...

la cultura del narcisismo

by user

on
Category: Documents
60

views

Report

Comments

Transcript

la cultura del narcisismo
Christopher Lasch
LA CULTURA
DEL
NARCISISMO
L'individuo in fuga dal sociale
in un'età di disillusioni collettive
Nuova postfazione dell'autore
BOMPIANI
Progetto grafico di ALBERTO SAVOIA
Tilolo originale
THE CULTURE OF NARCISSISM
Traduzione di
MARINA BOCCONCELLI
ISBN 88-452-1943-7
©1979 by W. W. Norton & Company, Inc.
©1981 Gruppo Ediloriale Fabbri, Bompiani, Sonzogno, Etas S.p.A.
Via Mecenate 91 - Milano
l edizione "Saggi Tascabili" ottobre 1992
a Kate
...perche essa a saggia, se io so giudicar di lei, e beIla, se questi
miei occhi son verilieri, e sincera, quale si a dimostrata; e percia
saggia, beI-la e sincera com'e, avra sempre ii suo posto neI mio
costante cuore.
SHAKESPEARE, Il mercante di Venezia
INTRODUZIONE
Da quando, poco più di venticinque anni fa, Henry
Luce proclamava l'avvento del "secolo americano", la
fiducia in se stessi degli americani ha subilo un
profondo riflusso. Chi sognava qualche anno fa di
dominare il mondo ora dispera. di governare la ciltà di
New York. La sconfilta in Vietnam, la stagnazione
economica e il prossimo esaurimento delle risorse
naturali hanno determinato un clima di pessimismo
che dalle classi dirigenti si comunica al resto della
società, con una parallela perdila di fiducia della gente
nei suoi rappresentanti. La stessa crisi di fiducia
colpisce altri paesi capilalistici. In Europa, la forza
crescente dei partili comunisti, il risorgere di
movimenti
fascisti
e
l'ondata
di
terrorismo
testimoniano tutti - e in modi diversi - la fragililà di
regimi e il logoramento di tradizioni apparentemente
salde. Anche il Canada, antico baluardo di solida lealtà
borghese, deve ora affrontare, nel movimento
separatista del Quebec, una minaccia alla sua stessa
esistenza come stato nazionale.
Le dimensioni internazionali del malessere attuale
fan sì che non lo si possa attribuire a un cedimento
solo americano. La società borghese sembra aver
esaurilo dovunque il suo patrimonio di idee costruttive,
perdendo sia la capacilà sia la volontà di affrontare le
difficoltà che minacciano
di sopraffarla. La crisi polilica
.
del capilalismo riflette la crisi generale della cultura
occidentale, che si manifesta in una diffusa sensazione
di incapacilà a comprendere il corso della storia o a
gestirlo secondo una linea razionale. Il liberalismo,
teoria polilica della borghesia in ascesa, da tempo non
è più in grado di spiegare il mondo dello stato
7
assistenziale e delle multinazionali; e nessuna teoria
ha preso il
suo posto. Il fallimento polilico del liberalismo
coincide col suo fallimento intellettuale: le
discipline scientifiche che ha promosso, forti in
passato
di
una
fiducia
illuministica
nella
conoscenza, non forniscono più spiegazioni
soddisfacenti dei fenomeni che si pretende di
chiarire. La teoria economica neoclassica non
riesce a spiegare la coesistenza di disoccupazione e
inflazione; la sociologia non tenta nemmeno di
delineare una teoria generale della società
moderna; la psicologia accademica non raccoglie la
sfida di Freud per una analisi in profondilà delta vita
quotidiana. Le scienze naturali, dopo aver
promesso soluzioni risolutive, ora si affrettano a
dichiarare che la scienza non offre rimedi
miracolosi per i problemi sociali. .
Nell'ambilo
delle
scienze
umanistiche,
lo
smarrimento è tale da portare a una generale
ammissione dell'incapacilà degli studi umanistici a
dare un contributo all'interpretazione del mondo
moderno. I filosofi non spiegano più quale sia la
natura delle cose, ne pretendono di dirci come si
debba vivere. Gli studiosi che si occupano di
letteratura considerano il testo non come una
rappresentazione
della
realtà,
ma
come
1'immagine riflessa dello stato d'animo dell'artista.
Gli storici cedono a un "senso di irrilevanza della
storia", come dice David Donaldson, e all'immagine
di "grigiore della nuova era che ci attende".1 Dato
che la cultura liberale si è sempre ampiamente
basata sullo studio della storia, il crollo di questa
cultura
trova
un
riscontro
particolarmente
illuminante nel crollo del senso storico, che
avvolgeva in passato in un'aura di dignilà morale,
patriottismo e ottimismo polilico le testimonianze
sui fatti della nazione. Gli storici rilenevano, in
tempi precedenti, che gli uomini traessero
insegnamenti dai loro errori del passato, ma ora
che il futuro si presenta difficile e incerto, il passato
appare "irrilevante" persino a coloro che dedicano
la
vita
a
esplorarlo.
“E’
finila
l'epoca
dell'abbondanza," scrive Donaldson. "La ‘lezione'
che il passato americano insegna non è
8
semplicemente
irrilevante,
ma
addiriltura
pericolosa... Forse la mia vera funzione sarebbe di
liberate [gli studenti] dal fascino della storia, di
fargli capire 1'irrilevanza del passato, ... di
ricordargli quanto poco gli esseri umani controllino
il proprio destino."
Questa è dunque l'opinion delle elile, una visione
del futuro senza speranza, ora ampiamente
condivisa da coloro che governano la società,
guidano l'opinion pubblica e controllano il sapere
scientifico da cui la società dipende. Se d'altra
parte chiediamo all'uomo della strada quali siano le
sue aspettative, il senso di una diffusa mancanza di
speranza trova ampia conferma. Ma c'e un altro
aspetto della questione che qualifica questa
impressione e suggerisce che la civiltà occidentale
può ancora produrre le risorse morali necessarie a
superare la crisi attuale. E vero che la sfiducia
diffusa nei confronti di coloro che sono al potere ha
reso la società sempre più ingovernabile, come
ripetutamente lamenta la classe al governo, senza
peraltro riconoscere le sue responsabililà nel
determinare questa siluazione; ma questa stessa
sfiducia può porre le basi di una nuova capacilà di
autogoverno, così da superare il. bisogno stesso
che da origine all'esistenza di una classe dirigente
separata.
Ciò
che
gli
osservatori
polilici
interpretano come indifferenza dell'elettorato può
rappresentare, al contrario, un salutare scetticismo
nei confronti di un sistema polilico in cui la
menzogna e la frode sono diventate una prassi
abiluale ed endemica. La sfiducia negli esperti può
contribuile a diminuire la dipendenza dagli esperti
che ha paralizzato la capacilà di iniziativa
personale.
La burocrazia moderna ha indebolilo le antiche
tradizioni di attivilà locale, la cui rinascila ed
espansione offrono l'unica speranza che dalle rovine
del capilalismo possa emergere una società tollerabile.
Davanti all'inadeguatezza delle soluzioni
proposte
9
dall'alto, la gente a costretta a inventare soluzioni dal
basso. La crisi di legiltimazione delle burocrazie statali
ha contagiato anche le burocrazie delle grandi imprese
-- i veri centri di potere della società contemporanea.
Nelle piccole ciltà e negli affollati quartieri urbani,
perfino nelle zone residenziali suburbane, uomini e
donne hanno avviato modesti esperimenti di
cooperazione, intesi a difendere i loro dirilti contro
l'ingerenza delle multinazionali e dello stato. La "fuga
dalla polilica", come viene definila dall'elile dirigenziale
e polilica, può invece essere un segno che rivela la
crescente riluttanza delle persone a partecipare al
sistema polilico nelle vesti di consumatori di spettacoli
prefabbricati. Può non denotare affatto, in altre parole,
un riliro dalla polilica, ma annunciare le fasi iniziali di
una rivolta polilica generale.
Si potrebbe scrivere molto sui segni rivelatori di un
nuovo tipo di vita negli Stati Unili. Questo libro,
tuttavia, descrive un modo di vita che sta tramontando
- La cultura dell'individualismo ai suoi limili estremi,
fino alla guerra di tutti contro tutti, alla ricerca della
felicilà nel vicolo cieco di una preoccupazione
narcisistica per il se. Le strategie di sopravvivenza
narcisistica si propongono oggi come emancipazione
dalle condizioni repres-
sive del passato, fomentando in questo modo una
"rivoluzione culturale" che riproduce i tratti peggiori
della pericolante civiltà che afferma di crilicare. II
radicalismo in campo culturale e talmente in yoga e
così deleterio per l'appoggio inconsapevole che offre
allo status quo, che qualsiasi movimento di crilica della
società contemporanea che non voglia limilarsi a
sfiorare il problema deve comprendere nella sua crilica
una grossa fetta di quello che comunemente viene
etichettato come radicalismo.
Sono i fatti a rendere ormai inadeguate le criliche di
tipo libertario alla società moderna - come a gia
avvenuto per molta parte della crilica marxista
precedente. Sono ancora molti i "radicali" che
continuano a dirigere la loro indignata protesta contro
la famiglia autorilaria, la morale sessuale repressiva,
la censura in campo letterario, 1'etica del lavoro e
altre istiluzioni fondamentali dell'ordine borghese che
in realtà sono state indebolile o abbattute dallo stesso
capilalismo avanzato. Costoro non si rendono conto
the la "personalilà autorilaria" non rappresenta più il
prototipo dell'uomo economico. L'uomo economico è
stato a sua volta sostiluilo dall'uomo psicologico dei
giorni nostri - il prodotto finale dell'individualismo
borghese. Il nuovo narcisista è perseguilato dall'ansia
e non dalla colpa. Non cerca di imporre agli altri le
proprie certezze, ma vuole trovare un senso alla sua
vita. Libero dalle superstizioni del passato, mette in
dubbio persino la realtà della sua stessa esistenza.
Superficialmente rilassato e tollerante, non condivide
più i principi di integrilà razziale o etnica, ma
perdendo in questo modo la sicurezza che gli derivava
dalla solidarietà di gruppo vede in ciascuno un rivale
con cui competere per i privilegi di uno stato
paternalistico. Nei confronti del sesso a permissivo
piùttosto che purilano, anche se 1'emancipazione dai
vecchi tabù non gli da nessuna serenilà sessuale.
Aggressivamente competilivo nella sua richiesta di
approvazione
e riconoscimenti,
non
ama la
concorrenza perchè la associa inconsciamente a
desideri distruttivi incontrollati. Per questo rifiuta le
ideologie competilive fiorile in una prima fase dello
sviluppo capilalistico e guarda con diffidenza persino
10 manifestazione negli sport e nelle
la loro limilata
competizioni
sportive.
Esalta
i
pregi
della
collaborazione e del lavoro di gruppo, ma nutre
contemporaneamente profondi impulsi antisociali.
Loda il rispetto delle norme e dei regolamenti nella
segreta convinzione che non si applichino nei suoi
confronti. Acquisilive nel senso che i suoi desideri non
conoscono limili, egli non accumula in previsione del
futuro, come
faceva
l'individualista
acquisilivo
dell'economia
polilica ottocentesca, ma esige una gratificazione
immediata e vive in uno stato di inquietudine e di
insoddisfazione perenne.
Il narcisista non ha interesse per il futuro, in parte
perchè il passato lo interessa pochissimo. Incontra
grosse difficoltà a interiorizzare le esperienze felici o a
crearsi un patrimonio di ricordi cari a cui attingere
negli ultimi anni della sua vita, che anche nelle
migliori condizioni portano tristezza e dolore. In una
società narcisistica -- una società che mette in
crescente risalto e incoraggia le caratteristiche
narcisistiche --- la svalutazione culturale del passato
non riflette soltanto la miseria delle ideologie
prevalenti, che hanno perso il controllo della realtà e
abbandonato il tentativo di dominarla, ma anche la
miseria della vita interiore del narcisista. Una società
che ha fatto della "nostalgia" un prodotto commerciale
del mercato culturale, rifiuta immediatamente l'idea
che in passato la vita fosse, per certi aspetti rilevanti,
migliore di quella d'oggi. Avendo banalizzato il
passato identificandolo con modelli di consumo
superati, con mode e atteggiamenti antiquati, la
gente oggi guarda con insofferenza chi si richiama al
passato per discutere seriamente sulla siluazione
attuale, o tenta di usarlo come metro di giudizio del
presente. Il paradigma crilico contemporaneo vede
automaticamente in ogni riferimento al passato una
espressione di nostalgia. Come ha osservato Albert
Parr, questo atteggiamento "esclude ogni possibililà di
accumulazione di conoscenza e di valori maturati
attraverso 1'esperienza personale, in quanto tali
esperienze si collocano inevitabilmente nel passato,
nei limili quindi della nostalgia"!
Affrontare la complessilà dei nostri legami col
'passato
bollandoli
come
"nostalgia"
significa
sostiluire degli slogan al tentativo di crilica sociale
obiettiva cui questo atteggiamento si richiama. La
derisione snobistica con cui viene automaticamente
accolta ogni affettuosa rivisilazione delil passato a un
tentativo di sfruttare i pregiudizi di una società
falsamente progressista per il mantenimento dello
status quo. Ma ora noi sappiamo - grazie ai lavori di
Cristopher Hill, di E.P. Thompson e di altri storici - che,
nel passato, molti movimenti radicali hanno tratto
forza e sostegno dal milo, o dal ricordo di una età
dell'oro siluata in un passato ancora più lontano. La
scoperta di questa realtà storica rinforza 1'intuizione
psicoanalilica secondo cui un patrimonio di ricordi
costiluisce una risorsa psicologica indispensabile nella
maturilà e coloro che non possono ricor-
rere al ricordo di affettuosi legami passati soffrono
terribilmente per questa mancanza. La convinzione
che per certi aspetti il passato fosse un periodo più
felice non si basa affatto su una illusione romantica; e
non porta necessariamente a una visione reazionaria
e astorica che paralizza la volontà polilica.
Il mio modo di vedere il passato è esattamente agli
antipodi di quello di David Donaldson. Lungi dal
considerarlo un inutile intralcio, penso che sia un
prezioso patrimonio polilico e psicologico dal quale.
attingere le energie (non necessariamente sotto
forma di "lezioni") necessarie per affrontare il futuro.
La nostra indifferenza culturale nei confronti del
passato - che si trasforma rapidamente in ostililà
attiva e in rifiuto - è la dimostrazione più significativa
del fallimento della nostra cultura. L'atteggiamento
prevalente,
in
apparenza
tanto
spavaldo
e
progressista, deriva da un impoverimento narcisistico
della psiche e dall'incapacilà a stabilire i nostri bisogni
sulla base dell'esperienza della soddisfazione e
dell'appagamento.
Invece
di
farci
guidare
dall'esperienza, lasciamo che siano gli esperti a dirci
quali siano i nostri bisogni per poi chiederci come mai
quei bisogni non ci sembrino mai soddisfatti. "Come le
persone, trasformate in tanti scolari diligenti, si
lasciano insegnare come, quando e cosa volere,"
scrive Ivan Illich, "la capacilà di dar forma alle proprie
esigenze in base a un'esperienza di soddisfazione,
diventa una prerogativa non comune o di chi e molto
ricco o di chi e seriamente privo di mezzi di
sussistenza."3
Per tutti i motivi detti prima, la svalutazione del
passato è diventata uno dei sintomi più rilevanti della
crisi culturale che prendo in esame in questo libro,
con frequenti richiami all'esperienza storica per
chiarire quel che non funziona nei nostri ordinamenti
attuali. La negazione del passato, in apparenza
ottimistica e progressista, rivela - a un esame più
approfondilo - la disperazione di una società incapace
di affrontare il12
futuro.
RINGRAZIAMENTI
Alcune delle idee esposte in questo libro si sono
arricchile e precisate nella corrispondenza e nelle
conversazioni intrattenute con Michael Rogin e
Howard Shevrin, che desidero ringraziare per
1'interesse dimostrato per il mio lavoro e per i loro
preziosi suggerimenti. Vorrei anche sottolineare il
mio debilo nei confronti dei lavori di Philip Rieff e
Russel Jacoby, che hanno offerto un notevole
contributo per chiarire le tematiche alle quali
questo libro è dedicato. A nessuno di questi
studiosi deve essere attribuila la responsabililà
delle mie conclusioni, alcune delle quali possono
essere da loro non condivise.
Il manoscrilto si è giovato di una lettura crilica di
mia moglie e di Jeanette Hopkins, che mi hanno
risparmiato in più di un'occasione formulazioni
inesatte e inutilmente astratte. Voglio ringraziare
ancora una volta Jean DeGroat, per 1'abililà e la
pazienza dimostrata come dattilografa.
Versioni preliminari del materiale presentato
- ora
13
ampiamente rielaborato rispetto ai saggi
precedenti -- sono apparse su New .York Review
("The Narcissist Society", 30 settembre 1976;
"Planned Obsolescence", 28 ottobre 1976; "The
Corruption of Sports", 28 aprile 1977; "The Seige
of the Family", 24 novembre 1977); Partisan
Review ("The Narcissistic Personalily of Our Time",
1977, n. 1); Hastings Center Report ("Aging in a
Culture wilhout a Future", August 1977); Marxist
Perspectives ("The Flight from Feelings",
primavera 1978); e Psychology Today ("To Be
Young, Rich, and Entilled", matzo 1978).
1.
IL MOVIMENTO DI AUTOCOSCIENZA
E L'INVASIONE SOCIALE DEL SE
L 'uomo di Marivaux, secondo Poulet, è 'un
individuo senza passato e senza futuro, che rinasce
ad ogni istante. Gli istanti sono punti che si
dispongono su di una linea, ma l'importante è
l'istante, non la linea. L'uomo di Marivaux, in un
certo senso, non ha storia. Non c'è concatenazione
tra quanto segue e quanto precede. E in una
condizione di costante stupore. Non è in grado di
prevedere le sue reazioni agli avvenimenti. Ne è
sempre travolto. Vive in una condizione di
sospensione ansiosa e di smarrimento.
DONALD BARTHELME t
Fa solo rabbia pensare che si vorrebbe essere. da
qualche altra parte. Siamo qui, e
ora. JOHN CAGE 2
LA PERDILA DEL SENSO DEL TEMPO
STORICO
Si avvicina la fine del XX secolo, e con essa la
convinzione che morte altre cose stiano volgendo
al termine. Presagi, prodigi, segni premonilori di
catastrofe ossessionano la nostra epoca. Il "senso
della fine", che ha dato forma a tanta parte della
letteratura del XX secolo, si sta insinuando anche
nell'immaginazione popolare. Gli orrori del
nazismo, la minaccia di annientamento nucleare,
lo sfruttamento distruttivo delle risorse naturali, le
fondate previsioni di un disastro ecologico danno
corpo alla profezia poetica e concretizzano
storicamente l'incubo, o desiderio di15morte, cui gli
artisti delle avanguardie furono i primi a dar voce.
Se il mondo sia destinato a scomparire divorato
dal fuoco o sepolto
dai ghiacci, in un'esplosione a
16
in un silenzioso sussulto, è un interrogativo non
più confinato al mondo dell'arte. Il disastro
incombente
è
diventato
preoccupazione
quotidiana, tanto normale e consueta che nessuno
si chiede più seriamente se e come il disastro
potrebbe essere evitato. La gente si dedica
affannosamente, invece, alla ricerca di strategie di
sopravvivenza, di modi per prolungare la propria
esistenza personale o di sistemi per garantire il
benessere del corpo e la pace dello spirilo.*
C'e chi scava rifugi antiatomici sperando di
sopravvivere grazie agli ultimi rilrovati della
moderna tecnologia. Nelle comuni. rurali, altri
tentano di realizzare il progetto opposto: liberarsi
dalla dipendenza tecnologica e sopravvivere cosi
alla rovina. Un ospile in visila a una comune del
North Carolina scrive: "Tutti sembrano condividere
il senso della catastrofe imminente." Stewart
Brand, the cura 1'edizione del Whole Earth
Catalogue, riferisce che "le vendile del Survival
Book sono in vertiginoso aumento; a uno dei
nostri successi più clamorosi".5 Entrambe le
strategie riflettono la crescente disperazione di
poter cambiare una società che non si riesce
nemmeno a capire, una disperazione che sottende
il culto della dilatazione della coscienza, della
salute fisica e della "crescila" personale, oggi
tanto diffuso.
Dopo le mobililazioni poliliche degli anni
sessanta, gli americani hanno dirottato il loro
interesse su questioni esclusivamente personali.
Abbandonata la speranza di migliorare la vita in
modo significative, la gente si è convinta che quel
che veramente conta è il miglioramento del
proprio stato psichico: aderire alle proprie
sensazioni, nutrirsi con cibi genuini, prender
lezioni di ballo o di danza del ventre, bagnarsi nel
mare della saggezza orientale, fare del jogging,
imparare a "entrare in rapporto", a vincere la
"paura del piacere". Questi obiettivi, in se innocui,
se elevati alla dignilà di programma e impastati
nella
retorica
dell'autenticilà
e
della
consapevolezza implicano di fatto il riliro dalla
polilica e il ripudio del passato recente. In realtà
gli americani sembrano voler dimenticare non
soltanto gli anni sessanta, le rivolte, la nuova
sinistra, i disordini nei campus universilari, il
Vietnam, lo scandalo Watergate e la presidenza
* "IL senso delta fine... è... presente in maniera
endemica in cio che noi chiamiamo modernismo,"
scrive Frank Kermode. ".,.In generate, sembra che
in noi convivano il senso della decadenza della
società --•- come dimostra il concetto di alienazione
the, sostenuto da un rinnovato interesse per il
primo Marx, non ha mai goduto prima di Maggiore
favore e un utopismo tecnologico. Nel nostro modo
di pensare al futuro ci sono contraddizioni tali che,
se solo fossimo disposti a riconoscerle, sarebbero
impossibili da integrare.
Ma, di regola, restano
nascoste in profondilà." 3 Susan Sontag, osservando
che "la gente reagisce in modi diversi all'annuncio
della futura rovina", distingue tra le fantasie
apocaliltiche di epoche remote e quelle attuali. In
passato, la previsione dell’apocalisse era spesso
"occasione di un completo distacco dalla società",
mentre
attualmente
provoca
"una
reazione
inadeguata", 4 non
suscila
cioè
"un
grande
turbamento".
Nixon, ma tutto il loro passato collettivo, persino
quello
delle
asettiche
celebrazioni
del
Bicentenario. Nel film il dormiglione, uscilo nel
1973, Woody Allen ha centrato molto bene lo
stato d'animo prevalente degli anni settanta. Il
film, una indovinata parodia del genere
fantascientifico, trasmette in modi diversi un
unico messaggio: "le soluzioni poliliche non
funzionano", come dichiara categoricamente Allen
a un certo punto. Quando gli viene chiesto in che
cosa crede, Allen, dopo aver scartato la polilica, la
religione e la scienza, afferma: "Credo nel sesso e
nella morte -- due esperienze che si presentano
una sola volta nella vita."
Vivere per il presente è 1'ossessione dominante
- vivere per se stessi, non per i predecessori o per
i posteri. Stiamo perdendo rapidamente il senso
della continuilà storica, il senso di appartenenza a
una successione di generazioni che affonda le sue
radici nel passato e si proietta nel futuro. E’ la
perdila del senso del tempo storico - in
particolare, il lento dissolversi di qualsiasi serio
interesse per la posterilà - che differenzia la crisi
spiriluale degli anni settanta dalle precedenti
esplosioni di millenarismo religioso, con cui
presenta qualche superficiale somiglianza. Molti
osservatori han fatto riferimento a questa
analogia, usandola come chiave di lettura della
"rivoluzione
culturale"
contemporanea
ma
ignorandone i tratti distintivi rispetto ai movimenti
religiosi del passato. Qualche anno fa, Leslie
Fiedler proclamava una "nuova era della fede".
Più recentemente, Tom Wolfe interpreta il nuovo
narcisismo come un "terzo grande risveglio",
come un'esplosione di orgiastica, estatica
religiosilà. Jim Hougan, in un libro che appare
contemporaneamente crilico e celebrativo della
decadenza contemporanea, cerca un
confronto tra
17
1'atteggiamento
spiriluale
attuale
e
il
millenarismo del basso Medioevo.' "Le inquietudini
del Medioevo non sono molto diverse da quelle
del nostro tempo," scrive. Allora come oggi, dagli
sconvolgimenti sociali nascevano le "sette
millenariste".*
Sia Hougan che Wolfe, pero, forniscono
involontariamente materia per escludere una
interpretazione religiosa del "movi* Il libro di Hougan rispecchia la convinzione
corrente dell'inutililà di "soluzioni solamente
poliliche" ("la rivoluzione non otterrebbe altro
effetto che un cambiamento nella gestione del
malessere") ed esemplifica la reazione inadeguata
di fronte al disastro the la Sontag considers cosa
peculiare della nostra epoca. "E incredibilmente
semplice," esordisce Hougan all'inizio. "Tutto va in
pezzi. Non c' niente da fare. Un sorriso sia il vostro
riparo."
mento della coscienza". Hougan osserva che la
sopravvivenza è diventata la "parola d'ordine
degli anni settanta" e il "narcisismo collettivo" la
tendenza dominante. Dal momento che la società
è senza futuro, acquista un senso vivere solo in
funzione del presente, occuparsi soltanto delle
proprie "realizzazioni personali", diventare fini
conoscilori della propria decadenza, coltiva un' "
auto-osservazione di ordine trascendentale".
Questi non sono atteggiamenti storicamente
associati alle esplosioni millenaristiche. Gli
anabattisti del XVI secolo non attendevano
'l'apocalisse assorbili in una "auto-osservazione
trascendentale", ma con malcelata impazienza
per 1'età dell'oro di cui credevano segnasse
l'inizio. Ne erano insensibili ai richiami del
passato. Le antiche tradizioni popolari che
parlavano di un "re dormiente" -- il condottiero
che sarebbe rilornato al suo popolo e avrebbe
ristabililo una perduta età dell'oro - ispiravano i
movimenti millenaristi di questo periodo. IL
Rivoluzionario dell'Alto Reno, autore anonimo del
Book of a Hundred Chapters, proclamava: "Un
tempo i Germani erano i padroni del mondo, e lo
saranno ancora, più potenti che mai." Annunciava
che il risorto Federico II, "l'Imperatore del giorno
del giudizio", avrebbe ristabililo la religione degli
antichi Germani, avrebbe spostato la capilale da
Roma a Treviri, abolilo la proprietà privata e
annullato le differenze tra ricchi e poveri.7
Tradizioni di questo genere, spesso associate ai
movimenti nazionalisti contro la dominazione
straniera, fiorirono in vari periodi e in forme
diverse, tra cui si può annoverare la visione
cristiana del giudizio universale. L'egualilarismo e
lo pseudostoricismo che le informano indicano che
persino le religioni del passato più radicalmente
orientate verso il mondo ultraterreno esprimevano
una speranza 18
di giustizia sociale e un senso della
continuilà con le generazioni precedenti. E’
proprio l'assenza di questi valori che caratterizza
la mentalilà della sopravvivenza negli anni
settanta. La "visione del mondo che si manifesta
tra noi," scrive Peter Marin, fa perno "unicamente
sul se" e ha "come unico valore la sopravvivenza
individuale". Nel. tentativo di individuare i tratti
distintivi della religiosilà contemporanea, lo stesso
Tom Wolfe osserva che "la maggioranza della
gente, storicamente, non ha vissuto all'insegna
del `si vive una volta sola'. Al contrario ha vissuto
come se la sua vita fosse contemporaneamente
quella dei progenilori e dei discendenti..." 8 Queste
osservazioni si avvicinano molto al cuore del
problema, ma
allora da rimettere in discussione la definizione
del nuovo narcisismo come "terzo grande
risveglio".*
LA SENSIBILILA TERAPEUTICA
Il clima contemporaneo è terapeutico, non
religioso. La gente oggi non aspira alla salvazione
personale, e tanto meno al rilorno a una primilive età
dell'oro,
ma
alla
sensazione,
alla
illusione
momentanea di benessere personale, di salute fisica
e di tranquillilà psichica. Anche il movimento radicale
degli anni sessanta non rappresento, per molti di
coloro. che vi aderirono per ragioni personali più che
poliliche, una " sorta di religione sostilutiva, ma
piùttosto una forma di terapia. L'attivilà polilica
radicale riempì il vuoto di molte vile, dando loro uni
significato e uno scopo. Nel suo libro di memorie sul
gruppo des Weathermen, Susan Stern descrive il loro
carisma in termini presi a prestilo dalla psicoanalisi e
dalla medicina più che dalla religione. Cercando di
rendere il suo stato d'animo durante le dimostrazioni
del 1968 a Chicago, alla Convenzione del partilo
democratico, scrive invece del suo stato di salute.
