dagli antichi romani
vennero perse e in Europa la costruzione di acquedotti si interruppe fino al XIX secolo. In questi
secoli gli approvvigionamenti d’acqua vennero garantiti principalmente tramite lo scavo di pozzi,
generando, in alcuni casi, problemi di salute pubblica dovuti a falde acquifere contaminate.
Il Medioevo si contraddistingue per la scarsità di acqua potabile nei centri urbani, che ha favorito
lo svilupparsi di malattie come il colera e la malaria, legate all’uso di acqua non potabile e
all’esistenza di acque stagnanti.
La scarsa disponibilità di acqua e gli aumentati rischi igienici dovuti ai metodi di conservazione
dell’acqua hanno permesso che si diffondesse l’usanza di non lavarsi, arrivando a credere che il
bagno non fosse salutare, tanto che gli stessi ricchi, i nobili e perfino i re si lavavano assai
raramente, preferendo usare parrucche incipriate e cospargersi di profumi che nascondevano il
cattivo odore della sporcizia.
L'avversione per il bagno nel Medioevo fu influenzata anche dalla convinzione della Chiesa
cristiana che la nudità dei corpi nei bagni pubblici fosse occasione di peccato, tanto che lo stesso
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
battesimo non venne più praticato come in origine sulle rive dei fiumi ma in appositi battisteri
chiusi. Significativi di questa mentalità sono alcuni proverbi popolari come:"più il capro puzza, più
la capra l'ama" o "finché i pidocchi restano sulla testa la salute è buona".
Le bonifiche
Per bonifica si intende l’insieme delle azioni e degli interventi che mirano al prosciugamento di
un’area ricoperta dalle acque con lo scopo di recuperare terreno e migliorare le condizioni
igienico sanitarie di quell’ ambiente.
L’idea della bonifica delle terre padane nasce già in epoca Romana, anche se può essere
considerata solo una prima fase di difesa di un territorio dalle acque, lontani da un organico
progetto che renderà definitivi la regimazione e il controllo di un sistema idrografico. I Romani
infatti, assimilate e perfezionate le conoscenze idrauliche etrusche, sfruttando e modificando
strutture naturali (dossi, spalloni, conidi di terra), costruendo piccoli canaletti artificiali per far
passare le acque (tramite paratie di legno a saracinesca), riuscirono a convogliare l’acqua in
eccesso (che altrimenti avrebbe inondato le terre) in naturali depressioni opportunamente
arginate.
L’uomo, dall’età antica alla fine del Medioevo, riuscì a instaurare un rapporto non sempre del tutto
stabile tra la propria esistenza e il proprio habitat, le cui caratteristiche morfologiche variavano a
seconda del clima, delle precipitazioni, delle esondazioni, dell’ampliamento degli specchi
acquitrinosi, delle variazioni di alveo e dal trasporto di limo, per cui l’uomo era costretto ad
adattarsi e molto spesso anche spostarsi.
È durante il Medioevo che l’uomo inizia la sua lunga lotta per bonificare l’area oggi occupata dal
Parco del Delta del Po, anche se fino alla fine del XIV secolo l’uomo sarà un impotente spettatore
di questo continuo variare di terre emerse e aree lacustri.
Per attivare un sistematico programma di interventi occorrerà attendere la metà del XV secolo
con l’impegno della signoria degli Estensi che darà impulso alla prima grande fase di bonifica e di
assetto di queste terre (1460-1580).
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
Primi tentativi di regimazione delle acque
La grande bonifica Estense
Durante il periodo estense, il ferrarese fu oggetto di diversi interventi di regolamentazione delle
acque. Sicuramente il più significativo fu la bonifica, promossa da Alfonso II, del Polesine di San
Giovanni, territorio compreso tra il Po di Venezia, il mare e il Po di Volano. I lavori iniziarono nel
1564, si interruppero per problemi finanziari, e ripresero nel 1566 seguendo un criterio, ancora
oggi utilizzato, che prevede la separazione delle acque alte, provenienti da terreni con quote
altimetriche superiori, dalle acque basse, provenienti da terreni posti a livello inferiore, per
condurle separatamente al mare. Le acque alte vennero portate al mare attraverso un canale
collettore, il Canal Bianco che sfociava nel Po, mentre le acque basse vennero allontanate
attraverso quattro collettori principali. Due di questi, il canale Bentivoglio e il canale Seminiato, si
immettevano nel tratto finale del Po come il canal Bianco. Queste acque venivano scaricate a
mare attraverso una chiavica, detta Torre dell’Abate, le cui porte vinciane garantivano il regolare
deflusso e impedivano l’accesso delle acque marine in caso di alta marea. Gli altri due collettori
delle acque basse erano i canali Galvano e Ippolito, che sfociavano nel porto di Volano con una
chiavica simile a Torre dell’Abate.
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
Torre Abate, Loc. Santa Giustina (FE)
La grande bonificazione estense terminò nel 1579 ma non ebbe effetti duraturi. Il taglio di Porto
Viro, deviazione realizzata dai Veneziani nel tratto terminale del Po per impedire l’interrimento
della laguna di Venezia, annullò l’opera di bonifica intrapresa dalla signoria Estense.
Dal 1604 il fiume cominciò a scorrere nell’alveo artificiale e i depositi di sabbia si rivolsero a sud
interrando il porto di Goro e il porto dell’Abate, rendendo difficile lo scolo dei canali collettori.
Contemporaneamente, per un gioco di correnti marine, il porto di Volano, in cui sfociavano i
canali Galvano e Ippolito, venne invaso dalle acque del mare portando la distruzione della
chiavica Volano e conseguentemente rendendo impossibile lo scolo delle acque basse.
Nel XVII secolo le acque ricoprirono gran parte dei circa 32.000 ettari di terreno bonificato da
Alfonso II.
Solo con l’avvento della bonifica meccanica nel XIX secolo il territorio ferrarese avrà un assetto
definitivo.
I metodi di bonifica
I metodi di bonifica sono diversi a seconda del territorio con il quale ci si confronta:
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
- la bonifica per colmata, ovvero l’innalzamento del piano di campagna al di sopra dell’acqua, e il
prosciugamento. La bonifica per colmata si ottiene arginando un’area valliva (cassa di colmata) e
immettendo in essa uno o più fiumi liberi di spagliare le loro acque; a quote diverse vengono
realizzati dei canali minori detti savenelle per far defluire le acque decantate dai detriti. I
sedimenti depositati dai corsi d’acqua determinano, con il trascorrere degli anni, l’innalzamento
del fondo del terreno. Questo sistema di bonifica riproduce artificialmente i processi di
deposizione sedimentaria a seguito di alluvioni. Il costante apporto di depositi alluvionali
determina lo stratificarsi di sedimenti che innalzano il piano di campagna.
- la bonifica per scolo naturale, possibile solo quando le aree da prosciugare presentano quote
tali che permettano il deflusso delle acque per gravità verso il mare o verso fiumi importanti.
- la bonifica per scolo meccanico, metodo più moderno per prosciugare aree sommerse dalle
acque. Dalla seconda metà dell‘800, periodo in cui si diffuse l’utilizzo di pompe a vapore, si
introdussero le idrovore per sollevare le acque. L’avvento della bonifica per scolo meccanico
permise di prosciugare vasti territori fino ad allora considerati non bonificabili per le notevoli
depressioni in cui si trovavano. Le acque sollevate di vari metri vengono immesse in canali
collettori e fatte defluire in fiumi principali o direttamente al mare.
Il Canale Emiliano Romagnolo (C.E.R)
Il Canale Emiliano Romagnolo (C.E.R) è tra le più importanti opere idrauliche italiane. Il primo
progetto risale al 1620 quando l'abate Raffaello Tirelli di Reggio-Emilia propone al duca Cesare
d'Este l'idea di prendere le acque dal Po per irrigare le province di Piacenza, Parma, Reggio
Emilia, Modena e Bologna. Perché il progetto diventi un’opera concreta si dovrà aspettare il
1947, anno in cui il progetto trova la sua versione definitiva combinando le esigenze delle piene
del Reno con quelle dell'irrigazione della pianura bolognese e romagnola. Il C.E.R. è infatti
l’opera voluta per risolvere i problemi di approvvigionamento di acqua delle cinque province
orientali della regione (Ferrara, Bologna, Ravenna, Forli-Cesena e Rimini).
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
Canale Emiliano Romagnolo, veduta aerea
Il Canale è una delle più importanti opere idrauliche dell'Italia. Garantisce, con una derivazione
dal fiume Po, l'approvvigionamento idrico di un’area di circa 3.300 ha, caratterizzata da una
intensa attività agricola e da molti insediamenti urbani e industriali, ma povero di acque
superficiali. Dopo quasi 400 anni dal primo progetto e iniziato nel 1955, il C.E.R. è in grado di
esprimere tutto il suo potenziale al servizio di una delle regioni più produttive d'Europa, su un
percorso di circa 150 km e tramite 7 stazioni di pompaggio delle acque e 7 milioni di metri cubi
d'acqua serviti annualmente.
Le dighe
La Commissione Internazionale sulle Grandi Dighe, istituita a Parigi nel 1928, definisce “diga” i
manufatti superiori a 15 metri o anche quelli compresi tra 5 e 15 metri e con un serbatoio di oltre
3 milioni di m cubi di acqua.
Le dighe sono destinate a trattenere le portate fluviali nei periodi di maggiore abbondanza, per
renderle disponibili nei mesi o negli anni di minore deflusso, oppure per formare invasi in grado di
raccogliere le precipitazioni, evitandone l'evaporazione nell'atmosfera e l'infiltrazione nel suolo,
oppure per costituire un ostacolo all'andamento stesso del fiume, deviandolo dal suo corso
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
naturale verso un letto artificialmente modellato, al fine di addurre acque verso luoghi nei quali la
domanda è particolarmente intensa o ci si aspettano grandi benefici energetici e agricoli. Senza
l'immane lavoro compiuto durante tutta la storia dell'umanità attraverso la costruzione di dighe di
ogni dimensione, oggi l’uomo non potrebbe disporre se non di una modesta frazione dell'acqua
che invece può utilizzare.
Nella storia dell’uomo le dighe sono sempre esistite: da sempre gli uomini hanno costruito piccoli
sbarramenti per deviazioni, forse rispondendo a un istinto tra l’altro radicato anche negli animali,
se si considerano le straordinarie opere che i castori sono capaci di realizzare in natura.
Già durante l’antichità, nel bacino di grandi fiumi come il Nilo, il Tigri e l’Eufrate, si suppone, per
esempio, che Menes, il primo leggendario faraone, abbia fatto costruire dighe allo scopo di
deviare il corso del Nilo ed edificare la città di Menfi sui terreni sottratti alle acque. Se così fosse,
il primo sbarramento a noi noto dovrebbe essere stato costruito in Egitto circa 3-4.000 anni prima
della nascita di Cristo.
Gran parte delle antiche dighe in terra, tra cui quelle costruite dai babilonesi, facevano parte però
di complessi sistemi di irrigazione che trasformavano regioni altrimenti improduttive in fertili
pianure. Tuttavia, proprio a causa del materiale usato e dei danni provocati dalle inondazioni,
poche tracce di questi manufatti si sono conservate fino a oggi.
La costruzione di dighe "moderne" diventa possibile solo con l'avvento del cemento e del
calcestruzzo e con l'introduzione delle macchine per il movimento della terra. Le prime dighe,
infatti, erano costruite per lo più con argilla mista a fango nel centro, e caratterizzate da fiancate
esterne di pendenza uniforme: nel 1852 la diga inglese di Holmfirth, presso Hudderfield, viene
minata da un'infiltrazione, mentre nel 1964, solo dodici anni più tardi, si verifica un
impressionante disastro a Dale Dyke, nuovo bacino artificiale costruito per Sheffield, che crolla al
momento del riempimento, provocando la morte di centinaia persone. Già da tempo gli ingegneri
francesi giudicavano pericolose le dighe di terra più alte di 19 metri e così, a partire dal 1850,
presentano i primi progetti di sbarramenti basati su principi scientifici.
Tra il 1861 e il 1866 viene progettata e realizzata la diga di Furens, su un affluente della Loira,
per fornire acqua alla città di Saint-Etienne. È la prima diga a essere costruita con i nuovi principi:
nuovi materiali, pareti convesse, calcolo dei punti di maggiore pressione. Questa diga è rimasta a
lungo la più alta del mondo. Contemporaneamente con lo sbarramento di Zola, presso Aix-enProvence, e la diga per l'irrigazione della Valle degli Orsi in California, vengono costruite le prime
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
dighe ad arco, una tipologia che però non diventerà comune fino al ventesimo secolo. Lo scopo
di costruire sbarramenti sui corsi dei fiumi, comunque, non è più solo quello di controllare le piene
o creare bacini per l'irrigazione, ma la produzione di elettricità grazie alla forza idraulica, resa
possibile dallo sviluppo del generatore elettrico (un miglioramento della turbina idraulica). Il primo
impianto idroelettrico viene costruito nel 1880 nel Northumberland, in Inghilterra. Da allora, a
causa anche della crescente domanda di elettricità che ha caratterizzato il ventesimo secolo,
gran parte dei principali fiumi della Terra sono stati sbarrati e imbrigliati con opere sempre più
ardite e complesse.
La vittoria sull'acqua
I primi imperatori si circondarono di consiglieri, il più celebre dei quali fu un certo Yao, al quale è attribuita una
delle più grandi vittorie della Cina di tutti i tempi: la vittoria sull'acqua. Mentre i suoi predecessori si sforzavano di
costruire dighe che il Fiume Giallo portava via a ogni piena, Yao fece scavare il letto del fiume e preparare i nuovi
canali per condurre fino al mare le acque eccedenti. Come ricompensa Yao fu designato erede dal suo imperatore
e fondò la dinastia degli Hsia.
Una storia lunga 2000 anni
Un quinto dell’attuale sistema idrico di Bologna è in parte garantito da un acquedotto attivo da circa 2.000 anni. I
romani per approvvigionarsi di acqua scavarono intorno all’anno 100 a.C. un tunnel che intercettava l’acqua del
Setta, che già all’epoca era più pura di quella del Reno. L'acquedotto prelevava acqua a Sasso Marconi dal fiume
Setta e la convogliava fino al palazzo oggi dell'Ente Ferrovie, angolo via d'Azeglio con via Farini, dove c'era una
vasca di decantazione. Poi da lì, attraverso il sistema delle fistulae aquariae (tubi di piombo) l'acqua veniva
distribuita a tutta la città. La condotta al momento della sua costruzione aveva una sezione libera di 0,6 m x 1,9 m,
per una lunghezza di 18 chilometri e un dislivello di 18 metri.
A causa delle invasioni barbariche l’opera non ebbe più le manutenzioni necessarie al suo corretto funzionamento
e in breve tempo venne abbandonata. Si dovranno aspettare 15 secoli perché si dia inizio ai lavori di recupero del
manufatto. Le opere di restauro durano circa 5 anni, dal 1876 al 1881, e la cerimonia di inaugurazione è datata 5
giugno 1881.
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
Una lotta per governare l’acqua
Nei secoli l’uomo, tramite esperienza e ingegno, ha inventato e sperimentato diversi metodi per
cercare di “governare” e regimare l’acqua e le sue continue invasioni. Molti sono nati dalla
semplice osservazione dei fenomeni naturali, altri sono vere e proprie opera di alta ingegneria.
La regolazione dei flussi dell’acqua è stata per l’uomo fondamentale, prima di tutto come
protezione dalle inondazioni, ma anche per poterla sfruttare a suo beneficio per gli usi agricoli e
industriali. Nel nostro territorio non è difficile osservare ancora in uso alcuni di questi antichi
metodi o trovarne i resti, come le casse di espansione, le briglie e gli argini: tutti sistemi che
hanno non solo modellato il territorio ma anche permesso all’uomo di occupare zone non sempre
ospitali.
Le casse di espansione
Le casse di espansione sono dei bacini idrici artificiali nei quali vengono convogliate le acque di
un fiume quando la portata dello stesso supera un certo limite. In questo modo si evita che
l'acqua esondi dagli argini causando danni agli insediamenti vicini.
Le casse di espansione sono opere molto diffuse in Emilia Romagna, presenti sia sui grandi
affluenti del fiume Po sia negli altri corsi d’acqua regionali e in particolare nel bacino del Reno. Le
Valli di Campotto, per esempio, sono bacini d’acqua dolce utilizzati come cassa di espansione
per il sistema scolante della bassa pianura bolognese afferente al fiume Reno. In questa zona
arrivano i fiumi Idice, Quaderna e Sillaro, e i canali Lorgana, Della Botte, Menata e Garda, i quali
affluiscono al Reno in località Bastia. In caso di piena dei fiumi o dei canali le acque vengono
temporaneamente immesse in bacini arginati (casse di espansione), che a Campotto coprono
una superficie di circa 850 ha e offrono un invaso di circa 30.000.000 di mc d’acqua. Le acque
vengono immesse durante le piene per essere poi successivamente scaricate, tramite pompe
idrovore, nel fiume Reno. Le casse di espansione di Campotto sono suddivise in tre comparti:
Cassa Campotto (400 ha), Valle Santa (250 ha), e Cassa Bassarone (200 ha) riallagata nel 1983.
Queste zone sono molto interessanti anche dal punto di vista naturalistico.
Altri esempi degni di nota sono le casse di espansione del fiume Secchia e quelle del Panaro.
Gli argini
L'argine è un'opera di difesa passiva del territorio che serve a impedire a un corso d’acqua di
straripare durante i periodi di piena. Generalmente è costituito da un rilievo in terra
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
impermeabilizzato. Gli argini possono essere disposti in froldo, ovvero al limite dell'alveo, oppure
a una certa distanza da questo. In questo caso la fascia di terreno compresa tra l'alveo e l'argine
prende il nome di golena. L'argine si dispone in froldo quando manca spazio o l'area da difendere
ha un valore troppo elevato per sacrificarla creando la golena. La disposizione a froldo, limitando
drasticamente l'espansione laterale del fiume, comporta un forte innalzamento dei livelli di piena
ed è sottoposta ad azioni erosive molto più intense rispetto a un argine in golena.
Argini di un fiume – lavori in corso
La dimensione degli argini di un fiume o di un canale dipendono dalla intensità degli eventi di
piena previsti in un arco di tempo pluriennale (definito anche come "tempo di ritorno"), che
permette di definire la quota massima del livello idrico in questo periodo e quindi di dimensionare
l’argine.
Le briglie
La briglia è un'opera di ingegneria idraulica concepita per ridurre il trasporto di materiale solido di
fondo da parte di un corso d'acqua (torrente o fiume), creando un deposito a monte di essa. Può
essere costruita in muratura, in terra, in legname e in gabbioni. Una briglia è costituita da una
fondazione (posta sottoterra) e da un'ala (posta al di sopra), dalla gaveta (una concavità dell’ala)
e da eventuali feritoie (fori). In genere in un corso d’acqua, vengono costruite più briglie. Ogni
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
briglia deve essere posta a una determinata distanza dalla successiva in modo tale da creare una
pendenza di compensazione del corso d’acqua che permetta alle briglie di diminuire la pendenza
dell’alveo formando salti di fondo fino a ridurre la capacità erosiva del corso d’acqua a valori tali
che il letto non venga eroso. Famose le briglie sul Tevere in prossimità dell'Isola Tiberina per
equilibrare il livello del fiume nei due rami che fluiscono ai lati dell'isola.
L’Acquedotto della Romagna
Circa il 50% dell’acqua potabile necessaria a soddisfare il fabbisogno delle province di Ravenna,
Forlì-Cesena e Rimini, è garantito dall'Acquedotto della Romagna.
L'Acquedotto della Romagna, realizzato da Romagna Acque - Società delle Fonti e attivo dal
1988, è un complesso costituito dalla Diga di Ridracoli, dalla centrale idroelettrica di Isola, dalle
vasche di carico di Montecasale, dall'impianto di potabilizzazione e dalla rete acquedottistica che
distribuisce l'acqua agli utenti. L’Acquedotto è alimentato dall'acqua raccolta nell'invaso artificiale
di Ridracoli formato dall'omonima diga che sbarra il torrente Bidente. L'invaso, caratterizzato da
una capacità utile di 30 milioni di m3, ha un'importante funzione di compenso annuale, poiché
consente di immagazzinare l'acqua nei periodi di abbondanti apporti per poi renderla disponibile
nei periodi estivi, in cui alla scarsità di piogge si aggiunge l'elevata richiesta dovuta alle presenze
turistiche nella riviera romagnola. L'acqua è potabilizzata presso il centro operativo di Capaccio
nel Comune di Santa Sofia.
L'Acquedotto della Romagna è in grado di fornire ogni anno circa 50 Mmc d'acqua.
La Diga di Ridracoli
L'opera principale dell'Acquedotto di Romagna, e quella che sicuramente ha richiesto più
impegno per la sua costruzione, è la Diga di Ridracoli. Lo sbarramento è stato costruito in una
stretta valle a circa 10 km dall'abitato di S. Sofia e a circa 50 km a Sud-Est di Forlì nel territorio
del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi. La sua posizione, nel punto di confluenza del
fiume Bidente e del Rio Celluzze, è stata individuata sulla base di alcune fondamentali
caratteristiche:
- la posizione centrale dell'invaso rispetto ai Comuni aderenti al progetto;
- la morfologia e la struttura geologica della zona;
- la qualità dell'acqua che poteva essere raccolta;
- la totale assenza di possibili fonti di inquinamento;
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
- la pressoché totale copertura vegetale dei bacini imbriferi con boschi cedui e ad alto fusto;
- la quota sul livello del mare del serbatoio, che consente di portare l'acqua “per caduta” alla
quasi totalità di utenti consentendo così un notevole risparmio energetico.
La Diga e il lago di Ridracoli
Quella di Ridracoli è una diga ad arco-gravità: per ottenere resistenza sfrutta cioè un sistema
“ibrido” tra quello delle dighe ad arco (che scaricano il peso sulla parete rocciosa grazie alla
forma) e quello delle dighe a gravità, più tozze e massicce.
La diga è alta 103,5 m, con una larghezza massima di 36 m alla base e 10 m sul camminamento
superiore (“coronamento”). La lunghezza dell'arco è di 432 m, per un totale di 600 mila m3 di
calcestruzzo.
La struttura si sviluppa su 27 conci, posati su un pulvino (elemento che ha la funzione di ripartire
il carico da una struttura sovrastante a una sottostante) che segue il profilo della diga.
Nella spalla destra della diga si trovano gli impianti per la presa dell'acqua, che viene poi inviata
all'acquedotto. La presa avviene da due imbocchi distanti tra loro 50 m in verticale. L'Acquedotto
della Romagna ha una condotta principale di 33 chilometri, capace di 3000 litri al secondo. Per
completare la diga vennero impiegati 6 anni.
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
Riferimenti bibliografici
Pagnoni G.A., 1997. Il territorio di Argenta e l’Oasi di Campotto. Ferrara
AA.VV., 1990. Terra e acqua, le bonifiche ferraresi nel delta del Po. Gabriele Corbo Editore.
Miguel A. Altieri 1991. Verso una agricoltura biologica. Padova Franco Muzzio Editore.
Agricoltura, mensile dell’Ass.to Agricoltura, Ambiente e Sviluppo Sostenibile, Regione Emilia
Romagna, numeri vari.
Romagna Acque S.p.A., 1997. L’Acquedotto della Romagna.
Riferimenti Web
www.consorziocer.it
www.romagnaacque.it
www.storiaurbana.it
www.wikipedia.it
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
Capitolo 3 – Distribuzione, disponibilità ed usi dell’acqua
Distribuzione e disponibilità della risorsa acqua sul Pianeta Terra
Se noi potessimo guardare la Terra dall’alto, vedremmo che per la maggior parte risulta essere di
colore blu e questo è dovuto al fatto che circa il 71% della superficie terrestre è ricoperto di
acqua, mentre solo il 29% circa è rappresentato dalle terre emerse (su 510 milioni di chilometri
quadrati di superficie, ben 364 sono occupati dall'acqua, per un volume di 1400 milioni di
chilometri cubi). Proprio per questo motivo, spesso, il Pianeta Terra è stato chiamato “il Pianeta
Azzurro”.
Rapporto tra acqua salata ed acqua dolce sul pianeta
Oltre il 97% di tutta l’acqua presente sulla Terra è rappresentata da acqua salata, cioè
quell’acqua che ha un contenuto in sali pari in media (o superiore) al 35 per mille: questo significa
che in 1 kg di acqua sono disciolti circa 35 g di sali. I principali sali minerali presenti nell’acqua
marina, in ordine di importanza, sono:
1. Cloruro di sodio
2. Cloruro di magnesio
3. Solfato di magnesio
4. Solfato di calcio
5. Solfato di potassio
6. Carbonato di calcio
7. Bromuro di magnesio
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
Tutta quest’acqua salata la troviamo contenuta negli oceani, nei mari, nei mari interni, nelle
lagune salmastre ed in alcune falde.
Le acque dolci (che contengono fino ad un massimo di 500mg/l di sali), invece rappresentano
solo il 3% scarso di tutta l’acqua presente sulla Terra e sono distribuite in maniera molto
diversificata:
•
ghiacciai e calotte polari: si estendono per circa il 10% della superficie terrestre,
contengono il 70% circa dell’acqua dolce mondiale e sono concentrati in Groenlandia ed
in Antartico. La maggior parte di queste risorse si trovano lontano dagli insediamenti
umani quindi risultano di difficile utilizzo. Il 96% dell’acqua dolce ghiacciata si trova
distribuita tra il Polo Nord ed il Polo Sud, mentre il restante 4% è distribuito su oltre
550.000 Km2 di ghiacciai;
•
acque sotterranee: rappresentano circa il 29% dell’acqua dolce presente sulla Terra e
risultano essere di facile utilizzo per l’uomo (circa il 90% di tutta l’acqua dolce
disponibile). Circa un miliardo e mezzo di persone dipendono dall’acqua sotterranea per
l’acqua potabile;
•
laghi: contengono circa lo 0,3% dell’acqua dolce disponibile e la maggior parte di essi si
trova ad alte altitudini, con quasi il 50% dei laghi mondiali situati solo in Canada.
