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Giuda, apostolo mancato - `Apostolato della Preghiera` di Cuneo

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Giuda, apostolo mancato - `Apostolato della Preghiera` di Cuneo
Don Guido
GIUDA ISCARIOTA: LE VICENDE DI UN TRADITORE DI CRISTO
UNA RICERCA CONDOTTA IN BASE AGLI SCRITTI DEI 4 EVANGELISTI
Cuneo
2010
—
Un vero grazie a Manuela ed a Stefania
per l’attenta correzione delle bozze di questo studio su Giuda Iscariota,
uomo che troppo sovente noi condanniamo con le parole
ed imitiamo nelle opere.
—
2
INTRODUZIONE GENERALE
Come sempre le mie ricerche rispondono ad un bisogno profondo di riempire un vuoto interiore che
vado percependo in me sempre più grande e doloroso. Dopo aver studiato alcune figure magnifiche
come quelle di Maria Santissima e di Giovanni Battista e come quelle di Pietro e di Santa Maria
Maddalena, sento ora che il mio animo mi spinge ad approfondire la figura negativa e terribile di Giuda
Iscariota.
Rispondo a questa ispirazione, ritenendo che essa provenga dalla grazia divina, in questo anno
dedicato ai Sacerdoti, con l’intenzione di imparare molte cose importanti per la mia vita, studiando un
personaggio che, come sacerdote, è stato un vero fallimento. Questo mi aiuterà a prendere
maggiormente coscienza dei miei tradimenti nei confronti di Cristo e, come conseguenza, a non
continuare a commettere nuovi sbagli, simili a quelli fatti da Giuda, ma piuttosto a vivere in una sempre
più autentica e fedele amicizia con il Signore.
Il sentimento che in questo momento mi afferra in modo prevalente è quello di un immenso dolore
perché so bene che io stesso non ho amato il Signore come egli si meritava e, sovente, utilizzando la
presunzione di essere un suo amico, ho approfittato del mio ministero per ricavarne dei meschini
guadagni. Purtroppo, in base alla mia esperienza, so di non essere stato il solo a comportarsi così.
Scavando nella storia di Giuda, così come i Vangeli ce lo presentano, intendo rinnovare la mia vita
sacerdotale, purificare il mio cuore e migliorare la mia coerenza.
1 – GIUDA: UNA FIGURA ENIGMATICA ED EMBLEMATICA
Mi rendo conto che il compito di studiare la figura di Giuda è difficile almeno per due motivi:
1° per il fatto che i Vangeli ci dicono poche cose di lui
2° e, ancor più, per il fatto che la vicenda di questo apostolo infame è tortuosa, sfuggente e
misteriosa di per sé.
Infatti mentre, ad esempio, lo studio su Maria Vergine è facilitato dalla semplicità e trasparenza di
una Donna solare, limpida e coerente, quello su Giuda è reso ben arduo dalla doppiezza e dalla
complessità tipiche di ogni cuore peccatore:
«Nel cuore dell'empio parla il peccato, davanti ai suoi occhi non c'è timor di Dio. Poiché egli si
illude con se stesso nel ricercare la sua colpa e detestarla. Inique e fallaci sono le sue parole, rifiuta di
capire, di compiere il bene» (Sal 35 [36],2-4).
Cercherò tuttavia di scrutare attentamente, chiedendo al Signore una grazia speciale di luce e di
discernimento, per aiutare me stesso e gli altri ad iniziare e a continuare sino in fondo un cammino di
sincera conversione. Dalla vicenda di Giuda impareremo ad evitare i tranelli che l’ignoranza, la
superficialità e l’orgoglio ci tendono, accecandoci nei nostri giudizi e nelle nostre valutazioni.
Impareremo dunque a discernere la vera carità da quella finta, la quale riesce troppo facilmente a
farci vivere nell’illusione di essere amici di Dio, mentre in realtà il Signore è (se così si può dire) in
giusta collera con noi. Noi facilmente ci possiamo ingannare pensando di essere utili servi degli altri,
mentre in effetti siamo solo e miseramente dei falsi fratelli che sfruttano il prossimo senza timore di
ucciderne l’anima.
Scrivo implorando il Signore perché salvi tutti i Giuda di tutti i tempi, quelli passati, presenti e
futuri. Soprattutto coloro che sono stati investiti di un incarico ministeriale o che, comunque, si sono
consacrati a Dio e poi, pian piano, hanno tradito il loro impegno. Forse oggi, sotto certi aspetti, costoro
sono più colpevoli di Giuda stesso: costui non aveva a sua disposizione i Vangeli e non poteva
beneficiare di 2000 anni di storia cristiana.
Noi, rispetto a lui, abbiamo il vantaggio (e la responsabilità) dell’aiuto proveniente da due millenni
duranti i quali molti Santi ci hanno offerto fulgidi ed eroici esempi di fede e di carità e, inoltre, la nostra
vicenda terrena non si è ancora conclusa, cosicché grazie alla misericordia divina abbiamo ancora il
tempo per ravvederci e per salvarci.
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La forza che ci sostiene in questa ricerca e in questa fatica è la convinzione che il Signore, davvero
grande nella sua pazienza con noi, ci offre una nuova occasione per rimediare a tutti i nostri errori, in
modo da convincerci sempre più che il tempo che egli ancora ci concede va inteso come un’occasione
per un miglioramento e non come una scusa per continuare in una quieta convivenza con il male morale
(cfr. Rom 2,4; 2 Pt 3,15).
2 – SOMMARIO
Abbiamo notato che questo studio può essere strutturato in 10 Capitoli:
1° CAPITOLO: LA CHIAMATA DEI DODICI APOSTOLI
2° CAPITOLO: I DIFETTI DEGLI APOSTOLI
3° CAPITOLO: GIUDA DI FRONTE AL MISTERO DELL’EUCARISTIA
4° CAPITOLO: LA PROTESTA DI GIUDA DURANTE L’UNZIONE A BETANIA
5° CAPITOLO: IL CRIMINALE ACCORDO DI GIUDA CON I CAPI DEI GIUDEI
6° CAPITOLO: UN’AMMONIZIONE SIMBOLICA DA PARTE DI CRISTO
7° CAPITOLO: LA DRAMMATICA CENA PASQUALE
8° CAPITOLO: LA CATTURA DI CRISTO NELL’ORTO DEGLI ULIVI
9° CAPITOLO: LA TRAGICA FINE DI GIUDA
10° CAPITOLO: GIUDA VIENE SOSTITUITO DA SAN MATTIA
3 – ALCUNE NOTE TECNICHE
Sovente, nel caso di “testi sinottici”, abbiamo creato un “testo unificato”, utilizzando come base il
brano di quel Vangelo che ci sembrava più adatto a questo scopo e lo abbiamo integrato con le varianti
provenienti dagli altri Vangeli. Per aiutare il lettore a distinguere subito i Vangeli tra di loro abbiamo
usato dei caratteri diversi:
per il Vangelo di Matteo: arial corsivo,
per quello di Marco: arial normale,
per quello di Luca e per gli Atti: times corsivo,
per quello di Giovanni: times normale.
Ecco un esempio:
Mt 10,2 I nomi dei dodici Apostoli sono:
primo Simone, Mc 3,16 al quale impose il nome di Pietro, e Andrea, suo fratello.
In questo caso il testo base appartiene al Vangelo di Matteo (I nomi dei dodici Apostoli sono: primo
e l’aggiunta (al quale impose il nome di Pietro ) appartiene a quello di
Marco. Per altri autori del N.T. abbiamo usato il times grassetto corsivo (se opportuno).
Simone, … e Andrea, suo fratello. )
Questo metodo può essere utile per il lettore perché riduce la mole dello scritto. Tuttavia, dal
momento che i Vangeli non possono essere sovrapposti in uno studio scientifico, noi in tante questioni
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difficili (specialmente quando si tratta di capire alcune cose importanti), cercheremo di trovare le giuste
soluzioni tenendo ben distinti i Vangeli tra di loro. L’ideale sarebbe quello di studiare il Giuda di
Matteo, di Marco, di Luca e di Giovanni separatamente e poi fare un confronto e una sintesi finali.
Questo però richiederebbe molto più tempo, anche se darebbe l’opportunità di uno studio più
meticoloso. Noi prendiamo una scorciatoia, facendo attenzione a non essere troppo superficiali.
Per una maggiore precisione riporteremo sovente anche il testo originale in caratteri greci o
translitterato in caratteri latini.
Maria, la Regina degli Apostoli, ci aiuti in questa sofferta ricerca.
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1° CAPITOLO: LA CHIAMATA DEI DODICI APOSTOLI
Invochiamo dal Signore la luce per capire qualcosa di utile dai testi biblici che tra poco
esamineremo: la prima volta che noi incontriamo il nome di Giuda Iscariota nei Vangeli è in occasione
della chiamata dei Dodici Apostoli. Mentre Pietro viene nominato da tutti gli Evangelisti Sinottici per
primo con l’evidente intenzione di sottolineare il suo ruolo di primo tra pari, Giuda viene sempre
nominato come ultimo con un’intenzione altrettanto evidente di farci capire che egli si escluse da solo
dal numero dei Dodici dal momento che si comportò in modo indegno e riprovevole.
1 – IL RACCONTO DELLA FONDAMENTALE CHIAMATA ALL’APOSTOLATO
Lc 6,12 Avvenne, poi, in quei giorni che egli uscì, verso il monte, a pregare,
e pernottò nella preghiera di Dio.
Lc 6,13 E quando venne giorno, convocò i suoi discepoli,
e, prescelti da loro dodici, li chiamò Apostoli:
Mc 3,13 … chiamò a sé quelli che egli stesso volle ed essi andarono da lui.
Mc 3,14 Ne costituì Dodici perché stessero con lui
Mc 3,15 e anche per mandarli a predicare
e perché avessero il potere di scacciare i demòni.
Mt 10,1 … e di guarire ogni malattia e ogni infermità.
Mc 3,16 Costituì dunque i Dodici.
Mt 10,2 I nomi dei dodici Apostoli sono:
primo Simone, Mc 3,16 al quale impose il nome di Pietro, e Andrea, suo fratello;
Mc 3,17 poi Giacomo di Zebedèo e Giovanni fratello di Giacomo,
ai quali diede il nome di Boanèrghes, che significa “figli del tuono”,
Mt 10,3 Filippo e Bartolomeo, Tommaso e Matteo, il pubblicano,
Giacomo di Alfeo e Taddeo ( Lc 6,16 Giuda di Giacomo),
Mt 10,4 Simone il Cananeo ( Lc 6,15 quello chiamato Zelota),
e Giuda, l'Iscariota, che poi lo tradì ( Lc 6,16 che divenne traditore).
Esaminiamo innanzi tutto le azioni di Gesù che precedono il grande momento della chiamata
ufficiale dei Dodici. Esse ci fanno capire l’importanza che il Signore diede a questa chiamata: salì su di
un monte a pregare e vi passò la notte in preghiera. Fu certo una preghiera speciale dal momento che
Luca la definisce: la preghiera di Dio. Fu dunque una vera preghiera a Dio e di Dio: egli aveva poco
prima invitato a pregare il Signore della Messe perché mandasse operai per lavorare, in qualità di
profeti, nel suo campo (Mt 9,38).
Marco si distingue dagli altri perché mette in evidenza la libertà con la quale Gesù agì, chiamando a
sé quelli che egli stesso volle. Questa sovrana libera decisione viene confermata da alcuni passi del
Vangelo di Giovanni:
Rispose Gesù: «Non ho forse scelto io voi, i Dodici?» (Gv 6,70)
oppure:
«Non parlo di tutti voi; io conosco quelli che ho scelto» (Gv 13,18)
o ancora:
«Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti
perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga» (Gv 15,16).
Tuttavia, il fatto che egli decida dopo una lunga e fervente preghiera al Padre, ci fa capire che in
definitiva egli viene guidato dal Padre stesso in questa scelta fondamentale. D’altra parte Luca,
nell’inizio degli Atti, ci informa, senza ombra di dubbio, che Gesù aveva scelto gli Apostoli nello
Spirito Santo (Atti 1,2).
Pertanto la vocazione dei Dodici affonda le sue radici nella imperscrutabile volontà di Dio Padre, del
suo Spirito e del Figlio stesso. Dunque la scelta degli Apostoli fu un atto di obbedienza verso il Padre e
verso lo Spirito divino: questo non elimina, anzi conferma il fatto che egli fu liberissimo nel fare quella
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scelta (chiamò a sé quelli che egli stesso volle ). Infatti, tale decisione corrispondeva all’eterno disegno
trinitario di salvezza e il disegno divino rende la libertà sempre più libera.
Su chi cadde la scelta? In realtà cadde su uomini normali, più o meno dotati, con i loro pregi e con i
loro difetti. Gesù scelse anche Giuda, l’Iscariota o Iscariot.
Innanzi tutto ricordiamo che il nome Giuda venne dato da Giacobbe al suo quartogenito il quale
venne chiamato Yĕhūdāh per assonanza con le parole di sua madre, Lia, che nel darlo alla luce esclamò:
Yahwèh ’ōdeh: loderò il Signore (Gen 29,35).
Nel N.T. il nome Giuda, in riferimento al nostro personaggio, ricorre 22 volte (2 negli Atti, 3 in Mc,
4 in Lc, 5 in Mt e ben 8 in Gv). Se confrontiamo la presenza del nome di Giuda con quella del nome
degli altri Apostoli scopriamo che è maggiore di quella che riguarda Simone, lo Zelota (solo 6x),
Matteo Levi (8x), Giuda Taddeo (10x), Bartolomeo Natanaele (10x), Andrea (13x), Tommaso Didimo
(14x), Filippo (16x) e perfino di quella che concerne Giacomo, il fratello di Giovanni (21x). Uguaglia
quella di Giacomo di Alfeo (22x), essendo inferiore solo a quella di Giovanni (34x) e di Pietro (154x).
Questo è il segno che l’apostolo infedele ha lasciato una traccia profonda nella memoria dei testimoni
del Vangelo e, ci piaccia o no, ha avuto un ruolo importante, anche se in negativo.
Nei Vangeli poi il nome di Giuda, per aiutare il lettore a non confonderlo con l’altro Apostolo con lo
stesso nome (Giuda Taddeo, figlio di Giacomo), è sovente seguito dall’appellativo Iscariot(a). Tale
appellativo viene interpretato generalmente come Uomo (Iš) di Qĕriyyōt, un villaggio della Giudea. Se
tale interpretazione è esatta, ne deriva che egli era giudeo e che era l’unico non Galileo tra i Dodici (cfr.
Atti 2,7). Altre interpretazioni del nome sono meno probabili: Iš–karya (Uomo della falsità) o perfino
Sicario (dall’ebraico ekariot). Dal momento però che anche il padre di Giuda vien sempre chiamato
Iscariota (Gv 6,70; 13,2.26), questo sembra essere un nome di famiglia. Ora, è strano che tale nome
fosse proprio quello di Sicario o di Impostore. È più credibile che esso faccia riferimento al luogo di
provenienza.
È Giovanni l’Evangelista che ci parla del padre di Giuda dal momento che per tre volte indica tale
apostolo come figlio di Simone (Gv 6,70; 13,2.26):
Gv 6,70 Rispose Gesù: «Non ho forse scelto io voi, i Dodici? Eppure uno di voi è un diavolo!». Egli parlava di
Giuda, (figlio) di Simone Iscariota: questi infatti stava per tradirlo, uno dei Dodici.
Gv 13,2 Mentre cenavano, quando già il diavolo aveva messo in cuore a Giuda, (figlio) di Simone Iscariota, di
tradirlo…
Gv Gv 13,26 Risponde dunque Gesù: «È colui per il quale io intingerò il boccone e glielo darò!». Intinto
dunque il boccone, lo prende e lo dà a Giuda di Simone Iscariota..
(Tabella I)
Nella tabella sottostante riportiamo le citazioni dei 9 passi nei quali Giuda è detto Iscariot(a)
(facciamo notare però che il passo di Mc 14,43 non è criticamente sicuro):
1
2
3
4
[5]
Mt 10,4 Simone il Cananeo e Giuda, l'Iscariota, che poi lo tradì.
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9
Lc 6,16 Giuda di Giacomo e Giuda Iscariot, che (divenne) fu il traditore.
Lc 22,3 Allora satana entrò in Giuda, detto Iscariota, che era dei Dodici.
Gv 12,4 Dice però Giuda, l’Iscariota, uno dei suoi discepoli, colui che stava per tradirlo:
Gv 14,22 Gli dice Giuda, non l'Iscariota: «Signore, che è successo, perché stia per manifestare te stesso a
noi e non al mondo?».
Mt 26,14 Allora uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariota, andò dai sommi sacerdoti
Mc 3,19 e Giuda Iscariot, che poi lo tradì.
Mc 14,10 Allora Giuda Iscariot, uno dei Dodici, si recò dai sommi sacerdoti, per consegnare loro Gesù.
Mc 14,43 E subito, mentre ancora parlava, arrivò Giuda, [l’Iscariota], uno dei Dodici, e con lui una folla con
spade e bastoni mandata dai sommi sacerdoti, dagli scribi e dagli anziani.
(Tabella II)
Egli dunque viene chiamato non solo Iscariota o Iscariot, ma anche l’Iscariota (con l’articolo), al
fine di dare a tale titolo, che indicava la sua origine in terra di Giudea o la sua provenienza familiare,
una maggiore importanza.
7
Nascono ora subito spontanee alcune domande: Perché Gesù ha scelto Giuda (in sintonia con il
Padre e lo Spirito Santo), ben sapendo che egli lo avrebbe così gravemente tradito? Non poteva
chiamarne un altro e non mettere Giuda nell’occasione di compiere un così grave peccato?
Noi sappiamo che, fino a quando saremo su questa terra, non potremo mai trovare una risposta a
questo tipo di domande. Una cosa sappiamo per certo e cioè che le decisioni divine sono ispirate solo da
bontà e da infinita sapienza. Quindi, noi, invece di perdere tempo a cercare di sapere quello che sarebbe
successo se le cose fossero andate diversamente da come di fatto sono andate, facciamo meglio a
rinnovare la nostra fede nell’infinita carità divina.
Diventa pertanto ridicola una certa risposta che a volte sentiamo dire con tono rassegnato da alcuni:
Giuda era predestinato a compiere quello che ha fatto, altrimenti non si sarebbero adempiute le Scritture
secondo le quali il Cristo doveva patire e morire per salvarci…
Noi siamo assolutamente sicuri che Gesù, chiamando Giuda ad essere un Apostolo, non gli tese
nessuna trappola… Di questo siamo ben certi e di un’altra cosa siamo altrettanto sicuri, cioè del fatto
che anche tutte le nostre vocazioni trovano la loro origine nella carità di Dio. E Dio sa bene quante volte
anche noi, come novelli Giuda, tradiamo il suo progetto di santità e di salvezza che egli ha su di noi!
La misericordiosa Provvidenza divina ha dunque voluto che la scelta dei Dodici rispecchiasse la
realtà storica della Chiesa, la quale è come una rete da pesca che tira a riva pesci buoni e cattivi (cfr. Mt
13,47). Per questo motivo la figura di Giuda non è un problema in più, ma si trasforma in un grande
ammonimento per tutti noi, affinché non ci facciamo illusioni, ma umilmente prendiamo in
considerazione l’ipotesi che anche noi possiamo essere o potremmo diventare come “colui che ha
tradito il suo Signore”.
Siccome Dio sa trasformare il male in un bene, a volte lo sbaglio diventa (se così si può dire) molto
più utile (per certi aspetti) di ciò che è corretto: infatti, per fare alcuni esempi, siamo più spronati a
credere in forza del comportamento riluttante di San Tommaso, che si ostinava nel negare la possibilità
della risurrezione, che non dalla pronta fede delle pie donne, le quali ebbero subito modo di vedere e
sentire gli angeli e immediatamente dopo di abbracciare il Cristo risorto. Forse veniamo resi più umili e
più prudenti dal rinnegamento di Pietro, cui seguì un sincero pentimento e un’eroica decisione di servire
sino in fondo e senza paure il suo Maestro, che non dalla maggiore fedeltà di Giovanni o di Andrea che
non vennero messi alla prova nello stesso modo. Non vogliamo dire che convenga fare il male per
ottenerne un bene (cfr. Rom 3,8), ma che, essendo Dio soprattutto un grande e onnipotente Salvatore,
egli può far sì che là dove ha abbondato il peccato sovrabbondi la grazia (cfr. Rom 5,20).
2 – LA QUESTIONE DEL ‘TRADIMENTO’
Analizziamo ora più da vicino il testo originale riguardante la chiamata di Giuda, mettendo i
Sinottici in parallelo e tenendo conto anche dell’originale greco:
Mt 10.4 Giuda, l'Iscariota, che poi lo tradì.
)Iou/daj, o( )Iskariw/thj, o( kai\ paradou\j au)to/n.
Mc 3.19 Giuda Iscariot, che poi lo tradì.
)Iou/dan )Iskariw/q, o(\j kai\ pare/dwken au)to/n.
Lc 6,16 Giuda Iscariot, che divenne traditore.
)Iou/dan )Iskariw/q, o(\j e)ge/neto prodo/thj.
Diversamente da Matteo e da Marco, che sono concordi nel dire sostanzialmente: che poi lo tradì,
Luca scrive: (Giuda), il quale divenne traditore. Ci sembra che Luca, più attento alla psicologia delle
persone, ci voglia far capire che Giuda maturò lentamente il suo atteggiamento ostile nei confronti del
Maestro fino a diventare un traditore. Nella Conclusione generale esamineremo con maggiore
profondità l’azione del tradire secondo il Nuovo Testamento. Per ora ci basti sapere che nei Vangeli il
verbo para-dídomi è collegato con Giuda ben 36 volte (nella metà di queste egli viene esplicitamente
chiamato per nome). Ecco le citazioni in cui Giuda è per diciotto volte il chiaro o esplicito soggetto del
verbo consegnare/tradire:
1
2/3
Mt 10,4 Simone il Cananeo e Giuda l'Iscariota, che poi lo tradì [ o( kai\ paradou\j au)to/n ].
Mt 26,14 Allora uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariota, andò a trovare i sommi sacerdoti [15] e disse:
8
4
5/6
7
8/9
«Quanto mi volete dare perché io ve lo consegni [ paradw/sw au)to/n ]?». E quelli gli fissarono trenta
monete d'argento. [16] Da quel momento cercava l'occasione propizia per consegnarlo [i(/na au)to\n
parad%=].
Mt 26,25 Giuda, quello che l’avrebbe tradito [ o( paradidou\j au)to\n ], disse: «Rabbì, sono forse io?».
Gli rispose: «Tu l'hai detto».
Mt 27,3 Allora Giuda, che l’aveva tradito [ o( paradidou\j au)to\n ], vedendo che Gesù era stato
condannato, si pentì e riportò le trenta monete d'argento ai sommi sacerdoti e agli anziani [4] dicendo:
«Ho peccato, tradendo [paradou\j] sangue innocente».
Mc 3,19 e Giuda Iscariot, quello che poi lo tradì [ o(\j kai\ pare/dwken au)to/n ].
Mc 14,10 Allora Giuda Iscariot, uno dei Dodici, si recò dai sommi sacerdoti, per consegnare [paradoi=]
loro Gesù [11] Quelli all'udirlo si rallegrarono e promisero di dargli denaro. Ed egli cercava l'occasione
opportuna per consegnarlo [paradoi=]
10
Lc 6,16 Giuda Iscariot, il quale divenne (un) traditore [ o(\j e)ge/neto prodo/thj ].
11/12 Lc 22,3 Allora satana entrò in Giuda, detto Iscariota, che era nel numero dei Dodici. [4] Ed egli andò a
discutere con i sommi sacerdoti e i capi delle guardie sul modo di consegnarlo [paradw=] nelle loro
mani. [5] Essi si rallegrarono e si accordarono di dargli del denaro. [6] Egli fu d'accordo e cercava
l'occasione propizia per consegnarlo [paradou=nai] loro di nascosto dalla folla.
13
Lc 22,48 Gesù gli disse: «Giuda, con un bacio tradisci [ paradi/dwj ] il Figlio dell'uomo?».
14
Gv 6,70 Rispose Gesù: «Non ho forse scelto io voi, i Dodici? Eppure uno di voi è un diavolo!». [71] Egli
parlava di Giuda, figlio di Simone Iscariota: questi infatti stava per tradirlo [ ou(=toj ga\r e)/mellen
paradido/nai au)to/n ], uno dei Dodici.
15
Gv 12,4 Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo [ o( me/llwn au)to\n
paradido/nai ], disse:…
16
Gv 13,2 Mentre cenavano, quando già il diavolo aveva messo in cuore a Giuda, figlio di Simone
Iscariota, di tradirlo [ i(/na paradoi= au)to\n ]…
17
Gv 18,2 Anche Giuda, che lo tradiva [ o( paradidou\j au)to\n ], conosceva quel posto, perché Gesù vi si
ritirava spesso con i suoi discepoli.
18
Gv 18,5 Gli risposero: «Gesù, il Nazareno». Disse loro Gesù: «Sono io!». Vi era là con loro anche
Giuda, colui che lo tradiva [ o( paradidou\j au)to\n ].
(Tabella III)
Al fine di completare il quadro citiamo anche le altre 18 volte: Mt 26,21.23.24.45.46.48; Mc
14,18.21.41.42.44; Lc 22,21.22.23; Gv 6,64; 13,11.21; 21,20.
Notiamo quanto insistentemente Giuda venga indicato come colui che tradì o che tradiva
[o( paradidou/j], oppure come colui che stava per tradire o che ne aveva l’intenzione [o( me/llwn au)to\n
paradido/nai].
In nessuna parte del Vangelo però egli viene chiamato il traditore, come invece facciamo oggi in
modo disinvolto. Così facendo noi qualifichiamo la sua persona in modo globale come il traditore per
antonomasia. Gli Evangelisti, invece, preferiscono dire quello che Giuda ha fatto piuttosto che
esprimere, con un appellativo, quello che egli era. Essi ritengono più giusto descrivere il suo operato,
costatando e dichiarando un fatto concreto, piuttosto che dare un giudizio valutativo sulla sua persona.
L’unico che usa (una sola volta) il termine traditore è Luca, che in 6,16 lo qualifica come un prodo/thj
(prodótes, un traditore). Notiamo però che egli non dice il… ma semplicemente un... Questo ci fa capire
che Giuda non viene ritenuto dai Vangeli come il traditore per eccellenza, ma purtroppo, più
precisamente, come uno dei tanti traditori, tra i quali potremmo essere benissimo annoverati anche noi.
Il termine prodo/thj viene usato tre volte nel N.T.: infatti lo troviamo ancora in Atti 7,52 in bocca al
diacono Stefano che accusa i suoi uditori di essere stati i traditori e gli uccisori del Cristo e nella
seconda lettera a Timoteo al 15° posto nell’elenco di ben 20 tipi di peccatori (2 Tim 3,4).
Se proprio vogliamo essere precisi, dobbiamo ammettere che il verbo paradídomi nella lingua greca
non vuol dire propriamente tradire. Il dizionario Rocci traduce questo verbo con dare, consegnare,
trasmettere o, quando la situazione è più grave, con abbandonare, dare in balìa di… esporre al
rischio… Se gli Evangelisti avessero proprio voluto insistere sull’idea di tradimento avrebbero usato il
verbo pro-dídomi, dal quale deriva il sostantivo prodótes, termine che essi ben conoscono. Pertanto
tradurre paradídomi con tradire è un po’ troppo forte. Tuttavia non possiamo biasimare chi usa il verbo
tradire, perché le parole vanno tradotte anche tenendo conto del contesto in cui si trovano e, in base a
9
tutti i Vangeli, la consegna attuata da Giuda fu una consegna proditoria, cioè operata con inganno e
malafede da parte di uno che si spacciava per amico.
Alla definizione di Giuda come traditore possiamo aggiungerne anche un’altra: quella di guida.
Pietro, parlando all’assemblea dei circa 120 credenti riuniti nel Cenacolo, non descrive l’azione di
Giuda come un tradimento, ma come un mettersi alla testa di coloro che catturarono il Signore.
Notiamo che anche Pietro, usando ’odegós invece di prodótes, intende indicare solo un’azione ben
circoscritta, nella quale si concretizzò il tradimento e quindi non emette un giudizio generale sulla
persona di Giuda:
Atti 1,16 … Giuda, che divenne guida [’odegós] a quelli che arrestarono Gesù.
)Iou/da, tou= genome/nou o(dhgou= toi=j sullabou=sin )Ihsou=n,
Non dimentichiamo che i Vangeli conferiscono a Giuda anche dei titoli positivi:
— Apostolo (così come Gesù aveva chiamato tutti i suoi Dodici discepoli speciali e quindi anche
Giuda),
— Uno dei Dodici,
— Uno dei suoi discepoli…
— Gesù stesso lo definì compagno, amico (in senso lato: cfr. Mt 26,50: ’etâiros).
Tuttavia noi abbiamo l’abitudine di indicarlo solo e sempre come il traditore e di riversare su di lui
tutta la colpa e così far passare in seconda linea tutti i titoli positivi. Se è vero che, per un verso, tutti
questi titoli positivi rendono ancora più grave il suo tradimento, tuttavia non vanno scordati, perché i
doni di Dio sono irrevocabili (Rom 11,29; Ebr 6,18).
3 – IL CONTESTO DELLA CHIAMATA ALL’APOSTOLATO
Matteo e Marco pongono l’elezione dei Dodici dentro il contesto di una febbrile attività consistente
nell’evangelizzare le folle e nel guarire i malati (Mt 9,35-38; Mc 3,7-12). Luca invece la pone nel
contesto della polemica contro i Farisei.
Matteo e Luca poi ci dicono anche quello che avvenne subito dopo la chiamata degli Apostoli. Qui di
seguito riportiamo il testo di Matteo e poi più avanti quello di Luca:
Mt 10,5
Questi dodici Gesù li inviò dopo averli così istruiti:
«Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani;
Mt 10,6 rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d'Israele.
Mt 10,7 E strada facendo, predicate che il Regno dei cieli è vicino.
Mt 10,8 Guarite gli infermi, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demòni.
Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date.
