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GUEST EDITOR: MARCO GASTINI MUOVENDO DAL TERREMOTO:

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GUEST EDITOR: MARCO GASTINI MUOVENDO DAL TERREMOTO:
A S S O C I A Z I O N E
A M I C I
D E I
M U S E I
D ’ A B R U Z Z O
F
I
D
A
M
Tribunale dell’Aquila n°553 del Registro Giornali 18.03.2006
Periodico Trimestrale Gratuito
Poste Italiane Spa - spedizione in abbonamento postale - 70% - Pescara
E D I T O R E
Anno IV/III Trimestre n° 13 2009
GUEST EDITOR: MARCO GASTINI
MUOVENDO DAL TERREMOTO:
RITORNO A L’AQUILA
DUE NOTE: DACIA MARAINI / CARLO CRIVELLI
PUNTO A CAPO : UN OSPEDALE PER LE OPERE D’ARTE
GIOCHI DEL MEDITERRANEO: UN TUFFO NEL TEATRO
MUSEO E TERRITORIO: UNA GIORNATA ATRI-ATICA
c.p. 162, 67100 L’Aquila centro
Associazione Amici dei Musei d’Abruzzo
TEXT IN ENGLISH
In copertina: Marco Gastini
Nel mese di maggio, 2007 - (particolare)
tecnica mista e ardesia su tela
cm 240 x 165 x 24
foto Claudio Abate
2
Muovendo dal Terremoto
3
Due Note
a cura della Redazione di MU6
Dacia Maraini
Carlo Crivelli
4
Punto a capo
Quegli ultimi tragici venti secondi degli ultimi 755 anni hanno reso nota L’Aquila in tutto il
mondo e hanno determinato per la città un anno zero.
di Angela Ciano
Ritorno a L’Aquila
8
Punto a capo
<Noi uomini e donne che abitiamo la parte “sviluppata” del mondo (la più ricca, la più
modernizzata), siamo “oggettivamente” le persone più al sicuro nella storia dell’umanità>
(Zygmunt Bauman).
di Walter Capezzali
Una questione d’identità: LA-QUI-LA
9
Punto a capo
a cura di Angela Ciano
I danni al patrimonio e il suo recupero
Intervista a Luciano Marchetti ed Anna Maria Reggiani
10
Punto a capo
di Marco Morante e Maura Scarcella
L’AQUILA - RICONVERSIONE oltre la RICOSTRUZIONE
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Punto a capo
Collettivo 99 - Giovani Tecnici Aquilani
12
Punto a capo
di Simona Rosa
L’Aquila 1703-2009: Terremoti a confronto
13
Punto a capo
Punto a capo
La Fondazione Carispaq
per la ricostruzione del territorio aquilano
15
L’artista Marco Gastini è il guest editor di questo numero speciale, al quale abbiamo chiesto di riportare armonia tra uomo e natura con l’energia del suo segno.
Punto a capo
Appunti di Pacificazione
16
Così , fin qui, abbiamo anche noi pensato; ora alle tante ansie e incertezze contro le quali
quotidianamente combattiamo dobbiamo aggiungere e vincere questo terribile senso di
precarietà che ci ha lasciato il 6 aprile. La paura risiede anche nell’imponente prova di ricostruire una città che diviene “simbolo” e che misura la capacità di una comunità di costruire il proprio futuro.
L’accaduto è stato sotto gli occhi di tutti per troppo tempo per indulgere in immagini “compiaciute” per cui si è deciso di utilizzare il bianco e nero di Antonio Di Cecco come essenziale sintomo del panorama in evoluzione.
È di tutta evidenza la centralità di una riflessione sulla prospettiva architettonica e del pari
la nostra sensibilità è rivolta al “risarcimento”dei beni culturali pubblici e privati.
Un ospedale per le Opere d’arte
14
Muovendo dal terremoto
Guardando al futuro positivamente, vi offriamo anche una sfida: una giornata di visita guidata all’Aquila per il 4 ottobre per valutare, insieme, l’andamento del recupero.
Eventi
La memoria narrata
17
Eventi
Ma L’Aquila non è l’Abruzzo, per cui, nelle prossime pagine, troverete segnalazioni di eventi e proposte di visita anche ai centri minori delle altre province abruzzesi, contenitori di bellezze e curiosità.
Spalletti a Kleve
18
Eventi
di Jessika Romano
José Ortega Realismo e Identità mediterranea
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Ci sentiamo in animo di ringraziare quanti si sono interessati al futuro della nostra rivista e
ci hanno sostenuto.
Musei e Territorio
Il Parco della Terra
21
Musei e Territorio
di Antonella Muzi
La redazione di MU6
Una giornata ATRI-atica
22
Cultura e Impresa
Arte Libro / Fiera di essere a Matera
23
di Antonella Muzi
Eventi
Pescara 2009: un tuffo nel teatro del Mediterraneo
24
Infomu6
Mostre / attività / concorsi / libri / eventi / sotto la lente
27
English text
MUSEI n.13
Progetto grafico
Periodico Trimestrale ideato da Germana Galli
Ad.Venture / Compagnia di comunicazione
impaginazione a cura di Franco Mancinelli
Editore
Associazione Amici dei Musei d’Abruzzo
Casella postale 162, 67100 L’Aquila centro
[email protected]
www.mu6abruzzo.it
www.mu6abruzzo.eu
Webmaster Claudia Valentini
Traduzioni
John Sopinski ([email protected])
Foto
Walter Capezzali
Adriano Bucci pag 15
Luciano D’Angelo pag 8
Antonio Di Cecco pagg. 4, 5, 6, 7, 9, 10
Mario Di Paolo (interventi Marco Gastini)
Werner J. Hannappel pag. 17
Luca Lamanna pag. 11
Coordinamento editoriale
Stampa
Direttore Responsabile
Germana Galli
Poligrafica Mancini
Sambuceto / Chieti
Redazione
MU2
Angela Ciano, Franco Dus, Marco Morante,
Antonella Muzi, Jessika Romano, Maura Scarcella.
Distribuzione
Per questo numero hanno collaborato:
Collettivo 99, Gianfranco Conti,
Alessandra Giorgi, Simona Rosa.
Tiratura 10.000 copie
© MU6 / 2009 stampato in Italia
Spedizione postale
D O V E T R O V A R E M U 6 : M U S E I D E L L A R E G I O N E A B R U Z Z O / A L B A A D R I A T I C A : L I B R E R I A L A N U O VA E D I T R I C E ( L U N G O M A R E M A R C O N I ,
DUE NOTE
DACIA MARAINI
La paura è sempre stata presente nel suo lavoro di scrittrice. Anche in
“Passi Affrettati”, recente fatica letteraria e teatrale, è uno dei temi
dominanti. È la paura il sentimento dominante in questi giorni del post
terremoto. Per questo abbiamo chiesto ad un’abruzzese d’elezione
come Dacia Maraini di parlarci di questo stato d’animo.
Avvenimenti terribili come quello del 6 aprile che ha seminato morte e distruzione, ha generato panico e una paura collettiva. È la paura di morte e o è la paura di non avere più un futuro?
Il terremoto smuove nell’essere umano delle paure viscerali, probabilmente arcaiche. È
la paura della natura come la doveva vedere l’uomo delle foreste, nelle civiltà primitive.
La paura della grande Madre Terra che è imprevedibile, vendicativa, furente quando si
infuria. La madre dei vulcani che esplodono, delle maree che salgono, del fuoco che brucia, della terra che si spacca. È una paura irrazionale e quindi profonda e paralizzante. Di
fronte a questa paura, dobbiamo cercare di recuperare la nostra consapevolezza umana,
il ragionamento e la capacità di pensiero lasciate da parte. Riflettere e cercare di agire
secondo ragione.
Quanto può essere grande lo smarrimento di chi non ha più i luoghi delle propria storia’’?
La terra su cui stiamo e la casa in cui abitiamo sono i luoghi della sicurezza che a noi
sembra eterna. Ci comunicano un senso di eternità e di stabilità assoluta. Cose effimere
ma di cui l’uomo ha bisogno per sopravvivere. Per questo il tradimento di una terra che
si agita, sgroppa e di una casa che si apre, si sfalda, va a pezzi, sono sentite da noi come
tradimenti profondi e imperdonabili. Ma bisogna riflettere che non sono offese fatte a
noi. La Natura se ne infischia dell’uomo, fa quello che deve fare. Anzi l’uomo dovrebbe
capire da questi segni quanto sia debole e impotente di fronte alla Natura. Deve rimboccarsi le maniche e rimediare come può.
17 secondi di violenza assoluta travolgono destini, persone, luoghi, beni culturali, sarà risarcibile?
Certo, non è risarcibile. Come si può risarcire un sciagura come quella di un terremoto
in cui si perde la propria città, la propria casa, il proprio lavoro? Ma perdersi d’animo non
serve a niente. È come farsi prendere dal panico quando si è presi dalle onde alte. Se ci
si fa sopraffare dalla paura, si muore affogati. Se invece si ragione, si prendono le misure delle proprie forze, si ragiona in termini di strategia fisica, si supera il pericolo. Quindi
ripeto: non ci sono risarcimenti possibili per quello che si è perso, ma ci sono danni da
riparare e case da ricostruire, città da rimettere in senso. Sono diritti di chi è stato così
duramente colpito e ci deve pensare lo Stato.
CARLO CRIVELLI
È uno dei compositori più noti. Nel suo curriculum vanta collaborazioni
con tutti i più grandi registi italiani e non solo. Tra gli ultimi lavori: la
colonna sonora di “Vincere” di Marco Bellocchio presentato al Festival
di Cannes del maggio scorso. Il Maestro Carlo Crivelli da anni vive e
lavora a Fossa dove ha fondato anche l’Orchestra Città Aperta. La sua
testimonianza della notte del terremoto è quella di un artista che da
subito ha amato e scelto la nostra terra.
IL CAVALLO DI TROIA
Tutti gli accadimenti avvenuti prima delle 3 e 32 del 6 aprile, appaiono lontani come se la percezione del Tempo fosse stata alterata scaraventando le nostre vite in un altro luogo ad anni
di distanza.
Non riesco a connettere il ricordo della catastrofe con nessun’altra esperienza vissuta in precedenza, se non con il mondo dei sogni: il Tempo dilatato,la luce chimica,la voce del
Demone che non si può raccontare, le urla di terrore dei miei cari,le mura che “si disegnano” col rumore della mitraglia e che si spaccano in mezzo mentre le guardi, i calcinacci che
ti cadono addosso e la terra che sembra mancarti sotto i piedi!
Siamo stati bravi, non ci siamo fatti prendere dal panico: ci siamo vestiti dopo aver aspettato che finisse l’evento sotto un muro che non saprò mai se era quello maestro. Nessuno ha
varcato la soglia senza che io prima avessi controllato le scale perché c’erano tre piani da
scendere. Fortunatamente la corrente c’era e la casa pur orribilmente crepata ci aveva permesso di uscire.
Il Duca degli Abruzzi a 10 metri dal portone? ancora adesso stento a crederci! non sapevamo che fare e siamo rimasti almeno un’ora e mezza sotto casa, finchè il forte odore di gas
non ci ha indotto a spostarci verso la Fontana Luminosa. Il silenzio era spettrale e immaginavamo fortunatamente sbagliando, che sotto il Duca potessero esserci dei morti. La meraviglia ci era indotta dal fatto che non si sentiva il ben che minimo lamento né tantomeno una
qualche sirena dei soccorsi…
Il 4 e il 5 avevamo riunito l’Orchestra Città Aperta per la registrazione della colonna sonora
del film”La blonde aux seins nus” e per il Galà Lirico che avremmo dovuto tenere alla Città
della Musica di Roma il 6 sera. C’erano quindi una sessantina di musicisti, molti stanziali
ma almeno una ventina giunti da varie parti d’Italia e d’Europa che avevamo sistemato in
zona per la notte. Verso le sette già avevo avuto rassicurazioni sulla loro sorte: stavano tutti
bene e si erano riuniti al campo sportivo di Fossa, il comune che ci aveva “adottati” e che ci
consentiva di registrare alla “Fragolina”.
Ero preoccupatp per il regista del film Manuel Pradal che era a L’Aquila per assistere alla registrazione ed essendo i nostri posti bellissimi aveva pensato di unire l’utile al dilettevole
venendo con la giovane moglie e la figlia di 8 mesi. Non potevo certo andarmene da L’Aquila
senza sapere di loro e così a piedi insieme a mio figlio siamo andati a cercarli all’Hotel Sole.
Non li abbiamo trovati ma abbiamo avuto notizia che erano vivi e stavano bene. Annullato
il concerto del 6 e la registrazione (ultimata qualche giorno dopo a Londra),nel tardo pomeriggio siamo partiti in macchina per Roma via Rieti potendo appoggiarci a casa di mia
madre.
Io le scosse delle settimane precedenti “l’evento” le ho sentite tutte e bene poiché dovendo
scrivere, ero quasi sempre seduto nel mio studio al 3°piano di via Giovanni XXIII e posso dire
che dal 29 / 30 marzo la “qualità” delle scosse è cambiata, affermando quello che tutti sanno
senza bisogno di sismografi.
I rumori nel cavallo c’erano stati, il demone qualche segno chiaro l’aveva dato ma evidentemente forse per stanchezza dovuta all’assuefazione, non abbiamo voluto né vedere né sentire. D’altronde i nostri esperti di terremoti, nulla sanno (per loro ammissione s’intende!),
né possono prevedere alcunché. Tuttavia non è vero che non sono serviti a niente come taluni ritengono: va loro riconosciuto pienamente il merito di aver contribuito alla creazione di
quell’humus che permettesse ed avvalorasse la tesi che ci ha così ben rassicurato in questi
primi mesi del 2009, per cui quasi,bisognava ringraziare lo sciame sismico che con la sua
esistenza, permetteva alla pressione di sfogare scongiurando l’evento catastrofico.
, 2 7 0 - A L B A A D R I AT I C A ) / A S C O L I P I C E N O : L I B R E R I A L A N U O VA E D I T R I C E ( P I A Z Z A D E L P O P O L O , 2 6 - A S C O L I P I C E N O ) / L I B R E R I A L A
MU3
RITORNO A
Torno. L’atmosfera è surreale. Torno a camminare per le vie, le piazze, gli angoli e non ritrovo più i rumori, gli odori, i colori che la mia città e solo la mia città sa regalarmi.
Ritorno a L’Aquila dopo quaranta giorni dalla maledetta notte del 6 aprile 2009, sono le tre
del pomeriggio e fa caldo, tanto caldo per essere una giornata di metà maggio, eppure non
è il clima ad ammutolirmi, ad infastidirmi. La città non esiste più, il luogo dove ho vissuto
fino al 5 aprile 2009 non c’è più, ed è questa la primissima emozione che sento, il senso di
una perdita irrimediabile che mi trafigge e mi fa capire quanto un terremoto può segnare la
fine. So che L’Aquila sarà ricostruita, ma so anche che nulla sarà come prima, so che certi
sapori di pietra e di muffe, di freddo e di sole, di storia e di vita quotidiana non torneranno
più perché sono proprio queste le cose perse per sempre. Ed allora lo smarrimento è totale
ed è lui ad accompagnarmi nel mio girovagare senza un percorso prestabilito, per una città
ferita a morte da una natura impietosa.
Prima di iniziare questo viaggio di dolore, avevo fissato in mente alcune tappe nei luoghi e
tra i monumenti che segnano la gloriosa e antica storia dell’Aquila; invece è stato il cuore e
non la ragione a guidarmi e gli occhi hanno cercato i posti che conosco di più, quelli della
mia vita. Quelli che ho amato e quelli che ho odiato. Così dal Forte Spagnolo, simbolo di una
dominazione subita e mai accettata dalla fiera gens aquilana, mi dirigo verso il cuore del centro storico con la mente ancora aggrovigliata a pensare come mai un edificio così possente
e forte, appunto, si sia piegato così tanto alla forza devastante della natura.
Un monumento che di per se è simbolo di potenza è ridotto ad uno spettro, svuotato di tutti
i suoi tesori e violato nei suoi segreti più intimi. Eppure la fortezza che non ha mai conosciuto la guerra, costruita nel 1534 sotto la dominazione della Spagna di Carlo V e per la cui
MU4
realizzazione la città ribelle fu costretta a versare una tassa di 100.000 ducati annui, la possente struttura che era uscita praticamente indenne dal precedente e altrettanto tremendo
sisma subito dall’Aquila, quello del 2 febbraio 1703, questa volta ha dovuto chinare il capo e
arrendersi ai colpi mortali di madre terra. Sconfitta, come tutti gli altri edifici di una città tenace che ora si mostra vulnerabile e bisognosa di aiuto.
Così percorrendo via Garibaldi il primo tuffo al cuore viene da una sosta a Piazza Santa Maria
Paganica. Vi arrivo facendo dei giri impensabili a causa delle macerie che ostruiscono i vicoli più stretti e suggestivi, ma una volta qui l’emozione è fortissima, la chiesa, i palazzi, i simboli della nostra storia non ci sono più. Palazzo Ardinghelli, fastoso ed elegante edificio settecentesco, esempio di perfezione formale con la sua meravigliosa facciata barocca, da poco
acquistato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali è come se non avesse più lo scheletro a tenerlo dritto e altero. E’ come se una mano mostruosa gli avesse strappato le ossa e
con esse gli apparati decorativi più belli. Al loro posto il vuoto della struttura muraria. Dentro
tutto è venuto giù e il pensiero va subito al bellissimo e borrominiano scalone, alle sale del
piano nobile con i dipinti realizzati per celebrare i fasti della famiglia da uno degli artisti più
eccentrici e originali del XVIII secolo, quel Vincenzo Damini, veneziano che aveva fatto
dell’Aquila la sua seconda patria lasciandoci altri capolavori in chiese e palazzi, e forse anche
questi perduti. Lo sguardo si ferma poi terrorizzato su Santa Maria Paganica la imponente
chiesa capo quarto che con la sua mole ha dominato fin dalle origini la città, è ridotta a macerie, anche lei aveva resistito al sisma del 1703, ed era arrivata fino a noi intatta, oggi invece è
solo un rudere di cui però se ne respira ancora lo spirito del castello fondatore del quarto,
quello di Paganica altro centro terribilmente toccato dal sisma. Guardo ancora quel che resta
N U O VA E D I T R I C E ( C E N T R O C O M M E R C I A L E “A L B AT T E N T E ” , V I A D E L C O M M E R C I O , 5 2 - A S C O L I P I C E N O ) / A V E Z Z A N O : L I B R E R I A M O N D A D O
PUNTO A CAPO
L’AQUILA
di questa magnifica struttura, le sue mura sono violate, la sua splendida abside è sbriciolata, chissà quando torneremo ad udire il suono delle sue campane che penetrava lo scorrere
della nostra quotidianità?
Comincio ad ispezionare i vicoli vicini: Via Paganica, Via Accursio, Via Navelli impossibile
percorrerli quasi tutti sono ostruiti dalle macerie degli splendidi Palazzi che ne contrappuntavano il limite; dei Baroncelli Cappa, Carli Benedetti, sono rimaste le facciate martoriate,
impossibile capire cosa è accaduto dentro, agli splendidi cortili, agli archi, alle scalinate dove
hanno lavorato i migliori artisti rinascimentali abruzzesi.
Proseguo verso Piazza San Silvestro dove sono sicura mi aspetta un altro colpo al cuore.
Palazzo Farinosi Branconi, splendida residenza della potente famiglia Branconio, mi hanno
detto, “non esiste più”; in verità l’involucro esterno c’è ancora, lesionato, frantumato nelle
parti architettoniche più deboli, ma qualcosa è rimasto. Gli stemmi in pietra che riportano i
simboli del potere della famiglia, le tre palle medicee generoso dono della casata fiorentina
a quella aquilana grazie alla posizione di prestigio presso Papa Leone X di Giovanbattista
Branconio, sono ancora li a ricordarci il nostro glorioso passato. Siamo agli inizi del ‘500 e
l’aquilano a Roma è legato anche a Raffaello Sanzio di cui si dice, fosse venuto a L’Aquila, di
sicuro ha dipinto per l’amico la tela della Visitazione destinata alla cappella Branconio in San
Silvestro ed oggi fortunatamente al Prado di Madrid; molti artisti usciti dalla fiorente scuola
dell’urbinate sono passati per la mia città lasciandoci, tra le altre cose, le logge affrescate del
Casino Branconio oggi in frantumi. Come sono in frantumi le tre sale affrescate del piano
nobile del Palazzo di rappresentanza della famiglia, tra cui quella con le storie di San
Clemente. L’unica a L’Aquila completamente ricoperta da affreschi ed oggi forse irrimediabil-
O R I ( V I A M O N S I G N O R B A G N O L I , 8 6 - AV E Z Z A N O ) / L I B R E R I A L A N U O VA E D I T R I C E ( C O R S O D E L L A L I B E R T À , 1 1 0 - AV E Z Z A N O ) / B O L O G N A :
MU5
mente perduta. Dopo una visita veloce alla Chiesa di San Silvestro decido di riprender la strada verso il cuore del centro storico passando per i vicoli più stretti e suggestivi, Via delle
Streghe appena liberata dalle macerie, chiamata così perché non ha neanche una porta e
quindi nessun numero civico, Via Rustici, Via Cascina e Via Roma. Lo scenario non cambia
palazzi e semplici case di amici e persone conosciute sono a brandelli e rabbrividendo
penso a come questi miei concittadini siano riusciti ad uscirne vivi. Poi Palazzo Carli sede
del Rettorato è già tutto imbrigliato in un ultimo disperato tentativo di tenerlo su, mentre
una nutrita squadra di vigili del fuoco si affanna intorno al cadavere di Palazzo Porcinari sede
del dipartimento di storia dell’Università dell’Aquila. Via Roma e Piazza San Pietro, le viuzze
laterali che conducono a San Domenico, la splendida e grandiosa chiesa trecentesca costruita quando la vicina reggia angioina divenne convento per volere di Carlo II, tutto è colpito a
morte; lo scenario è sempre lo stesso, macerie, distruzione. Al senso di perdita e di smarrimento iniziale si aggiunge ora quello dell’ inesorabile fine. Mi chiedo… quanto di tutto questo tornerà come prima? e come portata dai miei pensieri mi ritrovo lungo il Corso: Umberto
e poi Vittorio Emanuele ma la mia “passeggiata” non è più la stessa. Guardo l’infilata dei
portici prima pulsanti di vita e ora impregnati di polvere e silenzio, non si odono più le voci
MU6
delle persone, i suoni dei negozi del centro. il silenzio è assordante, devastante, distruttivo.
Gli spettri di questa città spettrale sono proprio loro, i portici ottocenteschi con le loro colonne impacchettate da cinghie colorate come fossero pronti per una danza macabra.
Un ultimo sguardo a Piazza Palazzo e alla sede del Comune dell’Aquila, immagino il corteo
di Margherita d’Austria la figlia del potente imperatore Carlo V, immagino il suo ingresso
trionfale come governatrice della città e l’arrivo alla sua residenza, ora giustamente municipale, era il 1575 e la città era agghindata come una bella e felice sposa. Intorno al Palazzo che
fu di Margherita le ferite sono ancora più profonde e la distruzione completa.
Non mi resta che dirigermi verso Piazza Duomo il centro mercantile della città ancora prima
della sua fondazione; il silenzio che mi ha accompagnata fino ad ora lascia il posto a rumori di ogni genere. Ma non sono i rumori del mercato generale che ogni mattina, fin dalle
prime ore, dava vita alla città…ora si sentono solo suoni metallici di gru che posizionano
gabbie e cupole in metallo per mettere insicurezza la Chiesa di Santa Maria del Suffragio o
delle Anime Sante la cui settecentesca cupola del Valadier in frantumi è diventata, suo malgrado , il simbolo di questo terremoto; mentre i tesori d’arte che custodiva fortunatamente
sono in salvo, portati via e messi in sicurezza immediatamente dopo il sisma, così come
LIBRERIA PICKWICK (GALLERIA 2 AGOSTO 1980, 3/2 - BOLOGNA) / C H I E T I : LIBRERIA DE LUCA (VIA C. DE LOLLIS, 12/14 - CHIETI) / G I U L
PUNTO A CAPO
sono state salvate le opere custodite dalla Cattedrale di San Massimo il cui squarcio profondo all’altezza del transetto, la caduta quasi totale di una parte di una delle navate laterali non
lasciano dubbi sulla drammaticità di quanto accaduto la notte del 6 aprile scorso alle 3.32.
