Alisa Del Re Professoressa associata confermata di Scienza Politica
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Alisa Del Re Professoressa associata confermata di Scienza Politica
I Sessione Strumenti Per una definizione del lavoro da un punto di vista di genere - Alisa Del Re A partire dalle definizioni di lavoro domestico, di riproduzione e di cura, vengono analizzate le modificazioni prodotte da un diverso rapporto delle donne con il mercato del lavoro salariato. Viene sviluppato particolarmente l’elemento della cura per le persone dipendenti (ciascuno di noi in parti ineludibili della nostra vita) come necessario alla riproduzione della specie, mettendolo in relazione con il percorso di autonomia individuale nelle spazio pubblico ormai intrapreso in maniera irreversibile dalle donne, almeno in Occidente. Una delle questioni aperte dall’analisi è se la relazione tra produzione e riproduzione definisca una “rivoluzione incompiuta” o se siamo di fronte alla necessità di un aumento della produttività sociale con la “messa al lavoro salariato” delle donne. Un'altra questione aperta è la relazione tra lavoro delle donne, spesa sociale e modificazione dei tradizionali rapporti tra i sessi. Si tratta di creare conciliazione (tempi di vita, tempi di lavoro)? O condivisione? Cosa degli affetti, della famiglia, della cura può diventare “comune” (non privato, non pubblico, né Stato, né mercato)? Una terza questione è quella delle soggettività presenti nel cambiamento e delle loro differenze: migranti, native, madri, donne con lavoro stabile, precarie, donne di diverse età e diversi orizzonti. Al di là delle consuete analisi sulla “perdita”, il “ritardo” nell’immissione delle donne nella polis e l’imposizione di un ruolo sociale subordinato derivato dalla condizione biologica (che accomuna tutte le donne), quali sono i soggetti che riescono ad imporre il loro punto di vista come centrale e come si pongono di fronte al cambiamento? Donne e uomini come possono proporre la riproduzione di sé e della specie al di fuori di schemi di sfruttamento e di sottomissione? Alisa Del Re professoressa associata confermata di Scienza Politica presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Padova. Dal 1998 collabora con varie amministrazioni territoriali (comuni, province, regioni) in diverse regioni italiane per corsi di pari opportunità sia per le/i dipendenti che per le/i cittadine/i. Dal 2008 dirige a Padova il Centro Interdipartimentale di Ricerca: studi sulle Politiche di genere (CIRSPG). É nel comitato di redazione della rivista internazionale «Cahiers du Genre». Tra le sue pubblicazioni più recenti: con Lorenza Perini, Politiche di Pari Opportunità, Padova, Cleup, 2009; con Lorenza Perini e Valentina Longo, I confini della cittadinanza. Genere, partecipazione politica e vita quotidiana, Milano, FrancoAngeli, 2010; (a cura di) Donne Politica Utopia, Padova, il Poligrafo, 2011; Politica in R. Armeni (a cura di) Parola di donna, Roma, Ponte alle Grazie, 2011; Femmes et partis politiques en Italie et en Europe: la démocratie au masculin in B. Marques-Pereira, R. Pfefferkon, Genre, politiques sociales et citoyenneté, «Cahiers du Genre», Hors Série 2011; Questioni di genere: alcune riflessioni sul rapporto produzione/riproduzione nella definizione del comune in «AGAboutGender», n. 1, 2012. Le ambiguità del lavoro di cura tra (precarie) soluzioni private e carenze pubbliche Raffaella Sarti L’intervento intende analizzare le contraddizioni e i problemi derivati dal fatto che una serie di questioni poste dalle donne e dal loro crescente coinvolgimento nel mercato del lavoro non sono state sufficientemente “prese sul serio” dalla società e dai decisori politici, in particolare per quanto riguarda la redistribuzione del