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benessere, felicita` e pil: teorie a confronto attraverso un
DIPARTIMENTO DI STUDI AZIENDALI E GIURIDICI
CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN
MANAGEMENT AND GOVERNANCE
BENESSERE, FELICITA’ E PIL: TEORIE A CONFRONTO
ATTRAVERSO UN’ANALISI EMPIRICA
Relatore:
Chiar.mo Prof. Paolo Pin
Correlatore:
Chiar.mo Prof. Tiziano Razzolini
Candidato:
DANIELE MACCHELLI
Anno accademico: 2014/2015
Alla mia grande famiglia
1
Indice
Abstract ................................................................................................... 4
Introduzione ............................................................................................. 5
1. Il PIL: tra critiche e alternative ............................................................. 8
1.1 Per iniziare: Origine storica del PIL ........................................................................ 8
1.2 Concetto e composizione ....................................................................................... 10
1.3 Limiti e novità ......................................................................................................... 12
1.4 Progresso storico della critica al PIL ...................................................................... 14
1.4.1 Gli anni ’30 ..................................................................................................... 15
1.4.2 Gli anni ’60 e ’70 ............................................................................................ 16
1.4.3 Dagli anni ’90 ad oggi .................................................................................... 20
1.5 Analisi delle principali alternative .......................................................................... 26
1.5.1 GPI (Genuine Progress Indicator) .................................................................. 27
1.5.2 HDI (Human Development Index) .................................................................. 30
1.5.3 BES (Benessere Equo e Sostenibile) ............................................................... 34
2. Benessere e Felicità ............................................................................ 42
2.1 Gli studi di Easterlin e le ricerche sulla felicità ..................................................... 43
2.2 Le preferenze individuali in continuo cambiamento ............................................. 48
2.3 Gli studi di Scitovsky e le nuove ricerche economiche .......................................... 53
2
2.4 La visione di Sen: preferenze e razionalità ............................................................ 57
2.4.1 Il suggerimento di Sen: il meta-ordinamento ............................................... 60
2.4.2 Critica al “capability approach” ..................................................................... 63
3. Qualità della vita e felicità: un’analisi empirica .................................. 66
3.1 La progettazione del questionario .......................................................................... 66
3.2 Sintesi grafica delle risposte ................................................................................... 68
3.3 L’analisi dei dati ....................................................................................................... 75
Conclusioni ............................................................................................... 83
Appendice 1 - Layout del questionario ...................................................... 88
Appendice 2 - Costruzione delle variabili .................................................. 95
Appendice 3 – Regressioni ........................................................................ 98
Bibliografia e Sitografia .......................................................................... 106
3
Abstract
This dissertation aims to find out if people are concerned about the importance of
measuring the well-being with aspects that go beyond GDP, and how, and if, the change in
the level of happiness today than in the past of the people is also affected by social variables
as well as economic ones. In fact, recent studies of politicians and economists, contrasting
the well-known "growth paradigm", claiming that the GDP is not enough, to measure wellbeing of a nation. In the same line, it is the enormous field of study on ''Economics of
Happiness", which confirms the negative relationship between income and well-being.
Having a good income does not presuppose a state of happiness: people get tired soon of
material goods they possess, and, moved by a sense of dissatisfaction and disappointment,
for what they have or cannot get, they are always looking for something different; but, once
obtained, it has a sense of fulfillment that does not last long, and so, starts again the above
"vicious circle".
Specifically, the aim of this thesis has been applied, analyzing a sample of residents in the
city of Grosseto, through an empirical study based on a questionnaire, sent using the web or
administered in a paper. The results show that, in the sample investigated, it turns out a
contrast in perception, focused on the possession of a certain degree, in reference to the
importance of the measurement of other aspects beyond GDP. Moreover, it appears that,
for the complex of inhabitants taken into account, many aspects of social, influence their
happiness.
The paper ends with some observations and concluding remarks, of the entire investigation
conducted.
4
Introduzione
La questione relativa alla misurazione del benessere, attraverso aspetti qualitativi e sociali,
che si posizionano come alternativa alla quantificazione monetaria, fornitaci dal PIL, è un
tema, che accende, e fa discutere, i Governi e le Istituzioni, nazionali ed internazionali.
Si è consolidata nel tempo, l’idea che un aumento costante del PIL, è sintomo, di un
miglioramento delle condizioni di vita per il popolo, e, sostenuto con ardore, dalla
maggioranza degli establishment governativi, ha conquistato anche, per estensione, la
qualifica di indicatore del benessere.
Ciò nonostante, non è stato esentato da critiche, mostrando lacune nella misurazione
oggettiva di alcuni parametri.
Già dalla sua creazione, il fondatore, Kuznets, affermava che il PIL, era un indice che non
misurava minimamente il benessere, ed un suo aumento non portava nessun tipo di
migliorie per la popolazione. Nel corso degli anni, sono state riscontrate molteplici
imperfezioni, tra le principali vi è, la mancata considerazione delle esternalità negative
ambientali, generate dalla crescita, che incidono negativamente sulla qualità della vita degli
individui. Ulteriori obiezioni, che vengono riservate alla misurazione del PIL, riguardano la
mancata capacità di fornirci un parametro di equità, nella distribuzione dei vari redditi tra i
cittadini, oppure, la non computazione di attività, che sono collocate esternamente al
mercato, come il volontariato o il lavoro domestico, che bensì, arrecano un certo benessere
agli individui.
Dalla nascita del PIL, fino ai tempi più recenti, si è assistito, pertanto, ad un succedersi
torrentizio di critiche e indici alternativi, che hanno disposto in secondo piano il paradigma
della crescita, aggiustando, affiancandosi o sostituendosi a tale strumento, valorizzando, e
spostando il focus di attenzione, verso aspetti qualitativi che incidono in maniera rilevante
ed oggettiva, sulla qualità della vita della popolazione.
Gli studi dell’Economia della felicità, confermano la mancata associazione che si crea, tra la
crescita del PIL, ed un maggior benessere per gli individui.
5
E’ stato ragionevolmente dimostrato che, in presenza di un aumento del reddito, non
corrisponde un aumento della felicità individuale, se è stata già valicata una certa soglia di
benessere, dovuta al soddisfacimento di bisogni primari. Questo tipo di circostanza viene
chiarita, da quello che viene definito, uno dei “paradossi di Easterlin”.
Su questo campo di studi, si confrontano anche aspetti sociali e psicologici: è il senso di
delusione, di insoddisfazione, provocata da uno standard di vita indirizzato al consumo, che
spinge i soggetti verso un set di beni – che causa quindi, uno spostamento di preferenze –
alimentando un nuovo ciclo di noia ed inappagamento (effetto tapis-roulant).
Inoltre, è stato ritenuto che un’incapacità funzionale dell’essere umano, nell’allocazione
delle risorse, porti ad ottenere beni o servizi di cui poi, ci si stanca facilmente.
Sul fronte dell’illustrazione di un concetto di felicità, si intrecciano varie correnti di pensiero,
che rendono confusa, la possibilità di un’interpretazione univoca.
La felicità, proverebbe dal corredo genetico di ogni individuo: se non si è felici, è perché di
natura non lo saremo mai; la felicità è troppo soggettiva per essere determinata, od ancora,
la felicità, per essere misurata, ha bisogno di circostanze oggettive, che chiariscono e
mostrano agli individui, il corretto ben vivere.
In un contesto sociale, come quello che stiamo vivendo, colmo di eventi catastrofici, crisi
economiche epidemiche, condito da un clima di paura, terrore, disperazione e sfiducia,
appare interessante, una valutazione, che si indirizzi verso la ricerca della percezione di
qualità della vita e del livello di felicità degli individui, e se esso, dipende o meno da variabili
sociali o economiche, che parta dal basso, all’interno di un’istituzione locale, come una Città.
Il primo capitolo di questo elaborato, incentrerà la sua analisi, proponendo il concetto di PIL,
le fattispecie che ne derivano, ripercorrendo la sua storia, revisionando i limiti, riconosciuti
dal panorama economico, perfino, le novità, che sono nate recentemente.
Dopodiché, si analizzeranno le critiche e le misure alternative, che si sono susseguite nel
corso degli anni, suddividendo l’analisi in tre macro-periodi: gli anni ’30, gli anni ’60-’70 e
dagli anni ’90 in poi.
La seconda parte del primo capitolo, sposterà l’attenzione dello studio, verso l’analisi delle
principali alternative del PIL, che hanno avuto un maggior riconoscimento in ambito
internazionale e nazionale. E’ stato scelto di delineare in maniera più precisa, le grandezze
6
del GPI (Genuine Progress Index), HDI (Human Development Index) e l’indice nazionale del
BES (Benessere Equo e sostenibile).
Il secondo capitolo mostra, la critica riferita all’idea che il reddito è sinonimo di benessere e
felicità degli individui. Si evidenziano i punti di vista, di economisti, sociologi e psicologi, sul
tema delle relazioni che legano l’aspetto della felicità, con un parametro economico come il
reddito.
Il terzo capitolo descrive un’analisi empirica effettuata su un campione di individui che
abitano nella Città di Grosseto. L’indagine è stata condotta, attraverso la somministrazione
di un questionario tramite il web, ed in maniera cartacea, per chi non fruisce dei moderni
strumenti di comunicazione. Mediante domande, sulla qualità della vita urbana, ma
soprattutto, sulla condizione soggettiva di ogni individuo in riferimento a variabili sociali ed
economiche, in riferimento anche alla percezione passata, si ricercherà una correlazione di
questi, con il livello di felicità, sempre riferibile alla variazione attuale che si ha con il passato.
Inoltre, si cercherà di scoprire, se esiste un campione di cittadini, che ritiene che sia
necessario, procedere alla misurazione del benessere anche con altri aspetti che vanno oltre
il PIL.
L’elaborato si chiude, con delle considerazioni conclusive sulla ricerca svolta, seguite dalle
Appendici che illustrano, il questionario proposto, la costruzione delle variabili e la
metodologia seguita, ed infine, le regressioni che sono state effettuate, tramite l’elenco
delle tabelle (Output riepilogo).
7
Capitolo 1
Il PIL: tra critiche e alternative
Fin dalla sua nascita risalente agli anni ’30, il PIL (prodotto interno lordo) è stato lanciato
nell’allora “neonata” contabilità nazionale come unico indicatore di misurazione della
crescita economica. Perfezionatosi nel tempo, esso ha poi raggiunto una posizione
prestigiosa all’interno del panorama macroeconomico quale strumento di valutazione del
successo o insuccesso di un Paese nonché termine di paragone per un confronto diretto tra
le economie di varie nazioni.
L’avvento della globalizzazione della crisi e di squilibri socio-politici, tuttavia, ha
progressivamente messo in discussione quello che era correntemente considerato e
adottato come il “paradigma della crescita”, appunto il PIL.
Le opinioni più avvertite, intese a contrastare l’indice in argomento nella sua attitudine
qualificatoria, appaiono evidenti e trovano tendenzialmente tutti d’accordo: esso non
appare sostanzialmente idoneo a misurare né il benessere né la felicità di un individuo o
nazione.
Sembra, allora, emergere, in modo sempre più sensibilmente percepito, l’esigenza di un
mutamento di paradigma, per così dire una nuova rotta, attraverso l’uso di indicatori
alternativi per misurare il progresso che interessa ed ha interessato le nostre società.
1.1 Per iniziare: origine storica del PIL
Le origini di questo indicatore risalgono al periodo relativo alla Grande Depressione
statunitense degli anni ’30.
La situazione allora esistente, relativamente all’utilizzo di
informazioni per valutare lo stato di salute dell’economia, si presentava abbastanza scarna
ed essenziale: le statistiche, a cui ci si affidava, apparivano incomplete ed insoddisfacenti. Il
Dipartimento di Commercio degli Stati Uniti istituì una commissione, che potesse in qualche
8
modo riparare la “falla” informativa, stimando i conti nazionali in modo più preciso e
circostanziato; per questa via, in altri termini, si andavano gettando le basi per creare, sia
pure ingenuamente, quello che sarebbe successivamente diventato il Sistema dei Conti
Nazionali.
Fu il senatore La Follette, nel 1932, colui che avanzò la creazione di un team che indirizzasse
il suo studio sulle stime statistiche del reddito nazionale USA dal 1929 al 1931. Nel 1933,
quindi, Simon Kuznets ed altri due economisti presentarono la prima serie di analisi1.
Il risultato di questi studi convogliò, poi, nel Report of the Acting Secretary of Commerce on
National Income 1923-1932 ad opera del “National Bureau of economic research”,
comprendente ben sedici capitoli, che trattavano varie metriche di reddito (lavoro,
agricoltura, manifattura, trasporti,ecc)2. Anche se queste analisi si erano concentrate sul
reddito, si poteva dire che si era creata una misura di reddito nazionale, che conduceva a
rilevare un primo segno di efficienza di uno stato. Con l’avvento della Seconda Guerra
Mondiale, poi, si è avvertita la necessità di una misurazione più ampia verso la produzione
nazionale. Il quadro futuro, che si andò così delineando, vedeva le riverenze verso queste
misurazioni da parte del presidente Roosevelt, la continua pubblicazione delle stime del
Prodotto interno lordo e prodotto nazionale lordo3 nonché la nascita di organismi e
istituzioni fondamentali nel panorama internazionale come il Fondo Monetario
Internazionale (FMI) e la banca mondiale.
Dunque il PIL diveniva sinonimo di ricchezza, una sua crescita significava prosperità e
benessere. Quale grande misuratore di sviluppo economico recente è stato elogiato come
una delle grandi scoperte del ventesimo secolo dal U.S Department of Commerce4.
La teoria sul PIL, tuttavia, comincia a vacillare. Si dice che esso non misuri il benessere
umano e il progresso, ma misuri solamente “una parte delle attività economiche”, in esse
1
R.D. Marcuss, R.E. Kane, “U.S National income and product statistics - Born of the great Depression and World
War II”, Survey of current business, consultabile sul sito dell’ U.S Bureau of economic analysis,
http://www.bea.gov/scb/pdf/2007/02%20february/0207_history_article.pdf (Febbraio 2007).
2
The Acting Secretary of Commerce, Report of the Acting Secretary of Commerce on National Income 19231932,
consultabile
sul
sito
Fraser
(Federal
Reserve
Archive)
al
link,
https://fraser.stlouisfed.org/scribd/?title_id=971&filepath=/docs/publications/natincome_1934/19340104_nat
ionalinc.pdf#scribd-open.
3
R.D. Marcuss, R.E. Kane, “U.S National income and product statistics - Born of the great Depression and World
War II”
4
th
US Department of Commerce, “GDP: One of the great inventions of the 20 century”, Survey of current
business, consultabile al link, https://www.bea.gov/scb/pdf/beawide/2000/0100od.pdf (Gennaio 2000).
9
comprendendo solamente affari monetari riferibili alla produzione di beni e servizi, senza
tuttavia computare altre attività che hanno comunque la loro importanza sulla ripercussione
economica5.
La prima vera critica però, partì dallo stesso ideatore (Kuznets). Nel documento citato, che
comprova la via verso un sistema di contabilità nazionale, egli già affermò come un valore
puramente quantitativo non può dimostrare e non può essere una misura di soddisfazione o
felicità per un individuo: “il benessere di una nazione non può essere desumibile dalla misura
del reddito nazionale6”.
Prima di addentrarci nelle critiche, che si sono susseguite negli anni, destando dibattiti e
polemiche, occorre delineare compiutamente il concetto di PIL.
1.2 Concetto e composizione
Che cos’è il PIL? Per rispondere a tale domanda, disponiamo di un’ampia mèsse di definizioni
formulate dalla dottrina. Tra le opzioni definitorie elaborate dagli studiosi, si ritiene
conveniente riprendere la nozione che, di tale indicatore, ha delineato Olivier Blanchard.
Innanzitutto mette conto partire dalla decodificazione della sigla stessa.
La sigla PIL sta per Prodotto Interno Lordo (in inglese GDP: Gross Domestic Product). Con
Prodotto si intende la produzione, riferita a beni e servizi. Il termine Interno fa riferimento
alla produzione sul territorio nazionale. Infine, il termine Lordo significa che questo
indicatore è al lordo degli ammortamenti.
Il concetto che emerge è questo: il PIL è il valore totale di tutti i beni e servizi finali prodotti
da un sistema economico nazionale in un dato periodo di tempo, che di norma è un anno7.
Quindi, vengono esclusi dal conteggio del PIL i cosiddetti beni o servizi intermedi, quelli che
sono serviti per produrre i beni o servizi finali (per esempio la farina del panettiere per fare il
5
I.F. Lara, “Quale dibattito sul PIL?”, p.53, Camera di Commercio di Milano, Pubblicazioni e riviste – Impresa e
Stato, indice n°89-2010.
6
The Acting Secretary of Commerce, Report of the Acting Secretary of Commerce on National Income 19231932, Cit tradotta pag 7.
7
O. Blanchard, Scoprire la Macroeconomia (2011), Vol. I, Cap. II, Paragrafo 1.1.
10
pane), perché, essendo computati più volte, altererebbero sensibilmente la contabilità
nazionale.
Due sono i metodi riconosciuti dalla dottrina economica8: quello del valore aggiunto (calcolo
del valore della produzione, ottenuto sottraendo quelli che sono i costi della produzione,
cioè i costi intermedi necessari per produrre il bene o servizio) aggregato di ogni singolo
produttore e quello del reddito, come somma di redditi da lavoro (retribuzioni), redditi da
capitale e delle imposte indirette.
Per operare confronti concreti in senso temporale - senza sovrastimare o sottostimare la
variazione del PIL -, occorre adoperare un’altra forma di PIL: il PIL reale. E’ il PIL reale, infatti,
che indica la somma delle quantità dei beni e servizi finali prodotti e valutati al loro prezzo
costante su base annua. Si parlerà di PIL nominale, invece, quando la stima sarà valutata a
prezzi correnti, ovvero quei prezzi applicati al tempo in cui la produzione ha avuto luogo.
L’importanza di esprimere correttamente i dati nella forma in cui desideriamo operare
influenzerà la stima di questo indicatore macroeconomico.
L’influenza dei prezzi dalla crescita del PIL può essere eliminata attraverso il deflatore del PIL,
indicatore che mette a rapporto i due aspetti del PIL (nominale e reale): quantità per prezzi
correnti/quantità per prezzi costanti9.
Confrontare i PIL dei diversi Paesi, ci aiuta a capire le dinamiche di crescita e di sviluppo tra
le varie zone del globo. Utilizzare una misura del PIL pro capite è necessario per stimare il
reddito in relazione alla popolazione, più precisamente si prende come termine di
comparazione il PIL pro capite a parità di potere di acquisto (PPA).
Se analizziamo i dati che ci mette a disposizione la banca dati World data bank10 (2013) su
PIL nominale e PIL pro capite, ci accorgiamo che si evidenziano contraddizioni. Riguardo al
PIL pro capite, vediamo al comando il Lussemburgo con un PIL pro capite pari a 110.697$ e a
seguire la Norvegia (100.815$) e il Qatar (93.714$), mentre gli Stati Uniti, che si trovano al
vertice nella classifica del PIL nominale, sono solamente al decimo posto con 53.042$. Ciò è
spiegato dalla differente distribuzione demografica all’interno dei diversi Paesi: il
Lussemburgo possiede una popolazione territoriale esigua, se paragonata a quella degli Stati
8
Cfr. O. Blanchard.
Cfr. O. Blanchard.
10
Banca dati “World Data Bank” consultabile al sito http://databank.worldbank.org/data/home.aspx.
9
11
Uniti, ed è un paese ricco e pieno di risorse naturali. Nella classifica generale del PIL
nominale, il Lussemburgo, ma anche il Qatar, scendono al di sotto di metà classifica. La
misura del PIL pro capite quindi ci fornisce una misura ipotetica sulla distribuzione del
reddito tra il popolo, ma non ci dice come il reddito viene realmente distribuito. Le
diseguaglianze nella distribuzione del reddito sono misurate solitamente ricorrendo
all’indice di Gini.
Il PIL rappresenta solamente un numero, un numero che trasuda competizione tra paesi,
influenza le transazioni commerciali e le politiche interne e diventa parametro importante in
ambito internazionale ai fini dell’appartenenza nell’Unione Europea. E’ un cumulo di cifre
che non sono altro che: “il valore di quanto un sistema economico nazionale produce su base
annua, e nient’altro che un numero è il metodo adottato per esprimere questo concetto11”.
1.3 Limiti e novità
Prima di passare in rassegna tutte le critiche che sono state rivolte al PIL dalla sua nascita
fino ai periodi recenti, giova riassumere i limiti che esso si porta dietro.
Un primo limite già citato nel primo paragrafo è quello che proviene dall’ideatore Kuznets e
poi ripreso negli anni Duemila dall’economista e saggista americano Paul Krugman. Tra gli
aspetti del PIL “non rientra il benessere e una sua crescita non comporta un miglioramento
della situazione per la popolazione”. Krugman, nel suo articolo del New York Times “The
Joyless Economy”, spiega come la contraddizione della formula negativa più reddito = meno
felicità viene percepita dalla maggioranza degli americani. Essi, pur conseguendo un
aumento di reddito, seppur con un minimo miglioramento della vita, non si sentono poi così
tanto felici, e quando viene loro richiesto di valutare il proprio benessere soggettivo in base
alla situazione economica avvalorano la tesi reddito-infelicità. “La spiegazione principale per
11
P. Dacrema, “La dittatura del PIL – Schiavi di un numero che frena lo sviluppo”, Venezia, Marsilio, 2007, p. 7-
9.
12
il malcontento economico è che è difficile convincere la gente che l’economia è in crescita ,
quando essi stessi non hanno ancora visto i benefici che costituiscono la crescita supposta 12”.
Il secondo limite si ricollega a questo, in quanto non sappiamo come la ricchezza economica
prodotta venga realmente distribuita all’interno della popolazione. Viene detto che “Il PIL
non indica il livello di equità all’interno del Paese13”, Stati con PIL simili possono riportare
differenze significative in termini di distribuzione del reddito e quindi divari notevoli in
termini di benessere. Ciò può essere spiegato da una serie di fattori come l’aspettativa di
vita, i tassi di mortalità, livello di istruzione, la mobilità sociale, patologie psichiatriche e lo
stato di salute.
Non solo la questione ambientale, con tutte le esternalità negative che essa genera
(inquinamento, catastrofi naturali), ma anche questioni che riguardano la criminalità
(riciclaggio denaro) o la stessa morte sono tutti esempi di come il PIL ignori i danni provocati
da questi problemi. Considerando ogni transazione come positiva, “esso non distingue tra
aspetti che aumentano il benessere della popolazione e quelli che lo diminuiscono.” Un
evento catastrofico, come il terremoto, genera un flusso positivo e un aumento di
produttività per la ricostruzione di cosa ha colpito, ma un impatto estremamente negativo
per la mente e il quieto vivere del popolo; il controverso aspetto della morte fornisce un
ulteriore esempio, il servizio impiegato dall’impresa funebre fa aumentare il PIL, ma a
discapito della vita terrena stessa14.
Una componente che il PIL omette e riferibile al limite citato è quella della qualità della vita,
tema di difficile definizione e pieno di sfaccettature. Il PIL non computa i danni che il
progresso sociale impone all’ambiente, non considera minimamente temi sostanziali per il
benessere di un individuo come tempo libero, legami sociali, relazioni familiari. In sostanza il
paradigma della crescita che ci è stato imposto sacrifica e distrugge le fondamenta
dell’appagamento personale.
Infine, last but not least, è che tutte quelle attività che riguardano l’economia familiare e che
non hanno un prezzo (cucinare, pulire, badare alla prole) e le attività di volontariato non
12
P. Krugman, “The Joyless Economy” - The New York Times – consultabile al link,
http://glaserprogress.org/program_areas/pdf/The_Joyless_Economy.pdf.
13
V. Lastrucci - M.J.C. Pinilla, “Il PIL: critiche e alternative per misurare il benessere delle nazioni” contenuto
nella rivista “Salute & Territorio” del Laboratorio regionale per la formazione sanitaria della Regione Toscana,
http://www.formas.toscana.it/rivistadellasalute/fileadmin/files/fascicoli/2014/202/08_Lastrucci.pdf.
14
Ibidem.
13
retribuite non vengono menzionate nel calcolo del PIL. Si può affermare che il PIL tratta solo
transazioni in denaro positive o negative, beni e servizi che hanno un prezzo o che
partecipano sul mercato. Una novità, che è entrata in vigore nell’autunno 2014, è la
metodologia del sistema dei conti nazionali Sec2010 (sostitutiva della precedente Sec95),
che porta un’innovazione nel calcolo del PIL, includendo il peso di attività che fanno parte
della cosiddetta “economia sommersa” come la droga, il contrabbando e la prostituzione.
Questa considerazione interessa tutta l’Europa e vede protagoniste Italia e Spagna con un
impatto maggiore di incidenza di questi sul PIL15. Un’altra innovazione riguarda il capitale
“intangibile” - ossia quel capitale che comprende una vasta gamma di aspetti, come la
ricerca scientifica e sviluppo di nuovi beni, il marketing e il design, l’organizzazione e le
capacità imprenditoriali-, prima dell’avvento della nuova metodologia Sec2010, rientrava tra
gli input intermedi, che non interferivano nella produzione futura, le relative spese,
sostenute per acquistarli, erano menzionate nei costi e dunque non rientravano nel PIL. Oggi
le spese di ricerca e sviluppo sono riconosciute come spesa di investimento futura per la
creazione di prodotti di proprietà intellettuale e quindi partecipano attivamente alla
domanda finale e al PIL16.
1.4 Percorso storico delle critiche
La critica interessa il PIL inteso come indice e come strumento per misurare lo sviluppo
economico. Dagli anni ’90 in poi, gli establishment governativi e gli studiosi si sono messi
insieme per ricreare un concetto di “sviluppo”, che andasse a tener conto degli oneri e degli
sforzi e delle esternalità da esso procurate al sistema. Lo sviluppo economico, però, non ha
portato esclusivamente aspetti negativi; ha donato vantaggi economici per molti Paesi,
facendo rifiorire le loro economie, venerando il PIL come leader e indicatore di crescita
15
Audizione del Presidente dell’ISTAT, Giorgio Alleva, “L’economia illegale nei conti nazionali”, 8 ottobre 2014.
Il testo integrale è consultabile sul sito ISTAT alla sezione Diffusioni secondo il Sec2010,
http://www.istat.it/it/archivio/134102.
16
“Principali differenze tra Sec2010 e Sec95” contenuto nella sezione Sec2010 sul sito dell’ISTAT e consultabile
al link, http://www.istat.it/it/files/2014/01/principali_cambi_metodologici_sec2010.pdf.
14
impressionante, che ha ottimizzato anche gli standard di vita di molte popolazioni. La ricerca
di una crescita continua è ormai divenuta impraticabile in un pianeta che vede scarsità di
risorse e tempi troppo lunghi per rigenerarle rispetto a ciò che chiede il progresso
economico. Si delinea, così, un quadro che vede varie teorie e idee in contrasto, si passa
dalla visione ottimistica su come la tecnologia e le innovazioni creeranno alternative alla
mancanza di risorse a coloro che ritengono come sia necessario il concetto di decrescita per
evitare la demolizione, per finire con chi, invece, propugna una crescita sostenibile, ponendo
attenzione all’ambiente e all’economia immateriale.
