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Il Ciclo Idrico
IL CICLO IDRICO Materiali di approfondimento L’ITINHERARIO INVISIBILE L'ITINHERARIO INVISIBILE Il Ciclo Idrico – Materiali di approfondimento © tutti i diritti riservati Gruppo Hera Testi realizzati da: Cristina Salvigni e Sandra Vandelli per Anima Mundi, Nicoletta Borghini, Melania Ghetti e Chiara Tiozzi per Atlantide Supervisione testi: Chiara Barausse / Divisione Distribuzione Fluidi Hera S.p.A., Alberto Ceccaroni / Hera Forlì Cesena, Davide Lombardi / Divisione Reti Hera S.p.A., Fabrizio Stefanini / Hera Imola Faenza, Imerio Pirazzini / Hera Ravenna, Valeria Rosati / Hera Rimini, Stefania Santacroce / Relazioni Esterne Hera S.p.A. Coordinamento Redazionale: Daniele Vignatelli per Anima Mundi Impaginazione: Alessandra Gariup e Sandra Vandelli per Anima Mundi Edizione giugno 2008 2 L’ITINHERARIO INVISIBILE Indice Capitolo 1 – L’acqua e l’uomo Origine dell’acqua 7 Che cosa è l’acqua 7 Le proprietà dell’acqua 8 I cambiamenti di stato dell’acqua 10 Le caratteristiche chimiche e fisiche dell’acqua 11 Classificazione delle acque naturali 12 L’acqua, elemento essenziale per la vita 13 Gli ecosistemi acquatici 14 Il ciclo dell’acqua 18 Sviluppo sostenibile 20 Conferenza delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo 23 Agenda 21 27 I Forum Mondiali dell’acqua: il vertice di Kyoto ed il Forum Alternativo 28 Normativa Comunitaria sulle acque 29 Normativa Nazionale sulle acque 30 Legislazione Regionale Emilia Romagna 30 Normativa di riferimento delle acque destinate al consumo umano (acque potabili) 31 Innovazioni del D.Lgs. 31/2001 in materia di acque destinate al consumo umano 31 Normativa di riferimento delle acque naturali minerali 32 Riferimenti bibliografici e web 32 Capitolo 2 – L’acqua, l’uomo e il territorio L’acqua , l’uomo e il territorio 35 Gli acquedotti e le grandi infrastrutture: dagli antichi Romani al Medioevo 36 Le bonifiche 38 La grande bonifica Estense 39 I metodi di bonifica 40 Il Canale Emiliano Romagnolo (C.E.R) 41 3 L’ITINHERARIO INVISIBILE Le dighe 42 L’approfondimento: La vittoria sull’acqua 44 L’approfondimento: Una storia lunga 2000 anni 44 Una lotta per governare l’acqua 45 L’Acquedotto della Romagna 47 La Diga di Ridracoli 47 Riferimenti bibliografici e web 49 Capitolo 3 – Distribuzione, disponibilità ed usi dell’acqua Distribuzione e disponibilità della risorsa acqua sul Pianeta Terra 51 Distribuzione e disponibilità della risorsa acqua in Italia 53 Distribuzione e disponibilità della risorsa acqua in Emilia Romagna 55 Suddivisione dei consumi in base ai settori di attività e loro vari usi 59 Conseguenze dell’uso insostenibile delle acque 64 Subsidenza: emergenza del territorio romagnolo e problema di carattere nazionale 65 Gli sprechi e la carenza 67 Il risparmio idrico 68 Progetti di risparmio idrico attuati e/o in fase di attuazione nella Regione Emilia-Romagna Riferimenti bibliografici e web 72 76 Capitolo 4 – Un viaggio… invisibile La captazione 77 La potabilizzazione 80 La depurazione 82 L’approfondimento: La fitodepurazione 88 L’approfondimento: Il biomonitoraggio 88 La capacità autodepurativa dei sistemi acquatici 89 La distribuzione e differenziazione 92 Riferimenti bibliografici e web 94 4 L’ITINHERARIO INVISIBILE Capitolo 5 – L’impiantistica di Hera La gestione dell’acqua in Italia 95 Chi è HERA? 96 Il servizio idrico integrato 96 Bacini di Bubano e Acquedotto industriale 97 NIP - Impianto di potabilizzazione di Ravenna 103 Impianti di depurazione: Cesena e S. Giustina di Rimini 111 Qualità nei servizi, qualità nei prodotti 117 Riferimenti bibliografici e web 120 Capitolo 6 – L’acqua e la salute dell’uomo I vari tipi di acque destinate al consumo umano 121 L’acqua potabile 121 L’acqua minerale 124 Come leggere l’etichetta delle acque imbottigliate 127 Confronto tra l’acqua potabile Hera e acque minerali 130 L’accesso all’acqua potabile 131 Il mercato mondiale dell’acqua in bottiglia 133 Un Contratto Mondiale sull’Acqua 135 L’approfondimento: Il Manifesto dell’acqua 136 La Carta Europea dell’Acqua 136 Riferimenti bibliografici e web 138 5 L’ITINHERARIO INVISIBILE 6 L’ITINHERARIO INVISIBILE Capitolo 1 – L’acqua e l’uomo Origine dell’acqua Secondo teorie piuttosto recenti, tutta l’acqua che è presente sulla Terra, si sarebbe formata alcuni miliardi di anni fa. Tutta la superficie terrestre, durante le ere primordiali, fu interessata da intensi e continui fenomeni vulcanici, che riversavano in superficie, oltre alla lava, anche grandi masse di gas ed immense nubi di vapore acqueo. Grazie al lento e continuo raffreddamento dell’atmosfera e della crosta terrestre, il vapore acqueo poté condensarsi ed accumularsi nelle depressioni della terraferma, dando origine agli oceani primordiali, dove successivamente presero forma le prime aggregazioni assimilabili a strutture viventi. In conseguenza a questo fatto l’acqua viene considerata la chiave della vita. La Terra può essere considerata un elemento molto simile ad un sistema chiuso: questo significa che non acquista e non perde materia, inclusa l’acqua. E’ quindi possibile applicare a questo elemento la famosa frase del padre della chimica moderna e filosofo francese Lavoisier: “nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma”. Quindi l’acqua originatasi sulla Terra nelle ere remote è la stessa (salvo piccoli nuovi quantitativi prodotti durante le eruzioni vulcaniche) che ritroviamo oggi sul nostro pianeta; essa, durante il trascorrere dei secoli, è stata solo oggetto di un totale ed ininterrotto riciclaggio. Quella di oggi, perciò, è la stessa acqua che vide nascere le prime civiltà umane ed è la stessa acqua che lasceremo in eredità a coloro che verranno dopo di noi. Che cosa è l’acqua Aristotele (384 a.C – 322 a.C.) sosteneva che la materia fosse formata dall’interazione di quattro elementi: terra, aria, acqua e fuoco. La convinzione che l’acqua fosse un elemento indivisibile si protrasse fino al 1700, quando gli scienziati Lavoisier e Cavendish scoprirono che questa sostanza è formata in realtà da due costituenti: idrogeno e ossigeno. La molecola d’acqua ha una struttura molto semplice, formata da due atomi di idrogeno ed uno di ossigeno: la sua formula elementare è H2O. Come è ben noto, gli atomi sono legati fra loro tramite forze dette “legami”: è come se un atomo di ossigeno legasse a sé, con una specie di filo immaginario, un atomo di idrogeno da una parte 7 L’ITINHERARIO INVISIBILE ed un altro atomo di idrogeno dall’altra. I moderni strumenti di oggi consentono di misurare con grande precisione sia la distanza fra ciascun atomo di idrogeno e quello di ossigeno (poco meno di 100 picometri, cioè 100 miliardesimi di millimetro), sia il modo in cui gli atomi di idrogenoossigeno-idrogeno sono disposti nello spazio, che ricorda una V con un angolo di circa 105°. Struttura molecola acqua Modello generato al computer di una molecola d'acqua Dato che l'ossigeno ha una elettronegatività maggiore, il vertice della molecola ospita una parziale carica elettrica negativa, mentre le estremità recano una parziale carica elettrica positiva. Una molecola che presenta questo squilibrio di cariche elettriche è detta essere un dipolo elettrico. Le cariche fanno sì che le molecole vengano attratte reciprocamente l'una all'altra: ciò significa che ciascun atomo di idrogeno è legato non solo con un “filo” all’atomo di ossigeno della sua molecola, ma è legato anche con gli atomi di ossigeno delle molecole di acqua adiacenti, con fili più sottili e lunghi. Si forma, in tal modo, una sorta di macromolecola formata da numerosi legami. Molte molecole tenute assieme da tali legami formano un insieme di molecole che possono ruotare tra di loro attorno ai legami, determinando in tal modo varie configurazioni nello spazio dell'insieme molecolare dell'acqua. Si capisce pertanto che tra i possibili arrangiamenti dei legami nello spazio, quella disposizione che lascia più vuoti intramolecolari, corrisponde alla configurazione meno densa che è quella propria del ghiaccio. Questa attrazione nell'acqua è particolarmente intensa, prende il nome di “legame idrogeno” e spiega molte delle proprietà fisiche tipiche dell'acqua. Le proprietà dell’acqua L'acqua è l'unica sostanza che a temperatura e pressione dell'ambiente si presenta in tutti e tre gli stati fisici: Solido, Liquido, Gassoso. 8 L’ITINHERARIO INVISIBILE L’acqua allo stato liquido presenta diverse anomalie: punto di ebollizione molto alto; volume molare piuttosto basso; calore specifico alto con un minimo a 35 °C; viscosità che presenta un minimo alle alte pressioni; notevole aumento di volume nel congelamento; un massimo della massa volumica che indica la presenza, al di sotto della corrispondente temperatura, di uno stato liquido che in modo anomalo all'aumentare della temperatura si contrae. Per spiegare queste anomalie si tende ad ammettere che l'organizzazione cristallina, dovuta nel ghiaccio ai legami idrogeno, sussista ancora nell'acqua liquida, costituendo un edificio macromolecolare lacunare con legami interni mobili che diminuiscono di numero all'aumentare delle temperature e che formano un insieme di agglomerati polimerici a grappolo in equilibrio dinamico, e di molecole libere o legate in catene o in anelli. A differenza di ogni altro composto chimico conosciuto, l’acqua non raggiunge la massima densità a 0°C quando solidifica, ma bensì alla temperatura di 4°C, quando si trova ancora allo stato liquido. Quando una certa massa d’acqua viene raffreddata fino a 4°C, essa si comporta in modo del tutto normale, dato che le sue molecole si avvicinano una all’altra riducendo gli spazi intermolecolari e in conseguenza a ciò la sua densità aumenta ed il volume diminuisce. Ma se si continua ad abbassare ulteriormente la temperatura, le molecole, invece di serrare ancora di più le fila, ricominciano ad allontanarsi. La struttura cristallina del ghiaccio risulta quindi essere molto leggera, perché nel suo interno vi sono molti spazi vuoti. Per questa sua caratteristica, il ghiaccio è più leggero dell’acqua ed è in grado di galleggiare, così come accade nelle zone polari, dove vere e proprie montagne di ghiaccio fluttuano e galleggiano sulla superficie del mare. Questa insolita espansione dell’acqua a basse temperature costituisce un vantaggio importante per tutte le creature che vivono in ambienti di acqua dolce d'inverno. L'acqua, raffreddandosi in superficie, aumenta di densità e scende verso il fondo innescando correnti convettive che raffreddano uniformemente l'intero bacino. Quando la temperatura in superficie scende sotto i 4 °C questo processo si arresta; e per la spinta di Archimede, l'acqua più fredda rimane in superficie, dove forma poi, con un ulteriore calo della temperatura, uno strato di ghiaccio. Se l'acqua non avesse questa particolarità, i laghi ghiaccerebbero interamente, facendo morire tutte le forme di vita presenti. La situazione delle acque marine è in qualche modo diversa. Il sale contenuto nell’acqua abbassa sia il punto di congelamento dell'acqua di circa 2 C, sia la temperatura cui l'acqua 9 L’ITINHERARIO INVISIBILE raggiunge la sua massima densità fino a circa 0°C. Quindi, nelle acque oceaniche i moti convettivi che portano verso il fondo l'acqua più fredda non sono bloccati dalla differenza di densità come nelle acque dolci. Le creature che vivono sul fondo degli oceani artici sono adattate a vivere a temperature prossime a 0°C. Alla normale salinità dell’acqua di mare l’acqua congela a circa -1,9°C. Il ghiaccio che si forma è sostanzialmente privo di sale e ha densità paragonabile a quella del ghiaccio di acqua dolce. Questo ghiaccio galleggia sulla superficie, mentre il sale che ne è stato "espulso" va ad aumentare salinità e densità dell’acqua vicina, la quale scende per convezione verso il fondo. L’acqua però, aumenta di volume anche quando passa allo stato di vapore. A questa forte espansione dell’acqua è dovuta la possibilità di usare il vapore acqueo come forza motrice in tutte le macchine termiche, come quelle che alimentano le centrali elettriche. La massa volumica del vapore acqueo è, a parità di temperatura, circa due terzi rispetto a quella dell’aria e quindi il vapore acqueo più leggero tende a salire negli strati alti dell’atmosfera. I cambiamenti di stato dell’acqua Come avviene per tutti i corpi, anche per l’acqua il passaggio da uno stato fisico all’altro (da ghiaccio a liquido, da liquido a gas, e viceversa) comporta uno scambio di energia. Tale energia si chiama “calore latente” (cioè nascosto dentro ciascuna molecola) di fusione o di solidificazione e non è altro che la quantità di energia corrispondente alla transizione dallo stato solido a quello liquido e viceversa. Il calore latente di fusione a 0°C è di 0,23 megajoule per chilogrammo e questo significa che occorre fornire questo calore ad un chilogrammo di ghiaccio perché si trasformi in acqua liquida. La stessa quantità di energia deve essere sottratta, mediante raffreddamento, per trasformare un Kg di acqua liquida in ghiaccio. Il calore latente di evaporazione o condensazione è quello coinvolto nelle trasformazioni da liquido a vapore e viceversa. Il calore latente di evaporazione (o di condensazione) dell’acqua a 100°C è di 2,26 MJ/Kg. Il calore latente di evaporazione varia a seconda della temperatura a cui l’evaporazione ha luogo. Come è ben noto, se si lascia dell’acqua su una vasta superficie, l’acqua passa allo stato di vapore anche a pochi gradi di temperatura, se l’aria è capace di accogliere del vapore acqueo. A ciascuna temperatura l’aria è capace di contenere allo stato di vapore soltanto una certa quantità d’acqua;quando l’aria contiene la massima quantità possibile di vapore acqueo si dice che l’aria è “satura” di acqua, o satura di umidità. 10 L’ITINHERARIO INVISIBILE L’acqua è una delle sostanze con più elevato calore latente di evaporazione. Le caratteristiche chimiche e fisiche dell’acqua Grazie ad un’altra sua proprietà fisica, l’acqua è capace di assorbire o cedere molto calore senza che la sua temperatura cambi velocemente. Perciò, il nostro organismo, essendo costituito per oltre il 70% di acqua, può passare da un ambiente freddo ad uno caldo senza che la nostra temperatura corporea cambi considerevolmente. Per la stessa ragione le acque del mare o di un lago funzionano come veri e propri “ volani termici”: d’estate, pur assorbendo calore, rimangono più fresche rispetto alle terre emerse, mentre d’inverno cedono il calore assorbito durante la bella stagione alle zone costiere. Ciò contribuisce a mitigare il clima delle regioni che si trovano affacciate sul mare o su acque lacustri. L’acqua possiede un’elevata tensione superficiale, osservabile tramite la formazione di gocce: tale forma sferica corrisponde al massimo grado di aderenza “interna” degli atomi di idrogeno e di ossigeno e al massimo grado di repulsione verso le molecole esterne. Un esempio è il trasporto dell'acqua negli xilemi degli steli delle piante; la tensione superficiale mantiene la colonna d'acqua unita e forze adesive mantengono l'acqua aderente allo xilema. Colonne altrettanto alte e sottili di liquidi meno coesi e meno aderenti andrebbero a spezzarsi formando sacche d'aria o di vapore, rendendo inefficiente fino all'impossibilità il trasporto del liquido attraverso lo xilema (insieme di tessuti vegetali presenti nelle piante vascolari ed adibito al trasporto dell’acqua e dei soluti in essa disciolti). Tramite un processo chiamato elettrolisi, l’acqua può essere scomposta nei suoi componenti elementari, l’idrogeno e l’ossigeno. L'acqua è infatti parzialmente dissociata in ioni H+ e OH-, che migrano verso i due poli della cella elettrolitica dove avvengono le seguenti reazioni: anodo (+): 4 OH- → O2 + 2 H2O + 4 ecatodo (-): 2 H+ + 2 e− → H2 ossigeno ed idrogeno formano bolle di gas sulla superficie degli elettrodi, da cui possono essere raccolti. In teoria il pH dell’acqua pura a 25°C è 7. In pratica, date le sue buone capacità solventi, l’acqua pura è difficile da produrre. Per semplice esposizione all'aria, l'acqua ne dissolve l'anidride carbonica formando una soluzione molto diluita di acido carbonico che può arrivare fino ad un 11 L’ITINHERARIO INVISIBILE valore di pH di 5,7. Similmente si comportano le gocce di pioggia, che quindi hanno sempre una minima acidità. La presenza di ossidi di zolfo o di azoto nell'atmosfera, tramite la loro dissoluzione nelle gocce di pioggia, porta a piogge acide aventi valori di pH ben inferiori (3,5 – 2,5) i cui effetti sull’ambiente sono ben più seri. L’acqua pura è un buon isolante elettrico (cioè un cattivo conduttore). Ma essendo anche un buon solvente, dato che riesce a portare in soluzione un’enorme quantità di sostanze, siano esse allo stato liquido, solido o gassoso, spesso reca in sé tracce di sali disciolti in essa, che con i loro ioni la rendono un buon conduttore di elettricità. In conseguenza a ciò è molto difficile trovare l’acqua allo stato puro. Quando un composto ionico o polare viene messo in acqua, viene circondato dalle molecole di acqua le quali, per via delle loro piccole dimensioni, si inseriscono tra uno ione e l'altro o tra una molecola e l'altra di soluto orientandosi in modo da presentare ad ogni ione (o estremità polare) del soluto la parte di sé che reca la carica opposta; questo indebolisce l'attrazione tra gli ioni (o tra le molecole polari) e rompe la struttura cristallina. Ogni ione (o ogni molecola polare) si ritrova quindi solvatato, cioè circondato completamente da molecole d’acqua. L’acqua, tra le varie cose, chimicamente è considerata essere un anfotero, cioè un composto capace di comportarsi sia da acido che da base. A pH 7 (neutralità) la concentrazione di ioni idrossido OH- è uguale a quella di ioni idrogeno H+ (o idronio H3O+). Se questo equilibrio viene alterato si presentano due casi possibili: quando è maggiore la concentrazione di ioni idrogeno la soluzione diventa acida, quando è maggiore la concentrazione degli ioni idrossido la soluzione diventa basica. Secondo la teoria di Bronsted-Lowry, un acido è una specie chimica capace di donare uno ione H+ ed una base è una specie chimica capace di addizionarlo a sé. In presenza di un acido più forte di lei, l'acqua si comporta da base, in presenza di un acido più debole di lei, l'acqua si comporta da acido. Classificazione delle acque naturali Le acque naturali a seconda della loro provenienza si classificano in: • meteoriche: sono rappresentate da piogge e nevi, notevoli come fonte di approvvigionamento, ma considerate scarsamente potabili, perché povere di sali e ricche 12 L’ITINHERARIO INVISIBILE di gas disciolti e non sempre igienicamente sicure, soprattutto se hanno attraversato strati di atmosfera inquinata. • superficiali: sono acque che possono essere dolci o salate. Le prime spesso vengono usate per l’approvvigionamento idrico, ma richiedono notevoli e costosi trattamenti di potabilizzazione. Le acque marine, invece, solo in casi eccezionali sono utilizzabili, dato l’altissimo costo di potabilizzazione. • telluriche: sono acque che provengono da falde freatiche o artesiane. Queste ultime (le più profonde) sono qualitativamente migliori, perché prima di emergere hanno percorso diversi strati di terreno che le hanno purificate. Le falde freatiche, invece, sono più superficiali, di conseguenza i processi di autodepurazione dell’acqua non sono sempre garantiti. L’acqua, elemento essenziale per la vita Come già detto in precedenza, l’acqua è un elemento estremamente importante per tutti gli esseri viventi (compreso l’uomo), dato che questi sono costituiti in gran parte di acqua. Gli esseri viventi primitivi sono formati da piccole cellule, chiuse dentro una membrana, nella quale la percentuale dell’acqua è oltre il 98%; i primi animali probabilmente erano simili alle attuali meduse, la cui composizione è di circa il 95% di acqua. Anche le piante presentano un’elevata percentuale di acqua nella loro costituzione (in media l’80%) ed i mammiferi (uomo compreso) hanno una composizione media nella quale l’acqua è circa il 70%. Inoltre moltissime specie uni o pluricellulari trascorrono nei corpi d’acqua tutto il loro ciclo vitale, trovandovi nutrimento e protezione, mentre per gli organismi terrestri spesso l’acqua risulta essere il massimo fattore limitante proprio per la necessità di reperirla. Anche l’essere umano necessita dell’acqua sia per le sue funzioni vitali, sia per le sue attività; essa rappresenta una risorsa indispensabile per usi che vanno da quello potabile all’irriguo, da quello civile all’industriale, dal ricreativo alla pesca e alla navigazione. Quindi l’acqua risulta essere una risorsa di enorme importanza. Con la parola risorsa noi indichiamo tutto quello che può essere utilizzato per ottenere un risultato vantaggioso o per risolvere un problema. L’acqua è una delle risorse più preziose presenti sul nostro Pianeta, ma oramai anche una delle più rare e questo perché l’uomo non ha compreso a fondo che la quantità di acqua non è infinita, 13 L’ITINHERARIO INVISIBILE ma solo rinnovabile e quindi, per definizione, sempre disponibile purché la velocità di prelievo non superi la velocità di riproduzione e crescita della risorsa stessa. L’acqua si rinnova continuamente attraverso il suo ciclo naturale, ma l’incuria e la superficialità umana lo hanno distorto ed inquinato. Diventa sempre più impellente la necessità di rendersi conto che la crescente scarsità delle risorse idriche e l’uso improprio che ne viene ancora oggi fatto, rendono alquanto difficile uno sviluppo sostenibile a livello globale. Gli ecosistemi acquatici L’ecosistema è una unità complessa, funzionale e fondamentale della biosfera, costituita da un determinato ambiente fisico-chimico (detto biotopo) e da tutti gli organismi, sia vegetali che animali, che lo popolano interagendo tra di loro (biocenosi) e con l’ambiente stesso. L’ecosistema è la risultante dinamica tra il biotopo e la biocenosi che lo popola. Più semplicemente si può definire come “l’insieme degli esseri viventi e dei fattori ambientali che interagiscono n una data area dalle caratteristiche ben definite”. In questo lavoro vengono presi in considerazione gli ecosistemi acquatici. Il Fiume Il fiume è un ecosistema complesso, caratterizzato da una forte dinamica evolutiva, dovuta all’azione di modellamento delle acque correnti, condizionato da fattori quali il bilancio idrico, il regime idraulico e pluviometereologico dell’area geografica. Il fiume è anche e soprattutto un’unità biologica, un vettore di vita, in quanto è un ambiente dove convivono comunità di vegetali ed animali costituite da batteri, alghe, protozoi, larve di insetti, crostacei, molluschi, pesci,…. che nascono, si nutrono, si riproducono e muoiono nell’acqua. All’interno di questo ambiente, come negli altri ecosistemi, gli organismi viventi si suddividono in produttori, consumatori e decompositori, dando vita alla catena alimentare. In questo ecosistema, per quanto riguarda la catena alimentare, i produttori (alghe e piante acquatiche che effettuano la fotosintesi clorofilliana) risultano essere molto meno importanti di quelli tipici degli altri ambienti acquatici, come ad esempio il mare o il lago, dove i produttori rappresentano la fonte primaria del nutrimento di tutti gli organismi consumatori. Questo avviene perché nei fiumi la forza trascinante delle correnti impedisce l’esistenza del plancton (esseri microscopici sospesi nell’acqua, che non sono in grado di opporsi alle correnti) che invece popola 14 L’ITINHERARIO INVISIBILE massicciamente le acque ferme dei mari e dei laghi. Caso diverso si verifica per i fiumi di pianura, dove la presenza di alghe e di piante sommerse aumenta notevolmente grazie al rallentamento dell’acqua. Si potrebbe pensare che nelle parti montane dei fiumi, essendo scarsi i produttori, siano scarsi anche i consumatori, ma ciò non avviene perché nel fiume la fonte primaria di alimenti necessaria per le comunità dei consumatori viene tratta dai detriti organici (foglie e rami secchi, spoglie di animali, rifiuti organici animali o umani) che provengono da tutto il territorio in cui il fiume scorre. Grazie all’abbondanza di queste sostanze, all’interno del fiume si instaura la catena del detrito che permette la sopravvivenza di tutti gli organismi animali. Il Lago Un lago è una grossa massa d’acqua dolce raccolta nelle cavità terrestri. L’origine di questo ambiente è particolare in quanto si forma in seguito a vari eventi quali glaciazioni, intensa attività tettonica o vulcanica. A seconda delle sue dimensioni un lago può essere definito anche “mare interno” (quando di elevate dimensioni), mentre a volte, quando un mare è di piccole dimensioni, può essere chiamato lago. I laghi esistenti in natura sono di vario tipo: • laghi di superficie, comunemente chiamati soltanto laghi; • laghi sotterranei, che si possono trovare al di sotto dei ghiacci dell’Antartide; • laghi stagionali, che si riempiono quando le piogge stagionali sono consistenti. Solitamente la classificazione dei laghi viene fatta sulla base del tipo di evento che li ha generati: • laghi endotermici: sono laghi privi di emissari; • laghi tettonici: si formano in seguito allo sprofondamento di tratti della superficie terrestre; • laghi vulcanici: laghi che si formano nei crateri dei vulcani; • laghi alluvionali: si formano quando un corso d’acqua trova sul proprio percorso dei depositi alluvionali; • laghi glaciali: si originano in seguito alla erosione di lingue glaciali; • laghi morenici: laghi che si formano quando la controtendenza è dovuta ad un deposito morenico di un fronte glaciale; • laghi carsici: possono essere laghi superficiali, in corrispondenza di doline (valli) e spesso molto piccoli, oppure laghi sotterranei, all’interno di grotte, spesso collegate fra di loro per mezzo di sifoni; 15 L’ITINHERARIO INVISIBILE • laghi da sbarramento: la loro origine è dovuta allo sbarramento da parte di un corso d’acqua, all’interno di una valle, a causa di frane di grandi dimensioni; • laghi costieri: si trovano nelle estreme vicinanze della costa e spesso presentano acqua salmastra; • laghi artificiali: sono laghi originatisi in seguito alla costruzione di opere da parte dell’uomo, spesso delle dighe; • laghi effimeri: sono quei laghi che si originano in regioni aride in seguito ad intense piogge stagionali. Le acque si raccolgono in depressioni poco profonde, sottoposte a rapido essiccamento per l’intensa evaporazione durante la stagione arida. Geologicamente parlando la maggior parte dei laghi ha una vita relativamente breve e la loro morte può essere legata all’interramento o all’erosione della soglia, il punto più basso del bordo della conca lacustre, ad opera dell’emissario. Spesso si è portati a pensare che l’acqua all’interno dei laghi sia ferma, ma ciò non è vero in quanto, oltre alle correnti dovute alle presenza di immissari ed emissari, si possono formare anche dei gorghi o delle onde dovute a varie cause, tra cui l’azione del vento sulla superficie dell’acqua. Inoltre i laghi sono soggetti ad una serie di movimenti, detti sesse, che sono dei veri e propri spostamenti periodici dell’acqua da una parte all'altra del bacino, osservabili come dislivelli tra una parte e l'altra della costa. Per quanto riguarda la catena alimentare, come si è già visto prima, in questo ecosistema i produttori primari (alghe e piante acquatiche che effettuano la fotosintesi clorofilliana) sono molto importanti in quanto rappresentano la fonte primaria del nutrimento di tutti gli organismi consumatori. La palude Una palude è costituita da un terreno pianeggiante completamente intriso d’acqua, che risulta essere meno profonda di quella dei laghi. L’estensione di una palude può variare fortemente in relazione al regime delle acque e in conseguenza a ciò possiamo avere: • lagune e stagni costieri: sono bacini d’acqua dolce o salmastra separati dal mare mediante un esile cordone dunale e comunque sono situati a meno di 10 km dalla costa marina; 16 L’ITINHERARIO INVISIBILE • acquitrini: sono acque stagnanti non necessariamente perenni; • torbiere: sono depressioni paludose di varia dimensione e profondità dove l’accumulo di particolari vegetali porta alla formazione di sostanze decomposte acide, la cosiddetta torba. Una palude solitamente si origina in seguito alla mancanza del normale deflusso delle acque che convergono nella superficie della zona, o mediante la falda sotterranea dell’area interessata, oppure in seguito al lento prosciugarsi di un lago. Questo ecosistema presenta specie animali peculiari ed una particolare vegetazione, che si è adattata a vivere in presenza di un’elevata umidità e che è in grado di assimilare i nutrienti (composti di N e P), favorendo la decomposizione microbica della sostanza organica. Le paludi hanno un ruolo importante in quanto attenuano e regolano i fenomeni naturali come le piene dei fiumi, poiché lungo i corsi d’acqua si comportano come delle “spugne” che durante le piene raccolgono le acque, rallentandone il deflusso e diluendo gli inquinanti. In questo modo riducono il rischio di alluvioni e, durante i periodi di magra, restituiscono ai fiumi parte delle acque accumulate. Inoltre sono degli importanti serbatoi per le falde acquifere. A livello mondiale, le paludi rappresentano una delle tipologie di habitat più importanti per la conservazione della biodiversità, in quanto il numero delle specie degli organismi viventi presenti in questo ambiente è molto alto. Spesso le paludi sono state oggetto di bonifica, soprattutto in passato, per poter essere trasformate in zone agricole produttive. Il mare Il mare è una vasta distesa di acqua salata che si trova a ridosso dei continenti e che è connessa con un oceano. A volte il termine mare viene usato per indicare laghi che non hanno sbocchi su di un oceano e che presentano acque salate. Il confine esistente tra l’acqua del mare e la terraferma è detto costa o litorale. Un fenomeno caratteristico di questo ecosistema è rappresentato dalle maree, le quali sono rilevanti nella determinazione sulla costa di una particolare zonazione degli organismi, conseguenza di una maggiore o minore capacità di adattamento ai periodi di emersione. 17 L’ITINHERARIO INVISIBILE A partire dal margine superiore della linea di costa si distinguono 3 zone che vengono più o meno interessate dal fenomeno delle maree: il sopralitorale, il mesolitorale e l’infralitorale. Il sopralitorale viene interessato solo dal moto ondoso, quindi presenta sia momenti di mancanza d’acqua che momenti di immersione; nel mesolitorale si alternano periodi di immersione ed emersione regolati dai cicli lunari e la sua estensione varia a seconda dell’ampiezza delle maree; l’infralitorale è una zona che viene normalmente sommersa e che solamente nella parte superiore, durante le maree più intense (le sigiziali), presenta periodi di emersione. Anche in questo ecosistema i produttori risultano essere di fondamentale importanza per la catena alimentare, in quanto producono e fungono da risorsa per tutti gli altri organismi che vivono nel mare. Il fitoplancton, che rientra nei produttori, ha anche un altro ruolo molto importante in quanto, effettuando la fotosintesi clorofilliana, trattiene anidride carbonica. In conseguenza a ciò i mari sono in grado di assorbire circa il 30% dell’anidride carbonica che viene emessa nell’atmosfera dalle attività umane sotto forma di gas serra, mitigando così il surriscaldamento globale. Inoltre, il fitoplancton produce anche dei gas organici contenenti zolfo; uno di questi è il dimetilsolfuro, che risulta essere un gas molto importante per il sistema climatico a causa delle elevate quantità in cui è presente. Esso si ossida e forma piccole goccioline di acido solforico, sulle quali l'acqua si condensa dando origine alle nuvole. Pertanto i gas che provengono dal fitoplancton sono la fonte più importante per le nuvole che si sviluppano sopra gli oceani e la fonte naturale più importante di zolfo in atmosfera, anche più dei vulcani. Si pensa che i cambiamenti nella catena alimentare marina possano influenzare i cambiamenti climatici. Il ciclo dell’acqua Il ciclo dell’acqua, insieme a quelli di alcuni elementi chimici, come il carbonio, l’azoto e altri, costituisce uno dei più importanti cicli naturali che si ripetono ininterrottamente da milioni di anni nella biosfera. Lo studio del ciclo dell’acqua costituisce il nucleo fondamentale dell’idrologia. Il ciclo a cui sono soggette in natura le acque è innescato da più fattori continuati nel tempo: la presenza dei mari e dei laghi, l’azione dell’energia solare e della gravità. 