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PROFITTI CHE CALPESTANO DIRITTI
copertine-I-Amnesty-dicembre_Layout 1 27/06/12 18.38 Pagina 2 I AMNESTY Poste Italiane SpA – Spedizione in abbonamento postale – D.L.353/2003 ( conv.in L.27/022004 n. 46) art. 1, comma 1, Aut. GIPA/C/Roma © SU (Photo: Anna Tresse) Trimestrale sui diritti umani di Amnesty International n. 3 - luglio 2012 PROFITTI CHE CALPESTANO DIRITTI LA RESPONSABILITÀ DELLE AZIENDE IN NIGERIA E NON SOLO copertine-I-Amnesty-dicembre_Layout 1 27/06/12 18.38 Pagina 3 Ibrahim Shalaby - Egitto Hadel Hashim - Egitto Zakaria Elkobbi - Tunisia Rim Saghrouni - Egitto Yassmine Reda - Egitto Sara Tawfiq - Egitto Sohair El Abssy - Egitto CON IL NOSTRO SOSTEGNO QUESTE PERSONE POTRANNO TRASFORMARE LA LORO PRIMAVERA IN UNA LUNGA STAGIONE DI DIRITTI UMANI Hajim Ben Sassi - Tunisia Nehar Serry - Egitto Emad Shalaby - Egitto Omayma Miladi - Tunisia Mohamed Kenawy - Egitto Stai con Amnesty International, dalla parte di chi chiede libertà e diritti. Dona ora! CARTA DI CREDITO chiamando il Numero Verde 800.99.79.99 moduli di donazione allegati sito web: www.amnesty.it/sostienici Foto di Ilya van Marle I Amnesty-luglio-2012_Layout 1 26/06/12 12.41 Pagina 1 GRAZIE EDITORIALE AMNESTY © Vedat Yıldız Cara amica, caro amico, negli oltre 50 anni in cui Amnesty International si è impegnata per i diritti umani nel mondo sono avvenuti molti cambiamenti, alcuni di portata storica. Più di 140 stati del mondo non applicano più la pena di morte. Grazie allo sviluppo della giustizia internazionale, capi di stato sono stati processati per violazioni dei diritti umani, l’esempio più recente è stato la condanna di Charles Taylor a 50 anni di prigione, 20 anni dopo che Amnesty aveva cominciato a documentarne i crimini di guerra. Sempre più spesso viene riconosciuta la responsabilità di attori non statali, come le aziende multinazionali, per gravi violazioni dei diritti umani. La nostra campagna attuale sulle aziende petrolifere nel delta del Niger fa luce sulle loro responsabilità legali, chiede il risanamento delle zone inquinate e risarcimenti adeguati per le persone e le comunità a cui è stata sottratta la base di sussistenza. Le condanne degli anni scorsi, di multinazionali come Vedanta e Trafigura, sono precedenti importanti che dimostrano che anche le vittime dell’inquinamento possono ottenere giustizia. A questi importanti sviluppi si aggiunge la fortissima richiesta di libertà di numerosi popoli, un movimento per la democrazia iniziato in “Dopo 51 anni, la fiamma della candela brucia ancora e voi cercate di aprire le celle ovunque nel mondo. […] Il mio profondo ringraziamento a tutte e tutti voi che contribuite alla libertà e alla giustizia. […] Sogno ancora una Turchia democratica che rispetti i diritti umani. Dentro di me, sento che questo sarà possibile. I vostri sforzi, la vostra campagna, le vostre lettere, le vostre petizioni, mi fanno sperare che questo sarà possibile. Grazie a tutte le persone che mi hanno scritto!" Halil Savda, sostenitore del diritto all'obiezione di coscienza in Turchia e obiettore di coscienza al servizio militare, è stato rilasciato il 13 aprile 2012 Tunisia l’anno scorso, che ha contagiato numerosissimi paesi e portato alla caduta di quattro governi. Siamo però ancora testimoni della fortissima repressione con cui i regimi che rimangono al potere stanno rispondendo. Gli occhi di tutto il mondo sono puntati sulla Siria, dove Amnesty ha documentato gravissime violazioni e crimini contro l’umanità in ben cinque rapporti pubblicati da aprile 2011, chiedendo al Consiglio di sicurezza dell’Onu di deferire il caso siriano alla Corte penale internazionale. I leader del mondo dimostrano di preferire il commercio delle armi a diritti umani e giustizia. C’è ancora bisogno di un forte movimento per i diritti umani, continueremo a scrivere la storia, con il tuo sostegno. Christine Weise Presidente della Sezione Italiana di Amnesty International IN QUESTO NUMERO © Carlos Reyes-Manzo/Andes Press Agency "La strada è ancora molto lunga, ma in ogni caso voglio ringraziare tutte e tutti voi per il sostegno. Senza le vostre lettere, la vostra azione e la vostra solidarietà, non saremmo arrivati fino a questo punto. A ognuna e ognuno di voi, Nomaá ("grazie" in lingua me'phaa)!" Valentina Rosendo Cantù, sopravvissuta alla violenza sessuale in Messico, sta lottando per ottenere giustizia PROFITTI CHE CALPESTANO DIRITTI Elena Gerebizza di Crbm ci racconta la difficile situazione nel delta del Niger a causa dell’inquinamento da petrolio; direttamente da Bodo, nel delta del Niger, David Varena ci parla della battaglia della sua comunità; Laura Renzi, coordinatrice della campagna sulla responsabilità delle aziende di Amnesty descrive altre situazioni in cui la priorità viene data ai profitti e non ai diritti. (pag. 3) TUTTO QUESTO NON DEVE PIÙ SUCCEDERE! Le parole di Patrizia Moretti, Ilaria Cucchi, Lucia Uva e Domenica Ferulli ci raccontano la battaglia dolorosa ma instancabile, dentro e fuori dalle aule di tribunale, di queste quattro donne coraggiose che chiedono senza sosta verità e giustizia per i loro cari, morti nelle mani delle forze di polizia. (pag. 18) RAPPORTO ANNUALE 2012 Monica Ricci Sargentini, giornalista del Corriere della Sera e curatrice del blog “Le persone e la dignità”, realizzato in collaborazione con Amnesty International, ci offre una sua lettura del Rapporto annuale 2012 (rapportoannuale.amnesty.it/2012), il libro di Amnesty che ogni anno fotografa la situazione dei diritti umani nel mondo. (pag. 8) NON È UN FILM “Non è un film” è il titolo della canzone di Fiorella Mannoia e Frankie Hi-Nrg vincitrice del Premio Amnesty Italia 2012. I due artisti, a cui verrà consegnato il riconoscimento il 22 luglio all’interno del festival “Voci per la libertà”, raccontano in un’intervista come è nato il brano e quale valore ha per loro. (pag. 20) I Amnesty-luglio-2012_Layout 1 26/06/12 12.41 Pagina 2 BUONE NOTIZIE Repubblica Democratica del Congo - 14 marzo La Corte penale internazionale ha emesso il suo primo verdetto di colpevolezza nei confronti di un imputato. Si tratta di Thomas Lubanga Dyillo, capo di un gruppo armato, le Forze patriottiche per la liberazione del Congo, responsabile dell'arruolamento forzato di minorenni nel corso del conflitto che insanguinò tra il 2002 e il 2003 la regione dell'Ituri. Lubanga Dyillo era stato arrestato nel 2006 e il processo era iniziato nel 2009. © Ap Graphic cs Bank Guatemala - 14 marzo Pedro Pimentel Rios, estradato dagli Usa nel luglio 2011, è stato condannato a 6060 anni di carcere per aver preso parte al massacro di Dos Erres nel 1982, che provocò la morte di oltre 250 civili. Si tratta del quinto ex militare condannato dalla giustizia guatemalteca per i fatti di Dos Erres: anche gli altri quattro hanno ricevuto una condanna a 6060 anni, equivalente a 25 anni per ogni omicidio. Egitto - 25 marzo George Ramzi Nakhla, attivista del movimento per la democrazia chiamato "Giovani del 6 aprile", è stato rilasciato. Era stato arrestato il 6 febbraio al Cairo nel corso di una manifestazione nei pressi del ministero dell'Interno. Durante la detenzione è stato sottoposto a maltrattamenti e gli sono state negate cure mediche adeguate. Amnesty International aveva lanciato un'azione urgente in suo favore. Siria - 28 marzo Abdullah al-Khalil, noto avvocato difensore di prigionieri politici e di coscienza, prigioniero di coscienza a sua volta, è stato rimesso in libertà. Era stato arrestato il 3 febbraio, in una strada della sua città al-Rawwa, per la quarta volta dal maggio 2011. Prima dell'arresto, la fattoria della 2 www.amnesty.it sua famiglia era stata distrutta e aveva ricevuto minacce di morte. Amnesty International aveva lanciato un'azione urgente per chiedere il suo rilascio. India - 4 aprile Abhay Sahoo, un militante del Partito comunista dell'India, dello stato dell’Orissa, è stato rilasciato dopo oltre tre mesi di carcere per accuse che sono apparse da subito false. Sahoo porta avanti da sette anni una campagna contro la confisca di terreni comunitari in favore di un progetto di 12 miliardi di dollari per un'acciaieria della compagnia sudcoreana Posco. Amnesty International aveva lanciato un'azione urgente in suo favore. Iraq - 10 aprile Bassima Saleem Kiryakos, una funzionaria dell'ufficio della vicepresidenza della Repubblica, è stata rilasciata senza alcuna accusa. Era stata arrestata il 1° gennaio a Baghdad, durante un'irruzione delle forze di sicurezza nella sua abitazione privata, probabilmente in relazione al mandato di cattura emesso nei confronti del vicepresidente Tareq alHashemi, accusato di reati di terrorismo. Amnesty International aveva lanciato un'azione urgente chiedendo che fosse garantita l'incolumità di Kiryakos e che venisse rilasciata, a meno che non fosse provato il suo coinvolgimento in reati di effettiva natura penale. © Archivio privato Ciad - 13 aprile Dopo che a marzo il ministro della Terra aveva comunicato di aver offerto risarcimenti e un altro terreno a 670 persone sgomberate il 24 gennaio per fare spazio a un nuovo albergo, nella zona di Sabbangali, 23 famiglie hanno ricevuto un risarcimento. © Leonid Varlamov Bielorussia - 14/15 aprile Andrei Sannikau, candidato alle elezioni presidenziali del dicembre 2010, e Zmister Bandarenka, che aveva collaborato alla sua campagna elettorale, sono stati rilasciati. Erano stati arrestati e condannati all'indomani delle manifestazioni che, alla fine del 2010, avevano fatto seguito alla contestata rielezione di Aleksandar Lukashenka alla presidenza. Amnesty International li aveva adottati come prigionieri di coscienza. Israele - 17 aprile Khader Adnan, prigioniero palestinese, è stato rilasciato dopo aver trascorso quattro mesi in detenzione senza accusa né processo, più della metà dei quali in sciopero della fame. Amnesty International aveva lanciato un'azione urgente in suo favore, nell'ambito della campagna contro l'uso della detenzione amministrativa da parte delle autorità israeliane. I Amnesty-luglio-2012_Layout 1 26/06/12 12.41 Pagina 3 In primo piano PROFITTI CHE CALPESTANO DIRITTI Stati Uniti d'America - 20 aprile Il Comitato per la grazia della Georgia, per la prima volta dopo quattro anni, ha commutato una condanna a morte in ergastolo. Il provvedimento ha riguardato David Greene, nel braccio della morte da 21 anni, condannato a morte per omicidio. di Elena Gerebizza Messico - 30 aprile La Camera dei deputati ha approvato all'unanimità la legge sulla protezione dei difensori dei diritti umani e dei giornalisti. La legge, di cui Amnesty International auspica la sollecita firma da parte del presidente Calderon, prevede meccanismi di collaborazione tra stato federale e autorità statali per attuare misure efficaci per proteggere difensori dei diritti umani e giornalisti a rischio. Nigeria - 9 maggio Patrick Okoroafor, condannato a morte dopo un processo farsa nel 