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la vittimologia - Criminologi.com
LA VITTIMOLOGIA Dr.ssa Rita Giorgi Pedagogista – Criminologo – Direttore Scientifico del CSC -Centro Studi di Criminologia – di Týrris onlus Di cosa si occupa la vittimologia Etimologicamente il termine deriva dal vocabolo latino victima. In orgine era riferita al “sacrificio”;aveva quindi una valenza rituale e sacrale. La vittima era la persona o l'animale la cui vita era offerta per propiziare i favori o acquietare l’ira della divinità. Oggi vittima è chiunque sperimenti una lesione, un danno, una perdita od un disagio percepito come ingiusto. La vittimologia studia la sfera bio-psico-sociale della vittima, ma non solo: essa studia il rapporto da essa avuto con il proprio aggressore (quindi anche il suo ruolo agito all'interno di quella particolare circostanza), il contesto ambientale (fisico e psicologico) entro il quale è stata compiuta un'azione criminale e, nel caso di vittima sopravvissuta, le conseguenze fisiche (danni biologici), psicologiche (traumi a breve-medio-lungo termine) e sociali (reazioni del gruppo primario, come la famiglia, del gruppo secondario, gli amici, e delle agenzie di controllo come le forze di polizia o i tribunali). Quali le funzioni della vittimologia? Ne possiamo individuare principalmente due: una funzione preventiva con lo scopo di tentare di ridurre il numero delle vittime e le circostanze contestuali nelle quali è più probabile essere vittimizzati (attraverso la ricerca e lo studio sulle specifiche proprietà bio-psico-sociali della vittima e del suo rapporto con l'aggressore) ed una funzione riparativa per ridurre gli effetti dei danni fisici e psicologici arrecati, grazie allo studio di questi sulla vittima, riscontrabili sia a breve che lungo termine. Cenni storici La sua nascita come scienza empirica si può far risalire al 1948, quando la pubblicazione di Von Hentig dell’opera “The Criminal and His Victim”, presenta ed elabora i concetti di: criminale vittima (casi di persona prima vittima e poi delinquente; prima delinquente e poi vittima; a seconda circostanze, o contemporaneamente vittima e delinquente); vittima latente (predisposizione a diventare vittima e attrarre il proprio aggressore); rapporto vittima-delinquente (fino a una possibile inversione dei ruoli). Sarà F. Wertham (1949) il primo ad utilizzare il termine “vittimologia” sottolineando l’importanza di una scienza che studiasse le vittime : la prima opera in cui compare il termine “vittimologia” è The show of violence (1949). B.Mendelsohn (1946-47 ) rivendicherà di essere il primo ad aver fondato la scienza vittimologica sia rispetto a Wertham per l’uso del termine “vittimologia”, sia rispetto a Von Hentig per i suoi originari contenuti. La presentazione della nuova scienza sarebbe avvenuta ad un congresso nel Marzo 1947 a Bucarest della Società Rumena di Psichiatria. Come disciplina nasce negli anni '50-'60 all'interno della criminologia di lingua inglese, negli Stati Uniti; studi poi ripresi da un Dipartimento particolare dell'Università di Gerusalemme, che diventò uno dei centri principali di vittimologia. Questi studi guardarono su un oggetto che era l'oggetto del plurivittimizzato. Non è tanto l'esposizione di tutti al rischio di essere vittima ma, alcuni soggetti vengono continuativamente e ripetutamente vittimizzati. Il plurivittimizzato è un soggetto che disegna un profilo di fragilità, di esposizione al rischio e che compartecipa, invita( nel rapporto siginificativo "vittima-carnefice"), l'atto criminale. Fino ai primi anni '70 abbiamo una produzione scientifica, minimalista. Tutto cambia radicalmente con i primi anni'70: la seconda grande tappa dello sviluppo dello studio vittimologico. Tra i diversi soggetti della presa in carico, nasce, per la prima volta, il ruolo della vittima e il diritto ad un indennizzo che non sia un indennizzo privato ma un indennizzo pubblico con cui la comunità, lo Stato, indennizzi la vittima della violenza. L'Inghilterra, ma anche il Canada, alcuni stati degli USA, l'Australia, oltre i Paesi Scandinavi, presero come modello il tema della vittima, come nuovo soggetto fruitore di servizi dello Stato Sociale. Emerge una nuova dimensione che diventerà quella vincente nello studio vittimologico: la vittima non è più soggetto predestinato a quel rischio, non appartiene più ad un