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Wolters Kluwer Italia - Manuale operativo degli standard di stima

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Wolters Kluwer Italia - Manuale operativo degli standard di stima
Manuale operativo .... - Castello - f.to 160 x 240 - dorso 29 mm (cyanomagentagiallonero)
NORMOTECNICA
Manuale operativo degli standard di stima immobiliare
Allegato al testo il software per la gestione e l’archivio delle perizie di stima immobiliare.
€ 40,00
9 788867 500970
ISBN 978-88-6750-097-0
5 000001 401481
Il presente volume è parte integrante dell‘opera
“Manuale operativo degli standard di stima
immobiliare“ - ISBN 978-88-6750-097-0 (in
un volume più CD) e non è vendibile separatamente.
00140148
Graziano Castello Architetto libero professionista. Docente della Scuola Superiore di Pubblica
Amministrazione di Verona. Consulente Tecnico del Tribunale di Imperia e della Corte d’Appello
di Genova. Presidente ISVIM (Istituto di valutazioni). Autore di numerosi testi e docente di corsi
in materia estimativa.
Manuale operativo degli standard di stima immobiliare Graziano Castello
Contenuti
Prezzo e valore nel mercato / Percorsi, criteri e metodi di stima / Ricerca del tasso di capitalizzazione
/ Approcci di stima orientati al mercato (Market Approach), al costo (Cost Approach), al reddito
(Income Approach) / Unità di misura e nomenclatori / Rapporti mercantili / Rapporti strumentali
/ La consistenza nel residenziale, nel terziario, nel commerciale, nell’industriale / Il rapporto
tra popolazione e campione / Le fonti dirette e indirette / La stima per MCA / La stima per
apprezzamenti e detrazioni / Le stime con approccio al costo / Le stime delle aree fabbricabili /
Le stime dei deprezzamenti / La stima per capitalizzazione diretta del reddito / Esempi di stime:
appartamento, parcheggio a pagamento, ufficio, negozio, terreno agricolo e dell’azienda agraria,
industria in base al reddito, albergo, cinema o teatro
NORMOTECNICA
Questo agile testo dedicato agli standard internazionali di valutazione immobiliare è una sorta di
codice base pratico, da utilizzare operativamente nella professione di estimatore di beni immobili.
Nel volume non ci si perde in dimostrazioni matematiche del perché si compiono particolari
procedure e anche le spiegazioni logiche sono ridotte ai concetti essenziali per capire il nocciolo
del procedimento.
In questo spirito di semplificazione e operatività, i primi argomenti da affrontare sono la Market
Comparison Approach (MCA), il sistema generale di stima (SGS) e la stima per apprezzamenti e
detrazioni (SAD) tutti applicati al maggior numero di tipologie estimative possibile e sicuramente
tutte le più utilizzate.
Sono inoltre sviluppati come si conviene anche gli standard di stima relativi all’approccio
reddituale e al costo, anche questi riferiti al maggior numero di tipologie possibili.
Ogni stima non è semplicemente descritta come un caso pratico, ma è seguita passo dopo
passo spiegando la logica di ogni scelta operata, in modo che il professionista possa facilmente
apprendere la metodologia e applicarla ai suoi specifici casi.
Manuale operativo
degli standard
di stima immobiliare
ABC per l’utilizzo degli standard
internazionali di stima
Graziano Castello
I.V.A. INCLUSA
140148_Castello_COVER DEF.indd 1
18/09/13 15:31
dorso 29 mm
QUESTO EBOOK È UN'ANTEPRIMA GRATUITA
Per ordinare la versione integrale utilizzare il link SHOPWKI.it
o rivolgersi all’agente di zona
PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA
© 2013 Wolters Kluwer Italia S.r.l Strada I, Palazzo F6 - 20090 Milanofiori Assago (MI)
ISBN: 9788867501267
Il presente file può essere usato esclusivamente per finalità di carattere personale. I diritti di
commercializzazione, traduzione, di memorizzazione elettronica, di adattamento e di riproduzione totale o parziale con qualsiasi mezzo sono riservati per tutti i Paesi.
La presente pubblicazione è protetta da sistemi di DRM. La manomissione dei DRM è vietata
per legge e penalmente sanzionata.
L’elaborazione dei testi è curata con scrupolosa attenzione, l’editore declina tuttavia ogni
responsabilità per eventuali errori o inesattezze.
INDICE
INTRODUZIONE........................................................................ pag.
1
parte i: richiami base degli standard estimativi
1.
1.1
1.2
1.3
1.4
IL VALORE......................................................................... Estimo come scienza metodologica del valore............................... Prezzo e valore................................................................................. Il valore nel mercato........................................................................ I livelli di mercato e il valore........................................................... 1.4.1 Livello edilizio................................................................... 1.4.2 Livello immobiliare........................................................... 1.4.3 Livello reddituale............................................................... 1.4.4 Livello speculativo............................................................. »5
»5
»6
»7
»
9
»10
»11
»11
»12
2.PERCORSI DI STIMA........................................................ 2.1 Paradigmi, postulati e criteri di stima.............................................. 2.1.1 Primo postulato: postulato del valore................................ 2.1.2 Secondo postulato: postulato della previsione.................. 2.1.3Terzo postulato: postulato della permanenza
delle condizioni.................................................................. 2.1.4 Quarto postulato: postulato dello scopo............................ 2.1.5 Quinto postulato: postulato dell’ordinarietà...................... 2.2 Criteri di stima................................................................................. 2.2.1 Criterio di stima fondamentale: il valore di mercato........ 2.2.2 Criterio di stima fondamentale: il valore di costo............. 2.2.3 Criterio di stima: il valore di trasformazione.................... 2.2.4 Criterio di stima: il valore complementare........................ 2.2.5Criterio di stima: il valore di sostituzione
o di surrogazione................................................................ 2.2.6Criterio di stima: il valore di accumulo
dei redditi futuri................................................................. 2.3 Metodi di stima................................................................................ 2.4 Ricerca del tasso di capitalizzazione............................................... 2.4.1Metodo elementare di calcolo del tasso
di capitalizzazione ............................................................. 2.4.2Metodo di ricerca remota del tasso
di capitalizzazione.............................................................. 2.4.3Metodo della media aritmetica valutazioni
del tasso di capitalizzazione.............................................. 2.4.4Metodo della sommatoria delle componenti
del tasso di capitalizzazione.............................................. 2.4.5Metodo del rapporto tra costi dell’abitare
e tasso di capitalizzazione.................................................. 2.4.6Metodo di calcolo attraverso l’equivalenza
dei tassi............................................................................... »13
»13
»16
»17
»18
»19
»20
»21
»21
»22
»23
»25
»27
»27
»29
»32
»33
»34
»35
»41
»42
»43
III
Manuale operativo degli standard di stima immobiliare
3.APPROCCI DI STIMA........................................................ pag. 47
3.1 Metodi orientati al mercato (Market Approach – MA)................... »47
3.1.1 Stima per Market Comparison Approach.......................... »49
3.1.2 Stima per apprezzamenti e detrazioni............................... »53
3.1.3 Sistema generale di stima.................................................. »56
3.2 Metodi orientati al costo (Cost Approach – CA)............................ »56
3.2.1 Metodo ibrido indiretto........................................................ »57
3.2.2 Computo metrico estimativo................................................ »58
3.3 Metodi orientati al reddito (Income Approach – IA)...................... »62
3.3.1 Direct capitalization............................................................. »63
3.3.2 Yeld capitalization................................................................ »63
3.3.3 Discounted cash flow analisys............................................. »64
4. UNITÀ DI MISURA E NOMENCLATORI............................ » 65
4.1 La misurazione e le unità di misura................................................. »65
4.2 Le scale di misura e i nomenclatori................................................. »66
5.
I RAPPORTI TRA GRANDEZZE ESTIMATIVE
ED ECONOMICHE............................................................. »
69
5.1 I rapporti mercantili......................................................................... »69
5.2 I rapporti strumentali....................................................................... »70
parte ii: operazioni valide per tutti i metodi
6.LA CONSISTENZA............................................................ 6.1 La consistenza nel residenziale....................................................... 6.1.1 Stima per apprezzamenti e detrazioni............................... 6.1.2 Stima per MCA.................................................................. 6.2 La consistenza nel terziario............................................................. 6.3 La consistenza nel commerciale...................................................... 6.4 La consistenza nell’industriale........................................................ 6.5 Il rapporto tra popolazione e campione........................................... » 75
»75
»80
»82
»86
»94
»100
»104
7.LE FONTI DISPONIBILI.................................................... » 109
7.1
7.2
7.3 La classificazione delle fonti d’informazione................................. Le fonti dirette.................................................................................. 7.2.1 Fonti dirette mercantili....................................................... 7.2.2 Fonti dirette strumentali..................................................... Le fonti indirette.............................................................................. 7.3.1 Fonti indirette strumentali.................................................. 7.3.2 Fonti indirette mercantili................................................... »109
»117
»117
»122
»124
»124
»126
parte iii: valutazioni con approccio al mercato
8.LA STIMA PER MCA......................................................... » 131
8.1 La stima per mca spiegata senza formule..................................... »131
IV
Indice
8.2
Stima di un appartamento................................................................ 8.2.1 Stima per MCA.................................................................. 8.2.2 Esame della caratteristica: superficie................................ 8.2.3Esame della caratteristica: data del contratto.................... 8.2.4 Esame della caratteristica: livello di piano........................ 8.2.5Esame della caratteristica:
stato di manutenzione generale......................................... 8.2.6 Esame della caratteristica: orientamento prevalente......... 8.2.7 Esame della caratteristica: affacci..................................... 8.2.8Esame della caratteristica:
stato di manutenzione elementi......................................... 8.2.9 Esame della caratteristica: grado estetico elementi........... 8.2.10 Analisi dei prezzi marginali, differenziali e corretti......... 8.2.11 Riconciliazione della stima................................................ 8.2.12 Verifiche di stima............................................................... 8.2.13 Stima delle pertinenze........................................................ 8.3 Stima di un ufficio............................................................................ 8.3.1 Esame della caratteristica: data del contratto.................... 8.3.2 Esame della caratteristica: superficie commerciale.......... 8.3.3 Esame della caratteristica: livello finiture......................... 8.3.4 Esame della caratteristica: dotazione d’impianti.............. 8.3.5 Esame della caratteristica: funzionalità complessiva........ 8.3.6Esame della caratteristica:
dotazione media di parcheggi............................................ 8.3.7 Analisi dei prezzi marginali, differenziali e corretti......... 8.3.8 Riconciliazione della stima................................................ 8.3.9 Verifiche della stima.......................................................... 8.4 Stima di un negozio......................................................................... 8.4.1 Esame della caratteristica: data del contratto.................... 8.4.2 Esame della caratteristica: superficie commerciale.......... 8.4.3 Esame della caratteristica: livello di attrazione................. 8.4.4 Esame della caratteristica: qualità del front shop.............. 8.4.5 Esame della caratteristica: centralità................................. 8.4.6 Analisi dei prezzi e verifica della stima............................ 8.4.7 Valutazione dell’avviamento commerciale....................... 8.5 Stima immobiliare di un bene produttivo........................................ 8.5.1 Esame della caratteristica: data del contratto.................... 8.5.2 Esame della caratteristica: superfici industriali................. 8.5.3Esame della caratteristica:
grado efficienza degli impianti.......................................... 8.5.4 Esame della caratteristica: struttura portante.................... 8.5.5 Esame della caratteristica: vicinanza strategica................ 8.5.6 Analisi dei prezzi marginali, differenziali e corretti......... 8.5.7 Riconciliazione della stima e verifiche.............................. pag.137
»137
»149
» 157
» 160
» 165
» 166
» 168
»
»
»
»
»
»
»
»
»
»
»
»
169
169
170
172
173
176
181
186
188
189
190
192
»
»
»
»
»
»
»
»
»
»
»
»
»
»
»
193
194
195
196
197
203
204
205
207
207
208
210
214
219
221
»
»
»
»
»
223
224
225
227
228
9.SISTEMA GENERALE DI STIMA...................................... » 231
9.1 Il sistema generale di stima in breve............................................... » 231
9.2 Stima di un appartamento................................................................ » 237
9.3 Stima di un ufficio ........................................................................... » 243
V
Manuale operativo degli standard di stima immobiliare
9.4 Il sistema delle differenze ............................................................... pag. 248
9.5 Il sistema misto: MCA e sistema generale di stima........................ »256
10.LA STIMA PER APPREZZAMENTI E DETRAZIONI........ » 259
10.1
10.2
10.3
10.4
10.5
La stima per apprezzamenti e detrazioni in breve........................... Stima di un appartamento ............................................................... Stima di un ufficio............................................................................ Stima di un negozio......................................................................... Stima di un bene produttivo immobiliare........................................ »259
»262
»309
»328
»349
parte iV: valutazioni con approccio al costo
11.LE STIME CON APPROCCIO AL COSTO........................ » 363
11.1 Le stime con approccio al costo in breve ....................................... »363
11.1.1 Computo metrico estimativo............................................. »366
11.2 Stima del costo di costruzione per computo metrico...................... »372
12.LE STIME DELLE AREE FABBRICABILI......................... » 373
12.1 Stima di un’area fabbricabile........................................................... 12.1.1Stima delle aree fabbricabili a valore
di trasformazione............................................................... 12.1.2 Valore fiscale di un’area fabbricabile................................ 12.1.3 Il metodo diretto o per comparazione............................... 12.1.4 Metodo del valore medio dei beni edificabili.................... 12.2 Stima dell’indice di edificabilità...................................................... »373
»374
»375
»376
»376
»377
13. LE STIME DEI DEPREZZAMENTI....................................... » 379
13.1
13.2
13.3
I vari deprezzamenti in breve .......................................................... Il deprezzamento lineare e non lineare del valore........................... 13.2.1 Costo di riproduzione deprezzato...................................... 13.2.2 Costo di sostituzione.......................................................... Stima del deprezzamento funzionale del reddito............................ 13.3.1 Deprezzamento funzionale temporaneo............................ 13.3.2 Deprezzamento funzionale del valore
per mancato completamento.............................................. 13.4 Stima del deprezzamento economico del reddito........................... 13.4.1 Deprezzamento economico per unità
residenziale occupata......................................................... 13.4.2 Deprezzamento economico per la presenza
di abusi edilizi.................................................................... 13.4.3 Deprezzamento economico cauzionale
o prudenziale...................................................................... VI
»379
»380
»380
»382
»383
»385
»385
»388
»389
»391
»394
Indice
parte V: valutazioni con approccio al reddito
14. LA STIMA PER CAPITALIZZAZIONE
DIRETTA DEL REDDITO................................................... pag.401
14.1
14.2
14.3
14.4
14.5
Stima di un appartamento ............................................................... Stima di un parcheggio a pagamento ............................................. Stima di un ufficio ........................................................................... Stima di un negozio ........................................................................ Stima di un terreno agricolo e dell’azienda agraria ....................... 14.5.1 I dati del bilancio agrario................................................... 14.5.2 Determinazione della PLV................................................. 14.5.3 Determinazione delle spese complessive ......................... 14.5.4Stima di terreno destinato a colture
erbacee avvicendate a rotazione regolare
su un unico appezzamento ................................................ 14.5.5 Stima di terreno destinato a colture erbacee
avvicendate a rotazione regolare su più lotti
di un unico appezzamento ................................................ 14.5.6 Stima di grande terreno destinato a colture
erbacee a rotazione libera.................................................. 14.5.7 Stima di terreno destinato a coltura
specializzata per il pascolo................................................ 14.5.8 Stima di terreno destinato a coltura
specializzata a prato........................................................... 14.5.9 Stima di terreno destinato a coltura
specializzata a risaia........................................................... 14.5.10 Stima di terreno destinato a coltura .................................. specializzata a orto............................................................. 14.5.11 Stima dei terreni incolti..................................................... 14.5.12Valutazione dell’avviamento di un’azienda agraria.......... 14.5.13 Determinazione del tasso di capitalizzazione................... 14.6 Stima di un’industria in base al reddito........................................... 14.6.1 Calcolo del tasso di capitalizzazione................................. 14.7 Stima di un albergo (sistema misto)................................................ 14.7.1 L’Income Multiplier Hotel................................................. 14.8 Stima di un cinema o teatro ............................................................ »431
»431
»432
»434
»437
»442
»446
»457
»460
Bibliografia essenziale............................................................................... Fonti statistiche............................................................................................ Sitografia essenziale..................................................................................... » 467
» 468
» 469
»401
»407
»411
»415
»417
»420
»420
»422
»426
»428
»429
»429
»430
»430
VII
INTRODUZIONE
Questo testo non vuole proporsi come il solito libro operativo di stime dove
sono riportate numerose valutazioni eseguite da altri. Non vuole, dunque, essere
un libro di esempi di stime da conservare e dimenticare nello scaffale del proprio
studio e da consultare solamente per copiare il caso contingente.
Il libro vuole, invece, riprendere i vari standard estimativi con l’aggiunta di
qualche metodo più consono alla realtà del mercato immobiliare italiano e che
comunque non infici la validità dell’impianto standardizzato proposto dalla comunità internazionale degli studiosi di valutazione. Il libro vuole riprendere questi
standard spiegandone la loro applicazione pratica in base alle varie tipologie estimative e, dove possibile, fare anche un esempio numerico concreto a latere della
spiegazione. Solo in questo modo si ritiene possa davvero essere realizzato un vero
ABC degli standard immobiliari, caratterizzato da un percorso didattico applicato
e non generalizzato, differentemente dai libri puramente istituzionali.
Nel testo non ci si perde, dunque, in dimostrazioni matematiche del perché si
compiono particolari procedure e anche le spiegazioni logiche sono ridotte ai concetti essenziali per capire il “nocciolo” del procedimento. Le formule sono ridotte proprio all’essenziale e proposte solo dove queste rappresentano comunque un
aspetto operativo della valutazione.
