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G It Diabetol Metab 2012;32:63-69 Lavoro originale Analisi psicolinguistica nelle persone con diabete di tipo 1 e 2 seguite mediante educazione strutturata e visite tradizionali. La percezione di malattia e dei percorsi di cura RIASSUNTO M. Raballo1, M. Trevisan1, A. Trinetta1, S. Gallo1, P. Passera1, L. Charrier2, F. Cavallo2, M. Porta1, M. Trento1 1 Laboratorio di Pedagogia Clinica, Dipartimento di Medicina Interna, Università degli Studi di Torino; 2 Dipartimento di Sanità Pubblica e Microbiologia, Università degli Studi di Torino, Torino Corrispondenza: dott.ssa Marina Trento, Laboratorio di Pedagogia Clinica, Dipartimento di Medicina Interna, Università di Torino, corso AM Dogliotti 14, 10126 Torino e-mail: [email protected] G It Diabetol Metab 2012;32:63-69 Pervenuto in Redazione il 05-03-2012 Accettato per la pubblicazione il 19-03-2012 Parole chiave: diabete di tipo 1 e di tipo 2, supporto psicosociale, educazione del paziente, psicolinguistica Key words: type 1 and type 2 diabetes, psychosocial support, patient education, psycho-linguistic Obiettivo. In questo studio si è voluto verificare la percezione del percorso di cura tra le persone con diabete di tipo 2 e di tipo 1 seguite mediante educazione strutturata e assistenza svolta con modalità tradizionali. Disegno dello studio. Per lo studio sono stati intervistati 241 pazienti: 41 con diabete di tipo 1 e 80 con diabete di tipo 2 seguiti mediante approccio tradizionale, 43 persone con diabete di tipo 1 e 77 di tipo 2 seguite mediante group care da più di 2 anni. Con intervista semi-strutturata sono stati raccolti gli eventi linguistici e i termini utilizzati dai pazienti. Mediante l’analisi del linguaggio sono state individuate 3 macroaree: atteggiamento verso la malattia, empowerment e locus of control. Sono state raccolte variabili socio-demografiche e clinico-metaboliche. Risultati. I pazienti seguiti mediante group care hanno mostrato un atteggiamento più positivo, maggiore senso di potere e locus of control più interno rispetto a quelli seguiti con modalità tradizionali; inoltre, hanno espresso una gamma più ampia e articolata di concetti associati alla cura ricevuta e utilizzavano un minor numero di termini medicalizzati (p < 0,001, tutti). Maggiori livelli di HbA1c erano associati ad atteggiamenti negativi (p = 0,025) e a minori livelli di empowerment (p = 0,055). Conclusioni. La continuità educativa modifica la percezione di malattia e favorisce l’attribuzione di nuovi significati uniti alla soddisfazione per la tipologia del trattamento ricevuto. L’educazione strutturata promuove e sviluppa l’empowerment, il locus of control interno e aumenta la consapevolezza della malattia favorendo la disponibilità al cambiamento. SUMMARY Psycho-linguistic analysis of types 1 and 2 diabetic patients receiving long-term group care or usual care: perceptions of the disease and the care Objective. We investigated the perceptions of diabetes and its treatment in patients followed with long-term group or usual care. Study design and methods. Three open questions were ad- 64 M. Raballo et al. ministered to 120 patients (43 with T1DM and 77 with T2DM) who had been randomised at least two years earlier to be followed by group care and 121 (41 T1DM and 80 T2DM) who had always been on usual care. The responses were analysed by propositional analysis, identifying the focal nuclei, i.e. the terms around which all sentences are organised, then other predicates, according to their hierarchical relationship to the nuclear proposition. Specific communicative units were arbitrarily classified into three categories: attitudes, empowerment and locus of control. Patients’ main personal details and medical history were recorded. Results. Group care patients had more positive attitudes, a greater sense of empowerment and more internal locus of control than those on usual care. They also expressed a wider and more articulated range of concepts associated with the care received and used fewer medical terms (p < 0.001, all). Higher HbA1c was associated with