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Il dato non va sprecato

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Il dato non va sprecato
s a p e r e
Il dato non va sprecato
i fa attenzione a non sprecare i soldi, l’acqua, l’elettricità a volte le parole. Ma…
i dati? «Quel piccolo numero che il lettore della glicemia restituisce deve essere custodito con cura
invece spesso viene registrato senza ricevere l’attenzione che merita», commenta Fulvio Porto, dirigente medico dell’Unità operativa
di Diabetologia dell’Ospedale Civile
dell’Annunziata a Cosenza.
«Misurare la glicemia non è come
guardare l’orologio. È un gesto che
può avere un utilizzo immediato –
per esempio per assicurarsi di non
essere in ipoglicemia – ma che assume tutto il suo significato quando
viene confrontato con altri dati glicemici in un insieme strutturato»,
conferma Giuseppe Picca, diabetologo presso l’Unità operativa di Endocrinologia e Malattie metaboliche
degli Ospedali Riuniti di Foggia.
S
Guardare e ragionare.
Come si costruisce questo insieme
di dati e perché è importante tenerlo con cura? Sicuramente l’automonitoraggio della glicemia fornisce
un’informazione. «La persona con
diabete dovrebbe essere messa in
grado di ragionare sul dato che legge nel lettore della glicemia», afferma Elena Manca, diabetologa a Trieste presso il Centro diabetologico
del Distretto 2, «e capire quali azioni
possono aver portato a una glicemia
alta o bassa. In questo modo può
imparare sempre di più su se stessa
e sul suo diabete».
Una glicemia alta, infatti, non de-
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La disponibilità dei dati
dell’automonitoraggio aiuta la persona
a capire sempre di più sul suo diabete,
rende molto più efficace la ‘visita’
e consente al medico di scegliere
la terapia più appropriata.
Guai quindi a ‘gettare’ il dato glicemico.
ve essere vissuta come un ‘giudizio’.
«Leggere ‘250 mg/dl’ sul display non
è come trovare una multa sul parabrezza dell’auto. È un’informazione e come tale, se la sappiamo in-
terpretare e mettere in relazione con
altri dati, può aiutarci a migliorare.
In questo senso diviene addirittura
utile», tiene a sottolineare Giuseppe
Picca.
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Una glicemia è un dato:
due sono un’informazione.
Per questa ragione i diabetologi consigliano alle persone con diabete,
anche non trattate con insulina, di
misurare le glicemie ‘a coppie’: prima e due ore dopo l’inizio del pasto.
«La glicemia postprandiale è importante perché permette di rilevare dei
picchi iperglicemici brevi – anche
in persone che hanno un’emoglobina glicata accettabile – ma che rappresentano un fattore di rischio cardiovascolare», commenta Picca. La
differenza fra i due valori permette di valutare l’effetto che il pasto ha
avuto sulla glicemia. «Chi riflette su
questi due valori può vedere confermate per esempio le informazioni che riceve dalla dietista e si sa che
l’esperienza è la migliore maestra»,
ricorda Elena Manca.
Come (non) fare un diario.
Il diario glicemico è un aiuto importantissimo per la persona con diabete, non solo per il suo medico.
«Troppe persone con diabete non
tengono un diario, non scaricano e
non guardano nemmeno i dati che
rimangono nella memoria del lettore, spesso si dimenticano perfino di
inserire o aggiornare la data e l’ora»,
lamenta Giuseppe Picca.
È importante compilare il diario ogni
sera o comunque ogni volta che si
misurano almeno un paio di glicemie
al giorno. «Se è preparato frettolosamente il giorno prima dell’incontro
con il diabetologo, il diario non serve
molto al paziente. A quel punto è più
pratico scaricare i dati dal lettore della glicemia sul PC. Trascrivere i dati
ha un valore se dà la possibilità di riflettere su quello che si è fatto, magari annotandolo a margine del diario
stesso» è l’opinione di Elena Manca.
Grafici e diari.
Come la diabetologa triestina ha accennato, oggi molti sistemi per la
misurazione della glicemia non solo memorizzano il risultato dei test
fatti, completi di data, ora e, in alcuni casi, di altre indicazioni che possono essere inserite dall’utilizzatore,
ma permettono di trasferirli sul PC
del paziente o del diabetologo.
«Oggi molti Centri si sono attrezzati
per trasferire direttamente i dati dei
lettori nella cartella clinica del paziente», ricorda Elena Manca.