Si parte, dunque, dalla triade dei metodi di stima presi in considerazione dagli
standard internazionali: la “stima con approccio al mercato” (Market Approach o
brevemente MA), la “stima con approccio al costo” (Cost Approach o CA) e, infine, la “stima con approccio al reddito” (Income Approach o IA); per passare poi,
successivamente, ad analizzare per ogni genere metodologico i vari procedimenti
consigliati sempre dalla comunità internazionale.
Il testo certamente si dilunga nell’esame dei metodi con approccio al mercato
poiché si ritiene che questi, oltre a rappresentare i procedimenti migliori ai fini
di una valutazione “a livello di mercato immobiliare”, sono i più ricorrenti nella
pratica professionale.
In questo spirito il metodo approfondito nel dettaglio non poteva che essere,
quindi, quello della Market Comparison Approach (MCA), vale a dire la “stima
con approccio alla comparazione di mercato”.
La stima con il metodo della MCA rappresenta, infatti, lo standard estimativo
più utilizzato per la valutazione dei beni immobiliari offerti a garanzia di obbligazioni. Il suo successo, soprattutto nei paesi anglosassoni (ancorché stia velocemente penetrando anche nella cultura estimativa italiana), risiede nell’affidare le proprie valutazioni a un procedimento meccanico che lascia, almeno apparentemente,
poco spazio alla valutazione soggettiva del perito e si rimette soltanto a “prezzi di
mercato” e non a “valori di mercato” elaborati da istituti del settore immobiliare.
Il predetto metodo, tuttavia, presenta molte difficoltà in merito al reperimento delle fonti d’informazione considerata la poca trasparenza del nostro mercato.
Per ovviare al problema abbiamo, quindi, cercato di fornire un sistema razionale
per utilizzare comunque tale metodo anche nel nostro paese e di affiancarlo a un
metodo più tradizionale e più facilmente adattabile alla realtà di mercato italiana:
1
Manuale operativo degli standard di stima immobiliare
il metodo di “stima per apprezzamenti e detrazioni” che abbiamo unilateralmente
inserito negli standard italiani. Abbiamo, però, anche proposto dei modi per riuscire ad accedere ugualmente al sistema d’informazioni del mercato immobiliari e
utilizzare così, razionalmente il metodo per MCA.
La poca trasparenza del nostro mercato, del resto, risulta evidente anche alle
istituzioni che si occupano di valutazione, basti pensare che le linee guida dell’ABI, in tema di stima degli immobili offerti in garanzia su obbligazioni finanziarie,
propongono come standard di stima nei procedimenti basati sulla comparazione
di mercato: la stima per MCA, il sistema generale di stima e il metodo proposto
dall’Agenzia del Territorio. Se si tiene conto che il “sistema generale di stima” è
un’intuizione di nostri studiosi, che il “metodo misto” proposto dalla guida operativa dell’Agenzia del Territorio non costituisce certo uno standard internazionale e,
infine, che le difficoltà oggettive della stima per MCA sono molteplici, si comprende immediatamente come anche da parte della stessa ABI ci sia una consapevolezza della poca trasparenza del nostro mercato e di una diffusa generale difficoltà ad
accedere a dei dati certi per la valutazione immobiliare.
Noi abbiamo cercato di andare oltre queste difficoltà e di fornire dei metodi pratici, cercando di superare in modo operativo gli ostacoli concreti che si presentano
nell’eseguire una stima immobiliare e di fornire, così, al perito estimatore “una
strada” per arrivare comunque in fondo al suo compito.
Forse alcuni accorgimenti e, forse, persino qualche metodo (tipo la stima per
apprezzamenti e detrazioni), faranno storcere il naso ai più puristi sostenitori degli
standard internazionali. Tuttavia, questo è lo stato dell’arte del mercato immobiliare nel nostro paese e se il fine di una stima è comunque avere un valore che si discosti il minimo possibile dal prezzo reale, specie se il bene immobiliare è concesso
come garanzia di copertura per un’esposizione finanziaria, riteniamo che non giovi
a questo fine fare accademismi fini a se stessi. L’essenziale è che ci sia sempre
un rigore scientifico e le eventuali semplificazioni o scorciatoie siano dichiarate e
ne sia valutata la loro ininfluenza o, meglio, la loro minima incidenza sul valore
finale del bene oggetto di stima; il tutto in modo che questo sia distante il minimo
possibile dal prezzo reale.
Il testo dedica meno spazio al “metodo con approccio ai costi”, ancorché non sia
completamente trascurato. Si tratta di una stima estremamente specializzata e che
ha valore solo per beni strumentali sottratti al mercato degli immobili ed è, peraltro, anche molto tecnicistico il modo di pervenire a un costo. Il metodo di “stima
per costo di costruzione”, in ogni caso, rappresenta un’operazione professionale
consueta per un progettista e non dovrebbe riservare difficoltà particolari averne
una sua visione operativa.
Il “metodo con approccio ai redditi” si perde meno nella descrizione del procedimento giacché si tratta sostanzialmente di operazioni di matematica finanziaria
che ogni perito estimatore conosce. La “capitalizzazione diretta”, peraltro, prevede
una semplice divisione del reddito per il tasso di capitalizzazione. Abbiamo, quindi, spostato l’attenzione più sul modo di determinare quale sia il reddito netto e
quale sia il tasso o saggio di capitalizzazione da adottare.
Il testo vuole comunque essere un libro “aperto”, vale a dire un libro che si potrà eventualmente arricchire di nuovi esempi operativi di stima oggi trascurati. In
quest’ottica si chiede, dunque, al lettore di segnalare eventuali categorie di stima
che ritiene meritino di essere prese in considerazione e far parte di questo ABC.
2
Parte prima
Richiami base
degli standard
estimativi
1.IL VALORE
Sommario: 1.1 Estimo come scienza metodologica del valore • 1.2 Prezzo e valore
• 1.3 Il valore nel mercato • 1.4 I livelli di mercato e il valore
1.1ESTIMO COME SCIENZA METODOLOGICA DEL VALORE
L’estimo è una metodologia con impostazione scientifica perché utilizza i procedimenti propri della scienza, ma non è una “scienza”. Non lo è perché non
estrae “leggi estimative” dall’osservazione della realtà e le traduce in formule.
Non ha una struttura di tipo deterministico.
L’estimo per “funzionare” ha sempre bisogno di un intervento, magari minimo, dell’individuo. Non può esserci automatismo nel fare estimo. Anche gli
stessi software che si occupano di stima e valutazioni possono essere utilizzati
solo per mezzo di un’azione individuale e non è sufficiente inserire i dati derivati dalle rilevazioni nelle caselle dello schermo. Per questo si dice che l’estimo
è una “metodologia” che agisce però, utilizzando degli apparati scientifici.
L’estimo ha come compito precipuo quello di dare un valore (e non un prezzo, ma vedremo dopo la differenza tra i due concetti) ai beni per i quali non c’è
una tale quantità di cessioni da poter recuperare i dati semplicemente facendo
una ricerca di mercato. Se vogliamo sapere il prezzo di un mattone o di un’automobile, è sufficiente telefonare a un paio di rivenditori della zona per avere
subito un’idea precisa di quale sia il loro prezzo. Questo perché mattone e automobile sono beni seriali, vale a dire prodotti in identici esemplari in quantità
notevoli e per i quali è possibile fissare il prezzo di vendita. Per i beni non seriali, ma dal carattere unico o perlomeno fatto da pochi esemplari, il problema
si complica di molto. Se i beni sono oggetto di trattative sporadiche, o persino
uniche, è impossibile rilevare un comportamento univoco tra acquirente e venditore. Lasciamo correre gli immobili per il momento e pensiamo a un quadro,
come si fa a dare una valutazione di un quadro rilevando l’andamento delle
contrattazioni reali relative a quel quadro se le contrattazioni, ammesso che
ci siano state, sono dilatate nel tempo da non essere attuali? È possibile solo
ipotizzare un valore attraverso una quotazione da parte di un esperto.
In questo caso entra “in gioco” l’estimo.
L’estimo però, come detto, non fissa un prezzo per il bene da stimare perché
il prezzo, come vedremo, discende solo da trattative reali di mercato già concluse. L’estimo fissa un valore il quale rappresenta solo il più probabile prezzo
Natura dell’attività
estimativa
Finalità
5
Richiami base degli standard estimativi
di mercato. Il valore si fissa, dunque, sul piano estimativo, mentre il prezzo si
fissa sul piano economico.
Definizione di estimo
Si definisce “estimo” la valutazione del valore di un bene attraverso la quantità di valore
nota di un altro bene.
Campo di
applicazione
Stima di
beni immobili
Il bene descritto nella definizione è da intendersi in misura molto generale e,
quindi, non solo inteso ai beni immobiliari (anche se questo testo è, in effetti,
dedicato a questi). I beni stimabili dall’estimo possono anche essere diritti,
danni, impatti, sacrifici e qualsiasi generica entità avente un’incidenza positiva o negativa sull’economia di un’individualità. Individualità che potrà essere
rappresentata da una società o da una persona fisica.
Dalla definizione data possiamo anche dedurre che la quantità di valore
nota può anche definirsi come “prezzo”, giacché – come vedremo a breve – il
prezzo, “quale entità economica di misurazione”, rappresenta proprio questo.
Possiamo anche precisare che la definizione è volutamente astratta per essere
generalizzabile il più possibile, ma appare del tutto ovvio che la quantità di
valore di un altro bene, non trovandoci più ormai da tempo immemorabile in
una società del baratto, sarà data dalla misura universale di riferimento di ogni
scambio e cioè, il denaro.
Volendo, quindi, potremmo restringere la definizione al nostro campo di studi oggetto del presente testo alla seguente:
Definizione di estimo immobiliare
Si definisce “estimo immobiliare” la valutazione del valore di un asset riferito agli immobili
attraverso la previsione del suo prezzo più probabile.
La definizione di estimo immobiliare rappresenta, dunque, il primo degli
standard pratici da assimilare e che andremo a esaminare nel corso del presente
testo.
1.2 PREZZO E VALORE
Formazione
del prezzo
Il prezzo rappresenta la quantità di valore assegnata a un bene a conclusione
una trattativa di mercato tra due parti delle quali una è interessata a cedere il
bene e l’altra ad “averlo” in via definitiva o provvisoria. Parliamo di acquisizione in via definitiva o provvisoria per far rilevare che un bene – nel senso precisato al paragrafo precedente – non necessariamente è ceduto in via definitiva e,
pertanto, acquistato, ma può anche essere ceduto in via provvisoria per un certo
periodo e poi tornare nella disponibilità del proprietario originario.
Definizione di prezzo
Si definisce “prezzo” la quantità di valore assegnata a un bene ed espressa in moneta
a conclusione di una trattativa di mercato per commisurare il trasferimento definitivo o
provvisorio del bene medesimo.
6
Capitolo 1 - Il valore
Il prezzo è, quindi, un’entità per misurare un valore. Valore che vedremo in
seguito come si forma nei confronti di un bene immobiliare. Valore assegnato
a un bene dopo un’interazione di mercato conclusa tra due soggetti e dove si è
trattata la cessione del bene in via definitiva o provvisoria. La misura di questo
valore rappresenta la quantità di denaro, quale controprestazione per il bene
ceduto, che ha corrisposto o corrisponderà periodicamente il beneficiario della
cessione del bene al cedente.
Si tratta, dunque, di una misurazione e non di una valutazione perché il
prezzo è storicamente un fenomeno già avvenuto, è stato già fissato. Si tratta
semplicemente di un’operazione eseguita ex post alla formazione del prezzo
medesimo per normale quantificazione, in questo caso monetaria.
Il prezzo è, pertanto, un’entità economica perché misurabile osservabile e
scientificamente trattabile in maniera immediata.
Il prezzo appartiene alla sfera dell’economia e non a quello dell’estimo, per
cui ogni volta che si parlerà di prezzo si farà sempre riferimento a una quantità
osservata e osservabile direttamente sul mercato, vale a dire un fenomeno concluso osservabile e misurabile con immediatezza (direttamente).
Ci soffermiamo per un attimo sul concetto di valore, che ricordiamo ancora
una volta va assolutamente distinto dal prezzo.
Il valore rappresenta il concetto fondativo di tutta la materia estimativa e
saperlo distinguere dal prezzo, che a sua volta rappresenta il fondamento del
mercato nel settore dell’economia, appare come uno dei principi di apprendimento basilari.
Il valore rappresenta una percezione, cioè una sensazione mentale e corporale propria del singolo, attraverso la quale attribuiamo un significato migliore
o peggiore a un qualcosa. Il valore è sempre legato al concetto di positività dell’entità cui ci si riferisce. La percezione è, dunque, propria del singolo,
dell’individuo. Tuttavia esiste anche una percezione comune detta, appunto,
“senso comune”, che s’innesta nella percezione di ogni individuo in maniera
più o meno preponderante. Maggiore sarà l’aderenza per un maggiore numero
d’individui rispetto a un fenomeno e tanto più grande sarà il livello qualitativo
e quantitativo del valore percepito.
Grandezza
economica
di misura
Valore come
percezione,
giudizio
Definizione di valore
Si definisce “valore” la forza di orientamento del senso positivo nei confronti di un bene.
Il valore non è una misurazione, ma la formulazione interiore o esplicita di un giudizio.
1.3IL VALORE NEL MERCATO
Il “valore” è un concetto essenziale per l’estimo che meriterebbe una trattazione esclusiva. Tuttavia per ragioni di spazio in un testo dichiaratamente operativo possiamo solo limitarci ai concetti essenziali e che delimitano i confini
della materia.
Il valore rappresenta la percezione quantitativa e qualitativa da parte del singolo di un’entità positiva. E la positività di tale percezione assume quantità e
qualità superiore o inferiore in base alla preponderanza del senso collettivo in-
Contenuti sensoriali
della percezione
7
Richiami base degli standard estimativi
Senso collettivo e
sistema culturale
Giudizio di valore,
formulazione
Fasi della
percezione
8
nestato nell’esperienza del singolo. In termini generali si può dire che un’entità
di qualsiasi specie assume un valore maggiore quando è comunemente più alta
la percezione del senso di questa entità. Possiamo, quindi, affermare che “il
valore è la misura del riconoscimento del senso”.
Il valore è un concetto soggettivo influenzato dal “senso collettivo”. La misura del valore, come ogni misurazione, aumentandone all’infinito le prove sui
campioni, si approssima a un valore normale il cui discostamento tende a zero.
La misura del valore normale se espressa quantitativamente con un valore
monetario equivale al più probabile prezzo di mercato del bene che si avrebbe
in una trattativa ordinaria.
Il senso collettivo, nella sua moderna accezione, è derivazione del “sistema
culturale” dal quale proviene, ne deriva, dunque, che anche il valore, essendo
una misura di riconoscimento del senso, sarà riferito a questo sistema culturale.
Il senso collettivo, tuttavia, è soltanto un’astrazione intellettuale che s’innesta nell’esperienza del singolo osservatore e, quindi, anche nel sistema culturale dell’individuo e che influenza, dunque, la percezione dello stesso senso
collettivo.
Nell’estimo, per attribuire una misura affidabile del riconoscimento del senso collettivo, è necessario costruire, dunque, un sistema culturale all’interno
del quale la percezione sia unanimemente riconoscibile.
Per ottenere un sistema culturale preciso e inequivocabile è pertanto indispensabile individuare e definire le finalità del riconoscimento del valore e,
conseguentemente, modellare l’esperienza dell’osservatore all’interno dei confini dello scopo predetto.
Arrivare a stabilire il valore di un’entità comunemente percepibile non è
un’operazione di misurazione. Fissare il valore è possibile solo attraverso un
giudizio. Nella fattispecie un giudizio di valore.
Il giudizio di valore opera a livello di percezione nell’estimatore, e questa si
manifesta in diverse maniere, dalla più superficiale a quella più profonda.
La percezione normalmente avviene attraverso quattro fasi:
• prima fase della percezione “oggettiva”, vale a dire che la comprensione di
un oggetto o entità qualsiasi attraverso un rigido codice chiuso stabilito dalla collettività, come potrebbe essere, ad esempio, la percezione geometrica
di un oggetto. Il giudizio estimativo non può avere queste caratteristiche,
tuttavia possono esserci comunque dei parametri oggettivi nel processo di
valutazione come la misura delle superfici;
• seconda fase della percezione “psicologica” o “soggettiva”, l’osservazione
di un oggetto o entità attraverso il codice della propria diretta esperienza
come può essere la percezione di un oggetto in base al proprio punto di osservazione. La componente soggettiva nell’estimo rimane sempre un aspetto
indispensabile per mettere in relazione il bene con la realtà oggettiva;
• terza fase della percezione “associativa”, vale a dire l’identificazione di un
oggetto in base alle relazioni di questo con gli oggetti prossimali, come può
essere la vicinanza di un oggetto a un muro oppure riferendosi all’estimo,
come può essere la vicinanza del bene a un elemento valorizzante tipo mare,
lago, monumento iconico ecc.;
Capitolo 1 - Il valore
• quarta fase della percezione “fenomenologica” che rappresenta, in pratica,
la lettura di un oggetto o entità qualsiasi poiché fenomeno definibile, ad
esempio i materiali di cui è costituito.
Un giudizio di valore, ancorché sia riferito alla misura del senso comune per
un’entità, opera a livello di percezione e, pertanto, non può che essere un processo essenzialmente soggettivo. L’estimatore è, dunque, sia un “soggetto attivo” perché il giudizio parte sempre dalla propria esperienza e sia “soggetto
passivo” perché la stima sarà giudicata in base alla maggiore o minore aderenza all’effettivo senso comune. Il giudizio di valore deve interpretare il senso
comune affinché abbia egli stesso un valore per gli altri. E più questo senso
comune od oggettivo sarà correttamente interpretato e più grande sarà il valore
del giudizio espresso.