•
umidità atmosferica: rappresenta circa lo 0,2% dell’acqua dolce totale;
•
fiumi: sono una delle forme di più facile sfruttamento per l’uomo, ma contengono
solamente lo 0,003% di acqua dolce;
•
serbatoi artificiali: sono laghi artificiali prodotti attraverso la costruzione di barriere lungo il
corso dei fiumi; si stima che il volume d’acqua contenuta in questi serbatoi sia circa di
40.286 Km3;
•
wetlands: sono costituite da paludi, sabbie mobili, lagune e fanghi. Le più grandi aree si
trovano nella Siberia dell’est (780.000-1.000.000 km2), lungo il Rio delle Amazzoni
(800.000 km2), nella Baia di Hudson (200.000-320.000 km2).
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
Distribuzione delle acque dolci sul Pianeta Terra
Quindi solo lo 0,75% di tutta l’acqua esistente sulla Terra si trova come acqua dolce liquida nei
laghi, nei fiumi, e nel sottosuolo. Poiché la gran parte di quest’ultima è confinata nel sottosuolo,
da questo bilancio si ricava che solo lo 0,01% del totale dell’acqua esistente sulla Terra è
reperibile nei laghi e nei fiumi.
Come appena visto la distribuzione dell’acqua sulla superficie terrestre è irregolare e in
conseguenza a ciò, anche se a livello globale le risorse idriche esistenti sono sufficienti a coprire i
bisogni dell’intera popolazione mondiale, alcune regioni del mondo, in particolare l’Africa, il Medio
Oriente, l’Asia orientale ed alcuni paesi dell’Europa dell’Est, sono penalizzate da una pesante e
cronica carenza d’acqua.
L’acqua dolce disponibile per il consumo umano varia tra i 12.500 km3 e i 14.000 km3 all’anno.
Ma in seguito alla crescita della popolazione sul Pianeta, il consumo d'acqua negli ultimi anni è
sestuplicato e la disponibilità pro capite è diminuita dai quasi 13 mila m3 per anno del 1970 ai 9
mila m3 nel 1990 e ai meno di 7 mila del 2000. Tra le cause della carenza idrica mondiale ci sono
fenomeni come l’effetto serra e la desertificazione, conseguenze dei cambiamenti climatici, ma
anche il degrado della qualità delle acque a seguito dell’inquinamento.
(Fonti dati: Greencross, Anima Mundi Editrice)
Distribuzione e disponibilità della risorsa acqua in Italia
Grazie alle sue caratteristiche climatiche, morfologiche, geografiche e geologiche l’Italia è uno dei
paesi più ricchi d’acqua al mondo, in quanto in linea teorica dispone di circa 155 miliardi di m3 di
acqua.
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
Purtroppo negli ultimi 20 anni la situazione meteo-climatica italiana ha presentato una riduzione
significativa delle precipitazioni soprattutto in quelle regioni che per la loro disponibilità idrica
dipendono dalle acque di superficie, sorgive e sotterranee.
Si stima che il volume medio delle precipitazioni piovose in Italia sia di circa 300 miliardi di m3
all’anno, che è tra i più elevati in Europa e nel mondo.
Circa il 97% dell’acqua dolce in Italia è nelle falde acquifere e si stima un disponibilità media procapite di circa 2700 m3, articolati in modo differente a seconda delle disponibilità locali. Ma a
causa delle irregolarità delle portate d’acqua e considerando i fattori di perdita (deflusso
superficiale, accumulo nella falde sotterranee, evaporazione, evapotraspirazione) si arriva ad una
quantità pro-capite all’anno di 2000 m3, pari a 5,5 m3 giornalieri.
In Italia si verificano delle difficoltà per quanto riguarda le disponibilità idriche e queste sono
legate sostanzialmente alla irregolare distribuzione sia spaziale, sia temporale delle precipitazioni
sul territorio.
Notevoli differenze climatiche sono dovute alla differenza di latitudine tra il Nord Italia e il Sud
Italia e questo comporta disuguaglianze nell’altezza media delle precipitazioni fra Nord e Sud con
conseguenti diversità nelle disponibilità idriche.
Inoltre in Italia è caratteristica una notevole irregolarità temporale delle precipitazioni, con un
minimo nel semestre aprile-settembre ed un massimo nel semestre ottobre-marzo.
A tutto questo si deve aggiungere anche il fatto che la lunghezza relativamente breve della
maggior parte dei corsi d’acqua italiani comporta di conseguenza tempi di percorrenza
relativamente brevi dalla sorgente alla foce. Tutto ciò provoca fenomeni alluvionali frequenti nel
periodo di massima piovosità ed in alcuni casi si verifica un veloce scorrimento delle acque verso
il mare, in quanto viene superata la capacità di immagazzinamento dei corsi d’acqua, dei laghi e
del sottosuolo e ciò comportala perdita di enormi quantitativi d’acqua ad un possibile uso da parte
dell’uomo.
Come si diceva prima, l’Italia è caratterizzata da una distribuzione disomogenea della
precipitazioni e si valuta che la percentuale più elevata di queste precipitazioni, poco più del 40%,
si dovrebbe concentrare nelle regioni settentrionali, il 22% in quelle centrali, il 24% nelle regioni
meridionali e appena il 12% nelle isole maggiori, cioè Sicilia e Sardegna.
Per quanto riguarda le risorse superficiali utilizzabili circa il 53% si trovano nell’Italia
settentrionale, il 19% circa nell’Italia centrale, circa il 21% nell’Italia meridionale e il 7% circa nelle
isole maggiori (Sicilia e Sardegna).
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
Inoltre per quanto riguarda le risorse sotterranee si stima che circa il 70% sia collocato nelle
grandi pianure alluvionali dell’Italia settentrionale, mentre nel meridione si pensa che le falde
utilizzabili siano molto poche e tutte confinate nei brevi tratti di pianure costiere ed in poche zone
interne: sembra che quella più sfruttata ed estesa sia quella pugliese, accreditata per oltre 500
milioni di m3 all’anno, mentre quella più limitata e poco sfruttata sia quella sarda, con una
capacità di non più di 80 milioni di m3 all’anno.
Come visto poco fa, le precipitazioni presentano anche una diversa distribuzione stagionale: per
esempio, nel Mezzogiorno le precipitazioni che si concentrano prevalentemente sui rilievi
subiscono forti variazioni stagionali con punte anche dell’80% nel periodo autunnale ed invernale,
mentre la relativa domanda, ovvero i fabbisogni della popolazione, presenta i suoi massimi nel
periodo primaverile-estivo. Sempre nel Mezzogiorno, dove la gente residente è pari a più del 36%
del totale nazionale ed i prelievi hanno ormai raggiunto il 96% della disponibilità, lo sfruttamento
delle risorse è diventato oggi critico.
L’Italia risulta essere il maggior paese consumatore di acqua in Europa: infatti rispetto ad una
media dei paesi dell’UE di 604 m3 per abitante all’anno, il nostro paese registra un valore stimato
intorno ai 980 m3 per abitante l’anno (più di noi solamente l’Olanda). Ciò è dovuto anche al fatto
che in Italia viene perduta una grossa quantità d’acqua: gli italiani consumano in media 230 litri al
giorno d’acqua corrente da rubinetto, ma di questa ne bevono solo circa l’1%; il 39% circa viene
utilizzato per l’igiene personale, il 12% in lavatrice e il 20% con gli scarichi del wc.
E’ da sottolineare il fatto che circa il 15% della popolazione italiana (più o meno 8 milioni di
persone) per quattro mesi l’anno (periodo da giugno a settembre) è sotto la soglia del fabbisogno
idrico minimo di 50 litri d’acqua al giorno a persona.
Le previsioni di cambiamenti climatici conseguenti al riscaldamento del Pianeta potrebbero
comportare modifiche sulla disponibilità della risorsa acqua. In particolare, potrebbe verificarsi
una progressiva desertificazione dell’area mediterranea, a cui si potrebbe contrapporre una
“tropicalizzazione” delle aree centro-settentrionali.
(Fonti dati: Greencross, Anima Mundi Editrice)
Distribuzione e disponibilità della risorsa acqua in Emilia Romagna
La regione Emilia Romagna presenta aspetti del clima che sono quelli tipici della Pianura
Padana, delimitata a nord e a ovest dall’arco alpino e a est dal mare Adriatico.
La nostra regione presenta una pluviometria media dell’ordine di circa 950 mm/anno, anche se
negli anni ’90 è risultata essere sensibilmente inferiore (circa 850 mm/anno). Anche in questo
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
caso si presentano delle differenze per quanto riguarda la quantità di precipitazioni nelle varie
zone dell’Emilia Romagna, in quanto la piovosità decresce al diminuire della quota e, in generale,
spostandosi verso est, partendo da valori anche superiori ai 2.000 mm/anno nell’alto Trebbia e in
prossimità dello spartiacque appenninico emiliano, fino a raggiungere valori inferiori a 700
mm/anno nella pianura ferrarese e ravennate.
LA PLUVIOMETRIA REGIONALE
Fonte: Piano di Tutela delle Acque - Documento Preliminare
Piovosità media Regione Emilia-Romagna (decennio 1991-2001) 887 mm/anno
Differenza rispetto alla media 1921-1971
- 10%
Milioni mc
19.620
(Fonte dati tabella: http://www.aquaer.it/aquaer/ciclo/400.htm)
Analizzando la temperatura e i suoi andamenti si vede come questi ultimi dieci anni siano risultati
essere i più caldi degli ultimi 40 anni. In particolare, durante la stagione estiva si sono presentate
temperature che hanno spesso superato i valori climatici di riferimento.
Il numero di giorni con temperature minime al di sotto dei 0°C sono diminuiti, fino anche a 6-7
giorni in meno all’anno, e in parallelo si nota un netto aumento dei valori delle temperature
massime; questo cambiamento di andamento sembra essere avvenuto a partire dagli anni ’80.
Per quanto riguarda le precipitazioni non si notano tendenze significative per il periodo invernale,
mentre le stagioni primaverili ed estive mostrano una tendenza positiva, soprattutto nella zona
appenninica con una tendenza negativa, invece, al nord-est della regione (provincia di Ferrara e
provincia di Parma).
Quindi nel complesso è possibile affermare che:
•
le temperature massime e minime sono aumentate;
•
l’intensità delle piogge mostra tendenza all’aumento e ciò significa che probabilmente sta
mutando la modalità con cui le piogge si verificano: eventi sempre più intensi e di breve
durata e sempre meno precipitazioni di debole intensità, moderate e di lunga durata,
soprattutto in estate.
La pioggia che cade sul suolo viene raccolta ed immagazzinata nelle falde e nelle acque
superficiali.
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
La condizione essenziale perché esistano acque nel sottosuolo di una pianura alluvionale come
la Pianura emiliano-romagnola è la presenza di sedimenti porosi e permeabili. La porosità
dipende dai vuoti presenti nel sedimento e dalle caratteristiche di questi dipende il grado di
porosità, infatti più gli spazi vuoti sono numerosi o molto grandi, maggiore è lo spazio per
contenere l’acqua. La permeabilità è invece quella grandezza che indica quanto facilmente
l'acqua possa fluire nel sedimento e questo dipende da quanto i vuoti sono comunicanti fra loro.
Nel sottosuolo della nostra pianura i sedimenti più porosi hanno una percentuale di vuoti pari a
circa il 20% di tutto il volume del sedimento, mentre i valori massimi di permeabilità sono di circa
10-3 metri al secondo.
Nella nostra regione il sedimento poroso e permeabile ricco in acqua e potenzialmente
interessante per lo sfruttamento idrico si trova al limite fra la collina e la pianura, presso il margine
della catena appenninica.
Analizzando i valori di permeabilità si può avere anche un’idea della velocità con cui si muove
l’acqua nel sottosuolo: tale movimento è sempre veramente lentissimo, dell’ordine al massimo di
alcuni metri al giorno.
Nella nostra pianura i sedimenti di sottosuolo più porosi e permeabili sono le ghiaie (permeabilità
10-3 metri al secondo), a cui seguono le sabbie (permeabilità 10-4 m/s.) e per ultimi i limi e le
argille con permeabilità fino a 10-10 m/s).
Gli acquiferi presenti nel sottosuolo della pianura emiliano romagnola sono di due tipi.
Il nord è caratterizzato dalle sabbie che il Po ha sedimentato lungo il suo percorso e nel suo
apparato deltizio (le sabbie della pianura alluvionale e deltizia del Po), mentre a sud si trovano le
ghiaie che i fiumi appenninici depositano ed hanno depositato appena usciti dalle valli, allo
sbocco in pianura. Queste danno origine a dei grossi corpi ghiaiosi sovrapposti gli uni agli altri per
alcune centinaia di metri di spessore (le ghiaie delle conoidi appenniniche).
Gli acquiferi costituiti dalle ghiaie appenniniche si congiungono lateralmente a quelli formati dalle
sabbie padane tra Piacenza e Parma, mentre a partire dal reggiano sino al mare vi è un ampio e
spesso corpo di depositi della pianura alluvionale formati prevalentemente da limi ed argille che si
interpongono tra essi mantenendoli fisicamente separati ed impedendone il contatto idraulico
(acquitardi).
Per quanto riguarda le acque superficiali l’Emilia Romagna è ricca di fiumi e torrenti che come le
nervature del corpo uniscono i terreni. I fiumi si livellano e si riempiono: sono in grado di
trasportare molte cose, dalle lisce particelle di roccia fino agli alberi morti per depositarli da altre
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
parti. Grazie alla loro forza di trasporto e asportazione, i fiumi hanno dato forma al territorio prima
dell’uomo: hanno scavato profonde valli nei monti e hanno cercato sempre nuove strade nelle
pianure.
Reticolo idrografico della regione Emilia Romagna
(Elaborazione da banche dati della Regione Emilia-Romagna)
Il fiume più lungo dell'Emilia-Romagna è il Reno, il quale risulta essere anche l’unico rilevante
corso d'acqua che non sia un affluente del Po; ha le sue sorgenti nell'Appennino pistoiese
(presso la località Le Piastre) e sfocia nell'Adriatico subito a sud delle Valli di Comacchio.
A nord del Reno c’è il fiume Po, che segna il confine con la Lombardia eccetto che in
corrispondenza della provincia di Mantova (Oltrepò Mantovano) e che riceve tutti i corsi d'acqua
nord emiliani. I principali sono il Taro (125 km), che nasce dal monte Penna, nell'Appennino
ligure, il Secchia (172 km) e il Panaro (148 km), che nascono entrambi nell'Appennino toscoemiliano.
Tutti i corsi d’acqua della regione presentano una caratteristica: essendo alimentati solo dalle
precipitazioni il loro regime è molto incostante, con piene primaverili e autunnali e magre estive.
Per quanto riguarda la qualità delle acque attraverso l’uso di indicatori biologici, i cosiddetti
“bioindicatori”, è possibile determinare quanto l’acqua dei fiumi sia danneggiata da sostanze
organiche. In Europa vengono attualmente utilizzati per i controlli di routine delle acque più di 20
metodi biologici diversi, basati in parte su diversi gruppi di organismi. Il metodo utilizzato per la
valutazione della qualità biologica delle acque correnti varia infatti a secondo del paese in cui ci si
trova. Questa differenza è dovuta a motivi che vanno dalla collocazione della regione
biogeografia in cui si trova la nazione considerata alla presenza di tradizioni metodologiche
diverse.
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
Stato Ecologico dei Corsi d’Acqua (Fonte: http://www.aquaer.it/aquaer/ciclo/406.htm)
In Emilia Romagna ci sono all’incirca 4 milioni di abitanti, circa 390.000 imprese, 127.000 ditte
artigiane ed innumerevoli aziende agricole: tutti hanno interesse a proteggere e preservare le
acque sotterranee. Quindi oggi oltre il 90% della popolazione è collegato agli impianti pubblici di
depurazione dei comuni e dei consorzi.
Suddivisione dei consumi in base ai settori di attività e loro vari usi
(Fonte dati: CD-Rom Tuttoambiente, Anima Mundi Editrice)
La disomogenea disponibilità d’acqua sulla Terra comporta gravi problemi per quanto riguarda i
prelievi. Da un studio dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico)
del 2003 si è visto che l’Italia è tra le prime nazioni per il prelievo dell’acqua: prima in Europa con
980 m3 d’acqua per abitante all’anno, davanti a Spagna (890 m3) e Francia (700 m3) e terza a
livello mondiale, dopo USA e Canada.
In Italia il rapporto tra acqua prelevata e disponibilità è pari al 32% e risulta essere uno dei più alti
valori dell’Europa, mentre si ha uno dei più bassi indici di rendimento tra acqua consumata e beni
prodotti (con 1 m3 di acqua in Italia si producono beni per un valore di 41 euro, contro i 96 della
media europea).
Il Nord Italia utilizza il 78% delle risorse disponibili registrando i maggiori prelievi in termini
assoluti, mentre risulta essere più sostenibile l’utilizzo nelle regioni centrali, dove i prelievi sono
pari a circa il 52% della disponibilità locale. Del tutto critica, invece, risulta essere la situazione
nel Meridione, dove i prelievi sono pari al 96% delle disponibilità locali.
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
In base all’area geografica, alle condizioni naturali, alla struttura demografica ed economica del
paese cambia sensibilmente la suddivisione dei consumi idrici tra i diversi settori dell’economia;
per esempio in Francia (64%), in Germania (64%) e nei Paesi Bassi (55%), la maggior parte
dell’acqua prelevata viene destinata alla produzione di energia elettrica, mentre in Grecia (88%),
Spagna (72%) e Portogallo (59%), l’acqua viene utilizzata principalmente per l’irrigazione. Nei
paesi dell’Europa settentrionale, come Svezia e Finlandia, le quantità d’acqua destinate
all’agricoltura sono modeste, mentre riveste maggior importanza la produzione di cellulosa e di
carta, che richiede l’utilizzo di ingenti quantitativi di acqua: in questi paesi il principale beneficiario
dei prelievi idrici è pertanto il settore industriale (rispettivamente il 66% e il 28% dei prelievi totali).
In Italia attualmente si può stilare la seguente suddivisione per quanto riguarda i consumi
d’acqua:
•
circa il 70% dell’acqua prelevata è impiegata in agricoltura, soprattutto nel Sud e nelle
Isole, dato che le piante, come gli animali necessitano di un regolare apporto d’acqua.
Inoltre si rende necessaria l’irrigazione dei terreni in quelle zone dove le piogge non
sono sufficienti. Oltre che dispendiosa, l’agricoltura risulta essere anche particolarmente
dannosa, per quanto riguarda i prodotti chimici che si spandono con eccessiva
disinvoltura nelle coltivazioni: le piante non riescono ad assorbirli tutti, così la pioggia
dilavando il terreno li trascina con sé nelle falde acquifere e successivamente nei fiumi,
inquinando gravemente entrambi gli elementi;
•
il 20% dell’acqua prelevata viene utilizzata nell’industria, la quale presenta un continuo
aumento della domanda, soprattutto nelle regioni del Nord Italia. In campo industriale
l’acqua viene utilizzata per la lavorazione delle materie prime, la produzione di manufatti,
la refrigerazione, per il lavaggio e come solvente. Senza acqua a basso costo l’industria
entrerebbe in crisi. (Dopo essere stata opportunamente depurata e riciclata, il 90%
dell’acqua dell’industria potrebbe essere recuperata e riutilizzata);
•
circa il 9% dell’acqua viene usata nelle forniture per uso potabile, quindi per gli usi
civili/domestici. Tali consumi sono in continua ascesa. Nelle case l’acqua si utilizza, oltre
che per bere, cucinare e pulire anche per altri usi come l’irrigazione dei giardini, il
lavaggio dell’auto, il riempimento delle piscine. In questa categoria rientrano anche gli usi
effettuati presso attività commerciali, turistiche, uffici e servizi pubblici, quali scuole,
ospedali, mense, lavaggio fogna delle strade, servizio antincendio, ecc. L’OMS
(l’Organizzazione Mondiale della Sanità) ha stabilito in 50 litri al giorno (15 m3 annui) pro60
L’ITINHERARIO INVISIBILE
capite il fabbisogno essenziale di acqua per usi domestici. Gli italiani, con 278 litri di
acqua al giorno, sono ben al di sopra di tale soglia ed anzi sono in testa anche rispetto
alle altre nazioni europee;
•
il restante per fini energetici (soprattutto al Nord): utilizzato per soddisfare le esigenze
energetiche dei primi mulini ad acqua, tale impiego è andato evolvendosi fino a diventare
indispensabile per la produzione di energia attraverso le centrali idroelettriche e
mareomotrici.
INDUSTRIA 20,5 %
AGRICOLTURA
70%
USI CIVILI
9,5%
Percentuali di utilizzo dell’acqua dolce
(Fonte: http://www.edilio.it/news/edilionews.asp?tab=Notizie&cod=6807)
Si riportano di seguito due tabelle riassuntive dei presunti consumi d’acqua da acquedotto procapite di una città media. Ovviamente i valori possono variare a seconda del contesto socioeconomico in cui la città considerata è inserita.
consumi per attività quotidiane
preparazione alimenti
10 l/persona
lavaggio biancheria a mano
40/80 l/kg di biancheria
lavatrice
20/40 l/kg di biancheria
lavaggio piatti
5l
pulizie domestiche
10 l
doccia (3 minuti)
50 l
bagno in vasca
100/300 l
sciacquone
10/20 l/cascata
lavaggio automobile
200/300 l/auto
condizionamento casa di 8 piani 3.000.000 l/giorno
61
L’ITINHERARIO INVISIBILE
consumi pubblici
fontanelle a getto continuo
15.000 l/giorno
latrine a getto continuo
5.000 l/giorno
innaffiamento strade
2 l/mq
lavaggio fognature
20 l/m per giorno
(Fonte dati tabelle: CD-Rom Tuttoambiente, Anima Mundi Editrice)
Per quanto riguarda la regione Emilia Romagna i consumi nel complesso delle utenze sono
stimati essere poco più di 1.400 Mm3/anno (milioni di m3/anno), con una notevole prevalenza
delle necessità collegate agli usi agricoli (58% del totale) rispetto a quelli civili (26%) e
dell’industria (16%); sono invece pressoché trascurabili, rispetto agli altri settori, gli impieghi
connessi alla zootecnia (20 Mm3/anno).
Ogni abitante dell’Emilia-Romagna consuma ogni giorno in media 160 - 170 litri d’acqua; molta
dell’acqua utilizzata serve per lo sciacquo del WC (33%) e per l’igiene personale (20-32%) e solo
una modesta percentuale (3-5%) è utilizzata a scopo idropotabile. Per far fronte a queste
necessità vengono complessivamente prelevati oltre 2.100 Mm3/anno di acque delle quali il 68%
di origine superficiale (1.450 Mm3/anno, di cui circa 980 Mm3/anno prelevate dal fiume Po) ed il
restante 32% viene emunto dalle falde.
CONSUMI ALL'UTENZA
PROVINCIA
Civile
1
PRELIEVI
Totale al lordo
Agrozootecnico
Industriale
1
Totale
delle perdite
di distribuzione
Falda
2
Acque
superficiali
3
Totale
1
Piacenza
26
101
14
141
177
96
81
177
Parma
42
68
50
160
210
131
79
210
Reggio Emilia
40
119
22
181
304
114
198
312
Modena
55
76
33
164
245
114
130
243
Bologna
83
72
30
184
280
100
180
279
Ferrara
29
287
21
337
589
12
577
588
Ravenna
33
70
46
149
189
47
118
164
Forlì-Cesena
28
29
12
70
83
33
84
117
Rimini
30
6
4
40
48
30
5
35
62
L’ITINHERARIO INVISIBILE
Totale Regione
4
in %
365
829
232
1.426
2.125
676
1.450
2.123
26%
58%
16%
100%
-
32%
68%
100%
(1) Valori complessivi forniti alle utenze, comprensivi degli approvvigionamenti autonomi e dei quantitativi in
3
effetti utilizzati da utenze produttive (tali quantitativi stimati in 46 Mm /anno non sono compresi nella colonna
relativa agli usi industriali)
(2) Per le diverse province i totali possono non coincidere con i prelievi, in relazione a flussi idrici interprovinciali;
con riferimento ai totali regionali i valori sono quasi sovrapponibili in quanto i flussi in entrata e in uscita sono
pressoché equivalenti (e comunque molto modesti)
(3) I prelievi di acque superficiali per gli usi irrigui sono attribuiti agli areali provinciali di consumo degli stessi,
anche se le opere di derivazione sono esterne
4) Considerando volumi erogati dall'acquedottistica civile ad utenze produttive la percentuale di incidenza del
civile scenderebbe al 22% e quella industriale salirebbe al 19%
(Fonte dati tabella: http://www.aquaer.it/aquaer/ciclo/403.htm)
Per quanto riguarda gli usi civili, risultano essere preminenti gli approvvigionamenti idropotabili di
falda, rispetto a quelli di superficie, costituendo quasi il 60% dei prelievi complessivi, ma con
notevole diversificazione a livello provinciale: per Piacenza, Parma, Reggio Emilia e Modena
l’incidenza degli approvvigionamenti con acque di falda è dell’80-90%, per Rimini del 73%, per
Bologna del 53%, mentre per Forlì-Cesena e Ravenna tale percentuale è dell’ordine del 25%,
infine Ferrara si approvvigiona esclusivamente con acque superficiali.
Consumi idrici e prelievi in Emilia Romagna (Fonte: Arpa Emilia Romagna 2003)
Anche per gli usi irrigui, l’entità e le fonti si diversificano notevolmente sul territorio regionale: ci
sono consistenti prelievi irrigui da falda per Piacenza, Parma e Reggio Emilia, in relazione ad
ampi areali non approvvigionabili dal fiume Po, mentre per le altre province i prelievi di acque di
falda risultano meno consistenti, anche in relazione alla maggiore disponibilità di acque
superficiali.
