benessere, felicita` e pil: teorie a confronto attraverso un
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benessere, felicita` e pil: teorie a confronto attraverso un
DIPARTIMENTO DI STUDI AZIENDALI E GIURIDICI CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN MANAGEMENT AND GOVERNANCE BENESSERE, FELICITA’ E PIL: TEORIE A CONFRONTO ATTRAVERSO UN’ANALISI EMPIRICA Relatore: Chiar.mo Prof. Paolo Pin Correlatore: Chiar.mo Prof. Tiziano Razzolini Candidato: DANIELE MACCHELLI Anno accademico: 2014/2015 Alla mia grande famiglia 1 Indice Abstract ................................................................................................... 4 Introduzione ............................................................................................. 5 1. Il PIL: tra critiche e alternative ............................................................. 8 1.1 Per iniziare: Origine storica del PIL ........................................................................ 8 1.2 Concetto e composizione ....................................................................................... 10 1.3 Limiti e novità ......................................................................................................... 12 1.4 Progresso storico della critica al PIL ...................................................................... 14 1.4.1 Gli anni ’30 ..................................................................................................... 15 1.4.2 Gli anni ’60 e ’70 ............................................................................................ 16 1.4.3 Dagli anni ’90 ad oggi .................................................................................... 20 1.5 Analisi delle principali alternative .......................................................................... 26 1.5.1 GPI (Genuine Progress Indicator) .................................................................. 27 1.5.2 HDI (Human Development Index) .................................................................. 30 1.5.3 BES (Benessere Equo e Sostenibile) ............................................................... 34 2. Benessere e Felicità ............................................................................ 42 2.1 Gli studi di Easterlin e le ricerche sulla felicità ..................................................... 43 2.2 Le preferenze individuali in continuo cambiamento ............................................. 48 2.3 Gli studi di Scitovsky e le nuove ricerche economiche .......................................... 53 2 2.4 La visione di Sen: preferenze e razionalità ............................................................ 57 2.4.1 Il suggerimento di Sen: il meta-ordinamento ............................................... 60 2.4.2 Critica al “capability approach” ..................................................................... 63 3. Qualità della vita e felicità: un’analisi empirica .................................. 66 3.1 La progettazione del questionario .......................................................................... 66 3.2 Sintesi grafica delle risposte ................................................................................... 68 3.3 L’analisi dei dati ....................................................................................................... 75 Conclusioni ............................................................................................... 83 Appendice 1 - Layout del questionario ...................................................... 88 Appendice 2 - Costruzione delle variabili .................................................. 95 Appendice 3 – Regressioni ........................................................................ 98 Bibliografia e Sitografia .......................................................................... 106 3 Abstract This dissertation aims to find out if people are concerned about the importance of measuring the well-being with aspects that go beyond GDP, and how, and if, the change in the level of happiness today than in the past of the people is also affected by social variables as well as economic ones. In fact, recent studies of politicians and economists, contrasting the well-known "growth paradigm", claiming that the GDP is not enough, to measure wellbeing of a nation. In the same line, it is the enormous field of study on ''Economics of Happiness", which confirms the negative relationship between income and well-being. Having a good income does not presuppose a state of happiness: people get tired soon of material goods they possess, and, moved by a sense of dissatisfaction and disappointment, for what they have or cannot get, they are always looking for something different; but, once obtained, it has a sense of fulfillment that does not last long, and so, starts again the above "vicious circle". Specifically, the aim of this thesis has been applied, analyzing a sample of residents in the city of Grosseto, through an empirical study based on a questionnaire, sent using the web or administered in a paper. The results show that, in the sample investigated, it turns out a contrast in perception, focused on the possession of a certain degree, in reference to the importance of the measurement of other aspects beyond GDP. Moreover, it appears that, for the complex of inhabitants taken into account, many aspects of social, influence their happiness. The paper ends with some observations and concluding remarks, of the entire investigation conducted. 4 Introduzione La questione relativa alla misurazione del benessere, attraverso aspetti qualitativi e sociali, che si posizionano come alternativa alla quantificazione monetaria, fornitaci dal PIL, è un tema, che accende, e fa discutere, i Governi e le Istituzioni, nazionali ed internazionali. Si è consolidata nel tempo, l’idea che un aumento costante del PIL, è sintomo, di un miglioramento delle condizioni di vita per il popolo, e, sostenuto con ardore, dalla maggioranza degli establishment governativi, ha conquistato anche, per estensione, la qualifica di indicatore del benessere. Ciò nonostante, non è stato esentato da critiche, mostrando lacune nella misurazione oggettiva di alcuni parametri. Già dalla sua creazione, il fondatore, Kuznets, affermava che il PIL, era un indice che non misurava minimamente il benessere, ed un suo aumento non portava nessun tipo di migliorie per la popolazione. Nel corso degli anni, sono state riscontrate molteplici imperfezioni, tra le principali vi è, la mancata considerazione delle esternalità negative ambientali, generate dalla crescita, che incidono negativamente sulla qualità della vita degli individui. Ulteriori obiezioni, che vengono riservate alla misurazione del PIL, riguardano la mancata capacità di fornirci un parametro di equità, nella distribuzione dei vari redditi tra i cittadini, oppure, la non computazione di attività, che sono collocate esternamente al mercato, come il volontariato o il lavoro domestico, che bensì, arrecano un certo benessere agli individui. Dalla nascita del PIL, fino ai tempi più recenti, si è assistito, pertanto, ad un succedersi torrentizio di critiche e indici alternativi, che hanno disposto in secondo piano il paradigma della crescita, aggiustando, affiancandosi o sostituendosi a tale strumento, valorizzando, e spostando il focus di attenzione, verso aspetti qualitativi che incidono in maniera rilevante ed oggettiva, sulla qualità della vita della popolazione. Gli studi dell’Economia della felicità, confermano la mancata associazione che si crea, tra la crescita del PIL, ed un maggior benessere per gli individui. 5 E’ stato ragionevolmente dimostrato che, in presenza di un aumento del reddito, non corrisponde un aumento della felicità individuale, se è stata già valicata una certa soglia di benessere, dovuta al soddisfacimento di bisogni primari. Questo tipo di circostanza viene chiarita, da quello che viene definito, uno dei “paradossi di Easterlin”. Su questo campo di studi, si confrontano anche aspetti sociali e psicologici: è il senso di delusione, di insoddisfazione, provocata da uno standard di vita indirizzato al consumo, che spinge i soggetti verso un set di beni – che causa quindi, uno spostamento di preferenze – alimentando un nuovo ciclo di noia ed inappagamento (effetto tapis-roulant). Inoltre, è stato ritenuto che un’incapacità funzionale dell’essere umano, nell’allocazione delle risorse, porti ad ottenere beni o servizi di cui poi, ci si stanca facilmente. Sul fronte dell’illustrazione di un concetto di felicità, si intrecciano varie correnti di pensiero, che rendono confusa, la possibilità di un’interpretazione univoca. La felicità, proverebbe dal corredo genetico di ogni individuo: se non si è felici, è perché di natura non lo saremo mai; la felicità è troppo soggettiva per essere determinata, od ancora, la felicità, per essere misurata, ha bisogno di circostanze oggettive, che chiariscono e mostrano agli individui, il corretto ben vivere. In un contesto sociale, come quello che stiamo vivendo, colmo di eventi catastrofici, crisi economiche epidemiche, condito da un clima di paura, terrore, disperazione e sfiducia, appare interessante, una valutazione, che si indirizzi verso la ricerca della percezione di qualità della vita e del livello di felicità degli individui, e se esso, dipende o meno da variabili sociali o economiche, che parta dal basso, all’interno di un’istituzione locale, come una Città. Il primo capitolo di questo elaborato, incentrerà la sua analisi, proponendo il concetto di PIL, le fattispecie che ne derivano, ripercorrendo la sua storia, revisionando i limiti, riconosciuti dal panorama economico, perfino, le novità, che sono nate recentemente. Dopodiché, si analizzeranno le critiche e le misure alternative, che si sono susseguite nel corso degli anni, suddividendo l’analisi in tre macro-periodi: gli anni ’30, gli anni ’60-’70 e dagli anni ’90 in poi. La seconda parte del primo capitolo, sposterà l’attenzione dello studio, verso l’analisi delle principali alternative del PIL, che hanno avuto un maggior riconoscimento in ambito internazionale e nazionale. E’ stato scelto di delineare in maniera più precisa, le grandezze 6 del GPI (Genuine Progress Index), HDI (Human Development Index) e l’indice nazionale del BES (Benessere Equo e sostenibile). Il secondo capitolo mostra, la critica riferita all’idea che il reddito è sinonimo di benessere e felicità degli individui. Si evidenziano i punti di vista, di economisti, sociologi e psicologi, sul tema delle relazioni che legano l’aspetto della felicità, con un parametro economico come il reddito. Il terzo capitolo descrive un’analisi empirica effettuata su un campione di individui che abitano nella Città di Grosseto. L’indagine è stata condotta, attraverso la somministrazione di un questionario tramite il web, ed in maniera cartacea, per chi non fruisce dei moderni strumenti di comunicazione. Mediante domande, sulla qualità della vita urbana, ma soprattutto, sulla condizione soggettiva di ogni individuo in riferimento a variabili sociali ed economiche, in riferimento anche alla percezione passata, si ricercherà una correlazione di questi, con il livello di felicità, sempre riferibile alla variazione attuale che si ha con il passato. Inoltre, si cercherà di scoprire, se esiste un campione di cittadini, che ritiene che sia necessario, procedere alla misurazione del benessere anche con altri aspetti che vanno oltre il PIL. L’elaborato si chiude, con delle considerazioni conclusive sulla ricerca svolta, seguite dalle Appendici che illustrano, il questionario proposto, la costruzione delle variabili e la metodologia seguita, ed infine, le regressioni che sono state effettuate, tramite l’elenco delle tabelle (Output riepilogo). 7 Capitolo 1 Il PIL: tra critiche e alternative Fin dalla sua nascita risalente agli anni ’30, il PIL (prodotto interno lordo) è stato lanciato nell’allora “neonata” contabilità nazionale come unico indicatore di misurazione della crescita economica. Perfezionatosi nel tempo, esso ha poi raggiunto una posizione prestigiosa all’interno del panorama macroeconomico quale strumento di valutazione del successo o insuccesso di un Paese nonché termine di paragone per un confronto diretto tra le economie di varie nazioni. L’avvento della globalizzazione della crisi e di squilibri socio-politici, tuttavia, ha progressivamente messo in discussione quello che era correntemente considerato e adottato come il “paradigma della crescita”, appunto il PIL. Le opinioni più avvertite, intese a contrastare l’indice in argomento nella sua attitudine qualificatoria, appaiono evidenti e trovano tendenzialmente tutti d’accordo: esso non appare sostanzialmente idoneo a misurare né il benessere né la felicità di un individuo o nazione. Sembra, allora, emergere, in modo sempre più sensibilmente percepito, l’esigenza di un mutamento di paradigma, per così dire una nuova rotta, attraverso l’uso di indicatori alternativi per misurare il progresso che interessa ed ha interessato le nostre società. 1.1 Per iniziare: origine storica del PIL Le origini di questo indicatore risalgono al periodo relativo alla Grande Depressione statunitense degli anni ’30. La situazione allora esistente, relativamente all’utilizzo di informazioni per valutare lo stato di salute dell’economia, si presentava abbastanza scarna ed essenziale: le statistiche, a cui ci si affidava, apparivano incomplete ed insoddisfacenti. Il Dipartimento di Commercio degli Stati Uniti istituì una commissione, che potesse in qualche 8 modo riparare la “falla” informativa, stimando i conti nazionali in modo più preciso e circostanziato; per questa via, in altri termini, si andavano gettando le basi per creare, sia pure ingenuamente, quello che sarebbe successivamente diventato il Sistema dei Conti Nazionali. Fu il senatore La Follette, nel 1932, colui che avanzò la creazione di un team che indirizzasse il suo studio sulle stime statistiche del reddito nazionale USA dal 1929 al 1931. Nel 1933, quindi, Simon Kuznets ed altri due economisti presentarono la prima serie di analisi1. Il risultato di questi studi convogliò, poi, nel Report of the Acting Secretary of Commerce on National Income 1923-1932 ad opera del “National Bureau of economic research”, comprendente ben sedici capitoli, che trattavano varie metriche di reddito (lavoro, agricoltura, manifattura, trasporti,ecc)2. Anche se queste analisi si erano concentrate sul reddito, si poteva dire che si era creata una misura di reddito nazionale, che conduceva a rilevare un primo segno di efficienza di uno stato. Con l’avvento della Seconda Guerra Mondiale, poi, si è avvertita la necessità di una misurazione più ampia verso la produzione nazionale. Il quadro futuro, che si andò così delineando, vedeva le riverenze verso queste misurazioni da parte del presidente Roosevelt, la continua pubblicazione delle stime del Prodotto interno lordo e prodotto nazionale lordo3 nonché la nascita di organismi e istituzioni fondamentali nel panorama internazionale come il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e la banca mondiale. Dunque il PIL diveniva sinonimo di ricchezza, una sua crescita significava prosperità e benessere. Quale grande misuratore di sviluppo economico recente è stato elogiato come una delle grandi scoperte del ventesimo secolo dal U.S Department of Commerce4. La teoria sul PIL, tuttavia, comincia a vacillare. Si dice che esso non misuri il benessere umano e il progresso, ma misuri solamente “una parte delle attività economiche”, in esse 1 R.D. Marcuss, R.E. Kane, “U.S National income and product statistics - Born of the great Depression and World War II”, Survey of current business, consultabile sul sito dell’ U.S Bureau of economic analysis, http://www.bea.gov/scb/pdf/2007/02%20february/0207_history_article.pdf (Febbraio 2007). 2 The Acting Secretary of Commerce, Report of the Acting Secretary of Commerce on National Income 19231932, consultabile sul sito Fraser (Federal Reserve Archive) al link, https://fraser.stlouisfed.org/scribd/?title_id=971&filepath=/docs/publications/natincome_1934/19340104_nat ionalinc.pdf#scribd-open. 3 R.D. Marcuss, R.E. Kane, “U.S National income and product statistics - Born of the great Depression and World War II” 4 th US Department of Commerce, “GDP: One of the great inventions of the 20 century”, Survey of current business, consultabile al link, https://www.bea.gov/scb/pdf/beawide/2000/0100od.pdf (Gennaio 2000). 9 comprendendo solamente affari monetari riferibili alla produzione di beni e servizi, senza tuttavia computare altre attività che hanno comunque la loro importanza sulla ripercussione economica5. La prima vera critica però, partì dallo stesso ideatore (Kuznets). Nel documento citato, che comprova la via verso un sistema di contabilità nazionale, egli già affermò come un valore puramente quantitativo non può dimostrare e non può essere una misura di soddisfazione o felicità per un individuo: “il benessere di una nazione non può essere desumibile dalla misura del reddito nazionale6”. Prima di addentrarci nelle critiche, che si sono susseguite negli anni, destando dibattiti e polemiche, occorre delineare compiutamente il concetto di PIL. 1.2 Concetto e composizione Che cos’è il PIL? Per rispondere a tale domanda, disponiamo di un’ampia mèsse di definizioni formulate dalla dottrina. Tra le opzioni definitorie elaborate dagli studiosi, si ritiene conveniente riprendere la nozione che, di tale indicatore, ha delineato Olivier Blanchard. Innanzitutto mette conto partire dalla decodificazione della sigla stessa. La sigla PIL sta per Prodotto Interno Lordo (in inglese GDP: Gross Domestic Product). Con Prodotto si intende la produzione, riferita a beni e servizi. Il termine Interno fa riferimento alla produzione sul territorio nazionale. Infine, il termine Lordo significa che questo indicatore è al lordo degli ammortamenti. Il concetto che emerge è questo: il PIL è il valore totale di tutti i beni e servizi finali prodotti da un sistema economico nazionale in un dato periodo di tempo, che di norma è un anno7. Quindi, vengono esclusi dal conteggio del PIL i cosiddetti beni o servizi intermedi, quelli che sono serviti per produrre i beni o servizi finali (per esempio la farina del panettiere per fare il 5 I.F. Lara, “Quale dibattito sul PIL?”, p.53, Camera di Commercio di Milano, Pubblicazioni e riviste – Impresa e Stato, indice n°89-2010. 6 The Acting Secretary of Commerce, Report of the Acting Secretary of Commerce on National Income 19231932, Cit tradotta pag 7. 7 O. Blanchard, Scoprire la Macroeconomia (2011), Vol. I, Cap. II, Paragrafo 1.1. 10 pane), perché, essendo computati più volte, altererebbero sensibilmente la contabilità nazionale. Due sono i metodi riconosciuti dalla dottrina economica8: quello del valore aggiunto (calcolo del valore della produzione, ottenuto sottraendo quelli che sono i costi della produzione, cioè i costi intermedi necessari per produrre il bene o servizio) aggregato di ogni singolo produttore e quello del reddito, come somma di redditi da lavoro (retribuzioni), redditi da capitale e delle imposte indirette. Per operare confronti concreti in senso temporale - senza sovrastimare o sottostimare la variazione del PIL -, occorre adoperare un’altra forma di PIL: il PIL reale. E’ il PIL reale, infatti, che indica la somma delle quantità dei beni e servizi finali prodotti e valutati al loro prezzo costante su base annua. Si parlerà di PIL nominale, invece, quando la stima sarà valutata a prezzi correnti, ovvero quei prezzi applicati al tempo in cui la produzione ha avuto luogo. L’importanza di esprimere correttamente i dati nella forma in cui desideriamo operare influenzerà la stima di questo indicatore macroeconomico. L’influenza dei prezzi dalla crescita del PIL può essere eliminata attraverso il deflatore del PIL, indicatore che mette a rapporto i due aspetti del PIL (nominale e reale): quantità per prezzi correnti/quantità per prezzi costanti9. Confrontare i PIL dei diversi Paesi, ci aiuta a capire le dinamiche di crescita e di sviluppo tra le varie zone del globo. Utilizzare una misura del PIL pro capite è necessario per stimare il reddito in relazione alla popolazione, più precisamente si prende come termine di comparazione il PIL pro capite a parità di potere di acquisto (PPA). Se analizziamo i dati che ci mette a disposizione la banca dati World data bank10 (2013) su PIL nominale e PIL pro capite, ci accorgiamo che si evidenziano contraddizioni. Riguardo al PIL pro capite, vediamo al comando il Lussemburgo con un PIL pro capite pari a 110.697$ e a seguire la Norvegia (100.815$) e il Qatar (93.714$), mentre gli Stati Uniti, che si trovano al vertice nella classifica del PIL nominale, sono solamente al decimo posto con 53.042$. Ciò è spiegato dalla differente distribuzione demografica all’interno dei diversi Paesi: il Lussemburgo possiede una popolazione territoriale esigua, se paragonata a quella degli Stati 8 Cfr. O. Blanchard. Cfr. O. Blanchard. 10 Banca dati “World Data Bank” consultabile al sito http://databank.worldbank.org/data/home.aspx. 9 11 Uniti, ed è un paese ricco e pieno di risorse naturali. Nella classifica generale del PIL nominale, il Lussemburgo, ma anche il Qatar, scendono al di sotto di metà classifica. La misura del PIL pro capite quindi ci fornisce una misura ipotetica sulla distribuzione del reddito tra il popolo, ma non ci dice come il reddito viene realmente distribuito. Le diseguaglianze nella distribuzione del reddito sono misurate solitamente ricorrendo all’indice di Gini. Il PIL rappresenta solamente un numero, un numero che trasuda competizione tra paesi, influenza le transazioni commerciali e le politiche interne e diventa parametro importante in ambito internazionale ai fini dell’appartenenza nell’Unione Europea. E’ un cumulo di cifre che non sono altro che: “il valore di quanto un sistema economico nazionale produce su base annua, e nient’altro che un numero è il metodo adottato per esprimere questo concetto11”. 1.3 Limiti e novità Prima di passare in rassegna tutte le critiche che sono state rivolte al PIL dalla sua nascita fino ai periodi recenti, giova riassumere i limiti che esso si porta dietro. Un primo limite già citato nel primo paragrafo è quello che proviene dall’ideatore Kuznets e poi ripreso negli anni Duemila dall’economista e saggista americano Paul Krugman. Tra gli aspetti del PIL “non rientra il benessere e una sua crescita non comporta un miglioramento della situazione per la popolazione”. Krugman, nel suo articolo del New York Times “The Joyless Economy”, spiega come la contraddizione della formula negativa più reddito = meno felicità viene percepita dalla maggioranza degli americani. Essi, pur conseguendo un aumento di reddito, seppur con un minimo miglioramento della vita, non si sentono poi così tanto felici, e quando viene loro richiesto di valutare il proprio benessere soggettivo in base alla situazione economica avvalorano la tesi reddito-infelicità. “La spiegazione principale per 11 P. Dacrema, “La dittatura del PIL – Schiavi di un numero che frena lo sviluppo”, Venezia, Marsilio, 2007, p. 7- 9. 12 il malcontento economico è che è difficile convincere la gente che l’economia è in crescita , quando essi stessi non hanno ancora visto i benefici che costituiscono la crescita supposta 12”. Il secondo limite si ricollega a questo, in quanto non sappiamo come la ricchezza economica prodotta venga realmente distribuita all’interno della popolazione. Viene detto che “Il PIL non indica il livello di equità all’interno del Paese13”, Stati con PIL simili possono riportare differenze significative in termini di distribuzione del reddito e quindi divari notevoli in termini di benessere. Ciò può essere spiegato da una serie di fattori come l’aspettativa di vita, i tassi di mortalità, livello di istruzione, la mobilità sociale, patologie psichiatriche e lo stato di salute. Non solo la questione ambientale, con tutte le esternalità negative che essa genera (inquinamento, catastrofi naturali), ma anche questioni che riguardano la criminalità (riciclaggio denaro) o la stessa morte sono tutti esempi di come il PIL ignori i danni provocati da questi problemi. Considerando ogni transazione come positiva, “esso non distingue tra aspetti che aumentano il benessere della popolazione e quelli che lo diminuiscono.” Un evento catastrofico, come il terremoto, genera un flusso positivo e un aumento di produttività per la ricostruzione di cosa ha colpito, ma un impatto estremamente negativo per la mente e il quieto vivere del popolo; il controverso aspetto della morte fornisce un ulteriore esempio, il servizio impiegato dall’impresa funebre fa aumentare il PIL, ma a discapito della vita terrena stessa14. Una componente che il PIL omette e riferibile al limite citato è quella della qualità della vita, tema di difficile definizione e pieno di sfaccettature. Il PIL non computa i danni che il progresso sociale impone all’ambiente, non considera minimamente temi sostanziali per il benessere di un individuo come tempo libero, legami sociali, relazioni familiari. In sostanza il paradigma della crescita che ci è stato imposto sacrifica e distrugge le fondamenta dell’appagamento personale. Infine, last but not least, è che tutte quelle attività che riguardano l’economia familiare e che non hanno un prezzo (cucinare, pulire, badare alla prole) e le attività di volontariato non 12 P. Krugman, “The Joyless Economy” - The New York Times – consultabile al link, http://glaserprogress.org/program_areas/pdf/The_Joyless_Economy.pdf. 13 V. Lastrucci - M.J.C. Pinilla, “Il PIL: critiche e alternative per misurare il benessere delle nazioni” contenuto nella rivista “Salute & Territorio” del Laboratorio regionale per la formazione sanitaria della Regione Toscana, http://www.formas.toscana.it/rivistadellasalute/fileadmin/files/fascicoli/2014/202/08_Lastrucci.pdf. 14 Ibidem. 