Comments
Transcript
Figlio che lascia un “lavoretto” per l`università ha
Figlio che lascia un “lavoretto” per l’università ha diritto al mantenimento Omnibus Italia Servizi Assicurativi www.omnibusitalia.com Figlio che lascia un “lavoretto” per l’università ha diritto al mantenimento Ai fini del riconoscimento dell'assegno divorzile sono considerate idonee le produzioni documentali e fiscali prodotte dalle parti nonchè la prova per interpello e per testi quando dagli stessi emerga la sussistenza dei presupposti di cui all'art. 5 della legge n. 898 del 1970. L'assegno divorzile assolve ad una funzione esclusivamente assistenziale e la sua attribuzione è determinata oltre dalla impossibilità del coniuge richiedente di procurarsi mezzi adeguati anche dalla insufficienza di questi, dei redditi, dei cespiti patrimoniali nonchè dalla impossibilità di conservare un tenore di vita uguale a quello avuto in costanza di matrimonio che sarebbe proseguito in costanza di questo, restando, invece, indipendenti per la determinazione le statuizioni patrimoniali operanti per accordo delle parti ed in virtù di decisione giudiziale. Parimenti per i figli maggiorenni rispetto ai quali vige l'obbligo al mantenimento fino al raggiungimento dell'autosufficienza economica. Corte d'Appello di Roma - sezione Persona e Famiglia - Sentenza n. 47765 del 31-03-201 0 1/6 Figlio che lascia un “lavoretto” per l’università ha diritto al mantenimento REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO CORTE D'APPELLO DI ROMA SEZIONE PERSONA E FAMIGLIA composta dai magistrati: Alida Montaldi - Presidente - Livia Centurelli - Consigliere - Mariagiulia De Marco - Consigliere rel. - riunita in camera di consiglio il 17. 3. 2010 ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 4278 di Ruolo Generale contenzioso anno 2007 tra Le. Roma, elettivamente domiciliato in Roma, presso l'avv. Gi. Sa. - c/o avv. Pi. Fr. - che lo rappresenta e difende come da mandato in atti, Appellante E Di. Ma. , elettivamente domiciliata in Frosinone, presso lo studio dell'avv. Ma. Ci. , che la rappresenta e difende come da mandato in atti, Resistente con l'intervento del Procuratore Generale in sede, che nulla ha osservato. Oggetto: appello avverso sentenza di divorzio n. 398/07 del Tribunale di Frosinone in data 25. 6. 2007 depositata il 28. 6. 2007. 2/6 Figlio che lascia un “lavoretto” per l’università ha diritto al mantenimento SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Il Tribunale di Roma, dopo avere pronunciato, con sentenza non definitiva sul ricorso proposto da Le. Roma nei confronti del coniuge separato Di. Ma. , la cessazione degli effetti del matrimonio dagli stessi contratto, con successiva sentenza in data (. . . ) ha determinato in Euro 200, 00 l'importo dell'assegno divorzile che il Le. dovrà mensilmente corrispondere alla De. nonché in Euro 400, 00 l'assegno mensile che il medesimo dovrà corrispondere quale contributo per il mantenimento delle figlie maggiorenni Co. e Pa. , con la madre conviventi, oltre rivalutazione Istat annuale - primo aggiornamento giugno 2008 - e rimborso del 50% delle spese mediche, non coperte dal s. s. n. , e scolastiche documentate e sostenute nell'interesse della prole, assegni da corrispondere entro il giorno 5 di ogni mese al domicilio della resistente a mezzo di vaglia postale, bonifico bancario o modalità equipollente. Il Tribunale ha condannato il Le. alla rifusione delle spese di lite in favore della controparte. Con ricorso ritualmente notificato Le. Roma ha proposto appello avverso la sentenza assumendo che erroneamente il Tribunale ha interpretato le risultanze probatorie avendo concesso l'assegno divorzile senza tener conto del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune e non considerando che la responsabilità del fallimento del matrimonio era da addebitare alla resistente, che aveva fatto mancare l'assistenza morale, fulcro e sostegno di quella comunione spirituale e materiale sulla cui completa realizzazione poggia il matrimonio, causa questa dichiarata dalla stessa De. in sede di richiesta di annullamento del matrimonio dinanzi al Vicariato di Roma Tribunale Regionale del Lazio. Inoltre, assume di avere provato che la Di. ha lavorato presso strutture ospedaliere, percependo adeguato reddito. Rileva che il Tribunale, pur riconoscendo al Le. un non elevato reddito, anziché ridurre l'assegno l'aveva aumentato senza tenere conto delle spese sostenute dal ricorrente che, percependo uno stipendio mensile di circa Euro 1. 