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Quaderni d`italianistica : revue officielle de la Société canadienne

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Quaderni d`italianistica : revue officielle de la Société canadienne
A. Gokçen
Della quantità nel vocalismo milanese
Se
1.0.
si
quantità vocalica,
la
campo romanzo
è ridotta nel
camente rilevante essa non
italiani settentrionali
il
è oggi che nel friulano e in determinati dialetti
(Tekavcic 1972: 22 nota),
milanese è da annoverarsi
il
Ossia, ha valore pertinente la quantità vocalica che caratte-
fra tali dialetti?
rizza
dopo il crollo delle sue opposizioni nel latino,
a mero fenomeno combinatorio, e fonologi-
vocalismo milanese odierno? Quali sono, poi,
che ne possono aver determinato
principali che
il
presente lavoro
la
comparsa?
le
evoluzioni fonetiche
Questi alcuni fra
i
quesiti
pone, e che cerca di chiarire alla luce delle
si
descrizioni del vocalismo milanese tuttora disponibili.
Una
1.1.
la
delle caratteristiche più cospicue del sistema vocalico latino era
quantità dei singoli fonemi vocalici, ereditata dall'indoeuropeo, fonolo-
gicamente rilevante, e indipendente dalla struttura
quantità
come
tratto
concomitante
era, per
sillabica.
Associata alla
un periodo più o meno lungo, una
differenza nel grado d'apertura, per cui le vocali lunghe venivano pronunciate
chiuse, e aperte le brevi (ad eccezione di
À) (Straka 1959: 286-9; Vaananen
1963: 29; Wartburg 1967: 48-9; Sidney Alien 1965: 47).
che utilizzava distintivamente
le
opposizioni quantitative
A
questo sistema
(PÓPULUS
'piop-
PÓPÙLUS 'popolo,' OS 'bocca' contro OS 'osso,' RÓSA [nom.]
RÒSA [abl.], ecc.) subentrarono progressivamente, in modo difforme
po' contro
contro
e in
momenti
diversi a seconda delle regioni, sistemi basati sulle opposizioni
qualitative che stanno alla base dei vocalismi delle lingue
1.2.
Da
romanze
attuali.
alcune delle ipotesi finora avanzate per render conto di tale pas-
saggio sembrerebbe che
la
quantità vocalica latina, una volta defonologizzata,
fosse del tutto scomparsa da
tutti
i
sistemi: ciò che viene sostenuto, ad es., da
Haudricourt e Juilland che pure concordano con
nell 'ammettere
il
Wartburg (I9657: 48-9)
uno stadio intermediario preromanzo,
caratterizzato dalla pre-
senza contemporanea della quantità e del timbro, susseguente a quello latino
Secondo questi studiosi (19462: 31^2, 45) la quantità voun periodo, ad essere assente, anche foneticamente,
sistema romanzo occidentale, per ricomparirvi verso il VI secolo come
a base di quantità.
calica sarebbe venuta, per
dal
preludio alla diversificazione delle toniche a seconda della struttura sillabica
(tonica lunga in sillaba libera, breve in sillaba implicata).
1.3.
Contro
gli autori
"Den Quantitatenkollaps
ein Irrtum."
fonologizzata
deWEssai, afferma
Sostiene, infatti,
in
il
Weinrich (19692:
181) che
als Verlust der Vokalquantitaten aufzufassen,
il
Weinrich che
la
ware
quantità latina sia stata de-
seguito alla soppressione prima della sequenza voc. lunga +
QUADERNI dilalianislica Volume
XI, No.
2,
1990
Della quantità nel vocalismo milanese
239
cons, lunga (a causa di una Unzutraglichkeit nel sistema quantitativo latino
(Weinrich 19692: 18), poi di quella voc. breve + cons, breve mediante
lungamento o l'abbreviamento
conformarsi
l'al-
delle rispettive toniche o consonanti, così da
rimanenti due sequenze di voc. lunga + cons, breve e voc.
alle
breve + cons, lunga. La quantità vocalica, che prima era indipendente dalla
struttura della sillaba, in
libera
che
quanto
vocale lunga poteva trovarsi sia
la
in sillaba
quella implicata, viene, in seguito a questa trasformazione, ad
in
essere prevedibile dalla struttura sillabica,
solo in sillaba libera, e
la
breve
in
la
tonica lunga potendosi ora avere
Poiché allungandosi
quella implicata.
sillaba libera e abbreviandosi in quella implicala le toniche
mantengono
in
il
proprio grado d'apertura originario, una nuova opposizione, basata, appunto,
grado d'apertura viene a
sul
sostituirsi a quella basata sulla quantità vocalica
(Weinrich 19692: 36).
Secondo
Weinrich (19692: 183),
il
la
quantità originaria latina, non più fo-
nologicamente rilevante, rimane presente come
ridondante anche dopo
(ma solo foneticamente,
si badi) in quegli idiomi romanzi nei quali non si può parlare di una diversificazione della tonica a seconda della struttura sillabica (TÉLA, toscano
il
tratto
crollo delle quantità latine, e continua fino ad oggi
tela)}
La quantità che
1.4.
caratterizza
il
vocalismo milanese odierno non è da
collegarsi direttamente con la quantità latina, che del resto
servata da nessun idioma romanzo.'^ Essa
e di
è,
non
è stata
con-
dunque, secondaria, posteriore,
formazione relativamente recente.
Fra
2.0.
le
verranno qui
meno
descrizioni più o
dettagliate del
vocalismo milanese
di seguito discusse, nell'ordine di successione, quelle del Biffi
(Lepschy 1978;
si
veda
la
nota 48), del Cherubini (1839), del Rajna (1881),
del Salvioni (1884, 1911, 1919, 1975), di Isella (1959), di Beretta (1980), e
di
Nicoli (1983).
Omesse sono
quelle di Pagani (1945), di Angiolini (1897)
perché troppo sommarie, e quella
di
Pavia (1928) che non
si
è
avuto
modo
di consultare.
2.1.1.
Il
Biffi distingue le vocali larghe (largh)
una distinzione, questa, che pare
sia basata su
da quelle
strette (strec):
una differenziazione quantita-
tiva per tutte le vocali, sia quantitativa che qualitativa per alcune di esse (a,
e, o[u]).
Le vocali larghe sono
di a, e, o[u],
sono brevi
brevi, le strette
e aperte le prime,
vocali larghe susseguono
le
sono lunghe; trattandosi, però,
lunghe e chiuse
le
seconde.
Alle
consonanti aspre o gagliarde {asper, ghaiard),
a quelle strette le consonanti dolci o vuote (dolz, void).
La distinzione
fra
consonanti aspre o gagliarde e dolci o vuote corrisponde con ogni probabilità
a quella fra consonanti forti (per lo più sorde), scritte doppie,^ e deboli o leni
(per lo più sonore).
2.1.2.
calici:
Il
[â:]
sistema vocalico del Prissian comprende
pas PACE, nas, corà
COLLARE, prò,
i
seguenti fonemi vo-
ghauasg, masg
MAIV, par
240
Gôkçen
A.
PALU,
<-ÀTU,
participi passati in -a
i
strauasc <* EXTRA VACU ARE,
ma MAGIS,
ecc.; [a]
à HABE(T),
la,
<-ÀRE,
po/î/i, gli infiniti in -à
pes
ecc.; [e:]
PÈ(N)SU, des DÈCE, pel PÏLU, mei, ecc.; [e] pess PISCE, adess, vsell, capell, penn PINNA, ecc.; [u:] (grafia of spos; [u] toss TUSSE; [o] porch; [i:]
'
dis DICI(T); [i] diss DIXI(T); [y:] vegnù, vedù;^ [0:] choiir, fioù, voùna^
La serie delle nasali comprende (escluse [0], [d] che non sono mai nasalunghe per
lizzate) le toniche 'strec,' cioè
vùn, pan, fen
[é:], [Û:]:
2.2.1.
[y:],
lunghe e chiuse per
[â:],
ecc.
XXVII-XXIX, XXXIV-XXXV oppure 2243-
Cherubini (1839:
Il
[ì:],
FÉNU, bon BÒNU, son SÒNU, SUM,
45, 2247-8) distingue tre varianti ("suoni" nella sua terminologia) per
nemi vocalici
a,
u[y]: vibrato, rimesso, stemperato,
i,
ma
determinare con precisione,
i
fo-
i
cui valori è difficile
che corrispondono con ogni probabilità
ai
gradi di lunghezza,'" indicate rispettivamente con l'accento grave, l'assen-
za di segni, e
mi
'padre,'
il
raddoppio, e illustrate dai seguenti esempi: sta
o me,'
'io
me,' comunal; andaa,
'a
Le
tre varianti
bratissima
trii,
("suoni" del Cherubini)
Per
i
e,
toeù
il
si
riducono a due per oeu[0],
vi-
'i
le
in
asée, stée che
risulta
il
il
questi ultimi esempi,
si
può arguire
avanti, esiste nel milanese fra
Esempi
se
[e:],
altri
in
difficoltà presenta
suoni particolari
so
(sole),'^ l'altro
coll'accento circonflesso;
(e sètt,
.
.
il
una
anche
[e:]
come
si
in
vedrà
piìi
ad
es.,
e la quantità (cfr.,
Ma
mètt nel Vocabolario).
.
accanto a bè, 'agnello').
caso di
o,
stemperato come
il
chiusa
in
soo
2.2.3.
Non
sillaba libera
dolor, onór (con
".
.
.
(io so).
Accenno
il
primo
secondo colla doppia vocale." [Cherubini 1839:
2243]); aperta in cor 'coro,' òr 'oro.'
affatto chiaro risulta
delle vocali,
in
l'uno vibrato, e per lo più ne' monosillabi
XXVIII o
tità
si tratti di
grado d'apertura
in sillaba finale libera (bebèe,
Maggiori
come
il
in
come
valore quantitativo di é in réd,
dalla correlazione che,
sono me, tasè
con cor-
è)
viene notata con una dieresi in sillaba chiusa (oh dëss 'ohibò'), forse
con -èe
due
di [e]
{é,
-ée sta per [e:]
Cherubini riporta, però,
més, ecc. che trovo nel Vocabolario. Che, però,
2.4.16.).
quali cita toeû 'togli,' 'pren-
non chiaramente riconoscibili." Se
non evidente
di é chiusa,
seconda
tuoi.'
come
sillaba finale libera,
§
e rimessa la
Cherubini distingue due gradi d'apertura
relazioni di quantità
esempi
mi
prima (indicata con accento circonflesso),
la
bonoeur,
2.2.2.
pà
veduu.
(senza alcun segno, o con accento grave), per
di,' e
'stare,'
'chiama,'
dama
sì 'sì,' dì 'di,' virtù; sta 'questa,'
secondo che queste
da tutto ciò come
si
sia distribuita la
o (divenuta) implicata, o se esista una correlazione
d'apertura e quello di durata.
quan-
trovino in parossitonia o ossitonia, in
Chiaramente riconoscibile non
vocalica se non in sillaba libera finale che
il
fra
il
grado
è la quantità
Cherubini rappresenta, appunto,
col raddoppiare la vocale interessata (tranne oeu), diacriticamente segnandola,
per
i
timbri e ed o, per specificarne la qualità chiusa {asée
ACETU,
eoo
Della quantità nel vocalismo milanese
CAPU(T)) od
241
aperta (limitatamente ad e in pochissimi casi: bebèe (accanto
altrimenti scrivendo
a bè) 'agnello'),'"
sempre
-ùa,
-ùu (andàa, sentii,
-ii,
posizioni sussistono incertezze, per
non
vc'(lùu).
Per
corrono
l'astrusità e l'inadeguatezza dei termini vibrato, rimesso,
le altre
che ne
e l'uso incoerente
Se
2.2.4.
fa
il
le
quali
Cherubini.
accoglie l'interpretazione che di questi termini dà
si
soc-
ci
stemperato
Rajna
il
nota 10), facendo valere l'equipollenza vibroto-hreve (perché decisa-
(cfr.
mente brevi sono
appunto, per
le
vocali in sta, pà, ecc., esempi che
suoni vibrati), e supponendo che
i
degli stessi segni diacritici (cui
alfabetica,
ed esclusivamente a,
grave
in
i,
Cherubini
il
cita,
Cherubini abbia fatto uso
anche
è fatto riferimento sopra)
si
verrebbe ad avere, all'interno
si
il
in
sede
parola, sotto l'accento, solo
di
cioè brevi, perché segnate con accento
ii[y] vibrale,
pàs, màr,fìl, amis, dur, vocali
tutte
che
il
Salvioni invece considera
lunghe, trascrivendo pas, mar,/?/, ow/'g, rfwr (Salvioni 1884: passim). Quanto
ai
RÉTE, més ME(N)SE, pé/
timbri e ed o[u], l'accento acuto o grave in réd
CRÛCE, nós NÙCE, nevód
CÒRPU, ecc. (Cherubini 1839:
PÏLU, gésa EC(C)LÉSIA, vérd VÏR(Ï)DE, eros
NEPÓTE,
pèss PISCE, péli PÈLLE, còrp
ne indicano, a quanto pare, solo
s.v.)
il
grado d'apertura, senza fornire alcu-
na informazione sulla loro relativa durata, ma, poiché
per essi
ad o
il
Cherubini differenzia
grado chiuso da quello stemperato (cioè lungo), e limitatamente
grado chiuso da quello vibrato (se vibrato vale breve:
il
supporre che é ed ó negli esempi
lecito
di
il
durata media,
è,
vibrata in 5Ô, ecc.
cfr.
nota 12), e per atona
tali
nota 12), è
qui sopra rappresentino vocali
ò quelle brevi, prendendo per brevissima
(cfr.