18 L’ITINHERARIO INVISIBILE Il ciclo naturale dell’acqua Le acque sono costantemente soggette ad evaporazione indotta dall’irraggiamento solare: il vapore acqueo formatosi passa negli strati alti dell’atmosfera ove si condensa ed origina le nuvole che possono essere trasportate dai venti a centinaia di chilometri di distanza dal punto di formazione. Nel momento in cui la condensazione provoca un aumento di peso, tale da vincere la gravità, si ha la ricaduta sulla terra delle precipitazioni a carattere nevoso o piovoso. Parte di queste acque di precipitazione può essere temporaneamente immagazzinata nei ghiacciai, scorrere sulla superficie raccogliendosi nei fiumi, laghi e torrenti, infiltrarsi nel suolo (andando a costituire le riserve idriche del sottosuolo, le falde freatiche) oppure evaporare di nuovo per azione dell’irraggiamento solare o per attività della vegetazione (traspirazione delle piante). Le acque di falda non rimangono immobili, ma percolano sempre più verso il basso, fin quando non incontrano una strato impermeabile, sul quale scorrono fino a che il banco di roccia impermeabile non affiora, dando origine ad una sorgente. La superficie della falda, le precipitazioni e il drenaggio sono in equilibrio dinamico; questo equilibrio rimane stabile se la quantità e la frequenza delle precipitazioni sono sufficienti da compensare la perdita subita attraverso i corsi d’acqua, i pozzi e le sorgenti; se gli apporti o i prelievi aumentano, la superficie della falda si innalza o si abbassa. Questo spiega perché, nelle zone sottoposte a forte 19 L’ITINHERARIO INVISIBILE pompaggio di acque, la superficie della falda si abbassa continuamente: infatti la ricarica dell’acqua non riesce a compensare le perdite legate all’emungimento. Le piante prelevano l’acqua dal terreno mediante le radici e la utilizzano nel processo di fotosintesi clorofilliana per la produzione di composti organici (biomassa ed energia) secondo la reazione: 6CO2 + 6H2O C6H12O6 + 6O2 A questo punto, l’acqua trasportata alle foglie può uscire dagli stomi (piccole aperture poste sulla loro superficie), ritrasformandosi in vapore che ritorna all’atmosfera. Questo processo si chiama traspirazione e rappresenta la maggior perdita di acqua da parte delle piante. Anche gli animali necessitano di acqua per il loro ciclo vitale; essi prima la utilizzano e poi la restituiscono al terreno mediante le deiezioni e all’atmosfera mediante la traspirazione. Rispetto all’azoto e all’ossigeno, la quantità di vapore acqueo contenuto nell’atmosfera è molto piccola; eppure esso ha un ruolo molto importante essendo l’origine delle nubi e delle precipitazioni (pioggia, neve, grandine), attraverso le quali l’acqua ritorna sulla superficie terrestre. A loro volta, le notevoli differenze nelle quantità di precipitazioni da luogo a luogo e, per una stessa località, da periodo a periodo, finiscono per influire non solo sulla natura fisica del paesaggio ma anche sulle abitudini di vita di intere popolazioni. Se la superficie del suolo è coperta di vegetazione l’acqua delle piogge cade sulla superficie delle foglie e la sua forza erosiva viene attutita, in quanto la vegetazione presente sul suolo assorbe una parte dell’acqua, mentre lascia scorrere lentamente la restante acqua in modo che abbia il tempo di penetrare nel suolo e di raggiungere ed arricchire le falde idriche sotterranee. Se invece la superficie del suolo è priva di vegetazione le piogge esercitano una forte azione erosiva e nel giro di poco tempo le terre rimangono aride, prive di sostanze nutritive, e contribuiscono ad avviare un processo di desertificazione. Sviluppo sostenibile Il termine "Sviluppo Sostenibile" (Sustainable Development — S.D.) è stato utilizzato per la prima volta nel Rapporto Brundtland nel 1987 (WCED, 1987). Anche se possedeva contorni concettuali piuttosto vaghi, tale termine sembrava adatto a combinare e riconciliare gli esiti del dibattito, maturato all'interno delle Nazione Unite, sulle politiche dello sviluppo e su quelle dell'ambiente. 20 L’ITINHERARIO INVISIBILE Da quel momento in poi, la "questione ambientale" divenne un tema politico prioritario e mise in discussione la visione fortemente antropocentrica dei tradizionali modelli di sviluppo, e cioè quella basata sulla superiorità dell'uomo rispetto alla natura. Come detto poco fa la prima definizione in ordine temporale fu quella contenuta nel rapporto Brundtland (dal nome della presidente della Commissione, la norvegese Gro Harem Brundtland) del 1987 e poi ripresa dalla Commissione mondiale sull'ambiente e lo sviluppo dell'ONU (World Commission on Environment and Development, WCED) con l’obiettivo di mantenere uno sviluppo economico compatibile con l’equità sociale e gli ecosistemi, operante quindi in regime di equilibrio ambientale: lo sviluppo sostenibile è quello sviluppo in grado di soddisfare i bisogni delle generazioni presenti senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri; un processo nel quale lo sfruttamento delle risorse, la direzione degli investimenti, l'orientamento dello sviluppo tecnologico ed il cambiamento istituzionale sono tutti in armonia, ed accrescono le potenzialità presenti e future per il soddisfacimento delle aspirazioni e dei bisogni umani. Con questa dichiarazione vengono sintetizzati alcuni aspetti importanti del rapporto tra sviluppo economico, equità sociale, rispetto dell’ambiente. E’ la cosiddetta regola dell’equilibrio delle tre “E”: Ecologia, Equità, Economia. Tale definizione parte da una visione antropocentrica, infatti al centro della questione non è tanto l’ecosistema, e quindi la sopravvivenza ed il benessere di tutte le specie viventi, ma piuttosto le generazioni umane. Schema dello sviluppo sostenibile, alla confluenza di tre preoccupazioni 21 L’ITINHERARIO INVISIBILE Nel 1991 fu fornita una nuova definizione di sviluppo sostenibile dalla World Conservation Union, UN Environment Programme and World Wide Fund for Nature, che includeva una visione più globale: <<…un miglioramento della qualità della vita, senza eccedere la capacità di carico degli ecosistemi di supporto, dai quali essa dipende >>. Questa potente dichiarazione significa che sostenibilità e sviluppo devono procedere insieme: • sostenibilità come pre-condizione per la conservazione di uno sviluppo duraturo, ricostituendo e sostituendo le risorse delle attuali e future generazioni; • sviluppo come modo per superare la povertà, amministrando le risorse per affermare, contemporaneamente: equità sociale (all'interno delle singole comunità e nel rapporto tra esse e gli individui), equità interlocale e/o interregionale (tra le varie comunità territoriali), equità intergenerazionale (tra le presenti e le future comunità). Nello stesso anno Hermann Daly ricondusse lo sviluppo sostenibile a tre condizioni generali concernenti l'uso delle risorse naturali da parte dell'uomo: 1. il tasso di utilizzazione delle risorse rinnovabili non deve essere superiore al loro tasso di rigenerazione; 2. l'immissione di sostanze inquinanti e di scorie nell'ambiente non deve superare la capacità di carico dell'ambiente stesso; 3. lo stock di risorse non rinnovabili deve restare costante nel tempo. In tale definizione venne introdotto anche un concetto di "equilibrio" auspicabile tra uomo ed ecosistema. Nel 1994, l'ICLEI (International Council for Local Environmental Initiatives) ha fornito un'ulteriore definizione di sviluppo sostenibile: “Sviluppo che offre servizi ambientali, sociali ed economici di base a tutti i membri di una comunità, senza minacciare l'operabilità dei sistemi naturali, edificato e sociale da cui dipende la fornitura di tali servizi”. Ciò significa che le tre dimensioni economiche, sociali ed ambientali sono strettamente correlate, ed ogni intervento di programmazione deve tenere conto delle reciproche interrelazioni. L’ICLEI, infatti, definisce lo sviluppo sostenibile come lo sviluppo che fornisce elementi ecologici, sociali ed opportunità economiche a tutti gli abitanti di una comunità, senza creare una minaccia alla vitalità del sistema naturale, urbano e sociale che da queste opportunità dipendono. Nel 2001, l'UNESCO ha ampliato il concetto di sviluppo sostenibile indicando che "la diversità culturale è necessaria per l'umanità quanto la biodiversità per la natura (...) la diversità culturale è una delle radici dello sviluppo inteso non solo come crescita economica, ma anche come un 22 L’ITINHERARIO INVISIBILE mezzo per condurre una esistenza più soddisfacente sul piano intellettuale, emozionale, morale e spirituale". (Art 1 e 3, Dichiarazione Universale sulla Diversità Culturale, UNESCO, 2001). In questa visione, la diversità culturale diventa il quarto pilastro dello sviluppo sostenibile, accanto al tradizionale equilibrio delle tre E. Successivamente il rapporto Brundtland ha ispirato alcune importanti conferenze delle Nazioni Unite, documenti di programmazione economica e legislazioni nazionali ed internazionali. Per favorire lo sviluppo sostenibile sono in atto molteplici attività ricollegabili sia alle politiche ambientali dei singoli stati e delle organizzazioni sovranazionali sia a specifiche attività collegate ai vari settori dell'ambiente naturale. Conferenza delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo A Rio de Janeiro, dal 3 al 14 Giugno del 1992, si è tenuta la conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente e lo Sviluppo, a cui hanno partecipato rappresentanti dei governi di 178 Paesi, più di 100 capi di Stato e oltre 1000 Organizzazioni Non Governative. Durante questa conferenza fu scritta la Dichiarazione di Rio su Ambiente e Sviluppo, che definisce in 27 principi i diritti e le responsabilità delle nazioni nei riguardi dello sviluppo sostenibile: Principio 1 Gli esseri umani sono al centro delle problematiche per lo sviluppo sostenibile. Essi hanno diritto a una vita sana e produttiva in armonia con la natura. Principio 2 Gli Stati, in conformità alla Carta delle Nazioni Unite e ai principi delle leggi internazionali, hanno il diritto sovrano di sfruttare le proprie risorse in funzione delle rispettive politiche ambientali e di sviluppo e hanno la responsabilità di assicurare che tali attività nel loro ambito di competenza o di controllo non provochino danni all’ambiente di altri Stati o territori oltre i confini della giurisdizione nazionale. Principio 3 Il diritto allo sviluppo deve essere attuato in modo da soddisfare equamente i bisogni di sviluppo ed ambientali delle generazioni presenti e future. Principio 4 Nel quadro della realizzazione dello sviluppo sostenibile, la tutela ambientale costituirà parte integrante del processo di sviluppo e non potrà essere considerata separatamente da questo. 23 L’ITINHERARIO INVISIBILE Principio 5 Tutti gli Stati e le persone collaboreranno al compito fondamentale di sradicamento della povertà come requisito indispensabile per lo sviluppo sostenibile, al fine di ridurre le disparità dei livelli di vita e soddisfare meglio i bisogni della maggior parte della popolazione mondiale. Principio 6 Una speciale priorità deve essere accordata alle condizioni e ai bisogni particolari dei Paesi in via di sviluppo, soprattutto di quelli meno sviluppati e più vulnerabili sotto l’aspetto dell’ambiente. Gli interventi internazionali nel campo dell’ambiente e dello sviluppo devono essere rivolti anche agli interessi e ai bisogni di tutti i Paesi. Principio 7 Gli Stati devono cooperare in uno spirito di collaborazione globale per conservare, tutelare e ripristinare l’integrità e la salute dell’ecosistema della Terra. Nel quadro dei diversi contributi al degrado ambientale globale, gli Stati avranno responsabilità comuni, ma differenziate. I Paesi sviluppati prendono atto della propria responsabilità nel perseguimento internazionale dello sviluppo sostenibile, considerando le pressioni che le loro società esercitano sull’ambiente globale e le tecnologie e delle risorse finanziarie che essi controllano. Principio 8 Per realizzare lo sviluppo sostenibile e ottenere una migliore qualità della vita per tutte le persone, gli Stati devono ridurre ed eliminare i modelli insostenibili di produzione e di consumo e promuovere adeguate politiche demografiche. Principio 9 Gli Stati devono collaborare per rafforzare la formazione endogena di competenze per lo sviluppo sostenibile, promuovendo il sapere scientifico attraverso scambi di conoscenze scientifiche e tecniche e favorendo lo sviluppo, l’adattamento, la diffusione e il trasferimento di tecnologie, incluse quelle nuove ed innovative. Principio 10 I problemi ambientali vengono affrontati al meglio con la partecipazione di tutti i cittadini interessati, ciascuno a seconda del proprio livello. A livello nazionale ogni individuo dovrà avere idoneo accesso alle informazioni riguardanti l’ambiente in possesso delle autorità pubbliche, comprese le informazioni su materiali e attività pericolose nelle loro comunità, e dovrà avere la possibilità di partecipare ai processi decisionali. Gli Stati dovranno facilitare e incoraggiare la consapevolezza e la partecipazione dei cittadini rendendo ampiamente disponibili le 24 L’ITINHERARIO INVISIBILE informazioni. Dovrà essere garantito un accesso effettivo ai procedimenti giudiziari e amministrativi, comprese le iniziative di riparazione e di rimedio. Principio 11 Gli Stati dovranno attuare un’efficace legislazione ambientale. Gli standard ambientali, gli obiettivi e le priorità di attuazione dovranno riflettere il contesto ambientale e di sviluppo cui si riferiscono. Gli standard applicati da alcuni Paesi possono risultare inadatti e con inaccettabili costi economici e sociali per altri Paesi, in particolare per quelli in via di sviluppo. Principio 12 Gli Stati devono collaborare per promuovere un sistema economico internazionale aperto e di sostegno che possa condurre a una crescita economica e allo sviluppo sostenibile in tutti i Paesi, al fine di affrontare meglio i problemi del degrado ambientale. Le misure di politica commerciale per scopi ambientali non dovranno costituire uno strumento di discriminazione arbitraria o ingiustificabile o una restrizione occulta nel commercio internazionale. Dovranno essere evitate le iniziative unilaterali per affrontare le sfide ambientali al di fuori della giurisdizione del paese importatore. Le iniziative ambientali concernenti i problemi ambientali transnazionali o globali devono, per quanto possibile, essere basati su un consenso internazionale. Principio 13 Gli Stati devono elaborare leggi nazionali riguardanti la responsabilità civile e l’indennizzo delle vittime dell’inquinamento e di altri danni ambientali. Gli Stati devono anche cooperare in modo più incisivo e determinato per emanare ulteriori leggi internazionali riguardanti la responsabilità civile e l’indennizzo per gli effetti nocivi dei danni ambientali provocati nell’ambito della loro giurisdizione o del loro controllo su zone al di fuori della loro giurisdizione. Principio 14 Gli Stati devono cooperare efficacemente per scoraggiare o prevenire il dislocamento e il trasferimento ad altri Stati di ogni attività e di ogni sostanza che provochi grave degrado ambientale o che sia riconosciuta nociva alla salute delle persone. Principio 15 Al fine di tutelare l’ambiente, gli Stati adotteranno ampiamente un approccio cautelativo in conformità alle proprie capacità. Qualora sussistano minacce di danni gravi o irreversibili, la mancanza di una completa certezza scientifica non potrà essere addotta come motivo per rimandare iniziative costose in grado di prevenire il degrado ambientale. 25 L’ITINHERARIO INVISIBILE Principio 16 Le autorità nazionali dovranno cercare di promuovere l’internazionalizzazione dei costi ambientali e l’uso di strumenti economici, tenendo presente il principio che chi inquina deve fondamentalmente sostenere il costo dell’inquinamento, con la dovuta considerazione dell’interesse pubblico e senza distorsioni del commercio e degli investimenti internazionali. Principio 17 La valutazione dell’impatto ambientale (V.I.A.)deve essere adottata come strumento nazionale per le attività proposte che potrebbero avere un rilevante impatto negativo sull’ambiente e che sono soggette a una decisione da parte di un’autorità nazionale competente. Principio 18 Ogni Stato deve immediatamente comunicare agli altri qualsiasi disastro naturale o altre emergenze che potrebbero produrre improvvisi effetti nocivi sull’ambiente di tali Stati. La comunità internazionale farà tutti gli sforzi per aiutare gli Stati colpiti da tali emergenze. Principio 19 Gli Stati daranno preventiva e tempestiva comunicazione e forniranno adeguate informazioni agli Stati potenzialmente colpiti su attività che possano avere un negativo effetto ambientale transnazionale e si consulteranno con tali Stati prontamente e in buona fede. Principio 20 Le donne hanno un ruolo fondamentale nella gestione e nello sviluppo ambientale. La loro piena partecipazione è pertanto essenziale per la realizzazione dello sviluppo sostenibile. Principio 21 La creatività, gli ideali e il coraggio della gioventù di tutto il mondo devono essere mobilitati per creare una collaborazione globale, al fine di realizzare uno sviluppo sostenibile e assicurare un migliore futuro per tutti. Principio 22 Le genti indigene e le altre comunità locali hanno un ruolo fondamentale nella gestione e nello sviluppo ambientale grazie alla loro conoscenza e alle usanze tradizionali. Gli Stati devono riconoscere e debitamente sostenere la loro identità, cultura e interessi e consentire la loro efficace partecipazione per il raggiungimento dello sviluppo sostenibile. Principio 23 Le risorse ambientali e naturali dei popoli oppressi, sotto dominazione e occupazione dovranno essere tutelate. 26 L’ITINHERARIO INVISIBILE Principio 24 La guerra è intrinsecamente distruttiva per lo sviluppo sostenibile. Gli Stati pertanto dovranno rispettare le leggi internazionali assicurando la tutela dell’ambiente nei periodi di conflitto armato e, se necessario, collaborare nelle fasi successive. Principio 25 La pace, lo sviluppo e la tutela dell’ambiente sono interdipendenti e indivisibili. Principio 26 Gli Stati risolveranno le controversie ambientali pacificamente e con gli strumenti idonei in conformità alla Carta delle Nazioni Unite. Principio 27 Gli Stati e le persone collaboreranno in buona fede e in uno spirito di cooperazione per l’attuazione dei principi stabiliti in questa Dichiarazione e per l’ulteriore evoluzione delle leggi internazionali nel campo dello sviluppo sostenibile. (Fonte: http://www.rete.toscana.it/sett/pta/svilsost/dichiarazione_rio.pdf; 12/03/08). Sempre durante questa conferenza fu stabilità la Giornata Mondiale dell’Acqua, che ogni anno cade il 22 Marzo. Questa giornata fu definita con lo scopo di ricordare a tutti quanti che l’acqua è vita, che è un diritto per tutti e che è una risorsa limitata che dovrebbe essere conservata e gestita con equità. Agenda 21 Agenda 21 è il Piano di Azione delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile di riferimento per il 21° secolo, sottoscritto da oltre 170 Paesi di tutto il mondo durante la Conferenza su Ambiente e Sviluppo tenutasi a Rio de Janeiro nel mese di Giugno del 1992. Questo programma consiste in una pianificazione completa delle azioni da intraprendere, a livello mondiale, nazionale e locale dalle organizzazioni delle Nazioni Unite, dai governi e dalle amministrazioni in ogni area in cui la presenza umana ha impatti sull'ambiente. L’organo, che ha il compito di supervisionare e controllare lo sviluppo sostenibile, è rappresentato dalla Commissione sullo Sviluppo Sostenibile, che ha avuto anche il ruolo di commissione preliminare per gli incontri e le sessioni sull’esecuzione dell’Agenda 21. La Divisione per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite, invece, ha il ruolo di segretario per la Commissione e lavora all’interno del contesto dell’Agenda 21. L'Agenda 21 è composta da 40 capitoli, divisi in quattro sezioni: 27 L’ITINHERARIO INVISIBILE Sezione I - Dimensioni Sociali ed Economiche: include la lotta alla povertà, il cambiamento della struttura dei consumi, della popolazione e delle dinamiche demografiche, la promozione della salute e dei programmi sostenibili di popolamento, e l'integrazione delle problematiche relative all'ambiente e allo sviluppo nel processo di decision-making. Sezione II - Conservazione e Gestione delle Risorse per lo Sviluppo: comprende la protezione dell'atmosfera, la lotta alla deforestazione, la protezione degli ambienti deboli, la conservazione della diversità biologica (biodiversità), e il controllo dell'inquinamento. Sezione III - Rafforzamento del ruolo dei Major Groups: comprende i ruoli dei gruppi di rappresentanza dei bambini e dei giovani, delle donne, delle ONG (Organizzazioni Non Governative, vedi anche NGO), delle autorità locali, del commercio e dei lavoratori. Sezione IV - Mezzi per l'Esecuzione (del programma): comprende la scienza, la diffusione della tecnologia, l'educazione, le istituzioni internazionali e i meccanismi di finanziamento. In Italia l'"Agenda 21" si concretizza dopo la Conferenza di Aalborg in Danimarca del 1994, dal cui ambito nasce la "Campagna Europea Città Sostenibili" per promuovere processi di Agenda 21 Locale. Un ulteriore impulso determinante in questa direzione si concretizzò con la nascita del "Coordinamento Nazionale Agende 21 locali", avvenuta nel 1999 a Ferrara, con il proposito di diffondere, valorizzare e monitorare le esperienze di "Agenda 21 locale" attualmente in corso e nel favorire la partnership e lo scambio di informazioni tra gli enti locali. L’Agenda 21 locale è un piano d’azione, un laboratorio-cantiere per realizzare progetti di sostenibilità ambientale, economica e sociale sul territorio; inoltre prevede un approccio integrato ai problemi e coinvolge tutti gli attori di una comunità locale e i cittadini interessati, mettendoli sullo stesso piano, a prescindere dai loro interessi e dal loro grado di influenza. Nella nostra regione esistono più di 80 enti pubblici, tra province, comuni, comunità montane, parchi regionali, ecc., che sono coinvolti in percorsi di Agenda 21, alcuni avviati da poco tempo, altri in fase già più o meno avanzata. I Forum Mondiali dell’acqua: il vertice di Kyoto ed il Forum Alternativo Nella primavera del 2003 più di 10.000 rappresentanti di 160 Paesi si sono riuniti in Giappone per il III Forum mondiale sull’acqua, seguito a quello dell’Aja (2000) e a quello di Marrakech (1997). L’evento, organizzato dal Consiglio mondiale dell’acqua (una struttura privata con sede a Marsiglia), era una sorta di proseguimento della conferenza sullo sviluppo sostenibile di 28 L’ITINHERARIO INVISIBILE Johannesburg (settembre 2002). In quanto tale, il suo proposito era definire metodi adeguati per il raggiungimento dell’obiettivo fissato a Johannesburg: dimezzare entro il 2015 il numero di persone che non dispongono di acqua potabile. Da questo Forum l’accesso all’acqua è stato riconosciuto come “bisogno” umano di base (nel Forum tenuto all’Aja, l’acqua era stata definita come merce). Con presupposti differenti da quelli del vertice di Kyoto si è svolto, sempre nella primavera del 2003, il primo Forum alternativo mondiale dell’acqua. L’iniziativa, nata dal confronto tra associazioni e ONG con le istituzioni internazionali che si occupano dell’argomento, è scaturita dalla valutazione in merito alla Dichiarazione del Consiglio Mondiale dell’Acqua, la quale riconosce l’accesso alle risorse idriche come bisogno umano di base. Secondo le posizioni di Firenze l’accesso alle risorse idriche deve esser visto come un “diritto” umano e sociale inalienabile. I sostenitori di questa tesi richiedono un intervento che prenda in considerazione concrete misure a carattere legislativo, economico-finanziario, sociale e culturale. Promuovono inoltre la necessità di avviare campagne di sensibilizzazione e responsabilizzazione dei cittadini nella definizione delle regole di gestione dell’acqua. Gli altri obiettivi includono l’organizzazione di un sistema finanziario collettivo per sostenere i costi necessari ad assicurare il diritto di accesso all’acqua per i Paesi poveri. Normativa Comunitaria sulle acque Direttiva Quadro sulle acque 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque (Direttiva “acque”). Direttiva 2006/118/CE del 12 dicembre 2006, del Parlamento europeo e Consiglio, sulla protezione delle acque sotterranee dall’inquinamento e dal deterioramento. Raccomandazione della Commissione del 20 dicembre 2001: Tutela della popolazione contro l'esposizione al radon nell'acqua potabile [notificata con il numero C(2001)4580 ] (2001/928/Euratom) Decisione 2001/2455/CE: Parlamento Europeo e Consiglio del 20 novembre 2001 relativa all'istituzione di un elenco di sostanze prioritarie in materia di acque e che modifica la direttiva 2000/60/CE. (GUCE L 15/12/2001, n. 331) Direttiva 98/83/CE del 3 novembre 1998 concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano 29 L’ITINHERARIO INVISIBILE Direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (Direttiva “Habitat”) Direttiva 91/676/CEE del 12 dicembre 1991 relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole Direttiva 91/271/CEE del 21 maggio 1991 concernente il trattamento delle acque reflue urbane Direttiva 80/778/CEE del 15 luglio 1980: Qualità delle acque destinate al consumo umano (G.U.C.E. 30 agosto 1980, n. L 229) Direttiva 75/440/CEE del 16 giugno 1975: Qualità delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile negli Stati membri. (G.U.C.E. 25 luglio 1975, n. L 194. Direttiva 76/160/CEE del 8 dicembre 1975 concernente la qualità delle acque di balneazione). (Fonte: http://www.greencrossitalia.it/ita/acqua/risorse_acqua/politica_acqua/acqua_elenco_norme.htm; 12/03/08). Normativa Nazionale sulle acque D.Lgs. 152/2006 “Norme in materia ambientale”. Il testo, come modificato da diversi successivi decreti ministeriali, riorganizza e armonizza la normativa in materia ambientale, disciplinando: • le procedure per la valutazione ambientale strategica (V.A.S.), la valutazione di impatto ambientale (V.I.A.) e per l’autorizzazione ambientale integrata (I.P.P.C.); • la difesa del suolo e la lotta alla desertificazione; • la tutela delle acque dall’inquinamento e la gestione delle risorse idriche; • la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti contaminati; • la tutela dell’aria e la riduzione delle emissioni in atmosfera; • la tutela risarcitoria contro i danni all’ambiente. D.Lgs. 31/2001: Attuazione della direttiva 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano (Supplemento alla Gazzetta ufficiale 3 marzo 2001 n. 52). Legge 5 gennaio 1994, n. 36 (c.d. Legge Galli) Disposizioni in materia di risorse idriche. Abrogata da Dlgs 152/2006 (Fonte: http://www.greencrossitalia.it/ita/acqua/risorse_acqua/politica_acqua/acqua_elenco_norme.htm; 12/03/08). Legislazione Regionale Emilia Romagna Delibera n. 40 del 21 dicembre 2005: Piano di Tutela delle Acque. Il P.T.A., conformemente a quanto previsto dal D. Lgs. 152/99 e dalla Direttiva europea 2000/60 (Direttiva Quadro sulle Acque), è lo strumento regionale volto a raggiungere gli obiettivi di qualità ambientale nelle acque 30 L’ITINHERARIO INVISIBILE interne e costiere della Regione e a garantire un approvvigionamento idrico sostenibile nel lungo periodo. Delibera n. 1053 del 09 giugno 2003 recante gli indirizzi per l'applicazione del D. Lgs. 152/99 e s.m.i., applicata anche a seguito dell’entrata in vigore del D. Lgs. 152/06 e s.m.i.; Legge Regionale n. 25 del 6 settembre 1999, come modificata dalla L.R. 1/2003 (applicativa della "legge Galli"): delimitazione degli ambiti territoriali ottimali e disciplina delle forme di cooperazione tra gli enti locali per l'organizzazione del servizio idrico integrato e del servizio di gestione dei rifiuti urbani. Legge Regionale n. 3 del 21 aprile 1999: Riforma del sistema regionale e locale "Capo III Sezione III "Inquinamento delle acque" Artt. 110 - 120, Capo IV Sezione I "Funzioni in materia di risorse idriche, difesa del suolo e miniere" Artt. 138 - 144. Normativa di riferimento delle acque destinate al consumo umano (acque potabili) La legislazione delle acque destinate al consumo umano in Italia trova le sue basi nel Testo Unico delle Leggi Sanitarie, R.D. 27 luglio 1934, n.1265 (art.248: “Ogni Comune deve essere fornito per uso potabile, di acqua pura e di buona qualità”) e progressivi sviluppi con la Circolare del Ministero della Sanità n. 33 del 27 aprile 1977 (“Controllo e sorveglianza delle caratteristiche di qualità dell’acqua potabile”) che prende come riferimento per i vari parametri alcuni standard di qualità dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Con il DPCM 8 febbraio 1985 si ha la prima normativa organica delle acque destinate al consumo umano che arriva alla piena realizzazione con il DPR 236/88. Con il D.Lgs. 31/2001 (che recepisce la direttiva 98/83/CE concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano) e con le integrazioni del D.Lgs. 27/2002 (in vigore dal 25 dicembre 2003) si afferma il quadro attuale per le acque destinate al consumo umano. Innovazioni del D.Lgs. 31/2001 in materia di acque destinate al consumo umano Il Dlgs n. 31 del 2001 emanato in applicazione della Direttiva CEE in materia e disciplinante la "Qualità dell'acqua destinata al consumo umano", detta i parametri in base ai quali si misura la qualità dell'acqua e la sua potabilità. In essa si ritrovano i valori di parametro, superati i quali, si è in presenza di acqua non potabile. Tale decreto apporta sostanziali modifiche ed innovazioni, sia di carattere qualitativo che quantitativo, rispetto alla precedente normativa. Con tale decreto sono state apportate sostanziali modifiche all’elenco dei parametri chimici (vedi cap. 6). Alcuni elementi, ritenuti oggi di scarso 31 L’ITINHERARIO INVISIBILE significato sanitario, sono stati eliminati, mentre altri nuovi sono stati introdotti. Specifici valori limite sono stati fissati per le sostanze come il clorito (sottoprodotto che ha origine dall’utilizzo di biossido di cloro come disinfettante), il vanadio, l’acrilammide, il benzene, il benzo(a)pirene, il bromato (sottoprodotto che ha origine dal trattamento con ozono di acque in cui è presente bromuro), il dicloroetano, l’epicloridina, il tetracloroetilene ed il tricloroetilene, i trialometani totali (sottoprodotti che hanno origine dall’ipoclorito di sodio come disinfettante), il cloruro di vinile. Con tale decreto viene riportata anche la radioattività e i relativi parametri di controllo (non riportati nel DPR 236/88). Valori di parametro più restrittivi sono stati fissati per elementi quali l’arsenico, il nichel, il piombo, l’antimonio e gli idrocarburi policiclici aromatici; mentre sono stati eliminati dalla lista dei parametri altri elementi quali il magnesio, l’azoto Kjeldahl, le sostanze estraibili con il cloroformio, gli idrocarburi disciolti o emulsionabili, i fenoli, i tensioattivi, i composti organoalogenati (in realtà presenti con differente denominazione), lo zinco, il fosforo e l’argento. In sostanza il nuovo elenco dei parametri (e quindi dei rispettivi valori limite di concentrazione) contempla un numero inferiore di voci. E’ stata omessa una serie di elementi considerati, alla luce delle nuove conoscenze, di scarso significato sanitario o con bassa probabilità di presenza nelle acque, mentre si è rivolta maggiore attenzione ai contaminanti di natura antropica ed in particolare ai sottoprodotti dei processi di disinfezione. Normativa di riferimento delle acque naturali minerali La cultura delle acque minerali nel nostro paese trova origine con la legge del 16 luglio 1916, n.947 che costituisce il primo atto legislativo che pone delle regole per la produzione e la distribuzione delle acque minerali in Italia. Successivamente con il R.D. n.1924/1919, in parte tuttora valido, viene disegnata la prima struttura normativa che ha consentito la base dei successivi interventi legislativi. Con la direttiva 80/777 recepita con D.Lgs. 105/1992, con successive direttive e decreti integrativi, si arriva allo stato attuale, caratterizzato da una legislazione armonizzata con quella europea. Riferimenti bibliografici G. Nebbia. In: “Sete”. 1991. Ed. Editori Riuniti. Pp 3-17. P. Ball. In: “H2O. Una biografia dell’acqua”. 2000. Ed Rizzoli. Pp 13-32. 32 L’ITINHERARIO INVISIBILE R. Rotella. In: “L’ABC dell’acqua. Quaderno di educazione ambientale sull’acqua e sugli ecosistemi fluviali”. 1999. WWF Teramo. Pp 13-21; 27-28; 39. G.N. Baldaccini, A. Lacci. “Seguendo la corrente. Piccola guida all’ambiente fluviale”. 1997. Pp 13-14; 92. G. Angle. “Habitat. Guida alla gestione degli ambienti naturali”. 1992. WWF. Pp 103-106. M. Spoto, F. Zuppa. “Un’aula in riva al mare. Manuale di ecologia marina”. 1989. WWF. Pp 20-23. Anima Mundi. “Vivalacqua”. In “Tocca a te! Dispensa informativa”. 2004-2005. Pp 1-4. 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Anima Mundi Editrice 34 L’ITINHERARIO INVISIBILE Capitolo 2 – L’acqua, l’uomo e il territorio Elemento vitale, prezioso, soprattutto in alcune zone della Terra, da sempre l’acqua ha guidato le scelte dell’uomo sia quando era nomade, sia quando ha cominciato a fermarsi per periodi lunghi: non a caso infatti molti insediamenti umani furono storicamente localizzati proprio in luoghi nei quali vi era grande disponibilità di acqua di buona qualità. Con il passare del tempo, e l’aumento degli insediamenti umani, si rese necessario escogitare metodi per l’approvvigionamento dell’acqua non immediatamente disponibile da fiumi o laghi, scavando pozzi e inventando sistemi per trasportarla: ad esempio in Egitto si usavano palme vuote, mentre in Cina e Giappone canne di bambù. Anche se abitualmente si associa l'acquedotto (dal latino “aqua”, acqua, e “ducere”, condurre) all'Antica Roma, in realtà la sua invenzione risale ad alcuni secoli prima, quando, nel Medio Oriente, antichi popoli come i babilonesi e gli egiziani costruirono sofisticati impianti di irrigazione. Lo shaduf per esempio è uno strumento semplice e ingegnoso adottato a partire dal II millennio a.C. dalle popolazioni egiziane per pescare acqua da fiumi e laghi e alimentare canali a un livello più alto o innaffiare campi coltivati, palmeti, viti, orti. L’attrezzo è composto da due pali, uniti in alto da un’asse su cui poggia una lunga pertica. Ai due estremi della pertica vi sono un peso (un masso) e un secchio. Un uomo da solo, manovrando la pertica, può raccogliere e sollevare circa 3000 litri d’acqua al giorno. Quando i dislivelli da risalire sono sensibili, gli shaduf vengono messi in fila lungo il declivio. 