Molti sono stati qui i danni, i beni distrutti, molte tele d’altare tra cui il ritratto di san Carlo
Borromeo di Teofilo Patini e la enorme e bellissima tela della finta cupola realizzata alla
maniera di Padre Pozzi.
Prima di dirigermi verso i quarti di San Marciano e Santa Giusta, torno indietro verso San
Bernardino per guardarla ancora. La bianchissima facciata di Cola dell’Amatrice è ancora lì intatta e scagliata contro il blu del cielo, il corpo della chiesa ha subito però ferite mortali: il campanile è crollato quasi del tutto facendo precipitare le pesanti campane sul sottostante convento
e la cupola ha uno squarcio profondo che ne compromette tutta la stabilità; dentro le opere
d’arte sono salve: il Paliotto in ceramica di Andrea della Robbia, il mausoleo di San Bernardino
da Siena e il Monumento funebre a Maria Pereira Camponeschi di Silvestro dall’Aquila, i simboli della Processione del Venerdì Santo di Remo Brindisi sono ancora lì intatti, in attesa di essere messi in sicurezza. Erano già pronti per tornare a sfilare nelle vie della città per ricordare a
tutti la passione e la morte di Cristo, non né hanno avuto il tempo. Però ci sono e questo mi rinfranca un po’, almeno fino all’arrivo all’inizio di Via Sassa, lo splendido scenario di Palazzi e
campanili che si ammirava da qui ha lasciato il posto alle rovine e alla distruzione. Mi tornano
in mente il cortile di Palazzo Franchi, l’armonioso chiostro del Conservatorio, le chiese di santa
Caterina, tra le poche a pianta centrale della città, di San Biagio con il monumento funebre a
Lalle Camponeschi, uno degli uomini illustri dell’Aquila protagonista della ricostruzione
dell’Aquila in un altro e altrettanto drammatico post terremoto quello del 1461, i preziosi affreschi del Monastero della Beata Antonia. Era bella L’Aquila piena zeppa di tesori, molti nascosti…
tanto nascosti che in troppi non li hanno conosciuti ed ora, forse, è troppo tardi.
Provo ad arrivare a Piazza Santa Maria di Roio, Via Persichetti, via Roio per capire cosa è successo alla chiesa ai Palazzi: Persichetti, con tutti i reperti provenienti da Amiternum e riportati alla luce dal Cardinale archeologo Nicolò Persichetti, Rivera, Dragonetti, e mentre rifletto su quali vie percorrere penso ai tanti edifici monumentali privati che la mia città conservava, quasi tutti settecenteschi perché ricostruiti dopo l’altrettanto tremendo terremoto del
1703, ma tutti più o meno integri con le opere d’arte, gli arredi, spesso i tendaggi custoditi
gelosamente dagli eredi delle antiche famiglie, ora anche questa integrità non esiste più. Da
qui mi dirigo verso San Marciano, la chiesa omonima ha vistosi crolli. La facciata, quella tipica della maniera aquilana, con il suo semplice piano è simile alle altre chiese di Santa Maria
di Roio, San Pietro, San Silvestro, Santa Giusta, ha il coronamento completamente frantumato come se una mano enorme e mostruosa si fosse divertita a sbriciolarla. Anche i Palazzi
del quarto di San Marciano non esistono più e con loro la storia pubblica e privata, antica e
recente delle genti che li hanno costruiti, ricostruiti e conservati fino al 5 aprile 2009.
È una città spettrale è vero ma è anche una città dolente L’Aquila, che ha nella zona di Piazza
della Prefettura e San Marco, il suo cratere nel cratere. Cercare un modo per arrivare qui è
un’impresa non di poco conto, tutto è transennato e chiuso per la pericolosità di quel che è
rimasto, ma tanto questa zona della città è come un film già visto, le immagini delle sue rovine
hanno fatto il giro del mondo fin dai primi secondi dopo il sisma. Nell’epoca della comunicazione, della riproducibilità infinita dell’immagine sono solo questi e qualche altro fotogramma
a rappresentare la tragedia e il dramma di un’intera città di settantamila abitanti. Un po’ poco.
Sono stanca e stremata più che dalla fatica, dal dolore per quanto ho visto e decido così di
terminare il mio viaggio a Santa Maria di Collemaggio. La Basilica l’ho vista più volte e ricordo con emozione e gratitudine verso il corpo dei Vigili del Fuoco il recupero della Madonna
con Bambino, una terracotta policroma degli inizi del cinquecento del famoso pittore e scultore Saturnino Gatti le cui opere erano gelosamente custodite nel Museo Nazionale
d’Abruzzo al Forte Spagnolo ed ora sono state affidate alle cure dei restauratori dell’ICCR
presso il Museo della Preistoria d’Abruzzo a Celano – Paludi; ogni ritorno è però una ferita
che si riapre perché questa chiesa è per me e per tutti gli aquilani, il simbolo della città, il
luogo dello spirito dove raccogliersi a pregare nei momenti difficili. Ora, in un momento difficilissimo della nostra storia, neanche questo ci è più permesso; anche la grande chiesa volu-
ta da San Pietro Celestino e dove l’eremita del Morrone fu incoronato Papa con il nome di
Celestino V, alla presenza di Carlo II D’Angiò, di Carlo Martello e dei più alti dignitari e intellettuali dell’epoca tra cui Dante Alighieri, anche questo monumento è ferito a morte. La
cupola è crollata, insieme al transetto è andata distrutta tutta la zona dell’altare e dell’abside, le uniche parti barocche non toccate dallo spirito riformista del Soprintendente Moretti
che fece smontare tutti gli apparati settecenteschi nelle chiese romaniche aquilane, per ripristinarne l’originaria architettura. Ora ci ha pensato il terremoto. La Basilica questa volta ha
resistito meglio rispetto al precedente sisma, le cronache di allora raccontano che il monumento era completamente distrutto compresa la bella e bicroma facciata, ora almeno questa è salva grazie ai ponteggi montati molti mesi fa per il suo restauro. Mi fermo ancora un
po’ a girovagare per la tendopoli allestita sul prato antistante la basilica per rendermi conto
dell’altra grande sofferenza di questo dramma collettivo, quella degli aquilani che hanno
perso tutto, case, studi, negozi; insomma una vita di sacrifici così la mente và, per una strana associazione di idee, al luogo dove è nata la città: alla Rivera. So che la Fontana delle 99
Cannelle è lì immutabile, Immota Manet proprio come il nostro motto; ma quando arrivo nel
luogo chiamato anticamente “Accule”, per via delle sorgenti d’acqua che si trovano in questo borgo, l’impressione è spaventosa tutto è crollato e la chiesa di San Vito che con la sua
meridiana che anticamente segnava il tempo dei conciatori di pelli e delle donne impegnate
nel lavaggio dei panni, ora non esiste quasi più come tutte le antiche case di questo antichissimo e primo insediamento della futura e libera città dell’Aquila. Poi guardo la Fontana
delle 99 Cannelle e sento il familiare rumore dello sgorgare dell’acqua, la sua struttura in pietra bicroma, bianca e rosa, proprio come la facciata di Collemaggio, è integra e penso che un
futuro è ancora possibile per la mia città. Il cielo terso e luminosissimo in questo caldo
pomeriggio di primavera è ancora più blu ed è sempre grande, capace di accoglierci ancora
una volta tutti per ricominciare.
Angela Ciano
L I A N O V A : L I B R E R I A L A N U O VA E D I T R I C E ( V I A N . S A U R O , 3 5 - G I U L I A N O VA ) / L A N C I A N O : L I B R E R I A L A N U O VA E D I T R I C E ( C O R S O T R E N T O
MU7
Una questione d’identità
L’A-QUI-LA
Ci consola, al momento, la crescente attenzione dell’opinione pubblica sul centro storico e monumentale dell’Aquila, che
mostra senza inutili pudori le sue gravi ferite. Il terremoto ha nuovamente colpito
questa terra e questa Città, e lo ha fatto con
violenza inaudita. Gli occhi del mondo si
sono rivolti verso l’Abruzzo alla ricerca di
una emergenza urbanistico-sociale di cui si
ora dice un gran bene, anche se per molti,
la gran parte, L’Aquila e l’Abruzzo erano
entità geografiche sconosciute. Ma tanta
consolazione è destinata ad attenuarsi e a
lasciare il passo alla disperazione. Perché?
È tutta una questione d’identità.
Ci sembra di poter cogliere il succo di questo discorso nella sillaba centrale del toponimo aquilano: quel “qui” che un doppio
“la” racchiude e che, perdonateci la suggestione che non vuol condirsi di retorica,
sembra spiegare e motivare molti “perché”, in primis quello dell’identità.
È QUI che, quando il medioevo privilegiò la
montagna per traffici e insediamenti
umani, i popoli di un vasto territorio montano s’incontravano per i loro commerci e
per le loro necessità esistenziali. QUI esisteva quel castello (università, nucleo
sociale) dal nome Acquili (Acculi, ecc.), che
sembrava voler indicare nel suo toponimo
una ricchezza d’acque confermata, dopo
tanto tempo, dall’ininterrotto, musicale
scorrere di liquido vitale dai novantasei
(non 99!) mascheroni della Fontana della
Rivera.
QUI, a metà Duecento, fu pensato il mirabile progetto urbano di quella Civitas nova
che doveva caratterizzare tanta parte della
MU8
storia dell’Italia centro-meridionale: origine dibattuta, dall’improbabile fondazione
fridericiana all’espresso vaticinio papale,
dal documento di Corrado IV (1254: implicito riconoscimento della dignità di
“Città“), alla reale e preesistente volontà di
dar vita ad una composita entità sociale
che fosse volano per l’intera economia di
un ampio contesto.
In tal modo proprio QUI, dopo secoli di
pregressa ininterrotta attività pastorale, si
ufficializzava quel ruolo di Capitale della
Lana motivato dall’essere, quel Colle di
Maggio alle porte della città, il terminale
nord della Transumanza e il terminale Sud
del commercio e della lavorazione del prezioso vello ovino. Di conseguenza, QUI
presero residenza, per il commercio di lana
e zafferano, e costruirono i loro fondaci,
mercanti di tutta europa (alemanni, francesi, lombardi, veneziani…) ancora oggi
ricordati dalle intitolazioni di alcune vie del
centro cittadino.
E QUI si concentrò l’attenzione del mondo
cristiano nel 1294, quando L’Aquila divenne provvisoria sede di papato e di regno, e
il papa eremita Pietro del Morrone/Celestino V, QUI incoronato, dettò la
preziosa Bolla del Perdono, volano di Fede
ma anche strumento di crescita economica e sociale per la città non ancora compiutamente costruita.
Ancora QUI una Comunità positivamente
ambiziosa, non molto dopo la sua fondazione volle e seppe darsi preziosi Statuti
municipali, non riscontrabili nella storia
del Sud della Penisola, per ribadire una
sostanziale e a lungo confermata identità e
indipendenza dal feudo, status i cui riflessi
si riversavano proficui sull’intero Contado,
confermando QUI il centro vitale di una
esemplare Città-Territorio. Quel territorio
che aveva voluto proprio QUI mirabilmente edificare una struttura urbana che replicasse intra moenia l’anima dei tanti Castelli
dei dintorni (99? O più? O meno? Storicamente non importa, realmente non si sa,
tradizionalmente si accetti pure il numero
pseudo-cabalistico). In tal modo QUI si
realizzava, con sfoggio d’intenti architettonici e gare d’impegno costruttivo, un ben
esteso “centro storico”, fatto di piazze
(tante), chiese (tante), fontane (tante),
palazzi (tanti).
Sempre QUI, in questo centro storico pulsante di vita e di iniziativa, nel XV secolo
s’interrompeva la preziosa vita terrena di
San Bernardino e gli aquilani stimolati da
San Giovanni da Capestrano costruivano
lo stupendo tempio destinato ad ospitare
le spoglie mortali del Senese; si stroncava
la carriera e la vita del grande Braccio Fortebraccio da Montone inutilmente proteso
a conquistare la Città strenuamente difesa
da Antonuccio e dagli Alleati; si dispiegava
l’arte dei maggiori interpreti, locali e non,
del Rinascimento italiano; s’impostava la
prima tipografia d’Abruzzo, tra le prime del
Meridione italiano.
La potenza spagnola nuova padrona del
regno meridionale esercitò QUI nel
Sedicesimo secolo la sua pesante repressione, costruendo una fortezza poderosa,
distruggendo quartieri e proprietà e restituendo al feudo i paesi del contado; e QUI
doveva consumarsi l’ultima meteora esistenziale di Madama Margherita d’Austria,
governatrice dell’Aquila.
Il nerbo degli abruzzesi della montagna
QUI ha resistito a vessazioni, pestilenze e
sciagure plurime, a terremoti ripetuti fino a
quello distruttivo del 1703, riuscendo a
sconfessare le prefiche previsioni che
escludevano potesse rinascere, in quello
stesso luogo, la splendida città ormai rasa
al suolo; QUI, invece, sullo stesso schema
urbano e con magnificenza di realizzazioni
architettoniche, l’Aquila risorse dalle macerie trecentosei anni fa.
…
Il 6 aprile del 2009, alle ore 3,32, un nuovo
sisma distruttivo ha violentemente ferito,
QUI, nel suo splendido centro storico, il
cuore di una realtà umana, sociale, economica, religiosa, che ingenerosamente e
parzialmente abbiamo ridotto alle poche
righe precedenti, ma che è fortemente consolidato in migliaia e migliaia di pagine
stampate. Un cuore che, per poter ancora
pulsare, deve tornare a vivere anche nella
Piazza del Mercato, nei Quartieri e nei
Locali, nei vicoli medioevali, nei cortili rinascimentali, nelle chiese e nei monasteri,
nel barocco fastoso della prima ricostruzione, nelle strutture ottocentesche
d’impianto piemontese.
È questione d’identità.
QUI, in questo centro storico, nuovamente
si gioca il futuro dell’Aquila: se il cuore non
tornerà a pulsare QUI, nel reticolo delle vie
e delle piazze, nel commercio e nell’artigianato, nella musica e nel teatro, nella cultura di biblioteche ed archivi, nell’arte e negli
alti studi, morirà il cuore dell’Aquila, finirà
la storia della sua identità, il suo ricordo
rimarrà confinato nelle pagine dei libri di
storia e il suo nome potrà scomparire dalle
carte geografiche.
Walter Capezzali
E T R I E S T E , 3 9 - L A N C I A N O ) / L’A Q U I L A : L I B R E R I A L A N U O VA E D I T R I C E ( C E N T R O C O M M E R C I A L E L ' A Q U I L O N E - L’ A Q U I L A ) / P E S C A R A : B O
PUNTO A CAPO
I DANNI AL PATRIMONIO E IL SUO RECUPERO,
IL PENSIERO DEI PROTAGONISTI DI QUESTA FASE
ANGELA CIANO INTERVISTA LUCIANO MARCHETTI ED ANNA MARIA REGGIANI
Sono impegnati a tempo pieno nel recupero e restauro del patrimonio
culturale aquilano distrutto dal terremoti del 6 aprile scorso. Luciano
Marchetti, Ingegnere ed Architettto Direttore Regionale per i Beni
Culturali del Lazio, è stato nominato a quasi un mese dal tragico evento
sismico Commissario per il recupero del Patrimonio Culturale per la
Protezione Civile, ed Anna Maria Reggiani, Archeologa, Direttore
Regionale per i Beni Culturali d’Abruzzo sono da quasi tre mesi a lavoro
sui beni culturali aquilani per salvare quanti più possibile. Il primo. In
particolare, si sta occupando dei beni architettonici, mentre la seconda
soprattutto dei beni artistici.
Come si svolgerà il recupero?
L.M. Il recupero è difficile…debbo dirlo
chiaramente…perché alcune delle chiese su
cui stiamo intervenendo con lo sgombero
sono rimaste le absidi sono rimaste lati dell’edificio. Il Duomo ha perso gran parte del
Transetto e un fianco della navata laterale; è
caduta ed è in frantumi la tela fatta alla
maniera di Padre Pozzo che rappresentava
la finta cupola centrale. Collemaggio ha
perso il transetto, le Anime Sante stiamo
cercando di tenerla in piedi, a San
Bernardino è venuto giù il campanile e la
cupola è fortemente danneggiata tanto che
è stata uno dei primi interventi di messa in
sicurezza, il Castello ha dei problemi estremamente rilevanti… cioè la situazione è
estremamente complicata e molto difficile
anche per la densità di monumenti che
abbiamo in un’area, il centro storico
dell’Aquila, molto ristretta.
A.M.R. È sicuramente un recupero difficile
perché i danni sono molto profondi. Faccio
un esempio, nella città dell’Aquila il centro è
molto danneggiato nella parte commerciale perché ai piani terra sono tutti negozi,
nella parte dei servizi perché ai piani superiori ci sono spesso gli studi professionali e
tante abitazioni, questo ha fatto si che si
siano persi gli arredi spesso molto ben conservati dalle famiglie che da sempre hanno
abitato i palazzi nobiliari; ma si sono persi
molti elementi architettonici, gran parte
delle parti architettoniche dalle tegole fino
ai piastrini, alle finestre. Tutti elementi che
fanno parte dell’arredo di un edificio e che
sarà molto difficile riuscire a ricostruire.
Quando penso a Palazzo Branconio, oggi
Farinosi Branconi, che era uno dei gioielli
dell’Aquila i cui crolli nella stessa sala affrescata con le storie di San Clemente penso
che il recupero sarà difficilissimo, perché
L’Aquila era questo cioè una città molto
ricca che aveva conservato tutto nella sua
interezza. Questa era la peculiarità
dell’Aquila ora questa unità purtroppo non
c’è più e non so come si potrà fare a ricostituirla perché bisognerebbe avere non solo
pozzi di soldi ma avere anche delle equipe
incredibilmente vaste che si occupano di
queste cose.
A proposito di soldi quanto occorrerà per il
recupero del patrimonio culturale?
L.M. Una prima stima sull’ammontare dei
danni ai beni cultural era di tre miliardi, oggi
con questa previsione forse siamo ottimisti.
A.M.R. Se si pensa che la lista di
nozze…quella di Berlusconi per capirci, in
cui sono elencati solo 44 monumenti ed
arriva a trecento milioni di euro! Se si
proietta questo su tutti gli altri beni dan-
neggiati si capisce che le cifre iniziano ad
essere inimmaginabili, non a caso il
Premier ha chiesto l’aiuto di tutto il mondo
perché da sola l’Italia non cela farebbe mai.
Adesso dovremmo capire anche come fare
a coordinare tutti gli aiuti che arriveranno.
Anche questo non sarà semplice.
Quale è la tendenza in fatto di recupero. Cioè
si tenderà a recuperare tutto o ci saranno delle
cose che andranno perse?
L.M. Io spero di riuscire a recuperare tutto.
La linea che si sta seguendo con il Comune
è quella di ricostruire il centro storico come
era e dove era, probabilmente un domani,
quando sarà finita l’onda dell’emozione si
potrà dire come era e dov’era magari facendo dei miglioramenti ed eliminando delle
cose. Non credo che sia impossibile inserire in un centro storico dell’edilizia di qualità
laddove non fosse recuperabile la struttura
originaria piuttosto che fare la copia brutta
di un edificio che è scomparso…su questo
siamo d’accordo. Noi interveniamo per salvare tutto quello che c’era, quindi qualsiasi
intervento che verrà fatto, sarà ad integrazione di quello che è rimasto.
A.M.R. La volontà sarebbe quella di recuperare tutto ma bisogna vedere se sarà possibile, se si interviene subito si potrà recuperare tutto, più passa il tempo più questo
discorso diventa difficile. Tutte le macerie
che si trovano ancora nei vicoli dell’Aquila,
dove ci sono pietre e parti dei palazzi e degli
edifici, con l’estate torrida che si prevede e
poi le piogge del prossimo autunno potrebbero andare perse. Purtroppo non è stato
possibile organizzare un recupero con i proprietari, ognuno che si prendeva il suo pezzetto di macerie del suo palazzo. Secondo
me si potrà salvare quello che si riuscirà a
fare adesso, se passerà molto tempo la
situazione diverrà molto più difficile.
Per quanto riguarda le opere d’arte i beni
mobili, qual è la situazione ci sono delle
opere andate completamente distrutte e
quindi perse?
A.M.R. Anche lì la situazione è difficile. Noi
abbiamo avuto un bel successo con il
Museo Nazionale d’Abruzzo che in pochi
giorni è stato evacuato tutto e messo al
sicuro presso il Museo di Celano dove sono
iniziati i restauri, per quanto riguarda i beni
di proprietà delle chiese, e parliamo di 1732
edifici, di questi ne sono stati evacuati una
ventina, una cifra molto bassa, perché
oggettivamente è molto difficile fare le verifiche per la pericolosità della situazione,
perché è stata colpita una città intera e quindi si interviene su mille situazioni e le cose
sono più difficili.
Purtroppo sul patrimonio perso si potrà
fare una stima dopo il recupero perché al
momento che si portano via le tele, le statue in pezzi lo si fa perché si pensa di poterle recuperare, quindi la certezza delle opere
perse si avrà più in la; però si… credo che ci
saranno delle perdite, questo d’altronde
succede sempre come si sono perdute
opere con le razzie napoleoniche, con gli
incendi, con le guerre, con alluvioni purtroppo questo bisogna tenerlo in conto.
I tempi allora, naturalmente gli aquilani vorrebbero rientrare al più presto nel loro centro
storico e poi c’è chi dice cinque anni e chi invece trenta. Qual’è un periodo ragionevole per
tornare a vivere nel centro storico dell’Aquila?
L.M. Trenta non direi, cinque è essere ottimistici. Però capiamoci una cosa è rientrare nel centro storico…rientrare nel centro
storico probabilmente è un fatto che può
avvenire entro l’anno perché stiamo lavorando con il Comandante Basti dei Vigili del
Fuoco per mettere in sicurezza una serie di
percorsi e rendere possibile l’accesso al
centro storico e la riapertura di alcune attività…consideri che la Banca d’ Italia riaprirà, la Cassa di Risparmio riaprirà altre
Banche stanno facendo progetti per riaprire, il Comune riaprirà degli uffici forse
anche la provincia potrà riaprire alcuni uffici…quindi un minimo di riappropriazione
del centro storico, sia pure per pezzi,
avverrà in tempi brevi diciamo entro la fine
dell’anno. Ma il discorso rientro in centro
storico per riabituarlo come prima è un
fatto che avrà tempi diversi, ragionevolmente brevi. Considerando che per il Friuli
e per l’Umbria ci sono voluti dieci anni,
credo che questo periodo di tempo sia una
cosa accettabile anche per L’Aquila… sempre che ci siano i soldi sufficienti per gli
interventi perché capisce bene che qualsiasi indicazioni di tempi è legata alla disponibilità di finanziamenti.
O O K & W I N E ( N U O V O T R I B U N A L E ) / L I B E R N A U TA ( V I A T E R A M O , 2 7 ) / R I E T I : L I B R E R I A L A N U O VA E D I T R I C E ( V I A R O M A , 3 5 - R I E T I ) / R O S E -
MU9
L’AQUILA - RICONVERSIONE
oltre la RICOSTRUZIONE
Il terremoto è un grande lutto che chiede rispetto, ma è anche un grande acceleratore di mutamenti.