13 retribuite non vengono menzionate nel calcolo del PIL. Si può affermare che il PIL tratta solo transazioni in denaro positive o negative, beni e servizi che hanno un prezzo o che partecipano sul mercato. Una novità, che è entrata in vigore nell’autunno 2014, è la metodologia del sistema dei conti nazionali Sec2010 (sostitutiva della precedente Sec95), che porta un’innovazione nel calcolo del PIL, includendo il peso di attività che fanno parte della cosiddetta “economia sommersa” come la droga, il contrabbando e la prostituzione. Questa considerazione interessa tutta l’Europa e vede protagoniste Italia e Spagna con un impatto maggiore di incidenza di questi sul PIL15. Un’altra innovazione riguarda il capitale “intangibile” - ossia quel capitale che comprende una vasta gamma di aspetti, come la ricerca scientifica e sviluppo di nuovi beni, il marketing e il design, l’organizzazione e le capacità imprenditoriali-, prima dell’avvento della nuova metodologia Sec2010, rientrava tra gli input intermedi, che non interferivano nella produzione futura, le relative spese, sostenute per acquistarli, erano menzionate nei costi e dunque non rientravano nel PIL. Oggi le spese di ricerca e sviluppo sono riconosciute come spesa di investimento futura per la creazione di prodotti di proprietà intellettuale e quindi partecipano attivamente alla domanda finale e al PIL16. 1.4 Percorso storico delle critiche La critica interessa il PIL inteso come indice e come strumento per misurare lo sviluppo economico. Dagli anni ’90 in poi, gli establishment governativi e gli studiosi si sono messi insieme per ricreare un concetto di “sviluppo”, che andasse a tener conto degli oneri e degli sforzi e delle esternalità da esso procurate al sistema. Lo sviluppo economico, però, non ha portato esclusivamente aspetti negativi; ha donato vantaggi economici per molti Paesi, facendo rifiorire le loro economie, venerando il PIL come leader e indicatore di crescita 15 Audizione del Presidente dell’ISTAT, Giorgio Alleva, “L’economia illegale nei conti nazionali”, 8 ottobre 2014. Il testo integrale è consultabile sul sito ISTAT alla sezione Diffusioni secondo il Sec2010, http://www.istat.it/it/archivio/134102. 16 “Principali differenze tra Sec2010 e Sec95” contenuto nella sezione Sec2010 sul sito dell’ISTAT e consultabile al link, http://www.istat.it/it/files/2014/01/principali_cambi_metodologici_sec2010.pdf. 14 impressionante, che ha ottimizzato anche gli standard di vita di molte popolazioni. La ricerca di una crescita continua è ormai divenuta impraticabile in un pianeta che vede scarsità di risorse e tempi troppo lunghi per rigenerarle rispetto a ciò che chiede il progresso economico. Si delinea, così, un quadro che vede varie teorie e idee in contrasto, si passa dalla visione ottimistica su come la tecnologia e le innovazioni creeranno alternative alla mancanza di risorse a coloro che ritengono come sia necessario il concetto di decrescita per evitare la demolizione, per finire con chi, invece, propugna una crescita sostenibile, ponendo attenzione all’ambiente e all’economia immateriale. Ho deciso di suddividere il percorso di questo dibattito in tre periodi, periodi di grande crisi e carenze strutturali: gli anni ’30 (Grande Depressione e nascita del PIL), gli anni ’60-’70 (marasma politico e instabilità economica) e dagli anni ’90 ai giorni nostri, dove le diversità economiche e sociali a livello mondiale portano a parlare di indici alternativi che considerino etica, ambiente e temi qualitativi. 1.4.1 Gli anni ’30 Ho già affermato come la prima vera critica rivolta al PIL come indice sia provenuta dallo stesso suo ideatore: Kuznets. Egli aveva in un certo modo predetto l’uso errato che se ne poteva fare e, quindi, all’interno del documento “Report of the Acting Secretary of Commerce on National Income 1929-1932” presentato al Congresso USA, aveva inserito un capitolo dedicato all’uso e abusi di questa misura (Uses and abuses of National Income measurement), affermando: “gli abusi delle stime del reddito nazionale sono principalmente legati alla mancata presa in considerazione della precisa definizione di reddito e delle modalità della sua valutazione che lo stimatore assume nel raggiungere i suoi dati definitivi17”. Inoltre egli sottolineò di come questo indice riassumeva solamente la produzione di una nazione in modo da comprenderla in modo più chiaro possibile. Tale semplificazione, ovviamente, ha tralasciato aspetti qualitativi che concorrono al benessere, perché presentavano una difficile contabilizzazione. E’ qui che si inserisce il primo limite già 17 The Acting Secretary of Commerce, Report of the Acting Secretary of Commerce on National Income 19231932, Cit tradotta p. 7. 15 citato nei precedenti paragrafi e il primo errore consistente nel paragonare il PIL ad una misura di benessere. Le preoccupazioni di Kuznets riguardanti l’abuso di questo strumento si sono annunciate edificanti; le associazioni che legavano reddito e benessere si sono affermate sempre con più forza a dispetto delle indicazioni contrarie che lo stesso Kuznets ha portato avanti nel corso degli anni ed un incremento del PIL è stato impiegato addirittura come fine ultimo di ogni Governo18. Sul fronte popolare vi è una scarsa attenzione rispetto a questi temi, in quanto le critiche si insediano furtive unicamente nei circoli universitari e nelle istituzioni di maggior rilievo. L’interesse dei cittadini è spostato verso la ricostruzione post-bellica (anni ’30-’40) e dal boom economico, che investì gran parte dei Paesi dell’Europa dell’ovest, il Giappone e gli Stati Uniti che, grazie al Piano Marshall, influenzavano notevolmente le scelte degli altri in campo economico. Gli anni ’50 infatti, oltre ad essere stati gli anni del boom economico, sono stati gli anni del baby boom, del lavoro “facile” e del PIL sfrenato, che vedeva primeggiare, come al solito, la potenza statunitense19. Un periodo che ha donato prosperità rispetto al decennio precedente e ha fatto sì che le società si godessero un po’ di sana opulenza. 1.4.2 Gli anni ’60 e ‘70 Se gli anni ’50 hanno visto rifiorire la maggior parte delle economie, gli anni ’60 e ’70 hanno conosciuto insicurezze, contestazioni, rallentamenti nella crescita. Si ricordano, infatti, eventi quali lo shock petrolifero, la fine degli Accordi di Bretton Woods e le varie manifestazioni politiche negli Stati Uniti, in Cina e nella nostra Italia, dove si è rivoluzionata la penisola nel campo della politica, arte, musica e sport. Sul fronte della politica, di grande evidenza fu il discorso che Robert Kennedy sostenne il 18 marzo 1968 presso la Kansas University. Egli biasimava il PIL per il fatto di incorporare sotto il 18 P. Dacrema, “La dittatura del PIL – Schiavi di un numero che frena lo sviluppo” Venezia, Marsilio, 2007, p. 1820. 19 R. Cameron, L. Neal, Storia economica del mondo, vol. II – Dal XVII secolo ai giorni nostri, cap XV, Il Mulino, 2005. 16 segno positivo tutti gli aspetti, ivi comprendendo quelli che in realtà sono negativi per la vita e il benessere sociale. “Quel PIL - se giudichiamo gli USA in base ad esso, comprende anche l'inquinamento dell'aria, la pubblicità per le sigarette e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine settimana.. .. Il Pil non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia, la solidità dei valori famigliari o l'intelligenza del nostro dibattere.. ..Misura tutto, in poche parole, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta 20 ”. Pochi anni più tardi nel piccolo stato del Bhutan, il Re Jigme Singye Wangchuck sembrava aver colto nel segno il discorso di Kennedy adoperandosi verso quegli aspetti non economici che avevano impreziosito il comizio21. L’idea del Re, infatti, era quella di adottare una nuova misura chiamata Felicità Interna Lorda (FIL), rappresentata da nove domini: salute, istruzione, uso del tempo, diversità culturale, standard di vita, buon governo, legami comunitari, autodeterminazione e la diversità ecologica. Ciascun dominio è composto da più indicatori (ben 33 totali) ed, eseguendo sondaggi al popolo, viene costruito un singolo numero che rappresenta la FIL22. Questo indice è un tentativo di nuovo approccio nazionale al progresso sociale e ha riscosso un discreto successo nella critica al PIL, anche se non mancano opinioni negative che marcano soprattutto sull’aspetto soggettivo della felicità e alla sua reale affidabilità. L’associazione informale composta da varie personalità della politica, economia, scienza, nota come il Club di Roma23, nata nel 1968, commissionò un progetto di lavoro riguardante l’incidenza dello sviluppo sul consumo delle risorse naturali e le conseguenze che avrebbe provocato nel mondo ad un gruppo di studiosi del Massachusetts Institute of Technology (MIT) che vedeva in prima linea i coniugi Meadows, Jorgen Randers e William W. Behrens III. Questo progetto sfociò in un rapporto intitolato “I limiti dello sviluppo” pubblicato nel 1972, i suoi risultati parvero subito chiari: il boom demografico, l’industrializzazione, l’inquinamento e lo sfruttamento delle risorse avrebbero portato ad un declino senza via di ritorno, ad un arresto a ritmo accelerato dello sviluppo. Il rapporto suggeriva un cambio di 20 Discorso di Robert Kennedy consultabile sul sito del sole24ore al link, http://www.ilsole24ore.com/art/impresa-e-territori/2013-03-13/kennedy-misura-tutto-eccetto110557.shtml?uuid=Aby2VadH. 21 E. Giovannini, “Dal PIL al benessere: nuovi indicatori per misurare il progresso della società” contenuto in Libertà e Benessere: l’Italia al futuro, Confindustria – Centro Studi, Aprile 2010. 22 Guida alla Felicità Nazionale Lorda consultabile al sito, http://www.grossnationalhappiness.com/. 23 Club di Roma, http://www.clubofrome.org/. 17 rotta per quanto riguarda la soddisfazione futura del popolo e criticava la tecnologia e l’uso di strumentazioni all’avanguardia nel recupero di risorse, ponendo l’attenzione sul boom demografico alimentato dalla povertà24. Dopo aver avuto un notevole impatto internazionale, la tesi di un mondo finito, in cui le risorse sono in esaurimento, fu rifiutata in larga parte dai governi. Prima nel 2006 e poi nel 2013, sono stati aggiornati i dati e le statistiche con due pubblicazioni25. Gli autori ipotizzano scenari futuri in diverse tematiche che vanno dalla democrazia al clima globale e si rafforza il concetto di crescita sostenibile già introdotto nella prima pubblicazione del 1972. Il tema, quello della sostenibilità, viene ripreso dall’economista Nicholas Georgescu-Roegen, che, unendo le sue analisi economiche ad aspetti di fisica quantistica, formula una sua critica contro lo sviluppo economico; ed è a lui che va riconosciuto il merito di aver innovato l’idea della “Bioeconomia”, un’economia attenta all’ecologia e alla sostenibilità ambientale. Alcuni dei comportamenti che l’autore ritiene necessari per la riuscita del suo “programma bioeconomico minimale26” riguardano l’impiego dell’agricoltura organica, un sistema di progettazione di beni destinati a durare nel tempo, evitare con una regolamentazione gli sprechi di energia, liberarsi dalla moda (l’autore parla di “malattia della mente”) ed un ritrovamento del tempo perduto scevro da ogni pressione del sistema economico. E’ proprio su questo ultimo punto che la visione di Georgescu-Roegen defluisce in quello che egli stesso chiama “godimento della vita”; egli fornisce anche una formula chiarificatrice, sostenendo che il godimento della vita dipende positivamente dal flusso di godimento dei beni di consumo e del tempo libero ma viene diminuito dalle fatiche del lavoro27. Sulle orme del Club di Roma e di Georgescu-Roegen nasce così un nuovo pensiero promosso da Serge Latouche. Partendo dal fatto che l’ipotesi di una crescita infinita risulta inattuabile ed una sua continua ricerca ci rende infelici e crea diversità, il rimedio proposto da Latouche è la teoria nota come “downshifting” o “decrescita”. 24 Come Georgescu-Roegen, anche Prefazione dell’industriale Aurelio Peccei al testo “I Limiti dello sviluppo” di Meadows-Randers-Behrens, Mondadori, 1972, consultabile al link, https://cucugliato.files.wordpress.com/2011/03/i-limiti-dellosviluppo_1972_introduzione-di-aurelio-peccei1.pdf. 25 M. Ferrari, “I limiti dello sviluppo: quarant’anni dopo”, 22 Aprile 2013, consultabile al link, http://www.focus.it/cultura/i-limiti-dello-sviluppo-quarant-anni-dopo-591573. 26 S. Zamberlan, “Dall’utilità al godimento della vita: la Bioeconomia di Nicholas Georgescu-Roegen”, Cap V par 8, IPEMEdizioni, 2007. 27 Ivi, Cap VI, par 4-5. 18 Latouche ha un programma definito da lui stesso delle otto R: rivalutare, ristrutturare, riconcettualizzare, rilocalizzare, ridistribuire, ridurre, riutilizzare e riciclare per far fronte alla demolizione dell’ecosistema e per ricercare un miglioramento della qualità della vita e un radicale cambiamento dello stile di vita nel nord del mondo rimpiazzando la logica del “benavere” con quella del “ben-essere”. E’ con il ritorno al passato che si guarda al futuro, smontando le logiche precedenti28. La prima tappa da affrontare è quella di una “decolonizzazione dell’immaginario proposto dallo sviluppo economico”, riconcettualizzare l’educazione al consumo, senza interferenze dei media, pubblicità o quant’altro29. Ripensare ad un sistema dove il popolo partecipi attivamente nella vita politica “ristrutturando” il sistema con le relazioni sociali che ci circondano è un’altra tappa che intende perseguire. Ancora, “ridistribuire” in modo equo le risorse naturali tra il Nord e il Sud del mondo, rivedendo la politica del Nord e facendo sì che esso smetta di spennare le risorse destinate al Sud e cambi il sistema di sviluppo non sostenendo i progetti di aiuto delle istituzioni verso i paesi in difficoltà30. Tutti questi esempi ci indicano come questa teoria sia una teoria radicale che rivoluziona completamente il sistema e si differenzia dalle altre critiche al PIL finora sviluppate. Ovviamente anche questa visione, se si può dire “utopistica”, non è stata immune da pareri negativi ma ha ricevuto molti consensi a livello popolare, non a caso è proprio da lì che deve partire il cambiamento. Gli anni ’70 e ’80 hanno visto protagonista l’ambiente a livello internazionale. Due sono i summit che si sono succeduti su questo tema31: Summit delle Nazioni Unite sull’”Ambiente Umano” tenutosi a Stoccolma nel 1972, dove è stata stilata una vera e propria dichiarazione comprendente ben 26 principi riguardanti la libertà, la tutela ambientale, l’eguaglianza, il diritto ad adeguate condizioni di vita, la pianificazione razionale, edile e urbana ecc; ed il “Rapporto Brundtland” (1987), che ha sancito la nascita della definizione di sviluppo sostenibile, ovvero: “lo sviluppo che è in grado di soddisfare i bisogni della generazione presente, senza compromettere la possibilità che le generazioni future riescano a soddisfare i 28 S. Latouche, La scommessa della decrescita, Milano, Feltrinelli, 2007. Ibidem. 30 Ibidem. 31 Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, http://www.minambiente.it/pagina/ilpercorso-dello-sviluppo-sostenibile. 29 19 propri32". E’ proprio in questa fase che si cercano misure alternative al PIL che includano aspetti ambientali e di salvaguardia ma anche aspetti qualitativi e sociali. 1.4.3 Dagli anni ’90 ad oggi Gli anni ’90 forti delle basi ideologiche che hanno caratterizzato gli anni precedenti, potevano sicuramente spostare l’attenzione su tematiche qualitative per il benessere dei cittadini (istruzione, salute, salvaguardia ambientale, democrazia), che andavano oltre al “semplice” valore economico numerico del PIL. Per primo, Mahbub ul Haq, economista pakistano, indirizzò i suoi studi verso quei fattori che incidono in maniera rilevante sulla povertà della popolazione del Sud del mondo e sulle direttive che i governi devono attuare per migliorare la qualità della vita di quegli individui. Le analisi furono condotte con il metodo della “capability” proposto da Amartya Sen (ripreso poi in tempi recenti da Martha C. Nussbaum33), che prevedeva di dare alla popolazione la capacità di scelta, “una libertà sostanziale di realizzare più combinazioni alternative”, sull’accesso ai servizi della salute, istruzione e diritti civili, per far sì che “ciascuno raggiunga il benessere auspicato34”. Sulla base di queste analisi, nel 1990 viene creato lo Human Development Report (HDR) che sarà poi annualmente pubblicato dal programma per lo sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP). Il fulcro di questo rapporto è la centralità che assume la dimensione umana nello sviluppo; tre sono le macro dimensioni per misurare lo Sviluppo Umano: longevità, istruzione e standard di vita35, che, messe in relazione tra loro, restituivano un nuovo indice chiamato Human Development Index (HDI), impiegato per misurare il livello di sviluppo umano nei diversi paesi. Questa misura alternativa del PIL verrà sviluppata in modo più approfondito nel prossimo paragrafo; qui mi limito a dire che questo indice non rifiuta totalmente il PIL, ma anzi lo va integrare con variabili che esso non considera. Questo approccio deformabile nei confronti del PIL destava opinioni avverse da 32 Ibidem. M. C. Nussbaum, Creare capacità. Liberarsi dalla dittatura del Pil, Il Mulino, 2012, estratto del libro consultabile al link, http://www.tafterjournal.it/2012/07/02/creare-capacita-liberarsi-dalla-dittatura-del-pil/. 34 A. Casavecchia, “Capacitazione”, 10-01-2014, articolo consultabile al link, http://www.benecomune.net/articolo.php?notizia=1614. 35 Human Development Reports, http://hdr.undp.org/en/reports/global/hdr1990. 33 20 parte dei sostenitori della decrescita. Latouche critica la “teoria dello sviluppo sostenibile”, che si era da poco insediata e il concetto stesso di “sostenibilità”, specificando che si trattava di una sorta di Leit-motiv che difendeva l’idea della crescita infinita sostenuta dalla maggioranza delle istituzioni politiche internazionali36. Uno degli indici, che invece andava a correggere (e non integrare) il PIL, era l’ISEW (Index of Sustainable Economic Welfare), che deve la sua scoperta agli studi di Herman Daly e John B. Cobb, che sulle tracce dei pionieri Nordhaus e Tobin (MEW, Measure of Economic Welfare), nel 1984 portarono all’ascesa questa misurazione. Esso era definito come la somma dei consumi personali, della spesa pubblica non-difensiva, della formazione del capitale e dei servizi relativi al lavoro domestico meno le spese private difensive, il deprezzamento del capitale naturale e i costi relativi al degrado ambientale37. Questo parametro andava a compensare il PIL, integrando fattori economici, ambientali e beni e servizi non di mercato come il lavoro domestico. Nel 1994 gli stessi autori creano una misura perfezionata dell’ISEW, il GPI (Genuine Progress Indicator). Affine per certi aspetti all’ISEW, questo nuovo indicatore inserisce oneri e temi sociali non computati precedentemente come il volontariato, il divorzio, il costo della criminalità, la perdita del tempo libero, la disoccupazione e i danni provocati dall’inquinamento e dall’ozono sul pianeta38. Anche di questo indice ne farò approfondita menzione nel prossimo paragrafo. Numerose sono le indicazioni suggerite per indici alternativi tra fine anni’80 e anni ’90. C’è un gruppo di indici nati in quel periodo, che sono accomunati dall’inserimento del fattore ambientale all’interno del calcolo del PIL. Si parla di SNI (Sustainable National Income), che andava a calcolare la produzione massima ottenibile, date le tecnologie possedute, in base a standard ambientali39; GS (Genuine Savings), adottato dalla World Bank che considerava la porzione di reddito nazionale risparmiato per il futuro, tenendo conto degli investimenti in capitale umano che venivano eseguiti,il deterioramento delle risorse naturali e l’impatto dell’inquinamento40; PIML (Prodotto Interno Materiale Lordo), che attraverso una tavola 36 S. Latouche, La scommessa della decrescita, Milano, Feltrinelli, 2007. ISEW, http://en.wikipedia.org/wiki/Index_of_Sustainable_Economic_Welfare. 38 GPI, http://genuineprogress.net/genuine-progress-indicator/. 39 SNI, http://stats.oecd.org/glossary/detail.asp?ID=6587. 40 GS o Adjusted Net Savings, http://data.worldbank.org/data-catalog/environmental-accounting. 37 21 intersettoriale input-output, “basata sul principio di conservazione di massa con lo scopo di descrivere come circola la materia dai corpi naturali ai processi di produzione” (misurata su specifiche risorse naturali), riesce a misurare la sua grandezza41. L’esigenza di inserire la portata del danno ambientale all’interno del calcolo del PIL è ormai inevitabile ma comporta non pochi problemi: quantificare e monetizzare il danno risulta un’operazione complessa anche perché molti dei fenomeni che pesano sull’impatto ambientale (inquinamento e desertificazione) riguardano l’intero pianeta. Nel 2003 in Cina è stata creato il “PIL verde” (Green GDP) volto proprio a quantificare e contabilizzare i costi del degrado ambientale e del deterioramento delle risorse naturali in modo da indagare sulla reale qualità dello sviluppo. Nel rapporto del 2004 condotto dal Green National Accounting si legge come l’impatto dell’inquinamento ambientale, degrado ecologico e la distruzione graduale di risorse freni in maniera notevole lo sviluppo cinese con un’ influenza di questi costi sul PIL del 3%42. A scatenare polemiche soprattutto a livello governativo, è l’altra proposta del 2011 del “GDP quality index”, che studia il livello qualitativo unendo gli aspetti economici con quelli sostenibili nelle province cinesi attraverso cinque varie qualità (economica, sociale, ambientale, della vita e gestionale): le aree cinesi con una forte accezione quantitativa (GDP) si ritrovano rimpiazzate da altre province meno ricche ma più forti qualitativamente43. La critica cinese vuole solamente un PIL “razionale e genuino” senza togliere lustro al PIL. E’ dello scorso anno la nuova invenzione cinese: il “PIL dell’armonia”, che, secondo parametri precisi (democrazia, giustizia, onestà, dinamismo, stabilità e l'armonia tra gli uomini e la natura), evidenzia come l’armonia sociale nelle aree rurali si attesta al 59%. Il risultato deludente deriva da un bilanciamento tra un alto valore dell’onestà (circa 84%) e un basso valore dell’armonia tra uomo e natura (50%)44. Il 2006 vede l’apparizione dell’ HPI (Happy Planet Index) ideato dalla New Economics Foundation (NEF). E’ composto dall’analisi di tre componenti: impronta ecologica (promossa 41 G. Nebbia, “Il prodotto interno materiale lordo dell’Italia nel 2000”, Note in margine, Statistica, Anno LXIII, n 2, 2003, p 398, consultabile al sito, http://rivista-statistica.unibo.it/. 42 Green GDP Accounting Study Report, http://www.gov.cn/english/2006-09/11/content_384596.htm. 43 J. Watts, “China's green economist stirring a shift away from GDP”, The Guardian, http://www.theguardian.com/environment/2011/sep/16/china-green-economist-gdp. 44 First on line, “La Cina lancia un nuovo indice: il PIL dell’armonia, 13/05/2014, http://www.firstonline.info/a/2014/05/13/la-cina-lancia-un-nuovo-indice-il-pil-dellarmonia/9151b36d-6d5e4150-bb42-a6b21e192e48. 22 dal WWF), benessere e aspettativa di vita; per ottenere il parametro HPI si moltiplica l’aspettativa di vita (con i dati forniti dall’HDR) per un punteggio che va da 0 a 10 (“Ladder of life”), che misura la felicità individuale e si divide tutto per l’impronta ecologica45. La classifica HPI è guidata da Paesi che affrontano continuamente molteplici problemi sociali gravissimi (Costa Rica, Vietnam, Colombia) e vede invece affannarsi i paesi industrializzati con punteggi alti nel benessere e aspettativa di vita, ma bassi nell’impronta ecologica. L’Italia si piazza al 51°esimo posto46. Questo indice scardina completamente la misura economica del PIL associando il benessere umano con il tema ambientale, il progresso quindi, non dipende dalla ricchezza nazionale ma da altri fattori. Nel 2007 la Commissione Europea, il Parlamento Europeo, il Club di Roma, l’OECD e il WWF hanno presentato la conferenza dal titolo “Beyond GDP” con l’obiettivo di chiarire quali indici fossero in grado di misurare il progresso tenendo conto di fattori quali il cambiamento climatico, la povertà, il depauperamento progressivo delle risorse, la salute e la qualità della vita47. Due anni più tardi fu pubblicato un rapporto dal titolo “GDP and beyond: measuring progress in a changing world”, che si proponeva di dotarsi di una sorta di “tabella di marcia” (“Roadmap”), articolata in cinque azioni-chiave da intraprendersi in termini brevi48. E’ ragionevole arguire che questo convegno abbia suggerito ai governi nazionale un utile spunto per la creazione di nuovi indici, ma si è pur sempre evidenziato come “il sostegno di questo approccio è stato particolarmente sviluppato nei paesi industrializzati49”. La critica che ha avuto un impatto maggiore negli ambienti governativi ma anche locali è stata quella messa in atto dal governo francese Sarkozy nel 2008 con la Commissione Internazionale sulla misurazione della performance economica e del progresso sociale. L’incarico della Commissione composta da Stiglitz, Sen e Fitoussi, prevedeva l’analisi dei limiti del PIL50, dei problemi relativi alla sua misurazione e la possibilità dell’implementazione di nuovi strumenti alternativi, che tenessero conto del benessere. L’anno seguente venne 45 HPI (Happy Planet Index), http://www.happyplanetindex.org/about/. Report HPI 2012, http://www.happyplanetindex.org/assets/happy-planet-index-report.pdf. 47 European Commission, Environment, Beyond GDP, Background, http://ec.europa.eu/environment/beyond_gdp/background_en.html. 48 European Commission, Environment, Beyond GDP, Eu Roadmap 2009, http://ec.europa.eu/environment/beyond_gdp/EUroadmap_en.html. 49 H. Henderson, “La mia battaglia per gli indicatori della qualità della vita e della sostenibilità“,Camera di Commercio di Milano, Pubblicazioni e riviste – Impresa e Stato, indice n°89-2010. 