"Stavo bene. Sentivo il mio corpo agile, forte e snello,
pronto a percorrere miglia e miglia, e le mie gambe
che si muovevano sotto di me veloci e sicure." Poche
pagine dopo,,dichiara: "Mi sentivo vera." Più di una
volta spiega che l'associazione con persone
importanti la faceva sentire importante. "Sentivo di
far parte di una vasta organizzazione di persone
autentiche, geniali e stimolanti." Quando i leader che
idealizzava la deludevano, come puntualmente
accadeva, si metteva alla ricerca di nuovi eroi che li
sostiluissero, nella speranza di ricaricarsi a contatto
con la loro "luminosa genialilà" e di superare la sua
sensazione di nullilà. In loro presenza, le accadeva di
sentirsi "forte e sicura" - salvo poi rilrovarsi respinta,
19
una volta cessata l'infatuazione, dall'"arroganza"
di
coloro che prima ammirava, dal "loro disprezzo per
tutti coloro che stavano loro intorno".9
Molti particolari nel libro della Stern suoneranno
familiari
* Come esempio della muova tendenza a rifiutare
la visione di se "come parte di un grande flusso
biologico", Wolfe cila lo slogan pubblicilario di una
tintura per capelli: "Se ho soltanto una vita, voglio
viverla da bionda!" Se ne potrebbero cilare un
numero infinilo: la pubblicilà di Schlilz ("La vita ,e
una sola, prendetevi il meglio"); il tilolo di un
popolare dramnone sentimentale, "Una vita da
vivere", e altri ancora.
agli storici dei movimenti rivoluzionari: 1'ardore
dell'impegno rivoluzionario, le interminabili dispute
dottrinarie del gruppo sui dettagli della linea polilica,
l'instancabile "autocrilica" a cui i membri della setta
venivano continuamente invitati, il tentativo di
rimodellare ogni aspetto della propria vita in
conformilà con la fede, rivoluzionaria. Ma ogni
movimento rivoluzionario rientra nella cultura del
proprio tempo, e quello dei Weathermen presenta
elementi che lo identificano immediatamente come
prodotto della società americana in un periodo di
aspettative decrescenti. Il clima psicologico in cui
vissero i Weathermen - un clima di violenza, pericolo,
droga, promiscuilà sessuale, confusione morale e
psichica - non era il frutto di una tradizione
rivoluzionaria preesistente, ma piùttosto il risultato
dei turbamenti e delle angosce narcisistiche
dell'America contemporanea. La preoccupazione per
lo stato della sua salute mentale, insieme alla
dipendenza dagli altri per il suo senso di identilà,
distinguono Susan Stern dal tipo umano che, spinto da
un'ansia di tipo religioso, cerca nella polilica una
forma secolarizzata di salvazione: il suo bisogno era
quello di acquisire una identilà, non di annullarla
abbracciando una grande causa. Il narcisista --proprio per questa inconsistenza della sua identilà - si
differenzia anche da un vecchio tipo di individualista
americano, l'"Adamo americano", analizzato da R.W.B.
Lewis, Quentin Anderson, Michael Rogin, e da studiosi
ottocenteschi come Tocqueville.10 Il narcisista
contemporaneo, nel suo egocentrismo e nelle sue
manie di grandezza, presenta qualche superficiale
analogia col "se imperiale" tanto celebrato dalla
letteratura
americana
dell'ottocento.
L'Adamo
americano, come i suoi discendenti attuali, cercava di
liberarsi del passato e di stabilire quella che Emerson
chiamava "una rifondazione del rapporto con
1'universo". Gli scriltori e gli oratori del XIX secolo non
si stancavano di riaffermare, in una grande varietà di
forme, la dottrina
di Jefferson secondo cui la terra
20
appartiene ai vivi. La rottura con l'Europa, l'abolizione
dei dirilti di primogenilura e l'allentarsi dei vincoli
familiari diedero fondamento alla convinzione (anche
se poi si rivelo una falsa speranza) che gli americani,
unici tra tutti i popoli della terra, potevano sottrarsi
all'ingombrante influenza del passato. Pensavano,
come dice Tocqueville, che "il loro destino fosse tutto
nelle loro mani". Le condizioni sociali degli Stati Unili,
scriveva Tocqueville, avevano reciso i vincoli che in
precedenza univano una generazione all'altra. "La
trama del tempo è continuamente lacerata, e il
segno delle generazioni cancellato. Quelli the ci hanno
preceduto sono subilo dimenticati; di quelli the
verranno, nessuno si cura: l'interesse dell'individuo è
limilato a chi gli è immediatamente vicino." il
Qualche crilico ha descrilto il narcisismo degli anni
settanta in termini simili. Le nuove terapie legate al
movimento del "potenziale umano" insegnano, per
usare i termini di Peter Marin, che "la volontà
dell'individuo è onnipotente, e determina in tutto e per
tutto il suo destino, rafforzando in questo modo
l"isolamento del se' Questa linea di discorso
appartiene a un filone di pensiero ben radicato nella
tradizione americana. L'appello lanciato da Marin per il
riconoscimento
dell’immensa
base
comune
dell'umanila" ricorda Van Wyck Brooks, che crilicava i
trascendentalisti del New England perché trascuravano
"1a geniale base comune della tradizione umana".13
Brooks stesso, net suo atto d'accusa contro la cultura
americana, riprendeva le criliche gia espresse da
autori come Santayana, Henry James, Orestes
Brownson e Tocqueville. La tradizione crilica da loro
inaugurata può ancora dirci molto sui mali
dell'individualismo esasperato, ma deve essere
rifondata per includervi le differenze esistenti tra
l'Adamismo dell'ottocento e il narcisismo dei giorni
nostri. La crilica del "culto del privato", anche se utile
per mantenere vivo il bisogno di socialilà, è diventata
sempre più fuorviante in un contesto che vede ridursi
le possibililà di autentica privacy. E’ vero the
l'americano moderno non è riuscilo, come i suoi
predecessori, a stabilire alcuna forma di vita
comunilaria, ma le tendenze integrative della società
industriale moderna hanno parallelamente minato le
sue possibililà di "isolamento". Avendo trasferilo
all'azienda gran parte delle sue competenze tecniche,
l'individuo non è più in grado di soddisfare i suoi
bisogni materiali. Mentre la famiglia perde non
soltanto le sue funzioni produttive, ma anche molte
delle sue funzioni riproduttive, gli uomini e le donne
non riescono neppure più ad allevare i loro figli senza
l'assistenza di esperti qualificati. L'atrofia delle antiche
21
tradizioni del self-help ha
* Nel 1857, Brawnson stigmatizzava 1'individualismo atomizzante
della vita moderna in termini che anticipavano la denuncia degli stessi
mali nel XX secolo. "L'opera di distruzione, iniziata dalla Riforma, the
aveva aperto un'epoca di crilica e di cambiamento, era stata, pensavo,
completata. Era stato dissolto tutto quello che c'era da dissolvere, era
stato distrutto tutto quello che c'era da distruggere. Era venuto il
momento di dare inizio all'opera di ricostruzione - un'opera di amore e
riconciliazione... La prima cosa da fare è abbandonare 1 'ostililà verso il
passato." 14
espropriato il sapere quotidiano in un settore dopo
1'altro, e ha determinato la dipendenza dell'individuo
dallo stato, dall'azienda e dalle altre organizzazioni
burocratiche.
Il narcisismo rappresenta la dimensione psicologica
di questa dipendenza. Malgrado le occasionali
illusioni di onnipotenza, il narcisismo attende da altri
la conferma della sua autostima. Non può vivere
senza un pubblico di ammiratori. La sua apparente
liberta dai legami familiari e dai vincoli istiluzionali
non lo rende più autonomo, o fiero della propria
individualilà. Al contrario, essa alimenta l'insicurezza,
che può essere superata solo cogliendo nelle
attenzioni altrui il riflesso del suo "io grandioso",
oppure associandosi a chi gode di carisma, fama e
potere. Per il narcisista il mondo è uno specchio,
mentre per l'individualista primilivo era una terra di
nessuno da modellare secondo la sua volontà.
Nell'immaginario americano dell'ottocento il vasto
continente
che
si
stendeva
verso
ovest
simboleggiava contemporaneamente la speranza e la
minaccia di una fuga dal passato. I terrilori del west
rappresentavano la possibililà di edificare una nuova
società libera da vincoli di tipo feudale, ma anche la
tentazione di un abbandono della civiltà, di una
regressione
allo
stato
selvaggio.
Attraverso
l'operosilà coatta e un'implacabile repressione
sessuale, gli americani di quel secolo conseguirono
un temporaneo trionfo sull'Es. La violenza con cui
aggredirono gli indiani e la natura non nasceva da
impulsi incontrollati, ma dal Super-io bianco
anglosassone, che temeva il west selvaggio perché in
esso si oggettivava la natura selvaggia latente in
ogni individuo. Mentre la letteratura popolare
celebrava l'epopea romantica della frontiera, in
pratica gli americani imposero sui terrilori un nuovo
ordine basato sul dominio degli istinti e sulla
liberazione della volontà acquisiliva. La natura stessa
dell'accumulazione implicava la sublimazione degli
22
istinti, e la subordinazione
degli interessi personali
immediati al bene delle generazioni future.
E’ vero che nel fervore della lotta per la conquista
del west, il pioniere americano diede libero sfogo a
tutta la sua rapacilà e crudeltà omicida, ma sempre
con un obiettivo ben chiaro in mente (espresso, non
senza qualche dubbio, nel culto nostalgico di una
perduta
innocenza):
una
comunilà
pacifica,
rispettabile, profondamente religiosa, sicura per le
sue donne e i suoi figli. Immaginava che i figli,
cresciuti sotto l'influenza moralmente benefica della
"cultura" femminile, sarebbero diventati sobri
ciltadini americani, timorati e rispettosi delle leggi, e
il pen-
siero di questa eredila futura giustificava la sua fatica
e scusava, nel frattempo, i frequenti cedimenti alla
brutalilà, al sadismo e alla violenza devastatrice.
Gli americani dei giorni nostri si sentono invece
schiacciati non dal senso delle possibililà senza limili,
ma dalla banalilà dell'ordine sociale che hanno eretto
per dominarle. Avendo interiorizzato le restrizioni
sociali attraverso cui cercarono nel.passato di
contenere le libertà entro i limili della convivenza
civile, si sentono sopraffatti da una noia che li
annienta, come animali i cui istinti siano stati fiaccati
dalla cattivilà. Il rilorno a uno stato primilivo
rappresenta per loro una minaccia tanto lontana che
ciò a cui aspirano è proprio una esistenza più
vigorosamente istintuale. La gente, oggi, lamenta
piùttosto la perdila di emotivilà; valorizza esperienze
più intense, cerca di risvegliare sensi addormentati, si
sforza di stimolare stanchi appetili. Gli uomini del XX
secolo hanno eretto una tale quantilà di barriere
psicologiche per difendersi da emozioni intense, e
investilo in questo processo tanta parte dell'energia
pulsionale, che hanno quasi dimenticato cosa si prova
a lasciarsi invadere dal desiderio. Tendono, piùttosto,
a rodersi di una rabbia inespressa, che nasce dalle
difese erette contro il desiderio e che a sua volta
genera nuove difese. Anche se in apparenza sono
persone mili, remissive e socievoli, internamente sono
sconvolti dall'ira, che in una società compatta,
burocratica e sovrappopolata non può disporre di
molti sbocchi legiltimi.
L'espansione della burocrazia crea una filta rete di
rapporti interpersonali, premia le capacilà di
socializzazione e rende insostenibile lo sfrenato
egotismo dell'Adamo americano. Nello stesso tempo,
tuttavia, sgretola tutte le forme di autorilà patriarcale
e indebolisce quindi il Super-io sociale, rappresentato
un tempo dai padri, dai maestri e dai predicatori. Ma
il declino dell'autorilà istiluzionalizzata, in una società
apparentemente permissiva, non determina un
"declino del Super-io". negli individui.
23 Favorisce, al
contrario, lo sviluppo di un Super-io rigido e punilivo
che, in mancanza di divieti che emanano da autorilà
socialmente riconosciute, trae gran parte della sua
energia psichica dalle spinte distruttive e aggressive
inconsce. L'azione del Super-io finisce per essere
dominata da elementi inconsci e irrazionali. Dal
momento che le figure di autorilà perdono nella
società moderna la loro "credibililà", il Super-io
dell'individuo deriva in misura sempre maggiore dalle
primilive fantasie del bambino sui suoi genilori fantasie imbevute di sadico risenti-
mento - piùttosto che dall'interiorizzazione di Io ideali
formatisi attraverso i successivi rapporti con modelli
di comportamento sociale amati e rispettati.*
La lotta per mantenere l'equilibrio psichico in una
società che pretende il rispetto delle regole di
rapporto sociale, ma che si rifiuta di fornire un codice
di condotta morale su cui fondarle, favorisce una
forma di egocentrismo che non ha niente in comune
con il narcisismo primario del s e imperiale. La
struttura della personalilà è sempre più dominata da
elementi arcaici, e regredisce", come dice Morris
Dickstein, "a un primilivo stato di passivilà in cui il
mondo rimane informe, increato". Il s e imperiale,
egomaniaco e avido di esperienze regredisce a un io
grandioso, narcisista, infantile, vuoto: " u n oscuro buco
fradicio", così scrive in Nog.Rudolph Wurlilzer, "dove
prima o poi ogni cosa trova una via di accesso. Io
resto fuori vicino all'entrata, maneggio la merce che
viene spinta dentro, ascolto e, rispondo con cenni del
capo. Lentamente svanisco assorbilo da questa
cavilà".15
Tormentato dall'ansia, dalla depressione, da una
generica insoddisfazione, da un senso di vuoto
interiore, l'"uomo psicologico" del XX secolo non mira
a un potenziamento individuale e neppure alla
trascendenza spiriluale, ma anela alla pace
dell'anima, in condizioni che la rendono sempre più
improbabile. I terapeuti, non i preti, o i predicatori
popolari
del
self-help,
o
modelli
ideali
di
autorealizzazione come i capilani d'industria, sono
diventati i suoi più importanti alleati nella lotta per
raggiungere un equilibrio, e a loro che si ricorre nella
speranza di conseguire il moderno equivalente della
redenzione, la "salute
* II Super-io, l'agente della società nella psiche, consiste sempre di
immagini interiorizzate dei genilori e di altri simboli di autorilà, ma a
importante distinguere tra le immagini che derivano da impressioni
arcaiche, pre-edipiche, e quelle prodotte da impressioni successive e
che, per questo motivo, rispecchiano una valutazione p i ù realistica dei
poteri parentali. Più
24 precisamente, le seconde contribuiscono alla
formazione dell'" Io ideale" - interiorizzazione delle aspettative degli altri
e dei tratti peculiari che amiamo e rispettiamo in loro; mentre il Super-io,
diversamente dall'Io ideale, deriva da fantasie arcaiche che contengono
un'ampia quota di aggressivilà e risentimento mescolati insieme,
provocati dall'inevitabile fallimento dei genilori a soddisfare tutte le
richieste istintuali del bambino. Ma, generalmente, la parte aggressiva,
puniliva e autodistruttiva del Super-io viene modificata dall'intervento
dell'esperienza successiva, che attenua le primilive fantasie sui genilori
immaginati come mostri famelici. Se tale esperienza manca - come
spesso succede in una società che ha drasticamente svalutato tutte le
forme di autorilà - si pub prevedere che il .Super-io sadico si svilupperà a
danno dell'Io ideate, e il Super-io distruttivo a danno di quella voce
interiore, severa ma sollecila, che chiamiamo coscienza.
mentale". La terapia si è definilivamente imposta
come erede dell'individualismo primilivo e della
religione, ma non nel senso che il "trionfo del
terapeutico" sia diventato automaticamente una
nuova religione.
La terapia costiluisce infatti una forma di
antireligione, e non certo perchè si attenga a
spiegazioni razionali o a metodi scientifici, come
vorrebbero farci credere gli addetti ai lavori, ma
piùttosto perché la società moderna "non ha futuro", e
per questo qualunque cosa trascenda i bisogni
immediati non viene presa in considerazione. Anche
quando i terapeuti parlano del bisogno di "significato"
e "amore", essi definiscono l'amore e il significato
unicamente come la realizzazione delle esigenze
emotive del paziente. Difficilmente si verifica il caso
considerata la natura dell'iniziativa terapeutica
sarebbe strano il contrario - che incoraggino il paziente
a subordinare i propri bisogni e interessi a quelli altrui,
a una persona, o a qualche causa o tradizione al di
fuori
di
lui.
"Amore"
come
abnegazione
o
mortificazione di se, "significato" come devozione a
qualcosa che ci trascende --- queste sublimazioni
urtano la sensibililà terapeutica come oppressioni
intollerabili, offese al buon senso, nocive alla salute e
al benessere personale. La liberazione dell'umanilà da
questo genere di idee sorpassate sull'amore e il
dovere e diventata la missione delle terapie
postfreudiane, e in particolare di quegli innumerevoli
seguaci e proselili per cui la salute mentale coincide
con l'abbandono delle inibizioni e l'immediata
gratificazione di qualsiasi impulso,
DALLA POLILICA ALL'AUTO-ANALISI
Oltre ad aver soppiantato la religione come
struttura portante della cultura americana, la
concezione terapeutica minaccia anche di sostiluirsi
alla polilica, ultimo rifugio dell'ideologia. La burocrazia
trasforma il disagio collettivo in problemi
25 personali da
sottoporre a intervento terapeutico: la denuncia di
questa operazione di svuotamento dello scontro polilico
e stata negli anni sessanta uno dei contributi più
importanti della nuova sinistra alla crescila di una
coscienza polilica. Ma negli anni settanta moltissimi ex
radicali si sono a loro volta convertili alla sensibililà
terapeutica. Rennie Davis abbandona la linea polilica
radicale per seguire il giovanissimo guru Maharaj Ji.
Abbie Hoffman, ex leader degli yippies, decide che è
più importante
chiarirsi le idee che mettersi alla testa delle masse. Il
suo compagno di un tempo, Jerry Rubin, giunto alla
soglia dei fatidici trent'anni e trovandosi a faccia a
faccia con il cumulo delle sue ansie e paure personali,
si trasferisce da New York a San Francisco dove
diventa - grazie a una disponibililà economica
apparentemente
inesauribile
un
insaziabile
consumatore dei grandi supermercati spiriluali della
West Coast. "In cinque anni," confessa Rubin,
"esattamente dal 1971 al 1975, ho sperimentato
direttamente e.s.t., gestalt, bioenergetica, rolling,
massaggic, jogging,, alimentazione naturale, tai chi,
Esalen, ipnotismo, danza contemporanea, medilazione,
Silva Mind Control, Arica, agopuntura, terapia
sessuale, terapia reichiana e More House - un torso
multiuso per lo sviluppo di una Nuova Ccscienza. " 'd
Nelle. sue memorie, dal tilolo accattivante di
Growing (Up) at Thirty-seven, Rubin testimonia dei
salutari effetti del suo regime terapeutico. Dopo aver
trascurato il suo corpo per anni, si concede
"l'autorizzazione a star bene" e perde rapidamente
quattordici chili. A trentasette anni, cibi sani, jogging,
yoga, sauna, chiropratica e agopuntura lo rimettono in
forma "come a venticinque anni". I suoi progressi
spiriluali si rivelano altrettanto facili e soddisfacenti. Si
libera della sua corazza difensiva, del suo sessismo,
della sua "dipendenza dall'amore" e impara "ad amarsi
tanto da non aver bisogno di un'altra persona per
essere felice". Arriva a essere consapevole che la sua
polilica rivoluzionaria nascondeva un "purilanesimo di
fondo", che talvolta gli creava un certo disagio per via
della celebrilà di cui godeva, e dei relativi privilegi
materiali. Sembra che non sia stato necessario un
grosso sforzo psichico per persuadere Rubin che "è
giusto approfiltare dei vantaggi che il denaro procura".
Impara ad assegnare al sesso "il posto che gli
spetta" e a trarne piacere senza investirlo di
significato,"simbolico". Sotto la guida di una serie di
guarilori spiriluali infierisce contro i genilori e contro- il
suo legalilario 26
e punilivo "giudice" interiore, riuscendo
successivamente a "perdonare" genilori e Super-io. Si
taglia i capelli, la barba, e ".quello che vidi mi
piacque". Ora, "quando entravo in una stanza nessuno
sapeva
chi
ero,
perché
non,
corrispondevo
all'immagine che avevano di me. Avevo trentacinque
anni, ma ne dimostravo ventilre".
Rubin considera il suo "viaggio alla scoperta di se"
come parte integrante del "movimento di
autocoscienza" degli anni settanta.
Eppure la sua "massiccia auto-analisi" non ha prodotto
molte indicazioni utili per la conoscenza di se,
personale o collettiva: l'autoconsapevolezza continua a
restate prigioniera di clichè liberazionisti. Rubin si
confronta con il "femminile che è in me", con la
necessilà di acquisire un atteggiamento più tollerante
verso
l'omosessualilà
e
con
il
bisogno
di
"riconciliazione" con i suoi genilori, come se queste
verilà risapute fossero rivelazioni faticosamente
conquistate
sulla
condizione
umana.
Abile
manipolatore delle tendenze più diffuse, "fenomeno
dei media" e imbonilore dichiarato, Rubin parte
dall'assunto secondo cui tutte le idee, i tratti
caratteristici e i modelli culturali sono determinati dalla
propaganda e dal "condizionamento". Scusandosi per
la sua eterosessualilà, scrive: "Non mi sento attratto
dagli uomini perché da bambino mi hanno inculcate
l'idea che l'omosessualilà è una malattia." Ne! corso
della
terapia, si sforza di neutralizzare "la
programmazione negativa a cui a stato sottoposto
nell'infanzia". Persuaso che un decondizionamento
collettivo fornirà le basi per un cambiamento 'sociale e
polilico, cerca di stabilire un fragile collegamento tra
l'attivilà polilica precedente e i suoi attuali interessi,
unicamente incentrati sul suo corpo e le sue
"sensazioni".
Come
molti
ex
radicali,
ha
semplicemente sostiluilo gli slogan terapeutici più
diffusi agli slogan polilici di cui si era fatto portavoce,
con pari indifferenza per il loro contenuto.
Rubin sostiene che la "rivoluzione interiore degli anni
settanta" è nata dalla consapevolezza che il
radicalismo degli anni sessanta non aveva affrontato i
problemi della qualilà della vita privata, e in genere i
problemi culturali, nella errata convinzione che le
questioni legate alla "crescila personale" - sono parole
sue -- potessero attendere "fino a rivoluzione
avvenuta". Questa accusa è in parte vera. Troppo
spesso la sinistra ha rappresentato un rifugio per chi
cercava di sfuggire allo sgomento della propria vita
interiore. Paul Zweig, un altro ex radicale,
27 ha ammesso
di essere diventato comunista verso la fine degli anni
cinquanta perché il comunismo "era una liberazione...
dal vuoto e dai cocci rotti di una vita che si esauriva
nella dimensione privata"." Fin tanto che i movimenti
polilici continueranno ad attrarre chi cerca di soffocare
i! senso del proprio fallimento personale immergendosi
nell'azione collettiva --- come se questa escludesse in
qualche modo una rigorosa attenzione per la qualilà
della vita privata - i movimenti polilici avranno ben
poco da dire sulla dimensione personale della crisi
sociale.
Ma in realtà la nuova sinistra - diversamente dalla
sinistra tradizionale aveva incominciato ad affrontare
questo aspetto della crisi del breve periodo che vide i
suoi giorni migliori a meta degli anni sessanta. In
quegli anni, si stava diffondendo 1'opinione - e non
solo tra coloro che mililavano nella nuova sinistra - che
la crisi personale, date ormai le dimensioni raggiunte,
rappresentasse di fatto una questione polilica, e che
un'analisi esauriente della società e della polilica
contemporanea dovesse essere in grado di spiegare,
tra 1'altro, perché la crescila e lo sviluppo personale
siano divenuti un'impresa così ardua; perché la nostra
società sia ossessionata dalla paura della maturilà e
della vecchiaia; perché la "vita interiore" non offra più
alcuna protezione dalle minacce che ci circondano. La
nascila, negli anni sessanta, di una nuova forma
letteraria, che associava crilica culturale, cronaca
polilica e ricordi personali, rappresento un tentativo di
esplorare queste questioni - di far luce sulle
interrelazioni tra vita privata e polilica, tra la storia e
l'esperienza personale. Libri come Armies of the
Night, di, Norman Mailer, sbarazzandosi della
convenzione dell'obiettivilà giornalistica, riuscivano
spesso ad approfondire la realtà dei fatti più di tanti
resoconti asettici, compilati da osservatori imparziali o
presunti tali. Anche i romanzi, nei quali non si cercava
più di mascherare la presenza o il punto di vista
dell'autore, mostravano come l'atto dello scrivere
possa. esso stesso diventare materiale narrativo. La
crilica culturale assunse un carattere personale e
autobiografico che al peggio tendeva a degenerare
nell'esibizionismo, ma che nei casi migliori dimostrava
che il tentativo di comprendere i fenomeni culturale
non può prescindere da un'analisi della loro influenza
sulla stessa coscienza del crilico. In tutte le discussioni
risuonava l'eco dei rivolgimenti polilici, e non fu più
possibile ignorare il rapporto tra polilica e cultura.
Smantellando 1'illusione di uno sviluppo culturale
separato e autonomo, in nessun modo influenzato
dalla distribuzione
della ricchezza e del potere, la
28
rivolta polilica degli anni sessanta tendeva anche a
cancellare la distinzione tra alta cultura e cultura
popolare, e a fare di quest'ultima un argomento di
approfondilo dibattilo.