Cercando la forza di guardare oltre la tragedia ed oltre l’emergenza, al semplice e mesto “riassemblaggio di cocci” si può (e si deve) sostituire un progetto ampio e condiviso di trasformazione migliorativa delle qualità urbane e territoriali.
Se la crisi economica ormai da anni attanagliava L’Aquila, le crisi ambientali, climatiche ed
energetiche erano già all’orizzonte, come per la stragrande maggioranza delle città del pianeta per le quali il problema principale si chiama “riconversione”. In questo momento storico
con tale termine si intende il passaggio ragionato e ragionevole dal sistema petrolifero a quello delle energie alternative, dal sistema della produzione globalizzata degli alimenti al ritorno
ad uno sfruttamento locale delle risorse alimentari, da una mobilità delle macchine ad una
alternativa che si avvalga il più possibile di mezzi pubblici a basso impatto ambientale, da una
società esclusivamente urbana ad una mista città-campagna.
COSTELLAZIONE DI INNESTI ARCHITETTONICI ED URBANI: l’architettura può farsi interprete di una meditata strategia dell’innesto (opere pubbliche come spore di condensazione)
che sappia risolvere problematiche di vario genere, alle varie scale, emanando qualità urbane,
innescando processi sociali ed economici, producendo ed erogando energia nel riattivare
parti di città finora marginali;
CITTÀ-CAMPAGNA: ritorno ad una simbiosi con la natura e con le pratiche di messa a reddito della stessa mediante un gradiente di porosità che coinvolga finanche il centro storico.
Le fasi della ricostruzione sono affidate a diversi attori, non tutti sensibili alle peculiarità locali, disgiunti tra loro, con diverse idee di città.
È necessario che ci sia una regia d’insieme che, con l’apporto di tutti quanti ne abbiano voglia
e dignità, sappia regalare a L’Aquila un futuro certo e sereno per il Terzo Millennio.
Marco Morante e Maura Scarcella
Alla contestualizzazione di queste sfide nella ricostruzione dell’Aquila è ciò a cui sta lavorando il Collettivo99, dove giovani architetti, ingegneri e specialisti di altri campi disciplinari portano a discussione le proprie competenze consci che, ora, questa città storicamente chiusa a
cambiamenti di rigenerazione ed arretrata su posizioni testardamente obsolete, potrebbe
invece trasformarsi in un modello planetario di efficienza e simbiosi con la natura, luogo di
una nuova economia agricola, energetica, scientifica e delle creatività che sia capace di attrarre e non più di respingere.
È sotto gli occhi di tutti come la prima urgenza della città sia quella della pur semplice ricostruzione, con la preoccupazione di non riuscire neppure a ricostruire quei pregiati “cocci” di
cui essa era fatta. E poi le politiche dei beni culturali, l’economia turistica, una sacrosanta sicurezza degli edifici… Tutte cose che gli aquilani devono pretendere da chi sta gestendo
l’emergenza e gestirà la ricostruzione, dal primo Commissario all’ultimo dei ragionieri e dei
tecnici coinvolti… ma non può bastare, se non vogliamo trovarci con una città magari forte
rispetto ai terremoti e fragile rispetto ad altre criticità ben più prevedibili.
L’Aquila cambierà, e sarà bene che lo faccia in meglio:
RICONVERSIONE: mutamento delle logiche di funzionamento e consumo verso una città
(centro storico compreso) ad impatto zero, tecnologicamente avanzata, sicura, facilmente
percorribile e tendente all’autosufficienza;
PROCESSO: programmazione di tutte le fasi della ricostruzione garantendo qualità funzionali ed urbane all’intero iter della ricostruzione, non pensando al traguardo ma alle qualità
del percorso.
REVERSIBILITÀ: la flessibilità del processo è ottenibile anche mediante strutture provvisorie di buone qualità formali e spaziali che sappiano armonizzarsi con l’esistente, nella convinzione che la pratica del reversibile faccia acquisire la consapevolezza che possa essere
anche una valida modalità edilizia oltre l’emergenza;
MU1 0
T O D E G L I A B R U Z Z I : L I B R E R I A L A N U O VA E D I T R I C E ( V I A N A Z I O N A L E , 2 1 2 - R O S E T O D E G L I A B R U Z Z I ) / S A N B E N E D E T T O D E L T R O N T O
PUNTO A CAPO
COLLETTIVO 99
GIOVANI TECNICI AQUILANI
Una cinquantina di giovani aquilani under 40 tra architetti, ingegneri e geologi, con
l’ausilio di altre professionalità che vanno dalla comunicazione agli aspetti legali, dall’antropologia alla psicologia, si sono riuniti a L’Aquila tra il 22 e il 25 aprile formando il
Collettivo99 – giovani tecnici aquilani per sviluppare delle proposte concrete per la ricostruzione.
Il gruppo è in crescita costante, è assolutamente apartitico, è composto di giovani i cui
membri hanno competenze diverse e complementari, il 99 è il legame evidente con la storia della città.
Si ritiene che l’enorme tragedia possa tramutarsi, con il tempo, in una grande ocpportunità per la città (ormai stagnante da tempo) per essere ripensata in funzione dell’emergenza ambientale ed energetica che il III millennio ci sta prospettando.
L’esigenza condivisa dai membri del Collettivo è quella di lavorare ad una propria idea di
città-territorio che sappia davvero tener conto del punto di vista di chi la viveva e voglia
“nuovamente” viverla.
L’interdisciplinarietà con cui è concepito il gruppo, l’impostazione al recepimento delle
istanze dei diversi comitati, delle associazioni di categoria e della gente smembrata nelle
tendopoli, sulla costa e altrove, unitamente al necessario contatto con esperti ed università nazionali e internazionali delle varie materie, sono tese a stabilire un contatto di sereno dialogo con gli attori istituzionali (Governo, Protezione Civile, Regione, Provincia,
Comune, ecc.) attraverso cui verranno decise le sorti del territorio aquilano.
Il fine preciso di produrre un vero e proprio progetto si pone dunque, operativamente, tra
la posizione dei tanti comitati di cittadini che intendono vigilare sulla ricostruzione della
città e quella dei comitati professionali sorti per partecipare, in alcuni casi acriticamente,
alla ricostruzione stessa.
I giovani tecnici aquilani del Collettivo99 partono già da una propria piattaforma di idee e
di lavoro che intendono correggere, fortificare, verificare con campagne di indagine multidisciplinari e multimediali nonché attraverso lo strumento progettuale come luogo del
dibattito. A tal fine stanno avviando anche cicli di conferenze tematiche, che vanno dall’architettura alle strutture, dal restauro all’energia, i cui relatori sono chiamati ad intervenire attivamente nella stesura dell’idea progettuale con suggerimenti e sollecitazioni.
Il Collettivo è, dunque, impegnato attivamente nella redazione di un masterplan perchè
le tante idee possano non rimanere delle provocazioni o degli appelli ma possano tramutarsi in progetti per la città, nella speranza che le Amministrazioni possano, vogliano
e sappiano avvalersene.
Il gruppo, partendo dalle 99 chiese, piazze e fontane che urbanisticamente e socialmente hanno fatto dell’Aquila una città storicamente unica, punta all’impianto delle più
avanzate tecnlogie strutturali, digitali, energetiche, bioclimatiche, dei materiali e della
viabilità, del restauro e del recupero, che possano renderla nuovamente e diversamente
unica e bella.
Il collettivo è aperto a nuove adesioni, proposte, suggerimenti, sollecitazioni, critiche di
quanti ne abbiano titolo e volontà.
www.collettivo99.org
[email protected]
: L I B R E R I A L A N U O VA E D I T R I C E ( V I A L E M O R E T T I [ E X U P I M ] - S A N B E N E D E T T O D E L T R O N T O ) / S U L M O N A : L I B R E R I A L A N U O VA E D I T R I -
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PUNTO A CAPO
L’AQUILA 1703-2009:
TERREMOTI A CONFRONTO
“Circa le due ore della notte, giorno di domenica li 14 gennaio 1703 fù
così terribile terremoto, che si credè essere già la vigilia del giorno del
giudizio universale…a quella sera seguì il moto continuo della terra per
quarantotto ore di moto che fù forzata ogni persona uscir fuori in
campagna con lasciare la casa e le sue robe in abbandono per salvare la
propria vita. E fra le dette quarantotto ore vi furono quasi ad ogni ora
scosse di terra che pare volesse aprirsi. Passate le quarantotto ore, ogni
giorno si fecero sentire altre scosse con così grave timore che ognuno
aveva la morte davanti gli occhi e seguitarono notte e giorno dedicato
alla B. vergine Maria…”
(Giovannantonio Petroni, 14-gennaio 1703).
Numerose sono le similitudini che emergono dal confronto degli eventi sismici verificatisi
nel territorio aquilano rispettivamente nel 1703 e nel 2009, tanto da arrivare a parlare di
“terremoti gemelli”. Oltre alle considerazioni prettamente tecniche (sciame sismico che ha
preceduto le scosse di maggiore intensità e perdurare dello stesso per numerosi giorni, attivazione dei medesimi segmenti di faglia, ecc.), grazie a numerosi documenti tra i quali non
si può non citare la puntuale descrizione stilata dall’Antinori, è possibile confrontare i danni
subiti dal patrimonio storico-artistico riferendoci nello specifico alla città ricompresa nell’antica cinta muraria.
Dall’analisi delle fonti risulta lampante che le zone maggiormente colpite dai due fenomeni
sismici coincidono in maniera inquietante. Tra le aree più colpite c’è senza dubbio quella compresa tra Palazzo Carli e Piazza San Pietro, inclusa la chiesa stessa, che ha subito notevoli
danni nel torrione laterale ed in facciata, unitamente a tutti i palazzi i cui fronti principali insistono sulla predetta piazza.
Procedendo verso nord-est numerosi crolli si trovano nel tessuto edilizio localizzato tra
piazza San Silvestro con la chiesa omonima e Palazzo Branconio, e Piazza Santa Maria
Paganica con la chiesa completamente rimaneggiata e il Palazzo Ardinghelli.
Quasi interamente colpita dai fenomeni tellurici sia nel 1703 che nei più recenti del 2009, è la
porzione di centro storico che ruota intorno alle piazze principali della città: Piazza Duomo,
Piazza Palazzo, Piazza Santa Giusta, San Marciano, Santa Maria di Roio. Quasi nessun edificio è rimasto illeso, nel migliore dei casi si trovano lesioni di entità minore, fino ad arrivare a
situazioni di crollo parziale e totale.
In ultimo è inevitabile menzionare il luogo divenuto simbolo del sisma del 6 aprile 2009 grazie all’attenzione riservatagli dai mass-media e cioè Piazza della Prefettura con le chiese di San
Marco, Sant’Agostino e tutto il tessuto fatto di edifici residenziali, direzionali e commerciali
che lo rendevano uno dei poli intorno ai quali gravitava la vita sociale degli aquilani.
Meno colpita nel 1703, forse solo perché meno edificata, risulta la zona a ridosso di Via XX
Settembre, invece tragicamente interessata dagli ultimi eventi.
Come si è sentito dire spesso in questi giorni, la storia si ripete ma è doveroso andare oltre.
La memoria deve esserci di monito: se è vero che non si possono evitare calamità naturali di
questo genere, è altrettanto vero che si possono mettere in atto una serie di provvedimenti
che consentono di limitare i danni e mitigare gli effetti, senza abbandonarsi a tanto facili
quanto inutili considerazioni fatalistiche spesso accompagnate da un “comodo” sentimento di impotenza.
Le stratificazioni di oltre settecento anni di storia hanno dato alla città, edificata come vuole
una legenda cara agli aquilani dagli abitanti di 99 castelli, un aspetto originale ed un carattere irripetibile che se ad un primo impatto potrebbe apparire severo e scontroso, ad uno sguardo più attento si mostra nobile e gentile. Un volto che trova la sua identità nel complesso e
articolato tessuto edilizio costellato di emergenze architettoniche (chiese, palazzi, fontane,
ecc.), interrotto da spazi urbani connessi da pochi percorsi principali e numerosi “sdruccioli”,
che estrinseca il proprio valore nel suo essere un intero e non una semplice somma di edifici
che si possono aggiungere o sottrarre a seconda del gusto e delle esigenze. Un tessuto che in
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Stralcio del centro storico di L’Aquila con evidenziate le zone colpite dai fenomeni sismici del 1703 e del 2009.
ogni suo elemento testimonia una società, un modo di vivere, una “aquilanità” che è “sostanza personale, temperia morale e civile fatta di orgoglio e fierezza”.
È dunque nostro compito trasmettere al futuro questa eredità. Le Linee Guida per la valutazione e riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale (2006) rappresentano uno strumento imprescindibile cui è necessario associare una sensibilità e una conoscenza specifica
delle antiche tecniche costruttive.
La salvaguardia del patrimonio culturale significa soprattutto prevenzione, e se nelle Linee
Guida si parla di miglioramento del comportamento delle fabbriche storiche nei confronti del
sisma piuttosto che di adeguamento, non si deve commettere l’errore di interpretare questo
atteggiamento come una rinuncia. Al contrario, lo si deve valutare come una presa di coscienza che rappresenta la prima forma di tutela per raggiungere elevati livelli di sicurezza con idonei interventi che contemperino i diversi aspetti della conoscenza evitando la pedissequa e
acritica applicazione di norme.
Solo elaborando progetti coscienti degli errori commessi in passato e proponendo interventi
rispettosi dei valori intrinseci che ogni edificio storico porta in sé, ma allo stesso tempo
denunciati e non timorosi, si può riconvertire una città ferita e offesa regalandole una nuova
veste fatta di preesistenze e di innovazioni che dialogano in armonia e che consentono di ritornare ad una quotidianità cosi improvvisamente e drammaticamente interrotta.
Simona Rosa
C E ( C O R S O O V I D I O , 1 9 0 - S U L M O N A ) / T E R A M O : L I B R E R I A L A N U O VA E D I T R I C E ( C O R S O S A N G I O R G I O , 8 1 - T E R A M O ) / L I B R E R I A L A N U
Un ospedale
per le opere d’arte
A CELANO SI LAVORA PER SALVARE
I PEZZI DEL MUSEO NAZIONALE D’ABRUZZO
Si trovano quasi tutte a Celano. Il Museo della Preistoria d’Abruzzo
in questo momento è una sorta di ospedale, un enorme pronto soccorso a servizio delle opere salvate dal disastro del Museo Nazionale
d’Abruzzo dell’Aquila distrutto dal sisma del 6 aprile scorso. Sono
oltre un migliaio le sculture, i dipinti, gli oggetti che si trovavano nel
Forte Spagnolo dell’Aquila seriamente danneggiato dal terremoto
che ha colpito al cuore la città capoluogo d’Abruzzo, accolte in questa struttura moderna e funzionale, insieme ad altre provenienti dal
territorio provinciale, dove squadre di restauratori provenienti
dall’Istituto Centrale del Restauro ma anche dall’Opificio delle Pietre
Dure si stanno prendendo amorevole cura di questi testimoni della
nostra storia “È una sorta di ospedale da campo – spiega la direttrice
dell’ICR Caterina Bon Valsassina – dove si stanno effettuando i primi
ed urgenti interventi per mettere in sicurezza le opere maggiormente
danneggiate. In un momento successivo, infatti, si interverrà con il
restauro vero e proprio”.
Direttrice, si può fare una stima del danno, si può dire quante opere
sono andate perdute?
Difficile ora quantificare le perdite. La volontà è di non perdere nulla
perché si cercherà di restaurare tutte le opere che sono state recuperate. Certo ci sono alcune di esse molto malridotte, penso per esempio ad una serie di tele, anche di grandi dimensioni, che hanno subito danni enormi, io non avevo mai visto prima d’ora dipinti così danneggiati; su queste opere abbiamo effettuato immediatamente un
intervento di velinatura e di salvaguardia dagli attacchi biologici,
però bisogna intervenire subito perché se non si interviene subito
allora si che potremmo perderle. Per quanto riguarda il danno complessivo noi, in questo momento, non abbiamo una stima perché
valutiamo volta per volta, man mano che i pezzi vengono tolti dall’imballaggio dandogli un numero da 1 a 4 a seconda del danno subito, il numero uno indica le opere con i danni maggiori fino al quattro
per quelli in buono stato. Fino ad ora un 50 % del patrimonio ha
avuto il numero uno.
In questo momento quante persone stanno lavorando al Museo delle
Paludi di Celano e che tipo di metodica si sta seguendo?
Sono stata di recente a Celano ed ho trovato un clima fantastico. Si
lavora in grande armonia e ognuno per il proprio compito si sta
dando da fare per salvare un patrimonio ricco e unico, penso alla
importante collezione di sculture lignee che il Museo dell’Aquila ospitava, molte di queste opere hanno subito dei danni gravissimi, che
può essere salvata solo se tutti ci impegniamo al massimo nel nostro
lavoro. Ora abbiamo un’equipe di dieci professionisti, cinque restauratori, quattro fotografi ed un fisico che stanno lavorando senza sosta
per non perdere neanche un secondo, perché questo potrebbe significare anche perdere un pezzo della nostra storia. Tutte queste persone stanno effettuando, come detto, un pronto intervento che consiste
in un’ulteriore verifica e più approfondita schedatura del danno dopo
quella fatta dalla protezione civile e dai volontari che hanno recuperato le opere tra le macerie, poi si passa alle prime urgenti operazioni
come velinature, spianamento delle superfici deformate, soprattutto
per le tele, e in molti casi anche ad interventi per salvaguardare le
opere dagli attacchi biologici perché le piogge seguite al sisma hanno
purtroppo provocato gli attacchi di muffe e batteri in molte opere.
Dunque per il momento anche sui beni mobili si sta intervenendo con
gli interventi di somma urgenza, ma per quanto riguarda le opere che
faranno parte della grande mostra che sarà inaugura in occasione del
G8 a L’Aquila?
Fortunatamente molte delle opere destinate a questo importante
evento non hanno bisogno di restauri particolarmente importanti e
lunghi e per questo saranno pronte per luglio, per molte altre, invece,
si è pensato di mettere in mostra l’opera danneggiata spiegando e
visualizzando l’intervento di restauro; in questo modo sarà evidente
il valore del nostro patrimonio e allo stesso tempo il danno che esso
ha subito da una calamità naturale.
Secondo lei quando si potrà passare alla fase del restauro?
Questo non è facile dirlo adesso. Ci vorrà ancora del tempo e soprattutto si dovrà capire se tutte queste opere, che sono tantissime,
potranno essere restaurate a Celano o se dovranno essere spostate in
laboratori più idonei e attrezzati. Perché nonostante il clima fantastico di armonia e collaborazione che c’è qui, ci attende un lavoro enorme per recuperare una situazione che è molto peggiore di quanto si
possa pensare.
UN MUSEO ANTISISMICO
Il terribile evento sismico che ha distrutto
la città dell’Aquila e il suo circondario ha
avuto effetti devastanti anche sul suo
patrimonio culturale. Intendendo con
questo, non solo i bellissimi ed unici
monumenti ma anche i cosiddetti “beni
mobili” i dipinti, le statue, gli oggetti
d’arte che per secoli hanno arricchito
Chiese e Palazzi e che hanno dato vita,
soprattutto nel secolo scorso, ad importanti realtà museali. È il caso del Museo
Nazionale d’Abruzzo che dagli anni cinquanta ad oggi ha raccolto le testimonianze artistiche di tutta la regione, dall’archeologia al contemporaneo, e che il
terremoto del 6 aprile scorso né ha evidenziato tutta la sua vulnerabilità. Qui,
infatti, i danni sono stati ingenti oltre che
sulla struttura, sulle centinaia di opere
della sua collezione. Eppure in questo
Museo, almeno nei piani sottostanti che
non hanno subito direttamente il crollo
del tetto, non ha retto neanche
l’allestimento che si sa, in luoghi ad alto
rischio sismico come L’Aquila dovrebbe
avere un minimo di attenzione al rischio
terremoto. Visto poi che il riallestimento
e quindi il nuovo museo è del 2007, ovvero periodo in cui l’attenzione su questo
pericolo era comunque tanta. Ora se è
vero che la stragrande maggioranza delle
collezioni museali italiane non ha accorgimenti antisismici, sul Davide di
Michelangelo si sta intervenendo ora, è
anche vero che interventi recenti avrebbero potuto quanto meno sollevare il problema. Niente di tutto questo è accaduto
per L’Aquila e poi il primo terremoto, che
ad onor del vero è stato molto più violento di quanto si potesse immaginare, ha
provocato il disastro. Ora si dovrà pensare alla ricostruzione e al riallestimento del
Museo Nazionale d’Abruzzo, perciò non
lasciamoci sfuggire anche questa ulterio-
U O VA E D I T R I C E ( V I A P. TA C C O N E , 1 2 - T E R A M O ) / V A S T O : N U O VA L I B R E R I A ( P I A Z Z A B A R B A C A N I , 9 - VA S T O ) / W W W. M U 6 A B R U Z Z O . E U /
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LA FONDAZIONE CARISPAQ
PER LA RICOSTRUZIONE DEL TERRITORIO AQUILANO
Anche per la Fondazione Cassa di Risparmio della Provincia dell’Aquila la notte
del 6 aprile scorso ha segnato una linea di confine. Un momento drammatico
da cui si può e si deve ripartire per ricostruire una città ferita a morte. Lo stesso
ente ha subito danni ingenti al suo patrimonio, ai suoi edifici tutti di interesse
culturale “Sia l’attuale sede (Palazzo dei Combattenti ndr) in Corso Vittorio
Emanuele – spiega il Presidente Roberto Marotta – sia quella di Palazzo Alferi
Dragonetti De Torres sono seriamente danneggiate; ma mentre per la prima
contiamo di iniziare subito i lavori di ripristino e nel giro di due anni portarli a
termine, per la seconda in Piazza Santa Giusta, che è un palazzo molto più
antico, ci vorrà più tempo e soprattutto molti più soldi”.
Presidente quanta solidarietà e che tipo di collaborazione state ricevendo?
Subito dopo il sisma tutte le Fondazioni
italiane si sono messe a disposizione per
qualsiasi nostra necessità, e per questo le
ringrazio tutte. Poi, tramite l’Associazione
che ci raccoglie l’ACRI, sono stati raccolti
dei fondi, un centocinquantesimo del
patrimonio di ogni Fondazione, che la
Fondazione Carispaq vorrebbe utilizzare in
maniera sussidiaria e complementare agli
interventi pubblici. Qualche idea però già
l’abbiamo proposta al Consiglio d’Amministrazione dell’ACRI che si è detto disponibile anche ad ulteriori interventi qualora si
rendessero necessari.
Che tipo di idee di intervento avete proposto?
Innanzitutto interventi a favore dell’Università dell’Aquila che contava 27mila iscritti e
che era uno dei principali motori dell’economia della città. Per questo abbiamo pensato a delle borse di studio pluriennali da
offrire ai nuovi iscritti. Poi ci sono una serie
di interventi in favore della didattica.
Non abbiamo però dimenticato le attività
economiche del territorio. Vorremo offrire
dei fondi ai Confidi in maniera da aumentare la percentuale di garanzia nei confronti delle banche e rendere più veloce l’aiuto
finanziario ai piccoli imprenditori, commercianti e artigiani che in questo momento non hanno più garanzie da offrire per
poter ripartire con le loro attività. Ecco noi
vorremmo diventare una garanzia per queste categorie. Un’ulteriore idea è quella di
supportare economicamente le attività culturali della città che erano tante e che oggi
sono prive di ogni struttura, in modo da
non disperdere il know-how professionale
che si è venuto a creare in tanti anni di lavoro e quindi mantenere questo profilo culturalmente elevato della nostra città.
Vorremmo anche finanziare un centro di
ricerche di valenza internazionale. Tutte le
fondazioni si sono dette disposte ad avviare un’attività di questo tipo che dovrebbe
essere supportata anche dal Ministero
della Ricerca. Due i filoni che si potrebbero
seguire per questo progetto: uno sulle
nanotecnologie e l’altro, invece, proprio sui
terremoti. È una scelta che deve essere
effettuata tra questi due settori ma è chiaro
che la nostra idea è quella di creare un istituto di ricerca di livello internazionale che
sarebbe foriero di posti di lavoro e soprattutto di nuovo know-how di alto profilo.