Di fronte a
2.2.5.
citati
la
rimessa
(cfr.
la
ô chiusa
e
nota 11).
dubbi, non è possibile farsi un'idea esatta sulla du-
rata delle vocali milanesi in base alla descrizione del Cherubini. Tutt'al più,
si
può
dire che,
mentre esse possono essere lunghe o brevi
libera {andàa, andò, sentii, senti, cùu, verta),
in sillaba finale
non ben determinato
resta
il
loro valore all'interno di sillaba, quindi di parola.
Parlando ancora dei suoni prolungati che
2.2.6.
dovizia "nelle sillabe
nota: "Altri di
tali
finali delle
la
vocale,
il
il
milanese
lo
ma
con questo che dove
stempera
con quello stemperamento
ecc.;
e
di
di
XXIX
l'italiano batte
Luna sono da
suono che sentesi nei
nostri plurali
o 2245)
il
suono
noi proferite
Rann, Minn,
qui e invalso l'uso generale di segnare questo
raddoppiare anche nel numero del
vocali.
milanese possiede a
e ne strascica picciola parte su la succes-
siva consonante. Così Rana, Sèna, Mina, Suona,
Lunn,
il
Cherubini (1839:
suoni per fine sono simili a quelli che sentonsi nelle voci
italiane pronunziate aperte,
su
voci,"
meno
le
suono
consonanti susseguenti a
Scrivonsi Pappa, Grècca, Scìmma, Euròppa
le
sì
col
fatte
voci Papa, Greca,
Campanna, Estrèmma, Cadènna, Berlinna, Corònna, V'ùnna
le voci Campana, Estrema, Catena, Berlina, Corona, Una, le quali s'hanno
poi a pronunziare non già sdoppiando le consonanti come farebbe l'italia-
Cima, Europa,
e
A.
242
ma
no,
facendo sonar
Gôkçen
un
tal
si
raddoppii,
suono; pure è
non poche
citato,
inutilità di
sì la
uso invalso e
alla luce di
ti,^'^
sembra
si
durre che
riportati), soprattutto
alla
quando
fosse a suo
si
sempre,
passo
al
Cherubini (1839:
lo stesso
sorde e
(le
le nasali,
tempo
come appare
Pare, inoltre, di poterne de-
finali.
dove era
finale,
anche
e per via analogica estesa
posizione intervocalica, susseguente a sillaba penultima.
2.3.1.
il
imbatte davanti
pronuncia forte della consonante, dalla posizione
la
originariamente sorta,
la
possa dedurne che egli riconoscesse un
certo rafforzamento per alcune consonanti
dagli esempi
Come
lascia correre."
si
in cui ci si
quanto asserisce altrove
2246) a proposito della
perché non è
Inutilità, se vuoisi,
vocale che, pronunziata apertissima, dà
d'interpretazione
le difficoltà
ma
ma
Estremm, Cadenti,
plurali Campatili,
i
Berlinti, Corotin scritti in questa guisa.
consonante che
modo
vocale antecedente insieme con esse a quel
la
ch'ei farebbe se avesse a pronunziarne
suoni distinti dal Cherubini
I
Rajna corrispondono
in vibrato,
rimesso, e stemperato per
alle tre categorie di vocali brevi,
medie
e lunghe,
esemplificate da fa, ciallad, veritaa; pè, sped, pee, goss, occôr, poo;
rid, vorii; brutt, rad. Imi;
"... comprendendo
in
due,
in
sostanza
le
nella categoria delle lunghe anche le medie, che
appartengono ..." (Rajna 1881:
in realtà se c'è, è difficile
2.3.2.
fititia,
foeura, foeugh, fioeu (plur.) che poi vengono ridotte
vedere
(cfr.
§
Una
11).
tale
corrispondenza,
2.2.4).
Gli esempi riportati dal Rajna sembrano suggerire che di media
durata sono suscettibili d'essere
consonante semplice (o
in
le
certi
una bipartizione quantitativa,
si
vocali in sillaba tonica finale uscente in
gruppi di consonanti),
ghe che, non esclusivamente, possono
Rajna stesso
ci
dà
da una doppia o da
la
ma
che,
ai
fini
di
possono includere nella categoria delle lunstare in sillaba libera tonica finale.
seguente norma:
"...
sono brevi
le
Il
vocali seguite
gruppi di consonanti, lunghe quelle seguite da una
certi
consonante semplice o da
certi altri gruppi. Si noti,
sporg, iticorg, cotifort. Quanto alle vocali
per esempio,
in fin di parola, parte
la
lunga di
sono brevi
parte lunghe, a seconda dell'origine." (Rajna 1881:11).
2.3.3.
Per quanto concerne
quando seguita da consonante
sonanti di cui
la
prima
e, o,
"piìi
o
il
Rajna
meno
dice che e (È,
ci
doppia," da
gti,
Ï)
è aperta
da gruppi
di
con-
sia 5 {scetina, ttieiiiia, itigegti, colttiegtia, ttiedettitn,
itisemma, mansuett, mett, giughett, pess, istessa, bellezza, fregg, oreggia, todesch, cresta), nelle terminazioni degli
infiniti
vede, piasè); chiusa (e nasalizzata) davanti a
lizzata davanti a
davanti a
tnm, gn,
m
tt
ti
complicata)
(beti, presetiza,
della coniugazione
-ti
finale
II
{ave,
(leggermente nasa-
dent, vend, scenderà, ecc.),
complicata {temp, novetnber); che o (Ó, Û) è aperta davanti a nn,
{persontia, besogn, vergogna, notnm, Romma, roti, sott, nagotta
(eccezioni insomma, bott 'botte'); aperta ancora, perché discendente da O,
in
pocch, socca, foss, or, confort, sporg,
'mozzicone
di
ma
chiusa
in
mocch 'mozzo,' mocc
sigaro,' bocca, ross, occor, descors (Rajna 1881: 10-11).
243
Della quaniilà nel vocalismo milanese
Si ha
2.3.4.
lungo volta
la
una correlazione
durata e
fra la
tanto più, quanto
maggiore
di chi parla
sbottasciaa;
lunghezza." (Rajna 1881: 11).
la
E' diffìcile riassumere in poche righe
2.4.1.
grado d'apertura: "... Va
il
sua faccia dalla parte dell'o sulla bocca
descrizione di gran lunga
la
più particolercggiata che del sistema vocalico milanese ci ha lasciato
Sal-
il
vioni nei suoi vari contributi (Salvioni 1884, 1911, 1919, 1975). In Fonetica
(Salvioni 1884), egli distingue
vocali a,
le
i,
o,'^
e,"' e tre gradi di
ii,
o e
di
e: o (simbolo o),'^ e chiuse, ò, è aperte e o, e che sarebbero intermedie fra
le
aperte e
le
ma
chiuse, per cui non dà esempi,
Per
dere alle atone delle stesse.
che potrebbero corrispon-
vocali toniche a,
le
i,
ed
o, e,
si
ii
ha
la
nasalizzazione per effetto della -n finale.
2.4.2.
Dalle descrizioni del vocalismo milanese, e dagli sporadici
menti che
vi fa
l'eminente studioso
deduce che sono
in varie sedi, si
riferi-
passibili
d'essere lunghe
i)
le
vocali toniche in sillaba finale libera;
ii)
le
vocali toniche in sillaba finale uscente in consonante originariamente o
attualmente sonora.
Per quanto riguarda
2.4.3.
"...
milanese lascia cadere
il
risulta allora lunga.
passato che
si
.
.
posizione
la
-r e
il
(i),
Salvioni (1911: 386) nota:
il
dopo vocale accentata
-/
il
Risultano ancora lunghe
."
riflettono oggi per -aa, -uu,
{cantaa, veduu, sentii)}^ Lunghe pure
-ii,
le
e
.
.
.
questa
desinenze del participio
<-ATU,
-ATI,
-ATAE,
ecc.
toniche, divenute finali, dei sostan-
le
contraa), dei sostantivi quali fraa, fiaa, praa; quelle
tivi participiali {straa,
che risultano dalla contrazione dei dittonghi secondari (cantee, vedii, sentii
CANTATIS, CANTATE,
Non
2.4.4.
-ATE (-AS, -ATIS)
ecc.; da
veritaa, ecc.
ostanti tutti questi casi ed altri ancora che vi
giungere, riesce impossibile formulare
norme
si
possono ag-
precise circa l'esito, lungo o
breve, delle toniche finali secondarie, avendosi nel dialetto, accanto a veduu,
mari, padii
sentii, ecc., vertù,
PALUDE,
188) che invece presentano, con
pedii
loro -ù,
le
-ì
PEDULE
brevi,
(Salvioni 1884:
uno sviluppo
§
nel senso
inverso.
A ciò si
2.4.5.
aggiunga che "... ha una genesi
dell'infinito debole
il
(il
forte
perde
quale, cadendo, non lascia lunga
senti)."
(Salvioni 1911: 386).
viamento nelle uscite degli
lunghe
le
toniche precedenti
di
Bonvesin.
niane descenderà
I
I
A
Bonvesin
.
il
.
.
-r
),
fattori
abbiano, poi, portato all'abbre-
altrimenti risultano in prevalenza
romanza,
le finali
è difficile determinare.
Il
degli infiniti fossero brevi già
al
questa supposizione egli giunge dalle rime bonvesi-
montar
peccar (O 169-72), va
una vicenda diversa
precedente tonica (mil. canta, vede,
quando
la -r finale
Salvioni (1911: 386-7) crede che
tempo
la
Quali
infiniti
e
l'intiera sillaba -ere già in
/
/
guardar
retornar
/
I
remirar (C 9-12), recuintar
I
ha
I
darà
dexdegniar /far (L 117-20), ecc. (cui
si
244
À.
aggiunga mi
I fi I
mentì
forme rimanti con
cui
obedhì (T 655-8):
a quelle perfette (tipo -a{e)
I
celestial
ghe
XXIX)
Contini 1941:
cfr.
desinenza -ar (cioè-ò) dell'infinito
una
fa corrispondere
derno
I
la
Gôkçen
il
rime
-a breve, e dalla contrapposizione di queste
(<-ATE)
-a(l)\ quale ulilitae
/
I
alle
milanese mo-
caritae
amistae
I
(B 281^). Lo stesso Salvioni osserva, però, altrove che sono lundegli infiniti quando seguite dai pronomi enclitici -g, -/: lodàf,
le finali
rubàg, vedéf 'vedervi,' vedég 'vederci,'
sentimm, lodànn, setass,
vêf,
vêg 'avervi, avergli,'
quando seguite da
dig, dîf, ecc.; brevi, invece,
notando
ecc.,
la
differenza fra
con consonanti sonore o originariamente sonore)
-mm,
-nn, ecc., e
affermando
alla fine:
la
pronomi
compendia
in
-//,
nella legge
dopo consonante sonora
rese
vocale tonica della sillaba precedente." (Salvioni 1884: 278). Dal
ragionamento del Salvioni
brevi
dog,
primi (comincianti
i
restanti
i
tutto si
"Il
che, in generale la vocale d'uscita sparendo
lunga
e
sentif,
pronomi: vedèll, vedèj,
altri
le finali
si
è indotti a credere che fossero originariamente
degli infiniti per poi allungarsi all'appoggiarvisi di enclitici in
consonante sonora. Si può con altrettanto fondamento sostenere l'ipotesi che
esse fossero originariamente lunghe (per cui lodàf, lodàg) e che siano successivamente riuscite a brevi dai frequentissimi casi
-m,
-n,
-/,
ecc. che a loro volta
si
osservare che anche
la
normalmente {mandé,
desinenza
senti)
-è, -ì
in
di solito av-
ciò,
gioverà qui
dell'imperat. 2^ pers. plur., da lunga
o quando seguita da
'apritegli,' sa/ve/ 'salvatevi') diviene
dervig
come
A conferma di
viene quando sono precedute da tonica breve.
pronomi
di enclisi dei
saranno poi rafforzate,
-g, -f
breve
in
{mandég 'mandategli,'
mandemm
'mandatemi,'
sentili 'sentitelo,' ecc.
Per
2.4.6.
la
posizione
seguente norma: "...
nante sonora, rese lunga
Va
(ii)
(ved.
in milanese,
la
2.4.2.)
§
Salvioni (1884: 159)
il
dà
la
vocale accentuata
di
penultima."
(cfr.
§
2.4.5).
subito notato che l'ortografia tradizionale milanese continua a rappre-
sentare la sonora, anche se questa non rispecchia più
accanto
forme
la
del
la
pronuncia reale,
[rò:t] 'ruote'
sia
ha
forma del singolare roeuda, l'accrescitivo rodon; ved [ve:t] le altre
paradigma, che presentano la sonora vedi 'vedo,' veden 'vedono,'
vedeva, veduu, vede, ecc.), sia per
lunga e
la
mo' d'esempio, roeud
per ragioni etimologiche (in quanto, a
il
rapporto che intercorre
sonora (originaria) susseguente, da cui
nese lo scrivere
la
"...
risultò
la
tra
rod è rod,
media fosse quasi un segno grafico per esporre
set è set «sei tu
o
sai
vocale
che pel milala
della vocale che la precedeva: rôt è pel milanese rôt (con ô breve)"
ma
ci
vocale d'uscita, sparendo dopo conso-
la
quantità
«rutto»
tu» sed è séd «sete»" (Salvioni 1884:
159).^'
Altri casi in cui la sonora finale (solo grafica!)
tonica precedente
nevód,
ecc., e
si
ancora (Cherubini 1839:
rav 'rape,' ecc. che
ràf, ecc.,
il
nonostante
indichi la quantità della
hanno (Salvioni 1884: passim)
s.v.)
in
fog, log, góg, créd,
moeuv 'muovere' nev
'neve,'
Salvioni (1884: 160) scrive, eccezionalmente, mof, néf,
la
tonica lunga.""