CONFESSIONS E ANTICONFESSIONE
La popolarilà dello stile confessionale testimonia
senza dubbio, del nuovo narcisismo che pervade tutta
la cultura americana; ma i lavori migliori di questo
filone cercano di porsi -- attraverso 1'esposizione
dell'autore in prima persona - a una certa distanza
crilica dal se, e di cogliere forze storiche, traslate in
forma psicologica, che hanno reso sempre più
problematico il concetto stesso di identilà individuale.
Gia il solo atto dello scrivere presuppone in partenza
un certo distacco, e l'oggettivazione della propria
esperienza personale, come hanno messo in luce gli
studi psicoanalilici sul narcisismo, fa si che "le pulsioni
profonde di grandiosilà ed esibizionismo - una volta
opportunamente inibile negli scopi, addomesticate e
neutralizzate - trovino accesso" alla realtà.*
Tuttavia la sempre più frequente fusione tra
romanzo, giornalismo e autobiografia è un segno
innegabile delle crescenti difficolta di molti autori a
raggiungere il distacco senza il quale non esiste arte.
Invece di restiluire in forma narrativa il materiale
autobiografico o comunque di riordinarlo, è invalsa
l'abiludine di presentarlo cosi com'è, lasciando al
lettore totale libertà di interpretazione. Invece di
rielaborare i propri ricordi, molti autori giocano sulla
mera autoconfessione per mantenere vivo l'interesse
del lettore, sollecilando non la sua capacilà di
discernimento, ma la sua morbosa curiosilà per la vita
privata delle persone famose. Nei lavori di Mailer e in
quelli dei suoi molti imilatori, ciò che inizialmente
nasce come riflessione crilica sull'ambizione dello
scriltore, apertamente riconosciuta come il sogno di
conquistare l'immortalilà letteraria, finisce spesso per
diventare un petulante monologo, con lo scriltore che
specula sulla sua celebrilà e riempie pagine e pagine
di materiale il cui unico motivo di richiamo consiste
nella sua associazione con un nome famoso. Una volta
guadagnatosi un pubblico, lo scriltore29dispone di un
mercato bell'e pronto per le sue confessioni-verilà.
* IL lavoro utile e creativo, che mette 1'individuo di fronte .a
"problemi estetici e intellettuali irrisolti" e che perciò mobilila il
narcisismo a favore di attivilà esterne all'io, offre al narcisista, secondo
Heinz Kohut, le maggiori opportunilà di trascendere la sua condizione.
"Una certa dose di potenzialilà creativa - per limilato che sia il suo
raggio d'azione - e comune a molte persone, è la natura narcisistica
dell'atto creativo (il fatto che l'oggetto dell'interesse creativo sia
investilo di libido, narcisistica) può essere analizzata attraverso in
normale auto-osservazione." 18
Così Erica Jong, dopo aver conquistato un suo
pubblico scrivendo di sesso con una sensibililà degna
d'un uomo, ha confezionato subilo dopo un altro
romanzo sulla vicenda di una giovane donna che
diventa una celebrilà letteraria.
Anche i migliori tra gli autori di romanzi-confessione
procedono lungo la sottile linea di confine che separa
l'auto-analisi dall'autocompiacimento. I loro libri Advertisements for Myself di Mallet, Making il di
Norman Podhoretz, Portnoy's Complaint di Philip Roth,
Three Journeys di Paul Zweig, A Fan's Noter di
Frederick Exley --- oscillano tra rivelazioni personali
duramente acquisile, contenute dalla sofferenza che
sono costate, e quel genere di confessione fasulla il
cui unico valore per il lettore è il riferimento a fatti
che riguardano immediatamente l'autore. Sull'orlo di
un'autentica scoperta interiore, questi autori si
rifugiano nella parodia di se stessi, cercando di
disarmare la crilica anticipandola. Invece di
rivendicare il significato della loro opera narrativa,
cercano di sedurre il lettore. Ricorrono all'ironia non
tanto per mantenere il distacco dal loro oggetto,
quanto per ingraziarsi il lettore, guadagnarne
l'attenzione, senza peraltro chiedergli di prendere sul
serio ne l'autore, ne il suo argomento. Molti racconti
di Donald Barthelme, così brillanti e spesso così
stimolanti nella loro "crilica della vita quotidiana",
risentono della sua incapacilà di resistere alla
tentazione della battuta facile. In "Perpetua", per fare
un esempio, la sua satira dei neodivorziati, con la loro
affabililà mondana e il loro "stile di vita"
pseudoliberato, si riduce a banale umorismo.
Dopo il concerto... indossi i suoi jeans scamosciati, la sua
camicia fatta di tante sciarpe di diversi colori cucile insieme, il
suo collare di legno la vorato e la sua mantellina alla D'Artagnan
con la fodera d'argento.
Perpetua non riusciva a ricordare che cosa era successo in
quell'anno e cosa in quello precedente. Le era appena capilato
qualcosa, o era stato molto tempo prima? Incontrava molta gente
nuova. “Tu sei diversa," disse Perpetua a Sunny Marge. "Sono
30
molto poche le ragazze
the conosco che hanno tatuata sulla
schiena la testa del maresciallo Foch." 19
Woody Allen, magistrale parodista dei clichè
terapeutici e dell'egocentrismo che li produce,
provoca spesso un ribaltamento del suo stesso
messaggio con quel genere di umorismo sbrigativo,
categorico e autoliquidatorio che è diventato una
delle
components
principali
dello
stile
di
conversazione americano. Nelle sue parodie degli
atteggiamenti pseudo-introspettivi in un
mondo senza speranza Allen impoverisce la sua carica
ironica a furia di spirilosaggini a getto continuo.
Mio Dio, perché mi sento così in colpa? Sara perché odiavo
mio padre? Forse a stato 1'incidente del vilello alla parmigiana?
Ma cosa ci faceva nel suo portafoglio?... Che uomo deprimente!
Quando andò in scena la mia prima commedia, A Cyst for Gus, al
liceo, si presentò alla sera della prima in abilo da cerimonia e
maschera antigas.
Cosa c'è nell'idea della morte che mi agila tanto? Forse l’ora.
Guardatemi, pensava. Cinquant 'anni. Mezzo secolo. L'anno
prossimo
ne
avrò
cinquantuno.
Quello
dopo
ancora,
cinquantadue. Ragionando in questo modo, poteva calcolare la
a
sua età per i prossimi cinque anni?
II romanzo-confessione consente a scriltori onesti
come Exley o Zweig di presentare un angosciato
resoconto della desolazione spiriluale dei nostri tempi,
ma consente anche ad autori meno coscienziosi di
esibirsi in "quel genere di rivelazioni esibizionistiche
che in definiliva tacciono più di quel che confessano".
Spesso la pseudoconsapevolezza del narcisista,
espressa generalmente in clichè psicoanalilici, non è
che un mezzo per stornare le criliche e rinnegare la
responsabililà delle proprie azioni. "Mi rendo conto che
questo libro è un esempio piùttosto sconcertante di
sciovinismo maschilista," ammette Dan Greenberg nel
suo Scoring: A Sexual Memoir. "Ma, cosa volete che vi
dica?... Insomma, corrisponde a ciò che eravamo...
cosa c ' è di strano, dunque? Non sto assolvendo questo
atteggiamento, lo sto semplicemente descrivendo." 21
A un certo punto Greenberg riferisce di aver fatto
l'amore con una donna completamente stordila
dall'alcool e non più in grado di difendersi,
unicamente per informare il lettore, nel capilolo
successivo, che "non c'era assolutamente niente di
vero" in tutto il suo racconto.
Come vi sentile adesso al riguardo? Siete contenti? Quella
storia con Irene, completamente immaginaria, vi ha fatto
pensare che sono troppo immorale e disgustoso per continuare a
leggere il mio libro? Immagino di no, perchè evidentemente siete
andati avanti per leggere questo capilolo...
Forse v i sentile ingannati e forse incominciate a pensare che
se vi ho raccontato una cosa non vera potrei avervene
raccontate delle altre. Ma non l’ho fatto - tutto il resto in questo
libro... è vero dal principio alla fine, e siete liberi di crederci o di
- -non crederci, comer volete.
In Snow While Donald Barthelme si avvale di un
espediente analogo, che di nuovo coinvolge il lettore
nella creazione letteraria dell'autore. A metà del libro,
il lettore trova un questiona31
rio dove si richiede il suo parere sullo sviluppo della
storia e gli si indica come e quanto 1'autore si è
allontanato dalla trama originale. Quando T.S. Eliot
aggiunse le note esplicative in appendice alla sua
Wasteland; fu uno dei primi poeti a richiamare
1'attenzione sulla trasformazione della realtà
operata dalla sua immaginazione, ma il suo
obiettivo era di aumentare la sensibililà del lettore
alle allusioni contenute nel testo, di creare una
risonanza fantastica più intensa, non, come fanno
gli scriltori più recenti, di demolire la fiducia del
lettore nell'autore.
La
figura
del
narratore
inattendibile
e
parzialmente all'oscuro dei fatti è un altro vecchio
espediente letterario. In passato, però, gli autori lo
usavano spesso per ottenere effetti ironici dal
confronto tra l'errata percezione degli eventi del
narratore e la più esatta visione dell'autore stesso.
Oggi, nella maggior parte dei lavori sperimentali, la
convenzione letteraria del narratore immaginario è
stata abbandonata. L'autore, ora, parla in prima
persona, ma mette contemporaneamente in
guardia il lettore sulla veridicilà della sua versione
dei fatti. "In questo libro niente corrisponde a
verilà," dichiara Kurt Vonnegut nella prima pagina
di Cat's Cradle. Collocandosi al centro della scena
come
protagonista
dell'azione,
lo
scriltore
compromette la possibililà del lettore di credere a
ciò che legge. Offuscando la distinzione tra verilà e
finzione, egli chiede al lettore di credere alla sua
storia non perchè sembri vera oppure perché sia lui
a dichiararla vera, ma per il solo fatto che egli
sostiene che si potrebbe immaginare che lo sia almeno in parte - se il lettore fosse disposto a
credergli. L'autore rinuncia al dirilto di essere preso
sul
serio,
sottraendosi
parallelamente
alle
responsabililà che questo comporterebbe. Al lettore
chiede
condiscendenza,
non
comprensione.
Accettando la versione dello scriltore che confessa
di aver mentilo, il lettore a sua volta rinuncia al
dirilto di rilenere lo scriltore responsabile della
veridicilà del suo resoconto. Lo scriltore, in questo
modo, tenta di sedurre il lettore invece di
convincerlo,
solleticandolo
con
delle
32
pseudorivelazioni intime per tener desto il suo
interesse.
Intrapreso in questo modo evasivo, il romanzoconfessione degenera in una anticonfessione. La
registrazione della vita interiore si trasforma in una
involontaria parodia della vita interiore. Un genere
letterario che si presenta come testimonianza di ciò
che è più profondo in ciascuno di noi, ci dice in
realtà
che proprio 1a vita interiore è qualcosa che non val
più la pena di esser presa sul serio. Questo spiega
perché Allen, Barthelme e altri autori satirici,
seguendo una strategia letteraria deliberatamente
scelta, propendano così spesso per la parodia dello
stile confessionale in voga in passato, quando l'artista
metteva a nudo i suoi conflilti interiori convinto che
rappresentassero, in piccolo, una realtà più vasta.
Attualmente le "confessioni" degli artisti spiccano solo
per la loro assoluta frivolezza. Woody Allen scrive a
esempio una parodia delle lettere di Van Gogh al
fratello, nella quale 1'artista diventa un dentista
preoccupato della "profilassi orale", del "drenaggio
delle radici" e del "modo migliore di lavarsi i denti"22 Il
viaggio alla scoperta dell'interiorilà non rivela altro
che il vuoto. Per lo scriltore la vita non si riflette più
nella sua anima. Succede esattamente il contrario:
egli vede il mondo, anche nel suo squallore, come
specchio di se stesso. Nel registrare le sue esperienze
"interiori", non cerca di presentare un resoconto
obiettivo di un frammento rappresentativo della
realtà, ma mette in atto un'opera di seduzione per
ottenere attenzione, consenso. o indulgenza su cui
puntellare il suo vacillante senso di identilà.
IL VUOTO INTERIORE
Malgrado le difese di cui si circondano i romanziconfessione contemporanei, spesso vi si può leggere
tra le righe 1'angoscia che spinge alla ricerca della
tranquillilà psichica. Paul Zweig parla della sua
sempre più forte "convinzione, quasi una fede, che la
mia vita ruotasse intorno a un nucleo di inconsistenza
che rendeva anonimo tutto ciò a cui mettevo mano";
del suo "letargo emotivo che perdurò fin verso i
trent'anni"; del persistente "sospetto di inesistenza
che tutte le mie chiacchiere e i miei sforzi ansiosi per
piacere potevano aggirare o mascherare, ma mai
intaccare, e nemmeno sfiorare".23 Nello stesso tono,
Frederick Exley scrive: "Che io sia uno
33 scriltore o
meno, ho... sviluppato d'istinto 1'amore per il singolo
e 1'avversione per la massa, ma nel mio caso,
sfortunatamente, non son mai riuscilo a controllare e
articolare questa avversione." 24
I mass media, col loro culto della celebrilà e il
relativo contorno di fascino e richiami sensazionali,
hanno fatto dell'America un paese di fan, di spettatori.
Dando corpo e sostanza ai
sogni narcisistici di fama e gloria, incoraggiano
l'uomo comune a identificarsi con gli idoli dello
spettacolo e a odiare la "massa", moltiplicando le
sue difficoltà ad accettare la banalilà dell'esistenza
quotidiana. Per Exley, Frank Gifford e i New York
Giants "alimentavano 1'illusione che la fama fosse
un obiettivo raggiungibile". Ossessionato e -- sono
parole sue - annientato da "questa divorante
aspirazione alla fama", dall'"illusione di poter
evadere dallo squallore di una vita anonima", Exley
dipinge se stesso o i l suo narratore - - l a distinzione,
come al solilo, non è chiara --- come una voragine
aperta, una brama insaziabile, un vuoto che attende
di essere riempilo dalle intense esperienze riservate
ai pochi eletti. Per molti aspetti un uomo comune,
Exley sogna "un destino grandioso che sia degno di
me! Come il Dio di Michelangelo che si protende
verso Adamo, io voglio protendermi oltre i secoli e
affondare le mie manacce zozze nella posterilà!...
Non esiste niente che io non voglia! . Voglio questo,
voglio quello, voglio -- certo, tutto!" L'imbonimento
consumistico e il milo della bella vita hanno
legiltimato la gratificazione delle pulsioni e l'Es non
deve più scusarsi. dei suoi desideri, o dissimularne la
portata. Ma questo stesso condizionamento ha reso
intollerabili il fallimento e la sconfilta. Quando il
nuovo Narciso scopre che può "vivere non soltanto
senza raggiungere la celebrilà, ma senza un suo io,
vivere e morire senza che mai nessuno dei suoi simili
si accorga del posto infinilamente piccolo che occupa
su questo pianeta", questa rivelazione non
rappresenta solo una delusione, ma coincide con la
distruzione del suo senso di identilà. "Ero quasi
completamente sopraffatto da questo pensiero,"
scrive Exley, "e non potevo soffermarmici senza
cadere in una depressione indicibile."
Nella sua inconsistenza e nella sua banalilà,
l'individuo che non possiede capacilà straordinarie
cerca di scaldarsi alla luce riflessa dei suoi idoli. In
Pages from a34Cold Island, Exley parla della sua
adorazione per Edmund Wilson e racconta di come
cercò di avvicinarglisi più intimamente intervistando,
dopo la sua morte, i superstili del grand'uomo. 25
Dato che queste interviste riguardano Exley stesso
molto più che Wilson, e poiché Exley celebra
ripetutamente i merili letterari di Wilson nei termini
retorici del tributo convenzionale - "uno dei grandi
del XX secolo"; "cinquant'anni di indefessa dedizione
al suo lavoro"; "la letteratura americana non aveva
mai visto niente di simile" - appare chiaro che Wilson,
persino da molto, rap-
presenta per Exley una presenza magica, che
consente a chi vi si associa - ammiratori e adulatori
postumi - di godere di un prestigio tutto vicario. Lo
stesso Exley dichiara di aver agilo "come se la
vicinanza di Wilson potesse portarmi fortuna".
Altri autori descrivono nelle loro autobiografie,
senza un briciolo della consapevolezza di Exley,
l'identico tentativo di vivere vicariamente attraverso
persone più dotate di loro. Susan Stern, nel suo libro,
da l'impressione di aver gravitato attorno al gruppo
dei Weathermen perché frequentando delle star dei
media come Mark Rudd e Bernardine Dohrn sentiva
di aver finalmente trovato un suo "cantuccio nella
vita"." Vedeva la Dohrn come una "regina", una
"grande sacerdotessa" il cui "splendore" e la cui
“
nobiltà" la distinguevano dai dirigenti "di secondo e
di terzo grado" della SDS. "Qualsiasi qualilà avesse,
io la volevo per me. Volevo essere amata e rispettata
come Bernardine." Quando il processo del Seattle 7
ne fece una celebrilà dei media in proprio, la Stern
scopri di essere finalmente "qualcuno", "perché c'era
tanta gente che mi stava intorno, mi faceva delle
domande, aspettava le mie risposte, o anche
semplicemente mi stava a guardare, si offriva di far
qualcosa per me sperando di godere di un po' di luce
riflessa". Ora che aveva conquistato una "posizione di
primo piano" si immaginava e cercava di far colpo
sugli altri come un tipo "baldanzoso e volgare, duro e
divertente, aggressivo e drammatico". "Dovunque
andavo la gente mi amava." Il suo ruolo di spicco
nell'ala violenta della sinistra americana le
consentiva di agire, davanti a un vasto pubblico, le
fantasie di rabbia distruttiva che alimentavano il suo
desiderio di fama. Si immaginava come una Furia
vendicatrice, un'Amazzone, una Valchiria. Sul muro
della sua casa, dipinse "una donna nuda, alta due
metri e mezzo, con lunghi capelli biondo-verdi e una
fiammeggiante bandiera americana che le spuntava
dalla fica!" Nel suo "delirio da acido", dice la Stern,
35 profondo, in
"avevo dipinto ciò che in realtà, nel
qualche angolo nascosto della mia mente, volevo
essere; alta e bionda, nuda e armata, nell'atto di
fiaccare - o di sbarazzarmi di - un'America in
fiamme".
Ne le droghe, ne le fantasie di distruzione - anche
quando queste vengono oggettivate nella "pratica
rivoluzionaria" - placano la smania interiore da cui
derivano; i rapporti personali basati sulla gloria
riflessa, sul bisogno di ammirare e di essere
ammirati, si rivelano effimeri e inconsistenti. Le
amicizie e le relazioni amorose della Stern si
concludevano, di solilo, con delusioni, animosilà e
recriminazioni. Lei stessa lamenta la sua fred-
emotiva: "Diventavo sempre più fredda dentro, e
sempre più animata fuori." Sebbene la polilica fosse il
centro attorno a cui ruotava la sua vita, il mondo della
polilica non ha, nelle sue memorie, alcuna consistenza
reale; compare soltanto come proiezione della sua
rabbia e del suo disagio, come un sogno di angoscia e
di violenza. Molti altri libri pubblicati in questi anni,
anche quelli che sono frutto di movimenti polilici,
comunicano la medesima sensazione di irrealtà
dell'azione polilica. Paul Zweig, che tra il cinquanta e il
sessanta visse per dieci anni a Parigi, dove prese parte
al movimento di protesta contro la guerra d'Algeria,
dichiara che la guerra "divento pian piano una presenza
costante che invadeva ogni aspetto" della sua
esistenza; eppure gli avvenimenti esterni giocano solo
un ruolo secondario nel suo romanzo.27 Sembrano
piùttosto il frutto di un'allucinazione, un vago retroterra
di "terrore e vulnerabililà". Al culmine della violenta
protesta contro la guerra algerina, "gli tornò in mente
una frase che aveva letto una volta in un libro, sul
vissuto interiore della schizofrenia. Il paziente, ispirato
come un oracolo, aveva detto: `La terre bouge, elle ne
m'inspire aucune con fiance' ". La stessa identica
sensazione, racconta Zweig, si impadronì di lui in
seguilo nel deserto del Sahara, dove cercava di
debellare la sua "aridilà interiore" cimentandosi, da
solo, contro i rigori della natura. "La terra si muove, non
mi ispira nessuna fiducia."
Nell'autobiografia di Zweig amori e amicizie
sembrano offrire momenti che potremmo definile felici,
ma la loro presenza non basta ad arrestare "il vuoto
vortice della sua esistenza interiore". Visse per qualche
tempo con una ragazza di nome Michelle, che "cerco in
ogni modo di smuovere la sua inerzia senza successo".
In una scena attentamente costruila, intesa a rendere
la natura del loro legame, si p u ò cogliere allo stesso
tempo la natura elusiva della narrativa di Zweig, l'autoironia destinata a compiacere e prevenire la crilica, e l a
sconcertante professione di inautenticilà che vi sta
dietro:
36
Quasi a irridere l'angoscia che invade la stanza, la massa
grigio china di Notre Dame emerge come un fantasma dalla
notte, oltre il magico e sordo brontolio del traffico. La
ragazza è seduta sul pavimento, accanto a lei pennelli
sparsi e una tavolozza di legno con incrostazioni scure. IL
ragazzo a sul letto, a pezzi o almeno questa è la sua
dezza
sensazione, e sta dicendo in un sussurro strozzato e
teatrale: "Je ne veux pas e t= un homme." Per esser più
chiaro, per riportare 1'ansia a un terreno di comunicazione
razionale, ripete: "Je ne veux pas etre un homme",
Iasciando intra-
vedere una question di principio che la ragazza,
evidentemente, è troppo ottusa per cogliere, poiché
emette un gemilo e si mette a piangere.
Dopo sei anni di questo andazzo "si sposarono e
divorziarono nel giro di poche, intense settimane".
L'esilio di Zweig si concluse e con esso il suo tentativo
"di interpretare la sua vicenda personale con la
spregiudicatezza di chi non ha più niente da perdere".
IL vuoto interiore, tuttavia, permane: "l'esperienza
del vuoto interiore, la terrificante sensazione di non
essere, a un certo livello esistenziale, più niente, la
perdila di identilà, il terrore che dentro di me, nel
profondo, non ci sia nessuno". E a Swami
Muktananda, un guru molto apprezzato a New York da
chi è in cerca di cure spiriluali, che spetta il compilo di
insegnare a Zweig come disattivare il suo "doppio".
"Baba" - il padre - mette in guardia dalla "futililà dei
processi mentali". Sotto la sua guida, Zweig passa
attraverso "il declino dell'abbandono". Come Jerry
Rubin, attribuisce questa "guarigione", questa
sensazione di "salute ed esuberanza", alla distruzione
delle sue difese psichiche. "Svincolatosi dalla morsa
paralizzante dell'autodifesa", egli ha anestetizzato
quella parte di se "fatta di attivilà mentali
strutturate... tenuta insieme dal pensiero ossessivo e
stimolata dall'ansia".
LA CRILICA PROGRESSISTA DEL CULTO
DEL PRIVATO
La volgarizzazione della psicoanalisi, la diffusione di
pratiche di autocoscienza, l'aspirazione alla fama e la
tormentosa sensazione di fallimento personale, --tutti elementi che spingono all'inesausta ricerca di
panacee spiriluali --- hanno in comune una sorta di
profonda apprensione per il se. Questo interesse
esclusivo definisce il clima morale della società
contemporanea. II dominio della natura e la ricerca di
nuove frontiere hanno ceduto il posto alla ricerca di
realizzazione personale, e il narcisismo
37 è diventato
uno dei temi centrali della cultura americana, come
hanno variamente indicato autori come Jim Hougan,
Tom Wolfe, Peter Marin, Edwin Schur, Richard Sennett
e altri. Se pero non vogliamo limilarci a fare del
moralismo travestilo, prendendo a prestilo la
terminologia del gergo psicoanalilico, dobbiamo
impiegare questo concetto con un rigore maggiore di
quello usato nella crilica sociale divulgativa e ben
consapevoli delle sue implicazioni cliniche.
I crilici del narcisismo contemporaneo e della nuova
sensibililà
terapeutica
condannano
a
torto
l'orientamento psicoanalilico come oppio della
borghesia affluente. L'interesse per il se, sostiene
Marin, rappresenta per la classe media americana il
rifugio dagli orrori che la circondano - miseria,
razzismo, ingiustizia- e "tranquillizza la sua coscienza
inquieta".28
Schur
attacca
la
"smania
di
autoconsapevolezza" sostenendo che è indirizzata
verso i problemi specifici delle classi agiate, trascura
quelli dei poveri e ridefinisce il "malcontento sociale
in termini di carenze personali".29 Egli giudica inoltre
"criminale" da parte dei "ciltadini della borghesia
bianca indulgere in compiaciute preoccupazioni nei
riguardi del proprio Io mentre i loro fratelli americani
meno fortunati lottano e soffrono la fame". Ma l'ansia
per il proprio Io di cui si nutrono i movimenti di
autocoscienza non nasce dall'autocompiacimento,
bensì dalla disperazione; e non si può certo sostenere
che questa sia patrimonio esclusivo delle classi
agiate. Schur sembra credere che l'instabililà, il
carattere provvisorio dei rapporti interpersonali sia un
problema solo per i grandi manager sempre in
movimento. Ma davvero pensiamo che le cose vadano
diversamente per i poveri? che i matrimoni della
classe operaia siano felici e non confliltuali? che il
ghetto produca amicizie solide, affettuose e non
manipolatorie? Le indagini sulla vita delle classi
subalterne hanno ripetutamente dimostrato piùttosto
che la miseria logora i rapporti matrimoniali e di
amicizia. Il fatto a che il collasso della vita personale
non è causato dai tormenti spiriluali del benessere,
ma dalla guerra di tutti contro tutti che si sta
propagando dalle classi inferiori, dove ha infuriato
sempre e senza sosta, al resto della società.
Data che le nuove terapie sono, in genere, molto
costose, Schur ne deduce a torto che siano orientate
versa
problemi
fondamentalmente
filtizi,
che
riguardano solamente i ricchi, e crilica autori come
George e Nena
38 O'NeiIl (gli apostoli del "matrimonio
aperto") per aver adottato "una visione incredibilmente
etnocentrica della crisi personale, palesemente
fondata sui loro valori e sulla loro esperienza
borghese". Deplora che agli esperti in autocoscienza
non venga in mente "che la disponibililà economica
può aiutare una persona a fronteggiare una crisi, e
anzi, in primo luogo, a evitarla". Questi esperti
scrivono come se le classi sociali e lo scontro sociale
non esistessero. Perciò Schur riliene "difficile
immaginare" che il movimento per l'autocoscienza,
malgrado i tentativi di renderlo popolare attraverso
ma-
nuali a buon mercato e free clinics, possa mai
avere molto seguilo tra i meno abbienti.
Possiamo senz'altro immaginare che anche una persona di
modeste condizioni economiche possa sentirsi in qualche modo
sollevata
grazie
a qualcuna
delle
nuove
tecniche
di
autorealizzazione. Ma, nel migliore dei casi, sarebbe un risultato di
breve durata, Fuorviati dalla interiorizzazione dei loro problemi, i
poveri verrebbero soltanto distolti dal compilo più urgente di
portare avanti i loro reali interessi collettivi.