Altre collaborazioni?
Abbiamo ricevuto grande solidarietà da
parte di tante istituzioni. Noi siamo soci di
Civita, un’importante e blasonata associazione che da anni lavora nel settore del
patrimonio culturale, il suo Presidente, il
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Prof. Maccanico, mi ha convocato perché
vorrebbero adottare un monumento o
un’opera d’arte danneggiata dal sisma
anche per onorare la memoria del
Segretario Generale, il Prof. Gianfranco
Imperatori recentemente scomparso.
Inoltre l’Istituto Italiano dei Tumori di
Milano ha messo a disposizione le proprie
strutture a studenti, laureandi, specializzandi e ricercatori in oncologia e contribuirà economicamente alle attività portate
avanti da “L’Aquila per la vita”che è
un’associazione meritoria che si dedica
all’assistenza domiciliare dei malati oncologici. Infine la Fondazione Cari Verona ha
messo a disposizione l’Arena di Verona per
una serata di musica a favore dei Solisti
Aquilani che si terrà il prossimo settembre.
Come si dovrà condurre la fase del post terremoto?
Intanto deve passare il concetto che il terremoto ha colpito in maniera devastante
L’Aquila e i comuni del circondario e solo
marginalmente altri comuni del territorio,
perché non si possono disperdere le poche
risorse disponibili in mille rivoli solo per
accontentare modeste esigenze di alcuni
comuni che vorrebbero poter approfittare
di questa situazione. Detto ciò io sono convinto che L’Aquila rinascerà solo a condizione che tutti gli aquilani restino e riprendano le loro attività. L’Aquila dove era e
come era ma anche destinata ad una
nuova espansione territoriale. La periferia
dovrà essere pensata come una nuova
opportunità e il centro storico, grazie
anche alla visibilità che avrà con
l’imminente G8, dovrà al più presto tornare a vivere. L’Istituzione che presiedo è e
sarà sempre presente e al fianco della ricostruzione con il messaggio che bisogna
stare a L’Aquila e non mollare questo grande compito che ci attende.
a cura di Angela Ciano
D O V E T R O V A R E M U 6 : M U S E I D E L L A R E G I O N E A B R U Z Z O / A L B A A D R I A T I C A : L I B R E R I A L A N U O VA E D I T R I C E ( L U N G O M A R E M A R C O N I ,
APPUNTAMENTO
DI PACIFICAZIONE
L’Aquila 28-29 agosto 2009, Basilica di Santa Maria di Collemaggio
Per la sua importanza storica e religiosa di uomo Celestino V diede vita ad una vera e propria “Civiltà Celestiniana” del centro Italia, riuscendo ad esportare un messaggio culturale,
sociale e religioso che colonizzò la società agro-pastorale del centro-sud e di buona parte
dell’Europa.
Per la forza e la grandissima attualità dei suoi messaggi; basti pensare ai temi del potere
come servizio, della pace raggiunta tramite la riconciliazione, unico strumento percorribile
di composizione delle diversità (Perdonanza), della solidarietà come mezzo di sviluppo
economico e sociale (le Fraterne) o del rapporto con la natura selvaggia, fonte di elevazione dello spirito. Perché i luoghi celestiniani, tutti di grande fascino e suggestione, situati per
buona parte all’interno dei parchi ma disseminati anche sulla costa e su buona parte del territorio del centro Italia si prestano alla realizzazione di itinerari religiosi-culturali-spirituali
perfettamente coniugabili con le risorse ambientali.
La Perdonanza
La Perdonanza fu il primo atto papale esploso nella sera stessa della inconorazione.
Celestino volle “assolti da ogni pena e da ogni colpa tutti coloro che, veramente pentiti e
confessati, avrebbero visitato la chiesa di S Maria di Collemaggio nell’annuale ricorrenza
della Decollazione di S. Giovanni Battista, dal vespro del 28 al vespro del 29 agosto”. Non
si trattò solo della remissione dei peccati ma di una vera e propria riconciliazione sociale.
Infatti ordinò la rappacificazione delle fazioni cittadine e costrinse lo stesso re Carlo II
d’Angiò a perdonare gli Aquilani ribelli. Celestino lega il suo privilegio indulgenziale alla
perentoria richiesta di un impegno morale. La Perdonanza, oggi, va letta come l’intuizione
profetica del “S. Francesco d’ Abruzzo”: l’uomo nuovo sarà la vera grande rivoluzione. E per
rivoluzionarsi in profondità l’uomo dovrà definitivamente rinunciare all’idea di affermare la
propria vita arrecando la morte agli altri, dovrà smetterla di far coincidere la propria salvezza con la fine altrui. L’uomo nuovo sarà caratterizzato dalla volontà di regalare la vita: ti
affermerai donandoti. La Perdonanza è essenzialmente questa speranza storica, l’annunzio
della imprevedibilità dello Spirito contro il determinismo di morte a cui inesorabilmente
conduce la spirale della violenza. Andare alla Perdonanza, quindi, significa dare la propria
adesione per essere uomini nuovi, arricchirsi di una nuova capacità di riscossa morale,
guardarsi dentro prima che guardare intorno.
Anche se non possiamo sapere a quale punto sarà arrivato il recupero della Basilica che ha
il tetto squarciato e danni sulle colonne, è certo che la solennità di questo appuntamento
sarà rispettata.
Eremo di S. Antonio Abate
DOVE DORMIRE
Eremo di S. Bartolomeo in Legio
SULMONA (L’Aquila) - Il Celestino
Nel pieno centro della città di Sulmona, nel quartiere della Villa Comunale, il complesso polivalente Il Celestino dispone di ampie camere doppie, triple, quadruple dove potrete comodamente soggiornare e vivere a pieno le bellezze della patria del poeta Ovidio.
TOCCO DA CASAURIA (Pescara) - Centro di Spiritualità S. Maria del Paradiso
Il Centro dispone di camere nelle tipologie doppia, tripla e quadrupla, ognuna con bagno, per
un numero complessivo di oltre 150 persone.
PALENA (Chieti) - Eremo di Madonna dell’Altare
Posizionato a 1272 m s.l.m. l’eremo, eretto dai monaci celestini, dispone di un nucleo abitativo ristruttutaro secondo lo stile delle residenze di montagna.
FUMONE (Frosinone) - Rocca di Fumone
All’interno del magico scenario della Rocca di Fumone, luogo di prigionia di Celestino V, sono
stati predisposti deliziosi appartamenti con bagno interno ed angolo cottura, dove poter soggiornare come nell’antico medioevo, in un ambiente ricco di fascino e suggestione.
VICOVARO (Roma) - Oasi Francescana
L’Oasi Francescana di Vicovaro è ospitata in un ex complesso conventuale, a 60 Km
dall’Aquila e a 40 da Roma.
Info: Movimento Celestiniano fax +39 328.2155119 – [email protected]
www.ilcamminodelperdono.org - www.celestinoquinto.org
DOVE MANGIARE
L’AQUILA
Ristorante La Cascina del Viaggiatore
Strada 47 bis dell’Aquila per Pianola
+39 086265550 - +39 3476540227
SULMONA
Ristorante Self-Service “Le Metamorfosi”
Viale Matteotti, 12 - +39 0864.32570
L’AQUILA
Ristorante La Cerella
Via Cerella - +39 0862.452123
TOCCO DA CASAURIA
Ristorante presso il Convento di S. Maria
del Paradiso
Contrada Osservanza, 1 - +39 085880525
CAPORCIANO
Agriturismo Le 4 A
Via S.Pietro, 6 - +39 0862931394
FOSSACESIA
Ristorante I Trabocchi
Via Finocchietto - +39 0872.60302
CASTELLI
I 5 sensi
Via S. Antoniano, 7 - +39 0861.979015
FUMONE
La Taverna del Barone
Via del Ponte, 6 - +39 077549655
, 2 7 0 - A L B A A D R I AT I C A ) / A S C O L I P I C E N O : L I B R E R I A L A N U O VA E D I T R I C E ( P I A Z Z A D E L P O P O L O , 2 6 - A S C O L I P I C E N O ) / L I B R E R I A L A
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EVENTI
1484 – Lettera della Regina Giovanna d’Aragona in cui invita i Sulmonesi a non sperperare denaro ‘in correre de palii’ - Sez.AS Sulmona - Fondo Mazara
1965 – Locandina per la 20° edizione del Trofeo Matteotti - Fondo ‘U.C. Fernando Perna’
Luoghi, Protagonisti e Forme dello sport in Abruzzo
LA MEMORIA NARRATA
Continua l’attività di promozione culturale della Soprintendenza Archivistica per l’Abruzzo
relativa alla tematica dello sport dopo le iniziative culturali dello scorso anno incentrate sulla
famosa gara automobilistica ‘Coppa Acerbo’. Il 24 giugno prossimo, presso l’ex Aurum a
Pescara, verrà infatti inaugurata, la mostra storico documentaria dal titolo <Luoghi, protagonisti e forme dello sport in Abruzzo. La memoria narrata>.
In circa tre anni di attività sono stati individuati, censiti e studiati circa 100 archivi privati oltre
a quelli degli enti pubblici. I risultati di questa azione di ricerca si portano ora alla conoscenza del pubblico appassionato di sport e di storia locale in occasione dello svolgimento dei
Giochi del Mediterraneo.
Saranno presentati documenti databili dal XVII sec. fino ai nostri giorni secondo un percorso
cronologico che ricostruisce, attraverso tappe significative, l’affermarsi e consolidarsi nella
nostra regione della pratica sportiva.
Uno dei documenti più antichi è il prezioso manoscritto di Diego Maciani, conservato presso
l’archivio comunale di Vasto, che narra della sfarzosa ed articolata cerimonia di conferimento
del Toson d’Oro al principe romano Fabrizio Colonna, Gran Connestabile del Regno di Napoli,
da parte del marchese del Vasto Cesare D’Avalos su delega dell’imperatore Carlo VI nel 1723.
La cronaca dice che mentre nel palazzo si svolgeva la cerimonia fuori fervevano i festeggiamenti popolari: giochi della cuccagna, tombola, incendio di macchina pirotecnica. I nobili poi
nonostante la pioggia, sono partiti per una grande battuta di caccia alla Bufalara, sulla pianura del Trigno. Da allora la città di Vasto organizza annualmente una manifestazione rievocativa dell’avvenimento: sfilata in costume d’epoca con danze e artisti di strada .
La documentazione considerata rimanda l’immagine di un Abruzzo meno marginale di quanto si tende generalmente a credere non solo dal punto di vista della capacità di organizzare
eventi di rilievo nazionale (dalla coppa Acerbo al trofeo Matteotti), ma anche per la presenza
di atleti e compagini sportive di tutto riguardo; si citano esemplificativamente la nuotatrice
Ondina Valla e la squadra campione d’Italia dell’Aquila Rugby
Si segnala altresì all’attenzione del pubblico l’archivio del ciclista Vito Taccone, conosciuto
come il ‘camoscio d’Abruzzo’, che ha lasciato traccia di se nell’immaginario degli italiani non
solo come atleta ma anche come uomo di spettacolo. Non si possono dimenticare infatti i
suoi coloriti interventi in tv a fianco di Sergio Zavoli nella fortunata trasmissione “Processo
alla tappa”. E’ proprio in questa sua doppia veste di atleta e di intrattenitore che Taccone si
inserisce dentro quel processo di spettacolarizzazione dello sport che è uno degli aspetti di
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trasformazione del costume cui ci stiamo abituando
La selezione dei documenti non è agevole non solo per la cospicua mole ma perché essi aprono un campo di osservazione su fenomeni vasti e attuali sui quali è difficile avere quello
‘sguardo da lontano’ auspicato dagli storici. Campi quali le vicende delle singole federazioni,
la creazione e organizzazione anche burocratica di organismi quali il CONI, il CAI, il CUS, ecc.
l’informazione e i sui strumenti, la propaganda , la medicina , l’edilizia, tutti argomenti con i
quali chi si occupa di sport ‘da storico’ si deve necessariamente confrontare. Non si può cioè
parlare della storia degli sport in Abruzzo senza tenere conto della Storia, con la s maiuscola,
dello sport concepito come fenomeno che attraversa l’evoluzione della società contemporanea nella sua globalità. Il mondo dello sport non è ‘un mondo a parte’ e questo emerge molto
chiaramente dalle carte di archivio visionate e selezionate dai funzionari della Soprintendenza
Archivistica. A partire dalla fine del XIX sec. lo sport si è configurato con caratteristiche, modalità, rituali che lo differenziano profondamente dai ‘giochi’ tradizionali. La trasformazione del
significato stesso della parola ‘gioco’ che da elemento ‘aristocratico’, forma di consumo vistoso delle classi abbienti, si pensi ai tornei di ippica, di caccia e tiro al volo, diventa attività di
massa e fattore determinante e trainante nella politica, nell’informazione e soprattutto nell’economia fino a configurarsi ora come una vera e propria attività imprenditoriale! In un epoca
in cui si ridefiniscono i paradigmi di riferimento lo sport dimostra di essere un fattore di comprensione dei cambiamenti , anche di quelli ancora in atto. In questo senso non si può non
sottolineare il ruolo che lo sport ha ricoperto nel ventennio fascista durante il quale i rimandi
ideologici all’azione, all’eroismo, alla giovinezza trovavano immediato riscontro nella competizione, nel campione, nel vigore fisico dell’atleta-milite. Prodromi di questo uso dello sport
come formazione di vita sul modello militare li possiamo rintracciare nella storia del tiro a
segno del quale si fece promotore lo stesso Garibaldi. Di quanto accennato molto si potrà
vedere nella ricca documentazione, anche fotografica, in mostra.
Alla soprintendenza rimane l’impegno civile, non solo istituzionale, di vigilare affinché i documenti che le generazioni passate hanno prodotto diventino il presupposto per una riflessione
sul problema del reperimento delle fonti, della loro conservazione e infine del loro uso nella
produzione storiografica.
La realizzazione di questa mostra non pretende di essere esaustiva in questo senso, ci si propone piuttosto di sensibilizzare il pubblico verso una tipologia di beni culturali meno visibile
e per questo più a rischio di dispersione proprio perché sottovalutata e misconosciuta.
N U O VA E D I T R I C E ( C E N T R O C O M M E R C I A L E “A L B AT T E N T E ” , V I A D E L C O M M E R C I O , 5 2 - A S C O L I P I C E N O ) / A V E Z Z A N O : L I B R E R I A M O N D A D O
Dedicato a mio fratello, che amava gli azzurri, 2006-2009, Museum Kurhaus Kleve, foto Werner J. Hannappel
SPALLETTI A KLEVE
Il Museum Kurhaus Kleve dedica una
grande antologica a Ettore Spalletti. Fino
al 20 settembre sono in mostra oltre 50
lavori che ricostruiscono idealmente il percorso di uno dei maestri dell’arte contemporanea. Realizzate tra il 1978 e il 2009,
alcune appositamente per il Museum
Kurhaus Kleve, le opere tessono una
trama fitta e completa del lavoro di
Spalletti. La sua ricerca, espressione di
una concezione unica di luce, colore e
spazio, si declina in forme nitide, sfumature sottili, superfici delicate. La mostra
testimonia quell’intima unione di pittura
e scultura che caratterizza i lavori di
Spalletti, capaci di essere al tempo stesso
solidamente presenti nello spazio quanto
immateriali come un miraggio.
“L’arte di Spalletti unisce al pensiero concettuale dell’arte astratta, concreta e minimalista del ‘900 il senso cromatico della
pittura italiana del tardo medioevo e del
rinascimento”, afferma il Direttore del
Museum Kurhaus Kleve, Guido de Werd.
Già, perché la ricerca di Spalletti si nutre
allo stesso modo di materialità e immaterialità, di superfici e oggetti e di un colore
che, morbido, sfugge a ogni definizione.
Un’antologica dunque, che è un viaggio
nell’arte del presente, attraverso uno dei
suoi protagonisti.
La sala del museo che ospita l’opera di
Spalletti in esposizione permanente, è
stata intitolata al fratello Vittoriano recentemente scomparso.
INFO:
Ettore Spalletti 24.05.2009 – 20.09.09
Museum Kurhaus Kleve
Tiergartenstraße 41 / D-47533 Kleve
www.museumkurhaus.de
O R I ( V I A M O N S I G N O R B A G N O L I , 8 6 - AV E Z Z A N O ) / L I B R E R I A L A N U O VA E D I T R I C E ( C O R S O D E L L A L I B E R T À , 1 1 0 - AV E Z Z A N O ) / B O L O G N A :
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EVENTI
JOSÉ ORTEGA
REALISMO E IDENTITÀ MEDITERRANEA
“La vera pazienza dei vinti consiste
nel non accettare di esserlo per sempre” (Claude Roy)
Leggere un quadro è un po’ come leggere un libro, magari un romanzo. Come per la scrittura l’arte di dipingere prevede una grammatica delle forme, una sintassi che regola l’uso
del colore e cosa più importante un genere che può appassionare il lettore. Esistono quadri dal sapore eroico che raccontano le gesta di valorosi guerrieri che hanno combattuto per
la libertà, per la vita conquistando i confini mitici che dividono il cielo dalla terra. Talvolta è
la vita stessa dell’autore che entra prepotentemente nella storia e travolge il lettore con la
forza dei sentimenti. Dentro un quadro ci sono tante vite, quella dei personaggi è la più evidente, l’esistenza dell’artista traspare dalla trama dell’opera, tuttavia il legame più forte, sul
quale spesso dimentichiamo di interrogarci, è con la persona che ha portato quel quadro
fino a noi. Realtà sfuggente è la presenza di un gallerista o di un collezionista che vive nell’ambigua dimensione di mercante e di sognatore, una sorta di Caronte, di traghettatore di
anime ribelli e desiderose di superare il fiume dell’incomprensione. Alfredo Paglione è un
gallerista di origine abruzzese che dopo molti anni spesi nei circuiti internazionali dell’arte
e della cultura di Milano ha deciso di portare in Abruzzo qualche frammento della sua esperienza. Molteplici donazioni e progetti destinati alla realtà culturale abruzzese ne fanno un
mecenate che ha piacere di presentare i suoi artisti, che sono poi i suoi amici, e renderci
partecipi delle loro vicende. In collaborazione con la Fondazione Carichieti, con la Camera
di Commercio e la Provincia di Chieti, Alfredo Paglione ha organizzato una mostra presso
il Museo d’Arte Costantino Barbella che parla di Mediterraneo.
Dai quadri emergono “tristi ciclopi sperduti” tra i bassi orizzonti della pianura spagnola
immersi nel grano alto e compatto sotto un cielo vasto, incombente e senza nuvole.
Sono mietitori e la voce narrante è quella di Josè Ortega pittore spagnolo nato nella
Mancha, la terra verissima e fantasiosa dell’epopea “mesta e immortale” di Don Chisciotte.
Un uomo che lungo il suo cammino si è trovato ad affrontare la dittatura del regime franchista, il carcere, l’esilio, un uomo che ha sofferto e che ha visto soffrire e non lo dimentica quando dipinge. Le opere di Ortega si devono leggere come una sorta di poema contadino che sostiene l’avanguardia proletaria: un pittore impaziente e intollerante che crede
nella forza rivoluzionaria dell’arte.
Nella materia asciutta e compatta, come la sua terra, Ortega incide le impronte dell’anima,
i segni di una memoria tenace e appassionata di un mondo di agricoltori e pastori.
Il bracciante agricolo è il vero eroe di questo ambiente tragico, profilato di luce all’orizzonte, curvo sotto il peso della fatica, sopraffatto da un’onda di natura pietrificata. Non è raro
incontrarli sotto carichi di sacchi di masserizie o piegati a mietere il grano mentre alternano le movenze cadenzate a stasi di immobilità statuaria. La fermezza delle espressioni di
discendenza classica rivelano una grande compostezza formale che sospende il ritmo del
racconto in una tensione spazio-temporale tanto da elevare l’immagine ad un livello di
sacralità.
La forza della sua arte risiede nella dialettica tra forma e contenuto, tra intento creativo e
determinazione ideologica. La profondità dei piani contribuisce alla complessa evoluzione
dello spazio scandita dai toni e semitoni di colori opachi e densi.
Già il colore non è certo casuale ma pervaso di un senso tellurico, primordiale. Il colore di
Ortega è polveroso nelle ocre intense, i bruni terrosi, la gamma dei grigi è severa come la
pietra pomice e sopra tutti i cieli grevi, uniformi, i cieli viola, i cieli amaranto, cieli neri come
il tormento. La sua tavolozza si compone del rosso del sangue, del viola del lutto, del giallo dell’oro. Il colore per Ortega deve sempre esprimere qualcosa di reale, della sua realtà
che si confonde con la coscienza. Il sole di mezzogiorno è lo stesso per il play-boy che si
abbronza sulla spiaggia e per il contadino che miete il grano nei campi ma non può avere
lo stesso colore.
Le ascendenze verso Goya, Picasso non sono di semplice natura formale ma rivelano la
volontà di riprendere e continuare la tradizione spagnola della pittura civile. Pittura corposa e sanguigna in una parola mediterranea. A questo punto c’è da chiedersi perché Ortega
in Abruzzo? L’accostamento è quanto mai pertinente se si pensa non solo ai colori, ai sapori, agli umori che caratterizzano tutto il Mediterraneo ma soprattutto al mondo contadino.
Quello che lega Paglione a Ortega è lo stesso vincolo passionale, ostinato e ossessivo che
unisce un uomo alla sua terra di origine.
Jessika Romano
info
JOSÉ ORTEGA REALISMO E IDENTITÀ MEDITERRANEA
25 giugno - 29 agosto 2009
Museo d’Arte Costantino Barbella - Chieti
[email protected]
Tel. 0871 4083352
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LIBRERIA PICKWICK (GALLERIA 2 AGOSTO 1980, 3/2 - BOLOGNA) / C H I E T I : LIBRERIA DE LUCA (VIA C. DE LOLLIS, 12/14 - CHIETI)
MUSEO E TERRITORIO
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MUSEO E TERRITORIO
Una giornata ATRIatica
Lo sguardo spazia dalle colline morbide ai profili aspri dei calanchi. Siamo ad Atri, in un territorio che, dal mare alla montagna, riserva continue sorprese. Insieme alle peculiarità naturali colpiscono anche le ricchezze di un patrimonio storico e culturale “messe in mostra”. E già, perché
Atri vanta la presenza di quattro musei. Tutti da visitare. A cominciare dal famoso Museo capitolare, sorto agli inizi del ‘900 nella sede medievale del convento dei monaci benedettini. L’ultima
risistemazione, nel 1994, ne ha valorizzato la collezione e il percorso espositivo. Fanno da scenario di accoglienza il chiostro, la cisterna romana, i mosaici pavimentali, gli affreschi. E poi una
collezione che comprende reliquari, croci processionali, statue, arredi liturgici, una pinacoteca.
Di pregio assoluto la sezione dedicata alle ceramiche che documenta la storia di questa produzione in Abruzzo, dagli inizi del XVI al XIX secolo.
Il Museo archeologico civico capitolare “De Galitiis - De Albentiis – Tascini” conserva testimonianze preistoriche del territorio regionale, dal Paleolitico alla prima età del Ferro. Ceramica dell’età del Rame, asce in bronzo e ceramica dell’età del Bronzo finale e della prima età del Ferro.
Nella ricca sezione protostorica “Edoardo Brizio” trovano posto due sepolture integre scavate
nei primi anni del secolo scorso, oltre a vari corredi funerari. Il museo ospita anche la collezione
di Vincenzo Rosati, storico direttore Scuola di Arti e Mestieri dell’Orfanotrofio di Atri e appassionato di archeologia.