Stabilire un giudizio di valore nei confronti di un’entità presuppone, quindi,
una conoscenza profonda e interiore della stessa entità, tale da poter sviluppare
la propria capacità percettiva ed evidenziare gli aspetti meno evidenti di questa;
il tutto con coscienza del senso collettivo da parte del soggetto estimatore.
Un giudizio di valore non può essere un atto di ribellione al sistema culturale
per il quale viene espresso. La ribellione appartiene alla politica, all’arte o ad
altro, ma non può far parte di un giudizio di valore, il quale per sua intima essenza è un atto pratico integrato e solidale con il senso collettivo, inteso come
derivato di un sistema culturale ben preciso.
In termini più propriamente estimativi e meno astratti, il valore può essere
conclusivamente espresso come un giudizio atto a descrivere la quantità più
probabile di beni con la quale riusciamo a definire la qualità assoluta di un
altro bene. Vale a dire che, in termini pratici, il valore diventa un’espressione
quantitativa di un parametro qualitativo. Il prezzo, invece, rappresenta una misura calcolata e reale della quantità di beni necessari per definire un altro bene.
Nelle economie evolute, poi, tutti i beni sono rapportati al denaro quale codice
unico di definizione del prezzo.
Il valore è, dunque, un giudizio, il prezzo una misurazione.
La famosa “teoria del valore”, formulata da tutti gli economisti, attiene,
quindi, più all’estimo che alla stessa economia. Possiamo persino affermare
che l’estimo essendo la scienza del metodo per la formulazione di giudizi valoriali dei beni è una diretta conseguenza e prosecuzione della teoria del valore.
Soggettività
del giudizio
Il valore come
parametro
1.4I LIVELLI DI MERCATO E IL VALORE
La formazione del valore dei beni immobiliari oggetto di valutazione si concreta a diversi livelli e, per ognuno di questi, è diverso il modo con cui tale
valore si costituisce. Il valore del resto rappresenta – come abbiamo già affermato in precedenza – la percezione quantitativa e qualitativa di un’entità
positiva. Sarà, pertanto, il tentativo di misurazione di tale positività percettiva
ad aumentare o diminuire il desiderio di conclusione, facendola pagare il
massimo possibile o acquistandola al minimo ammissibile, in un’eventuale
negoziazione immobiliare.
9
Richiami base degli standard estimativi
Componenti
del mercato
Formazione
del livello
Il segmento di mercato è un sintagma del linguaggio mercato, vale a dire la
sua “componente orizzontale”, ciò che lega individui, bisogni, utilità e valori
nella loro naturale successione.
Il mercato però, per alcuni beni tipo gli immobili, ha anche una “componente verticale”, vale a dire una parte costitutiva paradigmatica o verticale detta dei
livelli di mercato che andremo ora ad analizzare.
Per comprendere bene il paradigma dei livelli di mercato occorre rifarsi alla
percezione dell’entità positiva che conferisce valore al bene immobiliare e ne
qualifica e quantifica la sua entità. Durante la fase costruttiva, ad esempio, è
ben diversa da quella riscontrabile in una fase successiva quando si passa a
collocare il bene sul mercato degli immobili.
Isolando la fase costruttiva e ponendo per esempio che non si passi, poi, alla
vendita dell’immobile, ma questo si utilizzi mettendolo a reddito. Pensiamo,
per andare al concreto, a un albergo; in questo caso si avranno certamente diversi bisogni e desideri rispetto a un bene destinato al mercato immobiliare.
Abbiamo, quindi, individuato nella componente verticale del mercato degli
immobili diversi “cicli di mercato” autonomi e che investono il bene immobiliare da quando questo inizia a essere prodotto sino al momento in cui sullo
stesso si effettuano operazioni di speculazione o derivate.
Un livello di mercato s’individua, quindi, in una fase di formazione di valore autonoma e conclusa e che non necessariamente deve accedere alla fase
successiva di mercato.
Un bene strumentale, ad esempio una stalla di un’azienda agraria, costruito
direttamente dall’imprenditore, inizia e cessa il suo ciclo di formazione del
valore soltanto al livello della sua edificazione, poiché l’area fabbricabile è
compresa nell’azienda agraria e, quindi, nel capitale fondiario, e il bene edilizio non è immesso nel mercato degli immobili, ma è soltanto utilizzato a valore
strumentale.
Andiamo a esaminare i vari livelli analiticamente.
1.4.1 Livello edilizio
Ciclo
di produzione
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Il primo dei livelli di mercato è il ciclo della produzione del bene definibile altrimenti come “livello edilizio”; è in questa fase, infatti, che si decide di
produrre un bene edilizio e dove entrano in gioco elementi di mercato della
domanda e dell’offerta, propri della produzione. A questo livello non si hanno
ancora e, del resto, nemmeno si potrebbero avere giacché il bene non esiste,
fattori, sempre della domanda e dell’offerta, tipici del mercato immobiliare. A
questo livello può esistere solo una simulazione di ciò che sarà il livello immobiliare, ma i rapporti tra acquirenti e offerenti avvengono solo a livello edilizio
ed essenzialmente sono legati solo all’economia della produzione del bene.
Tutti i fattori della produzione del bene sono legati ai costi di costruzione e ai
costi dell’area sul quale il bene sorge.
In alcuni casi, per semplificazione, i fattori legati esclusivamente all’area
fabbricabile e al mercato delle aree possono essere separatamente analizzati in
un livello a latere detto “livello urbano” e legato, quindi, indissolubilmente ai
prezzi dei terreni fabbricabili.
Capitolo 1 - Il valore
La formazione del valore del bene a livello urbano sarà, dunque, data dai
costi di produzione del manufatto edilizio ivi compresi i costi dell’area sulla
quale questo sorge. Il valore unitario del bene a livello urbano sarà, in altre parole, dato dalla sommatoria di tutti i fattori produttivi – primo elemento dell’equazione generale del valore edilizio – e dalla sommatoria dei fattori legati alle
caratteristiche dell’area per il loro prezzo unitario.
Il valore unitario a livello urbano è, quindi, la funzione riassuntiva delle
funzioni del valore di costruzione e del valore dell’area.
Eseguire una stima a livello edilizio o urbano significa, dunque, considerare
queste caratteristiche e non quelle proprie del livello immobiliare se non per
simulazione; credere di poter determinare il valore di un bene a livello immobiliare soltanto con l’analisi degli elementi propri dell’equazione del valore a
livello edilizio o urbano appare, quindi, assolutamente improbabile.
Costi
1.4.2 Livello immobiliare
Il “livello immobiliare” si ha nel considerare il bene come merce di scambio
finita, posta sul mercato nelle condizioni in cui si trova e dal quale detrarre
eventuali costi di ritorno a livello edilizio.
Appare evidente che a livello immobiliare il gioco della domanda e dell’offerta è ben diverso da quanto accade al livello sottostante di produzione del
bene. A livello immobiliare, infatti, le caratteristiche prese in esame dal mercato saranno ben diverse e legate perlopiù alle caratteristiche intrinseche ed
estrinseche del bene medesimo. Appare, peraltro, altrettanto evidente che le
caratteristiche del livello edilizio, date dai costi di costruzione e dell’area, influenzeranno comunque il valore immobiliare come portato residuale sulla formazione di questo.
Il valore unitario a livello immobiliare sarà, quindi, funzione riassuntiva delle funzioni non solo del valore di costruzione e del valore dell’area, ma anche
delle caratteristiche intrinseche ed estrinseche del bene medesimo.
Le stime proposte dagli standard internazionali per i beni immobiliari offerti a garanzia di obbligazioni finanziarie avvengono tutte a questo livello e,
pertanto, ogni stima di questo tipo dovrà contenere tutti gli elementi che ne
costituiscono il valore.
L’equazione generale di formazione del valore di un immobile, rappresenterà, dunque, la relazione fondamentale per la stima dei beni compresi nel mercato immobiliare e vedrà l’aggiunta, appunto, di due altri elementi nella strutturazione del valore di un bene: la componente estrinseca dove questo è collocato,
quindi, l’esterno o il fuori e quella intrinseca, cioè l’interno o il dentro.
Mercato
di scambio
1.4.3 Livello reddituale
Il “livello reddituale” o “finanziario”, invece, è basato sulla redditività ricavabile dai beni immobiliari in termini di flussi di cassa e di loro finanziarizzazione.
Anche in questo caso appare evidente che tutto il portato proveniente dai livelli
inferiori agirà anche a questo piano.
Redditività
dell’immobile
11
Richiami base degli standard estimativi
Il valore reddituale unitario sarà, pertanto, funzione riassuntiva delle funzioni non solo del valore di costruzione, del valore dell’area e delle caratteristiche
intrinseche ed estrinseche, ma anche delle caratteristiche che influenzano la
redditività del bene medesimo.
L’equazione generale del valore reddituale unitario sarà data, in semplici parole, dalla relazione valida per il valore immobiliare moltiplicata per la percentuale riassuntiva di tutti gli elementi che incidono sulla redditività, vale a dire
il prezzo per l’uso del valore immobiliare. La percentuale di redditività sarà,
quindi, a sua volta determinata da ben precise caratteristiche prese in esame.
1.4.4 Livello speculativo
Finanza derivata
I prodotti derivati
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L’ultimo livello è quello della “speculazione derivata”. La matematica finanziaria tradizionale è basata essenzialmente sull’interesse, vale a dire sul prezzo
d’uso del capitale, appartiene quindi al livello del reddito giacché l’utile derivante dalla cessione temporanea di un bene patrimoniale altro non è, che il
prezzo d’uso per un capitale, ancorché espresso come patrimonio immobiliare
anziché denaro. La finanza derivata, invece, non è più basata su questo principio, ma su quello di cessione o acquisto “al buio”. In base a un’aspettativa e
secondo le proprie convinzioni di cosa accadrà nel futuro si cede o si acquisisce
patrimonio fissando un certo prezzo d’uso e cedendo lo stesso a un costo diverso e tale da garantirsi un margine di guadagno.
I livelli ora elencati sono gerarchizzati dalla produzione alla speculazione.
La formazione del valore avviene a ogni livello in maniera autonoma con il
portato del livello sottostante, come si può rilevare dalle equazioni generali di
formazione del valore. Possiamo, pertanto, definire “strumento finanziario immobiliare derivato” qualsiasi prodotto il cui valore dipende da beni immobiliari
a esso sottostanti.
La matematica finanziaria non è più in grado di valutare scientificamente questi prodotti giacché i parametri da prendere i considerazione sono plurimi e non
più il solo prezzo d’uso in funzione del tempo. La materia si è, oggi, trasformata
in finanza matematica basata, invece, su tre parametri ugualmente importanti:
la valutazione dei contratti, il calcolo del rischio legato ai contratti sottoscritti e,
infine, la gestione ottimale dei contratti in relazione al portafoglio titoli.
Nella pratica professionale, il valore delle stime è richiesto – nella maggior
parte dei casi – a livello immobiliare, vale a dire il valore di mercato più probabile che si fisserebbe in una reale compravendita di un bene immobiliare o patrimoniale. Tuttavia, non sono certamente rari i casi in cui siano commissionate
stime del costo di costruzione o delle aree piuttosto che il valore del reddito
o, più raramente – almeno per il momento –, la valutazione di andamenti del
valore ai fini di operazioni speculative.
2. PERCORSI DI STIMA
Sommario: 2.1 Paradigmi, postulati e criteri di stima • 2.2 Criteri di stima • 2.3 Metodi di
stima • 2.4 Ricerca del tasso di capitalizzazione
2.1 PARADIGMI, POSTULATI E CRITERI DI STIMA
In assenza di un mercato dove si possa misurare il prezzo di un immobile oppure, estendendo il concetto, in presenza di un qualsiasi bene per il quale non
sia possibile una diretta misurazione del suo prezzo, compito fondamentale del
perito estimatore è ricondurre lo stesso immobile all’interno di un potenziale
mercato del quale si conosca almeno un prezzo certo e poi sulla base di analogie comparative estrarne il probabile valore. Valore che sarà sempre tradotto in
un prezzo. Un prezzo probabile come misura quantitativa di un’entità qualitativa quale è, appunto, il valore.
L’analogia comparativa rappresenta dunque il primo paradigma dell’estimo.
L’analogia è un “rapporto di somiglianza” tra due concetti o entità tale che
le proprietà o le regole conosciute che caratterizzano uno possono essere estese
all’altro.
Somiglianza non uguaglianza, ragione per la quale un singolo rapporto di
analogia tra un elemento del mercato – dove è stato, da noi, inserito l’immobile
oggetto di stima – e quello conosciuto, non può essere significativo per un confronto delle diversità tra i due beni. È, invece, evidente che un adeguato numero
di rapporti di analogia porterà a definire sempre con maggiore precisione il valore dell’immobile come espressione del più probabile prezzo di mercato. Vale
a dire che più numerose sono le proprietà note del bene, di cui si conosce il valore, ricondotte – e adeguatamente comparate – a quello incognito, e maggiori
sono le possibilità di pervenire a un prezzo di mercato probabile, posto che si
conosca come dato di partenza il prezzo di uno dei due beni messi a confronto.
Riducendo a sostanza minima quanto espresso, possiamo anche dire che la
costruzione di analogie è il compito fondamentale del perito e questa mansione riduce – o quasi – la sua soggettività in pratica alla sola scelta dei rapporti
analogici fondamentali. Le best practice hanno, di fatto, eliminato anche questo compito, individuando per ogni situazione operativa quali siano i migliori
confronti sui quali costruire la relazione analogica. I moderni standard estimativi, poi, considerano proprio come regola, solo i caratteri differenti tra i beni
analoghi, lasciando sottintendere un’analogia complessiva solo sulla base del
segmento di mercato oggetto di studio.
Determinazione
del valore
Analogia
comparativa
Intervento
del perito
13
Richiami base degli standard estimativi
Primo paradigma dell’estimo: l’analogia comparativa
Si definisce come primo paradigma dell’estimo la “analogia comparativa”, intesa come
individuazione di un rapporto di somiglianza tra due beni immobiliari di cui uno è di prezzo
ignoto, in base alla quale è possibile effettuare le opportune comparazioni per determinare
dove i due beni effettivamente differiscano.
Unicità
dell’immobile
La stima non si attua, quindi, su rapporti puri di analogia liberamente fissati, ma in realtà il perito determina, per mezzo di parametri predeterminati e
fissati dalla metodologia estimativa (dalle best practice) come indicativi, quale
differenza esiste tra il bene di cui si conosce il prezzo e il bene oggetto di stima
soltanto in base al segmento di mercato, presupponendone la loro somiglianza.
Sarebbe più corretto, quindi, parlare di grado di analogia giacché anche quando
abbiamo una relazione distale siamo comunque in grado di ottenere un dato
informativo efficace per pervenire a un prezzo probabile.
Il secondo paradigma dell’estimo è l’unicità di ogni bene immobiliare. Si
tratta di un paradigma troppo spesso dimenticato che in realtà riveste un’importanza fondamentale. Questo paradigma consente di capire, infatti, che il
processo di valutazione non è un procedimento superficiale che consente di
stimare gli immobili per mezzo di gruppi indifferenziati di beni accomunati
solo dal fatto di essere situati nella stessa città.
Andiamo a esaminare cosa rappresenta questo paradigma.
Secondo paradigma dell’estimo: l’unicità del bene immobiliare
Ogni bene immobiliare oggetto di studi estimativi è rappresentato da un insieme infinito
di caratteristiche in maniera tale che rapportandolo a qualsiasi altro bene immobiliare,
anch’esso rappresentato da un insieme infinto di caratteristiche, non potrà mai esserci
l’assoluta uguaglianza tra i due insiemi di infinite di caratteristiche che li rappresentano. Si
dice per questo che ogni bene immobiliare è unico.
Principio fondante la
disciplina estimativa
Caratteristica
spaziale
14
Il secondo paradigma vuole significare che il bene economico oggetto di
studio della disciplina dell’estimo, vale a dire il bene immobiliare, è un bene
che valutate tutte le sue possibili caratteristiche intrinseche ed estrinseche, rappresenta un esempio “unico” in natura. Questo significa che un bene economico rientrante nel campo dell’estimo e come tale definibile quale insieme ordinato di caratteristiche può solo apparire simile (analogo) a insiemi prossimali
e dello stesso tipo, in maniera più o meno spiccata, ma mai risultare uguale.
Quest’assioma costituisce il “paradigma fondativo dell’estimo”. Per paradigma fondativo s’intende, infatti, qualunque postulato (o, più semplicemente,
qualsiasi “mattone” culturale) di una disciplina che giustifichi la sua stessa
esistenza.
La necessità di ricorrere a un metodo che conduca attraverso dei passaggi
razionali a stabilire un valore di un bene economico nasce proprio dall’unicità
dei beni immobiliari.
Il bene seriale ha un valore fissabile dal mercato con un prezzo e appartiene,
dunque, alla sfera economica, mentre il bene unico non è proprio del mercato
per sua stessa realtà ontologica.
I beni immobili sono, dunque, senz’altro dei beni unici. Analizzando in ultima analisi, ad esempio, la loro caratteristica spaziale non possiamo fare altro
che comprendere come questa sia diversa per ogni immobile poiché ognuno
Capitolo 2 - Percorsi di stima
occupa uno spazio ben preciso sul pianeta ed essendo, appunto, beni inamovibili, tale spazio rimane rigorosamente definito e immutabile. Esiste, dunque,
almeno una caratteristica estimativamente significativa che conferisce ai beni
immobili il carattere di unicità. Appare, infatti, evidente che due unità immobiliari, anche del tutto identiche nei rapporti morfologici che le definiscono,
solo per il fatto di essere situate in due luoghi differenti assumeranno differenti
prezzi di mercato perché è differente la percezione del valore che si ha nei confronti della posizione spaziale del bene.