negative attitudes (p = 0.025) and weaker empowerment (p = 0.055). Conclusions. Group treatment reinforces communication and peer identification and may achieve its clinical results by promoting awareness, self-efficacy, positive attitudes towards diabetes and the setting of care, an internal locus of control and, ultimately, empowerment in the patients. alle modalità assistenziali utilizzando l’analisi proposizionale o analisi del discorso. Quest’ultima si pone come superamento della tradizionale analisi del contenuto, è un metodo di analisi semantica che si è sviluppata all’interno delle scienze cognitive poiché tratta i materiali verbali come testi e come vera e propria disciplina di analisi testuale. Essa si focalizza sui fenomeni sottostanti alle frasi, quindi verifica anche le rappresentazioni cognitive e le strategie coinvolte durante la produzione o la comprensione del discorso. La comprensione ed elaborazione dei concetti sottostanti a una proposizione permette di ottenere una valutazione globale della percezione che la persona possiede rispetto a un determinato argomento o fenomeno che si trova a vivere12-16. Lo scopo di questa ricerca era quello di verificare, nei pazienti con diabete di tipo 2 e di tipo 1 seguiti mediante modello group care e visite tradizionali, quale fosse il significato attribuito al trattamento e come questo influenzasse il percepito di malattia12-14. Disegno dello studio e metodi Pazienti Introduzione Il diabete è una malattia causata da un difetto della secrezione e/o dell’azione insulinica e il suo decorso è caratterizzato da glicemie elevate1 che comportano il rischio di complicanze invalidanti sebbene potenzialmente prevenibili2,3. Per prevenire le complicanze croniche diventa necessario realizzare il migliore controllo possibile della glicemia, della pressione arteriosa e dei lipidi circolanti1,4,5. Tuttavia, l’intervento farmacologico non è spesso sufficiente a raggiungere gli obiettivi del trattamento e diventa necessario aiutare i pazienti a essere in grado di scegliere in materia di sana alimentazione, attività fisica e adattamento alla terapia farmacologica4,5. Il diabete si inserisce nella vita di una persona coinvolgendola nella sua totalità per quanto concerne gli aspetti emotivi, psicologici, sociali e fisici. Richiede una continua attenzione verso l’autocura e la capacità di adattare continuamente la terapia nella vita quotidiana. La persona con diabete necessita di precisi e chiari riferimenti di tipo concettuale oltre agli strumenti clinici finalizzati a gestire la malattia. Negli ultimi anni abbiamo sviluppato e validato un modello clinico pedagogico che ha permesso di mostrare il valore del processo educativo di per sé, quando applicato con intenzionalità pedagogica e continuità educativa. Questo modello sposta l’enfasi dalla relazione tradizionale one-to-one operatore-paziente verso una relazione più paritetica, capace di favorire il cambiamento e l’apprendimento6-10. Nel corso degli anni è stato dimostrato, mediante trial clinici controllati e randomizzati, che la group care permette di migliorare il controllo metabolico e la qualità di vita11 nelle persone con diabete. Per cogliere il percepito di malattia nelle persone con diabete abbiamo voluto verificare quale fosse il significato attribuito Tra il gennaio 2009 e il dicembre 2009 sono stati intervistati 241 pazienti afferenti all’ambulatorio dipartimentale di Diabetologia: 121 seguiti mediante visite tradizionali (41 diabete di tipo 1 e 80 diabete di tipo 2) e 120 seguiti mediante group care da più di 2 anni (43 diabete di tipo 1 e 77 diabete di tipo 2). I pazienti con diabete di tipo 1 avevano una più alta scolarizzazione e un maggior numero di pazienti con diabete di tipo 2 era pensionato. Tutti i pazienti con diabete di tipo 1 effettuavano 4 iniezioni giornaliere e utilizzavano l’automonitoraggio giornaliero della glicemia. L’intervista semi-strutturata e il questionario Mediante un’intervista semi-strutturata sono stati somministrati questionari che hanno permesso di raccogliere il significato attribuito alla visita tradizionale o al gruppo, il valore percepito e l’importanza assegnata al trattamento ricevuto nel percorso di cura della propria malattia. Il questionario era composto da due domande aperte e veniva altresì richiesto di elencare cinque termini in grado di rappresentare la modalità di trattamento ricevuto, la visita tradizionale o le visite mediante group care. Le persone potevano attribuire un significato a quanto svolgevano e veniva loro offerto. Le domande somministrate erano sempre le medesime: 1. Che cosa significa, per lei, partecipare a una visita di gruppo? 