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PROFITTI CHE CALPESTANO DIRITTI

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PROFITTI CHE CALPESTANO DIRITTI
copertine-I-Amnesty-dicembre_Layout 1 27/06/12 18.38 Pagina 2
I AMNESTY
Poste Italiane SpA – Spedizione in abbonamento postale – D.L.353/2003 ( conv.in L.27/022004 n. 46) art. 1, comma 1, Aut. GIPA/C/Roma
© SU (Photo: Anna Tresse)
Trimestrale sui diritti umani di Amnesty International n. 3 - luglio 2012
PROFITTI
CHE CALPESTANO
DIRITTI
LA RESPONSABILITÀ DELLE AZIENDE
IN NIGERIA E NON SOLO
copertine-I-Amnesty-dicembre_Layout 1 27/06/12 18.38 Pagina 3
Ibrahim Shalaby - Egitto
Hadel Hashim - Egitto
Zakaria Elkobbi - Tunisia
Rim Saghrouni - Egitto
Yassmine Reda - Egitto
Sara Tawfiq - Egitto
Sohair El Abssy - Egitto
CON IL NOSTRO SOSTEGNO
QUESTE PERSONE
POTRANNO TRASFORMARE
LA LORO PRIMAVERA
IN UNA LUNGA STAGIONE
DI DIRITTI UMANI
Hajim Ben Sassi - Tunisia
Nehar Serry - Egitto
Emad Shalaby - Egitto
Omayma Miladi - Tunisia
Mohamed Kenawy - Egitto
Stai con Amnesty International, dalla parte
di chi chiede libertà e diritti. Dona ora!
CARTA DI CREDITO
chiamando il Numero Verde
800.99.79.99
moduli di
donazione
allegati
sito web:
www.amnesty.it/sostienici
Foto di Ilya van Marle
I Amnesty-luglio-2012_Layout 1 26/06/12 12.41 Pagina 1
GRAZIE
EDITORIALE
AMNESTY
© Vedat Yıldız
Cara amica, caro amico,
negli oltre 50 anni in cui Amnesty International si è impegnata per
i diritti umani nel mondo sono avvenuti molti cambiamenti, alcuni
di portata storica. Più di 140 stati del mondo non applicano più la
pena di morte. Grazie allo sviluppo della giustizia internazionale,
capi di stato sono stati processati per violazioni dei diritti umani, l’esempio più recente è stato la condanna di Charles Taylor a 50 anni di prigione, 20 anni dopo che
Amnesty aveva cominciato a documentarne i crimini di guerra. Sempre più spesso
viene riconosciuta la responsabilità di attori non statali, come le aziende multinazionali, per gravi violazioni dei diritti umani. La nostra campagna attuale sulle
aziende petrolifere nel delta del Niger fa luce sulle loro responsabilità legali, chiede
il risanamento delle zone inquinate e risarcimenti adeguati per le persone e le comunità a cui è stata sottratta la base di sussistenza.
Le condanne degli anni scorsi, di multinazionali come Vedanta e Trafigura, sono
precedenti importanti che dimostrano che anche le vittime dell’inquinamento possono ottenere giustizia. A questi importanti sviluppi si aggiunge la fortissima richiesta di libertà di numerosi popoli, un movimento per la democrazia iniziato in
“Dopo 51 anni, la fiamma della candela
brucia ancora e voi cercate di aprire
le celle ovunque nel mondo. […] Il mio
profondo ringraziamento a tutte e tutti
voi che contribuite alla libertà e alla
giustizia. […] Sogno ancora una Turchia democratica che rispetti i diritti
umani. Dentro di me, sento che questo
sarà possibile. I vostri sforzi, la vostra
campagna, le vostre lettere, le vostre
petizioni, mi fanno sperare che questo
sarà possibile. Grazie a tutte le persone che mi hanno scritto!"
Halil Savda, sostenitore del diritto all'obiezione di coscienza in Turchia e
obiettore di coscienza al servizio militare, è stato rilasciato il 13 aprile 2012
Tunisia l’anno scorso, che ha contagiato numerosissimi paesi e portato alla caduta
di quattro governi. Siamo però ancora testimoni della fortissima repressione con cui
i regimi che rimangono al potere stanno rispondendo. Gli occhi di tutto il mondo
sono puntati sulla Siria, dove Amnesty ha documentato gravissime violazioni e crimini contro l’umanità in ben cinque rapporti pubblicati da aprile 2011, chiedendo al
Consiglio di sicurezza dell’Onu di deferire il caso siriano alla Corte penale internazionale. I leader del mondo dimostrano di preferire il commercio delle armi a diritti
umani e giustizia. C’è ancora bisogno di un forte movimento per i diritti umani, continueremo a scrivere la storia, con il tuo sostegno.
Christine Weise
Presidente della Sezione Italiana di Amnesty International
IN QUESTO NUMERO
© Carlos Reyes-Manzo/Andes Press Agency
"La strada è ancora molto lunga, ma in
ogni caso voglio ringraziare tutte e tutti
voi per il sostegno. Senza le vostre lettere, la vostra azione e la vostra solidarietà, non saremmo arrivati fino a
questo punto. A ognuna e ognuno di voi,
Nomaá ("grazie" in lingua me'phaa)!"
