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PISELLO (Pisum sativum L.)

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PISELLO (Pisum sativum L.)
Cap. 21 – Pisello
CAPITOLO 21
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PISELLO (Pisum sativum L.)
21.1 Origine e diffusione
L’area di origine è l’Asia Centrale e il Medio Oriente. In Europa il consumo del
pisello secco per uso domestico è diminuito, mentre è aumentato quello del pisello
fresco sia tal quale, sia appertizzato e surgelato. Il consumo del pisello secco,
invece, è aumentato per l’alimentazione animale impiegato come integratore
proteico dei mangimi zootecnici.
In Italia la coltivazione è presente in tutte le regioni; quelle di maggiore
importanza per il legume fresco sono la Puglia, l’Emilia Romagna, Sicilia, Marche e
Campania. La superficie nazionale coltivata a pisello secco è di circa 3.600 ettari
con una produzione areica di 3.1 t ha-1, mentre per il pisello fresco la superficie è di
circa 13.000 ettari con una produzione areica di 7.1 t ha-1.
21.2 Cenni botanici e morfologici
Attualmente vengono coltivate due specie: Pisum sativum L., con seme liscio o
rugoso, di colore verde o giallo a maturazione completa e P. arvense L. con seme
rotondo, piccolo, liscio a volte increspato di colore grigio.
1
Per quanto concerne le caratteristiche morfologiche vedi il Cap. 19).
Fig. 21.1 -Seme liscio - ricco di amido,
utilizzato per inscatolati e sfarinati
Fig. 21.2 Seme rugoso - ricco di
zuccheri, utilizzato per surgelati e
ortaggio fresco
Ciclo biologico e Somma termica (St)
Un parametro abbastanza conosciuto nell’ ambiente agronomico in grado di
esprimere, in qualche modo, l’accrescimento delle diverse specie e cultivar
(esempio: pisello, mais, girasole ecc.) in relazione al livello termico e ambientale e
la lunghezza del ciclo colturale è la somma termica (St) (o unità termiche – Ut -, o
Growing Degree Days – GDD).
Per somma termica s’intende la sommatoria dei gradi utili giornalieri ottenuti
dalle differenze tra la temperatura media giornaliera (Tm = Tmax – Tmin/2) e la
temperatura di base (Tb) (o zero di vegetazione) della coltura, che nel pisello è pari
a 4.4 °C.
Esempio : Calcolo dei gradi utili del giorno per la coltura di pisello in cui:
Tmax = 26 °C, Tmin = 14 °C.
Nella scelta della cultivar bisogna tener presente della somma termica necessaria
per raggiungere la maturazione (oscilla tra 600 e 1.200 °C) (Fig. 21.3).
Secondo questa concezione, per esempio, se una varietà di pisello per passare
dalla fase di germinazione a quella di maturazione fisiologica della granella richiede
una St pari a 1.200 °C utili, la raccolta occorrerebbe effettuarla allorquando la
somma dei gradi utili giornalieri di temperatura raggiunge quest’ultimo valore.
Sotto l’aspetto applicativo, il concetto di somma termica ha obiettivi assai
interessanti come, ad esempio, la programmazione delle epoche di semina e di
raccolta in un determinato ambiente climatico. In proposito basti ricordare i risultati
2
Cap. 21 – Pisello
conseguiti dall’industria conserviera che, utilizzando cultivar di pisello a diversa St
e scegliendo opportunamente le epoche di semina, riescono ad ottenere una scalarità
di maturazione che risulta molto utile al fine del prolungamento della campagna di
lavorazione.
21.4 Esigenze climatiche (vedi anche cap. 19)
Il pisello è una pianta microterma.
Predilige climi freschi, ma non troppo umidi.
ƒ Optimum per la crescita = 10-20° C
Zero di vegetazione. T base 4.4 °C
ƒ T minima per la germinazione 4°C
Semina nei mesi freddi
ƒ Resistenza al gelo (fino a -5 °C) a 4-5 foglie
Semina a fine inverno nel Nord Italia
ƒ T massima per la fioritura 28 °C
S termiche usate per pr evedere
l’epoca di raccolta
Maturazione
Fioritura
520\ utili
Em ergenza
680\ utili
1200\ utili
\ Utile = S[ (Tmax-Tmin)/2 ] –T base
Fig. 21.3
21.5 Tecniche di coltivazione (vedi anche cap. 19)
E’ una coltura esigente da un punto di vista idrico, specialmente nel periodo
compreso tra fioritura e maturazione dei semi.
L’irrigazione è necessaria nel Centro e Sud Italia per la coltura seminata in
primavera.
21.6 Varietà e Miglioramento genetico
Le cultivar di pisello esistenti in Italia e all’estero sono numerosissime. Esse sono
diverse a seconda della destinazione del prodotto: per il mercato orticolo fresco o
l’industria conserviera.
3
Gli interventi di miglioramento genetico hanno mirato ad ottemperare le esigenze
del coltivatore, dell’industria e del consumatore. Da un punto di vista agronomico i
requisiti riguardano la resistenza alle malattie e ai parassiti, rendimento in grani
elevato, maturazione contemporanea, grani rotondi non amidacei e con alto
contenuto zuccherino, buccia dei grani tenera, colore uniforme e resistente ai vari
trattamenti e uniformità di presentazione e qualità gustativa.