Mt 10,9 Non procuratevi oro, né argento, né moneta di rame nelle vostre cinture,
Mt 10,10 né bisaccia da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone,
perché l'operaio ha diritto al suo nutrimento…
Mt 10,16 Ecco: io vi mando come pecore in mezzo ai lupi;
siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe».
Matteo, dunque, presenta una serie di istruzioni che riguardano la pratica concreta della vita
Apostolica, indicando i compiti e i comportamenti (soprattutto quello della povertà e della mitezza) da
praticare per essere all’altezza della missione affidata.
Luca, invece, dopo la chiamata riporta il discorso programmatico del Regno. Questo discorso inizia
con la solenne proclamazione delle Beatitudini lucane valide per tutti i credenti (possiamo sintetizzare
tali Beatitudini nell’invito a gioire nella povertà e nella sofferenza sostenuta per fede nel Regno senza
alcuna ricerca di vantaggi terreni):
Lc 6,17 Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante.
C'era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea,
da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone,
Lc 6,18 che erano venuti per ascoltarlo ed esser guariti dalle loro malattie;
anche quelli che erano tormentati da spiriti immondi, venivano guariti.
Lc 6,19 Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che risanava tutti.
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Lc 6,20 Alzati gli occhi verso i suoi discepoli, Gesù diceva:
«Beati voi poveri, perché vostro è il Regno di Dio.
Lc 6,21 Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati.
Beati voi che ora piangete, perché riderete.
Lc 6,22 Beati voi quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e v'insulteranno
e respingeranno il vostro nome come scellerato, a causa del Figlio dell'uomo.
Lc 6,23 Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nei cieli.
Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i profeti.
Lc 6,24 Ma guai a voi, ricchi, perché avete già la vostra consolazione.
Lc 6,25 Guai a voi che ora siete sazi, perché avrete fame.
Guai a voi che ora ridete, perché sarete afflitti e piangerete.
Lc 6,26 Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi.
Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i falsi profeti».
Queste parole invitano tutti ad acquisire la virtù della povertà evangelica, a fuggire l’avarizia, a
cercare la propria consolazione solo in Dio e ad evitare di accontentarsi delle gioie solo terrene e
umane. Chissà se Giuda ha udito questo discorso! Sicuramente era a conoscenza del nuovo stile di vita
predicato e praticato dal Maestro.
La narrazione matteana e quella lucana, che ci informano anche circa quello che avvenne dopo la
chiamata degli Apostoli, si accordano molto bene con quello che Marco e Matteo stesso ci dicono circa
le intenzioni con le quali il Maestro aveva prescelto i Dodici perché fossero dei discepoli speciali.
Eccole:
Mc 3,13 … chiamò a sé quelli che egli stesso volle ed essi andarono da lui.
Mc 3,14 Ne costituì Dodici perché stessero con lui
Mc 3,15 e anche per mandarli a predicare
e perché avessero il potere di scacciare i demòni
Mt 10,1 … e di guarire ogni malattia e ogni infermità.
Tre sono i momenti principali che costituiscono una vita Apostolica:
1° l’andare verso il Cristo,
2° il seguirlo in modo da stargli sempre vicino,
3° e, al momento opportuno, il partire per andare in missione a predicare il Vangelo, a guarire gli
infermi e a liberare il popolo dallo spirito del male.
Per poter corrispondere a tutte queste impegnative richieste era necessaria un’autentica fede e un
grande e totale amore verso il Cristo e il suo Regno. Ora, la fede e la carità sono due virtù non facili da
acquisire. Esse vanno vissute fino al punto di gioire anche nella carenza di beni materiali o nella
mancanza di un successo personale. Il cuore umano però è talmente subdolo che riesce a dimostrare una
parvenza di fede e di amor di Dio anche quando in realtà il nostro io non ha minimamente rinnegato se
stesso. Tutti gli Apostoli, infatti, hanno fatto una grande fatica a vincere il proprio orgoglio e il proprio
egocentrismo. Giuda, come vedremo meglio in seguito, pur testimone di prodigi divini e di autentiche
conversioni, non riuscì a trasformare il suo cuore e ad essere autentico. Egli si trovò di fronte alla
richiesta di vivere un’avventura veramente spirituale, ma non ne fu capace. Chiamato a stare con Gesù,
lo fece solo materialmente; inviato a predicare il Vangelo agli altri, non lo insegnò a se stesso ed, infine,
autorizzato a scacciare i demoni dagli altri, si lasciò pienamente invadere dal Signore.
Nel prossimo capitolo vedremo un fatto emblematico che ci aiuterà a capire meglio l’intimo di
Giuda.
4 – CONCLUSIONE DEL CAPITOLO RIGUARDANTE LA VOCAZIONE DEI DODICI
Fino a questo momento abbiamo raccolto alcune frasi con le quali Giuda viene descritto. Ecco le
principali, da noi qui parafrasate, secondo le quali egli è:
1° colui che aveva in animo di consegnare il Signore e che effettivamente lo consegnò,
2° colui che fu la guida di coloro che catturarono Gesù
3° e, soprattutto, colui che divenne e che fu il (o meglio, un) traditore.
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Noi non ci dobbiamo fermare solo a considerare queste espressioni, ma nella preghiera e nella
meditazione facciamo bene ad invocare la luce dello Spirito affinché possiamo davvero comprendere
quello che le Sacre Scritture ci dicono circa questo infelice discepolo che fu uno dei Dodici chiamati da
Gesù per un compito speciale, cioè quello di essere partecipe del suo Sacerdozio e della sua Missione
messianica e salvifica.
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2° CAPITOLO: I DIFETTI DEGLI APOSTOLI
I Vangeli dimostrano di essere opere scritte da persone molto sincere dal momento che questi autori
non tacciano i difetti di coloro che in seguito assunsero un ruolo dirigente all’interno della Chiesa:
quindi parlano anche degli errori commessi dagli Apostoli. Tra i numerosi brani possibili noi ne
scegliamo uno solo: quello che ci narra le pretese egemoniche della famiglia di Zebedeo. Si tratta di un
episodio al quale Giuda partecipò sicuramente perché oltre ai due figli di Zebedeo vengono menzionati
anche gli altri dieci Apostoli.
1 – LE IMMATURITÀ DEGLI APOSTOLI
Ecco quanto i Sinottici ci raccontano in proposito:
Mt 20,20 Allora gli si avvicinò la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli,
prostrandosi dinnanzi per chiedergli qualcosa.
Mc 10,35 E gli si avvicinarono Giacomo e Giovanni, i due figli di Zebedèo, dicendogli:
«Maestro, noi vogliamo che tu ci faccia quello che ti chiediamo».
Mc 10,36 Egli disse loro: «Cosa volete che io faccia per voi?».
Essi gli risposero:
Mc 10,37 «Concedici di sedere uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nella tua gloria,
Mt 20,21 nel tuo Regno ».
Mc 10,38 Ma Gesù disse loro: «Voi non sapete ciò che chiedete.
Potete bere il calice, che bevo io, o ricevere il battesimo, con cui sono battezzato io?».
Ma essi gli risposero: «Lo possiamo».
Mc 10,39 E Gesù disse: «Il calice che io bevo anche voi lo berrete,
e il battesimo che io ricevo anche voi lo riceverete.
Mc 10,40 Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo;
è per coloro per i quali è stato preparato Mt 20,23 dal Padre mio ».
Mc 10,41 All'udire questo, gli altri dieci si sdegnarono con Giacomo e Giovanni.
Mc 10,42 Allora Gesù, chiamatili a sé, disse loro:
«Voi sapete che coloro che sono ritenuti Lc 22,25 re e capi delle nazioni le tiranneggiano,
e i loro grandi esercitano su di esse il potere Lc 22,25 e si fanno chiamare benefattori.
Mc 10,43 Fra voi però non è così Lc 22,26 e voi non (agite) così,
ma chi vuol diventare grande tra voi sarà il vostro servitore,
Mc 10,44 e chi vuol essere il primo tra voi sarà lo schiavo di tutti;
Lc 22,26 chi è il più grande tra voi diventi come il più giovane
e chi comanda come colui che serve.
Mt 20,28 appunto come il Figlio dell'Uomo,
Mc 10,45 perché anche il Figlio dell’Uomo non è venuto per essere servito,
ma per servire e dare la propria vita come riscatto per molti.
Lc 22,27 Infatti chi è più grande, colui che sta a tavola o colui che serve?
Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve».
Giuda non è ricordato esplicitamente in questo passo, ma è tacitamente incluso in quei dieci che si
sdegnarono contro i fratelli Giacomo e Giovanni, vivamente risentiti per il tentativo dei due, rivelatisi
improvvisamente loro rivali, di ottenere i primi due posti di comando nel Regno glorioso, subito dopo il
posto occupato da Gesù.
Possiamo ipotizzare che Giuda fu uno dei primi a reagire e a manifestare il proprio dissenso? In base
a quanto ci viene detto in questo passo, non ci è lecito pensare una simile cosa. Se però osserviamo i
comportamenti degli Apostoli nel loro complesso, notiamo che una tale ipotesi non è del tutto priva di
fondamento: così come Pietro dimostra in più occasioni un particolare spirito di iniziativa facendosi
sovente avanti per primo (cfr. la sua professione di fede in Cristo; la camminata sul lago; le parole sul
Tabor; il colpo di spada nell’Orto degli Ulivi…), anche Giuda sembra avere una particolare tendenza a
chiudersi e a ribellarsi (notiamo questo fatto durante l’unzione di Betania e soprattutto nella sua
personale e libera iniziativa di andare dai sommi sacerdoti a stipulare il famigerato patto che facilitò
la cattura di Gesù…).
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Comunque sia, notiamo che Gesù, di fronte alla pretesa dei due fratelli e alla reazione sdegnata degli
altri Apostoli, risponde a tutti con grande pazienza e con molto garbo, cercando di educare i Dodici alla
vera carità e all’esercizio dell’autorità, intesa come servizio e non come dominio. Per questo egli cerca
di farli ragionare: fa loro notare quante sofferenze vengono prodotte nei popoli dalla tirannia dei capi e
propone se stesso come esempio concreto di un umile e disinteressato servizio fino alla morte.
Possiamo ritenere che a Giuda non siano piaciute quelle parole così innovative: egli dimostra infatti
di essere un amico dei capi del popolo e di amare e ricercare i loro favori e il loro sostegno. Egli ci fa
capire di non essere contrario, almeno in teoria, ad una situazione di giustizia sociale nel momento in
cui rimprovera Maria per non aver pensato in modo privilegiato ai poveri quando usò un costoso
profumo per onorare il Cristo, ma di fatto egli ha maggiormente a cuore i suoi interessi personali, anche
a costo di commettere effettive ingiustizie contro gli stessi poveri, da lui tanto difesi a parole. Egli,
come vedremo meglio in seguito, aveva un certo potere economico che esercitava a proprio vantaggio e
quindi a sfavore dei più poveri.
Notiamo tuttavia che gli atteggiamenti di Giuda non si dimostrano, ad un primo sguardo, molto più
scorretti rispetto a quelli degli altri Apostoli: anche costoro erano sovente permalosi, invidiosi,
presuntuosi, desiderosi di far bella figura e di emergere, contenti di ricevere onore dalla gente e di
esercitare il potere.
Sicuramente lo stesso atteggiamento dei due figli di Zebedeo, che in diverse occasioni si dimostrano
preoccupati solo del proprio personale prestigio (Lc 9,49) o si vogliono vendicare contro coloro che non
sono dalla loro parte (Lc 9,54), non ha aiutato Giuda a liberarsi dal proprio egoismo. Anzi, il clima di
‘immaturità spirituale e morale’ che vi era nel gruppo degli Apostoli e che solo lentamente lasciava
posto a gesti di crescente generosità e buona volontà, ha reso più difficile a Giuda il capire la gravità del
suo stato interiore e ha impedito a tutti (tranne che a Gesù) di accorgersi della sua terribile situazione.
Perfino durante l’Ultima Cena i discepoli litigheranno per la pretesa di essere ognuno il più
importante e tutti (specialmente Pietro) manifesteranno la loro superba presunzione di essere fedeli al
loro Maestro fino al martirio.
Viste da un’altra prospettiva, però, le debolezze umane degli altri Apostoli avrebbero dovuto
incoraggiare Giuda a non disperarsi a motivo della difficoltà che incontrava nel migliorare se stesso e
avrebbero dovuto spronarlo a correggere se stesso così come gli altri stavano facendo. Egli stesso
poteva constatare l’impegno e la fede crescente che essi dimostravano ogni giorno di più (pensiamo ad
esempio alle esplicite professioni di fede fatte da Pietro davanti agli altri discepoli: Mt 16,16; Gv 6,68).
Tutto questo dimostra che Pietro (tanto per fare un nome) andava maturando una sua personale
convinzione, anche in virtù di una sua ricerca attenta e accurata.
Quando però vi è di mezzo l’orgoglio uno non riesce ad assorbire il positivo che c’è in qualsiasi tipo
di situazione o di persona. Si trovano infatti sempre delle scuse: se gli altri fanno il bene, è perché così
conviene loro; se fanno il male, allora anche noi siamo giustificati nel farlo.
In effetti ognuno di noi si crede un poco speciale e diverso dagli altri: gli altri sì che sono cattivi, noi
no o almeno non così tanto. Ad essere peccatori sono solo e sempre gli altri, noi al massimo siamo dei
deboli. Ognuno di noi tende a non prendere coscienza dei propri difetti, giustificandoli o ritenendoli
abbastanza normali, anche quando alla fine diventano e sono delle vere e proprie depravazioni. Ognuno
di noi è incline a ritenere che Dio sia un proprio speciale amico e facilmente confonde l’egoismo che lo
guida, con un santo e doveroso amore per se stessi. Si arriva a parlare di ‘sano egoismo’ o di ‘sana
sensualità’. È invece a Dio e non al nostro piccolo cervello che noi dobbiamo domandare se stiamo
percorrendo una strada giusta o sbagliata. In caso contrario rischiamo davvero di farci pericolosissime
illusioni.
Questo fenomeno accade perché, per quanto riguarda il nostro mondo interiore, ognuno di noi è in
grado di confrontarsi solo con se stesso, cosicché a noi sembra che la nostra intelligenza sia la maggiore
possibile, al punto che abbiamo l’impressione di capire a fondo le cose importanti della vita, anche
quando non abbiamo assolutamente capito nulla. Non per niente siamo sempre tentati di credere che la
nostra opinione sia la migliore. Dovremmo pertanto prudentemente accettare di più l’ipotesi che siamo
ben lontani dalla perfezione e che dobbiamo migliorare camminando sempre più decisamente nella
giusta direzione.
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Abbiamo cercato di indagare un poco sui difetti altrui (in particolare quelli dei Dodici), non per
spirito di curiosità, ma con nel cuore la preghiera che Dio ci aiuti a non fare gli stessi sbagli, a non
vivere come ingannatori e ingannati (2 Tim 3,13), credendo di essere suoi amici, mentre in realtà siamo
segretamente (e quindi irrimediabilmente) i suoi oppositori.
2 – GIOVANNI EVANGELISTA È AFFIDABILE?
Una questione preliminare da risolvere è capire quanto sono obiettivi gli autori neotestamentari che
ci parlano di Giuda. Per alcuni studiosi Giovanni, cioè l’autore che è maggiormente critico nei confronti
di Giuda, non sarebbe affidabile: essi notano che egli tace nel suo Vangelo circa i propri difetti ed
errori, mentre non esita a condannare più duramente degli altri gli sbagli di Giuda.
Ad esempio Brelich (citato dal Centini) afferma che egli è inaffidabile in tutti quei punti della sua
testimonianza nei quali non viene sostenuto da altre testimonianze, dal momento che, a suo avviso,
avrebbe dovuto dire che tra coloro che criticarono il gesto dell’unzione di Betania vi era anche lui. Il
Brelich si basa sul fatto che Matteo dice che in quell’occasione tutti i discepoli si indignarono. Matteo,
però, non precisa che furono tutti contrari senza eccezione, cioè all’unanimità. Possiamo pensare che,
nel peggiore dei casi, fu la maggior parte dei presenti a non condividere il gesto della donna. È dunque
possibile che tra quelli che invece non erano contrari ci fosse proprio Giovanni. Diciamo questo proprio
perché conosciamo la sua speciale predisposizione a capire il linguaggio simbolico del Maestro (cfr. Gv
2,21; 20,8; 21,7) e teniamo conto anche del fatto che il suo Vangelo e l’Apocalisse sono opere che lo
rivelano come un insuperabile maestro nel campo del simbolismo spirituale.
Il fatto che Giovanni non riporti episodi in cui egli fa brutta figura è dovuto, secondo noi,
principalmente al fatto che egli nel suo Vangelo si interessa soprattutto della figura di Cristo e mette se
stesso nell’ombra (parlando di sé solo in modo misterioso e occasionale). Egli non indica mai se stesso
per nome e parla verosimilmente di se stesso in appena quindici versetti, raggruppabili in soli 6 episodi:
Gv 1,35-37 (nel primo incontro con Gesù); 13,23 (durante l’Ultima Cena); 18,15-16 (nel cortile del
sommo sacerdote); 19,26-27 (ai piedi della croce); 20,3-8 (nella corsa al sepolcro vuoto); 21,2-23
(presso il lago di Tiberiade). Una sola volta l’identificazione di lui è inequivocabile: nell’appena citato
v. 21,2 quando parla della presenza dei due figli di Zebedeo durante l’ultima pesca miracolosa. Pertanto,
se prestiamo bene attenzione a quello che riguarda la vita pubblica del Signore durata circa 1000 giorni,
egli parla di se stesso (in modo velato e quindi molto discreto) solo per i primi e ultimi due o tre giorni.
Per tutti gli altri egli appare totalmente assente. Per il periodo di 40 giorni che va dalla Risurrezione
all’Ascensione egli parla di sé in modo più chiaro e prolungato soprattutto per sfatare l’assurda diceria
che egli era immortale. Il fatto poi che quattro volte egli si definisce il discepolo che Gesù amava (cioè
come colui con il quale il Maestro aveva instaurato un grande rapporto di amicizia) va inteso come il
modo con il quale egli intende dimostrarsi riconoscente al suo Signore e non come un vanto.
È vero che egli nel IV Vangelo si presenta sempre sotto una luce favorevole, ma compensa questo
atteggiamento con la sincera e coraggiosa affermazione che fa nella sua Prima Lettera:
«Se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. Se riconosciamo i nostri
peccati, egli che è fedele e giusto ci perdonerà i peccati e ci purificherà da ogni colpa. Se diciamo che non
abbiamo peccato, facciamo di lui un bugiardo e la sua parola non è in noi» (1 Gv 1,8-10).
Pertanto riteniamo esageratamente sospettoso l’atteggiamento di quegli studiosi che ritengono
Giovanni ipocrita e insincero: il suo Vangelo ha una finalità eminentemente edificante ed è eccessivo
pretendere da lui che, dopo aver parlato (pochissimo) di sé, stando nell’anonimato come autore e come
personaggio del suo Vangelo, balzasse apertamente sulla scena, con tanto di nome e cognome, per
dichiarare le proprie colpe o per raccontare fatti in cui egli si dimostra ancora immaturo. In tal caso
avrebbe dovuto alterare e rovinare la struttura del suo Vangelo armoniosamente architettata e costruita
con la funzione di essere un’efficace catechesi battesimale (i temi dell’acqua e della vita [dal Battesimo
di Gesù fino alla risurrezione di Lazzaro] sono presenti in quasi tutti gli episodi principali [Nicodemo,
la Samaritana, il bambino risanato, il paralitico guarito, la guarigione del cieco nato]).
Di conseguenza dobbiamo prendere molto sul serio quello che Giovanni afferma di Giuda, tenendo
conto del particolare stile letterario e della speciale ed altissima spiritualità di questo autore.
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Un’altra idea che circola molto tra gli studiosi è che Giovanni sia prevenuto nei confronti del
traditore e abbia il dente avvelenato contro di lui. Dimostrano questo anche con il fatto che il IV
Evangelista, tacendo sugli altri, cita solo il nome di Giuda quando parla di chi criticò la donna che
aveva profuso il profumo in onore del Signore. In realtà, Matteo e Marco ci fanno capire che Giovanni
ha ragione: raccontando che subito dopo il rimprovero Giuda andò dai sommi sacerdoti per accordarsi
con loro (Mt 26,14; Mc 14,10) lasciano intuire che fu proprio lui quello che fu punto sul vivo: la vipera
che morsica è quella che è stata pestata. Noi dobbiamo ringraziare Matteo e Marco per averci detto che
Giuda non fu il solo a contestare il gesto della donna (e da questo sappiamo che il Maestro era
circondato da non poca gente dura di cuore), ma soprattutto dobbiamo ringraziare Giovanni per aver
fatto il nome di colui che dichiarò che l’Unzione di Gesù era un furto fatto ai poveri (e così conosciamo
meglio l’animo di Giuda, il cassiere).
3 – I DIFETTI DI GIUDA, IN PARTICOLARE
Per capire meglio quello che i Vangeli ci dicono di Giuda, noi ora cominciamo con il domandarci
una cosa importante: Che cos’è avvenuto affinché si realizzasse una sempre più grande differenza tra
lui e gli altri Apostoli? Come mai ad un certo punto le due strade (quella di Giuda e quella degli altri
Undici) hanno iniziato e poi continuato sempre più a separarsi? Perché gli Apostoli sono diventanti dei
grandissimi santi, mentre Giuda è diventato sempre più il loro esatto opposto?
Inizieremo a trovare le risposte a queste domande nel prossimo Capitolo nel quale analizzeremo
l’atteggiamento di Giuda nei confronti del discorso eucaristico di Gesù.
Per ora cerchiamo di inquadrare meglio la figura di Giuda in base a quel poco che i Vangeli ci
riferiscono di lui: sappiamo che egli teneva in custodia le risorse finanziarie del piccolo gruppo fondato
da Gesù. Veniamo infatti a conoscere questo importante particolare da un’affermazione di Giovanni:
Gv 12,6 Disse questo, però, non perché gli importasse dei poveri,
ma perché era ladro e, avendo la cassa, ciò che mettevano portava via.
Gv 12.6 ... kle/pthj h)=n kai\ to\ glwsso/komon e)/xwn ta\ ballo/mena e)ba/stazen.
Non sappiamo se sia stato lui a proporsi per tale incarico o se sia stato il Cristo stesso ad affidargli
tale incombenza. Non sappiamo neppure se a lui Gesù abbia affidato la responsabilità di veri e propri
compiti organizzativi o amministrativi. Ci risulta, però, con certezza che, dal momento che era lui a
custodire le risorse finanziarie del piccolo gruppo, avesse l’incarico di comprare il necessario e di fare
della beneficenza, per lo meno su particolare ed esplicita richiesta di Gesù (cfr. Gv 13,29).
L’Evangelista Giovanni, parlando di Giuda, non menziona tanto i suoi compiti di economo (ai quali
però sembra alludere in 13,29), ma in modo esplicito rivela piuttosto il fatto che egli era un ladro
(kle/pthj).
Kléptes è un termine che ritroviamo 16 volte nel N.T. (mentre klépto, rubo ricorre 13 volte, klémma,
furto 1 volta e klopé, furto 2 volte). Diversamente dalle pie donne che con i loro averi aiutavano il
Signore (Lc 8,3), Giuda approfittava della fiducia accordatagli e sottraeva del denaro. Purtroppo non
sappiamo nulla di più. Tuttavia questo è sufficiente per giustificare la seguente domanda: Perché Gesù,
che sapeva tutto, gli ha affidato (o ha permesso che egli tenesse) la cassa comune? Nel Vangelo Giuda
appare molto bene informato circa il valore e i prezzi delle merci, anche di quelle più rare: egli sa che il
profumo offerto da Maria a Gesù ha sul mercato il valore di almeno trecento denari, cioè l’equivalente
del salario che un bracciante poteva guadagnare con un anno intero di lavoro.
Gesù in Mt 15,19 e Mc 7,21 afferma che i furti, insieme ad altri peccati, procedono dal cuore degli
uomini e li contaminano. Paolo da parte sua asserisce:
1 Cor 6,9 O non sapete che gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio?
Non illudetevi: né immorali, né idolàtri, né adùlteri,
1 Cor 6,10 né effeminati, né sodomiti,
né ladri, né avari, né ubriaconi, né maldicenti, né rapaci erediteranno il regno di Dio.
1 Cor 6,11 E tali eravate alcuni di voi; ma siete stati lavati, siete stati santificati,
siete stati giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e nello Spirito del nostro Dio!
16
San Pietro ammonisce tutti:
1 Pt 4,15 Nessuno di voi abbia a soffrire come omicida o ladro o malfattore o delatore.
Il rubare, dunque, è visto come un peccato grave: chi vive di furti e non di onesto lavoro al fine di
procurare il necessario per sé e per i più poveri (cfr. Ef 4,28) viene condannato al pari di chi bestemmia
Dio o di chi commette altre gravi violazioni contro la vita umana. Non a caso il Vangelo ci racconta la
conversione di Zaccheo che decide di riparare i danni economici inflitti agli altri a motivo della sua
avidità di ricchezza. Se Gesù condanna la ricchezza, anche quella che noi diciamo onesta, tanto più
condanna l’avarizia e lo smodato desiderio di accumulare beni materiali ad ogni costo.
Un testo molto utile per un commento ancora più profondo riguardante questo tema, lo troviamo nel
cap. 10 di Giovanni:
Gv 10,1 «Amen, amen dico a voi:
chi non entra nel recinto delle pecore per la porta,
ma vi sale da un'altra parte, è un ladro (kle/pthj) e un brigante.
Gv 10,2 Chi invece entra per la porta, è il pastore delle pecore...
Gv 10,8 Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri (kle/ptai) e briganti;
ma le pecore non li hanno ascoltati.
Gv 10,9 Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo.
Gv 10,10 Il ladro (o( kle/pthj) non viene se non per rubare, uccidere e distruggere;
io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza.
Gv 10,11 Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore».
Da questo passo vediamo che quello che Gesù intende dire è che il ladro è un omicida perché ha uno
stile di vita violento e distruttivo: la sua avidità lo porta a non avere nessuna pietà degli altri e ad usare
qualsiasi mezzo pur di favorire il proprio interesse materiale, anche a costo di far perire gli altri. Non ha
dunque cura della vita degli altri e soprattutto non gli importa nulla di danneggiare la propria anima
spirituale e quella degli altri.
L’intenzione e il comportamento del ladro è diametralmente opposto a quello del Buon Pastore che
favorisce la vita degli altri a tutti i livelli (materiale e spirituale) anche a costo di morire: per questo
motivo Gesù insegnava il distacco dai beni materiali per amore di Dio e dei fratelli e in questo
insegnamento concordano tutti gli autori del N.T. (cfr. ad es. 1 Tim 3,8; Tit 1,7.11 ecc.). Non fu un caso
fortuito se al giovane ricco Gesù chiese di vendere tutti i suoi beni e di donare il ricavato ai poveri al
fine di procurarsi un perenne tesoro in Cielo e così essere più adatto a diventare suo discepolo e
seguace.
In base a queste considerazioni, che nascono da una notizia che Giovanni ci riferisce (con obiettività
e non per malanimo, come alcuni pensano), possiamo concludere che nella personalità di Giuda vi fosse
una tendenza molto forte all’egocentrismo, che si manifestava in una crescente mania di possesso e in
una chiusura sempre maggiore alle sofferenze degli altri. Oggi la potremmo chiamare cleptomania. Non
abbiamo elementi sufficienti per capire se questo derivasse da una personalità malata (cioè da qualche
tipo più o meno grave di nevrosi o, peggio ancora, da una vera e propria psicopatia) o se fosse il frutto
di scelte responsabili di un persona che, pur potendo essere migliore, ha di fatto scelto di approfittare di
tutto e di tutti. Quello che, comunque, ci è utile pensare è che da problematiche psichiche o morali,
anche solo iniziali, possono derivare, quando non sono tempestivamente ed opportunamente risolte,
delle conseguenze gravi e irreparabili.
In ogni caso, al di sotto di tutto quanto finora abbiamo detto (il che può riguardare la sfera della
psicologia umana e quella della relazione sociale con gli altri) ci sono sicuramente delle motivazioni
ancora più profonde che riguardano la vita interiore e quella morale di Giuda e, ancora più in
profondità, la vita di fede e la vita mistica, in altre parole, la sua relazione con Dio e con la propria
coscienza. Per questo motivo dedichiamo un paragrafo all’analisi di quelle che sono le ragioni della
fede e allo studio degli atteggiamenti interiori degli avversari (e, per analogia, anche di quelli di Giuda)
nei confronti di Cristo.
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4 – LE RAGIONI DELLA FEDE E I MOTIVI DELL’INCREDULITÀ
Gesù si presentò al popolo di Israele come Messia e come Figlio di Dio, cioè come Uomo consacrato
dallo Spirito Santo e come Unigenito Figlio del Padre, rivelando la vita di Dio come trinitaria. È
soprattutto il Vangelo di Giovanni che con grande insistenza insegna queste verità. Ma molti Giudei,
soprattutto tra i capi, non erano disposti ad accettare nessuna delle due realtà (cioè la Messianicità e la
Divinità). Gesù, dopo aver guarito un paralitico nel giorno di Sabato, viene accusato di aver profanato il
giorno sacro. A tale contestazione risponde che egli ha Dio stesso per Padre e che ha tutta l’autorità che
il Padre stesso ha (il potere di operare sempre come Dio opera e l’autorità di giudicare). Pertanto tutti
devono onorare il Figlio così come onorano il Padre. Siccome questa rivelazione non era facile da
accettare, Gesù nella sua bontà, fornisce ai suoi ascoltatori le prove di quanto sta affermando. Ecco che
cosa egli spiega con pazienza ai Giudei:
Gv 5,31 Se io testimonio riguardo a me stesso,
la mia testimonianza non è ritenuta vera;
Gv 5,32 c'è un Altro che testimonia riguardo a me
e so che verace è la testimonianza, che testimonia riguardo a me.
Gv 5,33 Voi avete mandato messaggeri presso Giovanni
ed ha testimoniato a favore della verità;
Gv 5,34 io però la testimonianza da un uomo non ricevo,
ma queste cose dico, affinché voi siate salvati.