Istiluendo una contrapposizione semplicistica tra
istanze "reali" e istanze personali, Schur trascura il
fatto che le questioni sociali si presentano
inevitabilmente anche come personali. La realtà
materiale si ripercuote sulle vicende personali e
familiari, che a loro volta influenzano il modo in cui
noi percepiamo la realtà. Le sensazioni di vuoto
interiore, di soliludine e di mancanza di autenticilà
non sono affatto immaginarie e nemmeno, in quanto
tali, sprovviste di contenuto sociale; ne hanno origine
unicamente dalle "condizioni di vita delle classi medie
e alte". Nascono piùttosto dalle condizioni inumane
che permeano la società americana, dai pericoli e
dall'incertezza che ci sovrastano e dalla perdila di
fiducia nel futuro. I poveri sono sempre stati costretti
a vivere sotto il peso del presente, ma ora un'estrema
ansietà per la sopravvivenza personale, che qualche
volta si camuffa da edonismo, prevale anche tra gli
appartenenti alle classi medie.
Lo stesso Schur osserva che "ciò che in ultima
analisi sembra emergere da questo contraddiltorio
messaggio a un'etica dell'autoconservazione". Ma la
sua condanna dell'etica della sopravvivenza in quanto
"ripiegamento nel privato" non offre più alcun riparo
da un mondo spietato. Viceversa, nella vita privata
penetra l'anarchia dell'ordinamento sociale stesso dal
quale si presume essa garantisca un rifugio. E’ la
devastazione della vita personale, non il ripiegamento
nel privato, che deve essere giudicato e condannata.
Lo sbaglio del movimento di autocoscienza non è
quello di dedicarsi a problemi futili o filtizi, ma quello
di proporre soluzioni autolesioniste. 39Nato da una
diffusa insoddisfazione per la qualilà dei rapporti
interpersonali, invita la gente a non fare grossi
investimenti affettivi nell'amore e nell'amicizia, a
evitare l'eccessiva dipendenza dagli altri e a vivere
solo per il presente - proprio le premesse che hanno
creato per prime la crisi delle relazioni interpersonali.
LA CRILICA DEL CULTO DEL PRIVATO:
RICHARD SENNETT E IL DECLINO
DELL’UOMO PUBBLICO"
La crilica del narcisismo di Richard Sennett, più
sottile a penetrante di quella di Schur per
l'insistenza con cui sottolinea che "il narcisismo è
l'esatto contrario di un forte amore di se"; implica
tuttavia un'analoga svalutazione della sfera
personale. Il meglio della tradizione culturale
occidentale, sostiene Sennett, deriva dalle
convenzioni che un tempo regolavano i rapporti
in pubblico, convenzioni che, attualmente
condannate come soffocanti, artificiose e
repressive della spontaneilà dei sentimenti,
stabilivano
in
passato
delle
regole
di
comportamento tra le persone, fissavano dei
limili alla manifestazione dei sentimenti in
pubblico e promuovevano stili di rapporto civili e
non provinciali. Nella Londra o nella Parigi del 700
la socievolezza non dipendeva dalla familiarilà.
"Degli estranei che si incontravano in un parco o
per la strada potevano parlarsi senza imbarazzo."
Potevano attingere a un patrimonio comune di
segni convenzionali che consentivano a persone
di diverso rango sociale di intrattenere una
conversazione civile e di collaborate a progetti di
pubblico interesse senza sentirsi in dovere di
svelare i loro segreti più intimi. Nell'800, tuttavia,
queste regale di riservatezza cominciarono a
venir meno, e si inizio a pensare che il
comportamento pubblico di una persona ne rivelasse
la personalilà nascosta. Il culto romantico della
sincerilà e dell'autenticilà privò le persone della
maschera con cui una volta si presentavano in
pubblico sfumando la linea di confine tra pubblico e
privato. A mano a mano che la vita pubblica cominciò
a rappresentare lo specchio della personalilà
individuale, venne meno la capacilà di distacco, e con
40 di rapportarsi in modo ludico, il che
essa la possibililà
presuppone appunto una certa dose di distanza dal
se.
Ai giorni nostri, secondo Sennett, i rapporti pubblici,
concepili come una forma di rivelazione intima, sono
diventati qualcosa di mortalmente serio. La
conversazione assume il tono della confessione. La
coscienza di classe tramonta; le persone vedono nella
loro posizione sociale il riflesso delle proprie capacilà
e si auto-incolpano delle ingiustizie subile. La polilica
degenera in una lotta per l'autorealizzazione invece
che per il cambiamento sociale. Quando crollano i
confini tra l'Io e il resto del mondo, il perseguimento di
interessi personali, ben definili, che una volta
informava ogni fase dell'attivilà polilica, non è più
possi-
bile. L'uomo polilico delle epoche precedenti sapeva
prendere piùttosto che desiderare (ciò che Sennett
definisce maturilà psicologica) e giudicare 1'ambilo
polilico, come del resto la realtà in genere, a seconda
che "avesse in serbo qualcosa per lui, e non che fosse
lui". II narcisista, al contrario, "sospende gli interessi
dell'Io" in un delirio di desiderio.
Ben più complesso e stimolante di quanto si possa
rendere in un breve sommario, il discorso di Sennett
ha molto da insegnarci sull'importanza del distacco
dal proprio Io nel gioco e nelle ricostruzioni
drammatiche della realtà, sulla proiezione della
ricerca di se nella polilica, e sugli effetti deleteri
dell'ideologia del privato.
Ma l'idea di Sennett secondo cui in passato precisi
interessi personali, o i l calcolo razionale dei vantaggi
individuali e di classe costiluivano il motore
dell'attivilà polilica non tiene conto degli elementi
irrazionali che hanno sempre caratterizzato i rapporti
di classe. Sennett non sottolinea a sufficienza 1'abililà
con cui i ricchi e i potenti hanno da sempre legiltimato
la propria supremazia fondandola su elevati principi
morali, davanti ai quali il dissenso diventa un crimine
non solo contro lo stato ma contro la stessa natura
umana. Le classi dominanti hanno sempre cercato di
inculcare nei subalterni 1'attiludine a vivere lo
sfruttamento e la deprivazione come una colpa,
convincendosi d'altra parte che i propri interessi
coincidessero con quelli di tutta l'umanilà. Anche
lasciando da parte la dubbia validilà dell'equazione
stabilila da Sennett tra buon funzionamento dell'Io e
abililà "a prendere piùttosto che desiderare" - il che
sembra contemplate la rapacilà come unica
alternativa al narcisismo, - il fatto e che gli uomini non
hanno mai percepilo i loro interessi con assoluta
chiarezza e perché hanno sempre avuto la tendenza,
in tutti i tempi, a proiettare nella sfera polilica i loro
lati irrazionali. Imputare al narcisismo, all'ideologia del
privato, o alla "cultura della personalilà" gli aspetti
irrazionali della polilica attuale non soltanto
41
esagera il
ruolo dell'ideologia nello sviluppo storico, ma
sottovaluta 1'irrazionalila della polilica nelle epoche
precedenti.
La concezione di Sennett della giusta forma polilica
come polilica dell'interesse personale appartiene alla
tradizione pluralistica di origine tocquevilliana da cui
chiaramente deriva una componente ideologica sua
propria. Questo tipo di analisi tende a esaltare il
liberalismo borghese come unica forma civile di vita
polilica, e la "civiltà" borghese come unica
forma incontaminata di incontro pubblico. Il
punto di vista dei pluralisti, se pure riconosce le
imperfezioni della società borghese, resta
impermeabile a un'azione di riforma polilica, dal
momento che il processo polilico è considerato
per definizione un ambilo di contraddizioni
strutturali. Secondo questa ottica; quando la
gente, uomini e donne, domanda sostanziali
cambiamenti del sistema polilico, proietta
realmente nella polilica le proprie ansie
personati. In questo modo il liberalismo si
autodefinisce come il limile estremo della
razionalilà polilica e liquida tutti i tentativi di
superarlo come polilica del narcisismo - ivi compresa
la tradizione rivoluzionaria al completo. L'adozione di
una prospettiva di derivazione tocquevilliana non
consente
a
Sennett
di
distinguere
tra
il
deterioramento della polilica radicale della fine degli
anni sessanta dovuto all'introduzione di elementi
irrazionali
propri
della
cultura
americana
contemporanea e la validilà di molti dei suoi obiettivi.
Il suo metodo di analisi rende automaticamente
sospette tutte le iniziative radicali, tutte le forme di
attivita polilica che tendono a instaurare una società
non basata sullo sfruttamento. Malgrado la sua
idealizzazione della vita pubblica del passato, il libro
di Sennett partecipa dell'attuale rifiuto della polilica is negazione, cioè, della speranza di usare la polilica
come strumento di cambiamento sociale.
La smania di Sennett di ristabilire una distinzione
tra vita pubblica e vita privata, inoltre, trascura i
profondi legami che sempre uniscono l’una all'altra.
Oggi la socializzazione dei giovani riproduce il
dominio polilico a livello dell'esperienza personale e
l'invasione della vita privata da parte delle forze del
potere organizzato è diventata così capillare che
la vita personate ha quasi cessato di esistere.
Scambiando la causa con 1'effetto, Sennett
attribuisce
il
malessere
contemporaneo
all'invasione 42 della sfera pubblica da parte
dell'ideologia del privato. Per lui, come per Marin e
Schur, l'attuale interesse per la scoperta di se, per lo
sviluppo psichico e per la qualilà dei rapporti
interpersonali
rappresenta
una
forma
di
egocentrismo indecente, di romanticismo sfrenato. In
realtà, il culto del privato ha origine non
nell'affermazione della personalilà, ma nel suo
collasso. I poeti e i romanzieri contemporanei, ben
lontani dall'esaltare la personalilà individuale del se,
ne registrano la disintegrazione. Le terapie di
appoggio all'Io disgregato sono portatrici dello
stesso messaggio. La nostra società, lungi dal tutelare
la vita privata a scapilo di quella pubblica, ha reso
sempre più difficili da realizzare le amicizie profonde e
durature, le relazioni amorose e i matrimoni. Mentre la
vita sociale diventa sempre più aggressiva e violenta, i
rapporti
personali,
che
apparentemente
ne
rappresentano il rifugio, assumono a loro volta il
carattere di uno scontro. Alcune delle nuove terapie
conferiscono dignilà a questo scontro in quanto
espressione di "capacilà di autoaffermazione" e del
"leale duello amoroso e coniugale"31 Altre esaltano i
legami temporanei con formule come "matrimonio
aperto" e "vincoli a tempo indeterminato". Cosi esse
non fanno che aggravate il male che pretendono di
curare, ma lo fanno non tanto deviando l'attenzione
dai problemi sociali a quelli personali, da istanze reali
a istanze mistificanti, quanto occultando le origini
sociali di una sofferenza (da non confondersi con
1'egocentrismo compiaciuto) che è dolorosamente, ma
erroneamente vissuta come assolutamente personale
e privata.
43
2.
LA PERSONALILA NARCISISTICA
DEL NOSTRO. TEMPO
IL NARCISIS.MO COME METAFORA DELLA
CONDIZIONE UMANA .
I crilici recenti del nuovo narcisismo non soltanto
scambiano causa con effetto, attribuendo al culto del
privato sviluppi prodotti dalla disgregazione della
vita pubblica, ma usano il termine "narcisismo" in
modo così. approssimativo da svuotarlo quasi
completamente del suo contenuto psicologico. Erich
Fromm, in The Heart of Man, priva il concetto del
suo significato clinico e lo estende fino a fargli
comprendere tutte le forme di "vanilà", di
"ammirazione di se", di "autocompiacimento" e di
"autoesaltazione" riscontrabili negli individui e tutte
le forme di provincialismo, di pregiudizio etnico e
razziale, e di "fanatismo" riscontrabili nei gruppi.1 In
altre parole, Fromm usa il termine come sinonimo
dell'individualismo "asociale" che, nella sua versione
del dogma "umanistico" e progressivo, minaccia la
cooperazione, la fratellanza e la ricerca di una più
vasta solidarietà. Il narcisismo si presenta
semplicemente come l'antilesi di quel vacuo amore
per
l'umanilà
("amore"
disinteressato
"per
1'estraneo") auspicato da Fromm con il nome di
socialismo.
L'analisi di Fromm del "narcisismo individuale e
sociale", che. ha trovato la sua giusta eollocazione
ediloriale in una serie di libri dedicati alle
"Prospettive religiose", offre un eccellente esempio
della tendenza, tipica della nostra epoca terapeutica,
a rivestire con formule psicoanaliliche delle banalilà
moralistiche. 44
("Viviamo in un periodo storico
caratterizzato da una profonda frattura tra lo
sviluppo intellettuale dell'uomo... e il suo sviluppo
psicoemozionale che lo condanna a restate in uno
stato di spiccato narcisismo con tutti i sintomi
patologici che gli sono propri.") Mentre Sennett ci
ricorda che il narcisismo ha più punti in comune
con il disprezzo di se che con l'ammirazione di se,
Fromm perde di vista persino questa ben nota verilà
clinica, travolto dal suo zelo di predicatore dei
vantaggi della fratellanza.
II guaio ha origine, come sempre nell'opera di
Fromm, dal suo tentativo inutile e fuorviante di
45
liberare il pensiero
freudiano dalla sua base
"meccanicistica" ottocentesca per metterlo al servizio
del "realismo umanistico". In pratica, questo vuol dire
sostiluire al rigore teorico slogan e sentimenti
moralmente
edificanti.
Fromm
osserva
incidentalmente che l'originario concetto freudiano di
narcisismo presupponeva che la libido avesse origine
nell'Io, considerato come un "grande serbatoio" di
amore di se indifferenziato, mentre nel 1922 Freud
decise, contrariamente a ciò, che "dobbiamo
riconoscere nell'Es il grande serbatoio della libido". Ma
Fromm sorvola su questo punto osservando che "la
questione teoretica se la libido abbia inizio
originariamente nell'Io o nell'Es non è affatto di
sostanziale importanza per il significato da attribuire
al concetto [di narcisismo] stesso". In realtà, la teoria
strutturale della psiche,2 esposta da Freud in
Psicologia di massa e in L'Io e l'Es, richiese, rispetto alle
idee precedentemente esposte, alcune modificazioni
che riguardano molto da vicino la teoria del
narcisismo. Tale teoria strutturale spinse Freud ad
abbandonare la semplice dicotomia tra istinto e
coscienza e a riconoscere gli elementi inconsci dell'Io
e del Super-io, l'importanza delle pulsioni non sessuali
(aggressivilà o "istinto di morte") e l'alleanza tra
Super-io ed Es, Super-io e aggressivilà. Queste
scoperte resero a loro volta possibile la comprensione
del ruolo delle relazioni oggettuali nello sviluppo del
narcisismo, mostrando così come il narcisismo sia
essenzialmente una difesa contro le pulsioni
aggressive piùttosto che amore di se.
Parlando di narcisismo la precisazione teoretica è
importante, non solo perche il concetto si presta
facilmente a enfatizzazioni moralistiche, ma perché
l'abiludine a identificare col narcisismo tutto quanto
sia egoistico e spiacevole offusca la specificilà storica.
Gli uomini sono sempre stati egoisti e i gruppi sono
sempre stati etnocentrici; non si ricava nulla
ridefinendo questi attributi in termini psicoanalilici.
Comunque, l'emergere di disturbi caratteriali quale
forma prominente di patologia psichia-
trica deriva, insieme alle modificazioni della struttura
della personalilà che questo sviluppo riflette, da
cambiamenti ben definili della nostra società e della
nostra cultura - dalla burocrazia, dalla proliferazione
delle immagini, dalle ideologie terapeutiche, dalla
razionalizzazione della vita interiore, dal culto del
consumismo, e in ultima analisi dai cambiamenti
intervenuti nella vita familiare e nei modelli di
socializzazione. Tutto ciò viene irrimediabilmente
perso di vista se si riduce il narcisismo
semplicemente a "metafora della condizione umana",
come
in
un'altra
interpretazione
umanisticoesistenziale esposta in Sin and Madness: Studies in
Narcissism da Shirley Sugerman.3
Chi si occupa oggi di narcisismo non dà grande
importanza all'eziologia del narcisismo e presta
scarsa
attenzione
al
numero
crescente
di
pubblicazioni
cliniche
sull'argomento;
questo
atteggiamento
rappresenta
forse
una
scelta
cosciente, originata dal timore che sottolineando gli
aspetti clinici della sindrome narcisistica si finisce col
ridurre 1'utilila del concetto nell'analisi sociale.
Questa scelta, però, si è rivelata un errore. Ignorando
la dimensione psicologica, questi autori non colgono
neppure quella sociale. Trascurano di indagare quei
tratti del carattere che si trovano associati al
narcisismo patologico e che in forma più attenuata si
manifestano con tanta profusione nella vita
quotidiana del nostro tempo: dipendenza dal calore
vicario fornilo da altri unila alla paura della
dipendenza, sensazione di vuoto interiore, sconfinata
ira repressa, 46desideri orali insoddisfatti. Ne si
soffermano a considerare quelle che potremmo
chiamare le caratteristiche secondarie del narcisismo:
pseudo-introspezione,
seduzione
calcolata,
nervosismo e tendenza all'autodisapprovazione. In
questo modo viene loro a mancare una qualunque
base che gli permetta di operare connessioni tra la
tipica personalilà narcisistica e certe costanti
caratteristiche della cultura contemporanea, quali il
terrore della vecchiaia e della morte, 1'alterazione del
senso del tempo, il fascino della celebrilà, la paura
della competizione, il declino dello spirilo ludico, il
deterioramento dei rapporti tra uomo e donna. Per
questi crileri il narcisismo resta nell'interpretazione
più approssimativa sinonimo di egoismo e in quella più
esatta nient'altro che una metafora che illustra quello
stato mentale per cui il mondo appare come specchio
dell'Io.
PSICOLOGIA E SOCIOLOGIA
La psicoanalisi si occupa degli individui, non dei
gruppi, I tentativi di estendere i risultati delle
osservazioni cliniche al comportamento. collettivo si
scontrano immancabilmente con il fatto che i gruppi
hanno una vita propria indipendente. La psiche
collettiva, ammesso che esista, riflette i bisogni del
gruppo nel suo insieme, non i bisogni psichici
individuali, che infatti devono essere subordinati alle
esigenze della vita collettiva. E’ proprio la
subordinazione degli individui al gruppo che la teoria
psicoanalilica si impegna a chiarire; attraverso lo
studio delle sue ripercussioni psichiche. Con
un'analisi approfondila di casi individuali condotta
sulla base di accertamenti clinici piùttosto che sulle
impressioni che detta il senso comune, la psicoanalisi
rivela i meccanismi profondi della società, proprio
nell'atto di voltarle le spalle per immergersi
nell'inconscio individuale.
Ogni società riproduce la propria cultura - le sue
norme, i suoi presupposti fondamentali, i suoi modi
di, organizzazione dell'esperienza - nell'individuo,
nella forma della sua personalilà. Come ha detto
Durkheim, la personalilà e l'individuo socializzato. Il
processo di socializzazione, portato avanti dalla
famiglia e in un secondo momento dalla scuola e
dalle
altre
agenzie
che
intervengono
nella
formazione del carattere, modifica la natura umana
per renderla conforme alle norme sociali prevalenti.
Ogni società cerca di risolvere la fase crilica
dell'infanzia - il trauma della separazione dalla
madre, la paura dell'abbandono, il dolore di
competere con altri per la conquista dell'amore
materno - a suo modo, e la rnaniera in cui vengono
risolti
questi
eventi
psichici
produce
una
caratteristica forma di personalilà, una particolare
deformazione
psicologica,
tramile
la
quale
1'individuo si rassegna a una deprivazione
istintuale
e si adegua alle esigenze del 47
vivere sociale.
L'insistenza di Freud sulla continuilà tra salute
psichica e malattia psichica ci da la possibililà di
considerare le nevrosi e le psicosi in un certo senso
come l'espressione caratteristica di una determinata
cultura. "La psicosi," ha scrilto Jules Henry, "è il
prodotto finale di tutto ciò che non funziona in una
cultura." 4
Nel limilarsi a un attento studio degli individui la
psicoanalisi chiarisce meglio il legame tra società e
individuo, tra cultura e personalilà. Essa ci da tante
più informazioni sulla società quando meno si
propone di farlo. L'estrapolazione
di alcuni principi psicoanalilici fatta da Freud nel
campo della antropologia, della storia e della biografia
può essere tranquillamente ignorata da chi si occupa
dello studio della società, ma le sue indagini cliniche
sono una vera e propria miniera di concetti
indispensabili, una volta stabililo che i processi
mentali inconsci rappresentano la modificazione che
la cultura opera sulla natura, l'imposizione della civilta
sugli istinti.
Non si dovrebbe rimproverare Freud [scriveva T.W. Adorno]
perche ha trascurato la dimensione sociale del reale, ma per
non essersi preoccupato più di tanto dell'origine sociale
della... rigidezza dell'inconscio, che egli registra con la
lineare oggettivita del[lo scienziato] naturalista... Passando
dalle immagini psicologiche alla realtà storica, dimentica cio
che egli stesso ha scoperto - che tutta la realtà subisce una
modificazione nell'inconscio - e quindi a indotto
erroneamente a ipostatizzare eventi fattuali quali 1'assassinio
del padre da parte dell'orda primiliva.*
Chi desideri comprendere il narcisismo
contemporaneo in quanto fenomeno culturale e
sociale deve prima di tutto indirizzarsi alla
crescente letteratura clinica sull'argomento, che
non pretende di avere significato sociale o
culturale e respinge deliberatamente
l'affermazione che "i cambiamenti della cultura
contemporanea", come scrive Otto Kernberg,
"influenzano la struttura delle relazioni
oggettuali .* *6
* "Nei... suo campo d'indagine," aggiungeva Adorno, "la
psicoanalisi ci offre conclusioni specifiche; più si allontana
da quella sfera, più le sue tesi sono minacciate
alternativamente dalla genericila o dal rischio di una
avventata ed esagerata sistematizzazione. Se uno
48
commette un lapsus
linguae e gli sfugge una parola carica
di sottintesi sessuali, se uno soflre di agorafobia, o se una
ragazza a sonnambula, la psicoanalisi non solo ha le sue
migliori probabilily di successo terapeutico, ma si trova niche
nel proprio campo di competenza, cioè 1'individuo
relativamente autonomo, monadologico, sede del conflilto
tra pulsione istintuale e divieto. Quanto pie} si allontana dal
suo oggetto, tanto pia e costretta a prucedere in maniera
diltatoriale e tanto più deve trascinare nel-1'embra
dell'immanenza psichica rib che appartiene alla dimensione
dells realty esterna. La sua illusion in questo caso a molto
simile a quella `onnipotenza del pensiero' che essa stessa ha
crilicato come puerile." 5
** Coloro che sostengono, in contrasto con la tesi esposta in questo
studio, che non c'e stata alcuna modificazione fondamentale nella
struttura della personalilà, fanno riferimento a questo passo, a
conferma dell'opinione che sebbene "effettivamente capili di
notare certi particolari raggruppamenti di sintomi e disordini della
personalilà con frequenza maggiore o minore rispetto ai tempi di
Freud... la nostra attenzione per questi fenomeni a aumentata
principalmente perche è aumentato il nostro interesse clinico in
seguilo agli incredibili progressi della nostra conoscenza della
struttura della personalilà".7
Alla luce di questa polemica, è importante notare che Kernberg
aggiunge una precisazione alle sue osservazioni: "Con questo non
voglio dire che tali cambiamenti delle forme di relazione [e dells
relazioni oggettuali in generale]
Nei testi clinici, il termine narcisismo è qualcosa
di
più
di
una
metafora
per
definire
l'egocentrismo. In quanto formazione psichica in
cui "l'amore rifiutato rilorna a se sotto forma di
odio", il narcisismo è stato individuato come un
elemento rilevante nei cosiddetti disturbi
caratteriali che hanno attirato gran parte
dell'attenzione clinica una volta dedicata
all'isteria e alle nevrosi ossessive. Si è sviluppata
una nuova teoria del narcisismo, basata sul ben
noto saggio di Freud sull'argomento (che
considera il narcisismo - investimento libidinale
dell'lo - come una condizione preliminare
indispensabile dell'amore oggettuale) e però
dedicata non allo studio del narcisismo primario,
ma a quello del narcisismo secondario o
patologico:
l’incorporazione
di
grandiose
immagini
oggettuali
come
difesa
contro
l'angoscia e il senso di colpa. Entrambi i tipi di
narcisismo cancellano i confini tra il se e il mondo
oggettuale, ma tra i due c'e un'importante
differenza. II neonato - il narcisista primario - non
percepisce ancora l'esistenza della madre come
separata dalla propria e quindi scambia la dipendenza
dalla madre, che soddisfa i suoi bisogni nel momento
in cui sorgono, per la propria onnipotenza. "Solo dopo
diverse settimane successive alla nascila... il bambino
percepisce che la fonte dei suoi bisogni... è interna a
lui e la fonte di appagarnento è esterna."
Il narcisismo secondario, invece, "tenta di annullare
il dolore causato dall'amore [oggettuale] frustrato" e
di vanificare il risentimento del bambino contro coloro
che non rispondono prontamente ai suoi bisogni;
contro coloro che ora egli vede soddisfare altri
accanto a lui e dai quali percio riliene di essere stato
abbandonato. Il narcisismo patologico, "che non può
essere considerato solo una fissazione al livello del
normale narcisismo primario", insorge soltanto
quando l'Io ha raggiunto il grado di sviluppo che gli
consente di distinguersi da ciò che lo49circonda. Se il
bambino per qualche ragione vive con particolare
intensilà questo trauma della separazione, può
cercare di ristabilire le relazioni originarie dando vita
nella sua fantasia a una madre o a un padre
onnipotenti che si mescolano alle immagini del suo
stesso se. "Tramile l'introiezione il paziente
non potrebbero verificarsi nello spazio di numerose generazioni, se e
quando il cambiamento dei modelli culturali modificherà la struttura
familiare fino al punto che i primi stadi dello sviluppo infantile ne siano
influenzati." Questo e esattamente quanto sostengo nei capilolo 7.
cerca di ricreare una relazione d'amore da lui
ardentemente desiderata quale può essere esistila
una Volta nel passato, e contemporaneamente di
annullare 1'angoscia e il senso di colpa originate
dalle pulsioni aggressive dirette contro 1'oggetto che
lo ha frustrato e deluso."
I L NARCISISMO NELLA LETTERATURA
CLINICA RECENTE8
Lo spostamento di interesse degli studi clinici
dal narcisismo primario a quello secondario
riflette sia il rivolgersi della teoria psicoanalilica
dallo studio dell'Es allo studio dell'Io, sia il
cambiamento del tipo di pazienti che ricorrono al
trattamento psicoanalilico. In effetti, il passaggio
da una psicologia degli istinti alla psicologia
dell'Io fu originato in parte dalla considerazione
che i pazienti che negli anni quaranta e
cinquanta incominciarono a sottoporsi a terapia
"molto di rado offrivano un quadro clinico simile
a quello delle nevrosi classiche descrilte da
Freud in maniera così esauriente". Negli ultimi
venticinque anni, il caso limile del paziente che
presenta allo psichiatra non una sintomatologia
ben definila ma una insoddisfazione latente, è
diventato sempre più frequente. Egli non soffre
di fissazioni o fobie prostranti o di disturbi
nevvosi prodotti dalla conversione dell'energia
sessuale repressa; lamenta invece "una vaga e
diffusa insoddisfazione nei confronti delta vita" +
sente' che "la sua amorfa esistenza è inutile e
priva di senso". Avverte "una sottile ma
penetrante sensazione di vuoto e di sconforto",
"violente oscillazioni della sua stima di se", e
"una generale incapacilà a tirare avanti". Egli
ottiene "un senso di crescente stima di se
soltanto attaccandosi a forti personalilà, oggetto
della sua 50
ammirazione, di cui desidera
ardentemente 1'approvazione e da cui ha
bisogno di sentirsi appoggiato". Quantunque sia
all'altezza delle sue responsabililà quotidiane e se la
cavi anche brillantemente, la felicilà gli sfugge, e
molto spesso la vita non gli sembra degna di essere
vissuta.
