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GUEST EDITOR: MARCO GASTINI MUOVENDO DAL TERREMOTO:
A S S O C I A Z I O N E A M I C I D E I M U S E I D ’ A B R U Z Z O F I D A M Tribunale dell’Aquila n°553 del Registro Giornali 18.03.2006 Periodico Trimestrale Gratuito Poste Italiane Spa - spedizione in abbonamento postale - 70% - Pescara E D I T O R E Anno IV/III Trimestre n° 13 2009 GUEST EDITOR: MARCO GASTINI MUOVENDO DAL TERREMOTO: RITORNO A L’AQUILA DUE NOTE: DACIA MARAINI / CARLO CRIVELLI PUNTO A CAPO : UN OSPEDALE PER LE OPERE D’ARTE GIOCHI DEL MEDITERRANEO: UN TUFFO NEL TEATRO MUSEO E TERRITORIO: UNA GIORNATA ATRI-ATICA c.p. 162, 67100 L’Aquila centro Associazione Amici dei Musei d’Abruzzo TEXT IN ENGLISH In copertina: Marco Gastini Nel mese di maggio, 2007 - (particolare) tecnica mista e ardesia su tela cm 240 x 165 x 24 foto Claudio Abate 2 Muovendo dal Terremoto 3 Due Note a cura della Redazione di MU6 Dacia Maraini Carlo Crivelli 4 Punto a capo Quegli ultimi tragici venti secondi degli ultimi 755 anni hanno reso nota L’Aquila in tutto il mondo e hanno determinato per la città un anno zero. di Angela Ciano Ritorno a L’Aquila 8 Punto a capo <Noi uomini e donne che abitiamo la parte “sviluppata” del mondo (la più ricca, la più modernizzata), siamo “oggettivamente” le persone più al sicuro nella storia dell’umanità> (Zygmunt Bauman). di Walter Capezzali Una questione d’identità: LA-QUI-LA 9 Punto a capo a cura di Angela Ciano I danni al patrimonio e il suo recupero Intervista a Luciano Marchetti ed Anna Maria Reggiani 10 Punto a capo di Marco Morante e Maura Scarcella L’AQUILA - RICONVERSIONE oltre la RICOSTRUZIONE 11 Punto a capo Collettivo 99 - Giovani Tecnici Aquilani 12 Punto a capo di Simona Rosa L’Aquila 1703-2009: Terremoti a confronto 13 Punto a capo Punto a capo La Fondazione Carispaq per la ricostruzione del territorio aquilano 15 L’artista Marco Gastini è il guest editor di questo numero speciale, al quale abbiamo chiesto di riportare armonia tra uomo e natura con l’energia del suo segno. Punto a capo Appunti di Pacificazione 16 Così , fin qui, abbiamo anche noi pensato; ora alle tante ansie e incertezze contro le quali quotidianamente combattiamo dobbiamo aggiungere e vincere questo terribile senso di precarietà che ci ha lasciato il 6 aprile. La paura risiede anche nell’imponente prova di ricostruire una città che diviene “simbolo” e che misura la capacità di una comunità di costruire il proprio futuro. L’accaduto è stato sotto gli occhi di tutti per troppo tempo per indulgere in immagini “compiaciute” per cui si è deciso di utilizzare il bianco e nero di Antonio Di Cecco come essenziale sintomo del panorama in evoluzione. È di tutta evidenza la centralità di una riflessione sulla prospettiva architettonica e del pari la nostra sensibilità è rivolta al “risarcimento”dei beni culturali pubblici e privati. Un ospedale per le Opere d’arte 14 Muovendo dal terremoto Guardando al futuro positivamente, vi offriamo anche una sfida: una giornata di visita guidata all’Aquila per il 4 ottobre per valutare, insieme, l’andamento del recupero. Eventi La memoria narrata 17 Eventi Ma L’Aquila non è l’Abruzzo, per cui, nelle prossime pagine, troverete segnalazioni di eventi e proposte di visita anche ai centri minori delle altre province abruzzesi, contenitori di bellezze e curiosità. Spalletti a Kleve 18 Eventi di Jessika Romano José Ortega Realismo e Identità mediterranea 19 Ci sentiamo in animo di ringraziare quanti si sono interessati al futuro della nostra rivista e ci hanno sostenuto. Musei e Territorio Il Parco della Terra 21 Musei e Territorio di Antonella Muzi La redazione di MU6 Una giornata ATRI-atica 22 Cultura e Impresa Arte Libro / Fiera di essere a Matera 23 di Antonella Muzi Eventi Pescara 2009: un tuffo nel teatro del Mediterraneo 24 Infomu6 Mostre / attività / concorsi / libri / eventi / sotto la lente 27 English text MUSEI n.13 Progetto grafico Periodico Trimestrale ideato da Germana Galli Ad.Venture / Compagnia di comunicazione impaginazione a cura di Franco Mancinelli Editore Associazione Amici dei Musei d’Abruzzo Casella postale 162, 67100 L’Aquila centro [email protected] www.mu6abruzzo.it www.mu6abruzzo.eu Webmaster Claudia Valentini Traduzioni John Sopinski ([email protected]) Foto Walter Capezzali Adriano Bucci pag 15 Luciano D’Angelo pag 8 Antonio Di Cecco pagg. 4, 5, 6, 7, 9, 10 Mario Di Paolo (interventi Marco Gastini) Werner J. Hannappel pag. 17 Luca Lamanna pag. 11 Coordinamento editoriale Stampa Direttore Responsabile Germana Galli Poligrafica Mancini Sambuceto / Chieti Redazione MU2 Angela Ciano, Franco Dus, Marco Morante, Antonella Muzi, Jessika Romano, Maura Scarcella. Distribuzione Per questo numero hanno collaborato: Collettivo 99, Gianfranco Conti, Alessandra Giorgi, Simona Rosa. Tiratura 10.000 copie © MU6 / 2009 stampato in Italia Spedizione postale D O V E T R O V A R E M U 6 : M U S E I D E L L A R E G I O N E A B R U Z Z O / A L B A A D R I A T I C A : L I B R E R I A L A N U O VA E D I T R I C E ( L U N G O M A R E M A R C O N I , DUE NOTE DACIA MARAINI La paura è sempre stata presente nel suo lavoro di scrittrice. Anche in “Passi Affrettati”, recente fatica letteraria e teatrale, è uno dei temi dominanti. È la paura il sentimento dominante in questi giorni del post terremoto. Per questo abbiamo chiesto ad un’abruzzese d’elezione come Dacia Maraini di parlarci di questo stato d’animo. Avvenimenti terribili come quello del 6 aprile che ha seminato morte e distruzione, ha generato panico e una paura collettiva. È la paura di morte e o è la paura di non avere più un futuro? Il terremoto smuove nell’essere umano delle paure viscerali, probabilmente arcaiche. È la paura della natura come la doveva vedere l’uomo delle foreste, nelle civiltà primitive. La paura della grande Madre Terra che è imprevedibile, vendicativa, furente quando si infuria. La madre dei vulcani che esplodono, delle maree che salgono, del fuoco che brucia, della terra che si spacca. È una paura irrazionale e quindi profonda e paralizzante. Di fronte a questa paura, dobbiamo cercare di recuperare la nostra consapevolezza umana, il ragionamento e la capacità di pensiero lasciate da parte. Riflettere e cercare di agire secondo ragione. Quanto può essere grande lo smarrimento di chi non ha più i luoghi delle propria storia’’? La terra su cui stiamo e la casa in cui abitiamo sono i luoghi della sicurezza che a noi sembra eterna. Ci comunicano un senso di eternità e di stabilità assoluta. Cose effimere ma di cui l’uomo ha bisogno per sopravvivere. Per questo il tradimento di una terra che si agita, sgroppa e di una casa che si apre, si sfalda, va a pezzi, sono sentite da noi come tradimenti profondi e imperdonabili. Ma bisogna riflettere che non sono offese fatte a noi. La Natura se ne infischia dell’uomo, fa quello che deve fare. Anzi l’uomo dovrebbe capire da questi segni quanto sia debole e impotente di fronte alla Natura. Deve rimboccarsi le maniche e rimediare come può. 17 secondi di violenza assoluta travolgono destini, persone, luoghi, beni culturali, sarà risarcibile? Certo, non è risarcibile. Come si può risarcire un sciagura come quella di un terremoto in cui si perde la propria città, la propria casa, il proprio lavoro? Ma perdersi d’animo non serve a niente. È come farsi prendere dal panico quando si è presi dalle onde alte. Se ci si fa sopraffare dalla paura, si muore affogati. Se invece si ragione, si prendono le misure delle proprie forze, si ragiona in termini di strategia fisica, si supera il pericolo. Quindi ripeto: non ci sono risarcimenti possibili per quello che si è perso, ma ci sono danni da riparare e case da ricostruire, città da rimettere in senso. Sono diritti di chi è stato così duramente colpito e ci deve pensare lo Stato. CARLO CRIVELLI È uno dei compositori più noti. Nel suo curriculum vanta collaborazioni con tutti i più grandi registi italiani e non solo. Tra gli ultimi lavori: la colonna sonora di “Vincere” di Marco Bellocchio presentato al Festival di Cannes del maggio scorso. Il Maestro Carlo Crivelli da anni vive e lavora a Fossa dove ha fondato anche l’Orchestra Città Aperta. La sua testimonianza della notte del terremoto è quella di un artista che da subito ha amato e scelto la nostra terra. IL CAVALLO DI TROIA Tutti gli accadimenti avvenuti prima delle 3 e 32 del 6 aprile, appaiono lontani come se la percezione del Tempo fosse stata alterata scaraventando le nostre vite in un altro luogo ad anni di distanza. Non riesco a connettere il ricordo della catastrofe con nessun’altra esperienza vissuta in precedenza, se non con il mondo dei sogni: il Tempo dilatato,la luce chimica,la voce del Demone che non si può raccontare, le urla di terrore dei miei cari,le mura che “si disegnano” col rumore della mitraglia e che si spaccano in mezzo mentre le guardi, i calcinacci che ti cadono addosso e la terra che sembra mancarti sotto i piedi! Siamo stati bravi, non ci siamo fatti prendere dal panico: ci siamo vestiti dopo aver aspettato che finisse l’evento sotto un muro che non saprò mai se era quello maestro. Nessuno ha varcato la soglia senza che io prima avessi controllato le scale perché c’erano tre piani da scendere. Fortunatamente la corrente c’era e la casa pur orribilmente crepata ci aveva permesso di uscire. Il Duca degli Abruzzi a 10 metri dal portone? ancora adesso stento a crederci! non sapevamo che fare e siamo rimasti almeno un’ora e mezza sotto casa, finchè il forte odore di gas non ci ha indotto a spostarci verso la Fontana Luminosa. Il silenzio era spettrale e immaginavamo fortunatamente sbagliando, che sotto il Duca potessero esserci dei morti. La meraviglia ci era indotta dal fatto che non si sentiva il ben che minimo lamento né tantomeno una qualche sirena dei soccorsi… Il 4 e il 5 avevamo riunito l’Orchestra Città Aperta per la registrazione della colonna sonora del film”La blonde aux seins nus” e per il Galà Lirico che avremmo dovuto tenere alla Città della Musica di Roma il 6 sera. C’erano quindi una sessantina di musicisti, molti stanziali ma almeno una ventina giunti da varie parti d’Italia e d’Europa che avevamo sistemato in zona per la notte. Verso le sette già avevo avuto rassicurazioni sulla loro sorte: stavano tutti bene e si erano riuniti al campo sportivo di Fossa, il comune che ci aveva “adottati” e che ci consentiva di registrare alla “Fragolina”. Ero preoccupatp per il regista del film Manuel Pradal che era a L’Aquila per assistere alla registrazione ed essendo i nostri posti bellissimi aveva pensato di unire l’utile al dilettevole venendo con la giovane moglie e la figlia di 8 mesi. Non potevo certo andarmene da L’Aquila senza sapere di loro e così a piedi insieme a mio figlio siamo andati a cercarli all’Hotel Sole. Non li abbiamo trovati ma abbiamo avuto notizia che erano vivi e stavano bene. Annullato il concerto del 6 e la registrazione (ultimata qualche giorno dopo a Londra),nel tardo pomeriggio siamo partiti in macchina per Roma via Rieti potendo appoggiarci a casa di mia madre. Io le scosse delle settimane precedenti “l’evento” le ho sentite tutte e bene poiché dovendo scrivere, ero quasi sempre seduto nel mio studio al 3°piano di via Giovanni XXIII e posso dire che dal 29 / 30 marzo la “qualità” delle scosse è cambiata, affermando quello che tutti sanno senza bisogno di sismografi. I rumori nel cavallo c’erano stati, il demone qualche segno chiaro l’aveva dato ma evidentemente forse per stanchezza dovuta all’assuefazione, non abbiamo voluto né vedere né sentire. D’altronde i nostri esperti di terremoti, nulla sanno (per loro ammissione s’intende!), né possono prevedere alcunché. Tuttavia non è vero che non sono serviti a niente come taluni ritengono: va loro riconosciuto pienamente il merito di aver contribuito alla creazione di quell’humus che permettesse ed avvalorasse la tesi che ci ha così ben rassicurato in questi primi mesi del 2009, per cui quasi,bisognava ringraziare lo sciame sismico che con la sua esistenza, permetteva alla pressione di sfogare scongiurando l’evento catastrofico. , 2 7 0 - A L B A A D R I AT I C A ) / A S C O L I P I C E N O : L I B R E R I A L A N U O VA E D I T R I C E ( P I A Z Z A D E L P O P O L O , 2 6 - A S C O L I P I C E N O ) / L I B R E R I A L A MU3 RITORNO A Torno. L’atmosfera è surreale. Torno a camminare per le vie, le piazze, gli angoli e non ritrovo più i rumori, gli odori, i colori che la mia città e solo la mia città sa regalarmi. Ritorno a L’Aquila dopo quaranta giorni dalla maledetta notte del 6 aprile 2009, sono le tre del pomeriggio e fa caldo, tanto caldo per essere una giornata di metà maggio, eppure non è il clima ad ammutolirmi, ad infastidirmi. La città non esiste più, il luogo dove ho vissuto fino al 5 aprile 2009 non c’è più, ed è questa la primissima emozione che sento, il senso di una perdita irrimediabile che mi trafigge e mi fa capire quanto un terremoto può segnare la fine. So che L’Aquila sarà ricostruita, ma so anche che nulla sarà come prima, so che certi sapori di pietra e di muffe, di freddo e di sole, di storia e di vita quotidiana non torneranno più perché sono proprio queste le cose perse per sempre. Ed allora lo smarrimento è totale ed è lui ad accompagnarmi nel mio girovagare senza un percorso prestabilito, per una città ferita a morte da una natura impietosa. Prima di iniziare questo viaggio di dolore, avevo fissato in mente alcune tappe nei luoghi e tra i monumenti che segnano la gloriosa e antica storia dell’Aquila; invece è stato il cuore e non la ragione a guidarmi e gli occhi hanno cercato i posti che conosco di più, quelli della mia vita. Quelli che ho amato e quelli che ho odiato. Così dal Forte Spagnolo, simbolo di una dominazione subita e mai accettata dalla fiera gens aquilana, mi dirigo verso il cuore del centro storico con la mente ancora aggrovigliata a pensare come mai un edificio così possente e forte, appunto, si sia piegato così tanto alla forza devastante della natura. Un monumento che di per se è simbolo di potenza è ridotto ad uno spettro, svuotato di tutti i suoi tesori e violato nei suoi segreti più intimi. Eppure la fortezza che non ha mai conosciuto la guerra, costruita nel 1534 sotto la dominazione della Spagna di Carlo V e per la cui MU4 realizzazione la città ribelle fu costretta a versare una tassa di 100.000 ducati annui, la possente struttura che era uscita praticamente indenne dal precedente e altrettanto tremendo sisma subito dall’Aquila, quello del 2 febbraio 1703, questa volta ha dovuto chinare il capo e arrendersi ai colpi mortali di madre terra. Sconfitta, come tutti gli altri edifici di una città tenace che ora si mostra vulnerabile e bisognosa di aiuto. Così percorrendo via Garibaldi il primo tuffo al cuore viene da una sosta a Piazza Santa Maria Paganica. Vi arrivo facendo dei giri impensabili a causa delle macerie che ostruiscono i vicoli più stretti e suggestivi, ma una volta qui l’emozione è fortissima, la chiesa, i palazzi, i simboli della nostra storia non ci sono più. Palazzo Ardinghelli, fastoso ed elegante edificio settecentesco, esempio di perfezione formale con la sua meravigliosa facciata barocca, da poco acquistato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali è come se non avesse più lo scheletro a tenerlo dritto e altero. E’ come se una mano mostruosa gli avesse strappato le ossa e con esse gli apparati decorativi più belli. Al loro posto il vuoto della struttura muraria. Dentro tutto è venuto giù e il pensiero va subito al bellissimo e borrominiano scalone, alle sale del piano nobile con i dipinti realizzati per celebrare i fasti della famiglia da uno degli artisti più eccentrici e originali del XVIII secolo, quel Vincenzo Damini, veneziano che aveva fatto dell’Aquila la sua seconda patria lasciandoci altri capolavori in chiese e palazzi, e forse anche questi perduti. Lo sguardo si ferma poi terrorizzato su Santa Maria Paganica la imponente chiesa capo quarto che con la sua mole ha dominato fin dalle origini la città, è ridotta a macerie, anche lei aveva resistito al sisma del 1703, ed era arrivata fino a noi intatta, oggi invece è solo un rudere di cui però se ne respira ancora lo spirito del castello fondatore del quarto, quello di Paganica altro centro terribilmente toccato dal sisma. Guardo ancora quel che resta N U O VA E D I T R I C E ( C E N T R O C O M M E R C I A L E “A L B AT T E N T E ” , V I A D E L C O M M E R C I O , 5 2 - A S C O L I P I C E N O ) / A V E Z Z A N O : L I B R E R I A M O N D A D O PUNTO A CAPO L’AQUILA di questa magnifica struttura, le sue mura sono violate, la sua splendida abside è sbriciolata, chissà quando torneremo ad udire il suono delle sue campane che penetrava lo scorrere della nostra quotidianità? Comincio ad ispezionare i vicoli vicini: Via Paganica, Via Accursio, Via Navelli impossibile percorrerli quasi tutti sono ostruiti dalle macerie degli splendidi Palazzi che ne contrappuntavano il limite; dei Baroncelli Cappa, Carli Benedetti, sono rimaste le facciate martoriate, impossibile capire cosa è accaduto dentro, agli splendidi cortili, agli archi, alle scalinate dove hanno lavorato i migliori artisti rinascimentali abruzzesi. Proseguo verso Piazza San Silvestro dove sono sicura mi aspetta un altro colpo al cuore. Palazzo Farinosi Branconi, splendida residenza della potente famiglia Branconio, mi hanno detto, “non esiste più”; in verità l’involucro esterno c’è ancora, lesionato, frantumato nelle parti architettoniche più deboli, ma qualcosa è rimasto. Gli stemmi in pietra che riportano i simboli del potere della famiglia, le tre palle medicee generoso dono della casata fiorentina a quella aquilana grazie alla posizione di prestigio presso Papa Leone X di Giovanbattista Branconio, sono ancora li a ricordarci il nostro glorioso passato. Siamo agli inizi del ‘500 e l’aquilano a Roma è legato anche a Raffaello Sanzio di cui si dice, fosse venuto a L’Aquila, di sicuro ha dipinto per l’amico la tela della Visitazione destinata alla cappella Branconio in San Silvestro ed oggi fortunatamente al Prado di Madrid; molti artisti usciti dalla fiorente scuola dell’urbinate sono passati per la mia città lasciandoci, tra le altre cose, le logge affrescate del Casino Branconio oggi in frantumi. Come sono in frantumi le tre sale affrescate del piano nobile del Palazzo di rappresentanza della famiglia, tra cui quella con le storie di San Clemente. L’unica a L’Aquila completamente ricoperta da affreschi ed oggi forse irrimediabil- O R I ( V I A M O N S I G N O R B A G N O L I , 8 6 - AV E Z Z A N O ) / L I B R E R I A L A N U O VA E D I T R I C E ( C O R S O D E L L A L I B E R T À , 1 1 0 - AV E Z Z A N O ) / B O L O G N A : MU5 mente perduta. Dopo una visita veloce alla Chiesa di San Silvestro decido di riprender la strada verso il cuore del centro storico passando per i vicoli più stretti e suggestivi, Via delle Streghe appena liberata dalle macerie, chiamata così perché non ha neanche una porta e quindi nessun numero civico, Via Rustici, Via Cascina e Via Roma. Lo scenario non cambia palazzi e semplici case di amici e persone conosciute sono a brandelli e rabbrividendo penso a come questi miei concittadini siano riusciti ad uscirne vivi. Poi Palazzo Carli sede del Rettorato è già tutto imbrigliato in un ultimo disperato tentativo di tenerlo su, mentre una nutrita squadra di vigili del fuoco si affanna intorno al cadavere di Palazzo Porcinari sede del dipartimento di storia dell’Università dell’Aquila. Via Roma e Piazza San Pietro, le viuzze laterali che conducono a San Domenico, la splendida e grandiosa chiesa trecentesca costruita quando la vicina reggia angioina divenne convento per volere di Carlo II, tutto è colpito a morte; lo scenario è sempre lo stesso, macerie, distruzione. Al senso di perdita e di smarrimento iniziale si aggiunge ora quello dell’ inesorabile fine. Mi chiedo… quanto di tutto questo tornerà come prima? e come portata dai miei pensieri mi ritrovo lungo il Corso: Umberto e poi Vittorio Emanuele ma la mia “passeggiata” non è più la stessa. Guardo l’infilata dei portici prima pulsanti di vita e ora impregnati di polvere e silenzio, non si odono più le voci MU6 delle persone, i suoni dei negozi del centro. il silenzio è assordante, devastante, distruttivo. Gli spettri di questa città spettrale sono proprio loro, i portici ottocenteschi con le loro colonne impacchettate da cinghie colorate come fossero pronti per una danza macabra. Un ultimo sguardo a Piazza Palazzo e alla sede del Comune dell’Aquila, immagino il corteo di Margherita d’Austria la figlia del potente imperatore Carlo V, immagino il suo ingresso trionfale come governatrice della città e l’arrivo alla sua residenza, ora giustamente municipale, era il 1575 e la città era agghindata come una bella e felice sposa. Intorno al Palazzo che fu di Margherita le ferite sono ancora più profonde e la distruzione completa. Non mi resta che dirigermi verso Piazza Duomo il centro mercantile della città ancora prima della sua fondazione; il silenzio che mi ha accompagnata fino ad ora lascia il posto a rumori di ogni genere. Ma non sono i rumori del mercato generale che ogni mattina, fin dalle prime ore, dava vita alla città…ora si sentono solo suoni metallici di gru che posizionano gabbie e cupole in metallo per mettere insicurezza la Chiesa di Santa Maria del Suffragio o delle Anime Sante la cui settecentesca cupola del Valadier in frantumi è diventata, suo malgrado , il simbolo di questo terremoto; mentre i tesori d’arte che custodiva fortunatamente sono in salvo, portati via e messi in sicurezza immediatamente dopo il sisma, così come LIBRERIA PICKWICK (GALLERIA 2 AGOSTO 1980, 3/2 - BOLOGNA) / C H I E T I : LIBRERIA DE LUCA (VIA C. DE LOLLIS, 12/14 - CHIETI) / G I U L PUNTO A CAPO sono state salvate le opere custodite dalla Cattedrale di San Massimo il cui squarcio profondo all’altezza del transetto, la caduta quasi totale di una parte di una delle navate laterali non lasciano dubbi sulla drammaticità di quanto accaduto la notte del 6 aprile scorso alle 3.32. Molti sono stati qui i danni, i beni distrutti, molte tele d’altare tra cui il ritratto di san Carlo Borromeo di Teofilo Patini e la enorme e bellissima tela della finta cupola realizzata alla maniera di Padre Pozzi. Prima di dirigermi verso i quarti di San Marciano e Santa Giusta, torno indietro verso San Bernardino per guardarla ancora. La bianchissima facciata di Cola dell’Amatrice è ancora lì intatta e scagliata contro il blu del cielo, il corpo della chiesa ha subito però ferite mortali: il campanile è crollato quasi del tutto facendo precipitare le pesanti campane sul sottostante convento e la cupola ha uno squarcio profondo che ne compromette tutta la stabilità; dentro le opere d’arte sono salve: il Paliotto in ceramica di Andrea della Robbia, il mausoleo di San Bernardino da Siena e il Monumento funebre a Maria Pereira Camponeschi di Silvestro dall’Aquila, i simboli della Processione del Venerdì Santo di Remo Brindisi sono ancora lì intatti, in attesa di essere messi in sicurezza. Erano già pronti per tornare a sfilare nelle vie della città per ricordare a tutti la passione e la morte di Cristo, non né hanno avuto il tempo. Però ci sono e questo mi rinfranca un po’, almeno fino all’arrivo all’inizio di Via Sassa, lo splendido scenario di Palazzi e campanili che si ammirava da qui ha lasciato il posto alle rovine e alla distruzione. Mi tornano in mente il cortile di Palazzo Franchi, l’armonioso chiostro del Conservatorio, le chiese di santa Caterina, tra le poche a pianta centrale della città, di San Biagio con il monumento funebre a Lalle Camponeschi, uno degli uomini illustri dell’Aquila protagonista della ricostruzione dell’Aquila in un altro e altrettanto drammatico post terremoto quello del 1461, i preziosi affreschi del Monastero della Beata Antonia. Era bella L’Aquila piena zeppa di tesori, molti nascosti… tanto nascosti che in troppi non li hanno conosciuti ed ora, forse, è troppo tardi. Provo ad arrivare a Piazza Santa Maria di Roio, Via Persichetti, via