50 Cfr paragrafo 1.3. 46 23 pubblicato il loro rapporto suddiviso in tre parti: carenze del PIL, qualità della vita e ambiente e sviluppo sostenibile. Il compito del rapporto era rivedere la definizione di sviluppo economico e di constatare che il PIL non era un obiettivo principale ma considerarlo come una delle componenti che andava a formare il quadro del benessere51. Secondo il pensiero della Commissione, gli indici e gli strumenti che sono stati ideati dai vari governi e nazioni sono uno stimolo per fare sempre meglio e per continuare anche a definire in maniera sempre più precisa il concetto di sviluppo. Infatti possiamo dire che il rapporto riassume e rappresenta le teorie che si sono susseguite nei decenni precedenti; tra le raccomandazioni descritte nel rapporto infatti troviamo l’inserimento di componenti come la salute, l’istruzione, prestazioni che non rientrano nel mercato, il tempo libero, tenore di vita e sostenibilità52. Due anni dopo nel panorama internazionale si innescano nel sistema due nuovi progetti che continuano sulla linea della Commissione e della conferenza “Beyond GDP”. L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico dà vita al Better Life Index. Questo nuovo indicatore attraverso una serie di dimensioni (necessarie appunto per una “better life”) ordinate in base alle preferenze dell’utente esamina, confronta e valuta gli esiti ottenute da paesi diversi53. E’ interessante notare l’approccio di coinvolgimento degli individui con una partecipazione interagente nella definizione delle componenti che concorrono il benessere. Il progetto “Social Progress Imperative”, invece, ha proposto il Social Progress Index (SPI). Esso si basa su tre dimensioni principali: bisogni umani primari (cibo, salute, aria, acqua, sicurezza); basi del benessere (sostenibilità ambientale, accesso all’istruzione e all’informazione, salute e benessere); opportunità (libertà di scelta, diritti della persona, tolleranza ed equità, accesso all’altra formazione), ognuno di questi indici si divide a sua volta in sottocategorie54. Anche questo indice non include le misurazioni contabili del PIL e si propone come un indice volto ad analizzare i bisogni fondamentali degli individui. Nel Social Progress Index - Methodological Report 2014, si dà anche una definizione di progresso sociale: “la capacità di una società di soddisfare i bisogni umani fondamentali dei cittadini, 51 J. Stiglitz, A. Sen, J.P. Fitoussi, “Report by the Commission on the Measurement of Economic Performance and Social Progress”, 2009, http://www.stiglitz-sen-fitoussi.fr/documents/rapport_anglais.pdf. 52 Ibidem. 53 OECD Better Life Index, http://www.oecdbetterlifeindex.org/. 54 Social Progress Imperative, SPI, http://www.socialprogressimperative.org/data/spi. 24 stabilire i mattoni che permettono ai cittadini e alle comunità di migliorare e sostenere la qualità della loro vita e creare le condizioni per tutti gli individui di raggiungere il loro pieno potenziale55.” La classifica stilata per il 2014 vede primeggiare la Nuova Zelanda, Svizzera e Islanda con uno score che supera di poco gli 88 punti56. Nel 2011 anche l’Italia con gli studi connessi dell’ISTAT e del CNEL ha dato vita al progetto BES (indice di Benessere Equo e Sostenibile). Creare un indice multidimensionale che andasse oltre al PIL è lo scopo portato avanti dalle istituzioni, infatti esso si compone di ben dodici dimensioni del Benessere: salute, istruzione e formazione, lavoro e conciliazione dei tempi di vita, benessere economico, relazioni sociali, politica e istituzioni, sicurezza, benessere soggettivo, paesaggio e patrimonio culturale, ambiente, ricerca e innovazione, qualità dei servizi57. Per la sua costruzione hanno partecipato anche associazioni di categoria e gli stessi cittadini, in modo da dar voce a quello che realmente è il benessere cittadino e sociale. Nel 2014 il Bureau of Economic Analysis ha divulgato una statistica su un nuovo indice chiamato “Gross Output” (GO), che si differenzia dal GDP, in quanto misura in modo tendenzialmente più completo ed accurato l’economia. Tale indicatore alternativo, infatti, trae con sé anche quei passaggi intermedi che portano alla realizzazione dei beni e servizi, analizzando correttamente i consumi e gli investimenti. L’economista Mark Skousen scrive su Forbes: “La spesa dei consumatori è in gran parte l'effetto, non la causa, della prosperità58”. L’indicatore in argomento, tuttavia, presenta anche dei difetti: si sostiene, infatti, che “è soddisfacente per la produzione industriale di un singolo settore”, ma “è meno affidabile se si considerano cicli economici aggregati o di crescita59”, una volta ricondotto al “doppio conteggio” dei prodotti finali e intermedi. Allo stato non è ragionevolmente possibile prevedere con un margine di sufficiente apprezzabilità se siffatta misura scalzerà nel tempo definitivamente il PIL oppure si rivelerà un’alternativa di mero esercizio accademico. 55 SPI Methodological Report 2014, Social Progress Imperative, pag.4, consultabile al link, http://www.socialprogressimperative.org/system/resources 56 Ivi, p. 7. 57 ISTAT-CNEL, Progetto BES, http://www.misuredelbenessere.it/. 58 Forbes Staff, “New, revolutionary way to measure the economy is coming”, 26/03/2014, consultabile al link, http://www.forbes.com/sites/steveforbes/2014/03/26/this-may-save-the-economoy-from-keynesians-andspend-happy-pols/. 59 Bureau of Economic Analysis, FAQ, http://www.bea.gov/faq/index.cfm?faq_id=1034. 25 Nell’estenuante percorso della critica al PIL, possiamo dire che il dibattito ha evidenziato le mancanze e la lacune che il PIL evidenzia, ma nelle varie proposte di indici alternativi che si sono susseguite in questi anni, ci siamo accorti che è di estrema difficoltà quantificare aspetti sociali che riguardano il tenore di vita, l’ambiente ed il benessere. Proprio per questo il PIL continua ad essere una misura adottata da molti governi ed ha occupato un posto saldo all’interno dei vari establishment. 1.5 Analisi delle principali alternative In base alla relazione che lega il PIL agli indici alternativi narrati nella critica, si può delineare una sorta di tre insiemi60. Un primo insieme vede protagonisti gli indici che correggono il PIL, estendendone la portata con l’inclusione di fattori che esso non calcola, quali: l’ISEW (Index of Sustainable Economic Welfare), il GPI (Genuine Progress Indicator) e il GS (Genuine Savings). Entro tale primo raggruppamento, inoltre, si può enucleare anche un sottoinsieme, formato da quegli indici, che incorporano anche esternalità ambientali negative come lo SNI (Sustainable National Income) e il PIML (Prodotto Interno Materiale Lordo). Il secondo insieme aggrega una tipologia ben definita di indici, che potremmo denominare “accessori”; insieme al PIL, essi censiscono il benessere e le commodities sociali e sono definiti HDI (Human Development Index), BES (Benessere Equo e Solidale) e GDP Quality Index. Conclusivamente, la terza categoria raggruppa tutti quegli indici che vanno a rimpiazzare integralmente il PIL, escludendolo dalla misurazione: a titolo esemplificativo, essi sono FIL (Felicità Interna Lorda), HPI (Happy Planet Index) e lo SPI (Social Progress Index). Lo scopo principale delle alternative del PIL resta individuato nell’esigenza di precostituire una misura univoca di definizione del benessere e, quindi, teoricamente, i risultati di ogni indice opzionale dovrebbero portare ad eleggere la stessa Nazione. Sorprendentemente, tuttavia, scopriamo, andando a scrutare tra le classifiche di alcuni indici, che ciò non necessariamente si verifica. 60 I.F. Lara, “Quale dibattito sul PIL?”, p.56, Camera di Commercio di Milano, Pubblicazioni e riviste – Impresa e Stato, indice n°89-2010. 26 Dalla consultazione dell’indice HDI Report 2014, troviamo che le statistiche relative all’anno 2013 rivelano nelle prime posizioni Norvegia, Australia e Svizzera, Stati che, tra l’altro, confermano la loro posizione anche nelle statistiche HDI Report 201261. Dall’analisi del rank HPI 2012, invece, reggono il timone Paesi come Costa Rica, Vietnam e Colombia62. Nonostante il disorientamento e la confusione che queste evidenze ci fanno notare, la peculiarità del legame tra le diverse scelte nazionali e internazionali, in alternativa al PIL, è l’impiego di una varietà di dimensioni atte a fornire, in via generale, una descrizione di quello che potrebbe rappresentare il benessere. Nei prossimi paragrafi si passerà ad analizzare due dei principali indici internazionali, che hanno avuto un maggior riscontro negli ambienti istituzionali e governativi (GPI e HDI) ed un indice che invece è stato ideato per rispondere a specifiche esigenze nazionali (BES). 1.5.1 GPI (Genuine Progress Indicator) Come già ho affermato, il GPI è un indicatore che corregge il PIL, ma non lo ripudia. Infatti, cerca di inserire nel conteggio del PIL non solo gli aspetti vantaggiosi, ma anche le conseguenze negative dello sviluppo. Analizzando l’ultimo report che abbiamo a disposizione sul GPI, risalente al 2006, si parla di “costi dello sviluppo”, tra cui vi rientrano: i costi per inquinamento dell’aria e acqua; i costi per il deterioramento delle risorse naturali; i costi causati dalla presenza di ozono attorno al pianeta; la perdita di terreni coltivabili e delle zone paludose; i costi relativi al divorzio, volontariato e quelli relativi alla criminalità; la perdita del tempo libero63. Tutti questi aspetti elencati incidono negativamente sulla qualità della vita delle persone. Proprio per questo motivo, la fondazione “Redefining Progress” ha proposto un’analisi del rapporto tra il PIL e il GPI negli USA. 61 Human Development Report 2014, http://hdr.undp.org/sites/default/files/hdr14-report-en-1.pdf. Cfr. paragrafo 1.4.3. 63 GPI report 2006, http://rprogress.org/publications/2007/GPI%202006.pdf. 62 27 Figura 1: Stime PIL-GPI negli Stati Uniti dagli anni ’50 al 2004 (Fonte: GPI, Redefining Progress) Dalla figura 1, emerge il divario sempre maggiore che ha accompagnato le due stime. Fino agli anni ‘70 i due trend sembravano muoversi nella stessa direzione: ad un aumento del PIL corrispondeva un aumento del GPI; negli anni successivi, invece, è apprezzabile un distaccamento tra le due grandezze: il PIL sempre in crescita non ha più la corrispondenza del GPI, che invece decresce64. Possiamo dire che si è avuto un peggioramento del benessere generale della popolazione statunitense a discapito di una grande ricchezza. Il GPI ha assunto un rilievo importante, perché, come visto, risulta un indicatore confrontabile con le stime del PIL, atteso che non altera il suo valore economico, ma anzi lo arricchisce. Tuttavia, non è esente da critiche. Si dice che esso non tenga conto di aspetti come la libertà politica o l’uguaglianza di genere e ancora si parla di “assunzioni distanti da quello che è il corretto valore” per la difficoltà nel reperimento di dati attendibili65. Come opera quindi il GPI? Esso considera il collegamento esistente tra le tre aree che lo compongono (economica, sociale ed ambientale), attraverso una serie di sotto-dimensioni di riferimento. Dal rapporto del 2006 emergono i seguenti66: 64 Analisi effettuata dalla fondazione “GPI Redefining Progress”, http://rprogress.org/sustainability_indicators/genuine_progress_indicator.htm. 65 GPI report 2006, http://rprogress.org/publications/2007/GPI%202006.pdf 66 Ibidem. 28 consultabile al link, Dimensione ECONOMICA Reddito distribuito (+); Durata della vita di beni durevoli e infrastrutture pubbliche (- / +); Dipendenza dai patrimoni esteri (- / +) Dimensione AMBIENTALE Esaurimento delle risorse naturali (-); Inquinamento (-); Danno ambientale a lungo termine (-) Dimensione SOCIALE Lavoro casalingo, volontariato, istruzione superiore (-, proxy); Crimine (-); Cambiamenti nel leisure time (-) + = somma - = sottrae proxy = stima Sebbene le tre macro aree mantengono una posizione salda all’interno della struttura del GPI, le sotto-dimensioni rappresentate si rinnovano e si modificano a seconda dei cambiamenti e delle esigenze. L’aspirazione dei creatori di questo indice era sicuramente l’uso del GPI a livello locale per l’instaurazione di politiche pubbliche efficienti, capaci di incentivare il benessere dei cittadini. Esempi di questo utilizzo governativo dell’indice ci provengono dagli USA67 (Vermont, Maryland, Hawaii, Colorado, Washington State), ma anche da Paesi europei come la Finlandia, dove, peraltro, è emersa una situazione simile a quella degli USA nel legame tra PIL e GPI: fino agli anni ’90 hanno mantenuto lo stesso trend, successivamente si è avuta l’inversione dei due indici68. L’esempio più esaustivo ci viene fornito però, dal Canada, dove i ricercatori del “Pembina Institute” di Alberta hanno creato un indice originale, Alberta GPI, che utilizza una struttura comprendente molti degli indici analizzati in sede di critica al PIL (HDI, ISEW/GPI, GS, 67 M. Ceroni, “Beyond GDP: US states have adopted genuine progress indicators”, The Guardian, 23-09-2014, http://www.theguardian.com/sustainable-business/2014/sep/23/genuine-progress-indicator-gdp-gpi-vermontmaryland. 68 J. Hoffrén, H. Rättö, “Development of Sustainable Economic Welfare in Finland: ISEW and GPI 1945-2007”, p 10, consultabile al link, http://genuineprogress.net/wp-content/uploads/2013/01/GPI-Finland-Paper.pdf. 29 ecological footprint), dando vita ad un indicatore multidimensionale e olistico69. Anche il Centro canadese di ricerca politica (CPRN), occupandosi della qualità della vita dei cittadini ha stilato, attraverso delle indagini, un set di nove indicatori70 (diritti politici e valori, salute, istruzione, ambiente, condizioni sociali, benessere personale, comunità e religione, economia e impiego, governo). I risultati prodotti dall’Alberta GPI e dal CPRN hanno fatto sì che si creasse un impianto ampio e ricco di indicatori, chiamato GPI Account71. Questo sistema, in modo flessibile e dinamico, cerca di prendere progressivamente quota nel panorama delle politiche economiche e sociali a livello nazionale. Adattandosi alle specifiche esigenze dei cittadini ed ai mutamenti legati al benessere sociale, potrebbe sicuramente svolgere un ruolo di prestigio anche nelle comunità, sia a livello provinciale che locale. 1.5.2 HDI (Human Development Index) Nel 2014 è stato pubblicato l’ultimo HDR “Sustaining Human Progress: Reducing Vulnerabilities and Building Resilience”. Come emerge dal titolo, il rapporto vuole analizzare il concetto di vulnerabilità in modo più ampio, in modo da ridurla, rafforzando la “capacità di recupero”, e così incrementare lo sviluppo umano e sostenibile72. Nelle prime pagine del documento si definisce la vulnerabilità umana come “le prospettive di erosione di capacità e scelte degli abitanti” e, attraverso uno schema, si definiscono i soggetti vulnerabili, in che modo lo sono e perché; e successivamente, si definisce anche la capacità di recupero umana come “garanzia che le scelte delle persone siano forti, ora e in futuro, consentendo alle persone di far fronte agli eventi avversi73”. Dalle analisi emerse, i cosiddetti “poveri del mondo” sono 1 miliardo e 200 mila persone, che vivono con $1.25 o meno al giorno e in ben 91 paesi in via di sviluppo, almeno 1.5 miliardi di persone vivono in condizioni estreme di 69 M. Anielski, “The Alberta GPI Blueprint”, settembre 2001, consultabile al link, http://anielski.com/wpcontent/documents/Alberta%20GPI%20Blueprint.pdf. 70 Ivi, p. 17. 71 Ivi, p. 18. 72 Summary Human Development Report 2014, http://hdr.undp.org/sites/default/files/hdr14-summary-en.pdf. 73 Ivi, p. 1-2. 30 povertà, spogliate dei principali aspetti della vita sociale come istruzione e salute. La condizione di vulnerabilità è interessata sia nel ciclo di vita dell’individuo, ma anche negli aspetti strutturali di insicurezza privata, e la cosa preoccupante, che un po’ riguarda tutti, è che circa 800 milioni di persone rischiano di cadere in questo stato di povertà e deprivazione74. Sebbene ogni anno si registri un lieve progresso, il ritmo del cambiamento, della risalita e dell’eliminazione della povertà procede a passi molto lenti. Il rapporto propone, quindi, delle strategie e azioni per costruire e accrescere la corretta capacità di recupero. Vengono evidenziate quattro policies e principi a cui conformarsi: abbracciare l’universalismo; mettere al primo posto le persone; impegnarsi in un’azione collettiva; promuovere e rafforzare il coordinamento tra Stati e istituzioni sociali75. Queste azioni dovrebbero essere contestualizzate a livello globale, perché è lo sforzo globale che anticipa e protegge lo sviluppo umano, garantendo alle nazioni misure più efficaci per risolvere le proprie problematiche. Si fa appello, dunque, ad una maggiore responsabilità e trasparenza, rilevando il ruolo attivo che la società civile dovrà mantenere a livello globale, per rispondere in modo efficiente alle sfide presentate dall’accettazione di uno sviluppo sostenibile e umano. L’indice di sviluppo umano (HDI), come già detto, si misura attraverso tre dimensioni, che dal 2010 sono l’aspettativa di vita, l’istruzione e il reddito. Per il calcolo finale dell’HDI, quindi, occorre creare tre nuovi indici, compresi tra 0 ed 1, rapportando i valori minimi e massimi ottenuti per ciascuna dimensione. Per quanto riguarda la dimensione del reddito, si è scelto di impiegare la misura del reddito nazionale lordo a discapito del PIL (utilizzato fino al 2010), mentre per quanto riguarda l’istruzione vanno calcolati due sotto-indici (gli anni medi di istruzione e gli anni previsti di istruzione). Le formule che otteniamo sono le seguenti: Ilife = (LifeExp – 2076) (83.677 – 20) Imeanyearsofschooling = (Myos – 0) Iexpectedyearsofschooling = (Eyos 0) (12.978 – 0) (19.979 – 0) 74 Ivi, p. 3-5. Ivi, p. 8. 76 Il valore 20 è un valore standard per questa dimensione. 77 Il valore massimo dell’aspettativa di vita per il 2013 è quello del Giappone. 78 Il valore massimo degli anni medi di istruzione per il 2013 è quello degli Stati Uniti. 79 Il valore massimo degli anni previsti di istruzione per il 2013 è quello dell’Australia. 75 31 Ieducation = –0 Iincome = ln (RNLpc) - ln (44480) ln (119.02982) – ln (444) (0.92781 – 0) L’indice HDI sarà dato dalla media geometrica dei tre indici: HDI = I risultati che derivano dall’indice HDI vengono divisi in quattro gruppi di Paesi in base al livello di sviluppo umano: molto alto, alto, medio e basso. La scelta di utilizzare il reddito nazionale lordo, al posto del PIL, riposa nella circostanza che esso meglio rappresenta il reddito dei residenti e considera, inoltre, le rimesse degli emigrati (paesi del Sud del mondo). Per quanto riguarda la divisione dell’indice dell’istruzione in anni medi e previsti, essa è operata al fine di ottenere una misura più puntuale, che includa anche i mutamenti rispetto al passato e che superi l’intenzione della misura del livello di alfabetizzazione della popolazione e il tasso di iscrizione scolastica adottate fino al 2010. La mancata considerazione di aspetti come l’ambiente, le diseguaglianze di genere, povertà e partecipazione politica dei cittadini fanno sì che questo indice sia soggetto a critiche, in quanto si ritiene che siano aspetti fondamentali per la misura del benessere e progresso sociale. In realtà, sono nati tre nuovi indici che in maniera ridotta alleviano la mancanza: l’”Inequality HDI”, che misura la diseguaglianza relativa ai redditi, istruzione e salute; il GII, “Gender Inequality Index” che va a indagare sulle discriminazioni di genere sempre negli stessi aspetti ed infine dal 2010, il “Multidimensional Poverty Index” (MPI) che studia le privazioni che subiscono le popolazioni povere del mondo e quelle che sono povere in modo multidimensionale e può essere costruito per regione, etnia o altri raggruppamenti83. 80 Il valore minimo per quanto riguarda il reddito nazionale lordo, pro capite a parità di potere d’acquisto per il 2013 appartiene alla Repubblica Democratica del Congo. 81 Il valore massimo combinato per il calcolo dell’indice di istruzione per il 2013 è quello dell’Australia. 82 Il valore massimo per quanto riguarda il reddito nazionale lordo, pro capite a parità di potere d’acquisto per il 2013 appartiene al Qatar. 83 Human Development Reports, http://hdr.undp.org/en/content/human-development-index-hdi. 32 La tabella 1, sottostante, dimostra come le posizioni all’interno della classifica dell’HDI cambino se si considera la misura dell’IHDI: questo significa che le diseguaglianze all’interno dei paesi incidono in maniera sostanziale sul loro sviluppo. HDI Rank Country HDI value IHDI value IHDI rank 2013 2013 change 2013 #5 United States 0.914 0.755 -23 #15 South Korea 0.891 0.736 -20 #28 Czech Rep. 0.861 0.813 +9 #41 Chile 0.822 0.661 -16 #54 Romania 0.785 0.702 +4 #58 Bulgaria 0.777 0.692 +5 #71 Mexico 0.756 0.583 -13 #79 Brasil 0.744 0.542 -16 #83 Ukraine 0.734 0.667 +18 #109 Botswana 0.683 0.422 -21 #149 Angola 0.504 0.300 -17 #152 Nigeria 0.526 0.295 -14 Tabella 1: dati relativi al rapporto tra HDI e IHDI (fonte: HDR 2014) Sorprendente è come gli USA, che primeggiano quasi tutte le classifiche, perdono ben ventitré posizioni se l’HDI viene “aggiustato”. Dalla tabella 1, si nota anche, come i paesi dell’Est europeo, migliorano la loro situazione una volta considerato l’IHDI, incrementando posizioni all’interno della classifica. La tabella 2, sottostante, riassume i dati di alcuni Paesi per quanto riguarda il Gender Inequality Index. GII rank Country GII value 2013 HDI rank 2013 #1 Slovenia 0.021 #25 #2 Switzerland 0.030 #3 #3 Germany 0.046 #6 #8 Italy 0.067 #26 #9 Norway 0.068 #1 33 #19 Australia 0.113 #2 #47 United States 0.262 #5 #147 Congo 0.669 #186 #149 Afghanistan 0.705 #169 #151 Niger 0.709 #187 #152 Yemen 0.733 #154 Tabella 2: dati relativi al GII (fonte: HDR 2014) Com’era agevole immaginare, nella parte alta della classifica si collocano paesi che hanno già un alto HDI, anche se ricorrono eccezioni notevoli come, ad esempio, la Slovenia, che si classifica addirittura al primo posto. L’Italia, secondo il GII, si attesta all’ottavo posto con un basso valore di discriminazione, mentre, con grande sorpresa, gli Stati Uniti, contrassegnati da un livello di discriminazione sufficientemente alto, perdono molte posizioni in confronto alla classifica HDI. Finanche l’Australia, “medaglia d’argento” per il rank HDI, su questo piano evidenzia talune criticità, se è vero che risulta posizionata al diciannovesimo posto. Risultano connotati da un bassissimo livello di sviluppo umano, in definitiva, quei Paesi in cui si registra una forte discriminazione di genere e la condizione femminile è un serio problema come il Congo, Afghanistan, Niger e, fanalino di coda, lo Yemen. Questi nuovi accorgimenti danno voce a tutti quei temi che sono meno considerati rispetto ad altri, ma che invece sono fondamentali per delineare un quadro reale e il più veritiero possibile dello sviluppo. 1.5.3 BES (Benessere Equo e Sostenibile) Il Consiglio Nazionale dell’Economia e del lavoro (CNEL) e l’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) hanno dato vita ad una misura a livello nazionale chiamata BES (Benessere Equo e Sostenibile), che risponde alle esigenze internazionali del “Beyond GDP”. Questo indicatore è frutto di un progetto messo a punto tra settembre 2011 e giugno 2012, che ha visto il coinvolgimento dei più importanti esperti in materia di aspetti che contribuiscono al benessere, ma anche la partecipazione dei cittadini e della società civile attraverso incontri 34 istituzionali, spazi di confronto e dibattiti, con l’obiettivo di raccogliere dati e impressioni sulla natura e importanza delle dimensioni rilevanti del benessere. Nel periodo ottobre – dicembre 2011 si è svolta, infatti, una consultazione pubblica attraverso un questionario on line e un blog, con la partecipazione di un campione di 45 mila persone, a cui è seguita, a gennaio, la bozza di un primo documento contenente i domini ed indicatori di riferimento per i cittadini, integrato dai risultati della consultazione pubblica. Da febbraio a maggio 2012, si sono susseguiti incontri territoriali a livello regionale tra CNEL e la Commissione Scientifica ISTAT, che hanno dato vita ad una versione definitiva del documento comprensivo di domini e relativi indicatori. Un secondo incontro congiunto tra CNEL e la Commissione Scientifica ISTAT ha fatto sì che a giugno 2012 si rilasciasse la versione definitiva del documento84. Il primo rapporto BES è stato presentato a Roma l’11 marzo 2013 con una Relazione del Presidente del CNEL, l’Onorevole Professore, Antonio Marzano85. L’obiettivo del Comitato di indirizzo, composto da membri del CNEL, ma anche da rappresentanti designati da importanti organizzazioni della società civile, è stato quello di creare un approccio “multidimensionale BES” attraverso lo studio di dodici “domini” relativi alla diseguaglianza (non solo del reddito) e alla sostenibilità economica ambientale e sociale, mantenendo l’importanza del PIL come indicatore della produttività economica della società. I dodici domini che fanno parte del BES, sono: Ambiente, Salute, Benessere Economico, Istruzione e formazione, Lavoro e conciliazione dei tempi di vita, Relazioni sociali, Sicurezza, Benessere soggettivo, Paesaggio e patrimonio culturale, Ricerca e innovazione, Qualità dei servizi ed infine, Politica e istituzioni. Come afferma il Presidente del CNEL nella sua relazione, si può notare “l’assonanza di questi domini con alcuni articoli della Costituzione, creando quel progetto di benessere voluto dai padri costituenti, una sorta di Costituzione Statistica86”. Prima di passare ad analizzare i risultati dei due rapporti BES, giova elencare i vari concetti dei domini, sottolineando anche alcuni degli indicatori da cui essi sono composti87. 84 CNEL, ISTAT, “La misurazione del Benessere Equo e Sostenibile”, Relazione consultabile al sito CNEL nella sezione “documenti” al link, http://www.cnel.it/53?shadow_documenti=22778. 