1997, quando aveva 16 anni, per una presunta rapina che avrebbe commesso due anni prima, è stato rilasciato. Per oltre 15 anni, Amnesty International aveva inviato appelli alle autorità nigeriane per chiedere il suo rilascio. L Egitto - 2 giugno Un tribunale del Cairo ha condannato all'ergastolo l'ex presidente Hosni Mubarak e l'ex ministro dell'Interno Habib Al Adly per non aver prevenuto l'uccisione di oltre 840 manifestanti durante le proteste che si svolsero dal 25 gennaio all'11 febbraio 2011. © Kadir van Lohuizen/Noor Siria - 13 maggio Due giornalisti turchi hanno fatto rientro in patria, dopo aver trascorso due mesi in carcere in Siria. Adel Ozkose e Hamit Coskun erano stati arrestati intorno al 10 marzo da membri delle shabiha (le bande armate che sostengono il governo siriano) e consegnati una settimana dopo alla polizia di Idlib. Amnesty International aveva lanciato un'azione urgente in loro favore. a Nigeria è uno dei paesi più ricchi di risorse naturali e allo stesso tempo uno dei più poveri al mondo. Per ragioni storiche e politiche è una realtà paradigmatica sotto molti aspetti. L'estrazione di petrolio e gas è iniziata negli anni Cinquanta, ben prima dell'indipendenza, quando il governo britannico e le sue aziende ancora la facevano da padroni. www.amnesty.it 3 I Amnesty-luglio-2012_Layout 1 26/06/12 12.41 Pagina 4 In primo piano © Kadir van Lohuizen/Noor Da allora in poi, lo sviluppo del paese è stato profondamente segnato dalle dinamiche politiche, economiche e finanziarie legate allo sfruttamento del petrolio. Le grandi istituzioni internazionali, come la Banca mondiale, sono state tra i principali sostenitori dello sfruttamento del petrolio in Nigeria. Ma dopo 60 anni di esplorazione e sfruttamento, la storia del paese è intrisa di violenza e abusi a danno della popolazione, di sfruttamento indiscriminato delle risorse a vantaggio di pochi, di inquinamento e devastazione ambientale, di degrado e povertà più grave proprio tra le comunità dove viene estratto il petrolio. Il lavoro di Crbm è stato da sempre a sostegno delle richieste di comunità locali e gruppi di base che si trovano ad affrontare violazioni dei diritti umani e violazioni legate alla terra e alle risorse naturali che si trovano nel Elena Gerebizza si occupa di finanza per lo sviluppo, con una particolare attenzione a energia e clima e agli impatti sui diritti umani e sull'ambiente di progetti e politiche sostenuti in questi ambiti a livello italiano ed europeo. Lavora con la Campagna di riforma della Banca mondiale (Crbm, che dal 7 giugno è diventata Re:Common), che mira a una profonda riforma delle istituzioni finanziarie internazionali. www.crbm.org 4 www.amnesty.it loro territorio, per mano di aziende straniere e con il sostegno finanziario di istituzioni pubbliche per lo sviluppo come la Banca mondiale o la Banca europea per gli investimenti. In altre parole, situazioni in cui la narrativa della cooperazione internazionale e della lotta alla povertà viene utilizzata da governi e istituzioni per favorire gli interessi commerciali e finanziari di attori europei, come le multinazionali del petrolio, con poca attenzione agli impatti di sviluppo per le comunità locali. Per questo siamo arrivati in Nigeria, all'inizio seguendo le operazioni della Banca mondiale e della Banca europea per gli investimenti, che già negli anni Ottanta hanno sostenuto la costruzione della West African Gas Pipeline, ritenuta dalle due istituzioni un'infrastruttura che avrebbe aiutato lo sviluppo economico del paese. La Banca mondiale ha I Amnesty-luglio-2012_Layout 1 26/06/12 12.42 Pagina 5 anche finanziato la costruzione di centrali a gas e il processo di privatizzazione del settore energetico al momento in corso. Interventi che non hanno aiutato la popolazione locale. L'accesso universale all'energia è lontano dall'essere raggiunto. I più devono autoprodurla, usando generatori che funzionano con il diesel che viene importato dall'Europa, perché in Nigeria non ci sono nemmeno le raffinerie necessarie a processare il petrolio estratto. L'italiana Eni è tra le multinazionali attive in Nigeria dagli anni Settanta. Environmental rights action (Era), un’organizzazione che si occupa della difesa degli ecosistemi in relazione ai diritti umani, ha fatto da tramite tra le comunità locali che vivono nel delta del Niger, per facilitare l'organizzazione di una missione internazionale di organizzazioni europee che potessero visitare le zone dove operano le compagnie europee. La missione ha avuto luogo nel settembre 2011, ha visitato diverse comunità negli stati di Delta, Rivers e Bayelsa. Sono stati organizzati incontri pubblici, come nella comunità di Ebocha, visite a fuoriuscite di petrolio, come nel caso della comunità di Kalaba, nello stato di Bayelsa, e decine di interviste con uomini, donne, ragazzi, capi tradizionali e capi villaggio. Le informazioni raccolte sono state rese pubbliche attraverso vari rapporti e un video “Oil for Nothing”, presentato assieme ad Amnesty International. Tutto questo è stato la base per preparare l'intervento di Godwin Ojo, direttore di Era, all'assemblea degli azionisti dell'Eni, l’8 maggio 2012. Ojo ha posto delle domande precise rispetto alle numerose perdite e sversamenti causati dagli impianti dell’Eni nell’area, come anche rispetto alla pratica del gas flaring, che continua ininterrotto da decenni. In assemblea non era garantito il diritto di replica e l'ultima parola è stata quella dell'amministratore delegato dell’Eni, Paolo Scaroni, poco attento alle richieste presentate, che ha dichiarato che gli sversamenti sarebbero causati dai sabotaggi a opera di nigeriani. Gli stessi sabotatori poi sarebbero colpevoli di disperdere il petrolio nel delta. Una verità decisamente diversa da quella denunciata dalle comunità locali, dalla società civile nigeriana e internazionale ma simile alle argomentazioni usate anche da altre multinazionali, come la Shell, portata in tribunale a Londra e all'Aja, che nel corso dei processi è passata dall'accusa di sabotaggio all'ammissione di colpa per lo sversamento causato dal Trans Niger Pipeline. Con il sostegno di tutti, i 30 milioni di persone che vivono nel delta del Niger riusciranno a ottenere giustizia. L’8 maggio in occasione dell’assemblea degli azionisti dell’Eni, Amnesty International ha organizzato un’attivazione di fronte alla sede dell’Eni (iopretendodignita.it/assemblea-azionisti-eni), per sensibilizzare gli azionisti sulle violazioni dei diritti umani di cui le compagnie petrolifere presenti in Nigeria, in particolare nel delta del Niger, si rendono responsabili. Le attiviste e gli attivisti hanno distribuito materiale informativo sulla situazione, rendendo visibile e tangibile la tragedia dell'inquinamento nella vita quotidiana dei nigeriani. L’azione di Amnesty Italia “Strappa un impegno a Eni” continua su: amnesty.it/eni_delta_del_niger www.amnesty.it 5 I Amnesty-luglio-2012_Layout 1 26/06/12 12.42 Pagina 6 In primo piano UN PRECEDENTE IMPORTANTE di Dinebari David Vareba Nel 2008 ci sono state due fuoriuscite di petrolio dalla conduttura principale dell’oleodotto della Shell che hanno inquinato gran parte della zona di Bodo. Una ricerca indipendente ha scoperto che le fuoriuscite di petrolio nel fiume Bodo sono state tra i 140 e i 4300 barili di petrolio al giorno. La Nosdra, l’agenzia governativa che si occupa di fare rapporto sulle fuoriuscite di petrolio, ha dichiarato che queste sono andate avanti per 72 giorni. Il risultato è stato la sparizione definitiva della biodiversità e della vita acquatica in tutta Bodo e nei dintorni. Le conseguenze sui mezzi di sostentamento della popolazione locale e sull’ambiente sono state devastanti. Un rapporto del programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, pubblicato lo scorso anno, ha dichiarato che Bodo e tutto l’Ogoniland sono stati fortemente contaminati da petrolio, benzina e idrocarburi e questo ha causato un forte incremento delle malattie nella popolazione, incluso il cancro. Le persone che fino ad allora si erano sostentate con la pesca e l’agricoltura hanno perso tutti i mezzi di sussistenza tradizionali. È inoltre incrementato tra la popolazione il tasso di mortalità. Una ricerca portata avanti dal professor Richard Steiner, che lavora per un istituto negli Usa, ha studiato l’impatto del petrolio su Bodo e ha affermato che ci vorranno più di 50 anni per pulire la zona e perché Bodo ritorni allo stato precedente all’inquinamento. Dopo aver tentato per tre anni di avere giustizia in Nigeria, la popolazione di Bodo si è rivolta a una corte in Gran Bretagna. Non è stato possibile portare la Shell davanti a una corte nigeriana a causa della corruzione, della collusione che c’è tra l’azienda e il governo. I tribunali in Nigeria non sono al momento indipendenti e le potenti compagnie petrolifere possono facilmente oltrepassare il governo nel controllo dei tribunali. È per questo motivo che la popolazione di Bodo ha deciso di portare il caso davanti a una corte nel Regno Unito, dove potrà avere un giudizio imparziale. Solo in quella sede infatti la Shell ha ammesso che le fuoriuscite di petrolio sono state causate dalla corrosione degli oleodotti. Le forme di Dinebari David Vareba è originario della città di Bodo in Gokana, nello stato di Rivers, in Nigeria. È Programme officer del Centro per l'ambiente, i diritti umani e lo sviluppo (Cehrd) in Nigeria, l'associazione con cui Amnesty International ha condotto la sua ultima missione di ricerca a Bodo per analizzare l'impatto delle attività della Shell. Ha svolto ricerche sulla disobbedienza civile nel delta del Niger, per comprendere meglio le dinamiche e arrivare a una migliore salvaguardia dell'ambiente e della giustizia sociale. 