Prova evidente di queste affermazioni sono i valori millesimali per la ripartizione delle spese condominiali, questi, infatti, sono per dispositivo di legge
collegati direttamente al valore venale e tuttavia non assumono mai in uno stabile la stessa misura per due unità a esso appartenenti, se non per un’evidente
casualità e non per relazione matematica.
Affermare che il bene estimativo è unico significa implicitamente che il
valore previsivo attribuitogli dal perito estimatore è sempre e solo comunque
prossimo al valore vero e non ne definisce, con certezza matematica, il preciso valore di mercato. Del resto, se un bene è unico, difficilmente – anche se
effettivamente compravenduto tra soggetti non condizionati, indipendenti, con
interessi opposti e che hanno agito con eguale capacità, con prudenza e senza
alcuna costrizione – ipotizzando due trattative sincroniche, si arriverà per entrambe allo stesso prezzo fissato. Questo è determinato dal fatto che i soggetti
interessati, poiché esseri umani, sono anch’essi unici e il rapporto tra le due
unicità bene-soggetto determina delle variabili d’imprevedibilità che nessun
codice delle valutazioni potrà mai considerare. Per questo si dice che il valore
di una stima è solo e soltanto il prezzo di mercato più probabile; il che sta a
indicare che in una trattativa reale quello sarà il valore che con il più alto grado
di approssimazione si raggiungerà tra le parti.
Il perito ha il compito, dunque, di determinare non il reale prezzo di mercato
– che rimane insondabile come entità astratta – ma il valore che da tale prezzo
si discosta il minimo possibile. Quanto detto rappresenta l’unica reale tendenza
d’intenti che deve sempre sottendere l’attività estimativa.
In realtà nelle transazioni reali il valore stabilito dal perito rappresenta un
condizionamento euristico per la fissazione del prezzo di compravendita. La
stima di un bene economico rappresenta, infatti, una pre-condizione sufficiente
ma non certamente necessaria per una corretta conclusione della transazione
del bene medesimo.
La difficoltà a stabilire con esattezza matematica il valore di mercato del
bene oggetto di stima sarà tanto più elevata quanto più ingente sarà il grado di
unicità dello stesso bene.
Il “grado di unicità” di un bene estimativo è dato dal numero assoluto di elementi dell’insieme che lo rappresentano e che sincronicamente si presentano
negli insiemi prossimali dello stesso tipo di altri beni estimativi. Il rapporto tra
grado di unicità ed elementi sincronici è inversamente proporzionale, ragione
per la quale alla presenza di un elevato numero di elementi che si manifestano
contemporaneamente nel bene in oggetto e in quelli vicini si avrà un basso
grado di unicità e viceversa. Maggiore sarà il grado di unicità del bene oggetto
di stima e più elevata sarà la difficoltà nell’adire analogie di riferimento che
Prezzo probabile
Finalità ultima
delle stime
Grado di unicità
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Richiami base degli standard estimativi
Variabilità
dei postulati
Postulati fondanti
dell’estimo
consentano di inquadrare lo stesso bene secondo scale di misurazione predefinite. Tradotto in termini brutalmente semplici: più alto sarà il grado di unicità
del bene e più difficile sarà pervenire al valore di mercato che abbia il livello di
approssimazione più basso possibile rispetto a quello reale.
Negli studi di estimo nel corso del tempo, alcuni postulati sono usciti dalle
classificazioni proposte mentre altri vi sono entrati, così come alcuni vi sono
rientrati dopo essere stati estromessi. Questa variabilità è semplicemente dovuta alla natura del postulato, il quale essendo una “verità stabilita aprioristicamente” dallo studioso è chiaramente legata al linguaggio che egli adotta per
definire il campo e i confini della materia. Il linguaggio del resto è un universo
concluso. Nel linguaggio scientifico oppure, come nel nostro caso, nel linguaggio metodologico, le caratteristiche di quest’universo sono decise ed enunciate
dallo studioso.
I postulati, quindi, dipendono dalle finalità del proponente e saranno, pertanto, influenzati in misura minore da queste quando le stesse saranno deboli o
inesistenti. In altre parole, i postulati assumono maggiori caratteristiche assolute di assioma fondamentale della materia quanto più grande sarà la neutralità
della proposta.
Andiamo a esaminare velocemente i postulati dell’estimo.
2.1.1 Primo postulato: postulato del valore
Importanza del valore
16
Il primo postulato dell’estimo afferma che il significato fondamentale della
metodologia estimativa è determinare il valore dei beni per i quali non è possibile procedere con una misurazione diretta sul mercato.
Un tempo questo era anche definito come “postulato del prezzo”, tuttavia
appare evidente che tale descrizione è imprecisa per due ordini di motivi.
Il primo motivo risiede nel fatto che avendo definito l’estimo come la “previsione del valore” di un bene espressa attraverso un altro bene, appare evidente che ridurre al solo “prezzo” l’attività estimatoria non avrebbe esaurito
completamente tale tipo di descrizione.
Un altro ordine di motivazione sta, poi, nell’accezione semantica di prezzo e
nel suo significato estimativo. Il prezzo indica un valore numerico assoluto ben
preciso, mentre diversamente il valore ha un significato ben più esteso e meno
accurato dal punto di vista quantitativo. Appare chiaro, quindi, che stabilire
quale attività fondamentale del perito quella di determinare un valore del bene
che sia il più prossimo possibile al prezzo dello stesso bene nella realtà fattuale
di passaggio dei diritti in capo al medesimo, sia inconfutabile anche all’interno
della predetta definizione della disciplina. Per il vero si potrebbe osservare che
l’attività di stima di un bene attraverso un altro potrebbe anche esaurirsi per
mezzo di semplici giudizi di qualità. Ed è senz’altro vero. Tuttavia la disciplina
dell’estimo è parallela a quella economica e in questa deve sfociare per avere
un significato reale della sua esistenza. Questo deve accadere per avere la certezza che non si tratti, invece, di semplice esercizio accademico o che si stia
operando all’interno di altre discipline.
Sarebbe preferibile, dunque, esprimere il “postulato del valore del bene”
secondo quest’ultimo enunciato, tuttavia, ciò sarebbe senz’altro apparso come
Capitolo 2 - Percorsi di stima
eccessivamente intellettuale e immediatamente poco comprensibile, per cui si
preferisce, in termini pratici, enunciare il postulato come segue.
Postulato n. 1
La ragione di sussistenza dell’attività estimativa è quella di pervenire a un valore del bene
che sia il più prossimo a quello reale.
Volendo poi semplificare la spiegazione possiamo anche unicamente dire
che il prezzo appartiene alla sfera economica giacché esso sottende una misurazione diretta della realtà, possibile solo in questo campo. Il valore, invece,
appartiene più alla sfera dei giudizi che a quello della misurazione e proprio per
questo rientra nel campo estimativo.
Tuttavia occorre anche precisare che, nella realtà operativa, il giudizio
di valore espresso in termini monetari è quello che meglio e con maggiore
immediatezza esprime, appunto, una quantificazione ancorché approssimativa del valore del bene ed è per questo che nella pratica i valori di stima
sono quasi sempre pronunciati tramite una valutazione quantitativa di denaro. Osservare nel tempo che i giudizi di stima sono sempre espressi in
termini di denaro, è stato uno dei fattori principali a indurre nell’errore di
credere che il fondamento della stima fosse appunto il prezzo e non, invece,
il valore.
Quantificazione
monetaria
2.1.2Secondo postulato: postulato
della previsione
In molti testi si riconosce a questo postulato il carattere d’immanenza (immanente: rimanere in quiete), vale a dire che nella previsione si afferma ed esaurisce tutta la disciplina estimativa. In altre parole la materia rimane, di fatto,
confinata come limite e scopo della medesima dentro la previsione del valore
del bene, da cui il carattere immanente.
Rifacendosi al primo postulato possiamo estendere il concetto e far valere il
seguente principio.
Postulato n. 2
Il giudizio di stima è la determinazione del “valore previsivo” che ha la maggiore possibilità
di manifestarsi nella realtà.
Il principio afferma indirettamente anche il carattere metodologico della
stima e di disciplina parallela all’economia dove non si ha, dunque, una misurazione diretta e meccanica della realtà come avviene in campo economico
rifacendosi direttamente al mercato d’interesse, bensì una previsione di valore
che dovrà trovare un riscontro prossimo al reale.
Per il vero, il giudizio di stima come previsione potrebbe far pensare alla
possibilità di eseguire correttamente una stima nel momento presente o, al più,
riferita a un momento futuro, ma non certo al passato. Avendo la stima, infatti,
un carattere usualmente definito di previsione, il termine non può che far pensare a un riferimento temporale che ancora ha da venire.
17
Richiami base degli standard estimativi
Valore previsivo
Il momento zero
Per questo motivo è preferibile sempre utilizzare il concetto di “valore previsivo” e non di “previsione” poiché pur avendo i due termini medesimo denotato, la connotazione è lievemente differente e potrebbe portare a equivoci.
La stima, infatti, può essere idealmente eseguita in qualsiasi momento storico: passato, presente e futuro purché si possano avere dati sufficienti da ricondurre i ragionamenti al “momento zero”, vale dire quello a cui concretamente
si riferisce la valutazione.
Le stime dove il momento di riferimento è collocato nel passato si definiscono “ex ante”,
Le stime dove il momento di riferimento è collocato nel futuro si definiscono “ex post”.
Le altre stime si dicono “attuali”.
2.1.3Terzo postulato: postulato
della permanenza delle condizioni
Postulato n. 3
Il postulato è altrimenti definito anche come di “invarianza della realtà”, vale a dire che la
considerazione dei parametri di riferimento del contesto economico all’epoca della stima,
per la determinazione del valore previsivo, deve essere esclusivamente riferita a quelli
esistenti nel momento cui la stessa è relazionata.
Attuali condizioni
di mercato
Questo significa che per eseguire la stima di un bene economico riferita a un
tempo remoto nel passato, non è assolutamente possibile utilizzare le condizioni esistenti al momento presente. Il “presente”, infatti, che non è da confondersi
con il “momento zero” della stima il quale, sappiamo, coincide con il riferimento temporale per il quale abbiamo intenzione di trovare un valore del bene.
Se il momento zero è nel passato, appare del tutto evidente che le decisioni
economiche nel tempo addietro sarebbero state prese secondo l’influenza dei
fenomeni dell’epoca e non certo anticipando quello che sarebbe oggi accaduto.
La permanenza delle condizioni è, dal punto di vista estimativo, sostanzialmente riferita al mercato e agli elementi che lo influenzano, cioè a tutti quei parametri che possono incidere nella formazione del valore immobiliare. Eseguire, in conclusione, una stima in un determinato momento zero – che possiamo
collocare a piacimento nel tempo – significa che le condizioni di mercato cui si
fa riferimento e che influenzano il valore del bene economico sono solamente
quelle rilevabili, ricostruibili o simulabili in quel preciso momento.
Le condizioni saranno dunque:
• “rilevabili” se riferite al momento presente;
• “ricostruibili” se ricavate dal passato;
• “simulabili” se ragionevolmente previste per il futuro.
La permanenza delle condizioni, abbiamo detto, implicitamente ci informa che
un giudizio di stima ha un valore prossimale efficace solo per il momento zero
al quale essa è riferita. Tanto più ci si discosta dal momento zero e tanto più
le condizioni del mercato potranno essersi oggettivamente modificate. Con la
modifica delle condizioni di mercato il valore previsivo avrà un proporzionale distacco dal prezzo reale sino ad assumere un valore non più prossimale a
18
Capitolo 2 - Percorsi di stima
questo e, pertanto, non più indicativo ai fini della formulazione di un efficace
giudizio di stima.
Il momento zero in un giudizio di stima è dunque quello al quale sono rapportate le condizioni di mercato. Il giudizio ha pertanto valore, essenzialmente,
solo per tale momento.
Limitazione
temporale
della stima
Corollario n. 1
Al momento zero sono, dunque, riferiti tutti i calcoli quantitativi della stima sia di derivazione economica e sia finanziaria.
In virtù del corollario ora definito non è possibile correggere un giudizio di
stima solamente in conformità a uno dei due aspetti. In altre parole avendo una
stima definita, vale a dire avendo un valore previsivo a un “momento zero”,
questa non sarà traslabile tout court a un diverso “momento zero”, tenendo
solamente conto o degli aspetti finanziari o di quelli economici, ma sarà necessario valutarli contestualmente, cioè è opportuno, in pratica, eseguire una
valutazione ex novo.
2.1.4 Quarto postulato: postulato dello scopo
Postulato n. 4
Per uno stesso bene economico, a uno stesso momento zero, il valore previsivo varierà in
base alle ragioni pratiche che hanno portato alla necessità di stabilirlo.
In altre parole, la previsione sarà riferita alle condizioni del particolare segmento di mercato preso in considerazione, ragione per la quale per un bene
avremo tanti giudizi di stima in numero pari ai suoi aspetti economici.
Avremo, dunque, una dipendenza diretta del valore ottenuto in base allo scopo dichiarato della stima.
Il postulato prevede dal punto di vista operativo che in ogni “relazione di
stima” sia sempre dichiarata la cosiddetta ratio estimationis quale premessa
alla valutazione. L’accorgimento consente al lettore della relazione di poter
immediatamente inquadrare a quale tipo di valore si farà riferimento nelle fasi
successive.
Il postulato è collegato in maniera diretta ai criteri di stima che esamineremo
nel successivo paragrafo, giacché gli aspetti economici del bene in base ai quali
questo può essere valutato coincidono con gli stessi criteri.
Lo scopo della stima può essere dovuto alla scelta dell’aspetto economico
individuato dall’estimatore ma, non raramente, può anche essere determinato da ragioni pratiche ed estranee alle considerazioni del soggetto valutatore,
come nel caso di stime legali dove può anche svincolarsi dagli aspetti economici per aderire a punti di vista cogenti.
Dal postulato emergono immediatamente due corollari.
Scopi della
valutazione
Corollario n. 1
La formulazione di un valore previsivo di stima è possibile solo dopo aver definito lo scopo
per il quale la stessa stima si è resa necessaria.
19
Richiami base degli standard estimativi
Appare evidente che se non è ben chiaro il motivo per il quale è nata la
necessità di stabilire il valore di un bene non è ovviamente possibile procedere
alla sua valutazione.
Corollario n. 2
L’interpretazione di qualsiasi genere di una stima, anche semplicemente esegetica, è
impossibile se si disconoscono i motivi per i quali la valutazione è stata richiesta.
2.1.5 Quinto postulato: postulato dell’ordinarietà
Postulato n. 5
In ogni valutazione i soggetti interessati di qualsiasi tipo e genere, le circostanze, i parametri e quant’altro preso in considerazione deve essere sempre riferito alla condizione di
normalità.
Ordinarietà
del mercato
Oggettività
della stima
20
Su questo postulato si è consumato un dibattito estimativo per molti anni
che ancor oggi dura. Da una parte si trovano i “suscettivisti” che predicano
la necessità di considerare la migliore condizione economica possibile per
il bene oggetto di stima; dall’altra i “normalisti” (o anche attualisti) che,
invece, difendono l’assoluta necessità di valutare le condizioni medie e,
quindi, normali per lo stesso bene. La stima per mezzo della considerazione dell’HUB (Highest and Best Use) rappresenta un esempio lampante dei
suscettivisti odierni. Il postulato dell’ordinarietà però, probabilmente mette
equilibrio anche a questa diatriba giacché in nome dell’ordinarietà regola
anche l’aspetto suscettivista. L’HUB va preso in considerazione soltanto
quando il bene da esaminare non ha una condizione d’uso ordinaria rispetto
all’intorno nel quale è collocato e, quindi, va considerata una sua trasformazione a un migliore uso che sia rispondente alle condizioni di normalità
economica.
L’accezione semantica data all’ordinarietà del postulato non è quella “negativa” che solitamente si collega alle cose, fenomeni o persone che non hanno
niente di speciale, ma semplicemente quella che si riferisce a situazioni in cui
non vi siano eventi eccezionali rispetto a quanto economicamente, appunto, si
manifesta normalmente in quel segmento.
Un imprenditore si potrà dire “ordinario” se è dotato di una normale intelligenza, preparazione e qualità, vale a dire delle qualità minime sufficienti a
guidare un’azienda o condurre una trattativa di acquisto o di vendita.
Le condizioni ordinarie del mercato, invece, sono quelle in cui non ci sono
eventi di crisi o di euforia particolari, ma quelle dove la quantità e qualità degli
scambi sono quelle che si presentano mediamente.
Il giudizio di stima deve, pertanto, in base al postulato, formularsi facendo
sempre esclusivo riferimento alle circostanze che con maggiore frequenza si
riscontrano in un particolare mercato. La teoria basata sull’ordinarietà e, cioè,
sulle circostanze più frequenti che si rilevano in un determinato mercato, permette – di conseguenza – di avere una reale oggettività del giudizio di stima.
Capitolo 2 - Percorsi di stima
2.2 CRITERI DI STIMA
Abbiamo appena esaminato i postulati da adottare in una stima, vale a dire i
fondamenti da accettare senza mediazione culturale e da applicare tout court
alle stime. I postulati stabiliscono, in buona sostanza, i confini da non superare
per essere certi che la stima sia valida. Accanto ai postulati fondativi e che hanno, quindi, valore di legge disciplinare per la corretta condotta di una stima esiste anche un altro tipo di postulati, quelli comunemente definiti “economici”,
poiché si tratta di affermazioni di principio ricavate dalla scienza economica.