Della quantità uri vocalismo milanese
non
Si badi, tuttavia, che
in uscita si
convertono
pas PACE,
pò
166) che con
consonanti sonore che vengono a trovarsi
tutte le
sorde corrispondenti,
come mostrano forme
PE(N)SU, mai UA\\},pcz PEIU(S)
la
loro sonora contrastano
(Saivioni 1884:
con quanto afferma
quali
(,',
162,
Saivioni.
il
D'altra parte, generalmente brevi ed aperte, anzi apertissime, sono
2.4.7.
le
alle
245
toniche di parole attualmente o originariamente parossitone,
in sillaba sus-
seguita da consonante attualmente (e originariamente) sorda, nasale, tavolta
liquida, raramente sonora (solo grafica,
Interviene in questi casi
sonorizza).
Saivioni (1884: 156) adotta per
la
che
pronuncia
in realtà della
de-
si
"posizione milanese," termine che
una
riferirsi a
il
particolarità, assai controversa,
della fonetica milanese.
Se
2.4.8.
le
le
presentare con
la
doppia, vengono pronunciate
di
e brevi,
in
modo che
(e qui
il
Saivioni
Rajna (1881: 9)) "... l'alfabeto italiano non ci permette
ben rappresentare né con una n sola (il Rajna parla qui più precisamente di
(1884: 156-7) cita
n
divengono aperte
vocali, nelle condizioni suddette,
consonanti, a loro volta, che l'ortografia tradizionale milanese suole rap-
ma
il
il
ragionamento può valere per
costretti
ad adottare l'uno o
bona, né bonna
toscana,
tra la
ma
l'altro partito.
letti all'italiana.
consonanti che
tutte le
condizioni di cui sopra) né con due, sebbene
in
mancanza
femminile
II
di
di
seguente,
la
E
quasi fosse scritto bo-nna.
le
come
le
la
pur
sia
è
né
doppia
sue articolazioni
appoggia per intero
nella stessa posizione
si
bon (bò) non
L'/; di questi casi è vibrata
più breve e compatta; che, invece di ripartire
vocale antecedente e
trovano nelle
si
meglio,
alla seguente,
suonano analogamente
per ragioni analoghe, anche altre consonanti; insemma, gne-cca, e-cco (eco),
Euro-ppa, poe-tta^
Che
2.4.9.
il
Saivioni riconoscesse pienamente
questo fenomeno per
me
riguardo
al
il
la
vocalismo milanese, non ostanti
termine da
lui
rilevanza fonetica di
le riserve
stesso adottato per designarlo ("
.
.
.
\d.
che espriposizione
milanese termine improprio all'uopo comeché piuttosto che d'un fatto reale
di
posizione
trattisi
ad esprimere
te
il
d'una geminazione puramente ortografica invalsa nell'uso
fenomeno che
meno
intacca sempre più o
e,
qui
ci
occupa." [1884: 156]) è sufficientemen-
provato da quanto afferma altrove (1884:
ò per
o, e
la
153):
"la posizione milanese
qualità della vocale cui essa segue: è per
che ad esso fenomeno consacra nella trattazione dei singoli fonemi
Come
2.4.10.
to questa ultima)
si
rileva dalla definizione stessa, le liquide
non vanno sempre soggette
(perche di questo pare che
si tratti),
ciò che è
al
to a inguà), ecc. (Saivioni
1884:
§
Saivioni (1884: passim)
-/,
vocalici."""
-r (soprattut-
comprovato da forme
*AC1ALE,
quali
/?/,
inguai (accan-
188), râr, car, ciàr, fior, dur, miir, ecc.
(Saivioni 1884: passim). Fra quelle forme
il
ed
rafforzamento consonantico
pél, (Saivioni 1884: §§21, 33) azùl (accanto a azCi)
nifesta,
/
o un suono molto affine per «," oltreché dagli appositi paragrafi
in
cita miitl
cui
il
fenomeno, invece,
MVLV,
parol la
si
ma-
PARA(B)0LA,
246
Gôkçen
À.
TA(B)0LA,
lolla
soli
SÒLU,
VELU,
veli
Ma
stella, e carr, ferr, corr, ecc.
doppia è solo grafica, come poi nota
suonano car, fer
realtà
Tenuto conto
§55).^'*
(è
lungo) cor
il
.
.
che
2.3.2.) (cfr.
§
debba
posizione,
fatto
la
si
in
-ae
molto probabile
n.l), è
non rappresenti alcun
la liquida
ad una
E noto
Questa sua
al
in
labilità,
fondendosi con essa; ciò
a causa stessa del suo carattere
-/,
/ -al,
-eo
ecc. nei volgari bonvesiniani,
/ -el,
quelle cui
milanese odierno fa invece corrispondere
il
1911: 386-7)
(cfr.
§
e la
che corrispondono
breve (Salvioni
la -a
2.4.5.).
un'altra tendenza, forse sorta sotto l'influsso analogico della
-LL- geminata, e rivolta invece a conservare
-/,
in
infatti, ci si
lato, e in
muli
non
MÛLU
con
Per
le
forme
breve
[y]
con
(-//
che
lunga
(-/
ammutolita)
l'esito della -L- semplice, e
In parolla, folla, la
Q
che essa,
vott
oltre alla durata relati-
o enfatica.
Q
di
Ò
AU
deve essersi
in sillaba implicata,
breve
ÓCTO.^^
Analogamente
a quello della liquida
forzamento delle sorde. Anche qui
gette al dileguo,
forte
dal dittongo secondario
abbreviata, forse per analogia con l'esito
OSS ÓSSU,
*CEP0LLA,
-LL-, scempiandosi, non sia venuta a
la
vamente più lunga, avesse un'articolazione più
2.4.14.
[y:]
rafforzata) (analogamente soli
coli, moli, cavali, vali, quell, scigolla
è difficile supporre
convergere con
in
romanza.
dall'altro.
2.4.12.
2.4.13.
discenden-
potrà rendere conto del diverso esito,
CÛLU
nello stesso contesto fonetico, in cuu
ecc.,
-/(/)-
la -/ finale
seguito ulteriormente rafforzatasi, avrà agito sulla tonica prece-
dente per abbreviarla. Così,
SÒLU)
di
rime
le
Pare, tuttavia, che anticamente, parallela a questa, ci corresse
2.4.11.
Questa
tempo
contrapposizione di queste a
lunghe del milanese odierno,
dalla
al
Salvioni è incline a credere, prova sufficiente essendone
(<-ATE)
da un
che, in questa
aggregata
alle -aa, -ee
te
d'altra parte,
mere, tore *TOLLI(T), ecc.
finale,
-/
/,
sviluppo neola-
deve essersi presto allungata. ^^ Che essa fosse lunga già
il
in
1884:
posizione interna) testimonia di una sua articolazione
debole o lene. La tonica precedente questa
Bonvesin,
che
complicata non fa sem-
in cui, in seguito allo
GÙLA,
rotacizza {gora
(e si palatalizza davanti
che avviene anche
lene,
la r
posizione finale.
in
"...
161:
tonica che la precede, a quanto pare,
è spesso soggetta a cadere.
/
che sovente
Bonvesin)
forme
pervenuta a trovarsi
tino, essa è
la
Per quanto concerne
partire dalle
pell, quell,
TÙRRE (Salvioni
anche tór
anche Salvioni 1919: 525,
rafforzamento della liquida.
si
Salvioni (1884:
";
soltanto etimologica, e che, quindi,
la grafia rr sia
pare che
.
ancora che
di ciò, e del fatto
pre posizione (Isella 1959: 649) e che
è lunga (cfr.
CÙLTELLU,
cortell
queste ultime forme {carr, ferr, corr) la
in
le
come generalmente
/
potrebbe spiegarsi
il
raf-
consonanti che, digradate, quindi sog-
le
sonore originarie, vengono a trovarsi
all'uscita in seguito alla caduta delle vocali finali, lasciano le toniche prece-
denti prolungate in sillaba originariamente libera: séd SITE,
nevòd
NEPÓTE,
247
Della quantità nel vocalismo milanese
NASU,
créd, rid,fadìgh, nàs
sim)
(cfr.
(che, quindi,
si
dés
DECE,
lus
LUCE,
ecc. (Salvioni 1884: pas-
mentre risultano brevi quelle seguite da consonanti sorde
2.4.5.).
§
rafforzano), discendenti da doppie originarie o secondarie,
o da gruppi consonantici pervenuti a sorde, ecc.: mèli
(U)NA
+
GÛTTA,
ESSERE, pass PASSU,
xcss
SÛBTU(S),pt'5s Pìsce, bion
sòit
MÌTTERRE,
naftoli
SÊPTE, ròtt RÙPTU,
STRÌCTU, lece TECTU,
séti
got. blauts, slrècc
noce
NÒCTE, frècc FRIG(I)DU,
co
sarà poi per analogia propagato in altra posizione (golia, vacca), perfino
si
dove
ha
si
Per quanto riguarda
il
milanese offre
le nasali, e
romanza nasalizza
la -n finale
SANU,
ma, pò, sa
le basi):
la
i
bô,pié,fï, vù, ecc. (Salvioni
tonica precedente
le
nasali
(-/;-,
intervocaliche, anche quando, per ragioni morfologiche, o altre, ven-
gono
a trovarsi in posizione fìnale.^^ L'allungamento, nel
certamente da porsi
rapporto con
in diretto
il
primo caso, sarà
dileguo della -n finale, dietro
nasalizzazione, quindi assimilazione ad essa, della tonica precedente. Pare
che
la
nasalizzazione
intervocalica:
fosse affermata, anticamente, anche davanti a -n-
si
nasalizzazione che
francese (Rohlfs 1966:
-ÒNA, -ÒNA,
-an(n)a da
223).
§
esatta delle fasi successive
la
loro influsso sulle toniche pre-
il
seguente quadro:
il
1884: passim), mentre breve (ed aperta) è
-ni-)
da
rafforzamento consonanti-
tonica precedente, fondendosi con essa, che risulta lunga (e chiusa per
timbri e, a da tutte
in
il
sonora (reggia, oreggia, ecc., corrispondenti a vece, orècc, ecc.:
la
2.4.15.
cedenti,
la
qui
nota 19).
cfr.
la
Anche
ecc.
sarebbe successivamente perduta,
Non
è possibile stabilire
che hanno portato
-en(n)a da
-ÀNA
si
-ÈNA,"
come
una cronologia
odierni:
-on(n)a
-in(n)a da -INA, -un(n)a da
-ÛNA,^°
risultati
ai
(coronna, bonna, cadenna, lanna, ecc. anche
Romma) con
tonica precedente breve ed apertissima e -n(n) (e -m(m)) pronunciate raf-
con
forzate, e perciò stesso rappresentate per lo più
della -m- originariamente intervocalica,
fenomeno, peraltro
milanese, citando
queste forme
il
Trattando
doppia.
la
Rohlfs (1966:
222) riconosce
il
assai diffuso in parecchie zone, fra gli altri dialetti per
il
/amm
suono
'fame,'
in realtà
il
§
pomm,fiiimm, ecc. e dichiarando che "... in
non è oggi certamente da considerare raffor-
zato, però la brevità della vocale precedente permette di riconoscere che in
altra
di
epoca
la
consonante dev'essere
stata lunga."
abbreviamento vocalico che, come
è visto,
si
Al medesimo fenomeno
si
produce davanti a
-//-
intervocalica non v'è alcun accenno. Se dell'abbreviamento vocalico è da tenersi responsabile
il
rafforzamento consonantico secondario, verificatosi nel
passato nel caso della -m-,
come
sostiene
forzamento consonantico deve essersi pur
fasi di
alla
Rohlfs nel brano citato,
trattato
anche per
la -n-.
questa evoluzione possono forse spiegarsi supponendo che,
di
un
raf-
Le diverse
in
seguito
denasalizzazione davanti a -n- intervocalica (e finale corrispondente) (se
anticamente anche
la
-m- nasalizzasse
accertare), la n (che forse
si
il
siano raffozzate
in
-////,
la
tonica precedente, non è possibile
non aveva mai cessato
-mm quando
finali,
di essere
seguendo
pronunciata) e
la
la
m
tendenza generale
248
A.
Gôkçen
delle consonanti finali a consolidarsi (parallelamente a quella delle sonore a
passare nelle sorde corrispondenti), provocando l'abbreviamento e l'apertura
E
delle toniche precedenti.^'
rafforzamento consonantico, dalla posizione
il
deve essersi esteso a quella intervocalica, per cui bornia, cunna,finna,
finale,
pienna, sunna accanto a bonn, ciinn, finn, pienn, sann, ecc.
Per quanto riguarda
2.4.16.
quantità delle vocali,
il
aperta e vocale chiusa
la
correlazione tra
Salvioni (1975:
§
§
2.2.5.).
grado d'apertura
il
"La differenza
5) nota:
riduce in fondo, e ancor
si
(cfr.
piìi
tra
e la
vocale
riduceva origina-
si
riamente, a una differenza quantitativa in quanto aperto dica breve, e lungo
dica chiuso. Ciò appar chiaro da ciò che, alla finale, un e tonico lungo non
possa esser che chiuso, e aperto un e tonico breve
"...
371, n.4):
mentre
la
vuole aperta se breve
Anche
bardia)."
se
il
kuu = kg capo,
(cfr.
sopra
ammettere che
(cfr.
A
2.4.1.).
§
aveva
egli
Da
vuole chiusa,
la
Lom-
si
riferiscono gli esempi da
si
"è egli?"
di eel?
due
tutt'e
non
posizioni di cui
le
noterà, però, anche che, per a,
si
i,
trova alcun accenno a una variazione del timbro
ciò che
legge
si
milanese intacca sempre più o
i
e altrove (1911:
,"
la quantità.
2.4.17.
è per
mente
in
questo riguardo
u[y], Ô, in Fonetica non
secondo
.
di altre parti della
passo qui sopra citato ad eccezione
lui riportati nel
.
