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Salute e sicurezza dei lavoratori in ospedale

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Salute e sicurezza dei lavoratori in ospedale
SALUTE
E SICUREZZA
DEI LAVORATORI
IN OSPEDALE
Indicazioni per
un progetto
di promozione
della salute
Rete Veneta degli Ospedali per la Promozione della salute
Centro di Coordinamento della Rete Italiana degli Ospedali per
la Promozione della salute
OSPEDALI
PER LA PROMOZIONE
DELLA SALUTE
una rete dell'O.M.S.
Rete regionale veneta
Centro di coordinamento
della Rete Italiana degli
Ospedali per la
Promozione della Salute
La Rete Veneta degli Ospedali per la
Promozione della Salute
PROGETTO REGIONALE N. 19/10/96
Responsabile scientifico: dott. Carlo Favaretti
c/o Direzione Generale Azienda ULSS n. 19 - Regione del Veneto
Via Badini, 57 - 45011 Adria RO
tel. 0426 - 940513 fax 0426 – 900901
e-mail [email protected]
http://www.retehph.it
A cura di:
Paolo De Pieri
INDICE
Prefazione
capitolo 1
La Rete degli Ospedali per la Promozione della Salute
pag. 1
capitolo 2
La prevenzione del rischio biologico tra il personale
ospedaliero
pag. 10
capitolo 3
Prevenire le patologie del rachide negli operatori sanitari
pag. 18
capitolo 4
La gestione del rischio connesso alla manipolazione e
somministrazione dei farmaci antineoplastici
pag. 24
Allegati
pag. 33
PREFAZIONE
Con l'attuazione delle direttive europee riguardanti il miglioramento della sicurezza e
della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro, contenuta nel decreto legislativo 19
settembre 1994, n. 626, è stato fatto un ulteriore passo avanti nella tutela della
salute dei singoli e delle comunità. L'applicazione del citato decreto legislativo
rappresenta quindi un'attività molto importante per le Aziende Sanitarie della nostra
Regione, sia sul versante esterno della vigilanza, che su quello del miglioramento delle
condizioni lavorative all'interno delle Aziende stesse.
Il movimento degli Ospedali per la Promozione della Salute rappresenta il tentativo
promosso dall'Organizzazione Mondiale della Sanità di introdurre nell'area dell'assistenza
ospedaliera i principi e i metodi della promozione della salute e degli “healthy settings”.
Coinvolgere gli ospedali in questo processo significa non solo realizzare progetti
educativi rivolti ai pazienti ricoverati, ma soprattutto favorire tutti quegli interventi
strutturali, organizzativi, normativi, assistenziali, informativi, economici e di pressione
sociale che danno a tutti i clienti dell'ospedale (cioè ai pazienti, al personale che vi opera
e alla comunità servita) i mezzi per aumentare il proprio livello di salute.
L'adesione alla Rete Veneta degli Ospedali per la Promozione della Salute comporta
quindi, per le 19 Aziende Sanitarie della nostra Regione che vi partecipano, la
realizzazione di specifiche iniziative di promozione della salute che, integrandosi con le
attività già svolte per l'attuazione della normativa vigente, rappresentino il valore
aggiunto che deriva dalla partecipazione a questa esperienza internazionale. Inoltre queste
specifiche iniziative di promozione della salute potranno essere il riferimento anche per
le altre Aziende Sanitarie che non aderiscono alla Rete Veneta e per g!i ospedali delle
altre Regioni.
Nei tre progetti descritti in questa pubblicazione vengono gettate le basi per poter
implementare alcuni aspetti particolari della normativa vigente dentro la cornice più
ampia della promozione della salute, riconosciuta ormai a livello internazionale come una
delle strategie più efficaci per migliorare la salute dei singoli e delle comunità.
La Rete Veneta degli Ospedali per la Promozione della Salute, sta sperimentando da
qualche anno molti progetti che cercano di implementare questa innovativa modalità di
assistenza. Tale attività risulta particolarmente interessante, anche alla luce del
coinvolgimento della nostra Regione nel movimento delle “Regioni per la salute”
promosso dall'Ufficio Europeo della Organizzazione Mondiale della Sanità e del
ruolo di primo piano che la stessa Rete Veneta sta svolgendo per lo sviluppo della
Rete Italiana degli Ospedali per la Promozione della Salute.
Prof. Iles Braghetto
Assessore alle Politiche Sanitarie
della Regione del Veneto
capitolo 1
LA RETE DEGLI OSPEDALI PER LA
PROMOZIONE DELLA SALUTE
Paolo de Pieri, Carlo Favaretti
1
LA RETE DEGLI OSPEDALI
PER LA PROMOZIONE DELLA SALUTE
3. rafforzare l’azione della comunità;
4. sviluppare le abilità personali;
5. riorientare i servizi sanitari.
L’ospedale può giocare un ruolo in tutte queste
azioni strategiche: tuttavia l’ultima, cioè il
riorientamento dei servizi sanitari, interessa
particolarmente l’ospedale e rappresenta una
delle novità più importanti introdotte dalla
promozione della salute. Infatti per attivare i
processi che forniscono alle persone i mezzi per
assicurare un maggior controllo sulla propria
salute e per migliorarla non basta riorganizzare
le strutture esistenti, riordinarle, tentare di
eseguire in maniera più efficiente e magari più
efficace quello che già si stava facendo prima,
ma è necessario dare una nuova direzione agli
sforzi dell’intero sistema di tutela della salute,
di cui l’ospedale è una delle parti.
Un esempio di questo nuovo atteggiamento può
essere identificato nel processo di riforma del
Sistema Sanitario Nazionale inglese: assodato
che la salute dei singoli e delle comunità non
dipende solo dalle strutture sanitarie ma
dall'ambiente totale nel suo complesso, le
autorità britanniche hanno proposto di
sperimentare le Health Action Zones.
All'interno di queste aree geografiche verranno
sviluppate specifiche iniziative tese a collegare
tra di loro le organizzazioni che sono dentro e
fuori il Sistema Sanitario, in modo da riuscire a
sviluppare e implementare una strategia locale
condivisa per migliorare la salute di quella
comunità . Anche il Piano di Zona dei Servizi
Socio-Sanitari, previsto dalla legislazione
regionale veneta, rappresenta un altro esempio
di come sia possibile e necessario stabilire delle
alleanze tra i soggetti istituzionali e non, il cui
operato ha una conseguenza diretta sullo stato
di salute dei singoli e delle comunità.
L'esperienza culturale e operativa degli
Ospedali per la Promozione della Salute si
ispira
al
«setting-based
approach»,
LA PROMOZIONE DELLA SALUTE
Una pietra miliare nella definizione della
promozione della salute è rappresentata dalla
«Carta di Ottawa per la Promozione della
Salute»: secondo tale documento, che
rappresenta l’atto conclusivo della 1°
Conferenza Internazionale sulla promozione
della salute svolta nel 1986, la promozione della
salute «è il processo che fornisce alle persone i
mezzi per assicurare un maggior controllo sulla
propria salute e per migliorarla». Questa
definizione è stata confermata in un
recentissimo Glossario che l'Organizzazione
Mondiale della Sanità ha pubblicato per chiarire
ulteriormente il significato dei termini correlati
alla promozione della salute e per assicurare
che essi vengano utilizzati nello stesso modo in
ogni parte del mondo.
La «Carta di Ottawa» identifica tre attività
essenziali della promozione della salute, che
possono essere così definite:
1. difendere, sostenere la causa della
salute (to advocate for health), per
modificare in senso favorevole i fattori
politici, economici, sociali, culturali,
ambientali, comportamentali e biologici
che possono influenzare la salute;
2. mettere in grado (to enable) le persone
e le comunità di raggiungere appieno il
loro potenziale di salute;
3. mediare tra gli interessi contrapposti
nella società (to mediate) perchè la
salute sia sempre considerata da tutti i
settori della società stessa.
La «Carta di Ottawa» identifica anche cinque
azioni strategiche per promuovere la salute:
1. costruire una politica pubblica per la
salute;
2. creare ambienti favorevoli alla salute;
2
3) per essere efficaci, l’azione della promozione
della salute e i processi decisionali devono
porre al centro le persone;
4) l’accesso all’istruzione e all’informazione è
essenziale per ottenere una partecipazione
efficace e per il potenziamento delle abilità per
la salute delle persone e delle comunità;
5) la promozione della salute è un
«investimento chiave» e un elemento
essenziale dello sviluppo della salute.
Oltre alla Rete degli Ospedali per la
Promozione della Salute, attualmente esistono
altre Reti di setting per la promozione della
salute che vengono supportate dall'Ufficio
Europeo dell'Organizzazione Mondiale della
Sanità: il Progetto Città Sane, la Rete delle
Scuole per la Promozione della Salute e la Rete
delle Regioni per la Salute. Un tipo di Rete
analoga che si occupa degli ambienti di lavoro
viene invece promossa dall'Unione Europea.
all’approccio
basato
sugli
ambienti
organizzativi. Questo approccio valorizza
l'importanza di un ambiente organizzativo nel
determinare la salute delle persone, attraverso la
creazione di un ambiente totale favorevole, la
realizzazione di strutture e l'attuazione di scelte
organizzative sane, l'educazione delle persone,
il potenziamento delle loro abilità nel costruire
la loro stessa salute. Esempi di setting possono
essere la scuola, la fabbrica, l’ospedale e la
città.
Va detto che il concetto di setting, di ambiente
organizzativo è più ampio di quello che
potrebbe derivare dalla semplice traduzione
letterale: infatti non ci si riferisce solo al luogo
fisico, ma anche:
• alle persone che lo vivono;
• alla sua organizzazione e struttura;
• gli obiettivi che persegue;
• ai comportamenti e alle relazioni
interpersonali che vi si svolgono;
• alle norme e ai valori che lo regolano;
• alle aspettative che suscita in chi lo
frequenta;
• al mandato che ha ricevuto dall’intera
comunità.
La Conferenza di Ottawa è stata seguita da altre
tre Conferenze Internazionali sulla Promozione
della Salute. L'ultima si è svolta a Jakarta nel
1997 e si è conclusa con la "Dichiarazione di
Jakarta sulla promozione della salute". E'
interessante notare il fatto che il Consiglio
Esecutivo dell’OMS ha adottato il 28 gennaio
1998, nel corso della 101° sessione, una
Risoluzione sulla promozione della salute che si
ispira
profondamente
a
quest'ultima
Dichiarazione. Particolarmente stimolanti sono
le premesse contenute in tale Risoluzione: vi si
legge infatti che:
1) gli approcci globali che combinano insieme
le cinque strategie della promozione della
salute sono i più efficaci;
2) alcuni ambienti organizzativi quali le città, le
isole, le comunità locali, i mercati, le scuole, i
luoghi di lavoro e le strutture sanitarie offrono
opportunità pratiche di implementare strategie
globali;
PROMOZIONE DELLA SALUTE O
EDUCAZIONE SANITARIA?
E’ opportuno esplicitare due possibili equivoci,
che possono costituire un ostacolo per lo
sviluppo del Progetto degli Ospedali per la
Promozione della Salute e delle altre reti di
setting che promuovono la salute. Il primo
riguarda la profonda differenza che esiste tra il
concetto di promozione della salute e quello di
educazione alla salute che, forse per
l’assonanza dei termini, non sempre è chiara:
l'espressione "promozione della salute" non è la
maniera più moderna o più aggiornata di
definire l’educazione sanitaria.
L’educazione sanitaria è l’insieme delle azioni
realizzate in modo consapevole che possono
modificare
in
senso
favorevole
gli
atteggiamenti, le abilità e i comportamenti che
sono rilevanti per la salute individuale e
comunitaria: è una strategia di intervento che
mantiene ancora oggi intatto il suo valore nei
confronti dei singoli individui, per migliorare
gli stili di vita. L'educazione sanitaria non
riguarda soltanto la trasmissione delle
informazioni, ma anche il rinforzo della
3
assumono l’impegno formale di modificare il
loro setting in un ambiente organizzativo
favorevole alla salute, integrando le attività di
promozione della salute nella normale attività
professionale svolta da tutti i membri del setting
stesso. Negli ospedali sono numerosi gli esempi
del primo modo di agire, ma è considerazione
comune che questi interventi, quand'anche ben
fatti, difficilmente lasciano una traccia efficace
nell'organizzazione in cui si svolgono. La
scommessa della Rete degli Ospedali per la
Promozione della Salute è invece quella di
giungere alla seconda modalità, a organizzare
cioè gli ospedali in modo che siano realmente
istituzioni che promuovono la salute, oltre che
curare in maniera efficace, appropriata ed
efficiente le malattie.
motivazione, delle abilità e della fiducia in se
stessi, condizioni necessarie per migliorare la
propria salute e quella della propria comunità.
La promozione della salute è invece una
strategia più complessa: poichè la salute
dipende non solo dai comportamenti individuali
e dalle prestazioni fornite dai servizi sanitari,
ma anche dall’organizzazione economica,
politica, culturale e sociale dell'ambiente
circostante, per assicurare alle persone i mezzi
necessari al controllo della propria salute, cioè
per promuovere la salute, è necessario
combinare metodi e approcci diversi,
stimolando interventi che incidano nei diversi
settori della vita comunitaria. Quindi
promuovere la salute in ospedale significa non
solo realizzare progetti educativi finalizzati
all'acquisizione di comportamenti sani da parte
dei pazienti o del personale, ma anche favorire
tutti quegli interventi organizzativi, strutturali,
legislativi, sanitari ed economici che
consentono di trasformare l'ospedale in un
ambiente che realmente consenta ai propri
clienti (i pazienti, il personale, la comunità
servita) di aumentare il proprio livello di salute,
qualunque esso sia; e tutto ciò in maniera
coordinata con quanto stanno facendo gli altri
settori della comunità per tutelare la salute.
Aver presente questo concetto può aiutare
l’ospedale a trovare la sua collocazione nella
catena della qualità che porta alla salute delle
persone, essendo oggi chiaro soltanto il suo
ruolo nella catena assistenziale che cura le
malattie; ruolo che molte volte si limita solo
alla gestione degli episodi acuti, riservando
poca attenzione al problema della continuità
dell’assistenza
e
dell’integrazione
con
l’assistenza sanitaria primaria.
Il secondo punto che merita particolare
attenzione è la notevole differenza che esiste tra
«lo sviluppo di attività di promozione della
salute in un setting» e la «creazione di un
setting che promuove la salute». Nel primo caso
si tratta di iniziative isolate che partono dal
basso, dovute alla buona volontà di qualche
professionista che attiva progetti di promozione
della salute, da solo o con l’aiuto di
collaboratori esterni al setting, in aggiunta alla
sua normale attività professionale. Nel secondo
caso invece è necessario che l’iniziativa sia
sostenuta dai vertici dell’organizzazione, che
LA RETE DEGLI OSPEDALI
PER LA PROMOZIONE DELLA SALUTE
Solo alla fine degli anni ’80, in ritardo rispetto
alle altre iniziative sviluppate nell’area
dell’assistenza
primaria
e
della
vita
comunitaria, anche gli ospedali hanno sentito
l’esigenza di sperimentare questo nuovo
approccio di sanità pubblica e di promozione
della salute. Con l’appoggio dell’Ufficio
Europeo dell’Organizzazione Mondiale della
Sanità e dell’Istituto Ludwig Boltzmann di
Vienna, è stato dato l’avvio alla Rete
Internazionale
degli
Ospedali
per
la
Promozione della Salute, che si prefigge tua il
compito di collegare tra di loro e di assistere
quegli ospedali che affrontano il processo di
trasformazione
in
organizzazioni
che
promuovono la salute, secondo il «settingsbased approach».
L’idea di fondo del movimento degli Ospedali
per la Promozione della salute è dunque quella
di migliorare la qualità dell’assistenza
ospedaliera, incorporando nella struttura
organizzativa dell’ospedale, nella sua cultura e
nei comportamenti quotidiani i principi, le
attività e le azioni strategiche della promozione
della salute. Un documento importante per lo
sviluppo del movimento degli Ospedali per la
4
possono essere applicati anche all’ospedale.
Proprio sulla spinta di questa sperimentazione
positiva e per soddisfare le innumerevoli
richieste di adesione di altri ospedali
provenienti da tutta Europa, l’Ufficio Europeo
dell’OMS ha lanciato il Programma delle Reti
Nazionale e Regionali degli Ospedali della
Promozione della Salute che, dopo la
conclusione del Progetto degli Ospedali Pilota,
è diventata la strategia più importante di
sviluppo dell’intero movimento.
La scelta dell'Ufficio Europeo dell'OMS di
privilegiare lo sviluppo di Reti Nazionali e
Regionali porta a valorizzare le attività che
vengono svolte sia a livello internazionale che a
quello nazionale e regionale. E' molto
importante che il Progetto mantenga il carattere
internazionale e venga sviluppato in molti paesi
europei, mettendo insieme esperienze anche
diverse e potendo contare sulla ricchezza di una
vasta platea di professionisti e di strutture che
lavorano per "mettere in grado le persone di
aumentare il controllo sulla propria salute e di
migliorarla". D'altra parte, è altrettanto
importante poter calare l'esperienza nelle realtà
nazionali e regionali, realizzare esperienze e
progetti in varie tipologie di ospedali, mettere a
confronto operatori che sono dentro gli stessi
sistemi organizzativi, parlano la stessa lingua,
hanno maggiore facilità di incontro e di
confronto.
In definitiva l'adesione di un'Azienda sanitaria
al Progetto degli Ospedali per la Promozione
della Salute va quindi collocata dentro queste
premesse: è uno strumento, condiviso da molti
ospedali in Europa, che favorisce il passaggio
da un approccio orientato solamente
all'efficienza interna a una modalità di operare
che incoraggia l'Azienda a orientarsi verso il
reale miglioramento della salute delle persone
affidate e verso il potenziamento delle abilità
per la salute dei singoli e delle comunità
(empowerment for health). In definitiva è uno
strumento che aiuta l'Azienda sanitaria a
soddisfare il proprio mandato istituzionale.
Promozione della Salute è rappresentato dalle
«Raccomandazioni di Vienna» del 1997, che
rappresentano l'evoluzione della cosiddetta
"Dichiarazione di Budapest" del 1991, una
breve raccolta di principi che dovrebbero
ispirare l’azione di un ospedale che vuole
promuovere la salute. Dato per scontato che un
Ospedale per la Promozione della Salute si
sforza di assicurare servizi medici e di
assistenza sanitaria di buona qualità, uno dei
punti chiave di tale Risoluzione è che i
destinatari degli interventi sono i pazienti, il
personale e la comunità servita cioè, in
definitiva, i principali clienti dell’organizzazione.
Dopo una serie di iniziative preliminari iniziate
nel 1988, nel 1992 a Varsavia è stato avviato il
Progetto Europeo degli Ospedali Pilota
(European Pilot Hospitals Project - EPHP).
Venti ospedali europei hanno concordato di
sviluppare al loro interno almeno 5 progetti
ciascuno, testando così l’idea degli Ospedali per
la Promozione della Salute nei vari paesi
europei, in sistemi sanitari e in tipologie di
ospedali diversi. Sulla base delle indicazioni
contenute nella Dichiarazione di Budapest,
questi ospedali pilota hanno seguito un modello
globale di miglioramento della salute dei
pazienti, del personale e della comunità, non
solo mettendo a punto nuovi programmi, ma
anche cercando di trasformare la struttura
organizzativa e la cultura dell’ospedale
esistenti. In occasione della 5° Conferenza
Internazionale
degli
Ospedali
per
la
Promozione della Salute che si è svolta nel
mese di aprile 1997, il Progetto Europeo degli
Ospedali Pilota è stato ufficialmente concluso,
anche se qualche ospedale partecipante ha
deciso di continuare il programma per
completare
le
attività
intraprese.
Il bilancio del Progetto degli Ospedali Pilota
non può che considerarsi positivo, in quanto
questa «sperimentazione sul campo» ha portato
allo sviluppo di interessanti esempi di buona
pratica, ha permesso di accumulare molte
conoscenze e informazioni sullo sviluppo
organizzativo orientato alla promozione della
salute e, infine, ha mostrato nella pratica che i
criteri di sviluppo del settings-based approach
5
l'Ufficio Europeo dell'OMS ha proposto che la
costituzione di una Rete Nazionale o Regionale
sia un fatto formale che richiede l'impegno
degli Ospedali a partecipare a questa esperienza
e la sottoscrizione di una Convenzione tra gli
stessi Ospedali, un Centro di coordinamento e
l'Ufficio Europeo dell'OMS. Anche l'impegno
ad aderire da parte delle singole strutture
sanitarie deve essere espresso in maniera
formale: è necessario infatti che il vertice
dell'Ospedale adotti un atto formale con il quale
riconosce e si impegna a introdurre nella
propria struttura i principi e i metodi della
promozione della salute così come espressi nei
documenti internazionali, si impegna a svolgere
nel quinquennio di adesione alla Rete almeno
tre progetti di promozione della salute e si
impegna a creare un Comitato Tecnico locale
con il compito di promuovere, orientare,
coordinare e valutare le attività di promozione
della salute realizzate nelle strutture
ospedaliere.
GLI OSPEDALI PER LA PROMOZIONE
DELLA SALUTE IN ITALIA
Fin dal suo nascere, l'avventura degli Ospedali
per la Promozione della Salute ha potuto
contare sulla presenza di alcuni ospedali
italiani. In particolare l'Ospedale di Padova ha
partecipato alle fasi iniziali di impostazione del
Progetto e, insieme all'Ospedale V. Buzzi di
Milano, è stato uno dei 20 Ospedali Pilota
Europei.
