Quaderni d`italianistica : revue officielle de la Société canadienne
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Quaderni d`italianistica : revue officielle de la Société canadienne
A. Gokçen Della quantità nel vocalismo milanese Se 1.0. si quantità vocalica, la campo romanzo è ridotta nel camente rilevante essa non italiani settentrionali il è oggi che nel friulano e in determinati dialetti (Tekavcic 1972: 22 nota), milanese è da annoverarsi il Ossia, ha valore pertinente la quantità vocalica che caratte- fra tali dialetti? rizza dopo il crollo delle sue opposizioni nel latino, a mero fenomeno combinatorio, e fonologi- vocalismo milanese odierno? Quali sono, poi, che ne possono aver determinato principali che il presente lavoro la comparsa? le evoluzioni fonetiche Questi alcuni fra i quesiti pone, e che cerca di chiarire alla luce delle si descrizioni del vocalismo milanese tuttora disponibili. Una 1.1. la delle caratteristiche più cospicue del sistema vocalico latino era quantità dei singoli fonemi vocalici, ereditata dall'indoeuropeo, fonolo- gicamente rilevante, e indipendente dalla struttura quantità come tratto concomitante era, per sillabica. Associata alla un periodo più o meno lungo, una differenza nel grado d'apertura, per cui le vocali lunghe venivano pronunciate chiuse, e aperte le brevi (ad eccezione di À) (Straka 1959: 286-9; Vaananen 1963: 29; Wartburg 1967: 48-9; Sidney Alien 1965: 47). che utilizzava distintivamente le opposizioni quantitative A questo sistema (PÓPULUS 'piop- PÓPÙLUS 'popolo,' OS 'bocca' contro OS 'osso,' RÓSA [nom.] RÒSA [abl.], ecc.) subentrarono progressivamente, in modo difforme po' contro contro e in momenti diversi a seconda delle regioni, sistemi basati sulle opposizioni qualitative che stanno alla base dei vocalismi delle lingue 1.2. Da romanze attuali. alcune delle ipotesi finora avanzate per render conto di tale pas- saggio sembrerebbe che la quantità vocalica latina, una volta defonologizzata, fosse del tutto scomparsa da tutti i sistemi: ciò che viene sostenuto, ad es., da Haudricourt e Juilland che pure concordano con nell 'ammettere il Wartburg (I9657: 48-9) uno stadio intermediario preromanzo, caratterizzato dalla pre- senza contemporanea della quantità e del timbro, susseguente a quello latino Secondo questi studiosi (19462: 31^2, 45) la quantità voun periodo, ad essere assente, anche foneticamente, sistema romanzo occidentale, per ricomparirvi verso il VI secolo come a base di quantità. calica sarebbe venuta, per dal preludio alla diversificazione delle toniche a seconda della struttura sillabica (tonica lunga in sillaba libera, breve in sillaba implicata). 1.3. Contro gli autori "Den Quantitatenkollaps ein Irrtum." fonologizzata deWEssai, afferma Sostiene, infatti, in il Weinrich (19692: 181) che als Verlust der Vokalquantitaten aufzufassen, il Weinrich che la ware quantità latina sia stata de- seguito alla soppressione prima della sequenza voc. lunga + QUADERNI dilalianislica Volume XI, No. 2, 1990 Della quantità nel vocalismo milanese 239 cons, lunga (a causa di una Unzutraglichkeit nel sistema quantitativo latino (Weinrich 19692: 18), poi di quella voc. breve + cons, breve mediante lungamento o l'abbreviamento conformarsi l'al- delle rispettive toniche o consonanti, così da rimanenti due sequenze di voc. lunga + cons, breve e voc. alle breve + cons, lunga. La quantità vocalica, che prima era indipendente dalla struttura della sillaba, in libera che quanto vocale lunga poteva trovarsi sia la in sillaba quella implicata, viene, in seguito a questa trasformazione, ad in essere prevedibile dalla struttura sillabica, solo in sillaba libera, e la breve in la tonica lunga potendosi ora avere Poiché allungandosi quella implicata. sillaba libera e abbreviandosi in quella implicala le toniche mantengono in il proprio grado d'apertura originario, una nuova opposizione, basata, appunto, grado d'apertura viene a sul sostituirsi a quella basata sulla quantità vocalica (Weinrich 19692: 36). Secondo Weinrich (19692: 183), il la quantità originaria latina, non più fo- nologicamente rilevante, rimane presente come ridondante anche dopo (ma solo foneticamente, si badi) in quegli idiomi romanzi nei quali non si può parlare di una diversificazione della tonica a seconda della struttura sillabica (TÉLA, toscano il tratto crollo delle quantità latine, e continua fino ad oggi tela)} La quantità che 1.4. caratterizza il vocalismo milanese odierno non è da collegarsi direttamente con la quantità latina, che del resto servata da nessun idioma romanzo.'^ Essa e di è, non è stata con- dunque, secondaria, posteriore, formazione relativamente recente. Fra 2.0. le verranno qui meno descrizioni più o dettagliate del vocalismo milanese di seguito discusse, nell'ordine di successione, quelle del Biffi (Lepschy 1978; si veda la nota 48), del Cherubini (1839), del Rajna (1881), del Salvioni (1884, 1911, 1919, 1975), di Isella (1959), di Beretta (1980), e di Nicoli (1983). Omesse sono quelle di Pagani (1945), di Angiolini (1897) perché troppo sommarie, e quella di Pavia (1928) che non si è avuto modo di consultare. 2.1.1. Il Biffi distingue le vocali larghe (largh) una distinzione, questa, che pare sia basata su da quelle strette (strec): una differenziazione quantita- tiva per tutte le vocali, sia quantitativa che qualitativa per alcune di esse (a, e, o[u]). Le vocali larghe sono di a, e, o[u], sono brevi brevi, le strette e aperte le prime, vocali larghe susseguono le sono lunghe; trattandosi, però, lunghe e chiuse le seconde. Alle consonanti aspre o gagliarde {asper, ghaiard), a quelle strette le consonanti dolci o vuote (dolz, void). La distinzione fra consonanti aspre o gagliarde e dolci o vuote corrisponde con ogni probabilità a quella fra consonanti forti (per lo più sorde), scritte doppie,^ e deboli o leni (per lo più sonore). 2.1.2. calici: Il [â:] sistema vocalico del Prissian comprende pas PACE, nas, corà COLLARE, prò, i seguenti fonemi vo- ghauasg, masg MAIV, par 240 Gôkçen A. PALU, <-ÀTU, participi passati in -a i strauasc <* EXTRA VACU ARE, ma MAGIS, ecc.; [a] à HABE(T), la, <-ÀRE, po/î/i, gli infiniti in -à pes ecc.; [e:] PÈ(N)SU, des DÈCE, pel PÏLU, mei, ecc.; [e] pess PISCE, adess, vsell, capell, penn PINNA, ecc.; [u:] (grafia of spos; [u] toss TUSSE; [o] porch; [i:] ' dis DICI(T); [i] diss DIXI(T); [y:] vegnù, vedù;^ [0:] choiir, fioù, voùna^ La serie delle nasali comprende (escluse [0], [d] che non sono mai nasalunghe per lizzate) le toniche 'strec,' cioè vùn, pan, fen [é:], [Û:]: 2.2.1. [y:], lunghe e chiuse per [â:], ecc. XXVII-XXIX, XXXIV-XXXV oppure 2243- Cherubini (1839: Il [ì:], FÉNU, bon BÒNU, son SÒNU, SUM, 45, 2247-8) distingue tre varianti ("suoni" nella sua terminologia) per nemi vocalici a, u[y]: vibrato, rimesso, stemperato, i, ma determinare con precisione, i fo- i cui valori è difficile che corrispondono con ogni probabilità ai gradi di lunghezza,'" indicate rispettivamente con l'accento grave, l'assen- za di segni, e mi 'padre,' il raddoppio, e illustrate dai seguenti esempi: sta o me,' 'io me,' comunal; andaa, 'a Le tre varianti bratissima trii, ("suoni" del Cherubini) Per i e, toeù il si riducono a due per oeu[0], vi- 'i le in asée, stée che risulta il il questi ultimi esempi, si può arguire avanti, esiste nel milanese fra Esempi se [e:], altri in difficoltà presenta suoni particolari so (sole),'^ l'altro coll'accento circonflesso; (e sètt, . . il una anche [e:] come si in vedrà piìi ad es., e la quantità (cfr., Ma mètt nel Vocabolario). . accanto a bè, 'agnello'). caso di o, stemperato come il chiusa in soo 2.2.3. Non sillaba libera dolor, onór (con ". . . (io so). Accenno il primo secondo colla doppia vocale." [Cherubini 1839: 2243]); aperta in cor 'coro,' òr 'oro.' affatto chiaro risulta delle vocali, in l'uno vibrato, e per lo più ne' monosillabi XXVIII o tità si tratti di grado d'apertura in sillaba finale libera (bebèe, Maggiori come il in come valore quantitativo di é in réd, dalla correlazione che, sono me, tasè con cor- è) viene notata con una dieresi in sillaba chiusa (oh dëss 'ohibò'), forse con -èe due di [e] {é, -ée sta per [e:] Cherubini riporta, però, més, ecc. che trovo nel Vocabolario. Che, però, 2.4.16.). quali cita toeû 'togli,' 'pren- non chiaramente riconoscibili." Se non evidente di é chiusa, seconda tuoi.' come sillaba finale libera, § e rimessa la Cherubini distingue due gradi d'apertura relazioni di quantità esempi mi prima (indicata con accento circonflesso), la bonoeur, 2.2.2. pà veduu. (senza alcun segno, o con accento grave), per di,' e 'stare,' 'chiama,' dama sì 'sì,' dì 'di,' virtù; sta 'questa,' secondo che queste da tutto ciò come si sia distribuita la o (divenuta) implicata, o se esista una correlazione d'apertura e quello di durata. quan- trovino in parossitonia o ossitonia, in Chiaramente riconoscibile non vocalica se non in sillaba libera finale che il fra il grado è la quantità Cherubini rappresenta, appunto, col raddoppiare la vocale interessata (tranne oeu), diacriticamente segnandola, per i timbri e ed o, per specificarne la qualità chiusa {asée ACETU, eoo Della quantità nel vocalismo milanese CAPU(T)) od 241 aperta (limitatamente ad e in pochissimi casi: bebèe (accanto altrimenti scrivendo a bè) 'agnello'),'" sempre -ùa, -ùu (andàa, sentii, -ii, posizioni sussistono incertezze, per non vc'(lùu). Per corrono l'astrusità e l'inadeguatezza dei termini vibrato, rimesso, le altre che ne e l'uso incoerente Se 2.2.4. fa il le quali Cherubini. accoglie l'interpretazione che di questi termini dà si soc- ci stemperato Rajna il nota 10), facendo valere l'equipollenza vibroto-hreve (perché decisa- (cfr. mente brevi sono appunto, per le vocali in sta, pà, ecc., esempi che suoni vibrati), e supponendo che i degli stessi segni diacritici (cui alfabetica, ed esclusivamente a, grave in i, Cherubini il cita, Cherubini abbia fatto uso anche è fatto riferimento sopra) si verrebbe ad avere, all'interno si il in sede parola, sotto l'accento, solo di cioè brevi, perché segnate con accento ii[y] vibrale, pàs, màr,fìl, amis, dur, vocali tutte che il Salvioni invece considera lunghe, trascrivendo pas, mar,/?