Salvioni parla qui più specificatamente della posizione
finale uscente in vocale, e a questa posizione
è difficile
.
milanese, data vocale lunga alla finale,
il
ed
e,
ò per
in
153) che "la posizione
Salvioni (1884:
meno
la
qualità della vocale cui essa segue:
o un suono molto affine per
o, e
sarebbe indotti a credere che
la
(cfr.
ii."
qualità aperta (e quindi
§
2.4.9.), si
la brevità) della to-
nica in "posizione" dipenda, o sia stata determinata dal rafforzamento della
E
consonante.
così sarà stato in quei casi in cui la consonante rafforzata è
preceduta da una tonica originariamente lunga e chiusa {veli
VENA, remm RÈMV
PATRÒNA,
padronna
,
50//
SÒLU,
penna PÉNA, che
VELU, venna
ecc.). Si
può anche
Salvioni (1911:
374)
ritiene che fosse ancora chiusa ([e]) nel periodo di Bonvesin per aprirsi
in [e]
pensare che
in
ad
la tonica,
es., di
il
un periodo successivo, attraverso uno sviluppo fonetico
rimangono
ignote, che questa
[e],
venendosi a trovare
già prevaleva [e] chiusa da tutte le basi (É,
di sillaba implicata e
come
sta,
in sillaba
però,
il
che ne
implicata
fatto
che
sia
(cfr.
lo stesso
conseguito
però,
§
AE,
il
ci si
(forse anche in /of (loff in cherubini (1839:
Comunque
[0] aperta.
sonantico
si
voglia spiegare
si
manifesta principalmente
devano, e chiudono,
la sillaba:
RÛPTU, bocca BÙCCA,
la
il
sia stata sentita
tali
Con questa
come
ipotesi contra-
presenta anche in soli
s.v.)),
senza che
forme,
in quelle
il
SÒLU
vi fosse
una
rafforzamento con-
consonanti sorde che chiu-
SÈPTE, secc SÏCCU,
ecc. In tutti questi casi, pare
della tonica^'* a provocare
che
sett
Ï),
cui modalità ci
rafforzamento della consonante
2.4.15.).
fenomeno
Ê,
le
in sillaba libera, in cui
che
vott
OCTO,
rott
sia stata la brevità
rafforzamento della consonante susseguente, o
consonante preceduta da tonica breve
si
sia rafforzata per
una specie
di
249
Della quantità nel vocalismo milanese
isocronismo sillabico, dato che
lunga faceva, per contro, seguito
alla tonica
una consonante breve.
Ci
2.4.18.
può domandare se
Fenomeni
si
nel periodo di Bonvesin.
il
rafforzamento
brevità e l'apertura della tonica precedente.
golava
le
la
toniche
in
sede
tale
la
consonante seguente
Ë
Î,
la tonica, in
fatto
Il
fosse
che
Û
Ó,
di
s.v.)
I
camelia
diverso
Il
egli spiega
AE
ed È,
î
sottratti, la [o]
la
i
I
esito in
la
pronuncia aperta
ecc.,^^
pita in
In quei casi,
che hanno
vocale media, per cui alla
Cherubini 1839:
rott, sott, ecc.,
373,
il
che
paragone
alle
riflessi di
in [u]
come oggi
ma
in
sono
bacca,
chiusa, contro
La correlazione, valida per
chiusura corrisponde una maggiore durata,
quanto riguarda
l'italiano letterario (cfr.
.
.
.
";
§
7:
§
[u], in parte
perturbata.
milanese è conce-
come termine
"All'a tonico dell'italiano, Milano
1:
"Non
chiuso) italiano, è corrisposto con
rari
/
.
.
i
casi, ne" quali all't' tonico (per
.
," ecc.).
forme proprie del Porta, molte ne vengono
Anche
se, in
aggiunta
riportate dal Salvioni che gli
sono estranee, questo lavoro pur rimane quello che sostanzialmente
guida per
si
del tutto diverso rispetto alla Fonetica (Salvioni 1884), in quanto
corrisponde con ee ed e
lo più
i
a tale influsso
basata su criteri comparativi, pratici, piuttosto che storici, e ha
di
di
Salvioni, da ascriversi
tonica breve,
la
insieme a
L'apertura
n. 3).
In Salvioni 1975, la parte dedicata alla fonetica
modo
È, chiuso
vuole, invece, aperta.
la
e viceversa, risulta così, per
2.4.19.
Î,
più generale tendenza che corresse parallela
ha potuto chiudersi ulteriormente
TÙSSE,
da -LL-
-l(l)-
riflettono per [u] e [d]
si
negata (cioè nagatta:
casi superstiti (Salvioni 1911:
norma generale che
l'altra
(Q
come crede il Salvioni
negata (<(U)NA + GÙTTA) (N
cui toniche oggi
in sillaba implicata.
cappa, rass, toss
rebella
/
all'influsso analogico della [e] in cui erano venuti a coincidere
Ë,
I
in
rimi con voci
riflesso di Ê,
negata, ecc. sarebbe, dunque, secondo
[o] in [d] in
apella
analogica con
forte,
ha mqt mettere ecc.," e di cui
si
negata, sarebbero
373)
breta
I
in sillaba implicata,
le
con "... una
a quella per cui
I
CAUTÈLA
caiitella
-/-
371) che fosse nella rima baca
147-8) (Contini 1941: 320),
rispettivamente.
violeta
impossibile determinare se
Breve ancora, ma, diversamente dal
1.).
deve esser stato quello
(1911:
È
[e].
anche supporre che
della tonica fosse dovuta all'effetto della
2.4.1
I
potrebbe additare a una pronuncia aperta, forse d'origine
[e]
dotta, della sua tonica. Si può, però,
§
Salvioni (1911:
11
questa ultima serie, avesse allora un'ar-
rima bella
la
245-8) (Contini 1941: 185).
(cfr.
34).
re-
brevi
141-4); ecc. (Contini 1941: 82, 316)" che
ticolazione forte. Ricorre, però,
che hanno una
sa, la
si
nuova norma che
la
desco (N 13-4); erbeta
I
riflesso unico di Ê,
il
veda nota
sillaba implicata (si
(<ASSÊDÎTARE) (G
asseta
Secondo
romanzo occidentale, erano divenute
quantità delle vocali nel
crede, in base alle rime presto
fosse compiuto già
si
con esso sono, come
collegati
la lettura
del Porta. E appunto perché una guida,
elabora, non specifica, non volendo appesantire
minute del tipo
di
n(n) né semplice né doppia, e
il
il
è:
una
Salvioni non
suo esposto con distinzioni
si
limita a dare
norme gene-
250
rali,
A.
quali
(§
35) "Al milanese mancano completamente
malgrado l'abuso che se ne
meglio
vanno
intese,
Il
consonanti doppie,
le
norme
fa invece nella scrittura.":
che, per esser
integrate con quanto egli ci insegna nella sua Fonetica
(Salvioni 1884) (e negli
2.5.1.
Gôkçen
altri
lavori suoi citati sopra).
sistema adottato da Isella (1959) è
massima quello
in
ricavabile
dal Salvioni (1975), di cui lo stesso Isella ha del resto curato l'edizione.
Anche per
Isella (1959:
"...
649)
differenza di qualità è anche una
la
differenza di quantità, poiché una vocale aperta è breve e una vocale lunga
come appare da pè
è chiusa.,"
nile),
mò (MÒDO),
assee
'assai,'
poo
tò 'tuo, -a'
me
'piede,'
eoo 'capo,' soo
'poco,'
'mio,
contropee
'pecora' (voce onomatopeica), eell
(forma del femmi-
-a,' tré
mee
'piedi,'
'miei, -e,' lee
'lei,'
(eccezionalmente bèe
'io so,' ecc.
(forma interrogativa del verbo
eelal
essere)).
Nota ancora
2.5.2.
chiuso ogni e tonico
modo
649) che "Si pronuncia grosso
Isella (1959:
di sillaba
attualmente o
uscente in vocale;
in origine
aperto, invece, ogni e di sillaba attualmente o in origine uscente in con-
sonante.," e dà gésa 'chiesa,' maltésa, pél 'pelo,' pés 'peso,'
més
'mese,'
contro nébbia, sèggio 'secchia,' péli 'pelle,' pèss 'pesce,' fèrr (ma vérd, sére
'cerchio,' vérz 'cavolo,'
il
nesso
r
+ cons, non facendo sempre posizione);
che, in generale, alla [o] dell'italiano letterario
il
milanese fa corrispondere
stessa vocale: eòsta, nóce, òca, pòcch, pròppi o pròpri (eccezionale
del nesso consonantico al
+ cons, che
in
milanese può
della [o]
(ma anche
[u]: fior,
onór, nós 'noce,' mósca, curiós, ecc.
2.5.3.
Per
Isella
(1959: 650)
la
prima con
la
e sostantivo) contro
che sembra
sia
non viene mai
cold
la cui quantità
il
non può
in finale, la
dovuta
scritta
vestì
al fatto
corrispondenza
milanese presenta
[a] [ij [y] la grafia
tonica lunga da quella breve, rappresen-
doppia (mangiaa,
mangia,
in
inferirsi dal timbro,
dà una norma empirica. Mentre per
ci
normalmente distingue,
tando
riflettersi in ol:
della [u]: /ó^'lupo,' ó//"'ufo,' ecc.)
rimanenti vocali,
le
caso
mentre
'caldo,' solt 'salto,' olter 'altro,' ecc.: cfr. nota 27),
la
il
redù
vestii,
riduu
(infiniti) (e
'riso' (participio
che essa, a differenza
doppia: fioeii FILIÒLU),
passato
qui omette [0], omissione
di
"...
queste altre vocali,
è lunga ogni vocale
seguita da una sola consonante (oppure da rr), breve quella seguita da due
consonanti o più.": pas 'pace,' cas 'caso,'
'muro,' carr 'carro'
-e,'
tir 'tiro,' /z/ 'filo,'/u5 'fuso,'
pass 'passo,' cass
vcìdi
mur
'casse,' ^55, bestiolitt , fuss 'fossi,
guss 'guscio,' ecc.^^
Lunghe
e chiuse, inoltre, le toniche davanti a -n finale
con cui
si
fondono,
nasalizzandosi {pan, fen 'fieno,' ven 'viene,' vin, don 'dono,' bon, vun), e
davanti a n,
m
complicate
nasalizzazione è
meno
in fin di parola
(redond) mentre
forte {ongia 'unghia,'
1959: 651) (cfr. nota 28).
Poiché con la -n scempia finale
in fin di sillaba la
semper, zenta 'cinghia,' ecc.)
(Isella
si
suole indicare
la nasalità della
tonica
Pelili (fiKinii/à nel vocali sino
milanese
precedente,'"' per denotare l'assenza di nasalità
mm: pann
(come anche davanti
mm,
fa ricorso alle grafìe nn,
'panno,' cairn 'canne,' fenn 'fateci' venn 'vene,' donn 'donne,'
La
borni 'buone,' fiimm 'fumo,' ecc.
e
si
251
a
per indicare che
tonica, in questi casi, è breve e aperta
pègn, sògn,
/]:
si tratta
"Da
ecc.).
qui
vezzo
il
di scrivere
nn
consonante dentale, anche all'interno della
di
parola e fuori di uscita di sillaba. Esempi: vcggianna, pienna, finna, honna,
vunna
ecc.,
accanto
alle grafie
veggiana, piena, finn, bona, vuna, ecc."
(Isella
1959: 652).
Asserendo che "La pronuncia
pie, la grafia invece
del milanese
grafia dell'italiano," Isella (1959: 650)
mento
sembra esludere
ma possono
delle consonanti in certe posizioni,
considerazioni che
2.6.L
si
sono
fatte al
9-10) distingue per
Beretta (1980:
gradazioni che vanno dalle più aperte alle
il
milanese
i
stesse
le
fonemi vocalici
pone, per ciascuno di
pili
essi, varie
chiuse (collegate alla loro rela-
[a]
pass, matta;
almen, pel, ver, seda, andee, andeghee;
[e]
vede, peli, cadena, vers, bee; [0] coeur, roeud,
fioeula, voeuna, noeura; [u] nevoda, eoo; [o]
mal, mur, bevuda, bevuu;
2.6.2.
rafforza-
il
valere qui
lunghezza rispettivamente), come nei seguenti esempi: [â]/?û5,
magnan, andaa;
[e]
del tutto
2.4.19.
§
[â] [a],'^^ [e] [e], [0] [oe],'*° [u] [d], [i], [y], e
tiva brevità e
non conosce consonanti dop-
ne fa largo impiego, spesso per semplice uniformità alla
Sono lunghe
[i]
fini, fin, fil, tir,
(e chiuse), nel
libera, originariamente e attualmente
sillaba divenuta ultima, uscente in
+ cons, (verd,
in
fioeu; [oe] (el) fioeu,
(fila,
[y] tutt, vun,
finii, ecc.
sistema Beretta,
penultima
le
toniche di sillaba
tosa, veder
VÏTRU),
consonante semplice (pas, pes,
RECTÓRE);
ô (resgiô
(i)
bòtt, coll, l'or
partida,
sere), in nasale -n, in vocale
eoo CAPU(T)),
(i)
di
fil), in r
doppia (andaa, dormii, veduu,
lunghe (ma aperte) nelle sequenze
-ona, -ena, -ina, -ana, -oeuna, -una (rana, pena, fina, dona, voeuna, luna) (e
qui Beretta differisce, fra gli
da Nicoli
(§ 2.7.4.)
una maggiore
per
intensità).
altri,
dal Rajna (§ 2.3.1.), dal Salvioni
(§ 2.4.8.),
quali la -n- ha durata normale, pur presentando
i
D'altra parte brevi (ed aperte)
le
toniche seguite
da consonante doppia (matt, pess, cann,famm), nelle desinenze degli
{andò, vede, guarì); brevi ancora (ma con variazione
role originariamente proparossitone (sèdes
ecc.) (Beretta 1980:
2.6.3.
infiniti
timbro) quelle
di pa-
SEDECI(M), pòmis, rédus
lóder,
di
18-19).