Ho deciso di suddividere il percorso di questo dibattito in tre periodi, periodi di grande crisi e
carenze strutturali: gli anni ’30 (Grande Depressione e nascita del PIL), gli anni ’60-’70
(marasma politico e instabilità economica) e dagli anni ’90 ai giorni nostri, dove le diversità
economiche e sociali a livello mondiale portano a parlare di indici alternativi che considerino
etica, ambiente e temi qualitativi.
1.4.1 Gli anni ’30
Ho già affermato come la prima vera critica rivolta al PIL come indice sia provenuta dallo
stesso suo ideatore: Kuznets. Egli aveva in un certo modo predetto l’uso errato che se ne
poteva fare e, quindi, all’interno del documento “Report of the Acting Secretary of
Commerce on National Income 1929-1932” presentato al Congresso USA, aveva inserito un
capitolo dedicato all’uso e abusi di questa misura (Uses and abuses of National Income
measurement), affermando: “gli abusi delle stime del reddito nazionale sono principalmente
legati alla mancata presa in considerazione della precisa definizione di reddito e delle
modalità della sua valutazione che lo stimatore assume nel raggiungere i suoi dati
definitivi17”. Inoltre egli sottolineò di come questo indice riassumeva solamente la
produzione di una nazione in modo da comprenderla in modo più chiaro possibile. Tale
semplificazione, ovviamente, ha tralasciato aspetti qualitativi che concorrono al benessere,
perché presentavano una difficile contabilizzazione. E’ qui che si inserisce il primo limite già
17
The Acting Secretary of Commerce, Report of the Acting Secretary of Commerce on National Income 19231932, Cit tradotta p. 7.
15
citato nei precedenti paragrafi e il primo errore consistente nel paragonare il PIL ad una
misura di benessere.
Le preoccupazioni di Kuznets riguardanti l’abuso di questo strumento si sono annunciate
edificanti; le associazioni che legavano reddito e benessere si sono affermate sempre con più
forza a dispetto delle indicazioni contrarie che lo stesso Kuznets ha portato avanti nel corso
degli anni ed un incremento del PIL è stato impiegato addirittura come fine ultimo di ogni
Governo18.
Sul fronte popolare vi è una scarsa attenzione rispetto a questi temi, in quanto le critiche si
insediano furtive unicamente nei circoli universitari e nelle istituzioni di maggior rilievo.
L’interesse dei cittadini è spostato verso la ricostruzione post-bellica (anni ’30-’40) e dal
boom economico, che investì gran parte dei Paesi dell’Europa dell’ovest, il Giappone e gli
Stati Uniti che, grazie al Piano Marshall, influenzavano notevolmente le scelte degli altri in
campo economico. Gli anni ’50 infatti, oltre ad essere stati gli anni del boom economico,
sono stati gli anni del baby boom, del lavoro “facile” e del PIL sfrenato, che vedeva
primeggiare, come al solito, la potenza statunitense19. Un periodo che ha donato prosperità
rispetto al decennio precedente e ha fatto sì che le società si godessero un po’ di sana
opulenza.
1.4.2 Gli anni ’60 e ‘70
Se gli anni ’50 hanno visto rifiorire la maggior parte delle economie, gli anni ’60 e ’70 hanno
conosciuto insicurezze, contestazioni, rallentamenti nella crescita. Si ricordano, infatti,
eventi quali lo shock petrolifero, la fine degli Accordi di Bretton Woods e le varie
manifestazioni politiche negli Stati Uniti, in Cina e nella nostra Italia, dove si è rivoluzionata
la penisola nel campo della politica, arte, musica e sport.
Sul fronte della politica, di grande evidenza fu il discorso che Robert Kennedy sostenne il 18
marzo 1968 presso la Kansas University. Egli biasimava il PIL per il fatto di incorporare sotto il
18
P. Dacrema, “La dittatura del PIL – Schiavi di un numero che frena lo sviluppo” Venezia, Marsilio, 2007, p. 1820.
19
R. Cameron, L. Neal, Storia economica del mondo, vol. II – Dal XVII secolo ai giorni nostri, cap XV, Il Mulino,
2005.
16
segno positivo tutti gli aspetti, ivi comprendendo quelli che in realtà sono negativi per la vita
e il benessere sociale. “Quel PIL - se giudichiamo gli USA in base ad esso, comprende anche l'inquinamento
dell'aria, la pubblicità per le sigarette e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei
fine settimana.. .. Il Pil non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o
della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia, la solidità dei valori
famigliari o l'intelligenza del nostro dibattere.. ..Misura tutto, in poche parole, eccetto ciò che rende la vita
veramente degna di essere vissuta
20
”.
Pochi anni più tardi nel piccolo stato del Bhutan, il Re Jigme Singye Wangchuck sembrava
aver colto nel segno il discorso di Kennedy adoperandosi verso quegli aspetti non economici
che avevano impreziosito il comizio21. L’idea del Re, infatti, era quella di adottare una nuova
misura chiamata Felicità Interna Lorda (FIL), rappresentata da nove domini: salute,
istruzione, uso del tempo, diversità culturale, standard di vita, buon governo, legami
comunitari, autodeterminazione e la diversità ecologica. Ciascun dominio è composto da più
indicatori (ben 33 totali) ed, eseguendo sondaggi al popolo, viene costruito un singolo
numero che rappresenta la FIL22. Questo indice è un tentativo di nuovo approccio nazionale
al progresso sociale e ha riscosso un discreto successo nella critica al PIL, anche se non
mancano opinioni negative che marcano soprattutto sull’aspetto soggettivo della felicità e
alla sua reale affidabilità.
L’associazione informale composta da varie personalità della politica, economia, scienza,
nota come il Club di Roma23, nata nel 1968, commissionò un progetto di lavoro riguardante
l’incidenza dello sviluppo sul consumo delle risorse naturali e le conseguenze che avrebbe
provocato nel mondo ad un gruppo di studiosi del Massachusetts Institute of Technology
(MIT) che vedeva in prima linea i coniugi Meadows, Jorgen Randers e William W. Behrens III.
Questo progetto sfociò in un rapporto intitolato “I limiti dello sviluppo” pubblicato nel 1972,
i suoi risultati parvero subito chiari: il boom demografico, l’industrializzazione,
l’inquinamento e lo sfruttamento delle risorse avrebbero portato ad un declino senza via di
ritorno, ad un arresto a ritmo accelerato dello sviluppo. Il rapporto suggeriva un cambio di
20
Discorso
di
Robert
Kennedy
consultabile
sul
sito
del
sole24ore
al
link,
http://www.ilsole24ore.com/art/impresa-e-territori/2013-03-13/kennedy-misura-tutto-eccetto110557.shtml?uuid=Aby2VadH.
21
E. Giovannini, “Dal PIL al benessere: nuovi indicatori per misurare il progresso della società” contenuto in
Libertà e Benessere: l’Italia al futuro, Confindustria – Centro Studi, Aprile 2010.
22
Guida alla Felicità Nazionale Lorda consultabile al sito, http://www.grossnationalhappiness.com/.
23
Club di Roma, http://www.clubofrome.org/.
17
rotta per quanto riguarda la soddisfazione futura del popolo e criticava la tecnologia e l’uso
di strumentazioni all’avanguardia nel recupero di risorse, ponendo l’attenzione sul boom
demografico alimentato dalla povertà24.
Dopo aver avuto un notevole impatto
internazionale, la tesi di un mondo finito, in cui le risorse sono in esaurimento, fu rifiutata in
larga parte dai governi. Prima nel 2006 e poi nel 2013, sono stati aggiornati i dati e le
statistiche con due pubblicazioni25. Gli autori ipotizzano scenari futuri in diverse tematiche
che vanno dalla democrazia al clima globale e si rafforza il concetto di crescita sostenibile già
introdotto nella prima pubblicazione del 1972.
Il tema, quello della sostenibilità, viene ripreso dall’economista Nicholas Georgescu-Roegen,
che, unendo le sue analisi economiche ad aspetti di fisica quantistica, formula una sua critica
contro lo sviluppo economico; ed è a lui che va riconosciuto il merito di aver innovato l’idea
della “Bioeconomia”, un’economia attenta all’ecologia e alla sostenibilità ambientale. Alcuni
dei comportamenti che l’autore ritiene necessari per la riuscita del suo “programma
bioeconomico minimale26” riguardano l’impiego dell’agricoltura organica, un sistema di
progettazione di beni destinati a durare nel tempo, evitare con una regolamentazione gli
sprechi di energia, liberarsi dalla moda (l’autore parla di “malattia della mente”) ed un
ritrovamento del tempo perduto scevro da ogni pressione del sistema economico. E’ proprio
su questo ultimo punto che la visione di Georgescu-Roegen defluisce in quello che egli stesso
chiama “godimento della vita”; egli fornisce anche una formula chiarificatrice, sostenendo
che il godimento della vita dipende positivamente dal flusso di godimento dei beni di
consumo e del tempo libero ma viene diminuito dalle fatiche del lavoro27.
Sulle orme del Club di Roma e di Georgescu-Roegen nasce così un nuovo pensiero promosso
da Serge Latouche. Partendo dal fatto che l’ipotesi di una crescita infinita risulta inattuabile
ed una sua continua ricerca ci rende infelici e crea diversità, il rimedio proposto da Latouche
è la teoria nota come “downshifting” o “decrescita”.
24
Come Georgescu-Roegen, anche
Prefazione dell’industriale Aurelio Peccei al testo “I Limiti dello sviluppo” di Meadows-Randers-Behrens,
Mondadori, 1972, consultabile al link, https://cucugliato.files.wordpress.com/2011/03/i-limiti-dellosviluppo_1972_introduzione-di-aurelio-peccei1.pdf.
25
M. Ferrari, “I limiti dello sviluppo: quarant’anni dopo”, 22 Aprile 2013, consultabile al link,
http://www.focus.it/cultura/i-limiti-dello-sviluppo-quarant-anni-dopo-591573.
26
S. Zamberlan, “Dall’utilità al godimento della vita: la Bioeconomia di Nicholas Georgescu-Roegen”, Cap V par
8, IPEMEdizioni, 2007.
27
Ivi, Cap VI, par 4-5.
18
Latouche ha un programma definito da lui stesso delle otto R: rivalutare, ristrutturare,
riconcettualizzare, rilocalizzare, ridistribuire, ridurre, riutilizzare e riciclare per far fronte alla
demolizione dell’ecosistema e per ricercare un miglioramento della qualità della vita e un
radicale cambiamento dello stile di vita nel nord del mondo rimpiazzando la logica del “benavere” con quella del “ben-essere”. E’ con il ritorno al passato che si guarda al futuro,
smontando le logiche precedenti28. La prima tappa da affrontare è quella di una
“decolonizzazione dell’immaginario proposto dallo sviluppo economico”, riconcettualizzare
l’educazione al consumo, senza interferenze dei media, pubblicità o quant’altro29. Ripensare
ad un sistema dove il popolo partecipi attivamente nella vita politica “ristrutturando” il
sistema con le relazioni sociali che ci circondano è un’altra tappa che intende perseguire.
Ancora, “ridistribuire” in modo equo le risorse naturali tra il Nord e il Sud del mondo,
rivedendo la politica del Nord e facendo sì che esso smetta di spennare le risorse destinate al
Sud e cambi il sistema di sviluppo non sostenendo i progetti di aiuto delle istituzioni verso i
paesi in difficoltà30.
Tutti questi esempi ci indicano come questa teoria sia una teoria radicale che rivoluziona
completamente il sistema e si differenzia dalle altre critiche al PIL finora sviluppate.
Ovviamente anche questa visione, se si può dire “utopistica”, non è stata immune da pareri
negativi ma ha ricevuto molti consensi a livello popolare, non a caso è proprio da lì che deve
partire il cambiamento.
Gli anni ’70 e ’80 hanno visto protagonista l’ambiente a livello internazionale. Due sono i
summit che si sono succeduti su questo tema31: Summit delle Nazioni Unite sull’”Ambiente
Umano” tenutosi a Stoccolma nel 1972, dove è stata stilata una vera e propria dichiarazione
comprendente ben 26 principi riguardanti la libertà, la tutela ambientale, l’eguaglianza, il
diritto ad adeguate condizioni di vita, la pianificazione razionale, edile e urbana ecc; ed il
“Rapporto Brundtland” (1987), che ha sancito la nascita della definizione di sviluppo
sostenibile, ovvero: “lo sviluppo che è in grado di soddisfare i bisogni della generazione
presente, senza compromettere la possibilità che le generazioni future riescano a soddisfare i
28
S. Latouche, La scommessa della decrescita, Milano, Feltrinelli, 2007.
Ibidem.
30
Ibidem.
31
Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, http://www.minambiente.it/pagina/ilpercorso-dello-sviluppo-sostenibile.
29
19
propri32". E’ proprio in questa fase che si cercano misure alternative al PIL che includano
aspetti ambientali e di salvaguardia ma anche aspetti qualitativi e sociali.
1.4.3 Dagli anni ’90 ad oggi
Gli anni ’90 forti delle basi ideologiche che hanno caratterizzato gli anni precedenti,
potevano sicuramente spostare l’attenzione su tematiche qualitative per il benessere dei
cittadini (istruzione, salute, salvaguardia ambientale, democrazia), che andavano oltre al
“semplice” valore economico numerico del PIL.
Per primo, Mahbub ul Haq, economista pakistano, indirizzò i suoi studi verso quei fattori che
incidono in maniera rilevante sulla povertà della popolazione del Sud del mondo e sulle
direttive che i governi devono attuare per migliorare la qualità della vita di quegli individui.
Le analisi furono condotte con il metodo della “capability” proposto da Amartya Sen (ripreso
poi in tempi recenti da Martha C. Nussbaum33), che prevedeva di dare alla popolazione la
capacità di scelta, “una libertà sostanziale di realizzare più combinazioni alternative”,
sull’accesso ai servizi della salute, istruzione e diritti civili, per far sì che “ciascuno raggiunga
il benessere auspicato34”. Sulla base di queste analisi, nel 1990 viene creato lo Human
Development Report (HDR) che sarà poi annualmente pubblicato dal programma per lo
sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP). Il fulcro di questo rapporto è la centralità che assume la
dimensione umana nello sviluppo; tre sono le macro dimensioni per misurare lo Sviluppo
Umano: longevità, istruzione e standard di vita35, che, messe in relazione tra loro,
restituivano un nuovo indice chiamato Human Development Index (HDI), impiegato per
misurare il livello di sviluppo umano nei diversi paesi. Questa misura alternativa del PIL verrà
sviluppata in modo più approfondito nel prossimo paragrafo; qui mi limito a dire che questo
indice non rifiuta totalmente il PIL, ma anzi lo va integrare con variabili che esso non
considera. Questo approccio deformabile nei confronti del PIL destava opinioni avverse da
32
Ibidem.
M. C. Nussbaum, Creare capacità. Liberarsi dalla dittatura del Pil, Il Mulino, 2012, estratto del libro
consultabile al link, http://www.tafterjournal.it/2012/07/02/creare-capacita-liberarsi-dalla-dittatura-del-pil/.
34
A.
Casavecchia,
“Capacitazione”,
10-01-2014,
articolo
consultabile
al
link,
http://www.benecomune.net/articolo.php?notizia=1614.
35
Human Development Reports, http://hdr.undp.org/en/reports/global/hdr1990.
33
20
parte dei sostenitori della decrescita. Latouche critica la “teoria dello sviluppo sostenibile”,
che si era da poco insediata e il concetto stesso di “sostenibilità”, specificando che si trattava
di una sorta di Leit-motiv che difendeva l’idea della crescita infinita sostenuta dalla
maggioranza delle istituzioni politiche internazionali36.
Uno degli indici, che invece andava a correggere (e non integrare) il PIL, era l’ISEW (Index of
Sustainable Economic Welfare), che deve la sua scoperta agli studi di Herman Daly e John B.
Cobb, che sulle tracce dei pionieri Nordhaus e Tobin (MEW, Measure of Economic Welfare),
nel 1984 portarono all’ascesa questa misurazione. Esso era definito come la somma dei
consumi personali, della spesa pubblica non-difensiva, della formazione del capitale e dei
servizi relativi al lavoro domestico meno le spese private difensive, il deprezzamento del
capitale naturale e i costi relativi al degrado ambientale37. Questo parametro andava a
compensare il PIL, integrando fattori economici, ambientali e beni e servizi non di mercato
come il lavoro domestico.
Nel 1994 gli stessi autori creano una misura perfezionata dell’ISEW, il GPI (Genuine Progress
Indicator). Affine per certi aspetti all’ISEW, questo nuovo indicatore inserisce oneri e temi
sociali non computati precedentemente come il volontariato, il divorzio, il costo della
criminalità, la perdita del tempo libero, la disoccupazione e i danni provocati
dall’inquinamento e dall’ozono sul pianeta38. Anche di questo indice ne farò approfondita
menzione nel prossimo paragrafo.
Numerose sono le indicazioni suggerite per indici alternativi tra fine anni’80 e anni ’90.
C’è un gruppo di indici nati in quel periodo, che sono accomunati dall’inserimento del fattore
ambientale all’interno del calcolo del PIL. Si parla di SNI (Sustainable National Income), che
andava a calcolare la produzione massima ottenibile, date le tecnologie possedute, in base a
standard ambientali39; GS (Genuine Savings), adottato dalla World Bank che considerava la
porzione di reddito nazionale risparmiato per il futuro, tenendo conto degli investimenti in
capitale umano che venivano eseguiti,il deterioramento delle risorse naturali e l’impatto
dell’inquinamento40; PIML (Prodotto Interno Materiale Lordo), che attraverso una tavola
36
S. Latouche, La scommessa della decrescita, Milano, Feltrinelli, 2007.
ISEW, http://en.wikipedia.org/wiki/Index_of_Sustainable_Economic_Welfare.
38
GPI, http://genuineprogress.net/genuine-progress-indicator/.
39
SNI, http://stats.oecd.org/glossary/detail.asp?ID=6587.
40
GS o Adjusted Net Savings, http://data.worldbank.org/data-catalog/environmental-accounting.
37
21
intersettoriale input-output, “basata sul principio di conservazione di massa con lo scopo di
descrivere come circola la materia dai corpi naturali ai processi di produzione” (misurata su
specifiche risorse naturali), riesce a misurare la sua grandezza41. L’esigenza di inserire la
portata del danno ambientale all’interno del calcolo del PIL è ormai inevitabile ma comporta
non pochi problemi: quantificare e monetizzare il danno risulta un’operazione complessa
anche perché molti dei fenomeni che pesano sull’impatto ambientale (inquinamento e
desertificazione) riguardano l’intero pianeta.
Nel 2003 in Cina è stata creato il “PIL verde” (Green GDP) volto proprio a quantificare e
contabilizzare i costi del degrado ambientale e del deterioramento delle risorse naturali in
modo da indagare sulla reale qualità dello sviluppo. Nel rapporto del 2004 condotto dal
Green National Accounting si legge come l’impatto dell’inquinamento ambientale, degrado
ecologico e la distruzione graduale di risorse freni in maniera notevole lo sviluppo cinese con
un’ influenza di questi costi sul PIL del 3%42. A scatenare polemiche soprattutto a livello
governativo, è l’altra proposta del 2011 del “GDP quality index”, che studia il livello
qualitativo unendo gli aspetti economici con quelli sostenibili nelle province cinesi attraverso
cinque varie qualità (economica, sociale, ambientale, della vita e gestionale): le aree cinesi
con una forte accezione quantitativa (GDP) si ritrovano rimpiazzate da altre province meno
ricche ma più forti qualitativamente43. La critica cinese vuole solamente un PIL “razionale e
genuino” senza togliere lustro al PIL. E’ dello scorso anno la nuova invenzione cinese: il “PIL
dell’armonia”, che, secondo parametri precisi (democrazia, giustizia, onestà, dinamismo,
stabilità e l'armonia tra gli uomini e la natura), evidenzia come l’armonia sociale nelle aree
rurali si attesta al 59%. Il risultato deludente deriva da un bilanciamento tra un alto valore
dell’onestà (circa 84%) e un basso valore dell’armonia tra uomo e natura (50%)44.
Il 2006 vede l’apparizione dell’ HPI (Happy Planet Index) ideato dalla New Economics
Foundation (NEF). E’ composto dall’analisi di tre componenti: impronta ecologica (promossa
41
G. Nebbia, “Il prodotto interno materiale lordo dell’Italia nel 2000”, Note in margine, Statistica, Anno LXIII, n
2, 2003, p 398, consultabile al sito, http://rivista-statistica.unibo.it/.
42
Green GDP Accounting Study Report, http://www.gov.cn/english/2006-09/11/content_384596.htm.
43
J. Watts, “China's green economist stirring a shift away from GDP”, The Guardian,
http://www.theguardian.com/environment/2011/sep/16/china-green-economist-gdp.
44
First on line, “La Cina lancia un nuovo indice: il PIL dell’armonia, 13/05/2014,
http://www.firstonline.info/a/2014/05/13/la-cina-lancia-un-nuovo-indice-il-pil-dellarmonia/9151b36d-6d5e4150-bb42-a6b21e192e48.
22
dal WWF), benessere e aspettativa di vita; per ottenere il parametro HPI si moltiplica
l’aspettativa di vita (con i dati forniti dall’HDR) per un punteggio che va da 0 a 10 (“Ladder of
life”), che misura la felicità individuale e si divide tutto per l’impronta ecologica45. La
classifica HPI è guidata da Paesi che affrontano continuamente molteplici problemi sociali
gravissimi (Costa Rica, Vietnam, Colombia) e vede invece affannarsi i paesi industrializzati
con punteggi alti nel benessere e aspettativa di vita, ma bassi nell’impronta ecologica. L’Italia
si piazza al 51°esimo posto46. Questo indice scardina completamente la misura economica
del PIL associando il benessere umano con il tema ambientale, il progresso quindi, non
dipende dalla ricchezza nazionale ma da altri fattori.
Nel 2007 la Commissione Europea, il Parlamento Europeo, il Club di Roma, l’OECD e il WWF
hanno presentato la conferenza dal titolo “Beyond GDP” con l’obiettivo di chiarire quali
indici fossero in grado di misurare il progresso tenendo conto di fattori quali il cambiamento
climatico, la povertà, il depauperamento progressivo delle risorse, la salute e la qualità della
vita47. Due anni più tardi fu pubblicato un rapporto dal titolo “GDP and beyond: measuring
progress in a changing world”, che si proponeva di dotarsi di una sorta di “tabella di marcia”
(“Roadmap”), articolata in cinque azioni-chiave da intraprendersi in termini brevi48.
E’ ragionevole arguire che questo convegno abbia suggerito ai governi nazionale un utile
spunto per la creazione di nuovi indici, ma si è pur sempre evidenziato come “il sostegno di
questo approccio è stato particolarmente sviluppato nei paesi industrializzati49”.
La critica che ha avuto un impatto maggiore negli ambienti governativi ma anche locali è
stata quella messa in atto dal governo francese Sarkozy nel 2008 con la Commissione
Internazionale sulla misurazione della performance economica e del progresso sociale.
L’incarico della Commissione composta da Stiglitz, Sen e Fitoussi, prevedeva l’analisi dei
limiti del PIL50, dei problemi relativi alla sua misurazione e la possibilità dell’implementazione
di nuovi strumenti alternativi, che tenessero conto del benessere. L’anno seguente venne
45
HPI (Happy Planet Index), http://www.happyplanetindex.org/about/.
Report HPI 2012, http://www.happyplanetindex.org/assets/happy-planet-index-report.pdf.
47
European
Commission,
Environment,
Beyond
GDP,
Background,
http://ec.europa.eu/environment/beyond_gdp/background_en.html.
48
European
Commission,
Environment,
Beyond
GDP,
Eu
Roadmap
2009,
http://ec.europa.eu/environment/beyond_gdp/EUroadmap_en.html.
49
H. Henderson, “La mia battaglia per gli indicatori della qualità della vita e della sostenibilità“,Camera di
Commercio di Milano, Pubblicazioni e riviste – Impresa e Stato, indice n°89-2010.
50
Cfr paragrafo 1.3.
46
23
pubblicato il loro rapporto suddiviso in tre parti: carenze del PIL, qualità della vita e
ambiente e sviluppo sostenibile. Il compito del rapporto era rivedere la definizione di
sviluppo economico e di constatare che il PIL non era un obiettivo principale ma considerarlo
come una delle componenti che andava a formare il quadro del benessere51. Secondo il
pensiero della Commissione, gli indici e gli strumenti che sono stati ideati dai vari governi e
nazioni sono uno stimolo per fare sempre meglio e per continuare anche a definire in
maniera sempre più precisa il concetto di sviluppo. Infatti possiamo dire che il rapporto
riassume e rappresenta le teorie che si sono susseguite nei decenni precedenti; tra le
raccomandazioni descritte nel rapporto infatti troviamo l’inserimento di componenti come la
salute, l’istruzione, prestazioni che non rientrano nel mercato, il tempo libero, tenore di vita
e sostenibilità52.
Due anni dopo nel panorama internazionale si innescano nel sistema due nuovi progetti che
continuano sulla linea della Commissione e della conferenza “Beyond GDP”. L’Organizzazione
per la cooperazione e lo sviluppo economico dà vita al Better Life Index. Questo nuovo
indicatore attraverso una serie di dimensioni (necessarie appunto per una “better life”)
ordinate in base alle preferenze dell’utente esamina, confronta e valuta gli esiti ottenute da
paesi diversi53. E’ interessante notare l’approccio di coinvolgimento degli individui con una
partecipazione interagente nella definizione delle componenti che concorrono il benessere.
Il progetto “Social Progress Imperative”, invece, ha proposto il Social Progress Index (SPI).
Esso si basa su tre dimensioni principali: bisogni umani primari (cibo, salute, aria, acqua,
sicurezza); basi del benessere (sostenibilità ambientale, accesso all’istruzione e
all’informazione, salute e benessere); opportunità (libertà di scelta, diritti della persona,
tolleranza ed equità, accesso all’altra formazione), ognuno di questi indici si divide a sua
volta in sottocategorie54. Anche questo indice non include le misurazioni contabili del PIL e si
propone come un indice volto ad analizzare i bisogni fondamentali degli individui. Nel Social
Progress Index - Methodological Report 2014, si dà anche una definizione di progresso
sociale: “la capacità di una società di soddisfare i bisogni umani fondamentali dei cittadini,
51
J. Stiglitz, A. Sen, J.P. Fitoussi, “Report by the Commission on the Measurement of Economic Performance and
Social Progress”, 2009, http://www.stiglitz-sen-fitoussi.fr/documents/rapport_anglais.pdf.
52
Ibidem.
53
OECD Better Life Index, http://www.oecdbetterlifeindex.org/.
54
Social Progress Imperative, SPI, http://www.socialprogressimperative.org/data/spi.
24
stabilire i mattoni che permettono ai cittadini e alle comunità di migliorare e sostenere la
qualità della loro vita e creare le condizioni per tutti gli individui di raggiungere il loro pieno
potenziale55.” La classifica stilata per il 2014 vede primeggiare la Nuova Zelanda, Svizzera e
Islanda con uno score che supera di poco gli 88 punti56.