Valentina Rosendo Cantù, sopravvissuta alla violenza sessuale in Messico, sta lottando per ottenere
giustizia
PROFITTI CHE CALPESTANO DIRITTI
Elena Gerebizza di Crbm ci racconta la difficile situazione nel delta del Niger a causa dell’inquinamento
da petrolio; direttamente da Bodo, nel delta del
Niger, David Varena ci parla della battaglia della
sua comunità; Laura Renzi, coordinatrice della
campagna sulla responsabilità delle aziende di
Amnesty descrive altre situazioni in cui la priorità
viene data ai profitti e non ai diritti. (pag. 3)
TUTTO QUESTO NON DEVE PIÙ SUCCEDERE!
Le parole di Patrizia Moretti, Ilaria Cucchi, Lucia Uva e
Domenica Ferulli ci raccontano la battaglia dolorosa ma
instancabile, dentro e fuori dalle aule di tribunale, di queste quattro donne coraggiose che chiedono senza sosta
verità e giustizia per i loro cari, morti nelle mani delle forze
di polizia. (pag. 18)
RAPPORTO ANNUALE 2012
Monica Ricci Sargentini, giornalista del Corriere della
Sera e curatrice del blog “Le persone e la dignità”,
realizzato in collaborazione con Amnesty International,
ci offre una sua lettura del Rapporto annuale 2012
(rapportoannuale.amnesty.it/2012), il libro di Amnesty che ogni anno fotografa la situazione dei diritti
umani nel mondo. (pag. 8)
NON È UN FILM
“Non è un film” è il titolo della canzone di Fiorella Mannoia
e Frankie Hi-Nrg vincitrice del Premio Amnesty Italia 2012.
I due artisti, a cui verrà consegnato il riconoscimento il
22 luglio all’interno del festival “Voci per la libertà”,
raccontano in un’intervista come è nato il brano e quale
valore ha per loro. (pag. 20)
I Amnesty-luglio-2012_Layout 1 26/06/12 12.41 Pagina 2
BUONE NOTIZIE
Repubblica Democratica del Congo - 14 marzo
La Corte penale internazionale ha emesso il suo
primo verdetto di colpevolezza nei confronti di un
imputato. Si tratta di Thomas Lubanga Dyillo,
capo di un gruppo armato, le Forze patriottiche per
la liberazione del Congo, responsabile dell'arruolamento forzato di minorenni nel corso del conflitto
che insanguinò tra il 2002 e il 2003 la regione
dell'Ituri. Lubanga Dyillo era stato arrestato nel
2006 e il processo era iniziato nel 2009.
© Ap Graphic cs Bank
Guatemala - 14 marzo
Pedro Pimentel Rios, estradato dagli Usa nel luglio
2011, è stato condannato a 6060 anni di carcere
per aver preso parte al massacro di Dos Erres nel
1982, che provocò la morte di oltre 250 civili. Si
tratta del quinto ex militare condannato dalla
giustizia guatemalteca per i fatti di Dos Erres:
anche gli altri quattro hanno ricevuto una condanna
a 6060 anni, equivalente a 25 anni per ogni
omicidio.
Egitto - 25 marzo
George Ramzi Nakhla, attivista del movimento
per la democrazia chiamato "Giovani del 6
aprile", è stato rilasciato. Era stato arrestato il 6
febbraio al Cairo nel corso di una manifestazione
nei pressi del ministero dell'Interno. Durante la
detenzione è stato sottoposto a maltrattamenti
e gli sono state negate cure mediche adeguate.
Amnesty International aveva lanciato un'azione
urgente in suo favore.
Siria - 28 marzo
Abdullah al-Khalil, noto avvocato difensore di
prigionieri politici e di coscienza, prigioniero di
coscienza a sua volta, è stato rimesso in libertà.
Era stato arrestato il 3 febbraio, in una strada
della sua città al-Rawwa, per la quarta volta dal
maggio 2011. Prima dell'arresto, la fattoria della
2 www.amnesty.it
sua famiglia era stata distrutta e aveva ricevuto
minacce di morte. Amnesty International aveva
lanciato un'azione urgente per chiedere il suo rilascio.
India - 4 aprile
Abhay Sahoo, un militante del Partito comunista
dell'India, dello stato dell’Orissa, è stato rilasciato dopo oltre tre mesi di carcere per accuse
che sono apparse da subito false. Sahoo porta
avanti da sette anni una campagna contro la
confisca di terreni comunitari in favore di un progetto di 12 miliardi di dollari per un'acciaieria della
compagnia sudcoreana Posco. Amnesty International aveva lanciato un'azione urgente in suo favore.
Iraq - 10 aprile
Bassima Saleem Kiryakos, una funzionaria dell'ufficio
della vicepresidenza della Repubblica, è stata rilasciata senza alcuna accusa. Era stata arrestata
il 1° gennaio a Baghdad, durante un'irruzione
delle forze di sicurezza nella sua abitazione privata,
probabilmente in relazione al mandato di cattura
emesso nei confronti del vicepresidente Tareq alHashemi, accusato di reati di terrorismo. Amnesty International aveva lanciato un'azione urgente
chiedendo che fosse garantita l'incolumità di Kiryakos e che venisse rilasciata, a meno che non
fosse provato il suo coinvolgimento in reati di effettiva natura penale.
© Archivio privato
Ciad - 13 aprile
Dopo che a marzo il ministro della Terra aveva
comunicato di aver offerto risarcimenti e un altro
terreno a 670 persone sgomberate il 24 gennaio
per fare spazio a un nuovo albergo, nella zona di
Sabbangali, 23 famiglie hanno ricevuto un risarcimento.