Beretta ammette, per
il
milanese, oltre ovviamente alle brevi, non
meno
solo consonanti lunghe (relativamente più lunghe dopo tonica (matta),
lunghe dopo atona (mattocch)),
ma
solo in
2.6.4.
fin di
ma anche
le
doppie, equivalenti alle italiane,
parola (matt) (Beretta 1980: 22).
Dalla descrizione di Beretta non risulta del tutto chiaro
quantitativo delle toniche penultime.
Dopo
aver notato che
generalmente chiuso e prolungato" (Beretta 1980: 18)
tosa, ecc., presenta
come
di
media durata, anche
le
il
valore
"Hanno suono
toniche
'\x\
fila,
rosa,
se nella stessa configurazione
252
Gôkçen
A.
sillabica di fila, quella di cala, pela (Beretta 1959: 31) perché susseguita
consonante
media (contro
di durata
cai,
pel da una parte, e
vocale lunga e breve fanno seguito rispettivamente consonanti brevi
in cui a
media lunghezza
e lunghe). Sembra, dunque, che Beretta consideri di
niche penultime precedenti
precedenti
seda)
Su
sonore
le
come
e,
le to-
lunghe quelle
generale (rosa, tosa, veder, partida, bevuda, nevoda,
in
è visto sopra,
si
ma
la liquida -/- (fila, cala, pela),
anche
le nasali -n-,
-m- (cadena, bestema).
questi ultimi punti, almeno, differisce Beretta dal Salvioni. Per questi la
lunghezza vera e propria è quella che risiede
la
da
cali, peli dall'altra,
meno lunga
nota 37), ed è
in sillaba finale (cfr.
penultima,
la tonica
la cui
§
2.4.3. e
quantità pare sia
determinata solo dall'accento; brevissima quella delle sequenze -ina, -ena,
ecc. (cfr.
§
2.4.15.).
Secondo Nicoli (1983:
2.7.1.
consta di nove fonemi vocalici
46),
sistema vocalico tonico milanese
il
([a] [a], [e] [e], [u] [d], [0], [y], [i])
che pos-
sono essere lunghi o brevi. La quantità delle vocali dipende dalla
struttura
generalmente lunghe
sillabica:
plice, brevi quelle seguite
le
vocali toniche seguite da consonante sem-
da più consonanti (Nicoli 1983: 44) (con alcune
eccezioni per o[uJ, specie nei monosillabi róss [rus] 'rosso,' sóli [sul] 'solo'
(Nicoli 1983:
chiusura per
50, n.4).
[e]
In tale posizione
(sempre),
come
d] rispettivamente,
[â], [u]
si
ha correlazione
(sovente), e di brevità
-
lunghezza
di
apertura per
-
[e, a,
esempi (Nicoli 1983: 45, 50):
nei seguenti
pés
[pe:z] 'peso'
pèss [pes] 'pesce'
pél
[pe:l] 'pelo'
peli [pel] 'pelle'
pas
[pâ:z] 'pace'
pass [pas] 'passo'
(ma anche
car [kâ:r] 'caro'
carr [kâr] 'carro')
tósa [tu:za] 'ragazza'
mòssa [mosa] 'mossa'
(ma anche
ras [rD:z]
Anche
in
'le
róss [rus] 'rosso').
rose'
posizione finale libera, per
[a]
[a],
[u:]
[e],
[e:]
distinzione di quantità, corre quella del grado d'apertura:
dato' contro
contro
tò,
andò
so
[to,
'andare,'
pee
[pe:]
pè
'piedi' contro
Limitatamente a
so] 'tuo, suo.'
[d], parallela alla
andaa
[andâ:] 'an-
[pe] 'piede';
[i],
[y],
[0],
eoo
[ku:]
è possibile
parlare di un'opposizione basata sulla sola quantità in sillaba finale implicata
(fus [fy:z] 'fuso'
/ fitss
[fys]
'fosse'; (la) vit 'vite'
sillaba finale libera (ridìt 'ridurre'
[vesti:];
La
can
^oeu
'figlio' /
-n finale
[kâ:]
si
fioeu
/
'figli,'
riduu [ridy:]
Una
nasalizzazione
(i)
ecc.) (Nicoli 1983:
dilegua nasalizzando
la
meno
vitt
'le
vite') e in
45^6,
49).
tonica precedente che risulta lunga:
'cane' contro cann [kan] 'canne,'
[pan] 'panni.'
/
'riso,' vesti 'vestire' / vestii
pan
evidente
[pâ:]
si
'pane' contro
ha pure davanti a
pann
n,
m
complicate (Nicoli 1983: 45, 56-9).
Per Nicoli,
il
milanese non possiede consonanti geminate quali esistono
Della quantità nel \(>cali\m(> milanese
"Esistono semmai consonanti lunghe, pronunciate con un'inten-
in italiano.
maggiore delle
sità
253
altre, soprattutto se si tratta di
consonanti
finali." (Nicoli
Egli pare ammettere una certa intensità consonantica (minore
1983:48).
spetto a quella che
ha
si
parola) per
in fin di
ri-
sorde e spesso per
le nasali, le
le
honna 'buona,' penna 'pena, penna"; lamma 'lama,'
'paura,' terra; colla, ecc. Le toniche penultime seguite da
liquide intervocaliche:
pippa
'pipa,' fiffa
consonanti tendono ad essere (o sono) brevi ed aperte.
tali
Nicoli non sembra fare alcuna differenziazione fra
posizione finale, e quella
quantità vocalica
in
Dall'analisi precedente delle descrizioni del sistema fonetico milane-
3.1.
se
la
penultima.
in sillaba
si
può
stabilire
quanto segue. Le toniche paiono essersi allungate davanti
a consonanti indebolite (le sorde digradate a sonore, le labiali sino a fricative,
per
farsi poi
soggette alla caduta
dilegua lasciando nasalizzata
la
come
le
sonore originarie;
tonica precedente;
o no,
delle vocali finali
consonante)
in
meno lunghe
romanze,
che
Esse risultano più lunghe
originariamente libera e parossitona.
in sillaba
sillaba divenuta ossitona (uscente,
la -n finale
si
-r finali labili (talvolta)
-/,
in
in
seguito alla caduta
quella attualmente parossitona
in
sed-scda, roeud-roueda, rav-rava, rar-rara, ar (al) -ara (ala), pan, san (ma
sanno), bon (ma bonna), pee 'piedi,' assee, abaa 'abate,' andaa 'andato,'
ecc.
Generalmente lunghe pure davanti
davanti a n,
le
m
complicate
che risultano dalla contrazione
(eoo
CAPU(T), assee
AD
SATIS,
al
nesso
r
+ cons,
(larg, larga), forse
(temp, redond), davanti a rr (ferr), quel-
in finale
o
di nessi vocalici
di dittonghi
secondari
ecc.). Brevi, invece, risultano le toniche in
contesti diversi da quelli specificati sopra,
come, ad
es.,
per non parlare che
dei principali, davanti a consonanti sorde (sett, secch,pess, roti, miitt 'muto";
toss
TÙSSE,
ecc.), davanti a n,
sanna, bonn, sann, goll, golia,
in
m,
talvolta
intervocaliche e finali (bonna,
/
GVLA, fradell,
ecc.), davanti a gn, e palatali
genere (anche sonore) (vece, reggia, frecc, [reggia, legn, ecc.) che, quasi
per compensare
la
brevità della tonica precedente,
forza, e, quindi, graficamente rese per lo più
Esiste una correlazione fra la quantità e
3.2.
[e], in
parte per [u] [d].
scono
tale
[0:]
con
[oe].
il
articolate
con più
doppia.
grado d'apertura per
[e:]
Alcune descrizioni (Rajna, Beretta, Nicoli) ricono-
correlazione anche per
Altrimenti
vengono
la
[0:]
[0],
[â:]
e [y:]
[a],
[y],
e (limitatamente a Beretta) per
[i:]
[i]
(ancora secondo Beretta
relativamente più chiuse e più aperte a seconda della loro quantità).
3.3.
Questi dati
si
possono ravvicinare
ai risultati
nel suo importante lavoro sulla durata vocalica
ristiche fonetiche,
opponenti
le
prime
(e intensità crescente,
M. Durand
le
caratte-
vocali lunghe a quelle brevi, questa studiosa,
oltre a intensità decrescente, tono discendente,
le
cui giunge
(Durand 1946). Fra
una maggiore espirazione per
tono montante, minore espirazione per
le
se-
conde), annovera una differenza nella tensione e nel taglio sillabico (Durand
1946: 162).
254
A.
al
un
Si distingue
3.4.
massimo
con
la
non permettere a questa
da quello 'debole,'
non
il
può affermare categoricamente che
si
seguite da un taglio debole, e
suo pieno svolgimento.
le
vocali lunghe sono
Durand
brevi da un taglio forte,
le
di
consonante è congiunta
in cui la
vocale precedente dopo che questa ha avuto
se
consonante sussegue
taglio sillabico 'forte,' in cui la
d'intensità della vocale precedente, da
realizzarsi pienamente,
Anche
Gôkçen
a vedere qualche rapporto fra la durata lunga e breve e
il
è
propensa
taglio sillabico
rispettivamente debole e forte (Durand 1946: 161).
3.5.
contatto fra
Il
milanese sed
le
fenomeno
ravvisare un
"posizione milanese"
datane dal Rajna,
essa
"...
fonema vocalico
il
e quello
(cfr.
simile
§§
al taglio
invece di ripartire
2.4.8., 2.4.9.).
le
lato, è forse possibi-
(o contatto) forte nella cosiddetta
E' vero che, nella definizione
dice, della consonante che
si
consonantico nella voce
presumibilmente debole. D'altro
'sete' è
si
che
trovi in tale posizione,
sue articolazioni
vocale antecedente
tra la
e la seguente, le appoggia per intero alla seguente, quasi fosse scritto
-nna." mentre nel taglio
forte la
bo
consonante intervocalica viene distribuita
diversamente, annettendo parte della sua articolazione alla vocale precedente.
Tuttavia, da quanto
fenomeno
(cfr.
legge nel Cherubini (1839) a proposito dello stesso
si
2.2.6.)
§
sembra
di potersi
concludere che
le
consonanti inter-
come
vocaliche facenti "posizione" debbano piuttosto considerarsi
parte della
sillaba precedente.
E
3.6.
hanno
noto che, in quanto articolate con minore energia, normalmente
carattere debole (lene) le consonanti sonore rispetto alle sorde corri-
spondenti, la cui articolazione, comportando uno sforzo (o tensione) muscolare di
maggiore
intensità, è, invece, forte e
leggermente più lunga.
consonante forte (sorda) esercita un influsso assimilatorio
vocale antecedente che viene, quindi, percepita
di ciò, e
ne
secondo
est plus
le
come
conclusioni di Durand (1946:
longue lorsqu'elle
suit
Una
di tensione sulla
breve." In conformità
165) "La
une brève que lorsqu'elle
même
suit
conson-
une longue
ou une diphtongue" e che "La consonne précédée d'une voyelle longue est
moins forte que celle qui est précédée d'une brève." Si avrebbe, dunque,
una specie
di
isocronismo o equilibrio sillabico, per cui a una consonante
debole corrisponderebbe una vocale lunga precedente, e una vocale breve a
una consonante
forte.
La quantità
di
una vocale verrebbe,
così,
ad essere
in-
versamente proporzionale all'azione assimilatrice della consonante seguente.
Secondo Durand (1946: 173), inoltre, le consonanti deboli (allunganti) e forti
(abbrevianti) non sarebbero necessariamente le stesse da una lingua all'altra.'*^
3.7.
in
Lo
stesso equilibrio sillabico
questo dialetto,
infatti, le
si
osserva anche nel milanese.
nariamente sonore,
leni, in alcuni casi del tutto
debolezza stessa, e
le
originarie (cfr.
§
3.1.).
Anche
vocali lunghe sono seguite da consonanti origi-
eliminate a causa della loro
brevi dalle sorde, per lo più provenienti dalle doppie
È
vero,
come
si
è notato (cfr. 2.4.6. e la nota 46),
che
255
Della quanlilà nel vocalismo milanese
alcune delle sonore sono oggi desonorizzate,
sempre lunga
do
{noeii\\ sai). In tal caso
sua sonorità, ha mantenuto
la
ha varianti deboli e
2.4.11.), la
è
forti."*'
tonica,
in
La
finale, oltre a
/
mao, cugiaa), deve averne conosciuta
forse sorta per analogia
/
2.4.10.,
§'(
antico milanese, poiché
in
si
questa articolazione debole
(sonora), per cui tendeva ad ammutolirsi lasciando
{saa,
liquida
la
(cfr.
parecchi casi, quando intervocalica, e quando finale,
è dileguata.
si
precedenza
è notato in
si
pare aver avuto carattere debole
/
conguagliata con r
dopo
suo carattere debole. Anche
il
Come
tonica antecedente rimanendo
la
dirà che la consonante, pur perden-
si
con
la
tonica precedente lunga
un'altra, relativamente più forte,
PELLE)
discendente dalla -LL- geminata {peli
-/
che avrà provocato l'abbreviamento della tonica precedente per dare muli
MÛLU,
soli
SÓLU,
veli
VÈLU,
ecc.
Di un'articolazione debole è
3.8.
comune
per cui
è in
milanese
caso di parlare anche per
Eccezion
quelli della III coniug. (mett).
la -r finale,
rar, car) e in tutti gli infiniti,
(salve quelle ridotte a monosillabi:
la
il
sua caduta nelle voci parossitone originarie
la
fatta
per
compresi
gli infiniti (parla, sentì),
tonica precedente questa r debole, ammutolita o meno, è lunga.