Nel 2011 anche l’Italia con gli studi connessi dell’ISTAT e del CNEL ha dato vita al progetto
BES (indice di Benessere Equo e Sostenibile). Creare un indice multidimensionale che
andasse oltre al PIL è lo scopo portato avanti dalle istituzioni, infatti esso si compone di ben
dodici dimensioni del Benessere: salute, istruzione e formazione, lavoro e conciliazione dei
tempi di vita, benessere economico, relazioni sociali, politica e istituzioni, sicurezza,
benessere soggettivo, paesaggio e patrimonio culturale, ambiente, ricerca e innovazione,
qualità dei servizi57. Per la sua costruzione hanno partecipato anche associazioni di categoria
e gli stessi cittadini, in modo da dar voce a quello che realmente è il benessere cittadino e
sociale.
Nel 2014 il Bureau of Economic Analysis ha divulgato una statistica su un nuovo indice
chiamato “Gross Output” (GO), che si differenzia dal GDP, in quanto misura in modo
tendenzialmente più completo ed accurato l’economia. Tale indicatore alternativo, infatti,
trae con sé anche quei passaggi intermedi che portano alla realizzazione dei beni e servizi,
analizzando correttamente i consumi e gli investimenti. L’economista Mark Skousen scrive su
Forbes: “La spesa dei consumatori è in gran parte l'effetto, non la causa, della prosperità58”.
L’indicatore in argomento, tuttavia, presenta anche dei difetti: si sostiene, infatti, che “è
soddisfacente per la produzione industriale di un singolo settore”, ma “è meno affidabile se si
considerano cicli economici aggregati o di crescita59”, una volta ricondotto al “doppio
conteggio” dei prodotti finali e intermedi. Allo stato non è ragionevolmente possibile
prevedere con un margine di sufficiente apprezzabilità se siffatta misura scalzerà nel tempo
definitivamente il PIL oppure si rivelerà un’alternativa di mero esercizio accademico.
55
SPI Methodological Report 2014, Social Progress Imperative, pag.4, consultabile al link,
http://www.socialprogressimperative.org/system/resources
56
Ivi, p. 7.
57
ISTAT-CNEL, Progetto BES, http://www.misuredelbenessere.it/.
58
Forbes Staff, “New, revolutionary way to measure the economy is coming”, 26/03/2014, consultabile al link,
http://www.forbes.com/sites/steveforbes/2014/03/26/this-may-save-the-economoy-from-keynesians-andspend-happy-pols/.
59
Bureau of Economic Analysis, FAQ, http://www.bea.gov/faq/index.cfm?faq_id=1034.
25
Nell’estenuante percorso della critica al PIL, possiamo dire che il dibattito ha evidenziato le
mancanze e la lacune che il PIL evidenzia, ma nelle varie proposte di indici alternativi che si
sono susseguite in questi anni, ci siamo accorti che è di estrema difficoltà quantificare
aspetti sociali che riguardano il tenore di vita, l’ambiente ed il benessere. Proprio per questo
il PIL continua ad essere una misura adottata da molti governi ed ha occupato un posto
saldo all’interno dei vari establishment.
1.5 Analisi delle principali alternative
In base alla relazione che lega il PIL agli indici alternativi narrati nella critica, si può delineare
una sorta di tre insiemi60. Un primo insieme vede protagonisti gli indici che correggono il PIL,
estendendone la portata con l’inclusione di fattori che esso non calcola, quali: l’ISEW (Index
of Sustainable Economic Welfare), il GPI (Genuine Progress Indicator) e il GS (Genuine
Savings). Entro tale primo raggruppamento, inoltre, si può enucleare anche un sottoinsieme,
formato da quegli indici, che incorporano anche esternalità ambientali negative come lo SNI
(Sustainable National Income) e il PIML (Prodotto Interno Materiale Lordo). Il secondo
insieme aggrega una tipologia ben definita di indici, che potremmo denominare “accessori”;
insieme al PIL, essi censiscono il benessere e le commodities sociali e sono definiti HDI
(Human Development Index), BES (Benessere Equo e Solidale) e GDP Quality Index.
Conclusivamente, la terza categoria raggruppa tutti quegli indici che vanno a rimpiazzare
integralmente il PIL, escludendolo dalla misurazione: a titolo esemplificativo, essi sono FIL
(Felicità Interna Lorda), HPI (Happy Planet Index) e lo SPI (Social Progress Index).
Lo scopo principale delle alternative del PIL resta individuato nell’esigenza di precostituire
una misura univoca di definizione del benessere e, quindi, teoricamente, i risultati di ogni
indice opzionale dovrebbero portare ad eleggere la stessa Nazione. Sorprendentemente,
tuttavia, scopriamo, andando a scrutare tra le classifiche di alcuni indici, che ciò non
necessariamente si verifica.
60
I.F. Lara, “Quale dibattito sul PIL?”, p.56, Camera di Commercio di Milano, Pubblicazioni e riviste – Impresa e
Stato, indice n°89-2010.
26
Dalla consultazione dell’indice HDI Report 2014, troviamo che le statistiche relative all’anno
2013 rivelano nelle prime posizioni Norvegia, Australia e Svizzera, Stati che, tra l’altro,
confermano la loro posizione anche nelle statistiche HDI Report 201261. Dall’analisi del rank
HPI 2012, invece, reggono il timone Paesi come Costa Rica, Vietnam e Colombia62.
Nonostante il disorientamento e la confusione che queste evidenze ci fanno notare, la
peculiarità del legame tra le diverse scelte nazionali e internazionali, in alternativa al PIL, è
l’impiego di una varietà di dimensioni atte a fornire, in via generale, una descrizione di quello
che potrebbe rappresentare il benessere.
Nei prossimi paragrafi si passerà ad analizzare due dei principali indici internazionali, che
hanno avuto un maggior riscontro negli ambienti istituzionali e governativi (GPI e HDI) ed un
indice che invece è stato ideato per rispondere a specifiche esigenze nazionali (BES).
1.5.1 GPI (Genuine Progress Indicator)
Come già ho affermato, il GPI è un indicatore che corregge il PIL, ma non lo ripudia. Infatti,
cerca di inserire nel conteggio del PIL non solo gli aspetti vantaggiosi, ma anche le
conseguenze negative dello sviluppo. Analizzando l’ultimo report che abbiamo a disposizione
sul GPI, risalente al 2006, si parla di “costi dello sviluppo”, tra cui vi rientrano: i costi per
inquinamento dell’aria e acqua; i costi per il deterioramento delle risorse naturali; i costi
causati dalla presenza di ozono attorno al pianeta; la perdita di terreni coltivabili e delle zone
paludose; i costi relativi al divorzio, volontariato e quelli relativi alla criminalità; la perdita del
tempo libero63. Tutti questi aspetti elencati incidono negativamente sulla qualità della vita
delle persone. Proprio per questo motivo, la fondazione “Redefining Progress” ha proposto
un’analisi del rapporto tra il PIL e il GPI negli USA.
61
Human Development Report 2014, http://hdr.undp.org/sites/default/files/hdr14-report-en-1.pdf.
Cfr. paragrafo 1.4.3.
63
GPI report 2006, http://rprogress.org/publications/2007/GPI%202006.pdf.
62
27
Figura 1: Stime PIL-GPI negli Stati Uniti dagli anni ’50 al 2004 (Fonte: GPI, Redefining Progress)
Dalla figura 1, emerge il divario sempre maggiore che ha accompagnato le due stime. Fino
agli anni ‘70 i due trend sembravano muoversi nella stessa direzione: ad un aumento del PIL
corrispondeva un aumento del GPI; negli anni successivi, invece, è apprezzabile un
distaccamento tra le due grandezze: il PIL sempre in crescita non ha più la corrispondenza
del GPI, che invece decresce64. Possiamo dire che si è avuto un peggioramento del benessere
generale della popolazione statunitense a discapito di una grande ricchezza.
Il GPI ha assunto un rilievo importante, perché, come visto, risulta un indicatore
confrontabile con le stime del PIL, atteso che non altera il suo valore economico, ma anzi lo
arricchisce. Tuttavia, non è esente da critiche. Si dice che esso non tenga conto di aspetti
come la libertà politica o l’uguaglianza di genere e ancora si parla di “assunzioni distanti da
quello che è il corretto valore” per la difficoltà nel reperimento di dati attendibili65.
Come opera quindi il GPI? Esso considera il collegamento esistente tra le tre aree che lo
compongono (economica, sociale ed ambientale), attraverso una serie di sotto-dimensioni di
riferimento. Dal rapporto del 2006 emergono i seguenti66:
64
Analisi effettuata dalla fondazione “GPI Redefining Progress”,
http://rprogress.org/sustainability_indicators/genuine_progress_indicator.htm.
65
GPI report 2006, http://rprogress.org/publications/2007/GPI%202006.pdf
66
Ibidem.
28
consultabile
al
link,
Dimensione ECONOMICA
Reddito distribuito (+);
Durata della vita di beni
durevoli e infrastrutture
pubbliche (- / +);
 Dipendenza dai patrimoni
esteri (- / +)





Dimensione AMBIENTALE
 Esaurimento delle risorse
naturali (-);
 Inquinamento (-);
 Danno ambientale a lungo
termine (-)
Dimensione SOCIALE
Lavoro casalingo,
volontariato, istruzione
superiore (-, proxy);
Crimine (-);
Cambiamenti nel leisure
time (-)
+ = somma
- = sottrae
proxy = stima
Sebbene le tre macro aree mantengono una posizione salda all’interno della struttura del
GPI, le sotto-dimensioni rappresentate si rinnovano e si modificano a seconda dei
cambiamenti e delle esigenze.
L’aspirazione dei creatori di questo indice era sicuramente l’uso del GPI a livello locale per
l’instaurazione di politiche pubbliche efficienti, capaci di incentivare il benessere dei
cittadini. Esempi di questo utilizzo governativo dell’indice ci provengono dagli USA67
(Vermont, Maryland, Hawaii, Colorado, Washington State), ma anche da Paesi europei come
la Finlandia, dove, peraltro, è emersa una situazione simile a quella degli USA nel legame tra
PIL e GPI: fino agli anni ’90 hanno mantenuto lo stesso trend, successivamente si è avuta
l’inversione dei due indici68.
L’esempio più esaustivo ci viene fornito però, dal Canada, dove i ricercatori del “Pembina
Institute” di Alberta hanno creato un indice originale, Alberta GPI, che utilizza una struttura
comprendente molti degli indici analizzati in sede di critica al PIL (HDI, ISEW/GPI, GS,
67
M. Ceroni, “Beyond GDP: US states have adopted genuine progress indicators”, The Guardian, 23-09-2014,
http://www.theguardian.com/sustainable-business/2014/sep/23/genuine-progress-indicator-gdp-gpi-vermontmaryland.
68
J. Hoffrén, H. Rättö, “Development of Sustainable Economic Welfare in Finland: ISEW and GPI 1945-2007”, p
10, consultabile al link, http://genuineprogress.net/wp-content/uploads/2013/01/GPI-Finland-Paper.pdf.
29
ecological footprint), dando vita ad un indicatore multidimensionale e olistico69. Anche il
Centro canadese di ricerca politica (CPRN), occupandosi della qualità della vita dei cittadini
ha stilato, attraverso delle indagini, un set di nove indicatori70 (diritti politici e valori, salute,
istruzione, ambiente, condizioni sociali, benessere personale, comunità e religione,
economia e impiego, governo).
I risultati prodotti dall’Alberta GPI e dal CPRN hanno fatto sì che si creasse un impianto
ampio e ricco di indicatori, chiamato GPI Account71. Questo sistema, in modo flessibile e
dinamico, cerca di prendere progressivamente quota nel panorama delle politiche
economiche e sociali a livello nazionale. Adattandosi alle specifiche esigenze dei cittadini ed
ai mutamenti legati al benessere sociale, potrebbe sicuramente svolgere un ruolo di
prestigio anche nelle comunità, sia a livello provinciale che locale.
1.5.2 HDI (Human Development Index)
Nel 2014 è stato pubblicato l’ultimo HDR “Sustaining Human Progress: Reducing
Vulnerabilities and Building Resilience”. Come emerge dal titolo, il rapporto vuole analizzare
il concetto di vulnerabilità in modo più ampio, in modo da ridurla, rafforzando la “capacità di
recupero”, e così incrementare lo sviluppo umano e sostenibile72. Nelle prime pagine del
documento si definisce la vulnerabilità umana come “le prospettive di erosione di capacità e
scelte degli abitanti” e, attraverso uno schema, si definiscono i soggetti vulnerabili, in che
modo lo sono e perché; e successivamente, si definisce anche la capacità di recupero umana
come “garanzia che le scelte delle persone siano forti, ora e in futuro, consentendo alle
persone di far fronte agli eventi avversi73”. Dalle analisi emerse, i cosiddetti “poveri del
mondo” sono 1 miliardo e 200 mila persone, che vivono con $1.25 o meno al giorno e in ben
91 paesi in via di sviluppo, almeno 1.5 miliardi di persone vivono in condizioni estreme di
69
M. Anielski, “The Alberta GPI Blueprint”, settembre 2001, consultabile al link, http://anielski.com/wpcontent/documents/Alberta%20GPI%20Blueprint.pdf.
70
Ivi, p. 17.
71
Ivi, p. 18.
72
Summary Human Development Report 2014, http://hdr.undp.org/sites/default/files/hdr14-summary-en.pdf.
73
Ivi, p. 1-2.
30
povertà, spogliate dei principali aspetti della vita sociale come istruzione e salute. La
condizione di vulnerabilità è interessata sia nel ciclo di vita dell’individuo, ma anche negli
aspetti strutturali di insicurezza privata, e la cosa preoccupante, che un po’ riguarda tutti, è
che circa 800 milioni di persone rischiano di cadere in questo stato di povertà e
deprivazione74. Sebbene ogni anno si registri un lieve progresso, il ritmo del cambiamento,
della risalita e dell’eliminazione della povertà procede a passi molto lenti. Il rapporto
propone, quindi, delle strategie e azioni per costruire e accrescere la corretta capacità di
recupero. Vengono evidenziate quattro policies e principi a cui conformarsi: abbracciare
l’universalismo; mettere al primo posto le persone; impegnarsi in un’azione collettiva;
promuovere e rafforzare il coordinamento tra Stati e istituzioni sociali75. Queste azioni
dovrebbero essere contestualizzate a livello globale, perché è lo sforzo globale che anticipa
e protegge lo sviluppo umano, garantendo alle nazioni misure più efficaci per risolvere le
proprie problematiche. Si fa appello, dunque, ad una maggiore responsabilità e trasparenza,
rilevando il ruolo attivo che la società civile dovrà mantenere a livello globale, per rispondere
in modo efficiente alle sfide presentate dall’accettazione di uno sviluppo sostenibile e
umano.
L’indice di sviluppo umano (HDI), come già detto, si misura attraverso tre dimensioni, che dal
2010 sono l’aspettativa di vita, l’istruzione e il reddito. Per il calcolo finale dell’HDI, quindi,
occorre creare tre nuovi indici, compresi tra 0 ed 1, rapportando i valori minimi e massimi
ottenuti per ciascuna dimensione. Per quanto riguarda la dimensione del reddito, si è scelto
di impiegare la misura del reddito nazionale lordo a discapito del PIL (utilizzato fino al 2010),
mentre per quanto riguarda l’istruzione vanno calcolati due sotto-indici (gli anni medi di
istruzione e gli anni previsti di istruzione). Le formule che otteniamo sono le seguenti:
Ilife = (LifeExp – 2076)
(83.677 – 20)
Imeanyearsofschooling = (Myos – 0) Iexpectedyearsofschooling = (Eyos 0)
(12.978 – 0)
(19.979 – 0)
74
Ivi, p. 3-5.
Ivi, p. 8.
76
Il valore 20 è un valore standard per questa dimensione.
77
Il valore massimo dell’aspettativa di vita per il 2013 è quello del Giappone.
78
Il valore massimo degli anni medi di istruzione per il 2013 è quello degli Stati Uniti.
79
Il valore massimo degli anni previsti di istruzione per il 2013 è quello dell’Australia.
75
31
Ieducation =
–0
Iincome = ln (RNLpc) - ln (44480)
ln (119.02982) – ln (444)
(0.92781 – 0)
L’indice HDI sarà dato dalla media geometrica dei tre indici:
HDI =
I risultati che derivano dall’indice HDI vengono divisi in quattro gruppi di Paesi in base al
livello di sviluppo umano: molto alto, alto, medio e basso. La scelta di utilizzare il reddito
nazionale lordo, al posto del PIL, riposa nella circostanza che esso meglio rappresenta il
reddito dei residenti e considera, inoltre, le rimesse degli emigrati (paesi del Sud del mondo).
Per quanto riguarda la divisione dell’indice dell’istruzione in anni medi e previsti, essa è
operata al fine di ottenere una misura più puntuale, che includa anche i mutamenti rispetto
al passato e che superi l’intenzione della misura del livello di alfabetizzazione della
popolazione e il tasso di iscrizione scolastica adottate fino al 2010.
La mancata considerazione di aspetti come l’ambiente, le diseguaglianze di genere, povertà
e partecipazione politica dei cittadini fanno sì che questo indice sia soggetto a critiche, in
quanto si ritiene che siano aspetti fondamentali per la misura del benessere e progresso
sociale. In realtà, sono nati tre nuovi indici che in maniera ridotta alleviano la mancanza:
l’”Inequality HDI”, che misura la diseguaglianza relativa ai redditi, istruzione e salute; il GII,
“Gender Inequality Index” che va a indagare sulle discriminazioni di genere sempre negli
stessi aspetti ed infine dal 2010, il “Multidimensional Poverty Index” (MPI) che studia le
privazioni che subiscono le popolazioni povere del mondo e quelle che sono povere in modo
multidimensionale e può essere costruito per regione, etnia o altri raggruppamenti83.
80
Il valore minimo per quanto riguarda il reddito nazionale lordo, pro capite a parità di potere d’acquisto per il
2013 appartiene alla Repubblica Democratica del Congo.
81
Il valore massimo combinato per il calcolo dell’indice di istruzione per il 2013 è quello dell’Australia.
82
Il valore massimo per quanto riguarda il reddito nazionale lordo, pro capite a parità di potere d’acquisto per il
2013 appartiene al Qatar.
83
Human Development Reports, http://hdr.undp.org/en/content/human-development-index-hdi.
32
La tabella 1, sottostante, dimostra come le posizioni all’interno della classifica dell’HDI
cambino se si considera la misura dell’IHDI: questo significa che le diseguaglianze all’interno
dei paesi incidono in maniera sostanziale sul loro sviluppo.
HDI Rank
Country
HDI value
IHDI value
IHDI rank
2013
2013
change 2013
#5
United States
0.914
0.755
-23
#15
South Korea
0.891
0.736
-20
#28
Czech Rep.
0.861
0.813
+9
#41
Chile
0.822
0.661
-16
#54
Romania
0.785
0.702
+4
#58
Bulgaria
0.777
0.692
+5
#71
Mexico
0.756
0.583
-13
#79
Brasil
0.744
0.542
-16
#83
Ukraine
0.734
0.667
+18
#109
Botswana
0.683
0.422
-21
#149
Angola
0.504
0.300
-17
#152
Nigeria
0.526
0.295
-14
Tabella 1: dati relativi al rapporto tra HDI e IHDI (fonte: HDR 2014)
Sorprendente è come gli USA, che primeggiano quasi tutte le classifiche, perdono ben
ventitré posizioni se l’HDI viene “aggiustato”. Dalla tabella 1, si nota anche, come i paesi
dell’Est europeo, migliorano la loro situazione una volta considerato l’IHDI, incrementando
posizioni all’interno della classifica.
La tabella 2, sottostante, riassume i dati di alcuni Paesi per quanto riguarda il Gender
Inequality Index.
GII rank
Country
GII value 2013
HDI rank 2013
#1
Slovenia
0.021
#25
#2
Switzerland
0.030
#3
#3
Germany
0.046
#6
#8
Italy
0.067
#26
#9
Norway
0.068
#1
33
#19
Australia
0.113
#2
#47
United States
0.262
#5
#147
Congo
0.669
#186
#149
Afghanistan
0.705
#169
#151
Niger
0.709
#187
#152
Yemen
0.733
#154
Tabella 2: dati relativi al GII (fonte: HDR 2014)
Com’era agevole immaginare, nella parte alta della classifica si collocano paesi che hanno già
un alto HDI, anche se ricorrono eccezioni notevoli come, ad esempio, la Slovenia, che si
classifica addirittura al primo posto. L’Italia, secondo il GII, si attesta all’ottavo posto con un
basso valore di discriminazione, mentre, con grande sorpresa, gli Stati Uniti, contrassegnati
da un livello di discriminazione sufficientemente alto, perdono molte posizioni in confronto
alla classifica HDI. Finanche l’Australia, “medaglia d’argento” per il rank HDI, su questo
piano evidenzia talune criticità, se è vero che risulta posizionata al diciannovesimo posto.
Risultano connotati da un bassissimo livello di sviluppo umano, in definitiva, quei Paesi in cui
si registra una forte discriminazione di genere e la condizione femminile è un serio problema
come il Congo, Afghanistan, Niger e, fanalino di coda, lo Yemen.
Questi nuovi accorgimenti danno voce a tutti quei temi che sono meno considerati rispetto
ad altri, ma che invece sono fondamentali per delineare un quadro reale e il più veritiero
possibile dello sviluppo.
1.5.3 BES (Benessere Equo e Sostenibile)
Il Consiglio Nazionale dell’Economia e del lavoro (CNEL) e l’Istituto Nazionale di Statistica
(ISTAT) hanno dato vita ad una misura a livello nazionale chiamata BES (Benessere Equo e
Sostenibile), che risponde alle esigenze internazionali del “Beyond GDP”. Questo indicatore è
frutto di un progetto messo a punto tra settembre 2011 e giugno 2012, che ha visto il
coinvolgimento dei più importanti esperti in materia di aspetti che contribuiscono al
benessere, ma anche la partecipazione dei cittadini e della società civile attraverso incontri
34
istituzionali, spazi di confronto e dibattiti, con l’obiettivo di raccogliere dati e impressioni
sulla natura e importanza delle dimensioni rilevanti del benessere. Nel periodo ottobre –
dicembre 2011 si è svolta, infatti, una consultazione pubblica attraverso un questionario on
line e un blog, con la partecipazione di un campione di 45 mila persone, a cui è seguita, a
gennaio, la bozza di un primo documento contenente i domini ed indicatori di riferimento
per i cittadini, integrato dai risultati della consultazione pubblica. Da febbraio a maggio 2012,
si sono susseguiti incontri territoriali a livello regionale tra CNEL e la Commissione Scientifica
ISTAT, che hanno dato vita ad una versione definitiva del documento comprensivo di domini
e relativi indicatori. Un secondo incontro congiunto tra CNEL e la Commissione Scientifica
ISTAT ha fatto sì che a giugno 2012 si rilasciasse la versione definitiva del documento84.
Il primo rapporto BES è stato presentato a Roma l’11 marzo 2013 con una Relazione del
Presidente del CNEL, l’Onorevole Professore, Antonio Marzano85.
L’obiettivo del Comitato di indirizzo, composto da membri del CNEL, ma anche da
rappresentanti designati da importanti organizzazioni della società civile, è stato quello di
creare un approccio “multidimensionale BES” attraverso lo studio di dodici “domini” relativi
alla diseguaglianza (non solo del reddito) e alla sostenibilità economica ambientale e sociale,
mantenendo l’importanza del PIL come indicatore della produttività economica della società.
I dodici domini che fanno parte del BES, sono: Ambiente, Salute, Benessere Economico,
Istruzione e formazione, Lavoro e conciliazione dei tempi di vita, Relazioni sociali, Sicurezza,
Benessere soggettivo, Paesaggio e patrimonio culturale, Ricerca e innovazione, Qualità dei
servizi ed infine, Politica e istituzioni. Come afferma il Presidente del CNEL nella sua
relazione, si può notare “l’assonanza di questi domini con alcuni articoli della Costituzione,
creando quel progetto di benessere voluto dai padri costituenti, una sorta di Costituzione
Statistica86”.
Prima di passare ad analizzare i risultati dei due rapporti BES, giova elencare i vari concetti
dei domini, sottolineando anche alcuni degli indicatori da cui essi sono composti87.
84
CNEL, ISTAT, “La misurazione del Benessere Equo e Sostenibile”, Relazione consultabile al sito CNEL nella
sezione “documenti” al link, http://www.cnel.it/53?shadow_documenti=22778.
85
CNEL, “Presentazione I Rapporto BES 2013”, Relazione consultabile sul sito CNEL nella sezione
“comunicazione” al link, http://www.cnel.it/29?shadow_ultimi_aggiornamenti=3453.
86
Ivi, p. 10.
87
ISTAT-CNEL, BES, Benessere Equo e Sostenibile, http://www.misuredelbenessere.it/.
35
Il dominio dell’Ambiente è importante, perché influenza lo stato di benessere umano e deve
essere visto come il nostro “capitale naturale”, sostenuto dalla produzione di risorse e dai
semplici piaceri della buona natura. Gli indicatori a cui si fa riferimento sono: la qualità
dell’acqua e aria, i siti contaminati e le aree protette, la disponibilità di verde urbano e le
emissioni di CO2.
La Salute è il diritto fondamentale per eccellenza, riconosciuto anche dalla Costituzione
(art.32). Senza di essa non c’è sviluppo, senza di essa non c’è benessere. Essa influisce sulle
condizioni di vita, sulle relazioni sociali, sulle opportunità e sui comportamenti individuali.
Speranza di vita, tasso di mortalità, indice di stato fisico e psicologico, uso di alcool e fumo
sono tutti segnali che ci aiutano meglio a delineare un quadro completo.
Il Benessere economico viene visto come quel parametro che sostiene l’individuo, che lo fa
andare avanti a conquistare un determinato standard di vita. Tocca temi come la ricchezza e
i consumi, ma anche la diseguaglianza e la povertà, condizioni abitative e deperimento dei
beni. L’Istruzione e la Formazione sono fondamenti necessari per la gestione del benessere e
per una buona partecipazione attiva all’interno della società, citati anche nella Costituzione
negli artt. 9 e 33. Un livello alto di istruzione è sinonimo di un alto tenore di vita e fruttuose
opportunità lavorative. Si fa essenzialmente riferimento, quindi, ai soggetti in possesso di un
diploma o laurea, alla negatività dei giovani che non studiano e non lavorano, al livello di
competenze alfabetiche e numeriche ed informatiche e alla partecipazione culturale.
Il Lavoro, oltre ad essere un parametro fondamentale per la stabilità economica perché
contribuisce ad alleviare la disoccupazione, migliora notevolmente il benessere e la qualità
della vita di un individuo, garantendogli un sostegno economico. Si passa in rassegna il tasso
di occupazione anche con l’incidenza degli occupati sovraistruiti, gli infortuni, la mancata
partecipazione al lavoro, la soddisfazione e l’insicurezza del posto di lavoro ricoperto.