/, ow/'g, rfwr (Salvioni 1884: passim). Quanto ai RÉTE, més ME(N)SE, pé/ timbri e ed o[u], l'accento acuto o grave in réd CRÛCE, nós NÙCE, nevód CÒRPU, ecc. (Cherubini 1839: PÏLU, gésa EC(C)LÉSIA, vérd VÏR(Ï)DE, eros NEPÓTE, pèss PISCE, péli PÈLLE, còrp ne indicano, a quanto pare, solo s.v.) il grado d'apertura, senza fornire alcu- na informazione sulla loro relativa durata, ma, poiché per essi ad o il Cherubini differenzia grado chiuso da quello stemperato (cioè lungo), e limitatamente grado chiuso da quello vibrato (se vibrato vale breve: il supporre che é ed ó negli esempi lecito di il durata media, è, vibrata in 5Ô, ecc. cfr. nota 12), e per atona tali nota 12), è qui sopra rappresentino vocali ò quelle brevi, prendendo per brevissima (cfr. Di fronte a 2.2.5. citati la rimessa (cfr. la ô chiusa e nota 11). dubbi, non è possibile farsi un'idea esatta sulla du- rata delle vocali milanesi in base alla descrizione del Cherubini. Tutt'al più, si può dire che, mentre esse possono essere lunghe o brevi libera {andàa, andò, sentii, senti, cùu, verta), in sillaba finale non ben determinato resta il loro valore all'interno di sillaba, quindi di parola. Parlando ancora dei suoni prolungati che 2.2.6. dovizia "nelle sillabe nota: "Altri di tali finali delle la vocale, il il milanese lo ma con questo che dove stempera con quello stemperamento ecc.; e di di XXIX l'italiano batte Luna sono da suono che sentesi nei nostri plurali o 2245) il suono noi proferite Rann, Minn, qui e invalso l'uso generale di segnare questo raddoppiare anche nel numero del vocali. milanese possiede a e ne strascica picciola parte su la succes- siva consonante. Così Rana, Sèna, Mina, Suona, Lunn, il Cherubini (1839: suoni per fine sono simili a quelli che sentonsi nelle voci italiane pronunziate aperte, su voci," meno le suono consonanti susseguenti a Scrivonsi Pappa, Grècca, Scìmma, Euròppa le sì col fatte voci Papa, Greca, Campanna, Estrèmma, Cadènna, Berlinna, Corònna, V'ùnna le voci Campana, Estrema, Catena, Berlina, Corona, Una, le quali s'hanno poi a pronunziare non già sdoppiando le consonanti come farebbe l'italia- Cima, Europa, e A. 242 ma no, facendo sonar Gôkçen un tal si raddoppii, suono; pure è non poche citato, inutilità di sì la uso invalso e alla luce di ti,^'^ sembra si durre che riportati), soprattutto alla quando fosse a suo si sempre, passo al Cherubini (1839: lo stesso sorde e (le le nasali, tempo come appare Pare, inoltre, di poterne de- finali. dove era finale, anche e per via analogica estesa posizione intervocalica, susseguente a sillaba penultima. 2.3.1. il imbatte davanti pronuncia forte della consonante, dalla posizione la originariamente sorta, la possa dedurne che egli riconoscesse un certo rafforzamento per alcune consonanti dagli esempi Come lascia correre." si in cui ci si quanto asserisce altrove 2246) a proposito della perché non è Inutilità, se vuoisi, vocale che, pronunziata apertissima, dà d'interpretazione le difficoltà ma ma Estremm, Cadenti, plurali Campatili, i Berlinti, Corotin scritti in questa guisa. consonante che modo vocale antecedente insieme con esse a quel la ch'ei farebbe se avesse a pronunziarne suoni distinti dal Cherubini I Rajna corrispondono in vibrato, rimesso, e stemperato per alle tre categorie di vocali brevi, medie e lunghe, esemplificate da fa, ciallad, veritaa; pè, sped, pee, goss, occôr, poo; rid, vorii; brutt, rad. Imi; "... comprendendo in due, in sostanza le nella categoria delle lunghe anche le medie, che appartengono ..." (Rajna 1881: in realtà se c'è, è difficile 2.3.2. fititia, foeura, foeugh, fioeu (plur.) che poi vengono ridotte vedere (cfr. § Una 11). tale corrispondenza, 2.2.4). Gli esempi riportati dal Rajna sembrano suggerire che di media durata sono suscettibili d'essere consonante semplice (o in le certi una bipartizione quantitativa, si vocali in sillaba tonica finale uscente in gruppi di consonanti), ghe che, non esclusivamente, possono Rajna stesso ci dà da una doppia o da la ma che, ai fini di possono includere nella categoria delle lunstare in sillaba libera tonica finale. seguente norma: "... sono brevi le Il vocali seguite gruppi di consonanti, lunghe quelle seguite da una certi consonante semplice o da certi altri gruppi. Si noti, sporg, iticorg, cotifort. Quanto alle vocali per esempio, in fin di parola, parte la lunga di sono brevi parte lunghe, a seconda dell'origine." (Rajna 1881:11). 2.3.3. Per quanto concerne quando seguita da consonante sonanti di cui la prima e, o, "piìi o il Rajna meno dice che e (È, ci doppia," da gti, Ï) è aperta da gruppi di con- sia 5 {scetina, ttieiiiia, itigegti, colttiegtia, ttiedettitn, itisemma, mansuett, mett, giughett, pess, istessa, bellezza, fregg, oreggia, todesch, cresta), nelle terminazioni degli infiniti vede, piasè); chiusa (e nasalizzata) davanti a lizzata davanti a davanti a tnm, gn, m tt ti complicata) (beti, presetiza, della coniugazione -ti finale II {ave, (leggermente nasa- dent, vend, scenderà, ecc.), complicata {temp, novetnber); che o (Ó, Û) è aperta davanti a nn, {persontia, besogn, vergogna, notnm, Romma, roti, sott, nagotta (eccezioni insomma, bott 'botte'); aperta ancora, perché discendente da O, in pocch, socca, foss, or, confort, sporg, 'mozzicone di ma chiusa in mocch 'mozzo,' mocc sigaro,' bocca, ross, occor, descors (Rajna 1881: 10-11). 243 Della quaniilà nel vocalismo milanese Si ha 2.3.4. lungo volta la una correlazione durata e fra la tanto più, quanto maggiore di chi parla sbottasciaa; lunghezza." (Rajna 1881: 11). la E' diffìcile riassumere in poche righe 2.4.1. grado d'apertura: "... Va il sua faccia dalla parte dell'o sulla bocca descrizione di gran lunga la più particolercggiata che del sistema vocalico milanese ci ha lasciato Sal- il vioni nei suoi vari contributi (Salvioni 1884, 1911, 1919, 1975). In Fonetica (Salvioni 1884), egli distingue vocali a, le i, o,'^ e,"' e tre gradi di ii, o e di e: o (simbolo o),'^ e chiuse, ò, è aperte e o, e che sarebbero intermedie fra le aperte e le ma chiuse, per cui non dà esempi, Per dere alle atone delle stesse. che potrebbero corrispon- vocali toniche a, le i, ed o, e, si ii ha la nasalizzazione per effetto della -n finale. 2.4.2. Dalle descrizioni del vocalismo milanese, e dagli sporadici menti che vi fa l'eminente studioso deduce che sono in varie sedi, si riferi- passibili d'essere lunghe i) le vocali toniche in sillaba finale libera; ii) le vocali toniche in sillaba finale uscente in consonante originariamente o attualmente sonora. Per quanto riguarda 2.4.3. "... milanese lascia cadere il risulta allora lunga. passato che si . . posizione la -r e il (i), Salvioni (1911: 386) nota: il dopo vocale accentata -/ il Risultano ancora lunghe ." riflettono oggi per -aa, -uu, {cantaa, veduu, sentii)}^ Lunghe pure -ii, le e . . . questa desinenze del participio <-ATU, -ATI, -ATAE, ecc. toniche, divenute finali, dei sostan- le contraa), dei sostantivi quali fraa, fiaa, praa; quelle tivi participiali {straa, che risultano dalla contrazione dei dittonghi secondari (cantee, vedii, sentii CANTATIS, CANTATE, Non 2.4.4. -ATE (-AS, -ATIS) ecc.; da veritaa, ecc. ostanti tutti questi casi ed altri ancora che vi giungere, riesce impossibile formulare norme si possono ag- precise circa l'esito, lungo o breve, delle toniche finali secondarie, avendosi nel dialetto, accanto a veduu, mari, padii sentii, ecc., vertù, PALUDE, 188) che invece presentano, con pedii loro -ù, le -ì PEDULE brevi, (Salvioni 1884: uno sviluppo § nel senso inverso. A ciò si 2.4.5. aggiunga che "... ha una genesi dell'infinito debole il (il forte perde quale, cadendo, non lascia lunga senti)." (Salvioni 1911: 386). viamento nelle uscite degli lunghe le toniche precedenti di Bonvesin. niane descenderà I I A Bonvesin . il . . -r ), fattori abbiano, poi, portato all'abbre- altrimenti risultano in prevalenza romanza, le finali è difficile determinare. Il degli infiniti fossero brevi già al questa supposizione egli giunge dalle rime bonvesi- montar peccar (O 169-72), va una vicenda diversa precedente tonica (mil. canta, vede, quando la -r finale Salvioni (1911: 386-7) crede che tempo la Quali infiniti e l'intiera sillaba -ere già in / / guardar retornar / I remirar (C 9-12), recuintar I ha I darà dexdegniar /far (L 117-20), ecc. (cui si 244 À. aggiunga mi I fi I mentì forme rimanti con cui obedhì (T 655-8): a quelle perfette (tipo -a{e) I celestial ghe XXIX) Contini 1941: cfr. desinenza -ar (cioè-ò) dell'infinito una fa corrispondere derno I la Gôkçen il rime -a breve, e dalla contrapposizione di queste (<-ATE) -a(l)\ quale ulilitae / I alle milanese mo- caritae amistae I (B 281^). Lo stesso Salvioni osserva, però, altrove che sono lundegli infiniti quando seguite dai pronomi enclitici -g, -/: lodàf, le finali rubàg, vedéf 'vedervi,' vedég 'vederci,' sentimm, lodànn, setass, vêf, vêg 'avervi, avergli,' quando seguite da dig, dîf, ecc.; brevi, invece, notando ecc., la differenza fra con consonanti sonore o originariamente sonore) -mm, -nn, ecc., e affermando alla fine: la pronomi compendia in -//, nella legge dopo consonante sonora rese vocale tonica della sillaba precedente." (Salvioni 1884: 278). Dal ragionamento del Salvioni brevi dog, primi (comincianti i restanti i tutto si "Il che, in generale la vocale d'uscita sparendo lunga e sentif, pronomi: vedèll, vedèj, altri le finali si è indotti a credere che fossero originariamente degli infiniti per poi allungarsi all'appoggiarvisi di enclitici in consonante sonora. Si può con altrettanto fondamento sostenere l'ipotesi che esse fossero originariamente lunghe (per cui lodàf, lodàg) e che siano successivamente riuscite a brevi dai frequentissimi casi -m, -n, -/, ecc. che a loro volta si osservare che anche la normalmente {mandé, desinenza senti) -è, -ì in di solito av- ciò, gioverà qui dell'imperat. 2^ pers. plur., da lunga o quando seguita da 'apritegli,' sa/ve/ 'salvatevi') diviene dervig come A conferma di viene quando sono precedute da tonica breve. pronomi di enclisi dei saranno poi rafforzate, -g, -f breve in {mandég 'mandategli,' mandemm 'mandatemi,' sentili 'sentitelo,' ecc. Per 2.4.6. la posizione seguente norma: "... nante sonora, rese lunga Va (ii) (ved. in milanese, la 2.4.2.) § Salvioni (1884: 159) il dà la vocale accentuata di penultima." (cfr. § 2.4.5). subito notato che l'ortografia tradizionale milanese continua a rappre- sentare la sonora, anche se questa non rispecchia più accanto forme la del la pronuncia reale, [rò:t] 'ruote' sia ha forma del singolare roeuda, l'accrescitivo rodon; ved [ve:t] le altre paradigma, che presentano la sonora vedi 'vedo,' veden 'vedono,' vedeva, veduu, vede, ecc.), sia per lunga e la mo' d'esempio, roeud per ragioni etimologiche (in quanto, a il rapporto che intercorre sonora (originaria) susseguente, da cui nese lo scrivere la "... risultò la tra rod è rod, media fosse quasi un segno grafico per esporre set è set «sei tu o sai vocale che pel milala della vocale che la precedeva: rôt è pel milanese rôt (con ô breve)" ma ci vocale d'uscita, sparendo dopo conso- la quantità «rutto» tu» sed è séd «sete»" (Salvioni 1884: 159).