lavoro domestico tra i generi e lo sviluppo di un welfare pubblico in grado di far fronte in modo adeguato al restringersi dell’“offerta” di lavoro di cura gratuito tradizionalmente erogato dalle casalinghe. Particolare attenzione sarà dedicata alle ambiguità delle soluzioni che si sono sperimentate per risolvere tali contraddizioni, in primo luogo quelle del welfare “fai da te” che fa largo affidamento sul lavoro domestico e di cura salariato prestato da lavoratrici (e talvolta lavoratori) migranti. Raffaella Sarti è ricercatrice e professore aggregato di Storia Moderna presso l’Università di Urbino. Ha inoltre lavorato a Parigi, Vienna e Bologna. È autrice di Vita di casa. Abitare, mangiare, vestire nell'Europa moderna, Roma-Bari, Laterza, 1999, giunto alla VI a edizione e tradotto in cinque lingue. Tra le sue pubblicazioni più recenti si segnalano Lavoro domestico e di cura: quali diritti? (a cura di), Roma, Ediesse, 2010 e Men in a Woman’s Job: Male Domestic Workers, International Migration and the Globalization of Care (a cura di R. Sarti e F. Scrinzi), numero monografico di «Men and Masculinities», vol. 13, 2010, n. 1. Pagina web: http://www.uniurb.it/sarti/ Precarietà e femminilizzazione del lavoro tra mito e realtà. Categorie interpretative, limiti ed evoluzione del fenomeno - Cristina Morini Considerando come il lavoro femminile sia sempre stato, storicamente, intermittente, una variabile, funzionale all’entrata e all’uscita dal mercato del lavoro, e contemporaneamente come la precarietà rappresenti la modalità organizzativa dell’impresa capitalistica contemporanea, abbiamo definito con il termine di “femminilizzazione del lavoro” (femminilizzazione metaforica del lavoro) la dimensione prototipica del lavoro contemporaneo inteso nella sua generalità. Si intende perciò analizzare come questo elemento diventi centrale, visto il cambio di paradigma produttivo (da un'economia della produzione di merci a un'economia dei servizi) nonché la sua natura ambigua: la sussunzione della sfera comunicativo/ relazionale si traduce in un nuovo dispositivo del controllo inoculato all’interno al soggetto poiché esso è “fatto proprio”, tende a diventare parte stessa del soggetto. Da questo punto di vista è possibile parlare di un processo di messa a valore del bios, della vita, che si impone come forma violenta di spossessamento delle soggettività. Il lavoro contemporaneo mette in luce in modo vistoso la sua natura sociale dietro spinta della precarietà e della messa a valore delle differenze, anche di genere. Le singolarità diventano oggetto del paradigma produttivo nel presente. Il contributo specifico (diverso) di ognuno/a è determinante (produttivo). La dimensione produttiva del bios, della partecipazione vitale dei singoli, si estrae anche forzando sulla tensione (l’affetto/ l’amore/la passione) per ciò che si fa. Tuttavia notiamo oggi un elemento centrale: l’incapacità delle organizzazioni di far fronte alle nuove necessità del biocapitalismo cognitivo. La sola modalità individuata dalle imprese per fare fronte alla richiesta di autonomia implicita nel lavoro cognitivo contemporaneo è stata quella del disciplinamento attraverso la precarizzazione, con conseguente, progressiva creazione di forme di disaffezione e di distacco. Da questo punto di vista, la diffusione intensiva della precarietà può rivelarsi un boomerang. Quali sono gli antidoti che le donne, le soggettività, possono provare a sperimentare per contrapporsi a tali processi? Quali forme diffuse di resistenza, quali agency, si possono attivare? Insomma possiamo immaginare l’avvio di forme di lotta biopolitica? Cristina Morini, saggista, giornalista, ricercatrice indipendente. È laureata in Dottrine politiche presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università