© Leonid Varlamov
Bielorussia - 14/15 aprile
Andrei Sannikau, candidato alle elezioni presidenziali del dicembre 2010, e Zmister Bandarenka,
che aveva collaborato alla sua campagna elettorale, sono stati rilasciati. Erano stati arrestati
e condannati all'indomani delle manifestazioni
che, alla fine del 2010, avevano fatto seguito alla
contestata rielezione di Aleksandar Lukashenka alla
presidenza. Amnesty International li aveva adottati
come prigionieri di coscienza.
Israele - 17 aprile
Khader Adnan, prigioniero palestinese, è stato
rilasciato dopo aver trascorso quattro mesi in detenzione senza accusa né processo, più della
metà dei quali in sciopero della fame. Amnesty
International aveva lanciato un'azione urgente
in suo favore, nell'ambito della campagna contro l'uso della detenzione amministrativa da
parte delle autorità israeliane.
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In primo piano
PROFITTI CHE
CALPESTANO DIRITTI
Stati Uniti d'America - 20 aprile
Il Comitato per la grazia della Georgia, per la prima
volta dopo quattro anni, ha commutato una condanna a morte in ergastolo. Il provvedimento ha
riguardato David Greene, nel braccio della morte
da 21 anni, condannato a morte per omicidio.
di Elena Gerebizza
Messico - 30 aprile
La Camera dei deputati ha approvato all'unanimità la legge sulla protezione dei difensori dei diritti umani e dei giornalisti. La
legge, di cui Amnesty International auspica la
sollecita firma da parte del presidente Calderon, prevede meccanismi di collaborazione tra
stato federale e autorità statali per attuare
misure efficaci per proteggere difensori dei
diritti umani e giornalisti a rischio.
Nigeria - 9 maggio
Patrick Okoroafor, condannato a morte dopo un
processo farsa nel 1997, quando aveva 16 anni,
per una presunta rapina che avrebbe commesso
due anni prima, è stato rilasciato. Per oltre 15
anni, Amnesty International aveva inviato appelli
alle autorità nigeriane per chiedere il suo rilascio.
L
Egitto - 2 giugno
Un tribunale del Cairo ha condannato all'ergastolo l'ex presidente Hosni Mubarak e l'ex ministro dell'Interno Habib Al Adly per non aver
prevenuto l'uccisione di oltre 840 manifestanti
durante le proteste che si svolsero dal 25 gennaio all'11 febbraio 2011.
© Kadir van Lohuizen/Noor
Siria - 13 maggio
Due giornalisti turchi hanno fatto rientro in
patria, dopo aver trascorso due mesi in carcere in Siria. Adel Ozkose e Hamit Coskun
erano stati arrestati intorno al 10 marzo da
membri delle shabiha (le bande armate che
sostengono il governo siriano) e consegnati
una settimana dopo alla polizia di Idlib. Amnesty International aveva lanciato un'azione
urgente in loro favore.
a Nigeria è uno dei
paesi più ricchi di
risorse naturali e
allo stesso tempo uno dei
più poveri al mondo. Per
ragioni storiche e politiche
è una realtà paradigmatica sotto molti aspetti.
L'estrazione di petrolio e
gas è iniziata negli anni
Cinquanta, ben prima dell'indipendenza, quando il
governo britannico e le sue
aziende ancora la facevano
da padroni.
www.amnesty.it
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In primo piano
© Kadir van Lohuizen/Noor
Da allora in poi, lo sviluppo del paese è stato profondamente segnato dalle dinamiche politiche, economiche e finanziarie legate allo sfruttamento del petrolio. Le grandi
istituzioni internazionali, come la Banca mondiale, sono
state tra i principali sostenitori dello sfruttamento del petrolio in Nigeria. Ma dopo 60 anni di esplorazione e sfruttamento, la storia del paese è intrisa di violenza e abusi a
danno della popolazione, di sfruttamento indiscriminato
delle risorse a vantaggio di pochi, di inquinamento e devastazione ambientale, di degrado e povertà più grave
proprio tra le comunità dove viene estratto il petrolio.
Il lavoro di Crbm è stato da sempre a sostegno delle richieste di comunità locali e gruppi di base che si trovano
ad affrontare violazioni dei diritti umani e violazioni legate alla terra e alle risorse naturali che si trovano nel
Elena Gerebizza si occupa di finanza per lo sviluppo, con una
particolare attenzione a energia e clima e agli impatti sui diritti
umani e sull'ambiente di progetti e politiche sostenuti in questi
ambiti a livello italiano ed europeo. Lavora con la Campagna
di riforma della Banca mondiale (Crbm, che dal 7 giugno è
diventata Re:Common), che mira a una profonda riforma
delle istituzioni finanziarie internazionali. www.crbm.org
4 www.amnesty.it
loro territorio, per mano di aziende straniere e con il sostegno finanziario di istituzioni pubbliche per lo sviluppo
come la Banca mondiale o la Banca europea per gli investimenti. In altre parole, situazioni in cui la narrativa
della cooperazione internazionale e della lotta alla povertà
viene utilizzata da governi e istituzioni per favorire gli interessi commerciali e finanziari di attori europei, come le
multinazionali del petrolio, con poca attenzione agli impatti di sviluppo per le comunità locali. Per questo siamo
arrivati in Nigeria, all'inizio seguendo le operazioni della
Banca mondiale e della Banca europea per gli investimenti, che già negli anni Ottanta hanno sostenuto la costruzione della West African Gas Pipeline, ritenuta dalle
due istituzioni un'infrastruttura che avrebbe aiutato lo
sviluppo economico del paese. La Banca mondiale ha
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anche finanziato la costruzione di centrali a gas e il processo di privatizzazione del settore energetico al momento
in corso. Interventi che non hanno aiutato la popolazione
locale. L'accesso universale all'energia è lontano dall'essere raggiunto. I più devono autoprodurla, usando generatori che funzionano con il diesel che viene importato
dall'Europa, perché in Nigeria non ci sono nemmeno le
raffinerie necessarie a processare il petrolio estratto.
