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Capitan Spavento

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Capitan Spavento
CAPITAN SPAVENTO
DoTT.
GKAZIANO SENIGAGLIA
CAPITAN SPAVENTO
t
H-
7-
n-
FIRENZE
»
BERNARDO SEEBER
LIBRAIO - EDITORE
Via. Torna.J:>uoni, 20
189».
^
Firenze, Stab. G. Givelli.
ALLA SANTA MEMORIA
DELLA POVERA
MAMMA
MIA
QUESTO PRIMO LAVORO
CONCEPITO
E
MEDITATO
NEI GIORNI DEL DOLORE
IL
SUO SPIRITO GENTILE
MI SIA GUIDA E CONFORTO
NELL' ARDUO CAMMINO.
,
I.
Cause ed elementi che favorirono il sorgere del Capitano nella commedia italiana del sec. XVI
—
La
satira del soldato di ventura, e la satira dello
Spagnuolo
boni
—
—
Una
distinzione inesatta del Ricco-
Differenza fra bravo e Capitano.
Volgevano tempi ben tristi per l' Italia nostra :
r astro della sua fortuna era ormai tramontato, e tutto
ormai sembrava cooperare alla sua piena rovina, tutto
concorreva a prepararle quei lunghi secoli di servitù
sì terribile, ma cosi meritato alle
che furono castigo
colpe degl' Italiani.
Gli eserciti stranieri calavano adèsso da ogni parte
ad occuparla; Francesi e Spagnuoli se ne disputavano
r agognato acquisto, empiendola a gara di sangue e di
desolazione.
Allora appunto sarebbe stato necessario che
lore de' cittadini
movesse
niera: allora, per contro,
stoso
degl' Italiani che
,
trasti
che
si
la libertà nostra.
rotto,
Ma
1'
va-
a rintuzzare la baldanza strasi
vide lo spettacolo
quasi indifferenti
assistevano allo svolgersi di quelle lotte,
agitavano,
il
non
uomo
disgu-
spettatori
come
se
i
con-
fossero questioni vitali per
scettico e cor-
del '500,
doveva considerare vane utopie
i
santi ideali di
8
patria e di libertà, e
vergogna
lerabile
di
ebbero a patire
gì' Italiani
vedere
le
milizie
un capo
Carlo Vili correre la loro terra da
< senz'altro travaglio », siccom' è noto, «
gesso per segnar
Fu
li
detto che
alberghi
la
l'intol-
trionfanti
di
all'altro,
che un po'
di
».
polvere segnò
scoperta della
il
principio della decadenza nella milizia, giacché con essa
veniva gradatamente a scemar
personale.
ognuno
Ma non
male era
degeneri. Mancava
lo sa
cittadini
era questo,
mancavan
,
nell'
il
loro
i
l'importanza del valor
pur troppo,
il
guaio
:
egoismo profondo dei
la scintilla
dell'amor patrio,
nobili entusiasmi che
conducono
alla
era naturale che questa rimanesse agli stra-
vittoria:
almeno avevano uno scopo, se non uno
gl'Italiani non sentivano
in sé neppure il coraggio di difendere la propria indipendenza. E la malaugurata servitù doveva fatalmente
piombare sulla bella ed infelice penisola.
Che infatti non a cittadini era affidata la pur de-
nieri,
i
quali
scopo alto e generoso, laddove
bole resistenza,
fu
uno scherno,
ed orde
« versar
ma
si
solo a mercenari.
La
milizia allora
ridusse solo a faccenda
di venturieri
l'alma a prezzo
».
In quel
denaro,
di
piovvero d'ogni parte,
pronti a
tempo appunto
il
nobile mestier delle armi parve esser solo retaggio di
condottieri
:
fiorivan
sì le
compagnie
di ventura, risorte
specialmente per opera di Giovanni dalle Bande Nere,
e popoli e principi se
ne servivano,
ma non
appreiì de-
vano da questo esempio a impugnar essi stessi il ferro,
difensore dei loro diritti. Non ci furono che i Fiorentini,
la
i
quali,
pur troppo
tardi, si ridussero
voce del Machiavelli e istituirono
bile per
le
ad ascoltare
Ordinanze, no-
quanto sfortunato tentativo che onora
timi giorni della
gli ul-
moribonda Repubblica. Ma questo é un
caso isolato: in genere gl'Italiani eran troppo
fiacchi
per
il
mestiere della guerra; da loro non potevan sor-
gere che mercanti o
letterati, e
i
loro
paladini dove-
vano necessariamente essere que' venturieri, a cui non
non
la patria,
il
era stimolo
la gloria
al
combattere,
fra' quali chi più cruento, più
denaro, e
ma
pre-
era
giato ; ond' è naturale che sorgesse in loro quella spa-
genuino valore quanto l'oro
valderìa, cosi lontana dal
dall'orpello, la
tava
verità
menzogna. Se ne lamendéìV Arte
dalla
Segretario Fiorentino, nel Proemio
il
della Guerra: « Si vede spesso se alcuno disegna nel
non
« l'esercizio del soldato prevalersi, che subito
<i
ma
lamente cangia abito,
« l'usanza, nella
voce e nella presenza d'ogni
disforma, perchè
so-
ancora nei costumi, nel-
non crede poter
civile
un
«
uso
«
abito civile colui che vuole essere espedito e pronto
si
«
ad ogni violenza
a:
avere quello,
il
;
né
operazioni
«
senza e
costumi ed usanze puote
usanze non favorevoli
alle
né pare conveniente mantenere
la
sue
pre-
le parole ordinarie a quello che con la barba
bestemmie vuol far paura a tutto il mondo ».
Queste le parole di messer Niccolò, che non avea
con
le
davvero
il
« e
;
civili
quale giudica e quelli costumi essere
« effeminati, e quelle
«
i
vestire
tono di scherzare e deplorava sinceramente
tendenze del suo tempo.
Ma
indifferentismo
dei
Cinquecentisti anche queste miserie dovean offrir
ma-
le
all'
che si servivano del bracmentre ne richiedevano e ne pa-
teria di riso; e coloro stessi
cio di que' venturieri,
gavano
l'aiuto, riserbavansi poi
il
diritto di
chiamarli
giungendo perfino a negare
cosicché non si ebbe neppur ri-
vigliacchi e di deriderli,
la
vera virtus antica,
guardo
ai passati
famosi condottieri, di cui
il
popolo
si
divertì talora a oltraggiare gì' illustri nomi, storpiandoli
sguaiatamente e adoperandoli in significato più basso,
quando pur non osceno. Di
tal
guisa potè nel sec. xvi
10
acquistar forza di proverbio
gamo
(1),
il
dettato
Esser da Ber-
con palese ed ingiusta allusione
capitano Bartolommeo Colleoni,
dosi facilmente a
addirittura
in
.
.
uno sconcio doppio
al
nome
cui
il
senso,
si
celebre
prestan-
trasformò
Minchioni
.
Martello del Gecchi
,
(2). Analogamente, nel
bravo Lanfranco Cacciadiavoli
il
un nome storico, di
uomo un tal Caccia-
da Mantova ricopre indegnamente
un valoroso sebben poco
E
:
che fece parlare assai
diavoli, corsaro,
gesta.
onest'
di sé e delle
sue
r appellativo Ferramosca, applicato al soldato
non par quasi irridere
memoria del prode di Barletta ?
una petulante spensieratezza e man-
della Philenia del Mariconda,
cara e consacrata
alla
Ciò che dà prova di
canza di rispetto, sicché vien fatto
quando
si
di
pensare che forse,
dipingon gl'Italiani come povere vittime che
disperate levano
il
riso dell'impotenza, ultimo
oltrag-
gio de' deboli, sul viso dell'oppressore, si cade nell'esa-
gerazione e in
un
falso
sentimentalismo
;
perchè coloro
mani di mercenari,
divertivano a dirne male, non meritano invero
che, costretti a fidarsi nelle
quel benigno compatimento che
poi
si
tutto
suol loro concedere.
si
D'altra parte però lungi da noi
il
proposito di far qui
un' apologia de' soldati del Rinascimento, che sarebbe
questo un andar contro
infatti
i
alla verità storica.
Né mancano
documenti ad attestare che veramente esisteva
Modi di dire proverbiali e motti popolari italiani spiecommentati da Pico Luri da Vassano (Ludovico Passarini). Roma,
(1) Gfr.
gati e
tip.
Tiberina, 1875 p. 92 (n. 191)
prof. A. Pesenti:
TEMPO
DI BARTOL.
(2)
Lo
».
più diffusamante,
1'
:
opuscolo del
non è
più il
Gaffuri e Gatti, 1879).
Zerbini (^Note storiche sul dialetto bergamasco. Bergamo,
due traduzioni in quel dialetto dell' Orlando
« al sagnor Bartolamè Minchia da Bergem
Passarini, op. cit. n. 192, infin bartol. dà nel MIN-
Furioso, di cui una dedicata
CHION.
e,
DA BERGAMO (Bergamo,
Gaffuri, 1886, p. 38) ricorda
80 patrò
—
Ricerche intorno al motto proverbiale
Gfr.
11
ambiente militare uno straordinario
allora nell'
spirito
di prepotenza, di ampollosità, di millanteria, concepibi-
combattendo per conto
lissimo, del resto, in coloro che,
di altri e sol
per denaro, per ottener riputazione dove-
vano andar spacciando prodezze vere e non vere. Ma
pur troppo spesso eran bravi a credenza, più valenti
a
menar
la
lingua che
la
spada
e mostravan la pro-
,
pria forza meglio all'osterìa che su'
Eppure
si
davan
le
campi
più grandi arie e
di battaglia.
le città
eran in-
festate di cosiffatti figuri che passeggiavan le strade
atteggiamento da spavaldi, molestando magari
con
pacifici
i
cittadini e vivendo di soperchierìe e di violenze; pre-
potenti co' deboli,
ed
vili
Di questa bella razza
un
dinanzi a
inetti
di farabutti è
pericolo.
rimasta tipica per-
sonificazione quel Cuio, la cui improvvida baldanza fu
bene rintuzzata
cosi
dal valoroso Ferrucci,
del quale passò poscia in proverbio,
vale
stesso che fare
lo
r ammazzasette
il
e
onde fare
gradasso,
il
nome
il
cuius
tagliacantdni,
il
(1),
Ora, la prima impressione
che
destavano cotesti
parabolani e ciurmatori non poteva esser che di schifo
e di sdegno
;
ma
poi, a pensarci meglio,
prenderla sul serio e
mente
i
riderne.
belli spiriti del '500,
vantatore fece bentosto
il
la
grossolana
ma
e
la
così
salace vis
stabile
da commedia
Caro in una
», lo dice,
lettera rimasta
(1) Cfr. G. Nerucci, in
dimora.
E
comica del personag-
gio fosse profondamente sentita e gustata
teria
facil-
figura del soldato
suo ingresso poco trionfale
nel teatro ove dovea prender
che
conveniva non
Se ne accorsero
come
«
ma-
a tacer d'altri, Annibal
famosa, a onore e gloria
Giorn. d'erudizione, VII (1898) n. 3-4, p. 53.
Vita di Frane. Ferrucci. Milano,
L'aneddoto è riportato dal Sassetti,
Daelli (Bibl. Rara, n. 9) p. 9
cfr. ibid. p. 69.
12
quel suo indimenticabile Capitan Goluzzo
di
un
men-
(1),
disperato scroccone, la cui unica impresa era di
dicar desinari a forza di chiacchiere e che pur la facea
da eroe e da gran signore, offrendo
nel suo
ed
.
.
palazzo
.
modo
ma come
a
tutti ospitalità
Quivi giunti,
Velletri.
amici suoi ebber
altri
spalle;
di
ben ridere
di
Caro
il
sue
alle
riassumere, senza guastarla, l'amena
scenetta? La confusione e lo sgomento del disgraziato
dinanzi alle intimazioni
adesso
de' gentiluomini di
precedenti promesse,
le
Niccolosa,
una baldracca che lo aveva assalito
una paga di che l'avea truffata
« verandogli
donna
dalla
»
;
i
mal-
da un nuovo amante, le contumeonde il povero Coluzzo è bersagliato
mercè l'intervento di uno de' gentiluo-
aizzata
e gli scherni
a cena, finché,
mini,
la
pace è
sua mercede
di
ristabilita col
un
carlino
—
pagare
alla
farsa,
che
1'
Niccolosa la
tutto ciò è in effetto cosi
naturalmente materia da commedia,
a
« rimpro-
somministrategli
trattamenti, le ingiurie e le percosse
lie
mantenere
suo dibattito con la
il
o
piuttosto
da
arguto narratore, descrivendo Y avventura
messer Silvestro da Prato,
gliela presenta
come un
ottimo soggetto per uno scherzo comico, di cui distin-
gue burlescamente, sottolineandone volta a volta le successive vicende, i vari atti. È dunque una curiosa riprova , questa del Caro ad attestare come sorgesse
spontanea alla mente degli scrittori l'idea di un facile
,
adattamento e trapasso del ridicolo
personaggio
dalla
vita reale a quella fittizia del teatro.
Anche Goluzzo
è,
fanfarone e vigliacco
natura
(1)
meno
;
bellicosa:
come
ma
Guio,
le
esso
un
soldataccio fan-
sue grandezzate son di
vorrebbe
anzitutto farsi
A. Caro. Delle lettere familiari ed. Cornino, Padova, 1742 Voi. I,
A Silvestro da Prato.
Da Velletri, 30 aprile 1538.
p. 86 agg. (Lett. XXIII).
—
13
credere un riccone, mentre non
pieno di fumo e di fame;
è
che uno spiantato
se all'atto pratico
e,
malmenare anche da una femmina da
scia
non esclude
le
la-
si
trivio, ciò
erotiche e dongiovan-
sue pretensioni
nesche.
La smania
uno
delle
amorose imprese è
de' tratti caratteristici alla
sempre
stato
natura del soldato che
suol mettere in esse altrettanto e, spesso,
ardore
più
che nelle gesta guerresche, forse perchè gli sembrano
più attraenti e meno pericolose. Questi poco degni seguaci di Marte che tengono specialmente a imitarne la
leggendaria predilezione per la dea Venere, corron dietro a tutte le donne, fanno
i
galanti e gli spasimanti,
si atteggiano a vagheggini e conquistatori irresistibili
Ma
è superflua la rievocazione di
una immagine, a
....
tutti,
magari per quotidiana esperienza, familiare. Valga piuttosto la testimonianza di un noto scrittore del '500 che,
in un'acerba tirata contro la degenere milizia dell'epoca,
divenuta « una feccia di bricconi, una schiuma di cana« glia,
un
lezzo di poltroneria », descrive
con molta, forse
eccessiva vivacità l'aspetto di que' ganimedi da strapazzo
de' quali
« le
sembra
—
corpi »
mani
dice
il
vi fosse allora insolita
Garzoni
—
«
abbondanza. «
lascive, le braccia tenere, la dispositione
« liebre, la faccia sensuale, l'aspetto venereo,
«
I
sono effeminati e molli,
mu-
capelli
i
racconciati con artifizio, e gli animi son cupidinei af-
« fatto affatto » (1).
Ammettiamo pure un
in questo enfatico e
si
poco lusinghiero
marcio esisteva davvero, e accanto
(1)
Garzoni Tommaso.
sioni del
La piazza
mondo. Venezia. Somasco,
alla
po' d'iperbole
ritratto
;
ma
il
mastodontica
universale di tutte le profesLXXXII. Della militia
1569, Disc.
in universale et de capitani e soldati in particolare, et de Minatori
(jpagg. 632-642).
14
figura dello spadaccino dallo sguardo feroce, che
in bocca altre parole che di sfida e di minaccia
precando e bestemmiando Iddio e
mazzar
tutti
eppoi
accanto
al
macabro
che
eternamente
fa
merare
di
le
i
lascia infilzare
profilo
am-
Santi, vuole
come un
coniglio
;
del pezzente vanaglorioso
enu-
castelli in aria e si diletta a
sue fantastiche ricchezze per ingannare
l'
ap-
consuma; accanto a questi due campioni
codardia e di menzogna sorge^un terzo monumento
aff'ettazione e di vanità, non meno ridicolo degli altri
petito
di
si
non ha
e, im-
che
lo
ed altrettanto presuntuoso, che
l'epiteto
i
comici designano col-
sonoro di assassinato d' amore
(1), tutto
voce
e penne, tutto complimenti e cerimonie, che può esser
militare o borghese, e sul teatro s'incarna tipicamente
nel napoletano o nello spagnuolo.
La
in sé
creazione del napoletano in
il
lato
commedia riassume
più grottesco di quella focosa e sovrab-
bondante natura meridionale, dal gesto largo e dalla
parola immaginosa, e corrisponde a un sorriso più malizioso
che malevolo; né esprime un forte risentimento
od odio
che
di razza, tant' è vero
lo stesso teatro
na-
primo ad accettarla e diffonderla (2). Ma
la maschera dello spagnuolo veniva ad acquistare un
significato ben diverso e d'interesse addirittura nazio-
poletano é
il
nale presso gl'italiani del sec. xvi che, non avendo sa-
puto in tempo opporre un argine
all'
invadente pre-
potenza degli stranieri, ormai non avevano altro sfogo
che
magro compenso, meschina
anime deboli che
non tro-
di farne la caricatura;
e ingenerosa vendetta di
,
(1) Si ricordi la conosciutissima descrizione nel
aealco di Pietro Aretino.
(2) Cfr.
Ben. Croce. Pulcinella e
—
commedia. Roma, Loescher, 1899.
Napoli, XXII (1893), nn. 245 e 247.
il
prologo del
Mare-
personaggio del napoletano in
V. anche lo stesso nel Corriere di
15
vando in sé
la forza
né
coraggio di un'aperta ribel-
il
morso
lione, si limitano al serpentino
In uno scritto recente (1)
mai
benemerito degli studi
cosi
teatro, fa
dell'ironia.
divenuto or-
Croce,
il
di
nostro
del
storia
con ragione osservare non esser vero, come
generalmente
si
commedia possa
crede e
si
afferma, che
soldato della
il
caricatura del
senz' altro ridursi alla
un
soldato spagnuolo; anzi lo spagnuolo è in origine
carattere
cepito
un
ben
non
distinto dal capitano, e
come un uomo
d'armi,
ma
è già con-
semplicemente come
bellimbusto, sedicente gentiluomo, che sta molto in
sussiego ed offre a tutti la sua protezione con spiccata
preferenza per
vanta sempre
sesso debole;
il
la
sua
nobiltà, le sue ricchezze e, più di tutto, le sue fortune
amorose; e tutto
con quella contegnosa
ciò
prosopopea propria della sua nazione
Un buon
fondo
di
dunque
verità era
partenza della satirica rappresentazione
insaziato de' vinti che
mal tolleravano
gravità
e
punto
di
(2).
;
il
ma
il
rancore
la signorìa stra-
niera ed erano esacerbati da' ricordi ancor prossimi delle
commessi dagl' innon poteva a meno d' ingrossar le tinte, adottando con entusiasmo quell' unico mezzo possibile di
protesta. Sicché, quando un secolo più tardi le Filipviolenze, delle rapine, de' saccheggi
vasori,
piche del Tassoni levarono
rivolta contro
alto
il
grido di dolore e di
l'aborrita dominazione spagnuola,
fecer che ripeter col tono acre e virulento
non
dell'invet-
che già da molto tempo andava ripetendo, nella
forma più blanda e meno audace del sarcastico sogghi-
tiva ciò
gno,
la
(1)
commedia
—
interprete, in
Ricerche ispano-italiane. Noterelle
estr. dagli Atti dell' Accad.
(2) Il §
sugli
fida
Pontan.
XXIX
3 delle citate Ricerche isp.
Spagnuoli descritti dagl' italiani.
questo
lette all'Accad.
caso,
Pontaniana
(1898), serie II, p. 19.
it.
del Croce dà
ampi ragguagli
16
del sentimento popolare
— ove niun
contumelia era stata risparmiata
Innumerevoli sono
le
ai
nessuna
oltraggio,
nemici
d'Italia.
accuse mosse loro di prepo-
tenza, di rapacia, di piraterìa, perfino
miscredenza
di
e di eresia. Fatto curioso quest'ultimo e degno di esser notato, dacché
cismo in materia
ognuno conosce a prova
che predominava
lo
religiosa,
scetti-
negl' Ita-
il popolo dell'Umanismo e, in conseguenza,
Paganesimo rinnovellato (1). Uno speciale accanimento contro di essi trovasi spiegato nelle commedie
de' Rozzi di Siena, la qual città era rimasta si malconcia da questa nuova invasione di barbari. Basti citare
liani del '500,
del
fra
tutte
il
straordinaria
al
Travaglio del Fumoso (2), che per la
veemenza di tali accuse costò molti guai
suo autore.
Ma
tisti
volentieri
come
si
pungente ed arguto de' Cinquecensempre il sopravvento, e insisteva più
lo spirito
ripigliava
sul
umoristico delle cose,
lato
foggiando,
è detto, la caricatura dello Spagnuolo, che è
modo
messo, nel
più atroce, alla berlina. Gli
ciano la pretesa nobiltà,
i
rinfac-
si
casati altisonanti, la prosapia
tanto gonfiata ; sono prese in beffa le sue ricchezze im-
maginarie
rìa
;
lo si
di fronte alla
sua reale miseria e taccagne-
chiama bindolo, scroccone, mancator
rola ; se ne deridono le cerimonie,
mani come
la
indizi di
animo
sua galanterìa libertina,
ipocrita
le
gì'
inchini,
i
di
pa-
bacia-
ed interessato; e
sue velleità erotiche sono
respinte anche dalle serve e dalle cortigiane. Di più lo
s'introduce spesso a parlare nel nativo idioma, perchè
non trova
(1) Sul Peccadillo di
La
Spagna,
ammesso
v.
Croce Rie. isp.
ita. § 2.
Congrega nel 1544. Cfr. C. Mazzi
Congrega de' Rozzi di Siena nel sec. XVI. Firenze, Succ. Le Mon(2) Salvestro cartaio,
nier, 1882, Voi.
I,
p.
nella
246 sgg.; e per notizie bibliograflche,
II. p.
131 sgg.
17
Chi gli dia lingua, ond'è la sua restatagli
Forse per far ancor con essa ridere (1).
—
che contribuivan facilmente
al
con
suoi
i
interlocutori
due lingue e
delle
«
che suonano e
«
cano ben
italiani
spagnuolo
l'esistenza nello
si
frequenti equivoci
i
data la somiglianza
,
scrivono affatto italiano
altra cosa » (2).
Tutto insomma
doveva servire ad accrescere
goffaggine e la scurrilità del personaggio
su di
lui
esso era
il
riso
il
sì
di « voci
e signifi-
degli spettatori, e
ad
e
la
attirar
sul popolo, di cui
poco onorevol rappresentante,
lo
scherno e
dileggio universale. Infine, a meglio raggiunger que-
venne a fondere insieme la satira dello
Spagnuolo con quella già preesistente del soldato, o,
come soleva dirsi, del Capitano^ creando il Capitano
sto intento, si
Spagnuolo, che divenne
suprema esagerazione
la
tipo, e acquistò tanta diffusione
Commedia
colo, nella
mentre
i
mondo
e
d'
dell'Arte.
una creazione
sta fosse
verso la fine
magnanimo Re
E
Europa.
,
Non importa che que-
Cattolico
se lo stesso Boccalini
,
con lodevole imparzialità
i
migliori del
i
primo monarca
il
non
certo di partigianeria per gli Spagnuoli,
tione (3),
del
se-
fantastica e storicamente falsa,
soldati spagnuoli erano allora
il
del
sospetto al
la
deplorava
come una brutta spropor-
suoi contemporanei
applaudivan
di
gran
(4) Cosi il Cecchi nel prologo de' Rivali, quasi a giustificare l'uso di
questa specie di contaminazione, divenuta del resto comunissima, e non
solo collo spagnuolo, ma anche con altre lingue o dialetti. Gfr. per le ori-
gini di tal uso
il Quadrio Storia e ragione d'ogni poesia, III.
part. II,
e l'introduzione alle Lettere del Calmo, race, e illustr. da V.
Rossi. Torino, Loescher, 1888, p. 14 sgg.
p. 216
—
(2) Alb. Agresti.
p.
cui
115 sgg.
Ne
cita
Studi sulla
un esempio
può aggiungersi anche
Commedia
italiana del sec. xvi, cap. VI,
caratteristico tratto da' Rivali del Cecchi,
la scena
II,
atto
IH
della
Tabernaria
di G. B.
Della Porta.
(3)
Ragguagli di Parnaso, Cent. I Ragg. 78. Cfr. Crocea Rie. Isp. it.
p. 19.
18
cuore
alla trovata e fiachiavan
fame simbolo.
Ma, considerando
glia politica
il
senza misericordia
tono apertissimo di rappresa-
concezione
paradossale
nella
spontanea una domanda
gnuolo,
sorge
lendosi
satireggiare lo straniero
sarcasmo
degl'Italiani si
risparmiò
i
l'in-
:
dello
oppressore
sugli
riversò
Spa-
Perchè, votutto
il
Spagnuoli,
e
,
Francesi che prima ancora di essi avevano
infestato la penisola?
La materia
non
satira
alla
sa-
rebbe certo mancata: giacché è proveriwale in questo
popolo quella smania della hlague, della fanfaronata
che rende gli uomini tanto ridicoli, e che è comune in
genere
ne' popoli del
mezzogiorno,
ma
qualità peculiare
de' Francesi, figuriamoci poi de' soldati francesi.
cano
burbanzoso
infatti
non era
testimonianze a mostrare
che
Né mancontegno
il
di quegli stranieri alla calata di Carlo Vili
sfuggito
a'
motteggi
Francesco
degl'Italiani.
una recensione al libro dello Scherillo, di
cui dovremo fra breve parlare (1), osserva eh' è probabile Y italicum acetum si fosse rivolto prima che
Nevati, in
agli
spagnuoli contr'a quei francesi arroganti
« di miseria e di
«
pieni
fumo, che disprezzavano, per secolar
« consuetudine, gli
Italiani e
facevano
discorsi
della
medesima natura delle gemme che portavan addosso ».
La quale espressione egli trae da una lettera del Boiardo,
ov'è fatta una descrizione di Don Giuliano, capitano dei
balestrieri di Carlo Vili, che passò da Reggio con un
mantellone adorno di grossissime
« Li ragionamenti poi
— aggiunge
« consimili a questo suo aparato
Giorgio Aliene d'Asti, che pur
».
si
gemme
E
il
tutte false.
Boiardo
nelle farse di
Giorn. S(or. della Leu. Italiana
Gian
mostra altrove indub
blamente amico ed ammiratore de' Francesi,
(1)
— sono
V
-
non man-
(1885) p. 276-283.
19
cano certi accenni
che
stosa,
si
ampio svolgimento sul teatro (1).
Tuttavia ben presto disparirà
degl'Italiani ogni
scritti
nel fatto che gli Spagnuoli
lo
più avviene,
sate per le presenti
del
Ma
dagli
al solo
ciò
di
risentimento
anzitutto
sta
son venuti dopo, sicché,
obliarono le ingiurie pas-
si
della
e
ricordo della bur-
ed allora appunto era
;
massimo sviluppo
italiana.
luogo
il
La ragione
contr'agli Spagnuolì.
cuore
dal
traccia di
banza francese per cedere
come per
vanità fa-
satirici alla loro boria e
sarebbero molto bene prestate ad uq più
commedia
il
momento
cinquecentistica
poi gli Spagnuoli riuscirono in effetto più
invisi alle lor vittime
per
il
loro stesso carattere rapace
bene l'AgreSpagnuolo rubava e serbava, il Francese
rubava e spendeva onde questi ci riuscì meno sgra-
e taccagno, giacché, dice concisamente e
sti
«
(2)
:
«
lo
;
« dito ».
Risulta in ogni caso che nella formazione del tipo
del millantatore gli scrittori italiani avevan
volto
loro strali contr' al soldato
i
contr' alla straniera oppressione;
onde
dere in massima la distinzione che
il
Capitano Italiano e
zione, da ciò che
lo
Spagnuolo
aggiunge
il
prima
ventura,
di
si
e
ri-
poi
può compren-
Riccoboni fa tra
il
(3).
Riccoboni
Ma
tale distin-
stesso,
riesce
ambigua se non addirittura falsa. Infatti il celebre Lelio, riproducendone i due differenti costumi, dice
assai
che
il
Capitano Spagnuolo succedette
fu introdotto al passaggio di Carlo
testo al
Riccoboni
(1) Cfr. Cotronèi
cari, 1889, p.
la verità
Le farse
all'Italiano, e
V in
Italia.
che
Non con-
approssimativa di questa
di G. G. Aliane. Reggio Calabria, P. Si-
114 sgg.
(2) Loc. cìt.
(3)
Louis Riccoboni
Cailleau, 1731. Voi.
Hiatoire du théàtre italien. Paris,
9 e 10 e per l'illustrazione, p. 314 sgg.
dit Lelio.
II, flg.
20
quanto che realmente sembra che per la prima
Spagnuolo (non però il Capitano
data, in
volta comparisca lo
GV Ingannati o II sacrificio
degV Intronati, rappresentata a Siena nell'anno 1531 (1).
Spagnuolo) nella commedia
Ma
il
vecchio storico del teatro italiano cade in errore
quando dice « La dominazione degli Spagnuoli in Ita« Ha attirò alcuni commedianti della loro nazione nella
:
« nostra penisola, e ciò dette al Teatro de' Capitani
che
pura o una mescolanza
« parlavano la lingua spagnuola
«
delle
due lingue
» (2). Cosi
dunque, secondo
il
nostro
Capitano Spagnuolo sarebbe stato importato
autore,
il
fra noi
da attori
di quella
fatto vero. Infatti,
nazione;
come nota
ma
ciò
D'Ancona
il
non è afcompa-
(3),
gnie comiche spagnuole vennero bensì in Italia,
ma
tempo abbastanza posteriore all'introduzione
del nostro tipo; tant'è vero che, essendo in un documento che risale al 1566 nominato uno
Spagnuolo »,
il D'Ancona fa osservare che qui non
si allude a un
solo in
ce
uomo
di quella nazione, bensì
a
un
attore che rappre-
sentava quella parte.
Inoltre,
al
può
ritenersi giusta la frase « succedette
Capitano Italiano »? Parrebbe quasi, restando
lettera del testo,
soffocata la precedente
maschera
e ne avesse preso risolutamente
mazione del Riccoboni non è
volesse parlare
punto possa
della question
del Capitano Italiano
il
posto. Perciò l'affer-
esatta, salvo eh' egli
d' origine. Io
trattarsi di ciò, ossia
incoronazione di Carlo
V
non
credo ap-
che nella mente del
Riccoboni stesso vi fosse in confuso
(1) L'
alla
che l'invenzione dello Spagnuolo avesse
a Bologna
l'
idea di un' ante-
era accaduta
il
24 feb-
braio 1530, e l'occupazione di Siena avvenne appunto in quell'anno 1531.
(2)
Op.
(3)
Origini del teatro italiano.
p. 443 8gg.
cit.
Voi.
I,
p. 56.
Torino,
Loescher, 1891.
Voi.
II,
21
cedenza storica del Capitano Italiano rispetto
gnuolo, e eh' egli in fin de* conti
male. Perchè certamente non
Spa-
allo
solo espresso
sia
si
deve pensare che
si
il
commedia anche tarda fosse soltanto
Spagnuolo; anzi si hanno accanto ad esso molti esempì
di capitani Italiani, quantunque il carattere non sia
punto differente, e si concepisce di leggieri come nei
vestiari delle compagnie comiche si avesse un abito di
millantatore nella
capitano
onde
Italiano
accanto
là distinzione del
a
quello
dello
nostro Riccoboni,
Spagnuolo
comico
;
egli
stesso.
Il
dunque
tipo del soldato millantatore è
senza che
la distinzione del
sostanziale, perchè, se l'origine è duplice, se
l'abito e spesso la lingua
son
diversi,
lo
del carattere è poi affatto uguale.
Un'
capitano e
piuttosto da farsi, tra
Maiana
il
nome,
il
svolgimento
mi sembra
Leggesi nella
tutt'uno
Riccoboni abbia un valore
altra distinzione
il
bravo.
del Gecchi (Scena IV, atto V)
:
Spaona.
Capitan magnifico.
Mosca. Digli, capitan bravo.
Sp.
Vedi pecora:
Dicendo capitan, non vengo a dirgnene?
Mosca. No, eh' e ci son de' capitan da dodici
In su, che fatti o per favor d'argentibus
di parenti, che poi cimentandoli
Ti riescon poltron più che le cimici.
Sp.
non avvien de' 5raw anche il medesimo?
Quanti spassapennacehi e papparuggine
Di ferro vanno attorno sbravazzandola
Che non vagliono poi due man di noccioli?
E che adoprano sempre nel combattere
Lo spadone a dna pie?
Questo brano
di dialogo
mi sembra
provare come anche nella commedia
si
sufficiente
sentisse
e
a
si
22
una qualche distinzione fra i capitani e
quantunque anche questi ultimi si arrogasser
ambito titolo, come fa qui Sganghera:
facesse
i
bravi,
1'
altro
Insomma, chiamami
Capitan, com'io sono...
mentre invece non era che un bravo.
Ed una differenza esisteva realmente, differenza
stato e di professione.
Giacché
all'
infuori
del
di
valore
generico, peggiorativo ed ironico, per spavaldo,
smar-
giasso, la parola bravo era venuta
anche
un senso
che
specifico,
il
acqpristando
dizionario spiega
:
« quegli
prezzolato serve altrui per cagnotto ». Cosi
il
«
buon Garzoni
sempre novelle
«
secretamente
<r
lationi
«
gannar con
se
«
« Il
:
i
proprio di cotesti
li
è
che
descrive
di portar
in volta, star su le pratiche di avisar
lor padroni e signori, dar quelle re-
che piaccion loro: adular con
parole,
le
in-
seminar zizzania, generar dissensione, partorir malevolenza, farsi amici que' che
gli mantengono, e prevalersi del lor pane senza punto
le trovate,
bravo era dunque un sicario
menar le mani per conto d'altri,
ricevendo stipendio, quando pur non esercitava anco
mestieri più ignobili, non escluso quello di mezzano,
come p. es., nella Spagnolas del Calmo, ove il bravo
veneziano Spezzaferro si offre a rimediar le pene amo«
meritarselo »
che aveva
(1).
Il
l'ufficio di
rose di messer Scarpella, cavaliere bergamasco, già stato
condottiero in Ispagna, e che vuol farla da spagnuolo.
Perciò
il
bravo era qualchecosa
plebeo che
il
capitano o soldato che dir
quale anzi era per
lo
più
abbassava fino a compiere
(1)
Op.
di piazza.
cit.
un buon
si
di
più
vile, di
si
diavolaccio,
bassi mandati,
più
voglia,
né
il
si
limitan-
Disc. CXI, De' bulli o bravazzi o spadaccini o agìierri
23
dosi a combattere, e più specialmente
d'aver
dire
a
campi di battaglia. Vero è che bravi e
capitani si accomunavano nella qualità della più goffa
poltronerìa e vigliaccheria congiunta a uno spirito fancombattuto
su'
rende oggetto del ridicolo universale. In
riguardo a ciò ha ragione lo Spagna, quando al Mosca
che lo aveva avvertito , burlescamente e con doppio
farone che
li
senso, d' aggiunger
l'
epiteto di bravo a capitano
nel
parlare di Sganghera, risponde colla stessa ironìa
:
Vedi pecora:
Dicendo capitan, non vengo a dirgnene?
Ma
due perquando verremo a trat-
in conclusione, se le caratteristiche de'
sonaggi son
le
medesime, e
se,
tar più in particolare del loro svolgimento nella Commedia, pur conservando loro due nomi diversi, ne parleremo come di un unico tipo, lo stesso non poteva
farsi nel
discorrere delle origini, ove
una
certa separa-
zione era opportuna a stabilire sulle scene italiane, in cui
compare anzi prima
Questo
fatto
il
bravo,
potrebbe in
come vedremo in seguito.
certo modo spiegare la
bravo che
distinzione del Riccoboni, perchè appunto
il
fu la forma primitiva di millantatore
nostro tea-
nel
non è spagnuolo. La sua nazionalità non è fissa,
quantunque soventi volte sia veneziano forse perchè
nella oligarchica repubblica di San Marco più che al-
tro,
trove aveva occasione
di
fiorire
quello
strumento
di
Spagnuolo è fatto dinon può dirsi davvero che
tirannide. E, se talora anche lo
scendere a
sì
la satira del
infimo
bravo
livello,
si
rivolga contr' agli
stranieri
piuttosto contr' a quella piaga sociale, e tutta
che, introdottasi in
dell'età
moderna,
mezzo
si
tempi molto recenti:
alla
,
ma
italiana,
corruzione de' principii
conservò poi,
pur troppo,
la storia informi.
fino a
24
II.
È
un
Capitano
il
—U
greco e
—
latino
Reliquie medievali — / romanzi
— Le antiche farse francesi.
miles
e
diretto e legittimo discendente del
miles gloriOSUS ?
classico
aXai^wv
fa,bliaux
i
La comparsa
del millantatore sulle scene
del secolo xvi è frutto de' tempi
età, e
quindi
costumi,
tali
quali
menti .... più o
all'
più rispondente
il
buona commedia dee proporsi,
sono
essi
meno
italiane
ed è forse questo
;
personaggio comico più rispondente
r
il
il
indole di quel-
che ogni
fine
al
cioè, la descrizione dei
nella
con
vita,
intendi-:
ognuno conosce
commedie in generale è
morali, giacché
a prova che la moralità delle
assai discutibile.
Certo è tuttavia che questo genere drammatico ha
sempre, o
quasi
vita reale, a
sempre, tratto
sua materia dalla
la
seconda dei tempi; cosicché anche
la fa-
mosa, tanto strombazzata imitazione latina del Cinquecento sta forse, in
fin
de' conti, più
nella sostanza. Infatti, se
ficiale
di
può sfuggire
legami
sec. XVI
metodo
al
vecchio teatro
affatto analogo, se
—
forma che
lettore super-
del tutto la continuità ed intimità
che riannodano
spesso identici
nella
neppure a un
la
produzione comica del
latino,
persino
se
si
gli
riscontra
d'altra parte, è manifesto
modo
un
accidenti sono
che
i
tempi
non è più lo
stesso; anzi gl'intrecci ed i caratteri, per quanto camuffati in veste classica, rimangono non pertanto un
riflesso della vita contemporanea. Che importa dunque
se la forma é uguale, o almeno molto simile? Da quegli
son mutati e che
il
di
pensare
25
umanisti, imbevuti di classicismo fino agli occhi,
e'
era da aspettarsi altro
fondersi coir essenza
Ma
I
sarebbe
cosicché
;
esempio, stabilire un parallelo
assurdo,
una traduzione),
rapporto
al teatro latino.
garsi, che, cioè,
poco
commedia del '500 in
Questo soltanto non può nee la
soverchio e improvvido studio d'imi-
il
r originalità del
tare soffocò
per
tra la fabula palliata
de' Latini rispetto a' modelli Greci (di cui essa era
più che
non
forma non dee con-
la
teatro
italiano,
—
il
quale,
e la Sacra Rappresenavendo in sé molti elementi
tazione lo mostrava
per sollevarsi a un alto grado
—
d'
indipendenza
rimase, appunto quand' era in
artistica,
sul formarsi, inceppato dalle reminiscenze classiche, e
impedito di divenire ciò che furono
lo spagnuolo, quelli
veramente nazionali
stimati gli unici
Questa professione
momento
sul
teatro inglese e
il
comune
che, per
consenso, sono
fra'
moderni
(1).
di fede era, cred' io, necessaria
di affermare la genesi
spontanea del Ca-
pitano che comparisce sulle scene del sec. xvi, contro
all'
opinione de' «
Scherillo (2),
il
critici ortodossi, »
quale fu
il
proponiamo
in favore della tesi che qui ci
Cotesti critici
vedere una
ortodossi,
derivazione
i
Ital.,
chiama
lo
di mostrare.
nel
processo dei
la frase
che a questo
sistematica
Garavelli (3), che « cause simili
il
(1) Gfr. in proposito
zione latina nella
li
sogliono in tutto
quali
tempi, senz' ammettere, secondo
proposito adopera
come
primo a spezzare una lancia
il
noto
Commedia
libro
del
di Vinc.
De Amicis
:
L' imita-
secolo XVI, Bibl. Crit. della Lett.
16-17 (Firenze, Sansoni, 1897, 2* ediz.).
(2) Doti.
Studi e
—
La Commedia dell' Arte in Italia.
Loescher (Tip. Bona), 1884. Gap. IV, p. 110.
Garavelli, La Commedia dell' Arte in Italia, recensione
Michele Scherillo,
profili. Torino,
(3) Vitt.
al libro dello Scherillo,
p. 215-218.
Lo
stesso
in
Illustraz.
articolo
trovasi
Italiana,
riprodotto
Anno XI
nel
(1884) n.» 40,
volume
dello stesso
autore Chiacchiere critiphe, Torino, Loescher, 1889 p. 71 sgg.
26
producono
effetti simili »,
somiglianza fra
il
pitano dei Cinquecentisti,
che
a concludere
dal primo.
s'inducono
È
constatando una perfetta ras-
Miles Gloriosus dei Latini e
il
Ca-
il
com' è naturale,
si affrettano,
secondo è direttamente derivato
assai se, costretti dalla evidenza dei
una
accennare che
ad
fatti,
riproduzione
tale
potè esser favorita dalla circostanza, la quale metteva
sotto gli occhi di que'
commediografi
— non ultimi
minavano — richiamanti
lantatori
,
certi tipi di mil-
spagnuoli che allora
gli
molto dappresso
l'
li
do-
immagine
del soldato plautino.
Ecco dunque come starebbero le cose. Quella brava
che studiavano i classici più che i fatti e gli
gente,
uomini presenti, a forza
s'
legger Plauto e Terenzio
di
invogliavano di prendere la penna in
mano per
scri-
vere anch' essi qualche cosa, sotto la dettatura de'maestri
:
solo che si
prendevano certe piccole
non passare addirittura da
tuivano a' nomi latini nomi
perchè
non
i
libertà,
per
volgari amanuensi,, e sosti"
o spagnuoli, tanto
italiani
loro parti avessero qualche odore di novità e
sentissero troppo
il
Una
rancido.
specie del padre
Cesari che traduceva Terenzio co* riboboli fiorentini
Ora, a parte lo scherzo,
nare tende a rovesciare
l'
siffatto
metodo
aspetto vero
delle
nel caso speciale del Capitano, a confonderne
!
di ragio-
1'
cose
e,
origine
collo
svolgimento posteriore, che dovea quasi fatalmente,
date
le
tendenze
d' allora,
bile del teatro latino.
« d'imitazione
—
«
si
2>
risentire
Ma «...
— argomenta
può affermare che in
« manifestazioni
.
influenza inevita-
giustamente
lo Scherillo
due
una prove-
Italia vi siano state
differenti di quel tipo
« niente dalla tradizione letteraria,
« popolare. Invece par certo che,
«.
l'
non per codest'odore
sostenuta pigliò dalla piazza le
1'
:
1'
altra
spontanea e
quando la commedia
maschere ed i tipi già
27
con
« formati, e
essi
Capitano, accorgendosi
il
« somiglianza di lui con
l'
smargiasso cinquecentista con
« ricolorò lo
« vaci e caratteristiche
le tinte vi-
romano.
soldato
del
ha dato occasione
« ricoloritura
della
antico personaggio plautino,
E
questa
all'illusione ottica dei
« critici posteriori. »
La questione viene
con brevi
così
ma
succose pa-
role enunciata dal valente illustratore di Pulcinella, che
non appoggia la sua opinione su dati di fatto
onde una dimostrazione sistematica
del suo asserto rimane ancora da farsi. Ma noi, piuttosto che pigliar d'assalto il nostro problema, comintuttavia
positivi e precisi;
ceremo, se cosi è
lecito esprimerci, dal girargli attorno,
facendo un po' di storia retrospettiva del soldato vantatore avanti
il
'500
prammatica, da' suoi
traendo
e
primi
mosse,
le
com' è
di
rappresentanti nel teatro
classico.
Un
dottissimo e geniale filologo tedesco, Otto Rib-
beck, in una monografia speciale che
una sua versione metrica
Plauto, ha studiato l' antico
8US
di
svariate forme e manifestazioni (1).
matici, retori, sofisti
e perfino
.
.
.
.
i
e
filosofi,
cuochi (2)
derivante
ridicolo difetto
si
da
fa
come da pre-
del Miles Glorio-
fazione a
àXai^wv
nelle
poeti, indovini,
mostrano
medici
intinti di questo
un malinteso
orgoglio e
vanagloria, che tende a fare ostentazione de' propri
riti,
anche a scapito
della
deplorevole debolezza, pur
genuina
troppo
sue
Demagoghi, diplo-
verità.
si
me-
Di questa
universalmente
(1) Alazon. Ein Beitrag zur antiken Ethologie und zur Kenntniss
der griechisch-romischen Komodie, nebst Ueberselzung des plautinischen
Miles Gloriosus, von Otto Ribbeck (Leipzig, Teubner, 1882).
(2) Questo carattere dette luogo alla maschera Maeson, di cui il
lessicografo Feste t Maeson persona comica appellatur aut coci aut nautae
:
«
aut eius generis.
)j
28
appunto perchè quasi congenita alla natura
uomo, immodesta e vanitosa per eccellenza,
diffusa,
stessa dell'
si
potrebber dunque
enumerare una quan-
di leggieri
ragguardevole di
tità
variazioni
;
ma
a noi
conviene
saltare a pie pari tutte le altre, e fermarci subito alla
forma più
tipica e più
eh' è precisamente
il
importante nella storia del teatro,
soldato, la cui tradizionale e sciocca
burbanza è apparsa come una sorgente inesauribile
comicità in tutti i tempi e in tutte le letterature.
Nel teatro greco esso
quando,
satira
cioè, alla
si stabilisce
personale e
abbastanza
di
tardi,
indole essen-
d'
Commemeno pro-
zialmente politica che avea predominato nella
dia Antica; sottentrò
vocante della Media
ma
non più individui
chio
de' costumi
della
società,
il
misurato e
riso più
e della Nuova,
contemporanei e
ma
che assaliva
riso
classi d' individui, facendosi spec-
flagellando
i
vizi
senza far nomi o allusioni ad per-
sonam.
È
vero che non
nèa figure molto
les.
