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Capitan Spavento
CAPITAN SPAVENTO DoTT. GKAZIANO SENIGAGLIA CAPITAN SPAVENTO t H- 7- n- FIRENZE » BERNARDO SEEBER LIBRAIO - EDITORE Via. Torna.J:>uoni, 20 189». ^ Firenze, Stab. G. Givelli. ALLA SANTA MEMORIA DELLA POVERA MAMMA MIA QUESTO PRIMO LAVORO CONCEPITO E MEDITATO NEI GIORNI DEL DOLORE IL SUO SPIRITO GENTILE MI SIA GUIDA E CONFORTO NELL' ARDUO CAMMINO. , I. Cause ed elementi che favorirono il sorgere del Capitano nella commedia italiana del sec. XVI — La satira del soldato di ventura, e la satira dello Spagnuolo boni — — Una distinzione inesatta del Ricco- Differenza fra bravo e Capitano. Volgevano tempi ben tristi per l' Italia nostra : r astro della sua fortuna era ormai tramontato, e tutto ormai sembrava cooperare alla sua piena rovina, tutto concorreva a prepararle quei lunghi secoli di servitù sì terribile, ma cosi meritato alle che furono castigo colpe degl' Italiani. Gli eserciti stranieri calavano adèsso da ogni parte ad occuparla; Francesi e Spagnuoli se ne disputavano r agognato acquisto, empiendola a gara di sangue e di desolazione. Allora appunto sarebbe stato necessario che lore de' cittadini movesse niera: allora, per contro, stoso degl' Italiani che , trasti che si la libertà nostra. rotto, Ma 1' va- a rintuzzare la baldanza strasi vide lo spettacolo quasi indifferenti assistevano allo svolgersi di quelle lotte, agitavano, il non uomo disgu- spettatori come se i con- fossero questioni vitali per scettico e cor- del '500, doveva considerare vane utopie i santi ideali di 8 patria e di libertà, e vergogna lerabile di ebbero a patire gì' Italiani vedere le milizie un capo Carlo Vili correre la loro terra da < senz'altro travaglio », siccom' è noto, « gesso per segnar Fu li detto che alberghi la l'intol- trionfanti di all'altro, che un po' di ». polvere segnò scoperta della il principio della decadenza nella milizia, giacché con essa veniva gradatamente a scemar personale. ognuno Ma non male era degeneri. Mancava lo sa cittadini era questo, mancavan , nell' il loro i l'importanza del valor pur troppo, il guaio : egoismo profondo dei la scintilla dell'amor patrio, nobili entusiasmi che conducono alla era naturale che questa rimanesse agli stra- vittoria: almeno avevano uno scopo, se non uno gl'Italiani non sentivano in sé neppure il coraggio di difendere la propria indipendenza. E la malaugurata servitù doveva fatalmente piombare sulla bella ed infelice penisola. Che infatti non a cittadini era affidata la pur de- nieri, i quali scopo alto e generoso, laddove bole resistenza, fu uno scherno, ed orde « versar ma si solo a mercenari. La milizia allora ridusse solo a faccenda di venturieri l'alma a prezzo ». In quel denaro, di piovvero d'ogni parte, pronti a tempo appunto il nobile mestier delle armi parve esser solo retaggio di condottieri : fiorivan sì le compagnie di ventura, risorte specialmente per opera di Giovanni dalle Bande Nere, e popoli e principi se ne servivano, ma non appreiì de- vano da questo esempio a impugnar essi stessi il ferro, difensore dei loro diritti. Non ci furono che i Fiorentini, la i quali, pur troppo tardi, si ridussero voce del Machiavelli e istituirono bile per le ad ascoltare Ordinanze, no- quanto sfortunato tentativo che onora timi giorni della gli ul- moribonda Repubblica. Ma questo é un caso isolato: in genere gl'Italiani eran troppo fiacchi per il mestiere della guerra; da loro non potevan sor- gere che mercanti o letterati, e i loro paladini dove- vano necessariamente essere que' venturieri, a cui non non la patria, il era stimolo la gloria al combattere, fra' quali chi più cruento, più denaro, e ma pre- era giato ; ond' è naturale che sorgesse in loro quella spa- genuino valore quanto l'oro valderìa, cosi lontana dal dall'orpello, la tava verità menzogna. Se ne lamendéìV Arte dalla Segretario Fiorentino, nel Proemio il della Guerra: « Si vede spesso se alcuno disegna nel non « l'esercizio del soldato prevalersi, che subito <i ma lamente cangia abito, « l'usanza, nella voce e nella presenza d'ogni disforma, perchè so- ancora nei costumi, nel- non crede poter civile un « uso « abito civile colui che vuole essere espedito e pronto si « ad ogni violenza a: avere quello, il ; né operazioni « senza e costumi ed usanze puote usanze non favorevoli alle né pare conveniente mantenere la sue pre- le parole ordinarie a quello che con la barba bestemmie vuol far paura a tutto il mondo ». Queste le parole di messer Niccolò, che non avea con le davvero il « e ; civili quale giudica e quelli costumi essere « effeminati, e quelle « i vestire tono di scherzare e deplorava sinceramente tendenze del suo tempo. Ma indifferentismo dei Cinquecentisti anche queste miserie dovean offrir ma- le all' che si servivano del bracmentre ne richiedevano e ne pa- teria di riso; e coloro stessi cio di que' venturieri, gavano l'aiuto, riserbavansi poi il diritto di chiamarli giungendo perfino a negare cosicché non si ebbe neppur ri- vigliacchi e di deriderli, la vera virtus antica, guardo ai passati famosi condottieri, di cui il popolo si divertì talora a oltraggiare gì' illustri nomi, storpiandoli sguaiatamente e adoperandoli in significato più basso, quando pur non osceno. Di tal guisa potè nel sec. xvi 10 acquistar forza di proverbio gamo (1), il dettato Esser da Ber- con palese ed ingiusta allusione capitano Bartolommeo Colleoni, dosi facilmente a addirittura in . . uno sconcio doppio al nome cui il senso, si celebre prestan- trasformò Minchioni . Martello del Gecchi , (2). Analogamente, nel bravo Lanfranco Cacciadiavoli il un nome storico, di uomo un tal Caccia- da Mantova ricopre indegnamente un valoroso sebben poco E : che fece parlare assai diavoli, corsaro, gesta. onest' di sé e delle sue r appellativo Ferramosca, applicato al soldato non par quasi irridere memoria del prode di Barletta ? una petulante spensieratezza e man- della Philenia del Mariconda, cara e consacrata alla Ciò che dà prova di canza di rispetto, sicché vien fatto quando si di pensare che forse, dipingon gl'Italiani come povere vittime che disperate levano il riso dell'impotenza, ultimo oltrag- gio de' deboli, sul viso dell'oppressore, si cade nell'esa- gerazione e in un falso sentimentalismo ; perchè coloro mani di mercenari, divertivano a dirne male, non meritano invero che, costretti a fidarsi nelle quel benigno compatimento che poi si tutto suol loro concedere. si D'altra parte però lungi da noi il proposito di far qui un' apologia de' soldati del Rinascimento, che sarebbe questo un andar contro infatti i alla verità storica. Né mancano documenti ad attestare che veramente esisteva Modi di dire proverbiali e motti popolari italiani spiecommentati da Pico Luri da Vassano (Ludovico Passarini). Roma, (1) Gfr. gati e tip. Tiberina, 1875 p. 92 (n. 191) prof. A. Pesenti: TEMPO DI BARTOL. (2) Lo ». più diffusamante, 1' : opuscolo del non è più il Gaffuri e Gatti, 1879). Zerbini (^Note storiche sul dialetto bergamasco. Bergamo, due traduzioni in quel dialetto dell' Orlando « al sagnor Bartolamè Minchia da Bergem Passarini, op. cit. n. 192, infin bartol. dà nel MIN- Furioso, di cui una dedicata CHION. e, DA BERGAMO (Bergamo, Gaffuri, 1886, p. 38) ricorda 80 patrò — Ricerche intorno al motto proverbiale Gfr. 11 ambiente militare uno straordinario allora nell' spirito di prepotenza, di ampollosità, di millanteria, concepibi- combattendo per conto lissimo, del resto, in coloro che, di altri e sol per denaro, per ottener riputazione dove- vano andar spacciando prodezze vere e non vere. Ma pur troppo spesso eran bravi a credenza, più valenti a menar la lingua che la spada e mostravan la pro- , pria forza meglio all'osterìa che su' Eppure si davan le campi più grandi arie e di battaglia. le città eran in- festate di cosiffatti figuri che passeggiavan le strade atteggiamento da spavaldi, molestando magari con pacifici i cittadini e vivendo di soperchierìe e di violenze; pre- potenti co' deboli, ed vili Di questa bella razza un dinanzi a inetti di farabutti è pericolo. rimasta tipica per- sonificazione quel Cuio, la cui improvvida baldanza fu bene rintuzzata cosi dal valoroso Ferrucci, del quale passò poscia in proverbio, vale stesso che fare lo r ammazzasette il e onde fare gradasso, il nome il cuius tagliacantdni, il (1), Ora, la prima impressione che destavano cotesti parabolani e ciurmatori non poteva esser che di schifo e di sdegno ; ma poi, a pensarci meglio, prenderla sul serio e mente i riderne. belli spiriti del '500, vantatore fece bentosto il la grossolana ma e la così salace vis stabile da commedia Caro in una », lo dice, lettera rimasta (1) Cfr. G. Nerucci, in dimora. E comica del personag- gio fosse profondamente sentita e gustata teria facil- figura del soldato suo ingresso poco trionfale nel teatro ove dovea prender che conveniva non Se ne accorsero come « ma- a tacer d'altri, Annibal famosa, a onore e gloria Giorn. d'erudizione, VII (1898) n. 3-4, p. 53. Vita di Frane. Ferrucci. Milano, L'aneddoto è riportato dal Sassetti, Daelli (Bibl. Rara, n. 9) p. 9 cfr. ibid. p. 69. 12 quel suo indimenticabile Capitan Goluzzo di un men- (1), disperato scroccone, la cui unica impresa era di dicar desinari a forza di chiacchiere e che pur la facea da eroe e da gran signore, offrendo nel suo ed . . palazzo . modo ma come a tutti ospitalità Quivi giunti, Velletri. amici suoi ebber altri spalle; di ben ridere di Caro il sue alle riassumere, senza guastarla, l'amena scenetta? La confusione e lo sgomento del disgraziato dinanzi alle intimazioni adesso de' gentiluomini di precedenti promesse, le Niccolosa, una baldracca che lo aveva assalito una paga di che l'avea truffata « verandogli donna dalla » ; i mal- da un nuovo amante, le contumeonde il povero Coluzzo è bersagliato mercè l'intervento di uno de' gentiluo- aizzata e gli scherni a cena, finché, mini, la pace è sua mercede di ristabilita col un carlino — pagare alla farsa, che 1' Niccolosa la tutto ciò è in effetto cosi naturalmente materia da commedia, a « rimpro- somministrategli trattamenti, le ingiurie e le percosse lie mantenere suo dibattito con la il o piuttosto da arguto narratore, descrivendo Y avventura messer Silvestro da Prato, gliela presenta come un ottimo soggetto per uno scherzo comico, di cui distin- gue burlescamente, sottolineandone volta a volta le successive vicende, i vari atti. È dunque una curiosa riprova , questa del Caro ad attestare come sorgesse spontanea alla mente degli scrittori l'idea di un facile , adattamento e trapasso del ridicolo personaggio dalla vita reale a quella fittizia del teatro. Anche Goluzzo è, fanfarone e vigliacco natura (1) meno ; bellicosa: come ma Guio, le esso un soldataccio fan- sue grandezzate son di vorrebbe anzitutto farsi A. Caro. Delle lettere familiari ed. Cornino, Padova, 1742 Voi. I, A Silvestro da Prato. Da Velletri, 30 aprile 1538. p. 86 agg. (Lett. XXIII). — 13 credere un riccone, mentre non pieno di fumo e di fame; è che uno spiantato se all'atto pratico e, malmenare anche da una femmina da scia non esclude le la- si trivio, ciò erotiche e dongiovan- sue pretensioni nesche. La smania uno delle amorose imprese è de' tratti caratteristici alla sempre stato natura del soldato che suol mettere in esse altrettanto e, spesso, ardore più che nelle gesta guerresche, forse perchè gli sembrano più attraenti e meno pericolose. Questi poco degni seguaci di Marte che tengono specialmente a imitarne la leggendaria predilezione per la dea Venere, corron dietro a tutte le donne, fanno i galanti e gli spasimanti, si atteggiano a vagheggini e conquistatori irresistibili Ma è superflua la rievocazione di una immagine, a .... tutti, magari per quotidiana esperienza, familiare. Valga piuttosto la testimonianza di un noto scrittore del '500 che, in un'acerba tirata contro la degenere milizia dell'epoca, divenuta « una feccia di bricconi, una schiuma di cana« glia, un lezzo di poltroneria », descrive con molta, forse eccessiva vivacità l'aspetto di que' ganimedi da strapazzo de' quali « le sembra — corpi » mani dice il vi fosse allora insolita Garzoni — « abbondanza. « lascive, le braccia tenere, la dispositione « liebre, la faccia sensuale, l'aspetto venereo, « I sono effeminati e molli, mu- capelli i racconciati con artifizio, e gli animi son cupidinei af- « fatto affatto » (1). Ammettiamo pure un in questo enfatico e si poco lusinghiero marcio esisteva davvero, e accanto (1) Garzoni Tommaso. sioni del La piazza mondo. Venezia. Somasco, alla po' d'iperbole ritratto ; ma il mastodontica universale di tutte le profesLXXXII. Della militia 1569, Disc. in universale et de capitani e soldati in particolare, et de Minatori (jpagg. 632-642). 14 figura dello spadaccino dallo sguardo feroce, che in bocca altre parole che di sfida e di minaccia precando e bestemmiando Iddio e mazzar tutti eppoi accanto al macabro che eternamente fa merare di le i lascia infilzare profilo am- Santi, vuole come un coniglio ; del pezzente vanaglorioso enu- castelli in aria e si diletta a sue fantastiche ricchezze per ingannare l' ap- consuma; accanto a questi due campioni codardia e di menzogna sorge^un terzo monumento aff'ettazione e di vanità, non meno ridicolo degli altri petito di si non ha e, im- che lo ed altrettanto presuntuoso, che l'epiteto i comici designano col- sonoro di assassinato d' amore (1), tutto voce e penne, tutto complimenti e cerimonie, che può esser militare o borghese, e sul teatro s'incarna tipicamente nel napoletano o nello spagnuolo. La in sé creazione del napoletano in il lato commedia riassume più grottesco di quella focosa e sovrab- bondante natura meridionale, dal gesto largo e dalla parola immaginosa, e corrisponde a un sorriso più malizioso che malevolo; né esprime un forte risentimento od odio che di razza, tant' è vero lo stesso teatro na- primo ad accettarla e diffonderla (2). Ma la maschera dello spagnuolo veniva ad acquistare un significato ben diverso e d'interesse addirittura nazio- poletano é il nale presso gl'italiani del sec. xvi che, non avendo sa- puto in tempo opporre un argine all' invadente pre- potenza degli stranieri, ormai non avevano altro sfogo che magro compenso, meschina anime deboli che non tro- di farne la caricatura; e ingenerosa vendetta di , (1) Si ricordi la conosciutissima descrizione nel aealco di Pietro Aretino. (2) Cfr. Ben. Croce. Pulcinella e — commedia. Roma, Loescher, 1899. Napoli, XXII (1893), nn. 245 e 247. il prologo del Mare- personaggio del napoletano in V. anche lo stesso nel Corriere di 15 vando in sé la forza né coraggio di un'aperta ribel- il morso lione, si limitano al serpentino In uno scritto recente (1) mai benemerito degli studi cosi teatro, fa dell'ironia. divenuto or- Croce, il di nostro del storia con ragione osservare non esser vero, come generalmente si commedia possa crede e si afferma, che soldato della il caricatura del senz' altro ridursi alla un soldato spagnuolo; anzi lo spagnuolo è in origine carattere cepito un ben non distinto dal capitano, e come un uomo d'armi, ma è già con- semplicemente come bellimbusto, sedicente gentiluomo, che sta molto in sussiego ed offre a tutti la sua protezione con spiccata preferenza per vanta sempre sesso debole; il la sua nobiltà, le sue ricchezze e, più di tutto, le sue fortune amorose; e tutto con quella contegnosa ciò prosopopea propria della sua nazione Un buon fondo di dunque verità era partenza della satirica rappresentazione insaziato de' vinti che mal tolleravano gravità e punto di (2). ; il ma il rancore la signorìa stra- niera ed erano esacerbati da' ricordi ancor prossimi delle commessi dagl' innon poteva a meno d' ingrossar le tinte, adottando con entusiasmo quell' unico mezzo possibile di protesta. Sicché, quando un secolo più tardi le Filipviolenze, delle rapine, de' saccheggi vasori, piche del Tassoni levarono rivolta contro alto il grido di dolore e di l'aborrita dominazione spagnuola, fecer che ripeter col tono acre e virulento non dell'invet- che già da molto tempo andava ripetendo, nella forma più blanda e meno audace del sarcastico sogghi- tiva ciò gno, la (1) commedia — interprete, in Ricerche ispano-italiane. Noterelle estr. dagli Atti dell' Accad. (2) Il § sugli fida Pontan. XXIX 3 delle citate Ricerche isp. Spagnuoli descritti dagl' italiani. questo lette all'Accad. caso, Pontaniana (1898), serie II, p. 19. it. del Croce dà ampi ragguagli 16 del sentimento popolare — ove niun contumelia era stata risparmiata Innumerevoli sono le ai nessuna oltraggio, nemici d'Italia. accuse mosse loro di prepo- tenza, di rapacia, di piraterìa, perfino miscredenza di e di eresia. Fatto curioso quest'ultimo e degno di esser notato, dacché cismo in materia ognuno conosce a prova che predominava lo religiosa, scetti- negl' Ita- il popolo dell'Umanismo e, in conseguenza, Paganesimo rinnovellato (1). Uno speciale accanimento contro di essi trovasi spiegato nelle commedie de' Rozzi di Siena, la qual città era rimasta si malconcia da questa nuova invasione di barbari. Basti citare liani del '500, del fra tutte il straordinaria al Travaglio del Fumoso (2), che per la veemenza di tali accuse costò molti guai suo autore. Ma tisti volentieri come si pungente ed arguto de' Cinquecensempre il sopravvento, e insisteva più lo spirito ripigliava sul umoristico delle cose, lato foggiando, è detto, la caricatura dello Spagnuolo, che è modo messo, nel più atroce, alla berlina. Gli ciano la pretesa nobiltà, i rinfac- si casati altisonanti, la prosapia tanto gonfiata ; sono prese in beffa le sue ricchezze im- maginarie rìa ; lo si di fronte alla sua reale miseria e taccagne- chiama bindolo, scroccone, mancator rola ; se ne deridono le cerimonie, mani come la indizi di animo sua galanterìa libertina, ipocrita le gì' inchini, i di pa- bacia- ed interessato; e sue velleità erotiche sono respinte anche dalle serve e dalle cortigiane. Di più lo s'introduce spesso a parlare nel nativo idioma, perchè non trova (1) Sul Peccadillo di La Spagna, ammesso v. Croce Rie. isp. ita. § 2. Congrega nel 1544. Cfr. C. Mazzi Congrega de' Rozzi di Siena nel sec. XVI. Firenze, Succ. Le Mon(2) Salvestro cartaio, nier, 1882, Voi. I, p. nella 246 sgg.; e per notizie bibliograflche, II. p. 131 sgg. 17 Chi gli dia lingua, ond'è la sua restatagli Forse per far ancor con essa ridere (1). — che contribuivan facilmente al con suoi i interlocutori due lingue e delle « che suonano e « cano ben italiani spagnuolo l'esistenza nello si frequenti equivoci i data la somiglianza , scrivono affatto italiano altra cosa » (2). Tutto insomma doveva servire ad accrescere goffaggine e la scurrilità del personaggio su di lui esso era il riso il sì di « voci e signifi- degli spettatori, e ad e la attirar sul popolo, di cui poco onorevol rappresentante, lo scherno e dileggio universale. Infine, a meglio raggiunger que- venne a fondere insieme la satira dello Spagnuolo con quella già preesistente del soldato, o, come soleva dirsi, del Capitano^ creando il Capitano sto intento, si Spagnuolo, che divenne suprema esagerazione la tipo, e acquistò tanta diffusione Commedia colo, nella mentre i mondo e d' dell'Arte. una creazione sta fosse verso la fine magnanimo Re E Europa. , Non importa che que- Cattolico se lo stesso Boccalini , con lodevole imparzialità i migliori del i primo monarca il non certo di partigianeria per gli Spagnuoli, tione (3), del se- fantastica e storicamente falsa, soldati spagnuoli erano allora il del sospetto al la deplorava come una brutta spropor- suoi contemporanei applaudivan di gran (4) Cosi il Cecchi nel prologo de' Rivali, quasi a giustificare l'uso di questa specie di contaminazione, divenuta del resto comunissima, e non solo collo spagnuolo, ma anche con altre lingue o dialetti. Gfr. per le ori- gini di tal uso il Quadrio Storia e ragione d'ogni poesia, III. part. II, e l'introduzione alle Lettere del Calmo, race, e illustr. da V. Rossi. Torino, Loescher, 1888, p. 14 sgg. p. 216 — (2) Alb. Agresti. p. cui 115 sgg. Ne cita Studi sulla un esempio può aggiungersi anche Commedia italiana del sec. xvi, cap. VI, caratteristico tratto da' Rivali del Cecchi, la scena II, atto IH della Tabernaria di G. B. Della Porta. (3) Ragguagli di Parnaso, Cent. I Ragg. 78. Cfr. Crocea Rie. Isp. it. p. 19. 18 cuore alla trovata e fiachiavan fame simbolo. Ma, considerando glia politica il senza misericordia tono apertissimo di rappresa- concezione paradossale nella spontanea una domanda gnuolo, sorge lendosi satireggiare lo straniero sarcasmo degl'Italiani si risparmiò i l'in- : dello oppressore sugli riversò Spa- Perchè, votutto il Spagnuoli, e , Francesi che prima ancora di essi avevano infestato la penisola? La materia non satira alla sa- rebbe certo mancata: giacché è proveriwale in questo popolo quella smania della hlague, della fanfaronata che rende gli uomini tanto ridicoli, e che è comune in genere ne' popoli del mezzogiorno, ma qualità peculiare de' Francesi, figuriamoci poi de' soldati francesi. cano burbanzoso infatti non era testimonianze a mostrare che Né mancontegno il di quegli stranieri alla calata di Carlo Vili sfuggito a' motteggi Francesco degl'Italiani. una recensione al libro dello Scherillo, di cui dovremo fra breve parlare (1), osserva eh' è probabile Y italicum acetum si fosse rivolto prima che Nevati, in agli spagnuoli contr'a quei francesi arroganti « di miseria e di « pieni fumo, che disprezzavano, per secolar « consuetudine, gli Italiani e facevano discorsi della medesima natura delle gemme che portavan addosso ». La quale espressione egli trae da una lettera del Boiardo, ov'è fatta una descrizione di Don Giuliano, capitano dei balestrieri di Carlo Vili, che passò da Reggio con un mantellone adorno di grossissime « Li ragionamenti poi — aggiunge « consimili a questo suo aparato Giorgio Aliene d'Asti, che pur ». si gemme E il tutte false. Boiardo nelle farse di Giorn. S(or. della Leu. Italiana Gian mostra altrove indub blamente amico ed ammiratore de' Francesi, (1) — sono V - non man- (1885) p. 276-283. 19 cano certi accenni che stosa, si ampio svolgimento sul teatro (1). Tuttavia ben presto disparirà degl'Italiani ogni scritti nel fatto che gli Spagnuoli lo più avviene, sate per le presenti del Ma dagli al solo ciò di risentimento anzitutto sta son venuti dopo, sicché, obliarono le ingiurie pas- si della e ricordo della bur- ed allora appunto era ; massimo sviluppo italiana. luogo il La ragione contr'agli Spagnuolì. cuore dal traccia di banza francese per cedere come per vanità fa- satirici alla loro boria e sarebbero molto bene prestate ad uq più commedia il momento cinquecentistica poi gli Spagnuoli riuscirono in effetto più invisi alle lor vittime per il loro stesso carattere rapace bene l'AgreSpagnuolo rubava e serbava, il Francese rubava e spendeva onde questi ci riuscì meno sgra- e taccagno, giacché, dice concisamente e sti « (2) : « lo ; « dito ». Risulta in ogni caso che nella formazione del tipo del millantatore gli scrittori italiani avevan volto loro strali contr' al soldato i contr' alla straniera oppressione; onde dere in massima la distinzione che il Capitano Italiano e zione, da ciò che lo Spagnuolo aggiunge il prima ventura, di si e ri- poi può compren- Riccoboni fa tra il (3). Riccoboni Ma tale distin- stesso, riesce ambigua se non addirittura falsa. Infatti il celebre Lelio, riproducendone i due differenti costumi, dice assai che il Capitano Spagnuolo succedette fu introdotto al passaggio di Carlo testo al Riccoboni (1) Cfr. Cotronèi cari, 1889, p. la verità Le farse all'Italiano, e V in Italia. che Non con- approssimativa di questa di G. G. Aliane. Reggio Calabria, P. Si- 114 sgg. (2) Loc. cìt. (3) Louis Riccoboni Cailleau, 1731. Voi. Hiatoire du théàtre italien. Paris, 9 e 10 e per l'illustrazione, p. 314 sgg. dit Lelio. II, flg. 20 quanto che realmente sembra che per la prima Spagnuolo (non però il Capitano data, in volta comparisca lo GV Ingannati o II sacrificio degV Intronati, rappresentata a Siena nell'anno 1531 (1). Spagnuolo) nella commedia Ma il vecchio storico del teatro italiano cade in errore quando dice « La dominazione degli Spagnuoli in Ita« Ha attirò alcuni commedianti della loro nazione nella : « nostra penisola, e ciò dette al Teatro de' Capitani che pura o una mescolanza « parlavano la lingua spagnuola « delle due lingue » (2). Cosi dunque, secondo il nostro Capitano Spagnuolo sarebbe stato importato autore, il fra noi da attori di quella fatto vero. Infatti, nazione; come nota ma ciò D'Ancona il non è afcompa- (3), gnie comiche spagnuole vennero bensì in Italia, ma tempo abbastanza posteriore all'introduzione del nostro tipo; tant'è vero che, essendo in un documento che risale al 1566 nominato uno Spagnuolo », il D'Ancona fa osservare che qui non si allude a un solo in ce uomo di quella nazione, bensì a un attore che rappre- sentava quella parte. Inoltre, al può ritenersi giusta la frase « succedette Capitano Italiano »? Parrebbe quasi, restando lettera del testo, soffocata la precedente maschera e ne avesse preso risolutamente mazione del Riccoboni non è volesse parlare punto possa della question del Capitano Italiano il posto. Perciò l'affer- esatta, salvo eh' egli d' origine. Io trattarsi di ciò, ossia incoronazione di Carlo V non credo ap- che nella mente del Riccoboni stesso vi fosse in confuso (1) L' alla che l'invenzione dello Spagnuolo avesse a Bologna l' idea di un' ante- era accaduta il 24 feb- braio 1530, e l'occupazione di Siena avvenne appunto in quell'anno 1531. (2) Op. (3) Origini del teatro italiano. p. 443 8gg. cit. Voi. I, p. 56. Torino, Loescher, 1891. Voi. II, 21 cedenza storica del Capitano Italiano rispetto gnuolo, e eh' egli in fin de* conti male. Perchè certamente non Spa- allo solo espresso sia si deve pensare che si il commedia anche tarda fosse soltanto Spagnuolo; anzi si hanno accanto ad esso molti esempì di capitani Italiani, quantunque il carattere non sia punto differente, e si concepisce di leggieri come nei vestiari delle compagnie comiche si avesse un abito di millantatore nella capitano onde Italiano accanto là distinzione del a quello dello nostro Riccoboni, Spagnuolo comico ; egli stesso. Il dunque tipo del soldato millantatore è senza che la distinzione del sostanziale, perchè, se l'origine è duplice, se l'abito e spesso la lingua son diversi, lo del carattere è poi affatto uguale. Un' capitano e piuttosto da farsi, tra Maiana il nome, il svolgimento mi sembra Leggesi nella tutt'uno Riccoboni abbia un valore altra distinzione il bravo. del Gecchi (Scena IV, atto V) : Spaona. Capitan magnifico. Mosca. Digli, capitan bravo. Sp. Vedi pecora: Dicendo capitan, non vengo a dirgnene? Mosca. No, eh' e ci son de' capitan da dodici In su, che fatti o per favor d'argentibus di parenti, che poi cimentandoli Ti riescon poltron più che le cimici. Sp. non avvien de' 5raw anche il medesimo? Quanti spassapennacehi e papparuggine Di ferro vanno attorno sbravazzandola Che non vagliono poi due man di noccioli? E che adoprano sempre nel combattere Lo spadone a dna pie? Questo brano di dialogo mi sembra provare come anche nella commedia si sufficiente sentisse e a si 22 una qualche distinzione fra i capitani e quantunque anche questi ultimi si arrogasser ambito titolo, come fa qui Sganghera: facesse i bravi, 1' altro Insomma, chiamami Capitan, com'io sono... mentre invece non era che un bravo. Ed una differenza esisteva realmente, differenza stato e di professione. Giacché all' infuori del di valore generico, peggiorativo ed ironico, per spavaldo, smar- giasso, la parola bravo era venuta anche un senso che specifico, il acqpristando dizionario spiega : « quegli prezzolato serve altrui per cagnotto ». Cosi il « buon Garzoni sempre novelle « secretamente <r lationi « gannar con se « « Il : i proprio di cotesti li è che descrive di portar in volta, star su le pratiche di avisar lor padroni e signori, dar quelle re- che piaccion loro: adular con parole, le in- seminar zizzania, generar dissensione, partorir malevolenza, farsi amici que' che gli mantengono, e prevalersi del lor pane senza punto le trovate, bravo era dunque un sicario menar le mani per conto d'altri, ricevendo stipendio, quando pur non esercitava anco mestieri più ignobili, non escluso quello di mezzano, come p. es., nella Spagnolas del Calmo, ove il bravo veneziano Spezzaferro si offre a rimediar le pene amo« meritarselo » che aveva (1). Il l'ufficio di rose di messer Scarpella, cavaliere bergamasco, già stato condottiero in Ispagna, e che vuol farla da spagnuolo. Perciò il bravo era qualchecosa plebeo che il capitano o soldato che dir quale anzi era per lo più abbassava fino a compiere (1) Op. di piazza. cit. un buon si di più vile, di si diavolaccio, bassi mandati, più voglia, né il si limitan- Disc. CXI, De' bulli o bravazzi o spadaccini o agìierri 23 dosi a combattere, e più specialmente d'aver dire a campi di battaglia. Vero è che bravi e capitani si accomunavano nella qualità della più goffa poltronerìa e vigliaccheria congiunta a uno spirito fancombattuto su' rende oggetto del ridicolo universale. In riguardo a ciò ha ragione lo Spagna, quando al Mosca che lo aveva avvertito , burlescamente e con doppio farone che li senso, d' aggiunger l' epiteto di bravo a capitano nel parlare di Sganghera, risponde colla stessa ironìa : Vedi pecora: Dicendo capitan, non vengo a dirgnene? Ma due perquando verremo a trat- in conclusione, se le caratteristiche de' sonaggi son le medesime, e se, tar più in particolare del loro svolgimento nella Commedia, pur conservando loro due nomi diversi, ne parleremo come di un unico tipo, lo stesso non poteva farsi nel discorrere delle origini, ove una certa separa- zione era opportuna a stabilire sulle scene italiane, in cui compare anzi prima Questo fatto il bravo, potrebbe in come vedremo in seguito. certo modo spiegare la bravo che distinzione del Riccoboni, perchè appunto il fu la forma primitiva di millantatore nostro tea- nel non è spagnuolo. La sua nazionalità non è fissa, quantunque soventi volte sia veneziano forse perchè nella oligarchica repubblica di San Marco più che al- tro, trove aveva occasione di fiorire quello strumento di Spagnuolo è fatto dinon può dirsi davvero che tirannide. E, se talora anche lo scendere a sì la satira del infimo bravo livello, si rivolga contr' agli stranieri piuttosto contr' a quella piaga sociale, e tutta che, introdottasi in dell'età moderna, mezzo si tempi molto recenti: alla , ma italiana, corruzione de' principii conservò poi, pur troppo, la storia informi. fino a 24 II. È un Capitano il —U greco e — latino Reliquie medievali — / romanzi — Le antiche farse francesi. miles e diretto e legittimo discendente del miles gloriOSUS ? classico aXai^wv fa,bliaux i La comparsa del millantatore sulle scene del secolo xvi è frutto de' tempi età, e quindi costumi, tali quali menti .... più o all' più rispondente il buona commedia dee proporsi, sono essi meno italiane ed è forse questo ; personaggio comico più rispondente r il il indole di quel- che ogni fine al cioè, la descrizione dei nella con vita, intendi-: ognuno conosce commedie in generale è morali, giacché a prova che la moralità delle assai discutibile. Certo è tuttavia che questo genere drammatico ha sempre, o quasi vita reale, a sempre, tratto sua materia dalla la seconda dei tempi; cosicché anche la fa- mosa, tanto strombazzata imitazione latina del Cinquecento sta forse, in fin de' conti, più nella sostanza. Infatti, se ficiale di può sfuggire legami sec. XVI metodo al vecchio teatro affatto analogo, se — forma che lettore super- del tutto la continuità ed intimità che riannodano spesso identici nella neppure a un la produzione comica del latino, persino se si gli riscontra d'altra parte, è manifesto modo un accidenti sono che i tempi non è più lo stesso; anzi gl'intrecci ed i caratteri, per quanto camuffati in veste classica, rimangono non pertanto un riflesso della vita contemporanea. Che importa dunque se la forma é uguale, o almeno molto simile? Da quegli son mutati e che il di pensare 25 umanisti, imbevuti di classicismo fino agli occhi, e' era da aspettarsi altro fondersi coir essenza Ma I sarebbe cosicché ; esempio, stabilire un parallelo assurdo, una traduzione), rapporto al teatro latino. garsi, che, cioè, poco commedia del '500 in Questo soltanto non può nee la soverchio e improvvido studio d'imi- il r originalità del tare soffocò per tra la fabula palliata de' Latini rispetto a' modelli Greci (di cui essa era più che non forma non dee con- la teatro italiano, — il quale, e la Sacra Rappresenavendo in sé molti elementi tazione lo mostrava per sollevarsi a un alto grado — d' indipendenza rimase, appunto quand' era in artistica, sul formarsi, inceppato dalle reminiscenze classiche, e impedito di divenire ciò che furono lo spagnuolo, quelli veramente nazionali stimati gli unici Questa professione momento sul teatro inglese e il comune che, per consenso, sono fra' moderni (1). di fede era, cred' io, necessaria di affermare la genesi spontanea del Ca- pitano che comparisce sulle scene del sec. xvi, contro all' opinione de' « Scherillo (2), il critici ortodossi, » quale fu il proponiamo in favore della tesi che qui ci Cotesti critici vedere una ortodossi, derivazione i Ital., chiama lo di mostrare. nel processo dei la frase che a questo sistematica Garavelli (3), che « cause simili il (1) Gfr. in proposito zione latina nella li sogliono in tutto quali tempi, senz' ammettere, secondo proposito adopera come primo a spezzare una lancia il noto Commedia libro del di Vinc. De Amicis : L' imita- secolo XVI, Bibl. Crit. della Lett. 16-17 (Firenze, Sansoni, 1897, 2* ediz.). (2) Doti. Studi e — La Commedia dell' Arte in Italia. Loescher (Tip. Bona), 1884. Gap. IV, p. 110. Garavelli, La Commedia dell' Arte in Italia, recensione Michele Scherillo, profili. Torino, (3) Vitt. al libro dello Scherillo, p. 215-218. Lo stesso in Illustraz. articolo trovasi Italiana, riprodotto Anno XI nel (1884) n.» 40, volume dello stesso autore Chiacchiere critiphe, Torino, Loescher, 1889 p. 71 sgg. 26 producono effetti simili », somiglianza fra il pitano dei Cinquecentisti, che a concludere dal primo. s'inducono È constatando una perfetta ras- Miles Gloriosus dei Latini e il Ca- il com' è naturale, si affrettano, secondo è direttamente derivato assai se, costretti dalla evidenza dei una accennare che ad fatti, riproduzione tale potè esser favorita dalla circostanza, la quale metteva sotto gli occhi di que' commediografi — non ultimi minavano — richiamanti lantatori , certi tipi di mil- spagnuoli che allora gli molto dappresso l' li do- immagine del soldato plautino. Ecco dunque come starebbero le cose. Quella brava che studiavano i classici più che i fatti e gli gente, uomini presenti, a forza s' legger Plauto e Terenzio di invogliavano di prendere la penna in mano per scri- vere anch' essi qualche cosa, sotto la dettatura de'maestri : solo che si prendevano certe piccole non passare addirittura da tuivano a' nomi latini nomi perchè non i libertà, per volgari amanuensi,, e sosti" o spagnuoli, tanto italiani loro parti avessero qualche odore di novità e sentissero troppo il Una rancido. specie del padre Cesari che traduceva Terenzio co* riboboli fiorentini Ora, a parte lo scherzo, nare tende a rovesciare l' siffatto metodo aspetto vero delle nel caso speciale del Capitano, a confonderne ! di ragio- 1' cose e, origine collo svolgimento posteriore, che dovea quasi fatalmente, date le tendenze d' allora, bile del teatro latino. « d'imitazione — « si 2> risentire Ma «... — argomenta può affermare che in « manifestazioni . influenza inevita- giustamente lo Scherillo due una prove- Italia vi siano state differenti di quel tipo « niente dalla tradizione letteraria, « popolare. Invece par certo che, «. l' non per codest'odore sostenuta pigliò dalla piazza le 1' : 1' altra spontanea e quando la commedia maschere ed i tipi già 27 con « formati, e essi Capitano, accorgendosi il « somiglianza di lui con l' smargiasso cinquecentista con « ricolorò lo « vaci e caratteristiche le tinte vi- romano. soldato del ha dato occasione « ricoloritura della antico personaggio plautino, E questa all'illusione ottica dei « critici posteriori. » La questione viene con brevi così ma succose pa- role enunciata dal valente illustratore di Pulcinella, che non appoggia la sua opinione su dati di fatto onde una dimostrazione sistematica del suo asserto rimane ancora da farsi. Ma noi, piuttosto che pigliar d'assalto il nostro problema, comintuttavia positivi e precisi; ceremo, se cosi è lecito esprimerci, dal girargli attorno, facendo un po' di storia retrospettiva del soldato vantatore avanti il '500 prammatica, da' suoi traendo e primi mosse, le com' è di rappresentanti nel teatro classico. Un dottissimo e geniale filologo tedesco, Otto Rib- beck, in una monografia speciale che una sua versione metrica Plauto, ha studiato l' antico 8US di svariate forme e manifestazioni (1). matici, retori, sofisti e perfino . . . . i e filosofi, cuochi (2) derivante ridicolo difetto si da fa come da pre- del Miles Glorio- fazione a àXai^wv nelle poeti, indovini, mostrano medici intinti di questo un malinteso orgoglio e vanagloria, che tende a fare ostentazione de' propri riti, anche a scapito della deplorevole debolezza, pur genuina troppo sue Demagoghi, diplo- verità. si me- Di questa universalmente (1) Alazon. Ein Beitrag zur antiken Ethologie und zur Kenntniss der griechisch-romischen Komodie, nebst Ueberselzung des plautinischen Miles Gloriosus, von Otto Ribbeck (Leipzig, Teubner, 1882). (2) Questo carattere dette luogo alla maschera Maeson, di cui il lessicografo Feste t Maeson persona comica appellatur aut coci aut nautae : « aut eius generis. )j 28 appunto perchè quasi congenita alla natura uomo, immodesta e vanitosa per eccellenza, diffusa, stessa dell' si potrebber dunque enumerare una quan- di leggieri ragguardevole di tità variazioni ; ma a noi conviene saltare a pie pari tutte le altre, e fermarci subito alla forma più tipica e più eh' è precisamente il importante nella storia del teatro, soldato, la cui tradizionale e sciocca burbanza è apparsa come una sorgente inesauribile comicità in tutti i tempi e in tutte le letterature. Nel teatro greco esso quando, satira cioè, alla si stabilisce personale e abbastanza di tardi, indole essen- d' Commemeno pro- zialmente politica che avea predominato nella dia Antica; sottentrò vocante della Media ma non più individui chio de' costumi della società, il misurato e riso più e della Nuova, contemporanei e ma che assaliva riso classi d' individui, facendosi spec- flagellando i vizi senza far nomi o allusioni ad