Lunga,
però, risulta oggi anche la tonica precedente -rr (-RR-) in carr,ferr (con
corr, torr,
meno
lunga
Sarà interessante notare poi che
in terra.
cons, in milanese non fa sempre posizione, dato che
VÌRÌDE,
tre in sillaba
CÎRCULU
VÏRÏDIA, sere
verz
implicata normalmente
(A)PËRTU, perd PERDERE.
con
ha
si
la
come
tutte le basi,
la r
+
men-
in vert
milanese avesse
differenza fra la
la
r
dialetto ci offre verd
il
Tutto ciò fa presumere che
originariamente carattere debole, ossia che
[e:]),
nesso
tonica chiusa e lunga,
da
[e]
il
r
debole (sog-
getta all'assorbimento da parte della tonica precedente) e quella proveniente
dall
Una
3.9.
za,
specie di lenizione
che lascia
la
davanti a nasali,
ci:
si
rimanda
dica pure
il
chiusa
[a] la
lettore al
la
lunga, aperta
la
CÒ5
'le
CLAUSU
§
i
§5)."*^
si
riassumerà dicendo
seguenti fonemi vocali[i].
Per
[e:]
còd 'chiodo,' pòi, pòlo 'può
[e], [u:]
egli,
le
può
(con finale sonora accanto a còss dalla stessa base: Sal-
FERRU
presso
45).
il
il
Salvioni (1884: 37, 293, 161),
Casi eccezionali sarebbero pure
le
(Lepschy 1978: 197), set (seti)
Salvioni (1884: 159, 278), ròss 'rosso,' gaharé, gilè
il
Biffi
presso Nicoli (1983: 45, 38) (ma gabarè, gilè presso
1975:
diversi esiti
Costituirebbero, perciò, casi eccezionali
'poco,'
vocali chiuse e brevi in toss presso
presso
i
grado d'apertura, essendo generalmente
al
rose' presso Nicoli (1983:
sai tu'
Per
2.4.15.
(Beretta [0] [oe]), [y],''
breve.
pòc
vioni 1884: 293), fé r (ferr)
o
dileguo della -n finale roman-
dalle descrizioni precedenti
quantità è associata
vocali aperte e lunghe in
'sei
il
sistema vocalico tonico milanese comprende
[d], [â:]
ròs
il
[e] [e], [u] [d], [â] [a], [0]
ella,'
si
tonica precedente nasalizzata e lunga.
Ciò che emerge
4.1.
che
"
-RR- geminata non fosse notevole.
il
Salvioni (1884: 58;
Gôkçen
A.
256
sono lunghe
In sillaba finale tonica uscente in consonante, le toniche
4.2.
davanti a consonante semplice originariamente (in taluni casi anche attual-
mente) sonora''^
(cfr.
(cfr.
§§
2.4.14.), davanti a -n (nasalizzante)
2.4.6.,
2.4.5.,
consonante sorda
parte, davanti a
le (cfr.
nasale denta-
(cfr. §§ 2.4.8., 2.4.9., 2.4.14.),
2.4.15.) o palatali in genere, talvolta liquida (cfr. §§ 2.4.10., 2.4.11.,
§
2.4.12) sono esse brevi ed aperte. Quasi tutte
tico
D'altra
2.4.15.), e talvolta liquida (cfr. §§ 2.4.10., 2.4.11., 2.4.12.).
§
le
descrizioni del sistema fone-
milanese che sono state qui sopra analizzate concordano nel considerare
queste ultime consonanti rafforzate.
Non
4.3.
è lecito parlare, in questa posizione, di
una opposizione fonolo-
gica basata sulla quantità vocalica,"*^ trattandosi, nei seguenti casi, di contesti
non
i.)
oppongono
identici, in cui si
consonante sonora
'pace'
-
-
consonante sorda
pass 'passo,' cas 'caso'
pess 'pesce,' mes 'mese'
per
[u] tós
[u:]
'fosse'; per
[i:]
mess
-
'ragazzo'
[i] lis
-
'le
'logoro'
-
lise 'liscio';
per
pes 'peso'
-
gess 'gesso';
fus 'fuso'
-
fuss
[0] (Beretta [0:]
[oe]
[y]
[0:]
-
pas
[a]
[â:]
[e]
[e:]
messe,' ges 'chiese'
toss 'tosse';'*^ per [y:]
-
per
rafforzata):
(e
cass 'casse'; per
mancano esempi);^"
ii.)
—
vocale nasalizzata
—
cann 'canne,' san 'sano'
31); fin 'sottile'
fenn
'fateci';
pan
orale:
—finn
sann 'sane'
'sottili';
—
bon 'buono'
'pane'
pann 'panno,' can 'cane' —
(ma anche san 'sanno': cfr. nota
—
—
ven 'viene'
venn 'vene,'/e/i
—
bonn 'buone,' don 'dono'
'fieno'
—
donn 'donne,'
ecc.
iii.)
Si
hanno, poi, coppie minime con l'opposizione
'pelle,'
sed
cai 'calo'
-
'sete'
—
sett 'sette'; [u:]
cali 'callo,'
(ma anche car
(1983: 45) trascrive, però, sempre con
—
'caro'
[â]; [i:]
[i]
[e]
[e:]
[o] vot 'voto'
-
pel 'pelo' -peli
vott 'otto'; [â:]
did
—
'dito'
[e:]
hanno gradazioni più chiuse
e più aperte a
vamente lunga e breve), rimane sempre
due
tratti,
coscienza
la
quantità o
Non
di chi parla.
le
toniche
[e:]
il
[u:]
-
ditt
[d], [a:]
sia
[â:]
il
problema
[i],
sostenere che, ad essere
grado d'apertura e non
([e]
[0] (per cui
[y] si
rispetti-
decidere quale dei
di
di pel, sed, vot, cai,
[y], [0:]
(per Beretta
veramente rilevante nella
sia
[d]
la quantità, re-
anche quando
le si
[a]) di peli, sett, vott,
grado d'apertura. Limitatamente ad
'detto'), forse [y:]
[a]
rimanenti vocali
è, tuttavia, difficile
pronunci brevi, sempre distinte da quelle
cali in base al loro
le
seconda della quantità
grado d'apertura,
il
fonologicamente pertinente,
stando
[e], [u:]
(secondo Beretta, poi, anche per
[oe])
[0:]
ditt 'detto,'
accompagnate
ecc. Si ricordi, però, che essendo le variazioni di quantità
da quelle del grado d'apertura per
[a]
carr 'carro' che Nicoli
[i:]
[i]
(did 'dito'
mancano esempi)
è lecito
parlare di una opposizione fonologica basata principalmente sulla quantità
vocalica.
4.4.
Lo
stesso potrà dirsi per quanto riguarda la posizione finale tonica
Della quanliià nel vocalismo milanese
Anche
libera.
qui
distinzione
— me
mio
;
[e:]
su
-
so
suo,
non
e
la
—
[a] (j)ce 'piedi
[d], [a:]
[i:]
[i],
[y:]
^oeu
ridù 'ridurre';
-
grado d'apertura,
il
[f], [u:]
sole
riduu 'riso'
inf.;
essendo decisivo
'figlio'),
la
quantità sarà distintiva solo per
la
pass -finì
(oj (finii part,
257
[0:]
[y],
-
'figli'
fioeu
quantità vocalica, per
pc
'piede,' nice 'mici'
ecc.
University of Guelpli
NOTE
1
II
passaggio viene spiegato
con
in parte
modi,
in vari
l'influsso del sostrato
similmente da Liidtkc 1956) con
fra gli altri,
monottongazionc
la
vocato uno squilibrio nel sistema vocalico
ë
<
AE
< È da una
e ç
parte,
da Spcnce (1972) con
testo);
in
la
opposizione quantitativa con
155-6)
O
da Weinrich
(si
prime, qualitativa con
da una parte e E,
seconde;
le
dall'altra delle
vedano,
si
fra
veda più avanti nel
Û, attestate nelle iscrizioni pompeiane,
ì,
(e
pro-
introducendo una nuova correlazione
latino,
correlazione con È,
le
§5
AE, che avrebbe
e del dittongo
edê<Êeê<ï dall'altra;
varianti E, O, inizialmente fonetiche, di
di
da Lausbcrg (1947; 1972:
osco-umbro; da Haudricourt-Juilland (19702: 31—42)
in
rapporto
inoltre, Straka
(1959: 286-300); recentemente anche Klausenburger (1975). Per un riassunto e discussione
delle teorie accennate,
2
si
Cfr. Weinrich (19692:
veda Tckavcic (1972: 15-33); Spencc (1972: 300-9).
"Unter besonderen Bedingungen kann es dabei vorkommen,
183):
wie wir oben an dem Wort
haben, dafì der phonetische Anschlup weiter zuriic-
tela gezcigt
kreicht zu dcn phonologischen Vokalquantitaten des Latcinùschcn, aber nur in den Fallen,
die latcinischc
Lange
in freicr, die lateinische
Kùrze
gcdcckter Stellung stand: von
in
wo
dem
phonologischen Vokalquantitaten des Lateinischen her gesehen ein Zufall."
3 Cfr. Weinrich (19692:
"Die phonologischen Vokalquantitaten des Lateinischen sind
13):
Wo
ùberhaupt nirgcnds erhalten.
Romania phonologisch
es beute in der
relevante Vokal-
quantitaten gibt, z.B. im Friaulischen, sind diese sekundàr enstanden."
4 Ha ragione
Salvioni (1919: 529-30) nel sostenere che
il
Biffi,
il
intendesse indicare una differenza quantitativa, visto che
adoperati per differenziare
la
con
Va
"
.
Una
.
(Lepschy 1978:
lunga e chiusa) e
[e:]
192).
media,
come esempio
doveva pur
trattarsi
della
o
'strecia'
à
.
bocha,
come
ha, invece,
"...
à el son più visin a
<7[u], e
per
si
pess, capell (oggi
in
al
non riuscendogli chiara
l'altra,
la
anche per questa vocale
o[u] è bensì chiusa,
ma
come
amaaham, o con
pas, nas,
.
.
.
"Se profcriss a do
legge a proposito:
si
Latin antighament ghc discuenn l'a longha
i
sora ona tireta «, nun
la
parnonziem senza
gitauasg; l'oltra slarghandcla ben,
come ma.
la,
." (Lepschy 1978: 189-90).
.
5 "... parche no proferisscm mai do consonant come
se ben enn schriuem
direm a
la letera /."
do spess,
al è
finale uscente in
i
i
par fa cognoss che
(Lepschy 1978: 191). l^
ghaiàrda" (Lepschy 1978: 195). Si noti che
che
lui
e 'larga'
Biffi riporta porsciel, la cui
il
per a a giudicare da quanto
e's la schriucucnn dobia insci
la
vengono da
Parimenti di una differenza qualitativa, accanto a quella quantitativa,
foùsg, voùna largha e voùna strecia, e questa
desconscià
la
legge che
si
Trattando, però, della
correlazione sia di quantità che di qualità, valida,
atona, quindi breve.
termini 'largh' e 'strec'
termini
differenza qualitativa, oltreché quantitativa,
pel (oggi con
breve e aperta) (a proposito della quale
[e]
.
i
tonica di dis 'dice' da quello di diss 'disse,' fra cui non corre
alcuna differenza qualitativa.
fra la e 'strecia' in des,
con
gli stessi
il
/,
Toschan,
'I
ma noma voùna
in
o
largh,
come
e
come
preceduta da vocale 'larga,' "se pamonzia
Biffi
non sempre sa distinguere
consonante da quella assoluta, come quando afferma che
Toschan fenissenn
semper,
son va parnonzià più asper
potrò, vorrò, dirò, farò,
ai
le
"I
la
posizione
tcmp
futur
pamonzienn con
la
258
consonant aspra; e nun che
6 Che
TÛSSE
come
son
el
[y],
Vo
tra
come
ma
modo
il
la diretta
Û
ma
descrive [0] non
in cui
ma
largh e I'm vochà,
a dì m,
continuazione
> 0).
press a Vo;
piìi
poù ben come a
se slarghenn
o largh ..." (Lepschy 1978: 200).
8 Anche
se
tità (e di
si
où, che fa
lauer de la bocha
i
consonant
la
afferma a proposito della
Biffi
il
(senza tener conto, cioè, dell'evoluzione
"...
a dil se sporsg inn foùra
proferissem con
i
tonica di toss
la
Prissian non parla esplicitamente di un suono
lascia dubbi al riguardo:
dì
deduce da quanto
[u], lo si
nota 36), e dal fatto che egli spiega
di quella latina in
strec,
197).
o (< Ò, Ù) rappresentasse
la
[y] (cfr.
II
fenissem semper con Vo
i
..." (Lepschy 1978:
dolza
7
Gôkçen
A.
il
Prissian non lo dice esplicitamente,
qualità) fra la tonica di
"...
legge a proposito della n:
proùma che
la
vochà larga
Per
tonica di voùna,
la
9 Dalla descrizione
quanto concerne
10 Secondo
deve
schriuarem sempia,
ragionamento doveva senza dubbio valere per
la
quan-
vestiss, la
l'oltra
ch'è
parla più
si
tutte le vocali.
nota 16.
non
una correlazione
risulta
una
trattarsi di
Rajna (1881:
il
strecia, la
il
del Prissian
[y]
vochà
di
deduce facilmente da quanto
pan da mangia da pann da
par desferenzià
la
si
schriuarem dobia ..." (Lepschy 1978: 196). Qui
veda
si
doveva pur essere una differenza
la
ma
specificamente della a,
ci
e quella di voìina: lo
meza morta con
se proferiss
ghaiàrda con
choùr
per [y] e
di quantità
Per
[0].
svista; per [0], cfr. la nota precedente.
11), le tre varietà corrisponderebbero ai tre gradi di lunghezza:
breve, media, e lunga.
11
A
questi gradi,
il
Cherubini ne aggiunge poi un
altro,
quello rimesso, che forse qui sta per
atono.
