Giuseppe Renda - toninosicoli sicoli arte critico giornalista mostre
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Giuseppe Renda - toninosicoli sicoli arte critico giornalista mostre
18 Domenica 11 luglio 2010 29 DONNE 19 Domenica 11 luglio 2010 Giuseppe Renda Nato a Polistena nel 1859, fu un grande interprete della bella époque napoletana GIOIOSE E VOLUTTOSE di TONINO SICOLI iuseppe Renda è lo scultore della napoletanità sorridente, della bellezza femminile allegra e sensuale, della vitalità gioiosa ed esuberante. Quest’artista proveniente da una famiglia di artisti calabresi sa interpretare lo spirito popolare partenopeo, in una piacevole carrellata di personaggi dalla schiettezza semplice, in un repertorio di genuina umanità accattivante e seducente. Era nato a Polistena in provincia di Reggio Calabria nel 1859 e si era formato nella bottega di Francesco Morani, nonno dei fratelli Jerace ed artista egli stesso. Trasferitosi a Napoli nel 1880 Renda aveva vinto il concorso per l’ammissione all’Istituto Regio di Belle Arti dove aveva avuto come maestri Gioacchino Toma, per la pittura, e Giovanni Lista, per il disegno. Ma da questa scuola di realismo si era allontanato ben presto senza tuttavia tradire la lezione della verosimiglianza coniugandola però col bello idealizzato. Si era così avviato verso una direttrice più estetizzante, adoperando un linguaggio scultoreo incline alle raffinatezze formali e alla delicatezza plastica. La Napoli di fine Ottocento vive un momento di grande varietà nella ricerca artistica sopratutto nel campo della scultura. Dominano la scena personaggi di spicco come Vincenzo Gemito con i suoi scugnizzi, Achille D’Orsi e suo realismo sociale, Adriano Cecioni e il suo verismo sintetico, il calabrese Vincenzo Jerace con il suo realismo idealizzato, Giovan Battista Amendola già simbolista e decadente. Si fa strada, intanto, lo stile liberty con il suo gusto naturalistico, le linee sinuose, gli svolazzi ornamentali. «Giuseppe Renda - scrive la storica Isabella Valente - è stato spesso etichettato dalla critica come verista o come impressionista o, più frequentemente come esponente del Liberty napoletano. Ma come ha espresso Negri Arnoldi in un bel saggio del 1995, anche quest’ultima etichetta non gli si addice completamente. Se da una parte, infatti, la sua produzione, tanto nei temi trattati, quanto nello spirito si collega indubbiamente alla Belle èpoque, dall’altra se ne distacca con tono disincantato e a tratti goliardici». (I Valente, Scultori a Napoli al tempo di Renda. Un viaggio fra le tendenze artistiche di fine Otto e inizio Novecento, in “Giuseppe Renda 1859-1939 tra tradizione e rinnovamento”, Napoli, 2007). La scultura di Renda esprime tutta la gioia di vivere di un periodo vivace e proiettato verso il futuro. La fiducia nell’avvenire e le spinte verso il progresso danno spensieratezza alla gente che si carica di ottimismo e di voglia di divertirsi. Gli influssi culturali francesi e la bella vitadelle grandicittà europeeinfluenzano anche la provinciale Napoli, che mette in cantiere un nuovo corso di iniziative con la nascita della festa di Piedigrotta e della prima Funicolare, l’affermarsi della mondanità borghese e un crescente bisogno di frivolezza. Le ragazze col sorriso e con i corpi sensuali, agghindate afesta e cariche diedonismo sono l’emblema di questa primavera sociale, che fa intravedere benessere e prosperità. Renda «è figlio della sua epoca ma rari restano tuttavia in lui gli atteggiamenti estetizzanti o intellettualistici, per costante aggancio della sua arte alla realtà, una realtà che egli vive giorno per giorno e dalla quale trae ispirazione e stimoli” (F. Negri Arnoldi, Giuseppe Renda, Napoli, 1995) Renda canta tutti i sentimenti positivi della vita: l’amore, la fortuna, l’estasi, la bellezza, la spensieratezza. Sa cogliere il momento magico dell’abbandono estatico, il rapimento della voluttà, il trasporto dell’eros. Le Esposizioni Universali, che si intensifi- G Ragazze sorridenti con i corpi sensuali agghindate a festa cariche di edonismo sono l’emblema di questa primavera napoletana fine ’800 Dopo, gesso; lato a sinistra Cecatella, gesso; in alto pagina destra: Non mi toccare, metà anni 10, gesso; sotto a destra Fortuna, bronzo canoinquestoperiodo sonoilsegnodiun’amplificata esaltazione dello sviluppo industriale, economico e culturale. L’arte fa in questo contesto la sua parte di ancella eccellente, di messaggera del bello e della modernità. All’Esposizione Universale di Parigi del 1900 espone anche Renda, che ottiene una medaglia d’argento per l’opera “Monelli napoletani” mentre a quella di Saint Louis del 1904 gli viene assegnata una medaglia d’oro per l’opera “Dopo”. Ovunque è un fiorire di esposizione internazionali, nazionali e locali. Renda ne è uno dei più assidui partecipanti. Nel 1891 è presente all'Esposizione Nazionale di Palermo, nel 1894 alla Triennale della Reale Accademia di Brera a Milano, nel 1896 alla Festa dell'Arte e dei fiori di Firenze, nel 1898 a quella di Torinoe nel1900 aVerona. Sulversante delle Esposizioni Internazionali nel 1896 espone alla III Esposizione di Belle Arti di Barcellona e alla IV Esposizione internazionale del Principato di Monaco, nel 1897 a quelle di Monaco di Baviera e di Bruxelles, nel 1898 alla Mostra d’Arte Italiana di Pietroburgo, all’Esposizione degli Artisti viventi