Nella seguente tabella si riportano alcuni esempi di consumi idrici medi per produrre:
63
L’ITINHERARIO INVISIBILE
1 POLLO
1500 litri d’acqua
1 KG DI PANE
3022 litri d’acqua
1 HAMBURGER
4900 litri d’acqua
1 KG DI GRANELLA
454 litri d’acqua
1 UOVO
628-645 litri d’acqua
1 KG DI CARNE BOVINA
35.555 litri d’acqua
1 AUTOMOBILE
245.000 litri d’acqua
1 TONNELLATA DI CARTA
145.000 litri d’acqua
1 TONNELLATA DI FIBRE SINTETICHE 600.000 litri d’acqua
1 TONNELLATA DI ACCIAIO
150.000 litri d’acqua
(Fonti dati: Greencross, Anima Mundi Editrice)
Conseguenze dell’uso insostenibile delle acque
L’acqua è una risorsa molto sensibile all'impatto che deriva dall'uso del territorio.
Sul ciclo dell’acqua l’essere umano ha esercitato un effetto modificatore di notevole importanza:
infatti l'uomo ne fa un uso indiscriminato compromettendone la qualità (contaminando di
conseguenza anche i corpi idrici superficiali e sotterranei) e limitandone la disponibilità per sé e
per gli altri esseri viventi.
Per esempio le falde freatiche, che sono un tipo di falda acquifera (semplice acqua che circola
nel sottosuolo e che grazie alle precipitazioni da origine a depositi di acque sotterranee che
scorrono su un sottosuolo in quantità e con modalità che dipendono da fattori climatici, biologici e
dalla permeabilità ed inclinazione del terreno), vengono sfruttate senza alcun tipo di risparmio
provocando, soprattutto nei paesi più aridi, gravi conseguenze quali l’abbassamento del suolo
(fenomeno della subsidenza), la modificazione delle specie vegetali di superficie, che grazie alle
loro lunghe radici utilizzano le acque presenti in profondità, se non addirittura la morte.
Un altro importante problema è legato alla distruzione della vegetazione spontanea per poter
ottenere campi da coltivare o pascoli. In conseguenza a ciò i suoli diventano molto più facilmente
erodibili, dato che non sono più protetti dall’azione dilavante delle acqua superficiali. Tutto ciò
provoca alluvioni, interramenti degli alvei dei fiumi e modificazioni drastiche dei rilievi e della
idrologia.
64
L’ITINHERARIO INVISIBILE
Dopo averla utilizzata, l’uomo restituisce all’ambiente l’acqua carica dei suoi rifiuti che
determinano fenomeni di inquinamento il più delle volte irreversibili.
Inoltre esistono anche altre modificazioni che non traggono origine da un intervento diretto sulla
risorsa acqua, ma che dipendono dalle trasformazioni subite dal territorio e dall'ambiente naturale
a causa degli insediamenti urbani e produttivi; così, con l’inquinamento dell’atmosfera, l’essere
umano ha distribuito veleni che ricadono con le piogge acide e che danneggiano fiumi, laghi e
paludi e di conseguenza tutta la vita racchiusa in questi ecosistemi.
Subsidenza: emergenza del territorio romagnolo e problema di carattere nazionale
La Romagna presenta una vasta porzione di territorio pianeggiante (corrispondente più o meno
con la parte posta a Nord della Via Emilia) che assomma alcune caratteristiche peculiari:
una pendenza media vicino allo 1°/°°, ma molto inferiore nei 6-7 Km più prossimi alla costa;
una stratigrafia caratterizzata nella prima parte (dai 150 m della Via Emilia ai 400 m della
costa) da terreni geologicamente giovani e di origine sedimentaria;
un sistema idrogeologico sotterraneo schematizzabile in due grandi acquiferi (dai 50 ai 150 m
e sotto i 180 m) pressurizzati;
un sistema produttivo (agricoltura, industria, artigianato) e sociale (acquedottistica)
estremamente idroesigente.
In questo particolare contesto, la situazione di approvvigionamento idrico si basa in molti casi
sull’estrazione di acqua dal sottosuolo tramite pozzi localizzati in corrispondenza degli acquiferi
pressurizzati.
Dalla Via Emilia al mare sono stati censiti più di 8.000 pozzi artesiani ad uso extradomestico e
circa 30.000 ad uso domestico.
Appare quindi molto evidente la grande quantità di acqua che ogni giorno viene prelevata a vario
titolo dal sottosuolo e che supera di gran lunga la capacità degli acquiferi profondi di ricaricarsi,
con conseguente grave depressurizzazione degli stessi.
L’abbattimento della piezometria provoca nei sedimenti sede di acquifero una compattazione che
si trasmette in superficie traducendosi nel fenomeno della subsidenza. In sintesi il fenomeno
fisico è il seguente: un abbassamento della superficie piezometrica (livello della falda) si traduce
in una diminuzione della pressione idrostatica negli interstizi degli ammassi granulari. Ne
consegue un aumento della pressione effettiva sui grani da cui dipende il processo di
consolidamento.
65
L’ITINHERARIO INVISIBILE
La subsidenza ha in alcuni casi origini naturali (nel senso di cause non dovute ad azioni umane)
ed in altre antropiche. Fra le cause naturali sono presenti la compattazione dei sedimenti
geologicamente più recenti, il collasso di cavità sotterranee, gli assestamenti per eventi sismici.
Fra gli interventi dell'uomo quello più significativo è l'estrazione di fluidi dal sottosuolo.
Il fenomeno è praticamente irreversibile e si manifesta più evidentemente dove si hanno i
maggiori abbassamenti piezometrici ed i maggiori strati di sedimenti compressibili.
Fra gli effetti negativi ci sono: la modifica dell'equilibrio sedimentologico dei corsi d'acqua di
pianura fino ad alterare la linea di costa, la variazione della pendenza delle reti idrauliche artificiali
(fognature, bonifiche), la riduzione dei fianchi arginali con conseguenti pericoli di inondazioni e
danni agli edifici.
Proprio in alcune aree dell’Emilia Romagna, l'estrazione di fluidi dal sottosuolo ha dato luogo a
consistenti fenomeni di subsidenza che sono, in diversa misura, ancora in atto. Le principali aree
interessate sono:
•
quella ravennate, nella quale il fenomeno è dovuto sia all'utilizzo di acque sotterranee sia
all'estrazione storica di idrocarburi (acque metanigene);
•
quella bolognese, nella quale il fenomeno è connesso prevalentemente all'estrazione di
acqua per usi civili, industriali, irrigui e zootecnici.
In queste zone, negli ultimi 40-50 anni è aumentato molto il rischio di esondazione, che viene
aggravato ulteriormente da alcuni fattori come:
•
la mancanza di risorse per interventi strutturali sulle arginature;
•
la mancanza di sorveglianza continua;
•
la difficoltà a mantenere gli alvei sgombri da vegetazione ad alto fusto;
•
l’aumento incontrollato di specie animali che scavano tane nei rilevati arginali;
E’ da considerare anche la rete di bonifica pensata e costruita all’inizio del XX secolo ed in alcuni
casi anche nei secoli precedenti.
La stessa rete deve sostenere fenomeni meteorologici i cui effetti sono amplificati dall’elevata
urbanizzazione e dall’abbassamento del suolo che ha reso molto più difficile lo scolo delle acque
e diminuito implicitamente l’efficienza idraulica degli impianti di sollevamento. In particolare i
canali che hanno uno scolo naturale, quelli si impattano col fenomeno delle maree, mostrano una
crescente difficoltà a reggere l’impatto idraulico e vanno in crisi con eventi meteorici sempre
meno intensi e quindi più frequenti come accadimento.
66
L’ITINHERARIO INVISIBILE
La subsidenza quindi è il primo nemico da combattere e la battaglia deve essere orientata nella
direzione delle cause del fenomeno e non nel cercare di tamponare gli effetti del fenomeno. Se la
subsidenza non sarà bloccata all’origine, fornendo una fonte alternativa di superficie al prelievo
profondo di acqua, le risorse sufficienti a tamponare i danni che verranno prodotti
dall’abbassamento del suolo non saranno disponibili.
Gli sprechi e la carenza
All’inizio del secolo poter avere l’acqua in casa era un privilegio per poche persone;
l’approvvigionamento era difficoltoso e richiedeva energia e tempo. Per molti non è lontano il
ricordo delle donne che portavano sulla testa le conche di rame, usate per attingere l’acqua; la
biancheria veniva lavata, in qualsiasi stagione dell’anno, con l’acqua fredda del fiume e poi
veniva stesa ad asciugare sulle pietre dell’alveo.
Oggi la rete idrica raggiunge anche gli insediamenti più piccoli e lontani.
Purtroppo il concetto secondo il quale l’acqua è una risorsa gratuita, fornita dalla natura in
abbondanza e priva di valore economico, è duro a morire, mentre stenta a decollare quello più
razionale ed attuale dell’oro blu.
Inoltre la “Relazione sullo stato dell’Ambiente 2001”, a cura del Ministero dell’Ambiente, quantifica
all’incirca nel 30% la quantità d’acqua che viene persa tra il prelievo e l’effettiva erogazione.
Questo dato è più o meno omogeneo in tutto il territorio nazionale (si passa dal 23% del Nord al
30% del Sud e delle Isole) e porta l’Italia ai primi posti della classifica degli “spreconi” d’acqua tra
i Paesi europei.
Nella maggior parte dei casi, la causa di questi sprechi viene imputata agli acquedotti italiani che
oramai sono vecchi di una trentina d’anni. Secondo Legambiente andrebbero ristrutturati circa 50
mila chilometri di rete idrica, ormai fatiscenti e inefficienti, per migliorare il sistema di adduzione e
distribuzione, gli impianti di depurazione e le reti fognarie (le cui carenze contribuiscono
all’inquinamento delle acque superficiali e sotterranee), la formazione del personale addetto.
Lo studio dell'associazione ambientalista denuncia uno stato dell'arte non più giustificabile in
un'epoca in cui la siccità, la desertificazione e la carenza d'acqua sono diventate parole comuni di
tutti i giorni. Se i dati di Legambiente risultassero esatti, la rete idrica italiana perderebbe ogni
minuto circa 6 milioni di litri equivalenti a due piscine olimpioniche in un momento storico in cui
gran parte della popolazione mondiale vive con meno di un litro d’acqua procapite.
67
L’ITINHERARIO INVISIBILE
E’ evidente che il risparmio della risorsa acqua deve avvenire proprio a partire dal risanamento e
dal graduale ripristino delle reti esistenti che evidenziano delle perdite rilevanti.
A causa dell’inadeguatezza del sistema idrico e della disomogeneità della disponibilità delle
risorse, pur avendo una grossa disponibilità di acque immesse in rete, per molte zone della
penisola l’acqua potabile rimane un bene raro, che spesso viene centellinato a giorni o addirittura
ad ore. Questo problema riguarda soprattutto l’Italia meridionale ed insulare. Nel 2000, il 24,3%
delle famiglie del meridione ed il 37,1% di quelle insulari hanno lamentato significative interruzioni
nella fornitura d’acqua, contro una media nazionale del 15% (dati ISTAT). Le regioni più colpite
sono la Sicilia (33,7%), la Sardegna (47,3%) e la Calabria (47,9%), dove si manifestano scenari
da emergenza di protezione civile (in Sicilia, nel 2001, è stato nominato un Commissario
Straordinario dell’emergenza idrica). Forti carenze si verificano anche in regioni piccole e ricche
di risorse, quali il Molise (18,1%) e la Basilicata (28%): il problema è dato, oltre che dall’alta
percentuale di perdite, anche dalla cessione delle acque locali ad altre regioni (soprattutto Puglia)
su cui è sorto un acceso contenzioso politico-economico.
Il risparmio idrico
L'acqua potabile è un bene fondamentale per la vita ma è anche scarsa in molte parti del mondo.
Non c’è alcun dubbio che molti degli sprechi d’acqua sono dovuti anche a modelli
comportamentali acquisiti con l’avvento della società dei consumi.
Al giorno d’oggi il risparmio idrico è un dovere di tutti i soggetti viventi: la maggior parte dell'acqua
viene consumata nel settore industriale e nel settore agricolo, ma si può arrivare a delle
percentuali considerevoli di risparmio negli usi civili, se ognuno di noi nella vita quotidiana adotta
buone “pratiche di uso responsabile”.
A tal fine, si propongono una serie di consigli di e accorgimenti da mettere in atto nelle nostre
abitazioni.
Per ottimizzare il risparmio nell’impianto idraulico:
•
utilizzare i miscelatori d'aria nei rubinetti e nelle docce riducendo così il consumo d'acqua
senza modificare le proprie abitudini. Si tratta di semplici apparecchi acquistabili per
pochi euro nei negozi di idrosanitari o nelle ferramenta; il loro funzionamento si basa sul
miscelare l’acqua con l’aria e, con poca spesa, permettono di risparmiare fino a 6.000 litri
68
L’ITINHERARIO INVISIBILE
all’anno. Chi usa il getto d'acqua non percepisce alcuna differenza ma il consumo
complessivo d'acqua è inferiore.
•
installare nel water un sistema con tasto stop (se non si preme a fondo si consuma di
meno) o uno scarico a due portate (3/6 litri o 4/9 litri per esempio) e comunque non
eccedere nell’uso dello scarico, responsabile del 30% del consumo domestico (ogni volta
che si preme il pulsante del WC vengono scaricati 10-12 litri di acqua, spesso solo per un
pezzettino di carta igienica).
•
operare sempre una corretta manutenzione e far riparare eventuali perdite dell’impianto
(un rubinetto che perde comporta una spreco d’acqua fino a 5000 litri d’acqua all’anno,
una tubatura anche fino a 1000 litri d’acqua al giorno);
•
isolare le condutture dell’acqua calda per diminuire il tempo necessario per ottenere la
temperatura necessaria;
•
quando devono essere sostituiti, acquistare elettrodomestici più efficienti.
Per ottimizzare il risparmio con le nostre azioni:
•
fare attenzione nel consumo dell'acqua durante l'igiene personale:
•
preferire la doccia al bagno: oltre che più veloce, la doccia fa consumare dai 30
ai 50 litri, contro 150-180 litri di un bagno;
•
lavarsi i denti in modo ecologico: un gesto quotidiano come lavarsi i denti può
comportare enormi sprechi d'acqua nel lungo periodo a causa della pessima e
inutile abitudine di lasciare sempre il getto dell'acqua completamente aperto.
•
la rasatura ecologica: consiste nell’evitare di lasciare il rubinetto aperto per pulire
il rasoio e mentre ci si rade. Si consiglia di chiudere il tappo del lavabo e di
riempirlo d'acqua fino alla metà per utilizzarla nel risciacquo del rasoio di volta in
volta.
•
per lavarsi le mani è inutile tenere sempre aperto il getto d'acqua. Per una buona
pulizia è soprattutto necessaria una buona perizia nell'insaponarsi le mani. Aprite
il rubinetto una prima volta per bagnare le mani e il sapone, poi richiudetelo.
Dopo aver insaponato le mani, per 1-2 minuti, riaprite il getto d'acqua solo per
risciacquarle.
•
chiudere il rubinetto mentre ci si insapona: si può risparmiare acqua anche
chiudendo il rubinetto mentre ci si massaggia la cute durante lo shampoo e
69
L’ITINHERARIO INVISIBILE
durante il tempo che serve per il balsamo (uno o due minuti). Sono parecchi litri
d'acqua se si pensa alla pressione del rubinetto della vasca, e non cambia
assolutamente nulla.
•
utilizzare lavatrici e lavastoviglie solo a pieno carico e inserire i programmi
economizzatori dove possibile; per ogni ciclo completo di lavaggio si consumano
dagli 80 ai 170 litri d’acqua;
♦ evitare di usare l’acqua potabile per lavare l’automobile e comunque non farla
scorrere a getto continuo ma raccoglierla in un secchio.
♦ praticare forme di riutilizzo dell'acqua in casa:
♦ riciclare l’acqua di cottura della pasta per lavare le stoviglie: essendo ricca di
amidi, ha un forte potere sgrassante e fa risparmiare detersivo;
♦ innaffiare le piante al mattino o, meglio, al tramonto, usando acqua di pozzo o
piovana, dove possibile; nel giardino preferire i sistemi di irrigazione
programmabili a micropioggia facendoli funzionare la notte quando i consumi
sono più bassi;
♦ riciclare per le piante l’acqua usata per il lavaggio delle verdure;
♦ esistono poi sistemi per il recupero delle acque piovane (una volta raccolte e
purificate si possono utilizzare per il funzionamento di lavatrici e lavastoviglie) o il
riutilizzo di quelle già usate (per alimentare gli sciacquoni)
♦ sistemi di preriscaldamento e strumenti di monitoraggio per segnalare
l’eccessivo consumo di acqua pulita.
BUCATO 12%
BAGNO DOCCIA 39%
ALTRI USI 6%
LAVAGGIO AUTO/
GIARDINAGGIO
6% USI IN CUCINA
6%
LAVAGGIO
STOVIGLIE
10%
ALTRI USI SANITARI
20%
USO POTABILE
1%
L’utilizzo dell’acqua in casa
(Fonte: http://www.edilio.it/news/edilionews.asp?tab=Notizie&cod=6807)
70
L’ITINHERARIO INVISIBILE
Misure di risparmio idrico nel settore industriale:
Anche nel settore produttivo industriale può essere perseguito il risparmio idrico, se le aziende
adottano soluzioni tecnologiche di risparmio, riuso e riciclo, con l’utilizzo di acque meno pregiate
per usi compatibili.
L’utilizzo di questa tipologia di acque, per forme di utilizzo compatibili con l’attività produttiva, è
connesso alla realizzazione di reti di distribuzione di acque meno pregiate, in particolare di acque
reflue depurate, e al recupero di acque di pioggia.
I fattori che andrebbero considerati in un programma di riuso industriale dell’acqua includono:
•
identificazione delle opportunità di riuso dell’acqua;
•
determinazione dei livelli minimi di qualità per gli usi previsti;
•
identificazione delle fonti di acque reflue che potrebbero soddisfare i livelli di qualità
determinati;
•
individuazione delle modalità di trasporto.
Un altro valido strumento per la conservazione della risorsa, è l’adozione, da parte delle imprese,
di politiche volontarie aziendali, consistenti in iniziative di contenimento e sostenibilità degli
impatti ambientali quali EMAS, ECOLABEL, ISO 14000.
Misure di risparmio idrico nel settore agricolo:
L’agricoltura è il settore che effettua i maggiori prelievi d’acqua. Per il settore irriguo viene
considerata l’applicazione del deflusso minimo vitale in alveo (DVM) che rappresenta un vero e
proprio vincolo normativo; ciò comporta una riduzione della disponibilità di acque dai corsi
d’acqua con ripercussioni sugli emungimenti dalle falde.
Relativamente all’irrigazione, generalmente si distinguono tre categorie di pratiche di risparmio
idrico: pratiche al campo; strategie di gestione e modifiche di sistema.
Le “pratiche di campo” sono tecniche che mantengono l’acqua nel suolo, distribuiscono l’acqua
più efficientemente su tutto il terreno o incoraggiano la ritenzione dell’umidità nel suolo. Esempi di
queste pratiche includono l’incisione dei suoli estremamente compatti o la lavorazione più
approfondita degli stessi, piccoli argini ai bordi per prevenire lo scorrimento, l’impiego massiccio
di pacciamatura. Normalmente queste pratiche sono poco costose.
Le “strategie gestionali” comportano il monitoraggio delle condizioni dell’acqua e del suolo e la
raccolta di informazioni sull’uso dell’acqua e sull’efficienza l’informazione aiuta nel prendere
decisioni sulla programmazione o sul miglioramento dell’efficienza del sistema d’irrigazione. I
71
L’ITINHERARIO INVISIBILE
metodi includono la misurazione dell’acqua di pioggia, la determinazione dell’umidità del suolo, il
controllo dell’efficienza delle pompe, e la programmazione dell’irrigazione.
La “modificazione dei sistemi d’irrigazione” significa il miglioramento dei sistemi esistenti o il loro
cambiamento generale con nuovi sistemi ad alta efficienza o sull’utilizzo di fonti alternative come
il riuso delle acque reflue.
Generalmente un cambiamento totale è più costoso delle modalità precedenti.
Le tecniche irrigue attualmente utilizzate (aspersione a pioggia; sommersione; scorrimento
superficiale e infiltrazione laterale; goccia, microirrigazione e altro) vanno selezionate in funzione
del maggior risparmio in rapporto alle esigenze colturali.
Le azioni potenzialmente efficaci possono essere riassunte in:
•
la realizzazione di invasi per l’immagazzinamento dell’acqua, con la costruzione di dighe,
laghetti collinari, invasi aziendali, capaci di accumulare l’acqua nei periodi in cui è
largamente disponibile e per consentirne l’impiego in quelli aridi;
•
le tecniche di risparmio idrico e di incremento dell’efficienza come le tecniche di
aridocoltura, la scelta di sistemi irrigui efficienti ecc.;
•
il riuso delle acque già usate, che altrimenti andrebbero perse ai fini irrigui, come quelle
scaricate dai depuratori civili, dalle attività agroindustriali o di drenaggio dai terreni a
seguito di importanti eventi meteorici;
•
l’utilizzo dei bilanci idrici, in grado di dare informazioni agli utilizzatori finali su quando e
quanto irrigare e con quale modalità.
Progetti di risparmio idrico attuati e/o in fase di attuazione nella Regione Emilia Romagna
Il 21 dicembre 2005 la Regione Emilia Romagna ha approvato il Piano di Tutela delle Acque,
conformemente a quanto disposto dalla normativa nazionale ed europea, che costituisce il
principale strumento di pianificazione per affrontare le complesse problematiche di tutela e
gestione delle acque. L’approccio integrato presentato dal Piano risulta essere molto innovativo,
in quanto associa e concilia gli aspetti qualitativi (inquinamento) e quelli quantitativi, secondo una
strategia che intende affiancare alle tradizionali politiche infrastrutturali (acquedotti, invasi, canali
artificiali, etc.), nuove e moderne politiche di risparmio e conservazione dell'acqua.. Facendo
riferimento ai più rilevanti documenti di indirizzo europeo e alle principali esperienze d'oltre
oceano (U.S.A. ed Australia), il programma si avvale di strumenti normativi, economici e di azione
volti a ridurre i consumi di acqua in ambito agricolo, industriale e civile. Le principali azioni
72
L’ITINHERARIO INVISIBILE
previste sono: la riduzione delle perdite dagli acquedotti, il riuso delle acque reflue, la dismissione
di tecniche irrigue a bassa efficienza, gli incentivi al settore privato ("Clean Technologies"), i
progetti pilota (ad esempio "Bagnacavallo") e gli studi e le ricerche dedicati al risparmio
dell'acqua, l'educazione e l'informazione per un consumo più attento e rispettoso. Proprio su
quest'ultimo aspetto, la Regione ha promosso diverse campagne di sensibilizzazione, per favorire
il risparmio dell'acqua nelle case dei cittadini emiliano-romagnoli. Anche a causa dei periodi di
siccità che hanno interessato tutto il territorio nazionale (Emilia Romagna inclusa) ora si pone
sempre di più l'attenzione su come l'acqua viene impiegata in tutti i settori, incluse le quotidiane e
ben radicate abitudini domestiche. L'utilizzo dell'acqua tra le mura di casa interessa proprio la
forma più preziosa e nobile di questa risorsa, quella potabile, ed il suo consumo influisce in modo
significativo anche su quello energetico (si pensi all'acqua calda!): quindi ridurre lo spreco di
acqua vuole dire abbassare i costi economici e ambientali legati non solo all'acqua in sé, ma
anche all'energia e alle emissioni ad essa collegata. Il ruolo del cittadino diventa fondamentale e
determinante per consumare meno acqua, e soprattutto per consumarla meglio: l'adozione di
piccole tecnologie idrosanitarie, come i frangigetto, i riduttori di flusso e la cassetta del WC a
doppio tasto, rappresenta un’azione importante ed insostituibile, ma senza l'attiva collaborazione
delle persone non è sufficiente per raggiungere questo obiettivo e mantenerne gli effetti a lungo
termine. Infatti i primi nemici da sconfiggere, per potere restituire a questa risorsa il proprio valore
e pregio, sono lo spreco e le "cattive" abitudini d'uso ed il cittadino e la famiglia sono i
protagonisti indiscussi di questa battaglia a favore della nostra preziosa acqua.
Progetto pilota di conservazione e risparmio idrico nel Comune di Bagnacavallo
Il progetto è sviluppato da regione Emilia Romagna, Legambiente, Hera Ravenna Srl, Provincia
di Ravenna, Comune di Bagnacavallo, Università degli Studi di Parma, Associazione Confservizi.
Con questo progetto pilota sono stati installati i dispositivi Rompigetto Aerati nei rubinetti di 1.814
famiglie e per oltre un anno Hera ha raccolto i dati dei consumi confrontati con quelli di un
Comune limitrofo, per destagionalizzare i dati. La successiva elaborazione effettuata
dall’Università ha permesso di valutare fino al 50% il risparmio di acqua per singolo rubinetto,
corrispondente a quasi il 10% di risparmio complessivo a livello di alloggio, tenuto conto che la
maggioranza dei consumi è dovuto agli apparecchi domestici come la lavatrice e per usi di pulizia
della casa e giardinaggio.
Progetto “bagnino ecologico”
73
L’ITINHERARIO INVISIBILE
Il progetto è stato avviato dalla Provincia di Rimini nel 2003 per far fronte ai problemi ambientali
di uno stabilimento balneare: notevole consumo idrico per l'uso continuo di docce, sciacquoni,
irrigazione del verde e lavaggio delle parti comuni; consumo energetico, relativo all'illuminazione
notturna dello stabilimento, alla presenza di pompe, impianti irrigui, riscaldamento dell'acqua,
ecc; produzione di rifiuti, la maggior parte dei quali recuperabili (carta, plastica, vetro, ecc).
