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Le Grotte e l`Uomo

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Le Grotte e l`Uomo
APPENDICE
Le Grotte e l’Uomo
Breve introduzione all’Archeologia Preistorica
di
Giovanni Mannino
157
LE GROTTE E L’UOMO
Le grotte hanno avuto un’importanza enorme per l’uomo. Da sempre sono
servite da ricovero per sè e per gli animali; talora sono state utilizzate come
abitazioni occasionali o stagionali, talvolta hanno dato acqua al viandante,
sono state sedi di culto, luogo di sepoltura e, nel recente passato, anche rifugio antiaereo. Attualmente il sottosuolo, sia le cavità naturali che quelle artificiali, sono sede di micidiali arsenali e di esplosioni nucleari. Si è arrivati alla
progettazione di città sotterranee.
Ogni grotta conserva i resti di tanti “passaggi” nel suo “riempimento”, grazie alle particolari condizioni ambientali che hanno reso possibile la lunga conservazione salvo nei casi, purtroppo ricorrenti, di parziale svuotamento per la
pulizia dell’ambiente, se sfruttato ad ovile o stalla. Si è arrivati anche a svuotamenti disastrosi come quelli nella Grotta di Cala Tramontana di Levanzo o
della Grotta della “Za Minica” di Torretta per impiantarvi un night club.
Nelle grotte si conservano testimonianze fra le più antiche del nostro passato, e non è per nulla esagerato chiedere al visitatore il massimo rispetto dell’ambiente. Allo speleologo neofita raccomandiamo di acquisire le poche
informazioni che è necessario conoscere nel caso che, nel corso di un’esplorazione, ci si imbatta in “reperti” d’interesse archeologico e non.
In primo luogo è necessario conoscere la legge che regola la materia: è la n.
1089 del 1939. La legge italiana fa divieto assoluto di praticare scavi, però autorizza lo scopritore di un “reperto” a rimuoverlo e consegnarlo alla più vicina
autorità, nel caso che, una volta scoperto, rischiasse di essere distrutto o rubato.
Quasi tutte le grotte, soprattutto il loro primo ambiente, hanno il piano di
calpestio terroso. Questa terra proviene in parte dall’esterno ed in parte deriva dall’accumulo di materiali vari, in maggioranza non deperibili, abbandonati dall’uomo e dalla decomposizione di materiali organici lasciati da quest’ultimo e dagli animali. La terra ed i materiali in essa contenuti costituiscono il “riempimento” o “deposito” antropozoico.
IL RIEMPIMENTO
Il riempimento delle caverne è un “archivio”, in linguaggio moderno è una
“banca dati”, che documenta il passaggio dell’uomo in quella grotta. Fornisce
una documentazione assolutamente unica, irripetibile, da trattare dunque col
massimo rispetto. L’attenzione dello studioso dovrà essere rivolta anche alle
superficie rocciose perché talora sono state scelte dall’uomo per disegnarvi
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figure animali o simboli, che spesso sfuggono alla nostra comprensione perché di un mondo concettualmente molto distante dal nostro.
Il riempimento delle grotte, quando è molto antico, può contenere anche
i resti dell’antica fauna pleistocenica: elefante, ippopotamo, iena, leone,
bos primigenius, etc. Può anche contenere, nel caso di una grotta di origine marina, i resti di una “spiaggia”: sabbia e molluschi marini, del mare
che scavò la grotta.
Il riempimento (terra e contenuto) di una grotta è legato ad una serie di fattori di origine fisica e chimica: la roccia nella quale è scavata la cavità, la natura del suolo e del terreno vegetale circostante, il clima, l’orientamento, la frequentazione, etc, ed è dunque oggetto di investigazione di diverse discipline.
Riempimento di origine chimica
Di origine chimica sono le eventuali concrezioni ed in generale le soluzioni carbonatiche (l’acqua di stillicidio satura di carbonato di calcio) che, attraversando l’eventuale deposito terroso, danno luogo alla formazione di crostoni stalagmitici, di noduli, di brecce attaccate alle pareti. Nel caso di grotte, in
cui i depositi siano stati più o meno smantellati, sono le brecce a fornire, con
i loro contenuti, informazioni sull’occupazione della cavità.
Pure di origine chimica è la “terra rossa” contenuta in molte grotte. È
un’argilla rossiccia ricca di ossidi di ferro, tipica delle nostre grotte, che si è
formata per la dissoluzione del calcare in ambiente caldo umido.
Riempimento di origine fisico-chimica
È il riempimento formato di blocchi e frammenti di roccia caduti dalla
volta per effetto delle oscillazioni termiche (schegge a margini taglienti) e
blocchi di varie dimensioni caduti per effetto delle acque circolanti (superfici
e margini lisciati).
Riempimento di origine organica
È costituito dal guano che è depositato nell’interno delle cavità ordinariamente non frequentate dall’uomo.
Riempimento antropico
È la parte del deposito che riflette la frequentazione della cavità da parte
dell’uomo. Esso può essere mescolato con altro tipo di riempimento, di cui si
è già detto o presentarsi praticamente puro. In esso si conservano tutti quei
materiali non deperibili (o non ancora deperiti) abbandonati involontariamente o volontariamente dagli uomini che hanno frequentato la grotta: sono utensili litici, frammenti e residui della lavorazione, frammenti di vasi di terracotta, resti di pasti costituiti da ossa di vari animali e da gusci di molluschi terrestri e marini, etc. La formazione di un deposito è straordinariamente lenta
ed è legata ai fenomeni già ricordati. L’analisi di tutti gli elementi, che vanno
raccolti per mezzo di uno scavo stratigrafico, può portare a conoscere l’ambiente e l’uomo per un arco di parecchi millenni.
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LO SCAVO STRATIGRAFICO
Lo scavo di un deposito comporta la distruzione dello stesso. Uno scavo
stratigrafico sarà tale soltanto se, nel corso dell’esecuzione, verranno ricavate
tutte quelle informazioni che la scienza più avanzata richiede. Si tratta della
documentazione grafica e fotografica spinta fino a riprodurre ciascun oggetto
o reperto nella propria posizione spaziale, di compiere osservazioni e raccogliere campionature riguardanti gli “strati” riscontrati.
Ciascun pezzo, tratto direttamente dallo scavo o raccolto nel vaglio di porzioni di deposito, deve essere subito siglato od etichettato con riferimenti alla
documentazione grafica e fotografica, nonché al giornale di scavo, per consentire confronti immediati con altri reperti. Il reperto privo di informazioni perde
ogni interesse scientifico per acquistare interesse tipologico; in questo caso
sarà uno sporadico che può assurgere, se mai, ad importanza topografica; in
questo caso consentirà di aggiungere, eventualmente, un nuovo sito in una
carta di distribuzione relativa all’età od alla cultura dello stesso.
Uno scavo stratigrafico comporta la partecipazione di un gruppo di lavoro
che abbia alle spalle laboratori e tecnici per analisi, restauri, etc. Per le
attuali strutture pubbliche italiane e soprattutto per la regione siciliana la
realizzazione di quanto detto sopra è molto difficile, se non impossibile.
Pensare a scavi privati, legge a parte, dal punto di vista scientifico è una
pura utopia. Gruppi archeologici e privati cittadini possono validamente collaborare con le istituzioni.
Non pensiamo d’insegnare, in questa sede, le tecniche di uno scavo stratigrafico, per cui rimandiamo ad alcuni dei testi riportati in bibliografia; tentiamo invece di informare per grandi linee del problema: ci sembra il modo
migliore per scongiurare scavi abusivi e razzie varie e dare cognizioni che
possono agevolare la comprensione di testi specializzati.
Prima di parlare dello scavo è necessario spendere qualche parola sulla
stratigrafia.
Abbiamo accennato prima alla formazione di un deposito o del riempimento di una grotta. È facile immaginare che un deposito si forma per sovrapposizione di materiali. Fin quando i materiali sono omogenei e le condizioni
di sovrapposizione non mutano, non vi sarà differenza apprezzabile tra la
parte superiore e la parte inferiore del riempimento.
Osservando il deposito in sezione non si noteranno variazioni stratigrafiche; si può dire che non v’è stratigrafia. Poiché l’immissione di materiale in
una grotta, ma anche in un deposito all’esterno di una grotta, avviene attraverso una serie di veicoli diversi: l’uomo, gli animali, i fenomeni fisici e chimici, etc. e dunque la natura dei materiali ha matrici disparate, si constata
che un deposito non è per nulla omogeneo.
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Un deposito differisce per matrice (terra, sabbia,argilla, etc.) e contenuti
(frammenti fittili e litici, ossa, pietrisco, etc.), i quali concorrono a dare al
deposito consistenza, compattezza, colorazione, etc. Componenti sono anche
la velocità dell’apporto, e quindi della frequentazione, l’habitat (ambiente
esterno) ed altri fenomeni già accennati prima.
Per quanto detto sopra un deposito si presenta come una serie di fasce di
terreno sovrapposte dette più propriamente strati. Gli strati hanno consistenza e colorazione diversa, contenuti diversi, spessore diverso. Poiché i fattori
che concorrono alla formazione di un deposito sono molteplici, come s’è
visto, è impossibile riscontrare colonne stratigrafiche eguali, cioè una successione di strati eguali.
L’abilità di chi dirige uno scavo consiste nell’indirizzare chi scava
manualmente a non commettere il grave errore di compiere inquinamenti,
non deve cioè accadere che materiali di uno strato finiscano tra quelli di
un altro strato. Se ciò dovesse avvenire per colpa dell’operatore o si constatasse già avvenuto per la presenza di una tana di roditori (fenomeno
piuttosto comune nelle grotte), si dovranno isolare i materiali e considerarli sporadici, a meno che non si tratti di frammenti fittili che combacino
con altri dello stesso tipo la cui posizione stratigrafica è sicura. A complicare il lavoro concorre, oltre alle tane, anche la presenza di frane e di
grossi macigni, non tanto perché possono aver spostato verticalmente il
deposito col loro considerevole peso ma, soprattutto, perché vengono a
sminuzzare eccessivamente l’area di scavo.