35 L’ITINHERARIO INVISIBILE Shaduf Anche in Mesopotamia venivano costruiti acquedotti che portavano l’acqua alle cittadine in condutture protette. In Palestina l'acqua del Siloe (700 a.C.) arrivava sino a Gerusalemme grazie a tubazioni scavate nella roccia per oltre cinquecento metri. L'antica Grecia era servita da acquedotti con molti chilometri di condutture fittili o di condotte scavate nella roccia. Gli acquedotti di stile romano furono usati sin dal VII secolo a.C., quando gli Assiri costruirono una struttura di calcare alta 10 m e lunga 300 m per trasportare l'acqua attraverso una valle fino alla capitale Ninive per una lunghezza totale di 80 km. Gli acquedotti e le grandi infrastrutture: dagli antichi Romani al Medioevo I romani hanno realizzato molti acquedotti nei territori da loro occupati, alcuni molto complessi altri più semplici, ma tutti rappresentano ancor oggi esempi di alta tecnologia ingegneristica. La stessa città di Roma ebbe la più grande concentrazione di condotte idriche, con 11 acquedotti costruiti nell'arco di cinque secoli, con una lunghezza complessiva di circa 350 km. Gli acquedotti realizzati dai Romani potevano essere di superficie con canali artificiali, ponti, viadotti oppure con condotte in pressione sotto il terreno. 36 L’ITINHERARIO INVISIBILE Acquedotto romano a Nimes (Francia), risalente al 19 a.C. Con l’arrivo del Medioevo molte delle esperienze e conoscenze accumulate dagli antichi romani vennero perse e in Europa la costruzione di acquedotti si interruppe fino al XIX secolo. In questi secoli gli approvvigionamenti d’acqua vennero garantiti principalmente tramite lo scavo di pozzi, generando, in alcuni casi, problemi di salute pubblica dovuti a falde acquifere contaminate. Il Medioevo si contraddistingue per la scarsità di acqua potabile nei centri urbani, che ha favorito lo svilupparsi di malattie come il colera e la malaria, legate all’uso di acqua non potabile e all’esistenza di acque stagnanti. La scarsa disponibilità di acqua e gli aumentati rischi igienici dovuti ai metodi di conservazione dell’acqua hanno permesso che si diffondesse l’usanza di non lavarsi, arrivando a credere che il bagno non fosse salutare, tanto che gli stessi ricchi, i nobili e perfino i re si lavavano assai raramente, preferendo usare parrucche incipriate e cospargersi di profumi che nascondevano il cattivo odore della sporcizia. L'avversione per il bagno nel Medioevo fu influenzata anche dalla convinzione della Chiesa cristiana che la nudità dei corpi nei bagni pubblici fosse occasione di peccato, tanto che lo stesso 37 L’ITINHERARIO INVISIBILE battesimo non venne più praticato come in origine sulle rive dei fiumi ma in appositi battisteri chiusi. Significativi di questa mentalità sono alcuni proverbi popolari come:"più il capro puzza, più la capra l'ama" o "finché i pidocchi restano sulla testa la salute è buona". Le bonifiche Per bonifica si intende l’insieme delle azioni e degli interventi che mirano al prosciugamento di un’area ricoperta dalle acque con lo scopo di recuperare terreno e migliorare le condizioni igienico sanitarie di quell’ ambiente. L’idea della bonifica delle terre padane nasce già in epoca Romana, anche se può essere considerata solo una prima fase di difesa di un territorio dalle acque, lontani da un organico progetto che renderà definitivi la regimazione e il controllo di un sistema idrografico. I Romani infatti, assimilate e perfezionate le conoscenze idrauliche etrusche, sfruttando e modificando strutture naturali (dossi, spalloni, conidi di terra), costruendo piccoli canaletti artificiali per far passare le acque (tramite paratie di legno a saracinesca), riuscirono a convogliare l’acqua in eccesso (che altrimenti avrebbe inondato le terre) in naturali depressioni opportunamente arginate. L’uomo, dall’età antica alla fine del Medioevo, riuscì a instaurare un rapporto non sempre del tutto stabile tra la propria esistenza e il proprio habitat, le cui caratteristiche morfologiche variavano a seconda del clima, delle precipitazioni, delle esondazioni, dell’ampliamento degli specchi acquitrinosi, delle variazioni di alveo e dal trasporto di limo, per cui l’uomo era costretto ad adattarsi e molto spesso anche spostarsi. È durante il Medioevo che l’uomo inizia la sua lunga lotta per bonificare l’area oggi occupata dal Parco del Delta del Po, anche se fino alla fine del XIV secolo l’uomo sarà un impotente spettatore di questo continuo variare di terre emerse e aree lacustri. Per attivare un sistematico programma di interventi occorrerà attendere la metà del XV secolo con l’impegno della signoria degli Estensi che darà impulso alla prima grande fase di bonifica e di assetto di queste terre (1460-1580). 38 L’ITINHERARIO INVISIBILE Primi tentativi di regimazione delle acque La grande bonifica Estense Durante il periodo estense, il ferrarese fu oggetto di diversi interventi di regolamentazione delle acque. Sicuramente il più significativo fu la bonifica, promossa da Alfonso II, del Polesine di San Giovanni, territorio compreso tra il Po di Venezia, il mare e il Po di Volano. I lavori iniziarono nel 1564, si interruppero per problemi finanziari, e ripresero nel 1566 seguendo un criterio, ancora oggi utilizzato, che prevede la separazione delle acque alte, provenienti da terreni con quote altimetriche superiori, dalle acque basse, provenienti da terreni posti a livello inferiore, per condurle separatamente al mare. Le acque alte vennero portate al mare attraverso un canale collettore, il Canal Bianco che sfociava nel Po, mentre le acque basse vennero allontanate attraverso quattro collettori principali. Due di questi, il canale Bentivoglio e il canale Seminiato, si immettevano nel tratto finale del Po come il canal Bianco. Queste acque venivano scaricate a mare attraverso una chiavica, detta Torre dell’Abate, le cui porte vinciane garantivano il regolare deflusso e impedivano l’accesso delle acque marine in caso di alta marea. Gli altri due collettori delle acque basse erano i canali Galvano e Ippolito, che sfociavano nel porto di Volano con una chiavica simile a Torre dell’Abate. 39 L’ITINHERARIO INVISIBILE Torre Abate, Loc. Santa Giustina (FE) La grande bonificazione estense terminò nel 1579 ma non ebbe effetti duraturi. Il taglio di Porto Viro, deviazione realizzata dai Veneziani nel tratto terminale del Po per impedire l’interrimento della laguna di Venezia, annullò l’opera di bonifica intrapresa dalla signoria Estense. Dal 1604 il fiume cominciò a scorrere nell’alveo artificiale e i depositi di sabbia si rivolsero a sud interrando il porto di Goro e il porto dell’Abate, rendendo difficile lo scolo dei canali collettori. Contemporaneamente, per un gioco di correnti marine, il porto di Volano, in cui sfociavano i canali Galvano e Ippolito, venne invaso dalle acque del mare portando la distruzione della chiavica Volano e conseguentemente rendendo impossibile lo scolo delle acque basse. Nel XVII secolo le acque ricoprirono gran parte dei circa 32.000 ettari di terreno bonificato da Alfonso II. Solo con l’avvento della bonifica meccanica nel XIX secolo il territorio ferrarese avrà un assetto definitivo. I metodi di bonifica I metodi di bonifica sono diversi a seconda del territorio con il quale ci si confronta: 40 L’ITINHERARIO INVISIBILE - la bonifica per colmata, ovvero l’innalzamento del piano di campagna al di sopra dell’acqua, e il prosciugamento. La bonifica per colmata si ottiene arginando un’area valliva (cassa di colmata) e immettendo in essa uno o più fiumi liberi di spagliare le loro acque; a quote diverse vengono realizzati dei canali minori detti savenelle per far defluire le acque decantate dai detriti. I sedimenti depositati dai corsi d’acqua determinano, con il trascorrere degli anni, l’innalzamento del fondo del terreno. Questo sistema di bonifica riproduce artificialmente i processi di deposizione sedimentaria a seguito di alluvioni. Il costante apporto di depositi alluvionali determina lo stratificarsi di sedimenti che innalzano il piano di campagna. - la bonifica per scolo naturale, possibile solo quando le aree da prosciugare presentano quote tali che permettano il deflusso delle acque per gravità verso il mare o verso fiumi importanti. - la bonifica per scolo meccanico, metodo più moderno per prosciugare aree sommerse dalle acque. Dalla seconda metà dell‘800, periodo in cui si diffuse l’utilizzo di pompe a vapore, si introdussero le idrovore per sollevare le acque. L’avvento della bonifica per scolo meccanico permise di prosciugare vasti territori fino ad allora considerati non bonificabili per le notevoli depressioni in cui si trovavano. Le acque sollevate di vari metri vengono immesse in canali collettori e fatte defluire in fiumi principali o direttamente al mare. Il Canale Emiliano Romagnolo (C.E.R) Il Canale Emiliano Romagnolo (C.E.R) è tra le più importanti opere idrauliche italiane. Il primo progetto risale al 1620 quando l'abate Raffaello Tirelli di Reggio-Emilia propone al duca Cesare d'Este l'idea di prendere le acque dal Po per irrigare le province di Piacenza, Parma, Reggio Emilia, Modena e Bologna. Perché il progetto diventi un’opera concreta si dovrà aspettare il 1947, anno in cui il progetto trova la sua versione definitiva combinando le esigenze delle piene del Reno con quelle dell'irrigazione della pianura bolognese e romagnola. Il C.E.R. è infatti l’opera voluta per risolvere i problemi di approvvigionamento di acqua delle cinque province orientali della regione (Ferrara, Bologna, Ravenna, Forli-Cesena e Rimini). 41 L’ITINHERARIO INVISIBILE Canale Emiliano Romagnolo, veduta aerea Il Canale è una delle più importanti opere idrauliche dell'Italia. Garantisce, con una derivazione dal fiume Po, l'approvvigionamento idrico di un’area di circa 3.300 ha, caratterizzata da una intensa attività agricola e da molti insediamenti urbani e industriali, ma povero di acque superficiali. Dopo quasi 400 anni dal primo progetto e iniziato nel 1955, il C.E.R. è in grado di esprimere tutto il suo potenziale al servizio di una delle regioni più produttive d'Europa, su un percorso di circa 150 km e tramite 7 stazioni di pompaggio delle acque e 7 milioni di metri cubi d'acqua serviti annualmente. Le dighe La Commissione Internazionale sulle Grandi Dighe, istituita a Parigi nel 1928, definisce “diga” i manufatti superiori a 15 metri o anche quelli compresi tra 5 e 15 metri e con un serbatoio di oltre 3 milioni di m cubi di acqua. Le dighe sono destinate a trattenere le portate fluviali nei periodi di maggiore abbondanza, per renderle disponibili nei mesi o negli anni di minore deflusso, oppure per formare invasi in grado di raccogliere le precipitazioni, evitandone l'evaporazione nell'atmosfera e l'infiltrazione nel suolo, oppure per costituire un ostacolo all'andamento stesso del fiume, deviandolo dal suo corso 42 L’ITINHERARIO INVISIBILE naturale verso un letto artificialmente modellato, al fine di addurre acque verso luoghi nei quali la domanda è particolarmente intensa o ci si aspettano grandi benefici energetici e agricoli. Senza l'immane lavoro compiuto durante tutta la storia dell'umanità attraverso la costruzione di dighe di ogni dimensione, oggi l’uomo non potrebbe disporre se non di una modesta frazione dell'acqua che invece può utilizzare. Nella storia dell’uomo le dighe sono sempre esistite: da sempre gli uomini hanno costruito piccoli sbarramenti per deviazioni, forse rispondendo a un istinto tra l’altro radicato anche negli animali, se si considerano le straordinarie opere che i castori sono capaci di realizzare in natura. Già durante l’antichità, nel bacino di grandi fiumi come il Nilo, il Tigri e l’Eufrate, si suppone, per esempio, che Menes, il primo leggendario faraone, abbia fatto costruire dighe allo scopo di deviare il corso del Nilo ed edificare la città di Menfi sui terreni sottratti alle acque. Se così fosse, il primo sbarramento a noi noto dovrebbe essere stato costruito in Egitto circa 3-4.000 anni prima della nascita di Cristo. Gran parte delle antiche dighe in terra, tra cui quelle costruite dai babilonesi, facevano parte però di complessi sistemi di irrigazione che trasformavano regioni altrimenti improduttive in fertili pianure. Tuttavia, proprio a causa del materiale usato e dei danni provocati dalle inondazioni, poche tracce di questi manufatti si sono conservate fino a oggi. La costruzione di dighe "moderne" diventa possibile solo con l'avvento del cemento e del calcestruzzo e con l'introduzione delle macchine per il movimento della terra. Le prime dighe, infatti, erano costruite per lo più con argilla mista a fango nel centro, e caratterizzate da fiancate esterne di pendenza uniforme: nel 1852 la diga inglese di Holmfirth, presso Hudderfield, viene minata da un'infiltrazione, mentre nel 1964, solo dodici anni più tardi, si verifica un impressionante disastro a Dale Dyke, nuovo bacino artificiale costruito per Sheffield, che crolla al momento del riempimento, provocando la morte di centinaia persone. Già da tempo gli ingegneri francesi giudicavano pericolose le dighe di terra più alte di 19 metri e così, a partire dal 1850, presentano i primi progetti di sbarramenti basati su principi scientifici. Tra il 1861 e il 1866 viene progettata e realizzata la diga di Furens, su un affluente della Loira, per fornire acqua alla città di Saint-Etienne. È la prima diga a essere costruita con i nuovi principi: nuovi materiali, pareti convesse, calcolo dei punti di maggiore pressione. Questa diga è rimasta a lungo la più alta del mondo. Contemporaneamente con lo sbarramento di Zola, presso Aix-enProvence, e la diga per l'irrigazione della Valle degli Orsi in California, vengono costruite le prime 43 L’ITINHERARIO INVISIBILE dighe ad arco, una tipologia che però non diventerà comune fino al ventesimo secolo. Lo scopo di costruire sbarramenti sui corsi dei fiumi, comunque, non è più solo quello di controllare le piene o creare bacini per l'irrigazione, ma la produzione di elettricità grazie alla forza idraulica, resa possibile dallo sviluppo del generatore elettrico (un miglioramento della turbina idraulica). Il primo impianto idroelettrico viene costruito nel 1880 nel Northumberland, in Inghilterra. Da allora, a causa anche della crescente domanda di elettricità che ha caratterizzato il ventesimo secolo, gran parte dei principali fiumi della Terra sono stati sbarrati e imbrigliati con opere sempre più ardite e complesse. La vittoria sull'acqua I primi imperatori si circondarono di consiglieri, il più celebre dei quali fu un certo Yao, al quale è attribuita una delle più grandi vittorie della Cina di tutti i tempi: la vittoria sull'acqua. Mentre i suoi predecessori si sforzavano di costruire dighe che il Fiume Giallo portava via a ogni piena, Yao fece scavare il letto del fiume e preparare i nuovi canali per condurre fino al mare le acque eccedenti. Come ricompensa Yao fu designato erede dal suo imperatore e fondò la dinastia degli Hsia. Una storia lunga 2000 anni Un quinto dell’attuale sistema idrico di Bologna è in parte garantito da un acquedotto attivo da circa 2.000 anni. I romani per approvvigionarsi di acqua scavarono intorno all’anno 100 a.C. un tunnel che intercettava l’acqua del Setta, che già all’epoca era più pura di quella del Reno. L'acquedotto prelevava acqua a Sasso Marconi dal fiume Setta e la convogliava fino al palazzo oggi dell'Ente Ferrovie, angolo via d'Azeglio con via Farini, dove c'era una vasca di decantazione. Poi da lì, attraverso il sistema delle fistulae aquariae (tubi di piombo) l'acqua veniva distribuita a tutta la città. La condotta al momento della sua costruzione aveva una sezione libera di 0,6 m x 1,9 m, per una lunghezza di 18 chilometri e un dislivello di 18 metri. A causa delle invasioni barbariche l’opera non ebbe più le manutenzioni necessarie al suo corretto funzionamento e in breve tempo venne abbandonata. Si dovranno aspettare 15 secoli perché si dia inizio ai lavori di recupero del manufatto. Le opere di restauro durano circa 5 anni, dal 1876 al 1881, e la cerimonia di inaugurazione è datata 5 giugno 1881. 44 L’ITINHERARIO INVISIBILE Una lotta per governare l’acqua Nei secoli l’uomo, tramite esperienza e ingegno, ha inventato e sperimentato diversi metodi per cercare di “governare” e regimare l’acqua e le sue continue invasioni. Molti sono nati dalla semplice osservazione dei fenomeni naturali, altri sono vere e proprie opera di alta ingegneria. La regolazione dei flussi dell’acqua è stata per l’uomo fondamentale, prima di tutto come protezione dalle inondazioni, ma anche per poterla sfruttare a suo beneficio per gli usi agricoli e industriali. Nel nostro territorio non è difficile osservare ancora in uso alcuni di questi antichi metodi o trovarne i resti, come le casse di espansione, le briglie e gli argini: tutti sistemi che hanno non solo modellato il territorio ma anche permesso all’uomo di occupare zone non sempre ospitali. Le casse di espansione Le casse di espansione sono dei bacini idrici artificiali nei quali vengono convogliate le acque di un fiume quando la portata dello stesso supera un certo limite. In questo modo si evita che l'acqua esondi dagli argini causando danni agli insediamenti vicini. Le casse di espansione sono opere molto diffuse in Emilia Romagna, presenti sia sui grandi affluenti del fiume Po sia negli altri corsi d’acqua regionali e in particolare nel bacino del Reno. Le Valli di Campotto, per esempio, sono bacini d’acqua dolce utilizzati come cassa di espansione per il sistema scolante della bassa pianura bolognese afferente al fiume Reno. In questa zona arrivano i fiumi Idice, Quaderna e Sillaro, e i canali Lorgana, Della Botte, Menata e Garda, i quali affluiscono al Reno in località Bastia. In caso di piena dei fiumi o dei canali le acque vengono temporaneamente immesse in bacini arginati (casse di espansione), che a Campotto coprono una superficie di circa 850 ha e offrono un invaso di circa 30.000.000 di mc d’acqua. Le acque vengono immesse durante le piene per essere poi successivamente scaricate, tramite pompe idrovore, nel fiume Reno. Le casse di espansione di Campotto sono suddivise in tre comparti: Cassa Campotto (400 ha), Valle Santa (250 ha), e Cassa Bassarone (200 ha) riallagata nel 1983. Queste zone sono molto interessanti anche dal punto di vista naturalistico. Altri esempi degni di nota sono le casse di espansione del fiume Secchia e quelle del Panaro. Gli argini L'argine è un'opera di difesa passiva del territorio che serve a impedire a un corso d’acqua di straripare durante i periodi di piena. Generalmente è costituito da un rilievo in terra 45 L’ITINHERARIO INVISIBILE impermeabilizzato. Gli argini possono essere disposti in froldo, ovvero al limite dell'alveo, oppure a una certa distanza da questo. In questo caso la fascia di terreno compresa tra l'alveo e l'argine prende il nome di golena. L'argine si dispone in froldo quando manca spazio o l'area da difendere ha un valore troppo elevato per sacrificarla creando la golena. La disposizione a froldo, limitando drasticamente l'espansione laterale del fiume, comporta un forte innalzamento dei livelli di piena ed è sottoposta ad azioni erosive molto più intense rispetto a un argine in golena. Argini di un fiume – lavori in corso La dimensione degli argini di un fiume o di un canale dipendono dalla intensità degli eventi di piena previsti in un arco di tempo pluriennale (definito anche come "tempo di ritorno"), che permette di definire la quota massima del livello idrico in questo periodo e quindi di dimensionare l’argine. Le briglie La briglia è un'opera di ingegneria idraulica concepita per ridurre il trasporto di materiale solido di fondo da parte di un corso d'acqua (torrente o fiume), creando un deposito a monte di essa. Può essere costruita in muratura, in terra, in legname e in gabbioni. Una briglia è costituita da una fondazione (posta sottoterra) e da un'ala (posta al di sopra), dalla gaveta (una concavità dell’ala) e da eventuali feritoie (fori). In genere in un corso d’acqua, vengono costruite più briglie. Ogni 46 L’ITINHERARIO INVISIBILE briglia deve essere posta a una determinata distanza dalla successiva in modo tale da creare una pendenza di compensazione del corso d’acqua che permetta alle briglie di diminuire la pendenza dell’alveo formando salti di fondo fino a ridurre la capacità erosiva del corso d’acqua a valori tali che il letto non venga eroso. Famose le briglie sul Tevere in prossimità dell'Isola Tiberina per equilibrare il livello del fiume nei due rami che fluiscono ai lati dell'isola. L’Acquedotto della Romagna Circa il 50% dell’acqua potabile necessaria a soddisfare il fabbisogno delle province di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini, è garantito dall'Acquedotto della Romagna. L'Acquedotto della Romagna, realizzato da Romagna Acque - Società delle Fonti e attivo dal 1988, è un complesso costituito dalla Diga di Ridracoli, dalla centrale idroelettrica di Isola, dalle vasche di carico di Montecasale, dall'impianto di potabilizzazione e dalla rete acquedottistica che distribuisce l'acqua agli utenti. L’Acquedotto è alimentato dall'acqua raccolta nell'invaso artificiale di Ridracoli formato dall'omonima diga che sbarra il torrente Bidente. L'invaso, caratterizzato da una capacità utile di 30 milioni di m3, ha un'importante funzione di compenso annuale, poiché consente di immagazzinare l'acqua nei periodi di abbondanti apporti per poi renderla disponibile nei periodi estivi, in cui alla scarsità di piogge si aggiunge l'elevata richiesta dovuta alle presenze turistiche nella riviera romagnola. L'acqua è potabilizzata presso il centro operativo di Capaccio nel Comune di Santa Sofia. L'Acquedotto della Romagna è in grado di fornire ogni anno circa 50 Mmc d'acqua. La Diga di Ridracoli L'opera principale dell'Acquedotto di Romagna, e quella che sicuramente ha richiesto più impegno per la sua costruzione, è la Diga di Ridracoli. Lo sbarramento è stato costruito in una stretta valle a circa 10 km dall'abitato di S. Sofia e a circa 50 km a Sud-Est di Forlì nel territorio del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi. La sua posizione, nel punto di confluenza del fiume Bidente e del Rio Celluzze, è stata individuata sulla base di alcune fondamentali caratteristiche: - la posizione centrale dell'invaso rispetto ai Comuni aderenti al progetto; - la morfologia e la struttura geologica della zona; - la qualità dell'acqua che poteva essere raccolta; - la totale assenza di possibili fonti di inquinamento; 47 L’ITINHERARIO INVISIBILE - la pressoché totale copertura vegetale dei bacini imbriferi con boschi cedui e ad alto fusto; - la quota sul livello del mare del serbatoio, che consente di portare l'acqua “per caduta” alla quasi totalità di utenti consentendo così un notevole risparmio energetico. La Diga e il lago di Ridracoli Quella di Ridracoli è una diga ad arco-gravità: per ottenere resistenza sfrutta cioè un sistema “ibrido” tra quello delle dighe ad arco (che scaricano il peso sulla parete rocciosa grazie alla forma) e quello delle dighe a gravità, più tozze e massicce. La diga è alta 103,5 m, con una larghezza massima di 36 m alla base e 10 m sul camminamento superiore (“coronamento”). La lunghezza dell'arco è di 432 m, per un totale di 600 mila m3 di calcestruzzo. La struttura si sviluppa su 27 conci, posati su un pulvino (elemento che ha la funzione di ripartire il carico da una struttura sovrastante a una sottostante) che segue il profilo della diga. Nella spalla destra della diga si trovano gli impianti per la presa dell'acqua, che viene poi inviata all'acquedotto. La presa avviene da due imbocchi distanti tra loro 50 m in verticale. L'Acquedotto della Romagna ha una condotta principale di 33 chilometri, capace di 3000 litri al secondo. Per completare la diga vennero impiegati 6 anni. 48 L’ITINHERARIO INVISIBILE Riferimenti bibliografici Pagnoni G.A., 1997. Il territorio di Argenta e l’Oasi di Campotto. Ferrara AA.VV., 1990. Terra e acqua, le bonifiche ferraresi nel delta del Po. Gabriele Corbo Editore. Miguel A. Altieri 1991. Verso una agricoltura biologica. Padova Franco Muzzio Editore. Agricoltura, mensile dell’Ass.to Agricoltura, Ambiente e Sviluppo Sostenibile, Regione Emilia Romagna, numeri vari. Romagna Acque S.p.A., 1997. L’Acquedotto della Romagna. Riferimenti Web www.consorziocer.it www.romagnaacque.it www.storiaurbana.it www.wikipedia.it 49 L’ITINHERARIO INVISIBILE 50 L’ITINHERARIO INVISIBILE Capitolo 3 – Distribuzione, disponibilità ed usi dell’acqua Distribuzione e disponibilità della risorsa acqua sul Pianeta Terra Se noi potessimo guardare la Terra dall’alto, vedremmo che per la maggior parte risulta essere di colore blu e questo è dovuto al fatto che circa il 71% della superficie terrestre è ricoperto di acqua, mentre solo il 29% circa è rappresentato dalle terre emerse (su 510 milioni di chilometri quadrati di superficie, ben 364 sono occupati dall'acqua, per un volume di 1400 milioni di chilometri cubi). Proprio per questo motivo, spesso, il Pianeta Terra è stato chiamato “il Pianeta Azzurro”. Rapporto tra acqua salata ed acqua dolce sul pianeta Oltre il 97% di tutta l’acqua presente sulla Terra è rappresentata da acqua salata, cioè quell’acqua che ha un contenuto in sali pari in media (o superiore) al 35 per mille: questo significa che in 1 kg di acqua sono disciolti circa 35 g di sali. I principali sali minerali presenti nell’acqua marina, in ordine di importanza, sono: 1. Cloruro di sodio 2. Cloruro di magnesio 3. Solfato di magnesio 4. Solfato di calcio 5. Solfato di potassio 6. Carbonato di calcio 7. Bromuro di magnesio 51 L’ITINHERARIO INVISIBILE Tutta quest’acqua salata la troviamo contenuta negli oceani, nei mari, nei mari interni, nelle lagune salmastre ed in alcune falde. Le acque dolci (che contengono fino ad un massimo di 500mg/l di sali), invece rappresentano solo il 3% scarso di tutta l’acqua presente sulla Terra e sono distribuite in maniera molto diversificata: • ghiacciai e calotte polari: si estendono per circa il 10% della superficie terrestre, contengono il 70% circa dell’acqua dolce mondiale e sono concentrati in Groenlandia ed in Antartico. La maggior parte di queste risorse si trovano lontano dagli insediamenti umani quindi risultano di difficile utilizzo. Il 96% dell’acqua dolce ghiacciata si trova distribuita tra il Polo Nord ed il Polo Sud, mentre il restante 4% è distribuito su oltre 550.000 Km2 di ghiacciai; • acque sotterranee: rappresentano circa il 29% dell’acqua dolce presente sulla Terra e risultano essere di facile utilizzo per l’uomo (circa il 90% di tutta l’acqua dolce disponibile). Circa un miliardo e mezzo di persone dipendono dall’acqua sotterranea per l’acqua potabile; • laghi: contengono circa lo 0,3% dell’acqua dolce disponibile e la maggior parte di essi si trova ad alte altitudini, con quasi il 50% dei laghi mondiali situati solo in Canada. • umidità atmosferica: rappresenta circa lo 0,2% dell’acqua dolce totale; • fiumi: sono una delle forme di più facile sfruttamento per l’uomo, ma contengono solamente lo 0,003% di acqua dolce; • serbatoi artificiali: sono laghi artificiali prodotti attraverso la costruzione di barriere lungo il corso dei fiumi; si stima che il volume d’acqua contenuta in questi serbatoi sia circa di 40.286 Km3; • wetlands: sono costituite da paludi, sabbie mobili, lagune e fanghi. Le più grandi aree si trovano nella Siberia dell’est (780.000-1.000.000 km2), lungo il Rio delle Amazzoni (800.000 km2), nella Baia di Hudson (200.000-320.000 km2). 52 L’ITINHERARIO INVISIBILE Distribuzione delle acque dolci sul Pianeta Terra Quindi solo lo 0,75% di tutta l’acqua esistente sulla Terra si trova come acqua dolce liquida nei laghi, nei fiumi, e nel sottosuolo. Poiché la gran parte di quest’ultima è confinata nel sottosuolo, da questo bilancio si ricava che solo lo 0,01% del totale dell’acqua esistente sulla Terra è reperibile nei laghi e nei fiumi. Come appena visto la distribuzione dell’acqua sulla superficie terrestre è irregolare e in conseguenza a ciò, anche se a livello globale le risorse idriche esistenti sono sufficienti a coprire i bisogni dell’intera popolazione mondiale, alcune regioni del mondo, in particolare l’Africa, il Medio Oriente, l’Asia orientale ed alcuni paesi dell’Europa dell’Est, sono penalizzate da una pesante e cronica carenza d’acqua. L’acqua dolce disponibile per il consumo umano varia tra i 12.500 km3 e i 14.000 km3 all’anno. Ma in seguito alla crescita della popolazione sul Pianeta, il consumo d'acqua negli ultimi anni è sestuplicato e la disponibilità pro capite è diminuita dai quasi 13 mila m3 per anno del 1970 ai 9 mila m3 nel 1990 e ai meno di 7 mila del 2000. Tra le cause della carenza idrica mondiale ci sono fenomeni come l’effetto serra e la desertificazione, conseguenze dei cambiamenti climatici, ma anche il degrado della qualità delle acque a seguito dell’inquinamento. (Fonti dati: Greencross, Anima Mundi Editrice) Distribuzione e disponibilità della risorsa acqua in Italia Grazie alle sue caratteristiche climatiche, morfologiche, geografiche e geologiche l’Italia è uno dei paesi più ricchi d’acqua al mondo, in quanto in linea teorica dispone di circa 155 miliardi di m3 di acqua. 53 L’ITINHERARIO INVISIBILE Purtroppo negli ultimi 20 anni la situazione meteo-climatica italiana ha presentato una riduzione significativa delle precipitazioni soprattutto in quelle regioni che per la loro disponibilità idrica dipendono dalle acque di superficie, sorgive e sotterranee. Si stima che il volume medio delle precipitazioni piovose in Italia sia di circa 300 miliardi di m3 all’anno, che è tra i più elevati in Europa e nel mondo. Circa il 97% dell’acqua dolce in Italia è nelle falde acquifere e si stima un disponibilità media procapite di circa 2700 m3, articolati in modo differente a seconda delle disponibilità locali. Ma a causa delle irregolarità delle portate d’acqua e considerando i fattori di perdita (deflusso superficiale, accumulo nella falde sotterranee, evaporazione, evapotraspirazione) si arriva ad una quantità pro-capite all’anno di 2000 m3, pari a 5,5 m3 giornalieri. In Italia si verificano delle difficoltà per quanto riguarda le disponibilità idriche e queste sono legate sostanzialmente alla irregolare distribuzione sia spaziale, sia temporale delle precipitazioni sul territorio. Notevoli differenze climatiche sono dovute alla differenza di latitudine tra il Nord Italia e il Sud Italia e questo comporta disuguaglianze nell’altezza media delle precipitazioni fra Nord e Sud con conseguenti diversità nelle disponibilità idriche. Inoltre in Italia è caratteristica una notevole irregolarità temporale delle precipitazioni, con un minimo nel semestre aprile-settembre ed un massimo nel semestre ottobre-marzo. A tutto questo si deve aggiungere anche il fatto che la lunghezza relativamente breve della maggior parte dei corsi d’acqua italiani comporta di conseguenza tempi di percorrenza relativamente brevi dalla sorgente alla foce. Tutto ciò provoca fenomeni alluvionali frequenti nel periodo di massima piovosità ed in alcuni casi si verifica un veloce scorrimento delle acque verso il mare, in quanto viene superata la capacità di immagazzinamento dei corsi d’acqua, dei laghi e del sottosuolo e ciò comportala perdita di enormi quantitativi d’acqua ad un possibile uso da parte dell’uomo. Come si diceva prima, l’Italia è caratterizzata da una distribuzione disomogenea della precipitazioni e si valuta che la percentuale più elevata di queste precipitazioni, poco più del 40%, si dovrebbe concentrare nelle regioni settentrionali, il 22% in quelle centrali, il 24% nelle regioni meridionali e appena il 12% nelle isole maggiori, cioè Sicilia e Sardegna. Per quanto riguarda le risorse superficiali utilizzabili circa il 53% si trovano nell’Italia settentrionale, il 19% circa nell’Italia centrale, circa il 21% nell’Italia meridionale e il 7% circa nelle isole maggiori (Sicilia e Sardegna). 