per- sonam. È vero che non nèa figure molto les. Fiorito ne' tempi diffìcili apparteneva siaca, Aristofane non risparmiava mancano simili a ciò i commedia alla che diverrà al mi' della pace e partito eh' esso suol coprire di ridicolo, atteggiandoli sovente in teschi Aristofa- futuro guerra Peloponne- della suoi avversari il sembianze di grot- spacconi, che per una temerità mal consigliata e una stolta bramosia di gloria, compromettevano la conducevano alla rovina, involgendola in pazze intraprese. Cosi Lamaco, un dei sicurezza della patria e la capi dell' infelicissima spedizione di Sicilia insieme con Nicla ed Alcibiade, è per mordacemente deriso negli la sua pomposa armatura Acamesi e nella Pace. Gli esempì potrebber facilmente moltiplicarsi ricle non isfuggi gamente, anche a' il : lo stesso Pe- sarcasmi del terribile poeta. Analodio Dioniso nelle Rane, parodistica 29 incarnazione del partito favorevole ad Euripide (1), è con irreverente umorismo concepito come un falso Ercole, la pelle leonina sulle spalle e la poderosa clava in mano. Ma né questa né le altre caricature suggerite ad Aristofane da passione politica o da rancori individuali, danno ancora indizio di presentare tipo il un umano proposito determinato a rapdel millantatore che si svol- gerà in seguito, come naturai portato di avvenimenti e che richiamano in certo senso di condizioni sociali XVI pensiero all'ambiente Italiano del sec. cui, a tanti secoli di distanza, rivivere Anche nella Grecia era invalso il il mezzo a in nostro Capitano. l'uso dei merce- nari, introdotto, pare, dalle colonie ioniche che, troppo dedite a' traffici neggio delle ed venale di stranieri comoda un' a' commerci per essere armi, avevan dovuto (2). Si istituzione che atte al ricorrere all' ma- opera cominciò purtroppo a trovar permetteva agli imbelli cit- rimaner tranquillamente a casa, e dalle colonie venne diffondendosi nella madre patria. La Gretadini di cia, decaduto tradizioni, e il i valor nazionale, dimenticò le antiche discendenti di Milziade e di Temistocle non ebber vergogna di lasciar le loro faccende a re- golare da gente prezzolata, senza patria e senza ideali, che si infame davano a chi meglio pagava e rendevan così 1' onorato mestier delle armi. Quando poi nell' Eliade avvennero que' grandi ri- volgimenti, dopo la morte di Alessandro di Macedonia, (1) Aristofane considerava il poeta Euripide come il corruttore del- Rane, Dioniso, fervente ammiratore di quel poeta, discende all'Inferno per ricondurnelo a' vivi; ma, udita la disputa che si agitava fra Eschilo ed Euripide per il primato lassù nel regno delle ombre, comprende il suo errore ed invece che Euripide riporta fra' vivi Eschilo. l' arte tragica. Nelle (2) Sulle origini della jxcrfloifopi'X o ^ivorpo^t'a C. A. Boettiger. Oputcula et carmina cfr. specialmente latina, Dresda, 1837, p. 266. so per le come dell' àXai^cóv. quella e in Alessandro meteora, e fulgida ne disputavan se la che incominciò veramente ad ele- si varsi nella scena della vita figura che contese de' Diadochi successione, allora la fama sue gesta aveva assunto volentieri glianti della leggenda, di mezzo del teatro la Magno comparso era meravigliose delle sma- le tinte calde e all'infinito gregge di empivano la corte fastosa del gran Re, sublimandone a gara le glorie. Infine, dopoché Alessandro fu salutato da' sacerdoti fiadulatori, sofisti e parassiti che glio di Ammone Giove rono anche i un parossismo rono il alle e venerato qual dio, comincia- suoi generali a credersi figli morbosa megalomanìa di più inverosimili stravaganze abbandona- (1). Si propagò contagio, e la malattìa divenne generale. Noi dobbiamo immaginarci, scrive questi parvenus che, torie facili e le di dei, e in si per lo il Guizot (2), con vit- arricchiti all'improvviso più incruente, andavano a .godersi mal conquistate ricchezze e le cortigiane fra' conviti delle molli città greche, e insiem co' denari e col lusso vi portavan pure la loro boria e le loro maginarie, spacciando a' loro benevoli uditori, prodezze im- più goffe e madornali bugie le i quali erano per la massima parte que' servi o parassiti tanto compiacenti in appa- renza verso i respettivi padroni e mecenati, di cui sfrut- tavano a tutto lor vantaggio la insensata vanità, mo- strando di crederne e di secondarne le ridicole sman-^ cerie, pronti poi a riderne essi per primi e magari a giuocar loro, con vile ingratitudine, Di siffatte macchiette esilaranti era dronisse l'arguto spirito della (1) Ribbeck, op. cjt (2) Guill. Guizot. Comédie et la Société i tiri più birboni. naturale s' Nuova Commedia impa- Attica ; p. 31 sgg. Ménandre. Étude historique et litteralre sur grecques. Paris, Didier, 1866, p. 259 sgg. la 31 — e « come, » inferisce — Ribbeck il conforme « alle « condizioni politiche e speciali dell'età sua, Aristofane aveva ritratto ne' demagoghi e ne' e come commedia di più completo e dramma- ^c lo « Antifane ed Alessi nel cuoco, cosi « Menandro raffigurò il tipo « tico dell' àxa<?w7 nel soldato vestito, il nome stesso suo incesso, Il j>. ne denotan sofisti, la natura; la egli è valoroso, altrettanto è bello e, il suo quanto e irresistibile, e le innumerevoli vittorie della sua spada non sono eguache da' suoi gliate Menandro, somma compiacenza sembra che gono fosse il ; e de' vewrepo/, La figura dello Ercole) potè essergli suggerita duce degli Argivi, uomo pubblico per Rane non se clava sulle i vestito da "^svSripxKXrii; un ridicolo per della pelle (Falso sua vanità e si presentava in di leone e colla precisamente come il Dioniso delle (l). II 2<xdwv/o? (Sicionio) e lo SevoXoyói; di mercenari) con Nicostrato, tal la che non costumi, spalle, trattò lo capolavoro di questo genere il ©pawXecov (Trasileone) di cui riman- sci pochi versi. spregevole Amore. infiniti trionfi in maggiore il (Reclutatore hanno certamente per protagonisti due che passeggiavano la Grecia in cerca da arruolare, Sidone allora essendo una delle di que' reclutatori di soldati città cio ; dove più ma fioriva questo nuovo genere anche in queste, gli scarsi di frammenti commerlo dicono, ha parte, naturalmente, il falso bravo. Anzi allo Stratofane del S/kdwv/o^ deve forse riferirsi quel verso tanto caratteristico nella sua concettosa brevità a suggellare vera natura dello smargiasso la Kazv)' fiiy ò'-^tc « Fiero aspetto, (1) cfr. §.- : Ssi^atat <ppéysi; core » (2). Diod. Sic. XVI 44. Plutarch. De adulat. et amie, 184. Questo vereo è citato da Fozio e da Suida come di Menandro, in Stobeo Fiorii. 8, 10 è riportato come dall' Ey/stpt'Stov di Filemone: Meineke. Fragra. Comic. Graecorum lY p. 8 e 201. (2) ma vii ìy 32 Forse anche altre produzioni dello stesso autore e seguaci potrebbero offrire nuovi esempì del de' suoi nostro tipo; di ma è inutile trattenerci più oltre intorno manifestazioni greche di esso. Soltanto alle ricordare anche una variazione del tipo è veramente innamorato spera d'intenerir bile, (l'Odiato) Mi(jovjj.eyo; il interessante. assai ; mi preme che offre Trasonide ma, millantatore incorreggi- la bella crudele col racconto di fantastiche bravure, che al contrario le muovon la nau- sea e le ispirano un'avversione invincibile per lo spac- E cone. gar non poveretto il che nessun promessa nessun modo a pie- riesce in donna, una schiava che la aveva soggiogato, lui lo nemico faceva tremare di astenersi (1). Neppure la ormai dalle vanterie impietosisce quella spietata, che gli risponde esser ciò impossibile data la sua natura vento che Insomma, è sempre ripiglierà il sebbene soprav- frammenti noi dicano, che il povero >I'!7oujx£voi; non riuscirà a conciliarsi il cuore dell'amata. (2). La facile capire, i stessa situazione, imitata verosimilmente da Me- nandro, riprese alquanto più tardi Luciano in uno dei dialoghi di suoi cortigiane (3), ove Leontico, avendo fatto fuggir via la bella Innide, spaventata da' suoi terribili racconti ch'egli credeva invece dovessergli acqui- fama presso di lei, s'induce finalmente, dopo molte esitazioni, a mandare il parassito Ghenida acciò rassistar curi Innide bugie; assai : comico, Miaovjx tutte ve' ». fr. V (Meineke IX aXa?wV fr. il dille che son parole, di effetto fanfarone riapparisce Cam. Gr. IV, 170. (ibid. p. 171). (3) Dial. Meretr. 13. l' Le ultime mostrano che (1) MttyovfJL fr. (2) dunque, o Ghenida, e « Va' ma non Una descrizione sistematica e completa del- è data da Teofrasto ne' Caratteri (Carati, xxiii). 33 sempre nell' amante ; ma non importa un breve scatto : è l'amore che ha trionfato. L' àXa^cùv della commedia era ateniese stato un personaggio vivente e vero, che pur visto attraverso la manteneva lente d'ingrandimento della caricatura, tatta tutta la vivezza della Romano sua storica realtà. in- Nel teatro invece lo smargiasso non ebbe fortuna : l' in- profondamente umano del personaggio scom- teresse immagini che ne due massimi campioni della commedia latina, Plauto e Terenzio, che si mostrarono nella rappresentazione di esso anche più del solito ligi imitatori parve di fronte alle pallide e sforzate detter gli stessi esemplari greci. degli Che, casi vantarsi di aver dato un Plauto potè in molti se colorito prettamente ro- mano agli argomenti esotici della sua fabula palliata, nessuna delle sue produzioni più del Miles gloriosus giustifica la citazione della fonte greca cui egli aveva attinto : 'AXa?f«v graece buie nomen est comoediae (1) E, poiché gl'imitatori teadon facilmente a esagerare, era naturale che Plauto si le tinte, sì ideale di ridicolo, i lecito esprimerci, un che potea per avventura riuscir gra- dito agli spettatori, finché scena sbizzarrisse a caricar da foggiarsi, se cosi è si trattava di metter sulla Graeculi, com'essi erano chiamati per ischerno, que' vinti Greci che allora appunto erano stati cente sottomessi. Ma guai all' di riprodurre, nelle spregiate vanaglorioso, un soldato sembianze Romano prese assolutamente alla lettera del Guizot (loc. cit.) (1) Miles Glorios. v. :«.... di re- audace che avesse osato il ! le Non del poltrone già che vadano entusiastiche parole soldato fanfarone era 34 personaggio più estraneo, più sconosciuto, « il ff naturale a « rale per « Roma dove meno coraggio era troppo gene- il non esser modesto, e dove un falso bravo non avrebbe potuto arrischiare il racconto delle sue « vittorie immaginarie senza che vere vittorie dei le Romani non venissero insieme a smascherame le menzogne e superarne le finzioni ». Anche Roma, come dappertutto, non mancava davvero il « soldati « a contingente de' falsi bravi, e Plauto stesso ce lo assi- cura, in quel noto passo del Curculio ove l'attrezzista fa una specie tro anche il di « carta di », additando^ fra {gloriosus), cioè presso al tempio di uno spaccone nere Cloacina bili cittadini Roma l'al- luogo ove più facilmente potrebbe trovarsi (1). Ma Ve- l'orgoglio nazionale de' suscetti- non avrebbe tollerata la parodìa di quella professione militare che, unita all'accortezza e al senno politico, costituiva la loro forza e la loro grandezza ; causa prima della ond'è che presso di loro il miles glo- come maschera scenica non potè essere che un prodotto esotico, un frutto d'importazione forestiera di riosus cui la fàbula togata, ch'era il vero dramma nazionale, d'argomento esclusivamente romano, soggetto a rigorosa censura, non dovè, secondo ogni ragionevole presunzione, neppur conoscere l'esistenza. Tuttavia qualche cosa del genere si dovette avere nelle farse popolari che rappresentano la parte più viva, spontanea e personale della drammatica che non poteva toccare non era ugualmente dell' latina. una o e i Mimi dell' altra si IV 2. satira divertirono spesso città, assegnano come peculiari certi costumi o (1) Curculio La senatus popolusque romanus, inapplicabile alle altre popolazioni Italiche, e le Atellane alle spalle il a cui talora difetti. si Di mil- 35 i Prenestini (1), di di Atellane conser- lanteria eran tacciati, per esempio, viltt^ vati Campani i (2), e fra titoli i ne restano almeno due che lascian capire qual ne dovesse essere Maccus miles Ma contenuto il Milites Pometinenses, : (3). tutto ciò mediocremente, interessa e' sia per- chè ne abbiam perduta ogni ulteriore notizia, sia perchè non appare che acquistasse un' importanza speciale anche nelle Atellane teatro latino si che del soldato, tipo il per il restringe dunque, in ultima analisi, ai greci rimaneggiamenti di Plauto e di Terenzio. nomi famosi son sempre Questi due sicché vien fatto volentieri ragone da cui chiaro, risulta congiunti, d'istituire fra loro come un pa- sanno, che tutti Plauto, sebbene cultore anch'esso della fabula palliata, era essenzialmente contro il poeta poeta del il aristocratico, della raffinatezza, grecizzante di come s' di forma, laddove induceva a ricalcare i Terenzio per popolo, poeta il dell'eleganza e anima e di sentimenti Sarsinate solo per necessità il modelli Ellenici, ma il suo pen- riman quasi sempre intieramente romano, rude talora e poco castigato, ma perciò appunto più efficace e spontaneo. Mi sembra espressiva, anche se inelegante, siero la frase del Klein « un' opposizione che fra fra la Plauto e Terenzio taverna e la casa » rileva (4). E questo contrapposto, aggiunge l'erudito tedesco, riesce manifesto ne* due (1) Plaut. (2) Bacchici. Cfr. Tito Livio tipi 24 : di millantatore Praenestinum opino esse XXIII, 46 e 47. XXV, ritratti da' : due ita erat gloriosus. 13. (3) Maccus era una delle quattro maschere un quid simile del nostro Pulcinella. principali delle Atellane, (4) « .... bei Plautus, in gegensatz zu Terentius, cine Opposition der Schanke gegen das Haus herrscht » (Klein, Geschichte des Dramas II, 521). La frase è molto tedesca, se si vuole, ma pazienza « ! poeti, alludendo, uno para- cioè, al Pirgopolinice dell' gonato col Trasone terenziano. due commedie, il Miles Eunuchus, non può passare inosservata una notevole differenza d' intonazione fra' due spacconi, Infatti, se a chi legge le Gloriosus e si 1' riconosce fondo facilmente che tuttavia che lo stesso, e carattere il la diversità di deriva solo dalla natura diversa degli autori. il è in rappresentazione E invero mite e delicato Terenzio, che in una sola commedia viene ad introdurre lo spavaldo, ce ne dà un'immagine assai attenuata e incompleta ; che, sebbene Trasone ami gloriarsi delle sue perfezioni fisiche e morali, dugia nel racconto somma molto di fantastiche addietro alle avevano messo in bocca a' aka^óysc, L' indole di Terenzio ripugnava da sicché esso è molto più dolci e appassionati che non grottesco. Perciò e fredda che pria e non non il dov' esso serve solo a alla comici greci. ì ogni brutalità, co- tratteggiar caratteri rappresentazione del suo Trasone è una figura insipida ha, esercita abile s'in- strampalerie che colossali loro non imprese, rimane in- per così dire, personalità pro- una parte essenziale nell' azione, come necessario zimbello alle mene fraudolente della cortigiana e del parassita che lo metton di mezzo. Al contrario, la fantasìa umoristica e sbrigliata di Plauto, quella vis comica ch'egli amava di profondere a piene mani, anche a scapito qualche volta del buon gusto e dell'eleganza, avevan trovalo un soggetto gno nella riproduzione dell'antico aXai^wv ; e, sebben delo ha luogo di credere che egli imitando esagerasse, tanto che il suo Pirgopolinice riesce l'uomo più vile e più abbietto, e nello stesso tempo il più stomachevole millantatore del mondo, salvo poi a lasciarsi gabbare e schernire nel modo più atroce dal imitasse dal greco, si 37 suo inseparabile e poco fedel servitore. Era perciò naturale che gì' Italiani del sec. XVI, andando a ricercare ne' classici esemplari ispirazione ed aiuto mento allo del loro Capitano, si attenessero più svolgi- davvicino a Plauto, per quanto anche l'influenza terenziana cesse fortemente sentire; e ce lo attesta delle parole « Thrasonismo venute d'uso comune la si fa- creazione » e « Thrasoneria d a designare i bravi e le , di- loro bravate. Pirgopolinice è rimasto ma plautini; fra le venti il più celebre commedie ben de' soldati altre cinque, Truculentus (1), contengono il nostro tipo, che rimane per lo più uguale nella sostanza ma subisce parziali modicioè Curculio, VEpidicus, le Bacchides e il Contentiamoci di ricordare l'Antemonide ficazioni. Poenulus che fa si — cosa — tone il strana, benuomo del come un ghiotmentre più comunemente il dab- notare specialmente sfamare i parassiti che gli danno Cleomaco delle Bacchides, un furfante matricolato che non si perita di cedere per denaro l'amore di una delle due cortigiane. ascolto (2) ! Il diletta a si , e il miles gloriosus non aveva né poteva aver go- duto nella Roma repubblicana una schietta e profonda popolarità, come già innanzi ond'è ovvio ammettere che rirne la tradizione di si nella Grecia moribonda; dovesse di leggieri smar- personaggio da commedia. Né giova che la fama imperitura di Plauto e di Terenzio il parassita Arpace nello Pseudolus assume l'aria di milquando etimologizza il suo nome dal gr. «p;ra?ctv hoates vivos rapere (II 2). (1) Anche = lantatore, (2) scena tro gli Ma egli è pure un formidabile spaccone: basti vedere la nota racconta a Lupo la sua gloriosa spedizione con- dell'atto II ov'egli homines volatici. 38 non trionfasse delle più fitte tenebre medievali, e tanto in seno agli eruditi di professione. Ma scienza dell'intimo significato psicologico ed maschera l'antica a adoratori dilettantismo, si codel- prova, puro classica latinità che, per della ostinavano a ricalcare orme le de' vec- tentativi fa onorevole eccezione Fra questi chi comici. monaca Hroswitha che metro umano fosse ormai dileguata, son si sol- la credere, certi tentativi isolati e solitari d'impe- mio nitenti la che in sei drammi di stile e di terenziani sceneggiava episodi delle vite de' Santi con un spirituale e cristiano; gli altri si alto intento limitarono per lo più ad una sciocca imitazione formale, che dava occasione a vacue esercitazioni scolastiche, la cui unica nota caratteristica è l'oscenità, cinica e disgustante. Così descrive Davo a' dialogato in distici, Thraso mezzana Baucis e del servo un poemetto raggiri della i fargli pagare cortigiana. Quivi, danni del milite innamorato, per a più caro prezzo malgrado amore 1' dì una nomi evidentemente i tere del terenziano Trasone fugace ne' due versi terenziani, del carat- riman solo una traccia ben : Obvius exit ei Thraso, sui gloria potus. Cui ventar deus est, cui Venus apta comes Ma nel corso del breve mostra mai come tale moedia de milite Plauto soltanto sformato : « il non del (1). soldato francese ! E non la si Co- Matthieu de Vindocinensis) trae in sostanza da titolo; si il né come millantatore glorioso Vendóme (Matthaeus dramma ma vede più Pirgopolinice è — scrive il aff'atto tra- Le Clero (2) — H. Hagen. Eìne antike Komódle in diatichischer Nachbildung Class. Philol. XCII (1868), p. 7H-729. (2) Hiat. littéraire de la France. Tom. XXII, p. 58-62. La Comoedia fa pubblicata dal Du Méril in appendice alle sue Origines du théàtre (1) Cfr. in Jahrbb. moderne. f 39 non un cavaliere che corteggia donne, e eh' esse « se « accolgono con una premura che non rassomiglia né « al disprezzo che loro suppone né « caratteri, leresca le teatro antico per tali il tanto vantata dell' età caval- alla virtù Ciò che, y>. le un da se lato dimostra che stramba caricatura plautina non parlava rito di que' tempi, suggerisce d'altra parte che fosse nato qualche cosa si piìi di nuovo e il la allo spi- pensiero di diverso che prestasse a tal genere di satira. Vendòme Forse Matthieu de moto (lo si seguente) perché a' principii del possa creder possibile nella sua Co- si moedia una intenzione tr'ai é ancora troppo re- crede vissuto nel sec. XII o costumi dell'epoca. satirica Ma cosciente e diretta con- questo indirizzo si svolse più tardi e si svolse a vituperio di una grande ch'era germogliata in mezzo mistico ascetismo della Chiesa cattolica ed al istituzione ed aveva illuminato l'ottenebrata società dell'Europa medievale di alle ferree ritorte del feudalesimo, una luce vivida e feconda, convergendone gli il lontano Oriente. La Cavallerìa madre di magnanime imprese e di eroismi so- sguardi ansiosi verso era sorta, vrumani: nobili cavalieri il mondo colla fama di molteplici Ordini delle loro gesta, avean corso compiute nel di Dio, dell'onore e degli occhi della loro dama. nome A poco a poco l'ideale cavalleresco aveva assunto una fisiono- mia stabile e propria, e le tevoli si fissarono nella Magno e i Cavalieri sue personificazioni più no- leggenda. della I Paladini di Carlo Tavola Rotonda vennero a dar soggetto a tutta quella letteratura romanzesca che conservò sempre tanta popolarità e che, mescolando insieme l'elemento reale e storico col fantastico e col meraviglioso, doveva alla fine divenire un intessuto di favole. Giacché la fervida ingrandi smisuratamente le immaginazione note figure fino de' cantori ad attri- 40 buir loro portamento e contegno, più che da A prepotenti o da bravacci. compassionevole e noi spunta un sprezzante nel leggere lo da eroi, sorriso fra i il famosi gabs dei Paladini (1) che pur forse erano accettati con la miglior serietà del mondo dalle masse ingenuamente credule ed acciecate nella venerazione inoffuscabile dei Ma loro eroi prediletti. moderna, dell'età già per tempo, verso i principii era cominciato a diminuire si fede la a que' racconti straordinarii, a quelle prove miracolose, a quelle tempre punta sovrannaturali e quasi dapprincipio, per entro romanzi e i divine; e appena dell'ironia s'insinuò, sottile e la percettibile fabliaux, fino ad i assumere più Per rimanere tardi le proporzioni dell'aperta invettiva. e dell'Ariosto un esempi agli dente -^ Astolfo è e lieri, tipici, ne' poemi del Boiardo certo risolino beffardo traluce già evi- Rodomonte il più spavaldo e caduco fra' cava- — è divenuto sinonimo di spaccone nélV Orlandino poi di Pietro Aretino i : Paladini son rap- come sciocchi e codardi ghiottoni il cui campo la mensa e che si sfidan solo.... a chi più mangia o beve. Che più? Nell'immortale creazione del Cervantes, Don Chisciotte è uno sciagurato monomane presentati d' onore è a cui la perniciosa lettura de' romanzi ha sconvolto cervello, che si batte co' mulini a vento e che sempre col farsi bastonare, nea, una brutta contadina. Ma siffatta in nome letteraria, rito cavalleresco nella società era Vedasi specialmente il lem ed à Conetantinople, ove sitati da suscitare bilmente non ticolo del il sua Dulci- tendenza parodistica era, per così una reazione puramente (1) della dubbio vi esiste. Cfr. Novati p. 280 n. il finisce allorquando dire, lo spi- da un pezzo tramon- Pelérinage de Charle Magne à Jerusai gabs diventano cosi madornali e spropo- di una intenzione parodistica che più probaper la bibliografia della questione il citato ar- 2. 41 E tato. sua decadenza, che dovè avvenire per lenta della e graduale evoluzione, rimangono e ca- riflessi parziali Lenient (1) ne addita un Florance e Blancheflor, ove ratteristici nella letteratura. Il sicuro indizio nel fabliau di l'antico cavaliere è già si mutato in un avventuriere bisognoso e libertino che mette in pegno donna amata per pagare i gioielli della i suoi debiti. Di questo triste discendente degli antichi prodi è innamorata Florance, Blancheflor ha dato l'amor suo a Le due di lettere. un clero, a un uomo giovanette, difendendo ciascuna il pro- prio ideale, portano la contesa alla Corte del Dio d'amore, e riman favorevole giudizio il sopraffatto dall' Ed al clero : l'uomo d'armi è di lettere (2). ecco che allato di Orlando e degli comparisce clici uom la grottesca altri eroi ci- figura di e ignobile Au- digier, di cui Onques plus coarz hom, dit l'histoire, N'entra en abaìe ne chapitoire (3). Audigier è degno ali di una figlio di campione che gibus, nobil farfalla. È armato a tentar la forza del suo megera del gli impone suo padre, braccio contro vicinato che lo batte come rati. figlie. Audigier restò proverbiale nel medioevo di un'ingiuria all'indirizzo de' gentiluomini Ed il villano uno smargiasso (1) una vecchia ignominiosamente e più schifosa delle umiliazioni, obbligan- la nome lancia le egli stesso cavaliere e viene dolo poi a sposare una delle sue orribili Il conte Tur- il trafigge colla sua Gh. Lenient degene- arricchito, atteggi an tesi a cavaliere, vigliacco che, armatosi di tutto punto, La satire en France au moyen àge. Paris, Hachette, 1859. Gap. V, p. 91. (2) Cfr. Barbazan Rajna. (3) Le et Méon. Fabliaux et Contea. Paris, 1808 IV p. 354. Corti d'amore. Milano, Hoepli, 1890 p. 20. Barbazan et Méon, IV p. 217. Gfr. Lenient, op. cit. Gap. VII p. 131. 42 andava nel bosco ad armeggiare.... contro gli alberi, e poi vantavasi di aver abbattuto de' nemici, è smascherato e atrocemente vilipeso dalla sua stessa moglie nel Bérengier au Ione cui. (1). questo notissimo fabliau In la scena è posta in Lombardia Ou la gens n'est gaire hardie che è questa una vecchia accusa ripetuta volentieri dai Francesi contro i Lombardi, e che dette luogo ad un curiosissimo poemetto la cui versione latina ha ripub- abbastanza di recente blicata lumaca seconda metà del De lombardo alla et Novati (2). S' intitola il — probabilmente da assegnarsi XIII — e rappresenta un sec. burlesco duello sostenuto da quell'animoso guerriero contro la terribil fera. Grande è l' incertezza del vil- non osa accingersi all' ardua impresa, ed è scongiurato dalla moglie a non correr si gran rischio: lano che Hector, non haec auderet AchiUes; Herculis hic virtus ardua deflceret. Non audax Ma magnanimo si decide a dar batun solenne addio alla concorre in campo e, dopo aver provocato infine quel non taglia, senz' aver dato sorte desolata : e sfidato la temuta avversaria, la uccide. facto quae premia digna dabuntur? est res parva, causidici veniant. Quo tanto non La satira qui dunque ha carattere divien paesana e sociale, si politico; ma nella Francia stessa trasporta contro gli stessi francesi la ridicola inven- gens zione nel Dèbat des contro (1) et quando XIV un lymasson A. De Montaiglon tiécle. Paris, 1880, (2) Giorn. Stor. (3) Cfr. Novati XXII (3). d' armes et Più tardi poi d'une femme la satira contr'il G.Reynaud. /Jécwii des Fabliaux des XIII IV p. 57. et (1893) p. 340-S42. art. cit. p.349. 43 soldato allarga e penetra nel teatro popolare, ove la si troviamo per mezzo gand, tra ossia un prima volta in una la mistero al La : domanda villano, e gli villano dapprincipio fa scherni ed insulti. Allora carsi bile ma ; inserita in Il bri- venturiero prepotente e predone, incon- il qual' è la strada verso Saint-Ouen, per poter raggiungere Il Farsa Vie de S. Fiacre (1). la sua compagnia. sordo, poi gli risponde con il hrigand vorrebbe vendinon può sfogar la il villano scappa, ed egli il che su un cappone cui torce collo. il Tale predilezione pe' polli e per i pollai è carat- teristica degli spacconi nella primitiva farsa francese, « in cui procedimento molto ingenuo il « mico « far vantare » dice il Petit de Julleville (2) incessantemente da' fanfaroni « raggio, e raccontar de' fatti « loro maire viltà J. (3). ma Celebre è Mentre il assai co- « consiste nel il loro co- che mostrino appieno Colin padre esalta de Thévot le fìls le bravure del la le figlio mesi è partito per combattere contr' il reame compare una donna che si lamenta della perdita di un pollastro rubatole da un giovanotto, il quale intanto arriva e non è altro che il prode Colin. Esso ha tutto perduto nella sua fuga, anche la giacca; ma in compenso ha fatto un prigioniero che poi si scopre per un pellegrino tedesco. È questa 1' unica preda di che da sei di Napoli, guerra fatta dal nostro eroe Data la 1 popolarità del personaggio, era logico ch'esso dovesse far capolino anche in quel genere di franqate avant la (1) E. Fournier. Le théàtre Ì450-Ì550. Paris s.a.p.28 sgg. dr. la. Notice a p.l8. — (2) L. Petit moyen'àge. de Julleville. et les Renaissance moeurs en France au Paris, Cerf 1886 p.258 sgg, (3) Viollet le 388 sgg. La Comédie compo- Due. Ancien théatre francais (Collect, Jannet) tom.II, 44 nimento tutto francese, follia. E non è forse che deriva, siccom'è uomini abbiano un lato di la Sottie, noto, dall' idea che tutti gli millantatore, in fin de'conti, il pazzo ? Infatti nella Sottie à huit personnages un etc. (1) uscire da' tronchi d' albero per opera di Abus, dopo Sot dissolu vien subito fuori Sot glorieux in abito guerriero ch'entra gridando: fra' sots fatti A A a l'assault a l'assault, che vai! sus en pointe! aux armes! l'assault ! con quel che segue. Tutti pilier secondo porta «: la debbono innalzare un sots i fantasìa un gros tronfon de làcheté Ma clou il della satira fu una mal fortunatamente corta memoria. Si vita, e la cui data anno si raggiunto ma il quand' essa Monologue du FrancFrancesco Villon 1468, certo prima del 1480, della soppressione di questo disgraziato corpo di Franchi Arcieri. Quando poi nel 1521 Francesco di risuscitare gli gli e Pillerie. lasciò di sé la più trista (2), attribuito a pone verso glorieux oltre riuscita istituzione ch'ebbe tratta del celebre Archier de Baignollet Più ». Bomhance son dati per compagni Làcheté, attaccò direttamente Sot ciascuno: di questa stessi abusi detter I tentò milizia rurale, gli stessi eccessi, luogo ben tosto agli stessi la- menti, che vennero alla lor volta suggellati nel ridicolo col FranC'Archier de Cherré (3). Il monologo di Fernet, le Franc-Archier de Bai- (1) Petit de Julleville op.cif.p.208 sgg. Cfr. E.Picot, La sottie en Franca, in Romania VII p. 270. (2) Viollet le Due. Anc. Th. Il, 326 segg. Cfr. Picot Le Monologue dram, dana fanfarons) op. cit., l'Ano. Th. frang. — p. 518 : Monol. des soldats p. 260 sgg. (3) Cfr. Lenient e Julleville ibidem (pubbl. in Picot et Nyrop., farces frangaises des XV et XVI siécl. Paris, 1880 Nouveau Recueil de p. (Ronmnia XVI e per notizie storiche Lenient op.cit. p.357 sgg.; Julleville, XXII). 45 una gnollet, è delle più invenzioni felici dell' antico repertorio. Fernet, ch'è l'eterno millantatore poltrone, abilissimo a provocare ad assaltare lito, bravate, muore quasi soprattutto e paura di La sua so- raccontar a vista di alla un sem- scambia per un sol- ridicola natura è dipinta con una plice spauracchio da uccelli eh' ei dato Bretone. more cittadini o, pacifici i pollai, i verve indiavolata: Je ne craignoys que les dangiers, moi : je n'avays peur d'aultre chose. che E qui ci ha portato ci arrestiamo nella sommaria enumerazione fino alle porte del '500, rimandando per più complete notizie a un lavoro speciale sul miles francese del Dr. Fest. (1) Questi non sa esimersi dal rieil confronto con Plauto e Terenzio, specialmente vocare per la farce joyeuse, trés bonne, à du Gaudisseur (2) ; ma deux personnageSy infine riconosce che francese prima che si il carattere ambiente teatrale del fanfarone era già penetrato nell' possa sospettare un' influenza diretta esercitata dalla tradizione classica. Il che è plice e naturale, aggiungiamo quanto del millantatore è vecchia nuamente si gine secolare della artificioso di Ma è commedia (1) gen & mondo il sem- persona la e conti- immamagniloquente vanagloria umana riproduce nella vita e sul teatro, che tenta mascherare manto perchè noi, la tempo ormai italiana. meschinità propria vuote parole di sotto il (3). venire al Capitano della x Der Miles Gloriosus in der franzoaischen Komódie Erlan- Leipzig 1897, p. 18-29. le Due. Ano. Th. II, 292 sgg. esempi delle diverse manifestazioni del tipo nelle principali letterature moderne, trovansi raccolti in Reinhardstoettner Plautus. Spàtere Bearbeitungen plautinischer Lustspiele Leipzig, 1886 p. 595-680. (2) VioUet (3) Gli 46 III. Il millantatore nella poesia e nel teatro popolare Il — — bravo Il soldato — smargiasso villano Il — Distintivo della imitazione classica. Un poeta lombardo metà del sec. XV, ha una pittura graun bravaccio del tempo suo, parago- sonetto di Gaspare Visconti, della seconda ziosissima di nato a del — la quale quel Guiotto, di cui narra Tififetto l'alta poesìa (1) buon si El fa ma il chiude in questi termini con la scimitarra, la voglia tanto ria l'aria sua bizzarra. ben darti l'arra tenribil non ha poi come dimostra E per Qaanto : si dee stimar suo turbo ciglio, in corpo d'un coniglio Non ha più cor Ciò che dimostra come il (2). tipo del bravo vigliacco fosse già consacrato nella letteratura poetica del '400; (1) Allude alla Macaronea di Tifi Odasi, di cui v. Rossi, Di un e Zannoni, / precursori poeta maccheronico etc, in Giorn.St. XI, 1 di Merlin Cocai, Città di Castello, 1888, con recensione dello stesso Rossi, in Giorn. St. XII, 448. Cfr. la ridicola descrizione della spada di Guiotto e del suo terribile incesso nelV ediz. dello Zannoni p. 121. Ma la — poesia maccheronica non ha conservato veri tipi di miles gloriosus, mentre anco il gigante Fracassus nel Baldus folenghiano (A. Portioli. Le Macar. II, voi. I p, 85 Macaronee di Teofilo Folengo. Mantova, 1883 sgg.) è soltanto un gigante mostruoso raffigurato colle solite parodistiche esagerazioni, non ha niente del millantatore. (2) Cfr.Rónier, Gaspare Visconti in Arch. Stor.Lomb XIII (1886) — p. 816. 47 anzi un esempio non allusivo caratteristico, perchè verosimilmente un personaggio determinato, a satireggiante un vizio sociale dell'epoca, Canzona un bravo che di ma già n'è dato in una risale di certo non oltre ai XVI, trovandosi inserita in un opuscolo miscellaneo intitolato Egloga pastorale de lustitia, ristampato nel 1513. (1). È un documento importante primi del per la sec. sua relativa antichità, che vai la pena, come rarissimo, di ripubblicare integralmente: Teste e braze getto via ^ con questo mio squarza polpe che alle volte in un sol colpe mille huomini uccideria Teste e braze getto via. Quando questa crudel spada nel do mio sì forte grande pugno iace coltellate summan ^'^ ^^ ^^ più che tre fornace (2) e a quegli che questo spiace dico : fuggi, scampa via. Teste e braze getto via. Se ben vo con gli occhi bassi e che voi non mi extimate, fo tremare sessanta passi el terreno per ogni parte. Puttanaza delle carte, che gran forza è questa mia! Teste e braze getto via. 'n un giorno mi son trovato trarre le teste tanto in alto quando a terra son caschate hanno Da me facto maggior salto. stesso poi mi exalto — (1) Egl. post, de lustitia etc.etc— in 8, carte 12 nuovamente stampala nell' anno 1513, senza luogo né autore. Cfr. Mazzi. La Congrega etc. II p. 101 n. che ne segnala due soli esemplari: uno conservato alla Comunale di Siena, l'altro presso il March. Cavriani di Mantova. (2) mero Parola oscura; forse sta per fornate o infornate, cioè in nui pani di tre infornate ? tale quanti sono 48 ^ el più bravo buona cb'al mondo Teste e braze getto via. sia. Sempre ve cercando gara né mai cesso di bravare per la potta! pena amara ^^ ti ^ di farò certo giistare chi vorrà poi contrastare farollo presto in gelatìa. Teste e braze getto via. Son chiamato un paladino, me tema l'universo quando io branche el mio faschino smembro ognun per el traverso : (1) e a dritto e arriverso vo satiare la voglia mia. Teste e braze getto via. ^^ / f Per la vecchia puttanaza, non mi venga ninno avante, se non voi eh' io l' amaza gli dia ferite tante •*^ si potrà ben dar gran vante se la vita porta via. Teste e braze getto via. *' Ho mantenuto con sufficiente fedeltà scorrettissimo dello correzioni necessarie Il permettendomi testo, della ripetono nella volta una o frottola piìi e in lingua la (in ottonari me mi me n' accorzo) mentre per la (1) del bravo {Leze si rivela compo- non fan per schiettamente veneta, canzone potrebbe rimaner dubbio, perchè Voce ignota , che deve designare una specie d' arma (cfr. Nel Diez (Etimol. Wórterb. pag. 429) trovasi una pa- azcona o fazcona, che significherebbe: arma da getto, asta, Ma una simile derivazione è impossibile secondo le fonetiche; onde non può stabilirsi niente di positivo. Sembra però rola sp. giavellotto, o simili. leggi che apparisce d'origine settentrionale, un seguente sonecto gr. <p-xTya'jo-)i ?) poche rime della ripresa, con ritornello) attesta l'indole popolareggiante del nimento; lezione pronta intelligenza di esso. alla metro, eh' è quello la sol escluso che si tratti di vocabolo veneto o toscano. 49 toscana deve aver molto guasto l'origi- la trascrizione nale, come mostra abbondanza la straordinaria di versi zoppicanti. Questa origine probabilmente veneta della Canzone succitata è tutt' altro fatto che la figura che trascurabile, appunto per della parola, par che siasi tali Venturino Venturini si millantatore Farsa Satyra Morale sul teatro finora conosciuta, nella di che altrove figure di bravi apparizione del più antica la prima svolta neir Italia settentrionale, e che a riconnetta il bravo, nel senso professionale del da Pesaro, che, secondo una buona congettura del Brunet, deve ritenersi stampata prima del 1521 (1). A questa farsa dedicò un intiero capitolo del suo libro lo Stoppato (2), che sembra rivendicare a sé che già il merito della scoperta, senz' accorgersi tempo prima molto di lui il buon Quadrio r avea segnalata, riportando la parlata dello Spampana ed aggiungendo la seguente osservazione « .... ed a : « mio credere non andrebbe lungi dal vero chi pensasse « che da questo poeta che era insieme valoroso capi- « tano, fosse stato questo « l' « tura di qualche suo collega Italiana Commedia carattere primamente nel- introdotto, a beffarsi per avven» (3). Non si potrebbe esser più espliciti! Dobbiamo in ogni caso esser riconoscenti allo Stop- un pato per averci offerto sima operetta, su cui esteso riassunto della raris- fa inoltre l'ipotesi (che ne rad- ei) Infatti il Brunet {Manuel du libr. V, 1124), che erroneamente stampa: Sforza, Satyra morale etc, fa questa congettura perchè il nome dello stampatore (Joanne da Castione), eh' è indicato alla fine del libro, non si trova più tardi di quel tempo. (2) Dott. Lorenzo Stoppato. La Commedia popolare in Italia (Paper la recensione del Rossi cfr. Giorn. St., IX, 279 dova, Draghi, 1887 — seg.) Gap. V, Per (3) Quadrio, la maschera del capitano, p. 193-217. Storia e ragione d' ogni poesia, III, p. U, pag. 217-219. 