Nel 1995, sulla base di un progetto regionale di
promozione della salute, è nata la Rete Veneta
degli Ospedali per la Promozione della Salute
quale logica conseguenza del lavoro svolto
durante la partecipazione dell'Ospedale di
Padova al Progetto degli Ospedali Pilota e alla
sensibilità e alla professionalità che si sono
create nella Regione in quegli anni. Nel 1996,
su richiesta dell'Istituto Ludwig Boltzmann di
Vienna che è il Centro di coordinamento del
Progetto internazionale, il Ministero della
Sanità ha designato la Rete Veneta quale
istituzione di coordinamento per lo sviluppo
della Rete Italiana. Nel 1997 si è svolta a
Padova la 1° Conferenza Nazionale degli
Ospedali per la Promozione della Salute.
Con l'avvio della Rete Piemontese degli
Ospedali per la Promozione della Salute,
avvenuto nel giugno 1997 e formalizzato in
modo definitivo nel corso della 2° Conferenza
Nazionale del 1998, si è segnato un passo molto
importante verso la costituzione della Rete
Italiana degli Ospedali per la Promozione della
Salute.
La scelta di incoraggiare in Italia lo sviluppo di
Reti Regionali degli Ospedali per la
Promozione della Salute è coerente sia con la
scelta operata dal Progetto Internazionale di
privilegiare le Reti Nazionali e Regionali, sia
con l'attuale impostazione data al nostro sistema
sanitario che si sta sviluppando sempre più su
base regionale.
Nel tentativo di decentrare al massimo gli
aspetti organizzativi del Progetto degli Ospedali
per la Promozione della Salute e di mantenere
comunque
uno
sviluppo
ordinato
dell'esperienza e coerente con gli aspetti teorici,
LA RETE VENETA DEGLI OSPEDALI PER LA
PROMOZIONE DELLA SALUTE
L’effettivo lavoro di preparazione per la
costituzione della Rete Veneta è iniziato
nell’estate 1995, con la proposta di adesione
inviata ai Direttori Generali delle Aziende
ULSS e delle Aziende Ospedaliere del Veneto e
la
predisposizione
in
italiano
della
documentazione necessaria. Tale proposta è
stata seguita dal Corso di formazione «Gli
ospedali e la promozione della salute», tenuto
dal prof. Leo Baric, al quale hanno partecipato
operatori provenienti da quasi tutte le Aziende
sanitarie venete.
Nei mesi successivi sono pervenute le adesioni
delle Aziende, sancite formalmente dalle
deliberazioni dei rispettivi Direttori Generali e
seguite dalla firma della Convenzione con il
Centro di Coordinamento della Rete Veneta e
con l’Ufficio Europeo dell’Organizzazione
Mondiale della Sanità. Con tali atti, i Direttori
Generali hanno accettato i principi espressi
nella «Carta di Ottawa» e nella «Dichiarazione
6
a ogni progetto, si sono costituiti dei gruppi di
lavoro con funzioni operative.
Al 31 marzo 1998 la Rete Veneta degli
Ospedali per la Promozione della Salute è
composta da 17 Aziende ULSS sulle 21
esistenti e dalle 2 Aziende Ospedaliere di
Padova e Verona.
di Budapest» e si sono impegnati a sviluppare,
nel quinquennio di adesione alla Rete, almeno 3
progetti di promozione della salute. A supporto
della operatività locale, in ogni Azienda è stato
costituito un Comitato tecnico per lo sviluppo
di tali progetti e il dirigente medico
dell’ospedale è stato incaricato di svolgere le
funzioni di Coordinatore locale. Inoltre, attorno
Rete Veneta:
Aziende sanitarie aderenti
(31 marzo 1998)
promuove la salute, che rappresenta la vera
innovazione qualitativa.
Il movimento internazionale ha proposto in
questi anni una metodologia di lavoro legata
alla realizzazione di specifici progetti, piuttosto
che al miglioramento di determinate funzioni.
La tecnica proposta del «project management»
ha indubbiamente dei vantaggi poichè permette
di realizzare, in questa fase sperimentale,
iniziative trasversali a diverse Unità Operative,
tenendo sotto controllo lo svolgimento del
processo e le variabili in gioco; inoltre,
costringe a un’attenta analisi dei problemi e
all’esplicitazione a priori degli obiettivi da
perseguire, creando così le basi per poter
valutare e dare un giudizio finale sulle attività
svolte. Sperimentare questa tecnica gestionale
su progetti limitati, permette quindi di acquisire
esperienze da trasferire successivamente anche
negli aspetti gestionali più complessi della
A fronte dell’impegno di sviluppare attività di
promozione della salute, sono previsti anche
alcuni vantaggi per le Aziende aderenti. Il
primo è la possibilità di «essere in rete» con gli
altri ospedali europei che partecipano al
progetto: ricevere la newsletter, accedere al
database,
partecipare
alle
Conferenze
internazionali. Il secondo vantaggio è quello di
poter usare, sul materiale prodotto per la
realizzazione locale dei progetti, il logo degli
Ospedali per la Promozione della Salute (il
bollino verde) e quello della Rete Veneta,
insieme alla frase «membro della Rete Veneta».
Come detto precedentemente, aderendo alla
Rete Veneta le Aziende si sono impegnate a
realizzare nel quinquennio almeno tre progetti
di promozione della salute. L’implementazione
di tali progetti nell’ospedale rappresenta in
qualche modo una fase di transizione verso la
trasformazione dell’ospedale in un setting che
7
E’ essenziale che gli obiettivi specifici del
progetto, nei quali l’obiettivo generale può
essere articolato, vengano scelti tenendo conto
dei tre gruppi di destinatari individuati dalla
Risoluzione di Vienna: i pazienti, il personale e
la comunità servita. Per quanto riguarda le
azioni da realizzare per perseguire i suddetti
obiettivi, esse devono essere coerenti con le
attività essenziali della promozione della salute
proposte dalla Carta di Ottawa (difendere la
causa della salute, mettere in grado, mediare).
Infine, nella definizione degli indicatori per il
monitoraggio del processo e la valutazione
finale del progetto è opportuno fare riferimento
alla classica tripartizione: indicatori di struttura,
di processo e di esito.
realtà ospedaliera: tali esperienze sono oggi
ancor più preziose, data l’impostazione
budgetaria e l’assegnazione degli obiettivi alle
figure dirigenziali.
Per facilitare lo sviluppo dei progetti, è stato
proposto a tutti gli ospedali della Rete Veneta
uno schema di progettazione che risente
fortemente delle premesse teoriche citate
all’inizio. In esso vengono messi in evidenza
solo alcuni aspetti particolarmente rilevanti per
la promozione della salute, mentre non vengono
toccati altri punti più scontati, ma comunque
indispensabili, quali la definizione dei tempi e
delle risorse o lo studio di fattibilità.
Lo schema è diviso in tre blocchi: gli obiettivi,
le azioni e gli indicatori di un progetto.
OBIETTIVI
(Raccomandazioni di Vienna)
- pazienti
- personale
- comunità
- mettere in grado
- mediare
- sostenere la causa
della salute
AZIONI
(Carta di Ottawa)
- di struttura
- di processo
- di esito
INDICATORI
sviluppare localmente. Sulla scorta dei buoni
risultati ottenuti dal citato gruppo di lavoro
regionale, sono stati costituiti successivamente
anche tre gruppi di lavoro regionali sul tema
della salute e della sicurezza in ambito
lavorativo, i cui risultati sono oggetto della
presente pubblicazione.
Attualmente le Aziende della Rete Veneta
hanno comunicato al Centro di coordinamento i
titoli di oltre 60 progetti e la lista è ancora
incompleta perchè alcune Aziende non hanno
ancora comunicato tutti i titolo. Le Aziende
aderenti hanno inoltre stabilito di sviluppare su
scala regionale un progetto comune dal titolo
«Ospedali e servizi sanitari senza fumo»: un
gruppo di lavoro appositamente costituito ha
sviluppato un dettagliato progetto su questo
tema, che rappresenta anche il modello generale
di progettazione per tutti gli altri progetti da
8
6
WHO Executive Board. “Resolution on
health promotion.” http://www.primnet.se/
public/html/nhprin/hpres98.htm. 28 January
1998
7 EURO/WHO. “Healthy Cities Project”.
<http://www.who.dk/tech/hcp/index.htm>.
13 March 1998
8 EURO/WHO. “Health Promoting Schools”.
<http://www.who.dk/tech/inv/hps.htm>. 17
February 1998
9 EURO/WHO. “Regions for Health”.
<http://www.who.dk/tech/hs/region01.htm>
16 February 1998
10 EURO/WHO. Le Raccomandazioni di
Vienna. 1997
11 EURO/WHO.
La
Dichiarazione
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Budapest. 1991
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model.
1st
ed.
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Barns
Publications, 1994.
5 WHO, The Jakarta Declaration on Health
Promotion, 1997
9
capitolo 2
PREVENZIONE DEL RISCHIO BIOLOGICO
TRA IL PERSONALE OSPEDALIERO
a cura del gruppo di lavoro della Rete Veneta
degli ospedali per la promozione della salute
BATTISTELLA GIUSEPPE
Azienda ULSS 16 - Padova
BITOZZI ANDREA
Azienda ULSS 19 - Adria
BOSCHETTO MARGHERITA
Azienda Ospedaliera - Padova
BRESSAN ANTONIO
Azienda ULSS 21 - Legnago
BRIANI MONICA
Azienda ULSS 18 - Rovigo
CHIRCO TOMMASO
Azienda ULSS 6 - Vicenza
D'ALPAOS SIMONETTA
Azienda ULSS 12 - Veneziana
ENZO MANUELA
Azienda ULSS 12 - Veneziana
FILIPPI MAURO
Azienda ULSS 12 - Veneziana
IMBROGNO MICHELE
Azienda ULSS 13 - Mirano
ZANETTI CATERINA
Azienda Ospedaliera - Padova
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PREVENZIONE DEL RISCHIO BIOLOGICO
TRA IL PERSONALE OSPEDALIERO
PREMESSA
luogo di lavoro (corsia ospedaliera, laboratorio,
sala incisoria, sala operatoria, ambulatori, ecc.)
o che sia la risultante dell’attività lavorativa
stessa, il cui periodo di incubazione sia
compatibile con l’intervallo di tempo intercorso
tra l’esposizione all’agente responsabile e la
comparsa della malattia.
Anche se la coscienza del rischio infettivo è
sempre stata presente nell’operatore sanitario,
solo negli ultimi anni è aumentato l’interesse
attorno a questo problema, come documentato
dal crescente numero di articoli pubblicati su
tale argomento.
La comparsa e la diffusione di nuove malattie
infettive, la riemergenza di altre malattie
infettive, l’assenza di terapie o profilassi per
alcune di esse (AIDS, epatite C) e la maggiore
attenzione alla salute dei lavoratori imposta
dalla legislazione (vedi il DLgs. 626/94 e il
DLgs. 242/96) hanno comportato un aumento
improvviso dell’interesse sul rischio infettivo
negli operatori professionali, con lo scopo di
individuare norme e misure che permettano la
prevenzione e la sorveglianza delle infezioni
occupazionali.
La prevenzione delle infezioni occupazionali
necessita di iniziative e programmi comuni ed
interprofessionali, in una logica di strategia
comune e collaborazione. Lo sforzo che si deve
compiere è quello di avviare un processo
organico di verifica e coordinamento tra le
diverse figure professionali, in una attività
integrata di prevenzione.
Per conoscere la dimensione del problema, è
necessario raccogliere dati epidemiologici e
statistici generali che quantifichino i problemi
derivanti da tale rischio. Questi dati, raccolti in
modo standardizzato, costituiscono modelli di
confronto utili per lo sviluppo di programmi
Il Gruppo di Lavoro regionale ha elaborato il
progetto relativo alla prevenzione del rischio
biologico tra il personale ospedaliero,
nell’ambito delle modalità di intervento proprie
della Rete Veneta degli Ospedali per la
Promozione della Salute.
Il progetto è stato elaborato nel corso di una
serie di incontri da un gruppo multidisciplinare,
ed è stato impostato secondo la metodologia
propria della Rete Veneta degli Ospedali per la
Promozione della Salute: pertanto gli obiettivi,
le azioni e la valutazione non sono stati orientati
solo al personale, ma riguardano anche i
pazienti e la comunità (familiari del personale,
familiari dei pazienti). Inoltre è stato previsto il
coinvolgimento non solo dell’ospedale ma
anche di altre strutture, in particolare quelle
territoriali, che possono cooperare su questo
argomento.
L’obiettivo generale del progetto è la
prevenzione del rischio biologico per il
personale sanitario: quindi gli obiettivi
specifici, le azioni necessarie e la valutazione
finale sono stati mirati a questo scopo. Il
programma di seguito delineato pertanto non
costituisce una trattazione globale del problema
relativo al controllo delle infezioni trasmesse in
ospedale, ed in particolare non approfondisce
gli aspetti riguardanti la protezione dei pazienti
e della comunità. Tuttavia è necessario
sottolineare l’importanza di rispettare le norme
igieniche generali in grado di prevenire le
infezioni ospedaliere nei pazienti ricoverati
(ambienti idonei, procedure assistenziali
corrette), ricordando fra l’altro che l’attenersi a
tali regole contribuisce a ridurre il rischio
infettivo anche per il personale.
Per infezione nosocomiale occupazionale si
intende una infezione sicuramente acquisita sul
11
locali di miglioramento della sicurezza e
contenimento del rischio per il personale
sanitario.
L’ambiente di lavoro è infatti un luogo
particolarmente idoneo per le attività di
prevenzione delle malattie e di promozione
della salute degli operatori perchè consente non
solo il controllo del loro stato di salute, ma
anche la promozione di iniziative volte al
miglioramento delle loro abitudini di vita,
attraverso un’azione che li rende consapevoli
del fatto che essi stessi possono influenzare e
migliorare, con il loro comportamento, i fattori
determinanti la salute.
OBIETTIVO GENERALE DEL PROGETTO
L’obiettivo generale del progetto è di ridurre il
rischio biologico tra il personale ospedaliero a
causa dell’esposizione nel corso dell’attività
lavorativa ad agenti biologici potenzialmente
infettanti.
OBIETTIVI SPECIFICI
Il gruppo di lavoro ha articolato l’obiettivo
generale in una serie di obiettivi specifici, che
permettono meglio di articolare la progettazione
definitiva in sede locale.
Sono stati individuati obiettivi specifici riferiti:
a) al personale ospedaliero (tutti gli
operatori che esercitano una attività
all’interno dell’ospedale, anche coloro che
non dipendono dalla struttura ospedaliera
come ad es. gli operatori di ditte
appaltatrici, i volontari, gli obiettori di
coscienza, gli studenti, i frequentatori,
ecc.),
b) a tutti i pazienti (pazienti infetti o
appartenenti a categorie a rischio e pazienti
non infetti),
c) alla comunità (familiari di pazienti,
visitatori, ecc.).
A) Personale
1) Conoscere l’epidemiologia delle
infezioni occupazionali tra il personale
ospedaliero locale.
2) Migliorare la conoscenza del rischio
professionale negli operatori sanitari.
3) Ridurre l’incidenza degli eventi
occupazionali a rischio di contagio per via
parenterale, aerea e per contatto.
4) Ridurre il numero dei soggetti
suscettibili di ammalare di infezioni
occupazionali.
B) Pazienti
1) Migliorare le conoscenze specifiche dei
pazienti infetti o appartenenti a categorie a
rischio per ridurre la possibilità di
trasmissione.
COMPOSIZIONE DEL GRUPPO DI LAVORO
PER LO SVILUPPO LOCALE DEL
PROGETTO
Per lo sviluppo di questo progetto in
un’Azienda sanitaria si ritiene opportuno che
venga attivato in maniera formale un gruppo di
lavoro, guidato da un capo progetto, con il
compito di adattare alle specificità locali le
proposte di seguito indicate e di supportare
concretamente le varie fasi di realizzazione del
progetto. Compatibilmente con le risorse
disponibili in sede locale, si suggerisce che la
composizione del gruppo sia la seguente:
ƒ Medico della Dirigenza Medica;
ƒ CSSA o CS del Servizio Infermieristico;
ƒ ASV o IP della Dirigenza Medica;
ƒ Infettivologo;
ƒ Pneumologo;
ƒ Microbiologo;
ƒ Medico Competente o Medico del
Lavoro;
ƒ Medico, CS o IP di Sala Operatoria;
ƒ Farmacista;
ƒ Responsabile del Servizio Approvvigionamenti;
ƒ Medico del Distretto;
ƒ Medico
del
Dipartimento
di
Prevenzione
12
2) Raccogliere in modo standardizzato dati
sui casi di malattia infettiva del personale
ospedaliero (specificando a priori le
malattie infettive che si verificano nei
reparti considerati più a rischio per la
tipologia dei pazienti).
3) Raccogliere, mediante la sorveglianza
sanitaria, dati sierologici dei dipendenti.
4) Elaborare i dati raccolti per individuare i
reparti, le attività e le modalità operative
più a rischio.
5) Coinvolgere i medici come soggetti attivi
nell’attività di formazione sistematica e
nella sensibilizzazione quotidiana degli
operatori sanitari.
6) Prevedere nel capitolato che il personale
delle ditte appaltatrici sia adeguatamente
formato e fare incontri per aggiornarlo.
7) Predisporre linee guida per l’acquisto dei
DPI
(efficacia,
gradimento
degli
utilizzatori).
8) Valutare l’idoneità lavorativa specifica
prima che gli operatori siano adibiti alle
mansioni a rischio (infezioni ematogene ed
aereotrasmesse).
9) Elaborare una strategia vaccinale che
tenga conto degli aspetti normativi,
epidemiologici, organizzativi ed economici.
Azioni educative
1) Predisporre e somministrare al personale
dei reparti a rischio un questionario per
valutare le conoscenze del rischio da agenti
biologici
e
l’applicazione
dei
comportamenti corretti.
2) Predisporre e distribuire materiale
informativo da consegnare in occasione
della visita periodica, dopo un infortunio e
in altre occasioni.
3) Diffondere tra il personale e i dirigenti le
informazioni e le conoscenze ottenute
dall’elaborazione dei dati epidemiologici.
4) Predisporre azioni formative frequenti e
specifiche (modalità di trasmissione e
corretto utilizzo dei presidi di protezione)
nei reparti più a rischio, individuati
mediante l’analisi epidemiologica e il
questionario di cui sopra.
2) Migliorare le conoscenze generali di tutti
i pazienti per favorire comportamenti
corretti in ospedale.
3) Ridurre il rischio di esposizione ad
agenti biologici per i pazienti*.
C) Comunità
1) Costituire un modello di comportamento
corretto per la comunità.
2) Ridurre il rischio di esposizioni ad agenti
biologici per i visitatori e per i familiari.*
3) Migliorare le conoscenze generali per
favorire comportamenti corretti in ospedale.
4) Promuovere stili di vita sani.
* Obiettivi finalizzati alla protezione del
personale
AZIONI DA REALIZZARE ORIENTATE AL
PERSONALE
Per raggiungere gli obiettivi specifici, possono
essere realizzate le azioni di seguito indicate,
divise in azioni strutturali, organizzative ed
educative.
Azioni strutturali
1) Migliorare le condizioni ambientali (es.:
per la prevenzione di infezioni a
trasmissione aerogena prevedere la
presenza di stanze di isolamento con
determinati requisiti: filtri HEPA ricambi
d’aria, ecc. ).
2) Mettere a disposizione i DPI in misura
adeguata e verificarne l’efficacia mediante
controlli periodici a campionamento.
Azioni organizzative
1) Raccogliere in modo standardizzato
alcuni dati sugli eventi occupazionali a
rischio biologico (infezioni ematiche, aeree,
da contatto), mediante una modulistica che
permetta di raccogliere i seguenti dati:
- n° annuale di incidenti a rischio
biologico
(infezioni
ematogene,
aerogene, da contatto);
- tassi di incidenza dei suddetti incidenti specifici per qualifica, tipologia,
reparto, agente lesivo, mezzi di
protezione in uso.
13
5) Sensibilizzare gli operatori, attraverso
incontri e schede informative, a segnalare
tempestivamente i difetti dei DPI.
AZIONI DA REALIZZARE ORIENTATE
ALLACOMUNITÀ
Per raggiungere gli obiettivi specifici, possono
essere realizzate nei confronti della comunità le
azioni di seguito indicate:
Azioni strutturali
1) Installare una cartellonistica e
predisporre uno stampato contenenti norme
igieniche generali da installare in
determinati servizi/reparti.
2) Pubblicizzare le azioni intraprese con
cartelli, newsletter, articoli, Carta dei
servizi.
3) Installare contenitori idonei per il
corretto
smaltimento
di
materiale
potenzialmente infetto.
Azioni organizzative
1) Collegare l’ospedale con il Distretto
Socio Sanitario e il Dipartimento di
prevenzione.
Azioni educative
1) Predisporre e diffondere uno stampato
sulle norme igieniche per i familiare di
pazienti infetti.
2) Educare i familiari dei pazienti infetti
sulle norme igieniche da seguire in
ospedale e a casa.
3)
Predisporre
e
diffondere
uno
stampato/opuscolo sui comportamenti
corretti da adottare normalmente in
ospedale da parte dei visitatori e dei
familiari.
