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diventare insegnanti - Università Cattolica del Sacro Cuore

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diventare insegnanti - Università Cattolica del Sacro Cuore
UNIVERSITÀ CATTOLICA DI MILANO
CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELLA FORMAZIONE
PRIMARIA
DIVENTARE INSEGNANTI
IL TIROCINIO TRA SCUOLA, UNIVERSITÀ E
TERRITORIO
2
SOMMARIO
UNA FORMAZIONE PROFESSIONALIZZANTE
CENTRATA SULL’ASSE PEDAGOGICO
(M. SANTERINI) ...............................................................4
L’IMPIANTO PROGETTUALE: VERSO UNA
STRUTTURA INTEGRATA TRA UNIVERSITÀ E
SCUOLA
(S. FAVA) ........................................................................9
I VOLTI DEGLI STUDENTI
(S. SIRONI) ....................................................................14
APPROCCI METODOLOGICI DEL LAVORO DI
FORMAZIONE/AUTOFORMAZIONE
(A.M. NESPOLI) .............................................................21
COLLABORAZIONE UNIVERSITÀ E TERRITORIO
(A. RADOGNA)...............................................................26
SOGGETTI, RUOLI E RELAZIONI NEL TIROCINIO
(G. BIRAGHI) .................................................................30
ALLA SCOPERTA DELLA PROFESSIONE DOCENTE
(G. PENGO) ...................................................................36
3
IL TIROCINIO TRA CURA DEI CONTESTI E
MEDIAZIONE DIDATTICA
(P. BOSELLO) ............................................................... 40
LA PROGETTUALITÀ EDUCATIVA NEL PROGETTO
FORMATIVO DI TIROCINIO
(M. OPPICI) ................................................................... 44
BIBLIOGRAFIA…………………………………………….49
4
CAPITOLO PRIMO
UNA FORMAZIONE PROFESSIONALIZZANTE
CENTRATA SULL’ASSE PEDAGOGICO
di Milena Santerini
La formazione degli insegnanti della scuola dell’infanzia e della scuola primaria sta attraversando significativi cambiamenti.
Dopo l’istituzione del Corso di Laurea in Scienze della Formazione Primaria (DM 26.5.1998 in attuazione della Legge 341/90) e
la sperimentazione negli anni seguenti, oggi le riforme in atto prefigurano nuovi scenari.
Tuttavia, l’esperienza intercorsa sollecita varie riflessioni e osservazioni sul profilo dell’insegnante in una scuola che cambia.
Alcuni definiscono l’accordo tra riforme della scuola e riforme
della formazione degli insegnanti una “missione impossibile”. Per
tentare questo obiettivo, occorre tuttavia chiedersi quali siano i
punti-forza di una formazione fortemente centrata sull’asse pedagogico senza dimenticare le istanze professionalizzanti.
IL NUOVO QUADRO CULTURALE DELLA FORMAZIONE
Il rapporto tra i Corsi universitari, il Tirocinio e i Laboratori
nella formazione degli insegnanti della scuola dell’infanzia e nella
scuola primaria costituisce, per l’esperienza avviata presso la nostra Università Cattolica di Milano, uno dei punti forza di tale processo. Esso si esprime, concretamente, in una nuova sinergia di
connessione tra l’Università e le scuole.
I criteri stabiliti per l'ordinamento dei Corsi di Laurea da parte
5
delle Università individuano i contenuti minimi qualificanti il
Corso distribuiti su 4 aree: Corsi per la funzione docente, Corsi sui
contenuti dell'insegnamento primario, Laboratori, Tirocinio. Tra
gli obiettivi formativi che fanno riferimento al profilo dell'insegnante da formare, dal punto di vista specifico della formazione
teorico-pratica troviamo l'obiettivo di "inquadrare, con mentalità
aperta alla critica e all'interazione culturale, le proprie competenze
disciplinari nei diversi contesti educativi".
Il richiamo alla pluralità e complessità dei contesti educativi riconduce al quadro culturale in cui il Tirocinio si colloca. Infatti,
esso rappresenta la conferma della scelta - da parte delle scienze
dell'educazione che studiano l'insegnamento - di un orientamento
di tipo pratico-riflessivo. Si tratta cioè del superamento del paradigma applicativo - dalla teoria alla pratica, dallo studio al territorio, dal sapere al fare - in favore invece di una formazione universitaria concepita sull'alternanza teoria-pratica. Esso si inquadra,
poi, nella scelta di avvicinamento dell'Università alle scuole e di
creazione di un sistema in cui scuola dell'autonomia, Facoltà di
Scienze della Formazione e territorio trovino un nuovo rapporto di
partenariato.
Infine, ed è il punto più importante, il Tirocinio trova la sua
giustificazione nella definizione delle nuove competenze dell'insegnante. Il profilo di insegnante che si vuole formare per la scuola
del futuro è - o dovrebbe essere - disegnato, più che dalla logica
interna e dai rapporti di potere tra le discipline universitarie, dalle
complessive esigenze culturali della scuola che cambia. Si sbaglierebbe, tuttavia, se si concepisse questa esigenza in una visione puramente professionalizzante, considerando cioè come prioritarie le
competenze richieste dal mercato del lavoro. Sarebbe ancora improprio tentare un inventario completo di tutte le competenze di
cui dovrebbe disporre l'insegnante perfetto, prevedendo così un
ruolo esclusivo dell'Università nella formazione.
La formazione iniziale - invece - dovrebbe abbandonare la pretesa totalizzante di padroneggiare razionalisticamente tutto il
campo del sapere pedagogico didattico e disciplinare, per anticipare la realtà di un insegnante critico, capace di adattarsi alle complesse situazioni educative. Se la conoscenza è situata, di conseguenza il Tirocinio sarà uno dei luoghi principali in cui sviluppare una relazione circolare tra esperienza pratica e riflessione. In
6
primo luogo, quindi, il Tirocinio costituisce il momento di contestualizzazione di quanto appreso nella diversità delle situazioni
educative.
La competenza in quanto tale, infatti, non può costruirsi solo attraverso il sapere ma soprattutto attraverso la capacità di leggere,
analizzare ed interpretare situazioni ed esperienze nel contesto.
Competenza diviene sapere connesso a capacità di azione in situazioni singolari. Si fa qui riferimento a tutta la vasta letteratura sull'insegnante come professionista riflessivo (Schön, Perrenoud,
Tochon, Altet, Brookfield, Damiano, Grassilli ed altri).
In secondo luogo, il Tirocinio permette la comunicazione dei
fondamenti e degli strumenti di un mestiere – quello
dell’insegnante – difficilmente trasmissibile. Il pensiero professionale, come sappiamo, è una riflessione in azione. Spesso, come le
ricerche hanno mostrato, l'insegnante non esplicita le sue strategie;
l'esperienza dell'insegnamento è, nella maggior parte dei casi, di
natura tacita, un'improvvisazione sulla base di modelli interiorizzati (non per questo tuttavia va considerato un atto irrazionale,
bensì creativo). Tale esplicitazione diviene indispensabile per
“trasmettere il mestiere” in situazioni, come la scuola, in cui il
sociale, il personale e l'istituzionale sono strettamente connessi.
Nel Tirocinio e nei laboratori la collaborazione tra insegnanti esperti e studenti diventa l’anello indispensabile della trasmissione
di atteggiamenti, stili, comportamenti difficilmente “teorizzabili”.
ARTICOLARE TEORIA E PRATICA
Per cercare di individuare un modello di formazione che risponda a questa esigenza di circolarità tra teoria e pratica e alla
necessità di rendere “esplicita” l’azione dell’insegnante esperto, è
necessario però tener conto dei diversi approcci che caratterizzano
l’insegnamento, a cui corrispondono altrettante visioni del Tirocinio.
Nel caso del modello “teorico-applicativo”, il Tirocinio e la
pratica avranno un ruolo secondario e subalterno rispetto alla teoria impartita nei Corsi universitari. Il modello “artigianale tradizionale”, invece, tenderà a privilegiare il saper fare che nasce
dall’esperienza concreta, ponendo in secondo piano i saperi di tipo
7
teorici.
Sarà indispensabile, di conseguenza, cercare una visione integrata della formazione degli insegnanti - tra teoria e pratica - in
cui le diverse strategie possano essere complementari, come sfaccettature della stessa professione.
Tale strategia richiede però di mettere in discussione equilibri
consolidati e di cercare una faticosa integrazione nel quotidiano.
Se, come scrive Perrenoud, l'articolazione tra teoria e pratica è "uno stato di spirito, una disciplina, una volontà" essa consiste nella
ricerca di un difficile equilibrio e non ha la pretesa di affidarsi a
formule ispirate alla razionalità assoluta, cioè al controllo totale
sul contesto.
Si tratta, infatti, di un modello basato non sulla giustapposizione, né sull’alternanza, ma sull’articolazione flessibile, e quindi
"costoso" in termini di energie e risorse intellettive e morali più
che materiali. Per organizzarlo, si devono fare i conti con la realtà
e soprattutto con il fattore fondamentale del tempo. Il rapporto tra
Tirocinio, corsi e laboratori nell’esperienza del Corso di Laurea in
Scienze della Formazione Primaria dell’Università Cattolica di
Milano esprime e concretizza in modo originale tale ricerca di articolazione flessibile svolta in collaborazione con le scuole.