Roio per capire cosa è successo alla chiesa ai Palazzi: Persichetti, con tutti i reperti provenienti da Amiternum e riportati alla luce dal Cardinale archeologo Nicolò Persichetti, Rivera, Dragonetti, e mentre rifletto su quali vie percorrere penso ai tanti edifici monumentali privati che la mia città conservava, quasi tutti settecenteschi perché ricostruiti dopo l’altrettanto tremendo terremoto del 1703, ma tutti più o meno integri con le opere d’arte, gli arredi, spesso i tendaggi custoditi gelosamente dagli eredi delle antiche famiglie, ora anche questa integrità non esiste più. Da qui mi dirigo verso San Marciano, la chiesa omonima ha vistosi crolli. La facciata, quella tipica della maniera aquilana, con il suo semplice piano è simile alle altre chiese di Santa Maria di Roio, San Pietro, San Silvestro, Santa Giusta, ha il coronamento completamente frantumato come se una mano enorme e mostruosa si fosse divertita a sbriciolarla. Anche i Palazzi del quarto di San Marciano non esistono più e con loro la storia pubblica e privata, antica e recente delle genti che li hanno costruiti, ricostruiti e conservati fino al 5 aprile 2009. È una città spettrale è vero ma è anche una città dolente L’Aquila, che ha nella zona di Piazza della Prefettura e San Marco, il suo cratere nel cratere. Cercare un modo per arrivare qui è un’impresa non di poco conto, tutto è transennato e chiuso per la pericolosità di quel che è rimasto, ma tanto questa zona della città è come un film già visto, le immagini delle sue rovine hanno fatto il giro del mondo fin dai primi secondi dopo il sisma. Nell’epoca della comunicazione, della riproducibilità infinita dell’immagine sono solo questi e qualche altro fotogramma a rappresentare la tragedia e il dramma di un’intera città di settantamila abitanti. Un po’ poco. Sono stanca e stremata più che dalla fatica, dal dolore per quanto ho visto e decido così di terminare il mio viaggio a Santa Maria di Collemaggio. La Basilica l’ho vista più volte e ricordo con emozione e gratitudine verso il corpo dei Vigili del Fuoco il recupero della Madonna con Bambino, una terracotta policroma degli inizi del cinquecento del famoso pittore e scultore Saturnino Gatti le cui opere erano gelosamente custodite nel Museo Nazionale d’Abruzzo al Forte Spagnolo ed ora sono state affidate alle cure dei restauratori dell’ICCR presso il Museo della Preistoria d’Abruzzo a Celano – Paludi; ogni ritorno è però una ferita che si riapre perché questa chiesa è per me e per tutti gli aquilani, il simbolo della città, il luogo dello spirito dove raccogliersi a pregare nei momenti difficili. Ora, in un momento difficilissimo della nostra storia, neanche questo ci è più permesso; anche la grande chiesa volu- ta da San Pietro Celestino e dove l’eremita del Morrone fu incoronato Papa con il nome di Celestino V, alla presenza di Carlo II D’Angiò, di Carlo Martello e dei più alti dignitari e intellettuali dell’epoca tra cui Dante Alighieri, anche questo monumento è ferito a morte. La cupola è crollata, insieme al transetto è andata distrutta tutta la zona dell’altare e dell’abside, le uniche parti barocche non toccate dallo spirito riformista del Soprintendente Moretti che fece smontare tutti gli apparati settecenteschi nelle chiese romaniche aquilane, per ripristinarne l’originaria architettura. Ora ci ha pensato il terremoto. La Basilica questa volta ha resistito meglio rispetto al precedente sisma, le cronache di allora raccontano che il monumento era completamente distrutto compresa la bella e bicroma facciata, ora almeno questa è salva grazie ai ponteggi montati molti mesi fa per il suo restauro. Mi fermo ancora un po’ a girovagare per la tendopoli allestita sul prato antistante la basilica per rendermi conto dell’altra grande sofferenza di questo dramma collettivo, quella degli aquilani che hanno perso tutto, case, studi, negozi; insomma una vita di sacrifici così la mente và, per una strana associazione di idee, al luogo dove è nata la città: alla Rivera. So che la Fontana delle 99 Cannelle è lì immutabile, Immota Manet proprio come il nostro motto; ma quando arrivo nel luogo chiamato anticamente “Accule”, per via delle sorgenti d’acqua che si trovano in questo borgo, l’impressione è spaventosa tutto è crollato e la chiesa di San Vito che con la sua meridiana che anticamente segnava il tempo dei conciatori di pelli e delle donne impegnate nel lavaggio dei panni, ora non esiste quasi più come tutte le antiche case di questo antichissimo e primo insediamento della futura e libera città dell’Aquila. Poi guardo la Fontana delle 99 Cannelle e sento il familiare rumore dello sgorgare dell’acqua, la sua struttura in pietra bicroma, bianca e rosa, proprio come la facciata di Collemaggio, è integra e penso che un futuro è ancora possibile per la mia città. Il cielo terso e luminosissimo in questo caldo pomeriggio di primavera è ancora più blu ed è sempre grande, capace di accoglierci ancora una volta tutti per ricominciare. Angela Ciano L I A N O V A : L I B R E R I A L A N U O VA E D I T R I C E ( V I A N . S A U R O , 3 5 - G I U L I A N O VA ) / L A N C I A N O : L I B R E R I A L A N U O VA E D I T R I C E ( C O R S O T R E N T O MU7 Una questione d’identità L’A-QUI-LA Ci consola, al momento, la crescente attenzione dell’opinione pubblica sul centro storico e monumentale dell’Aquila, che mostra senza inutili pudori le sue gravi ferite. Il terremoto ha nuovamente colpito questa terra e questa Città, e lo ha fatto con violenza inaudita. Gli occhi del mondo si sono rivolti verso l’Abruzzo alla ricerca di una emergenza urbanistico-sociale di cui si ora dice un gran bene, anche se per molti, la gran parte, L’Aquila e l’Abruzzo erano entità geografiche sconosciute. Ma tanta consolazione è destinata ad attenuarsi e a lasciare il passo alla disperazione. Perché? È tutta una questione d’identità. Ci sembra di poter cogliere il succo di questo discorso nella sillaba centrale del toponimo aquilano: quel “qui” che un doppio “la” racchiude e che, perdonateci la suggestione che non vuol condirsi di retorica, sembra spiegare e motivare molti “perché”, in primis quello dell’identità. È QUI che, quando il medioevo privilegiò la montagna per traffici e insediamenti umani, i popoli di un vasto territorio montano s’incontravano per i loro commerci e per le loro necessità esistenziali. QUI esisteva quel castello (università, nucleo sociale) dal nome Acquili (Acculi, ecc.), che sembrava voler indicare nel suo toponimo una ricchezza d’acque confermata, dopo tanto tempo, dall’ininterrotto, musicale scorrere di liquido vitale dai novantasei (non 99!) mascheroni della Fontana della Rivera. QUI, a metà Duecento, fu pensato il mirabile progetto urbano di quella Civitas nova che doveva caratterizzare tanta parte della MU8 storia dell’Italia centro-meridionale: origine dibattuta, dall’improbabile fondazione fridericiana all’espresso vaticinio papale, dal documento di Corrado IV (1254: implicito riconoscimento della dignità di “Città“), alla reale e preesistente volontà di dar vita ad una composita entità sociale che fosse volano per l’intera economia di un ampio contesto. In tal modo proprio QUI, dopo secoli di pregressa ininterrotta attività pastorale, si ufficializzava quel ruolo di Capitale della Lana motivato dall’essere, quel Colle di Maggio alle porte della città, il terminale nord della Transumanza e il terminale Sud del commercio e della lavorazione del prezioso vello ovino. Di conseguenza, QUI presero residenza, per il commercio di lana e zafferano, e costruirono i loro fondaci, mercanti di tutta europa (alemanni, francesi, lombardi, veneziani…) ancora oggi ricordati dalle intitolazioni di alcune vie del centro cittadino. E QUI si concentrò l’attenzione del mondo cristiano nel 1294, quando L’Aquila divenne provvisoria sede di papato e di regno, e il papa eremita Pietro del Morrone/Celestino V, QUI incoronato, dettò la preziosa Bolla del Perdono, volano di Fede ma anche strumento di crescita economica e sociale per la città non ancora compiutamente costruita. Ancora QUI una Comunità positivamente ambiziosa, non molto dopo la sua fondazione volle e seppe darsi preziosi Statuti municipali, non riscontrabili nella storia del Sud della Penisola, per ribadire una sostanziale e a lungo confermata identità e indipendenza dal feudo, status i cui riflessi si riversavano proficui sull’intero Contado, confermando QUI il centro vitale di una esemplare Città-Territorio. Quel territorio che aveva voluto proprio QUI mirabilmente edificare una struttura urbana che replicasse intra moenia l’anima dei tanti Castelli dei dintorni (99? O più? O meno? Storicamente non importa, realmente non si sa, tradizionalmente si accetti pure il numero pseudo-cabalistico). In tal modo QUI si realizzava, con sfoggio d’intenti architettonici e gare d’impegno costruttivo, un ben esteso “centro storico”, fatto di piazze (tante), chiese (tante), fontane (tante), palazzi (tanti). Sempre QUI, in questo centro storico pulsante di vita e di iniziativa, nel XV secolo s’interrompeva la preziosa vita terrena di San Bernardino e gli aquilani stimolati da San Giovanni da Capestrano costruivano lo stupendo tempio destinato ad ospitare le spoglie mortali del Senese; si stroncava la carriera e la vita del grande Braccio Fortebraccio da Montone inutilmente proteso a conquistare la Città strenuamente difesa da Antonuccio e dagli Alleati; si dispiegava l’arte dei maggiori interpreti, locali e non, del Rinascimento italiano; s’impostava la prima tipografia d’Abruzzo, tra le prime del Meridione italiano. La potenza spagnola nuova padrona del regno meridionale esercitò QUI nel Sedicesimo secolo la sua pesante repressione, costruendo una fortezza poderosa, distruggendo quartieri e proprietà e restituendo al feudo i paesi del contado; e QUI doveva consumarsi l’ultima meteora esistenziale di Madama Margherita d’Austria, governatrice dell’Aquila. Il nerbo degli abruzzesi della montagna QUI ha resistito a vessazioni, pestilenze e sciagure plurime, a terremoti ripetuti fino a quello distruttivo del 1703, riuscendo a sconfessare le prefiche previsioni che escludevano potesse rinascere, in quello stesso luogo, la splendida città ormai rasa al suolo; QUI, invece, sullo stesso schema urbano e con magnificenza di realizzazioni architettoniche, l’Aquila risorse dalle macerie trecentosei anni fa. … Il 6 aprile del 2009, alle ore 3,32, un nuovo sisma distruttivo ha violentemente ferito, QUI, nel suo splendido centro storico, il cuore di una realtà umana, sociale, economica, religiosa, che ingenerosamente e parzialmente abbiamo ridotto alle poche righe precedenti, ma che è fortemente consolidato in migliaia e migliaia di pagine stampate. Un cuore che, per poter ancora pulsare, deve tornare a vivere anche nella Piazza del Mercato, nei Quartieri e nei Locali, nei vicoli medioevali, nei cortili rinascimentali, nelle chiese e nei monasteri, nel barocco fastoso della prima ricostruzione, nelle strutture ottocentesche d’impianto piemontese. È questione d’identità. QUI, in questo centro storico, nuovamente si gioca il futuro dell’Aquila: se il cuore non tornerà a pulsare QUI, nel reticolo delle vie e delle piazze, nel commercio e nell’artigianato, nella musica e nel teatro, nella cultura di biblioteche ed archivi, nell’arte e negli alti studi, morirà il cuore dell’Aquila, finirà la storia della sua identità, il suo ricordo rimarrà confinato nelle pagine dei libri di storia e il suo nome potrà scomparire dalle carte geografiche. Walter Capezzali E T R I E S T E , 3 9 - L A N C I A N O ) / L’A Q U I L A : L I B R E R I A L A N U O VA E D I T R I C E ( C E N T R O C O M M E R C I A L E L ' A Q U I L O N E - L’ A Q U I L A ) / P E S C A R A : B O PUNTO A CAPO I DANNI AL PATRIMONIO E IL SUO RECUPERO, IL PENSIERO DEI PROTAGONISTI DI QUESTA FASE ANGELA CIANO INTERVISTA LUCIANO MARCHETTI ED ANNA MARIA REGGIANI Sono impegnati a tempo pieno nel recupero e restauro del patrimonio culturale aquilano distrutto dal terremoti del 6 aprile scorso. Luciano Marchetti, Ingegnere ed Architettto Direttore Regionale per i Beni Culturali del Lazio, è stato nominato a quasi un mese dal tragico evento sismico Commissario per il recupero del Patrimonio Culturale per la Protezione Civile, ed Anna Maria Reggiani, Archeologa, Direttore Regionale per i Beni Culturali d’Abruzzo sono da quasi tre mesi a lavoro sui beni culturali aquilani per salvare quanti più possibile. Il primo. In particolare, si sta occupando dei beni architettonici, mentre la seconda soprattutto dei beni artistici. Come si svolgerà il recupero? L.M. Il recupero è difficile…debbo dirlo chiaramente…perché alcune delle chiese su cui stiamo intervenendo con lo sgombero sono rimaste le absidi sono rimaste lati dell’edificio. Il Duomo ha perso gran parte del Transetto e un fianco della navata laterale; è caduta ed è in frantumi la tela fatta alla maniera di Padre Pozzo che rappresentava la finta cupola centrale. Collemaggio ha perso il transetto, le Anime Sante stiamo cercando di tenerla in piedi, a San Bernardino è venuto giù il campanile e la cupola è fortemente danneggiata tanto che è stata uno dei primi interventi di messa in sicurezza, il Castello ha dei problemi estremamente rilevanti… cioè la situazione è estremamente complicata e molto difficile anche per la densità di monumenti che abbiamo in un’area, il centro storico dell’Aquila, molto ristretta. A.M.R. È sicuramente un recupero difficile perché i danni sono molto profondi. Faccio un esempio, nella città dell’Aquila il centro è molto danneggiato nella parte commerciale perché ai piani terra sono tutti negozi, nella parte dei servizi perché ai piani superiori ci sono spesso gli studi professionali e tante abitazioni, questo ha fatto si che si siano persi gli arredi spesso molto ben conservati dalle famiglie che da sempre hanno abitato i palazzi nobiliari; ma si sono persi molti elementi architettonici, gran parte delle parti architettoniche dalle tegole fino ai piastrini, alle finestre. Tutti elementi che fanno parte dell’arredo di un edificio e che sarà molto difficile riuscire a ricostruire. Quando penso a Palazzo Branconio, oggi Farinosi Branconi, che era uno dei gioielli dell’Aquila i cui crolli nella stessa sala affrescata con le storie di San Clemente penso che il recupero sarà difficilissimo, perché L’Aquila era questo cioè una città molto ricca che aveva conservato tutto nella sua interezza. Questa era la peculiarità dell’Aquila ora questa unità purtroppo non c’è più e non so come si potrà fare a ricostituirla perché bisognerebbe avere non solo pozzi di soldi ma avere anche delle equipe incredibilmente vaste che si occupano di queste cose. A proposito di soldi quanto occorrerà per il recupero del patrimonio culturale? L.M. Una prima stima sull’ammontare dei danni ai beni cultural era di tre miliardi, oggi con questa previsione forse siamo ottimisti. A.M.R. Se si pensa che la lista di nozze…quella di Berlusconi per capirci, in cui sono elencati solo 44 monumenti ed arriva a trecento milioni di euro! Se si proietta questo su tutti gli altri beni dan- neggiati si capisce che le cifre iniziano ad essere inimmaginabili, non a caso il Premier ha chiesto l’aiuto di tutto il mondo perché da sola l’Italia non cela farebbe mai. Adesso dovremmo capire anche come fare a coordinare tutti gli aiuti che arriveranno. Anche questo non sarà semplice. Quale è la tendenza in fatto di recupero. Cioè si tenderà a recuperare tutto o ci saranno delle cose che andranno perse? L.M. Io spero di riuscire a recuperare tutto. La linea che si sta seguendo con il Comune è quella di ricostruire il centro storico come era e dove era, probabilmente un domani, quando sarà finita l’onda dell’emozione si potrà dire come era e dov’era magari facendo dei miglioramenti ed eliminando delle cose. Non credo che sia impossibile inserire in un centro storico dell’edilizia di qualità laddove non fosse recuperabile la struttura originaria piuttosto che fare la copia brutta di un edificio che è scomparso…su questo siamo d’accordo. Noi interveniamo per salvare tutto quello che c’era, quindi qualsiasi intervento che verrà fatto, sarà ad integrazione di quello che è rimasto. A.M.R. La volontà sarebbe quella di recuperare tutto ma bisogna vedere se sarà possibile, se si interviene subito si potrà recuperare tutto, più passa il tempo più questo discorso diventa difficile. Tutte le macerie che si trovano ancora nei vicoli dell’Aquila, dove ci sono pietre e parti dei palazzi e degli edifici, con l’estate torrida che si prevede e poi le piogge del prossimo autunno potrebbero andare perse. Purtroppo non è stato possibile organizzare un recupero con i proprietari, ognuno che si prendeva il suo pezzetto di macerie del suo palazzo. Secondo me si potrà salvare quello che si riuscirà a fare adesso, se passerà molto tempo la situazione diverrà molto più difficile. Per quanto riguarda le opere d’arte i beni mobili, qual è la situazione ci sono delle opere andate completamente distrutte e quindi perse? A.M.R. Anche lì la situazione è difficile. Noi abbiamo avuto un bel successo con il Museo Nazionale d’Abruzzo che in pochi giorni è stato evacuato tutto e messo al sicuro presso il Museo di Celano dove sono iniziati i restauri, per quanto riguarda i beni di proprietà delle chiese, e parliamo di 1732 edifici, di questi ne sono stati evacuati una ventina, una cifra molto bassa, perché oggettivamente è molto difficile fare le verifiche per la pericolosità della situazione, perché è stata colpita una città intera e quindi si interviene su mille situazioni e le cose sono più difficili. Purtroppo sul patrimonio perso si potrà fare una stima dopo il recupero perché al momento che si portano via le tele, le statue in pezzi lo si fa perché si pensa di poterle recuperare, quindi la certezza delle opere perse si avrà più in la; però si… credo che ci saranno delle perdite, questo d’altronde succede sempre come si sono perdute opere con le razzie napoleoniche, con gli incendi, con le guerre, con alluvioni purtroppo questo bisogna tenerlo in conto. I tempi allora, naturalmente gli aquilani vorrebbero rientrare al più presto nel loro centro storico e poi c’è chi dice cinque anni e chi invece trenta. Qual’è un periodo ragionevole per tornare a vivere nel centro storico dell’Aquila? L.M. Trenta non direi, cinque è essere ottimistici. Però capiamoci una cosa è rientrare nel centro storico…rientrare nel centro storico probabilmente è un fatto che può avvenire entro l’anno perché stiamo lavorando con il Comandante Basti dei Vigili del Fuoco per mettere in sicurezza una serie di percorsi e rendere possibile l’accesso al centro storico e la riapertura di alcune attività…consideri che la Banca d’ Italia riaprirà, la Cassa di Risparmio riaprirà altre Banche stanno facendo progetti per riaprire, il Comune riaprirà degli uffici forse anche la provincia potrà riaprire alcuni uffici…quindi un minimo di riappropriazione del centro storico, sia pure per pezzi, avverrà in tempi brevi diciamo entro la fine dell’anno. Ma il discorso rientro in centro storico per riabituarlo come prima è un fatto che avrà tempi diversi, ragionevolmente brevi. Considerando che per il Friuli e per l’Umbria ci sono voluti dieci anni, credo che questo periodo di tempo sia una cosa accettabile anche per L’Aquila… sempre che ci siano i soldi sufficienti per gli interventi perché capisce bene che qualsiasi indicazioni di tempi è legata alla disponibilità di finanziamenti. O O K & W I N E ( N U O V O T R I B U N A L E ) / L I B E R N A U TA ( V I A T E R A M O , 2 7 ) / R I E T I : L I B R E R I A L A N U O VA E D I T R I C E ( V I A R O M A , 3 5 - R I E T I ) / R O S E - MU9 L’AQUILA - RICONVERSIONE oltre la RICOSTRUZIONE Il terremoto è un grande lutto che chiede rispetto, ma è anche un grande acceleratore di mutamenti. Cercando la forza di guardare oltre la tragedia ed oltre l’emergenza, al semplice e mesto “riassemblaggio di cocci” si può (e si deve) sostituire un progetto ampio e condiviso di trasformazione migliorativa delle qualità urbane e territoriali. Se la crisi economica ormai da anni attanagliava L’Aquila, le crisi ambientali, climatiche ed energetiche erano già all’orizzonte, come per la stragrande maggioranza delle città del pianeta per le quali il problema principale si chiama “riconversione”. In questo momento storico con tale termine si intende il passaggio ragionato e ragionevole dal sistema petrolifero a quello delle energie alternative, dal sistema della produzione globalizzata degli alimenti al ritorno ad uno sfruttamento locale delle risorse alimentari, da una mobilità delle macchine ad una alternativa che si avvalga il più possibile di mezzi pubblici a basso impatto ambientale, da una società esclusivamente urbana ad una mista città-campagna. COSTELLAZIONE DI INNESTI ARCHITETTONICI ED URBANI: l’architettura può farsi interprete di una meditata strategia dell’innesto (opere pubbliche come spore di condensazione) che sappia risolvere problematiche di vario genere, alle varie scale, emanando qualità urbane, innescando processi sociali ed economici, producendo ed erogando energia nel riattivare parti di città finora marginali; CITTÀ-CAMPAGNA: ritorno ad una simbiosi con la natura e con le pratiche di messa a reddito della stessa mediante un gradiente di porosità che coinvolga finanche il centro storico. Le fasi della ricostruzione sono affidate a diversi attori, non tutti sensibili alle peculiarità locali, disgiunti tra loro, con diverse idee di città. È necessario che ci sia una regia d’insieme che, con l’apporto di tutti quanti ne abbiano voglia e dignità, sappia regalare a L’Aquila un futuro certo e sereno per il Terzo Millennio. Marco Morante e Maura Scarcella Alla contestualizzazione di queste sfide nella ricostruzione dell’Aquila è ciò a cui sta lavorando il Collettivo99, dove giovani architetti, ingegneri e specialisti di altri campi disciplinari portano a discussione le proprie competenze consci che, ora, questa città storicamente chiusa a cambiamenti di rigenerazione ed arretrata su posizioni testardamente obsolete, potrebbe invece trasformarsi in un modello planetario di efficienza e simbiosi con la natura, luogo di una nuova economia agricola, energetica, scientifica e delle creatività che sia capace di attrarre e non più di respingere. È sotto gli occhi di tutti come la prima urgenza della città sia quella della pur semplice ricostruzione, con la preoccupazione di non riuscire neppure a ricostruire quei pregiati “cocci” di cui essa era fatta. E poi le politiche dei beni culturali, l’economia turistica, una sacrosanta sicurezza degli edifici… Tutte cose che gli aquilani devono pretendere da chi sta gestendo l’emergenza e gestirà la ricostruzione, dal primo Commissario all’ultimo dei ragionieri e dei tecnici coinvolti… ma non può bastare, se non vogliamo trovarci con una città magari forte rispetto ai terremoti e fragile rispetto ad altre criticità ben più prevedibili. L’Aquila cambierà, e sarà bene che lo faccia in meglio: RICONVERSIONE: mutamento delle logiche di funzionamento e consumo verso una città (centro storico compreso) ad impatto zero, tecnologicamente avanzata, sicura, facilmente percorribile e tendente all’autosufficienza; PROCESSO: programmazione di tutte le fasi della ricostruzione garantendo qualità funzionali ed urbane all’intero iter della ricostruzione, non pensando al traguardo ma alle qualità del percorso. REVERSIBILITÀ: la flessibilità del processo è ottenibile anche mediante strutture provvisorie di buone qualità formali e spaziali che sappiano armonizzarsi con l’esistente, nella convinzione che la pratica del reversibile faccia acquisire la consapevolezza che possa essere anche una valida modalità edilizia oltre l’emergenza; MU1 0 T O D E G L I A B R U Z Z I : L I B R E R I A L A N U O VA E D I T R I C E ( V I A N A Z I O N A L E , 2 1 2 - R O S E T O D E G L I A B R U Z Z I ) / S A N B E N E D E T T O D E L T R O N T O PUNTO A CAPO COLLETTIVO 99 GIOVANI TECNICI AQUILANI Una cinquantina di giovani aquilani