Ulteriore complicazione, non trascurabile, è prodotta dall’inclinazione del
deposito che può essere generale, parziale e variabile in uno stesso strato.
Altri grossi problemi vengono creati dalla scarsa luminosità dell’ambiente, dalla presenza di terra sempre umida se non bagnata, da porzioni di deposito cementato dallo stillicidio di acque carbonatiche. Tutti questi problemi
rendono molto complicato uno scavo e quasi impossibile seguire la stratigrafia naturale del deposito. In presenza di tante difficoltà è giustificabile far
ricorso alla stratigrafia artificiale, della quale però oggi si fa largo uso, se
non addirittura abuso, essendo diventata una ricorrente pratica di scavo.
STRATIGRAFIA ARTIFICIALE
La stratigrafia artificiale, o scavo a tagli, consiste nel prelevare porzioni di
deposito la cui potenza (spessore) è determinata dall’operatore. I tagli, di
norma, variano da alcuni centimetri fino ad una decina per volta. Si può procedere per tagli di eguale spessore o variandoli, e qualche volta esso può coincidere con uno strato naturale. Ove il terreno lo consente è preferibile partire
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dalla superficie di uno strato naturale e cercare di far coincidere, di tanto in
tanto, la superficie di uno strato artificiale con quella di uno strato naturale.
Completato lo scavo, dopo il lavaggio, la siglatura, la selezione per
materia ed il restauro dei materiali, in fase di studio è possibile unificare
due o più tagli - che presentino in tutto le medesime peculiarità - per ricavarne uno strato cioè: una entità fisica omogenea alla quale corrisponde
un’entità culturale omogenea.
STATO DEI RIEMPIMENTI DELLE GROTTE
Per quanta riguarda le grotte siciliane non ci risulta che si sia trovato un
deposito con una sezione stratigrafica completa, cioè contenente una serie
ininterrotta di testimonianze risalenti al primo riempimento della cavità:
dalla fauna marina presente nell’eventuale spiaggia di un mare che scavò
la grotta, poi del Paleolitico e via via fino ai nostri giorni. Per la conoscenza che abbiamo delle grotte, le lacune non ci sorprendono affatto perché
abbiamo constatato, nella nostra lunga esperienza, che tutti i depositi
hanno subito più o meno consistenti smantellamenti ed asportazioni fino a
raggiungere, talvolta, il fondo roccioso della cavità. I motivi sono diversi:
in parte ha avuto un peso determinate la scoperta di “ossa di giganti”: primi
abitanti della Sicilia!, in parte lo svuotamento è da attribuire alla pulitura
del piano di calpestio della grotta, quando questa era utilizzata a stalla ed
il letame veniva raccolto per fertilizzare i campi. Le ossa dei giganti, chiamate così per la loro “smisurata grandezza”, erano nella realtà i resti
scheletrici fossili di pachidermi vissuti durante il Pleistocene nella nostra
isola: elefanti ed ippopotami.
La massa del deposito mancante è variabile da grotta a grotta ed è sempre
notevole; il più delle volte è di alcuni metri di altezza ma può raggiungere cinque e più metri, ed arrivare ad una decina come nel caso della Grotta
dell’Uzzo. In alcuni casi sono state asportate masse che talvolta possono raggiungere un centinaio di metri cubi ma anche alcune migliaia, come è agevole stimare nella grotta dell’Addaura Caprara del Monte Pellegrino, in alcune
grotte del Monte Gallo, nella già ricordata Grotta dell’Uzzo e nella grotta dei
Cavalli a S. Vito lo Capo, etc. L’unica cavità, sia nella provincia di Palermo
che nella provincia di Trapani, che a nostra conoscenza conserva il suo deposito antropozoico intatto, è la Grotta della Molara di Palermo, grazie anche
alla particolare morfologia dell’antegrotta.
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ESEMPIO DI SCAVO:
LA STRATIGRAFIA DELLA GROTTA DELLA CHIUSAZZA
Come esempio di scavo facciamo riferimento ad un caso reale: il lavoro
eseguito nella grotta della Chiusazza di Canicattini Bagni in provincia di
Siracusa da Santo Tinè, dal quale riprendiamo integralmente. (Tav. II)
“La trincea di m. 5x4 venne suddivisa in quadrati di circa un metro per
lato: venti settori. I settori vennero scavati separatamente. I materiali di ciascun settore vennero tenuti separati durante la fase di scavo e di lavaggio. In
seguito vennero riuniti nei singoli tagli tutti i materiali provenienti da quei settori che, in base a quanto visto nello scavo stesso ed a quanto era possibile
osservare dalla tipologia dei materiali in essi recuperati, non presentavano
inquinamenti o sospetti errori di scavo. I materiali provenienti da settori
sospetti invece furono tenuti a parte e di essi furono presi in considerazione
solo quei frammenti che servivano per il restauro.
Il deposito apparve così costituito dall’alto in basso: alla superficie giacevano alcune grosse pietre rotolate dall’ingresso prima che esso si ostruisse
completamente. In seguito l’infiltrazione di terra aveva raggiunto solo la parte
Est della trincea creandovi un interro di circa 30 cm. completamente sterile,
mentre nella restante parte lo strato archeologico era quasi affiorante.
I STRATO - Taglio 1
(lato Sud della trincea da m. 0,30 a m. 0,70; lato Nord da m. 0,00 a m.
0,15) Terreno sciolto di colore marrone, privo di pietre e di focolari, contenenti frammenti di vasi di età greco-arcaica, testine di terracotta del tipo
Demetra o Kore con modio (V sec.a.C.), vasi ellenistici e di età romana. È
verosimile che la grotta sia divenuta, dopo l’arrivo dei coloni greci, sede di
culto alle divinità connesse con l’agricoltura come le statuette votive,
soprattutto, farebbero supporre.
II STRATO - Tagli 2-4
(lato Sud della trincea da m. 0,70 a m. 1,30; lato Nord da m. 0,15 a m. 0,55).
Il colore del terreno per tutto lo Strato II è di un marrone meno cupo rispetto a quello dello Strato I, e continua ad essere poco compatto e quasi privo di
pietre. Tracce di fuochi si notano per tutto lo strato ma solo alla base di esso
è stato possibile isolare due ampi focolari.
I materiali in esso recuperati appartengono allo stile della necropoli di
Thapsos e fra essi alcuni frammenti si riferiscono a quella caratteristica classe ceramica che è stata trovata in maggiore quantità nella necropoli di Cozzo
del Pantano che è tipica dello stile di Borg-en-Nadur di Malta.
L’intervallo di almeno sei secoli (dal XIII al VI sec.a.C.) quanti ne passano fra la fine della ceramica dello stile di Thapsos interessanti questo strato e
quelle greco-arcaiche rinvenute nello strato I, è rappresentato nel deposito da
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brevi chiazze di concrezioni e lenti argillose e dalla presenza di qualche pietra che si adagia sulla superficie dello strato II.
III STRATO - Tagli 5-7
(lato Sud della trincea da m. 1,30 a m. 2,10; lato Nord da m. 0,50 a m. 0,90).
Immediatamente sotto i focolari dello strato II il terreno diviene pietroso, asciutto e zolloso. In esso si raccolgono, in discreta quantità, frammenti di vasi dipinti nello stile di Castelluccio associati ad un maggior numero di frammenti di
impasto bruno e superficie liscia, ma senza tracce di levigatura a stecca.
IV STRATO, livello superiore - Tagli 8-11
(lato Sud della trincea da m. 2,10 a m. 2,65; lato Nord da m. 0,90 a m. 1,75).
Il terreno differisce dallo strato precedente per la totale scomparsa delle pietre e per la sua compattezza. Cominciano ad affiorare, però, in mezzo ad esso, la
sommità di due grossi macigni che risulteranno poggiare direttamente sul fondo
di frana e che pertanto ci accompagneranno per tutti i livelli sottostanti.
La ceramica dominante è quella rosso monocroma dello stile di
Malpasso-Chiusazza, caratterizzata da particolari forme di vasi con bocche
ovali ed anse ad anello apicato. Ad essi si associano frammenti della fase
finale dello stile di Serraferlicchio, quello caratterizzato dall’aggiunta del
colore bianco nella classica ornamentazione in nero su fondo rosso cupo.
Si distinguono anche alcuni frammenti decorati in nero su fondo chiaro del
tutto simili a quelli dello stile di Adrano.
IV STRATO, livello medio -Tagli 12-16.
(lato Sud della trincea da m. 2,65 a m. 3,50; lato Nord da m. 1,75 a m. 2,50).
Il terreno è della stessa natura del livello superiore: Le ceramiche più
caratteristiche sono quelle dipinte nello stile del Conzo e incise degli stili di
Grotta Chiusazza e di Piano Notaro. Ma ciò che caratterizza quel livello è la
presenza di ceramiche dipinte nello stile proprio di Serraferlicchio.
IV STRATO, livello inferiore - Tagli 17-18.
(nel lato Sud della trincea lo scavo è interrotto in quanto l’area è quasi
completamente occupata da uno dei grossi macigni; lato Nord da m. 2,50 a
m. 2,85).
Il terreno è della stessa natura dei due livelli superiori; le ceramiche recuperate sono tutte dello stile del Conzo a cui si associano frammenti incisi degli
stili Calafarina e Piano Notaro. Elemento caratterizzante di questo livello è
quindi l’assenza dello stile di Serraferlicchio.
V STRATO - Tagli 18-19.
(lato Nord della trincea da m. 2,85 a m. 3,10).
