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Le condizioni socio-economiche delle famiglie

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Le condizioni socio-economiche delle famiglie
C ENTRO S TUDI ALSPES
via Europa, 3 – 20097 San Donato Milanese (MI) – tel. 02.52.79.190 – www.alspes.it
RAPPORTO DI RICERCA
Volume 1
Le condizioni socio-economiche delle famiglie
Ambito territoriale Distretto 5 – Melzo
Comuni di Cassano d’Adda, Inzago, Liscate, Melzo,
Pozzuolo Martesana, Settala, Truccazzano e Vignate
a cura del Centro Studi ALSPES
Melzo, novembre 2007
Le condizioni socio-economiche delle famiglie
Ambito territoriale Distretto 5
Rapporto di ricerca
a cura del Centro Studi ALSPES
La ricerca è stata condotta dal Centro Studi ALSPES
Direzione scientifica e coordinamento
Domenico Dosa e Lorenzo Bernorio
Analisi e scrittura del rapporto di ricerca
Domenico Dosa, Lorenzo Bernorio e Cenza De Giglio
Elaborazione dei dati
Carlotta Donati
Ha collaborato alla raccolta e organizzazione delle informazioni
Giorgio Colombo
Hanno collaborato alla rilevazione
Stefano Amè, Lara Comi, Verena Birocchi, Eros Cesano, Tatiana Fumagalli, Simona
Moffini, Federica Salvatore
Si desidera ringraziare in primo luogo lo staff dell’Ufficio di Piano per la collaborazione attiva
dimostrata nelle diverse fasi della ricerca. In particolare desideriamo ringraziare la dott.ssa Braga
per aver seguito con pazienza e attenzione la complessa organizzazione della rilevazione dei dati e i
rapporti con gli uffici comunali competenti.
Sono da ringraziare inoltre i componenti del Tavolo Tecnico del Piano di Zona per il loro contributo
nella predisposizione del questionario utilizzato per le interviste alle famiglie.
Un grazie sincero va all’Assessore Zagheni che ha profuso nel lavoro di ricerca sincero entusiasmo
per gli aspetti di conoscenza e di analisi che i dati hanno prodotto.
Ancora un grazie ai responsabili e al personale degli Uffici anagrafe degli otto Comuni del Distretto
per averci fornito tempestivamente i dati demografici richiesti.
Infine, un grazie sincero alle amministrazioni comunali di Cassano d’Adda, Inzago, Liscate, Melzo,
Pozzuolo Martesana, Settala, Truccazzano e Vignate, per aver reso possibile questo impegnativo ma
prezioso progetto di ricerca.
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Le condizioni socio-economiche delle famiglie
Ambito territoriale Distretto 5
Rapporto di ricerca
a cura del Centro Studi ALSPES
INDICE
Introduzione .................................................................................................................................... 4
1. La percezione delle famiglie a riguardo della propria situazione economica........................... 8
1.1. Un quadro di sintesi ed una lettura territoriale delle valutazioni dei cittadini................... 8
1.2. I fattori correlati alla percezione di fragilità economica.................................................. 11
1.3. La propensione al futuro .................................................................................................. 14
2. La capacità delle famiglie di produrre reddito ........................................................................ 17
2.1. Aree di forza e aree di fragilità ........................................................................................ 17
2.2. Propensione al risparmio ................................................................................................. 20
2.3. Differenze di genere nel produrre reddito........................................................................ 21
2.4. La partecipazione al mercato del lavoro .......................................................................... 23
3. Una stima delle voci della spesa familiare.............................................................................. 26
3.1. La spesa familiare complessiva: differenze tra le diverse tipologie familiari ................. 27
3.2. Le spese per l’abitazione.................................................................................................. 29
3.3. Le altre voci della spesa famigliare ................................................................................. 30
4. Le caratteristiche delle famiglie con disagio economico ........................................................ 31
4.1. Gli anziani........................................................................................................................ 31
4.2. Le famiglie con figli ........................................................................................................ 33
4.3. Le famiglie monogenitore................................................................................................ 34
4.4. Le famiglie straniere ........................................................................................................ 36
4.5. Un lettura trasversale degli elementi emersi.................................................................... 37
5. Un’analisi della distribuzione del reddito secondo l’indicatore I.S.E.E. ................................ 38
5.1. Quadro giuridico: Indicatore della Situazione Economica Equivalente (I.S.E.E.).......... 39
5.2. Mandato ........................................................................................................................... 43
5.3. Breve descrizione metodologica...................................................................................... 43
5.4. Concentrazione della ricchezza ....................................................................................... 44
5.5. La struttura distributiva dei valori I.S.E.E.: quartili e mediane ....................................... 45
5.6. La struttura distributiva dell’I.S.E.E. per caratteristiche del nucleo familiare ................ 46
5.7. Le caratteristiche socio-demografiche delle famiglie appartenenti al 1° e 2° quartile .... 49
5.8. Analisi comparata dei valori I.S.E.E. contenuti nella banca dati INPS........................... 51
5.9. Applicazione dell’I.S.E.E. ai sistemi tariffari.................................................................. 52
5.10. Conclusioni e prospettive............................................................................................... 57
Nota metodologica ........................................................................................................................ 58
Allegato statistico.......................................................................................................................... 62
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Le condizioni socio-economiche delle famiglie
Ambito territoriale Distretto 5
Rapporto di ricerca
a cura del Centro Studi ALSPES
INTRODUZIONE
Le ricerche volte ad indagare le condizioni socio-economiche delle famiglie e, sulla base di
queste, ad indagare le aree di disagio economico devono affrontare alcune difficoltà per fornire
risposte utili e dati affidabili su cui basare scelte di politiche sociali e strategie di azione. Da un lato
ci sono le attese di avere un dato certo, univoco ed inequivocabile, dall’altro il ricercatore si trova di
fronte ad una serie di fonti diverse, difficilmente accessibili e quasi per nulla integrabili, e ad una
serie di indicatori non sempre univoci nell’individuare i livelli di benessere economico.
Un primo elemento che occorre focalizzare in merito all’indagine è l’approccio secondo il
quale ci muoviamo: la povertà, e più in generale i livelli di benessere, non possono essere definiti in
termini assoluti, ma in termini relativi. Due sono gli elementi su cui basare il concetto relativo di
povertà: il primo è un riferimento spazio-temporale, il secondo è un riferimento alla distribuzione
delle risorse economiche.
Innanzitutto il concetto di povertà va ancorato ad un determinato contesto territoriale, in un
tempo in cui permangono forti differenze non solo all’interno del Paese, ma anche all’interno di
contesti territoriali prossimi.
Il secondo punto di riferimento per definire i livelli di benessere va preso in riferimento alla
distribuzione stessa delle risorse economiche all’interno del contesto in esame. La più recente
letteratura sull’argomento ha abbandonato infatti i tentativi di definire la povertà sulla base di
panieri di garanzia dei minimi vitali, per sposare la strada di identificare le fasce deboli tra coloro
che hanno a disposizione una quota di risorse inferiore alla metà o a un quarto della popolazione a
seconda degli approcci.
Dopo aver definito la cornice concettuale all’interno della quale muove l’indagine, passiamo
ora a definirne gli obiettivi, gli approcci di studio utilizzati e i percorsi metodologici per analizzare i
dati raccolti. La ricerca che qui presentiamo si pone come obiettivo quello di indagare le condizioni
socio-economiche delle famiglie residenti nel Distretto Sociale di Melzo e di evidenziare la
presenza di forme di disagio economico presenti sul territorio.
In particolare, la ricerca si propone di dare risposta a tre macro-questioni.
Quali sono le condizioni socio-economiche delle famiglie residenti? Cioè, cercheremo di
fornire un quadro generale sulla condizioni socio-economiche delle diverse tipologie di
famiglie per composizione, per età, per condizione professionale e per comune di
residenza.
Quali sono le soglie di povertà? In quale misura sono diffuse le forme di disagio
economico sul territorio? In quali tipologie familiari si concentrano particolarmente le
forme di disagio economico?
Quali sono i “fattori di fragilità” che indeboliscono la condizione economica delle
famiglie? Quali minano il livello di soddisfazione della propria situazione economica e di
fiducia nel futuro?
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Le condizioni socio-economiche delle famiglie
Ambito territoriale Distretto 5
Rapporto di ricerca
a cura del Centro Studi ALSPES
Per cercare di dare una risposta a questi interrogativi la nostra ricerca si è mossa sulle tre piste
di indagine più battute dalla ricerca socio-economica. Inoltre è stata sviluppata in modo
sperimentale un’analisi della distribuzione del reddito delle famiglie sulla base dell’indicatore
economico I.S.E.E.. Nell’analisi e nella restituzione dei risultati della ricerca si è cercato di fare
interagire i diversi approcci al fine di fornire un quadro completo.
Indagare le percezioni della propria situazione economica. La prima pista riguarda le
percezioni, si basa sul presupposto che il disagio economico, si possa indagare a partire
dalla valutazione che i cittadini esprimono sulla spropria situazione socio-economica. Il
disagio economico è quindi ascritto a quella fascia di popolazione che ritiene di essere in
una situazione di disagio perché valuta le proprie risorse insufficienti e ritiene di avere
necessità di un aiuto economico. Riteniamo questo approccio, che può apparire a prima
vista poco affidabile da un punto di vista scientifico, comunque utile soprattutto per
mettere in luce quelle situazioni che, pur non essendo di grave disagio economico, si
connotano come economicamente fragili e precarie, oppure ancora per mettere in luce una
“percezione di impoverimento” molto diffusa negli ultimi anni.
Indagare la situazione reddituale della famiglia. La seconda pista riguarda più
direttamente le risorse economiche delle famiglie. Gli studi che si basano su questi
approcci individuano la soglia di povertà non in termini assoluti, ma in termini relativi: in
altre parole individuano come soglia di povertà quel valore reddituale al di sotto del quale
si collocano un quarto o la metà delle famiglie. A questo proposito la ricerca ha avuto un
approccio articolato: innanzitutto non si sono considerati solo i redditi da lavoro o da
pensione, ma anche quelli da patrimonio mobiliare e immobiliare. Per confrontare le
diverse tipologie familiari abbiamo ponderato il reddito familiare complessivo, sulla base
del numero di componenti il nucleo familiare. Come verrà dettagliatamente illustrato in
seguito il reddito familiare complessivo è stato “parametrato” sulla base di componenti il
nucleo familiare.
Indagare il livello di spesa delle famiglie. La terza pista si basa sull’approccio che indaga
la situazione economica delle famiglie a partire dai livelli di consumo. Questa pista è stata
utilizzata per quantificare una stima delle principali voci della spese familiare: spese per la
casa (affitto o mutuo), per le utenze domestiche, per i trasporti, per la scuola, per
l’accudimento di minori ed anziani e infine le spese sanitarie. Si è ritenuto opportuno
indagare, non tanto la spesa familiare complessiva, ma la cosiddetta spesa incomprimibile
lasciando da parte la spesa per beni voluttuari. Questa parte di ricerca non va quindi letta
attraverso l’equazione livello spesa/consumi uguale livello di benessere, ma piuttosto
serve all’attore politico e più in generale agli erogatori di servizi per avere una stima delle
spese che ogni famiglia deve sostenere.
In una sezione del rapporto è stata poi sviluppata una applicazione sperimentale
dell’I.S.E.E. ad un sottocampione di famiglie. Tale sperimentazione aveva tre finalità:
tracciare un quadro della distribuzione dei valori I.S.E.E. delle famiglie residenti nel
Distretto, evidenziandone le caratteristiche socio-demografiche; osservare i valori I.S.E.E.
e focalizzare l’attenzione sulle caratteristiche socio-demografiche delle famiglie collocate
nel 1° quartile e 2° quartile di tale distribuzione, al fine di individuare le potenziali
determinanti delle condizioni di povertà; applicare l’I.S.E.E. sulla base di tre proposte di
modelli tariffari del servizio socio-educativo a domanda individuale di refezione
scolastica.
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Le condizioni socio-economiche delle famiglie
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Rapporto di ricerca
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Gli strumenti di ricerca su cui si basa la ricerca sono sostanzialmente tre: un’indagine
campionaria realizzata con interviste telefoniche ad un campione composto da 1.276 famiglie,
suddivide in modo proporzionale alla popolazione sulla base del Comune di residenza, delle classi
d’età e della tipologia familiare1.
L’indagine campionaria è stata integrata con un approfondimento qualitativo realizzato con 9
interviste in profondità a famiglie del Distretto che versano in situazioni di disagio economico.
Per arrivare ad una simulazione dell’applicazione dell’I.S.E.E., i dati raccolti nel sondaggio
sono stati integrati con estrazione dalla banca dati della Agenzia delle Entrate.
L’indagine, nel suo complesso è stata integrata con 8 interviste in profondità a Assessori,
responsabili dei servizi sociali comunali e del terzo settore del Distretto.
Veniamo ora al piano d’analisi che è stato sviluppato. Ad ognuno dei tre approcci è stato
dedicato un capitolo: il primo alle percezioni, il secondo alla distribuzione del reddito, il terzo
all’analisi della spesa familiare. Questi primi tre capitoli saranno fortemente orientati a fornire il
quadro interpretativo degli elementi raccolti. Il lettore troverà nell’allegato statistico un’ampia
analisi statistica presentata nella sua completezza. Il quarto capitolo presenta una restituzione
sintetica, ma analitica degli elementi raccolti nell’approfondimento qualitativo sui target
maggiormente coinvolti nelle situazioni di disagio economico. Il quinto capitolo è invece
interamente dedicato all’analisi della distribuzione del reddito sulla base dell’indicatore economico
I.S.E.E..
Il primo capitolo è dedicato all’analisi delle percezioni delle famiglie rispetto alla propria
situazione economica. Quattro sono stati gli indicatori utilizzati: 1) in prima battuta è stato chiesto
alle famiglie se ritenevano di avere “bisogno di un aiuto economico in generale”; 2) la domanda
relativa al bisogno è stata ristretta “all’aiuto a sostegno delle spese dell’abitazione”; 3) è stato
chiesto di valutare le proprie risorse econometriche, secondo una scala di valutazione2; 4) è stato
chiesto di esprimere una valutazione rispetto a “Come arriva alla fine del mese?”3 una domanda
molto utilizzata nelle ricerche economiche. Infine è stato chiesto agli intervistati di esprimere la
percezione rispetto all’evolvere della propria situazione economica (la c.d. propensione al futuro).
Il secondo capitolo è dedicato alla distribuzione del reddito. In prima battuta è illustrata la
stima del reddito complessivo familiare che è possibile desumere dai dati di sondaggio. L’intervista
prevedeva infatti di richiedere all’intervistato/a una stima dei redditi da reddito da lavoro e/o da
pensione percepiti da tutti i componenti del nucleo familiare. Sommando alla stima di questi redditi
i totale delle rendite immobiliari e mobiliari abbiamo ottenuto una stima (relativamente affidabile)
del reddito familiare complessivo. Per rendere possibile il confronto tra le diverse tipologie familiari
si è ritenuto improprio limitarsi per l’analisi al solo reddito complessivo familiare, a favore di un
approccio che metta il reddito familiare complessivo in rapporto al numero dei componenti il nucleo
familiare. Per fare questo tuttavia non si è utilizzato il “reddito pro-capite”4 che non tiene conto dei
vantaggi economici che si generano nelle convivenze, ma si è utilizzato un criterio di
parametrazione del reddito: il “reddito equivalente” ottenuto dividendo il reddito complessivo
1
Si è lavorato su cinque tipologie familiari: unipersonali, coppie con figli, coppie senza figli, monogenitore, altre
tipologie.
2
Le opzioni di risposta erano: ottime, adeguate, scarse, gravemente insufficienti.
3
Le opzioni di risposta erano: senza difficoltà, con qualche difficoltà, con gravi difficoltà, facendo debiti.
4
Reddito pro-capite = Reddito complessivo / numero di componenti del nucleo familiare.
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Le condizioni socio-economiche delle famiglie
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familiare per il “parametro di equivalenza” 5 definito sulla base del numero di componenti.
Il secondo capitolo è stato poi integrato con un’analisi della condizione professionale e dei
livelli retributivi dei componenti della coppia o dell’adulto di riferimento nel caso di famiglie
unipersonali o monogenitore. Su queste dimensioni è stata svolta un’analisi di genere, che mette in
luce le differenze nell’accesso alle risorse economiche dei due sessi.
Il terzo capitolo è stato dedicato all’analisi della spesa familiare. L’indagine prevedeva
un’ampia batteria di domande che rilevavano le diverse voci di spesa. Le macro-aree indagate sono
state: le spese per l’abitazione, le spese per l’alimentazione e i prodotti per la casa, le spese per i
trasporti, le spese scolastiche, le spese per assistenza e accudimento. Un approfondimento è stato
svolto sulla composizione della spesa per la casa (affitto e mutuo prima casa), per la spesa sanitaria,
per la spesa scolastica e per la spesa di accudimento.
Il quarto capitolo è dedicato ad una approfondimento su alcuni target specifici, frutto delle
interviste in profondità alle famiglie: anziani, famiglie con disabili a carico, famiglie monogenitore,
famiglie con problemi legati al lavoro, famiglie straniere. Rispetto ad ognuno dei target sono stati
sviluppati alcuni punti ritenuti essenziali per descrivere le situazioni di disagio: i passaggi o gli
accadimenti della vita che hanno determinato o acuito la situazione di disagio socio-economico; le
difficoltà e i bisogni riferiti dalle famiglie; i fattori di fragilità che si sono evidenziati nelle famiglie;
le azioni e le strategie messe in atto dalle famiglie per risolvere la situazione di fragilità; il rapporto
delle famiglie con i servizi.
Infine tutto il quinto capitolo è dedicato all’analisi del valore I.S.E.E.. Dopo una descrizione
metodologica dell’applicazione del valore I.S.E.E., viene proposta un’analisi della distribuzione
della ricchezza sulla base dell’indicatore I.S.E.E.. Tale distribuzione è stata poi comparata con i
valori della banca dati dell’INPS, la più completa a livello nazionale. L’ultima parte del capitolo è
dedicata a tre possibili modelli di applicazione dell’I.S.E.E. ai sistemi tariffari relativi ai servizi.
In appendice è stata presentata, come previsto dal progetto, tutta l’ampia e articolata analisi
statistica dei dati raccolti. Ogni parte sarà introdotta da brevi presentazioni che guideranno il lettore
nella comprensione e nella lettura delle tabelle e dei grafici.
5 Scala di Equivalenza
Numero componenti nucleo familiare
1
2
3
4
5
>6
Parametro della scala di equivalenza
1,00
1,57
2,04
2,46
2,85
0,35 per ogni ulteriore componente oltre i 5
Fonte: D. lgs. N°109/98
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Le condizioni socio-economiche delle famiglie
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Rapporto di ricerca
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1. LA PERCEZIONE DELLE FAMIGLIE
RIGUARDO ALLA PROPRIA SITUAZIONE ECONOMICA
Indagare il disagio economico a partire dalla percezioni delle famiglie rispetto alla loro
situazione economica può apparire un esercizio poco corretto sul piano metodologico. Questa
obiezione ha una parte di ragione perché questa pista d’indagine si basa su percezioni soggettive
difficilmente verificabili. Per questo motivo nella nostra ricerca abbiamo “bilanciato” l’analisi delle
percezioni indagando anche altre componenti più “strutturali”, quali il reddito familiare e la
composizione della spesa incomprimibile. Tuttavia ci pare opportuno tenere dentro il quadro
dell’analisi anche le componenti legate alle percezioni, perché queste ci danno una misura della più
complessiva soddisfazione della propria qualità di vita che si definisce non tanto su standard predefiniti, ma sul confronto tra la “qualità attesa” e la “qualità percepita”. Ogni cittadino ha una
percezione soggettiva ma precisa della distanza tra queste due percezioni riferite a se stesso ed alla
propria famiglia.
Non è secondario indagare il livello di soddisfazione della propria dimensione economica,
perché ad esso sono collegati altri importanti aspetti del benessere della vita familiare. Innanzitutto
le percezioni rispetto alla propria situazione economica sono collegate alla più complessiva
soddisfazione della propria qualità della vita; inoltre sono strettamente correlate a sentimenti di
frustrazione, autostima e fiducia nel futuro che hanno un peso molto rilevante nelle situazioni di
disagio sociale delle famiglie.
Quanto sono diffuse le percezioni di scarsa soddisfazione delle propria situazione economica?
Quante tra queste si collegano al riconoscimento di essere in una situazione di bisogno economico?
Qual è la propensione al futuro delle famiglie residenti? E ancora, quali sono i fattori che
indeboliscono questa percezione?
La ricerca, come detto in sede di premessa, ha a disposizione quattro indicatori per valutare la
propria situazione economica e uno per indagare la propensione al futuro. Due item riguardano
specificamente i bisogni delle famiglie: il primo si riferisce al “bisogno di un aiuto economico” in
generale mentre il secondo riferisce il bisogno alla situazione abitativa. La domanda chiedeva infatti
se la famiglia intervistata avesse bisogno di un “aiuto per le spese dell’abitazione”. Un terzo item
riguarda la valutazione delle risorse economiche6. Il quarto item invece indagava le percezioni su
“come la famiglia arriva alla fine del mese”.
Infine una domanda indagava la propensione al futuro chiedendo se la famiglia prevede che le
risorse economiche nel prossimo futuro migliorino, peggiorino o rimangano invariate.
1.1. Un quadro di sintesi ed una lettura territoriale delle valutazioni dei cittadini
Complessivamente il 17,4% delle famiglie residenti nel Distretto dichiara di avere bisogno di
un aiuto economico e il 12,1% di avere bisogno di un aiuto per le spese dell’abitazione. Dal
confronto territoriale emergono differenze tra i Comuni, anche se non sono particolarmente
marcate. Cassano d’Adda (21,2%) e Settala (20,0%) presentano la quota più alta di famiglie con
bisogno di un aiuto economico. Sul versante abitativo sono Settala, Liscate e Pozzuolo Martesana a
far registrare la quota più alta di famiglie che dichiarano di avere un bisogno di aiuto per le spese
dell’abitazione.
6
Le opzioni di risposta erano: ottime, adeguate, scarse, gravemente insufficienti.
8
Le condizioni socio-economiche delle famiglie
Ambito territoriale Distretto 5
Rapporto di ricerca
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tab. 1.1 – Bisogno di un aiuto economico per Comune di residenza (%)
.
Bisogno di un aiuto economico
Comune
Melzo
Cassano d'Adda
Inzago
Liscate
Pozzuolo Martesana
Settala
Truccazzano
Vignate
Totale
Sì
14,9
22,2
15,3
15,5
17,2
20,0
14,6
15,4
17,4
No
85,1
77,8
84,7
84,5
82,8
80,0
85,4
84,6
82,6
Totale
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007
tab. 1.2 – Valutazione delle risorse economiche per Comune di residenza (%)
.