^' Altri casi in cui la sonora finale (solo grafica!) tonica precedente nevód, ecc., e si ancora (Cherubini 1839: rav 'rape,' ecc. che ràf, ecc., il nonostante indichi la quantità della hanno (Salvioni 1884: passim) s.v.) in fog, log, góg, créd, moeuv 'muovere' nev 'neve,' Salvioni (1884: 160) scrive, eccezionalmente, mof, néf, la tonica lunga."" Della quantità uri vocalismo milanese non Si badi, tuttavia, che in uscita si convertono pas PACE, pò 166) che con consonanti sonore che vengono a trovarsi tutte le sorde corrispondenti, come mostrano forme PE(N)SU, mai UA\\},pcz PEIU(S) la loro sonora contrastano (Saivioni 1884: con quanto afferma quali (,', 162, Saivioni. il D'altra parte, generalmente brevi ed aperte, anzi apertissime, sono 2.4.7. le alle 245 toniche di parole attualmente o originariamente parossitone, in sillaba sus- seguita da consonante attualmente (e originariamente) sorda, nasale, tavolta liquida, raramente sonora (solo grafica, Interviene in questi casi sonorizza). Saivioni (1884: 156) adotta per la che pronuncia in realtà della de- si "posizione milanese," termine che una riferirsi a il particolarità, assai controversa, della fonetica milanese. Se 2.4.8. le le presentare con la doppia, vengono pronunciate di e brevi, in modo che (e qui il Saivioni Rajna (1881: 9)) "... l'alfabeto italiano non ci permette ben rappresentare né con una n sola (il Rajna parla qui più precisamente di (1884: 156-7) cita n divengono aperte vocali, nelle condizioni suddette, consonanti, a loro volta, che l'ortografia tradizionale milanese suole rap- ma il il ragionamento può valere per costretti ad adottare l'uno o bona, né bonna toscana, tra la ma l'altro partito. letti all'italiana. consonanti che tutte le condizioni di cui sopra) né con due, sebbene in mancanza femminile II di di seguente, la E quasi fosse scritto bo-nna. le come le la pur sia è né doppia sue articolazioni appoggia per intero nella stessa posizione si bon (bò) non L'/; di questi casi è vibrata più breve e compatta; che, invece di ripartire vocale antecedente e trovano nelle si meglio, alla seguente, suonano analogamente per ragioni analoghe, anche altre consonanti; insemma, gne-cca, e-cco (eco), Euro-ppa, poe-tta^ Che 2.4.9. il Saivioni riconoscesse pienamente questo fenomeno per me riguardo al il la vocalismo milanese, non ostanti termine da lui rilevanza fonetica di le riserve stesso adottato per designarlo (" . . . \d. che espriposizione milanese termine improprio all'uopo comeché piuttosto che d'un fatto reale di posizione trattisi ad esprimere te il d'una geminazione puramente ortografica invalsa nell'uso fenomeno che meno intacca sempre più o e, qui ci occupa." [1884: 156]) è sufficientemen- provato da quanto afferma altrove (1884: ò per o, e la 153): "la posizione milanese qualità della vocale cui essa segue: è per che ad esso fenomeno consacra nella trattazione dei singoli fonemi Come 2.4.10. to questa ultima) si rileva dalla definizione stessa, le liquide non vanno sempre soggette (perche di questo pare che si tratti), ciò che è al to a inguà), ecc. (Saivioni 1884: § Saivioni (1884: passim) -/, vocalici.""" -r (soprattut- comprovato da forme *AC1ALE, quali /?/, inguai (accan- 188), râr, car, ciàr, fior, dur, miir, ecc. (Saivioni 1884: passim). Fra quelle forme il ed rafforzamento consonantico pél, (Saivioni 1884: §§21, 33) azùl (accanto a azCi) nifesta, / o un suono molto affine per «," oltreché dagli appositi paragrafi in cita miitl cui il fenomeno, invece, MVLV, parol la si ma- PARA(B)0LA, 246 Gôkçen À. TA(B)0LA, lolla soli SÒLU, VELU, veli Ma stella, e carr, ferr, corr, ecc. doppia è solo grafica, come poi nota suonano car, fer realtà Tenuto conto §55).^'* (è lungo) cor il . . che 2.3.2.) (cfr. § debba posizione, fatto la si in -ae molto probabile n.l), è non rappresenti alcun la liquida ad una E noto Questa sua al in labilità, fondendosi con essa; ciò a causa stessa del suo carattere -/, / -al, -eo ecc. nei volgari bonvesiniani, / -el, quelle cui milanese odierno fa invece corrispondere il 1911: 386-7) (cfr. § e la che corrispondono breve (Salvioni la -a 2.4.5.). un'altra tendenza, forse sorta sotto l'influsso analogico della -LL- geminata, e rivolta invece a conservare -/, in infatti, ci si lato, e in muli non MÛLU con Per le forme breve [y] con (-// che lunga (-/ ammutolita) l'esito della -L- semplice, e In parolla, folla, la Q che essa, vott oltre alla durata relati- o enfatica. Q di Ò AU deve essersi in sillaba implicata, breve ÓCTO.^^ Analogamente a quello della liquida forzamento delle sorde. Anche qui gette al dileguo, forte dal dittongo secondario abbreviata, forse per analogia con l'esito OSS ÓSSU, *CEP0LLA, -LL-, scempiandosi, non sia venuta a la vamente più lunga, avesse un'articolazione più 2.4.14. [y:] rafforzata) (analogamente soli coli, moli, cavali, vali, quell, scigolla è difficile supporre convergere con in romanza. dall'altro. 2.4.12. 2.4.13. discenden- potrà rendere conto del diverso esito, CÛLU nello stesso contesto fonetico, in cuu ecc., -/(/)- la -/ finale seguito ulteriormente rafforzatasi, avrà agito sulla tonica prece- dente per abbreviarla. Così, SÒLU) di rime le Pare, tuttavia, che anticamente, parallela a questa, ci corresse 2.4.11. Questa tempo contrapposizione di queste a lunghe del milanese odierno, dalla al Salvioni è incline a credere, prova sufficiente essendone (<-ATE) da un che, in questa aggregata alle -aa, -ee te d'altra parte, mere, tore *TOLLI(T), ecc. finale, -/ /, sviluppo neola- deve essersi presto allungata. ^^ Che essa fosse lunga già il in 1884: posizione interna) testimonia di una sua articolazione debole o lene. La tonica precedente questa Bonvesin, che complicata non fa sem- in cui, in seguito allo GÙLA, rotacizza {gora (e si palatalizza davanti che avviene anche lene, la r posizione finale. in "... 161: tonica che la precede, a quanto pare, è spesso soggetta a cadere. / che sovente Bonvesin) forme pervenuta a trovarsi tino, essa è la Per quanto concerne partire dalle pell, quell, TÙRRE (Salvioni anche tór anche Salvioni 1919: 525, rafforzamento della liquida. si Salvioni (1884: "; soltanto etimologica, e che, quindi, la grafia rr sia pare che . ancora che di ciò, e del fatto pre posizione (Isella 1959: 649) e che è lunga (cfr. CÙLTELLU, cortell queste ultime forme {carr, ferr, corr) la in le come generalmente / potrebbe spiegarsi il raf- consonanti che, digradate, quindi sog- le sonore originarie, vengono a trovarsi all'uscita in seguito alla caduta delle vocali finali, lasciano le toniche prece- denti prolungate in sillaba originariamente libera: séd SITE, nevòd NEPÓTE, 247 Della quantità nel vocalismo milanese NASU, créd, rid,fadìgh, nàs sim) (cfr. (che, quindi, si dés DECE, lus LUCE, ecc. (Salvioni 1884: pas- mentre risultano brevi quelle seguite da consonanti sorde 2.4.5.). § rafforzano), discendenti da doppie originarie o secondarie, o da gruppi consonantici pervenuti a sorde, ecc.: mèli (U)NA + GÛTTA, ESSERE, pass PASSU, xcss SÛBTU(S),pt'5s Pìsce, bion sòit MÌTTERRE, naftoli SÊPTE, ròtt RÙPTU, STRÌCTU, lece TECTU, séti got. blauts, slrècc noce NÒCTE, frècc FRIG(I)DU, co sarà poi per analogia propagato in altra posizione (golia, vacca), perfino si dove ha si Per quanto riguarda il milanese offre le nasali, e romanza nasalizza la -n finale SANU, ma, pò, sa le basi): la i bô,pié,fï, vù, ecc. (Salvioni tonica precedente le nasali (-/;-, intervocaliche, anche quando, per ragioni morfologiche, o altre, ven- gono a trovarsi in posizione fìnale.^^ L'allungamento, nel certamente da porsi rapporto con in diretto il primo caso, sarà dileguo della -n finale, dietro nasalizzazione, quindi assimilazione ad essa, della tonica precedente. Pare che la nasalizzazione intervocalica: fosse affermata, anticamente, anche davanti a -n- si nasalizzazione che francese (Rohlfs 1966: -ÒNA, -ÒNA, -an(n)a da 223). § esatta delle fasi successive la loro influsso sulle toniche pre- il seguente quadro: il 1884: passim), mentre breve (ed aperta) è -ni-) da rafforzamento consonanti- tonica precedente, fondendosi con essa, che risulta lunga (e chiusa per timbri e, a da tutte in il sonora (reggia, oreggia, ecc., corrispondenti a vece, orècc, ecc.: la 2.4.15. cedenti, la qui nota 19). cfr. la Anche ecc. sarebbe successivamente perduta, Non è possibile stabilire che hanno portato -en(n)a da -ÀNA si -ÈNA," come una cronologia odierni: -on(n)a -in(n)a da -INA, -un(n)a da -ÛNA,^° risultati ai (coronna, bonna, cadenna, lanna, ecc. anche Romma) con tonica precedente breve ed apertissima e -n(n) (e -m(m)) pronunciate raf- con forzate, e perciò stesso rappresentate per lo più della -m- originariamente intervocalica, fenomeno, peraltro milanese, citando queste forme il Trattando doppia. la Rohlfs (1966: 222) riconosce il assai diffuso in parecchie zone, fra gli altri dialetti per il /amm suono 'fame,' in realtà il § pomm,fiiimm, ecc. e dichiarando che "... in non è oggi certamente da considerare raffor- zato, però la brevità della vocale precedente permette di riconoscere che in altra di epoca la consonante dev'essere stata lunga." abbreviamento vocalico che, come è visto, si Al medesimo fenomeno si produce davanti a -//- intervocalica non v'è alcun accenno. Se dell'abbreviamento vocalico è da tenersi responsabile il rafforzamento consonantico secondario, verificatosi nel passato nel caso della -m-, come sostiene forzamento consonantico deve essersi pur fasi di alla Rohlfs nel brano citato, trattato anche per la -n-. questa evoluzione possono forse spiegarsi supponendo che, di un raf- Le diverse in seguito denasalizzazione davanti a -n- intervocalica (e finale corrispondente) (se anticamente anche la -m- nasalizzasse accertare), la n (che forse si il siano raffozzate in -////, la tonica precedente, non è possibile non aveva mai cessato -mm quando finali, di essere seguendo pronunciata) e la la m tendenza generale 248 A. Gôkçen delle consonanti finali a consolidarsi (parallelamente a quella delle sonore a passare nelle sorde corrispondenti), provocando l'abbreviamento e l'apertura E delle toniche precedenti.^' rafforzamento consonantico, dalla posizione il deve essersi esteso a quella intervocalica, per cui bornia, cunna,finna, finale, pienna, sunna accanto a bonn, ciinn, finn, pienn, sann, ecc. Per quanto riguarda 2.4.16. quantità delle vocali, il aperta e vocale chiusa la correlazione tra Salvioni (1975: § § 2.2.5.). grado d'apertura il "La differenza 5) nota: riduce in fondo, e ancor si (cfr. piìi tra e la vocale riduceva origina- si riamente, a una differenza quantitativa in quanto aperto dica breve, e lungo dica chiuso. Ciò appar chiaro da ciò che, alla finale, un e tonico lungo non possa esser che chiuso, e aperto un e tonico breve "... 371, n.4): mentre la vuole aperta se breve Anche bardia)." se il kuu = kg capo, (cfr. sopra ammettere che (cfr. A 2.4.1.). § aveva egli Da vuole chiusa, la Lom- si riferiscono gli esempi da si "è egli?" di eel? due tutt'e non posizioni di cui le noterà, però, anche che, per a, si i, trova alcun accenno a una variazione del timbro ciò che legge si milanese intacca sempre più o i e altrove (1911: ," la quantità. 