Fiorito ne' tempi
diffìcili
apparteneva
siaca, Aristofane
non risparmiava
mancano
simili a ciò
i
commedia
alla
che diverrà
al
mi'
della pace e
partito
eh' esso suol coprire
di ridicolo, atteggiandoli sovente in
teschi
Aristofa-
futuro
guerra Peloponne-
della
suoi avversari
il
sembianze
di grot-
spacconi, che per una temerità mal consigliata
e una stolta bramosia di
gloria,
compromettevano
la
conducevano alla rovina, involgendola in pazze intraprese. Cosi Lamaco, un dei
sicurezza della patria e
la
capi dell' infelicissima spedizione di Sicilia insieme con
Nicla
ed Alcibiade, è per
mordacemente deriso
negli
la
sua pomposa armatura
Acamesi
e nella Pace. Gli
esempì potrebber facilmente moltiplicarsi
ricle
non
isfuggi
gamente, anche
a'
il
:
lo stesso
Pe-
sarcasmi del terribile poeta. Analodio Dioniso nelle
Rane, parodistica
29
incarnazione del partito favorevole ad Euripide (1), è
con irreverente umorismo concepito come un falso Ercole, la pelle leonina sulle spalle e la poderosa clava in
mano. Ma né questa né le altre caricature suggerite ad
Aristofane da passione politica o da rancori individuali,
danno ancora
indizio di
presentare
tipo
il
un
umano
proposito determinato a rapdel millantatore che si svol-
gerà in seguito, come naturai portato di avvenimenti e
che richiamano in certo senso
di condizioni sociali
XVI
pensiero all'ambiente Italiano del sec.
cui, a tanti secoli di distanza, rivivere
Anche
nella Grecia era invalso
il
il
mezzo a
in
nostro Capitano.
l'uso dei merce-
nari, introdotto, pare, dalle colonie ioniche che, troppo
dedite
a' traffici
neggio delle
ed
venale di stranieri
comoda un'
a'
commerci per essere
armi, avevan dovuto
(2). Si
istituzione che
atte al
ricorrere
all'
ma-
opera
cominciò purtroppo a trovar
permetteva
agli imbelli cit-
rimaner tranquillamente a casa, e dalle colonie venne diffondendosi nella madre patria. La Gretadini di
cia,
decaduto
tradizioni, e
il
i
valor nazionale,
dimenticò
le
antiche
discendenti di Milziade e di Temistocle
non ebber vergogna
di lasciar le loro
faccende a re-
golare da gente prezzolata, senza patria e senza ideali,
che
si
infame
davano a chi meglio pagava e rendevan così
1'
onorato mestier delle armi.
Quando
poi nell' Eliade avvennero que' grandi ri-
volgimenti, dopo la morte di Alessandro di Macedonia,
(1)
Aristofane considerava
il
poeta Euripide come
il
corruttore del-
Rane, Dioniso, fervente ammiratore di quel poeta,
discende all'Inferno per ricondurnelo a' vivi; ma, udita la disputa che si
agitava fra Eschilo ed Euripide per il primato lassù nel regno delle ombre,
comprende il suo errore ed invece che Euripide riporta fra' vivi Eschilo.
l'
arte tragica. Nelle
(2)
Sulle origini della jxcrfloifopi'X o ^ivorpo^t'a
C. A. Boettiger.
Oputcula
et
carmina
cfr.
specialmente
latina, Dresda, 1837, p. 266.
so
per
le
come
dell' àXai^cóv.
quella
e in
Alessandro
meteora, e
fulgida
ne disputavan
se
la
che incominciò veramente ad ele-
si
varsi nella scena della vita
figura
che
contese de' Diadochi
successione, allora
la
fama
sue gesta aveva assunto volentieri
glianti della leggenda, di
mezzo
del teatro la
Magno
comparso
era
meravigliose
delle
sma-
le tinte calde e
all'infinito
gregge
di
empivano la corte fastosa del gran Re, sublimandone a gara le glorie. Infine, dopoché Alessandro fu salutato da' sacerdoti fiadulatori, sofisti e parassiti che
glio di
Ammone
Giove
rono anche
i
un parossismo
rono
il
alle
e venerato qual dio, comincia-
suoi generali a credersi
figli
morbosa megalomanìa
di
più inverosimili stravaganze
abbandona-
(1). Si
propagò
contagio, e la malattìa divenne generale.
Noi dobbiamo immaginarci, scrive
questi
parvenus che,
torie facili e
le
di dei, e in
si
per
lo
il
Guizot
(2),
con
vit-
arricchiti all'improvviso
più incruente, andavano a .godersi
mal conquistate ricchezze
e le cortigiane
fra' conviti
delle molli città greche, e insiem co' denari e col lusso
vi
portavan pure
la loro boria e le loro
maginarie, spacciando
a'
loro benevoli uditori,
prodezze im-
più goffe e madornali bugie
le
i
quali erano per la
massima
parte que' servi o parassiti tanto compiacenti in appa-
renza verso
i
respettivi padroni e mecenati, di cui sfrut-
tavano a tutto lor vantaggio
la
insensata vanità,
mo-
strando di crederne e di secondarne le ridicole sman-^
cerie, pronti poi a riderne essi
per primi e magari a
giuocar loro, con vile ingratitudine,
Di
siffatte
macchiette esilaranti era
dronisse l'arguto spirito della
(1)
Ribbeck, op.
cjt
(2) Guill. Guizot.
Comédie
et la Société
i
tiri
più birboni.
naturale
s'
Nuova Commedia
impa-
Attica
;
p. 31 sgg.
Ménandre. Étude historique
et litteralre sur
grecques. Paris, Didier, 1866, p. 259 sgg.
la
31
—
e « come, »
inferisce
—
Ribbeck
il
conforme
«
alle
« condizioni politiche e speciali dell'età sua, Aristofane
aveva ritratto ne' demagoghi e ne'
e come
commedia di
più completo e dramma-
^c
lo
«
Antifane ed Alessi nel cuoco, cosi
«
Menandro
raffigurò
il
tipo
« tico dell' àxa<?w7 nel soldato
vestito,
il
nome
stesso
suo incesso,
Il
j>.
ne denotan
sofisti,
la
natura;
la
egli è valoroso, altrettanto è bello
e,
il
suo
quanto
e irresistibile, e le
innumerevoli vittorie della sua spada non sono eguache da' suoi
gliate
Menandro,
somma compiacenza
sembra che
gono
fosse
il
;
e
de' vewrepo/,
La
figura dello
Ercole) potè essergli suggerita
duce degli Argivi, uomo
pubblico
per
Rane
non
se
clava sulle
i
vestito
da
"^svSripxKXrii;
un
ridicolo per
della
pelle
(Falso
sua vanità e
si
presentava in
di
leone e colla
precisamente come
il
Dioniso delle
(l). II 2<xdwv/o? (Sicionio) e lo SevoXoyói;
di mercenari)
con
Nicostrato,
tal
la
che non
costumi,
spalle,
trattò
lo
capolavoro di questo genere
il
©pawXecov (Trasileone) di cui riman-
sci pochi versi.
spregevole
Amore.
infiniti trionfi in
maggiore
il
(Reclutatore
hanno certamente per protagonisti due
che passeggiavano la Grecia in cerca
da arruolare, Sidone allora essendo una delle
di que' reclutatori
di soldati
città
cio
;
dove più
ma
fioriva
questo nuovo genere
anche in queste,
gli scarsi
di
frammenti
commerlo dicono,
ha parte, naturalmente,
il
falso bravo. Anzi allo Stratofane del S/kdwv/o^ deve forse riferirsi quel verso tanto
caratteristico nella
sua concettosa brevità a suggellare
vera natura dello smargiasso
la
Kazv)' fiiy ò'-^tc
«
Fiero aspetto,
(1)
cfr.
§.-
:
Ssi^atat
<ppéysi;
core » (2).
Diod. Sic. XVI 44. Plutarch.
De
adulat. et amie, 184.
Questo vereo è citato da Fozio e da Suida come di Menandro,
in Stobeo Fiorii. 8, 10 è riportato come dall' Ey/stpt'Stov di Filemone:
Meineke. Fragra. Comic. Graecorum lY p. 8 e 201.
(2)
ma
vii
ìy
32
Forse anche altre produzioni dello stesso autore e
seguaci potrebbero offrire nuovi esempì del
de' suoi
nostro tipo;
di
ma
è inutile trattenerci più oltre intorno
manifestazioni greche di esso. Soltanto
alle
ricordare
anche
una variazione del tipo
è veramente innamorato
spera d'intenerir
bile,
(l'Odiato)
Mi(jovjj.eyo;
il
interessante.
assai
;
mi preme
che
offre
Trasonide
ma, millantatore incorreggi-
la bella
crudele col racconto di
fantastiche bravure, che al contrario le
muovon
la
nau-
sea e le ispirano un'avversione invincibile per lo spac-
E
cone.
gar
non
poveretto
il
che nessun
promessa
nessun modo a pie-
riesce in
donna, una schiava che
la
aveva soggiogato, lui
lo
nemico faceva tremare
di astenersi
(1).
Neppure
la
ormai dalle vanterie impietosisce
quella spietata, che gli risponde esser ciò impossibile
data la sua natura
vento
che
Insomma, è
sempre
ripiglierà
il
sebbene
soprav-
frammenti noi dicano, che il povero >I'!7oujx£voi; non riuscirà
a conciliarsi il cuore dell'amata.
(2).
La
facile
capire,
i
stessa situazione, imitata verosimilmente da
Me-
nandro, riprese alquanto più tardi Luciano in uno dei
dialoghi di
suoi
cortigiane (3),
ove Leontico, avendo
fatto fuggir via la bella Innide, spaventata da' suoi terribili
racconti ch'egli credeva invece dovessergli acqui-
fama presso di lei, s'induce finalmente, dopo molte
esitazioni, a mandare il parassito Ghenida acciò rassistar
curi Innide
bugie;
assai
:
comico,
Miaovjx
tutte ve' ».
fr.
V
(Meineke
IX
aXa?wV
fr.
il
dille
che son
parole, di effetto
fanfarone riapparisce
Cam. Gr.
IV, 170.
(ibid. p. 171).
(3) Dial. Meretr. 13.
l'
Le ultime
mostrano che
(1) MttyovfJL fr.
(2)
dunque, o Ghenida, e
« Va'
ma non
Una
descrizione sistematica e completa del-
è data da Teofrasto ne' Caratteri (Carati, xxiii).
33
sempre
nell'
amante
;
ma non
importa un breve scatto
:
è l'amore che ha trionfato.
L' àXa^cùv
della
commedia
era
ateniese
stato
un
personaggio vivente e vero, che pur visto attraverso la
manteneva
lente d'ingrandimento della caricatura,
tatta tutta la vivezza della
Romano
sua storica
realtà.
in-
Nel teatro
invece lo smargiasso non ebbe fortuna
:
l'
in-
profondamente umano del personaggio scom-
teresse
immagini che ne
due massimi campioni della commedia
latina, Plauto e Terenzio, che si mostrarono nella rappresentazione di esso anche più del solito ligi imitatori
parve di fronte
alle pallide e sforzate
detter gli stessi
esemplari greci.
degli
Che,
casi vantarsi di aver dato
un
Plauto potè in molti
se
colorito prettamente ro-
mano agli argomenti esotici della sua fabula palliata,
nessuna delle sue produzioni più del Miles gloriosus
giustifica la citazione della fonte greca cui egli aveva
attinto
:
'AXa?f«v graece buie nomen
est
comoediae
(1)
E, poiché gl'imitatori teadon facilmente a esagerare, era naturale che Plauto si
le tinte, sì
ideale di ridicolo,
i
lecito esprimerci,
un
che potea per avventura riuscir gra-
dito agli spettatori, finché
scena
sbizzarrisse a caricar
da foggiarsi, se cosi è
si
trattava
di
metter sulla
Graeculi, com'essi erano chiamati per ischerno,
que' vinti Greci che allora appunto erano stati
cente sottomessi.
Ma
guai
all'
di riprodurre, nelle spregiate
vanaglorioso,
un
soldato
sembianze
Romano
prese assolutamente alla lettera
del Guizot (loc.
cit.)
(1) Miles Glorios. v.
:«....
di
re-
audace che avesse osato
il
!
le
Non
del
poltrone
già che vadano
entusiastiche parole
soldato
fanfarone era
34
personaggio più estraneo, più sconosciuto,
«
il
ff
naturale a
«
rale per
«
Roma
dove
meno
coraggio era troppo gene-
il
non esser modesto, e dove un falso bravo
non avrebbe potuto arrischiare il racconto delle sue
« vittorie
immaginarie senza che
vere vittorie dei
le
Romani non venissero insieme a smascherame le menzogne e superarne le finzioni ». Anche
Roma, come dappertutto, non mancava davvero il
« soldati
«
a
contingente de'
falsi
bravi, e Plauto stesso ce lo assi-
cura, in quel noto passo del Curculio ove l'attrezzista
fa
una specie
tro anche
il
di « carta di
»,
additando^ fra
{gloriosus), cioè presso al tempio di
uno spaccone
nere Cloacina
bili cittadini
Roma
l'al-
luogo ove più facilmente potrebbe trovarsi
(1).
Ma
Ve-
l'orgoglio nazionale de' suscetti-
non avrebbe
tollerata la parodìa di quella
professione militare che, unita all'accortezza e al senno
politico, costituiva la loro forza e la
loro grandezza
;
causa prima della
ond'è che presso di loro
il
miles glo-
come maschera scenica non potè essere che un
prodotto esotico, un frutto d'importazione forestiera di
riosus
cui la fàbula togata, ch'era
il
vero
dramma
nazionale,
d'argomento esclusivamente romano, soggetto a rigorosa censura, non dovè, secondo ogni ragionevole presunzione, neppur conoscere l'esistenza.
Tuttavia qualche cosa del genere
si
dovette avere
nelle farse popolari che rappresentano la parte più viva,
spontanea e personale della drammatica
che non poteva toccare
non era ugualmente
dell'
latina.
una o
e
i
Mimi
dell' altra
si
IV
2.
satira
divertirono spesso
città,
assegnano come peculiari certi costumi o
(1) Curculio
La
senatus popolusque romanus,
inapplicabile alle altre popolazioni
Italiche, e le Atellane
alle spalle
il
a cui talora
difetti.
si
Di mil-
35
i
Prenestini (1), di
di
Atellane conser-
lanteria eran tacciati, per esempio,
viltt^
vati
Campani
i
(2), e fra
titoli
i
ne restano almeno due che lascian capire qual
ne dovesse essere
Maccus miles
Ma
contenuto
il
Milites Pometinenses,
:
(3).
tutto ciò
mediocremente,
interessa
e'
sia
per-
chè ne abbiam perduta ogni ulteriore notizia, sia perchè non appare che acquistasse un' importanza speciale
anche nelle
Atellane
teatro latino
si
che
del soldato,
tipo
il
per
il
restringe dunque, in ultima analisi, ai
greci rimaneggiamenti di Plauto e di Terenzio.
nomi famosi son sempre
Questi due
sicché vien fatto volentieri
ragone da
cui
chiaro,
risulta
congiunti,
d'istituire fra loro
come
un pa-
sanno, che
tutti
Plauto, sebbene cultore anch'esso della fabula palliata,
era essenzialmente
contro
il
poeta
poeta del
il
aristocratico,
della raffinatezza, grecizzante di
come
s'
di
forma, laddove
induceva a ricalcare
i
Terenzio per
popolo,
poeta
il
dell'eleganza e
anima e
di sentimenti
Sarsinate solo per necessità
il
modelli Ellenici,
ma
il
suo pen-
riman quasi sempre intieramente romano, rude
talora e poco castigato, ma perciò appunto più efficace
e spontaneo. Mi sembra espressiva, anche se inelegante,
siero
la frase
del Klein
« un' opposizione
che fra
fra
la
Plauto e
Terenzio
taverna e la casa »
rileva
(4).
E
questo contrapposto, aggiunge l'erudito tedesco, riesce
manifesto ne* due
(1) Plaut.
(2)
Bacchici.
Cfr. Tito Livio
tipi
24
:
di
millantatore
Praenestinum opino esse
XXIII, 46 e 47.
XXV,
ritratti da'
:
due
ita erat gloriosus.
13.
(3) Maccus era una delle quattro maschere
un quid simile del nostro Pulcinella.
principali delle Atellane,
(4) « .... bei Plautus, in gegensatz zu Terentius, cine Opposition der
Schanke gegen das Haus herrscht » (Klein, Geschichte des Dramas II,
521). La frase è molto tedesca, se si vuole, ma pazienza
«
!
poeti, alludendo,
uno para-
cioè, al Pirgopolinice dell'
gonato col Trasone terenziano.
due commedie, il Miles
Eunuchus, non può passare inosservata
una notevole differenza d' intonazione fra' due spacconi,
Infatti,
se a chi legge le
Gloriosus e
si
1'
riconosce
fondo
facilmente che
tuttavia
che
lo stesso, e
carattere
il
la diversità di
deriva solo dalla natura diversa degli autori.
il
è in
rappresentazione
E
invero
mite e delicato Terenzio, che in una sola commedia
viene ad introdurre lo spavaldo, ce ne dà un'immagine
assai attenuata e incompleta
;
che, sebbene
Trasone ami
gloriarsi delle sue perfezioni fisiche e morali,
dugia nel racconto
somma molto
di fantastiche
addietro alle
avevano messo in bocca
a'
aka^óysc,
L' indole di Terenzio ripugnava da
sicché esso è molto
più
dolci e appassionati
che non
grottesco. Perciò
e fredda che
pria e
non
non
il
dov' esso serve solo
a
alla
comici greci.
ì
ogni brutalità, co-
tratteggiar
caratteri
rappresentazione del
suo Trasone è una figura insipida
ha,
esercita
abile
s'in-
strampalerie che
colossali
loro
non
imprese, rimane in-
per così dire,
personalità pro-
una parte essenziale
nell' azione,
come necessario zimbello
alle
mene
fraudolente della cortigiana e del parassita che lo metton di mezzo.
Al contrario,
la fantasìa
umoristica e sbrigliata di
Plauto, quella vis comica ch'egli
amava
di
profondere
a piene mani, anche a scapito qualche volta del
buon
gusto e dell'eleganza, avevan trovalo un soggetto
gno
nella riproduzione dell'antico aXai^wv
;
e,
sebben
delo
ha luogo di credere che egli imitando esagerasse, tanto che il suo Pirgopolinice riesce
l'uomo più vile e più abbietto, e nello stesso tempo
il più stomachevole millantatore del mondo, salvo poi
a lasciarsi gabbare e schernire nel modo più atroce dal
imitasse dal greco,
si
37
suo inseparabile e poco fedel servitore. Era perciò naturale che
gì' Italiani
del sec.
XVI, andando a ricercare
ne' classici esemplari ispirazione ed aiuto
mento
allo
del loro Capitano, si attenessero più
svolgi-
davvicino
a Plauto, per quanto anche l'influenza terenziana
cesse fortemente sentire; e ce lo attesta
delle parole «
Thrasonismo
venute d'uso
comune
la
si fa-
creazione
» e « Thrasoneria d
a designare
i
bravi
e
le
,
di-
loro
bravate.
Pirgopolinice è rimasto
ma
plautini;
fra le venti
il
più
celebre
commedie ben
de' soldati
altre
cinque,
Truculentus (1), contengono il nostro tipo, che rimane per
lo più uguale nella sostanza ma subisce parziali modicioè
Curculio, VEpidicus, le Bacchides e
il
Contentiamoci di ricordare l'Antemonide
ficazioni.
Poenulus che
fa
si
— cosa
—
tone
il
strana,
benuomo
del
come un ghiotmentre più comunemente il dab-
notare specialmente
sfamare i parassiti che gli danno
Cleomaco delle Bacchides, un furfante matricolato che non si perita di cedere per denaro l'amore di una delle due cortigiane.
ascolto
(2)
!
Il
diletta a
si
,
e
il
miles gloriosus non aveva né poteva
aver go-
duto nella
Roma
repubblicana una schietta e profonda
popolarità,
come
già innanzi
ond'è ovvio ammettere che
rirne
la
tradizione
di
si
nella Grecia
moribonda;
dovesse di leggieri smar-
personaggio da commedia. Né
giova che la fama imperitura di Plauto e di Terenzio
il parassita Arpace nello Pseudolus assume l'aria di milquando etimologizza il suo nome dal gr. «p;ra?ctv
hoates
vivos rapere (II 2).
(1)
Anche
=
lantatore,
(2)
scena
tro gli
Ma
egli è
pure un formidabile spaccone: basti vedere la nota
racconta a Lupo la sua gloriosa spedizione con-
dell'atto II ov'egli
homines
volatici.
38
non
trionfasse delle più fitte tenebre medievali, e
tanto in seno agli eruditi di professione.
Ma
scienza dell'intimo significato psicologico ed
maschera
l'antica
a
adoratori
dilettantismo,
si
codel-
prova,
puro
classica latinità che, per
della
ostinavano a ricalcare
orme
le
de' vec-
tentativi fa onorevole eccezione
Fra questi
chi comici.
monaca Hroswitha che
metro
umano
fosse ormai dileguata, son
si
sol-
la
credere, certi tentativi isolati e solitari d'impe-
mio
nitenti
la
che
in sei
drammi
di
stile
e di
terenziani sceneggiava episodi delle vite de' Santi
con un
spirituale e cristiano; gli altri si
alto intento
limitarono per lo più ad una sciocca imitazione formale,
che dava occasione a vacue esercitazioni scolastiche, la
cui unica nota caratteristica è l'oscenità, cinica e disgustante. Così
descrive
Davo
a'
dialogato in distici, Thraso
mezzana Baucis e del servo
un poemetto
raggiri della
i
fargli
pagare
cortigiana.
Quivi,
danni del milite innamorato, per
a più caro prezzo
malgrado
amore
1'
dì
una
nomi evidentemente
i
tere del terenziano Trasone
fugace ne' due versi
terenziani, del carat-
riman solo una traccia ben
:
Obvius exit ei Thraso, sui gloria potus.
Cui ventar deus est, cui Venus apta comes
Ma
nel corso del breve
mostra mai come
tale
moedia de milite
Plauto soltanto
sformato
:
«
il
non
del
(1).
soldato
francese
!
E
non
la
si
Co-
Matthieu de
Vindocinensis) trae in sostanza da
titolo;
si
il
né come millantatore
glorioso
Vendóme (Matthaeus
dramma
ma
vede più
Pirgopolinice è
—
scrive
il
aff'atto tra-
Le Clero
(2)
—
H. Hagen. Eìne antike Komódle in diatichischer Nachbildung
Class. Philol. XCII (1868), p. 7H-729.
(2) Hiat. littéraire de la France. Tom. XXII, p. 58-62. La Comoedia
fa pubblicata dal Du Méril in appendice alle sue Origines du théàtre
(1) Cfr.
in Jahrbb.
moderne.
f
39
non un cavaliere che corteggia
donne, e eh' esse
«
se
«
accolgono con una premura che non rassomiglia né
« al disprezzo che loro suppone
né
« caratteri,
leresca
le
teatro antico per tali
il
tanto vantata dell' età caval-
alla virtù
Ciò che,
y>.
le
un
da
se
lato
dimostra che
stramba caricatura plautina non parlava
rito di que'
tempi, suggerisce d'altra parte
che fosse nato qualche cosa
si
piìi
di
nuovo e
il
la
allo spi-
pensiero
di diverso
che
prestasse a tal genere di satira.
Vendòme
Forse Matthieu de
moto
(lo si
seguente) perché
a'
principii del
possa creder possibile nella sua Co-
si
moedia una intenzione
tr'ai
é ancora troppo re-
crede vissuto nel sec. XII o
costumi dell'epoca.
satirica
Ma
cosciente e diretta con-
questo indirizzo
si
svolse più
tardi e si svolse a vituperio di
una grande
ch'era germogliata in mezzo
mistico ascetismo della
Chiesa cattolica ed
al
istituzione
ed
aveva illuminato l'ottenebrata società dell'Europa medievale di
alle ferree ritorte del feudalesimo,
una luce vivida e feconda, convergendone gli
il lontano Oriente.
La Cavallerìa
madre di magnanime imprese e di eroismi so-
sguardi ansiosi verso
era sorta,
vrumani: nobili cavalieri
il
mondo
colla
fama
di molteplici Ordini
delle loro gesta,
avean corso
compiute nel
di Dio, dell'onore e degli occhi della loro
dama.
nome
A
poco
a poco l'ideale cavalleresco aveva assunto una fisiono-
mia
stabile e propria, e le
tevoli si fissarono nella
Magno
e
i
Cavalieri
sue personificazioni più no-
leggenda.
della
I
Paladini di Carlo
Tavola Rotonda vennero a
dar soggetto a tutta quella letteratura romanzesca che
conservò
sempre tanta popolarità e che, mescolando
insieme l'elemento reale e storico col fantastico e col
meraviglioso, doveva alla fine divenire un intessuto di
favole.
Giacché
la
fervida
ingrandi smisuratamente
le
immaginazione
note figure fino
de' cantori
ad
attri-
40
buir loro portamento e contegno, più che da
A
prepotenti o da bravacci.
compassionevole e
noi spunta
un
sprezzante nel leggere
lo
da
eroi,
sorriso fra
i
il
famosi
gabs dei Paladini (1) che pur forse erano accettati con
la miglior serietà del mondo dalle masse ingenuamente
credule ed acciecate nella venerazione inoffuscabile dei
Ma
loro eroi prediletti.
moderna,
dell'età
già per tempo, verso
i
principii
era cominciato a diminuire
si
fede
la
a que' racconti straordinarii, a quelle prove miracolose,
a quelle tempre
punta
sovrannaturali e quasi
dapprincipio, per entro
romanzi e
i
divine; e
appena
dell'ironia s'insinuò, sottile e
la
percettibile
fabliaux, fino ad
i
assumere più
Per rimanere
tardi le proporzioni dell'aperta invettiva.
e dell'Ariosto
un
esempi
agli
dente -^ Astolfo è
e
lieri,
tipici,
ne'
poemi
del Boiardo
certo risolino beffardo traluce già evi-
Rodomonte
il
più spavaldo e
caduco
fra'
cava-
—
è divenuto sinonimo di spaccone
nélV Orlandino poi di Pietro Aretino
i
:
Paladini son rap-
come sciocchi e codardi ghiottoni il cui campo
la mensa e che si sfidan solo.... a chi più
mangia o beve. Che più? Nell'immortale creazione del
Cervantes, Don Chisciotte è uno sciagurato monomane
presentati
d'
onore è
a cui la perniciosa lettura de' romanzi ha sconvolto
cervello, che
si
batte co' mulini a vento e che
sempre col farsi bastonare,
nea, una brutta contadina.
Ma
siffatta
in
nome
letteraria,
rito cavalleresco nella società era
Vedasi specialmente
il
lem ed à Conetantinople, ove
sitati
da suscitare
bilmente non
ticolo del
il
sua Dulci-
tendenza parodistica era, per così
una reazione puramente
(1)
della
dubbio
vi esiste. Cfr.
Novati p. 280 n.
il
finisce
allorquando
dire,
lo spi-
da un pezzo tramon-
Pelérinage de Charle Magne à Jerusai gabs diventano cosi madornali e spropo-
di una intenzione parodistica che più probaper la bibliografia della questione il citato ar-
2.
41
E
tato.
sua decadenza, che dovè avvenire per lenta
della
e graduale evoluzione, rimangono
e ca-
riflessi parziali
Lenient (1) ne addita un
Florance e Blancheflor, ove
ratteristici nella letteratura. Il
sicuro indizio nel fabliau di
l'antico cavaliere
è già
si
mutato in un avventuriere
bisognoso e libertino che mette in pegno
donna amata per pagare
i
gioielli della
i
suoi debiti. Di questo triste
discendente degli antichi prodi è innamorata Florance,
Blancheflor ha dato l'amor suo a
Le due
di lettere.
un
clero, a
un uomo
giovanette, difendendo ciascuna
il
pro-
prio ideale, portano la contesa alla Corte del Dio d'amore,
e
riman favorevole
giudizio
il
sopraffatto dall'
Ed
al clero
:
l'uomo d'armi è
di lettere (2).
ecco che allato di Orlando e degli
comparisce
clici
uom
la grottesca
altri eroi ci-
figura di
e ignobile
Au-
digier, di cui
Onques plus coarz hom, dit l'histoire,
N'entra en abaìe ne chapitoire (3).
Audigier è degno
ali di
una
figlio di
campione che
gibus, nobil
farfalla.
È armato
a tentar la forza del suo
megera del
gli impone
suo padre,
braccio contro
vicinato che lo batte
come
rati.
figlie.
Audigier restò proverbiale nel medioevo
di
un'ingiuria all'indirizzo de' gentiluomini
Ed
il
villano
uno smargiasso
(1)
una vecchia
ignominiosamente e
più schifosa delle umiliazioni, obbligan-
la
nome
lancia le
egli stesso cavaliere e viene
dolo poi a sposare una delle sue orribili
Il
conte Tur-
il
trafigge colla sua
Gh. Lenient
degene-
arricchito, atteggi an tesi a cavaliere,
vigliacco che, armatosi di tutto punto,
La
satire
en France au moyen àge. Paris, Hachette,
1859. Gap. V, p. 91.
(2)
Cfr.
Barbazan
Rajna.
(3)
Le
et
Méon. Fabliaux et Contea. Paris, 1808 IV
p.
354.
Corti d'amore. Milano, Hoepli, 1890 p. 20.
Barbazan
et
Méon, IV
p. 217. Gfr.
Lenient, op.
cit.
Gap. VII
p. 131.
42
andava nel bosco ad armeggiare.... contro
gli alberi,
e
poi vantavasi di aver abbattuto de' nemici, è smascherato e atrocemente vilipeso dalla sua stessa moglie nel
Bérengier au Ione cui.
(1).
questo notissimo fabliau
In
la
scena è posta
in
Lombardia
Ou
la
gens n'est gaire hardie
che è questa una vecchia accusa ripetuta volentieri dai
Francesi contro i Lombardi, e che dette luogo ad un
curiosissimo poemetto la cui versione latina ha ripub-
abbastanza di recente
blicata
lumaca
seconda metà del
De lombardo
alla
et
Novati (2). S' intitola
il
— probabilmente da assegnarsi
XIII — e rappresenta un
sec.
burlesco duello sostenuto da quell'animoso guerriero
contro la terribil fera. Grande
è
l'
incertezza del vil-
non osa accingersi all' ardua impresa, ed è
scongiurato dalla moglie a non correr si gran rischio:
lano che
Hector, non haec auderet AchiUes;
Herculis hic virtus ardua deflceret.
Non audax
Ma
magnanimo si decide a dar batun solenne addio alla concorre in campo e, dopo aver provocato
infine quel
non
taglia,
senz' aver dato
sorte desolata
:
e sfidato la temuta avversaria, la uccide.
facto quae premia digna dabuntur?
est res parva, causidici veniant.
Quo tanto
non
La
satira
qui dunque ha carattere
divien paesana e sociale,
si
politico;
ma
nella Francia stessa
trasporta contro gli stessi francesi la ridicola inven-
gens
zione nel Dèbat des
contro
(1)
et
quando
XIV
un lymasson
A.
De Montaiglon
tiécle. Paris, 1880,
(2) Giorn. Stor.
(3) Cfr.
Novati
XXII
(3).
d'
armes
et
Più tardi poi
d'une femme
la satira contr'il
G.Reynaud. /Jécwii des Fabliaux des XIII
IV p. 57.
et
(1893) p. 340-S42.
art. cit.
p.349.
43
soldato
allarga e penetra nel teatro popolare, ove la
si
troviamo per
mezzo
gand,
tra
ossia
un
prima volta in una
la
mistero
al
La
:
domanda
villano, e gli
villano dapprincipio fa
scherni ed insulti. Allora
carsi
bile
ma
;
inserita in
Il
bri-
venturiero prepotente e predone, incon-
il
qual' è la strada verso
Saint-Ouen, per poter raggiungere
Il
Farsa
Vie de S. Fiacre (1).
la
sua compagnia.
sordo, poi gli risponde con
il
hrigand vorrebbe vendinon può sfogar la
il
villano scappa, ed egli
il
che su un cappone cui torce
collo.
il
Tale predilezione pe' polli e per
i
pollai è carat-
teristica degli spacconi nella primitiva
farsa francese,
«
in cui
procedimento molto ingenuo
il
«
mico
«
far vantare
» dice
il
Petit de Julleville (2)
incessantemente da' fanfaroni
« raggio, e raccontar de' fatti
« loro
maire
viltà J.
(3).
ma
Celebre è
Mentre
il
assai co-
« consiste nel
il
loro co-
che mostrino appieno
Colin
padre esalta
de Thévot
le
fìls
le
bravure del
la
le
figlio
mesi è partito per combattere contr' il reame
compare una donna che si lamenta della perdita di un pollastro rubatole da un giovanotto, il quale
intanto arriva e non è altro che il prode Colin. Esso
ha tutto perduto nella sua fuga, anche la giacca; ma
in compenso ha fatto un prigioniero che poi si scopre
per un pellegrino tedesco. È questa 1' unica preda di
che da
sei
di Napoli,
guerra fatta dal nostro eroe
Data
la
1
popolarità del personaggio, era logico ch'esso
dovesse far capolino anche in quel genere
di
franqate avant la
(1) E. Fournier. Le théàtre
Ì450-Ì550. Paris s.a.p.28 sgg.
dr. la. Notice a p.l8.
—
(2) L. Petit
moyen'àge.
de Julleville.
et les
Renaissance
moeurs en France au
Paris, Cerf 1886 p.258 sgg,
(3) Viollet le
388 sgg.
La Comédie
compo-
Due. Ancien théatre francais
(Collect,
Jannet) tom.II,
44
nimento tutto francese,
follia.
E non
è forse
che deriva, siccom'è
uomini abbiano un lato di
la Sottie,
noto, dall' idea che tutti gli
millantatore, in fin de'conti,
il
pazzo ? Infatti nella Sottie à huit personnages
un
etc. (1)
uscire da' tronchi d' albero per opera di
Abus, dopo Sot dissolu vien subito fuori Sot glorieux
in abito guerriero ch'entra gridando:
fra' sots fatti
A
A
a l'assault a l'assault,
che vai! sus en pointe! aux armes!
l'assault
!
con quel che segue. Tutti
pilier secondo
porta
«:
la
debbono innalzare un
sots
i
fantasìa
un gros tronfon de
làcheté
Ma
clou
il
della satira fu
una mal
fortunatamente corta
memoria. Si
vita,
e la cui data
anno
si
raggiunto
ma
il
quand' essa
Monologue du FrancFrancesco Villon
1468, certo prima del 1480,
della soppressione di questo disgraziato corpo di
Franchi Arcieri. Quando poi nel 1521 Francesco
di risuscitare
gli
gli
e Pillerie.
lasciò di sé la più trista
(2), attribuito a
pone verso
glorieux
oltre
riuscita istituzione ch'ebbe
tratta del celebre
Archier de Baignollet
Più
».
Bomhance
son dati per compagni Làcheté,
attaccò direttamente
Sot
ciascuno:
di
questa
stessi abusi detter
I
tentò
milizia rurale, gli stessi eccessi,
luogo ben
tosto
agli
stessi la-
menti, che vennero alla lor volta suggellati nel ridicolo
col
FranC'Archier de Cherré (3).
Il monologo di Fernet, le Franc-Archier de Bai-
(1) Petit de Julleville op.cif.p.208 sgg. Cfr. E.Picot, La sottie en
Franca, in Romania VII p. 270.
(2) Viollet le Due. Anc. Th. Il, 326 segg. Cfr. Picot Le Monologue
dram, dana
fanfarons)
op.
cit.,
l'Ano. Th. frang.
—
p.
518
:
Monol. des soldats
p. 260 sgg.
(3) Cfr.
Lenient e Julleville ibidem (pubbl. in Picot et Nyrop.,
farces frangaises des XV et XVI siécl. Paris, 1880
Nouveau Recueil de
p.
(Ronmnia XVI
e per notizie storiche Lenient op.cit. p.357 sgg.; Julleville,
XXII).
45
una
gnollet, è
delle più
invenzioni
felici
dell' antico
repertorio. Fernet, ch'è l'eterno millantatore poltrone,
abilissimo a provocare
ad assaltare
lito,
bravate,
muore quasi
soprattutto
e
paura
di
La sua
so-
raccontar
a
vista di
alla
un sem-
scambia per un
sol-
ridicola natura è dipinta con
una
plice spauracchio da uccelli eh' ei
dato Bretone.
more
cittadini o,
pacifici
i
pollai,
i
verve indiavolata:
Je ne craignoys que les dangiers,
moi : je n'avays peur d'aultre chose.
che
E
qui
ci
ha portato
ci
arrestiamo nella sommaria enumerazione
fino alle porte del '500,
rimandando
per più complete notizie a un lavoro speciale sul miles
francese del Dr. Fest. (1) Questi non sa esimersi dal rieil confronto con Plauto e Terenzio, specialmente
vocare
per
la
farce joyeuse, trés bonne, à
du Gaudisseur
(2)
;
ma
deux personnageSy
infine riconosce che
francese prima che
si
il
carattere
ambiente teatrale
del fanfarone era già penetrato nell'
possa sospettare
un' influenza
diretta esercitata dalla tradizione classica. Il che è
plice e naturale,
aggiungiamo
quanto
del millantatore è vecchia
nuamente
si
gine secolare
della
artificioso di
Ma
è
commedia
(1)
gen
&
mondo
il
sem-
persona
la
e
conti-
immamagniloquente vanagloria umana
riproduce nella vita e sul teatro,
che tenta mascherare
manto
perchè
noi,
la
tempo ormai
italiana.
meschinità
propria
vuote parole
di
sotto
il
(3).
venire
al
Capitano della
x
Der Miles Gloriosus in der franzoaischen Komódie Erlan-
Leipzig 1897, p. 18-29.
le Due. Ano. Th. II, 292 sgg.
esempi delle diverse manifestazioni del tipo nelle principali letterature moderne, trovansi raccolti in Reinhardstoettner Plautus.
Spàtere Bearbeitungen plautinischer Lustspiele Leipzig, 1886 p. 595-680.
(2)
VioUet
(3) Gli
46
III.
Il
millantatore nella poesia e nel teatro popolare
Il
—
—
bravo
Il
soldato
—
smargiasso
villano
Il
—
Distintivo della imitazione classica.
Un
poeta lombardo
metà del sec. XV, ha una pittura graun bravaccio del tempo suo, parago-
sonetto di Gaspare Visconti,
della seconda
ziosissima
di
nato a
del
—
la
quale
quel Guiotto, di cui narra
Tififetto l'alta poesìa (1)
buon
si
El fa
ma
il
chiude in questi termini
con la scimitarra,
la voglia tanto ria
l'aria sua bizzarra.
ben darti l'arra
tenribil
non ha poi
come dimostra
E per
Qaanto
:
si
dee stimar suo turbo ciglio,
in corpo d'un coniglio
Non ha più cor
Ciò che dimostra come
il
(2).
tipo del bravo vigliacco
fosse già consacrato nella letteratura poetica del '400;
(1) Allude alla Macaronea di Tifi Odasi, di cui v. Rossi, Di un
e Zannoni, / precursori
poeta maccheronico etc, in Giorn.St. XI, 1
di Merlin Cocai, Città di Castello, 1888, con recensione dello stesso
Rossi, in Giorn. St. XII, 448. Cfr. la ridicola descrizione della spada di
Guiotto e del suo terribile incesso nelV ediz. dello Zannoni p. 121. Ma la
—
poesia maccheronica non ha conservato veri
tipi
di
miles gloriosus,
mentre anco il gigante Fracassus nel Baldus folenghiano (A. Portioli. Le
Macar. II, voi. I p, 85
Macaronee di Teofilo Folengo. Mantova, 1883
sgg.) è soltanto un gigante mostruoso raffigurato colle solite parodistiche
esagerazioni, non ha niente del millantatore.
(2) Cfr.Rónier, Gaspare Visconti in Arch. Stor.Lomb XIII (1886)
—
p. 816.
47
anzi
un esempio
non
allusivo
caratteristico,
perchè verosimilmente
un personaggio determinato,
a
satireggiante
un
vizio sociale dell'epoca,
Canzona
un
bravo che
di
ma
già
n'è dato in una
risale di certo
non
oltre ai
XVI, trovandosi inserita in un opuscolo
miscellaneo intitolato Egloga pastorale de lustitia,
ristampato nel 1513. (1). È un documento importante
primi del
per
la
sec.
sua relativa antichità,
che vai
la pena,
come
rarissimo, di ripubblicare integralmente:
Teste e braze getto via
^
con questo mio squarza polpe
che alle volte in un sol colpe
mille huomini uccideria
Teste e braze getto via.
Quando questa crudel spada
nel
do
mio
sì
forte
grande
pugno iace
coltellate
summan
^'^
^^
^^
più che tre fornace (2)
e a quegli che questo spiace
dico : fuggi, scampa via.
Teste e braze getto via.
Se ben vo con gli occhi bassi
e che voi non mi extimate,
fo tremare sessanta passi
el terreno per ogni parte.
Puttanaza delle carte,
che gran forza è questa mia!
Teste e braze getto via.
'n un giorno mi son trovato
trarre le teste tanto in alto
quando a terra son caschate
hanno
Da me
facto maggior salto.
stesso poi mi exalto
—
(1) Egl. post, de lustitia etc.etc— in 8, carte 12
nuovamente
stampala nell' anno 1513, senza luogo né autore. Cfr. Mazzi. La Congrega etc. II p. 101 n. che ne segnala due soli esemplari: uno conservato alla Comunale di Siena, l'altro presso il March. Cavriani di
Mantova.
(2)
mero
Parola oscura; forse sta per fornate o infornate, cioè in nui pani di tre infornate ?
tale quanti sono
48
^
el
più bravo buona cb'al mondo
Teste e braze getto via.
sia.
Sempre ve cercando gara
né mai cesso di bravare
per la potta! pena amara
^^
ti
^
di
farò certo giistare
chi vorrà poi contrastare
farollo presto in gelatìa.
Teste e braze getto via.
Son chiamato un paladino,
me tema l'universo
quando io branche el mio faschino
smembro ognun per el traverso
:
(1)
e a dritto e arriverso
vo satiare la voglia mia.
Teste e braze getto via.
^^
/
f
Per la vecchia puttanaza,
non mi venga ninno avante,
se non voi eh' io l' amaza
gli dia ferite tante
•*^
si
potrà ben dar gran vante
se la vita porta via.
Teste e braze getto via.
*'
Ho mantenuto
con sufficiente fedeltà
scorrettissimo
dello
correzioni necessarie
Il
permettendomi
testo,
della
ripetono nella volta una o
frottola
piìi
e in
lingua
la
(in ottonari
me mi me
n' accorzo)
mentre per
la
(1)
del bravo {Leze
si
rivela
compo-
non fan per
schiettamente veneta,
canzone potrebbe rimaner dubbio, perchè
Voce ignota
,
che deve
designare
una
specie d'
arma
(cfr.
Nel Diez (Etimol. Wórterb. pag. 429) trovasi una pa-
azcona o fazcona, che significherebbe: arma da getto, asta,
Ma una simile derivazione è impossibile secondo le
fonetiche; onde non può stabilirsi niente di positivo. Sembra però
rola sp.
giavellotto, o simili.
leggi
che
apparisce d'origine settentrionale,
un seguente sonecto
gr. <p-xTya'jo-)i ?)
poche
rime della ripresa, con
ritornello) attesta l'indole popolareggiante del
nimento;
lezione
pronta intelligenza di esso.
alla
metro, eh' è quello
la
sol
escluso che
si
tratti di
vocabolo veneto o toscano.
49
toscana deve aver molto guasto l'origi-
la trascrizione
nale,
come mostra
abbondanza
la straordinaria
di versi
zoppicanti.
Questa origine probabilmente veneta della Canzone
succitata è tutt' altro
fatto
che
la figura
che trascurabile, appunto per
della parola, par che
siasi
tali
Venturino Venturini
si
millantatore
Farsa Satyra Morale
sul teatro finora conosciuta, nella
di
che altrove
figure di bravi
apparizione del
più antica
la
prima
svolta
neir Italia settentrionale, e che a
riconnetta
il
bravo, nel senso professionale
del
da Pesaro, che, secondo una
buona congettura del Brunet, deve ritenersi stampata
prima del 1521 (1). A questa farsa dedicò un intiero
capitolo del suo libro lo Stoppato (2), che sembra rivendicare a sé
che già
il
merito della scoperta, senz' accorgersi
tempo prima
molto
di
lui
il
buon Quadrio
r avea segnalata, riportando la parlata dello Spampana
ed aggiungendo la seguente osservazione « .... ed a
:
«
mio credere non andrebbe lungi
dal vero chi pensasse
«
che da questo poeta che era insieme valoroso capi-
«
tano, fosse stato questo
«
l'
«
tura di qualche suo collega
Italiana
Commedia
carattere
primamente
nel-
introdotto, a beffarsi per avven»
(3).
Non
si
potrebbe
esser più espliciti!
Dobbiamo
in ogni caso esser riconoscenti allo Stop-
un
pato per averci offerto
sima operetta, su cui
esteso riassunto della raris-
fa inoltre l'ipotesi (che
ne rad-
ei) Infatti il Brunet {Manuel du libr. V, 1124), che erroneamente
stampa: Sforza, Satyra morale etc, fa questa congettura perchè il nome
dello stampatore (Joanne da Castione), eh' è indicato alla fine del libro,
non si trova più tardi di quel tempo.
(2) Dott. Lorenzo Stoppato. La Commedia popolare in Italia (Paper la recensione del Rossi cfr. Giorn. St., IX, 279
dova, Draghi, 1887
—
seg.) Gap. V,
Per
(3) Quadrio,
la
maschera
del capitano, p. 193-217.
Storia e ragione d' ogni poesia, III,
p.
U, pag. 217-219.
50
doppierebbe, se
si
dimostrarla,
potesse
l'
importanza),
una Rappresentazione né di un
Contrasto, ma piuttosto di un esempio isolato di quelle
Moralità, che furono un genere drammatico coltivato
non
qui
trattarsi
di
Bazoche e che, secondo
in Francia dai Clercs de la
D'
Ancona fortunatament<;, mancherebbe all'Italia.
Ma, comunque la cosa stia, « ciò che rende
il
sin-
((
gelare questa farsa » aggiunge quindi l'autore « e
«
la distacca
«
troduzione
«
rante anch' esso
nettamente da' prodotti francesi, è l' indi un elemento comico e ridicolo, ope-
«
mento cavato
«
profano. »
E
al fine
generale
sana
di
pianta
questo è appunto
dell' azione,
ma
dal
Spampana,
lo
ele-^
teatro popolare
il
bra-
giovane Assuero
«
corrompere
« Già il nome stesso (Spampana)
Egli
esce bravando e dimostratiè una rivelazione.
bravo. La scalata
bravissimo
gesti
e
parole
dosi in
origine dalle vanla
sua
ripetere
deve
che
al cielo,
ai giganti, la dibocca
in
poste
mitologiche
terìe
or
struzione di
vc
sfida a
vaccio che
colle
«
«
«
cerca
di
il
sue vane parole.
Marte
ogni
e
ordine
a Giove
della terra e del cielo, la
ecc.,
sono poi nella com-
media all' improvviso. »
Insomma, la farsa del Venturini rimane il più
antico esempio di ciò che diverrà poi tanto comune.
E dico, naturalmente, il più antico esempio rimasto,
perchè si deve senza dubbio ammettere che, sebbene
le bravate dello Spampana appaiano ancora molto pri«
mitive,
non
sia
precisamente questa
la
troduzione del tipo sulle scene italiano.
primissima in-
Me
una prova quel luogo della parlata, ove
dichiara pomposamente 1' esser suo
lo
ne sembra
Spampana
:
El
Ma
e un uomo sono
faccio altrui paura sol col sguardo;
a chi ben voglio non mal l'abbandono.
Spampana mi chiamo;
Che
51
Uomo al mondo più bravo,
me non si ritrova e te
e più gagliardo
vo' dire
Tutte le pruove mie senza riguardo.
Mille in un giorno ne ho facto morire.