Comune
Melzo
Cassano d'Adda
Inzago
Liscate
Pozzuolo Martesana
Settala
Truccazzano
Vignate
Totale
Con riferimento all'ultimo anno
come sono state le risorse economiche complessive della
famiglia?
Assolutamente
Ottime
Adeguate
Scarse
insufficienti
2,6
71,2
23,9
2,3
3,8
65,8
28,4
2,1
4,4
69,6
23,4
2,5
5,2
79,3
13,8
1,7
0,8
72,8
24,8
1,6
1,8
61,8
31,8
4,5
3,4
73,0
22,5
1,1
3,9
69,0
25,6
1,6
3,1
69,4
25,3
2,2
Totale
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007
tab. 1.3 – Le previsioni sulla situazione economica futura per Comune di residenza (%)
.
Comune
Melzo
Cassano d'Adda
Inzago
Liscate
Pozzuolo
Settala
Truccazzano
Vignate
Totale
Ritiene che nel prossimo anno
la situazione economica della sua famiglia
Rimarrà più o meno
Peggiorerà
Migliorerà
la stessa
13,0
74,6
12,4
11,3
70,2
18,5
12,7
73,9
13,4
22,4
67,2
10,3
14,1
68,8
17,2
14,8
61,1
24,1
13,6
72,7
13,6
12,4
72,9
14,7
13,3
71,1
15,6
Totale
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007
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Le condizioni socio-economiche delle famiglie
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Rapporto di ricerca
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Se prendiamo in esame la valutazione della propria situazione economica solo il 3,1% delle
famiglie la valuta “ottima”, mentre più di un quarto dei cittadini ritiene che le proprie risorse
economiche siano “scarse” (25,3%) o “assolutamente insufficienti” (2,2%). Il dato complessivo
evidenzia che circa i tre quarti delle famiglie si trova in una situazione positiva, di adeguatezza delle
risorse rispetto alle proprie necessità e alle proprie aspirazioni; queste famiglie vedono coincidenza
tra gli standard di vita attesi e gli standard di vita percepiti. Tra le famiglie che ritengono non
adeguate le proprie risorse economiche, circa la metà (48,1%) dichiara di avere bisogno di un aiuto
economico e quasi un terzo (29,5%) dichiara di aver bisogno di un aiuto economico per le spese per
l’abitazione.
Anche a questo proposito sono i Comuni di Cassano d’Adda e di Settala a fare rilevare le
quote più alte di valutazioni negative: rispettivamente 35,3% a Settala e 30,0% a Cassano. A
Liscate, invece, l’84,5% delle famiglie valuta “ottime” o “adeguate” le proprie risorse economiche.
La domanda che indagava “come la famiglia arriva alla fine del mese” ha intercettato con
maglie più larghe non tanto situazioni di disagio, ma un sentimento diffuso di “fatica” derivato
dall’impoverimento che si è fatto strada in modo crescente negli ultimi 5-6 anni. Sul totale del
campione intervistato solo il 41,1% delle famiglie ha dichiarato di arrivare alla fine del mese “senza
difficoltà”, il 49,2% “con qualche difficoltà” e il restante 9,7% “con gravi difficoltà” o “facendo
debiti”. Questi dati necessitano di un distinguo: non tutte le famiglie che hanno manifestato una
qualche dose di difficoltà vivono in situazioni di disagio, infatti il 44,6% delle famiglie che valutano
“ottime/adeguate” le proprie risorse economiche dichiarano di arrivare alla fine del mese “con
qualche difficoltà”. La quota di coloro che hanno risposto che la famiglia arriva alla fine del mese
“con qualche difficoltà” non è quindi da interpretare come la quota del disagio, ma ciò che ci preme
sottolineare è che la sensazione di “fare fatica” economicamente è diffusa in ampi strati della
popolazione.
Se analizziamo territorialmente anche questa variabile, possiamo osservare come a Cassano
d’Adda, a Pozzuolo e a Settala, si rilevano le quote più alte di coloro che arrivano a fine mese con
“gravi difficoltà”, mentre le quote di coloro che arrivano a fine mese “senza difficoltà” sono
massime nei Comuni di Inzago, Truccazzano e Vignate.
Infine prendiamo in esame la propensione al futuro. Solo il 13,3% delle famiglie intervistate
prevede un miglioramento: si tratta di una quota nettamente minoritaria, concentrata soprattutto tra i
giovani (27,4%) e tra i livelli di istruzione più elevati (21,1%). Il 71,1% del campione prevede che
la propria situazione economica rimarrà la stessa e il restante 15,6% prevede invece un
peggioramento. Le tendenze a bassi tassi di crescita che ormai contraddistinguono l’economia
italiana, si riflettono quindi anche sulle situazioni personali tra le quali prevalgono nettamente
situazioni di conservazione rispetto a quelle di sviluppo. In positivo è utile sottolineare come le
quote di coloro che invece prevedono un peggioramento sono residuali e concentrate nelle fasce più
precarie della popolazione, ed anche tra i pensionati (18,8%). Infine proponendo una lettura
territoriale del dato relativo alla propensione al futuro possiamo notare come Settala (24,1%),
Cassano (18,5%) e Pozzuolo (17,2%) si collocano poco al di sopra del dato distrettuale.
Una notazione in chiusura di questa prima panoramica territoriale: pur con le differenze che
abbiamo sopra evidenziato, il quadro distrettuale manifesta una sostanziale omogeneità rispetto alle
variabili economiche indagate. Chi conosce il territorio sa che si tratta di Comuni diversi per storia
e tradizioni, ma anche profondamente differenti nella loro evoluzione e nel profilo sociodemografico, tuttavia le differenze relative alle condizioni socio-economiche non sono altrettanto
marcate. In altre parole le differenze presenti sul piano socio-demografico e culturale non si
trasferiscono sul piano economico in modo altrettanto netto e diversificato.
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Le condizioni socio-economiche delle famiglie
Ambito territoriale Distretto 5
Rapporto di ricerca
a cura del Centro Studi ALSPES
Cercando di dare una spiegazione a questa omogeneità possiamo avanzare una chiave di
lettura che verrà ulteriormente approfondita nel capitolo successivo dedicato al lavoro ed alla
distribuzione del reddito. Una prima considerazione: ci troviamo in un tessuto economico forte, che
appare oggi pienamente omogeneo con quella che è una delle aree più sviluppate del Paese e
dell’intero contesto europeo. A tale riguardo la dimensione comunale è completamente assorbita da
quella sovra-comunale: non è più possibile oggi parlare di un tessuto economico a livello locale, ma
più propriamente dobbiamo riferirci ad un’area i cui confini travalicano quelli non solo dei singoli
Comuni, ma addirittura del Distretto nel suo complesso.
Fatta questa premessa, due fenomeni strettamente collegati tra loro hanno consentito
l’omologazione e un pieno inserimento nell’area metropolitana, con la conseguente forte uniformità
socio-economico: il forte sviluppo della mobilità e il fenomeno della de-urbanizzazione. La
mobilità territoriale ha dilatato di molto il raggio territoriale delle opportunità occupazionali
possibili; la de-urbanizzazione ha aumentato la capacità attrattiva di contesti con migliori condizioni
abitative, migliore qualità ambientale e sociale rispetto al contesto metropolitano. Da un lato quindi
i residenti del Distretto colgono le opportunità occupazionali oltre i confini del proprio Comune di
residenza, dall’altro la forte crescita demografica di Cassano e dei Comuni minori testimonia una
capacità attrattiva nei confronti delle famiglie, che pur essendo radicate altrove professionalmente
scelgono i Comuni del Distretto come luogo in cui abitare, sopportando in molti casi il peso del
pendolarismo.
1.2. I fattori correlati alla percezione di fragilità economica
Quali sono i fattori che incidono maggiormente sui bisogni di natura economica? Quali sulle
percezioni rispetto alla propria situazione economica? Cinque fattori entrano in gioco in modo
determinante: il numero di redditi familiari e il reddito complessivo familiare, il titolo di possesso
dell’abitazione, ma anche l’età, la tipologia del nucleo familiare e la presenza dei figli (ma non il
numero dei figli).
Vediamo ora nel dettaglio ognuno di questi fattori, cercando di definirne la rilevanza rispetto
alle dimensioni indagate. Non si tratta infatti di evidenziare un nesso causale deterministico, ma di
identificare questi come fattori di rischio e di fragilità che aumentano la probabilità che si
presentino situazioni di disagio e di insoddisfazione.
Il primo fattore correlato a percezioni negative della propria situazione economica è la
situazione reddituale delle famiglie. A bassi livelli di reddito corrispondono maggiori aree di
criticità e un minore livello di soddisfazione. Questa relazione è scontata, tuttavia quello che
interessa evidenziare è da un lato quanto forte è questa relazione, cioè dare la misura della
probabilità di trovare situazioni di disagio all’interno dei diversi livelli di reddito, e dall’altro
verificare se l’influenza dei livelli di reddito è costante all’interno delle diverse tipologie familiari o
se al contrario è sentita in modo maggiore da alcune categorie.
Complessivamente le famiglie monoreddito presentano segni di sofferenza nettamente
superiori alle famiglie che possono contare su più di un reddito. Il 21,3% delle famiglie
monoreddito dichiarano di avere bisogno di un aiuto economico, mentre tra le famiglie
multiredddito la quota è più bassa di quasi sette punti percentuali (14,2%). La distanza tra
monoreddito e multi reddito si acuisce se escludiamo le famiglie unipersonali: tra le coppie senza
figli quelle che dichiarano di avere un bisogno economico sono il 22,5% delle monoreddito e solo il
10,4% delle multireddito; parallelamente tra le coppie con figli con capofamiglia di età inferiore a
11
Le condizioni socio-economiche delle famiglie
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50 anni quelle che dichiarano un bisogno economico sono il 27,3% delle monoreddito e solo il
16,9% delle multireddito.
La famiglia monoreddito entra in una situazione di fragilità economica soprattutto quando ha
sulle spalle una spesa per l’abitazione, sia quando la famiglia ha da pagare un mutuo, sia quando la
famiglia ha un affitto da pagare. La percentuale delle famiglie con figli che dichiarano di avere
bisogno di un aiuto economico è pari al 29,2% tra le monoreddito che hanno un mutuo e al 57,1%
tra quelle che sono in affitto.
Le stesse tendenze, pur con dati diversi, si ritrovano se prendiamo in considerazione la
domanda sulla valutazione delle risorse economiche della famiglia: complessivamente il 33,5%
delle famiglie monoreddito valuta le proprie risorse economiche “scarse” o “assolutamente
insufficienti”, tale quota è nettamente inferiore tra le multireddito (23,5%). Tra le famiglie
monoreddito ben il 51,5% delle famiglie in affitto dichiara che le risorse complessive della famiglia
sono “scarse” o “assolutamente insufficienti”.
Il titolo di godimento dell’abitazione è una variabile chiave. Gli aspetti quantitativi verranno
affrontati nel paragrafo relativo alla composizione della spesa familiare. Ricordiamo qui solo per
completezza che la grande maggioranza delle famiglie del Distretto (89,4%) vive in una casa di
proprietà, il 18,6% è gravato da un mutuo (che in media ammonta a 600 euro al mese) e solo il
10,6% delle famiglie vive in affitto (che in media ammonta a circa 380 euro al mese).
Il titolo di godimento dell’abitazione influisce molto sulla soddisfazione della propria
situazione economica: tra coloro che hanno l’abitazione senza mutuo, solo il 14,9% dichiara di
avere bisogno di un aiuto economico, la quota sale al 20,1% tra le famiglie proprietarie con un
mutuo a carico e si raddoppia (33,6%) tra quelle che sono in affitto. Tra le famiglie proprietarie
dell’abitazione senza mutuo solo il 6,8% dice di avere bisogno di un aiuto per le spese
dell’abitazione mentre la quota si triplica se prendiamo in considerazione coloro che hanno un
mutuo (17,4%), per arrivare al 38,2% tra coloro che sono in affitto.
In proposito, il nesso causale è duplice: da un lato coloro che vivono in una casa in affitto o
hanno un mutuo da pagare sono famiglie meno abbienti rispetto a quelle che hanno una piena
proprietà, quindi è logico aspettarsi che tra le prime si rilevino maggiori livelli di insoddisfazione
della propria situazione economica. D’altro canto è da considerare che il peso sul bilancio familiare
della rata del mutuo o del canone di locazione aumenti i livelli di insoddisfazione proprio perché
riduce le possibilità di spesa della famiglia. Entrambi i nessi causali esistono perché a parità di
classe di reddito le famiglie proprietarie senza mutuo hanno un livello di soddisfazione superiore
alle altre.
Passiamo alla classe d’età. Rispetto alla variabili che hanno indagato la presenza di aiuti di
tipo economico, si rilevano delle differenze dovute all’età, articolate a seconda del tipo di famiglia.
Tra le coppie con figli conviventi la quota di quelle che segnalano un bisogno di tipo
economico decresce al crescere dell’età fino alla fascia d’età 54-64 anni per poi ritornare oltre la
media del campione nella fascia di età più anziana. Nella classe d’età minore di 35 anni le coppie
con figli che dichiarano di avere bisogno di un aiuto economico sono il 21,7%, la quota si abbassa
lievemente nella fascia d’età 35-49 anni (17,4%) e in modo più netto nella fascia di età centrale 5064 anni in cui tale quota è solo il 9,9%. Questo andamento è legato a due fattori che si sommano: da
un lato l’età dei figli tra coloro che hanno figli di età inferiore 14 anni che aumentano le spese per
l’accudimento e dall’altro le coppie più giovani che non hanno ancora consolidato i propri percorsi
12
Le condizioni socio-economiche delle famiglie
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professionali. È significativo sottolineare che il numero dei figli non influisce invece in modo
statisticamente significativo.
Tra le coppie senza figli conviventi non si registrano tendenze particolarmente marcate,
mentre per le famiglie unipersonali giovani si registra la quota inferiore di coloro che dichiarano il
bisogno di un aiuto economico, nelle classi d’età successive la stessa quota rimane costante.
La fascia di età che presenta le quote più ampie di soddisfazione e quelle più basse di disagio
e la fascia d’età tra 50 e 64 anni, composta prevalentemente da persone al culmine del proprio
percorso professionale, con un minore carico delle spese di accudimento dei figli.
Infine gli anziani. Alla nostra analisi sfuggirebbe la situazione di fragilità della fascia d’età
anziana se ci fermassimo alle domande in cui è stato chiesto se la famiglia ha un bisogno di tipo
economico. Forse per pudore o per ritrosia, gli anziani tendono a rispondere con minore frequenza
affermativamente. Se prendiamo invece in considerazione la domanda meno diretta rispetto alla
valutazione delle proprie risorse economiche, possiamo osservare che più di un terzo (37,8%) degli
anziani valuta le risorse economiche disponibili “scarse” o “assolutamente insufficienti”, quota di
10 punti superiore ripetto al resto del campione. Tale differenza rimane sostanzialmente immutata
in tutte le tipologie di famiglia (unipersonali, coppie, famiglie monogenitore). Questo ci sembra
ripecchi in modo molto fedele la situazione degli anziani, tra i quali spesso le situazioni di fragilità
economica e di fatica nella gestione delle spese, non si traducono in una domanda di aiuto, ma
rimangono confinate nella fatica nella gestione delle spese e si risolvono in una riduzione dei
consumi.
Per quanto riguarda le tipologie familiari, dopo aver trattato la problematiche relative alla
presenza dei figli, prendiamo in esame le famiglie monogenitore che presentano elementi di criticità
molto forte: tra queste infatti ben il 44,6% dichiara di avere un bisogno economico. Le famiglie
monogenitore sono caratterizzate dalla presenza di un genitore con figli più eventuali altre persone.
Nell’55% dei casi si tratta di madri con figli, mentre solo il 15% è rappresentato da padri con figli.
La dimensione di genere è molto importante, possiamo notare che tra le famiglie monogenitore con
genitore uomo la quota di quelle che dichiarano un bisogno economico è al di sotto della media
(15,3%), mentre tra le famiglie monogenitore con capofamiglia donna la percentuale è tre vote
superiore (50,6%).
Le situazioni delle famiglie monogenitore si acuiscono ulteriormente nelle fasce di età più
giovani: infatti se prendiamo in considerazione solo le famiglie monogenitore con capofamiglia di
età compresa tra 35 e 49 anni, il bisogno economico sale al 61%, nelle fasce di età successive la
quota diminuisce per la presenza di altri redditi (figli o altri componenti che lavorano).
Prendendo in considerazione le famiglie con capofamiglia di età inferiore a 50 anni, possiamo
evidenziare la fragilità delle famiglie monogenitore facendo un parallelo tra queste e le coppie con
figli, limitare l’età a 50 anni ci consente di togliere dall’analisi possibili distorsioni che possono
derivare dall’età. La probabilità che ci sia una situazione di disagio economico in una famiglia
monogenitore è tre volte superiore a quella delle coppie con figli: 61,0% contro 17,9%.
La causa di questa fragilità economica va in parte imputata al fatto che questa tipologia di
famiglie è in larga misura (circa il 50%) monoreddito, tuttavia non dipende solo da questo.
Possiamo osservare infatti come tra le famiglie monogenitore che hanno un solo reddito la quota di
quelle che dichiarano un bisogno economico è il 60,1%, più del doppio delle coppie con figli
(27,8%).
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Le condizioni socio-economiche delle famiglie
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tab. 1.4 – Bisogno di un aiuto economico per numero di redditi,
classe d’età del capofamiglia e titolo di godimento dell’abitazione
Titolo di godimento dell'abitazione
Numero
Classe d'età
di redditi familiari
Monoreddito
2 o più redditi
Fino a 34 anni
35-49 anni
50-64 anni
Oltre 65 anni
Totale
Fino a 34 anni
35-49 anni
50-64 anni
Oltre 65 anni
Totale
Proprietà
(SENZA
MUTUO)
26,7
20,0
13,6
15,2
16,4
8,0
13,2
10,6
13,0
11,8
Proprietà
(CON MUTUO)
Affitto
o subaffitto
25,0
35,3
21,4
28,8
14,6
23,9
3,6
40,0
18,3
Totale
50,0
41,7
55,6
30,0
38,4
16,7
30,8
14,3
58,3
27,1
30,2
26,3
17,4
17,7
21,0
10,6
17,3
10,2
17,0
14,2
Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007
tab.1.5 – Bisogno di aiuto economico per tipologia familiare e titolo di godimento dell’abitazione (%)
Titolo di godimento dell'abitazione
7
Tipo di famiglia
Unipersonali < 65 anni
Unipersonali 65 anni e più
Coppie senza figli conv. con cf < 65 anni
Coppie senza figli conv. con cf 65 anni e più
Coppie con figli conviventi con cf <50
Coppie con figli conviventi con cf 50 anni e più
Monogenitore
Altre tipologie
Totale
Proprietà
(SENZA
MUTUO)
16,7
13,2
9,2
11,7
13,7
13,0
35,2
9,1
14,1
Proprietà
(CON MUTUO)
8,7
13,3
50,0
24,4
64,7
20,9
Affitto o
subaffitto
Totale
28,6
25,0
23,8
53,8
45,5
22,2
55,0
20,0
33,6
16,5
15,3
11,7
16,1
18,9
12,4
44,6
10,0
17,4
Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007
1.3. La propensione al futuro
Infine proponiamo una visione sintetica della propensione al futuro integrandola con le
percezioni rispetto alla propria situazione socio-economica. Quanti di coloro che hanno espresso
insoddisfazione rispetto alla propria situazione economica sono conviti che la propria condizione
possa migliorare? E viceversa quanti non riconoscono la possibilità di migliorare la propria
condizione economica?
Innanzitutto uno sguardo d’insieme: solo il 15,7% delle famiglie che valutano “scarse” o
“insufficienti” le proprie risorse economiche sono convinte che la propria situazione migliorerà, il
57,0% prevede che la situazione “rimarrà più o meno la stessa” e ben il 27,3% prevede un
7
In questa categoria sono compresi anche chi gode dell’abitazione o per usufrutto o a titolo gratuito.
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Le condizioni socio-economiche delle famiglie
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peggioramento. La quota di famiglie che prevedono un peggioramento tra le famiglie insoddisfatte è
nettamente superiore a quella che si rileva tra le famiglie che valutano positivamente la loro
situazione economica attuale: 27,3% per le prime contro l’11,2% per le seconde.
tab. 1.6 – Valutazione delle proprie risorse economiche
per le previsioni sulla situazione economica futura (%)
Con riferimento all'ultimo anno
come sono state le risorse economiche
complessive della famiglia?
Ottime/Adeguate
Scarse/insufficienti
Totale
Ritiene che nel prossimo anno
la situazione economica della sua famiglia
Rimarrà
Migliorerà
Peggiorerà
più o meno
la stessa
12,3
76,4
11,2
15,7
57,0
27,3
13,3
71,1
15,6
Totale
100,0
100,0
100,0
Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007
La stessa tendenza la ritroviamo prendendo in esame l’item che ha indagato la presenza di un
aiuto economico: solo il 17% di coloro che dichiarano di avere bisogno di un aiuto economico
prevede un miglioramento della situazione economica, il 57,8% prevede che la propria situazione
economica rimarrà la stessa e ben il 25,2% prevede un peggioramento.
tab. 1.7 – Le previsioni sulla situazione economica futura per bisogno di un aiuto economico (%)
Bisogno di un aiuto economico
Ritiene che nel prossimo anno
Totale
la situazione economica della sua famiglia
Sì
No
Migliorerà
17,0
12,5
13,2
Rimarrà più o meno la stessa
57,8
73,9
71,2
Peggiorerà
25,2
13,6
15,6
Totale
100,0
100,0
100,0
Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007
L’elemento significativo da sottolineare è che circa l’85% delle famiglie che ritengono di
essere in una situazione di difficoltà economica, non si riconosce la possibilità di uscire da essa, non
ritengono di essere nella condizione di invertire la tendenza della propria situazione socioeconomica. Un ulteriore indizio di questa inerzia è il fatto che essa rimane costante, senza
significative variazioni all’interno delle diverse tipologie di famiglie senza sostanziali variazioni. Le
situazioni di stasi più orientate al peggioramento che non all’evoluzione positiva sono prevalenti
anche in quelle situazioni che anno al loro interno un maggiore potenziale per una evoluzione
positiva, si pensi in particolare alle famiglie giovani.