2.4.17. è per mente in questo riguardo u[y], Ô, in Fonetica non secondo . di altre parti della passo qui sopra citato ad eccezione lui riportati nel . Salvioni parla qui più specificatamente della posizione finale uscente in vocale, e a questa posizione è difficile . milanese, data vocale lunga alla finale, il ed e, ò per in 153) che "la posizione Salvioni (1884: meno la qualità della vocale cui essa segue: o un suono molto affine per o, e sarebbe indotti a credere che la (cfr. ii." qualità aperta (e quindi § 2.4.9.), si la brevità) della to- nica in "posizione" dipenda, o sia stata determinata dal rafforzamento della E consonante. così sarà stato in quei casi in cui la consonante rafforzata è preceduta da una tonica originariamente lunga e chiusa {veli VENA, remm RÈMV PATRÒNA, padronna , 50// SÒLU, penna PÉNA, che VELU, venna ecc.). Si può anche Salvioni (1911: 374) ritiene che fosse ancora chiusa ([e]) nel periodo di Bonvesin per aprirsi in [e] pensare che in ad la tonica, es., di il un periodo successivo, attraverso uno sviluppo fonetico rimangono ignote, che questa [e], venendosi a trovare già prevaleva [e] chiusa da tutte le basi (É, di sillaba implicata e come sta, in sillaba però, il che ne implicata fatto che sia (cfr. lo stesso conseguito però, § AE, il ci si (forse anche in /of (loff in cherubini (1839: Comunque [0] aperta. sonantico si voglia spiegare si manifesta principalmente devano, e chiudono, la sillaba: RÛPTU, bocca BÙCCA, la il sia stata sentita tali Con questa come ipotesi contra- presenta anche in soli s.v.)), senza che forme, in quelle il SÒLU vi fosse una rafforzamento con- consonanti sorde che chiu- SÈPTE, secc SÏCCU, ecc. In tutti questi casi, pare della tonica^'* a provocare che sett Ï), cui modalità ci rafforzamento della consonante 2.4.15.). fenomeno Ê, le in sillaba libera, in cui che vott OCTO, rott sia stata la brevità rafforzamento della consonante susseguente, o consonante preceduta da tonica breve si sia rafforzata per una specie di 249 Della quantità nel vocalismo milanese isocronismo sillabico, dato che lunga faceva, per contro, seguito alla tonica una consonante breve. Ci 2.4.18. può domandare se Fenomeni si nel periodo di Bonvesin. il rafforzamento brevità e l'apertura della tonica precedente. golava le la toniche in sede tale la consonante seguente Ë Î, la tonica, in fatto Il fosse che Û Ó, di s.v.) I camelia diverso Il egli spiega AE ed È, î sottratti, la [o] la i I esito in la pronuncia aperta ecc.,^^ pita in In quei casi, che hanno vocale media, per cui alla Cherubini 1839: rott, sott, ecc., 373, il che paragone alle riflessi di in [u] come oggi ma in sono bacca, chiusa, contro La correlazione, valida per chiusura corrisponde una maggiore durata, quanto riguarda l'italiano letterario (cfr. . . . "; § 7: § [u], in parte perturbata. milanese è conce- come termine "All'a tonico dell'italiano, Milano 1: "Non chiuso) italiano, è corrisposto con rari / . . i casi, ne" quali all't' tonico (per . ," ecc.). forme proprie del Porta, molte ne vengono Anche se, in aggiunta riportate dal Salvioni che gli sono estranee, questo lavoro pur rimane quello che sostanzialmente guida per si del tutto diverso rispetto alla Fonetica (Salvioni 1884), in quanto corrisponde con ee ed e lo più i a tale influsso basata su criteri comparativi, pratici, piuttosto che storici, e ha di di Salvioni, da ascriversi tonica breve, la insieme a L'apertura n. 3). In Salvioni 1975, la parte dedicata alla fonetica modo È, chiuso vuole, invece, aperta. la e viceversa, risulta così, per 2.4.19. Î, più generale tendenza che corresse parallela ha potuto chiudersi ulteriormente TÙSSE, da -LL- -l(l)- riflettono per [u] e [d] si negata (cioè nagatta: casi superstiti (Salvioni 1911: norma generale che l'altra (Q come crede il Salvioni negata (<(U)NA + GÙTTA) (N cui toniche oggi in sillaba implicata. cappa, rass, toss rebella / all'influsso analogico della [e] in cui erano venuti a coincidere Ë, I in rimi con voci riflesso di Ê, negata, ecc. sarebbe, dunque, secondo [o] in [d] in apella analogica con forte, ha mqt mettere ecc.," e di cui si negata, sarebbero 373) breta I in sillaba implicata, le con "... una a quella per cui I CAUTÈLA caiitella -/- 371) che fosse nella rima baca 147-8) (Contini 1941: 320), rispettivamente. violeta impossibile determinare se Breve ancora, ma, diversamente dal 1.). deve esser stato quello (1911: È [e]. anche supporre che della tonica fosse dovuta all'effetto della 2.4.1 I potrebbe additare a una pronuncia aperta, forse d'origine [e] dotta, della sua tonica. Si può, però, § Salvioni (1911: 11 questa ultima serie, avesse allora un'ar- rima bella la 245-8) (Contini 1941: 185). (cfr. 34). re- brevi 141-4); ecc. (Contini 1941: 82, 316)" che ticolazione forte. Ricorre, però, che hanno una sa, la si nuova norma che la desco (N 13-4); erbeta I riflesso unico di Ê, il veda nota sillaba implicata (si (<ASSÊDÎTARE) (G asseta Secondo romanzo occidentale, erano divenute quantità delle vocali nel crede, in base alle rime presto fosse compiuto già si con esso sono, come collegati la lettura del Porta. E appunto perché una guida, elabora, non specifica, non volendo appesantire minute del tipo di n(n) né semplice né doppia, e il il è: una Salvioni non suo esposto con distinzioni si limita a dare norme gene- 250 rali, A. quali (§ 35) "Al milanese mancano completamente malgrado l'abuso che se ne meglio vanno intese, Il consonanti doppie, le norme fa invece nella scrittura.": che, per esser integrate con quanto egli ci insegna nella sua Fonetica (Salvioni 1884) (e negli 2.5.1. Gôkçen altri lavori suoi citati sopra). sistema adottato da Isella (1959) è massima quello in ricavabile dal Salvioni (1975), di cui lo stesso Isella ha del resto curato l'edizione. Anche per Isella (1959: "... 649) differenza di qualità è anche una la differenza di quantità, poiché una vocale aperta è breve e una vocale lunga come appare da pè è chiusa.," nile), mò (MÒDO), assee 'assai,' poo tò 'tuo, -a' me 'piede,' eoo 'capo,' soo 'poco,' 'mio, contropee 'pecora' (voce onomatopeica), eell (forma del femmi- -a,' tré mee 'piedi,' 'miei, -e,' lee 'lei,' (eccezionalmente bèe 'io so,' ecc. (forma interrogativa del verbo eelal essere)). Nota ancora 2.5.2. chiuso ogni e tonico modo 649) che "Si pronuncia grosso Isella (1959: di sillaba attualmente o uscente in vocale; in origine aperto, invece, ogni e di sillaba attualmente o in origine uscente in con- sonante.," e dà gésa 'chiesa,' maltésa, pél 'pelo,' pés 'peso,' més 'mese,' contro nébbia, sèggio 'secchia,' péli 'pelle,' pèss 'pesce,' fèrr (ma vérd, sére 'cerchio,' vérz 'cavolo,' il nesso r + cons, non facendo sempre posizione); che, in generale, alla [o] dell'italiano letterario il milanese fa corrispondere stessa vocale: eòsta, nóce, òca, pòcch, pròppi o pròpri (eccezionale del nesso consonantico al + cons, che in milanese può della [o] (ma anche [u]: fior, onór, nós 'noce,' mósca, curiós, ecc. 2.5.3. Per Isella (1959: 650) la prima con la e sostantivo) contro che sembra sia non viene mai cold la cui quantità il non può in finale, la dovuta scritta vestì al fatto corrispondenza milanese presenta [a] [ij [y] la grafia tonica lunga da quella breve, rappresen- doppia (mangiaa, mangia, in inferirsi dal timbro, dà una norma empirica. Mentre per ci normalmente distingue, tando riflettersi in ol: della [u]: /ó^'lupo,' ó//"'ufo,' ecc.) rimanenti vocali, le caso mentre 'caldo,' solt 'salto,' olter 'altro,' ecc.: cfr. nota 27), la il redù vestii, riduu (infiniti) (e 'riso' (participio che essa, a differenza doppia: fioeii FILIÒLU), passato qui omette [0], omissione di "... queste altre vocali, è lunga ogni vocale seguita da una sola consonante (oppure da rr), breve quella seguita da due consonanti o più.": pas 'pace,' cas 'caso,' 'muro,' carr 'carro' -e,' tir 'tiro,' /z/ 'filo,'/u5 'fuso,' pass 'passo,' cass vcìdi mur 'casse,' ^55, bestiolitt , fuss 'fossi, guss 'guscio,' ecc.^^ Lunghe e chiuse, inoltre, le toniche davanti a -n finale con cui si fondono, nasalizzandosi {pan, fen 'fieno,' ven 'viene,' vin, don 'dono,' bon, vun), e davanti a n, m complicate nasalizzazione è meno in fin di parola (redond) mentre forte {ongia 'unghia,' 1959: 651) (cfr. nota 28). Poiché con la -n scempia finale in fin di sillaba la semper, zenta 'cinghia,' ecc.) (Isella si suole indicare la nasalità della tonica Pelili (fiKinii/à nel vocali sino milanese precedente,'"' per denotare l'assenza di nasalità mm: pann (come anche davanti mm, fa ricorso alle grafìe nn, 'panno,' cairn 'canne,' fenn 'fateci' venn 'vene,' donn 'donne,' La borni 'buone,' fiimm 'fumo,' ecc. e si 251 a per indicare che tonica, in questi casi, è breve e aperta pègn, sògn, /]: si tratta "Da ecc.). qui vezzo il di scrivere nn consonante dentale, anche all'interno della di parola e fuori di uscita di sillaba. Esempi: vcggianna, pienna, finna, honna, vunna ecc., accanto alle grafie veggiana, piena, finn, bona, vuna, ecc." (Isella 1959: 652). Asserendo che "La pronuncia pie, la grafia invece del milanese grafia dell'italiano," Isella (1959: 650) mento sembra esludere ma possono delle consonanti in certe posizioni, considerazioni che 2.6.L si sono fatte al 9-10) distingue per Beretta (1980: gradazioni che vanno dalle più aperte alle il milanese i stesse le fonemi vocalici pone, per ciascuno di pili essi, varie chiuse (collegate alla loro rela- [a] pass, matta; almen, pel, ver, seda, andee, andeghee; [e] vede, peli, cadena, vers, bee; [0] coeur, roeud, fioeula, voeuna, noeura; [u] nevoda, eoo; [o] mal, mur, bevuda, bevuu; 2.6.2. rafforza- il valere qui lunghezza rispettivamente), come nei seguenti esempi: [â]/?