AZIONI DA REALIZZARE ORIENTATE AI
PAZIENTI
Per raggiungere gli obiettivi specifici, possono
essere realizzate nei confronti dei pazienti le
azioni di seguito indicate, divise in azioni
strutturali, organizzative ed educative.
Azioni strutturali
1) Installare una cartellonistica e
predisporre uno stampato contenente
informazioni generali sui comportamenti
corretti da assumere in determinati
servizi/reparti.
2) Installare contenitori adeguati allo
smaltimento di rifiuti speciali.
Azioni organizzative
1) Raccogliere in modo sistematico i casi di
malattie infettive del personale ai fini di
escluderlo da certe attività di reparti e
autorizzarlo nuovamente a seguito di
controllo sanitario.
2) Collegare l’ospedale con il Distretto
Socio Sanitario e il Dipartimento di
prevenzione (dati epidemiologici, servizi
offerti,
campagne
di
prevenzione,
campagne vaccinali, ecc.).
Azioni educative
1) Predisporre e consegnare ai pazienti
infetti del materiale educativo sulle norme
igieniche da seguire per ridurre il rischio di
trasmissione.
2) Educare i pazienti infetti sulle norme da
seguire in ospedale e a casa, e sui servizi a
cui fare affidamento.
3) Informare tutti i pazienti sui
comportamenti corretti da adottare in
ospedale.
14
INDICATORI E CRITERI PER LA VALUTAZIONE DELLE AZIONI ORIENTATE AL PERSONALE
Indicatore
Tipo di
Strumento di
indicatore valutazione
Criterio di valutazione
n° di stanze di isolamento
struttura
Archivio del
progetto
rispetto del numero di stanze
necessario a soddisfare i bisogni
locali
qualità dei DPI
struttura
scheda contenente i
requisiti di qualità
per i DPI
adesione agli standard di qualità
scelti
n° degli incidenti legati a DPI esito
difettosi o non idonei
moduli denuncie
incidenti
riduzione tendente a zero in 5 anni
qualità di DPI utilizzati
struttura
dati di consumo
coerenza tra attività assistenziali
svolte e consumo di DPI
% di moduli di rilevazione
infortuni adeguatamente
compilati
processo
analisi dei moduli
almeno il 90% dei moduli è
compilato in maniera adeguata
% di operatori che hanno una esito
copertura vaccinale
registro vaccinazioni il 100% degli operatori a rischio
risulta vaccinato
n° di sieroconversioni
esito
registro infortuni,
moduli denuncie
riduzione delle riconversioni in
relazione alla patologia
numero delle denuncie di
infortunio
esito
registro
infortuni/moduli
denuncie
riduzione degli infortuni del 10% in
5 anni
n° di stampati distribuiti (in
occasione di assunzione,
visita periodica, dopo
infortunio)
processo
archivio del progetto il 100% del personale neoassunto,
che va a visita di controllo e
infortunato riceve le informazioni
n° di iniziative di
informazioni nei reparti
processo
archivio del progetto una relazione annuale almeno ai
reparti maggiormente interessati
n° di incontri formativi
processo
registro degli
incontri
- 1 incontro/anno nei reparti più a
rischio
- 1 incontro/anno più specifico in
base alle carenze riscontrate negli
operatori in base al questionario
% di conoscenze modificate
processo
questionario post
formazione
- incremento del 20% delle risposte
corrette
segnalazioni scritte
di difetti
viene segnalato il 90% dei difetti
incontrati
numero delle segnalazioni di processo
deficit dei DPI
15
INDICATORI E CRITERI PER LA VALUTAZIONE DELLE AZIONI ORIENTATE AI PAZIENTI
Indicatore
Tipo di
Strumento di
indicatore valutazione
Criterio di
valutazione
n° di cartelli installati nelle unità
operative
struttura
visita nei reparti
almeno 1 cartello
per unità operativa
n° di opuscoli/stampati distribuiti
struttura
archivio del progetto
distribuzione ad
almeno il 70% dei
pazienti ricoverati
n° di incontri educativi con i pazienti
infetti
processo
archivio del progetto
il 100% dei pazienti
riceve le
informazioni
% di comportamenti corretti assunti (es.
paz. tubercolotico che mette la mano
davanti alla bocca quando tossisce,
batuffoli di cotone sporchi di sangue
eliminati correttamente ecc.)
processo
- griglia di
osservazione
80% dei pazienti ha
comportamenti
corretti
n° di infezioni trasmesse da paziente a
paziente, da operatore a paziente
esito
- cartella
infermieristica/registro
moduli denuncie
riduzione o assenza
a seconda della
patologia
INDICATORI E CRITERI PER LA VALUTAZIONE DELLE AZIONI ORIENTATE ALLA COMUNITÀ
Indicatore
Tipo di
Strumento di
Criterio di valutazione
Indicatore
valutazione
n° di cartelli installati per
unità operativa
struttura
visita nei reparti
almeno 1 cartello per unità operativa
n° di newsletter prodotte
struttura
archivio del
progetto
1 newsletter all'anno inerente
all'argomento
inserimento delle azioni
intraprese nella Carta dei
Servizi
struttura
carta dei servizi
all'interno della Carta dei servizi
devono essere esplicitate le azioni
intraprese
n° di incontri educativi con processo
i familiari di pazienti infetti
archivio del
progetto
almeno 1 familiare per paziente
riceve le informazioni
n° di stampati distribuiti nei processo
reparti
archivio del
progetto
n° adeguato al flusso dei pazienti
ricoverati e dei visitatori
16
626, recante attuazioni di direttive
comunitarie
riguardanti
il
miglioramento della sicurezza e della
salute dei lavoratori sul luogo di
lavoro», S.O. Gazzetta Ufficiale del 6
maggio 1996 n. 104.
6. Decreto Legislativo del Ministro
dell’Industria del 4 dicembre 1992 n°
475,
«Attuazione
della
direttiva
89/686/CEE del Consiglio del 21
dicembre 1989, in materia di
ravvicinamento delle legislazioni degli
Stati membri relative ai dispositivi di
protezione individuale».
7. CDC, «Linee guida per la prevenzione
della trasmissione del mycobacterium
tubercolosis nei luoghi di cura», 1994.
8. Delibera Regione Veneto n° 5888 del
14/11/1995,
«Aggiornamento
delle
strategie di prevenzione dell’Epatite A e
B nella Regione Veneto. (L 833/78 - L.R.
21/79)».
9. Moro ML., Infezioni ospedaliere:
prevenzione
e
controllo.
Centro
Scientifico Editore, 1993.
10. Bennett JV, Brachman PS., Infezioni
ospedaliere, Piccin, 1992.
BIBLIOGRAFIA
1. Centers for Disease Control and
Prevention, «Draft guideline for
isolation and precautions in hospitals»,
Federal Register 1994; 59 (214): 5555155570.
2. Commissione Nazionale per la lotta
contro l’AIDS, «Linee guida per la
prevenzione del contagio tubercolare
nell’assistenza a pazienti con infezione
da HIV», 1994.
3. Decreto del Ministero della Sanità 28
settembre 1990, «Norme di protezione
dal contagio professionale da HIV nelle
strutture sanitarie ed assistenziali
pubbliche e private».
4. Decreto Legislativo 19 settembre 1994,
n. 626, «Attuazione delle direttive CEE
89/391, 89/654, 89/656, 90/269, 90/270,
90/394,
90/679
riguardanti
il
miglioramento della sicurezza e della
salute dei lavoratori sul luogo di
lavoro», Gazzetta Ufficiale del 12
novembre 1994 n. 265.
5. Decreto Legislativo 19 marzo 1996, n.
242, «Modifiche e integrazioni al
decreto legislativo 19 settembre 1994, n.
17
capitolo 3
PREVENIRE LE PATOLOGIE DEL RACHIDE
NEGLI OPERATORI SANITARI
a cura del gruppo di lavoro della Rete Veneta
degli ospedali per la promozione della salute
BATTISTA DANILO
Azienda ULSS 13 - Mirano
BOSCOLO MARIAROSA
Azienda ULSS 14 - Chioggia
FAVRIN MICHELA
Azienda ULSS 3 - Bassano
LIBONI DARIA
Azienda ULSS 18 - Rovigo
MARCATO GIORGIA
Azienda Ospedaliera - Padova
PANFILIO RUGGERO
Azienda ULSS 19 - Adria
RENDA GIOCONDA
Azienda ULSS 10 - S. Donà di Piave
ROBOTTI MARIO
Azienda ULSS 3 - Bassano
TORRI PAOLA
Azienda ULSS 18 - Rovigo
18
PREVENIRE LE PATOLOGIE DEL RACHIDE
NEGLI OPERATORI SANITARI
fondamentali; la valutazione va eseguita al
termine di ogni anno di lavoro.
E’ indispensabile, prima di procedere alle fasi
operative del progetto, acquisire una
preliminare conoscenza di:
- prevalenza del fenomeno e sua incidenza;
- mappe di esplosione;
- organizzazione dell’Azienda;
- rilevanza economica delle assenze dovute
a patologie del rachide.
Deve essere inoltre predefinito un flusso
informativo e decisionale per la gestione delle
problematiche inerenti la sicurezza e l’igiene
del lavoro.
Partendo da professionalità ed esperienze
diverse il progetto ha consentito di elaborare
strategie e di mettere a punto strumenti comuni:
è questo l’approccio più razionale alle
problematiche introdotte dal D.Lgs. 626/94,
anche nell’ottica di ottimizzare risorse.
PREMESSA
Questo progetto si inserisce, nell’ambito delle
attività della Rete Veneta degli Ospedali per la
Promozione della Salute, nel più ampio
orizzonte della tutela della salute sul posto di
lavoro e dell’applicazione del D. Lgs. 626/94.
Le professionalità impegnate nell’elaborazione
del progetto sono state di varia estrazione:
medico competente, responsabile servizio
prevenzione protezione, personale medico e
infermieristico
della
dirigenza
medica
ospedaliera.
Il progetto non vuole proporsi come modello
per il Servizio di prevenzione e protezione e per
altre unità operative, ma intende promuovere il
miglioramento qualitativo dell’applicazione del
D.Lgs. 626/94 ed il coinvolgimento dell’intera
struttura aziendale nell’attività preventiva, in
modo che la cultura della prevenzione faccia
parte del patrimonio dell’Azienda e di tutti i
suoi dipendenti.
I requisiti minimali per poter avviare il progetto
sono:
- avvenuta valutazione dei rischi con
redazione del documento;
- nomina delle figure previste dal D.Lgs.
626/94;
- disponibilità alla collaborazione di alcune
professionalità chiave.
Il percorso suggerito è pluriennale (almeno 3-5
anni), anche se alcune attività si risolvono nel
primo anno. L’obiettivo generale del progetto è
la prevenzione delle patologie del rachide negli
operatori sanitari. Il target naturale quindi è
costituito dai lavoratori ospedalieri, anche se
sono attesi dei risultati favorevoli indiretti sui
pazienti e la collettività. Tra i diversi indicatori
previsti vengono evidenziati quelli ritenuti
COMPOSIZIONE DEL GRUPPO DI LAVORO
LOCALE PER LA REALIZZAZIONE DEL
PROGETTO
Per lo sviluppo di questo progetto in
un’Azienda sanitaria si ritiene opportuno che
venga attivato in maniera formale un gruppo di
lavoro, guidato da un capo progetto, con il
compito di adattare alle specificità locali le
proposte di seguito indicate e di supportare
concretamente le varie fasi di realizzazione del
progetto. Compatibilmente con le risorse
disponibili in sede locale, si suggerisce che la
composizione del gruppo sia la seguente:
ƒ medico competente;
ƒ fisiatra-terapista;
ƒ rappresentante dirigenza medica;
ƒ rappresentante U.O. Tecnologie;
ƒ rappresentante U.O. Approvvigionamenti;
19
ƒ
ƒ
ƒ
ƒ
→
responsabile Serv. Prevenzione e Protezione;
responsabile Serv. Infermieristico;
rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
IP o ASV del Serv. di Medicina Preventiva.
pazienti, personale e comunità
AZIONI ORGANIZZATIVE
1) Razionalizzare i turni di lavoro (distribuzione
nelle unità operative delle unità lavorative
appartenenti ai vari profili professionali in
funzione del carico di lavoro)
→
pazienti e personale
2) Promuovere la collaborazione tra più reparti
e l’uso flessibile di unità lavorative appartenenti
a particolari profili professionali per esigenze
connesse con la movimentazione dei pazienti
→
personale
3) Programmare la sorveglianza sanitaria in
funzione del grado di rischio del personale
personale
→
personale
4) Verificare, nel tempo, il rispetto delle
prescrizioni formulate nel giudizio d’idoneità
dal medico competente
→
personale
5) Confrontare le strategie educative, strutturali
e organizzative adottate in altre realtà
→
pazienti, personale e comunità
OBIETTIVO GENERALE
L’obiettivo generale del progetto è la
prevenzione delle patologie del rachide negli
operatori sanitari.
OBIETTIVI SPECIFICI
a) Personale:
1) migliorare le condizioni di lavoro
rispetto alla movimentazione manuale dei
carichi.
b) Pazienti:
1) garantire una mobilizzazione corretta e
non traumatica;
2) aumentare i tempi medi di assistenza per
effetto della diminuzione delle assenze per
malattia (risultato indiretto).
c) Comunità:
1) riduzione dei costi dovuti alle giornate di
malattia per patologie del rachide
2)
miglioramento
del
«messaggio
educativo» proposto dall’Azienda sanitaria,
abolendo
modelli
diseducativi
e
proponendo stili di comportamento corretto
(risultato indiretto).
AZIONI EDUCATIVE
1) Trasmettere conoscenze sui fattori di rischio,
specifiche per unità operativa e ruolo
professionale, attraverso l’attivazione dei corsi
di informazione/formazione destinati ai
lavoratori e ai preposti (ripetuti nel tempo)
→
personale
2) Addestrare ad una modalità corretta di
movimentazione a un corretto utilizzo degli
ausili in ogni U.O.
→
personale
3) Trasmettere ai pazienti e familiari un
modello comportamentale sul corretto utilizzo
degli ausili e sulla mobilizzazione, sia con
l’esempio pratico che mediante la distribuzione
di opuscolo informativo
→
pazienti e comunità
AZIONI STRUTTURALI
1) Intervenire, tramite il gruppo di lavoro
locale, nella progettazione degli ambienti e
ottimizzare la scelta degli arredi.
→
pazienti e personale
2) Proporre migliorie strutturali e ottimizzare i
percorsi
→
pazienti e personale
3) Fornire agli operatori ausili adeguati per la
movimentazione dei pazienti e dei carichi
manuali
20
INDICATORI
E CRITERI PER LA VALUTAZIONE
Tipo di indicatore
Indicatore Strumento di
valutazione
Criterio di
valutazione
n° di giornate di assistenza
riconducibili a patologie del rachide
esito
questionario periodico
somministrato ai lavoratori
diminuzione
Incidenza delle patologie del rachide esito
tra il personale esposto
sorveglianza sanitaria
diminuzione
% di progetti realizzati o in fase di
esecuzione sul totale dei progetti
proposti
processo
Archivio del progetto
n° di ausili forniti rispetto al
fabbisogno indicato come ottimale
nel documento di valutazione del
rischio
struttura
archivio del progetto
superiore all'80% del
fabbisogno entro due anni
Minuti di assistenza
processo
archivio Dirigenza Medica
Miglioramento nei reparti
a rischio
Presenza di turni a cavaliere tra più
reparti
processo
archivio Dirigenza Medica
è adottata tale modalità
organizzativa
Lista degli esposti in funzione del
grado di rischio (alto, medio, basso)
processo
archivio del progetto
la lista esiste ed è
regolarmente aggiornata
Esplicitazione dei protocolli di
sorveglianza
processo
archivio del progetto
i protocolli esistono
n° controlli casuali per verificare il
rispetto delle prescrizioni formulate
dal medico competente
processo
archivio del progetto
almeno 2 controlli
casuali/anno
n° partecipanti ai corsi
processo
archivio del progetto
almeno 80% degli esposti
entro 1 anno dall'avvio dei
corsi
Acquisizione della corretta modalità
di movimentazione
esito
esercitazione pratica a fine
corso
almeno il 90% è in grado
di effettuare correttamente
le operazioni
Produzione e consegna opuscolo
informativo a pazienti e familiari
processo
archivio del progetto
l'opuscolo è stato
regolarmente consegnato
Ore di formazione nell'anno
successivo al primo intervento di
formazione
processo
archivio del progetto
almeno ol 30% delle ore
effettuate durante il primo
intervento
n° partecipanti ai corsi successivi
processo
archivio del progetto
partecipazione superiore
all'80% degli esposti
corretto utilizzo dei sollevatori e
manovre di trasferimento
esito
rilievo sul campo mediante
oltre l'80% delle manovre
questionario compilato dal
viene effettuato
caposala o osservatore esterno correttamente
21
BIBLIOGRAFIA
1. Aybout MM, Dryden R, Mc Daniel J. e
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23
capitolo 4
GESTIONE DEL RISCHIO CONNESSO ALLA
MANIPOLAZIONE E SOMMINISTRAZIONE
DEI FARMACI ANTINEOPLASTICI
a cura del gruppo di lavoro della Rete Veneta
degli ospedali per la promozione della salute
CASTORO MASSIMO
Azienda Ospedaliera - Padova
CHERZI ORAZIO
Azienda ULSS 1 - Belluno
MARCATO GIORGIA
Azienda Ospedaliera - Padova
PICCINNI SALVATORE
Azienda ULSS 13 - Mirano
SCAPELLATO MARIA LUISA
Azienda Ospedaliera - Padova
TARGON MARIA CRISTINA
Azienda ULSS 1 - Belluno
24
GESTIONE DEL RISCHIO CONNESSO ALLA
MANIPOLAZIONE E
SOMMINISTRAZIONE DEI FARMACI ANTINEOPLASTICI
Da questo punto di vista il D.Lgs. 626/94
ben aderisce alla base concettuale enunciata
nella «Carta di Ottawa», dove una delle tre
strategie fondamentali per la promozione
della salute è rappresentata dalle azioni che
«mettono in grado». In questo caso i
lavoratori vengono messi in grado di
realizzare le proprie potenzialità nel campo
della salute, offrendo loro un ambiente
fisico e sociale sano, e le possibilità e i
mezzi per sfruttare queste condizioni
favorevoli.
Nell’ambito dei rischi occupazionali per gli
operatori sanitari una specifica area di
interesse è quella rappresentata dalla
«Gestione del rischio connesso alla
manipolazione dei farmaci antineoplastici».
Numerosi chemioterapici antiblastici infatti,
pur segnalati in letteratura e dalla
International Agency of Research on
Cancer (IARC) come cancerogeni per
l’uomo, non sono stati inclusi fra gli
oncogeni professionali indicati dagli
allegati del D.Lgs. 626/94. Al fine di
colmare questa lacuna, la Commissione
Consultiva
Tossicologica
Nazionale
(CCTN) ha raccomandato l’inclusione
sull’allegato VIII del D.Lgs. 626/94 delle
attività di preparazione, impiego e
smaltimento dei farmaci antiblastici ai fini
di trattamento terapeutico.
L’attuale legislazione permette comunque
di svolgere una appropriata prevenzione
anche per i rischi non previsti da tale
normativa, in quanto pone al centro di tutte
le attività preventive la valutazione dei
rischi lavorativi e conseguentemente anche
gli interventi di prevenzione primaria e
secondaria che ne derivano.
Per la particolare natura dei cancerogeni in
questione, non esiste una dose soglia al di
PREMESSA
Da quando si è costituita la Rete Regionale
Veneta degli Ospedali per la Promozione
della Salute si è verificata l’esigenza
comune da parte di molte Aziende sanitarie
aderenti di sviluppare dei progetti di
promozione
della
salute
orientati
principalmente alla salute dello staff. Allo
scopo si sono formati dei gruppi di lavoro
regionali con il compito di sviluppare dei
progetti relativi alla promozione della salute
degli operatori sanitari, anche in
considerazione della applicazione del
decreto legislativo n. 626/94 e successive
modificazioni.
Un aspetto interessante e stimolante è che
tale decreto legislativo non disciplina solo
l’aspetto tecnico della sicurezza del lavoro,
ma
sancisce
anche
il
principio
dell’autotutela di ciascun lavoratore. Quindi
i lavoratori dipendenti da fruitori passivi
diventano ora soggetti attivi, coinvolti in
prima persona in un rapporto collaborativo
con l’ambiente, al fine di salvaguardare la
propria salute e la sicurezza nei luoghi di
lavoro.
Al sistema basato sulla prevenzione
tecnologica (prevista dai decreti n. 547/55 e
n. 303/56) si affianca e si integra un sistema
di sicurezza globale che per la prima volta
nel nostro Paese affida la tutela del
lavoratore anche al lavoratore stesso:
«ciascun lavoratore deve prendersi cura
della propria sicurezza e della propria salute
e di quella di altre persone presenti sul
luogo di lavoro» (art. 5, comma 1), senza
peraltro esimere il datore di lavoro dal
rispettare gli obblighi previsti per legge.
25
progetto, con il compito di adattare alle
specificità locali le proposte di seguito
indicate e di supportare concretamente le
varie fasi di realizzazione del progetto.