12 Non
affatto chiaro risulta
so
ta di
breve
(e di
(e in
il
rapporto fra
o chiusa
la
in dolor,
onór, e quella chiusa e vibra-
messo MÌSSÒRIU, reso RASÒRIU, ordiô < ORDIRE). Se vibrato equivale
questa accezione pare sia adoperato per a,
i,
contrasta con quella del Salvioni che cita so con [0:]
u[y]), la descrizione del Cherubini
(anche messo, reso ordijò (1884:
41), e poi, per quanto concerne le parole uscenti in -or {dolor,
nota) "
.
.
.
l'ó è bensì lungo,
13 Che -00 rappresenti sempre
meno
però che
in quelli
dove -ore-
deduco da quanto dice
[o:], lo
amor,
al
alfabetica, possa essere letto
con quello sdoppiamento
giacché abituati
ecc.,
di
come siamo
§
§
34
riduce ad ò."
si
"Né
si
creda che
appone
nella sede
proposito:
questo doppio o, trovato nel contesto del libro senza l'accento che
Eoo, Coo, Coordinato,
ecc. dice (1884:
gli si
vocale che sentesi nelle voci italiane
a trovare quella sdoppiatura italiana
solo nell'o aperta, e a fare quel prolungamento di suono milanese soltanto nell'o chiusa ..."
(Cherubini 1839:
14 "San
Il
in
Sann
XXVlll o 2243).
(sane).
San (sanno), ecco
Cherubini sembra qui distinguere
sann 'sane,' e
(cfr.
15 "o è
se
(sano),
il
la -n,
tre
suoni affatto diversi" (Cherubini 1839: 2246).
fra la -n dentale in
non pronunciata, che nasalizza
san 'sanno,'
la
la
-nn enfatica o forte
in
san 'sano'
citati
non consta
vocale precedente
nota 31).
il
suono francese \nfeu, coeur ..." (Salvioni 1884:
36). Dagli
esempi
milanese abbia una differenza qualitativa per oeu (eu), come, invece, ha
il
francese fra
feu con [0] e coeur con [oe].
16 "Non è
tutt'affatto,
ma
vi si ravvicina I'm francese in un,
35). Potrebbe, quindi, stare per
17
II
una w aperta
Salvioni, che per questo suono adotta
Roma
(1884:
35), che
generalmente nelle
"Lo
schietto
scritture sta per
il
simbolo
suono
ii.
commun,
(Salvioni 1884:
ecc."
(e breve) ([Y]): cfr. nota 30.
di m
o, dice
non
Gli u latini
si
prima che esso è
l'italiano
esiste in milanese, e I'm
o
in
che trovasi
ripercuotono in milanese parte per U
parte per o. Quest'o (che in alcune scritture vien reso alla francese per ou) è per certo molto
profondo, tanto da essere più vicino ad m toscano che ad ó."
(1884: 36), aggiungendo
nota che "Nelle poesie volanti e nelle bosinàd, cioè nella letteratura del popolino
che a convenzioni ortografiche obbedisce
u per o.
Da non
in
quale più
proprio istinto acustico è frequentissima
la grafia
queste poesie estraggo: rispund « risponde » fuu = fô « faccio »
diseur «discorrere» desmunta spunta, sta = sto (isto) ..." Lo stesso
molte
suro = sora «sopra»
al
il
di
.
Della
"...
Salvioni dice poi, altrove, che
conosce
un vero
realtà della pronuncia,
259
il
dialetto milanese, e già fin dai tempi del Porta,
Il
chiuso è conservato solo nella scrittura,
che un o, l'aperto.
in realtà
nel vocalismo milanese
(juiintitti
"
u
e proprio
.
.
(1975:
.
ò,
non
nella
invece, Lepschy 1978: 207,
cfr.,
6):
ma
nota 39.
18 Al femminile -ada,
una
genere."), o forse per
meno
il
Rohlfs (1966:
il
-adha, -udha,
di
lombardi), probabilmente a causa della presenza di
testi antichi
ben salda (secondo
-a finale
rafforzamento della fricativa intcrdcntale
-tuia, -ida, col
-idha (stadio prevalente nei
203) "... per ragioni
§
ripristino della occlusiva nei riflessi -aa, -uu,
di distinzioni del
reperibili nei testi
-ii,
recenti (Salvioni 1884: § 379).
19 Omette però,
cui sopra,
come
sonanti,
Salvioni, di precisare che
il
r complicata),
oeucc OC(Û)LU,
prolungamento della tonica,
il
produce, a quanto pare, solo
si
mentre brevi risultano
appunto,
ecc., perché,
toniche, ad
le
in sillaba implicata,
nante originariamente sonora (spegio, ogio, oreg(i)e
in
nelle condizioni di
davanti a certi gruppi di con-
in sillaba libera (e
specc
es., di
SPEC(0)LU,
anche se susseguite da conso-
Bonvesin, con affricata prepalatale
sonora e vocal finale caduca).
20
con
In realtà
via di
Salvioni (1884: § 328,
lunga, come nota poi
(ERUCIARE), la qual vocale lunga spiegherebbe
[ò:]
da -CI-
;
dal Cherubini (1839: s.v.)
21
con -d (pronuncia sorda)
Per contro, dopo vocale breve
vèéé (accanto a vè^^a)
22 Anomalo
come
di loff 'lupo'
tonica breve, per la cui
la
di
correggendosi, per
quando corrisponda
frégna)
roeud, registrata
FRÌGÌDU,
a sonora interna:
ecc., e a trasgredire tale
rohha) con -hh a dispetto delle toniche brevi
(plur. di
160).
caso
il
536), con
(accanto
1),
la grafìa
invece, Lepschy 1978: 208).
(cfr.,
scrive la sorda anche
si
VEC'LU, /rècc
convenzione sarebbero goeuhh, rohh
(Salvioni 1884:
n.
il
quello di criif 'crudo,'
riif
'spazzatura' (Salvioni 1919:
veda Salvioni 1184: 160: "Faremo eccezione solo
-ff si
per V d'uscita ridotto a/."
23 Pur riconoscendo
rafforzamento
il
consonanti nel milanese,
di certe
il
Salvioni sembra non
essere d'accordo con l'uso di rappresentare graficamente consimili consonanti con le doppie
che,
come
del resto
molto simile
che
si
si
di
tutti
i
dialetti settentionali,
rafforzamento consonantico
legge nel Rohlfs (1966:
può osservare nell'estrema
posizione seguente
la
229,
§
n.
alcuni dialetti connesi,
1):
"La conservazione
della vai Bregaglia gatta, bassa, Stóppa,
queste zone
si tratti di
si
Valsesia
cfr. nella
una tradizione continuativa, ovvero se
il
fatto
Spoerri); in alcune località
che
si
Valscsia l'allungamento non
in
in
forma allungata: per esempio
688); anche
(cfr.
AGI
la
pronuncia genovese
16, 154),
come pure
il
pummi
al
tèra (Salvioni 1884:
S
piemontese limma e
.
.
."
sistema adottato dal Salvioni (1884:
precede
fa
^
Si
doppia rr
160-1,
fenomeno generale
In
a
di
di
finale
dopo
semplice com-
limma (Spoerri,
lamma,pummi
§
rcmmu
'pomi' fanno
42).
"...
2):
Per r
.
in
\ ritengasi lunga la toni-
/
Interessante l'osservazione del Rohlfs
."
.
la
milanese fèr
di tèrra a tèra
degeminazione delle consonanti
lunghezza della vocale che
'ferro,'
tèra,
kàr 'carro')
ad un'epoca diversa da quella del
nell'Italia settcntionale, cioè
ad epoca
."
.
.
pedU (anche padiì)
-/
'fame,'
veda anche Bertoni (1916:
n.
un tempo (per esempio
presumere l'appartenenza del passaggio
più recente.
25
in Valsesia
238): "Per quello che riguarda l'Italia settentrionale,
la
verifica
si
m
204), la cui tonica deve considerarsi lunga, conformemente
ca precedente quando non sono scritte doppie.
(1966:
ommu, famme
la
'fame' e 'remo,' cioè limma, famme,
di 'lima,'
pensare ad un allungamento secondario.
24 E ancora
'pomi,'
ad un nuovo
sia pervenuti
breve accentata, a causa dell'accento;
la sillaba
vocale lunga (per esempio pé/a <paela 'padella') e inoltre che qui anche
pare
alla
navatta 'navetta,'
pènna, vacca (Stampa, 133). Non è ancora chiaro se
allungamento delle consonanti che seguono
per questa seconda ipotesi sta
Essa è limitata
/m.sì/ 'tu fossi,'
wakka (secondo
seguente nota
cita la
delle consonanti doppie
fascia periferica dell'Italia .settentrionale.
vocale accentata:
cigulla 'cipolla,' bella, hukka, spassa 'spessa,'
in
milanese non conosce. Per un fenomeno
il
in
caduca.
(cfr. h 2.4.3) la
tonica
si
sarà abbreviata
dopo
essersi allungata davanti
260
26 Di una
mente
27 È noto
AU
ol,
con una
che
si
Questa
(Salvioni 1884:
ipercorretta
può
L
e la
nesso
anche
AUDIO,
alzo
(Bonvesin ha
tralasciare qui, perché
CAUTA
dove
non
primario interesse,
di
nasale complicata. Basti precisare che, per
i
ravvisare tracce di una
apertura almeno,
di
per
29
ancora chiuse
Non
seren
I
è chiaro su che cosa
ritiene
che
presentano
si
rima o assonanza con
in
(M
ben
I
45-8); lamentason
contrition
anche Salvioni 1919: 528,
il
quenze -ena, -ona, ecc. Sarebbe, però,
Tracce
di
I
Egli
n.l).
sembra sostenere, dunque, che
volta, in
osserva
si
-UNA
1884:
§
il
-INA
si riflettesse
per -ònna. Di tale stadio
60).
Un fenomeno
il
De
la
Si badi, però,
che nei suddetti
in
n.
(il
lo stesso Salvioni
(1884:
§
vocale accentata precedente
san 'sanno'
Salvioni (1975:
si
In
Salvioni (191
rimane inteso che a Milano
il
hanno
si
si
tre
- ijè
san 'sano,'
1:
§5 30,
rapporto con
Inoltre, all'apertura
'asciutto,' 95 'uscio,' frgt, tgt, grel
milanese fa invece corrispondere
il
verifica.
"Non
so
suoni per -n finale
come
come
debba interpretare
si
in
si
ha una
370) trascrive
[à]
san «sano», san
in parte già fornito
nasalizzata allungatasi in seguito
bu\), resih)
ma
poi nota: "Scrivo così;
ma
sostituito dallo strascico nasale della precedente vocale";
245) trascive bò, sa, e dice della -n che "...
in
epoca
in
Lombardia (Rohlfs 1966:
nota 14). La discussione precedente avrà
(cfr.
una risposta a questa domanda.
dileguo della -n
non
36; 1978: 206, n. 36) dichiara:
l'osservazione del Cherubini che
«sanno», sann «sane»'"
Salvioni
(cfr.
quei dialetti, anche quella davanti ad altre consonanti
come in brqt 'brutto,' nql 'nullo,' sqt
mare 'marito,' avo 'avuto, ecc. ai quali
Lepschy (1965: 169,
una
matremania (B 396).
dialetti, l'apertura delle vocali è in diretto
brutt, cinqii, ecc. in cui tale passaggio
In
quii k'i in
Una prova
in sinizesi,
non conserva che voeunna
in finale di parola,
senku,
fosse -n(o).
analogo, ancor oggi vivo nei dialetti emiliano-romagnoli,
vocalica davanti a nasale fa riscontro,
al
che essa compare
loro nasalizzazione che, invece, produce vocali chiuse nel milanese.
'grillo,'
ci
per -enna {quaicosarenna, fiorentenna nel Prissian)
dialetto odierno
più antica abbracciava, a quanto pare, vasti territori della
38).
base
alla
in
quelle delle se-
questa ultima forma.
in
fatto
Bonvesin, per cui Contini (1941: 251) scrive:
Pare che, nel passato,
che
come
vocali lunghe in lian, in, ecc. del
infatti, le
ulteriore di un'antica nasalizzazione, inoltre, è forse
I
pan
condition (0 213-6) (Contini
I
altrettanto lecito supporre
una antica nasalizzazione forse sono,
dialetto odierno, e la chiusura vocalica che
31
casan
Salvioni, procedenti da venno, crenno,
quanto, appunto, precedenti una -n dentale da -nn(o), non nasalizzante,
e
I
toniche di ven, cren, pan, scarpan fossero tutte chiuse, senza, però, essere nasalizzate,
le
30
cita,
toniche di ven, cren, pan, scarpan (seren
le
1941: 79, 233, 66, 285), forme abbreviate, secondo
(cfr.
Rohlfs che invece
toniche nelle sequenze -ena, -ona fossero
le
(G 73-6), sasten I ben I cren
F 301-4); scarpan I compassion /
panno, scarponno
il
Bonvesin. Ciò egli deduce dal fatto che
di
ven, conven
devotion (E,
basi
si
s.v.)
98).
§
370-1, 373-4)
tempo
al
vocali chiuse (e nasalizzate)
le
I
15, 41).
milanese, vçnt, tçmp (1966:
Salvioni (1911:
II
%
Salvioni 1884:
il
una
tratta di
si
vocale chiusa (e leggermente nassalizzata): témp, vént, front, mónt (Cherubini 1839:
(cfr.
/
trattamento della tonica davanti a
il
medi
gradi
*AUSA(T)
Bonvesin, el valsa
in
olio, olirà,
aveva originariamente
si
Non è impossibile
PARA(B)ÛLA, TA(B)0LA.
in parolla, lolla
GÛLA,
dentale, accanto ad altre varianti, ha dato
42).
§
la
bella, apella,
conseguente riduzione del dittongo seconda-
AL+
golie (plur.)