Di
;
delie
Assuero si,
mosche.
Che
Spainp.
?
va' pur seguendo
Assuero
Che
mi
inflno adesso tu
La medesima intonazione
cune espressioni
si
del dialogo, perfino al-
come
caratteristiche;
risposta
sguardo, la
stupire ecc. ecc.
fai
il
far
paura collo
sardonica dell'interlocutore ecc.,
ritroveranno più tardi in moltissime commedie
come, nonostante
che prova
non
Quadrio,
Pesarese
sia
ragionevole
Gavalier
attribuire al
un personaggio le cui princiritrovano fissate, come formule,
tipiche
si
quasi emanazione della coscienza popolare, nel
torio
ciò
;
congettura del
creazione di
la
pali frasi
l'arguta
Fu
comico del secolo xvi.
reper-
questa una necessaria
È
conseguenza della imitazione latina preponderante?
innegabile una tendenza spiccatissima, così per questo
come per
molti altri personaggi comici, a renderli ca-
ratteri stabili, stereotipati
l'altro,
che
quella raccolta
Alessandro
del che dà chiara prova, fra
;
300
di
ben noto commediografo,
caratteri di personaggi
l'Accademico
Piccolomini,
anzi la sua intenzione era di tracciarne
ma
che
poi,
cassa che
giunto
a
conteneva
li
quel punto,
tutti,
questa perdita non ebbe
lavoro (i).
Ed
è
servasse, perchè
di
questa
si
il
(1) Gfr. la
trafugata la
sconfortato di
coraggio di ricominciare
tutto ciò
non
si
il
con-
avrebbe qui un esempio notevole
degli
doveva poi render possibile
nezia, 1579.
mentre
ben seicento;
gli fu
sicché egli
un peccato che
tendenza
Intronato
dice di aver composta,
scrittori cinquecentisti,
la
Dedica della Sfera del
Commedia
mondo
che
dell'arte.
di A. Piccolomini,
Ve-
52
Ma non
corriamo
nostri bravi o buli, che,
troppo
come
innanzi, e restiamo ai
si
accennava, furono la
prima forma drammatica che abbia
spaccone
rivestito lo
Anche il teatro regolare li accolse,
commedia erudita, per opera specialmente
italiano.
e
la
del Para-
bosco
perfino
produzioni, che rivedremo più tardi, atte-
le cui
stano una particolar predilezione per questo tipo, quasi
sempre incarnato in un Veneto. Tuttavia il bravo rimase più che altro nelle farse ed in altri componimenti popolareggianti (1); anzi quivi esso, che per lo
più è un vigliacco, vien talora introdotto a sua voltg.
come spauracchio di qualche altro pecorone. Così nella
Comedia piacevole di Saltafosso (2), Madonna Marconon vuol più aprire la sua porta a quello sciocco
mangiapane che, giù dalla strada, brava, ed è beffato
dalla donna finché, sopraggiunto Geola il buio, marito
lina
;
di lei, Saltafosso
chiede poco eroicamente perdono in
ginocchio ad ambedue.
Circa nello stesso tempo, accanto
pale del bravo, andava sviluppandosi
Lo Stoppato
al
il
princi-
tipo
vero e proprio
ne riporta alcuni esempi a pag, 121-124,
che se ne dovesser trovar tracce anche
nella Sacra Rappresentazione, ove all' elemento sacro si mescono cosi
spesso elementi profani e contemporanei. Fra questi, in verità, ricorda
lo Stoppato (pag. 64-65) un gobbo spaccone nella Rappr. di Àbramo ed
Agar (D' Ancona, Sacre Rappr. de' seco. XIV, XV e XVI, Firenze, Le
(1)
(op. cit.)
124-127, 183. Parrebbe naturale
Mounier, 1872, Voi. I, p. 1). Ma quivi si vuol soltanto creare una ridicola
opposizione fra la deforme ed infermicela complessione del gobbo e la
sua arroganza, non già riprodurre di proposito un millantatore ed anche
i soldati, di cui parla il Palermo (/ mss. Palatini di Firenze ordinati
ed esposti, Firenze, 1860, II, 423) e il D' Ancona, (Origini del Teatro, ecc.,
;
designan piuttosto come prepotenti, attaccabrighe, dediti
come ladri e assassini, anziché come smargiassi codardi. Non ha importanza il bravo Francalancia
nella Conversione della Scozia del Cecchi (Commedie, ed. Milanesi,
I,
590 sgg.),
al vino, al
si
giuoco e ad ogni vizio, e magari
Voi. II). eh' è
(2) 11
un prodotto abbastanza tardo
Sindoni, 1549
—
della corrente erudita.
1) Venezia,
35 n. 6) ne cita due edizioni
2) Siena, 1581 (entrambe nella Palatina di Firenze):
Mazzi (op.
cit. II
:
53
soldato millantatore, che compare, ch'io
la
prima
volta in
un'Egloga Rusticale
Pietro di Mico, detto
mi
sappia, per
di
Antonio
Correggiuolo, senese
il
di
(1), inti-
Vanto d'un soldato.
Questa operetta fu stampata solo nel 1546 (2); ma
da alcune parole della Prefazione che va innanzi al
Vanto, credo poter concludere che la data della com-
tolata:
posizione risalga alquanto
zione
infatti
avverte
il
lazzevole operetta » fu da lui scritta
nuta degli Spagnuoli in Siena
signore
« del
«
el
Corso,
i
11
della
ve-
per ordine del suo
»,
quale
il
voleva di questo
il
sig.
comico
Capitano Guglielmo
non ancora divenuto Capitano
(4).
sieme con
tenere
(3),
questa sol-
«:
prima
magnifico et nobilissimo Marsilio Marsili
Gollecchio
scherzo onorare l'ospite suo,
Siena
Nella Prefa'
più addietro.
Correggiuolo che
della
Guardia
di
nostro Antonio serbò copia del Vanto in-
altre
sue
<r
facetie » in
suoi vestiti di attore.
una cassa dove soleva
Ma, venuti
gli
Spagnuoli,
(1) È bene mettersi in guardia contro un errore comune a molti che
hanno avuto occasione di citare quest' operetta la confusione, cioè, dell'autore di quest'Egloga, del quale non si sa nulla (cfr. Mazzi, op. cit.II,
p. 134-136), con un altro senese, Pier Antonio Legacci, detto lo Sericea,
;
autore di varie egloghe e farse rusticali in terza rima.
di
soprannome basta a
poesia, IH, p.2", pag. 69) cade egli
gere
altri, fa
una confusione
Ma
la diflferenza
Quadrio (Storia e Ragione d'ogni
pure in errore: anzi, volendo correg-
riconoscerli!
Il
indicibile.
Vanto d'un soldato interrotto da un Villano detto el Chasella.
per Antonio di Pietro di
Opera dilectevole, et da recitare. Composta
Stampata in Siena presso a San Viglio a di
Correggiuolo
Mico, detto
ad instantia di Giovanni di Alisandro libraio ».
XVIII novembre MDXLVI
(2) «
—
—
—
—
E
si
questa del 1546 è l'unica edizione conosciuta (cfr. Mazzi loc.cit.), di cui
conserva un unico esemplare alla Comunale di Siena.
(3) La prima invasione spagnuola in Siena avvenne verso il 1530.
(4) Anastasio Guglielmo Corso fu condotto agli stipendi della Repub-
blica di Siena con 100 fanti
Orbetello con 125 fanti
il
il
mandato capitano in
come risulta dalle Deliberazioni
4 dicembre 1526, e fu
30 gennaio 1827,
del Collegio di Bal'ia dell'anno predetto a e. 136.
mi sono state cortesemente
della Comunale di Siena.
—
Queste ed
altre notizie
favorite dal sig. dott. Fr. Donati, bibliotecario
54
questi
«:
come
<t
del
volendo
affermare quella
parola
Pater noster, quale fu già composto in
nome
che
« cosa
«t
come
« de' Lombardi,
fa lo
Spagnuolo a prima
casa isquadra, e dice se v'è che
«
bis
hodie (1)
gionta che
agrada:
gli
è in
Da
nos
Tuttavia dopo la loro partenza egli ri-
».
una parte
La prima
è qui di sotto scritto.
«e
trovò
con
discreti » gli portaron via la cassa
che v'era
tutto ciò
dell'opera,
—
lascio
immaginar dove
—
!
e parte con quest'aiuto, parte a mente, riusci a ricom-
porre
che
il
Vanto che dette poi
stampa nel 1546.
alla
composizione sia
la data della
antica e precisamente anteriore al 1525,
durre dalla notizia che
Collecchio (2),
trovavasi
il
la
morte
è
de-
facile
di Marsilio Marsili del
nobile signore senese
il
Ma
parecchi anni più^
di
cui servitio
al
Correggiuolo, avvenne poco dopo un'
bascerìa da esso sostenuta nell' aprile
am-
del '25 (3)
—
notizia conservata dal seguente ricordo che trovasi nei
libri della
«
pagano
di
fllol.
(1)
(2)
Biccherna
1.
204 per
«
:
1525.
Il
18
di
di
maggio
taffettà e dipintura e altre
si
spese
Lombardi scrisse il Novali in Giorh.
p 121-152.
Per l'identificazione di questo nobile senese mi furon comunicate
Intorno al Pater nost-^r dei
romanza,
II,
da documenti d' archivio e, in buona parte,
Siena del Tommasi, inedite (v. Mazzi I, 28 n. 2). Tre
persone di questo nome s'incontrano tra la fine del sec. XV e il cominciare del XVI, ossia: Marsilio di Nanni di Marsilio; Marsilio di Giov. Gristofano Marsilio di Nardo (o Leonardo) di Nanni del CoUecchio, nato nel
le seguenti notizie estratte
dalle Historie di
;
1493. Si capisce che è quest'ultimo, che fu
il
il
più noto, quello di cui parla
Vanto.
(3) «
uno
Fu
cittadino
i>
dice lo
dei capi della fazione
storico
Novesca
;
Tommasi
risiedè
due
« di
gran seguito
volte al
»
e
Supremo Magi-
Terzo di Città, cioè nel bimestre settemCamilla di
Giovanni d'Agnolo Malavolti che gli portò in dote 3500 fiorini. Nel 1524
fu mandato dalla Repubblica oratore a papa Clemente VII insieme con
strato della
Repubblica per
il
bre-ottobre 1515 e novembre-dicembre 1522. Nel 1516 sposò
Iacopo Ugolini ed Aringhieri Azzoni, e di nuovo il 13 aprile 1525 fu spedito, con Francesco di Scipione Sozzini, oratore a Carlo V. Mori poco dopo,
forse in seguito di quell'ambascerìa.
55
« per le bandiere fatte per honorare
di
silio
ce
La
bio;
e,
li
Lionardo del GoUecchio »
data è troppo sicura per
siccome non
e*
Mar-
lasciare
alcun dub-
è luogo a credere che Antonio di
quando narrava
Pietro di Mico,
funerali di
(1).
al lettore l'origine del
ammettere come
1525 trovavasi anche in
una farsa toscana il tipo del millantatore, non pure di
un bravo, ma addirittura di un soldato (non ancora
Capitano !). Non sarà dunque inutile un largo sunto
di questa curiosa operetta, giacché ho potuto averne
suo Vanto, mentisse, così possiamo
dimostrato che già innanzi
al
sott'occhio l'unico esemplare rimasto.
Incomincia el vanto d' un soldato ciò e co
ME un soldato DIVTATO PO VARO SI VANTA, ET FA GIAR
PARLARE DA UN VI LLANO
DINI (2), INTERROTTO NEL
DET TO EL ChaSELLA composto per Antonio di Mico da
,
|
|
|
|
|
|
I
j
I
Siena,
((
Un
tuna, dice
soldato
mal
vestito,
lamentandosi della For-
:
Ahi Fortuna dispietata, et cruda
se mai a giugner ti potessi con mano
dal capo a piedi ti vo lassar inuda.
me che se questa mìa Spada
fatata fusse, et io fusse un Hettorre
con questi panni paio un huom da strada.
Miser a
Troppo gran vitìo mi par l'altrui torre
assai vergogna mi par l'achattare
qui '1 mal qua '1 peggio, io non so qual mi
(1) Spoglio della Biccherna.
(2)
Far Giardini
Cod, A. Vili, 17, a
«
1451.
= millantarsi, far grandezzate, fors'anco semplice-
mente
«
e.
torre.
fiorettare, far fiorettature. Cfr. Mazzi, op.cit. 1, 245, n. 1 « Questa
voce Giardino, in senso di Giudizio vano, Castello in aria, e quindi
Sciocchezze e simili, e nell'altro di Laberintoi Impaccio, Imbroglio, non
« è
infrequente nelle
:
Commedie
de' Rozzi
».
56
Questo è un concetto assai onesto e che fa certamente onore al soldato Si delinea subito la differenza che separa, moralmente, il Capitano dal bravo.
Mentr'egli continua cosi a lamentarsi, sopraggiunge
un villano « chiamato el Casella », e voltandosi verso
1
il
soldato, così lo apostrofa:
Oh quanto ho
buon
Ma
il
sentit'hoggi borbottare
di Soldato, o tu
soldato
par
la moria.
superbamente risponde
:
S'altro da me non vuoi vatti con Dio
ch'un tuo par non mi può donar conforto.
Non
s'intimidisce
il
domanda
e per beffa gli
villano per tutto questo
Non
Sold. tace, se
non per Dio
Quando ero
in
fumo,
:
ti
campo
hai un soldo?
trarrò
il
sonno.
col signor Iroldo
giurato harei che solo in un mese
riccho esser diventato.
Un manigoldo
Cfias.
se' stato
Sold.
sempre.
ma '1 far larghe le spese
di Veste, di Cavalli, et di buon pasti.
Chas. t'han fatto diventar castron pugliese.
E
l'astuto villano deride
a cui consiglia
senza pietà
quell'altiero
:
va' fatti Pachino.
Sold.
Almanco
si
facesse qualche guerra.
So conosciuto per Mare, et per Terra
da ogni Capitan, d' ogn' huom da bene
né l'animo in battaglia mai mi sferra.
Ecco che adesso veramente incominciano
terìe!
Intanto egli vede «
un gran Signore
le
van-
— e in com-
57
pagnia con esso uno esceliente
cui
egli si rivolge;
cessi gli scherni, trattandolo
ingiuriosi ed esortando
pur
non dubita
egli
— Capitan degno
quantunque
e,
il
con ogni
non
sorta di epiteti
Signore a non
di esaltar la
(1) »,
Chasella
il
dargli retta,
sua bravura:
So stato al soldo, già non me n'agguatto (2)
tre volte ho combattuto a Capostretto,
có'l orciuol, col biohier, col mezo quarto.
La prima combattei con un Bravetto
Chas.
Sold.
el Campo eless'io, et Tarmi elesse lui.
ChasAn una Cantina, a la Botte, al Barlette,
Sold. Inconclusive in campo con lu fui
che sol vedere l'Arme era gran pena.
Chas.Yun fu un Fiascho, l'altro fu costui.
Sold. Le Calze, et la Camicia in dosso a pena
rimase, et una spada, et un pugnale
Chas. et combattenno poi a Corpo, et Schena.
come volse la sorte fatale
una Stochata menai al nimico
Chas. da lato drieto, et non li fece male,
Sold. Et
Sold. Et fu quel colpo sì forte et ostico
che il gionsi a mezo il Petto, et la
si ruppe in una costa del nimico.
La
mia Spada
descrizione di quest' epico combattimento con-
tìnua ancora per un pezzo, ed io non la riporterò per
Meno male che
intiero.
giacché
il
la lotta
« Sigignor (sic) del
versari che amichevolmente
dosi in bocca.
stema
di
Può
si
non ebbe
campo
esito cruento,
» spartì
riconciliarono
esser questa un'immagine
gli
av-
baciandel
si-
guerra allora in vigore, quando, siccom'è noto,
s'ingaggiavano duelli e battaglie campali che duravano
una giornata senza che alcuno
(4)
Questi sono,
Marsili e
(2)
il
risulta dalla Prefazione
surricordata, Marsilio
suo ospite Guglielmo Corso, capitano.
Agguattarsi
già citato.
come
fosse ucciso ? Certo, ha
=
iVascondersi.Cfr.il Glossario
Senese del Mazzi
58
non
efficacia satìrica se
storica
esattezza
quella
frase
che l'Aretino pone in bocca al suo stesso millantatore, il
Capitan Tinca, il quale, narrando una sua bravata, incomincia
:
ne
Sappi che
«:
la
de
giornata
Geri-
la
onde
morì un buomo d'arme, et due ce ne restar fériti, etc. etc. » {Talanta III, 12).
Ma le vanterie del soldato entrano anco nel campo
« gnola (1) che
durò fino ad un' bora
di notte,
« ci
«
dell'amore: ritorna sostanzialmente
miles. Ecco che cosa
il
racconta
egli
tipo classico
sue
delle
amorose, cagione della lotta già sopra accennata
Roma
Io ero in
forte
d'una gentil Donna,
del
gesta
:
innamorato
el
nome
d'essa
Fiammetta, per tutto era nominato.
De l'amor mio v'era una voce espressa
et in segreto lei mi amava assai
et spesse volte mi trovai con essa
senza che alcun se n' avvedesse mai
—
salvo che quel suo rivale,
Dragon
si
Costui, vedendo
il
domandava da
nostro
nome
di
quale
villa spera.
ingelosito
i
:
la Cerignola è
Francesi patirono
fatto
di
male
applicato a
che vi restò morto
Nemours. Del
una
lo
per
la
il
un
villaggio
28 aprile 1503 una
sarcasmo dell'Area mostrare il
stesso generale de'Frances', il giovane duca
notevole disfatta da parte degli Spagnuoli. Perciò
tino è
<r
minacciò di
lo
amore.
quell'
questa battaglia è storico
della prov. di Foggia, press' a cui
andarsene
soldato
Fiammetta »,
morte se non desistesse da
strada della
(1) Il
il
il
battaglia la cui gravità
resto, osservo
basti
qui una volta per tutte, se le citazioni
del '500 non son mai commenquando poi sono poste in bocca al nostro personaggio che falsa la verità di tutto ciò che dico, sono ancor meno degne
di considerazione e di fede. In generale soltanto i nomi sono storici: ì
storiche tanto frequenti nelle
Commedie
devoli di troppa precisione,
fatti
o sono del tutto inventati o irriconoscibilmente trasformati e svi-
sati dalla fantasia
sempre feconda del Capitano.
59
al Campo per la tua difesa
tu mi lassa Fiammetta d'accordo
noi la combattlam, che vai la spesa.
Elegge
Le
pugna feroce furon già da lui
non vuol più insistervi. Ma, mentre
vuol raccontare come fu definita la cosa, il Ghasella
r interrompe di nuovo co' suoi scherni, sicché il tersorti
di
questa
esposte, ond'egli
ribile guerriero s'adira e gli grida
:
do vanne faora
Chas, a traditore, a chesto mo mi meni
t'ammazzare innanzi che sia un hora.
A
tal
linguaggio aspro e risoluto
s'
impaurisce, natu-
ralmente, lo spavaldo che trova più prudente
partito
esclamando:
di ritirarsi,
horsu tu dici il vero
Signor non venni qua per far questione.
El villan m' ha travagliato il pensiero
perhò adesso vi lassare in pace
che volendo non posso dire il vero.
Et se ho dato fastidio mi dispiace.
Queste sono
quale
le
ultime parole
del
Ghasella gli grida dietro
il
soldato,
partito
Hi lima lima, ve che te n'andasti
Per la paura, è vero bravachione?
vedi che Pippion grossi non trovasti
hor te ne vai che pari un babbione -
E
il
:
etc. etc.
termina con uno Strambotto di due ottave, secondo
r uso.
Così
al
1525
dunque un oscuro autore Senese già innanzi
ritraeva
il
tipo
più verosimile quanto
questa esser
la
caricato.
E
infatti
dovè
parabola che segnò nelle sue poco so-
stanziali modificazioni
traverso la
completo del millantatore, tanto
meno
commedia
il
carattere dello smargiasso at-
cinquecentistica.
Sul
principio,
60
quando, dalla
comune
vita
lo
prese a trapiantare
si
drammatica, esso
nella letteratura, specialmente nella
appariva quel che doveva essere in realtà
potevan poi facilmente esser smentite
questo veramente esistente, in
ma non di soverchio
ma sempre esistito. Ben
bastanza
lora
biamo già trovar
la
un
:
ventura prepotente e gran parolaio,
cio di
memoria
ciance
prova
alla
;
tipo
quelle proporzioni abridicole, e
non
solo al-
presto però
—
ne dob-
traccia nella farsa del Venturini ?
plautino
del soldato
e
alla fantasìa degli scrittori,
anche qui
imitare
soldatac-
le cui
comodo
trovò più
si
antichi modelli
gli
anzi
:
—
potente
riaffacciò
si
s'
di
imitò
tanto che alla fine ben poco dovette rimanere del tipo
reale, e si foggiò
un Capitano che
miles già esagerato di
esser che uno
dell'Arte
;
e
il
maschera
Plauto.
fu l'esagerazione del
L' effetto
non poteva
Commedia
come maschere erano Arlec-
Capitano divenne nella
fìssa,
chino, Pulcinella e simili.
Ma,
ripeto, in sul principio
potè esser che accidentale
drammatico
;
l'
imitazione latina
e di ciò è riprova
due più antiche comabbiamo veduto, massime la seconda, il
Vanto d'un soldato.
Che infatti la Farsa Satyra Morale
Farsa Contrasto o Moralità che
cavalier
colta
d'
indole
Pesarese,
ed arieggiante
allusioni
popolare,
apparisce
al
mitologiche,
sia,
ma
per
la
non
le
classiche
piuttosto
le
remini-
Spampana potrebbe
miles plautino,
la figura del
assume anche
è che troppo moderna.
un comun
autore,
Frequenti sono
difficoltà esser ricondotto al
dolo e tristo, che qui
tore,
suo
come persona
frequenti
forma, s'intende, che
del Venturini,
è bensì
il
classicismo.
scenze, e lo stesso carattere dello
senza gran
non
genere
cui appartengono le
posizioni che
ponimento
il
le
bravo sub-
parti di sedut-
61
Al contrario,
è
un malvagio o un
repugna
furto
che perciò se ne
cuoce
al
Ma
suo orgoglio.
vero, e povero
riproduzione
una
di
il
stesso ch'egli è po-
non sente
figura
anzi
elemosinare
1'
grazia de' suoi stessi
in
dissipatezza tutta militare,
la
come
fatto
il
che
disonesto;
sua coscienza
alla
della
venturiero, ritratto con tutte le
il
caratteristiche de' suoi simili, senza
voglia fare
superbo
povero e
soldato
il
commedia senese
vizi,
una
di
lo studio del reale,
tempo ben
quel
in
nota ?
Ciò risulta ancora
commedia
e
dal
considerar
nio di Pietro di Mico, soprannominato
era,
un
come
fa sapere egli
nobile senese
canza di notizie
precisamente
ch'ei fosse
il
stro
il
ufficio, si
Antonio fosse
nome
non
è,
già
come
uomo
giovine,
altro
si
fosse
presumere
Signor
sarà dilettato
mostrare che
di lettere: lutto anzi
contrario.
il
come nota
il
Mazzi
che
quelli
di
Il
il
di
no-
contri-
nomignolo
Cor-
un sopran-
{loc. cit.),
mettevansi
quali eran formati
i
Campani
(lo
nella
altrimenti.
Strascino) e Lionardo
Maestrelli (Mescolino),
di
Congrega
Se
fondazione della
seguo sempre
il
Niccolò
Ser Ambrogio
quantunque divenuti Accademici
conservarono sempre que' soprannomi,
probabilmente perchè
alla
Correggiuolo,
« servitio » di
popolare, simile allo Strascino, al Mescolino etc,
de' Rozzi
Rozzi,
il
di buffone-attore-poeta del
quale,
buisce a far credere
e
può per
dotto. Nulla d'altronde serve a
reggiuolo
al
conto suo ignoriamo qual
sul
suo
stesso,
una persona piacevole ed arguta che
piuttosto di
un
della
quantunque per Y assoluta man-
e,
;
una specie
del Collecchio,
autore
genere cui essa può ricondursi. Anto-
il
ci
1'
ciò
fu
soprannomi furono anteriori
Congrega. L'autore del Vanto
tali
Mazzi
—
—
non
fu
uno
de' fondatori
dell'Accademia, anzi non dovè presumibilmente pren-
62
neppur
dervi
parte,
quantunque
il
Fabiani e
Ricci
il
(antichi storici de'Rozzi) ve lo ascrivano, perchè negli
Atti della
Congrega non si trova allusione a lui senza
forte argomento ex silentio : il non
;
contare un altro
aver, cioè, dichiarato egli stesso, nel titolo o nella pre-
fazione al Vanto, d' esser de' Rozzi, conforme
uso.
all'
Del resto, ammesso pure ch'egli avesse appartenuto
alla Congrega, questo vorrebbe dir poco, perchè la
non era niente affatto una
che non poteva esservi
celebre Accademia Senese
società di dotti
anzi è noto
;
ascritto chi troppo puzzasse di
sione
dunque Antonio
erudizione. In conclu-
Mico fu uomo del
di Pietro di
popolo, che fece opera d'occasione per ordine del suo
Signore, né vi dovette poi sudar troppo,
narra, questa « in giorni
A meno
et recitossi ».
otto....
si
che non
si
indizio di classicismo la frase
com'
se,
compose,
egli
imparò
si
come
volesse ritener
:
se questa spada
fatata fusse, et io fusse un Hettorre
— mentre
Troiano è
ognun
Vanto
Il
sa che la
memoria
del
famoso eroe
proverbiale anche nel popolo
così
poi
popolare?
Non
posto che
gli
è
è
non appartiene
forse
facile assegnargli
dovuto fra
le
a
con
!
un genere
sicurezza
numerose specie
di
il
com-
ponimenti drammatici che si scrivevano o si recitavano
Ma, per quanto apprendo dal Mazzi (1), le opere
allora.
de'
Rozzi a cui
narsi,
la
presente deve
portavano più comunemente
certamente
i
titoli di
ravvici-
Commedia
o Egloga {pastorale o rusticale, a seconda che l'azione
si
svolgeva fra pastori o fra
biani e
(1)
il
Op.
Ricci chiamano
cit. I,
208.
il
villani);
e
infatti
Vanto Commedia,
il
Fa-
altrove,
63
p. es.
Quadrio,
dal
Egloga
detto
perchè
{rusticale,
ha parte un villano, il Ghasella). Questi nomi però
non si vedono nell'edizione del 1546, ove apparisce
e il Mazzi ne
piuttosto quello di Opera, il quale
vi
cita vari
più d'uno
sta
d'
il
—
esempì
due.
fatto
che
—
Ma
gì'
interlocutori eran
tutto ciò è quistione secondaria:
anco qui
si tratta
Né
perchè comune
indole popolare.
ficoltà
quando
davasi
metro,
il
nelle
di
un componimento
può far dif-
la terzina,
opere de'Rozzi,
e, in
ge-
nere, nella drammatica popolare profana. Del resto lo
Strambotto finale può scioglier da ogni dubbio!
Riconosciuto dunque che
per
la
natura
non può
in
di erudizione,
s'
cui appartiene,
un parto
Vanto
il
valiere.... della
soldato,
drammatica
nessun modo ritenersi come
intende che
l'
imitazione la-
Vanto consiste
sostenuta da questo ca-
tina vi è del tutto estranea. Infatti
nel racconto di
un
dC
e della forma
autore
dell'
una tenzone
un
miseria contro
il
rivale
per la con-
quista della sua Fiammetta, conquista già fatta,
pisce (altrimenti,
dove
invidiata e contrastata.
gli effetti
si
sarebbe
si
la millanterìa?),
ca-
ma
concetto è affatto medievale,
Il
sono anzi donchisciotteschi;
possa risalire all'antico
o
a
né vedo come
qualsiasi
altra
forma
erudita o classicheggiante.
L'assoluta popolarità e modernità
anche
fine, risulta
dal
colla satira del villano^
presentarsi
Il
il
Soldato e
sizione fra la quiete serena
(1) Cfr. dr.
il
nostra
letteratura e
ogni sospetto di classiche infiltrazioni
contrasto fra
Dom.
in-
che fu anch'esso un elemento
di ridicolo tanto frequente nella
immune da
del Vanto,
esso in relazione
il
(1).
Villano, quasi in oppo-
de'
campi e
il
torbido in-
Merlin!. Saggio di ricerche sulla satira contro
Villano (Torino, Loescher, 1894).
64
furiar delle guerre, dovè goder di
si
un
giudica da
un brano
Merli ni
il
adesso parlare
bravaccione e
così spesso
Ma non
(4).
bensì piuttosto
:
questo
di
riporta
vorremmo
atteggiamento di
dell'
spaccamonti che
di
una certa fortuna, se
interessante riscontro di cui
villano stesso vien
il
ad assumere.
Nella Catrina
del
Berni (2)
Beco e Mecherino per amor
interrogata dal Potestà, dà
la
disputano fra
preferenza a Beco.
neir impeto della sua querela contro
sfuggire più
d'
un
loro
della Catrina che iniSne,
il
Il
quale,
rivale, si lascia
lazzo da millantatore, quando, per
esempio, dice:
di loro a sgherrettare un paio,
loro il ventre e le budella
Se fussin bene un mezzo centinaio
Vedi oh' io porto sempre la coltella,
Ed ho '1 petto, le rene e un lancione,
que' che voglion meco far questione.
Io
ho
E cavar
:
A
E
più oltre
:
Alle guagnel, ch'io frò qualche pazzia;
E
Io
ammazzon me prima costoro,
ammazzerò poi dodeci de loro.
se gli
Cosa invero meravigliosa!
Più spesso ripetesi il fenomeno
de' Rozzi, fra cui
mi
piace
dello Strafalcione (3), ove
i
ricordare
villani
nelle
il
Commedie
Calzagallina
Bravalocchi,
zuomo, Settegambe, Calzagallina rivelano solo
la lor qualità.
due
dato,
E
nel Travaglio del
villani. Favilla e
SoUieva,
Fumoso
si
col
Mez-
nome
già ricor-
armano dicendo
(1) Op.oit.p. 28. Il M.cita da Joh. Bolle Der Bauer im deutachen
Liede Berlin, Mayer und Miiller, 1893 p.41.
(2) la Catrina. Atto scenico rusticale di Fr. Berni, in Opere di
F. B. nuovamente rivedute e illustrate. Milano, Daelli, 1864. Bibl. Bar..
N. 44 e
45.
(3) Cfr. Mazzi, op. cit. II, 119.
65
di voler
andare a fare
fonescamente
fi:
soldato
il
spagnuoli,
« e, fingendosi buf-
;
aggrediscono
« derubano, eppoi, nel dividersi la
Lionora,
la
hanno que-
preda
c stione fra loro » (1).
Ed
ecco
col soldato
;
che
viene
così
ne
ossia,
eredita
zione, dacché, lasciando
tato, forse in
Quest'
il
l'
albagìa
a identificarsi
e la presun-
lavoro della zappa, ha ten-
cerca di fortuna,
amena macchietta
villano
il
mestier delle armi.
il
ritrovasi più d'una volta nelle
opere del celebre commediografo ed attore padovano
Angelo Beolco, il « famosissimo » Ruzzante, che con
tanto amore e studio di verità ha rappresentato scene
della vita rustica
per
si
a
nonostante
e che,
la
sua attitudine
più benevola, quasi apologetica verso quel ceto
lo
universalmente maltrattata e accusato, non può far
meno
di rilevarne
l'
ingenua semplicità
e,
in qualche
punto, la balordaggine. Così nel primo de' Dialoghi in
lingua rustica (2) Ruzzante è stato soldato, è « vegnu
« de campo » a Venezia dopo la guerra e racconta a
Menato
ff
le
sue prodezze.
mi, se eie
igi
<r
braosi, e
Po,
mi
mo
so'
chi è pi braoso de
braoso, e
bramoso,
che e pi apena mi gè meto a cerca con sta basta, a
« vero ben chal pareva che saprè sta in campo » ecc.
«
Ma
amata Gnua non vuol più saperne di lui
povero di prima ; e, mentre Ruzzante
cerca d'intrattenerla colle sue chiacchiere, « el bravo
(r amante di Gnua) « vien e dà delle tartuffole a Ruz« zante, e Ruzzante co le andà via lieva su d (3), e,
ancor tremante di paura, chiede a Menato se e' é più
la
sua
eh' è tornato più
(4) Ibid. II, 132.
Tutte le Opere del famosissimo Ruzzante, Vicenza, 1598.
Questa didascalia richiama il modo della commedia dell'arte.
Anche qui, come nella Comedia di Saltafosso, il bravo è fposto a ri(2)
(3)
contro del pusillanime vantatore.
66
nes.suno de' suoi assalitori, giacché «
«
que m' ha
Anche
« n'
:
harae paura de Rolando
« mi, al
sangue
del
minacce
contr' al
bergamasco Tonin,
moglie Bettia,
qui,
il
ma
donna
cancaro »
poi
si
(I,
e scaglia vane
5),
1'
amante
lascia imbrogliare
e
di
sua
impau-
non senza protestare anco
(III, 1),
vigliaccone, eh' è stato assalito da « pi de cento. »
hanno naturalmente delcampagnuolo. È il villano « che va
mondo », eppoi se ne torna a casa tutto gonfio
che ha veduto e di ciò che ha fatto, ma con-
Le
l'
giera pi de cento
commedia La Moschetta Ruzzante
nella
entra cantando e dichiara
rire dalla
i
dà. »
vanterìe di Ruzzante
ingenuo, del
per
il
di ciò
serva sempre la primitiva
semplicità, accresciuta anzi
nuovo
e resa più goffa e ridicola dal
non
egli affetta. Tuttavia
un cenno
1
documenti
si
offertici dal
Menego
aggiungersi anche
il
et ridiculosissimo
(1).
Vi
tutta
l'
apparenza
fonde
si
di
Ruzzante, a cui può
del Dialogo
istante la satira del villano con
hanno
portamento che
potrebbero lasciar senza
facetissimo
insieme per
un
quella del soldato, ed
partirsi
da
una graziosa
osservazione realistica. Giacché non é assurdo supporre
che dalle campagne molti scendessero ad assoldarsi,
allettati dalla fama e magari dalle lusinghe de' condottieri. La conseguenza divien logica che anche quando
;
il
villano stanco della precarietà
risolveva a riprender la via di
della vita militare si
casa, doveva per
l'
in-
fluenza degli esempi conservar l' impronta di quella
scuola ripugnante ed oscena di utopisti impenitenti e
di palloni sgonfiati.
(1)
una
Fu
recitato,
come
caccia del 1528, data
originalità.
rilevasi
daìle
antiche
stampe, a Fosson in
abbastanza remota che ne attesta
la perfetta
67
Ma non
insistiamo sul terreno pericoloso delle ri-
costruzioni, e
basti
ci
scorta
dietro la
addotte,
commedia
millantatore nella
una
anco
affermare
di
prove
delle
che
il
volta,
tipo del
del secolo xvi potè sor-
gere e svilupparsi indipendentemente dalle reminiscenze
classiche. Quando poi tali classiche reminiscenze ven-
nero fissandosi ed acquistando coscienza nella com-
media
si
erudita,
determinò
l'
indizio
caratteristico
a
facilmente,
dell'
compagno
stante accoppiamento del servo o parassita,
e testimonio inevitabile
soldato
seria del
di
proverbiai mi-
ventura che non trovasi davvero
mantener
servi o altri mangiapani,
è egli stesso, per natura e per necessità,
il
Capitan Goluzzo di buona memoria
e
il
più affamato de' parassiti.
trascinare
da
che
de' millanti dell'eroe. Ciò
sta in così aperta contraddizione colla
in condizione di
imitazione
parer mio, nel quasi co-
preconcetti
—
—
il
Perciò non
d' indole
ma
prototipo
più ingordo
ci
formale
lasciamo
e
siamo
pronti a riconoscere la derivazione più o )neno diret-
tamente plautina nel contrasto fra Arimario bravo e
Burlino suo servitore, eh' è il terzo Intermedio di una
commedia intitolata Secónda, recitata 1' anno 1574 (1).
Analogamente, la Piacevole Comedia del Cruscha (2)
mette di fronte un padrone e un servitore che ne
ascolta e finge approvarne le stupide spampanate, can-
zonandolo poi sotto
Patr
sotto.
son el primo hom del mondo
emetterei al fondo
{fine) io
spagnuoli e italiani
e anchor tramontani
e ogni altra natione.
Palermo, / mss. Palatini ecc., Firenze, 1860, Voi, II, p. 587
Palermo, ibid. e Mazzi II, 176 n. Se ne hanno due esemplari
in Palatina uno colla scritta « in Venetia, per Agustino Sindoni, i549 »
(1) Cfr.
(2)
:
l'altro: «
per Giov. Andrea Valvassore detto Guadagnino
s. a.
»
68
Fam {iglió)
Sì,
a un popone
si,
faresti a tuo modo,
a un piatto di brodo
saresti caporale
Sì signor tu vale.
Pa^. Cruscha
io
son pur bello e destro
Fam. Come un
Patr.
agnello.
A un
moto, a un cenno
mondo tremare,
l'ho robba, e ho danari
farei el
l'ho bellezza,
r ho fortezza
l'ho gratia e virtù
F sarei degno de imperio.
Incoraggiato dalle ambigue approvazioni del perfido famiglio,
e
il
Crusca
doni e
il
padrone
gli
consiglia
gli
di
confida eh' è innamorato,
propiziarsi
crede, ed esclamando
bella
con
gonzo
gli
la
offre di recarglieli esso stesso. Il
si
:
Cruscha mio imparo
Di fare all'amore;
di mille son stato signor.
Ma
gli
consegna
denari
i
:
...
il
resto
si
capisce.
Qui dunque l'influenza classica si mostra assai
remota; eppure chi avrebbe il coraggio di negarla
affatto?
Ma
nello
stesso
tempo non
ci
acconciamo
a riconoscere questo della introduzione del servo
argomento
sufficiente e ineccepibile;
che
come
troppo na-
umana sempre avida de' contrasti
drammatica trae uno de' più vitali
successo, poteva giungere al tradizionale
turalmente la mente
da cui appunto
coefficienti di
la
accoppiamento senza
la
trafila delle
reminiscenze. In
anche nel diverbio fra il soldato e il villano del Vanto da noi esaminato, si rispecchiava lo
stesso fenomeno
Comunque sia, la tesi proposta dallo
fin de' conti,
I
69
Scherillo, della fusione cioè fra la corrente popolare e
quella erudita, rimane
uniscono
si
le
due
massima dimostrata. Quali
in
poi fosser precisamente
sottili anelli della
i
quando per
correnti,
prendesse a utilizzare
si arresti
catena che
prima volta
materiale classico,
il
nerale, dove cominci, nelle
tazione e dove
la
e,
singole commedie,
la visione
in gel'
imi-
realistica del per-
sonaggio, tutto ciò è impossibile a delinearsi con esattezza, e vi
rinunciamo
di
buona
grazia.
70
IV.
Il
Capitano nella commedia erudita
—
— Fissità della
—
Il teatro del
maschera
Il primo Spaglinolo
Calmo e V imitazione classica
Rifacimenti di
commedie latine.
—
Entriamo dunque
commedia
rattere
tica
adesso
erudita, ove,
come
maremagno della
notammo, ciascun ca-
nel
già
ha tendenza a prendere quella forma
che avrà poi per ultimo resultato
dell'Arte
nostro poi più di
il
;
tutti,
quando
la
sistema-
Commedia
e la ragione se ne
comprende
di leggieri,
stessa che
non può essere modificata sostanzialmente
cosicché
si
si
consideri la natura sua
ritroveranno pressoché uguali, salvo
bite mutazioni di
tempo e
di luogo,
antichi e quelli più moderni,
non
i
le
;
de-
millantatori più
esclusi quelli che in
forma un po' diversa pullulano anche oggi e che sempre dovranno esistere.
E
questa tendenza a fissare come qualche cosa
tipo dello smargiasso
stabile
il
da un
fatto
erudita
abbastanza singolare: che nella
non
si
di
mi sembra dimostrato
Commedia
era ancor mai portato sulla scena
il
no-
mici del sec.
quando già due fra i più noti autori coXVI insegnavano « come fassi il bravo i>.
La domanda
é rivolta da Pacifico a Gorbolo nella
stro personaggio,
Lena
71
Gorbolo, vedendo
dell'Ariosto (1).
titubante, gli
il
suo interlocutore
domanda:
di che dubiti?
Pacif. Del Capitan de la piazza, che cogliei^e
Mi potrìa qui con questo spiedo e mettermi
In prigion.
ch'io gli darla ad intendere
sbirro, o un boia, e crederebbelo,
dell'uno e dell'altro hai certo l'aria.
Rizza la testa, par che vogli piangere,
Sta ritto, fa il gagliardo, fa il terribile,
Non,
Cori).
Che
Che
Fa
un
fossi
bravo.
il
Pacif.
Come
Corb.
Attaccala
Spesso a Dio e Santi, tienlo così, e volgeti
In qua, e fa un viso scuro e minacievole
fassi
il
bravo?
Messer Ludovico nelle cinque Commedie non ha
mai rappresentato
il
millantatore, caso strano, sia detto
tra parentesi, perchè in
come
si
vantano
senza di un tipo
ormai
stata affatto disdicevole.
Lena
nella
—
una viva
di essere le
tanto
Ma
costumi,
pittura di
sue commedie
comune
la
,
pre-
non sarebbe
questo accenno che trovasi
è molto significativo, ed è cosa curiosa
—
ben delineato quel carattere
prima ancora ch'esso fosse mai stato portato sulla scena
nel teatro regolare giacché, qualunque sia la data preripeto
il
vedere così
;
cisa della
composizione
della
Lena
essa è anteriore a qualunque altra
ov' è introdotto
servire
il
(2),
tipo del millantatore.
come un nuovo argomento
certo
commedia
Ciò
è
che
erudita,
anzi
può
a mostrare che l'o-
rigine del Capitano è direttamente derivata
dalla vita
imperocché l'Ariosto non poteva pensar certo al
miles latino, di cui egli avrà avuto certamente cono-
reale
(1)
(2)
;
Atto V, scena
Par che fosse
I.
recitata per la
prima volta nel 1528.
72
ma
scenza,
quale sembra non avesse posto troppa
al
attenzione; e la
sua frase apparisce
esempì che
dagli
—
inspirata
affatto
—
troppo numerosi
doveva
e'
avere innanzi agli occhi.
Ma
parole di Gorbolo non hanno ancora, se
le
si
vuole, un'importanza estrema a mostrare la fissità del
tipo qual' era all'animo de' Cinquecentisti
si
trova confermato, e in
del Marescalco^
modo
commedia
solo che ciò
;
indiscutibile, nel prologo
di Pietro Aretino,
che anche
essa è da ritenersi composta nelle identiche condizioni
di
tempo che
la
Lena
a riguardo del nostro personag-
quantunque la prima edizione non risalga
oltre al 1533, pur essa dovette esser composta qualche
tempo innanzi, come sembra risultare da una lettera
gio; giacché,
dell'
Aretino
stesso
,
quale
della
l'autore
primavera del ^27,
essa risalga pressoché a quel
que,
il
Luzio
il
la
la fine del '26 e la
mente
valendosi
commedia in questione fosse ispirata
da un fatto avvenuto realmente in Mantova
crede che
tempo
Marescalco deve considerarsi
alla
e
(1).
quindi
Dato
Eppure
nel
prologo
che
tipo, a
comme-
va innanzi
Marescalco noi troviamo uno schizzo rapido,
tamente delineato del nostro
che
dun-
anterior-
scritto
introduzione dello smargiasso nella
dia erudita.
ciò
quel
ma
modo
stesso
Pic-
caratteri
personaggi » che, come più addietro fu detto
al
perfet-
che più tardi doveva averlo tracciato Alessandro
colomini in quella sua raccolta di « 300
al-
tra
,
di
andò
perduta.
L'Aretino che, mente superficiale all'eccesso, non
avrebbe potuto fare una profonda
tere,
ma
che
(1) Aless.
scher, 1888.
al
un
carat-
del suo
inge-
analisi di
contrario colla vivacità
Luzio Pietro Aretino ne' primi suoi anni. Torino, Loe-
Docum. XXVI
e nota in proposito.
73
gno e
naturale arguzia
colla
ciare in poche linee
del
un
era
adattissimo a trac-
ritratto realistico, nel
Marescalco riunisce insieme una serie
prologo
di tali schizzi
per adoperare una frase
del Gaspary (1),
una baracca da fiera ci
« annunziano che cosa abbiamo ad aspettarci di den« tro ». L'attore dunque che recita il prologo, descrive
com' egli rappresenterebbe le diverse parti ; e, venendo
« simili
ì>,
che sull'entrata
« a' fantocci
di
ha
a parlare del miles gloriosus,
seguenti
le
parole
:
«
Un
milite glorioso lascisi imitare a questo fusto. Io
«
mi
attraverserei la berretta a
«
spenderei
«
cader giuso
«
muove
al
«
guardo
fiero
« la
«
spada
la
le calzette,
a
questa foggia, mi sola bestiale, e
muoverei
suono del tamburo,
mirerei
barba con
toccasse
al fianco
il
la
il
cioè
lasciando
passo
cosi
:
e
come
si
con
el
gente in torto, e lisciandomi
la
mano,
piede, e
il
trista
quella pietra
che mi
primo che mi attraversasse
la
« strada lo taglierei nel mezzo, e appiccandolo al con< trario lo
«:
«
Ah
manderei per
il
mondo come un
intemerata madre di gratia,
ahi
miracolo.
benedetto Dio,
ahi ciel stradiotto, levami dinanzi quello specchio che
mia ombra mi fa paura a mi an ? »
Quante pazzie! Ma pur è questa una descrizione
mirabile e affatto degna di quella testa bizzarra ma intelligentissima. Ed ha ragione il Sinigaglia (2) di por«
la
tarla
:
come testimonianza
derna che
il
della tinta essenzialmente
e divino Pietro j
mo-
sapeva infondere ne' suoi
personaggi. Per altro è notevole che l'Aretino, con una
di quelle contraddizioni a lui tanto
tenne poi
(1) St.
la
della Leu.
Ital.. trad.
(2) Giorgio Sinigaglia
Roma,
comuni, non man-
sua promessa, quando, rappresentando
1882) p. 193.
Rossi, Voi.
Il»,
il
p. 241.
Saggio di uno studio su P. A. (Roma,
tip. di
74
Capitan Tinca della Talanta, unico esempio di millan-
commedie, lo effigiò perfettamente sullo
stampo del Trasone Terenziano, egli che tanto ostentatore nelle sue
tava di aborrire dalla classica imitazione.
Ma
sti
su ciò ritorneremo fra breve
per adesso ba-
:
avere osservato ciò che è detto nel prologo del
rescalco,
quale adunque rimane
il
più notevole a mostrare come
il
Ma-
documento
forse
Capitano della
Com-
il
—
non
media cinquecentistica fino da' suoi principii
dirò prima di nascere, ma, almeno, prima di essersi
appariva già come qualche cosa di
ben sviluppato
fisso, come un tipo costante ed immutabile.