E’ stato quindi studiato insieme ai bagnini un progetto sulla gestione eco-compatibile di uno
stabilimento balneare, secondo i principi dello sviluppo sostenibile. Importante il supporto della
scuola superiore IPSIA L.B. Alberti di Rimini che ha progettato l'impianto di risparmio idrico per
riutilizzare le acque delle docce.
Gli obiettivi risultano pertanto essere: ridurre i consumi energetici attraverso l'utilizzo di energia
rinnovabile come pannelli fotovoltaici e solari termici; contenere i consumi idrici attraverso il
riutilizzo delle acque delle docce; aumentare la sensibilità ambientale dei turisti e degli operatori
attraverso un loro coinvolgimento diretto nella conoscenza sulla qualità delle acque di
balneazione, nella raccolta differenziata e nella mobilità sostenibile.
Presso il Bagno Giulia 85 di Riccione, nell'estate 2003, si è realizzato:
•
un impianto fotovoltaico e solare termico per il risparmio energetico;
•
un sistema di riutilizzo delle acque e l'introduzione generalizzata dei riduttori di flusso per
le docce finalizzati al risparmio idrico;
•
contenitori per la raccolta differenziata dei rifiuti (carta, plastica, pile, vetro);
•
una stazione informativa "info-point" realizzata con ARPA-Sezione di Rimini, con i dati
aggiornati periodicamente sulla qualità delle acque di balneazione, i livelli di radiazione
UV e le previsioni meteo;
Sia sul piano ambientale che su quello economico il progetto ha dimostrato la sua convenienza,
tanto che, da allora, gli stabilimenti balneari che hanno attuato strategie di sostenibilità
ambientale sono diventati piuttosto numerosi. Anche la Provincia di Forlì-Cesena nel gennaio
2005 ha finanziato lo studio e la progettazione di stabilimenti balneari ecologici nei Comuni di San
Mauro Pascoli e Cesenatico.
SOLARDRIP: risparmiare acqua ed energia in agricoltura
SOLARDRIP è il progetto attuato dal Consorzio di bonifica per il Canale Emiliano Romagnolo e
cofinanziato dalla Regione Emilia Romagna, che utilizza pannelli solari per l’alimentazione di
impianti di irrigazione a goccia.
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
Il sistema irriguo fotovoltaico a goccia è pensato per poter abbinare il risparmio energetico
conseguibile con l’impiego di energia rinnovabile fotovoltaica con il risparmio idrico determinato
da un razionale impiego dell’irrigazione a goccia. Ciò rappresenta un importante passo verso la
sostenibilità, grazie all’impiego di fonti energetiche rinnovabili e di metodi di irrigazione e di
gestione dell’acqua di massima efficienza.
Infatti, i danni provocati dall’uso non oculato delle risorse naturali destano sempre più forti
preoccupazioni, sia d’ordine ambientale sia sotto il profilo economico e sociale. I cambiamenti
climatici provocati dall’effetto serra, causato dalle eccessive emissioni di CO2 nell’atmosfera,
stanno provocando un sensibile incremento della temperatura dell’aria e cambiamenti climatici,
con accentuazione di lunghi periodo di assenza di piogge ed altri con precipitazioni d’intensità
spesso disastrosa.
Parallelamente, un’altra concreta emergenza ambientale, specie per i suoi negativi effetti sulla
subsidenza del territorio e sull’ingressione salina nelle falde costiere, è rappresentata dal sempre
maggior impiego di risorse idriche negli usi civili, industriali ed ancor più in quelli agricoli (che
utilizzano il 60% della risorsa idrica complessiva prelevata dall’ambiente), accompagnato
dall’inquinamento dell’acqua che ne mina sempre più gravemente l’impiego.
In questo contesto, l’impiego dell’energia solare fotovoltaica nell’irrigazione a goccia può
consentire buoni risultati, senza trascurare il fatto che si possa utilizzare il medesimo impianto per
la produzione di energia elettrica per l’azienda agricola oppure per la vendita alle aziende
produttrici di energia.
In sintesi, il sistema SOLARDRIP, adeguatamente dimensionato, può permettere di dare poca
acqua alle colture nei periodi dell’anno con giornate corte (o nelle giornate estive ma con
copertura nuvolosa), e viceversa più acqua in quelle lunghe e molto soleggiate, nelle quali la
domanda evapotraspirativa, e quindi l’esigenza idrica della pianta, è alta.
Il primo impianto dimostrativo è stato realizzato presso l’Azienda Sperimentale Martorano 5 di
Cesena su un pescheto di 6 filari; il sistema è stato montato anche presso l´Istituto Professionale
di Stato per l´Agricoltura di Ferrara.
75
L’ITINHERARIO INVISIBILE
Riferimenti bibliografici
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ecosistemi fluviali”. 1999. WWF Teramo. Pp 18-19, 21-26.
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carattere nazionale”. In “Acqua in Romagna. Una risorsa strategica per l’uomo e
l’ambiente”. 1996. Pp 21-23.
Anima Mundi. “Vivalacqua”. In “Tocca a te! Dispensa informativa”. 2004-2005. Pp 1-5.
G. Nebbia. In: “Sete”. 1991. Ed. Editori Riuniti. Pp 19-38.
A. Cerreoni. “Acqua, l’oro blu del XXI secolo”.
L. Rossi, N. Zanini. In: “L’acqua e l’uomo”. Dispense di educazione ambientale. Pp: 9-16;
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http://www.aquaer.it/aquaer/ciclo/406.htm
CD-Rom Tuttoambiente. Anima Mundi Editrice
http://www.gruppohera.it/gruppo/attivita_business/business_energia/efficienza_energetic
a/mondo_hera_efe/pagina4.html?evidenzia=bagnacavallo
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
Capitolo 4 – Un viaggio… invisibile
Il comune atto di aprire un rubinetto e vedere scorrere l'acqua non deve mai fare dimenticare il
lavoro e le competenze tecniche che sono dietro il sistema di distribuzione di questo liquido. Per
avere un'idea, basta pensare che si stima che i tubi che forniscono l'acqua a tutte le case della
Svizzera siano sufficienti a fare una volta e mezzo il giro della Terra. Perché arrivi l'acqua nelle
nostre case occorre che questa sia prima raccolta, poi potabilizzata, quindi inviata nelle singole
aree e poi distribuita capillarmente.
La captazione
L’uomo per poter sfruttare l’acqua deve prima riuscire a captarla, raccoglierla e renderla idonea
all’utilizzo specifico. Nelle varie epoche si sono succeduti sistemi di captazione sempre più
moderni ed efficaci, tanto che oggi è possibile prelevare l’acqua tramite diverse fonti e in diversi
modi.
La captazione da sorgente
Questo sistema prevede una struttura di captazione posta nello stesso punto in cui l'acqua
sgorga naturalmente. L'opera di presa è costituita da una serie di vasche che permettono il
controllo delle portate e, eventualmente, l'allontanamento di solidi in sospensione tramite
sedimentazione.
Tutte queste vasche sono dotate di uno scarico di fondo, che permette lo svuotamento delle
stesse in caso di interventi di manutenzione o pulitura, e scarichi di troppo pieno che funzionano
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
tramite sfioratori, i quali eliminano la quantità d'acqua in eccesso. Il canale di scarico è
necessariamente dotato di valvole, le quali non permettono che l'acqua torni indietro. In caso
contrario, infatti, si rischierebbe l’inquinamento delle acque.
La captazione da falda
In questo caso la captazione avviene tramite la realizzazione di pozzi che intercettano acqua di
falda, sia freatica sia artesiana. Tali pozzi sono dotati di sistemi di pompaggio per trasportare
l'acqua fino alla quota a cui è posta la condotta di adduzione.
Il pozzo, sorta di serbatoio nel quale confluisce l’acqua sotterranea e dal quale viene pompata in
superficie, è stato da sempre il mezzo più comune usato dall’uomo per recuperare l’acqua
sotterranea.
Per assicurare una costante riserva d’acqua, un pozzo deve penetrare parecchi metri al di sotto
della superficie freatica, considerando che il livello di una falda acquifera può variare
notevolmente durante il corso dell’anno, abbassandosi durante le stagioni secche e alzandosi in
seguito ai periodi di pioggia. Quando si pompa l’acqua da un pozzo si crea localmente una
depressione della superficie della falda acquifera, a forma di ampio cono con il vertice verso il
basso. Se il pompaggio è intenso, la falda può abbassarsi non solo in prossimità del pozzo, ma
anche più lontano, entro un’ampia zona. In casi del genere si dice che l’acqua è stata
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
letteralmente scavata, e se il pompaggio dovesse improvvisamente cessare, potrebbero
occorrere centinaia di anni perché venga rimpiazzata l’acqua sotterranea che è stata estratta.
Una falda acquifera artesiana è caratterizzata dal fatto che è confinata da tutte le parti da
materiali che non permettono il passaggio dell'acqua (per esempio strati di argilla impermeabile).
Questa situazione, da un punto di vista idraulico, è paragonabile ad una tubazione in pressione,
dal momento che esiste una pressione dell'acqua all'interno della falda maggiore di quella
atmosferica.
Quando si perfora un acquifero con le caratteristiche sopra descritte, la pressione fa risalire
l’acqua nel pozzo.
I sistemi artesiani agiscono come condutture, trasferendo l’acqua, anche su grandi distanze, dalle
aree di ricarica alle zone di discarica. Falde artesiane numerose, anche a più livelli, la cui acqua
risale spontaneamente fino in superficie, si trovano sotto tutte le grandi pianure alluvionali
italiane: Pianura Padana, pianure della Versilia, della Maremma, dell’Agro Pontino, del basso
Volturno e di Napoli, di Sibari, ecc.
Come avviene per molte altre preziose risorse naturali, anche le acque sotterranee vengono
utilizzate a un ritmo sempre crescente. In alcune zone, l’eccessivo sfruttamento minaccia già di
esaurire le riserve acquifere, mentre in altre il continuo prelievo ha provocato notevoli
abbassamenti del suolo (fenomeno chiamato “subsidenza”), con serie conseguenze per gli
insediamenti presenti; in altre zone, infine, si fa sempre più vivo il pericolo di serio inquinamento
delle falde acquifere sotterranee.
La captazione da acque superficiali correnti
Le opere di presa per la captazione di acqua da fiumi o torrenti è realizzabile attraverso diversi
metodi:
•
impianti di sollevamento
•
sifoni a cavaliere d'argine
•
traverse o dighe
Se la captazione è effettuata tramite impianti di sollevamento, le opere di presa si compongono di
una pompa (a secco o sommersa) e nelle condotte per trasportare l'acqua alla condotta di
adduzione.. Nella progettazione di questo impianto è necessario tenere conto del fatto che
nessuna pompa è in grado di trasportare l'acqua oltre determinate altezze.
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
Il sifone a cavaliere d'argine è un tipo particolare di sifone utilizzato per superare l'ostacolo
dell'argine del fiume. In questo tipo di soluzione è necessaria la presenza di una pompa,
esclusivamente per adescare il moto, che poi continua autonomamente a mantenersi costante.
Anche in questo caso è necessario tenere conto delle reali possibilità che una pompa ha di
innalzare il livello piezometrico dell'acqua.
La captazione di acqua da un fiume è possibile anche predisponendo direttamente un'apertura
lungo la sponda del fiume che permetta il convogliamento dell'acqua verso le condotte. In questo
caso, tuttavia, è bene predisporre la presenza di una traversa a valle dell’apertura della sponda
che ostacoli la corrente, costringendo in questo modo un innalzarsi di livello dell’acqua. Con
questa soluzione si evita che la portata d'acqua captata vari nel tempo, in quanto la finestra
attraverso cui l'acqua scorre sarà sempre completamente sommersa dall'acqua.
La captazione da acque superficiali stagnanti
La captazione da acque superficiali stagnanti è effettuata solitamente tramite la costruzione di
torri aventi finestre richiudibili per il passaggio dell'acqua, poste a varie altezze. In questo modo è
possibile captare l'acqua a profondità diverse in funzione del livello del lago in quel periodo, della
torbidità dell'acqua di fondo e della temperatura dell'acqua superficiale.
La captazione tramite dighe
Una diga è uno sbarramento permanente su un corso d'acqua naturale che serve a creare un
lago artificiale. A seconda dei materiali impiegati per la costruzione la diga può essere di
calcestruzzo (o muratura), in terra, di pietrame o di materiale misto. Gli sbarramenti in
calcestruzzo possono essere del tipo a gravità (anche alleggerita), ad arco o di tipologie miste
(arco-gravità, volte multiple, ecc.).
La potabilizzazione
La potabilizzazione dell'acqua consiste nella rimozione delle sostanze contaminanti per ottenere
acqua potabile che sia congrua con quanto stabilito dalla legge per il normale consumo
domestico (D. Lgs. 31/2001) o per usi industriali (p. esempio l’industria alimentare).
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
L’acqua potabile deve essere limpida, incolore ed inodore, di sapore gradevole, priva di germi
patogeni o altre sostanze nocive alla salute.
Le sostanze inquinanti contenute nell’acqua grezza possono derivare dall’attività dell’uomo (per
esempio inquinamento delle falde sotterranee dovuto all’uso di antiparassitari e altre sostanze in
agricoltura) o dal normale processo di erosione che l’acqua esercita sulle sostanze solide con cui
si trova a contatto (p. esempio minerali disciolti dal passaggio dell’acqua attraverso gli strati del
suolo). Nelle acque superficiali è inoltre possibile riscontrare la presenza di batteri, derivanti dagli
scarichi degli insediamenti urbani e dalla vita vegetale e animale che si svolge nei corsi d’acqua,
nei laghi e sulle loro sponde. L’eliminazione delle sostanze inquinanti si effettua facendo passare
l’acqua grezza attraverso impianti di varia natura (p. esempio sedimentatori, filtri, raggi UV) e
aggiungendo sostanze chimiche che favoriscono la potabilizzazione (p. esempio disinfettanti). La
scelta della migliore tecnica di potabilizzazione dipende dalla natura degli inquinanti contenuti
nell’acqua grezza.
In generale il processo di potabilizzazione delle acque avviene per:
•
migliorare sapore, odore e colore
•
diminuire la durezza, che rappresenta il contenuto di sali di calcio e magnesio
•
rimuovere nutrienti quali azoto, fosforo e BOD, la cosiddetta domanda biochimica di
ossigeno, che rappresenta una misura del contenuto di materia organica biodegradabile presente
in un campione d'acqua.
•
rimuovere solidi sospesi e sedimentabili
•
rimuovere patogeni tramite disinfezione
L’acqua potabile
Il termine “potabile” significa che l’acqua può essere bevuta senza nuocere alla salute; per
considerarla tale, come stabilito dalla legge.
L’acqua potabile destinata al consumo umano, secondo quanto stabilito dal D.Lgs. 31/2001, deve
avere le seguenti caratteristiche:
•
il pH deve oscillare tra 6,5 e 9,5
81
L’ITINHERARIO INVISIBILE
•
la conducibilità elettrica, che è proporzionale alla quantità di elettroliti presenti, deve essere di
circa 2500 µS cm-1 a 20°C (S = Siemens unità di misura della conduzione elettrica nel SI: 1S=
1ohm-1)
•
il residuo fisso a 180°C, ossia la quantità di Sali minerali disciolti, può arrivare a 1500 mg/l
•
la durezza totale, espressa in gradi francesi, è consigliata da 15 a 50. Per durezza totale di
un’acqua s’intende il contenuto di Sali di calcio e magnesio (prevalentemente HCO3-, Cl-, SO42,NO3-); la durezza temporanea è data solo dai bicarbonati che, in seguito a riscaldamento,
precipitano come carbonati e possono essere allontanati; la durezza permanente è dovuta invece
ai Sali che rimangono in soluzione dopo ebollizione.
•
lo ione ammonio (NH4+) può essere presente in quantità massima pari a 0,50 mg/l
•
lo ione nitrito (NO2-) può essere presente in quantità massima pari a 0,50 mg/l
•
lo ione nitrato (NO3-) è ammesso fino a 50 mg/l.
•
i cloruri sono ammessi fino a 250 mg/l.
•
il ferro è ammesso fino a 0,2 mg/l e il manganese fino a 0,05 mg/l. In entrambi i casi,
quantitativi superiori alterano i caratteri organolettici dell’acqua
•
tensioattivi anionici sono tollerati fino a 0,2 mg/l. Rappresentano i tensioattivi più usati
nell’industria dei detersivi e si possono ricercare e dosare con metodo semplice. Per quelli non
ionici, la legge non riporta il valore – guida, né quello limite in quanto il metodo attuato per la
determinazione è lungo e laborioso
•
gli antiparassitari comprendono gli insetticidi, gli erbicidi e i fungicidi. Non sono ammessi;
vengono tuttavia tollerati fino a 0,1 µg/l singolarmente e fino a 0,5 µg/l complessivamente.
•
Escherichia coli e enterococchi non sono ammessi
La depurazione
Le attività umane, sia in ambito urbano che extraurbano, richiedono e utilizzano una grande
quantità di acqua, che al momento dello scarico contengono quantità più o meno elevate di
sostanze inquinanti. Tali “scarichi” vengono restituiti all’ambiente immettendoli in mari, fiumi e
laghi, che ogni anno quindi ricevono migliaia di tonnellate di acque di scarico derivanti da attività
sociali, produttive e ricreative. Tali acque, se non vengono debitamente sottoposte a trattamenti
di depurazione, possono pregiudicare pesantemente la qualità delle acque dei corpi idrici in cui
sono immesse, causando il ben triste fenomeno conosciuto con il nome di inquinamento.
I corpi idrici hanno una loro capacità autodepurativa, ovvero riescono a “smaltire” in modo
naturale gli inquinanti presenti, a patto che le quantità immesse si mantengano entro un certo
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
limite, senza superare cioè la normale capacità autodepurativa e vedere così compromessa la
qualità delle proprie acque e i normali equilibri dell'ecosistema.
L’ecosistema del fiume
Il problema nasce proprio quando la quantità degli scarichi, prodotta da paesi e città densamente
popolati, è talmente elevata da non poter essere depurata in questo modo.
È evidente quindi la necessità di intervenire con la depurazione delle acque reflue attraverso
sistemi di trattamento che imitano i processi biologici che normalmente avvengono nei corpi idrici.
I trattamenti di depurazione delle acque comprendono tre stadi:
•
trattamento primario, che ha lo scopo di separare le sostanze sospese nei liquami e viene
attuato con processi fisici e meccanici (grigliatura, sedimentazione);
•
trattamento secondario, che serve a eliminare le sostanze organiche che consumano
ossigeno e le sostanze azotate, ed è realizzato con metodi biologici che sfruttano l’opera dei
microrganismi aerobi;
•
trattamento terziario, che ha lo scopo di migliorare ulteriormente la qualità delle acque
provenienti dal trattamento secondario, eliminando le ultime tracce di sostanze sospese e
consumatrici di ossigeno, rimuovendo i composti nutritivi delle alghe e i detergenti sintetici, e
distruggendo i microrganismi patogeni. Viene effettuato per lo più tramite processi chimicofisici.
Le acque di scarico
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
Si definiscono acque di scarico quelle provenienti da tutte le attività umane, che quindi
rappresentano fonte di inquinamento delle acque naturali: domestiche, agricole, industriali,
ricreative.
Le acque di scarico, tecnicamente chiamate liquami, si possono suddividere in:
•
scarichi civili
•
scarichi industriali
•
scarichi agricoli
Le reti fognarie consentono di raccogliere gli scarichi prodotti dall’attività umana e di convogliarli
verso i sistemi di depurazione.
Il sistema fognario più moderno separa le acque domestiche e industriali da quelle piovane,
definendo le prime “acque nere” e le seconde “acque bianche”. Le acque nere sono quindi le
acque di rifiuto provenienti da insediamenti civili (acquai, lavabi, bagni, lavatoi, lavatrici, latrine,
cucine ecc.) e da insediamenti produttivi (acque di processo, di lavaggio ecc.). Le acque bianche
sono invece di origine meteorica (acqua piovana, neve), provenienti da tetti, terrazze, cortili e
giardini e da qualsiasi area scoperta non adibita a deposito di materiali potenzialmente inquinanti.
Per scarichi civili o liquami domestici, si intendono le acque provenienti da attività domestiche
(bagni, cucine, impianti igienici). Questi scarichi contengono sostanze di natura essenzialmente
organica, in particolare originate dal metabolismo umano. Altre sostanze sono poi individuabili nei
detersivi, nei resti dei cibi consumati e in materie non grasse. Il liquame domestico è un liquido
molto torbido, di colore grigio/bruno, contenente batteri, virus e altri microrganismi di origine
fecale umana.
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
Per scarichi industriali si intendono sia le acque provenienti dalle attività svolte negli
insediamenti industriali. In genere le attività industriali hanno bisogno di enormi quantità di acqua
per diversi usi (servizi igienici, trasporto di calore, produzione di vapore, come materia prima,
come reagente, come solvente ecc.). Quest’acqua viene in gran parte scaricata dando origine a
una quantità notevole di refluo con caratteristiche inquinanti molto variabili. Le sostanze
contenute negli scarichi industriali, infatti, sono le più diverse e variano a seconda di quale
prodotto viene lavorato in azienda, e quali processi avvengono.
Tra gli scarichi industriali si anche comprendono inoltre le acque di rifiuto contenenti i residui del
metabolismo animale degli allevamenti zootecnici, essendo queste attività ritenute agricole a
pieno titolo.
Altre acque che possono essere veicolo di inquinamento sono le acque di lavaggio delle stalle, di
caseifici, dei prodotti vegetali. Quasi tutti questi liquami hanno spesso un forte contenuto di
sostanze come ammoniaca e fosfato.
Non vanno dimenticate le acque contenenti concimi chimici, erbicidi, insetticidi, anticrittogamici
che arrivano ai corpi idrici in seguito al dilavamento da pioggia delle zone ad agricoltura
altamente industrializzata.
. L’eccessiva presenza di sostanze dannose all’ecosistema, come i nitrati e i fosfati, nelle acque
dei fiumi della pianura padana, è una delle principali cause della presenza nel Mar Adriatico della
“mucillagine”.
Le principali forme di inquinamento
I tipi di inquinamento possono essere di tanti differenti tipologie:
- inquinamento da detersivi
I detersivi e i detergenti in genere occupano uno dei primi posti nella classifica degli inquinanti
perchè ostacolano il naturale processo di autodepurazione dell’acqua. I detersivi producono
schiuma: questo naturalmente è un loro compito, ma la schiuma ricopre le acque e impedisce il
regolare scambio di ossigeno con notevoli danni alla vita acquatica. Inoltre i detersivi sono di
origine sintetica quindi non completamente biodegradabili, non vengono distrutti dai sistemi
biologici e per questo il loro inquinamento è duraturo.
85
L’ITINHERARIO INVISIBILE
Gli additivi aggiunti nei fustini sono fosfati e polifosfati che, in grossa quantità, contribuiscono a
scatenare il processo di eutrofizzazione delle acque, che determina una enorme proliferazione di
alghe. Naturalmente il rimedio per evitare l’eutrofizzazione è da ricercarsi, oltre che nel minimo
impiego di fosfati nei detersivi, nella installazione di nuovi impianti di depurazione delle acque,
capaci di ridurre anche l’apporto inquinante del fosforo.
- inquinamento termico
L’acqua è usata nelle centrali termiche e nucleari e in molte industrie come elemento
indispensabile per raffreddare gli impianti. Viene prelevata dagli acquedotti, dai fiumi e dalle falde
acquifere sotterranee. Una volta usata viene scaricata nelle fogne più calda e riversata nei fiumi,
nei laghi, causandone quindi un aumento della temperatura, che, a sua volta, porta a una
diminuzione della quantità di ossigeno disciolto, procurando quindi un danno notevole alla vita
acquatica. Ricordiamo che il ciclo vitale di molte specie di pesci, di piante e di microrganismi
dipende proprio dalla presenza di ossigeno.
L’inquinamento termico potrebbe essere ridotto raffreddando l’acqua prima di versarla nei fiumi,
nei mari e nei laghi, oppure utilizzando l’acqua calda per riscaldare abitazioni o per attività
produttive (serre), recuperando così l’energia per quel tipo di riscaldamento.
- inquinamento da sostanze solide
I rifiuti solidi che si depositano sul fondo dei fiumi, dei laghi o del mare, impediscono i processi
vitali di organismi e di piante che vivono sui fondali.
- inquinamento da scarichi urbani
Lo scarico delle fogne inquina l’acqua con residui organici e inorganici, biologici, industriali e
un’infinità di batteri e microrganismi pericolosi per la salute umana.
- inquinamento da prodotti radioattivi
Un altro grave apporto inquinante è rappresentato dai materiali radioattivi che vengono usati nelle
industrie, nei laboratori chimici, fisici e biologici, negli ospedali e nelle centrali nucleari.
- inquinamento da petrolio
Il petrolio ha una densità inferiore a quella dell’acqua e quindi galleggia formando uno strato
superficiale impermeabile all’ossigeno. Un solo litro di petrolio può ricoprire, con uno strato sottile,
circa 4.000 metri quadrati di acqua. Se un tratto di mare è ricoperto da uno strato di petrolio,
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
l’acqua sottostante non riesce a scambiare ossigeno con l’atmosfera e quindi si crea un danno
per la vita acquatica. Gli uccelli marini non possono più alimentarsi e, se si poggiano sull’acqua, il
loro corpo si copre di uno strato oleoso e colloso che ne impedisce il volo. L’inquinamento da
petrolio è la conseguenza di grossi incidenti alle petroliere, ma anche di perdite dai pozzi di
perforazione marina, o di deficienze nei sistemi di trasporto e di trasferimento dalle navi agli
impianti a terra. Il petrolio riversato in mare non può essere distrutto dai sistemi naturali di
disinquinamento, anche perchè la completa degradazione biologica di un litro di petrolio grezzo
richiederebbe tutto l’ossigeno presente in quasi 300.000 litri di acqua di mare.