Le caratteristiche di un pisello per il consumo fresco sono: baccelli lunghi,
turgidi, dritti, semi dolci, teneri, di facile cottura e di diametro uniforme.
Le caratteristiche richieste ad una cultivar per impiego industriale sono: elevata
resistenza, ciclo di maturazione ben determinato e produttività elevata, pianta nana a
portamento eretto e maturazione contemporanea per facilitare la raccolta della
macchina raccoglitrice, semi di grossezza e grado tenderometrico uniformi, grani
rotondi non amidacei e con alto contenuto zuccherino. Inoltre, il seme deve
rimanere verde anche dopo la cottura, e ben conservabile con tegumento resistente
con una bassa velocità di polimerizzazione degli zuccheri in amido al fine di poter
conservare a lungo il suo sapore zuccherino.
Per le colture industriali da granella fresca le cultivar più diffuse sono:
ƒ per l’appertizzazione (semi verde chiaro, piccoli e lisci) sono le seguenti: Dawn,
Picardie, Target, Mirabel, Gottinga, Sittelle ed Esedra;
ƒ per la surgelazione (semi verde scuro, medi o grandi, rugosi) sono note: Spring,
Elma, Karina, Gloriosa, Beacon, Mars, Frila, Abador, Artura, Suprema, Tessa,
Trio;
ƒ per la coltura da granella secca, seme ad alto contenuto proteico, sono note:
Proteo, Nettuno Frimas, Frisson e Vendevil.
21.7 Avversità e Parassiti
Le principali avversità climatiche in cui la coltura del pisello può incorrere sono:
freddo durante la fioritura (inizio primavera nel Nord Italia), umidità durante il
riempimento dei baccelli (nebbie), caldo durante la fase di maturazione provocando
rapido indurimento dei semi, colatura dei fiori, marciume dei germinelli. I parassiti
vegetali da funghi (Fusarium, Pythium), essi possono essere prevenuti con la concia
dei semi; antracnosi (Ascochita pisi, A. pinodella e A. pinodes) essa è la malattia più
grave e frequente del pisello, specialmente in annate e ambienti umidi. Il fungo
attacca fusti, foglie e baccelli. La lotta indiretta di prevenzione è quello di evitare
per 4-5 anni di coltivare il pisello su un terreno infetto; un mezzo diretto di lotta è il
trattamento con fungicidi sistemici. Inoltre piccioni, corvi e altri uccelli possono
causare danni alla semina, all’emergenza e alla maturazione.
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Cap. 21 – Pisello
Le colture possono essere attaccate da afidi, dal lepidottero (Enarmonia
nigricana, da tripidi (Kakothrips robustis) dalla (Stona spp.). I semi sono soggetti
ad attacchi di tonchio (Bruchus pisorum e B. rufimanus), che alla fine della fioritura
depone le uova sui baccelli nei cui semi le larve si sviluppano.
21.8 Raccolta e utilizzazione del prodotto
La coltivazione del pisello è fatta per produrre i baccelli da consumare interi
come ortaggio (piselli mangiatutto o taccole), per questo scopo servono varietà
prive di filamento nel baccello, ma in genere, viene raccolto per l’utilizzo del seme
fresco per il mercato e per l’industria.
La raccolta dei baccelli per il mercato allo stato fresco viene effettuata a mano,
scalarmente quando raggiungono le caratteristiche volute dal consumatore: baccello
turgido con seme ancora in via di maturazione e cotiledoni che non si separano uno
dall’altro. L’epoca di raccolta nel Centro Italia e a metà maggio.
Le produzioni del seme fresco arrivano a 9-12 t ha-1 con umidità del 70-80%.
Il momento di raccolta per uso industriale, effettuate a macchina viene
deciso a seguito di una determinazione eseguita sul seme con il
“tenderometro”(Fig. 21.4). Esso misura lo sforzo necessario per comprimere,
schiacciare e forzare il passaggio di un campione di piselli tra le due griglie, su una
scala, i cui valori convenzionali del grado tenderometrico variano da 50 a 200.
Per il prodotto da inscatolare il grado oscilla da 100-110, per le cultivar a
seme liscio, 120-130 per quelle a seme rugoso; nel caso di prodotto da surgelare si
usano varietà a seme rugoso ed il grado varia da 90 a 115.
Fig. 21.4 - Tenderometro
La raccolta meccanica viene eseguita in due tempi o in un unico passaggio. Nel
primo caso si impegna una falcia-andanatrice e la sgranatura può essere effettuata
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sul posto o con una raccoglitrice-sgranatrice, mentre nel secondo si può eseguire la
mietitrebbiatura con macchina semovente o utilizzando una pettinatrice-sgranatrice.
Appena sgranato il seme deve essere fatto giungere allo stabilimento o
conservato a bassa temperatura.
Fig. 21.5 - Macchina Pettinatrice-sgranatrice
La raccolta del seme secco si realizza con la mietitrebbia per cereali (Fig. 21.6)
quando il seme arriva a maturità con umidità del 18-24%.
Il seme raccolto dovrà essere subito ventilato per eliminare le impurità della
massa e in particolare i residui vegetali. E’ necessario abbassare l’umidità al 13%
per evitare la formazione di muffe sul tegumento.