La rete di Relazioni sociali, che un individuo sostiene, lo aiutano ad incrementare il suo
benessere psico-fisico e ad avere una posizione di onestà e ambizione all’interno della
società. Rilevanti sono le relazioni informali (amicizie, famiglia, volontariato, istituzioni no
profit e cooperative). E’ proprio su questi temi che si concentrano gli indicatori di
riferimento.
36
Essenziale è il dominio della Sicurezza (Titolo IV, parte seconda della Costituzione). Senza
sicurezza personale non c’è libertà di movimento, di pensiero, di scelta. Rapine, furti,
borseggi, omicidi e violenze sono tutti elementi che incidono negativamente sulla qualità
della vita e sul benessere individuale. Questa dimensione viene analizzata anche sugli aspetti
della violenza domestica, della paura della criminalità e sulla percezione del degrado
ambientale e sociale.
Le opinioni personali sul soddisfacimento per la propria vita e per il proprio tempo libero,
unito ad un giudizio sul futuro di ogni individuo, rientrano nel dominio del Benessere
soggettivo.
Il Paesaggio e il Patrimonio culturale fanno parte delle fondamenta della nostra Nazione.
L’art. 9 della Costituzione stabilisce: “La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico
e artistico della Nazione”. Questo dominio misura quindi, la presenza del patrimonio
artistico, culturale e le spese sostenute per gestirlo, l’uso che la popolazione ne fa, abusi,
insoddisfazioni e preoccupazioni sul patrimonio paesaggistico.
La Ricerca ed innovazione sono temi di estrema importanza per uno sviluppo sostenibile e
costante nel tempo. Attraverso un set di indicatori si definisce in modo più preciso questa
dimensione: intensità di ricerca e nell’uso di Internet, tasso di innovazione tecnologica del
sistema produttivo, propensione alla brevettazione e la specializzazione produttiva nei
settori avanzati.
Uno studio sulla Qualità dei servizi è necessario per definire correttamente le impressioni del
benessere individuale e del progresso. Si approfondisce la dotazione infrastrutturale e dei
servizi del territorio e le sue condizioni, nelle varie utilities che ci circondano (mobilità,
comunicazione, energia, sanità, servizi per l’infanzia, anziani e disabili).
In questo periodo di sfiducia verso le istituzioni italiane, i cittadini richiedono solamente
trasparenza e maggiore giustizia. Quello che si promette di analizzare il dominio della Politica
e Istituzioni sono la forma e i modi di partecipazione alla vita politica, la fiducia nelle
Istituzioni da parte del popolo, la presenza femminile all’interno del Parlamento e negli
organi decisionali e la qualità del sistema giudiziario.
Ho deciso di riassumere i principali risultati dei due rapporti BES nella tabella 3 sottostante.
37
Domini
Rapporto BES 2013
Rapporto BES 2014
Ambiente
Cresce la disponibilità di verde urbano e di aree
Cresce di poco la disponibilità di verde urbano,
protette, anche se permangono i rischi per dissesto
ma rimangono stabili le aree protette. Per la
idrogeologico e inquinamento. I consumi di acqua
qualità dell’aria diminuiscono i comuni che
sono in linea con i Paesi europei, per la qualità
denunciano l’allerta per PM10 (› 35 gg),
dell’aria si nota un aumento del numero di giorni
aumentano i consumi di energia elettrica da
per il livello di PM10 consentito e i consumi di
fonti rinnovabili (26.9% per il 2012). Emergono
energia elettrica da fonti rinnovabili è in aumento
criticità nella bonifica dei siti contaminati e
(2010: 22.2% › media UE).
nella dispersione d’acqua potabile delle reti di
distribuzione comunale.
Salute
Benessere
Economico
Istruzione e
Formazione
La vita media appare in aumento, le donne più
C’è un generale miglioramento nelle condizioni
longeve degli uomini, ma più svantaggiate in
di salute fisica e rimane il predominio sulla
termini di qualità della sopravvivenza (soprattutto
speranza di vita a livello internazionale (79.6
nel Mezzogiorno), diminuisce il tasso di mortalità
per uomini, 84.4 per le donne). Diminuisce il
per incidenti, ma aumenta quello per demenza
tasso di mortalità infantile e negli adulti per
senile. I comportamenti a rischio (obesità, alcool)
malattie. Vita sedentaria e obesità incidono
sono in aumento anche tra i giovani. Il fumo
ancora in misura rilevante (41.3 e 44.1%). Ciò
rimane stazionario e la vita sedentaria incide
che si nota è la diminuzione del benessere
soprattutto tra gli adulti (40%).
psicologico (da 49.8 nel 2005 a 49% nel 2012).
La crisi economica ha portato un aumento delle
Il reddito pro capite ha subito un calo del 4%
diseguaglianze sociali, una riduzione della mobilità
(Nord) e del 2.9% (Centro), resta invariato al
sociale e un aumento delle differenze territoriali. Il
Sud. Gli ammortizzatori sociali e la solidarietà
potere d’acquisto è diminuito del 5% tra il 2007 e
familiare si sono indeboliti. Le famiglie hanno
2011. Le famiglie hanno risparmiato meno e si
risparmiato di più nel 2013 (12.38%) e si sono
sono indebitate di più (da 2.3 a 6.5%). Maggiori
indebitate meno (-5%). Povertà e deprivazione
sono i rischi di povertà nel Centro e nel
sono sempre in crescita a discapito di minor
Mezzogiorno e di deprivazione, che passa dal 6.9 al
reddito disponibile e minori consumi (da 14.5 a
11.1%.
12.5% nel 2013).
Miglioramento rispetto all’ultimo decennio, ma
Tra il 2011 e il 2013 sono migliorati gli
sempre in ritardo rispetto alla media UE: per
indicatori sulla formazione, ma la crescita
esempio popolazione con titolo universitario si
appare lenta. In aumento anche la quota NEET
attesta al 20.3% contro un 34.6%. L’estrazione
da 23.9 del 2012 a 26% nel 2013. Diminuisce la
sociale, la famiglia, il territorio e il contesto sociale
partecipazione culturale da 27.9 a 25.9% nel
influenzano
il
2013. Gli uomini, i giovani e i soggetti di
proseguimento degli studi. In crescita la quota
estrazione sociale bassa e del Mezzogiorno e
NEET (giovani che non studiano e non lavorano)
Isole, presentano notevoli svantaggi sui livelli
che passa dal 19.5 del 2009 al 22.7% del 2011; con
di
un’incidenza particolare nel Sud (31.9%) rispetto al
informatica.
il
livello
di
istruzione
Nord (15.4%).
38
e
competenza
alfabetica,
numerica
e
Lavoro e
conciliazione
tempi di vita
Il tasso di occupazione cala dal 63 al 61% e quello
Nel 2013 si registra un calo dell’8% sia del
di mancata partecipazione aumenta dal 15.6 al
tasso di occupazione sia del tasso di mancata
17.9%. Instabilità occupazionale: contratti di lavoro
partecipazione. Permangono le diseguaglianze
a tempo indeterminato diminuiscono (da 25.7 nel
territoriali e si nota un calo nel gender gap. La
2008 a 20.9% nel 2011). Il più alto divario europeo
percezione dei lavoratori per la propria
di genere appartiene all’Italia (72.6% uomini
posizione rimane positiva, ma si nota una
contro 49.9% donne). La percezione dei lavoratori
esclusione della classe giovanile dal mercato
per la propria condizione è positiva (7.3/10).
del lavoro, che fa aumentare gli insoddisfatti
L’asimmetria sul lavoro familiare a sfavore delle
nel Mezzogiorno. L’asimmetria sul lavoro
donne sembra in calo. La crisi in parte ha
familiare registra un nuovo calo.
penalizzato anche i lavoratori stranieri.
Relazioni Sociali
La
famiglia
permane
il
reale
sostegno
Si ha una diminuzione della soddisfazione
fondamentale (molto soddisfatti 36.8% /abb.
familiare (33.4% molto soddisf.), ma anche
soddisfatti 54.2%). Il 79% della popolazione ha
nella soddisfazione amicale. Aumenta la quota
parenti o amici su cui contare. Le reti sociali
di parenti o amici su cui contare (80.8%).
(associazionismo e volontariato) hanno una quota
Stazionario rimane il volontariato (9.4% circa),
disomogenea nel territorio nazionale (Nord 13.1 vs
meno rilevante sempre nel Mezzogiorno.
Sud 6%). Diminuisce la quota di popolazione che
Aumenta di poco la quota di popolazione che
può essere degna di fiducia (da 21.7 del 2010 a
può essere degna di fiducia (20.9% nel 2013).
20% nel 2012).
Sicurezza
Dagli anni ’90 si registra un calo nella criminalità e
Sebbene si dia un calo generale degli omicidi, si
nei reati contro il patrimonio. Dal 2011 sono in
registra un aumento dei reati predatori, degli
aumento i furti e i borseggi. Dal 2002 al 2009 è
scippi e borseggi (soprattutto al Centro-Nord e
aumentato il senso di insicurezza, soprattutto tra
nelle Isole) e furti e rapine (per strada e in
le donne. Sempre le donne timorose nel rischio di
abitazione; calano le rapine in banca) sempre
subire violenze sessuali (52.1%). Gli omicidi sugli
al Centro-Nord e Isole. Interessante è notare
uomini sono in calo, i femminicidi in aumento.
l’aumento della percezione del rischio nella
zona in cui si vive. Gli omicidi sugli uomini sono
sempre in calo, ma ciò non vale per le donne.
Benessere
Soggettivo
Fino al 2011, la soddisfazione per la propria vita
La soddisfazione per la propria vita continua ad
era registrata ad un punteggio di 8/10. Nel 2012,
essere elevata (8/10) con quota pressoché
tale quota decresce da 45.8 a 35.2%, decresce in
invariata (35%). La quota di aspettativa futura
modo particolare al Sud (29.5 contro Nord 40.6%).
e di tempo libero è in flessione (da 65.9 a 63%
La
situazione
nel 2013). Le donne si dimostrano meno
economica nel 2012 vede: 2.5% molto soddisf.;
soddisfatte degli uomini (61.2 contro 65%). Si
abb. soddisf. in calo da 45 a 40%, poco soddisf. da
incrementano le differenze tra classi sociali, a
36 a 38% e non soddisfatti in aumento da 13 a
svantaggio degli operai, disoccupati, delle
16%. La quota di soddisfazione per il tempo libero
persone con basso titolo di studio.
soddisfazione
per
la
propria
è in crescita in tutto il territorio nazionale.
Paesaggio e
Contenute
risorse
economiche
destinate
39
al
L’Italia possiede uno straordinario patrimonio
Patrimonio
culturale
patrimonio culturale (0.4% del PIL) e insufficiente
culturale e paesaggistico, che non viene
rispetto delle norme. Si amplia il caso dell’urban
tutelato e valorizzato. Diminuisce l’espansione
sprawl (20% del territorio nazionale). Si denota
edilizia (nuove costruzioni), è in crescita
un’erosione delle attività agricole e dismissione
l’abusivismo, soprattutto nel Mezzogiorno
colture e spopolamento (28.3%). La quota di
(5.3%). La crisi ha inciso maggiormente sulla
cittadini insoddisfatti per il paesaggio in cui vive si
produzione edilizia legale che su quella illegale.
attesta al 18.3%. Il 20% è preoccupato per il
deterioramento delle risorse paesaggistiche.
Ricerca e
Innovazione
La registrazione brevetti registra un divario
Le domande di brevettazione sono in calo e
maggiore con i paesi UE (73.3%), la propensione
cresce il divario tra il Nord e le altre
all’innovazione leggermente migliore. Il rapporto
ripartizioni. La quota PIL/R&S è diminuita,
PIL/R&S si attesta all’1.3%, inferiore alla media
aumentando la distanza dal resto d’Europa. In
UE(2%). Nel triennio 2008-2010 il 54% delle
Italia, il peso economico dei settori ad alta
imprese ha impiegato un’innovazione di prodotto,
tecnologia è tra i più bassi d’Europa. L’utilizzo
processo, organizzazione e marketing. L’utilizzo di
di Internet è in aumento (dal 52.6 del 2012 al
Internet è aumentato (54% della pop.) ma ancora
56% nel 2013) ma non si riducono le differenze
sotto 16 p.ti rispetto ai paesi europei. Il Sud, le
con il resto Europa (72%).
donne, gli anziani sono in difficoltà su questo
aspetto.
Qualità dei
servizi
La qualità dei servizi non è adeguata anche se si
Permangono
le
denotano miglioramenti. Il settore della Sanità è
soprattutto nei servizi socio-sanitari (tra Centro
peggiore nel Mezzogiorno. Migliora l’erogazione
e Sud). Miglioramenti nella disponibilità e
dei servizi delle utilities, e si compiono grandi passi
funzionamento
nella differenziazione dei rifiuti (35.3%) lontano
aumentano
dalle medie dei migliori paesi europei. I trasporti
l’irregolarità del servizio idrico. Miglioramento
pubblici hanno lievemente migliorato la propria
nella gestione dei rifiuti urbani e conferimento
dotazione. La situazione nelle carceri appare
in discarica (da 42 a 38%). Si registra una
drammatica (139.7 detenuti ogni 100 posti letto).
contrazione nel servizio di trasporto pubblico
le
differenze
delle
public
famiglie
che
territoriali,
utilities
ma
lamentano
(Centro). Permane il problema delle carceri,
seppur con un lieve miglioramento (131.1
detenuti ogni 100 posti letto).
Politica e
Istituzioni
La fiducia dei cittadini verso le istituzioni è bassa; i
La sfiducia verso le istituzioni è elevata, sempre
sufficienti sono i VV.FF (8.1) e le forze dell’ordine
i VV.FF. e le forze dell’ordine sono i sufficienti
(6.5). Il tasso di partecipazione al voto è pari allo
(7.9 e 6.4). L’affluenza alle ultime elezioni
65.1% e il 67% della pop. partecipa alla vita
europee è stata in calo (58.7%), cresce però la
politica. E’ in aumento la quota di cyber citizens (da
partecipazione politica (68.6%). Diminuisce la
12 a 17.4%) e dei cittadini che si informano di
quota dei cyber citizens e aumenta invece
politica. Le donne sono estranee a questi interessi:
quella dei cittadini che si informano di politica
nell’elezioni 2008 erano impiegato solo il 20.3% del
(da 61.5 a 64.3%). Aumentano la presenza di
totale e anche nei Consigli Reg. (12.9%).
donne
40
nelle
assemblee
parlamentari:
1
parlamentare su 3; anche nei Consigli Reg.
cresce (15.1%).
Tabella 3: Risultati relativi ai due Rapporti BES 2013-2014 (Fonte: BES 2013-2014 Summary)
Il BES, inoltre, funziona anche a livello locale. Nel giugno e luglio 2013 sono stati presentati
rispettivamente, il primo Rapporto Urbes – Benessere Equo e Sostenibile a livello urbano e
metropolitano, a cui hanno aderito quattordici città o città-metropolitane; ed il primo BES
sulle province (Pesaro-Urbino). Nel giugno 2014 è stato presentato il secondo BES sulle
province, a cui hanno aderito ben ventuno province, tra cui la mia città (Grosseto).
Con il Rapporto BES si intende intraprendere un percorso che rende il nostro Paese conscio
dei punti di forza e debolezza al fine di un miglioramento dello standard di vita dei cittadini,
finanche quelli futuri, ponendo le questioni a livello politico. Nella sua prosecuzione, esso
ambisce a diventare uno strumento di riferimento per le istituzioni, per il popolo, per i media
e per la società civile, con lo scopo di avere un quadro reale dei fenomeni ambientali,
economici e sociali che contraddistinguono la nostra nazione. Ricordiamo, tuttavia, che il BES
è un work-in-progress; gli indicatori sono in continuo aggiornamento, il team di lavoro è
sempre più in cerca di parametri che misurino non solo la sostenibilità futura, ma anche la
partecipazione dei cittadini, continuamente sollecitata con incontri e dibattiti pubblici.
41
Capitolo 2
Benessere e felicità
Come visto nel capitolo precedente, lo sviluppo economico, rappresentato dal PIL, è
caratterizzato da un valore puramente quantitativo che tutti gli establishment governativi
hanno cercato di incrementare nel corso dei decenni, a discapito della giusta valorizzazione
dell’aspetto qualitativo della crescita. Tale ricerca spregiudicata del progresso, inteso come
un aumento della produzione, ha condotto inevitabilmente alla rinuncia di aspetti necessari
che pur formano parte integrante del benessere delle persone (tempo libero, relazioni
familiari, legami sociali).
L’analisi delle critiche al PIL e, con esso, al concetto di benessere hanno messo in discussione
la relazione tra crescita economica e benessere soggettivo, riportando significativamente
l’attenzione sulla qualità effettiva delle nostre vite.
Nonostante l’economia del PIL abbia indotto significativi miglioramenti nel tenore di vita per
i cittadini di alcuni Paesi europei, le differenze sociali ed ambientali sono tuttavia aumentate,
andando a minare quegli equilibri già precari.
Il dibattito sul ruolo assunto dal reddito come fonte di benessere per un individuo resta
acceso e vede confrontarsi diverse scuole di pensiero, così avvicinando sensibilmente lo
studio dell’economia agli aspetti sociali.
Eppure l’utilità sostanziale della disputa così rappresentata, secondo il mio modesto parere,
intanto si renderebbe palese, se e in quanto, come auspicabile ed opportuno, riuscisse a
mantenere preservato un profilo per così dire “tangibile”, se, in altri termini, dalla critica
all’impostazione econometrica tradizionale emergesse l’esigenza di cercare nuovi
“escamotages” per raggiungere una maggiore equità sociale. In tal modo il bisogno di
correttivi di compensazione della misurazione esclusivamente economica del benessere non
si ridurrebbe a mero postulato che deriva dall’etica, ma, consentirebbe, invece, di ottenere
in prospettiva anche una maggiore stabilità politica e imprimere un rinnovato impulso al
42
processo d’integrazione tra Paesi, così alleviando in qualche modo le problematiche che si
potrebbero ripresentare nel futuro.
La controversia che rimane sullo sfondo, tuttavia, è quella riguardante il concetto di
“felicità”, e soprattutto quando vi si paragona il termine “benessere”.
Giova ricordare che si è aperta una nuova epoca in economia, da quando si è censito
l’esperimento di molti autori nella misurazione della felicità e nella relazione di questa con
una varietà di parametri economici, tra cui il reddito.
La relazione, che ha legato reddito e felicità, ha irradiato i pesanti effetti delle conseguenze
economiche sulla crescita della nostra società.
Ritengo che sia il sistema economico, di cui ne facciamo parte, ad averci punito con
l’insoddisfazione.
Nessuno degli studiosi, a cui ci si riferisce in questo elaborato, ha dichiarato che essere
detentori di una ricchezza economica sia un fatto negativo: è evidente come l’ottenimento di
una buona qualità della vita presupponga una buona dotazione di risorse economiche.
Nel prossimo capitolo, si evidenzieranno gli studi che si sono susseguiti in relazione
all’”economia della felicità”, con i vari “points of view” di economisti, psicologi e sociologi.
2.1 Gli studi di Easterlin e le ricerche sulla felicità
Un incremento delle disponibilità economiche permette agli individui di soddisfare i loro
bisogni, con la correlata presunzione che tale appagamento migliori il livello di benessere dei
soggetti e quindi, in un certo senso, la loro felicità. La concezione espressa parte dal
presupposto che il benessere materiale si muova in una situazione vista favorevolmente agli
occhi dell’individuo. La relazione che lega benessere e ricchezza è solida, si può affermare
che le persone con un importante tenore reddituale godano di una salute migliore rispetto
ad individui poveri, di un’aspettativa di vita alta, bassi tassi di mortalità infantile e un più
efficiente beneficio in termini di beni e servizi.
Nel panorama economico permangono autori che continuano a rinforzare il ruolo
fondamentale che ha avuto la ricchezza economica nel propagare benessere e felicità.
43
Un esempio è dato da quegli economisti, quali B. Stevenson e J. Wolfers, che hanno dato una
prova documentata di come all’aumentare del reddito corrisponda un aumento della felicità
per i singoli individui88. In questo articolo pubblicato nel 2008, e nei fascicoli pubblicati
successivamente, questi due Autori hanno continuato a studiare il rapporto tra le due
diverse grandezze (ricchezza e benessere). La recente ricerca, conclusasi con un nuovo
“working paper” pubblicato nell’aprile 2013, è stata condotta dall’agenzia statunitense di
sondaggi d’opinione “Gallup”, che ha raggruppato i dati attraverso l’utilizzo di una “survey”
internazionale. Ai soggetti intervistati è stato chiesto di immaginare una scala di
soddisfazione (“satisfaction ladder”), compresa tra un minimo (0) ed un massimo (10), che
rappresenta la “miglior vita possibile in assoluto”. Dopo aver chiesto in che valore della
presunta scala si sarebbero posizionati, è stato chiesto inoltre quanto essi guadagnassero.
I risultati parlano chiaro: “il denaro può comprare la felicità”; maggiore è il reddito percepito,
maggiore è la felicità89 (figura 2).
Figura 2: Rapporto tra reddito e benessere, Stevenson & Wolfers (fonte: The Economist)
88
B. Stevenson, J. Wolfers, Economic growth and subjective well-being: reassessing the Easterlin paradox, The
National Bureau of economic research (NBER), working paper n°14282, Cambridge, agosto 2008, consultabile al
link, http://www.nber.org/papers/w14282
89
“Money can buy happiness”, articolo pubblicato sul “The Economist”, 2 Marzo 2013, consultabile al link,
http://www.economist.com/blogs/graphicdetail/2013/05/daily-chart-0?fsrc=scn/fb/wl/dc/moneybuthappiness
44
Questo esito contrasta e si oppone alle ricerche e gli studi effettuati dall’economista e
demografo americano Richard A. Easterlin.
Easterlin, infatti, con i suoi studi, ha affermato che, raggiunto un certo livello di benessere
economico, le persone cessano di constatare un aumento del loro benessere e, quindi,
presumibilmente, della loro felicità; conquistata una specifica soglia di reddito, infatti, pur
aumentando questa, non incide sulla percezione che gli individui hanno della loro felicità,
che, all’opposto, inizia a diminuire.
Gli studi in questione, in altri termini, si riferiscono a quelle analisi che vengono chiamate
“paradossi della felicità90”. Il termine “paradosso” è simbolico, è un termine che sfida sia
l’opinione comune (parà “contro”, doxa “opinione”) , sia tutta quella comunità scientifica
che ha reclamato l’estromissione del concetto di felicità, relegandola ad una mera
quantificazione sperimentale.
Per riassumere, il paradosso di Easterlin, dunque, sostiene che all’aumentare del reddito,
una volta superata la soddisfazione per i bisogni primari, non si ha una corrispondenza
nell’aumento della felicità, che, invece, rimane costante o decresce.
L’economista Easterlin ha condotto le sue analisi, indagando sulla relazione che lega reddito
e felicità, attestandosi su come le persone si identificano nei confronti della felicità, senza
soffermarsi, però, su cosa realmente significhi la felicità per loro stessi.
La domanda che sorge spontanea è: Per quale ragione l’appagamento/soddisfazione
dell’individuo si arresta, raggiunto un certo livello reddituale, e non prosegue a crescere?
Una parziale risposta la possiamo scovare nel provare a definire il termine “felicità”.
Le difficoltà nel delineare questo concetto sono molteplici; le sue intime declinazioni
rendono ardua la quantificazione e la descrizione del termine.
Lo stesso Easterlin, per esempio, utilizza varie nozioni per la parola felicità: benessere,
benessere soggettivo, utilità, soddisfazione, sono tutte accezioni messe sullo stesso piano91.
Analizzando criticamente ciascun termine, si evincono valenze e significati diversi, ciò
conduce a falsificazioni dei risultati provenienti dai modelli matematici ed economici che si
adoperano in questa direzione.
90
L. Bruni e P. L. Porta, Felicità ed economia: Quando il benessere è ben vivere, Milano, Guerini e Associati,
2004.
91
R. A. Easterlin, “Per una migliore teoria del benessere” contenuto in L. Bruni e P.L. Porta (Felicità ed
economia: Quando il benessere è ben vivere), cit. pp 31-74
45
L’autore Amartya Sen, ha evidenziato l’incoerenza peculiare che si può trarre da una
possibile definizione: “si potrebbe avere la vita che si era desiderata senza essere felici.. si
potrebbe essere agiati senza stare effettivamente bene.. si potrebbe essere felici senza
possedere libertà92”.
Nonostante l’impossibilità nel carpire un’univoca definizione per il termine felicità, molti
autori dei saggi contenuti nel testo di L. Bruni e P. L. Porta, concordano nel ritenere che essa
sia: “l’idea del vivere bene, il raggiungimento di uno stato di realizzazione personale duraturo
e non una sensazione passeggera data da un appagamento momentaneo 93”.
La posizione espressa dalla studiosa Ruth Veenhoven fa vacillare il legame assunto tra
reddito e felicità.
Secondo i suoi studi, “la felicità risulta congenita, alcuni individui per carattere, geni,
capacità personali, sono portati ad affrontare meglio le difficoltà e le mancanze 94”. Alla luce
di questo pensiero, soggetti in possesso di un tenore di vita alto con redditi cospicui, ma che
per “natura” sono concretamente insoddisfatti, saranno indotti verso l’infelicità.
Dai suoi studi contenuti nel “World database of Happiness”, molto similmente agli studi
sull’Happy Planet Index (HPI) visto precedentemente, primeggiano, come Paesi più felici, il
Costa Rica e la Colombia. Se osserviamo le statistiche dell’OCSE o del World Happiness
Report 2015, sono i Paesi del Nord Europa (Islanda, Danimarca, Norvegia) e la Svizzera a
condurre la classifica95.
Si può dire che il metodo, impiegato dalla studiosa, è un approccio soggettivo alla felicità,
che “esprime il grado di apprezzamento delle persone nei confronti delle vite che
conducono96”. La “felicità soggettiva”, che ne viene fuori, manifesta considerevoli dubbi in
campo metodologico; se non si tiene conto dell’importanza delle variabili di contesto, e ci
basiamo esclusivamente sulla stima soggettiva dei singoli individui, si rende il quadro poco
attendibile.
92
A. Sen, Il tenore di vita, tra benessere e libertà, Venezia, Marsilio, 1993, cit p. 30.
L. Bruni e P. L. Porta, Felicità ed economia: Quando il benessere è ben vivere, Milano, Guerini e Associati,
2004, cit. p. 27.
94
R. Veenhoven, “Felici nelle avversità” contenuto in L. Bruni e P.L. Porta (Felicità ed economia: Quando il
benessere è ben vivere), cit. pp. 257-277.
95
World Happiness Report 2015 (23 aprile 2015), consultato sul sito ufficiale alla sezione download,
http://worldhappiness.report/.
96
R. Veenhoven, “Felici nelle avversità” contenuto in L. Bruni e P.L. Porta (Felicità ed economia: Quando il
benessere è ben vivere), cit. p. 259.