50 doppierebbe, se si dimostrarla, potesse l' importanza), una Rappresentazione né di un Contrasto, ma piuttosto di un esempio isolato di quelle Moralità, che furono un genere drammatico coltivato non qui trattarsi di Bazoche e che, secondo in Francia dai Clercs de la D' Ancona fortunatament<;, mancherebbe all'Italia. Ma, comunque la cosa stia, « ciò che rende il sin- (( gelare questa farsa » aggiunge quindi l'autore « e « la distacca « troduzione « rante anch' esso nettamente da' prodotti francesi, è l' indi un elemento comico e ridicolo, ope- « mento cavato « profano. » E al fine generale sana di pianta questo è appunto dell' azione, ma dal Spampana, lo ele-^ teatro popolare il bra- giovane Assuero « corrompere « Già il nome stesso (Spampana) Egli esce bravando e dimostratiè una rivelazione. bravo. La scalata bravissimo gesti e parole dosi in origine dalle vanla sua ripetere deve che al cielo, ai giganti, la dibocca in poste mitologiche terìe or struzione di vc sfida a vaccio che colle « « « cerca di il sue vane parole. Marte ogni e ordine a Giove della terra e del cielo, la ecc., sono poi nella com- media all' improvviso. » Insomma, la farsa del Venturini rimane il più antico esempio di ciò che diverrà poi tanto comune. E dico, naturalmente, il più antico esempio rimasto, perchè si deve senza dubbio ammettere che, sebbene le bravate dello Spampana appaiano ancora molto pri« mitive, non sia precisamente questa la troduzione del tipo sulle scene italiano. primissima in- Me una prova quel luogo della parlata, ove dichiara pomposamente 1' esser suo lo ne sembra Spampana : El Ma e un uomo sono faccio altrui paura sol col sguardo; a chi ben voglio non mal l'abbandono. Spampana mi chiamo; Che 51 Uomo al mondo più bravo, me non si ritrova e te e più gagliardo vo' dire Tutte le pruove mie senza riguardo. Mille in un giorno ne ho facto morire. Di ; delie Assuero si, mosche. Che Spainp. ? va' pur seguendo Assuero Che mi inflno adesso tu La medesima intonazione cune espressioni si del dialogo, perfino al- come caratteristiche; risposta sguardo, la stupire ecc. ecc. fai il far paura collo sardonica dell'interlocutore ecc., ritroveranno più tardi in moltissime commedie come, nonostante che prova non Quadrio, Pesarese sia ragionevole Gavalier attribuire al un personaggio le cui princiritrovano fissate, come formule, tipiche si quasi emanazione della coscienza popolare, nel torio ciò ; congettura del creazione di la pali frasi l'arguta Fu comico del secolo xvi. reper- questa una necessaria È conseguenza della imitazione latina preponderante? innegabile una tendenza spiccatissima, così per questo come per molti altri personaggi comici, a renderli ca- ratteri stabili, stereotipati l'altro, che quella raccolta Alessandro del che dà chiara prova, fra ; 300 di ben noto commediografo, caratteri di personaggi l'Accademico Piccolomini, anzi la sua intenzione era di tracciarne ma che poi, cassa che giunto a conteneva li quel punto, tutti, questa perdita non ebbe lavoro (i). Ed è servasse, perchè di questa si il (1) Gfr. la trafugata la sconfortato di coraggio di ricominciare tutto ciò non si il con- avrebbe qui un esempio notevole degli doveva poi render possibile nezia, 1579. mentre ben seicento; gli fu sicché egli un peccato che tendenza Intronato dice di aver composta, scrittori cinquecentisti, la Dedica della Sfera del Commedia mondo che dell'arte. di A. Piccolomini, Ve- 52 Ma non corriamo nostri bravi o buli, che, troppo come innanzi, e restiamo ai si accennava, furono la prima forma drammatica che abbia spaccone rivestito lo Anche il teatro regolare li accolse, commedia erudita, per opera specialmente italiano. e la del Para- bosco perfino produzioni, che rivedremo più tardi, atte- le cui stano una particolar predilezione per questo tipo, quasi sempre incarnato in un Veneto. Tuttavia il bravo rimase più che altro nelle farse ed in altri componimenti popolareggianti (1); anzi quivi esso, che per lo più è un vigliacco, vien talora introdotto a sua voltg. come spauracchio di qualche altro pecorone. Così nella Comedia piacevole di Saltafosso (2), Madonna Marconon vuol più aprire la sua porta a quello sciocco mangiapane che, giù dalla strada, brava, ed è beffato dalla donna finché, sopraggiunto Geola il buio, marito lina ; di lei, Saltafosso chiede poco eroicamente perdono in ginocchio ad ambedue. Circa nello stesso tempo, accanto pale del bravo, andava sviluppandosi Lo Stoppato al il princi- tipo vero e proprio ne riporta alcuni esempi a pag, 121-124, che se ne dovesser trovar tracce anche nella Sacra Rappresentazione, ove all' elemento sacro si mescono cosi spesso elementi profani e contemporanei. Fra questi, in verità, ricorda lo Stoppato (pag. 64-65) un gobbo spaccone nella Rappr. di Àbramo ed Agar (D' Ancona, Sacre Rappr. de' seco. XIV, XV e XVI, Firenze, Le (1) (op. cit.) 124-127, 183. Parrebbe naturale Mounier, 1872, Voi. I, p. 1). Ma quivi si vuol soltanto creare una ridicola opposizione fra la deforme ed infermicela complessione del gobbo e la sua arroganza, non già riprodurre di proposito un millantatore ed anche i soldati, di cui parla il Palermo (/ mss. Palatini di Firenze ordinati ed esposti, Firenze, 1860, II, 423) e il D' Ancona, (Origini del Teatro, ecc., ; designan piuttosto come prepotenti, attaccabrighe, dediti come ladri e assassini, anziché come smargiassi codardi. Non ha importanza il bravo Francalancia nella Conversione della Scozia del Cecchi (Commedie, ed. Milanesi, I, 590 sgg.), al vino, al si giuoco e ad ogni vizio, e magari Voi. II). eh' è (2) 11 un prodotto abbastanza tardo Sindoni, 1549 — della corrente erudita. 1) Venezia, 35 n. 6) ne cita due edizioni 2) Siena, 1581 (entrambe nella Palatina di Firenze): Mazzi (op. cit. II : 53 soldato millantatore, che compare, ch'io la prima volta in un'Egloga Rusticale Pietro di Mico, detto mi sappia, per di Antonio Correggiuolo, senese il di (1), inti- Vanto d'un soldato. Questa operetta fu stampata solo nel 1546 (2); ma da alcune parole della Prefazione che va innanzi al Vanto, credo poter concludere che la data della com- tolata: posizione risalga alquanto zione infatti avverte il lazzevole operetta » fu da lui scritta nuta degli Spagnuoli in Siena signore « del « el Corso, i 11 della ve- per ordine del suo », quale il voleva di questo il sig. comico Capitano Guglielmo non ancora divenuto Capitano (4). sieme con tenere (3), questa sol- «: prima magnifico et nobilissimo Marsilio Marsili Gollecchio scherzo onorare l'ospite suo, Siena Nella Prefa' più addietro. Correggiuolo che della Guardia di nostro Antonio serbò copia del Vanto in- altre sue <r facetie » in suoi vestiti di attore. una cassa dove soleva Ma, venuti gli Spagnuoli, (1) È bene mettersi in guardia contro un errore comune a molti che hanno avuto occasione di citare quest' operetta la confusione, cioè, dell'autore di quest'Egloga, del quale non si sa nulla (cfr. Mazzi, op. cit.II, p. 134-136), con un altro senese, Pier Antonio Legacci, detto lo Sericea, ; autore di varie egloghe e farse rusticali in terza rima. di soprannome basta a poesia, IH, p.2", pag. 69) cade egli gere altri, fa una confusione Ma la diflferenza Quadrio (Storia e Ragione d'ogni pure in errore: anzi, volendo correg- riconoscerli! Il indicibile. Vanto d'un soldato interrotto da un Villano detto el Chasella. per Antonio di Pietro di Opera dilectevole, et da recitare. Composta Stampata in Siena presso a San Viglio a di Correggiuolo Mico, detto ad instantia di Giovanni di Alisandro libraio ». XVIII novembre MDXLVI (2) « — — — — E si questa del 1546 è l'unica edizione conosciuta (cfr. Mazzi loc.cit.), di cui conserva un unico esemplare alla Comunale di Siena. (3) La prima invasione spagnuola in Siena avvenne verso il 1530. (4) Anastasio Guglielmo Corso fu condotto agli stipendi della Repub- blica di Siena con 100 fanti Orbetello con 125 fanti il il mandato capitano in come risulta dalle Deliberazioni 4 dicembre 1526, e fu 30 gennaio 1827, del Collegio di Bal'ia dell'anno predetto a e. 136. mi sono state cortesemente della Comunale di Siena. — Queste ed altre notizie favorite dal sig. dott. Fr. Donati, bibliotecario 54 questi «: come <t del volendo affermare quella parola Pater noster, quale fu già composto in nome che « cosa «t come « de' Lombardi, fa lo Spagnuolo a prima casa isquadra, e dice se v'è che « bis hodie (1) gionta che agrada: gli è in Da nos Tuttavia dopo la loro partenza egli ri- ». una parte La prima è qui di sotto scritto. «e trovò con discreti » gli portaron via la cassa che v'era tutto ciò dell'opera, — lascio immaginar dove — ! e parte con quest'aiuto, parte a mente, riusci a ricom- porre che il Vanto che dette poi stampa nel 1546. alla composizione sia la data della antica e precisamente anteriore al 1525, durre dalla notizia che Collecchio (2), trovavasi il la morte è de- facile di Marsilio Marsili del nobile signore senese il Ma parecchi anni più^ di cui servitio al Correggiuolo, avvenne poco dopo un' bascerìa da esso sostenuta nell' aprile am- del '25 (3) — notizia conservata dal seguente ricordo che trovasi nei libri della « pagano di fllol. (1) (2) Biccherna 1. 204 per « : 1525. Il 18 di di maggio taffettà e dipintura e altre si spese Lombardi scrisse il Novali in Giorh. p 121-152. Per l'identificazione di questo nobile senese mi furon comunicate Intorno al Pater nost-^r dei romanza, II, da documenti d' archivio e, in buona parte, Siena del Tommasi, inedite (v. Mazzi I, 28 n. 2). Tre persone di questo nome s'incontrano tra la fine del sec. XV e il cominciare del XVI, ossia: Marsilio di Nanni di Marsilio; Marsilio di Giov. Gristofano Marsilio di Nardo (o Leonardo) di Nanni del CoUecchio, nato nel le seguenti notizie estratte dalle Historie di ; 1493. Si capisce che è quest'ultimo, che fu il il più noto, quello di cui parla Vanto. (3) « uno Fu cittadino i> dice lo dei capi della fazione storico Novesca ; Tommasi risiedè due « di gran seguito volte al » e Supremo Magi- Terzo di Città, cioè nel bimestre settemCamilla di Giovanni d'Agnolo Malavolti che gli portò in dote 3500 fiorini. Nel 1524 fu mandato dalla Repubblica oratore a papa Clemente VII insieme con strato della Repubblica per il bre-ottobre 1515 e novembre-dicembre 1522. Nel 1516 sposò Iacopo Ugolini ed Aringhieri Azzoni, e di nuovo il 13 aprile 1525 fu spedito, con Francesco di Scipione Sozzini, oratore a Carlo V. Mori poco dopo, forse in seguito di quell'ambascerìa. 55 « per le bandiere fatte per honorare di silio ce La bio; e, li Lionardo del GoUecchio » data è troppo sicura per siccome non e* Mar- lasciare alcun dub- è luogo a credere che Antonio di quando narrava Pietro di Mico, funerali di (1). al lettore l'origine del ammettere come 1525 trovavasi anche in una farsa toscana il tipo del millantatore, non pure di un bravo, ma addirittura di un soldato (non ancora Capitano !). Non sarà dunque inutile un largo sunto di questa curiosa operetta, giacché ho potuto averne suo Vanto, mentisse, così possiamo dimostrato che già innanzi al sott'occhio l'unico esemplare rimasto. Incomincia el vanto d' un soldato ciò e co ME un soldato DIVTATO PO VARO SI VANTA, ET FA GIAR PARLARE DA UN VI LLANO DINI (2), INTERROTTO NEL DET TO EL ChaSELLA composto per Antonio di Mico da , | | | | | | I j I Siena, (( Un tuna, dice soldato mal vestito, lamentandosi della For- : Ahi Fortuna dispietata, et cruda se mai a giugner ti potessi con mano dal capo a piedi ti vo lassar inuda. me che se questa mìa Spada fatata fusse, et io fusse un Hettorre con questi panni paio un huom da strada. Miser a Troppo gran vitìo mi par l'altrui torre assai vergogna mi par l'achattare qui '1 mal qua '1 peggio, io non so qual mi (1) Spoglio della Biccherna. (2) Far Giardini Cod, A. Vili, 17, a « 1451. = millantarsi, far grandezzate, fors'anco semplice- mente « e. torre. fiorettare, far fiorettature. Cfr. Mazzi, op.cit. 1, 245, n. 1 « Questa voce Giardino, in senso di Giudizio vano, Castello in aria, e quindi Sciocchezze e simili, e nell'altro di Laberintoi Impaccio, Imbroglio, non « è infrequente nelle : Commedie de' Rozzi ». 56 Questo è un concetto assai onesto e che fa certamente onore al soldato Si delinea subito la differenza che separa, moralmente, il Capitano dal bravo. Mentr'egli continua cosi a lamentarsi, sopraggiunge un villano « chiamato el Casella », e voltandosi verso 1 il soldato, così lo apostrofa: Oh quanto ho buon Ma il sentit'hoggi borbottare di Soldato, o tu soldato par la moria. superbamente risponde : S'altro da me non vuoi vatti con Dio ch'un tuo par non mi può donar conforto. Non s'intimidisce il domanda e per beffa gli villano per tutto questo Non Sold. tace, se non per Dio Quando ero in fumo, : ti campo hai un soldo? trarrò il sonno. col signor Iroldo giurato harei che solo in un mese riccho esser diventato. Un manigoldo Cfias. se' stato Sold. sempre. ma '1 far larghe le spese di Veste, di Cavalli, et di buon pasti. Chas. t'han fatto diventar castron pugliese. E l'astuto villano deride a cui consiglia senza pietà quell'altiero : va' fatti Pachino. Sold. Almanco si facesse qualche guerra. So conosciuto per Mare, et per Terra da ogni Capitan, d' ogn' huom da bene né l'animo in battaglia mai mi sferra. Ecco che adesso veramente incominciano terìe! Intanto egli vede « un gran Signore le van- — e in com- 57 pagnia con esso uno esceliente cui egli si rivolge; cessi gli scherni, trattandolo ingiuriosi ed esortando pur non dubita egli — Capitan degno quantunque e, il con ogni non sorta di epiteti Signore a non di esaltar la (1) », Chasella il dargli retta, sua bravura: So stato al soldo, già non me n'agguatto (2) tre volte ho combattuto a Capostretto, có'l orciuol, col biohier, col mezo quarto. La prima combattei con un Bravetto Chas. Sold. el Campo eless'io, et Tarmi elesse lui. ChasAn una Cantina, a la Botte, al Barlette, Sold. Inconclusive in campo con lu fui che sol vedere l'Arme era gran pena. Chas.Yun fu un Fiascho, l'altro fu costui. Sold. Le Calze, et la Camicia in dosso a pena rimase, et una spada, et un pugnale Chas. et combattenno poi a Corpo, et Schena. come volse la sorte fatale una Stochata menai al nimico Chas. da lato drieto, et non li fece male, Sold. Et Sold. Et fu quel colpo sì forte et ostico che il gionsi a mezo il Petto, et la si ruppe in una costa del nimico. La mia Spada descrizione di quest' epico combattimento con- tìnua ancora per un pezzo, ed io non la riporterò per Meno male che intiero. giacché il la lotta « Sigignor (sic) del versari che amichevolmente dosi in bocca. stema di Può si non ebbe campo esito cruento, » spartì riconciliarono esser questa un'immagine gli av- baciandel si- guerra allora in vigore, quando, siccom'è noto, s'ingaggiavano duelli e battaglie campali che duravano una giornata senza che alcuno (4) Questi sono, Marsili e (2) il risulta dalla Prefazione surricordata, Marsilio suo ospite Guglielmo Corso, capitano. Agguattarsi già citato. come fosse ucciso ? Certo, ha = iVascondersi.Cfr.il Glossario Senese del Mazzi 58 non efficacia satìrica se storica esattezza quella frase che l'Aretino pone in bocca al suo stesso millantatore, il Capitan Tinca, il quale, narrando una sua bravata, incomincia : ne Sappi che «: la de giornata Geri- la onde morì un buomo d'arme, et due ce ne restar fériti, etc. etc. » {Talanta III, 12). Ma le vanterie del soldato entrano anco nel campo « gnola (1) che durò fino ad un' bora di notte, « ci « dell'amore: ritorna sostanzialmente miles. Ecco che cosa il racconta egli tipo classico sue delle amorose, cagione della lotta già sopra accennata Roma Io ero in forte d'una gentil Donna, del gesta : innamorato el nome d'essa Fiammetta, per tutto era nominato. De l'amor mio v'era una voce espressa et in segreto lei mi amava assai et spesse volte mi trovai con essa senza che alcun se n' avvedesse mai — salvo che quel suo rivale, Dragon si Costui, vedendo il domandava da nostro nome di quale villa spera. ingelosito i : la Cerignola è Francesi patirono fatto di male applicato a che vi restò morto Nemours. Del una lo per la il un villaggio 28 aprile 1503 una sarcasmo dell'Area mostrare il stesso generale de'Frances', il giovane duca notevole disfatta da parte degli Spagnuoli. Perciò tino è <r minacciò di lo amore. quell' questa battaglia è storico della prov. di Foggia, press' a cui andarsene soldato Fiammetta », morte se non desistesse da strada della (1) Il il il battaglia la cui gravità resto, osservo basti qui una volta per tutte, se le citazioni del '500 non son mai commenquando poi sono poste in bocca al nostro personaggio che falsa la verità di tutto ciò che dico, sono ancor meno degne di considerazione e di fede. In generale soltanto i nomi sono storici: ì storiche tanto frequenti nelle Commedie devoli di troppa precisione, fatti o sono del tutto inventati o irriconoscibilmente trasformati e svi- sati dalla fantasia sempre feconda del Capitano. 59 al Campo per la tua difesa tu mi lassa Fiammetta d'accordo noi la combattlam, che vai la spesa. Elegge Le pugna feroce furon già da lui non vuol più insistervi. Ma, mentre vuol raccontare come fu definita la cosa, il Ghasella r interrompe di nuovo co' suoi scherni, sicché il tersorti di questa esposte, ond'egli ribile guerriero s'adira e gli grida : do vanne faora Chas, a traditore, a chesto mo mi meni t'ammazzare innanzi che sia un hora. A tal linguaggio aspro e risoluto s' impaurisce, natu- ralmente, lo spavaldo che trova più prudente partito esclamando: di ritirarsi, horsu tu dici il vero Signor non venni qua per far questione. El villan m' ha travagliato il pensiero perhò adesso vi lassare in pace che volendo non posso dire il vero. Et se ho dato fastidio mi dispiace. Queste sono quale le ultime parole del Ghasella gli grida dietro il soldato, partito Hi lima lima, ve che te n'andasti Per la paura, è vero bravachione? vedi che Pippion grossi non trovasti hor te ne vai che pari un babbione - E il : etc. etc. termina con uno Strambotto di due ottave, secondo r uso. Così al 1525 dunque un oscuro autore Senese già innanzi ritraeva il tipo più verosimile quanto questa esser la caricato. E infatti dovè parabola che segnò nelle sue poco so- stanziali modificazioni traverso la completo del millantatore, tanto meno commedia il carattere dello smargiasso at- cinquecentistica. Sul principio, 60 quando, dalla comune vita lo prese a trapiantare si drammatica, esso nella letteratura, specialmente nella appariva quel che doveva essere in realtà potevan poi facilmente esser smentite questo veramente esistente, in ma non di soverchio ma sempre esistito. Ben bastanza lora biamo già trovar la un : ventura prepotente e gran parolaio, cio di memoria ciance prova alla ; tipo quelle proporzioni abridicole, e non solo al- presto però — ne dob- traccia nella farsa del Venturini ? plautino del soldato e alla fantasìa degli scrittori, anche qui imitare soldatac- le cui comodo trovò più si antichi modelli gli anzi : — potente riaffacciò si s' di imitò tanto che alla fine ben poco dovette rimanere del tipo reale, e si foggiò un Capitano che miles già esagerato di esser che uno dell'Arte ; e il maschera Plauto. fu l'esagerazione del L' effetto non poteva Commedia come maschere erano Arlec- Capitano divenne nella fìssa, chino, Pulcinella e simili. Ma, ripeto, in sul principio potè esser che accidentale drammatico ; l' imitazione latina e di ciò è riprova due più antiche comabbiamo veduto, massime la seconda, il Vanto d'un soldato. Che infatti la Farsa Satyra Morale Farsa Contrasto o Moralità che cavalier colta d' indole Pesarese, ed arieggiante allusioni popolare, apparisce al mitologiche, sia, ma per la non le classiche piuttosto le remini- Spampana potrebbe miles plautino, la figura del assume anche è che troppo moderna. un comun autore, Frequenti sono difficoltà esser ricondotto al dolo e tristo, che qui tore, suo come persona frequenti forma, s'intende, che del Venturini, è bensì il classicismo. scenze, e lo stesso carattere dello senza gran non genere cui appartengono le posizioni che ponimento il le bravo sub- parti di sedut- 61 Al contrario, è un malvagio o un repugna furto che perciò se ne cuoce al Ma suo orgoglio. vero, e povero riproduzione una di il stesso ch'egli è po- non sente figura anzi elemosinare 1' grazia de' suoi stessi in dissipatezza tutta militare, la come fatto il che disonesto; sua coscienza alla della venturiero, ritratto con tutte le il caratteristiche de' suoi simili, senza voglia fare superbo povero e soldato il commedia senese vizi, una di lo studio del reale, tempo ben quel in nota ? Ciò risulta ancora commedia e dal considerar nio di Pietro di Mico, soprannominato era, un come fa sapere egli nobile senese canza di notizie precisamente ch'ei fosse il stro il ufficio, si Antonio fosse nome non è, già come uomo giovine, altro si fosse presumere Signor sarà dilettato mostrare che di lettere: lutto anzi contrario. il come nota il Mazzi che quelli di Il il di no- contri- nomignolo Cor- un sopran- {loc. cit.), mettevansi quali eran formati i Campani (lo nella altrimenti. Strascino) e Lionardo Maestrelli (Mescolino), di Congrega Se fondazione della seguo sempre il Niccolò Ser Ambrogio quantunque divenuti Accademici conservarono sempre que' soprannomi, probabilmente perchè alla Correggiuolo, « servitio » di popolare, simile allo Strascino, al Mescolino etc, de' Rozzi Rozzi, il di buffone-attore-poeta del quale, buisce a far credere e può per dotto. Nulla d'altronde serve a reggiuolo al conto suo ignoriamo qual sul suo stesso, una persona piacevole ed arguta che piuttosto di un della quantunque per Y assoluta man- e, ; una specie del Collecchio, autore genere cui essa può ricondursi. Anto- il ci 1' ciò fu soprannomi furono anteriori Congrega. L'autore del Vanto tali Mazzi — — non fu uno de' fondatori dell'Accademia, anzi non dovè presumibilmente pren- 62 neppur dervi parte, quantunque il Fabiani e Ricci il (antichi storici de'Rozzi) ve lo ascrivano, perchè negli Atti della Congrega non si trova allusione a lui senza forte argomento ex silentio : il non ; contare un altro aver, cioè, dichiarato egli stesso, nel titolo o nella pre- fazione al Vanto, d' esser de' Rozzi, conforme uso. all' Del resto, ammesso pure ch'egli avesse appartenuto alla Congrega, questo vorrebbe dir poco, perchè la non era niente affatto una che non poteva esservi celebre Accademia Senese società di dotti anzi è noto ; ascritto chi troppo puzzasse di sione dunque Antonio erudizione. In conclu- Mico fu uomo del di Pietro di popolo, che fece opera d'occasione per ordine del suo Signore, né vi dovette poi sudar troppo, narra, questa « in giorni A meno et recitossi ». otto.... si che non si indizio di classicismo la frase com' se, compose, egli imparò si come volesse ritener : se questa spada fatata fusse, et io fusse un Hettorre — mentre Troiano è ognun Vanto Il sa che la memoria del famoso eroe proverbiale anche nel popolo così poi popolare? Non posto che gli è è non appartiene forse facile assegnargli dovuto fra le a con ! un genere sicurezza numerose specie di il com- ponimenti drammatici che si scrivevano o si recitavano Ma, per quanto apprendo dal Mazzi (1), le opere allora. de' Rozzi a cui narsi, la presente deve portavano più comunemente certamente i titoli di ravvici- Commedia o Egloga {pastorale o rusticale, a seconda che l'azione si svolgeva fra pastori o fra biani e (1) il Op. Ricci chiamano cit. I, 208. il villani); e infatti Vanto Commedia, il Fa- altrove, 63 p. es. Quadrio, dal Egloga detto perchè {rusticale, ha parte un villano, il Ghasella). Questi nomi però non si vedono nell'edizione del 1546, ove apparisce e il Mazzi ne piuttosto quello di Opera, il quale vi cita vari più d'uno sta d' il — esempì due. fatto che — Ma gì' interlocutori eran tutto ciò è quistione secondaria: anco qui si tratta Né perchè comune indole popolare. ficoltà quando davasi metro, il nelle di un componimento può far dif- la terzina, opere de'Rozzi, e, in ge- nere, nella drammatica popolare profana. Del resto lo Strambotto finale può scioglier da ogni dubbio! Riconosciuto dunque che per la natura non può in di erudizione, s' cui appartiene, un parto Vanto il valiere.... della soldato, drammatica nessun modo ritenersi come intende che l' imitazione la- Vanto consiste sostenuta da questo ca- tina vi è del tutto estranea. Infatti nel racconto di un dC e della forma autore dell' una tenzone un miseria contro il rivale per la con- quista della sua Fiammetta, conquista già fatta, pisce (altrimenti, dove invidiata e contrastata. gli effetti si sarebbe si la millanterìa?), ca- ma concetto è affatto medievale, Il sono anzi donchisciotteschi; possa risalire all'antico o a né vedo come qualsiasi altra forma erudita o classicheggiante. L'assoluta popolarità e modernità anche fine, risulta dal colla satira del villano^ presentarsi Il il Soldato e sizione fra la quiete serena (1) Cfr. dr. il nostra letteratura e ogni sospetto di classiche infiltrazioni contrasto fra Dom. in- che fu anch'esso un elemento di ridicolo tanto frequente nella immune da del Vanto, esso in relazione il (1). Villano, quasi in oppo- de' campi e il torbido in- Merlin!. Saggio di ricerche sulla satira contro Villano (Torino, Loescher, 1894). 64 furiar delle guerre, dovè goder di si un giudica da un brano Merli ni il adesso parlare bravaccione e così spesso Ma non (4). bensì piuttosto : questo di riporta vorremmo atteggiamento di dell' spaccamonti che di una certa fortuna, se interessante riscontro di cui villano stesso vien il ad assumere. Nella Catrina del Berni (2) Beco e Mecherino per amor interrogata dal Potestà, dà la disputano fra preferenza a Beco. neir impeto della sua querela contro sfuggire più d' un loro della Catrina che iniSne, il Il quale, rivale, si lascia lazzo da millantatore, quando, per esempio, dice: di loro a sgherrettare un paio, loro il ventre e le budella Se fussin bene un mezzo centinaio Vedi oh' io porto sempre la coltella, Ed ho '1 petto, le rene e un lancione, que' che voglion meco far questione. Io ho E cavar : A E più oltre : Alle guagnel, ch'io frò qualche pazzia; E Io ammazzon me prima costoro, ammazzerò poi dodeci de loro. se gli Cosa invero meravigliosa! Più spesso ripetesi il fenomeno de' Rozzi, fra cui mi piace dello Strafalcione (3), ove i ricordare villani nelle il Commedie Calzagallina Bravalocchi, zuomo, Settegambe, Calzagallina rivelano solo la lor qualità. due dato, E nel Travaglio del villani. Favilla e SoUieva, Fumoso si col Mez- nome già ricor- armano dicendo (1) Op.oit.p. 28. Il M.cita da Joh. Bolle Der Bauer im deutachen Liede Berlin, Mayer und Miiller, 1893 p.41. (2) la Catrina. Atto scenico rusticale di Fr. Berni, in Opere di F. B. nuovamente rivedute e illustrate. Milano, Daelli, 1864. Bibl. Bar.. N. 44 e 45. (3) Cfr. Mazzi, op. cit. II, 119. 65 di voler andare a fare fonescamente fi: soldato il spagnuoli, « e, fingendosi buf- ; aggrediscono « derubano, eppoi, nel dividersi la Lionora, la hanno que- preda c stione fra loro » (1). Ed ecco col soldato ; che viene così ne ossia, eredita zione, dacché, lasciando tato, forse in Quest' il l' albagìa a identificarsi e la presun- lavoro della zappa, ha ten- cerca di fortuna, amena macchietta villano il mestier delle armi. il ritrovasi più d'una volta nelle opere del celebre commediografo ed attore padovano Angelo Beolco, il « famosissimo » Ruzzante, che con tanto amore e studio di verità ha rappresentato scene della vita rustica per si a nonostante e che, la sua attitudine più benevola, quasi apologetica verso quel ceto lo universalmente maltrattata e accusato, non può far meno di rilevarne l' ingenua semplicità e, in qualche punto, la balordaggine. Così nel primo de' Dialoghi in lingua rustica (2) Ruzzante è stato soldato, è « vegnu « de campo » a Venezia dopo la guerra e racconta a Menato ff le sue prodezze. mi, se eie igi <r braosi, e Po, mi mo so' chi è pi braoso de braoso, e bramoso, che e pi apena mi gè meto a cerca con sta basta, a « vero ben chal pareva che saprè sta in campo » ecc. « Ma amata Gnua non vuol più saperne di lui povero di prima ; e, mentre Ruzzante cerca d'intrattenerla colle sue chiacchiere, « el bravo (r amante di Gnua) « vien e dà delle tartuffole a Ruz« zante, e Ruzzante co le andà via lieva su d (3), e, ancor tremante di paura, chiede a Menato se e' é più la sua eh' è tornato più (4) Ibid. II, 132. Tutte le Opere del famosissimo Ruzzante, Vicenza, 1598. Questa didascalia richiama il modo della commedia dell'arte. Anche qui, come nella Comedia di Saltafosso, il bravo è fposto a ri(2) (3) contro del pusillanime vantatore. 66 nes.suno de' suoi assalitori, giacché « « que m' ha Anche « n' : harae paura de Rolando « mi, al sangue del minacce contr' al bergamasco Tonin, moglie Bettia, qui, il ma donna cancaro » poi si (I, e scaglia vane 5), 1' amante lascia imbrogliare e di sua impau- non senza protestare anco (III, 1), vigliaccone, eh' è stato assalito da « pi de cento. » hanno naturalmente delcampagnuolo. È il villano « che va mondo », eppoi se ne torna a casa tutto gonfio che ha veduto e di ciò che ha fatto, ma con- Le l' giera pi de cento commedia La Moschetta Ruzzante nella entra cantando e dichiara rire dalla i dà. » vanterìe di Ruzzante ingenuo, del per il di ciò serva sempre la primitiva semplicità, accresciuta anzi nuovo e resa più goffa e ridicola dal non egli affetta. Tuttavia un cenno 1 documenti si offertici dal Menego aggiungersi anche il et ridiculosissimo (1). Vi tutta l' apparenza fonde si di Ruzzante, a cui può del Dialogo istante la satira del villano con hanno portamento che potrebbero lasciar senza facetissimo insieme per un quella del soldato, ed partirsi da una graziosa osservazione realistica. Giacché non é assurdo supporre che dalle campagne molti scendessero ad assoldarsi, allettati dalla fama e magari dalle lusinghe de' condottieri. La conseguenza divien logica che anche quando ; il villano stanco della precarietà risolveva a riprender la via di della vita militare si casa, doveva per l' in- fluenza degli esempi conservar l' impronta di quella scuola ripugnante ed oscena di utopisti impenitenti e di palloni sgonfiati. (1) una Fu recitato, come caccia del 1528, data originalità. rilevasi daìle antiche stampe, a Fosson in abbastanza remota che ne attesta la perfetta 67 Ma non insistiamo sul terreno pericoloso delle ri- costruzioni, e basti ci scorta dietro la addotte, commedia millantatore nella una anco affermare di prove delle che il volta, tipo del del secolo xvi potè sor- gere e svilupparsi indipendentemente dalle reminiscenze classiche. Quando poi tali classiche reminiscenze ven- nero fissandosi ed acquistando coscienza nella com- media si erudita, determinò l' indizio caratteristico a facilmente, dell' compagno stante accoppiamento del servo o parassita, e testimonio inevitabile soldato seria del di proverbiai mi- ventura che non trovasi davvero mantener servi o altri mangiapani, è egli stesso, per natura e per necessità, il Capitan Goluzzo di buona memoria e il più affamato de' parassiti. trascinare da che de' millanti dell'eroe. Ciò sta in così aperta contraddizione colla in condizione di imitazione parer mio, nel quasi co- preconcetti — — il Perciò non d' indole ma prototipo più ingordo ci formale lasciamo e siamo pronti a riconoscere la derivazione più o )neno diret- tamente plautina nel contrasto fra Arimario bravo e Burlino suo servitore, eh' è il terzo Intermedio di una commedia intitolata Secónda, recitata 1' anno 1574 (1). Analogamente, la Piacevole Comedia del Cruscha (2) mette di fronte un padrone e un servitore che ne ascolta e finge approvarne le stupide spampanate, can- zonandolo poi sotto Patr sotto. son el primo hom del mondo emetterei al fondo {fine) io spagnuoli e italiani e anchor tramontani e ogni altra natione. Palermo, / mss. Palatini ecc., Firenze, 1860, Voi, II, p. 587 Palermo, ibid. e Mazzi II, 176 n. Se ne hanno due esemplari in Palatina uno colla scritta « in Venetia, per Agustino Sindoni, i549 » (1) Cfr. (2) : l'altro: « per Giov. Andrea Valvassore detto Guadagnino s. a. » 68 Fam {iglió) Sì, a un popone si, faresti a tuo modo, a un piatto di brodo saresti caporale Sì signor tu vale. Pa^. Cruscha io son pur bello e destro Fam. Come un Patr. agnello. A un moto, a un cenno mondo tremare, l'ho robba, e ho danari farei el l'ho bellezza, r ho fortezza l'ho gratia e virtù F sarei degno de imperio. Incoraggiato dalle ambigue approvazioni del perfido famiglio, e il Crusca doni e il padrone gli consiglia gli di confida eh' è innamorato, propiziarsi crede, ed esclamando bella con gonzo gli la offre di recarglieli esso stesso. Il si : Cruscha mio imparo Di fare all'amore; di mille son stato signor. Ma gli consegna denari i : ... il resto si capisce. Qui dunque l'influenza classica si mostra assai remota; eppure chi avrebbe il coraggio di negarla affatto? Ma nello stesso tempo non ci acconciamo a riconoscere questo della introduzione del servo argomento sufficiente e ineccepibile; che come troppo na- umana sempre avida de' contrasti drammatica trae uno de' più vitali successo, poteva giungere al tradizionale turalmente la mente da cui appunto coefficienti di la accoppiamento senza la trafila delle reminiscenze. In anche nel diverbio fra il soldato e il villano del Vanto da noi esaminato, si rispecchiava lo stesso fenomeno Comunque sia, la tesi proposta dallo fin de' conti, I 69 Scherillo, della fusione cioè fra la corrente popolare e quella erudita, rimane uniscono si le due massima dimostrata. Quali in poi fosser precisamente sottili anelli della i quando per correnti, prendesse a utilizzare si arresti catena che prima volta materiale classico, il nerale, dove cominci, nelle tazione e dove la e, singole commedie, la visione in gel' imi- realistica del per- sonaggio, tutto ciò è impossibile a delinearsi con esattezza, e vi rinunciamo di buona grazia. 70 IV. Il Capitano nella commedia erudita — — Fissità della — Il teatro del maschera Il primo Spaglinolo Calmo e V imitazione classica Rifacimenti di commedie latine. — Entriamo dunque commedia rattere tica adesso erudita, ove, come maremagno della notammo, ciascun ca- nel già ha tendenza a prendere quella forma che avrà poi per ultimo resultato dell'Arte nostro poi più di il ; tutti, quando la sistema- Commedia e la ragione se ne comprende di leggieri, stessa che non può essere modificata sostanzialmente cosicché si si consideri la natura sua ritroveranno pressoché uguali, salvo bite mutazioni di tempo e di luogo, antichi e quelli più moderni, non i le ; de- millantatori più esclusi quelli che in forma un po' diversa pullulano anche oggi e che sempre dovranno esistere. E questa tendenza a fissare come qualche cosa tipo dello smargiasso stabile il da un fatto erudita abbastanza singolare: che nella non si di mi sembra dimostrato Commedia era ancor mai portato sulla scena il no- mici del sec. quando già due fra i più noti autori coXVI insegnavano « come fassi il bravo i>. La domanda é rivolta da Pacifico a Gorbolo nella stro personaggio, Lena 71 Gorbolo, vedendo dell'Ariosto (1). titubante, gli il suo interlocutore domanda: di che dubiti? Pacif. Del Capitan de la piazza, che cogliei^e Mi potrìa qui con questo spiedo e mettermi In prigion. ch'io gli darla ad intendere sbirro, o un boia, e crederebbelo, dell'uno e dell'altro hai certo l'aria. Rizza la testa, par che vogli piangere, Sta ritto, fa il gagliardo, fa il terribile, Non, Cori). Che Che Fa un fossi bravo. il Pacif. Come Corb. Attaccala Spesso a Dio e Santi, tienlo così, e volgeti In qua, e fa un viso scuro e minacievole fassi il bravo? Messer Ludovico nelle cinque Commedie non ha mai rappresentato il millantatore, caso strano, sia detto tra parentesi, perchè in come si vantano senza di un tipo ormai stata affatto disdicevole. Lena nella — una viva di essere le tanto Ma costumi, pittura di sue commedie comune la , pre- non sarebbe questo accenno che trovasi è molto significativo, ed è cosa curiosa — ben delineato quel carattere prima ancora ch'esso fosse mai stato portato sulla scena nel teatro regolare giacché, qualunque sia la data preripeto il vedere così ; cisa della composizione della Lena essa è anteriore a qualunque altra ov' è introdotto servire il (2), tipo del millantatore. come un nuovo argomento certo commedia Ciò è che erudita, anzi può a mostrare che l'o- rigine del Capitano è direttamente derivata dalla vita imperocché l'Ariosto non poteva pensar certo al miles latino, di cui egli avrà avuto certamente cono- reale (1) (2) ; Atto V, scena Par che fosse I. recitata per la prima volta nel 1528. 72 ma scenza, quale sembra non avesse posto troppa al attenzione; e la sua frase apparisce esempì che dagli — inspirata affatto — troppo numerosi doveva e' avere innanzi agli occhi. Ma parole di Gorbolo non hanno ancora, se le si vuole, un'importanza estrema a mostrare la fissità del tipo qual' era all'animo de' Cinquecentisti si trova confermato, e in del Marescalco^ modo commedia solo che ciò ; indiscutibile, nel prologo di Pietro Aretino, che anche essa è da ritenersi composta nelle identiche condizioni di tempo che la Lena a riguardo del nostro personag- quantunque la prima edizione non risalga oltre al 1533, pur essa dovette esser composta qualche tempo innanzi, come sembra risultare da una lettera gio; giacché, dell' Aretino stesso , quale della l'autore primavera del ^27, essa risalga pressoché a quel que, il Luzio il la la fine del '26 e la mente valendosi commedia in questione fosse ispirata da un fatto avvenuto realmente in Mantova crede che tempo Marescalco deve considerarsi alla e (1). quindi Dato Eppure nel prologo che tipo, a comme- va innanzi Marescalco noi troviamo uno schizzo rapido, tamente delineato del nostro che dun- anterior- scritto introduzione dello smargiasso nella dia erudita. ciò quel ma modo stesso Pic- caratteri personaggi » che, come più addietro fu detto al perfet- che più tardi doveva averlo tracciato Alessandro colomini in quella sua raccolta di « 300 al- tra , di andò perduta. L'Aretino che, mente superficiale all'eccesso, non avrebbe potuto fare una profonda tere, ma che (1) Aless. scher, 1888. al un carat- del suo inge- analisi di contrario colla vivacità Luzio Pietro Aretino ne' primi suoi anni. Torino, Loe- Docum. XXVI e nota in proposito. 