2. Quanto è importante il gruppo all’interno del modello clinico ed educativo della group care? 3. Elencare le prime 5 parole che le vengono in mente in associazione con la group care. Allo stesso modo ai pazienti seguiti con modalità tradizionali venivano poste due domande e richiesti i cinque termini: Analisi psicolinguistica nelle persone con diabete di tipo 1 e 2 seguite mediante educazione strutturata e visite tradizionali 1. Che cosa significa per lei svolgere la visita medica? 2. Quanto sono importanti le visite mediche per il trattamento della sua malattia? 3. Elencare le prime 5 parole che le vengono in mente in associazione con le visite mediche. I questionari sono stati autosomministrati e i pazienti sono stati invitati a rispondere per iscritto. Se i pazienti avevano problemi nella lettura, venivano aiutati da un operatore. Le risposte venivano trascritte e registrate da un operatore esperto nella somministrazione dei questionari. Nessun paziente ha rifiutato di partecipare e tutti hanno fornito il consenso informato allo studio, conforme con i principi della Dichiarazione di Helsinki17. Analisi proposizionale L’analisi proposizionale viene utilizzata nella ricerca qualitativa per indagare il significato che gli individui attribuiscono alla loro attività, i contesti di vita, l’impatto sui sistemi della società e la fede che condividono con altri membri dello stesso ambito culturale12-16. L’analisi del contenuto si propone di accedere direttamente ai significati dei differenti segmenti che compongono il testo. Attraverso la decostruzione analitica di testi o altri sistemi di simboli, l’analisi proposizionale individua concetti, rappresentazioni e processi cognitivi che sono alla base del discorso scritto od orale16. La sua riuscita presuppone che il sistema di categorie definite a priori sia allo stesso tempo coerente e pertinente. L’analisi proposizionale permette di verificare la mappatura concettuale teorizzata da Novak18 ancora negli anni ’70. Queste ultime sono utili per rappresentare in un grafico le proprie conoscenze intorno a un argomento secondo un principio cognitivo di tipo costruttivista, per cui ciascuno è autore del proprio percorso conoscitivo all’interno di un contesto, e mirano a contribuire alla realizzazione di apprendimento significativo, in grado cioè di modificare davvero le strutture cognitive del soggetto. L’analisi proposizionale è stata effettuata da un educatore professionale con una specifica formazione nell’ambito sociosanitario (MR). Gli eventuali dubbi di attribuzione di significato sono stati riconsiderati in maniera indipendente da un secondo educatore professionale (MTrev) e, in caso di disaccordo, alla fine decisi da una psicopedagogista (MTren). Attraverso un processo di concettualizzazione delle risposte fornite alle domande aperte sono state individuate le unità comunicative e sono state svolte la classificazione e la categorizzazione; sono state costituite le unità d’analisi, calcolate le frequenze e le relazioni esistenti tra i termini. Di ogni frase sono state isolate le proposizioni, sono stati individuati i predicati e tutti gli argomenti correlati19. Successivamente sono stati individuati i nuclei focali intesi come termini intorno ai quali si organizzavano le frasi. Nell’analisi delle unità sono state individuate tre categorie o macroaree: 1) atteggiamento verso la malattia, 2) empowerment, 3) locus of control. Un atteggiamento è un costrutto ipotetico che riguarda il punto di vista positivo o negativo di una persona nei confronti