È anche possibile affiancare al diario dei grafici realizzati automaticamente su computer. I grafici
possono limitarsi
a mostrare l’andamento
delle
glicemie nel corso del tempo, un
po’ come i grafici di borsa per intendersi, oppure rielaborarli. «È possibile vedere quali sono i momenti della giornata o
le giornate critiche e scoprire, per
esempio, che si tende ad andare in
ipo nel pomeriggio o che la domenica risulta più difficile rispetto agli altri giorni tenere la glicemia entro valori target», continua Fulvio Porto.
«Alcuni grafici e indici elaborati dal
software risultano utili soprattutto per il diabetologo. Personalmente
trovo molto interessante poter misurare e valutare nel tempo il rischio
di incorrere in gravi ipo o iperglicemie con indici quali HBGI e LBGI».
Una visita ‘arricchita’.
«Se i dati glicemici sono disponibili
in forma organizzata, il medico o la
persona con diabete possono realizzare grafici o diari che rappresentano
un po’ il ‘film’ della vita del paziente e
questo cambia radicalmente la qualità e l’efficacia dell’incontro fra medico e paziente», spiega con entusiasmo
Fulvio Porto.
Il diabete, infatti, ‘si cura in due’, come Elena Manca ama ripetere. Medico e paziente sono due ‘esperti’. Il
medico conosce il diabete in generale il paziente è l’esperto della propria
storia e delle proprie esigenze. Se si
condividono gli stessi dati e ci si siede fianco a fianco ad esaminarli, «il
colloquio verte sulla vita reale della
persona, sui successi che ha ottenuto,
sulle difficoltà che riscontra. È tutto
un altro modo di mettersi in relazione. Io ho constatato che in questo
modo si stabiliscono dei rapporti di confidenza,
non esito a dire di amicizia che
non si verificano
quando, mancando le informazioni,
il medico è costretto a parlare in generale del diabete» continua Porto.
Giuseppe Picca, diabetologo presso
l’Unità operativa di Endocrinologia e
Malattie metaboliche degli Ospedali
Riuniti di Foggia.
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s a p e r e
d
Elena Manca, diabetologa a Trieste
presso il Centro diabetologico
del distretto 2.
detto ‘autocontrollo strutturato’».
Che cosa significa?
«Prima di tutto
nell’autocontrollo strutturato la
persona con diabete misura la sua
glicemia secondo
uno schema concordato, in certi giorni e a certe
ore; in alcuni casi possono essere
sufficienti poche
‘strisce’, in altri di più. Ma l’importante è quando e come misurare la
glicemia», risponde Marco Gallo.
Quando misurare la glicemia.
Scaricare e analizzare i dati è una
prassi sempre più comune da parte dei pazienti e dei Team diabetologici. Finora lo si è fatto soprattutto con chi deve misurare la glicemia
molte volte al giorno. «Il concetto
però non cambia se parliamo delle persone con diabete non insulinotrattate», interviene Marco Gallo,
endocrinologo presso la Struttura complessa di Endocrinologia oncologica dell’Ospedale Molinette di
Torino, «passare da un automonitoraggio casuale a uno strutturato può
anzi avere un effetto ancora superiore su questo tipo di persone».
In questa fase molte Regioni e Asl
prevedono dei tetti al numero di determinazioni che possono essere fatte nell’arco della settimana, del mese o del trimestre da una persona
con diabete, «premesso che il diabetologo può sempre derogare a questi limiti, nella maggior parte dei casi più che la quantità di test, conta la
loro qualità», ricorda Giuseppe Picca, «questa è la premessa del cosid-
Schemi o profili.
Se parliamo di una persona con diabete non insulinotrattata, «fare le
misurazioni solo e sempre al risveglio non serve a nulla. Bisogna usare degli schemi che
permettono di evidenziare ‘anomalie’», fa notare la
diabetologa triestina, «per
esempio si possono misurare le glicemie prima e dopo
il pasto. Non tutti i giorni
e non a tutti i pasti. In certi casi al paziente non insulinotrattato e che non prende farmaci ipoglicemizzanti
si può proporre uno schema
a scacchiera: prima e dopo
colazione un giorno, prima e dopo pranzo il giorno dopo e prima e dopo
cena il terzo giorno. In questo modo, con sei strisce la
settimana, e può non essere necessario ripetere la misurazione ogni settimana, si
raccolgono dati molto interessanti».