Il Museo “Antonio Di Jorio”, inaugurato nel 1996, è l’archivio musicale più ricco della regione.
Costituito da oltre cinquecento opere manoscritte del Maestro Di Jorio, ne custodisce anche la
biblioteca privata e l’epistolario. Il museo ha sede nel salone del Teatro comunale e mette a disposizione di studiosi e appassionati il proprio archivio.
Il Museo civico etnografico è forse il meno conosciuto tra i musei di Atri ma sorprende per la ricchezza e la varietà di una collezione che getta un ponte tra la memoria di quello che è stato e
l’attesa di quello che deve venire. Il progetto culturale che ha alimentato la nascita del Museo, nel
1983 per volere di Ettore Cicconi, era ambizioso: offrire occasioni di confronto, conoscenza e
comprensione dell’ambiente umano e naturale locale. Il risultato è un museo affascinante, carico di suggestioni, che espone ricordi, brandelli di storie, identità individuali e insieme collettive.
La collezione, oltre tremila pezzi, è composta da manufatti capaci di spalancare finestre su
mondi sconosciuti ai più giovani ma spesso ancora vivi nei ricordi dei più anziani. La realtà urbana del territorio è testimoniata dalla ricostruzione di ambienti di vita domestica: una cucina, una
camera da letto, un laboratorio da calzolaio, uno di falegnameria, una sartoria. Magnifici il vestito della baronessa Castellani di Atri e quello della Signora De Albentiis, fatto realizzare per la sua
partecipazione alla festa in onore di re Umberto I in visita a Pescara, nel 1875. E poi ancora, il
vestito della Madonna del Rosario, abiti da sposa, vestiti da bambino e macchine da cucire, un
telaio e una misura, a palmi, del 1694.
Nello spazio riservato alla musica trovano posto un grammofono, un piano melodico, un violi-
no del 1876, un mandolino in madreperla e strumenti per la musica bandistica che testimoniano la storia di Atri, tra le prime città in Abruzzo ad avere un complesso bandistico già dal 1806.
Una macchina per la produzione della liquirizia locale e della gassosa raccontano la storia industriale di Atri e dei suoi abitanti e impreziosiscono la già ricca collezione che viene curata, sotto
il profilo scientifico, in collaborazione con la Soprintendenza ai B.A.A.S. dell’Aquila e con quella
archeologica di Chieti.
La sezione dedicata all’immagine espone lanterne magiche ottocentesche, un proiettore cinematografico del 1930 oltre ad una copia della pubblicazione della Storia della campana di re
Giovanni (44a novella del Novellino) presente presso il Victoria and Albert Museum di Londra.
Il museo possiede anche una splendida raccolta di oggetti religiosi: immagini sacre, a stampa o
dipinte, una statua ottocentesca di San Nicola di Bari e una di San Gabriele dell’Addolorata, un
Bambinello in cartapesta del ‘700, una cappella lignea dei primi anni dell’800 con arredi e paramenti sacri, un crocifisso ottocentesco in ferro battuto e abiti settecenteschi di alcune confraternite di Atri.
Il museo dedica uno spazio particolare alle testimonianze materiali dell’attività dei minatori con
attrezzi del mestiere e vestiario: si tratta di un capitolo significativo nella storia di Atri poiché il
lavoro nelle miniere ha generato i flussi migratori che hanno portato gli atriani, negli anni ’50 e
’60 del ‘900, in Belgio, nelle miniere di Bòussu Bou. Altre sezioni espositive riguardano l’attività
dei maestri ceramisti di Castelli, dal XVII secolo a oggi.
È una collezione pregiata quella del museo etnografico di Atri che attraversa i secoli, ricostruisce
un tessuto sociale e culturale e contribuisce a creare consapevolezza delle proprie radici, spirito
d’appartenenza e coscienza civica. D’altra parte i musei etnografici sono chiamati, come sottolineato da Georges Henri Rivière, a “[…] dare espressione alla cultura sotto aspetti molteplici –
tecnici, economici, sociali o estetici – nel loro universo vissuto, agito o pensato; illustrare il patrimonio culturale delle popolazioni attuali, come rampa di lancio dello sviluppo”1 ma anche a insegnare la comprensione tra le diverse culture a partire dalla consapevolezza della propria peculiare e incancellabile identità.
Antonella Muzi
1. Georges Henri Rivière, Rôle du musée d’art et du musée de sciences humaines et sociales, “Museum International
UNESCO”, xxv, 1973, 1-2, trad. it. in Il nuovo museo, a cura di Cecilia Ribaldi, vol. 1, il Saggiatore, Milano 2005.
info
MUSEO ETNOGRAFICO DI ATRI (TERAMO)
giugno-settembre: martedì–domenica 10.00 - 12.00; 16.00 - 19.00.
ottobre-maggio: martedì–sabato 10.00 - 12.30.
LISA hotel
Viale Abruzzo, 10 - 64025 Pineto (TE) - Italia
Tel. 085-9492030 Fax 085-9490030 - [email protected]
/ G I U L I A N O V A : L I B R E R I A L A N U O VA E D I T R I C E ( V I A N . S A U R O , 3 5 - G I U L I A N O VA ) / L A N C I A N O : L I B R E R I A L A N U O VA E D I T R I C E
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CULTURA E IMPRESA
INTERVISTA A
GIOVANNA PESCI
PRESIDENTE DI ARTELIBRO
Sesta edizione di Artelibro, quali sono le
novità ?
Le novità riguardano sostanzialmente la
comunicazione. Abbiamo fin da novembre implementato il sito www.artelibro.it
trasformandolo da semplice vetrina della
manifestazione in piattaforma espositiva
dell’editoria d’arte italiana e internazionale, un luogo di eccellenza dove
un’apposita redazione seleziona e pubblica le più interessanti novità editoriali e le
attività segnalate dagli editori e dalle istituzioni culturali coinvolte nel Festival. C’è
anche MU6! La newsletter, attiva già dallo
scorso anno, viene ora spedita agli iscritti
con cadenza quindicinale. Anche la comunicazione web si è approfondita e affinata
con un costante monitoraggio e interven-
to su siti e blog di riferimento. Artelibro
viene così a svolgere un’importante funzione di supporto e promozione per, e
con, gli stakeholders del settore.
Le differenti tipologie di editoria d’arte stanno vivendo differenti situazioni ? Si scorgono
scenari futuri ?
Si fa un gran parlare di Kindle... Non credo
che lì stia il futuro del libro d’arte! Tuttavia
il mondo del digitale è importante, in
grandissima espansione, e tende a sostituirsi a molte cose. Nell’editoria d’arte un
settore oggi molto attivo, amato, e difficilmente sostituibile è quello dei libri d’arte
per l’infanzia. Quest’anno ad Artelibro se
ne vedranno esempi bellissimi! Dalla
mostra sul libro d’artista per l’infanzia
della casa editrice francese Les Trois
Ourses ai libri della Giannino Stoppani e
di Artebambini, all’Abbecedario ideato e
prodotto dai bambini in Arte in piazza sul
“crescentone” di Piazza Maggiore...
Gli eventi collaterali alla manifestazione prevedono il coinvolgimento di alcuni Musei?
L’Abbecedario è un progetto dei Diparti-
menti Educazione di tre musei d’arte contemporanea: MAMbo, MART e Castello di
Rivoli. Tutti i musei civici e statali della
città si impegnano nel programma culturale del Festival con mostre, presentazioni
di libri e cataloghi, didattica. E dei musei si
parlerà molto durante il Festival, della loro
funzione e del loro futuro, bancomat per il
paese o educazione per la gente?
FIERA di essere A MATERA
Un territorio dalla bellezza segreta e una
città unica al mondo: la Basilicata e Matera
fanno da cornice a ARTEKNE’, mostra mercato di arte contemporanea tenutasi tra il 15
e il 18 maggio scorsi. Si tratta di una fiera
alla sua prima edizione ma che ambisce a
trovare una collocazione di punta nel settore del mercato del contemporaneo, in Italia
e all’estero. MU6 ha partecipato all’evento
riscuotendo grandi consensi, in una città
diventata, per l’occasione, spazio espositivo collettivo. Palazzo Grattini ha ospitato
venti gallerie italiane e straniere mentre in
altri luoghi cittadini si sono susseguiti eventi culturali, performance, mostre temporanee. Tra queste segnaliamo birds of passage,
a cura di Federica La Paglia, una rassegna di
artisti latino-americani. “Birds of passage”
era il nome dato agli italiani che sbarcavano
negli Stati Uniti degli anni ’20. Definizione
questa, singolare ma evocativa. Racchiude
tutto il destino di quegli uomini e quelle
donne che portano memorie, vite, desideri,
radici, lungo le rotte delle migrazioni. Ieri
come oggi. La mostra ha voluto, infatti,
offrire le tante declinazioni di partenze e
approdi, con uno sguardo rivolto al territorio della Basilicata di oggi. La regione accoglie comunità di immigrati ma vede emigrare soprattutto i più giovani. Tra gli artisti
presenti, Marco Baroncelli e Enzo Orlandi
con il video parole crociate hanno letto il
tema della migrazione intrecciando dimensioni intime e memorie collettive. La sindrome di Ulisse è il titolo del lavoro dell’argentina Inés Fontenla: valige di cartone che contengono tutta la storia di chi parte in cerca
di fortuna.
“Una città nella storia è il capolavoro più
grande che ogni collettività ha costruito per
sé aggiungendolo ad altri capolavori di altre
collettività…”. Così Pietro Consagra nella
sua “Lettera ai Materani” del 1978. La consapevolezza di abitare un territorio difficile
ma straordinario, dichiarato Patrimonio
mondiale dell’umanità dall’UNESCO nel
1993, ha generato il progetto culturale del
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MUSMA,
Museo
della
Scultura
Contemporanea di Matera. Dall’ingresso,
nel cinquecentesco Palazzo Pomarici, si
attraversano sale affrescate e cortili per arrivare agli ambienti ipogei che spalancano al
visitatore scenari inattesi. Impossibile citare tutti gli artisti presenti nella ricca collezione del museo: Alberto Viani, Pietro e
Andrea Cascella, David Hare, Maria Lai,
Sebastian Matta, Eliseo Mattiacci,
Leoncillo, Pietro Coletta e poi ancora,
Medardo Rosso, Arturo Martini, Alberto
Giacometti, Fausto Melotti, Pietro
Consagra e molti altri. Il museo si dedica
all’attività educativa con laboratori indirizzati alle scuole di ogni ordine e grado e
ospita una biblioteca specializzata sui temi
dell’arte contemporanea intitolata a Vanni
Scheiwiller.
L’arte a Matera non finisce di sorprendere, è
ovunque: nei “sassi”, nei cortili, tra i palazzi, nei musei. E allora può capitare di imbattersi in un parco all’aperto dedicato all’arte
contemporanea, il Parco scultura “La
Palomba” nato dalla volontà di ri-pensare
un rapporto creativo tra scultura e paesaggio. L’ideatore del progetto è Antonio
Paradiso che, in uno scenario mozzafiato
fatto di enormi cave di pietra e resti archeologici, ha collocato le proprie sculture in pietra e metallo, insieme a lavori di Pietro
Coletta, Eliseo Mattiacci, Hidetoshi
Nagasawa, tra gli altri. In questo spazio collettivo così ricco di stratificazioni millenarie,
le sculture presenti, spesso legate al tema
del volo, creano un legame inscindibile con
il territorio e i visitatori. Matilde Marzotto
Caotorta, autrice di Arte open air, una guida
ai parchi d’arte contemporanea in Italia,
individua proprio nella relazione ravvicinata
tra opere e contesti, talvolta bellissimi, il
successo dei parchi che “[…] sembrano
indicare la possibilità di superare, sul terreno di uno spazio condiviso, quella diffidenza e quel senso di estraneità che spesso
minano il rapporto del pubblico non specialistico con l’arte contemporanea”.
Inés Fontenla: La sindrome di Ulisse, 2004/2009 - installazione, valigie e materiali vari - dimensioni ambientali
Courtesy Studio d’arte contemporanea Pino Casagrande, Roma
Dalla sensibilità di Matera per l’arte contemporanea è nata poi, nel 2003, la Fondazione
SouthEritage che promuove mostre, eventi
culturali, collaborazioni con accademie e
università e ha ricevuto, nel 2005, il Premio
Guggenheim Impresa&Cultura. Dalla sinergia tra la Fondazione e la PinacotecaBiblioteca “Camillo d’Errico” di Potenza,
nasce la mostra OLTRE IL MODERNO, un
dialogo tra la collezione d’Errico - dipinti e
stampe dal XVI al XVIII secolo - e gli artisti
contemporanei Jota Castro, Sandro Chia,
Piero Gilardi, Douglas Gordon, Philippe
Parreno, Anri Sala, Sergio Vega.
Antonella Muzi
MUSMA - ipogeo
info
OLTRE IL MODERNO
a cura di Angelo Bianco
29 giugno-26 settembre 2009
Palazzo d´Errico - Corso Manfredi 112 / Palazzo San Gervasio, Potenza
lunedì-domenica 10-13_17- 20
ingresso gratuito
www.southeritage.org - www.pinacotecaderrico.eu
( C O R S O T R E N T O E T R I E S T E , 3 9 - L A N C I A N O ) / L’A Q U I L A : L I B R E R I A L A N U O VA E D I T R I C E ( C E N T R O C O M M E R C I A L E L ' A Q U I L O N E - L’ A Q U I L
EVENTI
Un tuffo nel
Teatro del Mediterraneo
LA CULTURA CLASSICA AFFIANCA I GIOCHI SPORTIVI
Chi meglio di Andrea Camilleri, scrittore siciliano di fama mondiale e docente per decenni nell’insegnamento di regia presso l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “S.
D’Amico”, poteva coordinare questo progetto dell’Associazione Teatrale Abruzzese
Molisana (ATAM)?
Riunire ragazzi da 13 paesi diversi del Mediterraneo in un percorso didattico- formativo
che sfocerà in tre saggi teatrali : il Trittico del Mediterraneo. Sia la fase propedeutica, svoltasi a L’Aquila nel teatro Sant’Agostino, distrutto dal sisma, che la seconda fase composta
da seminari incontri e stage, sono state dirette da Nando Citarella e Rocco Mortelliti. Lo
scenario, per l’aspetto formativo, è il Castello Piccolomini di Capestrano.
Grande contenitore di questa iniziativa è il Progetto Speciale Mediterraneo: il mare delle
Culture . Protagonista di questa storia è quindi il Mare Nostrum, culla feconda di antiche
e profonde civiltà, il mare che lega insieme tre continenti e tre religioni monoteistiche,
dove si incontrano culture europee e cristiane da un lato, orientali e islamiche dall’altro.
Sul piano formativo centrali saranno, allora, la cultura araba, quella greca e quella latina,
avvicinate attraverso tre testi chiave: Le mille e una notte, opera di autori diversi, tutti anonimi, che conquistò forma definitiva solo nel XiV secolo; l’Iliade di Omero, leggendaria
epopea guerresca, popolata di mitici eroi e Le Metamorfosi di Ovidio, testo tra le opere
poetiche più importanti del mondo latino.
A questi tre testi daranno voce e forma, in una felice babilonia di lingue e tradizioni, i quaranta giovani attori del Mediterraneo a testimonianza di integrazione multietnica e di cooperazione tra i popoli.
Siamo come un unico albero dai tanti rami e foglie. Siamo venuti da paesi di culture diverse,
parliamo lingue diverse, eppure stiamo insieme. Studiamo materie diverse, tecniche diverse, ma
tutto va nella stessa direzione perché qui tutti i paesi diventano uno. Così si è espresso uno
dei giovani “atleti”di questa maratona teatrale cogliendo appieno lo spirito che ha animato questa iniziativa che lo stesso Camilleri in breve delinea: La cultura non ha armi, ma
è essa stessa un’arma, l’unica che possa sconfiggere le armi, i confini, i paletti, i pregiudizi, i
campi di concentramento; l’unica che possa sconfiggere tutti questi luoghi chiusi dove l’uomo
si trincera quando, prima di avere paura degli altri, ha paura di se stesso.
L A ) / P E S C A R A : B O O K & W I N E ( N U O V O T R I B U N A L E ) / L I B E R N A U TA ( V I A T E R A M O , 2 7 ) / R I E T I : L I B R E R I A L A N U O VA E D I T R I C E ( V I A R O M A ,
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MUSEONUOVOLETTEREINBREVECONVEGNO
ATTIVITÀ
WORKSHOP
MOSTRE
ATTIVITÀ
SISTEMA MUSEALE DI
PRIVERNO
WORKSHOP SHELLter
ESPOSIZIONE
UNIVERSALE
PRIVERNO (LT)
ROCCAMONTEPIANO (CH)
BERGAMO
Il Sistema Museale Urbano di Priverno
fra archeologia e matematica
Quattro musei, tre archeologici e uno scientifico, fanno
da corollario al ricco patrimonio culturale di Priverno
(LT). Sono il risultato di un impegnativo programma di
sviluppo culturale promosso dall’Amministrazione
comunale e sostenuto dalla Regione Lazio, che ha permesso di realizzare, nell’arco di un decennio, un intero
Sistema Museale Urbano. Sono state, infatti, create una
serie di strutture museali che hanno ricomposto, all’interno di un itinerario di visita, le tappe di una complessa
storia urbana, iniziata con Privernum, antica città dei
Volsci e passata, dall’età romana a quella medievale,
attraverso insediamenti che segnano ancora profondamente il paesaggio attuale.
Privernum, con le imponenti rovine della città romana
e altomedievale; Priverno, con il suo centro storico in cui
sopravvive il tessuto urbanistico e edilizio della Piperno
medievale; Fossanova, con la sua splendida Abbazia
cistercense; il Parco di San Martino con il palazzo rinascimentale del cardinale Gallio: questi luoghi offrono la
possibilità di seguire le linee di un divenire storico che si
concretizza negli allestimenti dell’Area Archeologica
Privernum, del Museo Archeologico a Priverno e del
Museo Medievale a Fossanova. A questi Musei si è poi
aggiunto il Museo per la Matematica Giochiamo
all’Infinito, un museo inedito e innovativo che avvicina
al mondo della matematica d’attualità.
22 – 26 giugno 2009
SHELLter è il nome dato ad un sistema costruttivo sviluppato presso l’Università degli Studi di Roma Tre da
un gruppo di progettisti coordinato dall’architetto
Stefan Pollak a partire da alcune tecniche costruttive
concepite in Perù con terra cruda e aste vegetali e pensate per le zone altamente sismiche della costa pacifica e degli altopiani andini.
Il nome gioca sull’assonanza delle parole inglesi shelter (dimora o protezione) e shell (guscio), proprio perché vuole porsi come alternativa ecologica e sociale
alla cultura dei ricoveri prefabbricati. L’esecuzione del
sistema è infatti volutamente semplice, tanto da poter
essere eseguita in autocostruzione, con la partecipazione di studenti, utenti finali, semplici cittadini o altri
volontari.
È quello che avverrà dal 22 al 26 giugno 2009 nella
località abruzzese di Roccamontepiano (CH), ai piedi
della Maiella, in un workshop didattico-sperimentale
finalizzato alla realizzazione di un prototipo di questo
sistema.
L’iniziativa è promossa dall’Università di Roma Tre in
collaborazione con il Centro di Documentazione delle
Case di Terra di Casalincontrada (CH) e le università
abruzzesi di Chieti-Pescara e L’Aquila. Parteciperanno
al workshop studenti di architettura ed ingegneria provenienti dai tre atenei, che parallelamente alla sperimentazione manuale potranno assistere ad un ciclo di
lezioni su temi costruttivi ed ambientali.
Legambiente, Circolo di Chieti, ospita l’evento e fornisce supporto logistico, insieme ad altre associazioni ed
istituzioni locali.
ESPOSIZIONE UNIVERSALE
L’ARTE ALLA PROVA DEL TEMPO
A cura di Giacinto Di Pietrantonio
Fino al 26 luglio 2009
Otto mostre racchiuse in un unico percorso espositivo
che si snoda nelle sale della GAMeC – Galleria d’Arte
Moderna e Contemporanea di Bergamo.
Attraverso oltre 100 opere, che vanno dal XV al XXI secolo, le otto sezioni della mostra affrontano alcune tematiche universali trattate nei secoli da artisti antichi, moderni e contemporanei. Periodi diversi si confrontano per
mettere alla prova i metodi di rappresentazione e presentazione di argomenti eterni e sempre diversamente
affrontati.
Il patrimonio dall’Accademia Carrara di Bergamo è il
punto di partenza del dedalo espositivo, un viaggio che
arriva sino alle ultime tendenze artistiche.
In Esposizione Universale del Potere, Esposizione
Universale del Quotidiano, Esposizione Universale
della Vita, Esposizione Universale della Morte,
Esposizione Universale della Mente, Esposizione
Universale del Corpo, Esposizione Universale
dell’Odio, Esposizione Universale dell’Amore, le opere
di Giovanni Bellini, Bergognone, Sandro Botticelli,
Vittore Carpaccio, Vincenzo Foppa, Lorenzo Lotto,
Pisanello, Tiziano, Cosmè Tura, si specchiano con quelle
di Christo, Francesco Clemente, Felice Casorati, Marcel
Duchamp, Giorgio De Chirico, Gino De Dominicis,
Jimmie Durham, Gilbert & George, Ilya Kabakov, Joseph
Kosuth, Maria Lai, Marisa Merz, Pino Pascali, Luigi
Ontani, Ettore Spalletti, Jeff Wall, Gilberto Zorio, Mario
Airò, Stefano Arienti, Simone Berti, Roberto Cuoghi,
Meschac Gaba, Margherita Manzelli, Diego Perrone,
Pietro Roccasalva, Ben Vautier, fra gli altri.
GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea
di Bergamo
Via San Tomaso, 53 – Bergamo
Tel. +39 035 270272 - www.gamec.it
CIRCUITO CULTURALE
DEI MESTIERI
MEDIEVALI
Nei quattro musei sono attivi servizi educativi rivolti alle
scuole e agli adulti, a cura della società Sistema Museo.
Per informazioni e prenotazioni:
Infoline Sistema Museo 800 961 993
[email protected]
www.sistemamuseo.it
info: Dipartimento di Progettazione e studio dell’architettura (DiPSA)
e-mail: [email protected]
tel. +39 | 06 | 57 33 29 62
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INFO: 335341378 - 337 661865
[email protected]
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BEVAGNA (PG)
28 marzo – 1 novembre 2009
Bevagna (PG)
Un tuffo nel passato alla scoperta delle antiche tradizioni artigiane medievali. All’interno delle suggestive botteghe medievali nel centro storico Bevagna, maestri dell’arte ed esperti artigiani svelano i segreti degli Antichi
Mestieri Medievali: cartari, ceraioli, tessitori e dipintori
mostrano le fasi e gli strumenti di lavoro della loro produzione. Visite guidate e laboratori permetteranno ad
un pubblico di ogni età di assaporare, conoscere e sperimentare i segreti dell’arte medievale. Visite guidate e
laboratori permettono ad un pubblico di ogni età di assaporare, conoscere e sperimentare i segreti dell’arte
medievale.
I Mestieri Medievali
La Cartiera è il luogo di produzione della “carta bambagina”, realizzata con polpa derivata dagli stracci. Il
Setificio permette di comprendere il ciclo di produzione
della seta. La Cereria è l’antico laboratorio dove si producono candele in pura cera d’api. Nella bottega del
Dipintore si sperimentano le fasi della tempera su tavola, tecnica di pittura in cui si utilizzano pigmenti in polvere legati insieme da una sostanza proteica di origine
animale: il tuorlo d’uovo.