Le produzioni ordinarie di semi freschi sgranati si aggirano intorno ai 4-4.5 t ha-1.
Mentre per quanto concerne la resa in granella secca la produzione è di 3.5-4 t ha-1.
Fig. 21.6 Mietitrebbia - Raccolta granella secca
Il seme di pisello giunto all’industria di trasformazione per essere inscatolato
viene sottoposto alle seguenti operazioni: lavaggio, vagliatura, cernita,
imbianchimento o precottura, inscatolamento, sterilizzazione. Per il prodotto
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Cap. 21 – Pisello
surgelato, lo schema è identico fino alla precottura compresa dopodiché viene
congelato a temperature di -30 °C e -50 °C.
Nell’alimentazione zootecnica è utilizzabile sia per i mono che per i poligastrici.
Oltre al seme vi è la possibilità di utilizzare anche il resto della pianta per
l’alimentazione animale. Da una coltura che produce 2.5 t di granella fresca si
possono ottenere 6-10 t ha-1 di foraggio verde a seconda che venga asportato o
meno il baccello.
Idoneità alla surgelazione
Colore dei semi:
ƒ uniforme
ƒ verde intenso brillante
ƒ no semi bianchi o parzialmente decolorati
Consistenza e sapore:
ƒ “teneri” (grado tenderometrico 85-95)
ƒ AIS (Alcool insolubile Solido compreso tra 10 e 15).
Permette di valutare delle trasformazioni degli zuccheri semplici in amido.
Il sapore tipico delle cultivar tende a diminuire quando si superano i valori
ottimali di grado tenderometrico (~ 100) e di AIS.
21.9 Composizione e qualità del prodotto
Il valore alimentare del pisello deriva dal contenuto elevato in proteine grezze e
in misura più elevata dal buon equilibrio degli amminoacidi indispensabili contenuti
nelle proteine stesse.
La composizione del seme fresco in media è la seguente:
Componenti
acqua
proteine
grassi
zuccheri
amido
fibra
ceneri
fresco (%)
79.0
6.0
0.3
12.0
2.0
0.7
7
Seme
secco (% della s.s)
-26.0
2.0
-67.0
2.0
3.0
La qualità del seme può essere indicata anche in base al diametro che secondo la
classificazione UE. Si distinguono cinque classi: esse vanno dai tipi “extrafini”
con diametro inferiore ai 7.5 mm, fino ai “medi” con diametro superiore ai 10.2
mm.
Il pisello, come le altre leguminose, presenta un deficit di amminoacidi solforati
(metionina 0.8% e cistina 1.5%) mentre il contenuto in lisina è più elevato della soia
(7.5%). Altri ammnoacidi essenziali presenti sono: valina 4.8%, leucina 7.5%,
treonina 3.9%, triptofano 0.9%, istidina 2.4%, arginina 9%.
Il seme fresco contiene vitamine E ed A, in minore quantità B1, B2, PP e C.
Nelle ceneri sono presenti calcio, ferro e fosforo.
Il seme di pisello può essere utilizzato, allo stato fresco, per uso industriale
(inscatolato o surgelato), secco, sgusciato e spezzato per zuppe o per
l’alimentazione del bestiame.
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Cap. 22 – Fagiolo
CAPITOLO 22
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FAGIOLO (Phaseolus sp.) FAGIOLO DALL’OCCHIO (Vigna unguiculata L.)
22.1 Origine e diffusione
Il fagiolo è la seconda leguminose più importante al mondo, dopo la soia,
utilizzata per l’alimentazione umana.
In Italia, sebbene dal dopoguerra si registri una progressiva contrazione delle
superfici destinate a questa leguminosa, è ancora coltivata un po’ ovunque
impiegando una vasta gamma di varietà.
22.2 Cenni botanici e morfologici
Al genere Phaseolus sono state descritte numerose specie annuali (circa 200). Le
più importanti sono il:
ƒ Ph. Vulgaris (Fig. 22.1);
ƒ Ph. coccineus (fagiolo di Spagna), la cui pianta è generalmente rampicante; è
diffuso nelle zone temperate (Fig. 22.2);
ƒ Ph. lunatus (fagiolo di Lima) diffuso nelle zone tropicali (Fig. 22.3);
ƒ Ph. acutifolius: adatto ai climi caldi (Fig. 22.4).
1
Fig. 22 1 – Ph. vulgaris
Fig. 22. 2 – Ph. coccineus
Fig. 22.3 – Ph. Lunatus
Fig. 22.4 – Ph. acutifolius
Si distinguono due tipi di piante: a portamento nano (Fig. 22.5) e rampicanti (Fig.
22.6).
Fig. 22. 5 – Piante di fagiolo nano
Fig. 22.6 – Piante di fagiolo rampicante
Il fagiolo di nostro interesse è il Phaseolus vulgaris, pianta erbacea macroterma
a rapido sviluppo.
Il frutto è un baccello bivalve, deiscente, diritto o falciforme. Si hanno due tipi
di struttura del baccello:
1) baccelli le cui valve si separano facilmente per la presenza di un cordone fibroso
lungo le linee di saldatura (“filo” o “pergamino”) e hanno strati di tessuto fibroso
entro ciascuna valva: il loro uso è per seme;
2
Cap. 22 – Fagiolo
2) baccelli senza filo e senza pergamino e che sono teneri e carnosi (fagioli
“mangiatutto” comunemente detti “fagiolini” o “cornetto”).