Questo è un aspetto cruciale per coloro che, dalla parte dei servizi, approcciano la
problematica: il contesto in cui si trovano ad operare è caratterizzato dal fatto che le situazioni più
precarie tendono a vivere un’inerzia in negativo più che attivarsi positivamente. La questione che i
dati pongono è simile ad una medaglia a due facce. Un lato della medaglia è il contesto socioeconomico che pur essendo forte e sviluppato, presenta limiti nella capacità di inclusione e
reinserimento di coloro che sono ai margini o faticano a “tenere il passo”. L’altro lato della
medaglia sono le famiglie in situazione di disagio che si sentono escluse dalle opportunità offerte
dal contesto in cui sono inserite, che spesso sono povere non solo in termini di risorse economiche,
ma anche in termini di strategie di attivazione e di progettualità personali, di capacità di accesso alle
risorse disponibili.
15
Le condizioni socio-economiche delle famiglie
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Questi ultimi aspetti del problema sono da tenere in considerazione nel momento della
programmazione dei servizi e degli interventi: questi infatti devono necessariamente porsi tra gli
obiettivi prioritari l’attivazione di percorsi di reinserimento e la realizzazione di azioni di rimotivazione e sostegno alla progettualità.
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Le condizioni socio-economiche delle famiglie
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2. LA CAPACITÀ DELLE FAMIGLIE DI PRODURRE REDDITO
2.1 Aree di forza e aree di fragilità
Da più fonti e da più parti si è rilevato in questi ultimi anni un indebolimento della capacità di
spesa e di consumo del ceto medio derivato da un trend caratterizzato dall’abbassamento relativo
dei redditi e degli stipendi, ovvero di un rallentamento degli aumenti degli stipendi rispetto al costo
della vita, che ha riguardato gran parte delle famiglie del ceto medio.
Ciò ha prodotto nelle fasce di benessere più solide un affaticamento dei bilanci familiari, e
nelle famiglie più fragili un certo affanno. Nei casi “border line” l’affanno sulle entrate familiari
accompagnato da eventi accidentali si è trasformato in un scivolamento verso situazioni di grave
disagio economico.
Le famiglie residenti nei Comuni del Distretto 5 non sono estranee a queste dinamiche di
indebolimento e di affanno, dinamiche che si inseriscono in processi ben più ampi di quelli
addebitabili alla dimensione locale: la globalizzazione e la forte interdipendenza delle economie
produce effetti sui territori anche quando i fattori determinanti si producono in aree molto distanti
tra loro.
Oggi, la forza di un territorio, di un tessuto sociale, si misura sulla sua capacità di fronteggiare
la globalizzazione valorizzando le opportunità che si presentano ed attenuando i contraccolpi e gli
svantaggi da essa indotti.
I Comuni del Distretto di Melzo si collocano in un’area, l’Est Milano, non marcatamente
identificabile come altri territori dell’hinterland, come ad esempio la Brianza o la Bassa Milanese.
È tuttavia un territorio caratterizzato dalla vicinanza con Milano, con la sua forza finanziaria e
produttiva, con la sua capacità attrattiva nei confronti del mercato del lavoro regionale ed
internazionale.
All’interno di questo contesto economicamente forte, pur nel sue articolazioni e in presenza di
alcune differenziazioni produttive, il Distretto 5 appare, anche alla luce di quanto rilevato
dall’indagine, un territorio caratterizzato da un tessuto sociale abbastanza omogeneo.
Se prendiamo ad esempio il reddito familiare equivalente, ottenuto riparametrizzando il
reddito familiare per il numero di componenti del nucleo, osserviamo una sostanziale omogeneità
tra i Comuni del Distretto. Il valore mediano del reddito familiare equivalente riferito all’intero
Distretto è pari a 1.100 euro al mese: i valori mediani dei Comuni presi singolarmente non si
discostano molto da questo valore.
tab. 2.1 – Stima del reddito familiare equivalente per Comune di residenza (euro)
Comune
Reddito familiare equivalente
Melzo
1.100
Cassano d'Adda
1.066
Inzago
1.100
Liscate
1.100
Pozzuolo Martesana
1.131
Settala
1.146
Truccazzano
1.100
Vignate
1.131
Totale
1.100
Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007
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Il valore più alto si registra per le famiglie intervistate residenti nel Comune di Settala (1.146
euro), il valore più basso si registra per le famiglie di Cassano d’Adda (1.066 euro). Cassano
appare, anche dalla lettura di altri indicatori quali il livello professionale e il livello di istruzione, il
Comune più debole non solo rispetto all’altro grande Comune, cioè a Melzo, ma anche rispetto ai
Comuni minori del Distretto. Su posizioni simili a Cassano si colloca anche Inzago.
Settala può essere invece preso ad esempio dai Comuni minori che in questi ultimi anni
mostra maggior dinamismo: alta natalità, elevati flussi migratori in ingresso, popolazione più
giovane, redditi familiari leggermente più elevati.
Queste leggere sfumature non modificano un quadro che risulta sostanzialmente omogeneo da
un punto di vista dei redditi familiari. Spesso le disomogeneità di reddito sono più evidenti in
alcune enclavi più deboli presenti sul territorio dello stesso Comune, come ad esempio alcune zone
o quartieri che si caratterizzano per la presenza di alloggi pubblici. L’indagine condotta a livello
comunale non ci consente di individuare in modo così mirato dove si concentrano a livello di subaree le zone del disagio socio-economico. Quello che si evince dall’indagine è che a livello
comunale le situazioni di disagio sociale territorialmente concentrate sono numericamente limitate e
comunque compensate da altrettante situazioni di benessere economico di segno opposto.
Le differenziazioni nella distribuzione del redito delle famiglie si colgono più che sulle
diversità territoriali su altre variabili significative. Le determinanti statisticamente più significative
nel caratterizzare la distribuzione del reddito familiare equivalente appaiono essere tre: l’età del
capo famiglia, la presenza di figli conviventi e i numero di percettori di reddito tra i componenti il
nucleo familiare.
Nell’analisi svolta il reddito familiare equivalente è superiore al valore mediano quando l’età
del capo famiglia resta al di sotto dei 35 anni, mentre si mantiene sul valore mediano tra i 35 e i 49
anni. Nella prima classe il reddito familiare equivalente è pari a 1.274 euro al mese, nella seconda
classe è pari a 1.103 euro. Tra i nuclei giovani pesano i single (1.350 euro) e le coppie senza figli
(1.401 euro).
Nella classe di età 35-49 anni cresce il peso delle coppie con figli. Per queste famiglie, il
reddito familiare equivalente scende notevolmente, di poco superiore ai 1.000 euro. Se poi la
famiglia risulta in affitto scopriamo che il reddito familiare equivalente scende ulteriormente, fino a
688 euro al mese.
Al contrario le famiglie della stessa fascia di età che non hanno figli vantano un reddito
familiare molto più elevato (1.561 euro). Come è ovvio, chi non ha figli ridistribuisce il doppio
reddito tra un numero più ristretto di componenti.
tab. 2.2 – Stima reddito familiare equivalente per tipologia familiare e cl. d’età del capofamiglia (euro)
Classe d'età
Tipo di famiglia
Fino a
34 anni
Unipersonali
1.350
Coppie senza figli conviventi 1.401
Coppie con figli conventi
1.103
Monogenitore
539
Totale
1.274
35-49
anni
1.335
1.561
1.014
677
1.103
50-64
anni
1.100
1.401
1.421
986
1.307
Oltre 65
anni
900
905
1.054
1.311
900
Totale
1.071
1.146
1.159
932
1.100
Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007
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Le condizioni socio-economiche delle famiglie
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Nella classe di età successiva 50-64 anni il reddito familiare equivalente torna a crescere
(1.307 euro). In questa fascia di famiglie si consolidano i punti di forza, i figli crescono di età. Si
capitalizzano gli impegni professionali con avanzamenti di carriera, si reinvestono risorse
economiche accumulate, si dispone di qualche altra fonte di reddito oltre a quella di lavoro.
In questa coorte di famiglie è ancora molto alto il numero di famiglie con figli conviventi: nel
52% circa dei nuclei intervistatati è presente almeno un figlio convivente in età da lavoro. Molti
studiano, ma anche molti lavorano, magari in forme non stabili e precarie, sono comunque
percettori di reddito.
Dall’analisi dei dati risulta che quasi la metà delle coppie con figli conviventi con
capofamiglia di età compresa tra i 50 e i 64 anni può contare su 3 o più percettori di reddito, ovvero
oltre a quello dei coniugi anche quello di almeno un altro componente.
Le famiglie con figli conviventi che hanno tra 25 e 29 anni percepiscono in media un reddito
familiare equivalente di 1.427 euro, mentre le famiglie con figli minorenni percepiscono un reddito
di poco superiore a 1.050 euro.
Se consideriamo infine i nuclei familiari più anziani, con capofamiglia ultrasessantacinquenne, osserviamo come il reddito familiare equivalente percepito precipita verso valori più
bassi (900 euro). I redditi da lavoro si trasformano in redditi da pensione, con importi notevolmente
più bassi.
Passiamo adesso ad evidenziare le situazioni di maggiore fragilità. Provando a fare l’identikit
delle famiglie più deboli, di quelle che si trovano in situazioni di maggior sofferenza rispetto agli
equilibri di bilancio familiare, individuiamo almeno tre aree di fragilità: la prima è rappresentata
senza dubbio dalle famiglie anziane, siano esse unipersonali che coppie senza figli conviventi (900
euro). Se tra quest’ultime prendiamo in esame quelle che vivono in affitto, il reddito familiare
equivalente scende fino a 700 euro al mese.
La seconda area di fragilità è rappresentata dalle famiglie monoreddito, in particolare le
famiglie monoreddito con figli conviventi che dichiarano un reddito familiare equivalente di 662
euro al mese.
Nella terza area di fragilità vi sono le famiglie monogenitoriali con minori a carico, il cui capo
famiglia è quasi sempre una donna. Per le famiglie monogenitoriali e monoreddito il reddito
familiare equivalente è stimato in 573 euro al mese.
Quali sono invece i nuclei familiari economicamente più forti ? Emergono dall’analisi almeno
due aree forti: le coppie senza figli dove entrambi lavorano e percepiscono reddito (1.561 euro) e le
coppie con figli conviventi con due o più redditi da lavoro il cui capo famiglia ha ormai superato i
50 anni (1.422 euro).
È da evidenziare come il titolo di studio dei coniugi sia fortemente correlato alla capacità di
produrre reddito. Nei nuclei familiari dove il capo famiglia è laureato ed ha un’età compresa tra i 50
e i 65 anni il reddito familiare equivalente è pari a 1.820 euro al mese, se entrambi i coniugi sono
laureati il reddito cresce fino a 2.206 euro.
La soglia dei 50 anni per il capo famiglia e livelli di istruzione elevati sono quindi due fattori
fortemente correlati alla produzione di redditi elevati. Livelli di istruzione elevati sono quasi sempre
accompagnati da livelli professionali altrettanto elevati, che alla soglia dei 50 anni si consolidano in
posizioni retributive più consistenti.
Al contrario, giovane età e bassi livelli di istruzione individuano situazioni reddituali di grossa
difficoltà: con riferimento ad un capo famiglia che ha conseguito soltanto la licenza elementare e
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che ha meno di 50 anni, abbiamo stimato un valore mediano del reddito familiare equivalente di
poco superiore a 500 euro.
2.2 Propensione al risparmio
Passiamo ad analizzare quanto di questo reddito percepito viene subito speso per le necessità
immediate e quanto le famiglie riescono a risparmiare alla fine del mese per assicurarsi contro
eventuali imprevisti o per accumulare risorse finanziare per effettuare investimenti.
Abbiamo chiesto alle famiglie intervistate “quanta parte del reddito mensile riuscite a
risparmiare, considerando ciò che viene investito in titoli di stato, azioni, polizze vita, e ciò che
viene lasciato sul conto corrente ?”
Ciò che è emerso è che 6 famiglie su 10 dichiarano di risparmiare. Di queste la metà (3 su 10)
riesce a risparmiare a fine mese meno del 10% del reddito familiare, mentre 2 famiglie dichiarano
di risparmiare una quota compresa tra il 10 e il 50%. Una sola famiglia su 10 dichiara che la quota
di reddito accantonata mensilmente varia di mese in mese.
Restano tuttavia 4 famiglie su 10 che a fine mese non riescono a “mettere via” nulla di quanto
hanno guadagnato.
Il quadro che emerge è quello di un tessuto sociale ancora forte, se si considera che una parte
di coloro che dicono di non riuscire a risparmiare accantonano comunque delle risorse per pagare ad
esempio il mutuo, di fatto anche questa una forma di “risparmio differito”, di investimento
finanziario per l’acquisizione della proprietà della casa: il 20% circa di chi dichiara di non riuscire a
risparmiare ha acceso un mutuo e paga regolarmente le rate. Se aggiungiamo quest’ultimi che
pagano le rate del mutuo pur non riuscendo a risparmiare reddito, a coloro che dichiarano di
risparmiare, la percentuale di famiglie che accantona risorse finanziarie sale al 70% circa.
Questi dati confermano l’elevata propensione al risparmio delle famiglie italiane. Tuttavia,
rispetto agli obiettivi di indagine che ci siamo dati, non possiamo ignorare quel 40% circa di
famiglie intervistate che dichiara di non riuscire assolutamente a risparmiare.
Anche in questo caso l’area di maggiore fragilità la troviamo tra le famiglie anziane siano esse
unipersonali siano esse costituite da coppie senza figli conviventi: tra gli anziani soli (65 anni e più)
coloro che a fine mese non riescono a mettere da parte niente rappresentano il 53,5% degli
intervistati e coloro che risparmiano meno del 10% della pensione sono più del 26%.
Tab. 2.3 – La propensione al risparmio per classe d’età del capofamiglia (%)
Quanta parte del reddito mensile riuscite a risparmiare
considerando ciò che viene investito in titoli di stato,
Classe d'età azioni e polizze vita e ciò che viene lasciato sul conto corrente? Totale
Meno
Dal 10
Dal 20
Oltre
Varia
Niente
del 10%
al 20%
al 50%
il 50%
Fino a 34 anni
17,9
32,9
33,6
7,1
1,4
7,1 100,0
35-49 anni
38,5
27,7
19,4
6,5
0,5
7,3 100,0
50-64 anni
41,1
31,4
11,5
5,7
0,0
10,3 100,0
Oltre 65 anni
51,0
31,3
7,9
2,0
0,0
7,9 100,0
Totale
40,5
30,4
15,5
5,0
0,3
8,3 100,0
Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007
20
Le condizioni socio-economiche delle famiglie
Ambito territoriale Distretto 5
Rapporto di ricerca
a cura del Centro Studi ALSPES
L’altra area di fragilità è rappresentata dalle famiglie monogenitoriali: più del 57% di esse
non riesce a risparmiare nulla e il 22% mette da parte meno 10% del reddito percepito.
Particolarmente in difficoltà sono le famiglie che non hanno la casa di proprietà e che pagano
l’affitto: più del 60% di queste famiglie, dovendo sostenere anche le spese di affitto per l’alloggio,
quando arriva alla fine del mese non riesce a mettere da parte nulla.
Un’altra area di fragilità è rappresentata dalle famiglie che hanno a carico una persona
convivente disabile o non completamente autosufficiente: più del 51% non riesce a risparmiare
nulla e il 23,3 % risparmia molto poco (meno del 10% del reddito mensile).
La maggiore propensione al risparmio si trova invece tra le famiglie più giovani. Tra le
famiglie intervistate il cui capo famiglia aveva meno di 35 anni, l’82% ha dichiarato di riuscire a
risparmiare, più del 40% dichiara di risparmiare una quota di reddito che oscilla tra il 10 e il 50%.
È del tutto evidente che trovandosi nel ciclo di vita più impegnativo nella costruzione dei
percorsi familiari e professionali l’atteggiamento più diffuso sia quello di controllare le spese
immediate e di accantonare risorse per far fronte alle spese future.
Queste famiglie sono anche quelle che ricorrono più frequentemente all’indebitamento
personale. Abbiamo chiesto alle famiglie del campione se qualcuno della famiglia si è rivolto ad
una banca o a una finanziaria nell’ultimo anno per un prestito personale: quasi il 13% delle famiglie
con capofamiglia sotto i 35 anni vi è ricorso, contro il 9,3% dell’intero campione.
Sono ricorse al prestito personale più le coppie con figli (12%), che le coppie senza figli (7%).
Ma tra tutte quelle intervistate, le famiglie monogenitoriali sono risultate quelle più esposte
all’indebitamento per aver chiesto ed ottenuto nell’ultimo anno un prestito personale (19%).
Infine, tra le famiglie del campione, quelle che vivono in una casa di proprietà e non hanno a
carico le rate del mutuo, perché mai acceso o perché estinto, hanno una capacità di risparmio
leggermente più elevata rispetto a quelle che il mutuo devono ancora finire di pagare.
2.3 Differenze di genere nel produrre reddito
Finora abbiamo considerato il reddito familiare complessivo indipendentemente dalla fonte o
dal soggetto che lo ha prodotto. In realtà la produzione di reddito è molto differenziata rispetto alla
dimensione di genere.
Complessivamente gli uomini percepiscono redditi più elevati delle donne e godono di una
maggiore mobilità professionale a differenza di quanto riscontrato per le donne. Una quota molto
consistente di donne si colloca nelle fasce più basse di reddito e mantiene o peggiora lievemente
questa posizione durante il percorso lavorativo. Il 49% delle donne intervistate che percepiscono
reddito dichiara di guadagnare non più di 1.000 euro al mese, contro il 21% circa degli uomini. La
quota di donne con basso reddito è più che doppia rispetto a quella degli uomini.
A condizionare così fortemente verso il basso i redditi percepiti sono senza dubbio le classi di
età più avanzate per cui la principale fonte di reddito non è uno stipendio ma una pensione di
anzianità.
Ma ad una lettura più articolata si scopre che anche nelle classi di età più giovani i redditi
delle donne sono più bassi e che la percentuale di donne con redditi minimi aumenta con l’età. Il
29% circa delle donne giovani (meno di 35 anni) non guadagna più di 1.000 euro al mese. Tra le
donne della classe di età successiva 35-44 anni la percentuale cresce al 37%.
Se consideriamo i redditi ancora più bassi, fino a 800 euro al mese, la percentuale passa dal
9% per le più giovani (meno di 35 anni) al 16% per le donne di età più avanzata (35-44 anni).
21
Le condizioni socio-economiche delle famiglie
Ambito territoriale Distretto 5
Rapporto di ricerca
a cura del Centro Studi ALSPES
tab. 2.4 – Classe di reddito per classe d’età e genere (%)
Classe di reddito
Fino a 600 euro
601-800 euro
801-1.000 euro
1.001-1.200 euro
1.201-1.500 euro
1.501-2.000 euro
2.001-2.500 euro
Oltre 2.500 euro
Totale
Classe d'età
Fino a 34 anni
35-49 anni
50-64 anni
Maschi Femmine Maschi Femmine Maschi Femmine
0,0
1,4
2,3
8,1
0,8
11,6
0,0
7,9
2,0
7,5
4,5
11,6
8,8
20,1
6,6
21,0
8,2
24,6
21,1
39,6
22,1
26,4
25,5
20,6
36,8
21,6
29,4
22,4
28,0
18,1
23,7
7,9
20,1
9,2
17,7
10,6
5,3
1,4
11,6
3,7
7,4
2,0
4,4
0,0
5,9
1,7
7,8
1,0
100,0
100,0 100,0
100,0 100,0
100,0
Oltre 65 anni
Maschi Femmine
11,5
38,7
11,0
28,3
31,1
17,3
27,3
9,9
9,1
5,2
5,7
0,5
1,9
0,0
2,4
0,0
100,0
100,0
Totale
Maschi Femmine
3,8
14,9
4,6
13,3
13,2
20,9
24,2
23,4
25,1
17,2
16,5
7,3
7,2
2,1
5,4
0,8
100,0
100,0
Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007
Ciò significa che le donne non solo si collocano in percentuale significativa su redditi molto
bassi, ma che con l’avanzare dell’età e la nascita dei figli la platea delle donne che percepiscono
bassi redditi si allarga. La riduzione dell’orario di lavoro, la presenza di forme di part-time,
l’accettazione di lavori meno retribuiti ma flessibili, riducono l’accesso delle donne alle risorse
economiche sul mercato del lavoro.
La fascia intermedia di reddito (1.000-1.500 euro al mese) subisce anch’essa un
ridimensionamento superati i 35 anni per stabilizzarsi poi con l’avanzare dell’età: si collocano in
questa fascia di reddito il 61,2% delle donne più giovani (meno di 35 anni), il 49,2% circa delle
donne 35-44 anni e il 49,4% delle donne più anziane in età lavorativa (45-54 anni).
Se poi ci riferiamo ai redditi più alti, il loro peso scende notevolmente: le donne che
guadagnano più di 1.500 euro al mese sono quasi il 10%, mentre quelle che ne guadagnano più di
2.000 sono meno del 3%.
Qui però, a differenza delle altre fasce di reddito, la quota di donne più “ricche” aumenta con
l’età. Tra le donne più giovani con meno di 35 anni la percentuale di coloro che superano i 1.500
euro al mese è poco più del 9%; passa al 14% circa tra le donne 35-44 anni e al 17% per donne 4554 anni. Ciò significa che sui redditi medio-alti, quasi sempre accompagnati da livelli di istruzione
elevati, si registra una certa mobilità professionale verso l’alto. Tra le donne che percepiscono i
redditi più alti, oltre 1.500 euro al mese, quasi il 50% ha conseguito un diploma di scuola superiore
e il 28% circa una laurea. Tra quelle invece che percepiscono redditi minori, fino a 1.000 euro al
mese, la percentuale di diplomate scende al 23% mentre quella di laureate è di poco superiore al
3%.
La mobilità professionale si gioca quindi quasi esclusivamente sulle fasce di reddito medioalte che possono contare su livelli di istruzione elevati, superiori a quelli registrati tra gli uomini.
Una volta fuori dal circuito lavorativo il reddito delle donne precipita in basso. La pensione
sostituisce lo stipendio e il numero di donne che percepisce redditi molto bassi aumenta
notevolmente: due donne su tre tra le ultrasessantenni non percepiscono più di 800 euro al mese, il
37% non percepisce più di 600 euro. Gli uomini ultrasessantenni che percepiscono un reddito
inferiore a 600 euro al mese sono invece meno del 10%.
Se focalizziamo per un momento l’attenzione sul genere maschile, osserviamo che i redditi
bassi riguardano una quota minore di uomini, quasi tutta concentrata nelle classi di età più anziane.
22
Le condizioni socio-economiche delle famiglie
Ambito territoriale Distretto 5
Rapporto di ricerca
a cura del Centro Studi ALSPES
Se analizziamo le diverse classi di età, da quelle più giovani (meno di 35 anni) a quelle più anziane
(45-54 anni) la quota di coloro che non guadagna più di 1.000 euro al mese è pressoché costante,
circa il 10%.
Dai 55 anni in su la quota di uomini che percepisce bassi redditi comincia a salire, man mano
che si esce dal mercato del lavoro: circa il 46% degli uomini ultrasessantenni non percepisce più di
1.000 euro al mese.