73 gno e naturale arguzia colla ciare in poche linee del un era adattissimo a trac- ritratto realistico, nel Marescalco riunisce insieme una serie prologo di tali schizzi per adoperare una frase del Gaspary (1), una baracca da fiera ci « annunziano che cosa abbiamo ad aspettarci di den« tro ». L'attore dunque che recita il prologo, descrive com' egli rappresenterebbe le diverse parti ; e, venendo « simili ì>, che sull'entrata « a' fantocci di ha a parlare del miles gloriosus, seguenti le parole : « Un milite glorioso lascisi imitare a questo fusto. Io « mi attraverserei la berretta a « spenderei « cader giuso « muove al « guardo fiero « la « spada la le calzette, a questa foggia, mi sola bestiale, e muoverei suono del tamburo, mirerei barba con toccasse al fianco il la il cioè lasciando passo cosi : e come si con el gente in torto, e lisciandomi la mano, piede, e il trista quella pietra che mi primo che mi attraversasse la « strada lo taglierei nel mezzo, e appiccandolo al con< trario lo «: « Ah manderei per il mondo come un intemerata madre di gratia, ahi miracolo. benedetto Dio, ahi ciel stradiotto, levami dinanzi quello specchio che mia ombra mi fa paura a mi an ? » Quante pazzie! Ma pur è questa una descrizione mirabile e affatto degna di quella testa bizzarra ma intelligentissima. Ed ha ragione il Sinigaglia (2) di por« la tarla : come testimonianza derna che il della tinta essenzialmente e divino Pietro j mo- sapeva infondere ne' suoi personaggi. Per altro è notevole che l'Aretino, con una di quelle contraddizioni a lui tanto tenne poi (1) St. la della Leu. Ital.. trad. (2) Giorgio Sinigaglia Roma, comuni, non man- sua promessa, quando, rappresentando 1882) p. 193. Rossi, Voi. Il», il p. 241. Saggio di uno studio su P. A. (Roma, tip. di 74 Capitan Tinca della Talanta, unico esempio di millan- commedie, lo effigiò perfettamente sullo stampo del Trasone Terenziano, egli che tanto ostentatore nelle sue tava di aborrire dalla classica imitazione. Ma sti su ciò ritorneremo fra breve per adesso ba- : avere osservato ciò che è detto nel prologo del rescalco, quale adunque rimane il più notevole a mostrare come il Ma- documento forse Capitano della Com- il — non media cinquecentistica fino da' suoi principii dirò prima di nascere, ma, almeno, prima di essersi appariva già come qualche cosa di ben sviluppato fisso, come un tipo costante ed immutabile. Nello stesso tempo il millantatore che ne' documenti d' indole popolare finora considerati non aveva — una determinata nazionalità, vien subito acquistando commedia erudita il carattere ed il titolo di Spagnuolo; tant'è vero che il primo smargiasso che s'in- nella teatro contra nel classicheggiante, anche è il primo Spagnuolo, e comparisce precisamente in un' anonima commedia, recitata a Siena ne' giuochi del Carnevale Gì' Ingannati o il Sagrificio dedel 1531, dal titolo : gVIntronaii ' Quivi (1). spagnuolo Giglio è un millantatore molto lo primitivo ed ingenuo, assai moderato nelle sue vanterie di cui osa alla petulante respinge appena borbottar qualche timido accenno fantesca Pasquella che, sebben vecchia, sue profferte, né vuole le Matteo Fiorini, 1611 (1) Siena, impacciarsi di lui (1* ediz. Venezia, Curzio Navò e frat. non se ne conosce, giacché essa porta semplicemente la Degli Accademici Intronati di Siena » (cfr. la nota del Mazzi op. 1538). L'autore scritta: cit. « Voi. I, p. 57-50). L'Allacci (Drammaturgia, ed. Venezia, 1775 — sodo dignissimo Archintronato (M. Antonio Piccolomini) D.Ma non vedo perciò ragione di attribuirne a quest'ultimo la composizione, come fa il Rossi (Introd. alle Lettere del col. 448), Calmo, ha : etc. p. i celebrata LIV). . . • sotto il 75 appunto perchè spagnuolo. E, vedendo che da quel mi- fumo non serabile tutto 8i da cavar nulla c'era di buono, contenta di carpirgli una corona, eppoi lo licenzia col pretesto eh' ella deve dire mai non suol manda Giglio ; rosario e un' orazione che il Que « tralasciare. oration es està? » do- e la furba incomincia a recitarla — : che dì e notte vai Fantasima fantasima a co la ritta te n'andrai Se a coda ritta ci venisti in mal' ora ci venisti Tristi con tristi — E me coglier credesti ti E con un Amen orazione, il — — e ingannato ci rimanesti ; (1). schernitore chiude la sua pseudo- cui senso è abbastanza chiaro (IV, 6). come Tuttavia, se certo interesse, satira politica drammaticamente può presentare un Giglio è la figura di nulla e rimane estranea all'azione della commedia, ciò che del resto accade molto spesso, perchè tore è per lo più introdotto adornativo e pleonastico, tanto umore ritira, degli spettatori il millanta- come un elemento per tener desto il buon solo poi, ottenuto questo intento, si ; conforme anche in ciò alla natura sua di ma- schera. Lo spagnuolo Giglio non reca ancora tazione latina, della quale gli come Con questo il traccia d'imi- noto segno ca- compagnia del servo ratteristico, la fida sita. manca criterio del paras- o possiam dunque considerare bravi del Calmo che Rossi si ostina troppo a chiamare di provenienza erudita (2). È originali vero che il anche e la sua arte Calmo subisce anch'esso, almeno classica, ma fino a un certo punto, frequente presenza nelle Introd. cit. p. formule abba- solleva dalle vecchie si popolari V. Stoppato op. (2) il teatro del in parte, l'influenza (4) Sulla i cit. p. 79 sgg. LXXIV sgg. commedie di siffatte canzonette 76 stanza da poterlo riavvicinare al genere popolare da alcuni esagerarne si volle chiamarlo, non un le l' importanza , : anzi e perfino ben perchè, insieme col Ruzzante, dell'Arte. Ma, in ogni caso, reminiscenze erudite non valgono a soffocare la sponsi sa Commedia de' padri della taneità de' suoi colare, si personaggi, e mostran suoi milite^, in parti- i indipendenti dal tipo classico così che non sapremmo davvero vederci una Lasciamo pur Diomede dato tosto filiazione del- miles gloriosus. l'antico come poco importante, il solRhodiana (i), e consideriamo piut- stare, della Rabioso del Travaglia il una delle creacommediografo ve- (2), ch'è zioni più ragguardevoli del faceto neziano. soldato Rabioso è marito di Cortese greca ruf- Il ed è curioso fiana, ventose parole, e il contrasto fra lui che moglie la cui il si pasce di carattere, anco dal mestiere ch'essa esercita, è dimostrato soldato, dice di sicumera assai dissimile quantunque semplice avere grandi relazioni e parla con grande da quello del consorte. Questi, di lettere familiari mandategli dal Soffi e delle sua corona. offerte fattegli della Né giova che la mo- donna positiva, gli rinfacci che dopo tante strenue azioni è sempre più povero ; giacché « Questo è il fine glie, : « de' buoni e valorosi soldati .... lo essere povero, dico, non perchè non tengono conto alcuno « non per « di robba, « desiderano di hereditare solamente le corone, (1) altro se quasi La Rhodiana, Calmo (2) Il il (cfr. Rossi (Introd. p. al 1545. Ruzzante, Rossi Introd. p. Travaglia i tro- rappr. nel 1540, fu erroneamente attribuita, nella ediz. venez. del 1553, al al ma sdegnandosene e sprezzandola, di ma può essere facilmente rivendicata XXXVII sgg.). M. Andrea Calmo. Venezia, XLIV sgg). Stef. Alessi, 1556. Ma dimostra che la composizione risale 77 « fei, i con carri et le spoglie, li che trionfi altri vi « sono insieme dati dagl' Imperatori, per benemeriti o « mercè delle armi che non risente il » (I, Non 3). è brutta affatto d'imitazione classica scusa anzi tutto mi sembra poggiare sopra carattere del Rabioso freddo realismo che la ; contrappone si incarnato alla nella moglie Cortese parole di lui, e eh* è non ma più ancora nella dura necessità che solo, stringe. Giacché quel poveretto che essere vissuto il vanità delle lamenta si di lo non tempi del Boiardo e dell'Ariosto, per- a' chè questi poeti avrebbero messo in versi le sue glo- morsi della fame ch'è propria anco de' più meschini mortali, tant'è vero che rie (II, 6), di gì' li a poco sente imperiosi bisogni i del corpo vento, sia pur negli eroi. E la care di « quella sgratiata > di han sempre il sopravfame lo spinge a cersua moglie per vedere ha fatto provvisione di vittuaria ». pur troppo le condizioni della famiglia sono poco floride. Il Travaglia, servo di Cammillo, incontrando questo spauracchio da uccelli, a cui domanda con scherzevole allusione al suo nome « Sete voi ra« s'ella Ma : bioso ? » dà incarico di bastonare Policreto per conto gli del suo padrone (II, 14). E Rabioso naturalmente ha la sfrontatezza di accettare, adattandosi citare quell'ignominioso mestiere di comune grado nel sec. XVI che rappresentava reale purtroppo e di demoralizzazione, dato a rintracciare fra Ognuno poco e capisce alle parole; le un alto non an- pagine de' classici. come giacché dunque a eser- bravo che fu tanto i il fatti corrispondano assai valoroso campione, appena sa che la sua futura vittima è armata, cade in preda a indicibile spavento. Badiamo bene che « questo pro« cede dal sangue che mi bolle nelle vene, quasi a che giunto il sangue a « guisa di febbre quartana, 78 « questi meati, et porosità, trovando lor fredde, causa tremore « questo 19) (II, Ma >. servo Gianda, che Policreto sopraggiungere del al manda suo luogo, in il prime intimazioni, né si difende dalle bastonate che gli vengono copiosamente tsomministrate. Tuttavia, appena passato il pericolo, ec- bravo cede spada la prima alle la scena VI deluna sua bravata a Cammillo ed al Travaglia, quantunque questi non creda affatto alle sue parole, e pronunci una frase assai no- cotelo quel di : ed è bellissima l'Atto III ov'egli racconta ancora tevole Non y>. pallone ? conoscetelo alle o quanti ve ne sono di questi : che « struzzi, € poi un e Volete conoscere : « bravate vivono ha bisogno v' per sé troppo evidente tali ferro e smaltiscono di commento: di proprio polenta la frase è di ! Calmo Un'altra figura di vantatore nel teatro del ritorna nella Spagnola» (1), ove allato neziano Spezzaferro si un greco che fanfarone presenta lo discorre del bravo ve- stradioto Floricchi, un gergo misto di lingua greca e schiavona con dialetto bergamasco, assai ma che, oltre che per il suo anche come carattere drammatico ha un'aria tutta moderna, in una ipièce del resto affatto popolaa comprendersi, difficile dialetto, come reggiante, lo Eppure anche qui dizione classica temporanei Ma, stesso egli Rossi aveva non rinunzia mascherata riconosciuto. a vederci mediante se una certa Andrea Calmo, originalità in generale La Spagnolaa, di concezione del LXIII e, il messer classicismo veniva impo- Comro.. di Scarpella Bergamasco (cioè, A. Calmo) Venezia, Stef. Alessi 1551 p. con- I nostro personaggio può ancora rivendicarsi a (1) la tra- elementi : la 1* edizione è del 1549. Cfr. Rossi Introd. per l'invenzione dello Stratioto, p.LXXVII. 79 nendosi con un crescendo spaventoso, e non entusiasmo la moda che ma discretamente, tana così alla lon- e con un aperto e non dissimulato che potè venir si de' rifacimenti, di quelle aberrazioni artistiche De-Amicis colloca nella il dappresso divisione da lui adottata prima categorìa della cioè, traduzioni fedeli e solo ; ammodernate ne' nomi e ne' dettagli, o mente modificate, degli originali latini talora legger- Non (1). var- pena di volgervi lo sguardo, se non dessero occasione a mostrare quali erano gli elementi princi- rebbe la che valgono anche per pali dell' imitazione classica le commedie che, sebben più originali, appartengono pur sempre al teatro di stampo erudito. altre più noto di questi rifacimenti è Il Dolce come originali, Ragazzo, il tempo non nello stesso metterci nulla del quali tolse suo Marito, il Miles ma che dal parafrasare, senza due commedie suo, e il Ruffiano etc, il rifuggì VAmphitruo Ma Capitano del il autore di commedie abbastanza pregiate ed (2), Gloriosus, dall' altra dalla il di Plauto prima : delle suddetto Capi- una nota caratteristica che lo distacca dall'esemplare; perchè veìVAmphitruo l'adulterio è perpetrato da Giove in sembianze umane, onde tana. nel Marito serba qualche cosa di naturale, non che ne disfrena il e* è fatale, di misterioso, di maschera la sopran- turpitudine, e quindi riso sulle piccole miserie della famiglia Romana rispettata nel sec. XVI sempre da Plauto mentre il comico cinquecentista rappresenta una scena molto più realistica, i suoi personaggi vivono o possono vivere ; ; sicché nell'imitazione si trova pure certa originalità. (1) V. De-Amicis. L'imitazione etc.p.l40 sgg. (2) Il Capitano di M.Ludovico Dolce. Venezia, 1545. una 80 siderarsi di ciò può dirsi per il Capinon ha alcuna qualità originale, e deve concome una traduzione o parafrasi del Miles Plautino (1), Al contrario, nulla tano, che tanto il Sarsinate dal Dolce, che del resto seguito è non ne fa fedelmente mistero, anzi dice nel Prologo: Mi volgo a dir eh' io v'appresento Plauto, pòrtolo eh' lo vel rechi con la man, Con la lingua, e se a voi piace d'attenderci (2) Vedrete comparire innanzi il Milite, con altra divisa e fatto giovane. ma Non Ma Ma, spassionatamente giudicando, non all'autore neppure questo merito eh' egli si può dare vorrebbe at- giacché il vecchio Pyrgopolinices non appa; neppure ringiovanito sotto le vesti del Capitan Torquato, ma resta sempre tai'e quale. E, siccome abbiamo già detto che nella riproduzione plautina il miltribuirsi risce come un tipo ideale, niente comune, ma foggiato solo dalla fantasia del poeta umbro, allo stesso modo sarebbe impossibile ricercare un ritratto realistico nella commedia italiana, copia della latina. Bastino le prime parole a dare esempio suffilantatore è rappresentato affatto tolto dalla vita ciente : (1) Fra le traduzioni che allora si fecero del Miles Glorioaua, va menzionata quella di Celio Calcagnini, rappresentata in Ferrara sotto la signorìa d'Alfonso It. I d'Este, figlio d'Ercole I (cfr. Tiraboschi St, della Lett. VII, 858). Del resto questa commedia di Plauto fu assai cara ai colti deve credere alle testimonianze di Marin Sanudo ne' suoi Diari, raccolte dal D'Ancona, op. cit. II 117, 118 n., 119, 135, pubblici d'allora, se si 374, 384. (2) Noto che questo concetto è preso da Plauto, bensì dal prologo dei ma non Menechmi v.3: Adporto vobis Plautum lingua nonmanu; Quaeso ut benignis accipiatis auribus. dal Miles, 81 Plauto meo Curate ut splendor Quam solis radii esse sit clupeo clarior quom sudumst olim solent Dolce Fate che l'arme mie sieno più lucide Che non è il sol quand' è più chiaro l'aere con quel che segue, tradotto quasi sempre a lettera. Perciò non staremo a fare un minuzioso paragone fra le due commedie, che sarebbe fatica sprecata. E infatti tutte le situazioni sono identiche, e quasi sempre conservato uguale, è da osservarsi una maggiore il salvochè dialogo è nel Dolce una smania verbosità, e di esagerare, potendo, la ridicolezza del miles plautino. Badiamo però che non vogliamo lettura del Capitano : dire sia spiacevole la che, nonostante il monotosissimo manca neppure l' imitazione del giambico latino 1), la commedia è scritta con verso sdrucciolo (non trimetro buon garbo e con una lingua molto vivace. Ma Torquato, ch'è preso così bene in giro dal parassito Mail plautino Artotrogus nilio il quale non esita a — — chiamarlo : Capitan magnanimo Forte soldato, Cavaliere strenuo, Re valoroso e Imperator giustissimo — Torquato dunque cade nel medesimo intrigo che Pirgopolinice ; è ingannato (Acroteleutium), che prende via {Philocomasium) il dalla cortigiana Tullia luogo dalla diletta Ful- riconquistata Fabio {Pleusicles\ mediante le dal astuzie suo amante de' servi e la cooperazione del vecchio Brazio {Periplecomenus). non manca neppure il la comicissima scena cuoco Fusco (Cario) insieme con castrare l' infelice Capitano, dita del saio e della coppa, che se mentre finale, E ove Brazio vogliono la il cava colla perservo Stramba 82 (Stalagmus) narra gli l'inganno di cui tima; sicché egli non può far meglio agli spettatori, esortandoli ad astenersi, suo esempio, dal voler correr dietro Insomma, sarebbe è stato che alle vit- rivolgersi ammoniti dal donne altrui. il cercare la minima punta commedia che merita solo il nome inutile di novità in questa di traduzione. Della Talanta di Pietro Aretino (1) invece non può dire come della commedia del Dolce, eh' essa sia in tutto e per tutto una traduzione deWEunuchus si Terenziano la più ; fida, ma quello eh' è certo, per non dir celebre Thraso. È il Capitan Tinca è servile, delle riproduzioni del un' anomalia veramente strana la presenza di un personaggio terenziano trapiantato in Non già che questi non comprendere le bellezze de'classici e in un'anima ribelle qual'egli era, che un'opera del divino Pietro. fosse al grado di farsele sue; in generale ma ostenta tanta indipendenza vita e di pensiero, e che alle sue opere comiche dà tono tutt'altro che classico, anzi molto spesso ma non infine privo di un'originale vivacità come Pietro Aretino, merita una certa il fatto è dente dell'attrazione singolare che schizzo che già vedemmo, in triviale, un uomo straordinario e come sintomo considerazione, esercitava anco su' più ribelli. Se — si di sempre un l'imitazione evilatina ricorda poi quello dato dal nostro autore nel Marescalco del « Milite glorioso » com'egli lo concepiva, si deve rimanere anco più meravigliati, e dobbiamo deplorare che quel bizzarro ingegno non abbia poi voluto affrontare sulla scena la rappresenprologo al La Talanta, commedia (in prosa) composta a petizione de'MaSempiterni, e recitata dalle lor proprie Magniflcientie con mirabil superbia d'Apparato in Venezia per Gabriel Giolito de' Fer(1) gniflci Signori — rari, 1553. 83 tazione di quel tipo ch'egli aveva già divinato in pochi tocchi magistrali, desumendolo dalla vita reale, e che bene doveva si sua indole faceta e iro- adattarsi alla nica, adattatissima alla riproduzione del superficiale. il carattere dal millantatore appunto sta anzi consiste nel ricoprire col fìcie, manto che mal presterebbe a un profondo studio psicologico. vis comica che l'Aretino versa a larga vana- della gloria la vacuità dell' interno, tant' è vero E super- alla si Così la mano, anco troppo, nelle cinque sue commedie, avrebbe avuto qui agio di svolgersi nella sua pienezza; ma, il al contrario, Tinca della Talanta risente troppo del suo modello per non riuscire freddo e mediocremente solo inte- ressante. Resta nondimeno di pregio quello che nessuno po- trebbe togliere all'Aretino, una vivacità di dialogo notevolissima, una loquacità messa in bocca allo spaccone veramente ammirabile, mentre non cade in quelle slaper esempio vate prolissità che son tanto odiose — — nelle commedie di Sforza degli Oddi. Così grazio- è sissima la sfuriata (IV, 19) del povero Tinca all'udire la fuga della media latina) (V, 2) « e i Pamphila suoi terribili Imprimamente « : figlia Stellina (la le maledizioni addosso di chi mi ha disonorato armi ... « a le I ghiribizzi della com- propositi di vendetta la de' miei che figlia, io sputo daranno griccioli sparsi « campagna come cavai leggieri, riconosceranno il paese ... I ribollimenti de le mie colere saranno tamburi. Le fanterìe le forze de le mie forze Le bandiere che io spiego son le ragioni « che « pugna ... « son « da « in la «e « i . . . pretendo bavere io gli la ne lo essere incitato a la mi sconquassano il petto huomini d'arme verran via Gli sdegni che alfieri ... gravità delle Gli cose che scappano da questo 84 « capo ... Le bombarde per « fulmine de le batterie ...» mie voci le eccotele nel Poveri uccelli « ! » esclama Branca. E, avvertendo quest'ultimo per beffa che ci manca il taratantara dei tamburi. « Non lo risponde senti tu » In la il Tinca « nel garbuglio del par- che faccio? » « lar tal modo Ma solo può pur sempre l'Aretino benevolenza e due la cattivarsi simpatia de' lettori. hanno plagi spudorati si nella netta, falsamente attribuita al Caporali (1) e nel di Cornelio Lanci (2). Quivi letterario voli Capitano del Dolce e il perchè non che rendeva ancora sono esse copie ma pure neppure il merito ragguardeTalanta dell'Aretino v'è abbastanza la ; Talanta e per segno non fedelissime per stessa, di cui è riprodotto solo l'intreccio, il NinVespa filo dialogo, della cambiati i nomi, Trasone dell' Eunuchus) nella Ninnetta^ e nel Vespa Oronte. .Perciò la lettura di queste due commedie non può fare a meno di destare la collera, non potendosi concepire plagi più impudenti di questi. Unica scusa può essere per loro l' andazzo de' tempi sembra dai numerosi esempì che ciò fosse di moda nel sec. xvi. Un altro plagiario è Ludovico Domenichi nelle Due Cortigiane (3). Le Bacchides di Plauto sono quivi tradotte in italiano, il soldato Cleomaco essendo sostituito da uno spagnuolo, il Capitano Martin Alonso de il Tinca chiamandosi Triso (Cfr. il : (1) La Ninnetta di Cesare Ma sembra sta Collesini, 1604. Caporali, perugino. Venezia, Giov. Battiaccertato che colpa in questa che fu una mistificazione fede, il d' Caporali non ci avesse il un padre Appiano Buona- Bue pedagogo. Lanci d'Urbino, in Firenze nella stamperia quale peraltro non va confuso coll'autore del (2) Il Vespa di Cornelio del Sermartelli, 1586. (3) Le due Cortigiane renze, per i figliuoli di di Lodovico Domenichi Lorenzo Torrentino, 1563. di Piacenza — in Fi- 85 Florestan che parla nel suo idioma nativo. Questi, del commedia latina come nell'italiana non come un volgare scroccone che sfruttare l'amore di una cortigiana. Il soldato resto, così nella apparisce se non ci cerca di Gleomaco rimane però in fondo il sus, quantunque, a preferenza che solito miles glorio- sue spacconate, le cerchi di far risaltare l'animo suo vile e interessato. si Ma egli non può Bacchidea Non me Qui 845 sgg.) (v. me meosque suo rivale No [fendere neque Duellona mi unquam, [neque Mars creduat Ni illum exanimalem faxo, si con[venero (v. 855 sgg.) : me hodie facere Ma, nonostante di me ganancioso de [mavelim falte mil diez ducados corno fuesse cierto de cogierlos Quam illum cubantem cum illa op[primere, ambo ut necem. un pugno (IV, 8): deve tener fuerzo para defender à Nive exhaeredem fecero vitae suae. più sotto me animo y efmi y à mi gente. Pero no me crean Marte y Bellona dioses de la guerra, si no le embio el alma a los ynfìernos la primera vez que lo toppe. .... No querria oy que dar muger, que Nam E creo que por Capitan, ni por hombre accostumbrado en las guerras, mas por non queam de- Nihil est lucri quod : Le due Cortigiane : militem, set [mulierem arbitratur almeno una trattenersi dal millantare, volta, e dice rivolto al am- bor por matarlos iuntos. simili bellicosi propositi di vendetta, monete basta a turpemente rinun- farlo ciare a qualsiasi diritto sulla sua amante. GÌ' Inganni del Secchi (1) ci porgono un esempio contaminatio, assai curioso della cosiddetta la quale, usata già nel teatro latino, fu con tanta frequenza ado- perata nel Cinquecento. Questa commedia, notevole invero, fonde Asinaria (1) ; dalla Gl'Inganni prima v' Re in sé il Gomm. recitata Filippo, — in — in Milano nell' Firenze, per i la lo anno Giunti, 1562. nota il Rossi (Append. a Gaspary, IV, non trovandosi Re Filippo a Milano nel 1547. la data della recita, essere falsa, di abbastanza Truculentus e esse deriva il Capitano di Niccolò Secchi. 1547 dinanzi la maestà del Ma dunque 304), de- 86 — che, per virtù di questo miscudue commedie, riesce un personaggio assai piacevole ed originale, onde merita un po' d' attenzione. Stratofane plautino glio delle La comicità da Plauto della situazione trovata già e ripresa dal commediografo cinquecentista, risulta dall' inganno di una cortigiana, Dorotea (la Frenesia Truculentus), che tenuta, esser suo rante un suo fa un credere del man- Capitano da cui è al figho ch'ella avrebbe partorito du- viaggio che lo ha tenuto lontano ben dieci mesi e da cui ora torna carico di glorie immaginarie e, quel che più importa, di denaro sonante. Giacché il Capitano in questione è ricco; e qui sta l'inverosimiglianza, che basterebbe da sola a farci mancanza un Capitano la caricatura di naturale, deve vuote del rappresentarcelo sec. Nella commedia — XV f, la per essere ma pieno di ciance, le tasche. quella del Secchi comprendere questo personaggio, mentre di originalità di plautina però la ricchezza — volevo dire in come era necessaria movente dell'inganno, ch'è uno dei tanti di questa piacevole produzione, degna veramente del suo nome. La cortigiana dunque, istigata dalla ruffiana, cerca di pelare il povero sciocco che ha la sventura di esserne innamorato, col pretesto delle spese incontrate pel baliatico e il mantenimento del supposto figlio. La scena d' entrata (li, 9) è, come al solito, un ammasso di strampalerìe che tutti que' buoni commediografi non si dimenticano mai di darci come gradito antipasto per predisporre alle risate. Credo che la forza de' suoi poderosi pugni. volta, « valga pena stare a sentire alcune delle sue prodezze. Il nostro campione è invero meraviglioso per Figuratevi eh' egli altercando all'osteria, dette d'un pugno in una tempia si al suo la una avversario penetrante che i circo- 87 « stanti videro i nodi delle dita uscir per orec- l'altra compagno, uno stuolo intero sorse contro di lui; ma quel prode non si sbigottì. Pur tacendo delle altre gesta compiute allora, perocché egli è modesto e « gli piacque sempre il ta« chia cere ! ì>, » Allora, per vendicare si compiace tuttavia il di ricordare fra' mille colpi che aveva dato, due soltanto che gli eran piaciuti souna tanta gran botta nella ciottola di un vrammodo: « male avventurato che gli caddero tutti due gli occhi c( « visibilmente « un mandritto in terra sì mano <( furioso della « che tutta da un dice il « hosterie e furbo fuoco il abbruciò i chiassi sparlano » con Capitano non si che « già vende si sue prodezze. « Colui che piazza » aggiunge vento barba strano, è «r fin le Nota che uno Commedia di il quei dell'Arte ; accorge di questa come di altre canzonature del suo servitore, sicché dice il nella non di lui. « sparlano » dice toccò poi ». formidabile valore scherzi, tanto cari poi alla il altro servo Straccia con fina ironìa, se Straccia soliti ma gli attaccò lato gli si Davanti a cosi come ... ed un ; furioso che avendolo fallato, l'historia la gli crede quando stampata » delle vende è un cerretano in mentalmente Ma, nello stesso tempo che lo Straccia. mondo trema il del suo valore, delle graziose sue attrattive s'innamorano tutte le donne e bisogna vedere ; è pazza di chè lui. Avrà egli è stato assente Ecco ancor infatti che come la per- poverina soflFerente del recente si presenta a lui (II, 41) puerperio, accompagnata il preteso frutto de' loro non vuol tenere in alcun modo le mani legate, e vuole sempre un coltello in degno mano egli ha già un animo da leone » amori, (T Dorotea per dieci mesi. dalla balia che reca in braccio « la cortigiana ella già partorito? Si certo, un : bel puttino che « — 88 figlio di ma tanto padre ! Questi compiace della sua prole, si donne (II, 12) a torgli di mano il bambino « perchè non posso » dice « poco stringere che « gì' infranga 1' ossa, tant' ho la presa gagliarda » (1). Frattanto, in mezzo alle ciancio, Dorotea cerca di spolprega pare il le più possibile quel suo ridicolo amante, che a mostra abbastanza generoso, lasciandosi suc- dir vero si chiare parecchi scudi. Ma poco dopo (IV, 1) la cortigiana, avendo altro da fare in quel momento, lascia il povero Capitano picchiare a sua voglia l'uscio della casa senza fargli aprire. Comparisce un ruffiano ciose si il rista dal che cia (IV, 2) alle cui grida bravo capitano fugge ; chiamare ma non minac- per questo (IV, 3) e coniglio e poltrone » lo Strac- compagno gli è stato fido generosa quanto rapida ritirata. nella sua Del resto, non tanto si capisce, non è fuggito per paura, ma per disdegno; giacché, come lo Straccia dice, « questo non era convito « solenne, non v' era robba per lui. Per altro egli vuol vendicarsi e va in cerca di compagni (2). egli j> Ed ecco (IV, 10) prepararsi alla il Capitano magnanima impresa co' suoi compagni di assaltare la casa Questa si presenta e, deposta la maschera d'amore che aveva portata per qualche tempo, ingiuria atrocemente il Capitano, il quale tuttavia non reagisce, di Dorotea. perchè (1) lo Straccia È un il concetto assai nella Cintia. di persuade che, comune G.B. Della Porta, il ai s'egli Capitani delle non la cura. Commedie. Da vecchio Pedofllo trae pretesto per fiutare all'innamorato Capitano la presunta figlia ciò ri- Amasio, che in realtà è un maschio in abiti muliebri, dicendo temere « che volendola toccare non « ne facesse polvere, e volendola baciare non ne facesse cenere » (II, 3). (2) Imitazione della scena notissima di Terenzio (Eunuchua IV, 7) che si ripete continuamente in molte delle opere comiche qui studiate. Il Capitano chiama una quantità di servi cui dà dei nomi altisonanti, ma nessuno comparisse, perchè essi solo soltanto parto della sua fantasia. 89 « costei a mano « in croce, « mano verrà innanzi con le mani gli il quando tu vuoi non vogliono « pregono, « gni «: mi manderà il a giacché questo è ti corrono dietro conclude » ! il ». costume delle donne quando non vuoi ti , « Andiamo, compa: — Capitano. « Vedrete se la gaglioffa a pregare ». Ma ella non si muove, e terribile guerriero, disperato dell'abbandono, giacché s'induce a mandare il buone grazie della sua bella. Ebbene ? Colui che Dorotea veramente amava, si è ammogliato or dunque a lei conviene non rimanere senza amante. Ed ecco in qual modo il Capitano può riconegli é fortemente innamorato, servo per riconquistare le : quistare per il rifiuto, favore della Cortigiana, che, accogliendolo seguiterà a beffarsi di lui finché non le si presenterà l'occasione di piantarlo di nuovo. Così le avventure del Capitano finiscono qui ab- modo un che nel bastanza lietamente, in modello latino, giacché po' diverso nel Truculentus V innamorato Stratofane deve soffrire di fare a mezzo della sua Fre- un contadino nesia col fortunato rivale Strabace, e maleducato che pur la donna preferisce sci-oro. Questa, del resto, é un'abitudine mine hanno avuto sempre in tutti i al rozzo suo me- che certe fem- tempi! 90 — zione — artistiche Deficienze — commedia erudita del tipo Sua presentabravo nella commedia erudita Le Biografia del Capitano nella Il — — innamorsito — Sue — — Capitano -Sua viltà Comico contrasto col servo Il Capitano seduttore e il peripezìe Capitano del — — Lamen- vicende erotiche Principali commediografi del Capitano tazioni di P. M. Cecchini. Proseguendo lo studio del Capitano nel teatro del secolo XVI, vediamo che esso presentasi cosi uniforme che Infatti nel fra' loro nucleo sempre ne riesce strabocchevole assai non esiste una forma così delinearne la forse alcuna spiccata come figura, e commediografi trovaron l' vero è di quel opportunità ov' esso il Segretario del genio, potè in — che purtroppo d' inserire non opere loro il mente proopere, di cui non manca mai scene della migliori i a sdegno o nelle Fiorentino, nelle poche millanpresenti Fra Timoteo tempo o ebbero qualsiasi natura esse siano, il che così bene serva a esempio fa del tipo del Capitano. D' altra parte poi, se la fonda del modo diffìcile. si — per tristo ecclesiastico cinquecentista Mandragola. Egli in commedie che di personaggi comprendevano anche tatore, in sintesi la 1* impronta suggellare con un 91 marchio indelebile un'intiera classe di uomini, la Mandragola apparve e passò, senza lasciar traccia, come lucida metèora nella mediocre penombra del teatro più rimanenti commedie nelle e italiano, muovere di il E caratteri. questo più che e di dei natu- per ogni altro tipo co- nostro, sia perchè il d' arte, lo studio plasticità di difetto ralezza rilevasi, forse mico, per non dell'intreccio, curandosi la vivacità cercò per lo si anziché di fare opera riso quantunque esso, fre- quentissimamente adottato, è chiamato quasi sempre a sostenere una parte abbastanza secondaria, è piuttosto una macchietta che un vero e proprio attore necessario svolgimento della favola, allo già poco innanzi assai poco presta si — all' pure perchè, come sia notato, esso fu un è carattere che mentre analisi psicologica, il animo suo, corrispondente alla gonflezza delle sue parole, non dà luogo ad acute osservazioni, e quindi ad una rappresentazione veramente artistica, che mo- vuoto dell' conoscenza la stri e studio lo profondo dell'anima umana. In questa guisa che in un tutti aspetto i il millantatore di tutti tempi è esistito sovrabbondante po' per necessità, Dunque un — giacché Talanta, non degl' imitatori intrinseco si gli autori anche staccò, — han presenta sotto più che non vi ha bocca alla ed uno estrinseco, preso a trattare voli, — comici, i mettono in difetto personaggio, ci si tempi come le buffonate che in un po' per vezzo un nulla che stucchi così presto copia — monotono, tanto assai i l' al ridicolo eroe. natura il non stessa del averlo, cioè, più pregiati e più prege- Aretino, col come abbiam Trasone della gregge visto, dal reso questa figura assai più sbia- dita e fredda che non avrebbe dovuto essere, special- mente dato r interesse d' amor proprio che doveva in- una spirare agi' Italiani rappresentazione, aperta tale motteggiatrice de' loro oppressori. Luogo comune tutte le rielaborazioni cinque- di centistiche del miles gloriosus è la scena iniziale imitazione della una famosa commedia Plauto di —a — ove filastrocca di discorsi gli uni più strampalati degli altri, pronunciati locutore, il dall' servo eroe e dal sentazione, a farci conoscere È una specie l' « umor come di pre- della bestia. » captatio benevolentiae, la quale so- di vente costituisce suo prediletto inter- parassito, servono il più parte la importante dell' azione Commedia, giacché esso, apparisce per lo più come una del nostro personaggio nella come abbiamo detto, vi maschera, come una macchietta, e dopo aver richia- mato il riso sulle bocche degli spettatori, sparisce. Sarebbe troppo lungo, e sarebbe d'altronde una fatica perfettamente inutile le principali soltanto si il fra le passare in rassegna anco gesta meravigliose di cui vanta, sia in armi sia in amore, Quando si nostro spaccone. il è detto che tutto quello che umano ingegno poteva immaginare di più strano, di più inverosimile, di più assurdo, è stato mediografi del '5()0 va da^V Ingannati della satira Commedia ampiamente alle dell' com- più straordinarie fantasticherie Arte all'umana stoltezza sale de' sfruttato da' con un crescendo meraviglioso che monumenti con ; si quando si è innalzato quest' edificio è detto che la il più coIo£h immenso di cor- non si cade in esagerazione, né fan bisogno lunghi commenti. Ci troviamo innanzi a un immane garbuglio in cui a' nomi de' Paladini e degli altri eroi de' romanzi cavallereschi sono uniti in un bizzarro acbellerìe, i miti dell'antichità, ove il favoloso si mescola continuamente con allusioni più o meno esatte a fatti cozzo 93 Dalle vanterìe del Geloso del Bentivoglio (1), storici. (II, 5), ch'ei vi è stato al soldato Brandonio, che nel Roma afferma, giungendo a tempo del sacco essendo il favorito del Borbone, e che fu egli .... E fino primo a saltare infra le mura primo a entrarvi dentro (2) il il Bravure del Capitano Spavento da Valle ci occuperemo più tardi, e' è una lun- alle Inferno, di cui per cui ghissima gradazione, ma inverosimile, si dal meno si più grosse, quasiché negli scrittori del secolo Una al XVI fosse serie infinita di gambe da una parte, di sangue, sangue, ci urla minaccevoli sempre sangue ; è tal' il i spezzate, di braccia infrante, di teste rotolanti, di grida di rore più le dice medesima smania che rodeva entrata addosso quella loro millantatori. va vede quasi una gara a chi ter- dall' altra, e quadro che presentano ne' loro racconti que' tremendi Capitani che si a fin di commedia chiamare con- possono poi tenti se tutte le loro fuga della specifico — membra — mediante sono rimaste il salutare incolumi dalle solenni bastonature che generalmente coronano la fine delle loro smargiassate. (1) Il Geloso, Commedia di Ercole Bentivoglio — in Venezia, per il Questa data dell' ed. veneziana basta ad apprenderci che il soldato Brandonio è uno dei primi millantatori che calcassero le scene del teatro erudito. E appunto per ciò esso non apparisce tanto ridicolmente esagerato nel racconto delle sue false prodezze come tanti altri posteriori. Giolito, 1544. (2) È celebre nella storia la presa di imperiali condotte dal Borbone, nel 1527. E Roma per molti opera delle milizie altri fatti storici più o meno travisati sono accennati in mezzo alle favole. Cosi per esempio neW Impresa d'Amore di Ottavio Gloritio, Accademico Amoroso (Messina, Brea, 1605) il Cap. Marte dichiara (I, 17) non esser vero che la for- tezza di Chiavarino (Presidio fortissimo della Transilvania e chiave della Boemia, come ei la chiama) si rendesse per fame, bensì per codardia del Governatore che ebbe paura di lui, perchè credeva che egli fosse passato alla parte del Turco. di Abbiamo già ricordato l'allusione ironica Trasone nella Talanta, e già abbiamo detto che cosa bisogna pensare in proposito. 94 Ma fra numero stragrande il di cui si dichiara eroe di ricordare, a titolo commedia nella mi sembrano del lidicolo e del grottesco, anco contarle, un fiume boccante d' errori riportare la per modo il palma di rac- parole senza senso comune, tra- di d' piace rai esempio, alcune che, almeno di erudita, di meravigliose gesta nostro personaggio, il ogni assurdità d' ogni genere, di maniera. Un modello che narra il d'Amore nella Prigione grande sussiego « il « dell' mese quinto dopoché il gli ciproco « sorella « Condè « Trebbia del dell' Non anno quinto il . . Carlo quinto, di scorse i Battri, gì' Indi, della regina di Scozia, figlia del Soffi, Prete Janni nipote del e principe di Trasimeno a Chi fur Costoro ? cavaliere del tempo de'Romani. » seguitiamo più ; oltre fatto prigione quale volle portarlo nostro prode, giunto quest' infelice nel suo contentiamoci di riassumere avendo promesso per un certo tempo senza cuno, fu Con Una dama e un Egli, fatto. (1). « Correva. Prenestini; quando, ardendo io di re- strampalatissimo esordio il Oddi : bella che pareva la rotta di Antonello. Gap. bravata la bora quinta del giorno quinto Magno Alessandro Umbri e i amore « fi: di Sforza degli incomincia (IV, 1) egli punto quinto « del genere è certamente del Capitano Bellerofonte Scaricabombardon, alla trattare sua bella armi in di stare modo al- da un Bascià della Garamania, come dinanzi trofeo al Turco. Ma il a costui (ora lo chiama Selim, ora Ruscialì, non ricordandosi neppur de' nomi che va inventando), dopo aver dato mille prove d' in- (1) Insensati La prigione d'Amore, il di Sforza Forsennato (Venezia, Polo, degli Oddi, Perugino, fra 1591). gM 95 domabile alterigia, nonostante il giuramento fatto alla s' induce alla riscossa, e: « .... per la prima ti bella, una guatatura porcina e « dò a Selim « minacciosa, traditora, atra, fosca, bieca, torla e tre- come sopraccigliata, « menda, « faccio chrr... chrr... Ti giuro Antonello. « rono vedute lingue di fuoco apparire nel « di e cerbero arrabbiato ringhio gli . . . e che fubastione queste zinne, che gridavano ammazza, ammazza, « fendi, fora, tronca, svena, spolpa, scava, disossa, trita, (( sminuzza, spolvera, spolvera. « sto « nello sdegno infocato metto mano « sima, e « quarto, fingo, « ferisco, tronco, affetto, sguardo Selim mi . quindi batto, paro, « ecc. (1). » In vittoria . giro, snodo, una sulle labbra . un schivo, empio il mani scellar dalle risa quando lo durindanis- provoco, in- entro, colpeggio, salone di morti, ecc., si libera col grido di del galeone se ne torna in Ispagna, ove « passo, e tutto alla chiamo, parola, egli dalle Spaventato con que- innanzi fo Turco, e sur un « hebbe a sma- riseppe quella bocca torta Carlo Quinto. » E ce n' era di chel Più formidabile ancora è l'impresa del capitano Martebellonio, figlio di Marte e di Bellona, nei Due « di (1) Ecco come un bravo, il soldato Zigantes neW Alchimista di Bernardino Lombardi (Ferrara, Baldini, 1583) descrive il suo modo di armeggiare: « un animoso ferire, un giudizioso schivare, un forte bat« tere, « « « « € un ghiotto fìngere, un sicuro parare, uno scarso colpeggiare, uno scander netto, un entrar breve, hor di tempo, hor di contra tempo, hor di botta, hor di risposta, con un passeggio stupendo, hor fermo in prima, hor di pie ritto in seconda, hor basso in terza, hor di pie manco in quarta; hor in porta di ferro, bora in falcone: quando curvo, quando granchiato, quando con quando con le narici gonfie, con fuoco agli occhi, e rabbia ai denti ; e Questa descrizione si ritrova tal' e quale nella Prigion d'Amore (II. 8); sicché è probabile che o l'Oddi copiasse, o che entrambi si riferiscano a un determinato formulario schermistico del tempo. « riso e ciera gioviale » (I, 5). 