Gabbiani imbrattati dal petrolio
- inquinamento da metalli pesanti
Le acque di scarico di molte industrie che usano metalli pesanti come mercurio, cromo, piombo,
rame e nichel, se non depurate, inquinano fiumi, laghi e acque sotterranee.
- inquinamento da solventi organici
Molte industrie e l’artigianato per la lavorazione della pelle usano solventi organici (trielina,
cloroformio, benzene, toluene, acetone, ecc.) e dopo l’uso li riversano nelle acque. A causa
dell’inquinamento da queste sostanze molti pozzi, prima utilizzabili per ottenere acqua potabile,
non possono più essere utilizzati.
- inquinamento agricolo
Nella moderna agricoltura si fa un grande uso di concimi chimici, fertilizzanti, diserbanti e altri
prodotti a difesa delle coltivazioni o per aumentare la produzione dei terreni coltivati. Per effetto
87
L’ITINHERARIO INVISIBILE
delle piogge una parte di queste sostanze viene dilavata e trasportata dalle acque nei fossi e
successivamente nei canali, fino ad arrivare nei fiumi e in seguito al mare. Una parte dell’acqua
piovana permea il terreno e scende nel sottosuolo inquinando le falde acquifere.
La fitodepurazione
La fitodepurazione è un sistema naturale di depurazione che utilizza processi chimici, fisici e biologici caratteristici degli
ambienti acquatici e delle zone umide, mediante l’azione combinata di substrati ghiaiosi, vegetazione e microrganismi. I
sistemi di fitodepurazione sfruttano le capacità di autodepurazione degli ambienti acquatici, avvalendosi di piante
caratteristiche che hanno la peculiarità di favorire lo sviluppo e la crescita di microrganismi che rendono possibili i
processi depurativi. Le specie maggiormente utilizzate per la realizzazione di questi impianti sono: canna palustre
(Phragmites austarlis), tifa (Typha sp.), scirpo (Scirpus sp.), carice (Carex), giunco (Juncus effusus), azolla (Azolla
filiculoides, capacità di rimuovere azoto e fosforo), giacinto d’acqua (Eichornia crassipes), lenticchia d’acqua (Lemna
minor).
I contaminanti che si riescono ad abbattere con la fitodepurazione in ogni sono caso molti: sostanze organiche, solidi
sospesi, azoto, fosforo, metalli pesanti in tracce, batteri patogeni.
I bacini di fitodepurazione sono solitamente poco profondi, riempiti con materiale inerte a granulometria variabile e
vegetazione di piante acustiche (macrofite) atte a riprodurre i naturali processi autodepurativi tipici delle zone umide
naturali. Pur richiedendo una maggiore estensione di superficie rispetto ai tradizionali sistemi di depurazione, essi
richiedono un fabbisogno energetico e tecnologico molto ridotto. Inoltre la costruzione di ambienti umidi artificiali dove
far fluire le acque reflue rappresenta un’opportunità rilevante per ridurre l’inquinamento degli ecosistemi fluviali, senza
contare che l’acqua depurata può essere recuperata e utilizzata a scopo irriguo.
Il biomonitoraggio
Le tecniche tradizionali di valutazione degli inquinanti presenti nell’ambiente, ovvero il monitoraggio chimico-fisico,
fornisce dati di tipo quantitativo e relativi all’istante del campionamento (situazione puntuale in un preciso momento
storico: viene infatti espresso in termini di concentrazioni relative ad ogni singolo inquinante.
Con il biomonitoraggio invece è possibile stimare gli effetti biologici dell’inquinamento; ottenendo informazioni più
generali sullo stato di salute dell’ambiente e valutando i danni subiti dalla presenza di organismi bersaglio presenti
nell’area di studio o appositamente introdotti per valutare lo stato di salute dell’area.
Nelle tecniche di biomonitoraggio si possono distinguere due diverse tipologie di organismo test:
-
“Bioindicatori”: organismi che subiscono variazioni evidenti nella fisiologia, nella morfologia, o nella
distribuzione sotto l’influsso delle sostanze presenti nell’ambiente.
-
“Bioindicatori”: organismi in grado i sopravvivere in presenza di inquinati che accumulano nei loro tessuti; con
il loro uso è possibile ottenere dati sia di tipo qualitativo che quantitativo.
Il biomonitoraggio rispetto alle tecniche analitiche tradizionali ha il vantaggio di fornire stime sugli effetti combinati di più
inquinanti sugli esseri viventi , ha costi di gestione limitati e dà la possibilità di coprire con relativa facilità vaste zone e
territori diversificati, consentendo una adeguata mappatura del territorio.
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
La capacità autodepurativa dei sistemi acquatici
I processi che stanno alla base della capacità autodepurativa di un fiume sono molto complessi e
legati in parte all’attività degli organismi viventi e in parte alle caratteristiche chimiche e fisiche
dell’ambiente acquatico stesso.
Qualitativamente i meccanismi che regolano la capacità autodepurativa si possono dividere in:
-
diluizione degli inquinanti: di particolare importanza, agevola i successivi meccanismi
di demolizione
-
sedimentazione degli inquinanti: fenomeno per il quale si realizza il deposito degli
inquinanti nei sedimenti del corpo idrico. La sua efficienza dipende da alcuni fattori: il
grado di turbolenza delle acque (maggiore efficienza in acque stagnanti o correnti ma
con basso grado di turbolenza) e la densità delle particelle inquinanti come flocculati,
sabbie ecc (all’aumentare delle densità, anche se apparentemente sembra ridursi
l’inquinamento dell’acqua, in realtà aumenta la concentrazione degli inquinanti nei
sedimenti)
-
complessazione: è un fenomeno fisico ben definito in base al quale alcuni elementi
inquinanti possono legarsi in modo temporaneo a sostanze organiche complesse naturali
-
adsorbimento: è un processo fisico simile al precedente che riguarda però l’interazione
tra inquinanti organici o metallici e sostanze colloidali presenti nell’acqua, come le argille.
Questi complessi sono sede di intensa attività batterica, processo che consente una
degradazione elevata degli inquinanti organici
-
equilibrio acido-base ed “effetto tampone”: processo chimico che consente al sistema
acquatico di opporsi a un cambiamento di acidità dell’acqua (provocato
dall’inquinamento), che agirebbe negativamente sulla fauna acquatica
-
ossigenazione: la disponibilità di ossigeno nel corso d’acqua dipende sia dalla
turbolenza delle acque (rimescolamento), sia dal grado di diluizione degli inquinanti.
L’ossigenazione è molto importante in quanto intensifica l’attività di ossidazione chimica
diretta o mediata da organismi biologici nei confronti della sostanza organica e di alcuni
inquinanti organici non particolarmente resistenti
-
abrasione: è un fattore puramente fisico che comporta la frammentazione meccanica di
particelle solide in particelle più piccole. È molto importante in quanto aumenta la
superficie d’attacco per i processi di degradazione chimica e biologica
89
L’ITINHERARIO INVISIBILE
-
degradazione biologica: è l’insieme delle attività operate da molte forme viventi il cui
risultato ultimo è l’aumento della biomassa e la liberazione di anidride carbonica, acqua e
sostanze minerali.
La degradazione della sostanza organica passa attraverso diversi sistemi, che agendo
singolarmente e in sinergia riescono efficacemente a “demolire” la sostanza organica presente.
Gli organismi coinvolti sono microrganismi quali batteri, funghi, microalghe, ecc. che agiscono
insediandosi sulle sostanze da demolire. Quando la sostanza organica raggiunge il corso d’acqua
(sia di origine naturale sia di origine antropica, es. liquami fognari), la demolizione inizia a opera
di microrganismi (batteri e funghi) e i prodotti della mineralizzazione vengono poi riciclati dai
vegetali (microalghe, idrofite). Le multiformi comunità microscopiche che formano quella sottile
pellicola biologica, scivolosa al tatto, che prende il nome di periphyton, rappresenta il primo
sistema depurante dei corsi d’acqua.
Periphyton, ovvero una complessa comunità di microrganismi che vivono aderenti a substrati immersi.
Fanno parte del periphyton, microalghe, funghi, batteri e protozoi.
Un secondo sistema depurante, costituito da macroinvertebrati, funge da acceleratore e
regolatore del processo. La loro ricchezza di specializzazioni massimizza l’utilizzo di tutte le
forme di risorse alimentari disponibili (scarichi umani compresi) e rende la comunità in grado di
rispondere in maniera flessibile alle variazioni stagionali o antropiche del carico organico. I
macroinvertebrati che si nutrono di batteri ne “ringiovaniscono” le popolazioni mantenendole così
in uno stato di elevata attività, mentre i trituratori, sminuzzando i detriti organici grossolani in
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
particelle minute, ne aumentano grandemente la superficie, potenziando così l’attacco da parte
dei batteri; a loro volta i frammenti organici parzialmente “trattati” dai batteri risultano più appetibili
ai macroinvertebrati. In altre parole, l’efficienza di ciascun sistema depurante viene potenziata
dall’efficienza dell’altro e, inversamente, il danneggiamento di un sistema depurante si ripercuote
negativamente anche sull’efficienza dell’altro.
Un ulteriore contributo alla rimozione di biomassa è fornito dai vertebrati, compresi quelli terrestri,
che si nutrono dei macroinvertebrati acquatici: pesci, anfibi, rettili, uccelli e mammiferi. Molto
efficace è inoltre il ruolo della vegetazione acquatica nell’azione di ciclizzazione dei nutrienti.
Questi organismi, sia vegetali che animali, nel loro insieme possono essere considerati il terzo
sistema depurante dell’ambiente fluviale.
L’efficienza dei tre sistemi depuranti è, a sua volta, condizionata dall’integrità dell’ambiente
terrestre circostante, in particolare delle fasce di vegetazione riparia. Questo quarto sistema
depurante, oltre a fornire cibo e habitat agli organismi microscopici, ai macroinvertebrati e ai
vertebrati, svolge una duplice funzione depurante, agendo da filtro meccanico e da filtro
biologico.
Vegetazione riparia
La vegetazione riparia, infatti, intercetta le acque di dilavamento dei versanti e ne rallenta la
velocità, inducendo la sedimentazione del carico solido e degli inquinanti a esso legati. A questa
azione di chiarificazione delle acque (che contribuisce alla limpidezza dei fiumi e a impedire il
riempimento degli interstizi tra i ciottoli, microambienti di primaria importanza per gli altri sistemi
depuranti), si accompagna un ruolo protettivo nei confronti dell’eutrofizzazione fluviale per la
rimozione del fosforo (legato alle particelle argillose sedimentate) e dell’azoto (assorbito dalle
piante e denitrificato dai batteri associati allo strato radicale). La denitrificazione è un processo di
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
particolare interesse in quanto riduce i composti azotati ad azoto gassoso (N2), che viene
restituito all’atmosfera. Il processo è operato da batteri anaerobi facoltativi in grado di utilizzare i
nitrati (NO3-) nei loro processi respiratori quando vengono a trovarsi in carenza o assenza di
ossigeno. Questi periodi di anossia si verificano quando il suolo viene saturato dall’innalzamento
del livello della falda. (Pinay, 1990)
Oltre al carico organico si può aggiungere anche un carico inquinante derivante dagli scarichi
industriali che, a seconda del tipo di processo, possono contenere metalli pesanti e sostanze
organiche di sintesi (idrocarburi policiclici aromatici, fenoli ecc). Questi contaminanti, per la loro
tossicità, riducono l’efficienza e la funzionalità della comunità microbica, che quindi non è in
grado di metabolizzarli.
La stima della degradabilità di uno scarico si ottiene dal rapporto tra il quantitativo di ossigeno
richiesto per la degradazione microbica (Richiesta Biologica di Ossigeno BOD) e il quantitativo di
ossigeno necessario per la degradazione chimica (Richiesta Chimica di Ossigeno COD) di un
certo quantitativo dello scarico stesso. Tanto maggiore è il valore dell’ultimo parametro rispetto al
primo, tanto meno risulta naturalmente degradabile lo scarico.
Altra situazione: lo scarico depurato (acque reflue di tipo civile) viene disinfettato: i disinfettanti
possono incidere negativamente sulla popolazione microbica del corso d’acqua a danno della
capacità autodepurativa dello stesso.
Cosa comporta un carico organico eccessivo? Perdita di specie ittiche pregiate (trote, salmerini,
temoli, barbi che preferiscono condizioni di buona ossigenazione) a vantaggio di altre più
resistenti (ma meno pregiate dal punto di vista alimentare) e accumuli di sostanze tossiche negli
organi e nei tessuti dei pesci, che ne pregiudicano l’uso alimentare.
La distribuzione e differenziazione
Il sistema delle opere idrauliche, più o meno complesso, costruito per trasportare acqua da un
posto a un altro, per l'approvvigionamento a uso potabile (prevalente), irriguo e industriale è
chiamato acquedotto. La parola deriva dai due termini latini aqua (acqua) e ducere (condurre).
Costruttivamente un acquedotto può essere realizzato in vari modi: con canali artificiali, con
condotte in pressione oppure con soluzioni miste. In tutti i casi deve consentire di distribuire
all’utenza la quantità di acqua richiesta nelle diverse ore della giornata con un pressione tale da
raggiungere anche i piani più alti dei fabbricati senza provocare danni alle reti.
92
L’ITINHERARIO INVISIBILE
Le leggi della distribuzione
La distribuzione dell'acqua avviene sfruttando le leggi fisiche che ne condizionano il moto. La prima di queste leggi,
conosciuta con il nome di equazione di continuità, afferma che in un sistema idraulico privo di perdite o di nuovi
ingressi, la quantità di acqua che attraversa in ogni istante ciascun tratto di tubo deve essere costante. La
conseguenza di questa legge è che l'acqua scorre più lentamente dove la conduttura si allarga, mentre accelera lungo
le strozzature. L'altra legge è quella dei vasi comunicanti, ed esprime la tendenza del liquido a raggiungere la
medesima altezza all'interno di vasi collegati, indipendentemente dalla loro forma. È grazie a questa legge che l'acqua
scorre spontaneamente verso quote più basse. La situazione di equilibrio non è però mai raggiunta perché l'afflusso
dell'acqua è continuo, così pure come i prelievi lungo la rete. Queste leggi sono descritte dall'unica equazione di
Bernulli, che riguarda tanto i liquidi quanto i gas, che si riferisce a fluidi che si muovono con moto non turbolento
tenendo conto di variabili come la pressione, l'altezza e il diametro delle condutture.
Un…ariete nell’acqua
Il colpo d'ariete è un fenomeno idraulico che si presenta in una condotta quando un flusso di liquido in movimento al
suo interno viene bruscamente fermato dalla repentina chiusura di una valvola. O viceversa, quando una condotta
chiusa e in pressione viene aperta repentinamente. È un'onda di pressione che si origina in prossimità della valvola a
causa dell'inerzia della colonna di fluido in movimento che impatta contro la parete della valvola chiusa. L'intensità del
colpo e il valore della pressione massima dell'onda possono raggiungere livelli tali da far esplodere le condotte. La
pressione è funzione delle dimensioni della condotta (lunghezza e diametro), della velocità e della densità del fluido, e
soprattutto del tempo di chiusura della valvola. Un esempio di colpo d'ariete verificabile tra le mura domestiche si ha
quando si chiude una valvola a sfera con istantaneo movimento leva di manovra e si sente il tipico tonfo seguito dalla
vibrazione del tubo. Nel caso delle condotte delle centrali idroelettriche, per evitare il colpo d'ariete quando viene
fermata una turbina chiudendo il flusso d'acqua, si aziona prima il deviatore di flusso per alleggerire il carico sulle pale
Per prevenire gli sprechi è essenziale operare una attenta manutenzione delle reti e degli
impianti al fine di prevenire le rotture causa di dispersioni idriche. A tal fine, nel corso del tempo
sono stati adottati sistemi di controllo della rete che utilizzano nuove tecnologie, viene praticata
periodicamente la pulizia delle tubature e la sostituzione anticipata delle tubature vecchie e al
limite della rottura. È inoltre essenziale adottare semplici gesti quotidiani e comportamenti che
tengano concretamente conto del valore dell'acqua, usandone solo la quantità necessaria.
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
Riferimenti bibliografici
E. J. Tarbuck, F.K.Lutgens, M. Parotto “Scienze della Terra”, Edizione Principato, Milano 1987
E. P. Odum, “Basi di Ecologia”, Piccin Editore, 1988
Riferimenti Web
www.castelli.grisnet.it/ACQUA/ECOCONSIGLI.htm
www.gruppohera.it
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
Capitolo 5 – L’impiantistica di Hera
La gestione dell’acqua in Italia
A gestire i quasi 50.000 impianti (tra acquedotti, reti di acquedotto e fognarie, depuratori) che
costituiscono il sistema idrico italiano, per anni ci ha pensato una miriade di soggetti (in massima
parte Comuni e solo residualmente aziende municipalizzate e speciali, consorzi pubblici, società
per azioni) con un’elevatissima frammentazione gestionale. La loro caratteristica comune era
quella di gestire un numero ridotto di impianti. E’ proprio l’estrema frammentazione ad aver
ostacolato l’ammodernamento strutturale e gestionale del sistema idrico nazionale e ad averlo
condannato all’inefficienza.
La Legge Galli (L.36/94) intendeva porvi rimedio, attraverso un’azione di riordino volta
all’integrazione sia funzionale (concernente le diverse fasi del ciclo, dalla captazione allo
smaltimento) sia territoriale (relativa a bacini d’utenza minimi).
Il riordino del sistema idrico italiano avviene sulla base degli Ambiti Territoriali Ottimali (ATO),
bacini di utenza di più ampie dimensioni territoriali e demografiche, da delimitare, secondo la
legge Galli, nel “rispetto dell’unità del bacino idrografico o del sub-bacino o dei bacini idrografici
contigui” (in realtà, lo sganciamento dalle unità amministrative locali non è avvenuto, e gli ambiti
individuati, piuttosto che rispettare i bacini idrografici, sono per lo più modellati sui territori
provinciali o regionali).
Oggi gli ATO sono 91. La nascita del Sistema Idrico Integrato (SII) avviene a passi lentissimi e,
ad oggi, ancora non ha prodotto i suoi frutti nei confronti degli utenti.
La legge Galli dettava, inoltre, il superamento della cosiddetta “gestione in economia”, quella cioè
effettuata direttamente dai Comuni. Pur non cancellando bruscamente tale modalità (l’art. 10
prevedeva che le gestioni esistenti, anche se in economia, continuassero a gestire i servizi il fino
all’attuazione del nuovo Sistema Idrico Integrato), la normativa si adeguava ai mutati indirizzi
amministrativi (introdotti dalla L. 142/90) e si orientava su strumenti “privatistici” quali la
concessione a terzi o l’affidamento diretto ad Aziende speciali e a Spa o Srl miste a capitale
prevalente pubblico. Ad oggi 67 ATO hanno affidato la gestione del servizio, nella maggior parte
dei casi a società pubbliche.
La riforma si completava con l’obbligo del raggiungimento del pareggio economico finanziario
della gestione, da ottenere attraverso una politica tariffaria che assicurasse la copertura integrale
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
dei costi di investimento e di esercizio. Si prevedevano comunque modulazioni nelle tariffe, per
agevolare i consumi domestici essenziali e le fasce sociali a reddito minore.
Chi è HERA?
Hera è una Società per Azioni che nasce il 1° novembre 2002 dalla fusione di 12 aziende di
servizi pubblici dell’Emilia Romagna, con l'obiettivo di migliorare la qualità dei servizi al cittadino
in settori fondamentali come l'energia, l'acqua e i servizi ambientali, e di realizzare le significative
sinergie ed efficienze rese possibili da tale operazione.
Inizialmente i soci fondatori furono 139 Comuni delle province di Bologna, Ravenna, Rimini e
Forlì-Cesena, dislocati da Bologna fino al mare Adriatico. Oggi sono 183 i Comuni azionisti di
Hera, dislocati nelle province di Bologna, Ferrara, Modena, Ravenna, Forlì, Cesena e Imola.
La struttura organizzativa è articolata in una capogruppo e in Società Operative Territoriali
(S.O.T.): Hera Bologna, Hera Ferrara, Hera Ravenna, Hera Rimini, Hera Modena, Hera ForlìCesena e Hera Imola-Faenza, che dimostrano chiaramente come questa grande azienda ricopra
un ruolo primario nel settore della gestione dei servizi pubblici: Rifiuti (raccolta, smaltimento e
trattamento dei rifiuti urbani), Acqua (distribuzione e vendita di acqua, depurazione e trattamento
delle acque reflue), Gas (distribuzione e vendita) Elettricità (distribuzione e vendita) e Altri servizi
(Teleriscaldamento e Illuminazione pubblica).
Il servizio idrico integrato
L'attività principale di HERA nel campo idrico è connessa alla gestione del Servizio Idrico
Integrato intesa come:
Progettazione, gestione e manutenzione degli impianti di captazione delle acque, sia
sotterranee che superficiali. Il prelievo idrico avviene tenendo in considerazione i
problemi legati alla subsidenza (abbassamento del terreno provocato da fenomeni
naturali o antropici), ai tempi di ricarica degli acquiferi, all’ingressione di acque saline in
zone costiere e al rispetto del Deflusso Minimo Vitale.
Progettazione e gestione degli impianti di potabilizzazione delle acque; il risultato della
potabilizzazione mira a garantire la massima efficienza per assicurare la produzione di
acque dalle caratteristiche chimico - fisiche idonee agli usi potabili.
Progettazione, gestione e manutenzione delle reti di acquedotto, che avviene ponendo
particolare attenzione alla gestione delle perdite di rete; gli acquedotti possono essere
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
di tipo civile, che trasportano acque dalle caratteristiche qualitative idonee agli utilizzi
potabili e, acquedotti di tipo industriale, quale quello di Bubano che analizzeremo di
seguito, in cui vengono messi a disposizione grandi volumi di acqua dalle
caratteristiche merceologiche meno pregiate, ma comunque adatte a determinati
processi produttivi ed industriali;
Progettazione gestione e manutenzione delle reti fognarie, che avviene attraverso la
realizzazione di condotte per il trasporto dei reflui agli impianti di trattamento.
Progettazione e manutenzione degli impianti di depurazione delle acque reflue, si deve
assicurare il rilascio di acque, nei bacini idrici, aventi le caratteristiche chimiche, fisiche
e microbiologiche richieste dalla normativa ed indispensabili per tutelare gli ecosistemi
acquatici da ulteriori forme di inquinamento.
Bacini di Bubano e Acquedotto industriale
L’impianto di raccolta e produzione di acqua industriale è ubicato a Bubano, frazione del comune
di Mordano, ed è attivo dal 1984; esso è costituito da due bacini di stoccaggio di acqua grezza,
dall’impianto di trattamento acqua ad uso industriale “Brunori” e dalla rete di distribuzione.
Questa grande opera, progettata da AMI nel 1979, ha permesso di raddoppiare la rete di
distribuzione dell’acqua utilizzando acque con caratteristiche di minore qualità per usi produttivi
ed industriali, consentendo di risparmiare acque più pregiate da destinare ad usi prettamente
civili.
Di proprietà del Con.Ami, attualmente l’impianto è gestito da Hera Imola Faenza. Con.Ami
(Consorzio Ami), comprende 23 Comuni che delimitano un preciso bacino idrografico che supera
i confini amministrativi disponendosi su tre province (Bologna, Ravenna e Firenze) e due regioni
(Emilia Romagna e Toscana).
Bacini di Stoccaggio
I due bacini di stoccaggio sono stati realizzati in tempi diversi; la costruzione del primo lotto risale
al 1981, il secondo bacino è stato inaugurato nel 2007 e ha aumentato considerevolmente la
capacità utile totale. Sia il primo bacino che il nuovo bacino sono stati costruiti su siti
precedentemente occupati da cave di argilla da cui venivano estratti laterizi da destinare alla
fornace di Bubano; il primo bacino ha una capacità utile di circa 750.000 metri cubi di acqua,
97
L’ITINHERARIO INVISIBILE
mentre il secondo, che deve essere ancora completamente riempito, raggiungerà una capacità
utile di circa 3.000.000 di metri cubi di acqua.
L’acqua che alimenta i due bacini di stoccaggio deriva dal Canale dei Molini (derivazione del
fiume Santerno) e dal Canale Emiliano Romagnolo (C.E.R.); i bacini sono in grado di accumulare
un volume complessivo di più di 3.800.000 di metri cubi di acqua, rappresentanti la risorsa
necessaria per oltre 4 mesi, contribuendo in modo sostanziale all’approvvigionamento idrico del
territorio servito dall’impianto, senza intaccare altre risorse idriche più “pregiate”.
Vecchio bacino di stoccaggio
I due bacini hanno acquisito anche una valenza naturalistica, in quanto quali ambienti acquatici
favoriranno la creazione di micro-habitat, con presenza di diversi animali e piante. Per questo
sono state posizionate due torrette che permettono l’osservazione e l’avvistamento delle specie
presenti nell’area, soprattutto avifauna di cui si è osservata la presenza di aironi, folaghe,
germani e cormorani.
Stazione di pompaggio
L’acqua dei bacini, attraverso un sistema di pompaggio, viene inviata al ciclo di trattamento
chimico fisico.
Il sistema di pompaggio è costituito da quattro pompe di sollevamento, che prelevano l’acqua
grezza dal bacino e la inviano alle due linee di trattamento dell’acqua, caratterizzate da due
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
chiariflocculatori. Durante il pompaggio l’acqua viene sottoposta ad un processo di disinfezione e
di acidificazione. La disinfezione consiste nella somministrazione di biossido di cloro per
prevenire la formazione di alghe e batteri; una macchina produttrice dosa automaticamente il
biossido di cloro all’avvio delle pompe.