û5, magnan, andaa; [e] del tutto 2.4.19. § [â] [a],'^^ [e] [e], [0] [oe],'*° [u] [d], [i], [y], e tiva brevità e non conosce consonanti dop- ne fa largo impiego, spesso per semplice uniformità alla Sono lunghe [i] fini, fin, fil, tir, (e chiuse), nel libera, originariamente e attualmente sillaba divenuta ultima, uscente in + cons, (verd, in fioeu; [oe] (el) fioeu, (fila, [y] tutt, vun, finii, ecc. sistema Beretta, penultima le toniche di sillaba tosa, veder VÏTRU), consonante semplice (pas, pes, RECTÓRE); ô (resgiô (i) bòtt, coll, l'or partida, sere), in nasale -n, in vocale eoo CAPU(T)), (i) di fil), in r doppia (andaa, dormii, veduu, lunghe (ma aperte) nelle sequenze -ona, -ena, -ina, -ana, -oeuna, -una (rana, pena, fina, dona, voeuna, luna) (e qui Beretta differisce, fra gli da Nicoli (§ 2.7.4.) una maggiore per intensità). altri, dal Rajna (§ 2.3.1.), dal Salvioni (§ 2.4.8.), quali la -n- ha durata normale, pur presentando i D'altra parte brevi (ed aperte) le toniche seguite da consonante doppia (matt, pess, cann,famm), nelle desinenze degli {andò, vede, guarì); brevi ancora (ma con variazione role originariamente proparossitone (sèdes ecc.) (Beretta 1980: 2.6.3. infiniti timbro) quelle di pa- SEDECI(M), pòmis, rédus lóder, di 18-19). Beretta ammette, per il milanese, oltre ovviamente alle brevi, non meno solo consonanti lunghe (relativamente più lunghe dopo tonica (matta), lunghe dopo atona (mattocch)), ma solo in 2.6.4. fin di ma anche le doppie, equivalenti alle italiane, parola (matt) (Beretta 1980: 22). Dalla descrizione di Beretta non risulta del tutto chiaro quantitativo delle toniche penultime. Dopo aver notato che generalmente chiuso e prolungato" (Beretta 1980: 18) tosa, ecc., presenta come di media durata, anche le il valore "Hanno suono toniche '\x\ fila, rosa, se nella stessa configurazione 252 Gôkçen A. sillabica di fila, quella di cala, pela (Beretta 1959: 31) perché susseguita consonante media (contro di durata cai, pel da una parte, e vocale lunga e breve fanno seguito rispettivamente consonanti brevi in cui a media lunghezza e lunghe). Sembra, dunque, che Beretta consideri di niche penultime precedenti precedenti seda) Su sonore le come e, le to- lunghe quelle generale (rosa, tosa, veder, partida, bevuda, nevoda, in è visto sopra, si ma la liquida -/- (fila, cala, pela), anche le nasali -n-, -m- (cadena, bestema). questi ultimi punti, almeno, differisce Beretta dal Salvioni. Per questi la lunghezza vera e propria è quella che risiede la da cali, peli dall'altra, meno lunga nota 37), ed è in sillaba finale (cfr. penultima, la tonica la cui § 2.4.3. e quantità pare sia determinata solo dall'accento; brevissima quella delle sequenze -ina, -ena, ecc. (cfr. § 2.4.15.). Secondo Nicoli (1983: 2.7.1. consta di nove fonemi vocalici 46), sistema vocalico tonico milanese il ([a] [a], [e] [e], [u] [d], [0], [y], [i]) che pos- sono essere lunghi o brevi. La quantità delle vocali dipende dalla struttura generalmente lunghe sillabica: plice, brevi quelle seguite le vocali toniche seguite da consonante sem- da più consonanti (Nicoli 1983: 44) (con alcune eccezioni per o[uJ, specie nei monosillabi róss [rus] 'rosso,' sóli [sul] 'solo' (Nicoli 1983: chiusura per 50, n.4). [e] In tale posizione (sempre), come d] rispettivamente, [â], [u] si ha correlazione (sovente), e di brevità - lunghezza di apertura per - [e, a, esempi (Nicoli 1983: 45, 50): nei seguenti pés [pe:z] 'peso' pèss [pes] 'pesce' pél [pe:l] 'pelo' peli [pel] 'pelle' pas [pâ:z] 'pace' pass [pas] 'passo' (ma anche car [kâ:r] 'caro' carr [kâr] 'carro') tósa [tu:za] 'ragazza' mòssa [mosa] 'mossa' (ma anche ras [rD:z] Anche in 'le róss [rus] 'rosso'). rose' posizione finale libera, per [a] [a], [u:] [e], [e:] distinzione di quantità, corre quella del grado d'apertura: dato' contro contro tò, andò so [to, 'andare,' pee [pe:] pè 'piedi' contro Limitatamente a so] 'tuo, suo.' [d], parallela alla andaa [andâ:] 'an- [pe] 'piede'; [i], [y], [0], eoo [ku:] è possibile parlare di un'opposizione basata sulla sola quantità in sillaba finale implicata (fus [fy:z] 'fuso' / fitss [fys] 'fosse'; (la) vit 'vite' sillaba finale libera (ridìt 'ridurre' [vesti:]; La can ^oeu 'figlio' / -n finale [kâ:] si fioeu / 'figli,' riduu [ridy:] Una nasalizzazione (i) ecc.) (Nicoli 1983: dilegua nasalizzando la meno vitt 'le vite') e in 45^6, 49). tonica precedente che risulta lunga: 'cane' contro cann [kan] 'canne,' [pan] 'panni.' / 'riso,' vesti 'vestire' / vestii pan evidente [pâ:] si 'pane' contro ha pure davanti a pann n, m complicate (Nicoli 1983: 45, 56-9). Per Nicoli, il milanese non possiede consonanti geminate quali esistono Della quantità nel \(>cali\m(> milanese "Esistono semmai consonanti lunghe, pronunciate con un'inten- in italiano. maggiore delle sità 253 altre, soprattutto se si tratta di consonanti finali." (Nicoli Egli pare ammettere una certa intensità consonantica (minore 1983:48). spetto a quella che ha si parola) per in fin di ri- sorde e spesso per le nasali, le le honna 'buona,' penna 'pena, penna"; lamma 'lama,' 'paura,' terra; colla, ecc. Le toniche penultime seguite da liquide intervocaliche: pippa 'pipa,' fiffa consonanti tendono ad essere (o sono) brevi ed aperte. tali Nicoli non sembra fare alcuna differenziazione fra posizione finale, e quella quantità vocalica in Dall'analisi precedente delle descrizioni del sistema fonetico milane- 3.1. se la penultima. in sillaba si può stabilire quanto segue. Le toniche paiono essersi allungate davanti a consonanti indebolite (le sorde digradate a sonore, le labiali sino a fricative, per farsi poi soggette alla caduta dilegua lasciando nasalizzata la come le sonore originarie; tonica precedente; o no, delle vocali finali consonante) in meno lunghe romanze, che Esse risultano più lunghe originariamente libera e parossitona. in sillaba sillaba divenuta ossitona (uscente, la -n finale si -r finali labili (talvolta) -/, in in seguito alla caduta quella attualmente parossitona in sed-scda, roeud-roueda, rav-rava, rar-rara, ar (al) -ara (ala), pan, san (ma sanno), bon (ma bonna), pee 'piedi,' assee, abaa 'abate,' andaa 'andato,' ecc. Generalmente lunghe pure davanti davanti a n, le m complicate che risultano dalla contrazione (eoo CAPU(T), assee AD SATIS, al nesso r + cons, (larg, larga), forse (temp, redond), davanti a rr (ferr), quel- in finale o di nessi vocalici di dittonghi secondari ecc.). Brevi, invece, risultano le toniche in contesti diversi da quelli specificati sopra, come, ad es., per non parlare che dei principali, davanti a consonanti sorde (sett, secch,pess, roti, miitt 'muto"; toss TÙSSE, ecc.), davanti a n, sanna, bonn, sann, goll, golia, in m, talvolta intervocaliche e finali (bonna, / GVLA, fradell, ecc.), davanti a gn, e palatali genere (anche sonore) (vece, reggia, frecc, [reggia, legn, ecc.) che, quasi per compensare la brevità della tonica precedente, forza, e, quindi, graficamente rese per lo più Esiste una correlazione fra la quantità e 3.2. [e], in parte per [u] [d]. scono tale [0:] con [oe]. il articolate con più doppia. grado d'apertura per [e:] Alcune descrizioni (Rajna, Beretta, Nicoli) ricono- correlazione anche per Altrimenti vengono la [0:] [0], [â:] e [y:] [a], [y], e (limitatamente a Beretta) per [i:] [i] (ancora secondo Beretta relativamente più chiuse e più aperte a seconda della loro quantità). 3.3. Questi dati si possono ravvicinare ai risultati nel suo importante lavoro sulla durata vocalica ristiche fonetiche, opponenti le prime (e intensità crescente, M. Durand le caratte- vocali lunghe a quelle brevi, questa studiosa, oltre a intensità decrescente, tono discendente, le cui giunge (Durand 1946). Fra una maggiore espirazione per tono montante, minore espirazione per le se- conde), annovera una differenza nella tensione e nel taglio sillabico (Durand 1946: 162). 254 A. al un Si distingue 3.4. massimo con la non permettere a questa da quello 'debole,' non il può affermare categoricamente che si seguite da un taglio debole, e suo pieno svolgimento. le vocali lunghe sono Durand brevi da un taglio forte, le di consonante è congiunta in cui la vocale precedente dopo che questa ha avuto se consonante sussegue taglio sillabico 'forte,' in cui la d'intensità della vocale precedente, da realizzarsi pienamente, Anche Gôkçen a vedere qualche rapporto fra la durata lunga e breve e il è propensa taglio sillabico rispettivamente debole e forte (Durand 1946: 161). 3.5. contatto fra Il milanese sed le fenomeno ravvisare un "posizione milanese" datane dal Rajna, essa "... fonema vocalico il e quello (cfr. simile §§ al taglio invece di ripartire 2.4.8., 2.4.9.). le lato, è forse possibi- (o contatto) forte nella cosiddetta E' vero che, nella definizione dice, della consonante che si consonantico nella voce presumibilmente debole. D'altro 'sete' è si che trovi in tale posizione, sue articolazioni vocale antecedente tra la e la seguente, le appoggia per intero alla seguente, quasi fosse scritto -nna." mentre nel taglio forte la bo consonante intervocalica viene distribuita diversamente, annettendo parte della sua articolazione alla vocale precedente. Tuttavia, da quanto fenomeno (cfr. legge nel Cherubini (1839) a proposito dello stesso si 2.2.6.) § sembra di potersi concludere che le consonanti inter- come vocaliche facenti "posizione" debbano piuttosto considerarsi parte della sillaba precedente. E 3.6. hanno noto che, in quanto articolate con minore energia, normalmente carattere debole (lene) le consonanti sonore rispetto alle sorde corri- spondenti, la cui articolazione, comportando uno sforzo (o tensione) muscolare di maggiore intensità, è, invece, forte e leggermente più lunga. consonante forte (sorda) esercita un influsso assimilatorio vocale antecedente che viene, quindi, percepita di ciò, e ne secondo est plus le come conclusioni di Durand (1946: longue lorsqu'elle suit Una di tensione sulla breve." In conformità 165) "La une brève que lorsqu'elle même suit conson- une longue ou une diphtongue" e che "La consonne précédée d'une voyelle longue est moins forte que celle qui est précédée d'une brève." Si avrebbe, dunque, una specie di isocronismo o equilibrio sillabico, per cui a una consonante debole corrisponderebbe una vocale lunga precedente, e una vocale breve a una consonante forte. La quantità di una vocale verrebbe, così, ad essere in- versamente proporzionale all'azione assimilatrice della consonante seguente. Secondo Durand (1946: 173), inoltre, le consonanti deboli (allunganti) e forti (abbrevianti) non sarebbero necessariamente le stesse da una lingua all'altra.'*^ 3.7. in Lo stesso equilibrio sillabico questo dialetto, infatti, le si osserva anche nel milanese. nariamente sonore, leni, in alcuni casi del tutto debolezza stessa, e le originarie (cfr. § 3.1.). Anche vocali lunghe sono seguite da consonanti origi- eliminate a causa della loro brevi dalle sorde, per lo più provenienti dalle doppie È vero, come si è notato (cfr. 2.4.6. e la nota 46), che 255 Della quanlilà nel vocalismo milanese alcune delle sonore sono oggi desonorizzate, sempre lunga do {noeii\\ sai). In tal caso sua sonorità, ha mantenuto la ha varianti deboli e 2.4.11.), la è forti."