under 40 tra architetti, ingegneri e geologi, con l’ausilio di altre professionalità che vanno dalla comunicazione agli aspetti legali, dall’antropologia alla psicologia, si sono riuniti a L’Aquila tra il 22 e il 25 aprile formando il Collettivo99 – giovani tecnici aquilani per sviluppare delle proposte concrete per la ricostruzione. Il gruppo è in crescita costante, è assolutamente apartitico, è composto di giovani i cui membri hanno competenze diverse e complementari, il 99 è il legame evidente con la storia della città. Si ritiene che l’enorme tragedia possa tramutarsi, con il tempo, in una grande ocpportunità per la città (ormai stagnante da tempo) per essere ripensata in funzione dell’emergenza ambientale ed energetica che il III millennio ci sta prospettando. L’esigenza condivisa dai membri del Collettivo è quella di lavorare ad una propria idea di città-territorio che sappia davvero tener conto del punto di vista di chi la viveva e voglia “nuovamente” viverla. L’interdisciplinarietà con cui è concepito il gruppo, l’impostazione al recepimento delle istanze dei diversi comitati, delle associazioni di categoria e della gente smembrata nelle tendopoli, sulla costa e altrove, unitamente al necessario contatto con esperti ed università nazionali e internazionali delle varie materie, sono tese a stabilire un contatto di sereno dialogo con gli attori istituzionali (Governo, Protezione Civile, Regione, Provincia, Comune, ecc.) attraverso cui verranno decise le sorti del territorio aquilano. Il fine preciso di produrre un vero e proprio progetto si pone dunque, operativamente, tra la posizione dei tanti comitati di cittadini che intendono vigilare sulla ricostruzione della città e quella dei comitati professionali sorti per partecipare, in alcuni casi acriticamente, alla ricostruzione stessa. I giovani tecnici aquilani del Collettivo99 partono già da una propria piattaforma di idee e di lavoro che intendono correggere, fortificare, verificare con campagne di indagine multidisciplinari e multimediali nonché attraverso lo strumento progettuale come luogo del dibattito. A tal fine stanno avviando anche cicli di conferenze tematiche, che vanno dall’architettura alle strutture, dal restauro all’energia, i cui relatori sono chiamati ad intervenire attivamente nella stesura dell’idea progettuale con suggerimenti e sollecitazioni. Il Collettivo è, dunque, impegnato attivamente nella redazione di un masterplan perchè le tante idee possano non rimanere delle provocazioni o degli appelli ma possano tramutarsi in progetti per la città, nella speranza che le Amministrazioni possano, vogliano e sappiano avvalersene. Il gruppo, partendo dalle 99 chiese, piazze e fontane che urbanisticamente e socialmente hanno fatto dell’Aquila una città storicamente unica, punta all’impianto delle più avanzate tecnlogie strutturali, digitali, energetiche, bioclimatiche, dei materiali e della viabilità, del restauro e del recupero, che possano renderla nuovamente e diversamente unica e bella. Il collettivo è aperto a nuove adesioni, proposte, suggerimenti, sollecitazioni, critiche di quanti ne abbiano titolo e volontà. www.collettivo99.org [email protected] : L I B R E R I A L A N U O VA E D I T R I C E ( V I A L E M O R E T T I [ E X U P I M ] - S A N B E N E D E T T O D E L T R O N T O ) / S U L M O N A : L I B R E R I A L A N U O VA E D I T R I - MU11 PUNTO A CAPO L’AQUILA 1703-2009: TERREMOTI A CONFRONTO “Circa le due ore della notte, giorno di domenica li 14 gennaio 1703 fù così terribile terremoto, che si credè essere già la vigilia del giorno del giudizio universale…a quella sera seguì il moto continuo della terra per quarantotto ore di moto che fù forzata ogni persona uscir fuori in campagna con lasciare la casa e le sue robe in abbandono per salvare la propria vita. E fra le dette quarantotto ore vi furono quasi ad ogni ora scosse di terra che pare volesse aprirsi. Passate le quarantotto ore, ogni giorno si fecero sentire altre scosse con così grave timore che ognuno aveva la morte davanti gli occhi e seguitarono notte e giorno dedicato alla B. vergine Maria…” (Giovannantonio Petroni, 14-gennaio 1703). Numerose sono le similitudini che emergono dal confronto degli eventi sismici verificatisi nel territorio aquilano rispettivamente nel 1703 e nel 2009, tanto da arrivare a parlare di “terremoti gemelli”. Oltre alle considerazioni prettamente tecniche (sciame sismico che ha preceduto le scosse di maggiore intensità e perdurare dello stesso per numerosi giorni, attivazione dei medesimi segmenti di faglia, ecc.), grazie a numerosi documenti tra i quali non si può non citare la puntuale descrizione stilata dall’Antinori, è possibile confrontare i danni subiti dal patrimonio storico-artistico riferendoci nello specifico alla città ricompresa nell’antica cinta muraria. Dall’analisi delle fonti risulta lampante che le zone maggiormente colpite dai due fenomeni sismici coincidono in maniera inquietante. Tra le aree più colpite c’è senza dubbio quella compresa tra Palazzo Carli e Piazza San Pietro, inclusa la chiesa stessa, che ha subito notevoli danni nel torrione laterale ed in facciata, unitamente a tutti i palazzi i cui fronti principali insistono sulla predetta piazza. Procedendo verso nord-est numerosi crolli si trovano nel tessuto edilizio localizzato tra piazza San Silvestro con la chiesa omonima e Palazzo Branconio, e Piazza Santa Maria Paganica con la chiesa completamente rimaneggiata e il Palazzo Ardinghelli. Quasi interamente colpita dai fenomeni tellurici sia nel 1703 che nei più recenti del 2009, è la porzione di centro storico che ruota intorno alle piazze principali della città: Piazza Duomo, Piazza Palazzo, Piazza Santa Giusta, San Marciano, Santa Maria di Roio. Quasi nessun edificio è rimasto illeso, nel migliore dei casi si trovano lesioni di entità minore, fino ad arrivare a situazioni di crollo parziale e totale. In ultimo è inevitabile menzionare il luogo divenuto simbolo del sisma del 6 aprile 2009 grazie all’attenzione riservatagli dai mass-media e cioè Piazza della Prefettura con le chiese di San Marco, Sant’Agostino e tutto il tessuto fatto di edifici residenziali, direzionali e commerciali che lo rendevano uno dei poli intorno ai quali gravitava la vita sociale degli aquilani. Meno colpita nel 1703, forse solo perché meno edificata, risulta la zona a ridosso di Via XX Settembre, invece tragicamente interessata dagli ultimi eventi. Come si è sentito dire spesso in questi giorni, la storia si ripete ma è doveroso andare oltre. La memoria deve esserci di monito: se è vero che non si possono evitare calamità naturali di questo genere, è altrettanto vero che si possono mettere in atto una serie di provvedimenti che consentono di limitare i danni e mitigare gli effetti, senza abbandonarsi a tanto facili quanto inutili considerazioni fatalistiche spesso accompagnate da un “comodo” sentimento di impotenza. Le stratificazioni di oltre settecento anni di storia hanno dato alla città, edificata come vuole una legenda cara agli aquilani dagli abitanti di 99 castelli, un aspetto originale ed un carattere irripetibile che se ad un primo impatto potrebbe apparire severo e scontroso, ad uno sguardo più attento si mostra nobile e gentile. Un volto che trova la sua identità nel complesso e articolato tessuto edilizio costellato di emergenze architettoniche (chiese, palazzi, fontane, ecc.), interrotto da spazi urbani connessi da pochi percorsi principali e numerosi “sdruccioli”, che estrinseca il proprio valore nel suo essere un intero e non una semplice somma di edifici che si possono aggiungere o sottrarre a seconda del gusto e delle esigenze. Un tessuto che in MU1 2 Stralcio del centro storico di L’Aquila con evidenziate le zone colpite dai fenomeni sismici del 1703 e del 2009. ogni suo elemento testimonia una società, un modo di vivere, una “aquilanità” che è “sostanza personale, temperia morale e civile fatta di orgoglio e fierezza”. È dunque nostro compito trasmettere al futuro questa eredità. Le Linee Guida per la valutazione e riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale (2006) rappresentano uno strumento imprescindibile cui è necessario associare una sensibilità e una conoscenza specifica delle antiche tecniche costruttive. La salvaguardia del patrimonio culturale significa soprattutto prevenzione, e se nelle Linee Guida si parla di miglioramento del comportamento delle fabbriche storiche nei confronti del sisma piuttosto che di adeguamento, non si deve commettere l’errore di interpretare questo atteggiamento come una rinuncia. Al contrario, lo si deve valutare come una presa di coscienza che rappresenta la prima forma di tutela per raggiungere elevati livelli di sicurezza con idonei interventi che contemperino i diversi aspetti della conoscenza evitando la pedissequa e acritica applicazione di norme. Solo elaborando progetti coscienti degli errori commessi in passato e proponendo interventi rispettosi dei valori intrinseci che ogni edificio storico porta in sé, ma allo stesso tempo denunciati e non timorosi, si può riconvertire una città ferita e offesa regalandole una nuova veste fatta di preesistenze e di innovazioni che dialogano in armonia e che consentono di ritornare ad una quotidianità cosi improvvisamente e drammaticamente interrotta. Simona Rosa C E ( C O R S O O V I D I O , 1 9 0 - S U L M O N A ) / T E R A M O : L I B R E R I A L A N U O VA E D I T R I C E ( C O R S O S A N G I O R G I O , 8 1 - T E R A M O ) / L I B R E R I A L A N U Un ospedale per le opere d’arte A CELANO SI LAVORA PER SALVARE I PEZZI DEL MUSEO NAZIONALE D’ABRUZZO Si trovano quasi tutte a Celano. Il Museo della Preistoria d’Abruzzo in questo momento è una sorta di ospedale, un enorme pronto soccorso a servizio delle opere salvate dal disastro del Museo Nazionale d’Abruzzo dell’Aquila distrutto dal sisma del 6 aprile scorso. Sono oltre un migliaio le sculture, i dipinti, gli oggetti che si trovavano nel Forte Spagnolo dell’Aquila seriamente danneggiato dal terremoto che ha colpito al cuore la città capoluogo d’Abruzzo, accolte in questa struttura moderna e funzionale, insieme ad altre provenienti dal territorio provinciale, dove squadre di restauratori provenienti dall’Istituto Centrale del Restauro ma anche dall’Opificio delle Pietre Dure si stanno prendendo amorevole cura di questi testimoni della nostra storia “È una sorta di ospedale da campo – spiega la direttrice dell’ICR Caterina Bon Valsassina – dove si stanno effettuando i primi ed urgenti interventi per mettere in sicurezza le opere maggiormente danneggiate. In un momento successivo, infatti, si interverrà con il restauro vero e proprio”. Direttrice, si può fare una stima del danno, si può dire quante opere sono andate perdute? Difficile ora quantificare le perdite. La volontà è di non perdere nulla perché si cercherà di restaurare tutte le opere che sono state recuperate. Certo ci sono alcune di esse molto malridotte, penso per esempio ad una serie di tele, anche di grandi dimensioni, che hanno subito danni enormi, io non avevo mai visto prima d’ora dipinti così danneggiati; su queste opere abbiamo effettuato immediatamente un intervento di velinatura e di salvaguardia dagli attacchi biologici, però bisogna intervenire subito perché se non si interviene subito allora si che potremmo perderle. Per quanto riguarda il danno complessivo noi, in questo momento, non abbiamo una stima perché valutiamo volta per volta, man mano che i pezzi vengono tolti dall’imballaggio dandogli un numero da 1 a 4 a seconda del danno subito, il numero uno indica le opere con i danni maggiori fino al quattro per quelli in buono stato. Fino ad ora un 50 % del patrimonio ha avuto il numero uno. In questo momento quante persone stanno lavorando al Museo delle Paludi di Celano e che tipo di metodica si sta seguendo? Sono stata di recente a Celano ed ho trovato un clima fantastico. Si lavora in grande armonia e ognuno per il proprio compito si sta dando da fare per salvare un patrimonio ricco e unico, penso alla importante collezione di sculture lignee che il Museo dell’Aquila ospitava, molte di queste opere hanno subito dei danni gravissimi, che può essere salvata solo se tutti ci impegniamo al massimo nel nostro lavoro. Ora abbiamo un’equipe di dieci professionisti, cinque restauratori, quattro fotografi ed un fisico che stanno lavorando senza sosta per non perdere neanche un secondo, perché questo potrebbe significare anche perdere un pezzo della nostra storia. Tutte queste persone stanno effettuando, come detto, un pronto intervento che consiste in un’ulteriore verifica e più approfondita schedatura del danno dopo quella fatta dalla protezione civile e dai volontari che hanno recuperato le opere tra le macerie, poi si passa alle prime urgenti operazioni come velinature, spianamento delle superfici deformate, soprattutto per le tele, e in molti casi anche ad interventi per salvaguardare le opere dagli attacchi biologici perché le piogge seguite al sisma hanno purtroppo provocato gli attacchi di muffe e batteri in molte opere. Dunque per il momento anche sui beni mobili si sta intervenendo con gli interventi di somma urgenza, ma per quanto riguarda le opere che faranno parte della grande mostra che sarà inaugura in occasione del G8 a L’Aquila? Fortunatamente molte delle opere destinate a questo importante evento non hanno bisogno di restauri particolarmente importanti e lunghi e per questo saranno pronte per luglio, per molte altre, invece, si è pensato di mettere in mostra l’opera danneggiata spiegando e visualizzando l’intervento di restauro; in questo modo sarà evidente il valore del nostro patrimonio e allo stesso tempo il danno che esso ha subito da una calamità naturale. Secondo lei quando si potrà passare alla fase del restauro? Questo non è facile dirlo adesso. Ci vorrà ancora del tempo e soprattutto si dovrà capire se tutte queste opere, che sono tantissime, potranno essere restaurate a Celano o se dovranno essere spostate in laboratori più idonei e attrezzati. Perché nonostante il clima fantastico di armonia e collaborazione che c’è qui, ci attende un lavoro enorme per recuperare una situazione che è molto peggiore di quanto si possa pensare. UN MUSEO ANTISISMICO Il terribile evento sismico che ha distrutto la città dell’Aquila e il suo circondario ha avuto effetti devastanti anche sul suo patrimonio culturale. Intendendo con questo, non solo i bellissimi ed unici monumenti ma anche i cosiddetti “beni mobili” i dipinti, le statue, gli oggetti d’arte che per secoli hanno arricchito Chiese e Palazzi e che hanno dato vita, soprattutto nel secolo scorso, ad importanti realtà museali. È il caso del Museo Nazionale d’Abruzzo che dagli anni cinquanta ad oggi ha raccolto le testimonianze artistiche di tutta la regione, dall’archeologia al contemporaneo, e che il terremoto del 6 aprile scorso né ha evidenziato tutta la sua vulnerabilità. Qui, infatti, i danni sono stati ingenti oltre che sulla struttura, sulle centinaia di opere della sua collezione. Eppure in questo Museo, almeno nei piani sottostanti che non hanno subito direttamente il crollo del tetto, non ha retto neanche l’allestimento che si sa, in luoghi ad alto rischio sismico come L’Aquila dovrebbe avere un minimo di attenzione al rischio terremoto. Visto poi che il riallestimento e quindi il nuovo museo è del 2007, ovvero periodo in cui l’attenzione su questo pericolo era comunque tanta. Ora se è vero che la stragrande maggioranza delle collezioni museali italiane non ha accorgimenti antisismici, sul Davide di Michelangelo si sta intervenendo ora, è anche vero che interventi recenti avrebbero potuto quanto meno sollevare il problema. Niente di tutto questo è accaduto per L’Aquila e poi il primo terremoto, che ad onor del vero è stato molto più violento di quanto si potesse immaginare, ha provocato il disastro. Ora si dovrà pensare alla ricostruzione e al riallestimento del Museo Nazionale d’Abruzzo, perciò non lasciamoci sfuggire anche questa ulterio- U O VA E D I T R I C E ( V I A P. TA C C O N E , 1 2 - T E R A M O ) / V A S T O : N U O VA L I B R E R I A ( P I A Z Z A B A R B A C A N I , 9 - VA S T O ) / W W W. M U 6 A B R U Z Z O . E U / MU13 LA FONDAZIONE CARISPAQ PER LA RICOSTRUZIONE DEL TERRITORIO AQUILANO Anche per la Fondazione Cassa di Risparmio della Provincia dell’Aquila la notte del 6 aprile scorso ha segnato una linea di confine. Un momento drammatico da cui si può e si deve ripartire per ricostruire una città ferita a morte. Lo stesso ente ha subito danni ingenti al suo patrimonio, ai suoi edifici tutti di interesse culturale “Sia l’attuale sede (Palazzo dei Combattenti ndr) in Corso Vittorio Emanuele – spiega il Presidente Roberto Marotta – sia quella di Palazzo Alferi Dragonetti De Torres sono seriamente danneggiate; ma mentre per la prima contiamo di iniziare subito i lavori di ripristino e nel giro di due anni portarli a termine, per la seconda in Piazza Santa Giusta, che è un palazzo molto più antico, ci vorrà più tempo e soprattutto molti più soldi”. Presidente quanta solidarietà e che tipo di collaborazione state ricevendo? Subito dopo il sisma tutte le Fondazioni italiane si sono messe a disposizione per qualsiasi nostra necessità, e per questo le ringrazio tutte. Poi, tramite l’Associazione che ci raccoglie l’ACRI, sono stati raccolti dei fondi, un centocinquantesimo del patrimonio di ogni Fondazione, che la Fondazione Carispaq vorrebbe utilizzare in maniera sussidiaria e complementare agli interventi pubblici. Qualche idea però già l’abbiamo proposta al Consiglio d’Amministrazione dell’ACRI che si è detto disponibile anche ad ulteriori interventi qualora si rendessero necessari. Che tipo di idee di intervento avete proposto? Innanzitutto interventi a favore dell’Università dell’Aquila che contava 27mila iscritti e che era uno dei principali motori dell’economia della città. Per questo abbiamo pensato a delle borse di studio pluriennali da offrire ai nuovi iscritti. Poi ci sono una serie di interventi in favore della didattica. Non abbiamo però dimenticato le attività economiche del territorio. Vorremo offrire dei fondi ai Confidi in maniera da aumentare la percentuale di garanzia nei confronti delle banche e rendere più veloce l’aiuto finanziario ai piccoli imprenditori, commercianti e artigiani che in questo momento non hanno più garanzie da offrire per poter ripartire con le loro attività. Ecco noi vorremmo diventare una garanzia per queste categorie. Un’ulteriore idea è quella di supportare economicamente le attività culturali della città che erano tante e che oggi sono prive di ogni struttura, in modo da non disperdere il know-how professionale che si è venuto a creare in tanti anni di lavoro e quindi mantenere questo profilo culturalmente elevato della nostra città. Vorremmo anche finanziare un centro di ricerche di valenza internazionale. Tutte le fondazioni si sono dette disposte ad avviare un’attività di questo tipo che dovrebbe essere supportata anche dal Ministero della Ricerca. Due i filoni che si potrebbero seguire per questo progetto: uno sulle nanotecnologie e l’altro, invece, proprio sui terremoti. È una scelta che deve essere effettuata tra questi due settori ma è chiaro che la nostra idea è quella di creare un istituto di ricerca di livello internazionale che sarebbe foriero di posti di lavoro e soprattutto di nuovo know-how di alto profilo. Altre collaborazioni? Abbiamo ricevuto grande solidarietà da parte di tante istituzioni. Noi siamo soci di Civita, un’importante e blasonata associazione che da anni lavora nel settore del patrimonio culturale, il suo Presidente, il MU1 4 Prof. Maccanico, mi ha convocato perché vorrebbero adottare un monumento o un’opera d’arte danneggiata dal sisma anche per onorare la memoria del Segretario Generale, il Prof. Gianfranco Imperatori recentemente scomparso. Inoltre l’Istituto Italiano dei Tumori di Milano ha messo a disposizione le proprie strutture a studenti, laureandi, specializzandi e ricercatori in oncologia e contribuirà economicamente alle attività portate avanti da “L’Aquila per la vita”che è un’associazione meritoria che si dedica all’assistenza domiciliare dei malati oncologici. Infine la Fondazione Cari Verona ha messo a disposizione l’Arena di Verona per una serata di musica a favore dei Solisti Aquilani che si terrà il prossimo settembre. Come si dovrà condurre la fase del post terremoto? Intanto deve passare il concetto che il terremoto ha colpito in maniera devastante L’Aquila e i comuni del circondario e solo marginalmente altri comuni del territorio, perché non si possono disperdere le poche risorse disponibili in mille rivoli solo per accontentare modeste esigenze di alcuni comuni che vorrebbero poter approfittare di questa situazione. Detto ciò io sono convinto che L’Aquila rinascerà solo a condizione che tutti gli aquilani restino e riprendano le loro attività. L’Aquila dove era e come era ma anche destinata ad una nuova espansione territoriale. La periferia dovrà essere pensata come una nuova opportunità e il centro storico, grazie anche alla visibilità che avrà con l’imminente G8, dovrà al più presto tornare a vivere. L’Istituzione che presiedo è e sarà sempre presente e al fianco della ricostruzione con il messaggio che bisogna stare a L’Aquila e non mollare questo grande compito che ci attende. a cura di Angela Ciano D O V E T R O V A R E M U 6 : M U S E I D E L L A R E G I O N E A B R U Z Z O / A L B A A D R I A T I C A : L I B R E R I A L A N U O VA E D I T R I C E ( L U N G O M A R E M A R C O N I , APPUNTAMENTO DI PACIFICAZIONE L’Aquila 28-29 agosto 2009, Basilica di Santa Maria di Collemaggio Per la sua importanza storica e religiosa di uomo Celestino V diede vita ad una vera e propria “Civiltà Celestiniana” del centro Italia, riuscendo ad esportare un messaggio culturale, sociale e religioso che colonizzò la società agro-pastorale del centro-sud e di buona parte dell’Europa. Per la forza e la grandissima attualità dei suoi messaggi; basti pensare ai temi del potere come servizio, della pace raggiunta tramite la riconciliazione, unico strumento percorribile di composizione delle diversità (Perdonanza), della solidarietà come mezzo di sviluppo economico e sociale (le Fraterne) o del rapporto con la natura selvaggia, fonte di elevazione dello spirito. Perché i luoghi celestiniani, tutti di grande fascino e suggestione, situati per buona parte all’interno dei parchi ma disseminati anche sulla costa e su buona parte del territorio del centro Italia si prestano alla realizzazione di itinerari religiosi-culturali-spirituali perfettamente coniugabili con le risorse ambientali. La Perdonanza La Perdonanza fu il primo atto papale esploso nella sera stessa della inconorazione. Celestino volle “assolti da ogni pena e da ogni colpa tutti coloro che, veramente pentiti e confessati, avrebbero visitato la chiesa di S Maria di Collemaggio nell’annuale ricorrenza della Decollazione di S. Giovanni Battista, dal vespro del 28 al vespro del 29 agosto”. Non si trattò solo della remissione dei peccati ma di una vera e propria riconciliazione sociale. Infatti ordinò la rappacificazione delle fazioni cittadine e costrinse lo stesso re Carlo II d’Angiò a perdonare gli Aquilani ribelli. Celestino lega il suo privilegio indulgenziale alla perentoria richiesta di un impegno morale. La Perdonanza, oggi, va letta come l’intuizione profetica del “S. Francesco d’ Abruzzo”: l’uomo nuovo sarà la vera grande rivoluzione. E per rivoluzionarsi in profondità l’uomo dovrà definitivamente rinunciare all’idea di affermare la propria vita arrecando la morte agli altri, dovrà smetterla di far coincidere la propria salvezza con la fine altrui. L’uomo nuovo sarà caratterizzato dalla volontà di regalare la vita: ti affermerai donandoti. La Perdonanza è essenzialmente questa speranza storica, l’annunzio della imprevedibilità dello Spirito contro il determinismo di morte a cui inesorabilmente conduce la spirale della violenza. Andare alla Perdonanza, quindi, significa dare la propria adesione