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Le condizioni socio-economiche delle famiglie
C ENTRO S TUDI ALSPES via Europa, 3 – 20097 San Donato Milanese (MI) – tel. 02.52.79.190 – www.alspes.it RAPPORTO DI RICERCA Volume 1 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 – Melzo Comuni di Cassano d’Adda, Inzago, Liscate, Melzo, Pozzuolo Martesana, Settala, Truccazzano e Vignate a cura del Centro Studi ALSPES Melzo, novembre 2007 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES La ricerca è stata condotta dal Centro Studi ALSPES Direzione scientifica e coordinamento Domenico Dosa e Lorenzo Bernorio Analisi e scrittura del rapporto di ricerca Domenico Dosa, Lorenzo Bernorio e Cenza De Giglio Elaborazione dei dati Carlotta Donati Ha collaborato alla raccolta e organizzazione delle informazioni Giorgio Colombo Hanno collaborato alla rilevazione Stefano Amè, Lara Comi, Verena Birocchi, Eros Cesano, Tatiana Fumagalli, Simona Moffini, Federica Salvatore Si desidera ringraziare in primo luogo lo staff dell’Ufficio di Piano per la collaborazione attiva dimostrata nelle diverse fasi della ricerca. In particolare desideriamo ringraziare la dott.ssa Braga per aver seguito con pazienza e attenzione la complessa organizzazione della rilevazione dei dati e i rapporti con gli uffici comunali competenti. Sono da ringraziare inoltre i componenti del Tavolo Tecnico del Piano di Zona per il loro contributo nella predisposizione del questionario utilizzato per le interviste alle famiglie. Un grazie sincero va all’Assessore Zagheni che ha profuso nel lavoro di ricerca sincero entusiasmo per gli aspetti di conoscenza e di analisi che i dati hanno prodotto. Ancora un grazie ai responsabili e al personale degli Uffici anagrafe degli otto Comuni del Distretto per averci fornito tempestivamente i dati demografici richiesti. Infine, un grazie sincero alle amministrazioni comunali di Cassano d’Adda, Inzago, Liscate, Melzo, Pozzuolo Martesana, Settala, Truccazzano e Vignate, per aver reso possibile questo impegnativo ma prezioso progetto di ricerca. 2 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES INDICE Introduzione .................................................................................................................................... 4 1. La percezione delle famiglie a riguardo della propria situazione economica........................... 8 1.1. Un quadro di sintesi ed una lettura territoriale delle valutazioni dei cittadini................... 8 1.2. I fattori correlati alla percezione di fragilità economica.................................................. 11 1.3. La propensione al futuro .................................................................................................. 14 2. La capacità delle famiglie di produrre reddito ........................................................................ 17 2.1. Aree di forza e aree di fragilità ........................................................................................ 17 2.2. Propensione al risparmio ................................................................................................. 20 2.3. Differenze di genere nel produrre reddito........................................................................ 21 2.4. La partecipazione al mercato del lavoro .......................................................................... 23 3. Una stima delle voci della spesa familiare.............................................................................. 26 3.1. La spesa familiare complessiva: differenze tra le diverse tipologie familiari ................. 27 3.2. Le spese per l’abitazione.................................................................................................. 29 3.3. Le altre voci della spesa famigliare ................................................................................. 30 4. Le caratteristiche delle famiglie con disagio economico ........................................................ 31 4.1. Gli anziani........................................................................................................................ 31 4.2. Le famiglie con figli ........................................................................................................ 33 4.3. Le famiglie monogenitore................................................................................................ 34 4.4. Le famiglie straniere ........................................................................................................ 36 4.5. Un lettura trasversale degli elementi emersi.................................................................... 37 5. Un’analisi della distribuzione del reddito secondo l’indicatore I.S.E.E. ................................ 38 5.1. Quadro giuridico: Indicatore della Situazione Economica Equivalente (I.S.E.E.).......... 39 5.2. Mandato ........................................................................................................................... 43 5.3. Breve descrizione metodologica...................................................................................... 43 5.4. Concentrazione della ricchezza ....................................................................................... 44 5.5. La struttura distributiva dei valori I.S.E.E.: quartili e mediane ....................................... 45 5.6. La struttura distributiva dell’I.S.E.E. per caratteristiche del nucleo familiare ................ 46 5.7. Le caratteristiche socio-demografiche delle famiglie appartenenti al 1° e 2° quartile .... 49 5.8. Analisi comparata dei valori I.S.E.E. contenuti nella banca dati INPS........................... 51 5.9. Applicazione dell’I.S.E.E. ai sistemi tariffari.................................................................. 52 5.10. Conclusioni e prospettive............................................................................................... 57 Nota metodologica ........................................................................................................................ 58 Allegato statistico.......................................................................................................................... 62 3 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES INTRODUZIONE Le ricerche volte ad indagare le condizioni socio-economiche delle famiglie e, sulla base di queste, ad indagare le aree di disagio economico devono affrontare alcune difficoltà per fornire risposte utili e dati affidabili su cui basare scelte di politiche sociali e strategie di azione. Da un lato ci sono le attese di avere un dato certo, univoco ed inequivocabile, dall’altro il ricercatore si trova di fronte ad una serie di fonti diverse, difficilmente accessibili e quasi per nulla integrabili, e ad una serie di indicatori non sempre univoci nell’individuare i livelli di benessere economico. Un primo elemento che occorre focalizzare in merito all’indagine è l’approccio secondo il quale ci muoviamo: la povertà, e più in generale i livelli di benessere, non possono essere definiti in termini assoluti, ma in termini relativi. Due sono gli elementi su cui basare il concetto relativo di povertà: il primo è un riferimento spazio-temporale, il secondo è un riferimento alla distribuzione delle risorse economiche. Innanzitutto il concetto di povertà va ancorato ad un determinato contesto territoriale, in un tempo in cui permangono forti differenze non solo all’interno del Paese, ma anche all’interno di contesti territoriali prossimi. Il secondo punto di riferimento per definire i livelli di benessere va preso in riferimento alla distribuzione stessa delle risorse economiche all’interno del contesto in esame. La più recente letteratura sull’argomento ha abbandonato infatti i tentativi di definire la povertà sulla base di panieri di garanzia dei minimi vitali, per sposare la strada di identificare le fasce deboli tra coloro che hanno a disposizione una quota di risorse inferiore alla metà o a un quarto della popolazione a seconda degli approcci. Dopo aver definito la cornice concettuale all’interno della quale muove l’indagine, passiamo ora a definirne gli obiettivi, gli approcci di studio utilizzati e i percorsi metodologici per analizzare i dati raccolti. La ricerca che qui presentiamo si pone come obiettivo quello di indagare le condizioni socio-economiche delle famiglie residenti nel Distretto Sociale di Melzo e di evidenziare la presenza di forme di disagio economico presenti sul territorio. In particolare, la ricerca si propone di dare risposta a tre macro-questioni. Quali sono le condizioni socio-economiche delle famiglie residenti? Cioè, cercheremo di fornire un quadro generale sulla condizioni socio-economiche delle diverse tipologie di famiglie per composizione, per età, per condizione professionale e per comune di residenza. Quali sono le soglie di povertà? In quale misura sono diffuse le forme di disagio economico sul territorio? In quali tipologie familiari si concentrano particolarmente le forme di disagio economico? Quali sono i “fattori di fragilità” che indeboliscono la condizione economica delle famiglie? Quali minano il livello di soddisfazione della propria situazione economica e di fiducia nel futuro? 4 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES Per cercare di dare una risposta a questi interrogativi la nostra ricerca si è mossa sulle tre piste di indagine più battute dalla ricerca socio-economica. Inoltre è stata sviluppata in modo sperimentale un’analisi della distribuzione del reddito delle famiglie sulla base dell’indicatore economico I.S.E.E.. Nell’analisi e nella restituzione dei risultati della ricerca si è cercato di fare interagire i diversi approcci al fine di fornire un quadro completo. Indagare le percezioni della propria situazione economica. La prima pista riguarda le percezioni, si basa sul presupposto che il disagio economico, si possa indagare a partire dalla valutazione che i cittadini esprimono sulla spropria situazione socio-economica. Il disagio economico è quindi ascritto a quella fascia di popolazione che ritiene di essere in una situazione di disagio perché valuta le proprie risorse insufficienti e ritiene di avere necessità di un aiuto economico. Riteniamo questo approccio, che può apparire a prima vista poco affidabile da un punto di vista scientifico, comunque utile soprattutto per mettere in luce quelle situazioni che, pur non essendo di grave disagio economico, si connotano come economicamente fragili e precarie, oppure ancora per mettere in luce una “percezione di impoverimento” molto diffusa negli ultimi anni. Indagare la situazione reddituale della famiglia. La seconda pista riguarda più direttamente le risorse economiche delle famiglie. Gli studi che si basano su questi approcci individuano la soglia di povertà non in termini assoluti, ma in termini relativi: in altre parole individuano come soglia di povertà quel valore reddituale al di sotto del quale si collocano un quarto o la metà delle famiglie. A questo proposito la ricerca ha avuto un approccio articolato: innanzitutto non si sono considerati solo i redditi da lavoro o da pensione, ma anche quelli da patrimonio mobiliare e immobiliare. Per confrontare le diverse tipologie familiari abbiamo ponderato il reddito familiare complessivo, sulla base del numero di componenti il nucleo familiare. Come verrà dettagliatamente illustrato in seguito il reddito familiare complessivo è stato “parametrato” sulla base di componenti il nucleo familiare. Indagare il livello di spesa delle famiglie. La terza pista si basa sull’approccio che indaga la situazione economica delle famiglie a partire dai livelli di consumo. Questa pista è stata utilizzata per quantificare una stima delle principali voci della spese familiare: spese per la casa (affitto o mutuo), per le utenze domestiche, per i trasporti, per la scuola, per l’accudimento di minori ed anziani e infine le spese sanitarie. Si è ritenuto opportuno indagare, non tanto la spesa familiare complessiva, ma la cosiddetta spesa incomprimibile lasciando da parte la spesa per beni voluttuari. Questa parte di ricerca non va quindi letta attraverso l’equazione livello spesa/consumi uguale livello di benessere, ma piuttosto serve all’attore politico e più in generale agli erogatori di servizi per avere una stima delle spese che ogni famiglia deve sostenere. In una sezione del rapporto è stata poi sviluppata una applicazione sperimentale dell’I.S.E.E. ad un sottocampione di famiglie. Tale sperimentazione aveva tre finalità: tracciare un quadro della distribuzione dei valori I.S.E.E. delle famiglie residenti nel Distretto, evidenziandone le caratteristiche socio-demografiche; osservare i valori I.S.E.E. e focalizzare l’attenzione sulle caratteristiche socio-demografiche delle famiglie collocate nel 1° quartile e 2° quartile di tale distribuzione, al fine di individuare le potenziali determinanti delle condizioni di povertà; applicare l’I.S.E.E. sulla base di tre proposte di modelli tariffari del servizio socio-educativo a domanda individuale di refezione scolastica. 5 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES Gli strumenti di ricerca su cui si basa la ricerca sono sostanzialmente tre: un’indagine campionaria realizzata con interviste telefoniche ad un campione composto da 1.276 famiglie, suddivide in modo proporzionale alla popolazione sulla base del Comune di residenza, delle classi d’età e della tipologia familiare1. L’indagine campionaria è stata integrata con un approfondimento qualitativo realizzato con 9 interviste in profondità a famiglie del Distretto che versano in situazioni di disagio economico. Per arrivare ad una simulazione dell’applicazione dell’I.S.E.E., i dati raccolti nel sondaggio sono stati integrati con estrazione dalla banca dati della Agenzia delle Entrate. L’indagine, nel suo complesso è stata integrata con 8 interviste in profondità a Assessori, responsabili dei servizi sociali comunali e del terzo settore del Distretto. Veniamo ora al piano d’analisi che è stato sviluppato. Ad ognuno dei tre approcci è stato dedicato un capitolo: il primo alle percezioni, il secondo alla distribuzione del reddito, il terzo all’analisi della spesa familiare. Questi primi tre capitoli saranno fortemente orientati a fornire il quadro interpretativo degli elementi raccolti. Il lettore troverà nell’allegato statistico un’ampia analisi statistica presentata nella sua completezza. Il quarto capitolo presenta una restituzione sintetica, ma analitica degli elementi raccolti nell’approfondimento qualitativo sui target maggiormente coinvolti nelle situazioni di disagio economico. Il quinto capitolo è invece interamente dedicato all’analisi della distribuzione del reddito sulla base dell’indicatore economico I.S.E.E.. Il primo capitolo è dedicato all’analisi delle percezioni delle famiglie rispetto alla propria situazione economica. Quattro sono stati gli indicatori utilizzati: 1) in prima battuta è stato chiesto alle famiglie se ritenevano di avere “bisogno di un aiuto economico in generale”; 2) la domanda relativa al bisogno è stata ristretta “all’aiuto a sostegno delle spese dell’abitazione”; 3) è stato chiesto di valutare le proprie risorse econometriche, secondo una scala di valutazione2; 4) è stato chiesto di esprimere una valutazione rispetto a “Come arriva alla fine del mese?”3 una domanda molto utilizzata nelle ricerche economiche. Infine è stato chiesto agli intervistati di esprimere la percezione rispetto all’evolvere della propria situazione economica (la c.d. propensione al futuro). Il secondo capitolo è dedicato alla distribuzione del reddito. In prima battuta è illustrata la stima del reddito complessivo familiare che è possibile desumere dai dati di sondaggio. L’intervista prevedeva infatti di richiedere all’intervistato/a una stima dei redditi da reddito da lavoro e/o da pensione percepiti da tutti i componenti del nucleo familiare. Sommando alla stima di questi redditi i totale delle rendite immobiliari e mobiliari abbiamo ottenuto una stima (relativamente affidabile) del reddito familiare complessivo. Per rendere possibile il confronto tra le diverse tipologie familiari si è ritenuto improprio limitarsi per l’analisi al solo reddito complessivo familiare, a favore di un approccio che metta il reddito familiare complessivo in rapporto al numero dei componenti il nucleo familiare. Per fare questo tuttavia non si è utilizzato il “reddito pro-capite”4 che non tiene conto dei vantaggi economici che si generano nelle convivenze, ma si è utilizzato un criterio di parametrazione del reddito: il “reddito equivalente” ottenuto dividendo il reddito complessivo 1 Si è lavorato su cinque tipologie familiari: unipersonali, coppie con figli, coppie senza figli, monogenitore, altre tipologie. 2 Le opzioni di risposta erano: ottime, adeguate, scarse, gravemente insufficienti. 3 Le opzioni di risposta erano: senza difficoltà, con qualche difficoltà, con gravi difficoltà, facendo debiti. 4 Reddito pro-capite = Reddito complessivo / numero di componenti del nucleo familiare. 6 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES familiare per il “parametro di equivalenza” 5 definito sulla base del numero di componenti. Il secondo capitolo è stato poi integrato con un’analisi della condizione professionale e dei livelli retributivi dei componenti della coppia o dell’adulto di riferimento nel caso di famiglie unipersonali o monogenitore. Su queste dimensioni è stata svolta un’analisi di genere, che mette in luce le differenze nell’accesso alle risorse economiche dei due sessi. Il terzo capitolo è stato dedicato all’analisi della spesa familiare. L’indagine prevedeva un’ampia batteria di domande che rilevavano le diverse voci di spesa. Le macro-aree indagate sono state: le spese per l’abitazione, le spese per l’alimentazione e i prodotti per la casa, le spese per i trasporti, le spese scolastiche, le spese per assistenza e accudimento. Un approfondimento è stato svolto sulla composizione della spesa per la casa (affitto e mutuo prima casa), per la spesa sanitaria, per la spesa scolastica e per la spesa di accudimento. Il quarto capitolo è dedicato ad una approfondimento su alcuni target specifici, frutto delle interviste in profondità alle famiglie: anziani, famiglie con disabili a carico, famiglie monogenitore, famiglie con problemi legati al lavoro, famiglie straniere. Rispetto ad ognuno dei target sono stati sviluppati alcuni punti ritenuti essenziali per descrivere le situazioni di disagio: i passaggi o gli accadimenti della vita che hanno determinato o acuito la situazione di disagio socio-economico; le difficoltà e i bisogni riferiti dalle famiglie; i fattori di fragilità che si sono evidenziati nelle famiglie; le azioni e le strategie messe in atto dalle famiglie per risolvere la situazione di fragilità; il rapporto delle famiglie con i servizi. Infine tutto il quinto capitolo è dedicato all’analisi del valore I.S.E.E.. Dopo una descrizione metodologica dell’applicazione del valore I.S.E.E., viene proposta un’analisi della distribuzione della ricchezza sulla base dell’indicatore I.S.E.E.. Tale distribuzione è stata poi comparata con i valori della banca dati dell’INPS, la più completa a livello nazionale. L’ultima parte del capitolo è dedicata a tre possibili modelli di applicazione dell’I.S.E.E. ai sistemi tariffari relativi ai servizi. In appendice è stata presentata, come previsto dal progetto, tutta l’ampia e articolata analisi statistica dei dati raccolti. Ogni parte sarà introdotta da brevi presentazioni che guideranno il lettore nella comprensione e nella lettura delle tabelle e dei grafici. 5 Scala di Equivalenza Numero componenti nucleo familiare 1 2 3 4 5 >6 Parametro della scala di equivalenza 1,00 1,57 2,04 2,46 2,85 0,35 per ogni ulteriore componente oltre i 5 Fonte: D. lgs. N°109/98 7 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES 1. LA PERCEZIONE DELLE FAMIGLIE RIGUARDO ALLA PROPRIA SITUAZIONE ECONOMICA Indagare il disagio economico a partire dalla percezioni delle famiglie rispetto alla loro situazione economica può apparire un esercizio poco corretto sul piano metodologico. Questa obiezione ha una parte di ragione perché questa pista d’indagine si basa su percezioni soggettive difficilmente verificabili. Per questo motivo nella nostra ricerca abbiamo “bilanciato” l’analisi delle percezioni indagando anche altre componenti più “strutturali”, quali il reddito familiare e la composizione della spesa incomprimibile. Tuttavia ci pare opportuno tenere dentro il quadro dell’analisi anche le componenti legate alle percezioni, perché queste ci danno una misura della più complessiva soddisfazione della propria qualità di vita che si definisce non tanto su standard predefiniti, ma sul confronto tra la “qualità attesa” e la “qualità percepita”. Ogni cittadino ha una percezione soggettiva ma precisa della distanza tra queste due percezioni riferite a se stesso ed alla propria famiglia. Non è secondario indagare il livello di soddisfazione della propria dimensione economica, perché ad esso sono collegati altri importanti aspetti del benessere della vita familiare. Innanzitutto le percezioni rispetto alla propria situazione economica sono collegate alla più complessiva soddisfazione della propria qualità della vita; inoltre sono strettamente correlate a sentimenti di frustrazione, autostima e fiducia nel futuro che hanno un peso molto rilevante nelle situazioni di disagio sociale delle famiglie. Quanto sono diffuse le percezioni di scarsa soddisfazione delle propria situazione economica? Quante tra queste si collegano al riconoscimento di essere in una situazione di bisogno economico? Qual è la propensione al futuro delle famiglie residenti? E ancora, quali sono i fattori che indeboliscono questa percezione? La ricerca, come detto in sede di premessa, ha a disposizione quattro indicatori per valutare la propria situazione economica e uno per indagare la propensione al futuro. Due item riguardano specificamente i bisogni delle famiglie: il primo si riferisce al “bisogno di un aiuto economico” in generale mentre il secondo riferisce il bisogno alla situazione abitativa. La domanda chiedeva infatti se la famiglia intervistata avesse bisogno di un “aiuto per le spese dell’abitazione”. Un terzo item riguarda la valutazione delle risorse economiche6. Il quarto item invece indagava le percezioni su “come la famiglia arriva alla fine del mese”. Infine una domanda indagava la propensione al futuro chiedendo se la famiglia prevede che le risorse economiche nel prossimo futuro migliorino, peggiorino o rimangano invariate. 