Nello stesso tempo il millantatore che ne' documenti d' indole popolare finora considerati non aveva
—
una determinata nazionalità, vien subito acquistando
commedia erudita il carattere ed il titolo di Spagnuolo; tant'è vero che il primo smargiasso che s'in-
nella
teatro
contra nel
classicheggiante,
anche
è
il
primo
Spagnuolo, e comparisce precisamente in un' anonima
commedia, recitata a Siena ne' giuochi del Carnevale
Gì' Ingannati o il Sagrificio dedel 1531, dal titolo
:
gVIntronaii
'
Quivi
(1).
spagnuolo Giglio è un millantatore molto
lo
primitivo ed ingenuo, assai moderato nelle sue vanterie di cui osa
alla petulante
respinge
appena borbottar qualche timido accenno
fantesca Pasquella che, sebben vecchia,
sue profferte, né vuole
le
Matteo Fiorini, 1611
(1) Siena,
impacciarsi di lui
(1* ediz. Venezia,
Curzio Navò e
frat.
non se ne conosce, giacché essa porta semplicemente la
Degli Accademici Intronati di Siena » (cfr. la nota del Mazzi op.
1538). L'autore
scritta:
cit.
«
Voi.
I,
p.
57-50).
L'Allacci
(Drammaturgia,
ed. Venezia, 1775
—
sodo dignissimo Archintronato (M.
Antonio Piccolomini) D.Ma non vedo perciò ragione di attribuirne a quest'ultimo la composizione, come fa il Rossi (Introd. alle Lettere del
col.
448),
Calmo,
ha
:
etc. p.
i
celebrata
LIV).
.
.
•
sotto
il
75
appunto perchè spagnuolo. E, vedendo che da quel mi-
fumo non
serabile tutto
8i
da cavar nulla
c'era
di
buono,
contenta di carpirgli una corona, eppoi lo licenzia col
pretesto eh' ella deve dire
mai non suol
manda
Giglio
;
rosario e un' orazione che
il
Que
«
tralasciare.
oration es està? » do-
e la furba incomincia a recitarla
—
:
che dì e notte vai
Fantasima fantasima
a co la ritta te n'andrai
Se a coda ritta ci venisti
in mal' ora ci venisti
Tristi con tristi
—
E me
coglier
credesti
ti
E con un Amen
orazione,
il
—
—
e ingannato ci rimanesti
;
(1).
schernitore chiude la sua pseudo-
cui senso è abbastanza chiaro (IV, 6).
come
Tuttavia, se
certo interesse,
satira politica
drammaticamente
può presentare un
Giglio è
la figura di
nulla e rimane estranea all'azione della commedia, ciò
che del resto accade molto spesso, perchè
tore è per lo più introdotto
adornativo e pleonastico, tanto
umore
ritira,
degli spettatori
il
millanta-
come un elemento
per tener desto il buon
solo
poi, ottenuto questo intento, si
;
conforme anche in
ciò alla
natura sua di
ma-
schera.
Lo spagnuolo
Giglio
non reca ancora
tazione latina, della quale gli
come
Con questo
il
traccia d'imi-
noto segno ca-
compagnia del servo
ratteristico, la fida
sita.
manca
criterio
del paras-
o
possiam dunque
considerare
bravi del Calmo che
Rossi
si
ostina troppo a chiamare di provenienza erudita (2).
È
originali
vero che
il
anche
e la sua arte
Calmo subisce anch'esso, almeno
classica, ma fino a un certo punto,
frequente presenza nelle
Introd.
cit.
p.
formule abba-
solleva dalle vecchie
si
popolari V. Stoppato op.
(2)
il
teatro del
in parte, l'influenza
(4) Sulla
i
cit.
p. 79 sgg.
LXXIV
sgg.
commedie
di
siffatte
canzonette
76
stanza da poterlo riavvicinare al genere popolare
da alcuni esagerarne
si volle
chiamarlo, non
un
le
l'
importanza
,
:
anzi
e perfino
ben perchè, insieme col Ruzzante,
dell'Arte. Ma, in ogni caso,
reminiscenze erudite non valgono a soffocare la sponsi
sa
Commedia
de' padri della
taneità de' suoi
colare,
si
personaggi, e
mostran
suoi milite^, in parti-
i
indipendenti dal tipo classico
così
che non sapremmo davvero vederci una
Lasciamo pur
Diomede
dato
tosto
filiazione del-
miles gloriosus.
l'antico
come poco importante, il solRhodiana (i), e consideriamo piut-
stare,
della
Rabioso del Travaglia
il
una delle creacommediografo ve-
(2), ch'è
zioni più ragguardevoli del faceto
neziano.
soldato Rabioso è marito di Cortese greca ruf-
Il
ed è curioso
fiana,
ventose parole, e
il
contrasto fra lui che
moglie
la
cui
il
si
pasce di
carattere,
anco dal
mestiere ch'essa esercita, è dimostrato
soldato, dice di
sicumera
assai
dissimile
quantunque semplice
avere grandi relazioni e parla con grande
da quello del consorte.
Questi,
di lettere familiari
mandategli dal Soffi e delle
sua corona.
offerte fattegli della
Né
giova che la
mo-
donna positiva, gli rinfacci che dopo tante strenue
azioni è sempre più povero ; giacché « Questo è il fine
glie,
:
«
de'
buoni e valorosi
soldati .... lo essere povero, dico,
non perchè non tengono conto alcuno
«
non per
«
di robba,
«
desiderano di hereditare solamente le corone,
(1)
altro se
quasi
La Rhodiana,
Calmo
(2) Il
il
(cfr.
Rossi (Introd. p.
al 1545.
Ruzzante,
Rossi Introd. p.
Travaglia
i
tro-
rappr. nel 1540, fu erroneamente attribuita, nella
ediz. venez. del 1553, al
al
ma
sdegnandosene e sprezzandola,
di
ma
può essere facilmente rivendicata
XXXVII
sgg.).
M. Andrea Calmo. Venezia,
XLIV
sgg).
Stef. Alessi, 1556.
Ma
dimostra che la composizione risale
77
«
fei,
i
con
carri et le spoglie,
li
che
trionfi
altri
vi
« sono insieme dati dagl' Imperatori, per benemeriti o
«
mercè
delle
armi
che non risente
il
»
(I,
Non
3).
è brutta
affatto d'imitazione classica
scusa
anzi tutto
mi sembra poggiare sopra
carattere del Rabioso
freddo realismo che
la
;
contrappone
si
incarnato
alla
nella
moglie Cortese
parole di
lui,
e eh* è
non
ma
più ancora nella dura necessità che
solo,
stringe. Giacché quel poveretto che
essere vissuto
il
vanità delle
lamenta
si
di
lo
non
tempi del Boiardo e dell'Ariosto, per-
a'
chè questi poeti avrebbero messo in versi
le
sue glo-
morsi della fame ch'è
propria anco de' più meschini mortali, tant'è vero che
rie (II, 6), di
gì'
li
a poco sente
imperiosi bisogni
i
del corpo
vento, sia pur negli eroi.
E
la
care di « quella sgratiata > di
han sempre il sopravfame lo spinge a cersua moglie per vedere
ha fatto provvisione di vittuaria ».
pur troppo le condizioni della famiglia sono
poco floride. Il Travaglia, servo di Cammillo, incontrando questo spauracchio da uccelli, a cui domanda
con scherzevole allusione al suo nome « Sete voi ra«
s'ella
Ma
:
bioso ? »
dà incarico di bastonare Policreto per conto
gli
del suo padrone
(II,
14).
E
Rabioso naturalmente ha
la sfrontatezza di accettare, adattandosi
citare quell'ignominioso mestiere di
comune
grado
nel
sec.
XVI
che rappresentava
reale purtroppo e
di demoralizzazione,
dato a rintracciare fra
Ognuno
poco
e
capisce
alle parole;
le
un alto
non an-
pagine de' classici.
come
giacché
dunque a eser-
bravo che fu tanto
i
il
fatti
corrispondano assai
valoroso campione, appena
sa che la sua futura vittima è armata,
cade in preda
a indicibile spavento. Badiamo bene che « questo pro« cede dal
sangue che mi bolle nelle vene, quasi a
che giunto il sangue a
« guisa di febbre quartana,
78
« questi meati, et porosità, trovando lor fredde, causa
tremore
« questo
19)
(II,
Ma
>.
servo Gianda, che Policreto
sopraggiungere del
al
manda
suo luogo,
in
il
prime intimazioni, né si difende dalle bastonate che gli vengono copiosamente
tsomministrate. Tuttavia, appena passato il pericolo, ec-
bravo cede
spada
la
prima
alle
la scena VI deluna sua bravata a
Cammillo ed al Travaglia, quantunque questi non creda
affatto alle sue parole, e pronunci una frase assai no-
cotelo quel di
:
ed è bellissima
l'Atto III ov'egli racconta ancora
tevole
Non
y>.
pallone ? conoscetelo alle
o quanti ve ne sono di questi
:
che
« struzzi,
€ poi
un
e Volete conoscere
:
« bravate
vivono
ha bisogno
v'
per sé troppo evidente
tali
ferro e smaltiscono
di
commento:
di
proprio
polenta
la frase è di
!
Calmo
Un'altra figura di vantatore nel teatro del
ritorna nella Spagnola» (1), ove allato
neziano Spezzaferro
si
un greco
che
fanfarone
presenta
lo
discorre
del
bravo ve-
stradioto Floricchi,
un gergo misto
di
lingua greca e schiavona con dialetto bergamasco, assai
ma che, oltre che per il suo
anche come carattere drammatico ha un'aria
tutta moderna, in una ipièce del resto affatto popolaa comprendersi,
difficile
dialetto,
come
reggiante,
lo
Eppure anche qui
dizione
classica
temporanei
Ma,
stesso
egli
Rossi
aveva
non rinunzia
mascherata
riconosciuto.
a vederci
mediante
se
una certa
Andrea Calmo,
originalità
in generale
La Spagnolaa,
di
concezione del
LXIII
e,
il
messer
classicismo veniva impo-
Comro.. di Scarpella Bergamasco (cioè, A. Calmo)
Venezia, Stef. Alessi 1551
p.
con-
I
nostro personaggio può ancora rivendicarsi a
(1)
la tra-
elementi
:
la 1* edizione
è del 1549. Cfr. Rossi Introd.
per l'invenzione dello Stratioto, p.LXXVII.
79
nendosi con un crescendo spaventoso, e non
entusiasmo
la
moda
che
ma
discretamente,
tana
così
alla lon-
e
con un
aperto e non dissimulato che potè venir
si
de' rifacimenti, di quelle aberrazioni artistiche
De-Amicis colloca nella
il
dappresso
divisione da lui adottata
prima
categorìa della
cioè, traduzioni fedeli e solo
;
ammodernate ne' nomi e ne' dettagli, o
mente modificate, degli originali latini
talora
legger-
Non
(1).
var-
pena di volgervi lo sguardo, se non dessero
occasione a mostrare quali erano gli elementi princi-
rebbe
la
che valgono anche per
pali dell' imitazione classica
le
commedie che, sebben più originali, appartengono
pur sempre al teatro di stampo erudito.
altre
più noto di questi rifacimenti è
Il
Dolce
come
originali,
Ragazzo,
il
tempo non
nello stesso
metterci
nulla
del
quali tolse
suo Marito,
il
Miles
ma
che
dal parafrasare, senza
due commedie
suo,
e
il
Ruffiano etc,
il
rifuggì
VAmphitruo
Ma
Capitano del
il
autore di commedie abbastanza pregiate ed
(2),
Gloriosus,
dall' altra
dalla
il
di
Plauto
prima
:
delle
suddetto Capi-
una nota caratteristica che lo
distacca dall'esemplare; perchè veìVAmphitruo l'adulterio è perpetrato da Giove in sembianze umane, onde
tana.
nel Marito
serba qualche cosa di
naturale,
non
che ne
disfrena
il
e*
è
fatale, di misterioso, di
maschera
la
sopran-
turpitudine, e quindi
riso sulle piccole miserie della famiglia
Romana
rispettata
nel sec.
XVI
sempre da Plauto
mentre il comico cinquecentista rappresenta una scena molto più
realistica, i suoi personaggi vivono o possono vivere
;
;
sicché nell'imitazione
si
trova pure
certa originalità.
(1)
V. De-Amicis. L'imitazione etc.p.l40 sgg.
(2) Il
Capitano
di
M.Ludovico Dolce. Venezia,
1545.
una
80
siderarsi
di ciò può dirsi per il Capinon ha alcuna qualità originale, e deve concome una traduzione o parafrasi del Miles
Plautino
(1),
Al contrario, nulla
tano, che
tanto
il
Sarsinate
dal Dolce, che del resto
seguito
è
non ne
fa
fedelmente
mistero, anzi dice
nel Prologo:
Mi volgo a
dir eh' io v'appresento Plauto,
pòrtolo
eh' lo vel rechi con la man,
Con la lingua, e se a voi piace d'attenderci (2)
Vedrete comparire innanzi il Milite,
con altra divisa e fatto giovane.
ma
Non
Ma
Ma, spassionatamente giudicando, non
all'autore
neppure questo merito
eh' egli
si
può dare
vorrebbe at-
giacché il vecchio Pyrgopolinices non appa;
neppure ringiovanito sotto le vesti del Capitan
Torquato, ma resta sempre tai'e quale. E, siccome abbiamo già detto che nella riproduzione plautina il miltribuirsi
risce
come un tipo ideale, niente
comune, ma foggiato solo dalla
fantasia del poeta umbro, allo stesso modo sarebbe
impossibile ricercare un ritratto realistico nella commedia italiana, copia della latina.
Bastino le prime parole a dare esempio suffilantatore è rappresentato
affatto tolto dalla vita
ciente
:
(1) Fra le traduzioni che allora si fecero del Miles Glorioaua, va
menzionata quella di Celio Calcagnini, rappresentata in Ferrara sotto la
signorìa d'Alfonso
It.
I
d'Este, figlio d'Ercole I (cfr. Tiraboschi St, della Lett.
VII, 858). Del resto questa
commedia
di Plauto fu assai cara ai colti
deve credere alle testimonianze di Marin Sanudo
ne' suoi Diari, raccolte dal D'Ancona, op. cit. II 117, 118 n., 119, 135,
pubblici d'allora, se
si
374, 384.
(2)
Noto che questo concetto è preso da Plauto,
bensì dal prologo dei
ma non
Menechmi v.3:
Adporto vobis Plautum lingua nonmanu;
Quaeso ut benignis accipiatis auribus.
dal Miles,
81
Plauto
meo
Curate ut splendor
Quam
solis radii esse
sit
clupeo clarior
quom sudumst
olim
solent
Dolce
Fate che l'arme mie sieno più lucide
Che non è il sol quand' è più chiaro l'aere
con quel che segue, tradotto quasi sempre a lettera.
Perciò non staremo a fare un minuzioso paragone
fra le due commedie, che sarebbe fatica sprecata. E
infatti tutte le situazioni
sono identiche, e
quasi sempre conservato uguale,
è da osservarsi
una maggiore
il
salvochè
dialogo è
nel
Dolce
una smania
verbosità, e
di esagerare, potendo, la ridicolezza del miles plautino.
Badiamo però che non vogliamo
lettura del
Capitano
:
dire sia spiacevole la
che, nonostante
il
monotosissimo
manca neppure l' imitazione del
giambico latino 1), la commedia è scritta con
verso sdrucciolo (non
trimetro
buon garbo e con una lingua molto vivace. Ma Torquato, ch'è preso così bene in giro dal parassito Mail
plautino Artotrogus
nilio
il quale non esita a
—
—
chiamarlo
:
Capitan magnanimo
Forte soldato, Cavaliere strenuo,
Re valoroso e Imperator giustissimo
—
Torquato dunque cade nel medesimo intrigo
che Pirgopolinice
;
è ingannato
(Acroteleutium), che prende
via
{Philocomasium)
il
dalla cortigiana Tullia
luogo dalla diletta Ful-
riconquistata
Fabio {Pleusicles\ mediante
le
dal
astuzie
suo
amante
de' servi e la
cooperazione del vecchio Brazio {Periplecomenus).
non manca neppure
il
la
comicissima
scena
cuoco Fusco (Cario) insieme con
castrare
l'
infelice Capitano,
dita del saio e della coppa,
che se
mentre
finale,
E
ove
Brazio vogliono
la
il
cava colla perservo Stramba
82
(Stalagmus)
narra
gli
l'inganno di
cui
tima; sicché egli non può far meglio
agli spettatori, esortandoli
ad astenersi,
suo esempio, dal voler correr dietro
Insomma, sarebbe
è
stato
che
alle
vit-
rivolgersi
ammoniti dal
donne altrui.
il
cercare la minima punta
commedia che merita solo il nome
inutile
di novità in questa
di traduzione.
Della Talanta di Pietro Aretino (1) invece non
può dire come della commedia del Dolce, eh' essa
sia in tutto e per tutto una traduzione deWEunuchus
si
Terenziano
la
più
;
fida,
ma
quello eh' è certo,
per non dir
celebre Thraso.
È
il
Capitan Tinca è
servile, delle riproduzioni del
un' anomalia veramente
strana la
presenza di un personaggio terenziano trapiantato in
Non già che questi non
comprendere le bellezze de'classici e
in un'anima ribelle qual'egli era, che
un'opera del divino Pietro.
fosse al grado di
farsele sue;
in
generale
ma
ostenta
tanta indipendenza
vita e
di
pensiero, e che alle sue opere comiche dà
tono tutt'altro che classico, anzi molto spesso
ma non
infine
privo di un'originale vivacità
come
Pietro Aretino,
merita una certa
il
fatto è
dente dell'attrazione singolare che
schizzo che già
vedemmo,
in
triviale,
un uomo
straordinario e
come sintomo
considerazione,
esercitava anco su' più ribelli. Se
—
si
di
sempre un
l'imitazione
evilatina
ricorda poi quello
dato dal nostro autore
nel
Marescalco del « Milite glorioso » com'egli
lo concepiva, si deve rimanere anco più meravigliati,
e dobbiamo deplorare che quel bizzarro ingegno non
abbia poi voluto affrontare sulla scena la rappresenprologo
al
La Talanta, commedia
(in prosa) composta a petizione de'MaSempiterni, e recitata dalle lor proprie Magniflcientie con
mirabil superbia d'Apparato
in Venezia per Gabriel Giolito de' Fer(1)
gniflci Signori
—
rari, 1553.
83
tazione di quel tipo ch'egli aveva già divinato in pochi
tocchi magistrali, desumendolo dalla vita reale, e che
bene doveva
si
sua indole faceta e iro-
adattarsi alla
nica, adattatissima alla riproduzione del superficiale.
il
carattere dal millantatore
appunto
sta
anzi consiste nel ricoprire col
fìcie,
manto
che mal
presterebbe a un profondo studio psicologico.
vis
comica che l'Aretino versa
a
larga
vana-
della
gloria la vacuità dell' interno, tant' è vero
E
super-
alla
si
Così la
mano, anco
troppo, nelle cinque sue commedie, avrebbe avuto qui
agio di svolgersi nella sua pienezza; ma,
il
al
contrario,
Tinca della Talanta risente troppo del suo modello
per non riuscire freddo e
mediocremente
solo
inte-
ressante.
Resta nondimeno
di pregio quello
che nessuno po-
trebbe togliere all'Aretino, una vivacità di dialogo notevolissima, una loquacità messa in bocca allo spaccone
veramente ammirabile, mentre non cade in quelle slaper esempio
vate prolissità che son tanto odiose
—
—
nelle
commedie
di Sforza degli Oddi.
Così
grazio-
è
sissima la sfuriata (IV, 19) del povero Tinca all'udire
la
fuga della
media
latina)
(V, 2)
«
e
i
Pamphila
suoi terribili
Imprimamente
«
:
figlia Stellina (la
le
maledizioni
addosso di chi mi ha disonorato
armi ...
« a le
I ghiribizzi
della
com-
propositi di vendetta
la
de' miei
che
figlia,
io
sputo
daranno
griccioli
sparsi
«
campagna come cavai leggieri, riconosceranno
il paese ...
I
ribollimenti de le mie colere saranno
tamburi. Le fanterìe le forze de le mie forze
Le bandiere che io spiego son le ragioni
«
che
«
pugna ...
«
son
«
da
« in la
«e
«
i
.
.
.
pretendo bavere
io
gli
la
ne
lo
essere
incitato a la
mi sconquassano il petto
huomini d'arme verran via
Gli sdegni che
alfieri
...
gravità delle
Gli
cose che
scappano da
questo
84
«
capo ... Le bombarde per
«
fulmine de
le batterie
...»
mie voci
le
eccotele nel
Poveri uccelli
«
!
»
esclama Branca. E, avvertendo quest'ultimo per beffa
che ci manca il taratantara dei tamburi. « Non lo
risponde
senti tu »
In
la
il
Tinca « nel garbuglio del par-
che faccio? »
« lar
tal
modo
Ma
solo
può pur sempre
l'Aretino
benevolenza e
due
la
cattivarsi
simpatia de' lettori.
hanno
plagi spudorati si
nella
netta, falsamente attribuita al Caporali (1) e nel
di Cornelio Lanci (2). Quivi
letterario
voli
Capitano del Dolce e
il
perchè
non
che rendeva ancora
sono
esse
copie
ma
pure
neppure il merito
ragguardeTalanta dell'Aretino
v'è
abbastanza
la
;
Talanta
e per segno non
fedelissime
per
stessa, di cui è riprodotto
solo l'intreccio,
il
NinVespa
filo
dialogo,
della
cambiati
i
nomi,
Trasone dell' Eunuchus) nella Ninnetta^ e nel Vespa Oronte. .Perciò
la lettura di queste due commedie non può fare a
meno di destare la collera, non potendosi concepire
plagi più impudenti di questi. Unica scusa può essere
per loro l' andazzo de' tempi
sembra dai numerosi
esempì che ciò fosse di moda nel sec. xvi.
Un altro plagiario è Ludovico Domenichi nelle
Due Cortigiane (3). Le Bacchides di Plauto sono quivi
tradotte in italiano, il soldato Cleomaco essendo sostituito da uno spagnuolo, il Capitano Martin Alonso de
il
Tinca chiamandosi Triso
(Cfr.
il
:
(1)
La Ninnetta di Cesare
Ma sembra
sta Collesini, 1604.
Caporali, perugino. Venezia, Giov. Battiaccertato che
colpa in questa che fu una mistificazione
fede,
il
d'
Caporali non ci avesse
il
un padre Appiano Buona-
Bue pedagogo.
Lanci d'Urbino, in Firenze nella stamperia
quale peraltro non va confuso coll'autore del
(2) Il
Vespa
di Cornelio
del Sermartelli, 1586.
(3)
Le due Cortigiane
renze, per
i
figliuoli di
di Lodovico Domenichi
Lorenzo Torrentino, 1563.
di
Piacenza
—
in Fi-
85
Florestan che parla nel suo idioma nativo. Questi, del
commedia latina come nell'italiana non
come un volgare scroccone che
sfruttare l'amore di una cortigiana. Il soldato
resto, così nella
apparisce se non
ci
cerca di
Gleomaco rimane però in fondo il
sus, quantunque, a preferenza che
solito
miles glorio-
sue spacconate,
le
cerchi di far risaltare l'animo suo vile e interessato.
si
Ma
egli
non può
Bacchidea
Non me
Qui
845 sgg.)
(v.
me meosque
suo rivale
No
[fendere
neque Duellona mi unquam,
[neque Mars creduat
Ni illum exanimalem faxo, si con[venero
(v.
855 sgg.)
:
me hodie facere
Ma, nonostante
di
me
ganancioso de
[mavelim
falte
mil
diez
ducados
corno fuesse cierto de cogierlos
Quam illum cubantem cum illa op[primere, ambo ut necem.
un pugno
(IV, 8):
deve tener
fuerzo para defender à
Nive exhaeredem fecero vitae suae.
più sotto
me
animo y efmi y à mi
gente. Pero no me crean Marte y
Bellona dioses de la guerra, si no
le embio el alma a los ynfìernos
la primera vez que lo toppe.
.... No querria oy que dar
muger, que
Nam
E
creo que
por Capitan, ni por hombre accostumbrado en las guerras, mas por
non queam de-
Nihil est lucri quod
:
Le due Cortigiane
:
militem, set
[mulierem
arbitratur
almeno una
trattenersi dal millantare,
volta, e dice rivolto al
am-
bor por matarlos iuntos.
simili bellicosi propositi di vendetta,
monete basta a
turpemente rinun-
farlo
ciare a qualsiasi diritto sulla sua amante.
GÌ'
Inganni
del Secchi (1) ci
porgono un esempio
contaminatio,
assai curioso della cosiddetta
la
quale,
usata già nel teatro latino, fu con tanta frequenza ado-
perata nel Cinquecento. Questa commedia,
notevole invero, fonde
Asinaria
(1)
;
dalla
Gl'Inganni
prima
v'
Re
in sé
il
Gomm. recitata
Filippo,
— in
—
in Milano nell'
Firenze, per
i
la
lo
anno
Giunti, 1562.
nota il Rossi (Append. a Gaspary, IV,
non trovandosi Re Filippo a Milano nel 1547.
la data della recita,
essere falsa,
di
abbastanza
Truculentus e
esse deriva il Capitano
di Niccolò Secchi.
1547 dinanzi la maestà del
Ma
dunque
304), de-
86
—
che, per virtù di questo miscudue commedie, riesce un personaggio assai
piacevole ed originale, onde merita un po' d' attenzione.
Stratofane plautino
glio delle
La comicità
da Plauto
della situazione trovata già
e ripresa dal commediografo cinquecentista, risulta dall'
inganno
di
una
cortigiana, Dorotea (la Frenesia
Truculentus), che
tenuta, esser suo
rante
un suo
fa
un
credere
del
man-
Capitano da cui è
al
figho ch'ella avrebbe partorito du-
viaggio che lo ha tenuto lontano ben dieci
mesi e da cui ora torna carico di glorie immaginarie
e, quel che più importa, di denaro sonante. Giacché il
Capitano in questione è ricco; e qui sta l'inverosimiglianza, che basterebbe da sola a farci
mancanza
un Capitano
la caricatura di
naturale, deve
vuote
del
rappresentarcelo
sec.
Nella
commedia
—
XV
f,
la
per essere
ma
pieno di ciance,
le tasche.
quella del Secchi
comprendere
questo personaggio, mentre
di originalità di
plautina però
la ricchezza
—
volevo
dire
in
come
era necessaria
movente dell'inganno, ch'è uno dei tanti di questa piacevole produzione, degna veramente del suo nome. La
cortigiana dunque, istigata dalla ruffiana, cerca di pelare il povero sciocco che ha la sventura di esserne
innamorato, col pretesto delle spese incontrate pel baliatico e
il
mantenimento
del
supposto
figlio.
La scena d' entrata (li, 9) è, come al solito, un
ammasso di strampalerìe che tutti que' buoni commediografi non si dimenticano mai di darci come gradito
antipasto per predisporre alle risate. Credo che
la
forza de' suoi poderosi pugni.
volta,
«
valga
pena stare a sentire alcune delle sue prodezze.
Il nostro campione
è invero meraviglioso per
Figuratevi eh' egli
altercando all'osteria, dette
d'un pugno in una tempia
si
al
suo
la
una
avversario
penetrante che
i
circo-
87
« stanti videro
i
nodi delle dita uscir per
orec-
l'altra
compagno, uno stuolo
intero sorse contro di lui; ma quel prode non si sbigottì. Pur tacendo delle altre gesta compiute allora,
perocché egli è modesto e « gli piacque sempre il ta« chia
cere
!
ì>,
»
Allora, per vendicare
si
compiace tuttavia
il
di ricordare fra' mille colpi
che aveva dato, due soltanto che gli eran piaciuti souna tanta gran botta nella ciottola di un
vrammodo:
« male avventurato che gli caddero tutti due gli occhi
c(
«
visibilmente
«
un mandritto
in terra
sì
mano
<(
furioso della
«
che tutta da un
dice
il
« hosterie e
furbo
fuoco
il
abbruciò
i
chiassi sparlano »
con
Capitano non
si
che
« già
vende
si
sue prodezze. « Colui che
piazza » aggiunge
vento
barba
strano,
è
«r
fin le
Nota che
uno
Commedia
di
il
quei
dell'Arte
;
accorge di questa come di altre
canzonature del suo servitore, sicché
dice
il
nella
non
di lui.
« sparlano »
dice
toccò
poi
».
formidabile valore
scherzi, tanto cari poi alla
il
altro
servo Straccia con fina ironìa, se
Straccia
soliti
ma
gli attaccò
lato gli si
Davanti a cosi
come
... ed un
;
furioso che avendolo fallato,
l'historia
la
gli
crede quando
stampata »
delle
vende è un cerretano in
mentalmente
Ma, nello stesso tempo che
lo
Straccia.
mondo trema
il
del suo
valore, delle graziose sue attrattive s'innamorano tutte
le
donne
e bisogna vedere
;
è pazza di
chè
lui.
Avrà
egli è stato assente
Ecco
ancor
infatti
che
come
la
per-
poverina
soflFerente del recente
si
presenta a lui
(II,
41)
puerperio, accompagnata
il
preteso frutto de' loro
non vuol tenere in alcun
modo le mani legate, e vuole sempre un coltello in
degno
mano egli ha già un animo da leone »
amori,
(T
Dorotea
per dieci mesi.
dalla balia che reca in braccio
«
la cortigiana
ella già partorito? Si certo,
un
:
bel puttino che «
—
88
figlio di
ma
tanto padre
!
Questi
compiace della sua prole,
si
donne (II, 12) a torgli di mano il bambino « perchè non posso » dice « poco stringere che
« gì' infranga 1' ossa, tant' ho la presa gagliarda » (1).
Frattanto, in mezzo alle ciancio, Dorotea cerca di spolprega
pare
il
le
più possibile quel suo ridicolo amante, che a
mostra abbastanza generoso, lasciandosi suc-
dir vero si
chiare parecchi scudi.
Ma poco dopo (IV, 1) la cortigiana, avendo altro
da fare in quel momento, lascia il povero Capitano picchiare a sua voglia l'uscio della casa senza fargli aprire.
Comparisce un ruffiano
ciose
si
il
rista dal
che
cia
(IV, 2) alle cui grida
bravo capitano fugge ;
chiamare
ma non
minac-
per questo (IV, 3)
e coniglio e poltrone » lo Strac-
compagno
gli è stato fido
generosa quanto rapida
ritirata.
nella sua
Del resto,
non tanto
si
capisce,
non è fuggito per paura, ma per disdegno; giacché, come lo Straccia dice, « questo non era convito
« solenne, non v' era robba
per lui. Per altro egli
vuol vendicarsi e va in cerca di compagni (2).
egli
j>
Ed
ecco (IV, 10)
prepararsi alla
il
Capitano
magnanima impresa
co' suoi
compagni
di assaltare la casa
Questa si presenta e, deposta la maschera
d'amore che aveva portata per qualche tempo, ingiuria
atrocemente il Capitano, il quale tuttavia non reagisce,
di Dorotea.
perchè
(1)
lo Straccia
È un
il
concetto assai
nella Cintia. di
persuade che,
comune
G.B. Della Porta,
il
ai
s'egli
Capitani delle
non
la cura.
Commedie. Da
vecchio Pedofllo trae pretesto per
fiutare all'innamorato Capitano la presunta figlia
ciò
ri-
Amasio, che in realtà è
un maschio in abiti muliebri, dicendo temere « che volendola toccare non
« ne facesse polvere, e volendola baciare non ne facesse cenere » (II, 3).
(2) Imitazione della scena notissima di Terenzio (Eunuchua IV, 7)
che si ripete continuamente in molte delle opere comiche qui studiate.
Il Capitano chiama una quantità di servi cui dà dei nomi altisonanti, ma
nessuno comparisse, perchè essi solo soltanto parto della sua fantasia.
89
«
costei a
mano
« in croce,
«
mano
verrà innanzi con le mani
gli
il
quando tu vuoi non vogliono
«
pregono,
«
gni
«:
mi manderà
il
a
giacché questo è
ti
corrono dietro
conclude
»
!
il
».
costume delle donne
quando non vuoi ti
,
« Andiamo, compa:
—
Capitano. « Vedrete se la gaglioffa
a pregare
».
Ma
ella
non
si
muove, e
terribile guerriero, disperato dell'abbandono, giacché
s'induce a mandare il
buone grazie della sua bella.
Ebbene ? Colui che Dorotea veramente amava, si è ammogliato or dunque a lei conviene non rimanere senza
amante. Ed ecco in qual modo il Capitano può riconegli é
fortemente innamorato,
servo per riconquistare
le
:
quistare
per
il
rifiuto,
favore della Cortigiana,
che,
accogliendolo
seguiterà a beffarsi di lui finché
non
le si
presenterà l'occasione di piantarlo di nuovo.
Così
le
avventure del Capitano finiscono
qui ab-
modo un
che nel
bastanza lietamente, in
modello
latino, giacché
po' diverso
nel Truculentus
V innamorato
Stratofane deve soffrire di fare a mezzo della sua Fre-
un contadino
nesia col fortunato rivale Strabace,
e maleducato che pur la
donna preferisce
sci-oro. Questa, del resto, é un'abitudine
mine hanno avuto sempre
in tutti
i
al
rozzo
suo me-
che certe fem-
tempi!
90
—
zione
—
artistiche
Deficienze
—
commedia erudita
del tipo
Sua presentabravo nella commedia erudita
Le
Biografia del Capitano nella
Il
—
—
innamorsito — Sue
—
—
Capitano
-Sua viltà
Comico
contrasto col servo
Il Capitano seduttore e il
peripezìe
Capitano
del
—
— Lamen-
vicende erotiche
Principali commediografi del Capitano
tazioni di P.
M. Cecchini.
Proseguendo
lo studio del
Capitano nel teatro del
secolo XVI, vediamo che esso presentasi
cosi
uniforme che
Infatti
nel
fra' loro
nucleo
sempre
ne riesce
strabocchevole
assai
non esiste
una forma così
delinearne
la
forse
alcuna
spiccata
come
figura,
e
commediografi
trovaron
l'
vero
è
di quel
opportunità
ov' esso
il
Segretario
del
genio,
potè
in
—
che purtroppo
d' inserire
non
opere loro
il
mente proopere, di
cui
non manca mai
scene
della
migliori
i
a sdegno o
nelle
Fiorentino, nelle
poche
millanpresenti
Fra Timoteo
tempo o ebbero
qualsiasi natura esse siano,
il
che così bene serva a
esempio
fa del
tipo del Capitano. D' altra parte poi, se la
fonda del
modo
diffìcile.
si
— per
tristo ecclesiastico cinquecentista
Mandragola. Egli
in
commedie che
di
personaggi comprendevano anche
tatore,
in
sintesi
la
1*
impronta
suggellare
con un
91
marchio indelebile un'intiera classe di uomini, la Mandragola apparve e passò, senza lasciar traccia, come
lucida metèora nella mediocre penombra del teatro
più
rimanenti commedie
nelle
e
italiano,
muovere
di
il
E
caratteri.
questo
più che
e
di
dei
natu-
per ogni altro tipo co-
nostro, sia perchè
il
d' arte,
lo studio
plasticità
di
difetto
ralezza rilevasi, forse
mico, per
non
dell'intreccio,
curandosi la vivacità
cercò per lo
si
anziché di fare opera
riso
quantunque
esso,
fre-
quentissimamente adottato, è chiamato quasi sempre a
sostenere una parte abbastanza secondaria, è piuttosto
una macchietta che un vero
e proprio attore necessario
svolgimento della favola,
allo
già
poco innanzi
assai poco
presta
si
—
all'
pure perchè, come
sia
notato, esso
fu
un
è
carattere che
mentre
analisi psicologica,
il
animo suo, corrispondente alla gonflezza delle
sue parole, non dà luogo ad acute osservazioni, e quindi
ad una rappresentazione veramente artistica, che mo-
vuoto
dell'
conoscenza
la
stri
e
studio
lo
profondo dell'anima
umana.
In questa guisa
che in
un
tutti
aspetto
i
il
millantatore di tutti
tempi è
esistito
sovrabbondante
po' per
necessità,
Dunque un
—
giacché
Talanta, non
degl' imitatori
intrinseco
si
gli
autori
anche
staccò,
— han
presenta sotto
più che non vi ha
bocca
alla
ed uno estrinseco,
preso a trattare
voli,
—
comici,
i
mettono in
difetto
personaggio,
ci si
tempi
come le buffonate che in
un po' per vezzo un
nulla che stucchi così presto
copia
—
monotono, tanto
assai
i
l'
al ridicolo eroe.
natura
il
non
stessa del
averlo, cioè,
più pregiati e più prege-
Aretino, col
come abbiam
Trasone della
gregge
visto, dal
reso questa figura assai più sbia-
dita e fredda che non avrebbe dovuto essere, special-
mente dato r
interesse
d'
amor proprio che doveva
in-
una
spirare agi' Italiani
rappresentazione, aperta
tale
motteggiatrice de' loro oppressori.
Luogo comune
tutte le rielaborazioni cinque-
di
centistiche del miles gloriosus è la scena iniziale
imitazione della
una
famosa commedia
Plauto
di
—a
—
ove
filastrocca di discorsi gli uni più strampalati degli
altri,
pronunciati
locutore,
il
dall'
servo
eroe e dal
sentazione, a farci conoscere
È una
specie
l'
«
umor
come
di pre-
della bestia. »
captatio benevolentiae, la quale so-
di
vente costituisce
suo prediletto inter-
parassito, servono
il
più
parte
la
importante
dell'
azione
Commedia, giacché esso,
apparisce per lo più come una
del nostro personaggio nella
come abbiamo detto, vi
maschera, come una macchietta,
e dopo aver richia-
mato il riso sulle bocche degli spettatori, sparisce.
Sarebbe troppo lungo, e sarebbe d'altronde una
fatica
perfettamente inutile
le principali soltanto
si
il
fra le
passare in rassegna anco
gesta meravigliose di cui
vanta, sia in armi sia in amore,
Quando
si
nostro spaccone.
il
è detto che tutto quello che
umano ingegno
poteva immaginare di più strano, di più inverosimile,
di più assurdo, è stato
mediografi del
'5()0
va da^V Ingannati
della
satira
Commedia
ampiamente
alle
dell'
com-
più straordinarie fantasticherie
Arte
all'umana stoltezza
sale de'
sfruttato da'
con un crescendo meraviglioso che
monumenti con
;
si
quando
si
è innalzato
quest' edificio
è detto che la
il
più coIo£h
immenso
di cor-
non si cade in esagerazione, né fan bisogno
lunghi commenti. Ci troviamo innanzi a un immane
garbuglio in cui a' nomi de' Paladini e degli altri eroi
de' romanzi cavallereschi sono uniti in un bizzarro acbellerìe,
i
miti dell'antichità, ove il favoloso si mescola
continuamente con allusioni più o meno esatte a fatti
cozzo
93
Dalle vanterìe
del
Geloso del Bentivoglio
(1),
storici.
(II,
5), ch'ei vi è
stato al
soldato Brandonio, che nel
Roma
afferma, giungendo a
tempo
del sacco essendo
il
favorito del Borbone, e che fu egli
....
E
fino
primo a saltare infra le mura
primo a entrarvi dentro (2)
il
il
Bravure del Capitano Spavento da Valle
ci occuperemo più tardi, e' è una lun-
alle
Inferno, di cui
per cui
ghissima gradazione,
ma
inverosimile,
si
dal
meno
si
più grosse, quasiché negli scrittori del secolo
Una
al
XVI
fosse
serie infinita di
gambe
da una
parte, di
sangue, sangue,
ci
urla
minaccevoli
sempre sangue ;
è
tal'
il
i
spezzate,
di braccia infrante, di teste rotolanti, di grida di
rore
più
le dice
medesima smania che rodeva
entrata addosso quella
loro millantatori.
va
vede quasi una gara a chi
ter-
dall' altra,
e
quadro che
presentano ne' loro racconti que' tremendi Capitani
che
si
a fin di commedia chiamare con-
possono poi
tenti se tutte le loro
fuga
della
specifico
—
membra
—
mediante
sono rimaste
il
salutare
incolumi
dalle
solenni bastonature che generalmente coronano la fine
delle loro smargiassate.
(1) Il Geloso,
Commedia
di Ercole Bentivoglio
—
in Venezia, per
il
Questa data dell' ed. veneziana basta ad apprenderci che il
soldato Brandonio è uno dei primi millantatori che calcassero le scene del
teatro erudito. E appunto per ciò esso non apparisce tanto ridicolmente
esagerato nel racconto delle sue false prodezze come tanti altri posteriori.
Giolito, 1544.
(2)
È
celebre nella storia la presa di
imperiali condotte dal Borbone, nel 1527.
E
Roma per
molti
opera delle milizie
altri fatti storici
più o
meno travisati sono accennati in mezzo alle favole. Cosi per esempio
neW Impresa d'Amore di Ottavio Gloritio, Accademico Amoroso (Messina, Brea, 1605)
il
Cap. Marte dichiara
(I,
17)
non esser vero che
la for-
tezza di Chiavarino (Presidio fortissimo della Transilvania e chiave della
Boemia, come ei la chiama) si rendesse per fame, bensì per codardia
del Governatore che ebbe paura di lui, perchè credeva che egli fosse
passato alla parte del Turco.
di
Abbiamo
già
ricordato
l'allusione
ironica
Trasone nella Talanta, e già abbiamo detto che cosa bisogna pensare
in proposito.
94
Ma
fra
numero stragrande
il
di cui si dichiara eroe
di ricordare, a titolo
commedia
nella
mi sembrano
del lidicolo e del grottesco, anco
contarle,
un fiume
boccante
d' errori
riportare la
per
modo
il
palma
di rac-
parole senza senso comune, tra-
di
d'
piace
rai
esempio, alcune che, almeno
di
erudita,
di meravigliose gesta
nostro personaggio,
il
ogni
assurdità d' ogni
genere, di
maniera.
Un
modello
che narra
il
d'Amore
nella Prigione
grande sussiego
«
il
«
dell'
mese quinto
dopoché
il
gli
ciproco
«
sorella
«
Condè
«
Trebbia
del
dell'
Non
anno quinto
il
. .
Carlo quinto,
di
scorse
i
Battri, gì' Indi,
della regina di Scozia, figlia del Soffi,
Prete Janni
nipote del
e
principe di
Trasimeno a
Chi fur Costoro ?
cavaliere del tempo de'Romani. »
seguitiamo
più
;
oltre
fatto prigione
quale volle portarlo
nostro prode, giunto
quest' infelice nel suo
contentiamoci di riassumere
avendo promesso
per un certo tempo senza
cuno, fu
Con
Una dama e un
Egli,
fatto.
(1).
« Correva.
Prenestini; quando, ardendo io di re-
strampalatissimo esordio
il
Oddi
:
bella che pareva la rotta di
Antonello.
Gap.
bravata
la
bora quinta del giorno quinto
Magno Alessandro
Umbri e i
amore
«
fi:
di Sforza degli
incomincia (IV, 1)
egli
punto quinto
« del
genere è certamente
del
Capitano Bellerofonte Scaricabombardon,
alla
trattare
sua bella
armi
in
di stare
modo
al-
da un Bascià della Garamania,
come
dinanzi
trofeo
al
Turco.
Ma
il
a costui (ora lo chiama
Selim, ora Ruscialì, non ricordandosi neppur de' nomi
che va inventando), dopo aver dato mille prove d' in-
(1)
Insensati
La prigione d'Amore,
il
di Sforza
Forsennato (Venezia, Polo,
degli Oddi, Perugino, fra
1591).
gM
95
domabile alterigia, nonostante il giuramento fatto alla
s' induce alla riscossa, e: « .... per la prima ti
bella,
una guatatura porcina e
«
dò a Selim
«
minacciosa, traditora, atra, fosca, bieca, torla e tre-
come
sopraccigliata,
«
menda,
«
faccio chrr... chrr... Ti giuro Antonello.
«
rono vedute lingue di fuoco apparire nel
« di
e
cerbero
arrabbiato
ringhio
gli
.
.
.
e
che fubastione
queste zinne, che gridavano ammazza, ammazza,
«
fendi, fora, tronca, svena, spolpa, scava, disossa, trita,
((
sminuzza, spolvera, spolvera.
«
sto
«
nello
sdegno infocato metto mano
«
sima,
e
«
quarto, fingo,
«
ferisco, tronco, affetto,
sguardo Selim mi
.
quindi batto, paro,
« ecc. (1). » In
vittoria
.
giro, snodo,
una
sulle labbra
.
un
schivo,
empio
il
mani
scellar dalle risa
quando
lo
durindanis-
provoco,
in-
entro, colpeggio,
salone di morti, ecc.,
si
libera col grido di
del
galeone se ne torna in Ispagna, ove
«
passo, e tutto
alla
chiamo,
parola, egli
dalle
Spaventato con que-
innanzi
fo
Turco, e sur un
«
hebbe a sma-
riseppe quella bocca torta
Carlo Quinto. » E ce n' era di chel
Più formidabile ancora è l'impresa del capitano
Martebellonio, figlio di Marte e di Bellona, nei Due
«
di
(1) Ecco come un bravo, il soldato Zigantes neW Alchimista di
Bernardino Lombardi (Ferrara, Baldini, 1583) descrive il suo modo di
armeggiare: « un animoso ferire, un giudizioso schivare, un forte bat« tere,
«
«
«
«
€
un
ghiotto fìngere,
un
sicuro parare,
uno scarso colpeggiare, uno
scander netto, un entrar breve, hor di tempo, hor di contra tempo, hor
di botta, hor di risposta, con un passeggio stupendo, hor fermo in prima,
hor di pie ritto in seconda, hor basso in terza, hor di pie manco in quarta;
hor in porta di ferro, bora in falcone: quando curvo, quando granchiato,
quando con
quando con
le narici gonfie,
con fuoco
agli occhi, e rabbia ai denti
;
e
Questa descrizione si ritrova
tal' e quale nella Prigion d'Amore (II. 8); sicché è probabile che o l'Oddi
copiasse, o che entrambi si riferiscano a un determinato formulario schermistico del tempo.
«
riso e ciera gioviale
» (I, 5).
96
fratelli rivali
battaglia colla
G. B. Della Porta
di
Morte
(I, 4).
ch'esso, gravato
approfittandosi
non poteva reagire
sulle spalle,
(1),
ossia la sua
Questa maltrattava Atlante,
;
dal
peso
del
mondo
ond' egli Martebellonio
mondo con tre dita e lo sostenne come un
melone. Mona Viva (la Morte, che allora non era morta,
prese
ma
il
viva) offesa dell* aiuto prestato al suo nemico, co-
motteggiare
minciò a
Martebellonio che, punto dagli
scherni, la sfidò a uccidersi seco. Ella accettò Y invito
« e, perchè
havea
1'
elezion de le armi,
« la vita al ballonetto. »
mondo
:
ella n'
A
cidente.
lui
netto (che era
tant' alto
giù.
la
montagna
al ciel
come una
il
le
di Mauretania),
di
Marte, e
il
che andò
non tornò più
ballonetto
la
;
»
ma
allora,
gesta
il
conclude
gola con due dita, e l'uccisi
quaglia. » Così la Morte morì e
Martebellonio prese
E
costituì tutto
allora dichiarò di aver vinto lei « perchè
imboccato
l'eroe, « la presi per
«
si
;
volse giocar
andò in Oriente, Martebellonio in Octoccò il primo colpo, e lanciò il ballo-
che giunse
La Morte
« era
Per steccato
si
suo posto npl
il
mondo
vittorioso
(2).