250, 00 - 1. 300, 00 ne doveva spendere circa 150-170, 00 al mese per la benzina necessaria a raggiungere il posto di lavoro, non collegato con mezzi pubblici, nonché 450, 00 al mese per la collaboratrice domestica, così rimanendogli, per vivere, detratti gli importi posti a suo carico con la sentenza impugnata, con meno di 200, 00 Euro mensili. Inoltre, le sue spese familiari erano notevolmente aumentate per avere egli contratto matrimonio con la predetta collaboratrice domestica e per la nascita, in data 18. 5. 2003, del figlio. Sulla determinazione dell'ammontare dell'assegno il Tribunale avrebbe dovuto considerare l'attitudine a lavorare della resistente, in considerazione della giovane età e dell'esperienza lavorativa e professionale. Ribadisce che la sentenza è motivata in modo carente e contraddittorio in ordine alla richiesta di riduzione dell'assegno, considerato che sia la moglie che le figlie hanno un lavoro, il che doveva indurre il Tribunale se non altro ad escludere l'assegno per la ex moglie che, peraltro, aveva dato causa alla rottura. Invece, inopinatamente e immotivatamente, il Tribunale aveva aumentato l'assegno da Euro 516, 00 a Euro 600, 00. Contesta, altresì, la regolamentazione delle spese del giudizio non avendo il Tribunale tenuto nel debito conto la soccombenza della Di. , che aveva sollecitato l'aumento dell'assegno ad Euro 900, 00. 3/6 Figlio che lascia un “lavoretto” per l’università ha diritto al mantenimento Lamenta, altresì, l'eccessività delle spese di giudizio liquidate in relazione alla materia e all'attività effettivamente svolta. Con comparsa di costituzione e risposta Di. Ma. chiede l'integrale conferma della sentenza impugnata con vittoria di spese, competenze ed onorari del doppio grado di giudizio. Deduce l'inammissibilità della richiesta di addebito della rottura del matrimonio, vertendosi in tema di scioglimento del matrimonio e non di separazione, avvenuta consensualmente. Ribadisce la congruità degli assegni determinati dal Tribunale sulla base delle risultanze processuali, che hanno evidenziato l'inadeguatezza dei redditi della resistente che, dalla separazione in poi non hanno subito alcun mutamento. Acquisita documentazione fiscale, prodotta da entrambe le parti, all'udienza del 28. 1. 2010, sentiti i difensori, la causa è stata trattenuta in decisione. MOTIVI DELLA DECISIONE L'appello va integralmente disatteso. Preliminarmente va osservato in punto di diritto che, per quanto attiene la natura dell'assegno divorzile, la giurisprudenza della S. C. ha ritenuto la sua funzione esclusivamente assistenziale e che la sua attribuzione è determinata dall'impossibilità del coniuge richiedente di procurarsi adeguati mezzi per ragioni obiettive, da intendersi come insufficienza dei medesimi, comprensivi di redditi, cespiti patrimoniali ed altre utilità di cui possa disporre l'istante, a conservare un tenore di vita a quello avuto in costanza di matrimonio e che sarebbe presumibilmente proseguito in caso di continuazione dello stesso o quale poteva legittimamente e ragionevolmente configurarsi sulla base di aspettative maturate nel corso del matrimonio - Cass. 3101/2000; 432/2002 -. Peraltro la determinazione dell'assegno di divorzio è indipendente dalle statuizioni patrimoniali operanti, per accordo tra le partì e in virtù di decisione giudiziale, in vigenza di separazione dei coniugi, poiché data la diversità delle discipline sostanziali, della natura, struttura e finalità dei relativi trattamenti, correlate a diversificate situazioni ed alle rispettive decisioni