per essere uomini nuovi, arricchirsi di una nuova capacità di riscossa morale, guardarsi dentro prima che guardare intorno. Anche se non possiamo sapere a quale punto sarà arrivato il recupero della Basilica che ha il tetto squarciato e danni sulle colonne, è certo che la solennità di questo appuntamento sarà rispettata. Eremo di S. Antonio Abate DOVE DORMIRE Eremo di S. Bartolomeo in Legio SULMONA (L’Aquila) - Il Celestino Nel pieno centro della città di Sulmona, nel quartiere della Villa Comunale, il complesso polivalente Il Celestino dispone di ampie camere doppie, triple, quadruple dove potrete comodamente soggiornare e vivere a pieno le bellezze della patria del poeta Ovidio. TOCCO DA CASAURIA (Pescara) - Centro di Spiritualità S. Maria del Paradiso Il Centro dispone di camere nelle tipologie doppia, tripla e quadrupla, ognuna con bagno, per un numero complessivo di oltre 150 persone. PALENA (Chieti) - Eremo di Madonna dell’Altare Posizionato a 1272 m s.l.m. l’eremo, eretto dai monaci celestini, dispone di un nucleo abitativo ristruttutaro secondo lo stile delle residenze di montagna. FUMONE (Frosinone) - Rocca di Fumone All’interno del magico scenario della Rocca di Fumone, luogo di prigionia di Celestino V, sono stati predisposti deliziosi appartamenti con bagno interno ed angolo cottura, dove poter soggiornare come nell’antico medioevo, in un ambiente ricco di fascino e suggestione. VICOVARO (Roma) - Oasi Francescana L’Oasi Francescana di Vicovaro è ospitata in un ex complesso conventuale, a 60 Km dall’Aquila e a 40 da Roma. Info: Movimento Celestiniano fax +39 328.2155119 – [email protected] www.ilcamminodelperdono.org - www.celestinoquinto.org DOVE MANGIARE L’AQUILA Ristorante La Cascina del Viaggiatore Strada 47 bis dell’Aquila per Pianola +39 086265550 - +39 3476540227 SULMONA Ristorante Self-Service “Le Metamorfosi” Viale Matteotti, 12 - +39 0864.32570 L’AQUILA Ristorante La Cerella Via Cerella - +39 0862.452123 TOCCO DA CASAURIA Ristorante presso il Convento di S. Maria del Paradiso Contrada Osservanza, 1 - +39 085880525 CAPORCIANO Agriturismo Le 4 A Via S.Pietro, 6 - +39 0862931394 FOSSACESIA Ristorante I Trabocchi Via Finocchietto - +39 0872.60302 CASTELLI I 5 sensi Via S. Antoniano, 7 - +39 0861.979015 FUMONE La Taverna del Barone Via del Ponte, 6 - +39 077549655 , 2 7 0 - A L B A A D R I AT I C A ) / A S C O L I P I C E N O : L I B R E R I A L A N U O VA E D I T R I C E ( P I A Z Z A D E L P O P O L O , 2 6 - A S C O L I P I C E N O ) / L I B R E R I A L A MU15 EVENTI 1484 – Lettera della Regina Giovanna d’Aragona in cui invita i Sulmonesi a non sperperare denaro ‘in correre de palii’ - Sez.AS Sulmona - Fondo Mazara 1965 – Locandina per la 20° edizione del Trofeo Matteotti - Fondo ‘U.C. Fernando Perna’ Luoghi, Protagonisti e Forme dello sport in Abruzzo LA MEMORIA NARRATA Continua l’attività di promozione culturale della Soprintendenza Archivistica per l’Abruzzo relativa alla tematica dello sport dopo le iniziative culturali dello scorso anno incentrate sulla famosa gara automobilistica ‘Coppa Acerbo’. Il 24 giugno prossimo, presso l’ex Aurum a Pescara, verrà infatti inaugurata, la mostra storico documentaria dal titolo <Luoghi, protagonisti e forme dello sport in Abruzzo. La memoria narrata>. In circa tre anni di attività sono stati individuati, censiti e studiati circa 100 archivi privati oltre a quelli degli enti pubblici. I risultati di questa azione di ricerca si portano ora alla conoscenza del pubblico appassionato di sport e di storia locale in occasione dello svolgimento dei Giochi del Mediterraneo. Saranno presentati documenti databili dal XVII sec. fino ai nostri giorni secondo un percorso cronologico che ricostruisce, attraverso tappe significative, l’affermarsi e consolidarsi nella nostra regione della pratica sportiva. Uno dei documenti più antichi è il prezioso manoscritto di Diego Maciani, conservato presso l’archivio comunale di Vasto, che narra della sfarzosa ed articolata cerimonia di conferimento del Toson d’Oro al principe romano Fabrizio Colonna, Gran Connestabile del Regno di Napoli, da parte del marchese del Vasto Cesare D’Avalos su delega dell’imperatore Carlo VI nel 1723. La cronaca dice che mentre nel palazzo si svolgeva la cerimonia fuori fervevano i festeggiamenti popolari: giochi della cuccagna, tombola, incendio di macchina pirotecnica. I nobili poi nonostante la pioggia, sono partiti per una grande battuta di caccia alla Bufalara, sulla pianura del Trigno. Da allora la città di Vasto organizza annualmente una manifestazione rievocativa dell’avvenimento: sfilata in costume d’epoca con danze e artisti di strada . La documentazione considerata rimanda l’immagine di un Abruzzo meno marginale di quanto si tende generalmente a credere non solo dal punto di vista della capacità di organizzare eventi di rilievo nazionale (dalla coppa Acerbo al trofeo Matteotti), ma anche per la presenza di atleti e compagini sportive di tutto riguardo; si citano esemplificativamente la nuotatrice Ondina Valla e la squadra campione d’Italia dell’Aquila Rugby Si segnala altresì all’attenzione del pubblico l’archivio del ciclista Vito Taccone, conosciuto come il ‘camoscio d’Abruzzo’, che ha lasciato traccia di se nell’immaginario degli italiani non solo come atleta ma anche come uomo di spettacolo. Non si possono dimenticare infatti i suoi coloriti interventi in tv a fianco di Sergio Zavoli nella fortunata trasmissione “Processo alla tappa”. E’ proprio in questa sua doppia veste di atleta e di intrattenitore che Taccone si inserisce dentro quel processo di spettacolarizzazione dello sport che è uno degli aspetti di MU1 6 trasformazione del costume cui ci stiamo abituando La selezione dei documenti non è agevole non solo per la cospicua mole ma perché essi aprono un campo di osservazione su fenomeni vasti e attuali sui quali è difficile avere quello ‘sguardo da lontano’ auspicato dagli storici. Campi quali le vicende delle singole federazioni, la creazione e organizzazione anche burocratica di organismi quali il CONI, il CAI, il CUS, ecc. l’informazione e i sui strumenti, la propaganda , la medicina , l’edilizia, tutti argomenti con i quali chi si occupa di sport ‘da storico’ si deve necessariamente confrontare. Non si può cioè parlare della storia degli sport in Abruzzo senza tenere conto della Storia, con la s maiuscola, dello sport concepito come fenomeno che attraversa l’evoluzione della società contemporanea nella sua globalità. Il mondo dello sport non è ‘un mondo a parte’ e questo emerge molto chiaramente dalle carte di archivio visionate e selezionate dai funzionari della Soprintendenza Archivistica. A partire dalla fine del XIX sec. lo sport si è configurato con caratteristiche, modalità, rituali che lo differenziano profondamente dai ‘giochi’ tradizionali. La trasformazione del significato stesso della parola ‘gioco’ che da elemento ‘aristocratico’, forma di consumo vistoso delle classi abbienti, si pensi ai tornei di ippica, di caccia e tiro al volo, diventa attività di massa e fattore determinante e trainante nella politica, nell’informazione e soprattutto nell’economia fino a configurarsi ora come una vera e propria attività imprenditoriale! In un epoca in cui si ridefiniscono i paradigmi di riferimento lo sport dimostra di essere un fattore di comprensione dei cambiamenti , anche di quelli ancora in atto. In questo senso non si può non sottolineare il ruolo che lo sport ha ricoperto nel ventennio fascista durante il quale i rimandi ideologici all’azione, all’eroismo, alla giovinezza trovavano immediato riscontro nella competizione, nel campione, nel vigore fisico dell’atleta-milite. Prodromi di questo uso dello sport come formazione di vita sul modello militare li possiamo rintracciare nella storia del tiro a segno del quale si fece promotore lo stesso Garibaldi. Di quanto accennato molto si potrà vedere nella ricca documentazione, anche fotografica, in mostra. Alla soprintendenza rimane l’impegno civile, non solo istituzionale, di vigilare affinché i documenti che le generazioni passate hanno prodotto diventino il presupposto per una riflessione sul problema del reperimento delle fonti, della loro conservazione e infine del loro uso nella produzione storiografica. La realizzazione di questa mostra non pretende di essere esaustiva in questo senso, ci si propone piuttosto di sensibilizzare il pubblico verso una tipologia di beni culturali meno visibile e per questo più a rischio di dispersione proprio perché sottovalutata e misconosciuta. N U O VA E D I T R I C E ( C E N T R O C O M M E R C I A L E “A L B AT T E N T E ” , V I A D E L C O M M E R C I O , 5 2 - A S C O L I P I C E N O ) / A V E Z Z A N O : L I B R E R I A M O N D A D O Dedicato a mio fratello, che amava gli azzurri, 2006-2009, Museum Kurhaus Kleve, foto Werner J. Hannappel SPALLETTI A KLEVE Il Museum Kurhaus Kleve dedica una grande antologica a Ettore Spalletti. Fino al 20 settembre sono in mostra oltre 50 lavori che ricostruiscono idealmente il percorso di uno dei maestri dell’arte contemporanea. Realizzate tra il 1978 e il 2009, alcune appositamente per il Museum Kurhaus Kleve, le opere tessono una trama fitta e completa del lavoro di Spalletti. La sua ricerca, espressione di una concezione unica di luce, colore e spazio, si declina in forme nitide, sfumature sottili, superfici delicate. La mostra testimonia quell’intima unione di pittura e scultura che caratterizza i lavori di Spalletti, capaci di essere al tempo stesso solidamente presenti nello spazio quanto immateriali come un miraggio. “L’arte di Spalletti unisce al pensiero concettuale dell’arte astratta, concreta e minimalista del ‘900 il senso cromatico della pittura italiana del tardo medioevo e del rinascimento”, afferma il Direttore del Museum Kurhaus Kleve, Guido de Werd. Già, perché la ricerca di Spalletti si nutre allo stesso modo di materialità e immaterialità, di superfici e oggetti e di un colore che, morbido, sfugge a ogni definizione. Un’antologica dunque, che è un viaggio nell’arte del presente, attraverso uno dei suoi protagonisti. La sala del museo che ospita l’opera di Spalletti in esposizione permanente, è stata intitolata al fratello Vittoriano recentemente scomparso. INFO: Ettore Spalletti 24.05.2009 – 20.09.09 Museum Kurhaus Kleve Tiergartenstraße 41 / D-47533 Kleve www.museumkurhaus.de O R I ( V I A M O N S I G N O R B A G N O L I , 8 6 - AV E Z Z A N O ) / L I B R E R I A L A N U O VA E D I T R I C E ( C O R S O D E L L A L I B E R T À , 1 1 0 - AV E Z Z A N O ) / B O L O G N A : MU17 EVENTI JOSÉ ORTEGA REALISMO E IDENTITÀ MEDITERRANEA “La vera pazienza dei vinti consiste nel non accettare di esserlo per sempre” (Claude Roy) Leggere un quadro è un po’ come leggere un libro, magari un romanzo. Come per la scrittura l’arte di dipingere prevede una grammatica delle forme, una sintassi che regola l’uso del colore e cosa più importante un genere che può appassionare il lettore. Esistono quadri dal sapore eroico che raccontano le gesta di valorosi guerrieri che hanno combattuto per la libertà, per la vita conquistando i confini mitici che dividono il cielo dalla terra. Talvolta è la vita stessa dell’autore che entra prepotentemente nella storia e travolge il lettore con la forza dei sentimenti. Dentro un quadro ci sono tante vite, quella dei personaggi è la più evidente, l’esistenza dell’artista traspare dalla trama dell’opera, tuttavia il legame più forte, sul quale spesso dimentichiamo di interrogarci, è con la persona che ha portato quel quadro fino a noi. Realtà sfuggente è la presenza di un gallerista o di un collezionista che vive nell’ambigua dimensione di mercante e di sognatore, una sorta di Caronte, di traghettatore di anime ribelli e desiderose di superare il fiume dell’incomprensione. Alfredo Paglione è un gallerista di origine abruzzese che dopo molti anni spesi nei circuiti internazionali dell’arte e della cultura di Milano ha deciso di portare in Abruzzo qualche frammento della sua esperienza. Molteplici donazioni e progetti destinati alla realtà culturale abruzzese ne fanno un mecenate che ha piacere di presentare i suoi artisti, che sono poi i suoi amici, e renderci partecipi delle loro vicende. In collaborazione con la Fondazione Carichieti, con la Camera di Commercio e la Provincia di Chieti, Alfredo Paglione ha organizzato una mostra presso il Museo d’Arte Costantino Barbella che parla di Mediterraneo. Dai quadri emergono “tristi ciclopi sperduti” tra i bassi orizzonti della pianura spagnola immersi nel grano alto e compatto sotto un cielo vasto, incombente e senza nuvole. Sono mietitori e la voce narrante è quella di Josè Ortega pittore spagnolo nato nella Mancha, la terra verissima e fantasiosa dell’epopea “mesta e immortale” di Don Chisciotte. Un uomo che lungo il suo cammino si è trovato ad affrontare la dittatura del regime franchista, il carcere, l’esilio, un uomo che ha sofferto e che ha visto soffrire e non lo dimentica quando dipinge. Le opere di Ortega si devono leggere come una sorta di poema contadino che sostiene l’avanguardia proletaria: un pittore impaziente e intollerante che crede nella forza rivoluzionaria dell’arte. Nella materia asciutta e compatta, come la sua terra, Ortega incide le impronte dell’anima, i segni di una memoria tenace e appassionata di un mondo di agricoltori e pastori. Il bracciante agricolo è il vero eroe di questo ambiente tragico, profilato di luce all’orizzonte, curvo sotto il peso della fatica, sopraffatto da un’onda di natura pietrificata. Non è raro incontrarli sotto carichi di sacchi di masserizie o piegati a mietere il grano mentre alternano le movenze cadenzate a stasi di immobilità statuaria. La fermezza delle espressioni di discendenza classica rivelano una grande compostezza formale che sospende il ritmo del racconto in una tensione spazio-temporale tanto da elevare l’immagine ad un livello di sacralità. La forza della sua arte risiede nella dialettica tra forma e contenuto, tra intento creativo e determinazione ideologica. La profondità dei piani contribuisce alla complessa evoluzione dello spazio scandita dai toni e semitoni di colori opachi e densi. Già il colore non è certo casuale ma pervaso di un senso tellurico, primordiale. Il colore di Ortega è polveroso nelle ocre intense, i bruni terrosi, la gamma dei grigi è severa come la pietra pomice e sopra tutti i cieli grevi, uniformi, i cieli viola, i cieli amaranto, cieli neri come il tormento. La sua tavolozza si compone del rosso del sangue, del viola del lutto, del giallo dell’oro. Il colore per Ortega deve sempre esprimere qualcosa di reale, della sua realtà che si confonde con la coscienza. Il sole di mezzogiorno è lo stesso per il play-boy che si abbronza sulla spiaggia e per il contadino che miete il grano nei campi ma non può avere lo stesso colore. Le ascendenze verso Goya, Picasso non sono di semplice natura formale ma rivelano la volontà di riprendere e continuare la tradizione spagnola della pittura civile. Pittura corposa e sanguigna in una parola mediterranea. A questo punto c’è da chiedersi perché Ortega in Abruzzo? L’accostamento è quanto mai pertinente se si pensa non solo ai colori, ai sapori, agli umori che caratterizzano tutto il Mediterraneo ma soprattutto al mondo contadino. Quello che lega Paglione a Ortega è lo stesso vincolo passionale, ostinato e ossessivo che unisce un uomo alla sua terra di origine. Jessika Romano info JOSÉ ORTEGA REALISMO E IDENTITÀ MEDITERRANEA 25 giugno - 29 agosto 2009 Museo d’Arte Costantino Barbella - Chieti [email protected] Tel. 0871 4083352 MU1 8 LIBRERIA PICKWICK (GALLERIA 2 AGOSTO 1980, 3/2 - BOLOGNA) / C H I E T I : LIBRERIA DE LUCA (VIA C. DE LOLLIS, 12/14 - CHIETI) MUSEO E TERRITORIO MU19 MU2 0 MUSEO E TERRITORIO Una giornata ATRIatica Lo sguardo spazia dalle colline morbide ai profili aspri dei calanchi. Siamo ad Atri, in un territorio che, dal mare alla montagna, riserva continue sorprese. Insieme alle peculiarità naturali colpiscono anche le ricchezze di un patrimonio storico e culturale “messe in mostra”. E già, perché Atri vanta la presenza di quattro musei. Tutti da visitare. A cominciare dal famoso Museo capitolare, sorto agli inizi del ‘900 nella sede medievale del convento dei monaci benedettini. L’ultima risistemazione, nel 1994, ne ha valorizzato la collezione e il percorso espositivo. Fanno da scenario di accoglienza il chiostro, la cisterna romana, i mosaici pavimentali, gli affreschi. E poi una collezione che comprende reliquari, croci processionali, statue, arredi liturgici, una pinacoteca. Di pregio assoluto la sezione dedicata alle ceramiche che documenta la storia di questa produzione in Abruzzo, dagli inizi del XVI al XIX secolo. Il Museo archeologico civico capitolare “De Galitiis - De Albentiis – Tascini” conserva testimonianze preistoriche del territorio regionale, dal Paleolitico alla prima età del Ferro. Ceramica dell’età del Rame, asce in bronzo e ceramica dell’età del Bronzo finale e della prima età del Ferro. Nella ricca sezione protostorica “Edoardo Brizio” trovano posto due sepolture integre scavate nei primi anni del secolo scorso, oltre a vari corredi funerari. Il museo ospita anche la collezione di Vincenzo Rosati, storico direttore Scuola di Arti e Mestieri dell’Orfanotrofio di Atri e appassionato di archeologia. Il Museo “Antonio Di Jorio”, inaugurato nel 1996, è l’archivio musicale più ricco della regione. Costituito da oltre cinquecento opere manoscritte del Maestro Di Jorio, ne custodisce anche la biblioteca privata e l’epistolario. Il museo ha sede nel salone del Teatro comunale e mette a disposizione di studiosi e appassionati il proprio archivio. Il Museo civico etnografico è forse il meno conosciuto tra i musei di Atri ma sorprende per la ricchezza e la varietà di una collezione che getta un ponte tra la memoria di quello che è stato e l’attesa di quello che deve venire. Il progetto culturale che ha alimentato la nascita del Museo, nel 1983 per volere di Ettore Cicconi, era ambizioso: offrire occasioni di confronto, conoscenza e comprensione dell’ambiente umano e naturale locale. Il risultato è un museo affascinante, carico di suggestioni, che espone ricordi, brandelli di storie, identità individuali e insieme collettive. La collezione, oltre tremila pezzi, è composta da manufatti capaci di spalancare finestre su mondi sconosciuti ai più giovani ma spesso ancora vivi nei ricordi dei più anziani. La realtà urbana del territorio è testimoniata dalla ricostruzione di ambienti di vita domestica: una cucina, una camera da letto, un laboratorio da calzolaio, uno di falegnameria, una sartoria. Magnifici il vestito della baronessa Castellani di Atri e quello della Signora De Albentiis, fatto realizzare per la sua partecipazione alla festa in onore di re Umberto I in visita a Pescara, nel 1875. E poi ancora, il vestito della Madonna del Rosario, abiti da sposa, vestiti da bambino e macchine da cucire, un telaio e una misura, a palmi, del 1694. Nello spazio riservato alla musica trovano posto un grammofono, un piano melodico, un violi- no del 1876, un mandolino in madreperla e strumenti per la musica bandistica che testimoniano la storia di Atri, tra le prime città in Abruzzo ad avere un complesso bandistico già dal 1806. Una macchina per la produzione della liquirizia locale e della gassosa raccontano la storia industriale di Atri e dei suoi abitanti e impreziosiscono la già ricca collezione che viene curata, sotto il profilo scientifico, in collaborazione con la Soprintendenza ai B.A.A.S. dell’Aquila e con quella archeologica di Chieti. La sezione dedicata all’immagine espone lanterne magiche ottocentesche, un proiettore cinematografico del 1930 oltre ad una copia della pubblicazione della Storia della campana di re Giovanni (44a novella del Novellino) presente presso il Victoria and Albert Museum di Londra. Il museo possiede anche una splendida raccolta di oggetti religiosi: immagini sacre, a stampa o dipinte, una statua ottocentesca di San Nicola di Bari e una di San Gabriele dell’Addolorata, un Bambinello in cartapesta del ‘700, una cappella lignea dei primi anni dell’800 con arredi e paramenti sacri, un crocifisso ottocentesco in ferro battuto e abiti settecenteschi di alcune confraternite di Atri. Il museo dedica uno spazio particolare alle testimonianze materiali dell’attività dei minatori con attrezzi del mestiere e vestiario: si tratta di un capitolo significativo nella storia di Atri poiché il lavoro nelle miniere ha generato i flussi migratori che hanno portato gli atriani, negli anni ’50 e ’60 del ‘900, in Belgio, nelle miniere di Bòussu Bou. Altre sezioni espositive riguardano l’attività dei maestri ceramisti di Castelli, dal XVII secolo a oggi. È una collezione pregiata quella del museo etnografico di Atri che attraversa i secoli, ricostruisce un tessuto sociale e culturale e contribuisce a creare consapevolezza delle proprie radici, spirito d’appartenenza e coscienza civica. D’altra parte i musei etnografici sono chiamati, come sottolineato da Georges Henri Rivière, a “[…] dare espressione alla cultura sotto aspetti molteplici – tecnici, economici, sociali o estetici – nel loro universo vissuto, agito o pensato; illustrare il patrimonio culturale delle popolazioni attuali, come rampa di lancio dello sviluppo”1 ma anche a insegnare la comprensione tra le diverse culture a partire dalla consapevolezza della propria peculiare e incancellabile identità. Antonella Muzi 1. Georges Henri Rivière, Rôle du musée d’art et du musée de sciences humaines et sociales, “Museum International UNESCO”, xxv, 1973, 1-2, trad. it. in Il nuovo museo, a cura di Cecilia Ribaldi, vol. 1, il Saggiatore, Milano 2005. info MUSEO ETNOGRAFICO DI ATRI (TERAMO) giugno-settembre: martedì–domenica 10.00 - 12.00; 16.00 - 19.00. ottobre-maggio: martedì–sabato 10.00 - 12.30. LISA hotel Viale Abruzzo, 10 - 64025 Pineto (TE) - Italia Tel. 085-9492030 Fax 085-9490030 - [email protected] / G I U L I A N O V A : L I B R E R I A L A N U O VA E D I T R I C E ( V I A N . S A U R O , 3 5 - G I U L I A N O VA ) / L A N C I A N O : L I B R E R I A L A N U O VA E D I T R I C E MU21 CULTURA E IMPRESA INTERVISTA A GIOVANNA PESCI PRESIDENTE DI ARTELIBRO Sesta edizione di Artelibro, quali sono le novità ? Le novità riguardano sostanzialmente la comunicazione. Abbiamo fin da novembre implementato il sito www.artelibro.it trasformandolo da semplice vetrina della manifestazione in piattaforma espositiva dell’editoria d’arte italiana e internazionale, un luogo di eccellenza dove un’apposita redazione seleziona e pubblica le più interessanti novità editoriali e le attività segnalate dagli editori e dalle istituzioni culturali coinvolte nel Festival. C’è anche MU6! La newsletter, attiva già dallo scorso anno, viene ora spedita agli iscritti con cadenza quindicinale. Anche la comunicazione web si è approfondita e affinata con un costante monitoraggio e interven- to su siti e blog di riferimento. Artelibro viene così a svolgere un’importante funzione di supporto e promozione per, e con, gli stakeholders del settore. Le differenti tipologie di editoria d’arte stanno vivendo differenti situazioni ? Si scorgono scenari futuri ? Si fa un gran parlare di Kindle... Non credo che lì stia il futuro del libro d’arte! Tuttavia il mondo del digitale è importante, in grandissima espansione, e tende a sostituirsi a molte cose. Nell’editoria d’arte un settore oggi molto attivo, amato, e difficilmente sostituibile è quello dei libri d’arte per l’infanzia. Quest’anno ad Artelibro se ne vedranno esempi bellissimi! Dalla mostra sul libro d’artista per l’infanzia della casa editrice francese Les Trois Ourses ai libri della Giannino Stoppani e di Artebambini, all’Abbecedario ideato e prodotto dai bambini in Arte in piazza sul “crescentone” di Piazza Maggiore... Gli eventi collaterali alla manifestazione prevedono il coinvolgimento di alcuni Musei? L’Abbecedario è un progetto dei Diparti- menti Educazione di tre musei d’arte contemporanea: MAMbo, MART e Castello di Rivoli. Tutti i musei civici e statali