Gv 5,35 Egli era la lampada che arde e risplende;
voi però avete voluto esultare solo per un momento alla sua luce.
Gv 5,36 Io però ho la testimonianza maggiore di quella di Giovanni:
le opere infatti che il Padre mi ha dato affinché le compia,
quelle opere che faccio, testimoniano riguardo a me che il Padre mi ha mandato.
Gv 5,37 E il Padre, che mi ha inviato, egli testimonia riguardo a me.
Né mai la sua voce avete ascoltato,
né il suo volto avete visto
Gv 5,38 e non avete la sua parola che in voi dimora,
perché a colui che egli ha mandato, a questi voi non credete.
Gv 5,39 Scrutate le Scritture,
perché voi pensate di avere in esse la vita eterna;
e sono proprio esse che testimoniano riguardo a me;
Gv 5,40 e non volete venire a me affinché abbiate vita.
Gv 5,41 La gloria da uomini non ricevo,
Gv 5,42 ma conosco voi e so che l'amore di Dio non avete in voi.
Gv 5,43 Io sono venuto nel nome del Padre mio e non mi ricevete.
Se un altro venisse nel nome proprio, quello lo ricevereste.
Gv 5,44 Come potete credere voi
che ricevete gloria gli uni dagli altri
e la gloria, che viene da Dio solo, non cercate?
Gv 5,45 Non pensate che io accuserò voi presso il Padre;
c'è chi vi accusa: Mosè, nel quale voi sperate.
Gv 5,46 Se infatti credeste a Mosè, credereste anche a me;
infatti di me egli scrisse.
Gv 5,47 Ma se agli scritti di lui non credete,
come alle mie parole crederete?».
Noi utilizziamo questo brano per capire quali siano per Gesù alcune delle ragioni fondamentali della
fede e quali siano gli ostacoli ad essa.
Che Gesù sia il Messia e anche il Figlio di Dio Padre lo dimostrano:
1 - la testimonianza di Giovanni Battista (v. 33-35);
2 - i prodigi che egli opera con la forza di Dio Padre (v. 36);
3 - la diretta testimonianza del Padre (nel giorno della teofania battesimale) (v. 32.37);
4 - le Sacre Scritture (v. 39);
5 - il fatto che Gesù non cerca la sua gloria (v. 41);
18
6 - il fatto che Gesù è venuto, non nel suo nome, ma in quello di Dio (v. 43);
7 - infine l’atteggiamento mite di Gesù che non intende accusare nessuno (v. 45).
Queste sono prove che soprattutto Giuda poteva prendere in considerazione e verificare. Pare, però,
che non lo abbia fatto. Che cosa è successo in lui? Lo possiamo scoprire, per analogia, analizzando il
comportamento dei Giudei.
Quali, dunque, sono le resistenze che essi hanno opposto? Eccole:
1 - i Giudei hanno voluto gioire solo per poco tempo della luce che Giovanni Battista irradiava (v.
35);
2 - non hanno ascoltato la voce del Padre né visto il suo volto [voce e volto presenti in Cristo] (v.
37);
3 - la Parola non dimora in loro perché non credono a Gesù (v. 38);
4 - pur scrutando le Scritture, non accettano di andare verso Gesù (= credere) per avere la vita (v.
40);
5 - in essi non dimora l’amore di Dio (v. 42);
6 - sono pronti a ricevere chiunque, ma non l’Inviato del Padre (v. 43);
7 - sono troppo intenti a ricercare la reciproca gloria umana per poter credere (v. 44);
8 - in definitiva, non credono a Mosè e ai suoi scritti (v. 46-47).
Questo passo evangelico è molto importante perché rivela quali siano le motivazioni dell’incredulità.
Si tratta di osservazioni che valgono per i Giudei, per Giuda e per noi. Nel Vangelo di Giovanni vi è
ancora un altro passo nel quale Gesù svela altre ragioni dell’incredulità: cfr. Gv 3,19-21 (l’odio della
luce e l’amore delle tenebre al fine di nascondere le proprie malvagità…).
Abbiamo ora alcuni elementi importanti per capire meglio le radici del tradimento di cui Giuda si
rese colpevole.
5 – CONCLUSIONE DEL CAPITOLO SUI DIFETTI DEI DISCEPOLI
Riassumendo quanto abbiamo detto finora ricordiamo che Giuda viene menzionato anche come
ladro: pertanto il suo attaccamento al denaro ha una stretta relazione con il tradimento, come vedremo
più avanti. Mentre il tradimento fu un’azione che riguardò solo gli ultimi giorni della vita di Giuda, la
sua mania di arricchirsi appare come una caratteristica abituale di tutta la sua vita. Pertanto non è
sbagliato pensare che il tradimento mise radice e prosperò nel terreno fertile di un animo che era da
troppo tempo sempre più avido e gretto.
Tuttavia, come cercheremo di provare in seguito, non fu il desiderio di guadagno il motivo più
profondo che indusse Giuda a consegnare il suo Maestro ai suoi nemici.
Nel Terzo Capitolo cercheremo di scoprire le reazioni più segrete di Giuda di fronte alla persona del
Cristo e alla sua attività messianica. Nei testi giovannei, che esamineremo nel prossimo Capitolo, ci
sono alcune esclusive e importantissime informazioni le quali fanno sì che questo sia il Capitolo più
utile di tutta la ricerca che stiamo facendo.
19
3° CAPITOLO: GIUDA DI FRONTE AL MISTERO DELL’EUCARISTIA
Anche se appare chiaro che i Vangeli non dimostrano di avere un particolare interesse circa la
persona di Giuda, perché il loro intendimento principale è quello di far conosce il Cristo e, in secondo
luogo, quello di parlare di coloro che credettero in lui e per lui donarono la loro vita, la Divina
Provvidenza ha tuttavia fatto in modo che non ci venissero a mancare alcune informazioni che ci sono
utilissime per capire l’animo di Giuda, affinché noi non cadessimo nei suoi stessi errori.
Mentre i Sinottici nominano Giuda nell’elenco dei Dodici chiamati alla vita Apostolica e poi ce lo
ripresentano solo nel momento finale, quello in cui egli decise di consegnare il Cristo ai nemici (cfr. Mt
10,4 <==> 26,14; Mc 3,19 <==> 14,10; Lc 6,16 <==> 22,3), Giovanni, invece, accenna a lui anche nel
corso della vita pubblica e lo fa due volte:
1a nel concludere il racconto di quanto avvenne a Cafarnao dopo la Moltiplicazione dei pani,
2a nel racconto dell’Unzione di Betania.
1 – IL DISCORSO EUCARISTICO DI CAFARNAO
Nel Vangelo di Giovanni non vengono riportate le classiche parabole tipiche dei Sinottici, ma ci
sono molti discorsi allegorici e simbolici (come lo sono quelli dell’Acqua viva, del Buon Pastore o della
Vite vera) e soprattutto ci sono molti gesti (alcuni dei quali anche miracolosi) che, tra le altre finalità,
hanno anche il chiaro intento di essere l’equivalente di una parabola e quindi di trasmettere degli
insegnamenti. Tali eventi vanno da quello dell’Acqua cambiata in Vino a quello della Guarigione del
paralitico presso l’acqua di Betzata, dalla Guarigione del cieco nato per mezzo dell’acqua di Siloe alla
Rianimazione di Lazzaro.
Tra questi segni (così Giovanni li definiva con l’intenzione di dirci che volevano essere dei gesti
significativi e istruttivi in ordine alla fede) va sicuramente collocata anche la prodigiosa Moltiplicazione
dei pani (che secondo i Sinottici il Signore operò ben due volte). Con tale iniziativa Gesù compie un
miracolo anticipando i quattro tipici gesti eucaristici (prendere il pane, rendere grazie, spezzarlo e
darlo) nel tentativo di preparare la Chiesa a comprendere e ad accogliere il dono sommo dell’Eucaristia,
memoriale vivo della Pasqua, banchetto sacrificale nella Nuova Alleanza.
L’Evangelista Giovanni, volendo chiaramente farci capire quale fosse il vero senso della
Moltiplicazione dei pani, riporta nel Cap. 6 il cosiddetto discorso di Cafarnao, nel quale il Signore
spiega il senso del miracolo del quale i suoi uditori erano stati testimoni. Ecco il contenuto delle
affermazione più importanti:
Procuratevi il cibo che non perisce, ma quello che dura per la vita eterna, il Pane che io e il Padre
vi daremo.
Io sono il Pane della vita, disceso dal Cielo. Non come la manna che i vostri padri mangiarono e
morirono. Chi mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che darò è la mia carne per la vita del
mondo.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna ed io lo risusciterò nell’ultimo
giorno. Colui che mangia di me, vivrà in me e per me, così come io vivo nel Padre e per il Padre.
A più riprese l’Evangelista ci dice che durante il lungo discorso di Gesù molti ascoltatori si irritano e
ci fa sapere che il loro disaccordo cresce velocemente:
- all’inizio mormorano contro di lui perché non accettano che egli affermi di essere disceso dal Cielo,
dal momento che essi pensano di conoscerne bene il padre e la madre;
- in un secondo momento si confrontano tra di loro e convengono che non è possibile che Gesù possa
dare a qualcuno la propria carne da mangiare;
- infine, ecco, quanto avviene in un terzo momento:
Gv 6,59 Queste cose disse in sinagoga, insegnando in Cafarnao.
Gv 6,60 Molti dunque dei suoi discepoli, che ascoltavano, dissero:
«Duro è questo discorso, chi può ascoltarlo?».
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Gv 6,61 Ma sapendo Gesù dentro di sé
che i suoi discepoli mormoravano di questo, disse loro:
«Questo vi scandalizza?
Gv 6,62 Se dunque contemplaste il Figlio dell'Uomo salire dove era precedentemente?
Gv 6,63 È lo Spirito che vivifica, la carne non giova a nulla.
Le parole che io ho detto a voi sono Spirito e sono Vita.
Gv 6,64 Ma tra voi vi sono alcuni che non credono!».
Gesù sapeva infatti da principio chi erano quelli che non credevano
e chi era colui che l'avrebbe tradito.
Gv 6,65 E diceva: «Per questo ho detto a voi
che nessuno può venire a me, se non gli è dato dal Padre».
Gv 6,66 Da questo momento molti dei suoi discepoli si tirarono indietro
e non più camminavano con lui.
Molti uditori, in questo passo esplicitamente indicati come discepoli (e non più come Giudei: cfr.
6,41.52), non tenendo conto del miracolo che Gesù aveva compiuto davanti ai loro occhi, si ribellano
apertamente e, senza indagare oltre (come sarebbe stato doveroso fare), sentenziano in modo
inappellabile che il discorso era semplicemente assurdo. Gesù, sempre molto comprensivo nei confronti
dei suoi uditori (soprattutto di quelli più ostili), spiega loro che il suo è un discorso spirituale e non
carnale, cioè che il suo linguaggio non avrebbe senso se fosse inteso in modo unicamente materiale.
Gesù stava introducendo, o meglio, stava riproponendo in un modo decisamente innovativo
l’Economia sacramentale che era in larga misura già presente nell’Antica Alleanza per il fatto che Dio
si era molto spesso servito di segni visibili per santificare il suo popolo (gli esempi che possiamo
portare sono molti, ma noi ci limitiamo a ricordare la manna, l’acqua che sgorgava dalla roccia, il
serpente di rame e il sangue purificatore delle vittime sacrificali... Per un autorevole approfondimento
cfr. 1 Cor 10,1-4).
Nonostante tutte le spiegazioni proposte da Gesù, spiegazioni che avrebbero per lo meno dovuto
indurre gli uditori a chiedere ulteriori approfondimenti, un buon numero di discepoli (cioè di persone
che avevano iniziato a seguirlo) abbandona definitivamente il Maestro, il quale svela la vera ragione di
questo fatto, ragione che già aveva in parte anticipato durante il discorso, consapevole come era che chi
rifiutava lui, non rifiutava tanto lui, quanto piuttosto si chiudeva alla grazia del Padre. Ecco
testualmente quello che aveva già detto:
Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno.
Sta scritto nei profeti: E tutti saranno ammaestrati da Dio (Is 54,13). Chiunque ha udito il Padre e ha imparato da
lui, viene a me. Non che alcuno abbia visto il Padre, ma solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. Amen,
amen dico a voi: chi crede ha la vita eterna (Gv 6,44-47).
Gesù ora, alla fine del discorso, richiama e ribadisce questa affermazione e dice:
«Per questo ho detto a voi che nessuno può venire a me (= credere), se non gli è dato dal Padre» (Gv 6,65)
Pertanto egli mette in piena luce la ragione vera del fastidio che le sue parole hanno prodotto in
alcuni discepoli, cioè la reale mancanza di fede nel Dio che salva, dovuta al fatto che molti non
vogliono ascoltare il Padre ed essere ammaestrati da lui. Per questo aggiunse:
Gv 6,64 Ma tra voi vi sono alcuni che non credono!».
E l’Evangelista commenta:
Gesù sapeva infatti da principio chi erano quelli che non credevano
e aggiunge:
e chi era colui che l'avrebbe tradito.
2 – GESÙ CONOSCEVA ‘COLUI CHE LO AVREBBE TRADITO’
21
Dobbiamo ritenere che sia stato proprio lo Spirito, che ispirava l’Evangelista mentre redigeva il testo
che stiamo esaminando, a fare in modo che Giovanni mettesse sullo stesso piano quelli che non
credevano e colui che avrebbe tradito, cioè di Giuda. In tal modo comprendiamo che non credere e
tradire sono in pratica la stessa cosa. L’incredulità porta inevitabilmente al tradimento e questo ha come
radice ultima proprio e sempre la mancanza di fede.
Ritornando per un momento al Discorso di Cafarnao ci possiamo chiedere quale sia stato il ruolo di
Giuda nel gruppo di quei Giudei (come lui) e di quei discepoli (sempre come lui) che in un modo
sempre più ostinato rifiutavano le affermazioni del Maestro.
Possiamo pertanto farci qualche domanda:
1) Siamo autorizzati a pensare che tra i discepoli che contestano il loro Maestro ci sia stato anche
Giuda?
2) Possiamo ritenere che egli fosse uno di coloro che erano maggiormente contrari oppure che fosse
addirittura il più deciso a criticare?
A queste domande non ci è dato di poter rispondere. Una cosa però è certa: Giuda tradì il suo
Signore perché non credette in lui. In questo passo, infatti, la carenza di fede e la decisione di
tradimento sono messe in parallelo, appunto per dirci che una genera l’altra.
Pertanto possiamo ritenere che, in base alle preziose osservazioni presenti nel v. 64 e, più in
generale, in base a tutto il Discorso di Cafarnao, le motivazioni più vere e più profonde del tradimento
che Giuda avrebbe perpetrato furono:
— la mancanza di fede nel Signore Gesù che, dichiarando la sua origine divina, propone la propria
umanità come Sacramento di Salvezza e di Vita eterna,
— e, più a monte, la resistenza alle benefiche attrazioni del Padre a motivo della forte chiusura al suo
interiore ammaestramento.
In pratica Giuda si rifiuta di accettare la nuova economia sacramentale e quindi non accoglie, in
modo particolare, il dono dell’Eucaristia. È dunque proprio la proposta del sublime Mistero eucaristico
la goccia che fa traboccare il vaso: da quel momento Giuda, insieme agli altri discepoli contestatori,
capisce che Gesù è tutto fuorché uno che bisogna ascoltare. In tal modo egli rifiuta di fare l’unica cosa
che Dio Padre aveva raccomandato:
Questi è il mio Figlio, il Prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo! (Mt 17,5)
Nel Discorso di Cafarnao, al di là delle parole apparentemente strane del Cristo, vi era tutta una
nuova logica di vita che Giuda rifiutava: egli (e gli altri come lui) non erano disposti a ridimensionare il
ruolo della carne (cioè dei propri istinti, delle proprie vedute e delle proprie passioni), ammettendo che
in definitiva essa non serve a nulla, per aprirsi ad una vita spirituale che consiste nel fatto che Cristo
vive in noi e noi viviamo in lui, fino a donargli tutta la nostra vita così come egli ci dona la sua.
È dunque interessante notare che, in base al Vangelo giovanneo, il momento nel quale la via di
Giuda inizia a distaccarsi da quella degli altri Undici (o comunque si rivela diversa) è precisamente
quello nel quale Gesù annuncia l’Eucaristia con parole che sono Spirito e sono Vita. È appunto
l’Eucaristia, con tutto quello che essa comporta nella vita pratica, lo scoglio contro il quale si infrange
la debole barchetta dell’apostolo che tradì.
Gesù viveva eucaristicamente, cioè in un continuo rendimento di grazie al Padre e in un sincero
atteggiamento di totale dono di sé all’umanità ed esigeva che la sua Chiesa fosse una comunità
pienamente eucaristica:
Gv 13,15 Vi ho dato infatti l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi.
Ma Giuda era troppo egoista per poter aver voglia di dire grazie a qualcuno, era troppo carnale per
voler aprirsi davvero allo Spirito di Dio, era troppo orgoglioso per rinnegare se stesso e vivere di Cristo.
Non si tratta dunque di un semplice caso se Giuda viene menzionato da Giovanni proprio in
occasione del discorso sulla fede nell’Eucaristia: questo grande Mistero è ancora oggi il maggiore
impedimento per il non credente e continua ad essere la maggiore risorsa per chi umilmente si apre alla
sconvolgente Verità e Carità del Verbo incarnato.
22
Il racconto di Giovanni, però, non finisce qui, ma continua in modo davvero interessante:
3 – PIETRO PROFESSA LA SUA FEDE ALLA FINE DEL DISCORSO EUCARISTICO
Il Maestro non è disposto a venire a patti o a ridimensionare quanto ha detto:
Gv 6,67 Disse perciò Gesù ai Dodici:
«Forse anche voi volete andarvene?».
Gv 6,68 Rispose a lui Simon Pietro: «Signore, da chi andremo?
Tu hai Parole di vita eterna
Gv 6,69 e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».
Pietro dimostra di aver fatto un serio cammino di fede: la sua risposta ne è un indizio chiaro. Infatti
dice: Signore, da chi andremo? Segno che egli aveva anche pensato ad altri. Pietro era un sincero
ricercatore della verità. Aveva preso in considerazione attentamente i vari messia che si erano presentati
sulla scena. Si era scomodato per correre ad ascoltare il profeta Giovanni Battista e poi, come sappiamo
bene dal IV Vangelo, aveva lasciato il Battista per seguire Gesù dal momento che tutta una serie di
prove e di testimonianze lo avevano portato a credere che Gesù era il vero Messia, cioè colui che
doveva venire e che quindi non era necessario aspettarne un altro (cfr. Mt 11,3). D’altra parte anche la
gente più semplice era arrivata alla stessa conclusione:
Gv 7,31 Molti della folla invece credettero in lui, e dicevano:
«Il Cristo, quando verrà, potrà fare segni più grandi di quelli che ha fatto costui?».
Pietro dà quindi una risposta che piace a Gesù: afferma di credere nella sua Parola (Parole di vita
eterna) e nella sua Persona come il Santo di Dio. Si esprime al plurale (noi) perché intende interpretare
e manifestare anche il pensiero degli altri Apostoli. Il Primo degli Apostoli si apre coraggiosamente alla
dimensione spirituale e sacramentale del Regno di Cristo.
4 – IL SIGNORE DENUNCIA: ‘UNO DI VOI È UN DIAVOLO’
Gesù non loda Pietro per il suo intervento e nemmeno afferma che Pietro ha ragione, ma piuttosto
avverte i presenti che Pietro, in realtà, non sta parlando a nome di tutti gli Apostoli, perché tra loro ve
ne è uno che, pur essendo stato scelto consapevolmente da lui, è completamente su di un’altra sponda:
Gv 6,70 Rispose loro Gesù: «Non io voi, i Dodici, ho scelto?
E tra voi uno è un diavolo!».
Gv 6,71 Parlava di Giuda figlio di Simone Iscariota;
questi infatti stava per tradirlo, uno dei Dodici.
Gesù usa un’espressione molto forte: Tra voi uno è un diavolo! Il Maestro usa il termine diavolo
perché etimologicamente esso indica molto bene in che cosa consista il peccato di Giuda: nel separare
Dio dall’uomo. Infatti, il vocabolo diavolo deriva da diabállo, cioè separo, disunisco, il contrario di
simbolo, cioè incontro, giuntura, contrassegno, o di parabola, vale a dire avvicinamento,
giustapposizione, paragone.
Giuda, dunque, è un diavolo perché, anche se non abbandonò materialmente il Maestro ma lo seguì
fino all’Ultima Cena, ormai aveva iniziato irrimediabilmente il suo cammino interiore di
allontanamento da lui.
Se leggiamo il Vangelo di Giovanni troviamo che il diavolo ha, secondo Gesù, soprattutto due
caratteristiche: è il padre della menzogna ed è omicida (Gv 8,44). Questo vuol dire che anche Giuda
detestava la verità e si disponeva, più o meno consapevolmente, a uccidere.
L’espressione qui usata da Gesù non può fare a meno di richiamare alla nostra memoria una frase
molto simile usata da lui nei confronti di Pietro:
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Pietro, prendendolo con sé, cominciò a rimproverarlo, dicendo: «Dio ti sia favorevole, Signore; questo non ti
accadrà mai». Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va indietro da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non
pensi le cose di Dio, ma le cose degli uomini!» (Mt 16,22-23).
In ogni caso, non ci sembra che Gesù intenda tanto affermare che Pietro sia un satana (altrimenti
avrebbe detto: Tu sei satana!), ma piuttosto voglia far capire che dietro l’iniziativa dell’Apostolo vi è
l’azione di satana, dal momento che Pietro cerca di farlo inciampare e cadere (scandalo) nelle errate
logiche umane (cioè carnali), facendolo deviare da quello che invece è il santo pensiero di Dio. Pertanto
dall’espressione Va indietro da me, satana! non dobbiamo tanto ricavare una definizione di Pietro in sé,
ma piuttosto un ordine perentorio dato soprattutto a quello spirito del male che in quel caso ha ispirato
Pietro a dissuadere Gesù dall’affrontare la parte dolorosa del suo Mistero Pasquale. In pratica pare che
Gesù si rivolga a due personaggi (prima a satana e poi a Pietro). Al contrario, le parole: “Tu mi sei di
scandalo” sono senza ombra di dubbio direttamente rivolte a Pietro. Se è vero che i Giudei sovente si
scandalizzavano di Gesù, nel senso che dicevano che le parole e il comportamento del Signore erano
per loro di scandalo, è vero che con il suo intervento Pietro ha di fatto tentato di porre un ostacolo sulla
giusta via seguita da Gesù. Il Maestro, dunque, con le sue parole e con il suo atteggiamento vuole
insegnare a Pietro (in quel momento infatti gli altri erano lontani) a ragionare secondo la mentalità di
Dio, ben consapevole che Pietro aveva agito e parlato ispirato da un sincero sentimento di umana
amicizia.
Per contro, le parole che Gesù pronuncia nei confronti di Giuda sono udite da tutti, anche se solo
Giuda era in grado di capire in quel momento che il Maestro si rivolgeva proprio a lui. Solo molto più
tardi gli Apostoli compresero a chi fossero rivolte quelle severe parole.
In quel frangente Gesù, con il non rivelare il nome, non umilia Giuda davanti a tutti, accusandolo
apertamente di essere un demonio: egli lancia un avvertimento che poteva essere utile a tutti i presenti e
soprattutto a colui che poteva capirlo e far frutto di esso, ma che per ora e per molto tempo ancora resta
anonimo.
Anche noi prendiamo sul serio le parole di Gesù e non facciamoci illusioni; non presumiamo di
essere dei santi confermati in grazia e quindi cerchiamo di essere vigilanti e prudenti per non illudere
noi stessi.
L’Evangelista nell’avvertire il lettore che Gesù parlava di Giuda, ricorda con grande amarezza che
egli era uno dei Dodici, cioè uno esplicitamente chiamato ad essere un fondamento visibile del nuovo
Popolo di Dio, cioè della Chiesa di Cristo. Per tale motivo le parole di Gesù suonano ancora più pesanti
e sofferte.
Possiamo adesso completare la nostra collezione di titoli negativi attribuiti a Giuda: oltre a quelli già
segnalati di traditore, guida [dei nemici] e ladro, ora annoveriamo forse quello più significativo di tutti:
diavolo.
Nel IV Vangelo troviamo ancora un’altra definizione molto forte e impressionante di Giuda: il figlio
della perdizione (o( ui(o\j th=j a)pwlei/aj). Essa appare quando Gesù nella sua preghiera sacerdotale al
Padre afferma:
«Nessuno di essi si è perduto, se non il figlio della perdizione, affinché la Scrittura si compisse» (Gv 17,12):
Naturalmente ritornerò in seguito su questo passo così drammatico e misterioso per quanto riguarda
Giuda. Gesù, a prima vista, sembra affermare che Giuda si è perduto definitivamente e che ormai il suo
titolo più adeguato è solo quello di figlio della perdizione. Tuttavia il Signore non afferma in nessuna
parte che Giuda sia andato all’inferno (nel fuoco inestinguibile) come per contro afferma esplicitamente
nei confronti del buon ladrone: Amen ti dico: Oggi sarai con me in paradiso! (Lc 23,43).
In realtà il Vangelo di Giovanni ha un metodo speciale nel parlare delle persone: egli non tende tanto
a considerare i vari personaggi per quello che sono nella realtà dei fatti, quanto piuttosto per quello che
rappresentano come prototipi di una certa categoria: Nicodemo, ad esempio, è il prototipo di quei capi
che tentano con un certo timore di avvicinarsi a Cristo, così come la Samaritana è la portabandiera di
coloro che scoprono in Gesù il possibile Messia; Maria di Betania rappresenta ogni anima mistica e
Maria Maddalena è il prototipo di ogni anima che va alla ricerca appassionata di Cristo. Visto con
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questo filtro, Giuda appare come il prototipo di ogni discepolo, chiamato alla missione, ma
miserabilmente decaduto dalla sua posizione privilegiata. Pertanto il terribile giudizio di Gesù si rivolge
maggiormente alla categoria dei perduti, della quale potremmo far parte anche noi e costituisce meno
una sentenza che dichiara il solo Giuda come irrimediabilmente dannato.
A queste considerazioni si può aggiungere anche il fatto che lo stesso Giovanni Evangelista in 18,9
interpreta le parole di Gesù riportate da lui in 17,12 ( Nessuno di essi si è perduto) nel senso che nessuno
degli Apostoli fedeli è stato catturato, seviziato e consegnato alla morte fisica. Quindi, se ci basassimo
solo su questa particolare osservazione, saremmo indotti a dare a figlio della perdizione il semplice
significato di uno che ha la morte come padre. In tal modo il significato di perdizione passerebbe dal
livello spirituale a quello materiale.
Ad ogni modo, pur dando all’affermazione di Gesù un’interpretazione più blanda, non possiamo
negare il fatto che la situazione di Giuda sia davvero grave e che a nessuno di noi converrebbe essere al
suo posto.
5 – CONCLUSIONE DEL CAPITOLO SUL TEMA DELL’EUCARISTIA
Abbiamo cercato di individuare una delle ragioni più profonde che hanno portato Giuda al
tradimento: la mancanza di fede. Ora questa carenza di fede non è stata tale solo nei confronti di Gesù,
ma soprattutto nei confronti di Dio Padre, cioè di Dio come fonte di ogni bontà. Giuda, inoltre, non solo
non ha creduto a Gesù, ma non ha creduto nemmeno in Mosè. Vale per lui quello che il Signore diceva
in generale ai capi dei Giudei:
«Se credeste infatti a Mosè, credereste anche a me; perché di me egli ha scritto.
Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole?» (Gv 5,46-47)
Giuda dunque, non sostenuto da una fede autentica nel Dio dei Padri e resosi incapace di capire il
senso delle antiche profezie, ha urtato contro lo scoglio più grande quando Gesù ha cominciato a
presentarsi come il “Pane della vita disceso dal cielo”, vale a dire quando gli è stato richiesto di credere
in Cristo come Figlio di Dio Padre fatto Uomo e fatto Pane. L’Iscariota si è scandalizzato di Gesù
Signore e di Gesù Eucaristico (cfr. Gv 6,61).
Non ha avuto l’intelligenza spirituale di invocare la luce da Dio per capire, ma piuttosto ha
dimostrato di avere la presunzione di giudicare immediatamente e di condannare Gesù in base ai propri
limitati schemi mentali e alle proprie vecchie e lacunose abitudini religiose. Egli fa parte di quella
schiera di discepoli ambivalenti, i quali almeno per un po’ di tempo tengono il piede in due staffe.
Infatti, essi si avvicinano a Cristo, ma fin dall’inizio le loro intenzioni non sono del tutto sincere e
disinteressate: essi sono attratti dai vantaggi derivanti dal dimostrarsi amici di un profeta che sta
diventando sempre più famoso e, con il passare del tempo, sono sempre più atterriti dalle conseguenze
di un’adesione seria e totale a lui. Il Mistero dell’Incarnazione e quello dell’Eucaristia, che sono i
sommi e più meravigliosi Misteri della fede, diventano così un ineludibile banco di prova per loro e alla
fine portano alla chiara dimostrazione che il loro atteggiamento non è stato coerente.
Anche per noi può avvenire che la divinità di Gesù e il sacramento dell’Eucaristia siano o la tavola di
salvezza o lo scoglio che provoca il nostro naufragio nella fede. L’Eucaristia, in particolare, che è la
presenza reale del Verbo incarnato unito al Padre e allo Spirito, è il massimo tesoro che abbiamo su
questa terra e dovrebbe essere il desiderio più grande del nostro cuore. Dovremmo partecipare alla
celebrazione eucaristica con gli stessi sentimenti di Maria Santissima e di San Giovanni: ma il diavolo
arriva e sovente ruba la Parola che viene seminata nel nostro cuore, indebolendo così in noi la
convinzione che lì, nel Pane della Vita e nel Calice della Salvezza, vi è realmente il Signore risorto, con
la pienezza della sua divinità e umanità, con tutta la ricchezza della Vita trinitaria e con i segni gloriosi
della sua Passione, sofferta per Amore.