6 www.amnesty.it sabotaggio, che la Shell affermava fossero la causa delle fuoriuscite, nonché la raffinazione locale del petrolio, sono successive al 2008, perché dopo questa data la popolazione ha perso i mezzi di sussistenza tradizionali, come la pesca e l’agricoltura. Solo allora la gente ha avuto bisogno di “rubare” il petrolio e raffinarlo per cercare di venderlo. Inoltre come è possibile che la popolazione locale abbia sabotato gli oleodotti vista la massiccia presenza di militari locali che li sorvegliano giorno e notte? La Shell non dovrebbe parlare di sabotaggi quando si tratta di loro inadempienze. Intanto il governo ha aumentato il prezzo della benzina, probabilmente per sostenere l’alto livello di corruzione nel paese, esponenziale nel settore del petrolio. Il parlamento ha portato avanti un’indagine sul settore petrolifero e ha scoperto che sono fortemente corrotte. Molte sono tra l’altro di proprietà di alcuni politici, del passato o attuali. Siamo molto fiduciosi che il giudizio del tribunale del Regno Unito sarà favorevole alla popolazione di Bodo. Le prove sono così chiare che chi prenderà la decisione non potrà ignorarle. Abbiamo fiducia nello studio legale che si occupa di questo caso e che ha fatto ricerche molto approfondite. È composto da 200 avvocati per i diritti umani che hanno presentato un’opinione legale nella quale danno più del 90 per cento di possibilità alla popolazione di Bodo di ottenere giustizia. Siamo felici perché Bodo rappresenterà il primo caso in Nigeria che sarà giudicato da un tribunale estero: un precedente importante. I Amnesty-luglio-2012_Layout 1 26/06/12 12.42 Pagina 7 GLOBALIZZAZIONE SENZA DIRITTI di Laura Renzi © Kadir van Lohuizen/Noor La globalizzazione economica, iniziata alla fine degli anni Ottanta, ha contribuito alla crescita del potere delle aziende. Diverse grandi compagnie, con sede centrale in un paese, sono oggi attive in luoghi diversi, provocando un impatto profondo sulle vite delle persone. Tale impatto può naturalmente essere positivo, come nel caso della creazione di posti di lavoro o delle entrate fiscali, ma anche negativo, con violazioni dei diritti umani e danni ambientali. È in particolare l’industria estrattiva (petrolio, gas e miniere) quella che, negli ultimi anni, sta causando la perdita di mezzi di sussistenza a milioni di persone. I problemi più gravi si riscontrano nei paesi poveri, dove l'influenza che le aziende esercitano sui governi può essere significativa. In Nigeria, ad esempio, e più precisamente nel delta del Niger, le comunità vedono ben poco dei proventi dell’estrazione del petrolio da parte delle grandi compagnie petrolifere Eni, Total e Shell. Le fuoriuscite di petrolio, il gas flaring e il furto di petrolio hanno causato devastanti danni am- bientali e violazioni del diritto al cibo, all’acqua pulita e alla salute. Le operazioni di sicurezza per proteggere gli interessi relativi al settore petrolifero hanno portato a gravi violazioni dei diritti umani, tra cui esecuzioni extragiudiziali, torture e stupri. Finalmente, una delle aziende, la Shell, è finita sul banco degli imputati presso un tribunale britannico, grazie all’impegno della comunità di Bodo. In India, la raffineria di alluminio della compagnia britannica Vedanta Resources ha inquinato per anni l'aria, l'acqua e i terreni nella zona di Lanjigarh, nello stato dell’Orissa, mettendo a rischio la salute delle popolazioni locali e il loro accesso all'acqua. Con la promessa di trasformare la zona in una nuova Dubai, nel 2009 l’azienda aveva presentato un progetto che avrebbe sestuplicato la dimensione della raffineria, senza però informare le comunità locali sul conseguente aumento dell'inquinamento. Nel 2010, l’Alta corte dell’Orissa ha respinto il progetto perché violava le leggi nazionali in materia di ambiente. In attesa della sentenza della Corta interamericana sui diritti umani, la popolazione nativa di Sarayaku, in Ecuador, sta portando avanti con Amnesty International una campagna per la difesa della terra. Nel 2002, infatti, la Chevron, con l’appoggio del governo, è entrata nel territorio, schierando personale e macchinari pesanti per la ricerca di petrolio. Sono intervenute anche le forze armate, costituendo posti di blocco vicino alla comunità. Dopo mesi di mobilitazioni, la popolazione locale è riuscita a mandare via la compagnia che ha però lasciato più di 1,4 tonnellate di dinamite sepolte nel terreno. Il governo si è rifiutato di rimuovere l’esplosivo o di garantire che la comunità sarà consultata per i progetti futuri. Ora la Corte interamericana dei diritti umani è la loro ultima speranza di ottenere giustizia. In Canada, nella provincia di Alberta, 30 anni di estrazione di petrolio e gas hanno provocato un’enorme riduzione della fauna, danneggiando gravemente la caccia, la pesca e l’agricoltura, fonti di sostentamento principali della comunità delle Prime nazioni. Sebbene il governo abbia promesso di stabilire una riserva per i lubicon cree o un riconoscimento legale per le loro terre, in realtà non l’ha mai fatto. La comunità continua a lottare contro le aziende estrattive che intendono appropriarsi di quei terreni e dei beni che racchiudono. Quello che accade è che normative interne deboli e privilegi accordati alle aziende si aggiungono all’assenza di meccanismi internazionali efficaci di accertamento delle responsabilità, provocando effetti devastanti. La soluzione è assicurare che norme chiare sulla sicurezza, sul rispetto dei diritti umani, sulle consultazioni con le comunità locali e sulla trasparenza regolino il comportamento delle aziende e vengano fatte rispettare, ponendo fine allo strapotere degli attori economici e alla loro connivenza con i governi. www.amnesty.it 7 I Amnesty-luglio-2012_Layout 1 26/06/12 12.42 Pagina 8 Notizie dal mondo Una fotografia dello stato dei diritti umani nel mondo di Monica Ricci Sargentini Nel 2012 il mondo sarà migliore? La spinta che viene dalle strade per un cambiamento contro la tirannia e la disuguaglianza riuscirà a costruire società più forti, basate sul rispetto dei diritti umani? Le speranze sono tante se si guardano i contenuti del Rapporto 2012 di Amnesty International che documenta la situazione in 155 stati e territori del mondo nel 2011, l’anno in cui Amnesty ha celebrato il suo 50° anniversario. “Inizialmente – scrive nell’introduzione Salil Shetty, il Segretario generale di Amnesty International – sembrava che le manifestazioni e i disordini fossero limitati ai paesi dove lo scontento e la repressione erano prevedibili. Ma con il passare dei mesi è stato chiaro che il fallimento dei governi nel garantire la giustizia, la sicurezza e la dignità umana stava alimentando le proteste in tutto il mondo. Da New York e Mosca a Londra e Atene, da Dakar e Kampala a La Paz e Cuernevaca, da Phnom Penh a Tokyo, la gente è scesa nelle strade”. La caduta di Ben Ali in Tunisia e quella di Mubarak in Egitto sono state un esempio che ha acceso la speranza. Ma la strada verso la democrazia è ancora lunga e un ruolo fondamentale lo dovrebbe giocare la comunità internazionale che, però, finora non si è rivelata all’altezza della situazione. Paura, prevaricazione, opportunismo e ipocrisia hanno animato il dibattito all’interno del Consiglio di sicurezza dell’Onu e le risposte alle rivolte in Medio Oriente e Africa del Nord sono state molto diverse. Se in Libia si è avallato l’intervento di una forza internazionale a protezione dei civili, lo stesso non è successo per la Siria dove il veto di Russia e Cina ha affondato l’approvazione di una risoluzione che chiedeva la fine della violenza e le dimissioni del presidente Bashar al-Assad. “Possono gli stessi paesi che hanno il potere di porre il veto a qualunque risoluzione del Consiglio di sicurezza – si domanda Shetty – essere ritenuti affidabili nel perseguire la pace e la sicurezza internazionale quando sono coloro che più guadagnano dal commercio globale di armi?”. Mentre impedisce l’approvazione di una risoluzione per tutelare i cittadini siriani, Mosca rifornisce di armi e munizioni il governo siriano buttando così benzina sul fuoco. I cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sono quelli che più commerciano in armi con8 www.amnesty.it venzionali. Insieme hanno totalizzato un profitto di almeno il 70% di tutte le maggiori esportazioni di armi nel 2010: Stati Uniti (30%), Russia (23%), Francia (8%), Regno Unito (4%) e Cina (3%). Questa situazione deve finire. Per poter autorevolmente garantire la pace e la sicurezza nel mondo gli stati dovrebbero adottare un forte Trattato sul commercio di armi che impedisca l’arrivo di armi e munizioni nei paesi dove esiste il rischio di gravi violazioni dei diritti umani. La speranza è che a luglio gli stati membri delle Nazioni Unite trovino un accordo sul testo finale del Trattato. Il fallimento della leadership si riscontra anche nella reazione dei governi occidentali alla crisi economica. Non è scattata alcuna solidarietà da parte dei “potenti” verso le persone che avevano perso il lavoro o la casa. Negli Stati Uniti, per esempio, si è pensato a salvare le istituzioni fi- I Amnesty-luglio-2012_Layout 1 26/06/12 12.42 Pagina 9 Monica Ricci Sargentini ha cominciato a lavorare come giornalista nel 1989 in contemporanea con il crollo del muro di Berlino e da 17 anni segue i maggiori avvenimenti internazionali. Dal 2004 lavora nella redazione Esteri del Corriere della Sera. © Guy Martin/Panos nanziarie che “erano troppo grandi per fallire” ma non si è pensato a vincolare l’uso di quei finanziamenti. In molti paesi il patto sociale tra governi e governati si è rotto. Le proteste di piazza contro le misure d’austerità sono state represse in Grecia (e non solo) con ampio uso di prodotti chimici. E la procura di Atene ha aperto un’inchiesta sull’uso eccessivo della forza nelle manifestazioni del 15, 28 e 29 giugno 2011. Nel Rapporto Amnesty chiede che “sia introdotto un maggior controllo, soprattutto sulle istituzioni finanziarie, per prevenire il tipo di crisi economica che nel mondo continua a far sprofondare molte persone nella povertà”. Nel 2011, migliaia di rifugiati e migranti sono arrivati in Europa alla ricerca di sicurezza e di un futuro. Almeno 1500 persone sono affogate durante il viaggio e quelli che sono riusciti a traversare il mare hanno trovato un’Europa tut- t’altro che accogliente. Ad aprile l’Italia ha dato il via a espulsioni sommarie e di massa dei cittadini tunisini giunti a Lampedusa. Molti stati europei, tra cui Francia e Regno Unito, si sono rifiutati di accogliere i rifugiati sfollati dal conflitto armato in Libia, nonostante facessero parte della forza internazionale che era intervenuta nel paese. Sono cresciuti gli episodi di discriminazione nei confronti delle minoranze etniche e religiose, alimentati da partiti populisti della destra radicale che hanno avuto successo un pò ovunque in Europa: la Grecia e la Francia ne sono un esempio. Scorrendo le 748 pagine del Rapporto è facile incappare anche in alcune buone notizie. In Argentina, Reynaldo Bignone, ex generale dell’esercito, e Luis Abelardo Patti, politico ed ex funzionario di polizia, sono stati entrambi condannati all’ergastolo ad aprile per omicidio, rapimento e tortura, commessi nella città di Escobar negli anni Settanta. A ottobre, l’ex capitano della marina Alfredo Astiz e altri 15 sono stati condannati al carcere con pene tra i 18 anni e l’ergastolo per il loro ruolo in 86 crimini contro l’umanità commessi negli anni Settanta. In Bolivia, ad agosto, la Corte suprema ha giudicato colpevoli sette ex ufficiali di alto rango ed ex funzionari dei diritti civili per il loro ruolo negli eventi conosciuti come “Ottobre nero”, in cui persero la vita 67 persone e oltre 400 rimasero ferite nel 2003. In Brasile, poi, la presidente Rousseff ha ratificato una legge che prevede la creazione di una commissione verità per indagare sulle violazioni dei diritti umani commesse tra il 1946 e il 1988. Dall’altra parte dell’oceano, in Serbia, il 26 maggio del 2011 è finita una delle più grandi cacce all’uomo d’Europa quando è stato arrestato