Compatibilmente con le risorse disponibili
in sede locale, si suggerisce che la
composizione del gruppo sia la seguente:
ƒ Primario oncologo;
ƒ Farmacista;
ƒ Ematologo/ Clinico oncologo;
ƒ CSSA/ Servizio Infermieristico;
ƒ Dirigente medico;
ƒ Rappresentante del Settore Tecnico;
ƒ Medico competente;
ƒ CS o IP di Oncologia;
ƒ Rappresentanti Ass. Volontariato;
ƒ Responsabile di Distretto.
sotto della quale non si possa prefigurare un
danno a carico dei lavoratori esposti.
Secondo il D.Lgs. 626/94, il datore di
lavoro è tenuto ad evitare l’utilizzazione
dell’agente cancerogeno, sostituendolo con
sostanza meno pericolosa, o a utilizzare a
ciclo chiuso; solo ove ciò non fosse
possibile deve ridurre l’esposizione al
valore più basso ottenibile con la tecnologia
disponibile.
Appare evidente che, per quanto riguarda i
farmaci antiblastici, solo quest’ultima
possibilità è percorribile da parte del datore
di lavoro.
La riduzione dell’esposizione ai valori più
bassi possibili si può realizzare solo
attraverso adeguati interventi di carattere
strutturale, organizzativo e procedurale che
prevedano sia una adeguata attività di
formazione ed informazione degli operatori,
sia la concentrazione delle attività in un
ridotto numero di «Unità di manipolazione
di chemioterapici antiblastici».
A tali conclusioni è approdato il gruppo di
lavoro «La prevenzione dei rischi lavorativi
derivanti dall’uso di chemioterapici
antiblastici
in
ambiente
sanitario»,
organizzato dall’ISPESL su mandato della
Commissione Oncologica Nazionale, che
ha prodotto delle specifiche linee guida.
Il gruppo di lavoro della Rete Veneta HPH
ha utilizzato in parte quanto previsto dalle
succitate linee guida ed ha cercato di
proporre quanto può essere realizzato
presso ogni Azienda sanitaria ed
Ospedaliera, tenendo presente le diversità e
le specificità locali. E’ ragionevole
prevedere che la durata del progetto sia di 3
anni.
OBIETTIVO GENERALE
L’obiettivo generale del progetto è la
riduzione del numero di personale addetto
alla
manipolazione
dei
farmaci
antineoplastici e la corretta applicazione
delle procedure tecnico/organizzative,
attraverso la massima concentrazione
possibile delle strutture di preparazione e
del personale, al fine di ottenere la minore
esposizione possibile nonchè la promozione
del continuo miglioramento della qualità
assistenziale.
OBIETTIVI SPECIFICI
Il gruppo di lavoro ha articolato l’obiettivo
generale in una serie di obiettivi specifici,
che permettono meglio l’articolazione
definitiva del progetto in sede locale.
COMPOSIZIONE DEL GRUPPO DI LAVORO
PER LO SVILUPPO LOCALE DEL PROGETTO
a) Personale
1) Diminuire il numero del personale
esposto.
2) Migliorare le procedure tecnico/organizzative e comportamentali.
Per lo sviluppo di questo progetto in
un’Azienda sanitaria si ritiene opportuno
che venga attivato in maniera formale un
gruppo di lavoro, guidato da un capo
26
b) Predisporre un successivo eventuale
adeguamento sia degli impianti che dei
locali.
c) Sulla base dei requisiti tecnico/ambientali
previsti,
concentrare
la
preparazione dei farmaci antibiotici nel
minor numero possibile di unità di
manipolazione ospedaliera e/o territoriale
(adeguandole alle linee guida della
Commissione Oncologica citate nella
premessa).
3) Aumentare la consapevolezza del
ruolo professionale in relazione al
particolare tipo di rischio.
4) Tutelare la maternità, con
allontanamento dall’esposizione.
5) Informare ed educare medici di
medicina generale, il personale addetto
all’assistenza domiciliare e il personale
delle RSA e delle Case di Riposo.
6) Favorire l’adozione di protocolli
terapeutici comuni.
b) Pazienti
7) Informare ed educare pazienti sugli
effetti
collaterali
dei
farmaci
chemioterapici e sulla gestione dei
rifiuti speciali, degli effetti letterecci e
delle deiezioni.
AZIONI ORGANIZZATIVE
a) Concentrare al massimo il personale in
«Unità di manipolazione dei chemioterapici
antiblastici» con particolare attenzione alle
figure professionali ‘idonee’: farmacista,
oncologo, ematologo, IP oncologo.
b) Regolamentare l’accesso alle zone
protette al solo personale autorizzato.
c) Esplicitare il protocollo di sorveglianza
sanitaria e produrre una lista del personale
esposto.
d) Verificare l’adozione delle norme di
corretto utilizzo di impianti, attrezzature,
DPI e dei farmaci stessi, con istituzione di
adeguati sistemi di notifica degli eventi
accidentali (quali esposizioni accidentali,
spandimenti, contaminazioni varie, ecc.) da
inoltrare al datore di lavoro che li
trasmetterà all’organo di vigilanza, con lo
stesso sistema previsto per gli incidenti
occupazionali.
e) Definire e attuare dei protocolli di
intervento in caso di spandimenti
accidentali o contaminazioni del personale
e loro notifica immediata (eventuale
fornitura
dei
kit
di
emergenza).
f) Attivare un sistema di trasporto delle
preparazioni dei farmaci antiblastici dalle
Unità di preparazione ai reparti.
g) Attivare un eventuale sistema di
trasporto dei pazienti che devono utilizzare
dei farmaci antiblastici altamente instabili
(non trasportabili), nonchè un sistema di
erogazione di tale prestazioni con modalità
organizzativo-gestionali tipo Day Hospital.
c) Comunità
1) Valutare le problematiche relative
allo smaltimento delle deiezioni dei
pazienti e del trattamento degli effetti
letterecci.
2)
Diminuire i costi sostenuti
dall’Azienda attraverso la concentrazione delle strutture di preparazione,
con eventuale reinvestimento dei
benefici economici all’interno del
progetto.
3) Informare ed educare i familiari dei
pazienti sulla gestione dei liquidi
biologici contaminati, dei rifiuti speciali
e degli effetti letterecci.
AZIONI STRUTTURALI
a) Revisione e censimento da parte del
Settore tecnico e/o di Ingegneria Clinica
delle apparecchiature esistenti utilizzate
nella manipolazione dei chemioterapici,
catalogando per ognuna:
• dove sono installate;
• caratteristiche e gestione tecnica delle
stesse;
• requisiti dei locali che le alloggiano
(finestre, fonti di calore ecc.).
27
• informazioni ed eventuale coinvolgimento
diretto sul progetto globale.
h) Organizzare un sistema integrato per la
raccolta dei rifiuti speciali in ospedale, nei
distretti e a domicilio, laddove attivata la
terapia
domiciliare
con
farmaci
antineoplastici.
i)
Regolamentare
l’allontanamento
dall’esposizione delle lavoratrici sin
dall’inizio della gravidanza, sensibilizzando
il personale alla notifica immediata.
l)
Analisi dei costi/benefici della
centralizzazione da parte di un ufficio
amministrativo e dirigenza medica e
valutare la possibilità di considerare le
Unità di manipolazione FA quali centri di
costo all’interno del sistema di controllo di
gestione.
2) Azioni rivolte ai Pazienti
Il medico e/o l’IP curante effettueranno una
attività di counseling nei confronti dei
pazienti
per:
• dare informazioni sugli effetti collaterali
dei farmaci antineoplastici;
• invitare a segnalare al personale sanitario
gli eventuali effetti collaterali o altro;
• dare consigli su accorgimenti che il
paziente può adottare per sè e per i propri
familiari.
3) Azioni rivolte alla Comunità
Organizzazione di brevi incontri (1-2h) con
i familiari dei pazienti, da attuarsi in
occasione del loro accompagnamento al DH
per la terapia infusionale e svolti da membri
di associazioni di volontariato opportunamente addestrati e da IP collaboratori,
aventi per tema:
• segnalazioni per il personale sanitario,
• accorgimenti per sè e per il paziente;
• effetti secondari della chemioterapia;
• manipolazione dei presidi;
•
raccolta/smaltimento
degli
effetti
letterecci e di fiale, flebo, cannule ecc.
AZIONI EDUCATIVE
1) Azioni rivolte al Personale
a) Organizzazione di corsi di formazione
/informazione aventi per tema la corretta
manipolazione dei farmaci antineoplastici
attraverso l’adozione di norme di corretto
utilizzo degli impianti, delle attrezzature,
dei DPI e dei farmaci stessi. I corsi saranno
destinati
alle
diverse
categorie
professionali: dirigenti, preposti, primari,
medici, CS, IP, tecnici (in generale di tutti
quei reparti e servizi coinvolti nella
gestione dei farmaci antiblastici) compresi i
dirigenti dei settori Farmacia, Ingegneria
clinica e Tecnico e i membri delle
associazioni di volontariato.
I corsi saranno eseguiti da: dirigente
medico, medico competente, oncologi,
farmacisti,
ingegneri,
servizio
infermieristico.
b) Organizzazione di corsi di formazioneinformazione per i medici di medicina
generale e per il personale dedicato
all’assistenza domiciliare, delle Case di
Riposo e delle RSA. Questi casi dovranno
sviluppare i seguenti argomenti:
• gestione dei farmaci antineoplastici e loro
effetti collaterali;
• corretto utilizzo dei DPI;
• corretta raccolta e smaltimento dei rifiuti;
28
INDICATORI E CRITERI PER LA VALUTAZIONE
Indicatore
Strumento di
Tipo di
indicatore valutazione
Criterio di
valutazione
Istituzione del registro delle
apparecchiature presso il settore
tecnico
struttura
Banca dati
il registro è
disponibile in 3-6
mesi
n. siti di manipolazione farmaci
antineoplastici prima e dopo la
concentrazione delle attività (se
graduale)
struttura
Archivio di progetto
verifica annuale della
avvenuta riduzione
n. di interventi eseguiti rispetto ai
segnalati
struttura
Archivio di progetto
verifica annuale
n. acquisti effettuati rispetto alle
struttura
necessità rilevate (apparecchiature,
DPI, monouso, ecc.)
Archivio di progetto
verifica annuale
n. personale esposto prima/dopo la esito
concentrazione delle attività
Registro degli esposti diminuzione degli
esposti (verifica
annuale)
livello di esposizione prima e dopo esito
la centralizzazione
Indicatori biologigi
diminuzione della
esposizione (annuale)
installazione di adeguata
segnaletica per le Unità di
manipolazione e adozione di un
sistema di riconoscimento del
personale autorizzato
struttura
Archivio di progetto
la segnalazione e il
sistema di
riconoscimento sono
stati attivati
Attuazione di un protocollo di
sorveglianza sanitaria sulla base
del registro esposti
processo
archivio
esiste il protocollo
scritto e viene
regolarmente seguito
n.eventi accidentali verificatesi
processo
nelle Unità di manipolazione e nei
reparti
Registro notifica
incidenti
riduzione nel tempo
irregolarità riscontrate durante la processo
vigilanza periodica (ogni 2-3 mesi)
schede per sopraluogo riduzione nel tempo
modalità dell'incidente e
comportamenti adottati
processo
intervista telefonica
dopo un evento
accidentale
aumento della % di
adesione ai protocolli
Attivazione del sistema di
trasporto dei FA preparati nelle
strutture centralizzate
struttura
Archivio di progetto
il sistema è attivato
n. farmaci non somministrati
poichè inutilizzabili (precipitaz.
rottura provetta) rispetto a quelli
preparati per il trasporto
struttura
Scheda di
accompagnamento o
del farmaco
< 5%
archivio di progetto
il locale è attivato
Attivazione di un punto centrale di struttura
29
somministrazione FA tipo DH
Attivazione del sistema di
trasporto dei pazienti (per l'uso di
FA non trasportabili)
struttura
archivio di progetto
il sistema è
disponibile
Tempo di attesa per i pazienti che processo
si trasferiscono dai reparti
Indagine periodica (2
mesi)
non > di 30 minuti sia
per l'andata che per
ritorno
processo
n. segnalazioni da parte dei
pazienti dei disguidi nei confronti
del trasporto e della
centralizzazione
archivio URP
non > 5% dei pazienti
in terapia
Sistema di raccolta rifiuti attivato
attraverso la fornitura di
contenitori per la raccolta
struttura
archivio di progetto
il sistema copre tutte
le U.O. ospedaliere e
territoriali
n. di spostamenti e/o cambio
mansioni rispetto alle notifiche di
gravidanza
processo
Registrazione del
Serv. Inferm.
100%
n. spostamenti entro il 45° giorno
di gravidanza
processo
Registrazione del
Serv. Inferm.
100%
Esecuzioni dell'analisi
costi/benefivi
processo
Archivio di progetto
l'analisi è sdtata
eseguita
livello di conoscenze, partendo dal processo
fabbisogno formativo (in 5 aa.)
Questionario
incremento max
possibile nei vari
profili professionali
partecipazione ai corsi di
formazione per il personale
Registro delle firme
90% degli invitati
struttura
n. pazienti raggiunti dall'attività di processo
counseling
Registro di counseling raggiungere almeno il
70% paz. in terapia
n. personale medico e non medico processo
che attua l'azione educativa nei
pazienti
Archivio di progetto
n. familiari raggiunti dal
counseling rispetto ai pazienti in
terapia
Registro di counseling coinvolgere almeno 1
familiare per paz.
nell'arco di 3 aa.
processo
n. personale medico e non medico processo
che attua l'azione educativa nei
familiari
Archivio di progetto
30
70% del personale
70% del personale
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agents
in
man:
chromosomal aberration, antifertility
effects, congenital malformatios, and
carcinogenic potential, Adv Cancer Res.
1975; 22: 57-155.
24. Skov T, Maarup B, Olsen J, Roth M,
Winthereik H, Lynge E., Leukemia and
reproductive outcome among nurses
handeling antineoplastic drugs, Brit J
Ind Med. 1992; 49: 855-61.
25. Sorsa M, Hemminki K, Vainio H.,
Occupational
exposure
to
cyclophosphamide in industry and
hospital, Mutat Res. 1988; 204: 465-79.
26. Stellman JM, Zoloth SR., Cancer
chemotherapeutic
agents
as
32
ALLEGATI
ALLEGATO A
Scheda di rilevazione sugli incidenti a rischio biologico
(infezioni ematiche, infezioni aeree, infezioni da contatto)
1. Ospedale ________________________________________________________________________
2. Cognome e Nome ________________________________________________________________
3. Reparto _________________________________________________________________________
4. Qualifica ________________________________________________________________________
5. Data incidente ____/____/____
6. Diagnosi di infezione: _____________________________________________________________
7. Infezione a trasmissione:
a) ematica
b) aerea
c) da contatto
8. Mezzi di protezione in uso al momento dell'incidente:
□ guanti
□ occhiali con visiera/visiera
□ respiratori
□ occhiali
□ mascherina
□ nessuno
□ camice
9. Breve descrizione delle modalità di esposizione:
__________________________________________________________________________________
__________________________________________________________________________________
__________________________________________________________________________________
* ---------- * ---------- *
Per gli incidenti a trasmissione ematica
•
Tipo di lesione:
•
Tipo di agente lesivo:
puntura □
taglio □
trattamento □
__________________________________________________________________________________
34
ALLEGATO B
Di seguito vengono riportati alcuni articoli selezionati,
tratti dalla vigente normativa sulla sicurezza e salute dei
lavoratori nei luoghi di lavoro, che possono risultare utili
per l'implementazione dei progetti di promozione della
salute descritti in questa pubblicazione.
Decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile
1995, n. 547. Norme per la prevenzione sul lavoro
(pubblicato nella Gazz. Uff. 12 luglio 1955, n. 158,
S.O.)
Art. 4 - Obblighi dei datori di lavoro, dei dirigenti e dei
preposti.
I datori di lavoro, i dirigenti ed i preposti che eserciscono,
dirigono o sovraintendono alle attività indicate all'art. 1,
devono, nell'ambito delle rispettive attribuzioni e competenze:
a) attuare le misure di sicurezza previste dal presente
decreto;
b) rendere edotti i lavoratori dei rischi specifici cui sono
esposti e portare a loro conoscenza le norme essenziali di
prevenzione mediante affissione, negli ambienti di lavoro,
di estratti cede presenti norme o, nei casi in cui non sia
possibile l'affissione, con altri mezzi:
c) disporre ed esigere che i singoli lavoratori osservino le
norme di sicurezza ed usino i mezzi di protezione messi a
loro disposizione.
Art. 6 - Doveri dei lavoratori.
I lavoratori devono:
a) osservare, oltre le norme del presente decreto, le misure
disposte dal datore di lavoro ai fini della sicurezza
individuale e collettiva;
b) usare con cura i dispositivi di sicurezza e gli altri mezzi
di protezione predisposti o forniti dal datore di lavoro;
c) segnalare immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o ai proposti le deficienze dei dispositivi e dei mezzi
di sicurezza e di protezione, nonché le altre eventuali
condizioni di pericolo di cui venissero a conoscenza,
adoperandosi direttamente, in caso di urgenza e nell'ambito delle loro competenze e possibilità, per eliminare o
ridurre dette deficienze o pericoli;
d) non rimuovere o modificare i dispositivi e gli altri
mezzi dl sicurezza e di protezione senza averne ottenuta
l'autorizzazione,
e) non compiere, di propria iniziativa, operazioni o manovre che non siano di loro competenza e che possano
compromettere la sicurezza propria o di altre persone.
Art. 15 - Spazio destinato al lavoratore.
Lo spazio destinato al lavoratore nel posto di lavoro deve
essere tale da consentire il normale movimento della
persona in relazione al lavoro da compiere.
Art 352 - Affissione di norme di sicurezza.
Nell'ingrosso di ogni stabilimento o luogo dove, in
relazione alla fabbricazione, manipolazione, utilizzazione
o conservazione di materie o prodotti di cui all'articolo
precedente, sussistano specifici pericoli, deve essere esposto un estratto delle norme di sicurezza contenute nel
presente decreto e nelle leggi e regolamenti speciali rife-
rentisi alle lavorazioni che sono eseguite.
Nei reparti e presso le macchine e gli apparecchi dove
sono effettuate operazioni che presentano particolari pericoli, devono essere esposte le disposizioni e le istruzioni
concernenti la sicurezza delle specifiche lavorazioni.
Art. 369 - Maschere ed apparecchi respiratori.
Nei luoghi dove si compiono le operazioni di produzione,
impiego, manipolazione e trasporto delle materie o prodotti tossici, asfissianti, irritanti ed infettanti, nonché nei
depositi o luoghi in cui possono svilupparsi o diffondersi
gas, vapori o altre emanazioni tossiche od asfissianti, deve
essere tenuto in luogo adatto e noto al personale un
numero adeguato di maschere respiratorie o di altri
apparecchi protettori da usarsi in caso di emergenza.
Art. 370 - Isolamento locali.
I locali ed i luoghi nei quali sono eseguite le operazioni
indicate nell'articolo precedente devono essere normalmente separati e isolati dagli altri locali o luoghi di lavoro
o di passaggio.
Art. 371 - Pulizia locali e attrezzature.
I locali o luoghi nei quali si fabbricano, si manipolano o si
utilizzano le materie o i prodotti indicati nell'art. 369, nonché, i tavoli di lavoro, le macchine e le attrezzature in genere impiegati per dette operazioni, devono essere frequentemente ed accuratamente puliti.
Art. 374 - Edifici, opere, impianti, macchine ed attrezzature.
Gli edifici, le opere destinate ad ambienti o posti di lavoro,
compresi i servizi accessori, devono essere costruiti e
mantenuti in buono stato di stabilità, di conservazione e di
efficienza in relazione alle condizioni di uso e alle necessità della sicurezza del lavoro. Gli impianti, le
macchine, gli apparecchi, le attrezzature, gli utensili, gli
strumenti, compresi gli apprestamenti di difesa, devono
possedere, in relazione alle necessità della sicurezza del
lavoro, i necessari requisiti di resistenza e di idoneità ed
essere mantenuti in buono stato di conservazione e di
efficienza.
Ove per le apparecchiature di cui al comma 2 è fornito il
libretto di manutenzione occorre prevedere l'aggiornamento di questo libretto.
Art. 377 - Mezzi personali di protezione.
II datore di lavoro fermo restando quanto specificatamente previsto in altri articoli del presente decreto, deve mettere a disposizione dei lavoratori mezzi personali di protezione appropriati ai rischi inerenti alle lavorazioni ed
operazioni effettuate, qualora manchino o siano insufficienti i mezzi tecnici di protezione. I detti mezzi personali
di protezione devono possedere i necessari requisiti di
resistenza e di idoneità nonché essere mantenuti in buono
stato di conservazione.
Art. 378 - Abbigliamento.
I lavoratori non devono usare sul luogo di lavoro indumenti personali o abbigliamenti che, in relazione alla natura delle operazioni od alle caratteristiche dell'impianto,
costituiscano pericolo per la incolumità personale.
Art. 379 - Indumenti di protezione.
Il datore di lavoro deve, quando si è in presenza di lavorazioni, o di operazioni o di condizioni ambientali che
presentano pericoli particolari non previsti dalle disposi-
35
zioni del Capo III del presente Titolo, mettere a disposizione dei lavoratori idonei indumenti di protezione.
Art. 382 - Protezione agli occhi.