Oh, se Giuda, invece di mormorare, di criticare, di promuovere atteggiamenti di chiusura e
sentimenti di sfiducia nei confronti di Gesù anche negli altri, si fosse messo a pregare e ad invocare la
luce dello Spirito di Dio su di lui e su tutti gli altri discepoli! La migliore preghiera che egli avrebbe
potuto fare sarebbe stata quella che Gesù stesso aveva esplicitamente insegnato: il Padre nostro! Essa è
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la preghiera della fede nella Paternità divina, nel suo Regno, nel suo Pane e nel suo perdono che ci
libera dalle insidie del maligno.
Oltre ad un atteggiamento di resistenza alla luce divina e alla grazia, Giuda, stando a quanto finora
abbiamo visto, dimostra anche di avere un comportamento gretto e prepotente nei confronti del
prossimo: non ha nessun senso di pietà e di generosità verso i poveri, ma segretamente li sfrutta e li
defrauda, mentre da quanto possiamo evincere dalle affermazioni di Gesù fatte ai Giudei, è come loro
aperto e disponibile alle manovre del Maligno. La caratteristica principale di Giuda potrebbe essere
riassunta in quella che Gesù chiamava la durezza di cuore (la sclerocardia: cfr. Mt 13,15; 19,8; Mc 3,5;
6,52; ecc,) che acceca la mente e uccide la carità.
Continuiamo ora il nostro studio prendendo in considerazione altri testi biblici. Nel prossimo
Capitolo esamineremo il racconto dell’Unzione di Betania: si tratta di una miniera di informazioni per
la nostra ricerca. Se il Signore ce lo concederà, scopriremo alcuni importanti segreti della vita spirituale
e mistica e, inoltre, capiremo meglio i motivi del vergognoso tradimento di Giuda.
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4° CAPITOLO: GIUDA PROTESTA DURANTE L’UNZIONE A BETANIA
In questo Capitolo proponiamo subito il testo che è giunto a noi in forme leggermente diverse a
seconda dei vari Evangelisti.
1 – I TESTI DEL RACCONTO DELL’UNZIONE
I testi di Marco e di Matteo sono abbastanza concordi e li abbiamo unificati. Quello di Luca, invece,
pare riferirsi ad un episodio avvenuto in un’altra occasione e, per questo, lo abbiamo riportato solo in
forma riassuntiva. Il testo di Giovanni, che pare ci riferisca lo stesso evento di Marco e di Matteo,
diverge per troppi dettagli e quindi lo proponiamo a parte:
MARCO e MATTEO
Mc 14,1 Intanto alla Pasqua e agli Azzimi
mancavano due giorni…
Mc 14,3 E mentre Mt 26,6 Gesù era a Betània
nella casa di Simone, il lebbroso,
essendo egli adagiato a mensa, giunse (e)
Mt 26,7
gli si avvicinò una donna che aveva un
vasetto di alabastro, pieno di unguento
profumato con nardo genuino di grande
valore; infranto il vasetto di alabastro glielo
versò sul suo capo.
Mt 26,8
Ma vedendo ciò, Mc 14,4 ci furono alcuni Mt
discepoli che si sdegnarono dentro loro
stessi Mt 26,8 e dissero: «Perché è avvenuto
tutto questo spreco di unguento profumato?
Mc 14,5 Infatti, questo unguento poteva
essere venduto a più di trecento denari ed
essere dato ai poveri!». E fremevano contro
di lei.
26,8
Mc 14,6 Allora Gesù, Mt 26,10 accortosene,
disse loro: «Lasciatela; perché le date
fastidio? Ella ha compiuto verso di me
un'opera buona;
Mc 14,7 i poveri infatti li avete sempre con
voi e quando volete potete beneficarli, ma
non sempre avete me.
Mc 14,8 Ella ha fatto ciò che ha potuto: ha
anticipato l’unzione del mio corpo per la
sepoltura.
Mt 26,12
Versando questo unguento sul mio
corpo, lo ha fatto in vista della mia sepoltura.
Mc 14,9 Amen dico a voi che dovunque sarà
annunziato il Vangelo, in tutto il mondo, si
racconterà pure ciò che ella ha fatto in suo
ricordo».
(Tabella IV)
GIOVANNI
LUCA
Gv 12,1 Gesù dunque, sei giorni prima
della Pasqua, venne a Betania, dove era
Lazzaro, che Gesù aveva risuscitato dai
morti.
Gv 12,2 Là, gli fecero dunque una cena e
Marta serviva; Lazzaro invece era uno dei
commensali con lui.
Gv 12,3 Maria dunque, presa una libbra di
unguento di nardo, genuino, prezioso, unse i
piedi di Gesù e asciugò con i suoi capelli i
piedi di lui e la casa fu riempita dal profumo
dell'unguento.
Luca, in 7,36 –
48, fa un
racconto che, per
alcuni aspetti, si
avvicina a quello
dell’Unzione di
Betania. Egli ci
narra che una
peccatrice
pentita (rimasta
anonima),
introdottasi nella
casa di Simone, il
Fariseo, lavò con
le sue lacrime i
piedi del Signore
e li unse con olio
profumato.
Gesù lodò la
donna e la
dichiarò
perdonata, con
grande scandalo
di alcuni dei
presenti.
[Tuttavia quasi
certamente si
tratta di un
episodio diverso
da quello che ora
stiamo
esaminando].
Gv 12,4 Dice però Giuda, l’Iscariota, uno
dei suoi discepoli, colui che stava per
tradirlo:
Gv 12,5 «Perché questo unguento non è
stato venduto per trecento denari e dato ai
poveri?».
Gv 12,6 Disse questo però non perché gli
importasse dei poveri, ma perché era ladro
e, avendo la cassa, portava via ciò che
mettevano dentro.
Gv 12,7 Disse dunque Gesù: «Lasciala,
affinché lo conservi per il giorno della mia
sepoltura;
Gv 12,8 i poveri infatti li avete sempre con
voi, invece non sempre avete me!».
Matteo e Marco (da noi unificati) ci parlano di alcuni discepoli che reagirono innervositi e
scandalizzati al gesto della donna. Uno di questi discepoli però ha un nome preciso: Giuda Iscariota.
Noi, infatti, grazie all’Evangelista Giovanni, veniamo a sapere che fu proprio l’Iscariota il discepolo
che contestò apertamente il gesto della donna. Il fatto che Giovanni presenti Giuda come l’unico
contestatore non contraddice il racconto dei Sinottici che parlano di discepoli o di alcuni discepoli. Egli
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infatti usa quasi sempre il metodo di eleggere un solo personaggio come prototipo di tutta una categoria.
Dal momento però che egli parla solo di Giuda possiamo ritenere che tale apostolo abbia avuto il ruolo
di protagonista in questo episodio in cui almeno alcuni dei presenti si sdegnano contro la donna e la
criticano.
Giovanni ci rivela anche del nome di questa donna: Maria di Betania, la sorella di Lazzaro e di
Marta. Leggendo i testi dei vari Vangeli ci risulta difficile capire chi abbia effettivamente ospitato Gesù
(se Simone il lebbroso o i tre fratelli di Betania). Tuttavia, per la nostra presente ricerca non è molto
importante sapere da chi effettivamente il Signore venne ospitato. Il nostro interesse riguarda soprattutto
il comportamento della donna, la reazione di Giuda e la risposta di Gesù.
2 – LA VITA MISTICA IN CRISTO
Analizziamo innanzitutto il comportamento della donna:
Mc 14,3 essendo egli adagiato a mensa, giunse (e)
Mt 26,7
gli si avvicinò una donna che aveva un vasetto di alabastro, pieno di unguento
profumato con nardo genuino di grande valore;
infranto il vasetto di alabastro, glielo versò sul suo capo.
Gv 12,3 Maria dunque, presa una libbra di unguento di nardo, genuino, prezioso,
unse i piedi di Gesù e asciugò con i suoi capelli i piedi di lui
e la casa fu riempita dal profumo dell’unguento.
Questa donna ha il cuore pieno di amore verso Dio e verso il Cristo, il quale aveva restituito con
divina potenza la vita a suo fratello, Lazzaro. Tale donna vuole esprimere la propria intima gioia
attraverso il silenzioso compimento di gesti simbolici:
— avvicinarsi a Gesù (non solo materialmente, ma soprattutto spiritualmente);
— portare un vasetto di alabastro (prezioso già di per sé) e pieno di un profumo ancor più prezioso
(simbolo della propria persona e soprattutto simbolo di Gesù);
— infrangere il collo del vasetto non solo per farne fuoriuscire l’unguento, ma con l’intenzione di
sacrificare se stessa in modo irrevocabile alla fede in Cristo;
— versare il profumo sui piedi e/o sul capo di Gesù (in questo dettaglio i Vangeli sono
complementari e non contraddittori);
— asciugare i piedi con i capelli in modo da impregnarsi dello stesso profumo di Gesù;
— diffondere la fragranza in tutta la casa, simbolo della comunità.
Maria parla un linguaggio simbolico e mistico; proprio il linguaggio che piaceva a Gesù: non
pronuncia nessuna parola, ma compie una serie di gesti sinceri e significativi. Con il profumare i piedi e
il capo aveva il duplice intento di riconoscere la sua piccolezza di fronte alla grandezza di Gesù (non
sono nemmeno degna di toccare i suoi piedi) e nello stesso tempo di esprimere il coraggioso desiderio
di godere della sua più alta amicizia (mi concede l’onore di accarezzare il suo capo). D’altra parte nel
racconto di Luca, che noi non abbiamo preso in considerazione, il Signore decodifica il linguaggio della
peccatrice e afferma che esso esprime un purissimo e grandissimo amore (Lc 7,47). Il profumo che
permea tutta la casa rappresenta, poi, lo Spirito Santo di Dio che pervade e rinnova il mondo intero.
3 – IL COMPORTAMENTO DI GIUDA
Di fronte a una così alta e raffinata sensibilità spirituale e nobiltà d’animo appare ancora più bassa e
spregevole la reazione sdegnata di Giuda e di quelli come lui. Le loro parole, che svelano un cuore arido
e cattivo, sono come una stonatura terribile in una sinfonia stupenda:
Mt 26,8
Ma vedendo ciò, Mc 14,4 ci furono alcuni Mt 26,8 discepoli che si sdegnarono dentro loro stessi
e dissero: «Perché è avvenuto tutto questo spreco di unguento profumato?
Mc 14,5 Infatti, questo unguento poteva essere venduto a più di trecento denari ed essere dato ai poveri!».
E fremevano contro di lei.
Mt 26,8
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Stando a Giovanni, Giuda non afferma che l’effusione del profumo è stata uno spreco, ma si limita
(rivelando solo una mentalità mercantile e non una grave disistima di Gesù) a considerare il profumo in
se stesso, per la sua quantità, il suo peso e il suo costo. Da questo passo si vede che il Quarto
Evangelista non ami calcare la mano nei confronti del traditore e quindi, a differenza dei Sinottici, evita
di citare una frase particolarmente pesante e spregevole.
In ogni caso Giuda non intende (o non vuole intendere) l’alto valore simbolico del gesto della donna:
Gv 12,5 «Perché questo unguento non è stato venduto per trecento denari e dato ai poveri?».
Giuda ci fa capire che per lui Gesù non vale il prezzo di 300 denari (qui viene usata la parola
denárion). In realtà, quello che lui intende dire (rendendosene probabilmente conto, almeno in parte) è
che il rispondere al messaggio di Gesù con tutta la profondità del proprio cuore e con il dono della
propria vita è solo un vano spreco di risorse.
La scusa che egli porta per motivare il suo disaccordo, non solo non è sincera (dal momento che i
poveri a lui non interessano affatto), ma è anche presuntuosa, perché contiene l’implicita condanna di
Gesù e dei suoi amici, che secondo lui non si curano abbastanza dei poveri e che soprattutto non
disdegnano di godere i più raffinati e costosi piaceri della vita. Egli si atteggia sdegnosamente a maestro
del Signore stesso, insegnandogli quello che è giusto fare.
Se la donna non poteva fare un gesto più bello, Giuda non poteva fare un intervento peggiore. O
forse, no: il peggio deve ancora venire, ma per il momento facciamo solo un passo alla volta.
Analizziamo quindi la risposta di Gesù.
4 – LA RISPOSTA PROFETICA DI GESÙ
Doveva esserci un gran numero di partecipanti al banchetto se Matteo ci informa che Gesù solo ad
un certo punto si accorse del problema (Mt 26,10). Presumibilmente, in un settore della sala un po’
distante da lui, si era formato un gruppetto che si era messo a commentare il fatto con crescente
indignazione.
Come sempre, la risposta del Maestro non si fa attendere ed è pacata e amorevole, piena di
misericordia e finalizzata ad aprire gli occhi e il cuore di chi ascolta:
Mc 14,6 Allora Gesù, Mt 26,10 accortosene, disse loro:
«Lasciatela; perché le date fastidio? Ella ha compiuto verso di me un'opera buona;
Mc 14,7 i poveri infatti li avete sempre con voi e quando volete potete beneficarli,
ma non sempre avete me.
Gesù nel v. 6 comanda, interroga e, infine, fa un’affermazione:
— difende la donna con un comando (lasciatela stare);
— domanda il motivo (perché…) di quel loro parlottare concitato che, secondo lui, infligge a quella
donna una pena ingiusta;
— pronuncia un giudizio di valore, affermando che la donna ha fatto un’azione bella e lodevole.
Nel v. 7 Gesù smonta la presunta validità della motivazione addotta da Giuda (aiutare i poveri), la
quale, anche se fosse stata addotta con sincerità, non sarebbe stata valida, almeno il quel caso. Infatti
egli:
— afferma che i poveri non perdono nulla perché i suoi discepoli potranno beneficarli quando
vorranno, avendoli sempre tra di loro;
— predice che tra poco nessuno di loro avrà l’occasione di fargli dei benefici diretti, perché egli sta
per andarsene per sempre.
A tutte queste motivazioni egli ne aggiunge un’altra ancora più valida: il gesto della donna è stato un
gesto profetico che anticipa la sua non lontana sepoltura, che secondo le vigenti usanze ebraiche
comportava un’abbondante profumazione del corpo del defunto. Il discorso di Gesù ci è pervenuto in tre
forme un po’ diverse:
Mc 14,8 Ella ha fatto ciò che ha potuto, ha anticipato l’unzione del mio corpo per la sepoltura.
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Mt 26,12 Versando questo unguento sul mio corpo, lo ha fatto in vista della mia sepoltura.
Gv 12,7 Lasciala, affinché lo conservi per il giorno della mia sepoltura.
Per Marco l’unzione di Maria dà inizio a quelle onoranze funebri che in parte ripareranno il disonore
di una morte crudele e infamante.
Secondo Matteo la donna è consapevole del fatto che il suo gesto sia già un anticipo di tali onoranze.
Per Giovanni, invece, le parole di Gesù contengono un invito per Maria a conservare un po’ di quello
stesso profumo per il giorno della sua sepoltura.
In ogni caso Gesù stesso annuncia che la sua sepoltura (e quindi la sua morte) è ormai vicina.
Secondo i Vangeli, dunque, il gesto di Maria ha il grande valore di una vera profezia: annuncia la
morte e sepoltura del Signore (proprio quello che avviene quando noi celebriamo l’Eucaristia: 1 Cor
11,26).
Anche per il motivo che la morte di Gesù è prossima, l’iniziativa dell’Unzione è stata più che giusta
e opportuna: qualunque atto di amore e di onore a un morituro non deve mai essere considerato come
uno spreco, ma piuttosto come un dovere.
Anzi, dal momento che il gesto della donna ha un valore profetico, esso è stato voluto e ispirato da
Dio. Sincero amore e carisma profetico si intrecciano e danno origine ad un gesto bellissimo e molto
significativo.
Ma la nostra indagine non si ferma qui: a queste parole Gesù, con l’intenzione di difendere
ulteriormente la donna, aggiunge egli stesso una profezia che intende mettere in luce l’importanza e il
grande valore di quel gesto contestato: la storia e l’umanità daranno ragione e onore alla donna. Per
Gesù si tratta di un evento degno di essere universalmente ricordato e che passerà alla storia, come noi
siamo testimoni che di fatto è avvenuto:
Mc 14,9 «Amen dico a voi che dovunque sarà annunziato il Vangelo,
in tutto il mondo, si racconterà pure ciò che ella ha fatto, in suo ricordo».
È ovvio che questa profezia annuncia, di riflesso, anche la perenne e universale brutta figura che
Giuda e i suoi amici avrebbero fatto. La donna e Gesù concordano (e quasi gareggiano in modo
sorprendente) nel profetizzare i futuri eventi, noti solo a Dio.
Possiamo immaginare che il fremito di Giuda contro la donna e contro Gesù si sia, a questo punto,
intensificato. Per lui Gesù, che lo contraddiceva pubblicamente, aveva colmato la misura: bisognava
punirlo e lui sapeva bene come fare. Il Maestro, infatti, pur di difendere lo stupido gesto di una donna
qualunque, gesto che egli (e non solo lui) giudicava dannoso perfino da un punto di vista sociale, non
aveva esitato ad umiliarlo davanti a tutti, adducendo una serie di motivi che egli riteneva pretestuosi e
indimostrabili. A queste considerazioni, dovute a questo specifico evento, sicuramente Giuda
aggiungeva tutte le altre prove accumulate nel passato, tutte le volte che il Cristo aveva privilegiato gli
altri e non lui:
— Gesù aveva dimostrato un particolare atteggiamento di preferenza verso Pietro, Giacomo e
Giovanni scegliendoli, ad esempio, come testimoni nella casa di Giairo (quando ne risuscitò la figlia) o
conducendoli su di un monte per un motivo a lui rimasto sconosciuto (quando si trasfigurò);
— egli aveva lodato la fede perfino di centurioni romani o di donne cananee e samaritane;
— Gesù poi non aveva nessun rispetto per i capi del popolo, per le autorità religiose e per le caste più
importanti del popolo;
— il Maestro non faceva altro che minacciarlo, denunciarlo e parlare contro di lui tutte le volte che
predicava al popolo, condannando i peccati e i vizi della gente.
Per questi motivi il veleno dell’invidia e della rabbia intossicava sempre di più il suo animo.
5 – CONCLUSIONE DEL CAPITOLO RIGUARDANTE IL GESTO DELL’UNZIONE
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Mentre il gesto della donna continua non solo ad onorare Gesù, ma anche a beneficare i poveri,
perché essi non hanno solo bisogno di soldi, ma di esempi di gentilezza, di fede e di solidarietà, noi
chiediamo al Signore la grazia di capire quello che sta avvenendo nell’animo di Giuda. Mentre le
persone amiche del Salvatore, anche senza accorgersene, crescono nella loro vita mistica e, forse a loro
stessa insaputa, vengono ricolmati di doni e di carismi spirituali (lo spirito di profezia e, soprattutto il
dono dell’agape, cioè della carità) e, come Spose gradite, vengono ammesse al banchetto dello Sposo
Messianico e sono autorizzate ad accarezzargli il capo e ad essere partecipi del suo stesso Spirito, Giuda
(e forse non solo lui) sta progressivamente sprofondando in una morte mistica o in una mistica negativa,
dal momento che permette a quel terribile potere sovrumano, che si chiama spirito del male o delle
tenebre, di impossessarsi completamente di lui.
Questo è quanto vogliamo scoprire nel prossimo Capitolo dedicato a studiare l’azione di satana nel
cuore di Giuda. Egli, con un po’ di umiltà, con maggiore intelligenza e minore fatica, avrebbe potuto
percorre facilmente tutti i gradi della vita mistica cristiana fino alla più alta santità (era infatti stato
chiamato per essere un vero Apostolo con tutti i privilegi che ne derivano), invece, ha di fatto scelto di
tribolare molto per ottenere il risultato di trasformare se stesso in un diavolo.
Dal Vangelo risulta chiaro che egli era una persona scontrosa e permalosa: un eterno scontento che si
compensava attraverso disonesti arricchimenti e attraverso l’amicizia con i potenti capi del popolo. Egli
non possedeva per nulla lo spirito delle Beatitudini evangeliche. Egli sapeva gioire, come vedremo tra
poco, solo di gioie meschine e peccaminose che inaridivano sempre di più il suo misero cuore.
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5° CAPITOLO: IL COMPLOTTO DI GIUDA CON I CAPI DEI GIUDEI
Giuda non solo non capì il senso vero delle miti parole pronunciate da Gesù durante l’Unzione a
Betania, ma le intese come un ennesimo ingiustificato rimprovero: il suo orgoglio era stato mortalmente
ferito davanti a tutti. Ormai nel suo cuore vi era una crescente tempesta di odio, di rancore, di invidia e,
specialmente, un vivo desiderio di vendetta. Gesù e quella donna lo avevano davvero esasperato.
Pertanto egli decide di prendersi la rivincita. Ormai un pensiero ossessivo lo tormenta sempre più
insistentemente: “Gliela devo far pagare”. In lui un’unica idea prende il sopravvento su tutte le altre:
Non avrò pace fino a quando non lo avrò punito, mandando all’aria tutto il suo progetto di un nuovo e
fantasioso regno.
Non è un caso se Marco e Matteo ci dicono che subito dopo quel rimprovero Giuda andò dai nemici
del Signore per concordarne la cattura. Egli forse da tempo aveva già chiara in mente l’idea che per dare
una solenne lezione al suo Maestro bastava metterlo nelle mani di coloro che da sempre lo contestavano
ferocemente e cercavano in tutti i modi di catturarlo, di lapidarlo e di ucciderlo. Essi avrebbero fatto al
posto suo il lavoro sporco che egli desiderava compiere. In tal modo egli avrebbe avuto due vantaggi: si
sarebbe vendicato, o addirittura sbarazzato per sempre, di quel sedicente Profeta così insopportabile e si
sarebbe guadagnato il favore dei potenti e ricchi capi del popolo. E tutto questo “a rischio zero”, perché
certo da parte di Gesù e dei suoi amici non ci sarebbe stata nessuna ritorsione.
Mc 14,1 Intanto alla Pasqua e agli Azzimi mancavano due giorni
e i sommi sacerdoti e gli scribi cercavano il modo di ucciderlo,
dopo essersi impadroniti di lui con inganno.
Mc 14,2 Dicevano infatti: «Non durante la festa, perché non succeda un tumulto di popolo».
Lc 22,3
Ma satana entrò in Giuda, chiamato Iscariota, che era del numero dei Dodici.
Luca è l’Evangelista che ci spiega per primo quello che in realtà è successo nel cuore di Giuda:
Lc 22,3 satana entrò in Giuda.
Anche Giovanni affermerà la stessa cosa, denunciando un intervento diabolico sul cuore dello
sciagurato apostolo:
Gv 13,2 E mentre avveniva la cena, avendo il diavolo già messo nel cuore,
affinché Giuda di Simone Iscariota lo tradisse…
e più avanti:
Gv 13,27 … dopo quel boccone, satana entrò in lui.
Alcuni autori moderni ritengono che questa motivazione sia un po’ semplicistica. Per loro il mettere
in campo l’intervento di un’entità misteriosa, come lo è il diavolo, è un modo un po’ rudimentale per
trovare una risposta che invece dovrebbe basarsi sulla conoscenza dei meccanismi della psiche e della
volontà umana. Da parte nostra, non trascuriamo e non trascureremo di studiare anche i meandri
tortuosi della psiche e della mente di Giuda. Continueremo ad indagare in questa direzione per scoprirne
le immaturità e le deviazioni. Tuttavia riteniamo che le affermazioni di Luca e di Giovanni contengano
la chiave più importante per giungere a quella che è la motivazione più vera e più seria che di fatto è
esistita: l’azione di satana.
1 – L’AZIONE DI SATANA NEL CUORE DELL’UOMO
Secondo il chiaro insegnamento di Cristo (e di tutta la Bibbia) l’uomo non deve solo fare i conti con
le proprie deficienze intellettuali, psichiche e morali e con una società che sovente lo influenza con le
sue devianze e ingiustizie, ma anche con l’azione profonda e potente dei demoni, cioè di forze
‘angeliche’ avverse. Basta anche solo aprire i Vangeli e subito ci imbattiamo in racconti che ci fanno
capire quanto l’azione del maligno sia forte e pericolosa. Pensare che Gesù o gli Autori sacri parlino di
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demoni solo come di figure immaginarie e non come di veri esseri personali spirituali con poteri
maligni superiori alla stessa intelligenza umana, significa ignorare uno dei temi biblici, che pur non
essendo certo il principale, è sicuramente importante e misconoscere uno dei motivi fondamentali per i
quali il Salvatore è venuto tra noi ed ha sofferto per noi (cfr. Atti 10,38-39: Gesù di Nazaret … passò
beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui. E noi siamo
testimoni di tutte le cose da lui compiute… Cfr. anche Ebr 2,14).
Se i demoni fossero solo figure immaginarie perderebbero di autenticità le tentazioni di Cristo nel
deserto e le liberazioni dei numerosi indemoniati. Anche le varie parabole ed i ripetuti insegnamenti di
Gesù e degli autori biblici, che si riferiscono al maligno, non avrebbero senso. Con un solo colpo di
spugna si cancellerebbe tutta la demonologia biblica.
Dobbiamo invece ritenere che purtroppo non si tratta solo di figure mitologiche, già presenti nelle
culture più antiche del mondo mediorientale, ma di una terribile realtà che coesiste con l’inferno, come
d’altra parte dimostra tutta la storia della mistica fino ai nostri giorni.
Quello che ora ci conviene fare è andare alla scuola di Cristo e informarsi da lui su come agisce lo
spirito delle tenebre. Gesù, ad esempio, ci dice che il diavolo può portare via la parola seminata da Dio
nel cuore, che il diavolo è colui che semina la zizzania, che satana passa al vaglio gli Apostoli e fa
cadere lo stesso Pietro, il quale viene salvato da una speciale preghiera di Gesù per lui (cfr. Lc 22,3132).
È proprio l’esistenza e l’azione di satana che rende possibile all’uomo quell’esperienza mistica
negativa di cui abbiamo parlato nel Capitolo precedente. L’uomo, invece di aprire il proprio cuore alla
grazia dello Spirito Santo che lo eleva ai livelli della stessa vita divina, può aprilo a satana, il quale
inizia ad abitarlo (cfr. Mt 12,44): in tal caso l’opera del demonio diventa talmente potente e devastante
al punto che l’essere umano assume lo stile di vita del diavolo stesso. Ecco che cosa Gesù dice ai Giudei
e che cosa potrebbe dire anche a Giuda:
Gv 8,43 «Perché non comprendete il mio linguaggio?
Perché non potete dare ascolto alle mie parole,
Gv 8,44 voi che avete per padre il diavolo, e volete compiere i desideri del padre vostro.
Egli è stato omicida fin da principio
e non ha perseverato nella verità, perché non vi è verità in lui.
Quando dice il falso, parla del suo, perché è menzognero e padre della menzogna.
Gv 8,45 A me, invece, voi non credete, perché dico la verità».
Si diventa così figli del diavolo (1 Gv 3,10) e omicidi esclusi dalla vita eterna (cfr. 1 Gv 3,15).
Arrivare fino a tali estremismi sembrerebbe difficile: in realtà basta una semplice mancanza di
coerenza. Sappiamo che il mondo passa e con lui la sua concupiscenza, eppure scegliamo di amare il
mondo senza curarci troppo di Dio (cfr. 1 Gv 2,17). Quando iniziamo a pensare che il giudizio di Dio su
di noi è ancora lontano e che avremmo ancora tempo per migliorare, ben sapendo che questa stessa
notte potrebbe esserci ritirato da Dio il permesso di vivere (cfr. Lc 12,20), abbiamo messo le basi per le
peggiori depravazioni possibili. È sufficiente indulgere ad un piccolo vizietto (uno qualsiasi, anche uno
di quelli che secondo la mentalità corrente tutti hanno) e finiamo nella perversione. Quando la nostra
preghiera si infiacchisce e iniziamo a vivere come se potessimo salvarci con le nostre sole forze,
abbiamo forse fatto un primo passo su di una strada senza ritorno… Basta dunque molto poco, così
come basta poco, a patto che Dio ci aiuti, per riprendere il cammino verso la salvezza.
Ora però ritorniamo a parlare di Giuda: egli è ormai schiavo dei suoi vizi (l’avidità, l’ira, l’odio…)
ed è saldamente sotto il dominio del demonio. Egli ormai utilizza tutte le sue forze intellettuali e fisiche
al servizio del peccato. Probabilmente non si accorge della sua terribile situazione: tutto intento a
rimuginare con rancore i torti che Gesù gli avrebbe fatto, considerandolo come l’unica causa di tutto il
suo malessere, non è più capace di guardare verso di sé e dentro di sé. Egli ormai ha un unico desiderio:
consegnare Gesù ai capi.
2 – IL CRIMINALE ACCORDO TRA GIUDA E I SOMMI SACERDOTI
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Ecco come gli Evangelisti raccontano la decisione presa liberamente da Giuda di contattare i capi
religiosi e militari del popolo:
Mc 14,10 Allora Giuda Iscariota, uno dei Dodici, Mt 26,14 essendo partito,
si recò dai sommi sacerdoti, per consegnarlo loro.
Lc 22,4
E … parlò con i sommi sacerdoti e i capi delle guardie sul modo di consegnarlo loro.
Mt 26,15
E disse: «Quanto mi volete dare e io ve lo consegnerò?».
Mc 14,11 Quelli all'udirlo si rallegrarono e promisero di dargli denaro.
Mt 26,15
Ed essi gli fissarono trenta monete d'argento.
Lc 22,5
Egli accondiscese e cercava come consegnarlo in una occasione opportuna ,
Lc 22,5
non presente la folla.
Secondo Matteo è Giuda stesso che promette di consegnare il Cristo a condizione di essere pagato.