l’ex generale Ratko Mladic, ricercato dal 1996 per numerosi crimini di guerra tra cui l’assedio di Sarajevo e la strage di Srebrenica. Due mesi dopo è stato preso anche il serbo croato Goran Hadzic, l’ultimo a essere ancora in libertà. Le notizie, buone o cattive, non finiscono qui. Il Rapporto ne è una fonte inesauribile, una sorta di vademecum dei diritti umani da tenere sempre a portata di mano. Leggetelo. Le persone e la dignità Quando io e gli amici di Amnesty International cominciammo a parlare di un blog sui diritti umani da pubblicare sul sito del Corriere della Sera, non avevamo idea del successo che avrebbe avuto. Oggi a più di un anno di distanza dalla sua nascita, il 28 maggio del 2011, “Le persone e la dignità” (lepersoneeladignita.corriere.it) vanta 150mila utenti unici al mese, una media di due post al giorno e più di 2000 commenti. La bella sorpresa è stata quella di veder crescere una piccola comunità di lettori appassionati al tema dei diritti umani. Il dibattito, a volte acceso, sul nostro blog non manca mai. M.R.S. www.amnesty.it 9 I Amnesty-luglio-2012_Layout 1 26/06/12 12.42 Pagina 10 Notizie dal mondo © REUTERS/Handout NON SI FERMA LA VIOLENZA IN SIRIA Il 14 aprile, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato con forte ritardo una risoluzione che chiede la piena attuazione del piano Annan e dispone l'immediato invio di 30 osservatori non armati. Il piano chiede la cessazione della violenza, l'inizio di un processo di dialogo politico e il rispetto di una serie di diritti umani. Il problema reale resta l’inaffidabilità della Siria visto che dal 14 aprile sarebbero 1300 le persone uccise, di cui 49 bambini e 34 donne. Domenica 1° aprile sono stati arrestati 13 studenti e, secondo testimoni oculari, perquisiti, picchiati e insultati da uomini in borghese, probabilmente appartenenti ai servizi segreti dell'Aeronautica, prima di essere portati via. Il 25 maggio, un attacco nella città di Houla ha ucciso 108 civili. Secondo attivisti locali, nel pomeriggio soldati di guardia a un posto di blocco hanno sparato contro una manifestazione pacifica; l'opposizione armata li ha allora attaccati e il fuoco incrociato ha provocato numerose di vittime. Dopo di che l'esercito siriano ha lanciato colpi di artiglieria e razzi contro la città, anche al ritmo di uno al minuto. Due giorni dopo, l'agenzia d'informazione statale Sana ha affermato che le vittime di Houla erano state uccise da "gruppi terroristi legati ad al-Qaeda" e il ministro degli Esteri ha annunciato l’inchiesta di una commissione militare. Il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha condannato l'attacco a Houla ma ancora una volta non ha preso alcuna misura concreta per fermare la violenza. Il 29 maggio, Australia, Canada, Francia, Germania, Italia, Olanda, Regno Unito e Spagna hanno espulso gli ambasciatori siriani. ACCORDO PER I PRIGIONIERI PALESTINESI Circa 2000 palestinesi detenuti nelle carceri israeliane hanno sospeso lo sciopero della fame che durava da un mese, dopo che Israele ha accettato di attuare alcune misure per migliorare le condizioni di prigionia. Grazie all'accordo mediato dall'Egitto, Israele ha sospeso l'isolamento per 19 prigionieri (durato fino a 10 anni) e ha tolto il divieto di visite familiari per i detenuti della Striscia di Gaza, in vigore dal 2007. Molti di coloro che avevano intrapreso lo sciopero della fame erano in detenzione amministrativa, imprigionati con un ordine militare, rinnovabile a tempo indeterminato. Anche per il calciatore palestinese Mahamud al Sarsak, dopo 92 giorni di sciopero della fame, è stato trovato un accordo e verrà liberato il 10 luglio. 10 www.amnesty.it NUOVI ACCORDI TRA ITALIA E LIBIA Il quotidiano La Stampa ha reso pubblici i contenuti dell’accordo – processo verbale della riunione – siglato dai ministri dell’Interno italiano, Annamaria Cancellieri, e quello libico, Fawzi Altaher Abdulati, il 3 aprile a Tripoli. Il quadro è quello del “contrasto all’immigrazione illegale”, sottolineato con enfasi nel testo, senza garanzie per i richiedenti asilo. L’Italia chiede alla Libia di prevenire le partenze e s’impegna a collaborare a questo scopo. Ciò, di fatto, significa che l’Italia offre collaborazione a mettere a rischio la vita delle persone che si trovano in Libia. Sembra che il governo italiano si accontenti di “rassicurazioni diplomatiche” da parte di uno stato che non è in grado di garantire il rispetto dei diritti umani di migranti, richiedenti asilo e rifugiati. COLPO DI STATO IN GUINEA-BISSAU Dopo il colpo di stato del 12 aprile in Guinea-Bissau, alcune manifestazioni spontanee di donne e giovani sono state disperse con violenza dalle forze armate; alcuni partecipanti sono stati picchiati, uno è stato accoltellato a una gamba ed è ricoverato in ospedale in condizioni gravi ma stabili. Le emittenti radiofoniche sono state chiuse nelle prime ore del colpo di stato, mentre la tv di stato ha ripreso a trasmettere sotto il controllo dei militari. Difensori dei diritti umani, esponenti della società civile e addirittura ministri del deposto governo si starebbero nascondendo per evitare l'arresto, mentre i militari al potere si accaniscano contro i loro familiari per costringerli ad arrendersi. © Archivio privato CHEN GUANGCHENG SCAPPA DALLA CINA A fine aprile, Chen Guangcheng, avvocato attivista cinese, è riuscito a fuggire dagli arresti domiciliari, ai quali era stato confinato dopo quattro anni passati in prigione. Si è rifugiato presso l’ambasciata statunitense ma è stato poi trasferito in un ospedale di Pechino, a seguito delle pressioni dei funzionari americani e delle rassicurazioni del governo cinese, che ha promesso di permettergli di vivere e studiare. Quando però ha incontrato la moglie in ospedale, dove era ricoverato per una frattura al piede riportata durante la fuga, ha saputo che la donna era stata legata a una sedia, picchiata e interrogata dalle autorità cinesi e ha deciso di lasciare il paese. Il 20 maggio, Chen Guangcheng è giunto con moglie e figlie a New York. Il caso ha provocato tensioni tra Usa e Cina. I Amnesty-luglio-2012_Layout 1 26/06/12 12.42 Pagina 11 © Beatrice Lencioni Breve Autorità palestinese - Il 3 aprile, l’ufficio del procuratore della Corte penale internazionale ha reso noto che non potrà prendere in considerazione denunce di crimini commessi durante il conflitto del 2008-2009 a Gaza se l'Onu o gli stati parte della Corte non determineranno che l'Autorità palestinese è uno stato. DIRITTI LGBTI NEGLI USA Un emendamento costituzionale approvato il 9 maggio mediante referendum in Nord Carolina, negli Usa, ha vietato i matrimoni e le unioni civili tra persone dello stesso sesso. Nell’ultimo periodo Obama e altre figure della sua amministrazione hanno fatto invece dichiarazioni favorevoli ai matrimoni tra persone dello stesso sesso, legalmente riconosciuti solo in Vermont, New York, New Hampshire, Washington DC, Massachusetts, Maryland, Connecticut, Washington e Iowa. ATTACCHI RAZZISTI A PESCARA Dopo l'uccisione a Pescara di Domenico Rigante, un tifoso della squadra di calcio locale di 24 anni, avvenuta il 1° maggio, della quale è sospettato un cittadino italiano di etnia rom, gruppi di tifosi e di amici della vittima hanno manifestato contro la comunità rom. Non sono stati commessi atti di violenza, ma nel corso delle proteste si sono levati cori discriminatori e minacce. Tra l’altro nel quartiere Rancitelli, abitato da molti rom, sono stati esplosi colpi in aria e gruppi di persone col volto coperto da sciarpe e cappelli, sono entrati in una sala bingo di Pescara e in un'altra di Montesilvano, con l'intenzione di aggredire i rom che spesso frequentano quei luoghi. Libia - Il 4 aprile, la Corte penale internazionale ha chiesto alla Libia di consegnare Saif al-Islam Gheddafi, ricercato per crimini contro l'umanità in relazione alla brutale repressione delle manifestazioni nel paese. Dalla sua cattura, a novembre, è in isolamento in un luogo segreto, senza accesso a un avvocato né ai familiari. Italia - Ha destato forti polemiche la foto diffusa dal regista Francesco Sperandeo, scattata il 18 aprile su un volo Roma-Tunisi, dove si vede un cittadino tunisino respinto dall'Italia imbavagliato. Sul volo c’erano due tunisini respinti, tenuti con nastro marrone da pacchi sul viso e fascette di plastica per bloccare i polsi. Serbia - Il 26 aprile, a Belgrado, è iniziato uno sgombero di massa che rischia di disperdere o lasciare senza un alloggio almeno una parte delle 250 famiglie colpite. Lo sgombero è avvenuto senza alcuna consultazione. È probabile che il destino di molte famiglie rom sia, per molti anni, un container di metallo. Cambogia - Chut Wutty, noto attivista per i diritti dell'ambiente, è stato ucciso il 26 aprile, insieme a un agente della polizia militare, nella provincia di Koh Kong. Wutty, direttore del Gruppo per la protezione delle risorse naturali, Ong impegnata a salvaguardare il patrimonio forestale, aveva già ricevuto minacce. Sierra Leone - Il 26 aprile, il Tribunale speciale per la Sierra Leone ha riconosciuto colpevole di 11 capi d’accusa, relativi a crimini contro l’umanità e crimini di guerra, l’ex presidente della Liberia, Charles Taylor. Una pietra miliare per la giustizia penale internazionale. Cina - Al-Jazeera English si è vista costretta a chiudere il suo ufficio di Pechino dopo che il 9 maggio la sua reporter, Melissa Chan, è stata espulsa dalla Cina. Il ministero degli Esteri non ha fornito alcuna spiegazione per la decisione. Messico - Il 18 maggio, il cadavere mutilato di Marco Aurelio Avila García, un famoso giornalista di cronaca nera, è stato ritrovato in una busta della spazzatura nello stato di Sonora. Dal 28 aprile sono stati sei i giornalisti uccisi nel paese. © IRFS EUROVISION 2012: SILENZIO DAVANTI ALLE VIOLENZE Alla vigilia del concorso musicale Eurovision 2012 in Azerbaigian, la repressione della polizia si è rafforzata. Il 14 maggio, le forze di polizia hanno circondato i giardini Sabir, a Baku, interrompendo una manifestazione pacifica di 300 persone che chiedevano la liberazione dei prigionieri politici. Molte persone sono state arrestate. Il 21 maggio, prima dell'inizio dell’evento, la polizia ha costretto 200 manifestanti a salire su un autobus, scaricandoli fuori città, picchiandone molti e arrestandone 38. L’European broadcasting union che ha organizzato il concorso, nonostante un generico impegno in favore della libertà d’espressione, è rimasto in totale silenzio. Nella notte tra il 12 e 13 giugno, Meham Museynov, coordinatore di una campagna che chiedeva ai partecipanti al concorso di schierarsi contro le violazioni, è stato arrestato. Ucraina - Il 20 maggio, quello che doveva essere il primo Pride del paese è stato annullato, 30 minuti prima dell'inizio. La polizia di Kiev ha chiesto agli organizzatori di cancellarlo, sostenendo che 500 tifosi di calcio di estrema destra si stavano dirigendo verso il