96 fratelli rivali battaglia colla G. B. Della Porta di Morte (I, 4). ch'esso, gravato approfittandosi non poteva reagire sulle spalle, (1), ossia la sua Questa maltrattava Atlante, ; dal peso del mondo ond' egli Martebellonio mondo con tre dita e lo sostenne come un melone. Mona Viva (la Morte, che allora non era morta, prese ma il viva) offesa dell* aiuto prestato al suo nemico, co- motteggiare minciò a Martebellonio che, punto dagli scherni, la sfidò a uccidersi seco. Ella accettò Y invito « e, perchè havea 1' elezion de le armi, « la vita al ballonetto. » mondo : ella n' A cidente. lui netto (che era tant' alto giù. la montagna al ciel come una il le di Mauretania), di Marte, e il che andò non tornò più ballonetto la ; » ma allora, gesta il conclude gola con due dita, e l'uccisi quaglia. » Così la Morte morì e Martebellonio prese E costituì tutto allora dichiarò di aver vinto lei « perchè imboccato l'eroe, « la presi per « si ; volse giocar andò in Oriente, Martebellonio in Octoccò il primo colpo, e lanciò il ballo- che giunse La Morte « era Per steccato si suo posto npl il mondo vittorioso (2). Capitano sono così numerose non basterebbe un grosso volume del straordinarie che e a raccoglierle tutte (3). (1) / due fratelli rivali, di G. Batta della Porta, Napolitano, Ve- nezia, Ciotti, 1601. (2) Questi combattimenti colla Morte avran soprattutto luogo nelle Andreini e perciò nella Commedia dell'Arte. Inoltre egli molto spesso diviene compagno della Morte stessa. Cosi nell' Olimpia del Della Porta (Napoli, Salviati, 1589) Trasilogo dice al servo Squadra « Non « sai tu che ovunque vado vien meco la morte e lo Spavento ?. . Perchè « ha più faccende venendo meco che se andasse con la peste e colla guerra « accompagnata » (I, 4). (3) Tralascio, perchè troppo nota, di riferire la famosissima scena deW Angelica, di Fabritio de Fornaris (detto il Cap. Coccodrillo etc, Parigi, Abel l'Angelier, 1585) ove il Cap. racconta (I, 4) una sua formidabil battaglia in cui egli finisce coli' uccider Marte stesso. Che l'Angelica del De Fornaris servisse di modello all' Olimpia del Della Porta, è Bravure dell' ; , 97 Perciò non fa meraviglia che cuta terrore agli Spesso avviene eh' esso quasi immaginandosi volontari finge a vello. » E troppo parlar siffatto lo con « a' in(1). nemici, fa in- interlocutore l' che star lontano, no- prega di lui è uomo ne' suoi racconti, incaloritosi invero egli « ei bisogna stare in cer- quantunque pur terribile, non dà a bere sua spada. alla dé\V Alessandro (2), a Gap. Malagigi Fagiuolo un magari a sé stesso . . tempi sono cambiati; ed è meraviglia anzi i quant' è eh' il . essere davanti averne paura, e d' tando che ee d' . minaccia verso di atti e altri cui il » Cosi servo : Che vuol dir dar da bere alla spada? beon le spade? Il bere delle spade non è se non il sangue Cap. delle persone che s'ammazzano e si feriscono di giorno — in giorno. — questo è il bel pasto ; e quanto al Fagiuolo. mangiar, che mangiano ? La mia non si pasce se non di cuori di caCap. pitani, r altre poi di manco conto mangian gambe, spalle e braccia, che si sminuzzano scaramucciando (I, 6). — È naturale perciò 1' affermazione cassa neir Emilia (3) : evidente non scena IV, dell'Atto foss' altro dalla quasi una copia della sua corrispondente I di di Capitan Fra- quest'ultima eh' nélV Angelica (I, 3), colla dif- ferenza che in quella Matamoros parla spagnuolo, nell' Olimpia al contrario in italiano. Commedie (1) Spesso ritorna nelle nel Prologo del Marescalco: t mia ombra mi (2) fa paura. h' Alessandro, « l'iperbolico concetto espresso levami dinanzi quello specchio, che la » Commedia dello Stordito Accademico Intronato (A. Piccolomini) Venezia, Dindoni, 1550. (3) L' Emilia, cesco Ziletto, 1579. di Luigi Greto, detto È una il Cieco d' Adria, Venezia, Fran- derivazione dall' Epidicus di Plauto, e dette luogo a una commedia dell'Arte, intitolata: « Le furberìe di Scappino » Quivi, con probabile imitazione dell'analogo luogo dell'Alessandro, Cap. Fracassa dice (III, 6) della sua spada: Questa che suol di carne Lupa chiamasi humana pascersi. 98 Solo a trar fuor questa spada fo nascere In chi mi vede o sente un tanto tremito, Che resta poi per sempre paralitico (V, 4). Infatti tevoli minacce sono veramente spaven- sue le : Guai a colui e' havesse audatia D' attraversarmi il passo- Il mando subito Con un pugno a staffetta a i Regni Stigli con un calcio il getto a volo ad ardersi 1 capegli a la sfera del sol (III, 6). Certo, egli avrebbe dovuto metter paura, s' altro a udire i commedia erudita, noi zarro Cerbero (2), (1), Brandimarte (5), vi troviamo Spavento (7), Rahioso (3), fos- Biz- , Fracassa Trasilogo, Martehellonio, maco (6), Rinoceronte (1) Il non suoi infiniti nomi. Senza uscire dalla (4), Trasi- Bellerofonte, Gorgoleone (8), Capitan Bizzarro del Secondo Tarentino (recitato in Ta- ranto in casa del sig.Teolio Suffiano) Venezia, Dindoni, 1551. (2) La Berenice di Francesco Loredano. Venezia, alla Libreria della Speranza, 1601. (3) Bravure È un nome assai dell' Andreini (v. comune il e celebre specialmente per le famose cap.VI). Nelle commedie lo troviamop.es. nel Pellegrino di Girolamo Parabosco (Venezia. Gio. Grifflo, 1552), nel Vafro di Decio Grisignano Salernitano (Venezia, Vincenzi, 1585). (4) Anche questo nome è celebre specialmente in seguito al noto di Teofilo Gautier (Parigi, Charpentier, 1864). Noi possiamo ciFracassa déWEmilia sopra ricordato e quello del Beffa di Niccolò Secchi (Parma, Eredi di Seth Viotto, 1584). (5) Li Stroppiati del Dr. Virgilio Verucci Accad. Intrigato di Roma romanzo tare il (Venezia. Aless. de'Vecchi, 1610). (6) La Sorella (1) L' di G. B. Della Porta, Napoli, Nucci, 1704. Erofllomachìa, ovvero duello d'amore e d'amicizia, di Sforza degli Oddi (Venezia, G.B.Bernardo Sasso, 1597). (8) La Chiappinaria di G.B. Della Porta (Roma, B.Zanetti, 1609). Quivi il Capitano cosi magnifica il suo nome « Achille, Ulisse, Hercole, « Anteo, Ferrali son certi nomi secchi e digiuni; ma Gorgoleone rim« bomba nella bocca, rintrona nel palato, s' ingorga nel gran gorgo della : « gorga, e fa echo nel petto » (I, 1). 99 Dragoleone (1), Coccodrillo, Matamoros, Basilisco (2), Bucefalo (3) etc. etc. Tutti i quali nomi stanno etimologicamente ad indicare o il valore indomito che il Capitale ma attribuisce, oppure, si vera e caratteristica Sganghera qualità della Maiana, più di rado, la sua Parabola del Moro non importa continuar mili, di cui come millantatore, di la lo (4) e si- che sa- serie, rebbe lunghissima, specialmente considerandosi la produzione posteriore al secolo XVI e la Commedia dell'Arte (5). A toli questi nomi rimbombanti rispondono più sonori che che dagl' interlocutori egli si trova « È (1, 5) mezzo a principi e sovrani. Cap. Malagigi deir^/essandro cipi si « fa (6) Un lo burlano. molto elevate, cosicché « dà o si D'Oria, il Duca di ti- i dare personaggio di relazioni continuamente in gran cosa «come godono di parlar con esso me. il Marchese del Vasto, il duca « principe poi lascia si deve avere necessariamente merito si alto esso stesso J> dice il questi prin- Il di medesimo Castro, Ferrara e chiunque il mi « puote avere ». Cosi pure Trasimaco nella Sorella del Della Porta mostra (1) La Trappolala al di vecchio Pardo G.B. Della Porta — tutte le lettere Bergamo, Comin Ven- tura, 1596. (2) La Furiosa di G. B. Della Porta, per Gio. Giacomo Carlino e Costantino Vitale, 1609. (3) si , La Fanciulla di Gio. Batta Marzi — Bologna, Gio. de' Ros- 1621. (4) Il Moro di GB. Della Porta — Viterbo, Girolamo Disce- polo, 1607. Un di questi nomi è riportato da Ad. Bartoli nella Scenari inediti alla Commedia dell'Arte Firenze, Sansoni, 1880 (pag. LV). (6) Cioè, di mandarlo a chiamare, come aveva fatto il Duca. Del resto la persona che lo domandava in quel momento non era il f duca », (5) sua Introd. lungo elenco — agli com'egli dice, bensì « il canavaio j come racconta poi Fagiuolo (II, 2). 100 giunte a lui da' maggiori sovrani della terra. Ecco quella Gran Turco del : a: AH' illustrissimo e strenuissimo, il « Gap. Trasimaco de' Sconquassi, mio carissimo amico mie genti ». Ecco quella del re Al venerabilissimo e stupendissimo Capitan « e generalissimo delle Filippo « « : Sconquasso de' « gartiniente (?) Sconquassi de' Squassamenti, mio Lue general de' miei Esserciti quella del re di Francia « nello e maestro, sotto « zia, etc. etc. » « dava E, siccome una sua I figlia Ho il « baiato (?) della Grecia, il la mili- vecchio, ch'è volge le spalle senza degnarlo gli di risposta, incollerito « curo di tua figlia Ecco ». Al mio amatissimo colon- quale ho imparato '1 (III, 6). padre della sua amata, neppur « : le egli dice: Assai ce Turco una se accettava sorella il Beller- il re Tran- di ce silvania se voleva esser suo Vaivoda, la regina cc betta ce pigliar la d' mi regine che mi pregano. Mi Isa- mi volea per marito, se volea sua protettione contro Filippo Secundo » Inghilterra {ibidem). È dunque le armi. compagno naturale eh' egli sia preso a imprese più arrischiate, quindi delle Ma non si egli è sempre fra atteggia a difensore della vedova e dell'orfanello, a protettore de' deboli e degli oppressi, bensì molto più facilmente ei si Ecco appunto che noi ad alcuno ci di cosifatti figuri trasforma in . . . che esercitano, o dicono di esercitare queir ignominioso mestiere ché i bravo. troviamo spesso dinanzi almeno ; giac- bravi delle commedie, che già abbiamo segnalati nelle farse popolari, sono vigliacchi, generalmente degli spacconi aggiungendosi solo una carattere del Capitano che del nota resto è disgustosa al conservato in- tegralmente. Girolamo Parabosco ebbe una speciale predilezione per codesto tipo nelle sue commedie, ov' esso compa- 101 risce ben tre volte; ne' Contenti (1), nel Marinaio (2) e nel Pellegrino (3) Quivi dunque è in azione non già Capitano, ma piuttosto i suoi servigi che vende suo valore. ne' fatti si Marinaio predice Ma ahimè 2), vero e proprio mercenario signori che valgono del a' si che questo è solo a chiacchiere, perde come nebbia (III, le ! il uno scherano, un fra le pene infernali per È al sole. altre cose, tutti a vero che nel Furba che omicidi gli non dice aver sulla coscienza, Melaza risponde che andrà, perchè non ci gli eh' ei vi sarà più posto, tante sono le sue vìttime; eppoi Caronte sarà stanco di traghettar tante anime. È vero ancora che nel Pellegrino (II, 2). Spa- vento richiesto de' suoi servigi da Finocchio, servo di Eugenio, osa così vantarsi : la tre mill'anni i'non potrei narrarti Le prove mie, quanti huomini ho mandato A' miei giorni a l'inferno? quanti visi, Quanti nasi ho schiacciati, e occhi chiusi ? Quante barbe pelate? io ti giuro Che il letto dove io dormo è fatto tutto De' peli de la barba di coloro C hanno avuto tal'hor la mia disgraiia, Ma, nonostante tutta questa boria alla prova si la sua viltà e la sua inettitudine. Nel Marinaio , mostra (IV, 4) Melaza fa la sua brava corte a Lisetta, quando sopraggiunge Furba e lo picchia di santa ragione, senza che il codardo abbia animo neppure di guardare in faccia l'avversario. Ne' Contenti poi (III, 2) Stramazza, dovendo, d'incarico del cortigiano una casa per portarne (1) / via una Periandro, assalire fanciulla, si vanta Contenti, di Girolamo Parabosco bolognese (?) — Venezia G, Giolito de' Ferrari, 1549. (2) Il Marinaio, del medesimo (3) Il Pellegrino, del medesimo di — Venezia, Gio. Griffio, 1550. — Venezia, Gio.Griffio, 1552. 102 volerne sfondare la porta a calci; ma, per quanto egli non riesce a smuoverla, cosicché deve partirnon senza protestare che quella casa doveva « aver detto il pater noster di San Giuliano » per resistere a' suoi colpi di piede, due dei quali avevan sempre bastato ad atterrare qualsiasi bastione. Caratteristica però del bravo è di non credere, come già il miles gloriosus (1), alla verità delle sue si sforzi, sene, riconosce fanfaronate; anzi egli stesso qualunque vigliacco minar la meno ridicolo, pitano ; paura (2). ma che di Perciò appunto il essere non all'occorrenza sa bravo riesce forse è anche più ripugnante che perocché quest' ultimo desta in certo ci un do- il Ca- modo compassione, dovendo essere considerato come una vit- tima della sua mania, giacché dere alle sue smargiassate sulta chiaro da quel ; egli è ma monologo il di il primo a cre- bravo no. Ciò Spavento che, ri- nel dopo aver fissato con Eugenio di assaCaverna ed aver promesso mari e monti, da solo Pellegrino, lir poi dice: Questa sera farò correr qualch'uao Per quinci oltre, e dirò d'haver ferito morto un huomo per rispetto suo: Così farò sonare il vecchio pazzo Con dire ogn'hor, s'ei non rifonde, ch'io Dirò al ferito chi l'ha fatto fare. Ecco un modo prudente per non arrischiare la tempo e commettendo un ricatto Qui pelle in certe pericolose commissioni, facendo al stesso buona figura 1 (1) Degno di nota è infatti che il millantatore è, per cosi dire, in buona fede, quando racconta le sue spacconate. Lo dimostrano i frequenti monologhi che ricorrono nelle commedie, ove quel povero insensato dice a sé stesso quelle stesse cose ch'ei va narrando, immedesimandosi in quel- l'essere valoroso e quasi divino di cui egli inventa le gesta. (2) Marinaio (III, 1), 103 abbiamo dunque a che ma lato, tutt' altro fare con che stupido come Eugenio, non ; un matrico- furfante vero che, tant' è sic- fidandosi delle sue vanterìe, va per ispiarlo mascherato, egli lo riconosce sotto la sua truc- catura, e lo bastona ben bene , mostrando un coraggio egli sappia adoperar verso . . mai qual vecchio de- . bole e pauroso. Un carattere analogo al suddetto è il lone nella Leonida di Bonetto Ghirardi amore vale in dell' che Galdelone si avaro Spinellone, prepara a bravo Galde- (1). Egli è ri- udendo quale, il conquistar cortigiana la Doralice di cui egli è amante, cerca di distogliernelo, ma invano (II, intraprenderne feso (II, 2). Al contrario la conquista, 12). Intanto egli armi per racconciarle e belle le armi sue ! tutte, dato un il vuole ha lo maestro sarebbe un gran armi le of- sue Oh! son pur suo completo assetto ha compiute egli solo sguardo si fatto d'arme. persuade per adesso a mostrarsi sare al farle lucide (2). queste tante imprese che, se in veder millantatore ve ne sono perfino alcune ritrovate E con a Roncisvalle! ha il castigando chi egli si senza indos- calmo, di guerra, potessero Ma per non ispa- ventare Doralice. Va per battere all'uscio di costei, ma non osa per- chè sente gente; ed è curiosissimo il contrasto ch'egli ha con sé stesso, perchè vorrebbe battere e non ne ha il coraggio, quantunque non cercando così di farsi si resti di dir spacconate, animo. Finalmente si risolve e picchia. Si presenta la serva Ruspina, e, spaventata da que' modi arroganti, chiama la padrona. Doralice viene, e, dichiarandosi offesa dal procedere dello smargiasso, (1) La Leonida di Bonetto Ghirardi. Venezia, Paolo Majetti, 1585. (2) Cfr. Plaut. Mil. Glor. v. I sgg. 104 che più rifiuta di riceverìo, tanto nostro Capitano il non tanto vorrebbe amore quanto danaro. Infine chiude la porta sul naso, lasciandolo in preda lera ed alle sue vane scere il bestemmie. Cosi gli alla col- dà a cono- egli carattere suo basso e rapace, e vuol rifarsi con un nuovo venuto. Entra minacce (II, 13) il temendo parassita Gorgia che, munito di Spinellone, erasi d' un le legno. Gal- delone vuol derubarlo e spaventarlo colle sue arie di ma spaccamontagne, Più tardi gliacco. poi (II, bastonare come un vi- fa si mentato, Galdelone vuol compire su solite generose ruberie, perchè Gorgia Né qui si si ma non Martano che legate», lo circospezione prega di liberarlo ribaldo gli rende questo servizio non (III, riesce a fare delle colpo, il sveglia ed egli scappa. solita cautela e vestiti addor- una di lui arrestano le furfanterìe del bravo. che entra colla giunge Gorgia ritrovando 48), potendo cavargli 10) Gorgia, a cui ma lo si, si (III, A lui rivolge 9) ; ed il spoglia de' suoi denari. Intanto sopragsi Martano, eh' è rimasto spogliato raccomanda i suoi vestiti, e vedendo d'un nervo, Galdelone bravamente riavere il parassito il ritira si povero camicia, per fin della armato davanti al pericolo. Ma il primo scacco subito colla cortigiana gli cuoce, ond' egli torna alla carica di Doralice che con una buona annaffiata d' acqua sicché egli irato vorrebbe partir . , . . lo accoglie non odorosa subito da Pisa, ; poi rimane per vendicarsi della donna, e va in cerca di compagni, mentre Spinellone e Martano entrano nella casa di Doralice (IV, 14). Pertanto un' ultima soperchierìa gli costa molto cara. Infatti, tornato (IV, 23) verso la casa di Doralice per trarne vendetta, vede uscirne l'avaro Spinellone, che 105 la cortigiana ha fraudolentemente spogliato delle sue il pover'uomo, gli ricchezze; e Galdelone, spaventando impone d'andare a sentire se Doralice è sola o in compagnia. Mentre Spinellone, aiutato dal bravo, guarda per compariscono la finestra, nano giurando Se « : gli havuto io havessi « zaffi » che Galdelone che in prigione, nonostante me- mie armi non le venuto nelle mani vostre. » Perchè, come « ria li protesti, sa- vede, si al bravo mancano sempre le armi, sicché non riesce mai a compire ciò che egli va mulinando. Nella Leonida del Ghirardi infine il bravo è ritratto molto bene colla sua doppia caratteristica di ri- baldo e di poltrone ad onta delle sue di quelle smargiassate e famose sue armi, che non ha mai all'occor- renza, sicché egli viene continuamente bastonato ed alfine incarcerato. E una più gli fatti sorte altri ugualmente miserabile hanno per lo Commedia che vengono millantatori della segno ad ogni sorta di burle e di contumelie. Cosi nella Fantesca di G. B. Della Porta (1) due Capitani spagnuoli, Dante Pantaleone, e hanno rice- vuto incarico da* loro rispettivi amici Narticoforo e Gerasto, di battersi (atto IV). Ma a duello per sostenerne le ragioni due bravi, dopo essersi detto un sacco i d'insolenze, preferiscono di venire ad un prudente ac- cordo, lasciando che gli altri se la sbrighino fra loro. La conclusione picchiati da' invece di picchiarsi sono poi è che due vegliardi. Più comica ancora è la bastonatura che riceve Bu- cefalo nella Fanciulla di G. B. Marzi il Pedante (1) — figuriamoci! La Fantesca fadino, 1592. di G. — che B. Della Porta. (III, 5). litiga col Qui è Capitano, Venezia, per G. Batta Bon- 106 un e finisce col picchiarlo con s'è ironicamente « (III, 6) il « spezzato le tavole di quel dato « grande. core il a me : congratula si Hora « io ho servo Cricca distende ei (il, Capitano Parabola ode dal il 10) l'arrivo un huomo per poi lo beffa, scoprendo d' Oriana , l' ecco lo il esser suo. che deve 1, Capitano terribile bastona ben bene e Parabola, Inoltre con sposarsi aveva macchinato uno strattagemma (eh' Ventraccio nel ; 11) Ven- (li, da gentiluomo della Morea, che chiede umilmente grazia; innamorato Ed minacce colle della ad ogni botta che « terra per terribil che sia » traccio, parassito, travestito spaventa un gentiluomo di e dichiara volerlo vedere. quale con » Morea, grande attaccabrighe, ond' non havrebbe una scure ben che libro fare di Similmente nel Moro il che del servo Tracanna conosciuto la fortezza vostra, che con la testa havete « « libro di Cicerone ch'ei cavato di sotto alla tonaca, ei Pirro, racconta a 2) per impedire questo matrimonio accusando, cioè, Pirro di volere uccidere Oriana. Ma, vedendo scoperta la frode e minacciata la sua vita dal- Pirro (V, 5), chiede perdono de' suoi falli e riesce a salvarsi solo per intercessione di Oriana, ma è l'offeso costretto a rimanere senza la sua bella che va moglie a Pirro, Nella Chiappinaria (1) del Della Porta finalmente si ritorna direttamente a Plauto, Gorgoleone, nonostante che si Marte e della Gorgone, e che dica tale che, raccogliendo un giacché il Capitano chiami discendente di la sol capello sua bellezza esser per testa di tutte sue innamorate, se ne torcerebbe una gomena che so- ci) Cosi detta dell'Orso Chiappino la cui pelle serve a diversi trave- stimenti. 107 sterrebbe appeso il mondo che r inducono a vestir r amata Drusilla, e gli (I, è terribilmente raggi- 2), Rompiguerra e rato dal servo dal parassito Gogliandro pelle la d' per ottenere orso poi, traendolo di sotto alla pelle, dan quel castigo che Pirgopolinice ha nel Miles plautino. E le bastonate continuamente fioccano come, secondo spalle; sicché, sulle sue detto popolare, il tutti salmi finiscono in gloria, così ogni bravata del i Capi- tano è punita con una buona dose di busse. Di colpi di ma spada parla sovente lui; credono neppur degno rare un'arma più ignobile e Del resto suoi i meno nostro bravaccio il sgrazie che gì' gnosamente vigliacco, pericoli che non avversari non lo adope- di tanto, e preferiscono micidiale si bastone. il : merita tutte incolgono, perchè egli è troppo le di- vergo- sempre tremando anco sta esistono, e davanti alla più piccola di mi- naccia è pronto a chieder misericordia o a fuggire. Le prove della sua estrema vigliaccheria abbondano in cia- scuna delle commedie ov'esso comparisce. Ne' Diversi linguaggi del Verucci (1) il Capitano, dialetto napoletano, incomincia il prologo ; che parla in ma, intanto che sta raccontando le sue spacco- solite nate e che dice di avere uccisi più uomini « che non «r haggio piU a sta varva stano ad impaurirlo, ed « dove posso fuggire? « vero Capitanio, E fugge via, me mentre ei », le grida di un ragazzo baOhimè comincia a tremare « ! : ohimè! come faraggio?uh! potremano le gamme de la paura ». il ragazzo, deridendolo, fa lui il prologo. (1) Li diversi linguaggi di Virgilio legge, tra gli Accademici Intrigati di per A. Vecchi, 1609. Roma Verucci, romano, dottore d detto 1' Universale. Venezia, 108 Moro (III, 3) ove un avversario più vi- Curiosissima è quella scena del il Capitano gliacco di trova a fronte con si Parabola e lui. giuriano e si il napoletano Panduorfo s'in- minacciano, finché, tremando due, tutti e vengono alle mani. Ma, al momento d'incrociare i ferri, Panduorfo domanda che giorno era quello e il Capitano risponde « domenica ». Pand. — Frate mio, aggio fatto vuto la domenica non fare custione. Cap. — Ed io ancora mi sono ricordato d'una faccenda d'importanza. Pand. Olà, torna, non tricare (1). Cap E tu, quando tornerai? Pand. .. quanno chiove passe e fico secche (2). — — — Né . tuttavia egli ha il pudore sotto il manto del disprezzo, o riconoscere la di propria viltà e poltronerìa, anzi cerca mascherarla di magari della prudenza. Cosi Capitan Fracassa nel Beffa del Secchi, pre- gato da Federico di dargli aiuto, dice in sul principio di voler correre alla sua difesa, ma poi lascia per- si suadere dalle buone ragioni del servo Tempesta che esorta a fuggire, e se ne va, giustificandosi sta bellissima sentenza ferita : « Uomo che merita proprio che fugge può di lo con que- di esser ri- nuovo combattere ». 11). (Ili, E nella Trappolarla il Capitano Dragoleone , sfi- non dubita rispondere con gran sustempo è padre, e la tardanza è madre delle dato da Arsenio, siego : « Il « vendette, « si m'informerò del negozio meglio, poi sponderò, che la spada vuol ragione » ; e in tal ti ri- modo schermisce. (IV, 11). = tardare. (1) Tricare (2) Quando piove uva passa ratteristica popolare. e fichi secchi, cioè mai. Espressione ca- 109 Di un beffe simile vigliacco parassito, spesso riuniti in vili si prendono continuamente suoi classici e perfidi compagni, i una il sola persona, servo o il non meno della loro vittima, cui si divertono a bersagliare dei loro scherni, appunto perchè ne conoscono l'impotenza Ad a vendicarsi. modo ogni bene ad accrescere assai sia che essi fingano di sue bravate, la personaggi servono cotali comicità assecondare il della situazione, millantatore nelle che con parole a doppio senso lo delo motteggino , po- sia ridano, sia pure che apertamente nendo lità in contrasto la propria voracità e la propria abi- nel lavorar di mascella colla pretesa eccellenza del Capitano nel menar mani. le Senza dilungarmi in numerosi esempì del genere, basti soltanto Furiosa (II, Lupo. — ~ un saggio 1) di tali bizzarri contrasti nella : Che bella giornata è questa d'oggi, signor Capitan Basilisco. Basii. Degna veramente essercitì di centomila del sole. di far giornata fra due lino al calar persone dal spuntare — Lupo. Anzi da sedere ad una tavola carica di vivande e di centomila polli, e mangiar sempre dalla mattina insino alla sera. Basii. E poi quando si viene a quel sanguinoso abbattimento, hor saltar in mezzo un squadrone, hor in un altro, lascia questo, piglia quello, rompi, spezza, scanna e ammazza. — — E quando si viene alle strette, hor dar di Lupo. ad un pastone, hor ad un cappello di pasticcio, hor sbodellar un piatto di lasagni, hor brancar un gallo d'in- mano dia, spolpa, taglia, squarta, rodi, ingoia, tranguggia pezzoni di vitella, intieri, intieri. E nella Fanciulla del Marzi (II, 6), a lista di nomi che Bucefalo chianti il suo valore e le lunga enumerazione di Tracanna dice dati a si una lunga come rispec- sue imprese, segue una più quelli lui attribuisce per che la il servo parassita sua ghiottonerìa. Del no resto quesl' ultimo nomi adatti alla vato per il personaggio riceve Capitano. Ed eran role che tanto piacevano agli che sono un sintomo che doveva prender il sempre quasi sua qualità, come già abbiamo osserquesti giuochetti di pa- i uomini dì quel tempo, e evidente dell'andazzo nome letterario secolo allora nascente, dal seicento! Ma, se per spingano più avviene che Y interesse o la fame lo adu- cotali satelliti alle più turpi e sfacciate lazioni, altre volte questo mercadante che spaccia «e appella Gorgoleone {Chiappinaria le come Gogliandro « sue mercantìe di bugìe e di parole, » I, 2), è apertamente svillaneggiato fin dal principio, senza tanti complimenti. Perciò Trasimaco mandando al parla mai delle Sorella nella servo Trinca se gesta un di Della Porta, do- del il suo padrone Attilio Capitano, detto certo Fracassa, celebre pel suo valore e per sue virtù il illustri, ha la sgradevole sorpresa di sentirsi rispondere ch'egli ha realmente udito discorrere di « un certo Capitan « Fracasso o Sconquasso o Babuasso, che s'havea posto « questi nomi per spaventar « mustacchi inguffati e « una il suo padrone « 1' honora « soffiò che mai vento di ci titoli, grande che basta per con > E d' un sei asini le verità le tiene tanto han fatto la ambitione E quel ballon del suo capo. se- ruggine, che non che non soffiasse in che nel tribunal della havesse a determinare chi fusse il maggior poltrone del mondo, senza dubbio harebbe la « poltronerìa se si « certi rabuflfati di molti illustri .... Di buggiardo, e che « crete in corpo « che porta barba ciera torta e che parla con certi paroloni. « venerabil asino e tanto « le genti, peli della i « sententia in favore perchè basterebbe la sua poltro« neria ad impoltronire tutti « E che combatte più con la i poltroni del mondo lingua che con la spada . . . . . . HI « E « zame che la . . « seco, e Finalmente dice che non mangia « che è tanta la morto di « parte un sopravveste della sua nobiltà è , altro l' invita ragaz- a mangiar che vesciche gonfiate; e che si spedaleria sua spilorceria e fame. » Pure « prattica con questo « cicalone per udir quelle sue millanterie, e si prende « spasso dei fatti suoi. » (II, 6). E nel già citato Pellegrino del Parabosco Spavento. Finocchio. Lo (II, 2) : Che diresti di me spada parlando? Che non uscì mai fuor della guina. stesso Finocchio più sotto adopera a riguardo del bravo una frase molto comune: Spavento. E quante Finocchio. Quattro compagni o sei? Si, ma fuggendo. (1). Ma, nonostante volte io solo ho fatto correre il disprezzo che professano, gli sempre attorno allo spaccone, giacché, come Fagiuolo confessa a Ruzza nell'Alessandro L'in« vi si mangia bene e vi si bee meglio, (II, 2) questi furfanti sono i» : fedele servo aggiunge anzi: « e a dir « mi vero a te, io coleo qualche voltarella con la sua moglie »; la quale in effetto fa d' dosi della stoltezza ogni erba del un fascio, approfittan- Capitano Malagigi. Così sono attorno all'infelice per mangiare (1) Cfr. Frac. Si, il alle Cecchi fatto spesse volte ma ama egli i dieci e i dodici correva innanzi. dire de' bravi (Cfr. Maiana, IV, adopran sempre nel combattere Lo spadone a due pie. Ne' Rivali poi (HI, 4) di Ignico è detto: Can da pagliaio che seguita chi fuggec E fugge a chi gli mostra il viso. tutti sue spalle Marinaio, IV, 4, ed Emilia, III. 6: ... ... con questa spada, con cui correre Ho Vespa. E il 5) ch'essi 112 e burlarsi di deluso lui, nelle quantunque sue Martebellonio nei Due a Leccardo parassito rimanga ne lamenti. Infatti il rivali del Della Porta fratelli sperato lo giorno essendo martedì, « se perchè quel honor del dio Marte non mangio altro che un'insalata di punte di pugnali, quattro ballotte d'archibuggio in cambio d' ulive, due rifiuta « talora speranze, e desinare, in «e con « balle d'artiglierìa in pezzi un la salsa, piatto di A gelatina di orecchie, nasi e labra di Capitani e Go- « lonnelli, spolverizzati sopra limatura di ferro nare fantastico, anche effettivamente riesce scorpacciate le a sono fare perchè Martebellonio « mangia sanguigna, e dice « e « bersi il sangue che molto il parassito stravaganti, carne mezza cruda mangian i Giganti, mangiar carne humana, e che che vuol assuefarsi a « e come questo è un desi- « caso grattuggiato » (I, 4). E, se la così de' suoi nemici. » una -vittima umana, sicché è quasi un sentimento che ispirano coloro che lo metton di mezzo. Infine, il nostro povero millantatore è della malignità di collera Ed è un vero e proprio sospiro di rimpianto quel di- scorso che Gornelio Lanci pone in bocca deW Olivetta naccio gli tutti altri suoi (1), pari, che al suo Bru- resto inganna, come il Capitano Oronte (IV, 6): bontà del mondo, e se non « Questo mio padrone è la « havesse questo difetto di «: eerto «: vantarsi, ingegnandosi « più del huomo molto amato così ; ma millantarsi, sarebbe in fatto questo tanto (come fanno alcuni altri, ma malignamente e impertinentemente) di annichi- « lire le altrui opere e gli altrui fatti non piace di tutte le lodi « per non entrar in tresche, fingano (1) U Olivetta Sermartelli, 1587. di Cornelio Lanci. ancorché degni a persona, « — il benché molti contrario. i> Firenze, nella Stamperia del 113 non è, e, scena con aria da trionfatore, spadino lo al fianco, i Ma baffi folti e arroncigliati, e quel egli vuol farsi sguardo ecco che lo rabbonisce, e l' eroe si dimette l' lo bisogna rende tanto più grande e terribile. addolcisce, la voce si seguace di aspetto Marte per andarsi ad iscrivere sotto dea Venere. Qui passeggiare la a sguardo fiammeggiante, lo suo personale lungo e smilzo che ridicolo quanto più continui a illuso incorreggibile nonostante le disavventure, seguiti molteplici sue povero quel che Così avviene credersi ciò che stendardi della gli distinguere di Capitano se- il duttore dal Capitano innamorato. Viso « tal* è d' angiolo, cuor di diavolo » {Olimpia ritratto eh' egli fa il continuamente I, 5) di sé stesso : ; « mia bellezza mi rubba gran parte della fama delle mie prove che le genti, vedendomi così bello, non ponno immaginare che sia quel satanasso, quel a gran diavolo ch'io sono anzi « la « : nei Due » {ibidem). giacché, giungono insino al Martebellonio compia- di sua valentia a debellare cersi della sua bellezza e della virtù femminili, E ha luogo rivali (III, 9) fratelli se colla spada fa ferite che cuore, con gli occhi fa piaghe pro- fondissime che giungono insino all'anima; ecc., ecc. Ma perché teresse tacciamo : più importante sarà disavventure, che E, delle vantate infatti, sue imprese amorose, spacconate non offrono per noi alcuno in- tali per altro se gli uomini lantatore, a si il considerare le sue reali lo lasciano burlano della maggior ragione le Alchimista di mil- donne scherniscono sue seduzioni. Graziosa è a questo dell' imperturbato. viltà del le proposito la scena Bernardino Lombardi (II, 6). Il sol- dato Zigantes batte alla porta della cortigiana Angelica, che lo riceve col più significante de' saluti : « Siate 114 « pure ce mani. malvenuto e mi guardi il Ma » — ella affretta a cielo dalle vostre come un effetto della paura giacché mi ha conosciuto per bravo » e si rassicurare la donna: « le mie mani colle incoraggiante «: il soldato considera questo saluto poco il : — dice ; « donne son delicate, il girar degli occhi piacevole mentre « con gli huomini son le mani sanguigne, « occhi feroci e cuor crudele il ». Inutile dire belle parole gli valgono un' usciata sul viso Inoltre, della terra come che quelle ! tutti sono ammiratori del suo valore e man compagno, anzi guida e lo invitano a' gaudi dolci desiderano per consorte, Al contrario, loro delle mondo sono tutte le bellezze del figlie. immaginazione nella sua dell' grandi imprese, amore. chiacosì Le regine promettono donne sono verso le i lo schiave de' suoi vezzi re gli i », gli lo le loro di lui anco più crudeli degli uomini; se è ammogliato, la moglie lo tradisce, se celibe, al capitan Malagigi goduta lo amanti le giocano una quantità di lo pelano, birboni. Già tiri dell'Alessandro, la e poi gli accennammo cui moglie è Questa trista donna dandogli a bere ciò che perfiino dal servo Fagiuolo. raggira maledettamente, colmo, quando uomo, e non riconoscendola bone, ma pur comprendendo che sotto quelle mentite spoglie si cela una donna, la prende per una cortigiana e propone al servo di tèrsela per vuole, e il ridicolo del capitano giunge al (IV, 6) incontra la moglie vestita da amante. Figuriamoci poi tutte portare le belle locomasia di Plauto Commedia le dell'Arte alle figlia d' gli fan sop- di sedurre, dalla Fi- innumerevole servette della gli occhietti furbi di qual- ! Peggio è ancora quando che vezzosa burle che ch'egli pretende Eva lo hanno veramente amma- 115 cosicché liato, ci troviamo dinanzi morato. Questa variazione del esempì sono perchè gli passati per tramite il dell' drèo col ridicolo, anco Miaoùfisyoq^ è gendo visi un può lato patetico più la che, si posson dir nono- classica, il teatro graziosa, se accresce un parte ispirare d' altra non imitazione un esempio moderna, più la assai tardi e stantechè già ne avesse Capitano inna- al tipo, Menanaggiunforse il certo grado di compassione. Ben per lo è vero che il anche innamorato, Capitano, più non vuol smettere sue smancerìe e cerca le anzi di coonestare la sua debolezza d'essersi invaghito di una donna lomachìa « « « « coli' esempio de' più famosi della » degli di eroi — esclama Rinoceronte néìVErofiSforza Oddi soggiogò 6) — Amore antichità. « « (III, Thermodonte, Laocoonte e finalmente lo spietatissimo Rodomonte, e per le femminucce i Capitani famosissimi han fatto delle pazzìe, come Achille, Aiace, Annibale ... » E cotali Bellerofonte, Fetonte, Demofonte, filastrocche di affatto nomi più o meno fantastici affluiscono di storici, o leggendari continuo sulla sua bocca. Tuttavia talora avviene eh' egli sia tanto innamo- non osi neppur più millantarsi. « Non son buono da dir bugie » protesta (IV, 8) nella Madrigna del Loredano (1) il Capitano Agolante, ed è vero. Non già che la presenza di un Capitano non millan- rato che « tatore nella Commedia lutamente eh' citare vari (1) egli sia cinquecentistica esempì del contrario. La Madrigna, di Gio. Francesco breria della Speranza, 2601. importi asso- innamorato, che anzi si possono Così nell'amor Co- Loredano, in Venezia, alla li- 116 un capitano spagnuolo, stante del Piccolomini (1) tedesco, non Capitan Tiberio degli Scambi il dabbene e dire di altri, persone molto come oggi e rappresentano parti, serie. Ma resta un Capitano non si e un sono, per di giudizio, direbbe, si quando fatto che, il (2), affatto ha sulla scena millantatore, esso è per lo più forte- Come mente innamorato. è ciò? Forse sem- volle si plicemente rappresentare un innamorato, e per avventura lo si rivestì degli abiti e del nome di Capitano, facendone però un personaggio distinto? Oppure, voluto rendere quasi che è capace di un omaggio trasformare alla uomini in gli si è potenza di amore, guisa da correggere perfino uno spaccone cui di solito neppur le bastonate valgono a togliere può sembrare tesi il ma graziosa, suo difetto ? L' ipoè difficile certe sentimentalità ne' commediografi del tentiamoci di osservare die, un supporre tempo con- : fatto, e basta. Considerando il nostro innamorato nelle Gommevediamo che esso vien preso atrocemente in giro, nessuna burla essendogli risparmiata. Lo attorniano i soliti furbi che gli propongono ogni sorta di mezzi per giungere alla donna amata. Il travestimento è un metodo assai di frequente usato. Questo comico molto doveva piacere (1) L'amor costante, agli spiriti Stordito dello mini) composta per la venuta dell' espe- ma che diente, frutto certamente d' imitazione classica, avventurosi e Acc. Intronato (A. Imperadore a Siena 1' frau- Piccolo- anno 1536 — in Notevole è che il prologo di questa è recitato da uno spagnuolo che si dimostra, come di con- Venezia, per A. Arrivabene, 1540. Commedia mentre nell' interno della comha parte offre un carattere assoluta- sueto, r arrogante che tutti conoscono, media mente stessa lo spagnuolo che vi diverso. (2) Gli Scambi, tronato, rappr. in di Belisario Bulgarini, Sanese, l'Aperto Accad. In- Siena dall'Università degli Scolari l'anno 1574 Siena, Matteo Fiorini, 1611. — in 117 dolenti del sec. disillusioni per XVI, è in generale fonte delle più Nel Servo Astuto di Virgilio Verucci uno spagnolo tano, cadauno « cedon, e amare poveretto. il altezzoso me che dice (1), « : il capi- Todos mi huze, y ninguno quiere hozar bastardello de Amor » migo sino aquello scelerado (IV, 5), s' travestirsi induce infatti dietro il consiglio di Jacovella a da caldarostaro. Ma, presentatosi a Isabella in queir abito (IV, 7), colle solite Cosf pure Cerbero bravate scacciare. si fa Fossombruno di nella