63p; Rohlfs 1966:
§
CÒLLU,
158).
ipercorretta compare, però, anche là
/
GAUDIU,
galza
il
coll
dove non ha ragioni etimologiche (galla
là
con
a grafie collaterali latineggiami
COLLECTA,
ecc.; cfr. Salvioni 1884:
era venuto a formare,
nei testi di Bonvesin, normal-
ipercorretta, frequente nei testi medievali lombardi
/
caldo, ecc.).
Si
l'introduce anche
che, dietro la vocalizzazione della
rio
AU:
ma
solo,
milanese potrebbe fornire
in antico
-/
compaiono,
latine
{castellan, collegia
//
REVELATU, parolla,
revellao
geminate
le
scempie corrispondenti (accanto
mantiene
la grafìa
non
mentre
fatto che,
il
ridotte alle
doppia),
ecc.)
leggermente lunga della
tale articolazione forte e
un indizio
28
Gokçen
A.
una vocale nasalizzata
.
.
.
ha una -n dentale, non, però, soggetta
42-3) scrive hin 'sono,' han,
ma
in
"; cfr.
al
si
fonde
.
.
.
colla
anche Nicoli (1983: 56-8)).
rafforzamento consonantico.
Fonetica (1884:
§
Il
247) vann, fann.
Della quaniiui nel vocalismo milanese
sann, ann, dann, inn, ecc. La doppia
questo caso, starà solo per denotare
-/in, in
Pare che oggi prevalga
della tonica precedente.
norma
129, 133; Nicoli 1983: 310, 11) che, invece, è di
san 'sanno' e brevissima
resto, dalla tonica lunga in
32 Un esame minuto
che
È
Î,
Ó
Ó, Û,
e di
finale (Salvioni 191
-/;
lizzazione fosse già perfetta (Salvioni 1911: 387-8)
(cui
rima quale ad
la
aggiunga (I'ovrc)
si
1941: 39, 121),
.
.
bon
.
bon
es.
I
perdition
intention
I
370-1; 373—4) e che
1:
BONU, ma
{angei) bon
I
attention
I
base a prove metriche quale ad
e, in
"... non potrebbe
che
un
La
388;
n.
370,
1;
n. 4).
odierno, ad es.
in
l'abbreviamento
per
risulta
4):
[a]
ceres
dell 'a
corroborata
la
maren
e galfion
maren (o morene)
in
suo -n (sfumato poi
il
(Salvioni 1911: 387, n. 2).
nelle desinenze verbali -en, -on (3^ p. plur.)
che, secondo
bonn 'buone'
è per estensione analogica da quella intervocalica in
1884:
n. 2;
*<
il
Con
245).
374,
Salvioni, la dentalità della nn, nel dialetto
non
tutto ciò,
e chiaro
perche
bonna
prodotto
sia
si
(e apertura) della tonica precedente.
timbro a seconda della quantità,
di
da quanto scrive (1919: 529), commentando un passo del Prissian
"...
(A 269-72)
però, nota 29), e nelle sequenze -ena -ona (Salvioni 1911:
cfr.
Salvioni non ammettesse una variazione
il
bon BONI,
in
Ne consegue
(Salvioni 1911: 387,
33 Che
..."
-n gutturale
sembra escludere
nasalità della tonica egli
(Salvioni 1911:
nasa-
la
salvation (T 493-6) (in Contini
I
es. la sinizesi, in
valere che nel supposto che
nella nasalità della precedente vocale) sia
anche
perdition
I
(T 245) (che, però, Contini (1941; 21) scrive ceres, maren. galfion),
(<(A)MARINA)
rileva, del
si
Contini 1935: 247; 1941: XXIX);
(cfr.
nasalizzazione che egli pare ammettere non solo in hon
data
come
'sane,'
'sane.'
fossero venuti a coincidere in [e] e (oj rispettivamente,
nel milanese di Bonvcsin, davanti a
BONAE,
sann
sann
in
grafia -nn (cfr. Bcretta 1980:
la
in
dcntalità
la
e visto testé,
si
della rima nei volgari bonvesiniani ha consentito al Salvioni di concludere
riflessi di È,
i
come
652), poiché la -n scempia finale indica,
della -n (cfr. Isella (1959:
la nasalità
261
.
.
ammette due pronuncie, una
.
prima dagli
sarà salare, serrare, futuro
es.
E che
da sarà salato, serrato (oggi sarà ...
il
(si
veda qui
la
nota
larga (cioè breve) e una stretta (cioè lunga),
(oggi sarà),
di 'essere'
la
seconda
Prissian col suo 'largo' e 'stretto' intenda pro-
prio indicare una differenza quantitativa, risulterebbe dagli analoghi termini ch'egli adopera
parlando
p. es.,
ch'è giudicato stretto in dis (oggi dis) 'dice,' e largo
dell'/,
sarebbe indubbiamente dis;
nessun divario
34 Una
tra
due
i
/.
.
fìs fisso, ecc.)
cfr.
."
.
Per
[0], si
veda
in diss
(che oggi
pur non correndo qualitativamente
'disse,'
nota 15.
la
volta perduta la quantità fonologicamente rilevante del latino, le vocali sono divenute
brevi in sillaba implicata (cfr.
35 E ancora presso
SERE)
adesso
I
I
1.3.).
§
confesso
fresco (SI 233-6); defendesse
I
devesse (SII 33-6); aspegio
/
maledegio
I
maledegio
I
(<ASSÉDÌTARE)
creto (SUI 393-6); creto
I
asseto
I
/
recreto
foleto
I
breto (SI
I
I
521^):
I
I
poesse
esse ('ÈS-
I
DÌCTU) pegio (PÉCTU)
+
alegio (SII! 177-80); questo
aspegio (SI 873-6); delegio
cativeto
aspegio
(MALE
breto
I
I
recreto
/
asseto
I
asseto (SI 365-8);
I
Salvioni (1911: 373); Contini (1941:109,
cfr.
133, 130, 157, 164, 113, 118).
36
Si legge in Salvioni (1975: 6)
conosce
in realtà
che un
realtà della pronuncia,
strec
come
come
I'm
di Latin, e
nota 17).
"
—
il
.
.
.
."
suono
n.
Che
la
strec
di
riflesso di
il
m
"
.
.
che essa
sia
.
.
muda, perche se voùrem
.
si
.
fava
.
,"
i
(Il
.
si
legge
à el son
dì
on son
Latin antighamcnt
dovrà intendersi nel
fa ricorso alla grafia o,
sempre lunga
non
è, nella
deve esser
Ó,
(cioè [y]) che "
.
[y], e che per [u]
1)
ti
come disenn che
mai muda
non come
Salvioni sostiene che
i
"strec" nel Prissian indichino un'opptisizionc di quantità, non di qualità:
nota 4). Quanto, poi, a amabont, essa rappresenta
noto passaggio
Ma
a proposilo della
droùuem lo
Salvioni (1919: 530,
termini "largh
cfr.
(cfr.
l'vltem de vedii, inn Toschan veduto, ne mai
senso che essa rappresenta
il
(/."
(Lepschy 1978: 199) che dice
de amahunt
ma
chiuso e conservato solo nella scrittura,
prima del '600. Questo sembra possa dedursi da quanto
che schriueuen amabont par o
l'intende
dialetto milanese, e già fin dai tempi del Porta,
il
Il
un vero e proprio
stato in gran parte [u] già
nel Prissian
che "...
o, l'aperto.
Ô
ad
in sillaba finale implicata: cfr.
la
forma arcaica
di
amabunt (con
il
Nicdermann (1959^: 38-42); Pisani
262
A. Gôkçen
(1952: 131)).
37
Si noti
che questi esempi, come quelli
citati
sopra a proposito di
e, o, si riferiscono tutti alla
posizione finale. Vien fatto di domandarsi, quindi, se quella norma, citata sopra
di Isella ("
.
.
(§ 2.5.1.),
differenza di qualità è anche una differenza di quantità, poiché una vocale
la
.
aperta è breve e una vocale lunga è chiusa.") abbia valore assoluto e valga sia in parossitonia
che
in ossitonia.
norma simile
Salvioni (1975: 5) che pure dà una
Il
(cfr. § 2.4.16.) precisa,
però, altrove che "In sillaba aperta, la tonica milanese conosce due lunghezze, quella p. es. di
strada e quella di straa e
di straal strade; in sillaba chiusa, quella di
che qui è resa con aa è
largo, ghi, -ghe. Quella
larga e quella di laark
lunga durata." (Salvioni: 1919: 525,
di più
Se
si
tien conto, poi, di quell'altra
che "...
la
vocale d'uscita, sparendo dopo consonante sonora rese lunga
n. 1).
penultima"
di
norma, formulata dallo stesso Salvioni (1884: 159)
appunto tonica!) anche quando è penultima,
il
milanese è quella che
ha
si
vocale accentuata
la
diventa assai chiaro che relativamente lunga è la tonica (perché
(cfr. § 2.4.5.),
ma
che
lunghezza vocalica vera e propria per
la
o no,
in sillaba finale, uscente,
consonante
in
(cfr. §§ 2.4.3. e
2.3.1.)
38
Per Imn 'hanno,' van 'vanno,' san 'sanno' saran 'saranno,' savaran 'sapranno,' hin 'sono,'
ecc. (Isella 1959: 652)
39
Per questa distinzione
/a/ di
con
tonica lunga
la
ma non
nasalizzata, cfr. nota 31.
descrizione che ne dà Beretta (1983: 12):
ci si è basati sulla
"...
le
."
orientamento anteriore ... e quelle posteriori
.
.
.
40
Corrispondenti, rispettivamente, a peu, jeune in franc, Oefen, ôffnen in ted. (Beretta 1983:
41
Si veda, però,
17).
Malmberg (1971: 51-2). "Le phénomène qu'on
a l'habitude d'appeler 'fester
Anschluss' est réservé à certaines langues, surtout germaniques (spécialement frappant en
lemand), tandis que par exemple
Anschluss'
42
in cui si potrà parlare di
/
semivocale
Si legge nel Prissian
Per (Y),
Si noti
II
" Si
veda anche Tekavcic (1972: 292-3).
avremo forme più
vera e propria fricativa, e forme più comuni, o
.
.
.
oppure è
solit,
non
con
in cui la liquida,
sostituito
(Lepschy 1978: 198) che
voùlta on tantin più dolza del
44
45
46
Et néanmoins, ces langues connaissent des
204).
p.
CONSONNE
assolutamente superato e
confondersi con
43
+
la
al-
slaves ne connaîtraient que le 'loser
et
145): "Rispetto all'apertura laterale
Cfr. Battisti (1938:
di fricativa è
langues romanes
Jespersen, Lelirbuch,
(cf.
VOYELLE BREVE
groupes
les
la r
da
r.
forti
od enfatiche
leni, in cui
il
concetto
ulteriore Icnizionc o tende a
."
.
.
"No muda mai
parpoùst, e s'al'è quai
merta saruazion."
nota 16.
cfr.
che eel
'è lui' è
dato con
[e:]
Salvioni 1884: 277, con
in
[e:]
in Salvioni
1975: 5.
Salvioni (1884: 158-61) nota che "... una sonora (media) non può mai essere consonante
d'uscita; è necessario convertasi nella sorda (tenue) corrispondente.
da
in
parecchi casi, non e tuttavia senza eccezioni.
poi mai,
pez 'maggio, peggio' con
la fricativa
Lo
.
.
."
Questa regola,
stesso Salvioni (1884:
§
vali-
166) trascrive
prepalatale sonora; una fricativa sonora
si
ha,
parimenti, in vas 'voce,' nòs 'noce,' eros 'croce," pus 'pace,' nàs 'naso,' ros 'rose' (cfr.
§
2.4.7.).
47 Quanto
alla
posizione in apparenza contraddittoria del Salvioni. e forse di
Isella, al riguardo,
cfr. §§ 2.4.19., 2.5.5.
48 Va
detto qui che Lepschy, in una breve discussione delle descrizioni del sistema fonetico
milanese, che egli fa seguire
al testo del
Biffi, intitolato
Prissian da Milan della parnonzia
milanesa (riprodotto, con alcune correzioni, nell'edizione del 1606
la
criticamente stabilita da D. Isella, corredata di una traduzione
"Annotazioni
al
testo" dello stesso in
in
Lepschy 1965,
in italiano
con
Lepschy 1978), da una interpretazione
in
in quel-
appendice
talvolta diversa
dei dati (cfr. ad es., note 17, 20, 31, 46, ecc.), giunge a conclusioni sostanzialmente divergenti
dalle mie. Per un confronto,
49 Mentre
per
[e:]
rispettivamente,
parte e
il
[f
si
],
che
si
si
rimanda
il
lettore a
sono generalizzate
parla di una correlazione fra
timbro aperto e
la
Lepschy 1978: 204-210; 1965: 167-175.
in sillaba
il
(originariamente) libera e implicata
timbro chiuso e
la
quantità lunga da una
quantità breve dall'altra, una siffatta distribuzione e corrispon-
Della (/uanlilà nel vocalisino iiiilancse
dcnza non
ha per |u] |dj. La prima può trovarsi in sillaba sia (originariamente) libera che
si
implicata, per cui
La mancanza
Cfr. nota 20.
in
non sono pochi
i
una chiusa,
casi in cui (u|, pur trattandosi di
e breve:
'rosso,' toss Mosse,' holt "botte,' ecc.
rf>,s,s
50
263
consonante) e forse da
originariamente libera, e
di
coppie minime,
attribuirsi al fatto
in sillaba
questa posizione (in sillaba uscente, cioè,
in
Ó
che
riflette
si
milanese per
in
implicata per lo più davanti a palatale:
(o) in sillaba
Salvioni 1884:
cfr.
§43).
51
Sullo stesso argomento,
veda ora Sanga (1984: pp. 60-7); per
si
quantità vocalica nel
la
bolognese Coco (1970), nel friulano Franccscato (1966).
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