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Ruolo dei traumi nelle alterazioni della motilità oculare aSpetti

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Ruolo dei traumi nelle alterazioni della motilità oculare aSpetti
8
Capitolo 8 • Aspetti medico-legali | 383
ASPETTI MEDICO-LEGALI
Pasquale Troiano
Oftalmologo
Ospedale Policlinico IRCCS - Milano
Filippo Incarbone
Oftalmologo Libero Professionista
Ruolo dei traumi
nelle alterazioni
della motilità
oculare
Lorenzo Polo
Medico Legale – Prof. A. C. Università
degli Studi dell’Insubria – Varese
Introduzione
I traumi a carico del distretto orbito-facciale e
cranico sono spesso causa di alterazioni rilevanti
della oculomotricità.
Nella valutazione medicolegale di una alterazione della motilità oculare seguita ad un evento traumatico è necessario: individuare il nesso
causale tra tipologia traumatica e tipo di alterazione oculomotoria; comprendere se il trauma
ha avuto capacità diretta ed esclusiva nella produzione del danno o se sussistevano preesistenti
alterazioni della motilità oculare, sintomaticamente latenti ed estrinsecatesi dopo il trauma.
In quest’ultima fattispecie, facendo ricorso ad
una corretta criteriologia medicolegale, si dovrà
procedere:
•a discriminare lo stato anteriore dell’apparato
visivo dall’attuale;
•a determinare se lo stato anteriore ha costituito una concausa nella genesi della lesione attuale;
•a determinare se lo stato anteriore rappresen-
384 | GLI STRABISMI E LE ANOMALIE DELLA MOTILITÀ OCULARE
ta, ed in che misura, una concausa della menomazione esitata al trauma.
In definitiva, ogni approfondimento clinico-strumentale avrà come obiettivo anche quello di precisare se i sintomi da alterazioni oculomotorie
potevano essere già presenti prima dell’evento
traumatico, se si sono manifestati o aggravati
dopo il trauma o se potevano essere del tutto assenti prima del trauma (perché non vi era alcuna
patologia oppure perché vi era un ottimo compenso della alterazione oculomotoria interrotto
dall’evento traumatico).
Ai fini della valutazione del danno prodotto
dall’evento traumatico è indispensabile che il
quadro clinico sia definibile come stabilizzato e
non suscettibile di ulteriori modificazioni significative sotto il profilo clinico.
Alterazioni della motilità oculare
da trauma cranico
Il trauma cranico può determinare danni diretti
del Sistema Nervoso Centrale (contusione o concussione cerebrale, emorragie intraventricolari o
subaracnoidee, ematomi subdurali o epidurali)
e danni secondari (edema, ischemia, idrocefalo,
Figura 1. Organizzazione del sistema oculomotore
vasospasmo, infezioni).
L’organizzazione del sistema oculomotore (Figura 1) ci spiega le conseguenze a carico della
motilità oculare a seconda della sede della lesione traumatica.
Lesioni degli emisferi cerebrali
I danni monolaterali a carico dell’emisfero cerebrale, in fase acuta, producono, sul piano della
motilità oculare, una deviazione coniugata degli
occhi verso il lato della lesione accompagnata da
nistagmo a fasi rapide con paralisi di sguardo dal
lato opposto. Queste manifestazioni tendono a
migliorare spontaneamente. Gli esiti tardivi sono
rappresentati dalla persistenza di anomalie nei
movimenti saccadici orizzontali sia omolaterali alla lesione che controlaterali, dalla presenza
di nistagmo a piccolissime scosse in posizione
primaria che assume un andamento più ampio
e lento verso l’emisfero sano, dalla osservazione di movimenti coniugati spastici verso il lato
opposto alla lesione durante la chiusura delle
palpebre. Nelle lesioni monolaterali è frequente
il riscontro a lungo termine di asimmetria della
risposta optocinetica (lesioni del lobo parietale)
o delle saccadi (lesioni del lobo occipitale).
I danni bilaterali parieto-occipitali si concretizza-
Capitolo 8 • Aspetti medico-legali | no nella aprassia oculomotoria (Sindrome di Balint) caratterizzata da alterazione della fissazione
e dei movimenti di inseguimento.
Lesioni delle connessioni vestibolari
La manifestazione più tipica di un trauma cranico o anche di un colpo di frusta che ha causato una lesione delle connessioni vestibolari è la
vertigine acuta con nistagmo misto (orizzontale
e torsionale) a fasi lente verso il lato della lesione. Un’altra manifestazione di queste lesioni è
l’oscillopsia.