Quasi la metà degli uomini intervistati si colloca nella fascia di reddito intermedia 1.0001.500 euro. Questa quota va tuttavia riducendosi con l’età durante il percorso lavorativo a vantaggio
delle fasce di reddito più elevate. Infatti, se consideriamo i redditi più elevati, sopra i 2.000 euro al
mese, notiamo che la quota di uomini che si colloca in questa fascia di reddito cresce con l’età: si
passa dal 9,7% di coloro che hanno meno di 35 anni, al 15,6% della classe di età 35-44 anni, al
23,8% della classe più anziana 45-54 anni.
Anche nel caso degli uomini la mobilità professionale si spiega con la presenza di tassi di
istruzione più elevati. Il 77% degli uomini che percepiscono più di 2.000 euro al mese ha
conseguito un diploma di scuola superiore o una laurea8. Per i redditi bassi, fino a 1.000 euro al
mese, la quota di diplomati e di laureati non raggiunge il 15% e nella fascia intermedia 1.000-1.500
euro al mese la quota è di poco superiore al 40%.
In generale, le fasce reddituali più deboli registrano i tassi di scolarizzazione più bassi, mentre
al crescere del livello di istruzione aumenta la capacità di produrre reddito. Per le donne questa
correlazione è più debole: poco più del 9% delle donne laureate guadagna più di 2.000 euro al mese,
contro il 40% degli uomini laureati.
2.4 La partecipazione al mercato del lavoro
Le modalità con cui si caratterizza la partecipazione al mercato del lavoro sono condizionate
dal combinarsi di un complesso intreccio di fattori che vanno dalla dimensione più individuale (il
genere, l’età, il livello di istruzione, le motivazioni soggettive, ecc.) a quella riferibile al contesto
ambientale, economico e sociale del territorio considerato.
Il territorio preso in esame si inserisce in un contesto economico-produttivo forte, quale è
quello dell’area milanese, che esprime una forte domanda di lavoro. I tassi di partecipazione al
mercato del lavoro, anche nella nostra indagine, risultano particolarmente elevati.
Se consideriamo gli occupati rilevati nell’indagine sulla popolazione attiva del nostro
campione (15-65 anni), otteniamo per gli uomini un tasso di partecipazione al mercato del lavoro
pari all’82% e per le donne un tasso di partecipazione pari al 66,3%. Tra i non occupati con meno di
65 anni la quota più significativa è rappresentata dagli uomini in pensione (36,2%), dalle donne
pensionate (28,7%) e dalle casalinghe (17,8%).
I valori riscontrati per l’occupazione sono molto alti e rivelano una forte domanda di lavoro
che ovviamente non si esaurisce con la richiesta del territorio, ma che per la vicinanza a Milano si
amplifica notevolmente. Alla forte domanda di forza lavoro corrisponde un tessuto sociale
significativamente orientato al mercato del lavoro.
La partecipazione al mercato del lavoro è condizionata significativamente dal genere, dall’età
e dal livello di istruzione, molto meno dalla presenza di figli piccoli.
Il livello di istruzione gioca un ruolo fondamentale sia per l’accesso al mondo del lavoro e per
la qualità dei percorsi professionali, sia come motivazione, soprattutto per le donne, a scegliere di
svolgere un’attività retributiva.
8
Tra coloro che guadagnano più di 2.000 euro al mese il 24,8% è laureato.
23
Le condizioni socio-economiche delle famiglie
Ambito territoriale Distretto 5
Rapporto di ricerca
a cura del Centro Studi ALSPES
Ad una bassa scolarizzazione corrisponde una minore partecipazione al mercato del lavoro da
parte delle donne. Se consideriamo le donne più giovani con meno di 35 anni, osserviamo che tra
coloro che hanno conseguito la licenza media il 74% risulta occupata, mentre tra le diplomate tale
quota sale all’89% e tra le laureate il tasso di partecipazione sale al 97%.
All’aumentare dell’età la propensione a partecipare al mercato del lavoro rimane
sostanzialmente stabile per le donne fino a 50 anni, per poi crollare subito dopo con la fuori uscita
dal processo produttivo.
Analizzando la posizione professionale degli uomini e delle donne del campione emerge una
forte propensione al lavoro dipendente e in particolar modo verso le professioni impiegatizie; in
modo più marcato per le donne (63,7%) che per gli uomini (38,8%).
Il lavoro autonomo invece sembra avere un peso più contenuto: soltanto il 19% circa della
forza lavoro maschile svolge un’attività autonoma, le donne ancora meno (7%). Il lavoro autonomo
è leggermente più presente tra i lavoratori più giovani con meno di 35 anni: 24,5% se uomini,
10,4% se donne.
Il quadro che ne emerge a livello locale è che l’offerta di lavoro dei residenti si rivolge
prevalentemente ad una domanda di lavoro stabile, che predilige il lavoro dipendente e che limita
fortemente l’accesso a forme di precariato. I disoccupati rilevati nell’indagine rappresentano una
quota marginale: l’1,4% della forza lavoro maschile e il 2,2% della forza lavoro femminile rilevata
dal campione.
I percorsi professionali risentono della dimensione di genere e vedono riproporsi anche qui lo
svantaggio delle donne nel raggiungimento delle posizioni apicali: meno del 6% della forza lavoro
femminile è impiegate nelle posizioni professionali più elevate, dirigenti o quadri nel lavoro
dipendente, imprenditrici o professioniste nel lavoro autonomo. Gli uomini che ricoprono invece
queste posizioni sono quasi il 16%.
Nella distribuzione dei ruoli all’interno della coppia prevale nettamente il modello dual
worker, caratterizzato dalla partecipazione al mercato del lavoro di entrambi.
Se escludiamo le coppie in cui nessuno lavora, quasi tutte costituite da pensionati, la
percentuale di coppie in cui entrambi lavorano supera il 72% del campione esaminato; soltanto nel
19% delle coppie lavora solo l’uomo.
Risulta inoltre che nell’8% delle coppie è solo la donna che lavora: nella maggior parte dei
casi lui è pensionato oppure, in pochi casi, lui risulta disoccupato.
Con l’avanzare dell’età del capofamiglia si assiste ad una leggera contrazione della
partecipazione al lavoro delle donne, ma in termini molto contenuti: le coppie dove lavorano
entrambi passano da 87% a 83% quando il capofamiglia passa dalla classe di età più giovane (meno
di 35 anni) a quella successiva (35-44 anni). Diminuisce poi ulteriormente con l’avanzare dell’età.
Un fattore che può condizionare la donna nella scelta di partecipare al mercato del lavoro è
rappresentato dalla composizione del nucleo familiare e dalla sua dimensione: un aumento del
numero di componenti del nucleo familiare può indurre una riduzione della partecipazione
femminile al lavoro.
In realtà, ciò si verifica anche per le coppie residenti nel Distretto 5, ma in modo molto
contenuto. Se consideriamo, ad esempio, le coppie giovani nell’età di avere figli piccoli o ragazzi
adolescenti (capofamiglia con meno di 45 anni) osserviamo come la partecipazione femminile
rimane elevata anche in presenza del primo figlio e del secondo. Nel 91% delle coppie senza figli, i
coniugi lavorano entrambi; la percentuale si abbassa leggermente (84%) se nella coppia è presente
un figlio e si abbassa ulteriormente (79%) se sono presenti due o più figli.
Resta il fatto che pur con la presenza di più figli 4 coppie su 5 scelgono il modello dual
worker, scelgono cioè di lavorare entrambi.
24
Le condizioni socio-economiche delle famiglie
Ambito territoriale Distretto 5
Rapporto di ricerca
a cura del Centro Studi ALSPES
Ciò denota una forte volontà di partecipazione della donna al mondo del lavoro che ha origine
non soltanto dal desiderio di affermare la propria identità e di ottenere riconoscimento sociale, ma
spesso anche dalla necessità di contribuire economicamente al bilancio familiare per sostenere
livelli di benessere giudicati ormai incomprimibili in contesti metropolitani onerosi dal punto di
vista del costo della vita (spese per la casa, trasporti, servizi, ecc.).
tab. 2.5 – Composizione della coppia, con capofamiglia di età inferiore a 45 anni,
rispetto al lavoro e presenza di figli conviventi (%)
Chi lavora nella coppia
Lavora solo lui
Lavora solo lei
Lavorano entrambi
Totale
Nessun
figlio
6,4
2,7
90,9
100,0
1 figlio
2 o più figli
Totale
14,2
1,7
84,2
100,0
21,3
0,0
78,7
100,0
14,2
1,4
84,4
100,0
Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007
25
Le condizioni socio-economiche delle famiglie
Ambito territoriale Distretto 5
Rapporto di ricerca
a cura del Centro Studi ALSPES
3. UNA STIMA DELLE VOCI DELLA SPESA FAMILIARE
Il terzo capitolo è dedicato all’analisi della spesa familiare. Come detto in sede di premessa
l’indagine non ha come obiettivo quello di ricostruire l’intero paniere della spesa familiare, ma
quello di evidenziare le spese relative ai beni di prima necessità della famiglia. Non è un paniere di
beni e servizi che mira a evidenziare un minimo vitale, sono infatti comprese anche spese che
esulano da esso, ma l’obiettivo primario è quello di offrire una stima approssimata, ma attendibile
della spesa che le diverse tipologie di famiglie devono sostenere per far fronte ai problemi
fondamentali quali: l’abitazione e le relative utenze, i prodotti alimentari e per la casa, le spese per i
trasporti, per l’istruzione, per la salute e l’accudimento dei figli e degli anziani. Possiamo osservare
come questo paniere pur differenziandosi dal paniere relativo al minimo vitale, rimane su quelle che
possiamo chiamare le spese essenziali per la famiglia.
Prima di addentrarci nell’esposizione dei dati relativi a questa pista d’indagine, presentiamo le
singole macro-voci di spesa indicando quali sottovoci sono comprese in ognuna di esse, di seguito
indicheremo con “spesa familiare” la somma di tutte le voci sotto indicate. Le macro-aree indagate
sono state complessivamente sette:
- le spese per l’abitazione (il mutuo o l’affitto);
- le spese per i prodotti alimentari e per la casa;
- le spese per le utenze domestiche (riscaldamento e acqua calda, la luce, il telefono fisso ed
i cellulari);
- le spese per i trasporti (il carburante, i bolli e le assicurazioni delle auto e dei motorini, il
trasporto pubblico);
- le spese sanitarie (i farmaci e le medicine, gli accertamenti diagnostici, le visite mediche, i
servizi ausiliari sanitari e altre spese di tipo sanitario);
- le spese scolastiche (la mensa scolastica, la retta dell’asilo nido e scuola materna, le
ripetizioni, le rette per le scuole e le università, i testi scolastici ed il materiale scolastico);
- le spese per l’accudimento (personale per le pulizie domestiche, baby sitter, assistente
familiare e l’utilizzo di case di riposo o di cura).
In questo capitolo cercheremo di rispondere a tre questioni.
1) A quanto ammonta la spesa familiare composta dalla somma delle voci sopra citate.
2) Quanto pesano le diverse voci.
3) Come si differenziano i livelli di spesa complessiva e delle singole voci in funzione delle
diverse tipologie familiari per composizione, per età e per comune di residenza.
Prima di addentrarci nell’analisi riteniamo utile fornire una spiegazione di carattere
metodologico: nell’analisi per potere confrontare la spesa delle diverse tipologie familiari si è
ritenuto opportuno utilizzare il valore mediano della spesa. Il valore mediano di una variabile è quel
valore rispetto al quale metà del campione ha valori più alti e l’altra metà ha valori più bassi. Nel
nostro caso la metà delle famiglie intervistate ha, ad esempio una spesa familiare, al di sotto del
valore mediano, pari a 824 €/mese, mentre l’altra metà ha una spesa familiare che si trova al di
sopra di tale valore. Si è ritenuto preferibile utilizzare la mediana rispetto alla media aritmetica
(forse più immediatamente comprensibile al lettore), in quanto quest’ultima è fortemente
influenzata dagli estremi della distribuzione. In altre parole, nel nostro caso, essendo presenti nella
26
Le condizioni socio-economiche delle famiglie
Ambito territoriale Distretto 5
Rapporto di ricerca
a cura del Centro Studi ALSPES
distribuzione numerosi casi che presentano valori lontani dai valori centrali della distribuzione, la
mediana è il valore che rappresenta meglio la famiglia tipo.
3.1 La spesa familiare complessiva: differenze tra le diverse tipologie familiari
Il dato mediano è come detto 824 €/mese, il dato in se non è indicativo perché la spesa è
fortemente influenzata dalla tipologia familiare, dall’età e dal numero di componenti e soprattutto
dal titolo di proprietà dell’abitazione.
Come verrà più diffusamente illustrato nel successivo paragrafo 3.2, dall’analisi dei dati è la
spesa per l’abitazione a fare la differenza, chi paga un mutuo spende in media 600 €/mese e chi
paga un affitto paga in media 380 €/mese; il peso di queste spese pur variando in modo significativo
tra le diverse tipologie di famiglie rimane comunque molto consistente. Tra coloro che sono gravati
di un mutuo la spesa ad esso relativa pesa circa il 37,8% della spesa complessiva, per coloro che
pagano un affitto il costo pesa in media il 33,5% della spesa relativa.
Le famiglie unipersonali hanno in assoluto la spesa familiare più bassa pari a 483 €/mese. Tra
queste gli anziani hanno il livello di spesa più basso 465 €/mese, mentre nelle classi di età più
giovani le spese sono più alte. La differenza la fanno due tipologie di spese: le spese per
l’abitazione (mutuo o affitto) che per le famiglie unipersonali giovani pesa in media 400 €/mese e le
spese per i trasporti che variano tra 110 e 180 €/mese a seconda delle fasce d’età. Tra gli anziani
queste due voci di spesa sono marginali e riguardano solo un parte minoritaria di componenti.
La spesa mediana della famiglie senza figli è stimata poco inferiore agli 800 €/mese, anche
all’interno di questa tipologia familiare si rilevano alcune significative differenze in funzione
dell’età: la spesa diminuisce al crescere dell’età. Nella fascia di età più giovane fino a 34 anni è
prevalente la quota delle famiglie che pagano un mutuo o un affitto (500 €/mese), nella fasce d’età
inferiore a 50 anni, le spese per trasporto ammontano a oltre 250 €/mese.
La spesa mediana delle famiglie con figli è stimata 1.227 €/mese; se escludiamo la spesa per
l’abitazione, la spesa totale rimane relativamente costante in tutte le classi d’età. La spesa
significativamente superiore rispetto alle tipologie familiari precedentemente analizzate, è causata
da una maggiore spesa alimentare e dei prodotti per la casa (valore mediano 600 €/mese contro i
440 €/mese delle coppie senza figli e il 272 €/mese delle famiglie unipersonali), da un maggior peso
delle spese per trasporti che rimangono costantemente oltre i 250 €/mese in tutte le fasce di età
compresa quella anziana, da una maggiore spesa per le utenze domestiche (valore mediano 223
€/mese a fronte di 178 €/mese delle coppie senza figli conviventi e di 147 €/mese delle
unipersonali). Tra le voci di spesa delle famiglie con figli conviventi ancora dentro il circuito
formativo abbiamo poi le spese scolastiche che possono essere stimate attorno ai 100 €/mese.
Il valore medio della spesa complessiva delle famiglie monogenitore è di circa 850 euro, ma
tale valore varia in funzione dell’età del genitore di riferimento e di quella dei figli. Tra le famiglie
monogenitore con età inferiore a 50 anni infatti la spesa è superiore di circa 50 €/mese.
In chiusura di questo primo paragrafo possiamo osservare un elemento centrale rispetto ai
nostri obiettivi di ricerca: i livelli di spesa non sono influenzati dal numero di redditi familiari, in
altre parole, a parità di tipologia familiare non si sono evidenziate differenze significative tra la
spesa delle famiglie monoreddito e quelle multireddito. Questo indica che le spese del nostro
paniere non sono facilmente comprimibili. Ciò è comprovato dal fatto che pur in presenza di
differenti livelli di reddito, la spesa per queste voci non può essere significativamente contratta.
27
Le condizioni socio-economiche delle famiglie
Ambito territoriale Distretto 5
Rapporto di ricerca
a cura del Centro Studi ALSPES
tab. 3.1 – Le voci della spesa familiare per tipologia familiare e per classi d’età (euro)
Famiglie unipersonali
Spese per l'abitazione (mutuo o affitto)
Spesa alimentari e prodotti per la casa stima
Spese per le utenze domestiche stima
Spese per i trasporti
Spese sanitarie
Spese scolastiche
Spese per l'accudimento
Totale paniere spesa familiare
Coppie senza figli conviventi
Spese per l'abitazione (mutuo o affitto)
Spesa alimentari e prodotti per la casa stima
Spese per le utenze domestiche stima
Spese per i trasporti
Spese sanitarie
Spese scolastiche
Spese per l'accudimento
Totale paniere spesa familiare
Fino a 34
anni
400
200
140
181
13
934
35-49
anni
275
158
165
25
624
50-64
anni
246
158
111
50
565
Oltre 65 Totale famiglie
anni
unipersonale
272
272
143
147
24
50
40
465
483
Fino a 34
anni
35-49
anni
50-64
anni
Oltre 65
anni
400
196
268
60
923
400
185
151
95
831
400
166
99
70
736
35-49
anni
50-64
anni
500
400
186
285
30
1.401
Fino a 34
anni
Coppie con figli conviventi
Totale coppie
senza figli
conviventi
400
178
152
60
790
Oltre 65 Totale coppie
anni con figli conventi
Spese per l'abitazione (mutuo o affitto)
530
-
-
-
-
Spesa alimentari e prodotti per la casa stima
600
600
600
600
600
Spese per le utenze domestiche stima
213
216
253
218
223
Spese per i trasporti
267
253
306
275
266
Spese sanitarie
70
70
100
77
87
Spese scolastiche
48
100
-
-
50
-
-
-
-
-
1.728
1.239
1.259
1.171
1.227
Spese per l'accudimento
Totale paniere spesa familiare
Fino a 50 anni
Famiglie monogenitore
Spese per l'abitazione (mutuo o affitto)
Spesa alimentari e prodotti per la casa stima
Spese per le utenze domestiche stima
Spese per i trasporti
Spese sanitarie
Spese scolastiche
Spese per l'accudimento
Totale paniere spesa familiare
0
409
205
174
50
58
0
897
50-64
anni
400
213
174
87
875
Oltre 65 Totale famiglie
anni
monogenitore
400
400
184
208
149
171
54
70
788
850
Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007
28
Le condizioni socio-economiche delle famiglie
Ambito territoriale Distretto 5
Rapporto di ricerca
a cura del Centro Studi ALSPES
3.2 Le spese per l’abitazione
Per necessità di sintesi, riguardo alle spese per l’abitazione, la nostra indagine si è occupata
solo delle voci di spesa per il pagamento del mutuo e dell’affitto, sono state trascurate, perché
troppo polverizzare e difficilmente rilevabili in modo affidabile, le spese per la manutenzione
ordinaria e straordinaria.
Il titolo di godimento dell’abitazione è una delle variabili che influenzano in modo marcato
sia i livelli di spesa sia il livello di soddisfazione della propria situazione economica. Ciò avviene
per il peso rilevante che il mutuo per la prima casa o il canone di locazione hanno sui bilanci
familiari.
Qualche dato per inquadrare quantitativamente il problema: nel Distretto l’85,8% del
campione vive in casa di proprietà, in tutti i Comuni la quota di coloro che vivono in casa di
proprietà è superiore all’86%; le punte più alte le fanno registrare Liscate con il 94,7% di famiglie
che risiede in case di proprietà, Settala e Pozzuolo con il 93,6%.
tab. 3.2 – Titolo di godimento dell’abitazione per classe d’età del capofamiglia (%)
Titolo di godimento dell'abitazione
Classe d'età
Proprietà
(SENZA MUTUO)
Fino a 34 anni
44,6
35-49 anni
63,1
50-64 anni
77,3
Oltre 65 anni
83,5
Totale
70,8
Proprietà
(CON MUTUO)
43,9
30,2
11,6
2,2
18,6
Affitto
o subaffitto
11,5
6,7
11,0
14,3
10,6
Totale
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007
Complessivamente il 70,8% delle famiglie vive in casa di proprietà senza mutuo, il 18,6%
vive in casa di proprietà con un mutuo non ancora estinto e solo il 10,6% vive in affitto. La quota di
coloro che sono proprietari dell’abitazione e non hanno da pagare un mutuo cresce al crescere
dell’età. Tra le famiglie di età fino a 34 anni solo il 44,3% abita in casa di proprietà senza mutuo,
tale quota sale al 63,3% nella fascia di età 35-49 anni, al 77,3% nella fascia d’età 50-64 anni, per
arrivare all’83,6% nella fascia anziana.
Le categorie di famiglie che ricorrono maggiormente al mutuo sono le coppie con figli con
capofamiglia di età inferiore a 35 anni (57,7%), le coppie con figli o senza figli con capofamiglia tra
35 e 50 anni e il 31,6%. All’affitto ricorrono con frequenza superiore alla media del campione le
famiglie monogenitore (22,2%), le famiglie unipersonali giovani (20,0%) e anziane (21,6%).
Come già detto la spesa media per il mutuo è pari a 600 €/mese, pur restando fortemente
concentrato attorno al valore mediano il dato presenta una certa variabilità: un quarto di coloro che
pagano il mutuo pagano una cifra inferiore o uguale a 500 €/mese; un quarto paga oltre 800 €/mese.
Rispetto all’affitto, un quarto di coloro che pagano l’affitto pagano meno di 250 €/mese, la
metà paga meno di 380 €/mese, e un quarto paga più di 550 €/mese. Rispetto all’affitto possiamo
inoltre osservare come il canone di locazione per le abitazioni di 3 o più locali rimane pressoché
inalterato nei valori mediani.
È infine interessante evidenziare come sia il mutuo sia il canone di locazione non siano
correlati alla tipologia familiare o all’età.
29
Le condizioni socio-economiche delle famiglie
Ambito territoriale Distretto 5
Rapporto di ricerca
a cura del Centro Studi ALSPES
3.3 Le altre voci della spesa familiare
La spesa per le spese alimentari e per i prodotti per la casa
Mediamente le famiglie del Distretto spendono per gli alimentari e i prodotti per la casa 400
€/mese. Tale quota tuttavia varia in modo significativo in funzione della tipologia familiare:
andiamo dalle 240 €/mese delle famiglie unipersonali (pari al 41,7% della spesa complessiva) alle
400 €/mese delle coppie senza figli, alle 600 €/mese delle famiglie con figli conviventi, per le quali
le spese alimentari sono circa la metà della spesa rilevata dal nostro paniere.