della realtà e del contesto sociale in cui vive20. Tra gli atteg- 65 giamenti positivi possiamo includere l’identificazione, il riconoscimento e la consapevolezza di un problema. Tra gli atteggiamenti negativi possiamo includere l’insoddisfazione e i sentimenti negativi rispetto a una situazione e/o problema20. L’empowerment è il processo che consente a un individuo di pensare, comportarsi, agire in maniera autonoma. È lo stato percepito di sentirsi in grado di prendere il controllo del proprio destino e di agire in esso21. Il locus of control22 si riferisce alle aspettative generalizzate di un individuo in materia di controllo sugli eventi. Le persone si trovano ad affrontare differenti situazioni nella vita quotidiana e il concetto di locus of control denota un comportamento esterno o interno-diretto rispetto alle modalità con cui si affrontano le situazioni stesse22. Sulla base dei criteri sopra elencati, si è assegnato un valore positivo o negativo ai concetti individuati per ciascuna categoria. Un punteggio di +1 o –1 veniva assegnato ad atteggiamenti, empowerment o locus of control positivi o negativi. Se un concetto era ripetuto in entrambe le risposte, veniva assegnato un punteggio di +2 o –2 per sottolineare l’atteggiamento, empowerment o locus of control positivi o negativi rinforzati. Se le categorie non erano rappresentate veniva assegnato il punteggio di 0. (La visita) è una toccata e fuga, è molto superficiale. I problemi non vengono analizzati in modo approfondito, si parla di automonitoraggio, sembra che tutto ruoti intorno a questo. Il tempo è sempre troppo breve per andare in profondità nei dettagli. In questo periodo, i predicati sono “è”, “non vengono analizzati” e “andare in profondità”. Gli argomenti correlati sono “toccata e fuga”, “molto superficiale”, “in modo approfondito”, “automonitoraggio”, “sempre troppo breve” e “nei dettagli”. Nella prima proposizione, “toccata e fuga” può essere preso come nucleo focale, “è molto superficiale” come un rinforzo sullo stesso livello gerarchico. Questo è stato interpretato come atteggiamento negativo verso la tradizionale visita. Nella seconda proposizione, il nucleo focale è “I problemi non vengono analizzati in ogni dettaglio”, gli argomenti correlati sono “si parla di automonitoraggio”. Oltre a ribadire un atteggiamento negativo, questa proposizione suggerisce un accenno di locus of control esterno. Nella terza proposizione, il nucleo focale “Il tempo è sempre troppo breve” e l’argomento relativo “per andare in profondità nei dettagli” rafforza ulteriormente la presenza di un atteggiamento negativo. Questo periodo è stato valutato “–1” per gli atteggiamenti, “0” per il locus of control e “0” per l’empowerment. La cosa più importante è ricevere informazioni in un modo nuovo. Informazioni utili, non solo i soliti numeri e calcoli. Parlare con gli altri partecipanti, imparo cose nuove utili e interessanti che rimangono più vivide nella mia mente, perché sono legate alla vita quotidiana. In questo periodo, i predicati sono “è”, “ricevere”, “parlare”, “rimangono” e “sono legate”. Gli argomenti correlati sono: 66 M. Raballo et al. “più importante”, “informazioni in un modo nuovo”. “Informazioni utili, non solo i soliti numeri e calcoli”, “altri partecipanti”, “più vivide nella mia mente” e “vita quotidiana”. Nella prima proposizione, “ricevere informazioni in un modo nuovo”, comprese “le informazioni utili, non solo i soliti numeri e calcoli”, ritroviamo il nucleo focale che denota un atteggiamento positivo nei confronti della visita di gruppo. Nella seconda proposizione il nucleo focale è “cose nuove utili e interessanti” che ribadisce un atteggiamento positivo; “Parlare con gli altri partecipanti” e “che rimangono più vivide nella mia mente” sono argomenti correlati di primo ordine “perché sono legate alla vita quotidiana”. Questo periodo è stato segnato “+1” per l’atteggiamento, “0” per il locus of control e “0” per l’empowerment. Sulla base della stessa procedura, le proposizioni seguenti sono state analizzate e classificate come segue. – Io vado a vedere il medico perché