Inoltre, va aggiunto che la connessione e l’articolazione non si
realizzano “in vitro” ma nel rapporto tra persone: insegnanti, studenti, supervisori di Tirocinio. Una visione ermeneutica della
formazione porta a considerare le diverse interpretazioni che ogni
attore dà dell’educazione e a metterle in dialogo. Articolare i “saperi” pedagogici con la vita scolastica, gli atteggiamenti
dell’insegnante e le pratiche didattiche significa mettere a confronto specifiche e irripetibili interpretazioni educative, anche se
inquadrabili all’interno di diverse culture pedagogiche. Tirocinio,
corsi e laboratori nella formazione primaria sono luoghi interconnessi attraverso la comprensione dei significati educativi che ogni
attore coinvolto – studente, insegnante, supervisore – esprime.
Infine, la positiva esperienza di questi anni induce a sottolineare
l’importanza del riferimento unitario – il Corso di Laurea a tendenza naturalmente pedagogica – in cui collocare la formazione
degli insegnanti. Solo un ambito di questo tipo potrà garantire
l’indispensabile comunicazione, all'interno della scuola, dei differenti apporti. Anche la formazione del futuro, quindi dovrà rappre-
8
sentare un luogo di riflessione sulla complessiva azione educativa
e farsi carico di mantenere al suo interno simultaneamente, e non
in successione, i momenti dell’apprendimento, del tirocinio, del
laboratorio didattico.
9
CAPITOLO SECONDO
L’IMPIANTO PROGETTUALE: VERSO UNA STRUTTURA
INTEGRATA TRA UNIVERSITÀ E SCUOLA
di Sabrina Fava
Nel Corso di Laurea in Scienze della Formazione Primaria istituito presso l’Università Cattolica di Milano, l’attività di Tirocinio
si configura come un percorso formativo specifico che, insieme
agli insegnamenti dei Corsi e dei Laboratori, concorre alla formazione personale, culturale e professionale del futuro docente di
scuola dell’infanzia ed elementare.
Le finalità di tale corso universitario, rivolte alla definizione di
un profilo professionale, invitano ad evitare la frammentazione di
un piano curricolare multidisciplinare dove prevalga la logica di
tipo cumulativo. Al contrario, suggeriscono di costruire un itinerario in cui l’accurata selezione di contenuti favorisca l’integrazione
di saperi, tirocinio e laboratori secondo una logica dinamica circolare. Nel percorso accademico la costruzione dell’identità professionale del docente trae infatti vantaggio dalle interazioni tra argomenti scientifici settoriali e pratiche didattiche attivate nei laboratori e nel tirocinio, poiché “la portata conoscitiva ed epistemologica” che assume “l’azione” (Damiano, 1993 a) supera il paradigma applicazionista teoria – pratica (Damiano, 1993 b, p. 44).
Nell’esperienza del nostro ateneo l’attività di Tirocinio si contraddistingue come ambito privilegiato di apertura verso Corsi e
Laboratori, al fine di realizzare progressivamente un tessuto unitario capace di favorire la preparazione dello studente, protagonista
del percorso formativo.
10
TIROCINIO: UNO SPAZIO DI DIALOGO PROGETTUALE TRA CORSI E
LABORATORI
Il Tirocinio svolge un ruolo centrale nella promozione di un
dialogo costruttivo con i Laboratori e i Corsi per la natura trasversale del progetto stesso. La prospettiva specifica dell’attività di Tirocinio è infatti la trasversalità, sia nel definire le linee formative e
i nuclei tematici, sia nel tracciare modalità e fasi metodologiche,
dal momento che è dinamico e complesso l’evento educativo in
cui si esplica l’agire dell’insegnante.
Il percorso si articola attorno alla promozione nello studente
della responsabilità etico – professionale (Pellerey, 1998; Calidoni
2000) che rende significativa e di qualità l’azione educativa. Ciò
diviene prerequisito importante perché l’attività di Tirocinio non
sia scambiata come mera occasione tecnico-operativa, ma, al contrario, essa divenga opportunità di crescita integrale: nella prassi la
persona lascia appunto tracce manifeste di scelte e di itinerari originali. Entro questi riferimenti culturali si è privilegiata la riflessione meditata sull’esperienza (Schön, 1993), nella convinzione
che essa orienti alla ricerca di nuove conoscenze trasferibili con
creatività e flessibilità nei contesti didattici.
Nell’impianto progettuale la costante promozione riflessiva
nell’azione e sull’azione impegna a strutturare coerentemente le
fasi metodologiche di lavoro cosicché sia promossa la circolarità
evolutiva tra teoria-azione. Tale circolarità appare di fatto ottenuta
sia mediante l’alternanza tra attività in ambito universitario (di
approfondimento critico e di progettazione) e in ambito scolastico
(di osservazione, di azione e di documentazione) sia attraverso il
circolare rimando teoria-prassi attuato all’interno della singola occasione formativa. Lo schema metodologico di lavoro prevede che
in ogni attività di Tirocinio condotta in ambito universitario e scolastico lo studente sia guidato ad approfondire un nucleo tematico,
a misurarsi con una situazione operativa, a riflettere criticamente
sulle soluzioni adottate per arricchire così gli approfondimenti iniziali ed attivare ulteriori percorsi conoscitivi.
Diversamente avviene sul piano teorico dove l’attività di Tirocinio vede realizzata la circolarità teoria-prassi in sinergia con i
Corsi e con i Laboratori. In questi si strutturano conoscenze disciplinari e didattiche settoriali che confluiscono nel tirocinio ricom-
11
ponendosi secondo tratti di trasversalità. Avviene altresì che la
conoscenza situata, favorita dai contesti didattici, sia a propria volta fecondo stimolo per approfondimenti che investono i saperi
scientifici e i vari passaggi di mediazione indiretta esperiti nelle
situazioni di Laboratorio. La costruzione di un agire professionale
che avverta come ineludibile il continuo rimando teoria-pratica
necessita di un lavoro assiduo ed individualizzato in cui il supervisore di tirocinio solleciti la riflessione critica e guidi puntualmente
lo studente ad esplicitare nodi problematici e a ricercarne ipotesi
di sviluppo. Il supervisore svolge quindi un ruolo di mediazione e
di accompagnamento aiutando il docente in formazione a decifrare, ad ordinare e a riprogettare dati e processi riguardanti la complessità dell’azione educativa e a confrontarli via via con le conoscenze scientifiche apprese. È così favorito un habitus mentis che
individua nella coessenzialità di teoria e pratica la modalità per
sviluppare competenze didattiche sempre più puntuali allontanando il rischio del progressivo impoverimento professionale derivante da una prassi autofondata o di un possibile formalismo contenutistico.
Le attività di tirocinio rappresentano dunque il centro di un tessuto connettivo che può divenire virtuoso nella misura in cui alimenta un dialogo progettuale sistematico con i Corsi e i Laboratori superando la logica di scambi episodici.
VERSO UNA STRUTTURA INTEGRATA
Per offrire un’idea delle potenzialità di integrazione e di specificità favorite in un dialogo progettuale sistematico tra le parti, si
ricorre alla Tavola 1.
Laboratori ( L. )
12
C.+L.
L.+T.
Corsi ( C. )
C. + L.
+ T.
Scuole e
Territorio
( S. )
L.
T.
S.
C.+L +
T.+ S
T. + S.
C. + T.
Tirocinio ( T. )
Tavola 1
Nello schema ciascun ambito formativo conserva una propria
caratterizzazione di saperi e di metodi e il Tirocinio realizza una
forte trasversalità che nel contempo traccia aree di condivisione
più o meno ampie. Si tratta di un ventaglio di legami diversificati
con un nucleo centrale dove si può realizzare la sinergia di tutti i
soggetti.
Attualmente il lavoro di progettazione con le istituzioni scolastiche risulta ben impostato, ma andranno accresciute le aperture
nel territorio1, mentre le reti di collegamento tra laboratori, tirocinio e scuole hanno permesso di mediare in attività didattiche anche contenuti particolari di tipo artistico e psicologico. Gli scambi
tra laboratori e tirocinio si sono prevalentemente mossi lungo
l’asse organizzativo e metodologico-didattico curando che, a livello temporale, la realizzazione di esperienze laboratoriali trovasse
poi adeguate collocazioni nelle esperienze di tirocinio e che si stabilisse una continuità nella scelta di metodologie attive e partecipate, nonché di criteri didattici coerenti. Mentre sono stati più circoscritti i contatti finalizzati ad una progettazione efficace volta ad
evitare sovrapposizione o ripetizione di contenuti già contemplati
1
Vedi cap. n. 5
13
nel progetto di Tirocinio.
Invece si stanno costruendo rapporti reciproci con i corsi per tesi di Laurea che intendono valorizzare anche piste conoscitive nate
da esperienze didattiche vissute.
Nonostante i positivi legami intrecciati, si ritiene che il dialogo
progettuale esistente tra Insegnamenti, Tirocinio e Laboratori possa offrire nuova vitalità all’intero curricolo della formazione universitaria degli insegnanti. La mappa delle interazioni rimane parziale se è tratteggiata dai supervisori di tirocinio sulla base delle
conoscenze che acquisiscono dai docenti dei Corsi e dei Laboratori. È auspicabile pensare invece ad uno spazio progettuale strutturato dove vi sia la messa in comune di linee formative e di nuclei
contenutistici che si prevede di declinare secondo la specificità
dell’ambito formativo. Ciò aiuterebbe ad avvicinarsi ad un sistema
integrato dove anche le scuole, attraverso il tirocinio, siano portatrici di una propria cultura stabilmente valorizzata ed orientata dal
sapere scientifico. Il cuore dello schema esposto diviene dunque
un orizzonte cui avvicinarsi, non già una dimensione acquisita. Ma
proprio sulla base del lavoro sin qui svolto, si lancia una sfida di
sviluppo per il futuro che andrebbe tenuta presente nell’attuale periodo di riforma che investe il Corso di Laurea in Scienze della
Formazione Primaria.