*' tonica, in La finale, oltre a / mao, cugiaa), deve averne conosciuta forse sorta per analogia / 2.4.10., §'( antico milanese, poiché in si questa articolazione debole (sonora), per cui tendeva ad ammutolirsi lasciando {saa, liquida la (cfr. parecchi casi, quando intervocalica, e quando finale, è dileguata. si precedenza è notato in si pare aver avuto carattere debole / conguagliata con r dopo suo carattere debole. Anche il Come tonica antecedente rimanendo la dirà che la consonante, pur perden- si con la tonica precedente lunga un'altra, relativamente più forte, PELLE) discendente dalla -LL- geminata {peli -/ che avrà provocato l'abbreviamento della tonica precedente per dare muli MÛLU, soli SÓLU, veli VÈLU, ecc. Di un'articolazione debole è 3.8. comune per cui è in milanese caso di parlare anche per Eccezion quelli della III coniug. (mett). la -r finale, rar, car) e in tutti gli infiniti, (salve quelle ridotte a monosillabi: la il sua caduta nelle voci parossitone originarie la fatta per compresi gli infiniti (parla, sentì), tonica precedente questa r debole, ammutolita o meno, è lunga. Lunga, però, risulta oggi anche la tonica precedente -rr (-RR-) in carr,ferr (con corr, torr, meno lunga Sarà interessante notare poi che in terra. cons, in milanese non fa sempre posizione, dato che VÌRÌDE, tre in sillaba CÎRCULU VÏRÏDIA, sere verz implicata normalmente (A)PËRTU, perd PERDERE. con ha si la come tutte le basi, la r + men- in vert milanese avesse differenza fra la la r dialetto ci offre verd il Tutto ciò fa presumere che originariamente carattere debole, ossia che [e:]), nesso tonica chiusa e lunga, da [e] il r debole (sog- getta all'assorbimento da parte della tonica precedente) e quella proveniente dall Una 3.9. za, specie di lenizione che lascia la davanti a nasali, ci: si rimanda dica pure il chiusa [a] la lettore al la lunga, aperta la CÒ5 'le CLAUSU § i §5)."*^ si riassumerà dicendo seguenti fonemi vocali[i]. Per [e:] còd 'chiodo,' pòi, pòlo 'può [e], [u:] egli, le può (con finale sonora accanto a còss dalla stessa base: Sal- FERRU presso 45). il il Salvioni (1884: 37, 293, 161), Casi eccezionali sarebbero pure le (Lepschy 1978: 197), set (seti) Salvioni (1884: 159, 278), ròss 'rosso,' gaharé, gilè il Biffi presso Nicoli (1983: 45, 38) (ma gabarè, gilè presso 1975: diversi esiti Costituirebbero, perciò, casi eccezionali 'poco,' vocali chiuse e brevi in toss presso presso i grado d'apertura, essendo generalmente al rose' presso Nicoli (1983: sai tu' Per 2.4.15. (Beretta [0] [oe]), [y],'' breve. pòc vioni 1884: 293), fé r (ferr) o dileguo della -n finale roman- dalle descrizioni precedenti quantità è associata vocali aperte e lunghe in 'sei il sistema vocalico tonico milanese comprende [d], [â:] ròs il [e] [e], [u] [d], [â] [a], [0] ella,' si tonica precedente nasalizzata e lunga. Ciò che emerge 4.1. che " -RR- geminata non fosse notevole. il Salvioni (1884: 58; Gôkçen A. 256 sono lunghe In sillaba finale tonica uscente in consonante, le toniche 4.2. davanti a consonante semplice originariamente (in taluni casi anche attual- mente) sonora''^ (cfr. (cfr. §§ 2.4.14.), davanti a -n (nasalizzante) 2.4.6., 2.4.5., consonante sorda parte, davanti a le (cfr. nasale denta- (cfr. §§ 2.4.8., 2.4.9., 2.4.14.), 2.4.15.) o palatali in genere, talvolta liquida (cfr. §§ 2.4.10., 2.4.11., § 2.4.12) sono esse brevi ed aperte. Quasi tutte tico D'altra 2.4.15.), e talvolta liquida (cfr. §§ 2.4.10., 2.4.11., 2.4.12.). § le descrizioni del sistema fone- milanese che sono state qui sopra analizzate concordano nel considerare queste ultime consonanti rafforzate. Non 4.3. è lecito parlare, in questa posizione, di una opposizione fonolo- gica basata sulla quantità vocalica,"*^ trattandosi, nei seguenti casi, di contesti non i.) oppongono identici, in cui si consonante sonora 'pace' - - consonante sorda pass 'passo,' cas 'caso' pess 'pesce,' mes 'mese' per [u] tós [u:] 'fosse'; per [i:] mess - 'ragazzo' [i] lis - 'le 'logoro' - lise 'liscio'; per pes 'peso' - gess 'gesso'; fus 'fuso' - fuss [0] (Beretta [0:] [oe] [y] [0:] - pas [a] [â:] [e] [e:] messe,' ges 'chiese' toss 'tosse';'*^ per [y:] - per rafforzata): (e cass 'casse'; per mancano esempi);^" ii.) — vocale nasalizzata — cann 'canne,' san 'sano' 31); fin 'sottile' fenn 'fateci'; pan orale: —finn sann 'sane' 'sottili'; — bon 'buono' 'pane' pann 'panno,' can 'cane' — (ma anche san 'sanno': cfr. nota — — ven 'viene' venn 'vene,'/e/i — bonn 'buone,' don 'dono' 'fieno' — donn 'donne,' ecc. iii.) Si hanno, poi, coppie minime con l'opposizione 'pelle,' sed cai 'calo' - 'sete' — sett 'sette'; [u:] cali 'callo,' (ma anche car (1983: 45) trascrive, però, sempre con — 'caro' [â]; [i:] [i] [e] [e:] [o] vot 'voto' - pel 'pelo' -peli vott 'otto'; [â:] did — 'dito' [e:] hanno gradazioni più chiuse e più aperte a vamente lunga e breve), rimane sempre due tratti, coscienza la quantità o Non di chi parla. le toniche [e:] il [u:] - ditt [d], [a:] sia [â:] il problema [i], sostenere che, ad essere grado d'apertura e non ([e] [0] (per cui [y] si rispetti- decidere quale dei di di pel, sed, vot, cai, [y], [0:] (per Beretta veramente rilevante nella sia [d] la quantità, re- anche quando le si [a]) di peli, sett, vott, grado d'apertura. Limitatamente ad 'detto'), forse [y:] [a] rimanenti vocali è, tuttavia, difficile pronunci brevi, sempre distinte da quelle cali in base al loro le seconda della quantità grado d'apertura, il fonologicamente pertinente, stando [e], [u:] (secondo Beretta, poi, anche per [oe]) [0:] ditt 'detto,' accompagnate ecc. Si ricordi, però, che essendo le variazioni di quantità da quelle del grado d'apertura per [a] carr 'carro' che Nicoli [i:] [i] (did 'dito' mancano esempi) è lecito parlare di una opposizione fonologica basata principalmente sulla quantità vocalica. 4.4. Lo stesso potrà dirsi per quanto riguarda la posizione finale tonica Della quanliià nel vocalismo milanese Anche libera. qui distinzione — me mio ; [e:] su - so suo, non e la — [a] (j)ce 'piedi [d], [a:] [i:] [i], [y:] ^oeu ridù 'ridurre'; - grado d'apertura, il [f], [u:] sole riduu 'riso' inf.; essendo decisivo 'figlio'), la quantità sarà distintiva solo per la pass -finì (oj (finii part, 257 [0:] [y], - 'figli' fioeu quantità vocalica, per pc 'piede,' nice 'mici' ecc. University of Guelpli NOTE 1 II passaggio viene spiegato con in parte modi, in vari l'influsso del sostrato similmente da Liidtkc 1956) con fra gli altri, monottongazionc la vocato uno squilibrio nel sistema vocalico ë < AE < È da una e ç parte, da Spcnce (1972) con testo); in la opposizione quantitativa con 155-6) O da Weinrich (si prime, qualitativa con da una parte e E, seconde; le dall'altra delle vedano, si fra veda più avanti nel Û, attestate nelle iscrizioni pompeiane, ì, (e pro- introducendo una nuova correlazione latino, correlazione con È, le §5 AE, che avrebbe e del dittongo edê<Êeê<ï dall'altra; varianti E, O, inizialmente fonetiche, di di da Lausbcrg (1947; 1972: osco-umbro; da Haudricourt-Juilland (19702: 31—42) in rapporto inoltre, Straka (1959: 286-300); recentemente anche Klausenburger (1975). Per un riassunto e discussione delle teorie accennate, 2 si Cfr. Weinrich (19692: veda Tckavcic (1972: 15-33); Spencc (1972: 300-9). "Unter besonderen Bedingungen kann es dabei vorkommen, 183): wie wir oben an dem Wort haben, dafì der phonetische Anschlup weiter zuriic- tela gezcigt kreicht zu dcn phonologischen Vokalquantitaten des Latcinùschcn, aber nur in den Fallen, die latcinischc Lange in freicr, die lateinische Kùrze gcdcckter Stellung stand: von in wo dem phonologischen Vokalquantitaten des Lateinischen her gesehen ein Zufall." 3 Cfr. Weinrich (19692: "Die phonologischen Vokalquantitaten des Lateinischen sind 13): Wo ùberhaupt nirgcnds erhalten. Romania phonologisch es beute in der relevante Vokal- quantitaten gibt, z.B. im Friaulischen, sind diese sekundàr enstanden." 4 Ha ragione Salvioni (1919: 529-30) nel sostenere che il Biffi, il intendesse indicare una differenza quantitativa, visto che adoperati per differenziare la con Va " . Una . (Lepschy 1978: lunga e chiusa) e [e:] 192). media, come esempio doveva pur trattarsi della o 'strecia' à . bocha, come ha, invece, "... à el son più visin a <7[u], e per si pess, capell (oggi in al non riuscendogli chiara l'altra, la anche per questa vocale o[u] è bensì chiusa, ma come amaaham, o con pas, nas, . . . "Se profcriss a do legge a proposito: si Latin antighament ghc discuenn l'a longha i sora ona tireta «, nun la parnonziem senza gitauasg; l'oltra slarghandcla ben, come ma. la, ." (Lepschy 1978: 189-90). . 5 "... parche no proferisscm mai do consonant come se ben enn schriuem direm a la letera /." do spess, al è finale uscente in i i par fa cognoss che (Lepschy 1978: 191). l^ ghaiàrda" (Lepschy 1978: 195). Si noti che che lui e 'larga' Biffi riporta porsciel, la cui il per a a giudicare da quanto e's la schriucucnn dobia insci la vengono da Parimenti di una differenza qualitativa, accanto a quella quantitativa, foùsg, voùna largha e voùna strecia, e questa desconscià la legge che si Trattando, però, della correlazione sia di quantità che di qualità, valida, atona, quindi breve. termini 'largh' e 'strec' termini differenza qualitativa, oltreché quantitativa, pel (oggi con breve e aperta) (a proposito della quale [e] . i tonica di dis 'dice' da quello di diss 'disse,' fra cui non corre alcuna differenza qualitativa. fra la e 'strecia' in des, con gli stessi il /, Toschan, 'I ma noma voùna in o largh, come e come preceduta da vocale 'larga,' "se pamonzia Biffi non sempre sa distinguere consonante da quella assoluta, come quando afferma che Toschan fenissenn semper, son va parnonzià più asper potrò, vorrò, dirò, farò, ai le "I la posizione tcmp futur pamonzienn con la 258 consonant aspra; e nun che 6 Che TÛSSE come son el [y], Vo tra come ma modo il la diretta Û ma descrive [0] non in cui ma largh e I'm vochà, a dì m, continuazione > 0). press a Vo; piìi poù ben come a se slarghenn o largh ..." (Lepschy 1978: 200). 8 Anche se tità (e di si où, che fa lauer de la bocha i consonant la afferma a proposito della Biffi il (senza tener conto, cioè, dell'evoluzione "... a dil se sporsg inn foùra proferissem con i tonica di toss la Prissian non parla esplicitamente di un suono lascia dubbi al riguardo: dì deduce da quanto [u], lo si nota 36), e dal fatto che egli spiega di quella latina in strec, 197). o (< Ò, Ù) rappresentasse la [y] (cfr. II fenissem semper con Vo i ..." (Lepschy 1978: dolza 7 Gôkçen A. il Prissian non lo dice esplicitamente, qualità) fra la tonica di "... legge a proposito della n: proùma che la vochà larga Per tonica di voùna, la 9 Dalla descrizione quanto concerne 10 Secondo deve schriuarem sempia, ragionamento doveva senza dubbio valere per la quan- vestiss, la l'oltra ch'è parla più si tutte le vocali. nota 16. non una correlazione risulta una trattarsi di Rajna (1881: il strecia, la il del Prissian [y] vochà di deduce facilmente da quanto pan da mangia da pann da par desferenzià la si schriuarem dobia ..." (Lepschy 1978: 196). Qui veda si doveva pur essere una differenza la ma specificamente della a, ci e quella di voìina: lo meza morta con se proferiss ghaiàrda con choùr per [y] e di quantità Per [0]. svista; per [0], cfr. la nota precedente. 11), le tre varietà corrisponderebbero ai tre gradi di lunghezza: breve, media, e lunga. 11 A questi gradi, il Cherubini ne aggiunge poi un altro, quello rimesso, che forse qui sta per atono. 