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La sterilizzazione con vapore: opportunità e limiti La sterilizzazione

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La sterilizzazione con vapore: opportunità e limiti La sterilizzazione
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Dr. Karl Kob
Direttore sanitario Azienda Sanitaria di Bolzano
Lino Wegher
Dirigente medico Azienda sanitaria di Bolzano
Desiderio Nicoli
Responsabile Centrale Sterilizzazione Az.san.Bolzano
Riassunto: Con il progredire delle conoscenze microbiologiche è risultata assai evidente
la necessità di sterilizzare tutti i materiali sanitari, vale a dire gli strumenti e le apparecchiature
che, nella pratica clinica, vengono utilizzati durante manovre diagnostiche o terapeutiche
all’interno dell’organismo e che entrano in contatto con soluzioni di continuo o mucose
o in cavità sterili e non sterili del corpo. Tale necessità è stata soddisfatta in maniera
relativamente semplice e quanto mai efficace con l'utilizzo della sterilizzazione a vapore.
Di seguito verranno ricordati i principi e le peculiarità ( e anche i limiti ) di questa
metodica che, a dispetto di altre, forse più sofisticate, mantiene a tutt'oggi un posto di
primo piano nella totalità delle centrali di sterilizzazione ed è molto usata anche nella
sterilizzazione industriale (materiale di medicazione, liquidi per infusione, ecc.)
Parole chiave: sterilizzazione a vapore, autoclave, calore umido.
La sterilizzazione è un processo fisico o chimico che distrugge o elimina tutte le forme
di vita, specialmente i microrganismi, anche sporigeni (Block). Può essere definita anche
come una “assicurazione” contro i rischi microbiologici, come una condizione nella quale
la sopravvivenza di un microrganismo è altamente improbabile .
La norma UNI EN 556 stabilisce il livello di sicurezza di sterilità (Sterility Assurance
Level) che deve corrispondere alla probabilità inferiore ad uno su un milione (SAL<10-6)
di trovare un microrganismo sopravvivente all’interno di un lotto di sterilizzazione.
In ambito sanitario è obbligatorio procedere alla sterilizzazione di tutti quei materiali
(strumenti ed apparecchiature) che secondo una classica distinzione rientrano tra gli articoli
critici e semicritici. Tale distinzione si può fare risalire alla classificazione proposta da
Spaulding ancora nel 1972 suddividendo i presidi medico chirurgici in base al rischio di
infezione correlato con il loro uso.
Tutti i dispositivi medici che, introdotti all’interno dell’organismo, entrano in contatto
con soluzioni di continuo o mucose o che entrano in contatto con cavità sterili del corpo
oppure in cavità non sterili durante manovre diagnostiche o terapeutiche e tutti i materiali
di supporto alla esecuzione di procedure asettiche, devono essere sottoposti a sterilizzazione.
Il successo di un procedimento di sterilizzazione dipende dalla carica batterica iniziale.
Più essa é elevata più alta é la probabilità che qualche microrganismo sopravviva.
Già nell’antichità l’uso dell’acqua e del fuoco come agenti purificatori fu tenuto in grande
considerazione. Calore secco e umido sono da considerarsi i due classici agenti di
sterilizzazione;per secco si intende l’aria calda e la fiamma; per umido il vapore saturo e
l’acqua bollente.
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L’acqua bollente può considerarsi sterilizzante solo in ambito domestico per presidi di
scarso rilievo come ad esempio i biberon. Il calore umido, sotto forma di vapore sottoposto
a pressione, è il mezzo sterilizzante più conosciuto e maggiormente impiegato nonché
il più sicuro ed economico per sterilizzare rapidamente e con efficacia grandi quantità
di materiali d’uso sanitario. La prima autoclave fu costruita nel 1880 e si deve a Ernest
von Bergmann nel 1896 la sterilizzazione a vapore dei teli e delle garze per gli interventi
operatori. Sono infine del 1950 le prime autoclavi a vapore con rimozione forzata dell’aria.
Nella sterilizzazione con vapore il vapore saturo condensa sul materiale da sterilizzare. Il
calore di condensazione riscalda il materiale e contemporaneamente lo bagna. Durante
la sterilizzazione con vapore ogni punto del carico viene esposto alla stessa temperatura
nel medesimo tempo; riceve quindi la stessa dose sterilizzante.
“La sterilizzazione con vapore garantisce migliori risultati di altre forme di sterilizzazione
poiché il vapore distrugge per coagulazione in tempi brevi di trattamento la maggior
parte delle spore batteriche termoresistenti e cede per condensazione rapidamente grandi
quantità di calore”. (L. Joslyn)
L’autoclave è l’apparecchiatura che consente di porre sotto pressione il vapore: è costituita
da un contenitore d’acciaio a perfetta tenuta e resistente alle alte temperature, dotato di
uno sportello a chiusura ermetica (se gli sportelli sono due contrapposti si parla di autoclave
passante). I restanti lati del contenitore sono ricoperti con un rivestimento a camicia
termostatato. Come è noto esiste una stretta correlazione tra la pressione, il volume e la
temperatura del vapore: in un recipiente chiuso a una maggior pressione corrisponde una
temperatura più elevata. Questo principio permette di ottenere nell’autoclave calore
umido ad alta temperatura. Le moderne autoclavi sono apparecchi molto complessi dotati
di strumenti di misura e di controllo assai sofisticati.