della città si impegnano nel programma culturale del Festival con mostre, presentazioni di libri e cataloghi, didattica. E dei musei si parlerà molto durante il Festival, della loro funzione e del loro futuro, bancomat per il paese o educazione per la gente? FIERA di essere A MATERA Un territorio dalla bellezza segreta e una città unica al mondo: la Basilicata e Matera fanno da cornice a ARTEKNE’, mostra mercato di arte contemporanea tenutasi tra il 15 e il 18 maggio scorsi. Si tratta di una fiera alla sua prima edizione ma che ambisce a trovare una collocazione di punta nel settore del mercato del contemporaneo, in Italia e all’estero. MU6 ha partecipato all’evento riscuotendo grandi consensi, in una città diventata, per l’occasione, spazio espositivo collettivo. Palazzo Grattini ha ospitato venti gallerie italiane e straniere mentre in altri luoghi cittadini si sono susseguiti eventi culturali, performance, mostre temporanee. Tra queste segnaliamo birds of passage, a cura di Federica La Paglia, una rassegna di artisti latino-americani. “Birds of passage” era il nome dato agli italiani che sbarcavano negli Stati Uniti degli anni ’20. Definizione questa, singolare ma evocativa. Racchiude tutto il destino di quegli uomini e quelle donne che portano memorie, vite, desideri, radici, lungo le rotte delle migrazioni. Ieri come oggi. La mostra ha voluto, infatti, offrire le tante declinazioni di partenze e approdi, con uno sguardo rivolto al territorio della Basilicata di oggi. La regione accoglie comunità di immigrati ma vede emigrare soprattutto i più giovani. Tra gli artisti presenti, Marco Baroncelli e Enzo Orlandi con il video parole crociate hanno letto il tema della migrazione intrecciando dimensioni intime e memorie collettive. La sindrome di Ulisse è il titolo del lavoro dell’argentina Inés Fontenla: valige di cartone che contengono tutta la storia di chi parte in cerca di fortuna. “Una città nella storia è il capolavoro più grande che ogni collettività ha costruito per sé aggiungendolo ad altri capolavori di altre collettività…”. Così Pietro Consagra nella sua “Lettera ai Materani” del 1978. La consapevolezza di abitare un territorio difficile ma straordinario, dichiarato Patrimonio mondiale dell’umanità dall’UNESCO nel 1993, ha generato il progetto culturale del MU2 2 MUSMA, Museo della Scultura Contemporanea di Matera. Dall’ingresso, nel cinquecentesco Palazzo Pomarici, si attraversano sale affrescate e cortili per arrivare agli ambienti ipogei che spalancano al visitatore scenari inattesi. Impossibile citare tutti gli artisti presenti nella ricca collezione del museo: Alberto Viani, Pietro e Andrea Cascella, David Hare, Maria Lai, Sebastian Matta, Eliseo Mattiacci, Leoncillo, Pietro Coletta e poi ancora, Medardo Rosso, Arturo Martini, Alberto Giacometti, Fausto Melotti, Pietro Consagra e molti altri. Il museo si dedica all’attività educativa con laboratori indirizzati alle scuole di ogni ordine e grado e ospita una biblioteca specializzata sui temi dell’arte contemporanea intitolata a Vanni Scheiwiller. L’arte a Matera non finisce di sorprendere, è ovunque: nei “sassi”, nei cortili, tra i palazzi, nei musei. E allora può capitare di imbattersi in un parco all’aperto dedicato all’arte contemporanea, il Parco scultura “La Palomba” nato dalla volontà di ri-pensare un rapporto creativo tra scultura e paesaggio. L’ideatore del progetto è Antonio Paradiso che, in uno scenario mozzafiato fatto di enormi cave di pietra e resti archeologici, ha collocato le proprie sculture in pietra e metallo, insieme a lavori di Pietro Coletta, Eliseo Mattiacci, Hidetoshi Nagasawa, tra gli altri. In questo spazio collettivo così ricco di stratificazioni millenarie, le sculture presenti, spesso legate al tema del volo, creano un legame inscindibile con il territorio e i visitatori. Matilde Marzotto Caotorta, autrice di Arte open air, una guida ai parchi d’arte contemporanea in Italia, individua proprio nella relazione ravvicinata tra opere e contesti, talvolta bellissimi, il successo dei parchi che “[…] sembrano indicare la possibilità di superare, sul terreno di uno spazio condiviso, quella diffidenza e quel senso di estraneità che spesso minano il rapporto del pubblico non specialistico con l’arte contemporanea”. Inés Fontenla: La sindrome di Ulisse, 2004/2009 - installazione, valigie e materiali vari - dimensioni ambientali Courtesy Studio d’arte contemporanea Pino Casagrande, Roma Dalla sensibilità di Matera per l’arte contemporanea è nata poi, nel 2003, la Fondazione SouthEritage che promuove mostre, eventi culturali, collaborazioni con accademie e università e ha ricevuto, nel 2005, il Premio Guggenheim Impresa&Cultura. Dalla sinergia tra la Fondazione e la PinacotecaBiblioteca “Camillo d’Errico” di Potenza, nasce la mostra OLTRE IL MODERNO, un dialogo tra la collezione d’Errico - dipinti e stampe dal XVI al XVIII secolo - e gli artisti contemporanei Jota Castro, Sandro Chia, Piero Gilardi, Douglas Gordon, Philippe Parreno, Anri Sala, Sergio Vega. Antonella Muzi MUSMA - ipogeo info OLTRE IL MODERNO a cura di Angelo Bianco 29 giugno-26 settembre 2009 Palazzo d´Errico - Corso Manfredi 112 / Palazzo San Gervasio, Potenza lunedì-domenica 10-13_17- 20 ingresso gratuito www.southeritage.org - www.pinacotecaderrico.eu ( C O R S O T R E N T O E T R I E S T E , 3 9 - L A N C I A N O ) / L’A Q U I L A : L I B R E R I A L A N U O VA E D I T R I C E ( C E N T R O C O M M E R C I A L E L ' A Q U I L O N E - L’ A Q U I L EVENTI Un tuffo nel Teatro del Mediterraneo LA CULTURA CLASSICA AFFIANCA I GIOCHI SPORTIVI Chi meglio di Andrea Camilleri, scrittore siciliano di fama mondiale e docente per decenni nell’insegnamento di regia presso l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “S. D’Amico”, poteva coordinare questo progetto dell’Associazione Teatrale Abruzzese Molisana (ATAM)? Riunire ragazzi da 13 paesi diversi del Mediterraneo in un percorso didattico- formativo che sfocerà in tre saggi teatrali : il Trittico del Mediterraneo. Sia la fase propedeutica, svoltasi a L’Aquila nel teatro Sant’Agostino, distrutto dal sisma, che la seconda fase composta da seminari incontri e stage, sono state dirette da Nando Citarella e Rocco Mortelliti. Lo scenario, per l’aspetto formativo, è il Castello Piccolomini di Capestrano. Grande contenitore di questa iniziativa è il Progetto Speciale Mediterraneo: il mare delle Culture . Protagonista di questa storia è quindi il Mare Nostrum, culla feconda di antiche e profonde civiltà, il mare che lega insieme tre continenti e tre religioni monoteistiche, dove si incontrano culture europee e cristiane da un lato, orientali e islamiche dall’altro. Sul piano formativo centrali saranno, allora, la cultura araba, quella greca e quella latina, avvicinate attraverso tre testi chiave: Le mille e una notte, opera di autori diversi, tutti anonimi, che conquistò forma definitiva solo nel XiV secolo; l’Iliade di Omero, leggendaria epopea guerresca, popolata di mitici eroi e Le Metamorfosi di Ovidio, testo tra le opere poetiche più importanti del mondo latino. A questi tre testi daranno voce e forma, in una felice babilonia di lingue e tradizioni, i quaranta giovani attori del Mediterraneo a testimonianza di integrazione multietnica e di cooperazione tra i popoli. Siamo come un unico albero dai tanti rami e foglie. Siamo venuti da paesi di culture diverse, parliamo lingue diverse, eppure stiamo insieme. Studiamo materie diverse, tecniche diverse, ma tutto va nella stessa direzione perché qui tutti i paesi diventano uno. Così si è espresso uno dei giovani “atleti”di questa maratona teatrale cogliendo appieno lo spirito che ha animato questa iniziativa che lo stesso Camilleri in breve delinea: La cultura non ha armi, ma è essa stessa un’arma, l’unica che possa sconfiggere le armi, i confini, i paletti, i pregiudizi, i campi di concentramento; l’unica che possa sconfiggere tutti questi luoghi chiusi dove l’uomo si trincera quando, prima di avere paura degli altri, ha paura di se stesso. L A ) / P E S C A R A : B O O K & W I N E ( N U O V O T R I B U N A L E ) / L I B E R N A U TA ( V I A T E R A M O , 2 7 ) / R I E T I : L I B R E R I A L A N U O VA E D I T R I C E ( V I A R O M A , MU23 MUSEONUOVOLETTEREINBREVECONVEGNO ATTIVITÀ WORKSHOP MOSTRE ATTIVITÀ SISTEMA MUSEALE DI PRIVERNO WORKSHOP SHELLter ESPOSIZIONE UNIVERSALE PRIVERNO (LT) ROCCAMONTEPIANO (CH) BERGAMO Il Sistema Museale Urbano di Priverno fra archeologia e matematica Quattro musei, tre archeologici e uno scientifico, fanno da corollario al ricco patrimonio culturale di Priverno (LT). Sono il risultato di un impegnativo programma di sviluppo culturale promosso dall’Amministrazione comunale e sostenuto dalla Regione Lazio, che ha permesso di realizzare, nell’arco di un decennio, un intero Sistema Museale Urbano. Sono state, infatti, create una serie di strutture museali che hanno ricomposto, all’interno di un itinerario di visita, le tappe di una complessa storia urbana, iniziata con Privernum, antica città dei Volsci e passata, dall’età romana a quella medievale, attraverso insediamenti che segnano ancora profondamente il paesaggio attuale. Privernum, con le imponenti rovine della città romana e altomedievale; Priverno, con il suo centro storico in cui sopravvive il tessuto urbanistico e edilizio della Piperno medievale; Fossanova, con la sua splendida Abbazia cistercense; il Parco di San Martino con il palazzo rinascimentale del cardinale Gallio: questi luoghi offrono la possibilità di seguire le linee di un divenire storico che si concretizza negli allestimenti dell’Area Archeologica Privernum, del Museo Archeologico a Priverno e del Museo Medievale a Fossanova. A questi Musei si è poi aggiunto il Museo per la Matematica Giochiamo all’Infinito, un museo inedito e innovativo che avvicina al mondo della matematica d’attualità. 22 – 26 giugno 2009 SHELLter è il nome dato ad un sistema costruttivo sviluppato presso l’Università degli Studi di Roma Tre da un gruppo di progettisti coordinato dall’architetto Stefan Pollak a partire da alcune tecniche costruttive concepite in Perù con terra cruda e aste vegetali e pensate per le zone altamente sismiche della costa pacifica e degli altopiani andini. Il nome gioca sull’assonanza delle parole inglesi shelter (dimora o protezione) e shell (guscio), proprio perché vuole porsi come alternativa ecologica e sociale alla cultura dei ricoveri prefabbricati. L’esecuzione del sistema è infatti volutamente semplice, tanto da poter essere eseguita in autocostruzione, con la partecipazione di studenti, utenti finali, semplici cittadini o altri volontari. È quello che avverrà dal 22 al 26 giugno 2009 nella località abruzzese di Roccamontepiano (CH), ai piedi della Maiella, in un workshop didattico-sperimentale finalizzato alla realizzazione di un prototipo di questo sistema. L’iniziativa è promossa dall’Università di Roma Tre in collaborazione con il Centro di Documentazione delle Case di Terra di Casalincontrada (CH) e le università abruzzesi di Chieti-Pescara e L’Aquila. Parteciperanno al workshop studenti di architettura ed ingegneria provenienti dai tre atenei, che parallelamente alla sperimentazione manuale potranno assistere ad un ciclo di lezioni su temi costruttivi ed ambientali. Legambiente, Circolo di Chieti, ospita l’evento e fornisce supporto logistico, insieme ad altre associazioni ed istituzioni locali. ESPOSIZIONE UNIVERSALE L’ARTE ALLA PROVA DEL TEMPO A cura di Giacinto Di Pietrantonio Fino al 26 luglio 2009 Otto mostre racchiuse in un unico percorso espositivo che si snoda nelle sale della GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo. Attraverso oltre 100 opere, che vanno dal XV al XXI secolo, le otto sezioni della mostra affrontano alcune tematiche universali trattate nei secoli da artisti antichi, moderni e contemporanei. Periodi diversi si confrontano per mettere alla prova i metodi di rappresentazione e presentazione di argomenti eterni e sempre diversamente affrontati. Il patrimonio dall’Accademia Carrara di Bergamo è il punto di partenza del dedalo espositivo, un viaggio che arriva sino alle ultime tendenze artistiche. In Esposizione Universale del Potere, Esposizione Universale del Quotidiano, Esposizione Universale della Vita, Esposizione Universale della Morte, Esposizione Universale della Mente, Esposizione Universale del Corpo, Esposizione Universale dell’Odio, Esposizione Universale dell’Amore, le opere di Giovanni Bellini, Bergognone, Sandro Botticelli, Vittore Carpaccio, Vincenzo Foppa, Lorenzo Lotto, Pisanello, Tiziano, Cosmè Tura, si specchiano con quelle di Christo, Francesco Clemente, Felice Casorati, Marcel Duchamp, Giorgio De Chirico, Gino De Dominicis, Jimmie Durham, Gilbert & George, Ilya Kabakov, Joseph Kosuth, Maria Lai, Marisa Merz, Pino Pascali, Luigi Ontani, Ettore Spalletti, Jeff Wall, Gilberto Zorio, Mario Airò, Stefano Arienti, Simone Berti, Roberto Cuoghi, Meschac Gaba, Margherita Manzelli, Diego Perrone, Pietro Roccasalva, Ben Vautier, fra gli altri. GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo Via San Tomaso, 53 – Bergamo Tel. +39 035 270272 - www.gamec.it CIRCUITO CULTURALE DEI MESTIERI MEDIEVALI Nei quattro musei sono attivi servizi educativi rivolti alle scuole e agli adulti, a cura della società Sistema Museo. Per informazioni e prenotazioni: Infoline Sistema Museo 800 961 993 [email protected] www.sistemamuseo.it info: Dipartimento di Progettazione e studio dell’architettura (DiPSA) e-mail: [email protected] tel. +39 | 06 | 57 33 29 62 9 0 0 2 E R B O T T 4O ella in occasione d MUSEI I E D E L A N O AZI GIORNATA N vi aspettiamo A L’AQUILA VOI R E P O T I V N I È UN OI N R E P A D I F S E UNA INFO: 335341378 - 337 661865 [email protected] MU2 4 BEVAGNA (PG) 28 marzo – 1 novembre 2009 Bevagna (PG) Un tuffo nel passato alla scoperta delle antiche tradizioni artigiane medievali. All’interno delle suggestive botteghe medievali nel centro storico Bevagna, maestri dell’arte ed esperti artigiani svelano i segreti degli Antichi Mestieri Medievali: cartari, ceraioli, tessitori e dipintori mostrano le fasi e gli strumenti di lavoro della loro produzione. Visite guidate e laboratori permetteranno ad un pubblico di ogni età di assaporare, conoscere e sperimentare i segreti dell’arte medievale. Visite guidate e laboratori permettono ad un pubblico di ogni età di assaporare, conoscere e sperimentare i segreti dell’arte medievale. I Mestieri Medievali La Cartiera è il luogo di produzione della “carta bambagina”, realizzata con polpa derivata dagli stracci. Il Setificio permette di comprendere il ciclo di produzione della seta. La Cereria è l’antico laboratorio dove si producono candele in pura cera d’api. Nella bottega del Dipintore si sperimentano le fasi della tempera su tavola, tecnica di pittura in cui si utilizzano pigmenti in polvere legati insieme da una sostanza proteica di origine animale: il tuorlo d’uovo. Orario delle visite: 10.30-12.30/15.30-18 Chiuso il lunedì Nel periodo invernale visite e laboratori solo su prenotazione Informazioni e biglietteria: Museo Comunale di Bevagna Corso Matteotti 70, Bevagna (PG) Tel e fax 0742.360031 [email protected] www.sistemamuseo.it; www.comune.bevagna.pg.it; www.ilmercatodellegaite.it MOSTRE MOSTRE TERRA MADRE ABRUZZO DREAMS AND SHADOWS ROMA FIRENZE TERRA MADRE ABRUZZO” PER NON DIMENTICARE Una sola opera per ogni museo. Otto Madonne, uguali nell’iconografia ma diverse per i materiali e per l’ epoca di realizzazione, scelte tra le decine di opere recuperate tra le macerie dal Museo Nazionale d’Abruzzo al Forte Spagnolo dell’Aquila dai volontari di Legambiente, saranno i cardini della mostra “Terra Madre Abruzzo” che si svolgerà contemporaneamente in otto musei abruzzesi, un’opera per ogni galleria. Ad ognuna sarà dedicata una stanza del museo appositamente oscurata per permettere la visione contemporanea dell’opera e del video che Legambiente ha realizzato durante le attività di recupero dei Beni. La Madonna sarà visibile a momenti alterni alla proiezione, illuminata da lampade a led in modo da preservare l’opera che miracolosamente si è salvata. Il gioco delle luci e dei suoni che commenteranno la performance permetterà la lettura critica dell’esposizione su diversi piani emotivi: rendere un omaggio simbolico al patrimonio artistico aquilano ferito dal sisma del 6 aprile; testimoniare le attività svolte dalle squadre di recupero ed il lavoro della Funzione Salvaguardia Beni Culturali; inviare un monito perché non si dimentichi quanto é accaduto; testimoniare una realtà museale fortemente attiva e radicata nel territorio; rendere tangibile l’augurio di tutti coloro che coltivano la memoria storica perché i beni culturali abruzzesi possano rinascere a nuova vita. L'inaugurazione è stata fissata per il 29 giugno a Teramo al Museo Archeologico. Per andare al 2 luglio a Pescara Museo delle Genti d'Abruzzo, il 4 luglio le due sedi di Chieti (Museo della Civitella e Museo Villa Frigerj), l'11 luglio concerto opera 3.32 a Celano Museo Preistorico di Paludi, il 18 luglio a San Buono (CH) Museo per l'Arte e l'Archeologia del Vastese, il 25 luglio a Francavilla al Mare Fondazione Museo Michetti. DREAMS AND SHADOWS Photographs by René & Radka Museo Nazionale Alinari della Fotografia 18 Giugno - 2 Agosto 2009 Il Museo Nazionale Alinari della Fotografia presenta per la prima volta in Italia la mostra “Dreams and Shadows – Photographs by Renè & Radka” il lavoro di due giovani e creativi fotografi legati anche al mondo della moda. Si tratta di un avvenimento importante che esprime una significativa novità: con questa esposizione il MNAF apre per la prima volta le porte alla fotografia contemporanea emergente. La mostra è realizzata dalla Fratelli Alinari. fondazione per la Storia della Fotografia, con il contributo dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze. L’evento fa parte del calendario “on The Occasion Of” Pitti Uomo 76 della Fondazione Pitti Discovery. René e Radka, provengono rispettivamente da Colonia in Germania e da Praga nella Repubblica Ceca, dal 2001 vivono e lavorano insieme a Parigi. Le loro foto di moda sono apparse su grandi magazine come Vogue Nippon, French, Citizen K, Wound, Milk, Tush, Style, Beaux Art, Le Monde 2. ed hanno realizzato campagne pubblicitarie per Kenzo, Adidas con David Beckham, Absolute Vodka, Miss Sixty, Energie, and Aston Martin. La mostra Dreams and Shadows presenta una serie di fotografie relative ai di due ultimi lavori fotografici di René & Radka: Come and play with us e Under water. Info: 055.216310, fax 055.2646990, [email protected] Orario: 10,30-13,30/16,00-21,00 chiuso il mercoledì Biglietteria: Intero euro 6,00; Ridotto euro 5,00; Scuole euro 4,00; Gratis bambini fino a 5 anni 3 5 - R I E T I ) / R O S E T O D E G L I A B R U Z Z I : L I B R E R I A L A N U O VA E D I T R I C E ( V I A N A Z I O N A L E , 2 1 2 - R O S E T O D E G L I A B R U Z Z I ) / S A N B E N E D E OMOSTREATTIVITÀLIBRIANNIVERSARIOCO DIDATTICA MOSTRE ATTIVITÀ MOSTRE FORTEZZA E MUSEO DELLE ARMI MIRÒ - OPERA GRAFICA IL CIRCUITO MUSEALE DI SUMMONTE MARIANTONIETTA SULCANESE OTRANTO (LE) CIVITELLA DEL TRONTO (TE) Una delle più imponenti opere di ingegneria militare d’Europa, con i suoi 25.000 mq di superficie e un’estensione lineare di più di 500 metri, la Fortezza di Civitella del Tronto ha rappresentato per secoli un baluardo di confine a settentrione del viceregno napoletano. La rocca aragonese, sorta su probabile preesistenza medievale, è stata trasformata tra il 1564 e il 1576 su disposizione di Filippo II d’Asburgo. Grazie alle sistemazioni operate dai Borboni, oppose una strenua resistenza all’assedio napoleonico del 1806 e a quello del 1860/61 da parte dell’esercito piemontese che condusse la Fortezza alla demolizione. L’impianto attuale, a seguito di un importante restauro operato dalla Sovrintendenza di L’Aquila , rivela ancora la formidabile potenza della struttura. Tra gli elementi di maggiore rilievo sono da visitare i bastioni, le vaste piazze d’armi, il Palazzo del Governatore, la Chiesa di San Giacomo e il Museo delle Armi. Il Museo delle Armi è articolato in quattro sale. Una dedicata al prof. Giorgio Cucentrentoli di Monteloro ospita alcuni dei pezzi più moderni della collezione. Al centro del locale troneggia un cannone da campagna napoleonico. La successiva stanza, accoglie quattro bacheche con armi appartenute all’esercito borbonico e a quello sabaudo. La collezione presenta anche un obice settecentesco. La terza sala del Museo ospita un cippo confinario, una delle antiche colonne di travertino poste al confine tra il Regno delle Due Sicilie e lo Stato Pontificio. L’ultima stanza presenta due bacheche con le armi più antiche del XV sec. Mirò - Opera grafica Parler Seul, 1948-50 / 72 tavole - Ubu Roi, 1966 / 13 tavole 27 giugno - 27 settembre 2009 Castello Aragonese - Otranto Una grande mostra giunge finalmente a Otranto e si riaccendono i riflettori sul borgo antico che racchiude più di mille anni di storia. Il Castello Aragonese, edificato tra il 1485 e il 1498 e dalla pianta pentagonale irregolare con tre torrioni cilindrici e un poderoso bastione a lancia, si sveglia da un sonno durato secoli e diviene importante contenitore culturale, grazie alla nuova gestione dell’A.T.I., costituita dalla società cooperativa Sistema Museo di Perugia e dall’Agenzia di Comunicazione Orione di Maglie. L’obiettivo è trasformare la fortezza in un punto di riferimento per l’arte e la cultura a livello nazionale e internazionale. Sarà uno dei grandi maestri spagnoli del ‘900 a inaugurare questa nuova stagione artistica: Joan Mirò. Una mostra dedicata all’opera grafica del geniale artista, che divenne in breve tempo uno dei maggiori esponenti del surrealismo. La prestigiosa esposizione accompagnerà il visitatore alla scoperta del meraviglioso mondo di Mirò attraverso una selezione di litografie in cui le forme, i colori, lo straordinario alfabeto di segni creato dal maestro sono il risultato della sua incredibile capacità di rinnovarsi alla luce di una visione globale dell’arte, vissuta con curiosità e versatilità. Per informazioni e prenotazioni: Fortezza di Civitella del Tronto - tel. 320 8424540 [email protected] Per informazioni e prenotazioni: Infoline Sistema Museo 199 151 123 *Servizio a pagamento [email protected] MOSTRE MOSTRE ALBERTO BURRI QUI È ALTROVE CASTELBASSO 2009 CASTELBASSO 2009 Castelbasso Progetto Cultura 2009 ALBERTO BURRI Equilibrio Struttura Ritmo Luce a cura di Francesco Poli QUI È ALTROVE fotografia, scultura, video e installazione 21 artisti tra Italia, Albania, Germania, Macedonia, Serbia e Svizzera La Fondazione “Malvina Menegaz per le Arti e le Culture”, che da questo anno organizza la manifestazione, ospiterà nelle sale della sua sede a Palazzo Clemente, completamente restaurato e dotato dei dispositivi più aggiornati per una attività espositiva di alto livello, una importante mostra dedicata al Maestro Alberto Burri. È una esposizione che sicuramente richiamerà, come nel caso della precedente riguardante de Chirico, un grande pubblico, anche perché è la prima in Abruzzo dedicata alle opere del Maestro e dunque, anche per questo, un avvenimento culturale particolarmente significativo per la Regione soprattutto nel momento in cui un evento come il terremoto ha messo a dura prova lo spirito e l’animo degli abitanti dell’intero territorio. In quattro grandi sale saranno presentate oltre venti opere delle fasi più importanti della ricerca dell’artista umbro, dai famosi “Sacchi” alle “Combustioni”, legni e plastiche, dai “Cretti” fino ai “Cellotex”. Castelbasso Progetto Cultura 2009, con la collettiva qui è altrove, a cura di Francesco Poli e Francesca Referza, si fa promotore di un nuovo appuntamento di arte contemporanea. La manifestazione, ormai, riconosciuta tra le più importanti iniziative culturali italiane, è organizzata dalla Fondazione Malvina Menegaz per le Arti e le Culture e dall’Associazione Amici per Castelbasso. La mostra è il primo evento di una nuova programmazione di arte