Terreno non ben caratterizzabile, data la ristrettezza dell’area a cui si è
ridotto lo scavo. Le ceramiche, tranne due o tre frammenti dipinti dello stile
del Conzo, che possono considerarsi infiltrati dallo strato superiore, sono
quelle caratterizzate dalle anse a rocchetto dello stile di Diana.”
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IL GIORNALE DI SCAVO
Il giornale di scavo è un quaderno di appunti nel quale si annotano, a mano
a mano che si svolgono, tutte le operazioni relative ad uno scavo archeologico:
1) La scelta e la descrizione del sito ove verrà praticato il saggio di scavo.
Nome del proprietario, riferimenti cartografici.
2) Lo schizzo del sito con indicazione del saggio già delimitato con picchetti nei suoi vertici ed in quelli dei settori (suddivisione dell’area). Le
dimensioni di un saggio variano in relazione al tipo ed all’ampiezza del
monumento. In una grotta sarà di m. 2x2 con settori di m. 0,50. In un centro
urbano di misure doppie.
3) La quota 0,00. Al picchetto più alto si attribuisce il valore 0,00 e da questo verranno misurate tutte le distanze altimetriche: la profondità dei vertici
dei tagli, fino alla profondità di qualche reperto particolare.
4) Il settore d’inizio dello scavo (si preferisce dal più alto e poi in senso
orario) e la successione per ciascun taglio.
5) Osservazione sullo stato del deposito: sconvolto, in posto, colore, compattezza, presenza o meno di ossa, fittili, industria litica, tane di roditori.
6) Sigle adoperate nella conservazione dei reperti sottoposti al setaccio via
via raccolto il terriccio, separatamente per settori e tagli. Così la prima etichetta sarà: Data. Nome del sito. Saggio I, Settore 1/a, Taglio 1°.
7) All’inizio di ciascun taglio nel giornale si annota la quota (sempre negativa) dei vertici. Per ciascun taglio vanno annotate le osservazioni di cui al
punto 5.
8) Alla fine della giornata si annota un consuntivo con un elenco dei tagli
effettuati ed a lato il numero dei sacchetti di materiale raccolto nonchè eventuali riferimenti a sezioni del terreno ed a fotografie.
In conclusione, come prima è stato detto, le annotazioni e la documentazione grafica e fotografica debbono consentire in qualunque momento ed a
chiunque una ricostruzione spaziale dello stato dei reperti.
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II PARTE
LA PREISTORIA
Col termine Preistoria si indica comunemente quell’arco di tempo interessato dalle vicende umane che non trovano riscontro in testi scritti.
La preistoria è una scienza che tenta la ricostruzione della storia dell’uomo
attraverso lo studio di una serie di testimonianze raccolte negli antichi depositi.
La preistoria non si conclude con l’avvento della scrittura nello stesso
tempo in tutti i luoghi. A nessuno sfugge che sul nostro pianeta, in paesi
come l’Amazzonia o l’Australia, ad esempio, attualmente vivono popolazioni che ignorano la scrittura e si trovano ad un livello culturale indubbiamente preistorico.
In Egitto i primi testi, in caratteri geroglifici, datano a circa il 3.000 a.C.
In Italia dobbiamo attendere la colonizzazione greca (VIII sec.a.C.).
Proprio nel Museo Archeologico di Palermo, per una casuale donazione,
si conserva “la pietra nera”, un frammento di una iscrizione proveniente dal
Cairo in caratteri geroglifici che si data all’incirca intorno al 3.000 a.C., periodo in cui gli abitanti di Palermo e della Sicilia vivevano in pieno Eneolitico.
Il racconto della preistoria risulterebbe poco comprensibile se si prescindesse dalla conoscenza dell’ambiente in cui gli avvenimenti ebbero
luogo. Ed è superfluo insistere sull’apporto determinante che l’ambiente
ha avuto sull’uomo, ove per ambiente s’intenda in primo luogo la natura
geologica ed il clima.
IL QUATERNARIO
La storia geologia della terra è divisa in cinque Ere, a sua volta suddivise
in periodi:
Archeozoica. Nella storia della terra rappresenta i primordi della vita lontani da noi oltre 3000 milioni di anni. Le terre che emergevano da uno sconfinato oceano, erano una mezza dozzina e ciascuna di queste, piccole e grandi (zolle o scudi), hanno vagato fino a formare gli attuali continenti (teoria
della tettonica a zolle o deriva dei continenti) ancora oggi in movimento.
Paleozoica o primaria. (da 600 a 220 milioni di anni). La vita animale e
soprattutto quella vegetale ebbero un notevole rigoglio. Nel periodo carbonifero, intorno a 325 milioni di anni fa le enormi foreste diedero origine ai
depositi di carbon fossile. La vita animale è nei mari; per la larga presenza
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di vertebrati si può considerare come la 1ª Era dei Pesci. Sono ancora assenti gli Uccelli ed i Mammiferi.
Mesozoica o secondaria. (da 220 a 70 milioni di anni). È l’era del gigantismo, marino e terrestre. Fra i vertebrati ricordiamo i famosi Dinosauri,
Ittiosauri, Plesiosauri e Plerosauri (enormi volatili) e nel mondo degli invertebrati le Rudiste e le Ammoniti: conchiglie che hanno raggiunto anche il diametro di 2 metri.
Cenozoica o terziaria. (da 70 a 2 milioni di anni). Le “zolle” terrestri nei
loro spostamenti e trasformazioni hanno quasi raggiunto l’assetto degli attuali
continenti. La vita nelle sue diverse forme è largamente presente e si assiste ad
una moltiplicazione e differenziazione delle specie. Si potrebbe chiamare l’Era
dei Mammiferi, ma grande sviluppo ebbero anche i Pesci e gli Uccelli.
Neozoica o Quaternaria. È l’era in cui viviamo e si può definire l’Era
dell’Uomo. Il Quaternario si divide ulteriormente in Pleistocene ed Olocene. Il
Pleistocene copre in pratica quasi tutta l’era quaternaria, valutata in 2 milioni
di anni, e si conclude con la fine della glaciazione Würmiana; l’Olocene, definito anche post glaciale, interessa all’incirca gli ultimi 10.000 anni. (Tav. I)
Il Quaternario ebbe inizio con un notevole abbassamento della temperatura che portò ad una avanzata dei ghiacciai; questi si spinsero addirittura fin
sulle cime del Pollino, di m. 2271 tra la Basilicata e la Calabria e, secondo
alcuni autori, anche sull’Etna. L’Europa era in una morsa di ghiaccio e molte
dovevano essere le terre emerse, dal momento che ad un aumento dei ghiacciai corrisponde un abbassamento del livello del mare. (Tav. I)
L’avanzata dei ghiacciai fu detta glaciazione ed il loro regresso interglaciale. Si sono succedute diverse glaciazioni il cui numero è ancora controverso. Almeno quattro sono considerate le principali e prendono il nome dalle
località germaniche dove furono studiate per la prima volta:
1] Glaciazione GUNZIANA
2] “ MINDELLIANA
3] “ RISSIANA
4] “ WÜRMIANA
Il fenomeno delle glaciazioni è attribuito principalmente a cause astronomiche; tra le altre allo spostamento dell’asse terrestre.
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PERIODI PREISTORICI
IL PALEOLITICO
In questa sede dobbiamo limitarci alle informazioni essenziali e per maggiori notizie rimandiamo quindi il lettore alle opere consigliate.
La preistoria è stata divisa in periodi od età in ragione della “cultura”
espressa dai manufatti rinvenuti nei depositi. Ciascun periodo è a sua volta
suddiviso in intervalli di tempo più brevi a mano a mano che aumenta l’età
assoluta, cioè ci si avvicina ai nostri giorni.
Il Paleolitico è diviso in tre fasce, le quali complessivamente coprono
all’incirca mezzo milione di anni.
PALEOLITICO INFERIORE
Economia: caccia e raccolta dei frutti spontanei. Industria (utensili): su ciottolo, di quarzite e selce. Cultura: Peble culture (circa 500.000 anni ed oltre),
Abevilliano-Acheuliano, Protolevallosiano (inizio circa 400.000 anni). (Tav. III)
PALEOLITICO MEDIO
Economia: caccia e raccolta. Industria: su schegge di quarzite e selce.
Cultura: Levallosiano, Pontiniano, Musteriano (180.000-40.000 anni).
Dall’interglaciale Riss alla fine della glaciazione Würmiana. (Tav. IV)
PALEOLITICO SUPERIORE
Nel Paleolitico superiore si racchiude l’ultimo lasso di tempo di una trentina di millenni. La grande evoluzione della tecnica per la fabbricazione degli
utensili, grazie alla specializzazione in questo settore, ha portato a differenziazioni formali fra luoghi relativamente lontani tra loro; gli studiosi le classificano culture: uluzziano, aurignaciano, circeiano, gravettiano, epigravettiano, bertoniano, romanelliano, etc. (dal nome di omonime località francesi
ed italiane). (Tav. V) L’economia è sempre basata sulla caccia e la raccolta
dei frutti che spontaneamente produce la terra, ivi compresa una pesca rudimentale e la raccolta di molluschi marini (Patelle ferruginee, Patelle Cerulee,
etc.) e terrestri (Helix). Vengono cacciati sistematicamente il cervo, il cavallo, il bue, il cinghiale ed altri mammiferi come l’estinto Equus hidruntinus, un
quadrupede che doveva apparire simile alla zebra.
L’industria litica si sviluppa soprattutto sulle lame, ritoccate ai margini
per accentuare la capacità di taglio, di raschiare, di penetrare. Si lavora
anche l’osso producendo spatole, punteruoli ed oggetti d’ornamento.
Gli utensili litici, altamente specializzati, vengono diversificati per i vari
usi: grattare, raschiare, tagliare, incidere, etc. Così si hanno: grattatoi, raschiatoi, lame, bulini,punte, etc., di diverse forme e dimensioni.