L’acidificazione avviene attraverso il dosaggio, mediante apposite pompe, di acido cloridrico, con
l’obiettivo di abbassare il pH dell’acqua grezza a quello ideale di 7,5.
L’acido cloridrico viene aggiunto da un apposita strumentazione che misura il valore del pH
dell’acqua grezza in ingresso. Tale aggiunta viene fatta perché successivamente viene usato un
composto chimico che a valori di pH maggiori rimarrebbe disciolto nell’acqua, mentre è
necessario riuscire ad eliminarlo.
Poiché il biossido di cloro e l’acido cloridrico vengono somministrati da due sistemi a pompa
differenti, per favorire la miscelazione dei due componenti nell’acqua grezza in ingresso, le
tubazioni sono dotate di sistemi di miscelazione “statici”.
Sistema di
dosaggio del
Biossido di cloro
Sistema di dosaggio
dell’Acido Cloridrico
Sistema di pompaggio
I composti chimici utilizzati per la disinfezione e l’acidificazione sono immagazzinati in una
sezione adiacente il sistema di pompaggio. Il biossido di cloro viene preparato al momento,
mentre l’acido cloridrico è conservato in cisterne; le cisterne sono ubicate all’interno di una vasca
di contenimento, che funge da protezione in caso di fuoriuscita di acido o di rottura delle stesse,
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
al fine di evitare fenomeni di dispersione delle sostanze e di inquinamento dell’ambiente
circostante.
Deposito dei composti chimici
Chiariflocculazione
La chiariflocculazione ha lo scopo di eliminare la torbidità delle acque, rappresentata da fango,
sabbia, particelle di limo e argilla; tali particelle presentano una carica elettrostatica che le
mantiene in continuo movimento evitando che esse si aggreghino e precipitino.
Ingresso dell’acqua grezza nei chiariflocculatori
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
Il processo avviene in due tempi separati; nelle vasche di contatto a miscelazione rapida, dove
entra acqua grezza, tramite pompe dosatrici vengono immessi i due reagenti necessari per il
processo della chiariflocculazione; in tale fase viene somministrato un sale, il Solfato di alluminio,
che neutralizza le cariche elettrostatiche e favorisce i fenomeni di aggregazione e precipitazione
di “fiocchi”.
Chiariflocculatore
Uscita dell’acqua chiarificata
L’acqua chiarificata esce attraverso dei setti presenti sull’intero perimetro della vasca e viene
raccolta in un canale che la invia, dopo essere sottoposta ad un trattamento di post-disinfezione
con biossido di cloro, alla vasca di accumulo finale, mentre una minima parte viene inviata al
piccolo potabilizzatore di fronte.
Dalla vasca di accumulo, l’acqua viene pompata, dopo essere passata attraverso filtri autopulenti,
nella rete di distribuzione, che si estende per 108 chilometri , raggiungendo, a nord Conselice, a
est Lugo, S. Agata sul Santerno, Massa Lombarda, oltre a Bubano, Mordano e S. Prospero, che
è una frazione di Imola; a sud, raggiunge le zone industriali ed artigianali di Imola e più a ovest la
frazione di Ponte Santo, sempre di Imola, fino a raggiungere Toscanella, frazione del comune di
Dozza ed il comune di Castel Guelfo e verso i potabilizzatori di Conselice, S. Agata sul Santerno
e Castel San Pietro Terme. In percentuale, il 35% dell’acqua trattata in questo impianto concorre
a soddisfare le esigenze di acqua industriale, mentre il 65% viene inviata ai vari potabilizzatori,
dove verrà sottoposta ad ulteriori trattamenti per la produzione di acqua potabile.
Potabilizzatore
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
Questo potabilizzatore di piccole dimensioni, produce una quantità massima di acqua di 35 litri al
secondo, che serve la rete dei Comuni di Mordano, Bagnara di Romagna e la parte bassa del
Comune di Imola.
L’impianto è costituito di:
•
Filtro a sabbia: ha la funzione di trattenere i fiocchi di fango che possono essere, in
piccola parte, presenti dopo il trattamento dell’acqua nel chiariflocculatore;
•
Ossidazione con ozono; ha la funzione di disinfezione e ossidazione dell’acqua.
L’ozono è un forte ossidante e disinfettante molto efficace verso i batteriofagi. In un
impianto di potabilizzazione di tali dimensioni, con portate d’acqua ridotte, tale metodo
di disinfezione risulta molto efficace, ma per portate maggiori si deve tenere conto
della volatilità del composto, che ha un tempo di “vita” in acqua di circa 10 minuti;
•
Filtro a carbone attivo; l’acqua viene fatta passare attraverso questo filtro che ha la
funzione di trattenere l’ozono residuo, adsorbire eventuale materiale organico e gli
odori presente nell’acqua. I componenti si trasferiscono dalla fase liquida alla fase
solida avvicinandosi prima alla superficie esterna del solido, diffondono poi nella
porosità interna (che deve presentare una elevata superficie specifica a contatto con il
liquido) ed infine, migrano sulla superficie del solido.
•
Disinfezione con biossido di cloro; tale trattamento ha la funzione di mantenere l’acqua
“disinfettata” lungo l’intera rete di distribuzione dell’acquedotto, fino all’utenza finale.
La realizzazione di questo impianto, è stata una scelta indirizzata verso la tutela delle preziose
risorse idriche sotterranee, a fronte dei fenomeni di subsidenza interessanti il territorio emiliano romagnolo e connessi all’eccessivo emungimento di acqua dal suolo. Da qualche decennio,
infatti, si è constatato un continuo abbassamento del terreno e dei livelli delle falde artesiane cui
attingono sia i pozzi degli acquedotti che i pozzi privati, evidenziando come l’acqua
immagazzinata nei bacini sotterranei venga sfruttata in misura superiore alla sua potenzialità,
soprattutto alla sua potenzialità di ricarica.
La realizzazione di un impianto di tali dimensioni, oltre a ragioni di risparmio di tale preziosa
risorsa e di tutela ambientale, è stata dettata anche da motivazioni di tipo economico.
L'acqua ad uso industriale, necessitando di minori trattamenti rispetto a quella potabile, costa di
meno e ciò ha ovviamente una notevole importanza per le imprese che la utilizzano nei propri
processi industriali. Due ragioni, l'una economica, l'altra ambientale, si assommano così nel
rendere fondamentale quest'opera e questi impianti nella realtà del nostro territorio.
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
NIP - Impianto di potabilizzazione di Ravenna
Il ciclo di produzione dell’acqua potabile tramite l’impianto denominato NIP e sito nel comune di
Ravenna prevede il prelievo di acqua grezza dai fiumi Reno e Lamone (integrato, quando
necessario, dal Canale Emiliano Romagnolo), mediante la Canaletta a cielo aperto di proprietà di
Polimeri Europa.
La rete di distribuzione viene inoltre alimentata dall’acquedotto di Romagna Acque in
corrispondenza della località Mirabilandia.
Il NIP è situato in località Bassette in un’area di circa 40.000 m2 interamente recintata, in parte
occupata da impianti, in parte da pineta.
L’impianto è strutturato per un trattamento fisico e chimico spinto, affinazione e disinfezione in
quanto l’acqua grezza che vi giunge, provenendo da fiumi che ormai sono giunti al termine del
loro percorso, contiene un discreto carico inquinante che deve essere totalmente eliminato.
Veduta aerea del potabilizzatore di Ravenna - NIP
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
Le fasi del processo
Paratoie
All’inizio dell’impianto di potabilizzazione sono presenti due paratoie, una manuale e una
motorizzata, che permettono di impedire che l’acqua entri nell’impianto se questa contiene elevati
carichi di inquinanti e nei periodi in cui si effettuano manutenzioni.
Opera di presa e grigliatura
L’opera di presa è costituita da una canaletta seminterrata a cielo aperto in cemento armato e a
sezione U.
L’impianto di grigliatura è munito di una griglia in acciaio inox a funzionamento automatico che
permette di eliminare i solidi grossolani come stracci, pezzi di legno, frammenti di piante, carta,
ecc.
Il materiale viene rimosso automaticamente per mezzo di un pettine, viene convogliato su un
nastro trasportatore che lo scarica in un cassone che periodicamente viene portato in discarica.
Griglia automatica per l’eliminazione del materiale grossolano
Aerazione
Avviene in una vasca rettangolare interrata a cielo aperto dove sono sistemati, a breve distanza
dal fondo, tubi per la diffusione dell’aria insufflata da un ventilatore.
L’ossigeno introdotto nella vasca satura l’acqua presente e questo provoca l’allontanamento delle
sostanze volatili indesiderate presenti nell’acqua.
L’acqua satura di ossigeno inibisce i processi anaerobici che possono svilupparsi in seguito,
evitando che i batteri anaerobi possano produrre i solfuri, metaboliti dannosi alla potabilizzazione.
104
L’ITINHERARIO INVISIBILE
Dosaggio di reagenti
All’acqua che esce dalla fase di aerazione si dosano in caso di necessità i seguenti reagenti:
- biossido di cloro che effettua una prima blanda sterilizzazione dell’acqua in presenza di elevati
quantitativi di inquinanti per limitare la proliferazione di alghe e flora batterica nelle fasi
successive.
- acido cloridrico che serve per diminuire il pH fino a valori ottimali per il trattamento con
polidrossiclorosolfato di alluminio, che serve per le fasi di chiariflocculazione, in maniera da
limitare il discioglimento dell’alluminio. La solubilità dell’alluminio in acqua dipende infatti
fortemente dal pH; se il pH esce dall’intervallo di 7.3 – 7.6, la solubilità cresce rapidamente.
Attualmente tale processo è sostituto dal dosaggio di anidride carbonica a monte della
chiariflocculazione.
Sedimentazione e omogeneizzazione
La sezione di sedimentazione è costituita da 4 vasche interrate, a cielo aperto, in cemento
armato. In queste vasche, grazie alla situazione di quiete creata avviene la sedimentazione delle
sabbie e delle argille presenti nell’acqua. L’operazione di omogeneizzazione permette il
mescolamento dell’acqua con i reagenti che possono essere dosati.
Chiariflocculazione
Avviene in 4 chiariflocculatori, a cielo aperto, tipo accelator realizzati con struttura in cemento
armato e opere accessorie in parte in acciaio inox e in parte in ferro verniciato.
La chiariflocculazione comprende le fasi di coagulazione, flocculazione e sedimentazione.
Chiariflocculatore
105
L’ITINHERARIO INVISIBILE
Se i materiali in sospensione sono di tipo colloidale, la condizione di quiete dell’acqua non è
sufficiente a farli sedimentare, a causa delle piccole dimensioni delle particelle e della spontanea
agitazione delle stesse, connessa con la repulsione reciproca sotto l’influenza delle cariche
elettriche delle superfici. La sedimentazione dei colloidi può avvenire soltanto a seguito della
destabilizzazione delle cariche (coagulazione), cioè l’annullamento delle cariche superficiali che
determinano la repulsione, impedendo l’aggregazione (Passino, 1995). Questo effetto si ottiene
aggiungendo all’acqua polidrossiclorosolfato di alluminio ad alta basicità, un agente flocculante
che favorisce l’aggregazione delle particelle in fiocchi. La formazione di questi fiocchi è detta
flocculazione ed essa porta alla produzione di fango che deve essere scaricato e smaltito.
Il flocculante permette la precipitazione e la rimozione del fosforo presente nella corrente
acquosa; l’abbondanza di fosforo nelle acque superficiali è generalmente ritenuta la causa
principale del fenomeno di fioritura algale che caratterizza le estati di molti fiumi.
Scarico e smaltimento del fango prodotto nella flocculazione
Nei chiariflocculatori esistono dei concentratori dove si viene a concentrare il fango di
flocculazione. Tali concentratori sono muniti di condotte che permettono l’allontanamento del
fango creato tramite un sistema di scarico automatico in cui è possibile temporizzare la durata
dello scarico stesso.
Il fango allontanato dall’impianto viene accumulato in pozzettoni e sollevato da pompe che lo
inviano in due diverse direzioni utilizzate contemporaneamente o una in alternativa all’altra.
Il fango può essere inviato al depuratore delle acque reflue cittadine di Ravenna oppure
all’impianto di smaltimento dell’Azienda Ambiente presente nel compartimento di Polimeri
Europa.
Clorazione a break point
Questa parte dell’impianto è costituita da una vasca a cielo aperto a sezione ad “L” in cemento
armato sopraelevata dal piano di campagna. La clorazione a break point è un metodo di
sterilizzazione che permette la completa ossidazione dell’ammoniaca presente nell’acqua, che
per legge deve rientrare all’interno dei limiti massimi consentiti, a cloroammine per reazione con
una quantità controllata di ipoclorito di sodio. Questo permette anche il mantenimento di un
valore di cloro residuo libero sufficiente a garantire l’assoluta sterilizzazione dell’acqua.
In questa fase dell’impianto è possibile dosare come disinfettante anche biossido di cloro, sia per
l’elevato potere germicida, sia per la capacità di ossidare numerosi composti inorganici come
106
L’ITINHERARIO INVISIBILE
ferro, manganese e cianuri, metaboliti algali e composti odorigeni e per la capacità di rimuovere
alcuni precursori di formazione di sottoprodotti organoclorurati.
L’impiego di tale ossidante rimane fortemente limitato dalla formazione di alcuni sottoprodotti di
ossidazione sia organici che inorganici, di cui i principali sono clorito e clorato.
Approssimativamente, circa il 50 – 70 % del biossido di cloro consumato dalle reazioni di
ossidazione viene convertito in clorito, che rimane piuttosto stabile.
Filtri a silice
Le apparecchiature di filtrazione vengono utilizzate per migliorare la qualità dell’acqua eliminando
tutti i solidi sospesi fini le cui caratteristiche e dimensioni ne hanno impedito la separazione nelle
fasi precedenti.
La sezione di filtrazione è costituita da due batterie rispettivamente di 10 e 8 vasche a cielo
aperto in cemento armato: la sezione di ciascuna vasca è di 40 mq; lo spessore del letto filtrante,
costituito da silice a granulometria costante, è di circa 80 cm; sul fondo delle singole vasche sono
presenti lastre in cemento armato munite di fori dove sono installati gli ugelli per la raccolta
dell’acqua filtrata.
Filtri a silice
L’acqua che deve essere filtrata viene immessa al di sopra del letto, passa attraverso questo e
fuoriesce dagli ugelli.
Dopo un determinato periodo di attività, il filtro deve essere lavato per rimuovere i solidi in esso
trattenuti; ciò viene realizzato per mezzo di un controlavaggio, insufflando aria al di sotto del letto
filtrante per 5 minuti e immettendo successivamente acqua. Il controlavaggio viene attivato da un
operatore e si svolge in automatico.
107
L’ITINHERARIO INVISIBILE
Le caratteristiche principali dei mezzi filtranti sono le dimensioni dei granuli, (che vengono scelte
in funzione delle caratteristiche dei solidi contenuti nell’acqua da trattare e dall’efficienza di
rimozione che si vuole ottenere) e il loro coefficiente di uniformità. Nel caso delle sabbie silicee
utilizzate, la dimensione dei granuli è di circa 0.85 mm e il coefficiente di uniformità delle
particelle è circa 1.4.
Vasca di rilancio
In questa fase avviene un sollevamento della piezometria dell’acqua attraverso 3 pompe ad asse
verticale, 2 a giri fissi e 1 comandata da un motore elettrico a giri variabili. Tali pompe inviano
l’acqua accumulata in una vasca interrata attigua ai filtri a silice sui filtri a carbone e hanno una
energia sufficiente a far arrivare l’acqua sino alle vasche di stoccaggio.
Nella vasca di rilancio sono presenti altre pompe: 2 per il controlavaggio dei filtri a silice e 3 per
l’alimentazione del circuito acqua – servizi dell’impianto.
Filtri a carboni attivi granulari
La sezione di filtrazione a carbone attivo comprende 6 batterie, ognuna delle quali è costituita da
5 unità filtranti.
Alla base delle singole unità filtranti sono installate piastre dotate di ugelli in materiale plastico
termoresistente per la raccolta dell’acqua filtrata.
Sfruttando le proprietà adsorbenti del carbone attivo viene effettuata la rimozione della sostanza
organica solubile presente nell’acqua.
Il carbone attivo è infatti caratterizzato da una elevata area superficiale per unità di peso
(dell’ordine dei 1000 m2 ⋅ g-1); da ciò la sua notevole capacità di adsorbimento, in particolare nei
confronti di sostanze organiche ad elevato peso molecolare e di natura non polare (Passino,
1995) e nei confronti dei THM che si formano durante la clorazione per reazione della sostanza
organica con ipoclorito di sodio.
Per contro, sostanze organiche a catena corta, come gli zuccheri ed il metanolo, non sono
facilmente adsorbite.
La velocità di adsorbimento è strettamente legata alle dimensioni medie dei granuli di carbone ed
al pH; in generale essa cresce al diminuire della concentrazione idrogenionica.
La presenza di torbidità o di solidi in sospensione nell’acqua da potabilizzare riduce la capacità di
adsorbimento del carbone in quanto, provocando una parziale occlusione della struttura porosa,
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
diminuisce la superficie disponibile per l’adsorbimento (Passino, 1995). E’ quindi necessario
inviare al trattamento su carbone un’acqua preventivamente chiariflocculata e filtrata.
I parametri operativi e di processo che devono essere individuati durante la normale conduzione
sono:
-
ripartizione della portata d’acqua sulle varie batterie dei filtri;
-
efficienza della filtrazione eseguendo controlli chimici sui principali parametri influenzati dal
processo di adsorbimento come sostanza organica e THM.
Rigenerazione dei carboni
Nelle particelle di carbone si accumulano sostanze inquinanti che non vengono estratte durante il
controlavaggio a vapore. Se il carbone diventa saturo di questi inquinanti esaurisce il suo effetto
filtrante e deve essere rigenerato con un opportuno trattamento termico.
La rigenerazione del carbone viene eseguita presso aziende specializzate che operano nel modo
seguente: il carbone viene inserito in forni che raggiungono una temperatura di circa 800° C e in
cui c’è assenza di ossigeno per evitare la combustione del carbone stesso; in queste condizioni si
decompongono tutte le molecole organiche, liberando i granuli di carbone. Questo viene riportato
sull’impianto e immesso nei filtri.
La rigenerazione viene effettuata ogni 12 – 24 mesi in funzione dell’acqua trattata e
dell’esaurimento della batteria; essa comporta una perdita di circa il 10 % del carbone che viene
ricostituito integrando il suo volume con carbone vergine.
Dosaggio di soda caustica e biossido di cloro
L’acqua all’uscita dei filtri a carbone deve essere mantenuta incrostante per evitare che corroda
al suo passaggio le tubature della rete di distribuzione, in parte realizzate in cemento amianto.
Bisogna quindi portarla sopra il pH di saturazione aggiungendo idrossido di sodio (nota anche
come soda caustica).
L’acqua, a questo punto dell’impianto, è già salubre perché è stata completamente liberata dagli
agenti inquinanti, però è priva di sterilizzante residuo; occorre quindi dosare biossido di cloro in
concentrazione di 0.12 – 0.20 ppm che evita lo sviluppo in rete di microrganismi patogeni.
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
Stoccaggio dell’acqua
L’acqua prodotta dall’impianto viene accumulata in 3 vasche chiuse, alte 5 m, costruite in
cemento armato, 2 con volume di 6000 m3 e una di 10000 m3. Queste 3 vasche, che
contengono acqua con le stesse caratteristiche, vengono utilizzate in parallelo, riuscendo così a
compensare le escursioni di consumo che si verificano lungo la rete di distribuzione e garantendo
l’approvvigionamento di acqua potabile in caso di brevi interruzioni del funzionamento
dell’impianto.
Vasca di stoccaggio
L’impianto, inoltre, è strutturato in modo tale da suddividere la produzione di acqua in due linee:
-
una linea che fornisce acqua potabile, come detto precedentemente;
-
una linea destinata a produrre acqua di uso industriale;
questa seconda linea fa si che l’acqua, dopo i filtri a silice, si accumuli nella vasca di rilancio e da
qui venga inviata direttamente tramite pompe e valvole nella vasca di stoccaggio da 6000 m3,
senza subire il processo di filtrazione a carboni attivi.
Rete di distribuzione
La rete di distribuzione dell’acquedotto di Ravenna è stata realizzata per essere alimentata dal
NIP e dalla rete di Romagna Acque, ed è costituita da condotte che effettuano trasporto e la
contemporanea distribuzione dell’acqua potabile a tutti i residenti. La rete è chiusa a formare un
anello in modo da garantire l’erogazione dell’acqua a tutto il territorio del comune.
Lungo la rete vi sono centrali per l’accumulo e il risollevamento dell’acqua potabile e centrali per il
dosaggio di biossido di cloro come sterilizzante.
La rete è collegata a nord con le centrali acquedottistiche di Alfonsine, Fusignano, Russi e
Bagnacavallo, che ricevono acqua in diverse misure.
110
L’ITINHERARIO INVISIBILE
Inoltre tramite la condotta di Torre Pedrera è possibile alimentare la centrale presente a Cervia e
la rete di distribuzione di Cesenatico, anche se solo molto parzialmente.
Il sistema di telecontrollo
Il sistema di telecontrollo è situato al NIP dove sono presenti turnisti che hanno il compito di
controllare in continuo le varie fasi di funzionamento dell’impianto e in qualche caso di eseguire
manovre di conduzione.
Il telecontrollo permette inoltre di monitorare lo stato delle principali centrali dedicate alla
produzione e distribuzione di acqua e gas, dei depuratori delle acque reflue, dei sollevamenti di
acque nere e gestione delle idrovore che sollevano l’acqua di pioggia.
Impianti di depurazione: Cesena e S. Giustina di Rimini
Gli impianti di depurazione di Cesena e di S. Giustina di Rimini si occupano del trattamento delle
acque reflue sia civili che industriali, del territorio cesenate il primo, dell’intera area settentrionale
della Provincia di Rimini il secondo.
Nei due impianti, oltre ai tradizionali trattamenti biologici, vengono applicati trattamenti aggiuntivi
quali nitrificazione, denitrificazione e defosfatazione, filtri a sabbia e disinfezione con biossido di
cloro.
Veduta aerea del depuratore di S. Giustina di Rimini
111
L’ITINHERARIO INVISIBILE
Le fasi del processo
Grigliatura
Il primo passaggio è attraverso un sistema di griglie metalliche che permette l’eliminazione di
tutto quello che i batteri non possono digerire: stracci, bastoncini, pezzi di legno e di plastica che
finiscono, purtroppo, negli scarichi. I corpi una volta raschiati dalle griglie, vengono raccolti in un
contenitore e inviati in discarica.
Desabbiatura
Superata la griglia, il liquame viene sottoposto al processo di desabbiatura e disoleatura. La
prima serve ad eliminare la sabbia, ma anche polvere, pietrisco, ceneri ed altre sostanze
inorganiche pesanti, per proteggere le apparecchiature meccaniche dall’abrasione e per evitare
l’accumulo di dette sabbie, con riduzione del volume utile nelle vasche dell’impianto; la seconda
rimuove i grassi, gli oli e i tensioattivi con getti d’aria che li spingono in superficie.
Sedimentazione primaria
Il liquame così “filtrato” fluisce in una vasca di decantazione primaria, il “sedimentatore”. In un
liquame sono presenti diversi tipi di particelle in sospensione: quelle che hanno un peso specifico
maggiore a quello del liquame stesso, e quelle che hanno un peso specifico minore o uguale.
Tutte e due, se la turbolenza è elevata, vengono trascinate dal flusso. Se la velocità del flusso
diminuisce, le particelle con peso specifico maggiore rispetto al liquido che le contiene cadono
per gravità sul fondo; le altre rimangono in sospensione (cioè fluttuano senza precipitare). Si
definisce materiale sedimentabile l’insieme dei solidi, sia di natura granulosa che flocculosa che
sedimentano in un tempo ragionevole (di norma viene fissato un limite di tempo pari a 1 ora). I
solidi non sedimentabili presentano delle dimensioni talmente piccole da non poter essere
eliminati per questa via.
Il tipo più comune di sedimentatore ha forma circolare e prevede l’immissione del liquame dal
basso verso l'alto con movimento radiale dal centro verso l’esterno. Il materiale sedimentato,
chiamato fango primario, viene raccolto sul fondo e verrà trattato anch'esso prima di venire
smaltito. Una sedimentazione primaria è buona se si ha l’eliminazione del 50-80% delle sostanze
sospese.
112
L’ITINHERARIO INVISIBILE
Nitrificazione e denitrificazione
Il liquame viene immesso in una vasca di aerazione e nitrificazione. Scopo è quello di ossidare i
composti azotati presenti sotto forma ammoniacale, a NO2 e NO3 (nitrificazione). Il processo
avviene in due fasi distinte, sotto descritte, ad opera di batteri autotrofi del genere Nitrosomonas
e Nitrobacter, presenti comunemente nelle acque domestiche.
2 NH4+ + 3O2
2NO2 + O2
NITROSOMONAS
NITROBACTER
2NO2- + 4H+ +2H2O (nitriti)
2NO3- (nitrati)
La velocità di nitrificazione, che dipende dalla velocità di trasformazione dell’ammoniaca a nitriti,
è influenzata da una serie di parametri come il pH, la concentrazione di ossigeno disciolto e la
temperatura.
Nitrati e nitriti, in quanto nutrienti, non possono venire rilasciati nell'effluente. Occorre far seguire
una fase di denitrificazione finalizzato all’eliminazione della sostanza azotata presente sottoforma
di nitrati attraverso la riduzione ad azoto molecolare gassoso che si allontana come gas dalla
fase liquida. In altre parole, una volta prodotto, il nitrato deve venire ridotto (da batteri anaerobi) in
N2 (gassoso).