93
46
Lo stesso Sen - insieme ad altri economisti e sociologi - critica questo approccio. Se un
soggetto con un basso tenore di vita, si ritiene soddisfatto per “natura” o per credenze
religiose e culturali, non dobbiamo comunque ritenerlo felice; la sua qualità della vita non
può essere ritenuta soddisfacente, se egli deve fronteggiare notevoli disagi e mancanze, a
prescindere da come egli vede e sente la propria situazione97.
La teoria della “felicità soggettiva” può anche ripercuotersi negativamente sugli effetti delle
politiche a sostegno dei Paesi in via di sviluppo: se un Paese, bisognoso di aiuto, dichiara di
essere felice e completamente soddisfatto, sarebbe un controsenso prestargli il soccorso
proveniente dalle istituzioni.
Ecco che, allora, la visione da sostenere - secondo Sen-, è quella che vede protagonista la
valutazione oggettiva di fattori come la salute, i diritti politici, l’istruzione, la libertà di
espressione, l’accesso alle utilities e ai servizi idrici, quindi, più verosimilmente, una “felicità
oggettiva98”, dunque, dalla probabilità di realizzare ed ottenere competenze.
Questa corrente di pensiero, della felicità oggettiva, ha conosciuto anche il supporto del
Nobel per l’economia, Daniel Kahneman: le sue ricerche hanno portato ad evidenziare che il
bilancio approssimativo sulla felicità “redatto” dalla maggioranza degli individui, tende a
falsificazioni, causate dal conteggio di alcuni parametri. Gli individui, per esempio, si lasciano
trascinare dai ricordi alterati del passato, che, mescolati alle vicende del presente, fanno
concludere la valutazione dello stato di felicità con un giudizio erroneo.
Kahneman consiglia la necessità dell’impiego di metodologie tecniche per la stima del
parametro della felicità oggettiva, aspirando alla minimizzazione delle alterazioni delle
memorie passate, sperimentando così la somministrazione di un’analisi oggettiva, anche per
la risoluzione e attivazione di economic and social policies99.
Pertanto, dall’esame completo della felicità, in quanto tema di studio, si denota che essa non
deve essere percepita e valutata in base alla propria soggettività, per non incappare in
falsificazioni mentali, che condurrebbero ad un quadro distorto.
La scienza economica deve, così, riprendere la questione della felicità, “non nell’ottica di
suggerire alle persone “come” essere felici ma cercando di creare le condizioni oggettive:
97
A. Sen, Il tenore di vita, tra benessere e libertà, Venezia, Marsilio, 1993.
Ibidem.
99
D. Kahneman, “La felicità oggettiva”, in L. Bruni e P.L. Porta (Felicità ed economia: Quando il benessere è ben
vivere), cit. pp. 75-113.
98
47
ovvero suggerendo politiche per il ben-vivere generale, che rendano quindi, possibile, una
vita felice100”.
2.2 Le preferenze individuali in continuo cambiamento
Secondo un’équipe di svariati autori, economisti, sociologi e psicologi, una prima causa del
paradosso visto in precedenza e, sostenuto da Easterlin - all’aumentare del reddito non
corrisponde un aumento della felicità – la ritroviamo nel comportamento che l’uomo assume
in relazione ai propri bisogni.
Ogni individuo necessita l’espressione di bisogni e di esigenze, la cui soddisfazione concorre
in buona parte a determinare il benessere.
L’economista A. C. Pigou spiega la propria visione del concetto di benessere-felicità, che, a
suo parere, fa riferimento agli stati d’animo soggettivi che ci accompagnano nel corso della
vita, riducendo la nozione in base a classificazioni stagnanti del possedere “più” o “meno”.
Per evitare l’impossibilità nell’esprimere la corretta definizione di questo termine, le sue
analisi si indirizzano verso gli aspetti, in un certo senso quantificabili, della vita sociale, e che,
in larga parte, influiscono sul benessere, ossia i beni101.
Si precisa che, in questo contesto, per beni, - non entrando nei particolari del campo
semantico e delle varie tipologie ed accezioni - si intendono tutti quei servizi ed oggetti di
uso abitudinario - cui ogni individuo ambisce-, la cui fruizione soddisfa un bisogno, partendo
dal presupposto che il livello di sussistenza di ogni soggetto sia stato già focalizzato e
conseguito.
I beni e servizi risultanti dal processo economico-produttivo svolto dall’”economia”, vengono
man mano acquistati dall’uomo, il quale, attraverso le varie fasi di crescita che la vita gli
prospetta, muta in modo continuativo i desideri personali.
La sequenza, se così si può chiamare, che viene a tracciarsi, nasconde in sé una questione
problematica, che svariati autori hanno sottolineato nel corso degli anni: raggiunto
100
L. Bruni e P. L. Porta, Felicità ed economia: Quando il benessere è ben vivere, Milano, Guerini e Associati,
2004, cit. p. 29.
101
A.C. Pigou, Economia del benessere, Torino, UTET, 1960, cit. p. 16.
48
l’appagamento di questi bisogni, attraverso l’acquisizione di uno specifico corredo di beni, il
soggetto inizia ad ambire ad altri obiettivi. La ricerca di un well-being si muove lungo un altro
set di beni, dal momento che gli altri mezzi, raggiunti con facilità, rendono al soggetto una
soddisfazione temporanea, che svanisce in poco tempo.
Si può dire che, al crescere del reddito, crescono anche nuove ambizioni, facendo così
spostare il segmento di confine, assimilando tutti quei beni che, di volta in volta, vengono
reputati “doverosi” per una gradevole qualità della vita.
Interessante è rilevare il contributo che l’economista tedesco, Albert O. Hirschman, ci
fornisce in materia.
Le sue ricerche, infatti, hanno esaminato come il costante slittamento di predilezione da un
determinato set di beni ad un altro sia causato, essenzialmente, dalla disillusione e dal
mancato appagamento che gli stessi beni producono negli individui102.
E’ proprio il contrasto che si pone tra aspettativa e realtà a indurre i soggetti
all’insoddisfazione, facendo così crollare tutte quelle attese che essi riponevano in quegli
specifici beni e servizi. Così l’investimento “emozionale” effettuato dai soggetti risulterà
infruttuoso: da una parte l’entrare in possedimento dell’”oggetto del desiderio” non
accresce effettivamente il loro benessere, come invece essi presumevano, e dall’altra parte,
le fatiche adoperate per la detenzione del bene stesso non vengono ricompensate103.
L’essere umano, per natura, possiede le caratteristiche della noia e dell’insoddisfazione e
mirerà, ciclicamente, ad una nuova e continua ricerca; la delusione “emozionale”, citata in
precedenza, può indurre il “consumatore” a cercare una certa misura di appagamento e
completezza, nell’esercizio di attività sociali e collettive104.
Una spiegazione al continuo “saltellamento” di preferenze ci è stata donata dal tributo dei
due psicologi Brickman e Campbell, che estesero la teoria del “livello di adattamento”
all’analisi della happiness, in un loro articolo del 1971105.
Questa teoria dichiara che la regolare esposizione verso la stessa situazione ha, come
conseguenza, l’assuefazione dell’individuo, che inizia a sentirsi meno soddisfatto, in misura
102
A. O. Hirschman, Felicità privata e felicità pubblica, Bologna, Il Mulino, ed. 2003.
Ibidem.
104
Ibidem.
105
L. Bruni e P. L. Porta, Felicità ed economia: Quando il benessere è ben vivere, Milano, Guerini e Associati,
2004.
103
49
della crescita dell’esposizione a tale circostanza. Un chiarimento esemplificativo di questo
concetto ce lo fornisce l’apparato uditivo dell’organismo umano: l’esposizione ripetuta a
potenti suoni fa sì che l’orecchio potenzi una specie di tolleranza verso questi rumori.
Se accostiamo questa teoria alla nozione di felicità, scaturirà che “un miglioramento delle
circostanze oggettive della vita, non produce effetti reali di lungo termine, sul benessere delle
persone106”. In poche parole, la gratificazione che riceviamo dalla detenzione di un bene, di
un oggetto, o la fruizione di un servizio, tende a decrescere nel tempo, per cui lo stato di
euforia e di contentezza, che si ricava dal possesso di questi mezzi, a sua volta si riduce,
spingendoci ad anelare altre forme differenti di beni o servizi, che conducono ad un ulteriore
appagamento.
Gli economisti, Bruni e Porta, che ampiamente si sono occupati di questo tipo di studi e
ricerche, hanno disposto che il “paradosso della felicità” deriva dal presupposto basilare che
gli individui commettono errori nell’allocazione delle risorse individuali per imprecisioni delle
valutazioni soggettive, puntando eccessivamente all’utilizzazione di beni materiali, che, per
loro definizione, non convogliano in nessun tipo di miglioramenti, ma che, in realtà,
conseguono effetti a dir poco negativi.
Sempre Hirschman interviene su questo aspetto: egli afferma, infatti, che vengono compiuti
sforzi considerevoli dagli individui per ottenere una moltitudine di beni materiali
“insignificanti”, il cui possesso non condiziona e non influisce sulle questioni “terribili” della
vita umana, come il dolore, la malattia e la stessa morte107.
L’uomo è un soggetto, che si rivela suscettibile di un insieme di preferenze irrazionali: egli
nella scelta del processo di distribuzione di risorse tra il presente ed il futuro, egli tende a
preferire la soddisfazione di un’esigenza modesta nel breve periodo, anziché un bisogno
maggiore, che lo porterebbe ad un abbondante dispendio di risorse economiche
nell’immediato futuro108. Tutto ciò contrasta con i fondamenti della teoria del consumatore
e delle varie teorie economiche, che prevedono un sistema di scelta razionale.
Un altro pensiero, a mio parere degno di nota, è quello manifestato dall’americano Robert
Harris Frank.
106
Ivi, cit. p. 16.
A. O. Hirschman, Felicità privata e felicità pubblica, Bologna, Il Mulino, ed. 2003.
108
A.C. Pigou, Economia del benessere, Torino, UTET, 1960.
107
50
Il professor, infatti, afferma che gli individui, che apprezzano una crescita costante del
reddito, non sfruttano la loro “momentanea abbondanza” per arrecare cambiamenti
rappresentativi al loro status di benessere, in vista del lungo periodo, bensì, al contrario, si
focalizzano e si affezionano su quel complesso di beni o servizi, fonte di uno status
abitudinario e messaggero di inefficienti progressi109.
Esiste una molteplicità di aspetti che l’autore elenca, fautori di importanti incrementi,
relativamente alla quality of life delle persone; ne sono da esempio non solo lo sport e
l’attività fisica in genere, sia per un questione mentale che per una questione fisica, ma
anche la creazione di una fitta rete di relazioni sociali da tessere nel proprio tempo libero.
E’ pressoché certo che la maggioranza di queste variabili favorevoli può essere conquistata,
erodendo tempo prezioso alla produttività, e nelle più frequenti casistiche, per raggiungere
o compiere progressi nel livello di benessere, occorre anche un buon investimento di risorse
economiche.
La relazione, che lega queste “opzioni”, può essere suddivisa in due differenti accezioni del
termine consumo: consumo cospicuo e consumo incospicuo110.
La prima sfumatura del termine, fa riferimento, al riconoscimento di quel complesso di beni
materiali, ritenuti beni non fondamentali per il “semplice vivere”, come per esempio, una
macchina notevolmente costosa, il possesso di un arredamento di una certa qualità,
indirizzare la prole verso istituti di alta istruzione o di prestigio all’interno delle mura
cittadine: tutto questo, per un’univoca funzione data dallo scopo finale di esibire e ostentare
una condizione sociale di “ricchezza” dell’individuo. Il godimento di questi mezzi, infatti,
dipende dalle risorse reddituali e dallo status sociale che dispone l’individuo; l’insuccesso
nell’acquisizione di questi beni o servizi condurrà il soggetto a quella che viene definita da
alcuni autori ed esperti in tema come “frustrazione sociale111”.
Il consumo incospicuo, invece, ingloba tutte quelle situazioni che producono migliorie nella
vita delle persone, a livello quotidiano, in un’ottica di lungo termine, e che, quindi, come si
evince dal significato semantico, non interessano l’impiego di disponibilità economiche; ne
sono da esempio: l’investimento di tempo per la costruzione di relazioni sociali stimolanti,
109
R.H. Frank, “L’importanza del reddito assoluto”, in L. Bruni e P.L. Porta (Felicità ed economia: Quando il
benessere è ben vivere).
110
Ibidem.
111
Ibidem.
51
anche all’interno del contesto familiare, o la creazione di un ambiente lavorativo o
produttivo, gradevole ed elettrizzante.
Queste due fattispecie di consumo non sono ineluttabilmente in contrasto tra loro, ma anzi
possono coesistere in uno specifico contesto individuale, restando, comunque, inconfutabile
che la preferenza per il consumo incospicuo manifesti, nel lungo periodo, conseguenze
caratterizzate da punti favorevoli.
Le cause e le motivazioni insite nella non corretta allocazione delle risorse, rappresentano
uno snodo cruciale per gli studiosi e i teorici del campo.
Ogni soggetto, che prende parte in modo attivo alla società, è certamente inserito in un
meccanismo di relazioni sociali e di vario genere, e le sue preferenze saranno influenzate dal
comportamento assunto dagli altri componenti del sistema.
Un esempio lampante riguarda il tema della corsa agli armamenti: la scelta, per un Paese,
dell’acquisto massiccio di attrezzature, armi e strumenti, è legata essenzialmente alle
direttive vigenti nei Paesi vicini, esteri o facenti parte di una Comunità; in realtà, è
impiegando risorse economiche per le attività culturali o per la costruzione di necessarie
infrastrutture, che un Paese raggiungerebbe un certo potenziamento nel livello di benessere.
La preferenza per la ghiotta spesa di armamenti, dunque, è rilegata principalmente ad un
motivo di difesa della propria autosufficienza e libertà governativa, ma anche, per ragioni
competitive con gli altri Paesi di pari conformazione geografica o appartenenti alla
medesima aggregazione.
Allo stesso modo, la scelta per quel set di beni tangibili, che non sono indispensabili, non
viene individuata come libera e indipendente, ma è provocata dalla volontà di emulare i
possedimenti degli altri e che non viene ricondotta ad una vera e propria esigenza112.
Possiamo trarre una prima conclusione che chiarisce una prima causa di errata allocazione
delle risorse.
L’abilità, che ogni soggetto possiede per affrontare le proprie scelte, sarà sensibilmente
influenzata sia dalle relazioni sociali quotidiane che ci uniscono agli altri, sia dall’habitat e dal
contesto partecipativo, di cui fa parte.
112
Ivi, cit. pp. 135-136.
52
2.3 Gli studi di Scitovsky e le nuove ricerche economiche
Secondo la dottrina economica, l’uomo massimizza il suo profitto in relazione ai tre
paradigmi dell’utilità, del benessere e della felicità.
Lo studioso Tibor Scitovsky analizza se effettivamente, nella realtà, ciò avvenga secondo
questa sequenza.
Egli, infatti, considera il nesso che coesiste tra scelta e preferenza e si focalizza sul legame
che sussiste tra benessere individuale, complessità e novità113.
L’ Autore indaga sulle cause che producono un mancato rispetto del principio di
massimizzazione del profitto, percepito in questa specifica accezione, come felicità e
benessere.
Nella sua opera “The Joyless Economy”, l’economista pone all’attenzione la delineazione di
due diverse categorie di soddisfazione: i consumi difensivi e i consumi creativi.
Nella prima tipologia definita, si fa riferimento ai cosiddetti beni primari, i beni di prima
necessità, i beni di sussistenza, la cui ragione principale si ritrova, appunto, nella
sopravvivenza: il cibo, i vestiti, la sicurezza ed il “sentirsi difesi”, danno un esauriente
esempio. In linea di massima, vengono considerati tutti quegli aspetti e tematiche che
alleviano, in un certo senso, le difficoltà che la vita ci riserva ogni giorno, facilitando in modo
spontaneo, la vivibilità all’interno della routine quotidiana.
Nella seconda forma di consumo, i consumi creativi, rientra tutto quel complesso di beni e
attività che crea appunto, un certo stimolo e piacere, ma anche divertimento, per ciascun
individuo che usufruisca di questi mezzi.
Scitovsky aggiunge un’ulteriore peculiarità alla prima definizione di consumi, quelli difensivi,
affermando, che essi sono ritenuti beni “comfort”, perché ritiene che siano di più semplice
utilizzo ed appagamento, anche per l’agevole acquisizione e fruibilità, che richiedono un
lasso di tempo moderatamente breve.
I consumi creativi vengono “ribattezzati” dall’Autore beni “stimolanti”, che, al contrario di
quelli difensivi, richiedono sia un intervallo di tempo molto più ampio, sia una notevole
113
T. Scitovsky, The Joyless Economy: The Psychology of Human Satisfaction, Oxford, Oxford University Press,
1992.
53
responsabilità intenzionale; impiegare il tempo che si ha a disposizione nella lettura di un
libro, o in una passeggiata con gli affetti più cari, o nello studio forsennato per la
preparazione di un esame, si rivela non deteriorarsi in pochi istanti.
Nei riguardi del sostenimento dei costi per l’accesso ai beni, possiamo affermare che i costi
per il godimento dei beni comfort sono relativamente più esigui e quindi più accessibili, a
differenza dei beni stimolanti, che richiedono un impiego di risorse maggiore.
Dopo aver chiarito le due fattispecie di consumi, è altresì necessario analizzare le divergenze
che si profilano in termini di soddisfazione tra i due beni.
Seguendo il pensiero di Scitovsky, che trae spunto da studi di neuro-psicologia, i beni
comfort sono più facilmente ottenibili e regalano una soddisfazione diretta e inoperosa per
chi ne usufruisce, a differenza dei beni creativi che forniscono stimoli e idee nuove, portatori
di una soddisfazione abbondantemente più intensa, ma acquisibile, come già detto, in tempi
prolungati e con un copioso collocamento di energie.
In realtà, questa divisione tra i due aspetti non deve far pensare ad un legame in contrasto,
che, comunque, cerca di opporsi in maniera preponderante; i diversi archi temporali, a cui si
fa riferimento, fanno sì che le conseguenze, che si manifestano nei riguardi delle quote di
soddisfazione, siano intensamente effimere con il passare del tempo.
L’essere umano, però, quando si trova ad affrontare le sue preferenze e scelte, non riesce a
computare in modo corretto l’utilità delle azioni compiute. Si può verificare, quindi, un
rischio per il consumatore di sopravvalutare l’investimento che si è effettuato per i beni
comfort, deprezzando, invece, quello per i beni stimolanti, che inducono ad una
soddisfazione più resistente114.
Per spiegare le cause di questo comportamento, Scitovsky prende come parametro di
riferimento un Paese, come gli Stati Uniti, sottolineando, inoltre, l’importanza del fattore
culturale che contraddistingue il popolo statunitense. In tutta la nazione, infatti, è stata
posta un’esagerata concentrazione sull’aspetto produttivo, incrementando quella “cultura
sulla produzione”, che ha “modellato” in un certo senso i consumatori americani, rivelandoli
incapaci di trarre beneficio dal tempo libero, in modo completo, e meno elastici nei riguardi
dei possibili cambiamenti che si potrebbero verificare in modo ciclico. In aggiunta a questa
114
M. Bianchi, “Se la felicità è così importante, perché ne sappiamo così poco?”, in L. Bruni e P.L. Porta (Felicità
ed economia: Quando il benessere è ben vivere), rif. pp. 171-191.
54
spiegazione, troviamo, in parallelo, anche il processo di standardizzazione della produzione; i
prodotti che chiudono il ciclo produttivo e vengono costruiti, hanno sì elevati standard di
qualità, ma risultano monotoni, “pertanto vengono ritenuti “noiosi” e non vengono più
utilizzati, anche per il fatto che non conducono ad una soddisfazione di uno stimolo
prolungato”115.
I contributi evidenziati rafforzano l’idea che il legame reddito/felicità segue il cosiddetto
“treadmill effect” (effetto tappeto rullante), impiegato nelle idee di Brickman e Campbell che
hanno mantenuto e valorizzato anche da Easterlin, per il quale gli individui corrono, ma
restano sempre nello stesso punto, “poiché al sopraggiungere di migliori circostanze, fanno
di queste il loro nuovo punto di partenza, facendo sì che, non si raggiungano benefici
reali116”.
Ebbene, quella delle ambizioni, è una grandezza, di cui l’economia deve prenderne atto, ma,
in maniera concretamente diversa: è di estremo giovamento, se viene svincolata dal
rapporto di univocità che la lega al reddito, e connetterla invece, all’edificazione di una
personalità individuale.
In poche parole, il profilo medio di un individuo, prevede:
 l’assenza di un metodo efficiente e corretto, da impiegare nel processo di distribuzione di
risorse;
 la preferenza per l’utilizzo e la fruizione di beni comfort (facili e raggiungibili), ma che
portano con sé quella routine tale da far perdere l’interesse e virare l’attenzione verso
altro;
 la concentrazione su attività che non concorrono in modo considerevole alla felicità.
Considerare l’ipotesi di individui razionali che sono in grado di massimizzare il profitto
attraverso le loro scelte, sembra a dir poco un’utopia, in base alle valutazioni effettuate fino
ad ora. Se fosse il contrario, i paradossi della felicità non esisterebbero, come asseriscono
Bruni e Porta, nell’introduzione al loro volume.
115
Ivi, p. 183
D. Kahneman, “La felicità oggettiva”, in L. Bruni e P.L. Porta (Felicità ed economia: Quando il benessere è ben
vivere), cit. p. 95
116
55
Una tematica, spesso non citata quanto si dovrebbe, è quella che riguarda la depressione.
Questo disagio che tormenta molti dei Paesi europei più ricchi, viene confermato anche dagli
attuali dati sull’espansione della depressione, che incede all’unisono con la diffusione dei
medicinali per sanarla, come sostenuto in maniera sarcastica dall’economista Maurizio
Pugno.
I Paesi europei a cui facciamo riferimento sono: Canada, Svezia e Germania; Paesi che,
stando alle recenti classifiche, sono i migliori luoghi del “buon vivere”, ma nei quali emerge
quest’enorme e dolente “buco nero”, che gli fa conquistare una certa leadership, anche in
questa sfera sociale117.
E’ lecito chiedersi quale sia la ragione di questo tagliente controsenso.
La prima soluzione è quella data da Easterlin, cioè l’incessante adeguamento degli individui
ai nuovi beni, che sposta collateralmente reddito e ambizioni personali (treadmill effect).
Un'altra delucidazione proviene dalla “teoria della personalità”, sostenuta da Ruth
Veenhoven, secondo la quale, la felicità soggettiva di un individuo, viene decisa in base al
suo corredo genetico e dal carattere personale, che lo contraddistingue, liberamente dal
ruolo del reddito, risorse e qualsiasi stimolo economico118.
La posizione di Pugno nei confronti di queste teorie, però, si rivela impassibile: “entrambe
queste teorie presentano spunti di riflessione interessanti, ma anche alcune lacune, poiché
comportano seri problemi di misurazione e variabili difficili da misurare statisticamente119”.
In realtà, quello che ricerca Pugno, nella spiegazione di questo fenomeno, sono quei fattori
che, secondo lui, sono indispensabili nella modificazione del benessere soggettivo degli
individui: i beni “relazionali” ed i rapporti interpersonali. L’economista, infatti, conferma
questa visione: “sia da un punto di vista empirico quotidiano che da più formali studi
psicologici è dimostrato che le relazioni umane (familiari, amicizie e legami stretti) hanno un
peso considerevole sul benessere soggettivo e sulla felicità individuale, persino sulla salute
fisica, mentale e sulle capacità lavorative120”.
117
M. Pugno, “Più ricchi di beni e più poveri di rapporti interpersonali”, in L. Bruni e P.L. Porta (Felicità ed
economia: Quando il benessere è ben vivere).
118
Cfr. paragrafo 2.1.
119
Ivi, cit. p. 192.
120
Ivi p. 193.
56
Altri studi, però, dimostrano come sia avvenuta nel corso degli anni una perpetua
degradazione dei rapporti interpersonali.
Possiamo dire che lo sforzo impiegato da un individuo nell’acquisizione di un bene non viene
ripagato dalla qualità effettiva, riscontrata nell’utilizzo: ogni soggetto dedica una mole di
tempo e di energie per creare quei beni che arrecheranno poi soddisfazione e benessere, ma
viene contrastato dal fenomeno del decadimento della qualità oggettiva.
Come detto in precedenza, l’inefficace soddisfazione, provocata da un bene relazionale,
(sconforto) ha effetti potenzialmente negativi sui soggetti interessati: il focus si sposta verso
i beni materiali (quindi ci concentriamo su un’ulteriore preferenza)121, altrimenti, si limita
l’attitudine alla realizzazione di questi rapporti, immettendosi in una “ruota di
insoddisfazione122”.
Quello che emerge dalle analisi di Pugno, vede i beni di consumo (beni materiali)
complementari con i beni relazionali: queste due tipologie di beni sono, infatti, concomitanti
tra loro e non sono pienamente sostituibili. La categoria dei beni relazionali è una classe di
beni detti, “out of market”, non sono cumulabili tra loro, e gli individui hanno una più
intensa difficoltà nella stima del livello di benessere iniziale che conquisteranno dal loro
consumo, a differenza dei beni materiali, che sono più di facile intuito previsionale.
L’indecisione di questa prospettiva, “pone gli individui in una circostanza, che non gli
permette di massimizzare in modo corretto ed efficiente il loro benessere123”.
Si insidia, quindi, un’assodata alea, nello sviluppo di un trend che diviene indipendente, e
che, inesorabilmente, genera malessere.
2.4 La visione di Sen: preferenze e razionalità
L’economista Amartya Sen assume una salda posizione in relazione al ruolo delle preferenze
degli individui, all’interno del panorama economico: la teoria economica classica, infatti, ha
121
Cfr. paragrafo 2.2.
A. O. Hirschman, Felicità privata e felicità pubblica, Bologna, Il Mulino, ed. 2003.
123
M. Pugno, “Più ricchi di beni e più poveri di rapporti interpersonali”, in L. Bruni e P.L. Porta (Felicità ed
economia: Quando il benessere è ben vivere), cit. pp. 205-206.
122
57
concesso un ruolo smisurato alle preferenze, che quindi, vengono considerate fondamentali
nel comportamento del singolo, ma anche, divulgatrici di pareri, in relazione al valore dello
stesso.
In realtà, è l’impiego del concetto di “preferenza”, come “proprietà per cui un individuo se
preferisce x ad y, allora x, presenta una situazione migliore di y”, ad indurci a un clamoroso
errore. Un ragionamento di questo tipo non tiene conto della laboriosità umana dei motivi,
che spingono gli individui verso una scelta; per tale motivo, secondo Sen, l’atto di scelta del
singolo va considerato come un “azione sociale”, e non come un gesto meccanico, che
proviene da una struttura rigida e intoccabile di preferenze.
L’assunto di un ipotetico comportamento razionale illustra il ruolo predominante, che
assume la razionalità. Se l’uomo si comporta in modo razionale in un dato contesto, si
descrive un comportamento, che non differisce in modo esagerato dalla realtà dei fatti.
Sen afferma, infatti, che è un fenomeno più vicino di quanto crediamo: “il tipo freddamente
razionale può predominare nei nostri libri di testo, ma il mondo reale è ben più ricco124”.