di Strasburgo e ancora a quella di Barcellona, nel 1901 a Vienna e nuovamente a Monaco di Ba- viera, nel 1903 al salone Triennale di Bruxelles, nel 1910 a Buenos Aires e nel 1915 a San Francisco. Ma la sua frequentazione internazionale non gli impedisce di partecipare anche alle mostre regionali, che soprattutto nel dopoguerra hanno il compito di dare visibilità agli artisti meridionali esclusi dalle grandi esposizioni del Nord. Spiega Diego Esposito: «L’avvertita necessità, da parte degli artisti, di opporsi alla crescente emarginazione del Mezzogiorno dal contesto artistico nazionale indusse, sull'esempio della Biennale di Venezia,che riscuoteva grande successo nazionale ed internazionale, all'organizzazione di numerose biennali del Sud durante tutti gli anni '20, con sede a Napoli, Bari, Lecce e Reggio Calabria, che avrebbero dovuto raccogliere le forze meridionali e richiamare quelle nazionali nel tentativo di invertire la rotta. Ma il carattere eccessivamente locale delle biennali meridionali, contribuì ad allontanare gli artisti nazionali da tali manifestazioni. In più gli orientamenti dei partecipanti a queste mostre erano indirizzati in maggioranza verso il tardo-impressionismo, sporadicamente verso il liberty e le secessioni, sottolineando ancora una volta Le sue sculture esprimono la gioia di vivere l’arretratezza di tali esperienze rispetto a quelle che contemporaneamente si svolgevano nel resto d’Europa».(D. Esposito, Il percorso artistico di Giuseppe Renda fra recupero della tradizione e slanci di novità, in “Giuseppe Renda 1859-1939 tra tradizione e rinnovamento”, Napoli, 2007) Renda espone, così, fra gli artisti calabresi alle esposizioni di Reggio Calabria: alla Mostra Calabrese d’arte Moderna del 1922 e 1924, alla VI Biennale Calabrese d'Arte e Artigianato del 1931. È costante anche nelle mostre della Società promotrice di Belle Arti “Salvator Rosa” di Napoli, di cui è socio: vi espone nel 1884, nel 1985, nel 1887, nel 1888, nel 1890, nel 1891, nel 1893, nel 1912, nel 191516 e nel 1922. È nominato nel 1902 professore onorario di scultura presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli e nel 1908 membro ufficiale della Società Reale di Belle Arti di Bruxelles accanto ad artisti come Rodin, Renoir, Monet, Ensor e Boldini. Le sue opere raccolgono progressivamente i favori del pubblico e del collezionismo. I soggetti trattati sono gradevoli e aggraziati, comunicano emozioni semplici e di maniera. Le gestualità immediata e il simbolismo palese facilitano la comprensione e l’accettazione delle sue figurine raggianti, dei suoi volti col sorriso a fior di labbra. L’”Estasi” è un soggetto preferito e ripetuto in varianti altrimenti dette “Voluttà”. Esposto per la prima volta all’Esposizione Universale di Bruxelles in una versione di marmo è venduto per 2000 lire, cifra abbastanza elevata per l’epoca. Varie repliche vengono presentate in altre mostreinternazionali aPietroburgo, Barcellona, Saint Luis. Ne viene finanche realizzata una riproduzione in metallo riservata agli abbonati della rivista “Gran Mondo”, che la assume come immagine pubblicitaria. Il nudo femminile ha indubbiamente i suoi estimatori presso un pubblico popolare; l’aspetto amabile e le forme flessuose veicolano un’idea di donna che è al tempo stesso angelica e carnale. Anche il momento del dopo amplesso viene con sottile maestria fissato da Renda in un altro dei suoi soggetti preferiti. Sul volto femminile non si legge più il desiderio o l’ammiccamento bensì lo stato di soddisfatta beatitudine dei sensi, di compiaciuto benessere fisico e psichico. La “Cecatella”, invece, raffigura la buona sorte come l’allegoria della “Fortuna”, grande scultura beneaugurante a forma di ruota con una donna incastonata, che troneggia all'ingresso della sede di Polistena della Banca Antonveneta. E l’“Ondina”, acquisita nel 1923 dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, che rappresenta una Venere-bagnante nella sua esuberante giovanile bellezza. Renda - scrive Isabella Valente - «preferì all’equazione simbolista della donna-angelo, e a quella decadente della donna angelo-demone, l’ilarità tutta fin-de-siécle della donna vera, della donna ridente, raffigurata nella pienezza della sua gioia di vivere con un attaccamento costante al dato reale. Può essere stabilito un parallelismo tra le sensuali e ilari donne di Renda e quelle di Borgoni (pittore marchigiano illustratore di manifesti, ndr) espressione pura dell'età umbertina, tra i loro corpi voluttuosi e morbidi, ma soprattutto tra i visi illuminati da ampi sorrisi» (I. Valente, op. cit.) La fortuna di Rende, tuttavia, ne costituisce anche il suo limite perché certi virtuosismi e stereotipi della sua opera, soprattutto in tarda età, gli impediscono talvolta di elaborare soluzioni più originali. La sua produzione diventa manierata e compiaciuta di perfezioni formali. Nel dopoguerra, sulla scia di una diffusa committenza pubblica di monumenti ai caduti della Prima Guerra Mondiale, l’artistarealizza anche opere celebrative come quelle a Castellammare di Stabia, a Pazzano, a Meta. Suoi sono anche il Monumento al Generale Enrico Cosenz nei giardini di Riviera di Chiaia a Napoli (1910) e il Busto di Tommaso Campanella posto nell’atrio dell’Università partenopea. Muore ottantenne nella natia Polistena nel 1939. Le sue opere raccolsero i favori del pubblico