Capitano sono così numerose
non basterebbe un grosso volume
del
straordinarie che
e
a
raccoglierle tutte (3).
(1) /
due
fratelli rivali, di G. Batta della Porta, Napolitano, Ve-
nezia, Ciotti, 1601.
(2)
Questi combattimenti colla Morte avran soprattutto luogo nelle
Andreini e perciò nella Commedia dell'Arte. Inoltre egli
molto spesso diviene compagno della Morte stessa. Cosi nell' Olimpia del
Della Porta (Napoli, Salviati, 1589) Trasilogo dice al servo Squadra « Non
« sai tu che ovunque vado vien meco la morte e lo Spavento ?. .
Perchè
« ha più faccende venendo meco che se andasse con la peste e colla guerra
« accompagnata » (I, 4).
(3) Tralascio, perchè troppo nota, di riferire la famosissima scena
deW Angelica, di Fabritio de Fornaris (detto il Cap. Coccodrillo etc,
Parigi, Abel l'Angelier, 1585) ove il Cap. racconta (I, 4) una sua formidabil battaglia in cui egli finisce coli' uccider Marte stesso. Che l'Angelica del De Fornaris servisse di modello all' Olimpia del Della Porta, è
Bravure
dell'
;
,
97
Perciò non fa meraviglia che
cuta terrore agli
Spesso avviene
eh' esso
quasi immaginandosi
volontari
finge
a
vello. »
E
troppo
parlar
siffatto
lo
con
«
a'
in(1).
nemici, fa in-
interlocutore
l'
che
star lontano, no-
prega di
lui
è
uomo
ne' suoi racconti,
incaloritosi
invero egli
«
ei
bisogna stare in cer-
quantunque pur
terribile,
non dà a bere
sua spada.
alla
dé\V Alessandro (2), a
Gap. Malagigi
Fagiuolo
un
magari a sé stesso
.
.
tempi sono cambiati; ed è meraviglia anzi
i
quant' è eh'
il
.
essere davanti
averne paura, e
d'
tando che
ee
d'
.
minaccia verso
di
atti
e
altri
cui
il
»
Cosi
servo
:
Che vuol dir dar da bere alla spada? beon le spade?
Il bere delle spade non è se non il sangue
Cap.
delle persone che s'ammazzano e si feriscono di giorno
—
in giorno.
—
questo è il bel pasto ; e quanto al
Fagiuolo.
mangiar, che mangiano ?
La mia non si pasce se non di cuori di caCap.
pitani, r altre poi di manco conto mangian gambe, spalle
e braccia, che si sminuzzano scaramucciando (I, 6).
—
È
naturale perciò
1'
affermazione
cassa neir Emilia (3)
:
evidente non
scena IV, dell'Atto
foss' altro dalla
quasi una copia della sua corrispondente
I
di
di
Capitan Fra-
quest'ultima eh'
nélV Angelica
(I,
3), colla dif-
ferenza che in quella Matamoros parla spagnuolo, nell' Olimpia al contrario in italiano.
Commedie
(1) Spesso ritorna nelle
nel Prologo del Marescalco:
t
mia ombra mi
(2)
fa paura.
h' Alessandro,
«
l'iperbolico
concetto espresso
levami dinanzi quello specchio, che la
»
Commedia
dello Stordito
Accademico Intronato
(A. Piccolomini) Venezia, Dindoni, 1550.
(3) L'
Emilia,
cesco Ziletto, 1579.
di
Luigi Greto, detto
È una
il
Cieco d' Adria, Venezia, Fran-
derivazione dall' Epidicus di Plauto, e dette
luogo a una commedia dell'Arte, intitolata: « Le furberìe di Scappino »
Quivi, con probabile imitazione dell'analogo luogo dell'Alessandro, Cap.
Fracassa dice (III, 6) della sua spada:
Questa che suol
di
carne
Lupa chiamasi
humana pascersi.
98
Solo a trar fuor questa spada fo nascere
In chi mi vede o sente un tanto tremito,
Che resta poi per sempre paralitico (V, 4).
Infatti
tevoli
minacce sono veramente spaven-
sue
le
:
Guai a colui e' havesse audatia
D' attraversarmi il passo- Il mando subito
Con un pugno a staffetta a i Regni Stigli
con un calcio il getto a volo ad ardersi
1 capegli a la sfera del sol (III, 6).
Certo, egli avrebbe dovuto metter paura,
s'
altro a udire
i
commedia
erudita,
noi
zarro
Cerbero
(2),
(1),
Brandimarte
(5),
vi
troviamo
Spavento
(7),
Rahioso
(3),
fos-
Biz-
,
Fracassa
Trasilogo,
Martehellonio,
maco (6), Rinoceronte
(1) Il
non
suoi infiniti nomi. Senza uscire dalla
(4),
Trasi-
Bellerofonte, Gorgoleone (8),
Capitan Bizzarro del Secondo Tarentino
(recitato
in
Ta-
ranto in casa del sig.Teolio Suffiano) Venezia, Dindoni, 1551.
(2) La Berenice di Francesco Loredano. Venezia, alla Libreria della
Speranza, 1601.
(3)
Bravure
È un nome
assai
dell' Andreini (v.
comune
il
e celebre specialmente per le famose
cap.VI). Nelle
commedie
lo
troviamop.es.
nel Pellegrino di Girolamo Parabosco (Venezia. Gio. Grifflo, 1552), nel
Vafro di Decio Grisignano Salernitano (Venezia, Vincenzi, 1585).
(4) Anche questo nome è celebre specialmente in seguito al noto
di Teofilo Gautier (Parigi, Charpentier, 1864). Noi possiamo ciFracassa déWEmilia sopra ricordato e quello del Beffa di Niccolò
Secchi (Parma, Eredi di Seth Viotto, 1584).
(5) Li Stroppiati del Dr. Virgilio Verucci Accad. Intrigato di Roma
romanzo
tare
il
(Venezia. Aless. de'Vecchi, 1610).
(6)
La Sorella
(1) L'
di G. B. Della Porta, Napoli, Nucci, 1704.
Erofllomachìa, ovvero duello d'amore e d'amicizia,
di
Sforza degli Oddi (Venezia, G.B.Bernardo Sasso, 1597).
(8) La Chiappinaria di G.B. Della Porta (Roma, B.Zanetti, 1609).
Quivi il Capitano cosi magnifica il suo nome « Achille, Ulisse, Hercole,
« Anteo, Ferrali son certi nomi secchi e digiuni; ma Gorgoleone rim«
bomba nella bocca, rintrona nel palato, s' ingorga nel gran gorgo della
:
«
gorga, e fa echo nel petto »
(I, 1).
99
Dragoleone
(1),
Coccodrillo,
Matamoros, Basilisco
(2),
Bucefalo (3) etc. etc. Tutti i quali nomi stanno etimologicamente ad indicare o il valore indomito che il
Capitale
ma
attribuisce, oppure,
si
vera e caratteristica
Sganghera
qualità
della Maiana,
più di rado, la sua
Parabola del Moro
non importa continuar
mili, di cui
come
millantatore,
di
la
lo
(4) e
si-
che sa-
serie,
rebbe lunghissima, specialmente considerandosi la produzione posteriore al secolo XVI e la Commedia dell'Arte (5).
A
toli
questi
nomi rimbombanti rispondono
più sonori che
che
dagl' interlocutori
egli si trova
«
È
(1,
5)
mezzo a principi e sovrani.
Cap. Malagigi deir^/essandro
cipi si
« fa (6)
Un
lo burlano.
molto elevate, cosicché
«
dà o
si
D'Oria,
il
Duca
di
ti-
i
dare
personaggio di
relazioni
continuamente in
gran cosa
«come
godono di parlar con esso me.
il
Marchese del Vasto, il duca
« principe
poi
lascia
si
deve avere necessariamente
merito
si alto
esso stesso
J>
dice
il
questi prin-
Il
di
medesimo
Castro,
Ferrara e chiunque
il
mi
« puote avere ». Cosi pure Trasimaco nella Sorella del
Della Porta mostra
(1)
La Trappolala
al
di
vecchio Pardo
G.B. Della Porta
—
tutte
le
lettere
Bergamo, Comin Ven-
tura, 1596.
(2)
La Furiosa
di G. B. Della Porta,
per Gio. Giacomo Carlino e
Costantino Vitale, 1609.
(3)
si
,
La Fanciulla
di
Gio. Batta
Marzi
—
Bologna, Gio. de' Ros-
1621.
(4) Il
Moro
di
GB.
Della
Porta
—
Viterbo,
Girolamo Disce-
polo, 1607.
Un
di questi nomi è riportato da Ad. Bartoli nella
Scenari inediti alla Commedia dell'Arte
Firenze,
Sansoni, 1880 (pag. LV).
(6) Cioè, di mandarlo a chiamare, come aveva fatto il Duca. Del
resto la persona che lo domandava in quel momento non era il f duca »,
(5)
sua Introd.
lungo elenco
—
agli
com'egli dice, bensì «
il
canavaio
j
come
racconta poi Fagiuolo
(II, 2).
100
giunte a lui da' maggiori sovrani della terra. Ecco quella
Gran Turco
del
:
a:
AH' illustrissimo e strenuissimo,
il
« Gap. Trasimaco de' Sconquassi, mio carissimo amico
mie genti ». Ecco quella del re
Al venerabilissimo e stupendissimo Capitan
« e generalissimo delle
Filippo
«
«
:
Sconquasso
de'
« gartiniente (?)
Sconquassi de' Squassamenti, mio Lue general de' miei Esserciti
quella del re di Francia
« nello e maestro, sotto
« zia, etc. etc. »
« dava
E, siccome
una sua
I
figlia
Ho
il
« baiato (?) della Grecia,
il
la
mili-
vecchio,
ch'è
volge le spalle senza degnarlo
gli
di risposta, incollerito
« curo di tua figlia
Ecco
».
Al mio amatissimo colon-
quale ho imparato
'1
(III, 6).
padre della sua amata,
neppur
«
:
le
egli
dice:
Assai
ce
Turco
una
se accettava
sorella
il
Beller-
il
re
Tran-
di
ce
silvania se voleva esser suo Vaivoda, la regina
cc
betta
ce
pigliar la
d'
mi
regine che mi pregano. Mi
Isa-
mi volea per marito, se volea
sua protettione contro Filippo Secundo »
Inghilterra
{ibidem).
È dunque
le
armi.
compagno
naturale eh' egli sia preso a
imprese più arrischiate, quindi
delle
Ma non
si
egli è
sempre
fra
atteggia a difensore della vedova
e dell'orfanello, a protettore de' deboli e degli oppressi,
bensì molto più facilmente
ei si
Ecco appunto che noi
ad alcuno
ci
di cosifatti figuri
trasforma in
.
.
.
che esercitano,
o
dicono di esercitare queir ignominioso mestiere
ché
i
bravo.
troviamo spesso dinanzi
almeno
;
giac-
bravi delle commedie, che già abbiamo segnalati
nelle farse popolari, sono
vigliacchi,
generalmente degli spacconi
aggiungendosi solo una
carattere del Capitano che del
nota
resto è
disgustosa al
conservato in-
tegralmente.
Girolamo Parabosco ebbe una speciale predilezione
per codesto tipo nelle sue commedie,
ov' esso
compa-
101
risce
ben
tre volte; ne' Contenti (1), nel Marinaio (2)
e nel Pellegrino (3)
Quivi dunque è in azione non già
Capitano,
ma
piuttosto
i
suoi servigi
che vende
suo valore.
ne' fatti
si
Marinaio
predice
Ma ahimè
2),
vero e proprio
mercenario
signori che
valgono del
a'
si
che questo è solo a chiacchiere,
perde come nebbia
(III,
le
!
il
uno scherano, un
fra le
pene infernali per
È
al sole.
altre cose,
tutti
a
vero che nel
Furba che
omicidi
gli
non
dice aver sulla coscienza, Melaza risponde che
andrà, perchè non
ci
gli
eh' ei
vi
sarà più posto, tante sono le sue
vìttime; eppoi Caronte sarà stanco di traghettar tante
anime. È vero ancora che nel Pellegrino
(II, 2).
Spa-
vento richiesto de' suoi servigi da Finocchio, servo di
Eugenio, osa così vantarsi
:
la tre mill'anni i'non potrei narrarti
Le prove mie, quanti huomini ho mandato
A' miei giorni a l'inferno? quanti visi,
Quanti nasi ho schiacciati, e occhi chiusi
?
Quante barbe pelate?
io ti giuro
Che il letto dove io dormo è fatto tutto
De' peli de la barba di coloro
C hanno avuto tal'hor la mia disgraiia,
Ma, nonostante tutta questa boria
alla prova si
la sua viltà e la sua inettitudine. Nel Marinaio
,
mostra
(IV, 4) Melaza fa la sua brava corte a Lisetta,
quando
sopraggiunge Furba e lo picchia di santa ragione, senza
che il codardo abbia animo neppure di guardare in
faccia l'avversario. Ne' Contenti poi (III, 2) Stramazza,
dovendo,
d'incarico
del cortigiano
una casa per portarne
(1) /
via
una
Periandro, assalire
fanciulla, si vanta
Contenti, di Girolamo Parabosco bolognese (?)
—
Venezia G,
Giolito de' Ferrari, 1549.
(2) Il
Marinaio, del medesimo
(3) Il
Pellegrino, del
medesimo
di
— Venezia, Gio. Griffio, 1550.
— Venezia, Gio.Griffio, 1552.
102
volerne sfondare la porta a calci; ma, per quanto egli
non riesce a smuoverla, cosicché deve partirnon senza protestare che quella casa doveva
« aver detto il pater noster di San Giuliano » per resistere a' suoi colpi di piede, due dei quali avevan
sempre bastato ad atterrare qualsiasi bastione.
Caratteristica però del bravo è di non credere,
come già il miles gloriosus (1), alla verità delle sue
si sforzi,
sene,
riconosce
fanfaronate; anzi egli stesso
qualunque
vigliacco
minar
la
meno
ridicolo,
pitano
;
paura
(2).
ma
che
di
Perciò appunto
il
essere
non
all'occorrenza
sa
bravo riesce forse
è anche più ripugnante che
perocché quest' ultimo
desta in certo
ci
un
do-
il
Ca-
modo
compassione, dovendo essere considerato come una vit-
tima della sua mania, giacché
dere alle sue smargiassate
sulta chiaro da quel
;
egli è
ma
monologo
il
di
il
primo a cre-
bravo no. Ciò
Spavento
che,
ri-
nel
dopo aver fissato con Eugenio di assaCaverna ed aver promesso mari e monti, da solo
Pellegrino,
lir
poi dice:
Questa sera farò correr qualch'uao
Per quinci oltre, e dirò d'haver ferito
morto un huomo per rispetto suo:
Così farò sonare il vecchio pazzo
Con dire ogn'hor, s'ei non rifonde, ch'io
Dirò al ferito chi l'ha fatto fare.
Ecco un modo prudente per non arrischiare
la
tempo
e commettendo un ricatto Qui
pelle in certe pericolose commissioni, facendo al
stesso
buona figura
1
(1) Degno di nota è infatti che il millantatore è, per cosi dire, in
buona fede, quando racconta le sue spacconate. Lo dimostrano i frequenti
monologhi che ricorrono nelle commedie, ove quel povero insensato dice a
sé stesso quelle stesse cose ch'ei va narrando, immedesimandosi in quel-
l'essere valoroso e quasi divino di cui egli inventa le gesta.
(2)
Marinaio
(III, 1),
103
abbiamo dunque a che
ma
lato,
tutt' altro
fare con
che stupido
come Eugenio, non
;
un
matrico-
furfante
vero che,
tant' è
sic-
fidandosi delle sue vanterìe, va per
ispiarlo mascherato, egli lo riconosce sotto la sua truc-
catura, e lo bastona
ben bene
,
mostrando
un
coraggio egli sappia adoperar verso
.
.
mai
qual
vecchio de-
.
bole e pauroso.
Un
carattere analogo al suddetto è
il
lone nella Leonida di Bonetto Ghirardi
amore
vale in
dell'
che Galdelone
si
avaro Spinellone,
prepara
a
bravo Galde-
(1).
Egli è ri-
udendo
quale,
il
conquistar
cortigiana
la
Doralice di cui egli è amante, cerca di distogliernelo,
ma
invano
(II,
intraprenderne
feso
(II,
2).
Al contrario
la conquista,
12). Intanto egli
armi per racconciarle e
belle le
armi sue
!
tutte,
dato
un
il
vuole
ha
lo
maestro
sarebbe un gran
armi
le
of-
sue
Oh! son pur
suo completo assetto
ha compiute
egli
solo sguardo
si
fatto d'arme.
persuade per adesso a mostrarsi
sare
al
farle lucide (2).
queste
tante imprese che, se in
veder
millantatore
ve ne sono perfino alcune ritrovate
E con
a Roncisvalle!
ha
il
castigando chi
egli
si
senza indos-
calmo,
di guerra,
potessero
Ma
per non
ispa-
ventare Doralice.
Va per
battere all'uscio di costei,
ma non
osa per-
chè sente gente; ed è curiosissimo il contrasto ch'egli
ha con sé stesso, perchè vorrebbe battere e non ne ha
il
coraggio,
quantunque non
cercando così
di farsi
si
resti di dir spacconate,
animo. Finalmente
si
risolve e
picchia. Si presenta la serva Ruspina, e, spaventata
da
que' modi arroganti, chiama la padrona. Doralice viene,
e,
dichiarandosi offesa dal procedere dello smargiasso,
(1)
La Leonida
di
Bonetto Ghirardi. Venezia, Paolo Majetti, 1585.
(2) Cfr. Plaut. Mil. Glor. v. I sgg.
104
che
più
rifiuta di riceverìo, tanto
nostro Capitano
il
non tanto vorrebbe amore quanto danaro. Infine
chiude la porta sul naso, lasciandolo in preda
lera ed alle sue vane
scere
il
bestemmie. Cosi
gli
alla col-
dà a cono-
egli
carattere suo basso e rapace, e vuol rifarsi con
un nuovo venuto.
Entra
minacce
(II,
13)
il
temendo
parassita Gorgia che,
munito
di Spinellone, erasi
d'
un
le
legno. Gal-
delone vuol derubarlo e spaventarlo colle sue arie di
ma
spaccamontagne,
Più tardi
gliacco.
poi
(II,
bastonare come un vi-
fa
si
mentato, Galdelone vuol compire su
solite
generose ruberie,
perchè Gorgia
Né
qui
si
si
ma
non
Martano
che
legate»,
lo
circospezione
prega di liberarlo
ribaldo gli rende questo servizio
non
(III,
riesce a fare
delle
colpo,
il
sveglia ed egli scappa.
solita cautela e
vestiti
addor-
una
di lui
arrestano le furfanterìe del bravo.
che entra colla
giunge
Gorgia
ritrovando
48),
potendo
cavargli
10) Gorgia, a cui
ma lo
si,
si
(III,
A lui
rivolge
9)
;
ed
il
spoglia de' suoi
denari. Intanto sopragsi
Martano, eh' è rimasto spogliato
raccomanda
i
suoi vestiti, e vedendo
d'un nervo, Galdelone bravamente
riavere
il
parassito
il
ritira
si
povero
camicia, per
fin della
armato
davanti
al
pericolo.
Ma
il
primo scacco subito
colla cortigiana gli cuoce,
ond' egli torna alla carica di Doralice che
con una buona annaffiata
d'
acqua
sicché egli irato vorrebbe partir
.
,
.
.
lo
accoglie
non odorosa
subito da
Pisa,
;
poi
rimane per vendicarsi della donna, e va in cerca di
compagni, mentre Spinellone e Martano entrano nella
casa di Doralice (IV, 14).
Pertanto un' ultima
soperchierìa
gli
costa molto
cara. Infatti, tornato (IV, 23) verso la casa di Doralice
per trarne vendetta, vede uscirne l'avaro Spinellone, che
105
la cortigiana
ha fraudolentemente spogliato delle sue
il pover'uomo, gli
ricchezze; e Galdelone, spaventando
impone d'andare a sentire se Doralice è sola o in compagnia. Mentre Spinellone, aiutato dal bravo, guarda
per
compariscono
la finestra,
nano
giurando
Se
«
:
gli
havuto
io havessi
« zaffi »
che
Galdelone
che
in prigione, nonostante
me-
mie armi non
le
venuto nelle mani vostre. » Perchè, come
« ria
li
protesti,
sa-
vede,
si
al bravo mancano sempre le armi, sicché non riesce
mai a compire ciò che egli va mulinando.
Nella Leonida del Ghirardi infine il bravo è ritratto molto bene colla sua doppia caratteristica di ri-
baldo e di poltrone ad onta delle sue
di quelle
smargiassate e
famose sue armi, che non ha mai all'occor-
renza, sicché egli viene continuamente bastonato ed alfine incarcerato.
E una
più
gli
fatti
sorte
altri
ugualmente miserabile hanno per lo
Commedia che vengono
millantatori della
segno ad ogni sorta di burle e
di
contumelie.
Cosi nella Fantesca di G. B. Della Porta (1) due
Capitani spagnuoli, Dante
Pantaleone,
e
hanno
rice-
vuto incarico da* loro rispettivi amici Narticoforo e Gerasto, di battersi
(atto IV).
Ma
a
duello
per sostenerne le ragioni
due bravi, dopo essersi detto un sacco
i
d'insolenze, preferiscono di venire ad
un prudente
ac-
cordo, lasciando che gli altri se la sbrighino fra loro.
La conclusione
picchiati da'
invece di picchiarsi sono
poi è che
due
vegliardi.
Più comica ancora è
la
bastonatura che riceve Bu-
cefalo nella Fanciulla di G. B. Marzi
il
Pedante
(1)
—
figuriamoci!
La Fantesca
fadino, 1592.
di G.
—
che
B. Della Porta.
(III, 5).
litiga
col
Qui è
Capitano,
Venezia, per G. Batta Bon-
106
un
e finisce col picchiarlo con
s'è
ironicamente
«
(III,
6)
il
« spezzato le tavole di quel
dato
«
grande.
core
il
a
me
:
congratula
si
Hora
«
io
ho
servo Cricca
distende
ei
(il,
Capitano Parabola ode dal
il
10) l'arrivo
un huomo per
poi lo beffa,
scoprendo
d'
Oriana ,
l'
ecco
lo
il
esser suo.
che deve
1,
Capitano
terribile
bastona ben bene e
Parabola,
Inoltre
con
sposarsi
aveva macchinato uno strattagemma (eh'
Ventraccio nel
;
11) Ven-
(li,
da gentiluomo della Morea,
che chiede umilmente grazia;
innamorato
Ed
minacce
colle
della
ad ogni botta
che «
terra per terribil che sia »
traccio, parassito, travestito
spaventa
un gentiluomo
di
e
dichiara volerlo vedere.
quale
con
»
Morea, grande attaccabrighe,
ond'
non havrebbe
una scure ben
che
libro
fare
di
Similmente nel Moro
il
che
del
servo Tracanna
conosciuto la fortezza vostra, che con la testa havete
«
«
libro di Cicerone ch'ei
cavato di sotto alla tonaca,
ei
Pirro,
racconta a
2) per impedire questo matrimonio
accusando, cioè, Pirro di volere uccidere Oriana. Ma,
vedendo scoperta
la frode e
minacciata
la
sua vita dal-
Pirro (V, 5), chiede perdono de' suoi falli e riesce a salvarsi solo per intercessione di Oriana, ma è
l'offeso
costretto a rimanere senza la sua bella che va moglie
a Pirro,
Nella Chiappinaria (1) del Della Porta finalmente
si
ritorna
direttamente a Plauto,
Gorgoleone, nonostante che
si
Marte e della Gorgone, e che dica
tale che, raccogliendo
un
giacché
il
Capitano
chiami discendente di
la
sol capello
sua bellezza esser
per testa
di tutte
sue innamorate, se ne torcerebbe una gomena che so-
ci)
Cosi detta dell'Orso Chiappino la cui pelle serve a diversi trave-
stimenti.
107
sterrebbe appeso
il
mondo
che r inducono a vestir
r amata Drusilla, e
gli
(I,
è terribilmente raggi-
2),
Rompiguerra e
rato dal servo
dal parassito Gogliandro
pelle
la
d'
per ottenere
orso
poi, traendolo di sotto alla
pelle,
dan quel castigo che Pirgopolinice ha nel Miles
plautino.
E
le
bastonate
continuamente
fioccano
come, secondo
spalle; sicché,
sulle sue
detto popolare,
il
tutti
salmi finiscono in gloria, così ogni bravata del
i
Capi-
tano è punita con una buona dose di busse. Di colpi di
ma
spada parla sovente lui;
credono neppur degno
rare un'arma più ignobile e
Del resto
suoi
i
meno
nostro bravaccio
il
sgrazie che
gì'
gnosamente
vigliacco,
pericoli che
non
avversari non lo
adope-
di tanto, e preferiscono
micidiale
si
bastone.
il
:
merita tutte
incolgono, perchè egli è troppo
le di-
vergo-
sempre tremando anco
sta
esistono, e davanti alla più piccola
di
mi-
naccia è pronto a chieder misericordia o a fuggire.
Le
prove della sua estrema vigliaccheria abbondano in cia-
scuna delle commedie ov'esso comparisce.
Ne' Diversi linguaggi del Verucci (1) il Capitano,
dialetto napoletano, incomincia il prologo ;
che parla in
ma, intanto che
sta raccontando le sue
spacco-
solite
nate e che dice di avere uccisi più uomini « che non
«r
haggio piU a sta varva
stano ad impaurirlo, ed
« dove posso fuggire?
« vero Capitanio,
E
fugge
via,
me
mentre
ei
»,
le
grida di
un ragazzo baOhimè
comincia a tremare «
!
:
ohimè! come faraggio?uh! potremano le gamme de la paura ».
il
ragazzo, deridendolo,
fa
lui
il
prologo.
(1)
Li diversi linguaggi
di
Virgilio
legge, tra gli Accademici Intrigati di
per A. Vecchi, 1609.
Roma
Verucci, romano, dottore d
detto
1'
Universale.
Venezia,
108
Moro (III, 3) ove
un avversario più vi-
Curiosissima è quella scena del
il
Capitano
gliacco di
trova a fronte con
si
Parabola e
lui.
giuriano e
si
il
napoletano Panduorfo s'in-
minacciano, finché, tremando
due,
tutti e
vengono alle mani. Ma, al momento d'incrociare i ferri,
Panduorfo domanda che giorno era quello e il Capitano risponde « domenica ».
Pand. — Frate mio, aggio fatto vuto la domenica
non fare custione.
Cap. — Ed io ancora mi sono ricordato d'una faccenda d'importanza.
Pand.
Olà, torna, non tricare (1).
Cap
E tu, quando tornerai?
Pand.
.. quanno chiove passe e fico secche (2).
—
—
—
Né
.
tuttavia egli
ha
il
pudore
sotto
il
manto
del disprezzo, o
riconoscere la
di
propria viltà e poltronerìa, anzi cerca
mascherarla
di
magari della prudenza.
Cosi Capitan Fracassa nel Beffa del Secchi,
pre-
gato da Federico di dargli aiuto, dice in sul principio
di voler correre alla
sua difesa,
ma
poi
lascia per-
si
suadere dalle buone ragioni del servo Tempesta che
esorta a fuggire, e se ne va, giustificandosi
sta bellissima sentenza
ferita
:
«
Uomo
che merita proprio
che fugge può
di
lo
con que-
di esser ri-
nuovo combattere
».
11).
(Ili,
E
nella
Trappolarla
il
Capitano Dragoleone
,
sfi-
non dubita rispondere con gran sustempo è padre, e la tardanza è madre delle
dato da Arsenio,
siego
:
«
Il
« vendette,
«
si
m'informerò del negozio meglio, poi
sponderò, che
la
spada vuol ragione
»
;
e in tal
ti
ri-
modo
schermisce. (IV, 11).
= tardare.
(1)
Tricare
(2)
Quando piove uva passa
ratteristica popolare.
e fichi secchi, cioè mai. Espressione ca-
109
Di un
beffe
simile vigliacco
parassito, spesso riuniti in
vili
si
prendono continuamente
suoi classici e perfidi compagni,
i
una
il
sola persona,
servo o
il
non meno
della loro vittima, cui si divertono a bersagliare dei
loro scherni, appunto perchè ne conoscono l'impotenza
Ad
a vendicarsi.
modo
ogni
bene ad accrescere
assai
sia che essi fingano di
sue bravate,
la
personaggi servono
cotali
comicità
assecondare
il
della
situazione,
millantatore nelle
che con parole a doppio senso lo delo motteggino , po-
sia
ridano, sia pure che apertamente
nendo
lità
in contrasto la propria voracità e la propria abi-
nel lavorar di mascella colla pretesa eccellenza del
Capitano nel menar
mani.
le
Senza dilungarmi in numerosi esempì del genere,
basti soltanto
Furiosa
(II,
Lupo.
—
~
un saggio
1)
di tali bizzarri contrasti nella
:
Che bella giornata
è questa d'oggi, signor
Capitan Basilisco.
Basii.
Degna veramente
essercitì di centomila
del sole.
di far giornata fra due
lino al calar
persone dal spuntare
—
Lupo.
Anzi da sedere ad una tavola carica di vivande e di centomila polli, e mangiar sempre dalla mattina
insino alla sera.
Basii.
E poi quando si viene a quel sanguinoso
abbattimento, hor saltar in mezzo un squadrone, hor in
un altro, lascia questo, piglia quello, rompi, spezza, scanna
e ammazza.
—
—
E quando si viene alle strette, hor dar di
Lupo.
ad un pastone, hor ad un cappello di pasticcio, hor
sbodellar un piatto di lasagni, hor brancar un gallo d'in-
mano
dia, spolpa, taglia, squarta, rodi, ingoia, tranguggia pezzoni di vitella, intieri, intieri.
E
nella Fanciulla del Marzi (II, 6), a
lista di
nomi che Bucefalo
chianti
il
suo valore e
le
lunga enumerazione di
Tracanna dice
dati
a
si
una lunga
come
rispec-
sue imprese, segue una più
quelli
lui
attribuisce
per
che
la
il
servo parassita
sua ghiottonerìa. Del
no
resto
quesl' ultimo
nomi
adatti alla
vato per
il
personaggio riceve
Capitano.
Ed eran
role che tanto piacevano agli
che sono un sintomo
che doveva prender
il
sempre
quasi
sua qualità, come già abbiamo osserquesti
giuochetti di pa-
i
uomini
dì
quel tempo, e
evidente dell'andazzo
nome
letterario
secolo allora nascente,
dal
seicento!
Ma, se per
spingano
più avviene che Y interesse o la fame
lo
adu-
cotali satelliti alle più turpi e sfacciate
lazioni, altre volte questo
mercadante che spaccia
«e
appella Gorgoleone {Chiappinaria
le
come Gogliandro
« sue mercantìe di bugìe e di parole, »
I, 2),
è apertamente
svillaneggiato fin dal principio, senza tanti complimenti.
Perciò Trasimaco
mandando
al
parla mai delle
Sorella
nella
servo
Trinca se
gesta
un
di
Della Porta, do-
del
il
suo padrone
Attilio
Capitano, detto
certo
Fracassa, celebre pel suo valore e per sue virtù
il
illustri,
ha la sgradevole sorpresa di sentirsi rispondere ch'egli
ha realmente udito discorrere di « un certo Capitan
« Fracasso o Sconquasso o Babuasso, che s'havea posto
« questi
nomi per spaventar
«
mustacchi inguffati e
«
una
il
suo padrone
«
1'
honora
« soffiò
che
mai vento
di
ci
titoli,
grande che basta per
con
>
E
d'
un
sei asini
le verità le tiene tanto
han
fatto la
ambitione
E
quel ballon del suo capo.
se-
ruggine, che non
che non soffiasse in
che nel tribunal
della
havesse a determinare chi fusse
il
maggior poltrone del mondo, senza dubbio harebbe
la
« poltronerìa se si
«
certi
rabuflfati
di molti illustri
.... Di buggiardo, e che
« crete in corpo
«
che porta
barba
ciera torta e che parla con certi paroloni.
« venerabil asino e tanto
«
le genti,
peli della
i
« sententia in favore perchè basterebbe la sua poltro«
neria ad impoltronire tutti
«
E
che combatte più con
la
i
poltroni del
mondo
lingua che con la spada
.
.
.
.
.
.
HI
«
E
«
zame
che
la
.
.
« seco, e
Finalmente dice che
non mangia
« che è tanta
la
morto
di
« parte
un
sopravveste della sua nobiltà è
,
altro
l'
invita
ragaz-
a mangiar
che vesciche gonfiate;
e
che
si
spedaleria
sua spilorceria e
fame. » Pure « prattica con questo
« cicalone per udir quelle sue millanterie, e
si
prende
« spasso dei fatti suoi. » (II, 6).
E
nel già citato Pellegrino del Parabosco
Spavento.
Finocchio.
Lo
(II,
2)
:
Che diresti di me spada parlando?
Che non uscì mai fuor della guina.
stesso Finocchio più sotto adopera a riguardo
del bravo
una
frase molto
comune:
Spavento.
E quante
Finocchio.
Quattro compagni o sei?
Si, ma fuggendo. (1).
Ma, nonostante
volte io solo ho fatto correre
il
disprezzo
che
professano,
gli
sempre attorno allo spaccone, giacché, come Fagiuolo confessa a Ruzza nell'Alessandro
L'in« vi si mangia bene e vi si bee meglio,
(II, 2)
questi furfanti sono
i»
:
fedele servo aggiunge anzi: « e a dir
«
mi
vero a
te,
io
coleo qualche voltarella con la sua moglie »; la
quale in effetto fa
d'
dosi della stoltezza
ogni erba
del
un
fascio, approfittan-
Capitano Malagigi. Così
sono attorno all'infelice per mangiare
(1) Cfr.
Frac.
Si,
il
alle
Cecchi
fatto spesse volte
ma
ama
egli
i
dieci e
i
dodici
correva innanzi.
dire de' bravi (Cfr.
Maiana, IV,
adopran sempre nel combattere
Lo spadone a due pie.
Ne' Rivali poi (HI, 4) di Ignico è detto:
Can da pagliaio che seguita chi fuggec
E fugge a chi gli mostra il viso.
tutti
sue spalle
Marinaio, IV, 4, ed Emilia, III. 6:
... ... con questa spada, con cui correre
Ho
Vespa.
E
il
5) ch'essi
112
e burlarsi di
deluso
lui,
nelle
quantunque
sue
Martebellonio nei
Due
a Leccardo
parassito rimanga
ne lamenti. Infatti
il
rivali del Della Porta
fratelli
sperato
lo
giorno essendo martedì,
«
se
perchè quel
honor del dio Marte non
mangio altro che un'insalata di punte di pugnali,
quattro ballotte d'archibuggio in cambio d' ulive, due
rifiuta
«
talora
speranze, e
desinare,
in
«e
con
« balle d'artiglierìa in pezzi
un
la salsa,
piatto
di
A
gelatina di orecchie, nasi e labra di Capitani e Go-
«
lonnelli, spolverizzati sopra
limatura di ferro
nare fantastico, anche
effettivamente
riesce
scorpacciate
le
a
sono
fare
perchè Martebellonio « mangia
sanguigna, e dice
« e
« bersi
il
sangue
che
molto
il
parassito
stravaganti,
carne mezza cruda
mangian i Giganti,
mangiar carne humana, e
che
che vuol assuefarsi a
« e
come
questo è un desi-
« caso grattuggiato » (I, 4). E, se
la
così
de' suoi nemici. »
una -vittima
umana, sicché è quasi un sentimento
che ispirano coloro che lo metton di mezzo.
Infine,
il
nostro povero millantatore è
della malignità
di collera
Ed
è
un vero
e proprio sospiro di rimpianto quel di-
scorso che Gornelio Lanci pone in bocca
deW Olivetta
naccio
gli
tutti
altri
suoi
(1),
pari,
che
al
suo Bru-
resto inganna,
come
il
Capitano Oronte (IV, 6):
bontà del mondo, e se non
«
Questo mio padrone è
la
«
havesse questo difetto
di
«:
eerto
«:
vantarsi, ingegnandosi
« più
del
huomo molto amato
così
;
ma
millantarsi,
sarebbe
in fatto questo tanto
(come fanno alcuni altri, ma
malignamente e impertinentemente) di annichi-
« lire le altrui opere e gli altrui fatti
non piace
di tutte le lodi
«
per non entrar in tresche, fingano
(1)
U Olivetta
Sermartelli, 1587.
di Cornelio Lanci.
ancorché degni
a persona,
«
—
il
benché molti
contrario.
i>
Firenze, nella Stamperia del
113
non
è,
e,
scena con aria da trionfatore,
spadino
lo
al
fianco,
i
Ma
baffi folti e arroncigliati, e quel
egli vuol farsi
sguardo
ecco che lo
rabbonisce, e
l'
eroe
si
dimette
l'
lo
bisogna
rende tanto più
grande e
terribile.
addolcisce, la voce
si
seguace
di
aspetto
Marte per andarsi ad iscrivere sotto
dea Venere. Qui
passeggiare la
a
sguardo fiammeggiante,
lo
suo personale lungo e smilzo che
ridicolo quanto più
continui a
illuso
incorreggibile nonostante le
disavventure, seguiti
molteplici
sue
povero
quel
che
Così avviene
credersi ciò che
stendardi della
gli
distinguere
di
Capitano se-
il
duttore dal Capitano innamorato.
Viso
«
tal*
è
d'
angiolo, cuor di diavolo » {Olimpia
ritratto eh' egli fa
il
continuamente
I,
5)
di sé stesso
:
;
«
mia bellezza mi rubba gran parte della fama
delle mie prove che le genti, vedendomi così bello,
non ponno immaginare che sia quel satanasso, quel
a
gran diavolo ch'io sono
anzi « la
«
:
nei
Due
» {ibidem).
giacché,
giungono insino
al
Martebellonio
compia-
di
sua valentia a debellare
cersi della sua bellezza e della
virtù femminili,
E
ha luogo
rivali (III, 9)
fratelli
se colla
spada
fa ferite
che
cuore, con gli occhi fa piaghe pro-
fondissime che giungono insino all'anima; ecc., ecc.
Ma
perché
teresse
tacciamo
:
più importante sarà
disavventure, che
E,
delle vantate
infatti,
sue imprese amorose,
spacconate non offrono per noi alcuno in-
tali
per altro
se gli uomini
lantatore, a
si
il
considerare le sue reali
lo lasciano
burlano della
maggior ragione
le
Alchimista
di
mil-
donne scherniscono
sue seduzioni. Graziosa è a questo
dell'
imperturbato.
viltà del
le
proposito la scena
Bernardino Lombardi
(II, 6).
Il
sol-
dato Zigantes batte alla porta della cortigiana Angelica,
che
lo
riceve
col
più significante
de' saluti
:
«
Siate
114
«
pure
ce
mani.
malvenuto e mi guardi
il
Ma
»
—
ella
affretta a
cielo dalle vostre
come un effetto della paura giacché
mi ha conosciuto per bravo » e si
rassicurare la donna: « le mie mani colle
incoraggiante
«:
il
soldato considera questo saluto poco
il
:
—
dice
;
« donne son delicate, il girar degli occhi piacevole
mentre « con gli huomini son le mani sanguigne,
« occhi feroci e
cuor crudele
il
». Inutile dire
belle parole gli valgono un' usciata sul viso
Inoltre,
della terra
come
che quelle
!
tutti
sono ammiratori del suo valore e
man compagno,
anzi guida
e lo invitano
a'
gaudi
dolci
desiderano per consorte,
Al contrario,
loro
delle
mondo sono
tutte le bellezze del
figlie.
immaginazione
nella sua
dell'
grandi
imprese,
amore.
chiacosì
Le regine
promettono
donne sono verso
le
i
lo
schiave de' suoi vezzi
re gli
i
»,
gli
lo
le
loro
di lui
anco
più crudeli degli uomini; se è ammogliato, la moglie
lo tradisce, se celibe,
al
capitan Malagigi
goduta
lo
amanti
le
giocano una quantità di
lo
pelano,
birboni. Già
tiri
dell'Alessandro,
la
e poi gli
accennammo
cui moglie
è
Questa trista donna
dandogli a bere ciò che
perfiino dal servo Fagiuolo.
raggira maledettamente,
colmo, quando
uomo, e non riconoscendola bone, ma pur comprendendo che sotto
quelle mentite spoglie si cela una donna, la prende
per una cortigiana e propone al servo di tèrsela per
vuole, e
il
ridicolo del capitano
giunge
al
(IV, 6) incontra la moglie vestita da
amante.
Figuriamoci poi tutte
portare
le belle
locomasia di Plauto
Commedia
le
dell'Arte
alle
figlia d'
gli
fan
sop-
di sedurre, dalla Fi-
innumerevole
servette
della
gli occhietti furbi di
qual-
!
Peggio è ancora quando
che vezzosa
burle che
ch'egli pretende
Eva
lo
hanno veramente amma-
115
cosicché
liato,
ci
troviamo dinanzi
morato. Questa variazione del
esempì sono
perchè
gli
passati
per
tramite
il
dell'
drèo col
ridicolo,
anco
Miaoùfisyoq^ è
gendo visi un
può
lato
patetico
più
la
che,
si
posson dir
nono-
classica,
il
teatro
graziosa,
se
accresce
un
parte ispirare
d' altra
non
imitazione
un esempio
moderna,
più
la
assai tardi e
stantechè già ne avesse
Capitano inna-
al
tipo,
Menanaggiunforse
il
certo grado di
compassione.
Ben
per
lo
è vero che
il
anche innamorato,
Capitano,
più non vuol smettere
sue smancerìe e cerca
le
anzi di coonestare la sua debolezza d'essersi invaghito
di
una donna
lomachìa
«
«
«
«
coli'
esempio
de' più famosi
della
»
degli
di
eroi
— esclama Rinoceronte néìVErofiSforza
Oddi
soggiogò
6) —
Amore
antichità. «
«
(III,
Thermodonte, Laocoonte e finalmente lo spietatissimo Rodomonte, e per
le femminucce i Capitani famosissimi han fatto delle
pazzìe, come Achille, Aiace, Annibale ... » E cotali
Bellerofonte, Fetonte, Demofonte,
filastrocche di
affatto
nomi più o meno
fantastici
affluiscono
di
storici,
o leggendari
continuo sulla sua
bocca.
Tuttavia talora avviene eh' egli sia tanto innamo-
non osi neppur più millantarsi. « Non son
buono da dir bugie » protesta (IV, 8) nella Madrigna
del Loredano (1) il Capitano Agolante, ed è vero.
Non già che la presenza di un Capitano non millan-
rato che
«
tatore nella
Commedia
lutamente eh'
citare vari
(1)
egli sia
cinquecentistica
esempì del contrario.
La Madrigna,
di Gio. Francesco
breria della Speranza, 2601.
importi asso-
innamorato, che anzi
si
possono
Così nell'amor
Co-
Loredano, in Venezia, alla
li-
116
un capitano spagnuolo,
stante del Piccolomini (1)
tedesco,
non
Capitan Tiberio degli Scambi
il
dabbene e
dire di altri, persone molto
come oggi
e rappresentano parti,
serie.
Ma
resta
un Capitano non
si
e
un
sono, per
di giudizio,
direbbe,
si
quando
fatto che,
il
(2),
affatto
ha sulla scena
millantatore, esso è per lo più forte-
Come
mente innamorato.
è ciò? Forse
sem-
volle
si
plicemente rappresentare un innamorato, e per avventura lo
si rivestì
degli abiti
e
del
nome
di Capitano,
facendone però un personaggio distinto? Oppure,
voluto rendere quasi
che è capace
di
un omaggio
trasformare
alla
uomini in
gli
si
è
potenza di amore,
guisa da
correggere perfino uno spaccone cui di solito neppur
le
bastonate valgono a togliere
può sembrare
tesi
il
ma
graziosa,
suo difetto ? L' ipoè
difficile
certe sentimentalità ne' commediografi del
tentiamoci di osservare
die,
un
supporre
tempo
con-
:
fatto, e basta.
Considerando il nostro innamorato nelle Gommevediamo che esso vien preso atrocemente in giro,
nessuna burla essendogli risparmiata. Lo attorniano i
soliti furbi che gli propongono ogni sorta di mezzi per
giungere alla donna amata. Il travestimento è un metodo assai di
frequente usato.
Questo
comico
molto doveva piacere
(1)
L'amor
costante,
agli spiriti
Stordito
dello
mini) composta per la venuta
dell'
espe-
ma che
diente, frutto certamente d' imitazione classica,
avventurosi e
Acc. Intronato (A.
Imperadore a Siena
1'
frau-
Piccolo-
anno 1536
— in
Notevole è che il prologo di questa
è recitato da uno spagnuolo che si dimostra, come di con-
Venezia, per A. Arrivabene, 1540.
Commedia
mentre nell' interno della comha parte offre un carattere assoluta-
sueto, r arrogante che tutti conoscono,
media
mente
stessa lo spagnuolo che vi
diverso.
(2) Gli
Scambi,
tronato, rappr. in
di Belisario Bulgarini, Sanese, l'Aperto
Accad. In-
Siena dall'Università degli Scolari l'anno 1574
Siena, Matteo Fiorini, 1611.
—
in
117
dolenti del sec.
disillusioni
per
XVI, è in generale fonte
delle più
Nel Servo Astuto di Virgilio Verucci
uno spagnolo
tano,
cadauno
« cedon,
e
amare
poveretto.
il
altezzoso
me
che dice
(1),
«
:
il
capi-
Todos mi
huze, y ninguno quiere hozar
bastardello de Amor »
migo sino aquello scelerado
(IV, 5),
s'
travestirsi
induce
infatti dietro
il
consiglio di Jacovella a
da caldarostaro. Ma, presentatosi a Isabella in
queir abito (IV,
7), colle solite
Cosf pure Cerbero
bravate
scacciare.
si fa
Fossombruno
di
nella Berenice
Loredano non dubita per compiacere alla sua bella
ma non perciò la fortuna gli sorride. Ed esito ancor più miserando ottiene, come già
si accennò, il travestimento di Gorgoleone nella pelle
del
di vestir la livrea,
dell'orso Chiappino.
Talora però
disastroso per
Erofilomachìa,
Giubilea
riceverlo purché
al
si
la
effetto
Nella già
capitano è avvertito
che
dalla
men
citata
ruffiana
cortigiana Ardelia è pronta a
metta negli
È questo un
pocrasso.
care
nostro personaggio.
il
(III, 7)
un
travestimento sorte
il
il
povero Rinoceronte
abiti del
birbone
tiro
;
pur
che
medico Hipsi
vuol giuo-
egli vi si acconcia
per
ottenere l'intento desiderato ricordando, a titolo di scusa
che anche Achille ed
Viene dunque
Ercole
si
vestirono
da donna.
Capitano vestito da dottore (IV, 8) e
Ardelia lo maltratta credendolo Hippocrasso, sicché egli
s'
il
impaurisce e non
tra
il
si
dà a conoscere. Ma, quando en-
dottore sotto le spoglie di Rinoceronte, la corti-
giana bastona lui e
e Diluvio,
i
il
suo servo credendoli
il
capitano
quali profittano del loro travestimento per
sfuggire alla collera della donna.