punto di partenza della manifestazione per fermarla. Kuwait - Hamad al-Naqi, un esponente della minoranza musulmana sciita, è stato condannato il 5 giugno a 10 anni di carcere e ai lavori forzati per aver postato su Twitter commenti giudicati offensivi nei confronti delle autorità dell'Arabia Saudita e del Bahrein e dell'Islam. Egitto - Alla vigilia dei risultati elettorali, che hanno stabilito la vittoria di Mohammed Morsi dei Fratelli musulmani, il 16 giugno il Consiglio supremo delle forze armate ha deciso di conferirsi poteri sulle materie relative alle forze armate, rimuovendo ogni forma di controllo delle istituzioni civili sull'operato dell'esercito. www.amnesty.it 11 I Amnesty-luglio-2012_Layout 1 26/06/12 12.42 Pagina 12 I Amnesty-luglio-2012_Layout 1 26/06/12 12.42 Pagina 13 Anela Krasnic, il suo vicino Zoran Durmisevic e suo figlio Danijel siedono fuori dalla loro ex casa a Belgrado, in Serbia. Cinque famiglie rom che vivevano in edifici di loro proprietà sono state sgomberate con la forza e lasciate per strada con i loro averi. Le violazioni dei diritti dei rom e la discriminazione nei loro confronti è uno dei temi trasversali del Rapporto annuale 2012, un problema che riguarda in particolar modo l’Europa. © Sanja Knezevic I Amnesty-luglio-2012_Layout 1 26/06/12 12.42 Pagina 14 Amnesty in Italia HUMAN RIGHTS FRIENDLY SCHOOLS di Chiara Pacifici Che cos’è una “scuola amica dei diritti umani” Il progetto “Scuole amiche dei diritti umani”, rivolto alle scuole secondarie di secondo grado, nasce nel contesto del programma mondiale per l’Educazione ai diritti umani proclamato dall’Onu nel dicembre 2004. Il programma promuove un approccio globale all’educazione basato sui principi della Dichiarazione Onu sull’Educazione e formazione ai diritti umani del 2011, che richiede che tutti gli stati membri forniscano educazione su, attraverso e per i diritti umani. In una “scuola amica dei diritti umani” i giovani sono invitati a riconoscere quali sono i loro diritti, a condividerli con gli altri e a farli rispettare dentro e fuori dall’ambiente scolastico. Il progetto è presente in 20 paesi del mondo: Benin, Cile, Costa d’Avorio, Croazia, Danimarca, Ghana, Irlanda, Israele, Italia, Kenya, Moldova, Mongolia, Marocco, Paraguay, Polonia, Regno Unito, Repubblica Ceca, Senegal, Sudafrica e Ungheria. In queste scuole vengono promossi il rispetto, la non discriminazione, la dignità e la libertà di espressione attraverso la partecipazione attiva dell’intera comunità scolastica. Grazie al coinvolgimento di tutta la scuola, i diritti umani sono integrati con tutte le attività, in modo che ognuno abbia l’opportunità di capire e di attivarsi concretamente per promuoverli. Studenti, insegnanti, genitori e personale non docente, attraverso corsi specifici, workshop tematici e percorsi formativi hanno l’opportunità di informarsi e di partecipare alle decisioni della scuola, contribuendo in prima persona alla costruzione di un ambiente aperto alla conoscenza e alla diffusione di una cultura dei diritti umani. Gli istituti scolastici che partecipano al progetto condividono le conoscenze e le esperienze a livello internazionale. Le “scuole amiche dei diritti umani” nel mondo Gli studenti e le studentesse danesi hanno trasformato per alcuni giorni la loro scuola in un campo profughi, imparando per esperienza diretta che cosa significa vivere in un mondo in cui i diritti umani sono sistematicamente violati. In Irlanda, genitori e studenti hanno accolto la diversità e affrontato 14 www.amnesty.it l’emarginazione degli studenti migranti, dando vita a un centro linguistico che offre corsi di albanese, arabo, romeno e urdu. Alcune scuole in Polonia hanno invitato funzionari governativi per discutere l’inserimento dei diritti umani nel curriculum nazionale. E in Italia In Italia le “scuole amiche dei diritti umani” sono tre: l’Istituto tecnico tecnologico “Marie Curie” di Napoli, l’istituto di istruzione superiore “Enrico Mattei” di San Lazzaro di Savena (BO) e il liceo “Norberto Rosa” di Susa e Bussoleno (TO). I docenti dell’istituto “Marie Curie” hanno partecipato al corso di formazione “Primi Passi. Strumenti e metodi per l’Educazione ai diritti umani” e la scuola ha avuto l’opportunità di incontrare Touria Bouabid, responsabile del progetto di Amnesty Marocco (intervistata nel n. 2 - 2012 di I Amnesty). L’istituto “Enrico Mattei” l’8 marzo si è attivato per le donne siriane e, nella giornata della memoria, ha organizzato lo spettacolo teatrale “Ombre nella memoria", ispirato al libro “Uno psicologo nei lager” di Viktor Frankl. Per sensibilizzare sulle conseguenze dell’inquinamento delle compagnie petrolifere nel delta del Niger, gli studenti e le studentesse del “Norberto Rosa” hanno partecipato a un’attivazione, facendosi fotografare dopo aver immerso nella vernice nera oggetti di uso comune. Il prossimo anno ci auguriamo che nuove scuole aderiscano al progetto e inizino insieme ad Amnesty un percorso che le porti ad attivarsi per rendere la scuola un luogo, dove poter esercitare i propri diritti e rispettare e sostenere i diritti degli altri. Per saperne di più e per iscrivere la tua scuola scrivi a: [email protected] S I Amnesty-luglio-2012_Layout 1 26/06/12 12.42 Pagina 15 L’Assemblea generale di Amnesty International, la casa dei diritti umani A Senigallia, dal 28 al 30 aprile, l’Assemblea generale di Amnesty Italia è diventata la casa dei diritti umani. La casa che ha accolto tante e tanti ospiti, di alcuni dei quali in questa rivista potrete leggere interviste e testimonianze. Persone che ci hanno raccontato come la lotta per difendere i diritti umani sia dura e dolorosa, di come per ottenere il minimo risultato occorra il massimo sforzo. Ma è uno sforzo che vale la pena fare, e dev’essere fatto, in Siria come in Nigeria e anche, naturalmente, in Italia. L’Assemblea generale ha raccolto tutte le attiviste e gli attivisti insieme a coloro che lavorano ogni giorno affinché in Italia sempre più persone si mobilitino contro le violazioni dei diritti umani. Eravamo più di 350 persone. Molti si ritrovano, di anno in anno, portando avanti una militanza iniziata nel secolo scorso con entusiasmo e passione intatti. Per un numero ancora maggiore di persone, era la prima Assemblea. È stato bello vedere nuovi attivisti e attiviste perdere lo spaesamento dopo pochi minuti, annusare un’aria comune d’impegno per i diritti umani. È stato bello condividere la forza di un comune sentire. Così, in un ricco ordine del giorno ottimamente gestito dalla presidenza dell'Assemblea, tra le testimonianze degli attivisti siriani in esilio e le mozioni organizzative e statutarie, tra il racconto della vita impossibile delle comunità del delta del Niger e le relazioni del Comitato direttivo e degli altri organi dell’associazione, tra le parole della nostra ricercatrice sulla Libia appena arrivata da Tripoli e un serrato dibattito sulle tecniche di raccolta fondi, tre giorni sono scivolati veloci. Arricchiti dalla commozione dell’incontro con le madri, le figlie, le sorelle di vittime di violazioni dei diritti umani avvenute in Italia nell’ultimo decennio. È soprattutto per loro che Amnesty deve continuare a essere la casa dei diritti umani. Carlotta Sami Direttrice generale della Sezione Italiana di Amnesty International www.amnesty.it 15 I Amnesty-luglio-2012_Layout 1 26/06/12 12.42 Pagina 16 Amnesty in Italia VISITA WWW.AMNESTY.IT E ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER! SARAI PERIODICAMENTE HUMAN RIGHTS ARE MY PRIDE! Nell'ambito delle attività della campagna "Per un'Europa senza discriminazione", Amnesty International ha lanciato, in collaborazione con le varie associazioni Lgbti nazionali, un appello rivolto al ministro del Lavoro e delle pari opportunità, Elsa Fornero, e ai presidenti delle camere chiedendo loro di colmare al più presto la lacuna della legislazione penale italiana, che non contempla l'omofobia e la transfobia tra le possibili cause di discriminazione. Amnesty ha inoltre organizzato dal 6 al 16 giugno l’evento “Lbgti human rights tour” a cui hanno preso parte tre attivisti per i diritti umani delle persone Lgbti in Europa: Olga Lenkova dell'associazione Coming Out di San Pietroburgo (Russia); Şevval Kılıç, attivista transgender dell'Istanbul Lgbtt Solidarity Association (Turchia) e Amarildo Fecanji dell'associazione Pink Embassy di Tirana (Albania), che per 10 giorni hanno girato l’Italia partecipando a una serie di iniziative. Amnesty International Italia ha partecipato inoltre al Bologna Pride 2012 di sabato 9 giugno, aderendo alla modalità di svolgimento, solidale con le popolazioni colpite dal terremoto, proposta dal comitato organizzatore della manifestazione. AMNESTYN Amnesty International rappresenta un energetico, una vitamina che dà forza e fa attivare quando pochi o nessuno lo farebbero. Così il 26 e 27 maggio 2012, centinaia di attiviste e attivisti di Amnesty International sono scesi in piazza in occasione della 6° edizione delle Giornate dell’Attivismo per presentare il lavoro dell’associazione alle persone come un energetico - AMNESTYN - e chiedendo loro di provarlo e di entrare a far parte della più grande comunità di difensori dei diritti umani del mondo. Da Roma a Milano, da Genova a Bari, da Palermo a Torino e in tantissime altre città italiane il messaggio è stato uno: che sia un incontro in una scuola, un’azione di mobilitazione o la raccolta delle firme per un prigioniero di coscienza, AMNESTYN funziona e aiuta a vivere meglio te e chi ti sta intorno. amnesty.it/energetico-diritti-umani DIRITTI NEGATI: ROM IN ITALIA L'8 aprile si è celebrata la Giornata internazionale dei rom e sinti. Anche quest’anno Amnesty International ha festeggiato questa ricorrenza, organizzando insieme all’Associazione 21 Luglio l’iniziativa “Pasquetta con le famiglie rom”. La giornata ha visto coinvolti gli attivisti e le attiviste delle due organizzazioni e le famiglie rom in uno scambio culturale e un’esperienza di conoscenza reciproca. Abbiamo colto l’occasione per manifestare solidarietà alle famiglie rom di uno dei campi rom informali della capitale nei pressi di via Severino, dove gli abitanti (circa 50 persone) si erano appena trasferiti a seguito di un sgombero forzato da un altro campo vicino, avvenuto a fine marzo. Nonostante la gioia condivisa, si poteva percepire nei loro occhi la paura che tutto finisse lì senza la possibilità di un’altra occasione simile. “Speriamo di essere ancora qui quando verrete a trovarci di nuovo“, ci ha detto uno dei residenti del campo. All’inizio di giugno, le famiglie con cui gli attivisti e le attiviste di Amnesty International hanno celebrato la Giornata internazionale dei rom e sinti sono state nuovamente sgomberate dalle loro abitazioni senza che le autorità fornissero loro alcuna alternativa di alloggio. VOCI PER LA LIBERTÀ UNA CANZONE PER AMNESTY Dal 19 al 22 luglio si tiene la 15° edizione del festival Voci per la libertà - Una canzone per Amnesty. Quest’anno l’evento si svolgerà a Rosolina Mare (RO) e vedrà, come ogni anno, avvicendarsi sul palco gruppi emergenti, con brani che avranno come tema il rispetto dei diritti umani, e ospiti importanti. Il programma prevede: 19 luglio, concorso e Carlotta; il 20 luglio concorso e Quintorigo; 21 luglio, concorso e Gnuquartet con Niccolò Fabi; 22 luglio, finale del concorso e consegna del Premio Amnesty Italia a Fiorella Mannoia e Frankie Hi-Nrg, per la canzone “Non è un film” (vedi pag. 20-21). 