12 Non affatto chiaro risulta so ta di breve (e di (e in il rapporto fra o chiusa la in dolor, onór, e quella chiusa e vibra- messo MÌSSÒRIU, reso RASÒRIU, ordiô < ORDIRE). Se vibrato equivale questa accezione pare sia adoperato per a, i, contrasta con quella del Salvioni che cita so con [0:] u[y]), la descrizione del Cherubini (anche messo, reso ordijò (1884: 41), e poi, per quanto concerne le parole uscenti in -or {dolor, nota) " . . . l'ó è bensì lungo, 13 Che -00 rappresenti sempre meno però che in quelli dove -ore- deduco da quanto dice [o:], lo amor, al alfabetica, possa essere letto con quello sdoppiamento giacché abituati ecc., di come siamo § § 34 riduce ad ò." si "Né si creda che appone nella sede proposito: questo doppio o, trovato nel contesto del libro senza l'accento che Eoo, Coo, Coordinato, ecc. dice (1884: gli si vocale che sentesi nelle voci italiane a trovare quella sdoppiatura italiana solo nell'o aperta, e a fare quel prolungamento di suono milanese soltanto nell'o chiusa ..." (Cherubini 1839: 14 "San Il in Sann XXVlll o 2243). (sane). San (sanno), ecco Cherubini sembra qui distinguere sann 'sane,' e (cfr. 15 "o è se (sano), il la -n, tre suoni affatto diversi" (Cherubini 1839: 2246). fra la -n dentale in non pronunciata, che nasalizza san 'sanno,' la la -nn enfatica o forte in san 'sano' citati non consta vocale precedente nota 31). il suono francese \nfeu, coeur ..." (Salvioni 1884: 36). Dagli esempi milanese abbia una differenza qualitativa per oeu (eu), come, invece, ha il francese fra feu con [0] e coeur con [oe]. 16 "Non è tutt'affatto, ma vi si ravvicina I'm francese in un, 35). Potrebbe, quindi, stare per 17 II una w aperta Salvioni, che per questo suono adotta Roma (1884: 35), che generalmente nelle "Lo schietto scritture sta per il simbolo suono ii. commun, (Salvioni 1884: ecc." (e breve) ([Y]): cfr. nota 30. di m o, dice non Gli u latini si prima che esso è l'italiano esiste in milanese, e I'm o in che trovasi ripercuotono in milanese parte per U parte per o. Quest'o (che in alcune scritture vien reso alla francese per ou) è per certo molto profondo, tanto da essere più vicino ad m toscano che ad ó." (1884: 36), aggiungendo nota che "Nelle poesie volanti e nelle bosinàd, cioè nella letteratura del popolino che a convenzioni ortografiche obbedisce u per o. Da non in quale più proprio istinto acustico è frequentissima la grafia queste poesie estraggo: rispund « risponde » fuu = fô « faccio » diseur «discorrere» desmunta spunta, sta = sto (isto) ..." Lo stesso molte suro = sora «sopra» al il di . Della "... Salvioni dice poi, altrove, che conosce un vero realtà della pronuncia, 259 il dialetto milanese, e già fin dai tempi del Porta, Il chiuso è conservato solo nella scrittura, che un o, l'aperto. in realtà nel vocalismo milanese (juiintitti " u e proprio . . (1975: . ò, non nella invece, Lepschy 1978: 207, cfr., 6): ma nota 39. 18 Al femminile -ada, una genere."), o forse per meno il Rohlfs (1966: il -adha, -udha, di lombardi), probabilmente a causa della presenza di testi antichi ben salda (secondo -a finale rafforzamento della fricativa intcrdcntale -tuia, -ida, col -idha (stadio prevalente nei 203) "... per ragioni § ripristino della occlusiva nei riflessi -aa, -uu, di distinzioni del reperibili nei testi -ii, recenti (Salvioni 1884: § 379). 19 Omette però, cui sopra, come sonanti, Salvioni, di precisare che il r complicata), oeucc OC(Û)LU, prolungamento della tonica, il produce, a quanto pare, solo si mentre brevi risultano appunto, ecc., perché, toniche, ad le in sillaba implicata, nante originariamente sonora (spegio, ogio, oreg(i)e in nelle condizioni di davanti a certi gruppi di con- in sillaba libera (e specc es., di SPEC(0)LU, anche se susseguite da conso- Bonvesin, con affricata prepalatale sonora e vocal finale caduca). 20 con In realtà via di Salvioni (1884: § 328, lunga, come nota poi (ERUCIARE), la qual vocale lunga spiegherebbe [ò:] da -CI- ; dal Cherubini (1839: s.v.) 21 con -d (pronuncia sorda) Per contro, dopo vocale breve vèéé (accanto a vè^^a) 22 Anomalo come di loff 'lupo' tonica breve, per la cui la di correggendosi, per quando corrisponda frégna) roeud, registrata FRÌGÌDU, a sonora interna: ecc., e a trasgredire tale rohha) con -hh a dispetto delle toniche brevi (plur. di 160). caso il 536), con (accanto 1), la grafìa invece, Lepschy 1978: 208). (cfr., scrive la sorda anche si VEC'LU, /rècc convenzione sarebbero goeuhh, rohh (Salvioni 1884: n. il quello di criif 'crudo,' riif 'spazzatura' (Salvioni 1919: veda Salvioni 1184: 160: "Faremo eccezione solo -ff si per V d'uscita ridotto a/." 23 Pur riconoscendo rafforzamento il consonanti nel milanese, di certe il Salvioni sembra non essere d'accordo con l'uso di rappresentare graficamente consimili consonanti con le doppie che, come del resto molto simile che si si di tutti i dialetti settentionali, rafforzamento consonantico legge nel Rohlfs (1966: può osservare nell'estrema posizione seguente la 229, § n. alcuni dialetti connesi, 1): "La conservazione della vai Bregaglia gatta, bassa, Stóppa, queste zone si tratti di si Valsesia cfr. nella una tradizione continuativa, ovvero se il fatto Spoerri); in alcune località che si Valscsia l'allungamento non in in forma allungata: per esempio 688); anche (cfr. AGI la pronuncia genovese 16, 154), come pure il pummi al tèra (Salvioni 1884: S piemontese limma e . . ." sistema adottato dal Salvioni (1884: precede fa ^ Si doppia rr 160-1, fenomeno generale In a di di finale dopo semplice com- limma (Spoerri, lamma,pummi § rcmmu 'pomi' fanno 42). "... 2): Per r . in \ ritengasi lunga la toni- / Interessante l'osservazione del Rohlfs ." . la milanese fèr di tèrra a tèra degeminazione delle consonanti lunghezza della vocale che 'ferro,' tèra, kàr 'carro') ad un'epoca diversa da quella del nell'Italia settcntionale, cioè ad epoca ." . . pedU (anche padiì) -/ 'fame,' veda anche Bertoni (1916: n. un tempo (per esempio presumere l'appartenenza del passaggio più recente. 25 in Valsesia 238): "Per quello che riguarda l'Italia settentrionale, la verifica si m 204), la cui tonica deve considerarsi lunga, conformemente ca precedente quando non sono scritte doppie. (1966: ommu, famme la 'fame' e 'remo,' cioè limma, famme, di 'lima,' pensare ad un allungamento secondario. 24 E ancora 'pomi,' ad un nuovo sia pervenuti breve accentata, a causa dell'accento; la sillaba vocale lunga (per esempio pé/a <paela 'padella') e inoltre che qui anche pare alla navatta 'navetta,' pènna, vacca (Stampa, 133). Non è ancora chiaro se allungamento delle consonanti che seguono per questa seconda ipotesi sta Essa è limitata /m.sì/ 'tu fossi,' wakka (secondo seguente nota cita la delle consonanti doppie fascia periferica dell'Italia .settentrionale. vocale accentata: cigulla 'cipolla,' bella, hukka, spassa 'spessa,' in milanese non conosce. Per un fenomeno il in caduca. (cfr. h 2.4.3) la tonica si sarà abbreviata dopo essersi allungata davanti 260 26 Di una mente 27 È noto AU ol, con una che si Questa (Salvioni 1884: ipercorretta può L e la nesso anche AUDIO, alzo (Bonvesin ha tralasciare qui, perché CAUTA dove non primario interesse, di nasale complicata. Basti precisare che, per i ravvisare tracce di una apertura almeno, di per 29 ancora chiuse Non seren I è chiaro su che cosa ritiene che presentano si rima o assonanza con in (M ben I 45-8); lamentason contrition anche Salvioni 1919: 528, il quenze -ena, -ona, ecc. Sarebbe, però, Tracce di I Egli n.l). sembra sostenere, dunque, che volta, in osserva si -UNA 1884: § il -INA si riflettesse per -ònna. Di tale stadio 60). Un fenomeno il De la Si badi, però, che nei suddetti in n. (il lo stesso Salvioni (1884: § vocale accentata precedente san 'sanno' Salvioni (1975: si In Salvioni (191 rimane inteso che a Milano il hanno si si tre - ijè san 'sano,' 1: §5 30, rapporto con Inoltre, all'apertura 'asciutto,' 95 'uscio,' frgt, tgt, grel milanese fa invece corrispondere il verifica. "Non so suoni per -n finale come come debba interpretare si in si ha una 370) trascrive [à] san «sano», san in parte già fornito nasalizzata allungatasi in seguito bu\), resih) ma poi nota: "Scrivo così; ma sostituito dallo strascico nasale della precedente vocale"; 245) trascive bò, sa, e dice della -n che "... in epoca in Lombardia (Rohlfs 1966: nota 14). La discussione precedente avrà (cfr. una risposta a questa domanda. dileguo della -n non 36; 1978: 206, n. 36) dichiara: l'osservazione del Cherubini che «sanno», sann «sane»'" Salvioni (cfr. quei dialetti, anche quella davanti ad altre consonanti come in brqt 'brutto,' nql 'nullo,' sqt mare 'marito,' avo 'avuto, ecc. ai quali Lepschy (1965: 169, una matremania (B 396). dialetti, l'apertura delle vocali è in diretto brutt, cinqii, ecc. in cui tale passaggio In quii k'i in Una prova in sinizesi, non conserva che voeunna in finale di parola, senku, fosse -n(o). analogo, ancor oggi vivo nei dialetti emiliano-romagnoli, vocalica davanti a nasale fa riscontro, al che essa compare loro nasalizzazione che, invece, produce vocali chiuse nel milanese. 'grillo,' ci per -enna {quaicosarenna, fiorentenna nel Prissian) dialetto odierno più antica abbracciava, a quanto pare, vasti territori della 38). base alla in quelle delle se- questa ultima forma. in fatto Bonvesin, per cui Contini (1941: 251) scrive: Pare che, nel passato, che come vocali lunghe in lian, in, ecc. del infatti, le ulteriore di un'antica nasalizzazione, inoltre, è forse I pan condition (0 213-6) (Contini I altrettanto lecito supporre una antica nasalizzazione forse sono, dialetto odierno, e la chiusura vocalica che 31 casan Salvioni, procedenti da venno, crenno, quanto, appunto, precedenti una -n dentale da -nn(o), non nasalizzante, e I toniche di ven, cren, pan, scarpan fossero tutte chiuse, senza, però, essere nasalizzate, le 30 cita, toniche di ven, cren, pan, scarpan (seren le 1941: 79, 233, 66, 285), forme abbreviate, secondo (cfr. Rohlfs che invece toniche nelle sequenze -ena, -ona fossero le (G 73-6), sasten I ben I cren F 301-4); scarpan I compassion / panno, scarponno il Bonvesin. Ciò egli deduce dal fatto che di ven, conven devotion (E, basi si s.v.) 98). § 370-1, 373-4) tempo al vocali chiuse (e nasalizzate) le I 15, 41). milanese, vçnt, tçmp (1966: Salvioni (1911: II % Salvioni 1884: il una tratta di si vocale chiusa (e leggermente nassalizzata): témp, vént, front, mónt (Cherubini 1839: (cfr. / trattamento della tonica davanti a il medi gradi *AUSA(T) Bonvesin, el valsa in olio, olirà, aveva originariamente si Non è impossibile PARA(B)ÛLA, TA(B)0LA. in parolla, lolla GÛLA, dentale, accanto ad altre varianti, ha dato 42). § la bella, apella, conseguente riduzione del dittongo seconda- AL+ golie (plur.) 63p; Rohlfs 1966: § CÒLLU, 158). ipercorretta compare, però, anche là / GAUDIU, galza il coll dove non ha ragioni etimologiche (galla là con a grafie collaterali latineggiami COLLECTA, ecc.; cfr. Salvioni 1884: era venuto a formare, nei