giudiziali, l'assegno divorzile, presupponendo lo scioglimento del matrimonio, prescinde dagli obblighi di mantenimento e di alimenti, operanti nel regime di convivenza e di separazione, e costituisce effetto diretto della pronuncia di divorzio, con la conseguenza che l'assetto economico relativo alla separazione può rappresentare mero indice di riferimento nella misura in cui appaia idoneo a fornire utili elementi di valutazione Cass. 15722/2005; 25010/2007; 15610/2007. Occorre rilevare come l'accertamento del diritto all'assegno di divorzio si articola in due fasi. Nella prima delle quali il Giudice è chiamato a verificare l'esistenza del diritto in astratto, in relazione all'inadeguatezza dei mezzi o all'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive raffrontati ad un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio o che poteva legittimamente fondarsi su aspettative maturate nel corso del matrimonio. Nella seconda fase, il giudice deve poi procedere alla determinazione in concreto dell'assegno in base alla valutazione ponderata e bilaterale dei criteri indicati nella L. n. 898 del 1970, art. 5, che quindi agiscono come fattori di moderazione e diminuzione della somma considerabile in astratto, e possono in ipotesi estreme valere anche ad azzerarla, quando la conservazione del tenore di vita assicurato dal matrimonio finisca per risultare incompatibile con detti elementi di quantificazione - Cass. 12 luglio 2007 n. 15610; 22 4/6 Figlio che lascia un “lavoretto” per l’università ha diritto al mantenimento agosto 2006 n. 18241; 19 marzo 2003, n. 4040 -. Pertanto, ai fini del riconoscimento del diritto all'assegno divorzile si impongono l'accertamento della situazione economica familiare al momento della cessazione della convivenza matrimoniale e la sua comparazione con quella del coniuge richiedente al momento della pronuncia per verificare se quest'ultima gli permetta di conservare il tenore di vita corrispondente a quello precedente. Ebbene, alla luce dei principi enunciati, ritiene la Corte che correttamente il Tribunale abbia ritenuto, sulla base delle produzioni documentali e fiscali prodotte dalle parti, dell'esito della prova per interpello e per testi espletata, la sussistenza dei presupposti di cui all'art. 5 legge n. 898/70 giustificativi del riconoscimento, in favore della Di. , di un assegno divorzile per l'inadeguatezza dei suoi redditi a garantirle il mantenimento di un tenore di vita analogo a quello di cui godeva in costanza di matrimonio. In particolare, dalla documentazione fiscale aggiornata acquisita è emersa, per come rilevato dal Tribunale, una situazione reddituale del Le. , per redditi di lavoro dipendente, pari ad Euro 23. 000 per il 2009, 22. 400 per il 2008 e 22. 000 per il 2007 - vedi cud in atti - a fronte delle saltuarie entrate della Di. , che risulta avere svolto attività lavorativa alle dipendenze della Asl di Frosinone nei periodi dal 5. 4. 2000 al 31. 7. 2000, dal 3. 8. 2001 al 2. 8. 2002 e dal 5. 12. 2002 al 4. 12. 2003 - vedi dich. Asl agli atti del fascicolo di primo grado. Per gli ultimi tre anni è stata acquisita dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà nella quale la Di. dichiara di non avere percepito negli anni dal 2007 al 2009 alcun reddito né da lavoro dipendente, né da pensione e neanche da altre fonti. Risulta, altresì, che la predetta abita, con le due figlie, in una monocamera, con cucina e bagno, condotta in locazione per un canone di Euro 150, 00 mensili - vedi interrogatorio formale della resistente e deposizioni delle figlie conviventi -. Le due ragazze, ancorché maggiorenni, non hanno acquisito autonomia economica, essendo risultato nel corso del processo di primo grado che Consuelo, anni addietro, ha prestato servizio civile presso il Comune di Pofi per un anno, percependo Euro 400, 00 al mese e successivamente per 4 mesi per una cooperativa. Quindi, si era iscritta all'università, corso di laurea di Scienze Infermieristiche. Dunque, nonostante le affermazioni dell'appellante, non vi sono