I semi hanno forma varia, dalla sfera al parallelepipedo, al reniforme, all’ovale,
all’appiattito al cilindrico (fagiolo “cannellino”). Anche i colori sono diversi: dal
bianco al nero passando per il giallo, il beige, il bruno, il rosa, il rosso, il violetto; il
colore può essere uniforme o screziato (Fig. 22.7).
Fig. -22.7 – Semi di diverse varietà
di fagiolo
Il fagiolo si adatta a una pluralità di cicli colturali e quindi può consentire una
continua presenza durante l’anno di prodotto fresco sul mercato. La brevità del suo
ciclo produttivo (specialmente nel caso dei tipi nani) può consentire una più agevole
introduzione della coltura negli ordinamenti produttivi, migliorando l’efficacia
agronomica dei relativi avvicendamenti colturali.
Per esempio, la coltivazione del fagiolo da industria, si è sviluppata soprattutto in
semina estiva, dopo la raccolta di un cereale a paglia (frumento) per il favorevole
andamento termico che si registra generalmente durante la maturazione della
granella (settembre): le temperature vanno gradualmente diminuendo e ciò favorisce
il riempimento dei semi e l’ottenimento di un prodotto di buona qualità con seme di
pezzatura omogenea e con una accentuata colorazione delle screziature.
22.3 Tecniche di coltivazione (vedi anche Cap. 19)
Sia il fagiolo che il fagiolino svolgono il loro ciclo prevalentemente nel periodo
più caldo dell’anno, e pertanto, specialmente negli areali di coltivazione
meridionali, notevole importanza assume la tecnica irrigua, volta non soltanto al
conseguimento di rese ottimali, ma anche ad assicurare la qualità del prodotto.
I fabbisogni idrici totali possono variare da 250 a oltre 500 mm in funzione del
clima, della durata del ciclo e della destinazione del prodotto (legume fresco o
3
secco) con turni irrigui di 4-6 giorni e moderati volumi di adacquamento crescenti
da 100 m3 ha-1 all’inizio del ciclo a 300-400 m3 ha-1 in pieno accrescimento.
Il fagiolo risulta sensibile sia agli stress idrici, durante il periodo di fioritura,
allegazione, che a quelli salini.
Il metodo irriguo più diffuso è quello a microportata di erogazione o a goccia.
22.4 Varietà e Miglioramento genetico
Tra le varietà principali coltivate in Italia si ricordano per:
ƒ seme secco: Borlotto di Vigevano, Cannellino di Romagna, Bianco di Toscana,
Coco bianco, Saluggia, Mary, Bea P 40;
ƒ seme fresco: Borlotto, Lingua di fuoco, Borlotto Lamon, Taylors, Salinga;
ƒ fagiolini da surgelazione: Sphinx, Smilo, Slenderette, Akela;
ƒ fagiolini da appertizzazione: Brelan, Euronor;
ƒ fagiolini da surgelazione e da appertizzazione: Belami, Amboy, Pros, Jochey.
Importanti obiettivi del miglioramento genetico delle caratteristiche agronomiche
sono: produzioni elevate, precocità, qualità del prodotto, contemporaneità di
maturazione, altezza d’inserzione del primo palco fiorale, baccelli ravvicinati nella
parte superiore che si aprono con facilità, piante senza foglie alla raccolta.
Il miglioramento genetico per il prodotto da destinare all’industria riguarda:
contemporaneità di maturazione, resistenza alla sovra maturazione, portamento
eretto dei baccelli, pianta determinata, resistenza alle malattie, pianta poco
ramificata, forma del seme tondeggiante o reniforme (borlotto), resistenza agli urti,
alle manipolazioni e alle malattie.
Inoltre, obiettivi particolari nel fagiolo sono: aumento del contenuto in
metionina, eliminazione delle sostanze tossiche o sgradevoli, maggiore resistenza
alle malattie crittogamiche o da virus.
Oltre alle varietà coltivate, esistono ecotipi (popolazione naturale geneticamente
adatta ad un determinato ambiente, geograficamente limitato) e varietà locali
(popolazione di individui appartenenti ad una specie agraria coltivata nella stessa
area da almeno 20 generazioni).
Gli ecotipi e le varietà locali rappresentano pertanto una preziosa fonte di
variabilità genetica da salvaguardare, valorizzare ed utilizzare. E’ noto che nel
tempo numerosi di questi genotipi e le stesse specie coltivate si siano estinte o
hanno subito un forte processo di erosione genetica, a causa dell’avvento di
moderne varietà che assicurano uniformità genetica e quindi morfologica,
permettendo la standardizzazione delle pratiche colturali e garantendo rese più
elevate.
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Cap. 22 – Fagiolo
22.5 Avversità e Parassiti
Tra le principali avversità del fagiolo si ricorda: il Mosaico comune (BCMV o
virus 1 del fagiolo). Questa virosi è trasmessa con il seme o a mezzo di afidi
provenienti da piante malate e può provocare abbassamenti di resa. La difesa si
realizza
con l’impiego meno sensibili e di seme indenne; Antracnosi
(Colletototrichum lindemuthianum). Questa malattia può compromettere la
produzione provocando la distruzione del fogliame e dei baccelli e la maculatura dei
semi. Per il contenimento della malattia non c’è che da contare sulla resistenza
varietale.