La spesa alimentare non è influenzata dai livelli di reddito, a parità di livello di reddito non
abbiamo differenze significative nei valori mediani.
La spesa per le utenze domestiche
Il valore mediano delle spese per le utenze domestiche è di 190 €/mese, varia dalle 150
€/mese delle famiglie unipersonali alle 250 €/mese delle coppie con figli conviventi con età
inferiore a 50 anni. Il peso delle utenze domestiche sul paniere da noi rilevato è di circa il 20% della
spesa complessiva.
La spesa per i trasporti
Il valore mediano delle spese per le utenze domestiche è di 174 €/mese, tuttavia si
evidenziano differenze molto marcate in funzione dell’età e della tipologia familiare. Le famiglie
con capofamiglia inferiore a 50 anni hanno una spesa mediana superiore alle 250 €/mese, dovuta
prevalentemente alle spese per gli spostamenti per il lavoro. Le spese per i trasporti hanno un peso
non trascurabile sul totale della spesa familiare, pari a circa il 20%, al livello delle utenze
domestiche.
La spesa per la scuola
Le spese scolastiche non sono da valutare nei valori mediani dell’intera popolazione poiché
riguardano una fascia molto limitata della popolazione, tuttavia è utile dare un ordine di grandezza
per offrire alcuni punti di riferimento in merito alle spese che devono sostenere le famiglie
coinvolte.
Per i testi scolastici le famiglie che hanno figli che studiano spendono in media 300 €/anno e
100 €/anno per il materiale scolastico; la spesa per ripetizioni è sostenuta dal 9,4% delle famiglie
con figli studenti, le famiglie che sostengono questa spesa spendono in media circa 540 €/anno.
Le rette per le scuole e l’università, hanno valori molto eterogenei per cui è estremamente
rischioso fornire stime affidabili; al contrario è significativo sottolineare come in media le famiglie
che hanno figli al nido o alla scuola materna spendano 2.640 €/anno (oltre 220 €/mese) per le rette.
La spesa sanitaria
La spesa sanitaria riguarda invece la popolazione nel suo complesso: il valore mediano delle
spese sanitarie è pari a 60 €/mese ed ha un peso non trascurabile sul nostro paniere, pari al 7,3%.
Ovviamente le spese sanitarie sono maggiormente avvertite dalla popolazione anziana, perché
le deve sostenere in modo più continuativo, rispetto alla popolazione giovane o adulta. La spesa
sanitaria mediana tra le famiglie unipersonali anziane è pari a 50 €/mese (pari al 10,7% della spesa
complessiva), la spesa raddoppia per le coppie anziane 100€/mese.
30
Le condizioni socio-economiche delle famiglie
Ambito territoriale Distretto 5
Rapporto di ricerca
a cura del Centro Studi ALSPES
4. LE CARATTERISTICHE DELLE FAMIGLIE CON DISAGIO ECONOMICO
Dopo aver dato una quadro complessivo della situazione socio-economica delle famiglie del
Distretto, con il quarto capitolo approfondiamo l’analisi sulle famiglie che si trovano in situazioni di
disagio. Per fare questo lasciamo gli elementi di analisi forniti dalla rilevazione campionaria, che ci
hanno aiutato a descrivere un quadro complessivo, per servirci delle informazioni raccolte con le
interviste in profondità alle famiglie in situazione di disagio e ai testimoni privilegiati (assessori alle
politiche sociali, responsabili comunali dei servizi sociali, operatori del privato sociale).
L’analisi si focalizza su quattro tipologie familiari: gli anziani, le famiglie monogenitore, le
famiglie con figli e le famiglie straniere. Per ognuna di queste tipologie familiari sono stati
sviluppati cinque punti di analisi;lo sviluppo parallelo di questa breve serie di punti consentirà al
lettore una lettura sinottica delle categorie delle quattro categorie analizzate. Questi i punti
sviluppati per ciascun target.
I momenti di criticità. Il primo punto individua quali passaggi della vita o quali
accadimenti hanno determinato o acuito la situazione di disagio socio-economico della
famiglia.
Le difficoltà e i bisogni riferiti dalle famiglie. Il secondo punto di analisi evidenza i
bisogni presentati o espressi dalle famiglie. Questa parte riferisce le percezioni delle
famiglie e la loro domanda di aiuto ai servizi.
I fattori di fragilità che si sono evidenziati. Il terzo punto di analisi è invece relativo agli
elementi che indeboliscono o rendono fragile la famiglia; si tratta di fattori di cui la
famiglia non sempre è consapevole, ma che quando sono presenti minano la capacità di
reazione della famiglia.
Le azioni e le strategie messe in atto dalle famiglie. Il quarto punto di analisi affronta le
strategie messe in atto dalle famiglie per risolvere la situazione di criticità in cui versano:
come hanno reagito, quali azioni hanno compiuto, come hanno attivato la rete familiare e
amicale, quando e perché si sono rivolte ai servizi.
Il rapporto delle famiglie con i servizi. L’ultimo punto di analisi si riferisce in modo
specifico al rapporto delle famiglie con i servizi: quale conoscenza dei servizi, quali i
servizi richiesti, quali attivati, quale capacità di interazione con i servizi, con quale grado
di fiducia.
4.1 Gli anziani
I momenti di criticità.
-
-
La condizione di fragilità degli anziani è legata spesso alla precarietà dello stato di salute,
spesso da questo dipende la possibilità di mantenere la situazione familiare entro un alveo
gestibile.
Il già fragile equilibrio delle famiglie anziane viene fortemente compromesso quando
subentra un nuovo carico di cura che si rende necessario entro il nucleo familiare stesso o
nell’intorno relazionale più vicino: l’aggravarsi delle condizioni di salute di uno dei due
31
Le condizioni socio-economiche delle famiglie
Ambito territoriale Distretto 5
-
Rapporto di ricerca
a cura del Centro Studi ALSPES
coniugi, oppure l’assistenza e cura verso genitori molto anziani che rimangono soli, o, più
raramente, quando si presenta la necessità di accudimento di persone estranee alla
famiglia stessa (nipoti, parenti in difficoltà, ecc.).
Un altro evento che può fare entrare in crisi la famiglia anziana è la perdita della rete di
sostegno parentale o amicale.
Gli anziani in particolare hanno avvertito come evento impoverente l’avvento dell’euro
che da un lato ha ulteriormente abbassato il potere d’acquisto degli anziani, che è già era
percepito come basso, e dall’altro lato gli anziani hanno avuto maggiori difficoltà ad
adeguarsi alla differente percezione dei prezzi che con l’euro si è manifestata.
Le difficoltà e i bisogni riferiti dalle famiglie.
-
-
Le famiglie anziane sono spesso multiproblematiche, cioè presentano problematicità di
natura diversa tra loro strettamente correlate. La fragilità economica si associa spesso ad
un bisogno di natura assistenziale derivante dalla non piena autosufficienza di uno dei
membri della famiglia.
Le necessità di ordine economico per far fronte alle crescenti spese sanitarie e alle spese di
prima necessità (utenze, spese per la casa, ecc.).
La necessità di assistenza domiciliare socio-sanitaria e socio-assistenziale e laddove
questo non è più possibile il bisogno si trasforma nella necessità di servizi di
residenzialità.
I fattori di fragilità che si sono evidenziati.
-
-
-
Il principale fattore di fragilità degli anziani è la salute: dalla salute degli anziani dipende
strettamente il loro disagio socio-economico.
Il secondo fattore di fragilità è la mancanza di una rete di sostegno familiare o amicale. Le
cause possono essere molteplici: lo scarso apporto della rete sociale, l’assenza di familiari
perché lontani, perché i rapporti sono interrotti oppure perché gli stessi familiari sono in
una situazione di bisogno che non li mette nella possibilità di fornire aiuto.
Sicuramente un fattore di fragilità degli anziani è il basso reddito che limita la capacità di
reazione ad eventi la cui soluzione richiede risorse economiche eccedenti le possibilità
della famiglia.
Infine una fragilità è rappresentata dalla bassa capacità degli anziani di accedere alle
risorse e alle opportunità che offre il territorio in termini di servizi e di interventi. Ciò è
dovuto da un lato alla difficoltà di accesso alle informazioni (poca mobilità, bassa
scolarità, difficoltà nell’utilizzo delle nuove tecnologie) e dall’altro anche ad una ritrosia
degli anziani che per pudore e per paura di essere stigmatizzati non si rivolgono ai servizi
pubblici e del privato sociale.
Le azioni e le strategie messe in atto dalle famiglie.
-
-
La prima strategia che gli anziani mettono in atto per cercare di risolvere i problemi e far
fronte ai propri bisogni è rivolgersi all’interno del nucleo familiare. Le strategie sono
molteplici: in primis sono i familiari a far fronte al lavoro di cura anche con carichi di
lavoro molto usuranti.
Sul versante economico la prima risposta è la contrazione delle spese (già limitate).
Ci si rivolge all’esterno, ai servizi quando la gestione della propria situazione familiare
diventa ingestibile.
32
Le condizioni socio-economiche delle famiglie
Ambito territoriale Distretto 5
Rapporto di ricerca
a cura del Centro Studi ALSPES
Il rapporto delle famiglie con i servizi.
-
-
-
Come già detto il primo punto da evidenziare nel rapporto tra gli anziani e i servizi è la
difficoltà di accesso: questa è la prima criticità. In merito si ottengono buoni risultati dalla
integrazione tra i servizi pubblici e quelli del privato sociale.
I servizi a cui accedono le famiglie anziane sono:
o Assegno sociale
o Servizio di assistenza domiciliare
o Integrazione alle rette di ricovero
o Supporto da parte del privato sociale
La risposta dei servizi appare ancora insufficiente a coprire il bisogno presente nelle
famiglie.
Il clima relazionale tra famiglie e servizi è valutato prevalentemente positivo.
4.2 Le famiglie con figli
I momenti di criticità.
-
-
Il momento di criticità è legato essenzialmente alla perdita del lavoro, in particolare
dell’uomo, che a volte e l’unico reddito familiare o comunque il reddito più alto.
La perdita del lavoro può avvenire per diverse ragioni:
o la ditta fallisce e chiude;
o un incidente o un’improvvisa malattia fortemente invalidante;
o una difficoltà a “tenere” un lavoro stabile per problemi personali legati a
situazioni di disagio sociale e culturale.
Un momento di criticità che sta prendendo piede negli ultimi tempi è l’accesso al credito
al consumo per beni durevoli (auto, tv, elettrodomestici, ecc.) che abbassa la percezione
della spesa, aumentando però nettamente le “spese fisse” della famiglia.
Le difficoltà e i bisogni riferiti dalle famiglie.
-
-
-
Il bisogno emerso è direttamente riconducibile alla difficoltà di inserimento o di
reinserimento nel mondo del lavoro, su posizioni lavorative che garantiscano entrate
stabili ed adeguate ai bisogni.
Gli altri bisogni che ne conseguono sono principalmente di tipo economico connesse alle
spese di prima necessità: per l’abitazione (mutuo o affitto, utenze domestiche, ecc.); per
l’alimentazione, per i figli.
In alcuni nuclei familiari coesistono anche bisogni di tipo assistenziale quando all’interno
sono presenti persone non pienamente autosufficienti.
I fattori di fragilità che si sono evidenziati.
-
Le fragilità di queste famiglie che versano in situazioni di difficoltà nascono dal fatto che
nella maggior parte dei casi si tratta di famiglie culturalmente poco attrezzate con forme di
disagio sociale. Da ciò ne deriva che queste persone hanno minor capacità di affrontare i
problemi e di mettere in atto adeguate soluzioni e di dimostrare “tenuta” nei percorsi di
reinserimento lavorativo.
33
Le condizioni socio-economiche delle famiglie
Ambito territoriale Distretto 5
-
-
Rapporto di ricerca
a cura del Centro Studi ALSPES
Una seconda fragilità è connessa all’età, spesso la persona da reinserire non è più giovane
(la maggior parte ha superato i 40 anni). Questo fattore si somma quindi alle basse
condizioni socio-culturali e la difficoltà nel trovare un lavoro aumenta notevolmente.
Un terzo fattore di fragilità è la debolezza della dimensione relazionale sia interna al
nucleo sia con la rete parentale più stretta, ciò indebolisce le capacita di reazione.
Le azioni e le strategie messe in atto dalle famiglie.
Le strategie messe in atto dalla famiglia variano molto in funzione delle risorse che la
famiglia e i suoi componenti mettono in campo in termini di motivazione e di auto-attivazione.
- Nelle famiglie culturalmente meno attrezzate e con problemi di carattere sociale, la
strategia che prevale è quella della ricerca dell’aiuto assistenzialistico. È significativo
sottolineare che molte delle famiglie intervistate si rivolgevano direttamente agli
amministratori (sindaci e assessori) per ricevere un aiuto nella ricerca del lavoro. Ciò
riflette che più che informazioni utili alla ricerca del lavoro si cercasse sostegno e aiuto.
Prevalgono quindi strategie che percorrono schemi assistenziali, rispetto a strategie di
attivazione (percorsi di riqualificazione, formazione, capacità di tenuta).
- Una quota minoritaria di famiglie, meno compromesse sul piano del disagio sociale,
dimostrano una maggiore capacità di reazione e di adattamento alla nuova situazione e
alle nuove condizioni. In questo caso si evidenzia una maggiore capacità di orientarsi tra i
servizi non solo socio-assistenziali, ma anche tra quelli che offrono un aiuto nella ricerca
di lavoro (centri per l’impiego, agenzie per il lavoro, ecc.)
- Più in generale la rete parentale più prossima spesso funge da primo aiuto e svolge una
funzione di supporto anche per periodi di tempo prolungati.
Il rapporto delle famiglie con i servizi.
-
-
-
I servizi a cui accedono le famiglie con figli sono:
o buoni spesa;
o contributi economici;
o riduzione delle tariffe per servizi comunali (mense scolastiche ecc.).
Come già detto i rapporti con i servizi appaiono incentrati prevalentemente alla richiesta
di un aiuto, piuttosto che di un supporto per mettere in atto percorsi di reinserimento.
Le esperienze più efficaci in termini di risultati si realizzano quando all’aiuto “immediato”
è collegato un più complessivo percorso sociale di reinserimento e di uscita dalla difficoltà
contingente.
Un’altra opzione positiva che potenzia l’efficacia degli interventi è la sinergia tra servizi
comunali e privato sociale che insieme lavorano sui casi in carico in modo sinergico.
Più complesso emerge il raccordo con i servizi per l’inserimento lavorativo.
4.3 Le famiglie monogenitore
I momenti di criticità.
-
La fragilità delle famiglie monogenitore nasce nel momento in cui la famiglia diventa tale,
cioè viene a mancare la presenza di uno dei due genitori per separazione o per morte.
Spesso al fatto in sé si associa un portato di conflittualità latente o manifesta, che mina la
serenità dal contesto familiare e la sua capacità di reazione.
34
Le condizioni socio-economiche delle famiglie
Ambito territoriale Distretto 5
Rapporto di ricerca
a cura del Centro Studi ALSPES
Le difficoltà e i bisogni riferiti dalle famiglie.
-
-
-
Le difficoltà riferite delle famiglie monogenitore sono prevalentemente di tipo economico.
Le famiglie monogenitore sono spesso monoreddito con figli a carico e fanno molta fatica
a far fronte alle spese quotidiane, alle spese per il pagamento dell’affitto e delle utenze
domestiche, alle spese scolastiche dei figli, ecc. Questo momento di crisi economica si
presenta soprattutto ma non solo nella fase iniziale della separazione in cui non sono
ancora definiti i contributi da parte del coniuge che si allontana dal nucleo.
Connesso al primo c’è la presenza di un bisogno di accudimento per i figli che consenta al
genitore (alla madre nella quasi totalità dei casi) di svolgere con regolarità l’attività
lavorativa che necessariamente deve essere a tempo pieno.
Vi è poi una terza area legata al “benessere per i figli”, cioè alla necessita di un supporto,
sia materiale sia pedagogico, per una crescita armoniosa e serena dei figli che si
percepisce minacciata dalla situazione di separazione.
I fattori di fragilità che si sono evidenziati.
-
-
-
Il principale fattore di fragilità per le famiglie monogenitore è che i carichi familiari
ricadono su una sola persona. Le difficoltà sono quelle delle famiglie monoreddito con
l’ulteriore complessità che il carico di cura è sulle spalle di una sola persona con forti
problemi di conciliazione tra tempi di lavoro e tempi di cura. Tale situazione può essere
ulteriormente acuita quando la rete parentale più prossima non è nella possibilità di offrire
un sostegno.
Il secondo e il terzo fattore di fragilità sono connessi alla questione di genere. Infatti nella
quasi totalità delle famiglie monogenitore la figura di riferimento è una donna. Come
abbiamo visto nel capitolo 2, le donne hanno una minore capacità di accesso al mondo del
lavoro, inoltre, in alcuni casi, la donna deve affrontare un reinserimento lavorativo in
un’età non più giovane, e ciò complica ulteriormente le cose.
Il secondo fattore di fragilità connesso alla dimensione di genere è l’aspetto retributivo
che, come abbiamo visto, vede le donne decisamente penalizzate rispetto agli uomini.
Le azioni e le strategie messe in atto dalle famiglie.
-
-
La prima reazione è quella di contenere le spese, ma ciò diventa difficile in presenza di
spese difficilmente comprimibili come quelle per la casa e i servizi di accudimento per i
figli.
La tendenza che si evidenzia è quella di non chiedere soldi o contributi, ma servizi e/o
riduzioni tariffarie.
Tra le strategie poste in atto c’è anche quella di rivolgersi ai servizi pubblici e del privato
sociale.
Il rapporto delle famiglie con i servizi.
-
C’è una buona dose di accesso ai servizi del privato sociale: Caritas, CAV, Banco
Alimentare.
L’accesso al servizio pubblico passa prevalentemente attraverso i servizi per i minori, per
la richiesta dei servizi stessi e/o per la richiesta di riduzioni tariffarie.
35
Le condizioni socio-economiche delle famiglie
Ambito territoriale Distretto 5
Rapporto di ricerca
a cura del Centro Studi ALSPES
4.4 Le famiglie straniere
I momenti di criticità.
-
Il percorso migratorio è sicuramente un passaggio che è di per sé caratterizzato da forti
elementi di criticità che qui è inutile ridurre a sintesi.
Un secondo momento che nella maggior parte dei casi porta con se un primo passaggio
critico è il ricongiungimento familiare con il coniuge (prevalentemente donna) ed i figli.
Questo avviene spesso quando le condizioni del capofamiglia sono ancora fragili.
Le difficoltà e i bisogni riferiti dalle famiglie.
Le difficoltà emerse sono:
- La prima difficoltà espressa dalle famiglie straniere intervistate è l’accesso all’abitazione
per l’elevato costo delle spese di affitto (mediamente più alto per gli stranieri, a parità di
condizioni). Il problema dell’abitazione è strettamente connesso con quello dei
ricongiungimenti familiari: rispetto al singolo, la famiglia ha una necessità di spazzi
maggiori e di migliore qualità.
- La seconda difficoltà è trovare un lavoro stabile e regolare. Gli stranieri non hanno
difficoltà ad accedere a lavori scarsamente qualificati e precari; la difficoltà è uscire da
questi percorsi per accedere a situazioni più stabili e più vantaggiose sul piano retributivo.
- Emerge anche la difficoltà di integrazione nel nuovo contesto, soprattutto legato ai minori
ed alle donne.
I fattori di fragilità che si sono evidenziati.
-
-
-
Il primo fattore di fragilità coincide con la complessità stessa del percorso migratorio. Le
aspettative dell’arrivo e della permanenza in Italia sono molto alte, non sempre la realtà
che si presenta è all’altezza delle aspettative e richiede notevoli sforzi sia economici sia di
adattamento.
Come già detto un elemento di fragilità si palesa al momento del ricongiungimento
familiare se questo avviene quando la situazione economica e professionale del
capofamiglia non si è ancora consolidata. Tuttavia le situazioni di povertà nel paese
d’origine fanno apparire comunque vantaggiose le situazioni precarie che trovano in Italia.
La mancanza di una rete parentale o amicale di sostegno è un fattore di fragilità.
Le azioni e le strategie messe in atto dalle famiglie.
-
-
Gli stranieri presentano una buona capacità di navigare le aree più precarie del lavoro, ma
anche di mettere in atto percorsi di crescita delle proprie competenze e possibilità
professionali.
Una seconda strategia messa in atto è la richiesta di aiuto alle cosiddette reti etniche:
parenti, amici e conoscenti del proprio paese d’origine.
Gli stranieri presentano una buona conoscenza dei servizi sia pubblici sia del privato
sociale. Ciò deriva prevalentemente dal passaparola delle reti etniche.
36
Le condizioni socio-economiche delle famiglie
Ambito territoriale Distretto 5
Rapporto di ricerca
a cura del Centro Studi ALSPES
Il rapporto delle famiglie con i servizi.
-
Come già detto le relazioni con i servizi sono molto praticate.
Anche a questo proposito le esperienze più positive vedono una profonda integrazione tra
pubblico e privato sociale.
4.5 Un lettura trasversale degli elementi emersi
Dopo aver affrontato singolarmente i quattro principali target del disagio proviamo ad
evidenziare gli elementi comuni, non tanto sul piano dei bisogni, che sono necessariamente
diversificati, ma piuttosto su quello delle strategie di fondo.
Un primo elemento concerne l’identificazione di griglie di lettura adatte ai livelli di disagio.
Possiamo identificare due livelli di disagio: uno meramente economico, relativo a famiglie che
vivono momenti di fatica temporanei e un secondo in cui i problemi di natura economica si
associano e si correlano a problemi di disagio sociale. Sul primo livello gli interventi si devono
giocare prevalentemente su di un piano economico (riduzioni tariffarie, contributi su bando, ecc.)
coadiuvati da percorsi di sostegno di durata limitata. Sul secondo livello le strategie di intervento
devono essere incentrate su percorsi di reinserimento sociale, in cui la componente economica
diventa uno degli aspetti su cui intervenire.
Un secondo elemento trasversale a tutte le aree di disagio è l’efficacia di una forte
integrazione tra i servizi pubblici e quelli del privato sociale. Questo ha un impatto positivo su due
livelli: nell’intercettare tempestivamente le situazioni di disagio e nell’attivare servizi e interventi in
modo sinergico e integrato. Il privato sociale ha una presenza più capillare e più prossima alle
famiglie con disagio, può quindi arrivare a intercettare quelle situazioni che faticano ad arrivare ai
servizi, può quindi svolgere un’importante azione di prevenzione. Nel sistema di erogazione dei
servizi la collaborazione diventa fruttuosa quando si arriva a lavorare insieme sul singolo caso in
carico, favorendo così la realizzazione di percorsi sociali condivisi ed un uso sinergico delle risorse.