Anche effettuare periodicamente un
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profilo glicemico con sette rilevazioni al giorno per tre giorni consecutivi «è piuttosto utile per il medico ma
richiede – seppur occasionalmente –
una certa motivazione da parte del
paziente», continua Elena Manca.
Meglio scegliere giorni sempre diversi, sia feriali sia festivi e concentrare i test nei momenti in cui qualcosa varia nella propria vita.
Una terapia davvero su misura.
Schemi di questo tipo permettono
di educare meglio la persona con
diabete e di motivarla, «inoltre consentono al medico di curare sempre
meglio», sostiene Gallo. «Sul suo ‘tavolo di lavoro’ oggi il diabetologo
ha un numero sempre maggiore di
strumenti, soprattutto per la terapia
del diabete di tipo 2. Ci sono nuove
classi di farmaci e nuovi modi di utilizzare quelli esistenti».
Marco Gallo endocrinologo presso
la S.C. di Endocrinologia oncologica
dell’Ospedale Molinette di Torino.
s a p e r e
er le persone con diabete, anche se
P
non usano insulina, può essere utile rilevare la glicemia più o meno di
frequente, in diversi momenti della
giornata, meglio se ‘a coppie’ prima e
dopo i pasti o l’esercizio fisico.
Il dato glicemico non è un giudizio,
anche quando è fuori target. La persona con diabete deve essere messa
in grado di trarne considerazioni utili
per confermare le conoscenze di cui
dispone o per fare delle scelte.
Scelte fatte per tempo.
L’autocontrollo inoltre permette di
prendere decisioni in modo veloce.
L’emoglobina glicata è un dato che
esprime la media del compenso glicemico degli ultimi tre mesi. Non
ha senso quindi ripeterla a intervalli
più stretti. «Questo significa che per
valutare il successo di una modifica
nella terapia o nello stile di vita decisa a gennaio devo aspettare, nel migliore dei casi, il mese di aprile. Poi
magari ad aprile il medico può decidere di aspettare il prossimo appuntamento per decidere una modifica
ed ecco che sono passati sei mesi»
esemplifica Marco Gallo.
«Sulla base dei dati dell’autocontrollo invece, il successo di una nuova terapia può essere valutato molto velocemente. Il medico e il paziente si
parlano – anche per telefono – e possono decidere, dopo una settimana o
due, se la modifica ha avuto successo
e se è necessario operare un ulteriore cambiamento» dice Elena Manca,
«definiamo così delle terapie sempre
più personalizzate, davvero su misura, adattandole e correggendole quasi in tempo reale». Tutto questo grazie a quel semplice numerino che
appare sul display del misuratore. d
edigere un ‘diario glicemico’ su carta
R
aiuta a mettere in relazione le glicemie
con le scelte fatte durante la giornata.
I dati contenuti nei lettori possono
essere scaricati su computer. Diari e
grafici realizzati dal computer fotografano la vita della persona con diabete
e aiutano medico e paziente a confrontarsi, non sul diabete ‘in generale’
ma sui successi e sulle sfide concrete che il diabete pone nella vita dello
specifico paziente.
Fulvio Porto, dirigente medico
dell’Unità operativa di Diabetologia
dell’Ospedale Civile dell’Annunziata
a Cosenza.
IN SINTESI
Per scegliere la terapia più appropriata il medico deve sicuramente
tenere presenti le caratteristiche del
paziente: l’età, la durata della malattia, il livello di rischio cardiovascolare, il peso, la funzionalità renale e
alcuni aspetti personali quali lo stile di vita, la capacità di autogestirsi, il livello di supporto che riceve.
«Definite queste caratteristiche però rimangono ancora diverse opzioni aperte», continua l’endocrinologo
torinese, «il medico ha bisogno dei
dati, dati provenienti da un automonitoraggio della glicemia ben condotto» continua Gallo.
«Insomma, l’evoluzione dell’autocontrollo permette al medico di
capire quali sono le caratteristiche del diabete di quella persona, in
quel momento e di scegliere la terapia appropriata». A sua volta la terapia determina lo schema ottimale di controllo. Per esempio alcuni
farmaci possono provocare ipoglicemie in certi momenti della giornata: «Chi usa sulfaniluree potrebbe
rischiare ipoglicemie, anche senza
sintomi nel tardo pomeriggio e farà quindi meglio a misurare la glicemia in questi momenti» interviene
Giuseppe Picca.
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