In fase di germinazione e di emergenza le plantule del fagiolo possono andare in
contro al marciume provocato da Fusarium solani, Pythium spp. e Rizoctonia
solani; la concia del seme e la semina su terreno né freddo né umido sono i rimedi
migliori. Le Ruggini (Uromices phaseoli) colpisce foglie e baccelli nota con la
presenza di pustole biancastre e poi brune. Si può combattere con ditiocarbammati
di Manganese.
La Batteriosi da alone (Pseudomonas phaseolicola e Xanthomonas phaseoli) è
una malattia che può essere trasmessa per seme o può penetrare nell’ospite in
seguito a pioggia. Non può essere combattuta efficacemente con mezzi agronomici
e chimici, ma potrebbe essere contenuta con varietà resistenti.
Tra i parassiti animali si ricordano vari tipi di afidi delle foglie e delle radici
contro i quali sarebbe necessario disporre di varietà resistenti.
I semi sono soggetti ad essere attaccati dal tonchio del fagiolo (Acanthoscelides
obsoletus) un coleottero molto dannoso che può colpire le colture e il seme
conservato in magazzino(Fig. 22.11).
Fig. 22.11 - Tonchio del fagiolo (Acanthoscelides obsoletus)
22.6 Raccolta e utilizzazione del prodotto
Le produzioni di fagiolo possono essere:
5
ƒ baccelli interi con semi appena formati (mangiatutto, comunemente detti
“fagiolini” o “cornetti”), utilizzati allo stato fresco, inscatolati o surgelati (Fig.
22.8);
ƒ semi immaturi (a maturazione cerosa tipo “borlotto”), consumati direttamente,
inscatolati o surgelati (Fig. 22.9);
ƒ semi secchi (tipo “cannellino”) (Fig. 22.10).
Nei piccoli orti i fagiolini e i baccelli di fagiolo allo stato fresco (tipo borlotti) si
raccolgono a mano, scalarmente; mentre il fagiolo da granella secca si raccoglie
anch’esso a mano estirpando le piante quando i baccelli cominciano a disseccarsi,
lasciando completare l’essiccazione in campo per essere poi sgranate.
Nella coltura di pieno campo la raccolta è meccanizzata, purché le piante siano
nane e a maturazione contemporanea. Infatti, i fagiolini si raccolgono con apposite
macchine raccoglitrici “pettinatrici”; i fagioli da seme fresco si raccolgono, invece,
con macchine pettinatrici-sgranatrici semoventi; mentre i fagioli secchi si
raccolgono con le mietitrebbiatrici, curando la regolazione di queste per evitare che
il loro cattivo funzionamento provochi danni alla qualità di prodotto.
Per il fagiolo borlotto, se si ritarda la raccolta, i semi acquistano una colorazione
più scura, i cui tegumenti sembra siano meno soggetti a spaccarsi durante la cottura.
Per la surgelazione, occorre avere una maturazione contemporanea e cioè semi
omogenei, in modo da limitare al 5-10% la percentuale di semi maturi.
Fig. 22.8 - Fagiolino (var. Cornetto)
Fig. 22 9- Fagiolino (var. Borlotto)
Fig. 22.10 - Fagiolino (var. Cannellino)
E’ considerata buona una produzione di fagioli secchi di 2-2.5 t ha-1. Nel caso di
fagioli freschi, produzioni buone sono di 12 t ha-1 di baccelli da sgranare o di 5-6 t
ha-1 di cornetti.
6
Cap. 22 – Fagiolo
Per il fagiolo da seme destinato alla surgelazione, la raccolta è effettuata a un
grado di umidità della granella prossimo al 50-60% (granella “cerosa” o
“semisecca”). Non essendo disponibili metodi oggettivi per l’individuazione del
momento della raccolta, si opera secondo i criteri dell’industria che mirano a
minimizzare la presenza di grani immaturi (verdi) e sovramaturi (secchi) e a
massimizzare la percentuale di semi maturi (maturazione cerosa e pigmentati).
Tab. 22.1 – Modalità di raccolta, stadio di maturazione e indice di
raccolta dei fagiolini e borlotti
MODALITA’
Cultivar nane
Scalare, unica (meccanica)
STADIO
Fagiolino
Fagiolino borlotto
Baccelli con semi immaturi
Maturazione cerosa dei semi
(50-55% di acqua)
Semi con tipiche screziature
INDICE DI RACCOLTA
Rapporto in peso semi/baccello (5-8%)
Semi verdi
Sostanza secca (12%)
Semi bianchi secchi
Solidi insolubili in alcool (7-8%)
Semi sovrammaturi
Cultiva rampicanti
Scalare (manuale)
La granella fresca è consumata tal quale, ma viene anche inscatolata e
surgelata. Anche i fagiolini sono utilizzati allo stato fresco, inscatolati o surgelati.
Questo prodotto presenta la seguente composizione chimica: acqua 87%, proteine
39%, carboidrati 8%, fibra 1.4%, ceneri 0.6%.