85 CNEL, “Presentazione I Rapporto BES 2013”, Relazione consultabile sul sito CNEL nella sezione “comunicazione” al link, http://www.cnel.it/29?shadow_ultimi_aggiornamenti=3453. 86 Ivi, p. 10. 87 ISTAT-CNEL, BES, Benessere Equo e Sostenibile, http://www.misuredelbenessere.it/. 35 Il dominio dell’Ambiente è importante, perché influenza lo stato di benessere umano e deve essere visto come il nostro “capitale naturale”, sostenuto dalla produzione di risorse e dai semplici piaceri della buona natura. Gli indicatori a cui si fa riferimento sono: la qualità dell’acqua e aria, i siti contaminati e le aree protette, la disponibilità di verde urbano e le emissioni di CO2. La Salute è il diritto fondamentale per eccellenza, riconosciuto anche dalla Costituzione (art.32). Senza di essa non c’è sviluppo, senza di essa non c’è benessere. Essa influisce sulle condizioni di vita, sulle relazioni sociali, sulle opportunità e sui comportamenti individuali. Speranza di vita, tasso di mortalità, indice di stato fisico e psicologico, uso di alcool e fumo sono tutti segnali che ci aiutano meglio a delineare un quadro completo. Il Benessere economico viene visto come quel parametro che sostiene l’individuo, che lo fa andare avanti a conquistare un determinato standard di vita. Tocca temi come la ricchezza e i consumi, ma anche la diseguaglianza e la povertà, condizioni abitative e deperimento dei beni. L’Istruzione e la Formazione sono fondamenti necessari per la gestione del benessere e per una buona partecipazione attiva all’interno della società, citati anche nella Costituzione negli artt. 9 e 33. Un livello alto di istruzione è sinonimo di un alto tenore di vita e fruttuose opportunità lavorative. Si fa essenzialmente riferimento, quindi, ai soggetti in possesso di un diploma o laurea, alla negatività dei giovani che non studiano e non lavorano, al livello di competenze alfabetiche e numeriche ed informatiche e alla partecipazione culturale. Il Lavoro, oltre ad essere un parametro fondamentale per la stabilità economica perché contribuisce ad alleviare la disoccupazione, migliora notevolmente il benessere e la qualità della vita di un individuo, garantendogli un sostegno economico. Si passa in rassegna il tasso di occupazione anche con l’incidenza degli occupati sovraistruiti, gli infortuni, la mancata partecipazione al lavoro, la soddisfazione e l’insicurezza del posto di lavoro ricoperto. La rete di Relazioni sociali, che un individuo sostiene, lo aiutano ad incrementare il suo benessere psico-fisico e ad avere una posizione di onestà e ambizione all’interno della società. Rilevanti sono le relazioni informali (amicizie, famiglia, volontariato, istituzioni no profit e cooperative). E’ proprio su questi temi che si concentrano gli indicatori di riferimento. 36 Essenziale è il dominio della Sicurezza (Titolo IV, parte seconda della Costituzione). Senza sicurezza personale non c’è libertà di movimento, di pensiero, di scelta. Rapine, furti, borseggi, omicidi e violenze sono tutti elementi che incidono negativamente sulla qualità della vita e sul benessere individuale. Questa dimensione viene analizzata anche sugli aspetti della violenza domestica, della paura della criminalità e sulla percezione del degrado ambientale e sociale. Le opinioni personali sul soddisfacimento per la propria vita e per il proprio tempo libero, unito ad un giudizio sul futuro di ogni individuo, rientrano nel dominio del Benessere soggettivo. Il Paesaggio e il Patrimonio culturale fanno parte delle fondamenta della nostra Nazione. L’art. 9 della Costituzione stabilisce: “La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. Questo dominio misura quindi, la presenza del patrimonio artistico, culturale e le spese sostenute per gestirlo, l’uso che la popolazione ne fa, abusi, insoddisfazioni e preoccupazioni sul patrimonio paesaggistico. La Ricerca ed innovazione sono temi di estrema importanza per uno sviluppo sostenibile e costante nel tempo. Attraverso un set di indicatori si definisce in modo più preciso questa dimensione: intensità di ricerca e nell’uso di Internet, tasso di innovazione tecnologica del sistema produttivo, propensione alla brevettazione e la specializzazione produttiva nei settori avanzati. Uno studio sulla Qualità dei servizi è necessario per definire correttamente le impressioni del benessere individuale e del progresso. Si approfondisce la dotazione infrastrutturale e dei servizi del territorio e le sue condizioni, nelle varie utilities che ci circondano (mobilità, comunicazione, energia, sanità, servizi per l’infanzia, anziani e disabili). In questo periodo di sfiducia verso le istituzioni italiane, i cittadini richiedono solamente trasparenza e maggiore giustizia. Quello che si promette di analizzare il dominio della Politica e Istituzioni sono la forma e i modi di partecipazione alla vita politica, la fiducia nelle Istituzioni da parte del popolo, la presenza femminile all’interno del Parlamento e negli organi decisionali e la qualità del sistema giudiziario. Ho deciso di riassumere i principali risultati dei due rapporti BES nella tabella 3 sottostante. 37 Domini Rapporto BES 2013 Rapporto BES 2014 Ambiente Cresce la disponibilità di verde urbano e di aree Cresce di poco la disponibilità di verde urbano, protette, anche se permangono i rischi per dissesto ma rimangono stabili le aree protette. Per la idrogeologico e inquinamento. I consumi di acqua qualità dell’aria diminuiscono i comuni che sono in linea con i Paesi europei, per la qualità denunciano l’allerta per PM10 (› 35 gg), dell’aria si nota un aumento del numero di giorni aumentano i consumi di energia elettrica da per il livello di PM10 consentito e i consumi di fonti rinnovabili (26.9% per il 2012). Emergono energia elettrica da fonti rinnovabili è in aumento criticità nella bonifica dei siti contaminati e (2010: 22.2% › media UE). nella dispersione d’acqua potabile delle reti di distribuzione comunale. Salute Benessere Economico Istruzione e Formazione La vita media appare in aumento, le donne più C’è un generale miglioramento nelle condizioni longeve degli uomini, ma più svantaggiate in di salute fisica e rimane il predominio sulla termini di qualità della sopravvivenza (soprattutto speranza di vita a livello internazionale (79.6 nel Mezzogiorno), diminuisce il tasso di mortalità per uomini, 84.4 per le donne). Diminuisce il per incidenti, ma aumenta quello per demenza tasso di mortalità infantile e negli adulti per senile. I comportamenti a rischio (obesità, alcool) malattie. Vita sedentaria e obesità incidono sono in aumento anche tra i giovani. Il fumo ancora in misura rilevante (41.3 e 44.1%). Ciò rimane stazionario e la vita sedentaria incide che si nota è la diminuzione del benessere soprattutto tra gli adulti (40%). psicologico (da 49.8 nel 2005 a 49% nel 2012). La crisi economica ha portato un aumento delle Il reddito pro capite ha subito un calo del 4% diseguaglianze sociali, una riduzione della mobilità (Nord) e del 2.9% (Centro), resta invariato al sociale e un aumento delle differenze territoriali. Il Sud. Gli ammortizzatori sociali e la solidarietà potere d’acquisto è diminuito del 5% tra il 2007 e familiare si sono indeboliti. Le famiglie hanno 2011. Le famiglie hanno risparmiato meno e si risparmiato di più nel 2013 (12.38%) e si sono sono indebitate di più (da 2.3 a 6.5%). Maggiori indebitate meno (-5%). Povertà e deprivazione sono i rischi di povertà nel Centro e nel sono sempre in crescita a discapito di minor Mezzogiorno e di deprivazione, che passa dal 6.9 al reddito disponibile e minori consumi (da 14.5 a 11.1%. 12.5% nel 2013). Miglioramento rispetto all’ultimo decennio, ma Tra il 2011 e il 2013 sono migliorati gli sempre in ritardo rispetto alla media UE: per indicatori sulla formazione, ma la crescita esempio popolazione con titolo universitario si appare lenta. In aumento anche la quota NEET attesta al 20.3% contro un 34.6%. L’estrazione da 23.9 del 2012 a 26% nel 2013. Diminuisce la sociale, la famiglia, il territorio e il contesto sociale partecipazione culturale da 27.9 a 25.9% nel influenzano il 2013. Gli uomini, i giovani e i soggetti di proseguimento degli studi. In crescita la quota estrazione sociale bassa e del Mezzogiorno e NEET (giovani che non studiano e non lavorano) Isole, presentano notevoli svantaggi sui livelli che passa dal 19.5 del 2009 al 22.7% del 2011; con di un’incidenza particolare nel Sud (31.9%) rispetto al informatica. il livello di istruzione Nord (15.4%). 38 e competenza alfabetica, numerica e Lavoro e conciliazione tempi di vita Il tasso di occupazione cala dal 63 al 61% e quello Nel 2013 si registra un calo dell’8% sia del di mancata partecipazione aumenta dal 15.6 al tasso di occupazione sia del tasso di mancata 17.9%. Instabilità occupazionale: contratti di lavoro partecipazione. Permangono le diseguaglianze a tempo indeterminato diminuiscono (da 25.7 nel territoriali e si nota un calo nel gender gap. La 2008 a 20.9% nel 2011). Il più alto divario europeo percezione dei lavoratori per la propria di genere appartiene all’Italia (72.6% uomini posizione rimane positiva, ma si nota una contro 49.9% donne). La percezione dei lavoratori esclusione della classe giovanile dal mercato per la propria condizione è positiva (7.3/10). del lavoro, che fa aumentare gli insoddisfatti L’asimmetria sul lavoro familiare a sfavore delle nel Mezzogiorno. L’asimmetria sul lavoro donne sembra in calo. La crisi in parte ha familiare registra un nuovo calo. penalizzato anche i lavoratori stranieri. Relazioni Sociali La famiglia permane il reale sostegno Si ha una diminuzione della soddisfazione fondamentale (molto soddisfatti 36.8% /abb. familiare (33.4% molto soddisf.), ma anche soddisfatti 54.2%). Il 79% della popolazione ha nella soddisfazione amicale. Aumenta la quota parenti o amici su cui contare. Le reti sociali di parenti o amici su cui contare (80.8%). (associazionismo e volontariato) hanno una quota Stazionario rimane il volontariato (9.4% circa), disomogenea nel territorio nazionale (Nord 13.1 vs meno rilevante sempre nel Mezzogiorno. Sud 6%). Diminuisce la quota di popolazione che Aumenta di poco la quota di popolazione che può essere degna di fiducia (da 21.7 del 2010 a può essere degna di fiducia (20.9% nel 2013). 20% nel 2012). Sicurezza Dagli anni ’90 si registra un calo nella criminalità e Sebbene si dia un calo generale degli omicidi, si nei reati contro il patrimonio. Dal 2011 sono in registra un aumento dei reati predatori, degli aumento i furti e i borseggi. Dal 2002 al 2009 è scippi e borseggi (soprattutto al Centro-Nord e aumentato il senso di insicurezza, soprattutto tra nelle Isole) e furti e rapine (per strada e in le donne. Sempre le donne timorose nel rischio di abitazione; calano le rapine in banca) sempre subire violenze sessuali (52.1%). Gli omicidi sugli al Centro-Nord e Isole. Interessante è notare uomini sono in calo, i femminicidi in aumento. l’aumento della percezione del rischio nella zona in cui si vive. Gli omicidi sugli uomini sono sempre in calo, ma ciò non vale per le donne. Benessere Soggettivo Fino al 2011, la soddisfazione per la propria vita La soddisfazione per la propria vita continua ad era registrata ad un punteggio di 8/10. Nel 2012, essere elevata (8/10) con quota pressoché tale quota decresce da 45.8 a 35.2%, decresce in invariata (35%). La quota di aspettativa futura modo particolare al Sud (29.5 contro Nord 40.6%). e di tempo libero è in flessione (da 65.9 a 63% La situazione nel 2013). Le donne si dimostrano meno economica nel 2012 vede: 2.5% molto soddisf.; soddisfatte degli uomini (61.2 contro 65%). Si abb. soddisf. in calo da 45 a 40%, poco soddisf. da incrementano le differenze tra classi sociali, a 36 a 38% e non soddisfatti in aumento da 13 a svantaggio degli operai, disoccupati, delle 16%. La quota di soddisfazione per il tempo libero persone con basso titolo di studio. soddisfazione per la propria è in crescita in tutto il territorio nazionale. Paesaggio e Contenute risorse economiche destinate 39 al L’Italia possiede uno straordinario patrimonio Patrimonio culturale patrimonio culturale (0.4% del PIL) e insufficiente culturale e paesaggistico, che non viene rispetto delle norme. Si amplia il caso dell’urban tutelato e valorizzato. Diminuisce l’espansione sprawl (20% del territorio nazionale). Si denota edilizia (nuove costruzioni), è in crescita un’erosione delle attività agricole e dismissione l’abusivismo, soprattutto nel Mezzogiorno colture e spopolamento (28.3%). La quota di (5.3%). La crisi ha inciso maggiormente sulla cittadini insoddisfatti per il paesaggio in cui vive si produzione edilizia legale che su quella illegale. attesta al 18.3%. Il 20% è preoccupato per il deterioramento delle risorse paesaggistiche. Ricerca e Innovazione La registrazione brevetti registra un divario Le domande di brevettazione sono in calo e maggiore con i paesi UE (73.3%), la propensione cresce il divario tra il Nord e le altre all’innovazione leggermente migliore. Il rapporto ripartizioni. La quota PIL/R&S è diminuita, PIL/R&S si attesta all’1.3%, inferiore alla media aumentando la distanza dal resto d’Europa. In UE(2%). Nel triennio 2008-2010 il 54% delle Italia, il peso economico dei settori ad alta imprese ha impiegato un’innovazione di prodotto, tecnologia è tra i più bassi d’Europa. L’utilizzo processo, organizzazione e marketing. L’utilizzo di di Internet è in aumento (dal 52.6 del 2012 al Internet è aumentato (54% della pop.) ma ancora 56% nel 2013) ma non si riducono le differenze sotto 16 p.ti rispetto ai paesi europei. Il Sud, le con il resto Europa (72%). donne, gli anziani sono in difficoltà su questo aspetto. Qualità dei servizi La qualità dei servizi non è adeguata anche se si Permangono le denotano miglioramenti. Il settore della Sanità è soprattutto nei servizi socio-sanitari (tra Centro peggiore nel Mezzogiorno. Migliora l’erogazione e Sud). Miglioramenti nella disponibilità e dei servizi delle utilities, e si compiono grandi passi funzionamento nella differenziazione dei rifiuti (35.3%) lontano aumentano dalle medie dei migliori paesi europei. I trasporti l’irregolarità del servizio idrico. Miglioramento pubblici hanno lievemente migliorato la propria nella gestione dei rifiuti urbani e conferimento dotazione. La situazione nelle carceri appare in discarica (da 42 a 38%). Si registra una drammatica (139.7 detenuti ogni 100 posti letto). contrazione nel servizio di trasporto pubblico le differenze delle public famiglie che territoriali, utilities ma lamentano (Centro). Permane il problema delle carceri, seppur con un lieve miglioramento (131.1 detenuti ogni 100 posti letto). Politica e Istituzioni La fiducia dei cittadini verso le istituzioni è bassa; i La sfiducia verso le istituzioni è elevata, sempre sufficienti sono i VV.FF (8.1) e le forze dell’ordine i VV.FF. e le forze dell’ordine sono i sufficienti (6.5). Il tasso di partecipazione al voto è pari allo (7.9 e 6.4). L’affluenza alle ultime elezioni 65.1% e il 67% della pop. partecipa alla vita europee è stata in calo (58.7%), cresce però la politica. E’ in aumento la quota di cyber citizens (da partecipazione politica (68.6%). Diminuisce la 12 a 17.4%) e dei cittadini che si informano di quota dei cyber citizens e aumenta invece politica. Le donne sono estranee a questi interessi: quella dei cittadini che si informano di politica nell’elezioni 2008 erano impiegato solo il 20.3% del (da 61.5 a 64.3%). Aumentano la presenza di totale e anche nei Consigli Reg. (12.9%). donne 40 nelle assemblee parlamentari: 1 parlamentare su 3; anche nei Consigli Reg. cresce (15.1%). Tabella 3: Risultati relativi ai due Rapporti BES 2013-2014 (Fonte: BES 2013-2014 Summary) Il BES, inoltre, funziona anche a livello locale. Nel giugno e luglio 2013 sono stati presentati rispettivamente, il primo Rapporto Urbes – Benessere Equo e Sostenibile a livello urbano e metropolitano, a cui hanno aderito quattordici città o città-metropolitane; ed il primo BES sulle province (Pesaro-Urbino). Nel giugno 2014 è stato presentato il secondo BES sulle province, a cui hanno aderito ben ventuno province, tra cui la mia città (Grosseto). Con il Rapporto BES si intende intraprendere un percorso che rende il nostro Paese conscio dei punti di forza e debolezza al fine di un miglioramento dello standard di vita dei cittadini, finanche quelli futuri, ponendo le questioni a livello politico. Nella sua prosecuzione, esso ambisce a diventare uno strumento di riferimento per le istituzioni, per il popolo, per i media e per la società civile, con lo scopo di avere un quadro reale dei fenomeni ambientali, economici e sociali che contraddistinguono la nostra nazione. Ricordiamo, tuttavia, che il BES è un work-in-progress; gli indicatori sono in continuo aggiornamento, il team di lavoro è sempre più in cerca di parametri che misurino non solo la sostenibilità futura, ma anche la partecipazione dei cittadini, continuamente sollecitata con incontri e dibattiti pubblici. 41 Capitolo 2 Benessere e felicità Come visto nel capitolo precedente, lo sviluppo economico, rappresentato dal PIL, è caratterizzato da un valore puramente quantitativo che tutti gli establishment governativi hanno cercato di incrementare nel corso dei decenni, a discapito della giusta valorizzazione dell’aspetto qualitativo della crescita. Tale ricerca spregiudicata del progresso, inteso come un aumento della produzione, ha condotto inevitabilmente alla rinuncia di aspetti necessari che pur formano parte integrante del benessere delle persone (tempo libero, relazioni familiari, legami sociali). L’analisi delle critiche al PIL e, con esso, al concetto di benessere hanno messo in discussione la relazione tra crescita economica e benessere soggettivo, riportando significativamente l’attenzione sulla qualità effettiva delle nostre vite. Nonostante l’economia del PIL abbia indotto significativi miglioramenti nel tenore di vita per i cittadini di alcuni Paesi europei, le differenze sociali ed ambientali sono tuttavia aumentate, andando a minare quegli equilibri già precari. Il dibattito sul ruolo assunto dal reddito come fonte di benessere per un individuo resta acceso e vede confrontarsi diverse scuole di pensiero, così avvicinando sensibilmente lo studio dell’economia agli aspetti sociali. Eppure l’utilità sostanziale della disputa così rappresentata, secondo il mio modesto parere, intanto si renderebbe palese, se e in quanto, come auspicabile ed opportuno, riuscisse a mantenere preservato un profilo per così dire “tangibile”, se, in altri termini, dalla critica all’impostazione econometrica tradizionale emergesse l’esigenza di cercare nuovi “escamotages” per raggiungere una maggiore equità sociale. In tal modo il bisogno di correttivi di compensazione della misurazione esclusivamente economica del benessere non si ridurrebbe a mero postulato che deriva dall’etica, ma, consentirebbe, invece, di ottenere in prospettiva anche una maggiore stabilità politica e imprimere un rinnovato impulso al 42 processo d’integrazione tra Paesi, così alleviando in qualche modo le problematiche che si potrebbero ripresentare nel futuro. La controversia che rimane sullo sfondo, tuttavia, è quella riguardante il concetto di “felicità”, e soprattutto quando vi si paragona il termine “benessere”. Giova ricordare che si è aperta una nuova epoca in economia, da quando si è censito l’esperimento di molti autori nella misurazione della felicità e nella relazione di questa con una varietà di parametri economici, tra cui il reddito. La relazione, che ha legato reddito e felicità, ha irradiato i pesanti effetti delle conseguenze economiche sulla crescita della nostra società. Ritengo che sia il sistema economico, di cui ne facciamo parte, ad averci punito con l’insoddisfazione. Nessuno degli studiosi, a cui ci si riferisce in questo elaborato, ha dichiarato che essere detentori di una ricchezza economica sia un fatto negativo: è evidente come l’ottenimento di una buona qualità della vita presupponga una buona dotazione di risorse economiche. Nel prossimo capitolo, si evidenzieranno gli studi che si sono susseguiti in relazione all’”economia della felicità”, con i vari “points of view” di economisti, psicologi e sociologi. 2.1 Gli studi di Easterlin e le ricerche sulla felicità Un incremento delle disponibilità economiche permette agli individui di soddisfare i loro bisogni, con la correlata presunzione che tale appagamento migliori il livello di benessere dei soggetti e quindi, in un certo senso, la loro felicità. La concezione espressa parte dal presupposto che il benessere materiale si muova in una situazione vista favorevolmente agli occhi dell’individuo. La relazione che lega benessere e ricchezza è solida, si può affermare che le persone con un importante tenore reddituale godano di una salute migliore rispetto ad individui poveri, di un’aspettativa di vita alta, bassi tassi di mortalità infantile e un più efficiente beneficio in termini di beni e servizi. Nel panorama economico permangono autori che continuano a rinforzare il ruolo fondamentale che ha avuto la ricchezza economica nel propagare benessere e felicità. 43 Un esempio è dato da quegli economisti, quali B. Stevenson e J. Wolfers, che hanno dato una prova documentata di come all’aumentare del reddito corrisponda un aumento della felicità per i singoli individui88. In questo articolo pubblicato nel 2008, e nei fascicoli pubblicati successivamente, questi due Autori hanno continuato a studiare il rapporto tra le due diverse grandezze (ricchezza e benessere). La recente ricerca, conclusasi con un nuovo “working paper” pubblicato nell’aprile 2013, è stata condotta dall’agenzia statunitense di sondaggi d’opinione “Gallup”, che ha raggruppato i dati attraverso l’utilizzo di una “survey” internazionale. Ai soggetti intervistati è stato chiesto di immaginare una scala di soddisfazione (“satisfaction ladder”), compresa tra un minimo (0) ed un massimo (10), che rappresenta la “miglior vita possibile in assoluto”. Dopo aver chiesto in che valore della presunta scala si sarebbero posizionati, è stato chiesto inoltre quanto essi guadagnassero. I risultati parlano chiaro: “il denaro può comprare la felicità”; maggiore è il reddito percepito, maggiore è la felicità89 (figura 2). Figura 2: Rapporto tra reddito e benessere, Stevenson & Wolfers (fonte: The Economist) 88 B. Stevenson, J. Wolfers, Economic growth and subjective well-being: reassessing the Easterlin paradox, The National Bureau of economic research (NBER), working paper n°14282, Cambridge, agosto 2008, consultabile al link, http://www.nber.org/papers/w14282 89 “Money can buy happiness”, articolo pubblicato sul “The Economist”, 2 Marzo 2013, consultabile al link, http://www.economist.com/blogs/graphicdetail/2013/05/daily-chart-0?fsrc=scn/fb/wl/dc/moneybuthappiness 44 Questo esito contrasta e si oppone alle ricerche e gli studi effettuati dall’economista e demografo americano Richard A. Easterlin. Easterlin, infatti, con i suoi studi, ha affermato che, raggiunto un certo livello di benessere economico, le persone cessano di constatare un aumento del loro benessere e, quindi, presumibilmente, della loro felicità; conquistata una specifica soglia di reddito, infatti, pur aumentando questa, non incide sulla percezione che gli individui hanno della loro felicità, che, all’opposto, inizia a diminuire. Gli studi in questione, in altri termini, si riferiscono a quelle analisi che vengono chiamate “paradossi della felicità90”. Il termine “paradosso” è simbolico, è un termine che sfida sia l’opinione comune (parà “contro”, doxa “opinione”) , sia tutta quella comunità scientifica che ha reclamato l’estromissione del concetto di felicità, relegandola ad una mera quantificazione sperimentale. Per riassumere, il paradosso di Easterlin, dunque, sostiene che all’aumentare del reddito, una volta superata la soddisfazione per i bisogni primari, non si ha una corrispondenza nell’aumento della felicità, che, invece, rimane costante o decresce. L’economista Easterlin ha condotto le sue analisi, indagando sulla relazione che lega reddito e felicità, attestandosi su come le persone si identificano nei confronti della felicità, senza soffermarsi, però, su cosa realmente significhi la felicità per loro stessi. La domanda che sorge spontanea è: Per quale ragione l’appagamento/soddisfazione dell’individuo si arresta, raggiunto un certo livello reddituale, e non prosegue a crescere? Una parziale risposta la possiamo scovare nel provare a definire il termine “felicità”. Le difficoltà nel delineare questo concetto sono molteplici; le sue intime declinazioni rendono ardua la quantificazione e la descrizione del termine. Lo stesso Easterlin, per esempio, utilizza varie nozioni per la parola felicità: benessere, benessere soggettivo, utilità, soddisfazione, sono tutte accezioni messe sullo stesso piano91. Analizzando criticamente ciascun termine, si evincono valenze e significati diversi, ciò conduce a falsificazioni dei risultati provenienti dai modelli matematici ed economici che si adoperano in questa direzione. 90 L. Bruni e P. L. Porta, Felicità ed economia: Quando il benessere è ben vivere, Milano, Guerini e Associati, 2004. 