16 www.amnesty.it IO PRETENDO DIGNITÀ © Masoero Guya Dopo il grande successo del concorso fotografico 2010, dedicato alle donne (nella foto, uno degli scatti vincitori), il gruppo 235 di Amnesty ha deciso di replicare: fino al 27 ottobre, gli appassionati di fotografia potranno usare la loro fantasia e creatività per parlare di diritti umani. L’argomento sarà la richiesta di dignità, a partire dalla campagna di Amnesty International, che da oltre tre anni è impegnata su questo importante tema. Dal 29 novembre al 2 dicembre tutte le foto saranno esposte presso lo Spazio Incontri, in Piazza De Ferrari a Genova. Leggi il regolamento e scopri come partecipare! www.iopretendodignita.it/concorso-fotografico AGGIOR AGGIORNATO SU TUTTE LE NOSTRE ATTIVITÀ NELLA DICHIARAZIONE DEI REDDITI PUOI DESTINARE AD AMNESTY INTERNATIONAL IL 5X1000 DELL’IRPEF. RICORDA IL CODICE FISCALE DI AMNESTY: 03 03 11 10 582! SPETTACOLO TEATRALE “L’AUTOBUS DI ROSA” Un nonno e un nipotino oggi, nell’America di Obama. Il nonno ha una sorpresa in serbo per il ragazzo, ma la delusione è al massimo quando entrano in un museo, per di più pieno di vecchie macchine ... il nonno si ferma davanti a un autobus stile anni Cinquanta: sì, è proprio l’autobus su cui, in quel giorno del 1955, erano seduti lui e Rosa Parks quando vennero fatti alzare perché quei posti “erano riservati ai bianchi”. Solo che Rosa fu schiodata solo con l’arrivo della polizia, mentre lui si era fatto in quattro per convincere quella minuta donna sconosciuta a non intestardirsi in una battaglia che sembrava già persa. La compagnia MD Teatro, con la produzione di ENTR'ARTe, ha deciso di portare in scena il libro “L’autobus di Rosa” (Orecchio acerbo) di Fabrizio Silei, patrocinato da Amnesty International. Dopo il debutto a Firenze a maggio, sono previste repliche a Milano, Roma e Firenze nella primavera 2013. Mai come adesso, alla luce degli attuali avvenimenti, è necessaria una rappresentazione teatrale come questa che cerchi di far ragionare le vecchie e nuove generazioni invece di allarmarle. Lo spettacolo è pensato per bambini/e dai 9 anni in su. Per informazioni: [email protected] LE SCUOLE ITALIANE PER IL DELTA DEL NIGER Durante l’anno scolastico 2011/2012 molte scuole si sono attivate insieme ad Amnesty International per difendere i diritti umani degli abitanti del delta del Niger (vedi pag. 4). Il 14 e il 31 marzo i ragazzi del liceo “Norberto Rosa”, della Valle di Susa (TO), che aderiscono al nostro progetto “Human Rights Friendly Schools” (vedi pag. 14/15), hanno partecipato alla foto-petizione per chiedere alla Shell di assumersi le proprie responsabilità, bonificando i terreni inquinati e risarcendo le persone per i danni subiti. Per sensibilizzare sugli effetti dell’inquinamento da petrolio, gli studenti si sono fatti fotografare dopo aver immerso nella vernice nera oggetti di uso comune. Spugne, cartoni del latte, scarpe, pinze, presine, guanti sono diventate il simbolo di come le industrie estrattive hanno stravolto la quotidianità degli uomini e delle donne nigeriane. Alla foto-petizione hanno partecipato, durante l’Assemblea generale di Amnesty International, anche ragazze e ragazzi dei Gruppi giovani. Alunne e alunni dai 9 ai 13 anni che aderiscono al progetto Amnesty Kids si sono attivati per ricordare aziende petrolifere e al governo nigeriano le loro responsabilità. Partecipando all’azione urgente kids, hanno scritto più di un migliaio di messaggi su “gocce d’acqua” e “pesci” di carta che hanno popolato un fiume di stoffa azzurra lungo oltre 40 metri. Il “fiume dei diritti” realizzato dalle classi Amnesty Kids è stato poi consegnato a David Vareba ed è stato steso davanti alla sede dell’Eni in occasione dell’Assemblea degli azionisti, l’8 maggio. APPELLI Tunisia Manal Boualagi Cina Chen Zhenping Manal Boualagi, 26 anni, madre di due figli è stata colpita al petto nel pomeriggio del 9 gennaio 2011 nella città di Regueb. È morta durante il trasporto dall’ospedale di Regueb alla struttura più attrezzata di Sfax. Il medico che l’ha visitata sostiene che la traiettoria del proiettile dimostra che il colpo è arrivato da un edificio vicino, probabilmente sparato da un cecchino. Nello stesso giorno a Regueb sono state uccise cinque persone a causa dell’uso di forza letale da parte della polizia per reprimere le proteste, alle quali peraltro Manal non stava partecipando. Chen Zhenping, praticante del Falun Gong, è stata arrestata a luglio 2008 senza un mandato nella © Archivio privato sua casa di Zhengzhou, nella provincia di Henan, per "ricorso a un’organizzazione eretica al fine di sovversione". Sta scontando una condanna a otto anni di carcere. I ripetuti tentativi del suo avvocato di incontrarla sono stati vani. La sua famiglia non la vede dal marzo 2009. È sottoposta a percosse, le viene forzatamente iniettata droga e le vengono inferte scosse elettriche su parti sensibili del corpo. Scrivi al ministro della Giustizia e dei diritti umani Samir Dilou e chiedi che sia avviata un’indagine indipendente e imparziale sulla morte di Manal Boualagi. Scrivi al presidente Hu Jintao e chiedi il rilascio immediato e incondizionato di Chen Zhenping, detenuta solo a causa del suo credo religioso. Bielorussia Zmitser Dashkevich Zmitser Dashkevich è un importante attivista politico e leader dell'organizzazione d’opposizione Fronte giovanile. È stato arrestato e condannato a due anni di lavoro forzato con l'accusa di aver aggredito passanti il giorno prima delle elezioni, nel dicembre 2010. Un testimone ha raccontato che Zmitser e gli altri attivisti sono stati aggrediti da alcuni passanti. La polizia è arrivata in pochi minuti arrestando tre di loro e due aggressori. Zmitser Dashkevich è stato condannato sulla base delle testimonianze dei due aggressori. © Bymedia.net AMENTE I Amnesty-luglio-2012_Layout 1 26/06/12 12.42 Pagina 17 Scrivi al presidente Lukashenka e chiedi il rilascio immediato di Zmitser Dashkevich, prigioniero di coscienza detenuto solo per le sue idee. Firma gli appelli su questi casi su www.amnesty.it oppure richiedi il testo degli appelli a [email protected]. www.amnesty.it 17 I Amnesty-luglio-2012_Layout 1 26/06/12 12.42 Pagina 18 Tutto questo non d ev Giuseppe Uva, morto in ospedale a Varese nel 2008, dove era stato portato durante un fermo di polizia, dopo tre ore in caserma. A dicembre è stato riesumato il cadavere per ulteriori esami forensi. La sorella Lucia Uva da allora ha intrapreso il lungo percorso per ottenere verità e giustizia. «Quando sono arrivata quel pomeriggio e ho trovato il corpo senza vita di mio fratello in quelle condizioni, non c’era nessun avvocato a dirmi di fare delle foto, ma le ho fatte. Tornavo da Senigallia e avevo con me la macchina fotografica e ho pensato: “Ma come ha fatto a ridursi in questo stato?”. Io sto facendo questa battaglia da sola. Effettivamente come dice il pm la mia famiglia è sfasciata perché i miei genitori non volevano che portassi la storia di Giuseppe nei giornali, nelle televisioni, per la loro mentalità. Il pm che si è messo dalla parte della mia famiglia che non voleva questa battaglia, fin dal primo momento ci ha venduto la teoria che era stata colpa dei medici. Ci sono voluti quattro anni per far assolvere un dottore che non c’entrava niente. In quelle aule siamo state umiliate. Solo grazie a un giudice che ha disposto l’autopsia, si è scoperto che Giuseppe non è morto per i farmaci. Quando abbiamo fatto un esposto per verificare la presenza di sangue al cavallo dei suoi pantaloni è stato insinuato che fosse omosessuale, hanno addirittura detto che poteva essere pomodoro. Ci sono voluti quattro anni per tirare quei pantaloni fuori da un cassetto e per l’autopsia che avrebbero dovuto fare subito. Sulla mia strada ho incontrato Patrizia, Ilaria e ora anche Domenica ma siamo in contatto con tante altre famiglie e molte hanno paura a denunciare. Tutto questo non deve più succedere!» 18 www.amnesty.it Michele Ferulli è morto a Milano a giugno 2011, durante un controllo eseguito da una volante di polizia, secondo la famiglia a causa delle percosse subite. Sua figlia Domenica Ferulli chiede verità e giustizia. «Se non avessi conosciuto Patrizia, Ilaria, Lucia e l’avvocato Anselmo la storia di mio padre non sarebbe mai uscita fuori perché all’inizio volevano farmi credere che fosse morto per un malore ma c’è un video in cui si vede che lo stanno massacrando di botte e lui che chiede aiuto. I processi vengono fatti alle vittime e ai loro familiari e non chi ha ucciso, tanto è vero che quando ho ritirato il fascicolo ho scoperto che sono state fatte intercettazioni a me in tutti questi mesi, non a chi ha ucciso mio padre. Per me è stato atroce, non perché avessi qualcosa da nascondere ma perché non hanno fatto lo stesso con i responsabili. Avrei voluto sapere che cosa si sono detti nei giorni successivi, cosa hanno detto alle loro famiglie. Subito dopo una tragedia del genere, un silenzio ti cala intorno. La sera in cui è morto mio padre, 50-60 persone che erano lì e avevano visto ci hanno spinto ad andare avanti per trovare la verità. Poi per giorni molte sono scomparse, alcune sono state minacciate e mi hanno chiesto di non fare i loro nomi. Nella caserma, nonostante un video così esplicito, è stata subito fatta una conferenza stampa per dire che mio padre non era stato toccato e che era stato violento e aggressivo. Mi hanno convocato in questura per convincermi che era andata così. Ho un figlio di cinque anni che si è trovato in mezzo a tutto questo e che quando vede passare una pattuglia della polizia ha paura. Non è facile spiegargli che non sono tutti uguali. Anche per questo sto facendo questo percorso perché non ce la farei a guardarlo un giorno negli occhi e dirgli che chi ha ucciso suo nonno è libero e che non ho fatto tutto quello che potevo.» © Massimo Giorno I Amnesty-luglio-2012_Layout 1 26/06/12 12.42 Pagina 19 d eve più succedere! Stefano Cucchi è morto a 31 anni, nel 2009, nel reparto penitenziario dell'ospedale Sandro Pertini di Roma sette giorni dopo l'arresto, riportando ferite che secondo la famiglia dimostrano i maltrattamenti subiti. Sua sorella Ilaria Cucchi si batte per avere verità e giustizia. «Quando a famiglie come le nostre capita una tragedia del genere, all’inizio il pm rappresenta colui che farà emergere la verità. Invece spesso accade l’esatto opposto, con pm che sembrano