devo. Il dottore mi dice cosa fare e cosa non fare. Questo periodo è stato segnato “0” per l’atteggiamento, “–1” per il locus of control e “0” per l’empowerment. – Trovo importante. Penso che non ci sia niente di meglio che possa fare per prendere cura di me. Questo periodo è stato segnato “0” per l’atteggiamento, “+1” per il locus of control e “0” per l’empowerment. – Non credo che le visite siano importanti, sono solo per il diabete per tornare in pista... se solo sapessi come si fa… Questo periodo è stato segnato “0” per l’atteggiamento, “0” per il locus of control e “–1” per l’empowerment. Con riferimento al punto 3 nei questionari, le parole e le frasi espresse dai pazienti sono state codificate come concetti positivi o negativi. La presenza di ≥ 4 termini positivi o negativi è stata codificata come positiva o negativa enfatizzata. La presenza di termini medici all’interno delle risposte date dai pazienti è stata codificata come assente (score = 0), presente una o due volte (punteggio = 1) o ripetuta ≥ 3 volte (punteggio = 2). Group care La metodologia di applicazione della group care è stata descritta in precedenti lavori7-9. La supervisione pedagogica supporta l’interazione tra le diverse figure professionali affinché vi sia una continua integrazione nella pratica clinica come strumento di verifica all’interno del gruppo di lavoro. Per ciascuna sessione sono previste 4 fasi: 1) accoglienza dei pazienti, 2) attività didattiche, 3) situazioni di vita reale, 4) conclusioni e appuntamento per la visita successiva. Le fasi che caratterizzano ogni singola sessione di gruppo sono state costruite utilizzando diverse modalità per favorire il cambiamento e l’apprendimento. Si alternano procedure che facilitano le abilità cognitive (simulazioni, role-playing e discussioni guidate) e abilità psicomotorie (workshop e lavori di gruppo). Particolare rilevanza viene data alla metafora quale strumento utile per favorire l’apprendimento7-9. Ciascun paziente può riportare la propria esperienza all’interno del gruppo. Questa continua valorizzazione della persona permette di condividere anche le implicazioni sociali che derivano dal fatto di avere una malattia cronica come il diabete. La persona all’interno del gruppo è incoraggiata a parlare di sé in un continuo scambio di esperienze e individua nuove soluzioni, che aiutano nel processo di adattamento alla malattia. Ogni persona, peraltro, decide quando e come parlare di sé nella prospettiva di una piena autonomia e rispetto. Nel frattempo questa procedura favorisce la nascita di relazioni che si modulano nel tempo favorendo una crescita personale e un’acquisizione di consapevolezza di sé. Sono stati redatti specifici manuali che descrivono le singole sessioni e procedure che compongono la group care; i manuali per la loro duttilità possono essere utilizzati da diverse figure professionali purché vi sia una condivisione degli obiettivi educativi e di salute insiti nel programma. Per favorire le attività didattiche è stato costruito un kit didattico che include modelli di alimenti, piatti con fotografie di alimenti, fotografie di porzioni di diversi alimenti, oltre a utilizzare anche alimenti veri. Il kit è comprensivo anche del materiale utile a spiegare le complicanze e il concetto dell’emoglobina glicata. Analisi statistica I dati descrittivi sono mostrati come frequenze assolute e come media ± DS per le variabili continue. È stato utilizzato il chi-quadro o il test di Fisher per le variabili categoriche per confrontare i quattro gruppi in studio: pazienti con diabete di tipo 1 o 2, seguiti con trattamento di gruppo o cure tradizionali. Per le variabili continue, è stato utilizzato il test ANOVA con correzione Bonferroni per confronti multipli e se vi erano differenze significative tra i 4 gruppi. Il test chi-quadro è stato effettuato per confrontare le variabili di outcome (atteggiamento, empowerment, locus of control, il valore positivo o negativo attribuito ai termini utilizzati e l’uso di termini medici) sia tra i quattro gruppi e tra il modello group care e il gruppo di controllo. Le variabili con lo