Per avvenire la denitrificazione ha bisogno di:
•
substrato batterico
•
azoto ossidato nella forma di nitrati
•
carbonio organico
•
assenza di ossigeno disciolto
Il substrato batterico è garantito dal flusso di fango di ricircolo proveniente dal sedimentatore
secondario ed eliminato dall’ossidazione. I nitrati vengono immessi ricircolando il liquame che
viene prelevato dall’uscita dell’ossidazione/nitrificazione. L’assenza di ossigeno viene mantenuta
non eccedendo nella fornitura di ossigeno libero in fase di ossidazione/nitrificazione.
Una volta denitrificato, il materiale organico presente nel liquame deve venire depurato. Il
trattamento prevede l'impiego del cosiddetto “fango attivo” e consiste nel mantenere in un bacino
ben aerato una nutrita coltura di particolari specie batteriche già presenti in numero ridotto nel
liquame da trattare. La comunità di batteri presente nei fanghi attivi è principalmente costituita da
113
L’ITINHERARIO INVISIBILE
batteri aerobici che richiedono sostanza organica per rifornirsi di carbonio ed energia (batteri
eterotrofi). In questo modo, viene eliminata la frazione organica.
Sedimentazione secondaria
Successivamente la miscela di fanghi attivi e liquidi passa alla vasca di sedimentazione
secondaria, dove avvengono due processi fondamentali: produzione di materiale cellulare per
ossidazione microbica della sostanza organica e adsorbimento su questo materiale, che si
aggrega in fiocchi, delle sostanze da rimuovere. È pertanto necessario che i fiocchi vengano
mantenuti in sospensione tramite un appropriato grado di agitazione. L'aggregarsi delle particelle
provoca un innalzamento del peso specifico dei fiocchi che quindi possono precipitare sul fondo
sotto forma di fango "secondario". Una parte di questo fango attivo sedimentato, denominato
“fango di ricircolo”, viene ripompata a monte della vasca di aerazione per facilitare il trattamento
di altro liquame.
Poiché la quantità di fango attivo aumenta considerevolmente è necessario allontanare la
quantità di fango in eccesso (fango “di supero”) che, o viene reimmesso nel circuito, oppure viene
inviato alla linea di depurazione dei fanghi. L'acqua in uscita dai sedimentatori secondari, viene
immessa nelle vasche per i trattamenti terziari.
Disinfezione
È un’operazione mediante la quale si eliminano gli organismi patogeni tipo batteri o virus,
impiegando soprattutto sostanze a base di cloro. L'aggiunta di queste sostanze avviene in una
vasca a percorso sinuoso, a labirinto, in modo da mantenere un tempo di contatto acqua-cloro
abbastanza elevato.
Chiariflocculazione
Questa è una operazione combinata di coagulazione, flocculazione e sedimentazione. Se i
materiali in sospensione sono di tipo colloidale non sedimentano a causa sia delle piccole
dimensioni delle particelle, sia per la repulsione elettrica reciproca .
La sedimentazione può avvenire solo a seguito della destabilizzazione delle cariche. Questo
effetto è ottenibile attraverso l’aggiunta all’acqua di elettroliti, cioè composti chimici come il solfato
di alluminio o di ferro, il cloruro di ferro o di alluminio, il cui scopo è quello di formare degli ioni
metallici idrolizzabili. La destabilizzazione delle cariche è nota con il nome di COAGULAZIONE.
114
L’ITINHERARIO INVISIBILE
Poiché normalmente i colloidi sono caricati negativamente, vengono impiegati coagulanti di tipo
cationico che in acqua si caricano positivamente.
Gli idrossidi metallici ed i polimeri organici oltre a funzionare come coagulanti favoriscono anche
l’aggregazione delle particelle che così possono decantare. Tali aggregati, che possono
raggiungere le dimensioni di qualche mm, sono detti fiocchi e il meccanismo della loro
formazione è detto FLOCCULAZIONE. In una fase successiva i fiocchi devono essere
sedimentati.
La linea fanghi
Con il termine di fango si intendono i solidi eliminati dai liquami con il processo di
sedimentazione. A seconda della loro provenienza possono venire classificati come fanghi
primari, secondari, di supero, o chimici. In base alle loro condizioni o ai processi subiti, possono
distinguersi in grezzi, freschi, digeriti, lavati, disidratati, essiccati.
Con il termine “trattamento dei fanghi” si intendono tutti quei metodi che intercorrono tra la
rimozione del fango dai sedimentatori fino al loro smaltimento finale.
Pre-ispessimento
La prima operazione che un fango subisce nel suo processo di depurazione è un preispessimento, cioè una diminuzione del suo contenuto in acqua. A tal fine si utilizzano vasche di
ulteriore sedimentazione e addensamento dei fanghi dotate di dispositivi che favoriscono la
separazione dell’acqua dal fango. L’acqua estratta viene rimessa in circolo nell'impianto,
seguendo cioè la linea acqua.
115
L’ITINHERARIO INVISIBILE
Linea fanghi – pre-ispessimento
Digestione anaerobica
Il processo di digestione del fango è condotto in assenza di ossigeno libero da organismi
anaerobici. Avviene in tre fasi principali:
- fermentazione acida: i microrganismi (batteri o altri) aggrediscono i solidi disciolti, quali gli
zuccheri, fino a formare acidi organici, idrogeno solforato, carbonati e anidride carbonica;
- l’ambiente acido sviluppa la crescita di microrganismi che abbattono, anche se lentamente,
proprio le sostanze acide. In questa fase si hanno processi di stabilizzazione e gasificazione dei
fanghi (viene prodotto biogas, cioè metano e anidride carbonica);
- vengono attaccati i composti azotati quali proteine e aminoacidi. Il pH si stabilizza intorno ai 6,8
e 7,4. Si ha una abbondante formazione di metano. I solidi rimasti nel fango sono relativamente
stabili.
Post-ispessimento e disidratazione meccanica
Al processo di digestione seguono un post-ispessimento, mediante il quale viene tolta l’acqua
interstiziale, una disidratazione spinta, eseguita mediante un nastro a pressa, e lo smaltimento
finale.
Nella disidratazione spinta il fango viene inviato in mezzo a due nastri in modo da lavorare sotto
pressione. In questo modo si raggiunge un secco del 20-25%. Il filtrato viene riportato in testa al
trattamento. Il fango, diventato di consistenza palabile, deve essere smaltito. Così trattato il fango
116
L’ITINHERARIO INVISIBILE
è stabilizzato ed è ridotto a terriccio marrone scuro. Il prodotto finale è un soffice terriccio che
viene utilizzato per fare compost per agricoltura e floricoltura.
Qualità nei servizi, qualità nei prodotti
Il Gruppo HERA effettua controlli sulla qualità delle acque relativamente a tutte le fasi del servizio
idrico integrato: acquedotto, fognatura e depurazione. L'attività di controllo delle caratteristiche
igienico-sanitarie dell'acqua destinata al consumo umano è strettamente legata al concetto di
acquedotto, inteso come insieme di infrastrutture connesse a determinati impianti di produzione
idrica. I requisiti di qualità dell'acqua sono garantiti attraverso un alto grado di sorveglianza
esercitato sulle fonti d'approvvigionamento, l'uso di tecnologie e prodotti di alto livello per la
potabilizzazione, la verifica costante del livello di prestazione degli impianti (controllo di processo)
e un'adeguata vigilanza sullo stato delle reti di distribuzione. I controlli sulla qualità delle acque
destinate alla produzione di acqua potabile e al consumo umano sono regolati dal decreto
legislativo 152/2006 e dal 31/2001. Vengono distinti in controlli interni, effettuati dal gestore del
servizio idrico, e controlli esterni svolti dalle AUSL e da altri enti di controllo. Tali controlli vengono
effettuati presso i punti di prelievo delle acque superficiali e sotterranee da destinare al consumo
umano, presso gli impianti di adduzione, di accumulo e di potabilizzazione e presso le reti di
distribuzione.
Hera ha consolidato un piano di controllo di Gruppo che descrive le diverse tipologie di punti di
campionamento, i parametri analitici ricercati e le relative frequenze. Lo sviluppo del piano tiene
conto di linee di principio comuni per tutte le Società Operative Territoriali: la caratterizzazione
chimico fisica e batteriologica dell'acqua, il rispetto dei requisiti cogenti, la garanzia di fornire un
prodotto di qualità ottimale. I controlli e le verifiche di idoneità effettuati alla captazione
consentono di intervenire tempestivamente sospendendo, se necessario, il prelievo nel caso in
117
L’ITINHERARIO INVISIBILE
cui le caratteristiche chimico-fisiche non rispondano ai requisiti di qualità attesi. Tra le iniziative
intraprese ai fini del miglioramento della qualità dell'acqua possiamo citare: l'ottimizzazione dei
processi di chiariflocculazione, l'attivazione di nuovi impianti di disinfezione negli acquedotti di
alcuni comuni pedecollinari e collinari, la messa a punto di sistemi di miscelazione statica del
disinfettante immesso, la manutenzione straordinaria di alcuni impianti di produzione di biossido
di cloro con l'installazione di sistemi di telecontrollo.
Per quanto riguarda le acque reflue, il Gruppo Hera effettua su tutto il territorio in cui opera
controlli mirati sugli scarichi industriali in rete fognaria e su tutta la filiera del trattamento
depurativo, dall'ingresso dei reflui nell'impianto fino allo scarico finale nel corpo idrico recettore
(fiume, mare). Tale attività consente la restituzione all'ambiente di un effluente che non altera le
caratteristiche chimiche, fisiche e biologiche dell'ambiente naturale. Tutto ciò anche a vantaggio
di un continuo miglioramento delle fonti superficiali e di protezione delle fonti sotterranee (falde)
utilizzate a scopo idropotabile.
I parametri analitici - chimici, chimico-fisici, microbiologici e biologici - normalmente monitorati
sono quelli previsti dalla normativa vigente (D.Lgs. 31/2001 e s.m.i. per le acque destinate al
consumo umano e D.Lgs. 152/2006 e s.m.i. per le acque reflue). Oltre a tali tipologie di parametri,
il Gruppo Hera effettua la ricerca di parametri non convenzionali in relazione a particolari verifiche
periodiche. Sono inoltre impostati protocolli di ricerca specifici per la sperimentazione di
tecnologie di trattamento innovative.
Il controllo analitico ha lo scopo fondamentale di tutelare la salute pubblica. La pianificazione dei
controlli rappresenta uno strumento di governo delle risorse e di prevenzione del rischio che
investe tutte le fasi del ciclo idrico. Per questo motivo le analisi vengono eseguite con adeguata
frequenza nel rispetto di programmi di campionamento definiti nel Piano di controllo annuale, che
118
L’ITINHERARIO INVISIBILE
definisce i criteri di impostazione, i punti di campionamento sottoposti a controllo, il numero, la
frequenza e la tipologia delle analisi.
Pur prevedendo una base di controllo omogenea per tutto il territorio servito, nella redazione del
Piano si tiene conto di particolari esigenze di controllo connesse a specifiche situazioni
impiantistiche, ovvero a necessità di monitoraggi specifici sulla base delle serie storiche dei dati.
L'attento studio degli esiti dei rilievi eseguiti è alla base delle programmazioni future.
Al fine di ottimizzare il rapporto costi/benefici, si privilegia - per quanto possibile e nel rispetto di
quanto previsto dalla normativa vigente - il numero e la densità dei punti di controllo rispetto
all'estensione del set di parametri, includendo quelli maggiormente significativi.
Allo stesso scopo si è sviluppata l'implementazione di semplici ma affidabili monitoraggi in campo
eseguibili da personale tecnico esperto.
Gli esiti più rappresentativi dell'attività di controllo sono divulgati, in un'ottica di massima
trasparenza, attraverso l'utilizzo di canali di comunicazione consolidati quali le Carte del Servizio
ed il sito internet.
Riferimenti bibliografici
Calori A., Realizzazione e gestione impianti a carbone attivo granulare, atti del convegno “La
gestione degli impianti di potabilizzazione: osmosi inversa, carboni attivi, ossidazione e
filtrazione”, Milano 9-10 ottobre 2003.
Cristoforetti C., Teoria dell’adsorbimento dei carboni attivi, atto del convegno “La gestione degli
impianti di potabilizzazione: osmosi inversa, carboni attivi, ossidazione e filtrazione”, Milano 9-10
ottobre 2003.
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Moruzzi L., La potabilizzazione delle acque con elevata concentrazione di sostanze inquinanti,
atti del seminario sulla potabilizzazione igienica dell’acqua, Editrice E. A. fiere di Padova, 1979.
Passino R., Manuale di conduzione degli impianti di depurazione delle acque, Zanichelli, Esac
1995.
Hera S.p.A., "Bilancio di sostenibilità 2004"
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
Riferimenti Web
www.gruppohera.it
http://www.amispa.com (Ami Spa)
http://www.amir.it (Amir S.p.A.)
http://www.coviri.it/
www.minambiente.it
120
L’ITINHERARIO INVISIBILE
Capitolo 6 – L’acqua e la salute dell’uomo
I vari tipi di acque destinate al consumo umano
Le acqua destinate al consumo umano si possono suddividere in due tipologie differenti: le acque
potabili e le acque minerali naturali. Tale divisione si basa sulle differenze relative agli impieghi,
alle tipologie di distribuzione (in bottiglia le acque naturali minerali, prevalentemente in condotta
le acque potabili ), alle differenti origini e ai diversi trattamenti a cui sono sottoposte (le acque
potabili subiscono specifici trattamenti a seconda della loro provenienza, mentre le acque
minerali naturali presentano all’origine particolari caratteristiche igieniche assicurate dalla
provenienza di acquiferi protetti).
L’acqua potabile
L'acqua potabile è una risorsa primaria destinata al consumo e a fondamentali attività umane.
Letteralmente acqua potabile significa “acqua che può essere bevuta” senza nuocere alla salute
e che quindi presenta tutti i requisiti di qualità stabiliti dalla normativa vigente e in conseguenza a
ciò dove rispondere a determinati requisiti:
•
deve essere incolore, inodore e di gradevole sapore;
•
essere batteriologicamente pura;
•
avere un valore del pH compreso tra 6,5 e 9,5 (l'acqua pura ha un valore del pH pari a 7;
con un pH inferiore a 7 l'acqua risulta acida, con un pH superiore a 7 invece risulta
basica);
•
avere un livello di durezza, data dal contenuto in sali alcalino terrosi, principalmente
calcio e magnesio, compreso tra 15 e 50 gradi francesi,;
•
deve contenere una quantità di sali tale da dare un residuo fisso massimo pari a
1500 mg/l;
•
avere un contenuto di nitrati massimo pari a 50 mg per litro.
Per poter rispettare tutti questi requisiti le aree di alimentazione delle risorse idriche, superficiali o
sotterranee, e gli impianti che fanno parte degli acquedotti devono essere protetti da ogni
possibile fonte di inquinamento.
Le fonti da cui generalmente viene attinta l’acqua potabile sono quindi:
•
le falde sotterranee (è la fonte prevalente);
•
le sorgenti;
121
L’ITINHERARIO INVISIBILE
•
le acque superficiali (in questo caso vengono costruite adeguate opere di presa, in
prossimità di traverse, che hanno lo scopo di deviare l'acqua, o dighe che la accumulano
per far fronte ai periodi di maggior scarsità).
L’acqua potabile che viene distribuita negli acquedotti comunali e consortili é sottoposta ad
analisi periodiche per la valutazione dei vari parametri principali. Le analisi che vengono
effettuate sono di vario tipo:
•
organolettico, per valutare colore, sapore e odore;
•
fisiche, per valutare temperatura, conducibilità elettrica, limpidezza;
•
batteriologiche, per valutare la presenza di germi patogeni;
•
chimiche, per valutare le sostanze presenti (analisi qualitativa) e le loro concentrazioni
(analisi quantitativa).
Esistono anche dei parametri che vengono utilizzati per caratterizzare le acque potabili e i
principali sono:
•
pH (indicatore del grado di acidità);
•
conducibilità elettrica e residuo secco a 180°C (si riferiscono alla presenza di sali
minerali: più l'acqua è mineralizzata, più sono alti la conducibilità e il residuo secco);
•
ossidabilità (indica la quantità di sostanze organiche presenti; un'alta presenza di queste,
espone l'acqua ad un maggior rischio di degrado);
•
calcio e magnesio (contribuiscono a determinare la durezza);
•
solfato, nitrato, cloruro;
•
metalli pesanti (sostanze definite tossiche dalla legge in quanto rischiose per la salute
dell'uomo e rappresentanti pertanto un indice negativo).
Solitamente l’acqua potabile che circola nei nostri acquedotti può essere considerata sicura,
grazie alle numerose analisi a cui viene sottoposta per legge. Inoltre, prima di essere immessa in
rete l’acqua viene trattata con sostanze disinfettanti, quali cloro, ozono, ipoclorito di sodio. Tali
sostanze, anche se possono qualche volta dare un sapore non del tutto gradevole all'acqua,
sono quelle che danno garanzie sul piano della salute: infatti, fino a qualche decennio fa molte
malattie infettive venivano trasmesse da acqua non disinfettata ad una popolazione, specie di
bambini, spesso denutrita e debole per altre ragioni e ciò provocava tassi di mortalità elevati. La
disinfezione dell'acqua ha contribuito in modo determinante ad allungare la vita umana.
122
L’ITINHERARIO INVISIBILE
Vi sono sostanze per le quali sono prescritti valori massimi che non possono essere
assolutamente superati, altrimenti l’acqua è dichiarata non potabile (vedi cap. 1). Si tratta di
sostanze nocive o indesiderabili e i valori massimi consentiti sono bassissimi e del tutto
precauzionali, come si può vedere nella seguente tabella:
Sostanze
Valore massimo
(microgrammi/litro)
Arsenico
10
Benzene
1
Benzo (a) pirene
0,01
Boro
1
Cadmio
10
Clorito
200
Cromo
50
Cianuro
50
Fluoruro
1,5
Mercurio
1
Nichel
20
Nitrati
50
Nitriti
0,5
Piombo
10
Selenio
10
Vanadio
50
(Fonte dati tabella: http://www.consumatori.it/H2O/H2O_5.htm)
123
L’ITINHERARIO INVISIBILE
L’acqua minerale
Le acque minerali, secondo la definizione di legge, sono acque naturali provenienti dal
sottosuolo, caratterizzate da requisiti di purezza originaria e che contengono una certa quantità di
minerali disciolti e che solitamente vengono commercializzate in bottiglia. La loro composizione è
riportata sull’etichetta; questa composizione deve rimanere costante nel tempo (non deve cioè
variare in maniera significativa con le stagioni e con le diverse condizioni climatiche) a riprova
della buona protezione dell’acquifero.
Secondo la legge italiana le acque minerali commerciabili possono essere suddivise in varie
categorie in base alle loro caratteristiche, che devono rientrare nei limiti indicati dal decreto
legislativo n. 105 del 25/01/1992 e s.m.i.:
acque minimamente mineralizzate: il residuo fisso a 180° è inferiore a 50 mg/l.
acque oligominerali (o leggermente mineralizzate): il residuo fisso è compreso tra 50 e
500 mg/l.
acque ricche di sali minerali: il residuo fisso è superiore a 1500 mg/l.
Esistono poi altre categorie, sempre previste dal decreto, legate alla concentrazione o meno di
specifici sali minerali:
•
acqua minerale contenente bicarbonato, se il bicarbonato è superiore a 600 mg/l;
•
acqua minerale solfata, se i solfati sono superiori a 200 mg/l;
•
acqua minerale clorulata, se il cloruro è superiore a 200 mg/l;
•
acqua minerale calcica, se il calcio è superiore a 150 mg/l;
•
acqua minerale magnesiaca, se il magnesio è superiore a 50 mg/l;
•
acqua minerale fluorata, se il fluoro è superiore a 1 mg/l;
•
acqua minerale ferruginosa, se il ferro bivalente è superiore a 1 mg/l;
•
acqua minerale acidula, se l'anidride carbonica libera è superiore a 250 mg/l;
•
acqua minerale sodica, se il sodio è superiore a 200 mg/l;
•
acqua minerale indicata per le diete povere di sodio, se il sodio è inferiore a 20 mg/l;
Oltre alle comuni acque minerali è possibile trovare in commercio altri tipi di acque da bere: si
tratta delle acque di sorgente e delle acque da tavola. Solo per l’acqua minerale c’è l’obbligo di
riportare in etichetta la composizione analitica e le informazioni delle sue caratteristiche, mentre
analogo obbligo non esiste per le altre due tipologie.
Le acque di sorgente sono state riconosciute per legge nel 1999. Si tratta di acqua potabile
imbottigliata alla fonte delle migliori falde che servono gli acquedotti. L’acqua di sorgente deve
124
L’ITINHERARIO INVISIBILE
rispettare i parametri della normale acqua di rubinetto, non può avere cloro aggiunto ma può
essere sottoposta agli stessi trattamenti previsti per l’acqua minerale.
Al giorno d’oggi la vendita dell’acqua in bottiglia è diventato un vero e proprio business e l’Italia è
al primo posto nel mondo, con più di 8 miliardi di litri consumati ogni anno (di cui il 77%
confezionato in bottiglie di plastica e solo il 23% in bottiglie di vetro). Sette italiani su dieci bevono
acqua in bottiglia, il cui costo mediamente è da 300 a 600 volte superiore a quello dell’acqua
potabile. I consumi massimi si registrano nella fascia d’età tra i 24-35 anni, mentre gli anziani ne
bevono meno (questo conferma che le motivazioni terapeutiche dell’utilizzo dell’acqua minerale
siano le meno rilevanti).
Inoltre, l’andamento dei consumi è in crescita (per esempio, dai 155 litri pro-capite all’anno del
1998 si è passati ai 165 litri pro-capite all’anno dell’anno 2001).
Alla base di questi alti consumi di acque minerali, si trovano sicuramente diversi fattori quali i
gusti personali e le indicazioni mediche, ma probabilmente il fattore scatenante è legato alla
sfiducia che c’è nei confronti dell’acqua potabile di casa.
Sotto accusa, al di là delle vere e proprie emergenze inquinamento, è soprattutto il processo di
potabilizzazione tramite clorazione. Per eliminare i batteri, e quindi il rischio di infezioni sanitarie,
si ricorre essenzialmente al cloro, che però dà all’acqua un odore ed un sapore spesso
sgradevoli. In alternativa al cloro, in alcuni comuni si sta già sperimentando un diverso processo
di potabilizzazione tramite ozono e raggi ultravioletti, anche allo scopo di scongiurare la
formazione di trialometani (THM), quei composti prodotti dalla clorazione di cui alcuni studi hanno
sostenuto la tossicità.
C’è da sottolineare il fatto, però, che in alcuni casi le acque minerali sono tutt’altro che migliori
dell’acqua del rubinetto: la normativa che regola le caratteristiche chimico-fisiche delle acque
minerali (D.Lgs. 105/92 e D.M. 542/92) è differente rispetto a quella che regola le acque potabili
(D.Lgs. 31/2001): essa infatti ammette la presenza di alcune sostanze, sia alcaline che non
desiderate, con valori di accettabilità superiori a quelli permessi per le acque potabili. Ovvero, se
dal legislatore alcune sostanze sono considerate “indesiderate” quando presenti nelle acque
potabili in determinate concentrazioni, e ciò a causa della loro pericolosità per la salute umana, le
stesse sostanze non sono considerate “indesiderate” quando presenti nelle acque minerali alle
medesime concentrazioni e ciò semplicemente perché i limiti ammessi sono in questo caso
superiori. Per esempio per l’acqua minerale non c’è alcun limite né per il manganese né per gli
125
L’ITINHERARIO INVISIBILE
altri minerali come il ferro, il cromo, il sodio, il magnesio, il mercurio, il berillio, eccetera. Solo per
l’acqua potabile esistono valori massimi che non possono essere superati, oltre a "valori guida"
che sono quelli consigliati e che dovrebbero corrispondere a un’acqua del tutto "desiderabile".
Inoltre l’acqua minerale non può essere trattata con i composti del cloro per impedire la
proliferazione microbica e ciò spiega perché non ha il cattivo sapore che talvolta presenta quella
che esce dal rubinetto.
Il decreto ministeriale n. 542/1992 ha permesso di non specificare in etichetta 19 sostanze
tossiche o indesiderabili, qualora non raggiungano una determinata concentrazione. Fra queste,
vi sono anche il cadmio (non dichiarato fino a 10 microgrammi/litro), il nichel, che addirittura non
ha alcun limite, il cromo trivalente, che pure non ha alcun limite ed è quello maggiormente
presente nelle acque, eccetera. Inoltre, i nitrati, che sono indizio di inquinamento e precursori di
sostanze cancerogene, non devono essere dichiarati se non superano i 45 milligrammi per litro,
oppure i 10 milligrammi nel caso di acque destinate all'infanzia, ma nelle acque con più di 10
milligrammi non è previsto alcun obbligo di segnalare il rischio per l'infanzia.
Inoltre, a questo punto, è importante ricordare che le acque potabili dei rubinetti sono sottoposte
a controlli molto più frequenti e rigorosi rispetto a quelli delle acque minerali (le cui analisi
complete vengono effettuate a cadenze quinquennali) e che queste ultime possono subire delle
alterazioni in seguito a stoccaggi non idonei (per es. i contenitori di plastica sono soggetti, se
conservati alla luce e al calore, a un processo di degradazione i cui effetti sulla salute umana,
specie in seguito a un consumo quotidiano di acqua imbottigliata, sono ancora oggetto di
indagine).
Un altro aspetto negativo legato alle acque minerali è il costo che è 300 – 600 volte più alto di
quello delle acque potabili, incidendo a fine anno sul bilancio familiare.
Al costo dell’acqua, si deve poi aggiungere anche il costo, monetario ed ambientale, del processo
produttivo dell’acqua in bottiglia che origina un grande spreco energetico, sia per la distribuzione
dell’acqua dalla fonte al consumatore, sia per la gestione dei rifiuti prodotti (soprattutto bottiglie in
plastica).