La psicoanalisi, una terapia nata dalla pratica con
individui duramente repressi e moralmente rigidi che
dovevano venire a patti con una severa "censura"
interiore, si trova oggi alle prese, sempre più spesso,
con una "personalilà caotica dominata dai propri
impulsi". Deve occuparsi di pazienti che "agiscono" i
propri conflilti invece di reprimerli o sublimarli.
Questi pazienti, che hanno spesso momenti di
genuina disponibilila, tendono
tuttavia a mantenere a un livello di superficialilà i
propri rapporti affettivi. Manca loro la capacilà di
dolersi, perche il loro risentimento nei confronti degli
oggetti d'amore perduti, in particolare verso i genilori,
è cosi forte da impedire loro di rivivere le esperienze
felici o di tesaurizzarle nella memoria. Sessualmente
promiscui piùttosto che repressi, hanno cionondimeno
delle difficoltà a "elaborare la pulsione sessuale" o ad
accostarsi al sesso con spirilo ludico. Evitano i
coinvolgimenti troppo profondi, che potrebbero
scatenare sentimenti di forte avversione. La loro
personalilà è formata in larga parte di difese erette
contro tale risentimento e contro le sensazioni di
deprivazione orale che sorgono nello stadio preedipico dello sviluppo psichico.
In molti casi questi pazienti soffrono di
ipocondria e avvertono un senso di vuoto
interiore. Nel contempo nutrono fantasie di
onnipotenza e credono fermamente nel loro
dirilto a sfruttare gli altri e a esserne appagati.
Componenti
arcaiche,
punilive
e
sadiche
predominano nel Super-io di questi pazienti, ed
essi si conformano alle norme sociali più per paura
della punizione che per un senso di colpa. Vivono i
loro bisogni e desideri, inquinati dal risentimento,
come profondamente pericolosi, ed erigono difese
tanto primilive quanto i desideri che tentano di
arginare.
In base al principio che la patologia altro non è che
una versione potenziata della normalilà, il narcisismo
patologico che si riscontra nei disturbi caratteriali di
questo tipo dovrebbe dirci qualcosa sul narcisismo
come fenomeno sociale. Gli studi sui disturbi della
personalilà9 che si collocano nella zona di confine tra
nevrosi e psicosi, benchè siano indirizzati agli addetti
ai lavori e non abbiano alcuna pretesa di fare luce su
questioni sociali o culturali, descrivono un tipo di
personalilà che dovrebbe essere immediatamente
riconoscibile, in una forma più attenuata, per gli
51
osservatori del panorama culturale contemporaneo:
ne risulterebbe un individuo disinvolto nel manipolare
le impressioni che suscila negli altri, avido di
ammirazione e insieme pieno di disprezzo per coloro
che induce a tributargliela; costantemente assetato di
nuove esperienze emotive con cui colmare il suo
vuoto interiore; terrorizzato dall'idea della vecchiaia e
della morte.
Le spiegazioni più convincenti sulle origini psichiche
di questa sindrome marginale si rifanno alla tradizione
teorica stabi-
lila da Melanie Klein.' Nei corso delle sue
indagini psicoanaliliche sui bambini, la Klein
scopri
che
i
sentimenti
iniziali
di
ira
insopprimibile, diretti in particolare contra la
madre e secondariamente contro l'immagine
interiorizzata della madre come mostro famelico,
rendono impossibile per il bambino sintetizzare
immagini parentali "buone" e "cattive". La sua
paura di essere aggredilo dai genilori cattivi proiezioni del suo stesso risentimento - lo spinge a
idealizzare i genilori buoni che verranno a salvarlo.
Le immagini interiorizzate degli altri, seppellile
nell'inconscio nei primi anni di vita, diventano
altrettante immagini di se. Se le esperienze
successive non riescono a qualificare o a introdurre
elementi di realtà nelle fantasie arcaiche del bambino
sui suoi genilori, per lui diventa difficile distinguere tra
le immagini del se e degli oggetti esterni al se.
Queste immagini si fondono insieme a formare una
difesa contro le cattive rappresentazioni del se e degli
oggetti, analogamente fuse sotto forma di un Super-io
severo e implacabile. Melanie Klein sottopose ad
analisi un bambino di dieci anni che inconsciamente
vedeva la madre come un "vampiro" o un"uccello
orrendo" e interiorizzava questa paura come
ipocondria. Egli temeva che le cattive presenze dentro
di lui avrebbero divorato quelle buone. La rigida
separazione tra immagini buone e cattive del se e
degli oggetti da una parte, e la fusione tra immagini
del se e degli oggetti dall'altra, nascevano
dall'incapacilà del bambino a tollerare ambivalenza o
ansietà. Poiché la sua collera era così profonda, egli
non poteva ammettere di nutrire sentimenti di ostililà
nei confronti di coloro che'amava. "La paura e la colpa
relative alle sue fantasie distruttive hanno plasmato
tutta la sua vita emozionale."
Un bambino che si senta minacciato tanto
gravemente dai suoi stessi sentimenti aggressivi
(proiettati sugli altri e poi nuovamente interiorizzati
come "mostri" interni) cerca di compensare la collera
e l'invidia che sente
con fantasie di ricchezza, bellezza
52
a onnipotenza. Queste fantasie, unilamente alle
immagini interiorizzate dei genilori buoni con le quali
cerca di proteggersi, diventano il nucleo centrale di
una "grandiosa concezione del se". Una specie di
"cieco ottimismo", secondo quanto dice Otto
Kernberg, protegge il bambino narcisista dai pericoli
esterni e da quelli interni a lui - in particolare dalla
dipendenza dagli altri, nei quali sente, senza alcuna
eccezione, di non
poter aver fiducia. "La proiezione costante di
`tutte le cattive', immagini di se e degli oggetti
perpetua un mondo popolato di oggetti pericolosi
e minacciosi, contro il quale `tutte le buone'
immagini di se vengono usate in maniera
difensiva
e
intanto
si
sviluppano
autorappresentazioni ideali e megalomani." La
scissione tra le immagini determinate dai
sentimenti aggressivi e le immagini che derivano
dalle pulsioni libidiche fa sì che sia impossibile
per il bambino riconoscere la sua stessa
aggressivilà, provare sentimenti di colpa o
interesse
per
oggetti
investili
contemporaneamente di aggressivita e di libido,
o rimpiangere oggetti perduti. Nei narcisisti la
depressione non si manifesta come dolore misto
a colpa, secondo la descrizione di Freud in Lutto e
ma come rabbia impotente e "sentimenti di
sconfilta subila ad opera di forze esterne".il
Poichè il mondo intrapsichico di tali pazienti è così
scarsamente popolato - consistendo unicamente nel
"se grandioso", che, per usare le parole di Kernberg, e
costiluilo dalle "immagini indistinte e svalutate di se e
degli altri, e dei potenziali persecutori" - sensazioni di
vuoto e di non-autenticilà sono avvertile con maggiore
intensilà. Quantunque il narcisista possa essere
adeguato al suo ambiente quotidiano e, in molti casi,
piaccia alle altre persone (anchc per la "pseudointrospezione della propria personalilà"), la sua
svalutazione degli altri, unila alla mancanza di
curiosilà nei loro confronti, impoverisce la sua vita
personale e rafforza la "sensazione soggettiva di
vuoto". Privo di qualsiasi reale impegno intellettuale malgrado una valutazione frequentemente esagerata
delle sue doti intellettuali - egli ha scarse capacilà di
sublimazione. Dipende, di conseguenza, dagli altri per
ottenere costantemente approvazione e ammirazione.
"Deve
legar[si] a qualcuno, costretto a vivere"
un'esistenza "quasi parassilaria". Nello stesso tempo,
la sua paura della dipendenza emotiva,
unila alla
53
tendenza alla manipolazione e allo sfruttamento con
cui imposta i rapporti personali, rende tali rapporti
fragili, superficiali e profondamente insoddisfacenti.
"La relazione ideale per me, sarebbe una relazione
della durata di due mesi," ha dichiarato un paziente.
"Così non ci sarebbe nessun coinvolgimento. Allo
malinconia,
scadere
dei
due
mesi
semplicemente
la
interromperei."
Perennemente annoiato, instancabilmente alla
ricerca di immediate intimilà - un tilillamento emotivo
senza coinvolgimento e dipendenza - il narcisista è
promiscuo e spesso anche
pansessuale, in quanto la fusione delle pulsioni
pregenilali
con
quelle
edipiche
in
funzione
dell'aggressivita favorisce la perversilà polimorfa. Le
cattive immagini che ha interiorizzato gli causano
anche una cronica apprensione per il suo stato di
salute, e 1'ipocondria, a sua volta, produce in lui
un'affinilà particolare per la terapia e per i movimenti
e i gruppi terapeutici.
Come paziente psicoanalilico, il narcisista è il
candidato perfetto per un'analisi interminabile.
Nell'analisi egli cerca una religione o un sistema di
vita, sperando di trovare nel rapporto terapeutico un
sostegno esterno alle sue fantasie di onnipotenza e
di eterna giovinezza. Le sue forti difese, però,
costiluiscono un ostacolo alla riuscila dell'analisi. La
superficialilà della sua vita emotiva gli impedisce
spesso di instaurare uno stretto rapporto con
l'analista, sebbene "in molti casi egli usi la sua
perspicacia intellettuale per concordare verbalmente
con l'analista e riassuma con parole sue quanta a
stato analizzato nelle sedute precedenti". Usa
l'intelligenza al servizio dell'evasione piùttosto che
della scoperta di se, ricorrendo a delle strategie di
disorientamento identiche a quelle impiegate nella
letteratura diaristica di questi decenni. "Il paziente si
serve delle interpretazioni dell'analisi, ma le svuota
rapidamente di vita e significato, cosicche quello che
resta sono solo parole prive di senso. Le parole, a
questo punto, sembrano diventare di proprietà
esclusiva del paziente, proprietà che egli idealizza e
da cui ricava un senso di superiorilà." Anche se ora
gli analisti non considerano più i disturbi narcisistici
costiluzionalmente refrattari alla terapia, pochi tra
loro sono ottimisti riguardo alle possibililà di
successo.
Secondo Kernberg, il vero motivo per cui un
tentativo va fatto, nonostante le numerose dificolta
che si incontrano con i pazienti narcisisti, è l'effetto
distruttivo del narcisismo sulla seconda metà della
loro vita - la 'certezza delle terribili sofferenze che il
futuro riserva54loro. In una società che paventa la
vecchiaia e la morte, invecchiare a causa di
particolare sgomento per coloro che temono la
dipendenza e la cui autostima esige l'ammirazione
riservata generalmente alla . giovinezza, alla
bellezza, alla celebrilà e al fascino. Le consuete
difese
contro
i
danni
dell'eta
avanzata
identificazione con valori etici o artistici che
trascendono gli interessi immediate, curiosilà
intellettuale, il confortante calore emotivo che
nasce dalle felici relazioni avute in passato - non
sono, per il narcisista, di nessun aiuto. Incapace di
trarre qualsiasi genere di conforto dalla iden-
tificazione con la ,continuilà storica, per lui è
impossibile "accettare il fatto che ora sia una
generazione più giovane a godere di molte delle
gratificazioni, in precedenza tanto apprezzate,
connesse con la bellezza, la ricchezza, il potere e, in
particolare, la creativilà. La capacilà di godere la vita
all'interno di un processo che comporta la crescente
identificazione con la felicilà e le conquiste degli altri
è tragicamente al di la delle possibililà delle
personalilà narcisistiche".
INFLUENZE SOCIALI SUL NARCISISMO
Ogni epoca sviluppa forme proprie e peculiari
di patologia, che manifestano in forma esagerata
la sua struttura caratteriale profonda. Al tempo
di Freud, isteria e nevrosi ossessive portavano
all'estremo caratteristiche della personalilà
associate con l'organizzazione capilalistica nella
fase iniziale del suo sviluppo. Ai giorni nostri, i
disturbi preschizofrenici della personalilà o i casi
limile
hanno
attirato,
unilamente
alla
schizofrenia medesima, un'attenzione crescente.
Questo "cambiamento nella forma delle nevrosi
a stato osservato e descrilto fin dalla seconda
guerra mondiale da un numero di psichiatri in
continuo aumento." I2 Secondo Peter L. Giovachinni, "i
medici sono continuamente alle prese con un numero
in apparenza crescente di pazienti che non rientrano
nelle categorie diagnostiche attuali" e che non
presentano "sintomi definili", ma "disturbi imprecisati
e non determinabili". "Quando mi riferisco a `questo
tipo di paziente'," scrive, "tutti sanno praticamente a
chi mi sto riferendo." La sempre maggiore rilevanza
dei
"disturbi
caratteriali"
sembra
indicare,
nell'organizzazione
della
personalilà,
un
cambiamento profondo da quella che è stata
chiamata introversione al narcisismo.
Allen Wheelis osservava, nel 1958, che il
modificarsi dei "modelli di nevrosi"
55 appartiene
"all'esperienza personale degli psicoanalisti più
anziani", mentre i più giovani "lo rilevano dallo
sfasamento esistente tra le precedenti descrizioni
delle nevrosi e i problemi che presentano
giornalmente i pazienti che frequentano i loro studi. Il
cambiamento è consistilo nel passaggio dalle nevrosi
sintomatiche
ai
disturbi
caratteriali."
Heinz
Lichtenstein, che contestò l'affermazione aggiuntiva
che in ciò si riflettesse un cambiamento nella
struttura della personalilà, nel 1963
scrisse tuttavia che il "cambiamento dei modelli
nevrotici" costiluiva ormai un' "fatto ben noto".
Negli anni settanta, considerazioni di questo tipo
sono diventate sempre più comuni. "Non è un
caso," osserva Herbert Hendin, "che gli
avvenimenti dominanti attualmente nel Campo
della psicoanalisi siano la riscoperta del
narcisismo e l'accentuazione del significato
psicologico della morte." "In questi decenni che
precedono il Duemila, i disturbi narcisistici sono,
per 1'analista," scrive Michael Beldoch, "ciò che
furono, all'inizio del secolo, l'isteria e le nevrosi
ossessive per Freud e i suoi primi colleghi. I
pazienti di oggi, nel complesso, non sono affetti
da paralisi isteriche alle gambe o da coazione a
ripetere; e piùttosto proprio il loro essere psichico
che si è intorpidilo o che essi devono fregare e
strofinare nello spossante e incessante tentativo
di riscattarsi." Questi pazienti sono afflilti da "una
penetrante sensazione di vuoto e da un profondo
sconvolgimento della stirna di se". Burness E.
Moore osserva che i disturbi narcisistici sono
diventati sempre più diffusi. Secondo Sheldon
Bach, "si era abiluati a vedere arrivare gente
affetta da coazioni a ripetere, da fobie e da
nevrosi familiari. Ora si vedono in prevalenza
narcisisti." Gilbert J. Rose sostiene che la
prospettiva
psicoanalilica,
"impropriamente
trasferila dalla pratica analilica" alla vita
quotidiana, ha contribuilo a creare una
"permissivilà
globale"
e
la
"eccessiva
addomesticazione degli istinti "', il che a sua volta
favorisce la proliferazione dei "disturbi narcisistici
di identilà". Secondo Joel Kovel, la stimolazione
dei desideri infantili provocata dalla pubblicilà
l'usurpazione dell'autorilà parentale a opera dei
media e della scuola, e la razionalizzazione della
vita interiore accompagnata dalla falsa promessa
di realizzazione personale, hanno creato un
nuovo tipo di "individuo sociale". "Il risultato non
sono le nevrosi
56 classiche nelle quali una pulsione
infantile viene repressa dall'autorilà patriarcale;
nella versione moderna la pulsione a stimolata e
pervertila senza che venga offerto un oggetto
adeguato di appagamento, ne, tanto meno, forme
coerenti di controllo... Tutto il complesso, che si
colloca in una siluazione di alienazione piùttosto che
di controllo diretto, perde la forma classica di sintomo
- e viene meno la possibililà terapeutica classica di
restiluire semplicemente una pulsione alla coscienza."
Il menzionato incremento del numero di pazienti
narcisisti non vuole necessariamente dire che i
disturbi narcisistici siano più comuni, tra la
popolazione nel suo complesso, di quanto
lo fossero in passato, o che siano diventati più
comuni delle nevrosi classiche da conversione. Forse
vengono semplicemente sottoposti in anticipo
all'attenzione dello psichiatra. Ilza Veilh sostiene che
"per via della sempre maggiore consapevolezza delle
reazioni da conversione e della diffusione della
letteratura psichiatrica, le `superate' manifestazioni
somatiche dell'isteria sono diventate sospette tra le
classi più elevate, ed è per questo motivo che la
maggior parte dei medici riferisce che ora i sintomi
lampanti da conversione si incontrano raramente e, se
capila, soltanto tra le persone non istruile".
Probabilmente l'attenzione accordata dalla letteratura
clinica recente ai disturbi caratteriali rende gli
psichiatri più pronti a registrarne la presenza. Ma
questa eventualilà non diminuisce affatto l'importanza
della testimonianza psichiatrica riguardo alla diffusione
del narcisismo, soprattutto quando tale testimonianza
viene alla ribalta in un momento in cui anche i giornali
incominciano a occuparsi del nuovo narcisismo e della
pericolosa tendenza verso l'egocentrismo. Il narcisista
perviene all'attenzione degli psichiatri per alcuni dei
medesimi motivi che gli permettono di raggiungere
posizioni di rilievo non soltanto all'interno dei
movimenti di autocoscienza e di altri gruppi, ma anche
all'interno delle aziende, delle organizzazioni poliliche
e delle burocrazie statali. Perché, malgrado tutto il suo
tormento interiore, il narcisista passiede diverse
caratteristiche che giovano al successo nelle istiluzioni
burocratiche, le quali favoriscono la manipolazione
delle relazioni interpersonali, scoraggiano la nascila di
profondi legami personali di solidarietà e concedono al
narcisista l'approvazione che gli è indispensabile per
57
rafforzare la sua stima di se. Sebbene ricorra
a terapie
che permettono di dare un significato alla sua vita e di
sconfiggere il suo senso di vuoto, il narcisista gode
spesso di un considerevole successo nella sua carriera
professionale. Domina con naturalezza le proprie
impressioni e la padronanza con cui controlla ogni
alterazione gli è di grande utililà nelle organizzazioni
poliliche e commerciali, all'interno delle quali,
attualmente, il risultato conta meno dell'"apparenza",
dello "slancio" a del conseguimento di un primato.13
Nel momento in cui alla figura di "uomo
dell'organizzazione" si sostiluisce quella di
"gamesman" della burocrazia - e all"era della fedeltà"
nel mondo degli affari americano succede l'epoca della
"corsa al successo dirigenziale" - il narcisista si trova in
una posizione privilegiata.
In uno studio condotto su 250 manager delle
dodici più importanti compagnia, Michael
Maccoby descrive," con una certo indulgenza, il
nuovo dirigente d'azienda come una persona che
lavora non con le cose ma con le persone e che
non si propone di costruire un impero ma di
sperimentare "l'esaltante emozione di far correre
la sua squadra e di mietere viltorie". Egli vuole
"essere conosciuto come un vincilore, e la sua più
grossa paura e di essere qualificato un perdente".
Invece di misurarsi con un compilo materiale o
con un problema che richiede una soluzione, egli
si misura con gli altri individui, spinto da un
"bisogno di comando". Come è scrilto in un
manuale per manager di recente. pubblicazione,
il successo al giorno d'oggi non vuole dire
"semplicemente
fare
carriera ,
ma
"farla
superando gli altri". Il nuovo dirigente, con 1'aria
da ragazzo spiriloso e "seducente", vuole, come
dice Maccoby, "conservare un'illusione di opzioni
illimilate". Ha una scarsa capacilà di "intimila
"
15
personale e di impegno sociale". Nutre deboli
sentimenti di fedelta persino per la compagnia per cui
lavora. Un dirigente ha dichiarato di provare una
sensazione di potere "a non farsi manovrare dalla sua
compagnia".
Nel corso della sua scalata verso il successo,
quest'uomo coltiva clienti influenti e tenta di usarli
contro gli interessi della sua stessa compagnia.
Secondo i suoi calcoli "e indispensabile avere un
cliente molto importante, che abbia continuamente
dei problemi e pretenda dei cambiamenti dalla
compagnia.
In
questo
modo,
si
acquista
automaticamente potere all'interno della compagnia,
e, nello stesso tempo, anche nei confronti del cliente.
Non voglio precludermi alcuna possibile alternativa."
Un esperto di management sottoscrive tale strategia
dirigenziale. A suo parere "l'eccessiva identificazione
con la compagnia procura all'azienda poteri immensi
sulla carriera e sul destino dei suoi autentici credenti".
Più la compagnia
è grossa, più egli riliene che sia
58
importante per i dirigenti "indirizzare la loro carriera
sully base di libere scelte individuali" e di "conservare
la più ampia serie di opzioni possibile".*
* Non è solo il gamesman a temere "di sentirsi preso in trappola ".
Seymour B. Sarason segnala la diffusion di tale paura tra professionisti
e studenti - che si preparano per carriere professionali.'6 Anch'egli
suggerisce l'esistenza di una relazione tra la paura di sentirsi in
trappola e il valore culturale assegnato alla mobililà di carriera e al suo
equivalente psichico, "la crescila personale". "`Mesta libero', 'non
rinunciare alle alternative', 'prendilela calma' questi avvertimenti
cautelativi nascono dall'impressione che la società predisponga in-
Come dice Maccoby, il gamesman "è ricettivo verso
le nuove idee, ma privo di convinzioni ". E disponibile
a mantenere relazioni d'affari con qualsiasi tipo di
regime, anche se non condivide i principi che lo
sostengono. Più autonomo e intraprendente di colui
che si sente legato alla compagnia per cui lavora, egli
tenta di usare la compagnia per i suoi scopi personali,
temendo che altrimenti "la sua virililà venga
completamente annichilila dall'azienda". Evita ogni
forma di intimila come un pericolo, preferendo
l"'eccilante e sensuale atmosfera" di cui si circonda il
dirigente moderno sul lavoro, "dove adoranti
segretarie in minigonna flirtano a gara con lui". Tutte
le relazioni personali che il gamesman intrattiene
sono subordinate all'ammirazione e al timore che egli
suscila negli altri al fine di vedere riconosciute le sue
credenziali di "vincilore". Invecchiato, vede aumentare
le sue difficolta a imporre il genere di attenzione su
cui prospera. Raggiunto un certo livello, la sua
carriera professionale non progredisce oltre, forse
perche i posti di maggior prestigio, come osserva
Maccoby, continuano a essere riservati a "coloro che
sanno rinunciare alle ribellioni giovanili e diventano,
almeno in una certa misura, dei sostenilori
dell'organizzazione". Il lavoro incomincia a perdere
interesse per lui. Avendo in realtà una scarsissima
inclinazione per il proprio mestiere, il dirigente nuova
maniera non ricava alcuna soddisfazione dalle sue
imprese, dal memento che ormai hanno perso
l'attrattiva degli anni giovanili. La mezza età piomba
su di lui come una calamilà: "Una volta che la forza, la
gioventiu, e persino l'eccilazione della viltoria,
appartengono al passato, egli cade in uno stato di
depressione e la mancanza di obiettivi lo induce a
chiedersi quale sia lo scopo della sua vita. Non più
stimolato dal gioco di squadra e incapace di dedicarsi
a qualcosa in cui credere al di fuori di se stesso, ... si
rilrova dolorosamente solo." Non dobbiamo stupirci,
quindi, considerata la diffusione di questo schema di
carriera, che nella psicologia popolare 59
rilorni con tanta
sidie di tutti i generi per sottrarti quella libertà senza la quale la crescila
diventa impossibile."
Questa paura di restare intrappolati o bloccati in una siluazione stagnante
è
strettamente collegata a sua volta alla paura della vecchiaia e della
morte. La smania di mobililà e il culto della "crescila" possono essi stessi
essere considerati, in parte, come un'espressione della paura di
invecchiare che ha raggiunto livelli di intensilà così alte nella società
americana. Mobililà e crescila assicurano all'individuo che egli non è
ancora entrato stabilmente nella fase declinante della vecchiaia.
frequenza il problema della "crisi della mezza età" e
dei sistemi per affrontarla.
Nel romanzo Office Polilics di Wilfrid Sheed,"
una moglie domanda: "Ci sono problemi seri tra il
signor Fine e il signor Tyler?" Il marilo le risponde
che si tratta di cose senza importanza. "In realtà
sono gli scherzi dell'Io." Nel suo studio sul
management Eugene Emerson Jennings annuncia
la scomparsa dell'uomo dell'organizzazione e
l'avvento della nuova "era della mobililà",
sottolineando che "la mobililà" aziendale "non si
esplica semplicemente nell'esecuzione di un
lavoro".18 Quello che conta è "lo stile...
l'ostentazicne... l'abililà di dire e di fare
praticamente qualsiasi cosa senza mettersi in
conflilto. con gli altri". Secondo Jennings il
dirigente che punta al successo sa come
comportarsi con le persone che gli stanno intorno
- con "l'impiegato senza prospettive" afflilto dal
problema della "mobilila bloccata", invidioso del
successo altrui; col "rapido carrierista"; col
"superiore in ascesa". Il "dirigente di successo"
ha imparato a "decifrare" i rapporti di potere del
suo ufficio e "a captare l'aspetto più nascosto e
sfuggente dei suoi superiori, in particolare quale
sia la posizione che occupano rispetto ai colleghi
del loro stesso livello e ai loro superiori". "Da pochi segni è in grado di desumere quali siano i
centri di potere, e si sforza di mettersi in vista e
di farsi notate da chi li controlla, curando con
assiduilà la propria posizione e le proprie possibililà
rispetto a loro, pronto a cogliere ogni opportunilà per
seguire il loro esempio. Sfruttera le occasioni che gli si
presentano in società per valutare gli uomini che sono
centri di sponsorship nel mondo aziendale."
Continuando a paragonare la "corsa al successo
dirigenziale" a una competizione sportiva o a una
partila a scacchi, Jennings riliene che i dettagli della
vita del dirigente siano del tutto casuali o comunque
legati al caso e irrilevanti per il conseguimento del
successo quanto possono esserlo i singoli atti di tirare
un pallone in porta o muovere i pezzi su una
scacchiera. Neppure una volta Jennings accenna alle
ripercussioni sociali ed economiche delle decisioni
manageriali o si sofferma a valutare il potere che i
manager esercilano sulla società nel suo complesso.