14
CAPITOLO TERZO
I VOLTI DEGLI STUDENTI
di Sabrina Sironi
E’ possibile delineare un progetto, prevedere le sue fasi salienti,
ricostruirne lo svolgimento nell’azione, riflettere sulle sue implicazioni formative solo in relazione ai contesti ed ai soggetti chiamati a dare un volto concreto all’esperienza.
Ecco perché l’impianto progettuale delle attività di tirocinio,
precedentemente illustrato, può assumere una rilevanza di significati, divenire un “dispositivo” pedagogico flessibile, incidere in
modo effettivo nella costruzione dell’identità personale, culturale
e professionale dello studente solo se raccordato ed aperto ai bisogni formativi, alle aspettative iniziali, alle motivazioni personali
presenti al momento della scelta del corso di studi e progressivamente tematizzati in relazione all’esperienza di tirocinio prevista
all’interno del corso di laurea.
L’approccio alla problematica in questione, pertanto, si colloca
in linea di continuità con alcune interessanti riflessioni di C. Scaglioso che in un contributo recente così argomenta:
“Un itinerario di formazione è insieme di natura professionale e di
natura personale: professionale, perché riguarda l’area delle conoscenze culturali e scientifiche, degli aspetti pedagogico-didattici
che costituiscono il tessuto base della professione docente, dei
rapporti con la società vista nei suoi corpi intermedi, a cominciare
dall’istituzione scolastica; personale perché chiama in causa lo
studente-futuro insegnante come persona in ordine ai propri convincimenti, ai propri modi di essere e di agire, alle proprie scelte,
15
ai propri impegni” (Scaglioso, 1998, p. 97).
UN PROFILO DINAMICO
Le sottolineature introduttive (attenta considerazione nei confronti dei bisogni formativi, delle aspettative, delle motivazioni
dello studente) hanno rappresentato l’attenzione prioritaria nella
fase di avvio della progettazione, nonché sono risultate ambito
privilegiato di riflessione per l’adeguamento flessibile del progetto
in itinere e per l’osservazione, l’analisi e l’interpretazione delle
ricadute che il progetto ha comportato sul piano della formazione
personale e culturale alla professione docente. Si è quindi venuta
delineando una traiettoria evolutiva in cui il quadro delle percezioni e delle rappresentazioni dello studente rispetto alla professione docente (motivi della scelta, idea di insegnamento, motivazione alla professione, aspettative rispetto all’attività di tirocinio),
rilevato attraverso un’approfondita indagine conoscitiva2 è andato
via via ampliandosi ed arricchendosi nel tempo di nuove connotazioni ed attribuzioni.
Nella presente riflessione si cercherà, dunque, di cogliere ed esplicitare alcune linee significative di tale sviluppo dinamico, puntando l’attenzione sulla progressiva evoluzione di modi di essere,
di sentire e di conoscere dentro un’idea di professione di cui si sono gradualmente chiariti alcuni contorni distintivi.
Per ricostruire una visione completa ed unitaria, articoliamo i
tracciati espositivi intorno ad altrettante piste esplorative3 in grado
2
Al fine di esplorare e conoscere il campo dei bisogni formativi in relazione alla
scelta del corso di studi e all’attività di tirocinio, è stato elaborato e proposto agli
studenti iscritti al I anno del Corso di Laurea in Scienze della Formazione Primaria
negli anni 1999/2000, 2000/2001, 2001/2002, un questionario d’ingresso dal titolo
“Motivazioni e aspettative iniziali rispetto al corso di studi e all’attività di tirocinio”.
Scopo dell’iniziativa era quello di favorire negli studenti l’esplicitazione dei bisogni
formativi principali che spesso rimangono sottesi e inespressi.
3
Le piste esplorative richiamate sono risultate oggetto di indagine specifica
all’interno del questionario predisposto.
Riguardo alla struttura del questionario, esso si compone di tre parti all’interno
delle quali sono state appunto selezionate alcune aree di riflessione in ordine alla
questione fondamentale delle aspettative e dei bisogni formativi.
16
di ricostruire i tratti di un’identità in crescita.
I motivi della scelta
Precisiamo fin da subito che la natura stessa del corso di laurea,
dagli esiti fortemente professionalizzanti, porta a riflettere sul fatto
che ci si trova in presenza di soggetti adulti che vivono la propria
formazione nella direzione di una precisa professione (Scaglioso,
1998).
In merito alle motivazioni della scelta universitaria e alle aspirazioni manifestate, è possibile individuare un fitto intreccio tra
dimensioni diverse.
L’aspetto ritenuto prioritario e particolarmente decisivo nella
scelta del corso di studi universitario è quello relativo alla possibilità di svolgere un compito educativo importante.
Questa attribuzione di valore può indicare come l’aspirazione
ad intraprendere la professione di insegnante sia considerata dallo
studente significativa ed in essa si debba investire poiché
l’insegnamento è considerata un’azione educativa e formativa che
rivendica il primato del “fattore umano”, pone al centro l’idea di
persona e consente un fondamento assiologico-valoriale. Tale idea
trova corrispondenze di significati anche nelle associazioni che lo
studente generalmente elabora pensando all’idea di insegnamento
in quanto tale4 .
La scelta è inoltre guidata da altre aspettative come il desiderio
di ricevere una formazione rivolta ad approfondire le discipline e i
metodi didattici per l’insegnamento, ad acquisire idee e strumenti
per gestire le relazioni educative, a conoscere in modo più approfondito la psicologia del bambino. Sono, inoltre, ravvisabili ragioni di carattere strumentale legate alla speranza di trovare
un’occupazione nel mondo della scuola.
Un elemento interessante si introduce nella presente analisi: accanto ad una domanda di arricchimento culturale personale emerge la richiesta iniziale di una formazione professionale mirata e
4
Nell’ambito del questionario proposto è stato inserito un quesito aperto “Penso
che l’insegnamento sia...” ed è stato richiesto a ciascun studente di elaborare una
mappa individuale in cui far emergere i significati principali associati alla parola insegnamento.
17
specifica. Questo riscontro, ricollegabile a quanto esplicitato nella
premessa del presente paragrafo, può essere anche assunto come
rivelativo di una tendenza diffusa e più generale degli studenti universitari ad esprimere una domanda sempre più pressante di
formazione professionale accanto a quella culturale (Viganò,
2000).
L’idea di insegnamento
Come lo studente in formazione si vede proiettato nella futura
professione di insegnamento? Quali sono le “centrature” e le concettualizzazioni che prevalgono quando lo studente pensa a come
caratterizzare e definire l’azione di insegnamento?
Nella rievocazione delle associazioni spontanee che vengono in
mente pensando alla parola “insegnamento”, realizzata attraverso
un’attività di brainstorming, lo studente introduce immediatamente attribuzioni riferite alle esperienze vissute personalmente su di
sé come discente. La definizione dei tratti distintivi dell’azione di
insegnamento è, dunque, essenzialmente manifestata attingendo e
ripensando a figure carismatiche di docenti incontrati lungo il proprio cammino di studio. Questo rende ragione di un approccio iniziale alla problematica della definizione del campo semantico
(“che cosa è l’insegnamento”) di tipo autocentrato e poco mediato
razionalmente. Attraverso il necessario distanziamento critico sviluppato sia in itinere sia a conclusione dei diversi moduli di tirocinio, si approda poi gradualmente ad una sintesi complessiva più
articolata, risultato della messa in comune delle associazioni prodotte individualmente.
Il confronto e la riflessione sulle concettualizzazioni spontanee,
porta progressivamente a condividere una serie di categorie interpretative comuni rispetto all’oggetto “insegnamento”. Le dimensioni costitutive che lo studente individua ed elabora, attraverso la
ricomposizione e l’intersezione tra le molteplici caratterizzazioni
fornite, sono le seguenti:
- insegnamento come professione umana; in questo ambito rientrano le sottolineature relative alla centralità della persona ed emergono le caratteristiche più intrinsecamente umane (i significati
personali) insite nello svolgimento del compito educativo;
- insegnamento come formazione; in questo caso i significati
18
esplicitati richiamano l’idea di insegnamento come azione educativa e formativa attenta alle dimensioni valoriali;
- insegnamento come relazione; i riferimenti rientranti in questa
categoria semantica pongono l’accento sulle dimensioni della comunicazione interattiva docente-alunno;
- insegnamento come trasmissione; lo studente sottolinea, come
aspetti qualificanti della mediazione culturale, la rielaborazione
del sapere da parte dell’alunno e la valorizzazione delle preconoscenze;
- insegnamento come progettualità; lo studente pone in risalto il
fatto che l’azione di insegnamento, per essere orientata ed intenzionale, deve prevedere la definizione di obiettivi, contenuti, metodologie.
In conclusione, occorre ribadire la significatività di questa
mappatura di elementi, richiamata sopra in termini sintetici. Questa è stata utilizzata come una sorta di matrice di base da cui prendere le mosse e su cui innestare i percorsi formativi progettati, nel
tentativo di “aprire le diverse finestre tematiche”, approfondirne le
molteplici sfaccettature, offrire nuovi strumenti di lettura e di
comprensione, valorizzando l’esperienza di tirocinio come “testo
aperto” da leggere ed interpretare in modo critico e problematico.