Statale di Milano. Monografie: Le redazioni pericolose: come fare la giornalista e vivere infelicemente (con lo pseudonimo di Chiara Forti), Derive Approdi, Roma, 1999; La serva serve. Le nuove forzate del lavoro domestico, Derive Approdi, Roma, 2001; Per amore o per forza. Femminilizzazione del lavoro e biopolitiche del corpo, Ombre corte, Verona, 2010. Fa parte del collettivo UniNomade 2.0 (e della redazione web del medesimo). Fa parte del collettivo redazionale dei «Quaderni di San Precario». E’ socia fondatrice dell’Associazione Bin-Italia (Basic Income Network Italia). ________________________________________________________________________ II Sessione Narrazioni Denaro: questione di rendita o salario? - Anna Maria Crispino La letteratura, e in particolare il romanzo in lingua inglese, ha apparentemente non trattato la questione del lavoro delle donne: a partire da Jane Austen, l'unico "lavoro" consentito alle donne era ovviamente il matrimonio e dunque per le protagoniste, normalmente di un ceto medio-alto, il problema era sostanzialmente quello di procurarsi un marito - vale a dire una "rendita" - per evitare l'assai temibile destino della zitella del tutto priva di mezzi propri. È alla metà del secolo che alcune scrittrici cominciano a occuparsi delle donne povere con un lavoro retribuito, governanti, operaie di fabbrica. Alcuni scrittori della seconda metà del secolo riprendono poi una tradizione settecentesca scegliendo come protagoniste delle avventuriere o esponenti del demi monde (come la Becky Sharp di Thackeray) elaborando il rapporto tra denaro e dipendenza in termini spesso unicamente "trasgressivi". Ma la vera svolta si ha con Virginia Woolf e Le tre ghinee, che mette a fuoco il nesso tra istruzione e autonomia economica. Il Novecento ci presenta poi una galleria di "personagge" che esemplificano i tentativi di emancipazione economica e l'inesausto negoziato con gli uomini e con se stesse per trovare una via tra dipendenza e autonomia economica e sentimentale - lavoro retribuito e lavoro di cura. Anna Maria Crispino, giornalista e saggista, ha ideato e tuttora dirige la rivista letteraria «Leggendaria». È tra le fondatrici della Società Italiana delle Letterate. Consulente editoriale ed editor, dirige le collane «Workshop» e «Frammenti di memoria» dell'editore romano Iacobelli. Di lei. Donne globali raccontano - Simona Filippini Un gruppo di donne immigrate, tra i venticinque e i cinquantacinque anni, fotografano il loro quotidiano all’interno di alcune famiglie italiane, dove hanno il ruolo riconosciuto di collaboratrici domestiche. Il rapporto privilegiato è sempre - e comunque - con la signora, la datrice di lavoro. Arrivano dalle Filippine, dall’Ecuador, dal Perù, dal Brasile, dalla Romania e dall’Ucraina, storie difficili, le loro. Intense perché parlano del coraggio di chi ha lasciato il proprio paese e gli affetti, affrontando solitudine, sconforto e difficoltà di ogni genere. Il progetto Di Lei, donne globali raccontano tenta di dare voce al lavoro silente delle collaboratrici domestiche operando un rivoluzionario spostamento di punto di vista. Simona Filippini, fotografa e curatrice di progetti fotografici e video. Fonda l’Associazione Camera21 e scrive oltre a Di Lei, donne globali raccontano, i progetti Femminile, Plurale nel quale 75 donne rispondendo ad un invito via internet si fotografano a vicenda la parte del corpo che più preferiscono di sé; Desperate Housewives nel quale la casa diventa set creativo; IN/OUT sul tema del lavoro, con ritratti di persone nei Centri per l’Impiego della Provincia di Roma alternati a ritratti di bambini. Sta ultimando il video Italiani per Costituzione con interviste ai ragazzi di seconda generazione. “Mi sono accorta di