1.1. Un quadro di sintesi ed una lettura territoriale delle valutazioni dei cittadini Complessivamente il 17,4% delle famiglie residenti nel Distretto dichiara di avere bisogno di un aiuto economico e il 12,1% di avere bisogno di un aiuto per le spese dell’abitazione. Dal confronto territoriale emergono differenze tra i Comuni, anche se non sono particolarmente marcate. Cassano d’Adda (21,2%) e Settala (20,0%) presentano la quota più alta di famiglie con bisogno di un aiuto economico. Sul versante abitativo sono Settala, Liscate e Pozzuolo Martesana a far registrare la quota più alta di famiglie che dichiarano di avere un bisogno di aiuto per le spese dell’abitazione. 6 Le opzioni di risposta erano: ottime, adeguate, scarse, gravemente insufficienti. 8 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES tab. 1.1 – Bisogno di un aiuto economico per Comune di residenza (%) . Bisogno di un aiuto economico Comune Melzo Cassano d'Adda Inzago Liscate Pozzuolo Martesana Settala Truccazzano Vignate Totale Sì 14,9 22,2 15,3 15,5 17,2 20,0 14,6 15,4 17,4 No 85,1 77,8 84,7 84,5 82,8 80,0 85,4 84,6 82,6 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007 tab. 1.2 – Valutazione delle risorse economiche per Comune di residenza (%) . Comune Melzo Cassano d'Adda Inzago Liscate Pozzuolo Martesana Settala Truccazzano Vignate Totale Con riferimento all'ultimo anno come sono state le risorse economiche complessive della famiglia? Assolutamente Ottime Adeguate Scarse insufficienti 2,6 71,2 23,9 2,3 3,8 65,8 28,4 2,1 4,4 69,6 23,4 2,5 5,2 79,3 13,8 1,7 0,8 72,8 24,8 1,6 1,8 61,8 31,8 4,5 3,4 73,0 22,5 1,1 3,9 69,0 25,6 1,6 3,1 69,4 25,3 2,2 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007 tab. 1.3 – Le previsioni sulla situazione economica futura per Comune di residenza (%) . Comune Melzo Cassano d'Adda Inzago Liscate Pozzuolo Settala Truccazzano Vignate Totale Ritiene che nel prossimo anno la situazione economica della sua famiglia Rimarrà più o meno Peggiorerà Migliorerà la stessa 13,0 74,6 12,4 11,3 70,2 18,5 12,7 73,9 13,4 22,4 67,2 10,3 14,1 68,8 17,2 14,8 61,1 24,1 13,6 72,7 13,6 12,4 72,9 14,7 13,3 71,1 15,6 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007 9 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES Se prendiamo in esame la valutazione della propria situazione economica solo il 3,1% delle famiglie la valuta “ottima”, mentre più di un quarto dei cittadini ritiene che le proprie risorse economiche siano “scarse” (25,3%) o “assolutamente insufficienti” (2,2%). Il dato complessivo evidenzia che circa i tre quarti delle famiglie si trova in una situazione positiva, di adeguatezza delle risorse rispetto alle proprie necessità e alle proprie aspirazioni; queste famiglie vedono coincidenza tra gli standard di vita attesi e gli standard di vita percepiti. Tra le famiglie che ritengono non adeguate le proprie risorse economiche, circa la metà (48,1%) dichiara di avere bisogno di un aiuto economico e quasi un terzo (29,5%) dichiara di aver bisogno di un aiuto economico per le spese per l’abitazione. Anche a questo proposito sono i Comuni di Cassano d’Adda e di Settala a fare rilevare le quote più alte di valutazioni negative: rispettivamente 35,3% a Settala e 30,0% a Cassano. A Liscate, invece, l’84,5% delle famiglie valuta “ottime” o “adeguate” le proprie risorse economiche. La domanda che indagava “come la famiglia arriva alla fine del mese” ha intercettato con maglie più larghe non tanto situazioni di disagio, ma un sentimento diffuso di “fatica” derivato dall’impoverimento che si è fatto strada in modo crescente negli ultimi 5-6 anni. Sul totale del campione intervistato solo il 41,1% delle famiglie ha dichiarato di arrivare alla fine del mese “senza difficoltà”, il 49,2% “con qualche difficoltà” e il restante 9,7% “con gravi difficoltà” o “facendo debiti”. Questi dati necessitano di un distinguo: non tutte le famiglie che hanno manifestato una qualche dose di difficoltà vivono in situazioni di disagio, infatti il 44,6% delle famiglie che valutano “ottime/adeguate” le proprie risorse economiche dichiarano di arrivare alla fine del mese “con qualche difficoltà”. La quota di coloro che hanno risposto che la famiglia arriva alla fine del mese “con qualche difficoltà” non è quindi da interpretare come la quota del disagio, ma ciò che ci preme sottolineare è che la sensazione di “fare fatica” economicamente è diffusa in ampi strati della popolazione. Se analizziamo territorialmente anche questa variabile, possiamo osservare come a Cassano d’Adda, a Pozzuolo e a Settala, si rilevano le quote più alte di coloro che arrivano a fine mese con “gravi difficoltà”, mentre le quote di coloro che arrivano a fine mese “senza difficoltà” sono massime nei Comuni di Inzago, Truccazzano e Vignate. Infine prendiamo in esame la propensione al futuro. Solo il 13,3% delle famiglie intervistate prevede un miglioramento: si tratta di una quota nettamente minoritaria, concentrata soprattutto tra i giovani (27,4%) e tra i livelli di istruzione più elevati (21,1%). Il 71,1% del campione prevede che la propria situazione economica rimarrà la stessa e il restante 15,6% prevede invece un peggioramento. Le tendenze a bassi tassi di crescita che ormai contraddistinguono l’economia italiana, si riflettono quindi anche sulle situazioni personali tra le quali prevalgono nettamente situazioni di conservazione rispetto a quelle di sviluppo. In positivo è utile sottolineare come le quote di coloro che invece prevedono un peggioramento sono residuali e concentrate nelle fasce più precarie della popolazione, ed anche tra i pensionati (18,8%). Infine proponendo una lettura territoriale del dato relativo alla propensione al futuro possiamo notare come Settala (24,1%), Cassano (18,5%) e Pozzuolo (17,2%) si collocano poco al di sopra del dato distrettuale. Una notazione in chiusura di questa prima panoramica territoriale: pur con le differenze che abbiamo sopra evidenziato, il quadro distrettuale manifesta una sostanziale omogeneità rispetto alle variabili economiche indagate. Chi conosce il territorio sa che si tratta di Comuni diversi per storia e tradizioni, ma anche profondamente differenti nella loro evoluzione e nel profilo sociodemografico, tuttavia le differenze relative alle condizioni socio-economiche non sono altrettanto marcate. In altre parole le differenze presenti sul piano socio-demografico e culturale non si trasferiscono sul piano economico in modo altrettanto netto e diversificato. 10 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES Cercando di dare una spiegazione a questa omogeneità possiamo avanzare una chiave di lettura che verrà ulteriormente approfondita nel capitolo successivo dedicato al lavoro ed alla distribuzione del reddito. Una prima considerazione: ci troviamo in un tessuto economico forte, che appare oggi pienamente omogeneo con quella che è una delle aree più sviluppate del Paese e dell’intero contesto europeo. A tale riguardo la dimensione comunale è completamente assorbita da quella sovra-comunale: non è più possibile oggi parlare di un tessuto economico a livello locale, ma più propriamente dobbiamo riferirci ad un’area i cui confini travalicano quelli non solo dei singoli Comuni, ma addirittura del Distretto nel suo complesso. Fatta questa premessa, due fenomeni strettamente collegati tra loro hanno consentito l’omologazione e un pieno inserimento nell’area metropolitana, con la conseguente forte uniformità socio-economico: il forte sviluppo della mobilità e il fenomeno della de-urbanizzazione. La mobilità territoriale ha dilatato di molto il raggio territoriale delle opportunità occupazionali possibili; la de-urbanizzazione ha aumentato la capacità attrattiva di contesti con migliori condizioni abitative, migliore qualità ambientale e sociale rispetto al contesto metropolitano. Da un lato quindi i residenti del Distretto colgono le opportunità occupazionali oltre i confini del proprio Comune di residenza, dall’altro la forte crescita demografica di Cassano e dei Comuni minori testimonia una capacità attrattiva nei confronti delle famiglie, che pur essendo radicate altrove professionalmente scelgono i Comuni del Distretto come luogo in cui abitare, sopportando in molti casi il peso del pendolarismo. 1.2. I fattori correlati alla percezione di fragilità economica Quali sono i fattori che incidono maggiormente sui bisogni di natura economica? Quali sulle percezioni rispetto alla propria situazione economica? Cinque fattori entrano in gioco in modo determinante: il numero di redditi familiari e il reddito complessivo familiare, il titolo di possesso dell’abitazione, ma anche l’età, la tipologia del nucleo familiare e la presenza dei figli (ma non il numero dei figli). Vediamo ora nel dettaglio ognuno di questi fattori, cercando di definirne la rilevanza rispetto alle dimensioni indagate. Non si tratta infatti di evidenziare un nesso causale deterministico, ma di identificare questi come fattori di rischio e di fragilità che aumentano la probabilità che si presentino situazioni di disagio e di insoddisfazione. Il primo fattore correlato a percezioni negative della propria situazione economica è la situazione reddituale delle famiglie. A bassi livelli di reddito corrispondono maggiori aree di criticità e un minore livello di soddisfazione. Questa relazione è scontata, tuttavia quello che interessa evidenziare è da un lato quanto forte è questa relazione, cioè dare la misura della probabilità di trovare situazioni di disagio all’interno dei diversi livelli di reddito, e dall’altro verificare se l’influenza dei livelli di reddito è costante all’interno delle diverse tipologie familiari o se al contrario è sentita in modo maggiore da alcune categorie. Complessivamente le famiglie monoreddito presentano segni di sofferenza nettamente superiori alle famiglie che possono contare su più di un reddito. Il 21,3% delle famiglie monoreddito dichiarano di avere bisogno di un aiuto economico, mentre tra le famiglie multiredddito la quota è più bassa di quasi sette punti percentuali (14,2%). La distanza tra monoreddito e multi reddito si acuisce se escludiamo le famiglie unipersonali: tra le coppie senza figli quelle che dichiarano di avere un bisogno economico sono il 22,5% delle monoreddito e solo il 10,4% delle multireddito; parallelamente tra le coppie con figli con capofamiglia di età inferiore a 11 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES 50 anni quelle che dichiarano un bisogno economico sono il 27,3% delle monoreddito e solo il 16,9% delle multireddito. La famiglia monoreddito entra in una situazione di fragilità economica soprattutto quando ha sulle spalle una spesa per l’abitazione, sia quando la famiglia ha da pagare un mutuo, sia quando la famiglia ha un affitto da pagare. La percentuale delle famiglie con figli che dichiarano di avere bisogno di un aiuto economico è pari al 29,2% tra le monoreddito che hanno un mutuo e al 57,1% tra quelle che sono in affitto. Le stesse tendenze, pur con dati diversi, si ritrovano se prendiamo in considerazione la domanda sulla valutazione delle risorse economiche della famiglia: complessivamente il 33,5% delle famiglie monoreddito valuta le proprie risorse economiche “scarse” o “assolutamente insufficienti”, tale quota è nettamente inferiore tra le multireddito (23,5%). Tra le famiglie monoreddito ben il 51,5% delle famiglie in affitto dichiara che le risorse complessive della famiglia sono “scarse” o “assolutamente insufficienti”. Il titolo di godimento dell’abitazione è una variabile chiave. Gli aspetti quantitativi verranno affrontati nel paragrafo relativo alla composizione della spesa familiare. Ricordiamo qui solo per completezza che la grande maggioranza delle famiglie del Distretto (89,4%) vive in una casa di proprietà, il 18,6% è gravato da un mutuo (che in media ammonta a 600 euro al mese) e solo il 10,6% delle famiglie vive in affitto (che in media ammonta a circa 380 euro al mese). Il titolo di godimento dell’abitazione influisce molto sulla soddisfazione della propria situazione economica: tra coloro che hanno l’abitazione senza mutuo, solo il 14,9% dichiara di avere bisogno di un aiuto economico, la quota sale al 20,1% tra le famiglie proprietarie con un mutuo a carico e si raddoppia (33,6%) tra quelle che sono in affitto. Tra le famiglie proprietarie dell’abitazione senza mutuo solo il 6,8% dice di avere bisogno di un aiuto per le spese dell’abitazione mentre la quota si triplica se prendiamo in considerazione coloro che hanno un mutuo (17,4%), per arrivare al 38,2% tra coloro che sono in affitto. In proposito, il nesso causale è duplice: da un lato coloro che vivono in una casa in affitto o hanno un mutuo da pagare sono famiglie meno abbienti rispetto a quelle che hanno una piena proprietà, quindi è logico aspettarsi che tra le prime si rilevino maggiori livelli di insoddisfazione della propria situazione economica. D’altro canto è da considerare che il peso sul bilancio familiare della rata del mutuo o del canone di locazione aumenti i livelli di insoddisfazione proprio perché riduce le possibilità di spesa della famiglia. Entrambi i nessi causali esistono perché a parità di classe di reddito le famiglie proprietarie senza mutuo hanno un livello di soddisfazione superiore alle altre. Passiamo alla classe d’età. Rispetto alla variabili che hanno indagato la presenza di aiuti di tipo economico, si rilevano delle differenze dovute all’età, articolate a seconda del tipo di famiglia. Tra le coppie con figli conviventi la quota di quelle che segnalano un bisogno di tipo economico decresce al crescere dell’età fino alla fascia d’età 54-64 anni per poi ritornare oltre la media del campione nella fascia di età più anziana. Nella classe d’età minore di 35 anni le coppie con figli che dichiarano di avere bisogno di un aiuto economico sono il 21,7%, la quota si abbassa lievemente nella fascia d’età 35-49 anni (17,4%) e in modo più netto nella fascia di età centrale 5064 anni in cui tale quota è solo il 9,9%. Questo andamento è legato a due fattori che si sommano: da un lato l’età dei figli tra coloro che hanno figli di età inferiore 14 anni che aumentano le spese per l’accudimento e dall’altro le coppie più giovani che non hanno ancora consolidato i propri percorsi 12 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES professionali. È significativo sottolineare che il numero dei figli non influisce invece in modo statisticamente significativo. Tra le coppie senza figli conviventi non si registrano tendenze particolarmente marcate, mentre per le famiglie unipersonali giovani si registra la quota inferiore di coloro che dichiarano il bisogno di un aiuto economico, nelle classi d’età successive la stessa quota rimane costante. La fascia di età che presenta le quote più ampie di soddisfazione e quelle più basse di disagio e la fascia d’età tra 50 e 64 anni, composta prevalentemente da persone al culmine del proprio percorso professionale, con un minore carico delle spese di accudimento dei figli. Infine gli anziani. Alla nostra analisi sfuggirebbe la situazione di fragilità della fascia d’età anziana se ci fermassimo alle domande in cui è stato chiesto se la famiglia ha un bisogno di tipo economico. Forse per pudore o per ritrosia, gli anziani tendono a rispondere con minore frequenza affermativamente. Se prendiamo invece in considerazione la domanda meno diretta rispetto alla valutazione delle proprie risorse economiche, possiamo osservare che più di un terzo (37,8%) degli anziani valuta le risorse economiche disponibili “scarse” o “assolutamente insufficienti”, quota di 10 punti superiore ripetto al resto del campione. Tale differenza rimane sostanzialmente immutata in tutte le tipologie di famiglia (unipersonali, coppie, famiglie monogenitore). Questo ci sembra ripecchi in modo molto fedele la situazione degli anziani, tra i quali spesso le situazioni di fragilità economica e di fatica nella gestione delle spese, non si traducono in una domanda di aiuto, ma rimangono confinate nella fatica nella gestione delle spese e si risolvono in una riduzione dei consumi. Per quanto riguarda le tipologie familiari, dopo aver trattato la problematiche relative alla presenza dei figli, prendiamo in esame le famiglie monogenitore che presentano elementi di criticità molto forte: tra queste infatti ben il 44,6% dichiara di avere un bisogno economico. Le famiglie monogenitore sono caratterizzate dalla presenza di un genitore con figli più eventuali altre persone. Nell’55% dei casi si tratta di madri con figli, mentre solo il 15% è rappresentato da padri con figli. La dimensione di genere è molto importante, possiamo notare che tra le famiglie monogenitore con genitore uomo la quota di quelle che dichiarano un bisogno economico è al di sotto della media (15,3%), mentre tra le famiglie monogenitore con capofamiglia donna la percentuale è tre vote superiore (50,6%). Le situazioni delle famiglie monogenitore si acuiscono ulteriormente nelle fasce di età più giovani: infatti se prendiamo in considerazione solo le famiglie monogenitore con capofamiglia di età compresa tra 35 e 49 anni, il bisogno economico sale al 61%, nelle fasce di età successive la quota diminuisce per la presenza di altri redditi (figli o altri componenti che lavorano). Prendendo in considerazione le famiglie con capofamiglia di età inferiore a 50 anni, possiamo evidenziare la fragilità delle famiglie monogenitore facendo un parallelo tra queste e le coppie con figli, limitare l’età a 50 anni ci consente di togliere dall’analisi possibili distorsioni che possono derivare dall’età. La probabilità che ci sia una situazione di disagio economico in una famiglia monogenitore è tre volte superiore a quella delle coppie con figli: 61,0% contro 17,9%. La causa di questa fragilità economica va in parte imputata al fatto che questa tipologia di famiglie è in larga misura (circa il 50%) monoreddito, tuttavia non dipende solo da questo. Possiamo osservare infatti come tra le famiglie monogenitore che hanno un solo reddito la quota di quelle che dichiarano un bisogno economico è il 60,1%, più del doppio delle coppie con figli (27,8%). 13 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES tab. 1.4 – Bisogno di un aiuto economico per numero di redditi, classe d’età del capofamiglia e titolo di godimento dell’abitazione Titolo di godimento dell'abitazione Numero Classe d'età di redditi familiari Monoreddito 2 o più redditi Fino a 34 anni 35-49 anni 50-64 anni Oltre 65 anni Totale Fino a 34 anni 35-49 anni 50-64 anni Oltre 65 anni Totale Proprietà (SENZA MUTUO) 26,7 20,0 13,6 15,2 16,4 8,0 13,2 10,6 13,0 11,8 Proprietà (CON MUTUO) Affitto o subaffitto 25,0 35,3 21,4 28,8 14,6 23,9 3,6 40,0 18,3 Totale 50,0 41,7 55,6 30,0 38,4 16,7 30,8 14,3 58,3 27,1 30,2 26,3 17,4 17,7 21,0 10,6 17,3 10,2 17,0 14,2 Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007 tab.1.5 – Bisogno di aiuto economico per tipologia familiare e titolo di godimento dell’abitazione (%) Titolo di godimento dell'abitazione 7 Tipo di famiglia Unipersonali < 65 anni Unipersonali 65 anni e più Coppie senza figli conv. con cf < 65 anni Coppie senza figli conv. con cf 65 anni e più Coppie con figli conviventi con cf <50 Coppie con figli conviventi con cf 50 anni e più Monogenitore Altre tipologie Totale Proprietà (SENZA MUTUO) 16,7 13,2 9,2 11,7 13,7 13,0 35,2 9,1 14,1 Proprietà (CON MUTUO) 8,7 13,3 50,0 24,4 64,7 20,9 Affitto o subaffitto Totale 28,6 25,0 23,8 53,8 45,5 22,2 55,0 20,0 33,6 16,5 15,3 11,7 16,1 18,9 12,4 44,6 10,0 17,4 Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007 1.3. La propensione al futuro Infine proponiamo una visione sintetica della propensione al futuro integrandola con le percezioni rispetto alla propria situazione socio-economica. Quanti di coloro che hanno espresso insoddisfazione rispetto alla propria situazione economica sono conviti che la propria condizione possa migliorare? E viceversa quanti non riconoscono la possibilità di migliorare la propria condizione economica? Innanzitutto uno sguardo d’insieme: solo il 15,7% delle famiglie che valutano “scarse” o “insufficienti” le proprie risorse economiche sono convinte che la propria situazione migliorerà, il 57,0% prevede che la situazione “rimarrà più o meno la stessa” e ben il 27,3% prevede un 7 In questa categoria sono compresi anche chi gode dell’abitazione o per usufrutto o a titolo gratuito. 