Notevole importanza rivestono le caratteristiche qualitative che dipendono dalla
morfologia del baccello. Per l’inscatolamento si preferiscono frutti dritti, corti e di
piccolo calibro. Le estremità devono essere corte e tozze per ridurre al minimo le
perdite alla spuntatura. Per la surgelazione, i cornetti non devono presentare una
tendenza marcata allo scollamento dei tessuti esterni del pericarpo dopo
scongelamento e cottura.
Un altro aspetto rilevante, nei cornetti, è il colore dei baccelli. Soprattutto per il
prodotto surgelato è opportuno usare varietà con legume verde scuro uniforme in
quanto sono meno soggette al viraggio verso una colorazione bruno-verdastra
dovuta alla distribuzione dei cloroplasto al momento della devitalizzazione dei
tessuti. Questo fenomeno dipende dalla varietà e dallo stadio fisiologico dei legumi
alla raccolta.
7
Il calibro dei baccelli rappresenta una caratteristica importante poiché quelli
appena formati sono i più apprezzati dal consumatore per il fatto che il loro
pericarpo è sprovvisto di fili e di membrana pergamenacea e i semi sono poco
sviluppati.
La fibrosità è un buon parametro qualitativo. Essa è data dai vasi più o meno
sclerificati che formano fili, da tessuti sclerenchimatici del mesocarpo ricchi in
emicellulosa.
La tessitura e la consistenza dei legumi sono correlate con il sapore e l’aroma.
Esiste un apparecchio, il fibrometro, per la loro determinazione.
Per i cornetti destinati alla conservazione industriale il momento ottimale di
raccolta si ha quando i semi rappresentano il 50% in peso del baccello.
Tab. 22.2 – Caratteristiche qualitative dei fagiolini e borlotti
FAGIOLINO
Baccelli:
di diametro ridotto
dritti o leggermente ricurvi
verdi piuttosto che gialli
colore: verde intenso, brillante
senza filo (assenza pergamino)
con semi molto piccoli
sani
assenza di residui di antiparassitari
FAGIOLO BORLOTTO
Semi cerosi:
semi immaturi (< 10%)
con screziature ben evidenti (rosso)
non si devono spaccare (dopo cottura)
Tipi d baccelli (mercato fresco)
Filiformi (extra, Ia, IIa, IIIa categoria
molto fini: non superiori a 6 mm
fini: 6-6,8 mm
medi > 6,8 mm
Altri (Ia, IIa, categoria)
Calibratura per l'industria
1: Ø < 7,5 mm
2: Ø tra 7,7 e 8,5 mm
Utilizzazione industriale
Prodotto surgelato
Prodotto appertizzato (seme fresco o secco
deidratato)
3: Ø tra 8,5 e 9,5 mm
4: Ø > 9,5 mm
Tab.
22. 3 -appertizzato
Conservazione
del fagiolino e borlotto
(per il
prodotto
e surgelato)
Fagiolino
Fagiolo borlotto
(molto deperibile)
Refrigerazione (5°C) dopo la raccolta
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Conservazione a 4-7 °C, 90-95% U.R.
sosta per 24 h a 27 °C
(conservazione per 10-12 gg)
Non conservare oltre le 24 h
(migliora la colorazione)
Cap. 22 – Fagiolo
22.7 Composizione e qualità del prodotto
La granella secca è il prodotto di tutte le specie di fagiolo, la sua composizione è
la seguente: proteina grezza 28-33%, grassi 1.5-2%, carboidrati 56-58% (di cui 4348% è amido), fibra 3-7%, ceneri 2-3.6%.
L’embrione e i cotiledoni costituiscono l’86-89% del seme: il resto è costituito
dai tegumento seminali. La maggior parte dell’amido e delle proteine si forma nei
cotiledoni.
Il polisaccaride amilopectina è il maggior componente dell’amido del quale
rappresenta il 55-62% del totale.
La maggior parte dell’azoto è presente come proteina e il 4% come amminoacidi
liberi.
La proteina è di due tipi: metabolica o di riserva, la prima è rappresentata da
albumine, la seconda da globuline.
Confrontato con i cereali (es. orzo), la principale differenza nella composizione
in amminoacidi riguarda il contenuto in lisina considerevolmente più alto nel
fagiolo e quello in metionina invece più basso.
Come conseguenza del basso contenuto in aminoacidi solforati (metionina e
cistina) il valore biologico del fagiolo, espresso come percentuale di proteina
utilizzabile dall’organismo è piuttosto bassa cioè del 50%. Il fagiolo ha un valore
biologico più elevato rispetto ad altre leguminose da granella.
La granella secca è utilizzata direttamente nell’alimentazione o dall’industria per
l’inscatolamento previa rigenerazione.
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22. 8 FAGIOLO DALL’OCCHIO (Vigna unguiculata L.)
Il fagiolo dell’occhio è una leguminose nativa dell’Africa centrale, così chiamata
per l’alone che circonda l’ilo (Fig. 22.11), di colore diverso dal colore di fondo del
seme, e la cui granella è impiegata nell’alimentazione umana e del bestiame.
E’ una pianta annuale, rampicante o cespugliosa (Fig. 22.12). Le foglie sono
trifogliate lisce e lucide, i fiori sono bianchi o purpurei, portati in numero di 4-6 su
infiorescenze racemose, i baccelli sono cilindrici, lunghi da 10 a 20 cm, con
numerosi semi (8-20). Questi variano molto di dimensione (fino a 12 mm di
lunghezza) di forma reniforme o globosa o angolosa seconda che nel baccello siano
poco o molto serrati; lisci o grinzosi, di colore bianco, verde, bruno, rosso o nero.