Orario delle visite:
10.30-12.30/15.30-18 Chiuso il lunedì
Nel periodo invernale visite e laboratori solo su prenotazione
Informazioni e biglietteria:
Museo Comunale di Bevagna
Corso Matteotti 70, Bevagna (PG)
Tel e fax 0742.360031
[email protected]
www.sistemamuseo.it; www.comune.bevagna.pg.it;
www.ilmercatodellegaite.it
MOSTRE
MOSTRE
TERRA
MADRE ABRUZZO
DREAMS
AND SHADOWS
ROMA
FIRENZE
TERRA MADRE ABRUZZO”
PER NON DIMENTICARE
Una sola opera per ogni museo. Otto Madonne, uguali nell’iconografia ma diverse per i materiali e per l’
epoca di realizzazione, scelte tra le decine di opere recuperate tra le macerie dal Museo Nazionale d’Abruzzo al
Forte Spagnolo dell’Aquila dai volontari di Legambiente, saranno i cardini della mostra “Terra Madre
Abruzzo” che si svolgerà contemporaneamente in otto
musei abruzzesi, un’opera per ogni galleria. Ad ognuna
sarà dedicata una stanza del museo appositamente
oscurata per permettere la visione contemporanea dell’opera e del video che Legambiente ha realizzato
durante le attività di recupero dei Beni. La Madonna
sarà visibile a momenti alterni alla proiezione, illuminata da lampade a led in modo da preservare l’opera
che miracolosamente si è salvata. Il gioco delle luci e dei
suoni che commenteranno la performance permetterà
la lettura critica dell’esposizione su diversi piani emotivi: rendere un omaggio simbolico al patrimonio artistico aquilano ferito dal sisma del 6 aprile; testimoniare le
attività svolte dalle squadre di recupero ed il lavoro della
Funzione Salvaguardia Beni Culturali; inviare un monito perché non si dimentichi quanto é accaduto; testimoniare una realtà museale fortemente attiva e radicata nel territorio; rendere tangibile l’augurio di tutti coloro che coltivano la memoria storica perché i beni culturali abruzzesi possano rinascere a nuova vita.
L'inaugurazione è stata fissata per il 29 giugno a
Teramo al Museo Archeologico. Per andare al 2 luglio
a Pescara Museo delle Genti d'Abruzzo, il 4 luglio le due
sedi di Chieti (Museo della Civitella e Museo Villa
Frigerj), l'11 luglio concerto opera 3.32 a Celano Museo
Preistorico di Paludi, il 18 luglio a San Buono (CH)
Museo per l'Arte e l'Archeologia del Vastese, il 25 luglio
a Francavilla al Mare Fondazione Museo Michetti.
DREAMS AND SHADOWS
Photographs by René & Radka
Museo Nazionale Alinari della Fotografia
18 Giugno - 2 Agosto 2009
Il Museo Nazionale Alinari della Fotografia presenta per
la prima volta in Italia la mostra “Dreams and
Shadows – Photographs by Renè & Radka” il lavoro di
due giovani e creativi fotografi legati anche al mondo
della moda.
Si tratta di un avvenimento importante che esprime una
significativa novità: con questa esposizione il MNAF
apre per la prima volta le porte alla fotografia contemporanea emergente.
La mostra è realizzata dalla Fratelli Alinari. fondazione
per la Storia della Fotografia, con il contributo dell’Ente
Cassa di Risparmio di Firenze.
L’evento fa parte del calendario “on The Occasion Of”
Pitti Uomo 76 della Fondazione Pitti Discovery.
René e Radka, provengono rispettivamente da Colonia
in Germania e da Praga nella Repubblica Ceca, dal 2001
vivono e lavorano insieme a Parigi.
Le loro foto di moda sono apparse su grandi magazine
come Vogue Nippon, French, Citizen K, Wound, Milk,
Tush, Style, Beaux Art, Le Monde 2. ed hanno realizzato
campagne pubblicitarie per Kenzo, Adidas con David
Beckham, Absolute Vodka, Miss Sixty, Energie, and
Aston Martin.
La mostra Dreams and Shadows presenta una serie di
fotografie relative ai di due ultimi lavori fotografici di
René & Radka: Come and play with us e Under water.
Info: 055.216310, fax 055.2646990, [email protected]
Orario: 10,30-13,30/16,00-21,00 chiuso il mercoledì
Biglietteria: Intero euro 6,00; Ridotto euro 5,00; Scuole
euro 4,00; Gratis bambini fino a 5 anni
3 5 - R I E T I ) / R O S E T O D E G L I A B R U Z Z I : L I B R E R I A L A N U O VA E D I T R I C E ( V I A N A Z I O N A L E , 2 1 2 - R O S E T O D E G L I A B R U Z Z I ) / S A N B E N E D E
OMOSTREATTIVITÀLIBRIANNIVERSARIOCO
DIDATTICA
MOSTRE
ATTIVITÀ
MOSTRE
FORTEZZA E MUSEO
DELLE ARMI
MIRÒ - OPERA GRAFICA
IL CIRCUITO
MUSEALE
DI SUMMONTE
MARIANTONIETTA
SULCANESE
OTRANTO (LE)
CIVITELLA DEL TRONTO (TE)
Una delle più imponenti opere di ingegneria militare
d’Europa, con i suoi 25.000 mq di superficie e
un’estensione lineare di più di 500 metri, la Fortezza di
Civitella del Tronto ha rappresentato per secoli un
baluardo di confine a settentrione del viceregno napoletano. La rocca aragonese, sorta su probabile preesistenza medievale, è stata trasformata tra il 1564 e il 1576 su
disposizione di Filippo II d’Asburgo. Grazie alle sistemazioni operate dai Borboni, oppose una strenua resistenza
all’assedio napoleonico del 1806 e a quello del 1860/61
da parte dell’esercito piemontese che condusse la
Fortezza alla demolizione. L’impianto attuale, a seguito
di un importante restauro operato dalla Sovrintendenza
di L’Aquila , rivela ancora la formidabile potenza della
struttura. Tra gli elementi di maggiore rilievo sono da
visitare i bastioni, le vaste piazze d’armi, il Palazzo del
Governatore, la Chiesa di San Giacomo e il Museo delle
Armi.
Il Museo delle Armi è articolato in quattro sale. Una
dedicata al prof. Giorgio Cucentrentoli di Monteloro
ospita alcuni dei pezzi più moderni della collezione. Al
centro del locale troneggia un cannone da campagna
napoleonico. La successiva stanza, accoglie quattro
bacheche con armi appartenute all’esercito borbonico e
a quello sabaudo. La collezione presenta anche un obice
settecentesco. La terza sala del Museo ospita un cippo
confinario, una delle antiche colonne di travertino poste
al confine tra il Regno delle Due Sicilie e lo Stato
Pontificio. L’ultima stanza presenta due bacheche con le
armi più antiche del XV sec.
Mirò - Opera grafica
Parler Seul, 1948-50 / 72 tavole - Ubu Roi, 1966 / 13
tavole
27 giugno - 27 settembre 2009
Castello Aragonese - Otranto
Una grande mostra giunge finalmente a Otranto e si
riaccendono i riflettori sul borgo antico che racchiude più
di mille anni di storia. Il Castello Aragonese, edificato tra
il 1485 e il 1498 e dalla pianta pentagonale irregolare con
tre torrioni cilindrici e un poderoso bastione a lancia, si
sveglia da un sonno durato secoli e diviene importante
contenitore culturale, grazie alla nuova gestione
dell’A.T.I., costituita dalla società cooperativa Sistema
Museo di Perugia e dall’Agenzia di Comunicazione
Orione di Maglie. L’obiettivo è trasformare la fortezza in
un punto di riferimento per l’arte e la cultura a livello
nazionale e internazionale. Sarà uno dei grandi maestri
spagnoli del ‘900 a inaugurare questa nuova stagione
artistica: Joan Mirò. Una mostra dedicata all’opera grafica del geniale artista, che divenne in breve tempo uno
dei maggiori esponenti del surrealismo. La prestigiosa
esposizione accompagnerà il visitatore alla scoperta del
meraviglioso mondo di Mirò attraverso una selezione di
litografie in cui le forme, i colori, lo straordinario alfabeto di segni creato dal maestro sono il risultato della sua
incredibile capacità di rinnovarsi alla luce di una visione
globale dell’arte, vissuta con curiosità e versatilità.
Per informazioni e prenotazioni:
Fortezza di Civitella del Tronto - tel. 320 8424540
[email protected]
Per informazioni e prenotazioni:
Infoline Sistema Museo 199 151 123 *Servizio a pagamento
[email protected]
MOSTRE
MOSTRE
ALBERTO BURRI
QUI È ALTROVE
CASTELBASSO 2009
CASTELBASSO 2009
Castelbasso Progetto Cultura 2009
ALBERTO BURRI
Equilibrio Struttura Ritmo Luce
a cura di Francesco Poli
QUI È ALTROVE
fotografia, scultura, video e installazione
21 artisti tra Italia, Albania, Germania, Macedonia,
Serbia e Svizzera
La Fondazione “Malvina Menegaz per le Arti e le
Culture”, che da questo anno organizza la manifestazione, ospiterà nelle sale della sua sede a Palazzo
Clemente, completamente restaurato e dotato dei
dispositivi più aggiornati per una attività espositiva di
alto livello, una importante mostra dedicata al Maestro
Alberto Burri.
È una esposizione che sicuramente richiamerà, come nel
caso della precedente riguardante de Chirico, un grande
pubblico, anche perché è la prima in Abruzzo dedicata
alle opere del Maestro e dunque, anche per questo, un
avvenimento culturale particolarmente significativo per
la Regione soprattutto nel momento in cui un evento
come il terremoto ha messo a dura prova lo spirito e
l’animo degli abitanti dell’intero territorio.
In quattro grandi sale saranno presentate oltre venti
opere delle fasi più importanti della ricerca dell’artista
umbro, dai famosi “Sacchi” alle “Combustioni”, legni
e plastiche, dai “Cretti” fino ai “Cellotex”.
Castelbasso Progetto Cultura 2009, con la collettiva qui
è altrove, a cura di Francesco Poli e Francesca Referza,
si fa promotore di un nuovo appuntamento di arte contemporanea. La manifestazione, ormai, riconosciuta tra
le più importanti iniziative culturali italiane, è organizzata dalla Fondazione Malvina Menegaz per le Arti e le
Culture e dall’Associazione Amici per Castelbasso.
La mostra è il primo evento di una nuova programmazione di arte contemporanea che, a partire dal 2009 e fino al
2012, verrà ospitata nella sede di Palazzo De Sanctis.
qui è altrove, è una collettiva di ventuno artisti, italiani e
stranieri, la cui ricerca spazia dal video, alla fotografia,
dalla scultura all’installazione. Per questa mostra, che ha
lo scopo di registrare e mettere a confronto alcuni aspetti
delle più recenti ricerche contemporanee del panorama
italiano, ma non solo, sono stati selezionati e invitati artisti già riconosciuti tra i più interessanti dell’attuale scena
artistica, accanto ad altri più giovani.
Gli artisti partecipanti, nati tra la metà degli anni Sessanta e gli anni Ottanta sono: Francesco Arena, Gianni Caravaggio, David Casini, Loris Cecchini, Michele D’Agostino,
Silvia Giambrone, Daniel Glaser & Magdalena Kunz,
Angela Glajcar, Loredana Longo, Mrmando Lulaj, Marzia
Migliora, Jacopo Miliani, Andrea Nacciarriti, Paolo
Piscitelli, Arcangelo Sassolino, Eugenio Tibaldi, Nikola
Uzunovski, Nico Vascellari, Eltjon Valle, Jelena Vasiljev,
Italo Zuffi.
Palazzo Clemente
Borgo Medievale di Castelbasso (TE)
21 giugno – 30 Agosto 2009
Orari: Dal 21 giugno al 17 luglio - dalle 16- 20
Festivi e Prefestivi: dalle 10.00-13.00/16.00-20.00 chiuso
il lunedì
Dal 18 Luglio al 30 Agosto: 19.00-24.00 tutti i giorni
Apertura: tutti i giorni, giugno e settembre ore 10-13/1623; luglio e agosto ore 10-13/16-24
SUMMONTE (AV)
Museo Civico di Summonte
Complesso Castellare della Torre Angioina
Il Museo Civico di Summonte ha sede nella strategica
area castellare della “Torre Angioina”. La torre fu elevata sui ruderi del castello dove probabilmente, abitò la
famiglia Malerba che tenne il feudo locale in epoca normanna. Intorno alla metà degli anni novanta del XX
secolo, tuttavia, sono state ritrovate le strutture murarie
di epoca normanno-sveva a seguito di uno scavo archeologico condotto con la supervisione della
Soprintendenza ai Beni Archeologici di Salerno, Avellino
e Benevento.
La torre, è stata di recente restaurata con il recupero dell’apparecchiatura muraria e la ricostruzione dei solai
lignei fino all’ultimo livello. È costruita interamente in
conci di pietra calcarea sbozzati e malta di allettamento a base di calce, sabbia mista a lapillo e pietra macinata. Di particolare interesse storico-didattico è la
collezione ”Submontis Medievalia” ospitata nelle sale
museali del castello esterne alla torre principale. La
collezione, frutto di approfondimenti iconografici, oplologici, bibliografici ed archivistici, dà al visitatore la possibilità di rivivere la storia e la vita del castello in epoca
tardo-medievale.
ANTRODOCO (RIETI)
Inizia in estate l’attività espositiva del Museo della
Città “Lin Delija” di Antrodoco (Rieti). Aperto nel
2002, il museo ospita lavori dell’artista albanese Lin
Delija che visse ad Antrodoco fino al 1994, anno della
sua morte. Da luglio a settembre nelle sale dell’antico
convento di Santa Chiara, sede del museo, saranno in
mostra i lavori più recenti di Mariantonietta
Sulcanese: Sentieri di luce/Paths of ligth, Il cuore dei
santi/The heart of saints e Monocromi. L’artista
abruzzese, che ha alle spalle una carriera internazionale, presenta oltre settanta opere tra tele e installazioni, raccontando una ricerca fatta di materia e colore. Con rigore e pazienza, nei suoi lavori Sulcanese va
alla ricerca di quel soffio di spiritualità universale, di
quel senso del sacro che permea tutte le cose. La
mostra è corredata da una preziosa pubblicazione realizzata da Di Paolo Edizioni con il prestigioso contributo critico di Gérard Georges Lemaire e le fotografie
di Gino Di Paolo.
INFO:
Museo della Città “Lin Delija”
Corso Roma 9, Antrodoco (Rieti)
www.museoantrodoco.it
www.lindelija.it
Per informazioni e prenotazioni:
Infoline Sistema Museo 199 151 123 *Servizio a pagamento
Comune di Summonte 0825 - 691191
[email protected]
Palazzo De Sanctis, Castelbasso (TE)
18 luglio – 30 Agosto 2009
tutti i giorni 19:00 - 24:00
E T T O D E L T R O N T O : L I B R E R I A L A N U O VA E D I T R I C E ( V I A L E M O R E T T I [ E X U P I M ] - S A N B E N E D E T T O D E L T R O N T O ) / S U L M O N A : L I B R E R I A
MU25
I MUSEI AMICI DI
MUSEO DEI BENI ECCLESIASTICI
DIOCESI DI RIETI
Via Cintia, 83 - 02100 - Rieti
DREAMS AND SHADOWS
Photographs by René & Radka
18 Giugno - 2 Agosto 2009
MNAF
Museo Nazionale Alinari della Fotografia
Firenze, Piazza S. M. Novella 14a r,
055.216310, fax 055.2646990,
Orario: 10,30-13,30/16,00-21,00
chiuso il mercoledì
MUSEO
Palazzo Sanguinetti
Strada Maggiore, 34 - 40125 Bologna
tel. +39 051 2757711
fax +39 051 2757728
[email protected]
ORARI MUSEO
da martedì a giovedì ore 10.00 - 13.30
da venerdì a domenica ore 10.00 - 17.00
BIBLIOTECA
Piazza Rossini, 2 - 40126 Bologna
tel. e fax +39 051 221117
[email protected]
ORARI BIBLIOTECA
dal lunedì al venerdì: ore 9.00 - 13.00
mercoledì: ore 9.00 - 13.00 e 14.00 - 17.00
partecipa
MU2 6
ENGLISH TEXT
E
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BACK TO SQUARE ONE
MOVING ON FROM THE EARTHQUAKE
Those last tragic 20 seconds of the last 755
years have made L’Aquila known to the rest of
the world and set a new year zero for the city.
“We men and women who live in the “developed” part of the world (the richest and most
modern), are “objectively” the safest people in
the history of humanity”(Zygmunt Bauman).
That, too, is what we thought, up until this
point; now, to so much anxiety and uncertainness (which is a daily struggle) we must also
add and overcome this terrible sense of frailty
that April 6 has left us. Fear also resides in the
daunting task of rebuilding a city that has
become a “symbol” and that limits the capacity of a community to build its own future. The
event has been under everyone’s scrutiny for
too long to indulge in “happy” pictures– The
decision to use the black and white (photos)
by Antonio Di Cecco can be seen as an essential symptom of the developing panorama.
By all accounts, the fact that prospective
architectural features (of reconstruction projects) have taken center stage demonstrates
that our sensibility has been upset by the
“indemnification” of (our) public and private
cultural heritage.
Maestro Marco Gastini is the guest editor of
this special edition in which we have been
asked to report on the harmony between man
and nature with the energy of his art.
Looking positively to the future, we are also
offering you a challenge: a daylong guided
tour of L’Aquila on October 4 in order to evaluate, together, the ongoing recovery effort.
But L’Aquila is not Abruzzo: In the pages that
follow, you will also be informed of events and
proposed tours in the smaller localities of
other provinces of Abruzzo that are also full of
beauty and wonder.
We would like to extend our heartfelt gratitude
to everyone concerned in the future of our
magazine and who has so generously supported us.
The editorial staff of MU6
Pag 03
Interview with DACIA MARAINI
Q: Terrible events, such as the one on April 6,
spread death and destruction and created panic
and collective fear. Is it the fear of death or the
fear of no longer having a future?
A: The earthquake stirs up visceral fears in
human beings, probably archaic (instinctual,
in our genes). It is the fear of nature as men
who lived in the forests and in primitive civilizations must have seen it. The fear of the
great Mother Earth that is unpredictable, vindictive, furious when she gets mad. The mother of volcanoes that explode, of the tides that
rise, of fire that burns, of the ground that splits
open. It is an irrational fear and therefore deep
and paralyzing. Facing this fear, we must try to
recover our human consciousness, the capacity to reason and think that have been left aside.
Reflect and try to act according to reason.
Q: How big can the sense of loss be for those who
no longer have places of their own history?
A: The ground upon which we stand and the
house in which we live are places of safety that
to us seem eternal. They communicate to us a
sense of eternity and absolute stability.
Ephemeral things but those which man needs
in order to survive. For this, the betrayal of an
Earth that shakes, bucks and from a house
that opens, flakes, goes to pieces, are felt by us
as deep and unpardonable breaches of trust.
Nature couldn’t care less about man and does
what she must do. In fact, man should understand from these signs just how week and
powerless he is in the face of Nature. He must
roll up his sleeves and learn to make do.
Q: 17 seconds of absolute violence that swept
away destinies, people, places, our cultural heritage, will it (all) be recoupable?
A: Certainly, it is not recoupable. How can you
be compensated for a disaster such as an
earthquake in which you lose your own city,
your own house, your own work? But, losing
heart is of no use. It’s like panicking when you
are in big waves: If you allow yourself to be
overwhelmed by fear, you will drown. If, on the
other hand, you use reason, you measure your
own strength, you think in terms of a physical
strategy, you can get out of the danger.
Therefore, I will repeat again: There are no
possible indemnities for what was lost, but
there is damage to houses to be rebuilt, a city
to be put back in order. These are rights that
have been heavily damaged and for which the
State must consider.
CARLO CRIVELLI
The Trojan Horse
All of the events before 3:32 a.m. on April 6,
2009, seem far away, as if the perception of
time had been altered, flinging our lives into
another place years away.
I can’t quite connect the memory of the catastrophe with any other past experience that I
have lived through, if not in the world of
dreams: Expanded time, chemical light, the
voice of the indescribable demon, the terrified
screams of my loved ones, the walls–“drawn”
by the machine-gun sound of the jackhammers–that break in two while you watch them,
the fragments of mortar that fall on top of you
and the ground that disappears from under
your feet!
We were good. We weren’t consumed by
panic. We got dressed after having waited for
the event to finish under the main load-bearing wall–I’ll never know (for sure)– of the
house. Nobody crossed the threshold before I
first checked the safety of the stairs because
there were three floors to descend. Luckily,
there was still electricity and that allowed us to
get out of the horribly cracked house.
What about the Duca degli Abruzzi (collapsed
hotel), 10 meters from our front door? I still
find it hard to believe! We didn’t know what to
do and stayed underneath our house for
almost an hour and a half until a strong odor
of gas forced us to move toward the Fontana
Luminosa. The silence was ghostly and we
imagined–fortunately we were wrong–that
there could be dead people underneath the
Duca. My astonishment was brought about by
the fact that we didn’t even hear the faintest
moan let alone the sirens of first responders…
On April 4th and 5th, we had assembled the
Orchestra Città Aperta for the recording of the
soundtrack for the film, “La Blonde aux seins
nus,” and for the Galà Lirico that was to be
held at the Città della Musica di Roma the
evening of the 6th. Therefore, there were about
60 musicians, many of whom were locally
based. At least 20 had come from various
parts of Italy and Europe and had found
accommodations in the area for the night.
Around 7 p.m., I already had reassurances
regarding their fates: Everyone was well and
had gotten together at the Fossa athletic field
where the municipality had “adopted” us and
allowed us to record at the “Fragolina.”
I was worried about the director of the film,
Manuel Pradal, who was in L’Aquila to attend
the recording session and who had wanted to
combine business with pleasure by bringing
his wife and eight-month-old daughter with
him to visit our beautiful area. I certainly
couldn’t leave L’Aquila without knowing what
happened to them; so my son and I set out on
foot to look for them at the Hotel Sole. We didn’t find them but received word that they were
alive and well. (The recording session on the
6th was cancelled and completed a few days
later in London.) In the late afternoon, we left
for Rome by car, passing through Rieti, where
we were able to stay at my mother’s house.
In the weeks leading up to the “event,” I felt
each and every tremor because I had been
writing, almost always seated at my desk on
the third floor of my studio on Via Giovanni
XXIII. I can say that from the 29th/30th of
March, the “quality” of the tremors changed,
confirming what everybody (already) knew
without the need for a seismograph.
The sounds inside the horse were there. The
demon had given clear signs. But, perhaps
because we were tired of and so used to these
sounds, we didn’t want to see or hear them.
On the other hand, our earthquake experts
neither knew (by their own admission!) nor
could predict anything. Nevertheless, it isn’t
true that they were not useful, as some contend: You have to give them credit for having
contributed to the creation of this manure that
permitted and confirmed the theory that so
reassured us in these first months of 2009.
For this very idea, we should almost thank the
seismic swarm,* that by its very existence,
allowed the pressure to be vented, thus averting the catastrophic event.
*Seismic swarm: An episode of high earthquake activity in which the largest earthquake
does not occur at the beginning of the episode
and in which the largest earthquake is not substantially larger than other earthquakes of the
episode. The swarm includes more than 100
earthquakes, over 25 of which have magnitudes of 4 or larger.
Source: United States Geological Survey
(USGS)
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RETURN TO L’AQUILA
I return. The atmosphere is surreal. I return to
walk the streets, the squares, the corners and
I can no longer locate the sounds, the smells,
the colors that my city and only my city knows
how to give me.
I return to L’Aquila 40 days after that awful
night of April 6, 2009. It’s three o’clock in the
afternoon and it is hot, too hot to be a day in
the middle of May, yet it is not the weather that
renders me silent, that bothers me. The city no
longer exists. The place where I lived until
April 5, 2009 is no longer there, and this is the
first emotion that I feel, the sense of an
irreparable loss that penetrates me and makes
me understand how an earthquake can signal
the end. I know that L’Aquila will be rebuilt, but
I also know that nothing will be like before. I
know that certain tastes of stone and of mold,
of cold and of sunlight, of history and of daily
life will never come back because these are the
real things that are forever lost. And so the
bewilderment is total and it is what accompanies me on my wanderings without a predetermined course, toward a city fatally wounded by unforgiving Nature.