stesso risultato sono state dicotomizzate e trattate come variabili dipendenti in un modello di regressione logistica in cui il modello di trattamento (group care vs visita tradizionale), il tipo di diabete (diabete di tipo 2 rispetto a diabete di tipo 1), età, sesso, durata del diabete, HbA1c, BMI, familiarità per diabete e scolarità (scuola media superiore o diploma di laurea contro la scuola primaria e secondaria) erano le variabili indipendenti. Per tutti i test il livello di significatività è stato fissato a 0,05. Tutte le analisi sono state effettuate con SPSS-17. Risultati La durata media di partecipazione alla group care è risultata essere di 6,6 ± 2,5 anni tra i pazienti con diabete di tipo 1 e di 9,5 ± 4,2 anni nei pazienti con diabete di tipo 2. I pazienti con diabete di tipo 1 avevano circa 40 anni (42,6 ± 11,2 vs 39,3 ± 13,1), mentre i pazienti con diabete di tipo 2 avevano mediamente circa 65 anni (68,7 ± 7,7 vs 65,8 ± 9). I pazienti con diabete di tipo 1 avevano più alti livelli di sco- Analisi psicolinguistica nelle persone con diabete di tipo 1 e 2 seguite mediante educazione strutturata e visite tradizionali larità (p < 0,001) e svolgevano attività lavorativa, al contrario dei pazienti di tipo 2 che erano pensionati (p < 0,0001). I pazienti con diabete di tipo 1 svolgevano tutti l’automonitoraggio rispetto ai pazienti con diabete di tipo 2 (p < 0,0001) e non vi erano differenze per il fumo. L’HbA1c era inferiore nei pazienti con diabete di tipo 1 seguiti mediante group care rispetto ai controlli (7,4 ± 0,9 vs 8,5 ± 1,5, p < 0,001), mentre non vi erano differenze significative nei pazienti con diabete di tipo 2 (7,6 ± 1,0 vs 8,0 ± 1,6, ns). Il colesterolo HDL era inferiore nei controlli con diabete di tipo 1 (p = 0,002) e anche i trigliceridi erano inferiori nei pazienti con diabete di tipo 1 (p < 0,0001), non vi erano altre differenze tra i pazienti seguiti mediante il gruppo e la cura tradizionale. L’analisi univariata ha mostrato atteggiamenti positivi nei pazienti seguiti mediante group care, sia nelle persone con diabete di tipo 1 che diabete di tipo 2, rispetto ai pazienti seguiti mediante visite tradizionali. L’empowerment negativo si presentava nei pazienti seguiti con modalità tradizionali rispetto alla group care. Un locus esterno è stato osservato nei pazienti seguiti con terapia tradizionale, rispetto a un locus interno nei pazienti seguiti mediante educazione strutturata. Con riferimento al punto 3 i pazienti seguiti mediante group care esprimevano una gamma più ampia e articolata di concetti legati alle cure ricevute (diabete di tipo 1 = 210, diabete di tipo 2 = 356) rispetto ai controlli (diabete di tipo 1 = 152, diabete di tipo 2 = 314). I pazienti con diabete di tipo 1 e diabete di tipo 2 seguiti mediante educazione strutturata utilizzavano principalmente concetti positivi, mentre quelli seguiti con modalità tradizionali utilizzavano concetti con connotazioni negative. I concetti più usati dai pazienti con diabete di tipo 1 per definire la visita tradizionale sono stati: “Che p…e!”, “attesa lunga” o “tensione”. Nei pazienti con diabete di tipo 2 la visita suscitava sentimenti come: “Speriamo che i risultati siano ok”, “lunga attesa”, “ansia”, “paura”. I concetti più utilizzati dai pazienti con diabete di tipo 1 per definire le visite di gruppo sono stati: “confronto”, “conoscenza”, “educazione”, “amicizia”. Nei pazienti con diabete di tipo 2, la visita evocava: “amicizia”, “mi sento bene”, “mi piace”, “imparo”, “interessante”. I pazienti seguiti mediante percorsi di educazione strutturata utilizzavano un numero minore di termini medici. L’analisi multivariata ha confermato le associazioni di atteggiamenti positivi con il modello clinico educativo della group care (p < 0,0001) indipendentemente dal tipo di diabete; si è riscontrata un’associazione tra alti livelli di HbA1c con atteggiamenti negativi (p = 0,025) ed empowerment negativo (p = 0,055). La group care è associata a un utilizzo di termini che indicano un locus interno (p < 0,0001), mentre l’aumento dell’età è associato a un locus of control esterno (p = 0,017). Conclusioni La sequenzialità degli incontri nasce dall’avere constatato che è necessario costruire un percorso, affinché la persona 67 possa acquisire alcuni concetti in modo adeguato nel corso del tempo7-9. Ogni sessione prevede una conduzione interattiva, in cui i pazienti possono porre domande e chiedere, anche rispetto ad argomenti non specifici del singolo incontro. L’intenzionalità pedagogica associata alle dinamiche di gruppo ha favorito il miglioramento del compenso metabolico e la qualità di vita nelle persone coinvolte nel processo educativo della group care. Volendolo rappresentare graficamente, il percorso educativo della group care è di tipo circolare, ossia è continuo, si modula e si snoda nel tempo, assume di volta in volta caratteristiche diverse e si alimenta con il contributo delle persone coinvolte: non solo gli operatori, ma anche e soprattutto i pazienti. La group care si caratterizza nel suo percorso educativo per aver intersecato aspetti prettamente dialettici ad aspetti esperienziali in un continuo processo di facilitazione del cambiamento. Le attività clinico-educative e assistenziali della group care hanno una concezione circolare della programmazione educativa e a tal proposito le sessioni educative si possono ripetere nel corso del tempo7-9. Con l’analisi proposizionale siamo riusciti a cogliere quali fossero le rappresentazioni delle persone con diabete e quali i sistemi di riferimento che si erano costruite nel corso del tempo. Le persone possiedono, fortunatamente, una personale rappresentazione interna del mondo che offre loro la possibilità di scegliere. La rappresentazione non è mai completa e, anche se la maggior parte delle persone può acquisire e applicare competenze tecniche, come per esempio sapere iniettare l’insulina e svolgere l’automonitoraggio, tutto ciò non è sufficiente a favorire l’adattamento nei confronti della malattia, mentre sono necessarie, piuttosto, capacità di problem solving e strategie di coping21-24. I risultati di questo studio suggeriscono che i pazienti seguiti mediante le visite tradizionali tendono a descrivere la loro condizione con concetti che implicano per lo più atteggiamenti negativi, con scarsa emancipazione e un locus of control esterno. Questo è in accordo anche con altri studi che hanno dimostrato che a una mancanza di responsabilizzazione si associa anche un locus of control esterno22. Le visite tradizionali con approccio one-to-one sono state sviluppate per prendersi cura di malattie acute. Il medesimo approccio potrebbe non essere appropriato per attivare, sviluppare e sostenere la cura nelle malattie croniche in cui le competenze pedagogiche ed educative diventano tanto importanti quanto quelle mediche24. La mancanza di competenze pedagogiche e una consapevolezza della relazione come strumento educativo può limitare la capacità degli operatori sanitari di cogliere i reali bisogni dei pazienti con malattie croniche25,26 e diventare un ulteriore ostacolo verso la loro autonomia25-27. Le persone con diabete di tipo 1 e diabete di tipo 2 possono sviluppare una percezione negativa della malattia e mantenere tale impostazione nel corso del tempo, l’atteggiamento negativo può anche derivare da un retaggio emotivo che inizia con il momento della diagnosi includendo stress, frustrazione, isolamento sociale, conflitti interpersonali, depressione e paura26. Al contrario, essere seguiti per molti anni in un contesto di gruppo, dove la condivisione e la partecipa- 68 M. Raballo et al. zione sono elementi fondamentali della cura, potrebbe aver svolto un ruolo fondamentale nel determinare atteggiamenti positivi verso se stessi e la vita pur in presenza di una malattia cronica. Questo processo, a sua volta, può avere contribuito a migliorare i comportamenti di auto-cura6-11 suggerendo che l’assistenza alla persona con diabete richiede un nuovo paradigma e comporta una fondamentale ridefinizione dei ruoli e delle relazioni tra operatori sanitari e pazienti27. Nei pazienti seguiti mediante group care un aumentato senso di empowerment personale (È importante, perché