I postulati economici o, più correttamente, detti “criteri”, dunque, una volta
individuata quale sia la necessità economica che ha determinato il bisogno di
una valutazione, aiutano a scegliere il procedimento, vale a dire il percorso per
mezzo del quale determinare il valore di un immobile. Il percorso però, non fa
parte dei criteri. È come avere davanti numerose porte e scegliere, sulla base
del motivo stesso che ci induce a fare una scelta, quella che a nostro parere
contiene gli ambienti più adatti al nostro caso. Una volta scelta la porta poi, il
percorso sarà stabilito dal metodo.
Andiamo, quindi, a esaminare i vari criteri di stima.
I criteri di stima fondamentali sono il “valore di mercato” e il “valore di
costo” di un immobile; da questa dicotomia, infatti, discendono, poi, per addizione o sottrazione tutti gli altri criteri o aspetti economici di analisi. Tecnicamente si dice che valore di costo e valore di mercato sono contemporaneamente “unità criteriali” e “criteri”, mentre gli altri criteri sono concettualmente
soltanto questo. Spiegheremo meglio il concetto a seguire.
Criteri di stima
o postulati economici
Unità criteriali
e criteri
2.2.1Criterio di stima fondamentale: il valore
di mercato
Criterio fondamentale n. 1
Il “valore di mercato” è l’ammontare stimato per il quale un determinato immobile potrebbe
essere, con maggiore probabilità, compravenduto alla data della valutazione tra un acquirente e un venditore. Presupponendo che la compravendita avvenga tra soggetti non
condizionati, indipendenti, con interessi opposti e dopo un’adeguata attività di marketing
durante la quale le parti hanno agito con eguale capacità, con prudenza e senza alcuna
costrizione.
Avendo come oggetto di analisi gli immobili, le transazioni di questo tipo
sono molto dilatate nel tempo, non esiste inoltre un luogo fisico normalmente
deputato alle operazioni e la trattativa avviene in un modo particolare attraverso dei passaggi di offerta e accettazione della stessa o anche per mezzo di terzo
soggetto mediatore.
Questa particolare dialettica deve essere anticipata dal perito tramite ipotesi,
in modo da esprimere un prezzo probabile al quale perverranno le parti. Il procedimento sostanzialmente consiste nel ricercare una serie di prezzi per beni
analoghi a quello da stimare e dove, per mezzo di adeguate comparazioni dei
parametri più importanti, si potrà arrivare a formulare a un prezzo definibile
come il più probabile valore di mercato.
21
Richiami base degli standard estimativi
Valore di
scambio
probabile
Applicazione
Il valore così determinato non è, quindi, liquidabile come puro valore di mercato, ma come “il più probabile”, cioè si tratta dell’ipotesi che ha la maggiore
possibilità di avverarsi. Detto in altre parole: tenuto conto dei parametri assunti
per l’analisi del bene oggetto della stima, del rispetto culturale dei postulati
dell’estimo e scelta la comparazione di mercato come criterio di confronto con
beni di prezzo noto, il valore cui si è approdati è, fatta salva un’oscillazione
d’errore, il medesimo cui giungerebbe un numero indefinito di altri periti nel
compiere la stessa valutazione.
Una distinzione utile, ancorché apparentemente ovvia, è quella tra valore di
mercato e valore di stima. Molte volte il perito, infatti, tende erroneamente a
sovrapporre i concetti. Il “valore di mercato” è quello ora definito, il “valore
di stima” è quello, invece, cui deve pervenire il giudizio di valutazione formulato dal perito. Questo vuol dire che un valore di mercato può essere anche un
valore di stima, mentre non è assolutamente vero il contrario perché la stima
può passare anche per altri criteri di valore o addirittura essere espressa con un
costo.
Il valore di mercato è il criterio di stima cui ci si orienta nella maggior parte
delle stime e generalmente si utilizza per tutti quei beni che presentano la capacità di essere scambiati direttamente per l’utilità che possono manifestare e,
pertanto, la sua utilità pratica si avrà in caso di: compravendita, in parte nell’espropriazione, nella divisione ereditaria, nella “prima” asta giudiziaria, nelle
aste private e, quindi, in tutti i casi dello stesso genere.
2.2.2Criterio di stima fondamentale: il valore
di costo
Criterio fondamentale n. 2
Il valore di costo o costo di produzione di un immobile è dato da tutte le voci di spesa che
intervengono per la sua produzione.
Valore di
produzione
22
Nella valutazione del valore di costo, a differenza di quanto avviene nel
valore di mercato, non intervengono delle valutazioni previsive, ma ogni voce
che concorre alla definizione del valore finale discende da listini di prezzo o
comunque da tabelle o persino da norme di legge che ne regolano l’ammontare,
tuttavia siamo nel campo estimativo e non nell’economia pertanto elementi di
soggettività e, quindi, di valutazione ci sono ugualmente.
Il valore di costo potrà essere di utilità pratica per quei beni che hanno la caratteristica di poter essere prodotti e, pertanto, l’utilizzo di questo criterio si avrà
soprattutto nelle valutazioni di fattibilità economica di operazioni immobiliari.
Il valore di costo è anche utilizzato per le stime dei danni cosiddetti “rimovibili”, poiché questi non incidono in maniera permanente sul patrimonio. Essendo,
infatti, i danni rimovibili solo una parziale alienazione del diritto di proprietà,
esistendo la possibilità di ripristinare l’efficienza originaria tramite la semplice
rimozione, per determinare con precisione l’ammontare del rimborso sarà sufficiente calcolare il valore di costo delle opere necessarie a eliminare il danno.
Il valore di costo non è, però, solo un “valore di produzione”, ma può anche
essere di “riproduzione” o di “sostituzione”.
Capitolo 2 - Percorsi di stima
La riproduzione consiste nel riattivare il processo di formazione di un bene
per pervenire a un identico prodotto finale già esistente. I concetti di produzione e riproduzione sono dunque sostanzialmente diversi, il primo appartiene alle
leggi economiche reali, mentre il secondo attiene più alla sfera del simulato.
Possiamo anche dire che il costo di produzione appartiene più all’economia
che all’estimo, mentre per quello di riproduzione vale l’esatto contrario.
La sostituzione, invece, consiste nel rimpiazzare un bene con un altro avente
equivalente funzione o utilità. La riproduzione è focalizzata sul processo di
formazione del bene che riprende identicamente, la sostituzione è invece incentrata sul bene e la sua utilità come tale.
Valore di
riproduzione
Valore di
sostituzione
Il costo di riproduzione
Il costo di riproduzione è dato dal costo, ai prezzi correnti, di tutte le voci che interverrebbero per produrre nuovamente un bene già esistente utilizzando gli stessi materiali,
tecniche costruttive e forme che furono già adoperati per produrre questo.
Il costo di riproduzione si dice, inoltre, “deprezzato” quando il valore ottenuto si svaluta in base al grado di effettiva obsolescenza del bene originario di
riferimento.
Il “deprezzamento” rappresenta la perdita di valore del bene immobiliare nel
corso del tempo per un fattore parametrico detto “causa del deprezzamento” ed
è un concetto molto importante nell’estimo. Nel corso della pratica di valutazione ci s’imbatterà spesso in questo concetto per cui dedicheremo un capitolo
specifico in seguito.
Il valore di mercato e di costo sono i criteri fondamentali della materia e
in base alla stragrande maggioranza degli studiosi di estimo, e finanche per
le scuole di codificazione degli standard, da questi criteri discenderebbero –
per addizione o sottrazione – tutti gli altri sino a oggi definiti. Altri studiosi
sempre legittimamente e non senza una loro ragione avanzano dei dubbi sulla
concreta attendibilità di questa conclusione. Se tutti i criteri di stima fossero,
infatti, riconducibili a questi due non avrebbe senso parlare di procedimento,
vale a dire il percorso per mezzo del quale determinare il valore dell’immobile, giacché la semplificazione non aiuterebbe nella scelta. Il ragionamento,
peraltro, ha valore vale anche di là del fatto che poi gli altri criteri, dal punto
di vista strettamente numerico, effettivamente si comportino come operazioni
aritmetiche condotte per addizione o sottrazione dei valori di costo e di mercato. L’inganno del ragionamento risiede senz’altro nel fatto che valore di costo
e di mercato sono al tempo stesso criterio di stima e “unità criteriale”. Possono
essere, quindi, un percorso da seguire, vale a dire un criterio, o possono essere
concettualmente utilizzati per risolvere delle porzioni di altri percorsi (criteri),
cioè essere unità criteriale.
Deprezzamento
Impiego dei criteri
fondamentali
2.2.3Criterio di stima: il valore di trasformazione
Criterio n. 3
Il “valore di trasformazione” di un immobile è pari alla differenza tra il valore di mercato
dello stesso immobile dopo un processo di valorizzazione e il costo necessario per valorizzarlo attualizzato.
23
Richiami base degli standard estimativi
Destinazione e
condizioni d’uso
Applicazione
Convenienza
alla trasformazione
24
Si tratta di un percorso logico derivato e composto dal valore di mercato del
bene a nuovo e dal valore di costo attualizzato. Si tratta, dunque, delle due unità
criteriali fondamentali in precedenza esaminate. La scelta del valore di trasformazione, però, intesa come criterio economico, vale a dire come percorso da
seguire per addivenire a un valore di stima, non deriva dalle stesse motivazioni
osservate per valore di costo e valore di mercato, ma generalmente si adopera
quando il perito individua nel bene da stimare un evidente, e si sottolinea evidente, sotto utilizzo rispetto alle reali potenzialità che questo potrebbe normalmente esprimere.
Il valore di trasformazione si utilizza in luogo, appunto, del valore di costo
o di mercato alla presenza di un bene immobile con destinazione o condizioni
d’uso “non normali”, vale a dire “non ordinarie”.
Per “destinazione d’uso” di un immobile possiamo utilizzare la comune
definizione vale a dire “la scelta definitiva che si compie circa l’utilizzo prevalente del bene”, mentre per “condizioni d’uso” possiamo definire il “grado
di conservazione” dei vari parametri tecnici, funzionali ed estetici che costituiscono un edificio.
Procedere al cambio di destinazione d’uso e, quindi, stimare un bene a valore
di trasformazione, avrà la sua evidente convenienza quando la destinazione prevalente della zona, in altre parole quella ordinaria, non si rileverà nel bene oggetto di stima. In tal caso occorrerà prevedere costi e tempi per procedere al cambio
di destinazione, valutare il bene trasformato alla data odierna e portare all’attualità tutti i costi necessari per compiere in maniera completa questa modifica.
Ipotizzare una trasformazione delle condizioni d’uso ai fini della valutazione
del bene oggetto di stima assumerà significato quando durante una valutazione
di mercato la maggioranza dei parametri presi in considerazione presenterà
delle differenze rispetto ai valori ordinari inferiori di almeno due volte lo scarto
tipo. In tutte le altre situazioni, i costi di trasformazione attualizzati andranno a
incidere sul valore di mercato in maniera sensibile da non giustificare l’utilizzo
del criterio.
Avremo, dunque, che in termini pratici l’utilizzo del criterio a valore di trasformazione si potrà presentare nei seguenti casi:
1) stima di aree fabbricabili;
2) stima di edifici da ristrutturare per manifesta fatiscenza;
3) stima di edifici da completare;
4) stima di edifici con destinazione d’uso speciale;
5) stima di complessi immobiliari dismessi o da riqualificare.
Il valore di trasformazione è spesso utilizzato per dare un giudizio di convenienza a un’operazione immobiliare sia nel caso di costruzione ex novo su area
edificabile e sia nel caso di ristrutturazione o cambio di destinazione di un
fabbricato esistente.
Il giudizio relativo potrà essere espresso:
• in termini assoluti, cioè considerando il capitale impiegato e ricavato;
• in termini di reddito, cioè la rendita ottenibile dall’investimento effettuato
per compiere la trasformazione;
• in termini percentuali, vale a dire il saggio di redditività.
Capitolo 2 - Percorsi di stima
Volendo esprimere un giudizio di convenienza in termini “assoluti”, vale a dire
in risultati di capitale, potremo affermare che la trasformazione è conveniente
quando l’incremento del valore di mercato è superiore al costo della trasformazione attualizzato. Più alta sarà la differenza tra i due valori e maggiore sarà la
convenienza alla trasformazione.
In termini di “reddito” si avrà, invece, convenienza alla trasformazione
quando la differenza tra il reddito ordinario di mercato ricavabile dal bene modificato e da quello nelle attuali condizioni sarà superiore al costo del denaro
impiegato per la trasformazione, generalmente calcolato in base al saggio medio bancario applicato comunemente alla clientela ordinaria.
Si avrà, infine, in termini “percentuali” un saggio conveniente quando quello ottenibile con l’investimento, vale a dire il rapporto tra la differenza tra il
reddito ordinario di mercato ricavabile dal bene modificato e da quello nelle attuali condizioni e il costo di trasformazione attualizzato, sarà superiore a quello
ottenibile con un investimento ordinario.
Il valore di trasformazione assume, dunque, una notevole importanza nel
caso della valutazione di convenienza per la maggior parte degli investimenti
immobiliari.
2.2.4Criterio di stima: il valore complementare
Criterio n. 4
Il “valore complementare” di un immobile è pari alla differenza tra il valore di mercato di
un immobile complesso e il valore di mercato del complesso medesimo privato di una
sua parte.
La porzione da valutare sarà, dunque, quella sottratta.
Alcuni definiscono il valore complementare come il valore derivante dalla
differenza tra due beni sinergici, vale a dire legati da una relazione di sinergia
economica. Una “sinergia economica”, a sua volta, si può definire come il risultato che si ottiene dalla relazione d’unione tra due o più beni, nel caso di
specie due beni immobiliari o un bene immobiliare intero e una sua parte. Il
risultato che si ottiene dalla relazione d’unione è, infatti, superiore a quello che
si otterrebbe dai singoli elementi della relazione medesima.
Facendo il classico esempio dell’esproprio. Dato un terreno e supposto che
a questo sia sottratta una porzione per esproprio per permettere il passaggio
di una strada, il valore della parte espropriata non sarà certo dato dal valore
di mercato unitario per la superficie della strada, ma essendoci una sinergia
economica o rapporto di complementarietà del terreno nella sua interezza con
la parte sottratta, il valore di quest’ultima sarà ottenuto per differenza, appunto,
tra il valore integro e il valore del terreno a cui è stato sottratta una parte per la
strada. Il terreno destinato a strada e tutto il terreno residuo determinano, infatti, un risultato economico maggiore se considerati come fossero un’unica cosa
rispetto al prenderli in esame come somma delle parti.
Facciamo un altro esempio, si tratta di un caso limite, però efficace ai fini
della chiarificazione del concetto di complementarietà o sinergia economica.
Prendiamo in considerazione un bicchiere di cristallo a calice se da questo
Sinergia economica
tra beni
25
Richiami base degli standard estimativi
Grado di
complementarietà
Applicazione
involontariamente rompiamo per distacco la porzione piedistallo sottostante,
e vogliamo dare a questo un valore, appare evidente che il valore del piedistallo e del calice residuo sarà per entrambi i pezzi poco più che nullo, mentre
il valore che aveva il bicchiere intero era certamente superiore. Ciò è dovuto
al fatto che il calice e il piedistallo hanno un rapporto di complementarietà
che li lega in una relazione di unione: il calice senza il suo piedistallo non può
essere utilizzato e, viceversa, il piedistallo da solo non serve a nulla. Il valore
del piedistallo sarà dunque dato dal valore del bicchiere intero cui si detrae
il valore del bicchiere senza il piedistallo che nel nostro caso è irrisorio. Da
tutto questo se ne deduce che più forte è il rapporto di complementarietà o
grado di complementarietà e maggiore sarà il valore complementare della
parte sottratta al tutto.
Abbiamo così introdotto il concetto del grado di complementarietà.
Il “grado di complementarietà” tra il tutto e la parte sottratta sarà dato dal
rapporto tra il valore complementare determinato secondo la relazione osservata in precedenza e il valore di mercato della porzione che s’intende sottrarre dal
bene nella sua interezza considerata come fosse avulsa dal contesto e, quindi,
priva di relazione d’unione.
Se ne può anche dedurre che, conoscendo dei rapporti di complementarietà
noti, si potrebbe teoricamente ottenere il valore complementare come prodotto
tra il valore di mercato della porzione sottratta scevra da relazioni d’unione e il
grado di complementarietà relativo.
Pertanto, il valore complementare, inteso come valore di un bene o di
una porzione di bene che sottratta da un insieme più complesso determini
un deprezzamento della porzione residuale, si adotterà nei seguenti casi
pratici:
• stima dell’indennità di esproprio parziale;
• stima dei danni in generale;
• stima delle servitù prediali;
• stima dell’indennità di sopraelevazione;
• stima delle opere abusive per l’ampliamento di un edificio esistente;
• stima, in termini più generici, di una porzione sinergica al tutto e a esso sottratta per traslazione della proprietà.
Osservando i casi pratici possiamo dedurne che per determinare il valore di
un bene secondo il criterio della complementarietà è dunque necessario che si
presentino le seguenti condizioni:
• deve esistere la sottrazione forzosa di un bene rispetto a un altro o di una
porzione di bene rispetto al tutto, legati da una relazione d’unione;
• dalla precedente condizione ne deriva di conseguenza che i beni per cui si
procede con la stima non dovranno essere indipendenti tra loro;
• deve esistere una sinergia economica tra il bene sottratto che si intende stimare e quello da cui deriva;
• non è possibile sostituire il bene sottratto con un altro perfettamente equivalente, vale a dire non è possibile una sua reintegrazione completa;
• la parte residua deve avere un valore di mercato ancorché minimo.
26
Capitolo 2 - Percorsi di stima
2.2.5Criterio di stima: il valore di sostituzione
o di surrogazione
Criterio n. 5
Il “valore di sostituzione” o di “surrogazione” di un immobile è pari al valore di mercato
di un immobile che abbia le medesime caratteristiche economiche di quello da stimare.