(1) Il
sandro
Servo Astuto,
de' Vecchi, 1616.
di Virgilio
Verucci
—
in
Venezia, per Ales-
118
Degni
sono
di nota
casi occorsi a Basilisco nella
i
Furiosa, donna, come indica
il
nome suo
(Foiana) molto
sensuale che, malcontenta del marito, acconsente a divenire l'amante del Capitano. Introdotto dalla serva Nespila,
Basilisco
stanno per
incontra
s'
....
donna
colla
conchiudere
7) e
(II,
quando
trattato,
il
già
so-
praggiunge Ardelio, pazzo dal dolore, che impazzita
era la sua innamorata Vittoria dietro la falsa notizia
eh' egli fosse annegato. Ardelio ingiuria
lo
a
getta
terra
ma
vuol vendicare,
un
con
senza
dar
alienista, e si
guarire
i
Il
vanta
Basilisco
si
d'aver
il
marito
scoperto
un
è
medico
segreto per
in questa sua cura
argomento del bastone.
dunque
capitano
i
Capitano e
il
8).
da pazzo per poter venire da
Giacché
sospetto.
dementi, valendosi però
del persuasivo
nascono
(li,
è facilmente placato da Foiana che
lo consiglia di travestirsi
lei
calcio
più comici
si
del medico, che
(III,
5).
pazzo, e da ciò
Primieramente è in-
contrato dal parassito Lupo, che,
picchia ben bene
da
veste
incidenti.
non conoscendolo
Più tardi (IV, 3)
vanno in cerca
i
lo
facchini
del pazzo Ardelio
il
cui padre l'ha affidato alle cure del marito di Foiana,
lo
scambiano con colui che cercavano,
lo
legano e
lo
portan
dal
medico
pazzo, gli vuol fare inghiottire
lo
bastonano,
che, credendolo
il
certe pillole che deb-
bono risanarlo (IV, 4). Ma egli dice eh' è morto e i
morti non mangiano. Per persuaderlo del contrario il
medico gli fa comparire alcuni che si fìngono morti
e che pur discorrono e mangiano (IV, 5). Tuttavia
egli non vuol mangiare, sicché gli viene aperta a forza
la bocca, e poi a suon di pugni, legato come un salame, è chiuso in cantina (IV,
6).
Dalla sua prigione
invoca l'aiuto di Nespila che, prima riluttante, infine
lo libera e lo riporta a Foiana,
ma
é
colto
ne' suoi
119
amorosi colloqui dal medico che, infuriato, va in cerca
de' fratelli della moglie per menar esemplare e pubblica vendetta (V, 2).
Nel frattempo Nespila con abile
tutto tremante di paura,
trovata fa fuggire Basilisco,
quantunque non cessi le solite bravate, e lo sostituisce
con Vittoria; sicché al suo ritorno il vecchio tradito
rimane deluso e rimproverato da Foiana, che probabilmente continuerà la sua tresca incominciata.
Così terminano i casi del capitano Basilisco, che,
unico esempio nel suo genere, ha ottenuto le buone
grazie di
le
una donna. Ma, se qui è fortunato
nuiscono assai
conclude
è
in
amore,
frequenti legnate che gli piovono sulle spalle dimi-
il
la gioia del
successo; e in tal guisa
Camerini (1) a questo proposito
—
il
—
bravo
sempre pesto.
Che
la lussuria
Commedia
se nella
infatti,
egli trova favore presso
una moglie
spinge nelle sue braccia,
suna fanciulla dabbene accoglie
sul
mande, e
già nel corso di questo
duto com'
egli
sia
Della Porta
del
cui solo
infedele
al
nes-
contrario
serio
suo do-
le
studio abbiamo ve-
continuamente e vergognosamente
rigettato da' genitori, nonostante ch'egli vanti gli straor-
Per
malanno e
dinari partiti offertigli.
dirsi,
il
male,
il
lo
più egli
l'uscio
come
ha,
addosso
non
;
suol
riesce
ad ottenere che bastonate. Al contrario, nella Prigion
d'Amore di Sforza degli Oddi le cose volgono per lui
meno
peggio.
Innamorato
di
che
Erminia,
gli
viene
rifiutata dal fratello Lelio (IV, 6), è bensì soppiantato
dal rivale Flamminio, ma, in via d'accomodamento, da
parte del
Duca
gli
viene offerto
fagnana con 400 scudi annui
si levi
di torno (V, 9).
(1) E.
Ed
il
governo della Gar-
di stipendio,
egli
fra
«
il
purché
dovere
Camerini. Op. cit. Studio su G.B. Porta a pag.
81.
egli
e la
120
come dice Spazza suo servo, accetta, dichianon voler moglie, quantunque, se volesse,
non gli mancherebbe un' imperatrice. E qui ricomincia a raccontar una delle sue solite storie... adattata
«:
paura
rando
»,
di
per l'occasione delle nozze perchè
chi ha la ventura
cuore
fa ridere di
anche una volta
di udire
bombe
le
dell'incorreggibile Bellerofonte Scaricabombardon.
almeno
il
ricevendo
È
Qui
nostro millantatore non la finisce troppo male,
un compenso
quasi più
qualsiasi al rifiuto patito.
triste
del Gecchi (1), scioglimento di cui del
/
del
Martello
resto
abbiamo
scioglimento
lo
un esempio analogo in un'altra commeInganni del Secchi. Il bravo Lanfranco Cac-
ritrovato già
dia, gì'
ciadiavoli
ha creduto, com'egli
creato Sparecchia
(I,
stesso racconta
suo
al
2), d'aver fatto la conquista della
cortigiana Angelica che per lui avrebbe dato l'erba al
suo amante Fabio.
Ma
donna
la
sfrutta abilmente l'amore del
del suo ex- amante, e la tresca,
chia
(II,
9) senza
che
il
vile
tempo
al
bravo,
scoperta
Lanfranco
raggio di vendicarsi, finisce solo colla
il
stesso
riceve
da
le.
che
visite
Sparec-
abbia
il
co-
fuga di Fabio,
quale, essendosi introdotto in casa di Angelica di cui
fìngevasi innamorato solo
per
conquistarsi l'amore di
una giovine creduta di lei nipote e che poi si scopre
essere di buona famiglia, rapisce costei, lasciando così
campo libero al bravo (V, 3). E allora la cortigiana
abbandonata, dichiarandosi pentita del suo passato infame, e protestando che vuol
rifiutare per l'avvenire ogni
la
mano che
prio
ce
le offre
guasto fradicio
Sparecchia dice
(1)
Commedie,
al
il
redimersi
amore
povero bravo,
» di lei.
Nebbia:
ed. Milanesi voi.
II.
—
coli'
onestà e
illegittimo, accetta
il
quale è pro-
Del resto, come
lo
121
né l'Angelica
altro marito. .
Lanfranco altra moglie.
.
Are trovato
Né
Ecco dunque
si
è giunti;
di esser
E
il
la
.
conclusione ben sconfortante a cui
preteso eroe è dichiarato degno soltanto
boccon
il
.
una cortigiana
di rifiuto di
!
adesso, per completare questo sguardo generale
commedia
sul Capitano della
due
erudita,
sole parole
sugli autori che di preferenza l'hanno posto sulle scene.
Già fu osservato che
nelle loro opere
comiche
che, la
commedia
media
d' intreccio, lo studio
inoltre
;
del '500 essendo essenzialmente
superficiale;
assai
maggiori non riprodussero
i
tipo del millantatore
il
de' caratteri vi è in
che
infine,
il
com-
genere
nostro personaggio,
poco prestandosi per natura a un'analisi accurata, doveva riuscire piuttosto monotono. Si segui, per cosi
un metodo deduttivo
dire,
millantatore; dato
il
nella
rappresentazione del
continuamente
tipo, lo si riportò
una serie di scene
ov'egli giustifica la sua fama con una serie copiosa di
scioccherie che hanno la prerogativa di somigliarsi
molto le une alle altre. Uno studio dunque su' diversi
foggiato
sullo
stampo,
stesso
autori che trattarono
il
in
Capitano Millantatore, potrebbe
mostrar facilmente questa uniformità
zione artistica.
dopo
Ma un
tutto quello che già è
un cenno
di
rappresenta-
lungo paragone sarebbe inutile
stato
detto
;
sicché basti
fuggevolissimo su pochi autori.
L'ultimo che ho avuto occasione
stato Giov.
Maria Cecchi,
il
faceto
di
nominare è
notaio
e
scrittor
comico fiorentino (1517-1587). Nelle sue commedie abbiamo trovato alcuni spacconi Ignico, lo spagnuolo
;
de' Rivali,
dal suo
che suscita
favellare
il
riso cogli
equivoci
spagnuolo non inteso dagli
derivanti
altri in-
122
lo Sganghera della Maiana, i cui sonanti
non illudono Mona Rosa sulla vera sostanza
ridicolo amante di Fulvia ; e finalmente Lanfranco
terlocutori
;
discorsi
del
testé ricordato, senza contare
Rappresentazione
S.
Scozia.
Ma
ofifrono
uno
che
purtroppo
le
il
Camerini
non
—
(1)
ha talora più
« pittore,
La
:
commedie
conversione della
non
del Cecchi
ci
studio vivace e completo del personaggio,
è solo schizzato,
vi
osserva
bravo Francalancia della
il
intitolata
descritto. «
un
« è
di Teofrasto
E
« che di Plauto e di Molière ».
il
e
—
Cecchi »
Il
non un
ritrattista,
Labruyère
di
medesimo autore
ha ragione di concludere che in esso il carattere del
bravo va scadendo anziché acquistando.
Di Girolamo Parabosco, da Piacenza, fiorito verso
la metà del secolo (2), già abbiamo veduto che decon una certa cura
scrisse
il
bravo subdolo e tristo,
che spaccone, in ben tre commedie, nelle
vile del pari
quali
il
modo
affatto uguale, sicché
viene
carattere
delineato
assai bene^
ma
in
nessuno potrebbe avvisarsi
beachè minima differenza di personalità
Stramazza e Spavento. Tolto questo difetto
di trovare la
fra Melaza,
di monotonìa,
dal
possiamo esser riconoscenti
momento che
proprio
dopo
<r
bravo
gii
» si ritrovano
come
di esso,
il
al
Parabosco,
esempi più notevoli del vero e
in
lui,
e
gli altri
che
Ghirardi nella Leonida, lo ri-
produssero, non furono che suoi imitatori.
Una
é
il
delle
Malagigi
più geniali riproduzioni
deW Alessandro,
dello Stordito Intronato.
mini
(1508-1578),
(1) E.
Camerini. Op.
(2) Cfr. Poggiali.
(Piacenza, 1789),
II,
Capitano
del
notissima
commedia
Mons. Alessandro Piccolodi Patrasso ed eletto
arcivescovo
cit.
Studio su G. M. Cecchi a pag. 32.
Memorie per
74-90.
la
la Storia
letteraria di
Piacenza
123
di Siena, fu
dopo
giudicato
il
Principe de' Comici Italiani
successive rappresentazioni di questa
le
stro teatro (1). Alla nostra
mente
faceto
commediografo seppe
dandoci in poche,
soddisfatta torna caro
che quel
bene rappresentare,
graziosissime scene una figura
ricordo del Gap. Malagigi,
il
comme-
che merita veramente un posto notevole nel no-
dia,
ma
il
ridicolo eroe
così
che rimane assai caratteristica fra
guirono, mentre può dirsi ancora
delli del
stati dati
genere
(2). I
che
le tante
fra'
fuggevoli accenni
se-
la
vecchi
più
mo-
che ne sono
nel corso di questo studio, basteranno a farci
comprendere la sua comicità. Ci troviamo dinanzi ad
uno de' soliti vantatori, anime sciocche la cui viltà li
espone a una quantità di accidenti più o meno grotteschi, e Malagigi non
resta secondo a nessuno nell'arte di millantarsi
sua ridicolezza
egli
e di
non
fuggire.
riesce
Ma
affatto
chè certe grossolane fantasticherie che
la
per-
muovon
nau-
sea,
mancano qui o almeno sono molto
riso
spunta
di leggieri sulle
nonostante
antipatico,
la
attenuate, e
labbra più che per
il
la stra-
nezza delle sue iperboli, in grazia delle situazioni ve-
ramente umoristiche, come quella già ricordata, ove il
Capitano incontra la moglie vestita da uomo e, scam-
(1)
V. la prefaz. di Carlo Teoli (E. Camerini) all'Ediz. Daelli (Bibl.
Lo stesso Camerini riportò questo suo studio in op.
Appunti per servire alla vita di A. Piccolomini Stordito Intro-
Rara. N." 28), 18&4.
cit.
«
nato
» (pag. 146).
(2)
siamo
La prima
risalire al 1544,
ediz.
è
del
1550;
ma
forse
per
la
qualche anno innanzi. Infatti M.
recita
pos-
Fabrizio rac-
conta (I, 1) che nel '33 andò in esilio quando la figlia Lucrezia aveva
4 anni, e che questa nel '37 spari senza ch'ei la potesse ritrovare. Lucrezia poi (II, 1) accenna a questa sua sparizione come a cosa avvenuta
7 anni prima
quindi nel 1544 cadrebbe l'azione e giova, supporlo, la
:
rappresentazione della commedia, perchè son troppi
i
dati
cronologici e
troppo bene combinano insieme per poter supporre una diflferenza fra
il
tempo dell'azione e quello
della composizione.
124
biandola per una cortigiana, la propone
amante
Diamo
(IV, 6)
volentieri
servo per
al
lode
arguzia al
di
Piccolomini, perchè egli appunto dimostra di conoscere
a fondo
arte
l'
sono talora
Né mi
s'
sua,
mentre
le esagerazioni posteriori
affatto stomachevoli.
posso perciò accordare col Piccolomini stesso,
è vero, secondo raffigura Traiano Boccalini
famosi Ragguagli di Parnaso
Apollo a dare
suo
il
giudizio
sopra
ne'suoi
chiamato da
(1), eh' egli,
commedie
le
di
Sforza degli Oddi, ne facesse una lode tanto sperticata,
che valse
al
suo protetto V immortalità con grandissimo
E badiamo
plauso e unanime consenso.
eragli stata negata pe' suoi trattati legali
Oddi (1540-1611), dottor
bene che questa
Sforza degli
!
legge perugino, fra
di
il
una
sue tre commedie
certa
machìa,
si
i
fama per
Morti
le
vivi, e la
distaccano invero dal
come
dice
il
modo
Gaspary
:
1'
Prigion d'Amore,
Ac-
Erofilole
quali
usato, giacché, forse per
commedia spagnuola,
imitazione della
già,
gli
Forsennato, ottenne dunque
cademici Insensati detto
(2),
i
esse manifestano
principi
del
dramma
borghese e della commedia lagrimosa. Anzi è noto il
parere di Torquato Tasso che, udita 1' Erofìlomachìa
rappr. a Pesaro nel 1574, ebbe a discuterne assai
con Jacopo Mazzoni, avvisandosi egli che 1' azione di
essa fosse adatta piuttosto a tragico, o
che a comico poema
noi moderni
(3).
Ma,
non possiamo
all'
meglio, epico,
infuori di questo che
ritener difetto,
il
vizio
dee
piuttosto trovarsi nella rappresentazione dei personaggi,
Ragguagli di Parnaso,
Romano, Venezia, Guerigli 1680.
(1) Cent. II, Ragg. 14,°
Boccalini
(2)
Op.
cit. II',
del signor Traiano
263.
(3) Cfr. la lettera
dal
contemporaneo Tiberio Almerici
al
cugino
Virginio, pubblicata dal Saviotti in Giorn, Stor. XII (1888) pag. 414.
Sforza
cfr.
ibid. p. 411 n.
Su
125
almeno
di quello
troppo,
i
che qui interessa. Senza dilungarmi
due esempì che Sforza
del
buon gusto
formidabile
di quel!'
vanteria
Prigion d* Amore,
retoriche
del
dà
Bellerofonte
verboso
cui
esagerazione a cui
sguaiata
di
può giungere cercando nel grottesco
l'
nella
linguaggio, irto di
non potrebbe dar miglior prova
prolissità,
supremo grado
generale,
di millantatori,
ci
capitano
del
il
ci
danno una pessima idea
autore. Abbiamo riportato una
Bellerofonte e Rinoceronte,
e,
si
in
Queir intermi-
interessante nell' artificioso.
nabile sequela di racconti favolosi,
comico
il
mescolati di errori
cronologici, storici e geografici assolutamente pazzeschi,
stona tanto più
da
patetico
conclusione,
dove
là
dare
i
si
cercava
occasione
al
studiosamente
si
il
giudizio del Tasso. In
Capitani del dottor Perugino rimangono
monumenti più goffamente caricati del nostro
tipo nella commedia erudita, degni veramente di rivaleggiare colle celebri Bravure dell' Andreini.
forse
i
Ma
chi sopra ogni altro
predilesse
Porta
il
nostro per-
Batta Porta
sonaggio, fu certamente Giov.
o
(circa 1545-4615), napoletano, valente
diografo
nella sua
Della
comme-
non meno che pregevole scienziato, il quale
copiosa produzione drammatica ben dieci
Non vorremmo
volte portò sulla scena
il
dire eh' egli mostrasse
poi molta originalità in questa
rappresentazione,
gliano molto
a
giacché
Capitano
i
(1).
millantatori
suoi
e moltissimo
somi-
somil'umorismo schietto e non sforzato
come quello dell'Oddi, che scaturisce dalla vena inegliano fra loro.
tutti
gli
altri
si
Ma
sauribile del dotto e faceto napoletano, ce lo rendono
la
(1) Neir olimpia,
Furiosa, la Sorella,
i
la
Due
fratelli
e la Cintia, Sul Porta ho già nominato
Moro,
la
Fantesca,
la
rivali,
Chiappinaria,
la
il
Tabernarla,
Trappolaria
uno studio del Camerini,
op.
cit.
126
assai caro; e
media
noi
vanterie quanto
all'
è
trattò così spesso
il
già nella
udire non tanto
le ridicole
montagne. Certo
come
dilettiamo,
ci
del Piccolomini,
avventure
le
spacca-
de' suoi
che nessun altro quanto
com-
sciocche
il
Porla
ben consentaneo
millantatore, tipo
natura dei meridionali e che fu tanto gradito
alla
commedia
mise
tori
mentre
dell'arte;
in luce lo Scherillo (1),
scenari
di
quali
i
Porta stesso
il
anzi
uno
sciate.
E
in
gere solo
larga ed
verità
di
in
generale la
ha lapuò dire che basterebbe leg-
si
quest' autore
esatta
ciò
scritte ch'egli
per farci
un' idea abbastanza
che
Capitano nel teatro
fu
il
del '500; sicché nel presente studio di queste
ci
slam
la
preferenza a chi
commedie
pensando che meglio valeva dar
grande amore sembrò professare
serviti assai,
si
per questo tipo cosi comunemente
per
alla
come
dei più antichi au-
furono
forma primitiva delle commedie
fu,
ma
trattato,
tanto,
lo più, strapazzato.
Tanto strapazzato che ben a ragione se ne lamenuno scrittore de' primi anni del '600, Pier Maria
Cecchini, nella sua nota operetta (2):
tava
—
« Questa iperbolica parte »
« par che
—
così egli si esprime
suoni meglio nella spagnuola, che nel-
« r italiana lingua
come
vediamo esser
Hora vien
quella a cui
« più propri e più domestici gì' impossibili.
« questo
personaggio
« esercitato
«
sì
con tante
nell'uno,
le
come
purgarlo dai superflui sarebbe
« poco
meno che
al
nell'altro
maniere,
sconcertate
certo
un
idioma
che
il
ridurlo
senza lingua .... »
E, dopo aver osservato eh' è bella e piacevole questa
parte «
(1)
(2)
quando viene però leggiadramente
trattata
da
Op. cit. GH scenaH di G. B. della Porta (Gap. VI p. 118 sgg.).
Frutti delle moderne Comedie et avisi a chi le recita, di Pier
Maria Cecchini,
etc.
Padova, Guareschi, 1628,
p. 26-29.
127
« persona habile di vita, grazioso
«
di voce, vestito bizzarro, e tutto
c(
ganze,
il
quale poi
si
eserciti
gesto,
intonante
composto
di strava-
di
in
parole,
benché
« lor natura impossibili, tuttavia credibili da chi
«
dona
la
mente nel vasto
delle glorie
.... »
di
abban-
— con-
clude poi malinconicamente con queste parole:
«
Sarebbe
facil'
il
«
nignità de' miei avisi,
«
la
frequenza
dell'
ridur questa parte sotto la be-
ma mi
uso di
rende alquanto
tanti,
che
1'
di
dubio
hanno rappre-
mio parere, onde ridotto in natura
costume jiarebbe loro fuori del naturale ogn' altro
« modo, e fuori del buon camino ogn', altro sentiero,
« sentata lontana dal
«
il
« che calcassero, e tenessero. »
128
VI.
Il
Capitano nella Commedia dell'Arte
e i generici
—
vento
Il
—
Le Bravare
Il Capitano e
il
Cecchini aveva ragione
— Gli SGenarì
Capitano
del
ISpa-
secentismo.
;
ma
ormai
l'
indirizzo
preso era tale che sarebbe forse stato impossibile cambiar forma alla rappresentazione
sonaggio. Del resto, questi che
matore, era proprio sicuro
di
—
tradizionale del persi
atteggiava a rifor-
quello che voleva?
Il
Rasi (1) ne dubita
dal momento che il Cecchini,
pur biasimando l' uso comune de' Capitani, loda alta-
mente
il
Capitano Matamoros (Silvio Fiorillo), uno dei
più stravaganti millantatori che calcasser
e
suppone
piuttosto
che questa
tirata
le
scene
fosse
;
—
lanciata
autore delle Bravure, morto
«
per isfogare
«
quattr'anni innanzi, padre e suocero innocente,
1'
odio
«
contro Lelio e Florinda (Giov. Batta e Virginia
An-
ce
dreini),
€
Orsola
E
riferite
(1)
i
il
se,
contro
1'
quali furono del
Cecchini e della moglie
vero, continuato tormento
come realmente
».
è probabile,
le
critiche
su
sono dirette contro Francesco Andreini, esse
Luigi Rasi. / comici Italiani, Firenze, Fr. Bocca (in corso
stampa). Art. Andreini Frane.
— ove
per la storia della 'maschera. Voi.
I,
di
sono riassunti ampi e precisi dati
p. 53-87.
129
hanno invero buon giuoco riguardo a
timo portato, e
gara
il
più
madornale,
di corbellerìe in cui si
di
ciò che fu l'ul-
queir immensa
dibattevano allora
i
comici
avidi di applausi.
La commedia sostenuta aveva oramai perduto ogni
né
credito,
avea motivo di rimpiangere quella pro-
si
duzione fiacca e scolorita in cui
valore letterario ed
il
artistico era nullo o negativo, e l'interesse della favola
che
cercava tener
si
desto
colla
stravaganti,
si
complessità degl' in-
avventure più comiche e
trecci più avviluppati e delle
sperdeva in mezzo a un dialogo scialbo
e verboso, pesante insieme e scurrile, pieno di luoghi
la logica non aveva che fare, e l'urbuongusto erano addirittura un mito. Tanto
comuni, dove spesso
banità e
il
per tanto, non valeva la pena di scriver
aborti,
siffatti
mentre molto miglior resultato potea dare l'improvvisazione affidata allo spontaneo
facondia degli attori comici.
umorismo e all'arguta
Cosi nacque,
si
svolse e
venne in fiore la commedia delFArte, le cui origini
prime rimangono tuttora avvolte nel mistero, ma il cui
sviluppo dovè certamente esser favorito sia
rabile
decadenza del teatro letterario
dall'
incu-
da' rapidi
sia
ed
inauditi progressi nell'arte del recitare, dovuti alla re-
cente formazione di compagnie stabili e a un' abbon-
danza eccezionale di
attori
insigni
che trasformarono
l'ignobil mestiere degli antichi istrioni in
una profes-
sione onorata e lucrosa, nobile palestra di ingegno, di
prontezza
d'Italia,
e
di bravura,
che n' ebbe allora
Tutti sanno che la
l'
intelligenza
libertà,
e
alla
delizia
l'
delle
Corti
e
vanto
incontrastato monopolio.
commedia
dell'Arte lasciava al-
fantasia de' suoi interpreti piena
non sottoponendo
loro
come guida
scenari o canevacci, nuda esposizione de'
se
fatti
non
gli
che sug-
geriva soltanto la trama e l'ordine dell'intreccio, e ab-
130
bandonava
i
dettagli del dialogo alla
razione de' comici. Dagli
momentanea
ispi-
scenari appunto, di cui esi-
stono varie raccolte e in traccia de' quali
vanno oggi
si
facendo tanti studi e ricerche, ricavasi ampia testimonianza dell'enorme diffusione acquistata dal nostro Capitano nella
Commedia
dell'Arte, dov'egli
giungeva
rettamente trapiantato dal teatro erudito.
antica di queste raccolte, ch'è
E
Teatro dello Scala
il
di-
nella più
(1),
maschera del Capitano comparisce m quasi tutte le
50 Giornate, fuorché ne' numeri 8, 21, 26, 27, 34, 36.
la
Il
Teatro delle favole rappresentative
Scala, detto Flavio,
losi (2),
non potrebbe apprenderci nulla
torno
personaggio nostro, che
al
solite caratteristiche,
schernito e bastonato,
commedia
senz' altro
è
suoi
i
Oramai
una maschera accanto
delle altre,
e
mentre
nendo sostanzialmente
ivi
di
Flaminio
de'
Ge-
nuovo
in-
presenta colle
si
sempre innamorato
come
classicheggiante.
lone, ad Arlecchino;
meno
di
capocomico della compagnia
la
egli era
le stesse,
della
divenuto
al Dottore, a
parte sua
le altre
sempre
e
antecessori
variava
Pantaancora
maschere, pur rima-
mutavano sovente
nelle
come servo,
dunque che per
accidentalità, mostrandosi Arlecchino ora
ora
di
come
capisce
oste, e così via. Si
(1) Veramente lo scenario più antico di cui rimane notizia, è quello
una commedia composta dal famoso Orlando di Lasso, e recitata alla
corte di Baviera, sotto gli auspici del
duca Guglielmo V,
la cui pubbli-
cazione risale fino al 1568, in un' operetta di Massimo Troiano
(cfr. Camerini Nuovi prof, letter. p. 220 e Stoppato op. cit. p. 131).
(2) Il Teatro delle favole rappresentative, ovvero la Ricreatione
Comica Boscareccia e Tragica, divisa in L giornate, composta da Flaminio Scala Comico del Sereniss. Sign. Duca di Mantova (in Venezia,
G. B. Pulciani, 1611). Intorno alla Compagnia dei Gelosi, cfr. Ad. Bartoli. Introd. agli Scenari inediti della Comm. dell'Arte (Firenze, San-
CXXX-CXXXIV; Arm. Baschet: Lea comediens italiens à
France sous Charle IX, Henry III, Henry IV et Louis XIII
soni, 1880) p.
la cour de
(Paris, Plon, 1882) Gap.
II, p.
58-93; etc.
131
ed inu-
noi lo studio degli scenari riuscirebbe arido
maggiore interesse può invece destarci quell'opera ch'è come il corollario del Teatro stesso, come
tile
(1)
:
un lembo
carne che riveste
di
Com-
lo scheletro della
media. Parlo, naturalmente, delle tanto
Bravure
citate
del Capitano Spavento della Valle Inferna,
Con questo nome comparisce
nel Teatro
e
reci-
tava effettivamente nella compagnia condotta dallo Scala
il
celebre Francesco Andreini, Pistoiese (1548-1624)
quale, datosi ancor giovane al teatro, vi recitò
da Innamorato,
da Dottor
siciliano,
il
dapprima
da Falsirone ne-
gromante, da Corinto pastore, parlando diverse lingue
dedicò alla
ma-
schera del Capitano, e vi pose uno speciale amore
(2).
e sonando vari strumenti
«
Mentre
;
finalmente
eh' io vissi nella
—
si
famosa Compagnia dei
«
Comici Gelosi »
«
compiacqui rappresentare nelle Comedie
« Milite superbo,
«
«
«
«
«
«
la
—
«
mi
parte del
ambizioso e vantatore, facendomi chia-
mare il Capitan Spavento da Vali' Inferna. E talmente
mi compiacqui in essa, eh' io tralasciai di recitare la
parte mia principale, la quale era quella dell' innamorato. E perch' io bramava di preservarmi, e di non
cadere da quel grido che acquistato m'havea in quei
tempi famosi, mi diedi con molto studio allo studio
« del
«
egli dice nella Prefazione
soprannominato Capitano solo per renderla, più
che per
(1) V.
me
si
poteva, ricca ed adorna »,
Ad. Bartoli. Introd.
XVIII-XX. Negli scenari
cit. p.
lanterie sono per lo più accennate colle
vure
»,
(2)
simili laconiche indicazioni
Intorno
all' Andreini cfr.
:
parole
:
«
le mil-
Capitano fa sua bra-
maggiori schiarimenti sono
rari.
Bartoli Frane. Notizie istoriche de'Co-
mtci Italiani che fiorirono intorno al MDL (Padova, per i Conzatti,
I, 8-13
A. D'Ancona. Orig. II, 482 sgg.
due articoli di A. Neri
nella Gazzetta letteraria del 6 e 13 Ottobre 1885 ; Baschet op. cit. Gap. IV
e finalmente, più completo di tutti, il Rasi, art. cit.
p. 126 sgg.
1781)
;
;
;
132
Ma una
grande sciagura domestica troncava
tratto Ja carriera
compagnia tornava
tutta la
di
Francia in
a Lione morì quasi improvvisamente
r
bella,
comica Gelosa
illustre «
regina dell'arte del tempo suo.
e
più
giustificato
scene
(1),
sua
1604,
effetto la
massimo
abbandonò le
nel
pubblicazione degli
alla
un
diletta Isa-
che fu in
»,
Immerso
Francesco
de' lutti,
applicandosi
Italia nel
la
d'
Mentre con
dell'Andreini.
artistica
scritti
della sua morta, e a scrivere egli stesso. Infatti fu egli
da molti amici suoi e consigliato a scrivere alstampa per lasciare qualche
allora
« cuna cosa e donarla alla
«
memoria
» di sé « e
per seguitare
honorato grado
l'
mondo
della moglie » sua, « la quale aveva lasciato al
alcune opere « con tanta gloria
Gli piacque
mandarlo ad
il
ma
consiglio,
»
».
stavasene incerto di
spaventato dalla « difficoltà grande
effetto,
« dello scrivere cosi nel verso
come
nella prosa »
;
onde,
postosi a considerare tutte le ragioni della pratica, la-
sciando da parte
« chi sono
prosa
la
il
verso che è « di pochi, e que' po-
poeti eccellenti », deliberò di scrivere in
i
« raccolta di tutte le hiperboli » eh' ei e so-
« leva dire nella parte del Capitano Spavento, recitando
€ nelle pubbliche e nelle private
dole in forma di dialogo fra
il
Comedie
»,
pola suo « servitore accorto astuto e sagace »
« sta
nuova
fatica
composta
esponen-
Capitano stesso e Trap;
e « que-
di cose morali e di capricci
« poetici », atta soltanto a « far passare l'otio »,
da
«
lui dettata
come meglio seppe
osservazione » che
Queste
(1)
È un
errore
morte
d'
Isabella
il
<
con
la
venne
miglior
gli fu possibile.
le notizie
drio e compagni,
e
che l'Andreini
comune
ci
porge intorno
agli antichi storici della letteratura,
Qua-
credere, al contrario, che l'Andreini appunto dopo la
assumesse
la
maschera
di Spavento.
133
composizione dell'opera sua. Le Bravure vider
alla
stampe
luce delle
dopo
suo
il
in Venezia
ritiro
enorme. Né
si
perchè, dato
il
dal
stenta
la
la
anni
loro successo fu
il
rendercene
moda
altrettanto vuote
simile raccolta doveva
al pubblico,
a
(1), tre
ragione
;
gusto del tempo, allorquando coU'inva-
dente secentismo era venuta
e delle frasi
e
teatro,
invero
1607
nel
ma
non
delle parole gonfie
quanto
solo piacere
anche essere
di
una
immensamente
altisonanti,
una grande
utilità
pra-
tica agli attori.
L' improvvisazione infatti
della
Commedia
richie-
deva in questi un'abilità singolare e una prontezza di
spirito meravigliosa, dono di pochi eletti. Perciò era
non potendo essi fidarsi assolutamente
impromptu, cercassero di empirsi la mente del
maggior numero possibile di tratti caratteristici, di ti-
naturale, che
dell'
rate à sensation, dei pistolotti più in uso,
un termine
secondo
la
del
gergo
comico moderno
parte che rappresentava.
Che
— per usare
— ciascuno
infatti
l'
isti-
tuzione delle maschere fisse dovette render più facile
questo sistema
di recitare
all'improvviso; ciò che, se-
condo ogni probabilità, sarebbe stato quasi impossibile,
ove ogni attore avesse dovuto creare volta per volta
personaggi diversi e diverse passioni. Tuttavia la dif-
sempre grande; sicché l'improvvisazione
non era che apparente e celava il resultato
ficoltà era
fondo
un lungo
studio. « I comici
bieri nella
(1)
Supplica
(2),
ì>,
racconta
studiano e
<r
Le Bravure del Capitano Spavento,
menti in forma
si
in
di
Niccolò Bar-
muniscono
divise in molti
la
ragiona-
Somasco, 1607. Furon ripubblicate
varie volte, nel 1609, nel 1615 etc.
ed ebbero una traduzione francese
per Jacques de Fonteny (Paris, chez David Ledere, 1618).
(2) La Supplica, discorsi famigliari intorno alle Commedie, di
Niccolò Barbieri detto Beltrame. Bologna, 1636, cap. Vili.
di
dialogo. Venezia,
:
134
«:
memoria
gran farraggine
di
di cose,
come
sentenze,
« concetti, discorsi d' amore, rimproveri, disperazioni e
« delirii,
per haverli pronti
conformi
«
sono
«
rappresentano
In
tal
guisa
nari r uso
al
i
loro studi
che loro
all'
».
accompagnò
si
uno zibaldone
istituzione degli sce-
all'
generici,
de' così detti
raccolte di simili squarci,
torio,
occasione ; e
costume de personaggi
che erano appunto
più caratteristici del reper-
i
che potevano benis-
di concetti,
simo adattarsi a qualunque circostanza, e che formavan parte integrante del dialogo (1). Il che non toglie
che
la
commedia
dell' arte
non dovesse essere qualche-
cosa di mirabile, e che quindi richiedesse attori di una
rara valentia, perchè
r opportunità per
solo
il
recitare a
merito di saper
tempo
cogliere
luoghi imparati
i
a mente, sostituendo la reale improvvisazione
la scienza
mancava,
veramente
è
là
dove
cosa degnissima di
lode e di ammirazione.
Tornando
Bravure
alle
appunto non sono
spiccatamente letterarie
artistica,
(1)
i
fatti
(2)
le quali
(2),
e
con pretensione
di
la
forma
favo-
Nella sua Arte rappresentativa premeditata e all' improvviso
il
Bravura spagnuola
bravura.
Andreini
dimostrarono eloquentemente
(parte 2*. Napoli, 1699)
la «
dell'
che un generico con tendenze
altro
Ferrucci riporta del Capitano
»
e
il
«
due generici
:
Saluto Calabrese alla donna con
»
Anche
restringendoci al solo tipo del millantatore,
citare altre raccolte simili a quella dell' Andreini
come
:
si
possono
Le apaventose
gran Capitan Coviello (Venezia, Loviso, 1725) e, più anRodomontodas Espanolas, traduzione in francese e in italiano
di Lorenzo Franciosini « cavate da Commentari de spaventevolissimi, terribilissimi ed invincibili capitani Ammazzamori, Coccodrillo e Scheggia
hiperboli del
tiche, le
brocchieri (Milano, G. Pietro Cordi, 1643). Inoltre lo Stoppato (op.
p. 161-168) riporta
come
prezioso ciò ch'egli chiama
il
«
cit.,
generico de' ge-
nerici » del Capitano, tratto dal Codice Marciano 309. CI. IX, appartenente
al '600.
135
mo-
revole impressione eh' esse avevano prodotto, dal
mento che nel 1618,
una seconda parte
(4),
ne pubblicava
Prefazione « Mi
autore
stesso
lo
scrivendo nella
:
messo a scrivere la seconda Parte delle bravure del Capitano Spavento la quale in sé contiene
favolosi pensieri, cavati da belUssime favole di poeti
« sono
«
«
« Greci e Latini,
«r
bravure
senso
delle
come
nella
può vedere, stampata e ristampata
«
Prima Parte
«
molte volte in Venetia. »
si
piacevol
Spavento,
a
tutti
tirati
detto Capitano
del
La prima parte contiene 65
e la
gionamenti, ossia scene, nelle quali
il
seconda 30 Ra-
Capitano conversa
col suo servo Trappola, trovando cosi occasione di sod-
ampiamente
disfare
lantarsi.
Notevole
la
è
sua insaziabile
smania
Seconda Parte, un
pagine
circa quattro
come
1'
po' più
4°
in
gli
per ciascuno, mostrando
Andreini volesse conservare almeno una certa
proporzione simmetrica nella
voro.
di
— salvo ultimi
brevi — comprendono
questi Ragionamenti, che per lo più
della
di mil-
quasi costante lunghezza
la
Vediamo un
disposizione del
sommi
po' per
suo
la-
capi che cosa ci rac-
conta di sé l'impareggiabile Capitano.
Anzitutto,
se
sona, quasi
altrettanti
altri appellativi,
« catolicon,
«
cosi
:
come
nome
vero
titoli
«
;
»
riman sempre
suo
Vali' inforna »,
il
nobiliari,
che sono da
« Diacatolicon
alla
il
cap.
sua per-
spettano
cap. Ariararche,
cap. Leucopigo,
il
discorrendo
mente
il
Spavento da
« Capitano
il
molti
cap. Dia-
Melampigo
e via
lui spiegati etimologica-
vuol dire cap. Universale
;
« cap. Ariararche vuol dire Prencipe della Militia; cap.
«
Melampigo vuol
dir cap. Culnegro, e cap.
Leucopigo
(1) La Seconda Parte delle bravure etc, Venezia, Somasco, 4618.
Nel 1624 esse erano ripubblicate dallo stesso editore in un volume solo
colla parte prima.
136
«e
vuol dire cap. Cui bianco »
corrispondono poi
epiteti ond' egli
designa
Spavento da
« tano
(1,
17)
sé
stesso
Re
siegadi,
e Monarca degli huomini Iracondi
doma
« destra
il
capi-
freddo e agghiacciato Settentrione »
il
Del resto egli è modesto, e
«
nome, e
«f
d'Invincibile,
Quando
«
Guerra
«
r Argento della seconda,
«e
della quarta
((
de' quattro
«
testa, dell'
ed ultima
;
il
il
Si
del
E
re
Flagello
di
Oro
corpo, del
rame
nasce
—
prima Età,
della
della terza, e
hebbe
ferro
fabbricò la
li
le
il
la scelta
gambe, e del
che queste
trattare altro,
forti e
che ferro e
« Questa mi sembra tutta
Nabucodonosore », osserva Trap-
altrove è detto eh' egli è nato dall'antico
27).
comprende dunque come un
dovesse render molto
difficile
generò. « Al nascimento
dinarie
1'
Rame
non sanno
durissimo acciaro. »
(II,
e
nobilissimi Metalli, dell' oro
argento
« poderose braccia
Caos
d'Aquila,
fatto, eh' ella
« ferro le braccia; e quindi
pola (1,33).
haver
Industre e dedala Natura volle formare
il
statua
d'
d'Insuperabile,
» (I, 23).
Capitano Spavento, prese
«
« la
basta «
gli
d'Invitto,
Folgore,
di
l'
Bravo,
di
titolo
« nelle cose della
lo
nomi
Io sono quello
che col capo minaccia l'Orto, col piede preme l'Occaso, con la sinistra mano lega 1' Austro, e con la
(1, 6).
f(
sono
« Io
:
questi
Prencipe degl' Insosde' Superbi, Imperator de gli Ambitiosi,
«
'<
A
e magniloquenti
Vali' Inferna,
«
«
(1).
non meno sonori
i
levatrici
!
«
fulmine
aperse
<(
tridente
mi cavò
—
il
« le
il
siffatto
mio corsero
tre
Deitadi
mostro
donna che
parto alla
—
»
:
straor-
Giove col
ventre a mia madre, Nettuno col
fuora, e Plutone col bidente m'aperse
—
(1) Il primo numero — cifre romane
Bravure cui la citazione appartiene; il secondo
gionamento.
Parte delle
significa
la
—
arabe
cifre
—
il
Ra-
137
« gli occhi »
(I,
E
23).
mento sua madre
volete sapere in che atteggia-
partorì? « Nell'ultima doglia che
lo
« le venne, saltai fuora gridando, sono
c(
«
il
Capitano Spa-
quando nacqui, nacqui vestito di
piastra e maglia, ruggendo come febricitante Leone,
e fischiando come un serpente » (I, 7). E il Fato lo
« vento » (II, 6), e
salutò colle parole
« vinci
:
«
« Capitano
Strano ed orribile è
battaglia
«
:
Y Ira e
il
Terrore mi conduce
«
braccia lo scudo, la Superbia
«
Morte mi dà
il
mi pone 1' elmo, e la
mano, per far del campo
si
compiace di
(I, 1). Egli
ponendosi in
alla bizzarra e alla fantastica »,
in testa
« Balestra, e
il
il
m'im-
la lancia in
dosso « la Torre di Nembrotte per lorica, e
Tauro
armi,
l'
Destriero, la Discordia
< hostil l'ultima strage »
c(
vedi e
;
suo incesso, quando va in
il
Furore mi vestono
«
armarsi «
Spavento, va
31).
(I,
y>
:
per morione ....
Monte
il
Arcobaleno per
1'
;
Laberinto di Creta per Carcasso
(sic),
e
« tutte le Piramidi d' Egitto per freccie, e virrettoni »
(I,
2) (1).
E
la
tramandata a
di esser
passat?
Monarchi
(I,
sua spada,
lui di
fabbricata
da Vulcano e
generazione in generazione, dopo
per
le
6), riunisce
mani
i
invitti
Duci e
attributi
de' tre
de' più
portentosi
«
come fulmine bianco uccide tutti
i soldati, senza offendere i corpi loro, come fulmine
rosso abbrucia città, ville e castella e come fulmine
«
negro, tinge e fa negre tutte le vittorie delle nemi-
«
che squadre »
fulmini di Giove: «
«
;
Tali
(I,
10).
origini, tale
aspetto,
tali
armi
lo
rendono
invincibile ad ogni più fiero cimento, e lo costituiscono
senz' altro
«
«
l'
unico eroe delle
più
meravigliose intra-
(1) Altrove le armi sue saranno « gli Antipodi per Corsaletto,
Tramontana per Girello, l' Ostro per Manto, il Levante per Celata, e
Ponente per Pennacchiera » (I, 33).
la
il
138
prese, debellatore di mostri, di popoli, e perfino degli
dei e delle forze della natura. Sicuro
ha salvato
«
il
mondo da un nuovo
venti, tutte
i
nuto
Dio
piogge, tutti
le
nuvola
grossissima
12) ? In
(I,
i
lui
guisa egli è dive-
degna
liberatore dell' umanità, opera sol
il
non
rinchiudendo
fiumi » dentro una
tal
un
di
(1).
non è un
E, se pur egli stesso
continui rapporti, e Marte stesso è
43,
4, 27,
(I,
chi se
:
diluvio,
di stalla
44
magari
etc),
il
Dio, ha cogli Dei
suo luogotenente
il
suo
57), della quale umiliazione
(I,
ma non
mozzo
staffiere o
Nume
il
offeso
si
lamenta per
Il
Capitano dunque, che in Plauto era soltanto l'alunno
lettera,
ragione
ottien
(II,
4),
prediletto del dio delle battaglie, e che già nell'Angrelica
di
Fabrizio
de
Fornaris
divenuto
n' era
l'
ucci-
sore (2), ora fa di più, perchè addirittura lo sottomette
sua servitù. Mirabile progres-
a sé e lo adibisce alla
che
sione,
sintetizza
graduale,
il
ormai
crescendo delle millanterìe del Capitano,
il
precipitoso
cui svolgi-
mento abbiam cercato fin qui di seguire, e che adesso
ha raggiunto il colmo
La mitologìa ha una parte stragrande nel libro dell'Andreini, sicché tutti o quasi gli dei d' Olimpo e le
!
altre creazioni del
mondo
classico son quivi passate in
Spavento ha talvolta con
rassegna.
come quando
amichevoli,
compare
è
cui poi va a visitare nel suo Cielo
libera
Amore
Dio Marino
(I,
14),
(1)
<
Di più
i
(2)
24), e
egli
ha diviso
18) e con Marte
(I,
il
mare
il
diversi mari, cogli stretti,
i
Atto
(II,
(1,
50),
quando
Campi Elisi (II, 5), quando libera un
quando banchetta a casa del Sole
gran Mare Oceano,
il
dei relazioni
Saturno
(II, 13),
con Nettuno
chiamavasi
mando
ne'
gli
di
I,
scena IV.
«
(I,
27),
che dapprincipio era un
quale mare era innavigabile
capi etc, etc,
(I,
16).
solo,
»,
e
e
for-
139
finalmente quando salva tutti
gli dei in
casa sua dalla
prepotenza di Tifone (1, 43).
Ma guai ai Numi stessi s' essi hanno
Una
sventura
la
udendo da
radunò
Giove
Capitano,
dell'invitto
Mercurio le glorie
lui,
e Cudi
la
persona
contro
per
congiurar
gli Dei
d' incorrere nella sua inimicizia
pido
8i
liberare
offerse di
si
« vento »
ma
;
lo fa
Morte e
Proserpina
Diana dea delle selve
Echo
(II,
(1,
(II,
il
Sole
(I,
inganna
41),
26), riduce in niente la ninfa
contro
egli si fa
d'incantesimi
47) e
4,
Amore,
28), etc. etc.
Di più
(I,
vittorioso
13), va all'Inferno per rapire
spaventa
39),
(I,
Spa-
muove guerra
ha un
2),
5), fa suoi prigionieri
(I,
Diavolo
'1
(I,
« tanto
tremendo Capitano,
28). Altra volta egli
(I,
suo prigione
contrasto con Giano
la
volta,
mondo da
dio, inseguito dal
il
dette alla fuga
a Giove e
il
!
tant'è vero
ogni
mostri e
sorta di
che oltre abbattere
le fiere
combatte colla
gli uccelli terrestri (1, 15),
Chimera (I, 48), abbatte un mostruoso gigante (I, 61),
pugna con una fantasima (II, 17), disfà ano strano incanto
e va discorrendo.
18),
(lì,
semplici
I
naturalmente, non sono avversari degni di
mortali,
lui,
ond' è
gran mercè ch'egli abbia voluto abbassarsi a far questione con alcuni fra' principali eroi antichi, p. es.: con
Ulisse e Aiace sotto Troia
luce
(I,
uomini
fra gli
e sono
teri,
e
51)
rammentare
ei
pochi
non
orribili
altri
(I,
33),
con Castore e PolDel rimanente
privilegiati.
affronta individui,
ma
popoli in-
le stragi da lui perpetrate. Basti
sua guerra contr'agli Arimaspi (I, 35),
r incendio dell'Arsenale di Venezia (ibidem), cui si potrebbero aggiungere mille altre memorande prove.