Ulteriore aspetto negativo è la “privatizzazione” delle acque minerali. Queste ultime, come ogni
altra acqua in Italia, sono di proprietà pubblica. I privati possono sfruttarle su concessione delle
Regioni. Pertanto le aziende private, quasi tutte di proprietà di multinazionali straniere, pagando
prezzi bassissimi per le concessioni, realizzano un enorme fatturato senza preoccuparsi dei costi
ambientali connessi con questo tipo di commercio.
126
L’ITINHERARIO INVISIBILE
Come leggere l’etichetta delle acque imbottigliate
Le nostre acque minerali elencano in maniera completa e dettagliata i dati analitici, secondo
quanto stabilito dal decreto di riconoscimento ministeriale (vedi cap. 1), risultando così più
complete ma anche abbastanza complicate da decifrare per i non addetti ai lavori.
La normativa in materia è recente, ma rimane lacunosa e insufficiente perché poco chiara.
Come leggere un’etichetta
Sono elencate di seguito le comuni diciture riportate sulle etichette:
•
scritta “Acqua minerale naturale”: tutte le acque riportano questa dicitura;
•
la denominazione dell’acqua minerale naturale, il nome della sorgente ed il luogo di
utilizzazione della stessa;
•
data imbottigliamento / termine minimo di conservazione: contrariamente a quanto
succede per gli altri alimenti, la data (giorno, mese, anno) viene indicata, nella maggior
parte dei casi, da un segno poco visibile tracciato su una sorta di calendario localizzato
sui bordi dell’etichetta; in altri casi stampato sull’etichetta o sul tappo della bottiglia. Si
usa indicare il termine minimo di conservazione (data limite di conservazione), che è la
data fino alla quale il prodotto conserva le sue proprietà specifiche in adeguate
condizioni di conservazione. Convenzionalmente tale data viene stabilita dopo tre anni
dal confezionamento in bottiglia dell’acqua minerale;
•
lotto: indicazione che consente di individuare la partita del prodotto e la sua linea di
imbottigliamento, ai fini della rintracciabilità;
127
L’ITINHERARIO INVISIBILE
•
analisi chimica e chimico – fisica. Sull’etichetta deve apparire chiaramente il nome del
laboratorio che ha effettuato le analisi, insieme a una lunga serie di dati in realtà poco
utili:
1. la temperatura della sorgente,
2. l’acidità dell’acqua prelevata alla sorgente espressa come pH (il valore 7
rappresenta la neutralità, valori superiori si riferiscono alle acque basiche,
mentre valori più bassi a quelle acide),
3. la conducibilità elettrica,
4. il quantitativo di sali minerali presenti sotto forma di ioni (Ca++ sta per calcio,
Mg++ per magnesio, K+ per potassio, ecc),
5. il residuo fisso a 180°C, che è, invece, un elemento molto importante, perché
permette di capire se si tratta di un’acqua più o meno ricca di Sali minerali.
Alcune aziende hanno la buona abitudine di riportare il livello di durezza
dell’acqua, espresso in gradi francesi;
•
classe di appartenenza (Residuo Fisso): in sostanza, più alto è questo valore, più sali
minerali sono presenti. La legge prevede l’uso facoltativo sulle etichette delle
terminologie già illustrate in precedenza: minimamente mineralizzata, oligominerale o
leggermente mineralizzata, ricca di sali minerali.;
•
analisi batteriologica. Un’acqua viene giudicata pura, e quindi commerciabile, sulla base
delle analisi effettuate in laboratorio per verificare l’assenza di germi pericolosi per la
salute (assenza totale di coliformi, streptococchi fecali, stafilococchi aurei, clostridi
solfito-riduttori, pseudomonas aeruginosa, consentita la presenza di una certa flora
microbica saprofita). Solo se la ricerca dà esito negativo si può vendere il prodotto e
inserire la scritta: “acqua microbiologicamente pura”;
•
qualità salienti: sono le caratteristiche e le proprietà particolari riconosciute dal Ministero
della Sanità, previa valutazione di apposita documentazione clinico-farmacologica;
•
volume: indica il contenuto netto dell’acqua minerale naturale nel contenitore. La “e” sta
ad indicare che si tratta di un volume europeo;
•
codice a barre: fornisce indicazioni sul produttore e sull’articolo venduto;
•
dicitura ambientale; frase o disegno che invita a non disperdere il contenitore
nell’ambiente dopo l’uso;
128
L’ITINHERARIO INVISIBILE
•
Le indicazioni per la conservazione sono facoltative: generalmente viene indicato di
conservare le bottiglie in luogo fresco ed asciutto e ben aerato, al riparo dalla luce e da
fonti di calore (un’indicazione valida soprattutto per le bottiglie in PVC, più sensibili al
calore);
•
scritta “Addizionata di anidride carbonica”: dicitura obbligatoria per tutte le acque
minerali alle quali viene aggiunto questo gas per renderle gassate. Un’acqua può
essere: totalmente degassata se l’anidride carbonica libera presente alla sorgente è
stata totalmente eliminata; parzialmente degassata, se l’anidride carbonica libera
presente alla sorgente è stata parzialmente eliminata; rinforzata col gas della sorgente,
se il tenore di anidride carbonica libera, proveniente dalla stessa falda o giacimento, è
superiore a quello della sorgente; aggiunta di anidride carbonica, se all’acqua minerale
naturale è stata aggiunta anidride carbonica non prelevata dalla stessa falda o
giacimento; naturalmente gassata o effervescente naturale, se il tenore di anidride
carbonica libera, superiore a 250 mg/l, è uguale a quello della sorgente; in alcuni casi,
invece, l’acqua viene “rinforzata coi gas della sorgente”;
•
la data in cui sono state eseguite le analisi e il laboratorio presso il quale dette analisi
sono state effettuate;
•
gas disciolti: sotto questa voce viene indicato il quantitativo di anidride carbonica, di
ossigeno e altri gas presenti nell’acqua quando sgorga dalla sorgente. Un dato del tutto
inutile, perché, non è riferito all’acqua in bottiglia: leggendo l’etichetta non è possibile
capire il livello di gasatura dell’acqua minerale;
•
autorizzazioni alla vendita: su ogni etichetta deve comparire la regione sociale
dell’azienda produttrice e il nome dell’acqua, insieme con l’autorizzazione alla vendita e
gli estremi del provvedimento;
•
informazioni di carattere pseudoscientifico: compaiono su tutte le acque minerali, si
tratta di diciture alcune volte documentate sulla base di ricerche, altre volte no. Per
esempio, gli effetti diuretici tanto decantati sono una caratteristica di tutte le acque
potabili che, in diversa misura, inevitabilmente favoriscono l’eliminazione delle scorie
renali. Per particolari patologie o cure è meglio sentire il parere del medico e controllare
in etichetta il quantitativo di sali minerali;
129
L’ITINHERARIO INVISIBILE
•
ulteriori caratteristiche dell’acqua: sulle etichette di alcune bottiglie vengono riportate
informazioni riguardo il contenuto di alcune sostanze, come già indicato in precedenza
(acqua contenente bicarbonato, solfata, clorulata, ecc.);
•
marchio.
Confronto fra acqua potabile Hera e acque minerali
È opinione comune che la qualità dell'acqua di rubinetto sia inferiore a quella dell'acqua in
bottiglia. Si riporta il confronto tra l'acqua Hera, i limiti di legge e le acque minerali. Per maggiore
omogeneità e facilità di confronto con le etichette delle acque minerali in commercio sono stati
introdotti i parametri pH e cloruri. I valori relativi all'acqua Hera sono sempre ampiamente contenti
nei limiti di legge.
Per quasi tutti i parametri considerati i valori medi dell'acqua Hera sono confrontabili con quelli
delle acque minerali in commercio. L'unica eccezione è rappresentata dai nitrati i cui valori medi
sono però dal 60 al 90% inferiori ai limiti di legge.
(Fonte dati tabella: http://www.gruppohera.it/gruppo/attivita_business/business_acqua/qualita/pagina4.html)
Confronto qualitativo tra l'acqua Hera e le acque minerali naturali in commercio
Acque Limiti
Hera
Hera
Hera
Hera
Hera
Hera
Hera
minerali
di
Forlì - Imola Bologna Ferrara
Modena Ravenna Rimini
(min-max) legge
Cesena Faenza
ph
Durezza
(°F)
Residuo
fisso a
180°
(mg/l)
Sodio
(mg/l)
Fluoruri
(mg/l)
Nitrati
(mg/l)
Cloruri
(mg/l)
5,8-8,1
6,5-9,5 7,5
7,6
7,5
7,7
7,4
7,9
7,3
3-93
15-50* 30,8
22,2
23,1
30,2
37,0
21,4
29,4
38-988
1.500 403
315
378
431
576
342
532
1-62
200
18,3
21,5
49,7
28,4
39,3
55,6
41,8
0-0,56
1,5
< 0,10
0,10
0,15
0,11
< 0,10
0,13
0,13
0-7,12
50
8,7
11,0
4,2
11,6
20,6
4,9
11,8
0-92
250
30,9
34,7
22,5
36,2
78,5
32,2
47,8
* valori consigliati
Confronto effettuato con i dati relativi a 28 acque minerali naturali in commercio pubblicati dalla
rivista Altroconsumo (n. 184 di luglio/agosto 2005). Per PH e cloruri sono stati utilizzati i dati
130
L’ITINHERARIO INVISIBILE
indicati nelle etichette di 9 acque minerali di larga commercializzazione. I dati relativi all'acqua
Hera sono valori medi ponderati di circa 5800 analisi effettuate secondo le frequenze e nei punti
di prelievo lungo la rete di distribuzione come previsto dal piano di controllo e sorveglianza del
ciclo idrico integrato. I limiti di legge sono quelli previsti per le acque destinate al consumo umano
dal decreto legislativo 31/2001.
L’accesso all’acqua potabile
Se il 98% delle persone che vivono nei paesi industrializzati dispongono abbondantemente di
acqua, nei paesi in via di sviluppo l’acqua, che dovrebbe essere fonte di vita, uccide ogni anno
almeno 25 milioni di persone, tre quinti dei quali sono bambini e circa la metà delle malattie che
colpiscono gli abitanti del mondo sono causate dall’acqua, che le genera e le diffonde.
Nei paesi del Terzo Mondo l’acqua disponibile non è sufficiente a soddisfare le esigenze
domestiche, così viene riutilizzata più volte, perdendo le sue caratteristiche, inquinandosi e
diventando così fonte di malattie.
Un ulteriore problema è dovuto al fatto che i paesi in via di sviluppo sono carenti di servizi igienici,
di acquedotti e di fognature e in conseguenza a ciò utilizzano fiumi, laghi e stagni come fonte
d’acqua pura e allo stesso tempo utilizzano gli stessi come recapito degli scarichi; in questo
modo vengono diffuse malattie anche molto gravi.
Ma tornando alla questione idrica, alcune cifre possono aiutare a comprendere la dimensione di
questa importante problema: nel mondo 1 miliardo e 400 milioni di persone non hanno accesso
all’acqua potabile, 2 miliardi e 400 milioni vivono senza le più basilari condizioni igieniche e 10
mila persone muoiono ogni giorno a causa della mancanza di acqua potabile.
Si valuta che nell’anno 2025, quando la popolazione supererà gli 8 miliardi di esseri umani, il
numero delle persone senza accesso all’acqua potabile aumenterà a più di 3 miliardi.
Al giorno d’oggi si valuta che ogni abitante del Pianeta in media consuma il doppio d’acqua
rispetto all’inizio del 1900 e globalmente, il consumo mondiale di acqua è circa decuplicato solo
nell’arco di un secolo.
Negli ultimi cinquant’anni la disponibilità d’acqua è diminuita di circa tre quarti in Africa e di circa
due terzi in Asia. In Africa la disponibilità di acqua potabile, reti fognarie e servizi igienici è ancora
molto lontana da uno standard accettabile, soprattutto nelle aree rurali, dove meno del 60% della
popolazione dispone di acqua potabile e meno della metà di servizi igienici.
131
L’ITINHERARIO INVISIBILE
In Papua Nuova Guinea il 70% della popolazione non ha accesso all'acqua, in Zambia la
percentuale è del 73% e in Burkina Faso sale al 78%.
Va anche osservato che fra "disponibilità" e "accesso" all'acqua non esiste necessariamente una
relazione diretta. Per esempio, in Brasile e Zaire dove c'è una gran quantità d'acqua, molta parte
della popolazione non ha accesso all'acqua potabile. Il caso contrario si verifica in California
dove, nonostante la penuria d'acqua, si registra un utilizzo pro capite di circa 4000 litri al giorno.
Un cittadino nordamericano utilizza 1.700 m3 di acqua all’anno; la media in Africa è di 250 m3
all’anno. La Commissione mondiale per l’acqua indica in 40-50 litri al giorno a persona la quantità
minima per soddisfare i bisogni essenziali. Con circa 40 litri noi italiani facciamo a fatica una
doccia, per gli altri rappresenta l’acqua di intere settimane.
800 milioni sono le persone che non hanno un rubinetto in casa e secondo le stime dell’OMS,
l’Organizzazione Mondiale per la Sanità, più di 200 milioni di bambini muoiono ogni anno a
seguito del consumo di acqua insalubre e per le cattive condizioni sanitarie che ne derivano.
Complessivamente si stima che l’80% delle malattie nei Paesi del Sud del mondo sia dovuto alla
cattiva qualità dell’acqua. Sono fondamentalmente 5 i tipi di malattie causate dalla scarsità
d’acqua potabile:
malattie trasmesse dall'acqua (tifo, colera, dissenteria, gastroenterite ed epatite);
infezioni della pelle e degli occhi dovuti all'acqua (tracomi, lebbra, congiuntivite e ulcere);
parassitosi legate all'acqua;
malattie dovute ad insetti vettori, ad esempio mosche e zanzare;
infine, malattie dovute a mancanza di igiene (taeniases).
Regione
Popolazione CON disponibilità (% Popolazione SENZA disponibilità (% del
del totale)
Africa
settentrionale
e 82.683.000 (78%)
totale)
23.694.500 (22%)
Medio Oriente
Africa
83.858.281 (45%)
103.161.359 (55%)
Europa
144.481.640 (87%)
21.971.360 (13%)
America settentrionale
29.892.060 (99%)
301.940 (1%)
America latina
3.165.324 (41%)
4.601.646 (59%)
Asia e Oceania
40.895.320 (43%)
53.286.680 (57%)
TOTALE
384.895.320 (65%)
207.017.985 (35%)
132
L’ITINHERARIO INVISIBILE
Disponibilità di acqua potabile ("L'acqua e il pianeta", Yves LaCoste")
Regione
Popolazione CON disponibilità (% del Popolazione SENZA disponibilità (%
totale)
Africa settentrionale e 75.716.440 (71%)
del totale)
30.661.560 (29%)
Medio Oriente
Africa
59.813.517 (32%)
127.206.123 (98%)
Europa
137.443.810 (88%)
18.786.190 (12%)
America settentrionale
28.634.300 (95%)
1.509.700 (5%)
America latina
2.155.849 (28%)
5.611.122 (72%)
Asia e Oceania
50.118.370 (53%)
44.063.630 (47%)
TOTALE
353.932.286 (61%)
227.838.324 (39%)
Disponibilità di impianti idrico-sanitari ("L'acqua e il pianeta", Yves LaCoste")
Quindi è importante ricordare ancora una volta che l’acqua è un fattore fondamentale per la vita e
la sostenibilità: sia a livello internazionale che locale la strada per risolvere la questione idrica è
quella che mira al risparmio, alla conservazione e alla ricerca scientifica e tecnologica.
Il mercato mondiale dell’acqua in bottiglia
Il settore dell'acqua in bottiglia ha chiuso il 2006 con 12,2 miliardi di litri venduti per un giro d'affari
di 3,2 miliardi di euro al consumo. In media ogni famiglia spende, per l’acquisto di acqua
imbottigliata, oltre 300 euro l'anno; la Lombardia in testa con 93 acquirenti ogni 100 abitanti
(Legambiente, 2007).
Ecco un quadro fornito dall'ultimo Rapporto Eurispes sull'universo acqua in Italia:
IL COSTO DELL'ACQUA: un metro cubo d'acqua di rubinetto costa circa 50 centesimi, un metro
cubo di minerale costa circa 100 volte di più, circa 500 euro, mentre l'acqua usata dagli agricoltori
costa 100 volte di meno: 0,5 centesimi. Agli imbottigliatori, sul prezzo finale di una bottiglia
d'acqua, l'imballaggio incide per il 60%, il trasporto per il 15%, il costo del lavoro il 15%, la
pubblicità e gli altri oneri per circa il 10%. La qualità dell’acqua, sia di rubinetto sia di bottiglia, è
generalmente ottima.
IL CONSUMO IN ITALIA: l'Italia è il primo Paese consumatore di acqua nell'Unione Europea e tra
i primi al mondo (dopo Giappone, Canada, Usa e Australia). Secondo i dati Irsa-Cnr, l’acqua
utilizzata per usi civili/domestici è pari al 9%, circa il 70% è invece utilizzato nel il settore agricolo,
segue il settore industriale con il 20% . Il restante è destinato a fini energetici.
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
GLI SPRECHI: il 42% in media del volume d'acqua erogato viene disperso, si va da un minimo
del 22% nel piemontese a un massimo del 73% nell'area abruzzese-marsicana.
È proprio approfittando del cattivo gusto del cloro che l'industria alimentare, grazie a una
massiccia campagna pubblicitaria, ha reso l'Italia il primo consumatore di acqua in bottiglia
d'Europa (in media 155 litri a testa all'anno).
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L’ITINHERARIO INVISIBILE
Un Contratto Mondiale sull’Acqua
L’acqua appartiene a tutti gli abitanti della Terra in comune.
In quanto fonte di vita insostituibile per l’ecosistema, l’acqua è un bene vitale comune che
appartiene a tutti gli abitanti della Terra, è patrimonio dell’umanità. A nessuno, individualmente o
come gruppo, è concesso il diritto di appropriarsene a titolo di proprietà privata.
Da lei dipendono la salute individuale e collettiva, ma anche l’agricoltura, l’industria e la vita
domestica. In quanto fonte di vita "insostituibile", l’insieme di una comunità umana – e ogni suo
membro – deve avere il diritto di accesso all’acqua, in particolare all’acqua potabile, nella quantità
e qualità necessarie alla vita e alle attività economiche.
Il diritto all’acqua è un diritto inalienabile individuale e collettivo.
L’acqua appartiene più all’economia dei beni comuni e della distribuzione della ricchezza che
all’economia privata dell’accumulazione individuale e altre forme di espropriazione della
ricchezza. Mentre nel passato la condivisione dell’acqua è stata spesso una delle maggiori cause
delle ineguaglianze sociali, la civilizzazione di oggi riconosce l’accesso all’acqua come un diritto
fondamentale, inalienabile, individuale e collettivo. Il diritto all’acqua è una parte dell’etica di base
di una buona società e di una buona economia.
L’acqua deve contribuire al rafforzamento della solidarietà fra i popoli, le comunità, i paesi, i
generi, le generazioni.
Le risorse d’acqua sono distribuite in modo ineguale. Questo non significa che deve esserci
anche ineguaglianza nell’accesso all’acqua fra le persone, le comunità e le regioni. Inoltre,
l’ineguaglianza nella distribuzione dell’acqua e della ricchezza finanziaria non significa che le
persone ricche d’acqua e ricche economicamente possano farne l’uso che vogliono, anche
venderla (o comprarla) all’esterno per derivarne il massimo profitto. L’acqua è "res publica". La
gestione dell’acqua, inoltre, è fondamentalmente un affare dei cittadini, una pratica di democrazia
locale, nazionale, internazionale e mondiale.
135
L’ITINHERARIO INVISIBILE
Il Manifesto dell’acqua
Redatto a Lisbona nel Settembre 1998 da un Comitato Internazionale dell’Acqua, il Manifesto Mondiale
dell’Acqua risulta essere il documento finale di una serie di incontri a livello mondiale tenutisi per studiare,
risolvere e sensibilizzare sul tema: ACQUA.
Il Manifesto prevede la nascita di nuove regole e nuovi mezzi di gestione dell’acqua, per un futuro solidale e
sostenibile a livello di comunità locali, tra le generazioni, sulla base della cooperazione, della democrazia e della
solidarietà. Partendo dal principio che l’acqua è fonte di vita insostituibile, è un bene vitale e comune a tutti gli
abitanti della terra, il Manifesto stabilisce che:
•
L’acqua è un diritto alla vita, un diritto inalienabile, individuale e collettivo.
•
L’acqua deve essere riconosciuta dalla legge come un bene comune pubblico, non può essere
oggetto di scambio commerciale di tipo lucrativo.
•
L’acqua deve contribuire al rafforzamento della solidarietà fra i popoli, i paesi, le generazioni.
•
Una gestione dell’acqua sostenibile deve essere fondata sul rispetto delle diversità culturali e sul
pluralismo socio-economico.
•
La società deve assumere collettivamente i costi relativi alla raccolta, produzione, deposito,
distribuzione, uso, conservazione e riciclo dell’acqua.
•
È compito delle generazioni attuali di usare, valorizzare, proteggere e conservare le risorse d’acqua in
modo tale che le generazioni future possano godere della stessa libertà d’azione e di scelta.
•
L’acqua richiede una gestione decentralizzata e trasparente. Nuove forme di governo democratico
devono essere create. La democrazia partecipativa è inevitabile. I parlamenti sono il luogo e gli attori
naturali a questo riguardo.
La Carta Europea dell’Acqua
Il 6 maggio del 1968 a Strasburgo il comitato europeo per la salvaguardia della natura e delle sue
risorse proclamò la Carta Europea dell’Acqua, che contiene i seguenti principi:
•
Non c’è vita senza acqua. L’acqua è un bene prezioso, indispensabile a tutte le attività
umane.
•
Le disponibilità di acqua dolce non sono inesauribili. È indispensabile preservarle,
controllare e, se possibile, accrescerle.
•
Alterare la qualità dell’acqua significa nuocere alla vita dell’uomo e degli altri esseri
viventi che da lui dipendono.
•
La qualità dell’acqua deve essere tale da soddisfare tutte le esigenze delle utilizzazioni
previste, ma deve soprattutto soddisfare le esigenze della salute pubblica.
136
L’ITINHERARIO INVISIBILE
•
Quando l’acqua, dopo essere stata utilizzata, viene restituita al suo ambiente naturale,
essa non deve compromettere i possibili usi, tanto pubblici che privati che in questo
ambiente potranno essere fatti.
•
La conservazione di una copertura vegetale appropriata, di preferenza forestale, è
essenziale per la conservazione delle risorse idriche.
•
Le risorse idriche devono formare oggetto di inventario.
•
La buona gestione dell’acqua deve formare oggetto di un piano stabilito dalle autorità
competenti.
•
La salvaguardia dell’acqua implica uno sforzo importante di ricerca scientifica, di
formazione di specialisti e di informazione pubblica.
•
L’acqua è un patrimonio comune, il cui valore deve essere riconosciuto da tutti.
•
La gestione delle risorse idriche dovrebbe essere inquadrata nel bacino naturale
piuttosto che entro frontiere amministrative e politiche.
•
L’acqua non ha frontiere. Essa ha una risorsa comune, che necessita di una
cooperazione internazionale.
A distanza di anni dalla promulgazione della Carta Europea, in un contesto europeo e mondiale
completamente modificato, il problema dell’acqua (accessibilità all’acqua potabile, inquinamento
delle acque, ecc.) continua a farsi sentire; i principi della Carta Europea dell’acqua sono stati
ripresi, seppure con un approccio nuovo e innovativo, mediante la Direttiva Europea 2000/60/CE
(e successive modifiche e integrazioni) del Parlamento che istituisce il quadro per l’azione
comunitaria in materia di acque.
La Direttiva obbliga alla protezione delle acque superficiali interne (stagnanti e non), delle acque
di transizione, delle acque costiere e sotterranee attraverso l'ottimizzazione degli usi e
promovendo l'integrazione delle normative, attraverso una pianificazione di bacino che consideri
il ciclo delle acque e non i confini amministrativi di province, regioni o stati. L'obiettivo finale
consiste nel raggiungimento di un buono stato ecologico (biologico, fisico-chimico e
idromorfologico) e chimico di tutti i corpi idrici entro il 2015.
Affinché l’obiettivo venga raggiunto la Direttiva stabilisce quindi obblighi procedurali che
costituiscono il mezzo o i meccanismi (per esempio: analisi, caratterizzazione, monitoraggio)
mediante i quali le autorità competenti valuteranno la situazione dei Distretti Idrografici e
137
L’ITINHERARIO INVISIBILE
definiranno le misure d’intervento nei piani di gestione di bacino che dovranno garantire, appunto,
il raggiungimento del buono stato ecologico degli ecosistemi acquatici.
Per la prima volta, dunque, una Direttiva Europea si preoccupa non solo della condizione
chimico-fisica, ma anche della funzionalità ecologica dei corpi d'acqua, che pretende venga
mantenuta nella sua condizione attuale ed eventualmente anche migliorata.
Gli Stati Membri vengono così chiamati non solo alla definizione delle caratteristiche dei distretti
idrografici (in cui sono compresi i corrispondenti bacini), all’esame dell’impatto ambientale delle
attività umane, all’analisi economica dell’utilizzo idrico, al monitoraggio dello stato delle acque
superficiali e sotterranee e delle aree protette, ma anche a intraprendere concretamente le
misure necessarie per impedire il deterioramento dello stato di tutti i corpi idrici superficiali e
sotterranei. Tale azione deve essere svolta attraverso percorsi trasparenti e di coinvolgimento
reale e attivo di tutti i portatori d’interessi espressamente previsto dall’art.14 della Direttiva stessa.
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CD-Rom Tuttoambiente. Anima Mundi Editrice
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