ETTORE PINELLI_Studio per il ritratto di Dorian Gray 5
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ETTORE PINELLI_Studio per il ritratto di Dorian Gray 5
ETTORE PINELLI_Studio per il ritratto di Dorian Gray 5 Aggiungere e sottrarre sono azioni necessarie che il pennello compie per creare un’astrazione della realtà quotidiana. Il corpo viene smaterializzato, il tempo congelato, i turbamenti e le passioni creano una linea di demarcazione netta tra l’essere e l’esistere. Impulsi ed elementi razionali creano un dualismo esistenziale che induce alla contraddizione e agli sdoppiamenti. E’ la dualità a rivelare nei ritratti di Ettore Pinelli le passioni violente, la rabbia e la malinconia dell’essere. Il ritratto rappresenta lo specchio dell’anima, in esso le pennellate sono un continuo divenire, e le carte sono pervase da una ricerca pittorica portata agli estremi. E’ Oscar Wilde con il suo Dorian Gray ad ispirare i lavori più recenti di Ettore Pinelli. Per un sortilegio o contratto diabolico Dorian Gray non invecchia, mentre la sua immagine ritratta in un quadro subisce il deterioramento fisico, le alterazioni e la decadenza. Ne nasce una riflessione dolorosa e personale sul rapporto tra la bellezza, il vizio ed il peccato, sul contrasto tra apparenza e realtà; uno sdoppiamento d’identità, sotto forma di silenzio e di mutismo, simbolicamente rappresentato da cuciture segniche sulle labbra dei suoi Dorian, diventano sinonimo di un’affettività malata, inquinata dalla paura di vivere. I casi della vita e il tempo creano un legame inestricabile. Ed è proprio il tempo che diventa un fondale scuro dal quale le sensazioni e le pulsioni scandiscono gli eventi. Le cose nascono dal buio; è infatti necessario che la carne sia in luce e l’anima immersa nell'oscurità, affinché quest’ultima possa sostenere le innumerevoli trasformazioni e la profondità dell’essere. Ogni opera procede verso lo studio del rapporto conflittuale che ognuno ha con se stesso, si scopre una paralisi intensa di fronte al comportamento amorale che ogni individuo nasconde sotto il velo dell’integrità. I lavori di Ettore Pinelli rispondono ad un divenire perpetuo, che è presenza fondamentale; un fluire misterioso che fin dalla fase progettuale predispone le figure ad una trasformazione materica, ad una vita propria che descrive due stati affettivi e mentali dell’essere, l’uno contingente all'altro E’ la consapevolezza malinconica dell’essere peccatore da un lato e la cognizione cosciente e sfrontata del peccato dall'altro. La cancellazione e il ritorno all'essenza esalta il senso violento della realtà e la fragilità umana. ELDA CARBONARO_Menade 7 Elda Carbonaro ha scelto la fotografia come mezzo principale di espressione e comunicazione; è, tuttavia, una fotografia pittorica in antitesi con il concetto originale della fotografia stessa. Se ogni fotografia è una forma di fermo immagine la sua “menade”, muovendosi attraverso l’immobilità degli scatti, dilata il tempo e congela gli istanti, in un moto continuo e contraddittorio. I riferimenti sono palesemente classicheggianti: l’eleganza del movimento e della velocità della Nike di Samotracia, la sinuosità del corpo sensuale della venere di Milo, l’agitazione impetuosa della menade danzate di Skopas ispirano fortemente Elda Carbonaro. In ogni scatto questa moderna menade sembra vivere una dimensione metafisica, che esplode in un’incontenibile inquietudine; il corpo evanescente diviene lo specchio materiale dei sentimenti, delle passioni e delle contraddizioni della vita. Il non equilibrio e l’estasi sono l’aspetto centrale della serie. Nelle sue costanti torsioni e movimenti, parla di una irrequietezza, di una incapacità all'autocontrollo, di un sogno che lascia libere le pulsioni interiori; con scatti improvvisi e scie di movimenti tende verso uno stato d’incoscienza, nel quale il tempo dilatandosi permette di cogliere le infinite sfaccettature dell’essere. (Co)incidenze ADRIANO SAVA’_ 3 Una complessità ideativa di costruzione, distruzione e