Le motivazioni alla professione
Lo studente che inizia il suo cammino in ambito universitario
appare mobilitato alla professione dell’insegnamento da una serie
di elementi di forte richiamo sul piano affettivo-emotivo e relazionale.
La riflessione e l’interpretazione, seguita all’indagine esplorativa condotta e più volte menzionata, ha portato a tratteggiare un
volto di studente animato, nell’area delle motivazioni alla professione, da “affetto, amore e passione per i bambini” e “desiderio di
stare a contatto con un mondo dinamico come quello
dell’infanzia”.
La mappatura di questa serie di elementi (Tavola 2), inizialmente particolarmente sbilanciata sulla categoria interpretativa degli
affetti e delle emozioni, si è gradualmente ricomposta nel corso
dell’esperienza formativa in un’immagine d’insieme in cui le varie
dimensioni motivazionali (pedagogiche, di autorealizzazione, cul-
19
turali, di riconoscimento sociale) riacquistano maggiore equilibrio
ed interagiscono tra di loro. Tali riscontri si sono resi visibili
all’interno di una prospettiva a lungo termine e sono progressivamente emersi sia nelle narrazioni/conversazioni intorno alle esperienze concrete sia all’interno di strumenti strutturati utilizzati in
ambito universitario e scolastico per orientare periodicamente la
riflessione sull’azione.
Tavola 2: Mappa delle motivazioni iniziali
AFFETTIVO-EMOTIVE
passione/amore per i bambini
CULTURALI
trasmettere
conoscenze
AUTOREALIZZAZIONE
realizzare le proprie
potenzialità
PEDAGOGICHE
aiutare a crescere/guidare
MOTIVAZIONI
RICONOSCIMENTO
SOCIALE
svolgere una professione
utile
Aspettative rispetto all’attività di tirocinio
Per concludere questa panoramica sui tratti del profilo dello
studente-futuro insegnante, recuperiamo sinteticamente alcune
considerazioni in merito alle aspettative generalmente espresse
dagli studenti nei confronti dell’attività di tirocinio.
Dall’analisi degli elementi a nostra disposizione, emerge che la
maggioranza di essi si attende dalle attività di tirocinio lo sviluppo
di capacità progettuali ed operative.
Altrettanto importanti ed esplicite sono le aspettative nutrite
verso i seguenti descrittori di conoscenza/competenza:
- acquisire le tecniche di osservazione e valutazione;
- incrementare la sensibilità verso la relazione educativa
con i bambini;
- acquisire gli strumenti per una formazione continua;
- sviluppare modalità di lavoro collegiale.
20
L’ordine di enunciazione riprende l’ordine di priorità attribuito
dallo studente al momento della scelta del corso di studi.
Il dar voce ed il tematizzare questi aspetti, unitamente ai precedenti, riportandoli alla luce e confrontandoli nei gruppi in formazione, ha permesso di progettare percorsi di tirocinio il più possibile rispondenti alle aspettative personali, nonché rispettosi del
principio dell’individualizzazione degli itinerari di formazione.
Per lo studente si sono aperte, attraverso il tirocinio, possibilità
di confronto e di elaborazione di nuovi punti di vista sull’azione di
insegnamento che è divenuta ambito di costruzione concettuale
critica. L’elaborazione di processi cognitivi e metacognitivi ha
comportato ricadute qualitative sul sapere teorico-pratico con risvolti importanti sulla formazione personale e culturale alla professione docente.
21
CAPITOLO QUARTO
APPROCCI METODOLOGICI DEL LAVORO DI
FORMAZIONE/AUTOFORMAZIONE
di Anna Maria Nespoli
L’approccio metodologico nell’ambito delle attività di tirocinio
vede la formazione a partire da occasioni di continuo richiamo tra
conoscenza ed esperienza. Le metodologie utilizzate si riferiscono
infatti ad una concezione dell’apprendimento di tipo esperienziale
che prevede al suo interno l’utilizzo di tecniche e strumenti peculiari appositamente studiati e predisposti al fine di promuovere la
circolarità evolutiva tra conoscenza/teoria ed esperienza/azione.
ARTICOLAZIONE
Il supervisore lavora con gli studenti e collabora con i docenti
tutor, per rendere trasparenti e condivisi gli obiettivi del percorso
formativo, che si articola in due momenti complementari.
Il primo (Tavola 3) privilegia modalità di sperimentazione indiretta, sulla base di conoscenze teoriche e pratiche relative alla
scuola materna ed elementare. È la fase in cui si elaborano strumenti di osservazione, di interpretazione, di intervento nella realtà
della scuola pronti a rilevare e a registrare l’esperienza per cui si
lavora, a descriverla, a spiegarne la complessità, in un processo
continuo di apprendimento dall’esperienza maturata. Esercitazioni
per “problem solving”, metodo dei casi, simulazioni, osservazioni, interviste si sviluppano in ambienti formativi progressivamen-
22
te determinati da conoscenze-abilità-competenze finalizzate e
funzionali a costruire la professionalità docente in modo integrato.
Tavola 3
ATTIVITÀ DI TIROCINIO
SPERIMENTAZIONE IN AMBITO UNIVERSITARIO
METODOLOGIA
• Conoscenza
• Esperienza
• Campi di azione
formativa
TECNICHE
- esercitazioni
- metodo dei casi
- simulazioni
- interviste
APPRENDIMENTO DI TIPO
ESPERIENZIALE
Il secondo (Tavola 4) prevede la sperimentazione sul campo di
tutte le tematiche e degli argomenti progressivamente affrontati e
si articola nelle seguenti fasi:
Fase dell’osservazione delle attività
Dopo un’adeguata progettazione e programmazione condotta in
sede, i tirocinanti, in piccoli gruppi coordinati dai supervisori, entrano nelle classi e nelle scuole dei rispettivi tutor come osservatori. Loro compito è considerare come i docenti e lo staff di scuola
impostano, ai diversi livelli, la gestione dell’insegnamento, della
classe e della scuola. Per questo lavoro di osservazione, i tirocinanti utilizzano gli strumenti messi a disposizione nel corso delle
esercitazioni durante gli incontri in ambito universitario. Vengono
inoltre previsti momenti di intergruppo durante i quali i sottogruppi di osservatori/tirocinanti mettono in comune le osservazioni critiche condotte nei diversi momenti delle attività di insegnamento
23
disciplinare, di classe, di scuola.
Fase della progettazione delle attività
Piccoli gruppi di tirocinanti nei diversi contesti scolastici, guidati dai supervisori e dai rispettivi tutor , provvedono a progettare
momenti significativi dell’attività didattica ed educativa che i singoli dovrebbero poi svolgere nella classe e/o nella scuola. Si tratta
di acquisire un primo livello di competenza didattica attraverso la
collaborazione attiva e riflessiva alla progettazione e alla realizzazione di un percorso di insegnamento relativamente ad un ambito
come interazione tra campi di esperienza (scuola dell’infanzia) e
tra discipline (scuola elementare).
Fase della ricerca/azione
I tirocinanti alla fine del loro percorso formativo possono verificare sul campo i limiti e le possibilità che contraddistinguono questa
metodologia intesa come strategia aperta per connettere teoria,
tecnica e pratica. Si tratta di lavorare insieme a ricercatori universitari, supervisori e ad operatori scolastici attorno a temi di indagine all’interno di progetti educativo-didattici, passando
dall’individuazione di nodi concettuali alla ricerca in azione.
L’esperienza concreta che il tirocinio è in grado di offrire a ciascun studente
non può essere soltanto limitata a quella
dell’insegnamento:
“Il docente , infatti, non è soltanto colui al quale è affidato
l’insegnamento in uno o più ambiti, in un sistema organizzativo
composto da classe-scuola-territorio. È anche colui che deve possedere abitudini alla ricerca scientifica e , nondimeno, alla ricerca/azione” (Bertagna, 1999).
Fase della ricostruzione
Il tirocinio, così configurato, costituisce un rapporto diretto con
ciascun studente e include al suo interno l’attenzione sia a cicli di
formazione a livello individuale che di gruppo, e quindi momenti
di confronto e di condivisione dell’esperienza : è la fase della ricostruzione e della riflessione sull’identità professionale , quella
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in cui si discutono le esperienze con il supervisore, che in
quest’ottica assume il ruolo di guida-esperto della professione.
Tavola 4
ATTIVITÀ DI TIROCINIO
SPERIMENTAZIONE IN AMBITO SCOLASTICO
METODOLOGIA
• Osservazione
• Analisi critica
• Sperimentazione
• Riflessione sui vissuti
formativi individuali
FASI
I fase dell’osservazione
II fase della progettazione
III fase della ricerca/azione
IV fase della ricostruzione
delle attività
COSTRUZIONE DELL’IDENTITÀ PROFESSIONALE
IL RUOLO DEI GRUPPI DI LAVORO NELLO SVILUPPO DI
COMPETENZE PROFESSIONALI INDIVIDUALI
Nel nostro progetto di tirocinio sono previsti gruppi di lavoro,
come preparazione e riflessione all’esperienza diretta, a diversi livelli e con compiti specifici (gruppi di zona, di ordine di scuola
scelta , di ambito disciplinare, su temi transdisciplinari). Uno stesso studente , nell’arco del corso di laurea lavorerà via via in più
gruppi (interzona, tematici, di ambito), che così si integreranno facendo tesoro di esperienze inizialmente diversificate. Ciascun supervisore è referente di ogni tipo di gruppo in base alla zona di
provenienza (per favorire la conoscenza diretta delle effettive risorse del territorio) e alle competenze specifiche.