Berenice Loredano non dubita per compiacere alla sua bella ma non perciò la fortuna gli sorride. Ed esito ancor più miserando ottiene, come già si accennò, il travestimento di Gorgoleone nella pelle del di vestir la livrea, dell'orso Chiappino. Talora però disastroso per Erofilomachìa, Giubilea riceverlo purché al si la effetto Nella già capitano è avvertito che dalla men citata ruffiana cortigiana Ardelia è pronta a metta negli È questo un pocrasso. care nostro personaggio. il (III, 7) un travestimento sorte il il povero Rinoceronte abiti del birbone tiro ; pur che medico Hipsi vuol giuo- egli vi si acconcia per ottenere l'intento desiderato ricordando, a titolo di scusa che anche Achille ed Viene dunque Ercole si vestirono da donna. Capitano vestito da dottore (IV, 8) e Ardelia lo maltratta credendolo Hippocrasso, sicché egli s' il impaurisce e non tra il si dà a conoscere. Ma, quando en- dottore sotto le spoglie di Rinoceronte, la corti- giana bastona lui e e Diluvio, i il suo servo credendoli il capitano quali profittano del loro travestimento per sfuggire alla collera della donna. (1) Il sandro Servo Astuto, de' Vecchi, 1616. di Virgilio Verucci — in Venezia, per Ales- 118 Degni sono di nota casi occorsi a Basilisco nella i Furiosa, donna, come indica il nome suo (Foiana) molto sensuale che, malcontenta del marito, acconsente a divenire l'amante del Capitano. Introdotto dalla serva Nespila, Basilisco stanno per incontra s' .... donna colla conchiudere 7) e (II, quando trattato, il già so- praggiunge Ardelio, pazzo dal dolore, che impazzita era la sua innamorata Vittoria dietro la falsa notizia eh' egli fosse annegato. Ardelio ingiuria lo a getta terra ma vuol vendicare, un con senza dar alienista, e si guarire i Il vanta Basilisco si d'aver il marito scoperto un è medico segreto per in questa sua cura argomento del bastone. dunque capitano i Capitano e il 8). da pazzo per poter venire da Giacché sospetto. dementi, valendosi però del persuasivo nascono (li, è facilmente placato da Foiana che lo consiglia di travestirsi lei calcio più comici si del medico, che (III, 5). pazzo, e da ciò Primieramente è in- contrato dal parassito Lupo, che, picchia ben bene da veste incidenti. non conoscendolo Più tardi (IV, 3) vanno in cerca i lo facchini del pazzo Ardelio il cui padre l'ha affidato alle cure del marito di Foiana, lo scambiano con colui che cercavano, lo legano e lo portan dal medico pazzo, gli vuol fare inghiottire lo bastonano, che, credendolo il certe pillole che deb- bono risanarlo (IV, 4). Ma egli dice eh' è morto e i morti non mangiano. Per persuaderlo del contrario il medico gli fa comparire alcuni che si fìngono morti e che pur discorrono e mangiano (IV, 5). Tuttavia egli non vuol mangiare, sicché gli viene aperta a forza la bocca, e poi a suon di pugni, legato come un salame, è chiuso in cantina (IV, 6). Dalla sua prigione invoca l'aiuto di Nespila che, prima riluttante, infine lo libera e lo riporta a Foiana, ma é colto ne' suoi 119 amorosi colloqui dal medico che, infuriato, va in cerca de' fratelli della moglie per menar esemplare e pubblica vendetta (V, 2). Nel frattempo Nespila con abile tutto tremante di paura, trovata fa fuggire Basilisco, quantunque non cessi le solite bravate, e lo sostituisce con Vittoria; sicché al suo ritorno il vecchio tradito rimane deluso e rimproverato da Foiana, che probabilmente continuerà la sua tresca incominciata. Così terminano i casi del capitano Basilisco, che, unico esempio nel suo genere, ha ottenuto le buone grazie di le una donna. Ma, se qui è fortunato nuiscono assai conclude è in amore, frequenti legnate che gli piovono sulle spalle dimi- il la gioia del successo; e in tal guisa Camerini (1) a questo proposito — il — bravo sempre pesto. Che la lussuria Commedia se nella infatti, egli trova favore presso una moglie spinge nelle sue braccia, suna fanciulla dabbene accoglie sul mande, e già nel corso di questo duto com' egli sia Della Porta del cui solo infedele al nes- contrario serio suo do- le studio abbiamo ve- continuamente e vergognosamente rigettato da' genitori, nonostante ch'egli vanti gli straor- Per malanno e dinari partiti offertigli. dirsi, il male, il lo più egli l'uscio come ha, addosso non ; suol riesce ad ottenere che bastonate. Al contrario, nella Prigion d'Amore di Sforza degli Oddi le cose volgono per lui meno peggio. Innamorato di che Erminia, gli viene rifiutata dal fratello Lelio (IV, 6), è bensì soppiantato dal rivale Flamminio, ma, in via d'accomodamento, da parte del Duca gli viene offerto fagnana con 400 scudi annui si levi di torno (V, 9). (1) E. Ed il governo della Gar- di stipendio, egli fra « il purché dovere Camerini. Op. cit. Studio su G.B. Porta a pag. 81. egli e la 120 come dice Spazza suo servo, accetta, dichianon voler moglie, quantunque, se volesse, non gli mancherebbe un' imperatrice. E qui ricomincia a raccontar una delle sue solite storie... adattata «: paura rando », di per l'occasione delle nozze perchè chi ha la ventura cuore fa ridere di anche una volta di udire bombe le dell'incorreggibile Bellerofonte Scaricabombardon. almeno il ricevendo È Qui nostro millantatore non la finisce troppo male, un compenso quasi più qualsiasi al rifiuto patito. triste del Gecchi (1), scioglimento di cui del / del Martello resto abbiamo scioglimento lo un esempio analogo in un'altra commeInganni del Secchi. Il bravo Lanfranco Cac- ritrovato già dia, gì' ciadiavoli ha creduto, com'egli creato Sparecchia (I, stesso racconta suo al 2), d'aver fatto la conquista della cortigiana Angelica che per lui avrebbe dato l'erba al suo amante Fabio. Ma donna la sfrutta abilmente l'amore del del suo ex- amante, e la tresca, chia (II, 9) senza che il vile tempo al bravo, scoperta Lanfranco raggio di vendicarsi, finisce solo colla il stesso riceve da le. che visite Sparec- abbia il co- fuga di Fabio, quale, essendosi introdotto in casa di Angelica di cui fìngevasi innamorato solo per conquistarsi l'amore di una giovine creduta di lei nipote e che poi si scopre essere di buona famiglia, rapisce costei, lasciando così campo libero al bravo (V, 3). E allora la cortigiana abbandonata, dichiarandosi pentita del suo passato infame, e protestando che vuol rifiutare per l'avvenire ogni la mano che prio ce le offre guasto fradicio Sparecchia dice (1) Commedie, al il redimersi amore povero bravo, » di lei. Nebbia: ed. Milanesi voi. II. — coli' onestà e illegittimo, accetta il quale è pro- Del resto, come lo 121 né l'Angelica altro marito. . Lanfranco altra moglie. . Are trovato Né Ecco dunque si è giunti; di esser E il la . conclusione ben sconfortante a cui preteso eroe è dichiarato degno soltanto boccon il . una cortigiana di rifiuto di ! adesso, per completare questo sguardo generale commedia sul Capitano della due erudita, sole parole sugli autori che di preferenza l'hanno posto sulle scene. Già fu osservato che nelle loro opere comiche che, la commedia media d' intreccio, lo studio inoltre ; del '500 essendo essenzialmente superficiale; assai maggiori non riprodussero i tipo del millantatore il de' caratteri vi è in che infine, il com- genere nostro personaggio, poco prestandosi per natura a un'analisi accurata, doveva riuscire piuttosto monotono. Si segui, per cosi un metodo deduttivo dire, millantatore; dato il nella rappresentazione del continuamente tipo, lo si riportò una serie di scene ov'egli giustifica la sua fama con una serie copiosa di scioccherie che hanno la prerogativa di somigliarsi molto le une alle altre. Uno studio dunque su' diversi foggiato sullo stampo, stesso autori che trattarono il in Capitano Millantatore, potrebbe mostrar facilmente questa uniformità zione artistica. dopo Ma un tutto quello che già è un cenno di rappresenta- lungo paragone sarebbe inutile stato detto ; sicché basti fuggevolissimo su pochi autori. L'ultimo che ho avuto occasione stato Giov. Maria Cecchi, il faceto di nominare è notaio e scrittor comico fiorentino (1517-1587). Nelle sue commedie abbiamo trovato alcuni spacconi Ignico, lo spagnuolo ; de' Rivali, dal suo che suscita favellare il riso cogli equivoci spagnuolo non inteso dagli derivanti altri in- 122 lo Sganghera della Maiana, i cui sonanti non illudono Mona Rosa sulla vera sostanza ridicolo amante di Fulvia ; e finalmente Lanfranco terlocutori ; discorsi del testé ricordato, senza contare Rappresentazione S. Scozia. Ma ofifrono uno che purtroppo le il Camerini non — (1) ha talora più « pittore, La : commedie conversione della non del Cecchi ci studio vivace e completo del personaggio, è solo schizzato, vi osserva bravo Francalancia della il intitolata descritto. « un « è di Teofrasto E « che di Plauto e di Molière ». il e — Cecchi » Il non un ritrattista, Labruyère di medesimo autore ha ragione di concludere che in esso il carattere del bravo va scadendo anziché acquistando. Di Girolamo Parabosco, da Piacenza, fiorito verso la metà del secolo (2), già abbiamo veduto che decon una certa cura scrisse il bravo subdolo e tristo, che spaccone, in ben tre commedie, nelle vile del pari quali il modo affatto uguale, sicché viene carattere delineato assai bene^ ma in nessuno potrebbe avvisarsi beachè minima differenza di personalità Stramazza e Spavento. Tolto questo difetto di trovare la fra Melaza, di monotonìa, dal possiamo esser riconoscenti momento che proprio dopo <r bravo gii » si ritrovano come di esso, il al Parabosco, esempi più notevoli del vero e in lui, e gli altri che Ghirardi nella Leonida, lo ri- produssero, non furono che suoi imitatori. Una é il delle Malagigi più geniali riproduzioni deW Alessandro, dello Stordito Intronato. mini (1508-1578), (1) E. Camerini. Op. (2) Cfr. Poggiali. (Piacenza, 1789), II, Capitano del notissima commedia Mons. Alessandro Piccolodi Patrasso ed eletto arcivescovo cit. Studio su G. M. Cecchi a pag. 32. Memorie per 74-90. la la Storia letteraria di Piacenza 123 di Siena, fu dopo giudicato il Principe de' Comici Italiani successive rappresentazioni di questa le stro teatro (1). Alla nostra mente faceto commediografo seppe dandoci in poche, soddisfatta torna caro che quel bene rappresentare, graziosissime scene una figura ricordo del Gap. Malagigi, il comme- che merita veramente un posto notevole nel no- dia, ma il ridicolo eroe così che rimane assai caratteristica fra guirono, mentre può dirsi ancora delli del stati dati genere (2). I che le tante fra' fuggevoli accenni se- la vecchi più mo- che ne sono nel corso di questo studio, basteranno a farci comprendere la sua comicità. Ci troviamo dinanzi ad uno de' soliti vantatori, anime sciocche la cui viltà li espone a una quantità di accidenti più o meno grotteschi, e Malagigi non resta secondo a nessuno nell'arte di millantarsi sua ridicolezza egli e di non fuggire. riesce Ma affatto chè certe grossolane fantasticherie che la per- muovon nau- sea, mancano qui o almeno sono molto riso spunta di leggieri sulle nonostante antipatico, la attenuate, e labbra più che per il la stra- nezza delle sue iperboli, in grazia delle situazioni ve- ramente umoristiche, come quella già ricordata, ove il Capitano incontra la moglie vestita da uomo e, scam- (1) V. la prefaz. di Carlo Teoli (E. Camerini) all'Ediz. Daelli (Bibl. Lo stesso Camerini riportò questo suo studio in op. Appunti per servire alla vita di A. Piccolomini Stordito Intro- Rara. N." 28), 18&4. cit. « nato » (pag. 146). (2) siamo La prima risalire al 1544, ediz. è del 1550; ma forse per la qualche anno innanzi. Infatti M. recita pos- Fabrizio rac- conta (I, 1) che nel '33 andò in esilio quando la figlia Lucrezia aveva 4 anni, e che questa nel '37 spari senza ch'ei la potesse ritrovare. Lucrezia poi (II, 1) accenna a questa sua sparizione come a cosa avvenuta 7 anni prima quindi nel 1544 cadrebbe l'azione e giova, supporlo, la : rappresentazione della commedia, perchè son troppi i dati cronologici e troppo bene combinano insieme per poter supporre una diflferenza fra il tempo dell'azione e quello della composizione. 124 biandola per una cortigiana, la propone amante Diamo (IV, 6) volentieri servo per al lode arguzia al di Piccolomini, perchè egli appunto dimostra di conoscere a fondo arte l' sono talora Né mi s' sua, mentre le esagerazioni posteriori affatto stomachevoli. posso perciò accordare col Piccolomini stesso, è vero, secondo raffigura Traiano Boccalini famosi Ragguagli di Parnaso Apollo a dare suo il giudizio sopra ne'suoi chiamato da (1), eh' egli, commedie le di Sforza degli Oddi, ne facesse una lode tanto sperticata, che valse al suo protetto V immortalità con grandissimo E badiamo plauso e unanime consenso. eragli stata negata pe' suoi trattati legali Oddi (1540-1611), dottor bene che questa Sforza degli ! legge perugino, fra di il una sue tre commedie certa machìa, si i fama per Morti le vivi, e la distaccano invero dal come dice il modo Gaspary : 1' Prigion d'Amore, Ac- Erofilole quali usato, giacché, forse per commedia spagnuola, imitazione della già, gli Forsennato, ottenne dunque cademici Insensati detto (2), i esse manifestano principi del dramma borghese e della commedia lagrimosa. Anzi è noto il parere di Torquato Tasso che, udita 1' Erofìlomachìa rappr. a Pesaro nel 1574, ebbe a discuterne assai con Jacopo Mazzoni, avvisandosi egli che 1' azione di essa fosse adatta piuttosto a tragico, o che a comico poema noi moderni (3). Ma, non possiamo all' meglio, epico, infuori di questo che ritener difetto, il vizio dee piuttosto trovarsi nella rappresentazione dei personaggi, Ragguagli di Parnaso, Romano, Venezia, Guerigli 1680. (1) Cent. II, Ragg. 14,° Boccalini (2) Op. cit. II', del signor Traiano 263. (3) Cfr. la lettera dal contemporaneo Tiberio Almerici al cugino Virginio, pubblicata dal Saviotti in Giorn, Stor. XII (1888) pag. 414. Sforza cfr. ibid. p. 411 n. Su 125 almeno di quello troppo, i che qui interessa. Senza dilungarmi due esempì che Sforza del buon gusto formidabile di quel!' vanteria Prigion d* Amore, retoriche del dà Bellerofonte verboso cui esagerazione a cui sguaiata di può giungere cercando nel grottesco l' nella linguaggio, irto di non potrebbe dar miglior prova prolissità, supremo grado generale, di millantatori, ci capitano del il ci danno una pessima idea autore. Abbiamo riportato una Bellerofonte e Rinoceronte, e, si in Queir intermi- interessante nell' artificioso. nabile sequela di racconti favolosi, comico il mescolati di errori cronologici, storici e geografici assolutamente pazzeschi, stona tanto più da patetico conclusione, dove là dare i si cercava occasione al studiosamente si il giudizio del Tasso. In Capitani del dottor Perugino rimangono monumenti più goffamente caricati del nostro tipo nella commedia erudita, degni veramente di rivaleggiare colle celebri Bravure dell' Andreini. forse i Ma chi sopra ogni altro predilesse Porta il nostro per- Batta Porta sonaggio, fu certamente Giov. o (circa 1545-4615), napoletano, valente diografo nella sua Della comme- non meno che pregevole scienziato, il quale copiosa produzione drammatica ben dieci Non vorremmo volte portò sulla scena il dire eh' egli mostrasse poi molta originalità in questa rappresentazione, gliano molto a giacché Capitano i (1). millantatori suoi e moltissimo somi- somil'umorismo schietto e non sforzato come quello dell'Oddi, che scaturisce dalla vena inegliano fra loro. tutti gli altri si Ma sauribile del dotto e faceto napoletano, ce lo rendono la (1) Neir olimpia, Furiosa, la Sorella, i la Due fratelli e la Cintia, Sul Porta ho già nominato Moro, la Fantesca, la rivali, Chiappinaria, la il Tabernarla, Trappolaria uno studio del Camerini, op. cit. 126 assai caro; e media noi vanterie quanto all' è trattò così spesso il già nella udire non tanto le ridicole montagne. Certo come dilettiamo, ci del Piccolomini, avventure le spacca- de' suoi che nessun altro quanto com- sciocche il Porla ben consentaneo millantatore, tipo natura dei meridionali e che fu tanto gradito alla commedia mise tori mentre dell'arte; in luce lo Scherillo (1), scenari di quali i Porta stesso il anzi uno sciate. E in gere solo larga ed verità di in generale la ha lapuò dire che basterebbe leg- si quest' autore esatta ciò scritte ch'egli per farci un' idea abbastanza che Capitano nel teatro fu il del '500; sicché nel presente studio di queste ci slam la preferenza a chi commedie pensando che meglio valeva dar grande amore sembrò professare serviti assai, si per questo tipo cosi comunemente per alla come dei più antichi au- furono forma primitiva delle commedie fu, ma trattato, tanto, lo più, strapazzato. Tanto strapazzato che ben a ragione se ne lamenuno scrittore de' primi anni del '600, Pier Maria Cecchini, nella sua nota operetta (2): tava — « Questa iperbolica parte » « par che — così egli si esprime suoni meglio nella spagnuola, che nel- « r italiana lingua come vediamo esser Hora vien quella a cui « più propri e più domestici gì' impossibili. « questo personaggio « esercitato « sì con tante nell'uno, le come purgarlo dai superflui sarebbe « poco meno che al nell'altro maniere, sconcertate certo un idioma che il ridurlo senza lingua .... » E, dopo aver osservato eh' è bella e piacevole questa parte « (1) (2) quando viene però leggiadramente trattata da Op. cit. GH scenaH di G. B. della Porta (Gap. VI p. 118 sgg.). Frutti delle moderne Comedie et avisi a chi le recita, di Pier Maria Cecchini, etc. Padova, Guareschi, 1628, p. 26-29. 127 « persona habile di vita, grazioso « di voce, vestito bizzarro, e tutto c( ganze, il quale poi si eserciti gesto, intonante composto di strava- di in parole, benché « lor natura impossibili, tuttavia credibili da chi « dona la mente nel vasto delle glorie .... » di abban- — con- clude poi malinconicamente con queste parole: « Sarebbe facil' il « nignità de' miei avisi, « la frequenza dell' ridur questa parte sotto la be- ma mi uso di rende alquanto tanti, che 1' di dubio hanno rappre- mio parere, onde ridotto in natura costume jiarebbe loro fuori del naturale ogn' altro « modo, e fuori del buon camino ogn', altro sentiero, « sentata lontana dal « il « che calcassero, e tenessero. » 128 VI. Il Capitano nella Commedia dell'Arte e i generici — vento Il — Le Bravare Il Capitano e il Cecchini aveva ragione — Gli SGenarì Capitano del ISpa- secentismo. ; ma ormai l' indirizzo preso era tale che sarebbe forse stato impossibile cambiar forma alla rappresentazione sonaggio. Del resto, questi che matore, era proprio sicuro di — tradizionale del persi atteggiava a rifor- quello che voleva? Il Rasi (1) ne dubita dal momento che il Cecchini, pur biasimando l' uso comune de' Capitani, loda alta- mente il Capitano Matamoros (Silvio Fiorillo), uno dei più stravaganti millantatori che calcasser e suppone piuttosto che questa tirata le scene fosse ; — lanciata autore delle Bravure, morto « per isfogare « quattr'anni innanzi, padre e suocero innocente, 1' odio « contro Lelio e Florinda (Giov. Batta e Virginia An- ce dreini), € Orsola E riferite (1) i il se, contro 1' quali furono del Cecchini e della moglie vero, continuato tormento come realmente ». è probabile, le critiche su sono dirette contro Francesco Andreini, esse Luigi Rasi. / comici Italiani, Firenze, Fr. Bocca (in corso stampa). Art. Andreini Frane. — ove per la storia della 'maschera. Voi. I, di sono riassunti ampi e precisi dati p. 53-87. 129 hanno invero buon giuoco riguardo a timo portato, e gara il più madornale, di corbellerìe in cui si di ciò che fu l'ul- queir immensa dibattevano allora i comici avidi di applausi. La commedia sostenuta aveva oramai perduto ogni né credito, avea motivo di rimpiangere quella pro- si duzione fiacca e scolorita in cui valore letterario ed il artistico era nullo o negativo, e l'interesse della favola che cercava tener si desto colla stravaganti, si complessità degl' in- avventure più comiche e trecci più avviluppati e delle sperdeva in mezzo a un dialogo scialbo e verboso, pesante insieme e scurrile, pieno di luoghi la logica non aveva che fare, e l'urbuongusto erano addirittura un mito. Tanto comuni, dove spesso banità e il per tanto, non valeva la pena di scriver aborti, siffatti mentre molto miglior resultato potea dare l'improvvisazione affidata allo spontaneo facondia degli attori comici. umorismo e all'arguta Cosi nacque, si svolse e venne in fiore la commedia delFArte, le cui origini prime rimangono tuttora avvolte nel mistero, ma il cui sviluppo dovè certamente esser favorito sia rabile decadenza del teatro letterario dall' incu- da' rapidi sia ed inauditi progressi nell'arte del recitare, dovuti alla re- cente formazione di compagnie stabili e a un' abbon- danza eccezionale di attori insigni che trasformarono l'ignobil mestiere degli antichi istrioni in una profes- sione onorata e lucrosa, nobile palestra di ingegno, di prontezza d'Italia, e di bravura, che n' ebbe allora Tutti sanno che la l' intelligenza libertà, e alla delizia l' delle Corti e vanto incontrastato monopolio. commedia dell'Arte lasciava al- fantasia de' suoi interpreti piena non sottoponendo loro come guida scenari o canevacci, nuda esposizione de' se fatti non gli che sug- geriva soltanto la trama e l'ordine dell'intreccio, e ab- 130 bandonava i dettagli del dialogo alla razione de' comici. Dagli momentanea ispi- scenari appunto, di cui esi- stono varie raccolte e in traccia de' quali vanno oggi si facendo tanti studi e ricerche, ricavasi ampia testimonianza dell'enorme diffusione acquistata dal nostro Capitano nella Commedia dell'Arte, dov'egli giungeva rettamente trapiantato dal teatro erudito. antica di queste raccolte, ch'è E Teatro dello Scala il di- nella più (1), maschera del Capitano comparisce m quasi tutte le 50 Giornate, fuorché ne' numeri 8, 21, 26, 27, 34, 36. la Il Teatro delle favole rappresentative Scala, detto Flavio, losi (2), non potrebbe apprenderci nulla torno personaggio nostro, che al solite caratteristiche, schernito e bastonato, commedia senz' altro è suoi i Oramai una maschera accanto delle altre, e mentre nendo sostanzialmente ivi di Flaminio de' Ge- nuovo in- presenta colle si sempre innamorato come classicheggiante. lone, ad Arlecchino; meno di capocomico della compagnia la egli era le stesse, della divenuto al Dottore, a parte sua le altre sempre e antecessori variava Pantaancora maschere, pur rima- mutavano sovente nelle come servo, dunque che per accidentalità, mostrandosi Arlecchino ora ora di come capisce oste, e così via. Si (1) Veramente lo scenario più antico di cui rimane notizia, è quello una commedia composta dal famoso Orlando di Lasso, e recitata alla corte di Baviera, sotto gli auspici del duca Guglielmo V, la cui pubbli- cazione risale fino al 1568, in un' operetta di Massimo Troiano (cfr. Camerini Nuovi prof, letter. p. 220 e Stoppato op. cit. p. 131). (2) Il Teatro delle favole rappresentative, ovvero la Ricreatione Comica Boscareccia e Tragica, divisa in L giornate, composta da Flaminio Scala Comico del Sereniss. Sign. Duca di Mantova (in Venezia, G. B. Pulciani, 1611). Intorno alla Compagnia dei Gelosi, cfr. Ad. Bartoli. Introd. agli Scenari inediti della Comm. dell'Arte (Firenze, San- CXXX-CXXXIV; Arm. Baschet: Lea comediens italiens à France sous Charle IX, Henry III, Henry IV et Louis XIII soni, 1880) p. la cour de (Paris, Plon, 1882) Gap. II, p. 58-93; etc. 131 ed inu- noi lo studio degli scenari riuscirebbe arido maggiore interesse può invece destarci quell'opera ch'è come il corollario del Teatro stesso, come tile (1) : un lembo carne che riveste di Com- lo scheletro della media. Parlo, naturalmente, delle tanto Bravure citate del Capitano Spavento della Valle Inferna, Con questo nome comparisce nel Teatro e reci- tava effettivamente nella compagnia condotta dallo Scala il celebre Francesco Andreini, Pistoiese (1548-1624) quale, datosi ancor giovane al teatro, vi recitò da Innamorato, da Dottor siciliano, il dapprima da Falsirone ne- gromante, da Corinto pastore, parlando diverse lingue dedicò alla ma- schera del Capitano, e vi pose uno speciale amore (2). e sonando vari strumenti « Mentre ; finalmente eh' io vissi nella — si famosa Compagnia dei « Comici Gelosi » « compiacqui rappresentare nelle Comedie « Milite superbo, « « « « « « la — « mi parte del ambizioso e vantatore, facendomi chia- mare il Capitan Spavento da Vali' Inferna. E talmente mi compiacqui in essa, eh' io tralasciai di recitare la parte mia principale, la quale era quella dell' innamorato. E perch' io bramava di preservarmi, e di non cadere da quel grido che acquistato m'havea in quei tempi famosi, mi diedi con molto studio allo studio « del « egli dice nella Prefazione soprannominato Capitano solo per renderla, più che per (1) V. me si poteva, ricca ed adorna », Ad. Bartoli. Introd. XVIII-XX. Negli scenari cit. p. lanterie sono per lo più accennate colle vure », (2) simili laconiche indicazioni Intorno all' Andreini cfr. : parole : « le mil- Capitano fa sua bra- maggiori schiarimenti sono rari. Bartoli Frane. Notizie istoriche de'Co- mtci Italiani che fiorirono intorno al MDL (Padova, per i Conzatti, I, 8-13 A. D'Ancona. Orig. II, 482 sgg. due articoli di A. Neri nella Gazzetta letteraria del 6 e 13 Ottobre 1885 ; Baschet op. cit. Gap. IV e finalmente, più completo di tutti, il Rasi, art. cit. p. 126 sgg. 1781) ; ; ; 132 Ma una grande sciagura domestica troncava tratto Ja carriera compagnia tornava tutta la di Francia in a Lione morì quasi improvvisamente r bella, comica Gelosa illustre « regina dell'arte del tempo suo. e più giustificato scene (1), sua 1604, effetto la massimo abbandonò le nel pubblicazione degli alla un diletta Isa- che fu in », Immerso Francesco de' lutti, applicandosi Italia nel la d' Mentre con dell'Andreini. artistica scritti della sua morta, e a scrivere egli stesso. Infatti fu egli da molti amici suoi e consigliato a scrivere alstampa per lasciare qualche allora « cuna cosa e donarla alla « memoria » di sé « e per seguitare honorato grado l' mondo della moglie » sua, « la quale aveva lasciato al alcune opere « con tanta gloria Gli piacque mandarlo ad il ma consiglio, » ». stavasene incerto di spaventato dalla « difficoltà grande effetto, « dello scrivere cosi nel verso come nella prosa » ; onde, postosi a considerare tutte le ragioni della pratica, la- sciando da parte « chi sono prosa la il verso che è « di pochi, e que' po- poeti eccellenti », deliberò di scrivere in i « raccolta di tutte le hiperboli » eh' ei e so- « leva dire nella parte del Capitano Spavento, recitando € nelle pubbliche e nelle private dole in forma di dialogo fra il Comedie », pola suo « servitore accorto astuto e sagace » « sta nuova fatica composta esponen- Capitano stesso e Trap; e « que- di cose morali e di capricci « poetici », atta soltanto a « far passare l'otio », da « lui dettata come meglio seppe osservazione » che Queste (1) È un errore morte d' Isabella il < con la venne miglior gli fu possibile. le notizie drio e compagni, e che l'Andreini comune ci porge intorno agli antichi storici della letteratura, Qua- credere, al contrario, che l'Andreini appunto dopo la assumesse la maschera di Spavento. 133 composizione dell'opera sua. Le Bravure vider alla stampe luce delle dopo suo il in Venezia ritiro enorme. Né si perchè, dato il dal stenta la la anni loro successo fu il rendercene moda altrettanto vuote simile raccolta doveva al pubblico, a (1), tre ragione ; gusto del tempo, allorquando coU'inva- dente secentismo era venuta e delle frasi e teatro, invero 1607 nel ma non delle parole gonfie quanto solo piacere anche essere di una immensamente altisonanti, una grande utilità pra- tica agli attori. L' improvvisazione infatti della Commedia richie- deva in questi un'abilità singolare e una prontezza di spirito meravigliosa, dono di pochi eletti. Perciò era non potendo essi fidarsi assolutamente impromptu, cercassero di empirsi la mente del maggior numero possibile di tratti caratteristici, di ti- naturale, che dell' rate à sensation, dei pistolotti più in uso, un termine secondo la del gergo comico moderno parte che rappresentava. Che — per usare — ciascuno infatti l' isti- tuzione delle maschere fisse dovette render più facile questo sistema di recitare all'improvviso; ciò che, se- condo ogni probabilità, sarebbe stato quasi impossibile, ove ogni attore avesse dovuto creare volta per volta personaggi diversi e diverse passioni. Tuttavia la dif- sempre grande; sicché l'improvvisazione non era che apparente e celava il resultato ficoltà era fondo un lungo studio. « I comici bieri nella (1) Supplica (2), ì>, racconta studiano e <r Le Bravure del Capitano Spavento, menti in forma si in di Niccolò Bar- muniscono divise in molti la ragiona- Somasco, 1607. Furon ripubblicate varie volte, nel 1609, nel 1615 etc. ed ebbero una traduzione francese per Jacques de Fonteny (Paris, chez David Ledere, 1618). (2) La Supplica, discorsi famigliari intorno alle Commedie, di Niccolò Barbieri detto Beltrame. Bologna, 1636, cap. Vili. di dialogo. Venezia, : 134 «: memoria gran farraggine di di cose, come sentenze, « concetti, discorsi d' amore, rimproveri, disperazioni e « delirii, per haverli pronti conformi « sono « rappresentano In tal guisa nari r uso al i loro studi che loro all' ». accompagnò si uno zibaldone istituzione degli sce- all' generici, de' così detti raccolte di simili squarci, torio, occasione ; e costume de personaggi che erano appunto più caratteristici del reper- i che potevano benis- di concetti, simo adattarsi a qualunque circostanza, e che formavan parte integrante del dialogo (1). Il che non toglie che la commedia dell' arte non dovesse essere qualche- cosa di mirabile, e che quindi richiedesse attori di una rara valentia, perchè r opportunità per solo il recitare a merito di saper tempo cogliere luoghi imparati i a mente, sostituendo la reale improvvisazione la scienza mancava, veramente è là dove cosa degnissima di lode e di ammirazione. Tornando Bravure alle appunto non sono spiccatamente letterarie artistica, (1) i fatti (2) le quali (2), e con pretensione di la forma favo- Nella sua Arte rappresentativa premeditata e all' improvviso il Bravura spagnuola bravura. Andreini dimostrarono eloquentemente (parte 2*. Napoli, 1699) la « dell' che un generico con tendenze altro Ferrucci riporta del Capitano » e il « due generici : Saluto Calabrese alla donna con » Anche restringendoci al solo tipo del millantatore, citare altre raccolte simili a quella dell' Andreini come : si possono Le apaventose gran Capitan Coviello (Venezia, Loviso, 1725) e, più anRodomontodas Espanolas, traduzione in francese e in italiano di Lorenzo Franciosini « cavate da Commentari de spaventevolissimi, terribilissimi ed invincibili capitani Ammazzamori, Coccodrillo e Scheggia hiperboli del tiche, le brocchieri (Milano, G. Pietro Cordi, 1643). Inoltre lo Stoppato (op. p. 161-168) riporta come prezioso ciò ch'egli chiama il « cit., generico de' ge- nerici » del Capitano, tratto dal Codice Marciano 309. CI. IX, appartenente al '600. 135 mo- revole impressione eh' esse avevano prodotto, dal mento che nel 1618, una seconda parte (4), ne pubblicava Prefazione « Mi autore stesso lo scrivendo nella : messo a scrivere la seconda Parte delle bravure del Capitano Spavento la quale in sé contiene favolosi pensieri, cavati da belUssime favole di poeti « sono « « « Greci e Latini, «r bravure senso delle come nella può vedere, stampata e ristampata « Prima Parte « molte volte in Venetia. » si piacevol Spavento, a tutti tirati detto Capitano del La prima parte contiene 65 e la gionamenti, ossia scene, nelle quali il seconda 30 Ra- Capitano conversa col suo servo Trappola, trovando cosi occasione di sod- ampiamente disfare lantarsi. Notevole la è sua insaziabile smania Seconda Parte, un pagine circa quattro come 1' po' più 4° in gli per ciascuno, mostrando Andreini volesse conservare almeno una certa proporzione simmetrica nella voro. di — salvo ultimi brevi — comprendono questi Ragionamenti, che per lo più della di mil- quasi costante lunghezza la Vediamo un disposizione del sommi po' per suo la- capi che cosa ci rac- conta di sé l'impareggiabile Capitano. Anzitutto, se sona, quasi altrettanti altri appellativi, « catolicon, « cosi : come nome vero titoli « ; » riman sempre suo Vali' inforna », il nobiliari, che sono da « Diacatolicon alla il cap. sua per- spettano cap. Ariararche, cap. Leucopigo, il discorrendo mente il Spavento da « Capitano il molti cap. Dia- Melampigo e via lui spiegati etimologica- vuol dire cap. Universale ; « cap. Ariararche vuol dire Prencipe della Militia; cap. « Melampigo vuol dir cap. Culnegro, e cap. Leucopigo (1) La Seconda Parte delle bravure etc, Venezia, Somasco, 4618. Nel 1624 esse erano ripubblicate dallo stesso editore in un volume solo colla parte prima. 136 «e vuol dire cap. Cui bianco » corrispondono poi epiteti ond' egli designa Spavento da « tano (1, 17) sé stesso Re siegadi, e Monarca degli huomini Iracondi doma « destra il capi- freddo e agghiacciato Settentrione » il Del resto egli è modesto, e « nome, e «f d'Invincibile, Quando « Guerra « r Argento della seconda, «e della quarta (( de' quattro « testa, dell' ed ultima ; il il Si del E re Flagello di Oro corpo, del rame nasce — prima Età, della della terza, e hebbe ferro fabbricò la li le il la scelta gambe, e del che queste trattare altro, forti e che ferro e « Questa mi sembra tutta Nabucodonosore », osserva Trap- altrove è detto eh' egli è nato dall'antico 27). comprende dunque come un dovesse render molto difficile generò. « Al nascimento dinarie 1' Rame non sanno durissimo acciaro. » (II, e nobilissimi Metalli, dell' oro argento « poderose braccia Caos d'Aquila, fatto, eh' ella « ferro le braccia; e quindi pola (1,33). haver Industre e dedala Natura volle formare il statua d' d'Insuperabile, » (I, 23). Capitano Spavento, prese « « la basta « gli d'Invitto, Folgore, di l' Bravo, di titolo « nelle cose della lo nomi Io sono quello che col capo minaccia l'Orto, col piede preme l'Occaso, con la sinistra mano lega 1' Austro, e con la (1, 6). f( sono « Io : questi Prencipe degl' Insosde' Superbi, Imperator de gli Ambitiosi, « '< A e magniloquenti Vali' Inferna, « « (1). non meno sonori i levatrici ! « fulmine aperse <( tridente mi cavò — il « le il siffatto mio corsero tre Deitadi mostro donna che parto alla — » : straor- Giove col ventre a mia madre, Nettuno col fuora, e Plutone col bidente m'aperse — (1) Il primo numero — cifre romane Bravure cui la citazione appartiene; il secondo gionamento. Parte delle significa la — arabe cifre — il Ra- 137 « gli occhi » (I, E 23). mento sua madre volete sapere in che atteggia- partorì? « Nell'ultima doglia che lo « le venne, saltai fuora gridando, sono c( « il Capitano Spa- quando nacqui, nacqui vestito di piastra e maglia, ruggendo come febricitante Leone, e fischiando come un serpente » (I, 7). E il Fato lo « vento » (II, 6), e salutò colle parole « vinci : « « Capitano Strano ed orribile è battaglia « : Y Ira e il Terrore mi conduce « braccia lo scudo, la Superbia « Morte mi dà il mi pone 1' elmo, e la mano, per far del campo si compiace di (I, 1). Egli ponendosi in alla bizzarra e alla fantastica », in testa « Balestra, e il il m'im- la lancia in dosso « la Torre di Nembrotte per lorica, e Tauro armi, l' Destriero, la Discordia < hostil l'ultima strage » c( vedi e ; suo incesso, quando va in il Furore mi vestono « armarsi « Spavento, va 31). (I, y> : per morione .... Monte il Arcobaleno per 1' ; Laberinto di Creta per Carcasso (sic), e « tutte le Piramidi d' Egitto per freccie, e virrettoni » (I, 2) (1). E la tramandata a di esser passat? Monarchi (I, sua spada, lui di fabbricata da Vulcano e generazione in generazione, dopo per le 6), riunisce mani i invitti Duci e attributi de' tre de' più portentosi « come fulmine bianco uccide tutti i soldati, senza offendere i corpi loro, come fulmine rosso abbrucia città, ville e castella e come fulmine « negro, tinge e fa negre tutte le vittorie delle nemi- « che squadre » fulmini di Giove: « « ; Tali (I, 10). origini, tale aspetto, tali armi lo rendono invincibile ad ogni più fiero cimento, e lo costituiscono senz' altro « « l' unico eroe delle più meravigliose intra- (1) Altrove le armi sue saranno « gli Antipodi per Corsaletto, Tramontana per Girello, l' Ostro per Manto, il Levante per Celata, e Ponente per Pennacchiera » (I, 33). la il 138 prese, debellatore di mostri, di popoli, e perfino degli dei e delle forze della natura. Sicuro ha salvato « il mondo da un nuovo venti, tutte i nuto Dio piogge, tutti le nuvola grossissima 12) ? In (I, i lui guisa egli è dive- degna liberatore dell' umanità, opera sol il non rinchiudendo fiumi » dentro una tal un di (1). non è un E, se pur egli stesso continui rapporti, e Marte stesso è 43, 4, 27, (I, chi se : diluvio, di stalla 44 magari etc), il Dio, ha cogli Dei suo luogotenente il suo 57), della quale umiliazione (I, ma non mozzo staffiere o Nume il offeso si lamenta per Il Capitano dunque, che in Plauto era soltanto l'alunno lettera, ragione ottien (II, 4), prediletto del dio delle battaglie, e che già nell'Angrelica di Fabrizio de Fornaris divenuto n' era l' ucci- sore (2), ora fa di più, perchè addirittura lo sottomette sua servitù. Mirabile progres- a sé e lo adibisce alla che sione, sintetizza graduale, il ormai crescendo delle millanterìe del Capitano, il precipitoso cui svolgi- mento abbiam cercato fin qui di seguire, e che adesso ha raggiunto il colmo La mitologìa ha una parte stragrande nel libro dell'Andreini, sicché tutti o quasi gli dei d' Olimpo e le ! altre creazioni del mondo classico son quivi passate in Spavento ha talvolta con rassegna. come quando amichevoli, compare è cui poi va a visitare nel suo Cielo libera Amore Dio Marino (I, 14), (1) < Di più i (2) 24), e egli ha diviso 18) e con Marte (I, il mare il diversi mari, cogli stretti, i Atto (II, (1, 50), quando Campi Elisi (II, 5), quando libera un quando banchetta a casa del Sole gran Mare Oceano, il dei relazioni Saturno (II, 13), con Nettuno chiamavasi mando ne' gli di I, scena IV. « (I, 27), che dapprincipio era un quale mare era innavigabile capi etc, etc, (I, 16). solo, », e e for- 139 finalmente quando salva tutti gli dei in casa sua dalla prepotenza di Tifone (1, 43). Ma guai ai Numi stessi s' essi hanno Una sventura la udendo da radunò Giove Capitano, dell'invitto Mercurio le glorie lui, e Cudi la persona contro per congiurar gli Dei d' incorrere nella sua inimicizia pido 8i liberare offerse di si « vento » ma ; lo fa Morte e Proserpina Diana dea delle selve Echo (II, (1, (II, il Sole (I, inganna 41), 26), riduce in niente la ninfa contro egli si fa d'incantesimi 47) e 4, Amore, 28), etc. etc. Di più (I, vittorioso 13), va all'Inferno per rapire spaventa 39), (I, Spa- muove guerra ha un 2), 5), fa suoi prigionieri (I, Diavolo '1 (I, « tanto tremendo Capitano, 28). Altra volta egli (I, suo prigione contrasto con Giano la volta, mondo da dio, inseguito dal il dette alla fuga a Giove e il ! tant'è vero ogni mostri e sorta di che oltre abbattere le fiere combatte colla gli uccelli terrestri (1, 15), Chimera (I, 48), abbatte un mostruoso gigante (I, 61), pugna con una fantasima (II, 17), disfà ano strano incanto e va discorrendo. 