ristretto nucleo di persone segnate da condotte di vita o di altre qualità personali che le espongono al rischio, ma il rischio di vittimizzazione "rischia" di essere, invece, più ampio e toccare tutti. Il tema "di tutti": tutti siamo potenziali vittime della criminalità. Questo cambiamento porta ad una riformulazione del tema della vittimologia e in un senso completamente nuovo. E' dalla metà degli anni '70 che comincia la nuova grande stagione della vittimologia che sul piano della produzione scientifica originale di modelli esplicativi sviluppa quei grandi sistemi di ricerca conoscitiva e empirica che passano sotto il nome di ricerche vittimologiche. Dal punto di vista scientifico, la grande stagione della ricerca vittimologica ha fornito un dato formidabile di conoscenza, ormai comparabile in tutti i Paesi occidentali. Le ricerche della fine anni '70 - primi anni '80 scoprono il rischio di vittimizzazione da criminalità opportunistica, dove non esiste nessun rapporto né connivenza tra autore e vittima, anzi l'elemento significativo della criminalità predatoria è che l'autore non conosce la vittima: è soltanto occasionale il fatto che l'aggredisca: situazionale la realtà che determina l'individuazione della vittima. Questo fa emergere un nuovo paradigma esplicativo del fenomeno deviante nel suo complesso che è, appunto, quello dell'occasione. Un'altra tappa che fa uscire dall'ambito di uno sviluppo scientifico ed investiga, invece, più dettagliatamente in questioni di natura politica, si ha negli anni '80 e '90. Il fenomeno è quello dell'emergere prepotente sulla scena politica dell'associazionismo delle vittime. Nascono tutti sul piano del paradigma della differenza (spesso di quella sessuale, inizialmente, ma non necessariamente) movimenti di espressioni sempre di soggetti politici ( movimento delle donne, dei gay in USA), che riflettendo sulla loro differenza, scoprono che all'interno di queste differenze si qualifica anche l'aspetto di una diversa esposizione ad alcuni rischi vittimologici che sono legati alla differenza (quella sessuale o quella di genere). Nascono anche movimenti associativi di volontariato, più o meno strutturati, che hanno come oggetto preciso la presa in carico di una vittima particolare, la vittima appartenente a quella definizione di differenza. Ma esiste un altro modo associativo delle vittime, che non nasce all'interno di movimenti come quello femminista o come quello gay, ma fa riferimento alla nascita di un soggetto collettivo che costruisce la propria identità su un solo elemento, quello di essere stato "vittima", senza nessun altro elemento che lo accomuni. Abbiamo, allora, le associazioni dei familiari delle vittime degli eventi catastrofici seguiti da elementi di criminalità o, invece, le associazioni di vittime di tipologia criminale specifica. Pensiamo alle associazioni delle vittime dei sequestri di persona, che non hanno nessun altro elemento comune se non il fatto di aver vissuto un'esperienza traumatica quale quella di essere stati sequestrati. Altri esempi si trovano in fenomeni più ampi ma anche essi non trovano nessun elemento di omogeneità di carattere politico se non l'esperienza vittimologica: le vittime dell'usura, le vittime del racket. Le vittime del crimine Le vittime del crimine si distinguono dalle altre solo per la causa: un atto criminale. La vittimologia come branca della criminologia, studia l’incidenza della vittima nella dinamica del delitto attraverso lo studio di alcune caratteristiche personologiche della vittima e delle relazioni tra reo e offeso. La criminologia abbandona l’idea che il criminale sia l’unico agente del crimine e trasforma la vittima in uno strumento del reato non più passivo. Molti delitti quindi assumono connotazioni diverse se si considera la psicologia della vittima. Tali aspetti, se ben considerati, hanno una funzione di utilità per quanto concerne la diagnosi, la prevenzione ed il trattamento del crimine (Gullotta 1976). Già Lombroso ammetteva che i criminali passionali talora agiscono sotto l’effetto di emozioni provocate dalla vittima. Si devono al Ferri ed a Garofano le prime considerazioni sull’importanza di considerare anche il comportamento della vittima: per Garofalo si dovrà porre grande attenzione al "comportamento provocatorio" della vittima; per il Ferri sono pseudo-criminali coloro che agiscono per l’inevitabile