La formazione di questi gruppi di lavoro diventa occasione di
25
analisi ed espressione dei bisogni e delle aspettative di ogni singolo tirocinante ai diversi livelli, come supporto/riferimento alla
formazione di competenze didattico/metodologico-specifiche e
come modalità di lavoro per una prima formazione al lavoro in
team. La costituzione di intergruppi permette, poi, sia di mettere a
confronto problemi diversi sorti nei singoli gruppi sia di spingere a
capire le motivazioni delle diversità (AA.VV., 2001).
26
CAPITOLO QUINTO
COLLABORAZIONE UNIVERSITÀ E TERRITORIO
di Annamaria Radogna
Nell’itinerario formativo dell’attività di tirocinio, inteso come
costruzione negoziale tra più soggetti, ( Scuola – Università – Territorio – Docenti in formazione ) il territorio si propone come scenario per avviare percorsi di esplorazione, riflessione e interscambio tali da risultare proficui sia per le caratteristiche individuali,
sia per le acquisizioni di competenze culturali, metodologiche e
tecniche richieste dalla professionalità dei futuri docenti.
Gli scopi formativi e informativi delle attività di tirocinio possono ricavare dalla collaborazione con enti ed agenzie territoriali
integrazioni e approfondimenti collegati alle revisioni epistemologiche registrate dalle scienze dell’educazione, all’innovazione
scientifica della didattica e all’assunzione delle nuove tecnologie
nell’insegnamento.
Una iniziale programmazione di percorsi esplorativi nel territorio ha inteso indagare sulla natura e sulla struttura delle agenzie
formative, per individuarne i diversi compiti che ciascuna può
svolgere nei confronti della formazione iniziale e permanente dei
docenti.
IL TERRITORIO: MEDIAZIONE E
PROMOZIONE CULTURALE
La collaborazione tra Università e istituzioni di tipo pubblico
(musei, biblioteche, pinacoteche, teatri, ecc. ) è finalizzata alla
promozione culturale, quando, educando alla riscoperta delle radi-
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ci storiche e spirituali, vuole sensibilizzare i futuri docenti all’uso
degli istituti di tutela come laboratori culturali, per esplorazioni
cognitive di natura interdisciplinare e per unificare i vari approcci
disciplinari alla ricerca e alla creatività (Scurati, 1986, pp. 128133).
Le attività di animazione mediante il libro, gli “incontri con
l’autore”, la conoscenza dei vari locali della biblioteca contenenti
i prodotti della cultura contemporanea ( mediateca), possono contribuire a considerare questa struttura non solo come risorsa culturale e informativa, ma anche come luogo dove suscitare il gusto
della lettura e concorrere all’educazione permanente.
IL TERRITORIO : AULE DIDATTICHE DECENTRATE
Le sezioni didattiche
Le sezioni didattiche di musei e biblioteche, in quanto sedi di
saperi “caldi” si prestano proficuamente per l’acquisizione diretta
dei linguaggi e dei metalinguaggi; il loro scopo formativo è la
scoperta del come e perché sapere: capacità di impostare con chiarezza logica i problemi di conoscenza, le strategie di scoperta e di
metodo, le procedure di intuizione e di invenzione di ipotesi e di
soluzioni inedite (Frabboni et Alii, 1995, p. 40).
I laboratori interattivi
La partecipazione ai laboratori interattivi, durante le esperienze
di scolaresche, possono offrire ai docenti in formazione efficaci
approfondimenti metodologico - didattici.
L’osservazione, l’analisi e la riflessione sulle competenze
dell’animatore nel calibrare i messaggi sulle capacità di decodifica
e di comprensione dei diversi destinatari, forniscono un utile orientamento/confronto sulle modalità interattive di ciascun tirocinante rispetto alle scelte di indirizzo.
28
Le scuole di metodo
Ulteriore raccordo/verifica tra le sollecitazioni culturali e didattiche teoriche, coltivate nel contesto universitario e la loro traduzione nell’azione didattica, scaturisce dalla collaborazione con le
scuole di metodo presenti nel territorio. Efficaci chiarimenti e approfondimenti metodologici possono derivare dall’osservazione
diretta dell’utilizzo, dell’organizzazione degli spazi, dei tempi, dei
materiali e degli strumenti impiegati da ciascun metodo.
Ludoteche e atelier
Alcune strutture territoriali come ludoteche, spazi interattivi ludici e scientifici (Città dei Ragazzi, Giocheria) forniscono un prezioso contributo al versante espressivo dei processi formativi quali
aule per la liberazione della “corporeità” e della “creatività”.
Occasioni di progettazione, sperimentazione e produzione di nuovi
“linguaggi” e di nuovi “oggetti” culturali, sono offerte dagli atelier
di ricerca teatrale, musicale, iconica e tecnico – scientifica, sedi
“naturali” per la formazione – aggiornamento del docente della
scuola materna ed elementare.
L’ASSOCIAZIONISMO PROFESSIONALE E GLI ISTITUTI DI RICERCA
Nel discorso della formazione – aggiornamento in servizio è indispensabile considerare il ruolo svolto dall’Associazionismo, che
ha come fine statutario proprio la qualificazione dei docenti; la
conoscenza e la collaborazione con tali organizzazioni rappresentano una “risorsa” per la promozione della persona e lo sviluppo
della professionalità come processo dinamico segnato dalla circolarità: ricerca – sperimentazione – formazione.
Le funzioni svolte dagli Istituti Regionali di Ricerca, di sperimentazione, aggiornamento e documentazione danno la possibilità
di organizzare ricerche nella forma di ricerca – azione che sono da
privilegiare in campo educativo poiché questa forma di collaborazione ha un elevato potenziale formativo per gli insegnanti (studenti e neo laureati).
Da ognuna di queste diverse forme di collaborazione sono emersi
29
problemi che permettono di identificare alcune modalità che ottimizzerebbero le esperienze nel territorio: strutture sufficientemente ampie, la possibilità di maggiore diluizione temporale delle uscite e la conseguente partecipazione di gruppi poco numerosi,
che renderebbero le varie esperienze più funzionali agli obiettivi
da raggiungere.
A conclusione di questa breve analisi sulle risorse presenti nel
territorio da utilizzare nella formazione docente, non può essere
tralasciato il discorso sull’ambiente informatico che rappresenta
la nuova frontiera oltre la quale poter trovare molteplici possibilità
di esplorazione, riflessione e interscambio pedagogico a livello
nazionale ed internazionale.
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CAPITOLO SESTO
SOGGETTI, RUOLI E RELAZIONI NEL TIROCINIO
di Graziano Biraghi
Fronte della formazione
DIRIGENTE
DOCENTI DEI CORSI
SUPERVISORE
TUTOR
UNIVERSITA’
SCUOLA
TIROCINANTE
COORDINATORI
DEI LABORATORI
DOCENTI
Formulazione di problemi e ipotesi di ricerca
Analisi e definizione di temi e ambiti di ricerca
Negoziazione di itinerari di ricerca/azione, studi di caso
Offerta di materiali e di risorse di personale per attività
laboratoriali
Fronte della ricerca
Tavola 5
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Nella percorso universitario degli studenti e delle studentesse
aspiranti all’insegnamento nella scuola dell’infanzia e delle scuola
elementare, l’esperienza di tirocinio si colloca al centro di una serie di relazioni che si intrecciano sia sul fronte della formazione,
sia sul fronte della ricerca (Tavola 5). E’ un modello circolare che
aspira a mettere in contatto mondi tradizionalmente interagenti su
dimensioni di tipo gerarchico dove all’università veniva assegnato
il compito della ricerca educativa e alla scuola il compito
dell’applicazione pratica (Mialaret, 1982; Scurati e Zanniello,
1993).
Nell’attuale stagione dell’Autonomia Scolastica la formazione e
la ricerca assumono una dimensione più contestuale e si ampliano
ruoli e funzione dei vari soggetti, al punto che ricerca e formazione diventano aspetti costitutivi di ciascuna istituzione scolastica e
richiedono alti profili ai tradizionali mondi dell’accademia.
Proprio nella relazione università e scuola, il tirocinio in ambito
universitario si delinea come motore di sviluppo proteso ad accompagnare, attraverso la formazione, lo sforzo di riflessione
sull’educazione, sulla progettazione didattica, sulla cultura socioorganizzativa, sulla natura formativa delle conoscenze nel curricolo.
MODALITÀ, FORME E TEMI DEL TIROCINIO
Gli obiettivi previsti per le attività di tirocinio tendono a dar vita a modelli formativi con modalità di conduzione partecipata,
forme di relazione tra i soggetti coinvolti, temi di approfondimento contestuali dove emergono azioni di accompagnamento, di corresponsabilità, di osservazione e di riflessione che favoriscono
l’autoformazione e lo studio personale.
Dall’esperienza fin qui condotta, è possibile ricavare una prima
sintesi di modalità, di forme e di temi che hanno bisogno di essere
approfonditi e assunti per una loro conferma come elementi caratterizzanti l’impianto formativo (Tavola 6).
L’esperienza di tirocinio si colloca, quindi, al centro delle sinergie tra università e scuola, incrociando nella relazione supervisore/tirocinante/tutor tutta una serie di spunti teorici, di sequenze
di attività, di strumentazione di analisi, di piani d’azione utili a co-
32
struire specifiche competenze professionali. Ne scaturisce, nella
reciprocità tra i due mondi, un modello formativo basato sulla capacità di comprendere i contesti; calato nella realtà e concretezza
della progettazione didattica e dell’organizzazione scolastica; centrato sulla dimensione del gruppo come momento dialogico, di elaborazione e di riflessività comune e personale; teso ad attribuire
senso e significati all’esperienza formativa della studentessa, dello
studente.