Un terzo tema importante è il tema dell’accessibilità dei servizi. Non si tratta solo di erogare i
servizi, ma rendere le risorse di cui dispone il sistema territoriale fruibili da tutte le categorie di
cittadini. In questa direzione possono giovare alcune piste operative: l’attivazione di strumenti di
comunicazione diretta e la creazione di una rete di organizzazioni che faccia comunicazione rispetto
ai servizi erogati non solo direttamente, ma da altri soggetti. Sul primo piano rientrano la
pubblicazione di brochure per le famiglie, guide ai servizi, carte dei servizi, affissioni, ecc.
strumenti che non sono solo efficaci direttamente sui target, ma che contribuiscono ad aumentare la
conoscenza di tutta la popolazione residente, favorendo così la diffusione delle informazioni tramite
il passaparola. Inoltre l’azione integrata “a rete” delle organizzazioni del pubblico e del privato
sociale porta con sé che ognuno veicolando i propri servizi veicola anche i servizi offerti dal sistema
degli interventi nel suo complesso.
Infine due temi su cui riflettere: casa e lavoro. In tutto il rapporto abbiamo visto come attorno
a questi due grandi temi si gioca il discrimine tra le situazioni di agio o di disagio economico. Circa
il lavoro il sistema evidenzia ancora una bassa integrazione tra i servizi socio- assistenziali e le
agenzie a sostegno dell’inserimento lavorativo (centri per l’impiego, agenzie per il lavoro, aziende
del territorio, ma anche enti di formazione professionale). Sul tema della casa, gli interventi si
giocano ancora quasi esclusivamente sul piano dei contributi.
37
Le condizioni socio-economiche delle famiglie
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5. UN’ANALISI DELLA DISTRIBUZIONE DEL REDDITO
SECONDO L’INDICATORE I.S.E.E.
Questa parte della indagine si propone di condurre una ricognizione della condizione di
povertà/benessere della popolazione residente nei Comuni dell’Ambito territoriale del Distretto 5,
focalizzata sulla dimensione economica della povertà, attraverso l’utilizzo di una particolare
variabile economica: Indicatore della Situazione Economica Equivalente (I.S.E.E.), ex D.Lgs.
130/2000.
Nella prassi, gli enti erogatori di prestazioni sociali agevolate hanno fatto ricorso in maniera
discrezionale ad una varietà di indicatori di riferimento del disagio economico. A titolo
esemplificativo ne citiamo alcuni:
-
Reddito complessivo del nucleo familiare al lordo dell’IRPEF;
-
Reddito complessivo del nucleo familiare al netto dell’IRPEF;
-
Reddito pro-capite;
-
Reddito del capofamiglia.
Con l’entrata in vigore del D. Lgs. 109/98, come modificato dal D. Lgs. 130/2000, il
legislatore ha cercato di individuare un criterio unico, a livello nazionale, di misurazione della
condizione di ricchezza dei nuclei familiari, imponendo agli enti locali di legare l’erogazione di
prestazioni sociali agevolate all’introduzione dell’I.S.E.E.. È questa la motivazione alla base del
presente lavoro.
La ricerca è stata condotta su un campione di 200 famiglie, estratto nelle stesse modalità del
campione complessivo, con l’obiettivo di individuarne le caratteristiche socio-economiche, e,
pertanto, fornire al committente gli elementi utili per la definizione dei criteri di accesso alle
prestazioni sociali di natura economica (means testing) differenziati a seconda del target di fruitori.
Ad esempio, per un programma di contrasto alla povertà, gli amministratori dovranno
focalizzare le caratteristiche socio-economiche che presentano i nuclei familiari che occupano il lato
più estremo della nostra distribuzione di valori I.S.E.E., come verrà spiegato più avanti. Nel
paragrafo successivo è stato inserita una accurata descrizione dell’I.S.E.E.
38
Le condizioni socio-economiche delle famiglie
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5.1 Quadro giuridico: Indicatore della situazione Economica Equivalente (I.S.E.E.)
Il D. Lgs. 109/98, come modificato dal D. Lgs. 130/2000, prevede che l’accesso alle
prestazioni agevolate deve avvenire previa verifica, da parte dell’ente erogatore, del disagio
economico del richiedente. Le disposizioni individuano nell’Indicatore della Situazione Economica
Equivalente, lo strumento di accertamento della condizione economica dei cittadini.
La formula matematica per il calcolo dell’I.S.E.E. è la seguente:
I.S.E.E. =
ISR + 20% ISP9
Parametro di equivalenza
-
La sigla ISR (Indicatore della Situazione Reddituale) individua la somma delle
componenti reddituali, vale a dire:
a. reddito complessivo ai fini IRPEF;
b. redditi agrari;
c. lavoratori frontalieri;
d. redditi figurativo dal patrimonio, pari per il 2004 al 5,04% del patrimonio;
e. detrazione canone locazione, fino ad un massimo di € 5.164,57.
Nella procedura di calcolo dell’ISR non sono inseriti gli emolumenti esenti da tassazione,
come quelli di seguito elencati a titolo esemplificativo:
1.
indennità di accompagnamento,
2.
assegno di pensioni sociale,
3.
rendite erogate dall’INAIL,
4.
borse di studio,
5.
contributi assistenziali una tantum o continuativi, erogati da soggetti
pubblici,
6.
trattamento di fine rapporto (TFR).
L’ente locale erogatore della prestazione sociale agevolata può scegliere di includere nel
calcolo dell’I.S.E.E. anche quest’ultime voci, al fine di rilevare tutti gli emolumenti a
qualsiasi titolo percepiti, che concorrono alla determinazione della condizione economica
del nucleo familiare, e non esclusivamente i redditi “fiscalmente imponibili”10. Questa
procedura di calcolo alternativa alla procedura “standard” è denominata dalla letteratura
“riparametrazione dell’I.S.E.E.”.
-
La sigla ISP (Indicatore della Situazione Patrimoniale) è determinata da:
a. Patrimonio immobiliare: valore complessivo11 ai fini ICI degli immobili
posseduti al 31 dicembre dell’anno precedente a quello di presentazione
dell’agevolazione, con una franchigia di € 51.645,69 per l’abitazione
principale o detrazione del mutuo di tale abitazione.
9
Il numeratore della formula matematica é chiamato I.S.E. ( indicatore della situazione economica).
A tal proposito rimandiamo all'indicatore I.S.E.E.-ERP (Edilizia Residenziale Pubblica), disciplinato dal Regolamento Regionale
della Regione Lombardia n. 1/2004, per il cui calcolo é richiesto l'inserimento di qualsiasi emolumenti percepito, anche a carattere
assistenziale una tantum.
11
Come si calcola il valore complessivo immobili:
Fabbricati classificati A (abitazioni) e B (collegi,…) e C (magazzini, depositi,…) = (valore rendita catastale + 5%) x 100;
Fabbricati classificati B e A/10: (valore rendita catastale + 5%) x 50;
Fabbricati classificati C/1 (negozi e botteghe): (valore rendita catastale + 5%) x 34;
- Terreni Agricoli: (reddito dominicale + 25%) X 75.
10
39
Le condizioni socio-economiche delle famiglie
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b. Patrimonio mobiliare: somma di depositi, c/c bancari e postali, titoli di Stato,
obbligazioni (valore nominale), certificati di deposito e credito, buoni fruttiferi
e assimilabili (valore nominale), azioni e quote di investimento collettivo del
risparmio, partecipazioni azionarie in società italiane o estere quotate, masse
patrimoniali, strumenti finanziari, assicurazioni sulla vita (premio annuale),
ecc. arrotondando il risultato per difetto ai 500 euro od ai suoi multipli e
sottraendo a questo la franchigia di € 15.493,71. (p.e. :€ 1.200, 00 arrotondati a
€ 1.000, 00).
-
Parametro (Parametro della scala di equivalenza):
Come esplicitato nella sopra indicata formula matematica (1), la somma dell’ISR e del
20% dell’ISP è divisa per il parametro di equivalenza. La scala di equivalenza rispecchia
il concetto di “reddito pro-capite”, poiché relaziona la somma dei redditi al numero dei
componenti del nucleo familiare. Tuttavia, attraverso il ricorso ai parametri di equivalenza
si tiene conto del noto effetto delle economie di scala, secondo cui i consumi si
ottimizzano al crescere del numero dei componenti familiari.
Nella tabella sottostante è riportata la scala di equivalenza, prevista dal D. Lgs. N. 109/98.
In relazione al numero dei componenti il nucleo familiare è associato un parametro di
equivalenza.
tab. 51 – Scala di Equivalenza
Numero componenti nucleo familiare
1
2
3
4
5
>6
Parametro della scala di equivalenza
1,00
1,57
2,04
2,46
2,85
0,35 per ogni ulteriore componente oltre i 5
Fonte: D. Lgs. N°109/98
È necessario specificare che sono considerati componenti del nucleo familiare richiedente tutti
i soggetti dichiarati ai fini IRPEF. Inoltre si tiene conto nel calcolo dell’I.S.E.E. dei redditi e dei
patrimoni di tutti i componenti familiari.
I parametri della scala di equivalenza possono essere soggetti a maggiorazioni nei casi in cui
sussistano specifiche situazioni familiari di disagio, come quelle indicate nella tabella seguente:
tab. 5.2 – Maggiorazioni scala di equivalenza
Valore della maggiorazione
Causa
0,2
Presenza nel nucleo di figli minori e di un solo genitore
0,5
0,2
Per ogni componente con handicap psicofisico permanente,
ex Legge 104/92 o con invalidità > al 66%
Nuclei familiari con minori in cui entrambi i genitori
hanno svolto attività lavorative e di impresa
per almeno sei mesi dell’anno di riferimento della DSU
Fonte: D. Lgs. N°109/98
I dati finora descritti sono rilevati dal richiedente attraverso la compilazione della
Dichiarazione Sostitutiva Unica (di seguito definita DSU). Si tratta di un “modulo”, predisposto
40
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per legge, che sintetizza tutte le indicazioni utili a calcolare l’ISE/I.S.E.E., riferita all’anno
precedente a quello della presentazione. La DSU è presentata ai soggetti erogatori della prestazione
agevolata, o al Comune o ai entri di assistenza fiscale (CAF) o all’INPS.
La legge prevede che questi stessi soggetti assistano il cittadino richiedente nella
compilazione della DSU e rilascino, dopo aver effettuato il calcolo ISE/I.S.E.E., per mezzo di un
procedura informatica presente sul sito ufficiale dell’INPS, l’attestazione della condizione
economica equivalente. Questa certificazione consentirà al cittadino di far richiesta, laddove ne
abbia diritto, di prestazioni agevolate.
Con l’utilizzo del tracciato fornito dal sito INPS per il calcolo ISE e I.S.E.E., si ottiene il
cosiddetto “I.S.E.E. standard”, tuttavia gli enti erogatori di servizi a domanda individuale possono
fissare ulteriori criteri di accesso alle agevolazioni, in aggiunta a quelli previsti dal decreto, al fine
di garantire maggiori margini di equità distributiva. In questo caso la letteratura parla di “I.S.E.E.
riparametrati”, poiché il valore I.S.E.E. dato dalla combinazione delle tre componenti considerate
viene corretto da elementi aggiuntivi, in relazione a valutazioni di equità sociale. Ad esempio la
previsione di una maggiorazione reddituale per i richiedenti con età maggiore ai 65 anni.
5.1.1 Convezioni con i Centri di Assistenza Fiscale locali
La Legge individua nell’INPS, negli enti o soggetti erogatori di prestazioni sociali agevolate,
nei Comuni e nei CAF, in convenzione con l’INPS i soggetti di riferimento per l’operazione
I.S.E.E.. Sulla base di quest’ultima previsione, l’amministrazione comunale può valutare
l’opportunità di affidare ai Centri di Assistenza Fiscale (CAF) locali, convenzionati con l’INPS, il
calcolo ISE/I.S.E.E., cioè la compilazione della DSU e il rilascio all’utente della relativa
certificazione I.S.E.E..
5.1.2 Controlli
Nella consapevolezza che il controllo della veridicità della dichiarazioni sostitutive uniche
presentate dai richiedenti prestazioni sociali agevolate costituisca un elemento determinante ai fini
stessi dell’efficacia dell’I.S.E.E., il legislatore ha previsto due diverse tipologie di verifica12:
1. “obbligo per le amministrazioni pubbliche erogatrici di provvedere a controlli,
singolarmente o mediante un apposito servizio comune, sulla veridicità della situazione
familiare dichiarata e confrontando i dati reddituali e patrimoniali dichiarati dai soggetti
ammessi alle prestazioni agevolate con i dati in possesso del sistema informativo del
Ministero delle finanze ai fini dei successivi controlli da parte delle stesse pubbliche
amministrazioni”;
2. “inclusione nei programmi annuali di controllo fiscale della Guardia di finanza dei
soggetti beneficiari di prestazioni agevolate individuati sulla base di appositi criteri
selettivi, prevedendo anche l'effettuazione di indagini bancarie e presso gli intermediari
finanziari”.
Nel primo caso, si tratta del cosiddetto controllo formale, previsto anche dall’art. 4 comma 7
del decreto legislativo 109/98, che consiste in una verifica della corrispondenza di quanto dichiarato
ai fini I.S.E.E. rispetto a quanto risulta nella documentazione di pertinenza (dichiarazione dei
redditi, dichiarazioni Ici, situazione anagrafica, ecc.) circa le componenti dell’indicatore: vale a dire
il reddito complessivo, il patrimonio, mobiliare e immobiliare, i membri del nucleo familiare.
Questo tipo di controllo deve essere effettuato dagli enti erogatori, e quindi principalmente dalle
12
T.U. n.445/00, art.71.
41
Le condizioni socio-economiche delle famiglie
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amministrazioni comunali, dalle Università, dall’INPS ecc. i controlli possono essere delle seguenti
tipologie:
- controlli a campione su una percentuale di domande pervenute ed attinenti al singolo
servizio;
- controlli puntuali e mirati sulle singole domande, qualora sussistano ragionevoli dubbi
sulla veridicità del contenuto delle dichiarazioni sostitutiva uniche rilasciate, se risultino:
palesemente inattendibili, contraddittorie rispetto ad altri stati, fatti e qualità del
dichiarante, contraddittorie rispetto alle necessità medie di sostentamento del nucleo
familiare richiedente, illogiche rispetto al tenore di vita mantenuto dal nucleo familiare del
richiedente, desumibile da informazioni diverse da quelle dichiarate ed in possesso
dell’Amministrazione comunale erogante.
Nel secondo caso, disciplinato dal comma 8 del citato art. 4 D. Lgs. 109/98, si parla di
controllo sostanziale affidato alla Guardia di Finanza, che consiste nell’accertamento di quanto
effettivamente il cittadino possiede in termini di reddito e di patrimonio.
Un terzo attore chiamato dalla normativa all’attività di verifica è l’INPS, in una veste
aggiuntiva rispetto al quella di ente erogatore (cioè quale titolare delle prestazioni degli assegni per
il terzo figlio e per maternità). Infatti il D. Lgs. 130/00, introducendo la banca dati centralizzata
presso l’Istituto, ha di fatto creato un nucleo prezioso di raccolta di informazioni utilizzabili anche a
fini di controllo. Innovando l’art. 4 del 109/98, il 130/00 prevede che "L'INPS utilizza le
informazioni di cui dispone, nei propri archivi o in quelli delle amministrazioni collegate, per
effettuare controlli formali sulla congruenza dei contenuti della dichiarazione sostitutiva unica e
segnala le eventuali incongruenze agli enti erogatori interessati".
Per quanto riguarda il controllo formale gli enti erogatori, nell’ambito della discrezionalità in
merito alle modalità di effettuazione (per tutti i beneficiari, a campione, per categorie, ecc.), hanno
necessità di utilizzare banche dati informative aggiornate.
L’accesso all’Anagrafe tributaria avviene tramite un servizio dell’Agenzia delle Entrate
(SIATEL) istituito con la legge 662/1996 per consentire agli enti locali la gestione della propria
autonomia tributaria13 e migliorato nel tempo in termini sia di flessibilità, cioè possibilità di
utilizzarlo per ulteriori applicazioni, sia di sicurezza per garantire la più ampia tutela della privacy.
Il servizio consente a tutti i Comuni, le Regioni, le Province (nonché comunità montane,
consorzi di bonifica ed altri enti territoriali), le ASL e le aziende ospedaliere, le Università e gli enti
per il diritto allo studio universitario, le Aler (ex Iacp) e altri enti pubblici, di collegarsi
gratuitamente, via web, all’Anagrafe tributaria. I servizi disponibili consentono di effettuare
interrogazioni dei dati reddituali dei contribuenti, accedendo alle informazioni derivanti da
dichiarazioni Irpef, Irpeg, Iva e Irap, per ogni anno di imposta con dati analitici e di riepilogo riferiti
a persone fisiche, società ed enti non commerciali. Sono anche disponibili informazioni inerenti gli
atti del Registro nonché le sedi di attività delle imprese ed altro ancora. È possibile accedere anche
ai dati anagrafici e verificare la congruenza con quanto in possesso dei Comuni14.
13
art. 3 c. 153 l.662/96: “Ai fini di consentire alle regioni e agli enti locali di disporre delle informazioni e dei dati per
pianificare e gestire la propria autonomia tributaria, e' istituito un sistema di comunicazione tra amministrazioni
centrali, regioni ed enti locali, secondo i seguenti principi:a) assicurazione alle regioni, province e comuni del flusso
delle informazioni contenute nelle banche dati utili al raggiungimento dei fini sopra citati;b) definizione delle
caratteristiche delle banche dati di cui alla lettera a), delle modalità di comunicazione e delle linee guida per l'operatività
del sistema.”
14
Il comune o l’ente interessato deve inviare una richiesta di accesso alla Agenzia delle Entrate che fornisce una
password e le istruzioni per l’attivazione del servizio.
42
Le condizioni socio-economiche delle famiglie
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5.2 Mandato
L’indagine si pone tre obiettivi:
1. tracciare un quadro della distribuzione dei valori I.S.E.E. delle famiglie residenti nel
Distretto (appartenenti al nostro campione), evidenziandone le caratteristiche sociodemografiche.
2. Osservare i valori I.S.E.E. e focalizzare l’attenzione sulle caratteristiche sociodemografiche delle famiglie collocate nel 1° quartile e 2° quartile di tale distribuzione, al
fine di individuare le potenziali determinanti delle condizioni di povertà.
3. Applicazione dell’I.S.E.E. a tre proposte di modelli tariffari del servizio socio-educativo a
domanda individuale di refezione scolastica.
5.3 Breve descrizione metodologica
Ci sembra opportuno, in questa fase introduttiva, fornire alcune indicazioni metodologiche,
quali:
1. definire gli indici statistici utilizzati nel presente elaborato;
2. spiegare perché la nostra analisi si focalizza sulle caratteristiche socio-economiche delle
famiglie i cui valori I.S.E.E. si collocano tra il 1° e 2° quartile della distribuzione.
Iniziamo con definire il quartile come un indicatore statistico di posizione. I quartili
ripartiscono una distribuzione di valori in 4 parti di pari frequenze (cioè composte dallo stesso
numero di unità).
Nel nostro caso, la distribuzione oggetto di indagine conta 200 valori, corrispondenti ai valori
I.S.E.E. delle 200 famiglie del campione.
Il primo quartile è il valore che separa il primo quarto dai tre quarti dei dati più grandi della
distribuzione, ovvero il primo 25% del totale.
Il secondo quartile è il valore della distribuzione che bi-partisce la distribuzione stessa, ovvero
il valore del 50%, (½ del totale).
Il terzo quartile è il valore che separa l'ultimo quarto dei dati più grandi dai primi tre quarti
della distribuzione, ovvero il 75%.
La mediana è il valore centrale di una distribuzione, per cui coincide con il valore del 2°
quartile.
La media corrisponde al comune concetto di media aritmetica, calcolata come rapporto tra la
somma dei valori e il numero complessivo di tali valori.
Chiariti questi concetti statistici, possiamo passare al punto 2. Infatti, ipotizziamo di ordinare i
duecento nuclei familiari per i valori crescenti dell’I.S.E.E., dal più basso al più alto, e di
suddividerli in quartili, ossia in quattro parti di ugual numerosità, in modo tale che il primo quartile
(il primo 25% della distribuzione) corrisponde alla parte più povera della distribuzione, mentre
l’ultimo quartile corrisponde al 25% più ricco della popolazione. A questo punto risulta più chiaro il
motivo per cui la nostra analisi si sofferma sugli aspetti socio-economici delle famiglie del 1° e 2°
quartile della distribuzione. È in questa porzione del nostro campione che risiedono i potenziali
soggetti a rischio di povertà.
Da ciò deriva la nostra proposta di far coincidere la soglia di accesso a programmi di
contrasto alla povertà o di assistenza economica con il valore I.S.E.E. del 1° quartile, poiché al di
sotto di questo valore vi sono le famiglie più povere.
43
Le condizioni socio-economiche delle famiglie
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Tuttavia le prestazioni sociali agevolate, a cui si applica l’I.S.E.E., spaziano dai programmi di
contrasto alla povertà, i cui i destinatari sono soggetti in condizione di estrema indigenza, fino ai
servizi educativi a domanda individuale, il cui target presenta caratteristiche economiche di
notevole eterogeneità. Per questi ultimi, ad esempio, è possibile pensare che la soglia di accesso alle
tariffe agevolate possa essere spostata dal valore I.S.E.E. del 1° quartile a quello del 2° quartile.
Rimane assodato che queste sono solo proposte metodologiche che dovranno essere prese in
considerazione dagli amministratori sia rispetto agli effetti finanziari che produrrebbero sul bilancio
che in relazione a valutazioni di natura politica-ideologica.
5.4 Concentrazione della ricchezza
Riteniamo utile avviare l’indagine con una stima del grado di concentrazione della ricchezza,
ovvero della disuguaglianza nella distribuzione di reddito del campione, facendo ricorso a due
strumenti di “verifica dei mezzi” (means testing): “reddito equivalente”15 e l’I.S.E.E.
Come detto nel paragrafo precedente, ipotizziamo di ordinare i duecento nuclei familiari per i
valori crescenti dell’I.S.E.E., dal più basso al più alto, e di suddividerli in quartili, ossia in quattro
parti di ugual numerosità, in modo tale che il primo quartile (il primo 25%) corrisponde alla parte
più povera della distribuzione, mentre l’ultimo quartile corrisponde al 25% più ricco della
popolazione.
La porzione della popolazione in condizioni di maggior indigenza, cioè quella collocata nel 1°
quartile possiede il l’8,57% del totale della ricchezza rilevato, mentre le famiglie più ricche ne
detengono quasi il 46,22%. Tali percentuali rimangono pressoché simili se consideriamo il reddito
equivalente anziché l’I.S.E.E..
tab. 5.3 – Concentrazione della ricchezza
Quartili
1°
2°
3°
Valori soglia
quartili
12.074,75
20.159,38
28.424,82
118.909,14
Totale ricchezza
I.S.E.E.