18), (lì, semplici I naturalmente, non sono avversari degni di mortali, lui, ond' è gran mercè ch'egli abbia voluto abbassarsi a far questione con alcuni fra' principali eroi antichi, p. es.: con Ulisse e Aiace sotto Troia luce (I, uomini fra gli e sono teri, e 51) rammentare ei pochi non orribili altri (I, 33), con Castore e PolDel rimanente privilegiati. affronta individui, ma popoli in- le stragi da lui perpetrate. Basti sua guerra contr'agli Arimaspi (I, 35), r incendio dell'Arsenale di Venezia (ibidem), cui si potrebbero aggiungere mille altre memorande prove. Né armi, la la sua bravura che inoltre giuochi ; al egli pallone si è limita al maneggio delle abilissimo in ogni sorta di (ov' egli ha sfidato e vinto varie 140 Deità al nel giostrare e nel correre all'anello (I, 9), giuoco dei Caroselli del Calcio Giostra non 14), senza contare uno È (I, 25), degli come 65) e ancora nella giijochi di abilità, delle un 34), e cosi via. (I, ignorante, tutt'altro; abitanti gli mondo, dal debbano avere del degli Dei all'infimo de' mortali, di lui terrore ed ammirazione. che gloria, e trova 3), 12), 54). (I, naturale che tutti massimo (I, (I, (I, possa diventar milite e letterato si tempo istesso i sbrigli creda ch'egli sia si anzi insegna in 25), della Pelotta (I, (II, carte e dadi Infine 9), del pallamaglio (I, Giove stesso pesa gloria di Spavento « la sua la paragonata «: sulla bilancia è superiore alle glorie riunite dei quat- « tro « e Alessandro maggiori monarchi del mondo, Xerse, Ciro, Dario Magno » (I, sapienti andarono « sopra i 11). E una volta quattro confini dell'Asia e dell'Eu- «: ropa, solo per parlamentare insieme, e per conoscere « di qual genere fosse la più? La Morte stanca 2> (I, 43). ufficio, Che per ri- un poco se ne venne una mattina meco a desinare.... mi pregò che per un mese io volessi eser- posarsi « bravura mia del suo ingrato «: « citar l'ufficio suo » Ma la (I, 22) (1). sua perfezione non sarebbe completa se a tutte le altre una qualità bellezza di non ma poi Ma non vi fosse aggiunta in lui anco cosi straordinaria, innamoratosene pittore, tratto, forme gli che un celebre avrebbe voluto fare rinunciò, « perchè il mio il ri- ritratto si mantiene la sua buon'armonia colla Morte; combatte con lei in steccato, la vince eppoi le condona la vita per misericordia. E Trappola: « Ditemi un poco, caro pa€ drone, s'ella era la Morte, come gli donaste voi la vita? » « Tu non « l'intendi > replica il Capitano « la Morte allhora è Morte quand' altrui t possiede la vita: ma quando alcuno muore allhora la Morte è viva » (1) tant' è vero eh' seropre ei : (1, 36). Che scioccherìe! 141 havrebbe havitto « Conseguenza come è, la virtù, che haveva che trasformava in sasso chi « dusa, di cotesta di necessario, ture galanti eh' egli si la il volto di mirava Me- (II, 28). 2» sua incomparabile venustà una quantità favolosa di avven- attribuisce. Egli infatti è stato amato « da un numero infinito di donne, perchè chi « mira la mia bellezza, e non l' ama e non l' ammira, non è donna, di giuditio priva » (II, 9). Per altro donna de' suoi pensieri è la signora Isabella, l'amore per la quale trasparisce qua e là in tutta l' opera, e che è pure Yamorosa degli Scenari dello Scala, ossia « la dilettissima là moglie dell'Andreini stesso, la celeìjre artista cantata da' maggiori poeti del tempo ammaliatrice « quale con la può metter « sapere, « ghiaccio » (II, 16), la (1). gli Sciti in fuoco, e gli Etiopi in ha soggiogato l' eroe, che le pro- fessa l'amore più rispettoso e più platonico del Non altrettanto casto è però molteplici amori che allietano le Cotesta sua bellezza, e col suo il mondo. Spavento negli suo altri gran cuore. Fra sue imprese galanti va segnalata l'aver egli possela Morte, che rimase gravida di lui (I, 7). Inoltre duta una notte ingravidò dugento fanciulle, vincendo prova Ercole che ne ingravidò solo cinquanta ; e egli in alla sedusse fra le altre la « nata Pirra » Venere (I, (I, 5), e moglie di Deucalione nomi- ricevendo le carezze perfino di 2). « (1) A lei scrive lettere stravaganti (I, 8), a lei manda ambasciatore suo servo, acciò la saluti con queste parole: « Signora mia, il Gap. Spavento, Secretarlo della natura, Consigliere del tempo, Giudice della « Morte e Tesoriere del Diavolo, bacia « non conoscerlo, aggiunga subito « Padrona mia, il Sig. Gap. Spavento da Vall'Inferna, quello che dà il moto alle Sfere, quello eh' indora il Sole, eh' inargenta la Luna, e che dà il lustro il « « gnoria » ; « alle stelle, (Cfr. anche e s' la gentilissima ella fingesse di vive devotissimo servo di Vostra Signoria I, 42 etc. etc). mano di Vostra Si: » (1, 21), e così via. 142 Ma com'è che che già gli sì grand' uomo non ha moglie? mancherebbero grandissima discordia, c( Città, « lissimo « darmi moglie » (I, 5). E in Atene innamorò al partiti estremo « ove i litigio è nato nella presente siamo, solo perchè ogni nobi- Cavalliero vorrebbe meco di apparentarsi, « tutte sé « zelle Ateniesi » (II, 30). Perfino Giove, tone Non Figuratevi che ! avrebbero voluto e quelle pul- Nettuno e Plu- imparentarsi con lui ! (F, 17). Pure egli non ha moglie (1), e la ragione è perchè nessun figliuolo potrebbe continuar degnamente il nome « potrebbe giainfatti di lui. « Qual figliuolo » ce mai uguagliarsi al Capitano Spavento suo padre? » — — 62). (I, Del ché resto, non ha bisogno di lasciar immortale » (I, 9). egli è « nato Non dilunghiamoci prole, giac- più oltre in questo cenno, ben sommario comecché possa apparire abbastanza ampio, su quello che può a buon dritto definirsi come un largo compendio della vita del Capitano al principio del '600. Ma, in fin de' conti, qual'è letterario di quest' valore artistico- il opera ? Francesco Bartoli, che fu il primo biografo delil seguente giudizio sull'opera che lo l'Andreini, dette segnala all'attenzione degh studiosi c( Capitano Spavento sono « cosi richiedeva « nostro « il ripiene d'iperboli, carattere di quel Francesco rappresentato ; peraltro di buoni sentimenti Le Bravure del « : ma perchè personaggio dal spoglie filosofici e di non sono un sen- « tenzioso morigerato e instruttivo ». (1) È vero che al I, 20 ha detto di aver sposato Megera; ma.... un matrimonio non è valido. D' altronde, il libro dell' Andreini è pi^no zeppo delle più impudenti contraddizioni! tal 143 Il buon Bartoli si mostrava adunque abbastanza, non esageratamente benevolo verso l'Andreini, ed ha, secondo me, ragione, perchè non bisogna giudicare se di quest'opera come da un punto dee resto del lavoro, subordinare intendimenti E dell' il di vista assoluto, in generale per farsi nostro giudizio moda in verità, data la concetti e la baroccaggine agli occhi de' ; opera eccellente. assurdità de' suoi ragionamenti non contemporanei che accrescerne con scritto 1' de' suoi il ex-comico Geloso riproqualche più- o meno leggiera ed è probabile che ducesse in tempi e agli d'allora e lo scopo che egli faceva La inverosimiglianza de' racconti, doveva bensì, autore. l'Andreini doveva proporsi, merito a' ma qualunque 1' modificazione quello che già in teatro aveva declamato dunque a viva voce, che facesse in certo autobiografìa di Capitano Spavento, esatti, il così a' suo testamento frottole che avean potenza sea. modo la sua per essere più giacché egli legava artistico, suoi successori una ricchissima messe di quelle grossolane I o, o « hiperboli » che dir si voglia, di far tanto ridere il pubblico d'allora. gusti cambiano, e adesso tutto ciò desta la nau- Ma, se alla lunga Bravure stancano, pur le la let- tura non ne è spiacevole a primo aspetto, ciò che di- mostra ch'esse non mancano dimostrano in chi le scrisse di un relativo pregio, e una buona dose d'ingegno e di fantasìa. Qualità sprecate, per altro, in omaggio a una profonda degenerazione del buonsenso, a un inverecondo disprezzo della logica, tatto e di misura, complesso e che e ad una completa assenza di rientrano mente chiamato secentismo. Ora, chiamarsi, in quel fenomeno doloroso della nostra letteratura, volgar- come se il secentismo dee alcuni vogliono, puro e semplice spa- 144 gnolismo, r attitudine mirabilmente nostre lettere. Che nostro del spaccone conferma questo malefico influsso sulle l'ipotesi di infatti quello stesso tipo comico che nel teatro italiano doveva satireggiare gli altezzosi do- minatori d'Italia colla sferza del ridicolo, veniva stra- namente medesima ten- contraffatto in forza di quella denza contro cui mirava, in certo modo, ad insorgere. Le « hiperboli » del Capitan Spavento da Vall'Inferna si debbon creder volute a bella posta leggiare la spagnuola gonfiezza sare che ormai il ; per meglio di- oppure convien pen- gusto fosse talmente corrotto e de- pravato da sembrar graziose e piacevoli quelle strava- ganze senza numero che infiorano che la satira, il libro dell'Andreini? cose andava n proprio cosi onde si vede maschera del Capitano restò soltanto inconscia mentre nella pratica essa rendevasi, senz'accor- Purtroppo le ; gersene, colpevole dello stesso vizio alla cui riprensione era dapprima diretta, diventando quindi indegna dell'alta missione sua correttrice. Le Bravure segnano appunto il culmine estremo non si poteva andar più oltre della ingloriosa parabola : nella mostruosità dell' inverosimile, nella sublimazione del grottesco e dell'assurdo. 145 VII. — / Balli di Sfessania, Fine della maschera. Storia estema del Capitano — Costumi ed attori I loro, comici italiani, maestri impareggiabili avevano sulla fine del '500 e a' — nell' arte principi del secolo seguente acquistato fama Europea : principi e monarchi li disputavano, le più cospicue Corti reputavano ad se onore di di ospitarli e tributar loro ammirazione e — neanche Ma di simpatìa. in patria — godettero e riputazione come presso i in più nessun essi si omaggi caldi altro luogo grande fortuna la ricca e intellettuale Corte di Francia, ov'essi dovevano anche esercitare un notevole influsso sulla letteratura drammatica nazionale, , da Corneille fino a Molière. ritesserne la d' altronde è anche oggi la relativa scarsezza e non è nemmeno il frammentarietà va ed Toldo in Revue altri, citata de' per documenti; intimi e palesi sulla conseguente relazioni, che ispiravano e na- già al Molane! lo Comédie italienne (Paris, Dicome recentissima una diligente mono-, studio ormai vecchiotto Molière grana quale italiana e la francese (1); e commedia intrattenerci dier, 1867) luogo di nostri comici, vennero a i stabilirsi fra la Su queste ben note il storia, la d' insistere sugi' caso neppure giova di P. è questo difficilissima a seguirsi, rapporti che, intermediari (1) Non non breve ed avventurosa et la d' Hiat. Lett. de la France, V (1898) p. 554 sgg. 10 146 turai filiazione del Capitano cessori d' oltr' Alpe francese prede- da' suoi Ma, sul punto (1). tratteggiare di in brevi linee la storia esterna del Capitano, passando in rassegna principali costumi i ond'esso fu insignito nomi più famosi degli attori che lo incarnarono, dobbiamo prender le mosse dall'opera geniale e vigorosa, se non storicamente fedele, di un celebre artista francese, fiorito nella prima metà del sec. XVII. e i Jacopo Callot (1592-1635), nobile lorenese, discepolo del fiorentino Giulio Parigi, intagliatore in rame, ebbe la felice idea di riunire tempo voli tipi comici del Baldinucci (2) — suo, insieme i più ragguarde- — componendo scrive Danseurs) in ciascheduno € Sfessania (o Petits « sono figure piccole, in atti, de' quali moti e gestì ridicolosi rap- « presentanti tutti gli Istrioni che in que' suoi « « il « ventiquattro pezzi intitolati Balli di tempi camminavano per l'Europa, esercitando per lo più arte buffonesca. Si aggiungano poi « altri 24 pezzi, i> « rappresentanti diversi baroni o cialtroni fles « il GueuxJ, primo dei quali sostiene una sdrucita insegna, in Capitano de* Baroni. » Sono dunque set- « cui è scritto tanta in tutto i ritratti datici dal Callot; mqi sogno di notare che il duceva, secondo ogni probabilità, fantasìa, tanto più determinato, ma golare abilità, di (1) Non ma inoltre ove il che essi In ogni caso attori. il uno non farà bi- bulino dell'artista francese ripro- il tipi foggiati dalla numero dì questi tipi sua non era cambiavano a talento de' singoli Callot dette prova di una sin- « spirito vivacissimo nell' imitare solo le caratteristiche generali concordano perfettamente, buona parte delle commedio francesi del sec. XVI e XVII Gap. ha parte, sono ricalcate su originali italiani; cfr. Fest op. cit, p. 58 sgg. ^•15 (2) Fil. in qua — Baldinucci Notizie de' professori del disegno da Firenze, Stecchi, 1767 Tom. XIV p. 141 sgg. Cimabue 147 € il come vero », gli riconosce il Baldinucci, diffonde a rilevarne le artistiche virtù. cisore di Nancy come una a' è una non e invero Sono parecchi i ammirazione e tipi di nanzi nei Petits Danseurs. Capitano che — Come spaccone? « la figura dello « lampanaio «r tien legato « guaina un ragno ha ricamato « cappello « della « setolosi, e (2) è avvolto in : fianco al sinistra posa spada la che Un si anche di studio (1). ci sfilan coso stentato e al- un mantelletto spelato, e uno spadone, intorno la tela (3). Porta alla cui fissa al dritta mano destra solennemente sull* elsa efficace descrizione disegna assai bene mentali e tipici della maschera che negli di- presenta di solito » (4). Così lo Scherillo, la cui sobria variò ne' nomi, ci piuma tarlata, colle dita attorciglia un par di baffi lunghi e una lunga e mano si l'in- a torto è considerato gloria dell' arte francese, la cui opera nostri giorni è oggetto di « della quale delle figure più originali dell'arte, offre la storia E il atteggiamenti i pur tratti ma fonda- tanto spesso e negli abiti, dai Su Jacques Callot e le sue opere cfr. i due moderni lavori franMarius Vachon (Paris, S. Roman, 4887) e di Henry Bouchot (Paris, Lib. Hachette et C, 1889). (2) Nel noto romanzo Le Cap. Fracassa il Gautier insiste molto sulla eccezionale magrezza del suo Matamoros simile all' ischeletrito Cavaliere dalla Trista figura. Ecco com'egli lo descrive a pag. 45 Voi. 1°: « Le Tranche-montagne était maigre, hàve, noir et sec comme un penda « d'été. La peau semblait un parchemin colle sur des os, un grand nez re« courbè en bec de proie, et dont l'arète mince luisait comme de la come, « élevait sa cloison entro les deux cótés de sa figure aiguisée en navette, « et encore allongée par une barbico pointue ». Sembra il ritratto di Don Chisciotte! Ciò che indurrà l'autore a immaginare romanzescamente che il suo povero Matamoros muoia di freddo, vittima appunto della sua eccezionale magrezza (pag. 221 sgg.). pendait une rosace ouvrée deli(3) « Au bout de ce long estoc « catement en fils d' archal fort tenus, représentant une toile d'araignée, « preuve convaingante du peu d' usage que faisait Matamoros de ce ter« rible engin de guerre. » (Gautier, op. cit. Voi. I p. 173). (1) cesi di (4) Scherillo op. cit. p. 96. 148 figurini del teatro classico Commedia smaglianti della a quelli più variopinti e dell'Arte (1). Quivi, stando al Riccoboni, parrebbe che dovesse una separazione netta farsi lo Spagnuolo. Ma, non servato differenza, fra il Capitano Italiano e modo che abbiamo allo stesso esservi letterariamente anche ne' due così Riccoboni stesso ce ne dà os- nessuna sostanziale diversi costumi che il una grande analogia, sebbene i dettagli dell'abito non combinino, e la posa sia alquanto diversa. In entrambi il medesimo portamento altiero, sprezzante, il capo eretto, una folta chioma ondeggiante e spiovente sulle spalle, un par di baffi insolenti. Senonchè lo Spagnuolo, colla sua spada sguainata in una posa schermistica, offre una nuance di spavalderia più feroce del suo compagno, il quale sta colle mani puntate su' fianchi, in atto di pavoneggiarsi ghissimo colletto di Del ripetiamo, loro la (,1) i. corrente, esistita, si è e. T>)V x(»'^/;v, cit. p. 273. s'ignoran dati precisi : alle seppur essa può venuta naturalmente a Lessico di Polluce IV 147; (da. sni- fierezza e cfr. Boet- miles gloriostis congetturale traccia rimarrebbe, maschere unica e affatto cosi sottilizzar squassar la chioma, come segno di Quanto poi lun- poi gli rivelasi Delle maschere greche dello aT/JaTtwT»; siriaiKTroc di terribilità) v. la descrizione nel tiger op. parentela Il manopole all'Italiano. marcata che dobbiam rinunciare a veramente (7ìt5tv vanità. esagerate mantello svolazzante il troppo, mentre la doppia dirsi e le maggior sveltezza che manca dà un'aria resto, immensa sua nella inamidato rivelan la sua nazione, stretta e (2), è facil riconoscere latine del un bassorilievo del Museo Kircheriano, riprodotto dal Ficoroni (Le Maschere sceniche e le figure comiche d'antichi Romani. Roma, De Rossi, 1735) tav. Ili, p. 29. Il Pougin, Dictionn. du Théàtre, Paris, Dìdot, 1885, p. 137 riporta, non so donde, una figura colla scritta thraso se mai, in MiLES ; ma all' infuori (2) Op. cit. Voi. del titolo II, flg. non presenta 9 e 10. speciali caratteristiche. 149 insieme in un unico tipo, modificantesi volta fondere per volta a seconda delle circostanze e a talento de' singoli attori. In capolista de' capitani spagnuoli va segnalato il Gap. Carbone, epiteto consacrato e quasi antonomastico maschera, come mostra, non della ove disapprova Boccalini il medie del personaggio del lendosi cosi Anche la celebre Fiera nella designare nome l'introduzione II, capitano il datane » dal teatro, Ed anche un vo- lo stesso reca questo Vecchi, agli eruditi, attore se ne insignì: come Y opera primordiale tentativo di ciò che poi divenne buffa (2). com- Buonarroti ha Orazio di ben nota », in genere (1). Att. Ili, se. 2') neW Anfipamaso comedia harmonica nelle Cardone Spagnuolo descrizione (Giorn. (Cent. I Ragg. 78), « capitano puramente generico. Sul carattere la « lo quel luogo foss' altro, Parnaso già citato de* Ragguagli di Giovanni Pelesino, della comica compagnia degli Uniti, di cui non sappiamo quasi niente tuttavia quadretto consta con Maramao canna d'un.... d' un gruppo (3). come Ne' Balli di Sfessania ove, di due, si sa, ciascun Cardone è unito (4), eh' è in atto di puntargli addosso la gran lavativo. Appunto perciò Cardone è quasi ignudo, e la sua persona smilza, ossuta, un par nita di di gambe lunghe mu- e storte, e terminata da un viso deforme con naso ad uncino, cui sovrastano (1) Che città della Cardona (2) p. 42 sgg. significa Gap. Spagna in Cardone? Forse può riawicinarsi a Cardona, di Lerida: cfr. don Juan Cardon de provincia Tabemaria di G. B. della Porta. ristampata dal Paglicci-Brozzi, in Gazz. Music. XLVIII (1893) per la recensione del Rénier cfr. Gior. Stor. XXII (1893) nella Fu — p. 379. (3) Cfr. (4) D'Ancona Origini etc. II 511 n. Su Maramao ha una lunga nota 2, e Baschet op. cit. lo Scherillo (p. 97 n. 2). p. 91. 150 piume le caratteristiche mico Un gruppo altro BARDON « un è di (1), effetto assai co- (2). primo Il « dagli abiti attillati, berretto e le brache frastagliate, la spada il « e calzato di stivali quasi minacciare volta le spalle, il ma Bom- del Callot è formato da Gap. e Gap. Grillo. al fianco sembra a rivolte smerlate (3) » suo compagno. Gap. Grillo, che gli guarda dietro a sé con aria sardo- nica e con quel suo naso adunco, lunghissimo. Malagamba Sand ce « : . . . . e Bellavita sono così descritti dal sbilenchi tutt' e due, salutandosi con pre- cauzione e diffidenza, portano immensi goletti insal- 1 dati, giarrettiere esagerate « maniche, e moda Il le brache, sopra gli stivali le loro alla tempo di Francesco I » (4). Gapitano Babèo è notevole per una grande del bottoniera che gli attraversa l'abito, e porta ne GùcuBA, giustifica le il la spada gambe. La sua aria d'imnome. Gon lui si accompagna sconciamente cacciata infra becille ; sono frastagliate calze le braccia alzate le come in atto di ballar la ta- rantella (5). Notiamo ancora Tagliacantoni che incrocia la spauno spadino lungo e sottile, colla grossa e corta sciabola di legno di Fracasso (6). Tagliacantoni è, seda, (1) di' Le piume, lo spennacchio e altri emblemi consimili sono indici come la cresta del gallo. Un significato analogo deve spavalderia, quindi avere lo « stecco d'argento » che il Capitano porta al cappello Pantalone del Gatticci (II, 3), e di cui lo Stappato domanda, un po' ingenuamente, che cosa mai stesse nella Bizzarrìa di (op. cit, p. 58) si ad indicare. (2) Per le figure rimandiamo a' Comici del Rasi. cfr. voi. I, p. 01. (3) Maur. Sand. Masques et bouffons de la comédie italienne (Paris, M. Levy fr., 1860) voi. I, p. 193 sg. dove son raggruppate tutte le descrizioni qui citate. (4) Id. I, 67. (5) Id. I, 71. (6) Id. I, 75. — Per la figura v. Rasi I, 64. 151 condo parole del Sand, « vestito d'abiti le un berretto piumato, fi: perto «e di stoffa legati d' Fracasso è, camice del mente con pretensione per una stranezza ». suo avversario Il barbetta a punta, fa compagni suoi — ne' Balli della collezione. lo ritrae nel col suo romanzo Gautier il Del Capitano Spezzamonti cogli altri (in (1) — non va proverbiale, quale Fracassa Gap. e colla sua Fracasso del Callot Il anche Fricasso trovasi dunque confuso rivestito inesplicabile, monumentale berrettone un singolare contrasto col co- con quel suo abito ridicol- di Pulcinella; e, largo, stretti, garetti cinti di pezzi i (2). Tranche- francese Montagne) è detto dal Sand eh' ei e chiudeva gli oc« chi quando combatteva contr' i suoi nemici per non ce veder pezzi i eh' ei stava per tagliare costume mentre tenta suo « re (3) D. Il è furibondo e, è un di e squarcia- de' soliti estrar dal ; ma egli fodero la spada arrugginita, dalla bocca sembra scagliare un lungo B Agatino (4), che l'evita voltan- getto di saliva contro con tutta dosi indietro e piegandosi meno ridicola del resto di quella del Questi (1) Rasi i la persona, non suo nemico. più salienti del caleidoscopio Gallot- tipi id. I, 890. Questo nome, forse inventato dal Folengo col suo gigante Fracaasus (v. più addietro, p. 46 n. 1), passò anche come soprannome di un capitano della casa Sanseverino (cfr. Croce Rie. isp. it. II, p. 18 n. 2) e ritrovasi, nella persona di Fracasso da Bergamo, in Bandelle Giorn. I, (2) Nov. XXXIV. Di a p. 98 n. (3) esso abbiamo citato gli esempì della commedia erudita 4. Ne' Betti et fatti de diversi etc. di Lorenzini, 1562) leggo a p. 33 la seguente Lud. Domenichi (Venezia, Fr. thrasonerìa : « Bellegambe, da Viadana diceva, che quando faceva alle coltellate, serrava gli occhi per non vedere i pezzi degli huomini che volavano per aria ». Il Galiani (Vocab. Napol. II, 130) ricorda un « Pascariello Spaccamonte, fa« et « moso saltimbanco che « Mattamoros (4) Rasi si rese celebre nel finger la parte del Capitano ». id. I, 77. Su Bagatino v. Sand II, 290. 152 ma tiano; di volo « Capitan Zerbino, il ì>, mano la Capitano Cerimonia, « il sulla spada la cui « sollevando dal pen- », di oc- garetti tesi, i punta minaccia mantello tutto intiero il <r maschera ornata nacchio trionfante e dalla « chiali (1) « ancora ve ne sarebbero, acuì accenna altri Sand, come il ma il cielo che merita nondimeno il suo nome per il dolce sguardo eh' ei sembra lanciare attraverso alla maschera alla Sig. Lache vinia, gli sta di contro (2). Inflne il Gap. Cocco- drillo con Cap. Esgangherato; e nella collezione dei Gueux roni modo spicca in singolare il Capitano de' Ba- (3). Ma matica queste figure sono, tutte osserva i>, come giustamente Rasi, « di un'esattezza storica assai proble- il e non si debbon altrimenti concepire che come variazioni fantastiche di un tipo comune nella realtà, e realmente soggetto a svariati travestimenti. Gli studiosi pertanto meno facilmente i hanno potuto nomi ne vestiron la dovea portare spesso la maschera sotto diversi risulta da alcune delle figurine del duce dal Cod. Corsiniano i ritratti attori che Il Capitano al volto, a quanto divisa. Callot, quell'informe abbozzo del Capitanio che via per lo più ritrovare più costumi de' principali ed anche da il Rasi ripro- (Scen. Locatelli) (4). Tutta- conservati appaiono senza ma- non vi si riscontra nessuna norma speciale che ne fìssi o ne regoli le modalità, come avviene p. es. del costume di Arlecchino o di Pulcinella; onde non sarà del tutto inutile rifarne la non schera, e riguardo (1) Rasi id. I, 961. (2) Rasi id. I, 172. (3) Per all' abito la descrizione cfr. Scherillo p. 98. (4) Rasi id. I, 742. 153 troppo lunga enumerazione (1), secondo resultati degli i studi più recenti, specialmente del Rasi. Del Capitano Spavento da Vall* Inferna, l'autore che primo Bravure Francesco Andreini — delle si presenta nella serie — — lasciò un ritratto il pittore Bernardino Poccetti, introducendolo in una lunetta del chiostro della SS. Annunziata di Firenze nel 1769, as- posteriormente dunque a quello del sai inserito nell' ediz. Veneziana delle Bravure Tumermann 1623 del (2). eviSand ne dà pure un ritratto (3); ma cervellotica ricostruzione dentemente non è che una di chi non ha neppure veduto la figura autentica questo Il — o almeno, più prossima Spavento; quindi nelle spoglie di di autenticità all' documento, e il — dell' Andreini non ha importanza personaggio rappresentatovi può be- nissimo chiamarsi Capitano Spavento, mente r Andreini. Questi, stando ma non è certa- al ritratto del Poc- un cappello di feltro a larga tesa con una grande piuma bianca. Il torace è rinserrato in un angusto e corto abito che rassomiglia all' armatura di un porta cetti, maniche amplissime, su cui si Un gran antico soldato, salvo le ribattono de' pesanti guantoni da schermidore. mantello gli avvolge (1) Gfr. Bartoli, le spalle, e Introduz. cit. p. un par CLXIX-CLXX, di calzoncini. Scherillo. op. cit. p. 99-105. (2) li Rasi (voi. I, p. 55 e 83) li riproduce entrambi, anzi del primo anche un ingrandimento a colori (tav. I), aggiungendo importanti schiarimenti illustrativi a pag. 87. Oltracciò il Rasi stesso (ibid. p. 66) riporta un fac-simile di un disegno a penna del Callot rappresentante il Capitano, che ne' particolari presenta d' insolito soltanto una piccola daga appesa alla cintola. Ma del rimanente non è press' a poco lo stesso co- offre stume dell' Andreini ? Anzi, vi è perfino lungo pizzo fluente e ne' Chissà che esso il il Callot baffi non avesse proprio celeberrimo Cap. Spavento (3) Voi. I tav. 12, e per una rassomiglianza abbondanti, col l' l' ritratto del fisica, nel Tumermann. intenzione di raffigurare anche ! illustrazione p. 354. 154 o piuttosto brache giungono appena fino alla coscia, mentre tutte le gambe rimangono scoperte e strette da lunghe calze, tenute ferme dalle giarrettiere presso ginocchio. il Un nome molto caro — uccisore TAMOROS al sione evidente agli Spagnuoli ov'è questo con etimologìa ed allu- — specialmente in Francia suo appellativo più comune, cominciando il dal protagonista dell' Illusion Comique Fra' comici militò ed ottenne fama il Ma- Capitano fu quello di di Mori, di Gorneille (1). sotto questo titolo napoletano Silvio Fiorillo, di cui non possono sarsi con precisione fis- d'età (2), segnalato agli limiti i non come l'inventore, almeno come un degli maschera di Pulcinella. Ma egli dovè sempre recitare come Matamoros (3) e quivi acquistarsi la sua massima gloria, se si dee giudicare dall' entustorici se iniziatori della da Pier Maria Cecchini, che « per siastica lode fattane « fare Capitano spagnuolo non ha avuto chi il che « et forse pochi varie compagnie commedia: / dice Fu ». lo — il presenta un' azione (1) Cfr. Fest. op. (2) Nel 1584 era mai molto cit. p. fra* si cita di lui Rasi, voi. I, altro a immaginano ». che Vi la rap- si piena di strava- intricata, 95 sgg. etc.) lui riportata in p. 291). Pulcinella etc. p. 45. Frutti delle mod. comm. etc. (3) Croce, (4) di non fanno che conduttori di compagnia a Napoli, lettera di Tristano Martinelli (1612), (cfr. s' (La Lucilla Costante 921 sgg- Non può esser che opera che p. giorno — esempio « gonfiarsi e lodarsi e vanagloriarsi di quello notte sognano e Ri- i vanagloriosi, composta « per vero specchio ed « alcuni bravi in credenza, che (( avanzi attore in qui nominare la scrittore basti tre Capitani Prologo il agguaglino (4) (fra gli Accesi, gli Affezionati e come e di lui soluti), lo p. 35. il e l'ultima usci nel 1632 Matamoros Baschet op. cit. : cfr. della p. 225 155 ganti accidenti, ove tre Capitani, stanno continuamente in scena Matamoros, Don Corta Rincones e pesta, de' quali i primi due parlano spagnuolo, 1' i Temultimo in italiano. Sul frontispizio di questa commedia Maccarano, 1621) vedesi il credersi autentico perchè è, a distanza differente edizione, la riproduzione datone Ghirlanda nell'egloga conforme la che può tempo e in di del ritratto esatta (1). Vi si presenta spagnuolo descritto dal Riccoboni tipo di al (ediz. Napoli, ritratto del Fiorillo : cappello piumato, veste larga e colletto insaldato, cal- spada zoni corti, la fianco, e al un par d' occhi e di che fan paura a guardarli. baffi Accanto a Matamoros Fabrizio 1637) De Fornaris (2). Il a Parigi nel De va nominato detto Cap. il suo emulo Coccodrillo (1560- Fornaris, comico Confidente, pubblicò 1585 1' Angelica eh' egli avea scritto de- sumendola da uno scenario regalatogli a Venezia da un gentiluomo napoletano (3). « Fu comico i> come attesta il Bartoli, « di mirabile ingegno e pratico di « varie lingue: ei soleva recitare in ispagnuolo costume non si non potendosi conosce, derare come ritratto del Cap. j. Il al certo Coccodrillo Y suo consi- omonima caricatura Callottiana unita con Cap. Esgangherato. Sempre a Parigi, mentre nel baraccone della piazza Dauphine s' illustrava, verso il 1522, col classico pseudomino di Rodomonte, il ciarlatano Mondor anch' egli, (1) Napoli, Longo, 1608. È accompagnato da un Retrato del Cap. Matamoros, in ottave alternate spagnuole e italiane cfr. Croce / teatri di Napoli (Napoli, Pierro, 1891), p. 66 sgg. Sul Matamoros che vedesi nel quadro de' Buffoni francesi e italiani cfr. Rasi loc. cit. (2) Date offerte dal Sand(l, 195) e accettate fino a prova contraria : anche dal Rasi (3) voi. I. p. Fr. Bartoli, op. 742 sgg. cit. I, 230 sgg. 156 dicono, italiano d' origine, — lustre Tabarin (4) compagnia recitava la Andreini, compagno ed associato dell'il- de Bourgogne al teatro dell'Hotel da G. Batta. de' Fedeli, condotta Francesco, ove le parti del Gap. Rino- figlio di ceronte eran sostenute dal ferrarese Girolamo Garavini, di cui Frane. Bartoli « Rappresentava egli in « teatro questo personaggio con armigero impeto, im« primendo timore, e inventando bravure oltre l'umano : troppo fantastiche e piene di iperboli « credere Che anche a lui si riferissero le critiche più addietro ricordate? moso per la sua gli fu trovato la sua ritrovato un asprissimo Andreini un de' più del Teatro tesi un ritratto di La maschera rillo, dell' sua morte (alla che por- cilicio), argomenti validi celeste (3). autenticità Composizioni di rettorica rimase fa- 4624, e devozione indosso geva a G. Batta per Morì nel religiosità e Il (2). 3> Cecchini del Rasi ne ha non dubbia nelle Arlecchino Martinelli. è somigliantissima a quella di Silvio Fio- come cosi nella terribilità dell' atteggiamento nei dettagli del costume. Non molti anni dopo, nel 4639 secondo giungeva a Parigi Bianchi noto col la nome ancora vivo nel 4682 narrano di lui, mi compagnia di (5). (4), Giuseppe Gap. Spezzaferro, eh' era Fra' diversi aneddoti che piace ripetere il assai grazioso. Parlandosi della sua r assicurò del contrario « si seguente, postumo, morte M*** medico pretendeva di somigliargli, di*** Sand il diretta da ma perchè » a Versailles, — il principe argomen- (1) Cfr. Sand l, 196 e la prefazione agli Oeuvres de Tabarin pubbl. da G. D' HarmonviUe (Paris, A. Delahays, 1858) p. VI. (2) Op. cit. I, (3) Rasi, voi. 252. I, p. 197-200. (4) l, (5) Rasi I, 415 sgg. 984 sgg. 157 tava — È caso di ripetere che se il « Capitano non ha mai ucciso nessuno j Il Due costumi non è Spezzaferro di (1). ben trovata. rimangono in an- vera, è tiche incisioni della Nazionale di Parigi, riprodotte dal Rasi (2). La prima che reca il motto: Ce Capitan fait grand esclat Et sa valeur est si parfaite Q'il est des derniers au combat Et de premiers à la retraite fiorami scritta e co' con guarnita giacca lo ritrae in guantoni da bottoniere a ricche scherma: con altra 1' la : Spezzaferro est rude à l'espade Mais ce n'est qu'en rodomontade ha il mantello e mosissimo spagnuola. colletto insaldato alla il Nella compagnia Bianchi era condotta dal Scaramuccia, al secolo Tiberio il fa- Fiorilli, napoletano n. nel 1608 e che nel 1692 recitava ancora Lo a Parigi (3). Scherillo gli assegna nella sua lista di Capitani : posto d'onore venne ad pitano (mentre in Francia « on il Scaramuccia boni, parlando della maschera di sicuri che in Italia essa il ma, nonostantechè le Ricco- (4), as- identificarsi col mit à tonte sauce Ca»), sembra più probabile che il Fiorilli dovesse mantenere un ruolo ben distinto da quello del Capitano, dal momento eh' egli trovavasi nella compagnia del Bianchi, Cap. Spezzaferro. Il suo stesso nio: semplice assai e tutto fianco, (1) ma Lo anche, citano (2) Loc. cit. (3) Rasi I, È il a Sand il Rasi, dal Livre del tutto fantastico 888-912. (4) Op. cit. II, p. 315. il n' è testimo- collo la chitarra tracolla, e costume in nero, spadino al che sana nom p. Sand voi. ritratto del ne ri- 272. I, tav. 13. 158 vela senz' altro la patria, Napoli, la terra prediletta dei musica canti e della (1). Del resto, anche altre maschere provenienza di meridionale, senza esser precisamente Capitani, meno sono più facilmente ricondurre si pos- nostro tipo. al Ciò dicasi, a mo' d'esempio, del Coviello (2), primo Zanni che sovente la fa da spaccone; onde il detto popolare e È un Coviello » per designare un bravaccio. Il suo carattere non fu mai ben determinato; : ma , ancora principio del secolo presente esso appa- al riva talvolta nel teatro di come Ma, tornando descrive preziose fonti francesi, poco pagliatamente negli archivi nuovo : verso il il Sand suo nuo\o al (3). in Francia, commancando le o niente si italiani, e si ricava spar- può ; parti le innamorato, col di nome Capitano, prima era secondo di Ortensio, fra' Gelosi eppoi Confidenti (5); Federico Beretta, verso il 1675(6); Gius. Ant. Fiala, napoletano, comico di S. A. di Modena, fiorito nella col titolo di Cap. (1) Cfr. Riccoboni op. (3) scorso, cit. Il flg. I, p. 11. (7); etc. Sand sec. E il Duca XVIP, il vecchio voi. II, tav. 43, e per la 889 e 901. Sand II, 287-290. Ferrucci Arte rappr. p. 283. Di altre maschere regionali della famiglia del Capitano, è come appendice, (4> Rasi I, 39. (5) Rasi I. 169. (6) Rasi I, 354. Rasi I, 876. (7) seconda metà del Sbranaleoni illustrazione p. 371, Rasi voi. (2") far solo Rasi ne ha tirato fuori qualcuno di Il Diego Angatoni (Sangre y Fuego), spagnuolo, 1658 (4) Franc. Antonazzoni, che fece sol da vecchio fra' suo costume allora, veri e propri Capitani, delle a' pagnie che non passarono qualche nome. Il divenne adattato diverso dal primitivo, atteggiamento, con una parte marionette, simile a quella dell'antico milea. nel cap. VIII. di- 159 due Frang. Manpone intorno al Bartoli ne aveva già segnalati altri Terremoto zANi, ossia Gap. 1655 e (1), : eh' egli Gap. Spacca, Nicola Boniti, napoletano, il che sarebbe morto nel 1750 ultimo nella serie di (2), cui rimanga memoria. Serie non tanto numerosa quanto Capur sempre gli epiteti de' ma che ricorrono nelle commedie, pitani assai svariata e ricca di figure caratteristiche, che do- vevan servire modello a Teofilo Gautier per di il suo celebre Capitarne Fracassa. Quivi la vita de' comici divien romanzo nome Matamoros barone i di ove (3), e l'ufficio di Capitano, in sostituzione del il morto compagnia, viene assunto dal giovane della un nobile Guascone rovinato, cui ingenua Isabella avevano persuaso Sigognac, begli occhi dell' ad abbandonar quiete miserabile del suo diroccato la castello per seguire l'avventuroso pellegrinaggio di que- gli zingari dell'Arte. So bene che qui siamo in pieno romanzo ; pure gli avvertimenti che l'autore fa per bocca del vecchio Bel- lambre dare al.... troppo focoso Capitano, mi sembran quasi una voce del passato che insegna, teatro alla mano, storia del la che fu o che dovè essere quel- ciò r infelice vittima delle proprie illusioni. e Fracasso.... voudrait bien étre brave « courage, les vaillants lui plaisent, et (( méme d'étre si poltron. qu'exploits heroìques, entreprises « gantesques; mais, quand vient cit. II, (3) Ricordiamo di Paolo Scarron. I, il aime le il ne rève surhumaines et gi- le péri!, « nation trop vive lui représente la (2) Bartoli op. cit. ; s'indigne lui- Loin du danger c( (1) Bartoli op. il son imagi- douleur des bles- 19. 