Tavola 6
Modalità
- La visita alle scuole,
a scuole di metodo a
strutture formative.
L’incontro
con
l’esperienza, la professionalità e il lavoro dei
docenti e dei dirigenti
- I piccoli gruppi di
tirocinio situato e diretto secondo i criteri
della territorialità
- Gli approfondimenti
culturali, metodologici
e didattici
- I seminari di confronto tra scuola e università
- Le giornate di mostra
- La presentazione nel
sito universitario
Forme
- Costruire materiali e
strumenti per accompagnare l’attività di
tirocinio
- Assicurare continuità
e raccordo
- Integrare e sviluppare
percorsi di professionalizzazione.
- Affrontare in modo
critico e riflessivo le
esperienze didattiche
- Definire problemi e
ambiti di ricerca educativa
- Accompagnare percorsi di ricerca educativa
- Creare uno scambio
proficuo tra laboratori
ed esperienze di eccellenza nella scuola
Temi
- L’osservazione nella
sua dimensione descrittiva, riflessiva e documentativa
- I ritmi nei processi di
insegnamento / apprendimento; come la loro
relazione
incide
sull’organizzazione scolastica.
- Il rapporto tra curricolo e attività didattica:
ambito di comunicazione, di scambio professionale e di documentazione dei processi.
- La mediazione didattica come interazione tra
insegnante, alunno e saperi trasversali e disciplinari.
33
LE RELAZIONI
TRA I SOGGETTI COINVOLTI
Il tirocinio, nei tratti delineati, tende a diffondere i suoi effetti,
in modo concentrico, nell’intero sistema formativo valorizzando
continuità e complementarità degli apporti di tutti i soggetti coinvolti.
L’integrazione che si raggiuge mette in evidenza i tratti di una
didattica tutoriale o tutorship caratterizzata da processi di aiuto e
di sostegno nei processi di apprendimento, e da attenzione a predisporre condizioni, situazioni di interazione, repertori di strumenti
e materiali utili a creare ambienti accoglienti e costruttivi protesi
allo sviluppo del potenziale formativo delle persone coinvolte
(Calvani, 2001, pp. 99-106). Ciò contribuisce a fornire ragioni ai
passaggi sui quali si struttura l’esperienza del tirocinio: osservazione e analisi degli ambienti scolastici, progettazione degli interventi, realizzazione dell’attività prevista, documentazione
dell’itinerario costruito, valutazione delle pratiche elaborate e delle ricadute.
I dati che emergono dallo scambio tra supervisori, dirigenti scolastici, tutor e tirocinanti sottolineano la natura evolutiva
dell’esperienza formativa: dal primo ingresso più vicino al punto
di vista dell’alunno, alla progressiva assunzione di ruolo nella
conduzione dell’attività didattica e di sicurezza nella gestione della relazione educativa. Dalle verifiche effettuate nei gruppi presso
le scuole, gli aspetti decisivi di questo sviluppo sono collocati:
- nell’impegno iniziale e continuo di osservazione, di descrizione e di riflessione sostenuto da strumenti di facile lettura, di
agile ‘usabilità’ e congruenti con la natura aperta e partecipata
dell’esperienza scolastica nella scuola dell’infanzia e nella
scuola elementare,
- nell’inserimento del tirocinante nella molteplicità delle dimensioni del lavoro professionale a scuola. Svolgere compiti di osservatore, di progettazione e di programmazione insieme ai
docenti, e di conduttore di attività didattiche in tempi e situazioni diverse, in condizioni protette, favorisce lo sviluppo di
un personale stile di insegnamento e la costruzione di un rapporto paritario con i docenti caratterizzato da autenticità e da
disponibilità nelle relazioni.
Ne emerge una proficua ricaduta per l’attività della scuola che,
34
mettendo a disposizione la sua attività progettuale, può cogliere la
presenza delle tirocinanti come una risorsa e una opportunità per
lo sviluppo di esperienze innovative e per l’approfondimento di
specifici temi di ricerca educativa dentro un quadro di formazione
continua.
L’esperienza del tirocinio in ambito universitario ci colloca di
fronte ad una reale opportunità di interazione tra teoria e pratica
che privilegia modelli partecipati tra ricerca e formazione nel
campo della didattica (Calidoni, 2000).
ORIENTAMENTI E SVILUPPI
Un primo orientamento per il miglioramento dell’esperienza riguarda l’aprofondimento delle opportunità che scaturiscono
dall’azione di rimando diretto e indiretto tra università e scuola
verso la ricomposizione di una circolarità feconda sul piano dello
sviluppo della ricerca educativa. Da una parte la scuola che, a partire dall’accoglienza di tirocinanti, si preoccupa di scavare nelle
sue pratiche per mettere in luce aspetti positivi e negativi da valorizzare o da migliorare. Dall’altra l’università che si offre come
partner per cooperare nell’analisi e nella ricerca di soluzioni ai
problemi e nella qualificazione di elementi di eccellenza, ma anche nel chiamare a collaborare le scuole in quelle dimensioni operative e di analisi applicata proprie dei laboratori.
L’obiettivo è costruire un’idea unitaria di scuola, di professione
docente e dirigente, di sistema formativo.
Allo stato attuale il rapporto tra università e scuola ha bisogno
di essere consolidato perché nella rete delle relazioni sono tre i
nodi rilevanti.
1. Nel percorso universitario è necessario delineare in modo unitario l’idea di educazione, di istruzione e di formazione centrata sulla persona, a partire dalla persona dell’alunno, in grado
di supportare e di orientare la preparazione culturale e pedagogica dei futuri docenti. In altre parole si avverte la necessità
di una teoria della scuola e dell’educazione.
2. Occorre analizzare con adeguate modalità la ricaduta
dell’esperienza di tirocinio nelle scuole per cogliere quali dimensioni di riflessività e di miglioramento ha prodotto.
35
3. La gestione del rapporto università e scuole ha bisogno di arricchirsi della possibilità di sviluppare il fronte della ricerca,
attraverso l’introduzione di modelli formativi intensivi e estesi
sul territorio, quindi locali, contestuali, reali (il che comporterebbe la predisposizione di risorse strumentali e di personale
da giocare nella ricerca); oppure con l’individuazione di esperienze pilota (ciò comporterebbe una gestione più rigida delle
convenzioni e situazioni scolastiche selezionate). Tuttavia è
possibile anche una loro integrazione.
36
CAPITOLO SETTIMO
ALLA SCOPERTA DELLA PROFESSIONE DOCENTE
Di Gianna Pengo
DAL PROTOTIPO ALLA
MACCHINA IN TEMPI VERTIGINOSI
Ritengo importante ricordare che il Corso di Laurea in Scienze
della Formazione Primaria è decollato solo quattro anni fa, qui
come nel resto del territorio nazionale e che quanto è stato costruito finora nell’ambito del Tirocinio è dovuto in gran parte alla fatica organizzativa e progettuale dei Supervisori, nuove figure professionali costituitesi all’interno di questo Corso di laurea e provenienti dal mondo della scuola, e perché no, anche al loro spirito
di abnegazione, non comune di questi tempi, per aver creato dal
nulla un ingranaggio che si è così ben inserito nel resto del motore
formativo universitario.
NELLA FUCINA PEDAGOGICA. GLI ARTEFICI DI QUESTO NUOVO
PRODOTTO: I SUPERVISORI E GLI STUDENTI
A tutti noi Supervisori è parso subito chiaro che per affrontare i
numerosi ostacoli non era sufficiente sfoderare e affilare le armi
didattiche ben forgiate da comprovata esperienza sul campo, ma di
progettarne altre, di pensarle anche in numero considerevole, nella
previsione che molte avrebbero potuto rivelarsi inutili. Urgeva,
dunque, forgiare una nuova gamma di strumenti e allestire una fu-
37
cina pedagogica dove sperimentare la loro fattibilità, ottimizzando
i tempi di applicazione, perché nel frattempo l’Università chiedeva
di metterli subito all’opera. Che cosa inventare? Da che parte incominciare e come gestire le attività di Tirocinio, per una così variegata utenza proveniente dai diversi ordini di scuola superiore e
non più selezionata da una preparazione magistrale come una volta?
La partenza del prototipo didattico, pilotato da tante urgenze
Esaminiamo, ora, alcune di queste priorità.
Lo stesso lessico che tutti noi mastichiamo nella quotidianità del
nostro lavoro, espressioni quali Unità didattica, P.O.F., Programmazione, Progetto didattico, è un ostacolo serio per coloro che, per
esempio, provengono da un Liceo o da un Istituto tecnico. Il linguaggio che caratterizza ogni professionalità, con il suo gergo, con
le sue sfumature, con i suoi tratti caratteristici rappresenta un filtro, capace di opacizzare qualsiasi argomento e di vanificare anche
la più attenta opera di formazione. Diffondere e approfondire un
patrimonio di vocaboli di uso comune della professione docente, e
dato per scontato sui testi oggetto di studio degli esami universitari, è una delle priorità trasversale ai nuclei tematici delle attività
iniziali di Tirocinio, di cui dirò tra poco.