In questo caso abbiamo un percorso logico che s’imposta direttamente sul
valore di mercato o sul valore di costo e non ha, pertanto, un valore di concetto
derivato da due unità criteriali come accade nei valori di trasformazione e complementare. Nel valore di surrogazione, a essere derivato è, invece, il concetto
di bene immobiliare oggetto della stima, il quale non essendo valutabile direttamente per l’assenza di transazioni assumibili come comparazione o essendo
impossibile stabilirne il reddito o il valore di costo, obbliga a prendere in esame
un altro immobile detto surrogante che abbia il maggior numero possibile di
caratteristiche economiche uguali a quelle del bene in esame e tali da poterlo,
appunto, sostituire nella sua funzione.
Il concetto di surrogazione di un bene economico consiste, infatti, nella sostituzione di tale bene con un altro che ne dispieghi la stessa funzione e utilità
economica, ancorché ne possa essere dissimile per altre caratteristiche.
Dalla definizione del valore di surrogazione ne deriva che, oltre che al valore
di mercato di un bene, potrà anche essere applicato al valore di costo di produzione o di riproduzione.
Questo criterio di stima si utilizzerà, dunque, per quei beni che hanno perso
la loro vocazione funzionale, come possono esserlo: un macchinario vetusto,
uno stabile degradato e fatiscente abbandonato da anni, una chiesa sconsacrata,
un fabbricato industriale in disuso e via dicendo; in questi casi occorre riferirsi
a un bene simile che possa surrogare economicamente l’originale.
In particolare si ricorre al valore di surrogazione per:
• immobili rari in condizioni vicine al monopolio bilaterale e dove non sarà
possibile rilevare prezzi di compravendita;
• per la stima del costo di riproduzione per quegli edifici ormai fuori produzione
a causa delle loro caratteristiche costruttive superate e di antico impianto.
Le condizioni necessarie per applicare il criterio della surrogazione sono:
• l’immobile surrogato deve essere fuori mercato o fuori produzione;
• deve esistere un immobile surrogante che abbia la stessa funzione o utilità;
• dell’immobile surrogante se ne conosce o è possibile stimare il valore di
mercato o di costo.
Applicazione
2.2.6Criterio di stima: il valore di accumulo
dei redditi futuri
Criterio n. 6
Il “valore di accumulo” dei redditi futuri di un immobile è pari al valore dell’attualizzazione
finanziaria di tutti i redditi futuri previsti per quell’immobile.
Comunemente questo criterio è detto di “capitalizzazione”, ragione per la
quale molti autori, peraltro anche gli standard internazionali di stima, prefe27
Richiami base degli standard estimativi
Postulati,
criteri, metodi
Valore di accumulo
Applicazione
28
riscono non considerarlo un criterio per non confonderlo con il metodo omonimo che analizzeremo in seguito. Per non ignorarlo e non confonderlo con
il metodo abbiamo volutamente non definito questo criterio come valore di
capitalizzazione. La capitalizzazione, infatti, intesa come realizzo dei redditi
ricavabili da un bene, corrisponde a un preciso metodo di stima; definire, pertanto, criterio e metodo al medesimo modo e, peraltro, per un concetto analogo
avrebbe potuto ingenerare confusione. Occorre, inoltre, osservare che la rendita da prendere in esame è quella ordinaria, ragione per la quale molti autori di
estimo fanno osservare che il valore di accumulo altro non è che un valore di
mercato dove la valutazione si sposta dal bene immobiliare alla rendita netta
che questo è in grado di produrre.
La formazione del valore immobiliare e anche il mercato relativo, però, seguono logiche diverse dalla formazione del reddito immobiliare (sono concetti
economici posti a diversi livelli di mercato) e, quindi, non è del tutto dimostrabile che vi sia un’equivalenza perfetta tra il valore di mercato di un immobile
e il valore ottenuto capitalizzando i redditi. Almeno, tale equivalenza non si
ha sempre ma soli in alcuni casi specifici. Tornando alla metafora delle porte
immaginate come i criteri di stima, se possiamo scegliere la “porta” dell’accumulo dei redditi potenziali del bene come percorso per arrivare alla sua valutazione, significa che questo rappresenta un criterio e, pertanto, non appare
culturalmente corretto escluderlo dal novero dei postulati economici.
Abbiamo, infatti, detto in precedenza, che i “postulati” sono raffigurabili
come l’ambiente dell’estimo entro cui il perito è tenuto a muoversi e che conservano valore nella loro totalità e contemporaneità. I “criteri” sono stati da noi
definiti come dei percorsi tra loro alternativi, che, quindi, consentono libertà di
scelta al perito e che assumono validità cogente, solo dopo il compimento della
scelta medesima. I “metodi”, infine, rappresentano il sostanziamento quantitativo della stima attraverso il calcolo diretto della misura rappresentativa del
valore più probabile.
La capitalizzazione esprime, dunque, un concetto di operazione matematica
che aderisce più alla nostra definizione di metodo piuttosto che di criterio, per
questa ragione accostare al termine valore – inteso come criterio – quello di
capitalizzazione anziché di accumulo potrebbe determinare con tutta evidenza
una confusione didattica.
Concludendo: se la capitalizzazione è solo un metodo, come peraltro afferma una buona parte della scuola estimativa e come stabiliscono gli standard
internazionali di valutazione, non rientra sicuramente tra i criteri di stima e il
problema non si pone. D’altra parte, invece, se la capitalizzazione, intesa come
accumulo all’attualità dei futuri redditi netti è anche un criterio di stima, come
abbiamo prima sottolineato, poiché esiste la possibilità di scegliere questo percorso per arrivare a un valore, sarà necessario compiere questa distinzione lessicale tra: metodo della capitalizzazione e criterio del valore di accumulo.
In particolare si ricorre al valore di accumulo quando:
• immobili o beni economici per i quali si conosce solamente il loro reddito;
• valutazioni patrimoniali aziendali.
Capitolo 2 - Percorsi di stima
2.3 METODI DI STIMA
I metodi di stima discendono tutti dai paradigmi fondamentali dell’estimo,
cioè dalla constatazione che il bene immobiliare è unico e per potergli dare il
valore che coinciderà, solo probabilmente, con il suo prezzo reale sul mercato,
occorre comparare l’immobile oggetto di stima con immobili simili. Questo
sarà possibile, verosimilmente, redigendo una lista di caratteristiche generali
degli immobili che si ritengono possano incidere, appunto, sul valore, e verificare quanto si distanzi l’immobile oggetto di stima rispetto a quello o quelli
di cui si conosce, invece, il prezzo. Quando il confronto è possibile farlo direttamente tra gli immobili, avremo un metodo diretto, diversamente si dirà
indiretto.
Si dirà, quindi, che il metodo prescelto per la stima è “diretto” quando è,
appunto, possibile rilevare un idoneo campione d’immobili simili a quello oggetto di stima di prezzo noto e al quale comparare, dunque, il nostro immobile di prezzo ignoto. Ogni qualvolta, invece, questo confronto non è possibile
perché non si dispone, per la tipologia del bene oggetto di stima, di dati reali
del mercato su cui costruire la comparazione, si dovrà ricorrere a forme di
mercato dove tale confronto diventa, invece, possibile; questi metodi, proprio
per questo motivo, si dicono “indiretti”, perché la comparazione non avviene
in maniera immediata.
Occorre comunque precisare che anche per questi metodi indiretti il paradigma fondamentale dell’analogia comparativa rimane tale, il perito estimatore
sposta semplicemente l’attenzione dal segmento di mercato reale d’interesse,
su cui fare il confronto diretto, ad altri parametri quali, ad esempio, il saggio di
capitalizzazione o l’analisi dei fattori produttivi che non rappresentano certo il
mercato immobiliare in modo diretto.
Per esaminare nel dettaglio i metodi diretti e indiretti occorre pensare alla
formazione del valore di un immobile. Quando è possibile esaminare la predetta formazione a prezzi noti del mercato saremo in una stima diretta in caso
diverso in una stima indiretta.
Le “stime dirette”, vale a dire quelle riconducibili all’approccio di mercato
diretto detto Market Approach o brevemente MA, possono essere classificate
in base al numero dei parametri di comparazione presi in considerazione o
anche in base alla procedura.
In base ai parametri presi in esame avremo, quindi, stime “monoparametriche” quando il confronto tra il bene oggetto di stima e quello o quelli di prezzo
noto avviene sulla base di un unica caratteristica e tale parametro, nella maggior
parte dei casi, coincide con la superficie. Diversamente, quando il confronto avviene per più caratteristiche o parametri la stima si dirà “pluriparametrica”.
In base alla procedura, invece, stime “deterministiche” quando la procedura
seguita porterà, appunto, a determinare un unico valore probabile per il bene
oggetto di stima. Avremo stime “probabilistiche” quando anziché un valore si
ricaverà una funzione di valore, cioè un modello statistico in grado di prevedere
il valore di qualsiasi bene omogeneo a quello oggetto di stima.
Le stime deterministiche sono preferibili quando si dispone di dati in numero ridotto, ma tutti estremamente affidabili per il tipo di fonte da cui sono stati
Stime dirette
e indirette
Stima diretta MA
29
Richiami base degli standard estimativi
Stima indiretta CA
30
ricavati. Tuttavia occorre osservare che questo tipo di stime è valido solo per il
caso specifico di studio e non permette, dunque, di stimare l’eventuale errore
di valutazione.
Le stime probabilistiche, invece, si utilizzano preferibilmente quando si dispone di un campione di dati adeguatamente numeroso non necessariamente
preciso, ma semplicemente attendibile, attraverso il quale è possibile costruire
la curva del valore. Nelle stime probabilistiche è, dunque, possibile valutare
l’errore di valutazione e i risultati sono estendibili all’intero mercato.
Nel caso in cui il confronto non sia possibile per la mancanza di dati disponibili o la qualità sia completamente insufficiente occorre abbandonare il metodo
diretto, detto anche sintetico-comparativo poiché non potremo più arrivare a un
valore di stima attraverso un meccanismo di comparazione con dei valori noti.
Il primo dei metodi indiretti è definito come Cost Approach o brevemente
CA. Il Coast Approach deriva dal principio di sostituzione secondo il quale
un qualsiasi compratore non è disposto a pagare per un immobile una somma
maggiore del “costo complessivo” di tutti i fattori che concorrono alla formazione del valore di un immobile che presenta la stessa “utilità funzionale” di
quello preso in esame.
La difficoltà del principio sta nella definizione di cosa sia realmente il costo
complessivo e come si possa concretamente rendere l’utilità funzionale omogenea. Dovremo, quindi, procedere alla valutazione del costo complessivo di ricostruzione facendo rientrare in questo tutte le componenti che intervengono nella
produzione, ivi compresi gli oneri professionali, fiscali e amministrativi, nonché
l’utile che ne può derivare dall’iniziativa immobiliare; a questo costo andrà poi
aggiunto il costo dell’area. Una volta determinati i due addendi occorrerà inquadrare la componente residuale di formazione del bene immobiliare attraverso un
meccanismo di deprezzamento del bene oggetto di stima, in modo da portare
temporalmente le caratteristiche intrinseche dello stesso alla reale condizione
estetica e funzionale che esse possiedono. Si dovrà, infine, valutare la redditualità
della zona omogenea ove si trova il bene oggetto di stima. Le difficoltà si spostano, dunque, dalla valutazione del bene immobiliare a quella dell’area edificabile,
per la quale in linea teorica servirebbe conoscere il valore di mercato del bene
immobiliare, innestando un cortocircuito estimativo o la necessità di avere dei
dati affidabili e aggiornati del mercato delle aree ben difficilmente reperibili nella
realtà. Le difficoltà, poi, si hanno anche nella quantificazione dell’utile derivante
dall’iniziativa immobiliare, anche in questo caso i dati non abbondano. Infine,
anche gli indici di redditualità sono inesistenti nella realtà immobiliare italiana
ancorché si possa determinarli attraverso calcoli deduttivi.
Se anche il metodo indiretto dei costi presenta delle difficoltà per il reperimento dei dati occorrerà procedere alla stima attraverso un ragionamento analitico-deduttivo, giacché si perviene appunto a formulare un possibile valore per
ragionamento e deduzione.
Qualora in un mercato immobiliare non esistano immobili simili a quello
oggetto di stima per i quali sia stato fissato recentemente un prezzo in una
transazione reale o le tabelle dei valori unitari siano poco aggiornate o, peggio,
non troppo affidabili perché generiche e per segmenti di mercato troppo ampi
o poco omogenei, non è possibile procedere attraverso la comparazione diretta,
Capitolo 2 - Percorsi di stima
oppure non facile determinare il valore delle aree edificabili o l’indice di redditualità, occorre compiere un’astrazione metodologica e stabilire che il valore
di un immobile per il quale non è possibile accedere a dati del mercato reale e
su questi fissarne il valore, è anche dato dall’accumulo iniziale di tutti i redditi
che questo può produrre nel tempo o in un certo tempo.
Si tratta di un principio senz’altro intuitivo, giacché un acquirente non sarà
mai disposto a pagare un prezzo superiore a quanto questo immobile potrà
rendergli. Tuttavia, oltre a rappresentare più un concetto economico che estimativo, è anche un principio che presenta dei limiti deduttivi, in primo luogo
perché il mercato dei redditi legati a un immobile è ben diverso dal mercato
degli immobili medesimi.
Mercato della proprietà e mercato del reddito di un immobile seguono, infatti, logiche diverse e sono evidentemente condizionati da fattori differenti.
Appartengono, infatti, a due diversi livelli di mercato. Assimilarli rappresenta
senz’altro una semplificazione, a volte anche grossolana. In secondo luogo,
non è assolutamente vero che nell’acquistare un immobile l’acquirente speri
di realizzare l’esborso, cioè pagare un prezzo pari al reddito riacavabile, al più
questo può essere vero per l’acquisto della propria casa, mentre le dinamiche di
acquisto sono legate in realtà a meccanismi di potenzialità di utile ben più alte
che un possibile pareggio.
Il secondo dei metodi indiretti è definito come Income Approach o brevemente IA. Il metodo consiste, al di là dei limiti appena osservati, in un valido
approccio alla stima quando non si dispone di dati del mercato degli immobili
e si procede, quindi, per accumulo all’attualità dei redditi ricavabili dal bene.
Tuttavia occorre osservare che un aspetto comparativo esiste anche utilizzando
questo metodo indiretto, giacché per determinare il “saggio di capitalizzazione” (o anche il saggio finanziario) occorrerà comunque fare delle comparazioni
tra i saggi disponibili e quello incognito da utilizzare nella capitalizzazione.
L’approccio per capitalizzazione alla stima è richiamato da tutti i testi e
studiosi di estimo, tuttavia, c‘è una certa reticenza circa la precisazione di un
metodo razionale e pratico per quantificare con adeguata precisione il tasso di
capitalizzazione; vanificando, così, l’immediatezza del metodo e la sua utilità
per molti beni non classificabili nelle tipologie comuni. Il tasso di capitalizzazione, del resto, incide in maniera rilevante sul valore di stima conseguente
e, pertanto, non può essere liquidato con una generica e indefinita variabile.
Variabile peraltro ampiamente confondibile col comune tasso d’interesse, che
è ben altra cosa.
Il metodo per capitalizzazione del reddito prevede la trasformazione del
flusso di cassa dato dal reddito percepibile da un bene immobile in un valore
capitale, appunto, attraverso il tasso di capitalizzazione.
I procedimenti classici dell’approccio per capitalizzazione del reddito possono
essere di tre tipi:
• la “capitalizzazione diretta” o direct capitalization, quando si converte il
reddito in maniera immediata dividendo il reddito – netto o lordo – per il
tasso di capitalizzazione oppure – ancorché in Italia sia un uso piuttosto
raro – moltiplicando il reddito per un coefficiente detto Gross Rent Multipler
o semplicemente GRM il quale rappresenta il numero massimo di volte di
Stima indiretta IA
31
Richiami base degli standard estimativi
ripetizione del reddito per il quale il loro valore complessivo si mantiene al
di sotto del valore dell’immobile;
• la yeld capitalization, la quale prende in considerazione i redditi attesi da un
immobile in un preciso periodo di tempo definito come il periodo di concreta erogazione di benefici monetari;
• la “analisi del flusso di cassa scontato” o Discounted Cash Flow Analysis o
DCFA, che considera, invece, la serie di tutti i costi e tutti i ricavi dal momento
dell’acquisto a quello della successiva vendita del bene immobiliare da valutare, inserendo tra i ricavi anche la previsione di un valore di mercato finale.
Simulazione
del mercato
Quando si debba, invece, procedere alla valutazione di un bene non ben identificato dal mercato e che consista in un semplice vantaggio o danno derivante
da un’azione antropica, nessuno dei metodi diretti o indiretti potrà essere adottato dall’estimatore per giungere alla formulazione di un giudizio di valore. In
questo caso si ricorre alla simulazione integrale di un mercato nel quale i dati
saranno ricavati da campioni statistici di potenziali fruitori di quel mercato che
saranno opportunamente intervistati al fine di esternare dati monetari virtuali.
Questo tipo di valutazione si utilizza, dunque, per i beni senza mercato, generalmente quelli pubblici, ed è comunemente definita contingente, giacché basata
sull’elicitazione di un rapporto economico virtuale con un bene economico – positivo o negativo – derivante da un cambiamento potenzialmente in atto.
Ai procedimenti o metodi di stima si ricorre gradualmente, come scelta quasi
obbligata, man mano che i dati reali di mercato disponibili e di qualità costante
vanno rarefacendosi sino a scomparire del tutto nel caso del “macro-estimo”.