ricostruzione distingue le foto di Adriano Savà. La grazia delle sue foto in bianco e nero cela un fondo di morte e di indagine scientifica con precisione da entomologo. I suoi insetti, frutto di uno studio accurato sulla fragilità del corpo, ingranditi rivelano un’estetica altamente complessa ed affascinante. I corpi sono sezionati, assemblati e dilatati come sotto una lente d’ingrandimento. Monumentalizzati e trasfigurati diventano icone immaginifiche, davanti alle quali si è costretti a sostare e a riflettere sull’esistenza, sulla corruttibilità del corpo, sull’unicità dell’essere. Ogni scatto enfatizza l’individualità di queste creature, racconta di un corpo martoriato, reso vulnerabile dalla sua natura stessa. Osservando le sue foto ci si sente trasportanti all’interno di un museo anatomico, nel quale è possibile avvertire la freddezza della formaldeide che blocca il tempo e la decomposizione corporea. Le fotografie di Adriano Savà diventano monito nei confronti della fragilità dell’esistenza di ogni creatura, compreso l’uomo. Uomo ed insetto si scoprono vulnerabili allo stesso modo. KHADRA YUSUF_Billboard 2 Viviamo un’epoca in cui quotidianamente siamo sottoposti al “bombardamento mediatico” e la cultura dell’immagine ha preso il posto di quella del pensiero e della memoria. L’ideologia spesso scompare lasciando spazio all’immaginario costruito, alle figure patinate e all’artificiosità contemporanea. Khadra Yusuf analizza la fitta rete d’immagini pubblicitarie che ci circondano reinterpretandone il senso, tramite un linguaggio pittorico istintivo, attraverso i ritagli di giornali e operando con meticolosa attenzione abrasioni sulla superficie cartacea. I riferimenti sono palesemente Pop, guarda al complesso di stimoli visivi propri dell’universo quotidiano, gli strappi di Rotella e l’immediatezza esecutiva di Schifano. Lasciandosi guidare dai colori e dalla composizione opera una destrutturazione ed una ricostruzione delle immagini, che da una nuova linfa vitale, un’energia autentica e passionale alle figure. I suoi “Billboard”, manifesti, sovvertono l’ordine convenzionale delle icone patinate, tutto è concentrato, pieno di tensioni e denso di valori formali. In un magma emozionale di pennellate, strappi e collage crea, guidata dalla passione, una nuova trama espressiva e personale, una nuova poetica che racconta della visione e della coscienza artistica moderna, di una identificazione sensoriale del mondo che ci circonda. GIAMPAOLO VIOLA_Attesa del tempo 6 Un’eco silenziosa scandisce la serie di Giampaolo Viola. Le sue immagini all'interno della casa di riposo raccontano del rapporto dell’essere con se stesso, della solitudine esistenziale, dell’incapacità di comunicare con il prossimo. La fragilità e la rassegnazione risuonano in spazi quasi vuoti, dove il tempo sembra estendersi, allungarsi e deformarsi. In ogni opera, attraverso il grande rigore formale, Giampaolo Viola architetta una dimensione che appare quasi di isolamento, le rughe dei volti, come solchi profondi incisi nell'anima raccontano della storia di un anziano ospite, della memoria lontana e del tempo che fugge. I riferimenti formali sono puristi: i tagli prospettici sfuggenti e la luminosità cristallina ricordano le opere di Segantini, l’introspezione sentimentale e il racconto di una realtà sociale è propria del Realismo. In ogni pennellata la memoria sembra stratificarsi, i luoghi, desolati e nostalgici, si caricano di ricordi, e la presenza umana, dimenticata a se stessa si carica di dignità e consapevolezza. L’aspetto emotivo della solitudine è esaltato; la decadenza senile scatena emozioni forti in chi le osserva, commuove raccontando del tempo, del degrado fisico e dell’espulsione alla vita attiva e sociale. Con la sua serie Giampaolo Viola mette in luce la fragilità fisica e mentale dell’uomo immerso nella sua modernità. (Co)incidenze VALENTINA COLELLA _Abbandono Vivo 4 Nella serie Abbandono Vivo elemento cardine è il riconoscimento della temporalità, della contaminazione dei luoghi