elementi concreti che depongano per attività lavorative produttrici di reddito per la ragazze e tanto meno che le stesse abbiano raggiunto l'autonomia economica. Ebbene, la disparità reddituale dei due ex - coniugi, le saltuarie e limitate parentesi lavorative della Di. , che depongono per l'incolpevole situazione di non occupazione della predetta - che, all'evidenza, quando le si è presentata l'occasione ha svolto attività lavorativa - unitamente alle considerazioni legate alla durata ventennale del matrimonio, da contezza dell'attuale e incolpevole situazione di limitata capacità reddituale della medesima che, quarantenne all'epoca della rottura del matrimonio, non poteva certo contare su adeguate opportunità lavorative, che gli potessero consentire il mantenimento del pregresso tenore di vita. Dunque, gli elementi sopra evidenziati sono stati correttamente valutati dal Tribunale, che ha ritenuto sostanzialmente immodificate le condizioni di economiche delle parti rispetto a quanto accertato in sede di separazione. Tanto premesso, devono condividersi le conclusioni cui è pervenuto il Tribunale in ordine alla permanenza dei presupposti legittimanti il riconoscimento dell'assegno divorzile in favore della ex moglie e del contributo di mantenimento per le due figlie che, nonostante la maggiore età, non risulta abbiano alcun reddito che possa consentire loro autonomia economica, dovendo integralmente richiamarsi le argomentazioni svolte in sede di sentenza impugnata in ordine al perdurare dell'obbligo del genitore al mantenimento del figlio 5/6 Figlio che lascia un “lavoretto” per l’università ha diritto al mantenimento maggiorenne, obbligo che viene meno solo nel momento in cui l'obbligato provi che i predetti siano divenuti autosufficienti - vedi Cass. civ. sez. 1, 22. 1. 98, n. 565. Alcun rilievo in questa sede possono avere le allegazioni dell'appellante in ordine all'addebitabilità della rottura del matrimonio alla resistente, considerato che alcuna pronuncia al riguardo vi è stata per essere intervenuta separazione consensuale, ritualmente omologata e non trovando una pronuncia del genere ingresso nel presente Giudizio. Cass. civ. sez. I 22 novembre 200, n. 15055. Ritiene la Corte, considerate le condizioni economiche degli ex coniugi, i redditi percepiti dall'appellante nel triennio precedente, superiori a quelli già valutati, l'assenza di redditi per la resistente e le figlie con lei conviventi, l'età delle ragazze e le aumentate esigenze delle stesse, ancora non inserite nel mondo del lavoro, che correttamente il Tribunale abbia determinato la misura degli assegni con un minimo aumento rispetto a quanto precedentemente statuito. Del resto, a vantaggio dell'appellante depone se non altro il fatto che sia venuta meno la, voce di spesa per la collaboratrice domestica. Va, altresì, confermata la statuizione sulle spese del giudizio di primo grado considerata la piena soccombenza del ricorrente in ordine alle domande svolte nei confronti della parte resistente, vittoriosa in ordine all'aumentata entità delle somme poste a carico del Le. Roma . Anche l'entità delle spese, liquidate in complessivi Euro 2. 600, 00, appare adeguata e congrua, tenuto conto della complessità delle questioni affrontate, del valore della controversia e dell'attività processuale svolta. L'integrale conferma della sentenza appellata comporta la condanna dell'appellante alla rifusione delle spese del presente grado di giudizio in favore dell'appellata, spese che si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. La Corte, definitivamente pronunciando sul ricorso proposto da Le. Roma avverso la sentenza n. 398/07 emessa dal Tribunale di Frosinone in data 25. 6. 2007 depositata il 28. 6. 2007, rigetta l'appello proposto; condanna l'appellante alla rifusione delle spese del presente grado di giudizio in favore di parte resistente, spese che si liquidano in complessivi Euro 2. 500, 00 oltre Iva e Ca come per legge. Così deciso in Roma, il 17 marzo 2010. Depositata in Cancelleria il 31 marzo 2010. 6/6