L'italiana Eni è tra le multinazionali attive in Nigeria
dagli anni Settanta. Environmental rights action (Era),
un’organizzazione che si occupa della difesa degli ecosistemi in relazione ai diritti umani, ha fatto da tramite tra
le comunità locali che vivono nel delta del Niger, per facilitare l'organizzazione di una missione internazionale di
organizzazioni europee che potessero visitare le zone dove
operano le compagnie europee. La missione ha avuto
luogo nel settembre 2011, ha visitato diverse comunità
negli stati di Delta, Rivers e Bayelsa. Sono stati organizzati incontri pubblici, come nella comunità di Ebocha, visite a fuoriuscite di petrolio, come nel caso della comunità
di Kalaba, nello stato di Bayelsa, e decine di interviste con
uomini, donne, ragazzi, capi tradizionali e capi villaggio.
Le informazioni raccolte sono state rese pubbliche attraverso vari rapporti e un video “Oil for Nothing”, presentato assieme ad Amnesty International. Tutto questo è
stato la base per preparare l'intervento di Godwin Ojo, direttore di Era, all'assemblea degli azionisti dell'Eni, l’8
maggio 2012. Ojo ha posto delle domande precise rispetto
alle numerose perdite e sversamenti causati dagli impianti dell’Eni nell’area, come anche rispetto alla pratica
del gas flaring, che continua ininterrotto da decenni. In
assemblea non era garantito il diritto di replica e l'ultima
parola è stata quella dell'amministratore delegato dell’Eni, Paolo Scaroni, poco attento alle richieste presentate,
che ha dichiarato che gli sversamenti sarebbero causati
dai sabotaggi a opera di nigeriani.
Gli stessi sabotatori poi sarebbero colpevoli di disperdere
il petrolio nel delta. Una verità decisamente diversa da
quella denunciata dalle comunità locali, dalla società civile nigeriana e internazionale ma simile alle argomentazioni usate anche da altre multinazionali, come la Shell,
portata in tribunale a Londra e all'Aja, che nel corso dei
processi è passata dall'accusa di sabotaggio all'ammissione di colpa per lo sversamento causato dal Trans Niger
Pipeline. Con il sostegno di tutti, i 30 milioni di persone
che vivono nel delta del Niger riusciranno a ottenere
giustizia.
L’8 maggio in occasione dell’assemblea degli
azionisti dell’Eni, Amnesty International ha organizzato un’attivazione di fronte alla sede dell’Eni
(iopretendodignita.it/assemblea-azionisti-eni),
per sensibilizzare gli azionisti sulle violazioni dei
diritti umani di cui le compagnie petrolifere presenti in Nigeria, in particolare nel delta del Niger,
si rendono responsabili.
Le attiviste e gli attivisti hanno distribuito materiale informativo sulla situazione, rendendo visibile
e tangibile la tragedia dell'inquinamento nella vita
quotidiana dei nigeriani.
L’azione di Amnesty Italia “Strappa un impegno a Eni”
continua su: amnesty.it/eni_delta_del_niger
www.amnesty.it
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In primo piano
UN PRECEDENTE
IMPORTANTE
di Dinebari David Vareba
Nel 2008 ci sono state due fuoriuscite di petrolio dalla conduttura principale dell’oleodotto della Shell che hanno inquinato gran parte della zona di Bodo. Una ricerca
indipendente ha scoperto che le fuoriuscite di petrolio nel
fiume Bodo sono state tra i 140 e i 4300 barili di petrolio al
giorno. La Nosdra, l’agenzia governativa che si occupa di
fare rapporto sulle fuoriuscite di petrolio, ha dichiarato che
queste sono andate avanti per 72 giorni. Il risultato è stato
la sparizione definitiva della biodiversità e della vita acquatica in tutta Bodo e nei dintorni. Le conseguenze sui
mezzi di sostentamento della popolazione locale e sull’ambiente sono state devastanti. Un rapporto del programma
delle Nazioni Unite per l’ambiente, pubblicato lo scorso
anno, ha dichiarato che Bodo e tutto l’Ogoniland sono stati
fortemente contaminati da petrolio, benzina e idrocarburi e
questo ha causato un forte incremento delle malattie nella
popolazione, incluso il cancro. Le persone che fino ad allora
si erano sostentate con la pesca e l’agricoltura hanno perso
tutti i mezzi di sussistenza tradizionali. È inoltre incrementato tra la popolazione il tasso di mortalità. Una ricerca
portata avanti dal professor Richard Steiner, che lavora per
un istituto negli Usa, ha studiato l’impatto del petrolio su
Bodo e ha affermato che ci vorranno più di 50 anni per pulire la zona e perché Bodo ritorni allo stato precedente all’inquinamento. Dopo aver tentato per tre anni di avere
giustizia in Nigeria, la popolazione di Bodo si è rivolta a una
corte in Gran Bretagna.