necessità dell’"autodifesa". E' importante precisare che per la criminologia alcuni termini, inerenti la vittima, non hanno la stessa valenza nella giurisprudenza. Per esempio la parte lesa, per il diritto penale, nel caso della sottrazione consensuale di un minore, è il genitore, mentre per la vittimologia è il minore stesso. La contrapposizione tra criminale e vittima è nettissima quando le vittime prese in considerazione sono le cosiddette “innocenti”. Imprecisa è la linea di demarcazione tra criminale e vittima di alcuni tipi di delinquenza; in questi casi si creano potenziali o effettive equivalenze tra soggetto attivo e soggetto passivo. Mendelsohn elabora (1965), il concetto di "colpa" da verificare nella vittima, cioè quanta responsabilità attribuire ad essa per l'accadimento dell'evento deviante. Nella sua ormai classica classificazione abbiamo questi gradi di colpa: Vittima "del tutto innocente" (come i bambini); Vittima "con colpa lieve" e vittima "per ignoranza" ; Vittima "colpevole" quanto il delinquente e vittima "volontaria" ; Vittima "maggiormente colpevole del delinquente" ; Vittima "con altissimo grado di colpa" e vittima come "unica colpevole". Il criminale-vittima è colui che ha la predisposizione ad essere colpevole e che nello stesso tempo è vittima, (nell'omicidio-suicidio oppure nel “rendimento dei conti tra persone appartenenti alla malavita o associazioni criminali). Nella prospettiva della vittimologia quindi, il delinquente non è il solo autore del crimine, s’inizia a parlare di “coppia” intendendo una situazione relazionale, di responsabilità della vittima (responsabilità condivisa) e predisposizione. La vittimologia ha come oggetto le categorie delle vittime d’azioni penalmente sanzionate e le Vittime dei loro stessi comportamenti non sanzionate penalmente. Fattori predisponenti Il soggetto diventa vittima per circostanze occasionali quando il suo comportamento non ha determinato l’essere in sé passivo oppure quando sono presenti predisposizioni vittimogene che lo rendono vittima o che lo mettono inconsciamente nella posizione di subire un danno. Per la psicoanalisi (predisposizione generica), i soggetti hanno una tendenza inconscia che li porta ad avere un comportamento incline all’autodistruttività o all’autopunizione. Vi sono le “vittime nate o collezionisti d’ingiustizie” la cui personalità nevrotica li induce a provare situazioni di sofferenza al fine di ottenere un piacere masochistico, questi individui tentano di riprodurre le frustrazioni subite ad opera della madre nella primissima infanzia. Può definirsi vittima “un individuo o un gruppo che senza alcuna violazione di regole convenute, viene sottoposto a sevizie, maltrattamenti o violenze di ogni genere” (Galimberti,1999). Le “vittime latenti o penitenziali”, sono invece il frutto della “programmazione parentale”, a questi soggetti sin dalla prima infanzia, sono imposti dei parametri che li trasformano in eterni perdente. Molti vittimologi, in alcuni soggetti, riconoscono una “predisposizione specifica” data da un insieme di fattori innati e acquisiti e che può essere distinta secondo una base temporale: validi per l’intera esistenza e quindi permanenti; che durano per un certo periodo e quindi temporanei; connessi ad un particolare stato d'animo e quindi passeggeri. Non tutte gli individui hanno la stessa probabilità di divenire vittime, esistono predisposizioni chiamate innate quali il sesso, un’infermità, una razza e predisposizioni acquisite sopravvenute nel corso della vita quali ad esempio uno stato sociale. I fattori predisponenti che giuocano un ruolo determinante possono essere di tipo bio-fisiologici ( soggetti indifesi perché appartenenti a fasce d’età a rischio, oppure menomati,oppure di sesso femminile), psichici (soggetti che provocano o subiscono aggressioni per predisposizioni caratteriali o psicopatie), socio-ambientali (soggeti vittime della società, la predisposizione può dipendere dall’attività lavorativa, dalla posizione economica, per esempio per i sequestri di persona), fattori riguardanti le condizioni di vita, la condotta antisociale, relazioni con rapporti illeciti. Secondo la tipologia proposta da Sparks nel 1982, un soggetto può contribuire al proprio ruolo di vittima in base all'elemento di precipitazione (la vittima con la propria condotta incoraggia, provoca l’aggressore); all'elemento