difendere gli imputati piuttosto che noi, ovviamente senza tenere minimamente in considerazione l’enorme dolore che comporta per i familiari essere in quelle aule di tribunale. Sono 13 gli imputati nella morte di mio fratello ma non sono i soli responsabili. Il vero responsabile è il meccanismo di protezione e di copertura di chi commette questi reati. Sono state ascoltate 150 persone come testimoni durante il processo, che videro Stefano in quelle condizioni e tutte si voltarono dall’altra parte. Io oggi non posso non pensare che se una sola di quelle persone avesse, non dico compiuto un gesto di umanità, ma fatto semplicemente il proprio dovere, Stefano sarebbe vivo. Leggendo gli atti una cosa mi ha colpito moltissimo: un agente afferma che mio fratello gli disse di essere stato picchiato dai carabinieri ma, indipendentemente se fosse vero o falso, l’agente non fece quello che avrebbe dovuto fare, denunciare. Ha dichiarato: “Da quel momento ho preso le distanze pensando che ognuno dovesse stare al suo posto”. Allora mi chiedo qual è il posto di un pubblico ufficiale che ha ricevuto una denuncia. Uno dei motivi per cui queste cose continuano a succedere è che si perdono nell’indifferenza, per questo è importante parlarne. È necessario far capire alla gente che questi episodi sono diffusi e che potenzialmente possono colpire chiunque. Parlarne può abbattere i muri intorno alle nostre famiglie.» Federico Aldrovandi è morto a Ferrara a 18 anni, nel 2005, durante un fermo di polizia. Dopo la morte di suo figlio, Patrizia Moretti ha aperto un blog per chiedere l'apertura delle indagini e assieme alla sua famiglia ha portato avanti una battaglia per chiedere giustizia. Il 21 giugno, la Cassazione ha confermato la condanna per omicidio colposo per quattro agenti di polizia, responsabili della motre di Federico. «Le vittime della violenza della polizia sono spesso fatte passare per persone che avevano già in precedenza dei problemi. Quando abbiamo visto Federico abbiamo pensato che fosse stato investito da una macchina perché era distrutto. Sarebbe bastato vedere la fotografia del suo volto per dire come era morto e invece no, abbiamo dovuto affrontare quasi 40 udienze e due anni di un processo che sembrava fatto a Federico, non a chi era accusato per la sua morte. Sono perfino arrivati a indagare sulla sua vita, su cosa faceva da ragazzino, su come andava a scuola, anche se per fortuna il giudice ha fatto comunque il suo lavoro in modo corretto. Le famiglie hanno bisogno di una forza enorme per affrontare tutto questo. E spesso questa forza viene alle donne. Il problema di fondo è l’impunità che sanno di avere le forze di polizia. Il modo di porsi delle persone con una divisa è spesso molto arrogante e conoscendo il carattere di Federico avrà risposto, come avrebbe fatto forse qualsiasi ragazzo di 18 anni. Per cambiare questo atteggiamento serve una corretta formazione e un organismo che controlli le forze di polizia. Anche la magistratura deve rispondere a qualcuno, ad altre istituzioni ma anche a organismi che rappresentino la coscienza pubblica. È questo ciò che serve. Dobbiamo combattere l’ignoranza con l’intelligenza, con la cultura. La vera dimensione della dignità delle persone è proprio questa.» www.amnesty.it 19 I Amnesty-luglio-2012_Layout 1 26/06/12 12.42 Pagina 20 Fiorella Mannoia e Frankie Hi-Nrg Non è un film a cura di Beatrice Gnassi Fiorella, la canzone “Non è un film” vincitrice del Premio Amnesty 2012, presenta l’immagine di una società dove i migranti vengono sfruttati e rifiutati a seconda dell’occorrenza. In tempi di crisi economica la discriminazione cresce e le persone più vulnerabili diventano un capro espiatorio. Nella tua dichiarazione per il premio hai parlato di “terrorismo delle parole”, cosa significa? Penso che le parole siano importanti. Quando rappresentanti del governo, amministratori locali, rivolgendosi agli immigrati usano parole come "rimandiamoli indietro con i vagoni piombati" o "ributtiamoli in mare", "spariamogli addosso", "bruciamoli col napalm", fanno uso del terrorismo delle parole, che precede quello delle armi. Questa gente è irresponsabile e pericolosa. Poi non c'è da stupirsi più di tanto se qualche imbecille di turno dà fuoco a un barbone o spara a poveri nigeriani inermi. La responsabilità morale è di questi individui che per meri fini elettorali (nella realtà a questi politici non interessa niente, né degli italiani, né degli stranieri, sono solo a caccia di voti e di consensi) approfittano della paura (comprensibile) che genera questo fenomeno nuovo che è la convivenza tra i popoli, che (ci piaccia o no) segna il nostro futuro. Il disco che contiene “Non è un film”, “Sud” ha come filo conduttore il Sud d’Italia ma anche quello del mondo, perché hai voluto raccontarlo e cantarlo? Perché partendo dal nostro Sud, il pensiero è andato inevitabilmente al Sud del mondo che è sempre stato depredato, saccheggiato, derubato e abbandonato a se stesso. Il nostro, quello latinoamericano e soprattutto quello dell'Africa, terra di conquista per eccellenza di tutto l'Occidente. Ho voluto solo fare un piccolo omaggio a un'area geografica martoriata dall'avidità degli uomini. Nel tuo tour stai portando sul palco i ragazzi dell’Axè, com’è nata questa collaborazione? Sono testimonial italiana da qualche anno del progetto Axè di Salvador de Bahia, città che frequento spesso e che amo profondamente. Quando è iniziato questo tour che parla di Sud, mi sono detta che era l'occasione per invitare i ragazzi (ballerini, percussionisti e capoeristi) sul mio palco e far conoscere il progetto Axè anche in Italia, direi quasi di riportarlo a casa, visto che il fondatore è un italiano: Cesare De Florio La Rocca, che da 45 anni in Brasile dedica la sua vita ai più deboli, a "los excluidos", bambini e ragazzi di cui nessuno si occupa. La sua intuizione di usare l'arte è risultata vincente, a dimostrazione che l'essere umano ha bisogno di desiderare e che "sono gli intellettuali a essere attratti dalla miseria, i poveri amano la bellezza". I Amnesty-luglio-2012_Layout 1 26/06/12 12.42 Pagina 21 Frankie, cosa hai pensato quando hai saputo che “Non è un film” aveva vinto il Premio Amnesty? Ho pensato di avere centrato la canzone, di essere riuscito a mettere a fuoco il tema in maniera efficace, tanto da essere scelto da chi - come Amnesty - conosce bene la realtà dell'immigrazione. Ed essere scelto in mezzo alle altre belle canzoni in gara è stato come vincere una seconda volta. Tra le tante canzoni che ti hanno reso celebre “Quelli che benpensano” è stata un grande successo a fine anni Novanta. È cambiato qualcosa o i benpensanti sono gli stessi che si “credono meglio” e che non vogliono sentire la “puzza” di questa umanità in viaggio? I benpensanti sono e saranno sempre uguali, accomunati nel disprezzo del "diverso", pieni di sé e privi di ogni "se". Quello che è evidentemente cambiato in questi 15 anni è la quantità di persone che si ritengono migliori, elettivamente privilegiate rispetto al resto del mondo: sono assai di più, asserragliati in una finta élite, come per mettersi al riparo dalla crisi e da una realtà che - al contrario - richiede sempre più apertura e buona disposizione nei confronti del prossimo. Ma non andranno lontano. In Marocco, il cantante rap Mouad Belrhouate è stato arrestato perché le sue canzoni erano ritenute offensive verso la monarchia. Perché un rapper può costituire una minaccia al potere tanto da metterlo in carcere per le sue canzoni? Perché il rap è uno strumento che permette di veicolare contemporaneamente informazione e opinione, in una maniera incisiva e facilmente riproducibile, fornendo a chi lo ascolta una visione della realtà e la possibilità di riproporla a propria volta, meglio di un semplice slogan. A differenza di molti dissidenti, un rapper può "volantinare" simultaneamente migliaia di persone, in modo parecchio più efficace e coinvolgente di un semplice volantino, essendo il testo scandito sul ritmo e in qualche modo "incorporato" al suono del tamburo, strumento che da sempre riesce a spingere le masse oltre i loro limiti e le loro paure. I Amnesty-luglio-2012_Layout 1 26/06/12 12.42 Pagina 22 da non perdere RAPPORTO ANNUALE 2012 “Cambiamento, coraggio e conflitto sono gli elementi che hanno caratterizzato il 2011, un anno in cui moltissime persone, come non se ne vedevano da decenni, si sono ribellate in segno di protesta contro governi e altri potenti attori. Hanno protestato contro l’abuso di potere, la mancanza di accertamento della responsabilità, la crescente diseguaglianza, la povertà sempre più profonda e l’assenza di leadership a ogni livello di governo.” (dall’introduzione di Salil Shetty, Segretario generale di Amnesty Internationa) Il Rapporto annuale di Amnesty International 2012 documenta la situazione dei diritti umani in 155 paesi e territori nel 2011 e mostra come lo scorso anno la richiesta di diritti umani sia riecheggiata in ogni angolo del pianeta. Dal Cairo a New York, l’elemento che ha accomunato le proteste è stata la rapidità con cui i governi si sono affrettati a impedire manifestazioni pacifiche e a imbavagliare il dissenso. La gente scesa per le strade ha dimostrato un immenso coraggio di Rapporto annuale 2012 fronte alla repressione, brutale e talvolta letale. Il Rapporto mostra, Amnesty International Fandango Libri, maggio 2012, € 24,00 inoltre, come la libertà di espressione e la capacità di sfidare i governi e chiedere che rispettino, proteggano e mantengano i diritti umani Il Rapporto annuale 2012 può essere acquistato siano elementi essenziali per creare un mondo dove tutte le persone nelle principali librerie, online sul sito www.fandango.it vivano libere e uguali in dignità e diritti. oppure richiesto a [email protected]. ADRIAN VUOLE ANDARE A SCUOLA AGENDA 2013 “Quella di Adrian è una storia piccola, di quelle che passano inosservate ogni giorno, ma straordinaria come solo i sogni dei più piccoli sanno essere. Una casa, una famiglia, degli amici, una scuola, anche un amore, cose semplici per alcuni ma che per altri diventano complicate. Ingiustamente complicate perché si tratta di diritti, quei diritti che, anche nel nostro paese, vengono negati ad alcuni bambini. Attraverso le sue parole potremo accompagnare Adrian sulla strada verso la scuola, in una città che non lo vede, verso la sua isola di bambini che conosce e che lo fa sentire bene. Perché anche se a volte le cose sono complicate i diritti sono molto semplici e Adrian deve andare a scuola.” Queste le parole che Amnesty International ha scelto per accompagnare questo albo illustrato che racconta, attraverso gli occhi di un bambino, come può essere difficile essere un bimbo rom che vive in un campo che viene “sgomberato”, quando andare a scuola, continuare a sentirsi sicuro e accolto e incontrare la bambina che ti fa arrossire diventa, ingiustamente, difficile. La nuova agenda di