14 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES peggioramento. La quota di famiglie che prevedono un peggioramento tra le famiglie insoddisfatte è nettamente superiore a quella che si rileva tra le famiglie che valutano positivamente la loro situazione economica attuale: 27,3% per le prime contro l’11,2% per le seconde. tab. 1.6 – Valutazione delle proprie risorse economiche per le previsioni sulla situazione economica futura (%) Con riferimento all'ultimo anno come sono state le risorse economiche complessive della famiglia? Ottime/Adeguate Scarse/insufficienti Totale Ritiene che nel prossimo anno la situazione economica della sua famiglia Rimarrà Migliorerà Peggiorerà più o meno la stessa 12,3 76,4 11,2 15,7 57,0 27,3 13,3 71,1 15,6 Totale 100,0 100,0 100,0 Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007 La stessa tendenza la ritroviamo prendendo in esame l’item che ha indagato la presenza di un aiuto economico: solo il 17% di coloro che dichiarano di avere bisogno di un aiuto economico prevede un miglioramento della situazione economica, il 57,8% prevede che la propria situazione economica rimarrà la stessa e ben il 25,2% prevede un peggioramento. tab. 1.7 – Le previsioni sulla situazione economica futura per bisogno di un aiuto economico (%) Bisogno di un aiuto economico Ritiene che nel prossimo anno Totale la situazione economica della sua famiglia Sì No Migliorerà 17,0 12,5 13,2 Rimarrà più o meno la stessa 57,8 73,9 71,2 Peggiorerà 25,2 13,6 15,6 Totale 100,0 100,0 100,0 Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007 L’elemento significativo da sottolineare è che circa l’85% delle famiglie che ritengono di essere in una situazione di difficoltà economica, non si riconosce la possibilità di uscire da essa, non ritengono di essere nella condizione di invertire la tendenza della propria situazione socioeconomica. Un ulteriore indizio di questa inerzia è il fatto che essa rimane costante, senza significative variazioni all’interno delle diverse tipologie di famiglie senza sostanziali variazioni. Le situazioni di stasi più orientate al peggioramento che non all’evoluzione positiva sono prevalenti anche in quelle situazioni che anno al loro interno un maggiore potenziale per una evoluzione positiva, si pensi in particolare alle famiglie giovani. Questo è un aspetto cruciale per coloro che, dalla parte dei servizi, approcciano la problematica: il contesto in cui si trovano ad operare è caratterizzato dal fatto che le situazioni più precarie tendono a vivere un’inerzia in negativo più che attivarsi positivamente. La questione che i dati pongono è simile ad una medaglia a due facce. Un lato della medaglia è il contesto socioeconomico che pur essendo forte e sviluppato, presenta limiti nella capacità di inclusione e reinserimento di coloro che sono ai margini o faticano a “tenere il passo”. L’altro lato della medaglia sono le famiglie in situazione di disagio che si sentono escluse dalle opportunità offerte dal contesto in cui sono inserite, che spesso sono povere non solo in termini di risorse economiche, ma anche in termini di strategie di attivazione e di progettualità personali, di capacità di accesso alle risorse disponibili. 15 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES Questi ultimi aspetti del problema sono da tenere in considerazione nel momento della programmazione dei servizi e degli interventi: questi infatti devono necessariamente porsi tra gli obiettivi prioritari l’attivazione di percorsi di reinserimento e la realizzazione di azioni di rimotivazione e sostegno alla progettualità. 16 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES 2. LA CAPACITÀ DELLE FAMIGLIE DI PRODURRE REDDITO 2.1 Aree di forza e aree di fragilità Da più fonti e da più parti si è rilevato in questi ultimi anni un indebolimento della capacità di spesa e di consumo del ceto medio derivato da un trend caratterizzato dall’abbassamento relativo dei redditi e degli stipendi, ovvero di un rallentamento degli aumenti degli stipendi rispetto al costo della vita, che ha riguardato gran parte delle famiglie del ceto medio. Ciò ha prodotto nelle fasce di benessere più solide un affaticamento dei bilanci familiari, e nelle famiglie più fragili un certo affanno. Nei casi “border line” l’affanno sulle entrate familiari accompagnato da eventi accidentali si è trasformato in un scivolamento verso situazioni di grave disagio economico. Le famiglie residenti nei Comuni del Distretto 5 non sono estranee a queste dinamiche di indebolimento e di affanno, dinamiche che si inseriscono in processi ben più ampi di quelli addebitabili alla dimensione locale: la globalizzazione e la forte interdipendenza delle economie produce effetti sui territori anche quando i fattori determinanti si producono in aree molto distanti tra loro. Oggi, la forza di un territorio, di un tessuto sociale, si misura sulla sua capacità di fronteggiare la globalizzazione valorizzando le opportunità che si presentano ed attenuando i contraccolpi e gli svantaggi da essa indotti. I Comuni del Distretto di Melzo si collocano in un’area, l’Est Milano, non marcatamente identificabile come altri territori dell’hinterland, come ad esempio la Brianza o la Bassa Milanese. È tuttavia un territorio caratterizzato dalla vicinanza con Milano, con la sua forza finanziaria e produttiva, con la sua capacità attrattiva nei confronti del mercato del lavoro regionale ed internazionale. All’interno di questo contesto economicamente forte, pur nel sue articolazioni e in presenza di alcune differenziazioni produttive, il Distretto 5 appare, anche alla luce di quanto rilevato dall’indagine, un territorio caratterizzato da un tessuto sociale abbastanza omogeneo. Se prendiamo ad esempio il reddito familiare equivalente, ottenuto riparametrizzando il reddito familiare per il numero di componenti del nucleo, osserviamo una sostanziale omogeneità tra i Comuni del Distretto. Il valore mediano del reddito familiare equivalente riferito all’intero Distretto è pari a 1.100 euro al mese: i valori mediani dei Comuni presi singolarmente non si discostano molto da questo valore. tab. 2.1 – Stima del reddito familiare equivalente per Comune di residenza (euro) Comune Reddito familiare equivalente Melzo 1.100 Cassano d'Adda 1.066 Inzago 1.100 Liscate 1.100 Pozzuolo Martesana 1.131 Settala 1.146 Truccazzano 1.100 Vignate 1.131 Totale 1.100 Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007 17 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES Il valore più alto si registra per le famiglie intervistate residenti nel Comune di Settala (1.146 euro), il valore più basso si registra per le famiglie di Cassano d’Adda (1.066 euro). Cassano appare, anche dalla lettura di altri indicatori quali il livello professionale e il livello di istruzione, il Comune più debole non solo rispetto all’altro grande Comune, cioè a Melzo, ma anche rispetto ai Comuni minori del Distretto. Su posizioni simili a Cassano si colloca anche Inzago. Settala può essere invece preso ad esempio dai Comuni minori che in questi ultimi anni mostra maggior dinamismo: alta natalità, elevati flussi migratori in ingresso, popolazione più giovane, redditi familiari leggermente più elevati. Queste leggere sfumature non modificano un quadro che risulta sostanzialmente omogeneo da un punto di vista dei redditi familiari. Spesso le disomogeneità di reddito sono più evidenti in alcune enclavi più deboli presenti sul territorio dello stesso Comune, come ad esempio alcune zone o quartieri che si caratterizzano per la presenza di alloggi pubblici. L’indagine condotta a livello comunale non ci consente di individuare in modo così mirato dove si concentrano a livello di subaree le zone del disagio socio-economico. Quello che si evince dall’indagine è che a livello comunale le situazioni di disagio sociale territorialmente concentrate sono numericamente limitate e comunque compensate da altrettante situazioni di benessere economico di segno opposto. Le differenziazioni nella distribuzione del redito delle famiglie si colgono più che sulle diversità territoriali su altre variabili significative. Le determinanti statisticamente più significative nel caratterizzare la distribuzione del reddito familiare equivalente appaiono essere tre: l’età del capo famiglia, la presenza di figli conviventi e i numero di percettori di reddito tra i componenti il nucleo familiare. Nell’analisi svolta il reddito familiare equivalente è superiore al valore mediano quando l’età del capo famiglia resta al di sotto dei 35 anni, mentre si mantiene sul valore mediano tra i 35 e i 49 anni. Nella prima classe il reddito familiare equivalente è pari a 1.274 euro al mese, nella seconda classe è pari a 1.103 euro. Tra i nuclei giovani pesano i single (1.350 euro) e le coppie senza figli (1.401 euro). Nella classe di età 35-49 anni cresce il peso delle coppie con figli. Per queste famiglie, il reddito familiare equivalente scende notevolmente, di poco superiore ai 1.000 euro. Se poi la famiglia risulta in affitto scopriamo che il reddito familiare equivalente scende ulteriormente, fino a 688 euro al mese. Al contrario le famiglie della stessa fascia di età che non hanno figli vantano un reddito familiare molto più elevato (1.561 euro). Come è ovvio, chi non ha figli ridistribuisce il doppio reddito tra un numero più ristretto di componenti. tab. 2.2 – Stima reddito familiare equivalente per tipologia familiare e cl. d’età del capofamiglia (euro) Classe d'età Tipo di famiglia Fino a 34 anni Unipersonali 1.350 Coppie senza figli conviventi 1.401 Coppie con figli conventi 1.103 Monogenitore 539 Totale 1.274 35-49 anni 1.335 1.561 1.014 677 1.103 50-64 anni 1.100 1.401 1.421 986 1.307 Oltre 65 anni 900 905 1.054 1.311 900 Totale 1.071 1.146 1.159 932 1.100 Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007 18 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES Nella classe di età successiva 50-64 anni il reddito familiare equivalente torna a crescere (1.307 euro). In questa fascia di famiglie si consolidano i punti di forza, i figli crescono di età. Si capitalizzano gli impegni professionali con avanzamenti di carriera, si reinvestono risorse economiche accumulate, si dispone di qualche altra fonte di reddito oltre a quella di lavoro. In questa coorte di famiglie è ancora molto alto il numero di famiglie con figli conviventi: nel 52% circa dei nuclei intervistatati è presente almeno un figlio convivente in età da lavoro. Molti studiano, ma anche molti lavorano, magari in forme non stabili e precarie, sono comunque percettori di reddito. Dall’analisi dei dati risulta che quasi la metà delle coppie con figli conviventi con capofamiglia di età compresa tra i 50 e i 64 anni può contare su 3 o più percettori di reddito, ovvero oltre a quello dei coniugi anche quello di almeno un altro componente. Le famiglie con figli conviventi che hanno tra 25 e 29 anni percepiscono in media un reddito familiare equivalente di 1.427 euro, mentre le famiglie con figli minorenni percepiscono un reddito di poco superiore a 1.050 euro. Se consideriamo infine i nuclei familiari più anziani, con capofamiglia ultrasessantacinquenne, osserviamo come il reddito familiare equivalente percepito precipita verso valori più bassi (900 euro). I redditi da lavoro si trasformano in redditi da pensione, con importi notevolmente più bassi. Passiamo adesso ad evidenziare le situazioni di maggiore fragilità. Provando a fare l’identikit delle famiglie più deboli, di quelle che si trovano in situazioni di maggior sofferenza rispetto agli equilibri di bilancio familiare, individuiamo almeno tre aree di fragilità: la prima è rappresentata senza dubbio dalle famiglie anziane, siano esse unipersonali che coppie senza figli conviventi (900 euro). Se tra quest’ultime prendiamo in esame quelle che vivono in affitto, il reddito familiare equivalente scende fino a 700 euro al mese. La seconda area di fragilità è rappresentata dalle famiglie monoreddito, in particolare le famiglie monoreddito con figli conviventi che dichiarano un reddito familiare equivalente di 662 euro al mese. Nella terza area di fragilità vi sono le famiglie monogenitoriali con minori a carico, il cui capo famiglia è quasi sempre una donna. Per le famiglie monogenitoriali e monoreddito il reddito familiare equivalente è stimato in 573 euro al mese. Quali sono invece i nuclei familiari economicamente più forti ? Emergono dall’analisi almeno due aree forti: le coppie senza figli dove entrambi lavorano e percepiscono reddito (1.561 euro) e le coppie con figli conviventi con due o più redditi da lavoro il cui capo famiglia ha ormai superato i 50 anni (1.422 euro). È da evidenziare come il titolo di studio dei coniugi sia fortemente correlato alla capacità di produrre reddito. Nei nuclei familiari dove il capo famiglia è laureato ed ha un’età compresa tra i 50 e i 65 anni il reddito familiare equivalente è pari a 1.820 euro al mese, se entrambi i coniugi sono laureati il reddito cresce fino a 2.206 euro. La soglia dei 50 anni per il capo famiglia e livelli di istruzione elevati sono quindi due fattori fortemente correlati alla produzione di redditi elevati. Livelli di istruzione elevati sono quasi sempre accompagnati da livelli professionali altrettanto elevati, che alla soglia dei 50 anni si consolidano in posizioni retributive più consistenti. Al contrario, giovane età e bassi livelli di istruzione individuano situazioni reddituali di grossa difficoltà: con riferimento ad un capo famiglia che ha conseguito soltanto la licenza elementare e 19 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES che ha meno di 50 anni, abbiamo stimato un valore mediano del reddito familiare equivalente di poco superiore a 500 euro. 2.2 Propensione al risparmio Passiamo ad analizzare quanto di questo reddito percepito viene subito speso per le necessità immediate e quanto le famiglie riescono a risparmiare alla fine del mese per assicurarsi contro eventuali imprevisti o per accumulare risorse finanziare per effettuare investimenti. Abbiamo chiesto alle famiglie intervistate “quanta parte del reddito mensile riuscite a risparmiare, considerando ciò che viene investito in titoli di stato, azioni, polizze vita, e ciò che viene lasciato sul conto corrente ?” Ciò che è emerso è che 6 famiglie su 10 dichiarano di risparmiare. Di queste la metà (3 su 10) riesce a risparmiare a fine mese meno del 10% del reddito familiare, mentre 2 famiglie dichiarano di risparmiare una quota compresa tra il 10 e il 50%. Una sola famiglia su 10 dichiara che la quota di reddito accantonata mensilmente varia di mese in mese. Restano tuttavia 4 famiglie su 10 che a fine mese non riescono a “mettere via” nulla di quanto hanno guadagnato. Il quadro che emerge è quello di un tessuto sociale ancora forte, se si considera che una parte di coloro che dicono di non riuscire a risparmiare accantonano comunque delle risorse per pagare ad esempio il mutuo, di fatto anche questa una forma di “risparmio differito”, di investimento finanziario per l’acquisizione della proprietà della casa: il 20% circa di chi dichiara di non riuscire a risparmiare ha acceso un mutuo e paga regolarmente le rate. Se aggiungiamo quest’ultimi che pagano le rate del mutuo pur non riuscendo a risparmiare reddito, a coloro che dichiarano di risparmiare, la percentuale di famiglie che accantona risorse finanziarie sale al 70% circa. Questi dati confermano l’elevata propensione al risparmio delle famiglie italiane. Tuttavia, rispetto agli obiettivi di indagine che ci siamo dati, non possiamo ignorare quel 40% circa di famiglie intervistate che dichiara di non riuscire assolutamente a risparmiare. Anche in questo caso l’area di maggiore fragilità la troviamo tra le famiglie anziane siano esse unipersonali siano esse costituite da coppie senza figli conviventi: tra gli anziani soli (65 anni e più) coloro che a fine mese non riescono a mettere da parte niente rappresentano il 53,5% degli intervistati e coloro che risparmiano meno del 10% della pensione sono più del 26%. Tab. 2.3 – La propensione al risparmio per classe d’età del capofamiglia (%) Quanta parte del reddito mensile riuscite a risparmiare considerando ciò che viene investito in titoli di stato, Classe d'età azioni e polizze vita e ciò che viene lasciato sul conto corrente? Totale Meno Dal 10 Dal 20 Oltre Varia Niente del 10% al 20% al 50% il 50% Fino a 34 anni 17,9 32,9 33,6 7,1 1,4 7,1 100,0 35-49 anni 38,5 27,7 19,4 6,5 0,5 7,3 100,0 50-64 anni 41,1 31,4 11,5 5,7 0,0 10,3 100,0 Oltre 65 anni 51,0 31,3 7,9 2,0 0,0 7,9 100,0 Totale 40,5 30,4 15,5 5,0 0,3 8,3 100,0 Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007 20 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES L’altra area di fragilità è rappresentata dalle famiglie monogenitoriali: più del 57% di esse non riesce a risparmiare nulla e il 22% mette da parte meno 10% del reddito percepito. Particolarmente in difficoltà sono le famiglie che non hanno la casa di proprietà e che pagano l’affitto: più del 60% di queste famiglie, dovendo sostenere anche le spese di affitto per l’alloggio, quando arriva alla fine del mese non riesce a mettere da parte nulla. Un’altra area di fragilità è rappresentata dalle famiglie che hanno a carico una persona convivente disabile o non completamente autosufficiente: più del 51% non riesce a risparmiare nulla e il 23,3 % risparmia molto poco (meno del 10% del reddito mensile). La maggiore propensione al risparmio si trova invece tra le famiglie più giovani. Tra le famiglie intervistate il cui capo famiglia aveva meno di 35 anni, l’82% ha dichiarato di riuscire a risparmiare, più del 40% dichiara di risparmiare una quota di reddito che oscilla tra il 10 e il 50%. È del tutto evidente che trovandosi nel ciclo di vita più impegnativo nella costruzione dei percorsi familiari e professionali l’atteggiamento più diffuso sia quello di controllare le spese immediate e di accantonare risorse per far fronte alle spese future. Queste famiglie sono anche quelle che ricorrono più frequentemente all’indebitamento personale. Abbiamo chiesto alle famiglie del campione se qualcuno della famiglia si è rivolto ad una banca o a una finanziaria nell’ultimo anno per un prestito personale: quasi il 13% delle famiglie con capofamiglia sotto i 35 anni vi è ricorso, contro il 9,3% dell’intero campione. Sono ricorse al prestito personale più le coppie con figli (12%), che le coppie senza figli (7%). Ma tra tutte quelle intervistate, le famiglie monogenitoriali sono risultate quelle più esposte all’indebitamento per aver chiesto ed ottenuto nell’ultimo anno un prestito personale (19%). Infine, tra le famiglie del campione, quelle che vivono in una casa di proprietà e non hanno a carico le rate del mutuo, perché mai acceso o perché estinto, hanno una capacità di risparmio leggermente più elevata rispetto a quelle che il mutuo devono ancora finire di pagare. 2.3 Differenze di genere nel produrre reddito Finora abbiamo considerato il reddito familiare complessivo indipendentemente dalla fonte o dal soggetto che lo ha prodotto. In realtà la produzione di reddito è molto differenziata rispetto alla dimensione di genere. Complessivamente gli uomini percepiscono redditi più elevati delle donne e godono di una maggiore mobilità professionale a differenza di quanto riscontrato per le donne. Una quota molto consistente di donne si colloca nelle fasce più basse di reddito e mantiene o peggiora lievemente questa posizione durante il percorso lavorativo. Il 49% delle donne intervistate che percepiscono reddito dichiara di guadagnare non più di 1.000 euro al mese, contro il 21% circa degli uomini. La quota di donne con basso reddito è più che doppia rispetto a quella degli uomini. A condizionare così fortemente verso il basso i redditi percepiti sono senza dubbio le classi di età più avanzate per cui la principale fonte di reddito non è uno stipendio ma una pensione di anzianità. Ma ad una lettura più articolata si scopre che anche nelle classi di età più giovani i redditi delle donne sono più bassi e che la percentuale di donne con redditi minimi aumenta con l’età. Il 29% circa delle donne giovani (meno di 35 anni) non guadagna più di 1.000 euro al mese. Tra le donne della classe di età successiva 35-44 anni la percentuale cresce al 37%. Se consideriamo i redditi ancora più bassi, fino a 800 euro al mese, la percentuale passa dal 9% per le più giovani (meno di 35 anni) al 16% per le donne di età più avanzata (35-44 anni). 