La costruzione, poi, di un proficuo rapporto di lavoro Supervisore/studente è un altro degli obiettivi prioritari. Gli iscritti
all’Università Cattolica di Milano provengono prevalentemente da
province lombarde, ma non solo. Conoscerli, farsi conoscere e
permettere che anche loro si conoscano reciprocamente all’interno
del gruppo richiede tempo e attenzione. A differenza delle lezioni
disciplinari, che possono essere diverse a seconda del piano di
studi dei due ordini di scuola: materna ed elementare, le attività di
Tirocinio sono un prezioso momento di incontro tra gli iscritti a
Scienze della Formazione Primaria. In esse nasce, attraverso la discussione di problemi, di difficoltà quello spirito di corpo insostituibile per creare, far crescere e maturare un gruppo di lavoro.
Altra osservazione. Il
prototipo didattico, ritornando alla me-
38
tafora con la quale ho aperto queste righe, presentandosi sul mercato universitario, come prodotto di qualità, necessitava subito e di
un motore nuovo (la progettazione) e di un carburante innovativo
(la ricerca-studio). Le esigenze di progettualità e quelle di elaborazione didattica, nel nostro progetto di Tirocinio, avvengono, sì,
nelle aule universitarie, ma anche nelle scuole accoglienti, convenzionate con l’Università. Non parlerei, in questo caso di tirocinio in università e di tirocinio nelle scuole, non scontornerei un
intreccio di saperi ottimamente costruito, che si arricchisce continuamente attraverso scambi reciproci di energie culturali e professionali. Tutte le scuole dimostrano molto interesse nei confronti
di questa nuova forma di collaborazione con il tempio della cultura, per antonomasia.
Questo progetto, che, come ho detto, deve essere visto come un
momento unico, si basa sulla sistemazione e sulla riflessione che
ai saperi viene data nei corsi universitari (Chiosso, al Convegno
organizzato da S.I.M. a Milano nel novembre 2202 ). Nel primo
biennio essi s’incentrano su quattro importanti nuclei tematici:
• la professionalità docente
• la mediazione culturale
• l’osservazione
• la comunicazione
Alla costruzione di questo primo segmento del percorso formativo, altri stimoli provengono anche dalle visite alle scuole di metodo (Pizzigoni, Montessori, Agazzi ) e ai luoghi deputati al sapere:
• musei, con la partecipazione attiva della studentesse ai laboratori organizzati ad hoc da animatori, con valenza professionale e con importante ricaduta sulla didattica;
• mostre, anche itineranti, ma presenti sul territorio per i loro prodotti a forte risonanza pedagogica;
• sedi redazionali di riviste prestigiose, che operano nel settore-scuola.
Se la formazione si presenta come risorsa fondamentale del
nuovo millennio, mentre lo stesso mercato europeo prospetta la
formazione continua ancorata alla formazione professionale di base, il contesto universitario rappresenta l’ambito materiale in cui
avviene per eccellenza l’evento formativo. Il successo delle professioni, (basato proprio sui saperi specifici e sull’autonomia) rap-
39
presenta un punto di riferimento anche per gli insegnanti; nonostante oggi l’alternativa professionale nella scuola sia ancora minoritaria, perché impegnativa e difficile. Non si può dire: “ In un
futuro la scuola avrà queste necessità…”, perché il futuro è sotto
gli occhi di tutti, è il presente.
Il bisogno d’insegnante che abbia più conoscenze e padronanza
degli orientamenti culturali e che possieda un’etica, un codice deontologico verso se stesso e verso gli alunni è l’urgenza nella quale l’Università sta investendo da alcuni anni, attraverso il Progetto
del Tirocinio.
Per concludere si può dire che l’azione formativa dei futuri insegnanti, diffusasi capillarmente in tutte le scuole convenzionate,
con un certo successo, segna come sicuramente praticabile il
cammino progettato e sperimentato nel Tirocinio, in ambito universitario.
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CAPITOLO OTTAVO
IL TIROCINIO TRA CURA DEI CONTESTI E MEDIAZIONE
DIDATTICA
di Pietro Bosello
Tra gli aspetti costitutivi della professionalità docente che il tirocinio dovrebbe permettere di sperimentare e di comprendere rivestono un ruolo centrale quelli relativi alla cura dei contesti e alla mediazione didattica.
LA CURA DEI CONTESTI
Le azioni progettuali e gestionali degli insegnanti non si esauriscono nel mero lavoro d’aula. Una buona didattica di campo, di
ambito o di disciplina poggia infatti su una attenta considerazione
dei fattori comunicativi, degli elementi organizzativi (spazio, tempo…), dei registri relazionali.
Infatti, predisporre un ambiente educativo per l’apprendimento
significa strutturare in modo equilibrato le fasi della giornata scolastica, creare sinergia tra le varie figure che si alternano a condurre i gruppi di apprendimento, gestire in modo qualitativo i momenti “educativi” (ingresso, refezione, intervalli…).
Richiede inoltre stili comunicativi aperti e partecipati
all’interno dei gruppi docenti, nel Collegio, negli incontri tra insegnanti e genitori, nei rapporti con il territorio, capacità progettuali
che si basano sull’analisi, sulla sintesi e sulla visione prospettica.
Queste azioni ricche e multiformi che i docenti mettono in
41
campo vanno attivate negli aspiranti insegnanti fin dalle prime fasi
del tirocinio, mediante processi di sviluppo olistico, che, per gradi
successivi, realizza percorsi di crescente approfondimento e specificazione:
• cogliere gli elementi del dibattito sul Piano dell’Offerta Formativa che avviene nel Consiglio di Interclasse o nel Collegio
Docenti, partecipando a qualche seduta di questi organi con
compito di verbalizzazione;
• ricercare i comportamenti di leadership assistendo ai lavori di
un team docente;
• analizzare protocolli osservativi relativi alle strategie comunicative che i docenti mettono in atto nelle diverse situazioni
(insegnamento, collaborazione con i colleghi, rapporti con le
famiglie degli alunni, …);
• intervistare Il Dirigente e i suoi Collaboratori per cogliere il
significato e le linee fondanti del Piano di Scuola;
• leggere e analizzare il testo del Pof, correlandolo con gli altri
strumenti di pianificazione educativa e didattica.
La partecipazione a queste esperienze può permettere al tirocinante interessanti percorsi formativi integrati, che si possono ricondurre, da un lato, al lavoro di destrutturazione dell’idea “naturale” e “spontanea” di insegnante e di far scuola, costruita sulla
base delle proprie esperienze pregresse di alunno e/o di operatore
scolastico, e, dall’altro, alla strutturazione/ristrutturazione di una
professionalità docente che si arricchisce del confronto con esperienze “altre” rispetto a quelle vissute, che integra il piano dei vissuti con il piano delle teorie, e che consente di mettere alla prova
“sul campo” i nuovi equilibri.
Per raggiungere effettivamente un tale traguardo formativo risulta necessario impostare l’esperienza piuttosto che su un modello lineare di accumulo di conoscenze e abilità professionali, su un
approccio circolare (Tavola 7).
Tavola 7
OSSERVARE
PROGETTARE
ANALIZZARE
SPERIMENTARE
42
LA MEDIAZIONE DIDATTICA
Il tirocinio non può qualificarsi per la sua natura di strumento
per la formazione della competenza professionale iniziale se non
coinvolge direttamente e operativamente l’aspirante insegnante in
percorsi di mediazione didattica.
Si tratta forse di far realizzare “lezioni didattiche di tirocinio”,
che riportano la memoria alle attività dei vecchi istituti magistrali,
in cui si preparavano lezioni che connotate dall’assoluta decontestualizzazione rispetto al gruppo classe e rispetto alle scelte didattiche operate dai docenti che ospitavano i tirocinanti?
Sicuramente no.
Si tratta invece di individuare un campo d’incontro tra la professionalità esperta del docente tutor accogliente e la preparazione
culturale, tecnica e umana – non completa ma già ben avviata –
del tirocinante. L’inserimento dell’aspirante insegnante in situazione di didattica di campo, di ambito, di disciplina necessita di un
progetto che non si esaurisce nel momento della osservazione/ricostruzione delle mediazioni operate, ma che tende a sviluppare l’inserimento in tre ulteriori percorsi:
1. la partecipazione attiva ai lavori di progettazione/programmazione/valutazione/riprogettazione dei gruppi
docenti;
2. la conduzione, in riferimento a piani di lavoro preventivamente validati da tutor e supervisore, di momenti didattici di classe, con la presenza del docente tutor con funzione di osservatore;
3. l’interazione con singoli alunni e con piccoli gruppi, durante
momenti dedicati a percorsi didattici individualizzati.
Le esperienze impostate su questa prospettiva e già concluse
hanno confermato la validità della scelta progettuale effettuata: i
tirocinanti si sono sentiti coinvolti in modo molto alto, e sono stati “costretti” a fare i conti con l’impatto emotivo derivante dal
compito di gestire un gruppo e di guidarlo e sostenerlo nella realizzazione di un percorso didattico; questa esperienza non è stata
però un “salto nel buio”, in quanto era ben presente e operante la
“rete”, costituita dai tutor di scuola e dai supervisori; vi è stata una
valorizzazione dei percorsi disciplinari svolti nei corsi universitari,
e dei progetti costruiti nei laboratori didattici realizzati in ateneo; i
43
tutor, poi, hanno potuto offrire, in un contesto che li ha valorizzati
in modo significativo, una serie di suggerimenti, idee, riflessioni,
materiali che hanno favorito la formazione attraverso una crescita
delle abilità e degli atteggiamenti professionali; le scuole accoglienti hanno potuto, attraverso queste interazioni, osservare le
proprie scelte da un punto di vista diverso, più distanziato, che ha
offerto l’occasione per autovalutazioni e progettazioni percepite
come più fondate.