testi di Bonvesin, normal- ipercorretta, frequente nei testi medievali lombardi / caldo, ecc.). Si l'introduce anche che, dietro la vocalizzazione della rio AU: ma solo, milanese potrebbe fornire in antico -/ compaiono, latine {castellan, collegia // REVELATU, parolla, revellao geminate le scempie corrispondenti (accanto mantiene la grafìa non mentre fatto che, il ridotte alle doppia), ecc.) leggermente lunga della tale articolazione forte e un indizio 28 Gokçen A. una vocale nasalizzata . . . ha una -n dentale, non, però, soggetta 42-3) scrive hin 'sono,' han, ma in "; cfr. al si fonde . . . colla anche Nicoli (1983: 56-8)). rafforzamento consonantico. Fonetica (1884: § Il 247) vann, fann. Della quaniiui nel vocalismo milanese sann, ann, dann, inn, ecc. La doppia questo caso, starà solo per denotare -/in, in Pare che oggi prevalga della tonica precedente. norma 129, 133; Nicoli 1983: 310, 11) che, invece, è di san 'sanno' e brevissima resto, dalla tonica lunga in 32 Un esame minuto che È Î, Ó Ó, Û, e di finale (Salvioni 191 -/; lizzazione fosse già perfetta (Salvioni 1911: 387-8) (cui rima quale ad la aggiunga (I'ovrc) si 1941: 39, 121), . . bon . bon es. I perdition intention I 370-1; 373—4) e che 1: BONU, ma {angei) bon I attention I base a prove metriche quale ad e, in "... non potrebbe che un La 388; n. 370, 1; n. 4). odierno, ad es. in l'abbreviamento per risulta 4): [a] ceres dell 'a corroborata la maren e galfion maren (o morene) in suo -n (sfumato poi il (Salvioni 1911: 387, n. 2). nelle desinenze verbali -en, -on (3^ p. plur.) che, secondo bonn 'buone' è per estensione analogica da quella intervocalica in 1884: n. 2; *< il Con 245). 374, Salvioni, la dentalità della nn, nel dialetto non tutto ciò, e chiaro perche bonna prodotto sia si (e apertura) della tonica precedente. timbro a seconda della quantità, di da quanto scrive (1919: 529), commentando un passo del Prissian "... (A 269-72) però, nota 29), e nelle sequenze -ena -ona (Salvioni 1911: cfr. Salvioni non ammettesse una variazione il bon BONI, in Ne consegue (Salvioni 1911: 387, 33 Che ..." -n gutturale sembra escludere nasalità della tonica egli (Salvioni 1911: nasa- la salvation (T 493-6) (in Contini I es. la sinizesi, in valere che nel supposto che nella nasalità della precedente vocale) sia anche perdition I (T 245) (che, però, Contini (1941; 21) scrive ceres, maren. galfion), (<(A)MARINA) rileva, del si Contini 1935: 247; 1941: XXIX); (cfr. nasalizzazione che egli pare ammettere non solo in hon data come 'sane,' 'sane.' fossero venuti a coincidere in [e] e (oj rispettivamente, nel milanese di Bonvcsin, davanti a BONAE, sann sann in grafia -nn (cfr. Bcretta 1980: la in dcntalità la e visto testé, si della rima nei volgari bonvesiniani ha consentito al Salvioni di concludere riflessi di È, i come 652), poiché la -n scempia finale indica, della -n (cfr. Isella (1959: la nasalità 261 . . ammette due pronuncie, una . prima dagli sarà salare, serrare, futuro es. E che da sarà salato, serrato (oggi sarà ... il (si veda qui la nota larga (cioè breve) e una stretta (cioè lunga), (oggi sarà), di 'essere' la seconda Prissian col suo 'largo' e 'stretto' intenda pro- prio indicare una differenza quantitativa, risulterebbe dagli analoghi termini ch'egli adopera parlando p. es., ch'è giudicato stretto in dis (oggi dis) 'dice,' e largo dell'/, sarebbe indubbiamente dis; nessun divario 34 Una tra due i /. . fìs fisso, ecc.) cfr. ." . Per [0], si veda in diss (che oggi pur non correndo qualitativamente 'disse,' nota 15. la volta perduta la quantità fonologicamente rilevante del latino, le vocali sono divenute brevi in sillaba implicata (cfr. 35 E ancora presso SERE) adesso I I 1.3.). § confesso fresco (SI 233-6); defendesse I devesse (SII 33-6); aspegio / maledegio I maledegio I (<ASSÉDÌTARE) creto (SUI 393-6); creto I asseto I / recreto foleto I breto (SI I I 521^): I I poesse esse ('ÈS- I DÌCTU) pegio (PÉCTU) + alegio (SII! 177-80); questo aspegio (SI 873-6); delegio cativeto aspegio (MALE breto I I recreto / asseto I asseto (SI 365-8); I Salvioni (1911: 373); Contini (1941:109, cfr. 133, 130, 157, 164, 113, 118). 36 Si legge in Salvioni (1975: 6) conosce in realtà che un realtà della pronuncia, strec come come I'm di Latin, e nota 17). " — il . . . ." suono n. Che la strec di riflesso di il m " . . che essa sia . . muda, perche se voùrem . si . fava . ," i (Il . si legge à el son dì on son Latin antighamcnt dovrà intendersi nel fa ricorso alla grafia o, sempre lunga non è, nella deve esser Ó, (cioè [y]) che " . [y], e che per [u] 1) ti come disenn che mai muda non come Salvioni sostiene che i "strec" nel Prissian indichino un'opptisizionc di quantità, non di qualità: nota 4). Quanto, poi, a amabont, essa rappresenta noto passaggio Ma a proposilo della droùuem lo Salvioni (1919: 530, termini "largh cfr. (cfr. l'vltem de vedii, inn Toschan veduto, ne mai senso che essa rappresenta il (/." (Lepschy 1978: 199) che dice de amahunt ma chiuso e conservato solo nella scrittura, prima del '600. Questo sembra possa dedursi da quanto che schriueuen amabont par o l'intende dialetto milanese, e già fin dai tempi del Porta, il Il un vero e proprio stato in gran parte [u] già nel Prissian che "... o, l'aperto. Ô ad in sillaba finale implicata: cfr. la forma arcaica di amabunt (con il Nicdermann (1959^: 38-42); Pisani 262 A. Gôkçen (1952: 131)). 37 Si noti che questi esempi, come quelli citati sopra a proposito di e, o, si riferiscono tutti alla posizione finale. Vien fatto di domandarsi, quindi, se quella norma, citata sopra di Isella (" . . (§ 2.5.1.), differenza di qualità è anche una differenza di quantità, poiché una vocale la . aperta è breve e una vocale lunga è chiusa.") abbia valore assoluto e valga sia in parossitonia che in ossitonia. norma simile Salvioni (1975: 5) che pure dà una Il (cfr. § 2.4.16.) precisa, però, altrove che "In sillaba aperta, la tonica milanese conosce due lunghezze, quella p. es. di strada e quella di straa e di straal strade; in sillaba chiusa, quella di che qui è resa con aa è largo, ghi, -ghe. Quella larga e quella di laark lunga durata." (Salvioni: 1919: 525, di più Se si tien conto, poi, di quell'altra che "... la vocale d'uscita, sparendo dopo consonante sonora rese lunga n. 1). penultima" di norma, formulata dallo stesso Salvioni (1884: 159) appunto tonica!) anche quando è penultima, il milanese è quella che ha si vocale accentuata la diventa assai chiaro che relativamente lunga è la tonica (perché (cfr. § 2.4.5.), ma che lunghezza vocalica vera e propria per la o no, in sillaba finale, uscente, consonante in (cfr. §§ 2.4.3. e 2.3.1.) 38 Per Imn 'hanno,' van 'vanno,' san 'sanno' saran 'saranno,' savaran 'sapranno,' hin 'sono,' ecc. (Isella 1959: 652) 39 Per questa distinzione /a/ di con tonica lunga la ma non nasalizzata, cfr. nota 31. descrizione che ne dà Beretta (1983: 12): ci si è basati sulla "... le ." orientamento anteriore ... e quelle posteriori . . . 40 Corrispondenti, rispettivamente, a peu, jeune in franc, Oefen, ôffnen in ted. (Beretta 1983: 41 Si veda, però, 17). Malmberg (1971: 51-2). "Le phénomène qu'on a l'habitude d'appeler 'fester Anschluss' est réservé à certaines langues, surtout germaniques (spécialement frappant en lemand), tandis que par exemple Anschluss' 42 in cui si potrà parlare di / semivocale Si legge nel Prissian Per (Y), Si noti II " Si veda anche Tekavcic (1972: 292-3). avremo forme più vera e propria fricativa, e forme più comuni, o . . . oppure è solit, non con in cui la liquida, sostituito (Lepschy 1978: 198) che voùlta on tantin più dolza del 44 45 46 Et néanmoins, ces langues connaissent des 204). p. CONSONNE assolutamente superato e confondersi con 43 + la al- slaves ne connaîtraient que le 'loser et 145): "Rispetto all'apertura laterale Cfr. Battisti (1938: di fricativa è langues romanes Jespersen, Lelirbuch, (cf. VOYELLE BREVE groupes les la r da r. forti od enfatiche leni, in cui il concetto ulteriore Icnizionc o tende a ." . . "No muda mai parpoùst, e s'al'è quai merta saruazion." nota 16. cfr. che eel 'è lui' è dato con [e:] Salvioni 1884: 277, con in [e:] in Salvioni 1975: 5. Salvioni (1884: 158-61) nota che "... una sonora (media) non può mai essere consonante d'uscita; è necessario convertasi nella sorda (tenue) corrispondente. da in parecchi casi, non e tuttavia senza eccezioni. poi mai, pez 'maggio, peggio' con la fricativa Lo . . ." Questa regola, stesso Salvioni (1884: § vali- 166) trascrive prepalatale sonora; una fricativa sonora si ha, parimenti, in vas 'voce,' nòs 'noce,' eros 'croce," pus 'pace,' nàs 'naso,' ros 'rose' (cfr. § 2.4.7.). 47 Quanto alla posizione in apparenza contraddittoria del Salvioni. e forse di Isella, al riguardo, cfr. §§ 2.4.19., 2.5.5. 48 Va detto qui che Lepschy, in una breve discussione delle descrizioni del sistema fonetico milanese, che egli fa seguire al testo del Biffi, intitolato Prissian da Milan della parnonzia milanesa (riprodotto, con alcune correzioni, nell'edizione del 1606 la criticamente stabilita da D. Isella, corredata di una traduzione "Annotazioni al testo" dello stesso in in Lepschy 1965, in italiano con Lepschy 1978), da una interpretazione in in quel- appendice talvolta diversa dei dati (cfr. ad es., note 17, 20, 31, 46, ecc.), giunge a conclusioni sostanzialmente divergenti dalle mie. Per un confronto, 49 Mentre per [e:] rispettivamente, parte e il [f si ], che si si rimanda il lettore a sono generalizzate parla di una correlazione fra timbro aperto e la Lepschy 1978: 204-210; 1965: 167-175. in sillaba il (originariamente) libera e implicata timbro chiuso e la quantità lunga da una quantità breve dall'altra, una siffatta distribuzione e corrispon- Della (/uanlilà nel vocalisino iiiilancse dcnza non ha per |u] |dj. La prima può trovarsi in sillaba sia (originariamente) libera che si implicata, per cui La mancanza Cfr. nota 20. in non sono pochi i una chiusa, casi in cui (u|, pur trattandosi di e breve: 'rosso,' toss Mosse,' holt "botte,' ecc. rf>,s,s 50 263 consonante) e forse da originariamente libera, e di coppie minime, attribuirsi al fatto in sillaba questa posizione (in sillaba uscente, cioè, in Ó che riflette si milanese per in implicata per lo più davanti a palatale: (o) in sillaba Salvioni 1884: cfr. §43). 51 Sullo stesso argomento, veda ora Sanga (1984: pp. 60-7); per si quantità vocalica nel la bolognese Coco (1970), nel friulano Franccscato (1966). BIBLIOGRAFIA Angiolini, F. 1897. Vocabolario milanese-italiano; rist. anastatica Milano: De Carlo ed., 1978. Ascoli, G.I. 1873. "Saggi ladini." Archivio glottologico italiano, 1:1-537. C. 1938. Fonetica generale. Milano: Hoepli. Battisti, Beretta, C. 1980. Contributo per una grammatica del milanese contemporaneo. Milano: Virgilio ed. 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