Si delineano due strumenti per la definizione della razionalità del comportamento: il primo
metodo usa il concetto di razionalità come coerenza interna di scelta, l’altro, invece, come
massimizzazione dell’interesse personale. In realtà, le due metodologie, si incastrano,
integrandosi tra loro, producendo una concezione sostanziale, del “volere” del soggetto.
Sebbene l’ipotesi della coerenza - più utilizzata nelle analisi - è quella che spiega al meglio il
comportamento effettivo e la condotta razionale dell’individuo, essa non viene esentata da
critiche da parte dell’autore. Egli sostiene che: “È difficile credere che la coerenza interna delle
scelte possa di per sé essere una condizione adeguata di razionalità. Se una persona fa esattamente il
contrario di quello che la aiuterebbe a ottenere quello che vorrebbe, e lo fa con un inflessibile
coerenza interna - scegliendo cioè sempre il contrario di ciò che promuoverebbe il raggiungimento
delle cose che vuole e cui assegna valore - questa persona può molto difficilmente essere considerata
razionale, anche se la sua ostinata coerenza ispira una certa attonita ammirazione nell’osservatore.
La coerenza nulla ci dice sulla razionalità dell’azione se non si fa riferimento alla corrispondenza tra
ciò che si cerca di ottenere e il modo in cui si agisce per farlo125”.
124
125
A. Sen, Etica ed economia, Roma 8° ed, Laterza, 2010, cit. p. 18.
Ibidem, cit. p. 20.
58
La coerenza di un set di scelte discende dalla decodificazione che ne viene eseguita, ma
anche da notevoli parametri, che viaggiano all’esterno della scelta, come valori, scopi,
preferenze e motivazioni dell’individuo.
L’altra faccia della critica riguarda la razionalità intesa come massimizzazione del benessere
personale. Sen si pone la seguente domanda: “perché dovrebbe essere peculiarmente
razionale, perseguire il proprio interesse ad esclusione di qualsiasi altra cosa?126”, indicando,
quindi, che qualsiasi cosa, che non riguarda la massimizzazione del benessere personale,
viene etichettata come irrazionale. Si potrebbe spiegare nel senso che esiste una moltitudine
di aspetti e valori, che incide profondamente nella vita dell’uomo, che vanno oltre alla
semplice concezione della massimizzazione del benessere individuale, e che il soggetto,
quando si trova di fronte al compimento di una scelta, ha a disposizione un’infinità di
possibili opzioni, derivanti dall’unione di differenti aspetti riguardanti la sua vita.
Le scelte sono, quindi, un compromesso tra aspetti, bisogni e doveri individuali, ed il
benessere è solo uno dei fautori che spinge all’azione il singolo.
Il “modello” delineato finora non può pensare l’essere umano come una creatura razionale;
Sen nel suo contributo “Sciocchi razionali”, sostiene la considerazione di altri fattori come
l’empatia e la simpatia, che incidono, con un certo peso, nelle scelte umane e distolgono
l’attenzione da quegli interessi egoistici che muovono la conclamata razionalità, ma di cui,
però, le moderne teorie economiche non tengono conto abbastanza127.
Nel corso del saggio si afferma che: “il puro uomo economico è in effetti assai vicino all’idiota
sociale. La teoria economica si è molto occupata di questo sciocco razionale … … Per fare spazio ai
diversi concetti relativi al suo comportamento abbiamo bisogno di una struttura assai più
elaborata128”.
A questo punto, contestare che i soggetti si muovono sempre nell’interesse personale, non
va confuso con la possibilità che essi si comportino in modo altruistico in tutte le situazioni; il
quesito che viene sollevato concerne l’esistenza o meno di ulteriori motivazioni che
differiscono dall’interesse personale.
126
Ibidem.
A. Sen, “Sciocchi razionali: una critica dei fondamenti comportamentistici della teoria economica” in Scelta,
Benessere, Equità, Bologna, Il Mulino, 1986.
128
Ivi, cit. p. 168.
127
59
Sen mette in evidenza una gamma di human behaviour, collegati all’etica, ma che hanno
anche una certa rilevanza economica, e che “aprono il gioco” ai fattori morali e socioculturali, operati negli atti individuali.
Si fa riferimento al caso della simpatia e al caso dell’obbligazione. Il discrimen tra i due fa
riferimento alla tipologia di comportamento, interessato o disinteressato.
La simpatia è un comportamento di tipo individuale, disinteressato, a dir poco egoistico, per
il quale il timore espresso per la situazione in cui versano gli altri, incide direttamente
sull’appagamento del singolo: “la consapevolezza dell’aumento del benessere dell’altra
persona si traduce in un beneficio diretto per la prima129”.
Un’opposta situazione riguarda il caso dell’obbligazione.
Esso è tipicamente un comportamento interessato, non egoistico, e sovviene quando un
soggetto effettua una scelta, che, a suo modesto parere, si rivelerà incidere inferiormente
sulla quota di benessere individuale, rispetto a quello a cui sarebbe andato incontro, se
avesse scelto l’opzione alternativa.
L’obbligazione, a differenza della simpatia, - che invece è coerente con l’impostazione
classica - va contro alle preferenze dell’individuo e si rivela essere sostenitrice di un
comportamento irrazionale. Se si consente che l’obbligazione può essere inglobata nel
contesto di un’ipotetica scelta, l’equivalenza che sussiste tra benessere e scelta personale –
fondamento dell’agire economico – andrà scemando.
Il comportamento di un consumatore tipo, nel contesto di una scelta d’acquisto, viene, però,
influenzato, ferocemente, da altre variabili, quindi, le due fattispecie, appena citate, si
rivelano essere non propriamente rilevanti per questo tipo di studio.
2.4.1 Il suggerimento di Sen: il meta-ordinamento
La dottrina economica ci insegna che all’individuo viene attribuito un ordinamento di
preferenze descrittivo delle sue azioni, ma anche dei suoi comportamenti e delle sue scelte,
e che si ipotizza riconoscere anche i suoi interessi principali.
129
Ivi, cit. p. 158.
60
Sen si chiede come un’unica misura di valutazione - un unico ordinamento di preferenze –
possa svolgere tutta questa serie di compiti e funzioni.
Abbiamo anche visto che esiste una serie di motivazioni morali, che caratterizza l’individuo
ed il suo comportamento futuro e che possono incidere in ambito economico.
Ci si chiede, quindi, come le scelte possano essere determinate e analizzate, in ragione del
fatto che certe preferenze si mostrano più morali ed etiche di altre.
Ecco che, allora, si fa spazio il suggerimento di Sen, cioè quello di rimpiazzare l’ordinamento
classico, proposto dalle teorie economiche, con un “meta-ordinamento”. Questa tipologia di
configurazione beneficia di una valutazione basata su “ordinamenti di ordinamenti di
preferenze”, cosicché i giudizi, espressi sulle preferenze, tengano conto il più possibile
dell’aspetto che concerne la moralità delle scelte.
E’ necessario svolgere alcune considerazioni:
Se, con X, indichiamo l’insieme delle combinazioni delle azioni alternative, mutuamente
esclusive, e, con Y, l’insieme dell’ ordinamento degli elementi di X, si può affermare che, un
ordinamento dell’insieme Y, anziché di X, può essere visto come un meta-ordinamento
dell’insieme delle azioni di X.
L’autore spiega la sua posizione: “Sono dell’idea che un particolare ordinamento dell’insieme delle
azioni X non sia sufficientemente articolato da poter esprimere una data moralità, mentre ritengo che
una struttura più robusta sia fornita dalla scelta di un meta-ordinamento delle azioni vale a dire di un
ordinamento di Y anziché di X. Naturalmente un tale meta-ordinamento può anche comprendere,
inter alia, la specificazione di un particolare ordinamento di azioni come “il più morale”; … … è
necessario prestare attenzione anche alla situazione relativa, in termini di moralità, di quegli
ordinamenti di azione diversi da quello “più morale”130”.
E’ di estremo giovamento precisare il tutto con un esempio.
Si considerino un insieme di azioni alternative dell’insieme di X, e i tre seguenti ordinamenti
di questo insieme:
A: ordinamento effettuato in base al benessere personale;
B: ordinamento effettuato in base agli interessi personali, senza tener conto di circostanze di
simpatia o altre motivazioni;
130
Ivi, cit. pp. 169-170.
61
C: ordinamento effettuato in base agli interessi, su cui poi verranno basate le scelte effettive
finali.
Il quarto ordinamento (D) può essere un insieme distinto da questi tre ordinamenti, oppure
esserne uno di questi.
Occorre comunque ordinarli in base ad una specifica sequenza.
Se ipotizziamo che un soggetto pone il perseguimento del suo interesse (incluso benessere e
simpatia) moralmente al di sopra del proprio interesse isolato, e che le sue scelte, realmente
effettive, sono poste al di sopra del suo effettivo benessere, allora, la moralità che viene
generata, produce questa specifica sequenza di meta-ordinamento: M, C, A, B.
Particolare attenzione viene riposta nell’utilizzo della struttura del meta-ordinamento per il
fenomeno dell’akrasia, la debolezza di volontà o incapacità di agire.
Ipotizziamo che un individuo, dopo aver ordinato gli elementi e le preferenze in termini
morali, sposti il desiderio verso un insieme di preferenze che differiscono di gran misura da
quelle che già possiede, e che fanno parte di un livello più elevato nella “scala morale”,
utilizzata come metro di giudizio. Il desiderio opprimente di un diverso sistema di
preferenze, può rivelarsi difficile da conseguire e far saziare.
La mal riuscita soddisfazione non è da ricercarsi in una pecca di volontà, o di un’impellente
incapacità, ma in una moltitudine di fattori che incidono sul giudizio finale, come Sen spiega:
“le preferenze di una persona non sono interamente sotto il suo controllo131”.
Ma non tutti sono dello stesso parere di Sen. Esistono modelli teorici, che non consentono
scontri tra la tipologia di ordinamenti, e, quindi, se si verifica un mancato raggiungimento dei
risultati desiderati, si ritiene che sia la debolezza di volontà del soggetto, ad essere la causa
dell’inefficienza (caso di akrasia).
Possiamo concludere, dunque, nel senso che, il meta-ordinamento è un meccanismo che
permette di avere un’articolazione morale complessa di varia ampiezza, e consente di
ottenere una visione più realistica delle motivazioni sottostanti lo specifico comportamento
compiuto dal soggetto, andando al di là delle scelte effettive che egli avrebbe operato. Si
rivela essere uno strumento, in grado di fornire un quadro complessivo delle peculiarità
umane, e inoltre, può essere impiegato per diversi contesti, non solo al principio di moralità.
131
A. Sen., Scelte, ordinamenti e moralità, in Scelta, benessere e equità, op cit. p. 142.
62
2.4.2 Critica al “capability approach”
Amartya Sen è un altro studioso, che ritiene di estrema importanza l’analisi del concetto e
del tema di well-being, dello “star bene”, e cioè, il benessere.
Egli sostiene il surrogamento del concetto di benessere materiale – disponibilità di risorse –
con il modello dello stare bene; intuito come una circostanza che ingloba, tutto ciò che un
soggetto può esercitare o essere, in base delle risorse e dei mezzi disponibili, ma soprattutto
in ragione delle capacità e dei comportamenti posseduti dagli individui, che riescono a
convertire questi strumenti a disposizione, in risultati effettivi, verso mete che essi
intendono perseguire.
E’ l’insieme di questi due aspetti (mete potenzialmente perseguibili e risultati realizzati), che
concorrono a specificare il benessere e lo sviluppo individuale. Si delineano, così, due nuovi
concetti che si integrano tra loro: capabilities e functionings. Il primo concetto, infatti,
rappresenta il complesso delle functionings, che un soggetto può preferire per agevolare la
soddisfazione dei propri bisogni e necessità. Un esempio può essere il possesso di un
automobile: essa ti assicura lo spostamento senza impedimenti, ma la possibilità di usufruire
del bene, proviene da un status fisico e psichico che ne consente l’utilizzo ed, in generale,
una buona salute. Con il termine functionings, si intendono, pertanto, le abilità e
competenze che un individuo ha scelto di realizzare nella vita, come stare in buona salute,
garantirsi un sostentamento, nutrendosi, ma anche, emozioni più articolate, come l’”essere
felice”, il rispetto per sé stessi e prendere parte attivamente alla vita sociale nel contesto in
cui abitiamo.
L’applicazione di questo metodo, denominato “capability approach”, incontra, senza dubbio,
delle problematicità. Una difficoltà, ad esempio, si identifica nella scarsa disponibilità di fonti
statistiche per la collezione e lo studio delle informazioni, riguardanti l’osservazione e la
misurazione sperimentale, delle capacità e dei funzionamenti.
Una delle critiche recita: “l’approccio delle capabilities di Sen, non offre buone terapie, al di
là delle buona diagnosi sulle lacune delle tradizionali teorie del benessere132”.
132
L. Bruni, L’economia, la felicità e gli altri, Città Nuova, Roma 2004, cit. p 28.
63
Martha Nussbaum è una studiosa che riscontra questo tipo di problema, e riprende in mano
questo approccio delle capacità, con un’analisi programmatica, di soluzioni istituzionali e
politiche, collocate in funzione delle suddette, capacità fondamentali133.
L’autrice, rilancia - contrattaccando Sen – un approccio prescrittivo al benessere,
appoggiando la propria teoria, su di un elenco di dieci capacità fondamentali (Central Human
Functional Capabilities), “in base a ciò che l’essere umano è realmente in grado di fare e di
essere134”. Egli ribatte la critica della Nussbaum, chiarendo: “la mia difficoltà di accettarla come
la sola strada, deriva, in primo luogo, dalla preoccupazione che quella visione della natura umana
(come unica lista di funzionamenti), possa essere troppo specificata, in secondo luogo dall’importanza
del tipo di oggettività implicato in questo approccio … … utilizzare l’approccio delle capacità non
richiede di prendere necessariamente quella strada, e la sua deliberata incompletezza, lascia libere
altre strade che possono avere la loro plausibilità135”.
In tempi recenti, in questo specifico settore di studi, “si è formato quel trend, che si dirige
verso la necessità di mescolare gli indicatori oggettivi della qualità della vita con quelli
soggettivi136”. Gli studiosi e la maggioranza degli economisti sperimentano questa tendenza
citata, iniziando un nuovo concetto come quello del reddito relativo, che ingloba con sé
aspetti psicologici e fattori che si riferiscono al contesto specifico.
L’argomentazione di reddito o consumo relativo, dato dalla differenza tra reddito percepito
dal soggetto e quello posseduto dagli altri individui a lui vicini, non è nuova nel panorama
economico, venne infatti introdotta, per la prima volta, dall’economista statunitense, J. S.
Duesenberry, già nel 1949.
Dal lato matematico, se precisiamo che, Fi sia la felicità di un individuo “i”, e che Ri, sia il suo
reddito percepito, si converrà nella seguente relazione: Fi = f [(Ri),(Ri-Rn)], dove Rn,
rappresenta il reddito delle persone prossime ad “i”.
L’interpretazione di questa singolare funzione può essere identificata con: “se il reddito procapite (individuale) aumenta, ma la differenza tra questo e quello di riferimento non
aumenta, o addirittura diminuisce, ecco spiegata la diminuzione della felicità137”.
133
Cfr. paragrafo 1.4.3.
L. Bruni, L’economia, la felicità e gli altri, Città Nuova, Roma 2004, cit. p. 28.
135
Ivi, cit. p. 29.
136
Ivi, cit. p. 29.
137
Ivi, cit. p. 32.
134
64
La ricerca della felicità individuale, tende a donare, una diminuzione della felicità pubblica, in
ragione di “esternalità posizionali138”. Lo squilibrio riscontrato, fa riferimento ad un contesto
di economia globalizzata, nella quale si assume che il collegamento con gli individui non
avvenga con le attigue comunità locali, i vicini o la stessa economia nazionale, ma attraverso
vere e proprie potenze mondiali, dove, indubbiamente, il gap che divide l’aumento del
reddito individuale con quello di riferimento, affronta una diversa piega (aumentandosi o
riducendosi), in base al gruppo economico o Paese, preso come campione di confronto.
138
Ivi, cit. p. 33.
65
Capitolo 3
Qualità della vita e felicità: un’analisi
empirica
Dopo aver approfondito le critiche al PIL e le peculiarità degli studi sulla felicità, è stata
affrontata un’indagine sulla qualità della vita degli abitanti della Città di Grosseto, attraverso
la somministrazione di un questionario da me redatto e ideato.
Nello specifico, è stato analizzato, se e come, variabili economiche e sociali rappresentate in
un’apposita domanda contenuta nella survey, con un approccio basato sulla tecnica
statistica “difference in differences”. Si è misurato anche, il grado di affezione verso
tematiche sociali che vadano oltre al PIL, che gli abitanti esprimono.
All’interno di quest’ultimo capitolo, verrà chiarita, la metodologia impiegata per
l’elaborazione del questionario, la raccolta e analisi dei dati e, infine, delle valutazioni
conclusive in base ai risultati ottenuti. Nelle appendici poste in conclusione del progetto,
invece, si esporrà il layout del questionario, la chiarificazione delle variabili impiegate per le
regressioni, adoperate all’interno dell’elaborato ed infine, un elenco degli output di
riepilogo, in riferimento alle regressioni svolte.
3.1 La progettazione del questionario
Il progetto empirico che verrà illustrato nelle pagine seguenti, è frutto di un interesse, verso
la definizione della qualità della vita degli abitanti della Città di Grosseto.
66
La scelta di creare un questionario apposito, è essenzialmente dovuta al fatto, di una
maggiore praticità, per un’analisi condotta sul campo, e per cercare di fornire un quadro
esaustivo del tema oggetto di studio.
Il questionario, è stato elaborato attraverso uno specifico programma sul web, chiamato
“Google Forms” - Moduli Google - ; un tool fornito dallo stesso Google, che consente di
mettere in atto differenti surveys ed indagini, in maniera unica ed esclusiva, adattandole alle
differenti esigenze di ricerca.
All’interno dell’indagine, sono stati presentati 26 quesiti, che possono essere ricondotti a tre
macro suddivisioni.
La prima sezione di domande, fa riferimento, allo status personale dell’utente a cui viene
posta l’indagine, con metodologia “a scelta multipla”, quindi domande come età, sesso,
titolo di studio, attività lavorativa e zona o circoscrizione di residenza.
La seconda sezione, invece, raggruppa tutte quelle domande inerenti alla percezione della
Città da parte degli utenti: il livello di soddisfazione della zona, il livello di soddisfazione di
alcuni servizi offerti dalla città ed il grado di sicurezza urbano all’interno delle mura cittadine
nella propria zona, ed in periferia, secondo una tecnica riconducibile alla Scala Likert139;
questi tre quesiti vengono posti anche rispetto al passato, coerentemente, con il progetto
che è stato poi sviluppato. Si susseguono poi, impressioni cittadine sull’inquinamento, la
vitalità, il verde urbano e la fiducia verso le istituzioni della città, che prevedevano una
risposta tra le varie opzioni a scelta multipla presentate; viene chiesto inoltre, l’importanza
della misurazione di tematiche sociali oltre al PIL per valutare il benessere.
L’ultima suddivisione di quesiti, fa riferimento alla condizione soggettiva di vita. Qui, si
intrecciano domande sul grado di soddisfazione di aspetti sociali come la vita privata,
l’attività lavorativa, le relazioni sociali, il tempo libero e la situazione economica - anche
rispetto al passato - con la richiesta del livello di felicità attuale ed il confronto con il passato.
Il questionario così redatto, creato nel web, è stato lanciato in uno dei social network più in
voga di quest’epoca sempre più social-friendly, e cioè “Facebook”. Per avere più risposte
139
La Scala Likert, è una tecnica utilizzata per misurare il cosiddetto “atteggiamento”. Solitamente per ogni
variabile da sviluppare si presenta una scala di accordo/disaccordo, preferibilmente, con 5 o 7 modalità di
riferimento. Agli utenti quindi, viene chiesto il loro grado di accordo o disaccordo, in riferimento ad una
specifica richiesta. La somma dei giudizi, rivelerà, l’atteggiamento dell’individuo nei confronti di quello specifico
oggetto considerato. Consultato il sito Wikipedia, http://it.wikipedia.org/wiki/Scala_Likert.
67
possibili è stato inoltre pubblicato, su due gruppi presenti attivamente su Facebook,
riguardanti la Città di Grosseto: “I love GROSSETO” e “Sei grossetano se…”.
Si è così riscontrato un tasso di partecipazione dei cittadini estremamente alto, che ha fatto
crescere il numero di opinioni, ed ha dimostrato come le tematiche urbane e sociali si
rivelino un aspetto di forte importanza ed interesse, all’interno di un contesto territoriale e
socio-demografico, qual è, la Città.
Per alcune fasce d’età, che non utilizzano il mezzo di Internet e non possiedono un account
e-mail, è stato necessario procedere a questionari sul campo, intervistando personalmente
gli utenti.
L’indagine ha interessato un arco di tempo compreso tra fine Marzo ed il 21 Aprile 2015.
3.2 Sintesi grafica delle risposte
Il campione di utenti che ha risposto interamente al questionario, e premeva “Invia” alla fine
di esso, trasferiva le risposte in un database, rappresentato concretamente da un foglio
Excel, a cui l’applicazione Moduli Google, destinava tutte le risposte effettuate al
questionario, ordinandole inoltre, per base temporale di invio.
Successivamente alla spedizione del questionario, e trascorso l’arco di tempo preso in esame
per questo studio, sono pervenute 165 risposte. Di seguito, si riportano alcuni dei grafici
relativi alla distribuzione delle varie risposte, con indicazione del numero di persone che
hanno preferito una determinata opzione, sottolineando, in aggiunta, le varie percentuali.
68
2%
[4]
50.3%
[83]
19%
[32]
M
49.7%
[82]
Fino a 20
35%
[57]
21-39
F
40-59
44%
[72]
Grafico 1 – Sesso
+60
Grafico 2 – Età
0.6%
[1]
0.6%
[1]
7.3%
[12]
15.8%
[26]
Nessuno
Lic.elementare
29.1%
[48]
Lic.media
Diploma scuola superiore
Laurea/Laurea magistrale
Dottorato/Scuola di specializzazione
46.7%
[77]
Grafico 3 – Titolo di studio
12.1% 5.5% 2,4%
[4]
[20] [9]
0
7.3%
[12]
23.6%
[39]
Lav.autonomo
Lav.
dipendente
Studente
21.8%
[36]
Casalingo/a
9.7%
[16]
Pensionato/a
9.1%
[15]
40%
[66]
Disoccupato/a
Inoccupato/a
9.7%
[16]
Pace
Barbanella
Cittadella
Altro
Grafico 4 – Attività lavorativa
21.8%
[36]
21.2%
[35]
15.8%
[26]
Centro
Gorarella
Altre zone o frazioni
Grafico 5 – Zona/circoscrizione di residenza
69
6%
[10]
Molto
27%
[44]
Abbastanza
Poco
67%
[111]
Per niente
Grafico 6 – Distribuzione risposte ”Importanza di misurare il benessere con aspetti che vanno oltre il PIL”
80
43%
70
60
32%
50
40
30
11%
20
10
10%
3%
1%
0
0
1
2
3
4
5
Grafico 7 – Distribuzione risposte relative alla felicità attuale con un
punteggio da 0 (per niente) a 5 (molto felice)
15%
[24]
26%
[43]
Più felice
Uguale
59%
[98]
Meno felice
Grafico 8 – Distribuzione risposte relative al livello di felicità rispetto al passato
70
Grafico 9 – Distribuzione
risposte
relative
alla
soddisfazione attuale dei
servizi offerti dalla Città di
Grosseto, con un punteggio
da 0 (per niente) a 10
(molto soddisfatto)
71
Grafico 10 – Distribuzione risposte relative alla soddisfazione dei servizi rispetto al passato
30%
27%
25%
21%
20%
16%
15%
13%
10%
7%
5%
5%
1%
1%
0
1
4%
4%
9
10
2%
0%
2
3
4
5
6
7
8
Grafico 11 – Distribuzione risposte della soddisfazione attuale della Zona/circoscrizione di residenza
6%
[9]
39%
[65]
Più soddisfatto
13%
[21]
Ugualmente soddisfatto
Meno soddisfatto
Abitavo in un'altra zona
42%
[70]
72
Grafico 12 –
Distribuzione
risposte relative alla
soddisfazione della
Zona/circoscrizione
di residenza rispetto
al passato
70%
61%
58%
60%
52%
50%
50%
44%
47%
42%
40%
32%
Molto
34%
29%
30%
29%
Abbastanza
Poco
20%
19%
16%
10%
10%
7%
5%
1%
18% 19%
5%
16%
Per niente
2% 3%
1%
0%
Sua zona di Sua zona di
giorno
notte
Centro di
giorno
Centro di Altre zone di Altre zone di
notte
giorno
notte
Grafico 13 – Distribuzione risposte relative al livello attuale di sicurezza nelle varie zone della Città
80%
70%
76%
76%
68%
61%
60%
56%
54%
50%
44%
42%
Più sicuro
37%
40%
Uguale
29%
30%
23%
22%
Meno sicuro
20%
10%
3%
2%
2%
2%
2%
Centro di
giorno
Centro di Altre zone di Altre zone di
notte
giorno
notte
1%
0%
Sua zona di Sua zona di
giorno
notte
Grafico 14 – Distribuzione risposte relative al livello di sicurezza rispetto al passato
73
70%
63%
58%
60%
53%
46%
50%
45% 44%
38%
40%
30%
27%
Molto soddisfatto
Abbastanza soddisfatto
23%
17%
20%
20% 19%
14%
9%
10%
Per niente soddisfatto
10%
7%
2%
1%
Poco soddisfatto
3%
1%
0%
Vita Privata
Attività Relazioni con i Relazioni con Tempo libero
lavorativa
familiari
amici e
conoscenti
Grafico 15 – Distribuzione risposte relativa alla soddisfazione attuale di alcuni aspetti sociali
70%
60%
49%
50%
40%
42%
38%
33%
30%
20%
59%
55%
41%
25%
13%
35%
33%
33%
Migliorata
Invariata
24%
Peggiorata
12%
8%
10%
0%
Qualità della
vita
Attività
lavorativa
Relazioni sociali Tempo libero
Situazione
economica
Grafico 16 – Distribuzione risposte relative alla soddisfazione di alcuni aspetti sociali ed economici
rispetto al passato
7%
[11]
Grafico 17 –
Migliorata
43%
[72]
Distribuzione risposte relative alla
Invariata
situazione economica del nucleo familiare
50%
[82]
Peggiorata
rispetto al passato
74
3.3 L’analisi dei dati
Per un’analisi dettagliata dei dati ottenuti, e per fornire un quadro più esauriente possibile,
occorre non solo procedere e soffermarsi sulla raccolta dei dati, tramite il database che
contiene il complesso di risposte accolte, ma è altresì necessario, una loro più efficiente e
proficua pianificazione e progettazione.
Prima di procedere con la vera e propria analisi dei dati, giova riservare un breve spazio, a
richiami nozionistici di statistica.
Per verificare la presenza di legami empirici tra le variabili prese in esame, è stato fatto
riferimento ad un importante modello statistico, il modello di regressione lineare.