Né
armi,
la
la
sua bravura
che inoltre
giuochi
;
al
egli
pallone
si
è
limita
al
maneggio
delle
abilissimo in ogni sorta di
(ov' egli
ha
sfidato
e vinto varie
140
Deità
al
nel giostrare e nel correre all'anello
(I, 9),
giuoco dei Caroselli
del Calcio
Giostra
non
14), senza contare
uno
È
(I,
25),
degli
come
65) e ancora nella
giijochi di abilità, delle
un
34), e cosi via.
(I,
ignorante, tutt'altro;
abitanti
gli
mondo, dal
debbano avere
del
degli Dei all'infimo de' mortali,
di lui terrore ed ammirazione.
che
gloria, e trova
3),
12),
54).
(I,
naturale che tutti
massimo
(I,
(I,
(I,
possa diventar milite e letterato
si
tempo
istesso
i
sbrigli
creda ch'egli sia
si
anzi insegna
in
25), della Pelotta
(I,
(II,
carte e dadi
Infine
9), del pallamaglio
(I,
Giove stesso pesa
gloria di Spavento «
la
sua
la
paragonata
«:
sulla bilancia è superiore alle glorie riunite dei quat-
«
tro
«
e Alessandro
maggiori monarchi del mondo, Xerse, Ciro, Dario
Magno
»
(I,
sapienti andarono « sopra
i
11).
E una
volta quattro
confini dell'Asia e dell'Eu-
«:
ropa, solo per parlamentare insieme, e per conoscere
«
di
qual genere fosse
la
più? La Morte stanca
2>
(I,
43).
ufficio,
Che
per
ri-
un poco
se ne venne una mattina meco a
desinare.... mi pregò che per un mese io volessi eser-
posarsi
«
bravura mia
del suo ingrato
«:
« citar l'ufficio suo »
Ma
la
(I, 22) (1).
sua perfezione non sarebbe completa se a
tutte le altre
una
qualità
bellezza di
non
ma
poi
Ma non
vi
fosse aggiunta in lui anco
cosi straordinaria,
innamoratosene
pittore,
tratto,
forme
gli
che un celebre
avrebbe voluto fare
rinunciò, « perchè
il
mio
il
ri-
ritratto
si mantiene la sua buon'armonia colla Morte;
combatte con lei in steccato, la vince eppoi
le condona la vita per misericordia. E Trappola: « Ditemi un poco, caro pa€ drone, s'ella era la Morte, come gli donaste voi la vita? » « Tu non
« l'intendi
> replica il Capitano « la Morte allhora è Morte quand' altrui
t possiede la vita: ma quando alcuno muore allhora la Morte è viva »
(1)
tant' è
vero eh'
seropre
ei
:
(1, 36).
Che
scioccherìe!
141
havrebbe havitto
«
Conseguenza
come
è,
la virtù,
che haveva
che trasformava in sasso chi
« dusa,
di cotesta
di necessario,
ture galanti eh' egli
si
la
il
volto di
mirava
Me-
(II, 28).
2»
sua incomparabile venustà
una quantità favolosa
di
avven-
attribuisce. Egli infatti è stato
amato « da un numero infinito di donne, perchè chi
« mira la mia bellezza, e non l' ama e non l' ammira,
non è donna,
di giuditio priva » (II, 9). Per altro
donna de' suoi pensieri è la signora Isabella, l'amore
per la quale trasparisce qua e là in tutta l' opera, e
che è pure Yamorosa degli Scenari dello Scala, ossia
«
la
dilettissima
là
moglie
dell'Andreini stesso, la celeìjre
artista cantata da'
maggiori poeti del tempo
ammaliatrice «
quale con
la
può metter
« sapere,
« ghiaccio » (II, 16),
la
(1).
gli Sciti in fuoco, e gli Etiopi in
ha soggiogato
l'
eroe, che le pro-
fessa l'amore più rispettoso e più platonico del
Non
altrettanto casto è però
molteplici amori che allietano
le
Cotesta
sua bellezza, e col suo
il
mondo.
Spavento negli
suo
altri
gran cuore. Fra
sue imprese galanti va segnalata l'aver egli possela Morte, che rimase gravida di lui (I, 7). Inoltre
duta
una notte ingravidò dugento fanciulle, vincendo
prova Ercole che ne ingravidò solo cinquanta ; e
egli in
alla
sedusse fra
le altre la
« nata
Pirra »
Venere
(I,
(I,
5),
e moglie
di
Deucalione nomi-
ricevendo le carezze perfino di
2).
«
(1) A lei scrive lettere stravaganti (I, 8), a lei manda ambasciatore
suo servo, acciò la saluti con queste parole: « Signora mia, il Gap.
Spavento, Secretarlo della natura, Consigliere del tempo, Giudice della
«
Morte e Tesoriere del Diavolo, bacia
«
non conoscerlo, aggiunga subito « Padrona
mia, il Sig. Gap. Spavento da Vall'Inferna, quello che dà il moto alle
Sfere, quello eh' indora il Sole, eh' inargenta la Luna, e che dà il lustro
il
«
«
gnoria
»
;
« alle stelle,
(Cfr.
anche
e
s'
la gentilissima
ella fingesse di
vive devotissimo servo di Vostra Signoria
I,
42
etc. etc).
mano
di Vostra Si:
» (1, 21),
e così via.
142
Ma
com'è che
che
già
gli
sì
grand' uomo non ha moglie?
mancherebbero
grandissima discordia,
c(
Città,
«
lissimo
«
darmi moglie » (I, 5).
E in Atene innamorò
al
partiti
estremo
«
ove
i
litigio è
nato nella
presente siamo, solo perchè ogni nobi-
Cavalliero
vorrebbe meco
di
apparentarsi,
« tutte
sé
« zelle Ateniesi » (II, 30). Perfino Giove,
tone
Non
Figuratevi che
!
avrebbero
voluto
e
quelle pul-
Nettuno e Plu-
imparentarsi con lui
!
(F,
17).
Pure egli non ha moglie (1), e la ragione è perchè
nessun figliuolo potrebbe continuar degnamente il nome
« potrebbe giainfatti
di lui. « Qual figliuolo »
ce
mai uguagliarsi al Capitano Spavento suo padre? »
—
—
62).
(I,
Del
ché
resto,
non ha bisogno
di
lasciar
immortale »
(I,
9).
egli è « nato
Non dilunghiamoci
prole, giac-
più oltre in questo cenno,
ben
sommario comecché possa apparire abbastanza ampio,
su quello che può a buon dritto definirsi come un
largo compendio della vita del Capitano al principio
del '600.
Ma, in
fin de' conti, qual'è
letterario di quest'
valore artistico-
il
opera ?
Francesco Bartoli, che fu il primo biografo delil seguente giudizio sull'opera che lo
l'Andreini, dette
segnala all'attenzione degh studiosi
c(
Capitano Spavento sono
« cosi richiedeva
« nostro
«
il
ripiene
d'iperboli,
carattere di quel
Francesco rappresentato ;
peraltro di buoni sentimenti
Le Bravure del
«
:
ma
perchè
personaggio dal
spoglie
filosofici e
di
non sono
un sen-
« tenzioso morigerato e instruttivo ».
(1) È vero che al I, 20 ha detto di aver sposato Megera; ma.... un
matrimonio non è valido. D' altronde, il libro dell' Andreini è pi^no
zeppo delle più impudenti contraddizioni!
tal
143
Il buon Bartoli si mostrava adunque abbastanza,
non esageratamente benevolo verso l'Andreini, ed
ha, secondo me, ragione, perchè non bisogna giudicare
se
di quest'opera
come
da un punto
dee
resto
del
lavoro, subordinare
intendimenti
E
dell'
il
di vista assoluto,
in generale per
farsi
nostro
giudizio
moda
in verità, data la
concetti e la baroccaggine
agli occhi de'
;
opera eccellente.
assurdità
de' suoi
ragionamenti non
contemporanei che accrescerne
con
scritto
1'
de' suoi
il
ex-comico Geloso riproqualche più- o meno leggiera
ed è probabile che
ducesse in
tempi e agli
d'allora e lo scopo che
egli faceva
La inverosimiglianza de' racconti,
doveva
bensì,
autore.
l'Andreini doveva proporsi,
merito
a'
ma
qualunque
1'
modificazione quello che già in teatro aveva declamato
dunque
a viva voce, che facesse
in certo
autobiografìa di Capitano Spavento,
esatti, il
così
a'
suo testamento
frottole
che avean potenza
sea.
modo
la
sua
per essere più
giacché egli legava
artistico,
suoi successori una ricchissima messe di quelle
grossolane
I
o,
o
« hiperboli » che dir si voglia,
di far tanto ridere
il
pubblico d'allora.
gusti cambiano, e adesso tutto ciò desta la nau-
Ma, se
alla
lunga
Bravure stancano, pur
le
la let-
tura non ne è spiacevole a primo aspetto, ciò che di-
mostra ch'esse non mancano
dimostrano in chi
le scrisse
di un relativo pregio, e
una buona dose d'ingegno
e di fantasìa.
Qualità sprecate, per altro, in omaggio a una profonda degenerazione del buonsenso, a un inverecondo
disprezzo della logica,
tatto e di
misura,
complesso
e
che
e
ad una completa assenza di
rientrano
mente chiamato secentismo. Ora,
chiamarsi,
in
quel
fenomeno
doloroso della nostra letteratura, volgar-
come
se
il
secentismo dee
alcuni vogliono, puro e semplice spa-
144
gnolismo,
r attitudine
mirabilmente
nostre lettere. Che
nostro
del
spaccone conferma
questo malefico influsso sulle
l'ipotesi di
infatti quello stesso tipo
comico che
nel teatro italiano doveva satireggiare gli altezzosi do-
minatori d'Italia colla sferza del ridicolo, veniva stra-
namente
medesima ten-
contraffatto in forza di quella
denza contro cui mirava, in certo modo, ad insorgere.
Le « hiperboli » del Capitan Spavento da Vall'Inferna
si
debbon creder volute a
bella posta
leggiare la spagnuola gonfiezza
sare che ormai
il
;
per meglio di-
oppure convien pen-
gusto fosse talmente corrotto e de-
pravato da sembrar graziose e piacevoli quelle strava-
ganze senza numero che infiorano
che
la
satira,
il
libro dell'Andreini?
cose andava n proprio cosi
onde si vede
maschera del Capitano restò soltanto inconscia
mentre nella pratica essa rendevasi, senz'accor-
Purtroppo
le
;
gersene, colpevole dello stesso vizio alla cui riprensione
era dapprima diretta, diventando quindi indegna dell'alta
missione sua correttrice.
Le Bravure segnano appunto il culmine estremo
non si poteva andar più oltre
della ingloriosa parabola
:
nella mostruosità dell' inverosimile, nella sublimazione
del grottesco e dell'assurdo.
145
VII.
—
/ Balli di Sfessania,
Fine della maschera.
Storia estema del Capitano
—
Costumi ed attori
I
loro,
comici
italiani,
maestri impareggiabili
avevano sulla fine del '500 e
a'
—
nell' arte
principi del secolo
seguente acquistato fama Europea : principi e monarchi
li disputavano, le più cospicue Corti reputavano ad
se
onore
di
di ospitarli e tributar loro
ammirazione e
— neanche
Ma
di simpatìa.
in patria — godettero
e riputazione
come presso
i
in
più
nessun
essi si
omaggi
caldi
altro
luogo
grande fortuna
la ricca e intellettuale
Corte
di Francia, ov'essi dovevano anche esercitare un notevole influsso sulla letteratura drammatica nazionale,
,
da Corneille fino a Molière.
ritesserne la
d'
altronde è anche oggi
la relativa scarsezza e
non
è
nemmeno
il
frammentarietà
va
ed
Toldo in Revue
altri,
citata
de'
per
documenti;
intimi e palesi
sulla
conseguente
relazioni, che ispiravano
e
na-
già al Molane! lo
Comédie italienne (Paris, Dicome recentissima una diligente mono-,
studio ormai vecchiotto Molière
grana
quale
italiana e la francese (1); e
commedia
intrattenerci
dier, 1867)
luogo di
nostri comici, vennero a
i
stabilirsi fra la
Su queste ben note
il
storia, la
d' insistere sugi'
caso
neppure giova
di P.
è questo
difficilissima a seguirsi,
rapporti che, intermediari
(1)
Non
non breve ed avventurosa
et
la
d' Hiat. Lett.
de la France,
V
(1898) p. 554 sgg.
10
146
turai filiazione del Capitano
cessori d' oltr'
Alpe
francese
prede-
da' suoi
Ma, sul punto
(1).
tratteggiare
di
in brevi linee la storia esterna del Capitano, passando
in rassegna
principali costumi
i
ond'esso fu insignito
nomi più famosi degli attori che lo incarnarono,
dobbiamo prender le mosse dall'opera geniale e vigorosa, se non storicamente fedele, di un celebre artista
francese, fiorito nella prima metà del sec. XVII.
e
i
Jacopo Callot (1592-1635), nobile lorenese, discepolo del fiorentino Giulio Parigi, intagliatore in rame,
ebbe
la felice idea di riunire
tempo
voli tipi comici del
Baldinucci (2)
—
suo,
insieme
i
più ragguarde-
—
componendo
scrive
Danseurs) in ciascheduno
€ Sfessania (o Petits
« sono figure piccole, in
atti,
de' quali
moti e gestì ridicolosi rap-
« presentanti tutti gli Istrioni che in que' suoi
«
«
il
« ventiquattro pezzi intitolati Balli di
tempi
camminavano per l'Europa, esercitando per lo più
arte buffonesca.
Si aggiungano poi « altri 24 pezzi,
i>
« rappresentanti diversi baroni o cialtroni fles
«
il
GueuxJ,
primo dei quali sostiene una sdrucita insegna, in
Capitano de* Baroni. » Sono dunque set-
« cui è scritto
tanta in tutto
i
ritratti datici dal Callot; mqi
sogno di notare che
il
duceva, secondo ogni probabilità,
fantasìa, tanto più
determinato,
ma
golare abilità, di
(1)
Non
ma
inoltre
ove
il
che
essi
In ogni caso
attori.
il
uno
non
farà bi-
bulino dell'artista francese ripro-
il
tipi foggiati dalla
numero
dì questi tipi
sua
non era
cambiavano a talento de' singoli
Callot dette prova di
una
sin-
« spirito vivacissimo nell' imitare
solo le caratteristiche generali
concordano
perfettamente,
buona parte delle commedio francesi del sec. XVI e XVII
Gap. ha parte, sono ricalcate su originali italiani; cfr. Fest op. cit,
p. 58 sgg.
^•15
(2) Fil.
in qua
—
Baldinucci Notizie de' professori del disegno da
Firenze, Stecchi, 1767
Tom. XIV
p. 141 sgg.
Cimabue
147
€
il
come
vero »,
gli
riconosce
il
Baldinucci,
diffonde a rilevarne le artistiche virtù.
cisore di
Nancy
come una
a'
è
una
non
e
invero
Sono parecchi
i
ammirazione e
tipi di
nanzi nei Petits Danseurs.
Capitano che
— Come
spaccone? «
la figura dello
«
lampanaio
«r
tien legato
«
guaina un ragno ha ricamato
«
cappello
«
della
«
setolosi, e
(2)
è avvolto in
:
fianco
al
sinistra
posa
spada
la
che
Un
si
anche
di studio (1).
ci sfilan
coso stentato e al-
un mantelletto
spelato, e
uno spadone, intorno
la tela (3).
Porta
alla cui
fissa al
dritta
mano
destra solennemente sull* elsa
efficace descrizione disegna assai
bene
mentali e tipici della maschera che
negli
di-
presenta di solito
» (4). Così lo Scherillo, la cui sobria
variò ne' nomi,
ci
piuma tarlata, colle dita
attorciglia un par di baffi lunghi e
una lunga e
mano
si
l'in-
a torto è considerato
gloria dell' arte francese, la cui opera
nostri giorni è oggetto di
« della
quale
delle figure più originali
dell'arte,
offre la storia
E
il
atteggiamenti
i
pur
tratti
ma
fonda-
tanto spesso
e negli abiti, dai
Su Jacques Callot e le sue opere cfr. i due moderni lavori franMarius Vachon (Paris, S. Roman, 4887) e di Henry Bouchot (Paris, Lib. Hachette et C, 1889).
(2) Nel noto romanzo Le Cap. Fracassa il Gautier insiste molto
sulla eccezionale magrezza del suo Matamoros simile all' ischeletrito Cavaliere dalla Trista figura. Ecco com'egli lo descrive a pag. 45 Voi. 1°:
« Le Tranche-montagne était maigre, hàve, noir et sec comme un penda
« d'été. La peau semblait un parchemin colle sur des os, un grand nez re« courbè en bec de proie, et dont l'arète mince luisait comme de la come,
« élevait sa cloison entro les deux cótés de sa figure aiguisée en navette,
« et encore allongée par une barbico pointue ». Sembra il ritratto di Don
Chisciotte! Ciò che indurrà l'autore a immaginare romanzescamente che
il suo povero Matamoros muoia di freddo, vittima appunto della sua eccezionale magrezza (pag. 221 sgg.).
pendait une rosace ouvrée deli(3) « Au bout de ce long estoc
« catement en fils d' archal fort tenus, représentant une toile d'araignée,
« preuve convaingante du peu d' usage que faisait Matamoros de ce ter« rible engin de guerre. » (Gautier, op. cit. Voi. I p. 173).
(1)
cesi di
(4) Scherillo op. cit. p. 96.
148
figurini del teatro
classico
Commedia
smaglianti della
a
quelli
più
variopinti e
dell'Arte (1).
Quivi, stando al Riccoboni, parrebbe che dovesse
una separazione netta
farsi
lo
Spagnuolo. Ma,
non
servato
differenza,
fra
il
Capitano Italiano e
modo che abbiamo
allo stesso
esservi letterariamente
anche ne' due
così
Riccoboni stesso ce ne dà
os-
nessuna sostanziale
diversi costumi che
il
una
grande analogia, sebbene i dettagli dell'abito non combinino, e la posa sia alquanto diversa. In entrambi il
medesimo portamento altiero, sprezzante, il capo eretto,
una folta chioma ondeggiante e spiovente sulle spalle,
un par di baffi insolenti. Senonchè lo Spagnuolo, colla
sua spada sguainata in una posa schermistica, offre
una nuance di spavalderia più feroce del suo compagno, il quale sta colle mani puntate su' fianchi, in
atto di pavoneggiarsi
ghissimo
colletto
di
Del
ripetiamo,
loro
la
(,1)
i.
corrente,
esistita,
si
è
e.
T>)V
x(»'^/;v,
cit.
p. 273.
s'ignoran dati precisi
:
alle
seppur essa può
venuta naturalmente a
Lessico di Polluce IV 147;
(da.
sni-
fierezza e
cfr.
Boet-
miles gloriostis
congetturale traccia rimarrebbe,
maschere
unica e affatto
cosi
sottilizzar
squassar la chioma, come segno di
Quanto poi
lun-
poi gli
rivelasi
Delle maschere greche dello aT/JaTtwT»; siriaiKTroc
di terribilità) v. la descrizione nel
tiger op.
parentela
Il
manopole
all'Italiano.
marcata che dobbiam rinunciare a
veramente
(7ìt5tv
vanità.
esagerate
mantello svolazzante
il
troppo, mentre la doppia
dirsi
e le
maggior sveltezza che manca
dà un'aria
resto,
immensa sua
nella
inamidato
rivelan la sua nazione,
stretta e
(2), è facil riconoscere
latine del
un bassorilievo del Museo Kircheriano, riprodotto dal Ficoroni
(Le Maschere sceniche e le figure comiche d'antichi Romani. Roma,
De Rossi, 1735) tav. Ili, p. 29. Il Pougin, Dictionn. du Théàtre, Paris,
Dìdot, 1885, p. 137 riporta, non so donde, una figura colla scritta thraso
se mai, in
MiLES
;
ma all' infuori
(2)
Op.
cit.
Voi.
del titolo
II, flg.
non presenta
9 e
10.
speciali caratteristiche.
149
insieme in un unico tipo, modificantesi volta
fondere
per volta a seconda delle circostanze e a talento de' singoli attori.
In capolista de' capitani spagnuoli va segnalato
il
Gap. Carbone, epiteto consacrato e quasi antonomastico
maschera, come mostra, non
della
ove
disapprova
Boccalini
il
medie del personaggio del
lendosi
cosi
Anche
la celebre
Fiera
nella
designare
nome
l'introduzione
II,
capitano
il
datane
»
dal
teatro,
Ed anche un
vo-
lo stesso
reca questo
Vecchi,
agli eruditi,
attore se ne insignì:
come
Y opera
primordiale tentativo di ciò che poi divenne
buffa (2).
com-
Buonarroti
ha
Orazio
di
ben nota
»,
in genere (1).
Att. Ili, se. 2')
neW Anfipamaso
comedia harmonica
nelle
Cardone
Spagnuolo
descrizione
(Giorn.
(Cent. I Ragg. 78),
« capitano
puramente generico. Sul
carattere
la «
lo
quel luogo
foss' altro,
Parnaso
già citato de* Ragguagli di
Giovanni
Pelesino, della comica compagnia degli Uniti, di cui
non sappiamo quasi niente
tuttavia
quadretto consta
con Maramao
canna
d'un....
d'
un gruppo
(3).
come
Ne' Balli di Sfessania ove,
di due,
si
sa,
ciascun
Cardone è unito
(4), eh' è in atto di puntargli addosso la
gran lavativo. Appunto perciò Cardone
è quasi ignudo, e la sua persona smilza, ossuta,
un par
nita di
di
gambe lunghe
mu-
e storte, e terminata
da un viso deforme con naso ad uncino, cui sovrastano
(1)
Che
città della
Cardona
(2)
p. 42 sgg.
significa Gap.
Spagna
in
Cardone? Forse può riawicinarsi a Cardona,
di Lerida: cfr. don Juan Cardon de
provincia
Tabemaria di G. B. della Porta.
ristampata dal Paglicci-Brozzi, in Gazz. Music. XLVIII (1893)
per la recensione del Rénier cfr. Gior. Stor. XXII (1893)
nella
Fu
—
p. 379.
(3) Cfr.
(4)
D'Ancona Origini
etc. II
511 n.
Su Maramao ha una lunga nota
2, e
Baschet op.
cit.
lo Scherillo (p. 97 n. 2).
p. 91.
150
piume
le caratteristiche
mico
Un
gruppo
altro
BARDON
«
un
è di
(1),
effetto assai co-
(2).
primo
Il
« dagli abiti attillati,
berretto e le brache frastagliate, la spada
il
« e calzato di stivali
quasi minacciare
volta le spalle,
il
ma
Bom-
del Callot è formato da Gap.
e Gap. Grillo.
al
fianco
sembra
a rivolte smerlate (3) »
suo compagno. Gap. Grillo, che gli
guarda dietro a sé con aria sardo-
nica e con quel suo naso adunco, lunghissimo.
Malagamba
Sand
ce
«
:
.
.
.
.
e Bellavita
sono così
descritti
dal
sbilenchi tutt' e due, salutandosi con pre-
cauzione e diffidenza, portano immensi goletti insal-
1 dati, giarrettiere esagerate
«
maniche,
e
moda
Il
le
brache,
sopra
gli stivali
le loro
alla
tempo di Francesco I » (4).
Gapitano Babèo è notevole per una grande
del
bottoniera che gli attraversa l'abito, e porta
ne
GùcuBA,
giustifica
le
il
la
spada
gambe. La sua aria d'imnome. Gon lui si accompagna
sconciamente cacciata infra
becille
;
sono frastagliate
calze
le
braccia alzate
le
come
in atto di ballar la ta-
rantella (5).
Notiamo ancora Tagliacantoni che incrocia la spauno spadino lungo e sottile, colla grossa e corta
sciabola di legno di Fracasso (6). Tagliacantoni è, seda,
(1)
di'
Le piume, lo spennacchio e altri emblemi consimili sono indici
come la cresta del gallo. Un significato analogo deve
spavalderia,
quindi avere lo
« stecco
d'argento
»
che
il
Capitano porta
al cappello
Pantalone del Gatticci (II, 3), e di cui lo Stappato
domanda, un po' ingenuamente, che cosa mai stesse
nella Bizzarrìa di
(op. cit, p. 58) si
ad indicare.
(2) Per le figure rimandiamo a' Comici del Rasi. cfr. voi. I, p. 01.
(3) Maur. Sand. Masques et bouffons de la comédie italienne (Paris,
M. Levy fr., 1860) voi. I, p. 193 sg. dove son raggruppate tutte le descrizioni qui citate.
(4) Id.
I,
67.
(5) Id. I, 71.
(6) Id.
I,
75.
—
Per
la figura v. Rasi
I,
64.
151
condo
parole del Sand, « vestito d'abiti
le
un
berretto piumato,
fi:
perto
«e
di stoffa legati
d'
Fracasso
è,
camice
del
mente
con pretensione
per una stranezza
».
suo avversario
Il
barbetta a punta, fa
compagni
suoi
—
ne' Balli
della collezione.
lo ritrae nel
col
suo romanzo
Gautier
il
Del Capitano Spezzamonti
cogli altri
(in
(1)
—
non va
proverbiale, quale
Fracassa
Gap.
e colla sua
Fracasso del Callot
Il
anche Fricasso
trovasi
dunque confuso
rivestito
inesplicabile,
monumentale berrettone
un singolare contrasto
col
co-
con quel suo abito ridicol-
di Pulcinella; e,
largo,
stretti,
garetti cinti di pezzi
i
(2).
Tranche-
francese
Montagne) è detto dal Sand eh' ei e chiudeva gli oc« chi quando combatteva contr' i suoi nemici per non
ce
veder
pezzi
i
eh' ei
stava per tagliare
costume
mentre tenta
suo
« re (3) D. Il
è furibondo e,
è
un
di
e squarcia-
de' soliti
estrar
dal
;
ma
egli
fodero la
spada arrugginita, dalla bocca sembra scagliare un lungo
B Agatino (4), che l'evita voltan-
getto di saliva contro
con tutta
dosi indietro e piegandosi
meno
ridicola del resto di quella del
Questi
(1)
Rasi
i
la
persona, non
suo nemico.
più salienti del caleidoscopio Gallot-
tipi
id. I, 890.
Questo nome, forse inventato dal Folengo col suo gigante Fracaasus (v. più addietro, p. 46 n. 1), passò anche come soprannome di un capitano della casa Sanseverino (cfr. Croce Rie. isp. it. II, p. 18 n. 2) e
ritrovasi, nella persona di Fracasso da Bergamo, in Bandelle Giorn. I,
(2)
Nov.
XXXIV. Di
a p. 98 n.
(3)
esso
abbiamo
citato gli
esempì della commedia erudita
4.
Ne' Betti et fatti de diversi
etc. di
Lorenzini, 1562) leggo a p. 33 la seguente
Lud. Domenichi (Venezia, Fr.
thrasonerìa : « Bellegambe,
da Viadana diceva, che quando faceva alle coltellate, serrava gli occhi
per non vedere i pezzi degli huomini che volavano per aria ». Il Galiani (Vocab. Napol. II, 130) ricorda un « Pascariello Spaccamonte, fa«
et
«
moso saltimbanco che
«
Mattamoros
(4)
Rasi
si
rese celebre nel finger la parte del Capitano
».
id. I, 77.
Su Bagatino
v.
Sand
II, 290.
152
ma
tiano;
di volo
«
Capitan Zerbino,
il
ì>,
mano
la
Capitano Cerimonia, «
il
sulla spada la cui
« sollevando
dal pen-
»,
di
oc-
garetti tesi,
i
punta minaccia
mantello tutto intiero
il
<r
maschera ornata
nacchio trionfante e dalla
« chiali (1)
«
ancora ve ne sarebbero, acuì accenna
altri
Sand, come
il
ma
il
cielo
che merita
nondimeno il suo nome per il dolce sguardo eh' ei
sembra lanciare attraverso alla maschera alla Sig. Lache
vinia,
gli sta di
contro
(2). Inflne
il
Gap. Cocco-
drillo con Cap. Esgangherato; e nella collezione dei
Gueux
roni
modo
spicca in
singolare
il
Capitano de' Ba-
(3).
Ma
matica
queste figure sono,
tutte
osserva
i>,
come giustamente
Rasi, « di un'esattezza storica assai proble-
il
e
non
si
debbon altrimenti concepire che come
variazioni fantastiche di
un
tipo
comune
nella realtà,
e realmente soggetto a svariati travestimenti.
Gli studiosi pertanto
meno
facilmente
i
hanno potuto
nomi ne vestiron la
dovea portare spesso la maschera
sotto diversi
risulta
da alcune delle figurine del
duce
dal Cod. Corsiniano
i
ritratti
attori
che
Il
Capitano
al volto,
a quanto
divisa.
Callot,
quell'informe abbozzo del Capitanio che
via per lo più
ritrovare più
costumi de' principali
ed anche da
il
Rasi ripro-
(Scen. Locatelli) (4). Tutta-
conservati appaiono senza
ma-
non vi si riscontra nessuna
norma speciale che ne fìssi o ne regoli le modalità, come
avviene p. es. del costume di Arlecchino o di Pulcinella; onde non sarà del tutto inutile rifarne la non
schera, e riguardo
(1) Rasi id.
I,
961.
(2) Rasi id.
I,
172.
(3)
Per
all'
abito
la descrizione cfr. Scherillo p. 98.
(4) Rasi id.
I,
742.
153
troppo lunga enumerazione
(1),
secondo
resultati degli
i
studi più recenti, specialmente del Rasi.
Del Capitano Spavento da Vall* Inferna, l'autore
che primo
Bravure
Francesco Andreini
—
delle
si
presenta nella serie
—
—
lasciò
un
ritratto
il
pittore
Bernardino Poccetti, introducendolo in una lunetta del
chiostro della SS. Annunziata di Firenze nel 1769, as-
posteriormente dunque a quello del
sai
inserito nell' ediz.
Veneziana delle
Bravure
Tumermann
1623
del
(2).
eviSand ne dà pure un ritratto (3); ma
cervellotica
ricostruzione
dentemente non è che una
di chi non ha neppure veduto la figura autentica
questo
Il
—
o almeno, più prossima
Spavento; quindi
nelle spoglie di
di
autenticità
all'
documento, e
il
—
dell'
Andreini
non ha importanza
personaggio rappresentatovi può be-
nissimo chiamarsi Capitano Spavento,
mente r Andreini. Questi,
stando
ma non
è certa-
al ritratto del
Poc-
un cappello di feltro a larga tesa con una
grande piuma bianca. Il torace è rinserrato in un angusto e corto abito che rassomiglia all' armatura di un
porta
cetti,
maniche amplissime, su cui si
Un gran
antico soldato, salvo le
ribattono de' pesanti guantoni da schermidore.
mantello
gli
avvolge
(1) Gfr. Bartoli,
le spalle, e
Introduz.
cit.
p.
un par
CLXIX-CLXX,
di calzoncini.
Scherillo. op. cit.
p. 99-105.
(2) li Rasi (voi. I, p. 55 e 83) li riproduce entrambi, anzi del primo
anche un ingrandimento a colori (tav. I), aggiungendo importanti
schiarimenti illustrativi a pag. 87. Oltracciò il Rasi stesso (ibid. p. 66) riporta un fac-simile di un disegno a penna del Callot rappresentante il
Capitano, che ne' particolari presenta d' insolito soltanto una piccola daga
appesa alla cintola. Ma del rimanente non è press' a poco lo stesso co-
offre
stume
dell'
Andreini
?
Anzi, vi è perfino
lungo pizzo fluente e ne'
Chissà che
esso
il
il
Callot
baffi
non avesse proprio
celeberrimo Cap. Spavento
(3) Voi. I tav. 12, e
per
una rassomiglianza
abbondanti, col
l'
l'
ritratto del
fisica,
nel
Tumermann.
intenzione di raffigurare anche
!
illustrazione p. 354.
154
o piuttosto brache giungono appena fino alla coscia,
mentre tutte le gambe rimangono scoperte e strette
da lunghe calze, tenute ferme dalle giarrettiere presso
ginocchio.
il
Un nome
molto caro
— uccisore
TAMOROS
al
sione evidente agli Spagnuoli
ov'è questo
con etimologìa ed allu-
— specialmente in Francia
suo appellativo più comune, cominciando
il
dal protagonista dell' Illusion
Comique
Fra' comici militò ed ottenne fama
il
Ma-
Capitano fu quello di
di Mori,
di Gorneille (1).
sotto questo titolo
napoletano Silvio Fiorillo, di cui non possono
sarsi
con
precisione
fis-
d'età (2), segnalato agli
limiti
i
non come l'inventore, almeno come un degli
maschera di Pulcinella. Ma egli dovè
sempre recitare come Matamoros (3) e quivi acquistarsi
la sua massima gloria, se si dee giudicare dall' entustorici se
iniziatori della
da Pier Maria Cecchini, che « per
siastica lode fattane
« fare
Capitano spagnuolo non ha avuto chi
il
che
« et forse pochi
varie
compagnie
commedia: /
dice
Fu
».
lo
—
il
presenta un' azione
(1) Cfr. Fest. op.
(2)
Nel 1584 era
mai
molto
cit. p.
fra*
si cita di lui
Rasi, voi.
I,
altro
a
immaginano
».
che
Vi
la
rap-
si
piena di strava-
intricata,
95 sgg.
etc.)
lui
riportata in
p. 291).
Pulcinella etc. p. 45.
Frutti delle mod. comm. etc.
(3) Croce,
(4)
di
non fanno che
conduttori di compagnia a Napoli,
lettera di Tristano Martinelli (1612),
(cfr.
s'
(La Lucilla Costante
921 sgg- Non può esser che
opera che
p.
giorno
—
esempio
« gonfiarsi e lodarsi e vanagloriarsi di quello
notte sognano e
Ri-
i
vanagloriosi, composta
« per vero specchio ed
« alcuni bravi in credenza, che
((
avanzi
attore in
qui nominare la
scrittore basti
tre Capitani
Prologo
il
agguaglino (4)
(fra gli Accesi, gli Affezionati e
come
e di lui
soluti),
lo
p. 35.
il
e l'ultima
usci nel 1632
Matamoros
Baschet op.
cit.
:
cfr.
della
p.
225
155
ganti accidenti, ove
tre Capitani,
stanno
continuamente in scena
Matamoros, Don Corta Rincones e
pesta, de' quali
i
primi due parlano spagnuolo,
1'
i
Temultimo
in italiano.
Sul frontispizio di questa commedia
Maccarano, 1621) vedesi
il
credersi autentico perchè è, a distanza
differente edizione, la
riproduzione
datone
Ghirlanda
nell'egloga
conforme
la
che può
tempo e in
di
del ritratto
esatta
(1).
Vi
si
presenta
spagnuolo descritto dal Riccoboni
tipo di
al
(ediz. Napoli,
ritratto del Fiorillo
:
cappello piumato, veste larga e colletto insaldato, cal-
spada
zoni corti, la
fianco, e
al
un par
d'
occhi e di
che fan paura a guardarli.
baffi
Accanto a Matamoros
Fabrizio
1637)
De Fornaris
(2). Il
a Parigi nel
De
va nominato
detto Cap.
il
suo emulo
Coccodrillo (1560-
Fornaris, comico Confidente, pubblicò
1585
1'
Angelica
eh' egli avea scritto de-
sumendola da uno scenario regalatogli a Venezia da
un gentiluomo napoletano (3). « Fu comico i> come
attesta il Bartoli, « di mirabile ingegno e pratico di
« varie lingue: ei soleva recitare in ispagnuolo
costume non
si
non potendosi
conosce,
derare come ritratto
del Cap.
j. Il
al certo
Coccodrillo Y
suo
consi-
omonima
caricatura Callottiana unita con Cap. Esgangherato.
Sempre a Parigi, mentre nel baraccone della piazza
Dauphine s' illustrava, verso il 1522, col classico pseudomino di Rodomonte, il ciarlatano Mondor anch' egli,
(1) Napoli, Longo, 1608. È accompagnato da un Retrato del Cap. Matamoros, in ottave alternate spagnuole e italiane cfr. Croce / teatri di
Napoli (Napoli, Pierro, 1891), p. 66 sgg. Sul Matamoros che vedesi nel
quadro de' Buffoni francesi e italiani cfr. Rasi loc. cit.
(2) Date offerte dal Sand(l, 195) e accettate fino a prova contraria
:
anche dal Rasi
(3)
voi.
I.
p.
Fr. Bartoli, op.
742 sgg.
cit. I,
230 sgg.
156
dicono, italiano
d' origine,
—
lustre Tabarin (4)
compagnia
recitava la
Andreini,
compagno ed
associato dell'il-
de Bourgogne
al teatro dell'Hotel
da G. Batta.
de' Fedeli, condotta
Francesco, ove le parti del Gap. Rino-
figlio di
ceronte eran sostenute dal ferrarese Girolamo Garavini, di cui Frane. Bartoli
« Rappresentava egli in
« teatro questo personaggio con armigero impeto, im« primendo timore, e inventando bravure oltre l'umano
:
troppo fantastiche e piene di iperboli
« credere
Che anche a
lui si riferissero le critiche
più addietro ricordate?
moso per
la
sua
gli fu trovato
la
sua
ritrovato
un asprissimo
Andreini un de' più
del Teatro
tesi
un
ritratto di
La maschera
rillo,
dell'
sua morte
(alla
che por-
cilicio),
argomenti
validi
celeste (3).
autenticità
Composizioni di rettorica
rimase fa-
4624, e
devozione
indosso
geva a G. Batta
per
Morì nel
religiosità e
Il
(2).
3>
Cecchini
del
Rasi ne ha
non dubbia
nelle
Arlecchino Martinelli.
è somigliantissima a quella di Silvio Fio-
come
cosi nella terribilità dell' atteggiamento
nei
dettagli del costume.
Non
molti anni dopo, nel 4639 secondo
giungeva a Parigi
Bianchi noto
col
la
nome
ancora vivo nel 4682
narrano
di lui,
mi
compagnia
di
(5).
(4),
Giuseppe
Gap. Spezzaferro, eh' era
Fra' diversi aneddoti che
piace ripetere
il
assai grazioso. Parlandosi della sua
r assicurò del contrario
«
si
seguente, postumo,
morte
M*** medico pretendeva di somigliargli,
di***
Sand
il
diretta da
ma
perchè »
a Versailles,
—
il
principe
argomen-
(1) Cfr. Sand l, 196 e la prefazione agli Oeuvres de Tabarin pubbl.
da G. D' HarmonviUe (Paris, A. Delahays, 1858) p. VI.
(2)
Op.
cit. I,
(3) Rasi, voi.
252.
I,
p.
197-200.
(4)
l,
(5)
Rasi
I,
415 sgg.
984 sgg.
157
tava
—
È
caso di ripetere che se
il
«
Capitano non ha mai ucciso nessuno j
Il
Due costumi
non è
Spezzaferro
di
(1).
ben trovata.
rimangono in an-
vera, è
tiche incisioni della Nazionale di Parigi, riprodotte dal
Rasi
(2).
La prima che
reca
il
motto:
Ce Capitan fait grand esclat
Et sa valeur est si parfaite
Q'il est des derniers au combat
Et de premiers à la retraite
fiorami
scritta
e
co'
con
guarnita
giacca
lo ritrae in
guantoni
da
bottoniere a
ricche
scherma:
con
altra
1'
la
:
Spezzaferro est rude à l'espade
Mais ce n'est qu'en rodomontade
ha
il
mantello e
mosissimo
spagnuola.
colletto insaldato alla
il
Nella compagnia
Bianchi era
condotta dal
Scaramuccia,
al secolo
Tiberio
il
fa-
Fiorilli,
napoletano n. nel 1608 e che nel 1692 recitava ancora
Lo
a Parigi (3).
Scherillo gli assegna
nella sua lista di Capitani
:
posto d'onore
venne ad
pitano (mentre in Francia « on
il
Scaramuccia
boni, parlando della maschera di
sicuri che in Italia essa
il
ma, nonostantechè
le
Ricco-
(4), as-
identificarsi col
mit à tonte sauce
Ca»),
sembra più probabile che il Fiorilli dovesse mantenere
un ruolo ben distinto da quello del Capitano, dal momento eh' egli trovavasi nella compagnia del Bianchi,
Cap. Spezzaferro.
Il
suo
stesso
nio: semplice assai e tutto
fianco,
(1)
ma
Lo
anche,
citano
(2) Loc. cit.
(3)
Rasi
I,
È
il
a
Sand
il
Rasi, dal Livre
del tutto fantastico
888-912.
(4) Op. cit. II, p. 315.
il
n' è testimo-
collo
la chitarra
tracolla,
e
costume
in nero,
spadino al
che
sana nom p.
Sand voi.
ritratto del
ne
ri-
272.
I,
tav. 13.
158
vela senz' altro la patria, Napoli, la terra prediletta dei
musica
canti e della
(1).
Del resto, anche altre maschere
provenienza
di
meridionale, senza esser precisamente Capitani,
meno
sono più
facilmente ricondurre
si
pos-
nostro tipo.
al
Ciò dicasi, a mo' d'esempio,
del Coviello (2), primo
Zanni che sovente la fa da spaccone; onde il detto
popolare e È un Coviello » per designare un bravaccio. Il suo carattere non fu mai ben determinato;
:
ma
,
ancora
principio del secolo presente esso appa-
al
riva talvolta nel
teatro di
come
Ma, tornando
descrive
preziose fonti francesi,
poco
pagliatamente negli archivi
nuovo
:
verso
il
il
Sand
suo nuo\o
al
(3).
in
Francia,
commancando le
o niente
si
italiani, e si
ricava spar-
può
;
parti
le
innamorato,
col
di
nome
Capitano, prima era secondo
di Ortensio,
fra'
Gelosi eppoi
Confidenti (5); Federico Beretta, verso
il
1675(6);
Gius. Ant. Fiala, napoletano, comico di S. A.
di
Modena,
fiorito nella
col titolo di
Cap.
(1) Cfr. Riccoboni op.
(3)
scorso,
cit. Il flg.
I,
p.
11.
(7); etc.
Sand
sec.
E
il
Duca
XVIP,
il
vecchio
voi. II, tav. 43, e
per la
889 e 901.
Sand II, 287-290. Ferrucci Arte rappr. p. 283.
Di altre maschere regionali della famiglia del Capitano, è
come appendice,
(4> Rasi
I,
39.
(5) Rasi
I.
169.
(6) Rasi
I,
354.
Rasi
I,
876.
(7)
seconda metà del
Sbranaleoni
illustrazione p. 371, Rasi voi.
(2")
far solo
Rasi ne ha tirato fuori qualcuno di
Il
Diego Angatoni (Sangre y Fuego), spagnuolo,
1658 (4) Franc. Antonazzoni, che fece sol
da vecchio
fra'
suo costume allora,
veri e propri Capitani, delle
a'
pagnie che non passarono
qualche nome.
Il
divenne adattato
diverso dal primitivo,
atteggiamento,
con una parte
marionette,
simile a quella dell'antico milea.
nel cap. VIII.
di-
159
due Frang. Manpone intorno al
Bartoli ne aveva già segnalati altri
Terremoto
zANi, ossia Gap.
1655
e
(1),
:
eh' egli
Gap. Spacca, Nicola Boniti, napoletano,
il
che sarebbe morto nel 1750
ultimo nella serie di
(2),
cui rimanga memoria.
Serie non tanto
numerosa quanto
Capur sempre
gli epiteti de'
ma
che ricorrono nelle commedie,
pitani
assai svariata e ricca di figure caratteristiche, che do-
vevan servire
modello a Teofilo Gautier per
di
il
suo
celebre Capitarne Fracassa.
Quivi la vita de' comici divien romanzo
nome
Matamoros
barone
i
di
ove
(3),
e l'ufficio di Capitano, in sostituzione del
il
morto
compagnia, viene assunto dal giovane
della
un nobile Guascone rovinato, cui
ingenua Isabella avevano persuaso
Sigognac,
begli occhi
dell'
ad abbandonar
quiete miserabile del suo diroccato
la
castello per seguire l'avventuroso pellegrinaggio di
que-
gli zingari dell'Arte.
So bene che qui siamo in pieno romanzo
;
pure
gli
avvertimenti che l'autore fa per bocca del vecchio Bel-
lambre dare
al....
troppo focoso Capitano, mi sembran
quasi una voce del passato che insegna,
teatro alla
mano,
storia del
la
che fu o che dovè essere quel-
ciò
r infelice vittima delle proprie illusioni.
e Fracasso.... voudrait bien étre brave
«
courage, les vaillants lui plaisent, et
((
méme
d'étre si poltron.
qu'exploits heroìques, entreprises
«
gantesques; mais, quand vient
cit. II,
(3)
Ricordiamo
di Paolo Scarron.
I,
il
aime
le
il ne rève
surhumaines et gi-
le péri!,
« nation trop vive lui représente la
(2) Bartoli op. cit.
;
s'indigne lui-
Loin du danger
c(
(1) Bartoli op.
il
son imagi-
douleur des bles-
19.
128.
eh' essa
aveva già dato luogo
al
Rorn in comique
160
«:
sures, le TÌsage
«
manque
:
camard de
la raort, et le
rage
« battre, et la
lui enfielle l'estomac,
mier coup abat sa résolution
«
Capitano Spacca era morto
Il
tempo dopo Francesco
e poco
coeur
se rebiffe d'abord à l'idée de se
il
mais
tipo
suso »
(2). I
tempi
che scriveva in-
fra'
come
di
comici in di-
erano ormai cambiati,
infatti
pre-
metà del sec. XVIII
alla
Bartoli,
ormai decrepito e « andato
media dell'Arte esalava
le
» (1).
torno al 1780, parlava del nostro personaggio
un
lui
laisser
la
Com-
allora gli ultimi aneliti, e
con
essa veniva naturalmente ad estinguersi, insieme colle
anche questa che ivi avea trovato la
il suo maggior lustro (3).
altre maschere,
sua massima espansione e
11 Goldoni stesso, che pur tanto doveva alla Commedia dell'Arte, nella sua immensa produzione non ha
mai tentato il carattere del Capitano con intendimenti
seri. Troviamo, è vero, nell'amante Militare (4) un
tenente
Don
Garzia, soldataccio
pieno di fumo e dì
chiodi, gran giuocatore,
burbanzoso chiacchierone, ganimede sprezzante che rifiuta i vezzi della sua ridicola
innamorata Beatrice, cui
(1)
Gautier op.
(2)
Op.
cit. I,
cit.
213.
Voi.
Ma
il
I,
«
biamo
cit.
le parti
:
dal sospi-
p. 269.
principio
addietro, stando al Quadrio che, verso
« al
avea promesso di spo-
egli
Qui sono dunque rovesciate
sare.
ascoltato volerlo nelle odierne
della sua
il
1740,
decadenza
risale
commedie
rifare....
non gradiscono
popolo perchè danno realmente in scioccherìe e in freddure
IH
part.
II,
più
protestava: « Quanti ab-
».
Op.
p. 219).