Questo fatto è segno che la sua avarizia ha avuto un ruolo importante nel suo tradimento, anche se non
fu il motivo principale. Anche nell’A.T. troviamo un fatto simile (cfr. Gen 37,28: Gesù è il novello
Giuseppe venduto dai fratelli per venti sicli d’argento; cfr. anche Zac 11,12). Notiamo bene che Matteo
parla di trenta pezzi d’argento (tria/konta a)rgu/ria) e non espressamente di trenta denari. Per quanto
riguarda il denaro sappiamo che aveva il valore di una giornata di lavoro di un bracciante agricolo o
quello di 2 misure di grano (una misura = 15 Kg circa). Trenta denari era il prezzo medio di uno
schiavo. Il valore delle monete offerte a Giuda non era molto diverso rispetto a quello di 30 denari nel
caso si fosse trattato di un altro tipo di pezzi d’argento (ad es. del siclo o della dracma…). Queste
monete avevano più o meno lo stesso peso. C’è, però, chi dice che il siclo valesse 4 denari. In ogni caso
si tratta di denaro e fu anche l’amore al denaro (poco o tanto che sia) un fattore che contribuì al
tradimento.
I capi prudentemente non pagano subito il loro nuovo “amico”. Si impegnano solo a risarcirlo,
pattuendo una somma precisa.
L’Apostolo traditore dimostra di essere molto astuto e di saper accettare un compito non facile:
quello di saper valutare bene quale sia l’occasione più propizia. Da questo episodio si deduce che
spesso la furbizia è il contrario della vera intelligenza: intelligente è chi fa il bene e ama Dio e non chi
riesce ad ingannare gli altri.
Quello che ci colpisce di più è il fatto che i capi si rallegrarono ( e)xa/rhsan): si tratta della felicità
tipica dei peccatori. Gesù diceva ai suoi:
Gv 16:20 «Amen, amen vi dico: voi piangerete e vi rattristerete, ma il mondo si rallegrerà.
Voi sarete afflitti, ma la vostra afflizione si cambierà in gioia».
Vi è una gioia mondana che è ben diversa da quella cristiana (Gv 15,11; 17,13): la gioia che Gesù
dona è quella spirituale ed eterna delle Beatitudini; quella che il mondo dà è invece quella vana dei
sensi e del potere terreno. Marco e Luca ci parlano della sinistra contentezza dei capi: da questo
possiamo facilmente immaginare la strana euforia che in quei giorni animò Giuda, sentimento di cui
nessun Evangelista ci informa.
3 – “L’UTILITÀ” DEL RUOLO DI GIUDA
Molti pensano che il “lavoro” svolto da Giuda sia stato poco importante e che, al limite, non fu
neppure strettamente necessario. Tuttavia leggendo i Vangeli si evince che i capi, da soli, non
riuscivano a catturare Gesù in una situazione che fosse loro favorevole. Tutti i loro numerosi progetti e
tentativi di cattura e di lapidazione fallivano uno dopo l’altro, o per la presenza del popolo o per altri
motivi. I dirigenti giudei erano arrivati all’esasperazione.
Ecco un esempio che ci fa capire il fascino che il Maestro esercitava perfino sulle guardie e che,
unitamente ad altri accorgimenti da lui adottati, rendeva difficile il suo arresto:
Gv 7,44 Alcuni di loro volevano arrestarlo, ma nessuno gli mise le mani addosso.
Gv 7,45 Le guardie tornarono quindi dai sommi sacerdoti e dai farisei e questi dissero loro:
«Perché non lo avete condotto?».
Gv 7,46 Risposero le guardie: «Mai un uomo ha parlato come parla quest’uomo!».
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Gv 7,47 Ma i farisei replicarono loro: «Forse vi siete lasciati ingannare anche voi?
Gv 7,48 Forse gli ha creduto qualcuno fra i capi, o fra i farisei?
Gv 7,49 Ma questa gente, che non conosce la Legge, è maledetta!».
Ad un certo punto i capi giunsero ad una decisione finale. Lo si deduce dalle parole esasperate di
Caifa che, insultando i suoi collaboratori, propone di non tollerare più oltre l’attività di Cristo e di
risolvere il problema con l’eliminazione del Profeta:
Gv 11,47 Allora i sommi sacerdoti e i farisei riunirono il sinedrio e dicevano:
«Che facciamo? Quest'uomo compie molti segni.
Gv 11,48 Se lo lasciamo fare così, tutti crederanno in lui e verranno i Romani
e distruggeranno il nostro luogo santo e la nostra nazione».
Gv 11,49 Ma uno di loro, di nome Caifa, che era sommo sacerdote in quell'anno, disse loro:
«Voi non capite nulla
Gv 11,50 e non considerate come sia meglio che muoia un solo uomo per il popolo
e non perisca la nazione intera».
L’ingresso trionfale di Gesù in Gerusalemme fu la goccia che fece traboccare il vaso:
Gv 12,18 Anche per questo la folla gli andò incontro,
perché aveva udito che aveva compiuto quel segno (la risurrezione di Lazzaro).
Gv 12,19 I farisei allora dissero tra di loro:
«Vedete che non concludete nulla? Ecco che il mondo gli è andato dietro!».
I capi furono dunque costretti a imporre a tutto il popolo l’obbligo di collaborare alla cattura, proprio
in prossimità della Pasqua:
Gv 11,57 Intanto i sommi sacerdoti e i farisei avevano dato ordine
che chiunque sapesse dove si trovava lo denunziasse,
perché essi potessero prenderlo.
Non è impossibile che Giuda si sia sentito incoraggiato e spronato da questo ordine che peraltro era
un procedimento contrario alla legge (Lv 19,16 Non andrai in giro a spargere calunnie fra il tuo popolo
né coopererai alla morte del tuo prossimo. Io sono il Signore). La collaborazione di Giuda fu dunque
notevole (almeno per quello che riguarda la rapidità della cattura), dal momento che Gesù aveva il
potere carismatico di fare in modo che andassero a vuoto tutti i tentativi dei capi. Questi, pur con tutta la
loro organizzazione fatta di spie e di guardie, non riuscivano ad arginare l’avanzata di Gesù. Non per
nulla si rallegrarono molto quando ebbero la certezza che uno dei discepoli del Cristo era disposto ad
aiutarli. Colui che era invincibile di fronte ai suoi nemici, si rese vulnerabile quando si trovò di fronte a
un amico, affinché noi tutti capissimo quanto male gli recano “certi suoi amici”.
Nel versetto di Giovanni, che abbiamo citato, i capi motivano l’invito alla denuncia con la semplice
intenzione di arrestarlo. Non dicono quello che in realtà volevano fare, cioè metterlo a morte. La gente
però l’aveva capito:
Gv 7,25 Intanto alcuni di Gerusalemme dicevano: «Non è costui quello che cercano di uccidere?
Gv 7,26 Ecco, egli parla liberamente, e non gli dicono niente.
Che forse i capi abbiano riconosciuto davvero che egli è il Cristo?».
Gesù stesso era a conoscenza di questa volontà omicida e lo diceva pubblicamente, anche se i suoi
avversari lo negavano:
Gv 7,19 «Non è stato forse Mosè a darvi la Legge?
Eppure nessuno di voi osserva la Legge! Perché cercate di uccidermi?».
Gv 7,20 Rispose la folla: «Tu hai un demonio! Chi cerca di ucciderti?».
Giuda, quindi, non poteva non essere a conoscenza di tale intenzione, anche se è facile che, tutto
assorbito dalla sua mania ossessiva, non si rese del tutto conto delle conseguenze terribili del suo gesto.
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4 – CONCLUSIONE DEL CAPITOLO DEDICATO AL PATTO TRA GIUDA E I CAPI
Avendo Giuda convenuto di ricevere del denaro in cambio di alcune informazioni ritenute importanti
dai Giudei, iniziò per lui un intenso periodo, durato alcuni giorni, nei quali dovette intensificare la sua
ipocrisia fino a farla giungere al massimo vertice.
Doveva ancor più di prima simulare di avere una vera amicizia perché, approfittando della possibilità
di partecipare direttamente alla vita del piccolo gruppo come membro ufficiale di esso, voleva carpire le
informazioni più segrete riguardanti gli spostamenti di Gesù, il quale da qualche tempo cercava di
sfuggire alla ricerca dei Giudei (cfr. Lc 21,37). La confidenza e la fiducia che gli erano stati accordati
gli servono ora per realizzare il suo losco disegno. Egli è uno dei tanti (e questo vale per noi ancora
oggi) che, approfittando della familiarità che il Signore gli ha concesso, lo offende in modo ancora più
grave. Il Salmo 54(55), che sembra scritto da Gesù stesso, dice:
Sal 54 (55),13 «Se mi avesse insultato un nemico, l'avrei sopportato;
se fosse insorto contro di me un avversario, da lui mi sarei nascosto.
Sal 54 (55),14 Ma sei tu, mio compagno, mio amico e confidente;
Sal 54 (55),15 ci legava una dolce amicizia, verso la casa di Dio camminavamo in festa».
Sal 54 (55),21 «Ognuno ha steso la mano contro i suoi amici,
ha violato la sua alleanza.
Sal 54 (55),22 Più untuosa del burro è la sua bocca, ma nel cuore ha la guerra;
più fluide dell'olio le sue parole, ma sono spade sguainate».
Gesù stesso citerà il Salmo 40 (41) lamentandosi dell’amicizia tradita (cfr. Gv 13,18):
Sal 40 (41),10 «Anche l'amico in cui confidavo,
anche lui, che mangiava il mio pane,
alza contro di me il suo calcagno».
Penso che la sofferenza più grande di Gesù sia quella di vedere un suo amato discepolo o, meglio, un
suo apostolo, percorrere sempre più velocemente la strada della cattiveria e dell’egoismo. Non lo hanno
amareggiarlo tanto le spaventose sofferenze fisiche subite, quanto l’angoscia psichica e spirituale nel
constatare tanta malvagità in un suo discepolo. Egli affermerà, citando i Salmi 34(35),19 e 68(69),5:
Gv 15,24 «Se non avessi fatto in mezzo a loro opere che nessun altro mai ha fatto,
non avrebbero alcun peccato; ora invece hanno visto e hanno odiato me e il Padre mio».
Gv 15,25 Questo perché si adempisse la parola scritta nella loro Legge: Mi hanno odiato senza ragione.
Il motivo più profondo che spingeva Giuda era il gusto della vendetta, percepito da lui (in modo
compulsivo) come una l’unica valvola di sfogo per non soccombere alla propria inquietudine.
Lo stesso Pilato, che non era un uomo dal cuore tenero, aveva capito a perfezione che dietro alle
pretestuose accuse contro Gesù non vi era altro che un meschino sentimento di malevolenza (dià fthónon)
o, in altre parole, che l’unica motivazione era quella di una pura e gratuita cattiveria:
Mt 27,18 Sapeva bene infatti che glielo avevano consegnato per invidia (dia\ fqo/non).
Ci domandiamo ora: “Che cosa ha fatto Gesù per aprire gli occhi di un discepolo così depravato?”
Nel prossimo Capitolo proveremo a rispondere a questa domanda.
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6° CAPITOLO: GESÙ INSEGNAVA A TUTTI A PURIFICARE IL CUORE
Una domanda legittima è appunto questa: “Che cosa ha fatto Gesù per aiutare Giuda a
convertirsi?”. Nei Vangeli non troviamo molti testi espliciti a questo riguardo. Nel prossimo Capitolo
(il 7°) incontreremo gli estremi tentativi fatti dal Signore all’ultimo momento per aprire gli occhi della
mente di Giuda e fargli comprendere le irreparabili conseguenze del suo terribile peccato. Dobbiamo
supporre che Gesù, il quale insegnava ai suoi le doverose regole della correzione fraterna, le abbia
messe in pratica per primo (cfr. Mt 18,15 ss) e che quindi abbia fatto di tutto per salvare il suo traditore.
Tuttavia gli Evangelisti non ci hanno trasmesso molte notizie riguardanti il grande lavoro di
correzione con il quale il Signore ha tentato di redimere Giuda: di questo impegnativo lavoro restano
solo alcune tracce sicure (quanto egli dice a Giuda in Gv 6,70 e quanto egli ha fatto durante l’Ultima
Cena). I Vangeli però ci riferiscono molti insegnamenti impartiti da Gesù ai suoi uditori ed è
impossibile che Giuda non li abbia ascoltati, almeno in alcune occasioni, dal momento che tali
insegnamenti venivano continuamente ripetuti ai nuovi gruppi di ascoltatori. Ecco una serie di
ammonimenti che il Signore faceva al fine di aiutare la gente a migliorare la mente, il cuore e le opere.
1 – LA SCUOLA ASCETICA E SPIRITUALE DI CRISTO
Dal momento che basta molto poco per ingannare se stessi e giustificare una condotta perversa, il
Signore cercò di denunciare i pregiudizi, le false valutazioni e i comportamenti solo apparentemente
corretti dei peccatori.
Elenchiamo ora 12 punti (potrebbero essere molti di più) riguardanti la strategia usata da Gesù per
aprire gli occhi della mente di ogni persona circa il suo reale stato di coscienza:
1 – Il Signore denuncia il pericolo insito nella sottile e diffusa idea pregiudiziale tipica di chi era
fiero di essere un Israelita. Infatti, per molti far parte materialmente del popolo eletto significava essere
automaticamente graditi a Dio.
Gesù a quei Giudei che, in base ad un pregiudizio etnico, orgogliosamente gli dicevano:
Gv 8,33 … «Noi siamo discendenza di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno.
Come puoi tu dire: Diventerete liberi?».
rinnova l’avviso che il Battista già aveva dato a quei suoi uditori che credevano bastasse essere figli
di Abramo per avere il favore di Dio (cfr. Mt 3,7-10):
Gv 8,34 … «Amen, amen vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato.
Gv 8,35 Ora lo schiavo non resta per sempre nella casa, ma il figlio vi resta sempre;
Gv 8,36 se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero.
Gv 8,37 So che siete discendenza di Abramo.
Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova posto in voi.
Gv 8,38 Io dico quello che ho visto presso il Padre;
anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro!».
Gv 8,39 Gli risposero: «Il nostro padre è Abramo».
Rispose Gesù: «Se siete figli di Abramo, fate le opere di Abramo!
Gv 8,40 Ora invece cercate di uccidere me, che vi ho detto la verità udita da Dio;
questo, Abramo non l'ha fatto».
Giuda avrebbe dovuto trarne la conclusione che non è sufficiente essere un Giudeo (un Israelita) per
non essere schiavo del peccato e per poter essere considerato vero figlio di Abramo (cfr. anche Rom 9,7,
Gal 3,7).
2 – Un altro pregiudizio sociale diffuso soprattutto tra i capi è l’idea che sia sufficiente appartenere
ad una casta importante e influente da un punto di vista sociale o culturale per potersi considerare giusti:
Mt 5:20 … «Io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei,
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non entrerete nel regno dei cieli».
Mc 12,38 Diceva loro mentre insegnava: «Guardatevi dagli scribi,
che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze,
Mc 12,39 avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti.
Mc 12,40 Divorano le case delle vedove e ostentano di fare lunghe preghiere;
essi riceveranno una condanna più grave».
Mt 16,11 «Come mai non capite ancora che non alludevo al pane quando vi ho detto:
Guardatevi dal lievito dei farisei e dei sadducei?».
Mt 16,12 Allora essi compresero che egli non aveva detto che si guardassero dal lievito del pane,
ma dalla dottrina dei farisei e dei sadducei.
3 – A livello personale, poi, il profondo e compiaciuto orgoglio di essere intelligenti e astuti, dotti e
istruiti, è per l’umile Maestro una trappola mortale:
Lc 10,21 In quello stesso istante Gesù esultò nello Spirito Santo e disse:
«Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra,
che hai nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli.
Sì, Padre, perché così a te è piaciuto».
L’intelligenza va usata per comprendere le cose spirituali, cioè i segni che Dio ci invia per condurci
alla santità, chiedendogli umilmente di illuminare la nostra mente:
Mt 16,2 Egli rispose: «Quando si fa sera, voi dite: Bel tempo, perché il cielo rosseggia;
Mt 16,3 e al mattino: Oggi burrasca, perché il cielo è rosso cupo.
Sapete dunque interpretare l'aspetto del cielo
e non sapete distinguere i segni dei tempi (tôn kairôn)? ».
Giuda saprà scegliere l’occasione opportuna (’eu-kairía) non per capire e corrispondere ai segni di
Dio, ma per tradirlo.
4 – Soprattutto tra i discepoli poteva serpeggiare la convinzione (ancora più ingannevole delle
precedenti) che per essere amici di Gesù fosse sufficiente averlo frequentato e compiuto prodigi nel suo
nome:
Mt 7,21 «Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli,
ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli.
Mt 7,22 Molti mi diranno in quel giorno: ‘Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome
e cacciato demòni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome?’
Mt 7,23 Io però dichiarerò loro: Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi operatori di iniquità».
Gesù stesso ricordava che molti sono i chiamati, ma pochi gli eletti (Mt 22,14). Perfino essere suoi
parenti o concittadini può diventare un fattore di rischio (infatti troppa confidenza porta a mancare di
riverenza):
Mt 13,57 E (quelli di Nazareth) si scandalizzavano per causa sua.
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua».
5 – Il Maestro, ben sapendo che è difficile distinguere il bene dal male, forniva i criteri per
discernere il buono dal cattivo: ognuno poteva verificare, in se stesso e negli altri, la presenza di buone
disposizioni in base ai risultati pratici (cioè in base ai frutti):
Mt 7,15
Mt 7,16
Mt 7,17
Mt 7,18
Mt 7,19
Mt 7,20
«Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro son lupi rapaci.
Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dalle spine, o fichi dai rovi?
Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi;
un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni.
Ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco.
Dai loro frutti dunque li potrete riconoscere».
6 – Uno dei requisiti principali per poter entrare nel Regno di Dio era, secondo Gesù, quello del
totale distacco dai beni terreni. Per questo egli moltiplicava gli inviti alla povertà evangelica:
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Mt 6,19 «Non accumulatevi tesori sulla terra, dove tignola e ruggine consumano
e dove ladri scassinano e rubano;
Mt 6,20 accumulatevi invece tesori nel cielo, dove né tignola né ruggine consumano,
e dove ladri non scassinano e non rubano.
Mt 6,21 Perché là dov'è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore».
Mt 16,26 «Qual vantaggio infatti avrà l'uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria anima?
O che cosa l'uomo potrà dare in cambio della propria anima? ».
Lc 16,13 «Nessun servo può servire a due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro
oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro.
Non potete servire a Dio e a mammona».
Gesù, dunque, cercava di convincere i suoi uditori facendoli riflettere sull’evidente precarietà delle
ricchezze terrene e sul fatto che l’amore al denaro è così prepotente da distruggere completamente
quello di Dio.
Per questo motivo egli consigliava caldamente ai discepoli di liberarsi da ogni proprietà pur di
possedere l’amore di Dio:
Mt 13,44 «Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto in un campo;
un uomo lo trova e lo nasconde di nuovo, poi va, pieno di gioia,
e vende tutti i suoi averi e compra quel campo».
L’episodio del giovane ricco, che non se la sentì di diventare un seguace del Signore, fu una
dimostrazione lampante e drammatica di quanto fosse vero quello che egli insegnava:
Mt 19,21 Gli disse Gesù: «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri
e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi».
Mt 19,22 Udito questo, il giovane se ne andò triste; poiché aveva molte ricchezze.
Quando Gesù vide che il giovane se andava triste e deluso, come se la colpa fosse di Gesù, disse a
tutti i presenti:
Mt 19,23 … «Amen vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli.
Mt 19,24 Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago,
che un ricco entri nel regno dei cieli».
Queste parole avrebbero dovuto indurre i suoi ascoltatori a rendersi conto che senza un’umile e
insistente preghiera a Dio, che tutto può, non avrebbero mai potuto salvarsi da soli dall’idolatria delle
ricchezze terrene.
7 – Il Signore non solo impartiva insegnamenti verbali, ma allenava i suoi a vivere in povertà con
una scuola pratica finalizzata a far acquisire loro uno stile di vita austero ed essenziale:
Luca 9,1 Egli allora chiamò a sé i Dodici e diede loro potere e autorità su tutti i demòni
e di curare le malattie.
Luca 9,2 E li mandò ad annunziare il regno di Dio e a guarire gli infermi.
Luca 9,3 Disse loro: «Non prendete nulla per il viaggio, né bastone, né bisaccia, né pane,
né denaro, né due tuniche per ciascuno».
8 – Dal momento che le cose spirituali sono davvero difficili da capire, il Signore amava citare la
Scrittura come autorevole fonte di insegnamento per aiutare i suoi uditori a non ingannarsi. Ecco come
egli spiega il rifiuto della sua dottrina da parte di tanti:
Mt 13,14 «E così si adempie per loro la profezia di Isaia che dice:
Voi udrete, ma non comprenderete, guarderete, ma non vedrete.
Mt 13,15 Perché il cuore di questo popolo si è indurito, son diventati duri di orecchi,
e hanno chiuso gli occhi, per non vedere con gli occhi,
non sentire con gli orecchi e non intendere con il cuore e convertirsi, e io li risani».
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Si può, dunque, benissimo vedere e sentire senza capire assolutamente nulla, nonostante
l’impressione personale di aver capito bene. Questo valeva per Giuda e vale anche per noi!
9 – Gesù invitava i suoi uditori a tener conto anche dell’azione di satana, delle difficoltà ambientali e
di quanto il desiderio di piaceri e di ricchezza sia fuorviante:
Mt 13,19 «Tutte le volte che uno ascolta la parola del regno e non la comprende,
viene il maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore:
questo è il seme seminato lungo la strada.
Mt 13,20 Quello che è stato seminato nel terreno sassoso è l'uomo che ascolta la parola
e subito l'accoglie con gioia,
Mt 13,21 ma non ha radice in sé ed è incostante, sicché appena giunge una tribolazione
o persecuzione a causa della parola, egli ne resta scandalizzato.
Mt 13,22 Quello seminato tra le spine è colui che ascolta la parola,
ma la preoccupazione del mondo e l'inganno della ricchezza soffocano la parola
ed essa non dà frutto».
10 – Il Signore cercava in modo speciale di portare tutti ad un’autentica conversione del cuore e ad
una religiosità profonda e genuina:
Mt 15,3 Ed egli rispose loro: «Perché voi trasgredite il comandamento di Dio
in nome della vostra tradizione?
Mt 15,7 Ipocriti! Bene ha profetato di voi Isaia, dicendo:
Mt 15,8 Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me».
E a Pietro che lo interrogava sul senso di queste sue parole, rispose:
Mt 15,16
Mt 15,17
Mt 15,18
Mt 15,19
… «Anche voi siete ancora senza intelletto?
Non capite che tutto ciò che entra nella bocca, passa nel ventre e va a finire nella fogna?
Invece ciò che esce dalla bocca proviene dal cuore. Questo rende immondo l'uomo.
Dal cuore, infatti, provengono i propositi malvagi, gli omicidi, gli adultèri, le prostituzioni,
i furti, le false testimonianze, le bestemmie.
Mt 15,20 Queste sono le cose che rendono immondo l'uomo,
ma il mangiare senza lavarsi le mani non rende immondo l'uomo».
Infine, citiamo solo uno dei moltissimi inviti a purificare il cuore davanti a Dio e a non accontentarsi
dell’apprezzamento degli uomini, i quali vedono solo l’esterno:
Mt 23,25 «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l'esterno del bicchiere e del piatto
mentre all'interno sono pieni di rapina e d'intemperanza.
Mt 23,26 Fariseo cieco, pulisci prima l'interno del bicchiere, perché anche l'esterno diventi netto! ».
11 – Secondo Gesù, perfino la religiosità può essere trasformata in una volgare occasione di
guadagno e di guadagno disonesto:
Mt 21,12 Gesù entrò poi nel tempio e scacciò tutti quelli che vi trovò a comprare e a vendere;
rovesciò i tavoli dei cambiavalute e le sedie dei venditori di colombe
Mt 21,13 e disse loro: «La Scrittura dice: La mia casa sarà chiamata casa di preghiera
ma voi ne fate una spelonca di ladri».
12 – Da ultimo riferiamo una predizione fatta da Gesù per far capire che si può arrivare a tradire e a
uccidere perfino gli amici e i propri familiari:
Mc 13,12 «Il fratello consegnerà a morte il fratello, il padre il figlio
e i figli insorgeranno contro i genitori e li metteranno a morte.
Mc 13,13 Voi sarete odiati da tutti a causa del mio nome,
ma chi avrà perseverato sino alla fine sarà salvato».
Non ci dilunghiamo in questo elenco, che potrebbe continuare per molto tempo. Ci domandiamo
piuttosto: Giuda, che non era sordo o incapace di intendere, ha certamente sentito almeno alcune di
queste parole. Come mai non ne ha fatto frutto?
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Possiamo addirittura pensare che tutti questi insegnamenti gli dessero fastidio e favorissero in lui la
creazione di difese sempre maggiori. Egli non riusciva a capire in che cosa consistesse la vera povertà
evangelica: notava che il Maestro viveva, sì, una vita itinerante e scomoda, ma non evitava di trovare
ospitalità nelle case dei ricchi, partecipando ai banchetti allestiti in suo onore durante i quali spesso era
oggetto di particolari attenzioni (come nel caso dell’Unzione di Betania). Egli non capiva che cosa fosse
il “cuore” o lo “spirito” di cui Gesù tanto parlava. Non si rendeva conto che il cuore del suo Maestro era
davvero pieno di Dio e totalmente distaccato dai beni della terra. Egli guardava solo le apparenze.
Ritorniamo però adesso al nostro tema e cerchiamo nei Vangeli un qualche insegnamento di Gesù
che possa ritenersi diretto a Giuda in particolare e non solo in generale.
2 – UN’AMMONIZIONE SIMBOLICA: L’ALBERO DI FICO INARIDITO
Abbiamo visto come tutta la predicazione di Gesù fosse indirizzata, in ultima analisi, ad aiutare gli
ascoltatori a purificare il proprio cuore. Gesù ha dunque lavorato con grande pazienza e perseveranza
come ha fatto il vignaiolo della seguente parabola:
Lc 13,6 «Un tale aveva piantato un fico nella sua vigna
e venne cercando frutto in esso, ma non ne trovò.
Lc 13,7 Disse allora verso il vignaiolo:
Ecco, sono tre anni da quando vengo cercando frutto in questo fico, ma non ne trovo.
Taglialo. Perché rende pure la terra inoperosa?
Lc 13,8 Quegli però rispondendo dice a lui:
Signore, lascialo ancora quest'anno
finché zappi attorno a lui e vi metta il concime,
Lc 13,9 se mai facesse frutto per l'avvenire; se invece no, lo taglierai».
Visto che a volte le parole non bastavano, verso la fine della sua missione, Gesù ricorre ad una
prodigiosa azione profetica per muovere i suoi alla conversione. Di questo episodio furono testimoni
solo i Dodici e quindi da questo comprendiamo che l’insegnamento era innanzi tutto indirizzato a Giuda
(cfr. Mc 11,11). Forse non è un caso se Gesù sceglie un albero di fico per impartire questo suo speciale
insegnamento. Egli desiderava in tal modo far capire meglio, anche visivamente, che la parabola del
fico infruttuoso non doveva indurre ad approfittare della pazienza di Dio, perché ad un certo punto il
fico infruttuoso veniva realmente tagliato e bruciato (cfr. Lc 13,9):
Mc 11,12 E il giorno seguente, Mt 21,18 il mattino,
quando essi uscirono da Betania, Mt 21,18 per rientrare in città, ebbe fame
Mc 11,13 E avendo visto da lontano, Mt 21,19 presso la strada, un albero di fico, che aveva foglie,
venne (per vedere) se per caso trovasse qualcosa in esso
e, essendo venuto presso di esso, non trovò niente se non foglie,
perché non era il tempo dei fichi.
Mc 11,14 E prendendo la parola, gli disse: «Mai più in eterno nessuno mangi frutto da te! »
Mt 21,19
«Non nasca da te mai più frutto in eterno».
E quell’albero di fico si seccò in un istante.
E i suoi discepoli lo udirono.
Mc 11,20 Passando il mattino seguente, videro il fico seccato fin dalle radici.
Mc 11,21 Pietro, ricordandosene, gli dice: «Rabbì, guarda!
L’albero di fico che hai maledetto si è seccato!»
Mt 21,20
Vedendo ciò i discepoli rimasero stupiti e dissero:
«Come mai l’albero di fico si è seccato in un istante?».
Il Maestro, dunque, sceglie proprio di maledire un fico per far capire che le cure profuse fino a quel
momento a favore di ogni fico infruttuoso stavano per finire. Non crediamo di sbagliare quando
pensiamo che questo gesto fu una specie di ultimatum diretto soprattutto a Giuda: un modo drammatico
e impressionante per fargli capire quale fine avrebbe fatto, se non avesse cambiato immediatamente
vita.
Ma come avviene quasi sempre, proprio colui che aveva più bisogno di capire, non comprese.
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3 – CONCLUSIONE DEL CAPITOLO DEDICATO ALLA SCUOLA DI CRISTO
L’unica conclusione intelligente, a cui è doveroso arrivare dopo questa lettura, consiste
nell’ammettere che dobbiamo essere estremamente umili e che è ben utile per noi imparare a dire
continuamente a Gesù, con piena convinzione e speranza: “Gesù mio, misericordia!”, affinché egli apra
la nostra mente alla conoscenza di quello che egli gradisce e di quello che egli detesta. Egli ci doni la
forza di compiere e di insegnare a compiere quello che lui desidera e ama, evitando sempre quello che
egli disapprova e respinge.
Veniamo ora a quello che è il Capitolo più drammatico: il racconto dell’Ultima Cena.
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7° CAPITOLO: LA DRAMMATICA CENA PASQUALE
La Provvidenza ha permesso che la realizzazione del tradimento di Giuda e l’istituzione
dell’Eucaristia coincidessero. È Paolo stesso che in 1 Cor 11,23 ci ricorda che il tempo del tradimento
fu il medesimo di quello del dono eucaristico.
Abbiamo visto nel cap. 6 di Giovanni che la promessa del Pane eucaristico provocò la decisione da
parte di molti discepoli di abbandonare definitivamente Gesù. Gli eventi raccontati da Giovanni nel
cap. 6 erano, per Giuda, solo l’inizio di un processo di rifiuto del Messia Signore, mentre gli eventi
dell’Ultima Cena rappresentano il momento terminale di tale processo. Da Gv 6 veniamo a conoscere il
nascere delle prime contestazioni e defezioni, mentre dal racconto dell’Ultima Cena veniamo informati
sul momento nel quale Giuda decise di rinunciare al suo essere discepolo e di andarsene in modo
definitivo. Egli non ripeté con Pietro: “Signore, da chi andremo?” perché aveva ormai deciso una volta
per tutte di prendere un’altra strada.