Lesioni del cervelletto
Lesioni cerebellari isolate possono dare sintomi
oculomotori ma il vero responsabile delle alterazioni oculomotorie nelle lesioni del cervelletto
è il tronco cerebrale. A seconda della sede puntuale della lesione possiamo avere manifestazioni diverse: lesioni del verme dorsale (dismetria
saccadica); lesioni del flocculo (anomalie di fissazione e inseguimento, nistagmo, deviazione
obliqua); lesioni dell’arteria cerebellare posteroinferiore (vertigine acuta, nistagmo, deficit di
mantenimento dello sguardo).
Lesioni ponto-mesencefaliche
Anche in questo caso le caratteristiche delle
manifestazioni cliniche dipenderanno dalla sede
puntuale della lesione. Le lesioni del fascicolo
longitudinale mediale determinano una oftalmoplegia internucleare (INO) monolaterale destra - caratterizzata da un deficit di adduzione
omolaterale alla lesione che non migliora con la
stimolazione vestibolare, nistagmo orizzontale
nell’occhio controlaterale nel tentativo di abdurre, possibile deviazione obliqua con occhio più
alto omolaterale alla lesione - o bilaterale - caratterizzata da un deficit bilaterale dell’adduzione
con nistagmo in abduzione. La INO plus (o sindrome uno e mezzo) si instaura quando la lesione
oltre al fascicolo longitudinale mediale coinvolge
anche la formazione reticolare pontina paramediana e il nucleo o i fascicoli del VI nervo cranico.
Questa sindrome è caratterizzata da paralisi di
sguardo totale verso il lato della lesione con mezza paralisi di sguardo verso il controlaterale grazie alla possibilità di abdurre l’occhio controlate-
385
rale alla lesione che spesso diviene exotropico.
Le lesioni a carico della formazione reticolare
pontina paramediana spesso si associano a lesioni a carico dei nuclei dell’abducente e, se monolaterali, sono caratterizzate da manifestazioni
paretiche o paralitiche dello sguardo orizzontale
omolaterale alla lesione con o senza nistagmo
e con o senza deviazione coniugata degli occhi
verso il lato sano. Nelle forme bilaterali c’è una
paralisi completa dello sguardo orizzontale. Le
lesioni della commessura posteriore e della
formazione reticolare mesencefalica concretizzano la sindrome di Parinaud o sindrome
mesencefalica dorsale. Si tratta di una complessa sindrome oculomotoria caratterizzata dalla
paralisi completa dei movimenti verticali degli
occhi con occasionale risparmio del fenomeno
di Bell e del riflesso vestibolo-oculare in cui il
tentativo di movimento degli occhi verso l’alto
si associa a retrazione della palpebra superiore.
Anche lo sguardo verso il basso (a lente saccadi)
ed i movimenti di vergenza appaiono alterati. Si
può osservare la presenza di una pseudoparalisi
dell’abducente poiché durante la ripresa di fissazione orizzontale l’occhio in abduzione si muove
più lentamente. Tipica invece è la dissociazione
del riflesso pupillare alla luce (assente) da quello all’accomodazione-convergenza che rimane
normale (pseudopupilla di Argyl-Robertson).
Le lesioni del mesencefalo rostrale e ventrale
danno paralisi dello sguardo verso il basso, deviazione persistente degli occhi verso l’alto, deficit di convergenza e pseudoptosi nello sguardo
verso il basso.
Lesioni dei nervi cranici
Le lesioni del nervo oculomotore comune (III
n. c.) sono frequenti nei traumi con impatto frontale. Possono essere complete (paralisi dell’abduzione, della depressione, dell’inciclotorsione,
dell’accomodazione, associate a midriasi, ptosi
e retrazione palpebrale nello sguardo in basso
(pseudosegno di Graefe) o possono essere parziali. Le manifestazioni cliniche delle lesioni parziali dipendono dalla sede specifica della lesione.
Le lesioni nucleari sono rare e possono essere
caratterizzate da difetti bilaterali degli elevatori
palpebrali (innervati da un unico nucleo cauda-
386 | GLI STRABISMI E LE ANOMALIE DELLA MOTILITÀ OCULARE
le) e dei retti superiori (che hanno fibre crociate
all’origine) o da difetti monolaterali del retto mediale, del retto inferiore o dell’obliquo inferiore.