Non è stato possibile portare la Shell davanti a una corte
nigeriana a causa della corruzione, della collusione che c’è
tra l’azienda e il governo. I tribunali in Nigeria non sono al
momento indipendenti e le potenti compagnie petrolifere
possono facilmente oltrepassare il governo nel controllo dei
tribunali. È per questo motivo che la popolazione di Bodo ha
deciso di portare il caso davanti a una corte nel Regno Unito,
dove potrà avere un giudizio imparziale. Solo in quella sede
infatti la Shell ha ammesso che le fuoriuscite di petrolio sono
state causate dalla corrosione degli oleodotti. Le forme di
Dinebari David Vareba è originario della città di Bodo in Gokana, nello
stato di Rivers, in Nigeria. È Programme officer del Centro per
l'ambiente, i diritti umani e lo sviluppo (Cehrd) in Nigeria, l'associazione
con cui Amnesty International ha condotto la sua ultima missione di
ricerca a Bodo per analizzare l'impatto delle attività della Shell.
Ha svolto ricerche sulla disobbedienza civile nel delta del Niger,
per comprendere meglio le dinamiche e arrivare a una migliore
salvaguardia dell'ambiente e della giustizia sociale.
6
www.amnesty.it
sabotaggio, che la Shell affermava fossero la causa delle fuoriuscite, nonché la raffinazione locale del petrolio, sono successive al 2008, perché dopo questa data la popolazione ha
perso i mezzi di sussistenza tradizionali, come la pesca e
l’agricoltura. Solo allora la gente ha avuto bisogno di “rubare” il petrolio e raffinarlo per cercare di venderlo. Inoltre
come è possibile che la popolazione locale abbia sabotato gli
oleodotti vista la massiccia presenza di militari locali che li
sorvegliano giorno e notte? La Shell non dovrebbe parlare di
sabotaggi quando si tratta di loro inadempienze.
Intanto il governo ha aumentato il prezzo della benzina, probabilmente per sostenere l’alto livello di corruzione nel
paese, esponenziale nel settore del petrolio. Il parlamento
ha portato avanti un’indagine sul settore petrolifero e ha
scoperto che sono fortemente corrotte. Molte sono tra l’altro
di proprietà di alcuni politici, del passato o attuali.
Siamo molto fiduciosi che il giudizio del tribunale del Regno
Unito sarà favorevole alla popolazione di Bodo. Le prove
sono così chiare che chi prenderà la decisione non potrà
ignorarle. Abbiamo fiducia nello studio legale che si occupa
di questo caso e che ha fatto ricerche molto approfondite. È
composto da 200 avvocati per i diritti umani che hanno
presentato un’opinione legale nella quale danno più del
90 per cento di possibilità alla popolazione di Bodo di
ottenere giustizia. Siamo felici perché Bodo rappresenterà il primo caso in Nigeria che sarà giudicato da un tribunale estero: un precedente importante.
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GLOBALIZZAZIONE
SENZA DIRITTI
di Laura Renzi
© Kadir van Lohuizen/Noor
La globalizzazione economica, iniziata alla fine degli anni
Ottanta, ha contribuito alla crescita del potere delle aziende.
Diverse grandi compagnie, con sede centrale in un paese,
sono oggi attive in luoghi diversi, provocando un impatto
profondo sulle vite delle persone. Tale impatto può naturalmente essere positivo, come nel caso della creazione di posti
di lavoro o delle entrate fiscali, ma anche negativo, con violazioni dei diritti umani e danni ambientali. È in particolare l’industria estrattiva (petrolio, gas e miniere) quella che,
negli ultimi anni, sta causando la perdita di mezzi di sussistenza a milioni di persone. I problemi più gravi si riscontrano nei paesi poveri, dove l'influenza che le aziende
esercitano sui governi può essere significativa.
In Nigeria, ad esempio, e più precisamente nel delta del
Niger, le comunità vedono ben poco dei proventi dell’estrazione del petrolio da parte delle grandi compagnie petrolifere Eni, Total e Shell. Le fuoriuscite di petrolio, il gas flaring
e il furto di petrolio hanno causato devastanti danni am-
bientali e violazioni del diritto al cibo, all’acqua pulita e alla
salute. Le operazioni di sicurezza per proteggere gli interessi
relativi al settore petrolifero hanno portato a gravi violazioni
dei diritti umani, tra cui esecuzioni extragiudiziali, torture e
stupri. Finalmente, una delle aziende, la Shell, è finita sul
banco degli imputati presso un tribunale britannico, grazie
all’impegno della comunità di Bodo.
In India, la raffineria di alluminio della compagnia britannica Vedanta Resources ha inquinato per anni l'aria, l'acqua
e i terreni nella zona di Lanjigarh, nello stato dell’Orissa,
mettendo a rischio la salute delle popolazioni locali e il loro
accesso all'acqua. Con la promessa di trasformare la zona
in una nuova Dubai, nel 2009 l’azienda aveva presentato
un progetto che avrebbe sestuplicato la dimensione della
raffineria, senza però informare le comunità locali sul conseguente aumento dell'inquinamento. Nel 2010, l’Alta
corte dell’Orissa ha respinto il progetto perché violava le
leggi nazionali in materia di ambiente.