21 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES tab. 2.4 – Classe di reddito per classe d’età e genere (%) Classe di reddito Fino a 600 euro 601-800 euro 801-1.000 euro 1.001-1.200 euro 1.201-1.500 euro 1.501-2.000 euro 2.001-2.500 euro Oltre 2.500 euro Totale Classe d'età Fino a 34 anni 35-49 anni 50-64 anni Maschi Femmine Maschi Femmine Maschi Femmine 0,0 1,4 2,3 8,1 0,8 11,6 0,0 7,9 2,0 7,5 4,5 11,6 8,8 20,1 6,6 21,0 8,2 24,6 21,1 39,6 22,1 26,4 25,5 20,6 36,8 21,6 29,4 22,4 28,0 18,1 23,7 7,9 20,1 9,2 17,7 10,6 5,3 1,4 11,6 3,7 7,4 2,0 4,4 0,0 5,9 1,7 7,8 1,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Oltre 65 anni Maschi Femmine 11,5 38,7 11,0 28,3 31,1 17,3 27,3 9,9 9,1 5,2 5,7 0,5 1,9 0,0 2,4 0,0 100,0 100,0 Totale Maschi Femmine 3,8 14,9 4,6 13,3 13,2 20,9 24,2 23,4 25,1 17,2 16,5 7,3 7,2 2,1 5,4 0,8 100,0 100,0 Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007 Ciò significa che le donne non solo si collocano in percentuale significativa su redditi molto bassi, ma che con l’avanzare dell’età e la nascita dei figli la platea delle donne che percepiscono bassi redditi si allarga. La riduzione dell’orario di lavoro, la presenza di forme di part-time, l’accettazione di lavori meno retribuiti ma flessibili, riducono l’accesso delle donne alle risorse economiche sul mercato del lavoro. La fascia intermedia di reddito (1.000-1.500 euro al mese) subisce anch’essa un ridimensionamento superati i 35 anni per stabilizzarsi poi con l’avanzare dell’età: si collocano in questa fascia di reddito il 61,2% delle donne più giovani (meno di 35 anni), il 49,2% circa delle donne 35-44 anni e il 49,4% delle donne più anziane in età lavorativa (45-54 anni). Se poi ci riferiamo ai redditi più alti, il loro peso scende notevolmente: le donne che guadagnano più di 1.500 euro al mese sono quasi il 10%, mentre quelle che ne guadagnano più di 2.000 sono meno del 3%. Qui però, a differenza delle altre fasce di reddito, la quota di donne più “ricche” aumenta con l’età. Tra le donne più giovani con meno di 35 anni la percentuale di coloro che superano i 1.500 euro al mese è poco più del 9%; passa al 14% circa tra le donne 35-44 anni e al 17% per donne 4554 anni. Ciò significa che sui redditi medio-alti, quasi sempre accompagnati da livelli di istruzione elevati, si registra una certa mobilità professionale verso l’alto. Tra le donne che percepiscono i redditi più alti, oltre 1.500 euro al mese, quasi il 50% ha conseguito un diploma di scuola superiore e il 28% circa una laurea. Tra quelle invece che percepiscono redditi minori, fino a 1.000 euro al mese, la percentuale di diplomate scende al 23% mentre quella di laureate è di poco superiore al 3%. La mobilità professionale si gioca quindi quasi esclusivamente sulle fasce di reddito medioalte che possono contare su livelli di istruzione elevati, superiori a quelli registrati tra gli uomini. Una volta fuori dal circuito lavorativo il reddito delle donne precipita in basso. La pensione sostituisce lo stipendio e il numero di donne che percepisce redditi molto bassi aumenta notevolmente: due donne su tre tra le ultrasessantenni non percepiscono più di 800 euro al mese, il 37% non percepisce più di 600 euro. Gli uomini ultrasessantenni che percepiscono un reddito inferiore a 600 euro al mese sono invece meno del 10%. Se focalizziamo per un momento l’attenzione sul genere maschile, osserviamo che i redditi bassi riguardano una quota minore di uomini, quasi tutta concentrata nelle classi di età più anziane. 22 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES Se analizziamo le diverse classi di età, da quelle più giovani (meno di 35 anni) a quelle più anziane (45-54 anni) la quota di coloro che non guadagna più di 1.000 euro al mese è pressoché costante, circa il 10%. Dai 55 anni in su la quota di uomini che percepisce bassi redditi comincia a salire, man mano che si esce dal mercato del lavoro: circa il 46% degli uomini ultrasessantenni non percepisce più di 1.000 euro al mese. Quasi la metà degli uomini intervistati si colloca nella fascia di reddito intermedia 1.0001.500 euro. Questa quota va tuttavia riducendosi con l’età durante il percorso lavorativo a vantaggio delle fasce di reddito più elevate. Infatti, se consideriamo i redditi più elevati, sopra i 2.000 euro al mese, notiamo che la quota di uomini che si colloca in questa fascia di reddito cresce con l’età: si passa dal 9,7% di coloro che hanno meno di 35 anni, al 15,6% della classe di età 35-44 anni, al 23,8% della classe più anziana 45-54 anni. Anche nel caso degli uomini la mobilità professionale si spiega con la presenza di tassi di istruzione più elevati. Il 77% degli uomini che percepiscono più di 2.000 euro al mese ha conseguito un diploma di scuola superiore o una laurea8. Per i redditi bassi, fino a 1.000 euro al mese, la quota di diplomati e di laureati non raggiunge il 15% e nella fascia intermedia 1.000-1.500 euro al mese la quota è di poco superiore al 40%. In generale, le fasce reddituali più deboli registrano i tassi di scolarizzazione più bassi, mentre al crescere del livello di istruzione aumenta la capacità di produrre reddito. Per le donne questa correlazione è più debole: poco più del 9% delle donne laureate guadagna più di 2.000 euro al mese, contro il 40% degli uomini laureati. 2.4 La partecipazione al mercato del lavoro Le modalità con cui si caratterizza la partecipazione al mercato del lavoro sono condizionate dal combinarsi di un complesso intreccio di fattori che vanno dalla dimensione più individuale (il genere, l’età, il livello di istruzione, le motivazioni soggettive, ecc.) a quella riferibile al contesto ambientale, economico e sociale del territorio considerato. Il territorio preso in esame si inserisce in un contesto economico-produttivo forte, quale è quello dell’area milanese, che esprime una forte domanda di lavoro. I tassi di partecipazione al mercato del lavoro, anche nella nostra indagine, risultano particolarmente elevati. Se consideriamo gli occupati rilevati nell’indagine sulla popolazione attiva del nostro campione (15-65 anni), otteniamo per gli uomini un tasso di partecipazione al mercato del lavoro pari all’82% e per le donne un tasso di partecipazione pari al 66,3%. Tra i non occupati con meno di 65 anni la quota più significativa è rappresentata dagli uomini in pensione (36,2%), dalle donne pensionate (28,7%) e dalle casalinghe (17,8%). I valori riscontrati per l’occupazione sono molto alti e rivelano una forte domanda di lavoro che ovviamente non si esaurisce con la richiesta del territorio, ma che per la vicinanza a Milano si amplifica notevolmente. Alla forte domanda di forza lavoro corrisponde un tessuto sociale significativamente orientato al mercato del lavoro. La partecipazione al mercato del lavoro è condizionata significativamente dal genere, dall’età e dal livello di istruzione, molto meno dalla presenza di figli piccoli. Il livello di istruzione gioca un ruolo fondamentale sia per l’accesso al mondo del lavoro e per la qualità dei percorsi professionali, sia come motivazione, soprattutto per le donne, a scegliere di svolgere un’attività retributiva. 8 Tra coloro che guadagnano più di 2.000 euro al mese il 24,8% è laureato. 23 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES Ad una bassa scolarizzazione corrisponde una minore partecipazione al mercato del lavoro da parte delle donne. Se consideriamo le donne più giovani con meno di 35 anni, osserviamo che tra coloro che hanno conseguito la licenza media il 74% risulta occupata, mentre tra le diplomate tale quota sale all’89% e tra le laureate il tasso di partecipazione sale al 97%. All’aumentare dell’età la propensione a partecipare al mercato del lavoro rimane sostanzialmente stabile per le donne fino a 50 anni, per poi crollare subito dopo con la fuori uscita dal processo produttivo. Analizzando la posizione professionale degli uomini e delle donne del campione emerge una forte propensione al lavoro dipendente e in particolar modo verso le professioni impiegatizie; in modo più marcato per le donne (63,7%) che per gli uomini (38,8%). Il lavoro autonomo invece sembra avere un peso più contenuto: soltanto il 19% circa della forza lavoro maschile svolge un’attività autonoma, le donne ancora meno (7%). Il lavoro autonomo è leggermente più presente tra i lavoratori più giovani con meno di 35 anni: 24,5% se uomini, 10,4% se donne. Il quadro che ne emerge a livello locale è che l’offerta di lavoro dei residenti si rivolge prevalentemente ad una domanda di lavoro stabile, che predilige il lavoro dipendente e che limita fortemente l’accesso a forme di precariato. I disoccupati rilevati nell’indagine rappresentano una quota marginale: l’1,4% della forza lavoro maschile e il 2,2% della forza lavoro femminile rilevata dal campione. I percorsi professionali risentono della dimensione di genere e vedono riproporsi anche qui lo svantaggio delle donne nel raggiungimento delle posizioni apicali: meno del 6% della forza lavoro femminile è impiegate nelle posizioni professionali più elevate, dirigenti o quadri nel lavoro dipendente, imprenditrici o professioniste nel lavoro autonomo. Gli uomini che ricoprono invece queste posizioni sono quasi il 16%. Nella distribuzione dei ruoli all’interno della coppia prevale nettamente il modello dual worker, caratterizzato dalla partecipazione al mercato del lavoro di entrambi. Se escludiamo le coppie in cui nessuno lavora, quasi tutte costituite da pensionati, la percentuale di coppie in cui entrambi lavorano supera il 72% del campione esaminato; soltanto nel 19% delle coppie lavora solo l’uomo. Risulta inoltre che nell’8% delle coppie è solo la donna che lavora: nella maggior parte dei casi lui è pensionato oppure, in pochi casi, lui risulta disoccupato. Con l’avanzare dell’età del capofamiglia si assiste ad una leggera contrazione della partecipazione al lavoro delle donne, ma in termini molto contenuti: le coppie dove lavorano entrambi passano da 87% a 83% quando il capofamiglia passa dalla classe di età più giovane (meno di 35 anni) a quella successiva (35-44 anni). Diminuisce poi ulteriormente con l’avanzare dell’età. Un fattore che può condizionare la donna nella scelta di partecipare al mercato del lavoro è rappresentato dalla composizione del nucleo familiare e dalla sua dimensione: un aumento del numero di componenti del nucleo familiare può indurre una riduzione della partecipazione femminile al lavoro. In realtà, ciò si verifica anche per le coppie residenti nel Distretto 5, ma in modo molto contenuto. Se consideriamo, ad esempio, le coppie giovani nell’età di avere figli piccoli o ragazzi adolescenti (capofamiglia con meno di 45 anni) osserviamo come la partecipazione femminile rimane elevata anche in presenza del primo figlio e del secondo. Nel 91% delle coppie senza figli, i coniugi lavorano entrambi; la percentuale si abbassa leggermente (84%) se nella coppia è presente un figlio e si abbassa ulteriormente (79%) se sono presenti due o più figli. Resta il fatto che pur con la presenza di più figli 4 coppie su 5 scelgono il modello dual worker, scelgono cioè di lavorare entrambi. 24 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES Ciò denota una forte volontà di partecipazione della donna al mondo del lavoro che ha origine non soltanto dal desiderio di affermare la propria identità e di ottenere riconoscimento sociale, ma spesso anche dalla necessità di contribuire economicamente al bilancio familiare per sostenere livelli di benessere giudicati ormai incomprimibili in contesti metropolitani onerosi dal punto di vista del costo della vita (spese per la casa, trasporti, servizi, ecc.). tab. 2.5 – Composizione della coppia, con capofamiglia di età inferiore a 45 anni, rispetto al lavoro e presenza di figli conviventi (%) Chi lavora nella coppia Lavora solo lui Lavora solo lei Lavorano entrambi Totale Nessun figlio 6,4 2,7 90,9 100,0 1 figlio 2 o più figli Totale 14,2 1,7 84,2 100,0 21,3 0,0 78,7 100,0 14,2 1,4 84,4 100,0 Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007 25 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES 3. UNA STIMA DELLE VOCI DELLA SPESA FAMILIARE Il terzo capitolo è dedicato all’analisi della spesa familiare. Come detto in sede di premessa l’indagine non ha come obiettivo quello di ricostruire l’intero paniere della spesa familiare, ma quello di evidenziare le spese relative ai beni di prima necessità della famiglia. Non è un paniere di beni e servizi che mira a evidenziare un minimo vitale, sono infatti comprese anche spese che esulano da esso, ma l’obiettivo primario è quello di offrire una stima approssimata, ma attendibile della spesa che le diverse tipologie di famiglie devono sostenere per far fronte ai problemi fondamentali quali: l’abitazione e le relative utenze, i prodotti alimentari e per la casa, le spese per i trasporti, per l’istruzione, per la salute e l’accudimento dei figli e degli anziani. Possiamo osservare come questo paniere pur differenziandosi dal paniere relativo al minimo vitale, rimane su quelle che possiamo chiamare le spese essenziali per la famiglia. Prima di addentrarci nell’esposizione dei dati relativi a questa pista d’indagine, presentiamo le singole macro-voci di spesa indicando quali sottovoci sono comprese in ognuna di esse, di seguito indicheremo con “spesa familiare” la somma di tutte le voci sotto indicate. Le macro-aree indagate sono state complessivamente sette: - le spese per l’abitazione (il mutuo o l’affitto); - le spese per i prodotti alimentari e per la casa; - le spese per le utenze domestiche (riscaldamento e acqua calda, la luce, il telefono fisso ed i cellulari); - le spese per i trasporti (il carburante, i bolli e le assicurazioni delle auto e dei motorini, il trasporto pubblico); - le spese sanitarie (i farmaci e le medicine, gli accertamenti diagnostici, le visite mediche, i servizi ausiliari sanitari e altre spese di tipo sanitario); - le spese scolastiche (la mensa scolastica, la retta dell’asilo nido e scuola materna, le ripetizioni, le rette per le scuole e le università, i testi scolastici ed il materiale scolastico); - le spese per l’accudimento (personale per le pulizie domestiche, baby sitter, assistente familiare e l’utilizzo di case di riposo o di cura). In questo capitolo cercheremo di rispondere a tre questioni. 1) A quanto ammonta la spesa familiare composta dalla somma delle voci sopra citate. 2) Quanto pesano le diverse voci. 3) Come si differenziano i livelli di spesa complessiva e delle singole voci in funzione delle diverse tipologie familiari per composizione, per età e per comune di residenza. Prima di addentrarci nell’analisi riteniamo utile fornire una spiegazione di carattere metodologico: nell’analisi per potere confrontare la spesa delle diverse tipologie familiari si è ritenuto opportuno utilizzare il valore mediano della spesa. Il valore mediano di una variabile è quel valore rispetto al quale metà del campione ha valori più alti e l’altra metà ha valori più bassi. Nel nostro caso la metà delle famiglie intervistate ha, ad esempio una spesa familiare, al di sotto del valore mediano, pari a 824 €/mese, mentre l’altra metà ha una spesa familiare che si trova al di sopra di tale valore. Si è ritenuto preferibile utilizzare la mediana rispetto alla media aritmetica (forse più immediatamente comprensibile al lettore), in quanto quest’ultima è fortemente influenzata dagli estremi della distribuzione. In altre parole, nel nostro caso, essendo presenti nella 26 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES distribuzione numerosi casi che presentano valori lontani dai valori centrali della distribuzione, la mediana è il valore che rappresenta meglio la famiglia tipo. 3.1 La spesa familiare complessiva: differenze tra le diverse tipologie familiari Il dato mediano è come detto 824 €/mese, il dato in se non è indicativo perché la spesa è fortemente influenzata dalla tipologia familiare, dall’età e dal numero di componenti e soprattutto dal titolo di proprietà dell’abitazione. Come verrà più diffusamente illustrato nel successivo paragrafo 3.2, dall’analisi dei dati è la spesa per l’abitazione a fare la differenza, chi paga un mutuo spende in media 600 €/mese e chi paga un affitto paga in media 380 €/mese; il peso di queste spese pur variando in modo significativo tra le diverse tipologie di famiglie rimane comunque molto consistente. Tra coloro che sono gravati di un mutuo la spesa ad esso relativa pesa circa il 37,8% della spesa complessiva, per coloro che pagano un affitto il costo pesa in media il 33,5% della spesa relativa. Le famiglie unipersonali hanno in assoluto la spesa familiare più bassa pari a 483 €/mese. Tra queste gli anziani hanno il livello di spesa più basso 465 €/mese, mentre nelle classi di età più giovani le spese sono più alte. La differenza la fanno due tipologie di spese: le spese per l’abitazione (mutuo o affitto) che per le famiglie unipersonali giovani pesa in media 400 €/mese e le spese per i trasporti che variano tra 110 e 180 €/mese a seconda delle fasce d’età. Tra gli anziani queste due voci di spesa sono marginali e riguardano solo un parte minoritaria di componenti. La spesa mediana della famiglie senza figli è stimata poco inferiore agli 800 €/mese, anche all’interno di questa tipologia familiare si rilevano alcune significative differenze in funzione dell’età: la spesa diminuisce al crescere dell’età. Nella fascia di età più giovane fino a 34 anni è prevalente la quota delle famiglie che pagano un mutuo o un affitto (500 €/mese), nella fasce d’età inferiore a 50 anni, le spese per trasporto ammontano a oltre 250 €/mese. La spesa mediana delle famiglie con figli è stimata 1.227 €/mese; se escludiamo la spesa per l’abitazione, la spesa totale rimane relativamente costante in tutte le classi d’età. La spesa significativamente superiore rispetto alle tipologie familiari precedentemente analizzate, è causata da una maggiore spesa alimentare e dei prodotti per la casa (valore mediano 600 €/mese contro i 440 €/mese delle coppie senza figli e il 272 €/mese delle famiglie unipersonali), da un maggior peso delle spese per trasporti che rimangono costantemente oltre i 250 €/mese in tutte le fasce di età compresa quella anziana, da una maggiore spesa per le utenze domestiche (valore mediano 223 €/mese a fronte di 178 €/mese delle coppie senza figli conviventi e di 147 €/mese delle unipersonali). Tra le voci di spesa delle famiglie con figli conviventi ancora dentro il circuito formativo abbiamo poi le spese scolastiche che possono essere stimate attorno ai 100 €/mese. Il valore medio della spesa complessiva delle famiglie monogenitore è di circa 850 euro, ma tale valore varia in funzione dell’età del genitore di riferimento e di quella dei figli. Tra le famiglie monogenitore con età inferiore a 50 anni infatti la spesa è superiore di circa 50 €/mese. In chiusura di questo primo paragrafo possiamo osservare un elemento centrale rispetto ai nostri obiettivi di ricerca: i livelli di spesa non sono influenzati dal numero di redditi familiari, in altre parole, a parità di tipologia familiare non si sono evidenziate differenze significative tra la spesa delle famiglie monoreddito e quelle multireddito. Questo indica che le spese del nostro paniere non sono facilmente comprimibili. Ciò è comprovato dal fatto che pur in presenza di differenti livelli di reddito, la spesa per queste voci non può essere significativamente contratta. 27 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES tab. 3.1 – Le voci della spesa familiare per tipologia familiare e per classi d’età (euro) Famiglie unipersonali Spese per l'abitazione (mutuo o affitto) Spesa alimentari e prodotti per la casa stima Spese per le utenze domestiche stima Spese per i trasporti Spese sanitarie Spese scolastiche Spese per l'accudimento Totale paniere spesa familiare Coppie senza figli conviventi Spese per l'abitazione (mutuo o affitto) Spesa alimentari e prodotti per la casa stima Spese per le utenze domestiche stima Spese per i trasporti Spese sanitarie Spese scolastiche Spese per l'accudimento Totale paniere spesa familiare Fino a 34 anni 400 200 140 181 13 934 35-49 anni 275 158 165 25 624 50-64 anni 246 158 111 50 565 Oltre 65 Totale famiglie anni unipersonale 272 272 143 147 24 50 40 465 483 Fino a 34 anni 35-49 anni 50-64 anni Oltre 65 anni 400 196 268 60 923 400 185 151 95 831 400 166 99 70 736 35-49 anni 50-64 anni 500 400 186 285 30 1.401 Fino a 34 anni Coppie con figli conviventi Totale coppie senza figli conviventi 400 178 152 60 790 Oltre 65 Totale coppie anni con figli conventi Spese per l'abitazione (mutuo o affitto) 530 - - - - Spesa alimentari e prodotti per la casa stima 600 600 600 600 600 Spese per le utenze domestiche stima 213 216 253 218 223 Spese per i trasporti 267 253 306 275 266 Spese sanitarie 70 70 100 77 87 Spese scolastiche 48 100 - - 50 - - - - - 1.728 1.239 1.259 1.171 1.227 Spese per l'accudimento Totale paniere spesa familiare Fino a 50 anni Famiglie monogenitore Spese per l'abitazione (mutuo o affitto) Spesa alimentari e prodotti per la casa stima Spese per le utenze domestiche stima Spese per i trasporti Spese sanitarie Spese scolastiche Spese per l'accudimento Totale paniere spesa familiare 0 409 205 174 50 58 0 897 50-64 anni 400 213 174 87 875 Oltre 65 Totale famiglie anni monogenitore 400 400 184 208 149 171 54 70 788 850 Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007 28 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES 3.2 Le spese per l’abitazione Per necessità di sintesi, riguardo alle spese per l’abitazione, la nostra indagine si è occupata solo delle voci di spesa per il pagamento del mutuo e dell’affitto, sono state trascurate, perché troppo polverizzare e difficilmente rilevabili in modo affidabile, le spese per la manutenzione ordinaria e straordinaria. Il titolo di godimento dell’abitazione è una delle variabili che influenzano in modo marcato sia i livelli di spesa sia il livello di soddisfazione della propria situazione economica. Ciò avviene per il peso rilevante che il mutuo per la prima casa o il canone di locazione hanno sui bilanci familiari. Qualche dato per inquadrare quantitativamente il problema: nel Distretto l’85,8% del campione vive in casa di proprietà, in tutti i Comuni la quota di coloro che vivono in casa di proprietà è superiore all’86%; le punte più alte le fanno registrare Liscate con il 94,7% di famiglie che risiede in case di proprietà, Settala e Pozzuolo con il 93,6%. tab. 3.2 – Titolo di godimento dell’abitazione per classe d’età del capofamiglia (%) Titolo di godimento dell'abitazione Classe d'età Proprietà (SENZA MUTUO) Fino a 34 anni 44,6 35-49 anni 63,1 50-64 anni 77,3 Oltre 65 anni 83,5 Totale 70,8 Proprietà (CON MUTUO) 43,9 30,2 11,6 2,2 18,6 Affitto o subaffitto 11,5 6,7 11,0 14,3 10,6 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007 Complessivamente il 70,8% delle famiglie vive in casa di proprietà senza mutuo, il 18,6% vive in casa di proprietà con un mutuo non ancora estinto e solo il 10,6% vive in affitto. La quota di coloro che sono proprietari dell’abitazione e non hanno da pagare un mutuo cresce al crescere dell’età. Tra le famiglie di età fino a 34 anni solo il 44,3% abita in casa di