Se la prova oculocefalica o il fenomeno di Bell
inducono un miglioramento del quadro della
motilità oculare si deve pensare ad una lesione
sovranucleare. Le lesioni fascicolari si collocano
spesso all’emergenza del nucleo e pongono notevoli problemi di diagnosi differenziale. Si instaura un quadro paretico della motilità estrinseca accompagnato da una componente paretica
della motilità intrinseca di pertinenza pupillare.
Le lesioni a livello dello spazio subaracnoideo
possono manifestarsi con una oftalmoplegia con
coinvolgimento pupillare - come spesso si osserva nei traumi frontali - o senza coinvolgimento
pupillare - come spesso si verifica nelle ischemie post-traumatiche. Se la lesione si localizza
in corrispondenza dell’ingresso del III n. c. nella
dura madre - che è la sede più tipica in tutti i
traumi cranici - si osserva un iniziale coinvolgimento della muscolatura estrinseca seguito in
successione dal coinvolgimento degli elevatori palpebrali e di tutti gli altri muscoli innervati
dall’oculomotore comune. Se la lesione avviene
tra seno cavernoso e fessura orbitaria superiore
si instaura la sindrome dell’apice orbitario caratterizzata da paresi o paralisi del III, IV e VI nervo
cranico con coinvolgimento del trigemino che
porta notevole sensazione dolorosa e possibile
coinvolgimento del nervo ottico con compromissione visiva. Quando la lesione si verifica a livello dell’orbita le manifestazioni cliniche possono
essere estremamente variabili ed accompagnate
dalla comparsa di sincinesie: elevazione della
palpebra in adduzione, retrazione della palpebra
nello sguardo in basso, retrazione ed adduzione
nei tentativi di verticalità, pseudopupilla di Argyl-Robertson.
Le lesioni del nervo trocleare (IV n. c.) sono
caratterizzate da una posizione anomale del
capo (inclinato su spalla opposta con mento abbassato), ipertropia dell’occhio paretico, deficit
di abbassamento che aumenta in adduzione.
Le lesioni nucleari e fascicolari riconoscono nei
traumi la causa più frequente di forme isolate acquisite. È praticamente impossibile distinguere
una lesione nucleare da una fascicolare; per la
vicinanza a fibre del simpatico è possibile la presenza contemporanea di una sindrome di Horner
controlaterale. Le lesioni a livello dello spazio
subaracnoideo sono tipicamente bilaterali e possono essere causate anche da traumi di media
entità. Le lesioni tra seno cavernoso e fessura
orbitaria superiore sono sempre complicate dal
coinvolgimento dell’oculomotore comune.
Le lesioni dell’abducente (VI n. c.) sono prodotte tipicamente da traumi torsionali e caratterizzate da esotropia in posizione primaria e
torcicollo compensatorio, deficit massimo in
abduzione associato ad allargamento della rima
palpebrale. Le lesioni nucleari possono dare una
paralisi coniugata dello sguardo omolaterale alla
lesione o totale nelle forme bilaterali. Siccome
il nucleo dell’abducente è circondo dal fascicolo
del facciale (VII n. c.) è frequente l’associazione
di una paralisi omolaterale periferica del facciale. Le lesioni fascicolari sono solitamente associate alle nucleari. Le lesioni a livello dello spazio subaracnoideo danno paralisi sia mono che
bilaterale. Le lesioni tra seno cavernoso e fessura orbitaria superiore vedono frequentemente
associate paralisi di più nervi oculomotori: III e
IV, III e VI, VI bilaterale. In questo caso per la
vicinanza di fibre del simpatico a livello del seno
cavernoso si può associare una sindrome di Horner omolaterale.
Alterazioni della motilità oculare
da fratture orbitarie
Le fratture orbitarie sono spesso una conseguenza di traumi facciali e costituiscono un capitolo
importante della traumatologia sia per la loro
frequenza sia per la necessità di un trattamento in grado di minimizzare o prevenire la perdita della funzione visiva e le complicanze tardive
come la diplopia persistente e la malposizione
del bulbo oculare.
Sul piano classificativo è utile distinguere:
•fratture dello scheletro orbitario interno
•fratture del margine orbitario
•fratture associate a fratture di altre ossa facciali
•fratture dell’apice orbitario
Capitolo 8 • Aspetti medico-legali | È utile ricordare alcune caratteristiche salienti dell’anatomia orbitaria. In figura 2 troviamo
rappresentata l’osteologia dell’orbita. Le orbite
hanno la forma di piramide quadrangolare, appoggiate su di una parete, orientate con le basi
anteriormente e gli apici posteriormente; i loro
assi sono notevolmente divergenti, pertanto gli
apici sono più vicini delle basi. La piramide orbitaria ha un volume di circa 30 mL o cm3. Delle
quattro pareti che compongono la piramide orbitaria quella più interessante è il pavimento.