Leggiamo ora una stesura unificata del racconto biblico dell’istituzione dell’Eucaristia:
Mt 26,26 Ora, mentre essi mangiavano, 1 Cor 11,23 il Signore Gesù nella notte in cui fu tradito (paredi/deto)
prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e, dandolo ai discepoli, disse:
«Prendete e mangiate; questo è il mio corpo
Lc 22,19
che è dato per voi: fate questo in memoria di me».
Mt 26,27 Poi prese il calice Lc 22,20 nello stesso modo, dopo aver cenato,
e, avendo reso grazie, lo diede loro, dicendo: «Bevetene tutti,
Mt 26,28 perché questo Lc 22,20 calice è la nuova alleanza nel mio sangue (Ger 31,31),
è il mio sangue dell'alleanza (Es 24,8),
versato Lc 22,20 per voi, per molti, in remissione dei peccati.
1 Cor 11,24
fate questo ogni volta che ne bevete in memoria di me.
Mc 14,23
E ne bevvero tutti.
Nel momento in cui il Signore si consegnava alla morte in croce per la salvezza del mondo, si offriva
come vero Pane della vita e si immolava sacramentalmente donando il suo Sangue per sancire la Nuova
ed Eterna Alleanza con Dio, vi era chi pensava a rendere effettivi e cruenti tali gesti di carità,
consegnandolo (paredi/deto, paredídeto) ai carnefici. E costui era nientemeno che un apostolo, il quale
si avvaleva del potere giuridico e repressivo dei capi religiosi di Israele per porre fine, se fosse stato
possibile, alla missione di Gesù. È interessante notare che perfino nell’Epistolario paolino vi è una eco
chiara, anche se non esplicita, del tradimento di Giuda.
Per capire tutta la drammaticità di questo evento supremo della vita del Messia leggiamo, nei punti
che ci interessano, il testo unificato dei Vangeli.
1 – GESÙ E GIUDA DURANTE L’ULTIMA CENA
Mc 14,12 (Era) il primo giorno degli Azzimi, quando si immolava la Pasqua …
Mc 14,17 Venuta la sera, egli giunse con i Dodici Mt 26,20 e si mise a mensa con i Dodici.
Gv 13,1 … Gesù, sapendo che era giunta la sua Ora di passare da questo mondo al Padre,
avendo amato i suoi, che erano nel mondo, li amò sino alla fine.
Gv 13,2 E mentre era in corso la cena,
avendo il diavolo già messo nel cuore,
affinché Giuda di Simone Iscariota lo tradisse,
Gv 13,3 sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani,
e che da Dio era uscito e che a Dio ritornava,
Gv 13,4 si alza da cena e depone le vesti e, preso un panno, si cinse.
Gv 13,5 Poi mette l'acqua nel lavabo
e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con il panno del quale era cinto…
Gv 13,10 (A Pietro) Gesù dice: «Chi è lavato, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi, ma è tutto puro;
anche voi siete puri, ma non tutti».
Gv 13,11 Conosceva infatti chi lo tradiva (paradido/nta);
per questo disse: «Non tutti siete puri (Ou)xi\ pa/ntej kaqaroi/ e)ste)»…
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Gv 13,18 Non parlo di tutti voi; io conosco coloro che ho scelto;
ma (lo dico) affinché la Scrittura si adempia:
«Colui che mangia il mio pane, ha levato contro di me il suo calcagno (Sal 41,10)».
Gv 13,19 Fin da adesso ve lo dico, prima che avvenga,
affinché, quando avverrà, crediate che ‘Io Sono’…
Gv 13,21 Dette queste cose, Gesù fu turbato nello spirito e testimoniò e disse:
«Amen, amen dico a voi: uno di voi mi tradirà! ( paradw/sei)».
Mc 14,18 Ora, mentre essi erano a tavola e mangiavano, Gesù disse:
«Amen dico a voi, uno di voi, ‘colui che mangia con me’ (Sal 41,10), mi tradirà (paradw/sei)».
Mc 14,19 Allora cominciarono a rattristarsi e a dirgli uno dopo l'altro: «Sono forse io, Mt 26, 22 Signore?».
Mc 14,20 Ed egli disse loro: «Uno dei Dodici,
colui che intinge con me nel piatto, Mt 26, 23 quello mi tradirà (paradw/sei).
Mc 14,21 Il Figlio dell'uomo se ne va, come sta scritto di lui,
ma guai a quell'uomo dal quale il Figlio dell'uomo è tradito! (paradi/dotai)
Meglio per lui, se non fosse mai nato quell'uomo!».
Gv 13,22 I discepoli si guardarono dunque gli uni gli altri, ignorando di chi parlasse.
Gv 13,23 Ma era adagiato nel seno di Gesù uno dei suoi discepoli,
quello che Gesù amava.
Gv 13,24 Simon Pietro dunque gli fece cenno
d’indagare chi fosse colui del quale parlava.
Gv 13,25 Egli dunque, appoggiandosi così sul petto di Gesù, gli dice:
«Signore, chi è?»
Gv 13,26 Risponde dunque Gesù:
«È colui per il quale io intingerò il boccone ( to\ ywmi/on) e glielo darò!».
Intinto dunque il boccone, lo prende e lo dà a Giuda di Simone Iscariota.
Gv 13,27a E, dopo il boccone, entrò in lui satana.
Mt 26,25
Giuda, colui che l’avrebbe tradito (o( paradidou\j), prendendo la parola,
disse: «Rabbì, sono forse io?».
Gli rispose: «Tu l'hai detto».
Gv 13,27b Gli dice dunque Gesù: «Quello che intendi fare, fallo presto!».
Gv 13,28 Questo però nessuno dei commensali capì perché glielo disse;
Gv 13,29 alcuni infatti, poiché Giuda aveva la cassa, pensavano che Gesù gli avesse detto:
«Compra ciò di cui abbiamo necessità per la festa!».
Oppure, affinché desse qualcosa ai poveri.
Gv 13,30 Preso dunque il boccone, egli uscì subito; era notte.
Per comprendere quale era il reale stato d’animo di Gesù dobbiamo andare a leggere Lc 22,15:
Ho desiderato con grande desiderio mangiare con voi questa Pasqua, prima del mio patire.
Nel cuore di Gesù vi è un unico grande sentimento: il desiderio vivissimo di consegnare alla sua
Chiesa il Memoriale vivo della Redenzione da lui operata attraverso tutta la sua vita (dall’Incarnazione
all’Ascensione). Egli non teme il suo patire e non coltiva sentimenti di vendetta contro i suoi
persecutori. Pur consapevole delle grandi sofferenze che lo attendono e di tutto il male che dimora e
lavora nel cuore degli uomini malvagi, almeno in un primo momento, è completamente assorbito ed
estasiato dal pensiero di donarsi come vero Cibo e vera Bevanda spirituali per la Vita del mondo: in tal
modo manteneva la solenne e misteriosa promessa fatta a Cafarnao.
Per far capire ai suoi che l’Eucaristia non è un semplice rito da ripetere comunitariamente, ma una
scuola di vita ispirata continuamente dalla carità, compie il gesto di lavare i piedi dei suoi Apostoli e
quindi anche quelli di Giuda. Egli voleva insegnare alla sua Chiesa che la partecipazione all’Eucaristia
si doveva sempre tradurre in un servizio ai bisognosi e ai peccatori.
Egli inoltre, lavando i piedi ai suoi, desiderava insegnare che per partecipare al banchetto della
Nuova Pasqua bisognava essere puri di cuore.
Leggendo i Vangeli notiamo che durante i primi momenti della Cena Gesù cerca di aprire gli occhi
di Giuda con cinque interventi estremi:
1 – Avvisa che non tutti coloro ai quali ha lavato i piedi sono stati davvero purificati (Gv 13,10-11).
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2 – Afferma, con animo turbato, che proprio uno di coloro che mangiano con lui lo sta per tradire
(Mc 14,18; Gv 13,18-21).
3 – Fa notare la gravità di tale tradimento e le gravissime conseguenze per il traditore, al punto che
per lui sarebbe stato preferibile non essere mai esistito (Mc 14,21).
4 – Compie il gesto amichevole di donargli un boccone (to\ ywmi/on) da mangiare (Gv 13,26).
5 – Ammonisce direttamente Giuda, che sfacciatamente faceva finta di non sapere di chi parlasse,
facendogli capire che egli è a conoscenza delle sue trame (cfr. Mt 26,25).
Visto che non otteneva nulla, se non la continuazione di una penosa farsa, perché ormai satana si era
impossessato del cuore di Giuda e lo ossessionava con il desiderio di andare presto dai capi per fornire
loro le informazioni utili alla cattura, gli dice: «Quello che intendi fare, fallo presto!». Con tali parole
egli toglie a Giuda la difficoltà di trovare una scusa credibile per assentarsi, senza destare sospetti nei
suoi colleghi. Questo episodio ci fa capire bene il senso della dibattuta frase del Padre nostro: Non ci
indurre in tentazione, cioè non abbandonarci alla nostra cattiva volontà (cfr. Sal 80[81],13 L'ho
abbandonato alla durezza del suo cuore, che seguisse il proprio consiglio). Guai a noi quando il
Signore ci rende possibile quel peccato che desideriamo tanto.
Nessuno si rese conto di tutta la gravità di quello che stava per accadere: forse nemmeno Giovanni al
quale il Signore aveva, in qualche misura, svelato il segreto. Giuda esce inghiottito dalle tenebre di una
paurosa notte spirituale. Colui che aveva iniziato a fare naufragio nella fede nel giorno dell’annuncio
dell’Eucarestia, senza essere però tra quelli che si tirano subito indietro, ora si allontana e impedisce a
se stesso di ricevere l’incarico da parte del Signore di rinnovare il gesto eucaristico in sua memoria.
Gesù aveva fatto tutto quello che poteva per distogliere il traditore dal suo proposito: ora però la
misura era stata colmata ed egli stesso, obbedendo al volere di Dio, abbandonava Giuda al suo terribile
destino.
Questo è quanto affermiamo noi, ma ci sono autori che ritengono che Giuda, invece, abbia ricevuto il
corpo del Signore, anche in base al fatto che in certe comunità cristiane il pane eucaristico veniva
chiamato to\ ywmi/on (tò psomíon). È dunque una questione importante quella di sapere con certezza se
Giuda sia stato presente all’Istituzione dell’Eucaristia oppure no.
2 – GIUDA RICEVETTE IL “CORPO DEL SIGNORE”?
Leggendo un po’ in fretta Luca potremmo avere l’impressione che la denuncia della presenza del
traditore sia stata fatta dopo la consacrazione del pane e del vino (cfr. Lc 22,14-23) e questo farebbe
pensare alla presenza di Giuda durante la distribuzione del pane e del vino consacrati. In Matteo e
Marco, invece, la predizione del tradimento avviene prima dell’Istituzione (Mt 26,20-29; Mc 14,17-25)
e quindi questo fatto non ci obbliga a pensare che Giuda abbia dovuto necessariamente ricevere il pane
eucaristico.
Proviamo però a leggere Luca con maggiore attenzione. Questo Evangelista dimostra di non avere
intenzione di raccontare i fatti con un ordine cronologico preciso, ma di dare la precedenza a quello che
egli ritiene più importante, cioè all’Eucaristia. Egli infatti parla dell’Istituzione unendo i due tempi nei
quali si è svolta: quello durante la Cena (quando prese un pane) e quello al termine di essa (quando
prese il calice, dopo aver cenato). In tal modo egli parla subito di quello che avvenne durante e alla
fine, non rispettando l’esatta cronologia degli eventi. Pertanto, nulla ci vieta di pensare che la predizione
del tradimento potrebbe essere stata fatta prima della consacrazione.
Provvidenzialmente Giovanni, che pure non riporta il racconto dell’Istituzione del Sacramento
Eucaristico, ci aiuta a capire con esattezza il momento in cui Giuda si allontanò. Egli ci informa che
Gesù iniziò la Cena con il lavare i piedi ai Dodici. Dal suo racconto risulta chiaramente che, subito dopo
aver lavato i piedi agli Apostoli, il Maestro spiegò il senso didattico del suo gesto, affermando poi che
tra quelli ai quali egli aveva lavato i piedi vi era anche uno che stava per dargli un calcio (Gv 13,18).
Tale rivelazione indusse Pietro a chiedere immediatamente a Giovanni il favore di farsi dire dal Maestro
chi fosse il traditore. Gesù usò il famoso segno del boccone intinto e, senza indugio, invitò Giuda ad
andarsene e a fare quello che aveva in mente di fare. Dal fatto che alcuni dei presenti pensarono che il
cassiere fosse uscito con l’incarico di acquistare qualcosa di indispensabile per quella cena, è logico
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supporre che la cena vera e propria dovesse ancora iniziare. È difficile, infatti, che succeda di dover
inviare qualcuno a comprare l’occorrente per la cena quando questa è a metà del suo corso o alla fine.
Giovanni e Pietro, che erano stati incaricati da Gesù di preparare la celebrazione (Lc 22,8) e che
avevano sicuramente provveduto a tutto il necessario con cura, non potevano cadere nel tranello di
pensare che Giuda fosse uscito per completare gli acquisti.
Possiamo dunque giungere ad una certezza: Giuda abbandonò il gruppo prima che iniziasse il vero e
proprio svolgimento del rito della Cena e cioè subito dopo le abluzioni preliminari e (quelli che oggi
chiameremmo) i primi assaggi.
Non ci risulta che l’Apostolo prediletto, dopo aver ricevuto la confidenza da parte del Maestro, abbia
informato adeguatamente Pietro. Pertanto è possibile pensare che nessuno dei commensali (ad
eccezione di Giovanni) capì chi fosse il traditore, anche se Matteo ci riferisce che, avendo Giuda stesso
interrogato il Signore dicendogli spavaldamente: “Sono io?”, ottenne la risposta: “Tu l’hai detto!” (Mt
26,25). Possiamo infatti ritenere che Gesù abbia detto a Giuda qualcosa che fosse l’equivalente di un Sì,
esprimendolo però in modo tale che nessuno degli altri Apostoli ne capì bene il valore. Matteo,
raccontando il fatto e volendo far capire a noi futuri lettori che Giuda venne a conoscenza che il
Maestro parlava di lui, non si curò del fatto che la sua espressione potesse lasciar intendere che le parole
di Gesù fossero state udite e comprese da tutti. Avrebbe fatto bene a precisare che nessuno capì la
risposta del Signore. Per nostra fortuna Luca e Giovanni si premurano di informarci che i presenti
rimasero all’oscuro di tutto (Gv 13,22.29), pur avendo cercato di consultarsi a vicenda (Lc 22,23).
D’altra parte Giuda aveva tutto l’interesse a non farsi scoprire, a fuorviare i suoi amici e a lasciare tutti
nell’incertezza. Uscendo subito, evitava di dover rispondere a domande imbarazzanti. Come
conseguenza di questa ignoranza generale, possiamo pensare che per quasi tutti gli Apostoli fu una
grande e amara sorpresa il vedere Giuda a capo del manipolo di guardie venute per arrestare il Maestro.
Ci impressiona il fatto che nessuno degli Apostoli, nonostante le ripetute dichiarazioni che il Maestro
faceva da molto tempo, si rese conto del fatto che Giuda andava lentamente maturando una terribile
avversione alla nuova dottrina e alla nuova fede. Il malvagio è molto furbo e sa nascondere molto bene
il suo reale stato d’animo ed i suoi gravi problemi, fino al giorno in cui tutto esplode improvvisamente.
Che Giuda non sia stato presente all’Istituzione dell’Eucaristia è molto significativo e che sia stato lo
stesso Gesù ad allontanarlo è ancor più importante. Egli non intendeva dare i suoi tesori ai ‘cani’ e ai
‘porci’ (Mt 7,6) e questo fatto ci aiuta a capire meglio il valore straordinario del suo Memoriale. Che
senso avrebbe avuto dare anche a uno senza fede e senza amore il mandato di rinnovare la Frazione del
Pane e l’offerta del Calice della Salvezza in sua memoria e renderlo partecipe del Pane della Vita? Gesù
è venuto per salvarci e non per favorire la nostra caduta in nuovi peccati, perché chi mangia e beve
senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna (1 Cor 11,29).
Giuda ormai sa che Gesù è al corrente del suo tradimento (e che forse non è il solo a sapere delle sue
trame): se egli mette in atto subito il suo piano rischia meno di veder andare a vuoto il suo complotto e
di perdere i trenta pezzi d’argento che gli sono stati promessi.
La partenza del traditore produce una specie di sollievo in Gesù: egli si sente, per un certo aspetto,
sgravato dal peso di una presenza satanica che lo opprimeva:
Gv 13,31 Quand'egli (Giuda) fu uscito, Gesù disse:
«Ora il Figlio dell'uomo è stato glorificato e anche Dio è stato glorificato in lui.
Gv 13,32 Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito.
Gv 13,33 Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete,
ma come ho già detto ai Giudei, lo dico ora anche a voi: dove vado io voi non potete venire».
La permanenza dell’Iscariota sarebbe stata incompatibile non solo con l’Istituzione dell’Eucaristia, il
Sacramento dell’Amore più grande che si possa immaginare, ma anche con i preziosi e intimi discorsi
che il Maestro intendeva fare durante l’Ultima Cena. Quindi dobbiamo concludere che l’offerta di un
boccone intinto (oltre che essere il segno concordato per rivelare il traditore) fu semplicemente un gesto
di cortesia, tipico della tradizione orientale, come ci risulta da Rut 2,14:
Poi, al momento del pasto, Booz le disse: «Vieni, mangia il pane e intingi il boccone nell'aceto».
Essa si pose a sedere accanto ai mietitori. Booz le pose davanti grano abbrustolito;
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essa ne mangiò a sazietà e ne mise da parte gli avanzi.
Se Gesù avesse usato il Pane eucaristico come espediente per smascherare il colpevole, sarebbe stato
il primo profanatore del grande Sacramento. Giuda, che non sapeva quale senso speciale Gesù desse a
quel segno, avrebbe almeno dovuto apprezzarlo come un invito a ricucire i rapporti, ritornando indietro
sulla sua decisione. Non avendolo fatto, perse una delle ultime occasioni, si chiuse ancora una volta alla
grazia e, come ci dice Giovanni per farci capire la gravità di quella scelta, satana entrò in lui (Gv 13,27).
Egli divenne l’uomo della notte e delle tenebre.
Adesso, però, per capire meglio l’incredibile malvagità del discepolo traditore, confrontiamolo con la
figura di Pietro.
3 – IL TRADIMENTO DI GIUDA A CONFRONTO COL RINNEGAMENTO DI PIETRO
Pietro si era sempre dimostrato attento nell’ascoltare il Maestro. Aveva scelto di abbandonare la sua
attività lavorativa e la sua famiglia per dedicarsi alla sequela di un Profeta che lo andava sempre più
convincendo della sua origine divina. In più di un’occasione egli aveva professato pubblicamente la sua
fede in Cristo. Uomo pronto nel prendere iniziative e nell’impegnarsi per portarle avanti, egli stimava
Gesù e gli voleva sinceramente bene. Non si offendeva quando il Maestro lo rimproverava e cercava di
migliorare la sua vita. Egli, però, si sentiva a volte migliore degli altri. Era troppo sicuro di se stesso e
della sincerità dei suoi sentimenti: è stata sufficiente questa lieve presunzione con una conseguente certa
indolenza nel pregare al fine di chiedere aiuto e la sua caduta è diventata facile. Leggiamo insieme i
passi che ci interessano:
Mc 14,26 E dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.
Mc 14,27 Gesù disse loro: «Tutti vi scandalizzerete, poiché sta scritto:
‘ Percuoterò il pastore e le pecore Mt 26,31 del gregge saranno disperse ’ (Zac 13,7).
Mc 14,28 Ma, dopo che sarò risuscitato, vi precederò nella Galilea.
Lc 22,31
Lc 22,32
Simone, Simone, ecco, satana vi ha reclamato per vagliarvi come il grano.
Ma io ho pregato per te, affinché non venga a mancare la tua fede.
E tu, quando sarai ritornato, corrobora i tuoi fratelli».
Mc 14,29 Allora Pietro gli disse: «Anche se tutti si scandalizzeranno, io però no!».
Mc 14,30 Gesù gli disse: «Amen ti dico: proprio tu oggi, in questa stessa notte,
prima che il gallo canti due volte,
mi rinnegherai Lc 22,34 (e) negherai di conoscermi tre volte».
Mc 14,31 Ma egli, con maggiore insistenza, diceva:
«Se anche dovessi morire con te, non ti rinnegherò.
Lc 22,33
Signore, con te sono pronto ad andare anche in prigione e alla morte».
Lo stesso dicevano anche tutti gli altri.
Notiamo che le affermazioni di Pietro sono dettate da una vera amicizia, ma si basano solo sulle sue
deboli forze umane. Egli, pur avvisato chiaramente e dettagliatamente, non crede che satana stia
conducendo contro di loro la sua battaglia più importante e si illude di avere il coraggio di morire per
amore di Gesù. Troviamo strano il fatto che egli contesti in modo così veemente le parole di Gesù: in lui
emerge un forte orgoglio che gli impedisce di capire che le parole del Signore andavano, come sempre e
ora più di prima, prese molto sul serio. Egli era per carattere un po’ portato alla contestazione (cfr. Lc
8,45; Mt 16,22), ma adesso, toccato sul vivo, diventa ostinato e caparbio.
Vi è tuttavia una netta differenza tra l’animo di Giuda e quello di Pietro che, ammonito da un intenso
e sofferto sguardo di Gesù (Lc 22,61), subito pianse il suo peccato.
Il motivo della caduta di Pietro non fu l’odio verso Gesù, ma la paura di venire ucciso. Pietro fino ad
allora non aveva mai sperimentato un vero sentimento di paura: era quindi impreparato a fronteggiarlo e
a superarlo con la fede. Egli cadde per debolezza ed inesperienza, non per deliberata cattiveria:
sappiamo come in seguito, istruito da quel brutto incidente, egli in tutta la sua vita Apostolica sfidò ogni
giorno la morte per amore di Gesù senza cedere minimamente alla paura.
Al di là di tutto questo Pietro, però, aveva una risorsa segreta che Giuda non ha potuto o non ha
meritato di avere: la preghiera di Gesù per lui.
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4 – GESÙ SI RIFIUTA DI PREGARE PER IL MONDO OSTINATO NEL PECCATO
Pietro aveva dunque, come suo aiuto, la potente preghiera di Gesù, il quale, sapendo bene che egli
avrebbe imparato la lezione, gli affidava il compito di confermare i fratelli nella fede.
Lc 22,32
Io ho pregato per te, affinché non venga a mancare la tua fede.
Da questa affermazione, che collega il rinnegamento attuato da Pietro alla sua debolezza nella fede,
viene chiaramente confermata la nostra convinzione che il tradimento di Giuda fu dovuto alla mancanza
di fede.
La Provvidenza ha addirittura voluto che Giovanni nel suo Vangelo (nel Cap. 17) ci riferisse con
cura le parole dell’intensa e sublime preghiera che Gesù fece per i suoi Apostoli fedeli:
Gv 17,9 Io per essi prego; non prego per il mondo,
ma per coloro che hai dato a me, perché sono tuoi
Gv 17,10 e tutte le mie cose sono tue e le tue sono mie
e sono stato glorificato in essi.
Gv 17,11 Ed io non sono più nel mondo ed essi sono nel mondo
ed io presso di te vengo.
Padre santo, conservali nel nome tuo, che hai dato a me,
affinché siano una cosa sola come noi.
Gv 17,12 Quando ero con loro,
io li conservavo nel nome tuo, che hai dato a me, e li ho custoditi
e nessuno di essi si è perduto, se non il figlio della perdizione,
affinché la Scrittura si compisse.
In virtù della preghiera di Gesù, Pietro (con gli altri suoi compagni) aveva la speciale protezione del
Padre che, se non lo esonerava dal subire la tentazione, lo conservava però dal maligno (Gv 17,15).
Gesù dunque non prega per il mondo, in quanto totalmente corrotto dal peccato, e quindi nemmeno
per Giuda, che egli qui dichiara perduto e figlio della perdizione: uomo che, per sua colpa, ha dato
compimento alle terribili profezie bibliche a suo riguardo (cfr. Sal 41 [42],10).
Lo stesso Giovanni, nella sua Prima lettera, ci fa capire che ci sono due tipi di peccato, uno (come
quello di Pietro) che non porta alla morte e un altro (come quello di Giuda) che porta alla morte:
1 Gv 5,16 Se uno vede il proprio fratello peccare con un peccato che non porta a morte,
preghi, e Dio gli darà la vita: per coloro che peccano non a morte.
C'è un peccato che porta a morte; per questo dico di non pregare.
1 Gv 5,17 Ogni ingiustizia è peccato, ma c'è un peccato che non porta a morte.
Abbiamo l’impressione che Giovanni quando parla di peccato a morte ci voglia parlare di quel
peccato che nei Sinottici viene definito contro lo Spirito Santo (Mt 12,31; Mc 3,29; Lc 12,10). È
possibile quindi ipotizzare l’esistenza di un peccato speciale, che potremmo definire mistico, il quale è
l’anticamera della perdizione e del quale Giuda si è reso colpevole.
Tutto questo vuol forse dire che Giuda si è davvero perduto per sempre? Questa è una conclusione
che noi non possiamo trarre. D’altra parte il nostro compito non è quello di sapere quale fine Giuda
abbia fatto. Qualora chiedessimo a Gesù se Giuda Iscariota si è dannato oppure no, egli ci
risponderebbe:
Lc 13,24 «Sforzatevi di entrare per la porta stretta,
perché molti, vi dico, cercheranno di entrarvi, ma non ci riusciranno».
5 – CONCLUSIONE DEL CAPITOLO DEDICATO ALL’ULTIMA CENA
Non ci resta che invocare umilmente l’aiuto del Signore, affinché nessuno di noi si illuda e continui a
commettere peccati a cuor leggero.
Passiamo ora ad esaminare le azioni di Giuda, il quale, in modo ossessivo ed implacabile, porta
avanti con estrema cura il suo progetto malvagio.
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8° CAPITOLO: GIUDA CAPEGGIA LA CATTURA DI CRISTO
Giuda, a questo punto, decide di uscire allo scoperto: egli getta via le sue maschere e svela da quale
parte sta e quello che egli realmente è, cioè un falso amico, il peggiore dei nemici. Ormai tutti gli altri
Apostoli e discepoli possono sapere con certezza di chi Gesù parlava quando preannunciava il
tradimento.
Possiamo facilmente immaginare l’attività di Giuda il quale, presa la sua lanterna, si mette alla testa
di una schiera di guardie e di gendarmi, sicuro di sorprendere Gesù nel suo rifugio segreto:
Gv 18,1 Dette queste cose, Gesù uscì con i suoi discepoli oltre il torrente Cedron,
dove c'era un giardino, nel quale entrò egli e i suoi discepoli.
Gv 18,2 Ora anche Giuda, che lo tradiva, conosceva il luogo,
perché spesso Gesù conveniva là con i suoi discepoli.
Gv 18,3 Giuda dunque, presa la schiera e le guardie dai sommi sacerdoti e dai farisei,
viene là con lanterne, torce e armi.
Lc 22,47 Giuda, uno dei Dodici, li precedeva.
1 – GESÙ SI PREPARA ALL’INCONTRO CON GIUDA
Al termine della sua misteriosa e dolorosissima agonia, nella quale Gesù, sudando sangue, ha pregato
il Padre affinché gli desse la forza di fare la sua santa volontà, egli sveglia i tre Apostoli, invitati a
tenergli compagnia con la preghiera. Egli ha nella sua mente un solo pensiero: “Colui che mi tradisce si
è avvicinato per consegnarmi nelle mani dei peccatori!”. Egli non pensa agli altri, ma a lui solo. Quale
sofferenza è mai quella del Signore per il peccato di Giuda e per quello di tutti coloro che in ogni tempo
sono come lui!
Mc 14,41 (Gesù) disse (a Pietro, Giacomo e Giovanni): «Dormite ormai e riposatevi! Basta, è venuta l'ora:
ecco, il Figlio dell'uomo viene consegnato (paradi/dotai) nelle mani dei peccatori.
Mc 14,42 Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce (o( paradidou/j) si è avvicinato!».
Mc 14,43 E subito, mentre ancora parlava, arrivò Giuda, uno dei Dodici,
e con lui una folla con spade e bastoni mandata dai sommi sacerdoti, dagli scribi e dagli anziani.
Gv 18,4 Gesù dunque, sapendo tutto ciò che stava per accadergli, uscì…
Gesù dà ai tre Apostoli assonnati l’ordine di andare ed esce incontro ai suoi nemici: egli compie una
parte della strada necessaria per incontrare il suo traditore. Forse ha fatto questo per impedire a colui
che era indegno di entrare nel luogo segreto e sereno in cui egli si rifugiava e pregava o forse, più
probabilmente, per consegnare se stesso senza creare problemi al fine di salvare i suoi discepoli fedeli.
In ogni caso il suo coraggio è stato grande.
2 – IL SEGNO DEL BACIO TRADITORE
Mc 14,44 Chi lo tradiva (o( paradidou\j) aveva dato loro questo segno:
«Quello che bacerò, è lui; arrestatelo e conducetelo via (tenendolo) saldamente».
Mt 26,49 E subito avvicinatosi a Gesù disse: «Rallegrati, Rabbì!» e lo baciò.
Il bacio di Giuda, diventato tristemente famoso, è stato a nostro parere motivato da tre ragioni.
Una prima ragione è di ordine pratico: Giuda sapeva bene che Gesù aveva dei poteri soprannaturali e
che era sfuggito abilmente a decine di tentativi di cattura. Per questo motivo consiglia ai suoi
collaboratori di legare saldamente il Signore e, per non sbagliarsi circa la persona, decide di fare
qualcosa che durante la notte lo possa favorire nel riconoscere il volto di Gesù. Che cosa vi era di più
utile che avvicinarsi con la scusa di un bacio amichevole?