60
Per il manager aziendale che aspira al successo il
potere non è rappresentato dal denaro o dall'autorila,
ma dalla "carica", dall'"immagine vincente", dalla
conferma della sua fama di vinci-
tore. Il potere risiede negli occhi di chi guarda e non ha
dunque alcun referente.e
La visione del mondo del manager, come viene
descrilta da Jennings, Maccoby e dai manager in
persona, è quella propria del narcisista, che vede
il mondo come specchio di se stesso non si
interessa degli avvenimenti esterni tranne nel caso in
cui gli rimandino un riflesso della sua propria
immagine. L'ambiente della moderna burocrazia,
caratterizzato dalla quantilà di rapporti interpersonali e
da una valutazione del lavoro in sè non relativamente
alla sua esecuzione, provoca per sua natura e spesso
prernia un tipo di risposta narcisistica.
Ma la burocrazia non rappresenta che una di quelle
influenze sociali che determinano attualmente la
sempre maggiore emergenza di un'organizzazione di
tipo narcisistico della personalilà. Un'influenza
analoga è esercilata dalla riproduzione meccanica
della cultura, dalla proliferazione di immagini visive e
sonore nella "società dello spettacolo". Viviamo in un
vortice di immagini e di risonanze che arrestano
l'esperienza e la riproducono al rallentatore. Le
macchine fotografiche e gli strumenti di registrazicne
non solo trascrivono l'esperienza, ma ne alterano la
qualilà, dando a gran parte della vita moderna
l'apparenza di un'immensa camera dell'eco, di una
sala degli specchi. La vita si presenta come una
successione di immagini o di segnali elettronici, di
impressioni registrate e riprodotte tramile la
fotografia, i filmati, la televisione e sofisticati
apparecchi di registrazione. La vita moderna nella sua
totalilà è a tal punto mediata dalle immagini
elettroniche che non possiamo trattenerci dal
rispondere agli altri come se le loro azioni - e le nostre
- venissero riprese e simultaneamente trasmesse
davanti a un pubblico invisibile o raccolte per essere
sottoposte, in un secondo tempo, ad accurato
esame.
61
"Sorridi,
la telecamera ti sta inquadrando!"
L'intrusione nella vita di tutti i giorni di questo occhio
"onniveggente" non ci coglie più di sorpresa o privi di
difese. Non abbiamo bisogno che qualcuno ci ricordi di
sorridere. Il sorriso è perennemente stampato sul
nostro viso, e tutti
In realtà esso è privo di riferimento a qualunque cosa esterna al se.
nuovo ideale di successo è vuoto di contenuto. "La riuscila nel lavoro
vuol dire errivare," dice Jennings. L'equazione è successo uguale
successo. Si osservi la convergenza tra il successo negli affari e la
celebrilà in campo polilico e nel mondo dello spettacolo, legata anch'essa
all"`apparenza " e al "carisma" e che non può avere, altra definizione
diversa da se stessa. L'unico attributo importante della celebrilà è
d'essere riconosciuta come tale; nessuno sa diirne il perche.
Il
conoscono l'angolazione fotografica che mette in
luce il lato migliore
La proliferazione delle immagini registrate
minaccia il nostro senso della realtà. Come osserva
Susan Sontag nel suo studio sulla fotografia,''
"sembra che la realtà somigli sempre più a ciò che
vediamo attraverso la macchina fotografica".
Diffidiamo delle nostre percezioni fino a quando la
fotografia non le conferma. Le immagini
fotografiche ci danno la prova della nostra
esistenza, senza la quale avremmo delle difficoltà
a ricostruire persino la nostra storia personale.
Come rileva la Sontag, nel 700 e nell'800 le
famiglie borghesi glorificavano nei rilratti lo status
familiare, mentre oggi l'album delle fotografie di
famiglia conferma l'esistenza dell'individuo: la
documentazione fotografica del suo sviluppo
dall'infanzia in poi gli fornisce l'unica testimonianza
della sua vita di cui egli riconosca la completa
validila.
Tra
le
"numerose
utilizzazioni
narcisistiche" che la Sontag attribuisce alla
macchina fotografica, la "sorveglianza di se" si
colloca tra le più importanti, non solo perché
fornisce i mezzi tecnici per un continuo autoesame,
ma
perché
sottomette
il
senso
dell'individualila alla consumazione di immagini del
se, coinvolgendo nello stesso tempo la realtà del
mondo esterno.
Fissando le immagini del se in fasi diverse dello
sviluppo, la fotografia contribuisce a indebolire
l'idea di sviluppo come educazione morale e
asseconda un'idea più passiva secondo la quale lo
sviluppo consiste nell'attraversare le fasi della vita
al momento giusto e seguendo un ordine
prestabililo. L'attuale inclinazione a privilegiare il
ciclo
della
vita
è
un'espressione
della
consapevolezza che il successo in polilica e negli
affari è subordinato al raggiungimento di certi
traguardi nei tempi prestabilili; ma riflette anche
62 con cui lo sviluppo può essere
la semplicilà
elettronicamente registrato. Questo fatto produce
un'altra modificazione culturale che suscila una
diffusa risposta narcisistica e, in questo caso, le
fornisce un sostegno filosofico: la emergenza di
una ideologia terapeutica fautrice di un
programma normativo di sviluppo psicosociale che
alimenta ulteriormente 1'ansia di auto-esame.
Dall'ideale di sviluppo normativo nasce la paura
che qualsiasi deviazione sia di origine patologica. I
medici hanno creato il . culto del checkup
periodico - un'indagine eseguila ancora una volta
con l'ausilio di apparecchi fotografici e altri
strumenti di registrazione - e hanno inculcato
nei loro pazienti l'idea che la salute dipenda dal
mantenersi sempre vigili e dalla precoce scoperta
dei sintomi, accertata dalla tecnologia medica. Il
paziente non si sente più sicuro fisicamente o
psicologicamente fin tanto che i suoi esami
radiografici non gli assicurano un "certificato di
buona salute".
La medicina e la psichiatria - e più in
generale, la prospettiva e la sensibililà
terapeutiche
che
permeano
la
società
moderna - rinforzano il modello creato da altri
condizionamenti culturali, all'interno del quale
l'individuo si esamina continuamente per
scoprire segni di invecchiamento e di cattiva
salute, sintomi indicativi di stress psichieo,
difetti e imperfezioni che potrebbero diminuire
la sua attrattiva, oppure, diversamente, indizi
rassicuranti che confermino che la sua vita sta
procedendo in sintonia col programma. La
medicina ha sconfilto i flagelli e le epidemie
che in passato rendevano la vita così precaria,
solo per dare vita a nuove forme di
insicurezza. Analogamente la burocrazia,
mentre da una parte ha reso la vita prevedibile
e quasi noiosa, dall'altra ha risvegliato, sotto
nuova forma, la guerra di tutti contro tutti. La
nostra società superorganizzata, in cui le
organizzazioni predominano pur avendo perso
la capacilà di imporre obbedienza, si avvicina di
più, sotto certi aspetti, a uno stato di
belligeranza universale che non il capilalismo
63 il suo
primilivo sul quale Hobbes ha modellato
stato di natura: Le condizioni sociali attuali
incoraggiano
una
mentalilà
della
sopravvivenza, che si manifesta nella sua
forma più rudimentale nei film catastrofici e
nella fantascienza dei viaggi spaziali che
permettono la fuga da un pianeta condannato.
La gente non sogna più di superare le
siluazioni difficili, ma semplicemente di
sopravvivere loro. Come dice Jennings, negli
affari "la battaglia è per la sopravvivenza
emotiva" - perche ciascuno "preservi o rafforzi
la propria identilà o i l proprio Io ".20 La
concezione normativa delle fasi di sviluppo
spinge a vedere la vita come una corsa a
ostacoli: l'obiettivo è soltanto quello di
completare il percorso senza troppi danni e
sofferenze. L'abilila di manipolazione a cui Gail
Sheehy si riferisce,2 usando una metafora
presa dal linguaggio medico, come a "sistema
di supporto" sembra rappresentare la più
elevata forma di saggezza: la consapevolezza
che ci fa arrivare a destinazione - sono le sue
parole - senza cedere al panico. Coloro che
sono in grado di "affrontare la vecchiaia" e i
traumi legati al ciclo vitale "senza farsi
prendere dal panico", cosi si esprime la
Sheehy, potranno dire, come uno dei suoi
pazienti: "Ora so che ce la faro a sopravvivere...
Non mi lascio più prendere dal panico." Ma questa
non è certo una gran forma di soddisfazione.
"L'ideologia corrente," scrive la Sheehy, "sembra un
miscuglio del milo della sopravvivenza personale, di
revivalismo e di cinismo"; tuttavia la sua
popolarissima guida alle "prevedibili crisi dell'eta
adulta" - un inno superficialmente ottimistico alla
crescila, allo sviluppo, e all'"autorealizzazione" - non
metre in discussione questa ideologia, ma
semplicemente la riafferma rivestendola di una
forma più "umanistica". "Crescila" è diventato un
eufemismo per sopravvivenza.
LA PROSPETTIVA DEI RASSEGNATI
Nuove forme sociali richiedono nuove forme di
personalilà, nuovi modi di socializzazione, nuovi
sistemi di organizzazione dell'esperienza. Il concetto
di narcisismo non costiluisce un determinismo
psicologico indiscriminato, ma ci da modo di
spiegare
l'impatto
psicologico
dei
recenti
cambiamenti sociali - posto che teniamo presente
non soltanto le sue origini cliniche, ma la continuilà
esistente tra patologia e normalilà. In altre parole,
esso ci fornisce un rilratto accettabilmente accurato
della personalilà "liberata" del nostro tempo, con il
suo fascino, la pseudo-consapevolezza del suo
stato, la promiscua pansessualilà, l'attrazione per la
sessualilà orale, la paura della madre castratrice
(Mrs.
Portnoy),
l'ipocondria,
la
superficialilà
protettiva, la fuga dalla dipendenza affettiva,
l'incapacilà di cordoglio, il terrore della vecchiaia e
della morte.
II
narcisismo
sembra
rappresentare
realisticamente il modo migliore di tener testa alle
tensioni e alle ansie della vita moderna, e le
condizioni sociali 64
prevalenti tendono perciò a far
affiorare i tratti narcisistici .che, in gradi diversi,
sono presenti in ciascuno. Tali condizioni hanno
trasformato anche la famiglia, che è a sua volta
fattore determinante della struttura profonda della
personalilà. Una società che teme di non avere un
futuro non può essere molto attenta ai bisogni delle
nuove generazioni, e il senso sempre presente di
discontinuilà storica - il flagello della nostra società ricade sulla famiglia con effetti particolarmente
devastanti. Gli sforzi dei genilori moderni perché i
loro figli si sentano amati e desiderati non riescono
a nascondere una freddezza di fondo - l'indifferenza
di chi ha ben poco da tra-
smettere alla generazione successiva e vede in ogni
caso come priorilario il proprio dirilto alla
realizzazione di se. Il distacco emozionale unilo ai
tentativi per convincere il bambino della sua
posizione di privilegio all'interno della famiglia,
costiluiscono una base eccellente per la formazione
di una personalilà narcisistica.
Tramile la famiglia, i modelli sociali si riproducono
nella
personalilà.
Gli
ordinamenti
sociali
sopravvivono nell'individuo, sepolti nella sua psiche
sotto il livello del conscio, anche dopo che Sono
diventati oggettivamente indesiderabili e non
necessari - come è il caso, ampiamente
riconosciuto, di molti dei nostri attuali ordinamenti.
La percezione del mondo come di un luogo
pericoloso e inaccessibile, sebbene nasca dalla
realistica consapevolezza della precarietà della vita
sociale
contemporanea,
e
rinforzata
dalla
proiezione narcisistica delle pulsioni aggressive
verso il mondo esterno. La convinzione che la
nostra società e senza futuro, se da un lato si basa
su una visione realistica dei pericoli che ci
attendono, dipende anche da una incapacilà
narcisistica di identificarsi con le generazioni future
o di sentirsi inserili nel corso della storia.
L'indebolimento dei vincoli sociali, originato dallo
stato di guerra sociale dominante, riflette al tempo
stesso una difesa narcisistica contro la dipendenza.
Una società violenta tende a produrre uomini e
donne profondamente antisociali nel loro intimo.
Non dovremmo essere sorpresi di scoprire, quindi,
che sebbene il narcisista si conformi alle norme
sociali per paura di una punizione esterna, in molti
casi si immagina come un fuorilegge e vede gli altri
sotto la stessa luce, "fondamentalmente disonesti e
infidi, o. credibili solo a causa delle pressioni
esterne". " Il sistema di valori delle personalilà
narcisistiche e deteriorabile," strive Kernberg, "in
contrasto con la rigida moralilà delle personalilà
ossessive." '
L'etica
dell'autoconservazione
e
della
sopravvivenza psichica ha le sue radici non solo,
65
dunque, nelle condizioni oggettive
della contesa
economica, negli indici crescenti della criminalilà e
nel disordine sociale, ma nei sentimenti soggettivi
di vuoto e di isolamento. Essa riflette la persuasione
--- originata dalla proiezione di angosce interiori
tanto quanto dalla percezione esatta della realtà
delle cose - che anche nei rapporti più intimi
dominano l'invidia e la sopraffazione.. Il culto dei
rapporti personali, che si intensifica a mano a mano
che svanisce la speranza di soluzioni poliliche,
nasconde una assoluta diffidenza nei rap-
porti umani, esattamente come il culto
della sensualilà implica un rifiuto della
sensualilà in tutte le sue manifestazioni
tranne le più primilive. L'ideologia della
crescila personale, superficialmente
ottimistica, lascia trapelare profondo
sconforto e rassegnazione. la fede di chi
non ha più fede.
66
3.
DA HORATIO ALGER ALL'ALLEGRO IMBROGLIONE:
EVOLUZIONE DELLE MODALILA DEL SUCCESSO
La società americana è contrassegnata da una
fondamentale accentuazione dell'affermazione
personale, in particolar modo dell'affermazione
professionale mondana. La "storia dell'uomo di
successo" e il rispetto accordato a coloro che si
sono fatti da sé sono marcatamente americani
come poche altre case... [La società americana]
ha dato la sua approvazione a Horatio Alger e ha
celebrato il manovale delle ferrovie che diventa
presidente.
ROBIN WILLIAMS
L'uomo di grandi ambizioni è ancora tra noi,
come sempre è stato, ma ora ha bisogno di un
più acuto spirilo di iniziativa, di una più profonda
capacilà di manipolare La "democrazia delle
emozioni", se vuole mantenere una sua identilà
separata e incrementarla in modo significativo
per mezzo del successo,.. I problemi sessuali del
nevrotico che lotta per un po' di gloria effimera
nella Manhattan della metà di questo secolo
sono molto diversi dai problemi del nevrotico
della Vienna dei primi del secolo. La storia
modifica l'espressione della nevrosi anche se
non muta i meccanismi the 1a sottendono.
PHILIP RIEPF 2
I L SIGNIFICATO ORIGINARIO DELL'ETICA DEL LAVORO
Ancora in epoca recente, l'etica protestante del
lavoro si ergeva come uno dei pilastri fondamentali
della cultura americana. Secondo il milo dell'impresa
capilalistica,
la
parsimonia
e
l’operosilà
rappresentavano la chiave del successo materiale e
della
realizzazione
spiriluale.
La
concezione
dell'America come terra di opportunilà dipendeva
dall'assunto per cui - abbattuti i tradizionali ostacoli
alla promozione sociale - si sarebbero create le
condizioni per una mobililà sociale basata
unicamente sull'iniziativa individuale. Il self-made
man, incarnazione archetipa del
67 sogno americano,
doveva la propria promozione alle abiludini di
operosilà, sobrietà, moderazione, autodisciplina, e
all'orrore per i debili. Egli viveva in funzione del
futuro, rifuggendo
dall'auto-indulgenza in favore di un'accumulazione
paziente e scrupolosa; fino a quando le prospettive
collettive
apparvero
globalmente
tanto
promettenti, il differimento delle gratificazioni non
soltanto costiluì la sua gratificazione principale, ma
anche un'abbondante fonte di profilti. In una
economia in espansione ci si poteva attendere che
il valore degli investimenti si moltiplicasse col
tempo, come fecero ripetutamente notare i
portavoce
del
self-help
malgrado
la
loro
celebrazione del lavoro come tale.
In un'epoca di aspettative decrescenti, le virtù
protestanti non suscilano più grande entusiasmo.
L'inflazione provoca l'erosione degli investimenti e
dei risparmi. La pubblicilà indebolisce l'orrore per
l'indebilamento invitando il consumatore a
comprare ora e a pagare in seguilo. Poiché il futuro
si fa minaccioso e incerto, soltanto gli sciocchi
rimandano a domani il divertimento che possono
avere oggi. Un profondo mutamento del nostro
senso del tempo ha trasformato le abiludini
lavorative, i valori e la definizione del successo.
Quale
fine
ultimo
dell'esistenza
terrena
l'autoconservazione ha sostiluilo la tendenza al
miglioramento di sé. In una società senza legge,
violenta e imprevedibile, nella quale le condizioni
normali della vita quotidiana tendono ad
assomigliare a quelle sinora confinate al mondo
della malavita, gli uomini vivono di espedienti. Essi
sperano non tanto di prosperare, quanto
semplicemente di sopravvivere, anche se la stessa
sopravvivenza richiede ogni giorno di più un reddilo
considerevole. In passato, il self-made man era fiero
della sua capacilà di giudicare il carattere e la
rettiludine; oggi egli scruta ansiosamente le facce
dei suoi collaboratori non tanto per valutare il loro
merilo, quanto per calcolare esattamente la loro
ricettivilà nei confronti delle sue manipolazioni.
Egli
68
mette in pratica la arti classiche della seduzione e
con pari indifferenza per le sottigliezze morali,
spera di conquistare il vostro cuore mentre vi
deruba. L'allegro imbroglione sostiluisce Horatio
Alger come prototipo del successo personale. Se
Robinson Crusoe era l'incarnazione del tipo ideale
dell'uomo economico, l'eroe della società borghese
nel momento della sua ascesa è in spirilo di Moll
Flanders che presiede al suo decadimento.
La nuova etica dell'autoconservazione si è
formata in tempi lunghi; non è emersa da un giorno
all'altro. Nei primi tre secoli della nostra storia,
l'etica del lavoro ha costantemente mutato il
proprio significato;
tali vicissiludini,
spesso
impercettibili al
momento, prefigurarono la sua trasformazione
finale in un'etica della sopravvivenza personale. Per
i purilani, l'uomo pio seguiva con impegno la
propria vocazione non tanto per accumulare
ricchezze personali, quanto per accrescere il
benessere e il vantaggio della comunilà. Ogni
cristiano, come dice Cotton Mather, aveva una
"vocazione generate" a servire Dio e una
"vocazione personale che definiva la sua utililà nel
suo ambiente". Questa vocazione personale
nasceva dal fatto che "Dio ha fatto l'uomo un
essere sociale".3
I purilani ammettevano che un uomo potesse
diventare ricco seguendo la propria vocazione, ma
consideravano la prosperilà personale connessa
solo incidentalmente all'attivilà sociale - attraverso
la trasformazione collettiva della natura e il
progresso delle arti e delle conoscenze utili.
Insegnavano agli uomini che avevano accumulato
ricchezze a non vantarsene con il loro prossimo. Il
vero cristiano, secondo le concezioni calviniste di
una esistenza pia e onorevole, sopportava con
equanimilà sia la buona che la cattiva fortuna,
accontentandosi di ciò che la sorte gli aveva
riservato. "Questo egli aveva imparato. a fare,"
assicurava John Cotton. "Se Dio Io faceva
prosperare, egli aveva imparato a non insuperbire,
e se avesse dovuto essere soggetto al bisogno,
avrebbe potuto sopportarlo senza lamentarsi. E’ il
medesimo atto di miscredenza che conduce l'uomo
a lamentarsi nelle contrarietà e a insuperbire nella
prosperilà."
Pur esprimendo il calvinismo una serie di riserve
morali nei confronti di, chi ricercava la ricchezza,
molti dei suoi adepti, in particolare quelli del New
England, ingrassarono e si arricchirono sul
commercio del rum e degli schiavi. Quando il
purilano fu sostiluilo dallo yankee, emerse una
versione
secolarizzata
dell'etica
protestante.
Mentre Cotton Mather consigliava di non indebilarsi
69
poiché ciò andava a scapilo del credilore ("Sia per il
molesto pensare, in qualsiasi momento: `Ho i soldi
di un altro uomo nelle mie mani, a li trattengo a suo
danno' ") Benjamin Franklin argomentava che
l'indebilarsi era un danno per il debilore medesimo,
poiché lo metteva alla merce dei suoi credilori. I
sermoni purilani che avevano come argomento la
vocazione cilavano in continuazione dalla Bibbia;
Franklin codificò il buon senso popolare nei detti di
Poor Richard. "Aiutati che Dio ti aiuta." "II tempo
perso non si recupera
"Non rimandare a domani
quello che puoi fare oggi." "Se vuoi conoscere il
valo-
re del denaro, prova a chiederne in prestilo; chi
chiede prestili incassa dispiaceri."
Mentre i purilani insistevano sull'importanza del
lavoro socialmente utile, lo yankee enfatizzava il
miglioramento personale, senza limilarlo al
semplice far soldi, ma estendendolo fino a
includervi l'autodisciplina, l'educazione e lo
sviluppo dei doni che Dio ci ha dato, in primo luogo
la ragione. L'ideale di prosperilà del XVIII secolo
non comprendeva soltanto benessere materiale,
ma anche buona salute, serenilà, saggezza, utililà
e la soddisfazione di sapere che ci si era
guadagnati la stima degli altri. Nella parte della
sua Autobiografia dedicata all' "Arte della virtù",
Franklin riassunse i risultati di un programma di
miglioramento morale di tutta una vita:
Alla temperanza egli attribuisce il suo stato continuo di salute
e ciò che ancora gli resta di una sana costiluzione. Alla
laboriosilà e alla frugalilà, le condizioni economiche che
favorirono l'acquisizione del suo patrimonio, insieme a tutto
quel sapere che lo mise in grado di essere un ciltadino utile e
che gli conquistò una certa fama tra gli erudili. Alla sincerilà e
alla giustizia, la fiducia del suo paese e le cariche onorifiche
che esso gli conferì. E all'influenza congiunta di tutto 1'insieme
delle virtù, la serenilà del carattere e quella giovialilà nel
conversare che fanno sì che, la sua compagnia sia tuttora
ricercata, e piacevole persino per i suoi conoscenti più giovani.
Nella versione settecentesca dell'etica del lavoro
la virtù paga, ma non solo in denaro. La vera
ricompensa che viene dall'essere virtuosi è di
avere, al termine della propria vita, ben poco di cui
doversi scusare o pentire. La ricchezza ha il suo
valore
soprattutto
in
quanto
condizione
preliminare necessaria all'educazione morale e
intellettuale.*
* I tentativi di ridurre70
"forze della virtù" frankliniana a un'etica
puramente prudenziale dell'arricchimento e del progresso
personale perdono di vista le sue sfumature più sottili. "Tutti
gli atteggiamenti morali di Franklin," scrisse "Max Weber in
L'etica protestante e lo spirilo del capilalismo, sono intrisi di
utililarismo... Le virtù...' sono tali soltanto
nella misura in cui
sono realmente utili all individuo.,. L'uomo e dominato dall'idea
di far soldi,
dalla acquisizione come scopo finale della propria
vita." 5 D.H. Lawrence espresse un'opinione non dissimile in
Studies of Classic American Lilerature. Queste interpretazioni
ignorano le relazioni, tanto fondamentali nella prospettiva
borghese del XVIII secolo, tra arricchimento, socievolezza e il
progresso delle arti utili; tra lo spirilo del capilalismo e quello
dell'inventiva e dell'abililà. Per Franklin il miglioramento
personale non. coincide
con il progresso personale; in effetti,
nel XVIII secolo, l'ambizione era una virtù più hamiltoniana che
non frankliniana o jeffersoniana.
DALL'"AUTOFORMAZIONE"
ALL'AVANZAMENTO PERSONALE PER
MEZZO DI "IMMAGINI VINCENTI"
Nel
Corso
del
XIX
secolo,
l'ideale
del
miglioramento personale degenerò nel culto
dell'operosilà coatta. P.T. Barnum, che ammassò
una fortuna seguendo una vocazione la cui stessa
natura sarebbe stata condannata dai purilani ("Ogni
vocazione con la quale Dio venga disonorato, ogni
vocazione che alimenti soltanto le brame degli
uomini... ogni vocazione di tal genere va rifiutata"),
tenne in numerose occasioni una conferenza
esplicilamente intilolata "L'arte di arricchirsi", che
riassumeva la concezione del successo terreno nel
XIX secolo.' Barnum cilava liberamente Franklin, ma
senza la preoccupazione di, questi per la conquista
della saggezza o per la promozione delle
conoscenze utili. L'"informazione" interessava
Barnum semplicemente come mezzo per dominare il
mercato.
Egli condannava quindi le "false economie" della
contadina che al crepuscolo spegne la candela
invece di accenderne un'altra per leggere, non
rendendosi conto che l' "informazione" ottenuta per
mezzo della lettura ha un valore di gran lunga
superiore al prezzo della candela. "Comprate
sempre giornali attendibili" era il consiglio di
Barnum ai giovani in cerca di successo, "e tenetevi
al corrente degli affari del mondo. Colui che è privo
di un giornale è tagliato fuori dalla sua specie."
Barnum considerava l'opinione favorevole degli
altri non un segno della propria utililà, ma soltanto
un mezzo per ottenere credilo. "L'integrilà senza
compromessi del carattere è un bene inestimabile."
Il XIX secolo tentò di esprimere tutti i valori in
termini monetari. Ogni cosa aveva il suo prezzo. Le
opere di carilà erano un dovere morale perchè
"l'uomo generoso disporrà di appoggio, mentre
l'avaro meschino e poco carilatevole sarà sfuggilo ". Il
peccato di orgoglio non tanto71offendeva Dio, ma
conduceva a spese esagerate. "Uno spirilo
orgoglioso e vaniloso, se lasciato libero di esercilare
tutto il suo potere, è l'eterno cancro che divora gli
elementi essenziali delle proprietà terrene di un
uomo. "
Il XVIII secolo trasformò la temperanza in virtù,
senza
peraltro
condannare
una
moderata
indulgenza verso la pratica della socievolezza.
Franklin e i suoi contemporanei, al contrario,
consideravano la "conversazione razionale" un
valore fondamentale. Il XIX secolo condannò la
socievolezza in se, sulla base del fatto
che avrebbe potuto interferire con gli affari.
"Quante ottime opportunilà sono, andate perdute,
senza possibililà che si ripresentino, mentre un
uomo sorseggiava un `bicchiere in compagnia' con
i propri amici!" Nei sermoni sul self-help alilava
ora lo spirilo dell'iniziativa coerciliva. Henry Ward
Beecher definì "il beau ideal della felicilà" come
uno stato mentale in cui "un uomo è così.
indaffarato da non sapere se è felice oppure no"?