54 L’ITINHERARIO INVISIBILE Inoltre per quanto riguarda le risorse sotterranee si stima che circa il 70% sia collocato nelle grandi pianure alluvionali dell’Italia settentrionale, mentre nel meridione si pensa che le falde utilizzabili siano molto poche e tutte confinate nei brevi tratti di pianure costiere ed in poche zone interne: sembra che quella più sfruttata ed estesa sia quella pugliese, accreditata per oltre 500 milioni di m3 all’anno, mentre quella più limitata e poco sfruttata sia quella sarda, con una capacità di non più di 80 milioni di m3 all’anno. Come visto poco fa, le precipitazioni presentano anche una diversa distribuzione stagionale: per esempio, nel Mezzogiorno le precipitazioni che si concentrano prevalentemente sui rilievi subiscono forti variazioni stagionali con punte anche dell’80% nel periodo autunnale ed invernale, mentre la relativa domanda, ovvero i fabbisogni della popolazione, presenta i suoi massimi nel periodo primaverile-estivo. Sempre nel Mezzogiorno, dove la gente residente è pari a più del 36% del totale nazionale ed i prelievi hanno ormai raggiunto il 96% della disponibilità, lo sfruttamento delle risorse è diventato oggi critico. L’Italia risulta essere il maggior paese consumatore di acqua in Europa: infatti rispetto ad una media dei paesi dell’UE di 604 m3 per abitante all’anno, il nostro paese registra un valore stimato intorno ai 980 m3 per abitante l’anno (più di noi solamente l’Olanda). Ciò è dovuto anche al fatto che in Italia viene perduta una grossa quantità d’acqua: gli italiani consumano in media 230 litri al giorno d’acqua corrente da rubinetto, ma di questa ne bevono solo circa l’1%; il 39% circa viene utilizzato per l’igiene personale, il 12% in lavatrice e il 20% con gli scarichi del wc. E’ da sottolineare il fatto che circa il 15% della popolazione italiana (più o meno 8 milioni di persone) per quattro mesi l’anno (periodo da giugno a settembre) è sotto la soglia del fabbisogno idrico minimo di 50 litri d’acqua al giorno a persona. Le previsioni di cambiamenti climatici conseguenti al riscaldamento del Pianeta potrebbero comportare modifiche sulla disponibilità della risorsa acqua. In particolare, potrebbe verificarsi una progressiva desertificazione dell’area mediterranea, a cui si potrebbe contrapporre una “tropicalizzazione” delle aree centro-settentrionali. (Fonti dati: Greencross, Anima Mundi Editrice) Distribuzione e disponibilità della risorsa acqua in Emilia Romagna La regione Emilia Romagna presenta aspetti del clima che sono quelli tipici della Pianura Padana, delimitata a nord e a ovest dall’arco alpino e a est dal mare Adriatico. La nostra regione presenta una pluviometria media dell’ordine di circa 950 mm/anno, anche se negli anni ’90 è risultata essere sensibilmente inferiore (circa 850 mm/anno). Anche in questo 55 L’ITINHERARIO INVISIBILE caso si presentano delle differenze per quanto riguarda la quantità di precipitazioni nelle varie zone dell’Emilia Romagna, in quanto la piovosità decresce al diminuire della quota e, in generale, spostandosi verso est, partendo da valori anche superiori ai 2.000 mm/anno nell’alto Trebbia e in prossimità dello spartiacque appenninico emiliano, fino a raggiungere valori inferiori a 700 mm/anno nella pianura ferrarese e ravennate. LA PLUVIOMETRIA REGIONALE Fonte: Piano di Tutela delle Acque - Documento Preliminare Piovosità media Regione Emilia-Romagna (decennio 1991-2001) 887 mm/anno Differenza rispetto alla media 1921-1971 - 10% Milioni mc 19.620 (Fonte dati tabella: http://www.aquaer.it/aquaer/ciclo/400.htm) Analizzando la temperatura e i suoi andamenti si vede come questi ultimi dieci anni siano risultati essere i più caldi degli ultimi 40 anni. In particolare, durante la stagione estiva si sono presentate temperature che hanno spesso superato i valori climatici di riferimento. Il numero di giorni con temperature minime al di sotto dei 0°C sono diminuiti, fino anche a 6-7 giorni in meno all’anno, e in parallelo si nota un netto aumento dei valori delle temperature massime; questo cambiamento di andamento sembra essere avvenuto a partire dagli anni ’80. Per quanto riguarda le precipitazioni non si notano tendenze significative per il periodo invernale, mentre le stagioni primaverili ed estive mostrano una tendenza positiva, soprattutto nella zona appenninica con una tendenza negativa, invece, al nord-est della regione (provincia di Ferrara e provincia di Parma). Quindi nel complesso è possibile affermare che: • le temperature massime e minime sono aumentate; • l’intensità delle piogge mostra tendenza all’aumento e ciò significa che probabilmente sta mutando la modalità con cui le piogge si verificano: eventi sempre più intensi e di breve durata e sempre meno precipitazioni di debole intensità, moderate e di lunga durata, soprattutto in estate. La pioggia che cade sul suolo viene raccolta ed immagazzinata nelle falde e nelle acque superficiali. 56 L’ITINHERARIO INVISIBILE La condizione essenziale perché esistano acque nel sottosuolo di una pianura alluvionale come la Pianura emiliano-romagnola è la presenza di sedimenti porosi e permeabili. La porosità dipende dai vuoti presenti nel sedimento e dalle caratteristiche di questi dipende il grado di porosità, infatti più gli spazi vuoti sono numerosi o molto grandi, maggiore è lo spazio per contenere l’acqua. La permeabilità è invece quella grandezza che indica quanto facilmente l'acqua possa fluire nel sedimento e questo dipende da quanto i vuoti sono comunicanti fra loro. Nel sottosuolo della nostra pianura i sedimenti più porosi hanno una percentuale di vuoti pari a circa il 20% di tutto il volume del sedimento, mentre i valori massimi di permeabilità sono di circa 10-3 metri al secondo. Nella nostra regione il sedimento poroso e permeabile ricco in acqua e potenzialmente interessante per lo sfruttamento idrico si trova al limite fra la collina e la pianura, presso il margine della catena appenninica. Analizzando i valori di permeabilità si può avere anche un’idea della velocità con cui si muove l’acqua nel sottosuolo: tale movimento è sempre veramente lentissimo, dell’ordine al massimo di alcuni metri al giorno. Nella nostra pianura i sedimenti di sottosuolo più porosi e permeabili sono le ghiaie (permeabilità 10-3 metri al secondo), a cui seguono le sabbie (permeabilità 10-4 m/s.) e per ultimi i limi e le argille con permeabilità fino a 10-10 m/s). Gli acquiferi presenti nel sottosuolo della pianura emiliano romagnola sono di due tipi. Il nord è caratterizzato dalle sabbie che il Po ha sedimentato lungo il suo percorso e nel suo apparato deltizio (le sabbie della pianura alluvionale e deltizia del Po), mentre a sud si trovano le ghiaie che i fiumi appenninici depositano ed hanno depositato appena usciti dalle valli, allo sbocco in pianura. Queste danno origine a dei grossi corpi ghiaiosi sovrapposti gli uni agli altri per alcune centinaia di metri di spessore (le ghiaie delle conoidi appenniniche). Gli acquiferi costituiti dalle ghiaie appenniniche si congiungono lateralmente a quelli formati dalle sabbie padane tra Piacenza e Parma, mentre a partire dal reggiano sino al mare vi è un ampio e spesso corpo di depositi della pianura alluvionale formati prevalentemente da limi ed argille che si interpongono tra essi mantenendoli fisicamente separati ed impedendone il contatto idraulico (acquitardi). Per quanto riguarda le acque superficiali l’Emilia Romagna è ricca di fiumi e torrenti che come le nervature del corpo uniscono i terreni. I fiumi si livellano e si riempiono: sono in grado di trasportare molte cose, dalle lisce particelle di roccia fino agli alberi morti per depositarli da altre 57 L’ITINHERARIO INVISIBILE parti. Grazie alla loro forza di trasporto e asportazione, i fiumi hanno dato forma al territorio prima dell’uomo: hanno scavato profonde valli nei monti e hanno cercato sempre nuove strade nelle pianure. Reticolo idrografico della regione Emilia Romagna (Elaborazione da banche dati della Regione Emilia-Romagna) Il fiume più lungo dell'Emilia-Romagna è il Reno, il quale risulta essere anche l’unico rilevante corso d'acqua che non sia un affluente del Po; ha le sue sorgenti nell'Appennino pistoiese (presso la località Le Piastre) e sfocia nell'Adriatico subito a sud delle Valli di Comacchio. A nord del Reno c’è il fiume Po, che segna il confine con la Lombardia eccetto che in corrispondenza della provincia di Mantova (Oltrepò Mantovano) e che riceve tutti i corsi d'acqua nord emiliani. I principali sono il Taro (125 km), che nasce dal monte Penna, nell'Appennino ligure, il Secchia (172 km) e il Panaro (148 km), che nascono entrambi nell'Appennino toscoemiliano. Tutti i corsi d’acqua della regione presentano una caratteristica: essendo alimentati solo dalle precipitazioni il loro regime è molto incostante, con piene primaverili e autunnali e magre estive. Per quanto riguarda la qualità delle acque attraverso l’uso di indicatori biologici, i cosiddetti “bioindicatori”, è possibile determinare quanto l’acqua dei fiumi sia danneggiata da sostanze organiche. In Europa vengono attualmente utilizzati per i controlli di routine delle acque più di 20 metodi biologici diversi, basati in parte su diversi gruppi di organismi. Il metodo utilizzato per la valutazione della qualità biologica delle acque correnti varia infatti a secondo del paese in cui ci si trova. Questa differenza è dovuta a motivi che vanno dalla collocazione della regione biogeografia in cui si trova la nazione considerata alla presenza di tradizioni metodologiche diverse. 58 L’ITINHERARIO INVISIBILE Stato Ecologico dei Corsi d’Acqua (Fonte: http://www.aquaer.it/aquaer/ciclo/406.htm) In Emilia Romagna ci sono all’incirca 4 milioni di abitanti, circa 390.000 imprese, 127.000 ditte artigiane ed innumerevoli aziende agricole: tutti hanno interesse a proteggere e preservare le acque sotterranee. Quindi oggi oltre il 90% della popolazione è collegato agli impianti pubblici di depurazione dei comuni e dei consorzi. Suddivisione dei consumi in base ai settori di attività e loro vari usi (Fonte dati: CD-Rom Tuttoambiente, Anima Mundi Editrice) La disomogenea disponibilità d’acqua sulla Terra comporta gravi problemi per quanto riguarda i prelievi. Da un studio dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) del 2003 si è visto che l’Italia è tra le prime nazioni per il prelievo dell’acqua: prima in Europa con 980 m3 d’acqua per abitante all’anno, davanti a Spagna (890 m3) e Francia (700 m3) e terza a livello mondiale, dopo USA e Canada. In Italia il rapporto tra acqua prelevata e disponibilità è pari al 32% e risulta essere uno dei più alti valori dell’Europa, mentre si ha uno dei più bassi indici di rendimento tra acqua consumata e beni prodotti (con 1 m3 di acqua in Italia si producono beni per un valore di 41 euro, contro i 96 della media europea). Il Nord Italia utilizza il 78% delle risorse disponibili registrando i maggiori prelievi in termini assoluti, mentre risulta essere più sostenibile l’utilizzo nelle regioni centrali, dove i prelievi sono pari a circa il 52% della disponibilità locale. Del tutto critica, invece, risulta essere la situazione nel Meridione, dove i prelievi sono pari al 96% delle disponibilità locali. 59 L’ITINHERARIO INVISIBILE In base all’area geografica, alle condizioni naturali, alla struttura demografica ed economica del paese cambia sensibilmente la suddivisione dei consumi idrici tra i diversi settori dell’economia; per esempio in Francia (64%), in Germania (64%) e nei Paesi Bassi (55%), la maggior parte dell’acqua prelevata viene destinata alla produzione di energia elettrica, mentre in Grecia (88%), Spagna (72%) e Portogallo (59%), l’acqua viene utilizzata principalmente per l’irrigazione. Nei paesi dell’Europa settentrionale, come Svezia e Finlandia, le quantità d’acqua destinate all’agricoltura sono modeste, mentre riveste maggior importanza la produzione di cellulosa e di carta, che richiede l’utilizzo di ingenti quantitativi di acqua: in questi paesi il principale beneficiario dei prelievi idrici è pertanto il settore industriale (rispettivamente il 66% e il 28% dei prelievi totali). In Italia attualmente si può stilare la seguente suddivisione per quanto riguarda i consumi d’acqua: • circa il 70% dell’acqua prelevata è impiegata in agricoltura, soprattutto nel Sud e nelle Isole, dato che le piante, come gli animali necessitano di un regolare apporto d’acqua. Inoltre si rende necessaria l’irrigazione dei terreni in quelle zone dove le piogge non sono sufficienti. Oltre che dispendiosa, l’agricoltura risulta essere anche particolarmente dannosa, per quanto riguarda i prodotti chimici che si spandono con eccessiva disinvoltura nelle coltivazioni: le piante non riescono ad assorbirli tutti, così la pioggia dilavando il terreno li trascina con sé nelle falde acquifere e successivamente nei fiumi, inquinando gravemente entrambi gli elementi; • il 20% dell’acqua prelevata viene utilizzata nell’industria, la quale presenta un continuo aumento della domanda, soprattutto nelle regioni del Nord Italia. In campo industriale l’acqua viene utilizzata per la lavorazione delle materie prime, la produzione di manufatti, la refrigerazione, per il lavaggio e come solvente. Senza acqua a basso costo l’industria entrerebbe in crisi. (Dopo essere stata opportunamente depurata e riciclata, il 90% dell’acqua dell’industria potrebbe essere recuperata e riutilizzata); • circa il 9% dell’acqua viene usata nelle forniture per uso potabile, quindi per gli usi civili/domestici. Tali consumi sono in continua ascesa. Nelle case l’acqua si utilizza, oltre che per bere, cucinare e pulire anche per altri usi come l’irrigazione dei giardini, il lavaggio dell’auto, il riempimento delle piscine. In questa categoria rientrano anche gli usi effettuati presso attività commerciali, turistiche, uffici e servizi pubblici, quali scuole, ospedali, mense, lavaggio fogna delle strade, servizio antincendio, ecc. L’OMS (l’Organizzazione Mondiale della Sanità) ha stabilito in 50 litri al giorno (15 m3 annui) pro60 L’ITINHERARIO INVISIBILE capite il fabbisogno essenziale di acqua per usi domestici. Gli italiani, con 278 litri di acqua al giorno, sono ben al di sopra di tale soglia ed anzi sono in testa anche rispetto alle altre nazioni europee; • il restante per fini energetici (soprattutto al Nord): utilizzato per soddisfare le esigenze energetiche dei primi mulini ad acqua, tale impiego è andato evolvendosi fino a diventare indispensabile per la produzione di energia attraverso le centrali idroelettriche e mareomotrici. INDUSTRIA 20,5 % AGRICOLTURA 70% USI CIVILI 9,5% Percentuali di utilizzo dell’acqua dolce (Fonte: http://www.edilio.it/news/edilionews.asp?tab=Notizie&cod=6807) Si riportano di seguito due tabelle riassuntive dei presunti consumi d’acqua da acquedotto procapite di una città media. Ovviamente i valori possono variare a seconda del contesto socioeconomico in cui la città considerata è inserita. consumi per attività quotidiane preparazione alimenti 10 l/persona lavaggio biancheria a mano 40/80 l/kg di biancheria lavatrice 20/40 l/kg di biancheria lavaggio piatti 5l pulizie domestiche 10 l doccia (3 minuti) 50 l bagno in vasca 100/300 l sciacquone 10/20 l/cascata lavaggio automobile 200/300 l/auto condizionamento casa di 8 piani 3.000.000 l/giorno 61 L’ITINHERARIO INVISIBILE consumi pubblici fontanelle a getto continuo 15.000 l/giorno latrine a getto continuo 5.000 l/giorno innaffiamento strade 2 l/mq lavaggio fognature 20 l/m per giorno (Fonte dati tabelle: CD-Rom Tuttoambiente, Anima Mundi Editrice) Per quanto riguarda la regione Emilia Romagna i consumi nel complesso delle utenze sono stimati essere poco più di 1.400 Mm3/anno (milioni di m3/anno), con una notevole prevalenza delle necessità collegate agli usi agricoli (58% del totale) rispetto a quelli civili (26%) e dell’industria (16%); sono invece pressoché trascurabili, rispetto agli altri settori, gli impieghi connessi alla zootecnia (20 Mm3/anno). Ogni abitante dell’Emilia-Romagna consuma ogni giorno in media 160 - 170 litri d’acqua; molta dell’acqua utilizzata serve per lo sciacquo del WC (33%) e per l’igiene personale (20-32%) e solo una modesta percentuale (3-5%) è utilizzata a scopo idropotabile. Per far fronte a queste necessità vengono complessivamente prelevati oltre 2.100 Mm3/anno di acque delle quali il 68% di origine superficiale (1.450 Mm3/anno, di cui circa 980 Mm3/anno prelevate dal fiume Po) ed il restante 32% viene emunto dalle falde. CONSUMI ALL'UTENZA PROVINCIA Civile 1 PRELIEVI Totale al lordo Agrozootecnico Industriale 1 Totale delle perdite di distribuzione Falda 2 Acque superficiali 3 Totale 1 Piacenza 26 101 14 141 177 96 81 177 Parma 42 68 50 160 210 131 79 210 Reggio Emilia 40 119 22 181 304 114 198 312 Modena 55 76 33 164 245 114 130 243 Bologna 83 72 30 184 280 100 180 279 Ferrara 29 287 21 337 589 12 577 588 Ravenna 33 70 46 149 189 47 118 164 Forlì-Cesena 28 29 12 70 83 33 84 117 Rimini 30 6 4 40 48 30 5 35 62 L’ITINHERARIO INVISIBILE Totale Regione 4 in % 365 829 232 1.426 2.125 676 1.450 2.123 26% 58% 16% 100% - 32% 68% 100% (1) Valori complessivi forniti alle utenze, comprensivi degli approvvigionamenti autonomi e dei quantitativi in 3 effetti utilizzati da utenze produttive (tali quantitativi stimati in 46 Mm /anno non sono compresi nella colonna relativa agli usi industriali) (2) Per le diverse province i totali possono non coincidere con i prelievi, in relazione a flussi idrici interprovinciali; con riferimento ai totali regionali i valori sono quasi sovrapponibili in quanto i flussi in entrata e in uscita sono pressoché equivalenti (e comunque molto modesti) (3) I prelievi di acque superficiali per gli usi irrigui sono attribuiti agli areali provinciali di consumo degli stessi, anche se le opere di derivazione sono esterne 4) Considerando volumi erogati dall'acquedottistica civile ad utenze produttive la percentuale di incidenza del civile scenderebbe al 22% e quella industriale salirebbe al 19% (Fonte dati tabella: http://www.aquaer.it/aquaer/ciclo/403.htm) Per quanto riguarda gli usi civili, risultano essere preminenti gli approvvigionamenti idropotabili di falda, rispetto a quelli di superficie, costituendo quasi il 60% dei prelievi complessivi, ma con notevole diversificazione a livello provinciale: per Piacenza, Parma, Reggio Emilia e Modena l’incidenza degli approvvigionamenti con acque di falda è dell’80-90%, per Rimini del 73%, per Bologna del 53%, mentre per Forlì-Cesena e Ravenna tale percentuale è dell’ordine del 25%, infine Ferrara si approvvigiona esclusivamente con acque superficiali. Consumi idrici e prelievi in Emilia Romagna (Fonte: Arpa Emilia Romagna 2003) Anche per gli usi irrigui, l’entità e le fonti si diversificano notevolmente sul territorio regionale: ci sono consistenti prelievi irrigui da falda per Piacenza, Parma e Reggio Emilia, in relazione ad ampi areali non approvvigionabili dal fiume Po, mentre per le altre province i prelievi di acque di falda risultano meno consistenti, anche in relazione alla maggiore disponibilità di acque superficiali. Nella seguente tabella si riportano alcuni esempi di consumi idrici medi per produrre: 63 L’ITINHERARIO INVISIBILE 1 POLLO 1500 litri d’acqua 1 KG DI PANE 3022 litri d’acqua 1 HAMBURGER 4900 litri d’acqua 1 KG DI GRANELLA 454 litri d’acqua 1 UOVO 628-645 litri d’acqua 1 KG DI CARNE BOVINA 35.555 litri d’acqua 1 AUTOMOBILE 245.000 litri d’acqua 1 TONNELLATA DI CARTA 145.000 litri d’acqua 1 TONNELLATA DI FIBRE SINTETICHE 600.000 litri d’acqua 1 TONNELLATA DI ACCIAIO 150.000 litri d’acqua (Fonti dati: Greencross, Anima Mundi Editrice) Conseguenze dell’uso insostenibile delle acque L’acqua è una risorsa molto sensibile all'impatto che deriva dall'uso del territorio. Sul ciclo dell’acqua l’essere umano ha esercitato un effetto modificatore di notevole importanza: infatti l'uomo ne fa un uso indiscriminato compromettendone la qualità (contaminando di conseguenza anche i corpi idrici superficiali e sotterranei) e limitandone la disponibilità per sé e per gli altri esseri viventi. Per esempio le falde freatiche, che sono un tipo di falda acquifera (semplice acqua che circola nel sottosuolo e che grazie alle precipitazioni da origine a depositi di acque sotterranee che scorrono su un sottosuolo in quantità e con modalità che dipendono da fattori climatici, biologici e dalla permeabilità ed inclinazione del terreno), vengono sfruttate senza alcun tipo di risparmio provocando, soprattutto nei paesi più aridi, gravi conseguenze quali l’abbassamento del suolo (fenomeno della subsidenza), la modificazione delle specie vegetali di superficie, che grazie alle loro lunghe radici utilizzano le acque presenti in profondità, se non addirittura la morte. Un altro importante problema è legato alla distruzione della vegetazione spontanea per poter ottenere campi da coltivare o pascoli. In conseguenza a ciò i suoli diventano molto più facilmente erodibili, dato che non sono più protetti dall’azione dilavante delle acqua superficiali. Tutto ciò provoca alluvioni, interramenti degli alvei dei fiumi e modificazioni drastiche dei rilievi e della idrologia. 64 L’ITINHERARIO INVISIBILE Dopo averla utilizzata, l’uomo restituisce all’ambiente l’acqua carica dei suoi rifiuti che determinano fenomeni di inquinamento il più delle volte irreversibili. Inoltre esistono anche altre modificazioni che non traggono origine da un intervento diretto sulla risorsa acqua, ma che dipendono dalle trasformazioni subite dal territorio e dall'ambiente naturale a causa degli insediamenti urbani e produttivi; così, con l’inquinamento dell’atmosfera, l’essere umano ha distribuito veleni che ricadono con le piogge acide e che danneggiano fiumi, laghi e paludi e di conseguenza tutta la vita racchiusa in questi ecosistemi. Subsidenza: emergenza del territorio romagnolo e problema di carattere nazionale La Romagna presenta una vasta porzione di territorio pianeggiante (corrispondente più o meno con la parte posta a Nord della Via Emilia) che assomma alcune caratteristiche peculiari: una pendenza media vicino allo 1°/°°, ma molto inferiore nei 6-7 Km più prossimi alla costa; una stratigrafia caratterizzata nella prima parte (dai 150 m della Via Emilia ai 400 m della costa) da terreni geologicamente giovani e di origine sedimentaria; un sistema idrogeologico sotterraneo schematizzabile in due grandi acquiferi (dai 50 ai 150 m e sotto i 180 m) pressurizzati; un sistema produttivo (agricoltura, industria, artigianato) e sociale (acquedottistica) estremamente idroesigente. In questo particolare contesto, la situazione di approvvigionamento idrico si basa in molti casi sull’estrazione di acqua dal sottosuolo tramite pozzi localizzati in corrispondenza degli acquiferi pressurizzati. Dalla Via Emilia al mare sono stati censiti più di 8.000 pozzi artesiani ad uso extradomestico e circa 30.000 ad uso domestico. Appare quindi molto evidente la grande quantità di acqua che ogni giorno viene prelevata a vario titolo dal sottosuolo e che supera di gran lunga la capacità degli acquiferi profondi di ricaricarsi, con conseguente grave depressurizzazione degli stessi. L’abbattimento della piezometria provoca nei sedimenti sede di acquifero una compattazione che si trasmette in superficie traducendosi nel fenomeno della subsidenza. In sintesi il fenomeno fisico è il seguente: un abbassamento della superficie piezometrica (livello della falda) si traduce in una diminuzione della pressione idrostatica negli interstizi degli ammassi granulari. Ne consegue un aumento della pressione effettiva sui grani da cui dipende il processo di consolidamento. 65 L’ITINHERARIO INVISIBILE La subsidenza ha in alcuni casi origini naturali (nel senso di cause non dovute ad azioni umane) ed in altre antropiche. Fra le cause naturali sono presenti la compattazione dei sedimenti geologicamente più recenti, il collasso di cavità sotterranee, gli assestamenti per eventi sismici. Fra gli interventi dell'uomo quello più significativo è l'estrazione di fluidi dal sottosuolo. Il fenomeno è praticamente irreversibile e si manifesta più evidentemente dove si hanno i maggiori abbassamenti piezometrici ed i maggiori strati di sedimenti compressibili. Fra gli effetti negativi ci sono: la modifica dell'equilibrio sedimentologico dei corsi d'acqua di pianura fino ad alterare la linea di costa, la variazione della pendenza delle reti idrauliche artificiali (fognature, bonifiche), la riduzione dei fianchi arginali con conseguenti pericoli di inondazioni e danni agli edifici. Proprio in alcune aree dell’Emilia Romagna, l'estrazione di fluidi dal sottosuolo ha dato luogo a consistenti fenomeni di subsidenza che sono, in diversa misura, ancora in atto. Le principali aree interessate sono: • quella ravennate, nella quale il fenomeno è dovuto sia all'utilizzo di acque sotterranee sia all'estrazione storica di idrocarburi (acque metanigene); • quella bolognese, nella quale il fenomeno è connesso prevalentemente all'estrazione di acqua per usi civili, industriali, irrigui e zootecnici. In queste zone, negli ultimi 40-50 anni è aumentato molto il rischio di esondazione, che viene aggravato ulteriormente da alcuni fattori come: • la mancanza di risorse per interventi strutturali sulle arginature; • la mancanza di sorveglianza continua; • la difficoltà a mantenere gli alvei sgombri da vegetazione ad alto fusto; • l’aumento incontrollato di specie animali che scavano tane nei rilevati arginali; E’ da considerare anche la rete di bonifica pensata e costruita all’inizio del XX secolo ed in alcuni casi anche nei secoli precedenti. La stessa rete deve sostenere fenomeni meteorologici i cui effetti sono amplificati dall’elevata urbanizzazione e dall’abbassamento del suolo che ha reso molto più difficile lo scolo delle acque e diminuito implicitamente l’efficienza idraulica degli impianti di sollevamento. In particolare i canali che hanno uno scolo naturale, quelli si impattano col fenomeno delle maree, mostrano una crescente difficoltà a reggere l’impatto idraulico e vanno in crisi con eventi meteorici sempre meno intensi e quindi più frequenti come accadimento. 66 L’ITINHERARIO INVISIBILE La subsidenza quindi è il primo nemico da combattere e la battaglia deve essere orientata nella direzione delle cause del fenomeno e non nel cercare di tamponare gli effetti del fenomeno. Se la subsidenza non sarà bloccata all’origine, fornendo una fonte alternativa di superficie al prelievo profondo di acqua, le risorse sufficienti a tamponare i danni che verranno prodotti dall’abbassamento del suolo non saranno disponibili. Gli sprechi e la carenza All’inizio del secolo poter avere l’acqua in casa era un privilegio per poche persone; l’approvvigionamento era difficoltoso e richiedeva energia e tempo. Per molti non è lontano il ricordo delle donne che portavano sulla testa le conche di rame, usate per attingere l’acqua; la biancheria veniva lavata, in qualsiasi stagione dell’anno, con l’acqua fredda del fiume e poi veniva stesa ad asciugare sulle pietre dell’alveo. Oggi la rete idrica raggiunge anche gli insediamenti più piccoli e lontani. Purtroppo il concetto secondo il quale l’acqua è una risorsa gratuita, fornita dalla natura in abbondanza e priva di valore economico, è duro a morire, mentre stenta a decollare quello più razionale ed attuale dell’oro blu. Inoltre la “Relazione sullo stato dell’Ambiente 2001”, a cura del Ministero dell’Ambiente, quantifica all’incirca nel 30% la quantità d’acqua che viene persa tra il prelievo e l’effettiva erogazione. Questo dato è più o meno omogeneo in tutto il territorio nazionale (si passa dal 23% del Nord al 30% del Sud e delle Isole) e porta l’Italia ai primi posti della classifica degli “spreconi” d’acqua tra i Paesi europei. Nella maggior parte dei casi, la causa di questi sprechi viene imputata agli acquedotti italiani che oramai sono vecchi di una trentina d’anni. Secondo Legambiente andrebbero ristrutturati circa 50 mila chilometri di rete idrica, ormai fatiscenti e inefficienti, per migliorare il sistema di adduzione e distribuzione, gli impianti di depurazione e le reti fognarie (le cui carenze contribuiscono all’inquinamento delle acque superficiali e sotterranee), la formazione del personale addetto. Lo studio dell'associazione ambientalista denuncia uno stato dell'arte non più giustificabile in un'epoca in cui la siccità, la desertificazione e la carenza d'acqua sono diventate parole comuni di tutti i giorni. Se i dati di Legambiente risultassero esatti, la rete idrica italiana perderebbe ogni minuto circa 6 milioni di litri equivalenti a due piscine olimpioniche in un momento storico in cui gran parte della popolazione mondiale vive con meno di un litro d’acqua procapite. 67 L’ITINHERARIO INVISIBILE E’ evidente che il risparmio della risorsa acqua deve avvenire proprio a partire dal risanamento e dal graduale ripristino delle reti esistenti che evidenziano delle perdite rilevanti. A causa dell’inadeguatezza del sistema idrico e della disomogeneità della disponibilità delle risorse, pur avendo una grossa disponibilità di acque immesse in rete, per molte zone della penisola l’acqua potabile rimane un bene raro, che spesso viene centellinato a giorni o addirittura ad ore. Questo problema riguarda soprattutto l’Italia meridionale ed insulare. Nel 2000, il 24,3% delle famiglie del meridione ed il 37,1% di quelle insulari hanno lamentato significative interruzioni nella fornitura d’acqua, contro una media nazionale del 15% (dati ISTAT). Le regioni più colpite sono la Sicilia (33,7%), la Sardegna (47,3%) e la Calabria (47,9%), dove si manifestano scenari da emergenza di protezione civile (in Sicilia, nel 2001, è stato nominato un Commissario Straordinario dell’emergenza idrica). Forti carenze si verificano anche in regioni piccole e ricche di risorse, quali il Molise (18,1%) e la Basilicata (28%): il problema è dato, oltre che dall’alta percentuale di perdite, anche dalla cessione delle acque locali ad altre regioni (soprattutto Puglia) su cui è sorto un acceso contenzioso politico-economico. Il risparmio idrico L'acqua potabile è un bene fondamentale per la vita ma è anche scarsa in molte parti del mondo. Non c’è alcun dubbio che molti degli sprechi d’acqua sono dovuti anche a modelli comportamentali acquisiti con l’avvento della società dei consumi. Al giorno d’oggi il risparmio idrico è un dovere di tutti i soggetti viventi: la maggior parte dell'acqua viene consumata nel settore industriale e nel settore agricolo, ma si può arrivare a delle percentuali considerevoli di risparmio negli usi civili, se ognuno di noi nella vita quotidiana adotta buone “pratiche di uso responsabile”. A tal fine, si propongono una serie di consigli di e accorgimenti da mettere in atto nelle nostre abitazioni. Per ottimizzare il risparmio nell’impianto idraulico: • utilizzare i miscelatori d'aria nei rubinetti e nelle docce riducendo così il consumo d'acqua senza modificare le proprie abitudini. Si tratta di semplici apparecchi acquistabili per pochi euro nei negozi di idrosanitari o nelle ferramenta; il loro funzionamento si basa sul miscelare l’acqua con l’aria e, con poca spesa, permettono di risparmiare fino a 6.000 litri 68 L’ITINHERARIO INVISIBILE all’anno. Chi usa il getto d'acqua non percepisce alcuna differenza ma il consumo complessivo d'acqua è inferiore. • installare nel water un sistema con tasto stop (se non si preme a fondo si consuma di meno) o uno scarico a due portate (3/6 litri o 4/9 litri per esempio) e comunque non eccedere nell’uso dello scarico, responsabile del 30% del consumo domestico (ogni volta che si preme il pulsante del WC vengono scaricati 10-12 litri di acqua, spesso solo per un pezzettino di carta igienica). • operare sempre una corretta manutenzione e far riparare eventuali perdite dell’impianto (un rubinetto che perde comporta una spreco d’acqua fino a 5000 litri d’acqua all’anno, una tubatura anche fino a 1000 litri d’acqua al giorno); • isolare le condutture dell’acqua calda per diminuire il tempo necessario per ottenere la temperatura necessaria; • quando devono essere sostituiti, acquistare elettrodomestici più efficienti. Per ottimizzare il risparmio con le nostre azioni: • fare attenzione nel consumo dell'acqua durante l'igiene personale: • preferire la doccia al bagno: oltre che più veloce, la doccia fa consumare dai 30 ai 50 litri, contro 150-180 litri di un bagno; • lavarsi i denti in modo ecologico: un gesto quotidiano come lavarsi i denti può comportare enormi sprechi d'acqua nel lungo periodo a causa della pessima e inutile abitudine di lasciare sempre il getto dell'acqua completamente aperto. • la rasatura ecologica: consiste nell’evitare di lasciare il rubinetto aperto per pulire il rasoio e mentre ci si rade. Si consiglia di chiudere il tappo del lavabo e di riempirlo d'acqua fino alla metà per utilizzarla nel risciacquo del rasoio di volta in volta. • per lavarsi le mani è inutile tenere sempre aperto il getto d'acqua. Per una buona pulizia è soprattutto necessaria una buona perizia nell'insaponarsi le mani. Aprite il rubinetto una prima volta per bagnare le mani e il sapone, poi richiudetelo. Dopo aver insaponato le mani, per 1-2 minuti, riaprite il getto d'acqua solo per risciacquarle. • chiudere il rubinetto mentre ci si insapona: si può risparmiare acqua anche chiudendo il rubinetto mentre ci si massaggia la cute durante lo shampoo e 69 L’ITINHERARIO INVISIBILE durante il tempo che serve per il balsamo (uno o due minuti). Sono parecchi litri d'acqua se si pensa alla pressione del rubinetto della vasca, e non cambia assolutamente nulla. • utilizzare lavatrici e lavastoviglie solo a pieno carico e inserire i programmi economizzatori dove possibile; per ogni ciclo completo di lavaggio si consumano dagli 80 ai 170 litri d’acqua; ♦ evitare di usare l’acqua potabile per lavare l’automobile e comunque non farla scorrere a getto continuo ma raccoglierla in un secchio. ♦ praticare forme di riutilizzo dell'acqua in casa: ♦ riciclare l’acqua di cottura della pasta per lavare le stoviglie: essendo ricca di amidi, ha un forte potere sgrassante e fa risparmiare detersivo; ♦ innaffiare le piante al mattino o, meglio, al tramonto, usando acqua di pozzo o piovana, dove possibile; nel giardino preferire i sistemi di irrigazione programmabili a micropioggia facendoli funzionare la notte quando i consumi sono più bassi; ♦ riciclare per le piante l’acqua usata per il lavaggio delle verdure; ♦ esistono poi sistemi per il recupero delle acque piovane (una volta raccolte e purificate si possono utilizzare per il funzionamento di lavatrici e lavastoviglie) o il riutilizzo di quelle già usate (per alimentare gli sciacquoni) ♦ sistemi di preriscaldamento e strumenti di monitoraggio per segnalare l’eccessivo consumo di acqua pulita. BUCATO 12% BAGNO DOCCIA 39% ALTRI USI 6% LAVAGGIO AUTO/ GIARDINAGGIO 6% USI IN CUCINA 6% LAVAGGIO STOVIGLIE 10% ALTRI USI SANITARI 20% USO POTABILE 1% L’utilizzo dell’acqua in casa (Fonte: http://www.edilio.it/news/edilionews.asp?tab=Notizie&cod=6807) 70 L’ITINHERARIO INVISIBILE Misure di risparmio idrico nel settore industriale: Anche nel settore produttivo industriale può essere perseguito il risparmio idrico, se le aziende adottano soluzioni tecnologiche di risparmio, riuso e riciclo, con l’utilizzo di acque meno pregiate per usi compatibili. L’utilizzo di