La sepoltura avviene in fosse scavate nel suolo della grotta, rivestite tal-
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volta di pietre, dove il cadavere veniva posto supino. Il seppellimento doveva
essere accompagnato da “riti”, e ciò si intuisce dalla scarnificazione e dalla
colorazione con ocra rossa delle ossa.
Arte. Il Paleolitico superiore segna l’inizio dell’arte, ma il termine sembra
improprio se è vero, com’è sostenuto da diversi studiosi, che non si tratta di
arte nel senso moderno del termine ma si tratta, invece, di raffigurazioni a
scopo magico-rituale, in sostanza di immagini utilitaristiche.
La rappresentazione di un animale, graffito o dipinto, sulle pareti di una
grotta e persino l’atto della rappresentazione, secondo alcuni studiosi, serviva
a propiziarsi nella battuta di caccia la cattura dell’animale rappresentato.
L’ipotesi ci lascia però perplessi perché, se avesse riscontro nella realtà,
dovremmo trovare sulle pareti delle grotte un numero notevolmente maggiore di immagini, con una presenza praticamente in ogni grotta. Ci sembra più
verosimile l’ipotesi che, come atto propiziatorio, venissero svolte cerimonie
davanti l’effigie della preda.
L’uomo del Paleolitico superiore riprodusse con pitture ed incisioni, sulle
pareti delle grotte, figure di cervi, buoi, cavalli, cinghiali, in Francia anche il
mammut, etc., anche su ciottoli; più raramente produsse sculture a tutto
tondo, altorilievi e bassorilievi.
Per l’Italia le maggiori rappresentazioni sono in Sicilia. Nella Grotta del
Genovese di Levanzo predomina largamente la figura animale: cervi, buoi e
cavalli. Nella Grotta Addaura a Palermo sono presenti alcune figure di cervi,
buoi e cavalli, i più grossi mammiferi oggetto di caccia, ma soprattutto sono
raffigurate una ventina di figure umane di straordinaria potenza espressiva,
che denotano una perfetta conoscenza dell’anatomia e che rimangono uniche
nel mondo dell’arte preistorica.
Nella Grotta Niscemi sono caratteristiche due figure di equidi nei quali,
fatto poco comune, è rappresentata la criniera, e tre figure di bovidi che hanno
una gibbosità che ricorda il bisonte. Altre figure animali sono incise nella
Grotta e Riparo della “Zà Minica” di Torretta, nella Grotta dei Puntali e di
Carburangeli di Carini, e nella Grotta Racchio di S. Vito Lo Capo. (Tav. VI)
Abitazioni. L’abitazione del Paleolitico era soprattutto la grotta, ma l’uomo utilizzò anche anfratti e rudimentali capanne.
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IL MESOLITICO
Il Mesolitico segue al Paleolitico e non si differenzia molto da quest’ultimo se non per lo spiccato microlitismo degli utensili e qualche variazione
della fauna, soprattutto la scomparsa dell’Equus asinus hidruntinus. Si registra l’inversione di tendenza nel consumo della carne di due specie animali: il
cervo ed il cinghiale, prima più di cervo ora più di cinghiale. L’arte s’impoverisce notevolmente nel numero delle rappresentazioni, lo stile è ora più
schematico, e compaiono le incisioni lineari: semplici linee di varia lunghezza ed andamento, di oscuro significato, delle quali la Sicilia ha il primato perché presenti in oltre 50 grotte. La durata del Mesolitico non supera i due millenni: tra gli 8.000 e i 6.000 anni fa.
IL NEOLITICO
“Senza dubbio l’avvento del Neolitico in Sicilia - scrive Luigi Bernabò
Brea - è in rapporto con l’approdo sulle coste dell’isola di genti nuove, venute da lidi lontani, apportatrici di una civiltà di gran lunga superiore a quella
delle popolazioni che avevano abitato la Sicilia prima di allora. Queste nuove
genti non fanno più dipendere la loro sussistenza dalla caccia e dalla raccolta
dei frutti selvatici, ma sanno ottenere il loro sostentamento, conoscendo
l’agricoltura e l’allevamento del bestiame; solcano i mari con le loro piccole
navi e commerciano quindi con genti lontane con cui scambiano i loro prodotti e da cui apprendono nuove idee e nuove tecniche”.
L’età neolitica segna una tappa fondamentale nella storia dell’uomo, tappa
che non è meno importante della scoperta dei metalli o dell’energia atomica.
È la “scoperta” dell’agricoltura che porta l’uomo a lasciare la vita nomade, con tutti i suoi evidenti inconvenienti, per una vita più sedentaria che gli
permetterà diverse conquiste.
È quel nuovo stile di vita che lo porterà ad abitare anche là dove non aveva
trovato alcuna grotta. Crea la “capanna”, rifugio perfettamente uguale al
“pagliaio” siciliano, la quale accostata ad un’altra e ad un’altra ancora verrà a
formare un villaggio. Il villaggio svilupperà la vita sociale, la specializzazione
delle attività, incentiverà l’agricoltura e l’addomesticamento degli animali: attività assolutamente impossibili a popolazioni prima costrette al nomadismo per
seguire le mandrie (cioè il cibo principale), nella naturale transumanza. La vita
sedentaria permetterà di realizzare, impastando l’argilla e cuocendola, il primo
vasellame che, in parte, sostituirà i contenitori naturali (otri di pelli e zucche) e
consentirà di variare notevolmente la dieta alimentare con la cottura di molti
nuovi alimenti, ora pure moliti, grazie all’invenzione della macina.
171
Osservando il galleggiamento di qualche tronco, ora disponibile dopo
l’abbattimento di fasce di bosco per creare terreni da coltivare, si può pensare che siano iniziati i primi esperimenti di navigazione. Già all’inizio del
Neolitico dovevano esistere rudimentali imbarcazioni ma tali da consentire l’attraversamento di ampi bracci di mare. È bene però ricordare che la
“navigazione” è inizialmente costiera od a “vista” cioè fin quando è visibile la costa da raggiungere.
Con la navigazione nascono e si sviluppano gli scambi fra popolazioni
che, pur relativamente vicine, rimanevano isolate per la presenza del mare. Le
isole Eolie vengono raggiunte da popolazioni dell’Italia meridionale, che vi
importano ceramiche dipinte e vi esportano soprattutto ossidiana: un vetro
vulcanico che per alcuni millenni farà la fortuna dell’arcipelago e soprattutto
di Lipari. Ricordiamo al nostro giovane ricercatore che la presenza di ossidiana in un sito siciliano (utensili o frammenti), essendo la materia estranea alla
Sicilia e proveniente molto probabilmente da Lipari (ma anche da Pantelleria
e dalla Sardegna per ricordare i siti più vicini a noi), deve far pensare subito
alla presenza di un insediamento in quei dintorni. La vulcanica Ustica a Nord
di Palermo, non ha ossidiana.
Abitazioni. Vengono ancora frequentate le grotte, talora intensamente, ma
si inizia a preferire la capanna. I villaggi vengono fortificati con fossati, con
mura, con palizzate.
Utensili. Gli utensili sono sopratutto litici, ed alla selce,quasi ovunque presente nelle nostre contrade, si accompagna ora l’ossidiana di Lipari, taglientissima e molto facile da lavorare.
Sepolture. Il culto dei morti è ormai un rito costante. Il tipo di sepoltura è
legato alla natura geologica del suolo: può essere una semplice fossa nella
terra, può essere una fossa nella terra rivestita da lastre litiche o comunque
pietre, vengono anche utilizzati anfratti della roccia. La tomba canonica è, se
la natura della roccia è duttile, la “grotticella” artificiale, cioè una minuscola
cameretta scavata della forma di una calotta più o meno sferica. Il defunto
veniva deposto rannicchiato od in posizione fetale, con le ginocchia contro lo
sterno; presso un fianco e sul capo era posto il “corredo”: uno o più vasi contenenti provviste alimentari per il “viaggio nell’aldilà”; ai personaggi più
influenti venivano lasciati armi od oggetti d’ornamento.
Arte. La splendida arte naturalistica paleolitica, salvo pochi casi di schematismo, ma fuori d’Italia, ha in Sicilia le massime rappresentazioni della
penisola, nelle incisioni dell’Addaura e della Grotta Niscemi di Palermo nonchè nella Grotta del genovese di Levanzo, nel Neolitico è assente.
La tecnica dell’incisione, nel Paleolitico più diffusa della pittura, ora ha
un’inversione di tendenza, forse semplicemente perché è di più facile realizzazione; ma si può anche pensare che sia divenuta una prassi ricorrente per-
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ché può trovare applicazione sull’intonaco delle capanne, ora preferite all’abitazione nelle grotte. Questa è soltanto una ragionevole ipotesi che forse non
sarà possibile confermare.
Le testimonianze a noi giunte riguardano dunque solo le grotte sulle
cui pareti, talvolta, sono dipinte in rosso o in nero figure antropomorfe (somiglianti all’uomo) o figure zoomorfe (somiglianti ad animali) in stile schematico, che spesso tende a sintetizzare i corpi fino a ridurli in simboli divenuti
assolutamente incomprensibili. (Tav. XI)
Gli stili ceramici.
Il Neolitico si può dividere in tre fasi principali.
1 - Neolitico a ceramica impressa = cultura di Stentinello
2 - Neolitico a ceramica dipinta = stile di Capri e Serra d’Alto.
3 - Neolitico a ceramica monocroma = stile di Diana.
Ogni fase non ha con la precedente drastici confini; ciascuna si colloca
all’incirca al 5.000, 4.000 e 3.000 a.C.