contemporanea che, a partire dal 2009 e fino al 2012, verrà ospitata nella sede di Palazzo De Sanctis. qui è altrove, è una collettiva di ventuno artisti, italiani e stranieri, la cui ricerca spazia dal video, alla fotografia, dalla scultura all’installazione. Per questa mostra, che ha lo scopo di registrare e mettere a confronto alcuni aspetti delle più recenti ricerche contemporanee del panorama italiano, ma non solo, sono stati selezionati e invitati artisti già riconosciuti tra i più interessanti dell’attuale scena artistica, accanto ad altri più giovani. Gli artisti partecipanti, nati tra la metà degli anni Sessanta e gli anni Ottanta sono: Francesco Arena, Gianni Caravaggio, David Casini, Loris Cecchini, Michele D’Agostino, Silvia Giambrone, Daniel Glaser & Magdalena Kunz, Angela Glajcar, Loredana Longo, Mrmando Lulaj, Marzia Migliora, Jacopo Miliani, Andrea Nacciarriti, Paolo Piscitelli, Arcangelo Sassolino, Eugenio Tibaldi, Nikola Uzunovski, Nico Vascellari, Eltjon Valle, Jelena Vasiljev, Italo Zuffi. Palazzo Clemente Borgo Medievale di Castelbasso (TE) 21 giugno – 30 Agosto 2009 Orari: Dal 21 giugno al 17 luglio - dalle 16- 20 Festivi e Prefestivi: dalle 10.00-13.00/16.00-20.00 chiuso il lunedì Dal 18 Luglio al 30 Agosto: 19.00-24.00 tutti i giorni Apertura: tutti i giorni, giugno e settembre ore 10-13/1623; luglio e agosto ore 10-13/16-24 SUMMONTE (AV) Museo Civico di Summonte Complesso Castellare della Torre Angioina Il Museo Civico di Summonte ha sede nella strategica area castellare della “Torre Angioina”. La torre fu elevata sui ruderi del castello dove probabilmente, abitò la famiglia Malerba che tenne il feudo locale in epoca normanna. Intorno alla metà degli anni novanta del XX secolo, tuttavia, sono state ritrovate le strutture murarie di epoca normanno-sveva a seguito di uno scavo archeologico condotto con la supervisione della Soprintendenza ai Beni Archeologici di Salerno, Avellino e Benevento. La torre, è stata di recente restaurata con il recupero dell’apparecchiatura muraria e la ricostruzione dei solai lignei fino all’ultimo livello. È costruita interamente in conci di pietra calcarea sbozzati e malta di allettamento a base di calce, sabbia mista a lapillo e pietra macinata. Di particolare interesse storico-didattico è la collezione ”Submontis Medievalia” ospitata nelle sale museali del castello esterne alla torre principale. La collezione, frutto di approfondimenti iconografici, oplologici, bibliografici ed archivistici, dà al visitatore la possibilità di rivivere la storia e la vita del castello in epoca tardo-medievale. ANTRODOCO (RIETI) Inizia in estate l’attività espositiva del Museo della Città “Lin Delija” di Antrodoco (Rieti). Aperto nel 2002, il museo ospita lavori dell’artista albanese Lin Delija che visse ad Antrodoco fino al 1994, anno della sua morte. Da luglio a settembre nelle sale dell’antico convento di Santa Chiara, sede del museo, saranno in mostra i lavori più recenti di Mariantonietta Sulcanese: Sentieri di luce/Paths of ligth, Il cuore dei santi/The heart of saints e Monocromi. L’artista abruzzese, che ha alle spalle una carriera internazionale, presenta oltre settanta opere tra tele e installazioni, raccontando una ricerca fatta di materia e colore. Con rigore e pazienza, nei suoi lavori Sulcanese va alla ricerca di quel soffio di spiritualità universale, di quel senso del sacro che permea tutte le cose. La mostra è corredata da una preziosa pubblicazione realizzata da Di Paolo Edizioni con il prestigioso contributo critico di Gérard Georges Lemaire e le fotografie di Gino Di Paolo. INFO: Museo della Città “Lin Delija” Corso Roma 9, Antrodoco (Rieti) www.museoantrodoco.it www.lindelija.it Per informazioni e prenotazioni: Infoline Sistema Museo 199 151 123 *Servizio a pagamento Comune di Summonte 0825 - 691191 [email protected] Palazzo De Sanctis, Castelbasso (TE) 18 luglio – 30 Agosto 2009 tutti i giorni 19:00 - 24:00 E T T O D E L T R O N T O : L I B R E R I A L A N U O VA E D I T R I C E ( V I A L E M O R E T T I [ E X U P I M ] - S A N B E N E D E T T O D E L T R O N T O ) / S U L M O N A : L I B R E R I A MU25 I MUSEI AMICI DI MUSEO DEI BENI ECCLESIASTICI DIOCESI DI RIETI Via Cintia, 83 - 02100 - Rieti DREAMS AND SHADOWS Photographs by René & Radka 18 Giugno - 2 Agosto 2009 MNAF Museo Nazionale Alinari della Fotografia Firenze, Piazza S. M. Novella 14a r, 055.216310, fax 055.2646990, Orario: 10,30-13,30/16,00-21,00 chiuso il mercoledì MUSEO Palazzo Sanguinetti Strada Maggiore, 34 - 40125 Bologna tel. +39 051 2757711 fax +39 051 2757728 [email protected] ORARI MUSEO da martedì a giovedì ore 10.00 - 13.30 da venerdì a domenica ore 10.00 - 17.00 BIBLIOTECA Piazza Rossini, 2 - 40126 Bologna tel. e fax +39 051 221117 [email protected] ORARI BIBLIOTECA dal lunedì al venerdì: ore 9.00 - 13.00 mercoledì: ore 9.00 - 13.00 e 14.00 - 17.00 partecipa MU2 6 ENGLISH TEXT E Pag 02 BACK TO SQUARE ONE MOVING ON FROM THE EARTHQUAKE Those last tragic 20 seconds of the last 755 years have made L’Aquila known to the rest of the world and set a new year zero for the city. “We men and women who live in the “developed” part of the world (the richest and most modern), are “objectively” the safest people in the history of humanity”(Zygmunt Bauman). That, too, is what we thought, up until this point; now, to so much anxiety and uncertainness (which is a daily struggle) we must also add and overcome this terrible sense of frailty that April 6 has left us. Fear also resides in the daunting task of rebuilding a city that has become a “symbol” and that limits the capacity of a community to build its own future. The event has been under everyone’s scrutiny for too long to indulge in “happy” pictures– The decision to use the black and white (photos) by Antonio Di Cecco can be seen as an essential symptom of the developing panorama. By all accounts, the fact that prospective architectural features (of reconstruction projects) have taken center stage demonstrates that our sensibility has been upset by the “indemnification” of (our) public and private cultural heritage. Maestro Marco Gastini is the guest editor of this special edition in which we have been asked to report on the harmony between man and nature with the energy of his art. Looking positively to the future, we are also offering you a challenge: a daylong guided tour of L’Aquila on October 4 in order to evaluate, together, the ongoing recovery effort. But L’Aquila is not Abruzzo: In the pages that follow, you will also be informed of events and proposed tours in the smaller localities of other provinces of Abruzzo that are also full of beauty and wonder. We would like to extend our heartfelt gratitude to everyone concerned in the future of our magazine and who has so generously supported us. The editorial staff of MU6 Pag 03 Interview with DACIA MARAINI Q: Terrible events, such as the one on April 6, spread death and destruction and created panic and collective fear. Is it the fear of death or the fear of no longer having a future? A: The earthquake stirs up visceral fears in human beings, probably archaic (instinctual, in our genes). It is the fear of nature as men who lived in the forests and in primitive civilizations must have seen it. The fear of the great Mother Earth that is unpredictable, vindictive, furious when she gets mad. The mother of volcanoes that explode, of the tides that rise, of fire that burns, of the ground that splits open. It is an irrational fear and therefore deep and paralyzing. Facing this fear, we must try to recover our human consciousness, the capacity to reason and think that have been left aside. Reflect and try to act according to reason. Q: How big can the sense of loss be for those who no longer have places of their own history? A: The ground upon which we stand and the house in which we live are places of safety that to us seem eternal. They communicate to us a sense of eternity and absolute stability. Ephemeral things but those which man needs in order to survive. For this, the betrayal of an Earth that shakes, bucks and from a house that opens, flakes, goes to pieces, are felt by us as deep and unpardonable breaches of trust. Nature couldn’t care less about man and does what she must do. In fact, man should understand from these signs just how week and powerless he is in the face of Nature. He must roll up his sleeves and learn to make do. Q: 17 seconds of absolute violence that swept away destinies, people, places, our cultural heritage, will it (all) be recoupable? A: Certainly, it is not recoupable. How can you be compensated for a disaster such as an earthquake in which you lose your own city, your own house, your own work? But, losing heart is of no use. It’s like panicking when you are in big waves: If you allow yourself to be overwhelmed by fear, you will drown. If, on the other hand, you use reason, you measure your own strength, you think in terms of a physical strategy, you can get out of the danger. Therefore, I will repeat again: There are no possible indemnities for what was lost, but there is damage to houses to be rebuilt, a city to be put back in order. These are rights that have been heavily damaged and for which the State must consider. CARLO CRIVELLI The Trojan Horse All of the events before 3:32 a.m. on April 6, 2009, seem far away, as if the perception of time had been altered, flinging our lives into another place years away. I can’t quite connect the memory of the catastrophe with any other past experience that I have lived through, if not in the world of dreams: Expanded time, chemical light, the voice of the indescribable demon, the terrified screams of my loved ones, the walls–“drawn” by the machine-gun sound of the jackhammers–that break in two while you watch them, the fragments of mortar that fall on top of you and the ground that disappears from under your feet! We were good. We weren’t consumed by panic. We got dressed after having waited for the event to finish under the main load-bearing wall–I’ll never know (for sure)– of the house. Nobody crossed the threshold before I first checked the safety of the stairs because there were three floors to descend. Luckily, there was still electricity and that allowed us to get out of the horribly cracked house. What about the Duca degli Abruzzi (collapsed hotel), 10 meters from our front door? I still find it hard to believe! We didn’t know what to do and stayed underneath our house for almost an hour and a half until a strong odor of gas forced us to move toward the Fontana Luminosa. The silence was ghostly and we imagined–fortunately we were wrong–that there could be dead people underneath the Duca. My astonishment was brought about by the fact that we didn’t even hear the faintest moan let alone the sirens of first responders… On April 4th and 5th, we had assembled the Orchestra Città Aperta for the recording of the soundtrack for the film, “La Blonde aux seins nus,” and for the Galà Lirico that was to be held at the Città della Musica di Roma the evening of the 6th. Therefore, there were about 60 musicians, many of whom were locally based. At least 20 had come from various parts of Italy and Europe and had found accommodations in the area for the night. Around 7 p.m., I already had reassurances regarding their fates: Everyone was well and had gotten together at the Fossa athletic field where the municipality had “adopted” us and allowed us to record at the “Fragolina.” I was worried about the director of the film, Manuel Pradal, who was in L’Aquila to attend the recording session and who had wanted to combine business with pleasure by bringing his wife and eight-month-old daughter with him to visit our beautiful area. I certainly couldn’t leave L’Aquila without knowing what happened to them; so my son and I set out on foot to look for them at the Hotel Sole. We didn’t find them but received word that they were alive and well. (The recording session on the 6th was cancelled and completed a few days later in London.) In the late afternoon, we left for Rome by car, passing through Rieti, where we were able to stay at my mother’s house. In the weeks leading up to the “event,” I felt each and every tremor because I had been writing, almost always seated at my desk on the third floor of my studio on Via Giovanni XXIII. I can say that from the 29th/30th of March, the “quality” of the tremors changed, confirming what everybody (already) knew without the need for a seismograph. The sounds inside the horse were there. The demon had given clear signs. But, perhaps because we were tired of and so used to these sounds, we didn’t want to see or hear them. On the other hand, our earthquake experts neither knew (by their own admission!) nor could predict anything. Nevertheless, it isn’t true that they were not useful, as some contend: You have to give them credit for having contributed to the creation of this manure that permitted and confirmed the theory that so reassured us in these first months of 2009. For this very idea, we should almost thank the seismic swarm,* that by its very existence, allowed the pressure to be vented, thus averting the catastrophic event. *Seismic swarm: An episode of high earthquake activity in which the largest earthquake does not occur at the beginning of the episode and in which the largest earthquake is not substantially larger than other earthquakes of the episode. The swarm includes more than 100 earthquakes, over 25 of which have magnitudes of 4 or larger. Source: United States Geological Survey (USGS) Pag 04 RETURN TO L’AQUILA I return. The atmosphere is surreal. I return to walk the streets, the squares, the corners and I can no longer locate the sounds, the smells, the colors that my city and only my city knows how to give me. I return to L’Aquila 40 days after that awful night of April 6, 2009. It’s three o’clock in the afternoon and it is hot, too hot to be a day in the middle of May, yet it is not the weather that renders me silent, that bothers me. The city no longer exists. The place where I lived until April 5, 2009 is no longer there, and this is the first emotion that I feel, the sense of an irreparable loss that penetrates me and makes me understand how an earthquake can signal the end. I know that L’Aquila will be rebuilt, but I also know that nothing will be like before. I know that certain tastes of stone and of mold, of cold and of sunlight, of history and of daily life will never come back because these are the real things that are forever lost. And so the bewilderment is total and it is what accompanies me on my wanderings without a predetermined course, toward a city fatally wounded by unforgiving Nature. Before beginning this voyage of pain, I had in mind a few stops in places and among monuments that signal the glorious and ancient history of L’Aquila; instead it was my heart and not reason that guided me as my eyes looked for places that I no longer knew, the places of my life. Those that I loved and those that I hated. So from the Forte Spagnolo, symbol of a domination suffered and never accepted from the proud gens aquilana, I head toward the heart of the city center with my mind still tangled, thinking of how a building so mighty and so strong ever submitted so readily to the devastating force of Nature. A monument that itself is a symbol of power is reduced to a ghost, emptied of all its treasures and violated in its most intimate secrets. And yet, the fortress that never knew war and that was constructed in 1534 under the domination of the Spain of Charles V and for whose achievement the rebel city was compelled to pay a tax of 100,000 ducats annually, the mighty structure that had practically come away unscathed from the preceding and equally tremendous temblor that L’Aquila suffered from on February 2, 1703, this time had to hang its head and surrender to Mother Earth’s fatal blow. Defeated like all the other buildings of a tenacious city that now appears vulnerable and in need of help. Thus passing through Via Garribaldi my heart first sinks during a pause in Piazza Santa Maria Paganica. I reach the square having made unthinkable circles around the rubble that is obstructing some of L’Aquila’s narrowest and most evocative alleys. Nonetheless, once I arrive the emotion is strong. The church, the palaces, the symbols of our history are no more. Palazzo Ardinghelli, sumptuous and elegant 18th Century building, example of formal perfection with its marvelous baroque façade and recently acquired by the Ministry of Cultural Heritage and Activities, stands as if it no longer has a skeleton to hold it upright and proud. It is as if a monstrous hand had ripped out the bones along with the most beautiful decorative inner workings. In its place there is the emptiness of the walls that are left standing. Inside, everything has fallen down. My thoughts immediately go to the beautiful, original staircase, to the rooms on the main floor with paintings created to celebrate the splendor of the family and produced by one of the most eccentric artists of the 18th Century–Vincenzo Damini, a Venetian who had made L’Aquila a second home. In addition, he left us with other masterpieces in churches and palaces that may have been lost. My gaze fixes, terrified, on Santa Maria Paganica, the imposing building that is the most important church in its quarter and whose mass has dominated the city since its origins. It, too, has been reduced to rubble. The church resisted the earthquake of 1703 and has survived intact until today. Nevertheless, it is now only a ruin that breathes the spirit of the founding castle of the quarter–Castello Paganica. This is the other area terribly affected by the Earth tremor. I’m still looking at what is left of this magnificent structure. Its walls are violated. Its splendid apse has crumbled. Who knows when we will return to hear the bells ringing that penetrated the progression of our daily life? I begin to inspect the nearby alleys: Via Paganica, Via Accursio, Via Navelli. They are impossible to pass through. Almost all are blocked by rubble from the splendid palaces that acted as a counterpoint around the edges. Of Baroncelli Cappa and Carli Benedetti, only the walls of the façade remain. It is impossible to understand what happened inside, to the splendid courtyards, to the arches, to the steps where thousands of the best Renaissance Abruzzesi artists worked. I proceed toward Piazza San Silvestro where I am sure another blow to my heart awaits: Palazzo Farinosi Branconi. It was the splendid residence of the powerful Branconio family. Someone told me, “It no longer exists.” In reality, the enveloping structure is still damaged, shattered in its weakest architectural points. Even so, something has remained: The stone coat of arms with its three Medicean balls that carried the symbols of power of the family. It was a generous gift from the Florentine family to the Aquilana family thanks to the prestigious position of Giovanbattista Branconio who was close to Pope Leo X. It is still there to remind us of our glorious past. We are at the beginning of the 16th Century. Aquilano Giovanbattista Branconio is now in Rome. He is linked to Raffaello Sanzio who had allegedly come to L’Aquila to paint the Visitazione which was destined for the Branconio chapel in San Sivestro. Fortunately, it is now in the Prado in Madrid. Many artists coming out of the booming school of Urbino passed through my city leaving, among other things, the frescoed loggias of the Casino Branconio, which is now in shards. The three frescoed rooms of the main floor of the family’s principal palace–which contain the stories of Saint Clement–are also in fragments. As a result, the only room in L’Aquila completely covered with frescoes is perhaps irreparably lost today. After a quick visit to the Church of San Silvestro, I decide to resume my journey toward the heart of the city center, passing through the narrowest and most picturesque alleys. Via delle Streghe has just been freed from rubble. The street owes its name to the fact that it has no doors and therefore no street number. Via Rustici, Via Cascina and Via Roma. The scenery doesn’t change. The palaces and simple houses of friends and acquaintances are in tatters and shaking. I marvel at how my fellow citizens succeeded in getting out alive. Palazzo Carli, center of the Rettorato, is harnessed in a last, desperate attempt to keep it upright. A considerable team from the fire department is left breathless, standing around the corpse of Palazzo Porcinari , seat of the History Department of the University of L’Aquila. Via Roma and Piazza San Pietro. Narrow side streets that lead to San Domenico– the splendid and grand 14th Century church constructed when the nearby Reggia Angioina became a convent by will of Charles II–have all been beat- L A N U O VA E D I T R I C E ( C O R S O O V I D I O , 1 9 0 - S U L M O N A ) / T E R A M O : L I B R E R I A L A N U O VA E D I T R I C E ( C O R S O S A N G I O R G I O , 8 1 - MU27 en to death. The scenery is always the same: rubble, destruction. An inexorable end must now be added to the initial sense of loss and bewilderment. I wonder, “How much of this will return to how it was before?” I find myself carried away with my thoughts along the Corso Umberto and then Vittorio Emanuele, though my “walk” is no longer the same. I look through the porticoes that once pulsed with life and are now impregnated with dust and silence. People’s voices are no longer heard nor are the sounds of the shops in the city center. But now the silence is deafening, devastating, destructive. The specters of this ghost town are really the 19th Century porticoes with their columns wrapped in colored police tape as if they were ready for a danse macabre. One last glance at Piazza Palazzo and at the seat of the L’Aquila town hall: I imagine the procession of Margaret of Austria, the court of the Duchess of Parma and Piacenza; I imagine her triumphant entrance into the city and the arrival at her residence, now rightfully part of the municipality. It was the 17th Century and the city was dressed up like a beautiful and happy bride. The wounds are still deep and the destruction complete around what was once Margaret’s palace. The only thing left is for me to head toward Piazza Duomo, the commercial center even before the founding of the city. The silence that has accompanied me until now gives way to sounds of every kind. But these are not the sounds of the marketplace that gave life to the city from the earliest hours of each morning. Now, there are the sounds of the metallic cranes positioning cages and metal domes in order to secure the Church of the Anime Sante or Santa Maria del Suffragio. The latter’s 18th Century-splintered dome has become, in spite of itself, the symbol of this earthquake; artistic treasures that were stored inside are fortunately being salvaged, carried away and immediately placed in safety, as are some of the works housed in the Cathedral of San Massimo, which has a deep gash at the height of its transept. The quasi total collapse of a part its lateral nave do not leave any doubts about the drama that occurred on the night of last April 6 at 3:32 a.m. There was much damage here: property destroyed, many altar paintings–among which is the portrait of San Carlo Borromeo di Teofilo Patini–and the enormous and beautiful painting of the imitation dome produced in the style of Padre Pozzi. Before heading toward the quarters of San Marciano and Santa Giusta, I go back toward San Bernardino to look at it again. The brilliant white façade by Cola dell’Amatrice is still there, intact and flung against the blue of the sky; however, the main body of the church has suffered fatal wounds: The bell tower has almost totally collapsed causing the heavy bell to fall onto the convent below; moreover, the dome has a deep tear that completely compromises its stability. Inside, the works of art are safe: The Paliotto, a ceramic altar piece by Andrea