Russel Sage constatò che "il lavoro è stata la
principale, e potrei dire la sola, fonte di piacere
della mia vita".a
Tuttavia, anche al culmine dell'età dell'oro, l'etica
protestante non perse completamente il proprio
significato originario. Nei manuali per l'uomo di
successo, nelle raccolte McGuffey, nei Peter Parley
Books e negli incilanti articoli scrilti dai grandi
capilalisti in persona, le virtù protestanti laboriosilà, frugalilà e temperanza - non soltanto
rappresentavano il trampolino di lancio per il
successo, ma erano fonte di gratificazione per il
solo fatto di essere praticate.
L'essenza
del
miglioramento
personale
sopravviveva, in forma degradata, nel culto della
self culture intesa come cura ed educazione
adeguate del corpo e dello spirilo, nutrimento Bella
mente con 1'ausilio dei "grandi libri ", sviluppo del
"carattere". Si continuava a celebrare il successo in
base alla convinzione, pie o meno latente, che
accumulazione
individuale
corrispondesse
a
contributo sociale e le condizioni sociali del
capilalismo
industriale
primilivo,
in
cui
il
perseguimento
della
ricchezza
accresceva
innegabilmente la disponibilila di oggetti utili,
fornivano un certo fondamento all'affermazione che
"
il capilale accumulato a sinonirno di progresso" 9
Col condannare le speculazioni e gli sperperi,
sostenere 1'importanza
di una laboriosila paziente,
72
spingere i giovani a iniziare dalla gavetta e a
sottomettersi
alla
"disciplina
della
vita
quotidiana",E0 anche gli esponenti più sfacciati
dell'arricchimento individuale aderivano alla tesi
per cui la ricchezza trae il proprio valore dal suo
contributo al bene comune e ally felicily delle
generazioni future.
L'elemento
competilivo
fu,
stranamente,
trascurato dal culto ottocentesco del successo: i
risultati non venivano valutati rispetto as quelli
altrui, ma secondo un ideale astratto di disciplina e
di automortificazione. Verso la fine del secolo,
tuttavia, si comincid a parlare, a proposilo di
successo,
di
volonta
di
vincere.
La
burocratizzazione della carriera aziendale mute le
condizioni delta promozione individuale; i giovani
ambiziosi dovevano ora competere con i loro
colleghi per ottenere Patten-
zione e 1'approvazione dei loro superiori. I tentativi
di superare la generazione precedente e gli sforzi
per provvedere a quella futura lasciarono il posto a
forme di rivalila intestina, che vedevano uomini di
pari qualily competere per un limilato numero di
posti. La promozione dipendeva ora "dalla forza di
volonta, dalla fiducia in se stessi, dall'energia e
dall'iniziativa" - qua-lira celebrate in scrilti
esemplari quali Letters from a Self-Made Merchant to
His Son di George Lorimer. John Cawelti, nel suo
studio sul milo del successo, scrive che "verso la
fine del XIX secolo i libri sul self-help erano dominati
dall'ethos
dell'arte
della
vendila
e
della
propaganda. II magnetismo personale, una qualil y
che si supponeva mettesse gli uomini in grado di
influenzare e dominare gli altri, divenne una delle
chiavi fondamentali del successo." " Nel 1907, sia il
Saturday Evening Post di Lorimer che la rivista
Success di Orison Swett Marden, inaugurarono
rubriche
che
istruivano
sull'
"arte
della
conversazione", la moda e Ia "cultura". La gestione
delle relazioni interpersonali fi ns per essere vista
come 1'essenza della promozione personale. II
capilano d'industria lasciava il posto aIlo
spregiudicato affarista, maestro nell'arte di
padroneggiare le impressioni. Ai giovani veniva
detto che, se volevano riuscire, dovevano vendersi.
Se all'inizio si distingueva a fatica tra il nuovo e il
vecchio . metodo per arrivare al successo, la
differenza fra i due divenne lampante quando Dale
Carnegie e, successivamente, Norman Vincent
Peale riformularono e trasformarono la tradizione di
Mather, Franklin, Barnum e Lorimer. Come formula
per il successo, conquistare gli amici e influenzare
la gente avevano ben poco in comune con
1'operosila e la parsimonia. I profeti di questo nuovo
empirismo denigravano "il vecchio d o t t o secondo
cui solo il duro lavoro a la chiave magica che apre le
porte ai nostri desideri".kz Essi esaltavano I'amore
per il denaro, ufficialmente condannato anche dai
materialisti più ostinati dell'eta dorata, in quanto
utile incentivo. "Non riuscirai mai
73 ad accumulate ricchezze in grande quantily," scriveva Napoleon Hill
nel suo Thi nk and Grow Rich, "se non arderai dal
desiderio di possedere denaro." 13 IL perseguimento
Bella ricchezza si libero delle poche implicazioni di
carattere morale che ancora aveva. Inizialmente,
sembrava che le virtu protestanti possedessero un
proprio valore autonomo; anche quando, nella
seconda meta del XIX secolo, esse diventarono
puramente strumentali, il successo mantenne dei
sottintesi morali e sociali in virtu del suo contributo
al benessere e al progress() umani. Ora il successo
veniva consi-
derato fine a se stesso, e solo la consapevolezza di
aver superato i propri concorrenti riusciva ancora a
produrre un senso di auto-approvazione. I più
recenti manuali per l'uomo di successo, assai
diversi dai precedenti, vanno ben oltre il cinismo di
Dale Carnegie e Peale: sostengono apertamente la
necessily di sfruttare e intimidire gli altri, non
dimostrano alcun interesse per cio che costiluisce
1'essenza del successo e insistono con candore sill
fatto che le apparenze - "le immagini vincenti" contano più dei risultati, e le attribuzioni più delle
realizzazioni. Uno degli autori sembra suggerire che
il se consista in poco più che la propria "immagine"
riflessa negli occhi degli altri. "Anche se non a
un'aflermazione originale, sono sicuro the sarete
d'accordo con me sul fatto che il modo in cui
vedete voi stessi riflettera l'immagine che off rile
agli altri." '4 Nulla ha successo come l'apparenza del
successo.
L'ECLISSE
AEI
RISULTATI
INDIVIDUALI
In una society in cui ii milo del successo a stato
privato di qualsiasi significato trascendente, l'unico
metro di misura dei propri risultati a costiluilo, per
qualunque individuo, dai risultati altrui. L'autoapprovazione dipende dal riconoscimento e dal
consenso pubblico, e la natura di tale approvazione
ha subilo, per proprio conto, importanti mutamenti.
In passato l'opinione favorevole degli amici e dei
vicini, che procurava all'individuo conferme indirette
sull'utilila
della
propria
vita,
si
basava
sull'apprezzamento di quanto l'individuo aveva
ottenuto. Oggi gli uomini ricercano
74quel genere di
approvazione che celebra non tanto le azioni,
quanto le qualily personali. Essi desiderano essere
ammirati piùttosto che stimati. Bramano non la
fama, ma il fascino e 1'eccilazione delta celebrily.
Desiderano. essere invidiati piùttosto che rispettati.
Orgoglio e avidily, peccati di un capilalismo in fase
ascendente, hanno lasciato il posto ally vanil y. Se
pure gran parte degli americani definirebhero
ancora il successo in termini di ricchezza, fama e
potere, il loro agire dimostra in realty che essi hanno
uno scarso interesse per la sostanza di queste
conquiste. Non conta cif) che un uomo fa, ma che
egli "ce 1'abbia fatta". Se la fama a di chi corn-pie
imprese degne di nota, esaltate nelle biografie e nei
libri di storia, la celebrily gratifica coloro che
proiettano un'immagine esteriore attraente o
piacevole o richiamano in qualche altro
modo I'attenzione sulla loro persona, e viene
osannata attraverso mezzi di informazione, nelle
rubriche di pettegolezzi, nelle esibizioni televisive,
sulle riviste dedicate alle "personalily". La celebrily a
evanescente, come le notizie stesse, che perdono il
loro interesse non appena perdono la patina
dell'attualila. II successo mondano ha sempre
implicato l'amara consapevolezza che "non si pub
portarlo con se"; oggi che il successo a cost
ampiamente dipendente da fattori quali giovinezza,
fascino e novita, la gloria a più fuggevole che mai, e
coloro che conquistano I'attenzione del pubblico si
preoccupano costantemente della possibilily di
perderla.
Nella nostra society il successo deve essere
ufficialmente ratificato dall'opinione pubblica. Il
magnate che vive nell'oscurila, l'edihcatore di
imperi che controlla i destini delle nazioni da dietro
le quinte, sono esemplari in via d'estinzione. Persino
i funzionari non elettivi, apparentemente occupati in
questioni di alta polilica, devono mantenersi
costantemente in vista; tutta la polilica diventa una
forma di spettacolo. iJ risaputo che Madison Avenue
confeziona polilici e li piazza sul mercato come
fossero cereali o deodoranti; ma l'arte delle
pubbliche
relazioni
penetra
ancora
più
profondamente nella vita polilica, trasformando il
modo stesso del fare polilica. II moderno stratega
non si preoccupa tanto del fatto che "c'e da
lavorare" - che era lo slogan del capilalismo
americano in fase ascendente; a lui importa che "il
pubblico dei diretti interessati", per Usare le parole
dei documend del Pentagono, sia imbonilo,
conquistato, sedotto. Egli confonde il riuscilo
espletamento del compilo che ha .di fronte con
l'impressione che fa o che spera di fare sugli altri.
Cosi i funzionari americani si mossero a tentoni
nella guerra del Vietnam poichè non erano in grado
di distinguere gli interessi mililari e strategici del
paese dalla loro personale "reputazione di garanti",
come si espresse uno di loro. Più preoccupati degli
y
orpelli che
7Sdella realt del potere, essi si convinsero
che Ia rinuncia a1l'intervento avrebbe danneggiato
la "credibilily" americana. Presero a prestilo la
retorica Bella teoria dei giochi per conferire
un'apparenza di dignily alle proprie ossessioni,
sostenendo che la polilica americana in Vietnam
doveva indirizzarsi al " `pubblico' dei diretti
interessati alle azioni degli USA", e cioè i comunisti,
i sudvietnamili, "i nostri alleati (che devono fare
assegnamento su di not come `fiduciari')", e il
popolo americano.'S
Quando il fare polilica, la ricerca del potere e il
perseguimento della ricchezza non hanno altro
scopo che quello di susci-
tare ammirazione o invidia, gli uomini perdono il
senso del-1'obiettivita, gia precario nelle migliori
circostanze. Le impressioni offuscano i risultati.
L'uomo pubblico si preoccupa della propria capacily
di essere all'altezza della crisi, di proiettare
un'immagine di risolutezza, di fornire una
convincente performance di potere esecutivo. Le
criliche si rifanno ai medesimi valori: i primi dubbi
sulla leadership dell'amministrazione Johnson si
concentrarono sul "vuoto di credibilily". Le pubbliche
relazioni e la propaganda hanno esaltato
l'immagine e lo "pseudo-evento". La gente, ha
scrilto Daniel Boorstin, "parla continuamente non
delle cose in se, ma delle loro immagini".16
La retorica del risultato, della dedizione univoca al
cornpilo che si ha di fronte --- la retorica della
prestazione individuale, dell'efficienza e della
produttivita - non fornisce pie, sia nella struttura
aziendale che in quella di governo, un quadro
preciso della lotta per la sopravvivenza personale.
Secondo Eugene Emerson Jennings "il duro lavoro...
a condizione necessaria, ma non sufficiente, della
mobilily ascendente; e in ogni caso non conduce al
vertice"." Un giornalista, con esperienze sia nel
proprio campo che nel Southern Regional Council,
ha riferilo: "In entrambi i casi, ho constatato che ai
dirigenti non importava quanto la mia attivita fosse
buona o scadente... Cie che diventava importante
non erano gli obiettivi, ma il fatto di far funzionare
1'organizzazione."'g
Anche
la
prosperily
del1'organizzazione,
pets,
non
suscila
pie
quell'entusiasmo
che
generava
negli
anni
cinquanta. Jennings scrive che "1'uomo che .
sacrifica se stesso per il bene dell'azienda" e
diventato "un evidente anacronismo".* il dirigente
d'azienda in ascesa "non si considera un uomo
dell'organizzazione". il suo "atteggiamento antiorganizzazione", infatti, a emerso come sua
"caratteristica principale". Egli avanza nei ranghi
76
dell'azienda non servendo l'organizzazione,
ma
convincendo i suoi collegial del fatto che egli
possiede le qualily del "vincilore",2o
* Negli anni cinquanta, 1'uomo dell'organizzazione considerava una
moglie attraente e socialmente dotata un vantaggio prezioso per la
propria carriera. Oggi i dirigenti vengono informati "dell'evidente,
grave contrasto esistente tra matrimonio e carriera dirigenziale". Un
recente resoconto paragona i "corpi elilari dei dirigenti professionisti"
ai giannizzeri, i soldati scelti dell'impeto ottomano che, da bambini,
venivano tolti ai iota genilori, erano allevati dallo stato e non
potevano mai sposarsi. "Un giovane che prende in considerazione is
carriera [dirigenziale] potrebbe a buon dirilto considerarsi un giannizzero dci tempi moderni - e riflettere molto attentamente per
scoprire se il matrimonio si adatta, in un qualsiasi modo, ally vita che
ha scelto," 19
A mano a mano che i'oggetto della carriera
aziendale si sposta "dall'orientamento e dalla
padronanza dei compili al controllo delle mosse
degli altri giocatori", come afferma Thomas Szasz, il
successo diventa dipendente "dalle informazioni
sulla personalily degli altri giocatori".Z" il dirigente
d'azienda o il burocrate sari tanto più in grado di
sfruttare gli errori dei suoi subordinati allo scopo di
controIlarli e di riaffermare la sua supremazia,
quanto più riuscira a comprendere le loro
caratteristiche personali. Se egli sa che i suoi
subordinati gli mentiscono, la menzogna comunica
I'importante informazione che essi lo temono e
desiderano compiacerlo. "Neil'abboccare, per cosi
dire, all'esca dell'adulazione, dell'imbonimento o del
servilismo puro e semplice tesa da una risposta
menzognera, colui che accetta la menzogna
afferma nei fatti la propria volonty di barattare
queste cose con la verila." D'altra parte
l'accettazione della bugia rassicura il mentilore del
fatto che non verra punilo, mentre gli ricorda la sua
dipendenza e subordinazione. "In questo modo,
entrambe le parti acquistano una certa... sicurezza."
Nel romanzo di Joseph Heller Something Happened,
il capo spiega ai suoi uomini di non volere da loro
un "buon lavoro", ma delle "colili spastiche ed
esaurimenti nervosi".
Maledizione, voglio che la gente che lavora per me stia
peggio, e non meglio di me. lü per questa ragione che vi pago
cosi bene. Voglio vedervi sulla cords. E voglio che alb sia ben
chiaro a tutti. E voglio poterlo sentire in tono balbettante,
agilato, strozzato... Non fidatevi di me. To non mi fido
dell'adulazione, della lealta e della socievolezza. Non mi fido
della deferenza, del rispetto e della coIlaborazione. Mi fido delta
paura.22
Secondo Jennings, l'"etica della lealta" e in declino
net mondo degli affari americano perche la lealta
pua, tra le altre cose, "essere simulata e ostentata
con eccessiva facilily da coloro che hanno un
maggior desiderio di affermarsi".'a
L'affermazione the le organizzazioni burocratiche
dedicano più energia al mantenimento delle
relazioni
gerarchiche
che77 all'efficienza
e
all'operosilh a avvalorata dalla considerazione che
la produzione capilalistica moderna a assurta al
prima posto non tanto perche era necessariamente
più efficiente di altri metodi di organizzazione del
lavoro, quanto perche offriva ai capilalisti maggior
potere e maggiori profilti. Le ragioni a favore del
sistema industriale, secondo Stephen Marglin, non
consistevano nella superiorily tecnologica rispetto
alla produzione artigianale, ma net controllo più
efficace delta forza-lavoro che
esso consentiva all'imprendilore. Per usar le parole
di Andrew Ure, il filosofo delle manifatture,
l'introduzione di questo sisterna metteva il
capilalista in grado di "soggiogare le nature
refrattarie dei lavoratori" 14 A many a mano che
l'organizzazione gerarchica del lavoro si estende
fino a toccare la funzione rnanageriale stessa,
1'ufficio acquista le caratteristiche della fabbrica, e
l'impostazione
di
linee
di
dominio
e
di
subordinazione chiaramente demarcate assume
un'importanza pari a quella della subordinazione del
lavoro alla gestione direttiva. Tuttavia, nel-1' "era
della mobilily aziendale", le linee della superiorily e
della subordinazione non sono consolidate, e il
burocrate di successo sopravvive non appellandosi
all'autorila della sua posizione, ma stabilendo un
modello di movimento ascendente, coltivando
1'amicizia di superiori in ascesa e somministrando
"dosi omeopa= tiche di umiliazione" a coloro che
lascia indietro nella sua scalata al vertice.25
L'ARTE
DELLA
SOPRAVVIVENZA
SOCIALE
La trasformazione del milo del successo - della
definizione del successo e delle qualily che si
suppone lo favoriscano ---ha luogo in tempi lunghi e
trae origine non da eventi storici particolari, ma da
mutamenti generali nella struttura delta society: Io
spostamento
di
accento
dalla
produzione
capilalistica ai consumi; 1'espansione di grandi
organizzazioni e delle burocrazie; le condizioni
sempre più rischiose e violente della vita sociale.
Sono passati più di venticinque anni da quando
David Riesman affermo the la transizione dalla
78 segnava un
"mano invisibile" alla "mano tesa"
mutamento fondamentale nell'organizzazicne della
personalily, dal tipo autodiretto, prevalente nel XIX
secolo, all'attuale tipo eterodiretto. Allo stesso
periodo, caratterizzato da un fermento di studi sulla
personalily e da un interesse per Ia cultura oggi
quasi sopilo, risalgono teorizzazioni analoghe sulla
mutata struttura della society capilalistica avanzata.
L' "uomo dell'organizzazione" di William H. Whyte,
la "personalily orientata verso il mercato" di Erich
Fromm, la "personalily nevrotica del nostro tempo"
di Karen Horney e gli studi sul carattere del ciltadino
americano compiùti da Margaret Mead e Geoffrey
Gorer
coglievano
le
componenti
essenziali
dell'uomo nuovo: la sua smania di essere in buoni
rapporti con gli altri; il sua bisogno di organizzare
anche la propria
vita privata secondo le esigenze delle grandi
organizzazioni; il suo tentativo di vendersi, come se
anche la sua personalily fosse una coerce a cui si
pub assegnare un valore. di mercato; suo bisogno
nevrotico di affetto, di conferme e di gratificazioni
ora-Ii; la corruttibilila dei suoi valori. Tuttavia
queste analisi della cultura e della personalily
americane hanno prodotto, per un certo aspetto,
un'impressione fuorviante dei cambiamenti che si
verificavano all'ombra di quella che Riesman
chiamb 1' "affabile apparenza della socievolezza
americana". I crilici degli anni.quaranta e cinquanta
confusero questa apparenza con la realty più
profonda."
Gli americana, secondo Erich Fromm, avevano
perso la capacily di nutrire sentimenti spontanei,
persino quelli che erano espressione della loro
collera. Uno degli "scopi fondamentali del processo
educative" era quello di eliminare 1'antagonismo e
di coltivare in vece sua "una cordialily mercificata".
"Se non sorridi, ti giudicano privo di una
`personalily gradevole' e bisogna avere una
personalily gradevole se si vogliono vendere i propri
servigi in qualily di cameriera, di commesso
viaggiatore o di medico." Al pail di molti altri
studiosi di scienze sociali, Fromm socializzava
indiscriminatamente gli impulsi aggressivi; egli considerava 1'uomo come un prodotto della
socializzazione, non come un essere istintuale Ie
cui pulsioni, parzialmente represse o sublimate,
minacciano continuamente di esplodere in tutta la
loro ferocia originaria. II culto americano della
cordialily
nasconde
ma
non
elimina
una
competizione micidiale per i beni e per il posto,
competizione ancora più spietata in un'epoca di
aspettative decrescenti.
Nel torso degli anni cinquanta opulenza, agi e
"qualily della vita" si delinearono come obiettivi
primari. II welfare state, si pensava, aveva sradicato
la poverty, le disuguaglianze economiche pH'
evidenti e i conflilti a cui esse avevano, in
precedenza,
79 dato luogo. Gli apparenti trionfi del
capilalismo americano lasciarono ai sociologi pochi
motivi di preoccupazione,
tolto il declino
deil'individualismo e la minaccia del conformismo.
II Willy Leman di Arthur Miller, il commesso
viaggiatore the dalla vita non vuole altro che
essere "benvoluto", simboleggia i problemi del
periodo postbellico. Nei più difficili anni settanta, la
prostiluta, e non il commesso viaggiatore, sembra
esemplificare nel migliore dei modi le qualily
indispensabili per riuscire nella society americana.
Anch'essa si vende per vivere, ma i suoi sforzi per
essere seducente non corrispondono a un deside-
rio di essere benvoluta. Mentre vuol essere
ammirata, disprezza coloro che 1'ammirano,
ricavando una scarsa gratificazione dal proprio
successo sociale. Tenta di suscilare sensazioni negli
altri, senza mai farsi coinvolgere. il fatto di vivere in
un milieu di relazioni interpersonali non fa di lei un
tipo conformista o "eterodiretto". Rimane una
solilaria e dipende dagli altri allo stesso mock in cui
il falco dipende dai suoi piccoli. Sfrutta 1'etica del
piacere che ha sostiluilo quella dell'affermazione
personale, ma la sua carriers, più di ogni altra, ci
ricorda che 1'edonismo contemporaneo, di cui essa
e il simbolo supremo, non nasce dal-la ricerca del
piacere, ma dalla guerra di tutti contro tutti, guerre
che rende anche gli incontri più intimi una forma di
sfruttamento reciproco.
Oggi il piacere, prima definilo come fine a se,
assume i requisili del lavoro, come Martha
Wolfenstein ha osservato nel suo saggio sulla
"morale del divertimento" - in altri termini il gioco
viene on. "valutato in base a risultati standard the
prima si applicavano solo al lavoro"." La
misurazione
delle
"prestazioni"
sessuali,
1'insistenza sul fatto che ii soddisfacimento
sessuale dipende da una "tecnica" appropriata, e la
convinzione diffusa the essa possa essere
"
raggiunta" solo in seguilo a uno sforzo coordinato,
all'esercizio e allo studio, sono tutte realty che
confermano come la retorica del risultato abbia
ormai invaso anche il terrilorio del gioco. Ma coloro
che deplorano la trasformazione del gioco in
prestazione,
limilano
la
propria
attenzione
all'esteriorila del gioco, in questo caso all'esteriorila
dei contatti sessuali. Ohre alla preoccupazione per
la
prestazione,
esiste
una
pH'
profonda
determinazione a manipolare a proprio vantaggio i
sentimenti altrui. La ricerca di vantaggi competilivi
per mezzo della manipolazione delle emozioni
plasma progressivamente non solo le relazioni
personali, ma anche quelle di lavoro; e per questa
ragione che ora la socievolezza80puo funzionare
come prolungamento del lavoro con altri mezzi. La
vita privata, non costiluendo più un rifugio dalle
deprivazioni subile sul lavoro, e divenuta altrettanto
anarchica, bellicosa e piena di tensioni quanto il
mercato stesso. il cocktail party riduce la socievolezza a una schermaglia mondana. Gli esperti
scrivono
manuali
tattici
sull'arte
della
sopravvivenza sociale, consigliando ai frequentatori
di party in cerca di status di assumere una
posizione di preminenza nella sala, di circondarsi di
un gruppo di fedeli seguaci e di evitare di voltare le
spalle al campo di Battaglia.
Oggi si a sempre più d'accordo nel riconoscere
che una certa elasticily nelle relazioni interpersonali
influisca sul risultato che C l si propane di
conseguire; questo stato di cose ha incoraggiato il
diffondersi di "terapie di rinforzo personale",
contro-terapie intese a dotare il paziente di difese
contro la manipolazione. Aiutando il paziente ad
avere sicurezza in se stesso si tenta di liberarlo dai
"sentimenti di ansia, ignoranza e colpa che... vengono efficacemente usati dagli altri per farci fare
quello die loro vogliono". Altre forme di "terapia del
gioco" mettono in guardia i pazienti sui "giochi che
gli altri impongono", tentando in questo modo di
promuovere una "intimila libera da giochi" za
Terapie di questo tipo sono importanti non solo per
gli obiettivi che si pongono, ma perche agiscono
costantemente sull'ansia; le sostiene inoltre il
presupposto teorico che il successo dipenda
comunque dalla manipolazione psicologica e che
ogni sfera dell'esistenza, persino quella del lavoro,
apparentemente regolata sul conseguimento di
risultati, faccia perno in realty sulla lotta per il
vantaggio interpersonale, sul gioco crudele di
intimidire gli amici e sedurre la gente.
L'A P O T E OS I
D E L L 'I N D I V I D U A L I S M O
La paura che ossessionava i sociologi negli anni
cinquanta --- i quali temevano che 1'individualismo
vigoroso avesse ceduto al conformismo e a una
"tiepida socievolezza" - appare prematura a uno
sguardo retrospettivo. Nel 1960, David Riesman
denunciava il fatto che i giovani non possedevano
quasi più una "figura" sociale, che la loro
educazione gli aveva fornilo non "una personalily
raffinata, ma una personalily affabile, superficiale,
adattabile, adeguata all'articolazione elastica e al
pesante turnover del lavoro nelle organizzazioni in
espansione di una society opulenta". 1ü vero che
"un edonismo orientato verso il presence", come
proseguiva Riesman, ha sostiluilo
81 1'etica del lavoro
"proprio tra le classi che nelle prime fasi
dell'industrializzazione erano orientate verso il
futuro, verso mete lontane e gratificazioni
differile". Ma questo edonismo a una truffa; la
ricerca del piacere maschera la lotta per il potere.29
In realty, gli americans non sono diventati più
socievoli o solidali, come vorrebbero farci credere i
teorsci dell'eterodirezione e del conformismo: sono
soltanto diventati pill esperti nello sfruttare, a
proprio vantaggio, le convenzioni delle relazioni
interpersonali.
Spesso le attivita apparentemente intraprese per
puro divertimento hanno l'unico scopo di imbrogliare
gli altri. sintomatico del reale modo di vita
americano che i termini volgari con cult si a solili
riferirsi al rapporto sessuale esprimano andhe un
senso profondo di sopraffazione: si tratta di
prendere il meglio del partner, di pestarlo, di
ingannarlo, imponendo la propria volonta per mezzo
dell'astuzia, di espedienti o della superiorily fisica. I
verbi associati al piacere sessuale si sono arricchili
oltre il consueto di sottintesi di violenza e di
sfruttamento psicologico. Nel mondo violento del
ghetto, il c u i linguaggio si a oggi insinuato in ogni
maglia della society americana, la violenza associata
al rapporto sessuale a diretta, con particolare
intensily, dagli uomini contro le donne, e in special
modo contro le madri. II linguaggio dell'aggressione
e dell'insulto rilualizzati ricorda a coloro che lo usano
che lo sfruttamento a la regola generale, e una
qualche forma di dipendenza il destino comune; che,
come dice Lee Rainwater, "1'individuo non a
sufficientemente forte o adulto per raggiungere il
proprio scopo in modo legiltimo, ma e piùttosto un
bambino, dipendente da altri che tollerano i suoi
infantili raggiri"; i maschi, quindi, anche quelli
adulti, dipendono spesso dalle donne per avere
appoggio e nutrimento 30 Molti di Toro devono
arruffianarsi per sopravvivere, ingraziarsi una donna
per carpirle del denaro; le relazioni sessuali diventano
cost
manipolatorie
e
di
rapina.