2.4 RICERCA DEL TASSO DI CAPITALIZZAZIONE
Impiego del
capitale immobiliare
Tasso di
capitalizzazione
32
Nella DCFA si utilizza un tasso d’interesse particolare poiché il metodo è
legato essenzialmente alla valutazione degli investimenti. Tale tasso è però da
utilizzarsi solo in questo caso, perché una delle caratteristiche fondamentali della
matematica finanziaria è di stabilire uno specifico tasso per ogni tipo di applicazione. Così, anche se quando si parli di tasso d’interesse si utilizza sempre
la medesima espressione e questo s’indichi sempre con la lettera r, senza alcun
indice particolare, il valore numerico cui si perviene nello stabilirne il corrispondente valore dipende esclusivamente nell’ambito nel quale è utilizzato. Avremo,
pertanto, un saggio d’interesse per ogni operazione finanziaria: un saggio per la
valutazione degli investimenti, un saggio per la capitalizzazione dei redditi e via
dicendo. In ogni operazione estimativa orientata al reddito, dunque, dove entra
in gioco il tasso d’interesse per il calcolo del valore dell’immobile andrà stabilito
quale tipo di tasso applicare e come procedere alla sua determinazione.
Per la capitalizzazione diretta dei redditi o, anche per la yield capitalization
(che è un tipo particolare di capitalizzazione) il tasso da utilizzare sarà pertanto
quello detto, appunto, di “capitalizzazione”. Questo particolare tasso non sarà,
pertanto, mai da confondersi con altri tipi e, in particolare, non andrà mai confuso con il tasso d’interesse relativo a una qualsiasi operazione finanziaria. Nel
campo estimativo, pertanto, il tasso di capitalizzazione esprime il prezzo d’uso
Capitolo 2 - Percorsi di stima
nel periodo di riferimento del capitale immobiliare, cioè risparmio investito
nell’acquisto di beni economici durevoli, a utilità ripetuta e con bassissima
liquidità. Il tasso d’interesse, diversamente, rappresenta – nella maggior parte
dei casi – il prezzo d’uso di un capitale indifferenziato riferito sempre a uno
specifico periodo, ma su base monetaria caratterizzata da media o alta liquidità.
Definizione di tasso di capitalizzazione
Si definisce “tasso di capitalizzazione” il saggio medio d’interesse sul capitale che manifesta nel lunghissimo periodo per il quale la liquidità dell’investimento è prossima a un
valore nullo.
Da tale considerazione si rileva con immediatezza la difficoltà di determinazione del tasso di capitalizzazione poiché si tratta di un calcolo essenzialmente
probabilistico in merito alla valutazione del tasso medio predetto. La considerazione c’illumina anche sul fatto che il tasso di capitalizzazione da utilizzarsi nella direct capitalization e quello, invece, della yield capitalization non potranno
avere lo stesso valore, proprio perché la liquidità del primo è indefinita e rivolta
a un tempo infinito nel quale c’è solo la certezza del reddito puro, mentre nel
secondo si ha un reddito temporaneo con una liquidità a medio periodo. Secondo
le definizioni date di tasso di capitalizzazione e d’interesse, dunque, nella yield
capitalization dovremmo trovarci in una situazione di tasso d’interesse.
Tuttavia questo è sempre derivato da una lettura della realtà ed è ancorato a
situazioni contrattuali ordinariamente vigenti sul mercato, mentre nel caso di
specie si tratta pur sempre di una previsione probabilistica media riferita a un
preciso periodo. Ragione per cui è preferibile definire, anche in questo caso,
il tasso come di capitalizzazione. I due valori, tuttavia, saranno diversi per cui
è conveniente definire un “tasso di capitalizzazione generico” da utilizzarsi
nella direct capitalization e un “tasso di capitalizzazione specifico o atteso”, da
utilizzarsi nella yield capitalization.
Possiamo, quindi, affermare che il tasso di capitalizzazione non è una grandezza naturale misurabile direttamente sul mercato come può esserla in tasso
d’interesse di un’operazione finanziaria, ma si tratta una grandezza probabilistica e, quindi, come tale è oggetto di valutazione.
Natura probabilistica
del tasso
2.4.1Metodo elementare di calcolo del tasso
di capitalizzazione
Un modo elementare di calcolo del tasso di capitalizzazione generico è dato
dal rapporto tra il reddito netto e il prezzo di mercato di un immobile, dove il
primo appartiene al segmento di mercato degli affitti, il secondo a quello delle
compravendite. Il problema è circolare giacché il valore di mercato è quello da
determinare attraverso lo stesso tasso, per cui con una doppia incognita non è
possibile venirne fuori.
Si ovvia al problema stabilendo il tasso medio per la microzona ove è situato
il bene da stimare, individuando, quindi due insiemi di confronto: uno d’immobili con canone di locazione noto e un altro, invece, d’immobili con prezzo
di compravendita noto. Con un numero adeguato di dati, almeno una trentina
Costruzione
del rapporto
33
Richiami base degli standard estimativi
di osservazioni, è possibile determinare il canone medio e il valore medio da
porre in relazione per stabilire il tasso medio di capitalizzazione. Nel caso i dati
disponibili siano meno della trentina occorre utilizzare la variabile t di Student.
2.4.2Metodo di ricerca remota del tasso
di capitalizzazione
Scelta e rilevazione
dei parametri
Il “metodo di ricerca remota” del tasso di capitalizzazione generico permette
di pervenire a un dato affidabile considerando le differenze di alcuni parametri,
scelti ad hoc tra l’immobile da valutare e un insieme di confronto rilevato sul
mercato, dove per ogni osservazione del campione si è in grado di conoscere
prezzo e canone di locazione.
Il metodo riprende, quindi, la comparazione di mercato tramite “aggiustamenti” dei canoni e dei prezzi rilevati. I parametri utilizzati sono principalmente: la localizzazione (Lo), la destinazione (De), la tipologia immobiliare (Ti) e
la dimensione (Sc).
In pratica si costruisce la Tab. 2.1:
Parametro
Reddito/prezzo
Localizzazione
Destinazione
Tipologia
Dimensione
Comparables c
Subject
Reddito
Prezzo
x
rc
pc
—
Los
Des
Tis
Scs
Loc
Dec
Tic
Scc
Tab. 2.1 Dati dei segmenti di mercato comparabili e da stimare
Aggiustamento
dei parametri
I vari aggiustamenti sono sempre riferiti ai redditi e ai prezzi unitari e sono
espressi come percentuale con il segno positivo o negativo in base a come incidono rispettivamente su reddito e prezzo.
Per stimare l’aggiustamento di un parametro occorre stabilire la percentuale
di differenziazione tra il prezzo unitario del comparabile e quello del prezzo unitario dell’immobile da valutare, posti uguali tutti gli altri. Per procedere in questa direzione, non essendo disponibile prezzo e canone di locazione del bene da
stimare occorre rifarsi ad altre informazioni riferite ai parametri quali: i rapporti
mercantili, le quotazioni dei prezzi e dei canoni di locazione. Per i comparabili si
possono rilevare, invece, tutte le informazioni, come da Tab. 2.2.
Aggiustamento
Reddito unitario
Prezzo unitario
Localizzazione
Destinazione
Tipologia
Dimensione
Loc
%
Dec
%
Tic
%
Scc
Los
Des
%
Tis
%
Scs
%
Tab. 2.2 Aggiustamenti percentuali parametri
34
%
%
Capitolo 2 - Percorsi di stima
Il reddito unitario di ogni comparabile è corretto tramite i rispettivi aggiustamenti per giungere al reddito unitario corretto ruc con la seguente relazione:
Reddito
unitario corretto
ruc = rc [1+%Loc ( Los − Loc )+%Dec ( Des − Dec )+%Ti c (Ti s − Ti c )+%Scc ( Scs − Scc )]
%
Stessa correzione
la soperiamo
prezzo
p uc = p c ⎡⎣1+ % Lo
Deil
+ %Ti s (Ti s determinando
− Tic ) + % Scs ( Scs − così,
Scc )⎤⎦ il prez( Los − Loc ) +per
s ( De
s − Dec )unitario
%
%
%
%
r
=
r
1+
Lo
Lo
−
Lo
+
De
De
−
De
+
Ti
Ti
−
Ti
+
Sc
Sc
(
)
(
)
(
)
(
zo unitario
pucs : c
uc
c [corretto
c
c
s
c
c
s
c
c
s − Scc )]
Prezzo unitario
corretto
r
ruc
%
%
tc =)%+%cDe; ( De
tuc =− De
r
=
r
1+
+%TiTic (Ti
% Loc ( Los − Lo
[
⎡
⎤ c )]
uc
c
c
c
s
s − Ti c%)+ Scc ( Scs − Sc
p uc = p c ⎣1+ Los ( Los − Loc ) + De
p cs ( Des − Depc uc
) +c%)Ti
s ( s − Ti c ) + Scs ( Scs − Scc )⎦
tg = tuc − tc
%
%
p uc =l’aggiustamento
p c ⎡⎣1+ % Los ( Los − Lo
(Tis − Tic ) + %Scs ( Scs − Scc )⎤⎦
Eseguendo
anche
saggi
c ) + De
s − De
c ) + Ti sche:
rc suis ( De
rucavremo
tc =
; tuc =
pc n
p uc
1 r
ruc
tμg =t t=
−ctcxi ;=t3, 68
uc ∑
c n
uc =
pi=1c
p uc
Tasso generico
corretto
tg = tuc − tc
n
1 n 1 n
μ∞ =
x
±
K
=
3,
68
±
Ki
∑
= i xi i =totale
3, 68in∑
nμ i=1
Dove tg rappresenta l’aggiustamento
termini di tasso.
i=1
n
∑
i=1 n
1
∑
μ=n
xi = 3, 68n
2.4.3Metodo della media
q n−1aritmetica
q n−1 valutazioni del
n ∗
i=1
V
=
V
→
imm 1 red
n
tasso di capitalizzazione
rq
rqn
μ∞
∑x ± K
=
i
i
= 3, 68 ± ∑ K i
n i=1 n generico rappresenta
Se il tasso di capitalizzazione
i=1 n il tasso medio d’interes1
se riscontrabile nel
tempo
dal
momento
attuale
all’infinito
1 ±K
=− Loc )+%xDe
K ed%essendoci, quinr −1 = 3, 68% ±
ruc = rc [1+%Locμ( Lo
i=
c ( Deis − Dec )+ Ti c (Ti s − iTi c )+ Scc ( Scs − Scc )]
di, un numero
enorme∞es indefinito
di
osservazioni
possiamo
considerare tale
n i=1 nr
n i=1
−1
−1
q
q
valore come “normale”
il→
calcolo andando indietro nel tempo
Vimm =anche
Vred ∗eseguendo
n
%
rqs (nTiè spossibile
e dove i dati
lac )quale
p uc = sono
p c ⎡⎣1+ %disponibili.
Los ( Los − Loc )Ragione
+ rq
Des ( Deper
−
De
+ %Ti
− Tic ) + % Scsdeterminare
( Scs − Scc )⎤⎦ il
s
n
n
q −1
q −1 aritmetica di tutte le
“tasso medio di capitalizzazione” determinando
la media
V = Vred ∗
→
n
valutazioni disponibiliimm
del tasso d’interesse
a tre, seirq
e ndodici mesi per tutta la
rq
1r γ−1+Vpδr+Vpε +Vpη
VpT = Vpα +Vpβ +Vp
serie dei dati disponibili.
tc = c= r ; tuc = uc
rp
La serie dei dati disponibili dovrebbe
essere plocalizzata
nell’area ove è posto
c
uc
1
−1
il bene da stimare,
simulando
un
calcolo
esemplificativo
α
+Vp
β
+
Vp
γ
+
Vp
δ
+Vp
ε
+Vp
η a livello nazionale
Vp
t
=
t
−
t
VpT
g
uc =cr
=
r
V
tramite l’osservazione della serie storicaVavremo presumibilmente:
∑
∑
Ricerca del
tasso medio
pT = α + β + γ + δ + ε + η
Vpα +Vpβ +Vp
1 nγ +Vpδ +Vpε +Vpη
μ=
∑ xi = 3, 68
n
n
−n
i=1 −i ⎤
⎡
VpT =
∑
−C
f =α +Vp
i)∗q
f
⎣( Ri β
⎦ +Vnδ∗ q
VpT = VVp
+Vp
γf +Vp
+Vp
ε +Vpη
β + Vpγ + Vpδ +Vpε +Vpη
Vpα +Vp
VpT
i=1
=
n
n
V
di partenza
3,68% rappresenta
il valore medio
della
Il valore
rendita percenV
1
μVp
=
x
±
K
=
3,
68
±
K
tuale su un capitale
indisponibile
per
un
tempo
indefinito
e
per
∞ α +Vpβi + Vp
i γ + Vpδ +Vpε
i +Vpη condizioni di
VpT
pT
=
α
+
β
+
γ
+
δ
+
ε
+
η
n
=
i=1
i=1
mercato ordinarie
V rispetto alla media nazionale poiché la nostra simulazione è
V
stata eseguita su una serie storica nazionale.
∑
∑
pT = α + βn + γ + δ +n ε + η
q −1
qn −1
Vf V=imm∑=⎡⎣V
+Vn ∗ q−n
( Rredi −∗ Ci ) ∗n q−if ⎤⎦→
f
rq
rqn
i=1
Vf
n
=
∑⎡⎣( R −1C ) ∗ q
i
i=1
i
r
= r −1
−i
f
⎤ +Vn ∗ q−n
f
⎦
35
Richiami base degli standard estimativi
Relazione inversa
tra tasso e valore
Questo valore potrà essere, pertanto, opportunamente adeguato alle reali
condizioni di mercato locali tramite la comparazione delle caratteristiche d’incidenza sull’andamento dei tassi d’interesse che tendenzialmente sono previste
nel tempo. Per un calcolo preciso delle tendenze reali andrebbero preso in esame un periodo pari al valore derivante dal calcolo del GRM.
Essendo un tasso medio futuro per un tempo infinito, a valori duraturi più
bassi corrisponderà, in termini generali e di ordinarietà, una maggiore stabilità
economica e finanziaria per cui il valore del bene da stimare dovrebbe aumentare, mentre, al contrario, per tassi elevati si avranno probabili turbolenze
economiche e alta volatilità dei mercati cui corrisponderanno valori più bassi
del bene oggetto di valutazione. Ragione per la quale, per ogni caratteristica
economica d’influenza del tasso d’interesse prevista che abbia valenza positiva
corrisponderà una diminuzione
dello
stesso e, viceversa,
per% ogni caratteristica
%
%
%
uc = rc [1+ Loc ( Los − Loc )+ Dec ( Des − Dec )+ Ti c (Ti s − Ti c )+ Scc ( Scs − Scc )]
negativa un raumento.
Questa particolare caratteristica del tasso di capitalizzazione generico, per
%
%
p uc = p c ⎡⎣alti
1+ % Lo
Desvalore
Tic ) + %da
Scs (stimare
Scs − Scc )⎤⎦ e vicela quale a valori
corrisponde
( Des − Debasso
(Tis −bene
s ( Los − Loc ) + un
c ) + Ti sdel
versa, costituisce un altro aspetto rivelatore della particolare natura di questo
parametro che, contrariamente a quanto suggerirebbe la ragione economica
r
ruc
= cuna
; tpercentuale
che intuitivamente si percepiscetcper
quale è il tasso (o, meglio,
uc =
pc
p uc
il saggio se espressa in tali termini),
per valori
più alti determina una stima
tuc −tutto
tc evidente poiché il tasso essendo, in
minore. Del resto la circostanzatg è=del
questo caso, il denominatore dell’operazione di capitalizzazione, vale a dire il
divisore, è ovvio che per numeri più alti, ancorché sempre e comunque sotto
n
l’unità, il dividendo (reddito netto)1sarà frazionato maggiormente.
μ=
xi = 3, 68
∑
Il tasso di capitalizzazione genericon sii=1calcolerà,
pertanto:
μ∞
Fattore di
accumulo
36
=
n
1 n
xi ± K i = 3, 68 ± ∑ K i
∑
n i=1
i=1
n
Il prof. Carlo Forte già dal lontano q1968
che il saggio di ca−1 aveva individuato
qn −1
V
=
V
∗
→
imm
red
n
n
pitalizzazione urbano poteva variarerqentro il limiterqdi 4 punti d’intervallo: dal
3% minimo al 7% massimo, per un valore medio del 5%. Nel 1974 egli rivide
le sue argomentazioni e l’intervallo si ridusse al 2% come valore minimo, per
1 −1
= r un valore medio del 4% (Tab. 2.3).
arrivare al 6% di massimo e, quindi, per
r
Il calcolo del valore medio con un intervallo di confidenza, ancorché non
fosse chiaramente esplicitato, era già un’intuizione dell’illustre studioso.
Riprendendo l’impostazione del prof. Forte avremo che i possibili fattori k
potranno essere analiticamente valutati in base alle diverse teorie economiche
= Vpα
β +Vpγ +Vp
δ +Vpεcon
+Vp
η
dell’interesse. Ci VpT
saranno
di +Vp
conseguenza
dei fattori
influenza
ascendente
del tasso (e abbassamento conseguente del valore dell’immobile) e altri con
influenza discendente.
LaVp
varianza
potrà
dunque
essere di due punti
α +Vpβmassima
+ Vpγ + Vp
δ +Vp
ε +Vpη
VpT
= o in detrazione al valore medio determinato.
percentuali in aggiunta
V
V
Prima di passare all’ultimo metodo di determinazione del tasso di capitalizpT
=
α
+
β
+
γ
+
δ
+
ε
+
η
zazione è opportuno fare un’analisi circa il comportamento del fattore di ac-
Vf
n
=
∑⎡⎣( R − C ) ∗ q
i
i=1
i
−i
f
⎤ +Vn ∗ q−n
f
⎦
Capitolo 2 - Percorsi di stima
INFLUENZE ASCENDENTI
+% INFLUENZE DISCENDENTI
Teoria dell’interesse
Interesse come premio per il rischio
K a1 Interventi presumibili di manu- 0,10 Kd1 Destinazioni particolari che conferitenzione ordinaria e st raordinaria a
scono maggiore sicurezza di locazione
scadenza non immediata, non deter(esempio: scuole, alberghi, edifici per lo
minabili nella stima dei redditi futuri.
spettacolo o industriali, negozi e botteghe).