In attesa della sentenza della Corta interamericana sui diritti umani, la popolazione nativa di Sarayaku, in Ecuador,
sta portando avanti con Amnesty International una campagna per la difesa della terra. Nel 2002, infatti, la Chevron,
con l’appoggio del governo, è entrata nel territorio, schierando personale e macchinari pesanti per la ricerca di petrolio. Sono intervenute anche le forze armate, costituendo
posti di blocco vicino alla comunità. Dopo mesi di mobilitazioni, la popolazione locale è riuscita a mandare via la compagnia che ha però lasciato più di 1,4 tonnellate di dinamite
sepolte nel terreno. Il governo si è rifiutato di rimuovere
l’esplosivo o di garantire che la comunità sarà consultata per
i progetti futuri. Ora la Corte interamericana dei diritti
umani è la loro ultima speranza di ottenere giustizia.
In Canada, nella provincia di Alberta, 30 anni di estrazione
di petrolio e gas hanno provocato un’enorme
riduzione della fauna, danneggiando gravemente la caccia, la pesca e l’agricoltura, fonti
di sostentamento principali della comunità
delle Prime nazioni. Sebbene il governo
abbia promesso di stabilire una riserva per
i lubicon cree o un riconoscimento legale per
le loro terre, in realtà non l’ha mai fatto. La
comunità continua a lottare contro le
aziende estrattive che intendono appropriarsi di quei terreni e dei beni che racchiudono.
Quello che accade è che normative interne
deboli e privilegi accordati alle aziende si aggiungono all’assenza di meccanismi internazionali efficaci di accertamento delle
responsabilità, provocando effetti devastanti. La soluzione è
assicurare che norme chiare sulla sicurezza, sul rispetto dei
diritti umani, sulle consultazioni con le comunità locali e
sulla trasparenza regolino il comportamento delle aziende e
vengano fatte rispettare, ponendo fine allo strapotere degli
attori economici e alla loro connivenza con i governi.
www.amnesty.it
7
I Amnesty-luglio-2012_Layout 1 26/06/12 12.42 Pagina 8
Notizie dal mondo
Una fotografia
dello stato
dei diritti umani
nel mondo
di Monica Ricci Sargentini
Nel 2012 il mondo sarà migliore? La spinta che viene dalle
strade per un cambiamento contro la tirannia e la disuguaglianza riuscirà a costruire società più forti, basate sul rispetto dei diritti umani?
Le speranze sono tante se si guardano i contenuti del Rapporto 2012 di Amnesty International che documenta la situazione in 155 stati e territori del mondo nel 2011, l’anno
in cui Amnesty ha celebrato il suo 50° anniversario. “Inizialmente – scrive nell’introduzione Salil Shetty, il Segretario generale di Amnesty International – sembrava che le
manifestazioni e i disordini fossero limitati ai paesi dove lo
scontento e la repressione erano prevedibili. Ma con il passare dei mesi è stato chiaro che il fallimento dei governi nel
garantire la giustizia, la sicurezza e la dignità umana stava
alimentando le proteste in tutto il mondo. Da New York e
Mosca a Londra e Atene, da Dakar e Kampala a La Paz e
Cuernevaca, da Phnom Penh a Tokyo, la gente è scesa nelle
strade”.
La caduta di Ben Ali in Tunisia e quella di Mubarak in
Egitto sono state un esempio che ha acceso la speranza. Ma
la strada verso la democrazia è ancora lunga e un ruolo fondamentale lo dovrebbe giocare la comunità internazionale
che, però, finora non si è rivelata all’altezza della situazione.
Paura, prevaricazione, opportunismo e ipocrisia hanno animato il dibattito all’interno del Consiglio di sicurezza dell’Onu e le risposte alle rivolte in Medio Oriente e Africa del
Nord sono state molto diverse. Se in Libia si è avallato l’intervento di una forza internazionale a protezione dei civili,
lo stesso non è successo per la Siria dove il veto di Russia e
Cina ha affondato l’approvazione di una risoluzione che
chiedeva la fine della violenza e le dimissioni del presidente
Bashar al-Assad. “Possono gli stessi paesi che hanno il potere di porre il veto a qualunque risoluzione del Consiglio di
sicurezza – si domanda Shetty – essere ritenuti affidabili
nel perseguire la pace e la sicurezza internazionale quando
sono coloro che più guadagnano dal commercio globale di
armi?”. Mentre impedisce l’approvazione di una risoluzione
per tutelare i cittadini siriani, Mosca rifornisce di armi e
munizioni il governo siriano buttando così benzina sul fuoco.
I cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle
Nazioni Unite sono quelli che più commerciano in armi con8
www.amnesty.it
venzionali. Insieme hanno totalizzato un profitto di almeno
il 70% di tutte le maggiori esportazioni di armi nel 2010:
Stati Uniti (30%), Russia (23%), Francia (8%), Regno Unito
(4%) e Cina (3%). Questa situazione deve finire. Per poter
autorevolmente garantire la pace e la sicurezza nel mondo
gli stati dovrebbero adottare un forte Trattato sul commercio di armi che impedisca l’arrivo di armi e munizioni nei
paesi dove esiste il rischio di gravi violazioni dei diritti
umani. La speranza è che a luglio gli stati membri delle Nazioni Unite trovino un accordo sul testo finale del Trattato.