(3) Ma nel sec. XVIII il millantatore trova ancora una certa fortuna nella Opera buffa napoletana, figlia della Commedia dell'Arte, fin
dal primo inizio di questa forma teatrale, quale può dirsi VAnflparnaso
del Vecchi. Il Cap. Cardane ebbe quivi una quantità ragguardevole di
discendenti, per cui cfr. M. Scherillo St. letter. dell'Opera buffa napol.
Napoli, Tip. e Ster. R. Univ., 1883, p. 47-48, 55, 62 etc.
(4) Gollez.
Completa
delle
Commedie del Sign. Carlo
Tom. XXVI.
vocato Veneziano (Piacenza, Majno, 1830)
Goldoni, Av-
161
rante burlato della
Commedia
dell'Arte,
egli
tra-
si
sforma in conquistatore arrogante, quantunque verosimilmente la sua conquista non sia gran fatto invidiabile.
Eppoi Don Garzìa
è, in fin
ribile a parole, ne' fatti
un
de' conti,
non
valoroso
disdice. Del
si
ter-
:
resto egli
è creatura dell'ambiente in cui lo ha posto l'immortal
un accampamento militare, in tempo di
Le brusche maniere e un tal quale spirito fan-
Veneziano
guerra.
:
farone divengono in certe contingenze quasi naturai
necessità.
non possiamo
Infine
ricercar nel Goldoni altri rap-
presentanti del fu Capitano,
cui be' tempi son
i
per davvero in questo sec. XIX, dove
bran
un anacronismo.
divenute....
scettiche ed incredule
Tommaso
perchè
si
a'
finiti
sem-
Colle nostre tendenze
segue troppo
sistema di San
il
— per
—
possa
cinquecentisti
trasonismo
la pianta del
vocare una frase cara
vanterìe
le
rie-
frn noi
attecchire con successo.
Non
la
già che
natura
special
il
mal seme ne
umana non
si
rifa,
modo, troppo bene
si
vanità
e,
di ostentazione,
di
ciarlataneria. Di guisa che, se
l'esercito
in
ogni
loro avi,
le stragi
(ma
i
sia del tutto disperso
presta a
un certo grado
un tantino di
spesso, a
i
moderni fanfaroni del-
campioni non ne mancano, in
classe sociale
I),
:
e l'ambiente militare, in
più miti e
meno
verità,
cruenti dei
non enumeran più le battaglie piramidali e
favolose, non sanno tuttavia rinunciare a darsi
delle arie, facendo
loro meriti
e,
bella
soprattutto,
mostra delle loro
more
virtù, dei
solito, delle loro inter-
minabili fortune amorose.
Ma
queste son debolezze
su
cui
il
teatro
degna
appena gettare uno sguardo, di tanto in tanto, sorridendo. Qualche volta l'antichissima caricatura rifa capolino su' teatri di marionette o, magari, nelle farse e
11
162
nelle pochades, sotto le spoglie
cialetto
—
galante
e
frivolo
ammodernate
basti ricordare
dell'uffiil
tenen-
Guerra in tempo di pace del Moser e, fra
le più recenti, anche uno Spagouolo, il t,'^enerale Yrrigua, nella Zampa legata {FU à la patte)! Ma il notino della
stro gusto artistico è troppo fine
scimunitaggini
tarsi di siffatte
ed educato per
lo
;
dilet-
spirito di analisi e
che informa ogni manifestazione intellettuale
di critica
insomma
odierna, tutte
le
esigenze del teatro colto con-
temporaneo richiedono qualchecosa di più e di meglio
che lo spettacolo vuoto ed ingenuo di un insipido spacciator di frottole che pensa di gabbare gli altri ed è
gabbato, che
crede e vuol farsi credere un gigante,
si
ed è un nano. D'altronde, noi
abituati
a
siamo fortunatamente
ci
riguardar la classe militare con occhio al-
quanto più benigno
Giacché, è superfluo ormai ricordarlo, la presenza
del millantatore
in
una data letteratura ha sempre o
un aperto carattere di reazione
quasi sempre assunto
contro certe condizioni o costumi speciali di un'epoca
determinata, o di rappresaglia politica. L'antica Grecia
e r Italia del '500 drizzavano
il
poi vi
era aggiunto
si
il
pungolo contro
soldato raccogliticcio e di ventura
cenario,
straniero invasore.
Trent'Anni, in cui campeggiò
il
profilo eroico
del
di
la terribile
guerra dei
LXXTX
cit.
;
e
p. 643,
Der Soldat im Spiegel der Komódie,
(1895) p. 478.
Wal-
Gustavo Adolfo, produ-
Griphius (1)
(1) Cfr. Reinhardstoettner op.
Dr. Aly,
mer-
fra noi
la tragica figura del
ceva, simbolo sarcastico dettato da odi di parte,
ribilicribrifax
il
un nuovo elemento, la satira dello
Anche altrove era accaduto qual-
checosa di simile. In Germania,
lenstein e
:
VHor-
Shakespeare nella
e
il
lungo articolo del
in Preussich. Jahrbb.
163
immortai creazione
rona
di Falstaff,
di satelliti, Pistol, Poins,
con quella degna co-
Bardolph
tendeva ritrarre in forma drammatica
la
e
Nyms,
in-
profonda corru-
zione ond'era stato circondato, in seno alla Corte inglese,
V (1). Non ci fu altro che la Francia
ricomparsa del soldato fanfarone nel teatro del
giovane Enrico
il
ove
la
sec.
XVI
e XVII, indipendente dalle farse medioevali,
non ebbe
diretta corrispondenza nelle ragioni storiche
e sociali, e dove
marcio
esisteva,
Gap. Matamoros fu un plagio do-
il
vuto air influenza
classico-italiana. Tuttavia
non tanto
e più elevata classe sociale
tamoros
di Corneille
marsi nell'autentico
anche
là
il
quanto in
altra
sicché l'immaginario
Ma-
nella milizia
;
non ebbe gran pena
Marquis di Molière (2).
a trasfor-
Indice infausto d'immoralità e di corruzione, talora
testimonio inevitabile
di servitù,
di
decadenza della dignità personale e
abbassamento, di
delle virtù civili di
un popolo, non
se
è dunque gran fatto da rimpiangere
Capitano ormai è un'ombra del passato. La mo-
il
derna
civiltà
considera
infatti
il
soldato
ignobile strumento di tirannide e di
viduali,
non come un
prepotenze indi-
bensì come un coefficiente necessario e rispet-
un paese. La
non è più che una
grande ed unica corporazione, non già a' servigi da
tato della grandezza e della prosperità di
milizia, divenuta stabile e nazionale,
questo
quel Signore,
ma
libero e fido sostegno alla
sicurezza e agl'interessi dello Stato, nella quale tutti
i
membri si senton fratelli innanzi alla ferrea regola di
una comune disciplina, e in cui i cittadini di uno stesso
sangue e della stessa terra
(1) Cfr.
V.
Herm.
Reinhardstoettner op.
Graf.
si
cit.
uniscono a combattere
p. 671. Sul
milea in Inghilterra,
Dissert. Ro-
Der miles gloriosua im englischen Brama.
stock. s. a. (1891).
(2) Cfr. Fest. op. cit. p. 72, 102 sgg., 116 sgg.
164
in
nome
del dovere e dell'ideale
nonché
concetti ignoti
generarono
La
patriottico. Parole e
calpestati e derisi ne'
lo spettro sinistro
del
Capitano
tempi che
!
rivendicazione dell'onor militare rigenerato
poteva mancare anche sul teatro, e
iniziatore
riempiva
loro
il
Barnhelm
il
(1).
illustre
i
Minna von
Lessing colla
Poco appresso Napoleone
mondo
non
Tedeschi ne fanno
Grande
il
attonito colla meravigliosa leggenda
de' suoi fasti, e la letteratura romantica creava
il
tipo
del veterano, gloriosa reliquia dell' esercito imperiale,
che con voce stanca e
nepoti
egli
affievolita intesse a' figli
ed
r epico racconto di quelle lotte da giganti.
narrava soltanto
la verità,
non sentiva
il
ai
Ed
bisogno
Che dire
mendicar menzogne o sfoderar millanti
infine del soldato del Risorgimento italiano ? Il teatro
di
!
non ne ha mai
raccolto di proposito la figura, forse
perchè essa sta meglio alla semplice grandiosità della
ma la mestoria che a' meschini artifici della scena
;
moria
n' è cara e venerata, e a
l'idea di
confonder
la giusta e
nessuno verrebbe mai
quasi innata baldanza
del valoroso col turgido vaniloquio di
n08M8.
(1) Cfr.
Aly
art. cit. p.
480 sgg.
un miles
glo-
165
Vili.
—
Giangurgolo
il
—
Guappo
Le popolazioni meridionali per
focosa e proclive
tasia,
ria
all'
la
Rogantino.
natura loro stessa
esagerazione ed
voli della fan-
a'
han sempre dato un ottimo contingente
del
millantatore
nostro
;
alla sto-
e fra esse più spiccata-
mente che altrove assunsero questo carattere maschere
puramente regionali, di cui maggiore importanza hanno
calabrese, il Guappo napoletano, e il
il Giangurgolo
romano Rogantino.
Badiamo bene che,
se questi sono
i
tipi
che nella
loro intima essenza ripigliano la natura del miles glo'
potremmo bensì quasi in tutte le maschere
un momento della loro vita in cui esse pre-
riosus, noi
cogliere
accidentale una certa tendenza alla
pur sempre la risorsa dei deboli e degli
sciocchi. Un esempio caratteristico se n' è già visto
nel Coviello. Ma è naturale che noi non dobbiamo fermarci su ciascuna solo perchè in parte abbia cercato
sentano
in
via
vanteria, eh* è
di
muovere
il
riso,
mostrandosi fino a un certo punto
intinta di quel vizio che
Sia
dunque
il
sufficiente
Capitano aveva incarnato.
un cenno
finale
su queste
tre personificazioni, intese respettivamente a rappresen-
tare in forma caratteristica
nomìa
di
moltiplicità di
esclamare
i
tratti
più salienti della
fisio-
un popolo. È un fenomeno strano questa
al
maschere
locali in Italia, ciò
francese Federico Mercey
:
che faceva
166
Cosa singolare e degna di nota l' Italia è forse
Europa dove ciascuna provincia ha
suo tipo comico, personificazione de' lati ridicoli
«
«r
il
«
il
«
di
!
solo paese dell'
un popolo
e di certe abitudini morali, e dove
« sto tipo si è religiosamente conservato.
« questi
non è dunque senza interesse
tipi
«
mostra
((
sotto
«
lingua
«.
grado
« d' oggi,
di
esso ci
impreveduti, aiuta la conoscenza della
abitudini nazionali e, mettendoci in
delle
paragonarne
di
;
carattere di ciascuna popolazione italiana
il
aspetti
e
que-
Lo studio
completa
i
costumi
la storia del
Cominciamo da
d' ieri
popolo »
Giangurgolo,
(1).
senza
un' altra volta sulla etimologìa di questo
con quelli
sofisticare
nom e,
Giovan-Gurgolo, cioè Giovanni
sulta chiara da
che
ri-
Goloso, mentre il ricordo che il Rasi fa di un Zan Gurgola (2) mi sembra portare press' a poco alle medesime
il
conclusioni.
Narra una tradizione che questa maschera avrebbe
un'origine storica. Occupata la Sicilia da Vittorio
deo
di
Savoia in
di Utrecht, alcuni
gentiluomini
siciliani
che preferivan
nuovo dominatore, passarono lo
cando a Reggio (3). Ma lo Spagnolismo,
l'esilio al
(1) Gfr. gli studi di F.
Deux Mondea,
et
Ame-
seguito alle convenzioni del trattato
Mercey sul Théàtre en
1840 (15 marzo,
I
Stenterello
;
Stretto, sbardi cui questi
Italie in
15 aprile,
II
Revue dea
Meo Patacca
Cassandrino ; 1 giugno, III Scaramouche et Pulcinella; 1" settemIV Lea quatre maaquea de la Comédie italienne) II, p. 196 sg,
bre,
(2) Rasi, op.
cit.
Voi. I 79-81.
Maschere e burattini (Roma, Ferino, 1885),
non vorremmo respingere assolutamente
l'attendibilità, va tuttavia messa per lo meno in dubbio, dal momento
che il diligente storico di Reggio, Domenico Spanò-Bolani (Storia di Reg(3) Gfr. Gius. Petrai,
pag. 34-36. Tale notizia, di cui
gio di Calabria, Napoli, Stamp. e Cartiera del Fibreno, 1857), discorrendo
dell'occupazione della Sicilia per parte del principe Sabaudo (Voi.
Gap.
II,
§ 3),
non
fa
cenno
di
questo sbarco.
II,
167
fuorusciti, in virtù della secolare soggezione al re Cat-
erano imbevuti, avrebbe dato nel naso
tolico,
Calabresi, che
a'
buoni
avrebber messi in caricatura, appunto
li
col Giangurgolo.
Ma, comecché a prim' aspetto la cosa possa giudiprobabile, non sembra degna di fede una
carsi assai
tale derivazione.
Anche senza tener conto
presenta,
che
modo
del
fa dire allo Scherillo esser
ond* esso
si
Giangurgolo
« piuttosto un mafiuso che una caricatura de' rodomonti spagnoli » (1), è poco probabile che da' Calabresi s' impersonasse in un concittadino la satira che
voleva lanciar contro agli stranieri, siciliani o spa-
si
gnuoli eh' essi fossero
A
(2),
questa ragione, diciamo così, di sentimento,
del Calabrese
tre
il
trattato
compare
personaggio
infatti già nel secolo
XVII, men-
Utrecht
di
basterebbe
provarlo
commedia
si
Il
aggiungono anche ragioni cronologiche.
la
fu
stipulato nel
1713;
e a
del Rasi stesso.
citazione
del dott. Pietro Piperno: Disperarsi
La
per
la
speranza, ovvero la perfida Fida, in cui ha parte un
Morello Calabrese, eh' è evidentemente la stessa cosa
del Giangurgolo,
Inoltre,
trovasi
porta
la
data
un Calabrese
:
Napoli, Mollo, 1G88.
una commedia rap-
in
presentata nel 1655, e in un' altra che
il
Croce crede
Op. cit p. 108 n. 2.
sarebbe lecito supporre, data un'origine calabrese della
maschera, che essa fosse la caricatura di Calabresi, divenuti forse ridicoli
(1)
(2) Piuttosto
imitatori de' già
ridicoli
gherebbe, pur senza
cavalieri siciliani spagnoleggianti. Questo spie-
accettare la tradizione,
il
tanto dirsi Principe Siciliano. Alcuni Calabresi
da
me
interpellati
mi han
dichiarato
non
serbarsi notizia in Calabria di
Giangurgolo, che adesso è affatto scomparso;
oggidì esiste nei loro teatri di marionette
provenienza sicula, con tendenze spiccate
perchè Giangurgolo ami
— lo noto per incidenza —
ma
che
al contrario
anche
un Peppininu Tataranciu,
alla
guapperia.
di
168
del principio del '600 ecc. ecc. (1). Voglio credere che
nome Giangurgolo
il
sia
apparso più tardi
ma
;
il
nome
non può esser guida sicura per rintracciare V origine di una maschera, mentre tutto induce a credere,
come accenna il Rasi (2) e conferma il Croce (3), che
Giangurgolo sia soltanto una delle forme che assunse
la maschera del Calabrese, di cui sono abbastanza noti
lo Studente e Y Abate (4).
Ora, da una parte noi vediamo che mancano afsolo
genuini Calabresi, perchè
fatto al nostro studio dati
il
non ha avuto un maturo svolseppure il Lumini ha potuto pubblicare
di farse Calabre (5), non potremmo dicerto
teatro in quella regione
gimento;
una
e,
raccolta
in questa raccolta cercare elementi utili alla conoscenza
Teatri di Napoli
(1) Cfr. B. Croce,
Non
stiamo a citare
pone
la data 1625 alla
(2) Loc.
un
cit.,
Sand
il
che,
ecc., p.
arbitrariamente
32
sua figura di Giangurgolo (op.
«
il
Calabrese, di
cui
ecc.
n., p. 151, ecc.
come
di consueto, ap-
cit.
Voi.
I,
tav. 14").
Giangurgolo non era che
Iato ».
di S.
(3)
Pulcinella e
(4)
Tolgo alcune
Di Giacomo
mente
St.
persoti, del Napol. ecc., p. 102.
notizie
(2* ediz.,
XIX
dalla
Cronaca del teatro
Tronci-Vecchi, 1895.
Napoli,
illustrata, è di
sione V. Giorn.
il
S.
La
di S. Carlino
1* ediz., splendida-
Di Giacomo, ed., 1891. Per la recenVerso la metà del '700 è ricordato un
(1892), 111).
Francesco Bauci, che nelle commedie a soggetto recitate al teatrino di
Corte napoletano faceva le parti di Abate bitontese (p. 87), poco in:
nanzi dal Liveri era stata composta una commedia dal
(p. 84),
come pure
Abate burlato
fra
(p. 208).
le
titolo:
L'Abate
opere di un Pasquale Starace è ricordato un
Intorno al personaggio dell'Abate stesso
cfr. op. cit.
ove si cita la spiegazione data dal Galiani nel suo Vocabolario
della voce dialettale Pacche secche, divenuta parola d'ingiuria a dinotare un Abate o uno Studente, povero e mal vestito, calabrese s' intende.
p. 46-53,
I
due
tipi
dunque dell'Abate
dell'Abate calabrese
moso
fu
e dello Studente
si
confondevano in uno
:
ti
Giancola, che divenne poi pseudonimo del
pò
fa-
Pulcinella. Vincenzo Maccarano (1720-1809) per cui cfr. op. cit.,
passim. Vedi pure Croce, Teatri ecc., p. 775. Sullo Studente calabrese
V. Croce Pulcinella etc, p. 103 sg.
(5) Le farse di Carnevale in Calabria e in Sicilia di Apollo Lumini (Nicastro, Nicotera, 1888). Vedi pure gli Studi Calabresi dello
stesso (Cosenza, Aprea, 1890).
169
della nostra maschera. D' altra parte la figura del
Ca-
labrese ne' suoi molteplici aspetti spicca di sovente nelle
produzioni
infinite
delle
che,
illazioni,
teatro
del
Che possiamo dunque
Giangurgolo e
cioè,
non siano
suoi compaesani
di comici Napoletani,
Napoletano.
dialettale
da ciò? La più naturale
inferir
altro
gli altri tipi
che una invenzione
da cui è noto in che conto fos-
sero tenuti que' provinciali.
Giacché ai colti cittadini della bella Partenope dovevano necessariamente sembrar degni di tutto il dique'
sprezzo
posta là nel-
Calabria,
rozza
della
figli
r estremo lembo meridionale d' Italia, ove la civiltà ha
sempre, effettivamente, progredito in modo assai lento.
Ed è proverbiale la fama de' Calabresi ignoranti e
:
presuntuosi
tempo
al
pezzenti (1). Tal' è la figura
labrese quale
pre
poco lusinghiera del Ca-
delinea agli occhi del popolo che sem-
si
primeggiò
semi-barbari,
dissoluti,
stesso,
nella
parte
della
inferiore
Giangurgolo è appunto un' emanazione
di
penisola
:
questo sen-
timento.
Le sue
caratteristiche sono anzitutto la voracità e
la ghiottonerìa.
durre
prei
al
:
tipo
il
Calabrese
fama è
Manducus
volesse qui ripro-
il
delle Atellane,
pensiero
il
si
riporta
ghiottone, la cui
pervenuta fino a noi insieme cogli
in confuso
nomi più
si
spagnoleggiante, non sa-
certo è che più facilmente
vecchio
altri
Fino a che punto
del
celebrati di quelle antichissime
maschere
popolari latine.
Nello stesso
nato per
pre
d'
le
tempo,
donne,
incontrare
egli è
di cui
un
poltrone, appassio-
però ha paura, temendo sem-
un uomo
sotto le loro sottane
gliacco che se la ripiglia co' più deboli,
(1) Gfr. Croce
Pulcinella
ecc., loc. cit.
ma
:
vi-
fugge da-
170
un ragazzo che grida insomma, conclude
« un
misto di Gargantua, di Matamoros
vanti a
Sand
:
(1),
di Pierrot
e
ì>.
Scarso è
di
il
il
numero
Giangurgolo,
di cui
di documenti ove resta il nome
non è possibile fissare la prima
apparizione e che non dev' essere durato a lungo sulle
scene. Ma ne' documenti rimasti è notevole eh' egli
muta continuamente
bitrio
in
il
suo stato e
fisionomìa, variandosi ad arsua professione. Lo ritroviamo
di
la
due degli Scenari pubblicati dal Bartoli.
Ne' Quattro Pazzi « opera tragica » (2), Giangur-
golo è
uomo
Corte
di
tuno. Innamorato
pitano di Corte
a' servigi
Lucinda
di
del Principe di Net-
e perciò rivale del
Ca-
un miles glonosus)^
(che non è però
insieme con Cola uno strattagemma per rosuo avversario nella grazia del Principe, e a
quest'uopo si travestono. Ma il loro trucco è scoperto
concerta
vinare
il
per opera di Scappino; sicché
e acchiappati dagli sbirri (Atto
due sono smascherati
i
I).
Il
dona, protestando Giangurgolo eh' è
acciecato (Atto II);
col cedere
(Atto
ogni
e
il
Principe
per-
gli
amore che lo ha
nostro dabben uomo finisce
pretensione
su
l'
Lucinda
al
Capitano
III).
Al contrario, ne' Tappeti
loso (3),
ovvero Colafronio GeGiangurgolo ha una parte assai importante, ma
si trasforma alquanto dal tipo precedente
è divenuto un oste furbo e compiacente, che si presta a secondare gli amori un po' per timore, mollo per astuzia.
egli
:
Abilissimo ne' ripieghi, trova varie « invenzioni »
tappeti (L 4), della notte
Op.
Ad.
cit. I,
(2)
(3)
Op.
cit.
(1)
(II.
201 sg.
Bartoli, op.
p. 277.
cit.
p. 203.
:
dei
6), degli spiriti (IL 9) e
171
del
Negromante
4), ossia ingegnosi espedienti per
(III.
trar d' impaccio nelle varie contingenze
che in lui
lito
ma
gì'
invenzioni
innamorati
vero che egli apparisce
pien di brio
riesce
so
il
di tutto e
di
sagacità delle sue
colla
(1).
ì>
Un campo
si
È
che paventa continuamente
coniglio,
tutti,
«
affidano.
si
ove sembra che
molto poco esplorato,
svolgessero di sovente le avventure
del nostro Ca-
labrese, son le Farse Gavaiuole, intorno a cui fin adesso
l'unico studio
è quello del Tor-
abbastanza notevole
raca (2). Questi cita fra le altre la Scola Cavaiuola di
Giovanni d'Antonio detto
già aveva fatto cenno
rendo
Partenopeo
il
(3), della
quale
Palermo là dov'egli, discorun codice di componimenti in dialetto napoPietro Antonio Caracciolo detto Epicuro, si
di
letano di
prova a dimostrare
il
nessuna attinenza delle Cavaiuole
la
stesse colle Atellane e
Exodia del teatro popolare
gli
latino (4).
Si tratta di
un povero maestro disperato per
una specie della Class
furfanteria de' suoi scolari
:
Asen! Come si capisce, nessuno sa la
pevoli, per non esser puniti, regalano
stro la loro
merenda. Fra
Giancurzolo (notiamo
(1) Il
Croce (Pulcin.
Scenari del Conte
di
la
essi
lezione, e
anche
è
stroppiatura del
etc. p.
103) ne segnala
Casamarciano
;
cfr.
ghiotto
al
1'
il
i
la
di
col-
mae-
Calabrese
nome) che
gli
esistenza anche negli
Giorn. Stor.
XXIX
(1897) pagg.
211-214.
(2) Frane. Torraca.
Vigo, 1884) p.
(3)
Di
Studi di storia letteraria Napoletana. (Livorno,
1(32.
lui e
delle sue opere
dà un cenno Pietro Martorana nelle
Notizie biografiche degli scrittori del dialetto Napoletano. (Napoli, Chiùrazzi, 1874) p. 13-15 che lo dice vissuto verso il 1720. Il Torraca cita
r Ediz. completa delle
Opere di Giovanni
d'
Antonio. (Napoli, G. M.
Porcellis, 1788).
Palermo. / tnss. Palatini
ne dà un largo sunto, op. cit.
(4) Pr.
Scherillo
etc. Voi. II, p.
p. 23.
590 sgg. Anche lo
172
dà
cepudda con stu trunzu (1) ». Non posso seil
testo completo della farsa, lo
« sta
mancandomi
guire,
svolgimento di questa sequela di corbellerie e di scene
ma
ridicole;
è facile immaginarci
la figura del nostro
personaggio,
come
vi
si
delinea
che qui dunque ha
nuovo mutato condizione, trasformandosi in stu-
di
dente
(2).
È
deplorevole
che
conoscere tutte
vieti di
la
deficienza di documenti
sue successive
le
ci
metamorfosi
nel teatro Napoletano, perchè ciò darebbe forse luogo
a uno studio
ed
curioso
interessante.
Non possiamo
che una testimonianza del Ferrucci
informa come talvolta Giangurgolo passasse an-
aggiungere altro
che
e'
che
alla parte del
padre
(3).
Quanto al costume del Calabrese, non abbiamo altra fonte che il Riccoboni. Questi ce ne dà una figura (4), da cui probabilmente trasse 1' ispirazione
della sua
cartone,
il
Sand.
È
riconoscibile
un naso che sembra
r odor delle vivande a
all'enorme naso di
fatto
apposta per fiutar
lui predilette.
Un
alto cappel-
lone simile a quel di Pulcinella, abito analogo a quello
compiono la caricatura, munita,
una spada che non serve se non a.
im-
de' Capitani spagnuoli,
al
solito, di
.
.
pacciargli la fuga, qualche volta (5).
(1)
(2)
Questa cipolla con questo torso.
lo scolaretto della Farsa Gavaiuola è differente dal tipo dello
Ma
Studente calabrese.
(3) Arte rappr. parte I, p. 278.
(4) Op. cit. voi. II, fig. XII e, per la breve illustrazione, p. 315.
(5) Questa foggia spagnoleggiante del suo costume non può per altro infirmare la sua origine affatto napoletana, perchè la testimonianza
del vestito conta poco, ed è anzi naturale che nell' effigiare un millantatore si ritornasse sempre col pensiero agli Spagnuoli. Eppoi resta sempre plausibile l' ipotesi ammessa che la satira si rivolgesse veramente a
Calabresi scimmiottanti i Siciliani che alla lor volta avevano per figu,
rini gli Spagnuoli.
173
Molti
la
grande notizia che
affrettano a ripetere la
si
mimo
riproduzione ficoroniana di un
su onice, ricorda molto da vicino
antico inciso
la figura del
moderno
Giangurgolo, col suo naso spropositato, la faccia sbarbata tinta di cinabro, e l' andatura bellicosa (1). Lascio
considerare l'importanza di questa scoperta
non
del
dicare la nascita
mose che
!
Speriamo
più alcuno che voglia giovarsene per riven-
ci sia
quelle Atellane
Calabrese a
invocano sempre quando non
s'
si
fa-
sa piìi che
cosa inventare.
del Calabrese fu qualchecosa di dif-
La maschera
ferente dal tipo tradizionale del Capitano, ed è oggi del
scomparsa; tutto l'aspetto invece del vecchio miconservò e conserva ancora il famigerato guappo.
tutto
les
Guappo o Vappo
fu il San Carlino
Il
diletto
ancora
fa
ridere
di
so
(2), delle cui
di
i
gesta teatro pre-
Napoli testé demolito, e che
frequentatori di certi spet-
un personaggio essenzialmente
deve riconnettersi non tanto allo
queir altra macchietta ben nota
tacoli di marionette, è
paesano, e
come
tale
Spagnuolo quanto a
alla letteratura
partenopea col
nome appunto
di
Na-
poletano.
La
storia del
Napoletano in commedia è ormai
esaurita dal competente studio del Croce, che lo defi-
nisce
in
« parlava
linea
e insulsaggini, e ora si
« di seggio,
« pitano
come
generale
un grossolano
«
un personaggio che
dialetto e diceva goff'aggini
e
presentava come un gentiluomo
più frequentemente
si
confondeva
col ca-
vanaglorioso, talvolta appariva anche in
altri
(4) Ficoroni, op. cit. tav. VII, fig. 9 a p. 46.
(2)
simili.
Dallo
spagnuolo guapo
—
elegante,
coraggioso, seducente e
174
'K
mestieri,
scrivano
della
Vicaria,
servitore,
perfino
e ruffiano » (1).
Ma, se
Napoletano introduceva
il
i
suoi lazzi e
suo gergo nella commedia erudita del '500,
tura dialettale propriamente detta
gli
pose accanto un
gemello nel Guappo, anch'esso
fratello
il
la lettera-
di origine
ab-
bastanza remota.
Giacché,
infuori della canzoncina popolare che
all'
chiama guappo Masaniello, questo nome spunta già
per tempo nei poemetti in vernacolo, su' primi del '600.
Basti ricordare il celebre Micco Passavo innamorato,
l'eroe eponimo della nota operetta di Giulio Cesare
Cortese
(2),
prima
la
Più
e alcune egloghe del Basile, di cui subito
s'intitola Clio
tardi, verso
tava le gesta di
un
Micco Passaro.
di
il
overo
1720,
Smargiasse
li
(3).
un nuovo poema raccon-
altro bravaccio dello stesso
È
di
Giovanni
genere
d'Antonio, l'autore
della Farsa Cavaiuola già citata, che divise
il
suo
Man-
dracchio in quattro poemetti di cinque canti ognuno:
anzi nella seconda e terza parte Mandracchio ha molte
avventure in compagnia
di
Micco Passaro stesso
nella Scola Curialesca 'ncantata del
(4).
E
medesimo d'An-
tonio comparisce fra gli altri « Tartaglia figlio di Spac-
camonte guappo », che mostra come questi facesse già
capolino anche sul teatro.
Ma sulla scena veramente il guappo [è venuto in
onore solo nel secolo presente, ov'esso
(1)
Pule, e
il
peraon. del Napol.
-i
è costituito
p. 94.
Maccarano, 1624, Cfr. Scherillo op. cit. p. 109, che altrove
ricorda anche un sonetto dello Sgruttendio alla spada di Scatozza (p. 18).
(2) Napoli,
(3)
poli,
—
Le Mus- NapoUtane. Egloghe
di
Gian Alessio Abbattutis (Na-
Maccarano, 1625).
(4) I titoli dei
Mandracchio
Mandracchio innamorato
Mandracchio repatriato e Mandracchio
delle Opere di G.d'Aiit. già citata.
quattro poemetti sono:
aailiato
alletterato. Cfr. l'edizione
—
175
prosecutore della classica
Ed
scomparsa.
figura
come
esso,
già
il
del
Capitano
guappo
vernacoli, fu trapiantato sul teatro dalla
Intorno
«
il
comune.
Del Balzo, moderno illustratore di
Il
guappo
è
l'uomo
lui,
un
« traversato da
coraggio,
di
il
protettore
porta
il
cappello a staio bianco,
nero,
il
panciotto a scacchi at-
giacca di velluto
la
vita
:
« di chi ricorre a
«
poemetti
sua personalità ecco che cosa dice, nella
alla
sua prosa vivace,
Napoli
ormai
de'
laccio d' oro massiccio, che gli scende
«
a due o tre giri dal collo, le dita cariche di anelli,
«
calzoni a
«
i
«
«
di un capo tamburo. Il guappo non è il
non esige il diritto di camorra sul diritto
«.
si
contenta soltanto
« egli parla
f
«:
tutti
d'
sere inviolabile.
del
Il
guappo
del
altrui, egli
sua volontà, quando
fra
il
popolino è la cari-
medio evo.
Il
guappo di
Quando
è la caricatura della caricatura.
pirula
non è
rispettata,
egli si slancia sul
tenere, a tempo, per le braccia
«
ribelle, e, facendosi
«
dai suoi amici, grida
«
la
debbono tacere e ascoltare la sua
legge. La sua ronna dev' es-
cavaliere
San Carlino
« la sua
«
imporre
camorrista,
pirola, che dev' esser
« catura
«
i
gambe, ma larghi sulle scarpe, e la canna
zucchero che gira intorno con la forza e 1' abilità
teniteme ca se no V aceido.
Se r avversario caccia il coltello, egli, allora, sorride
e dice che ha scherzato e che 1' uommeni sono tutti
« amici.
»
Tale
(1).
il
smargiasso
:
costume,
di
il
portamento,
la
natura
dello
Basso Porto, del quale ognuno che ab-
Carlo Del Balzo, Napoli e
i Napoletani Milano, Treves, 1885
tengo conto di ciò che dice del Vappo il Sand (I, 202), perchè
senza importanza. 11 S. stesso ricorda in altro punto (I, 198) il napoletano Sitonno (Zutunno), una specie di birichino e parente stretto del
(1)
p. 114.
Non
Guappo
Piovana
;
del
qual
nome un primo accenno pretende
del Ruzzante (1530).
ritrovare
nella
176
un poco
ha certamente veduto
bia visitato anche
poli,
i
quartieri popolari di
Na-
A
che
qualche campione.
prò seguirlo ne' suoi comici lazzi attraverso il teatro
del secolo nostro? Già abbastanza ne abbiamo vedute
e sentite delle bravate, ed
ormai non
più nulla di nuovo intorno al nostro
di tutte quelle
e'
insegnerebbe
uomo
innumerevoli produzioni
da Orazio Schiano ad Antonio
Altavilla,
Petito, impresari, attori e
deliziato le miriadi di
occuparono
gli
una
Gammarano
serie di belli e bizzarri ingegni, da Filippo
a Pasquale
lo spoglio
colle quali
autori al
spettatori,
tempo
stesso,
han
che successivamente
scanni del San Carlino.
I più celebri
guappi
popolarissimo teatro fu-
del
rono Raffaele Santelìa e Raffaele di Napoli.
II primo (1787-1854), che fu anche autore
di pia-
commedie in dialetto, era fra' principali attori
della compagnia comica di San Carlino, che fin dal
1835 era costituita in un assetto molto completo (1).
Di esso apprendo dal Di Giacomo un particolare cucevoli
« Vestiva da
rioso.
«
E
Rugantino
:
calzoni corti neri, giam-
berga rossa, spadino, cappello immenso, a tricorno. »
a lui, guappo plebeo, contrapponevasi il guappo in
guanti e soprabito, che parlava in lingua a spropositi,
ossia
Giovanni De
Ma
la
palma
Lillis,
delle
morto nel 1856
(2).
conse-
glorie guappistiche fu
guita da Raffaele Di Napoli. Questi, lasciata la primitiva professione di sarto,
nel Teatro Sebeto
cominciò ad essere scritturato
come comparsa,
poi
come guappo
:
nel 1853 fu chiamato a sostenere questo carattere nella
Compagnia
telìa,
del
San
Carlino, in sostituzione del
e vi raggiunse una fama invidiabile
(2)
Di Giacomo, op.
Ibidem, p. 456.
(3)
Ibid
(1) S.
p. 486, 534 e
cit.
p. 440 e
passim.
pa8$im.
(3).
San-
Bisogna
177
domandarlo
tempi
napoletani che lo udirono: bei
buoni
ai
allorquando con
quelli,
Pasquale Altavilla Don
Pancrazio e col Pulcinella Antonio Petite
simo guappo teneva ancor
l'
esilarantis-
alte le sorti del loro
teatro
prediletto.
Il
Di Napoli morì
tempi finirono
il
:
nel
1878, e dopo
San Carlino fu
di lui
i
bei
distrutto nel 1884, ed
ora sono passate alle baracche de' burattini tutte quelle
comiche macchiette
umore
tengono a poco a poco
dine
umana
Per
han tenuto desto
che
il
buon
molte e molte generazioni, e che ormai ot-
di
il
per tanti
:
l'
il
guappo però
altri
solito
premio
dell'
ingratitu-
oblio.
la
condizione è migliore che
suoi compagni.
Basta andare
a
Napoli,
commedia si può vedere quotidianamente, gratis
amore Dei, per i chiassi, per le vie. È la natura
e la
et
esuberante
del
come sempre,
corrispondente
si
espande, rumorosa
ma ....
troppo spesso non
napoletano che
turbolenta,
ne' fatti
alle
parole
!
frater caro, so' ttrasteverino
e ttutto me' pòi dì forche ppidocchio ;
quannu facevo er carettiere a vvino,
l'orloggio solo me costava 'n occhio :
Io,
;
marciavo che pparevo un signorino!
carzoni corti insinent'ar ginocchio,
ggiacchetta de velluto sopraffino,
fibbie d' argento e scarpe co' lo scrocchio
;
er fongo (1), a ppan de zucchero, infiorato,
un fascione de seta sa la panza
e ar collo un fazzoletto colorato;
portavo tanti anelli d'oro ar doto
e ccatene, che senza esaggeranza,
parevo la madonna de Loreto. (2).
(1) Cappello.
(2) Gito
questo sonetto dello Zanazzo dalle Maschere e burattini
del Petrai, p. 53.
12
178
Così
il
gentile
ben noto poeta Romanesco fa
a me sembra che questo breve
e
Ed
parlare Rogantino.
Giggi Zanazzo serva mirabilmente a tratteg-
ritratto di
giare la figura di quest' altro spaccamontagne, tardo e
degenere
ma
Romolo,
figlio della forte schiatta di
di-
scendente non indegno del soldato plautino.
A Roma
svolgimento,
teatro dialettale ha avuto bensì
il
ma
esso è assai moderno, e
quasi mai varcato
il
secoli
marioche formarono per quasi due
della plebe
la gioia
popolo di
Roma
suo
triviale repertorio delle
nette, ne' rozzi baracconi
il
il
non ha mai,
di
cesarea
Roma
papale,
come
un giorno
erasi
già
dilettato
de* ludi del Circo e de' grandiosi spettacoli scenici (1).
Ma quando
buoni
i
Romani de Roma
e
»,
stipati
nel teatrucolo del burattinaio, facevano le matte risate
sulle grottesche
di
smancerìe e sulle
Rogantino, non
pietose avventure
sapevano forse che
E
volta rideva di loro.
infatti si
questi a sua
può dire che Rogan-
nato proprio sotto la cupola di S. Pietro, rispec-
tino,
chiava
vecchio teatro di Pallacorda (oggi Metastasio)
al
la miserabile condizione di spirito di que' soggetti della
Curia, la cui snervante dominazione infiacchì l'anima
Roma, che, pur sempre serbando con orgoglio
memoria degli aviti splendori, non albergava più che un popolo di pecorelle, fra cui ogni noantica dì
il
nome
grande sentimento sarebbe stato un'
bile e
più bei
I
metà
e la
giorni
per Rogantino
di questo secolo, al
lebre Gaetanaccio,
Non
(1)
teatrali;
ma
stico (Cfr.
il
già che a
1'
irrisione.
furono verso
ambulante
teatrino
la
del ce-
ardito impresario che, nonostante
Roma non
esistessero
più grandiosi spettacoli
questi erano riserbati alla classe dirigente laica ed ecclesiabel libro dell'
AdemoUo, /
ticolo riassuntivo A. Bertolotti nel
Roma nel secolo XVJI).
Roma scrisse un buon ar-
teatri di
Intorno alle rappresentazioni dei burattini in
Fanfulla (Anno
1882, N. 64).
179
censura pontificale, osava dir ciò che
la severità della
tacevano, senza riguardo
gli altri
a'
ricchi e ai
porpo-
facendosi banditore della pubblica opinione, sicché
rati,
sovente
carcere era duro premio alla sua imprudente
il
Ma
franchezza.
più la stima e
ciò
non faceva che accrescergli sempre
favore popolare.
il
Lasciamo parlare
il
geniale ricercatore di cose ro-
mane, Costantino Maes: « Rogantino è lo spadaccino
« di ottant' anni fa
grande accattabrighe, smargiasso
;
« e millantatore
all'eccesso,
«
ma
soprattutto poltrone:
ha un accento bizzarro, e
« è però brutale,
assai la r romanesca.
Talvolta
fa
il
fa sentire
capo di
sbirri,
quando viene ad arrestare qualcuno, se il colpevole gli sfugge, prende pel petto un innocente
e,
se qualcuno si attenta ad impedirglielo, minaccia
« e
c
«
;
€ allora di colpire e carcerare alla rinfusa.
La scena termina per
«
« generale da cui
e stato
ma
una
è
Romanesca
con un tafferuglio
Me
«
ne hanno date »
gliene ho dette!!!» (i).
In complesso
eh' egli
solito
^
compassionevole »
(egli dice) «
il
Rogantino scampa sempre in uno
però
non è
cattivo,
seconda edizione
dello
e
si
dell' altra
può dire
maschera
spaccone vigliacco. Marco Pepe, da
cui egli diversifica solo in quanto Rogantino sta solo (2),
e Marco non può
separarsi
vente contrasto insieme e
Patacca, bella figura
il
di
nazione di quella valentìa
(1) e.
sg. cfr.
Maes. Curiosità
Sand. op.
cit. I,
203.
da quello di cui è
compagno
indivisibile
vi-
Meo
gagliardo spensierato, incarfisica
che ha dato all'agro
romane (Roma, Ferino, 1885) Voi. Ili, p. 12
Non ho potuto ripescare la pappolata ro-
Zanazzo scrisse su Rogantino nell'omonimo giornaletto
uno dei primi numeri,
Talora anch' egli è messo di fronte a Meo Patacca, se pure è
manesca che
lo
umoristico, in
(2)
il
:
autentico l'aneddoto riferito dal Petrai, op.
cit. p.
92 sg.
]80
Romano
ma
più temuti,
i
questi ultimi
Meo
;
sandrino è rimasto
più
i
senza peraltro eh' egli abbia
valorosi de' briganti
brigantesche qualità di
le
Patacca, colui che insieme con Gas-
maschera più
la
caratteristica del
teatro romanesco, e che dette luogo a
di
Giuseppe Berneri
un lungo poema
illustrato poi al principio del
stro secolo da quel bizzarro artista che fu
no-
Bartolommeo
Pinelli (1).
Marco Pepe
e
«;
che, cioè,
«
paura
dice
»
il
Mercey
(2)
e:
non
diffe-
suo compagno che in un punto essenziale
« risce dal
Meo Patacca non teme
di tutto ».
trasteverino
;
Entrambi sono
nulla, e lui,
;
Marco, ha
personificazione del
la
e le loro opposte qualità spiccano meglio
che altrove nella vecchia operetta del maestro Galanti
«
di
Meo Patacca
cui
Marco Pepe
un sunto nel
er greve e
può leggere
si
la crapetta
libercolo
»,
del
Petrai (3).
Tornando a Rogantino, che cosa possiamo
più intorno a lui ?
nacque,
ma
Non
si
dir di
sa precisamente quand' egli
sua sponte, « senza co-
è certo che nacque
« noscere della sua nobile famiglia »,
come
dice Jorick,
« altro ascendente che quel lontanissimo antenato posto
commedia da Plauto
« in
presenza, per quanto
metà
del secolo scorso,
» (4).
sappia,
si
E
primi suoi
i
non risalgono
quando già
il
atti di
oltre la
classico Capitano
era in piena decadenza.
(1) G. Berneri, Il
di Vienna.
Poema
Meo
Patacca, ovvero
Roma
in festa ne' trionfi
giocoso nel linguaggio romanesco, illustrato con 12 di-
segni del Pinelli (Roma, Tip. Ed. Industr., 1884, voi. 3 in-32).
(2) Loc. cit. II p.
(3) Op.
cit. p.
180
37-39.
;
Il
anche Sand
cfr.
I,
152,
nomi di Checco Tacconi, celeun buon Marco Pepe nella persona
Petrai cita
i
bre nella parie di Meo Patacca, e di
di Pippo Tamburri.
(4) Yorick (aw. P. G. Ferrigni) Storia dei Burattini (Firenze, Tipografia del Fieramosca, 1894) p 176-178.
.
181
Ricordo che nella mascherata
febbraio 1779 l'Abate
di
Roma
Benedetti,
le spoglie di
come
ma pur
si
suol dire, furore (1).
l'
astro della fortuna è
oggi rimane egli in certe occasioni
rappresentante della
dopo essere
diario
Rogantino, allora già certamente invalso
Oggi anche per Rogantino
tramontato,
un
appunto sotto
assai interessante, si presentò
nell'uso, facendovi,
il
carnevalesca del 6
autore di
sua
Roma;
e Giggi
Zanazzo,
al Conmaschere tenuto a Milano nel carnevale
del 1884 (2), 1' anno seguente aperse egli stesso il secondo Congresso. E il discorso inaugurale in dialetto
romanesco di Rogantino (3), che costituisce forse il mo-
gresso
intervenuto in questo
costume
di
mento più importante
e più bello
sua vita
della
arti-
nuova Capitale
agli
amici e confratelli che affluivano in Campidoglio,
ar-
stica,
portò esso
il
saluto
della
recandovi un'ultima volta la nota gaia
di quella lieta
genìa che ora va pur troppo scomparendo.
(1) Cfr.
David Silvagni.
La Corte
e la Società
Romana
ne' secoli
XVIII e XIX (Roma, Forzan e C, 1883) voi. IT, cap. II p. 57-58.
(2) Lo Z. narrò le sue impressioni nell' opuscolo
Rugantino a Milano. (Roma, Ferino, 1884).
:
(3) Questo discorso pronunciato il 13 febbraio 1885,
nel Libro del carnevale (Roma, Ferino, 1885, p. 94-96).
FINE
può vedersi
INDICE
Cause ed elementi che favorirono il sorgere
del Capitano nella Commedia italiana del
sec. XVI
La satira del soldato di ventura e la satira dello Spagnuolo
Una di-
.
—
stinzione inesatta del Riccoboni
fra bravo e capitano
II.
E
—
— Differenza
Pag.
il Capitano un diretto e legittimo discendente del miles gloriosus? L'«Xa?w'v greco
Reliquie medievali
e il fìfiiles latino
I romanzi e i fdbliaux
Le antiche farse
—
—
—
»
24
»
45
»
70
Biografìa del Capitano nella commedia erudita
Deficienze artistiche del tipo — Sua presentazione
Il bravo nella commedia erudita
Le peripezìe del Capitano
Sua
Comico contrasto col servo
viltà
Il Capitano seduttore e il Capitano innamorato
Sue vicende erotiche
Principali commediografl del Capitano
Lamentazioni di
P. M. Cecchini.
»
90
francesi
in.
Il
millantatore nella poesìa e nel teatro popoIl bravo
li
soldato
Il villano
smargiasso
Distintivo della imitazione
lare
—
—
—
—
classica
IV.
Il
capitano nella commedia erudita
—
Fissità
maschera — 11 primo Spagnuolo —
teatro del Calmo e l'imitazione classica
Rifacimenti di commedie latine
della
V.
—
—
—
—
1^
^
7
—
Il
—
—
—
—
—
184
VI.
Il
—
—
VII.
Storia esterna del Capitano
—
Costumi ed
sania
maschera
Vili.
—
Gli
Capitano nella Commedia dell'Arte
Le Bravure del
scenari ed i generici
Il Capitano e il secenCapitano Spavento
Pag. 128
tismo
Giangurgolo
—
il
—
I
attori
Guappo
—
Balli di SfesFine della
—
Rogantino
.
.
»
145
»
165
University of Toronto
Library
Acme Library Card Pocket
LOWE-MARTIN CO. LiMITBO
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