proprietà senza mutuo, tale quota sale al 63,3% nella fascia di età 35-49 anni, al 77,3% nella fascia d’età 50-64 anni, per arrivare all’83,6% nella fascia anziana. Le categorie di famiglie che ricorrono maggiormente al mutuo sono le coppie con figli con capofamiglia di età inferiore a 35 anni (57,7%), le coppie con figli o senza figli con capofamiglia tra 35 e 50 anni e il 31,6%. All’affitto ricorrono con frequenza superiore alla media del campione le famiglie monogenitore (22,2%), le famiglie unipersonali giovani (20,0%) e anziane (21,6%). Come già detto la spesa media per il mutuo è pari a 600 €/mese, pur restando fortemente concentrato attorno al valore mediano il dato presenta una certa variabilità: un quarto di coloro che pagano il mutuo pagano una cifra inferiore o uguale a 500 €/mese; un quarto paga oltre 800 €/mese. Rispetto all’affitto, un quarto di coloro che pagano l’affitto pagano meno di 250 €/mese, la metà paga meno di 380 €/mese, e un quarto paga più di 550 €/mese. Rispetto all’affitto possiamo inoltre osservare come il canone di locazione per le abitazioni di 3 o più locali rimane pressoché inalterato nei valori mediani. È infine interessante evidenziare come sia il mutuo sia il canone di locazione non siano correlati alla tipologia familiare o all’età. 29 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES 3.3 Le altre voci della spesa familiare La spesa per le spese alimentari e per i prodotti per la casa Mediamente le famiglie del Distretto spendono per gli alimentari e i prodotti per la casa 400 €/mese. Tale quota tuttavia varia in modo significativo in funzione della tipologia familiare: andiamo dalle 240 €/mese delle famiglie unipersonali (pari al 41,7% della spesa complessiva) alle 400 €/mese delle coppie senza figli, alle 600 €/mese delle famiglie con figli conviventi, per le quali le spese alimentari sono circa la metà della spesa rilevata dal nostro paniere. La spesa alimentare non è influenzata dai livelli di reddito, a parità di livello di reddito non abbiamo differenze significative nei valori mediani. La spesa per le utenze domestiche Il valore mediano delle spese per le utenze domestiche è di 190 €/mese, varia dalle 150 €/mese delle famiglie unipersonali alle 250 €/mese delle coppie con figli conviventi con età inferiore a 50 anni. Il peso delle utenze domestiche sul paniere da noi rilevato è di circa il 20% della spesa complessiva. La spesa per i trasporti Il valore mediano delle spese per le utenze domestiche è di 174 €/mese, tuttavia si evidenziano differenze molto marcate in funzione dell’età e della tipologia familiare. Le famiglie con capofamiglia inferiore a 50 anni hanno una spesa mediana superiore alle 250 €/mese, dovuta prevalentemente alle spese per gli spostamenti per il lavoro. Le spese per i trasporti hanno un peso non trascurabile sul totale della spesa familiare, pari a circa il 20%, al livello delle utenze domestiche. La spesa per la scuola Le spese scolastiche non sono da valutare nei valori mediani dell’intera popolazione poiché riguardano una fascia molto limitata della popolazione, tuttavia è utile dare un ordine di grandezza per offrire alcuni punti di riferimento in merito alle spese che devono sostenere le famiglie coinvolte. Per i testi scolastici le famiglie che hanno figli che studiano spendono in media 300 €/anno e 100 €/anno per il materiale scolastico; la spesa per ripetizioni è sostenuta dal 9,4% delle famiglie con figli studenti, le famiglie che sostengono questa spesa spendono in media circa 540 €/anno. Le rette per le scuole e l’università, hanno valori molto eterogenei per cui è estremamente rischioso fornire stime affidabili; al contrario è significativo sottolineare come in media le famiglie che hanno figli al nido o alla scuola materna spendano 2.640 €/anno (oltre 220 €/mese) per le rette. La spesa sanitaria La spesa sanitaria riguarda invece la popolazione nel suo complesso: il valore mediano delle spese sanitarie è pari a 60 €/mese ed ha un peso non trascurabile sul nostro paniere, pari al 7,3%. Ovviamente le spese sanitarie sono maggiormente avvertite dalla popolazione anziana, perché le deve sostenere in modo più continuativo, rispetto alla popolazione giovane o adulta. La spesa sanitaria mediana tra le famiglie unipersonali anziane è pari a 50 €/mese (pari al 10,7% della spesa complessiva), la spesa raddoppia per le coppie anziane 100€/mese. 30 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES 4. LE CARATTERISTICHE DELLE FAMIGLIE CON DISAGIO ECONOMICO Dopo aver dato una quadro complessivo della situazione socio-economica delle famiglie del Distretto, con il quarto capitolo approfondiamo l’analisi sulle famiglie che si trovano in situazioni di disagio. Per fare questo lasciamo gli elementi di analisi forniti dalla rilevazione campionaria, che ci hanno aiutato a descrivere un quadro complessivo, per servirci delle informazioni raccolte con le interviste in profondità alle famiglie in situazione di disagio e ai testimoni privilegiati (assessori alle politiche sociali, responsabili comunali dei servizi sociali, operatori del privato sociale). L’analisi si focalizza su quattro tipologie familiari: gli anziani, le famiglie monogenitore, le famiglie con figli e le famiglie straniere. Per ognuna di queste tipologie familiari sono stati sviluppati cinque punti di analisi;lo sviluppo parallelo di questa breve serie di punti consentirà al lettore una lettura sinottica delle categorie delle quattro categorie analizzate. Questi i punti sviluppati per ciascun target. I momenti di criticità. Il primo punto individua quali passaggi della vita o quali accadimenti hanno determinato o acuito la situazione di disagio socio-economico della famiglia. Le difficoltà e i bisogni riferiti dalle famiglie. Il secondo punto di analisi evidenza i bisogni presentati o espressi dalle famiglie. Questa parte riferisce le percezioni delle famiglie e la loro domanda di aiuto ai servizi. I fattori di fragilità che si sono evidenziati. Il terzo punto di analisi è invece relativo agli elementi che indeboliscono o rendono fragile la famiglia; si tratta di fattori di cui la famiglia non sempre è consapevole, ma che quando sono presenti minano la capacità di reazione della famiglia. Le azioni e le strategie messe in atto dalle famiglie. Il quarto punto di analisi affronta le strategie messe in atto dalle famiglie per risolvere la situazione di criticità in cui versano: come hanno reagito, quali azioni hanno compiuto, come hanno attivato la rete familiare e amicale, quando e perché si sono rivolte ai servizi. Il rapporto delle famiglie con i servizi. L’ultimo punto di analisi si riferisce in modo specifico al rapporto delle famiglie con i servizi: quale conoscenza dei servizi, quali i servizi richiesti, quali attivati, quale capacità di interazione con i servizi, con quale grado di fiducia. 4.1 Gli anziani I momenti di criticità. - - La condizione di fragilità degli anziani è legata spesso alla precarietà dello stato di salute, spesso da questo dipende la possibilità di mantenere la situazione familiare entro un alveo gestibile. Il già fragile equilibrio delle famiglie anziane viene fortemente compromesso quando subentra un nuovo carico di cura che si rende necessario entro il nucleo familiare stesso o nell’intorno relazionale più vicino: l’aggravarsi delle condizioni di salute di uno dei due 31 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 - Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES coniugi, oppure l’assistenza e cura verso genitori molto anziani che rimangono soli, o, più raramente, quando si presenta la necessità di accudimento di persone estranee alla famiglia stessa (nipoti, parenti in difficoltà, ecc.). Un altro evento che può fare entrare in crisi la famiglia anziana è la perdita della rete di sostegno parentale o amicale. Gli anziani in particolare hanno avvertito come evento impoverente l’avvento dell’euro che da un lato ha ulteriormente abbassato il potere d’acquisto degli anziani, che è già era percepito come basso, e dall’altro lato gli anziani hanno avuto maggiori difficoltà ad adeguarsi alla differente percezione dei prezzi che con l’euro si è manifestata. Le difficoltà e i bisogni riferiti dalle famiglie. - - Le famiglie anziane sono spesso multiproblematiche, cioè presentano problematicità di natura diversa tra loro strettamente correlate. La fragilità economica si associa spesso ad un bisogno di natura assistenziale derivante dalla non piena autosufficienza di uno dei membri della famiglia. Le necessità di ordine economico per far fronte alle crescenti spese sanitarie e alle spese di prima necessità (utenze, spese per la casa, ecc.). La necessità di assistenza domiciliare socio-sanitaria e socio-assistenziale e laddove questo non è più possibile il bisogno si trasforma nella necessità di servizi di residenzialità. I fattori di fragilità che si sono evidenziati. - - - Il principale fattore di fragilità degli anziani è la salute: dalla salute degli anziani dipende strettamente il loro disagio socio-economico. Il secondo fattore di fragilità è la mancanza di una rete di sostegno familiare o amicale. Le cause possono essere molteplici: lo scarso apporto della rete sociale, l’assenza di familiari perché lontani, perché i rapporti sono interrotti oppure perché gli stessi familiari sono in una situazione di bisogno che non li mette nella possibilità di fornire aiuto. Sicuramente un fattore di fragilità degli anziani è il basso reddito che limita la capacità di reazione ad eventi la cui soluzione richiede risorse economiche eccedenti le possibilità della famiglia. Infine una fragilità è rappresentata dalla bassa capacità degli anziani di accedere alle risorse e alle opportunità che offre il territorio in termini di servizi e di interventi. Ciò è dovuto da un lato alla difficoltà di accesso alle informazioni (poca mobilità, bassa scolarità, difficoltà nell’utilizzo delle nuove tecnologie) e dall’altro anche ad una ritrosia degli anziani che per pudore e per paura di essere stigmatizzati non si rivolgono ai servizi pubblici e del privato sociale. Le azioni e le strategie messe in atto dalle famiglie. - - La prima strategia che gli anziani mettono in atto per cercare di risolvere i problemi e far fronte ai propri bisogni è rivolgersi all’interno del nucleo familiare. Le strategie sono molteplici: in primis sono i familiari a far fronte al lavoro di cura anche con carichi di lavoro molto usuranti. Sul versante economico la prima risposta è la contrazione delle spese (già limitate). Ci si rivolge all’esterno, ai servizi quando la gestione della propria situazione familiare diventa ingestibile. 32 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES Il rapporto delle famiglie con i servizi. - - - Come già detto il primo punto da evidenziare nel rapporto tra gli anziani e i servizi è la difficoltà di accesso: questa è la prima criticità. In merito si ottengono buoni risultati dalla integrazione tra i servizi pubblici e quelli del privato sociale. I servizi a cui accedono le famiglie anziane sono: o Assegno sociale o Servizio di assistenza domiciliare o Integrazione alle rette di ricovero o Supporto da parte del privato sociale La risposta dei servizi appare ancora insufficiente a coprire il bisogno presente nelle famiglie. Il clima relazionale tra famiglie e servizi è valutato prevalentemente positivo. 4.2 Le famiglie con figli I momenti di criticità. - - Il momento di criticità è legato essenzialmente alla perdita del lavoro, in particolare dell’uomo, che a volte e l’unico reddito familiare o comunque il reddito più alto. La perdita del lavoro può avvenire per diverse ragioni: o la ditta fallisce e chiude; o un incidente o un’improvvisa malattia fortemente invalidante; o una difficoltà a “tenere” un lavoro stabile per problemi personali legati a situazioni di disagio sociale e culturale. Un momento di criticità che sta prendendo piede negli ultimi tempi è l’accesso al credito al consumo per beni durevoli (auto, tv, elettrodomestici, ecc.) che abbassa la percezione della spesa, aumentando però nettamente le “spese fisse” della famiglia. Le difficoltà e i bisogni riferiti dalle famiglie. - - - Il bisogno emerso è direttamente riconducibile alla difficoltà di inserimento o di reinserimento nel mondo del lavoro, su posizioni lavorative che garantiscano entrate stabili ed adeguate ai bisogni. Gli altri bisogni che ne conseguono sono principalmente di tipo economico connesse alle spese di prima necessità: per l’abitazione (mutuo o affitto, utenze domestiche, ecc.); per l’alimentazione, per i figli. In alcuni nuclei familiari coesistono anche bisogni di tipo assistenziale quando all’interno sono presenti persone non pienamente autosufficienti. I fattori di fragilità che si sono evidenziati. - Le fragilità di queste famiglie che versano in situazioni di difficoltà nascono dal fatto che nella maggior parte dei casi si tratta di famiglie culturalmente poco attrezzate con forme di disagio sociale. Da ciò ne deriva che queste persone hanno minor capacità di affrontare i problemi e di mettere in atto adeguate soluzioni e di dimostrare “tenuta” nei percorsi di reinserimento lavorativo. 33 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 - - Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES Una seconda fragilità è connessa all’età, spesso la persona da reinserire non è più giovane (la maggior parte ha superato i 40 anni). Questo fattore si somma quindi alle basse condizioni socio-culturali e la difficoltà nel trovare un lavoro aumenta notevolmente. Un terzo fattore di fragilità è la debolezza della dimensione relazionale sia interna al nucleo sia con la rete parentale più stretta, ciò indebolisce le capacita di reazione. Le azioni e le strategie messe in atto dalle famiglie. Le strategie messe in atto dalla famiglia variano molto in funzione delle risorse che la famiglia e i suoi componenti mettono in campo in termini di motivazione e di auto-attivazione. - Nelle famiglie culturalmente meno attrezzate e con problemi di carattere sociale, la strategia che prevale è quella della ricerca dell’aiuto assistenzialistico. È significativo sottolineare che molte delle famiglie intervistate si rivolgevano direttamente agli amministratori (sindaci e assessori) per ricevere un aiuto nella ricerca del lavoro. Ciò riflette che più che informazioni utili alla ricerca del lavoro si cercasse sostegno e aiuto. Prevalgono quindi strategie che percorrono schemi assistenziali, rispetto a strategie di attivazione (percorsi di riqualificazione, formazione, capacità di tenuta). - Una quota minoritaria di famiglie, meno compromesse sul piano del disagio sociale, dimostrano una maggiore capacità di reazione e di adattamento alla nuova situazione e alle nuove condizioni. In questo caso si evidenzia una maggiore capacità di orientarsi tra i servizi non solo socio-assistenziali, ma anche tra quelli che offrono un aiuto nella ricerca di lavoro (centri per l’impiego, agenzie per il lavoro, ecc.) - Più in generale la rete parentale più prossima spesso funge da primo aiuto e svolge una funzione di supporto anche per periodi di tempo prolungati. Il rapporto delle famiglie con i servizi. - - - I servizi a cui accedono le famiglie con figli sono: o buoni spesa; o contributi economici; o riduzione delle tariffe per servizi comunali (mense scolastiche ecc.). Come già detto i rapporti con i servizi appaiono incentrati prevalentemente alla richiesta di un aiuto, piuttosto che di un supporto per mettere in atto percorsi di reinserimento. Le esperienze più efficaci in termini di risultati si realizzano quando all’aiuto “immediato” è collegato un più complessivo percorso sociale di reinserimento e di uscita dalla difficoltà contingente. Un’altra opzione positiva che potenzia l’efficacia degli interventi è la sinergia tra servizi comunali e privato sociale che insieme lavorano sui casi in carico in modo sinergico. Più complesso emerge il raccordo con i servizi per l’inserimento lavorativo. 4.3 Le famiglie monogenitore I momenti di criticità. - La fragilità delle famiglie monogenitore nasce nel momento in cui la famiglia diventa tale, cioè viene a mancare la presenza di uno dei due genitori per separazione o per morte. Spesso al fatto in sé si associa un portato di conflittualità latente o manifesta, che mina la serenità dal contesto familiare e la sua capacità di reazione. 34 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES Le difficoltà e i bisogni riferiti dalle famiglie. - - - Le difficoltà riferite delle famiglie monogenitore sono prevalentemente di tipo economico. Le famiglie monogenitore sono spesso monoreddito con figli a carico e fanno molta fatica a far fronte alle spese quotidiane, alle spese per il pagamento dell’affitto e delle utenze domestiche, alle spese scolastiche dei figli, ecc. Questo momento di crisi economica si presenta soprattutto ma non solo nella fase iniziale della separazione in cui non sono ancora definiti i contributi da parte del coniuge che si allontana dal nucleo. Connesso al primo c’è la presenza di un bisogno di accudimento per i figli che consenta al genitore (alla madre nella quasi totalità dei casi) di svolgere con regolarità l’attività lavorativa che necessariamente deve essere a tempo pieno. Vi è poi una terza area legata al “benessere per i figli”, cioè alla necessita di un supporto, sia materiale sia pedagogico, per una crescita armoniosa e serena dei figli che si percepisce minacciata dalla situazione di separazione. I fattori di fragilità che si sono evidenziati. - - - Il principale fattore di fragilità per le famiglie monogenitore è che i carichi familiari ricadono su una sola persona. Le difficoltà sono quelle delle famiglie monoreddito con l’ulteriore complessità che il carico di cura è sulle spalle di una sola persona con forti problemi di conciliazione tra tempi di lavoro e tempi di cura. Tale situazione può essere ulteriormente acuita quando la rete parentale più prossima non è nella possibilità di offrire un sostegno. Il secondo e il terzo fattore di fragilità sono connessi alla questione di genere. Infatti nella quasi totalità delle famiglie monogenitore la figura di riferimento è una donna. Come abbiamo visto nel capitolo 2, le donne hanno una minore capacità di accesso al mondo del lavoro, inoltre, in alcuni casi, la donna deve affrontare un reinserimento lavorativo in un’età non più giovane, e ciò complica ulteriormente le cose. Il secondo fattore di fragilità connesso alla dimensione di genere è l’aspetto retributivo che, come abbiamo visto, vede le donne decisamente penalizzate rispetto agli uomini. Le azioni e le strategie messe in atto dalle famiglie. - - La prima reazione è quella di contenere le spese, ma ciò diventa difficile in presenza di spese difficilmente comprimibili come quelle per la casa e i servizi di accudimento per i figli. La tendenza che si evidenzia è quella di non chiedere soldi o contributi, ma servizi e/o riduzioni tariffarie. Tra le strategie poste in atto c’è anche quella di rivolgersi ai servizi pubblici e del privato sociale. Il rapporto delle famiglie con i servizi. - C’è una buona dose di accesso ai servizi del privato sociale: Caritas, CAV, Banco Alimentare. L’accesso al servizio pubblico passa prevalentemente attraverso i servizi per i minori, per la richiesta dei servizi stessi e/o per la richiesta di riduzioni tariffarie. 35 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES 4.4 Le famiglie straniere I momenti di criticità. - Il percorso migratorio è sicuramente un passaggio che è di per sé caratterizzato da forti elementi di criticità che qui è inutile ridurre a sintesi. Un secondo momento che nella maggior parte dei casi porta con se un primo passaggio critico è il ricongiungimento familiare con il coniuge (prevalentemente donna) ed i figli. Questo avviene spesso quando le condizioni del capofamiglia sono ancora fragili. Le difficoltà e i bisogni riferiti dalle famiglie. Le difficoltà emerse sono: - La prima difficoltà espressa dalle famiglie straniere intervistate è l’accesso all’abitazione per l’elevato costo delle spese di affitto (mediamente più alto per gli stranieri, a parità di condizioni). Il problema dell’abitazione è strettamente connesso con quello dei ricongiungimenti familiari: rispetto al singolo, la famiglia ha una necessità di spazzi maggiori e di migliore qualità. - La seconda difficoltà è trovare un lavoro stabile e regolare. Gli stranieri non hanno difficoltà ad accedere a lavori scarsamente qualificati e precari; la difficoltà è uscire da questi percorsi per accedere a situazioni più stabili e più vantaggiose sul piano retributivo. - Emerge anche la difficoltà di integrazione nel nuovo contesto, soprattutto legato ai minori ed alle donne. I fattori di fragilità che si sono evidenziati. - - - Il primo fattore di fragilità coincide con la complessità stessa del percorso migratorio. Le aspettative dell’arrivo e della permanenza in Italia sono molto alte, non sempre la realtà che si presenta è all’altezza delle aspettative e richiede notevoli sforzi sia economici sia di adattamento. Come già detto un elemento di fragilità si palesa al momento del ricongiungimento familiare se questo avviene quando la situazione economica e professionale del capofamiglia non si è ancora consolidata. Tuttavia le situazioni di povertà nel paese d’origine fanno apparire comunque vantaggiose le situazioni precarie che trovano in Italia. La mancanza di una rete parentale o amicale di sostegno è un fattore di fragilità. Le azioni e le strategie messe in atto dalle famiglie. - - Gli stranieri presentano una buona capacità di navigare le aree più precarie del lavoro, ma anche di mettere in atto percorsi di crescita delle proprie competenze e possibilità professionali. Una seconda strategia messa in atto è la richiesta di aiuto alle cosiddette reti etniche: parenti, amici e conoscenti del proprio paese d’origine. Gli stranieri presentano una buona conoscenza dei servizi sia pubblici sia del privato sociale. Ciò deriva prevalentemente dal passaparola delle reti etniche. 