La semina del fagiolo dall’occhio si fa in primavera seminando 50-70 kg ha-1 di
seme in modo da ottenere una densità di 15 piante a m2. La coltura raggiunge la
maturazione dopo 4-5 mesi, secondo la varietà. In buone condizioni le rese sono di
2.2.5 t ha-1 di granella secca.
Fig. 22.11 - Fagiolo dall’occhio
Fig. 22.12 – Piante di fagiolo dall’occhio
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Cap. 23 – Lenticchia
CAPITOLO 23
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LENTICCCHIA (Lens culinaris L.)
23.1 Origine diffusione
La lenticchia è stata fra i primi legumi coltivati e consumati dall’uomo. I semi
sono stati ritrovati in tombe egizie del 2500 a.C.; come alimento citato anche nella
Bibbia a proposito del baratto della primogenita di Esaù per un piatto di lenticchie.
23.2 Cenni botanici e morfologici
La lenticchia è una pianta i cui semi (a forma di lente) sono di colore variabile:
dal verdognolo al beige, al rosso mattone ed al bruno scuro. A seconda della
dimensione dei semi si possono distinguere varietà “macrosperme”, con semi grossi
(6-8 mm di diametro e peso 4.5-8 g), originari nelle regioni mediterranee, varietà
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“microsperme” con semi piccoli (3-5 mm di diametro e peso 1.5–4.0 g)
prevalentemente di origine dell’Asia Minore.
23.3 Ciclo biologico, esigenze pedoclimatiche e tecniche colturali
(vedi Cap. 20)
23.4 Varietà e Miglioramento genetico
Una delle principali cause del declino della coltivazione della lenticchia in Italia
è rappresentata senz’altro dalla mancanza di cultivar migliorate, dotate di rese
elevate, di buona stabilità produttiva e meglio rispondenti alle esigenze di una
coltivazione moderna a basso input energetico.
Il miglioramento genetico dovrà puntare sulla costituzione di cultivar ad elevata
potenzialità produttiva, con harves index che si avvicini il più possibile all’unità,
operando sulle diverse componenti strutturali (numero di nodi e ramificazioni
fiorifere, numero di semi per baccello, peso unitario dei semi) e fisiologiche (durata
delle fasi del ciclo, efficienza fotosintetica dell’apparato fogliare ecc.):
ƒ elevata energia germinativa rapida crescita nei primi stadi di sviluppo, apparato
radicale robusto e fittonante;
ƒ fusti con portamento eretto, abbastanza robusti, con abbondanti ramificazioni
fruttifere, fioritura apicale e inserzione alta dei baccelli basali (a 15-20 cm dal
suolo) per agevolare la raccolta meccanica; - fioritura e fruttificazione il più
sincrone possibile;
ƒ foglie provviste di viticci lunghi e robusti, così da permettere alle piante di
sostenersi a vicenda e limitare l’allettamento;
ƒ baccelli contenenti due semi e provvisti di peduncolo robusto per limitare la
cascola in fase post-maturazione;
ƒ resistenza ad avversità abiotiche (freddo ed eccessi di umidità nelle prime fasi del
ciclo; carenza idrica nelle fasi riproduttive);
ƒ resistenza ai principali parassiti.
ƒ granella con elevato contenuto proteico e bilanciata composizione aminoacidica.
In particolare, per gli ambienti del Sud, caratterizzati da abbondante piovosità
autunno-vernina e da primavere siccitose, con progressivo innalzamento della
temperatura ma con frequenti ritorni di freddo, vanno selezionati i tipi caratterizzati
da fioritura moderatamente tardiva (per sfuggire agli eventuali ritorni di freddo
primaverile) e con l’intervallo fioritura-maturazione abbastanza corto (maturazione
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Cap. 23 – Lenticchia
entro maggio, per sfuggire alla carenza idrica e alle temperature elevate che
caratterizzano, generalmente il clima degli ambienti meridionali in questo periodo).
Attualmente, per quel poco di coltivazione di lenticchie effettuata in Italia viene
impiegato seme di ecotipi locali, tra i quali i più noti sono: “lenticchia del Fucino”
(Abruzzo), quella di “Leonessa” e quella “di Ventotene” (Lazio), quella “di
Altamura” (Puglia), quella “di Mormanno” (Calabria) e soprattutto, la “Lenticchia
di Villalba” in Sicilia è a seme grosso e verde.
23.5 Avversità e Parassiti
Tra i parassiti che colpiscono la lenticchia nel nostro Paese, il più temibile è
l’Orobanca (Orobanca speciosa), particolarmente diffusa ed aggressiva negli
ambienti meridionali: l’attacco risulta molto virulento nelle coltivazioni a semina
autunnale che, il più delle volte, vengono completamente distrutte dal parassita.