91 R. A. Easterlin, “Per una migliore teoria del benessere” contenuto in L. Bruni e P.L. Porta (Felicità ed economia: Quando il benessere è ben vivere), cit. pp 31-74 45 L’autore Amartya Sen, ha evidenziato l’incoerenza peculiare che si può trarre da una possibile definizione: “si potrebbe avere la vita che si era desiderata senza essere felici.. si potrebbe essere agiati senza stare effettivamente bene.. si potrebbe essere felici senza possedere libertà92”. Nonostante l’impossibilità nel carpire un’univoca definizione per il termine felicità, molti autori dei saggi contenuti nel testo di L. Bruni e P. L. Porta, concordano nel ritenere che essa sia: “l’idea del vivere bene, il raggiungimento di uno stato di realizzazione personale duraturo e non una sensazione passeggera data da un appagamento momentaneo 93”. La posizione espressa dalla studiosa Ruth Veenhoven fa vacillare il legame assunto tra reddito e felicità. Secondo i suoi studi, “la felicità risulta congenita, alcuni individui per carattere, geni, capacità personali, sono portati ad affrontare meglio le difficoltà e le mancanze 94”. Alla luce di questo pensiero, soggetti in possesso di un tenore di vita alto con redditi cospicui, ma che per “natura” sono concretamente insoddisfatti, saranno indotti verso l’infelicità. Dai suoi studi contenuti nel “World database of Happiness”, molto similmente agli studi sull’Happy Planet Index (HPI) visto precedentemente, primeggiano, come Paesi più felici, il Costa Rica e la Colombia. Se osserviamo le statistiche dell’OCSE o del World Happiness Report 2015, sono i Paesi del Nord Europa (Islanda, Danimarca, Norvegia) e la Svizzera a condurre la classifica95. Si può dire che il metodo, impiegato dalla studiosa, è un approccio soggettivo alla felicità, che “esprime il grado di apprezzamento delle persone nei confronti delle vite che conducono96”. La “felicità soggettiva”, che ne viene fuori, manifesta considerevoli dubbi in campo metodologico; se non si tiene conto dell’importanza delle variabili di contesto, e ci basiamo esclusivamente sulla stima soggettiva dei singoli individui, si rende il quadro poco attendibile. 92 A. Sen, Il tenore di vita, tra benessere e libertà, Venezia, Marsilio, 1993, cit p. 30. L. Bruni e P. L. Porta, Felicità ed economia: Quando il benessere è ben vivere, Milano, Guerini e Associati, 2004, cit. p. 27. 94 R. Veenhoven, “Felici nelle avversità” contenuto in L. Bruni e P.L. Porta (Felicità ed economia: Quando il benessere è ben vivere), cit. pp. 257-277. 95 World Happiness Report 2015 (23 aprile 2015), consultato sul sito ufficiale alla sezione download, http://worldhappiness.report/. 96 R. Veenhoven, “Felici nelle avversità” contenuto in L. Bruni e P.L. Porta (Felicità ed economia: Quando il benessere è ben vivere), cit. p. 259. 93 46 Lo stesso Sen - insieme ad altri economisti e sociologi - critica questo approccio. Se un soggetto con un basso tenore di vita, si ritiene soddisfatto per “natura” o per credenze religiose e culturali, non dobbiamo comunque ritenerlo felice; la sua qualità della vita non può essere ritenuta soddisfacente, se egli deve fronteggiare notevoli disagi e mancanze, a prescindere da come egli vede e sente la propria situazione97. La teoria della “felicità soggettiva” può anche ripercuotersi negativamente sugli effetti delle politiche a sostegno dei Paesi in via di sviluppo: se un Paese, bisognoso di aiuto, dichiara di essere felice e completamente soddisfatto, sarebbe un controsenso prestargli il soccorso proveniente dalle istituzioni. Ecco che, allora, la visione da sostenere - secondo Sen-, è quella che vede protagonista la valutazione oggettiva di fattori come la salute, i diritti politici, l’istruzione, la libertà di espressione, l’accesso alle utilities e ai servizi idrici, quindi, più verosimilmente, una “felicità oggettiva98”, dunque, dalla probabilità di realizzare ed ottenere competenze. Questa corrente di pensiero, della felicità oggettiva, ha conosciuto anche il supporto del Nobel per l’economia, Daniel Kahneman: le sue ricerche hanno portato ad evidenziare che il bilancio approssimativo sulla felicità “redatto” dalla maggioranza degli individui, tende a falsificazioni, causate dal conteggio di alcuni parametri. Gli individui, per esempio, si lasciano trascinare dai ricordi alterati del passato, che, mescolati alle vicende del presente, fanno concludere la valutazione dello stato di felicità con un giudizio erroneo. Kahneman consiglia la necessità dell’impiego di metodologie tecniche per la stima del parametro della felicità oggettiva, aspirando alla minimizzazione delle alterazioni delle memorie passate, sperimentando così la somministrazione di un’analisi oggettiva, anche per la risoluzione e attivazione di economic and social policies99. Pertanto, dall’esame completo della felicità, in quanto tema di studio, si denota che essa non deve essere percepita e valutata in base alla propria soggettività, per non incappare in falsificazioni mentali, che condurrebbero ad un quadro distorto. La scienza economica deve, così, riprendere la questione della felicità, “non nell’ottica di suggerire alle persone “come” essere felici ma cercando di creare le condizioni oggettive: 97 A. Sen, Il tenore di vita, tra benessere e libertà, Venezia, Marsilio, 1993. Ibidem. 99 D. Kahneman, “La felicità oggettiva”, in L. Bruni e P.L. Porta (Felicità ed economia: Quando il benessere è ben vivere), cit. pp. 75-113. 98 47 ovvero suggerendo politiche per il ben-vivere generale, che rendano quindi, possibile, una vita felice100”. 2.2 Le preferenze individuali in continuo cambiamento Secondo un’équipe di svariati autori, economisti, sociologi e psicologi, una prima causa del paradosso visto in precedenza e, sostenuto da Easterlin - all’aumentare del reddito non corrisponde un aumento della felicità – la ritroviamo nel comportamento che l’uomo assume in relazione ai propri bisogni. Ogni individuo necessita l’espressione di bisogni e di esigenze, la cui soddisfazione concorre in buona parte a determinare il benessere. L’economista A. C. Pigou spiega la propria visione del concetto di benessere-felicità, che, a suo parere, fa riferimento agli stati d’animo soggettivi che ci accompagnano nel corso della vita, riducendo la nozione in base a classificazioni stagnanti del possedere “più” o “meno”. Per evitare l’impossibilità nell’esprimere la corretta definizione di questo termine, le sue analisi si indirizzano verso gli aspetti, in un certo senso quantificabili, della vita sociale, e che, in larga parte, influiscono sul benessere, ossia i beni101. Si precisa che, in questo contesto, per beni, - non entrando nei particolari del campo semantico e delle varie tipologie ed accezioni - si intendono tutti quei servizi ed oggetti di uso abitudinario - cui ogni individuo ambisce-, la cui fruizione soddisfa un bisogno, partendo dal presupposto che il livello di sussistenza di ogni soggetto sia stato già focalizzato e conseguito. I beni e servizi risultanti dal processo economico-produttivo svolto dall’”economia”, vengono man mano acquistati dall’uomo, il quale, attraverso le varie fasi di crescita che la vita gli prospetta, muta in modo continuativo i desideri personali. La sequenza, se così si può chiamare, che viene a tracciarsi, nasconde in sé una questione problematica, che svariati autori hanno sottolineato nel corso degli anni: raggiunto 100 L. Bruni e P. L. Porta, Felicità ed economia: Quando il benessere è ben vivere, Milano, Guerini e Associati, 2004, cit. p. 29. 101 A.C. Pigou, Economia del benessere, Torino, UTET, 1960, cit. p. 16. 48 l’appagamento di questi bisogni, attraverso l’acquisizione di uno specifico corredo di beni, il soggetto inizia ad ambire ad altri obiettivi. La ricerca di un well-being si muove lungo un altro set di beni, dal momento che gli altri mezzi, raggiunti con facilità, rendono al soggetto una soddisfazione temporanea, che svanisce in poco tempo. Si può dire che, al crescere del reddito, crescono anche nuove ambizioni, facendo così spostare il segmento di confine, assimilando tutti quei beni che, di volta in volta, vengono reputati “doverosi” per una gradevole qualità della vita. Interessante è rilevare il contributo che l’economista tedesco, Albert O. Hirschman, ci fornisce in materia. Le sue ricerche, infatti, hanno esaminato come il costante slittamento di predilezione da un determinato set di beni ad un altro sia causato, essenzialmente, dalla disillusione e dal mancato appagamento che gli stessi beni producono negli individui102. E’ proprio il contrasto che si pone tra aspettativa e realtà a indurre i soggetti all’insoddisfazione, facendo così crollare tutte quelle attese che essi riponevano in quegli specifici beni e servizi. Così l’investimento “emozionale” effettuato dai soggetti risulterà infruttuoso: da una parte l’entrare in possedimento dell’”oggetto del desiderio” non accresce effettivamente il loro benessere, come invece essi presumevano, e dall’altra parte, le fatiche adoperate per la detenzione del bene stesso non vengono ricompensate103. L’essere umano, per natura, possiede le caratteristiche della noia e dell’insoddisfazione e mirerà, ciclicamente, ad una nuova e continua ricerca; la delusione “emozionale”, citata in precedenza, può indurre il “consumatore” a cercare una certa misura di appagamento e completezza, nell’esercizio di attività sociali e collettive104. Una spiegazione al continuo “saltellamento” di preferenze ci è stata donata dal tributo dei due psicologi Brickman e Campbell, che estesero la teoria del “livello di adattamento” all’analisi della happiness, in un loro articolo del 1971105. Questa teoria dichiara che la regolare esposizione verso la stessa situazione ha, come conseguenza, l’assuefazione dell’individuo, che inizia a sentirsi meno soddisfatto, in misura 102 A. O. Hirschman, Felicità privata e felicità pubblica, Bologna, Il Mulino, ed. 2003. Ibidem. 104 Ibidem. 105 L. Bruni e P. L. Porta, Felicità ed economia: Quando il benessere è ben vivere, Milano, Guerini e Associati, 2004. 103 49 della crescita dell’esposizione a tale circostanza. Un chiarimento esemplificativo di questo concetto ce lo fornisce l’apparato uditivo dell’organismo umano: l’esposizione ripetuta a potenti suoni fa sì che l’orecchio potenzi una specie di tolleranza verso questi rumori. Se accostiamo questa teoria alla nozione di felicità, scaturirà che “un miglioramento delle circostanze oggettive della vita, non produce effetti reali di lungo termine, sul benessere delle persone106”. In poche parole, la gratificazione che riceviamo dalla detenzione di un bene, di un oggetto, o la fruizione di un servizio, tende a decrescere nel tempo, per cui lo stato di euforia e di contentezza, che si ricava dal possesso di questi mezzi, a sua volta si riduce, spingendoci ad anelare altre forme differenti di beni o servizi, che conducono ad un ulteriore appagamento. Gli economisti, Bruni e Porta, che ampiamente si sono occupati di questo tipo di studi e ricerche, hanno disposto che il “paradosso della felicità” deriva dal presupposto basilare che gli individui commettono errori nell’allocazione delle risorse individuali per imprecisioni delle valutazioni soggettive, puntando eccessivamente all’utilizzazione di beni materiali, che, per loro definizione, non convogliano in nessun tipo di miglioramenti, ma che, in realtà, conseguono effetti a dir poco negativi. Sempre Hirschman interviene su questo aspetto: egli afferma, infatti, che vengono compiuti sforzi considerevoli dagli individui per ottenere una moltitudine di beni materiali “insignificanti”, il cui possesso non condiziona e non influisce sulle questioni “terribili” della vita umana, come il dolore, la malattia e la stessa morte107. L’uomo è un soggetto, che si rivela suscettibile di un insieme di preferenze irrazionali: egli nella scelta del processo di distribuzione di risorse tra il presente ed il futuro, egli tende a preferire la soddisfazione di un’esigenza modesta nel breve periodo, anziché un bisogno maggiore, che lo porterebbe ad un abbondante dispendio di risorse economiche nell’immediato futuro108. Tutto ciò contrasta con i fondamenti della teoria del consumatore e delle varie teorie economiche, che prevedono un sistema di scelta razionale. Un altro pensiero, a mio parere degno di nota, è quello manifestato dall’americano Robert Harris Frank. 106 Ivi, cit. p. 16. A. O. Hirschman, Felicità privata e felicità pubblica, Bologna, Il Mulino, ed. 2003. 108 A.C. Pigou, Economia del benessere, Torino, UTET, 1960. 107 50 Il professor, infatti, afferma che gli individui, che apprezzano una crescita costante del reddito, non sfruttano la loro “momentanea abbondanza” per arrecare cambiamenti rappresentativi al loro status di benessere, in vista del lungo periodo, bensì, al contrario, si focalizzano e si affezionano su quel complesso di beni o servizi, fonte di uno status abitudinario e messaggero di inefficienti progressi109. Esiste una molteplicità di aspetti che l’autore elenca, fautori di importanti incrementi, relativamente alla quality of life delle persone; ne sono da esempio non solo lo sport e l’attività fisica in genere, sia per un questione mentale che per una questione fisica, ma anche la creazione di una fitta rete di relazioni sociali da tessere nel proprio tempo libero. E’ pressoché certo che la maggioranza di queste variabili favorevoli può essere conquistata, erodendo tempo prezioso alla produttività, e nelle più frequenti casistiche, per raggiungere o compiere progressi nel livello di benessere, occorre anche un buon investimento di risorse economiche. La relazione, che lega queste “opzioni”, può essere suddivisa in due differenti accezioni del termine consumo: consumo cospicuo e consumo incospicuo110. La prima sfumatura del termine, fa riferimento, al riconoscimento di quel complesso di beni materiali, ritenuti beni non fondamentali per il “semplice vivere”, come per esempio, una macchina notevolmente costosa, il possesso di un arredamento di una certa qualità, indirizzare la prole verso istituti di alta istruzione o di prestigio all’interno delle mura cittadine: tutto questo, per un’univoca funzione data dallo scopo finale di esibire e ostentare una condizione sociale di “ricchezza” dell’individuo. Il godimento di questi mezzi, infatti, dipende dalle risorse reddituali e dallo status sociale che dispone l’individuo; l’insuccesso nell’acquisizione di questi beni o servizi condurrà il soggetto a quella che viene definita da alcuni autori ed esperti in tema come “frustrazione sociale111”. Il consumo incospicuo, invece, ingloba tutte quelle situazioni che producono migliorie nella vita delle persone, a livello quotidiano, in un’ottica di lungo termine, e che, quindi, come si evince dal significato semantico, non interessano l’impiego di disponibilità economiche; ne sono da esempio: l’investimento di tempo per la costruzione di relazioni sociali stimolanti, 109 R.H. Frank, “L’importanza del reddito assoluto”, in L. Bruni e P.L. Porta (Felicità ed economia: Quando il benessere è ben vivere). 110 Ibidem. 111 Ibidem. 51 anche all’interno del contesto familiare, o la creazione di un ambiente lavorativo o produttivo, gradevole ed elettrizzante. Queste due fattispecie di consumo non sono ineluttabilmente in contrasto tra loro, ma anzi possono coesistere in uno specifico contesto individuale, restando, comunque, inconfutabile che la preferenza per il consumo incospicuo manifesti, nel lungo periodo, conseguenze caratterizzate da punti favorevoli. Le cause e le motivazioni insite nella non corretta allocazione delle risorse, rappresentano uno snodo cruciale per gli studiosi e i teorici del campo. Ogni soggetto, che prende parte in modo attivo alla società, è certamente inserito in un meccanismo di relazioni sociali e di vario genere, e le sue preferenze saranno influenzate dal comportamento assunto dagli altri componenti del sistema. Un esempio lampante riguarda il tema della corsa agli armamenti: la scelta, per un Paese, dell’acquisto massiccio di attrezzature, armi e strumenti, è legata essenzialmente alle direttive vigenti nei Paesi vicini, esteri o facenti parte di una Comunità; in realtà, è impiegando risorse economiche per le attività culturali o per la costruzione di necessarie infrastrutture, che un Paese raggiungerebbe un certo potenziamento nel livello di benessere. La preferenza per la ghiotta spesa di armamenti, dunque, è rilegata principalmente ad un motivo di difesa della propria autosufficienza e libertà governativa, ma anche, per ragioni competitive con gli altri Paesi di pari conformazione geografica o appartenenti alla medesima aggregazione. Allo stesso modo, la scelta per quel set di beni tangibili, che non sono indispensabili, non viene individuata come libera e indipendente, ma è provocata dalla volontà di emulare i possedimenti degli altri e che non viene ricondotta ad una vera e propria esigenza112. Possiamo trarre una prima conclusione che chiarisce una prima causa di errata allocazione delle risorse. L’abilità, che ogni soggetto possiede per affrontare le proprie scelte, sarà sensibilmente influenzata sia dalle relazioni sociali quotidiane che ci uniscono agli altri, sia dall’habitat e dal contesto partecipativo, di cui fa parte. 112 Ivi, cit. pp. 135-136. 52 2.3 Gli studi di Scitovsky e le nuove ricerche economiche Secondo la dottrina economica, l’uomo massimizza il suo profitto in relazione ai tre paradigmi dell’utilità, del benessere e della felicità. Lo studioso Tibor Scitovsky analizza se effettivamente, nella realtà, ciò avvenga secondo questa sequenza. Egli, infatti, considera il nesso che coesiste tra scelta e preferenza e si focalizza sul legame che sussiste tra benessere individuale, complessità e novità113. L’ Autore indaga sulle cause che producono un mancato rispetto del principio di massimizzazione del profitto, percepito in questa specifica accezione, come felicità e benessere. Nella sua opera “The Joyless Economy”, l’economista pone all’attenzione la delineazione di due diverse categorie di soddisfazione: i consumi difensivi e i consumi creativi. Nella prima tipologia definita, si fa riferimento ai cosiddetti beni primari, i beni di prima necessità, i beni di sussistenza, la cui ragione principale si ritrova, appunto, nella sopravvivenza: il cibo, i vestiti, la sicurezza ed il “sentirsi difesi”, danno un esauriente esempio. In linea di massima, vengono considerati tutti quegli aspetti e tematiche che alleviano, in un certo senso, le difficoltà che la vita ci riserva ogni giorno, facilitando in modo spontaneo, la vivibilità all’interno della routine quotidiana. Nella seconda forma di consumo, i consumi creativi, rientra tutto quel complesso di beni e attività che crea appunto, un certo stimolo e piacere, ma anche divertimento, per ciascun individuo che usufruisca di questi mezzi. Scitovsky aggiunge un’ulteriore peculiarità alla prima definizione di consumi, quelli difensivi, affermando, che essi sono ritenuti beni “comfort”, perché ritiene che siano di più semplice utilizzo ed appagamento, anche per l’agevole acquisizione e fruibilità, che richiedono un lasso di tempo moderatamente breve. I consumi creativi vengono “ribattezzati” dall’Autore beni “stimolanti”, che, al contrario di quelli difensivi, richiedono sia un intervallo di tempo molto più ampio, sia una notevole 113 T. Scitovsky, The Joyless Economy: The Psychology of Human Satisfaction, Oxford, Oxford University Press, 1992. 53 responsabilità intenzionale; impiegare il tempo che si ha a disposizione nella lettura di un libro, o in una passeggiata con gli affetti più cari, o nello studio forsennato per la preparazione di un esame, si rivela non deteriorarsi in pochi istanti. Nei riguardi del sostenimento dei costi per l’accesso ai beni, possiamo affermare che i costi per il godimento dei beni comfort sono relativamente più esigui e quindi più accessibili, a differenza dei beni stimolanti, che richiedono un impiego di risorse maggiore. Dopo aver chiarito le due fattispecie di consumi, è altresì necessario analizzare le divergenze che si profilano in termini di soddisfazione tra i due beni. Seguendo il pensiero di Scitovsky, che trae spunto da studi di neuro-psicologia, i beni comfort sono più facilmente ottenibili e regalano una soddisfazione diretta e inoperosa per chi ne usufruisce, a differenza dei beni creativi che forniscono stimoli e idee nuove, portatori di una soddisfazione abbondantemente più intensa, ma acquisibile, come già detto, in tempi prolungati e con un copioso collocamento di energie. In realtà, questa divisione tra i due aspetti non deve far pensare ad un legame in contrasto, che, comunque, cerca di opporsi in maniera preponderante; i diversi archi temporali, a cui si fa riferimento, fanno sì che le conseguenze, che si manifestano nei riguardi delle quote di soddisfazione, siano intensamente effimere con il passare del tempo. L’essere umano, però, quando si trova ad affrontare le sue preferenze e scelte, non riesce a computare in modo corretto l’utilità delle azioni compiute. Si può verificare, quindi, un rischio per il consumatore di sopravvalutare l’investimento che si è effettuato per i beni comfort, deprezzando, invece, quello per i beni stimolanti, che inducono ad una soddisfazione più resistente114. Per spiegare le cause di questo comportamento, Scitovsky prende come parametro di riferimento un Paese, come gli Stati Uniti, sottolineando, inoltre, l’importanza del fattore culturale che contraddistingue il popolo statunitense. In tutta la nazione, infatti, è stata posta un’esagerata concentrazione sull’aspetto produttivo, incrementando quella “cultura sulla produzione”, che ha “modellato” in un certo senso i consumatori americani, rivelandoli incapaci di trarre beneficio dal tempo libero, in modo completo, e meno elastici nei riguardi dei possibili cambiamenti che si potrebbero verificare in modo ciclico. In aggiunta a questa 114 M. Bianchi, “Se la felicità è così importante, perché ne sappiamo così poco?”, in L. Bruni e P.L. Porta (Felicità ed economia: Quando il benessere è ben vivere), rif. pp. 171-191. 54 spiegazione, troviamo, in parallelo, anche il processo di standardizzazione della produzione; i prodotti che chiudono il ciclo produttivo e vengono costruiti, hanno sì elevati standard di qualità, ma risultano monotoni, “pertanto vengono ritenuti “noiosi” e non vengono più utilizzati, anche per il fatto che non conducono ad una soddisfazione di uno stimolo prolungato”115. I contributi evidenziati rafforzano l’idea che il legame reddito/felicità segue il cosiddetto “treadmill effect” (effetto tappeto rullante), impiegato nelle idee di Brickman e Campbell che hanno mantenuto e valorizzato anche da Easterlin, per il quale gli individui corrono, ma restano sempre nello stesso punto, “poiché al sopraggiungere di migliori circostanze, fanno di queste il loro nuovo punto di partenza, facendo sì che, non si raggiungano benefici reali116”. Ebbene, quella delle ambizioni, è una grandezza, di cui l’economia deve prenderne atto, ma, in maniera concretamente diversa: è di estremo giovamento, se viene svincolata dal rapporto di univocità che la lega al reddito, e connetterla invece, all’edificazione di una personalità individuale. In poche parole, il profilo medio di un individuo, prevede: l’assenza di un metodo efficiente e corretto, da impiegare nel processo di distribuzione di risorse; la preferenza per l’utilizzo e la fruizione di beni comfort (facili e raggiungibili), ma che portano con sé quella routine tale da far perdere l’interesse e virare l’attenzione verso altro; la concentrazione su attività che non concorrono in modo considerevole alla felicità. Considerare l’ipotesi di individui razionali che sono in grado di massimizzare il profitto attraverso le loro scelte, sembra a dir poco un’utopia, in base alle valutazioni effettuate fino ad ora. Se fosse il contrario, i paradossi della felicità non esisterebbero, come asseriscono Bruni e Porta, nell’introduzione al loro volume. 115 Ivi, p. 183 D. Kahneman, “La felicità oggettiva”, in L. Bruni e P.L. Porta (Felicità ed economia: Quando il benessere è ben vivere), cit. p. 95 116 55 Una tematica, spesso non citata quanto si dovrebbe, è quella che riguarda la depressione. Questo disagio che tormenta molti dei Paesi europei più ricchi, viene confermato anche dagli attuali dati sull’espansione della depressione, che incede all’unisono con la diffusione dei medicinali per sanarla, come sostenuto in maniera sarcastica dall’economista Maurizio Pugno. I Paesi europei a cui facciamo riferimento sono: Canada, Svezia e Germania; Paesi che, stando alle recenti classifiche, sono i migliori luoghi del “buon vivere”, ma nei quali emerge quest’enorme e dolente “buco nero”, che gli fa conquistare una certa leadership, anche in questa sfera sociale117. E’ lecito chiedersi quale sia la ragione di questo tagliente controsenso. La prima soluzione è quella data da Easterlin, cioè l’incessante adeguamento degli individui ai nuovi beni, che sposta collateralmente reddito e ambizioni personali (treadmill effect). Un'altra delucidazione proviene dalla “teoria della personalità”, sostenuta da Ruth Veenhoven, secondo la quale, la felicità soggettiva di un individuo, viene decisa in base al suo corredo genetico e dal carattere personale, che lo contraddistingue, liberamente dal ruolo del reddito, risorse e qualsiasi stimolo economico118. La posizione di Pugno nei confronti di queste teorie, però, si rivela impassibile: “entrambe queste teorie presentano spunti di riflessione interessanti, ma anche alcune lacune, poiché comportano seri problemi di misurazione e variabili difficili da misurare statisticamente119”. In realtà, quello che ricerca Pugno, nella spiegazione di questo fenomeno, sono quei fattori che, secondo lui, sono indispensabili nella modificazione del benessere soggettivo degli individui: i beni “relazionali” ed i rapporti interpersonali. L’economista, infatti, conferma questa visione: “sia da un punto di vista empirico quotidiano che da più formali studi psicologici è dimostrato che le relazioni umane (familiari, amicizie e legami stretti) hanno un peso considerevole sul benessere soggettivo e sulla felicità individuale, persino sulla salute fisica, mentale e sulle capacità lavorative120”. 117 M. Pugno, “Più ricchi di beni e più poveri di rapporti interpersonali”, in L. Bruni e P.L. Porta (Felicità ed economia: Quando il benessere è ben vivere). 118 Cfr. paragrafo 2.1. 119 Ivi, cit. p. 192. 120 Ivi p. 193. 