I lavoratori esposti al pericolo di offesa agli occhi per
proiezioni di schegge o di materiali roventi, caustici, corrosivi o comunque dannosi, devono essere muniti di occhiali, visiere o schermi appropriati.
Art. 383 - Protezione delle mani.
Nelle lavorazioni che presentano specifici pericoli di punture, tagli, abrasioni, ustioni, causticazioni alle mani, i lavoratori devono essere torniti di manopole, guanti o altri
appropriati mezzi di protezione.
Decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo
1956, n. 303. Norme generali per l'igiene del
lavoro. (pubblicato nella Gazz. Uff. 30 aprile 1956,
n. 105. S.O.)
Gli articoli che seguono contengono le modifiche e le integrazioni previste dal D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626
(pubblicato nella Gazz. Uff. 12 novembre 1994, n. 265,
S.O. )
Art. 4 - Obblighi dei datori di lavoro, dei dirigenti e dei
preposti.
I datori di lavoro, i dirigenti e i preposti che esercitano, dirigono o sovraintendono alle attività indicate all'art. 1, devono, nell'ambito delle rispettive attribuzioni e competenze:
a) attuare le misure di igiene previste nel presente decreto;
b) rendere edotti i lavoratori dei rischi specifici cui sono
esposti e portare a loro conoscenza i modi di prevenire i
danni derivanti dai rischi predetti;
c) fornire ai lavoratori i necessari mezzi di protezione;
d) disporre ed esigere che i singoli lavoratori osservino le
norme di igiene ed usino i mezzi di protezione messi a
loro disposizione.
Art. 5 - Obblighi dei lavoratori.
I lavoratori devono:
a) osservare, oltre le norme del presente decreto, le misure
disposte dal datore di lavoro ai fini dell'igiene;
b) usare con cura i dispositivi tecnicosanitari e gli altri
mezzi di protezione predisposti o forniti dal datore di lavoro;
c) segnalare al datore di lavoro, al dirigente o ai preposti le
deficienze dei dispositivi e dei mezzi di protezione
suddetti;
d) non rimuovere o modificare detti dispositivi e mezzi di
protezione, senza averne ottenuta l'autorizzazione.
Art. 7 - Pavimenti, muri, soffitti, finestre e lucernari dei
locali scale e marciapiedi mobili, banchina e
rampe di carico.
1. A meno che non sia richiesto diversamente dalle necessità della lavorazione, è vietato adibire a lavori continuativi locali chiusi che non rispondono alle seguenti
condizioni:
a) essere ben difesi contro gli agenti atmosferici, e provvisti di un isolamento termico sufficiente, tenuto conto del
tipo di impresa e dell'attività fisica dei lavoratori;
b) avere aperture sufficienti per un rapido ricambio d'aria;
c) essere ben asciutti e ben difesi contro l'umidità;
d) avere le superfici dei pavimenti, delle pareti, dei soffitti
tali da poter essere pulite e deterse per ottenere condizioni
adeguate di igiene.
2. I pavimenti dei locali devono essere esenti da protuberanze, cavità o piani inclinati pericolosi. devono essere
fissi, stabili ed antisdrucciolevoli.
3. Nelle parti dei locali dove abitualmente si versano sul
pavimento sostanze putrescibili o liquidi, il pavimento deve avere superficie unita ed impermeabile e pendenza
sufficiente per avviare rapidamente i liquidi verso i punti
di raccolta e scarico.
4. Quando il pavimento dei posti di lavoro e di quelli di
passaggio si mantiene bagnato, esso deve essere munito in
permanenza di palchetti o di graticolato, se i lavoratori non
sono forniti di idonee calzature impermeabili.
5. Qualora non ostino particolari condizioni tecniche, le
pareti dei locali di lavoro devono essere a tinta chiara.
6. Le pareti trasparenti o traslucide, in particolare le pareti
completamente vetrate, nei locali o nelle vicinanze dei
posti di lavoro e delle vie di circolazione, devono essere
chiaramente segnalate e costituite da materiali di sicurezza
fino all'altezza di 1 metro dal pavimento, ovvero essere
separate dai posti di lavoro e dalle vie di circolazione
succitati in modo tale che i lavoratori non possono entrare
in contatto con le pareti né rimanere feriti qualora esse
vadano in frantumi. Nel caso in cui vengono utilizzati
materiali di sicurezza fino all'altezza di 1 metro dal
pavimento, tale altezza è elevata quando ciò e necessario
in relazione al rischio che i lavoratori rimangono feriti
qualora esse vadano in frantumi.
7. Le finestre, i lucernari e i dispositivi di ventilazione devono poter essere aperti, chiusi, regolati e fissati dai lavoratori in tutta sicurezza. Quando sono aperti essi devono
essere posizionati in modo da non costituire un pericolo
per i lavoratori.
8. Le finestre e i lucernari devono essere concepiti congiuntamente con l'attrezzatura o dotati di dispositivi che
consentono la loro pulitura senza rischi per i lavoratori
che effettuano tale lavoro nonché per i lavoratori presenti
nell'edificio ed intorno ad esso.
9. L'accesso ai tetti costituiti da materiali non sufficientemente resistenti può essere autorizzato soltanto se sono
fornite attrezzature che permettono di eseguire il lavoro
in tutta sicurezza.
10. Le scale ed i marciapiedi mobili devono funzionare in
piena sicurezza, devono essere muniti dei necessari dispositivi di sicurezza e devono possedere dispositivi di arresto di emergenza facilmente identificabili ed accessibili.
11. Le banchine e rampe di carico devono essere adeguate
alle dimensioni dei carichi trasportati.
12. Le banchine di carico devono disporre di almeno
un'uscita. Ove e tecnicamente possibile, le banchine di
carico che superano m 25,0 di lunghezza devono disporre
di un'uscita a ciascuna estremità.
13. Le rampe di carico devono offrire una sicurezza tale da
evitare che i lavoratori possono cadere
13-bis. Le disposizioni di cui ai commi 10, 11, 12 e 13 sono altresì applicabili alle vie di circolazione principali sul
terreno dell'impresa, alle vie di circolazione che portano a
posti di lavoro fissi, alle vie di circolazione utilizzate per
la regolare manutenzione e sorveglianza degli impianti
dell'impresa, nonché alle banchine di carico.
Art. 9 - Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi
1. Nei luoghi di lavoro chiusi, è necessario far si che tenendo conto dei metodi di lavoro e degli sforzi fisici ai
36
quali sono sottoposti i lavoratori, essi dispongano di aria
salubre in quantità sufficiente anche ottenuta con impianti
di areazione.
2. Se viene utilizzato un impianto di aerazione, esso deve
essere sempre mantenuto funzionante. Ogni eventuale
guasto deve essere segnalato da un sistema di controllo,
quando ciò è necessario per salvaguardare la salute dei
lavoratori.
3. Se sono utilizzati impianti di condizionamento dell'aria
o di ventilazione meccanica, essi devono funzionare in
modo che i lavoratori non siano esposti a correnti d'aria
fastidiosa.
4. Qualsiasi sedimento o sporcizia che potrebbe comportare un pericolo immediato per la salute dei lavoratori dovuto all'inquinamento dell'aria respirata deve essere eliminato rapidamente.
Art. 10 - Illuminazione naturale ed artificiale dei luoghi
di lavoro.
1. A meno che non sia richiesto diversamente dalle necessità delle lavorazioni e salvo che non si tratti di locali
sotterranei, i luoghi di lavoro devono disporre di sufficiente luce naturale. In ogni caso, tutti i predetti locali e luoghi
di lavoro devono essere dotati di dispositivi che consentono un'illuminazione artificiale adeguata per salvaguardare la sicurezza, la salute e il benessere dei lavoratori.
2. Gli impianti di illuminazione dei locali di lavoro e delle
vie di circolazione devono essere installati in modo che il
tipo d'illuminazione previsto non rappresenta un rischio di
infortunio per i lavoratori.
3. I luoghi di lavoro nei quali i lavoratori sono particolarmente esposti a rischi in caso di guasto dell'illuminazione
artificiale, devono disporre di un'illuminazione di sicurezza di sufficiente intensità.
4. Le superfici vetrate illuminanti ed i mezzi di illuminazione artificiale devono essere tenuti costantemente in
buone condizioni di pulizia e di efficienza.
Art. 19 - Separazione dei lavori nocivi.
II datore di lavoro è tenuto ad effettuare ogni qualvolta è
possibile in luoghi separati le lavorazioni pericolose o insalubri allo scopo di non esporvi senza necessità i lavoratori addetti ad altre lavorazioni.
Art. 20 - Difesa dell'aria dagli inquinamenti con prodotti
nocivi
Nei lavori in cui si svolgono gas o vapori irrespirabili o
tossici od infiammabili, ed in quelli nei quali si sviluppano
normalmente odori o fumi di qualunque specie il datore di
lavoro deve adottare provvedimenti atti ad impedirne o a
ridurne, per quanto è possibile, lo sviluppo e la diffusione.
L'aspirazione dei gas, vapori, odori o fumi deve farsi, per
quanto è possibile, immediatamente vicino al luogo dove
si producono.
Un'attrezzatura di lavoro che comporta pericolo dovuti ad
emanazione di gas, vapori o liquidi ovvero ad emissioni di
polvere, deve essere munita di appropriati dispositivi di
ritenuta ovvero di estrazione vicino alla fonte corrispondente a tali pericoli
Art. 26 - Mezzi personali di protezione.
I mezzi personali di protezione forniti ai lavoratori, quando possano diventare veicolo di contagio, devono essere
individuati e contrassegnati col nome dell'assegnatario o
con un numero.
Art. 40 - Spogliatoi e armadi per il vestiario.
1. Locali appositamente destinati a spogliatoi devono essere messi a disposizione dei lavoratori quando questi
devono indossare indumenti di lavoro specifici e quando
per ragioni di salute o di decenza non si può loro chiedere
di cambiarsi in altri locali.
2. Gli spogliatoi devono essere distinti tra i due sessi e
convenientemente arredati. Nelle aziende che occupano
fino a cinque dipendenti lo spogliatoio può essere unico
per entrambi i sessi. In tal caso i locali a ciò adibiti sono
utilizzati dal personale dei due sessi, secondo opportuni
turni prestabiliti e concordati nell'ambito dell'orario di lavoro).
3. I locali destinati a spogliatoio devono avere una capacità sufficiente, essere possibilmente vicini ai locali di lavoro aerati, illuminati, ben difesi dalle intemperie, riscaldati durante la stagione fredda e muniti di sedili.
4. Gli spogliatoi devono essere dotati di attrezzature che
consentono a ciascun lavoratore di chiudere a chiave i
propri indumenti durante il tempo di lavoro.
5. Qualora i lavoratori svolgano attività insudicianti, polverose, con sviluppo di fumi o vapori contenenti in sospensione sostanze untuose od incrostanti. nonché in
quelle dove si usano sostanze venefiche, corrosive od
infettanti o comunque pericolose, gli armadi per gli indumenti da lavoro devono essere separati da quelli per gli
indumenti privati.
6. Qualora non si applichi il comma 1 ciascun lavoratore
deve poter disporre dello attrezzature di cui al comma 4
per poter riporre i propri indumenti.
Decreto Legislativo 19 settembre 1994, n. 626.
Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE,
89/655/CEE,
90/269/CEE,
90/270/CEE,
90/394/CEE.
90/679/CEE
riguardanti
il
miglioramento della sicurezza e della salute dei
lavoratori sul luogo di lavoro. (Pubblicato nella
Gazz. Uff. 12 novembre 1994, n. 265, S.O.)
Gli articoli che seguono contengono le modifiche e le integrazioni previste dal D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242
(pubblicato nella Gazz. Uff. 6 maggio 1996, n. 104, S, 0.)
TITOLO I
Art. 2 - Definizioni
1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto
si intendono per
a) lavoratore: persona che presta il proprio lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari, con rapporto di lavoro subordinato anche speciale. Sono equiparati i soci lavoratori di
cooperative o di società, anche di fatto, che prestino la loro
attività per conto delle società e degli enti stessi, e gli
utenti dei servizi di orientamento o di formazione scolastica, universitaria e professionale avviati presso datori
di lavoro per agevolare o per perfezionare le loro scelte
professionali. Sono altresì equiparati gli allievi degli istituti di istruzione ed universitari e i partecipanti a corsi di
formazione professionale nei quali si faccia uso di laboratori, macchine, apparecchi ed attrezzature di lavoro in
genere, agenti chimici, fisici e biologici. I soggetti di cui al
precedente periodo non vengono computati ai fini della
determinazione del numero dei lavoratori dal quale il presente decreto fa discendere particolari obblighi;
37
b) datore di lavoro: il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l’organizzazione dell'impresa, ha la responsabilità dell'impresa stessa ovvero dell'unità produttiva, quale definita ai sensi della lettera i), in quanto titolare dei poteri decisionali e di spesa. Nelle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, per datore di lavoro si intende il dirigente al quale spettano i poteri di gestione,
ovvero il funzionario non avente qualifica dirigenziale, nei
soli casi in cui quest'ultimo sia preposto ad un ufficio
avente autonomia gestionale;
c) servizio di prevenzione e protezione dai rischi: insieme
delle persone, sistemi e mezzi esterni o interni all'azienda
finalizzati all'attività di prevenzione e protezione dai rischi
professionali nell'azienda, ovvero unità produttiva;
d) medico competente: medico in possesso di uno dei
seguenti titoli:
1) specializzazione in medicina del lavoro o in medicina
preventiva dei lavoratori e psicotecnica o in tossicologia
industriale o in igiene industriale o in fisiologia ed igiene
dei lavoro o in clinica del lavoro ed altre specializzazioni
individuali, ove necessario, con decreto del Ministro della
sanità di concerto con il Ministro dell'università e della
ricerca scientifica e tecnologica;
2) docenza o libera docenza in medicina del lavoro o in
medicina preventiva dei lavoratori e psicotecnica o in
tossicologia industriale o in igiene industriale o in fisiologia ed igiene del lavoro;
3) autorizzazione di cui all'art. 55 del decreto legislativo
15 agosto 1991, n. 277:
e) responsabile del servizio di prevenzione e protezione:
persona designata dal datore di lavoro in possesso di attitudini e capacità adeguate:
f) rappresentante dei lavoratori per la sicurezza: persona,
ovvero persone, eletta o designata per rappresentare i
lavoratori per quanto concerne gli aspetti della salute e
della sicurezza durante il lavoro, di seguito denominato
rappresentante per la sicurezza;
g) prevenzione: il complesso delle disposizioni o misure
adottate o previste in tutte le fasi dell'attività lavorativa per
evitare o diminuire i rischi professionali nel rispetto della
salute della popolazione e dell'integrità dell'ambiente
esterno;
h) agente: l'agente chimico, fisico o biologico, presente
durante il lavoro e potenzialmente dannoso per la salute;
i) unità produttiva: stabilimento o struttura finalizzata alla
produzione di beni o servizi, dotata di autonomia finanziaria e tecnico funzionale.
Art. 3 - Misure generali di tutela
1. Le misure generali per la protezione della salute e per la
sicurezza dei lavoratori sono:
a) valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza;
b) eliminazione dei rischi in relazione alle conoscenze
acquisite in base al progresso tecnico e, ove ciò non è
possibile, loro riduzione al minimo;
c) riduzione dei rischi alla fonte;
d) programmazione della prevenzione mirando ad un
complesso che integra in modo coerente nella prevenzione
le condizioni tecniche produttive ed organizzative
dell'azienda nonché l'influenza dei fattori dell'ambiente di
lavoro;
e) sostituzione di ciò che è pericoloso con ciò che non lo è,
o è meno pericoloso;
f) rispetto dei principi ergonomici nella concezione dei
posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature e nella defi-
nizione dei metodi di lavoro e produzione, anche per attenuare il lavoro monotono e quello ripetitivo;
g) priorità delle misure di protezione collettiva rispetto alle
misure di protezione individuale;
h) limitazione al minimo del numero dei lavoratori che sono, o che possono essere, esposti al rischio;
i) utilizzo limitato degli agenti chimici, fisici e biologici,
sui luoghi di lavoro;
l) controllo sanitario dei lavoratori in funzione dei rischi
specifici;
m) allontanamento del lavoratore dall'esposizione a
rischio, per motivi sanitari inerenti la sua persona;
n) misure igieniche;
o) misure di protezione collettiva ed individuale;
p) misure di emergenza da attuare in caso di pronto soccorso, di lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori e
di pericolo grave od immediato;
q) uso di segnali di avvertimento e di sicurezza;
r) regolare manutenzione di ambienti, attrezzature, macchine ed impianti, con particolare riguardo ai dispositivi di
sicurezza in conformità alla indicazione dei fabbricanti;
s) informazione, formazione, consultazione e partecipazione dei lavoratori ovvero dei loro rappresentanti, sulle
questioni riguardanti la sicurezza e la salute sul luogo di
lavoro;
t) istruzioni adeguate ai lavoratori.
2. Le misure relative alla sicurezza, all'igiene ed alla salute
durante il lavoro non devono in nessun caso comportare
oneri finanziari per i lavoratori.
Art. 4 - Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del
preposto.
1. Il datore di lavoro, in relazione alla natura dell'attività
dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, valuta, nella
scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei
preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei
luoghi di lavoro, i rischi per la sicurezza e per la salute dei
lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di
lavoratori esposti a rischi particolari.
2. All'esito della valutazione di cui al comma 1, il datore
di lavoro elabora un documento contenente:
a) una relazione sulla valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute durante il lavoro, nella quale sono specificati i criteri adottati per la valutazione stessa;
b) l'individuazione delle misure di prevenzione e di protezione e dei dispositivi di protezione individuale, conseguente alla valutazione di cui alla lettera a);
c) il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza.
3. Il documento è custodito presso l'azienda ovvero l'unità
produttiva.
4. II datore di lavoro:
a) designa il responsabile del servizio di prevenzione e
protezione interno o esterno all'azienda secondo le regole
di cui all'art. 8:
b) designa gli addetti al servizio di prevenzione e protezione interno o esterno all'azienda secondo le regole di cui
all’art. 8;
c) nomina, nei casi previsti dall'art. 16, il medico competente.
5. II datore di lavoro adotta le misure necessarie per la
sicurezza e la salute dei lavoratori, e in particolare:
a) designa preventivamente i lavoratori incaricati dell'attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori in caso di pericolo
grave e immediato, di salvataggio, di pronto soccorso e,
comunque, di gestione dell'emergenza;
38
b) aggiorna le misure di prevenzione in relazione ai mutamenti organizzativi o produttivi che hanno rilevanza ai
fini della salute e della sicurezza del lavoro, ovvero in relazione al grado di evoluzione della tecnica della prevenzione e della protezione;
c) nell'affidare i compiti ai lavoratori tiene conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro
salute e alla sicurezza;
d) fornisce ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di
protezione individuale, sentito il responsabile del servizio
di prevenzione e protezione;
e) prende le misure appropriate affinché soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni accedano alle
zone che li espongono ad un rischio grave e specifico;
f) richiede l'osservanza da parte dei singoli lavoratori delle
norme vigenti, nonché delle disposizioni aziendali in
materia di sicurezza e di igiene del lavoro e di uso dei
mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuali messi a loro disposizione;
g) richiede l'osservanza da parte del medico competente
degli obblighi previsti dal presente decreto, informandolo
sui processi e sui rischi connessi all'attività produttiva;
h) adotta le misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza e dà istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato ed inevitabile,
abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa;
i) informa il più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave e immediato circa il rischio
stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di
protezione;
l) si astiene, salvo eccezioni debitamente motivate, dal richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una
situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave e
immediato;
m) permette ai lavoratori di verificare, mediante il rappresentante per la sicurezza, l’applicazione delle misure di
sicurezza e di protezione della salute e consente al rappresentante per la sicurezza di accedere alle informazioni
ed alla documentazione aziendale di cui all'art. 19, comma
1, lettera e):
n) prende appropriati provvedimenti per evitare che le misure tecniche adottate possano causare rischi per la salute
della popolazione o deteriorare l'ambiente esterno;
o) tiene un registro nel quale sono annotati cronologicamente gli infortuni sul lavoro che comportano un'assenza
dal lavoro di almeno un giorno. Nel registro sono annotati
il nome, il cognome, la qualifica professionale dell'infortunato, le cause e le circostanze dell'infortunio, nonché la
data di abbandono e di ripresa del lavoro. Il registro è
redatto conformemente al modello approvato con decreto
del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, sentita
la commissione consultiva permanente, di cui all’art. 393
del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955,
n. 547, e successive modifiche, ed è conservato sul luogo
di lavoro, a disposizione dell'organo di vigilanza. Fino
all'emanazione di tale decreto il registro è redatto in
conformità ai modelli già disciplinati dalle leggi vigenti;
p) consulta il rappresentante per la sicurezza nei casi
previsti dall'art. 19, comma 1, lettere b), c) e d);
q) adotta le misure necessarie ai fini della prevenzione
incendi e dell'evacuazione dei lavoratori, nonché per il
caso di pericolo grave e immediato. Tali misure devono
essere adeguate alla natura dell'attività, alle dimensioni
dell'azienda, ovvero dell'unità produttiva, o al numero
delle persone presenti.
6. Il datore di lavoro effettua la valutazione di cui al comma 1 ed elabora il documento di cui al comma 2 in colla-
borazione con il responsabile del servizio di prevenzione e
protezione e con il medico competente nei casi in cui sia
obbligatoria la sorveglianza sanitaria, previa consultazione
del rappresentante per la sicurezza.