Neolitico a ceramica impressa
Il vasellame era foggiato a mano e decorato imprimendo, sull’argilla
cruda, un motivo decorativo realizzato prima in un punzone o scegliendo un
punzone naturale (es. la conchiglia Cardium). Uno stesso punzone, utilizzato
con pressione od inclinazione diverse, poteva dar luogo a motivi compositi, a
maggior ragione quando i punzoni erano di diversa foggia. Gusto artistico e
conoscenza tecnica si fondono in un’armonia che si stenta a credere trattarsi
delle prime forme vascolari prodotte dall’uomo.
Decorazione. La decorazione più elementare è la linea breve sparsa senza
alcun ordine su una faccia o sull’intera superficie del vaso; segue il “pizzicato”,
ottenuto appunto pizzicando materialmente l’argilla cruda del vaso, in questo
caso si osservano talvolta le impronte digitali dell’indice e del pollice del vasaio. Molto semplice ma suggestivo il motivo a “flabelli”, serie di semicerchi realizzati con una canna tagliata trasversalmente a metà. etc. (Tav. VII)
Le forme predominanti in questo periodo sono: la fiasca o bottiglia, la ciotola, la tazza, le olle, i bicchieri, etc.
Neolitico a ceramica dipinta
Ricordiamo la ceramica tricromica o dello stile di Capri e la ceramica
meandro-spirale o di Serra D’alto, entrambe molto varie nelle forme.
La ceramica tricromica è decorata con bande o “fiamme” rosse su fondo
giallino del vaso; in un secondo momento la “fiamma” viene marginata con
una linea di color nero. (Tav. VIII)
La ceramica meandro-spirale raggiunse una perfezione così alta che, a livello di un semplice frammento, non è difficile scambiarla per ceramica greca. La
decorazione è dipinta in nero su fondo giallastro del vaso. I motivi sono geometrici, molto delicati, derivati dal meandro e dalla spirale. (Tav. IX)
173
Neolitico a ceramica monocroma rossa
È una ceramica caratterizzata dall’impasto bruno e dalla superficie rosso
corallo, levigata. Altra particolarità è nelle anse a “rocchetto”, realizzate con
un tubo di argilla che si espande alle estremità come l’antico rocchetto sul
quale si avvolgeva il cotone da cucito; è l’esemplificazione delle più complicate anse dello stile di Serra D’alto realizzate avvolgendo e piegando più volte
un nastro di argilla. (Tav. X)
L’ENEOLITICO
Eneolitico o età del rame, o calcolitico, o cuprolitico. L’Eneolitico
segna la fortuna di quei paesi che hanno giacimenti di rame. La Sicilia non
ha rame; riceverà la nuova ondata culturale dall’oriente: Grecia ed
Anatolia, attraverso l’Egeo.
Nell’Eneolitico le migliorate condizioni di vita favoriranno un aumento
della popolazione, che vivrà ancora nelle grotte ma prediligerà i villaggi. Per
quanto riguarda la Sicilia, schematizzando, si individuano differenze fra la
parte orientale e la parte occidentale. La prima è più dinamica, più aperta a
nuove esperienze; la seconda è chiusa e conservatrice. Già nel 1944, con la
Coltura tipo Conca d’Oro nella Sicilia Nord Occidentale, la Bovio Marconi
osservava un “attardamento culturale” del nostro versante.
Economia. L’economia dell’uomo Eneolitico non dovette essere inizialmente molto diversa da quella precedente cioè essenzialmente legata all’agricoltura
ed alla pastorizia; molta importanza dovette avere, soprattutto nella seconda
metà, il commercio, come testimoniano gli apporti culturali dall’Egeo e, per la
prima volta, dalla Penisola Iberica, attraverso le Baleari e la Sardegna.
Industrie. L’introduzione del metallo, che doveva richiedere baratti proibitivi, non soppianta l’industria litica, anzi questa si sviluppa con l’ossidiana.
La presenza nei villaggi di cuspidi sessili, punte con peduncolo per l’attacco
dell’asta, attesta l’uso dell’arco, come le fusaiole la filatura e le macine, la
molitura dei cereali.
Sepolture. Non sapremo mai tutti i tipi delle sepolture in uso perché il tempo,
e non solo il tempo, ne avrà distrutto la maggior parte. Possiamo solo giudicare dalle tombe sopravvissute. Sono tombe a “grotticella”, dette pure a “forno”,
che ricordano molto da vicino l’antico forno di campagna. Questo tipo di tomba
necessita della presenza di roccia duttile ed è dunque strettamente legata alla
natura geologica del sito. Le grotte, per la maggior parte abbandonate per i villaggi, sono ora utilizzate per deporvi i morti. (Tav. XIV)
Insediamenti. L’uomo non ha abbandonato del tutto le grotte ma predilige
i villaggi, certamente più confortevoli. La recente trasformazione agraria dei
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terreni, da seminativi a frutteti, oliveti, vigneti, per le profonde arature di cui
abbisogna, oggi compiute con mezzi meccanici che raggiungono e superano
un metro di profondità, ha portato alla distruzione di un patrimonio non ancora esplorato.
Gli stili ceramici.
Facciamo un cenno ai principali stili ceramici in ordine cronologico.
Avvertiamo ancora una volta che fra l’uno e l’altro stile non esiste alcuna
cesura temporale. La successione in cui si elencano deve vedersi come un
casellario, come una serie di contenitori in linea generale intercomunicanti,
parzialmente, ciascuno con quello limitrofo.
Piano Conte (contrada di Lipari).
La ceramica è di colore bruno con superficie lucidata e decorata con fasci
di solcature irregolari. Caratteristica è la superficie “steccata”: nella lisciatura della superficie sono lasciate volutamente delle striature che danno un
effetto “vibrante” alla superficie bruna.
San Cono-Piano Notaro (nei Monti Iblei).
La ceramica è monocroma grigia o bruna, soprattutto. La superficie è levigata, lustrata e decorata con incisioni. I motivi decorativi sono lo zig-zag, la
linea ondulata, il tratteggio, che incontreremo nella Cultura della Conca
d’Oro. La superficie è spesso divisa in spazi simmetrici e contrapposti (spazi
metopali), talvolta interessando anche la metà inferiore del vaso, decorati ciascuno con un motivo molto semplice.
Serraferlicchio (presso Agrigento).
Serraferlicchio è soltanto una sorta di grande fessura nella quale fu rinvenuta una grande quantità di ceramica priva di ogni sostegno stratigrafico, questa grossa lacuna l’ha privata di una valida distinzione cronologica.
La decorazione dello stile di Serraferlicchio è dipinta in bruno su fondo,
generalmente, rossiccio del vaso ma spesso, almeno nella Grotta del
Vecchiuzzo di Petralia Sottana, il fondo rosso è dipinto e se ne scorgono le
pennellate. L’iniziale colore bruno della decorazione via via diviene vinaccio,
violaceo, fino al bianco.
I motivi decorativi sono per lo più geometrici: la clessidra, i denti di lupo,
il triangolo, il rombo, etc. Talvolta la superficie è interessata da bande e linee
senza alcun ordine apparente, che talvolta creano “intrecci”, effetti “alberiformi”, oppure è divisa in spazi, alla maniera di San Cono-Piano Notaro e l’interno di ciascuno spazio è riempito con motivi diversi. (Tav. XIII)
Conca d’Oro (Palermo).
La ceramica è molto vicina a quella di S.Cono-Piano Notaro. Si conosce
soltanto attraverso vecchi rinvenimenti e si tratta di vasellame proveniente da
necropoli; ciò evidentemente esclude la conoscenza del vasellame di uso più
175
comune. Si tratta quindi di un campionario di forme di ridotte dimensioni:
tazze, ollette, bicchieri. La decorazione è molto sobria: una linea ondulata
attorno al ventre, una o tre coppelle prodotte con l’impressione di un dito contornate di puntini; più raramente la superficie è suddivisa in spazi, con solcature od incisioni, e gli spazi decorati. Caratteristica molto ricorrente, riscontrata talvolta a San Cono-Piano Notaro, è il solco riempito di ocra rossa o di
una sostanza bianca che valorizza la decorazione. (Tav. XII)
Piano Quartara (contrada di Panarea).
La ceramica è piuttosto scadente sia nell’impasto che nelle superfici
appena lisciate di color camoscio, spesso maculate per difetto di cottura.
Caratteristica è la bocca ovale e le anse a “gomito” con apice appuntite.
(Tav. XV)
Chiusazza (grotta presso Canicattini Bagni - SR).
Termine introdotto da Santo Tinè; si tratta dell’equivalente di Piano
Quartara.
Malpasso (presso Caltagirone).
La ceramica si distingue per l’impasto fine di color bruno e la superficie
verniciata in rosso corallino e lustrata. Nei bicchieri le anse sono a “spatola”,
una sorta di piastra impostata sull’orlo alla quale si raccorda un nastro d’argilla che discende fino al fondo del vaso. (Tav. XV, 1)
S. Ippolito (presso Caltagirone).
Elemento tipico è la fiaschetta con corpo ovoidale ed alto collo che si
restringe alla bocca, con anse lievemente apicate (ricordano Piano Quartara)
ed anche “fruttiere” o tazze su piede tronco conico, acrome o dipinte in bruno
con motivi geometrici che preludono a forme e decorazione largamente presenti nello stile di Castelluccio. Luigi Bernabò Brea sottolinea la diretta derivazione della fiaschetta da prototipi egeo-anatolici. (Tav. XV)
Campaniforme (dalla Penisola Iberica?)
Molto controverse sono l’origine e la classificazione cronologica del campaniforme siciliano, il cui stile decorativo, nato verso la fine dell’Eneolitico, continuerà per tutto il Bronzo antico. Lo stile campaniforme trova la sua diffusione
solo nella parte occidentale dell’isola, dove convive con lo stile castellucciano.
Il campaniforme è una forma vascolare ma è anche uno stile decorativo.