56 Altri studi, però, dimostrano come sia avvenuta nel corso degli anni una perpetua degradazione dei rapporti interpersonali. Possiamo dire che lo sforzo impiegato da un individuo nell’acquisizione di un bene non viene ripagato dalla qualità effettiva, riscontrata nell’utilizzo: ogni soggetto dedica una mole di tempo e di energie per creare quei beni che arrecheranno poi soddisfazione e benessere, ma viene contrastato dal fenomeno del decadimento della qualità oggettiva. Come detto in precedenza, l’inefficace soddisfazione, provocata da un bene relazionale, (sconforto) ha effetti potenzialmente negativi sui soggetti interessati: il focus si sposta verso i beni materiali (quindi ci concentriamo su un’ulteriore preferenza)121, altrimenti, si limita l’attitudine alla realizzazione di questi rapporti, immettendosi in una “ruota di insoddisfazione122”. Quello che emerge dalle analisi di Pugno, vede i beni di consumo (beni materiali) complementari con i beni relazionali: queste due tipologie di beni sono, infatti, concomitanti tra loro e non sono pienamente sostituibili. La categoria dei beni relazionali è una classe di beni detti, “out of market”, non sono cumulabili tra loro, e gli individui hanno una più intensa difficoltà nella stima del livello di benessere iniziale che conquisteranno dal loro consumo, a differenza dei beni materiali, che sono più di facile intuito previsionale. L’indecisione di questa prospettiva, “pone gli individui in una circostanza, che non gli permette di massimizzare in modo corretto ed efficiente il loro benessere123”. Si insidia, quindi, un’assodata alea, nello sviluppo di un trend che diviene indipendente, e che, inesorabilmente, genera malessere. 2.4 La visione di Sen: preferenze e razionalità L’economista Amartya Sen assume una salda posizione in relazione al ruolo delle preferenze degli individui, all’interno del panorama economico: la teoria economica classica, infatti, ha 121 Cfr. paragrafo 2.2. A. O. Hirschman, Felicità privata e felicità pubblica, Bologna, Il Mulino, ed. 2003. 123 M. Pugno, “Più ricchi di beni e più poveri di rapporti interpersonali”, in L. Bruni e P.L. Porta (Felicità ed economia: Quando il benessere è ben vivere), cit. pp. 205-206. 122 57 concesso un ruolo smisurato alle preferenze, che quindi, vengono considerate fondamentali nel comportamento del singolo, ma anche, divulgatrici di pareri, in relazione al valore dello stesso. In realtà, è l’impiego del concetto di “preferenza”, come “proprietà per cui un individuo se preferisce x ad y, allora x, presenta una situazione migliore di y”, ad indurci a un clamoroso errore. Un ragionamento di questo tipo non tiene conto della laboriosità umana dei motivi, che spingono gli individui verso una scelta; per tale motivo, secondo Sen, l’atto di scelta del singolo va considerato come un “azione sociale”, e non come un gesto meccanico, che proviene da una struttura rigida e intoccabile di preferenze. L’assunto di un ipotetico comportamento razionale illustra il ruolo predominante, che assume la razionalità. Se l’uomo si comporta in modo razionale in un dato contesto, si descrive un comportamento, che non differisce in modo esagerato dalla realtà dei fatti. Sen afferma, infatti, che è un fenomeno più vicino di quanto crediamo: “il tipo freddamente razionale può predominare nei nostri libri di testo, ma il mondo reale è ben più ricco124”. Si delineano due strumenti per la definizione della razionalità del comportamento: il primo metodo usa il concetto di razionalità come coerenza interna di scelta, l’altro, invece, come massimizzazione dell’interesse personale. In realtà, le due metodologie, si incastrano, integrandosi tra loro, producendo una concezione sostanziale, del “volere” del soggetto. Sebbene l’ipotesi della coerenza - più utilizzata nelle analisi - è quella che spiega al meglio il comportamento effettivo e la condotta razionale dell’individuo, essa non viene esentata da critiche da parte dell’autore. Egli sostiene che: “È difficile credere che la coerenza interna delle scelte possa di per sé essere una condizione adeguata di razionalità. Se una persona fa esattamente il contrario di quello che la aiuterebbe a ottenere quello che vorrebbe, e lo fa con un inflessibile coerenza interna - scegliendo cioè sempre il contrario di ciò che promuoverebbe il raggiungimento delle cose che vuole e cui assegna valore - questa persona può molto difficilmente essere considerata razionale, anche se la sua ostinata coerenza ispira una certa attonita ammirazione nell’osservatore. La coerenza nulla ci dice sulla razionalità dell’azione se non si fa riferimento alla corrispondenza tra ciò che si cerca di ottenere e il modo in cui si agisce per farlo125”. 124 125 A. Sen, Etica ed economia, Roma 8° ed, Laterza, 2010, cit. p. 18. Ibidem, cit. p. 20. 58 La coerenza di un set di scelte discende dalla decodificazione che ne viene eseguita, ma anche da notevoli parametri, che viaggiano all’esterno della scelta, come valori, scopi, preferenze e motivazioni dell’individuo. L’altra faccia della critica riguarda la razionalità intesa come massimizzazione del benessere personale. Sen si pone la seguente domanda: “perché dovrebbe essere peculiarmente razionale, perseguire il proprio interesse ad esclusione di qualsiasi altra cosa?126”, indicando, quindi, che qualsiasi cosa, che non riguarda la massimizzazione del benessere personale, viene etichettata come irrazionale. Si potrebbe spiegare nel senso che esiste una moltitudine di aspetti e valori, che incide profondamente nella vita dell’uomo, che vanno oltre alla semplice concezione della massimizzazione del benessere individuale, e che il soggetto, quando si trova di fronte al compimento di una scelta, ha a disposizione un’infinità di possibili opzioni, derivanti dall’unione di differenti aspetti riguardanti la sua vita. Le scelte sono, quindi, un compromesso tra aspetti, bisogni e doveri individuali, ed il benessere è solo uno dei fautori che spinge all’azione il singolo. Il “modello” delineato finora non può pensare l’essere umano come una creatura razionale; Sen nel suo contributo “Sciocchi razionali”, sostiene la considerazione di altri fattori come l’empatia e la simpatia, che incidono, con un certo peso, nelle scelte umane e distolgono l’attenzione da quegli interessi egoistici che muovono la conclamata razionalità, ma di cui, però, le moderne teorie economiche non tengono conto abbastanza127. Nel corso del saggio si afferma che: “il puro uomo economico è in effetti assai vicino all’idiota sociale. La teoria economica si è molto occupata di questo sciocco razionale … … Per fare spazio ai diversi concetti relativi al suo comportamento abbiamo bisogno di una struttura assai più elaborata128”. A questo punto, contestare che i soggetti si muovono sempre nell’interesse personale, non va confuso con la possibilità che essi si comportino in modo altruistico in tutte le situazioni; il quesito che viene sollevato concerne l’esistenza o meno di ulteriori motivazioni che differiscono dall’interesse personale. 126 Ibidem. A. Sen, “Sciocchi razionali: una critica dei fondamenti comportamentistici della teoria economica” in Scelta, Benessere, Equità, Bologna, Il Mulino, 1986. 128 Ivi, cit. p. 168. 127 59 Sen mette in evidenza una gamma di human behaviour, collegati all’etica, ma che hanno anche una certa rilevanza economica, e che “aprono il gioco” ai fattori morali e socioculturali, operati negli atti individuali. Si fa riferimento al caso della simpatia e al caso dell’obbligazione. Il discrimen tra i due fa riferimento alla tipologia di comportamento, interessato o disinteressato. La simpatia è un comportamento di tipo individuale, disinteressato, a dir poco egoistico, per il quale il timore espresso per la situazione in cui versano gli altri, incide direttamente sull’appagamento del singolo: “la consapevolezza dell’aumento del benessere dell’altra persona si traduce in un beneficio diretto per la prima129”. Un’opposta situazione riguarda il caso dell’obbligazione. Esso è tipicamente un comportamento interessato, non egoistico, e sovviene quando un soggetto effettua una scelta, che, a suo modesto parere, si rivelerà incidere inferiormente sulla quota di benessere individuale, rispetto a quello a cui sarebbe andato incontro, se avesse scelto l’opzione alternativa. L’obbligazione, a differenza della simpatia, - che invece è coerente con l’impostazione classica - va contro alle preferenze dell’individuo e si rivela essere sostenitrice di un comportamento irrazionale. Se si consente che l’obbligazione può essere inglobata nel contesto di un’ipotetica scelta, l’equivalenza che sussiste tra benessere e scelta personale – fondamento dell’agire economico – andrà scemando. Il comportamento di un consumatore tipo, nel contesto di una scelta d’acquisto, viene, però, influenzato, ferocemente, da altre variabili, quindi, le due fattispecie, appena citate, si rivelano essere non propriamente rilevanti per questo tipo di studio. 2.4.1 Il suggerimento di Sen: il meta-ordinamento La dottrina economica ci insegna che all’individuo viene attribuito un ordinamento di preferenze descrittivo delle sue azioni, ma anche dei suoi comportamenti e delle sue scelte, e che si ipotizza riconoscere anche i suoi interessi principali. 129 Ivi, cit. p. 158. 60 Sen si chiede come un’unica misura di valutazione - un unico ordinamento di preferenze – possa svolgere tutta questa serie di compiti e funzioni. Abbiamo anche visto che esiste una serie di motivazioni morali, che caratterizza l’individuo ed il suo comportamento futuro e che possono incidere in ambito economico. Ci si chiede, quindi, come le scelte possano essere determinate e analizzate, in ragione del fatto che certe preferenze si mostrano più morali ed etiche di altre. Ecco che, allora, si fa spazio il suggerimento di Sen, cioè quello di rimpiazzare l’ordinamento classico, proposto dalle teorie economiche, con un “meta-ordinamento”. Questa tipologia di configurazione beneficia di una valutazione basata su “ordinamenti di ordinamenti di preferenze”, cosicché i giudizi, espressi sulle preferenze, tengano conto il più possibile dell’aspetto che concerne la moralità delle scelte. E’ necessario svolgere alcune considerazioni: Se, con X, indichiamo l’insieme delle combinazioni delle azioni alternative, mutuamente esclusive, e, con Y, l’insieme dell’ ordinamento degli elementi di X, si può affermare che, un ordinamento dell’insieme Y, anziché di X, può essere visto come un meta-ordinamento dell’insieme delle azioni di X. L’autore spiega la sua posizione: “Sono dell’idea che un particolare ordinamento dell’insieme delle azioni X non sia sufficientemente articolato da poter esprimere una data moralità, mentre ritengo che una struttura più robusta sia fornita dalla scelta di un meta-ordinamento delle azioni vale a dire di un ordinamento di Y anziché di X. Naturalmente un tale meta-ordinamento può anche comprendere, inter alia, la specificazione di un particolare ordinamento di azioni come “il più morale”; … … è necessario prestare attenzione anche alla situazione relativa, in termini di moralità, di quegli ordinamenti di azione diversi da quello “più morale”130”. E’ di estremo giovamento precisare il tutto con un esempio. Si considerino un insieme di azioni alternative dell’insieme di X, e i tre seguenti ordinamenti di questo insieme: A: ordinamento effettuato in base al benessere personale; B: ordinamento effettuato in base agli interessi personali, senza tener conto di circostanze di simpatia o altre motivazioni; 130 Ivi, cit. pp. 169-170. 61 C: ordinamento effettuato in base agli interessi, su cui poi verranno basate le scelte effettive finali. Il quarto ordinamento (D) può essere un insieme distinto da questi tre ordinamenti, oppure esserne uno di questi. Occorre comunque ordinarli in base ad una specifica sequenza. Se ipotizziamo che un soggetto pone il perseguimento del suo interesse (incluso benessere e simpatia) moralmente al di sopra del proprio interesse isolato, e che le sue scelte, realmente effettive, sono poste al di sopra del suo effettivo benessere, allora, la moralità che viene generata, produce questa specifica sequenza di meta-ordinamento: M, C, A, B. Particolare attenzione viene riposta nell’utilizzo della struttura del meta-ordinamento per il fenomeno dell’akrasia, la debolezza di volontà o incapacità di agire. Ipotizziamo che un individuo, dopo aver ordinato gli elementi e le preferenze in termini morali, sposti il desiderio verso un insieme di preferenze che differiscono di gran misura da quelle che già possiede, e che fanno parte di un livello più elevato nella “scala morale”, utilizzata come metro di giudizio. Il desiderio opprimente di un diverso sistema di preferenze, può rivelarsi difficile da conseguire e far saziare. La mal riuscita soddisfazione non è da ricercarsi in una pecca di volontà, o di un’impellente incapacità, ma in una moltitudine di fattori che incidono sul giudizio finale, come Sen spiega: “le preferenze di una persona non sono interamente sotto il suo controllo131”. Ma non tutti sono dello stesso parere di Sen. Esistono modelli teorici, che non consentono scontri tra la tipologia di ordinamenti, e, quindi, se si verifica un mancato raggiungimento dei risultati desiderati, si ritiene che sia la debolezza di volontà del soggetto, ad essere la causa dell’inefficienza (caso di akrasia). Possiamo concludere, dunque, nel senso che, il meta-ordinamento è un meccanismo che permette di avere un’articolazione morale complessa di varia ampiezza, e consente di ottenere una visione più realistica delle motivazioni sottostanti lo specifico comportamento compiuto dal soggetto, andando al di là delle scelte effettive che egli avrebbe operato. Si rivela essere uno strumento, in grado di fornire un quadro complessivo delle peculiarità umane, e inoltre, può essere impiegato per diversi contesti, non solo al principio di moralità. 131 A. Sen., Scelte, ordinamenti e moralità, in Scelta, benessere e equità, op cit. p. 142. 62 2.4.2 Critica al “capability approach” Amartya Sen è un altro studioso, che ritiene di estrema importanza l’analisi del concetto e del tema di well-being, dello “star bene”, e cioè, il benessere. Egli sostiene il surrogamento del concetto di benessere materiale – disponibilità di risorse – con il modello dello stare bene; intuito come una circostanza che ingloba, tutto ciò che un soggetto può esercitare o essere, in base delle risorse e dei mezzi disponibili, ma soprattutto in ragione delle capacità e dei comportamenti posseduti dagli individui, che riescono a convertire questi strumenti a disposizione, in risultati effettivi, verso mete che essi intendono perseguire. E’ l’insieme di questi due aspetti (mete potenzialmente perseguibili e risultati realizzati), che concorrono a specificare il benessere e lo sviluppo individuale. Si delineano, così, due nuovi concetti che si integrano tra loro: capabilities e functionings. Il primo concetto, infatti, rappresenta il complesso delle functionings, che un soggetto può preferire per agevolare la soddisfazione dei propri bisogni e necessità. Un esempio può essere il possesso di un automobile: essa ti assicura lo spostamento senza impedimenti, ma la possibilità di usufruire del bene, proviene da un status fisico e psichico che ne consente l’utilizzo ed, in generale, una buona salute. Con il termine functionings, si intendono, pertanto, le abilità e competenze che un individuo ha scelto di realizzare nella vita, come stare in buona salute, garantirsi un sostentamento, nutrendosi, ma anche, emozioni più articolate, come l’”essere felice”, il rispetto per sé stessi e prendere parte attivamente alla vita sociale nel contesto in cui abitiamo. L’applicazione di questo metodo, denominato “capability approach”, incontra, senza dubbio, delle problematicità. Una difficoltà, ad esempio, si identifica nella scarsa disponibilità di fonti statistiche per la collezione e lo studio delle informazioni, riguardanti l’osservazione e la misurazione sperimentale, delle capacità e dei funzionamenti. Una delle critiche recita: “l’approccio delle capabilities di Sen, non offre buone terapie, al di là delle buona diagnosi sulle lacune delle tradizionali teorie del benessere132”. 132 L. Bruni, L’economia, la felicità e gli altri, Città Nuova, Roma 2004, cit. p 28. 63 Martha Nussbaum è una studiosa che riscontra questo tipo di problema, e riprende in mano questo approccio delle capacità, con un’analisi programmatica, di soluzioni istituzionali e politiche, collocate in funzione delle suddette, capacità fondamentali133. L’autrice, rilancia - contrattaccando Sen – un approccio prescrittivo al benessere, appoggiando la propria teoria, su di un elenco di dieci capacità fondamentali (Central Human Functional Capabilities), “in base a ciò che l’essere umano è realmente in grado di fare e di essere134”. Egli ribatte la critica della Nussbaum, chiarendo: “la mia difficoltà di accettarla come la sola strada, deriva, in primo luogo, dalla preoccupazione che quella visione della natura umana (come unica lista di funzionamenti), possa essere troppo specificata, in secondo luogo dall’importanza del tipo di oggettività implicato in questo approccio … … utilizzare l’approccio delle capacità non richiede di prendere necessariamente quella strada, e la sua deliberata incompletezza, lascia libere altre strade che possono avere la loro plausibilità135”. In tempi recenti, in questo specifico settore di studi, “si è formato quel trend, che si dirige verso la necessità di mescolare gli indicatori oggettivi della qualità della vita con quelli soggettivi136”. Gli studiosi e la maggioranza degli economisti sperimentano questa tendenza citata, iniziando un nuovo concetto come quello del reddito relativo, che ingloba con sé aspetti psicologici e fattori che si riferiscono al contesto specifico. L’argomentazione di reddito o consumo relativo, dato dalla differenza tra reddito percepito dal soggetto e quello posseduto dagli altri individui a lui vicini, non è nuova nel panorama economico, venne infatti introdotta, per la prima volta, dall’economista statunitense, J. S. Duesenberry, già nel 1949. Dal lato matematico, se precisiamo che, Fi sia la felicità di un individuo “i”, e che Ri, sia il suo reddito percepito, si converrà nella seguente relazione: Fi = f [(Ri),(Ri-Rn)], dove Rn, rappresenta il reddito delle persone prossime ad “i”. L’interpretazione di questa singolare funzione può essere identificata con: “se il reddito procapite (individuale) aumenta, ma la differenza tra questo e quello di riferimento non aumenta, o addirittura diminuisce, ecco spiegata la diminuzione della felicità137”. 133 Cfr. paragrafo 1.4.3. L. Bruni, L’economia, la felicità e gli altri, Città Nuova, Roma 2004, cit. p. 28. 135 Ivi, cit. p. 29. 136 Ivi, cit. p. 29. 137 Ivi, cit. p. 32. 134 64 La ricerca della felicità individuale, tende a donare, una diminuzione della felicità pubblica, in ragione di “esternalità posizionali138”. Lo squilibrio riscontrato, fa riferimento ad un contesto di economia globalizzata, nella quale si assume che il collegamento con gli individui non avvenga con le attigue comunità locali, i vicini o la stessa economia nazionale, ma attraverso vere e proprie potenze mondiali, dove, indubbiamente, il gap che divide l’aumento del reddito individuale con quello di riferimento, affronta una diversa piega (aumentandosi o riducendosi), in base al gruppo economico o Paese, preso come campione di confronto. 138 Ivi, cit. p. 33. 65 Capitolo 3 Qualità della vita e felicità: un’analisi empirica Dopo aver approfondito le critiche al PIL e le peculiarità degli studi sulla felicità, è stata affrontata un’indagine sulla qualità della vita degli abitanti della Città di Grosseto, attraverso la somministrazione di un questionario da me redatto e ideato. Nello specifico, è stato analizzato, se e come, variabili economiche e sociali rappresentate in un’apposita domanda contenuta nella survey, con un approccio basato sulla tecnica statistica “difference in differences”. Si è misurato anche, il grado di affezione verso tematiche sociali che vadano oltre al PIL, che gli abitanti esprimono. All’interno di quest’ultimo capitolo, verrà chiarita, la metodologia impiegata per l’elaborazione del questionario, la raccolta e analisi dei dati e, infine, delle valutazioni conclusive in base ai risultati ottenuti. Nelle appendici poste in conclusione del progetto, invece, si esporrà il layout del questionario, la chiarificazione delle variabili impiegate per le regressioni, adoperate all’interno dell’elaborato ed infine, un elenco degli output di riepilogo, in riferimento alle regressioni svolte. 3.1 La progettazione del questionario Il progetto empirico che verrà illustrato nelle pagine seguenti, è frutto di un interesse, verso la definizione della qualità della vita degli abitanti della Città di Grosseto. 66 La scelta di creare un questionario apposito, è essenzialmente dovuta al fatto, di una maggiore praticità, per un’analisi condotta sul campo, e per cercare di fornire un quadro esaustivo del tema oggetto di studio. Il questionario, è stato elaborato attraverso uno specifico programma sul web, chiamato “Google Forms” - Moduli Google - ; un tool fornito dallo stesso Google, che consente di mettere in atto differenti surveys ed indagini, in maniera unica ed esclusiva, adattandole alle differenti esigenze di ricerca. All’interno dell’indagine, sono stati presentati 26 quesiti, che possono essere ricondotti a tre macro suddivisioni. La prima sezione di domande, fa riferimento, allo status personale dell’utente a cui viene posta l’indagine, con metodologia “a scelta multipla”, quindi domande come età, sesso, titolo di studio, attività lavorativa e zona o circoscrizione di residenza. La seconda sezione, invece, raggruppa tutte quelle domande inerenti alla percezione della Città da parte degli utenti: il livello di soddisfazione della zona, il livello di soddisfazione di alcuni servizi offerti dalla città ed il grado di sicurezza urbano all’interno delle mura cittadine nella propria zona, ed in periferia, secondo una tecnica riconducibile alla Scala Likert139; questi tre quesiti vengono posti anche rispetto al passato, coerentemente, con il progetto che è stato poi sviluppato. Si susseguono poi, impressioni cittadine sull’inquinamento, la vitalità, il verde urbano e la fiducia verso le istituzioni della città, che prevedevano una risposta tra le varie opzioni a scelta multipla presentate; viene chiesto inoltre, l’importanza della misurazione di tematiche sociali oltre al PIL per valutare il benessere. L’ultima suddivisione di quesiti, fa riferimento alla condizione soggettiva di vita. Qui, si intrecciano domande sul grado di soddisfazione di aspetti sociali come la vita privata, l’attività lavorativa, le relazioni sociali, il tempo libero e la situazione economica - anche rispetto al passato - con la richiesta del livello di felicità attuale ed il confronto con il passato. Il questionario così redatto, creato nel web, è stato lanciato in uno dei social network più in voga di quest’epoca sempre più social-friendly, e cioè “Facebook”. Per avere più risposte 139 La Scala Likert, è una tecnica utilizzata per misurare il cosiddetto “atteggiamento”. Solitamente per ogni variabile da sviluppare si presenta una scala di accordo/disaccordo, preferibilmente, con 5 o 7 modalità di riferimento. Agli utenti quindi, viene chiesto il loro grado di accordo o disaccordo, in riferimento ad una specifica richiesta. La somma dei giudizi, rivelerà, l’atteggiamento dell’individuo nei confronti di quello specifico oggetto considerato. Consultato il sito Wikipedia, http://it.wikipedia.org/wiki/Scala_Likert. 67 possibili è stato inoltre pubblicato, su due gruppi presenti attivamente su Facebook, riguardanti la Città di Grosseto: “I love GROSSETO” e “Sei grossetano se…”. Si è così riscontrato un tasso di partecipazione dei cittadini estremamente alto, che ha fatto crescere il numero di opinioni, ed ha dimostrato come le tematiche urbane e sociali si rivelino un aspetto di forte importanza ed interesse, all’interno di un contesto territoriale e socio-demografico, qual è, la Città. Per alcune fasce d’età, che non utilizzano il mezzo di Internet e non possiedono un account e-mail, è stato necessario procedere a questionari sul campo, intervistando personalmente gli utenti. L’indagine ha interessato un arco di tempo compreso tra fine Marzo ed il 21 Aprile 2015. 3.2 Sintesi grafica delle risposte Il campione di utenti che ha risposto interamente al questionario, e premeva “Invia” alla fine di esso, trasferiva le risposte in un database, rappresentato concretamente da un foglio Excel, a cui l’applicazione Moduli Google, destinava tutte le risposte effettuate al questionario, ordinandole inoltre, per base temporale di invio. Successivamente alla spedizione del questionario, e trascorso l’arco di tempo preso in esame per questo studio, sono pervenute 165 risposte. Di seguito, si riportano alcuni dei grafici relativi alla distribuzione delle varie risposte, con indicazione del numero di persone che hanno preferito una determinata opzione, sottolineando, in aggiunta, le varie percentuali. 