7. La valutazione di cui al comma 1 e il documento di cui
al comma 2 sono rielaborati in occasione di modifiche del
processo produttivo significative ai fini della sicurezza e
della salute dei lavoratori.
8. Il datore di lavoro custodisce, presso l'azienda ovvero
l'unità produttiva, la cartella sanitaria e di rischio del lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria, con salvaguardia
del segreto professionale, e ne consegna copia al
lavoratore stesso al momento della risoluzione del rapporto di lavoro, ovvero quando lo stesso ne fa richiesta.
9. Per le piccole e medie aziende, con uno o piú decreti da
emanarsi entro il 31 marzo 1996 da parte dei Ministri dei
lavoro e della previdenza sociale, dell'industria, del
commercio e dell'artigianato e della sanità, sentita la
commissione consultiva permanente per la prevenzione
degli infortuni e per l'igiene dei lavoro, in relazione alla
natura dei rischi e alle dimensioni dell'azienda, sono definite procedure standardizzate per gli adempimenti documentali di cui al presente articolo. Tali disposizioni non si
applicano alle attività industriali di cui all'art. 1 del decreto
del Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n. 175, e
successive modifiche, soggette all'obbligo di dichiarazione
o notifica ai sensi degli articoli 4 e 6 del decreto stesso,
alle centrali termoelettriche, agli impianti e laboratori
nucleari, alle aziende estrattive ed altre attività minerarie,
alle aziende per la fabbricazione e il deposito separato di
esplosivi, polveri e munizioni, e alle strutture di ricovero e
cura sia pubbliche sia private.
10. Per le medesime aziende di cui al comma 9, primo
periodo, con uno o più decreti dei Ministri del lavoro e
della previdenza sociale, dell'industria, del commercio e
dell'artigianato e della sanità, sentita la commissione
consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e
per l’igiene del lavoro, possono essere altresì definiti:
a) i casi relativi a ipotesi di scarsa pericolosità, nei quali è
possibile lo svolgimento diretto dei compiti di prevenzione
e protezione in aziende ovvero unità produttive che
impiegano un numero di addetti superiore a quello indicato nell'allegato I:
b) i casi in cui è possibile la riduzione a una sola volta
all'anno della visita di cui all'art. 17, lettere h), degli ambienti di lavoro da parte del medico competente, ferma
restando l'obbligatorietà di visite ulteriori, allorché si modificano le situazioni di rischio.
11. Fatta eccezione per le aziende indicate nella nota (1)
dell'allegato I, il datore di lavoro delle aziende familiari,
nonchè delle aziende che occupano fino a dieci addetti non
è soggetto agli obblighi di cui ai commi 2 e 3, ma è tenuto
comunque ad autocertificare per iscritto l'avvenuta
effettuazione della valutazione dei rischi o l'adempimento
degli obblighi ad essa collegati. L'autocertificazione deve
essere inviata al rappresentante per la sicurezza. Sono in
ogni caso soggette agli obblighi di cui ai commi 2 e 3 le
aziende familiari nonché le aziende che occupano fino a
dieci addetti, soggette a particolari fattori di rischio,
individuate nell'ambito di specifici settori produttivi con
uno o piú decreti del Ministro del lavoro e della
previdenza sociale, di concerto con i Ministri della sanità,
dell'industria, del commercio e dell'artigianato, delle
risorse agricole alimentari e forestali e dell'interno, per
quanto di rispettiva competenza.
12. Gli obblighi relativi agli interventi strutturali e di manutenzione necessari per assicurare, ai sensi del presente
39
decreto, la sicurezza dei locali e degli edifici assegnati in
uso a pubbliche amministrazioni o a pubblici uffici, ivi
comprese le istituzioni scolastiche ed educative, restano a
carico dell'amministrazione tenuta, per effetto o norme c
convenzioni, alla loro fornitura e manutenzione. In tal caso
gli obblighi previsti dal presente decreto, relativamente ai
predetti interventi, si intendono assolti, da parte dei
dirigenti o funzionari preposti agli uffici interessati, con la
richiesta del loro adempimento all'amministrazione
competente o al soggetto che ne ha l'obbligo giuridico.
Art. 5 - Obblighi dei lavoratori
1. Ciascun lavoratore deve prendersi cura della propria
sicurezza e della propria salute e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui possono ricadere
gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla
sua formazione ed alle istruzioni e ai mezzi fomiti dal
datore di lavoro.
2. In particolare i lavoratori:
a) osservano le disposizioni e le istruzioni impartite dal
datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della
protezione collettiva ed individuale;
b) utilizzano correttamente i macchinari, le apparecchiature, gli utensili, le sostanze e i preparati pericolosi, i
mezzi di trasporto e le altre attrezzature di lavoro, nonché i
dispositivi di sicurezza;
c) utilizzano in modo appropriato i dispositivi di protezione messi a loro disposizione;
d) segnalano immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al proposto le deficienze dei mezzi e dispositivi di
cui alle lettere b) e c), nonché le altre eventuali condizioni
di pericolo di cui vengono a conoscenza, adoperandosi
direttamente, in caso di urgenza, nell'ambito delle loro
competenze e possibilità, per eliminare o ridurre tali
deficienze o pericoli, dandone notizia al rappresentante dei
lavoratori per la sicurezza;
e) non rimuovono o modificano senza autorizzazione i dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di controllo;
f) non compiono di propria iniziativa operazioni o manovre che non sono di loro competenza ovvero che possono
compromettere la sicurezza propria o di altri lavoratori;
g) si sottopongono ai controlli sanitari previsti nei loro
confronti;
h) contribuiscono, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti
e ai preposti, all'adempimento di tutti gli obblighi imposti
dall'autorità competente o comunque necessari per tutelare
la sicurezza e la salute dei lavoratori durante il lavoro.
Art. 6 - Obblighi dei progettisti, dei fabbricanti, dei
fornitori e degli installatori
1. I progettisti dei luoghi o posti di lavoro e degli impianti
rispettano i principi generali di prevenzione in materia di
sicurezza e di salute al momento delle scelte progettuali e
tecniche e scelgono macchine nonché dispositivi di
protezione rispondenti ai requisiti essenziali di sicurezza
previsti nelle disposizioni legislative e regolamentari vigenti.
2. Sono vietati la fabbricazione, la vendita, il noleggio e la
concessione in uso di macchine, di attrezzature di lavoro e
di impianti non rispondenti alle disposizioni legislative e
regolamentari vigenti in materia di sicurezza. Chiunque
concede in locazione finanziaria beni assoggettati a forme
di codificazione o di omologazione obbligatoria è tenuto a
che gli stessi siano accompagnati dalle previste
certificazioni o dagli altri documenti previsti dalla legge.
3. Gli installatori e montatori di impianti o altri mezzi
tecnici devono attenersi alle norme di sicurezza e di igiene
del lavoro, nonché alle istruzioni fornite dai rispettivi
fabbricanti dei macchinari e degli altri mezzi tecnici per la
parte di loro competenza.
Art. 7 - Contratto di appalto o contratto d'opera
1. II datore di lavoro, in caso di affidamento dei lavori
all'interno dell'azienda, ovvero dell'unità produttiva, ad
imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi:
a) verifica, anche attraverso l'iscrizione alla camera di
commercio, industria e artigianato, l’idoneità tecnico-professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi in relazione ai lavori da affidare in appalto o contratto d'opera;
b) fornisce agli stessi soggetti dettagliate informazioni sui
rischi specifici esistenti nell'ambiente in cui sono destinati
ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza
adottate in relazione alla propria attività.
2. Nell'ipotesi di cui al comma 1 i datori di lavoro:
a) cooperano all'attuazione delle misure di prevenzione e
protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull'attività lavorativa oggetto dell'appalto;
b) coordinano gli interventi di protezione e prevenzione
dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle
interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte
nell'esecuzione dell'opera complessiva.
3. II datore di lavoro committente promuove la cooperazione ed il coordinamento di cui al comma 2. Tale obbligo
non si estende ai rischi specifici propri dell'attività delle
impreso appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi.
Art. 9 - Compiti del servizio di prevenzione e protezione
1. Il servizio di prevenzione e protezione dai rischi professionali provvede:
a) all'individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione
dei rischi e all'individuazione delle misure per la sicurezza
e la salubrità degli ambienti di lavoro, nel rispetto della
normativa vigente sulla base della specifica conoscenza
dell'organizzazione aziendale:
b) ad elaborare, per quanto di competenza, le misure
preventive e protettive e i sistemi di cui all'art. 4, comma
2, lettera b) e i sistemi di controllo di tali misure;
c) ad elaborare le procedure di sicurezza per le varie attività aziendali;
d) a proporre i programmi di informazione e formazione
dei lavoratori;
e) a partecipare alle consultazioni in materia di tutela della
salute e di sicurezza di cui all'art. 11;
f) a fornire ai lavoratori le informazioni di cui all'art. 21.
2. Il datore di lavoro fornisce ai servizi di prevenzione e
protezione informazioni in merito a:
a) la natura dei rischi;
b) l'organizzazione del lavoro, la programmazione e l'attuazione delle misure preventive e protettive;
c) la descrizione degli impianti e dei processi produttivi;
d) i dati del registro degli infortuni e delle malattie professionali;
e) le prescrizioni degli organi di vigilanza.
3. I componenti dei servizio di prevenzione e protezione e
i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza sono tenuti
al segreto in ordine ai processi lavorativi di cui vengono a
conoscenza nell'esercizio delle funzioni di cui al presente
decreto.
4. II servizio di prevenzione e protezione é utilizzato dal
datore di lavoro.
40
Art. 16 - Contenuto della sorveglianza sanitaria
1. La sorveglianza sanitaria è effettuata nei casi previsti
dalla normativa vigente.
2. La sorveglianza di cui al comma 1 è effettuata dal medico competente e comprende:
a) accertamenti preventivi intesi a constatare l'assenza di
controindicazioni al lavoro cui i lavoratori sono destinati,
ai fini della valutazione della loro idoneità alla mansione
specifica;
b) accertamenti periodici per controllare lo stato di salute
dei lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità alla
mansione specifica.
3. Gli accertamenti di cui al comma 2 comprendono esami
clinici e biologici e indagini diagnostiche mirati al rischio
ritenuti necessari dal medico competente.
Art. 17 - Il medico competente
1. Il medico competente:
a) collabora con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e protezione di cui all'art. 8, sulla base della
specifica conoscenza dell'organizzazione dell'azienda ovvero dell'unità produttiva e delle situazioni di rischio, alla
predisposizione dell'attuazione delle misure per la tutela
della salute e dell'integrità psico-fisica dei lavoratori;
b) effettua gli accertamenti sanitari di cui all'art. 16;
c) esprime i giudizi di idoneità alla mansione specifica al
lavoro, di cui all'art. 16;
d) istituisce ed aggiorna, sotto la propria responsabilità,
per ogni lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria, una
cartella sanitaria e di rischio da custodire presso il datore
di lavoro con salvaguardia del segreto professionale;
e) fornisce informazioni ai lavoratori sul significato degli
accertamenti sanitari cui sono sottoposti e, nel caso di
esposizione ad agenti con effetti a lungo termine, sulla
necessità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo
la cessazione dell'attività che comporta l’esposizione a tali
agenti. Fornisce altresì, a richiesta, informazioni analoghe
ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
f) informa ogni lavoratore interessato dei risultati degli
accertamenti sanitari di cui alla lettera b) e, a richiesta
dello stesso, gli rilascia copia della documentazione sanitaria;
g) comunica, in occasione delle riunioni di cui all'art. 11,
ai rappresentanti per la sicurezza, i risultati anonimi
collettivi degli accertamenti clinici e strumentali effettuati
e fornisce indicazioni sul significato di detti risultati;
h) congiuntamente al responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi, visita gli ambienti di lavoro
almeno due volte all'anno e partecipa alla programmazione
del controllo dell'esposizione dei lavoratori i cui risultati
gli sono fomiti con tempestività ai fini delle valutazioni e
dei pareri di competenza;
i) fatti salvi i controlli sanitari di cui alla lettera b), effettua
le visite mediche richieste dal lavoratore qualora tale
richiesta sia correlata ai rischi professionali;
l) collabora con il datore di lavoro alla predisposizione del
servizio di pronto soccorso di cui all'art. 15;
m) collabora all'attività di formazione e informazione di
cui al capo VI.
2. II medico competente può avvalersi, per motivate ragioni, della collaborazione di medici specialisti scelti dal
datore di lavoro che ne sopporta gli oneri.
3. Qualora il medico competente, a seguito degli accertamenti di cui all'art. 16, comma 2 esprime un giudizio
sull'inidoneità parziale o temporanea o totale del
lavoratore, ne informa per iscritto il datore di lavoro e il
lavoratore.
4. Avverso il giudizio di cui al comma 3 è ammesso ricorso, entro trenta giorni dalla data di comunicazione del
giudizio medesimo, all'organo di vigilanza territorialmente
competente che dispone, dopo eventuali ulteriori accertamenti, la conferma, la modifica o la revoca del giudizio stesso.
5. II medico competente svolge la propria opera in qualità
di:
a) dipendente da una struttura esterna pubblica o privata
convenzionata con l'imprenditore per lo svolgimento dei
compiti di cui al presente capo;
b) libero professionista;
c) dipendente del datore di lavoro.
6. Qualora il medico competente sia dipendente del datore
di lavoro, questi gli fornisce i mezzi e gli assicura le
condizioni necessarie per lo svolgimento dei suoi compiti.
7. Il dipendente di una struttura pubblica non può svolgere
l'attività di medico competente qualora esplichi attività di
vigilanza.
Art. 19 - Attribuzioni del rappresentante per la sicurezza
1. Il rappresentante per la sicurezza:
a) accede ai luoghi di lavoro in cui si svolgono le lavorazioni;
b) è consultato preventivamente e tempestivamente in
ordine alla valutazione dei rischi, alla individuazione, programmazione, realizzazione e verifica della prevenzione
nell'azienda ovvero unità produttiva:
c) è consultato sulla designazione degli addetti al servizio
di prevenzione, all'attività di prevenzione incendi, al
pronto soccorso, alla evacuazione dei lavoratori;
d) è consultato in merito all'organizzazione della formazione di cui all'art. 22. comma 5;
e) riceve le informazioni e la documentazione aziendale
inerente la valutazione dei rischi e le misure di prevenzione relative, nonché quelle inerenti le sostanze e i preparati pericolosi, le macchine, gli impianti, l'organizzazione e gli ambienti di lavoro; gli infortuni e le malattie professionali;
l) riceve le informazioni provenienti dei servizi di
vigilanza;
g) riceve una formazione adeguata, comunque non inferiore a quella prevista dall'art. 22;
h) promuove l'elaborazione, l’individuazione e l'attuazione
delle misure di prevenzione idonee a tutelare la salute e
l'integrità fisica dei lavoratori;
i) formula osservazioni in occasione di visite e verifiche
effettuate dalle autorità competenti;
l) partecipa alla riunione periodica di cui all'art. 11;
m) fa proposte in mento all'attività di prevenzione;
n) avverte il responsabile dell'azienda dei rischi individuati
nel corso della sua attività;
o) può fare ricorso alle autorità competenti qualora ritenga
che le misure di prevenzione e protezione dai rischi
adottate dal datore di lavoro e i mezzi impiegati per
attuarle non sono idonei a garantire la sicurezza e la salute
durante il lavoro.
2. II rappresentante per la sicurezza deve disporre del
tempo necessario allo svolgimento dell'incarico senza
perdita di retribuzione, nonché dei mezzi necessari per
l'esercizio delle funzioni e delle facoltà riconosciutegli.
3. Le modalità per l’esercizio delle funzioni di cui al comma 1 sono stabilite in sede di contrattazione collettiva
nazionale.
4. II rappresentante per la sicurezza non può subire pregiudizio alcuno a causa dello svolgimento della propria
attività e nei suoi confronti si applicano le stesse tutele
41
previste dalla legge per le rappresentanze sindacale.
5. Il rappresentante per la sicurezza ha accesso, per l'espletamento della sua funzione, al documento di cui all'art.
4, commi 2 e 3, nonché al registro degli infortuni sul
lavoro di cui all'art. 4, comma 5, lettera o).
Art. 21 - Informazione dei lavoratori
1. II datore di lavoro provvede affinchè ciascun lavoratore
riceva un'adeguata informazione su:
a) i rischi per la sicurezza e la salute connessi all'attività
dell'impresa in generale;
b) le misure e le attività di protezione e prevenzione
adottate;
c) i rischi specifici cui è esposto in relazione all'attività
svolta, le normative di sicurezza e le disposizioni aziendali
in materia;
d) i pericoli connessi all'uso delle sostanze e dei preparati
pericolosi sulla base delle schede dei dati di sicurezza
previste dalla normativa vigente e dalle norme di buona
tecnica;
e) lo procedure che riguardano il pronto soccorso, la lotta
antincendio, l'evacuazione dei lavoratori;
f) il responsabile dei servizio di prevenzione e protezione
ed il medico competente;
g) i nominativi dei lavoratori incaricati di applicare le misure di cui agli articoli 12 e 15.
2. Il datore di lavoro fornisce le informazioni di cui al
comma 1, lettere a), b), c), anche ai lavoratori di cui all'art.
1, comma 3.
Art. 22 - Formazione dei lavoratori
1. II datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore, ivi
compresi i lavoratori di cui all’art. 1, comma 3, riceva una
formazione sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza
e di salute, con particolare riferimento al proprio posto di
lavoro ed alle proprie mansioni (17).
2. La formazione deve avvenire in occasione:
a) dell'assunzione;
b) del trasferimento o cambiamento di mansioni;
c) dell'introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di
nuovo tecnologie, di nuove sostanze e preparati pericolosi.
3. La formazione deve essere periodicamente ripetuta in
relazione all'evoluzione dei rischi ovvero all'insorgenza di
nuovi rischi.
4. Il rappresentante per la sicurezza ha diritto ad una formazione particolare in materia di salute e sicurezza, concernente la normativa in materia di sicurezza e salute e i
rischi specifici esistenti nel proprio ambito di
rappresentanza, tale da assicurargli adeguate nozioni sulle
principali tecniche di controllo e prevenzione dei rischi
stessi.
5. I lavoratori incaricati dell'attività di prevenzione incendi
e lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori in caso di
pericolo grave ed immediato, di salvataggio, di pronto
soccorso e, comunque, di gestione dell'emergenza devono
essere adeguatamente formati.
6. La formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti di cui al comma 4 deve avvenire, in collaborazione con gli organismi paritetici di cui all'art 20, durante
l’orario di lavoro e non può comportare oneri economici a
carico dei lavoratori.
7. I Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della
sanità, sentita la commissione consultiva permanente,
possono stabilire i contenuti minimi della formazione dei
lavoratori, dei rappresentanti per la sicurezza e dei datori
di lavoro di cui all'art. 10, comma 3, tenendo anche conto
delle dimensioni e della tipologia delle imprese.
TITOLO II
LUOGHI DI LAVORO
Art 32 - Obblighi del datore di lavoro
1. II datore di lavoro provvede affinchè:
a) le vie di circolazione interne o all'aperto che conducono
a uscite o ad uscite di emergenza e le uscite di emergenza
siano sgombre allo scopo di consentirne l'utilizzazione in
ogni evenienza;
b) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano
sottoposti a regolare manutenzione tecnica e vengano
eliminati, quanto più rapidamente possibile, i difetti rilevati che possano pregiudicare la sicurezza e la salute dei
lavoratori;
c) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano
sottoposti a regolare pulitura, onde assicurare condizioni
igieniche adeguate;
d) gli impianti e i dispositivi di sicurezza, destinati alla
prevenzione o all'eliminazione dei pericoli, vengano sottoposti a regolare manutenzione e al controllo dei loro
funzionamento.
TITOLO III
USO DELLE ATTREZZATURE DI LAVORO
Art. 35 - Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori
attrezzature adeguate al lavoro da svolgere ovvero adattate
a tali scopi ed idonee ai fini della sicurezza e della salute.
2. II datore di lavoro attua le misure tecniche ed organizzative adeguate per ridurre al minimo i rischi connessi
all'uso delle attrezzature di lavoro da parte dei lavoratori e
per impedire che dette attrezzature possano essere utilizzate per operazioni e secondo condizioni per le quali
non sono adatte.
3. All’atto della scelta delle attrezzature di lavoro il datore
di lavoro prende in considerazione:
a) le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro da
svolgere;
b) i rischi presenti nell'ambiente di lavoro;
c) i rischi derivanti dall'impiego delle attrezzature stesse.
4. II datore di lavoro prende le misure necessario affinché
le attrezzature di lavoro siano:
a) installate in conformità alle istruzioni del fabbricante;
b) utilizzate correttamente;
c) oggetto di idonea manutenzione al fine di garantire nel
tempo la rispondenza ai requisiti di cui all'art. 36 e siano
corredate, ove necessario. da apposite istruzioni d'uso.
5. Qualora le attrezzature richiedano per il loro impiego
conoscenze o responsabilità particolari in relazione ai loro
rischi specifici, il datore di lavoro si assicura che:
a) l'uso dell'attrezzatura di lavoro è riservato a lavoratori
all'uopo incaricati;
b) in caso di riparazione, di trasformazione o manutenzione, il lavoratore interessato è qualificato in maniera
specifica per svolgere tali compiti.