Il fallimento della leadership si riscontra anche nella reazione dei governi occidentali alla crisi economica. Non è scattata alcuna solidarietà da parte dei “potenti” verso le
persone che avevano perso il lavoro o la casa. Negli Stati
Uniti, per esempio, si è pensato a salvare le istituzioni fi-
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Monica Ricci Sargentini ha cominciato a lavorare come giornalista
nel 1989 in contemporanea con il crollo del muro di Berlino e da 17
anni segue i maggiori avvenimenti internazionali. Dal 2004 lavora
nella redazione Esteri del Corriere della Sera.
© Guy Martin/Panos
nanziarie che “erano troppo grandi per fallire” ma non si è
pensato a vincolare l’uso di quei finanziamenti. In molti
paesi il patto sociale tra governi e governati si è rotto. Le
proteste di piazza contro le misure d’austerità sono state represse in Grecia (e non solo) con ampio uso di prodotti chimici. E la procura di Atene ha aperto un’inchiesta sull’uso
eccessivo della forza nelle manifestazioni del 15, 28 e 29 giugno 2011. Nel Rapporto Amnesty chiede che “sia introdotto
un maggior controllo, soprattutto sulle istituzioni finanziarie, per prevenire il tipo di crisi economica che nel mondo
continua a far sprofondare molte persone nella povertà”.
Nel 2011, migliaia di rifugiati e migranti sono arrivati in
Europa alla ricerca di sicurezza e di un futuro. Almeno 1500
persone sono affogate durante il viaggio e quelli che sono
riusciti a traversare il mare hanno trovato un’Europa tut-
t’altro che accogliente. Ad aprile l’Italia ha dato il via a
espulsioni sommarie e di massa dei cittadini tunisini giunti
a Lampedusa. Molti stati europei, tra cui Francia e Regno
Unito, si sono rifiutati di accogliere i rifugiati sfollati dal
conflitto armato in Libia, nonostante facessero parte della
forza internazionale che era intervenuta nel paese. Sono cresciuti gli episodi di discriminazione nei confronti delle minoranze etniche e religiose, alimentati da partiti populisti
della destra radicale che hanno avuto successo un pò ovunque in Europa: la Grecia e la Francia ne sono un esempio.
Scorrendo le 748 pagine del Rapporto è facile incappare
anche in alcune buone notizie.
In Argentina, Reynaldo Bignone, ex generale dell’esercito, e
Luis Abelardo Patti, politico ed ex funzionario di polizia,
sono stati entrambi condannati all’ergastolo ad aprile per
omicidio, rapimento e tortura, commessi nella città di Escobar negli anni Settanta. A ottobre, l’ex capitano della marina Alfredo Astiz e altri 15 sono stati condannati al carcere
con pene tra i 18 anni e l’ergastolo per il loro ruolo in 86 crimini contro l’umanità commessi negli anni Settanta. In Bolivia, ad agosto, la Corte suprema ha giudicato colpevoli
sette ex ufficiali di alto rango ed ex funzionari dei diritti civili per il loro ruolo negli eventi conosciuti come “Ottobre
nero”, in cui persero la vita 67 persone e oltre 400 rimasero
ferite nel 2003. In Brasile, poi, la presidente Rousseff ha ratificato una legge che prevede la creazione di una commissione verità per indagare sulle violazioni dei diritti umani
commesse tra il 1946 e il 1988. Dall’altra parte dell’oceano,
in Serbia, il 26 maggio del 2011 è finita una delle più grandi
cacce all’uomo d’Europa quando è stato arrestato l’ex generale Ratko Mladic, ricercato dal 1996 per numerosi crimini
di guerra tra cui l’assedio di Sarajevo e la strage di Srebrenica. Due mesi dopo è stato preso anche il serbo croato
Goran Hadzic, l’ultimo a essere ancora in libertà.
Le notizie, buone o cattive, non finiscono qui. Il Rapporto ne
è una fonte inesauribile, una sorta di vademecum dei diritti
umani da tenere sempre a portata di mano. Leggetelo.
Le persone e la dignità
Quando io e gli amici di Amnesty International cominciammo
a parlare di un blog sui diritti umani da pubblicare sul sito
del Corriere della Sera, non avevamo idea del successo che
avrebbe avuto. Oggi a più di un anno di distanza dalla sua
nascita, il 28 maggio del 2011, “Le persone e la dignità”
(lepersoneeladignita.corriere.it) vanta 150mila utenti unici
al mese, una media di due post al giorno e più di 2000 commenti. La bella sorpresa è stata quella di veder crescere una
piccola comunità di lettori appassionati al tema dei diritti
umani. Il dibattito, a volte acceso, sul nostro blog non manca
mai. M.R.S.