128. eh' essa aveva già dato luogo al Rorn in comique 160 «: sures, le TÌsage « manque : camard de la raort, et le rage « battre, et la lui enfielle l'estomac, mier coup abat sa résolution « Capitano Spacca era morto Il tempo dopo Francesco e poco coeur se rebiffe d'abord à l'idée de se il mais tipo suso » (2). I tempi che scriveva in- fra' come di comici in di- erano ormai cambiati, infatti pre- metà del sec. XVIII alla Bartoli, ormai decrepito e « andato media dell'Arte esalava le » (1). torno al 1780, parlava del nostro personaggio un lui laisser la Com- allora gli ultimi aneliti, e con essa veniva naturalmente ad estinguersi, insieme colle anche questa che ivi avea trovato la il suo maggior lustro (3). altre maschere, sua massima espansione e 11 Goldoni stesso, che pur tanto doveva alla Commedia dell'Arte, nella sua immensa produzione non ha mai tentato il carattere del Capitano con intendimenti seri. Troviamo, è vero, nell'amante Militare (4) un tenente Don Garzia, soldataccio pieno di fumo e dì chiodi, gran giuocatore, burbanzoso chiacchierone, ganimede sprezzante che rifiuta i vezzi della sua ridicola innamorata Beatrice, cui (1) Gautier op. (2) Op. cit. I, cit. 213. Voi. Ma il I, « biamo cit. le parti : dal sospi- p. 269. principio addietro, stando al Quadrio che, verso « al avea promesso di spo- egli Qui sono dunque rovesciate sare. ascoltato volerlo nelle odierne della sua il 1740, decadenza risale commedie rifare.... non gradiscono popolo perchè danno realmente in scioccherìe e in freddure IH part. II, più protestava: « Quanti ab- ». Op. p. 219). (3) Ma nel sec. XVIII il millantatore trova ancora una certa fortuna nella Opera buffa napoletana, figlia della Commedia dell'Arte, fin dal primo inizio di questa forma teatrale, quale può dirsi VAnflparnaso del Vecchi. Il Cap. Cardane ebbe quivi una quantità ragguardevole di discendenti, per cui cfr. M. Scherillo St. letter. dell'Opera buffa napol. Napoli, Tip. e Ster. R. Univ., 1883, p. 47-48, 55, 62 etc. (4) Gollez. Completa delle Commedie del Sign. Carlo Tom. XXVI. vocato Veneziano (Piacenza, Majno, 1830) Goldoni, Av- 161 rante burlato della Commedia dell'Arte, egli tra- si sforma in conquistatore arrogante, quantunque verosimilmente la sua conquista non sia gran fatto invidiabile. Eppoi Don Garzìa è, in fin ribile a parole, ne' fatti un de' conti, non valoroso disdice. Del si ter- : resto egli è creatura dell'ambiente in cui lo ha posto l'immortal un accampamento militare, in tempo di Le brusche maniere e un tal quale spirito fan- Veneziano guerra. : farone divengono in certe contingenze quasi naturai necessità. non possiamo Infine ricercar nel Goldoni altri rap- presentanti del fu Capitano, cui be' tempi son i per davvero in questo sec. XIX, dove bran un anacronismo. divenute.... scettiche ed incredule Tommaso perchè si a' finiti sem- Colle nostre tendenze segue troppo sistema di San il — per — possa cinquecentisti trasonismo la pianta del vocare una frase cara vanterìe le rie- frn noi attecchire con successo. Non la già che natura special il mal seme ne umana non si rifa, modo, troppo bene si vanità e, di ostentazione, di ciarlataneria. Di guisa che, se l'esercito in ogni loro avi, le stragi (ma i sia del tutto disperso presta a un certo grado un tantino di spesso, a i moderni fanfaroni del- campioni non ne mancano, in classe sociale I), : e l'ambiente militare, in più miti e meno verità, cruenti dei non enumeran più le battaglie piramidali e favolose, non sanno tuttavia rinunciare a darsi delle arie, facendo loro meriti e, bella soprattutto, mostra delle loro more virtù, dei solito, delle loro inter- minabili fortune amorose. Ma queste son debolezze su cui il teatro degna appena gettare uno sguardo, di tanto in tanto, sorridendo. Qualche volta l'antichissima caricatura rifa capolino su' teatri di marionette o, magari, nelle farse e 11 162 nelle pochades, sotto le spoglie cialetto — galante e frivolo ammodernate basti ricordare dell'uffiil tenen- Guerra in tempo di pace del Moser e, fra le più recenti, anche uno Spagouolo, il t,'^enerale Yrrigua, nella Zampa legata {FU à la patte)! Ma il notino della stro gusto artistico è troppo fine scimunitaggini tarsi di siffatte ed educato per lo ; dilet- spirito di analisi e che informa ogni manifestazione intellettuale di critica insomma odierna, tutte le esigenze del teatro colto con- temporaneo richiedono qualchecosa di più e di meglio che lo spettacolo vuoto ed ingenuo di un insipido spacciator di frottole che pensa di gabbare gli altri ed è gabbato, che crede e vuol farsi credere un gigante, si ed è un nano. D'altronde, noi abituati a siamo fortunatamente ci riguardar la classe militare con occhio al- quanto più benigno Giacché, è superfluo ormai ricordarlo, la presenza del millantatore in una data letteratura ha sempre o un aperto carattere di reazione quasi sempre assunto contro certe condizioni o costumi speciali di un'epoca determinata, o di rappresaglia politica. L'antica Grecia e r Italia del '500 drizzavano il poi vi era aggiunto si il pungolo contro soldato raccogliticcio e di ventura cenario, straniero invasore. Trent'Anni, in cui campeggiò il profilo eroico del di la terribile guerra dei LXXTX cit. ; e p. 643, Der Soldat im Spiegel der Komódie, (1895) p. 478. Wal- Gustavo Adolfo, produ- Griphius (1) (1) Cfr. Reinhardstoettner op. Dr. Aly, mer- fra noi la tragica figura del ceva, simbolo sarcastico dettato da odi di parte, ribilicribrifax il un nuovo elemento, la satira dello Anche altrove era accaduto qual- checosa di simile. In Germania, lenstein e : VHor- Shakespeare nella e il lungo articolo del in Preussich. Jahrbb. 163 immortai creazione rona di Falstaff, di satelliti, Pistol, Poins, con quella degna co- Bardolph tendeva ritrarre in forma drammatica la e Nyms, in- profonda corru- zione ond'era stato circondato, in seno alla Corte inglese, V (1). Non ci fu altro che la Francia ricomparsa del soldato fanfarone nel teatro del giovane Enrico il ove la sec. XVI e XVII, indipendente dalle farse medioevali, non ebbe diretta corrispondenza nelle ragioni storiche e sociali, e dove marcio esisteva, Gap. Matamoros fu un plagio do- il vuto air influenza classico-italiana. Tuttavia non tanto e più elevata classe sociale tamoros di Corneille marsi nell'autentico anche là il quanto in altra sicché l'immaginario Ma- nella milizia ; non ebbe gran pena Marquis di Molière (2). a trasfor- Indice infausto d'immoralità e di corruzione, talora testimonio inevitabile di servitù, di decadenza della dignità personale e abbassamento, di delle virtù civili di un popolo, non se è dunque gran fatto da rimpiangere Capitano ormai è un'ombra del passato. La mo- il derna civiltà considera infatti il soldato ignobile strumento di tirannide e di viduali, non come un prepotenze indi- bensì come un coefficiente necessario e rispet- un paese. La non è più che una grande ed unica corporazione, non già a' servigi da tato della grandezza e della prosperità di milizia, divenuta stabile e nazionale, questo quel Signore, ma libero e fido sostegno alla sicurezza e agl'interessi dello Stato, nella quale tutti i membri si senton fratelli innanzi alla ferrea regola di una comune disciplina, e in cui i cittadini di uno stesso sangue e della stessa terra (1) Cfr. V. Herm. Reinhardstoettner op. Graf. si cit. uniscono a combattere p. 671. Sul milea in Inghilterra, Dissert. Ro- Der miles gloriosua im englischen Brama. stock. s. a. (1891). (2) Cfr. Fest. op. cit. p. 72, 102 sgg., 116 sgg. 164 in nome del dovere e dell'ideale nonché concetti ignoti generarono La patriottico. Parole e calpestati e derisi ne' lo spettro sinistro del Capitano tempi che ! rivendicazione dell'onor militare rigenerato poteva mancare anche sul teatro, e iniziatore riempiva loro il Barnhelm il (1). illustre i Minna von Lessing colla Poco appresso Napoleone mondo non Tedeschi ne fanno Grande il attonito colla meravigliosa leggenda de' suoi fasti, e la letteratura romantica creava il tipo del veterano, gloriosa reliquia dell' esercito imperiale, che con voce stanca e nepoti egli affievolita intesse a' figli ed r epico racconto di quelle lotte da giganti. narrava soltanto la verità, non sentiva il ai Ed bisogno Che dire mendicar menzogne o sfoderar millanti infine del soldato del Risorgimento italiano ? Il teatro di ! non ne ha mai raccolto di proposito la figura, forse perchè essa sta meglio alla semplice grandiosità della ma la mestoria che a' meschini artifici della scena ; moria n' è cara e venerata, e a l'idea di confonder la giusta e nessuno verrebbe mai quasi innata baldanza del valoroso col turgido vaniloquio di n08M8. (1) Cfr. Aly art. cit. p. 480 sgg. un miles glo- 165 Vili. — Giangurgolo il — Guappo Le popolazioni meridionali per focosa e proclive tasia, ria all' la Rogantino. natura loro stessa esagerazione ed voli della fan- a' han sempre dato un ottimo contingente del millantatore nostro ; alla sto- e fra esse più spiccata- mente che altrove assunsero questo carattere maschere puramente regionali, di cui maggiore importanza hanno calabrese, il Guappo napoletano, e il il Giangurgolo romano Rogantino. Badiamo bene che, se questi sono i tipi che nella loro intima essenza ripigliano la natura del miles glo' potremmo bensì quasi in tutte le maschere un momento della loro vita in cui esse pre- riosus, noi cogliere accidentale una certa tendenza alla pur sempre la risorsa dei deboli e degli sciocchi. Un esempio caratteristico se n' è già visto nel Coviello. Ma è naturale che noi non dobbiamo fermarci su ciascuna solo perchè in parte abbia cercato sentano in via vanteria, eh* è di muovere il riso, mostrandosi fino a un certo punto intinta di quel vizio che Sia dunque il sufficiente Capitano aveva incarnato. un cenno finale su queste tre personificazioni, intese respettivamente a rappresen- tare in forma caratteristica nomìa di moltiplicità di esclamare i tratti più salienti della fisio- un popolo. È un fenomeno strano questa al maschere locali in Italia, ciò francese Federico Mercey : che faceva 166 Cosa singolare e degna di nota l' Italia è forse Europa dove ciascuna provincia ha suo tipo comico, personificazione de' lati ridicoli « «r il « il « di ! solo paese dell' un popolo e di certe abitudini morali, e dove « sto tipo si è religiosamente conservato. « questi non è dunque senza interesse tipi « mostra (( sotto « lingua «. grado « d' oggi, di esso ci impreveduti, aiuta la conoscenza della abitudini nazionali e, mettendoci in delle paragonarne di ; carattere di ciascuna popolazione italiana il aspetti e que- Lo studio completa i costumi la storia del Cominciamo da d' ieri popolo » Giangurgolo, (1). senza un' altra volta sulla etimologìa di questo con quelli sofisticare nom e, Giovan-Gurgolo, cioè Giovanni sulta chiara da che ri- Goloso, mentre il ricordo che il Rasi fa di un Zan Gurgola (2) mi sembra portare press' a poco alle medesime il conclusioni. Narra una tradizione che questa maschera avrebbe un'origine storica. Occupata la Sicilia da Vittorio deo di Savoia in di Utrecht, alcuni gentiluomini siciliani che preferivan nuovo dominatore, passarono lo cando a Reggio (3). Ma lo Spagnolismo, l'esilio al (1) Gfr. gli studi di F. Deux Mondea, et Ame- seguito alle convenzioni del trattato Mercey sul Théàtre en 1840 (15 marzo, I Stenterello ; Stretto, sbardi cui questi Italie in 15 aprile, II Revue dea Meo Patacca Cassandrino ; 1 giugno, III Scaramouche et Pulcinella; 1" settemIV Lea quatre maaquea de la Comédie italienne) II, p. 196 sg, bre, (2) Rasi, op. cit. Voi. I 79-81. Maschere e burattini (Roma, Ferino, 1885), non vorremmo respingere assolutamente l'attendibilità, va tuttavia messa per lo meno in dubbio, dal momento che il diligente storico di Reggio, Domenico Spanò-Bolani (Storia di Reg(3) Gfr. Gius. Petrai, pag. 34-36. Tale notizia, di cui gio di Calabria, Napoli, Stamp. e Cartiera del Fibreno, 1857), discorrendo dell'occupazione della Sicilia per parte del principe Sabaudo (Voi. Gap. II, § 3), non fa cenno di questo sbarco. II, 167 fuorusciti, in virtù della secolare soggezione al re Cat- erano imbevuti, avrebbe dato nel naso tolico, Calabresi, che a' buoni avrebber messi in caricatura, appunto li col Giangurgolo. Ma, comecché a prim' aspetto la cosa possa giudiprobabile, non sembra degna di fede una carsi assai tale derivazione. Anche senza tener conto presenta, che modo del fa dire allo Scherillo esser ond* esso si Giangurgolo « piuttosto un mafiuso che una caricatura de' rodomonti spagnoli » (1), è poco probabile che da' Calabresi s' impersonasse in un concittadino la satira che voleva lanciar contro agli stranieri, siciliani o spa- si gnuoli eh' essi fossero A (2), questa ragione, diciamo così, di sentimento, del Calabrese tre il trattato compare personaggio infatti già nel secolo XVII, men- Utrecht di basterebbe provarlo commedia si Il aggiungono anche ragioni cronologiche. la fu stipulato nel 1713; e a del Rasi stesso. citazione del dott. Pietro Piperno: Disperarsi La per la speranza, ovvero la perfida Fida, in cui ha parte un Morello Calabrese, eh' è evidentemente la stessa cosa del Giangurgolo, Inoltre, trovasi porta la data un Calabrese : Napoli, Mollo, 1G88. una commedia rap- in presentata nel 1655, e in un' altra che il Croce crede Op. cit p. 108 n. 2. sarebbe lecito supporre, data un'origine calabrese della maschera, che essa fosse la caricatura di Calabresi, divenuti forse ridicoli (1) (2) Piuttosto imitatori de' già ridicoli gherebbe, pur senza cavalieri siciliani spagnoleggianti. Questo spie- accettare la tradizione, il tanto dirsi Principe Siciliano. Alcuni Calabresi da me interpellati mi han dichiarato non serbarsi notizia in Calabria di Giangurgolo, che adesso è affatto scomparso; oggidì esiste nei loro teatri di marionette provenienza sicula, con tendenze spiccate perchè Giangurgolo ami — lo noto per incidenza — ma che al contrario anche un Peppininu Tataranciu, alla guapperia. di 168 del principio del '600 ecc. ecc. (1). Voglio credere che nome Giangurgolo il sia apparso più tardi ma ; il nome non può esser guida sicura per rintracciare V origine di una maschera, mentre tutto induce a credere, come accenna il Rasi (2) e conferma il Croce (3), che Giangurgolo sia soltanto una delle forme che assunse la maschera del Calabrese, di cui sono abbastanza noti lo Studente e Y Abate (4). Ora, da una parte noi vediamo che mancano afsolo genuini Calabresi, perchè fatto al nostro studio dati il non ha avuto un maturo svolseppure il Lumini ha potuto pubblicare di farse Calabre (5), non potremmo dicerto teatro in quella regione gimento; una e, raccolta in questa raccolta cercare elementi utili alla conoscenza Teatri di Napoli (1) Cfr. B. Croce, Non stiamo a citare pone la data 1625 alla (2) Loc. un cit., Sand il che, ecc., p. arbitrariamente 32 sua figura di Giangurgolo (op. « il Calabrese, di cui ecc. n., p. 151, ecc. come di consueto, ap- cit. Voi. I, tav. 14"). Giangurgolo non era che Iato ». di S. (3) Pulcinella e (4) Tolgo alcune Di Giacomo mente St. persoti, del Napol. ecc., p. 102. notizie (2* ediz., XIX dalla Cronaca del teatro Tronci-Vecchi, 1895. Napoli, illustrata, è di sione V. Giorn. il S. La di S. Carlino 1* ediz., splendida- Di Giacomo, ed., 1891. Per la recenVerso la metà del '700 è ricordato un (1892), 111). Francesco Bauci, che nelle commedie a soggetto recitate al teatrino di Corte napoletano faceva le parti di Abate bitontese (p. 87), poco in: nanzi dal Liveri era stata composta una commedia dal (p. 84), come pure Abate burlato fra (p. 208). le titolo: L'Abate opere di un Pasquale Starace è ricordato un Intorno al personaggio dell'Abate stesso cfr. op. cit. ove si cita la spiegazione data dal Galiani nel suo Vocabolario della voce dialettale Pacche secche, divenuta parola d'ingiuria a dinotare un Abate o uno Studente, povero e mal vestito, calabrese s' intende. p. 46-53, I due tipi dunque dell'Abate dell'Abate calabrese moso fu e dello Studente si confondevano in uno : ti Giancola, che divenne poi pseudonimo del pò fa- Pulcinella. Vincenzo Maccarano (1720-1809) per cui cfr. op. cit., passim. Vedi pure Croce, Teatri ecc., p. 775. Sullo Studente calabrese V. Croce Pulcinella etc, p. 103 sg. (5) Le farse di Carnevale in Calabria e in Sicilia di Apollo Lumini (Nicastro, Nicotera, 1888). Vedi pure gli Studi Calabresi dello stesso (Cosenza, Aprea, 1890). 169 della nostra maschera. D' altra parte la figura del Ca- labrese ne' suoi molteplici aspetti spicca di sovente nelle produzioni infinite delle che, illazioni, teatro del Che possiamo dunque Giangurgolo e cioè, non siano suoi compaesani di comici Napoletani, Napoletano. dialettale da ciò? La più naturale inferir altro gli altri tipi che una invenzione da cui è noto in che conto fos- sero tenuti que' provinciali. Giacché ai colti cittadini della bella Partenope dovevano necessariamente sembrar degni di tutto il dique' sprezzo posta là nel- Calabria, rozza della figli r estremo lembo meridionale d' Italia, ove la civiltà ha sempre, effettivamente, progredito in modo assai lento. Ed è proverbiale la fama de' Calabresi ignoranti e : presuntuosi tempo al pezzenti (1). Tal' è la figura labrese quale pre poco lusinghiera del Ca- delinea agli occhi del popolo che sem- si primeggiò semi-barbari, dissoluti, stesso, nella parte della inferiore Giangurgolo è appunto un' emanazione di penisola : questo sen- timento. Le sue caratteristiche sono anzitutto la voracità e la ghiottonerìa. durre prei al : tipo il Calabrese fama è Manducus volesse qui ripro- il delle Atellane, pensiero il si riporta ghiottone, la cui pervenuta fino a noi insieme cogli in confuso nomi più si spagnoleggiante, non sa- certo è che più facilmente vecchio altri Fino a che punto del celebrati di quelle antichissime maschere popolari latine. Nello stesso nato per pre d' le tempo, donne, incontrare egli è di cui un poltrone, appassio- però ha paura, temendo sem- un uomo sotto le loro sottane gliacco che se la ripiglia co' più deboli, (1) Gfr. Croce Pulcinella ecc., loc. cit. ma : vi- fugge da- 170 un ragazzo che grida insomma, conclude « un misto di Gargantua, di Matamoros vanti a Sand : (1), di Pierrot e ì>. Scarso è di il il numero Giangurgolo, di cui di documenti ove resta il nome non è possibile fissare la prima apparizione e che non dev' essere durato a lungo sulle scene. Ma ne' documenti rimasti è notevole eh' egli muta continuamente bitrio in il suo stato e fisionomìa, variandosi ad arsua professione. Lo ritroviamo di la due degli Scenari pubblicati dal Bartoli. Ne' Quattro Pazzi « opera tragica » (2), Giangur- golo è uomo Corte di tuno. Innamorato pitano di Corte a' servigi Lucinda di del Principe di Net- e perciò rivale del Ca- un miles glonosus)^ (che non è però insieme con Cola uno strattagemma per rosuo avversario nella grazia del Principe, e a quest'uopo si travestono. Ma il loro trucco è scoperto concerta vinare il per opera di Scappino; sicché e acchiappati dagli sbirri (Atto due sono smascherati i I). Il dona, protestando Giangurgolo eh' è acciecato (Atto II); col cedere (Atto ogni e il Principe per- gli amore che lo ha nostro dabben uomo finisce pretensione su l' Lucinda al Capitano III). Al contrario, ne' Tappeti loso (3), ovvero Colafronio GeGiangurgolo ha una parte assai importante, ma si trasforma alquanto dal tipo precedente è divenuto un oste furbo e compiacente, che si presta a secondare gli amori un po' per timore, mollo per astuzia. egli : Abilissimo ne' ripieghi, trova varie « invenzioni » tappeti (L 4), della notte Op. Ad. cit. I, (2) (3) Op. cit. (1) (II. 201 sg. Bartoli, op. p. 277. cit. p. 203. : dei 6), degli spiriti (IL 9) e 171 del Negromante 4), ossia ingegnosi espedienti per (III. trar d' impaccio nelle varie contingenze che in lui lito ma gì' invenzioni innamorati vero che egli apparisce pien di brio riesce so il di tutto e di sagacità delle sue colla (1). ì> Un campo si È che paventa continuamente coniglio, tutti, « affidano. si ove sembra che molto poco esplorato, svolgessero di sovente le avventure del nostro Ca- labrese, son le Farse Gavaiuole, intorno a cui fin adesso l'unico studio è quello del Tor- abbastanza notevole raca (2). Questi cita fra le altre la Scola Cavaiuola di Giovanni d'Antonio detto già aveva fatto cenno rendo Partenopeo il (3), della quale Palermo là dov'egli, discorun codice di componimenti in dialetto napoPietro Antonio Caracciolo detto Epicuro, si di letano di prova a dimostrare il nessuna attinenza delle Cavaiuole la stesse colle Atellane e Exodia del teatro popolare gli latino (4). Si tratta di un povero maestro disperato per una specie della Class furfanteria de' suoi scolari : Asen! Come si capisce, nessuno sa la pevoli, per non esser puniti, regalano stro la loro merenda. Fra Giancurzolo (notiamo (1) Il Croce (Pulcin. Scenari del Conte di la essi lezione, e anche è stroppiatura del etc. p. 103) ne segnala Casamarciano ; cfr. ghiotto al 1' il i la di col- mae- Calabrese nome) che gli esistenza anche negli Giorn. Stor. XXIX (1897) pagg. 211-214. (2) Frane. Torraca. Vigo, 1884) p. (3) Di Studi di storia letteraria Napoletana. (Livorno, 1(32. lui e delle sue opere dà un cenno Pietro Martorana nelle Notizie biografiche degli scrittori del dialetto Napoletano. (Napoli, Chiùrazzi, 1874) p. 13-15 che lo dice vissuto verso il 1720. Il Torraca cita r Ediz. completa delle Opere di Giovanni d' Antonio. (Napoli, G. M. Porcellis, 1788). Palermo. / tnss. Palatini ne dà un largo sunto, op. cit. (4) Pr. Scherillo etc. Voi. II, p. p. 23. 590 sgg. Anche lo 172 dà cepudda con stu trunzu (1) ». Non posso seil testo completo della farsa, lo « sta mancandomi guire, svolgimento di questa sequela di corbellerie e di scene ma ridicole; è facile immaginarci la figura del nostro personaggio, come vi si delinea che qui dunque ha nuovo mutato condizione, trasformandosi in stu- di dente (2). È deplorevole che conoscere tutte vieti di la deficienza di documenti sue successive le ci metamorfosi nel teatro Napoletano, perchè ciò darebbe forse luogo a uno studio ed curioso interessante. Non possiamo che una testimonianza del Ferrucci informa come talvolta Giangurgolo passasse an- aggiungere altro che e' che alla parte del padre (3). Quanto al costume del Calabrese, non abbiamo altra fonte che il Riccoboni. Questi ce ne dà una figura (4), da cui probabilmente trasse 1' ispirazione della sua cartone, il Sand. È riconoscibile un naso che sembra r odor delle vivande a all'enorme naso di fatto apposta per fiutar lui predilette. Un alto cappel- lone simile a quel di Pulcinella, abito analogo a quello compiono la caricatura, munita, una spada che non serve se non a. im- de' Capitani spagnuoli, al solito, di . . pacciargli la fuga, qualche volta (5). (1) (2) Questa cipolla con questo torso. lo scolaretto della Farsa Gavaiuola è differente dal tipo dello Ma Studente calabrese. (3) Arte rappr. parte I, p. 278. (4) Op. cit. voi. II, fig. XII e, per la breve illustrazione, p. 315. (5) Questa foggia spagnoleggiante del suo costume non può per altro infirmare la sua origine affatto napoletana, perchè la testimonianza del vestito conta poco, ed è anzi naturale che nell' effigiare un millantatore si ritornasse sempre col pensiero agli Spagnuoli. Eppoi resta sempre plausibile l' ipotesi ammessa che la satira si rivolgesse veramente a Calabresi scimmiottanti i Siciliani che alla lor volta avevano per figu, rini gli Spagnuoli. 173 Molti la grande notizia che affrettano a ripetere la si mimo riproduzione ficoroniana di un su onice, ricorda molto da vicino antico inciso la figura del moderno Giangurgolo, col suo naso spropositato, la faccia sbarbata tinta di cinabro, e l' andatura bellicosa (1). Lascio considerare l'importanza di questa scoperta non del dicare la nascita mose che ! Speriamo più alcuno che voglia giovarsene per riven- ci sia quelle Atellane Calabrese a invocano sempre quando non s' si fa- sa piìi che cosa inventare. del Calabrese fu qualchecosa di dif- La maschera ferente dal tipo tradizionale del Capitano, ed è oggi del scomparsa; tutto l'aspetto invece del vecchio miconservò e conserva ancora il famigerato guappo. tutto les Guappo o Vappo fu il San Carlino Il diletto ancora fa ridere di so (2), delle cui di i gesta teatro pre- Napoli testé demolito, e che frequentatori di certi spet- un personaggio essenzialmente deve riconnettersi non tanto allo queir altra macchietta ben nota tacoli di marionette, è paesano, e come tale Spagnuolo quanto a alla letteratura partenopea col nome appunto di Na- poletano. La storia del Napoletano in commedia è ormai esaurita dal competente studio del Croce, che lo defi- nisce in « parlava linea e insulsaggini, e ora si « di seggio, « pitano come generale un grossolano « un personaggio che dialetto e diceva goff'aggini e presentava come un gentiluomo più frequentemente si confondeva col ca- vanaglorioso, talvolta appariva anche in altri (4) Ficoroni, op. cit. tav. VII, fig. 9 a p. 46. (2) simili. Dallo spagnuolo guapo — elegante, coraggioso, seducente e 174 'K mestieri, scrivano della Vicaria, servitore, perfino e ruffiano » (1). Ma, se Napoletano introduceva il i suoi lazzi e suo gergo nella commedia erudita del '500, tura dialettale propriamente detta gli pose accanto un gemello nel Guappo, anch'esso fratello il la lettera- di origine ab- bastanza remota. Giacché, infuori della canzoncina popolare che all' chiama guappo Masaniello, questo nome spunta già per tempo nei poemetti in vernacolo, su' primi del '600. Basti ricordare il celebre Micco Passavo innamorato, l'eroe eponimo della nota operetta di Giulio Cesare Cortese (2), prima la Più e alcune egloghe del Basile, di cui subito s'intitola Clio tardi, verso tava le gesta di un Micco Passaro. di il overo 1720, Smargiasse li (3). un nuovo poema raccon- altro bravaccio dello stesso È di Giovanni genere d'Antonio, l'autore della Farsa Cavaiuola già citata, che divise il suo Man- dracchio in quattro poemetti di cinque canti ognuno: anzi nella seconda e terza parte Mandracchio ha molte avventure in compagnia di Micco Passaro stesso nella Scola Curialesca 'ncantata del (4). E medesimo d'An- tonio comparisce fra gli altri « Tartaglia figlio di Spac- camonte guappo », che mostra come questi facesse già capolino anche sul teatro. Ma sulla scena veramente il guappo [è venuto in onore solo nel secolo presente, ov'esso (1) Pule, e il peraon. del Napol. -i è costituito p. 94. Maccarano, 1624, Cfr. Scherillo op. cit. p. 109, che altrove ricorda anche un sonetto dello Sgruttendio alla spada di Scatozza (p. 18). (2) Napoli, (3) poli, — Le Mus- NapoUtane. Egloghe di Gian Alessio Abbattutis (Na- Maccarano, 1625). (4) I titoli dei Mandracchio Mandracchio innamorato Mandracchio repatriato e Mandracchio delle Opere di G.d'Aiit. già citata. quattro poemetti sono: aailiato alletterato. Cfr. l'edizione — 175 prosecutore della classica Ed scomparsa. figura come esso, già il del Capitano guappo vernacoli, fu trapiantato sul teatro dalla Intorno « il comune. Del Balzo, moderno illustratore di Il guappo è l'uomo lui, un « traversato da coraggio, di il protettore porta il cappello a staio bianco, nero, il panciotto a scacchi at- giacca di velluto la vita : « di chi ricorre a « poemetti sua personalità ecco che cosa dice, nella alla sua prosa vivace, Napoli ormai de' laccio d' oro massiccio, che gli scende « a due o tre giri dal collo, le dita cariche di anelli, « calzoni a « i « « di un capo tamburo. Il guappo non è il non esige il diritto di camorra sul diritto «. si contenta soltanto « egli parla f «: tutti d' sere inviolabile. del Il guappo del altrui, egli sua volontà, quando fra il popolino è la cari- medio evo. Il guappo di Quando è la caricatura della caricatura. pirula non è rispettata, egli si slancia sul tenere, a tempo, per le braccia « ribelle, e, facendosi « dai suoi amici, grida « la debbono tacere e ascoltare la sua legge. La sua ronna dev' es- cavaliere San Carlino « la sua « imporre camorrista, pirola, che dev' esser « catura « i gambe, ma larghi sulle scarpe, e la canna zucchero che gira intorno con la forza e 1' abilità teniteme ca se no V aceido. Se r avversario caccia il coltello, egli, allora, sorride e dice che ha scherzato e che 1' uommeni sono tutti « amici. » Tale (1). il smargiasso : costume, di il portamento, la natura dello Basso Porto, del quale ognuno che ab- Carlo Del Balzo, Napoli e i Napoletani Milano, Treves, 1885 tengo conto di ciò che dice del Vappo il Sand (I, 202), perchè senza importanza. 11 S. stesso ricorda in altro punto (I, 198) il napoletano Sitonno (Zutunno), una specie di birichino e parente stretto del (1) p. 114. Non Guappo Piovana ; del qual nome un primo accenno pretende del Ruzzante (1530). ritrovare nella 176 un poco ha certamente veduto bia visitato anche poli, i quartieri popolari di Na- A che qualche campione. prò seguirlo ne' suoi comici lazzi attraverso il teatro del secolo nostro? Già abbastanza ne abbiamo vedute e sentite delle bravate, ed ormai non più nulla di nuovo intorno al nostro di tutte quelle e' insegnerebbe uomo innumerevoli produzioni da Orazio Schiano ad Antonio Altavilla, Petito, impresari, attori e deliziato le miriadi di occuparono gli una Gammarano serie di belli e bizzarri ingegni, da Filippo a Pasquale lo spoglio colle quali autori al spettatori, tempo stesso, han che successivamente scanni del San Carlino. I più celebri guappi popolarissimo teatro fu- del rono Raffaele Santelìa e Raffaele di Napoli. II primo (1787-1854), che fu anche autore di pia- commedie in dialetto, era fra' principali attori della compagnia comica di San Carlino, che fin dal 1835 era costituita in un assetto molto completo (1). Di esso apprendo dal Di Giacomo un particolare cucevoli « Vestiva da rioso. « E Rugantino : calzoni corti neri, giam- berga rossa, spadino, cappello immenso, a tricorno. » a lui, guappo plebeo, contrapponevasi il guappo in guanti e soprabito, che parlava in lingua a spropositi, ossia Giovanni De Ma la palma Lillis, delle morto nel 1856 (2). conse- glorie guappistiche fu guita da Raffaele Di Napoli. Questi, lasciata la primitiva professione di sarto, nel Teatro Sebeto cominciò ad essere scritturato come comparsa, poi come guappo : nel 1853 fu chiamato a sostenere questo carattere nella Compagnia telìa, del San Carlino, in sostituzione del e vi raggiunse una fama invidiabile (2) Di Giacomo, op. Ibidem, p. 456. (3) Ibid (1) S. p. 486, 534 e cit. p. 440 e passim. pa8$im. (3). San- Bisogna 177 domandarlo tempi napoletani che lo udirono: bei buoni ai allorquando con quelli, Pasquale Altavilla Don Pancrazio e col Pulcinella Antonio Petite simo guappo teneva ancor l' esilarantis- alte le sorti del loro teatro prediletto. Il Di Napoli morì tempi finirono il : nel 1878, e dopo San Carlino fu di lui i bei distrutto nel 1884, ed ora sono passate alle baracche de' burattini tutte quelle comiche macchiette umore tengono a poco a poco dine umana Per han tenuto desto che il buon molte e molte generazioni, e che ormai ot- di il per tanti : l' il guappo però altri solito premio dell' ingratitu- oblio. la condizione è migliore che suoi compagni. Basta andare a Napoli, commedia si può vedere quotidianamente, gratis amore Dei, per i chiassi, per le vie. È la natura e la et esuberante del come sempre, corrispondente si espande, rumorosa ma .... troppo spesso non napoletano che turbolenta, ne' fatti alle parole ! frater caro, so' ttrasteverino e ttutto me' pòi dì forche ppidocchio ; quannu facevo er carettiere a vvino, l'orloggio solo me costava 'n occhio : Io, ; marciavo che pparevo un signorino! carzoni corti insinent'ar ginocchio, ggiacchetta de velluto sopraffino, fibbie d' argento e scarpe co' lo scrocchio ; er fongo (1), a ppan de zucchero, infiorato, un fascione de seta sa la panza e ar collo un fazzoletto colorato; portavo tanti anelli d'oro ar doto e ccatene, che senza esaggeranza, parevo la madonna de Loreto. (2). (1) Cappello. (2) Gito questo sonetto dello Zanazzo dalle Maschere e burattini del Petrai, p. 53. 12 178 Così il gentile ben noto poeta Romanesco fa a me sembra che questo breve e Ed parlare Rogantino. Giggi Zanazzo serva mirabilmente a tratteg- ritratto di giare la figura di quest' altro spaccamontagne, tardo e degenere ma Romolo, figlio della forte schiatta di di- scendente non indegno del soldato plautino. A Roma svolgimento, teatro dialettale ha avuto bensì il ma esso è assai moderno, e quasi mai varcato il secoli marioche formarono per quasi due della plebe la gioia popolo di Roma suo triviale repertorio delle nette, ne' rozzi baracconi il il non ha mai, di cesarea Roma papale, come un giorno erasi già dilettato de* ludi del Circo e de' grandiosi spettacoli scenici (1). Ma quando buoni i Romani de Roma e », stipati nel teatrucolo del burattinaio, facevano le matte risate sulle grottesche di smancerìe e sulle Rogantino, non pietose avventure sapevano forse che E volta rideva di loro. infatti si questi a sua può dire che Rogan- nato proprio sotto la cupola di S. Pietro, rispec- tino, chiava vecchio teatro di Pallacorda (oggi Metastasio) al la miserabile condizione di spirito di que' soggetti della Curia, la cui snervante dominazione infiacchì l'anima Roma, che, pur sempre serbando con orgoglio memoria degli aviti splendori, non albergava più che un popolo di pecorelle, fra cui ogni noantica dì il nome grande sentimento sarebbe stato un' bile e più bei I metà e la giorni per Rogantino di questo secolo, al lebre Gaetanaccio, Non (1) teatrali; ma stico (Cfr. il già che a 1' irrisione. furono verso ambulante teatrino la del ce- ardito impresario che, nonostante Roma non esistessero più grandiosi spettacoli questi erano riserbati alla classe dirigente laica ed ecclesiabel libro dell' AdemoUo, / ticolo riassuntivo A. Bertolotti nel Roma nel secolo XVJI). Roma scrisse un buon ar- teatri di Intorno alle rappresentazioni dei burattini in Fanfulla (Anno 1882, N. 64). 179 censura pontificale, osava dir ciò che la severità della tacevano, senza riguardo gli altri a' ricchi e ai porpo- facendosi banditore della pubblica opinione, sicché rati, sovente carcere era duro premio alla sua imprudente il Ma franchezza. più la stima e ciò non faceva che accrescergli sempre favore popolare. il Lasciamo parlare il geniale ricercatore di cose ro- mane, Costantino Maes: « Rogantino è lo spadaccino « di ottant' anni fa grande accattabrighe, smargiasso ; « e millantatore all'eccesso, « ma soprattutto poltrone: ha un accento bizzarro, e « è però brutale, assai la r romanesca. Talvolta fa il fa sentire capo di sbirri, quando viene ad arrestare qualcuno, se il colpevole gli sfugge, prende pel petto un innocente e, se qualcuno si attenta ad impedirglielo, minaccia « e c « ; € allora di colpire e carcerare alla rinfusa. La scena termina per « « generale da cui e stato ma una è Romanesca con un tafferuglio Me « ne hanno date » gliene ho dette!!!» (i). In complesso eh' egli solito ^ compassionevole » (egli dice) « il Rogantino scampa sempre in uno però non è cattivo, seconda edizione dello e si dell' altra può dire maschera spaccone vigliacco. Marco Pepe, da cui egli diversifica solo in quanto Rogantino sta solo (2), e Marco non può separarsi vente contrasto insieme e Patacca, bella figura il di nazione di quella valentìa (1) e. sg. cfr. Maes. Curiosità Sand. op. cit. I, 203. da quello di cui è compagno indivisibile vi- Meo gagliardo spensierato, incarfisica che ha dato all'agro romane (Roma, Ferino, 1885) Voi. Ili, p. 12 Non ho potuto ripescare la pappolata ro- Zanazzo scrisse su Rogantino nell'omonimo giornaletto uno dei primi numeri, Talora anch' egli è messo di fronte a Meo Patacca, se pure è manesca che lo umoristico, in (2) il : autentico l'aneddoto riferito dal Petrai, op. cit. p. 92 sg. ]80 Romano ma più temuti, i questi ultimi Meo ; sandrino è rimasto più i senza peraltro eh' egli abbia valorosi de' briganti brigantesche qualità di le Patacca, colui che insieme con Gas- maschera più la caratteristica del teatro romanesco, e che dette luogo a di Giuseppe Berneri un lungo poema illustrato poi al principio del stro secolo da quel bizzarro artista che fu no- Bartolommeo Pinelli (1). Marco Pepe e «; che, cioè, « paura dice » il Mercey (2) e: non diffe- suo compagno che in un punto essenziale « risce dal Meo Patacca non teme di tutto ». trasteverino ; Entrambi sono nulla, e lui, ; Marco, ha personificazione del la e le loro opposte qualità spiccano meglio che altrove nella vecchia operetta del maestro Galanti « di Meo Patacca cui Marco Pepe un sunto nel er greve e può leggere si la crapetta libercolo », del Petrai (3). Tornando a Rogantino, che cosa possiamo più intorno a lui ? nacque, ma Non si dir di sa precisamente quand' egli sua sponte, « senza co- è certo che nacque « noscere della sua nobile famiglia », come dice Jorick, « altro ascendente che quel lontanissimo antenato posto commedia da Plauto « in presenza, per quanto metà del secolo scorso, » (4). sappia, si E primi suoi i non risalgono quando già il atti di oltre la classico Capitano era in piena decadenza. (1) G. Berneri, Il di Vienna. Poema Meo Patacca, ovvero Roma in festa ne' trionfi giocoso nel linguaggio romanesco, illustrato con 12 di- segni del Pinelli (Roma, Tip. Ed. Industr., 1884, voi. 3 in-32). (2) Loc. cit. II p. (3) Op. cit. p. 180 37-39. ; Il anche Sand cfr. I, 152, nomi di Checco Tacconi, celeun buon Marco Pepe nella persona Petrai cita i bre nella parie di Meo Patacca, e di di Pippo Tamburri. (4) Yorick (aw. P. G. Ferrigni) Storia dei Burattini (Firenze, Tipografia del Fieramosca, 1894) p 176-178. . 181 Ricordo che nella mascherata febbraio 1779 l'Abate di Roma Benedetti, le spoglie di come ma pur si suol dire, furore (1). l' astro della fortuna è oggi rimane egli in certe occasioni rappresentante della dopo essere diario Rogantino, allora già certamente invalso Oggi anche per Rogantino tramontato, un appunto sotto assai interessante, si presentò nell'uso, facendovi, il carnevalesca del 6 autore di sua Roma; e Giggi Zanazzo, al Conmaschere tenuto a Milano nel carnevale del 1884 (2), 1' anno seguente aperse egli stesso il secondo Congresso. E il discorso inaugurale in dialetto romanesco di Rogantino (3), che costituisce forse il mo- gresso intervenuto in questo costume di mento più importante e più bello sua vita della arti- nuova Capitale agli amici e confratelli che affluivano in Campidoglio, ar- stica, portò esso il saluto della recandovi un'ultima volta la nota gaia di quella lieta genìa che ora va pur troppo scomparendo. (1) Cfr. David Silvagni. La Corte e la Società Romana ne' secoli XVIII e XIX (Roma, Forzan e C, 1883) voi. IT, cap. II p. 57-58. (2) Lo Z. narrò le sue impressioni nell' opuscolo Rugantino a Milano. (Roma, Ferino, 1884). : (3) Questo discorso pronunciato il 13 febbraio 1885, nel Libro del carnevale (Roma, Ferino, 1885, p. 94-96). FINE può vedersi INDICE Cause ed elementi che favorirono il sorgere del Capitano nella Commedia italiana del sec. XVI La satira del soldato di ventura e la satira dello Spagnuolo Una di- . — stinzione inesatta del Riccoboni fra bravo e capitano II. E — — Differenza Pag. il Capitano un diretto e legittimo discendente del miles gloriosus? L'«Xa?w'v greco Reliquie medievali e il fìfiiles latino I romanzi e i fdbliaux Le antiche farse — — — » 24 » 45 » 70 Biografìa del Capitano nella commedia erudita Deficienze artistiche del tipo — Sua presentazione Il bravo nella commedia erudita Le peripezìe del Capitano Sua Comico contrasto col servo viltà Il Capitano seduttore e il Capitano innamorato Sue vicende erotiche Principali commediografl del Capitano Lamentazioni di P. M. Cecchini. » 90 francesi in. Il millantatore nella poesìa e nel teatro popoIl bravo li soldato Il villano smargiasso Distintivo della imitazione lare — — — — classica IV. Il capitano nella commedia erudita — Fissità maschera — 11 primo Spagnuolo — teatro del Calmo e l'imitazione classica Rifacimenti di commedie latine della V. — — — — 1^ ^ 7 — Il — — — — — 184 VI. Il — — VII. Storia esterna del Capitano — Costumi ed sania maschera Vili. — Gli Capitano nella Commedia dell'Arte Le Bravure del scenari ed i generici Il Capitano e il secenCapitano Spavento Pag. 128 tismo Giangurgolo — il — I attori Guappo — Balli di SfesFine della — Rogantino . . » 145 » 165 University of Toronto Library Acme Library Card Pocket LOWE-MARTIN CO. LiMITBO