La seconda ragione è di ordine psicologico: avvicinarsi come sempre in modo allegro e tranquillo,
mentre le guardie magari nascondevano le armi che avevano portato, poteva far sì che Gesù, che aveva
già ben manifestato le sue preoccupazioni, non si insospettisse troppo e si esponesse meglio alla cattura.
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Non per nulla lo saluta invitandolo a stare sereno (salve, rallegrati) e lo chiama con il titolo più onorifico:
Rabbì (Eccellenza, Maestro).
Vi è, però, una terza ragione di ordine mistico: egli, nella sua grossolanità, ardisce baciare in volto il
Signore quando questo rarissimo privilegio è concesso solo alle anime sante, cioè a quelle che sono da
considerarsi degne di essere le spose dell’Agnello. In tal modo Giuda rovina maggiormente se stesso,
raggiungendo il vertice o l’abisso di un’esperienza mistica negativa e satanica.
Mt 26,50 E Gesù gli disse: «Amico (e(tai=roj), per questo sei qui!».
Lc 22,48 «Giuda, con un bacio tradisci (filh/mati paradi/dwj) il Figlio dell’Uomo!».
La risposta di Gesù è dolce e fermissima. Egli, chiamando Giuda per nome e definendolo amico, fa
capire quanto grave sia la falsità di tale amicizia e quanto sia dannosa la sua ostentata familiarità con
lui. Esclamando: “Per questo sei qui!” dimostra di non voler dare un nome specifico all’atto
obbrobrioso che quel discepolo sta compiendo e che, rimasto misterioso quando egli lo chiamava
tradimento, ora si rivela a tutti per quello che è.
Inoltre Gesù, ricordando a Giuda, ancora una volta e apertamente, che egli sta tradendo nientemeno
che il Figlio dell’Uomo, compie uno degli estremi tentativi per aprire gli occhi di quel miserabile
apostolo. È stata proprio una malintesa familiarità con Gesù quello che ha facilitato a Giuda il
tradimento: il bacio con il quale egli tradisce è il simbolo di un’amicizia diventata rovina proprio perché
si è trattato, come troppo spesso accade, di un’amicizia male interpretata e mal vissuta. Il termine greco
per dire bacio (fílema) contiene proprio in sé l’idea di un vero amore amicale del quale però il gesto
esteriore di Giuda è totalmente privo. Non vi è compatibilità tra amore e tradimento, ma Giuda ha avuto
l’impudenza di unire le due cose, creando una mostruosità.
Se invece egli si fosse umilmente gettato ai piedi di Gesù chiedendogli aiuto, il misero sarebbe subito
stato salvato dal Misericordioso. Invece tra i due, al di là di un apparente rispetto, vi è e continua ad
esserci un conflitto.
A questo proposito notiamo che Gesù non gli dice fílos (caro, amico), ma ‘etâiros, che significa
compagno, socio… Non lo chiama amico in senso pieno, come ha chiamato i suoi Apostoli fedeli e
obbedienti, ai quali ha rivelato i segreti del Padre (cfr. Gv 15,13-15). Egli è preciso nel parlare e non
utilizza le parole in modo equivoco: usa un termine che indica un certo rapporto, ma anche una certa
distanza. Noi troviamo questo termine solo in Matteo e lo troviamo 4 volte: così si chiamano i monelli
che giocano insieme sulla piazza e nello stesso tempo litigano tra di loro (Mt 11,16), così il Padrone
della vigna chiama l’operario che, dopo aver lavorato per lui, gli contesta un trattamento ingiusto (Mt
20,13) e così viene chiamato dal Re l’uomo che è entrato nella sala del banchetto senza l’abito nuziale e
che verrà cacciato fuori (Mt 22,12). Chiamandolo ‘etâiros il Maestro non rompe i ponti, anzi, compie un
estremo tentativo di redenzione, ma in nessun modo mostra di approvare l’azione dell’apostolo infedele
o di considerarlo un vero amico.
Se andiamo a sfogliare l’A.T. ci imbattiamo in un episodio che si avvicina molto a quello del bacio
di Giuda:
Ioab (generale di Davide) disse ad Amasà: «Stai bene, fratello mio?» e con la destra prese Amasà per la
barba per baciarlo. Amasà non fece attenzione alla spada che Ioab aveva nell'altra mano; Ioab lo colpì al basso
ventre e ne sparse le viscere a terra; non lo colpì una seconda volta perché era già morto (2 Sam 20,9-10).
Il comportamento di Giuda può paragonarsi a quello di una pericolosa prostituta straniera, molto ben
descritto nel libro dei Proverbi:
Ecco farglisi incontro una donna, in vesti di prostituta e la dissimulazione nel cuore. Essa è audace e
insolente, non sa tenere i piedi in casa sua. Ora è per la strada, ora per le piazze, ad ogni angolo sta in agguato.
Lo afferra, lo bacia e con sfacciataggine gli dice: «Dovevo offrire sacrifici di comunione; oggi ho sciolto i miei
voti; per questo sono uscita incontro a te per cercarti e ti ho trovato (Prov 7,10-15).
Ecco con quali acute osservazioni lo stesso libro sapienziale descrive il simulatore:
Come vernice d'argento sopra un coccio di creta sono le labbra lusinghiere con un cuore maligno. Chi odia
si maschera con le labbra, ma nel suo intimo cova il tradimento; anche se usa espressioni melliflue, non ti
50
fidare, perché egli ha sette abomini nel cuore. L'odio si copre di simulazione. Leali sono le ferite di un amico,
fallaci i baci di un nemico (Prov 26,23-26.27,6).
La prima arma del disonesto è un aspetto allegro e una parola amichevole: «Rallegrati, Rabbì!». La
caratteristica che poi non gli manca mai è la falsità: una falsità talmente assimilata al punto che egli
stesso non se ne accorge più. È talmente abituato ad ingannare gli altri, che inganna tranquillamente
anche se stesso.
3 – DI NUOVO GIUDA A CONFRONTO CON PIETRO
Ancora una volta Pietro interviene a modo suo, pensando che con una spada egli possa difendere il
suo Maestro e sconfiggere le enormi forze del male. Tutto quello che riesce a fare è compiere un gesto
che rischia di mettere lui e Gesù ancor più in pericolo e in cattiva luce, facendolo apparire come uno che
usa la forza e la violenza per difendersi (cfr. Gv 18,36).
Gesù rimprovera Pietro e lo invita a credere che il Padre potrebbe salvarlo subito in modo
prodigioso. Egli da parte sua ha deciso di bere il calice che il Padre gli ha offerto:
Lc 22,49 Ma coloro che erano attorno a lui, vedendo quanto stava per accadere,
dissero: «Signore, dobbiamo colpire con la spada?».
Lc 22,50 E uno di loro, Gv 18,10 Simon Pietro, avendo una spada, la trasse fuori,
colpì il servo del sommo sacerdote
e gli portò via l’orecchio destro.
Gv 18,10 Ora, quel servo si chiamava Malco.
Lc 22,51 Ma, prendendo la parola, Gesù disse:
«Lasciate! Fino a questo punto!».
E toccato l’orecchio lo risanò
Mt 26,52 Allora gli dice Gesù: «Riponi la tua spada al suo posto,
perché tutti quelli che prendono la spada, di spada periranno.
Mt 26,53 O credi che non possa pregare il Padre mio
e mi fornirebbe adesso più di dodici legioni di angeli?
Mt 26,54 Come dunque si adempirebbero le Scritture che così deve avvenire?
Gv 18,11 Il calice che il Padre mi ha dato, forse non lo berrò?».
Sia Pietro che Giuda vivono in modo sbagliato il loro rapporto con Gesù: Giuda con l’esplicita
intenzione di abusarne per trarne vantaggio personale e punire il suo Maestro, Pietro con tutte le
debolezze di uno che si basa solo sulle sue personali risorse umane. Sia l’uno che l’altro hanno fiducia
nella propria spada o nella spada dei propri alleati: nessuno dei due ha fiducia in Gesù.
Però, nonostante queste somiglianze, vi è una netta differenza tra gli stati d’animo e i comportamenti
dei nostri due protagonisti: uno tradisce deliberatamente il Signore, l’altro compie un gesto inutile e
pericoloso con l’intenzione di difenderlo. Tuttavia i risultati pratici derivanti da tali diverse premesse
rischiano di essere gli stessi, cioè danneggiare Gesù e avvantaggiare i suoi persecutori.
Dopo aver parlato severamente a Pietro, Gesù si fa avanti e si rivolge ai suoi nemici.
4 – IL DISCORSO DI CRISTO AI SUOI AVVERSARI
Gv 18,4 Gesù dunque, sapendo tutto ciò che stava per accadergli, uscì
e dice loro: «Chi cercate?».
Gv 18,5 Gli risposero: «Gesù, il Nazareno!».
Dice loro Gesù: «Io sono!».
Anche Giuda, che lo tradiva, stava con loro.
Gv 18,6 Come dunque disse loro: «Io Sono!»,
andarono indietro e caddero a terra.
Gv 18,7 Di nuovo dunque li interrogò: «Chi cercate?».
Essi allora dissero: «Gesù, il Nazareno!».
Gv 18,8 Rispose Gesù: «Vi ho detto che ‘Io Sono’;
se dunque cercate me, lasciate andare questi».
51
Gv 18,9 Affinché si adempisse la parola che egli disse:
«Coloro che hai dato a me, non ho perduto nessuno di essi».
Mt 26,55 In quella stessa ora Gesù disse alle folle,
Lc 22,52
ai sommi sacerdoti, ai capi delle guardie del tempio e agli anziani
che erano venuti contro di lui:
«Come contro un brigante, siete usciti con spade e bastoni per arrestarmi.
Ogni giorno ero seduto Mc 14,49 in mezzo a voi a insegnare nel tempio,
e non mi avete arrestato.
Mt 26,56 Ora tutto questo è avvenuto perché si adempissero le Scritture dei profeti.
Lc 22,53
… Questa è la vostra Ora e il potere della tenebra».
Mt 26,50 … Allora si fecero avanti e misero le mani addosso a Gesù
e lo arrestarono.
Gv 18,12 La schiera, dunque, il comandante e le guardie dei Giudei
arrestarono Gesù e lo legarono.
Il Signore dopo aver dimostrato ancora una volta a tutti (e quindi anche a Giuda) che egli ha il potere
divino (Io sono) di annientare i suoi persecutori facendoli stramazzare a terra con un sola parola oppure
di risanarli con un solo tocco della mano, fa in modo che i suoi Apostoli possano andarsene illesi e
mette in luce il lato debole dei suoi ipocriti nemici, i quali hanno bisogno del favore delle tenebre e
della lontananza della gente per catturarlo. Ed era stato proprio Giuda il “genio” che aveva scelto la
notte come tempo propizio per quella cattura. Ma adesso, prima che venga la grande Ora del Giudizio,
quando ogni peccato sarà punito secondo giustizia, Gesù accetta adesso che il “potere delle tenebre”
ottenga illusoriamente la sua grande vittoria.
Non lasciamo passare inosservata l’annotazione di Giovanni:
Anche Giuda, che lo tradiva, stava con loro.
Giuda, chiamato a stare sempre con Gesù, è ora, con il suo enorme carico di responsabilità, con i
peccatori e i violenti. Quanto ha sofferto il cuore di Gesù nel constatare che un suo apostolo era
diventato in tutto uguale ai suoi peggiori nemici!
5 – CONCLUSIONE DEL CAPITOLO DEDICATO ALL’ARRESTO DI GESÙ
Quante volte anche noi, apparenti amici di Gesù, di fatto ci siamo trovati in mezzo ai suoi carnefici!
Quante volte abbiamo perfidamente baciato Cristo con il cuore pieno di tutto quello che egli detesta!
Quante volte le profezie, che abbiamo ascoltato con le orecchie ma non creduto con il cuore, si sono
realizzate a nostro danno!
Le sacre Scritture nei riguardi di Giuda e di tutti i peccatori si sono adempiute non per una sorta di
predestinazione alla quale essi erano misteriosamente e ingiustamente soggetti, ma solo perché essi
liberamente hanno compiuto quel male che il Signore aveva previsto e che aveva preannunciato al solo
fine di aiutarli a non compierlo.
Quando dunque il Signore dice che le Scritture si devono realizzare, non adduce una scusa a favore
dei suoi uccisori, ma piuttosto un nuovo pesante motivo di condanna. Se essi avessero creduto alle
Scritture, queste si sarebbero ugualmente e ancor meglio realizzate per vie che solo il Signore conosce
ed essi sarebbero stati senza peccato.
52
9° CAPITOLO: LA TRAGICA FINE DI GIUDA
Dal momento che esistono due versioni dei fatti riguardanti la morte di Giuda, in questo Capitolo
cerchiamo di capire, in base ai testi che ci sono pervenuti, quale sia l’ipotesi più probabile. Nel primo e
secondo paragrafo studiamo il testo di Matteo, prendendolo alla lettera (cioè, senza tener conto del fatto
che certi autori lo ritengono redatto ad arte come un modo per dare realtà e compimento a certi passi
veterotestamentari e invitano a prenderlo con beneficio di inventario). Nel terzo paragrafo
confrontiamo le redazione di Matteo con quella degli Atti.
1 – IL MUTAMENTO DI GIUDA
Giuda ha ormai fatto il suo lavoro e ritira il denaro pattuito. Ma la situazione euforica, nella quale
egli è vissuto per alcuni brevi momenti, non tarda a tradursi per lui in una forte delusione ed in una
insopportabile depressione:
Mt 27,3 Allora Giuda, che l’aveva tradito (o( paradidou\j),
vedendo che (Gesù) era stato condannato, mutato d’animo (metamelhqei\j),
riportò le trenta monete d'argento ai sommi sacerdoti e agli anziani
Il denaro che aveva ricevuto in cambio del suo tradimento ora gli scotta nelle mani: egli prende
improvvisa coscienza della gravità della sua iniziativa (Gesù è stato ferocemente condannato a morte
dal Sinedrio e nel frattempo viene trattato con crudeltà inaudita). Egli capisce che con le sue forze non
può più far nulla per riparare al suo terribile errore. Abituato come è a non fidarsi di Gesù e a non
ricorrere a lui per implorare aiuto, egli si sente perduto e sprofonda in un oceano di angoscia e di
terrore.
Siamo abituati a leggere che Giuda si pentì e riportò le trenta monete: in realtà, sempre in base al
testo matteano, il suo non risulta essere un vero e proprio pentimento, ma un cambiamento improvviso e
violento di umore. Egli passò da una specie di ubriacatura ad un risveglio dolorosissimo, da un sogno
(in cui immaginava di essere un vincitore) ad una realtà spaventosa. Venne assalito da una tremenda
paura che in breve tempo lo schiacciò con la forza del suo enorme peso. Il testo greco usa molto
sapientemente il termine meta-meléomai, che in questo contesto significa mi pento, non nel senso di una
vera conversione (il che l’avrebbe subito portato alla salvezza), ma nel senso di un mutamento di
opinione e di sensazione.
Giuda è in preda ad un uragano di sentimenti terribili e da essi si lascia guidare: cerca pertanto di
allentare la pressione intollerabile che in lui si è improvvisamente scatenata. Egli non percorre una
strada razionale e tanto meno un sentiero dettato dalla fede nella misericordia di Gesù. Egli, nel
tentativo di eliminare o di attutire il suo sentimento di colpa, ritorna dai sommi sacerdoti e dagli anziani
per manifestare loro la sua angoscia e il suo ripensamento, sperando che questo abbia il potere di
indurre i capi ad aiutarlo (non ha forse dimostrato di essere un loro fidato amico e collaboratore?):
2 – L’AMARA CONFESSIONE: ‘HO PECCATO, TRADENDO SANGUE INNOCENTE’
Giuda prende coscienza del suo peccato, che ora egli chiama per nome (peccato), e ammette
pubblicamente il suo tradimento e l’innocenza di Gesù. Egli si rende conto con orrore che il suo delitto
sta conducendo Gesù alla morte in croce:
Mt 27,4 … «Ho peccato, tradendo sangue innocente! ( (/Hmarton paradou\j ai(=ma a)q%=on)».
Ma quelli dissero: «A noi che importa? Veditela tu! (Ti/ pro\j h(ma=j; su\ o)/yv)».
Mt 27,5 Ed egli, gettate le monete d'argento nel tempio, si allontanò e andò ad impiccarsi (a)ph/gcato).
La risposta dei sommi sacerdoti è cinica, gelida e spietata verso Gesù e verso lui: “La faccenda non
ci riguarda. Arrangiati da solo”. Essi non ammettono di avere una colpa. Se qualcosa di grave accade a
Gesù, non è una loro responsabilità o un loro problema. Giuda, che si attendeva un atteggiamento
53
amichevole e comprensivo, si trova di fronte il muro dell’indifferenza, del disprezzo e del totale
abbandono.
Egli ancora una volta guarda fuori di sé e se la prende con il denaro, riversando su di esso una colpa
che invece sta nel suo cuore. Per questo motivo scaraventa le monete nel tempio e corre a togliersi la
vita.
Egli parla di Gesù come di sangue innocente del cui spargimento lui si sente pienamente
responsabile. Se avesse creduto e capito le parole di Gesù quando egli a Cafarnao offriva il suo sangue
come vera bevanda di salvezza, fonte di comunione, di vita e di risurrezione (Gv 6,53-56), avrebbe
invocato quel sangue come sacramento di amore infinito e avrebbe gustato subito la gioia del perdono:
Sangue di Cristo purificami, salvami! Invece egli parla del sangue del Signore con grande paura e
angoscia. Tuttavia ne parla e lo dichiara innocente, il che apre uno spiraglio alla speranza circa la sua
sorte eterna.
Questa è la versione dei fatti secondo Matteo e si tratta di un racconto verosimile e, in ogni caso,
molto significativo ed utile per noi. Ci aiuta a capire molti dei fenomeni psicospirituali e degli eventi
interiori che possono realizzarsi anche per noi. Infatti, sia che si tratti di un racconto fatto da un
testimone oculare o comunque ben informato dei fatti o sia che risulti una ricostruzione dei fatti
realizzata in base a delle ipotesi, questa narrazione è molto istruttiva per tutti noi.
Perché diciamo questo? Perché nel Nuovo Testamento, esattamente in Atti 1,18-25, abbiamo un
racconto che solo parzialmente concorda con quello di Matteo e questo fatto ci autorizza a pensare che
nella primitiva comunità ci siano state almeno due teorie circa la morte di Giuda.
3 – IL RACCONTO DEGLI ‘ATTI’
Se andiamo a leggere quanto ci dicono gli Atti non troviamo nessun accenno al suicidio di Giuda e
troviamo una versione diversa per quanto riguarda l’uso del denaro del tradimento. Se la notizia della
impiccagione di Giuda fosse stata certa, per la sua impressionante crudezza, avrebbe dovuto apparire
nel discorso di Pietro e nella preghiera che i cristiani fanno in occasione della nomina di Mattia. Invece,
al posto della notizia del suicidio, troviamo solo un’espressione molto vaga: andarsene:
Atti 1,25 … a prendere il posto (to\n to/pon) in questo ministero e apostolato
dal quale Giuda si è allontanato
per andarsene al posto (to\n to/pon) suo (to\n i)/dion).
La prima comunità, pregando Dio affinché la aiuti a scegliere un degno successore di Giuda, dice
semplicemente che Giuda se ne andò al posto suo, nel senso che andò al posto che meritava o che gli fu
assegnato oppure che andò nel luogo di sua proprietà. Certo, in ogni caso, nel verbo andarsene c’è un
chiaro riferimento alla sua morte, ma nelle parole della preghiera non vi è nulla che parli chiaramente di
suicidio, anche se nulla lo esclude in modo netto. A meno che la comunità voglia alludere al suicidio,
usando un eufemismo. Questo però non lo sapremo mai.
Pietro nel suo discorso all’assemblea sembra, per un attimo, dirci qualcosa di più interessante A
prima vista, pare che egli ci racconti la dinamica dell’ “incidente” che causò la morte del nostro
personaggio:
Atti 1,18 … (Giuda) precipitando in avanti si squarciò in mezzo e si sparsero fuori tutte le sue viscere.
Se però ci fermiamo a riflettere un momento su quanto egli ci riferisce, ci rendiamo conto che non
risolve quello che è il nostro problema maggiore: quello di sapere chi o cosa ha provocato tale caduta
mortale e lo sfacelo del corpo del povero Giuda. Forse al Primo degli Apostoli interessava raccontare
che il corpo di Giuda venne ritrovato in uno stato pietoso, più che farci conoscere chi o che cosa aveva
causato tutto questo. In tal modo egli ci fa capire che la morte del traditore è stata l’esatto contrario di
quella gloriosa di Gesù, innalzato sulla croce (cfr. Gv 3,14; 8,28). Pietro poi ricorda che tutti gli abitanti
di Gerusalemme vennero a conoscenza di un episodio così raccapricciante e che ne furono così
impressionati da cambiare perfino il nome a quel luogo, chiamandolo Akeldamà, cioè Campo del sangue.
Questo vuol dire, secondo noi, che a lui interessa di più evidenziare il fatto che la fine di Giuda fu
tragica, violenta e umiliante, rispetto all’informarci circa le modalità e le motivazioni di tale evento.
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Che l’interesse della prima comunità non sia stato quello di fornire dati importanti per una inchiesta
di tipo giudiziario, ma piuttosto quello di farci capire che cosa significhi essere apostolo di Cristo
oppure rinunciare ad esserlo, lo deduciamo anche dal fatto che l’assemblea, riferendosi a Giuda, parla
per due volte di posto (to\n to/pon) in riferimento all’incarico che era destinato a lui: la prima volta per
indicare il posto onorifico e promettente che Giuda aveva ricevuto come dono da Dio (e che venne
occupato da un altro) e la seconda volta per indicare il posto (o l’epilogo) terribile da lui scelto o,
comunque, da lui raggiunto. Non è la tragica vicenda di Giuda quello che interessa ai primi cristiani, ma
il ministero e apostolato che rimane intatto e valido, nonostante il fallimento di colui al quale era stato
assegnato per primo. Il peccato di Giuda non è riuscito a rovinare o a rendere opaco quel posto di
ministero Apostolico nel quale è operante il Cristo stesso con il suo Santo Spirito.
Ritorniamo ora al discorso di Pietro. Egli, divergendo nettamente dalla recensione di Matteo,
racconta che fu Giuda a comprare un Campo:
Atti 1,18 Giuda comprò un pezzo di terra con i proventi del suo delitto
e poi precipitando in avanti si squarciò in mezzo e si sparsero fuori tutte le sue viscere.
Atti 1,19 La cosa è divenuta così nota a tutti gli abitanti di Gerusalemme,
che quel terreno è stato chiamato nella loro lingua Akeldamà, cioè Campo del sangue.
Questo racconto forse si può armonizzare con quello di Matteo, pensando ad es. che i soldi per
l’acquisto erano di Giuda al punto che si può dire che è lui in definitiva colui che l’ha acquistato.
Tuttavia una tale interpretazione appare un po’ stiracchiata. Se fu davvero Giuda a comprare il campo,
allora dobbiamo pensare che egli abbia dovuto impiegare almeno alcuni giorni per le trattative con i
proprietari e quindi che non sia morto subito.
Matteo, che invece sembra parlare di un immediato suicidio, attribuisce ai sommi sacerdoti la
decisione di acquistare il Campo del vasaio:
Mt 27,6
Ma i sommi sacerdoti, prese le monete d’argento, dissero:
«Non è lecito metterle nel tesoro, perché sono prezzo di sangue».
Mt 27,7 E, tenuto consiglio, comprarono con quelle il Campo del vasaio per la sepoltura degli stranieri.
Mt 27,8 Perciò quel campo fu denominato "Campo del sangue" fino al giorno d'oggi.
Mt 27,9 Allora si adempì quanto era stato detto per mezzo del profeta Geremia (Ger 32,9-10):
E presero le trenta monete d'argento, il prezzo del venduto,
che i figli di Israele avevano mercanteggiato,
Mt 27,10 e le diedero per il campo del vasaio, secondo quanto il Signore mi aveva ordinato (Zac 11,12-13).
Che cosa possiamo pensare? Perché su un tema che dovrebbe essere notorio, come lo è l’acquisto di
un campo, le fonti sono così divergenti, anzi contraddittorie per quanto riguarda gli acquirenti?
Forse possiamo trovare una risposta nel fatto che si tratta di un argomento importante per noi oggi,
ma non per quelli che scrissero questi fatti, al punto che ognuno dei redattori (Matteo e Luca) si limitò a
trasmetterci quanto le sue fonti dicevano senza fare ulteriori indagini.
Pare che vi sia una divergenza anche sul vero significato del titolo dato al campo (per Matteo è il
Campo del sangue di Gesù, per gli Atti è il Campo del sangue di Giuda).
Probabilmente si tratta di un giallo insolubile, almeno sulle base delle notizie storiche che ci sono
pervenute.
Mettendo insieme i pochi pezzi di questo intricato mosaico possiamo con certezza dire una sola cosa:
Giuda è stato trovato morto (con il corpo squarciato) sul fondo di un dirupo in un periodo che va dal
Venerdì santo a qualche giorno prima dell’Ascensione di Cristo, avvenuta 40 giorni dopo la Pasqua.
Forse nessuno seppe mai bene che cosa fosse esattamente avvenuto. È logico che i primi cristiani
abbiano tentato di dare una spiegazione e, come sempre avviene in questi casi, le idee e le ipotesi sono
state più di una (suicidio, omicidio, infortunio…).
Alcuni attribuirono la sua morte ad una caduta (precipitando con il capo in giù: prhnh\j geno/menoj) e
Luca ci riferisce questa ipotesi. Altri, invece, parlarono di un suicidio e questa fu forse l’opinione più
diffusa e accreditata, al punto che Matteo l’ha adottata in pieno nel suo Vangelo.
Si possono forse far concordare le due ipotesti pensando che Giuda cercò di uccidersi impiccandosi,
ma che (ad esempio, per la rottura del sostegno) cadde nel precipizio e si sfracellò.
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Tuttavia rimane possibile pensare che qualcuno dei capi abbia ordinato ad un sicario di farlo
precipitare per ucciderlo, forse proprio nelle prossimità del campo che egli aveva acquistato, visto che
Pietro collega strettamente l’acquisto del pezzo di terra da parte di Giuda con il suo precipitare. Giuda,
infatti, era al corrente di troppe cose riguardanti l’assassinio di Gesù e (se la notizia di Matteo non è
solo un artificio midrashico) aveva manifestato il suo rincrescimento per aver dato ai capi la sua
collaborazione. Era sicuramente un testimone scomodo e pericoloso ed i detentori del potere erano ben
capaci di eliminare anche lui.
In ogni caso la sua fine tragica e violenta è passata alla storia come un fatto che mette bene in
evidenza la gravità di ogni nostro tradimento nei confronti di Cristo.
4 – CONCLUSIONE DEL CAPITOLO DEDICATO AL TEMA DELLA MORTE DI GIUDA
Se Giuda si tolse la vita dobbiamo concludere che lo fece per sfuggire ad una terribile sofferenza
interiore, per mettere fine ad un sentimento (di paura, di vergogna, di sconforto e di depressione) così
insopportabile che può essere paragonato, per la sua intensità (non per i suoi contenuti), solo a quello
provato da Gesù nell’Orto degli Ulivi:
Mt 26,37 (Gesù) cominciò a rattristarsi e a sentire angoscia.
Mt 26,38 Allora dice loro: La mia anima è triste fino alla morte (Sal 42 [43], 6.12)…
Se poi è vero che andò a gettare le monete nel tempio dichiarando che aveva peccato tradendo
sangue innocente, possiamo sentire echeggiare nelle sue parole quelle del ladrone pentito:
Lc 23,41 … Noi riceviamo il giusto castigo per ciò che abbiamo fatto,
ma costui non ha fatto nulla fuori posto (a)/topon)…
Quello di Giuda però, come abbiamo già detto, non pare sia stato un pentimento in piena regola: è
stato piuttosto un cambiamento che da un tipo di patologia lo ha portato ad un altro tipo (prima infieriva
sugli altri, ora infierisce su di sé). Tuttavia qualcosa in lui si è finalmente sbloccato, anche se in modo
traumatico. Questo è in ogni caso un fatto positivo. D’altra parte solo un trauma violento avrebbe potuto
smuovere il suo cuore.
Prendiamo in considerazione anche l’altra possibile ipotesi. Se Giuda fosse stato eliminato dai capi
sarebbe stato una vittima del potere, sotto un certo aspetto, come lo fu Gesù stesso e, dopo di lui, tanti
martiri. Certo, è ben diversa la situazione di Giuda da quella di un testimone della fede, ma forse, anche
se involontariamente, egli ha in quel modo pagato almeno in parte il suo debito.
Le fonti bibliche non ci permettono di avere dei dati sicuri e chiari sulla questione della fine di
Giuda. Questo fatto però non ci spiazza perché, tutto sommato, esso è di scarsa importanza per la nostra
ricerca che ha la finalità di edificare e di formare i nostri animi e non quella di cercare i colpevoli come
dovrebbe fare un magistrato.
Infatti, se Giuda si è suicidato per disperazione, dobbiamo ricordare che Gesù è più dispiaciuto per la
nostra mancanza di fiducia nella sua misericordia che non per il più infame dei nostri peccati. Se,
invece, è stato vittima di un incidente o, ancor più, se è stato ucciso dall’odio dei capi, possiamo sperare
che questo gli abbia ottenuto uno sconto di pena.
In conclusione, la morte dell’Uomo di Qĕriyyōt, qualunque essa sia, è stata certamente tragica e
questo fatto rimane un monito per tutti, perché può ben simboleggiare la tragedia di coloro che vivono e
muoiono nel peccato mortale.