La relazione fra pressione e temperatura è valida solo se il vapore è saturo, cioè non
mescolato ad altri gas estranei e ad aria. Quest’ultima agisce sfavorevolmente sul processo
di sterilizzazione determinando sacche o bolle che impediscono l’effettivo contatto del
materiale con il vapore ad alta temperatura. Per questo motivo le autoclavi sono dotate
di dispositivi in grado di eliminare preventivamente l’aria presente nella camera di
sterilizzazione e nel materiale poroso in essa contenuto. Attualmente il modello più
utilizzato di autoclave è quello dotato di pompa aspirante con sistema a vuoto frazionato:
ripetute rimozioni di aria sono intervallate da immissioni di vapore.
Con il vapore possono essere sterilizzati oggetti di metallo inossidabile, di ceramica e di
vetro nonché tutti i tessuti di cotone e di lino. Temperature superiori a 140∞ danneggiano
le fibre tessili. Sono in produzione presidi in gomma e in vari tipi di plastica termoresistente
che possono essere sterilizzati più volte. Si deve tener presente in questo caso che chi
sterilizza oggetti riutilizzabili è obbligato ad attenersi alle indicazioni contenute nella
direttiva europea 93/42. Non possono essere sterilizzate con vapore le sostanze oleose e
le polveri.
Il materiale sterile, per conservarsi tale, deve essere sterilizzato in appositi contenitori:
container in metallo, buste trasparenti in carta e laminato plastico, pacchi confezionati con
carta speciale. Tutti i contenitori devono rispettare specifiche normative UNI EN.
Il ciclo di sterilizzazione ha inizio con la rimozione dell’aria, segue l’esposizione del carico
all’agente sterilizzante per un tempo che è in funzione dei parametri fisici prefissati:
pressione e temperatura. Il processo vero e proprio si conclude con l’asciugatura sotto
vuoto del carico che garantisce la rimozione di gran parte del vapore condensato.
I vantaggi e le caratteristiche peculiari della sterilizzazione a vapore si possono così
riassumere.
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Possiede una spiccata attività contro batteri, funghi, spore, virus e prioni.
La sua azione è rapida ed efficace: l’ “overkill” è consueto.
Ha un buon potere penetrante: possono essere infatti utilizzati involucri impermeabili
ai microbi. La penetrazione è ottimale anche attraverso pareti di una certa compattezza.
La sostanza attiva sterilizzante è il condensato, che è presente in un equilibrio stabile
ed in alta concentrazione. Esso possiede la stessa efficacia in qualunque punto del
materiale.
La sostanza attiva non lascia residui sul prodotto. La sostanza attiva (acqua) non è tossica
né dannosa per l’ambiente.
C’è un’ampia disponibilità sul mercato di apparecchiature (autoclavi) d’ogni dimensione.
Per ottenere i risultati attesi si devono però seguire alcune regole:
1) il vapore deve raggiungere tutte le parti del materiale; bisogna evitare quindi di “coprire”
gli strumenti con cappucci stretti, nastri adesivi, ecc.; talvolta é necessario smontare
gli strumenti composti da più parti;
2) il mater iale metallico deve essere esente da fenomeni di ossidazione;
3) non sterilizzare il materiale monouso e non cercare di sterilizzare il materiale in plastica
termolabile.
Il vapore utilizzato per sterilizzare deve essere puro, pulito, privo di sostanze estranee
pericolose: sono ammessi alcuni contaminanti entro limiti ben precisi stabiliti dalla norma
UNI EN 285.
Non deve assolutamente essere usato il vapore surriscaldato che possiede uno scarso potere
sterilizzante. Il vapore surriscaldato può formarsi nell’autoclave quando l’intercapedine
ha una temperatura più alta del vapore contenuto nella camera oppure a contatto con
materiale tessile troppo asciutto.
Il programma di convalida e di controllo sistematico della sterilizzazione con vapore è
stabilito dalla norma UNI EN 554 del 1996 che prevede due fasi: accettazione in servizio
e qualificazione della prestazione. Anche le varie tipologie di carico devono essere codificate
e convalidate.
La costruzione, l’installazione e l’utilizzo delle autoclavi sono regolamentati da precise
norme UNI EN; per le grandi autoclavi (con capacità a partire da una unità di sterilizzazione)
si fa riferimento alla norma UNI EN 285 del 1996 e successivi aggiornamenti (pre EN
285).