68 2% [4] 50.3% [83] 19% [32] M 49.7% [82] Fino a 20 35% [57] 21-39 F 40-59 44% [72] Grafico 1 – Sesso +60 Grafico 2 – Età 0.6% [1] 0.6% [1] 7.3% [12] 15.8% [26] Nessuno Lic.elementare 29.1% [48] Lic.media Diploma scuola superiore Laurea/Laurea magistrale Dottorato/Scuola di specializzazione 46.7% [77] Grafico 3 – Titolo di studio 12.1% 5.5% 2,4% [4] [20] [9] 0 7.3% [12] 23.6% [39] Lav.autonomo Lav. dipendente Studente 21.8% [36] Casalingo/a 9.7% [16] Pensionato/a 9.1% [15] 40% [66] Disoccupato/a Inoccupato/a 9.7% [16] Pace Barbanella Cittadella Altro Grafico 4 – Attività lavorativa 21.8% [36] 21.2% [35] 15.8% [26] Centro Gorarella Altre zone o frazioni Grafico 5 – Zona/circoscrizione di residenza 69 6% [10] Molto 27% [44] Abbastanza Poco 67% [111] Per niente Grafico 6 – Distribuzione risposte ”Importanza di misurare il benessere con aspetti che vanno oltre il PIL” 80 43% 70 60 32% 50 40 30 11% 20 10 10% 3% 1% 0 0 1 2 3 4 5 Grafico 7 – Distribuzione risposte relative alla felicità attuale con un punteggio da 0 (per niente) a 5 (molto felice) 15% [24] 26% [43] Più felice Uguale 59% [98] Meno felice Grafico 8 – Distribuzione risposte relative al livello di felicità rispetto al passato 70 Grafico 9 – Distribuzione risposte relative alla soddisfazione attuale dei servizi offerti dalla Città di Grosseto, con un punteggio da 0 (per niente) a 10 (molto soddisfatto) 71 Grafico 10 – Distribuzione risposte relative alla soddisfazione dei servizi rispetto al passato 30% 27% 25% 21% 20% 16% 15% 13% 10% 7% 5% 5% 1% 1% 0 1 4% 4% 9 10 2% 0% 2 3 4 5 6 7 8 Grafico 11 – Distribuzione risposte della soddisfazione attuale della Zona/circoscrizione di residenza 6% [9] 39% [65] Più soddisfatto 13% [21] Ugualmente soddisfatto Meno soddisfatto Abitavo in un'altra zona 42% [70] 72 Grafico 12 – Distribuzione risposte relative alla soddisfazione della Zona/circoscrizione di residenza rispetto al passato 70% 61% 58% 60% 52% 50% 50% 44% 47% 42% 40% 32% Molto 34% 29% 30% 29% Abbastanza Poco 20% 19% 16% 10% 10% 7% 5% 1% 18% 19% 5% 16% Per niente 2% 3% 1% 0% Sua zona di Sua zona di giorno notte Centro di giorno Centro di Altre zone di Altre zone di notte giorno notte Grafico 13 – Distribuzione risposte relative al livello attuale di sicurezza nelle varie zone della Città 80% 70% 76% 76% 68% 61% 60% 56% 54% 50% 44% 42% Più sicuro 37% 40% Uguale 29% 30% 23% 22% Meno sicuro 20% 10% 3% 2% 2% 2% 2% Centro di giorno Centro di Altre zone di Altre zone di notte giorno notte 1% 0% Sua zona di Sua zona di giorno notte Grafico 14 – Distribuzione risposte relative al livello di sicurezza rispetto al passato 73 70% 63% 58% 60% 53% 46% 50% 45% 44% 38% 40% 30% 27% Molto soddisfatto Abbastanza soddisfatto 23% 17% 20% 20% 19% 14% 9% 10% Per niente soddisfatto 10% 7% 2% 1% Poco soddisfatto 3% 1% 0% Vita Privata Attività Relazioni con i Relazioni con Tempo libero lavorativa familiari amici e conoscenti Grafico 15 – Distribuzione risposte relativa alla soddisfazione attuale di alcuni aspetti sociali 70% 60% 49% 50% 40% 42% 38% 33% 30% 20% 59% 55% 41% 25% 13% 35% 33% 33% Migliorata Invariata 24% Peggiorata 12% 8% 10% 0% Qualità della vita Attività lavorativa Relazioni sociali Tempo libero Situazione economica Grafico 16 – Distribuzione risposte relative alla soddisfazione di alcuni aspetti sociali ed economici rispetto al passato 7% [11] Grafico 17 – Migliorata 43% [72] Distribuzione risposte relative alla Invariata situazione economica del nucleo familiare 50% [82] Peggiorata rispetto al passato 74 3.3 L’analisi dei dati Per un’analisi dettagliata dei dati ottenuti, e per fornire un quadro più esauriente possibile, occorre non solo procedere e soffermarsi sulla raccolta dei dati, tramite il database che contiene il complesso di risposte accolte, ma è altresì necessario, una loro più efficiente e proficua pianificazione e progettazione. Prima di procedere con la vera e propria analisi dei dati, giova riservare un breve spazio, a richiami nozionistici di statistica. Per verificare la presenza di legami empirici tra le variabili prese in esame, è stato fatto riferimento ad un importante modello statistico, il modello di regressione lineare. Questo metodo, consente di analizzare la relazione che lega, una variabile dipendente o di risposta, ad una o più variabili indipendenti o esplicative, attraverso la stima dei parametri impiegati nel modello, ma anche, tramite lo studio della loro significatività, mediante l’intervento di test statistici funzionali, verificando eventualmente, anche la bontà di adattamento del modello, ai dati campionari raccolti. Per questo tipo di analisi, si è reso necessario, l’impiego del modello di regressione lineare multipla, che premette l’utilizzo di più variabili indipendenti. L’equazione che rappresenta il modello è la seguente: Yi = β0 + β1X1 + β2X2 + … + βnXn + ε Dove Yi, costituisce il i-esimo valore assunto dalla variabile dipendente; β0 e βn, rappresentano rispettivamente l’intercetta e il coefficiente di regressione di X n, cioè la nesima variabile indipendente impiegata nel modello, ed ε, si identifica come una variabile casuale, che costituisce l’errore statistico. Il coefficiente di regressione, specifica l’incremento della variabile dipendente in corrispondenza di un aumento unitario della variabile indipendente. L’errore invece, chiarisce la definizione di scarto, dovuto ad una discrepanza tra i valori di “y” osservati e quelli stimati (εi = yi – ŷi ), mediante un legame corretto e funzionale con il parametro “x”. 75 Il criterio dei minimi quadrati o OLS (Ordinary Least Squares), è risultato agevole, nella determinazione dei parametri del modello, anche perché consente, di minimizzare la somma dei quadrati delle distanze tra i dati osservati ed i dati stimati. Per questo tipo di analisi e ricerca, verranno costruite una serie di modelli di regressione con l’utilizzo di più variabili indipendenti, anche impiegando alcune delle variabili di controllo, che permettono, talvolta, un incremento di significatività dell’ipotesi assunta. Si rimanda all’Appendice 2, per chiarimenti sull’uso delle variabili e sulla metodologia applicata, per analizzare i dati ottenuti. La prima regressione attuata, vedi Tabella 2 in Appendice 3, produce la seguente situazione: ∆ Qualità della vita 97% ∆ Felicità 100% ∆ Attività lavorativa ∆ Tempo libero Dallo schema, si nota una relazione statisticamente significativa al 100% (freccia verde) tra ∆ Attività lavorativa e ∆ Felicità, ed emerge, un aspetto sociale, come ∆ Qualità della vita statisticamente significativo, per circa il 97% (freccia celeste). La variabile “∆ Tempo libero”, non risulta significativa (freccia tratteggiata nera). Si dimostra così che la variazione del livello di felicità passata dipende per la totalità degli intervistati, dalla variazione del livello di soddisfazione di un aspetto economico della società, e cioè dell’attività lavorativa prestata, ed inoltre essa, ha inciso sulla soddisfazione del modo e la “qualità del vivere” passato. L’inserimento dei tre parametri di controllo, non rende il quadro più significativo. Si è proceduto ad inserire, in questo modello di regressione la variabile “Etಔ, per verificare gli effetti non lineari della dipendenza dal livello di felicità, basata sul parametro dell’età; risulta un coefficiente negativo e una non significatività della variabile, si veda per chiarimenti, la Tabella 3 in Appendice 3. 76 Successivamente, si è proceduto ad effettuare, un secondo gruppo di regressioni, ponendo come variabili dipendenti, le variabili incluse nella domanda n°21 del questionario (Vedi Appendice 1 – Layout del questionario). Ciascuna variabile, posta come quella dipendente (“∆ Qualità della vita”, “∆ Attività lavorativa”, “∆ Relazioni sociali”, “∆ Tempo libero” e “∆ Situazione economica”), verrà confrontata solo ed esclusivamente con variabili indipendenti che rientrano nel campo di correlazione con essa. Inizialmente, si è reso necessario procedere, con delle regressioni che mettono in relazione ∆ Zone di parcheggio 99% ∆ Qualità della vita 98% ∆ Locali di intrattenimento Servizi la variabile dipendente (∆ Qualità della vita) con una serie di variabili indipendenti. ∆ Sicurezza 98% Titolo di studio Dallo schema proposto, emerge una relazione statisticamente positiva e significativa di circa il 99% (freccia arancio) tra la variabile “∆ Qualità della vita” e “∆ Zone di parcheggio”. Si evidenzia anche un legame significativo, che incide, per il 98% (freccia blu), anche nei riguardi della variabile “∆ Locali di intrattenimento”. La variabile “∆ Sicurezza”, non risulta significativa (freccia nera), si veda per chiarimenti, la Tabella 6 in Appendice 3. Se in questa stessa regressione, aggiungiamo anche i tre parametri di controllo, si evidenzia una stabilità nella significatività della variabile “∆ Zone di parcheggio” ma si denota una diminuzione nella significatività, per la variabile “∆ Locali di intrattenimento”, che scende a circa il 96%. E’ interessante notare, che in questa versione della regressione, incide notevolmente (circa 98% - freccia blu), sulla percezione della variazione della qualità della vita, il possesso di un elevato titolo di studio; si veda per chiarimenti, la Tabella 7 in Appendice 3. 77 La seconda variabile posta in relazione con altre variabili indipendenti è ∆ Attività lavorativa. Sono state riscontrate difficoltà, nel reperimento di variabili che andassero a spiegare in maniera più precisa, su quali fattori, dipendesse l’attività lavorativa. I risultati delle regressioni effettuate sono riassunti nello schema che segue: 100% ∆ Attività lavorativa ∆ Tempo libero Titolo di studio 95% In questo caso, si evince, una relazione statisticamente significativa al 100% (freccia verde), tra “∆ Tempo libero” e “∆ Attività lavorativa”; si veda per chiarimenti, la Tabella 8 in Appendice 3. Aggiungendo a questa stessa regressione, i tre parametri di controllo, la situazione per ∆ Tempo libero non cambia – sempre statisticamente significativo al 100% – ma si rivela essere significativo, il parametro “Titolo di studio, per circa il 95% (freccia rossa); si veda per chiarimenti la Tabella 9 in Appendice 3. Si rileva quindi, che la soddisfazione per l’attività lavorativa, dipende strettamente dalla soddisfazione che si ha per il tempo libero, e ciò, è riscontrato, da chi possiede un titolo di studio elevato. Si è proseguito a considerare la terza variabile, relativa a ∆ Relazioni sociali. Si prospetta il seguente schema: ∆ Soddisfazione zona 100% ∆ Relazioni sociali 96% ∆ Strutture ricreative 100% Età 78 La variazione della soddisfazione attuale con quella passata, in riferimento alle “Relazioni sociali”, è statisticamente significativa con “∆ Soddisfazione zona” per circa il 100% (freccia verde), ed anche con il servizio correlato “∆ Strutture ricreative” per circa il 96% (freccia viola); per chiarimenti si veda, la Tabella 10 in Appendice 3. Se aggiungiamo i tre parametri di controllo, notiamo come rimane stazionaria una significatività di circa il 100% per “∆ Soddisfazione zona”, rimane stabile al 96%, la significatività del servizio preso in considerazione, ed emerge una significatività relativa al parametro dell’età: si rivela essere significativo per circa il 100% (freccia verde), ma evidenzia un coefficiente negativo, ciò sta ad indicare che, all’aumentare dell’età, si riscontra una diminuzione nella soddisfazione che si ha per le relazioni sociali. Per chiarimenti si veda, la Tabella 11 in Appendice 3. Analizzando la variabile “∆ Tempo libero”, emergono i seguenti risultati: ∆ Sit. ec del nucleo familiare 98% 99% ∆ Verde pubblico ∆ Locali di intrattenimento 95% Servizi ∆ Tempo libero ∆ Strutture ricreative La schematizzazione proposta, evidenzia una relazione significativa per circa il 98% (freccia blu) tra “∆ Situazione economica del nucleo familiare e “∆ Tempo libero”. Con l’unione di alcuni servizi correlati alla fattispecie del tempo libero (Verde pubblico, Locali di intrattenimento e Strutture ricreative), vediamo una correlazione statisticamente significativa per circa il 99% (freccia arancio), per la soddisfazione del servizio “Verde pubblico”, e una significatività di circa il 95% (freccia rossa), per la soddisfazione del servizio “Strutture ricreative”. La soddisfazione per la variabile “Locali di intrattenimento” risulta non essere significativa (freccia nera tratteggiata). Per chiarimenti si veda, la Tabella 12 in Appendice 3. 79 E’ interessante notare che, aggiungendo i tre parametri di controllo, la situazione non cambia minimamente, e non si nota nessuna significatività, emanata da essi; per chiarimenti si veda, la Tabella 13 in Appendice 3. Conclude, questo secondo gruppo di regressioni, l’analisi della variabile “∆ Situazione economica”. Come per la variabile “Attività lavorativa” è risultato difficoltoso, la ricerca di variabili correlate che rientrassero nella fattispecie della “Situazione economica”. ∆ Situazione economica ∆ Sit. ec del nucleo familiare Sesso Titolo di studio Età Non esistono relazioni significative, se poniamo in relazione la variabile “∆ Situazione economica” con altre variabili indipendenti correlate. L’aggiunta dei tre parametri di controllo, non porta a nessun tipo di quadro significativo. Per chiarimenti si veda le Tabelle 14-15 in Appendice 3. Il terzo gruppo di regressioni attuate, è quello che porta a un’interessante risvolto, su cui è necessario soffermarsi. Si è proceduto ad effettuare, una regressione ponendo in relazione, la variabile “Importanza aspetti oltre il PIL” con altre variabili indipendenti (i tre parametri di controllo attuati in precedenza e “∆ Felicità”), per cercare di capire se il benessere, poteva essere misurato anche basandosi su altri aspetti qualitativi che incidono sulla qualità della vita. I risultati emersi sono riassunti nel seguente schema: Importanza aspetti oltre il PIL 100% 80 Titolo di studio E’ di facile intuizione capire che, risulta una relazione statisticamente significativa tra l’importanza di misurare il benessere anche attraverso aspetti sociali, e il parametro di controllo del “titolo di studio”. Risulta infatti, statisticamente significativo per circa il 100% (freccia verde), con la positività del coefficiente: quindi, questo tipo di situazione è verificata, per chi possiede un titolo di studio elevato. Per chiarimenti si veda la Tabella 1 in Appendice 3. Data l’elevata significatività del titolo di studio, l’analisi si è indirizzata verso altre due interessanti regressioni. Si è così riproposto, la regressione che vedeva “∆ Felicità”, porsi in relazione con le altre variabili indipendenti (prima regressione effettuata) ed i parametri di controllo, in una nuova veste, secondo una suddivisione dell’aggregato “titolo di studio” in due differenti campioni, “titolo di studio basso”, che comprende le “porzioni di torta” blu, rosso, verde e viola, rappresentate rispettivamente da nessun titolo, lic. elementare, lic. media e diploma superiore, e “titolo di studio alto”, che comprende le porzioni celeste e arancio rappresentate dalla laurea o laurea magistrale e dottorato (si veda Grafico 3 in Paragrafo 3.2). Si riscontrano due tipo di risultati, riassunti negli schemi seguenti: Campione “Tit.stud alto” Campione “Tit.stud basso” ∆ Qualità della vita 98% ∆ Felicità 100% ∆ Felicità ∆ Attività lavorativa 99% 96% ∆ Tempo libero Sesso Nel campione “Tit.stud alto”, vi è un influenza statisticamente significativa di circa il 100% (freccia verde) da parte della variabile “∆ Attività lavorativa“, per chiarimenti si veda la Tabella 4 in Appendice 3. Quindi si ritiene, che chi possiede un titolo di studio elevato, considera l’importanza di misurare la felicità ed il benessere, inserendo nella stima anche variabili sociali e non solo 81 economiche, ma, in realtà, la loro felicità è influenzata per quasi la totalità, dall’attività lavorativa; riconducibile quindi, ad un aspetto produttivo della società. Nel campione “Tit.stud basso”, vi è un’influenza statisticamente significativa di circa il 98% (freccia blu ) da parte della variabile “∆ Qualità della vita”, e anche un’incidenza di circa il 99% (freccia arancio) per la variabile “∆ Tempo libero”; in questo tipo di regressione, si denota anche una significatività del parametro “Sesso” di circa il 96% (freccia viola). Per chiarimenti si veda, la Tabella 5 in Appendice 3. L’altra conclusione è quella che porta a sostenere che, chi possiede un titolo di studio basso, ritiene che non sia importante misurare il benessere attraverso aspetti che vadano oltre una valutazione quantitativa, ma, in realtà, la loro felicità è influenzata in larga parte (significatività del 98-99%) da aspetti sociali come, la qualità della vita e il tempo libero. 82 Conclusioni Il Prodotto Interno Lordo (PIL), rappresenta, il simbolo dello sviluppo e della crescita economica. Utilizzato, come parametro di riferimento, dai più potenti establishment governativi, ha conquistato il “ruolo di eccellenza”, per gestire e monitorare le economie degli Stati. E’ pressoché inconfutabile, che una maggiore ricchezza, porti ad un incremento nel livello del benessere, garantito da una soddisfazione più immediata dei bisogni e delle esigenze fondamentali, per ogni individuo. Di conseguenza, è stata associata più volte, la misura quantitativa del PIL, con il concetto di benessere. Questo tipo di relazione – reddito e benessere – non è stata esente da critiche. Il “movimento” della critica al PIL, è sicuramente caratterizzato, da eterogeneità, in quanto, si scontrano posizioni che rifiutano in modo decisivo, l’idea che la crescita fosse collegata al PIL, con coloro che ritengono che, integrare o aggiustare, l’aggregato quantitativo, con aspetti che comprendono in maniera più corretta, lo sviluppo umano ed economico, sia il passo giusto da compiere. In un certo senso, la critica al PIL, ha permesso un mutamento di prospettiva, spostando l’ attenzione delle cariche istituzionali ma anche del popolo, verso gli aspetti qualitativi dello sviluppo, non più esclusivamente sulla sua peculiarità quantitativa. E’ stata aperta la strada ad aspetti come Equità, Sostenibilità ambientale, Diritti fondamentali, Ridistribuzione delle risorse, che hanno raggiunto, in breve termine, una riconoscenza solida, su tutti i livelli. Si sono così affermate, nuove dimensioni all’interno del panorama degli indicatori, che hanno permesso il susseguirsi e la nascita di nuove misurazioni: il GPI, Genuine Progress Indicator, l’HDI, Human Development Index, il BES, Benessere Equo e Sostenibile, sono solo alcuni degli esempi più noti che sono stati utilizzati a livello nazionale ed internazionale. La ricerca che si propone, è quella di valutare lo sviluppo, in maniera “umana”, cioè permettere all’essere umano di soddisfare gli obiettivi che si prefigge, e garantirsi una vita dignitosa ed il più possibile felice; e “genuina”, contabilizzando anche i costi e i danni, che il progresso economico, ne lascia traccia. 83 Una prima conclusione a cui si è giunti, è quella che vede, l’impossibilità di analizzare il benessere attraverso una relazione univoca, con l’aggregato economico del PIL. Della stessa idea, sono gli studi proposti da economisti, sociologi e psicologi sull’Economia della Felicità. L’opinione prevalente, rivela che il PIL, non fornisce, una misura precisa di come il reddito viene ridistribuito all’interno di un’economia, ed ancora, raggiunto un certo livello di benessere, dovuto alla soddisfazione di bisogni primari, un aumento del PIL, non comporta più un maggior benessere, ma viene avvertito come una situazione negativa, che arreca insoddisfazione e infelicità, per la popolazione. Questo drammatico stato d’animo, viene confermato, come comune denominatore, seppur, in maniera diversa, dagli studi di Easterlin, Scitovsky, Hirschman. L’economista Pugno, per esempio, afferma che lo sviluppo economico, distoglie l’attenzione degli individui, dai cosiddetti “beni relazionali”, che sono quelli che effettivamente, arrecano migliorie sulla qualità della vita. Il consumismo diffuso, che la società ci impone, e che ci fa esasperare, contempla un illusorio mito di benessere, per cui, imbattendosi continuamente contro una delusione ingannevole, non realizziamo altro che differire le nostre preferenze ed ambizioni, verso un disparato set di beni, nutrendo il PIL ma non di certo, la nostra felicità. Una volta compreso, che lo sviluppo economico deve corrispondere a un reale miglioramento negli standard di vita delle persone, si è avvertita quindi, l’esigenza, di chiarire il concetto di qualità della vita. Oggi, tutti parliamo di qualità della vita e tutti, concordiamo nella sua importanza. Il suo concetto ci appare intuitivo e di facile comprensione, ma in realtà esso, si differenzia in base al singolo ambito di applicazione. Si ammette quindi, l’impossibilità di riconoscere una definizione oggettiva e universale. Alcuni studiosi, accostano il tema di quality of life, con la valutazione dello sviluppo sostenibile; in campo medico, si equipara la qualità della vita al concetto di salute. In questo elaborato, vengono misurate le percezioni qualitative, urbane e socio-economiche, relazionate ad un campione rappresentato, dagli abitanti della Città di Grosseto. L’indagine che è stata condotta, è stata realizzata tramite un questionario somministrato in rete, ed ha avuto lo scopo di verificare, l’eventuale dipendenza e correlazione, della variazione del livello di felicità attuale rispetto al passato, con variabili socio-economiche, ed 84 inoltre, si è indirizzata a rilevare le percezioni degli abitanti, sul tema dell’importanza di conteggiare aspetti che vadano oltre il PIL, per misurare il benessere. L’analisi, ha interessato il periodo Marzo-Aprile 2015, ottenendo un numero di risposte pari a 165. La partecipazione dei cittadini, alla compilazione del questionario, si è rivelata soddisfacente: nessuno si è dispensato nel completarlo, ed anzi, alcuni cittadini hanno riservato pareri positivi, per l’indagine presentata. I risultati indicano, una stretta correlazione tra la variazione di felicità, e due variabili: la qualità della vita degli abitanti e l’attività lavorativa svolta. Indagando, sulle singole variabili prese in esame, emerge una correlazione tra la variazione della soddisfazione attuale rispetto al passato della qualità della vita, e la soddisfazione per le zone di parcheggio della Città, ed i locali di intrattenimento, presenti sul territorio, per chi possiede un titolo di studio elevato. Per quanto riguarda, la variazione della soddisfazione attuale rispetto al passato dell’attività lavorativa, si può affermare, che essa, è strettamente correlata con la soddisfazione procurata dal tempo libero; rilevante ancora, il possesso di un titolo di studio elevato. Questo risultato, evidenzia, che gli abitanti con un livello di istruzione elevata, trovano soddisfazione nell’ambiente lavorativo, se hanno a disposizione una buona fetta di tempo libero, e ritengono importanti, gli aspetti qualitativi-urbani della Città, come i locali e le zone di parcheggio, che gli donano un determinato benessere. In realtà, suddividendo il campione degli abitanti presi in esame, in base al titolo di studio posseduto (60 - livello istruzione elevato e 105 – livello istruzione basso), si denota un contrasto nelle percezioni della loro felicità e di importanza di aspetti sociali e qualitativi. Il campione di abitanti che possiede un titolo di studio elevato, sebbene, ritiene sia importante valutare aspetti che non si soffermano univocamente su parametri economici, riscontra che la felicità dipende solamente da una variabile economica che è appunto, l’attività lavorativa. Il campione di abitanti che possiede un titolo di studio basso, invece, che non crede che valutare il benessere anche in maniera qualitativa, sia un fatto necessario, riscontra che la felicità dipende essenzialmente, da variabili sociali, come la qualità della vita e il tempo libero. 85 Questo può essere visto come un costo per il mancato sfruttamento di un vantaggio, e cioè, un costo-opportunità: chi è impegnato assiduamente in un’attività lavorativa, vorrebbe riuscire a ritagliare un po’ di tempo per sé, ma nella realtà poi, ciò non avviene, e quindi la sua felicità, stenta a decollare. Analizzando la variazione del livello di soddisfazione attuale rispetto al passato del tempo libero, possiamo dire che, essa è strettamente correlata con la soddisfazione che proviene dalle zone di verde urbano presenti nella Città, e dalla soddisfazione per le strutture ricreative (sport, cultura), dislocate nel territorio. La Città di Grosseto, infatti, è collocata in un territorio ricco di luoghi e siti dove trascorrere il proprio tempo libero. Emerge anche, una stretta correlazione, con la variazione attuale rispetto al passato della situazione economica del nucleo familiare. Quindi, comunemente, si ritiene che chi non possiede un reddito dignitoso, non possa godersi il tempo libero. Sappiamo che, nella realtà, la soddisfazione per il proprio tempo libero è una condizione soggettiva, e si scovano vie alternative per soddisfare le proprie esigenze di hobby o quant’altro; molti individui trovano un appagamento anche con semplici gesti, come fare lunghe passeggiate o una corsa in bici, che non presuppongono la disponibilità di un determinato tenore di vita. L’aspetto delle relazioni sociali - che riguarda i rapporti con i familiari ma anche con amici o conoscenti - mostra una correlazione con la soddisfazione della zona di residenza, quindi la maggioranza degli intervistati ha un proprio “gruppo sociale” nel proprio circondario, ed inoltre, si denota una correlazione con il servizio proposto delle strutture ricreative. In questo caso è interessante notare, come il parametro dell’età, incida in maniera rilevante: ad un aumento dell’età considerata, si riscontra una diminuzione nella soddisfazione per le relazioni sociali; i giovani quindi, sono la categoria che sfrutta al meglio, i servizi, e ritiene che sia fondamentale la zona di residenza per esercitare la rete di rapporti sociali. Il parametro della variazione della soddisfazione attuale rispetto al passato, della situazione economica, non è influenzata da alcuna variabile. Secondo l’indagine, la situazione economica rispetto al passato del nucleo familiare, è peggiorata o invariata per 154 individui (94%) e migliorata solo per 11 individui (6%); mentre quella individuale è peggiorata per 97 individui (59%), invariata per 55 (34%) e migliorata per 13 persone (7%). Questa stime sono 86 in linea, con la situazione economica - satura della crisi, disoccupazione e il tema pensionistico - presentata dalla nazione. Le Città, sono lo spazio in cui i cittadini vivono, in cui si confrontano e affrontano insieme le avversità e i cambiamenti, il luogo in cui si formano le economie e si sviluppano i “piccoli” motori del progresso sociale. A mio avviso, mantenere una buona qualità della vita urbana, significa coltivare una risorsa per i cittadini di oggi ma, soprattutto, per i cittadini di domani. Seppur negli ultimi cinquant’anni, la qualità della vita sia migliorata, la recessione che ha interessato il periodo 2007-2009, ha condotto ad un brusco peggioramento nei riguardi dei redditi, degli occupati, e dei consumi. Sul fronte urbano, una Città che sa evitare la crisi, investendo su politiche green economy, che comprendono le esigenze espresse dai cittadini, e sulla competitività, è una città che è in grado di accrescere la qualità della vita, dando una speranza per il futuro ai più giovani, ed attenuando quegli effetti psicologici e sociali che si fanno sempre più minacciosi (insicurezza e timore verso gli altri). Purtroppo però, la mancanza di chiarezze sui fattori che compongono la qualità della vita - in quanto variabile astratta e di difficile definizione inducono le istituzioni e i governi locali, ad errori sulle scelte di investimento in campo politico e finanziario, aggravando la condizione di una Città. Si rivela infatti, che la fiducia verso le istituzioni politiche e amministrative, della Città di Grosseto, risulta essere scarsa (Poca fiducia – 92 persone su 165), circa il 56% del campione di riferimento, con un 18% che si ritiene “per niente fiducioso”, dell’operato svolto. Ecco che, un questionario, così svolto, e ricco di quesiti, può rivelarsi, un utile strumento per amministratori e cariche comunali, per rivedere i punti di forza e debolezza della Città, e per dare udienza anche alle voci del popolo. Questo “dibattito” non è utopistico, perché tutte queste riflessioni e concetti espressi, sono coniugati allo sviluppo e al cambiamento delle attese di miglioramento, dei bisogni e dei fondamenti culturali e valoriali che caratterizzano la nostra società. 