56
10° CAPITOLO: GIUDA VIENE SOSTITUITO DA SAN MATTIA
Quaranta giorni dopo la Pasqua di Risurrezione, il Cristo salì gloriosamente al Cielo e i primi
discepoli, con gli Undici a capo, si ritirano nel Cenacolo in attesa della Pentecoste:
1 – GLI UNDICI RIUNITI IN PREGHIERA CON MARIA
Atti 1,12 Allora ritornarono a Gerusalemme dal monte detto degli Ulivi,
che è vicino a Gerusalemme quanto il cammino permesso in un sabato.
Atti 1,13 Entrati in città salirono al piano superiore dove abitavano.
C'erano Pietro e Giovanni, Giacomo e Andrea,
Filippo e Tommaso, Bartolomeo e Matteo,
Giacomo di Alfeo e Simone lo Zelòta e Giuda di Giacomo.
Atti 1,14 Tutti questi erano assidui e concordi nella preghiera,
insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù e con i fratelli di lui.
Gesù aveva scelto gli Apostoli in numero di Dodici con la chiara intenzione di creare una comunità
che facesse subito pensare alle Dodici Tribù d’Israele. Ma ora il numero 12 non esisteva più. Tutti
percepivano l’urgenza di ricostituirlo. Con quale procedura, però?
2 – L’INIZIATIVA DI PIETRO E DELLA COMUNITÀ
Atti 1,15 In quei giorni Pietro si alzò in mezzo ai fratelli
(il numero delle persone radunate era circa centoventi) e disse:
Atti 1,16 «Fratelli, era necessario che si adempisse ciò che nella Scrittura
fu predetto dallo Spirito Santo per bocca di Davide riguardo a Giuda,
che fece da guida a quelli che arrestarono Gesù.
Atti 1,17 Egli era stato del nostro numero (kathriqmhme/noj h)=n e)n h(mi=n)
e aveva avuto in sorte lo stesso nostro ministero ( diakoni/aj tau/thj).
Atti 1,18 Giuda comprò un pezzo di terra con i proventi del suo delitto
e poi precipitando in avanti si squarciò in mezzo e si sparsero fuori tutte le sue viscere.
Atti 1,19 La cosa è divenuta così nota a tutti gli abitanti di Gerusalemme,
che quel terreno è stato chiamato nella loro lingua ‘Akeldamà’, cioè ‘Campo del sangue’.
Atti 1,20 Infatti sta scritto nel libro dei Salmi:
‘La sua dimora diventi deserta e nessuno vi abiti (Sal 68 [69],26).
Il suo incarico (e)piskoph\n) lo prenda un altro’ (Sal 108 [109],8).
Atti 1,21 Bisogna dunque che tra coloro che ci furono compagni
per tutto il tempo in cui il Signore Gesù ha vissuto in mezzo a noi,
Atti 1,22 incominciando dal battesimo di Giovanni
fino al giorno in cui è stato di tra noi assunto in cielo,
uno divenga, insieme a noi, testimone della sua risurrezione (ma/rtura th=j a)nasta/sewj)».
Atti 1,23 Ne furono proposti due, Giuseppe detto Barsabba, che era soprannominato Giusto,
e Mattia.
Atti 1,24 Allora essi pregarono dicendo: «Tu, Signore, che conosci il cuore di tutti,
mostraci quale di questi due hai designato
Atti 1,25 a prendere il posto in questo ministero e apostolato
(labei=n to\n to/pon th=j diakoni/aj tau/thj kai\ a)postolh=j)
dal quale Giuda si è allontanato (a)f' h(=j pare/bh)
per andarsene al posto suo (to\n to/pon to\n i)/dion)».
Atti 1,26 Gettarono quindi le sorti su di loro e la sorte cadde su Mattia,
che fu associato agli Undici Apostoli.
Abbiamo già esaminato alcune parti di questo testo. Ora approfondiamo la nostra ricerca:
57
— Pietro afferma che Giuda aveva ricevuto lo stesso incarico degli altri Apostoli (diakoni/a
diakonía). Anzi egli, citando il Sal 108 [109], parla addirittura di e)piskoph(, ’episkopé (episcopato,
ufficio di sorveglianza, guida e custodia). Praticamente la stessa cosa viene affermata, sempre con
parole molto significative, dalla comunità orante in attesa di una risposta divina: diakoni/a, diakonía e
a)postolh(, ’apostolé (apostolato, missione).
— Pietro dice che è stato lo stesso Spirito Santo a predire tutto questo per bocca del profeta Davide e
che quindi era necessario che la Scrittura si compisse ( e)/dei plhrwqh=nai th\n grafh\n). Come prova di
questo egli cita il Sal 68 [69],26 e il Sal 108 [109],8:
Atti 1,20 Infatti sta scritto nel libro dei Salmi:
‘La sua dimora diventi deserta e nessuno vi abiti.
Il suo incarico (e)piskoph\n) lo prenda un altro’.
Il primo degli Apostoli, interpretando il desiderio del Signore, si preoccupa di ricostituire
immediatamente il gruppo dei Dodici, gruppo chiamato a rendere testimonianza della Risurrezione.
3 – GIUDA FU UN “APOSTOLO”?
La risposta è: “In una certa misura, sì”. Anche se lo fu più di nome che di fatto, più potenzialmente
che in realtà. Egli infatti fu chiamato al ministero dell’apostolato: “Lo ebbe in sorte” (cfr. Atti 1,17), ma
in effetti non lo possedette pienamente. Egli non fu presente all’Istituzione dell’Eucaristia e quindi non
ricevette direttamente il potere di rinnovare il Memoriale del Signore. Inoltre, ormai escluso dal gruppo
dei Dodici, non era nel Cenacolo il giorno stesso della Risurrezione, ovvero quello della Pasqua
cristiana, durante l’apparizione narrata da Giovanni, quando Gesù affidò ai suoi il ministero della
riconciliazione e del perdono:
Gv 20,19 La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato,
mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei,
venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!».
Gv 20,20 Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gv 20,21 Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi».
Gv 20,22 Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo;
Gv 20,23 a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi».
A dire la verità in tale occasione mancava anche l’Apostolo Tommaso il quale però, pur assente,
ricevette lo stesso ministero degli altri, dal momento che faceva veramente parte degli Undici. Ma la
stessa cosa non ebbe valore per Giuda, il quale fu tra i chiamati, ma non tra gli eletti. Egli non ebbe il
requisito (ritenuto necessario per essere Apostolo) di essere presente alla gloriosa Ascensione del Cristo
(cfr. Atti 1,22). Solo coloro che videro il Signore risorto poterono diventare testimoni della
Risurrezione. Giuda, dunque, non ricevette la pienezza del ministero Apostolico e non fu presente
quando il Cristo, dopo la sua Risurrezione, diede ai suoi il mandato ufficiale di predicare in tutto il
mondo e di battezzare ogni creatura umana (Mt 28,19; Mc 16,15-16; Lc 24,47). Egli si fermò ad un
parziale grado del diaconato (cfr. Atti 1,17), ricevendo ed esercitando l’incarico di evangelizzare (Mc
6,7), senza ottenere quello che sarà poi chiamato l’episcopato (Atti 1,20), ministero ottenuto invece da
Mattia. Ma anche come diacono Giuda non si comportò bene (almeno per quanto riguarda lo spirito di
povertà), visto che serviva se stesso invece di servire i poveri. Queste sono le virtù indispensabili del
diacono, secondo Paolo (il quale forse aveva in mente proprio Giuda):
1 Tim 3,8 Allo stesso modo i diaconi siano dignitosi,
non doppi nel parlare, non dediti al molto vino
né avidi di guadagno disonesto,
1 Tim 3,9 e conservino il mistero della fede in una coscienza pura.
Nobiltà d’animo, sincerità, temperanza, onestà generosa e fede trasparente dovrebbero essere anche
le nostre qualità.
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4 – CONCLUSIONE DELL’ULTIMO CAPITOLO
È senza patemi che la primitiva comunità prende coscienza del fatto che uno dei Dodici ha
completamente tradito la sua vocazione: il dire che era stato previsto nelle Scritture ci vuol far intendere
che Dio tiene sempre tutto sotto il suo controllo. Non significa che Giuda era predestinato a compiere
quello che ha fatto, ma che la divina onnipotenza e sapienza si avvale anche del nostro peccato per
realizzare il suo mirabile disegno di salvezza. L’importante è dunque continuare ad avere fiducia in Dio
che misteriosamente guida la storia ed affidarsi a lui nella preghiera e nell’ascolto della sua Parola.
Mentre ci è negato il potere di emettere un giudizio definitivo sulla figura di Giuda e di conoscere la
sua sorte eterna, ci è concesso il potere di convertirci e di ritornare nel Regno.
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CONCLUSIONE GENERALE
Prima di terminare il nostro studio adempiamo ad un impegno che ci siamo presi nel Primo Capitolo,
cioè quello di analizzare il tema del tradire o del consegnare nel N.T. Il concetto di tradire o
consegnare Cristo, oltre ad essere collegato a Giuda (in modo esplicito o implicito almeno 36 volte), è
collegato anche ad altri personaggi per un’altra trentina di volte:
1/3
4/5
6/8
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10/12
Mt 17,22 Il Figlio dell’Uomo deve essere consegnato nelle mani degli uomini (Mc 9,31; Lc 9,44).
13/15
16/17
18/21
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Mt 27,2 Lo portarono via e lo consegnarono a Pilato (Mc 15,1; Lc 24,20).
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Mt 20,18 Il Figlio dell’Uomo sta per essere consegnato ai sommi sacerdoti e agli scribi (Mc 10,33).
Mt 20,19 Essi lo consegneranno ai pagani per essere beffeggiato (Mc 10,33; Lc 18,32).
Mt 26,2 Il Figlio dell’Uomo sarà consegnato per essere crocifisso.
Mt 26,45 Ecco giunta l’Ora in cui il Figlio dell’Uomo sarà consegnato nelle mani dei peccatori (Mc 14,41;
Lc 24,7).
Mt 27,18 (Pilato) sapeva bene che era per gelosia che essi lo avevano consegnato (Mc 15,10).
Mt 27,26 Quanto a Gesù… (Pilato) lo consegnò per essere crocifisso (Mc 15,15; Lc 23,25; Gv 19,16)
Lc 20,20 le spie… recitarono la parte dei giusti… allo scopo di consegnarlo… al potere del
governatore.
Gv 18,30 Se non fosse un malfattore, non te lo avremmo consegnato.
Gv 18,35 Quelli della tua gente e i sommi sacerdoti ti hanno consegnato a me.
Gv 18,36 I miei uomini avrebbero combattuto affinché io non fossi consegnato ai Giudei.
Gv 19,11 chi mi ha consegnato a te (o( paradou/j me/ soi) ha un peccato maggiore.
Atti 2,23 Quest’uomo che era stato consegnato secondo il disegno di Dio…
Atti 3,13 Dio ha glorificato Gesù che voi invece avete tradito e rinnegato di fronte a Pilato.
Atti 7,52 Il Giusto che voi avete tradito e assassinato.
Rom 4,25 (Gesù) è stato consegnato per le nostre colpe
1 Cor 11,23 Il Signore Gesù, nella notte in cui veniva consegnato, prese il pane…
(Tabella V)
Notiamo che, con molta aderenza ai fatti, il Nuovo Testamento ci fa sapere che vi è stata una serie di
consegne che hanno avuto quella di Giuda come numero uno o come primo passo e che, di fatto, hanno
portato alle estreme conseguenze il gesto di Giuda:
1 - Giuda ha consegnato Gesù alle guardie;
2 - le guardie lo hanno consegnato al Sinedrio;
3 - il Sinedrio, avendolo condannato a morte, lo ha consegnato a Pilato;
4 - Pilato, sotto pressione delle autorità religiose, lo ha consegnato ai carnefici che lo hanno
crocifisso.
In questa catena di consegne ognuno ha la sua colpa e, per stessa ammissione di Cristo, non è stato
Pilato ad avere la colpa maggiore e nemmeno gli esecutori materiali della pena di morte per i quali Gesù
prega Dio: “Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,24). Gesù, dicendo che chi lo
ha consegnato a lui hanno commesso un peccato maggiore, non parla tanto di Giuda quanto piuttosto
delle autorità del Sinedrio. Dobbiamo ammettere che è stato soprattutto Caifa, il sommo sacerdote in
carica, colui che, mosso da un odio implacabile verso Cristo, ha cercato con una crudeltà e una
freddezza incredibili, di eliminarlo dalla terra dei vivi e di spedirlo, se gli fosse stato possibile, perfino
all’inferno. Fu lui che, quasi dotato di poteri carismatici, convinse tutti che l’unica soluzione era quella
di uccidere Gesù:
Gv 11,49 Allora uno di essi, Caifa, essendo sommo sacerdote di quell'anno,
disse loro: «Voi non capite nulla,
Gv 11,50 né pensate che vi conviene che un solo uomo muoia per il popolo
e non perisca tutta la nazione!».
60
Gv 11,51 Questo però da se stesso non lo disse,
ma, essendo sommo sacerdote in quell'anno,
profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione
Gv 11,52 e non per la nazione soltanto
ma anche per radunare i figli di Dio, i dispersi, in uno.
Gv 11,53 Da quel giorno dunque decretarono di ucciderlo.
Per quanto riguarda Caifa, che è una figura dominante in tutta la vicenda della morte di Cristo, si
potrebbe fare un’utile ricerca che darebbe origine ad un lavoro paragonabile a quello su Giuda.
Abbiamo detto che in questa vicenda ognuno ha la sua parte di colpa e tutti, ad eccezione di Giuda e
del popolo istupidito e delirante (cfr. Mt 27,25), cercano di negarla:
— Pilato se ne lava le mani:
Mt 27,24 Pilato, visto che non otteneva nulla, anzi che il tumulto cresceva sempre più,
presa dell'acqua, si lavò le mani davanti alla folla:
«Non sono responsabile, disse, di questo sangue; vedetevela voi!».
— Gli stessi sommi sacerdoti, accusati dagli Apostoli, negheranno di essere stati loro i colpevoli:
Atti 5,28 «… volete far ricadere su di noi il sangue di quell'uomo».
Ritorniamo ora al nostro personaggio: Giuda in tutta questa vicenda ha avuto un ruolo importante,
ma non determinante. Ci sembra di poter dire [il Signore perdoni la nostra presunzione] che egli ha solo
accelerato un intervento giudiziario contro il Cristo, intervento che prima o poi si sarebbe realizzato,
vista la crescente ostilità dei capi i quali erano ormai convinti che non si dovesse attendere oltre. Il
contributo di Giuda è stato forse solo quello di rendere possibile la cattura di Cristo prima della Pasqua
dell’anno 30 e per tal motivo la morte del Signore è coincisa con l’inizio del grande Sabato pasquale. In
tal modo è diventata più evidente la verità che Gesù è il nuovo Agnello pasquale sacrificato per la
remissione dei peccati.
Molti sono i colpevoli, a iniziare dai capi religiosi, civili e militari fino ad una parte del popolo che
urlò di crocifiggere il Cristo.
Giuda ha come aggravante per il suo delitto quello di essere stato scelto come Apostolo, Caifa ha
come aggravante quella di essere stato un sommo sacerdote e in quanto tale avrebbe dovuto discernere
meglio i segni dei nuovi tempi.
Tuttavia, fortunatamente, non tocca a noi emettere un giudizio sulla colpevolezza dei vari
protagonisti che i Vangeli ci fanno conoscere. Ognuno di noi deve piuttosto pensare che in questa stessa
faccenda ha la sua parte di colpa più o meno grave.
Se, poi, scaviamo più a fondo nelle Scritture scopriamo che alla base di tale catena di consegne vi è
la libera decisione di Gesù di consegnare se stesso per la nostra salvezza. Troviamo ben 9 passi:
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Mt 20,28 Il Figlio dell’Uomo è venuto per dare la propria vita in riscatto (Mc 10,45)
Lc 22,19 Questo è il mio corpo che sta per essere offerto per voi…
Gal 1,4 Gesù ha dato se stesso per i nostri peccati.
Gal 2,20 la fede nel Figlio di Dio che mi ha amato e ha dato se stesso per me.
Ef 5,2 come Cristo che vi ha amati e ha dato se stesso per noi.
Ef 5,25 come Cristo ha amato la Chiesa: ha dato se stesso per essa.
1 Tim 2,6 (G.) che ha dato se stesso in riscatto per tutti.
Tit 2,14 (G.) che ha dato se stesso per noi, al fine di riscattarci da ogni iniquità e formarsi un popolo
puro…
(Tabella VI)
D’altra parte Gesù aveva affermato che nessuno gli toglieva la vita (l’anima), ma era lui stesso che
liberamente la donava:
Gv 10,18 Nessuno da me la toglie, ma io la depongo da me stesso.
61
Ho potere di deporla e ho potere di prenderla di nuovo;
questo comando ho ricevuto dal Padre mio!»
Andando ancora più avanti troviamo che all’origine dello stesso dono di sé da Gesù vi è stato un
eterno e sconcertante atto di amore eterno del Padre verso di noi (2 passi):
1
2
Gv 3,16 Dio ha tanto amato il mondo da consegnare il suo Figlio Unigenito.
Rom 8,32 (Dio) non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi.
(Tabella VII)
Per noi è stupefacente notare che l’odio umano e l’amore divino si intrecciano in modo inestricabile
cosicché là dove ha abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia (Rom 5,20) al punto che
paradossalmente ci vien quasi da dire: felix culpa!
Purtroppo, però, un’espressione del genere può essere ambigua per noi e quindi la dobbiamo evitare:
dobbiamo piuttosto pensare che se la meschinità e la cattiveria umane hanno dato occasione alla bontà
di Dio di rivelarsi in un modo così splendido, molto maggiormente la nostra conversione, il nostro
sincero pentimento e il nostro rifiuto del peccato daranno occasione alla grazia divina di rivelarsi in noi!
Giuda sia per noi un monito severo e un segno importante!
Che la misericordia di Dio porti tutti noi peccatori a una vera e salutare conversione!
POSTFAZIONE
La figura del Giuda che emerge dal nostro studio è quella di un uomo meschino e gretto, critico nei
confronti di tutti, eternamente scontento, sleale e penosamente diviso dentro di sé, duro di cuore e lento
nel capire, intelligente solo quanto basta per essere moralmente colpevole del più grave tradimento della
storia. Siamo stati duri con lui per poter essere severi con quel Giuda che perfidamente si nasconde in
noi.
Molti però hanno trovato in Giuda dei lati altamente positivi: alcuni hanno detto che egli aveva dei
grandi ideali sociali e che venne deluso dal comportamento di Cristo. Altri che, credendo egli nel
Messia più di tutti gli altri discepoli, lo consegnò ai capi per obbligarlo a manifestare la sua potenza
rinnovatrice.
Forse egli aveva le stesse aspettative dei discepoli di Emmaus, i quali confessarono: “Noi speravamo
che fosse lui a liberare Israele” (Lc 24,21) oppure aveva sposato le preoccupazioni politiche dei capi
che affermavano: «Se lo lasciamo fare così, tutti crederanno in lui e verranno i Romani e distruggeranno
il nostro luogo santo e la nostra nazione» (Gv 11,48). Perfino dopo la Risurrezione l’attesa di una
restaurazione del Regno davidico era presente nel cuore di molti discepoli: Così venutisi a trovare
insieme gli domandarono: «Signore, è questo il tempo in cui ricostituirai il Regno di Israele?» (Atti
1,6). È dunque possibile che il Giuda reale sia diverso da quello che noi abbiamo descritto: tuttavia non
ce la sentiamo di andare oltre i dati biblici sicuri, trasformandolo in un eroe o quasi.
Le notizie certe in nostro possesso sono quelle che noi abbiamo esaminato nei 10 Capitoli del nostro
studio. In Giuda però vi è qualcosa che potrebbe costituire un punto luminoso: la sua (pur tardiva) presa
di coscienza del proprio peccato. Questo fatto va inteso come un vero segno della grazia divina
operante in lui. Ci si accorge del proprio peccato solo se si è illuminanti dallo Spirito di verità. La
consapevolezza che Giuda ha della propria colpa, nonostante tutti le imperfezioni da noi messe in
evidenza, offre anche a lui una reale possibilità di redenzione.
Forse la Provvidenza ha voluto che fosse più evidente in Giuda Iscariota piuttosto che negli altri che
Dio ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per usare a tutti misericordia! (Rom 11,32).
Un giorno sapremo la verità. Per ora tutto questo faccia nascere in noi una grande umiltà e un
fervente spirito di preghiera e di lode a Colui che ci salva unicamente a motivo della sua Grazia.
62
BIBLIOGRAFIA CONSULTATA
OPERE SPECIFICHE
Grimaldi Nicolas, Giuda, l’enigma del male, Sei Frontiere Torino 2007.
Questo è un lavoro valido e interessante. Sarebbe stato auspicabile, tuttavia, uno studio più approfondito delle
fonti bibliche.
Centini Massimo, Indagine su Giuda. Vita e morte dell’uomo che cambiò il corso della storia,
Castelvecchi, Roma 2008.
Si tratta di uno studio davvero ben documentato. L’autore dimostra di essere un vero professionista nella
ricerca storica e nell’utilizzo degli antichi documenti. Egli correda il suo lavoro con una ricca e aggiornata
bibliografia. A questo autore, come a molti studiosi odierni, manca una specifica preparazione teologica ed
esegetica, il che rende talvolta discutibile l’utilizzo che egli fa delle fonti bibliche e soprattutto dei loro
commentari.
Stevan Sergio, Giuda, il mistero del tradimento, Ancora Milano 2007.
Si tratta di un libro semplice, lineare e molto ben fatto, adatto ai giovani. Il mio consiglio è di leggerlo e di
farlo leggere. È molto positivo e coinvolgente.
Zagrebelsky Gustavo, Giuda, il tradimento fedele, a cura di Gabriella Caramore, Morcelliana
Brescia 2007.
Questo scritto, frutto di alcune interviste radiofoniche con il Prof. Zagrebelsky, presidente della Corte
Costituzionale, ha il merito di essere vivace, intelligente e originale. Il flusso degli argomenti però è come le
onde del mare: va e viene, si accavalla, si frammenta e, un po’, si complica. Tuttavia il metodo usato tende a
proporre punti di vista innovati e davvero interessanti.
ENCICLOPEDIE
Gancho Claudio, Giuda Iscariote, in Enciclopedia della Bibbia, III Vol., Elle Di Ci Torino Leumann 1970.
L’articolo, che va dalla colonna 1197 alla colonna 1206, fornisce anche un breve elenco bibliografico.
COMMENTI AI VANGELI
Radermakers Jean, Lettura pastorale del Vangelo di Matteo, EDB 19833.
Come si può capire dal titolo, questo studio, evitando di entrare troppo nelle questioni tecniche, propone un
utilizzo pastorale e catechetico del primo vangelo.
Maggioni Bruno, Il racconto di Matteo, Cittadella Editrice 1983.
Un commento essenziale e semplice, ma appassionato, al Vangelo di Matteo.
Radermakers Jean e Bossuyt Philippe, Lettura pastorale del Vangelo di Luca, EDB 1983.
Un commento specificamente studiato per fornire un utile e pratico sussidio pastorale.
Fausti Silvano, Una comunità legge il Vangelo di Luca, EDB 1995.
L’autore, Gesuita, propone un lungo e attento commento adatto a chi vuole meditare e interiorizzare la parola
di Dio.
Mateos Juan - Barreto Juan, Il Vangelo di Giovanni, Cittadella 1990.
Un lungo e sempre valido studio del Vangelo giovanneo.
63
BIBLIOGRAFIA ESISTENTE
STUDI
Benoit P., La mort de Judas, in Synoptische Studien, Zink, München 1953.
L’autore studia il passo di Matteo e di Atti 1,15-20 circa la morte di Giuda.
Halas R. B., Judas Iscariot. A Scriptural and Theological Study of his Person, his Deeds and his
eternal Lot, Washington 1946.
Lüthi K., Judas Iskarioth in der Geschichte der Auslegung, Zurigo 1955.
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INDICE
GIUDA ISCARIOTA: LE VICENDE DI UN TRADITORE DI CRISTO.....................................................................1
UNA RICERCA CONDOTTA IN BASE AGLI SCRITTI DEI 4 EVANGELISTI.........................................................1
INTRODUZIONE GENERALE.......................................................................................................................................3
1 – GIUDA: UNA FIGURA ENIGMATICA ED EMBLEMATICA..........................................................................3
2 – SOMMARIO...........................................................................................................................................................4
3 – ALCUNE NOTE TECNICHE................................................................................................................................4
1° CAPITOLO: LA CHIAMATA DEI DODICI APOSTOLI..........................................................................................6
1 – IL RACCONTO DELLA FONDAMENTALE CHIAMATA ALL’APOSTOLATO...........................................6
2 – LA QUESTIONE DEL ‘TRADIMENTO’.............................................................................................................8
3 – IL CONTESTO DELLA CHIAMATA ALL’APOSTOLATO............................................................................10
4 – CONCLUSIONE DEL CAPITOLO RIGUARDANTE LA VOCAZIONE DEI DODICI..................................11
2° CAPITOLO: I DIFETTI DEGLI APOSTOLI ...........................................................................................................13
1 – LE IMMATURITà DEGLI APOSTOLI...............................................................................................................13
2 – GIOVANNI EVANGELISTA è AFFIDABILE?.................................................................................................15
3 – I DIFETTI DI GIUDA, IN PARTICOLARE.......................................................................................................16
4 – LE RAGIONI DELLA FEDE E I MOTIVI DELL’INCREDULITà ..................................................................18
5 – CONCLUSIONE DEL CAPITOLO SUI DIFETTI DEI DISCEPOLI................................................................19
3° CAPITOLO: GIUDA DI FRONTE AL MISTERO DELL’EUCARISTIA ..............................................................20
1 – IL DISCORSO EUCARISTICO DI CAFARNAO...............................................................................................20
2 – GESù CONOSCEVA ‘COLUI CHE LO AVREBBE TRADITO’......................................................................21
3 – PIETRO PROFESSA LA SUA FEDE ALLA FINE DEL DISCORSO EUCARISTICO...................................23
4 – IL SIGNORE DENUNCIA: ‘UNO DI VOI è UN DIAVOLO’...........................................................................23
5 – CONCLUSIONE DEL CAPITOLO SUL TEMA DELL’EUCARISTIA............................................................25
4° CAPITOLO: GIUDA PROTESTA DURANTE L’UNZIONE A BETANIA ...........................................................27
1 – I TESTI DEL RACCONTO DELL’UNZIONE...................................................................................................27
2 – LA VITA MISTICA IN CRISTO.........................................................................................................................28
3 – IL COMPORTAMENTO DI GIUDA..................................................................................................................28
4 – LA RISPOSTA PROFETICA DI GESù...............................................................................................................29
5 – CONCLUSIONE DEL CAPITOLO RIGUARDANTE IL GESTO DELL’UNZIONE......................................30
5° CAPITOLO: IL COMPLOTTO DI GIUDA CON I CAPI DEI GIUDEI..................................................................32
1 – L’AZIONE DI SATANA NEL CUORE DELL’UOMO......................................................................................32
2 – IL CRIMINALE ACCORDO TRA GIUDA E I SOMMI SACERDOTI.............................................................33
3 – “L’UTILITà” DEL RUOLO DI GIUDA..............................................................................................................34
4 – CONCLUSIONE DEL CAPITOLO DEDICATO AL PATTO TRA GIUDA E I CAPI.....................................36
6° CAPITOLO: GESù INSEGNAVA A TUTTI A PURIFICARE IL CUORE.............................................................37
1 – LA SCUOLA ASCETICA E SPIRITUALE DI CRISTO....................................................................................37
2 – UN’AMMONIZIONE SIMBOLICA: L’ALBERO DI FICO INARIDITO.........................................................41
3 – CONCLUSIONE DEL CAPITOLO DEDICATO ALLA SCUOLA DI CRISTO..............................................42
7° CAPITOLO: LA DRAMMATICA CENA PASQUALE ..........................................................................................43
1 – GESù E GIUDA DURANTE L’ULTIMA CENA................................................................................................43
2 – GIUDA RICEVETTE IL “CORPO DEL SIGNORE”?........................................................................................45
3 – IL TRADIMENTO DI GIUDA A CONFRONTO COL RINNEGAMENTO DI PIETRO.................................47
4 – GESù SI RIFIUTA DI PREGARE PER IL MONDO OSTINATO NEL PECCATO.........................................48
5 – CONCLUSIONE DEL CAPITOLO DEDICATO ALL’ULTIMA CENA..........................................................48
8° CAPITOLO: GIUDA CAPEGGIA LA CATTURA DI CRISTO..............................................................................49
1 – GESù SI PREPARA ALL’INCONTRO CON GIUDA........................................................................................49
2 – IL SEGNO DEL BACIO TRADITORE...............................................................................................................49
3 – DI NUOVO GIUDA A CONFRONTO CON PIETRO.......................................................................................51
4 – IL DISCORSO DI CRISTO AI SUOI AVVERSARI..........................................................................................51
5 – CONCLUSIONE DEL CAPITOLO DEDICATO ALL’ARRESTO DI GESù...................................................52
9° CAPITOLO: LA TRAGICA FINE DI GIUDA..........................................................................................................53
1 – IL MUTAMENTO DI GIUDA.............................................................................................................................53
2 – L’AMARA CONFESSIONE: ‘HO PECCATO, TRADENDO SANGUE INNOCENTE’.................................53
3 – IL RACCONTO DEGLI ‘ATTI’..........................................................................................................................54
4 – CONCLUSIONE DEL CAPITOLO DEDICATO AL TEMA DELLA MORTE DI GIUDA.............................56
10° CAPITOLO: GIUDA VIENE SOSTITUITO DA SAN MATTIA...........................................................................57
1 – GLI UNDICI RIUNITI IN PREGHIERA CON MARIA.....................................................................................57
2 – L’INIZIATIVA DI PIETRO E DELLA COMUNITà .........................................................................................57
3 – GIUDA FU UN “APOSTOLO”?..........................................................................................................................58
4 – CONCLUSIONE DELL’ULTIMO CAPITOLO .................................................................................................59
CONCLUSIONE GENERALE.......................................................................................................................................60
BIBLIOGRAFIA CONSULTATA .................................................................................................................................63
65
BIBLIOGRAFIA ESISTENTE ......................................................................................................................................64
66
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