La Farmacopea Ufficiale della Repubblica Italiana, edizione IX, stabilisce che in tutti i
processi di sterilizzazione, le condizioni più importanti per l’operazione di sterilizzazione
devono essere seguite e controllate.
I controlli si dividono in fisici, chimici e biologici.
▲ I controlli fisici si effettuano con l’ausilio di vari strumenti installati direttamente sulle
apparecchiature: termometri, manometri, vuotometri, registratori di diagramma su
carta, avvisatori elettronici acustici e/o luminosi.
La prova di tenuta del vuoto è un test fondamentale per le grandi apparecchiature
utilizzate negli ospedali e nell’industria; consiste nel portare l’autoclave al vuoto massimo
raggiungibile e di misurare l’eventuale perdita di vuoto dopo un tempo prestabilito.
Si deve effettuare ogni giorno.
Sulle autoclavi di costruzione non recente è consigliabile montare sistemi automatici
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per la prova di tenuta del vuoto: ogni azienda è in grado di approntarli. Le autoclavi
moderne li possiedono già all’origine.
Un’altra prova, con periodicità più ampia, è la prova dell’umidità residua del carico,
prevista in due modalità: per il carico metallico e per quello tessile.
▲ I controlli chimici si effettuano utilizzando appositi indicatori. Si adoperano sostanze
chimiche (ad es. inchiostri o cere) che, tramite il viraggio di colore del gruppo
cromoforo, sensibile ai vari parametri, indicano l’avvenuta sterilizzazione.
Un buon indicatore per il vapore deve essere sensibile alle seguenti variabili: tempo,
temperatura, umidità. Un indicatore esterno applicato o stampato sul materiale di
confezionamento deve essere visibile su ogni unità da sterilizzare. I risultati degli
indicatori vanno interpretati secondo le istruzioni scritte del fabbricante.
Nell’ambito degli indicatori chimici da utilizzarsi con le grandi autoclavi dotate di
pompa per il vuoto si segnala per importanza il test di Bowie-Dick che rappresenta
la metodica più affidabile per il controllo routinario delle apparecchiature e dà la
certezza dell’evacuazione dell’aria dal carico di sterilizzazione prima dell’emissione del
vapore saturo.
Le norme prescrivono di eseguire la prova giornalmente, prima dell’inizio dell’attività
di sterilizzazione vera e propria.
▲ I controlli biologici utilizzano spore di microrganismi resistenti, la cui morte indica
che il processo si è realizzato in maniera ottimale.
L’American Hospital Association consiglia di eseguirli almeno una volta al mese, mentre
il CDC di Atlanta suggerisce di effettuarli ogni settimana.
In Francia la Farmacopea Ufficiale consiglia controlli biologici solo per cicli a vapore
a temperatura di 121∞C. Le norme UNI EN non obbligano l’utente della sterilizzatrice
ad effettuare i controlli biologici in armonia con il seguente pensiero: un’autoclave
certificata e validata e periodicamente controllata con una scrupolosa manutenzione
e utilizzando strumenti di misura di elevata precisione ed affidabilità deve necessariamente
funzionare ( leggi: sterilizzare) in maniera ottimale.
CONCLUSIONI
Il processo di sterilizzazione a vapore garantisce a tutt’oggi risultati eccellenti e questo è
documentato dal fatto che vi si ricorra per la quasi totalità del materiale sanitario ospedaliero.
Un’importante eccezione è costituita dal materiale termolabile pluriuso il cui utilizzo è
oggi in forte incremento soprattutto in endoscopia. Il vapore non è adatto neppure per
il materiale con componenti elettriche delicate che sono molto sensibili all’umidità. Infine
si sconsiglia di sterilizzare con vapore anche gli strumenti chirurgici con superfici taglienti
finissime ( comuni in chirurgia oculistica, per esempio).
Standardizzare e garantire le procedure di sterilizzazione a vapore è sicuramente più facile
all’interno delle centrali di sterilizzazione come accade nella nostra Azienda Sanitaria e
in molte altre realtà nazionali.
In ogni caso, anche dove non esiste una centralizzazione, non si deve rinunciare ad autoclavi
moderne, con cicli adatti alle varie tipologie di carico e con sistemi automatizzati di carico
e scarico del materiale.
BIBLIOGRAFIA
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• Società Italiana di Igiene, Medicina preventiva e sanità pubblica. Gruppo Italiano studio
Igiene Ospedaliera. 1999.
• D.Tartaro, G. Sarti "I1 processo di sterilizzazione: dalla decontaminazione alla riconsegna
del materiale sterilizzato" Masson - Milano 1999.
• Norma UNI EN 285
• Norma UNI EN 554
• Pre EN 285
• Steuer Lutz-Dettinger “Leitfadender Desinfektion, Sterilisation und Entwesung”.
• Gardner “Introduction to Sterilization and Disinfection”.
• Seymour S.Block “Disinfezione e Sterilizzazione”.
• Finzi, Sassoli “Disinfezione, antisepsi, pulizia e sterilizzazione in Ospedale”.
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