Il pavimento orbitario è leggermente più corto
delle altre pareti e non raggiunge l’apice ter-
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malposizionamento del globo oculare dopo chirurgia orbitaria. Il pavimento è attraversato dal
fascio neurovascolare infraorbitario e numerosi
vasi perforanti attraversano il periostio.
Fratture dello scheletro orbitario interno
In questo gruppo comprendiamo le fratture a
blow-out ed a blow-in che si osservano nelle
fratture isolate del pavimento, del tetto o delle
pareti dell’orbita. Le pareti orbitarie più vulnerabili sono il pavimento e la parete mediale poiché
la struttura ossea di queste pareti è più sottile.
Dal tipo di frattura a blow-out è possibile desu-
Figura 2. Osteologia dell’orbita
(1): frontale, (2): piccola ala dello sfenoide, (3): etmoide, (4): lacrimale, (5):
mascellare, (6): malare, (7): grande ala dello sfenoide
minando immediatamente prima dell’anello di
Zinn. È inclinato verso l’alto di circa 30° in senso
antero-posteriore e di circa 45° in senso lateromediale. La sua superficie non è piana ma presenta una concavità immediatamente posteriore
alla rima orbitaria ed una convessità retroequatoriale. Questa convessità deve essere accuratamente ricostruita se si vuole evitare enoftalmo e
mere la forza del trauma: le blow-out a trapdoor
sono fratture incomplete del tipo a legno verde
causate da traumi non molto forti, tipiche dei
bambini dove la struttura ossea è ancora molto
elastica; le fratture a blow-out della parete mediale richiedono traumi di forza intermedia mentre le fratture a blow-out della parete laterale o
del tetto richiedono traumi di forza notevole.
388 | GLI STRABISMI E LE ANOMALIE DELLA MOTILITÀ OCULARE
Nelle fratture a blow-out il contenuto orbitario
(grasso, setti fibrosi, muscoli extraoculari) può
essere coinvolto nella sede della frattura con
conseguenti anomalie delle motilità oculare e
malposizionamento del bulbo oculare. In particolare nelle trapdoor il grasso ed i muscoli possono
rimanere incarcerati nella linea di frattura dando
luogo ad una oftalmoplegia restrittiva complicata
dal fatto che, soprattutto nei bambini, spesso i
segni clinici esterni perioculari del trauma possono essere del tutto assenti (WEBOF: white eye
blow-out fracture). Questo tipo di fratture si accompagna spesso a sintomi sistemici da trazione
muscolare che, naturalmente, si esacerbano nei
movimenti degli occhi (dolore, nausea, vomito,
bradicardia) che possono orientare alla ricerca
di lesioni intracraniche senza esaminare l’orbita.
La ricerca tomografica di fratture orbitarie nei
traumi orbito facciali anche minori e senza segni
esterni evidenti è sempre opportuna in particolare se si accompagnano sintomi sistemici (nel
caso dell’orbita, la Risonanza Magnetica Nucleare non offre una buona definizione delle pareti
ossee, ma lo studio con Gadolinio e con soppressione del grasso permette di evidenziare i rapporti anatomici dei muscoli estrinseci). Queste
fratture richiedono un trattamento tempestivo
per alleviare i sintomi ma, soprattutto, per scongiurare l’ischemia dei tessuti incarcerati nella linea di frattura.
Fratture del margine orbitario
Le fratture lungo il bordo orbitario possono essere la conseguenza isolata di un trauma o l’estensione di una frattura dello scheletro orbitario
interno.
Queste fratture se isolate non danno alterazioni della motilità oculare. Se associate a fratture
dello scheletro interno danno le alterazioni già
descritte.