36 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES Il rapporto delle famiglie con i servizi. - Come già detto le relazioni con i servizi sono molto praticate. Anche a questo proposito le esperienze più positive vedono una profonda integrazione tra pubblico e privato sociale. 4.5 Un lettura trasversale degli elementi emersi Dopo aver affrontato singolarmente i quattro principali target del disagio proviamo ad evidenziare gli elementi comuni, non tanto sul piano dei bisogni, che sono necessariamente diversificati, ma piuttosto su quello delle strategie di fondo. Un primo elemento concerne l’identificazione di griglie di lettura adatte ai livelli di disagio. Possiamo identificare due livelli di disagio: uno meramente economico, relativo a famiglie che vivono momenti di fatica temporanei e un secondo in cui i problemi di natura economica si associano e si correlano a problemi di disagio sociale. Sul primo livello gli interventi si devono giocare prevalentemente su di un piano economico (riduzioni tariffarie, contributi su bando, ecc.) coadiuvati da percorsi di sostegno di durata limitata. Sul secondo livello le strategie di intervento devono essere incentrate su percorsi di reinserimento sociale, in cui la componente economica diventa uno degli aspetti su cui intervenire. Un secondo elemento trasversale a tutte le aree di disagio è l’efficacia di una forte integrazione tra i servizi pubblici e quelli del privato sociale. Questo ha un impatto positivo su due livelli: nell’intercettare tempestivamente le situazioni di disagio e nell’attivare servizi e interventi in modo sinergico e integrato. Il privato sociale ha una presenza più capillare e più prossima alle famiglie con disagio, può quindi arrivare a intercettare quelle situazioni che faticano ad arrivare ai servizi, può quindi svolgere un’importante azione di prevenzione. Nel sistema di erogazione dei servizi la collaborazione diventa fruttuosa quando si arriva a lavorare insieme sul singolo caso in carico, favorendo così la realizzazione di percorsi sociali condivisi ed un uso sinergico delle risorse. Un terzo tema importante è il tema dell’accessibilità dei servizi. Non si tratta solo di erogare i servizi, ma rendere le risorse di cui dispone il sistema territoriale fruibili da tutte le categorie di cittadini. In questa direzione possono giovare alcune piste operative: l’attivazione di strumenti di comunicazione diretta e la creazione di una rete di organizzazioni che faccia comunicazione rispetto ai servizi erogati non solo direttamente, ma da altri soggetti. Sul primo piano rientrano la pubblicazione di brochure per le famiglie, guide ai servizi, carte dei servizi, affissioni, ecc. strumenti che non sono solo efficaci direttamente sui target, ma che contribuiscono ad aumentare la conoscenza di tutta la popolazione residente, favorendo così la diffusione delle informazioni tramite il passaparola. Inoltre l’azione integrata “a rete” delle organizzazioni del pubblico e del privato sociale porta con sé che ognuno veicolando i propri servizi veicola anche i servizi offerti dal sistema degli interventi nel suo complesso. Infine due temi su cui riflettere: casa e lavoro. In tutto il rapporto abbiamo visto come attorno a questi due grandi temi si gioca il discrimine tra le situazioni di agio o di disagio economico. Circa il lavoro il sistema evidenzia ancora una bassa integrazione tra i servizi socio- assistenziali e le agenzie a sostegno dell’inserimento lavorativo (centri per l’impiego, agenzie per il lavoro, aziende del territorio, ma anche enti di formazione professionale). Sul tema della casa, gli interventi si giocano ancora quasi esclusivamente sul piano dei contributi. 37 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES 5. UN’ANALISI DELLA DISTRIBUZIONE DEL REDDITO SECONDO L’INDICATORE I.S.E.E. Questa parte della indagine si propone di condurre una ricognizione della condizione di povertà/benessere della popolazione residente nei Comuni dell’Ambito territoriale del Distretto 5, focalizzata sulla dimensione economica della povertà, attraverso l’utilizzo di una particolare variabile economica: Indicatore della Situazione Economica Equivalente (I.S.E.E.), ex D.Lgs. 130/2000. Nella prassi, gli enti erogatori di prestazioni sociali agevolate hanno fatto ricorso in maniera discrezionale ad una varietà di indicatori di riferimento del disagio economico. A titolo esemplificativo ne citiamo alcuni: - Reddito complessivo del nucleo familiare al lordo dell’IRPEF; - Reddito complessivo del nucleo familiare al netto dell’IRPEF; - Reddito pro-capite; - Reddito del capofamiglia. Con l’entrata in vigore del D. Lgs. 109/98, come modificato dal D. Lgs. 130/2000, il legislatore ha cercato di individuare un criterio unico, a livello nazionale, di misurazione della condizione di ricchezza dei nuclei familiari, imponendo agli enti locali di legare l’erogazione di prestazioni sociali agevolate all’introduzione dell’I.S.E.E.. È questa la motivazione alla base del presente lavoro. La ricerca è stata condotta su un campione di 200 famiglie, estratto nelle stesse modalità del campione complessivo, con l’obiettivo di individuarne le caratteristiche socio-economiche, e, pertanto, fornire al committente gli elementi utili per la definizione dei criteri di accesso alle prestazioni sociali di natura economica (means testing) differenziati a seconda del target di fruitori. Ad esempio, per un programma di contrasto alla povertà, gli amministratori dovranno focalizzare le caratteristiche socio-economiche che presentano i nuclei familiari che occupano il lato più estremo della nostra distribuzione di valori I.S.E.E., come verrà spiegato più avanti. Nel paragrafo successivo è stato inserita una accurata descrizione dell’I.S.E.E. 38 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES 5.1 Quadro giuridico: Indicatore della situazione Economica Equivalente (I.S.E.E.) Il D. Lgs. 109/98, come modificato dal D. Lgs. 130/2000, prevede che l’accesso alle prestazioni agevolate deve avvenire previa verifica, da parte dell’ente erogatore, del disagio economico del richiedente. Le disposizioni individuano nell’Indicatore della Situazione Economica Equivalente, lo strumento di accertamento della condizione economica dei cittadini. La formula matematica per il calcolo dell’I.S.E.E. è la seguente: I.S.E.E. = ISR + 20% ISP9 Parametro di equivalenza - La sigla ISR (Indicatore della Situazione Reddituale) individua la somma delle componenti reddituali, vale a dire: a. reddito complessivo ai fini IRPEF; b. redditi agrari; c. lavoratori frontalieri; d. redditi figurativo dal patrimonio, pari per il 2004 al 5,04% del patrimonio; e. detrazione canone locazione, fino ad un massimo di € 5.164,57. Nella procedura di calcolo dell’ISR non sono inseriti gli emolumenti esenti da tassazione, come quelli di seguito elencati a titolo esemplificativo: 1. indennità di accompagnamento, 2. assegno di pensioni sociale, 3. rendite erogate dall’INAIL, 4. borse di studio, 5. contributi assistenziali una tantum o continuativi, erogati da soggetti pubblici, 6. trattamento di fine rapporto (TFR). L’ente locale erogatore della prestazione sociale agevolata può scegliere di includere nel calcolo dell’I.S.E.E. anche quest’ultime voci, al fine di rilevare tutti gli emolumenti a qualsiasi titolo percepiti, che concorrono alla determinazione della condizione economica del nucleo familiare, e non esclusivamente i redditi “fiscalmente imponibili”10. Questa procedura di calcolo alternativa alla procedura “standard” è denominata dalla letteratura “riparametrazione dell’I.S.E.E.”. - La sigla ISP (Indicatore della Situazione Patrimoniale) è determinata da: a. Patrimonio immobiliare: valore complessivo11 ai fini ICI degli immobili posseduti al 31 dicembre dell’anno precedente a quello di presentazione dell’agevolazione, con una franchigia di € 51.645,69 per l’abitazione principale o detrazione del mutuo di tale abitazione. 9 Il numeratore della formula matematica é chiamato I.S.E. ( indicatore della situazione economica). A tal proposito rimandiamo all'indicatore I.S.E.E.-ERP (Edilizia Residenziale Pubblica), disciplinato dal Regolamento Regionale della Regione Lombardia n. 1/2004, per il cui calcolo é richiesto l'inserimento di qualsiasi emolumenti percepito, anche a carattere assistenziale una tantum. 11 Come si calcola il valore complessivo immobili: Fabbricati classificati A (abitazioni) e B (collegi,…) e C (magazzini, depositi,…) = (valore rendita catastale + 5%) x 100; Fabbricati classificati B e A/10: (valore rendita catastale + 5%) x 50; Fabbricati classificati C/1 (negozi e botteghe): (valore rendita catastale + 5%) x 34; - Terreni Agricoli: (reddito dominicale + 25%) X 75. 10 39 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES b. Patrimonio mobiliare: somma di depositi, c/c bancari e postali, titoli di Stato, obbligazioni (valore nominale), certificati di deposito e credito, buoni fruttiferi e assimilabili (valore nominale), azioni e quote di investimento collettivo del risparmio, partecipazioni azionarie in società italiane o estere quotate, masse patrimoniali, strumenti finanziari, assicurazioni sulla vita (premio annuale), ecc. arrotondando il risultato per difetto ai 500 euro od ai suoi multipli e sottraendo a questo la franchigia di € 15.493,71. (p.e. :€ 1.200, 00 arrotondati a € 1.000, 00). - Parametro (Parametro della scala di equivalenza): Come esplicitato nella sopra indicata formula matematica (1), la somma dell’ISR e del 20% dell’ISP è divisa per il parametro di equivalenza. La scala di equivalenza rispecchia il concetto di “reddito pro-capite”, poiché relaziona la somma dei redditi al numero dei componenti del nucleo familiare. Tuttavia, attraverso il ricorso ai parametri di equivalenza si tiene conto del noto effetto delle economie di scala, secondo cui i consumi si ottimizzano al crescere del numero dei componenti familiari. Nella tabella sottostante è riportata la scala di equivalenza, prevista dal D. Lgs. N. 109/98. In relazione al numero dei componenti il nucleo familiare è associato un parametro di equivalenza. tab. 51 – Scala di Equivalenza Numero componenti nucleo familiare 1 2 3 4 5 >6 Parametro della scala di equivalenza 1,00 1,57 2,04 2,46 2,85 0,35 per ogni ulteriore componente oltre i 5 Fonte: D. Lgs. N°109/98 È necessario specificare che sono considerati componenti del nucleo familiare richiedente tutti i soggetti dichiarati ai fini IRPEF. Inoltre si tiene conto nel calcolo dell’I.S.E.E. dei redditi e dei patrimoni di tutti i componenti familiari. I parametri della scala di equivalenza possono essere soggetti a maggiorazioni nei casi in cui sussistano specifiche situazioni familiari di disagio, come quelle indicate nella tabella seguente: tab. 5.2 – Maggiorazioni scala di equivalenza Valore della maggiorazione Causa 0,2 Presenza nel nucleo di figli minori e di un solo genitore 0,5 0,2 Per ogni componente con handicap psicofisico permanente, ex Legge 104/92 o con invalidità > al 66% Nuclei familiari con minori in cui entrambi i genitori hanno svolto attività lavorative e di impresa per almeno sei mesi dell’anno di riferimento della DSU Fonte: D. Lgs. N°109/98 I dati finora descritti sono rilevati dal richiedente attraverso la compilazione della Dichiarazione Sostitutiva Unica (di seguito definita DSU). Si tratta di un “modulo”, predisposto 40 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES per legge, che sintetizza tutte le indicazioni utili a calcolare l’ISE/I.S.E.E., riferita all’anno precedente a quello della presentazione. La DSU è presentata ai soggetti erogatori della prestazione agevolata, o al Comune o ai entri di assistenza fiscale (CAF) o all’INPS. La legge prevede che questi stessi soggetti assistano il cittadino richiedente nella compilazione della DSU e rilascino, dopo aver effettuato il calcolo ISE/I.S.E.E., per mezzo di un procedura informatica presente sul sito ufficiale dell’INPS, l’attestazione della condizione economica equivalente. Questa certificazione consentirà al cittadino di far richiesta, laddove ne abbia diritto, di prestazioni agevolate. Con l’utilizzo del tracciato fornito dal sito INPS per il calcolo ISE e I.S.E.E., si ottiene il cosiddetto “I.S.E.E. standard”, tuttavia gli enti erogatori di servizi a domanda individuale possono fissare ulteriori criteri di accesso alle agevolazioni, in aggiunta a quelli previsti dal decreto, al fine di garantire maggiori margini di equità distributiva. In questo caso la letteratura parla di “I.S.E.E. riparametrati”, poiché il valore I.S.E.E. dato dalla combinazione delle tre componenti considerate viene corretto da elementi aggiuntivi, in relazione a valutazioni di equità sociale. Ad esempio la previsione di una maggiorazione reddituale per i richiedenti con età maggiore ai 65 anni. 5.1.1 Convezioni con i Centri di Assistenza Fiscale locali La Legge individua nell’INPS, negli enti o soggetti erogatori di prestazioni sociali agevolate, nei Comuni e nei CAF, in convenzione con l’INPS i soggetti di riferimento per l’operazione I.S.E.E.. Sulla base di quest’ultima previsione, l’amministrazione comunale può valutare l’opportunità di affidare ai Centri di Assistenza Fiscale (CAF) locali, convenzionati con l’INPS, il calcolo ISE/I.S.E.E., cioè la compilazione della DSU e il rilascio all’utente della relativa certificazione I.S.E.E.. 5.1.2 Controlli Nella consapevolezza che il controllo della veridicità della dichiarazioni sostitutive uniche presentate dai richiedenti prestazioni sociali agevolate costituisca un elemento determinante ai fini stessi dell’efficacia dell’I.S.E.E., il legislatore ha previsto due diverse tipologie di verifica12: 1. “obbligo per le amministrazioni pubbliche erogatrici di provvedere a controlli, singolarmente o mediante un apposito servizio comune, sulla veridicità della situazione familiare dichiarata e confrontando i dati reddituali e patrimoniali dichiarati dai soggetti ammessi alle prestazioni agevolate con i dati in possesso del sistema informativo del Ministero delle finanze ai fini dei successivi controlli da parte delle stesse pubbliche amministrazioni”; 2. “inclusione nei programmi annuali di controllo fiscale della Guardia di finanza dei soggetti beneficiari di prestazioni agevolate individuati sulla base di appositi criteri selettivi, prevedendo anche l'effettuazione di indagini bancarie e presso gli intermediari finanziari”. Nel primo caso, si tratta del cosiddetto controllo formale, previsto anche dall’art. 4 comma 7 del decreto legislativo 109/98, che consiste in una verifica della corrispondenza di quanto dichiarato ai fini I.S.E.E. rispetto a quanto risulta nella documentazione di pertinenza (dichiarazione dei redditi, dichiarazioni Ici, situazione anagrafica, ecc.) circa le componenti dell’indicatore: vale a dire il reddito complessivo, il patrimonio, mobiliare e immobiliare, i membri del nucleo familiare. Questo tipo di controllo deve essere effettuato dagli enti erogatori, e quindi principalmente dalle 12 T.U. n.445/00, art.71. 41 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES amministrazioni comunali, dalle Università, dall’INPS ecc. i controlli possono essere delle seguenti tipologie: - controlli a campione su una percentuale di domande pervenute ed attinenti al singolo servizio; - controlli puntuali e mirati sulle singole domande, qualora sussistano ragionevoli dubbi sulla veridicità del contenuto delle dichiarazioni sostitutiva uniche rilasciate, se risultino: palesemente inattendibili, contraddittorie rispetto ad altri stati, fatti e qualità del dichiarante, contraddittorie rispetto alle necessità medie di sostentamento del nucleo familiare richiedente, illogiche rispetto al tenore di vita mantenuto dal nucleo familiare del richiedente, desumibile da informazioni diverse da quelle dichiarate ed in possesso dell’Amministrazione comunale erogante. Nel secondo caso, disciplinato dal comma 8 del citato art. 4 D. Lgs. 109/98, si parla di controllo sostanziale affidato alla Guardia di Finanza, che consiste nell’accertamento di quanto effettivamente il cittadino possiede in termini di reddito e di patrimonio. Un terzo attore chiamato dalla normativa all’attività di verifica è l’INPS, in una veste aggiuntiva rispetto al quella di ente erogatore (cioè quale titolare delle prestazioni degli assegni per il terzo figlio e per maternità). Infatti il D. Lgs. 130/00, introducendo la banca dati centralizzata presso l’Istituto, ha di fatto creato un nucleo prezioso di raccolta di informazioni utilizzabili anche a fini di controllo. Innovando l’art. 4 del 109/98, il 130/00 prevede che "L'INPS utilizza le informazioni di cui dispone, nei propri archivi o in quelli delle amministrazioni collegate, per effettuare controlli formali sulla congruenza dei contenuti della dichiarazione sostitutiva unica e segnala le eventuali incongruenze agli enti erogatori interessati". Per quanto riguarda il controllo formale gli enti erogatori, nell’ambito della discrezionalità in merito alle modalità di effettuazione (per tutti i beneficiari, a campione, per categorie, ecc.), hanno necessità di utilizzare banche dati informative aggiornate. L’accesso all’Anagrafe tributaria avviene tramite un servizio dell’Agenzia delle Entrate (SIATEL) istituito con la legge 662/1996 per consentire agli enti locali la gestione della propria autonomia tributaria13 e migliorato nel tempo in termini sia di flessibilità, cioè possibilità di utilizzarlo per ulteriori applicazioni, sia di sicurezza per garantire la più ampia tutela della privacy. Il servizio consente a tutti i Comuni, le Regioni, le Province (nonché comunità montane, consorzi di bonifica ed altri enti territoriali), le ASL e le aziende ospedaliere, le Università e gli enti per il diritto allo studio universitario, le Aler (ex Iacp) e altri enti pubblici, di collegarsi gratuitamente, via web, all’Anagrafe tributaria. I servizi disponibili consentono di effettuare interrogazioni dei dati reddituali dei contribuenti, accedendo alle informazioni derivanti da dichiarazioni Irpef, Irpeg, Iva e Irap, per ogni anno di imposta con dati analitici e di riepilogo riferiti a persone fisiche, società ed enti non commerciali. Sono anche disponibili informazioni inerenti gli atti del Registro nonché le sedi di attività delle imprese ed altro ancora. È possibile accedere anche ai dati anagrafici e verificare la congruenza con quanto in possesso dei Comuni14. 13 art. 3 c. 153 l.662/96: “Ai fini di consentire alle regioni e agli enti locali di disporre delle informazioni e dei dati per pianificare e gestire la propria autonomia tributaria, e' istituito un sistema di comunicazione tra amministrazioni centrali, regioni ed enti locali, secondo i seguenti principi:a) assicurazione alle regioni, province e comuni del flusso delle informazioni contenute nelle banche dati utili al raggiungimento dei fini sopra citati;b) definizione delle caratteristiche delle banche dati di cui alla lettera a), delle modalità di comunicazione e delle linee guida per l'operatività del sistema.” 14 Il comune o l’ente interessato deve inviare una richiesta di accesso alla Agenzia delle Entrate che fornisce una password e le istruzioni per l’attivazione del servizio. 42 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES 5.2 Mandato L’indagine si pone tre obiettivi: 1. tracciare un quadro della distribuzione dei valori I.S.E.E. delle famiglie residenti nel Distretto (appartenenti al nostro campione), evidenziandone le caratteristiche sociodemografiche. 2. Osservare i valori I.S.E.E. e focalizzare l’attenzione sulle caratteristiche sociodemografiche delle famiglie collocate nel 1° quartile e 2° quartile di tale distribuzione, al fine di individuare le potenziali determinanti delle condizioni di povertà. 3. Applicazione dell’I.S.E.E. a tre proposte di modelli tariffari del servizio socio-educativo a domanda individuale di refezione scolastica. 5.3 Breve descrizione metodologica Ci sembra opportuno, in questa fase introduttiva, fornire alcune indicazioni metodologiche, quali: 1. definire gli indici statistici utilizzati nel presente elaborato; 2. spiegare perché la nostra analisi si focalizza sulle caratteristiche socio-economiche delle famiglie i cui valori I.S.E.E. si collocano tra il 1° e 2° quartile della distribuzione. Iniziamo con definire il quartile come un indicatore statistico di posizione. I quartili ripartiscono una distribuzione di valori in 4 parti di pari frequenze (cioè composte dallo stesso numero di unità). Nel nostro caso, la distribuzione oggetto di indagine conta 200 valori, corrispondenti ai valori I.S.E.E. delle 200 famiglie del campione. Il primo quartile è il valore che separa il primo quarto dai tre quarti dei dati più grandi della distribuzione, ovvero il primo 25% del totale. Il secondo quartile è il valore della distribuzione che bi-partisce la distribuzione stessa, ovvero il valore del 50%, (½ del totale). Il terzo quartile è il valore che separa l'ultimo quarto dei dati più grandi dai primi tre quarti della distribuzione, ovvero il 75%. La mediana è il valore centrale di una distribuzione, per cui coincide con il valore del 2° quartile. La media corrisponde al comune concetto di media aritmetica, calcolata come rapporto tra la somma dei valori e il numero complessivo di tali valori. Chiariti questi concetti statistici, possiamo passare al punto 2. Infatti, ipotizziamo di ordinare i duecento nuclei familiari per i valori crescenti dell’I.S.E.E., dal più basso al più alto, e di suddividerli in quartili, ossia in quattro parti di ugual numerosità, in modo tale che il primo quartile (il primo 25% della distribuzione) corrisponde alla parte più povera della distribuzione, mentre l’ultimo quartile corrisponde al 25% più ricco della popolazione. A questo punto risulta più chiaro il motivo per cui la nostra analisi si sofferma sugli aspetti socio-economici delle famiglie del 1° e 2° quartile della distribuzione. È in questa porzione del nostro campione che risiedono i potenziali soggetti a rischio di povertà. Da ciò deriva la nostra proposta di far coincidere la soglia di accesso a programmi di contrasto alla povertà o di assistenza economica con il valore I.S.E.E. del 1° quartile, poiché al di sotto di questo valore vi sono le famiglie più povere. 