384.667,88
820.990,16
1.207.405,16
2.074.138,02
4.487.201,21
Valore %
8,57%
18,30%
26,91%
46,22%
100,00%
Totale ricchezza
reddito equivalente
408.308,31
841.235,12
1.157.078,14
1.804.171,24
4.210.792,80
Valore %
9,70%
19,98%
27,48%
42,85%
100,00%
Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007
15
Il reddito equivalente è uno dei possibili indicatori della condizione economica del nucleo familiare. Esso viene
utilizzato come strumento per la “prova della capacità economica” di un individuo o di un nucleo familiare. Si calcola
dividendo il reddito complessivo di una famiglia per i valori equivalenti.
44
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graf. 1 – Concentrazione della ricchezza
50,00%
45,00%
46,22%
42,85%
40,00%
35,00%
30,00%
26,91%
27,48%
25,00%
19,98%
18,30%
20,00%
15,00%
10,00%
9,70%
8,57%
5,00%
0,00%
1
2
ISEE
3
4
REDDITO EQUIVALENTE
Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007
5.5 La struttura distributiva dei valori I.S.E.E.: quartili e mediane
Al fine di rappresentare la struttura distributiva dei valori I.S.E.E. rilevata sul nostro campione
di 200 famiglie, come già anticipato nel paragrafo precedente, abbiamo ordinato in maniera
crescente tutti i valori I.S.E.E. calcolati, e successivamente, li abbiamo suddivisi in quattro parti di
ugual numerosità (quartili), cioè in quattro parti tutte composte da 50 nuclei familiari.
Pertanto:
- nel 1° quartile ricadono il 25% delle famiglie, che rappresenta la porzione della
distribuzione con i valori I.S.E.E. più bassi;
- nel 2° quartile ricadono il 50% delle famiglie con i valori I.S.E.E. più bassi;
- il 3° quartile separa il 75% della distribuzione dal restante 25% delle famiglie con valori
I.S.E.E. più alti.
Tale distribuzione presenta le seguenti caratteristiche:
- Nel 1° quartile della distribuzione si concentrano tutte le famiglie del Distretto che hanno
un I.S.E.E. inferiore a 12.074,75, vale a dire i nuclei familiari con le minori risorse
economiche.
- Il valore mediano I.S.E.E. della distribuzione è pari a 20.159,00. Mentre il valore I.S.E.E.
medio è pari a 22.436,00.
45
Le condizioni socio-economiche delle famiglie
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Nelle distribuzioni di indicatori di condizione economica (nel nostro caso l’I.S.E.E.) il valore
mediano/medio assume un’importanza strategica nella scelta della soglia di povertà o nella
fissazione delle tariffe per i servizi sociali a domanda individuale.
tab. 5.4 – Indicatori della distribuzione
Indicatori
I.S.E.E. medio
I.S.E.E. mediano
Reddito mediano equivalente
Reddito mediano
Valori
22.436
20.159
21.054
19.330
Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007
tab. 5.5 – I quartili
Quartili
1°
2°
3°
Percentuale cumulata
25%
50%
75%
100%
Valori soglia quartili
12.074,75
20.159,38
28.424,82
118.909,14
Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007
5.6 La struttura distribuiva dell’I.S.E.E. per caratteristiche demografiche del nucleo familiare
In questa parte dell’indagine cerchiamo di valutare come varia il valore dell’I.S.E.E. in
riferimento alla tipologia di famiglia e all’età della persona di riferimento (capofamiglia), attraverso
una tabella a doppia entrata.
tab. 5.6 – I.S.E.E. mediano tipologia familiare - classi di età
(Il valore I.S.E.E.: confronto per tipologia familiare e per classi d’età)
Unipersonale
Monogenitore
Col. b
Coppie
senza figli
Col. c
Coppie con
figli
Col. d
Col. a
22.547,00
24.674,00
21.960,5
13.091,00
22.253,75
5.544,20
9.547,96
15.547,32
21.741,01
12.547,64
36.542,68
30.965,61
19.230,21
15.171,34
25.097,91
13.398,21
20.032,14
21.696,62
20.096,19
20.032,14
Classe d’età
Fino a 34 anni
Da 35 a 49 anni
Da 50 a 64 anni
Oltre i 65 anni
Valore mediano
Altre
tipologie
Col. e
23.957,55
25.707,34
11.246,33
9.190,45
17.601,94
Valore
mediano
Col. f
22.547,00
24.674,00
19.230,21
15.171,34
Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007
Osservando la col. a della tabella 6, quella delle famiglie unipersonali (composte da una
persona), l’I.S.E.E. mediano che presenta il valore più basso appartiene ai nuclei familiari
ultrasessantacinquenni, mentre il valore più elevato è quello delle famiglie con età tra i 35 e 49 anni,
a dimostrazione della maggiori possibilità di guadagno che hanno gli individui nel mezzo della
propria carriera professionale. Pertanto, le famiglie unipersonali peggiorano il loro livello di
benessere economico con l’avanzare dell’età. Tale osservazione può essere mutuata per le coppie
senza figli (col. c), che passano da un valore I.S.E.E. pari a 36.542,68 per le famiglie fino a 34 anni
a un I.S.E.E. di 15.171,34 per i nuclei con capofamiglia ultrasessantacinquenni.
Situazione inversa si verifica per le famiglie monogenitoriali (colonna b), che migliorano la
propria condizione con l’avanzare dell’età della persona di riferimento e, ovviamente, dei figli, che
46
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passano da una condizione di “soggetti a carico” a uno stato di “percettori di reddito”. Lo stesso
andamento può essere osservato per le famiglie con figli (col. d), che vedono migliorare il valore
dell’I.S.E.E. con l’avanzare dell’età della persona di riferimento.
In sintesi:
Le famiglie unipersonali riducono il proprio stato di autonomia economica all’avanzare
dell’età della persona di riferimento, a differenza delle coppie con figli e dei monogenitori, per i
quali il fattore di cumulo della ricchezza determina un miglioramento delle capacità economiche.
Un elemento comune a tutte le tipologie di famiglia è dato dal peggioramento delle proprie
condizioni economiche quando il capofamiglia supera i 65 anni. Questa osservazione è valida anche
per la categoria “altre tipologie”.
I valori I.S.E.E. più bassi appartengono ai nuclei composti da un solo genitore in età giovane,
presumibilmente con minori a carico. Non a caso, abbiamo riscontrato la mancanza di nuclei
monogenitore nel 25% delle famiglie più ricche.
Il valore I.S.E.E. mediano di tale tipologia di famiglia è pari a 12.547,64 (ult. riga – col. b).
Il contenuto della tabella 6 è stato rappresentato nel grafico 2
graf. 2 – Struttura distributiva I.S.E.E. per tipologia familiare e classi di età
40.000
35.000
30.000
25.000
20.000
15.000
10.000
5.000
0
Fino a 34 anni
Da 35 a 49 anni
UNIPERSONALE
COPPIE CON FIGLI
Da 50 a 64 anni
MONOGENITORE
ALTRE TIPOLOGIE
Oltre i 65 anni
COPPIE SENZA FIFLI
Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007
Nei due grafici successivi è rappresentato singolarmente l’andamento I.S.E.E. mediano: nel
grafico n. 3 è raffigurato l’andamento I.S.E.E mediano rispetto all’età e nel grafico n. 4 è
rappresentato il valore I.S.E.E. mediano corrispondente a ciascuna tipologia di nucleo familiare.
47
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graf. 3 – Distribuzione I.S.E.E. per classi di età
30.000,00
25.000,00
20.000,00
15.000,00
10.000,00
5.000,00
0,00
Fino a 34 anni
Da 35 a 49 anni
Da 50 a 64 anni
Oltre i 65 anni
ISEE MEDIANO
Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007
graf. 4 – Distribuzione I.S.E.E. per tipologia familiare -
30.000,00
25.000,00
20.000,00
15.000,00
10.000,00
5.000,00
0,00
UNIPERSONALE MONOGENITORE COPPIE SENZA
FIGLI
COPPIE CON
FIGLI
ALTRE
TIPOLOGIE
ISEE MEDIANO
Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007
48
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5.7 Le caratteristiche socio-demografiche delle famiglie appartenenti al 1° e 2° quartile
In questo paragrafo osserveremo le caratteristiche demografiche e sociali delle famiglie
collocate nel 1° quartile dei nuclei familiari economicamente più poveri. Come detto in
precedenza, si tratta di individuare l’area potenziale del rischio di impoverimento di determinate
categorie di individui o nuclei familiari.
Il valore aggiunto che deriva dalla descrizione dei valori delle variabili socio- demografiche
delle famiglie collocate nel 1° quartile sta nella possibilità di fornire agli amministratori locali
informazioni utili alla progettazione di policy efficaci di contrasto alle determinanti della povertà.
In aggiunta a questo finalità e in relazione ai contenuti che verranno trattati nella seconda parte del
presente lavoro, abbiamo esteso l’indagine in oggetto anche alle famiglie collocate nel 2° quartile.
tab. 5.7 – Caratteristiche socio-demografiche a confronto
Classi di età
Fino a 34 anni
Da 35 a 49 anni
Da 50 a 64 anni
Oltre i 65 anni
Tipologia familiare
Unipersonali
Monogenitore
Coppie senza figli
Coppie con figli
Altre tipologie
N. Percettori reddito
Nuclei con 1
Nuclei con 2 r
Nuclei con +3 r
Nuclei senza reddito
Professione capofamiglia
Pensionati
Dipendenti impiegato
Autonomi/commerciati/liberi
professionisti
Casalinga
Operaio
Dirigente
Disoccupato
Titolo di godimento dell’abitazione
Altro-usufrutto
Nuclei in proprietà
Nuclei in affitto
1° quartile
2° quartile
1° e 2° quartile
Totale
campione
col. d
col. a
col. b
col. c
8,00%
30,00%
18,00%
44,00%
16,00%
26,00%
22,00%
36,00%
12,00%
28,00%
20,00%
40,00%
12,00%
32,00%
24,50%
31,50%
28,00%
20,00%
18,00%
30,00%
4,00%
32,00%
6,00%
14,00%
42,00%
6,00%
30,00%
13,00%
16,00%
36,00%
5,00%
28,50%
10,50%
19,50%
35,50%
6,00%
80,00%
18,00%
0,00%
2,00%
50,00%
48,00%
2,00%
0,00%
65,00%
33,00%
1,00%
1,00%
50,0%
42,0%
7,5%
0,5%
42,00%
20,00%
44,00%
36,00%
43,00%
28,00%
39,5%
31,5%
14,00%
8,00%
11,00%
11,0%
2,00%
22,00%
0,00%
0,00%
0,00%
8,00%
2,00%
2,00%
1,00%
15,00%
1,00%
1,00%
1,0%
12,0%
4,0%
1,0%
4,00%
84,00%
12,00%
4,00%
86,00%
10,00%
4,00%
85,00%
11,00%
3,0%
87,0%
10,0%
Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007
49
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Infatti, nella tabella 5.7 sono state messe a confronto le caratteristiche dei nuclei familiari
appartenenti al 1° quartile e 2° quartile (rispettivamente col. a e col. b) con quelle rilevate dal
campione (col. d), in ordine alle seguenti variabili:
a. classi di età,
b. tipologia familiare,
c. n. percettori reddito,
d. tipo di professione della persona di riferimento,
e. titolo di godimento abitazione.
La somma dei valori del 1° e 2° quartile è inserita nella col. c.
Quali sono gli elementi che risaltano dalla lettura della tabella 7:
- le famiglie composte da persone anziane costituiscono il 40% delle famiglie in condizione
di difficoltà economica (col. c), mentre la loro percentuale sul campione è solo del
31,50%;
- tra le famiglie più povere sono sottorappresentati i nuclei familiari delle classi di età
intermedie: 48% nel 1° e 2° quartile (col. c) contro il 56,5% (colonna d);
- la quota di famiglie monoparentali nel 1°quartile è molto più elevata (20,00%) rispetto
alla quota percentuale di monogenitori sul totale del campione;
- le famiglie senza figli sono maggiormente concentrate tra le famiglie più ricche;
- i nuclei familiari percettori di un solo reddito costituiscono l’80% nel primo quartile,
contro una percentuale del 50% sulla totalità dei 200 nuclei familiari; mentre non sono
presenti nel 1° e 2° quartile, se non nella misura del 1%, nuclei familiari con 3 percettori
di reddito;
- le professioni sovrarappresentate nel 1° e 2° quartile rispetto al campione, sono i
pensionati e operai;
- i nuclei familiari in affitto e in usu-frutto sono presenti in proporzioni superiori tra i nuclei
familiari più poveri, ovvero nel 1° quartile.
Ultima tappa della nostra indagine è data dall’elaborazione di una tabella a doppia entrata
(tabella 8), in cui si è ripartito il totale dei nuclei familiari appartenenti al 1° quartile per “tipologie
di famiglie - età del capofamiglia”. Questa tabella ci dice quali sono le tipologie familiari a
maggiore rischio di disagio economico e a quale età tale rischio è accentuato.
Gli “ultrasessantacinquenni soli” (col. a penultima riga) costituiscono la tipologia familiare
più numerosa tra i 50 nuclei familiari più poveri. Anche le famiglie con figli costituiscono il 24%
delle famiglie del 1° quartile, cumulando le frequenza delle due classi di età centrali 35-64. Mentre
le famiglie senza figli non sono presenti nelle fasce di età centrali del lato più povero della
distribuzione. Mentre toccano una percentuale del 16% valicata la soglia dei 65 anni.
tab. 5.8 – Numerosità nuclei familiari per tipologia familiare - classi di età del 1° quartile
Unipersonale
Monogenitore
Col. a
0,0%
6,0%
2,0%
20,0%
28,0%
Col. b
2,0%
10,0%
4,0%
4,0%
20,0%
Classe d’età
Fino a 34 anni
Da 35 a 49 anni
Da 50 a 64 anni
Oltre i 65 anni
Totale
Coppie senza Coppie con figli Altre tipologie Totale
figli
Col. c
Col. d
Col. e
Col. f
2,0%
4,0%
0,0%
8%
0,0%
14,0%
0,0%
30%
0,0%
10,0%
2,0%
18%
16,0%
2,0%
2,0%
44%
18,0%
30,0%
4,0%
//
Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007
50
Le condizioni socio-economiche delle famiglie
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Infine:
- Abbiamo riscontrato che il valore mediano I.S.E.E. più basso corrisponde alle famiglie
composte da un solo genitore (vedi tab. 5.6). A questo dato possiamo aggiungere che il
57,14% delle famiglie monoparentali ha il capofamiglia donna. Quasi il 60% dei nuclei
familiari con genitore solo di sesso femminile è collocato nel 1° quartile, cioè nei primi 50
nuclei familiari più poveri.
- Le famiglie unipersonali di ultrassessantacinquenni costituiscono un quinto del primo
quartile e sono tutte donne. Il 60% di esse vive in una casa in locazione. La totalità dei
nuclei in affitto è costituita da donne ultrasessantacinquenni, pensionate e uniche
percettrici di reddito.
5.8 Analisi comparata dei valori I.S.E.E. contenuti nella banca dati INPS
Il calcolo della povertà “economica” viene comunemente effettuato stabilendo una soglia di
povertà di riferimento e definendo poveri tutti i nuclei familiari o individui al di sotto di tale soglia.
La letteratura suggerisce due possibili modalità di individuazione della soglia di povertà in
una distribuzione di valori:
- soglia I.S.T.A.T. (povertà assoluta) corrisponde all’importo della spesa per consumi
media pro-capite, rilevata annualmente dall’indagine sui consumi delle famiglie italiane
effettuata dall’ISTAT, per una famiglia di due persone;
- soglia EUROSTAT (povertà relativa): 60% del valore della mediana della distribuzione in
oggetto. Nella tabella 9 è indicata la soglia di povertà calcolata secondo la modalità
EUROSTAT della nostra distribuzione.
Per concludere la prima parte del presente elaborato abbiamo riportato nella tabella 9 i valori
I.S.E.E. contenuti nel “Rapporto I.S.E.E. 2006”16, relativo ai dati contenuti nella banca dati INPS,
relativi all’I.S.E.E. nell’anno 2004.
Possiamo osservare che sia il valore I.S.E.E. mediano del Distretto di Melzo che quello
relativo alla soglia di povertà EUROSTAT risultano di gran lunga superiore ai valori mediani
I.S.E.E. del nord-ovest presenti nella banca dati INPS.
tab. 5.9 – Comparazione del valore I.S.E.E. distrettuale con altri contesti territoriali
I.S.E.E. media nazionale
I.S.E.E. mediano nazionale
I.S.E.E. media nord-ovest
I.S.E.E. mediano nord-ovest
Soglia di povertà Distretto 5
(60% mediana)
Valore I.S.E.E. 1° quartile
2002
7.610,00
5.960,00
-
2003
8.120,00
6.370,00
-
2004
8.260,00
6.510,00
9.940,00
8.080,00
2005
12.095,4
12.074,75
Fonte INPS – Rapporto I.S.E.E. 2006
16
È l’ultimo dei rapporti pubblicati dal Dipartimento Affari Economici della Presidenza del Consiglio e dal Ministero
del Lavoro e delle Politiche Sociali.
51
Le condizioni socio-economiche delle famiglie
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5.9 Applicazione dell’I.S.E.E. ai sistemi tariffari
La seconda parte del lavoro è rivolta ad analizzare le modalità applicative dell’I.S.E.E. ai
modelli tariffari dei servizi sociali a domanda individuale.
L’I.S.E.E. è uno istituto normativo distinto ed indipendente dai sistemi di tariffazione, tuttavia
tra i due strumenti esiste una stretta associazione, poiché entrambi rispondono all’esigenza di dare
concreta realizzazione ai criteri di equità distributiva: il primo come mezzo di misurazione della
capacità economica delle famiglie e il secondo come strumento di ripartizione dei costi e delle
risorse esistenti su un determinato territorio.
Nella prima fase, andiamo ad illustrare brevemente alcuni elementi teorici dei modelli di
tariffazione.
Nella seconda parte ci soffermiamo sulla descrizione di tre possibili ipotesi di sistemi tariffari
da applicare al servizio di refezione scolastica:
a. Modello proporzionale a tariffa a personalizzata;
b. Modello a scaglioni;
c. Modello misto.
tab. 5.10 – Distribuzione valori I.S.E.E. delle famiglie con figli tra 3-14 anni
N.
1° quartile
1
2
3
4
5
6
7
8
2° quartile
9
10
11
12
13
14
15
3° quartile
16
17
18
19
20
I.S.E.E.
n. figli 3-14 anni
4.329,70
7.166,96
8.597,37
9.114,29
9.613,33
10.312,13
11.755,26
11.794,72
2
2
1
2
1
2
1
1
14.419,55
14.638,72
14.804,51
17.980,45
18.565,36
19.121,05
19.366,49
2
2
2
2
2
2
2
23.897,36
26.917,67
27.798,81
30.035,71
118.909,14
2
2
3
2
3
38
Totale
Fonte INPS – Rapporto I.S.E.E. 2006
52
Le condizioni socio-economiche delle famiglie
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Il servizio di refezione scolastica ci è sembrato particolarmente indicato per esemplificare
l’applicazione di sistemi tariffari.
Allo scopo abbiamo estrapolato dal nostro campione di 200 famiglie, il potenziale bacino di
utenza del servizio di refezione scolastica, vale a dire tutte le famiglie con figli in età tra 3-14 anni.
Nella tabella 10 è riportata la distribuzione di valori I.S.E.E. delle famiglie con figli in età tra 3-14
anni, il cui numero complessivo è di 20 unità.
I primi 8 nuclei familiari si collocano nel 1° quartile e i successivi 7 nuclei familiari
appartengono al 2° quartile, mentre appartengono al 3° quartile le restanti 5 famiglie.
È interessante notare che il 75% di famiglie con minori in età scolare è concentrata nei primi
due quartili della distribuzione, ovvero tra le famiglie meno agiate.
5.9.1 Principi generali dei sistemi tariffari
L’utilizzo di strumenti tariffari e, in genere, il ricorso a forme di compartecipazione al costo
dei servizi a domanda individuale si è imposto agli enti locali a seguito delle numerose riforme in
materia di autonomia e decentramento fiscale.
Nella definizione delle politiche tariffarie agevolate è possibile agire su due variabili:
1. la tariffa. La legge Finanziaria 2002 (l. n. 448/ 2001), all’articolo 29 prevede che “le
amministrazioni (…) possono inoltre ricorrere a forme di autofinanziamento al fine di
ridurre progressivamente l’entità degli stanziamenti e dei trasferimenti pubblici a carico
del bilancio dello Stato, grazie ad entrate proprie, derivanti dalla cessione dei servizi
prodotti o della compartecipazione alle spese da parte degli utenti del servizio.” La tariffa
rappresenta il corrispettivo pagato dall’utente per la fruizione del servizio richiesto. La sua
entità corrisponde ad una percentuale di contribuzione dell’utente al costo del servizio,
senza necessariamente corrispondere con il suo costo pieno o il suo prezzo. Infatti la
tariffa è diversa dal prezzo del servizio, sebbene questi possano coincidere. Ciò che
differenzia i due concetti La tariffa di un servizio è diversa dal suo prezzo, sebbene questi
possano coincidere. Il prezzo viene fissato secondo le regole di mercato e copre il costo
del servizio, mentre la tariffa è uno strumento di cui si servono le amministrazioni
pubbliche per controllare l’erogazione dei servizi pubblici, avvalendosi di valutazione
politiche. Infatti le tariffe possono essere strumentali al fini pubblici di:
- contenimento o stimolo la domanda;
- responsabilizzare l’utenza: preferenza per un prezzo “politico” piuttosto che
l’erogazione gratuita del servizio.
2. le soglie di accesso. Costituiscono assieme alla tariffa, l’elemento cardine su cui si gioca
il principio della discriminazione all’accesso agevolato ai servizi a domanda individuale.
Nei sistemi tariffari viene definito:
- un valore I.S.E.E. minimo, che indica il valore entro il quale si ha diritto al pagamento
di una tariffa minima o alla gratuità del servizio.
- valore I.S.E.E. massimo, che esprime la soglia di accesso oltre la quale non si può
usufruire di prestazioni agevolate, ovvero l’utente è tenuto a pagare la tariffa piena.
Le decisioni relative all’individuazione delle soglie di accesso e delle modalità di
compartecipazione al costo del servizio sono il risultato degli orientamenti politici degli
amministratori locali, che propenderanno per un modello o per un altro a seconda della proprie
convinzioni etiche o valoriali, o per tutelare una particolare categoria di utenti piuttosto che un’altra.