pensare cose che non sapevo di pensare.” Dall’estraneità al potere a un altro modo di governare le aziende - Luisa Pogliana Nel momento in cui la mia vita di manager si chiudeva, mi trovavo ad elaborarne le sofferenze e la perdita degli aspetti positivi. Così ho scritto di donne e management, per non disperdere l'esperienza e trasmettere consapevolezze. Mi sono confrontata con altre, chiedendo di raccontare di sé, rispetto a ciò che volevo mettere in luce. Narrando di noi, abbiamo “narrato le organizzazioni“. Ho poi continuato questo pensare molteplice con alcune in particolare, affrontando il nodo irrisolto del potere in azienda. Ancora coinvolgendo altre, ed elaborando insieme ciò che emergeva. Lontane e diverse, pressate da impegni, abbiamo trovato un modo appassionante di lavorare insieme a questo progetto, e alla fine abbiamo scritto cose che non sapevamo avremmo scritto. Ma l'importante è cosa tutto ciò ha prodotto. Siamo partite dal potere e siamo arrivate ad una cultura di governo. Fondata sulla concezione dell'azienda come luogo dove convergono interessi diversi ma dei quali, tutti, il management deve prendersi cura. Concezione realizzata in politiche coerenti, che portano benefici all'azienda nel suo complesso. La differenza femminile in azienda non sta dunque in alcune capacità complementari al modello maschile, ma in una visione alternativa a quel modello, che si rivolge a tutto il management. In questo senso possiamo dire che se la diversità segna un confine, la differenza continuamente lo attraversa. Luisa Pogliana, per molti anni Direttore Ricerche del Gruppo Mondadori, ha coperto ruoli in enti internazionali e nella European Commission. È oggi consulente sui mercati internazionali. Sui temi relativi al management femminile ha scritto Donne senza guscio, Milano, Guerini, 2009 e fondato - con Isabella Covili, Anna Deambrosis, Patrizia Di Pietro, Giuseppina Grimaldi - l'associazione Donnesenzaguscio. A partire da un progetto comune con loro, ha scritto Le donne il management la differenza. Un altro modo di governare le aziende, Milano, Guerini, 2012. Potere io? Grazie no - Lidia Ravera Leggerò tre brani da La donna gigante. Quando ha 30 anni e chiede un permesso al Capo (è agli infimi gradi della gerarchia aziendale) perché sua madre è depressa, perché ha compiuto 60 anni e le nostre priorità comprendono la cura impalpabile del male di vivere. Quando ha 40 anni ed è diventata Capo lei e si comporta come una chioccia con i suoi sottoposti maschi e li copre e li perdona e non riesce ad avere un rapporto positivo con il potere, non sa usarlo, lo teme, se lo tira sui piedi. Quando ha 50 anni e la mandano in pensione con lo scivolo per far posto a un cretino che costa meno (vale meno, imbarazza meno). Le donne e il tempo, le donne e il lavoro (sempre doppio e triplo perché noi non sappiamo limitarci alla carriera vogliamo tutto), le donne e il potere (il terrore che ci faccia rischiare di non essere amate per noi stesse). Un testo scritto negli anni ottanta e poi negli anni novanta, portato in giro per l’Italia a cavallo del nuovo millennio. Ora scriverò il quarto monologo: la stessa donna, lo stesso giorno, a 60 anni. Parlerò di come dobbiamo imparare a usare il terzo tempo, rifiutare il vuoto. Rispedire al mittente gli stereotipi, riprenderci la vita. Lidia Ravera, scrittrice, sceneggiatrice e giornalista, dopo aver raggiunto la notorietà con il romanzo di esordio Porci con le ali, ha pubblicato numerosi romanzi e saggi, tra i quali: Sorelle, Nessuno al suo posto, Né giovani né vecchi, La festa è finita, Il freddo dentro, Eterna ragazza, in fondo a sinistra…, scritti civili e politici. Con Le seduzioni dell’inverno è stata finalista al premio Strega 2008. Il suo ultimo romanzo è La guerra dei figli.