Fratture orbitarie associate a fratture di altre ossa
facciali
Le Fratture del Complesso Zigomatico Mascellare (CZM) sono la conseguenza di traumi
diretti sull’eminenza malare. Possono coinvolgere uno o più dei quattro punti di supporto
del CZM: superiormente la regione della sutura
fronto-zigomatica, lateralmente l’area della sutura zigomatico-temporale e lungo la sutura zigomatico-sfenoidale della parete laterale dell’orbita, medialmente lungo la sutura del CZM. La
frattura del tetto dell’orbita si associa frequentemente a danni intracranici (interruzione della
dura con perdita di liquido cefalorachidiano e
pneumoencefalo) a ematoma subperiosteo con
ipoglobo, a ptosi e diplopia da danneggiamento
del complesso muscolare elevatore palpebrale retto superiore o della troclea. La frattura della
parete laterale dell’orbita è caratterizzata da appiattimento dello zigomo – il muscolo massetere
determina una rotazione inferiore e posteriore
dello zigomo -, enoftalmo – di difficile valutazione in presenza di ecchimosi - e diplopia. La
frattura della parete mediale dell’orbita è spesso il risultato di un trauma diretto orbito-nasale
che determina la rottura del montante maxilloetmoidale; si tratta di una frattura a blow-out
con enoftalmo e diplopia da erniazione del retto
mediale nel seno etmoidale. Le fratture del pavimento orbitario tendono ad assumere l’aspetto a
trapdoor anche se sono la continuazione di una
frattura del CZM. Sono caratterizzate da un deficit di elevazione secondario ad incarceramento
del retto inferiore e/o del piccolo obliquo o di
fibre perimuscolari nella rima di frattura. A seconda del posizionamento del bulbo e del deficit
oculomotorio rilevabile è possibile ipotizzare il
punto di frattura: se il retto inferiore è incarcerato davanti all’equatore bulbare l’occhio si presenta ipotropico in posizione primaria con deficit
di elevazione; se il retto inferiore è incarcerato
in corrispondenza dell’equatore bulbare l’occhio
si presenta ortoforico in posizione primaria con
deficit di elevazione e di abbassamento; se il retto inferiore è incarcerato dietro all’equatore bulbare l’occhio è ipertropico in posizione primaria
con deficit di abbassamento.
Le Fratture del Complesso Naso Orbito Etmoidale (NOE) sono caratterizzate dalla comparsa
di telecanto per la dislocazione laterale del complesso osso nasale - tendine cantale mediale e
diplopia da interessamento dell’obliquo inferiore
o del retto mediale.
Capitolo 8 • Aspetti medico-legali | Fratture dell’apice orbitario
Sono estremamente importanti da identificare
per il rischio di danno alle strutture neurovascolari che attraversano la fessura orbitaria superiore ed il canale ottico, sono sempre associate ad
altre fratture ed il quadro della motilità oculare
dipenderà dal tipo di frattura associata.
Fisiopatologia della diplopia da frattura orbitaria
La più frequente forma di diplopia da frattura orbitaria è quella restrittiva da incarceramento del
muscolo retto inferiore. Altre forme di diplopia
possono essere dovute a distacco della troclea
del grande obliquo, ad erniazione del corpo muscolare attraverso la frattura, ad edema o ematoma del corpo muscolare, a rottura di un muscolo
o ad interessamento dei nervi oculomotori.
In linea generale si ricorda che l’incarceramento
di un muscolo è più frequente in piccole fratture senza enoftalmo mentre è meno probabile in
grandi fratture con evidente enoftalmo.
Le scelte relative al trattamento della frattura
possono condizionare notevolmente l’equilibrio
oculomotorio dopo una frattura orbitaria.
In particolare le fratture a trapdoor con incarceramento muscolare devono essere trattate in
urgenza se si vuole evitare una diplopia residua
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permanente. In queste fratture è necessario liberare il muscolo incarcerato il prima possibile
e allontanarlo dalla rima di frattura posizionando
un filo di sutura in trazione almeno per le prime
48-72 ore in modo che il tessuto di granulazione che nel frattempo si sarà formato nella sede
della frattura impedisca un eventuale reincarceramento del muscolo. Tentativi di liberare il muscolo eseguiti dalla seconda giornata in poi risultano solitamente inefficaci o solo parzialmente
efficaci.
È possibile, in linea generale, individuare fattori
che fanno aumentare il rischio di diplopia dopo
frattura orbitaria: attesa preoperatoria superiore
ad un mese, estensione della frattura verso l’apice orbitario di 2 o più centimetri, coinvolgimento
contemporaneo della parete inferiore e mediale,
enoftalmo di 0.8 mm che corrisponde ad un aumento del volume orbitario di 1 cm3.
Esistono condizioni che possono suggerire di
ritardare il trattamento della frattura orbitaria:
condizioni generali del paziente compromesse
dal trauma cranico, scoppio del bulbo oculare,
monocularità. In quest’ultimo caso il paziente
non potrà avere diplopia e, quindi, l’opportunità
di ridurre la frattura e ricostruire l’orbita deve
essere ben ponderata.
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