ALLA RICERCA DELLA QUALITA’ DEL TIROCINIO
Un “buon” tirocinio si potrebbe così contraddistinguere per il
fatto che favorisce, effettivamente, un incontro alla pari tra mondo
della scuola e mondo dell’università, un incontro in cui i soggetti
in campo, evitando di utilizzare rigide suddivisioni dei ruoli e delle mansioni, cercano di costruire delle reti di esperienze in cui tutti
si sentono e sono parte significativa.
Siamo agli inizi di questa collaborazione e quindi ancora molto
va fatto e si potrà fare, ma sono già abbastanza chiari i fattori principali per far crescere la qualità dell’offerta per i docenti in formazione iniziale:
• mettere in stretta relazione teoria e pratica, risultati dello studio e della ricerca, esperienze di scuola;
• valorizzare il lavoro “gomito a gomito” tra tutor e tirocinante,
per favorire interazioni produttive;
• inserire i tirocinanti con una certa continuità nei percorsi didattici delle scuole;
• porre in atto logiche dinamiche di coinvolgimento effettivo ma
anche di distanziamento critico nei confronti delle esperienze,
valorizzando in questa prospettiva il ruolo e le azioni dei supervisori.
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CAPITOLO NONO
LA PROGETTUALITÀ EDUCATIVA NEL PROGETTO
FORMATIVO DI TIROCINIO
di Monica Oppici
Nelle attività di Tirocinio l’ambito della progettualità diviene
campo strategico di azione e riflessione nell’iter di formazione degli aspiranti docenti per il complesso e stimolante dialogo tra livelli e tipologie diverse di progettazione che attiva: la progettualità educativa e didattica della scuola e la progettualità formativa
dell’università.
IL PROGETTO FORMATIVO DELLA SCUOLA NEL PROGETTO
FORMATIVO DI TIROCINIO: UN SISTEMA DI MATRIOSKE
Con progettualità della scuola si intende la traduzione
dell’intenzionalità educativa di una comunità scolastica in regime
di autonomia in concrete scelte operative; all’interno di questa
cornice già possiamo individuare piani progettuali specifici ma interagenti ed interdipendenti come quello educativo, didattico ed
organizzativo, spesso collegati alla progettazione del Territorio.
L’esperienza di tirocinio vede una parte del percorso di formazione articolato su un modello di ricerca-azione che vuole implementare ulteriormente le abilità e conoscenze culturali e professionali
dei futuri docenti ma soprattutto promuovere la loro espressione in
termini di competenze pedagogico-didattiche e disciplinari con
una circolarità tra teoria e prassi che “metabolizza” in situazione saperi differenti. In questa prospettiva il contesto progettuale
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vorrebbe favorire la costruzione di una ‘valigia’ professionale
capace di comprendere la complessità dei fenomeni in una dialettica che accetta la ‘turbolenza del reale’, culture e linguaggi
diversi, strategie, bisogni e risorse, progettando e realizzando
percorsi per intervenire teleologicamente su di essi.
Da un punto di vista pratico ciascun studente si inserisce, con
la mediazione del supervisore al Tirocinio, in uno specifico percorso di progettazione previsto dal Collegio docenti di una
scuola ed auspicabilmente caratterizzato da elementi di trasversalità (es. approccio pluridisciplinare o interdisciplinare). Questo con l’affiancamento di un docente tutor che lo accompagna
nelle diverse fasi della progettazione educativa (ideativa, organizzativa, realizzativa e valutativa) come collega esperto
all’interno di uno specifico contesto territoriale, progettuale ed
organizzativo e come “amico critico” rispetto all’ulteriore sviluppo del ruolo professionale.
Nell’esperienza di tirocinio il progetto - educativo della scuola
e formativo dello studente - diviene quindi un “dispositivo teoricoprassico in grado di connettere gli elementi dell’azione con quelli
della cognizione” (Summa, 1996) ma anche luogo strategico per
l’avvio di esperienze monitorate di ricerca-azione.
In esse risulta “peculiare la simultaneità dell’intento esplorativo, intento formativo e intento emancipatorio per cui la R-A aspira
ad essere di per sé educativa e promozionale primariamente interessata all’incremento dei gradi di consapevolezza critica
dell’operatore nei confronti della propria prassi.”(Scurati, 1983).
Il movimento ermeneutico in questo sistema di progettualità
prevede inoltre la valorizzazione del collegamento e
dell’alternanza (che non si vuole ridurre ad una sequenzialità lineare) di momenti diversificati ma integrati di elaborazione nella
scuola, nel territorio, all’interno dei corsi e dei laboratori; il tutto
all’interno di una progettazione integrata caratterizzata da flessibilità e contestualità (Milani, 2000) con l’assunzione di compiti di
ricerca/riflessione/intervento a diversi livelli nella quale il tirocinio ed i supervisori funzionano da struttura e figure ponte.
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LA TRIANGOLAZIONE FORMAZIONE INIZIALE – TIROCINIO FORMAZIONE CONTINUA
La dialettica progettuale sopra descritta ha evidenziato un importante collegamento tra formazione iniziale, esperienza di tirocinio e formazione continua nelle scuole nelle figure delle studentesse e degli studenti, dei supervisori al tirocinio, e degli insegnanti tutor con i dirigenti scolastici. Questa triangolazione ha infatti
reso visibile il valore generativo della didattica della ricerca applicata all’oggetto “progetto” in ciascuno dei tre ambiti, con interessanti aree di riflessione ed intervento tra loro interconnesse.
Tra queste segnaliamo:
4 La messa a confronto di saperi ed ottiche diverse in una
prospettiva di formazione continua.
Il tirocinio ha creato tempi dedicati e strumenti per attivare
all’interno dei progetti educativo e formativo il dialogo tra saperi
diversi non sempre – o occasionalmente - comunicanti tra loro (universitario e scolastico, teorico, pratico e laboratoriale, personale
e professionale, individuale e collegiale).
4 Una maggiore visibilità della correlazione tra qualità della
formazione (iniziale e continua), dell’insegnamento e
dell’apprendimento con la percezione della necessità di un coerente collegamento tra innovazione della scuola e della formazione universitaria dei docenti.
4 La promozione di una cultura della valutazione e
dell’autovalutazione.
Un primo punto riguarda la ricerca e l’utilizzo di tecniche e
strumenti specifici per il monitoraggio e/o la valutazione
dell’oggetto “progetto” e della sua complessità non riducibile
alla sola valutazione degli apprendimenti degli alunni. Si accosta un ‘poliglottismo’ della valutazione (Calidoni, 1999) con osservatori su piani come la dimensione organizzativa, la coerenza del progetto con il piano dell’offerta formativa ed il suo rapporto con altri percorsi all’interno di una progettualità integrata
nel territorio.
Questo rende possibile un distanziamento riflessivo da prati-
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che consolidate con stimoli all’ulteriore sviluppo dell’identità
culturale e professionale per lo studente tirocinante ma anche
occasioni per la revisione e l’implementazione del ruolo docente per il tutor e del potenziale progettuale della scuola.
In questa prospettiva il processo di monitoraggio e verifica
del progetto, in molti casi vissuto come espletamento formale e
burocratico, diviene esso stesso formazione (metaformazione).
4La valorizzazione della documentazione e disseminazione
della progettualità.
La registrazione delle attività pianificate e realizzate nonché
delle riflessioni emerse in itinere, elemento essenziale nel percorso di tirocinio, è emersa come il punto di forza del progetto
formativo ma anche l’anello debole di alcuni progetti educativi.
Il lavoro di documentazione delle attività condotte nelle scuole dalle studentesse e dagli studenti (sia in forma cartacea che
multimediale) ha infatti facilitato in molti casi la progettazione
stessa come essenziale economizzatore e riproduttore di energie
e risorse fornendo occasioni di condivisione e riflessione più
puntuale sull’impianto complessivo e sulle scelte effettuate.
La documentazione ha inoltre consentito di rendere maggiormente visibili i progetti con la socializzazione e disseminazione degli esiti sia all’interno della scuola che all’esterno
con la messa in rete di alcuni materiali esemplificativi e conduzione di workshop ed attività formative che coinvolgono:
- comunità territoriali e scolastiche con alunni e famiglie, insegnanti e dirigenti scolastici, amministratori locali;
- atenei con studenti, docenti di Corsi e Laboratori e supervisori al Tirocinio;
- altri soggetti impegnati nella formazione continua dei docenti - Ufficio Scolastico regionale e provinciale, associazioni.
UNA PROGETTAZIONE “BEN FATTA”
Concludendo si vorrebbe riprendere la metafora delle matrioske ed applicare alla progettualità la relazione individuata da
Morin (Morin, 2000) tra società e scuola per rilevare che tra
soggetto che propone il progetto (università, scuola) ed il pro-
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getto (formativo, educativo) esiste un rapporto sia di tipo ologrammatico che ricorsivo. Ologrammatico in quanto il progetto
nella sua singolarità porta in sé l’essenza del soggetto che lo ha
definito e ricorsivo poiché l’università e la scuola producono il
progetto che produce loro stesse.
Questo richiama livelli specifici di attenzione e responsabilità
per una valorizzazione delle diversità e peculiarità dei contesti
ma anche la promozione di un dialogo e interazione non occasionale e teleologicamente orientata tra i soggetti coinvolti nella
definizione di architetture generative di progettazione educativa
e formativa nella quale il Tirocinio ha dimostrato di poter validamente funzionare da struttura ponte.
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