La forma ricorda vagamente quella di una campana rovesciata. La decorazione è realizzata con una ruota dentata che produce un motivo puntiforme detto
più comunemente a “pointille”. Nei bicchieri la decorazione consiste in cerchi intervallati che vengono a formare fasce sovrapposte, soprattutto evidenti
quando, come nell’aera di Naro-Partanna, le fasce sono alternativamente
colorate in rosso ed in nero. Al bicchiere (a campana) si associano tazze
apode o su piede troncoconico, ollette, etc.
Il motivo campaniforme a “pointille” riecheggia nello stile della
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Moarda (presso Altofonte) dove è realizzato con incisioni. Anche lo stile
di Capo Graziano (Eolie) ci sembra in qualche modo ispirato al campaniforme. (Tav. XVI)
Naro-Partanna
Forme e decorazioni sono da collocare in un momento tra S. Ippolito e
Castelluccio. La decorazione è a “pointille” e le fasce sono alternativamente
dipinte in nero e rosso.
L’ETA DEL BRONZO
Il Bronzo è una lega di rame e stagno in proporzione di circa 7 ad 1. La
Sicilia è priva sia dell’uno che dell’altro metallo, i quali produssero un’intenso benessere ai paesi produttori che divennero prima esportatori di prodotti
lavorati poi dei soli metalli.
Insediamenti. Si assiste ad un incremento notevole dei villaggi, talvolta circondati da mura e situati generalmente in siti preminenti che dominano il territorio circostante, per essere più facilmente difendibili da eventuali nemici.
Le capanne sono di forma ellittica, ampie e, ove possibile, con il perimetro delimitato da robusti muretti.
Sepolture. Le tombe sono spesso monumentali: “grotticelle” scavate nella
roccia (là dove è duttile) precedute da un corridoio o da un vestibolo. Sono tombe
collettive, forse di famiglia, nelle quali gli inumati venivano deposti su di un fianco e rannicchiati con più vasi di corredo per il viaggio nell’aldilà, i personaggi
più importanti conservavano anche ornamenti ed armi: piastrine ossee lavorate,
dette “ossa a globuli”, pendagli, collane, anelli, spade e pugnali.
Industrie. La fusione del bronzo nei nostri villaggi è ancora molto rara e raro
è, per l’alto costo del metallo importato, il suo uso. Continua invece l’utilizzo
della selce e soprattutto quello dell’ossidiana, si producono belle lame eccezionalmente lunghe e molto regolari. Asce, accette e picconi sono di tipo campignanoide (da Campigny località lungo il fiume Senna) di aspetto grossolano.
Anche per l’Età del Bronzo faremo ricorso alla tabella riassuntiva delle
culture e degli stili ceramici che hanno interessato la Sicilia e le Isole Eolie.
Tra l’Età Eneolitica e l’Età del Bronzo il cambiamento è graduale.
Ricordiamo che le considerazioni che seguono si basano su rinvenimenti
archeologici, non molto numerosi, soprattutto nella Sicilia occidentale e settentrionale, come la carta di distribuzione dimostra. L’età del Bronzo viene
divisa in tre periodi: antico, medio e finale.
Nel Bronzo antico, si può ipotizzare la situazione seguente:
Nella parte meridionale della cuspide occidentale della Sicilia, al di qua ed
al di là della foce del Belice, si diffonde una ceramica con decorazione dipin-
177
ta (proto castellucciana) che sembra una evoluzione di quella di S. Ippolito.
Nella stessa area convive un’elaborazione locale della ceramica campaniforme che alla decorazione a “pointille” associa la pittura.
Nella Sicilia Nord occidentale, nel palermitano, lo stile castellucciano,
dominante come vedremo nella maggior parte dell’isola anche se in modo
diverso, non si è imposto in alcun modo e la sua rara presenza, fin oggi, è assolutamente sporadica. In questo versante della Sicilia e nel versante tirrenico
sembra, si sviluppi la cultura di “Rodì-Tindari-Vallelunga” la cui ceramica è
monocroma, di color marrone intenso-bruna ed ha per prototipo la tazza attingitoio con ansa “cornuta” o sopra elevata che termina ad “orecchie equine”.
Nel palermitano si attarda, come dicevamo prima, la cultura tipo Conca
d’Oro e con essa si fondono elementi del campaniforme, del Malpasso e di
Piano Quartara. Per la ceramica dello stile Rodì-Tindari-Vallelunga ricordiamo il villaggio di Boccadifalco e la Grotta del Palombaro nel carinese.
Nella Sicilia orientale domina lo stile di Castelluccio con varianti locali.
Nelle Isole Eolie il Bronzo antico è rappresentato dallo stile di Capo
Graziano, che nel palermitano è presente con due ollette provenienti da una
grotta di Villafrati forse “importate” dalle isole Eolie. Qualche anno fa, per la
prima volta, è stata individuata una necropoli di tombe a “grotticella” di questo periodo nell’isola di Ustica, in località Culunnella.
Nel Bronzo medio, all’incirca all’inizio del 1450 a.C., la situazione si presenta più unitaria. In Sicilia si diffonde su tutto il territorio lo stile di Thapsos,
che ha influssi micenei e maltesi; nelle Isole Eolie la cultura del Milazzese, una
elaborazione locale con influssi appenninici e micenei. Nell’isola di Ustica il
Villaggio dei Faraglioni, fin alle attuali conoscenze, sembrerebbe prediligere i
contatti col palermitano che non col mondo Eoliano.
Nel Bronzo finale, come la carta di distribuzione mostra, le conoscenze
sono molto lacunose e frammentarie per difetto di ricerche. Domina fra tutte
la cultura di Pantalica, Caltagirone, Mokarta, Cassibile, l’Ausonio.
Gli stili ceramici dell’antica età del Bronzo
Capo Graziano (promontorio dell’Isola di Filicudi).
La ceramica è d’impasto grossolano con superficie brunastra. La decorazione fa largo uso di una serie di punti, della linea a zig-zag, dei triangoli
riempiti di punteggio, del tratteggio con fasce di incisioni volutamente e tipicamente grossolane. (Tav. XVIII)
Moarda (presso Altofonte).
Non è uno stile del tutto originale, ne ricava i motivi dal campaniforme del
quale si può considerare, allo stato delle modestissime conoscenze e trattandosi solo di poche forme ricostruite, una variante. (Tav. XVI)
Castelluccio (località collinare presso Noto).
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A Castelluccio di Noto è stato individuato il villaggio e la necropoli
omonima resi celebri dalle ricerche di Paolo Orsi. È molto difficile riassumere in poche righe una cultura così complessa e così diffusa che ha dominato gran parte della Sicilia e che nella parte rimanente avrà, certamente,
esercitato influssi notevoli. Allo stato attuale essa sembra estranea a tutta la
fascia tirrenica dell’isola.
Pochi sono i villaggi sopravvissuti alle arature di ogni tempo e poche, d’altra parte, sono state le ricerche condotte, perché si è stati sempre costretti ad
intervenire per salvare dall’imminente distruzione un sito e non, per le deficienze croniche di personale e di mezzi economici, per svolgervi delle ricerche sistematiche.
Molte invece sono le necropoli conservate, perché queste, ove la duttilità
della roccia lo consentiva, sono state scavate nell’interno di banchi rocciosi.
Sono ambienti a pianta generalmente circolare da 3 a 5 metri di diametro e di
altezza che supera anche quella di un uomo. Qualche volta la cella è preceduta da un vestibolo, coperto o scoperto. I cadaveri venivano deposti sul pavimento distesi supini o su un lato con un notevole corredo di vasi. Le tombe
sono certamente collettive, forse di famiglia, e contenevano ciascuna una
decina, almeno, di deposizioni.
La ceramica castellucciana si differenza da altri tipi sia per la materia che
per la decorazione. L’impasto è piuttosto grossolano con tessitura ricca d’inclusi per aumentarne l’iniziale scarsa resistenza, e ciò fa pensare all’impiego
di argille scadenti. La decorazione è dipinta in nero ed anche in colore violaceo e bianco su fondo rosso del vaso, ottenuto per ingubbiatura (immersione
del vaso prima della cottura in una soluzione di argilla depurata colorata). La
decorazione utilizza motivi geometrici spesso ripetuti simmetricamente sulle
superfici: i più utilizzati sono la “scacchiera”, i triangoli riempiti di tratteggio,
serie di bande, etc. (Tav. XVII)
Rodi-Tindari-Vallelunga
Nella fascia tirrenica della Sicilia e, con rare penetrazioni verso l’interno, anche nell’agrigentino, parallelamente alla cultura castellucciana si diffonde una cultura che pur avendo sue radici in quella di Castelluccio si sviluppa con proprie forme e soprattutto abbandona l’uso del colore nella
decorazione. L’impasto è compatto di color bruno, le superfici sono regolarizzate di colore grigiastro. Due forme ne sono la caratteristica inconfondibile. La tazza imbutiforme su piede troncoconico con una o due larghe
anse a nastro; fra i due elementi può essere inserito un elemento tubolare
che snellisce la forma, più ricorrente la tazza attingitoio a calotta con lunga
“ansa cornuta” formata da un nastro di argilla, attaccato al fondo o sul labbro. Il tipo di ansa prende il nome dalle sue varie forme: ad orecchie equine, a corna di lumaca, a martello.
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Gli stili ceramici della media età del Bronzo (Tav. XIX)
Thapsos, promontorio di Magnisi tra Augusta e Siracusa.
Diffusione: l’intero territorio Siciliano, con varianti.
Insediamenti: Villaggi di capanne.