Art. 36 - Disposizioni concernenti l'attrezzatura di lavoro
1. Le attrezzature di lavoro messe a disposizione dei lavoratori devono soddisfare alle disposizioni legislative e
regolamentari in materia di tutela detta sicurezza e salute
dei lavoratori stessi ad esso applicabili.
2. Nulla è innovato nel regime giuridico che regola le
operazioni di verifica periodica delle attrezzature per le
quali tale regime è obbligatoriamente previsto. In ogni
caso le modalità e le procedure tecniche delle relative
verifiche seguono il regime giuridico corrispondente a
42
quello in base al quale l'attrezzatura è stata costruita e
messa in servizio.
TITOLO IV
USO DEI DISPOSITIVI DI PROTEZIONE
INDIVIDUALI
Art. 40 - Definizioni
1. Si intende per dispositivo di protezione individuale
(DPI) qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e
tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno
o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la
salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o
accessorio destinato a tale scopo.
2. Non sono dispositivi di protezione individuale:
a) gli indumenti di lavoro ordinari e le uniformi non specificamente destinati a proteggere la sicurezza e la salute del
lavoratore;
b) le attrezzature dei servizi di soccorso e di salvataggio;
c) le attrezzature di protezione individuale delle forze armate, delle forze di polizia e del personale del servizio per
il mantenimento dell'ordine pubblico;
d) le attrezzature di protezione individuale proprie dei
mezzi di trasporto stradali;
e) i materiali sportivi;
f) i materiali per l'autodifesa o per la dissuasione;
g) gli apparecchi portatili per individuare e segnalare rischi e fattori nocivi.
Art. 41 - Obbligo di uso
1. I DPI devono essere impiegati quando i rischi non
possono essere evitati o sufficientemente ridotti da misure
tecniche di prevenzione, da mezzi di protezione collettiva,
da misure, metodi o procedimenti di riorganizzazione dei
lavoro.
Art. 42 - Requisiti dei DPI
1. I DPI devono essere conformi alle norme di cui al decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475.
2. I DPI di cui al comma 1 devono inoltre:
a) essere adeguati ai rischi da prevenire, senza comportare
di per sé un rischio maggiore;
b) essere adeguati alle condizioni esistenti sul luogo di
lavoro;
c) tenere conto delle esigenze ergonomiche o di salute del
lavoratore;
d) poter essere adattati all'utilizzatore secondo le sue necessità.
3. In caso di rischi multipli che richiedono l'uso simultaneo di più DPI, questi devono essere tra loro compatibili e
tali da mantenere, anche nell'uso simultaneo, la propria
efficacia nei confronti del rischio e dei rischi corrispondenti.
Art. 43 - Obblighi dei datore di lavoro
1. II datore di lavoro ai fini della scelta dei DPI:
a) effettua l’analisi e la valutazione dei rischi che non
possono essere evitati con altri mezzi;
b) individua le caratteristiche dei DPI necessarie affinché
questi siano adeguati ai rischi di cui alla lettera a), tenendo
conto delle eventuali ulteriori fonti di rischio rappresentate
dagli stessi DPI;
c) valuta, sulla base delle informazioni a corredo dei DPI
fornite dal fabbricante e delle norme d'uso di cui all'art. 45
le caratteristiche dei DPI disponibili sul mercato e le
raffronta con quelle individuate alla lettera b);
d) aggiorna la scelta ogni qualvolta intervenga una varia-
zione significativa negli elementi di valutazione.
2. Il datore di lavoro, anche sulla base delle norme d'uso di
cui all'art. 45, individua le condizioni in cui un DPI deve
essere usato, specie per quanto riguarda la durata dell'uso,
in funzione di:
a) entità del rischio;
b) frequenza dell'esposizione al rischio;
c) caratteristiche del posto di lavoro di ciascun lavoratore;
d) prestazioni del DPI.
3. II datore di lavoro fornisce ai lavoratori i DPI conformi
ai requisiti previsti dall'ari. 42 e dal decreto di cui all’art.
45, comma 2.
4. II datore di lavoro:
a) mantiene in efficienza i DPI e ne assicura le condizioni
d'igiene, mediante la manutenzione, le riparazioni e le
sostituzioni necessarie;
b) provvede a che i DPI siano utilizzati soltanto per gli usi
previsti, salvo casi specifici ed eccezionali, conformemente alle informazioni del fabbricante;
c) fornisce istruzioni comprensibili per i lavoratori;
d) destina ogni DPI ad un uso personale e, qualora le circostanze richiedano l'uso di uno stesso DPI da parte di più
persone, prende misure adeguate affinché tale uso non
ponga alcun problema sanitario e igienico ai vari utilizzatori;
e) informa preliminarmente il lavoratore dei rischi dai
quali il DPI lo protegge;
f) rende disponibile nell'azienda ovvero unità produttiva
informazioni adeguate su ogni DPI;
g) assicura una formazione adeguata e organizza, se necessario, uno specifico addestramento circa l'uso corretto e
l'utilizzo pratico dei DPI.
5. In ogni caso l'addestramento è indispensabile:
a) per ogni DPI che, ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, appartenga alla terza categoria;
b) per i dispositivi di protezione dell'udito.
Art. 44 - Obblighi dei lavoratori
1. I lavoratori si sottopongono al programma di formazione e addestramento organizzato dal datore di lavoro nei
casi ritenuti necessari ai sensi dell'art. 43, commi 4, lettera
g), e 5.
2. I lavoratori utilizzano i DPI messi a loro disposizione
conformemente all'informazione e alla formazione ricevute e all'addestramento eventualmente organizzato.
3. I lavoratori:
a) hanno cura dei DPI messi a loro disposizione;
b) non vi apportano modifiche di propria iniziativa.
4. Al termine dell'utilizzo i lavoratori seguono le procedure aziendali in materia di riconsegna dei DPI.
5. I lavoratori segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o al preposto qualsiasi difetto o inconveniente da essi rilevato nei DPI messi a loro disposizione.
TITOLO V
MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI
Art. 47 - Campo di applicazione
1. Le norme del presente titolo si applicano alle attività
che comportano la movimentazione manuale dei carichi
con i rischi, tra l'altro, di lesioni dorso-lombari per i lavoratori durante il lavoro.
2. Si intendono per:
a) movimentazione manuale dei carichi: le operazioni di
trasporto o di sostegno di un carico ad opera di uno o più
lavoratori, comprese le azioni del sollevare, deporre,
43
spingere, tirare, portare o spostare un carico che, per le
loro caratteristiche o in conseguenza delle condizioni
ergonomiche sfavorevoli, comportano tra l'altro rischi di
lesioni dorso-lombari;
b) lesioni dorso-lombari: lesioni a carico delle strutture
osteomiotendinee e nerveovascolari a livello dorso-lombare.
Art. 48 - Obblighi del datore di lavoro
1. II datore di lavoro adotta le misure organizzative
necessarie o ricorre ai mezzi appropriati, in particolare
attrezzature meccaniche, per evitare la necessità di una
movimentazione manuale dei carichi da parte dei
lavoratori.
2. Qualora non sia possibile evitare la movimentazione
manuale dei carichi ad opera dei lavoratori, il datore di
lavoro adotta le misure organizzativo necessarie, ricorre ai
mezzi appropriati o fornisce ai lavoratori stessi i mezzi
adeguati, allo scopo di ridurre il rischio che comporta la
movimentazione manuale di detti carichi, in base all'allegato VI.
3. Nel caso in cui la necessità di una movimentazione
manuale di un carico ad opera del lavoratore non può
essere evitata, il datore di lavoro organizza i posti di
lavoro in modo che detta movimentazione sia quanto più
possibile sicura e sana.
4. Nei casi di cui al comma 3 il datore di lavoro:
a) valuta, se possibile, preliminarmente, le condizioni di
sicurezza e di salute connesse al lavoro in questione e
tiene conto in particolare delle caratteristiche del carico, in
base all'allegato VI;
b) adotta le misure atte ad evitare o ridurre tra l'altro i rischi di lesioni dorso-lombari, tenendo conto in particolare
dei fattori individuali di rischio, delle caratteristiche
dell'ambiente di lavoro e delle esigenze che tale attività
comporta, in base all'allegato VI;
c) sottopone alla sorveglianza sanitaria di cui all'art. 16 gli
addetti alle attività di cui al presente titolo.
TITOLO VII
PROTEZIONE DA AGENTI CANCEROGENI
Art. 60 - Campo di applicazione
1. Le norme del presente titolo si applicano a tutte le attività nelle quali i lavoratori sono o possono essere esposti
ad agenti cancerogeni a causa della loro attività lavorativa.
2. Le norme del presente titolo non si applicano alle attività disciplinate dal:
a) decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre
1982, n. 962;
b) decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 77:
c) decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277, capo III.
3. Il presente titolo non si applica ai lavoratori esposti
soltanto alle radiazioni previste dal trattato che istituisce la
Comunità europea dell'energia atomica.
Art. 61 - Definizioni
1. Agli effetti del presente decreto si intende per agente
cancerogeno:
a) una sostanza alla quale, nell'allegato 1 della direttiva
67/548/CEE, è attribuita la menzione R 45: "Può provocare il cancro" o la menzione R 49: “Può provocare il
cancro per inalazione”;
b) un preparato su cui, a norma dell'art. 3, paragrafo 5,
lettera j), della direttiva 88/379/CEE deve essere apposta
l'etichetta con la menzione R 45: "Può provocare il can-
cro" o con la menzione R 49: "Può provocare il cancro per
inalazione';
c) una sostanza, un preparato o un processo di cui all'allegato VIII nonché una sostanza od un preparato prodotti
durante un processo previsto all'allegato VIII,
Art. 62 - Sostituzione e riduzione
1. Il datore di lavoro evita o riduce l'utilizzazione di un
agente cancerogeno sul luogo di lavoro in particolare sostituendolo, sempre che ciò è tecnicamente possibile, con
una sostanza o un preparato o un procedimento che nelle
condizioni in cui viene utilizzato non è o è meno nocivo
alla salute e eventualmente alla sicurezza dei lavoratori.
2. Se non è tecnicamente possibile sostituire l'agente
cancerogeno il datore di lavoro provvede affinché la produzione o l'utilizzazione dell'agente cancerogeno avvenga
in un sistema chiuso sempre che ciò è tecnicamente
possibile.
3. Se il ricorso ad un sistema chiuso non e tecnicamente
possibile il datore di lavoro provvede affinché il livello di
esposizione dei lavoratori sia ridotto al più basso valore
tecnicamente possibile.
Art. 63 - Valutazione del rischio
1. Fatto salvo quanto previsto all'art. 62, il datore di lavoro
effettua una valutazione dell'esposizione ad agenti
cancerogeni, i risultati della quale sono riportati nel documento di cui all'art. 4, comma 2.
2. Detta valutazione tiene conto, in particolare, delle caratteristiche delle lavorazioni, della loro durata e della loro
frequenza, dei quantitativi di agenti cancerogeni prodotti
ovvero utilizzati, della loro concentrazione, della capacità
degli stessi di penetrare nell'organismo per le diverse vie
di assorbimento, anche in relazione al loro stato di
aggregazione e, qualora allo stato solido, se in massa
compatta o in scaglie o in forma polverulenta e se o meno
contenuti in una matrice solida che ne riduce o ne
impedisce la fuoriuscita.
3. II datore di lavoro, in relazione ai risultati della valutazione di cui al comma 1, adotta le misure preventive e
protettive del presente titolo, adattandole allo particolarità
delle situazioni lavorative.
4. Il documento di cui all'art. 4, commi 2 e 3, è integrato
con i seguenti dati:
a) le attività lavorative che comportano la presenza di sostanze o preparati cancerogeni o di processi industriali di
cui all'allegato VIII, con l'indicazione dei motivi per i
quali sono impiegati agenti cancerogeni;
b) i quantitativi di sostanze ovvero preparati cancerogeni
prodotti ovvero utilizzati, ovvero presenti come impurità o
sottoprodotti;
c) il numero dei lavoratori esposti ovvero potenzialmente
esposti ad agenti cancerogeni;
d) l'esposizione dei suddetti lavoratori, ove nota e il grado
della stessa;
e) le misure preventive e protettive applicate ed il tipo dei
dispositivi di protezione individuale utilizzati;
f) le indagini svolte per la possibile sostituzione degli
agenti cancerogeni e le sostanze e i preparati eventualmente utilizzati come sostituti.
5. II datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di
cui al comma 1 in occasione di modifiche del processo
produttivo significative ai fini della sicurezza e della salute
sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre anni dal ultima
valutazione effettuata.
6. II rappresentante per la sicurezza ha accesso anche ai
dati di cui al comma 4, fermo restando l'obbligo di cui
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all'art. 9, comma 3.
Art. 64 - Misure tecniche, organizzative, procedurali
Il datore di lavoro:
a) assicura, applicando metodi e procedure di lavoro
adeguati, che nelle varie operazioni lavorative sono impiegati quantitativi di agenti cancerogeni non superiori alle
necessità delle lavorazioni e che gli agenti cancerogeni in
attesa di impiego, in forma fisica tale da causare rischio di
introduzione, non sono accumulati sul luogo di lavoro in
quantitativi superiori alle necessità predette;
b) limita al minimo possibile il numero dei lavoratori
esposti o che possono essere esposti ad agenti cancerogeni, anche isolando le lavorazioni in aree predeterminate
provviste di adeguati segnali di avvertimento e di sicurezza, compresi i segnali “vietato fumare", ed accessibili
soltanto ai lavoratori che debbono recarvisi per motivi
connessi con la loro mansione o con fa loro funzione. In
dette aree è fatto divieto di fumare;
c) progetta, programma e sorveglia le lavorazioni in modo
che non vi è emissione di agenti cancerogeni nell’aria. Se
ciò non e tecnicamente possibile, l'eliminazione degli
agenti cancerogeni deve avvenire il più vicino possibile al
punto di emissione mediante aspirazione localizzata, nel
rispetto dell'art. 4, comma 5, lettera n). L'ambiente di
lavoro deve comunque essere dotato di un adeguato
sistema di ventilazione generale;
d) provvede alla misurazione di agenti cancerogeni per
verificare l'efficacia delle misure di cui alla lettera c) e per
individuare precocemente le esposizioni anomale causate
da un evento non prevedibile o da un incidente, con
metodi di campionatura e di misurazione conformi alle indicazioni dell'allegato VIII del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277;
e) provvede alla regolare e sistematica pulitura dei locali,
delle attrezzature e degli impianti;
f) elabora procedure per i casi di emergenza che possono
comportare esposizioni elevate;
g) assicura che gli agenti cancerogeni sono conservati,
manipolati, trasportati in condizioni di sicurezza:
h) assicura che la raccolta e l'immagazzinamento, ai fini
dello smaltimento degli scarti e dei residui delle lavorazioni contenenti agenti cancerogeni, avvengano in condizioni di sicurezza, in particolare utilizzando contenitori ermetici etichettati in modo chiaro, netto, visibile;
i) dispone. su conforme parere del medico competente,
misure protettive particolari per quelle categorie di lavoratori per i quali l'esposizione a taluni agenti cancerogeni
presenta rischi particolarmente elevati.
Art. 65 - Misure igieniche
1. Il datore di lavoro:
a) assicura che i lavoratori dispongano di servizi igienici
appropriati ed adeguati;
b) dispone che i lavoratori abbiano in dotazione idonei indumenti protettivi da riporre in posti separati dagli abiti civili;
c) provvede affinché i dispositivi di protezione individuale
siano custoditi in luoghi determinati, controllati e puliti
dopo ogni utilizzazione, provvedendo altresì a far riparare
o sostituire quelli difettosi, prima di ogni nuova
utilizzazione.
2. E' vietato assumere cibi e bevande o fumare nelle zone
di lavoro di cui all'art. 64, lettera b).
Art. 66 - Informazione e formazione
1. II datore di lavoro fornisce ai lavoratori, sulla base delle
conoscenze disponibili, informazioni ed istruzioni, in
particolare per quanto riguarda:
a) gli agenti cancerogeni presenti nei cicli lavorativi, la
loro dislocazione, i rischi per la salute connessi al loro impiego, ivi compresi i rischi supplementari dovuti al
fumare;
b) le precauzioni da prendere per evitare l'esposizione;
c) le misure igieniche da osservare;
d) la necessità di indossare e impiegare indumenti di lavoro e protettivi e dispositivi individuali di protezione ed
il loro corretto impiego;
e) il modo di prevenire il verificarsi di incidenti e le
misure da adottare per ridurre al minimo le conseguenze.
2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione
adeguata in particolare in ordine a quanto indicato al
comma 1.
3. L'informazione e la formazione di cui ai commi 1 e 2
sono fornite prima che i lavoratori siano adibiti alle attività
in questione e vengono ripetute, con frequenza almeno
quinquennale, e comunque ogni qualvolta si verificano
nelle lavorazioni cambiamenti che influiscono sulla natura
e sul grado dei rischi.
4. II datore di lavoro provvede inoltre affinché gli
impianti, i contenitori, gli imballaggi contenenti agenti
cancerogeni siano etichettati in maniera chiaramente
leggibile e comprensibile. I contrassegni utilizzati e le
altre indicazioni devono essere conformi al disposto della
legge 29 maggio 1974, n. 256 e successive modifiche ed
integrazioni.
Art. 67 - Esposizione non prevedibile
1. Se si verificano eventi non prevedibili o incidenti che
possono comportare un'esposizione anomala dei lavoratori, il datore di lavoro adotta quanto prima misure appropriate per identificare e rimuovere la causa dell'evento e ne
informa i lavoratori e il rappresentante per la sicurezza.
2. I lavoratori devono abbandonare immediatamente l'area
interessata, cui possono accedere soltanto gli addetti agli
interventi di riparazione ed ad altre operazioni necessarie,
indossando idonei indumenti protettivi e dispositivi di
protezione delle vie respiratorie, messi a loro disposizione
dal datore di lavoro. In ogni caso l'uso dei dispositivi di
protezione non può essere permanente e la sua durata, per
ogni lavoratore, è limitata al minimo strettamente
necessario.
3. II datore di lavoro comunica al più presto all'organo di
vigilanza il verificarsi degli eventi di cui al comma 1 e riferisce sulle misure adottate per ridurre al minimo le conseguenze.
Art. 68 - Operazioni lavorative particolari
1. Nel caso di determinate operazioni lavorative, come
quella di manutenzione, per le quali, nonostante l'adozione
di tutte le misure di prevenzione tecnicamente applicabili,
è prevedibile un'esposizione rilevante dei lavoratori
addetti, il datore di lavoro previa consultazione del rappresentante per la sicurezza:
a) dispone che soltanto tali lavoratori hanno accesso alle
suddette aree anche provvedendo, ove tecnicamente
possibile, all'isolamento delle stesse ed alla loro identificazione mediante appositi contrassegni;
b) fornisce ai lavoratori speciali indumenti e dispositivi di
protezione individuale che devono essere indossati dai
lavoratori adibiti alle suddette operazioni.
2. La presenza nelle aree di cui al comma 1 dei lavoratori
addetti è in ogni caso ridotta al minimo compatibilmente
con le necessità delle lavorazioni.
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Art 69 - Accertamenti sanitari e norme preventive e protettive specifiche
1. I lavoratori per i quali la valutazione di cui all'art. 63 ha
evidenziato un rischio per la salute sono sottoposti a
sorveglianza sanitaria.
2. II datore di lavoro, su conforme parere del medico
competente, adotta misure preventive e protettive per
singoli lavoratori sulla base delle risultanze degli esami
clinici e biologici effettuati.
3. Le misure di cui al comma 2 possono comprendere
l'allontanamento del lavoratore secondo le procedure
dell'art. 8 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277. 4.
Ove gli accertamenti sanitari abbiano evidenziato, nei
lavoratori esposti in modo analogo ad uno stesso agente,
l'esistenza di una anomalia imputabile a tale esposizione, il
medico competente ne informa il datore di lavoro.
5. A seguito dell'informazione di cui al comma 4 il datore
di lavoro effettua:
a) una nuova valutazione del rischio in conformità all'art.
63;
b) ove sia tecnicamente possibile, una misurazione della
concentrazione dell'agente in aria per verificare l'efficacia
delle misure adottate.
6. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate
informazioni sulla sorveglianza sanitaria cui sono sottoposti, con particolare riguardo all'opportunità di sottoporsi
ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione
dell'attività lavorativa.
Art. 70 - Registro di esposizione e cartelle sanitarie
1. I lavoratori di cui all'art. 69 sono iscritti in un registro
nel quale sono riportati, per ciascuno di essi, l'attività
svolta, l'agente cancerogeno utilizzato e, ove noto, il valore dell'esposizione a tale agente. Detto registro è istituito
ed aggiornato dal datore di lavoro che ne cura la tenuta per
il tramite del medico competente. Il responsabile del
servizio di prevenzione e protezione dai rischi e il
rappresentante per la sicurezza hanno accesso a detto
registro.
2. II datore di lavoro:
a) consegna copia del registro di cui al comma 1 all'Istituto
superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro ed
all'organo di vigilanza competente per territorio e
comunica loro ogni 3 anni, e comunque ogni qualvolta i
medesimi ne facciano richiesta, le variazioni intervenute;
b) consegna, a richiesta, all'istituto superiore di sanità
copia del registro di cui al comma 1;
c) comunica all'istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro e all'organo di vigilanza competente per
territorio la cessazione del rapporto di lavoro dei lavoratori
di cui all'art. 69, con le eventuali variazioni sopravvenute
dall'ultima comunicazione delle relative annotazioni
individuali contenute nel registro di cui al comma 1.