di facilitazione (la vittima casualmente o meno si trova in contesti a rischio); all'elemento di vulnerabilità ( per la sua condotta particolare o posizione sociale come per esempio le persone Mobbizzate sul luogo di lavoro per opinioni contrarie); all'elemento di opportunità (in quel determinato momento la vittima è la preda più “facile “); all'elemento di attrattività (la vittima possiede qualcosa che richiama l’attenzione del criminale). Il rapporto tra vittima e reo è uno degli argomenti più complessi, spesso non facili da analizzare soprattutto in riferimento al movente. Quest’ultimo è il risultato di forze che cambiano e si trasformano, di impulsi e spinte che mutano a secondo dell’intensità del rapporto tra vittima e carnefice. Spesso, in alcune dinamiche omicidiarie, si riscontra un alto grado di intensità determinato da una forte partecipazione emotiva tra reo e vittima. Il fenomeno omicidiario è il risultato di una miriade di fattori: ambientali, sociali e relazionali e non può essere ordinato, semplicemente, per azioni antecedenti e conseguenti. La vittima è inquadrata non più come oggetto passivo del reato, ma come partecipe più o meno attiva nell’interazione con il reo. Un aggressore può sottomettere un'altra persona,attraverso alcune modalità di vittimizzazione che che si compiono attraverso l'abuso fisico,l'abuso sessuale,l'abuso verbale,l'abuso emotivo o psicologico ( denigrazione dell'altro nel lungo periodo con conseguente diminuzione di autostima), l'abuso spirituale (senso di tradire le proprie tradizioni religiose o quando la vittima pensa che la fede non lo protegga), l'abuso economico, l'abuso sociale (come scherzi esagerati, critiche eccessive e continuate, accuse false, controllo costante dei movimenti). La vittima e l'evento criminoso La vittimologia, studia anche come la vittima, in contesti particolari, reagisce durante l'evento criminale.. Nella "sindrome di Stoccolma", ad esempio, Fattah (1979) evidenzia la nascita di alcuni sentimenti positivi in cui ostaggi di rapimento solidarizzano con il rapitore in virtù di sentimenti identificatori ed empatici, oppure nella "sindrome da dirottamento", in cui si verificano gli stessi vissuti della precedente sindrome in un altro contesto quale quello appunto del dirottamento aereo. Esistono meccanismi d’incontro che rendono possibile l’atto criminoso e quindi il rapporto duale tra vittima e agente. Gullotta individua 2 tipologie di vittime: • Vittime infungibili che possiedono una relazione intersoggettiva con l’agente, gli incontri tra la coppia sono dati da situazioni come “i vincoli di gruppo” (comunità familiare, religiosa), “rapporti individuali” (d’amicizia, d’amore). Rilevanti sono le relazioni di tipo nevrotico (frequenti nelle relazioni familiari), di tipo psico-biologico (attrazione d’individui di genotipo identico o analogo che può favorire incontri apparentemente casuali. Si pensi alle donne legate a delinquenti). Tra le vittime di questo gruppo vi sono quelle per “imprudenza”, le “volontarie” così dette per via del loro stesso consenso a procacciare il delitto , le “vittime alternative” ( sono o vittime o agenti, come nelle risse), le “provocatrici” vittimizzate in seguito ad una loro precedente condotta. • Vittime fungibili che non possiedono una relazione con l’agente, il quale non ha scelto intenzionalmente quella data vittima. Queste vittime sono “accidentali” perché non solo non hanno nessun rapporto con l’agente, ma non ne hanno neanche favorito la condotta criminale. All’interno di questo gruppo di vittime vi sono le “sbagliate”, cioè quelle che subiscono al posto di un altro bersaglio, coinvolte per errore oppure quando sono vittime del risentimento altrui che non potendo colpire il reale obiettivo, indirizzano l’aggressività sul primo malcapitato. Bibliografia Dalla parte della vittima - Vagaggini - Giuffrè Editore La Vittima - Guglielmo Gullotta - Giuffrè Editore Anatomia del Serial killer 2000. - Ruben De Luca - Giuffrè Editore Compendio di Criminologia - di Gianluigi Ponti- Raffaello Cortina Editore Trattato di Criminologia - Medicina Criminologica e Psichiatria forense – Franco Ferracuti – Edizioni Giuffrè Con gli occhi della Vittima- Roberta Bisi - Franco Angeli Editore Criminal profiling. Dall'analisi della scena del delitto al profilo psicologico del criminale - Picozzi,Zappalà - Editrice McGraw-Hill