Ceramica: L’impasto è di consistenza tenace, le superfici monocrome, grigiastre, di aspetto trascurato. La forma canonica, almeno nella Sicilia orientale,
è il bacino su alto piede con piastra antropomorfa sull’orlo, ed eccezionalmente figure zoomorfe incise sulla spalla. La forma più diffusa è, però, la tazza o
bacino su piede a tromba e la tazza attingitoio con ampia ansa a nastro senza
l’estremità “cornuta” di Rodì-Tindari-Vallelunga. (Tav. XX)
Il Villaggio dei Faraglioni di Ustica diversamente da ogni logica, che lo
vorrebbe sotto l’influenza eoliana, almeno allo stato delle ricerche, sembra
mantenere i maggiori contatti con la costa palermitana che non con le isole
del messinese. I confronti con la ceramica di Thapsos sono molto più evidenti che non con la ceramica del Milazzese. Si può ricordare in proposito
la bella coppa o tazza su alto piede a tromba ben levigata e decorata con
volute contrapposte realizzate con sobrie nervature, che può essere il
distintivo di questo villaggio, ben diversa da quelle del Milazzese che sono
formate piuttosto da una rozza ciotola, da un piede sbilenco e volute che
sanno di bassorilievo. Tuttavia i contatti con le Eolie e l’oriente sono innegabili e numerosi e documentati dalle forme ceramiche, alcune delle quali
perfettamente identiche come l’anforetta, altre simili, come le teglie.
Mentre i contatti col mondo miceneo, fin oggi, sono appena avvertiti, invece di gran lunga maggiore sono quelli con la cultura appenninica dell’Italia
meridionale. (Tav. XXI)
Milazzese, promontorio dell’Isola di Panarea.
Diffusione: limitata all’arcipelago eoliano, Ustica ed alla costa siciliana
prospiciente.
Ceramica: l’impasto è sempre grossolano ma consistente e le superfici
sono grossolanamente regolarizzate. Numerose le forme, anche di notevoli
dimensioni per conservarvi cereali ed acqua. Predomina, come già, ma molto
di più che a Thapsos, la tazza su alto piede a tromba con la coppa decorata a
volute contrapposte partenti dalle anse molto più grossolane di quelle di
Thapsos, con grossolane costolature sottolineate a volte con rozzi graffiti ed
il gambo decorato con linee incise senza alcuna cura. (Tav. XX)
Sepolture si utilizzano tombe a “grotticella” scavate quando è possibile
nella roccia, piccole grotte, anfratti della roccia, pithoi.
Gli stili ceramici della tarda età del Bronzo
Più il tempo scorre e più è difficile ritrovare testimonianze del passato
180
(più recente); e sebbene queste siano più numerose di quelle più antiche,
occupando però la parte più superficiale dei depositi, sono state le prime a
subire le maggiori distruzioni.
La presenza, tra la fine dello scorso secolo e i primi decenni del secolo
attuale, di un archeologo della statura di Paolo Orsi nella Sicilia orientale ha
fatto sì che in questo versante dell’isola si raccogliessero testimonianze prima
che venissero distrutte, come è avvenuto per la maggior parte nella Sicilia
Nord occidentale. La stessa fortuna l’hanno avuto le Eolie con la presenza in
quest’arcipelago di Luigi Bernabò Brea e di Madelein Cavalier. La parte occidentale della Sicilia, nella quale operava allora Antonio Salinas, al quale
siamo debitori per aver impedito la dispersione di varie opere d’arte di vario
genere con cui ha dato vita al Museo Nazionale di Palermo che ora porta il
suo nome, purtroppo ha subito soltanto danni.
Questi i motivi del grande squilibrio di conoscenze fra i territori nominati, per noi incolmabile.
La tarda età del Bronzo si divide a sua volta in:
Pantalica nord, località montuosa presso Ferla-Sortino.
Prende il nome da quel grandioso monumento naturale che è la Montagna
di Pantalica, quasi alle sorgenti dell’Anapo, resa celebre dalla presenza di
circa 5.000 tombe scavate nella roccia. Sulla montagna, sorse l’antica città di
Hibla; la vita vi ebbe corso, con qualche interruzione dalla metà del XIII sec.
a.C. all’VIII sec.d.C. (Tav. XXII)
A Pantalica parte della ceramica è foggiata al tornio. Una forma tipica è il
vaso a “tulipano” la cui altezza massima rasenta quasi il metro; il corpo è globulare, alleggerito da baccellature verticali, su alto piede a tromba con superficie rossiccia ed anche bruna levigata e lucidata. Altre forme sono le pissidi,
piccoli vasi dal corpo cilindrico d’ispirazione micenea, la bottiglia con crivello, la tazza su alto piede che discende da Thapsos.
L’influenza micenea, già presente in precedenza, è ora largamente presente non solo nella ceramica ma principalmente nei bronzi ora molto più abbondanti. Sono presenti: spade, pugnali, coltelli “rasoi”, fibule ad “arco semplice” e ad “arco di violino”, quest’ultime in tutto identiche allo “spillone da
balia” dei nostri giorni.
Mokarta, montagna nel territorio di Salemi.
Prende nome da una piccola montagna nel territorio di Salemi dove per la
prima volta nella Sicilia occidentale è stata individuata una necropoli a “grotticelle”, di questo periodo, con relativo villaggio.
La ceramica è molto vicina a quella di Pantalica nord-Caltagirone. Più che
altrove vi predomina una coppa su alto piede molto svasato, con superficie
regolarizzata, che ne è la caratteristica. (Tav. XXIV)
Le tombe sono a “grotticella” a pianta circolare od ellittica, di dimen-
181
sioni molto modeste e di fattura grossolana. La differenza con Pantalica è
notevole e ne sono causa le condizioni meno abbienti di quella popolazione e la differente natura litica, la cui consistenza non avrebbe permesso
tombe di maggiori dimensioni.
Cassibile, località del siracusano.
Necropoli rupestre presso la cittadina omonima.
Caratteristica di questo periodo è la decorazione “piumata” dipinta in
bruno. Forma caratteristica è il piattello su alto ed altissimo piede interpretato come lampada (Tav. XXII). Fra i bronzi le forme caratteristichhe sono la
fibula con l’arco a “gomito” e lo spillone rettilineo.
L’Ausonio I (da Auson re degli Ausoni popolo dell’Italia centro-meridionale).
Tipica di questa fase è una ceramica compatta, bruna, in cui predominano
le tazze carenate con anse sopraelevate, con ansa a piastra forata ed anse a
cordone che si divarica dando luogo a piccole corna. (Tav. XXIII)
L’Ausonio II Predominano: tazze con anse sopraelevate, fiasche con colino, scodelle carenate, boccali, piccoli orci. La decorazione è a solcature ed è
anche dipinta nello stile “piumato” di Cassibile. (Tav. XXIII)
L’ETA’ DEL FERRO
Quasi sconosciuta è l’Età del Ferro in Sicilia. Quando i primi coloni ellenici si stanziarono in Sicilia nell’VIII sec. a.C. trovarono l’isola popolata da
tre stirpi indigene. Ad oriente i Siculi, una popolazione proveniente dalla
penisola italica; ad occidente, separati dal fiume Imera i Sicani, popolazione
autoctona, e nella cuspide nord occidentale gli Elimi, secondo Tucidide, profughi troiani sfuggiti alla distruzione della loro città.
Diodoro, storico di Agira, narra che i Sicani abitavano un tempo tutta la
Sicilia e che questi atterriti dalle continue e spaventose eruzioni dell’Etna avevano lasciato la Sicilia orientale che era stata poi occupata dai Siculi.
Ancora una volta le poche conoscenze ci vengono dal versante orientale
costituite da pochi corredi tombali e soprattutto da ripostigli di bronzi.
La fibula è ancora a “gomito” ma ora s’incurva anche lo spillo. Le asce
sono a “cannone”. I rasoi a lamina “rettangolare”. I coltelli sono con manico
terminante ad occhio probabilmente per appenderli o legarvi una corda.
La ceramica presenta due tipi di decorazione: pittura ed incisione. In
entrambi i casi la superficie del vaso è divisa in spazi eguali e contrapposti
decorati con motivi geometrici: losanghe, cerchietti singoli e concentrici, zigzag, etc. (Tav. XXV)
Questa ceramica, detta anche indigena, la ritroviamo in centri arroccati sui
182
monti per esigenze di difesa. Per la Sicilia occidentale ricordiamo: Entella,
Erice e Segesta città elime ricordate da diversi storici antichi (Tucidide,
Diodoro Siculo, etc.).
Obiettivo del lavoro or ora concluso è quello di mettere nelle mani dei giovani la nostra esperienza ed uno strumento capace di superare rapidamente
l’impatto che i reperti archeologici incontrati in una grotta ed altrove possono produrre, di capire questi ed inquadrarli nell’ambito della preistoria della
Sicilia delineata da Luigi Bernabò Brea e recentemente da Sebastiano Tusa.
A tal fine, il breve testo è stato accompagnato da una quantità notevole di
immagini, molte delle quali originali, che illustrano gran parte delle culture e
degli stili ceramici della Preistoria dell’isola. Esse più delle parole, ma integrate da queste, possono permettere di inquadrare un reperto nella sua cultura, a condizione, beninteso, che il reperto manifesti peculiarità diagnostiche.
Nel fornire la nostra esperienza vissuta sempre nel rispetto del “monumento” archeologico, vogliamo sperare che, attraverso la “conoscenza”, il nostro
giovane lettore ci segua con l’amore e col rispetto per tutte le testimonianze
del passato, che sono testimonianze irripetibili della nostra civiltà.
183
Breve Bibliografia
AA.VV., Guida della preistoria italiana, a cura di A.M. Radmilli, Sansoni,
Firenze 1975.
AA.VV., Manuale di Speleologia. Società Speleologia Italia, Longanesi,
Milano 1978.
AA.VV., Paletnologia, metodi e strumenti per l’analisi delle società preistoriche, NIS., Roma 1984.
Bernabò Brea L., La Sicilia prima dei Greci, Il Saggiatore, Milano 1958.
Bovio Marconi J., La coltura tipo Conca d’Oro nella Sicilia Nord
Occidentale, Monumenti Antichi dei Lincei, Roma 1944.
Bray W. - Trump D., Dizionario di Archeologia, Mondadori, Milano 1973.