Before beginning this voyage of pain, I had in
mind a few stops in places and among monuments that signal the glorious and ancient history of L’Aquila; instead it was my heart and
not reason that guided me as my eyes looked
for places that I no longer knew, the places of
my life. Those that I loved and those that I
hated. So from the Forte Spagnolo, symbol of a
domination suffered and never accepted from
the proud gens aquilana, I head toward the
heart of the city center with my mind still tangled, thinking of how a building so mighty and
so strong ever submitted so readily to the devastating force of Nature.
A monument that itself is a symbol of power is
reduced to a ghost, emptied of all its treasures
and violated in its most intimate secrets. And
yet, the fortress that never knew war and that
was constructed in 1534 under the domination
of the Spain of Charles V and for whose
achievement the rebel city was compelled to
pay a tax of 100,000 ducats annually, the
mighty structure that had practically come
away unscathed from the preceding and
equally tremendous temblor that L’Aquila suffered from on February 2, 1703, this time had
to hang its head and surrender to Mother
Earth’s fatal blow. Defeated like all the other
buildings of a tenacious city that now appears
vulnerable and in need of help.
Thus passing through Via Garribaldi my heart
first sinks during a pause in Piazza Santa
Maria Paganica. I reach the square having
made unthinkable circles around the rubble
that is obstructing some of L’Aquila’s narrowest and most evocative alleys. Nonetheless,
once I arrive the emotion is strong. The
church, the palaces, the symbols of our history are no more. Palazzo Ardinghelli, sumptuous and elegant 18th Century building, example
of formal perfection with its marvelous
baroque façade and recently acquired by the
Ministry of Cultural Heritage and Activities,
stands as if it no longer has a skeleton to hold
it upright and proud. It is as if a monstrous
hand had ripped out the bones along with the
most beautiful decorative inner workings. In
its place there is the emptiness of the walls
that are left standing. Inside, everything has
fallen down. My thoughts immediately go to
the beautiful, original staircase, to the rooms
on the main floor with paintings created to celebrate the splendor of the family and produced by one of the most eccentric artists of
the 18th Century–Vincenzo Damini, a Venetian
who had made L’Aquila a second home. In
addition, he left us with other masterpieces in
churches and palaces that may have been lost.
My gaze fixes, terrified, on Santa Maria
Paganica, the imposing building that is the
most important church in its quarter and
whose mass has dominated the city since its
origins. It, too, has been reduced to rubble.
The church resisted the earthquake of 1703
and has survived intact until today.
Nevertheless, it is now only a ruin that
breathes the spirit of the founding castle of the
quarter–Castello Paganica. This is the other
area terribly affected by the Earth tremor. I’m
still looking at what is left of this magnificent
structure. Its walls are violated. Its splendid
apse has crumbled. Who knows when we will
return to hear the bells ringing that penetrated
the progression of our daily life?
I begin to inspect the nearby alleys: Via
Paganica, Via Accursio, Via Navelli. They are
impossible to pass through. Almost all are
blocked by rubble from the splendid palaces
that acted as a counterpoint around the
edges. Of Baroncelli Cappa and Carli
Benedetti, only the walls of the façade remain.
It is impossible to understand what happened
inside, to the splendid courtyards, to the arches, to the steps where thousands of the best
Renaissance Abruzzesi artists worked.
I proceed toward Piazza San Silvestro where I
am sure another blow to my heart awaits:
Palazzo Farinosi Branconi. It was the splendid
residence of the powerful Branconio family.
Someone told me, “It no longer exists.” In
reality, the enveloping structure is still damaged, shattered in its weakest architectural
points. Even so, something has remained: The
stone coat of arms with its three Medicean
balls that carried the symbols of power of the
family. It was a generous gift from the
Florentine family to the Aquilana family thanks
to the prestigious position of Giovanbattista
Branconio who was close to Pope Leo X. It is
still there to remind us of our glorious past.
We are at the beginning of the 16th Century.
Aquilano Giovanbattista Branconio is now in
Rome. He is linked to Raffaello Sanzio who
had allegedly come to L’Aquila to paint the
Visitazione which was destined for the
Branconio chapel in San Sivestro. Fortunately,
it is now in the Prado in Madrid.
Many artists coming out of the booming
school of Urbino passed through my city leaving, among other things, the frescoed loggias
of the Casino Branconio, which is now in
shards. The three frescoed rooms of the main
floor of the family’s principal palace–which
contain the stories of Saint Clement–are also
in fragments. As a result, the only room in
L’Aquila completely covered with frescoes is
perhaps irreparably lost today.
After a quick visit to the Church of San Silvestro,
I decide to resume my journey toward the heart
of the city center, passing through the narrowest and most picturesque alleys. Via delle
Streghe has just been freed from rubble. The
street owes its name to the fact that it has no
doors and therefore no street number. Via
Rustici, Via Cascina and Via Roma. The scenery
doesn’t change. The palaces and simple houses of friends and acquaintances are in tatters
and shaking. I marvel at how my fellow citizens
succeeded in getting out alive. Palazzo Carli,
center of the Rettorato, is harnessed in a last,
desperate attempt to keep it upright. A considerable team from the fire department is left
breathless, standing around the corpse of
Palazzo Porcinari , seat of the History
Department of the University of L’Aquila. Via
Roma and Piazza San Pietro. Narrow side
streets that lead to San Domenico– the splendid and grand 14th Century church constructed
when the nearby Reggia Angioina became a
convent by will of Charles II–have all been beat-
L A N U O VA E D I T R I C E ( C O R S O O V I D I O , 1 9 0 - S U L M O N A ) / T E R A M O : L I B R E R I A L A N U O VA E D I T R I C E ( C O R S O S A N G I O R G I O , 8 1 -
MU27
en to death. The scenery is always the same:
rubble, destruction.
An inexorable end must now be added to the
initial sense of loss and bewilderment. I wonder, “How much of this will return to how it
was before?” I find myself carried away with
my thoughts along the Corso Umberto and
then Vittorio Emanuele, though my “walk” is
no longer the same. I look through the porticoes that once pulsed with life and are now
impregnated with dust and silence. People’s
voices are no longer heard nor are the sounds
of the shops in the city center. But now the
silence is deafening, devastating, destructive.
The specters of this ghost town are really the
19th Century porticoes with their columns
wrapped in colored police tape as if they were
ready for a danse macabre. One last glance at
Piazza Palazzo and at the seat of the L’Aquila
town hall: I imagine the procession of
Margaret of Austria, the court of the Duchess
of Parma and Piacenza; I imagine her triumphant entrance into the city and the arrival
at her residence, now rightfully part of the
municipality. It was the 17th Century and the
city was dressed up like a beautiful and happy
bride. The wounds are still deep and the
destruction complete around what was once
Margaret’s palace.
The only thing left is for me to head toward
Piazza Duomo, the commercial center even
before the founding of the city. The silence that
has accompanied me until now gives way to
sounds of every kind. But these are not the
sounds of the marketplace that gave life to the
city from the earliest hours of each morning.
Now, there are the sounds of the metallic
cranes positioning cages and metal domes in
order to secure the Church of the Anime Sante
or Santa Maria del Suffragio. The latter’s 18th
Century-splintered dome has become, in spite
of itself, the symbol of this earthquake; artistic
treasures that were stored inside are fortunately being salvaged, carried away and immediately placed in safety, as are some of the
works housed in the Cathedral of San
Massimo, which has a deep gash at the height
of its transept. The quasi total collapse of a
part its lateral nave do not leave any doubts
about the drama that occurred on the night of
last April 6 at 3:32 a.m. There was much damage here: property destroyed, many altar
paintings–among which is the portrait of San
Carlo Borromeo di Teofilo Patini–and the
enormous and beautiful painting of the imitation dome produced in the style of Padre
Pozzi. Before heading toward the quarters of
San Marciano and Santa Giusta, I go back
toward San Bernardino to look at it again. The
brilliant white façade by Cola dell’Amatrice is
still there, intact and flung against the blue of
the sky; however, the main body of the church
has suffered fatal wounds: The bell tower has
almost totally collapsed causing the heavy bell
to fall onto the convent below; moreover, the
dome has a deep tear that completely compromises its stability. Inside, the works of art
are safe: The Paliotto, a ceramic altar piece by
Andrea della Robbia, the mausoleum of San
Bernardino from Siena and the funeral
Monumento for Maria Pereira Camponeschi
di Silvestro from L’Aquila, the symbols of the
Procession of the Holy Friday by Remo
Brindisi are still there intact, waiting to be
moved to safety. They had been prepared to be
paraded through the streets of the city to
remind everyone of the passion and the death
of Christ, but they didn’t have the time.
However, there is–and it reassures me a little,
at least until my arrival at the start of Via
Sassa–the splendid scenery of the palaces and
thee bell towers that were once admired from
this place that have now given way to ruins
and destruction. I recall the splendid courtyard of Palazzo Franchi, the harmonious cloister of the Conservatory, the church of Santa
Caterina–the only one with a central plan, San
Giuseppe dei Minimi with its funeral monument to Lalle Camponeschi–one of the most
illustrious men of L’Aquila and the precious
frescoes of the Monastery of Beato Antonia.
L’Aquila was beautiful, packed with treasures,
many hidden…so many hidden that many
people never knew about them and now, perhaps, never will.
I try to get to Piazza Santa Maria di Roio, Via
Persichetti, Via Roio, to understand what happened to the church, to the palazzos:
Persichetti, with all the archeological finds
originating from Amiternum and brought to
light by Cardinal archeologist Nicolò
Persichetti, Rivera, Dragonetti. And while I
reflect on which streets to go down, I think
about the 400 monumental private buildings
MU2 8
that my city had preserved, almost all of them
from the 18th Century. Most were built after the
tremendous earthquake of 1703, and all were
more or less complete, at least until this latest
earthquake. Inside are the works of art and the
furnishings, where the drapery was oftenjealously kept from the heirs of the old families.
From here, I set out for San Marciano, the
church of the same name that has experiened
a considerable collapse. The façade is typical
of the style of the L’Aquila area, its basic plan is
similar to the other churches of Santa Maria di
Roio, San Pietro, San Silvestro and Santa
Giusta. Its crowning achievement was completely shattered as if some monstrous hand
had amused itself making it crumble.
Furthermore, the palaces of the quarter of San
Marciano no longer exist and with them the
public and private history, ancient and recent
of the people that built it, re-built it and preserved it until 2009.
The fact that L’Aquila is a ghost town is true. But
it is also a city in pain, a city that has–from the
area of Piazza della Prefettura and San Marco–a
crater in a crater. Finding a way to get here is an
undertaking not of little importance. Everything
is barricaded and closed off because of the danger of what little has remained. But viewing this
area of the city is like watching a movie that has
already been seen, so much have the images of
its ruins circled the globe since the first seconds
after the earthquake. In this age of communication, with the infinite capability to reproduce
images, there are only these and a few other
frames to represent the tragedy and the drama
of an entire city of 70,000 inhabitants. It is too
little.
I am tired, exhausted more by the pain of how
much I have seen than by the fatigue itself. So,
I decide to finish my voyage in Santa Maria di
Collemaggio. I’ve seen the Basilica many
times and remember with emotion and gratitude the firemen who recovered the Madonna
con Bambino, a multi-colored terracotta statue
from the beginning of the 16th Century. It was
created by the famous painter and sculptor
Saturnino Gatti whose works were jealously
cared of at the National Museum of Abruzzo
at the Forte Spagnolo and which have now
been entrusted to the care of the restorers of
the ICCR with the Museum of Prehistory of
Abruzzo in Celano-Paludi. Each return to
Collemaggio, however, is a wound that is
reopened. For me, like for so many residents
of L’Aquila, this church is the symbol of the
city, the place of the spirit where you gather
your thoughts and pray in difficult moments.
Now, in a very difficult moment of our history,
not even this is allowed. The big, vaulted
church of San Pietro Celestino–where the hermit of Morrone was crowned pope with the
name of Celestino V, in the presence of the
king and of the highest dignitaries and intellectuals of the age, including Dante
Alighieri–has also been fatally wounded. The
dome has collapsed. The transept along with
all of the altar and the apse has been
destroyed. These were the only baroque parts
of the church not touched by the reformist
spirit of Superintendent Moretti who oversaw
the dismantling of all the 18th Century displays
of art in the Romanesque churches of the
L’Aquila region in order to restore the original
architecture. Now the earthquake has taken
care of them, too. This time the Basilica better
withstood the earthquake contrary to the previous disaster over 200 years before. The
chronicles of the time reported that this monument was completely destroyed, including
the beautiful two-tone façade; now at least this
has been saved thanks to the scaffolding put
in place many months ago for restoration
work. I stop again for a short while to wander
through the tent city put up in a field in front
of the basilica. I become fully aware of the
great suffering of this collective drama, of the
people of L’Aquila who have lost everything–houses, offices, shops. In short, my
mind wanders through a strange association
of ideas–from the lifetime of sacrifices to the
place where the city was born: La Rivera. I
know that the Fontana delle 99 Cannelle is
there, immutable, like our motto–Immota
Manet. But when I arrive in the place called
“Accule” in ancient times (because of the
springs that are found in this district), the
impression is frightening: Everything has collapsed. The church of San Vito–with its sundial that long ago indicated the time to the tanners and the women laundering clothes–no
longer exists, much like the early houses of
this ancient, first settlement of the future free
city of L’Aquila. Then I look at the Fontana delle
99 Cannelle and hear the familiar sound of
gushing water. The fountain’s structure is
made up of two-tone stone–white and pink.
Just like the façade of Collemaggio, it is complete and I think that a future is still possible
for my city. The clear and luminous sky on this
hot spring afternoon is bigger and bluer still,
capable of inviting everyone to start anew
once more.
Angela Ciano
Pag 08
LA-QUI-LA
A question of identity
We are consoled, at the moment, by the growing public attention focused on the monumental city center of L’Aquila that has revealed
the serious nature of its wounds to us without
undue modesty. An earthquake has struck this
land and this city once again, and has done so
with unprecedented violence. The eyes of the
world have turned towards Abruzzo in search
of an urban-social emergency–of which much
good has now been said–even though for the
great majority, L’Aquila and Abruzzo were previously unknown geographic entities. But so
much comfort is bound to recede and give
way to despair. But why?
It’s all a question of identity.
The essence of this statement can be grasped
in the middle syllable of the toponym or place
name, L’Aquila: the qui (here) that a double la
(there) encloses and which– please forgive the
suggestion that does not come seasoned with
rhetoric–seems to explain and motivate many
“whys,” firstly that of identity.
It is QUI (HERE) that–when the Middle Ages
favored the mountains for trade and human
settlements–the people of this vast highland
met for commerce and their most essential
survival needs. It is QUI (HERE), that a castle
existed (university, social nucleus) by the
name Acquili (Acculi, etc.), which seemed to
indicate by its very toponym that a wealth of
water was present. This was reaffirmed, after
much time had passed, by the continuous
flow of vital liquid from the 96 (not 99!) masks
of the Fontana della Rivera.
In the middle of the 13th Century, it is QUI
(HERE) in this place that the urban Civitas
Nova was thought to be an admirable project
and an undertaking that was to characterize a
large part of the history of South-Central Italy,
though its origins are debated: From the
improbable founding by Frederick II, to the
explicit papal prophecy. From the record of
Conrad IV (and his implicit recognition of the
dignity of “City” in 1254), to the real and preexisting desire to create a composite social
entity which would become, in a broader context, the catalyst for the entire economy.
It is QUI (HERE)–after centuries of an uninterrupted pastoral past–that the role of
“Capital of Wool” was thus made official. The
Colle di Maggio, at the doors of the city, served
as the northern terminal of the
Transhumance* and also as the southern terminal of the valuable sheepskin industry. As a
consequence, QUI (HERE), merchants from
all over Europe (Germans, French, Lombards,
Venetians) took up residence for the trade of
wool and saffron and to build their warehouses. Many are still remembered today in the
names of the streets of the city’s center.
And it is QUI (HERE) that the attention of the
Christian world was focused in 1294 when
L’Aquila became the provisional seat of the
papacy and of the kingdom, and the hermit
pope, Pietro del Morrone (Celestine V), was
consecrated. He decreed the Papal bull of
Pardon (Perdonanza Celestiniana), a catalyst of
Faith but also an instrument of economic and
social growth for the city that was not yet completely built.
Again, it was QUI (HERE) that a positively
ambitious community, not long after its
founding, desired and learned how to create
valuable municipal statues for itself (not otherwise found in the history of the South of the
Peninsula) in order to reaffirm a substantial
and long confirmation of identity and independence from conflict, whose status reflected richly on the entire Contado (district), thus
confirming QUI (HERE) as a vital example of
an exemplary City-Territory. The territory had
actually wished to build an admirable urban
structure that replicated, intra moenia [inside
the walls of a city], the soul of so many castelli
of the surrounding area (99? Or more? Or
less? It is not historically important– nobody
really knows. Traditionally, just the pseudocabalistic number (99) is agreed upon.) In this
way, it was a show of architectural purpose
and competitive constructive undertaking that
a very extensive “city center” was achieved
QUI (HERE)– it was made with (so many)
squares, (so many) churches, (so many) fountains and (so many) palaces.
Still, it is QUI (HERE), in this center city pulsing with life and initiative, that the unique terrestrial life of Saint Bernardino was cut short
in the 15th Century. Furthermore, the citizens of
L’Aquila were inspired by Saint Giovanni da
Capestrano to construct the stupendous temple destined to host the mortal remains of the
man from Siena. Also cut short were the
career and life of the great Braccio
Fortebraccio da Montone, who fruitlessly
strived to conquer the City that was strenuously defended by Antonuccio and by the
Allies. Additionally, it was here that some of
the most important artists of the Italian
Renaissance produced their artwork (both
locals and foreigners alike). Lastly, one of the
first print shops of Abruzzo was set up
here–among the first in Southern Italy.
In the 16th Century, Spanish power, the new
mistress of the southern kingdom, exercised
her heavy repression QUI (HERE) by constructing a powerful fort, by destroying neighborhoods and property and by restoring the
villages of the Contado. It was also QUI
(HERE) that the last existential meteor of
Madama Margherita d’Austria, governor of
L’Aquila, was snuffed out.
It is with great strength that the Abruzzesi of
the mountains resisted oppression, pestilence, multiple disasters and repeated earthquakes until the ultimately destructive event
of 1703 succeeded in disavowing the Prefica’s
(chief mourner) predictions that had ruled out
the rebirth of the city in the same place that
was, by now, razed to the ground. QUI
(HERE), instead, with the same urban plan
and with the same magnificent architectural
achievement, L’Aquila rose again from the rubble 306 years ago.
It was QUI (HERE) on April 6, 2009, at 3:32
a.m., that a new destructive temblor violently
injured the heart of a human, social, economic and religious reality in its splendid city center (a heart that was selfishly and partially minimized by the few preceding lines, but a heart
that has also been strongly maximized in
thousands and thousands of printed pages).
For a heart to beat again, one must also return
to live in Piazza del Mercato, in the neighborhoods and locales, in the medieval alleys, in the
Renaissance courtyards, in the churches and in
the monasteries, in the sumptuous baroque of
the first reconstruction and in the 18th Centurystructures of the Piedmont installation.
It is a question of identity.
It is QUI (HERE), in this city center, that the
future of L’Aquila will again play out: If the
heart does not start beating again QUI
(HERE) in the network of streets and squares,
in the craft trades, in the music and in the theatre, in the culture of libraries and archives, in
the art of advanced studies, the heart of
L’Aquila will die. The story of her identity and
her record will remain confined to the pages of
history books and her name may disappear
from maps altogether.
*Transhumance is the seasonal movement of
people with their livestock over relatively short
distances, typically to higher pastures in summer and to lower valleys in winter.
Source: Wikipedia
Walter Capezzali
Pag 09
RECLAIMING L’AQUILA’S
DAMAGED CULTURAL HERITAGE
An interview with two leading participants in
the ongoing recovery efforts
Luciano Marchetti and Anna Maria Reggiani
are engaged full time in the recovery and
restoration efforts of L’Aquila’s cultural heritage that was destroyed in the April 6, earthquake. Marchetti, engineer, architect and
Regional Director for the Cultural Heritage of
Lazio, was recently appointed Commissioner
T E R A M O ) / L I B R E R I A L A N U O VA E D I T R I C E ( V I A P. TA C C O N E , 1 2 - T E R A M O ) / V A S T O : N U O VA L I B R E R I A ( P I A Z Z A B A R B A C A N I , 9 - VA S T O ) /
for the Recovery of Cultural Heritage for Public
Safety. Prior to the disaster, he had been at
work for almost three months alongside Anna
Maria Reggiani, archeologist and Regional
Director for the Cultural Heritage of Abruzzo.
They had already been laboring to preserve as
much of L’Aquila’s cultural heritage as possible
when tragedy struck. Marchetti is in charge of
the area’s architectural heritage while Reggiani
mainly focuses on its artistic treasures.
How will the recovery efforts be carried out?
L.M. The recovery efforts are difficult…I must
clearly state this…because at some of the
churches where we’re assisting with salvage
operations, only the apses and sides of the
buildings are left standing. The Duomo has lost
a large part of its transept and one side of its
lateral nave; a painting, in the style of Padre
Pozzo that depicted the imitation central
dome, fell and is in little pieces; Collemaggio
lost its transept; we’re trying to keep the Anime
Sante standing; in San Bernardino, the bell
tower fell down and the dome is severely damaged–so that was where some of the first safety measures were implemented; the Castello
has some extremely serious problems…Not to
mention that the situation is complicated by
the density of monuments in the narrow confines of L’Aquila’s historic city center.
A.M.R. It is definitely a difficult recovery
because of the great damage. I’ll give you an
example: In the city of L’Aquila, the city center
was very damaged in the business district
because there are shops on all the ground
floors; there are often professional offices and
many residences on the upper floors– this
resulted in a lot of often well-preserved furniture being lost by families who had always
lived in historic mansions. Moreover, many
architectural elements were lost, from pieces
of rooftops all the way down to the basement.
All the elements that make up part of the furnishings of a building and that will be very difficult to successfully rebuild. When I think
about the Palazzo Branconio, (today Farinosi
Branconi) which was one of the jewels of
L’Aquila, where the frescoed room with the
stories of San Clemente collapsed…I think that
the recovery will be difficult because L’Aquila
was exactly that–a city very rich in culture that
had preserved everything in its entirety. That
was the uniqueness of L’Aquila. Now this ‘cultural unity’ no longer exists and I don’t know
how it will all be able to be rebuilt because you
would have to not only have mountains of
money but also incredibly large teams (of
workers) to take care of these things.
Speaking of money, how much will it take for
the recovery of L’Aquila’s cultural heritage?
L.M. A preliminary estimate on the amount of
damage to the city’s cultural heritage was
three billion euros. Perhaps we are being optimistic with that forecast today.
A.M.R. When you think that on the (cultural)
wish list–Berlusconi’s wish list, I mean–only
44 monuments are listed which total 300 million euros! If you project these figures onto all
the other damaged property, you understand
that the numbers start to become unimaginable. In fact, that is why the prime minister has
asked for aid from the rest of the world–Italy
would never be able to do all (that needs to be
done) on its own. Now, we also have to understand how to coordinate all the aid that will
come in. This, too, will not be easy.
What is your line of thinking with regard to the
recovery efforts? Are you aiming to salvage
everything or will there be some things that are
lost?
L.M. I hope to succeed in salvaging everything. The line of thinking that we are following with the municipality is to restore the historic town center to how it was before.
Probably one day, when the wave of emotions
has subsided, you will be able to say how it
was and where it was, perhaps making some
improvements and eliminating some things. I
don’t believe that it is impossible to introduce
quality construction into a town center where
the original structures are not salvageable in
place of making an ugly copy of a building that
has disappeared…on this point we are in
agreement. We get involved with the goal of
saving everything that was there. Therefore,
any action that is taken will be integrated with
what is left.