53
Le condizioni socio-economiche delle famiglie
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Prima di passare all’esame delle tre tecniche di tariffazione, ci è sembrato opportuno
illustrarne i presupposti comuni, pertanto si è scelto, a titolo di esempio, che:
a. tutti i nuclei collocati nel 1° e 2° quartile fossero ammessi a beneficiare di una tariffa
agevolata del servizio di refezione scolastica, ovvero una tariffa inferiore a quella
massima; di conseguenza il limite massimo è fatto coincidere con il valore I.S.E.E. soglia
del 2° quartile = 20.159,00.
b. la tariffa massima coincidesse con il costo unitario del pasto giornaliero, il cui importo è
fissato a € 4,00. In tal modo le famiglie che pagano € 4,00 coprono il costo unitario del
servizio al 100%.
Qui si pone un ulteriore interrogativo: cosa si intende per costo unitario? Quali voci
economico-finanziarie comprende? La modalità di determinazione del costo unitario di un
servizio richiederebbe una trattazione specifica sulle tecniche di costing, nonché una
analisi puntuale dei capitoli del P.E.G.
In questa sede risulterebbe poco funzionale soffermarsi sugli strumenti manageriali di
definizione dei costi. Diversamente, un affondo di questo tipo è indispensabile in una fase
successiva del percorso di implementazione dell’I.S.E.E., incentrata sulla simulazione
completa di un sistema tariffario. Con i dati a nostra disposizione non è possibile
effettuare una simulazione sugli effetti sociali e finanziari dell’implementazione di un
sistema tariffario con l’utilizzo dell’ I.S.E.E.
5.9.2 1a ipotesi: Modello proporzionale
La prima ipotesi è un modello tariffario proporzionale/lineare con tariffa personalizzata.
Le famiglie con un valore I.S.E.E. <= 20.159,00, cioè delle famiglie del 1° e 2° quartile,
pagheranno una tariffa proporzionale alle proprie capacita contributive. La tariffa sarà calcolata
secondo la seguente formula :
Tariffa =
(tariffa MAX x I.S.E.E. nucleo)
I.S.E.E. soglia MAX
dove la tariffa MAX è € 4,00;
In sintesi:
tab. 5.11 – Modello proporzionale a tariffa personalizzata
I.S.E.E.
0 < = I.S.E.E. < = 20.159,00
I.S.E.E. > 20.159,00
Tariffa
Tariffa = (tariffa MAX x I.S.E.E. nucleo) /
I.S.E.E. soglia MAX
€ 4,00
Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007
L’applicazione del modello proporzionale sopraindicato:
- garantisce il rispetto del principio di equità, poiché i nuclei ritenuti “meritevoli di una
tariffa agevolata” pagheranno una quota parte del costo unitario del servizio, in
proporzione al proprio livello di benessere;
54
Le condizioni socio-economiche delle famiglie
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-
-
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Il principio di proporzionalità non è applicato alle famiglie del 3° e 4° , il 25% della
distribuzione delle famiglie con figli tra vi 3-14 anni, pagheranno a copertura del costo
pieno del servizio;
la gratuità per i valori I.S.E.E. nulli.
tab. 5.12 – Applicazione del modello proporzionale
N.
I.S.E.E.
n. figli 3-14 anni TARIFFA UNICA
Spesa giornaliera
a carico delle famiglie
1° quartile
1
4.329,70
2
€ 0,86
€ 1,72
2
7.166,96
2
€ 1,42
€ 2,84
3
8.597,37
1
€ 1,71
€ 1,71
4
9.114,29
2
€ 1,81
€ 3,62
5
9.613,33
1
€ 1,91
€ 1,91
6
10.312,13
2
€ 2,05
€ 4,10
7
11.755,26
1
€ 2,33
€ 2,33
8
11.794,72
1
€ 2,34
€ 2,34
9
14.419,55
2
€ 2,86
€ 5,72
10
14.638,72
2
€ 2,90
€ 5,80
11
14.804,51
2
€ 2,94
€ 5,88
12
17.980,45
2
€ 3,57
€ 7,14
13
18.565,36
2
€ 3,68
€ 7,36
14
19.121,05
2
€ 3,79
€ 7,58
15
19.366,49
2
€ 3,84
€ 7,68
16
23.897,36
2
€ 4,00
€ 8,00
17
26.917,67
2
€ 4,00
€ 8,00
18
27.798,81
3
€ 4,00
€ 12,00
19
30.035,71
2
€ 4,00
€ 8,00
20
118.909,14
3
€ 4,00
€ 12,00
Totale
38
2° quartile
3° quartile
€ 115,73
Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007
5.9.3 2a ipotesi: Modello a scaglioni
Questa proposta corrisponde a uno dei modelli più utilizzati negli enti locali: tariffa agevolata
a scaglioni. Il modello è illustrato nella tabella “ Modello a scaglioni”:
- Il limite massimo di accesso è pari a I.S.E.E. a 20.159,10 e il pagamento della tariffa
piena/massima di € 4,00 per tutte le famiglie con I.S.E.E. >= 20.159,00.
- Il numero delle fasce di agevolazione è fissato a 5. I valori soglia degli scaglioni sono stati
determinati nella modalità illustrata nella tabella 13 (col. b).
- Le tariffe agevolate (col. c) corrispondono a cinque diverse quote di compartecipazione al
costo unitario del pasto giornaliero (col. d).
55
Le condizioni socio-economiche delle famiglie
Ambito territoriale Distretto 5
Rapporto di ricerca
a cura del Centro Studi ALSPES
tab. 5.13 – Modello a scaglioni
Categorie I.S.E.E.
Valore soglia fascia
Tariffa
Col. A
Col. b
0 < I.S.E.E.< 25%
di 20.159,10
25% < I.S.E.E.< 50%
di 20.159,10
50% < I.S.E.E.< 75%
di 20.159,10
75% < I.S.E.E.< 100%
di 20.159,10
Col. c
0 < = I.S.E.E. < = 5.039,75
5.039,76 < I.S.E.E. < = 10.079,50
10.079,51 < I.S.E.E. < = 15.119,25
15.119,25 < I.S.E.E. <= 20.159,10
I.S.E.E. > 20.159,10
Quote di
compartecipazione al costo
Col. d
€
0,80
20% di € 4,00
€
1,60
40% di € 4,00
€
2,40
60% di € 4,00
€
3,20
80% di € 4,00
€
4,00
100% di € 4,00
Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007
Applicando questo modello alla nostra distribuzione abbiamo:
tab. 5.14 – Applicazione del modello a scaglioni
Categorie I.S.E.E.
0 < = I.S.E.E. < = 5.039,75
5.039,76 < I.S.E.E. < = 10.079,50
10.079,51 < I.S.E.E. < = 15.119,25
15.119,25 < I.S.E.E. <= 20.159,10
I.S.E.E. > 20.159,10
Totale
Tariffa
€
€
€
€
€
0,80
1,60
2,40
3,20
4,00
N. famiglie
N. figli
1
4
6
4
5
20
2
6
10
8
12
38
Importo
giornaliero
€
1,60
€
9,60
€
24,00
€
25,60
€
48,00
€
108,80
Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007
5.9.4 3a ipotesi: Modello misto
Il modello tariffario che andiamo ad illustrare contiene alcuni elementi del modello
proporzionale e altri del modello a scaglioni. Possiamo definirlo come un modello proporzionale
con tre aree a tariffa fissa.
Il modello è illustrato nella tabella 15 “Modello Misto”.
- Non è previsto l’accesso gratuito al servizio. Le famiglie che hanno un I.S.E.E. compreso
tra 0 e 4.000,00 pagheranno una tariffa una tantum per l’intero anno di € 100,00.
- La tariffa massima per famiglie con I.S.E.E. > 20.159,00 è fissata a € 4,00.
- La tariffa agevolata personalizzata è calcolata con modalità proporzionale per famiglie
con I.S.E.E.< = 20.159,00, secondo la stessa formula utilizzata nel modello proporzionale:
- Tariffa = (tariffa MAX x I.S.E.E.) / I.S.E.E. soglia MAX;
- La previsione di una tariffa superiore al costo unitario del pasto giornaliero per le famiglie
con I.S.E.E. > 80.000,00 pari ad € 5,00.
56
Le condizioni socio-economiche delle famiglie
Ambito territoriale Distretto 5
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tab. 5.15 – Modello Misto
Categorie I.S.E.E.
col. a
0 < = I.S.E.E. < =
1.000,00
1.000,01 < I.S.E.E. <
= 20.159,00
I.S.E.E. > 20.159,00
I.S.E.E. > 80.000,00
Totale
Tariffa
col. b
%compartecipazione
al costo
col. c
€ 100,00 intero anno
Una tantum
0,00
proporzionale
67,73
100%
125%
36,00
15,00
118,73
Tariffa =
(tariffa MAX x I.S.E.E. nucleo) /
I.S.E.E. soglia MAX
€ 4,00
€ 5,00
Spesa giorn. a
carico famiglie
col. d
Fonte: Centro Studi ALSPES maggio 2007
Rispetto al proporzionale puro, in questa ipotesi non è contemplata la gratuità del servizio,
mentre è prevista una tariffa minima, che potrebbe rispondere alla finalità pubblica di
responsabilizzazione dell’utenza. L’altra novità è costituita dalla previsione di una tariffa superiore
al costo del pasto, che l’amministrazione comunale potrebbe introdurre con finalità re- distributive
della ricchezza, come avviene nei sistemi fiscali.
5.10 Conclusioni e prospettive
La nostra trattazione si è conclusa con l’illustrazione, tutt’altro che esaustiva, di alcune delle
numerose modalità operative di tariffazione. Il processo di implementazione di un sistema tariffario
richiederebbe ulteriori sviluppi rispetto ai contenuti metodologici fin qui forniti, tuttavia i dati a
nostra disposizione non ci permettono di spingerci oltre la mera esemplificazione di casi teorici.
Uno studio di fattibilità sull’introduzione dell’I.S.E.E. alle tariffe del servizio di refezione
scolastica, o di altro servizio sociale a domanda individuale, necessità di una simulazione su ampia
scala, in cui l’ipotesi tariffaria sperimentale venga applicata all’intero bacino d’utenza o ad un
campione significativo di esso
Una procedura di questo tipo risulta propedeutica all’adozione di un nuovo sistema tariffario e
all’introduzione di un nuovo strumento di prova dei mezzi, in quanto permetterebbe di verificare gli
effetti re-distributivi sull’utenza e quelli finanziari sulle entrate comunali da proventi del servizio. In
effetti, l’avvio di uno studio di fattibilità sull’applicazione dell’I.S.E.E. ad un servizio socioeducativo costituisce la tappa successiva a questa prima analisi metodologica.
Allo scopo descriviamo due possibili modalità di implementazione dell’I.S.E.E.:
1. Entrata in vigore, in via sperimentale, del nuovo sistema tariffario. In questa maniera si
introduce a tutti gli effetti la nuova modalità di tariffazione, mediante modifiche o
adozione ex novo di un regolamento sul servizio di refezione scolastica. La valutazione
degli effetti sociali e finanziari prodotti dal nuovo sistema viene effettuata a consuntivo,
su base di dati reali, in quanto rilevati dalle certificazioni I.S.E.E. autentiche, presentate
dalle famiglie che hanno richiesto l’agevolazione tariffaria.
2. Applicazione simulata del nuovo sistema tariffario. In tal caso non entra in vigore il nuovo
sistema tariffario, ma si mantiene quello esistente. Tuttavia, si procede con un piano di
rilevazione dei dati e campionamento. Si invitano le famiglie degli studenti fruitori del
servizio mensa a compilare una Dichiarazione Sostitutiva Unica fac-simile, sulla cui base
verranno rilevati i dati utili per il calcolo dell’I.S.E.E. ed effettuate tutte le elaborazioni
del caso. Così facendo, possono essere valutati gli effetti re-distributivi e finanziari del
nuovo modello tariffario e dell’I.S.E.E. prima della sua entrata in vigore.
57
Le condizioni socio-economiche delle famiglie
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NOTA METODOLOGICA
La ricerca si compone sostanzialmente di quattro fasi di rilevazione integrate tra loro.
1)
2)
Un’indagine tramite interviste telefoniche ad un campione di 1.276 famiglie
rappresentative delle famiglie residenti.
Interviste in profondità face to face a nove famiglie residenti .
3)
Interviste in profondità face to face a otto testimoni privilegiati scelti tra gli assessori alle
politiche sociali e i responsabili dei servizi sociali dei Comuni e del privato sociale.
4)
L’estrazione dei dati sui redditi dalla banca dati SIATEL dell’Agenzia delle Entrate che,
integrati con i dati raccolti con l’indagine campionaria hanno costituito la base dati sui cui
costruire l’analisi della distribuzione della popolazione a partire dall’indicatore I.S.E.E.
Essendo tre metodologie estremamente diverse l’una dall’altra ad ognuna dedichiamo una
attenzione specifica evidenziando le caratteristiche degli strumenti e delle metodologie utilizzate.
Indagine campionaria
L’universo di riferimento è composto dalle famiglie residenti nel Distretto. Grazie ai file di anagrafe
forniti dagli uffici anagrafe dei Comuni, attraverso un sistema di matching del file di anagrafe è
stato possibile ricostruire l’intero universo delle famiglie residenti. L’elenco delle famiglie residenti
è stato poi suddiviso per tipologia familiare, per classe di età dell’intestatario e per comune di
residenza. Il database così strutturato è diventato la lista di campionamento da cui estrarre
casualmente le famiglie da inserire nel campione.
L’estrazione del campione è stata stratificata per tre variabili in modo che ogni zona venisse
rappresentata in modo proporzionale all’universo di riferimento. Le variabili con cui è stato
stratificato il campione sono state:
- Classe d’età dell’intestatario della scheda anagrafica (meno di 34 anni; da 35 a 49 anni; da
50 a 64 anni; 65 anni e più).
- Tipo di nucleo familiare (famiglie unipersonali, coppie senza figli conviventi, coppie con
figli conviventi, famiglie monogenitore; altre tipologie non comprese nelle precedenti).
- Comune di residenza (i Comuni del Distretto 5).
Per avere una descrizione articolata del campione il lettore può fare riferimento alla introduzione
all’allegato statistico che presenta dettagliatamente le caratteristiche del campione intervistato.
Lo strumento di rilevazione utilizzato è stato un questionario a domande chiuse (l’intervisto/a era
chiamato a scegliere tra risposte alternative).
Il questionario è stato somministrato tramite interviste telefoniche con il supporto della tecnologia
CATI. La rilevazione si è svolta nel mesi di maggio 2007.
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Le condizioni socio-economiche delle famiglie
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Interviste in profondità ai testimoni privilegiati
Nel mesi di luglio 2007 sono state effettuate otto interviste in profondità a testimoni privilegiati
locali. Sono state coinvolte diverse categorie: nell’ambito dei servizi alla famiglia sono stati
intervisti quattro assessori alle politiche sociali; tre responsabili dei servizi sociali comunali; un
operatore del privato sociale. Le interviste si sono svolte presso le sedi dei Comuni e degli uffici di
piano, sono state audio-registrate, le trascrizioni sono state sottoposte a procedure di analisi dei
contenuti. Nel dettaglio sono state intervistate le seguenti persone, che ringraziamo per la cortese
disponibilità e per il contributo fornito:
- Livia Carieri, impiegata amministrativa dei servizi sociali del Comune di Liscate
- Carlo Alberto Caiani, Centri di accoglienza dei Padri Somaschi
- Ambrogio Conforti, vice-sindaco ed assessore ai servizi sociali Comune di Cassano d’Adda
- Filomena Di Lecce, responsabile dei servizi sociali del Comune di Pozzuolo Martesana
- Maddalena Gerevini, assessore alla promozione dei servizi alla persona e servizi sociali e
istruzione del Comune di Vignate
- Alessandra Mercanti, assessore alle politiche sociali, politiche giovanili e sanità del Comune
di Settala
- Lorena Trabattoni, responsabile dei servizi alla persona del Comune di Melzo
- Simone Zagheni, assessore dei servizi alla persona del Comune di Melzo
e presidente del tavolo politico del Distretto 5
Interviste in profondità alle famiglie
Nel mese di luglio 2007 sono state realizzate nove interviste in profondità a famiglie con disagio
socio-economico residenti nel Distretto. Le interviste sono state realizzate face to face presso le
abitazioni delle famiglie o presso le sedi dei servizi sociali comunali e sono state audio-registrate.
Sulla trascrizione integrale delle interviste sono state applicate tecniche di analisi del contenuto.
- 4 interviste sono state realizzate a Melzo
- 3 interviste sono state realizzate a Liscate
- 2 interviste sono state realizzate a Cassano d’Adda
Le interviste sono state così suddivise tra i target indagati:
- 2 interviste con anziani
- 3 Intervista a famiglie con figli a carico
- 2 interviste a famiglie straniere
- 2 interviste a famiglie monogenitore
Creazione del database per il calcolo dell’indicatore I.S.E.E.
Dedichiamo una spiegazione più articolata rispetto alle metodologie utilizzate per arrivare alla
costruzione della base dati che è stata poi utilizzata per il calcolo dell’indicatore I.S.E.E.
Il campionamento delle famiglie.
L’approfondimento dell’indagine sulla condizione economica della popolazione residente attraverso
il ricorso all’Indicatore della Situazione Economica Equivalente (I.S.E.E.) è stato condotto su un
campione di 200 famiglie, estratto all’interno del campione complessivo costituito da 1276
famiglie, utilizzando il medesimo metodo di campionamento. Infatti, il sub-campione in oggetto è
stato costruito in maniera tale da rappresentare le caratteristiche della struttura socio-demografica
del totale delle famiglie residenti nel Distretto sociale di Melzo.
59
Le condizioni socio-economiche delle famiglie
Ambito territoriale Distretto 5
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Nella tabella che segue è riportato lo schema di campionamento. Le famiglie residenti nel Comune
di Melzo sono 47, mentre il Comune di Cassano d’Adda è rappresentato da 45 famiglie, le restanti
110 famiglie sono state scelte (con metodo casuale) tra gli altri Comuni.
Il campione utilizzato per il calcolo dell’indicatore I.S.E.E.
Comune di Melzo
Tipologie familiari
Unipersonali
Coppie senza figli
Coppie con figli
Monogenitore
Altre tipologie di famiglia
Totale
Tipologie familiari
Unipersonali
Coppie senza figli
Coppie con figli
Monogenitore
Altre tipologie
Totale
Tipologie familiari
Unipersonali
Coppie senza figli
Coppie con figli
Monogenitore
Altre tipologie di famiglia
Totale
Fino
Da 35
Da 50
65 anni
Totale
a 34 anni a 49 anni a 64 anni
e più
2
3
2
8
15
1
2
6
9
1
7
6
2
16
2
1
2
5
1
1
2
4
14
11
18
47
Comune di Cassano d'Adda
Fino
Da 35
Da 50
65 anni
Totale
a 34 anni a 49 anni a 64 anni
e più
2
3
2
6
13
1
1
2
5
9
1
7
6
2
16
2
1
2
5
1
1
2
5
14
11
15
45
Altri Comuni del Distretto 5
Fino
Da 35
Da 50
65 anni
Totale
a 34 anni a 49 anni a 64 anni
e più
6
7
4
12
29
2
3
6
10
21
3
19
14
4
40
1
5
3
3
12
3
3
1
1
8
15
37
28
30
110
Rilevazione dei dati necessari al calcolo dell’I.S.E.E.
La rilevazione dei dati quantitativi necessari al calcolo dell’I.S.E.E. di ciascuna delle famiglie del
campione è stata realizzata utilizzando due fonti:
a) La banca dati che l’Agenzia delle Entrate mette a disposizione degli Enti Locali (nota
come banca dati SIATEL).
b) L’indagine telefonica campionaria.
Modalità di accesso alla banca dati SIATEL e trattamento dei dati personali.
L’accesso alla banca dati SIATEL è stato realizzato previa adozione di un “atto di autorizzazione
all’accesso” emesso in data 11/06/2007, da parte del responsabile del Servizio Trattamento Dati del
Comune di Melzo. Tale atto ha designato nominalmente un collaboratore del Centro Studi ALSPES
incaricato al trattamento dei dati personali.
In ottemperanza a quanto previsto dal suddetto atto di designazione (ex art.30 del D. Lgs. n.
196/2003), il collaboratore incaricato ha realizzato il trattamento dei dati personali, con scrupolo,
serietà e correttezza, nel rispetto delle condizioni di sotto elencate:
60
Le condizioni socio-economiche delle famiglie
Ambito territoriale Distretto 5
-
-
-
Rapporto di ricerca
a cura del Centro Studi ALSPES
La password di accesso alla banca dati SIATEL è stata tenuta segreta e non rivelata ad
altri. La sua validità è scaduta il giorno 15/07/2007.
I dati personali, di cui si è venuti a conoscenza nell’espletamento del lavoro, sono stati
gestiti in maniera corretta e riservata, pertanto, non sono stati oggetto di divulgazione, ne
di comunicazione a persone o/e organizzazioni.
I dati personali, di cui sopra, sono stati utilizzati per scopi puramente scientifici,
escludendone qualsiasi utilizzo personale o finalizzato a scopi di non chiara ed evidente la
liceità.
Il supporto rimovibile floppy e i supporti cartacei, su cui sono stati salvati i dati erano
custoditi, a termine di ciascuna giornata di lavoro, in una cassettiera, chiusa a chiave
presso la sede del Centro Studi Alspes.
Dati rilevati per l’indagine I.S.E.E..
Sono stati rilevati mediante il ricorso alla banca SIATEL i seguenti dati (dati anno 2005, ultimo
anno disponibile):
- dati reddituali:
o reddito complessivo ai fini IRPEF;
o redditi agrari.
- dati relativi al patrimonio immobiliare.
Sono stati rilevati attraverso questionario, i seguenti dati (relativi al maggio 2007, data della
rilevazione).
- Dati relativi al patrimonio mobiliare. Il valore imputato corrisponde alla capacità di
risparmio annuale dichiarata dal nucleo familiare e calcolata come quota percentuale del
reddito familiare complessivo annuale. Pertanto non viene imputato il valore del
patrimonio mobiliare accumulato negli anni precedenti a quello di riferimento del reddito.
- dati relativi al reddito figurativo dal patrimonio, calcolato nella modalità sopra esplicitata.
- canone di locazione,
- numero componenti nucleo familiare (anagrafe),
- presenza di uno o più componente con handicap psicofisico permanente o con invalidità >
al 66%,
- presenza nel nucleo di figli minori e di un solo genitore,
- presenza di un nucleo familiare con minori in cui entrambi i genitori hanno svolto attività
lavorative e di impresa per almeno sei mesi dell’anno di riferimento della DSU.
Non è stato imputata la quota residua del mutuo.
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