questa tipologia di acque, per forme di utilizzo compatibili con l’attività produttiva, è connesso alla realizzazione di reti di distribuzione di acque meno pregiate, in particolare di acque reflue depurate, e al recupero di acque di pioggia. I fattori che andrebbero considerati in un programma di riuso industriale dell’acqua includono: • identificazione delle opportunità di riuso dell’acqua; • determinazione dei livelli minimi di qualità per gli usi previsti; • identificazione delle fonti di acque reflue che potrebbero soddisfare i livelli di qualità determinati; • individuazione delle modalità di trasporto. Un altro valido strumento per la conservazione della risorsa, è l’adozione, da parte delle imprese, di politiche volontarie aziendali, consistenti in iniziative di contenimento e sostenibilità degli impatti ambientali quali EMAS, ECOLABEL, ISO 14000. Misure di risparmio idrico nel settore agricolo: L’agricoltura è il settore che effettua i maggiori prelievi d’acqua. Per il settore irriguo viene considerata l’applicazione del deflusso minimo vitale in alveo (DVM) che rappresenta un vero e proprio vincolo normativo; ciò comporta una riduzione della disponibilità di acque dai corsi d’acqua con ripercussioni sugli emungimenti dalle falde. Relativamente all’irrigazione, generalmente si distinguono tre categorie di pratiche di risparmio idrico: pratiche al campo; strategie di gestione e modifiche di sistema. Le “pratiche di campo” sono tecniche che mantengono l’acqua nel suolo, distribuiscono l’acqua più efficientemente su tutto il terreno o incoraggiano la ritenzione dell’umidità nel suolo. Esempi di queste pratiche includono l’incisione dei suoli estremamente compatti o la lavorazione più approfondita degli stessi, piccoli argini ai bordi per prevenire lo scorrimento, l’impiego massiccio di pacciamatura. Normalmente queste pratiche sono poco costose. Le “strategie gestionali” comportano il monitoraggio delle condizioni dell’acqua e del suolo e la raccolta di informazioni sull’uso dell’acqua e sull’efficienza l’informazione aiuta nel prendere decisioni sulla programmazione o sul miglioramento dell’efficienza del sistema d’irrigazione. I 71 L’ITINHERARIO INVISIBILE metodi includono la misurazione dell’acqua di pioggia, la determinazione dell’umidità del suolo, il controllo dell’efficienza delle pompe, e la programmazione dell’irrigazione. La “modificazione dei sistemi d’irrigazione” significa il miglioramento dei sistemi esistenti o il loro cambiamento generale con nuovi sistemi ad alta efficienza o sull’utilizzo di fonti alternative come il riuso delle acque reflue. Generalmente un cambiamento totale è più costoso delle modalità precedenti. Le tecniche irrigue attualmente utilizzate (aspersione a pioggia; sommersione; scorrimento superficiale e infiltrazione laterale; goccia, microirrigazione e altro) vanno selezionate in funzione del maggior risparmio in rapporto alle esigenze colturali. Le azioni potenzialmente efficaci possono essere riassunte in: • la realizzazione di invasi per l’immagazzinamento dell’acqua, con la costruzione di dighe, laghetti collinari, invasi aziendali, capaci di accumulare l’acqua nei periodi in cui è largamente disponibile e per consentirne l’impiego in quelli aridi; • le tecniche di risparmio idrico e di incremento dell’efficienza come le tecniche di aridocoltura, la scelta di sistemi irrigui efficienti ecc.; • il riuso delle acque già usate, che altrimenti andrebbero perse ai fini irrigui, come quelle scaricate dai depuratori civili, dalle attività agroindustriali o di drenaggio dai terreni a seguito di importanti eventi meteorici; • l’utilizzo dei bilanci idrici, in grado di dare informazioni agli utilizzatori finali su quando e quanto irrigare e con quale modalità. Progetti di risparmio idrico attuati e/o in fase di attuazione nella Regione Emilia Romagna Il 21 dicembre 2005 la Regione Emilia Romagna ha approvato il Piano di Tutela delle Acque, conformemente a quanto disposto dalla normativa nazionale ed europea, che costituisce il principale strumento di pianificazione per affrontare le complesse problematiche di tutela e gestione delle acque. L’approccio integrato presentato dal Piano risulta essere molto innovativo, in quanto associa e concilia gli aspetti qualitativi (inquinamento) e quelli quantitativi, secondo una strategia che intende affiancare alle tradizionali politiche infrastrutturali (acquedotti, invasi, canali artificiali, etc.), nuove e moderne politiche di risparmio e conservazione dell'acqua.. Facendo riferimento ai più rilevanti documenti di indirizzo europeo e alle principali esperienze d'oltre oceano (U.S.A. ed Australia), il programma si avvale di strumenti normativi, economici e di azione volti a ridurre i consumi di acqua in ambito agricolo, industriale e civile. Le principali azioni 72 L’ITINHERARIO INVISIBILE previste sono: la riduzione delle perdite dagli acquedotti, il riuso delle acque reflue, la dismissione di tecniche irrigue a bassa efficienza, gli incentivi al settore privato ("Clean Technologies"), i progetti pilota (ad esempio "Bagnacavallo") e gli studi e le ricerche dedicati al risparmio dell'acqua, l'educazione e l'informazione per un consumo più attento e rispettoso. Proprio su quest'ultimo aspetto, la Regione ha promosso diverse campagne di sensibilizzazione, per favorire il risparmio dell'acqua nelle case dei cittadini emiliano-romagnoli. Anche a causa dei periodi di siccità che hanno interessato tutto il territorio nazionale (Emilia Romagna inclusa) ora si pone sempre di più l'attenzione su come l'acqua viene impiegata in tutti i settori, incluse le quotidiane e ben radicate abitudini domestiche. L'utilizzo dell'acqua tra le mura di casa interessa proprio la forma più preziosa e nobile di questa risorsa, quella potabile, ed il suo consumo influisce in modo significativo anche su quello energetico (si pensi all'acqua calda!): quindi ridurre lo spreco di acqua vuole dire abbassare i costi economici e ambientali legati non solo all'acqua in sé, ma anche all'energia e alle emissioni ad essa collegata. Il ruolo del cittadino diventa fondamentale e determinante per consumare meno acqua, e soprattutto per consumarla meglio: l'adozione di piccole tecnologie idrosanitarie, come i frangigetto, i riduttori di flusso e la cassetta del WC a doppio tasto, rappresenta un’azione importante ed insostituibile, ma senza l'attiva collaborazione delle persone non è sufficiente per raggiungere questo obiettivo e mantenerne gli effetti a lungo termine. Infatti i primi nemici da sconfiggere, per potere restituire a questa risorsa il proprio valore e pregio, sono lo spreco e le "cattive" abitudini d'uso ed il cittadino e la famiglia sono i protagonisti indiscussi di questa battaglia a favore della nostra preziosa acqua. Progetto pilota di conservazione e risparmio idrico nel Comune di Bagnacavallo Il progetto è sviluppato da regione Emilia Romagna, Legambiente, Hera Ravenna Srl, Provincia di Ravenna, Comune di Bagnacavallo, Università degli Studi di Parma, Associazione Confservizi. Con questo progetto pilota sono stati installati i dispositivi Rompigetto Aerati nei rubinetti di 1.814 famiglie e per oltre un anno Hera ha raccolto i dati dei consumi confrontati con quelli di un Comune limitrofo, per destagionalizzare i dati. La successiva elaborazione effettuata dall’Università ha permesso di valutare fino al 50% il risparmio di acqua per singolo rubinetto, corrispondente a quasi il 10% di risparmio complessivo a livello di alloggio, tenuto conto che la maggioranza dei consumi è dovuto agli apparecchi domestici come la lavatrice e per usi di pulizia della casa e giardinaggio. Progetto “bagnino ecologico” 73 L’ITINHERARIO INVISIBILE Il progetto è stato avviato dalla Provincia di Rimini nel 2003 per far fronte ai problemi ambientali di uno stabilimento balneare: notevole consumo idrico per l'uso continuo di docce, sciacquoni, irrigazione del verde e lavaggio delle parti comuni; consumo energetico, relativo all'illuminazione notturna dello stabilimento, alla presenza di pompe, impianti irrigui, riscaldamento dell'acqua, ecc; produzione di rifiuti, la maggior parte dei quali recuperabili (carta, plastica, vetro, ecc). E’ stato quindi studiato insieme ai bagnini un progetto sulla gestione eco-compatibile di uno stabilimento balneare, secondo i principi dello sviluppo sostenibile. Importante il supporto della scuola superiore IPSIA L.B. Alberti di Rimini che ha progettato l'impianto di risparmio idrico per riutilizzare le acque delle docce. Gli obiettivi risultano pertanto essere: ridurre i consumi energetici attraverso l'utilizzo di energia rinnovabile come pannelli fotovoltaici e solari termici; contenere i consumi idrici attraverso il riutilizzo delle acque delle docce; aumentare la sensibilità ambientale dei turisti e degli operatori attraverso un loro coinvolgimento diretto nella conoscenza sulla qualità delle acque di balneazione, nella raccolta differenziata e nella mobilità sostenibile. Presso il Bagno Giulia 85 di Riccione, nell'estate 2003, si è realizzato: • un impianto fotovoltaico e solare termico per il risparmio energetico; • un sistema di riutilizzo delle acque e l'introduzione generalizzata dei riduttori di flusso per le docce finalizzati al risparmio idrico; • contenitori per la raccolta differenziata dei rifiuti (carta, plastica, pile, vetro); • una stazione informativa "info-point" realizzata con ARPA-Sezione di Rimini, con i dati aggiornati periodicamente sulla qualità delle acque di balneazione, i livelli di radiazione UV e le previsioni meteo; Sia sul piano ambientale che su quello economico il progetto ha dimostrato la sua convenienza, tanto che, da allora, gli stabilimenti balneari che hanno attuato strategie di sostenibilità ambientale sono diventati piuttosto numerosi. Anche la Provincia di Forlì-Cesena nel gennaio 2005 ha finanziato lo studio e la progettazione di stabilimenti balneari ecologici nei Comuni di San Mauro Pascoli e Cesenatico. SOLARDRIP: risparmiare acqua ed energia in agricoltura SOLARDRIP è il progetto attuato dal Consorzio di bonifica per il Canale Emiliano Romagnolo e cofinanziato dalla Regione Emilia Romagna, che utilizza pannelli solari per l’alimentazione di impianti di irrigazione a goccia. 74 L’ITINHERARIO INVISIBILE Il sistema irriguo fotovoltaico a goccia è pensato per poter abbinare il risparmio energetico conseguibile con l’impiego di energia rinnovabile fotovoltaica con il risparmio idrico determinato da un razionale impiego dell’irrigazione a goccia. Ciò rappresenta un importante passo verso la sostenibilità, grazie all’impiego di fonti energetiche rinnovabili e di metodi di irrigazione e di gestione dell’acqua di massima efficienza. Infatti, i danni provocati dall’uso non oculato delle risorse naturali destano sempre più forti preoccupazioni, sia d’ordine ambientale sia sotto il profilo economico e sociale. I cambiamenti climatici provocati dall’effetto serra, causato dalle eccessive emissioni di CO2 nell’atmosfera, stanno provocando un sensibile incremento della temperatura dell’aria e cambiamenti climatici, con accentuazione di lunghi periodo di assenza di piogge ed altri con precipitazioni d’intensità spesso disastrosa. Parallelamente, un’altra concreta emergenza ambientale, specie per i suoi negativi effetti sulla subsidenza del territorio e sull’ingressione salina nelle falde costiere, è rappresentata dal sempre maggior impiego di risorse idriche negli usi civili, industriali ed ancor più in quelli agricoli (che utilizzano il 60% della risorsa idrica complessiva prelevata dall’ambiente), accompagnato dall’inquinamento dell’acqua che ne mina sempre più gravemente l’impiego. In questo contesto, l’impiego dell’energia solare fotovoltaica nell’irrigazione a goccia può consentire buoni risultati, senza trascurare il fatto che si possa utilizzare il medesimo impianto per la produzione di energia elettrica per l’azienda agricola oppure per la vendita alle aziende produttrici di energia. In sintesi, il sistema SOLARDRIP, adeguatamente dimensionato, può permettere di dare poca acqua alle colture nei periodi dell’anno con giornate corte (o nelle giornate estive ma con copertura nuvolosa), e viceversa più acqua in quelle lunghe e molto soleggiate, nelle quali la domanda evapotraspirativa, e quindi l’esigenza idrica della pianta, è alta. Il primo impianto dimostrativo è stato realizzato presso l’Azienda Sperimentale Martorano 5 di Cesena su un pescheto di 6 filari; il sistema è stato montato anche presso l´Istituto Professionale di Stato per l´Agricoltura di Ferrara. 75 L’ITINHERARIO INVISIBILE Riferimenti bibliografici R. Rotella. In: “L’ABC dell’acqua. Quaderno di educazione ambientale sull’acqua e sugli ecosistemi fluviali”. 1999. WWF Teramo. Pp 18-19, 21-26. Romagna Acque. “ La subsidenza: emergenza del territorio romagnolo, problema di carattere nazionale”. In “Acqua in Romagna. Una risorsa strategica per l’uomo e l’ambiente”. 1996. Pp 21-23. Anima Mundi. “Vivalacqua”. In “Tocca a te! Dispensa informativa”. 2004-2005. Pp 1-5. G. Nebbia. In: “Sete”. 1991. Ed. Editori Riuniti. Pp 19-38. A. Cerreoni. “Acqua, l’oro blu del XXI secolo”. L. Rossi, N. Zanini. In: “L’acqua e l’uomo”. Dispense di educazione ambientale. Pp: 9-16; 22. Riferimenti Web http://www.greencrossitalia.it/ita/acqua/risorse_acqua/acqua_003.htm http://www.aqp.it/portal/page?_pageid=33,188847&_dad=portal&_schema=PORTAL • http://labter.engitel.com/proget/htm/acqua/cura.htm http://www.parcotaro.it/acquacorrente/ita/01-05-03-00.asp http://www.aquaer.it/aquaer/ciclo/400.htm http://www.altraofficina.it/accadueo/schede/framescheda1.htm http://www.adiconsum.it/girasole/salvaguardia%20ambiente-ricchezza%20acqua.htm http://it.wikipedia.org/wiki/Distribuzione_delle_risorse_idriche http://www.aquaer.it/aquaer/ciclo/403.htm http://www.progettogea.com/gea/ambiente/acque-dolci.htm http://www.ecoage.it/siccita-in-italia-ma-il-42-dell-acqua-va-perduta.htm http://www.ecoage.it/risparmiare-acqua.htm http://193.43.192.58/wcm/geologia/canali/acque/divulgazione/acque_sotterr_pianura.htm http://www.aquaer.it/aquaer/ciclo/406.htm CD-Rom Tuttoambiente. Anima Mundi Editrice http://www.gruppohera.it/gruppo/attivita_business/business_energia/efficienza_energetic a/mondo_hera_efe/pagina4.html?evidenzia=bagnacavallo 76 L’ITINHERARIO INVISIBILE Capitolo 4 – Un viaggio… invisibile Il comune atto di aprire un rubinetto e vedere scorrere l'acqua non deve mai fare dimenticare il lavoro e le competenze tecniche che sono dietro il sistema di distribuzione di questo liquido. Per avere un'idea, basta pensare che si stima che i tubi che forniscono l'acqua a tutte le case della Svizzera siano sufficienti a fare una volta e mezzo il giro della Terra. Perché arrivi l'acqua nelle nostre case occorre che questa sia prima raccolta, poi potabilizzata, quindi inviata nelle singole aree e poi distribuita capillarmente. La captazione L’uomo per poter sfruttare l’acqua deve prima riuscire a captarla, raccoglierla e renderla idonea all’utilizzo specifico. Nelle varie epoche si sono succeduti sistemi di captazione sempre più moderni ed efficaci, tanto che oggi è possibile prelevare l’acqua tramite diverse fonti e in diversi modi. La captazione da sorgente Questo sistema prevede una struttura di captazione posta nello stesso punto in cui l'acqua sgorga naturalmente. L'opera di presa è costituita da una serie di vasche che permettono il controllo delle portate e, eventualmente, l'allontanamento di solidi in sospensione tramite sedimentazione. Tutte queste vasche sono dotate di uno scarico di fondo, che permette lo svuotamento delle stesse in caso di interventi di manutenzione o pulitura, e scarichi di troppo pieno che funzionano 77 L’ITINHERARIO INVISIBILE tramite sfioratori, i quali eliminano la quantità d'acqua in eccesso. Il canale di scarico è necessariamente dotato di valvole, le quali non permettono che l'acqua torni indietro. In caso contrario, infatti, si rischierebbe l’inquinamento delle acque. La captazione da falda In questo caso la captazione avviene tramite la realizzazione di pozzi che intercettano acqua di falda, sia freatica sia artesiana. Tali pozzi sono dotati di sistemi di pompaggio per trasportare l'acqua fino alla quota a cui è posta la condotta di adduzione. Il pozzo, sorta di serbatoio nel quale confluisce l’acqua sotterranea e dal quale viene pompata in superficie, è stato da sempre il mezzo più comune usato dall’uomo per recuperare l’acqua sotterranea. Per assicurare una costante riserva d’acqua, un pozzo deve penetrare parecchi metri al di sotto della superficie freatica, considerando che il livello di una falda acquifera può variare notevolmente durante il corso dell’anno, abbassandosi durante le stagioni secche e alzandosi in seguito ai periodi di pioggia. Quando si pompa l’acqua da un pozzo si crea localmente una depressione della superficie della falda acquifera, a forma di ampio cono con il vertice verso il basso. Se il pompaggio è intenso, la falda può abbassarsi non solo in prossimità del pozzo, ma anche più lontano, entro un’ampia zona. In casi del genere si dice che l’acqua è stata 78 L’ITINHERARIO INVISIBILE letteralmente scavata, e se il pompaggio dovesse improvvisamente cessare, potrebbero occorrere centinaia di anni perché venga rimpiazzata l’acqua sotterranea che è stata estratta. Una falda acquifera artesiana è caratterizzata dal fatto che è confinata da tutte le parti da materiali che non permettono il passaggio dell'acqua (per esempio strati di argilla impermeabile). Questa situazione, da un punto di vista idraulico, è paragonabile ad una tubazione in pressione, dal momento che esiste una pressione dell'acqua all'interno della falda maggiore di quella atmosferica. Quando si perfora un acquifero con le caratteristiche sopra descritte, la pressione fa risalire l’acqua nel pozzo. I sistemi artesiani agiscono come condutture, trasferendo l’acqua, anche su grandi distanze, dalle aree di ricarica alle zone di discarica. Falde artesiane numerose, anche a più livelli, la cui acqua risale spontaneamente fino in superficie, si trovano sotto tutte le grandi pianure alluvionali italiane: Pianura Padana, pianure della Versilia, della Maremma, dell’Agro Pontino, del basso Volturno e di Napoli, di Sibari, ecc. Come avviene per molte altre preziose risorse naturali, anche le acque sotterranee vengono utilizzate a un ritmo sempre crescente. In alcune zone, l’eccessivo sfruttamento minaccia già di esaurire le riserve acquifere, mentre in altre il continuo prelievo ha provocato notevoli abbassamenti del suolo (fenomeno chiamato “subsidenza”), con serie conseguenze per gli insediamenti presenti; in altre zone, infine, si fa sempre più vivo il pericolo di serio inquinamento delle falde acquifere sotterranee. La captazione da acque superficiali correnti Le opere di presa per la captazione di acqua da fiumi o torrenti è realizzabile attraverso diversi metodi: • impianti di sollevamento • sifoni a cavaliere d'argine • traverse o dighe Se la captazione è effettuata tramite impianti di sollevamento, le opere di presa si compongono di una pompa (a secco o sommersa) e nelle condotte per trasportare l'acqua alla condotta di adduzione.. Nella progettazione di questo impianto è necessario tenere conto del fatto che nessuna pompa è in grado di trasportare l'acqua oltre determinate altezze. 79 L’ITINHERARIO INVISIBILE Il sifone a cavaliere d'argine è un tipo particolare di sifone utilizzato per superare l'ostacolo dell'argine del fiume. In questo tipo di soluzione è necessaria la presenza di una pompa, esclusivamente per adescare il moto, che poi continua autonomamente a mantenersi costante. Anche in questo caso è necessario tenere conto delle reali possibilità che una pompa ha di innalzare il livello piezometrico dell'acqua. La captazione di acqua da un fiume è possibile anche predisponendo direttamente un'apertura lungo la sponda del fiume che permetta il convogliamento dell'acqua verso le condotte. In questo caso, tuttavia, è bene predisporre la presenza di una traversa a valle dell’apertura della sponda che ostacoli la corrente, costringendo in questo modo un innalzarsi di livello dell’acqua. Con questa soluzione si evita che la portata d'acqua captata vari nel tempo, in quanto la finestra attraverso cui l'acqua scorre sarà sempre completamente sommersa dall'acqua. La captazione da acque superficiali stagnanti La captazione da acque superficiali stagnanti è effettuata solitamente tramite la costruzione di torri aventi finestre richiudibili per il passaggio dell'acqua, poste a varie altezze. In questo modo è possibile captare l'acqua a profondità diverse in funzione del livello del lago in quel periodo, della torbidità dell'acqua di fondo e della temperatura dell'acqua superficiale. La captazione tramite dighe Una diga è uno sbarramento permanente su un corso d'acqua naturale che serve a creare un lago artificiale. A seconda dei materiali impiegati per la costruzione la diga può essere di calcestruzzo (o muratura), in terra, di pietrame o di materiale misto. Gli sbarramenti in calcestruzzo possono essere del tipo a gravità (anche alleggerita), ad arco o di tipologie miste (arco-gravità, volte multiple, ecc.). La potabilizzazione La potabilizzazione dell'acqua consiste nella rimozione delle sostanze contaminanti per ottenere acqua potabile che sia congrua con quanto stabilito dalla legge per il normale consumo domestico (D. Lgs. 31/2001) o per usi industriali (p. esempio l’industria alimentare). 80 L’ITINHERARIO INVISIBILE L’acqua potabile deve essere limpida, incolore ed inodore, di sapore gradevole, priva di germi patogeni o altre sostanze nocive alla salute. Le sostanze inquinanti contenute nell’acqua grezza possono derivare dall’attività dell’uomo (per esempio inquinamento delle falde sotterranee dovuto all’uso di antiparassitari e altre sostanze in agricoltura) o dal normale processo di erosione che l’acqua esercita sulle sostanze solide con cui si trova a contatto (p. esempio minerali disciolti dal passaggio dell’acqua attraverso gli strati del suolo). Nelle acque superficiali è inoltre possibile riscontrare la presenza di batteri, derivanti dagli scarichi degli insediamenti urbani e dalla vita vegetale e animale che si svolge nei corsi d’acqua, nei laghi e sulle loro sponde. L’eliminazione delle sostanze inquinanti si effettua facendo passare l’acqua grezza attraverso impianti di varia natura (p. esempio sedimentatori, filtri, raggi UV) e aggiungendo sostanze chimiche che favoriscono la potabilizzazione (p. esempio disinfettanti). La scelta della migliore tecnica di potabilizzazione dipende dalla natura degli inquinanti contenuti nell’acqua grezza. In generale il processo di potabilizzazione delle acque avviene per: • migliorare sapore, odore e colore • diminuire la durezza, che rappresenta il contenuto di sali di calcio e magnesio • rimuovere nutrienti quali azoto, fosforo e BOD, la cosiddetta domanda biochimica di ossigeno, che rappresenta una misura del contenuto di materia organica biodegradabile presente in un campione d'acqua. • rimuovere solidi sospesi e sedimentabili • rimuovere patogeni tramite disinfezione L’acqua potabile Il termine “potabile” significa che l’acqua può essere bevuta senza nuocere alla salute; per considerarla tale, come stabilito dalla legge. L’acqua potabile destinata al consumo umano, secondo quanto stabilito dal D.Lgs. 31/2001, deve avere le seguenti caratteristiche: • il pH deve oscillare tra 6,5 e 9,5 81 L’ITINHERARIO INVISIBILE • la conducibilità elettrica, che è proporzionale alla quantità di elettroliti presenti, deve essere di circa 2500 µS cm-1 a 20°C (S = Siemens unità di misura della conduzione elettrica nel SI: 1S= 1ohm-1) • il residuo fisso a 180°C, ossia la quantità di Sali minerali disciolti, può arrivare a 1500 mg/l • la durezza totale, espressa in gradi francesi, è consigliata da 15 a 50. Per durezza totale di un’acqua s’intende il contenuto di Sali di calcio e magnesio (prevalentemente HCO3-, Cl-, SO42,NO3-); la durezza temporanea è data solo dai bicarbonati che, in seguito a riscaldamento, precipitano come carbonati e possono essere allontanati; la durezza permanente è dovuta invece ai Sali che rimangono in soluzione dopo ebollizione. • lo ione ammonio (NH4+) può essere presente in quantità massima pari a 0,50 mg/l • lo ione nitrito (NO2-) può essere presente in quantità massima pari a 0,50 mg/l • lo ione nitrato (NO3-) è ammesso fino a 50 mg/l. • i cloruri sono ammessi fino a 250 mg/l. • il ferro è ammesso fino a 0,2 mg/l e il manganese fino a 0,05 mg/l. In entrambi i casi, quantitativi superiori alterano i caratteri organolettici dell’acqua • tensioattivi anionici sono tollerati fino a 0,2 mg/l. Rappresentano i tensioattivi più usati nell’industria dei detersivi e si possono ricercare e dosare con metodo semplice. Per quelli non ionici, la legge non riporta il valore – guida, né quello limite in quanto il metodo attuato per la determinazione è lungo e laborioso • gli antiparassitari comprendono gli insetticidi, gli erbicidi e i fungicidi. Non sono ammessi; vengono tuttavia tollerati fino a 0,1 µg/l singolarmente e fino a 0,5 µg/l complessivamente. • Escherichia coli e enterococchi non sono ammessi La depurazione Le attività umane, sia in ambito urbano che extraurbano, richiedono e utilizzano una grande quantità di acqua, che al momento dello scarico contengono quantità più o meno elevate di sostanze inquinanti. Tali “scarichi” vengono restituiti all’ambiente immettendoli in mari, fiumi e laghi, che ogni anno quindi ricevono migliaia di tonnellate di acque di scarico derivanti da attività sociali, produttive e ricreative. Tali acque, se non vengono debitamente sottoposte a trattamenti di depurazione, possono pregiudicare pesantemente la qualità delle acque dei corpi idrici in cui sono immesse, causando il ben triste fenomeno conosciuto con il nome di inquinamento. I corpi idrici hanno una loro capacità autodepurativa, ovvero riescono a “smaltire” in modo naturale gli inquinanti presenti, a patto che le quantità immesse si mantengano entro un certo 82 L’ITINHERARIO INVISIBILE limite, senza superare cioè la normale capacità autodepurativa e vedere così compromessa la qualità delle proprie acque e i normali equilibri dell'ecosistema. L’ecosistema del fiume Il problema nasce proprio quando la quantità degli scarichi, prodotta da paesi e città densamente popolati, è talmente elevata da non poter essere depurata in questo modo. È evidente quindi la necessità di intervenire con la depurazione delle acque reflue attraverso sistemi di trattamento che imitano i processi biologici che normalmente avvengono nei corpi idrici. I trattamenti di depurazione delle acque comprendono tre stadi: • trattamento primario, che ha lo scopo di separare le sostanze sospese nei liquami e viene attuato con processi fisici e meccanici (grigliatura, sedimentazione); • trattamento secondario, che serve a eliminare le sostanze organiche che consumano ossigeno e le sostanze azotate, ed è realizzato con metodi biologici che sfruttano l’opera dei microrganismi aerobi; • trattamento terziario, che ha lo scopo di migliorare ulteriormente la qualità delle acque provenienti dal trattamento secondario, eliminando le ultime tracce di sostanze sospese e consumatrici di ossigeno, rimuovendo i composti nutritivi delle alghe e i detergenti sintetici, e distruggendo i microrganismi patogeni. Viene effettuato per lo più tramite processi chimicofisici. Le acque di scarico 83 L’ITINHERARIO INVISIBILE Si definiscono acque di scarico quelle provenienti da tutte le attività umane, che quindi rappresentano fonte di inquinamento delle acque naturali: domestiche, agricole, industriali, ricreative. Le acque di scarico, tecnicamente chiamate liquami, si possono suddividere in: • scarichi civili • scarichi industriali • scarichi agricoli Le reti fognarie consentono di raccogliere gli scarichi prodotti dall’attività umana e di convogliarli verso i sistemi di depurazione. Il sistema fognario più moderno separa le acque domestiche e industriali da quelle piovane, definendo le prime “acque nere” e le seconde “acque bianche”. Le acque nere sono quindi le acque di rifiuto provenienti da insediamenti civili (acquai, lavabi, bagni, lavatoi, lavatrici, latrine, cucine ecc.) e da insediamenti produttivi (acque di processo, di lavaggio ecc.). Le acque bianche sono invece di origine meteorica (acqua piovana, neve), provenienti da tetti, terrazze, cortili e giardini e da qualsiasi area scoperta non adibita a deposito di materiali potenzialmente inquinanti. Per scarichi civili o liquami domestici, si intendono le acque provenienti da attività domestiche (bagni, cucine, impianti igienici). Questi scarichi contengono sostanze di natura essenzialmente organica, in particolare originate dal metabolismo umano. Altre sostanze sono poi individuabili nei detersivi, nei resti dei cibi consumati e in materie non grasse. Il liquame domestico è un liquido molto torbido, di colore grigio/bruno, contenente batteri, virus e altri microrganismi di origine fecale umana. 84 L’ITINHERARIO INVISIBILE Per scarichi industriali si intendono sia le acque provenienti dalle attività svolte negli insediamenti industriali. In genere le attività industriali hanno bisogno di enormi quantità di acqua per diversi usi (servizi igienici, trasporto di calore, produzione di vapore, come materia prima, come reagente, come solvente ecc.). Quest’acqua viene in gran parte scaricata dando origine a una quantità notevole di refluo con caratteristiche inquinanti molto variabili. Le sostanze contenute negli scarichi industriali, infatti, sono le più diverse e variano a seconda di quale prodotto viene lavorato in azienda, e quali processi avvengono. Tra gli scarichi industriali si anche comprendono inoltre le acque di rifiuto contenenti i residui del metabolismo animale degli allevamenti zootecnici, essendo queste attività ritenute agricole a pieno titolo. Altre acque che possono essere veicolo di inquinamento sono le acque di lavaggio delle stalle, di caseifici, dei prodotti vegetali. Quasi tutti questi liquami hanno spesso un forte contenuto di sostanze come ammoniaca e fosfato. Non vanno dimenticate le acque contenenti concimi chimici, erbicidi, insetticidi, anticrittogamici che arrivano ai corpi idrici in seguito al dilavamento da pioggia delle zone ad agricoltura altamente industrializzata. . L’eccessiva presenza di sostanze dannose all’ecosistema, come i nitrati e i fosfati, nelle acque dei fiumi della pianura padana, è una delle principali cause della presenza nel Mar Adriatico della “mucillagine”. Le principali forme di inquinamento I tipi di inquinamento possono essere di tanti differenti tipologie: - inquinamento da detersivi I detersivi e i detergenti in genere occupano uno dei primi posti nella classifica degli inquinanti perchè ostacolano il naturale processo di autodepurazione dell’acqua. I detersivi producono schiuma: questo naturalmente è un loro compito, ma la schiuma ricopre le acque e impedisce il regolare scambio di ossigeno con notevoli danni alla vita acquatica. Inoltre i detersivi sono di origine sintetica quindi non completamente biodegradabili, non vengono distrutti dai sistemi biologici e per questo il loro inquinamento è duraturo. 