Amnesty International, che conferma la collaborazione con l’azienda Intempo, racchiude al proprio interno informazioni sulla storia dell’organizzazione, le parole di gratitudine di persone liberate grazie all’azione dell’organizzazione e un’interessante panoramica sul suo lavoro in Italia, in Europa e nel mondo. All’interno, inoltre, tutte le informazioni utili per attivarsi concretamente a sostegno dei diritti umani, perché, come ricorda nella prefazione la presidente Christine Weise: “I diritti umani non sono patrimonio eterno dell’umanità, non possiamo darli per scontati, anche quelli di cui molte e molti di noi godono oggi sono stati conquistati grazie al lavoro e alle lotte di persone consapevoli, attive e lungimiranti. I diritti umani hanno bisogno dell‘impegno e del sostegno continuo di tutte e tutti noi”. L’agenda, sarà disponibile a partire da settembre nelle principali librerie e sul sito www.amnesty.it. Nel prossimo numero di I Amnesty troverete tutte le informazioni per poterla ordinare. Adrian vuole andare a scuola Testi di Daniela Valente Illustrazioni di Ilaria Bochicchi Edizioni Coccole&Caccole, giugno 2012, € 10,90 22 www.amnesty.it Agenda tascabile giornaliera 9x13 cm Copertina morbida con elastico orizzontale € 13,00 I Amnesty-luglio-2012_Layout 1 26/06/12 12.42 Pagina 23 CRONACHE DI GERUSALEMME Dopo le “Cronache birmane” pubblicate dalla casa editrice Fusi Orari nel 2008, il fumettista canadese Guy Delisle pubblica per Rizzoli Lizard un nuovo volume di graphic journalism in cui racconta un anno trascorso in Palestina, al seguito della moglie in missione per Medici senza frontiere. Il racconto fatto di immagini e parole trascina il lettore nelle scoperte e nelle difficoltà quotidiane di un papà che, catapultato quasi improvvisamente a Gerusalemme Est insieme alla sua famiglia, passeggia con i figli per le vie di una città e di un paese che conosce a malapena, tra conflitti e tensioni complessi e millenari. Attraverso il racconto si svela una quotidianità fatta di checkpoint e frontiere, improvvise perquisizioni e interminabili interrogatori, tra colonie ultraortodosse e quartieri desolati. Ma dal racconto emergono anche la speranza, la rabbia e le frustrazioni del popolo palestinese che cerca di resistere all’occupazione, subendo però attacchi feroci, come l’operazione “Piombo Fuso”, di cui Guy Delisle stesso è stato spettatore. Cronache di Gerusalemme Guy Delisle Rizzoli, aprile 2012, € 20,00 LA COCCARDA DELLA MIGLIORE Le vite di due donne, con due percorsi diversi alle spalle s’intrecciano indissolubilmente nella strada della guarigione: Celeste e Gaia. Entrambe, anche se in modo differente, portano i segni delle violenze subite: una ha vissuto anni duri all’interno di un orfanotrofio, l’altra è fuggita da un marito carnefice. Entrambe però sono la dimostrazione che, con percorsi e tempi diversi, il superamento degli abusi non è solo qualcosa di possibile ma un momento fertile per costruire un futuro e un’identità nuova. Il libro nasce dall’esperienza ventennale come terapeuta dell’autrice e vuole raccontare la capacità dell’essere umano di superare e risanare vite lacerate e bloccate dal dolore. Questo libro parla della violenza contro le donne, non solo denunciando quello che realmente avviene in contesti anche diversi, come quelli di un orfanotrofio o della famiglia, ma anche mostrando la possibilità concreta di ricostruire la propria vita per chi ne è stata vittima. La coccarda della migliore Anna Capurso Leggere per cambiare edizioni, aprile 2011, € 18,50 LA RIVOLTA DEI MIGRANTI Raccoglie le storie di migranti tenuti senza diritti nei paesi di destinazione e abbandonati dalle loro ambasciate. Diversi paesi hanno adottato la politica di restringimento dei visti legali per i lavoratori migranti, finendo così per favorire irregolarità, pericoli di viaggio, discriminazione e abusi. In risposta a ciò si è creato un movimento nuovo, di indignati che lottano contro le ingiustizie del sistema economico contemporaneo. La rivolta dei migranti Vittorio Longhi :due punti edizioni, maggio 2012, € 15,00 LA MOGLIE DEL COLONNELLO Nuria, una psicologa cubana, moglie di un alto ufficiale della rivoluzione castrista, in Italia per una conferenza, vive una relazione estrema. Montaner attraverso un tema universale analizza la repressione a Cuba e lancia una critica contro le dittature che influenzano anche la vita intima dei cittadini. Nella prefazione, Yoani Sanchez definisce l’autore “una delle voci più competenti e libere della Cuba in esilio”. La moglie del colonnello Carlos Alberto Montaner Edizioni a nord est, marzo 2012, € 15,00 RACCONTI A MANO LIBERA “Raccontano la storia di un ragazzo che guardava il mondo con amaro stupore e, insieme, la segreta speranza di poterlo cambiare”. Questo libro raccoglie una serie di racconti di Riccardo Parlati, prematuramente scomparso. I genitori che li hanno pubblicati hanno deciso di devolvere il ricavato alle associazioni per le quali Riccardo si era speso: Amnesty International e Save the Children. Racconti a mano libera Riccardo Parlati marzo 2012 TEMA IN CLASSE Cile, 1973. Il sogno di Pedro è quello di avere un bel pallone di cuoio, ma anche con una palla di gomma se la cava magnificamente: ha giusto messo a segno un bel gol di testa quando arriva una pattuglia di soldati che trascinano via il padre del suo amico Daniel. Poi un ufficiale si presenta in classe e ordina ai bambini di fare un tema in cui dovranno raccontare tutto, ma proprio tutto quel che succede a casa loro. Tema in classe Skármeta Antonio Mondadori (Junior +9), febbraio 2007, € 8,00 www.amnesty.it 23 I Amnesty-luglio-2012_Layout 1 26/06/12 12.42 Pagina 24 PREMIO NOBEL PER LA PACE 1977 PREMIO DELLE NAZIONI UNITE PER I DIRITTI UMANI 1978 VISIONE La visione di Amnesty International è quella di un mondo in cui ad ogni persona sono riconosciuti tutti i diritti umani sanciti dalla Dichiarazione universale dei diritti umani e da altri atti sulla protezione internazionale dei diritti umani. Al fine di perseguire questa visione, la missione di Amnesty International è di svolgere attività di ricerca e azione finalizzate a prevenire ed eliminare gravi abusi di tali diritti. QUOTE ASSOCIATIVE VALORI FONDAMENTALI Amnesty International costituisce una comunità globale di difensori dei diritti umani che si riconosce nei principi della solidarietà internazionale, di un’azione efficace in favore delle singole vittime, della copertura globale, dell’universalità e indivisibilità dei diritti umani, dell’imparzialità e indipendenza, della democrazia e del rispetto reciproco. Socio/a junior (da 14 a 18 anni) e 15,00 METODI Amnesty International si rivolge a governi, organizzazioni intergovernative, gruppi politici armati, imprese ed altri attori non statali. Amnesty International si propone di accertare abusi dei diritti umani con accuratezza, tempestività e continuità nel tempo. L’organizzazione svolge ricerche sistematiche e imparziali su singoli casi di violazione e su violazioni generalizzate dei diritti umani. Le conclusioni sono rese pubbliche e i soci, i sostenitori e lo staff di Amnesty International mobilitano la pressione dell’opinione pubblica sui governi e su altri soggetti allo scopo di porre fine a questi abusi. In aggiunta al suo lavoro su specifici abusi dei diritti umani, Amnesty International chiede a tutti i governi di rispettare la sovranità della legge e di ratificare ed applicare gli atti sulla protezione internazionale dei diritti umani; svolge un’ampia gamma di attività nel campo dell’educazione ai diritti umani; incoraggia le organizzazioni intergovernative, i singoli individui e gli organi della società a sostenere e rispettare i diritti umani. LE SEDI REGIONALI ABRUZZO - MOLISE via Cairoli, 49 86039 Termoli (CB) tel. 347 0088234 CALABRIA c/o Ist. Form. Politico Sociale “Mons. Lanza” via Cattolica dei Greci, 26 89125 Reggio Calabria tel. 338 3946844 CAMPANIA Via S. Liborio, 1 80134 Napoli tel. 081 5529002 LIGURIA c/o Casa della Pace piazza Palermo, 10/b 16129 Genova tel. 010 366980 LOMBARDIA Via G.Strehler,1 20121 Milano Tel. 02 72003901 MARCHE via Verdi, 10/a 62100 Macerata tel. 0733 237223 EMILIA ROMAGNA via Irma Bandiera, 1/a 40134 Bologna tel. 051 434384 PIEMONTE VALLE D’AOSTA corso San Maurizio, 12 bis 10124 Torino tel. 011 8170530 FRULI VENEZIA GIULIA via Marconi, 36/b 34133 Trieste Tel. 040 573833 PUGLIA via Latilla, 13 70122 Bari tel. 320 8406346 LAZIO via C. Cattaneo, 22/b 00185 Roma tel. 06 64501011 SARDEGNA via Bacaredda, 11 09127 Cagliari tel. 070 486377 SICILIA via B. D’Acquisto, 30 90141 Palermo tel. 091 329142 TOSCANA via Convenevole da Prato n.73 - 59100 Prato tel. 055 6814967/929 UMBRIA piazza Mariotti, 1 06123 Perugia tel. 075 5732651 VENETO TRENT. ALTO ADIGE via Maroncelli, 65/3 35129 Padova tel. 049 8077447 Socio/a sostenitore/trice speciale e 75,00 Socio/a sostenitore/trice e 50,00 Socio/a ordinario/a e 35,00 Per ogni informazione riguardante la tua iscrizione ad Amnesty International puoi rivolgerti a: Servizio Sostenitori - Amnesty International via Giovanni Battista De Rossi 10 00161 Roma tel. 06 4490210 fax 06 4490243 e-mail: [email protected] Per destinare il 5X1000 ad Amnesty International: c.f. 03031110582 Per sostenerci con carta di credito: 800.99.79.99 Con l'iscrizione all'associazione riceverai il trimestrale "I Amnesty" Comitato Direttivo: Christine Weise (Presidente), Sonia Villone (Vice Presidente), Javier González Díez (Vice Presidente), Maria Cristina Fenoglio Gaddò (Tesoriera Nazionale), Alberto Lavelli, Antonio Marchesi, Gian Mario Manca, Emanuele Russo, Annalisa Zanuttini. I AMNESTY - TRIMESTRALE SUI DIRITTI UMANI DI AMNESTY INTERNATIONAL Direzione, Amministrazione, Redazione e Pubblicità: Amnesty International - Sezione Italiana via G. B. De Rossi 10 - 00161 Roma tel. 0644901 - fax 064490222 - e-mail: [email protected] Direttore Responsabile: Massimo Persotti Direttore: Riccardo Noury Coordinamento editoriale: Beatrice Gnassi Hanno collaborato: Daniele Caucci, Fernando Chironda, Flavia Citton, Marianna Cogliano, Rossella Conte, Francesca Corbo, Alberto Emiletti, Tina Marinari, Laura Petruccioli, Laura Renzi, Virginia Solazzo e Patrizia Vita. Progetto Grafico: Zowart - Roma stampa a cura di EDIThink srl Aut. Trib. Roma n. 00296/96 dell’11/06/1996 Iscrizione al R.O.C. n. 21913 del 22/02/2012 Questo numero è stato chiuso il 25/06/2012 Stampato su patinata carta ecologica Pefc. copertine-I-Amnesty-dicembre_Layout 1 27/06/12 18.38 Pagina 4 gitto 50 volte grazie! Musacchio&Ianniello Amnesty International ringrazia calorosamente lʼAccademia Nazionale di Santa Cecilia, il direttore d'orchestra Antonio Pappano, le pianiste Katia e Marielle Labèque e il soprano Sally Matthews per aver dedicato unʼintera produzione della stagione sinfonica 2011 – 2012 al 50° anniversario dellʼassociazione. Si ringrazia per la collaborazione: ® copertine-I-Amnesty-dicembre_Layout 1 27/06/12 18.38 Pagina 1