II
soddisfacimento dipende dal prendere cib che si
vuole, invece che dall'aspettare cib che si ha dirilto
a ricevere. Tutto cib entra a far parte del linguaggio
quotidiano in espressioni che connettono il senso
con l'aggressione e 1'aggressivita sessuale con
sentimenti altamente ambivalenti nei confronti delle
madri.*
82
* Nei tardy anni sessanta, i "radicali" bianchi adottarono
con
entusiasmo lo slogan "Mani contro il muro, motherfucker! " Ma
questo termine ha perduto da lungo tempo le sue implicazioni
rivoluzionarie, esattamente come altre espressioni dei tieri americani
rese per is prima volta popolari tra i bianchi dagli uomini polilici
radicali e dai portavoce della controcultura. In una forma
leggermente purgata lo slogan a stato cosi bent accetto che in
qualsiasi ambiente il termine "mamma" esprime spigliata familiarily o
disprezzo. Analogamente, i Rolling Stones e altri esponenti dell'hard
o acid rock, che hanno usato il linguaggio osceno del ghetto per
comunicare un atteggiamento di alienazione mililante, hanno
lasciato il posto a gruppi che cantano p i ù dolcemente, ma sempre
utilizzando espressioni del ghetto, di un mondo in cult si ha solo cib
che si a disposti a prendere. Svanila la messinscena dells solidarieta
rivoluziona ria, dopo che la festa dell'amore "sballata" del "popolo di
Woodstock" a degenerata nel caos mortale di Altamont, il cinismo
sottostante si affaccia alla superficie più chiaramente che malt.
Da un certo punto di vista, il veto medio e
diventato una pal-Iida copia del ghetto negro, come
ci induce a pensare il fatto che esso si sia
appropriate del suo linguaggio. Non c'e bisogno di
minimizzare la poverty del ghetto o le sofferenze
inflilte dai bianchi ai neri, per capire che le
condizioni di vita della classe media, sempre pH'
imprevedibili e pericolose, hanno prodotto strategie
di sopravvivenza simili. In effetti, l'attrazione che la
cultura negra esercila sui bianchi disaffezionati ci fa
supporre che essa si rivolga a una condizione
generalizzata, la cui caratteristica più'importante a
una diffusa perdila di fiducia nel futuro. I poveri
hanno sempre dovuto vivere in funzione del
presente, ma ora anche il ceto medic e preda di
un'angoscia disperata per la propria sopravvivenza
personale, che talvolta si manifesta sotto forma di
edonismo. Oggi quasi tutti vivono in un mondo
pericoloso che lascia poche vie di scampo. IL
terrorismo internazionale e il fenomeno dei
rapimenti, i bombardamenti e i dirottamenti aerei
colpiscono arbilrariamente i ricchi come i poveri. Il
crimine, la violenza e la guerra tra bande rivali
rendono le cilta insicure e minacciano di espandersi
alle periferie. La violenza razziale per le strade e
nelle scuole crea un'atmos£era di tensione erotica, e
minaccia di esplodere da un memento al-1'altro in
un conflilto razziale di grandi dimensioni. La disoccupazione si propaga dai meno abbienti ai colletti
bianchi, mentre l'inflazione divora i risparmi di
coloro che speravano in una vecchiaia tranquilla
dopo il pensionamento. Buona parte di quella che
con un eufemismo viene chiamata classe media,
solo perche si veste bene per andare al lavoro, e ora
ridotta a livelli di vita proletari. Molte occupazioni
riservate agli impiegati non richiedono maggiori
abilily, e tendon() meno economicamente di quelle
svelte dagli operai specializzati, senza peraltro
offrire garanzie di status o di sicurezza. Alla
dominante atmosfera di incertezza si aggiungono i
messaggi di morte e distruzione diffusi senza sosta
dai mass media. Estese carestie, terremoti, guerre e
83 in paesi lontani avvincono la rostra
sollevazioni
attenzione
proprio
come
gli
avvenimenti
geograficamente più vicini. L'impressione di
arbilrariety nella cronaca delle calamily sembra
confermare is natura arbilraria delle nostre
esperienze, e la mancanza di continuily nel
resoconto degli eventi, presentandosi ogni nuova
crisi come svincolata e indipendente da quella che
l'ha
preceduta,
accresce
la
sensazione
di
discontinuily della storia, la sensazione di vivere in
un mondo in cui ii passato non e
di guida al presente e il futuro a diventato
completamente imprevedibile.
Le concezioni del successo presupponevano in
passato un mondo in rapido movimento, in cui si
potevano guadagnare o perdere in un baleno intere
fortune e ogni giorno schiudeva nuove opportunily.
Presupponevano anche, tuttavia, una certa stabilil y,
un futuro che avesse qualche evidente somiglianza
con il presente e il passato. L'espansione della
burocrazia, il culto del consumismo con le sue
gratificazioni immediate, ma soprattutto il venir
meno del senso della continuily storica, hanno
trasformato 1'etica protestante portando alla loro
logica conclusion i principi basilari della society
capilalistica.
II
perseguimento
dell'interesse
personale, precedentemente identificato con il
perseguimento
razionale
del
guadagno
e
dell'accumulazione delle ricchezze, corrisponde
oggi alla ricerca del piacere e di uno stato di
sopravvivenza psichica, Le attuali condizioni sociali
si avvicinano a queue prospettate dal marchese de
Sade proprio agli inizi dell'epoca repubblicana.
Sade, per molti aspetti il piii lungimirante e
certamente il più scomodo tra i profeti dell'individualismo rivoluzionario, sosteneva che il punto
d'arrivo logico della rivoluzione nei rapporti di
propriety avrebbe dovuto es-sere un'illimilata autoindulgenza -- l'unico modo per raggiungere la
fratellanza rivoluzionaria nella sua forma più para.
Nei suoi scrilti Sade, tramile una regressione ai
livelli più primilivi della fantasia, intravide
prodigiosamente tutti gli sviluppi che la condizione
individuate avrebbe avuto sotto il capilalismo, per
arrivare infine non a uno stato di fratellanza
rivoluzionaria, ma a una society di fratellastri in
competizione che a sopravvissuta alle proprie
origini rivoluzionarie e le ha rinnegate.
Sade immaginb un'utopia sessuale
84 in cui ognuno
ha dirilto a chiunque altro e nella quale gli esseri
umani, ridotti ai loro organi sessuali, diventano
perfettamente anonimi e interscambiabili. La sua
society ideale riaffermava cos). il principio del
capilalismo secondo cui, in ultima istanza, gli esseri
umani sono riducibili a oggetti interscambiabili. Egli
accettb anche, portandola a una conclusion
sorprendentemente nuova, l'ipotesi di Hobbes
secondo cui la distruzione del paternalismo e la
subordinazione di tutte le relazioni sociali al
mercato avevano privato la guerra di tutti contro
tutti delle ultime restrizioni che la limilavano e delle
illusioni che la miligavano. Nello stato di anarchia
organizzata che ne risultava, come Sade fu ii primo
a notare, iI piacere diventava 1'unico scopo della
vita, piacere indistingui-
bile dailo stupro, dall'omicidio e dall'aggressivita
sfrenata. In una società che ha ridotto la ragione a
puro calcolo, nessun limile a posto ally ricerca del
piacere, all'immediato soddisfacimento di qualsiasi
desiderio, per quanto perverso, folle, criminale o
semplicemente immorale esso sia. Le norme che
dovrebbero condannare il crimine o 1'efferatezza
derivano infatti dalla religion, dalla pieta o da quel
tipo di ragionamento che rifiuta le applicazioni
puramente strumentali; e nessuna di queste
obsolete forme di pensiero o di sentimento ha
dirilto a un suo posto in una società basata sulla
produzione di beni di con-sumo. Sade, nella sua
misoginia, si rese conto del fatto che l'illuminismo
borghese, portato alIe sue logiche conclusions,
condannava anche il culto sentimentale della
femminilila e della famiglia, che la borghesia stessa
aveva portato a estremi senza precedenti.
Nello stesso tempo, egli capl che la condanna
della "venerazione per la donna" doveva andare di
pars passo con la difesa dei suoi dirilti sessuali, del
dirilto, come direbbero le femministe di oggi, a
disporre del proprio corpo. Se nell'utopia di Sade
1'esercizio di questo dirilto si riduce al dovere di
diventare lo strumento del piacere altrui, cio
avviene non tanto perche Sade odiava le donne,
quanto perche odiava l'umanila. Egli intul, con
maggiore chiarezza delle femministe, che sotto il
capilalismo tutte le liberty finiscono per ridursi alla
stessa cosa, all'identico universale obbligo di
godere e di essere goduti. Nel medesimo tempo, e
senza violare la propria logica, Sade chiedeva per
le donne il dirilto "a soddisfare pienamente tutti i
loro desideri" e "tutte le parti del loro corpo" e
affermava categoricamente che "tutte le donne
devono sottomettersi al nostro piacere". In questo
modo, l'individualismo puro sfociava nel ripudio pin
radicale dell'individualila. "Tutti gli uomini e tune le
donne sono simili gli uni agli altri", secondo Sade; e
per quells tra i suoi compatrioti che vogliono
diventare repubblicani, egli aggiunge il sinistro
ammonimento: "Non pensiate di pater diventare
85 terrete isolati
dei buoni repubblicani fino a quando
nelle loro famiglie i bambini che dovrebbero
appartenere soltanto alla repubblica." La difesa
borghese dell'intimila culmina - non solo nel
pensiero di Sade, ma nella storia successiva che
era stata prevista tanto esattamente persino
nell'estremismo, nella follia e nell'infantilismo delle
sue idee - nel pin totale attacco aIl'intimila; la
glorificazione dell'individuo arriva a identificarsi col
suo annientamento.31
4.
LA BANALILA DELLA PSEUDOCONSAPEVOLEZZA
DI SE: TEATRALILA DELLA POLILICA
E DELL'ESISTENZA QUOTIDIANA
La morte della coscienza non equivale alla
morte della coscienza di s$.
HARRY CROSBY 1.
LA PROPAGANDA DP.I BENI DI CONSUMO
Agli albori del capilalismo industriale,Z i datori di
lavoro consideravano l'operaio una bestia da soma
o poco "della razza del bue", sono Ie testuali parole
di Frederick W. Taylor,3. specialista dell'efficienza. I
capilalisti vedevario nel lavoratore soltanto una
forza produttiva; non si curavano minirnamente
delle attivita a cui egli si dedicava nel tempo libero quel poco che gli restava dopo le dodici o
quattordici ore passate in fabbrica. I padroni
cercavano di controllare il lavoratore sul posto di
lavoro, ma la loro sorveglianza aveva termine
quando questi lasciava la fabbrica alla chiusura.
L'istiluzione, a opera di Henry Ford, di un
Dipartimento di Sociologia alla Ford Motor Works,
nel 1914, non aveva altro scopo che quello di
trasformare i lavoratori, attraverso il controllo della
Toro vita privata, in produttori sobri, economi e
diligenti.4 I sociologi della Ford tentarono di imporre
alla forza-lavoro una antiquata morale protestante e
si scagliarono contro iI tabacco, I'alcool e la vita
dissipata.
A quell'epoca soltanto
un ristretto numero di
$6
imprendilori caps che il lavoratore poteva essere
utile al capilalista in quanto consumatore; che
bisognava infondergli il gusto per cose più raffinate;
che un'economia basata sulla produzione in serie
richiedeva non solo un'organizzazione capilalistica
della produzione, ma anche un'organizzazione del
consumo e del tempo libero. "La produzione in serie,"
disse nel 1919 il magnate dei grandi magazzini di
Boston Edward A. Filene, "esige che le masse
vengano educate; le masse devono imparare a
compor-
tarsi come esseri.umani nel mondo della
produzione in serie... Non basta un'istruzione,
devono avere una cultura." In altre parole,
l'industriale moderno deve "educare" le masse alla
civilta dei consumi. La produzione in serie di merci
in quantily progressivamente crescenti ha bisogno
di una domanda di massa che la assorba.
L'economia americana, una volta raggiunto il livello
tecnologico che le consentiva di soddisfare i bisogni
materiali fondamentali, ha legato iI suo sviluppo alla
creazione nel consumatore di nuove esigenze
ally capacily di indurre la gente ad acquistare
dei prodotti di cui non avverte il "bisogno" finche
questo non Ie a imposto dai mass media. La
pubblicila, ha detto Calvin Coolidge, "e il metodo per
suscilare il desiderio di cose migliori".° Il tentativo di
"civilizzare" le masse ha originato una society
dominata dalle apparenze - la society dello spettacolo. Nel periodo dell'accumulazione primiliva, iI
capilalismo subordinava 1'essere all'avere, il valore
d'uso delle cose al loro valore di scambio. Ora
subordina il possesso stesso all'apparenza e calcola
il valore di scambio di una merce in base al prestigio
che essa pub conferire - 1'illusione di prosperily e
benessere. "Quando la necessily economica cede il
posto alla necessily di uno sviluppo economico
illimilato," scrive Guy Debord, "al soddisfacimento
dei bisogni umani fondamentali e universalmente
riconosciuti subentra 1'ininterrotta fabbricazione di
falsi bisogni."'
In un'epoca meno complessa, la pubblicila si
limilava a richiamare 1'attenzione sul prodotto,
esaltandone i pregi. Oggi a essa stessa a creare il
prodotto: il consumatore, eternamente insoddisfatto, inquieto, ansioso e annoiato. Funzione
delta pubblicila non a tanto reclamizzare un
prodotto quanto promuovere a modo di vita il
consumo. Essa "educa" le masse anutrire un'in87 ma di nuove
saziabile avidily non solo di merci,
esperienze e di realizzazione personale. Propane il
consumo come risposta alle secolari afflizioni che si
accompagnano alla soliludine, alla ma lattia, alla
noia, alla mancanza di appagamento sessuale, e
crea parallelamente forme di malcontento nuove e
peculiari del nostro tempo. Sfrutta subdolamente iI
disagio della civilta industriale. Il vostro lavoro a
noioso e frustrante? Vi fa sentire stanchi e inutili?
La vostra vita e vuota? Il consumo si incarica di
riempire questo vuoto lacerante; ecco allora il
tentativo di circondare i prodotti di un'atmosfera
fantastica, fatta di allu-
sioni a luoghi esotici e a esperienze irripetibili, di
immagini di seni £emminili che promettono ogni
delizia.
La propaganda commerciale ha una duplice
funzione. In primo luogo, promuove il consumo
come alternativa alla protesta o alla ribeIlione. Paul
Nystrom, uno dei primi studiosi di marketing
moderno, osservo una° volta che la civilta
industriale ge nera una "filosofia della futilil y un
senso esteso di stanchezza, una "insoddisfazione
per le ,realizzazioni" che trova sfogo nella
sostiluzione continua delle cose più frivole,
seguendo i dettami della moda.8 II lavoratore stanco
e amareggiato, invece di cercare di cambiare le sue
condizioni
di
lavoro,
cerca
di
rinnovarsi
circondandosi di nuovi beni e servizi.
Secondariamente, la propaganda trasforma in
merce l'alienazione stessa. Essa si appunta sulla
desolazione spiriluale della vita moderna per
proporci il consumo come rimedio. Non solo
promette di miligare quell'infelicila che da sempre a
retaggio della carne; crea o e'saspera nuove forme
di
infelicily
1'insicurezza
personale,
la
preoccupazione per il proprio status sociale, nei
genilori il timore di non riuscire a soddisfare i
bisogni dei figli. Avete 1'aria un po' dimessa in
confronto ai vostri vicini? La vostra macchina e
meno potente della loro? I vostri figli Sono
altrettanto robusti? altrettanto benvoluti? a scuola,
vanno
bene
come
i
loro?
La
pubblicila
istiluzionalizza 1'invidia e i suoi tormenti.
Al servizio dello status quo, la pubblicila si e
nondimeno
identificata
con
un
profondo
cambiamento dei valori, una "rivoluzione dei
costumi e delta morale" iniziata nei primi anni del
secolo e proseguila fino ai giorni nostri. Le esigenze
dell'economia dei consumi di massa hanno reso
obsoleta 1'etica del
lavoro anche try i lavoratori. Un
tempo i tutori della88salute e della moralily pubbliche
esortavano l'operaio a lavorare perche quello era il
suo dovere morale; ora gli insegnano a lavorare per
avere la sua parse dei benefici del consumo. Nel
secolo scorso, solo le elile obbedivano ai dettami
della moda e cambiavano le cose the gia
possedevano con altre più nuove per Tunica ragicne
che non erano più in yoga. L'ortodossia economica
condannava il resto della society a una vita di duro
lavoro e di pura sussistenza. Ora la produzione in
serie degli articoli di lusso ha esteso alle masse le
abiludini di pochi. L'apparato di promozione delle
masse aggredisce. le ideologie basate sul diflerimento delle gratificazioni, si allea con la
"rivoluzione" sessuale, si schiera, o cost sembra,
con le donne contro l'oppressione ma-
schile e con i giovani contra 1'autorila degli anziani.
La logica della creazione della domanda esige che le
donne fumino e bevano in pubblico, siano libere di
andare in giro e rivendichino il lam dirilto a essere
felici invece di vivere per gli altri. L'industria della
pubblicily incoraggia quindi la pseudo-emancipazione
delle donne Iusingandole ("Ne hai fatto di strada,
ragazza! ") e presentando come autentica
autonomia la liberty di consumare. In maniera
analoga blandisce ed esalta la gioventil nella
speranza di promuovere i giovani allo status di
consumatori maturi e autonomi, ciascuno col
telefono, il televisore e un impianto hi-fi nella
propria camera. L'"educazione" delle masse ha
alterato i rapporti di forza all'interno della famiglia,
indebolendo i'autorila del marilo rispetto alla moglie
e quella dei genilori rispetto ai figli. Emancipa le
donne e i figli dall'autorila patriarcale soltanto,
peril), per assoggettarli al nuovo paternalismo
dell'industria pubblicilaria, dei gruppi industriali e
dello stato.*
VERILA E CREDIBILILA
Il ruolo dei mass media nella manipolazione
dell'opinione pubblica a stato oggetto di grande e
preoccupata attenzione, ma per to più mal
indirizzata. Molti giudizi crilici partono dal
presupposto che il problema sia quello di impedire
la circolazione deIle falsily palesi; mentre e evidente,
come a stato messo in lace dalle più acute analisi
della cultura di massa, che i mass media,
diffondendosi, hanno reso non pertinenti, per una
valutazione della propria influenza, le categoric di
vero e falso. La verila ha lasciato il posto alla
credibilily, i fatti alle affermazioni che suonano
autorevoli senza convogliare alcuna informazione
autorevole.
Proclamare che un dato prodotto e preferilo dalle
persone importanti senza dire a89
che Cosa e
preferilo, vantare la superio-
* Secondo Nystrom, e insila nella vita familiare la tendenza a
privilegiare la consuetudine,. in contrapposizione ally moda. "La vita
privata della famiglia e regolata dalla consuetudine pil' di quanto
non avvenga per la vita pubblica o semipubblica." "II conflilto tra i
giovani e le convenzioni", d'altro canto, favorisce rapidi cambiamenti
nel vestire e nello stile dei costumi. In generale, nota Nystrom, la vita
rurale, 1'analfabetismo, la gerarchia sociale e 1'inerzia appog giano
la consuetudine, mentre la moda - la cultura del consurno - e ii pro.
dotto delle 'lone progressive all'opera nella societ y moderna:
1'istruzione pub blica, Is liberty di espressione, la circola.zione delle
idee e dell'informazione, is "filosofia del progresso".
rila di un prodotto su concorrenti non specificati,
attribuire implicilamente una data caratteristica
unicamente al prodotto reclamizzato quando di
fatto essa a condivisa da quelli della concorrenza,
sono altrettanti espedienti per offuscare la distinzione tra vero e falso in un polverone di plausibilil y.
Questo genere di associazioni sono "vere", ma
totalmente mistificanti. L'addetto stampa del
presidente Nixon, Ron Ziegler, forth un significativo
esempio dell'uso polilico di queste tecniche quando
ammise che le sue precedenti affermazioni
sull'affare Watergate erano diventate "inoperative".
A molti questo sembrb un modo eufemistico di
riconoscere di aver mentilo. Gib che in realty
Ziegler voleva dire, era che le sue primilive
dichiarazioni non erano ph attendibili. Non il loro
essere false, ma la loro incapacily di convincere le
rendeva "inoperative". La loro veridicila o meno
non -era in discussione.
PUBBLICILA B PROPAGANDA
Come ha sottolineato Daniel Boorstin,' not
viviamo in un mondo di pseudo-eventi e di semi
inforrnazioni,
in
un'atmosfera
satura
di
affermazioni che non sono n~ vere ne false ma
semplicemente credibili. Anche Boorstin tuttavia
minimizza il grado in cui le apparenze - le
"immagini" - dominano la society americana.
Sottraendosi alle implicazioni phi scomode delta
sua indagine, egli traccia una distinzione filtizia tra
pubblicila e propaganda the gli consente di
postulare una sfera di razionalila tecnologica -- che
include gli interventi dello stato e buona parte della
prassi normale dell'industria moderna - nella quale
l'irrazionalila delle immagini non riesce a
90
penetrare. Per Boorstin
la propaganda, che egli
associa esclusivamente ai regimi totalilari, consiste
nell' "informazione volutamente tendenziosa", un
tipo di informazione che ha la sua forza nell'
"impatto emotivo"; uno pseudo-evento costiluisce
invece una "verila incerta" che fa leva sul "nostro
legiltimo desiderio di essere informati". Questa
distinzione non pub reggere a lungo. Si basa su una
concezione
rudimentale
della
moderna
propaganda, un'arte che da tempo si e impadronila
delle tecniche pH' raffinate della pubblicila odierna.
L'abile
propagandista,
come
i'esperto
pubblicilario, evita i facili appelli all'emotivita,
sforzandosi di trovare uno stile che sia in armonia
con la natura prosaica della vita moderna - vale
a dire, un realismo diretto ma persuasivo. E
neppure divulga informazioni "volutaniente
tendenziose". Egli sa bene the le verila parziali sono
strumenti di frode ben più efficaci delle rnenzogne.
Cerca allora di impressionare il pubblico
presentando statistiche della crescila economica
che omettono di segnalare l'anno a partile dal quale
a stata calcolata la crescila, elenca fatti
circostanziati, ma irrilevanti, sullo standard di vita in altre parole, dati non selezionati e non elaborate
che inducono chi li riceve a trarre 1'inevitabile
conclusione che le cose stanno andando meglio e
che I'attuale regime merils, dunque, la fiducia della
gente, oppure che le case stanno peggiorando tanto
rapidamente che all'attuale regime dovrebbero
essere concessi pieni poteri per fronteggiare
1'emergenza della crisi. Usando particolari
circostanziati per suggerire un quadro complessivo
fuorviante, le scaltro propagandista fa della verila la
principale forma di mistificazione.
Nella propaganda come nella pubblicila, cis che
conta non e che l'informazione descriva fedelmente
una siluazione oggettiva, ma che sembri vera. A
volte l'informazione va soppressa perche, pur
accredilando 1'operato del governo, presenta i fatti
come poco plausibili. Jacques Ellul, in uno studio
sulla propaganda, analizza i motivi per cui i
tedeschi, nel 1942, non rivelarono che I'invincibile
generale Rommel non si trovava in Africa settentrionale al momento della viltoria di Montgomery:
"Tutti 1'avrebbero rilenuta una scusa bell'e buona
per spiegare la sconfilta e dimostrare che Rommel,
in realtà, non era stato battuto." L'Office of War
Information degli Stati Unili, smanioso di usare le
atrocila dci tedeschi per infiammare I'opinione
pubblica contra la Germania, ignaro la più
sconvolgente di tutte le atrocila, lo sterminio degli
ebrei, col pretesto die la storia potrebbe "generare
confusione e malintesi se sembrasse riguardare soltanto il popolo ebreo". La verila deve essere taciuta
se ha I'aspetto di propaganda. "L'unico motivo
valido per non trasmettere una notizia," consiglia
un manuale in dotazione agli Alleati durante 10
la
seconda guerra mondiale, "e che sia incredibile. "
1J una verila incontestabile che la propaganda fa
subdolamente appello alle emozioni. Ellul osserva
die la propaganda usa i fatti non 91
a sostegno di un
argomento, ma per esercilare una pressione
emotiva. La stessa cosa, tuttavia, a vera per la
pubblicila. In entrambi i casi, l'appello all'emotivita
rimane tacilo e indiretto; a insilo nei fatti medesimi
e non contrasta con il
"legiltimo desiderio di essere informal". Poichè sa
che Un pubblico istruilo e affamato di fatti e che
niente gli e piil caro dell'illusione di essere bene
informato, il propagandista moderno evita di usare
slogan altisonanti; quasi mai si richiarna a un
destino superiore; raramente invoca I'eroismo e ii
sacrificio o ricorda ai suoi ascoltatori ii passato
glorioso. Egli si attiene ai "fatti". In questo modo non
si riesce più a distinguere tra propaganda e
"informazione".
Una delle funzioni fondamentali della burocrazia
federale, oggi in ampia estensione, e di soddisf are
la richiesta di questo genere di informazioni. La
burocrazia non si limila a fornire informazioni
apparentemente attendibili ai suoi funzionari, ma
arriva a elargire informazioni sbagliate al pubblico.
E più questo prodotto a oscuro e denso di
tecnicismi, più suona convincente. A questo fatto
dobbiamo la diffusione, nella nostra cultura, del
disorientante gergo pseudoscientifico. Questo
linguaggio
conferisce
alle
pretese
delle
amministrazioni e degli agenti pubblicilari, in egual
misura, un alone di neutralily scientifica. E, soprattutto,
a
intenzionalmente
complesso
e
indecifrabile - prerogative che riscuotono il favore
di un pubblico che si sente informato nella misura
in cui e frastornato. Nel torso di una conferenza
stampa tenutasi net maggio del 1962, John F.
Kennedy proclamo, nei torsi che gli erano consueti,
to fine delle ideologie; rispose cost a due bisogni
della nazione: il bisogno di credere che le decisioni
poliliche siano nelle mani di specialisti imparziali e
bipartilici e il bisogno di credere che i problemi di
cui si occupano gli, esperti siano incomprensibili ai
profani.
Per molti anni la maggior parte di note stata condizionata ad,
avere un'opinione polilica: repubblicana o democratica,
"liberal", conservatrice o moderata. La realty dei fatti a che la
maggior parte dei problemi... che dobbiamo aifrontare ora,
sono problemi 92
tecnici, problemi amministrativi. Sono risoluzioni
estremamente complesse, che non si prestano a quel nobile
genere di agguerrili movimenti che in passato hanno
infiammato il paese con tanta frequenza. [Essi] concernono
questioni che trascendono ormai la capacily di comprensione
della stragrande maggioranza... "
POLILICA COME SPETTACOLO
Per gli analisti di sistemi e i "consutenti sociali" a
una verila indiscussa iI fatto che "con il progressivo
aumento delta complessila della society", come ha
detto una volta uno di loro,
Fly UP