85 L’ITINHERARIO INVISIBILE Gli additivi aggiunti nei fustini sono fosfati e polifosfati che, in grossa quantità, contribuiscono a scatenare il processo di eutrofizzazione delle acque, che determina una enorme proliferazione di alghe. Naturalmente il rimedio per evitare l’eutrofizzazione è da ricercarsi, oltre che nel minimo impiego di fosfati nei detersivi, nella installazione di nuovi impianti di depurazione delle acque, capaci di ridurre anche l’apporto inquinante del fosforo. - inquinamento termico L’acqua è usata nelle centrali termiche e nucleari e in molte industrie come elemento indispensabile per raffreddare gli impianti. Viene prelevata dagli acquedotti, dai fiumi e dalle falde acquifere sotterranee. Una volta usata viene scaricata nelle fogne più calda e riversata nei fiumi, nei laghi, causandone quindi un aumento della temperatura, che, a sua volta, porta a una diminuzione della quantità di ossigeno disciolto, procurando quindi un danno notevole alla vita acquatica. Ricordiamo che il ciclo vitale di molte specie di pesci, di piante e di microrganismi dipende proprio dalla presenza di ossigeno. L’inquinamento termico potrebbe essere ridotto raffreddando l’acqua prima di versarla nei fiumi, nei mari e nei laghi, oppure utilizzando l’acqua calda per riscaldare abitazioni o per attività produttive (serre), recuperando così l’energia per quel tipo di riscaldamento. - inquinamento da sostanze solide I rifiuti solidi che si depositano sul fondo dei fiumi, dei laghi o del mare, impediscono i processi vitali di organismi e di piante che vivono sui fondali. - inquinamento da scarichi urbani Lo scarico delle fogne inquina l’acqua con residui organici e inorganici, biologici, industriali e un’infinità di batteri e microrganismi pericolosi per la salute umana. - inquinamento da prodotti radioattivi Un altro grave apporto inquinante è rappresentato dai materiali radioattivi che vengono usati nelle industrie, nei laboratori chimici, fisici e biologici, negli ospedali e nelle centrali nucleari. - inquinamento da petrolio Il petrolio ha una densità inferiore a quella dell’acqua e quindi galleggia formando uno strato superficiale impermeabile all’ossigeno. Un solo litro di petrolio può ricoprire, con uno strato sottile, circa 4.000 metri quadrati di acqua. Se un tratto di mare è ricoperto da uno strato di petrolio, 86 L’ITINHERARIO INVISIBILE l’acqua sottostante non riesce a scambiare ossigeno con l’atmosfera e quindi si crea un danno per la vita acquatica. Gli uccelli marini non possono più alimentarsi e, se si poggiano sull’acqua, il loro corpo si copre di uno strato oleoso e colloso che ne impedisce il volo. L’inquinamento da petrolio è la conseguenza di grossi incidenti alle petroliere, ma anche di perdite dai pozzi di perforazione marina, o di deficienze nei sistemi di trasporto e di trasferimento dalle navi agli impianti a terra. Il petrolio riversato in mare non può essere distrutto dai sistemi naturali di disinquinamento, anche perchè la completa degradazione biologica di un litro di petrolio grezzo richiederebbe tutto l’ossigeno presente in quasi 300.000 litri di acqua di mare. Gabbiani imbrattati dal petrolio - inquinamento da metalli pesanti Le acque di scarico di molte industrie che usano metalli pesanti come mercurio, cromo, piombo, rame e nichel, se non depurate, inquinano fiumi, laghi e acque sotterranee. - inquinamento da solventi organici Molte industrie e l’artigianato per la lavorazione della pelle usano solventi organici (trielina, cloroformio, benzene, toluene, acetone, ecc.) e dopo l’uso li riversano nelle acque. A causa dell’inquinamento da queste sostanze molti pozzi, prima utilizzabili per ottenere acqua potabile, non possono più essere utilizzati. - inquinamento agricolo Nella moderna agricoltura si fa un grande uso di concimi chimici, fertilizzanti, diserbanti e altri prodotti a difesa delle coltivazioni o per aumentare la produzione dei terreni coltivati. Per effetto 87 L’ITINHERARIO INVISIBILE delle piogge una parte di queste sostanze viene dilavata e trasportata dalle acque nei fossi e successivamente nei canali, fino ad arrivare nei fiumi e in seguito al mare. Una parte dell’acqua piovana permea il terreno e scende nel sottosuolo inquinando le falde acquifere. La fitodepurazione La fitodepurazione è un sistema naturale di depurazione che utilizza processi chimici, fisici e biologici caratteristici degli ambienti acquatici e delle zone umide, mediante l’azione combinata di substrati ghiaiosi, vegetazione e microrganismi. I sistemi di fitodepurazione sfruttano le capacità di autodepurazione degli ambienti acquatici, avvalendosi di piante caratteristiche che hanno la peculiarità di favorire lo sviluppo e la crescita di microrganismi che rendono possibili i processi depurativi. Le specie maggiormente utilizzate per la realizzazione di questi impianti sono: canna palustre (Phragmites austarlis), tifa (Typha sp.), scirpo (Scirpus sp.), carice (Carex), giunco (Juncus effusus), azolla (Azolla filiculoides, capacità di rimuovere azoto e fosforo), giacinto d’acqua (Eichornia crassipes), lenticchia d’acqua (Lemna minor). I contaminanti che si riescono ad abbattere con la fitodepurazione in ogni sono caso molti: sostanze organiche, solidi sospesi, azoto, fosforo, metalli pesanti in tracce, batteri patogeni. I bacini di fitodepurazione sono solitamente poco profondi, riempiti con materiale inerte a granulometria variabile e vegetazione di piante acustiche (macrofite) atte a riprodurre i naturali processi autodepurativi tipici delle zone umide naturali. Pur richiedendo una maggiore estensione di superficie rispetto ai tradizionali sistemi di depurazione, essi richiedono un fabbisogno energetico e tecnologico molto ridotto. Inoltre la costruzione di ambienti umidi artificiali dove far fluire le acque reflue rappresenta un’opportunità rilevante per ridurre l’inquinamento degli ecosistemi fluviali, senza contare che l’acqua depurata può essere recuperata e utilizzata a scopo irriguo. Il biomonitoraggio Le tecniche tradizionali di valutazione degli inquinanti presenti nell’ambiente, ovvero il monitoraggio chimico-fisico, fornisce dati di tipo quantitativo e relativi all’istante del campionamento (situazione puntuale in un preciso momento storico: viene infatti espresso in termini di concentrazioni relative ad ogni singolo inquinante. Con il biomonitoraggio invece è possibile stimare gli effetti biologici dell’inquinamento; ottenendo informazioni più generali sullo stato di salute dell’ambiente e valutando i danni subiti dalla presenza di organismi bersaglio presenti nell’area di studio o appositamente introdotti per valutare lo stato di salute dell’area. Nelle tecniche di biomonitoraggio si possono distinguere due diverse tipologie di organismo test: - “Bioindicatori”: organismi che subiscono variazioni evidenti nella fisiologia, nella morfologia, o nella distribuzione sotto l’influsso delle sostanze presenti nell’ambiente. - “Bioindicatori”: organismi in grado i sopravvivere in presenza di inquinati che accumulano nei loro tessuti; con il loro uso è possibile ottenere dati sia di tipo qualitativo che quantitativo. Il biomonitoraggio rispetto alle tecniche analitiche tradizionali ha il vantaggio di fornire stime sugli effetti combinati di più inquinanti sugli esseri viventi , ha costi di gestione limitati e dà la possibilità di coprire con relativa facilità vaste zone e territori diversificati, consentendo una adeguata mappatura del territorio. 88 L’ITINHERARIO INVISIBILE La capacità autodepurativa dei sistemi acquatici I processi che stanno alla base della capacità autodepurativa di un fiume sono molto complessi e legati in parte all’attività degli organismi viventi e in parte alle caratteristiche chimiche e fisiche dell’ambiente acquatico stesso. Qualitativamente i meccanismi che regolano la capacità autodepurativa si possono dividere in: - diluizione degli inquinanti: di particolare importanza, agevola i successivi meccanismi di demolizione - sedimentazione degli inquinanti: fenomeno per il quale si realizza il deposito degli inquinanti nei sedimenti del corpo idrico. La sua efficienza dipende da alcuni fattori: il grado di turbolenza delle acque (maggiore efficienza in acque stagnanti o correnti ma con basso grado di turbolenza) e la densità delle particelle inquinanti come flocculati, sabbie ecc (all’aumentare delle densità, anche se apparentemente sembra ridursi l’inquinamento dell’acqua, in realtà aumenta la concentrazione degli inquinanti nei sedimenti) - complessazione: è un fenomeno fisico ben definito in base al quale alcuni elementi inquinanti possono legarsi in modo temporaneo a sostanze organiche complesse naturali - adsorbimento: è un processo fisico simile al precedente che riguarda però l’interazione tra inquinanti organici o metallici e sostanze colloidali presenti nell’acqua, come le argille. Questi complessi sono sede di intensa attività batterica, processo che consente una degradazione elevata degli inquinanti organici - equilibrio acido-base ed “effetto tampone”: processo chimico che consente al sistema acquatico di opporsi a un cambiamento di acidità dell’acqua (provocato dall’inquinamento), che agirebbe negativamente sulla fauna acquatica - ossigenazione: la disponibilità di ossigeno nel corso d’acqua dipende sia dalla turbolenza delle acque (rimescolamento), sia dal grado di diluizione degli inquinanti. L’ossigenazione è molto importante in quanto intensifica l’attività di ossidazione chimica diretta o mediata da organismi biologici nei confronti della sostanza organica e di alcuni inquinanti organici non particolarmente resistenti - abrasione: è un fattore puramente fisico che comporta la frammentazione meccanica di particelle solide in particelle più piccole. È molto importante in quanto aumenta la superficie d’attacco per i processi di degradazione chimica e biologica 89 L’ITINHERARIO INVISIBILE - degradazione biologica: è l’insieme delle attività operate da molte forme viventi il cui risultato ultimo è l’aumento della biomassa e la liberazione di anidride carbonica, acqua e sostanze minerali. La degradazione della sostanza organica passa attraverso diversi sistemi, che agendo singolarmente e in sinergia riescono efficacemente a “demolire” la sostanza organica presente. Gli organismi coinvolti sono microrganismi quali batteri, funghi, microalghe, ecc. che agiscono insediandosi sulle sostanze da demolire. Quando la sostanza organica raggiunge il corso d’acqua (sia di origine naturale sia di origine antropica, es. liquami fognari), la demolizione inizia a opera di microrganismi (batteri e funghi) e i prodotti della mineralizzazione vengono poi riciclati dai vegetali (microalghe, idrofite). Le multiformi comunità microscopiche che formano quella sottile pellicola biologica, scivolosa al tatto, che prende il nome di periphyton, rappresenta il primo sistema depurante dei corsi d’acqua. Periphyton, ovvero una complessa comunità di microrganismi che vivono aderenti a substrati immersi. Fanno parte del periphyton, microalghe, funghi, batteri e protozoi. Un secondo sistema depurante, costituito da macroinvertebrati, funge da acceleratore e regolatore del processo. La loro ricchezza di specializzazioni massimizza l’utilizzo di tutte le forme di risorse alimentari disponibili (scarichi umani compresi) e rende la comunità in grado di rispondere in maniera flessibile alle variazioni stagionali o antropiche del carico organico. I macroinvertebrati che si nutrono di batteri ne “ringiovaniscono” le popolazioni mantenendole così in uno stato di elevata attività, mentre i trituratori, sminuzzando i detriti organici grossolani in 90 L’ITINHERARIO INVISIBILE particelle minute, ne aumentano grandemente la superficie, potenziando così l’attacco da parte dei batteri; a loro volta i frammenti organici parzialmente “trattati” dai batteri risultano più appetibili ai macroinvertebrati. In altre parole, l’efficienza di ciascun sistema depurante viene potenziata dall’efficienza dell’altro e, inversamente, il danneggiamento di un sistema depurante si ripercuote negativamente anche sull’efficienza dell’altro. Un ulteriore contributo alla rimozione di biomassa è fornito dai vertebrati, compresi quelli terrestri, che si nutrono dei macroinvertebrati acquatici: pesci, anfibi, rettili, uccelli e mammiferi. Molto efficace è inoltre il ruolo della vegetazione acquatica nell’azione di ciclizzazione dei nutrienti. Questi organismi, sia vegetali che animali, nel loro insieme possono essere considerati il terzo sistema depurante dell’ambiente fluviale. L’efficienza dei tre sistemi depuranti è, a sua volta, condizionata dall’integrità dell’ambiente terrestre circostante, in particolare delle fasce di vegetazione riparia. Questo quarto sistema depurante, oltre a fornire cibo e habitat agli organismi microscopici, ai macroinvertebrati e ai vertebrati, svolge una duplice funzione depurante, agendo da filtro meccanico e da filtro biologico. Vegetazione riparia La vegetazione riparia, infatti, intercetta le acque di dilavamento dei versanti e ne rallenta la velocità, inducendo la sedimentazione del carico solido e degli inquinanti a esso legati. A questa azione di chiarificazione delle acque (che contribuisce alla limpidezza dei fiumi e a impedire il riempimento degli interstizi tra i ciottoli, microambienti di primaria importanza per gli altri sistemi depuranti), si accompagna un ruolo protettivo nei confronti dell’eutrofizzazione fluviale per la rimozione del fosforo (legato alle particelle argillose sedimentate) e dell’azoto (assorbito dalle piante e denitrificato dai batteri associati allo strato radicale). La denitrificazione è un processo di 91 L’ITINHERARIO INVISIBILE particolare interesse in quanto riduce i composti azotati ad azoto gassoso (N2), che viene restituito all’atmosfera. Il processo è operato da batteri anaerobi facoltativi in grado di utilizzare i nitrati (NO3-) nei loro processi respiratori quando vengono a trovarsi in carenza o assenza di ossigeno. Questi periodi di anossia si verificano quando il suolo viene saturato dall’innalzamento del livello della falda. (Pinay, 1990) Oltre al carico organico si può aggiungere anche un carico inquinante derivante dagli scarichi industriali che, a seconda del tipo di processo, possono contenere metalli pesanti e sostanze organiche di sintesi (idrocarburi policiclici aromatici, fenoli ecc). Questi contaminanti, per la loro tossicità, riducono l’efficienza e la funzionalità della comunità microbica, che quindi non è in grado di metabolizzarli. La stima della degradabilità di uno scarico si ottiene dal rapporto tra il quantitativo di ossigeno richiesto per la degradazione microbica (Richiesta Biologica di Ossigeno BOD) e il quantitativo di ossigeno necessario per la degradazione chimica (Richiesta Chimica di Ossigeno COD) di un certo quantitativo dello scarico stesso. Tanto maggiore è il valore dell’ultimo parametro rispetto al primo, tanto meno risulta naturalmente degradabile lo scarico. Altra situazione: lo scarico depurato (acque reflue di tipo civile) viene disinfettato: i disinfettanti possono incidere negativamente sulla popolazione microbica del corso d’acqua a danno della capacità autodepurativa dello stesso. Cosa comporta un carico organico eccessivo? Perdita di specie ittiche pregiate (trote, salmerini, temoli, barbi che preferiscono condizioni di buona ossigenazione) a vantaggio di altre più resistenti (ma meno pregiate dal punto di vista alimentare) e accumuli di sostanze tossiche negli organi e nei tessuti dei pesci, che ne pregiudicano l’uso alimentare. La distribuzione e differenziazione Il sistema delle opere idrauliche, più o meno complesso, costruito per trasportare acqua da un posto a un altro, per l'approvvigionamento a uso potabile (prevalente), irriguo e industriale è chiamato acquedotto. La parola deriva dai due termini latini aqua (acqua) e ducere (condurre). Costruttivamente un acquedotto può essere realizzato in vari modi: con canali artificiali, con condotte in pressione oppure con soluzioni miste. In tutti i casi deve consentire di distribuire all’utenza la quantità di acqua richiesta nelle diverse ore della giornata con un pressione tale da raggiungere anche i piani più alti dei fabbricati senza provocare danni alle reti. 92 L’ITINHERARIO INVISIBILE Le leggi della distribuzione La distribuzione dell'acqua avviene sfruttando le leggi fisiche che ne condizionano il moto. La prima di queste leggi, conosciuta con il nome di equazione di continuità, afferma che in un sistema idraulico privo di perdite o di nuovi ingressi, la quantità di acqua che attraversa in ogni istante ciascun tratto di tubo deve essere costante. La conseguenza di questa legge è che l'acqua scorre più lentamente dove la conduttura si allarga, mentre accelera lungo le strozzature. L'altra legge è quella dei vasi comunicanti, ed esprime la tendenza del liquido a raggiungere la medesima altezza all'interno di vasi collegati, indipendentemente dalla loro forma. È grazie a questa legge che l'acqua scorre spontaneamente verso quote più basse. La situazione di equilibrio non è però mai raggiunta perché l'afflusso dell'acqua è continuo, così pure come i prelievi lungo la rete. Queste leggi sono descritte dall'unica equazione di Bernulli, che riguarda tanto i liquidi quanto i gas, che si riferisce a fluidi che si muovono con moto non turbolento tenendo conto di variabili come la pressione, l'altezza e il diametro delle condutture. Un…ariete nell’acqua Il colpo d'ariete è un fenomeno idraulico che si presenta in una condotta quando un flusso di liquido in movimento al suo interno viene bruscamente fermato dalla repentina chiusura di una valvola. O viceversa, quando una condotta chiusa e in pressione viene aperta repentinamente. È un'onda di pressione che si origina in prossimità della valvola a causa dell'inerzia della colonna di fluido in movimento che impatta contro la parete della valvola chiusa. L'intensità del colpo e il valore della pressione massima dell'onda possono raggiungere livelli tali da far esplodere le condotte. La pressione è funzione delle dimensioni della condotta (lunghezza e diametro), della velocità e della densità del fluido, e soprattutto del tempo di chiusura della valvola. Un esempio di colpo d'ariete verificabile tra le mura domestiche si ha quando si chiude una valvola a sfera con istantaneo movimento leva di manovra e si sente il tipico tonfo seguito dalla vibrazione del tubo. Nel caso delle condotte delle centrali idroelettriche, per evitare il colpo d'ariete quando viene fermata una turbina chiudendo il flusso d'acqua, si aziona prima il deviatore di flusso per alleggerire il carico sulle pale Per prevenire gli sprechi è essenziale operare una attenta manutenzione delle reti e degli impianti al fine di prevenire le rotture causa di dispersioni idriche. A tal fine, nel corso del tempo sono stati adottati sistemi di controllo della rete che utilizzano nuove tecnologie, viene praticata periodicamente la pulizia delle tubature e la sostituzione anticipata delle tubature vecchie e al limite della rottura. È inoltre essenziale adottare semplici gesti quotidiani e comportamenti che tengano concretamente conto del valore dell'acqua, usandone solo la quantità necessaria. 93 L’ITINHERARIO INVISIBILE Riferimenti bibliografici E. J. Tarbuck, F.K.Lutgens, M. Parotto “Scienze della Terra”, Edizione Principato, Milano 1987 E. P. Odum, “Basi di Ecologia”, Piccin Editore, 1988 Riferimenti Web www.castelli.grisnet.it/ACQUA/ECOCONSIGLI.htm www.gruppohera.it 94 L’ITINHERARIO INVISIBILE Capitolo 5 – L’impiantistica di Hera La gestione dell’acqua in Italia A gestire i quasi 50.000 impianti (tra acquedotti, reti di acquedotto e fognarie, depuratori) che costituiscono il sistema idrico italiano, per anni ci ha pensato una miriade di soggetti (in massima parte Comuni e solo residualmente aziende municipalizzate e speciali, consorzi pubblici, società per azioni) con un’elevatissima frammentazione gestionale. La loro caratteristica comune era quella di gestire un numero ridotto di impianti. E’ proprio l’estrema frammentazione ad aver ostacolato l’ammodernamento strutturale e gestionale del sistema idrico nazionale e ad averlo condannato all’inefficienza. La Legge Galli (L.36/94) intendeva porvi rimedio, attraverso un’azione di riordino volta all’integrazione sia funzionale (concernente le diverse fasi del ciclo, dalla captazione allo smaltimento) sia territoriale (relativa a bacini d’utenza minimi). Il riordino del sistema idrico italiano avviene sulla base degli Ambiti Territoriali Ottimali (ATO), bacini di utenza di più ampie dimensioni territoriali e demografiche, da delimitare, secondo la legge Galli, nel “rispetto dell’unità del bacino idrografico o del sub-bacino o dei bacini idrografici contigui” (in realtà, lo sganciamento dalle unità amministrative locali non è avvenuto, e gli ambiti individuati, piuttosto che rispettare i bacini idrografici, sono per lo più modellati sui territori provinciali o regionali). Oggi gli ATO sono 91. La nascita del Sistema Idrico Integrato (SII) avviene a passi lentissimi e, ad oggi, ancora non ha prodotto i suoi frutti nei confronti degli utenti. La legge Galli dettava, inoltre, il superamento della cosiddetta “gestione in economia”, quella cioè effettuata direttamente dai Comuni. Pur non cancellando bruscamente tale modalità (l’art. 10 prevedeva che le gestioni esistenti, anche se in economia, continuassero a gestire i servizi il fino all’attuazione del nuovo Sistema Idrico Integrato), la normativa si adeguava ai mutati indirizzi amministrativi (introdotti dalla L. 142/90) e si orientava su strumenti “privatistici” quali la concessione a terzi o l’affidamento diretto ad Aziende speciali e a Spa o Srl miste a capitale prevalente pubblico. Ad oggi 67 ATO hanno affidato la gestione del servizio, nella maggior parte dei casi a società pubbliche. La riforma si completava con l’obbligo del raggiungimento del pareggio economico finanziario della gestione, da ottenere attraverso una politica tariffaria che assicurasse la copertura integrale 95 L’ITINHERARIO INVISIBILE dei costi di investimento e di esercizio. Si prevedevano comunque modulazioni nelle tariffe, per agevolare i consumi domestici essenziali e le fasce sociali a reddito minore. Chi è HERA? Hera è una Società per Azioni che nasce il 1° novembre 2002 dalla fusione di 12 aziende di servizi pubblici dell’Emilia Romagna, con l'obiettivo di migliorare la qualità dei servizi al cittadino in settori fondamentali come l'energia, l'acqua e i servizi ambientali, e di realizzare le significative sinergie ed efficienze rese possibili da tale operazione. Inizialmente i soci fondatori furono 139 Comuni delle province di Bologna, Ravenna, Rimini e Forlì-Cesena, dislocati da Bologna fino al mare Adriatico. Oggi sono 183 i Comuni azionisti di Hera, dislocati nelle province di Bologna, Ferrara, Modena, Ravenna, Forlì, Cesena e Imola. La struttura organizzativa è articolata in una capogruppo e in Società Operative Territoriali (S.O.T.): Hera Bologna, Hera Ferrara, Hera Ravenna, Hera Rimini, Hera Modena, Hera ForlìCesena e Hera Imola-Faenza, che dimostrano chiaramente come questa grande azienda ricopra un ruolo primario nel settore della gestione dei servizi pubblici: Rifiuti (raccolta, smaltimento e trattamento dei rifiuti urbani), Acqua (distribuzione e vendita di acqua, depurazione e trattamento delle acque reflue), Gas (distribuzione e vendita) Elettricità (distribuzione e vendita) e Altri servizi (Teleriscaldamento e Illuminazione pubblica). Il servizio idrico integrato L'attività principale di HERA nel campo idrico è connessa alla gestione del Servizio Idrico Integrato intesa come: Progettazione, gestione e manutenzione degli impianti di captazione delle acque, sia sotterranee che superficiali. Il prelievo idrico avviene tenendo in considerazione i problemi legati alla subsidenza (abbassamento del terreno provocato da fenomeni naturali o antropici), ai tempi di ricarica degli acquiferi, all’ingressione di acque saline in zone costiere e al rispetto del Deflusso Minimo Vitale. Progettazione e gestione degli impianti di potabilizzazione delle acque; il risultato della potabilizzazione mira a garantire la massima efficienza per assicurare la produzione di acque dalle caratteristiche chimico - fisiche idonee agli usi potabili. Progettazione, gestione e manutenzione delle reti di acquedotto, che avviene ponendo particolare attenzione alla gestione delle perdite di rete; gli acquedotti possono essere 96 L’ITINHERARIO INVISIBILE di tipo civile, che trasportano acque dalle caratteristiche qualitative idonee agli utilizzi potabili e, acquedotti di tipo industriale, quale quello di Bubano che analizzeremo di seguito, in cui vengono messi a disposizione grandi volumi di acqua dalle caratteristiche merceologiche meno pregiate, ma comunque adatte a determinati processi produttivi ed industriali; Progettazione gestione e manutenzione delle reti fognarie, che avviene attraverso la realizzazione di condotte per il trasporto dei reflui agli impianti di trattamento. Progettazione e manutenzione degli impianti di depurazione delle acque reflue, si deve assicurare il rilascio di acque, nei bacini idrici, aventi le caratteristiche chimiche, fisiche e microbiologiche richieste dalla normativa ed indispensabili per tutelare gli ecosistemi acquatici da ulteriori forme di inquinamento. Bacini di Bubano e Acquedotto industriale L’impianto di raccolta e produzione di acqua industriale è ubicato a Bubano, frazione del comune di Mordano, ed è attivo dal 1984; esso è costituito da due bacini di stoccaggio di acqua grezza, dall’impianto di trattamento acqua ad uso industriale “Brunori” e dalla rete di distribuzione. Questa grande opera, progettata da AMI nel 1979, ha permesso di raddoppiare la rete di distribuzione dell’acqua utilizzando acque con caratteristiche di minore qualità per usi produttivi ed industriali, consentendo di risparmiare acque più pregiate da destinare ad usi prettamente civili. Di proprietà del Con.Ami, attualmente l’impianto è gestito da Hera Imola Faenza. Con.Ami (Consorzio Ami), comprende 23 Comuni che delimitano un preciso bacino idrografico che supera i confini amministrativi disponendosi su tre province (Bologna, Ravenna e Firenze) e due regioni (Emilia Romagna e Toscana). Bacini di Stoccaggio I due bacini di stoccaggio sono stati realizzati in tempi diversi; la costruzione del primo lotto risale al 1981, il secondo bacino è stato inaugurato nel 2007 e ha aumentato considerevolmente la capacità utile totale. Sia il primo bacino che il nuovo bacino sono stati costruiti su siti precedentemente occupati da cave di argilla da cui venivano estratti laterizi da destinare alla fornace di Bubano; il primo bacino ha una capacità utile di circa 750.000 metri cubi di acqua, 97 L’ITINHERARIO INVISIBILE mentre il secondo, che deve essere ancora completamente riempito, raggiungerà una capacità utile di circa 3.000.000 di metri cubi di acqua. L’acqua che alimenta i due bacini di stoccaggio deriva dal Canale dei Molini (derivazione del fiume Santerno) e dal Canale Emiliano Romagnolo (C.E.R.); i bacini sono in grado di accumulare un volume complessivo di più di 3.800.000 di metri cubi di acqua, rappresentanti la risorsa necessaria per oltre 4 mesi, contribuendo in modo sostanziale all’approvvigionamento idrico del territorio servito dall’impianto, senza intaccare altre risorse idriche più “pregiate”. Vecchio bacino di stoccaggio I due bacini hanno acquisito anche una valenza naturalistica, in quanto quali ambienti acquatici favoriranno la creazione di micro-habitat, con presenza di diversi animali e piante. Per questo sono state posizionate due torrette che permettono l’osservazione e l’avvistamento delle specie presenti nell’area, soprattutto avifauna di cui si è osservata la presenza di aironi, folaghe, germani e cormorani. Stazione di pompaggio L’acqua dei bacini, attraverso un sistema di pompaggio, viene inviata al ciclo di trattamento chimico fisico. Il sistema di pompaggio è costituito da quattro pompe di sollevamento, che prelevano l’acqua grezza dal bacino e la inviano alle due linee di trattamento dell’acqua, caratterizzate da due 98 L’ITINHERARIO INVISIBILE chiariflocculatori. Durante il pompaggio l’acqua viene sottoposta ad un processo di disinfezione e di acidificazione. La disinfezione consiste nella somministrazione di biossido di cloro per prevenire la formazione di alghe e batteri; una macchina produttrice dosa automaticamente il biossido di cloro all’avvio delle pompe. L’acidificazione avviene attraverso il dosaggio, mediante apposite pompe, di acido cloridrico, con l’obiettivo di abbassare il pH dell’acqua grezza a quello ideale di 7,5. L’acido cloridrico viene aggiunto da un apposita strumentazione che misura il valore del pH dell’acqua grezza in ingresso. Tale aggiunta viene fatta perché successivamente viene usato un composto chimico che a valori di pH maggiori rimarrebbe disciolto nell’acqua, mentre è necessario riuscire ad eliminarlo. Poiché il biossido di cloro e l’acido cloridrico vengono somministrati da due sistemi a pompa differenti, per favorire la miscelazione dei due componenti nell’acqua grezza in ingresso, le tubazioni sono dotate di sistemi di miscelazione “statici”. Sistema di dosaggio del Biossido di cloro Sistema di dosaggio dell’Acido Cloridrico Sistema di pompaggio I composti chimici utilizzati per la disinfezione e l’acidificazione sono immagazzinati in una sezione adiacente il sistema di pompaggio. Il biossido di cloro viene preparato al momento, mentre l’acido cloridrico è conservato in cisterne; le cisterne sono ubicate all’interno di una vasca di contenimento, che funge da protezione in caso di fuoriuscita di acido o di rottura delle stesse, 99 L’ITINHERARIO INVISIBILE al fine di evitare fenomeni di dispersione delle sostanze e di inquinamento dell’ambiente circostante. Deposito dei composti chimici Chiariflocculazione La chiariflocculazione ha lo scopo di eliminare la torbidità delle acque, rappresentata da fango, sabbia, particelle di limo e argilla; tali particelle presentano una carica elettrostatica che le mantiene in continuo movimento evitando che esse si aggreghino e precipitino. Ingresso dell’acqua grezza nei chiariflocculatori 100 L’ITINHERARIO INVISIBILE Il processo avviene in due tempi separati; nelle vasche di contatto a miscelazione rapida, dove entra acqua grezza, tramite pompe dosatrici vengono immessi i due reagenti necessari per il processo della chiariflocculazione; in tale fase viene somministrato un sale, il Solfato di alluminio, che neutralizza le cariche elettrostatiche e favorisce i fenomeni di aggregazione e precipitazione di “fiocchi”. Chiariflocculatore Uscita dell’acqua chiarificata L’acqua chiarificata esce attraverso dei setti presenti sull’intero perimetro della vasca e viene raccolta in un canale che la invia, dopo essere sottoposta ad un trattamento di post-disinfezione con biossido di cloro, alla vasca di accumulo finale, mentre una minima parte viene inviata al piccolo potabilizzatore di fronte. Dalla vasca di accumulo, l’acqua viene pompata, dopo essere passata attraverso filtri autopulenti, nella rete di distribuzione, che si estende per 108 chilometri , raggiungendo, a nord Conselice, a est Lugo, S. Agata sul Santerno, Massa Lombarda, oltre a Bubano, Mordano e S. Prospero, che è una frazione di Imola; a sud, raggiunge le zone industriali ed artigianali di Imola e più a ovest la frazione di Ponte Santo, sempre di Imola, fino a raggiungere Toscanella, frazione del comune di Dozza ed il comune di Castel Guelfo e verso i potabilizzatori di Conselice, S. Agata sul Santerno e Castel San Pietro Terme. In percentuale, il 35% dell’acqua trattata in questo impianto concorre a soddisfare le esigenze di acqua industriale, mentre il 65% viene inviata ai vari potabilizzatori, dove verrà sottoposta ad ulteriori trattamenti per la produzione di acqua potabile. Potabilizzatore 101 L’ITINHERARIO INVISIBILE Questo potabilizzatore di piccole dimensioni, produce una quantità massima di acqua di 35 litri al secondo, che serve la rete dei Comuni di Mordano, Bagnara di Romagna e la parte bassa del Comune di Imola. L’impianto è costituito di: • Filtro a sabbia: ha la funzione di trattenere i fiocchi di fango che possono essere, in piccola parte, presenti dopo il trattamento dell’acqua nel chiariflocculatore; • Ossidazione con ozono; ha la funzione di disinfezione e ossidazione dell’acqua. L’ozono è un forte ossidante e disinfettante molto efficace verso i batteriofagi. In un impianto di potabilizzazione di tali dimensioni, con portate d’acqua ridotte, tale metodo di disinfezione risulta molto efficace, ma per portate maggiori si deve tenere conto della volatilità del composto, che ha un tempo di “vita” in acqua di circa 10 minuti; • Filtro a carbone attivo; l’acqua viene fatta passare attraverso questo filtro che ha la funzione di trattenere l’ozono residuo, adsorbire eventuale materiale organico e gli odori presente nell’acqua. I componenti si trasferiscono dalla fase liquida alla fase solida avvicinandosi prima alla superficie esterna del solido, diffondono poi nella porosità interna (che deve presentare una elevata superficie specifica a contatto con il liquido) ed infine, migrano sulla superficie del solido. • Disinfezione con biossido di cloro; tale trattamento ha la funzione di mantenere l’acqua “disinfettata” lungo l’intera rete di distribuzione dell’acquedotto, fino all’utenza finale. La realizzazione di questo impianto, è stata una scelta indirizzata verso la tutela delle preziose risorse idriche sotterranee, a fronte dei fenomeni di subsidenza interessanti il territorio emiliano romagnolo e connessi all’eccessivo emungimento di acqua dal suolo. Da qualche decennio, infatti, si è constatato un continuo abbassamento del terreno e dei livelli delle falde artesiane cui attingono sia i pozzi degli acquedotti che i pozzi privati, evidenziando come l’acqua immagazzinata nei bacini sotterranei venga sfruttata in misura superiore alla sua potenzialità, soprattutto alla sua potenzialità di ricarica. La realizzazione di un impianto di tali dimensioni, oltre a ragioni di risparmio di tale preziosa risorsa e di tutela ambientale, è stata dettata anche da motivazioni di tipo economico. L'acqua ad uso industriale, necessitando di minori trattamenti rispetto a quella potabile, costa di meno e ciò ha ovviamente una notevole importanza per le imprese che la utilizzano nei propri processi industriali. Due ragioni, l'una economica, l'altra ambientale, si assommano così nel rendere fondamentale quest'opera e questi impianti nella realtà del nostro territorio. 102 L’ITINHERARIO INVISIBILE NIP - Impianto di potabilizzazione di Ravenna Il ciclo di produzione dell’acqua potabile tramite l’impianto denominato NIP e sito nel comune di Ravenna prevede il prelievo di acqua grezza dai fiumi Reno e Lamone (integrato, quando necessario, dal Canale Emiliano Romagnolo), mediante la Canaletta a cielo aperto di proprietà di Polimeri Europa. La rete di distribuzione viene inoltre alimentata dall’acquedotto di Romagna Acque in corrispondenza della località Mirabilandia. Il NIP è situato in località Bassette in un’area di circa 40.000 m2 interamente recintata, in parte occupata da impianti, in parte da pineta. L’impianto è strutturato per un trattamento fisico e chimico spinto, affinazione e disinfezione in quanto l’acqua grezza che vi giunge, provenendo da fiumi che ormai sono giunti al termine del loro percorso, contiene un discreto carico inquinante che deve essere totalmente eliminato. Veduta aerea del potabilizzatore di Ravenna - NIP 103 L’ITINHERARIO INVISIBILE Le fasi del processo Paratoie All’inizio dell’impianto di potabilizzazione sono presenti due paratoie, una manuale e una motorizzata, che permettono di impedire che l’acqua entri nell’impianto se questa contiene elevati carichi di inquinanti e nei periodi in cui si effettuano manutenzioni. Opera di presa e grigliatura L’opera di presa è costituita da una canaletta seminterrata a cielo aperto in cemento armato e a sezione U. L’impianto di grigliatura è munito di una griglia in acciaio inox a funzionamento automatico che permette di eliminare i solidi grossolani come stracci, pezzi di legno, frammenti di piante, carta, ecc. Il materiale viene rimosso automaticamente per mezzo di un pettine, viene convogliato su un nastro trasportatore che lo scarica in un cassone che periodicamente viene portato in discarica. Griglia automatica per l’eliminazione del materiale grossolano Aerazione Avviene in una vasca rettangolare interrata a cielo aperto dove sono sistemati, a breve distanza dal fondo, tubi per la diffusione dell’aria insufflata da un ventilatore. L’ossigeno introdotto nella vasca satura l’acqua presente e questo provoca l’allontanamento delle sostanze volatili indesiderate presenti nell’acqua. L’acqua satura di ossigeno inibisce i processi anaerobici che possono svilupparsi in seguito, evitando che i batteri anaerobi possano produrre i solfuri, metaboliti dannosi alla potabilizzazione. 