Precario grado di finimento, stato di
inefficienza dei servizi, soluzioni tecnologiche superate e situazioni strutturali
e statiche non sicure.
Ka2 Alee d’inesigibilità conseguenti al 0,10 Kd2 Utilizzazioni particolari non richiedenti
tipo settoriale d’insediamento, d’ipoeccessivi oneri di manutenzione e per le
tetica determinazione nella stima dei
quali quindi le incertezze connesse alle
redditi futuri.
quote per spese di manutenzione, che si
detraggono dai redditi lordi, sono minime
(esempio: garage, depositi, studi, ecc.).
Ka3 Probabilità di perequazioni fiscali 0,05 Kd3 Previsione realizzazioni infrastrutturali
con conseguenti maggiori oneri fiscali
o di attrezzature sociali (strade, fogne,
ipotizzabili. Prossimità di scadenza
scuole, mercati, ecc.) capaci di conferidel regime di esenzione temporanea.
re nel futuro una migliore qualificazione
ambientale.
0,05
Ka4 Previsione di probabili espropri
Ka5 Previsione di peggioramenti am- 0,10
bientali (per effetto di presumibili nuove
costruzioni latistanti, per future localizzazioni industriali finitime, ecc.).
Ka6 Esistenza di rischi tecnici dei capi- 0,10
tali non assicurabili.
Ka7 Notevole «età» dell’edificio.
0,10
Teoria dell’interesse
Interesse come premio propensione al
risparmio
Kd4 Propensione al risparmio, evidenziata
anche dai conseguenti aumenti dei valori
dei titoli di Stato
Teoria dell’interesse
Interesse come premio produttività del
capitale
Ka8 Esistenza di esenzioni o di partico- 0,05 Kd5 Costi di produzione in aumento.
lari agevolazioni sull’imposta di registro
Kd6 Tendenza al ribasso del saggio di profitto nel settore produttivo industria edilizia,
constatabile anche dal ribasso delle azioni
od obbligazioni delle società immobiliari.
Kd7 Particolari pregi architettonici o artistici
dell’edificio o della singola unità. Evoluto
grado di finimento.
Kd8 Dimensioni maggiori in relazione ai moduli ordinari (per le superficie utile = S > 80
÷ 140 m2, per le botteghe S > 18 ÷ 25 m2)
–%
0,10
0,05
0,05
0,05
0,05
0,05
0,10
0,15
(continua)
37
Richiami base degli standard estimativi
(segue)
K d9 Altezza straordinaria degli ambienti 0,05
(per le abitazioni h > 3,3 m, per le botteghe
h >3,60 m, per gli uffici h > 3,00 m, ecc.).
Kd10 Soluzioni compositive unifamiliari. Spazi 0,25
ed accessori disponibili (ville con giardini,
parchi, case di villeggiatura, ecc.).
Teoria dell’interesse
Interesse come premio scarsa disponibilità capitali
Ka9 Difficoltà di locazione con conseguen- 0,10 Kd11 Politica urbanistica o circostanze eco- 0,05
ti alee di sfitto non determinabili nella stinomiche locali agenti nel senso limitativo
ma dei redditi futuri. Questa circostanza,
dell’espansione e della produzione edilizia.
derivante dall’ «abbondanza» di capitali
A queste situazioni consegue un aumento
(e quindi, indirettamente, anche dai rischi
del prezzo di mercato non proporzionale a
economici dei redditi), porta ad un minore
quello d’aumento del prezzo d’uso.
apprezzamento dell’immobile, e, quindi,
ad un aumento del saggio.
Teoria dell’interesse
Interesse come premio per l’attesa di
futuri benefici
Ka10 Particolari redditività superordina- 0,10 Kd12 Esistenza, o presumibili permanenze 0,15
rie, di durata non esattamente preveper l’unità immobiliare oggetto di stima di
dibile, assunte, nonostante la extraoreventuali regimi vincolistici delle locazioni.
dinarietà, come entità da capitalizzare.
In questa circostanza, per la conseguente
contingente scarsa redditività, dovranno
capitalizzarsi i redditi «vincolati» (senza
procedere alle «aggiunte» al valore capitale) a un saggio minore a compenso
dei benefici futuri prevedibili, sia pure in
un’epoca non determinabile, conseguenti
allo sblocco delle locazioni.
Ka11 Esistenza, per breve tempo ulte- 0,15 Kd13 Previsioni di migliorie infrastrutturali o 0,05
riore, di esenzioni fiscali.
ambientali nella zona.
K d14 Suscettività economica e legale di 0,15
trasformazioni future, anche se in epoche
non esattamente prevedibili (spazi finitimi
destinabili ad ulteriori edificazioni, lastrici
sopraelevabili, ecc.).
Teoria dell’interesse
Interesse come preferenza temporale
Ka12 Ubicazioni periferiche o in quartieri 0,40 Kd15 Ubicazioni centrali o in zone o località 0,30
popolari. La produzione edilizia potrà,
dotate di particolare idoneità insediativa.
infatti, nelle città, rivolgersi prevalentemente ad aree periferiche, essendo
i centri urbani già da tempo saturi: si
genera quindi concorrenzialità, sul
mercato, risultandone, per il prevedibile
aumento della offerta, o diminuzioni dei
prezzi di mercato o rallentamento delle
operazioni di compravendita. Contemporaneamente, il mercato locativo
rimarrà invece sempre vivace, essendo
sollecitato dalla massa di inurbati e
dall’espansione demografica.
(continua)
38
Capitolo 2 - Percorsi di stima
(segue)
K a13 articolari negative caratteristi- 0,20 Kd16 Destinazione o ordinaria destinabili- 0,30
che intrinseche (situazioni ambientali
tà ad usi commerciali (negozi, botteghe,
poco igieniche, scarsa luminosità,
ammezzati per studi professionali, ecc.)
prospicienza su spazi interni, manper unità immobiliari site in zone urbane
canze di idoneità insediativa) che
centrali. La produzione di unità immobihanno maggiori riflessi negativi sul
liari di questo tipo, e quindi la loro offerta
prezzo di mercato che non sul prezzo
sul mercato, sarà sempre inferiore a
d’uso.
quella delle unità residenziali: oltre che
per effetti collegabili alla «rarità» dei capitali, la domanda di questi beni prevarrà
sempre sull’offerta con conseguente
«commerciabilità» più sicura.
Ka14 Ubicazione dell’immobile da sti- 0,10 K d17 Disponibilità di spazi circostanti, 0,05
mare in piccoli centri urbani (nei quali
pubblici o privati, utilizzabili per parchegil mercato è certamente meno vivace).
gi. Vicinanza ad attrezzature collettive
necessarie alla vita (scuole, mercati,
chiese, stazioni ferroviarie relativamente
agli edifici industriali, ecc.). Facilità di
collegamenti.
K a15 Quota poco elevata dal piano 0,10
strada (in edifici forniti di ascensori).
Il saggio infatti tende ad aumentare
dall’ultimo piano sino al primo dei
piani destinati ad abitazione.
K a16 Tendenza alla litigiosità con- 0,05
dominiale provocata da particolari
ambienti sociali o dall’eccessivo
frazionamento.
K a17 Dimensioni subordinarie degli 0,05
spazi scoperti (terrazze o balconi) di
dimensioni minori di 1/5 ÷ 1/6 delle
superfici utili coperte).
Teoria dell’interesse
Interesse come rifugio dall’erosione
inflazionistica
Ka18 Possibilità di dilazioni del prezzo 0,10 Kd18 Tendenza prevedibile alla svalutazio- 0,05
in tempo notevolmente lungo per la
ne della moneta.
concessione di mutui bancari
TOTALE
2,00
TOTALE
2,00
Tab. 2.3 Forte-De Rossi: oscillazioni del tasso di capitalizzazione
39
tg = tuc − tc
μ
=
Richiami base degli standard estimativi
1 n
∑ xi = 3, 68
n i=1
n
1 n
x
±
K
=
3,
68
±
cumulo (del tasso
valei a dire
l’operatore
il quale si moltiplica
∑
∑ Kper
i
i
n
i=1
i=1
il reddito annuo (o la semplice annualità) per determinare
l’accumulo iniziale.
μ∞ =
d’interesse),
Vimm = Vred ∗
qn −1
rqn
qn −1
rqn
→
Tale fattore, supponendo un tasso 1del:−11%, 2%, 10%, 20% e 30% darà come
r all’infinito (consideriamo a campiorisultato per le annualità a crescere dar =uno
ne solo sino a 2.500 annualità) i risultati riportati in Tab. 2.4.
AnnualitàAnnualit
à
Annualit
à
Annualit
à
ruc = rc [1+ Loc (
%
Annualit
à
VpT −
=Lo
Vpα+%+Vp
+Vp
γ +Vp
δ +Vp
+Vp
Lo
De βDe
− De
+%Ti
Ti −ε Ti
+%ηSc
1%
1%
s
c
)
c
1% 2%
(
1%
2% 10%
2%
s
c
2%
10%20%
)
c
(
10%
30%
20%
10%
s
20%
30%
c
10,7692
0,990099
10,980392
0,990099
0,909091
0,980392
0,83330,909091
0,7692 0,8333
1
0,990099
0,980392
0,909091
0,8333
33
33
33 31
31
10
10
9,471305 9,471305
10
8,982585
9,471305
6,144567
8,982585
8,982585
6,144567 6,144567
% 10
%
%
4,1924 4,1924
3,0915 4,1924
3,0915
20
8,513564
18,04555
16,35143
16,35143
c 20
s18,04555
c 18,04555
s
s
c 8,513564s
s20
c
20s
8,513564
16,35143
72
72
72 39
39
3
33
3
3 3
30
30
30
9,426914 9,426914 9,426914
30
4,8695 4,8695
3,3157 4,8695
3,3157
25,80770 25,80770
22,39645
25,80770
22,39645 22,39645
3580
35
35
9,644159 9,644159
80 9,644159
35
80 94
94
8
86
6
8 6
40
40
40
9,779051 9,779051
4,97899,779051
3,3320 4,9789
40
4,9789
3,3320
29,40858 29,40858
24,99861
29,40858
24,99861 24,99861
36
36
36 61
61
45
45
450 9
9,862808
0 9,862808
9
uc
45 0
9,862808
9c
3,3329 4,9915
3,3329
c 32,83468
uc 4,9915 4,9915
n 9,914814
50
50
50
32,83468
27,35547
27,35547
50
9,914814 9,914814
32,83468
27,35547
35
35
35 91
91
−i
−n
6
6 9c
9
6 9
uc
80
80
80
9,995118 9,995118 9,995118
80
3,3332
3,3332
f =36,09450
i
i 4,9965 f 4,9965
n 4,9965
f
36,09450 36,09450
29,49016
29,49016 29,49016
100
100
100
9,999274 9,999274
98 9,999274
98
100
98 41
41
8
8 uc
i=1
8 0g
0
c 0
1.000
1.000
10,00000 10,00000
4,998610,00000
3,33331.000
4,9986
1.000
4,9986
3,3333
39,19611 39,19611
31,42360
39,19611
31,42360 31,42360
33
0
033 08
08
0 33
1.500
1.500
1.500
86
6
1.5008
8 6
10,00000 10,00000
4,999410,00000
3,3333 4,9994
4,9994
3,3333
2.000
2.000
2.000
54,88820 54,88820
39,74451
54,88820
2.000
39,74451 39,74451
0
051 27
51
0 51
27
6
64
4
6 4
2.500
2.500
2.500
2.500
10,00000 10,00000
4,999910,00000
3,3333 4,9999
4,9999
3,3333
63,02887 63,02887
43,09835
63,02887
43,09835 43,09835
0
098 33
98
0 98
33
9
92
2
9 2
10,00000 10,00000
5,000010,00000
3,3333 5,0000
5,0000
3,3333
99,99522 99,99522
50,00000
99,99522
50,00000 50,00000
0
000 33
00
0 00
33
9
90
0
9 0
5,0000 5,0000
3,3333 5,0000
3,3333
99,99996 99,99996
50,00000
99,99996
50,00000 50,00000
00
00
00 33
33
7
70
0
7 0
5,0000 5,0000
3,3333 5,0000
3,3333
100,0000 100,0000
50,00000
100,0000
50,00000 50,00000
00
00
00 33
33
00
000
0
00 0
5,0000 5,0000
3,3333 5,0000
3,3333
100,0000 100,0000
50,00000
100,0000
50,00000 50,00000
00
00
00 33
33
00
000
0
00 0
5,0000 5,0000
3,3333 5,0000
3,3333
00
00
00 33
33
1
)
1%
30%
20%
Annualit
à
c
0,990099
0,7692
31
9,471305
%
3,0915
18,04555 s
39
3
3,3157
25,80770
94
8
3,3320
29,40858
61
0
3,3329
32,83468
91
6
3,3332
36,09450
41
8
3,3333
39,19611
08
8
3,3333
54,88820
27
6
3,3333
63,02887
33
9
3,3333
99,99522
33
9
3,3333
99,99996
33
7
3,3333
100,0000
33
00
3,3333
100,0000
33
00
3,3333
33
(Sc − Sc )]
s
2%
c
1% 10%
30%
+Vpβ + Vpγ 0,909091
+ Vpδ +Vpε +Vp
η
Vpα0,980392
VpT
0,833333
0,769231
⎤
=
p uc1= p ⎡⎣1+ 0,990099
Lo ( Lo
V − Lo ) + De ( De − De ) + Ti (Ti − Ti ) + Sc ( Sc − Sc )⎦
V
10
9,471305
8,982585
6,144567
4,192472
3,091539
20
30
35
40
45
50
80
100
1.000
1.500
2.000
2.500
pT = α + β + γ + δ + ε + η
16,351433
8,513564
r
r
25,807708
t 22,396456
=
; t = 9,426914
p⎡
p9,644159
⎤
29,408580
24,998619
18,045553
V
∑⎣( R − C ) ∗ q
⎦ +V ∗ q
4,869580
4,978936
4,991535
32,834686
t 27,355479
= t −t
9,779051
4,996598
36,094508
29,490160
9,862808
4,998633
39,196118
31,423606
9,914814
4,999451
1
39,744514
68
∑ xi = 3,9,999274
43,098352
n
9,995118
4,999998
99,995229
50,000000
10,000000
5,000000
99,999967
50,000000
10,000000
5,000000
54,888206
63,028879
μ
=
n
i=1
n
1 n50,000000
100,000000
10,000000
μ∞ =
∑ xi ± Ki = 3, 68 ± ∑ Ki
100,000000 n i=150,000000
10,000000
i=1
5,000000
5,000000
5,000000
3,315794
3,332061
3,332991
3,333241
3,333308
3,333327
3,333333
3,333333
3,333333
3,333333
3,333333
3,333333
Tab. 2.4 Variazioni del coefficiente di accumulo iniziale
qn −1
qn −1
V
=
V
∗
→
imm
red
Il coefficiente dell’accumulo
iniziale
– osservando
n
rq
rqn la tabella – si stabilizza
per valori pari a:
1 −1
=r
r
Il valore r-1 peraltro, abbiamo già visto, rappresenta il cosiddetto Gross Rent
Multiplier (GRM), per cui possiamo anche affermare che tale coefficiente
moltiplicatore coincide, dal punto di vista temporale, con il momento di stabilizzazione
coefficiente
vale
a direε all’anno
VpTdel
= Vp
α +Vpβd’accumulo,
+Vpγ +Vp
δ +Vp
+Vpη dal quale questo
coefficiente non presenta più – nel tempo – alcuna variazione.
40
Vpα +Vpβ + Vpγ + Vpδ +Vpε +Vpη
V
pT = α + β + γ + δ + ε + η
VpT
=
V
2% 20%
10%30%
0,980392
0,9090910,980392
0,8333 0,909091
0,7692
1
0,990099
33
31
8,9825859,471305
6,1445678,982585
10
6,144567
4,1924
3,0915
16,35143
s
c 8,51356416,35143
20
8,513564
18,04555
72
39
3
39,426914
3
30
9,426914
4,8695
3,3157
22,3964525,80770
22,39645
9,644159
80 9,644159
94
35
6
8
6
9,779051
4,9789 9,779051
3,3320
40
24,9986129,40858
24,99861
36
61
45 9
9,862808
09,862808
9
4,9915
3,3329
9,91481427,35547
27,3554732,83468
50
9,914814
35
91
9
69,995118
9
80
9,995118
4,9965
3,3332
29,4901636,09450
29,49016
9,999274
98 9,999274
41
100
0
8
0
10,00000
4,9986 10,00000
3,3333
1.000
31,4236039,19611
31,42360
33
0
0 08
1.500 6
8
6
10,00000
4,9994 10,00000
3,3333
39,7445154,88820
2.000
39,74451
0
51
0 27
4
6
4
2.500
10,00000
4,9999 10,00000
3,3333
43,0983563,02887
43,09835
0
98
0 33
2
9
2
10,00000
5,0000 10,00000
3,3333
50,0000099,99522
50,00000
0
00
0 33
0
9
0
5,0000
3,3333
50,0000099,99996
50,00000
00
33
0
7
0
5,0000
3,3333
50,00000100,0000
50,00000
00
33
0
00
0
5,0000
3,3333
50,00000100,0000
50,00000
00
33
0
00
0
5,0000
3,3333
00
33
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