43 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES Tuttavia le prestazioni sociali agevolate, a cui si applica l’I.S.E.E., spaziano dai programmi di contrasto alla povertà, i cui i destinatari sono soggetti in condizione di estrema indigenza, fino ai servizi educativi a domanda individuale, il cui target presenta caratteristiche economiche di notevole eterogeneità. Per questi ultimi, ad esempio, è possibile pensare che la soglia di accesso alle tariffe agevolate possa essere spostata dal valore I.S.E.E. del 1° quartile a quello del 2° quartile. Rimane assodato che queste sono solo proposte metodologiche che dovranno essere prese in considerazione dagli amministratori sia rispetto agli effetti finanziari che produrrebbero sul bilancio che in relazione a valutazioni di natura politica-ideologica. 5.4 Concentrazione della ricchezza Riteniamo utile avviare l’indagine con una stima del grado di concentrazione della ricchezza, ovvero della disuguaglianza nella distribuzione di reddito del campione, facendo ricorso a due strumenti di “verifica dei mezzi” (means testing): “reddito equivalente”15 e l’I.S.E.E. Come detto nel paragrafo precedente, ipotizziamo di ordinare i duecento nuclei familiari per i valori crescenti dell’I.S.E.E., dal più basso al più alto, e di suddividerli in quartili, ossia in quattro parti di ugual numerosità, in modo tale che il primo quartile (il primo 25%) corrisponde alla parte più povera della distribuzione, mentre l’ultimo quartile corrisponde al 25% più ricco della popolazione. La porzione della popolazione in condizioni di maggior indigenza, cioè quella collocata nel 1° quartile possiede il l’8,57% del totale della ricchezza rilevato, mentre le famiglie più ricche ne detengono quasi il 46,22%. Tali percentuali rimangono pressoché simili se consideriamo il reddito equivalente anziché l’I.S.E.E.. tab. 5.3 – Concentrazione della ricchezza Quartili 1° 2° 3° Valori soglia quartili 12.074,75 20.159,38 28.424,82 118.909,14 Totale ricchezza I.S.E.E. 384.667,88 820.990,16 1.207.405,16 2.074.138,02 4.487.201,21 Valore % 8,57% 18,30% 26,91% 46,22% 100,00% Totale ricchezza reddito equivalente 408.308,31 841.235,12 1.157.078,14 1.804.171,24 4.210.792,80 Valore % 9,70% 19,98% 27,48% 42,85% 100,00% Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007 15 Il reddito equivalente è uno dei possibili indicatori della condizione economica del nucleo familiare. Esso viene utilizzato come strumento per la “prova della capacità economica” di un individuo o di un nucleo familiare. Si calcola dividendo il reddito complessivo di una famiglia per i valori equivalenti. 44 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES graf. 1 – Concentrazione della ricchezza 50,00% 45,00% 46,22% 42,85% 40,00% 35,00% 30,00% 26,91% 27,48% 25,00% 19,98% 18,30% 20,00% 15,00% 10,00% 9,70% 8,57% 5,00% 0,00% 1 2 ISEE 3 4 REDDITO EQUIVALENTE Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007 5.5 La struttura distributiva dei valori I.S.E.E.: quartili e mediane Al fine di rappresentare la struttura distributiva dei valori I.S.E.E. rilevata sul nostro campione di 200 famiglie, come già anticipato nel paragrafo precedente, abbiamo ordinato in maniera crescente tutti i valori I.S.E.E. calcolati, e successivamente, li abbiamo suddivisi in quattro parti di ugual numerosità (quartili), cioè in quattro parti tutte composte da 50 nuclei familiari. Pertanto: - nel 1° quartile ricadono il 25% delle famiglie, che rappresenta la porzione della distribuzione con i valori I.S.E.E. più bassi; - nel 2° quartile ricadono il 50% delle famiglie con i valori I.S.E.E. più bassi; - il 3° quartile separa il 75% della distribuzione dal restante 25% delle famiglie con valori I.S.E.E. più alti. Tale distribuzione presenta le seguenti caratteristiche: - Nel 1° quartile della distribuzione si concentrano tutte le famiglie del Distretto che hanno un I.S.E.E. inferiore a 12.074,75, vale a dire i nuclei familiari con le minori risorse economiche. - Il valore mediano I.S.E.E. della distribuzione è pari a 20.159,00. Mentre il valore I.S.E.E. medio è pari a 22.436,00. 45 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES Nelle distribuzioni di indicatori di condizione economica (nel nostro caso l’I.S.E.E.) il valore mediano/medio assume un’importanza strategica nella scelta della soglia di povertà o nella fissazione delle tariffe per i servizi sociali a domanda individuale. tab. 5.4 – Indicatori della distribuzione Indicatori I.S.E.E. medio I.S.E.E. mediano Reddito mediano equivalente Reddito mediano Valori 22.436 20.159 21.054 19.330 Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007 tab. 5.5 – I quartili Quartili 1° 2° 3° Percentuale cumulata 25% 50% 75% 100% Valori soglia quartili 12.074,75 20.159,38 28.424,82 118.909,14 Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007 5.6 La struttura distribuiva dell’I.S.E.E. per caratteristiche demografiche del nucleo familiare In questa parte dell’indagine cerchiamo di valutare come varia il valore dell’I.S.E.E. in riferimento alla tipologia di famiglia e all’età della persona di riferimento (capofamiglia), attraverso una tabella a doppia entrata. tab. 5.6 – I.S.E.E. mediano tipologia familiare - classi di età (Il valore I.S.E.E.: confronto per tipologia familiare e per classi d’età) Unipersonale Monogenitore Col. b Coppie senza figli Col. c Coppie con figli Col. d Col. a 22.547,00 24.674,00 21.960,5 13.091,00 22.253,75 5.544,20 9.547,96 15.547,32 21.741,01 12.547,64 36.542,68 30.965,61 19.230,21 15.171,34 25.097,91 13.398,21 20.032,14 21.696,62 20.096,19 20.032,14 Classe d’età Fino a 34 anni Da 35 a 49 anni Da 50 a 64 anni Oltre i 65 anni Valore mediano Altre tipologie Col. e 23.957,55 25.707,34 11.246,33 9.190,45 17.601,94 Valore mediano Col. f 22.547,00 24.674,00 19.230,21 15.171,34 Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007 Osservando la col. a della tabella 6, quella delle famiglie unipersonali (composte da una persona), l’I.S.E.E. mediano che presenta il valore più basso appartiene ai nuclei familiari ultrasessantacinquenni, mentre il valore più elevato è quello delle famiglie con età tra i 35 e 49 anni, a dimostrazione della maggiori possibilità di guadagno che hanno gli individui nel mezzo della propria carriera professionale. Pertanto, le famiglie unipersonali peggiorano il loro livello di benessere economico con l’avanzare dell’età. Tale osservazione può essere mutuata per le coppie senza figli (col. c), che passano da un valore I.S.E.E. pari a 36.542,68 per le famiglie fino a 34 anni a un I.S.E.E. di 15.171,34 per i nuclei con capofamiglia ultrasessantacinquenni. Situazione inversa si verifica per le famiglie monogenitoriali (colonna b), che migliorano la propria condizione con l’avanzare dell’età della persona di riferimento e, ovviamente, dei figli, che 46 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES passano da una condizione di “soggetti a carico” a uno stato di “percettori di reddito”. Lo stesso andamento può essere osservato per le famiglie con figli (col. d), che vedono migliorare il valore dell’I.S.E.E. con l’avanzare dell’età della persona di riferimento. In sintesi: Le famiglie unipersonali riducono il proprio stato di autonomia economica all’avanzare dell’età della persona di riferimento, a differenza delle coppie con figli e dei monogenitori, per i quali il fattore di cumulo della ricchezza determina un miglioramento delle capacità economiche. Un elemento comune a tutte le tipologie di famiglia è dato dal peggioramento delle proprie condizioni economiche quando il capofamiglia supera i 65 anni. Questa osservazione è valida anche per la categoria “altre tipologie”. I valori I.S.E.E. più bassi appartengono ai nuclei composti da un solo genitore in età giovane, presumibilmente con minori a carico. Non a caso, abbiamo riscontrato la mancanza di nuclei monogenitore nel 25% delle famiglie più ricche. Il valore I.S.E.E. mediano di tale tipologia di famiglia è pari a 12.547,64 (ult. riga – col. b). Il contenuto della tabella 6 è stato rappresentato nel grafico 2 graf. 2 – Struttura distributiva I.S.E.E. per tipologia familiare e classi di età 40.000 35.000 30.000 25.000 20.000 15.000 10.000 5.000 0 Fino a 34 anni Da 35 a 49 anni UNIPERSONALE COPPIE CON FIGLI Da 50 a 64 anni MONOGENITORE ALTRE TIPOLOGIE Oltre i 65 anni COPPIE SENZA FIFLI Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007 Nei due grafici successivi è rappresentato singolarmente l’andamento I.S.E.E. mediano: nel grafico n. 3 è raffigurato l’andamento I.S.E.E mediano rispetto all’età e nel grafico n. 4 è rappresentato il valore I.S.E.E. mediano corrispondente a ciascuna tipologia di nucleo familiare. 47 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES graf. 3 – Distribuzione I.S.E.E. per classi di età 30.000,00 25.000,00 20.000,00 15.000,00 10.000,00 5.000,00 0,00 Fino a 34 anni Da 35 a 49 anni Da 50 a 64 anni Oltre i 65 anni ISEE MEDIANO Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007 graf. 4 – Distribuzione I.S.E.E. per tipologia familiare - 30.000,00 25.000,00 20.000,00 15.000,00 10.000,00 5.000,00 0,00 UNIPERSONALE MONOGENITORE COPPIE SENZA FIGLI COPPIE CON FIGLI ALTRE TIPOLOGIE ISEE MEDIANO Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007 48 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES 5.7 Le caratteristiche socio-demografiche delle famiglie appartenenti al 1° e 2° quartile In questo paragrafo osserveremo le caratteristiche demografiche e sociali delle famiglie collocate nel 1° quartile dei nuclei familiari economicamente più poveri. Come detto in precedenza, si tratta di individuare l’area potenziale del rischio di impoverimento di determinate categorie di individui o nuclei familiari. Il valore aggiunto che deriva dalla descrizione dei valori delle variabili socio- demografiche delle famiglie collocate nel 1° quartile sta nella possibilità di fornire agli amministratori locali informazioni utili alla progettazione di policy efficaci di contrasto alle determinanti della povertà. In aggiunta a questo finalità e in relazione ai contenuti che verranno trattati nella seconda parte del presente lavoro, abbiamo esteso l’indagine in oggetto anche alle famiglie collocate nel 2° quartile. tab. 5.7 – Caratteristiche socio-demografiche a confronto Classi di età Fino a 34 anni Da 35 a 49 anni Da 50 a 64 anni Oltre i 65 anni Tipologia familiare Unipersonali Monogenitore Coppie senza figli Coppie con figli Altre tipologie N. Percettori reddito Nuclei con 1 Nuclei con 2 r Nuclei con +3 r Nuclei senza reddito Professione capofamiglia Pensionati Dipendenti impiegato Autonomi/commerciati/liberi professionisti Casalinga Operaio Dirigente Disoccupato Titolo di godimento dell’abitazione Altro-usufrutto Nuclei in proprietà Nuclei in affitto 1° quartile 2° quartile 1° e 2° quartile Totale campione col. d col. a col. b col. c 8,00% 30,00% 18,00% 44,00% 16,00% 26,00% 22,00% 36,00% 12,00% 28,00% 20,00% 40,00% 12,00% 32,00% 24,50% 31,50% 28,00% 20,00% 18,00% 30,00% 4,00% 32,00% 6,00% 14,00% 42,00% 6,00% 30,00% 13,00% 16,00% 36,00% 5,00% 28,50% 10,50% 19,50% 35,50% 6,00% 80,00% 18,00% 0,00% 2,00% 50,00% 48,00% 2,00% 0,00% 65,00% 33,00% 1,00% 1,00% 50,0% 42,0% 7,5% 0,5% 42,00% 20,00% 44,00% 36,00% 43,00% 28,00% 39,5% 31,5% 14,00% 8,00% 11,00% 11,0% 2,00% 22,00% 0,00% 0,00% 0,00% 8,00% 2,00% 2,00% 1,00% 15,00% 1,00% 1,00% 1,0% 12,0% 4,0% 1,0% 4,00% 84,00% 12,00% 4,00% 86,00% 10,00% 4,00% 85,00% 11,00% 3,0% 87,0% 10,0% Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007 49 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES Infatti, nella tabella 5.7 sono state messe a confronto le caratteristiche dei nuclei familiari appartenenti al 1° quartile e 2° quartile (rispettivamente col. a e col. b) con quelle rilevate dal campione (col. d), in ordine alle seguenti variabili: a. classi di età, b. tipologia familiare, c. n. percettori reddito, d. tipo di professione della persona di riferimento, e. titolo di godimento abitazione. La somma dei valori del 1° e 2° quartile è inserita nella col. c. Quali sono gli elementi che risaltano dalla lettura della tabella 7: - le famiglie composte da persone anziane costituiscono il 40% delle famiglie in condizione di difficoltà economica (col. c), mentre la loro percentuale sul campione è solo del 31,50%; - tra le famiglie più povere sono sottorappresentati i nuclei familiari delle classi di età intermedie: 48% nel 1° e 2° quartile (col. c) contro il 56,5% (colonna d); - la quota di famiglie monoparentali nel 1°quartile è molto più elevata (20,00%) rispetto alla quota percentuale di monogenitori sul totale del campione; - le famiglie senza figli sono maggiormente concentrate tra le famiglie più ricche; - i nuclei familiari percettori di un solo reddito costituiscono l’80% nel primo quartile, contro una percentuale del 50% sulla totalità dei 200 nuclei familiari; mentre non sono presenti nel 1° e 2° quartile, se non nella misura del 1%, nuclei familiari con 3 percettori di reddito; - le professioni sovrarappresentate nel 1° e 2° quartile rispetto al campione, sono i pensionati e operai; - i nuclei familiari in affitto e in usu-frutto sono presenti in proporzioni superiori tra i nuclei familiari più poveri, ovvero nel 1° quartile. Ultima tappa della nostra indagine è data dall’elaborazione di una tabella a doppia entrata (tabella 8), in cui si è ripartito il totale dei nuclei familiari appartenenti al 1° quartile per “tipologie di famiglie - età del capofamiglia”. Questa tabella ci dice quali sono le tipologie familiari a maggiore rischio di disagio economico e a quale età tale rischio è accentuato. Gli “ultrasessantacinquenni soli” (col. a penultima riga) costituiscono la tipologia familiare più numerosa tra i 50 nuclei familiari più poveri. Anche le famiglie con figli costituiscono il 24% delle famiglie del 1° quartile, cumulando le frequenza delle due classi di età centrali 35-64. Mentre le famiglie senza figli non sono presenti nelle fasce di età centrali del lato più povero della distribuzione. Mentre toccano una percentuale del 16% valicata la soglia dei 65 anni. tab. 5.8 – Numerosità nuclei familiari per tipologia familiare - classi di età del 1° quartile Unipersonale Monogenitore Col. a 0,0% 6,0% 2,0% 20,0% 28,0% Col. b 2,0% 10,0% 4,0% 4,0% 20,0% Classe d’età Fino a 34 anni Da 35 a 49 anni Da 50 a 64 anni Oltre i 65 anni Totale Coppie senza Coppie con figli Altre tipologie Totale figli Col. c Col. d Col. e Col. f 2,0% 4,0% 0,0% 8% 0,0% 14,0% 0,0% 30% 0,0% 10,0% 2,0% 18% 16,0% 2,0% 2,0% 44% 18,0% 30,0% 4,0% // Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007 50 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES Infine: - Abbiamo riscontrato che il valore mediano I.S.E.E. più basso corrisponde alle famiglie composte da un solo genitore (vedi tab. 5.6). A questo dato possiamo aggiungere che il 57,14% delle famiglie monoparentali ha il capofamiglia donna. Quasi il 60% dei nuclei familiari con genitore solo di sesso femminile è collocato nel 1° quartile, cioè nei primi 50 nuclei familiari più poveri. - Le famiglie unipersonali di ultrassessantacinquenni costituiscono un quinto del primo quartile e sono tutte donne. Il 60% di esse vive in una casa in locazione. La totalità dei nuclei in affitto è costituita da donne ultrasessantacinquenni, pensionate e uniche percettrici di reddito. 5.8 Analisi comparata dei valori I.S.E.E. contenuti nella banca dati INPS Il calcolo della povertà “economica” viene comunemente effettuato stabilendo una soglia di povertà di riferimento e definendo poveri tutti i nuclei familiari o individui al di sotto di tale soglia. La letteratura suggerisce due possibili modalità di individuazione della soglia di povertà in una distribuzione di valori: - soglia I.S.T.A.T. (povertà assoluta) corrisponde all’importo della spesa per consumi media pro-capite, rilevata annualmente dall’indagine sui consumi delle famiglie italiane effettuata dall’ISTAT, per una famiglia di due persone; - soglia EUROSTAT (povertà relativa): 60% del valore della mediana della distribuzione in oggetto. Nella tabella 9 è indicata la soglia di povertà calcolata secondo la modalità EUROSTAT della nostra distribuzione. Per concludere la prima parte del presente elaborato abbiamo riportato nella tabella 9 i valori I.S.E.E. contenuti nel “Rapporto I.S.E.E. 2006”16, relativo ai dati contenuti nella banca dati INPS, relativi all’I.S.E.E. nell’anno 2004. Possiamo osservare che sia il valore I.S.E.E. mediano del Distretto di Melzo che quello relativo alla soglia di povertà EUROSTAT risultano di gran lunga superiore ai valori mediani I.S.E.E. del nord-ovest presenti nella banca dati INPS. tab. 5.9 – Comparazione del valore I.S.E.E. distrettuale con altri contesti territoriali I.S.E.E. media nazionale I.S.E.E. mediano nazionale I.S.E.E. media nord-ovest I.S.E.E. mediano nord-ovest Soglia di povertà Distretto 5 (60% mediana) Valore I.S.E.E. 1° quartile 2002 7.610,00 5.960,00 - 2003 8.120,00 6.370,00 - 2004 8.260,00 6.510,00 9.940,00 8.080,00 2005 12.095,4 12.074,75 Fonte INPS – Rapporto I.S.E.E. 2006 16 È l’ultimo dei rapporti pubblicati dal Dipartimento Affari Economici della Presidenza del Consiglio e dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. 51 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES 5.9 Applicazione dell’I.S.E.E. ai sistemi tariffari La seconda parte del lavoro è rivolta ad analizzare le modalità applicative dell’I.S.E.E. ai modelli tariffari dei servizi sociali a domanda individuale. L’I.S.E.E. è uno istituto normativo distinto ed indipendente dai sistemi di tariffazione, tuttavia tra i due strumenti esiste una stretta associazione, poiché entrambi rispondono all’esigenza di dare concreta realizzazione ai criteri di equità distributiva: il primo come mezzo di misurazione della capacità economica delle famiglie e il secondo come strumento di ripartizione dei costi e delle risorse esistenti su un determinato territorio. Nella prima fase, andiamo ad illustrare brevemente alcuni elementi teorici dei modelli di tariffazione. Nella seconda parte ci soffermiamo sulla descrizione di tre possibili ipotesi di sistemi tariffari da applicare al servizio di refezione scolastica: a. Modello proporzionale a tariffa a personalizzata; b. Modello a scaglioni; c. Modello misto. tab. 5.10 – Distribuzione valori I.S.E.E. delle famiglie con figli tra 3-14 anni N. 1° quartile 1 2 3 4 5 6 7 8 2° quartile 9 10 11 12 13 14 15 3° quartile 16 17 18 19 20 I.S.E.E. n. figli 3-14 anni 4.329,70 7.166,96 8.597,37 9.114,29 9.613,33 10.312,13 11.755,26 11.794,72 2 2 1 2 1 2 1 1 14.419,55 14.638,72 14.804,51 17.980,45 18.565,36 19.121,05 19.366,49 2 2 2 2 2 2 2 23.897,36 26.917,67 27.798,81 30.035,71 118.909,14 2 2 3 2 3 38 Totale Fonte INPS – Rapporto I.S.E.E. 2006 52 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES Il servizio di refezione scolastica ci è sembrato particolarmente indicato per esemplificare l’applicazione di sistemi tariffari. Allo scopo abbiamo estrapolato dal nostro campione di 200 famiglie, il potenziale bacino di utenza del servizio di refezione scolastica, vale a dire tutte le famiglie con figli in età tra 3-14 anni. Nella tabella 10 è riportata la distribuzione di valori I.S.E.E. delle famiglie con figli in età tra 3-14 anni, il cui numero complessivo è di 20 unità. I primi 8 nuclei familiari si collocano nel 1° quartile e i successivi 7 nuclei familiari appartengono al 2° quartile, mentre appartengono al 3° quartile le restanti 5 famiglie. È interessante notare che il 75% di famiglie con minori in età scolare è concentrata nei primi due quartili della distribuzione, ovvero tra le famiglie meno agiate. 5.9.1 Principi generali dei sistemi tariffari L’utilizzo di strumenti tariffari e, in genere, il ricorso a forme di compartecipazione al costo dei servizi a domanda individuale si è imposto agli enti locali a seguito delle numerose riforme in materia di autonomia e decentramento fiscale. Nella definizione delle politiche tariffarie agevolate è possibile agire su due variabili: 1. la tariffa. La legge Finanziaria 2002 (l. n. 448/ 2001), all’articolo 29 prevede che “le amministrazioni (…) possono inoltre ricorrere a forme di autofinanziamento al fine di ridurre progressivamente l’entità degli stanziamenti e dei trasferimenti pubblici a carico del bilancio dello Stato, grazie ad entrate proprie, derivanti dalla cessione dei servizi prodotti o della compartecipazione alle spese da parte degli utenti del servizio.” La tariffa rappresenta il corrispettivo pagato dall’utente per la fruizione del servizio richiesto. La sua entità corrisponde ad una percentuale di contribuzione dell’utente al costo del servizio, senza necessariamente corrispondere con il suo costo pieno o il suo prezzo. Infatti la tariffa è diversa dal prezzo del servizio, sebbene questi possano coincidere. Ciò che differenzia i due concetti La tariffa di un servizio è diversa dal suo prezzo, sebbene questi possano coincidere. Il prezzo viene fissato secondo le regole di mercato e copre il costo del servizio, mentre la tariffa è uno strumento di cui si servono le amministrazioni pubbliche per controllare l’erogazione dei servizi pubblici, avvalendosi di valutazione politiche. Infatti le tariffe possono essere strumentali al fini pubblici di: - contenimento o stimolo la domanda; - responsabilizzare l’utenza: preferenza per un prezzo “politico” piuttosto che l’erogazione gratuita del servizio. 