si acquista consapevolezza. Ho imparato così tanto dallo scambio tra di noi. Ora mi sento pronto a prendermi cura di me) può derivare dallo sviluppo di competenze essenziali quali la comunicazione assertiva, la ricerca di informazioni e il desiderio di imparare, il processo decisionale, le strategie di coping utilizzate e il sostegno sociale7,9. Le persone possono definire le proprie strategie personali per sviluppare il cambiamento e adottare un locus of control interno diventando più efficaci nel raggiungimento degli obiettivi che si erano prefissati27-29. Il modello educativo della group care si focalizza sulla ricerca della salute e su pensieri assertivi piuttosto che concentrarsi sulla malattia, e cerca di operare azioni di prevenzione aiutando le persone a diventare consapevoli delle proprie scelte in relazione alla salute30. La condivisione delle esperienze supporta il cambiamento e concorre a modificare il locus of control, promuovendo lo sviluppo di un senso di responsabilità nei confronti di condotte di vita più sane27. Le visite tradizionali inevitabilmente sono centrate su informazioni mediche e prescrizioni volte a evitare le temute conseguenze di comportamenti non corretti, ma questi messaggi spesso non sono utili poiché vengono rimossi dai pazienti27,29. La maggior parte dei termini espressi rispetto ai percorsi di cura tradizionali avevano valenza negativa: preoccupazione, ansia per il futuro, frustrazione, fatica a cambiare e i pazienti esprimevano insoddisfazione per l’assistenza ricevuta con un atteggiamento passivo. Molti concetti non erano collegati al diabete e alla sua cura, suggerendo scarsa consapevolezza e la percezione di una conseguente incapacità di essere attore nel cambiamento e adattamento. Questo ci aiuta a comprendere che in educazione la tensione al cambiamento è la ragion d’essere del costituirsi dell’esperienza, il piano delle finalità che ne giustifica la costruzione. Nell’insieme delle attività rivolte ad aumentare il benessere e ridurre il malessere delle persone, siano esse culturali, educative, assistenziali si instaura, o meglio, si deve instaurare una dimensione relazionale tra soggetti, deve essere riconosciuta l’esistenza dell’altro e restituito questo riconoscimento di esistenza. Se nel quotidiano gli atteggiamenti e i contesti di cura ostacolano questa costruzione, con difficoltà le persone riescono a iniziare percorsi di autocura poiché manca il costituirsi del percorso educativo31. È da sottolineare che in questo lavoro per la prima volta sono stati analizzati l’atteggiamento, la responsabilizzazione e il locus of control nelle persone con diabete seguite mediante approcci che si differenziano per il significato che viene attribuito alla relazione interpersonale e alla comunicazione10. Lo studio di tipo trasversale non permette elaborazioni simili a quelle di un trial clinico e la procedura di analisi proposi- zionale richiede attribuzioni arbitrarie di significati. Proprio per ridurre al minimo il bias, tutti i dubbi di interpretazione sono stati verificati da più operatori. In conclusione, questo studio supporta la nozione che il trattamento di gruppo rafforza la comunicazione e l’identificazione tra pari e può raggiungere i suoi risultati clinici, promuovendo la consapevolezza, l’auto-efficacia e atteggiamenti positivi nei confronti della vita pur in presenza di una malattia cronica. Fonti di finanziamento Questo lavoro è stato reso possibile da un finanziamento dalla Regione Piemonte, Ricerca Sanitaria Finalizzata. Conflitto di interessi Nessuno. Bibliografia 1. American Diabetes Association. Standards of medical care. Diabetes Care 2012;35:S13-61. 2. The DCCT Research Group. The effect of intensive treatment of diabetes on the development and progression of long-term complications in insulin-dependent diabetes mellitus. N Engl J Med 1993;329:977-86. 3. UKPDS Group. Intensive blood-glucose control with sulphonylureas or insulin compared with conventional treatment and risk of complications in patients with type 2 diabetes (UKPDS 33). 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