A.M.R. (Our) intention would be to save everything, but it’s necessary to see if it will be possible, that if you take immediate action you will
be able to recover everything. The more time
passes, the more difficult it becomes. All the
debris–still in the alleys of L’Aquila, where
there are stones and pieces of palaces and
buildings, with the hot summer that is expect-
ed and then the autumn rains–all of this might
be lost. Unfortunately, it was not possible to
organize a recovery effort on behalf of homeowners–everyone took a piece of rubble from
their own building. In my opinion, you save
what can be saved now.
With regard to works of art, what is the situation? Have some pieces been completely
destroyed and therefore lost?
A.M.R. Even there, the situation is difficult. We
had some nice success with the Museo
Nazionale d’Abruzzo; the artwork was evacuated within a few days and safely placed in the
Museo di Celano, where restoration work was
begun. With regard to (Catholic) Church property–and we are speaking about 1,732 buildings here–of these, only about twenty have
been evacuated. Objectively, it is a very low
number; it is more difficult to check the gravity of the situation because an entire city was
hit. Therefore, when you get involved in a
thousand (different) situations, things are
(obviously) more difficult. Unfortunately, you
could make an estimate on the heritage lost
after the recovery because at the moment they
are taking away paintings, statues in pieces–it
is being done because you can count on being
able to salvage them–therefore the (the exact
number) of the lost works will be known (only)
in the future. Nevertheless, I believe that there
will be losses. Moreover, this always happens–there are (always) lost works whether it
is with Napoleonic raids, with fires, with wars,
with floods; unfortunately, you have to take
this into account.
Of course, the residents of L’Aquila would like
to return as soon as possible to their city center– some people say this will be in five years,
others in 30. What is a reasonable amount of
time before people can expect to return to the
city center?
L.M. I wouldn’t say 30; five would be optimistic. However, let’s understand something
about going back to the city center: Returning
can probably happen by the end of the year.
We are working with Commander Basti of the
fire department in order to secure a number of
routes to make access possible to the city center and the reopen certain activities. Keep in
mind that the Banca d’Italia will reopen, the
Cassa di Risparmio will reopen, other banks
are also making plans to reopen, city hall will
reopen. Perhaps even the province will be able
to reopen some offices…therefore a small “reappropriation” of the city center will happen in
short order, let’s say by the end of the year. But
the question of re-inhabiting the city center
and have it be how it was before will take more
time. Remember, for Friuli and Umbria, it took
ten years. I believe that this (shorter) period of
time is an acceptable thing for
L’Aquila…provided that there is sufficient
money for assistance; obviously, it must be
understood that any timeframe is subject to
the availability of funding.
By Angela Ciano
Pag 10
L’AQUILA: RECONVERSION
BEYOND RECONSTRUCTION
The earthquake is a great struggle that
demands respect, but is also a great accelerator of change. We must find the strength to
look beyond the tragedy, beyond the disaster
and beyond the simple and sad “reassembly
of potsherds.” We can (and we must) substitute a shared, comprehensive project of transformation that improves the urban and
regional qualities (of life).
If the economic plight–that has now, for years,
haunted L’Aquila–and the environmental, climatic and energy crises were already on the
distant horizon, then the current pressing
problem for the vast majority of cities on the
planet is called reconversion. In these momentous times, such a term is understood to
mean the reasoned and reasonable passage
from a petroleum-based system to one based
on the use of alternative energies; from a system of global production of food to a return to
more local exploitation of alimentary
resources; from mobility with cars to an alternative that favors (as much as possible) lowimpact public transportation; from an exclusively urban society to one that opts for a more
urban-rural mix.
Collettivo99 has been working on the contex-
tualization of these challenges in the reconversion of L’Aquila, where young architects, engineers and specialists in other fields bring their
own expertise to the table for discussion. This
city–which has been historically closed to
regenerative changes and withdrawn into
stubbornly obsolete positions–could now
instead transform itself into a planetary model
of symbiotic efficiency with nature, a place of
new agricultural economics, a city that is energetic, scientific, creative and capable of attracting and not rejecting.
The first crisis of simple reconstruction is right
before everyone’s eyes (i.e. obvious):
Everyone is worried about not being able to
reconstruct those aforementioned valuable
“potsherds” of which (the city) was made.
Secondly, there are the politics of cultural heritage, the economics of tourism, and the
sacrosanct reliability of buildings… all things
that the residents of L’Aquila must demand
from those (currently) managing the disaster
and those will (continue) to manage reconstruction, from the first government agency to
the last accountant as well as from involved
technicians. But that cannot be enough: We
don’t want to find ourselves with a city that is
perhaps strong, with regard to earthquakes,
but fragile, with respect to other much more
predictable and critical situations.
L’Aquila will change and all will be well if we do
better in:
RECONVERSION: Change in the logic of how
things function and are used with regard to a
city (including the historic city center) with
zero impact that is technologically advanced,
safe, easily accessible and aiming toward selfsufficiency.
PROCESS: Planning of all phases of reconstruction guaranteeing functional urban quality to the whole process; not thinking about the
finish line but about the quality of the journey.
REVERSIBILITY: The flexibility of the
process can also be obtained via temporary
structures of good formal and spatial qualities
that can be integrated well with the existing
ones; the goal should be to make people
aware of the fact that reversibility can also be a
valid building method even beyond crises and
disasters.
CONSTELLATION OF URBAN ARCHITECTURAL INTERVENTION: Architecture can
make itself understood with a dedicated strategy of intervention (public works as a point of
departure) that can solve problems of various
kinds and various scales, delivering urban
quality, triggering social and economic
processes, producing and distributing energy,
all in order to reactivate parts of the city that
have been marginalized up until now.
CITY-COUNTRYSIDE: Return to a more symbiotic relationship with nature and with the
practice of putting (nature) to work, economically speaking, through a give-and- takedynamic that could involve the city center.
The phases of reconstruction have been
entrusted to a diverse group of agents–not all
of whom are sensitive to local peculiarities,
nor in communication with each other–with
different ideas of what a city should be.
It is necessary to make a concerted group
effort that–with everyone’s support–has the
desire and dignity to give L’Aquila a certain and
serene future for the Third Millennium.
Pag 11
COLLECTIVE 99
YOUNG AQUILANI EXPERTS
About 50 young Aquilani architects, engineers
and geologists under the age of 40–along with
the help of other professions ranging from law
to communications, from anthropology to
psychology–met in L’Aquila between April 22
and 25, forming Collective 99–young Aquilani
experts in order to develop concrete plans for
the reconstruction effort.
The group has seen steady growth, is completely apolitical, and made up of young people whose members have diverse and complementary backgrounds. 99 is the obvious
link to the history of the city.
It is believed that the enormous tragedy may,
with time, transform itself into a great opportunity for the city (now stagnant for some
time), an opportunity that may be rethought
when viewed in terms of the energy and environmental crises that the 3rd millennium
presents us.
The shared desire of the Collective’s members
is to work on an idea of a “city-region” that truly
takes into account who has lived in the area in
the past and who desires to live there “again.”
The group was born of an interdisciplinary
spirit: Petitions were gathered from various
committees, from associations and from people spread out among the tent cities on the
coast and elsewhere. Experts from both
national and international universities in different fields were contacted. The goal was to
establish a calm dialogue with the institutional players (government agencies, public safety, region, province, municipality etc.) who will
decide the fate of the Aquilano region.
The precise aim is to produce a true and real
project that effectively rests between the position of the many citizens’ committees that
intend to oversee the rebuilding of the city and
the professional committees chosen to participate in the reconstruction itself.
The young Aquilani technical experts of the
Collective 99 have already established a platform of ideas from which to work that they
intend to correct, fortify and verify with multidisciplinary and multimedia investigations as
well as through the planning process that will
act as a forum for discussion. For this purpose
they are also beginning a cycle of thematic
conferences that range from architecture to
structures, from restoration to energy, and
whose speakers will be asked to actively take
part in the drafting of plans with suggestions
and requests.
The Collective is, therefore, actively tasked in
the editing of a master plan because the many
ideas that are put forth should not be considered as provocations or appeals but should
translate directly into plans for the city in the
hope that the Administration (of the rebuilding effort) will want to implement them.
The group–starting from the 99 churches,
squares and fountains that urbanistically and
socially have made L’Aquila a city that is historically unique –aims to employ the most
advanced structural, digital, energetic, bioclimatic, technologies, materials and road networks in order to ensure a restoration and
recovery effort that will make L’Aquila a unique
and beautiful city again.
The collective is open to new memberships,
proposals, suggestions, requests and critiques from all qualified interested parties.
Pag 12
L’AQUILA 1703-2009:
COMPARING EARTHQUAKES
“At around two in the morning, on Sunday,
January 14, 1703, there was such a terrible earthquake that it seemed as though the day of last
judgment was at hand…on that evening and for
48 hours thereafter, the earth moved continually
forcing each person to go out into the countryside, leaving their homes and abandoning their
things, in order to save their own lives. During
these 48 hours, there were shocks almost every
hour to the point that it seemed as though the
Earth would open up. After these 48 hours had
passed, other jolts were felt; people were so frightened to have death before their very eyes that
whole days and nights were dedicated to the
Blessed Virgin Mary…”
Giovannantonio Petroni, January 14, 1703
There are so many similarities that emerge
when comparing the seismic events that
occurred in the Aquilano region in 1703 and
again in 2009 that people have come to speak
of “twin earthquakes.” Beyond decidedly technical considerations (“seismic swarms” that
preceded shocks of greater intensity and that
lasted for several days; activation of the same
segments of the fault line, etc.), and thanks to
numerous documents–among which the
timely description drawn from Antinori must
be cited–it is possible to compare damage suffered to the region’s historic-artistic heritage by
specifically referencing the city comprised
within the ancient walls. Analysis of the data
has clearly revealed worrisome coincidences in
the localities most damaged by the two seismic phenomena. Among the hardest hit areas,
there is no doubt that the neighborhood
between Palazzo Carli and Piazza San
Pietro–including the church itself–suffered
notable damage in the great lateral tower and
in the façade, along with the other buildings
/ W W W. M U 6 A B R U Z Z O . E U / D O V E T R O V A R E M U 6 : M U S E I D E L L A R E G I O N E A B R U Z Z O / A L B A A D R I A T I C A : L I B R E R I A L A N U O VA E D I T R I -
MU29
fronting the aforementioned piazza.
Proceeding to the northeast, numerous collapses are noticeable in the building fabric
[building’s roof, floor slabs, walls, windows,
and doors] located between Piazza San
Sivestro (including the church of the same
name), Palazzo Branconio, and Piazza Santa
Maria Paganica–where the church has been
completely re-done–in addition to the Palazzo
Ardinghelli.
An entire portion of the city center that revolves
around the main squares of the city–whether
we are speaking of the 1703 earthquake or the
most recent one in 2009–has been completely
damaged by the telluric phenomena (phenomena observed in the Earth’s crust and mantle):
Piazza Duomo, Piazza Palazzo, Piazza Santa
Giusta, San Marciano, Santa Maria di Roio.
Virtually no building has remained
unscathed–there was minor damage in the
best of cases all the way to situations of partial
or complete collapse in the worst.
Lastly, it is impossible not to mention the site
that has become a symbol of the earthquake of
April 6, 2009, thanks to the attention given to
it by the mass media: Piazza della Prefettura
with the church of San Marco, Sant’Agostino
and the whole network made up of residential
and commercial buildings that rendered it one
of the poles around which the social life of
Aquilani gravitated.
Less damaged in 1703–perhaps only because it
was less built up–was the area behind Via XX
Settembre, though it has been tragically affected by the recent events.
It is often heard nowadays that history repeats
itself; but it is only proper that we go beyond
this. Memory must be a warning for us: If it is
true that natural disasters of this sort cannot be
avoided, then it is likewise true that a series of
measures can be put into place that allow the
damage to be limited and that mitigate its
effects, without giving in to the simple if not
futile fatalistic consideration often accompanied by a “comfortable” feeling of helplessness.
The stratification that more than 700 years of
history has given the city–built, as legend dear
to the Aquilani would have it, by the [original]
inhabitants of the 99 castles–an original look
and an unrepeatable character that if, at first
glance, seems severe and surly, shows itself to
be noble and kind upon closer inspection. A
face that finds its identity in the complex and
well-made building fabric put together by architectural archetypes (churches, buildings, fountains, etc.), interrupted by urban spaces connected by a few main routes and numerous
“wriggles”. This face reveals its own proper
value in there being a whole and not just a simple tally of buildings that can be added or subtracted according to taste and what is deemed
necessary. A “woven fabric” that in each element bears witness to a society, a way of life, an
“aquila-ness” that is “personal substance,
moral and civic temperament made up of
pride and glory.”
Therefore, it is our task to transmit this legacy to
future (generations). The Linee Guida
[Guidelines] for the valuation and reduction of
seismic risk to our cultural heritage (2006) represents an inescapable instrument to which it is
necessary to connect insight to and a specific
knowledge of ancient construction techniques.
The preservation of our cultural heritage
means, above all else, prevention. If the Linee
Guida speaks of ameliorating the administration of historical building construction with
regard to earthquakes rather than adjustments, then interpreting this idea as a rejection
is an error that should not be committed.
On the contrary, it should be valued as a consciousness-raising event that is the first form of
protection in joining elevated levels of safety
with appropriate interventions that link the various aspects of knowledge together while avoiding the slavish and uncritical application of rules.
Only by expanding projects–cognizant of the
errors committed in the past and proposing
interventions respectful of the intrinsic values of
historic building–can a wounded city be reconverted. Only by fearlessly speaking out can an
offended city give itself a new appearance made
with pre-existence and innovation that speak in
harmony. These are the only things that will
allow a return to an ordinary life that was so suddenly and dramatically interrupted.
View of L’Aquila’s historic downtown, highlighting
both areas hit by the earthquakes of 1703 and
2009.
MU3 0
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A HOSPITAL FOR ARTWORK:
LABORING TO SAVE WORKS AT THE
NATIONAL MUSEUM OF ABRUZZO
IN CELANO
Almost all of them are in Celano. At this time,
the Museum of Prehistory is a sort of hospital,
a huge emergency room for servicing works of
art salvaged from the disaster of the National
Museum of Art of L’Aquila, destroyed by the
April 6 earthquake. Over a thousand sculptures, paintings and art objects that were
located at the Forte Spagnolo in L’Aquila
(heavily damaged by the earthquake that hit
the heart of the capital city of Abruzzo) are
being held in this modern and practical structure. In addition to other works of art coming
from the province (of Abruzzo), restoration
teams from the Central Institute of
Restoration and also from the Opificio delle
Pietre Dure, (Workshop for Hard Stones and
Laboratory for Restoration in Florence) are
taking good care of these witnesses to our history. “It is a sort of field hospital where the first
and most urgent operations are performed in
order to save the most damaged works, placing them in safety,” explains Caterina Bon
Valsassina, Director of ICR. “During a secondary phase, the actual restoration will then take
place.”
Q: Director, can you estimate the damages?
Can you tell us how many works of art were
lost?
A: Right now, it is very difficult to quantify the
losses. Our intention is not to lose anything
because we will try to restore all the works that
have been recovered. Certainly, some of them
are in quite bad shape. For instance, I’m thinking about a couple of large paintings that suffered enormous damage–I have never seen
such damage to paintings before. On these
paintings we first performed a velinatura
(application of protective film), and implemented measures to prevent biological decay.
But we have to act immediately because if we
do not, then we risk losing them for good. As
far as comprehensive damage is concerned, at
this time, we do not have an accurate estimate
because we evaluate each case individually.
Every single piece of artwork is unpacked and
given a number from one to four according to
the type of damage it suffered: A number one
is reserved for the works showing the worst
damage, while a number four is given for
those that are in good condition. Up to now,
50% of the artistic heritage has been tagged
with a number one.
Q: At this time, how many people are working
at the Museo delle Paludi (Wetlands Museum)
in Celano? What type of method are you
using?
A: I was recently in Celano and found a fantastic atmosphere there. Everyone was working in
a great spirit of cooperation. Everyone was
focused on the task at hand trying to save a
rich and unique heritage. I think about the
important wood sculptures collection that the
L’Aquila Museum was housing; many of these
works suffered extremely serious damage and
they can only be saved if each and every one of
us gives it our all in our own work. We now
have a team of 10 professional people: five
restorers, four photographers and one physicist. All of them are working without a break to
avoid wasting even a second because this
could mean losing a piece of our own history.
As I said before, all of these people are providing a sort of “triage” or “emergency care” service: This entails further examination and logging of the damage after an initial inspection
has been conducted by the public safety officials and volunteers who first recovered the
artworks from the rubble. Then we move on to
the first high-priority steps such as velinatura
and spianamento (smoothing of warped surfaces)–especially for paintings. In many cases,
we have taken action to protect the artworks
from biological decay since the rains that followed the earthquake unfortunately brought
with them mildew and bacteria.
Q: So, for the time being, you are prioritizing
needs even with regard to “moveable assets.”
But what about the works that will be part of
the big exhibit that will open during the G8 in
L’Aquila?
A: Luckily, many of the artworks selected for
this important event do not need lengthy or
serious restoration and for this reason they
will be ready in July. As for the others, we are
thinking about showcasing the damaged work
explaining and demonstrating the restoration
process. In this way, the value of our cultural
heritage will be on display as will the damage
caused by a natural disaster.
Q: When do you think it will be possible to
move on to the restoration phase?
A: It is not easy to say right now. We will need
more time and above all we will have to understand if all these works–and there are
many–can be restored in Celano or if they will
have to be moved to better-equipped laboratories. Despite the fantastic, collaborative and
cooperative atmosphere that is present here,
we have a huge job ahead of us salvaging a situation that is much worse than you could ever
imagine.
AN ANTI-SEISMIC MUSEUM
The terrible seismic event that destroyed the
city of L’Aquila along with its environs has also
had devastating effects on its cultural heritage. And by this we mean not only the unique
and beautiful monuments, but also the socalled “moveable assets”–the paintings, the
statues, the art objects–that for centuries have
enriched its churches and palaces and have
given life to important museum realities,
especially during the last century.
In fact, this is the case with the National
Museum of Abruzzo (Museo Nazionale
d’Abruzzo), that has borne witness since the
1950s to a whole region’s artistic legacy–from
archaeology to contemporary art–and whose
vulnerability was underscored by the April 6
earthquake. The museum incurred enormous
damage to its structure and to its collection of
hundreds of works. Not even the art displayed
on the lower floors of the building (those on the
upper floors had to withstand the collapse of
the roof) managed to resist. It is difficult to
think that this happened in a high-risk zone
such as L’Aquila where a minimum attention to
earthquake risk is warranted. This is especially
noteworthy considering that the preparatory
measures and the new museum are dated from
2007, that is to say, a period in which the attention to this type of danger was indeed high.
If it is true that the majority of Italian museum
collections have no anti-seismic measures in
place–Michelangelo’s David is currently
undergoing preparations in this regard–it is
also true that recent planning could have at
least raised the question. Nothing of the kind
happened in L’Aquila. The earthquake–which
was, honestly, much more violent than could
have been imagined–caused the disaster. But
now we have to think about reconstruction
and new, additional preventive measures for
the National Museum of Abruzzo. Let us not
allow this new opportunity to pass us by!
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THE CARISPAQ FOUNDATION
FOR RECONSTRUCTION
IN THE L’AQUILA REGION
The night of last April 6 also marked a boundary line for the Cassa di Risparmio Foundation
(Carispaq) of the province of L’Aquila. It is a
dramatic moment from which we can and we
must start again in order to rebuild a fatally
wounded city. This same entity (Carispaq) suffered enourmous damage to its heritage and
to its buildings of cultural interest. President
Roberto Marotta explains: “Both the current
headquarters [Palazzo dei Combattenti Ed.] in
Corso Vittorio Emanuele and the site in
Palazzo Alferi Dragonetti De Torres have been
seriously damaged; with the first location we
hope to start restoration work immediately
and bring the project to term in around two
years; with the second in Piazza Santa
Giusta–and that is a very old palace–it will
require more time, and above all else, more
money.”
Q: President, how much unity is there and
what type of cooperation are you receiving?
A: Immediately after the earthquake, all of the
Italian foundations made themselves available for whatever we needed, and for that I
thank everyone. Then, through the associations that make up ACRI (an association of
Italian mutual savings banks), funds have
been collected–a one-hundred-and-fiftieth
portion of the assets of each foundation–that
the Carispaq foundation would like to use to
subsidize and compliment public renovation
works. We have already proposed some ideas
to the board of directors of ACRI who have
also made themselves available for further
participation (in ongoing recovery plans) if
necessary.
Q: What type of ideas regarding participation
have you proposed?
A: First of all, participation on behalf of the
University of L’Aquila that has an enrolment of
27,000 and is one of the main economic
motors of the city. For this we thought about
multi-year scholarships to offer to new students. Then there are a series of contributions
for education (teaching). We haven’t forgotten
however the economic activity of the region.
We would like to offer funds to the Confidi (a
banking trust set up to collectively collateralize
lines of credit) in such a way as to increase the
percentage of collateral in comparison to
banks and speed up the financial aid process
for small entrepreneurs, merchants and
craftsman who, at present, have no collateral
to offer so we can help them restart their businesses. In essence, we would like to become
collateral for this category of borrowers.
Another idea is to offer financial backing to the
many cultural activities of the city –that today
have been deprived of every type of infrastructure–in such a way as to not lose the professional know-how that has taken so many years
of work to create and thus maintain an elevated cultural profile of our city. We would also
like to finance a research center of international caliber. All the foundations are available
to (help) start economic activity of this type
that should also be supported by the Ministry
of Research. There are two threads that can be
followed for this type of project: one is on nanotechnology and the other is really on earthquakes. A choice must be made between
these two sectors but is clear that we favor the
project that creates a research institute on an
international level where we foresee jobs and
the retention of, again, high-profile know-how.
Q: Other partnerships?
A: We have received mutual support from so
many institutions. We are members of Civita
(cultural organization), an important and
noble association that for years has worked in
the cultural heritage sector. Its president,
Professor Maccanico, summoned me
because he wanted to adopt a monument or
work of art damaged by the earthquake and
also to honor the memory of the secretary
general, Professor Gianfranco Imperatori,
who recently passed away. Moreover, the
Italian Tumor Institute of Milan has made its
own organization available to students graduating, specializing and performing research in
oncology and will contribute financially to the
activity brought forward from “L’Aquila per la
vita” (“L’Aquila for life”) that is an honor society dedicated to home-care for patients suffering from oncological diseases. Finally, the Cari
Verona foundation has made available the
Verona Arena for a night of music on behalf of
Solisti Aquilani that will be held next
September.
Q: How should the post-earthquake phase be
managed?
A: For the moment, we must get past the idea
that a devastating earthquake hit L’Aquila and
its surrounding municipalities, and only had a
minor effect on the outlying communities of
the region. The few available resources available cannot be wasted in a thousand streams
of funds flowing out to satisfy the modest
needs of these other communities that would
like to take advantage of this situation. That
said, I am convinced that L’Aquila will be
reborn only when all the residents of the city
return and restart their businesses.
L’Aquila–where it was and how it was–is destined for a new territorial expansion. The
periphery will have to be considered as a new
opportunity. And the city center–thanks to the
visibility that it will have with the imminent
G8– will have to come back to life as soon as
possible. The institution that I preside over is
and will be present and along side in support
of the reconstruction efforts with the simple
message that we have to stay in L’Aquila and
not abandon the great task that is before us.
C E ( L U N G O M A R E M A R C O N I , 2 7 0 - A L B A A D R I AT I C A ) / A S C O L I P I C E N O : L I B R E R I A L A N U O VA E D I T R I C E ( P I A Z Z A D E L P O P O L O , 2 6 -
SONO APERTE LE ISCRIZIONI
PER L’ANNO ACCADEMICO 2009-2010
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