e dell’evoluzione mentale. La dilatazione temporale si amplifica nei lavori di Valentina Colella tramite i quali suggerisce la perdita e l’abbandono, ogni segno e immagine raccontano di un mondo vissuto all'interno di una stanza, di direzioni diverse e sentimenti, di sparizioni lente e costanti fino a raggiungere il vuoto immobile nel quale solo il ricordo e la memoria personale raccontano di un’esistenza passata. Si caratterizza la storia di un passaggio, di oggetti che in un moto continuo si dissolvono, di una frammentazione ritmica lungo il pavimento e le pareti; è l’essenza stessa delle cose che fluttua nell'aria e vive. Nello scatto e nella sequenza in stop motion, nei disegni effimeri a gessetti si sovrappongono la vita e la forma fino a creare una nuova icona immaginifica. Le note lente, organiche e talvolta aggressive generano flussi di frequenze distorte che permettono di indagare sui cicli dell’esistenza. Una traversata solitaria ed intima che svela l’umanità, nonostante la presenza umana sia assente; ritualità ed azione in un fluire misterioso predispongono all'attesa, alla trasformazione e alla rigenerazione. GIACOMO LUZIANI_Isola di Langerhans 1 Con le sue opere Giacomo Luziani pone le basi per una ricerca scientifico-artistica sul rapporto del corpo in relazione al mondo circostante. E’ lui stesso a parlarne: “La volontà di Platone di costruire un sapere scientifico universale, basato sui costrutti della mente (numeri e idee), è stato il primo passo per la svalutazione della corporeità e per l’introduzione alla dimensione dell’anima. Il corpo non contribuisce alla costruzione di un sapere oggettivo, poichè è soggetto ad impressioni, passioni, umori, malattie e pertanto non può essere assunto come criterio di verità. Nel seicento, Cartesio compie un’operazione che radicalizza il dualismo platonico, il corpo viene visualizzato attraverso la res cogitans e le categorie fisiche (misura, quantità e numero). Questa nuova visione dà vita a quello che conosciamo come il corpo della medicina, o meglio corpo organismo. Per esigenza di metodo la medicina riduce la nostra corporeità ad una sommatoria di organi. Un medico non è più un “tu” che si incontra nel mondo ma il depositario di un sapere ed i nostri “occhi” non sono più uno strumento di comunicazione ma organi da analizzare. C’è un completo ribaltamento tra il corpo vivente, che reagisce agli stimoli del mondo e il corpo cosa che è quello che ci descrive la scienza. Per quanto la medicina proceda nella maniera più efficace non bisogna illudersi che questa sia l’unica visione o quella più giusta della nostra corporeità.” Le isole di Langherans sono agglomerati sferici di cellule situate nel pancreas. Queste cellule hanno una funzione endocrina e secernono ormoni (quali il glucagone, l’insulina, l’anilina, la grelina,...) che regolano la glicemia e il livello di glucosio nel sangue. Giacomo Luziani propone un ingrandimento al microscopio della visione di questi agglomerati cellulari non solo come dato oggettivo ma anche come dato soggettivo del vedere. Con la sua opera, partendo dalla scoperta della cessazione di quell’equilibrio biologico, mostra il corpo come il punto nevralgico per prendere coscienza di se stessi e della fragilità umana sia fisica che mentale, entità vulnerabile e non più unità e meccanica perfetta. L’opera pittorica e quella istallativa di pongono l’accento sulla rottura della perfetta armonia tra il corpo e la mente e tra il corpo ed il mondo circostante. Un diario visivo spietato, nel quale la malattia impone nuove regole del vivere, creando differenti dinamiche con la quotidianità e con i bisogni primari. I punti di vista cambiano, le funzioni vitali si alterano e la realtà oggettiva si frammenta. Nel gioco di alterazioni, apparentemente paradossali, intento dell’artista è quello di creare spiazzati in chi osserva tramite ecquivoci formali, i barattoli da cucina perdono la loro originale funzione e diventano reliquiari della nuova e necessaria condizione di vita. (Co)incidenze