Questo metodo, consente di analizzare la relazione che lega, una variabile dipendente o di
risposta, ad una o più variabili indipendenti o esplicative, attraverso la stima dei parametri
impiegati nel modello, ma anche, tramite lo studio della loro significatività, mediante
l’intervento di test statistici funzionali, verificando eventualmente, anche la bontà di
adattamento del modello, ai dati campionari raccolti.
Per questo tipo di analisi, si è reso necessario, l’impiego del modello di regressione lineare
multipla, che premette l’utilizzo di più variabili indipendenti. L’equazione che rappresenta il
modello è la seguente:
Yi = β0 + β1X1 + β2X2 + … + βnXn + ε
Dove Yi, costituisce il i-esimo valore assunto dalla variabile dipendente; β0 e βn,
rappresentano rispettivamente l’intercetta e il coefficiente di regressione di X n, cioè la nesima variabile indipendente impiegata nel modello, ed ε, si identifica come una variabile
casuale, che costituisce l’errore statistico. Il coefficiente di regressione, specifica
l’incremento della variabile dipendente in corrispondenza di un aumento unitario della
variabile indipendente. L’errore invece, chiarisce la definizione di scarto, dovuto ad una
discrepanza tra i valori di “y” osservati e quelli stimati (εi = yi – ŷi ), mediante un legame
corretto e funzionale con il parametro “x”.
75
Il criterio dei minimi quadrati o OLS (Ordinary Least Squares), è risultato agevole, nella
determinazione dei parametri del modello, anche perché consente, di minimizzare la somma
dei quadrati delle distanze tra i dati osservati ed i dati stimati.
Per questo tipo di analisi e ricerca, verranno costruite una serie di modelli di regressione con
l’utilizzo di più variabili indipendenti, anche impiegando alcune delle variabili di controllo,
che permettono, talvolta, un incremento di significatività dell’ipotesi assunta.
Si rimanda all’Appendice 2, per chiarimenti sull’uso delle variabili e sulla metodologia
applicata, per analizzare i dati ottenuti.
La prima regressione attuata, vedi Tabella 2 in Appendice 3, produce la seguente situazione:
∆ Qualità della vita
97%
∆ Felicità
100%
∆ Attività lavorativa
∆ Tempo libero
Dallo schema, si nota una relazione statisticamente significativa al 100% (freccia verde) tra ∆
Attività lavorativa e ∆ Felicità, ed emerge, un aspetto sociale, come ∆ Qualità della vita
statisticamente significativo, per circa il 97% (freccia celeste). La variabile “∆ Tempo libero”,
non risulta significativa (freccia tratteggiata nera). Si dimostra così che la variazione del
livello di felicità passata dipende per la totalità degli intervistati, dalla variazione del livello di
soddisfazione di un aspetto economico della società, e cioè dell’attività lavorativa prestata,
ed inoltre essa, ha inciso sulla soddisfazione del modo e la “qualità del vivere” passato.
L’inserimento dei tre parametri di controllo, non rende il quadro più significativo.
Si è proceduto ad inserire, in questo modello di regressione la variabile “Etಔ, per verificare
gli effetti non lineari della dipendenza dal livello di felicità, basata sul parametro dell’età;
risulta un coefficiente negativo e una non significatività della variabile, si veda per
chiarimenti, la Tabella 3 in Appendice 3.
76
Successivamente, si è proceduto ad effettuare, un secondo gruppo di regressioni, ponendo
come variabili dipendenti, le variabili incluse nella domanda n°21 del questionario (Vedi
Appendice 1 – Layout del questionario).
Ciascuna variabile, posta come quella dipendente (“∆ Qualità della vita”, “∆ Attività
lavorativa”, “∆ Relazioni sociali”, “∆ Tempo libero” e “∆ Situazione economica”), verrà
confrontata solo ed esclusivamente con variabili indipendenti che rientrano nel campo di
correlazione con essa.
Inizialmente, si è reso necessario procedere, con delle regressioni che mettono in relazione
∆ Zone di parcheggio
99%
∆ Qualità
della vita
98%
∆ Locali di
intrattenimento
Servizi
la variabile dipendente (∆ Qualità della vita) con una serie di variabili indipendenti.
∆ Sicurezza
98%
Titolo di studio
Dallo schema proposto, emerge una relazione statisticamente positiva e significativa di circa
il 99% (freccia arancio) tra la variabile “∆ Qualità della vita” e “∆ Zone di parcheggio”. Si
evidenzia anche un legame significativo, che incide, per il 98% (freccia blu), anche nei
riguardi della variabile “∆ Locali di intrattenimento”. La variabile “∆ Sicurezza”, non risulta
significativa (freccia nera), si veda per chiarimenti, la Tabella 6 in Appendice 3.
Se in questa stessa regressione, aggiungiamo anche i tre parametri di controllo, si evidenzia
una stabilità nella significatività della variabile “∆ Zone di parcheggio” ma si denota una
diminuzione nella significatività, per la variabile “∆ Locali di intrattenimento”, che scende a
circa il 96%.
E’ interessante notare, che in questa versione della regressione, incide
notevolmente (circa 98% - freccia blu), sulla percezione della variazione della qualità della
vita, il possesso di un elevato titolo di studio; si veda per chiarimenti, la Tabella 7 in
Appendice 3.
77
La seconda variabile posta in relazione con altre variabili indipendenti è ∆ Attività lavorativa.
Sono state riscontrate difficoltà, nel reperimento di variabili che andassero a spiegare in
maniera più precisa, su quali fattori, dipendesse l’attività lavorativa.
I risultati delle regressioni effettuate sono riassunti nello schema che segue:
100%
∆ Attività
lavorativa
∆ Tempo
libero
Titolo di
studio
95%
In questo caso, si evince, una relazione statisticamente significativa al 100% (freccia verde),
tra “∆ Tempo libero” e “∆ Attività lavorativa”; si veda per chiarimenti, la Tabella 8 in
Appendice 3. Aggiungendo a questa stessa regressione, i tre parametri di controllo, la
situazione per ∆ Tempo libero non cambia – sempre statisticamente significativo al 100% –
ma si rivela essere significativo, il parametro “Titolo di studio, per circa il 95% (freccia rossa);
si veda per chiarimenti la Tabella 9 in Appendice 3. Si rileva quindi, che la soddisfazione per
l’attività lavorativa, dipende strettamente dalla soddisfazione che si ha per il tempo libero, e
ciò, è riscontrato, da chi possiede un titolo di studio elevato.
Si è proseguito a considerare la terza variabile, relativa a ∆ Relazioni sociali.
Si prospetta il seguente schema:
∆ Soddisfazione zona
100%
∆ Relazioni
sociali
96%
∆ Strutture
ricreative
100%
Età
78
La variazione della soddisfazione attuale con quella passata, in riferimento alle “Relazioni
sociali”, è statisticamente significativa con “∆ Soddisfazione zona” per circa il 100% (freccia
verde), ed anche con il servizio correlato “∆ Strutture ricreative” per circa il 96% (freccia
viola); per chiarimenti si veda, la Tabella 10 in Appendice 3.
Se aggiungiamo i tre parametri di controllo, notiamo come rimane stazionaria una
significatività di circa il 100% per “∆ Soddisfazione zona”, rimane stabile al 96%, la
significatività del servizio preso in considerazione, ed emerge una significatività relativa al
parametro dell’età: si rivela essere significativo per circa il 100% (freccia verde), ma
evidenzia un coefficiente negativo, ciò sta ad indicare che, all’aumentare dell’età, si riscontra
una diminuzione nella soddisfazione che si ha per le relazioni sociali. Per chiarimenti si veda,
la Tabella 11 in Appendice 3.
Analizzando la variabile “∆ Tempo libero”, emergono i seguenti risultati:
∆ Sit. ec del nucleo familiare
98%
99%
∆ Verde pubblico
∆ Locali di
intrattenimento
95%
Servizi
∆ Tempo
libero
∆ Strutture ricreative
La schematizzazione proposta, evidenzia una relazione significativa per circa il 98% (freccia
blu) tra “∆ Situazione economica del nucleo familiare e “∆ Tempo libero”. Con l’unione di
alcuni servizi correlati alla fattispecie del tempo libero (Verde pubblico, Locali di
intrattenimento e Strutture ricreative), vediamo una correlazione statisticamente
significativa per circa il 99% (freccia arancio), per la soddisfazione del servizio “Verde
pubblico”, e una significatività di circa il 95% (freccia rossa), per la soddisfazione del servizio
“Strutture ricreative”. La soddisfazione per la variabile “Locali di intrattenimento” risulta non
essere significativa (freccia nera tratteggiata). Per chiarimenti si veda, la Tabella 12 in
Appendice 3.
79
E’ interessante notare che, aggiungendo i tre parametri di controllo, la situazione non
cambia minimamente, e non si nota nessuna significatività, emanata da essi; per chiarimenti
si veda, la Tabella 13 in Appendice 3.
Conclude, questo secondo gruppo di regressioni, l’analisi della variabile “∆ Situazione
economica”. Come per la variabile “Attività lavorativa” è risultato difficoltoso, la ricerca di
variabili correlate che rientrassero nella fattispecie della “Situazione economica”.
∆ Situazione
economica
∆ Sit. ec del nucleo familiare
Sesso
Titolo di studio
Età
Non esistono relazioni significative, se poniamo in relazione la variabile “∆ Situazione
economica” con altre variabili indipendenti correlate. L’aggiunta dei tre parametri di
controllo, non porta a nessun tipo di quadro significativo. Per chiarimenti si veda le Tabelle
14-15 in Appendice 3.
Il terzo gruppo di regressioni attuate, è quello che porta a un’interessante risvolto, su cui è
necessario soffermarsi.
Si è proceduto ad effettuare, una regressione ponendo in relazione, la variabile “Importanza
aspetti oltre il PIL” con altre variabili indipendenti (i tre parametri di controllo attuati in
precedenza e “∆ Felicità”), per cercare di capire se il benessere, poteva essere misurato
anche basandosi su altri aspetti qualitativi che incidono sulla qualità della vita.
I risultati emersi sono riassunti nel seguente schema:
Importanza aspetti
oltre il PIL
100%
80
Titolo di
studio
E’ di facile intuizione capire che, risulta una relazione statisticamente significativa tra
l’importanza di misurare il benessere anche attraverso aspetti sociali, e il parametro di
controllo del “titolo di studio”. Risulta infatti, statisticamente significativo per circa il 100%
(freccia verde), con la positività del coefficiente: quindi, questo tipo di situazione è verificata,
per chi possiede un titolo di studio elevato. Per chiarimenti si veda la Tabella 1 in Appendice
3.
Data l’elevata significatività del titolo di studio, l’analisi si è indirizzata verso altre due
interessanti regressioni.
Si è così riproposto, la regressione che vedeva “∆ Felicità”, porsi in relazione con le altre
variabili indipendenti (prima regressione effettuata) ed i parametri di controllo, in una nuova
veste, secondo una suddivisione dell’aggregato “titolo di studio” in due differenti campioni,
“titolo di studio basso”, che comprende le “porzioni di torta” blu, rosso, verde e viola,
rappresentate rispettivamente da nessun titolo, lic. elementare, lic. media e diploma
superiore, e “titolo di studio alto”, che comprende le porzioni celeste e arancio
rappresentate dalla laurea o laurea magistrale e dottorato (si veda Grafico 3 in Paragrafo
3.2).
Si riscontrano due tipo di risultati, riassunti negli schemi seguenti:
Campione “Tit.stud alto”
Campione “Tit.stud basso”
∆ Qualità
della vita
98%
∆
Felicità
100%
∆
Felicità
∆ Attività
lavorativa
99%
96%
∆ Tempo
libero
Sesso
Nel campione “Tit.stud alto”, vi è un influenza statisticamente significativa di circa il 100%
(freccia verde) da parte della variabile “∆ Attività lavorativa“, per chiarimenti si veda la
Tabella 4 in Appendice 3.
Quindi si ritiene, che chi possiede un titolo di studio elevato, considera l’importanza di
misurare la felicità ed il benessere, inserendo nella stima anche variabili sociali e non solo
81
economiche, ma, in realtà, la loro felicità è influenzata per quasi la totalità, dall’attività
lavorativa; riconducibile quindi, ad un aspetto produttivo della società.
Nel campione “Tit.stud basso”, vi è un’influenza statisticamente significativa di circa il 98%
(freccia blu ) da parte della variabile “∆ Qualità della vita”, e anche un’incidenza di circa il
99% (freccia arancio) per la variabile “∆ Tempo libero”; in questo tipo di regressione, si
denota anche una significatività del parametro “Sesso” di circa il 96% (freccia viola). Per
chiarimenti si veda, la Tabella 5 in Appendice 3.
L’altra conclusione è quella che porta a sostenere che, chi possiede un titolo di studio basso,
ritiene che non sia importante misurare il benessere attraverso aspetti che vadano oltre una
valutazione quantitativa, ma, in realtà, la loro felicità è influenzata in larga parte
(significatività del 98-99%) da aspetti sociali come, la qualità della vita e il tempo libero.
82
Conclusioni
Il Prodotto Interno Lordo (PIL), rappresenta, il simbolo dello sviluppo e della crescita
economica. Utilizzato, come parametro di riferimento, dai più potenti establishment
governativi, ha conquistato il “ruolo di eccellenza”, per gestire e monitorare le economie
degli Stati.
E’ pressoché inconfutabile, che una maggiore ricchezza, porti ad un incremento nel livello
del benessere, garantito da una soddisfazione più immediata dei bisogni e delle esigenze
fondamentali, per ogni individuo. Di conseguenza, è stata associata più volte, la misura
quantitativa del PIL, con il concetto di benessere.
Questo tipo di relazione – reddito e benessere – non è stata esente da critiche.
Il “movimento” della critica al PIL, è sicuramente caratterizzato, da eterogeneità, in quanto,
si scontrano posizioni che rifiutano in modo decisivo, l’idea che la crescita fosse collegata al
PIL, con coloro che ritengono che, integrare o aggiustare, l’aggregato quantitativo, con
aspetti che comprendono in maniera più corretta, lo sviluppo umano ed economico, sia il
passo giusto da compiere.
In un certo senso, la critica al PIL, ha permesso un mutamento di prospettiva, spostando l’
attenzione delle cariche istituzionali ma anche del popolo, verso gli aspetti qualitativi dello
sviluppo, non più esclusivamente sulla sua peculiarità quantitativa. E’ stata aperta la strada
ad aspetti come Equità, Sostenibilità ambientale, Diritti fondamentali, Ridistribuzione delle
risorse, che hanno raggiunto, in breve termine, una riconoscenza solida, su tutti i livelli.
Si sono così affermate, nuove dimensioni all’interno del panorama degli indicatori, che
hanno permesso il susseguirsi e la nascita di nuove misurazioni: il GPI, Genuine Progress
Indicator, l’HDI, Human Development Index, il BES, Benessere Equo e Sostenibile, sono solo
alcuni degli esempi più noti che sono stati utilizzati a livello nazionale ed internazionale.
La ricerca che si propone, è quella di valutare lo sviluppo, in maniera “umana”, cioè
permettere all’essere umano di soddisfare gli obiettivi che si prefigge, e garantirsi una vita
dignitosa ed il più possibile felice; e “genuina”, contabilizzando anche i costi e i danni, che il
progresso economico, ne lascia traccia.
83
Una prima conclusione a cui si è giunti, è quella che vede, l’impossibilità di analizzare il
benessere attraverso una relazione univoca, con l’aggregato economico del PIL.
Della stessa idea, sono gli studi proposti da economisti, sociologi e psicologi sull’Economia
della Felicità. L’opinione prevalente, rivela che il PIL, non fornisce, una misura precisa di
come il reddito viene ridistribuito all’interno di un’economia, ed ancora, raggiunto un certo
livello di benessere, dovuto alla soddisfazione di bisogni primari, un aumento del PIL, non
comporta più un maggior benessere, ma viene avvertito come una situazione negativa, che
arreca insoddisfazione e infelicità, per la popolazione. Questo drammatico stato d’animo,
viene confermato, come comune denominatore, seppur, in maniera diversa, dagli studi di
Easterlin, Scitovsky, Hirschman.
L’economista Pugno, per esempio, afferma che lo sviluppo economico, distoglie l’attenzione
degli individui, dai cosiddetti “beni relazionali”, che sono quelli che effettivamente, arrecano
migliorie sulla qualità della vita. Il consumismo diffuso, che la società ci impone, e che ci fa
esasperare, contempla un illusorio mito di benessere, per cui, imbattendosi continuamente
contro una delusione ingannevole, non realizziamo altro che differire le nostre preferenze ed
ambizioni, verso un disparato set di beni, nutrendo il PIL ma non di certo, la nostra felicità.
Una volta compreso, che lo sviluppo economico deve corrispondere a un reale
miglioramento negli standard di vita delle persone, si è avvertita quindi, l’esigenza, di
chiarire il concetto di qualità della vita.
Oggi, tutti parliamo di qualità della vita e tutti, concordiamo nella sua importanza. Il suo
concetto ci appare intuitivo e di facile comprensione, ma in realtà esso, si differenzia in base
al singolo ambito di applicazione. Si ammette quindi, l’impossibilità di riconoscere una
definizione oggettiva e universale.
Alcuni studiosi, accostano il tema di quality of life, con la valutazione dello sviluppo
sostenibile; in campo medico, si equipara la qualità della vita al concetto di salute.
In questo elaborato, vengono misurate le percezioni qualitative, urbane e socio-economiche,
relazionate ad un campione rappresentato, dagli abitanti della Città di Grosseto.
L’indagine che è stata condotta, è stata realizzata tramite un questionario somministrato in
rete, ed ha avuto lo scopo di verificare, l’eventuale dipendenza e correlazione, della
variazione del livello di felicità attuale rispetto al passato, con variabili socio-economiche, ed
84
inoltre, si è indirizzata a rilevare le percezioni degli abitanti, sul tema dell’importanza di
conteggiare aspetti che vadano oltre il PIL, per misurare il benessere.
L’analisi, ha interessato il periodo Marzo-Aprile 2015, ottenendo un numero di risposte pari
a 165. La partecipazione dei cittadini, alla compilazione del questionario, si è rivelata
soddisfacente: nessuno si è dispensato nel completarlo, ed anzi, alcuni cittadini hanno
riservato pareri positivi, per l’indagine presentata.
I risultati indicano, una stretta correlazione tra la variazione di felicità, e due variabili: la
qualità della vita degli abitanti e l’attività lavorativa svolta.
Indagando, sulle singole variabili prese in esame, emerge una correlazione tra la variazione
della soddisfazione attuale rispetto al passato della qualità della vita, e la soddisfazione per
le zone di parcheggio della Città, ed i locali di intrattenimento, presenti sul territorio, per chi
possiede un titolo di studio elevato. Per quanto riguarda, la variazione della soddisfazione
attuale rispetto al passato dell’attività lavorativa, si può affermare, che essa, è strettamente
correlata con la soddisfazione procurata dal tempo libero; rilevante ancora, il possesso di un
titolo di studio elevato.
Questo risultato, evidenzia, che gli abitanti con un livello di istruzione elevata, trovano
soddisfazione nell’ambiente lavorativo, se hanno a disposizione una buona fetta di tempo
libero, e ritengono importanti, gli aspetti qualitativi-urbani della Città, come i locali e le zone
di parcheggio, che gli donano un determinato benessere.
In realtà, suddividendo il campione degli abitanti presi in esame, in base al titolo di studio
posseduto (60 - livello istruzione elevato e 105 – livello istruzione basso), si denota un
contrasto nelle percezioni della loro felicità e di importanza di aspetti sociali e qualitativi.
Il campione di abitanti che possiede un titolo di studio elevato, sebbene, ritiene sia
importante valutare aspetti che non si soffermano univocamente su parametri economici,
riscontra che la felicità dipende solamente da una variabile economica che è appunto,
l’attività lavorativa.
Il campione di abitanti che possiede un titolo di studio basso, invece, che non crede che
valutare il benessere anche in maniera qualitativa, sia un fatto necessario, riscontra che la
felicità dipende essenzialmente, da variabili sociali, come la qualità della vita e il tempo
libero.
85
Questo può essere visto come un costo per il mancato sfruttamento di un vantaggio, e cioè,
un costo-opportunità: chi è impegnato assiduamente in un’attività lavorativa, vorrebbe
riuscire a ritagliare un po’ di tempo per sé, ma nella realtà poi, ciò non avviene, e quindi la
sua felicità, stenta a decollare.
Analizzando la variazione del livello di soddisfazione attuale rispetto al passato del tempo
libero, possiamo dire che, essa è strettamente correlata con la soddisfazione che proviene
dalle zone di verde urbano presenti nella Città, e dalla soddisfazione per le strutture
ricreative (sport, cultura), dislocate nel territorio. La Città di Grosseto, infatti, è collocata in
un territorio ricco di luoghi e siti dove trascorrere il proprio tempo libero.
Emerge anche, una stretta correlazione, con la variazione attuale rispetto al passato della
situazione economica del nucleo familiare.
Quindi, comunemente, si ritiene che chi non possiede un reddito dignitoso, non possa
godersi il tempo libero. Sappiamo che, nella realtà, la soddisfazione per il proprio tempo
libero è una condizione soggettiva, e si scovano vie alternative per soddisfare le proprie
esigenze di hobby o quant’altro; molti individui trovano un appagamento anche con semplici
gesti, come fare lunghe passeggiate o una corsa in bici, che non presuppongono la
disponibilità di un determinato tenore di vita.
L’aspetto delle relazioni sociali - che riguarda i rapporti con i familiari ma anche con amici o
conoscenti - mostra una correlazione con la soddisfazione della zona di residenza, quindi la
maggioranza degli intervistati ha un proprio “gruppo sociale” nel proprio circondario, ed
inoltre, si denota una correlazione con il servizio proposto delle strutture ricreative. In
questo caso è interessante notare, come il parametro dell’età, incida in maniera rilevante:
ad un aumento dell’età considerata, si riscontra una diminuzione nella soddisfazione per le
relazioni sociali; i giovani quindi, sono la categoria che sfrutta al meglio, i servizi, e ritiene che
sia fondamentale la zona di residenza per esercitare la rete di rapporti sociali.
Il parametro della variazione della soddisfazione attuale rispetto al passato, della situazione
economica, non è influenzata da alcuna variabile. Secondo l’indagine, la situazione
economica rispetto al passato del nucleo familiare, è peggiorata o invariata per 154 individui
(94%) e migliorata solo per 11 individui (6%); mentre quella individuale è peggiorata per 97
individui (59%), invariata per 55 (34%) e migliorata per 13 persone (7%). Questa stime sono
86
in linea, con la situazione economica - satura della crisi, disoccupazione e il tema
pensionistico - presentata dalla nazione.
Le Città, sono lo spazio in cui i cittadini vivono, in cui si confrontano e affrontano insieme le
avversità e i cambiamenti, il luogo in cui si formano le economie e si sviluppano i “piccoli”
motori del progresso sociale. A mio avviso, mantenere una buona qualità della vita urbana,
significa coltivare una risorsa per i cittadini di oggi ma, soprattutto, per i cittadini di domani.
Seppur negli ultimi cinquant’anni, la qualità della vita sia migliorata, la recessione che ha
interessato il periodo 2007-2009, ha condotto ad un brusco peggioramento nei riguardi dei
redditi, degli occupati, e dei consumi.
Sul fronte urbano, una Città che sa evitare la crisi, investendo su politiche green economy,
che comprendono le esigenze espresse dai cittadini, e sulla competitività, è una città che è in
grado di accrescere la qualità della vita, dando una speranza per il futuro ai più giovani, ed
attenuando quegli effetti psicologici e sociali che si fanno sempre più minacciosi (insicurezza
e timore verso gli altri). Purtroppo però, la mancanza di chiarezze sui fattori che
compongono la qualità della vita - in quanto variabile astratta e di difficile definizione inducono le istituzioni e i governi locali, ad errori sulle scelte di investimento in campo
politico e finanziario, aggravando la condizione di una Città.
Si rivela infatti, che la fiducia verso le istituzioni politiche e amministrative, della Città di
Grosseto, risulta essere scarsa (Poca fiducia – 92 persone su 165), circa il 56% del campione
di riferimento, con un 18% che si ritiene “per niente fiducioso”, dell’operato svolto.
Ecco che, un questionario, così svolto, e ricco di quesiti, può rivelarsi, un utile strumento per
amministratori e cariche comunali, per rivedere i punti di forza e debolezza della Città, e per
dare udienza anche alle voci del popolo.
Questo “dibattito” non è utopistico, perché tutte queste riflessioni e concetti espressi, sono
coniugati allo sviluppo e al cambiamento delle attese di miglioramento, dei bisogni e dei
fondamenti culturali e valoriali che caratterizzano la nostra società.
87
Appendice
1
–
Layout
del
questionario
Percezione della qualità della vita degli
abitanti nella Città di Grosseto
Università degli Studi di Siena - Dipartimento di studi aziendali e giuridici
Questo questionario è anonimo e i risultati ottenuti saranno utilizzati esclusivamente per
l'elaborazione della tesi.
*Campo obbligatorio
1. Sesso *
M
F
2. Età *
Fino a 20
21-39
40-59
+60
3. Titolo di Studio *
Nessuno
Lic. elementare
Lic. media
Diploma di scuola superiore
Laurea//Laurea magistrale
Dottorato/Scuola di specializzazione
4. Attività lavorativa *
Lav. autonomo
88
Lav. dipendente
Studente
Casalingo/a
Pensionato/a
Disoccupato/a
Inoccupato/a (mai svolto attività lavorativa)
Altro
5. Zona/circoscrizione di residenza *
Pace
Centro
Barbanella
Gorarella
Cittadella
Altre zone o frazioni
PERCEZIONE DELLA CITTA'
6. Utilizzando un punteggio da 0 (per niente) a 10 (completamente), quanto è soddisfatto della zona
in cui abita? *
0
1
2
3
4
5
per niente
6
7
8
9
10
completamente
7. E rispetto a 5 anni fa? *
Più soddisfatto
Ugualmente soddisfatto
Meno soddisfatto
Abitavo in un'altra zona
8. Finora il benessere è stato misurato soprattutto in termini economici tramite il PIL (cioè il
Prodotto Interno Lordo, che esprime il valore complessivo dei beni e dei servizi prodotti all'interno
di un Paese). Crede che sia importante valutare il benessere misurando anche altri aspetti che
rispecchiano la vita delle persone? *
Molto
Abbastanza
89
Poco
Per niente
9. Quanto ritiene siano importanti questi aspetti/tematiche per una città? *
Molto
Abbastanza
Poco
Per niente
Manutenzione luoghi
pubblici
(marciapiedi,strade,ecc)
Percorsi urbani
(pedonali,ciclabili)
Verde urbano
Luoghi di incontro o ritrovo
Negozi di genere vario
(tabacchi,supermercati,ecc)
Negozi di abbigliamento o
calzature
Parcheggi
Trasporti pubblici
Raccolta rifiuti
Vigilanza
Sicurezza
Sanità
Istruzione
Cultura
Qualità dell'ambiente
Spazi per attività ludicosportive
Strutture di interesse
comune
(religiose,culturali,sociali,..)