della Robbia, the mausoleum of San Bernardino from Siena and the funeral Monumento for Maria Pereira Camponeschi di Silvestro from L’Aquila, the symbols of the Procession of the Holy Friday by Remo Brindisi are still there intact, waiting to be moved to safety. They had been prepared to be paraded through the streets of the city to remind everyone of the passion and the death of Christ, but they didn’t have the time. However, there is–and it reassures me a little, at least until my arrival at the start of Via Sassa–the splendid scenery of the palaces and thee bell towers that were once admired from this place that have now given way to ruins and destruction. I recall the splendid courtyard of Palazzo Franchi, the harmonious cloister of the Conservatory, the church of Santa Caterina–the only one with a central plan, San Giuseppe dei Minimi with its funeral monument to Lalle Camponeschi–one of the most illustrious men of L’Aquila and the precious frescoes of the Monastery of Beato Antonia. L’Aquila was beautiful, packed with treasures, many hidden…so many hidden that many people never knew about them and now, perhaps, never will. I try to get to Piazza Santa Maria di Roio, Via Persichetti, Via Roio, to understand what happened to the church, to the palazzos: Persichetti, with all the archeological finds originating from Amiternum and brought to light by Cardinal archeologist Nicolò Persichetti, Rivera, Dragonetti. And while I reflect on which streets to go down, I think about the 400 monumental private buildings MU2 8 that my city had preserved, almost all of them from the 18th Century. Most were built after the tremendous earthquake of 1703, and all were more or less complete, at least until this latest earthquake. Inside are the works of art and the furnishings, where the drapery was oftenjealously kept from the heirs of the old families. From here, I set out for San Marciano, the church of the same name that has experiened a considerable collapse. The façade is typical of the style of the L’Aquila area, its basic plan is similar to the other churches of Santa Maria di Roio, San Pietro, San Silvestro and Santa Giusta. Its crowning achievement was completely shattered as if some monstrous hand had amused itself making it crumble. Furthermore, the palaces of the quarter of San Marciano no longer exist and with them the public and private history, ancient and recent of the people that built it, re-built it and preserved it until 2009. The fact that L’Aquila is a ghost town is true. But it is also a city in pain, a city that has–from the area of Piazza della Prefettura and San Marco–a crater in a crater. Finding a way to get here is an undertaking not of little importance. Everything is barricaded and closed off because of the danger of what little has remained. But viewing this area of the city is like watching a movie that has already been seen, so much have the images of its ruins circled the globe since the first seconds after the earthquake. In this age of communication, with the infinite capability to reproduce images, there are only these and a few other frames to represent the tragedy and the drama of an entire city of 70,000 inhabitants. It is too little. I am tired, exhausted more by the pain of how much I have seen than by the fatigue itself. So, I decide to finish my voyage in Santa Maria di Collemaggio. I’ve seen the Basilica many times and remember with emotion and gratitude the firemen who recovered the Madonna con Bambino, a multi-colored terracotta statue from the beginning of the 16th Century. It was created by the famous painter and sculptor Saturnino Gatti whose works were jealously cared of at the National Museum of Abruzzo at the Forte Spagnolo and which have now been entrusted to the care of the restorers of the ICCR with the Museum of Prehistory of Abruzzo in Celano-Paludi. Each return to Collemaggio, however, is a wound that is reopened. For me, like for so many residents of L’Aquila, this church is the symbol of the city, the place of the spirit where you gather your thoughts and pray in difficult moments. Now, in a very difficult moment of our history, not even this is allowed. The big, vaulted church of San Pietro Celestino–where the hermit of Morrone was crowned pope with the name of Celestino V, in the presence of the king and of the highest dignitaries and intellectuals of the age, including Dante Alighieri–has also been fatally wounded. The dome has collapsed. The transept along with all of the altar and the apse has been destroyed. These were the only baroque parts of the church not touched by the reformist spirit of Superintendent Moretti who oversaw the dismantling of all the 18th Century displays of art in the Romanesque churches of the L’Aquila region in order to restore the original architecture. Now the earthquake has taken care of them, too. This time the Basilica better withstood the earthquake contrary to the previous disaster over 200 years before. The chronicles of the time reported that this monument was completely destroyed, including the beautiful two-tone façade; now at least this has been saved thanks to the scaffolding put in place many months ago for restoration work. I stop again for a short while to wander through the tent city put up in a field in front of the basilica. I become fully aware of the great suffering of this collective drama, of the people of L’Aquila who have lost everything–houses, offices, shops. In short, my mind wanders through a strange association of ideas–from the lifetime of sacrifices to the place where the city was born: La Rivera. I know that the Fontana delle 99 Cannelle is there, immutable, like our motto–Immota Manet. But when I arrive in the place called “Accule” in ancient times (because of the springs that are found in this district), the impression is frightening: Everything has collapsed. The church of San Vito–with its sundial that long ago indicated the time to the tanners and the women laundering clothes–no longer exists, much like the early houses of this ancient, first settlement of the future free city of L’Aquila. Then I look at the Fontana delle 99 Cannelle and hear the familiar sound of gushing water. The fountain’s structure is made up of two-tone stone–white and pink. Just like the façade of Collemaggio, it is complete and I think that a future is still possible for my city. The clear and luminous sky on this hot spring afternoon is bigger and bluer still, capable of inviting everyone to start anew once more. Angela Ciano Pag 08 LA-QUI-LA A question of identity We are consoled, at the moment, by the growing public attention focused on the monumental city center of L’Aquila that has revealed the serious nature of its wounds to us without undue modesty. An earthquake has struck this land and this city once again, and has done so with unprecedented violence. The eyes of the world have turned towards Abruzzo in search of an urban-social emergency–of which much good has now been said–even though for the great majority, L’Aquila and Abruzzo were previously unknown geographic entities. But so much comfort is bound to recede and give way to despair. But why? It’s all a question of identity. The essence of this statement can be grasped in the middle syllable of the toponym or place name, L’Aquila: the qui (here) that a double la (there) encloses and which– please forgive the suggestion that does not come seasoned with rhetoric–seems to explain and motivate many “whys,” firstly that of identity. It is QUI (HERE) that–when the Middle Ages favored the mountains for trade and human settlements–the people of this vast highland met for commerce and their most essential survival needs. It is QUI (HERE), that a castle existed (university, social nucleus) by the name Acquili (Acculi, etc.), which seemed to indicate by its very toponym that a wealth of water was present. This was reaffirmed, after much time had passed, by the continuous flow of vital liquid from the 96 (not 99!) masks of the Fontana della Rivera. In the middle of the 13th Century, it is QUI (HERE) in this place that the urban Civitas Nova was thought to be an admirable project and an undertaking that was to characterize a large part of the history of South-Central Italy, though its origins are debated: From the improbable founding by Frederick II, to the explicit papal prophecy. From the record of Conrad IV (and his implicit recognition of the dignity of “City” in 1254), to the real and preexisting desire to create a composite social entity which would become, in a broader context, the catalyst for the entire economy. It is QUI (HERE)–after centuries of an uninterrupted pastoral past–that the role of “Capital of Wool” was thus made official. The Colle di Maggio, at the doors of the city, served as the northern terminal of the Transhumance* and also as the southern terminal of the valuable sheepskin industry. As a consequence, QUI (HERE), merchants from all over Europe (Germans, French, Lombards, Venetians) took up residence for the trade of wool and saffron and to build their warehouses. Many are still remembered today in the names of the streets of the city’s center. And it is QUI (HERE) that the attention of the Christian world was focused in 1294 when L’Aquila became the provisional seat of the papacy and of the kingdom, and the hermit pope, Pietro del Morrone (Celestine V), was consecrated. He decreed the Papal bull of Pardon (Perdonanza Celestiniana), a catalyst of Faith but also an instrument of economic and social growth for the city that was not yet completely built. Again, it was QUI (HERE) that a positively ambitious community, not long after its founding, desired and learned how to create valuable municipal statues for itself (not otherwise found in the history of the South of the Peninsula) in order to reaffirm a substantial and long confirmation of identity and independence from conflict, whose status reflected richly on the entire Contado (district), thus confirming QUI (HERE) as a vital example of an exemplary City-Territory. The territory had actually wished to build an admirable urban structure that replicated, intra moenia [inside the walls of a city], the soul of so many castelli of the surrounding area (99? Or more? Or less? It is not historically important– nobody really knows. Traditionally, just the pseudocabalistic number (99) is agreed upon.) In this way, it was a show of architectural purpose and competitive constructive undertaking that a very extensive “city center” was achieved QUI (HERE)– it was made with (so many) squares, (so many) churches, (so many) fountains and (so many) palaces. Still, it is QUI (HERE), in this center city pulsing with life and initiative, that the unique terrestrial life of Saint Bernardino was cut short in the 15th Century. Furthermore, the citizens of L’Aquila were inspired by Saint Giovanni da Capestrano to construct the stupendous temple destined to host the mortal remains of the man from Siena. Also cut short were the career and life of the great Braccio Fortebraccio da Montone, who fruitlessly strived to conquer the City that was strenuously defended by Antonuccio and by the Allies. Additionally, it was here that some of the most important artists of the Italian Renaissance produced their artwork (both locals and foreigners alike). Lastly, one of the first print shops of Abruzzo was set up here–among the first in Southern Italy. In the 16th Century, Spanish power, the new mistress of the southern kingdom, exercised her heavy repression QUI (HERE) by constructing a powerful fort, by destroying neighborhoods and property and by restoring the villages of the Contado. It was also QUI (HERE) that the last existential meteor of Madama Margherita d’Austria, governor of L’Aquila, was snuffed out. It is with great strength that the Abruzzesi of the mountains resisted oppression, pestilence, multiple disasters and repeated earthquakes until the ultimately destructive event of 1703 succeeded in disavowing the Prefica’s (chief mourner) predictions that had ruled out the rebirth of the city in the same place that was, by now, razed to the ground. QUI (HERE), instead, with the same urban plan and with the same magnificent architectural achievement, L’Aquila rose again from the rubble 306 years ago. It was QUI (HERE) on April 6, 2009, at 3:32 a.m., that a new destructive temblor violently injured the heart of a human, social, economic and religious reality in its splendid city center (a heart that was selfishly and partially minimized by the few preceding lines, but a heart that has also been strongly maximized in thousands and thousands of printed pages). For a heart to beat again, one must also return to live in Piazza del Mercato, in the neighborhoods and locales, in the medieval alleys, in the Renaissance courtyards, in the churches and in the monasteries, in the sumptuous baroque of the first reconstruction and in the 18th Centurystructures of the Piedmont installation. It is a question of identity. It is QUI (HERE), in this city center, that the future of L’Aquila will again play out: If the heart does not start beating again QUI (HERE) in the network of streets and squares, in the craft trades, in the music and in the theatre, in the culture of libraries and archives, in the art of advanced studies, the heart of L’Aquila will die. The story of her identity and her record will remain confined to the pages of history books and her name may disappear from maps altogether. *Transhumance is the seasonal movement of people with their livestock over relatively short distances, typically to higher pastures in summer and to lower valleys in winter. Source: Wikipedia Walter Capezzali Pag 09 RECLAIMING L’AQUILA’S DAMAGED CULTURAL HERITAGE An interview with two leading participants in the ongoing recovery efforts Luciano Marchetti and Anna Maria Reggiani are engaged full time in the recovery and restoration efforts of L’Aquila’s cultural heritage that was destroyed in the April 6, earthquake. Marchetti, engineer, architect and Regional Director for the Cultural Heritage of Lazio, was recently appointed Commissioner T E R A M O ) / L I B R E R I A L A N U O VA E D I T R I C E ( V I A P. TA C C O N E , 1 2 - T E R A M O ) / V A S T O : N U O VA L I B R E R I A ( P I A Z Z A B A R B A C A N I , 9 - VA S T O ) / for the Recovery of Cultural Heritage for Public Safety. Prior to the disaster, he had been at work for almost three months alongside Anna Maria Reggiani, archeologist and Regional Director for the Cultural Heritage of Abruzzo. They had already been laboring to preserve as much of L’Aquila’s cultural heritage as possible when tragedy struck. Marchetti is in charge of the area’s architectural heritage while Reggiani mainly focuses on its artistic treasures. How will the recovery efforts be carried out? L.M. The recovery efforts are difficult…I must clearly state this…because at some of the churches where we’re assisting with salvage operations, only the apses and sides of the buildings are left standing. The Duomo has lost a large part of its transept and one side of its lateral nave; a painting, in the style of Padre Pozzo that depicted the imitation central dome, fell and is in little pieces; Collemaggio lost its transept; we’re trying to keep the Anime Sante standing; in San Bernardino, the bell tower fell down and the dome is severely damaged–so that was where some of the first safety measures were implemented; the Castello has some extremely serious problems…Not to mention that the situation is complicated by the density of monuments in the narrow confines of L’Aquila’s historic city center. A.M.R. It is definitely a difficult recovery because of the great damage. I’ll give you an example: In the city of L’Aquila, the city center was very damaged in the business district because there are shops on all the ground floors; there are often professional offices and many residences on the upper floors– this resulted in a lot of often well-preserved furniture being lost by families who had always lived in historic mansions. Moreover, many architectural elements were lost, from pieces of rooftops all the way down to the basement. All the elements that make up part of the furnishings of a building and that will be very difficult to successfully rebuild. When I think about the Palazzo Branconio, (today Farinosi Branconi) which was one of the jewels of L’Aquila, where the frescoed room with the stories of San Clemente collapsed…I think that the recovery will be difficult because L’Aquila was exactly that–a city very rich in culture that had preserved everything in its entirety. That was the uniqueness of L’Aquila. Now this ‘cultural unity’ no longer exists and I don’t know how it will all be able to be rebuilt because you would have to not only have mountains of money but also incredibly large teams (of workers) to take care of these things. Speaking of money, how much will it take for the recovery of L’Aquila’s cultural heritage? L.M. A preliminary estimate on the amount of damage to the city’s cultural heritage was three billion euros. Perhaps we are being optimistic with that forecast today. A.M.R. When you think that on the (cultural) wish list–Berlusconi’s wish list, I mean–only 44 monuments are listed which total 300 million euros! If you project these figures onto all the other damaged property, you understand that the numbers start to become unimaginable. In fact, that is why the prime minister has asked for aid from the rest of the world–Italy would never be able to do all (that needs to be done) on its own. Now, we also have to understand how to coordinate all the aid that will come in. This, too, will not be easy. What is your line of thinking with regard to the recovery efforts? Are you aiming to salvage everything or will there be some things that are lost? L.M. I hope to succeed in salvaging everything. The line of thinking that we are following with the municipality is to restore the historic town center to how it was before. Probably one day, when the wave of emotions has subsided, you will be able to say how it was and where it was, perhaps making some improvements and eliminating some things. I don’t believe that it is impossible to introduce quality construction into a town center where the original structures are not salvageable in place of making an ugly copy of a building that has disappeared…on this point we are in agreement. We get involved with the goal of saving everything that was there. Therefore, any action that is taken will be integrated with what is left. A.M.R. (Our) intention would be to save everything, but it’s necessary to see if it will be possible, that if you take immediate action you will be able to recover everything. The more time passes, the more difficult it becomes. All the debris–still in the alleys of L’Aquila, where there are stones and pieces of palaces and buildings, with the hot summer that is expect- ed and then the autumn rains–all of this might be lost. Unfortunately, it was not possible to organize a recovery effort on behalf of homeowners–everyone took a piece of rubble from their own building. In my opinion, you save what can be saved now. With regard to works of art, what is the situation? Have some pieces been completely destroyed and therefore lost? A.M.R. Even there, the situation is difficult. We had some nice success with the Museo Nazionale d’Abruzzo; the artwork was evacuated within a few days and safely placed in the Museo di Celano, where restoration work was begun. With regard to (Catholic) Church property–and we are speaking about 1,732 buildings here–of these, only about twenty have been evacuated. Objectively, it is a very low number; it is more difficult to check the gravity of the situation because an entire city was hit. Therefore, when you get involved in a thousand (different) situations, things are (obviously) more difficult. Unfortunately, you could make an estimate on the heritage lost after the recovery because at the moment they are taking away paintings, statues in pieces–it is being done because you can count on being able to salvage them–therefore the (the exact number) of the lost works will be known (only) in the future. Nevertheless, I believe that there will be losses. Moreover, this always happens–there are (always) lost works whether it is with Napoleonic raids, with fires, with wars, with floods; unfortunately, you have to take this into account. Of course, the residents of L’Aquila would like to return as soon as possible to their city center– some people say this will be in five years, others in 30. What is a reasonable amount of time before people can expect to return to the city center? L.M. I wouldn’t say 30; five would be optimistic. However, let’s understand something about going back to the city center: Returning can probably happen by the end of the year. We are working with Commander Basti of the fire department in order to secure a number of routes to make access possible to the city center and the reopen certain activities. Keep in mind that the Banca d’Italia will reopen, the Cassa di Risparmio will reopen, other banks are also making plans to reopen, city hall will reopen. Perhaps even the province will be able to reopen some offices…therefore a small “reappropriation” of the city center will happen in short order, let’s say by the end of the year. But the question of re-inhabiting the city center and have it be how it was before will take more time. Remember, for Friuli and Umbria, it took ten years. I believe that this (shorter) period of time is an acceptable thing for L’Aquila…provided that there is sufficient money for assistance; obviously, it must be understood that any timeframe is subject to the availability of funding. By Angela Ciano Pag 10 L’AQUILA: RECONVERSION BEYOND RECONSTRUCTION The earthquake is a great struggle that demands respect, but is also a great accelerator of change. We must find the strength to look beyond the tragedy, beyond the disaster and beyond the simple and sad “reassembly of potsherds.” We can (and we must) substitute a shared, comprehensive project of transformation that improves the urban and regional qualities (of life). If the economic plight–that has now, for years, haunted L’Aquila–and the environmental, climatic and energy crises were already on the distant horizon, then the current pressing problem for the vast majority of cities on the planet is called reconversion. In these momentous times, such a term is understood to mean the reasoned and reasonable passage from a petroleum-based system to one based on the use of alternative energies; from a system of global production of food to a return to more local exploitation of alimentary resources; from mobility with cars to an alternative that favors (as much as possible) lowimpact public transportation; from an exclusively urban society to one that opts for a more urban-rural mix. Collettivo99 has been working on the contex- tualization of these challenges in the reconversion of L’Aquila, where young architects, engineers and specialists in other fields bring their own expertise to the table for discussion. This city–which has been historically closed to regenerative changes and withdrawn into stubbornly obsolete positions–could now instead transform itself into a planetary model of symbiotic efficiency with nature, a place of new agricultural economics, a city that is energetic, scientific, creative and capable of attracting and not rejecting. The first crisis of simple reconstruction is right before everyone’s eyes (i.e. obvious): Everyone is worried about not being able to reconstruct those aforementioned valuable “potsherds” of which (the city) was made. Secondly, there are the politics of cultural heritage, the economics of tourism, and the sacrosanct reliability of buildings… all things that the residents of L’Aquila must demand from those (currently) managing the disaster and those will (continue) to manage reconstruction, from the first government agency to the last accountant as well as from involved technicians. But that cannot be enough: We don’t want to find ourselves with a city that is perhaps strong, with regard to earthquakes, but fragile, with respect to other much more predictable and critical situations. L’Aquila will change and all will be well if we do better in: RECONVERSION: Change in the logic of how things function and are used with regard to a city (including the historic city center) with zero impact that is technologically advanced, safe, easily accessible and aiming toward selfsufficiency. PROCESS: Planning of all phases of reconstruction guaranteeing functional urban quality to the whole process; not thinking about the finish line but about the quality of the journey. REVERSIBILITY: The flexibility of the process can also be obtained via temporary structures of good formal and spatial qualities that can be integrated well with the existing ones; the goal should be to make people aware of the fact that reversibility can also be a valid building method even beyond crises and disasters. CONSTELLATION OF URBAN ARCHITECTURAL INTERVENTION: Architecture can make itself understood with a dedicated strategy of intervention (public works as a point of departure) that can solve problems of various kinds and various scales, delivering urban quality, triggering social and economic processes, producing and distributing energy, all in order to reactivate parts of the city that have been marginalized up until now. CITY-COUNTRYSIDE: Return to a more symbiotic relationship with nature and with the practice of putting (nature) to work, economically speaking, through a give-and- takedynamic that could involve the city center. The phases of reconstruction have been entrusted to a diverse group of agents–not all of whom are sensitive to local peculiarities, nor in communication with each other–with different ideas of what a city should be. It is necessary to make a concerted group effort that–with everyone’s support–has the desire and dignity to give L’Aquila a certain and serene future for the Third Millennium. Pag 11 COLLECTIVE 99 YOUNG AQUILANI EXPERTS About 50 young Aquilani architects, engineers and geologists under the age of 40–along with the help of other professions ranging from law to communications, from anthropology to psychology–met in L’Aquila between April 22 and 25, forming Collective 99–young Aquilani experts in order to develop concrete plans for the reconstruction effort. The group has seen steady growth, is completely apolitical, and made up of young people whose members have diverse and complementary backgrounds. 