Tra le malattie crittogamiche, qualche preoccupazione destano la Peronospora
(da Peronosposra viciae), la Ruggine (da Uromyces fabae), l’Antracnosi (da
Colletorichum troncatum) e la Muffa grigia (da Botrytis cinerea) che provocano
danni più o meno gravi all’apparato epigeo delle piante, finendo per interessare
talvolta anche i semi. La diffusione di queste malattie è favorita da umidità elevata
associata a temperature miti. In alcuni ambienti sono stati registrati anche gravi
attacchi di tracheomicosi da Fusarium oxysporium f.sp. lentis e Fusarium solani,
f.sp. pisi, la cui infezione proviene fondamentalmente dal terreno.
Tra i parassiti animali, i più temibili sono gli insetti del genere Sitona, che
attaccano le foglie e i noduli radicali, risultando particolarmente pericolosi per le
giovani piantine, ed il Tonchio (Bruchus signaticornis) che può provocare gravi
danni ai semi, che subiscono un forte deprezzamento.
La difesa dovrebbe, per motivi economici ed ecologici, basarsi su strategie di
lotta integrata. In particolare, bisogna puntare sull’uso di varietà resistenti, anche
perché, per molte delle malattie, non si dispone di adeguati mezzi chimici di lotta.
Per la lotta all’orobanca, inoltre, possono risultare efficaci alcuni mezzi agronomici,
come una semina più profonda e ritardata o la coltivazione di un erbaio di
leguminose, tagliato e sovesciato alla comparsa del parassita. Contro il tonchio, poi,
è indispensabile usare seme sano e raccogliere abbastanza precocemente.
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23.6 Raccolta e utilizzazione del prodotto
La lenticchia va raccolta quando le piante cominciano a disseccare ed i semi sono
già abbastanza duri. Essa viene ancora diffusamente effettuata a mano, con
l’estirpazione delle piante e successiva trebbiatura dopo 3-4 giorni di essiccazione.
Solo con la varietà a taglia alta e a portamento eretto è possibile la
meccanizzazione della raccolta con la mietitrebbiatura diretta, oppure con falciaandanatura, essiccazione delle andane e successivo passaggio di mietitrebbiatrice
munita di “pick-up”.
Può considerarsi buona una produzione di 1.5-2 t ha-1 di semi secchi; rese molto
più basse vengono realizzate in terre marginali (montagna, altopiani) dove la
lenticchia si trova spesso coltivata.
Alla produzione di granella si accompagna una produzione di residui che
costituiscono un foraggio molto apprezzato.
I seme in magazzino va difeso dagli attacchi dei tonchi con idonei trattamenti
(Cap. 20).
E’ importante non ritardare eccessivamente la raccolta allo scopo di evitare
perdite di semi per resistenza dei baccelli e per limitare l’infestazione del tonchio.
Va da sé che il rilancio della coltivazione di questa leguminosa passa attraverso
la meccanizzazione della raccolta, difficilmente attuabile con la maggior parte dei
materiali genetici locali, caratterizzati da una morfologia della pianta scarsamente
idonea. La disponibilità di varietà migliorate, caratterizzate da piante resistenti
all’allettamento, con taglia alta, portamento eretto ed inserzione del primo palco dei
baccelli ad al meno 15-20 cm dal suolo, può rendere possibile la meccanizzazione
della raccolta.
Questa può essere effettuata con normali mietitrebbiatrici opportunamente
modificate (regolazione adeguata dell’organo falciante per ottenere il taglio più
vicino possibile alla superficie del terreno e apertura massima tra battitore e contro
battitore) o con macchine appositamente progettate. In Italia le regioni più
interessate a questa coltura sono la Puglia e la Sicilia.
23.7 Composizione e qualità del prodotto
La lenticchia è una delle principali fonti di proteine vegetali dove, nei Paesi
asiatici, è seconda solamente al cece. I suoi semi, caratterizzati di un alto valore
biologico ed elevata conservabilità, sono destinati fondamentalmente
all’alimentazione.
L’importanza nutrizionale dei semi di lenticchia risiede nell’elevato contenuto di
proteine (25-30%), nella loro bilanciata composizione amminoacidica, nella
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Cap. 23 – Lenticchia
presenze apprezzabile di ferro e di vitamine del gruppo B e nella pressoché totale
assenza di fattori antinutrizionali. Il consumo di lenticchie è particolarmente
indicato nell’alimentazione dei diabetici, in quanto l’amido contenuto nei semi
provoca, a parità di apporto di carboidrati, un innalzamento di glucosio postprandiale (ossia il valore di glicemia presenta nel sangue dopo due ore dal termine
del pranzo) inferiore a quello di altri alimenti.
I semi sono normalmente utilizzati secchi, interi come minestre o contorni) e
vengono commercializzati distinti in categorie merceologiche basate sul calibro
(gigante extra, gigante, gigantina, comune, media, mignon, mignonette). E’
possibile trovare in commercio anche i semi sgusciati (principalmente di varietà a
cotiledoni arancioni), di più facile cottura e più digeribili.
Una quota di prodotto (totalmente di provenienza estera) viene utilizzata
dall’industria di trasformazione per la preparazione di conserve al naturale
(appertizzati).
La lenticchia viene, inoltre, utilizzata per l’estrazione di amido usato nelle
industrie tessili poiché, essendo altamente viscoso, rende inalterata la stampa dei
tessuti.
Oltre che per l’alimentazione umana, la lenticchia può essere usata anche per
l’alimentazione del bestiame, come integratore proteico della razione alimentare. In
questo caso si usano sia i semi che la pianta come fieno.
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