104 L’ITINHERARIO INVISIBILE Dosaggio di reagenti All’acqua che esce dalla fase di aerazione si dosano in caso di necessità i seguenti reagenti: - biossido di cloro che effettua una prima blanda sterilizzazione dell’acqua in presenza di elevati quantitativi di inquinanti per limitare la proliferazione di alghe e flora batterica nelle fasi successive. - acido cloridrico che serve per diminuire il pH fino a valori ottimali per il trattamento con polidrossiclorosolfato di alluminio, che serve per le fasi di chiariflocculazione, in maniera da limitare il discioglimento dell’alluminio. La solubilità dell’alluminio in acqua dipende infatti fortemente dal pH; se il pH esce dall’intervallo di 7.3 – 7.6, la solubilità cresce rapidamente. Attualmente tale processo è sostituto dal dosaggio di anidride carbonica a monte della chiariflocculazione. Sedimentazione e omogeneizzazione La sezione di sedimentazione è costituita da 4 vasche interrate, a cielo aperto, in cemento armato. In queste vasche, grazie alla situazione di quiete creata avviene la sedimentazione delle sabbie e delle argille presenti nell’acqua. L’operazione di omogeneizzazione permette il mescolamento dell’acqua con i reagenti che possono essere dosati. Chiariflocculazione Avviene in 4 chiariflocculatori, a cielo aperto, tipo accelator realizzati con struttura in cemento armato e opere accessorie in parte in acciaio inox e in parte in ferro verniciato. La chiariflocculazione comprende le fasi di coagulazione, flocculazione e sedimentazione. Chiariflocculatore 105 L’ITINHERARIO INVISIBILE Se i materiali in sospensione sono di tipo colloidale, la condizione di quiete dell’acqua non è sufficiente a farli sedimentare, a causa delle piccole dimensioni delle particelle e della spontanea agitazione delle stesse, connessa con la repulsione reciproca sotto l’influenza delle cariche elettriche delle superfici. La sedimentazione dei colloidi può avvenire soltanto a seguito della destabilizzazione delle cariche (coagulazione), cioè l’annullamento delle cariche superficiali che determinano la repulsione, impedendo l’aggregazione (Passino, 1995). Questo effetto si ottiene aggiungendo all’acqua polidrossiclorosolfato di alluminio ad alta basicità, un agente flocculante che favorisce l’aggregazione delle particelle in fiocchi. La formazione di questi fiocchi è detta flocculazione ed essa porta alla produzione di fango che deve essere scaricato e smaltito. Il flocculante permette la precipitazione e la rimozione del fosforo presente nella corrente acquosa; l’abbondanza di fosforo nelle acque superficiali è generalmente ritenuta la causa principale del fenomeno di fioritura algale che caratterizza le estati di molti fiumi. Scarico e smaltimento del fango prodotto nella flocculazione Nei chiariflocculatori esistono dei concentratori dove si viene a concentrare il fango di flocculazione. Tali concentratori sono muniti di condotte che permettono l’allontanamento del fango creato tramite un sistema di scarico automatico in cui è possibile temporizzare la durata dello scarico stesso. Il fango allontanato dall’impianto viene accumulato in pozzettoni e sollevato da pompe che lo inviano in due diverse direzioni utilizzate contemporaneamente o una in alternativa all’altra. Il fango può essere inviato al depuratore delle acque reflue cittadine di Ravenna oppure all’impianto di smaltimento dell’Azienda Ambiente presente nel compartimento di Polimeri Europa. Clorazione a break point Questa parte dell’impianto è costituita da una vasca a cielo aperto a sezione ad “L” in cemento armato sopraelevata dal piano di campagna. La clorazione a break point è un metodo di sterilizzazione che permette la completa ossidazione dell’ammoniaca presente nell’acqua, che per legge deve rientrare all’interno dei limiti massimi consentiti, a cloroammine per reazione con una quantità controllata di ipoclorito di sodio. Questo permette anche il mantenimento di un valore di cloro residuo libero sufficiente a garantire l’assoluta sterilizzazione dell’acqua. In questa fase dell’impianto è possibile dosare come disinfettante anche biossido di cloro, sia per l’elevato potere germicida, sia per la capacità di ossidare numerosi composti inorganici come 106 L’ITINHERARIO INVISIBILE ferro, manganese e cianuri, metaboliti algali e composti odorigeni e per la capacità di rimuovere alcuni precursori di formazione di sottoprodotti organoclorurati. L’impiego di tale ossidante rimane fortemente limitato dalla formazione di alcuni sottoprodotti di ossidazione sia organici che inorganici, di cui i principali sono clorito e clorato. Approssimativamente, circa il 50 – 70 % del biossido di cloro consumato dalle reazioni di ossidazione viene convertito in clorito, che rimane piuttosto stabile. Filtri a silice Le apparecchiature di filtrazione vengono utilizzate per migliorare la qualità dell’acqua eliminando tutti i solidi sospesi fini le cui caratteristiche e dimensioni ne hanno impedito la separazione nelle fasi precedenti. La sezione di filtrazione è costituita da due batterie rispettivamente di 10 e 8 vasche a cielo aperto in cemento armato: la sezione di ciascuna vasca è di 40 mq; lo spessore del letto filtrante, costituito da silice a granulometria costante, è di circa 80 cm; sul fondo delle singole vasche sono presenti lastre in cemento armato munite di fori dove sono installati gli ugelli per la raccolta dell’acqua filtrata. Filtri a silice L’acqua che deve essere filtrata viene immessa al di sopra del letto, passa attraverso questo e fuoriesce dagli ugelli. Dopo un determinato periodo di attività, il filtro deve essere lavato per rimuovere i solidi in esso trattenuti; ciò viene realizzato per mezzo di un controlavaggio, insufflando aria al di sotto del letto filtrante per 5 minuti e immettendo successivamente acqua. Il controlavaggio viene attivato da un operatore e si svolge in automatico. 107 L’ITINHERARIO INVISIBILE Le caratteristiche principali dei mezzi filtranti sono le dimensioni dei granuli, (che vengono scelte in funzione delle caratteristiche dei solidi contenuti nell’acqua da trattare e dall’efficienza di rimozione che si vuole ottenere) e il loro coefficiente di uniformità. Nel caso delle sabbie silicee utilizzate, la dimensione dei granuli è di circa 0.85 mm e il coefficiente di uniformità delle particelle è circa 1.4. Vasca di rilancio In questa fase avviene un sollevamento della piezometria dell’acqua attraverso 3 pompe ad asse verticale, 2 a giri fissi e 1 comandata da un motore elettrico a giri variabili. Tali pompe inviano l’acqua accumulata in una vasca interrata attigua ai filtri a silice sui filtri a carbone e hanno una energia sufficiente a far arrivare l’acqua sino alle vasche di stoccaggio. Nella vasca di rilancio sono presenti altre pompe: 2 per il controlavaggio dei filtri a silice e 3 per l’alimentazione del circuito acqua – servizi dell’impianto. Filtri a carboni attivi granulari La sezione di filtrazione a carbone attivo comprende 6 batterie, ognuna delle quali è costituita da 5 unità filtranti. Alla base delle singole unità filtranti sono installate piastre dotate di ugelli in materiale plastico termoresistente per la raccolta dell’acqua filtrata. Sfruttando le proprietà adsorbenti del carbone attivo viene effettuata la rimozione della sostanza organica solubile presente nell’acqua. Il carbone attivo è infatti caratterizzato da una elevata area superficiale per unità di peso (dell’ordine dei 1000 m2 ⋅ g-1); da ciò la sua notevole capacità di adsorbimento, in particolare nei confronti di sostanze organiche ad elevato peso molecolare e di natura non polare (Passino, 1995) e nei confronti dei THM che si formano durante la clorazione per reazione della sostanza organica con ipoclorito di sodio. Per contro, sostanze organiche a catena corta, come gli zuccheri ed il metanolo, non sono facilmente adsorbite. La velocità di adsorbimento è strettamente legata alle dimensioni medie dei granuli di carbone ed al pH; in generale essa cresce al diminuire della concentrazione idrogenionica. La presenza di torbidità o di solidi in sospensione nell’acqua da potabilizzare riduce la capacità di adsorbimento del carbone in quanto, provocando una parziale occlusione della struttura porosa, 108 L’ITINHERARIO INVISIBILE diminuisce la superficie disponibile per l’adsorbimento (Passino, 1995). E’ quindi necessario inviare al trattamento su carbone un’acqua preventivamente chiariflocculata e filtrata. I parametri operativi e di processo che devono essere individuati durante la normale conduzione sono: - ripartizione della portata d’acqua sulle varie batterie dei filtri; - efficienza della filtrazione eseguendo controlli chimici sui principali parametri influenzati dal processo di adsorbimento come sostanza organica e THM. Rigenerazione dei carboni Nelle particelle di carbone si accumulano sostanze inquinanti che non vengono estratte durante il controlavaggio a vapore. Se il carbone diventa saturo di questi inquinanti esaurisce il suo effetto filtrante e deve essere rigenerato con un opportuno trattamento termico. La rigenerazione del carbone viene eseguita presso aziende specializzate che operano nel modo seguente: il carbone viene inserito in forni che raggiungono una temperatura di circa 800° C e in cui c’è assenza di ossigeno per evitare la combustione del carbone stesso; in queste condizioni si decompongono tutte le molecole organiche, liberando i granuli di carbone. Questo viene riportato sull’impianto e immesso nei filtri. La rigenerazione viene effettuata ogni 12 – 24 mesi in funzione dell’acqua trattata e dell’esaurimento della batteria; essa comporta una perdita di circa il 10 % del carbone che viene ricostituito integrando il suo volume con carbone vergine. Dosaggio di soda caustica e biossido di cloro L’acqua all’uscita dei filtri a carbone deve essere mantenuta incrostante per evitare che corroda al suo passaggio le tubature della rete di distribuzione, in parte realizzate in cemento amianto. Bisogna quindi portarla sopra il pH di saturazione aggiungendo idrossido di sodio (nota anche come soda caustica). L’acqua, a questo punto dell’impianto, è già salubre perché è stata completamente liberata dagli agenti inquinanti, però è priva di sterilizzante residuo; occorre quindi dosare biossido di cloro in concentrazione di 0.12 – 0.20 ppm che evita lo sviluppo in rete di microrganismi patogeni. 109 L’ITINHERARIO INVISIBILE Stoccaggio dell’acqua L’acqua prodotta dall’impianto viene accumulata in 3 vasche chiuse, alte 5 m, costruite in cemento armato, 2 con volume di 6000 m3 e una di 10000 m3. Queste 3 vasche, che contengono acqua con le stesse caratteristiche, vengono utilizzate in parallelo, riuscendo così a compensare le escursioni di consumo che si verificano lungo la rete di distribuzione e garantendo l’approvvigionamento di acqua potabile in caso di brevi interruzioni del funzionamento dell’impianto. Vasca di stoccaggio L’impianto, inoltre, è strutturato in modo tale da suddividere la produzione di acqua in due linee: - una linea che fornisce acqua potabile, come detto precedentemente; - una linea destinata a produrre acqua di uso industriale; questa seconda linea fa si che l’acqua, dopo i filtri a silice, si accumuli nella vasca di rilancio e da qui venga inviata direttamente tramite pompe e valvole nella vasca di stoccaggio da 6000 m3, senza subire il processo di filtrazione a carboni attivi. Rete di distribuzione La rete di distribuzione dell’acquedotto di Ravenna è stata realizzata per essere alimentata dal NIP e dalla rete di Romagna Acque, ed è costituita da condotte che effettuano trasporto e la contemporanea distribuzione dell’acqua potabile a tutti i residenti. La rete è chiusa a formare un anello in modo da garantire l’erogazione dell’acqua a tutto il territorio del comune. Lungo la rete vi sono centrali per l’accumulo e il risollevamento dell’acqua potabile e centrali per il dosaggio di biossido di cloro come sterilizzante. La rete è collegata a nord con le centrali acquedottistiche di Alfonsine, Fusignano, Russi e Bagnacavallo, che ricevono acqua in diverse misure. 110 L’ITINHERARIO INVISIBILE Inoltre tramite la condotta di Torre Pedrera è possibile alimentare la centrale presente a Cervia e la rete di distribuzione di Cesenatico, anche se solo molto parzialmente. Il sistema di telecontrollo Il sistema di telecontrollo è situato al NIP dove sono presenti turnisti che hanno il compito di controllare in continuo le varie fasi di funzionamento dell’impianto e in qualche caso di eseguire manovre di conduzione. Il telecontrollo permette inoltre di monitorare lo stato delle principali centrali dedicate alla produzione e distribuzione di acqua e gas, dei depuratori delle acque reflue, dei sollevamenti di acque nere e gestione delle idrovore che sollevano l’acqua di pioggia. Impianti di depurazione: Cesena e S. Giustina di Rimini Gli impianti di depurazione di Cesena e di S. Giustina di Rimini si occupano del trattamento delle acque reflue sia civili che industriali, del territorio cesenate il primo, dell’intera area settentrionale della Provincia di Rimini il secondo. Nei due impianti, oltre ai tradizionali trattamenti biologici, vengono applicati trattamenti aggiuntivi quali nitrificazione, denitrificazione e defosfatazione, filtri a sabbia e disinfezione con biossido di cloro. Veduta aerea del depuratore di S. Giustina di Rimini 111 L’ITINHERARIO INVISIBILE Le fasi del processo Grigliatura Il primo passaggio è attraverso un sistema di griglie metalliche che permette l’eliminazione di tutto quello che i batteri non possono digerire: stracci, bastoncini, pezzi di legno e di plastica che finiscono, purtroppo, negli scarichi. I corpi una volta raschiati dalle griglie, vengono raccolti in un contenitore e inviati in discarica. Desabbiatura Superata la griglia, il liquame viene sottoposto al processo di desabbiatura e disoleatura. La prima serve ad eliminare la sabbia, ma anche polvere, pietrisco, ceneri ed altre sostanze inorganiche pesanti, per proteggere le apparecchiature meccaniche dall’abrasione e per evitare l’accumulo di dette sabbie, con riduzione del volume utile nelle vasche dell’impianto; la seconda rimuove i grassi, gli oli e i tensioattivi con getti d’aria che li spingono in superficie. Sedimentazione primaria Il liquame così “filtrato” fluisce in una vasca di decantazione primaria, il “sedimentatore”. In un liquame sono presenti diversi tipi di particelle in sospensione: quelle che hanno un peso specifico maggiore a quello del liquame stesso, e quelle che hanno un peso specifico minore o uguale. Tutte e due, se la turbolenza è elevata, vengono trascinate dal flusso. Se la velocità del flusso diminuisce, le particelle con peso specifico maggiore rispetto al liquido che le contiene cadono per gravità sul fondo; le altre rimangono in sospensione (cioè fluttuano senza precipitare). Si definisce materiale sedimentabile l’insieme dei solidi, sia di natura granulosa che flocculosa che sedimentano in un tempo ragionevole (di norma viene fissato un limite di tempo pari a 1 ora). I solidi non sedimentabili presentano delle dimensioni talmente piccole da non poter essere eliminati per questa via. Il tipo più comune di sedimentatore ha forma circolare e prevede l’immissione del liquame dal basso verso l'alto con movimento radiale dal centro verso l’esterno. Il materiale sedimentato, chiamato fango primario, viene raccolto sul fondo e verrà trattato anch'esso prima di venire smaltito. Una sedimentazione primaria è buona se si ha l’eliminazione del 50-80% delle sostanze sospese. 112 L’ITINHERARIO INVISIBILE Nitrificazione e denitrificazione Il liquame viene immesso in una vasca di aerazione e nitrificazione. Scopo è quello di ossidare i composti azotati presenti sotto forma ammoniacale, a NO2 e NO3 (nitrificazione). Il processo avviene in due fasi distinte, sotto descritte, ad opera di batteri autotrofi del genere Nitrosomonas e Nitrobacter, presenti comunemente nelle acque domestiche. 2 NH4+ + 3O2 2NO2 + O2 NITROSOMONAS NITROBACTER 2NO2- + 4H+ +2H2O (nitriti) 2NO3- (nitrati) La velocità di nitrificazione, che dipende dalla velocità di trasformazione dell’ammoniaca a nitriti, è influenzata da una serie di parametri come il pH, la concentrazione di ossigeno disciolto e la temperatura. Nitrati e nitriti, in quanto nutrienti, non possono venire rilasciati nell'effluente. Occorre far seguire una fase di denitrificazione finalizzato all’eliminazione della sostanza azotata presente sottoforma di nitrati attraverso la riduzione ad azoto molecolare gassoso che si allontana come gas dalla fase liquida. In altre parole, una volta prodotto, il nitrato deve venire ridotto (da batteri anaerobi) in N2 (gassoso). Per avvenire la denitrificazione ha bisogno di: • substrato batterico • azoto ossidato nella forma di nitrati • carbonio organico • assenza di ossigeno disciolto Il substrato batterico è garantito dal flusso di fango di ricircolo proveniente dal sedimentatore secondario ed eliminato dall’ossidazione. I nitrati vengono immessi ricircolando il liquame che viene prelevato dall’uscita dell’ossidazione/nitrificazione. L’assenza di ossigeno viene mantenuta non eccedendo nella fornitura di ossigeno libero in fase di ossidazione/nitrificazione. Una volta denitrificato, il materiale organico presente nel liquame deve venire depurato. Il trattamento prevede l'impiego del cosiddetto “fango attivo” e consiste nel mantenere in un bacino ben aerato una nutrita coltura di particolari specie batteriche già presenti in numero ridotto nel liquame da trattare. La comunità di batteri presente nei fanghi attivi è principalmente costituita da 113 L’ITINHERARIO INVISIBILE batteri aerobici che richiedono sostanza organica per rifornirsi di carbonio ed energia (batteri eterotrofi). In questo modo, viene eliminata la frazione organica. Sedimentazione secondaria Successivamente la miscela di fanghi attivi e liquidi passa alla vasca di sedimentazione secondaria, dove avvengono due processi fondamentali: produzione di materiale cellulare per ossidazione microbica della sostanza organica e adsorbimento su questo materiale, che si aggrega in fiocchi, delle sostanze da rimuovere. È pertanto necessario che i fiocchi vengano mantenuti in sospensione tramite un appropriato grado di agitazione. L'aggregarsi delle particelle provoca un innalzamento del peso specifico dei fiocchi che quindi possono precipitare sul fondo sotto forma di fango "secondario". Una parte di questo fango attivo sedimentato, denominato “fango di ricircolo”, viene ripompata a monte della vasca di aerazione per facilitare il trattamento di altro liquame. Poiché la quantità di fango attivo aumenta considerevolmente è necessario allontanare la quantità di fango in eccesso (fango “di supero”) che, o viene reimmesso nel circuito, oppure viene inviato alla linea di depurazione dei fanghi. L'acqua in uscita dai sedimentatori secondari, viene immessa nelle vasche per i trattamenti terziari. Disinfezione È un’operazione mediante la quale si eliminano gli organismi patogeni tipo batteri o virus, impiegando soprattutto sostanze a base di cloro. L'aggiunta di queste sostanze avviene in una vasca a percorso sinuoso, a labirinto, in modo da mantenere un tempo di contatto acqua-cloro abbastanza elevato. Chiariflocculazione Questa è una operazione combinata di coagulazione, flocculazione e sedimentazione. Se i materiali in sospensione sono di tipo colloidale non sedimentano a causa sia delle piccole dimensioni delle particelle, sia per la repulsione elettrica reciproca . La sedimentazione può avvenire solo a seguito della destabilizzazione delle cariche. Questo effetto è ottenibile attraverso l’aggiunta all’acqua di elettroliti, cioè composti chimici come il solfato di alluminio o di ferro, il cloruro di ferro o di alluminio, il cui scopo è quello di formare degli ioni metallici idrolizzabili. La destabilizzazione delle cariche è nota con il nome di COAGULAZIONE. 114 L’ITINHERARIO INVISIBILE Poiché normalmente i colloidi sono caricati negativamente, vengono impiegati coagulanti di tipo cationico che in acqua si caricano positivamente. Gli idrossidi metallici ed i polimeri organici oltre a funzionare come coagulanti favoriscono anche l’aggregazione delle particelle che così possono decantare. Tali aggregati, che possono raggiungere le dimensioni di qualche mm, sono detti fiocchi e il meccanismo della loro formazione è detto FLOCCULAZIONE. In una fase successiva i fiocchi devono essere sedimentati. La linea fanghi Con il termine di fango si intendono i solidi eliminati dai liquami con il processo di sedimentazione. A seconda della loro provenienza possono venire classificati come fanghi primari, secondari, di supero, o chimici. In base alle loro condizioni o ai processi subiti, possono distinguersi in grezzi, freschi, digeriti, lavati, disidratati, essiccati. Con il termine “trattamento dei fanghi” si intendono tutti quei metodi che intercorrono tra la rimozione del fango dai sedimentatori fino al loro smaltimento finale. Pre-ispessimento La prima operazione che un fango subisce nel suo processo di depurazione è un preispessimento, cioè una diminuzione del suo contenuto in acqua. A tal fine si utilizzano vasche di ulteriore sedimentazione e addensamento dei fanghi dotate di dispositivi che favoriscono la separazione dell’acqua dal fango. L’acqua estratta viene rimessa in circolo nell'impianto, seguendo cioè la linea acqua. 115 L’ITINHERARIO INVISIBILE Linea fanghi – pre-ispessimento Digestione anaerobica Il processo di digestione del fango è condotto in assenza di ossigeno libero da organismi anaerobici. Avviene in tre fasi principali: - fermentazione acida: i microrganismi (batteri o altri) aggrediscono i solidi disciolti, quali gli zuccheri, fino a formare acidi organici, idrogeno solforato, carbonati e anidride carbonica; - l’ambiente acido sviluppa la crescita di microrganismi che abbattono, anche se lentamente, proprio le sostanze acide. In questa fase si hanno processi di stabilizzazione e gasificazione dei fanghi (viene prodotto biogas, cioè metano e anidride carbonica); - vengono attaccati i composti azotati quali proteine e aminoacidi. Il pH si stabilizza intorno ai 6,8 e 7,4. Si ha una abbondante formazione di metano. I solidi rimasti nel fango sono relativamente stabili. Post-ispessimento e disidratazione meccanica Al processo di digestione seguono un post-ispessimento, mediante il quale viene tolta l’acqua interstiziale, una disidratazione spinta, eseguita mediante un nastro a pressa, e lo smaltimento finale. Nella disidratazione spinta il fango viene inviato in mezzo a due nastri in modo da lavorare sotto pressione. In questo modo si raggiunge un secco del 20-25%. Il filtrato viene riportato in testa al trattamento. Il fango, diventato di consistenza palabile, deve essere smaltito. Così trattato il fango 116 L’ITINHERARIO INVISIBILE è stabilizzato ed è ridotto a terriccio marrone scuro. Il prodotto finale è un soffice terriccio che viene utilizzato per fare compost per agricoltura e floricoltura. Qualità nei servizi, qualità nei prodotti Il Gruppo HERA effettua controlli sulla qualità delle acque relativamente a tutte le fasi del servizio idrico integrato: acquedotto, fognatura e depurazione. L'attività di controllo delle caratteristiche igienico-sanitarie dell'acqua destinata al consumo umano è strettamente legata al concetto di acquedotto, inteso come insieme di infrastrutture connesse a determinati impianti di produzione idrica. I requisiti di qualità dell'acqua sono garantiti attraverso un alto grado di sorveglianza esercitato sulle fonti d'approvvigionamento, l'uso di tecnologie e prodotti di alto livello per la potabilizzazione, la verifica costante del livello di prestazione degli impianti (controllo di processo) e un'adeguata vigilanza sullo stato delle reti di distribuzione. I controlli sulla qualità delle acque destinate alla produzione di acqua potabile e al consumo umano sono regolati dal decreto legislativo 152/2006 e dal 31/2001. Vengono distinti in controlli interni, effettuati dal gestore del servizio idrico, e controlli esterni svolti dalle AUSL e da altri enti di controllo. Tali controlli vengono effettuati presso i punti di prelievo delle acque superficiali e sotterranee da destinare al consumo umano, presso gli impianti di adduzione, di accumulo e di potabilizzazione e presso le reti di distribuzione. Hera ha consolidato un piano di controllo di Gruppo che descrive le diverse tipologie di punti di campionamento, i parametri analitici ricercati e le relative frequenze. Lo sviluppo del piano tiene conto di linee di principio comuni per tutte le Società Operative Territoriali: la caratterizzazione chimico fisica e batteriologica dell'acqua, il rispetto dei requisiti cogenti, la garanzia di fornire un prodotto di qualità ottimale. I controlli e le verifiche di idoneità effettuati alla captazione consentono di intervenire tempestivamente sospendendo, se necessario, il prelievo nel caso in 117 L’ITINHERARIO INVISIBILE cui le caratteristiche chimico-fisiche non rispondano ai requisiti di qualità attesi. Tra le iniziative intraprese ai fini del miglioramento della qualità dell'acqua possiamo citare: l'ottimizzazione dei processi di chiariflocculazione, l'attivazione di nuovi impianti di disinfezione negli acquedotti di alcuni comuni pedecollinari e collinari, la messa a punto di sistemi di miscelazione statica del disinfettante immesso, la manutenzione straordinaria di alcuni impianti di produzione di biossido di cloro con l'installazione di sistemi di telecontrollo. Per quanto riguarda le acque reflue, il Gruppo Hera effettua su tutto il territorio in cui opera controlli mirati sugli scarichi industriali in rete fognaria e su tutta la filiera del trattamento depurativo, dall'ingresso dei reflui nell'impianto fino allo scarico finale nel corpo idrico recettore (fiume, mare). Tale attività consente la restituzione all'ambiente di un effluente che non altera le caratteristiche chimiche, fisiche e biologiche dell'ambiente naturale. Tutto ciò anche a vantaggio di un continuo miglioramento delle fonti superficiali e di protezione delle fonti sotterranee (falde) utilizzate a scopo idropotabile. I parametri analitici - chimici, chimico-fisici, microbiologici e biologici - normalmente monitorati sono quelli previsti dalla normativa vigente (D.Lgs. 31/2001 e s.m.i. per le acque destinate al consumo umano e D.Lgs. 152/2006 e s.m.i. per le acque reflue). Oltre a tali tipologie di parametri, il Gruppo Hera effettua la ricerca di parametri non convenzionali in relazione a particolari verifiche periodiche. Sono inoltre impostati protocolli di ricerca specifici per la sperimentazione di tecnologie di trattamento innovative. Il controllo analitico ha lo scopo fondamentale di tutelare la salute pubblica. La pianificazione dei controlli rappresenta uno strumento di governo delle risorse e di prevenzione del rischio che investe tutte le fasi del ciclo idrico. Per questo motivo le analisi vengono eseguite con adeguata frequenza nel rispetto di programmi di campionamento definiti nel Piano di controllo annuale, che 118 L’ITINHERARIO INVISIBILE definisce i criteri di impostazione, i punti di campionamento sottoposti a controllo, il numero, la frequenza e la tipologia delle analisi. Pur prevedendo una base di controllo omogenea per tutto il territorio servito, nella redazione del Piano si tiene conto di particolari esigenze di controllo connesse a specifiche situazioni impiantistiche, ovvero a necessità di monitoraggi specifici sulla base delle serie storiche dei dati. L'attento studio degli esiti dei rilievi eseguiti è alla base delle programmazioni future. Al fine di ottimizzare il rapporto costi/benefici, si privilegia - per quanto possibile e nel rispetto di quanto previsto dalla normativa vigente - il numero e la densità dei punti di controllo rispetto all'estensione del set di parametri, includendo quelli maggiormente significativi. Allo stesso scopo si è sviluppata l'implementazione di semplici ma affidabili monitoraggi in campo eseguibili da personale tecnico esperto. Gli esiti più rappresentativi dell'attività di controllo sono divulgati, in un'ottica di massima trasparenza, attraverso l'utilizzo di canali di comunicazione consolidati quali le Carte del Servizio ed il sito internet. Riferimenti bibliografici Calori A., Realizzazione e gestione impianti a carbone attivo granulare, atti del convegno “La gestione degli impianti di potabilizzazione: osmosi inversa, carboni attivi, ossidazione e filtrazione”, Milano 9-10 ottobre 2003. Cristoforetti C., Teoria dell’adsorbimento dei carboni attivi, atto del convegno “La gestione degli impianti di potabilizzazione: osmosi inversa, carboni attivi, ossidazione e filtrazione”, Milano 9-10 ottobre 2003. Melchiorre I., Fortuna U., Igiene e disinfezione dell’acqua, Editrice Il Campo, 1980. Moruzzi L., La potabilizzazione delle acque con elevata concentrazione di sostanze inquinanti, atti del seminario sulla potabilizzazione igienica dell’acqua, Editrice E. A. fiere di Padova, 1979. Passino R., Manuale di conduzione degli impianti di depurazione delle acque, Zanichelli, Esac 1995. Hera S.p.A., "Bilancio di sostenibilità 2004" 119 L’ITINHERARIO INVISIBILE Riferimenti Web www.gruppohera.it http://www.amispa.com (Ami Spa) http://www.amir.it (Amir S.p.A.) http://www.coviri.it/ www.minambiente.it 120 L’ITINHERARIO INVISIBILE Capitolo 6 – L’acqua e la salute dell’uomo I vari tipi di acque destinate al consumo umano Le acqua destinate al consumo umano si possono suddividere in due tipologie differenti: le acque potabili e le acque minerali naturali. Tale divisione si basa sulle differenze relative agli impieghi, alle tipologie di distribuzione (in bottiglia le acque naturali minerali, prevalentemente in condotta le acque potabili ), alle differenti origini e ai diversi trattamenti a cui sono sottoposte (le acque potabili subiscono specifici trattamenti a seconda della loro provenienza, mentre le acque minerali naturali presentano all’origine particolari caratteristiche igieniche assicurate dalla provenienza di acquiferi protetti). L’acqua potabile L'acqua potabile è una risorsa primaria destinata al consumo e a fondamentali attività umane. Letteralmente acqua potabile significa “acqua che può essere bevuta” senza nuocere alla salute e che quindi presenta tutti i requisiti di qualità stabiliti dalla normativa vigente e in conseguenza a ciò dove rispondere a determinati requisiti: • deve essere incolore, inodore e di gradevole sapore; • essere batteriologicamente pura; • avere un valore del pH compreso tra 6,5 e 9,5 (l'acqua pura ha un valore del pH pari a 7; con un pH inferiore a 7 l'acqua risulta acida, con un pH superiore a 7 invece risulta basica); • avere un livello di durezza, data dal contenuto in sali alcalino terrosi, principalmente calcio e magnesio, compreso tra 15 e 50 gradi francesi,; • deve contenere una quantità di sali tale da dare un residuo fisso massimo pari a 1500 mg/l; • avere un contenuto di nitrati massimo pari a 50 mg per litro. Per poter rispettare tutti questi requisiti le aree di alimentazione delle risorse idriche, superficiali o sotterranee, e gli impianti che fanno parte degli acquedotti devono essere protetti da ogni possibile fonte di inquinamento. Le fonti da cui generalmente viene attinta l’acqua potabile sono quindi: • le falde sotterranee (è la fonte prevalente); • le sorgenti; 121 L’ITINHERARIO INVISIBILE • le acque superficiali (in questo caso vengono costruite adeguate opere di presa, in prossimità di traverse, che hanno lo scopo di deviare l'acqua, o dighe che la accumulano per far fronte ai periodi di maggior scarsità). L’acqua potabile che viene distribuita negli acquedotti comunali e consortili é sottoposta ad analisi periodiche per la valutazione dei vari parametri principali. Le analisi che vengono effettuate sono di vario tipo: • organolettico, per valutare colore, sapore e odore; • fisiche, per valutare temperatura, conducibilità elettrica, limpidezza; • batteriologiche, per valutare la presenza di germi patogeni; • chimiche, per valutare le sostanze presenti (analisi qualitativa) e le loro concentrazioni (analisi quantitativa). Esistono anche dei parametri che vengono utilizzati per caratterizzare le acque potabili e i principali sono: • pH (indicatore del grado di acidità); • conducibilità elettrica e residuo secco a 180°C (si riferiscono alla presenza di sali minerali: più l'acqua è mineralizzata, più sono alti la conducibilità e il residuo secco); • ossidabilità (indica la quantità di sostanze organiche presenti; un'alta presenza di queste, espone l'acqua ad un maggior rischio di degrado); • calcio e magnesio (contribuiscono a determinare la durezza); • solfato, nitrato, cloruro; • metalli pesanti (sostanze definite tossiche dalla legge in quanto rischiose per la salute dell'uomo e rappresentanti pertanto un indice negativo). Solitamente l’acqua potabile che circola nei nostri acquedotti può essere considerata sicura, grazie alle numerose analisi a cui viene sottoposta per legge. Inoltre, prima di essere immessa in rete l’acqua viene trattata con sostanze disinfettanti, quali cloro, ozono, ipoclorito di sodio. Tali sostanze, anche se possono qualche volta dare un sapore non del tutto gradevole all'acqua, sono quelle che danno garanzie sul piano della salute: infatti, fino a qualche decennio fa molte malattie infettive venivano trasmesse da acqua non disinfettata ad una popolazione, specie di bambini, spesso denutrita e debole per altre ragioni e ciò provocava tassi di mortalità elevati. La disinfezione dell'acqua ha contribuito in modo determinante ad allungare la vita umana. 