99 is the obvious link to the history of the city. It is believed that the enormous tragedy may, with time, transform itself into a great opportunity for the city (now stagnant for some time), an opportunity that may be rethought when viewed in terms of the energy and environmental crises that the 3rd millennium presents us. The shared desire of the Collective’s members is to work on an idea of a “city-region” that truly takes into account who has lived in the area in the past and who desires to live there “again.” The group was born of an interdisciplinary spirit: Petitions were gathered from various committees, from associations and from people spread out among the tent cities on the coast and elsewhere. Experts from both national and international universities in different fields were contacted. The goal was to establish a calm dialogue with the institutional players (government agencies, public safety, region, province, municipality etc.) who will decide the fate of the Aquilano region. The precise aim is to produce a true and real project that effectively rests between the position of the many citizens’ committees that intend to oversee the rebuilding of the city and the professional committees chosen to participate in the reconstruction itself. The young Aquilani technical experts of the Collective 99 have already established a platform of ideas from which to work that they intend to correct, fortify and verify with multidisciplinary and multimedia investigations as well as through the planning process that will act as a forum for discussion. For this purpose they are also beginning a cycle of thematic conferences that range from architecture to structures, from restoration to energy, and whose speakers will be asked to actively take part in the drafting of plans with suggestions and requests. The Collective is, therefore, actively tasked in the editing of a master plan because the many ideas that are put forth should not be considered as provocations or appeals but should translate directly into plans for the city in the hope that the Administration (of the rebuilding effort) will want to implement them. The group–starting from the 99 churches, squares and fountains that urbanistically and socially have made L’Aquila a city that is historically unique –aims to employ the most advanced structural, digital, energetic, bioclimatic, technologies, materials and road networks in order to ensure a restoration and recovery effort that will make L’Aquila a unique and beautiful city again. The collective is open to new memberships, proposals, suggestions, requests and critiques from all qualified interested parties. Pag 12 L’AQUILA 1703-2009: COMPARING EARTHQUAKES “At around two in the morning, on Sunday, January 14, 1703, there was such a terrible earthquake that it seemed as though the day of last judgment was at hand…on that evening and for 48 hours thereafter, the earth moved continually forcing each person to go out into the countryside, leaving their homes and abandoning their things, in order to save their own lives. During these 48 hours, there were shocks almost every hour to the point that it seemed as though the Earth would open up. After these 48 hours had passed, other jolts were felt; people were so frightened to have death before their very eyes that whole days and nights were dedicated to the Blessed Virgin Mary…” Giovannantonio Petroni, January 14, 1703 There are so many similarities that emerge when comparing the seismic events that occurred in the Aquilano region in 1703 and again in 2009 that people have come to speak of “twin earthquakes.” Beyond decidedly technical considerations (“seismic swarms” that preceded shocks of greater intensity and that lasted for several days; activation of the same segments of the fault line, etc.), and thanks to numerous documents–among which the timely description drawn from Antinori must be cited–it is possible to compare damage suffered to the region’s historic-artistic heritage by specifically referencing the city comprised within the ancient walls. Analysis of the data has clearly revealed worrisome coincidences in the localities most damaged by the two seismic phenomena. Among the hardest hit areas, there is no doubt that the neighborhood between Palazzo Carli and Piazza San Pietro–including the church itself–suffered notable damage in the great lateral tower and in the façade, along with the other buildings / W W W. M U 6 A B R U Z Z O . E U / D O V E T R O V A R E M U 6 : M U S E I D E L L A R E G I O N E A B R U Z Z O / A L B A A D R I A T I C A : L I B R E R I A L A N U O VA E D I T R I - MU29 fronting the aforementioned piazza. Proceeding to the northeast, numerous collapses are noticeable in the building fabric [building’s roof, floor slabs, walls, windows, and doors] located between Piazza San Sivestro (including the church of the same name), Palazzo Branconio, and Piazza Santa Maria Paganica–where the church has been completely re-done–in addition to the Palazzo Ardinghelli. An entire portion of the city center that revolves around the main squares of the city–whether we are speaking of the 1703 earthquake or the most recent one in 2009–has been completely damaged by the telluric phenomena (phenomena observed in the Earth’s crust and mantle): Piazza Duomo, Piazza Palazzo, Piazza Santa Giusta, San Marciano, Santa Maria di Roio. Virtually no building has remained unscathed–there was minor damage in the best of cases all the way to situations of partial or complete collapse in the worst. Lastly, it is impossible not to mention the site that has become a symbol of the earthquake of April 6, 2009, thanks to the attention given to it by the mass media: Piazza della Prefettura with the church of San Marco, Sant’Agostino and the whole network made up of residential and commercial buildings that rendered it one of the poles around which the social life of Aquilani gravitated. Less damaged in 1703–perhaps only because it was less built up–was the area behind Via XX Settembre, though it has been tragically affected by the recent events. It is often heard nowadays that history repeats itself; but it is only proper that we go beyond this. Memory must be a warning for us: If it is true that natural disasters of this sort cannot be avoided, then it is likewise true that a series of measures can be put into place that allow the damage to be limited and that mitigate its effects, without giving in to the simple if not futile fatalistic consideration often accompanied by a “comfortable” feeling of helplessness. The stratification that more than 700 years of history has given the city–built, as legend dear to the Aquilani would have it, by the [original] inhabitants of the 99 castles–an original look and an unrepeatable character that if, at first glance, seems severe and surly, shows itself to be noble and kind upon closer inspection. A face that finds its identity in the complex and well-made building fabric put together by architectural archetypes (churches, buildings, fountains, etc.), interrupted by urban spaces connected by a few main routes and numerous “wriggles”. This face reveals its own proper value in there being a whole and not just a simple tally of buildings that can be added or subtracted according to taste and what is deemed necessary. A “woven fabric” that in each element bears witness to a society, a way of life, an “aquila-ness” that is “personal substance, moral and civic temperament made up of pride and glory.” Therefore, it is our task to transmit this legacy to future (generations). The Linee Guida [Guidelines] for the valuation and reduction of seismic risk to our cultural heritage (2006) represents an inescapable instrument to which it is necessary to connect insight to and a specific knowledge of ancient construction techniques. The preservation of our cultural heritage means, above all else, prevention. If the Linee Guida speaks of ameliorating the administration of historical building construction with regard to earthquakes rather than adjustments, then interpreting this idea as a rejection is an error that should not be committed. On the contrary, it should be valued as a consciousness-raising event that is the first form of protection in joining elevated levels of safety with appropriate interventions that link the various aspects of knowledge together while avoiding the slavish and uncritical application of rules. Only by expanding projects–cognizant of the errors committed in the past and proposing interventions respectful of the intrinsic values of historic building–can a wounded city be reconverted. Only by fearlessly speaking out can an offended city give itself a new appearance made with pre-existence and innovation that speak in harmony. These are the only things that will allow a return to an ordinary life that was so suddenly and dramatically interrupted. View of L’Aquila’s historic downtown, highlighting both areas hit by the earthquakes of 1703 and 2009. MU3 0 Pag 13 A HOSPITAL FOR ARTWORK: LABORING TO SAVE WORKS AT THE NATIONAL MUSEUM OF ABRUZZO IN CELANO Almost all of them are in Celano. At this time, the Museum of Prehistory is a sort of hospital, a huge emergency room for servicing works of art salvaged from the disaster of the National Museum of Art of L’Aquila, destroyed by the April 6 earthquake. Over a thousand sculptures, paintings and art objects that were located at the Forte Spagnolo in L’Aquila (heavily damaged by the earthquake that hit the heart of the capital city of Abruzzo) are being held in this modern and practical structure. In addition to other works of art coming from the province (of Abruzzo), restoration teams from the Central Institute of Restoration and also from the Opificio delle Pietre Dure, (Workshop for Hard Stones and Laboratory for Restoration in Florence) are taking good care of these witnesses to our history. “It is a sort of field hospital where the first and most urgent operations are performed in order to save the most damaged works, placing them in safety,” explains Caterina Bon Valsassina, Director of ICR. “During a secondary phase, the actual restoration will then take place.” Q: Director, can you estimate the damages? Can you tell us how many works of art were lost? A: Right now, it is very difficult to quantify the losses. Our intention is not to lose anything because we will try to restore all the works that have been recovered. Certainly, some of them are in quite bad shape. For instance, I’m thinking about a couple of large paintings that suffered enormous damage–I have never seen such damage to paintings before. On these paintings we first performed a velinatura (application of protective film), and implemented measures to prevent biological decay. But we have to act immediately because if we do not, then we risk losing them for good. As far as comprehensive damage is concerned, at this time, we do not have an accurate estimate because we evaluate each case individually. Every single piece of artwork is unpacked and given a number from one to four according to the type of damage it suffered: A number one is reserved for the works showing the worst damage, while a number four is given for those that are in good condition. Up to now, 50% of the artistic heritage has been tagged with a number one. Q: At this time, how many people are working at the Museo delle Paludi (Wetlands Museum) in Celano? What type of method are you using? A: I was recently in Celano and found a fantastic atmosphere there. Everyone was working in a great spirit of cooperation. Everyone was focused on the task at hand trying to save a rich and unique heritage. I think about the important wood sculptures collection that the L’Aquila Museum was housing; many of these works suffered extremely serious damage and they can only be saved if each and every one of us gives it our all in our own work. We now have a team of 10 professional people: five restorers, four photographers and one physicist. All of them are working without a break to avoid wasting even a second because this could mean losing a piece of our own history. As I said before, all of these people are providing a sort of “triage” or “emergency care” service: This entails further examination and logging of the damage after an initial inspection has been conducted by the public safety officials and volunteers who first recovered the artworks from the rubble. Then we move on to the first high-priority steps such as velinatura and spianamento (smoothing of warped surfaces)–especially for paintings. In many cases, we have taken action to protect the artworks from biological decay since the rains that followed the earthquake unfortunately brought with them mildew and bacteria. Q: So, for the time being, you are prioritizing needs even with regard to “moveable assets.” But what about the works that will be part of the big exhibit that will open during the G8 in L’Aquila? A: Luckily, many of the artworks selected for this important event do not need lengthy or serious restoration and for this reason they will be ready in July. As for the others, we are thinking about showcasing the damaged work explaining and demonstrating the restoration process. In this way, the value of our cultural heritage will be on display as will the damage caused by a natural disaster. Q: When do you think it will be possible to move on to the restoration phase? A: It is not easy to say right now. We will need more time and above all we will have to understand if all these works–and there are many–can be restored in Celano or if they will have to be moved to better-equipped laboratories. Despite the fantastic, collaborative and cooperative atmosphere that is present here, we have a huge job ahead of us salvaging a situation that is much worse than you could ever imagine. AN ANTI-SEISMIC MUSEUM The terrible seismic event that destroyed the city of L’Aquila along with its environs has also had devastating effects on its cultural heritage. And by this we mean not only the unique and beautiful monuments, but also the socalled “moveable assets”–the paintings, the statues, the art objects–that for centuries have enriched its churches and palaces and have given life to important museum realities, especially during the last century. In fact, this is the case with the National Museum of Abruzzo (Museo Nazionale d’Abruzzo), that has borne witness since the 1950s to a whole region’s artistic legacy–from archaeology to contemporary art–and whose vulnerability was underscored by the April 6 earthquake. The museum incurred enormous damage to its structure and to its collection of hundreds of works. Not even the art displayed on the lower floors of the building (those on the upper floors had to withstand the collapse of the roof) managed to resist. It is difficult to think that this happened in a high-risk zone such as L’Aquila where a minimum attention to earthquake risk is warranted. This is especially noteworthy considering that the preparatory measures and the new museum are dated from 2007, that is to say, a period in which the attention to this type of danger was indeed high. If it is true that the majority of Italian museum collections have no anti-seismic measures in place–Michelangelo’s David is currently undergoing preparations in this regard–it is also true that recent planning could have at least raised the question. Nothing of the kind happened in L’Aquila. The earthquake–which was, honestly, much more violent than could have been imagined–caused the disaster. But now we have to think about reconstruction and new, additional preventive measures for the National Museum of Abruzzo. Let us not allow this new opportunity to pass us by! Pag 14 THE CARISPAQ FOUNDATION FOR RECONSTRUCTION IN THE L’AQUILA REGION The night of last April 6 also marked a boundary line for the Cassa di Risparmio Foundation (Carispaq) of the province of L’Aquila. It is a dramatic moment from which we can and we must start again in order to rebuild a fatally wounded city. This same entity (Carispaq) suffered enourmous damage to its heritage and to its buildings of cultural interest. President Roberto Marotta explains: “Both the current headquarters [Palazzo dei Combattenti Ed.] in Corso Vittorio Emanuele and the site in Palazzo Alferi Dragonetti De Torres have been seriously damaged; with the first location we hope to start restoration work immediately and bring the project to term in around two years; with the second in Piazza Santa Giusta–and that is a very old palace–it will require more time, and above all else, more money.” Q: President, how much unity is there and what type of cooperation are you receiving? A: Immediately after the earthquake, all of the Italian foundations made themselves available for whatever we needed, and for that I thank everyone. Then, through the associations that make up ACRI (an association of Italian mutual savings banks), funds have been collected–a one-hundred-and-fiftieth portion of the assets of each foundation–that the Carispaq foundation would like to use to subsidize and compliment public renovation works. We have already proposed some ideas to the board of directors of ACRI who have also made themselves available for further participation (in ongoing recovery plans) if necessary. Q: What type of ideas regarding participation have you proposed? A: First of all, participation on behalf of the University of L’Aquila that has an enrolment of 27,000 and is one of the main economic motors of the city. For this we thought about multi-year scholarships to offer to new students. Then there are a series of contributions for education (teaching). We haven’t forgotten however the economic activity of the region. We would like to offer funds to the Confidi (a banking trust set up to collectively collateralize lines of credit) in such a way as to increase the percentage of collateral in comparison to banks and speed up the financial aid process for small entrepreneurs, merchants and craftsman who, at present, have no collateral to offer so we can help them restart their businesses. In essence, we would like to become collateral for this category of borrowers. Another idea is to offer financial backing to the many cultural activities of the city –that today have been deprived of every type of infrastructure–in such a way as to not lose the professional know-how that has taken so many years of work to create and thus maintain an elevated cultural profile of our city. We would also like to finance a research center of international caliber. All the foundations are available to (help) start economic activity of this type that should also be supported by the Ministry of Research. There are two threads that can be followed for this type of project: one is on nanotechnology and the other is really on earthquakes. A choice must be made between these two sectors but is clear that we favor the project that creates a research institute on an international level where we foresee jobs and the retention of, again, high-profile know-how. Q: Other partnerships? A: We have received mutual support from so many institutions. We are members of Civita (cultural organization), an important and noble association that for years has worked in the cultural heritage sector. Its president, Professor Maccanico, summoned me because he wanted to adopt a monument or work of art damaged by the earthquake and also to honor the memory of the secretary general, Professor Gianfranco Imperatori, who recently passed away. Moreover, the Italian Tumor Institute of Milan has made its own organization available to students graduating, specializing and performing research in oncology and will contribute financially to the activity brought forward from “L’Aquila per la vita” (“L’Aquila for life”) that is an honor society dedicated to home-care for patients suffering from oncological diseases. Finally, the Cari Verona foundation has made available the Verona Arena for a night of music on behalf of Solisti Aquilani that will be held next September. Q: How should the post-earthquake phase be managed? A: For the moment, we must get past the idea that a devastating earthquake hit L’Aquila and its surrounding municipalities, and only had a minor effect on the outlying communities of the region. The few available resources available cannot be wasted in a thousand streams of funds flowing out to satisfy the modest needs of these other communities that would like to take advantage of this situation. That said, I am convinced that L’Aquila will be reborn only when all the residents of the city return and restart their businesses. L’Aquila–where it was and how it was–is destined for a new territorial expansion. The periphery will have to be considered as a new opportunity. And the city center–thanks to the visibility that it will have with the imminent G8– will have to come back to life as soon as possible. The institution that I preside over is and will be present and along side in support of the reconstruction efforts with the simple message that we have to stay in L’Aquila and not abandon the great task that is before us. C E ( L U N G O M A R E M A R C O N I , 2 7 0 - A L B A A D R I AT I C A ) / A S C O L I P I C E N O : L I B R E R I A L A N U O VA E D I T R I C E ( P I A Z Z A D E L P O P O L O , 2 6 - SONO APERTE LE ISCRIZIONI PER L’ANNO ACCADEMICO 2009-2010