Cazzella A., Manuale di archeologia, La società nella preistoria, Laterza,
Roma 1989.
Frederic L., Manuale pratico di archeologia, Mursia, Milano 1974.
Graziosi P., L’arte preistorica in Italia, Sansoni, Firenze 1973.
Guidi A, - Piperno M., Italia preistorica, Laterza, Bari 1992. Ivi vasta
bibliografia.
Jelemk Di J. - La grande enciclopedia illustrata dell’uomo preistorico,
EIA, Cecoslovacchia 1975.
Leonardi P., Trattato di Archeologia, U.T.E.T., Torino 1970.
Mannino G., Le Grotte del Palermitano, Quaderni del Museo Geologico
“G.G. Gemellaro” 2, Istituto e Museo di Geologia, Palermo 1986. Ivi dati
catastali e bibliografici di 200 grotte.
Ministero PP.II., Legge n. 1089, 1° giugno 1939, Tutela delle cose d’interesse artistico e storico e successive modifiche. Legge n. 1497, 29 giugno
1939, Protezione delle bellezze naturali e successive modifiche.
Tinè S., Gli scavi nella Grotta della Chiusazza, Bollettino di Paletnologia
Italiana, Vol. 74, Roma 1965 n. 128-131.
Tusa S., La Sicilia nella Preistoria, Sellerio, Palermo 1993. Ivi vasta
bibliografia.
185
NOTE ALLE TAVOLE
(i disegni non sono in proporzione tra loro)
I - 1. La Sicilia nell’interglaciale di Würm.
2. Schema della storia geologica recente della costa siciliana testimoniata dai
depositi delle grotte litoranee.
II - Grotta della Chiusazza (Canicattini Bagni - SR). Sezione della trincea R
(da S. Tinè, 1965).
III - Paleolitico inferiore, Peble culture: 1, 2 da Capo Rossello (Agrigento).
Paleolitico inferiore-medio, protolevallosiano: 3-6 dal Gargano.
IV - Paleolitico medio, Musteriano: 1, 2, 3 punta e raschiatoi da Quinzano
(Verona). Levallosiano: 4 raschiatoio, 5 punta, 6 lama, 11 punta su lama.
Pontiniano: 7 (10 retro del 7), 12, 13 dischi, 14, 15, 17 punte; dalla Grotta di
Sant’agostino (Gaeta). 8, 9, 16 punte dalla Grotta Guatteri (Latina).
V - Paleolitico superiore, Epigravettino: 1, 7, 9 punte a ritocco foliato, 2-6,
15, 16, 20 punte a dorso, 28, 30 punte, 10 becco, 8, 22, 24 grattatoi, 11, 13,
25, 27 (32 e 33 sono facce del 27), 14, 18 geometrici, 17, 19 dorsi a troncatura, 21 denticolato; dalla Grotta Paglicci (Foggia).
VI - Arte paleolitica. 1 Grotta del Genovese (Levanzo), cerbiatti graffiti; 2, 3
Grotta di Cala Mancina e Grotta Racchio (S. Vito lo Capo), figure antropomorfe, rispettivamente, a j (f greca) ed a p (p greco); 4 Grotta Addaura
(Palermo), figure antropomorfe e zoomorfe graffite; 5 Riparo Armetta
(Carini), incisioni lineari e coppelle; 6 Grotta Niscemi (Palermo), bovidi ed
equidi incisi.
VII - Neolitico antico, Cultura di Stentinello: Forme vascolari e motivi decorativi impressi: 1 da Matrensa (Catania); 2, 4 da Stentinello (Siracusa); 3, 6
da Trefontane (Catania); 7 dalla Grotta dell’Uzzo (S. Vito lo Capo); 8 - 13
motivi incisi.
VIII - Neolitico medio,Cultura di Capri. Forme vascolati e motivi decorativi
dipinti: 1, 3, 4 dal Castello di Lipari; 2 da Megara Hyblaea (Siracusa); 5 - 8
motivi dipinti.
IX - Neolitico medio, Cultura di Serra d’Alto: 1 castello di Lipari, 2, 3 da
Serra d’Alto (Matera), 4 decorazione in una ciotola dello Stretto (Partanna);
5 motivi dipinti.
X - Neolitico finale, Cultura di Diana: 1, 2 Contrada Diana Lipari. 3 ricostruzione di due capanne preistoriche contigue.
XI - Arte parietale Neoeneolitica, dipinti: 1 Grotta del Mirabello (S. Giuseppe
Iato), due figure zoomorfe e figure antropomorfe femminili; 2, Grotta di S.
Rosalia, figura antropomorfa; 3, 4 Riparo della Zà Minica (Torretta) figura antropomorfa e disegno di un vaso a fiasca (Neolitico); 5, 6 Grotta Regina (Palermo);
186
8 Grotta dell’Eremita, Bagheria, figura antropomorfa; 7, 9 Grotta del Genovese
(Isola di Levanzo), figure antropomorfe, e figure di tonno, cani e bovide.
XII - Eneolitico antico, Cultura Conca d’Oro: Forme vascolari e motivi decorativi incisi. 1 necropoli Santo Canale; 2 - 5 necropoli di Uditore (Palermo).
XIII - Eneolitico medio, Cultura di Serraferlicchio-Petralia. 2 Leoni
(Palermo), idoletto; 10 necropoli di Ciachia (Capaci), olla; Serraferlicchio
(Agrigento), 1, 3, olla 8 bicchieri, 4 fiasca, 5-7, 9, 11 olle.
XIV - 1. Ustica, Contrada Culunnella: tomba “a forno” con accesso a pozzetto;
2. Contrada Pergola, Salaparuta, tomba “a grotticella” con accesso a dromos.
XV - Eneolitico finale, Cultura di Malpasso. Grotta del Vecchiuzzo (Petralia
Sottana), 1 bicchiere; Cultura di Piano Quartara 2, 3 Contrada Diana di
Lipari, olla e bicchiere; 4 Grotta della Chiusazza (Canicattini Bagni) olla;
Cultura di S.Ippolito. 5, 6 S.Ippolito (Catania), fiasca e tazza su piede troncoconico; 7 Grotta Chiarastella (Villafrati), fiasca.
XVI - Eneolitico finale, Cultura campaniforme, forme vascolari e decorazione.
1, 4 Riparo della Moarda (Altofonte), olla e tazza; 2 Carini (?),tazza; 3
Torrebigini (Partanna), bicchiere; 5 Grotta Palombara (Siracusa), bicchiere; 6,
7 Segesta (Calatafimi), bicchiere; 8 Grotta Chiarastella (Villafrati), bicchiere.
XVII - Bronzo antico, Cultura di Castelluccio. 1, Contrada Castelluccio
(Noto), due tombe ipogeiche monumentali, con portelli litici decorati con
motivi spirali formi. 2-6 forme e motivi decorativi dipinti nello stile NaroPartanna.
XVIII - Bronzo antico-medio, Cultura di Capo Graziano. 1 Riparo della
Moarda (Altofonte), bicchiere; 2, 3, 7 Castello di Lipari, tazze e boccale; 4,
6 Grotta Chiarastella (Villafrati), ollette; 8 Capo Graziano (Isola di Filicudi),
bicchiere.
XIX - Bronzo antico, Cultura di Rodì-Tindari-Vallelunga. Vallelunga
(Caltanissetta), 1-3, bicchieri 6, 7 tazze a calice; 4, 5 Ciavolaro (Agrigento),
tazze attingitoio del deposito votivo.
XX - Bronzo medio, Cultura di Thapsos. 2, 7 Thapsos, bacini su alto piede; 3,
6, 14 Cozzo Pantano, tazze; 4, 8 Plemmyrion, boccale e fiasca; 9 Molinello
(Siracusa), pisside; 5, 12, 13 Matrensa (Catania), lampada (?), pithos o giara,
anfora. Cultura del Milazzese. 1, 15, 16, 18 Lipari, basetta, bacino su alto piede,
anfora, pithos o giara; 17 Panarea, piccolo bacino su alto piede.
XXI - Bronzo medio, Cultura dei Faraglioni. Villaggio dei Faraglioni di
Ustica, alcune forme vascolari: 1 teglia, 2 anforetta, 3, 4, 7, 8, tazze, 5 bicchiere, 6, 9 tazze su alto piede a tromba, 10 olla, 11 anfora.
XXII - Bronzo finale, Cultura di Pantalica Nord. 1, 2, 3, 5 La Montagna
(Caltagirone). fiasca, pisside, tazza su alto piede, olla; Cultura di Cassibile.
6, 8, 10 Cassibile, tazza, catino, brocchetta; 4, 7, 9 Pantalica Sud (Sortino),
olletta, boccaletti.
187
XXIII - Bronzo finale, Cultura dell’Ausonio. Ausonio I: 1, 2, 3; Ausonio II:
4-12 dall’Acropoli di Lipari (7, è dipinto nello stile di Cassibile).
XXIV - Bronzo finale, Cultura di Mokarta. Necropoli di Cresta di Gallo
(Salemi), alcune forme vascolari.1 bicchiere con protome taurina, fiaschetta
con decorazione incisa a lisca di pesce, olla, grande tazza su piede a tromba.
XXV - Età del Ferro. Monte Finestrelle, Gibellina. Anfora con decorazione
geometrica dipinta. Cratere (ricomposto graficamente) con decorazione geometrica incisa.
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Indice
7- Ringraziamenti
9- Introduzione
11- Prefazione
15- I Siti
115- Bibliografia
135- Appendice fotografica
157- Appendice - Le Grotte e l’Uomo
215
Finito di stampare nel mese di dicembre 2007
per l’Istituto Siciliano Studi Politici ed Economici
da Istituto Poligrafico Europeo srl
via E. L’Emiro, 50 - tel./fax: 091 6519765
[email protected] - www.asterstampa.com
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