87 Appendice 1 – Layout del questionario Percezione della qualità della vita degli abitanti nella Città di Grosseto Università degli Studi di Siena - Dipartimento di studi aziendali e giuridici Questo questionario è anonimo e i risultati ottenuti saranno utilizzati esclusivamente per l'elaborazione della tesi. *Campo obbligatorio 1. Sesso * M F 2. Età * Fino a 20 21-39 40-59 +60 3. Titolo di Studio * Nessuno Lic. elementare Lic. media Diploma di scuola superiore Laurea//Laurea magistrale Dottorato/Scuola di specializzazione 4. Attività lavorativa * Lav. autonomo 88 Lav. dipendente Studente Casalingo/a Pensionato/a Disoccupato/a Inoccupato/a (mai svolto attività lavorativa) Altro 5. Zona/circoscrizione di residenza * Pace Centro Barbanella Gorarella Cittadella Altre zone o frazioni PERCEZIONE DELLA CITTA' 6. Utilizzando un punteggio da 0 (per niente) a 10 (completamente), quanto è soddisfatto della zona in cui abita? * 0 1 2 3 4 5 per niente 6 7 8 9 10 completamente 7. E rispetto a 5 anni fa? * Più soddisfatto Ugualmente soddisfatto Meno soddisfatto Abitavo in un'altra zona 8. Finora il benessere è stato misurato soprattutto in termini economici tramite il PIL (cioè il Prodotto Interno Lordo, che esprime il valore complessivo dei beni e dei servizi prodotti all'interno di un Paese). Crede che sia importante valutare il benessere misurando anche altri aspetti che rispecchiano la vita delle persone? * Molto Abbastanza 89 Poco Per niente 9. Quanto ritiene siano importanti questi aspetti/tematiche per una città? * Molto Abbastanza Poco Per niente Manutenzione luoghi pubblici (marciapiedi,strade,ecc) Percorsi urbani (pedonali,ciclabili) Verde urbano Luoghi di incontro o ritrovo Negozi di genere vario (tabacchi,supermercati,ecc) Negozi di abbigliamento o calzature Parcheggi Trasporti pubblici Raccolta rifiuti Vigilanza Sicurezza Sanità Istruzione Cultura Qualità dell'ambiente Spazi per attività ludicosportive Strutture di interesse comune (religiose,culturali,sociali,..) 10. Dati alcuni servizi offerti dalla città di Grosseto dovrà dare un punteggio compreso tra 0 (non soddisfatto) e 10 (molto soddisfatto): * 0 1 2 3 Trasporti pubblici Vigilanza pubblica Raccolta rifiuti Verde pubblico Zone di parcheggio 90 4 5 6 7 8 9 10 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 Grande Distribuzione Locali di intrattenimento Servizi ospedalieri/medici Strutture ricreative (sport,cultura,..) 11. E' cambiato qualcosa nella valutazione di questi servizi rispetto a 5 anni fa? * (+ sta per migliorata; - sta per peggiorata; = sta per invariata; ? sta per non so) + - = ? Trasporti pubblici Vigilanza urbana Raccolta rifiuti Verde pubblico Zone di parcheggio Grande distribuzione Locali di intrattenimento Servizi ospedalieri/medici Strutture ricreative 12. Per valutare la sicurezza della città, indichi quanto si sente sicuro/a camminando da solo/a nella/in: * Molto Abbastanza Sua zona di giorno Sua zona di notte Centro di giorno Centro di notte Altre zone di giorno Altre zone di notte 91 Poco Per niente 13. E rispetto a tre anni fa? * Più sicuro Uguale Meno sicuro Sua zona di giorno Sua zona di notte Centro di giorno Centro di notte Altre zone di giorno Altre zone di notte 14. Ritiene che Grosseto sia una città inquinata? * Molto Abbastanza Poco Per niente 15. Ritiene che sia una città pulita? * Molto Abbastanza Poco Per niente 16. Come reputa, nel complesso, la vitalità nella città di Grosseto? * Ottima Buona Discreta Pessima 17. E' facile trovare una buona occupazione in città? * Molto Abbastanza Poco Per niente 18. Le aree di verde della Sua città sono adeguatamente attrezzate all'uso pubblico? * Sì No, non sono adeguate per bambini, anziani o portatori di handicap No, non sono pulite 92 No, non sono sorvegliate Altro: 19. Ha fiducia nelle istituzioni politiche e amministrative della città? * Molto Abbastanza Poco Per niente CONDIZIONE SOGGETTIVA DI VITA 20. Dati i seguenti aspetti sociali mi dia un Suo giudizio complessivo di soddisfazione: * Abbastanza soddisfatto Molto soddisfatto Poco soddisfatto Per niente soddisfatto Vita privata Attività lavorativa Relazioni con familiari Relazioni con amici e conoscenti Tempo libero 21. Rispetto a 5 anni fa, trova che: * (+ sta per migliorata; - sta per peggiorata; = sta per invariata) + - Qualità della vita Attività lavorativa Relazioni sociali Tempo libero Situazione economica 22. Riesce a soddisfare a Grosseto le Sue esigenze di tempo libero? * Sì No 23. Se No, qual è il motivo? 93 = Economico Lavorativo Familiare Salute Personale Altro: 24. Confrontando la situazione economica attuale del Suo nucleo familiare con quella di un anno fa, ritiene che sia: * Migliorata Invariata Peggiorata 25. Al giorno d'oggi si parla tanto di felicità. A conclusione del questionario, mi sa dire quanto si ritiene felice, utilizzando un punteggio da 0 (per niente felice) a 5 (molto felice): * 0 1 2 3 4 5 26. E rispetto ad un anno fa? * (+ = più felice; - = meno felice; = sta per invariato) + = Invia 94 Appendice 2 – Costruzione delle variabili Nella previsione di compiere analisi statistiche con le evidenze ottenute, si è proceduto alla fase di assegnazione dei valori, cioè l’attribuzione di un punteggio, che sia significativo e rappresentativo alla varietà di opzioni consentite, racchiuse, in ciascun quesito posto all’interno dell’indagine. Occorre precisare che lo scheletro del questionario, si compone di una variegata modalità di progettazione dei quesiti: predominano comunque, variabili qualitative per la quasi totalità delle domande, con la presenza di sole tre domande (6, 10 e 25) che mostrano variabili quantitative, sotto forma di numeri già ordinati con la tecnica della Scala Likert, e non sono state quindi, trasformate o assegnateli valori. Le variabili qualitative presenti, si differenziano in base alla loro ordinabilità, come nel caso del titolo di studio; domande con Scala Likert (Per niente - Molto soddisfatto), con un’attribuzione valori da 0 a 3, e domande che si collegano ad una situazione riferibile ad un arco di tempo passato (Migliorata, Invariata, Peggiorata), rispettivamente con un’attribuzione di valori pari a +1,0,-1; ed in base alla non ordinabilità, come il genere dell’intervistato o l’attività lavorativa. Di fronte a questa tipologia di variabili qualitative, è stato necessario ricorrere in alcuni casi a variabili dicotomiche, dette anche, variabili dummy, che possiedono la peculiarità di attribuirsi unicamente due valori o modalità (1 o 0), nella circostanza che si mostri la presenza o meno di una determinata qualità. Nello specifico, nel caso della domanda che si riferisce al sesso dell’intervistato, è stato assegnato un valore pari ad 1, per il genere femminile, ed un valore pari a 0, per il genere maschile, oppure, nella domanda n° 22, che si riferisce alla soddisfazione soggettiva delle 95 esigenze di tempo libero attuale, che prevedeva una “scelta secca” (Sì o No), è stato attribuito un valore pari ad 1, in caso di risposta affermativa, 0, in caso di risposta negativa. A seguito della fase di assegnazione dei valori, si è così costruita, una matrice di dati, che racchiudeva tutte le risposte elaborate e nell’eventualità, trasformate, allo scopo di una più rapida interpretazione futura. Si è delineato un progetto di studio, basato sulla verifica della variazione del grado di felicità attuale rispetto al livello di felicità passato di un individuo, rispetto alla considerazione di variabili sociali ed economiche riferibili anch’esse al passato; ciò perché, valutare univocamente, una soddisfazione del presente, si rivela essere estremamente soggettiva. Per avere una corretta interpretazione del fenomeno, si è proceduto ad impiegare la tecnica statistica, denominata, “difference in differences” (DID). Questo tipo di metodologia, considera due istanti temporali diversi (attuale e passato) e proprio sulla variazione, sullo scarto tra i due intervalli di periodo, mira ad analizzare, appunto, le differenze tra le variabili prese in esame; pur soggetto alla minaccia di errori esterni ed elementi di disturbo, questo approccio tenta di orientarsi verso la loro eliminazione140. I parametri, oggetto di studio di questo elaborato, sono stati estrapolati da tutti i quesiti posti ad un tempo passato, all’interno del sondaggio. Si sono venute così a creare, una serie di variabili, di cui nel corso dell’analisi effettuata, si farà ampia menzione: la variabile “∆ Felicità”, ossia la variazione del livello di felicità attuale rispetto al passato, rappresentata dalla domanda n°26, che chiude il questionario; le variabili “∆ Qualità della vita”, “∆ Attività lavorativa”, “∆ Tempo libero”, che costituiscono le variazioni del grado di soddisfazione attuale dei seguenti aspetti sociali ed economici rispetto al passato, poste nella domanda n° 21; la variabile “Importanza aspetti oltre il PIL”, che racchiude il pensiero degli intervistati sull’importanza della misurazione del benessere anche tenendo conto di aspetti sociali, che vanno oltre all’aggregato economico del PIL. 140 Consultato il sito Wikipedia, http://en.wikipedia.org/wiki/Difference_in_differences. 96 la variabile “∆ Situazione economica del nucleo familiare”, ossia la variazione di reddito dichiarato all’interno di un contesto individuale o familiare del presente rispetto al passato, rappresentata nella domanda n°24; le variabili “∆ Zone di parcheggio”, “∆ Locali di intrattenimento”, “∆ Verde pubblico”, “∆ Strutture ricreative”, costituite dalle variazioni del grado di soddisfazione attuale, mantenendo sempre il riferimento sempre ad un tempo passato, rispetto ad alcuni dei servizi offerti dalla città di Grosseto, elencati all’interno del quesito n° 11; la variabile “∆ Sicurezza”, ossia la variazione del livello di sicurezza attuale, percepito nel contesto della propria zona di residenza, nella zona del centro storico, e in altre zone di periferia o vicine, rispetto ad un livello di sicurezza che si poteva percepire nel passato. Questa variabile, è stata estrapolata dalla domanda n° 13, e, per un’agevole interpretazione, ha subìto l’aggregazione, sotto forma di sommatoria, dei vari risultati delle diverse aree a cui ci si riferisce; la variabile “∆ Soddisfazione zona”, che rivela la variazione del grado di soddisfazione attuale percepito dagli abitanti una specifica zona o circoscrizione, in riferimento ad un tempo passato. Questo parametro si identifica con la domanda n° 7. Oltre a queste variabili citate, è stato scelto di impiegare nell’analisi, altri tre parametri detti, “di controllo”, posti nelle domande 1-3: la variabile relativa all’”età” dell’intervistato; la variabile che identifica il “sesso” dell’utente; la variabile che definisce il “titolo di studio” conseguito. 97 Appendice 3 – Regressioni In questa sezione si riportano tutte le tabelle di regressione (Output Riepilogo) effettuate, avendo a disposizione, i dati estrapolati dal questionario. All’interno di ogni tavola, in grassetto, si evidenziano le variabili significative oltre o uguale al 95%. OUTPUT RIEPILOGO Statistica della regressione R multiplo 0,26419979 R al quadrato 0,06980153 R al quadrato corretto 0,04654657 Errore standard 0,58654283 Osservazioni 165 ANALISI VARIANZA gdl Regressione Residuo Totale Intercetta Sesso Età Titolo di studio ∆ Felicità F 3,001575704 Significatività F 0,02016265 4 160 164 SQ MQ 4,130558318 1,03264 55,04519926 0,344032 59,17575758 Coefficienti 1,99574472 0,14131538 0,01433774 Errore standard Stat t 0,261476667 7,632592 0,091683793 1,541334 0,059581157 0,240642 Valore di significatività 1,95508E-12 0,125210881 0,81014052 Inferiore 95% 1,47935405 -0,039751085 -0,103329178 Superiore 95% 2,512135385 0,32238184 0,132004657 0,15658324 0,03410045 0,053167488 2,945094 0,073421565 0,464447 0,003710326 0,642958664 0,051582687 -0,110899913 0,261583795 0,179100809 Tabella 1 – Importanza aspetti oltre il PIL 98 OUTPUT RIEPILOGO Statistica della regressione R multiplo R al quadrato R al quadrato corretto Errore standard Osservazioni 0,455605625 0,207576486 0,177484454 0,572051791 165 ANALISI VARIANZA gdl Regressione Residuo Totale Intercetta ∆ Qualità della vita ∆ Attività lavorativa ∆ Tempo libero Sesso Età Titolo di studio SQ MQ 6 13,54405119 2,25734186 158 51,70443366 0,32724325 164 65,24848485 Errore Coefficienti standard Stat t -0,047142561 0,26028497 0,18111903 0,165489814 0,075797822 2,18330567 0,237659395 0,074730633 3,18021385 0,093604325 0,063475871 1,4746442 0,104244667 0,090163467 1,15617412 0,001581128 0,058415031 0,02706714 0,018305844 0,05276894 0,34690567 F Significatività F 6,898054758 1,59919E-06 Valore di significatività Inferiore 95% 0,856506275 0,030488588 0,001771479 0,142298019 0,249355163 0,978440341 0,729123797 -0,561229332 0,01578214 0,090059517 -0,031766362 -0,073836479 -0,113793935 -0,085917669 Superiore 95% 0,46694421 0,31519749 0,38525927 0,21897501 0,28232581 0,11695619 0,12252936 Tabella 2 – ∆ Felicità rispetto agli altri ∆ aspetti ed i controlli OUTPUT RIEPILOGO Statistica della regressione R multiplo R al quadrato R al quadrato corretto Errore standard Osservazioni 0,455606211 0,207577019 0,177485007 0,572051598 165 ANALISI VARIANZA gdl SQ 6 13,54408599 158 51,70439886 164 65,24848485 Errore Coefficienti standard Regressione Residuo Totale Intercetta ∆ Qualità della vita ∆ Attività lavorativa ∆ Tempo libero Sesso EtಠTitolo di studio -0,039284427 0,165528932 0,23737968 0,093441638 0,104179056 -0,000296586 0,017991551 0,217162141 0,075804268 0,07466276 0,063442688 0,09018771 0,010239363 0,052856093 MQ F 2,25734767 6,898077127 0,32724303 Stat t -0,18089906 2,18363604 3,17935851 1,47285119 1,15513584 -0,02896523 0,34038745 Significatività F 1,599E-06 Valore di significatività Inferiore 95% 0,856678645 0,030463822 0,001776396 0,142780472 0,249778754 0,976928874 0,734016905 -0,4682 0,0158085 0,0899139 -0,031864 -0,07395 -0,02052 -0,086404 Superiore 95% 0,38963079 0,31524934 0,3848455 0,21874679 0,28230808 0,0199271 0,1223872 Tabella 3 – ∆ Felicità rispetto agli altri ∆ aspetti sociali, tenendo conto di “Etಔ 99 OUTPUT RIEPILOGO Statistica della regressione R multiplo R al quadrato R al quadrato corretto Errore standard Osservazioni 0,577267 0,333238 0,271501 0,587987 60 ANALISI VARIANZA gdl Regressione Residuo Totale Intercetta ∆ Qualità della vita ∆ Attività lavorativa ∆ Tempo libero Sesso Età SQ 5 54 59 Coefficienti 0,02246 0,142607 0,525074 -0,14498 -0,15722 0,071513 9,330657 18,66934 28 Errore standard 0,302854 0,148654 0,135258 0,125621 0,156641 0,103994 MQ F Significatività F 1,866131 5,397677657 0,345729 Stat t 0,074162 0,959321 3,882016 -1,15412 -1,00369 0,687658 0,000426406 Valore di significatività 0,941155483 0,341673033 0,000284249 0,253533614 0,320006071 0,494611089 Inferiore 95% -0,5847252 -0,15542639 0,25389805 -0,39683803 -0,47126339 -0,13698361 Superiore 95% 0,629645738 0,440639902 0,796250453 0,106873724 0,156827312 0,280008882 Tabella 4 – ∆ Felicità rispetto agli altri ∆ aspetti sociali prendendo in considerazione il campione di intervistati che possiedono un titolo di studio alto OUTPUT RIEPILOGO Statistica della regressione R multiplo R al quadrato R al quadrato corretto Errore standard Osservazioni 0,452231 0,204513 0,164337 0,539683 105 ANALISI VARIANZA gdl Regressione Residuo Totale Intercetta ∆ Qualità della vita ∆ Attività lavorativa ∆ Tempo libero Sesso Età SQ 5 99 104 MQ 1,48262 0,291258 Coefficienti 7,413098 28,83452 36,24762 Errore standard 0,010161 0,201011 0,111259 0,179079 0,219579 -0,03304 0,211522 0,086648 0,086817 0,071401 0,105958 0,067632 0,048038 2,319856 1,281533 2,508088 2,072327 -0,48859 Stat t F Significatività F 5,090403447 Valore di significatività 0,00034 Inferiore 95% 0,961782878 0,022402324 0,202999886 0,01376395 0,040833802 0,626209087 -0,40955 0,029083 -0,061 0,037405 0,009336 -0,16724 Superiore 95% 0,429867564 0,37294004 0,283521821 0,320752868 0,42982152 0,101152422 Tabella 5 – ∆ Felicità rispetto agli altri ∆ aspetti sociali prendendo in considerazione il campione di intervistati che possiedono un titolo di studio basso 100 OUTPUT RIEPILOGO Statistica della regressione R multiplo 0,300835 R al quadrato 0,090502 R al quadrato corretto 0,073554 Errore standard 0,673017 Osservazioni 165 ANALISI VARIANZA gdl Regressione Residuo Totale 3 161 164 Intercetta ∆ Zone di parcheggio ∆ Locali di intrattenimento ∆ Sicurezza Coefficienti -0,22345 0,196099 0,171369 0,031172 SQ 7,256579 72,92524 80,18182 Errore standard 0,086501 0,080312 0,073583 0,022356 MQ F 2,41886 5,340214289 0,452952 Valore di Stat t significatività -2,58314 0,010679674 2,441705 0,01570068 2,328906 0,021106825 1,394296 0,16514943 Significatività F 0,001563 Inferiore 95% -0,39427 0,037498 0,026056 -0,01298 Superiore 95% -0,05262 0,3547 0,316682 0,075321 Tabella 6 – ∆ Qualità della vita rispetto agli altri ∆ correlati OUTPUT RIEPILOGO Statistica della regressione R multiplo 0,351355 R al quadrato 0,12345 R al quadrato corretto 0,090164 Errore standard 0,666957 Osservazioni 165 ANALISI VARIANZA gdl Regressione Residuo Totale Intercetta ∆ Zone di parcheggio ∆ Locali di intrattenimento ∆ Sicurezza Sesso Età Titolo di studio MQ 1,649744 0,444831 Coefficienti -0,66404 0,19355 SQ 9,898463 70,28336 80,18182 Errore standard 0,300806 0,079708 0,152515 0,030461 0,031302 -0,01542 0,142716 0,073482 0,023661 0,111181 0,068086 0,060503 2,075544 1,287412 0,281543 -0,22643 2,358814 6 158 164 F 3,708695 Significatività F 0,001776 Valore di Stat t significatività -2,20752 0,028719 2,428241 0,016295 Inferiore 95% -1,25816 0,03612 Superiore 95% -0,06992 0,350981 0,007381 -0,01627 -0,18829 -0,14989 0,023217 0,297648 0,077193 0,250896 0,119058 0,262216 0,039557 0,199833 0,778662 0,821157 0,019557 Tabella 7 – ∆ Qualità della vita rispetto agli altri ∆ correlati ed i controlli 101 OUTPUT RIEPILOGO Statistica della regressione R multiplo 0,27279 R al quadrato 0,074414 R al quadrato corretto 0,068736 Errore standard 0,675886 Osservazioni 165 ANALISI VARIANZA gdl Regressione Residuo Totale Intercetta ∆ Tempo libero 1 163 164 Coefficienti -0,40137 0,251278 SQ 5,986519 74,46197 80,44848 Errore standard 0,053221 0,069413 MQ 5,986519 0,456822 Stat t -7,54149 3,620043 F 13,10471 Significativit àF 0,000393 Valore di significatività Inferiore 95% Superiore 95% 3,07E-12 -0,50646 -0,29628 0,000393 0,114214 0,388343 Tabella 8 – ∆ Attività lavorativa rispetto ai ∆ correlati OUTPUT RIEPILOGO Statistica della regressione R multiplo 0,338176 R al quadrato 0,114363 R al quadrato corretto 0,092222 Errore standard 0,667309 Osservazioni 165 ANALISI VARIANZA gdl Regressione 4 Residuo 160 Totale 164 Intercetta ∆ Tempo libero Sesso Età Titolo di studio Coefficienti -0,65667 0,248088 0,142533 -0,06841 0,115369 SQ 9,20033 71,24816 80,44848 Errore standard 0,296368 0,069069 0,104331 0,067927 0,060183 MQ 2,300082 0,445301 F Significatività F 5,165231 0,000612 Valore di Stat t significatività -2,21573 0,028122 3,591895 0,000436 1,366156 0,173807 -1,00706 0,315426 1,916969 0,057024 Inferiore 95% -1,24197 0,111684 -0,06351 -0,20255 -0,00349 Superiore 95% -0,07137 0,384492 0,348577 0,065742 0,234225 Tabella 9 – ∆ Attività lavorativa rispetto ai ∆ correlati ed i controlli 102 OUTPUT RIEPILOGO Statistica della regressione R multiplo R al quadrato R al quadrato corretto Errore standard Osservazioni 0,299754655 0,089852853 0,078616469 0,731056296 165 ANALISI VARIANZA gdl Regressione Residuo Totale SQ 2 162 164 F 4,273728 0,534443 7,996598 8,547457 86,57982 95,12727 Errore standard Stat t 0,021129256 0,239395661 0,061821 0,088227 0,341782 2,713402 0,732958 0,00738 -0,10095 0,065172 0,143208 0,413619 0,20493576 0,100323 2,042759 0,042697 0,006826 0,403045 Coefficienti Intercetta ∆ Soddisfazione zona ∆ Strutture ricreative Significatività F MQ Valore di significatività 0,000488 Inferiore 95% Superiore 95% Tabella 10 – ∆ Relazioni sociali rispetto ai ∆ correlati OUTPUT RIEPILOGO Statistica della regressione R multiplo R al quadrato R al quadrato corretto Errore standard Osservazioni 0,371048107 0,137676698 0,110559613 0,71827214 165 ANALISI VARIANZA gdl Regressione Residuo Totale 5 159 164 Coefficienti Intercetta ∆ Soddisfazione zona ∆ Strutture ricreative Sesso Età Titolo di studio 0,600236111 0,234155323 0,203397684 0,095935266 -0,20689795 -0,01529775 SQ MQ 13,09681 2,619362 82,03046 0,515915 95,12727 Errore standard Stat t 0,320256 0,089472 0,099001 0,114983 0,073226 0,064932 1,874237 2,617065 2,054497 0,834343 -2,82546 -0,2356 F 5,07712 Valore di significatività 0,062732 0,009725 0,041564 0,40534 0,005327 0,814049 Significatività F 0,00024 Inferiore 95% -0,03227 0,057448 0,007871 -0,13116 -0,35152 -0,14354 Superiore 95% 1,232741 0,410863 0,398925 0,323026 -0,06228 0,112943 Tabella 11 – ∆ Relazioni sociali rispetto ai ∆ correlati ed i controlli 103 OUTPUT RIEPILOGO Statistica della regressione R multiplo R al quadrato R al quadrato corretto Errore standard Osservazioni 0,410261 0,168314 0,147522 0,702023 165 ANALISI VARIANZA gdl Regressione Residuo Totale SQ 4 160 164 Coefficienti Intercetta ∆ Sit. Ec nucleo familiare ∆ Verde pubblico ∆ Locali di intrattenimento ∆ Strutture ricreative -0,00184 0,218681 0,194834 0,122914 0,206735 MQ Significatività F F 15,95825 3,989562 8,095098952 5,72E-06 78,85387 0,492837 94,81212 Errore Valore di standard Stat t significatività Inferiore 95% 0,065102 -0,02819 0,977548359 0,093715 2,33348 0,020867016 0,077692 2,507783 0,013146115 0,082762 1,485153 0,139471 0,106831 1,93515 0,054735491 Superiore 95% -0,1304 0,033604 0,0414 -0,04053 -0,00425 0,126734 0,403758 0,348267 0,286359 0,417716 Tabella 12 – ∆ Tempo libero rispetto ai ∆ correlati OUTPUT RIEPILOGO Statistica della regressione R multiplo 0,423427 R al quadrato R al quadrato corretto 0,179291 0,142699 Errore standard Osservazioni 0,704007 165 ANALISI VARIANZA gdl Regressione Residuo Totale Intercetta ∆ Sit. Ec nucleo familiare ∆ Verde pubblico ∆ Locali di intrattenimento ∆ Strutture ricreative Sesso Età Titolo di studio SQ MQ 7 16,99893 2,428419 157 164 0,495625 Coefficienti 77,81319 94,81212 Errore standard 0,175657 0,217992 0,194763 0,11475 0,207124 -0,13393 -0,05356 0,011965 0,320825 0,094397 0,078586 0,083569 0,107305 0,109674 0,071805 0,064498 0,547516 2,309307 2,478327 1,373106 1,930246 -1,2212 -0,74595 0,185507 Stat t F 4,899706965 Valore di significatività 0,584801948 0,022229947 0,014258053 0,171677413 0,055378861 0,223841622 0,456814889 0,853070973 Significatività F 5,02E-05 Inferiore 95% Superiore 95% -0,45803 0,03154 0,03954 -0,05032 -0,00482 -0,35056 -0,19539 -0,11543 0,809346 0,404445 0,349986 0,279815 0,419071 0,082693 0,088266 0,139361 Tabella 13 – ∆ Tempo libero rispetto ai ∆ correlati ed i controlli 104 OUTPUT RIEPILOGO Statistica della regressione R multiplo 0,767746 R al quadrato 0,589434 R al quadrato corretto 0,586915 Errore standard 0,411528 Osservazioni 165 ANALISI VARIANZA gdl Regressione Residuo Totale 1 163 164 Intercetta ∆ Sit ec. nucleo familiare Coefficienti -0,20975 0,809705 SQ 39,63139 27,60497 67,23636 Errore standard 0,037541 0,052931 MQ 39,63139 0,169356 F 234,0127883 Significativit àF 2,51E-33 Valore di Stat t significatività Inferiore 95% -5,58712 9,49299E-08 -0,28387 15,29748 2,50537E-33 0,705187 Superiore 95% -0,13562 0,914223 Tabella 14 – ∆ Situazione economica rispetto ai ∆ correlati OUTPUT RIEPILOGO Statistica della regressione R multiplo 0,768097 R al quadrato 0,589974 R al quadrato corretto 0,579723 Errore standard 0,415096 Osservazioni 165 ANALISI VARIANZA gdl Regressione Residuo Totale 4 160 164 Coefficienti Intercetta -0,15523 ∆ Sit ec. nucleo familiare 0,809375 Sesso -0,00746 Età -0,01857 Titolo di studio 0,000342 SQ 39,66767 27,56869 67,23636 Errore standard 0,186915 0,053631 0,064649 0,042128 0,037573 MQ F 9,916918 57,55467246 0,172304 Stat t -0,83048 15,09158 -0,11537 -0,44081 0,009115 Valore di significatività 0,40750217 1,43822E-32 0,908296126 0,659945723 0,992738384 Significatività F 5,1E-30 Inferiore 95% -0,52437 0,703459 -0,13513 -0,10177 -0,07386 Superiore 95% 0,213909 0,915291 0,120216 0,064629 0,074546 Tabella 15 – ∆ Situazione economica rispetto ai ∆ correlati ed i controlli 105 Bibliografia e Sitografia Alleva, G. 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