2. le soglie di accesso. Costituiscono assieme alla tariffa, l’elemento cardine su cui si gioca il principio della discriminazione all’accesso agevolato ai servizi a domanda individuale. Nei sistemi tariffari viene definito: - un valore I.S.E.E. minimo, che indica il valore entro il quale si ha diritto al pagamento di una tariffa minima o alla gratuità del servizio. - valore I.S.E.E. massimo, che esprime la soglia di accesso oltre la quale non si può usufruire di prestazioni agevolate, ovvero l’utente è tenuto a pagare la tariffa piena. Le decisioni relative all’individuazione delle soglie di accesso e delle modalità di compartecipazione al costo del servizio sono il risultato degli orientamenti politici degli amministratori locali, che propenderanno per un modello o per un altro a seconda della proprie convinzioni etiche o valoriali, o per tutelare una particolare categoria di utenti piuttosto che un’altra. 53 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES Prima di passare all’esame delle tre tecniche di tariffazione, ci è sembrato opportuno illustrarne i presupposti comuni, pertanto si è scelto, a titolo di esempio, che: a. tutti i nuclei collocati nel 1° e 2° quartile fossero ammessi a beneficiare di una tariffa agevolata del servizio di refezione scolastica, ovvero una tariffa inferiore a quella massima; di conseguenza il limite massimo è fatto coincidere con il valore I.S.E.E. soglia del 2° quartile = 20.159,00. b. la tariffa massima coincidesse con il costo unitario del pasto giornaliero, il cui importo è fissato a € 4,00. In tal modo le famiglie che pagano € 4,00 coprono il costo unitario del servizio al 100%. Qui si pone un ulteriore interrogativo: cosa si intende per costo unitario? Quali voci economico-finanziarie comprende? La modalità di determinazione del costo unitario di un servizio richiederebbe una trattazione specifica sulle tecniche di costing, nonché una analisi puntuale dei capitoli del P.E.G. In questa sede risulterebbe poco funzionale soffermarsi sugli strumenti manageriali di definizione dei costi. Diversamente, un affondo di questo tipo è indispensabile in una fase successiva del percorso di implementazione dell’I.S.E.E., incentrata sulla simulazione completa di un sistema tariffario. Con i dati a nostra disposizione non è possibile effettuare una simulazione sugli effetti sociali e finanziari dell’implementazione di un sistema tariffario con l’utilizzo dell’ I.S.E.E. 5.9.2 1a ipotesi: Modello proporzionale La prima ipotesi è un modello tariffario proporzionale/lineare con tariffa personalizzata. Le famiglie con un valore I.S.E.E. <= 20.159,00, cioè delle famiglie del 1° e 2° quartile, pagheranno una tariffa proporzionale alle proprie capacita contributive. La tariffa sarà calcolata secondo la seguente formula : Tariffa = (tariffa MAX x I.S.E.E. nucleo) I.S.E.E. soglia MAX dove la tariffa MAX è € 4,00; In sintesi: tab. 5.11 – Modello proporzionale a tariffa personalizzata I.S.E.E. 0 < = I.S.E.E. < = 20.159,00 I.S.E.E. > 20.159,00 Tariffa Tariffa = (tariffa MAX x I.S.E.E. nucleo) / I.S.E.E. soglia MAX € 4,00 Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007 L’applicazione del modello proporzionale sopraindicato: - garantisce il rispetto del principio di equità, poiché i nuclei ritenuti “meritevoli di una tariffa agevolata” pagheranno una quota parte del costo unitario del servizio, in proporzione al proprio livello di benessere; 54 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 - - Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES Il principio di proporzionalità non è applicato alle famiglie del 3° e 4° , il 25% della distribuzione delle famiglie con figli tra vi 3-14 anni, pagheranno a copertura del costo pieno del servizio; la gratuità per i valori I.S.E.E. nulli. tab. 5.12 – Applicazione del modello proporzionale N. I.S.E.E. n. figli 3-14 anni TARIFFA UNICA Spesa giornaliera a carico delle famiglie 1° quartile 1 4.329,70 2 € 0,86 € 1,72 2 7.166,96 2 € 1,42 € 2,84 3 8.597,37 1 € 1,71 € 1,71 4 9.114,29 2 € 1,81 € 3,62 5 9.613,33 1 € 1,91 € 1,91 6 10.312,13 2 € 2,05 € 4,10 7 11.755,26 1 € 2,33 € 2,33 8 11.794,72 1 € 2,34 € 2,34 9 14.419,55 2 € 2,86 € 5,72 10 14.638,72 2 € 2,90 € 5,80 11 14.804,51 2 € 2,94 € 5,88 12 17.980,45 2 € 3,57 € 7,14 13 18.565,36 2 € 3,68 € 7,36 14 19.121,05 2 € 3,79 € 7,58 15 19.366,49 2 € 3,84 € 7,68 16 23.897,36 2 € 4,00 € 8,00 17 26.917,67 2 € 4,00 € 8,00 18 27.798,81 3 € 4,00 € 12,00 19 30.035,71 2 € 4,00 € 8,00 20 118.909,14 3 € 4,00 € 12,00 Totale 38 2° quartile 3° quartile € 115,73 Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007 5.9.3 2a ipotesi: Modello a scaglioni Questa proposta corrisponde a uno dei modelli più utilizzati negli enti locali: tariffa agevolata a scaglioni. Il modello è illustrato nella tabella “ Modello a scaglioni”: - Il limite massimo di accesso è pari a I.S.E.E. a 20.159,10 e il pagamento della tariffa piena/massima di € 4,00 per tutte le famiglie con I.S.E.E. >= 20.159,00. - Il numero delle fasce di agevolazione è fissato a 5. I valori soglia degli scaglioni sono stati determinati nella modalità illustrata nella tabella 13 (col. b). - Le tariffe agevolate (col. c) corrispondono a cinque diverse quote di compartecipazione al costo unitario del pasto giornaliero (col. d). 55 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES tab. 5.13 – Modello a scaglioni Categorie I.S.E.E. Valore soglia fascia Tariffa Col. A Col. b 0 < I.S.E.E.< 25% di 20.159,10 25% < I.S.E.E.< 50% di 20.159,10 50% < I.S.E.E.< 75% di 20.159,10 75% < I.S.E.E.< 100% di 20.159,10 Col. c 0 < = I.S.E.E. < = 5.039,75 5.039,76 < I.S.E.E. < = 10.079,50 10.079,51 < I.S.E.E. < = 15.119,25 15.119,25 < I.S.E.E. <= 20.159,10 I.S.E.E. > 20.159,10 Quote di compartecipazione al costo Col. d € 0,80 20% di € 4,00 € 1,60 40% di € 4,00 € 2,40 60% di € 4,00 € 3,20 80% di € 4,00 € 4,00 100% di € 4,00 Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007 Applicando questo modello alla nostra distribuzione abbiamo: tab. 5.14 – Applicazione del modello a scaglioni Categorie I.S.E.E. 0 < = I.S.E.E. < = 5.039,75 5.039,76 < I.S.E.E. < = 10.079,50 10.079,51 < I.S.E.E. < = 15.119,25 15.119,25 < I.S.E.E. <= 20.159,10 I.S.E.E. > 20.159,10 Totale Tariffa € € € € € 0,80 1,60 2,40 3,20 4,00 N. famiglie N. figli 1 4 6 4 5 20 2 6 10 8 12 38 Importo giornaliero € 1,60 € 9,60 € 24,00 € 25,60 € 48,00 € 108,80 Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007 5.9.4 3a ipotesi: Modello misto Il modello tariffario che andiamo ad illustrare contiene alcuni elementi del modello proporzionale e altri del modello a scaglioni. Possiamo definirlo come un modello proporzionale con tre aree a tariffa fissa. Il modello è illustrato nella tabella 15 “Modello Misto”. - Non è previsto l’accesso gratuito al servizio. Le famiglie che hanno un I.S.E.E. compreso tra 0 e 4.000,00 pagheranno una tariffa una tantum per l’intero anno di € 100,00. - La tariffa massima per famiglie con I.S.E.E. > 20.159,00 è fissata a € 4,00. - La tariffa agevolata personalizzata è calcolata con modalità proporzionale per famiglie con I.S.E.E.< = 20.159,00, secondo la stessa formula utilizzata nel modello proporzionale: - Tariffa = (tariffa MAX x I.S.E.E.) / I.S.E.E. soglia MAX; - La previsione di una tariffa superiore al costo unitario del pasto giornaliero per le famiglie con I.S.E.E. > 80.000,00 pari ad € 5,00. 56 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES tab. 5.15 – Modello Misto Categorie I.S.E.E. col. a 0 < = I.S.E.E. < = 1.000,00 1.000,01 < I.S.E.E. < = 20.159,00 I.S.E.E. > 20.159,00 I.S.E.E. > 80.000,00 Totale Tariffa col. b %compartecipazione al costo col. c € 100,00 intero anno Una tantum 0,00 proporzionale 67,73 100% 125% 36,00 15,00 118,73 Tariffa = (tariffa MAX x I.S.E.E. nucleo) / I.S.E.E. soglia MAX € 4,00 € 5,00 Spesa giorn. a carico famiglie col. d Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007 Rispetto al proporzionale puro, in questa ipotesi non è contemplata la gratuità del servizio, mentre è prevista una tariffa minima, che potrebbe rispondere alla finalità pubblica di responsabilizzazione dell’utenza. L’altra novità è costituita dalla previsione di una tariffa superiore al costo del pasto, che l’amministrazione comunale potrebbe introdurre con finalità re- distributive della ricchezza, come avviene nei sistemi fiscali. 5.10 Conclusioni e prospettive La nostra trattazione si è conclusa con l’illustrazione, tutt’altro che esaustiva, di alcune delle numerose modalità operative di tariffazione. Il processo di implementazione di un sistema tariffario richiederebbe ulteriori sviluppi rispetto ai contenuti metodologici fin qui forniti, tuttavia i dati a nostra disposizione non ci permettono di spingerci oltre la mera esemplificazione di casi teorici. Uno studio di fattibilità sull’introduzione dell’I.S.E.E. alle tariffe del servizio di refezione scolastica, o di altro servizio sociale a domanda individuale, necessità di una simulazione su ampia scala, in cui l’ipotesi tariffaria sperimentale venga applicata all’intero bacino d’utenza o ad un campione significativo di esso Una procedura di questo tipo risulta propedeutica all’adozione di un nuovo sistema tariffario e all’introduzione di un nuovo strumento di prova dei mezzi, in quanto permetterebbe di verificare gli effetti re-distributivi sull’utenza e quelli finanziari sulle entrate comunali da proventi del servizio. In effetti, l’avvio di uno studio di fattibilità sull’applicazione dell’I.S.E.E. ad un servizio socioeducativo costituisce la tappa successiva a questa prima analisi metodologica. Allo scopo descriviamo due possibili modalità di implementazione dell’I.S.E.E.: 1. Entrata in vigore, in via sperimentale, del nuovo sistema tariffario. In questa maniera si introduce a tutti gli effetti la nuova modalità di tariffazione, mediante modifiche o adozione ex novo di un regolamento sul servizio di refezione scolastica. La valutazione degli effetti sociali e finanziari prodotti dal nuovo sistema viene effettuata a consuntivo, su base di dati reali, in quanto rilevati dalle certificazioni I.S.E.E. autentiche, presentate dalle famiglie che hanno richiesto l’agevolazione tariffaria. 2. Applicazione simulata del nuovo sistema tariffario. In tal caso non entra in vigore il nuovo sistema tariffario, ma si mantiene quello esistente. Tuttavia, si procede con un piano di rilevazione dei dati e campionamento. Si invitano le famiglie degli studenti fruitori del servizio mensa a compilare una Dichiarazione Sostitutiva Unica fac-simile, sulla cui base verranno rilevati i dati utili per il calcolo dell’I.S.E.E. ed effettuate tutte le elaborazioni del caso. Così facendo, possono essere valutati gli effetti re-distributivi e finanziari del nuovo modello tariffario e dell’I.S.E.E. prima della sua entrata in vigore. 57 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES NOTA METODOLOGICA La ricerca si compone sostanzialmente di quattro fasi di rilevazione integrate tra loro. 1) 2) Un’indagine tramite interviste telefoniche ad un campione di 1.276 famiglie rappresentative delle famiglie residenti. Interviste in profondità face to face a nove famiglie residenti . 3) Interviste in profondità face to face a otto testimoni privilegiati scelti tra gli assessori alle politiche sociali e i responsabili dei servizi sociali dei Comuni e del privato sociale. 4) L’estrazione dei dati sui redditi dalla banca dati SIATEL dell’Agenzia delle Entrate che, integrati con i dati raccolti con l’indagine campionaria hanno costituito la base dati sui cui costruire l’analisi della distribuzione della popolazione a partire dall’indicatore I.S.E.E. Essendo tre metodologie estremamente diverse l’una dall’altra ad ognuna dedichiamo una attenzione specifica evidenziando le caratteristiche degli strumenti e delle metodologie utilizzate. Indagine campionaria L’universo di riferimento è composto dalle famiglie residenti nel Distretto. Grazie ai file di anagrafe forniti dagli uffici anagrafe dei Comuni, attraverso un sistema di matching del file di anagrafe è stato possibile ricostruire l’intero universo delle famiglie residenti. L’elenco delle famiglie residenti è stato poi suddiviso per tipologia familiare, per classe di età dell’intestatario e per comune di residenza. Il database così strutturato è diventato la lista di campionamento da cui estrarre casualmente le famiglie da inserire nel campione. L’estrazione del campione è stata stratificata per tre variabili in modo che ogni zona venisse rappresentata in modo proporzionale all’universo di riferimento. Le variabili con cui è stato stratificato il campione sono state: - Classe d’età dell’intestatario della scheda anagrafica (meno di 34 anni; da 35 a 49 anni; da 50 a 64 anni; 65 anni e più). - Tipo di nucleo familiare (famiglie unipersonali, coppie senza figli conviventi, coppie con figli conviventi, famiglie monogenitore; altre tipologie non comprese nelle precedenti). - Comune di residenza (i Comuni del Distretto 5). Per avere una descrizione articolata del campione il lettore può fare riferimento alla introduzione all’allegato statistico che presenta dettagliatamente le caratteristiche del campione intervistato. Lo strumento di rilevazione utilizzato è stato un questionario a domande chiuse (l’intervisto/a era chiamato a scegliere tra risposte alternative). Il questionario è stato somministrato tramite interviste telefoniche con il supporto della tecnologia CATI. La rilevazione si è svolta nel mesi di maggio 2007. 58 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES Interviste in profondità ai testimoni privilegiati Nel mesi di luglio 2007 sono state effettuate otto interviste in profondità a testimoni privilegiati locali. Sono state coinvolte diverse categorie: nell’ambito dei servizi alla famiglia sono stati intervisti quattro assessori alle politiche sociali; tre responsabili dei servizi sociali comunali; un operatore del privato sociale. Le interviste si sono svolte presso le sedi dei Comuni e degli uffici di piano, sono state audio-registrate, le trascrizioni sono state sottoposte a procedure di analisi dei contenuti. Nel dettaglio sono state intervistate le seguenti persone, che ringraziamo per la cortese disponibilità e per il contributo fornito: - Livia Carieri, impiegata amministrativa dei servizi sociali del Comune di Liscate - Carlo Alberto Caiani, Centri di accoglienza dei Padri Somaschi - Ambrogio Conforti, vice-sindaco ed assessore ai servizi sociali Comune di Cassano d’Adda - Filomena Di Lecce, responsabile dei servizi sociali del Comune di Pozzuolo Martesana - Maddalena Gerevini, assessore alla promozione dei servizi alla persona e servizi sociali e istruzione del Comune di Vignate - Alessandra Mercanti, assessore alle politiche sociali, politiche giovanili e sanità del Comune di Settala - Lorena Trabattoni, responsabile dei servizi alla persona del Comune di Melzo - Simone Zagheni, assessore dei servizi alla persona del Comune di Melzo e presidente del tavolo politico del Distretto 5 Interviste in profondità alle famiglie Nel mese di luglio 2007 sono state realizzate nove interviste in profondità a famiglie con disagio socio-economico residenti nel Distretto. Le interviste sono state realizzate face to face presso le abitazioni delle famiglie o presso le sedi dei servizi sociali comunali e sono state audio-registrate. Sulla trascrizione integrale delle interviste sono state applicate tecniche di analisi del contenuto. - 4 interviste sono state realizzate a Melzo - 3 interviste sono state realizzate a Liscate - 2 interviste sono state realizzate a Cassano d’Adda Le interviste sono state così suddivise tra i target indagati: - 2 interviste con anziani - 3 Intervista a famiglie con figli a carico - 2 interviste a famiglie straniere - 2 interviste a famiglie monogenitore Creazione del database per il calcolo dell’indicatore I.S.E.E. Dedichiamo una spiegazione più articolata rispetto alle metodologie utilizzate per arrivare alla costruzione della base dati che è stata poi utilizzata per il calcolo dell’indicatore I.S.E.E. Il campionamento delle famiglie. L’approfondimento dell’indagine sulla condizione economica della popolazione residente attraverso il ricorso all’Indicatore della Situazione Economica Equivalente (I.S.E.E.) è stato condotto su un campione di 200 famiglie, estratto all’interno del campione complessivo costituito da 1276 famiglie, utilizzando il medesimo metodo di campionamento. Infatti, il sub-campione in oggetto è stato costruito in maniera tale da rappresentare le caratteristiche della struttura socio-demografica del totale delle famiglie residenti nel Distretto sociale di Melzo. 59 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES Nella tabella che segue è riportato lo schema di campionamento. Le famiglie residenti nel Comune di Melzo sono 47, mentre il Comune di Cassano d’Adda è rappresentato da 45 famiglie, le restanti 110 famiglie sono state scelte (con metodo casuale) tra gli altri Comuni. Il campione utilizzato per il calcolo dell’indicatore I.S.E.E. Comune di Melzo Tipologie familiari Unipersonali Coppie senza figli Coppie con figli Monogenitore Altre tipologie di famiglia Totale Tipologie familiari Unipersonali Coppie senza figli Coppie con figli Monogenitore Altre tipologie Totale Tipologie familiari Unipersonali Coppie senza figli Coppie con figli Monogenitore Altre tipologie di famiglia Totale Fino Da 35 Da 50 65 anni Totale a 34 anni a 49 anni a 64 anni e più 2 3 2 8 15 1 2 6 9 1 7 6 2 16 2 1 2 5 1 1 2 4 14 11 18 47 Comune di Cassano d'Adda Fino Da 35 Da 50 65 anni Totale a 34 anni a 49 anni a 64 anni e più 2 3 2 6 13 1 1 2 5 9 1 7 6 2 16 2 1 2 5 1 1 2 5 14 11 15 45 Altri Comuni del Distretto 5 Fino Da 35 Da 50 65 anni Totale a 34 anni a 49 anni a 64 anni e più 6 7 4 12 29 2 3 6 10 21 3 19 14 4 40 1 5 3 3 12 3 3 1 1 8 15 37 28 30 110 Rilevazione dei dati necessari al calcolo dell’I.S.E.E. La rilevazione dei dati quantitativi necessari al calcolo dell’I.S.E.E. di ciascuna delle famiglie del campione è stata realizzata utilizzando due fonti: a) La banca dati che l’Agenzia delle Entrate mette a disposizione degli Enti Locali (nota come banca dati SIATEL). b) L’indagine telefonica campionaria. Modalità di accesso alla banca dati SIATEL e trattamento dei dati personali. L’accesso alla banca dati SIATEL è stato realizzato previa adozione di un “atto di autorizzazione all’accesso” emesso in data 11/06/2007, da parte del responsabile del Servizio Trattamento Dati del Comune di Melzo. Tale atto ha designato nominalmente un collaboratore del Centro Studi ALSPES incaricato al trattamento dei dati personali. In ottemperanza a quanto previsto dal suddetto atto di designazione (ex art.30 del D. Lgs. n. 196/2003), il collaboratore incaricato ha realizzato il trattamento dei dati personali, con scrupolo, serietà e correttezza, nel rispetto delle condizioni di sotto elencate: 60 Le condizioni socio-economiche delle famiglie Ambito territoriale Distretto 5 - - - Rapporto di ricerca a cura del Centro Studi ALSPES La password di accesso alla banca dati SIATEL è stata tenuta segreta e non rivelata ad altri. La sua validità è scaduta il giorno 15/07/2007. I dati personali, di cui si è venuti a conoscenza nell’espletamento del lavoro, sono stati gestiti in maniera corretta e riservata, pertanto, non sono stati oggetto di divulgazione, ne di comunicazione a persone o/e organizzazioni. I dati personali, di cui sopra, sono stati utilizzati per scopi puramente scientifici, escludendone qualsiasi utilizzo personale o finalizzato a scopi di non chiara ed evidente la liceità. Il supporto rimovibile floppy e i supporti cartacei, su cui sono stati salvati i dati erano custoditi, a termine di ciascuna giornata di lavoro, in una cassettiera, chiusa a chiave presso la sede del Centro Studi Alspes. Dati rilevati per l’indagine I.S.E.E.. Sono stati rilevati mediante il ricorso alla banca SIATEL i seguenti dati (dati anno 2005, ultimo anno disponibile): - dati reddituali: o reddito complessivo ai fini IRPEF; o redditi agrari. - dati relativi al patrimonio immobiliare. Sono stati rilevati attraverso questionario, i seguenti dati (relativi al maggio 2007, data della rilevazione). - Dati relativi al patrimonio mobiliare. Il valore imputato corrisponde alla capacità di risparmio annuale dichiarata dal nucleo familiare e calcolata come quota percentuale del reddito familiare complessivo annuale. Pertanto non viene imputato il valore del patrimonio mobiliare accumulato negli anni precedenti a quello di riferimento del reddito. - dati relativi al reddito figurativo dal patrimonio, calcolato nella modalità sopra esplicitata. - canone di locazione, - numero componenti nucleo familiare (anagrafe), - presenza di uno o più componente con handicap psicofisico permanente o con invalidità > al 66%, - presenza nel nucleo di figli minori e di un solo genitore, - presenza di un nucleo familiare con minori in cui entrambi i genitori hanno svolto attività lavorative e di impresa per almeno sei mesi dell’anno di riferimento della DSU. Non è stato imputata la quota residua del mutuo. 61