122 L’ITINHERARIO INVISIBILE Vi sono sostanze per le quali sono prescritti valori massimi che non possono essere assolutamente superati, altrimenti l’acqua è dichiarata non potabile (vedi cap. 1). Si tratta di sostanze nocive o indesiderabili e i valori massimi consentiti sono bassissimi e del tutto precauzionali, come si può vedere nella seguente tabella: Sostanze Valore massimo (microgrammi/litro) Arsenico 10 Benzene 1 Benzo (a) pirene 0,01 Boro 1 Cadmio 10 Clorito 200 Cromo 50 Cianuro 50 Fluoruro 1,5 Mercurio 1 Nichel 20 Nitrati 50 Nitriti 0,5 Piombo 10 Selenio 10 Vanadio 50 (Fonte dati tabella: http://www.consumatori.it/H2O/H2O_5.htm) 123 L’ITINHERARIO INVISIBILE L’acqua minerale Le acque minerali, secondo la definizione di legge, sono acque naturali provenienti dal sottosuolo, caratterizzate da requisiti di purezza originaria e che contengono una certa quantità di minerali disciolti e che solitamente vengono commercializzate in bottiglia. La loro composizione è riportata sull’etichetta; questa composizione deve rimanere costante nel tempo (non deve cioè variare in maniera significativa con le stagioni e con le diverse condizioni climatiche) a riprova della buona protezione dell’acquifero. Secondo la legge italiana le acque minerali commerciabili possono essere suddivise in varie categorie in base alle loro caratteristiche, che devono rientrare nei limiti indicati dal decreto legislativo n. 105 del 25/01/1992 e s.m.i.: acque minimamente mineralizzate: il residuo fisso a 180° è inferiore a 50 mg/l. acque oligominerali (o leggermente mineralizzate): il residuo fisso è compreso tra 50 e 500 mg/l. acque ricche di sali minerali: il residuo fisso è superiore a 1500 mg/l. Esistono poi altre categorie, sempre previste dal decreto, legate alla concentrazione o meno di specifici sali minerali: • acqua minerale contenente bicarbonato, se il bicarbonato è superiore a 600 mg/l; • acqua minerale solfata, se i solfati sono superiori a 200 mg/l; • acqua minerale clorulata, se il cloruro è superiore a 200 mg/l; • acqua minerale calcica, se il calcio è superiore a 150 mg/l; • acqua minerale magnesiaca, se il magnesio è superiore a 50 mg/l; • acqua minerale fluorata, se il fluoro è superiore a 1 mg/l; • acqua minerale ferruginosa, se il ferro bivalente è superiore a 1 mg/l; • acqua minerale acidula, se l'anidride carbonica libera è superiore a 250 mg/l; • acqua minerale sodica, se il sodio è superiore a 200 mg/l; • acqua minerale indicata per le diete povere di sodio, se il sodio è inferiore a 20 mg/l; Oltre alle comuni acque minerali è possibile trovare in commercio altri tipi di acque da bere: si tratta delle acque di sorgente e delle acque da tavola. Solo per l’acqua minerale c’è l’obbligo di riportare in etichetta la composizione analitica e le informazioni delle sue caratteristiche, mentre analogo obbligo non esiste per le altre due tipologie. Le acque di sorgente sono state riconosciute per legge nel 1999. Si tratta di acqua potabile imbottigliata alla fonte delle migliori falde che servono gli acquedotti. L’acqua di sorgente deve 124 L’ITINHERARIO INVISIBILE rispettare i parametri della normale acqua di rubinetto, non può avere cloro aggiunto ma può essere sottoposta agli stessi trattamenti previsti per l’acqua minerale. Al giorno d’oggi la vendita dell’acqua in bottiglia è diventato un vero e proprio business e l’Italia è al primo posto nel mondo, con più di 8 miliardi di litri consumati ogni anno (di cui il 77% confezionato in bottiglie di plastica e solo il 23% in bottiglie di vetro). Sette italiani su dieci bevono acqua in bottiglia, il cui costo mediamente è da 300 a 600 volte superiore a quello dell’acqua potabile. I consumi massimi si registrano nella fascia d’età tra i 24-35 anni, mentre gli anziani ne bevono meno (questo conferma che le motivazioni terapeutiche dell’utilizzo dell’acqua minerale siano le meno rilevanti). Inoltre, l’andamento dei consumi è in crescita (per esempio, dai 155 litri pro-capite all’anno del 1998 si è passati ai 165 litri pro-capite all’anno dell’anno 2001). Alla base di questi alti consumi di acque minerali, si trovano sicuramente diversi fattori quali i gusti personali e le indicazioni mediche, ma probabilmente il fattore scatenante è legato alla sfiducia che c’è nei confronti dell’acqua potabile di casa. Sotto accusa, al di là delle vere e proprie emergenze inquinamento, è soprattutto il processo di potabilizzazione tramite clorazione. Per eliminare i batteri, e quindi il rischio di infezioni sanitarie, si ricorre essenzialmente al cloro, che però dà all’acqua un odore ed un sapore spesso sgradevoli. In alternativa al cloro, in alcuni comuni si sta già sperimentando un diverso processo di potabilizzazione tramite ozono e raggi ultravioletti, anche allo scopo di scongiurare la formazione di trialometani (THM), quei composti prodotti dalla clorazione di cui alcuni studi hanno sostenuto la tossicità. C’è da sottolineare il fatto, però, che in alcuni casi le acque minerali sono tutt’altro che migliori dell’acqua del rubinetto: la normativa che regola le caratteristiche chimico-fisiche delle acque minerali (D.Lgs. 105/92 e D.M. 542/92) è differente rispetto a quella che regola le acque potabili (D.Lgs. 31/2001): essa infatti ammette la presenza di alcune sostanze, sia alcaline che non desiderate, con valori di accettabilità superiori a quelli permessi per le acque potabili. Ovvero, se dal legislatore alcune sostanze sono considerate “indesiderate” quando presenti nelle acque potabili in determinate concentrazioni, e ciò a causa della loro pericolosità per la salute umana, le stesse sostanze non sono considerate “indesiderate” quando presenti nelle acque minerali alle medesime concentrazioni e ciò semplicemente perché i limiti ammessi sono in questo caso superiori. Per esempio per l’acqua minerale non c’è alcun limite né per il manganese né per gli 125 L’ITINHERARIO INVISIBILE altri minerali come il ferro, il cromo, il sodio, il magnesio, il mercurio, il berillio, eccetera. Solo per l’acqua potabile esistono valori massimi che non possono essere superati, oltre a "valori guida" che sono quelli consigliati e che dovrebbero corrispondere a un’acqua del tutto "desiderabile". Inoltre l’acqua minerale non può essere trattata con i composti del cloro per impedire la proliferazione microbica e ciò spiega perché non ha il cattivo sapore che talvolta presenta quella che esce dal rubinetto. Il decreto ministeriale n. 542/1992 ha permesso di non specificare in etichetta 19 sostanze tossiche o indesiderabili, qualora non raggiungano una determinata concentrazione. Fra queste, vi sono anche il cadmio (non dichiarato fino a 10 microgrammi/litro), il nichel, che addirittura non ha alcun limite, il cromo trivalente, che pure non ha alcun limite ed è quello maggiormente presente nelle acque, eccetera. Inoltre, i nitrati, che sono indizio di inquinamento e precursori di sostanze cancerogene, non devono essere dichiarati se non superano i 45 milligrammi per litro, oppure i 10 milligrammi nel caso di acque destinate all'infanzia, ma nelle acque con più di 10 milligrammi non è previsto alcun obbligo di segnalare il rischio per l'infanzia. Inoltre, a questo punto, è importante ricordare che le acque potabili dei rubinetti sono sottoposte a controlli molto più frequenti e rigorosi rispetto a quelli delle acque minerali (le cui analisi complete vengono effettuate a cadenze quinquennali) e che queste ultime possono subire delle alterazioni in seguito a stoccaggi non idonei (per es. i contenitori di plastica sono soggetti, se conservati alla luce e al calore, a un processo di degradazione i cui effetti sulla salute umana, specie in seguito a un consumo quotidiano di acqua imbottigliata, sono ancora oggetto di indagine). Un altro aspetto negativo legato alle acque minerali è il costo che è 300 – 600 volte più alto di quello delle acque potabili, incidendo a fine anno sul bilancio familiare. Al costo dell’acqua, si deve poi aggiungere anche il costo, monetario ed ambientale, del processo produttivo dell’acqua in bottiglia che origina un grande spreco energetico, sia per la distribuzione dell’acqua dalla fonte al consumatore, sia per la gestione dei rifiuti prodotti (soprattutto bottiglie in plastica). Ulteriore aspetto negativo è la “privatizzazione” delle acque minerali. Queste ultime, come ogni altra acqua in Italia, sono di proprietà pubblica. I privati possono sfruttarle su concessione delle Regioni. Pertanto le aziende private, quasi tutte di proprietà di multinazionali straniere, pagando prezzi bassissimi per le concessioni, realizzano un enorme fatturato senza preoccuparsi dei costi ambientali connessi con questo tipo di commercio. 126 L’ITINHERARIO INVISIBILE Come leggere l’etichetta delle acque imbottigliate Le nostre acque minerali elencano in maniera completa e dettagliata i dati analitici, secondo quanto stabilito dal decreto di riconoscimento ministeriale (vedi cap. 1), risultando così più complete ma anche abbastanza complicate da decifrare per i non addetti ai lavori. La normativa in materia è recente, ma rimane lacunosa e insufficiente perché poco chiara. Come leggere un’etichetta Sono elencate di seguito le comuni diciture riportate sulle etichette: • scritta “Acqua minerale naturale”: tutte le acque riportano questa dicitura; • la denominazione dell’acqua minerale naturale, il nome della sorgente ed il luogo di utilizzazione della stessa; • data imbottigliamento / termine minimo di conservazione: contrariamente a quanto succede per gli altri alimenti, la data (giorno, mese, anno) viene indicata, nella maggior parte dei casi, da un segno poco visibile tracciato su una sorta di calendario localizzato sui bordi dell’etichetta; in altri casi stampato sull’etichetta o sul tappo della bottiglia. Si usa indicare il termine minimo di conservazione (data limite di conservazione), che è la data fino alla quale il prodotto conserva le sue proprietà specifiche in adeguate condizioni di conservazione. Convenzionalmente tale data viene stabilita dopo tre anni dal confezionamento in bottiglia dell’acqua minerale; • lotto: indicazione che consente di individuare la partita del prodotto e la sua linea di imbottigliamento, ai fini della rintracciabilità; 127 L’ITINHERARIO INVISIBILE • analisi chimica e chimico – fisica. Sull’etichetta deve apparire chiaramente il nome del laboratorio che ha effettuato le analisi, insieme a una lunga serie di dati in realtà poco utili: 1. la temperatura della sorgente, 2. l’acidità dell’acqua prelevata alla sorgente espressa come pH (il valore 7 rappresenta la neutralità, valori superiori si riferiscono alle acque basiche, mentre valori più bassi a quelle acide), 3. la conducibilità elettrica, 4. il quantitativo di sali minerali presenti sotto forma di ioni (Ca++ sta per calcio, Mg++ per magnesio, K+ per potassio, ecc), 5. il residuo fisso a 180°C, che è, invece, un elemento molto importante, perché permette di capire se si tratta di un’acqua più o meno ricca di Sali minerali. Alcune aziende hanno la buona abitudine di riportare il livello di durezza dell’acqua, espresso in gradi francesi; • classe di appartenenza (Residuo Fisso): in sostanza, più alto è questo valore, più sali minerali sono presenti. La legge prevede l’uso facoltativo sulle etichette delle terminologie già illustrate in precedenza: minimamente mineralizzata, oligominerale o leggermente mineralizzata, ricca di sali minerali.; • analisi batteriologica. Un’acqua viene giudicata pura, e quindi commerciabile, sulla base delle analisi effettuate in laboratorio per verificare l’assenza di germi pericolosi per la salute (assenza totale di coliformi, streptococchi fecali, stafilococchi aurei, clostridi solfito-riduttori, pseudomonas aeruginosa, consentita la presenza di una certa flora microbica saprofita). Solo se la ricerca dà esito negativo si può vendere il prodotto e inserire la scritta: “acqua microbiologicamente pura”; • qualità salienti: sono le caratteristiche e le proprietà particolari riconosciute dal Ministero della Sanità, previa valutazione di apposita documentazione clinico-farmacologica; • volume: indica il contenuto netto dell’acqua minerale naturale nel contenitore. La “e” sta ad indicare che si tratta di un volume europeo; • codice a barre: fornisce indicazioni sul produttore e sull’articolo venduto; • dicitura ambientale; frase o disegno che invita a non disperdere il contenitore nell’ambiente dopo l’uso; 128 L’ITINHERARIO INVISIBILE • Le indicazioni per la conservazione sono facoltative: generalmente viene indicato di conservare le bottiglie in luogo fresco ed asciutto e ben aerato, al riparo dalla luce e da fonti di calore (un’indicazione valida soprattutto per le bottiglie in PVC, più sensibili al calore); • scritta “Addizionata di anidride carbonica”: dicitura obbligatoria per tutte le acque minerali alle quali viene aggiunto questo gas per renderle gassate. Un’acqua può essere: totalmente degassata se l’anidride carbonica libera presente alla sorgente è stata totalmente eliminata; parzialmente degassata, se l’anidride carbonica libera presente alla sorgente è stata parzialmente eliminata; rinforzata col gas della sorgente, se il tenore di anidride carbonica libera, proveniente dalla stessa falda o giacimento, è superiore a quello della sorgente; aggiunta di anidride carbonica, se all’acqua minerale naturale è stata aggiunta anidride carbonica non prelevata dalla stessa falda o giacimento; naturalmente gassata o effervescente naturale, se il tenore di anidride carbonica libera, superiore a 250 mg/l, è uguale a quello della sorgente; in alcuni casi, invece, l’acqua viene “rinforzata coi gas della sorgente”; • la data in cui sono state eseguite le analisi e il laboratorio presso il quale dette analisi sono state effettuate; • gas disciolti: sotto questa voce viene indicato il quantitativo di anidride carbonica, di ossigeno e altri gas presenti nell’acqua quando sgorga dalla sorgente. Un dato del tutto inutile, perché, non è riferito all’acqua in bottiglia: leggendo l’etichetta non è possibile capire il livello di gasatura dell’acqua minerale; • autorizzazioni alla vendita: su ogni etichetta deve comparire la regione sociale dell’azienda produttrice e il nome dell’acqua, insieme con l’autorizzazione alla vendita e gli estremi del provvedimento; • informazioni di carattere pseudoscientifico: compaiono su tutte le acque minerali, si tratta di diciture alcune volte documentate sulla base di ricerche, altre volte no. Per esempio, gli effetti diuretici tanto decantati sono una caratteristica di tutte le acque potabili che, in diversa misura, inevitabilmente favoriscono l’eliminazione delle scorie renali. Per particolari patologie o cure è meglio sentire il parere del medico e controllare in etichetta il quantitativo di sali minerali; 129 L’ITINHERARIO INVISIBILE • ulteriori caratteristiche dell’acqua: sulle etichette di alcune bottiglie vengono riportate informazioni riguardo il contenuto di alcune sostanze, come già indicato in precedenza (acqua contenente bicarbonato, solfata, clorulata, ecc.); • marchio. Confronto fra acqua potabile Hera e acque minerali È opinione comune che la qualità dell'acqua di rubinetto sia inferiore a quella dell'acqua in bottiglia. Si riporta il confronto tra l'acqua Hera, i limiti di legge e le acque minerali. Per maggiore omogeneità e facilità di confronto con le etichette delle acque minerali in commercio sono stati introdotti i parametri pH e cloruri. I valori relativi all'acqua Hera sono sempre ampiamente contenti nei limiti di legge. Per quasi tutti i parametri considerati i valori medi dell'acqua Hera sono confrontabili con quelli delle acque minerali in commercio. L'unica eccezione è rappresentata dai nitrati i cui valori medi sono però dal 60 al 90% inferiori ai limiti di legge. (Fonte dati tabella: http://www.gruppohera.it/gruppo/attivita_business/business_acqua/qualita/pagina4.html) Confronto qualitativo tra l'acqua Hera e le acque minerali naturali in commercio Acque Limiti Hera Hera Hera Hera Hera Hera Hera minerali di Forlì - Imola Bologna Ferrara Modena Ravenna Rimini (min-max) legge Cesena Faenza ph Durezza (°F) Residuo fisso a 180° (mg/l) Sodio (mg/l) Fluoruri (mg/l) Nitrati (mg/l) Cloruri (mg/l) 5,8-8,1 6,5-9,5 7,5 7,6 7,5 7,7 7,4 7,9 7,3 3-93 15-50* 30,8 22,2 23,1 30,2 37,0 21,4 29,4 38-988 1.500 403 315 378 431 576 342 532 1-62 200 18,3 21,5 49,7 28,4 39,3 55,6 41,8 0-0,56 1,5 < 0,10 0,10 0,15 0,11 < 0,10 0,13 0,13 0-7,12 50 8,7 11,0 4,2 11,6 20,6 4,9 11,8 0-92 250 30,9 34,7 22,5 36,2 78,5 32,2 47,8 * valori consigliati Confronto effettuato con i dati relativi a 28 acque minerali naturali in commercio pubblicati dalla rivista Altroconsumo (n. 184 di luglio/agosto 2005). Per PH e cloruri sono stati utilizzati i dati 130 L’ITINHERARIO INVISIBILE indicati nelle etichette di 9 acque minerali di larga commercializzazione. I dati relativi all'acqua Hera sono valori medi ponderati di circa 5800 analisi effettuate secondo le frequenze e nei punti di prelievo lungo la rete di distribuzione come previsto dal piano di controllo e sorveglianza del ciclo idrico integrato. I limiti di legge sono quelli previsti per le acque destinate al consumo umano dal decreto legislativo 31/2001. L’accesso all’acqua potabile Se il 98% delle persone che vivono nei paesi industrializzati dispongono abbondantemente di acqua, nei paesi in via di sviluppo l’acqua, che dovrebbe essere fonte di vita, uccide ogni anno almeno 25 milioni di persone, tre quinti dei quali sono bambini e circa la metà delle malattie che colpiscono gli abitanti del mondo sono causate dall’acqua, che le genera e le diffonde. Nei paesi del Terzo Mondo l’acqua disponibile non è sufficiente a soddisfare le esigenze domestiche, così viene riutilizzata più volte, perdendo le sue caratteristiche, inquinandosi e diventando così fonte di malattie. Un ulteriore problema è dovuto al fatto che i paesi in via di sviluppo sono carenti di servizi igienici, di acquedotti e di fognature e in conseguenza a ciò utilizzano fiumi, laghi e stagni come fonte d’acqua pura e allo stesso tempo utilizzano gli stessi come recapito degli scarichi; in questo modo vengono diffuse malattie anche molto gravi. Ma tornando alla questione idrica, alcune cifre possono aiutare a comprendere la dimensione di questa importante problema: nel mondo 1 miliardo e 400 milioni di persone non hanno accesso all’acqua potabile, 2 miliardi e 400 milioni vivono senza le più basilari condizioni igieniche e 10 mila persone muoiono ogni giorno a causa della mancanza di acqua potabile. Si valuta che nell’anno 2025, quando la popolazione supererà gli 8 miliardi di esseri umani, il numero delle persone senza accesso all’acqua potabile aumenterà a più di 3 miliardi. Al giorno d’oggi si valuta che ogni abitante del Pianeta in media consuma il doppio d’acqua rispetto all’inizio del 1900 e globalmente, il consumo mondiale di acqua è circa decuplicato solo nell’arco di un secolo. Negli ultimi cinquant’anni la disponibilità d’acqua è diminuita di circa tre quarti in Africa e di circa due terzi in Asia. In Africa la disponibilità di acqua potabile, reti fognarie e servizi igienici è ancora molto lontana da uno standard accettabile, soprattutto nelle aree rurali, dove meno del 60% della popolazione dispone di acqua potabile e meno della metà di servizi igienici. 131 L’ITINHERARIO INVISIBILE In Papua Nuova Guinea il 70% della popolazione non ha accesso all'acqua, in Zambia la percentuale è del 73% e in Burkina Faso sale al 78%. Va anche osservato che fra "disponibilità" e "accesso" all'acqua non esiste necessariamente una relazione diretta. Per esempio, in Brasile e Zaire dove c'è una gran quantità d'acqua, molta parte della popolazione non ha accesso all'acqua potabile. Il caso contrario si verifica in California dove, nonostante la penuria d'acqua, si registra un utilizzo pro capite di circa 4000 litri al giorno. Un cittadino nordamericano utilizza 1.700 m3 di acqua all’anno; la media in Africa è di 250 m3 all’anno. La Commissione mondiale per l’acqua indica in 40-50 litri al giorno a persona la quantità minima per soddisfare i bisogni essenziali. Con circa 40 litri noi italiani facciamo a fatica una doccia, per gli altri rappresenta l’acqua di intere settimane. 800 milioni sono le persone che non hanno un rubinetto in casa e secondo le stime dell’OMS, l’Organizzazione Mondiale per la Sanità, più di 200 milioni di bambini muoiono ogni anno a seguito del consumo di acqua insalubre e per le cattive condizioni sanitarie che ne derivano. Complessivamente si stima che l’80% delle malattie nei Paesi del Sud del mondo sia dovuto alla cattiva qualità dell’acqua. Sono fondamentalmente 5 i tipi di malattie causate dalla scarsità d’acqua potabile: malattie trasmesse dall'acqua (tifo, colera, dissenteria, gastroenterite ed epatite); infezioni della pelle e degli occhi dovuti all'acqua (tracomi, lebbra, congiuntivite e ulcere); parassitosi legate all'acqua; malattie dovute ad insetti vettori, ad esempio mosche e zanzare; infine, malattie dovute a mancanza di igiene (taeniases). Regione Popolazione CON disponibilità (% Popolazione SENZA disponibilità (% del del totale) Africa settentrionale e 82.683.000 (78%) totale) 23.694.500 (22%) Medio Oriente Africa 83.858.281 (45%) 103.161.359 (55%) Europa 144.481.640 (87%) 21.971.360 (13%) America settentrionale 29.892.060 (99%) 301.940 (1%) America latina 3.165.324 (41%) 4.601.646 (59%) Asia e Oceania 40.895.320 (43%) 53.286.680 (57%) TOTALE 384.895.320 (65%) 207.017.985 (35%) 132 L’ITINHERARIO INVISIBILE Disponibilità di acqua potabile ("L'acqua e il pianeta", Yves LaCoste") Regione Popolazione CON disponibilità (% del Popolazione SENZA disponibilità (% totale) Africa settentrionale e 75.716.440 (71%) del totale) 30.661.560 (29%) Medio Oriente Africa 59.813.517 (32%) 127.206.123 (98%) Europa 137.443.810 (88%) 18.786.190 (12%) America settentrionale 28.634.300 (95%) 1.509.700 (5%) America latina 2.155.849 (28%) 5.611.122 (72%) Asia e Oceania 50.118.370 (53%) 44.063.630 (47%) TOTALE 353.932.286 (61%) 227.838.324 (39%) Disponibilità di impianti idrico-sanitari ("L'acqua e il pianeta", Yves LaCoste") Quindi è importante ricordare ancora una volta che l’acqua è un fattore fondamentale per la vita e la sostenibilità: sia a livello internazionale che locale la strada per risolvere la questione idrica è quella che mira al risparmio, alla conservazione e alla ricerca scientifica e tecnologica. Il mercato mondiale dell’acqua in bottiglia Il settore dell'acqua in bottiglia ha chiuso il 2006 con 12,2 miliardi di litri venduti per un giro d'affari di 3,2 miliardi di euro al consumo. In media ogni famiglia spende, per l’acquisto di acqua imbottigliata, oltre 300 euro l'anno; la Lombardia in testa con 93 acquirenti ogni 100 abitanti (Legambiente, 2007). Ecco un quadro fornito dall'ultimo Rapporto Eurispes sull'universo acqua in Italia: IL COSTO DELL'ACQUA: un metro cubo d'acqua di rubinetto costa circa 50 centesimi, un metro cubo di minerale costa circa 100 volte di più, circa 500 euro, mentre l'acqua usata dagli agricoltori costa 100 volte di meno: 0,5 centesimi. Agli imbottigliatori, sul prezzo finale di una bottiglia d'acqua, l'imballaggio incide per il 60%, il trasporto per il 15%, il costo del lavoro il 15%, la pubblicità e gli altri oneri per circa il 10%. La qualità dell’acqua, sia di rubinetto sia di bottiglia, è generalmente ottima. IL CONSUMO IN ITALIA: l'Italia è il primo Paese consumatore di acqua nell'Unione Europea e tra i primi al mondo (dopo Giappone, Canada, Usa e Australia). Secondo i dati Irsa-Cnr, l’acqua utilizzata per usi civili/domestici è pari al 9%, circa il 70% è invece utilizzato nel il settore agricolo, segue il settore industriale con il 20% . Il restante è destinato a fini energetici. 133 L’ITINHERARIO INVISIBILE GLI SPRECHI: il 42% in media del volume d'acqua erogato viene disperso, si va da un minimo del 22% nel piemontese a un massimo del 73% nell'area abruzzese-marsicana. È proprio approfittando del cattivo gusto del cloro che l'industria alimentare, grazie a una massiccia campagna pubblicitaria, ha reso l'Italia il primo consumatore di acqua in bottiglia d'Europa (in media 155 litri a testa all'anno). 134 L’ITINHERARIO INVISIBILE Un Contratto Mondiale sull’Acqua L’acqua appartiene a tutti gli abitanti della Terra in comune. In quanto fonte di vita insostituibile per l’ecosistema, l’acqua è un bene vitale comune che appartiene a tutti gli abitanti della Terra, è patrimonio dell’umanità. A nessuno, individualmente o come gruppo, è concesso il diritto di appropriarsene a titolo di proprietà privata. Da lei dipendono la salute individuale e collettiva, ma anche l’agricoltura, l’industria e la vita domestica. In quanto fonte di vita "insostituibile", l’insieme di una comunità umana – e ogni suo membro – deve avere il diritto di accesso all’acqua, in particolare all’acqua potabile, nella quantità e qualità necessarie alla vita e alle attività economiche. Il diritto all’acqua è un diritto inalienabile individuale e collettivo. L’acqua appartiene più all’economia dei beni comuni e della distribuzione della ricchezza che all’economia privata dell’accumulazione individuale e altre forme di espropriazione della ricchezza. Mentre nel passato la condivisione dell’acqua è stata spesso una delle maggiori cause delle ineguaglianze sociali, la civilizzazione di oggi riconosce l’accesso all’acqua come un diritto fondamentale, inalienabile, individuale e collettivo. Il diritto all’acqua è una parte dell’etica di base di una buona società e di una buona economia. L’acqua deve contribuire al rafforzamento della solidarietà fra i popoli, le comunità, i paesi, i generi, le generazioni. Le risorse d’acqua sono distribuite in modo ineguale. Questo non significa che deve esserci anche ineguaglianza nell’accesso all’acqua fra le persone, le comunità e le regioni. Inoltre, l’ineguaglianza nella distribuzione dell’acqua e della ricchezza finanziaria non significa che le persone ricche d’acqua e ricche economicamente possano farne l’uso che vogliono, anche venderla (o comprarla) all’esterno per derivarne il massimo profitto. L’acqua è "res publica". La gestione dell’acqua, inoltre, è fondamentalmente un affare dei cittadini, una pratica di democrazia locale, nazionale, internazionale e mondiale. 135 L’ITINHERARIO INVISIBILE Il Manifesto dell’acqua Redatto a Lisbona nel Settembre 1998 da un Comitato Internazionale dell’Acqua, il Manifesto Mondiale dell’Acqua risulta essere il documento finale di una serie di incontri a livello mondiale tenutisi per studiare, risolvere e sensibilizzare sul tema: ACQUA. Il Manifesto prevede la nascita di nuove regole e nuovi mezzi di gestione dell’acqua, per un futuro solidale e sostenibile a livello di comunità locali, tra le generazioni, sulla base della cooperazione, della democrazia e della solidarietà. Partendo dal principio che l’acqua è fonte di vita insostituibile, è un bene vitale e comune a tutti gli abitanti della terra, il Manifesto stabilisce che: • L’acqua è un diritto alla vita, un diritto inalienabile, individuale e collettivo. • L’acqua deve essere riconosciuta dalla legge come un bene comune pubblico, non può essere oggetto di scambio commerciale di tipo lucrativo. • L’acqua deve contribuire al rafforzamento della solidarietà fra i popoli, i paesi, le generazioni. • Una gestione dell’acqua sostenibile deve essere fondata sul rispetto delle diversità culturali e sul pluralismo socio-economico. • La società deve assumere collettivamente i costi relativi alla raccolta, produzione, deposito, distribuzione, uso, conservazione e riciclo dell’acqua. • È compito delle generazioni attuali di usare, valorizzare, proteggere e conservare le risorse d’acqua in modo tale che le generazioni future possano godere della stessa libertà d’azione e di scelta. • L’acqua richiede una gestione decentralizzata e trasparente. Nuove forme di governo democratico devono essere create. La democrazia partecipativa è inevitabile. I parlamenti sono il luogo e gli attori naturali a questo riguardo. La Carta Europea dell’Acqua Il 6 maggio del 1968 a Strasburgo il comitato europeo per la salvaguardia della natura e delle sue risorse proclamò la Carta Europea dell’Acqua, che contiene i seguenti principi: • Non c’è vita senza acqua. L’acqua è un bene prezioso, indispensabile a tutte le attività umane. • Le disponibilità di acqua dolce non sono inesauribili. È indispensabile preservarle, controllare e, se possibile, accrescerle. • Alterare la qualità dell’acqua significa nuocere alla vita dell’uomo e degli altri esseri viventi che da lui dipendono. • La qualità dell’acqua deve essere tale da soddisfare tutte le esigenze delle utilizzazioni previste, ma deve soprattutto soddisfare le esigenze della salute pubblica. 136 L’ITINHERARIO INVISIBILE • Quando l’acqua, dopo essere stata utilizzata, viene restituita al suo ambiente naturale, essa non deve compromettere i possibili usi, tanto pubblici che privati che in questo ambiente potranno essere fatti. • La conservazione di una copertura vegetale appropriata, di preferenza forestale, è essenziale per la conservazione delle risorse idriche. • Le risorse idriche devono formare oggetto di inventario. • La buona gestione dell’acqua deve formare oggetto di un piano stabilito dalle autorità competenti. • La salvaguardia dell’acqua implica uno sforzo importante di ricerca scientifica, di formazione di specialisti e di informazione pubblica. • L’acqua è un patrimonio comune, il cui valore deve essere riconosciuto da tutti. • La gestione delle risorse idriche dovrebbe essere inquadrata nel bacino naturale piuttosto che entro frontiere amministrative e politiche. • L’acqua non ha frontiere. Essa ha una risorsa comune, che necessita di una cooperazione internazionale. A distanza di anni dalla promulgazione della Carta Europea, in un contesto europeo e mondiale completamente modificato, il problema dell’acqua (accessibilità all’acqua potabile, inquinamento delle acque, ecc.) continua a farsi sentire; i principi della Carta Europea dell’acqua sono stati ripresi, seppure con un approccio nuovo e innovativo, mediante la Direttiva Europea 2000/60/CE (e successive modifiche e integrazioni) del Parlamento che istituisce il quadro per l’azione comunitaria in materia di acque. La Direttiva obbliga alla protezione delle acque superficiali interne (stagnanti e non), delle acque di transizione, delle acque costiere e sotterranee attraverso l'ottimizzazione degli usi e promovendo l'integrazione delle normative, attraverso una pianificazione di bacino che consideri il ciclo delle acque e non i confini amministrativi di province, regioni o stati. L'obiettivo finale consiste nel raggiungimento di un buono stato ecologico (biologico, fisico-chimico e idromorfologico) e chimico di tutti i corpi idrici entro il 2015. Affinché l’obiettivo venga raggiunto la Direttiva stabilisce quindi obblighi procedurali che costituiscono il mezzo o i meccanismi (per esempio: analisi, caratterizzazione, monitoraggio) mediante i quali le autorità competenti valuteranno la situazione dei Distretti Idrografici e 137 L’ITINHERARIO INVISIBILE definiranno le misure d’intervento nei piani di gestione di bacino che dovranno garantire, appunto, il raggiungimento del buono stato ecologico degli ecosistemi acquatici. Per la prima volta, dunque, una Direttiva Europea si preoccupa non solo della condizione chimico-fisica, ma anche della funzionalità ecologica dei corpi d'acqua, che pretende venga mantenuta nella sua condizione attuale ed eventualmente anche migliorata. Gli Stati Membri vengono così chiamati non solo alla definizione delle caratteristiche dei distretti idrografici (in cui sono compresi i corrispondenti bacini), all’esame dell’impatto ambientale delle attività umane, all’analisi economica dell’utilizzo idrico, al monitoraggio dello stato delle acque superficiali e sotterranee e delle aree protette, ma anche a intraprendere concretamente le misure necessarie per impedire il deterioramento dello stato di tutti i corpi idrici superficiali e sotterranei. Tale azione deve essere svolta attraverso percorsi trasparenti e di coinvolgimento reale e attivo di tutti i portatori d’interessi espressamente previsto dall’art.14 della Direttiva stessa. Riferimenti bibliografici AAVV, Del diritto alla buona acqua, Fondazione Roberto Franceschi, Milano, 2002 Anima Mundi. “Vivalacqua”. In “Dispensa informativa”. 2004-2005. Pp: 4. M. Barlow, T. Clarke. In “Oro blu. La battaglia contro il furto mondiale dell’acqua”. 2004. Arianna Editrice. Pp: 69-72. L. Rossi, N. Zanini. In: “L’acqua e l’uomo”. Dispense di educazione ambientale. Pp: 9-10. 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