10. Dati alcuni servizi offerti dalla città di Grosseto dovrà dare un punteggio compreso tra 0 (non
soddisfatto) e 10 (molto soddisfatto): *
0
1
2
3
Trasporti pubblici
Vigilanza pubblica
Raccolta rifiuti
Verde pubblico
Zone di
parcheggio
90
4
5
6
7
8
9
10
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
Grande
Distribuzione
Locali di
intrattenimento
Servizi
ospedalieri/medici
Strutture
ricreative
(sport,cultura,..)
11. E' cambiato qualcosa nella valutazione di questi servizi rispetto a 5 anni fa? *
(+ sta per migliorata; - sta per peggiorata; = sta per invariata; ? sta per non so)
+
-
=
?
Trasporti pubblici
Vigilanza urbana
Raccolta rifiuti
Verde pubblico
Zone
di
parcheggio
Grande
distribuzione
Locali
di
intrattenimento
Servizi
ospedalieri/medici
Strutture
ricreative
12. Per valutare la sicurezza della città, indichi quanto si sente sicuro/a camminando da solo/a
nella/in: *
Molto
Abbastanza
Sua zona di
giorno
Sua zona di
notte
Centro di
giorno
Centro di
notte
Altre zone di
giorno
Altre zone di
notte
91
Poco
Per niente
13. E rispetto a tre anni fa? *
Più sicuro
Uguale
Meno sicuro
Sua zona di giorno
Sua zona di notte
Centro di giorno
Centro di notte
Altre zone di giorno
Altre zone di notte
14. Ritiene che Grosseto sia una città inquinata? *
Molto
Abbastanza
Poco
Per niente
15. Ritiene che sia una città pulita? *
Molto
Abbastanza
Poco
Per niente
16. Come reputa, nel complesso, la vitalità nella città di Grosseto? *
Ottima
Buona
Discreta
Pessima
17. E' facile trovare una buona occupazione in città? *
Molto
Abbastanza
Poco
Per niente
18. Le aree di verde della Sua città sono adeguatamente attrezzate all'uso pubblico? *
Sì
No, non sono adeguate per bambini, anziani o portatori di handicap
No, non sono pulite
92
No, non sono sorvegliate
Altro:
19. Ha fiducia nelle istituzioni politiche e amministrative della città? *
Molto
Abbastanza
Poco
Per niente
CONDIZIONE SOGGETTIVA DI VITA
20. Dati i seguenti aspetti sociali mi dia un Suo giudizio complessivo di soddisfazione: *
Abbastanza
soddisfatto
Molto soddisfatto
Poco soddisfatto
Per niente
soddisfatto
Vita privata
Attività
lavorativa
Relazioni
con
familiari
Relazioni
con amici e
conoscenti
Tempo
libero
21. Rispetto a 5 anni fa, trova che: *
(+ sta per migliorata; - sta per peggiorata; = sta per invariata)
+
-
Qualità della vita
Attività lavorativa
Relazioni sociali
Tempo libero
Situazione economica
22. Riesce a soddisfare a Grosseto le Sue esigenze di tempo libero? *
Sì
No
23. Se No, qual è il motivo?
93
=
Economico
Lavorativo
Familiare
Salute
Personale
Altro:
24. Confrontando la situazione economica attuale del Suo nucleo familiare con quella di un anno fa,
ritiene che sia: *
Migliorata
Invariata
Peggiorata
25. Al giorno d'oggi si parla tanto di felicità. A conclusione del questionario, mi sa dire quanto si
ritiene felice, utilizzando un punteggio da 0 (per niente felice) a 5 (molto felice): *
0
1
2
3
4
5
26. E rispetto ad un anno fa? *
(+ = più felice; - = meno felice; = sta per invariato)
+
=
Invia
94
Appendice 2 –
Costruzione delle
variabili
Nella previsione di compiere analisi statistiche con le evidenze ottenute, si è proceduto alla
fase di assegnazione dei valori, cioè l’attribuzione di un punteggio, che sia significativo e
rappresentativo alla varietà di opzioni consentite, racchiuse, in ciascun quesito posto
all’interno dell’indagine.
Occorre precisare che lo scheletro del questionario, si compone di una variegata modalità di
progettazione dei quesiti: predominano comunque, variabili qualitative per la quasi totalità
delle domande, con la presenza di sole tre domande (6, 10 e 25) che mostrano variabili
quantitative, sotto forma di numeri già ordinati con la tecnica della Scala Likert, e non sono
state quindi, trasformate o assegnateli valori.
Le variabili qualitative presenti, si differenziano in base alla loro ordinabilità, come nel caso
del titolo di studio; domande con Scala Likert (Per niente - Molto soddisfatto), con
un’attribuzione valori da 0 a 3, e domande che si collegano ad una situazione riferibile ad un
arco
di tempo
passato
(Migliorata,
Invariata,
Peggiorata), rispettivamente
con
un’attribuzione di valori pari a +1,0,-1; ed in base alla non ordinabilità, come il genere
dell’intervistato o l’attività lavorativa.
Di fronte a questa tipologia di variabili qualitative, è stato necessario ricorrere in alcuni casi a
variabili dicotomiche, dette anche, variabili dummy, che possiedono la peculiarità di
attribuirsi unicamente due valori o modalità (1 o 0), nella circostanza che si mostri la
presenza o meno di una determinata qualità.
Nello specifico, nel caso della domanda che si riferisce al sesso dell’intervistato, è stato
assegnato un valore pari ad 1, per il genere femminile, ed un valore pari a 0, per il genere
maschile, oppure, nella domanda n° 22, che si riferisce alla soddisfazione soggettiva delle
95
esigenze di tempo libero attuale, che prevedeva una “scelta secca” (Sì o No), è stato
attribuito un valore pari ad 1, in caso di risposta affermativa, 0, in caso di risposta negativa.
A seguito della fase di assegnazione dei valori, si è così costruita, una matrice di dati, che
racchiudeva tutte le risposte elaborate e nell’eventualità, trasformate, allo scopo di una più
rapida interpretazione futura.
Si è delineato un progetto di studio, basato sulla verifica della variazione del grado di felicità
attuale rispetto al livello di felicità passato di un individuo, rispetto alla considerazione di
variabili sociali ed economiche riferibili anch’esse al passato; ciò perché, valutare
univocamente, una soddisfazione del presente, si rivela essere estremamente soggettiva.
Per avere una corretta interpretazione del fenomeno, si è proceduto ad impiegare la tecnica
statistica, denominata, “difference in differences” (DID).
Questo tipo di metodologia, considera due istanti temporali diversi (attuale e passato) e
proprio sulla variazione, sullo scarto tra i due intervalli di periodo, mira ad analizzare,
appunto, le differenze tra le variabili prese in esame; pur soggetto alla minaccia di errori
esterni ed elementi di disturbo, questo approccio tenta di orientarsi verso la loro
eliminazione140.
I parametri, oggetto di studio di questo elaborato, sono stati estrapolati da tutti i quesiti
posti ad un tempo passato, all’interno del sondaggio. Si sono venute così a creare, una serie
di variabili, di cui nel corso dell’analisi effettuata, si farà ampia menzione:

la variabile “∆ Felicità”, ossia la variazione del livello di felicità attuale rispetto al
passato, rappresentata dalla domanda n°26, che chiude il questionario;

le variabili “∆ Qualità della vita”, “∆ Attività lavorativa”, “∆ Tempo libero”, che
costituiscono le variazioni del grado di soddisfazione attuale dei seguenti aspetti
sociali ed economici rispetto al passato, poste nella domanda n° 21;

la variabile “Importanza aspetti oltre il PIL”, che racchiude il pensiero degli intervistati
sull’importanza della misurazione del benessere anche tenendo conto di aspetti
sociali, che vanno oltre all’aggregato economico del PIL.
140
Consultato il sito Wikipedia, http://en.wikipedia.org/wiki/Difference_in_differences.
96

la variabile “∆ Situazione economica del nucleo familiare”, ossia la variazione di
reddito dichiarato all’interno di un contesto individuale o familiare del presente
rispetto al passato, rappresentata nella domanda n°24;

le variabili “∆ Zone di parcheggio”, “∆ Locali di intrattenimento”, “∆ Verde pubblico”,
“∆ Strutture ricreative”, costituite dalle variazioni del grado di soddisfazione attuale,
mantenendo sempre il riferimento sempre ad un tempo passato, rispetto ad alcuni
dei servizi offerti dalla città di Grosseto, elencati all’interno del quesito n° 11;

la variabile “∆ Sicurezza”, ossia la variazione del livello di sicurezza attuale, percepito
nel contesto della propria zona di residenza, nella zona del centro storico, e in altre
zone di periferia o vicine, rispetto ad un livello di sicurezza che si poteva percepire nel
passato. Questa variabile, è stata estrapolata dalla domanda n° 13, e, per un’agevole
interpretazione, ha subìto l’aggregazione, sotto forma di sommatoria, dei vari
risultati delle diverse aree a cui ci si riferisce;

la variabile “∆ Soddisfazione zona”, che rivela la variazione del grado di soddisfazione
attuale percepito dagli abitanti una specifica zona o circoscrizione, in riferimento ad
un tempo passato. Questo parametro si identifica con la domanda n° 7.
Oltre a queste variabili citate, è stato scelto di impiegare nell’analisi, altri tre parametri detti,
“di controllo”, posti nelle domande 1-3:

la variabile relativa all’”età” dell’intervistato;

la variabile che identifica il “sesso” dell’utente;

la variabile che definisce il “titolo di studio” conseguito.
97
Appendice 3 – Regressioni
In questa sezione si riportano tutte le tabelle di regressione (Output Riepilogo) effettuate,
avendo a disposizione, i dati estrapolati dal questionario.
All’interno di ogni tavola, in grassetto, si evidenziano le variabili significative oltre o uguale al
95%.
OUTPUT RIEPILOGO
Statistica della regressione
R multiplo
0,26419979
R al quadrato
0,06980153
R al quadrato
corretto
0,04654657
Errore
standard
0,58654283
Osservazioni
165
ANALISI
VARIANZA
gdl
Regressione
Residuo
Totale
Intercetta
Sesso
Età
Titolo di
studio
∆ Felicità
F
3,001575704
Significatività
F
0,02016265
4
160
164
SQ
MQ
4,130558318 1,03264
55,04519926 0,344032
59,17575758
Coefficienti
1,99574472
0,14131538
0,01433774
Errore standard
Stat t
0,261476667 7,632592
0,091683793 1,541334
0,059581157 0,240642
Valore di
significatività
1,95508E-12
0,125210881
0,81014052
Inferiore 95%
1,47935405
-0,039751085
-0,103329178
Superiore
95%
2,512135385
0,32238184
0,132004657
0,15658324
0,03410045
0,053167488 2,945094
0,073421565 0,464447
0,003710326
0,642958664
0,051582687
-0,110899913
0,261583795
0,179100809
Tabella 1 – Importanza aspetti oltre il PIL
98
OUTPUT RIEPILOGO
Statistica della regressione
R multiplo
R al quadrato
R al quadrato
corretto
Errore standard
Osservazioni
0,455605625
0,207576486
0,177484454
0,572051791
165
ANALISI VARIANZA
gdl
Regressione
Residuo
Totale
Intercetta
∆ Qualità della vita
∆ Attività lavorativa
∆ Tempo libero
Sesso
Età
Titolo di studio
SQ
MQ
6 13,54405119 2,25734186
158 51,70443366 0,32724325
164 65,24848485
Errore
Coefficienti
standard
Stat t
-0,047142561 0,26028497 0,18111903
0,165489814 0,075797822 2,18330567
0,237659395 0,074730633 3,18021385
0,093604325 0,063475871 1,4746442
0,104244667 0,090163467 1,15617412
0,001581128 0,058415031 0,02706714
0,018305844 0,05276894 0,34690567
F
Significatività F
6,898054758
1,59919E-06
Valore di
significatività
Inferiore 95%
0,856506275
0,030488588
0,001771479
0,142298019
0,249355163
0,978440341
0,729123797
-0,561229332
0,01578214
0,090059517
-0,031766362
-0,073836479
-0,113793935
-0,085917669
Superiore 95%
0,46694421
0,31519749
0,38525927
0,21897501
0,28232581
0,11695619
0,12252936
Tabella 2 – ∆ Felicità rispetto agli altri ∆ aspetti ed i controlli
OUTPUT RIEPILOGO
Statistica della regressione
R multiplo
R al quadrato
R al quadrato corretto
Errore standard
Osservazioni
0,455606211
0,207577019
0,177485007
0,572051598
165
ANALISI VARIANZA
gdl
SQ
6 13,54408599
158 51,70439886
164 65,24848485
Errore
Coefficienti
standard
Regressione
Residuo
Totale
Intercetta
∆ Qualità della vita
∆ Attività lavorativa
∆ Tempo libero
Sesso
Età²
Titolo di studio
-0,039284427
0,165528932
0,23737968
0,093441638
0,104179056
-0,000296586
0,017991551
0,217162141
0,075804268
0,07466276
0,063442688
0,09018771
0,010239363
0,052856093
MQ
F
2,25734767 6,898077127
0,32724303
Stat t
-0,18089906
2,18363604
3,17935851
1,47285119
1,15513584
-0,02896523
0,34038745
Significatività
F
1,599E-06
Valore di
significatività Inferiore 95%
0,856678645
0,030463822
0,001776396
0,142780472
0,249778754
0,976928874
0,734016905
-0,4682
0,0158085
0,0899139
-0,031864
-0,07395
-0,02052
-0,086404
Superiore 95%
0,38963079
0,31524934
0,3848455
0,21874679
0,28230808
0,0199271
0,1223872
Tabella 3 – ∆ Felicità rispetto agli altri ∆ aspetti sociali, tenendo conto di “Etಔ
99
OUTPUT RIEPILOGO
Statistica della regressione
R multiplo
R al quadrato
R al quadrato corretto
Errore standard
Osservazioni
0,577267
0,333238
0,271501
0,587987
60
ANALISI VARIANZA
gdl
Regressione
Residuo
Totale
Intercetta
∆ Qualità della vita
∆ Attività lavorativa
∆ Tempo libero
Sesso
Età
SQ
5
54
59
Coefficienti
0,02246
0,142607
0,525074
-0,14498
-0,15722
0,071513
9,330657
18,66934
28
Errore
standard
0,302854
0,148654
0,135258
0,125621
0,156641
0,103994
MQ
F
Significatività F
1,866131 5,397677657
0,345729
Stat t
0,074162
0,959321
3,882016
-1,15412
-1,00369
0,687658
0,000426406
Valore di
significatività
0,941155483
0,341673033
0,000284249
0,253533614
0,320006071
0,494611089
Inferiore 95%
-0,5847252
-0,15542639
0,25389805
-0,39683803
-0,47126339
-0,13698361
Superiore 95%
0,629645738
0,440639902
0,796250453
0,106873724
0,156827312
0,280008882
Tabella 4 – ∆ Felicità rispetto agli altri ∆ aspetti sociali prendendo in considerazione il
campione di intervistati che possiedono un titolo di studio alto
OUTPUT RIEPILOGO
Statistica della regressione
R multiplo
R al quadrato
R al quadrato corretto
Errore standard
Osservazioni
0,452231
0,204513
0,164337
0,539683
105
ANALISI VARIANZA
gdl
Regressione
Residuo
Totale
Intercetta
∆ Qualità della vita
∆ Attività lavorativa
∆ Tempo libero
Sesso
Età
SQ
5
99
104
MQ
1,48262
0,291258
Coefficienti
7,413098
28,83452
36,24762
Errore
standard
0,010161
0,201011
0,111259
0,179079
0,219579
-0,03304
0,211522
0,086648
0,086817
0,071401
0,105958
0,067632
0,048038
2,319856
1,281533
2,508088
2,072327
-0,48859
Stat t
F
Significatività
F
5,090403447
Valore di
significatività
0,00034
Inferiore 95%
0,961782878
0,022402324
0,202999886
0,01376395
0,040833802
0,626209087
-0,40955
0,029083
-0,061
0,037405
0,009336
-0,16724
Superiore 95%
0,429867564
0,37294004
0,283521821
0,320752868
0,42982152
0,101152422
Tabella 5 – ∆ Felicità rispetto agli altri ∆ aspetti sociali prendendo in considerazione il
campione di intervistati che possiedono un titolo di studio basso
100
OUTPUT RIEPILOGO
Statistica della regressione
R multiplo
0,300835
R al quadrato
0,090502
R al quadrato corretto
0,073554
Errore standard
0,673017
Osservazioni
165
ANALISI VARIANZA
gdl
Regressione
Residuo
Totale
3
161
164
Intercetta
∆ Zone di parcheggio
∆ Locali di intrattenimento
∆ Sicurezza
Coefficienti
-0,22345
0,196099
0,171369
0,031172
SQ
7,256579
72,92524
80,18182
Errore
standard
0,086501
0,080312
0,073583
0,022356
MQ
F
2,41886 5,340214289
0,452952
Valore di
Stat t
significatività
-2,58314 0,010679674
2,441705 0,01570068
2,328906 0,021106825
1,394296 0,16514943
Significatività
F
0,001563
Inferiore 95%
-0,39427
0,037498
0,026056
-0,01298
Superiore 95%
-0,05262
0,3547
0,316682
0,075321
Tabella 6 – ∆ Qualità della vita rispetto agli altri ∆ correlati
OUTPUT RIEPILOGO
Statistica della regressione
R multiplo
0,351355
R al quadrato
0,12345
R al quadrato corretto
0,090164
Errore standard
0,666957
Osservazioni
165
ANALISI VARIANZA
gdl
Regressione
Residuo
Totale
Intercetta
∆ Zone di parcheggio
∆ Locali di
intrattenimento
∆ Sicurezza
Sesso
Età
Titolo di studio
MQ
1,649744
0,444831
Coefficienti
-0,66404
0,19355
SQ
9,898463
70,28336
80,18182
Errore
standard
0,300806
0,079708
0,152515
0,030461
0,031302
-0,01542
0,142716
0,073482
0,023661
0,111181
0,068086
0,060503
2,075544
1,287412
0,281543
-0,22643
2,358814
6
158
164
F
3,708695
Significatività F
0,001776
Valore di
Stat t
significatività
-2,20752
0,028719
2,428241
0,016295
Inferiore 95%
-1,25816
0,03612
Superiore 95%
-0,06992
0,350981
0,007381
-0,01627
-0,18829
-0,14989
0,023217
0,297648
0,077193
0,250896
0,119058
0,262216
0,039557
0,199833
0,778662
0,821157
0,019557
Tabella 7 – ∆ Qualità della vita rispetto agli altri ∆ correlati ed i controlli
101
OUTPUT
RIEPILOGO
Statistica della regressione
R multiplo
0,27279
R al quadrato
0,074414
R al quadrato
corretto
0,068736
Errore standard
0,675886
Osservazioni
165
ANALISI VARIANZA
gdl
Regressione
Residuo
Totale
Intercetta
∆ Tempo libero
1
163
164
Coefficienti
-0,40137
0,251278
SQ
5,986519
74,46197
80,44848
Errore
standard
0,053221
0,069413
MQ
5,986519
0,456822
Stat t
-7,54149
3,620043
F
13,10471
Significativit
àF
0,000393
Valore di
significatività Inferiore 95% Superiore 95%
3,07E-12
-0,50646
-0,29628
0,000393
0,114214
0,388343
Tabella 8 – ∆ Attività lavorativa rispetto ai ∆ correlati
OUTPUT RIEPILOGO
Statistica della regressione
R multiplo
0,338176
R al quadrato
0,114363
R al quadrato
corretto
0,092222
Errore standard
0,667309
Osservazioni
165
ANALISI VARIANZA
gdl
Regressione
4
Residuo
160
Totale
164
Intercetta
∆ Tempo libero
Sesso
Età
Titolo di studio
Coefficienti
-0,65667
0,248088
0,142533
-0,06841
0,115369
SQ
9,20033
71,24816
80,44848
Errore
standard
0,296368
0,069069
0,104331
0,067927
0,060183
MQ
2,300082
0,445301
F
Significatività F
5,165231
0,000612
Valore di
Stat t
significatività
-2,21573
0,028122
3,591895
0,000436
1,366156
0,173807
-1,00706
0,315426
1,916969
0,057024
Inferiore 95%
-1,24197
0,111684
-0,06351
-0,20255
-0,00349
Superiore
95%
-0,07137
0,384492
0,348577
0,065742
0,234225
Tabella 9 – ∆ Attività lavorativa rispetto ai ∆ correlati ed i controlli
102
OUTPUT
RIEPILOGO
Statistica della regressione
R multiplo
R al quadrato
R al quadrato
corretto
Errore standard
Osservazioni
0,299754655
0,089852853
0,078616469
0,731056296
165
ANALISI VARIANZA
gdl
Regressione
Residuo
Totale
SQ
2
162
164
F
4,273728
0,534443
7,996598
8,547457
86,57982
95,12727
Errore
standard
Stat t
0,021129256
0,239395661
0,061821
0,088227
0,341782
2,713402
0,732958
0,00738
-0,10095
0,065172
0,143208
0,413619
0,20493576
0,100323
2,042759
0,042697
0,006826
0,403045
Coefficienti
Intercetta
∆ Soddisfazione zona
∆ Strutture
ricreative
Significatività
F
MQ
Valore di
significatività
0,000488
Inferiore 95%
Superiore 95%
Tabella 10 – ∆ Relazioni sociali rispetto ai ∆ correlati
OUTPUT RIEPILOGO
Statistica della regressione
R multiplo
R al quadrato
R al quadrato corretto
Errore standard
Osservazioni
0,371048107
0,137676698
0,110559613
0,71827214
165
ANALISI VARIANZA
gdl
Regressione
Residuo
Totale
5
159
164
Coefficienti
Intercetta
∆ Soddisfazione zona
∆ Strutture ricreative
Sesso
Età
Titolo di studio
0,600236111
0,234155323
0,203397684
0,095935266
-0,20689795
-0,01529775
SQ
MQ
13,09681 2,619362
82,03046 0,515915
95,12727
Errore
standard
Stat t
0,320256
0,089472
0,099001
0,114983
0,073226
0,064932
1,874237
2,617065
2,054497
0,834343
-2,82546
-0,2356
F
5,07712
Valore di
significatività
0,062732
0,009725
0,041564
0,40534
0,005327
0,814049
Significatività
F
0,00024
Inferiore 95%
-0,03227
0,057448
0,007871
-0,13116
-0,35152
-0,14354
Superiore 95%
1,232741
0,410863
0,398925
0,323026
-0,06228
0,112943
Tabella 11 – ∆ Relazioni sociali rispetto ai ∆ correlati ed i controlli
103
OUTPUT RIEPILOGO
Statistica della regressione
R multiplo
R al quadrato
R al quadrato corretto
Errore standard
Osservazioni
0,410261
0,168314
0,147522
0,702023
165
ANALISI VARIANZA
gdl
Regressione
Residuo
Totale
SQ
4
160
164
Coefficienti
Intercetta
∆ Sit. Ec nucleo familiare
∆ Verde pubblico
∆ Locali di intrattenimento
∆ Strutture ricreative
-0,00184
0,218681
0,194834
0,122914
0,206735
MQ
Significatività
F
F
15,95825 3,989562 8,095098952
5,72E-06
78,85387 0,492837
94,81212
Errore
Valore di
standard
Stat t
significatività Inferiore 95%
0,065102 -0,02819 0,977548359
0,093715 2,33348 0,020867016
0,077692 2,507783 0,013146115
0,082762 1,485153
0,139471
0,106831 1,93515 0,054735491
Superiore 95%
-0,1304
0,033604
0,0414
-0,04053
-0,00425
0,126734
0,403758
0,348267
0,286359
0,417716
Tabella 12 – ∆ Tempo libero rispetto ai ∆ correlati
OUTPUT RIEPILOGO
Statistica della regressione
R multiplo
0,423427
R al quadrato
R al quadrato corretto
0,179291
0,142699
Errore standard
Osservazioni
0,704007
165
ANALISI VARIANZA
gdl
Regressione
Residuo
Totale
Intercetta
∆ Sit. Ec nucleo familiare
∆ Verde pubblico
∆ Locali di intrattenimento
∆ Strutture ricreative
Sesso
Età
Titolo di studio
SQ
MQ
7
16,99893
2,428419
157
164
0,495625
Coefficienti
77,81319
94,81212
Errore
standard
0,175657
0,217992
0,194763
0,11475
0,207124
-0,13393
-0,05356
0,011965
0,320825
0,094397
0,078586
0,083569
0,107305
0,109674
0,071805
0,064498
0,547516
2,309307
2,478327
1,373106
1,930246
-1,2212
-0,74595
0,185507
Stat t
F
4,899706965
Valore di
significatività
0,584801948
0,022229947
0,014258053
0,171677413
0,055378861
0,223841622
0,456814889
0,853070973
Significatività
F
5,02E-05
Inferiore 95% Superiore 95%
-0,45803
0,03154
0,03954
-0,05032
-0,00482
-0,35056
-0,19539
-0,11543
0,809346
0,404445
0,349986
0,279815
0,419071
0,082693
0,088266
0,139361
Tabella 13 – ∆ Tempo libero rispetto ai ∆ correlati ed i controlli
104
OUTPUT RIEPILOGO
Statistica della regressione
R multiplo
0,767746
R al quadrato
0,589434
R al quadrato corretto
0,586915
Errore standard
0,411528
Osservazioni
165
ANALISI VARIANZA
gdl
Regressione
Residuo
Totale
1
163
164
Intercetta
∆ Sit ec. nucleo familiare
Coefficienti
-0,20975
0,809705
SQ
39,63139
27,60497
67,23636
Errore
standard
0,037541
0,052931
MQ
39,63139
0,169356
F
234,0127883
Significativit
àF
2,51E-33
Valore di
Stat t
significatività Inferiore 95%
-5,58712 9,49299E-08
-0,28387
15,29748 2,50537E-33
0,705187
Superiore
95%
-0,13562
0,914223
Tabella 14 – ∆ Situazione economica rispetto ai ∆ correlati
OUTPUT RIEPILOGO
Statistica della regressione
R multiplo
0,768097
R al quadrato
0,589974
R al quadrato corretto
0,579723
Errore standard
0,415096
Osservazioni
165
ANALISI VARIANZA
gdl
Regressione
Residuo
Totale
4
160
164
Coefficienti
Intercetta
-0,15523
∆ Sit ec. nucleo familiare
0,809375
Sesso
-0,00746
Età
-0,01857
Titolo di studio
0,000342
SQ
39,66767
27,56869
67,23636
Errore
standard
0,186915
0,053631
0,064649
0,042128
0,037573
MQ
F
9,916918 57,55467246
0,172304
Stat t
-0,83048
15,09158
-0,11537
-0,44081
0,009115
Valore di
significatività
0,40750217
1,43822E-32
0,908296126
0,659945723
0,992738384
Significatività
F
5,1E-30
Inferiore 95%
-0,52437
0,703459
-0,13513
-0,10177
-0,07386
Superiore
95%
0,213909
0,915291
0,120216
0,064629
0,074546
Tabella 15 – ∆ Situazione economica rispetto ai ∆ correlati ed i controlli
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