Consegna all'istituto superiore per la prevenzione e
sicurezza sul lavoro le relative cartelle sanitarie e di rischio;
d) in caso di cessazione di attività dell'azienda. consegna il
registro di cui al comma 1 all'istituto superiore per la
prevenzione e sicurezza sul lavoro copia dello stesso
all'organo di vigilanza competente per territorio. Consegna
all'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul
lavoro le cartelle sanitarie e di rischio;
e) in caso di assunzione di lavoratori che hanno in precedenza esercitato attività con esposizione al medesimo
agente, richiede all'Istituto superiore per la prevenzione e
sicurezza sul lavoro copia delle annotazioni individuali
contenute nel registro di cui al comma 1, nonché copia
della cartella sanitaria e di rischio;
f) tramite il medico competente comunica ai lavoratori interessati le relative annotazioni individuali contenute nel
registro di cui al comma 1 e nella cartella sanitaria e di rischio ed al rappresentante per la sicurezza i dati collettivi
anonimi contenuti nel registro di cui al comma 1.
3. Le annotazioni individuali contenute nel registro di cui
al comma 1 e le cartelle sanitarie e di rischio sono conservate dal datore di lavoro almeno fino a risoluzione del
rapporto di lavoro e dall'istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro fino a quaranta anni dalla
cessazione di ogni attività che espone ad agenti cancerogeni.
4. La documentazione di cui ai commi 1, 2 e 3 è custodita
e trasmessa con salvaguardia del segreto professionale.
5. I modelli e le modalità di tenuta del registro di cui al
comma 1 e delle cartelle sanitarie e di rischio sono determinati con decreto del Ministro della sanità di concerto
con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentita la commissione consultiva permanente.
6. L'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza sul
lavoro trasmette annualmente al Ministero della sanità dati
di sintesi relativi alle risultanze dei requisiti di cui al
comma 1.
Art. 72 - Adeguamenti normativi
1. Nelle attività con uso di sostanze o preparati ai quali è
attribuita dalla direttiva comunitaria la menzione R 45:
"Può provocare il cancro" o la menzione R 49: "Può provocare il cancro per inalazione", il datore di lavoro applica
le norme del presente titolo.
2. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza
sociale e della sanità, sentita la commissione consultiva
permanente e la commissione tossicologica nazionale, è
aggiornato periodicamente l'elenco delle sostanze e dei
processi di cui all'allegato VIII in funzione del progresso
tecnico, dell'evoluzione di normative e specifiche internazionali e delle conoscenze nei settore degli agenti cancerogeni.
TITOLO VIII
PROTEZIONE DA AGENTI BIOLOGICI
Art. 73 - Campo di applicazione
1. Le norme del presente titolo si applicano a tutte le attività lavorative nelle quali vi è rischio di esposizione ad
agenti biologici.
2. Restano ferme le disposizioni particolari di recepimento
delle norme comunitarie sull'impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati e sull'emissione
deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati. II comma 1 dell'art. 7 del decreto legislativo 3
marzo 1993, n. 91, è soppresso.
Art. 75 - Classificazione degli agenti biologici
1. Gli agenti biologici sono ripartiti nei seguenti quattro
gruppi a seconda del rischio di infezione:
a) agente biologico del gruppo 1: un agente che presenta
poche probabilità di causare malattie in soggetti umani;
b) agente biologico del gruppo 2: un agente che può
causare malattie in soggetti umani e costituire un rischio
per i lavoratori; è poco probabile che si propaga nella
comunità; sono di norma disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche:
c) agente biologico del gruppo 3: un agente che può
causare malattie gravi in soggetti umani e costituisce un
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serio rischio per i lavoratori: l'agente biologico può propagarsi nella comunità, ma di norma sono disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche;
d) agente biologico del gruppo 4: un agente biologico che
può provocare malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori e può presentare
un elevato rischio di propagazione nella comunità; non
sono disponibili, di norma, efficaci misure profilattiche o
terapeutiche.
2. Nel caso in cui l’agente biologico oggetto di classificazione non può essere attribuito in modo inequivocabile ad
uno fra i due gruppi sopraindicati, esso va classificato nel
gruppo di rischio più elevato tra le due possibilità.
3. L'allegato XI riporta l'elenco degli agenti biologici classificati nei gruppi 2, 3. 4.
Art. 79 - Misure tecniche, organizzative, procedurali
1. In tutte le attività per le quali la valutazione di cui all'art. 78 evidenzia rischi per la salute dei lavoratori il datore di lavoro attua misure tecniche, organizzative e procedurali, per evitare ogni esposizione degli stessi ad agenti
biologici.
2. In particolare, il datore di lavoro:
a) evita l'utilizzazione di agenti biologici nocivi, se il tipo
di attività lavorativa lo consente;
b) limita al minimo i lavoratori esposti, o potenzialmente
esposti, al rischio di agenti biologici;
c) progetta adeguatamente i processi lavorativi;
d) adotta misure collettive di protezione ovvero misure di
protezione individuali qualora non sia possibile evitare
altrimenti l'esposizione;
e) adotta misure igieniche per prevenire e ridurre al minimo la propagazione accidentale di un agente biologico
fuori dal luogo di lavoro;
f) usa il segnale di rischio biologico, rappresentato
nell'allegato X, e altri segnali di avvertimento appropriati;
g) elabora idonee procedure per prelevare, manipolare e
trattare campioni di origine umana ed animale;
h) definisce procedure di emergenza per affrontare incidenti;
i) verifica la presenza di agenti biologici sul luogo di lavoro al di fuori del contenimento fisico primario, se necessario o tecnicamente realizzabile;
l) predispone i mezzi necessari per la raccolta, l'immagazzinamento e lo smaltimento dei rifiuti in condizioni di
sicurezza, mediante l'impiego di contenitori adeguati ed
identificabili eventualmente dopo idoneo trattamento dei
rifiuti stessi;
m) concorda procedure per la manipolazione ed il trasporto in condizioni di sicurezza di agenti biologici all'interno del luogo di lavoro.
Art. 81 - Misure specifiche per le strutture sanitarie e veterinarie
1. Il datore di lavoro, nelle strutture sanitarie e veterinarie,
in sede di valutazione dei rischi, presta particolare attenzione alla possibile presenza di agenti biologici
nell'organismo dei pazienti o degli animali e nei relativi
campioni e residui e al rischio che tale presenza comporta
in relazione al tipo di attività svolta.
2. In relazione ai risultati della valutazione, il datore di lavoro definisce e provvede a che siano applicate procedure
che consentono di manipolare, decontaminare ed eliminare
senza rischi per l'operatore e per la comunità, i materiali
ed i rifiuti contaminati.
3. Nei servizi di isolamento che ospitano pazienti od animali che sono, o potrebbero essere, contaminati da agenti
biologici del gruppo 3 o del gruppo 4, le misure di
contenimento da attuare per ridurre al minimo il rischio di
infezione sono indicate nell'allegato XII.
Art. 84 - Misure di emergenza
1. Se si verificano incidenti che possono provocare la dispersione nell'ambiente di un agente biologico appartenente ai gruppi 2, 3 o 4, i lavoratori devono abbandonare
immediatamente la zona interessata, cui possono accedere
soltanto quelli addetti ai necessari interventi, con l'obbligo
di usare gli idonei mezzi di protezione.
2. II datore di lavoro informa al più presto l'organo di vigilanza territorialmente competente, nonché i lavoratori ed il
rappresentante per la sicurezza, dell'evento, delle cause
che lo hanno determinato e delle misure che intende
adottare, o che ha già adottato, per porre rimedio alla situazione creatasi.
3. I lavoratori segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o al proposto, qualsiasi infortunio o incidente relativo all'uso di agenti biologici.
Art. 86 - Prevenzione e controllo
I lavoratori addetti alle attività per le quali la valutazione
dei rischi ha evidenziato un rischio per la salute sono
sottoposti alla sorveglianza sanitaria.
2. II datore di lavoro, su conforme parere del medico
competente, adotta misure protettive particolari per quei
lavoratori per i quali, anche per motivi sanitari individuali,
si richiedono misure speciali di protezione, fra le quali: a)
la messa a disposizione di vaccini efficaci per quei lavoratori che non sono già immuni all'agente biologico
presente nella lavorazione, da somministrare a cura del
medico competente:
b) l'allontanamento temporaneo del lavoratore secondo le
procedure dell'art. 8 del decreto legislativo 15 agosto
1991, n. 277.
2-bis. Ove gli accertamenti sanitari abbiano evidenziato,
nei lavoratori esposti in modo analogo ad uno stesso
agente, l'esistenza di anomalia imputabile a tale esposizione, il medico competente ne informa il datore di lavoro.
2-ter. A seguito dell'informazione di cui al comma 3 il datore di lavoro effettua una nuova valutazione del rischio in
conformità all'art. 78 .
2-quater. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni sul controllo sanitario cui sono sottoposti e sulla necessità di sottoporsi ad accertamenti sanitari
anche dopo la cessazione dell'attività che comporta rischio
di esposizione a particolari agenti biologici individuati
nell’allegato XI, nonché sui vantaggi ed inconvenienti
della vaccinazione e della non-vaccinazione.
Legge 30 dicembre 1971, n. 1204, Tutela delle
lavoratrici madri.
(Pubblicata nella Gazz. Uff. 18 gennaio 1972, n. 14).
Art. 3 - Divieto di esposizione
E' vietato adibire al trasporto e al sollevamento di pesi,
nonché ai lavori pericolosi, faticosi ed insalubri le lavoratrici durante il periodo di gestazione e fino a sette mesi
dopo il parto. In attesa della pubblicazione del regolamento di esecuzione della presento legge, i lavori pericolosi, faticosi ed insalubri restano determinati dalla tabella
annessa al decreto del Presidente della Repubblica 21
maggio 1953, n. 568.
Le lavoratrici saranno addotte ad altre mansioni per il periodo per il quale è previsto il divieto di cui al comma pre-
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cedente.
Le lavoratrici saranno, altresì, spostate ad altre mansioni
durante la gestazione e fino a sette mesi dopo il parto nei
casi in cui l'ispettorato del lavoro accerti che le condizioni
di lavoro o ambientali sono pregiudizievoli alla salute
della donna.
D.P.R. 25 novembre 1976, n. 1026. Regolamento di
esecuzione della L. 30 dicembre 1971, n. 1204 sulla
tutela delle lavoratrici madri.
(Pubblicato nella Gazz. Uff. 16 marzo 1977, n. 72).
Art. 5
II divieto di cui all'art. 3, primo comma, della legge si intende riferito al trasporto, sia a braccia e a spalle, sia con
carretti a ruote su strada o su guida, e al sollevamento dei
pesi, compreso il carico e stanco e ogni altra operazione
connessa.
I lavori faticosi, pericolosi ed insalubri, vietati ai sensi dello stesso articolo, sono i seguenti:
A) Quelli previsti dagli articoli 1 e 2 del decreto del
Presidente della Repubblica 20 gennaio 1976, n. 432, recante la determinazione dei lavori pericolosi, faticosi e insalubri ai sensi dell'art. 6 della legge 17 ottobre 1967, n.
977, sulla tutela del lavoro dei fanciulli e degli
adolescenti;
B) Quelli indicati nella tabella allegata al decreto del
Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, per i
quali vige l'obbligo delle visite mediche preventive e periodiche: durante la gestazione e per 7 mesi dopo il parto;
C) Quelli che espongono alla silicosi e all'asbestosi, nonché alle altre malattie professionali di cui agli allegati 4 e
5 al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno
1965, numero 1124, e successive modificazioni: durante la
gestazione e fino a 7 mesi dopo il parto;
D) I lavori che comportano l'esposizione alle radiazioni
ionizzanti di cui all'art. 65 del decreto del Presidente della
Repubblica 13 febbraio 1964, n. 185: durante la gestazione e per 7 mesi dopo il parto;
E) I lavori su scale ed impalcature mobili e fisse: durante
la gestazione e fino al termine del periodo di interdizione
dal lavoro;
F) I lavori di manovalanza pesante: durante la gestazione e
fino al termine dei periodo di interdizione dal lavoro;
G) I lavori che comportano una stazione in piedi per più di
metà dell'orario o che obbligano ad una posizione particolarmente affaticante: durante la gestazione e fino al
termine di interdizione dal lavoro;
H) I lavori con macchina mossa a pedale, o comandata a
pedale, quando il ritmo del movimento sia frequente, o
esiga un notevole sforzo: durante la gestazione e fino al
termine del periodo di interdizione dal lavoro;
I) I lavori con macchine scuotenti o con utensili che trasmettono intense vibrazioni: durante la gestazione e fino al
termine del periodo di interdizione dal lavoro;
L) I lavori di assistenza e cura degli infermi nei sanatori e
nei reparti per malattie infettive e per malattie nervose e
mentali: durante la gestazione e per 7 mesi dopo il parto;
M) I lavori agricoli che implicano la manipolazione e l'uso
di sostanze tossiche o altrimenti nocive nella concimazione del terreno e nella cura del bestiame: durante la
gestazione e per 7 mesi dopo il parto;
N) I lavori di monda e trapianto del riso durante la gestazione e fino al termine del periodo di interdizione dal lavoro;
O) I lavori a bordo delle navi, degli aerei, dei treni, dei
pullman e di ogni altro mezzo di comunicazione in moto:
durante la gestazione e fino al termine del periodo di interdizione dal lavoro.
Il periodo per il quale è previsto, ai sensi del terzo comma
dell'art. 3 della legge, che la lavoratrice possa essere
spostata ad altre mansioni, può essere frazionato in periodi
minori anche rinnovabili, su disposizione dell'ispettorato
dei lavoro, tenuto anche conto dello stato di salute
dell'interessata.
L'ispettorato del lavoro può ritenere che sussistano condizioni ambientali sfavorevoli agli effetti dell'art. 3. terzo
comma, e dall'art 5, lettera b), della legge anche quando vi
siano periodi di contagio derivanti alla lavoratrice dai
contatti di lavoro con il pubblico o con particolari strati di
popolazione, specie in periodi di epidemia. Ai fini
dell'applicazione dei presente articolo, il certificato
medico di gravidanza dovrà essere presentato il più presto
possibile. Ad ogni modo, eventuali ritardi non comportano
la perdita dei diritti derivanti dalle norme di tutela fisica,
le quali però diventano operanti soltanto dopo la
presentazione di detto documento.
Decreto Legislativo 25 dicembre 1996, n. 645.
Recepimento della direttiva 92/85/CEE concernente il miglioramento della sicurezza e della salute
sul lavoro dello lavoratrici gestanti, puerpere o in
periodo di allattamento.
(Pubblicato nella Gazz. Uff. 21 dicembre 96, n. 299)
Art. 3 - Divieto di esposizione
I lavori faticosi, pericolosi ed insalubri, di cui all'articolo
33 primo comma, della legge 30 dicembre 1971, n. 1204,
includono anche tutti quelli che comportano il rischio di
esposizione agli agenti ed alle condizioni di lavoro che
sono indicati nell'allegato II.
Art. 4 - Valutazione e informazione
1. Fermo restando quanto stabilito dall'articolo 3, primo
comma, della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, come integrato dall'articolo 3, o fermo restando quanto stabilito
dall'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica
25 novembre 1976, n. 1026, il datore di lavoro, nell'ambito
ed agli effetti della valutazione di cui all'articolo 4, comma
1, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e
successive modificazioni ed integrazioni, valuta i rischi
per la sicurezza e la salute delle lavoratrici di cui
all'articolo 1, in particolare i rischi di esposizione ad agenti
fisici, chimici o biologici, processi o condizioni di lavoro
di cui all'allegato l nel rispetto delle linee direttrici stabilite
con i decreti di cui all'articolo 2, individuando le misure di
prevenzione e protezione da adottare.
2. L'obbligo di informazione stabilito dall'articolo 21 del
decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive
modificazioni ed integrazioni, comprende quello di
informare le lavoratrici ed i loro rappresentanti per la sicurezza sui risultati della valutazione di cui al comma 1 e
sulle conseguenti misure di protezione e di prevenzione
adottate
ALLEGATO I
Elenco non esauriente di agenti, processi e condizioni di
lavoro di cui all'art. 4
A. AGENTI
1. Agenti fisici, allorché vengono considerati come agenti
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che comportano lesioni del feto e/o rischiano di provocare
il distacco della placenta, in particolare:
a) colpi, vibrazioni meccaniche o movimenti;
b) movimentazione manuale di carichi pesanti che comportano rischi, soprattutto dorsolombari;
c) rumore;
d) radiazioni ionizzanti;
e) radiazioni non ionizzanti;
f) sollecitazioni termiche;
g) movimenti e posizioni di lavoro, spostamenti, sia all'interno sia all'esterno dello stabilimento, fatica mentale e
fisica e altri disagi fisici connessi all'attività svolta dalle
lavoratrici di cui all'art. 1.
2. Agenti biologici
Agenti biologici dei gruppi di rischio da 2 a 4 ai sensi
dell'art. 75 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n.
626, e successive modificazioni ed integrazioni, nella misura in cui sia noto che tali agenti o le terapie che essi
rendono necessarie mettono in pericolo la salute delle
gestanti e del nascituro, sempreché non figurino ancora
nell'allegato II.
3. Agenti chimici
Gli agenti chimici seguenti, nella misura in cui sia noto
che mettono in pericolo la salute delle gestanti e del nascituro, sempreché non figurino ancora nell'allegato II:
a) sostanze etichettate R 40, R 45, R 46 e R 47 ai sensi
della direttiva n. 67/548/CEE, purché non figurino ancora
nell'allegato II;
b) agenti chimici che figurano nell'allegato VIII del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive
modificazioni ed integrazioni;
c) mercurio e suoi derivati;
d) medicamenti antimitotici;
e) monossido di carbonio;
f) agenti chimici pericolosi di comprovato assorbimento
cutaneo.
B. PROCESSI
Processi industriali che figurano nell'allegato VIII del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive
modificazioni ed integrazioni.
C. CONDIZIONI DI LAVORO
Lavori sotterranei di carattere minerario.
ALLEGATO II
Elenco non esauriente di agenti e di condizioni di lavoro di
cui all'art. 3
A. LAVORATRICI GESTANTI DI CUI ALL'ART. 1
1. Agenti:
a) agenti fisici:
lavoro in atmosfera di sovrapressione elevata, ad esempio
in camere sotto pressione, immersione subacquea;
b) agenti biologici:
toxoplasma; virus della rosolia, a meno che sussista la
prova che la lavoratrice è sufficientemente protetta contro
questi agenti dal suo stato di immunizzazione;
c) agenti chimici:
piombo e suoi derivati, nella misura in cui questi agenti
possono essere assorbiti dall'organismo umano.
2. Condizioni di lavoro
lavori sotterranei di carattere minerario.
B. LAVORATRICI IN PERIODO DI ALLATTAMENTO DI CUI
ALL'ART. 1
1. Agenti:
a) agenti chimici:
piombo e suoi derivati, nella misura in cui tali agenti possono essere assorbiti dall'organismo umano.
2. Condizioni di lavoro:
lavori sotterranei di carattere minerario.
D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22. Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui
rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui
rifiuti di imballaggio. (Pubblicato nella Gazz. Uff. 15
febbraio 1997, n. 38 S.O.)
Art. 45 - Rifiuti sanitari.
1. Il deposito temporaneo presso il luogo di produzione di
rifiuti sanitari pericolosi deve essere effettuato in condizioni tali da non causare alterazioni che comportino rischi per la salute e può avere una durata massima di
cinque giorni. Per quantitativi non superiori a duecento litri detto deposito temporaneo può raggiungere i trenta
giorni, alle predette condizioni.
2. Al direttore o responsabile sanitario della struttura
pubblica o privata compete la sorveglianza ed il rispetto
della disposizione di cui al comma 1, fino al conferimento
dei rifiuti all'operatore autorizzato al trasporto verso
l’impianto di smaltimento.
3. I rifiuti di cui al comma 1 devono essere smaltiti mediante termodistruzione presso impianti autorizzati ai sensi
del presente decreto. Qualora il numero degli impianti per
lo smaltimento mediante termodistruzione non risulti
adeguato al fabbisogno, il Presidente della Regione,
d'intesa con il Ministro della sanità ed il Ministro
dell'ambiente, può autorizzare lo smaltimento dei rifiuti di
cui al comma 1 anche in discarica controllata previa
sterilizzazione.
4. Con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con
il Ministro della sanità, sentita la Conferenza tra lo Stato le
Regioni e le Province autonome, sono:
a) definite le norme tecniche di raccolta, disinfezione,
sterilizzazione, trasporto, recupero e smaltimento dei rifiuti sanitari pericolosi:
b) individuati i rifiuti di cui all’articolo 7, comma 2, lettera
f);
c) individuate le frazioni di rifiuti sanitari assimilati agli
urbani nonché le eventuali ulteriori categorie di rifiuti
sanitari che richiedono particolari sistemi di smaltimento.
5. La sterilizzazione dei rifiuti sanitari pericolosi effettuata
al di fuori della struttura sanitaria che li ha prodotti è sottoposta alle procedure autorizzative di cui agli articoli 27 e
28. In tal caso al responsabile dell’impianto compete la
certificazione di avvenuta sterilizzazione
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