www.amnesty.it
9
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Notizie dal mondo
© REUTERS/Handout
NON SI FERMA LA VIOLENZA IN SIRIA
Il 14 aprile, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato con forte ritardo una risoluzione che chiede la piena attuazione del piano Annan e dispone l'immediato invio di 30
osservatori non armati. Il piano chiede la cessazione della violenza, l'inizio di un processo di dialogo politico e il rispetto di
una serie di diritti umani. Il problema reale resta l’inaffidabilità
della Siria visto che dal 14 aprile sarebbero 1300 le persone
uccise, di cui 49 bambini e 34 donne. Domenica 1° aprile sono
stati arrestati 13 studenti e, secondo testimoni oculari, perquisiti, picchiati e insultati da uomini in borghese, probabilmente
appartenenti ai servizi segreti dell'Aeronautica, prima di essere
portati via. Il 25 maggio, un attacco nella città di Houla ha ucciso 108 civili. Secondo attivisti locali, nel pomeriggio soldati di
guardia a un posto di blocco hanno sparato contro una manifestazione pacifica; l'opposizione armata li ha allora attaccati e il
fuoco incrociato ha provocato numerose di vittime. Dopo di che
l'esercito siriano ha lanciato colpi di artiglieria e razzi contro la
città, anche al ritmo di uno al minuto. Due giorni dopo, l'agenzia d'informazione statale Sana ha affermato che le vittime di
Houla erano state uccise da "gruppi terroristi legati ad al-Qaeda"
e il ministro degli Esteri ha annunciato l’inchiesta di una commissione militare. Il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha condannato l'attacco a Houla ma ancora una volta non ha preso alcuna
misura concreta per fermare la violenza.
Il 29 maggio, Australia, Canada, Francia, Germania, Italia,
Olanda, Regno Unito e Spagna hanno espulso gli ambasciatori
siriani.
ACCORDO PER I PRIGIONIERI PALESTINESI
Circa 2000 palestinesi detenuti nelle carceri israeliane hanno sospeso lo sciopero della fame che durava da un mese, dopo che Israele
ha accettato di attuare alcune misure per migliorare le condizioni di
prigionia. Grazie all'accordo mediato dall'Egitto, Israele ha sospeso
l'isolamento per 19 prigionieri (durato fino a 10 anni) e ha tolto il divieto di visite familiari per i detenuti della Striscia di Gaza, in vigore
dal 2007. Molti di coloro che avevano intrapreso lo sciopero della
fame erano in detenzione amministrativa, imprigionati con un ordine
militare, rinnovabile a tempo indeterminato. Anche per il calciatore
palestinese Mahamud al Sarsak, dopo 92 giorni di sciopero della
fame, è stato trovato un accordo e verrà liberato il 10 luglio.
10 www.amnesty.it
NUOVI ACCORDI TRA ITALIA E LIBIA
Il quotidiano La Stampa ha reso pubblici i contenuti dell’accordo – processo verbale della riunione – siglato dai ministri dell’Interno italiano, Annamaria Cancellieri, e quello libico, Fawzi Altaher Abdulati, il 3 aprile a Tripoli. Il quadro è quello del “contrasto all’immigrazione illegale”,
sottolineato con enfasi nel testo, senza garanzie per i richiedenti asilo. L’Italia chiede alla Libia
di prevenire le partenze e s’impegna a collaborare a questo scopo. Ciò, di fatto, significa che
l’Italia offre collaborazione a mettere a rischio la vita delle persone che si trovano in Libia.
Sembra che il governo italiano si accontenti di “rassicurazioni diplomatiche” da parte di uno
stato che non è in grado di garantire il rispetto dei diritti umani di migranti, richiedenti asilo
e rifugiati.
COLPO DI STATO IN GUINEA-BISSAU
Dopo il colpo di stato del 12 aprile in Guinea-Bissau, alcune manifestazioni spontanee
di donne e giovani sono state disperse con violenza dalle forze armate; alcuni partecipanti sono stati picchiati, uno è stato accoltellato a una gamba ed è ricoverato in
ospedale in condizioni gravi ma stabili. Le emittenti radiofoniche sono state chiuse
nelle prime ore del colpo di stato, mentre la tv di stato ha ripreso a trasmettere sotto
il controllo dei militari. Difensori dei diritti umani, esponenti della società civile e addirittura ministri del deposto governo si starebbero nascondendo per evitare l'arresto, mentre i militari al potere si accaniscano contro i loro familiari per costringerli
ad arrendersi.
© Archivio privato
CHEN GUANGCHENG SCAPPA DALLA CINA
A fine aprile, Chen Guangcheng, avvocato attivista cinese, è riuscito a fuggire dagli
arresti domiciliari, ai quali era stato confinato dopo quattro anni passati in prigione.
Si è rifugiato presso l’ambasciata statunitense ma è stato poi trasferito in un ospedale di Pechino, a seguito delle pressioni dei funzionari americani e delle rassicurazioni del governo cinese, che ha promesso di permettergli di vivere e studiare. Quando
però ha incontrato la moglie in ospedale, dove era ricoverato per una frattura al
piede riportata durante la fuga, ha saputo che la donna era stata legata a una
sedia, picchiata e interrogata dalle autorità cinesi e ha deciso di lasciare il paese. Il
20 maggio, Chen Guangcheng è giunto con moglie e figlie a New York. Il caso ha provocato tensioni tra Usa e Cina.
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© Beatrice Lencioni
Breve
Autorità palestinese - Il 3 aprile, l’ufficio del procuratore della Corte penale
internazionale ha reso noto che non potrà prendere in considerazione denunce di crimini commessi durante il conflitto del 2008-2009 a Gaza se
l'Onu o gli stati parte della Corte non determineranno che l'Autorità palestinese è uno stato.
DIRITTI LGBTI NEGLI USA
Un emendamento costituzionale approvato il 9 maggio mediante referendum in Nord Carolina, negli Usa, ha vietato i matrimoni e le unioni
civili tra persone dello stesso sesso. Nell’ultimo periodo Obama e altre
figure della sua amministrazione hanno fatto invece dichiarazioni favorevoli ai matrimoni tra persone dello stesso sesso, legalmente riconosciuti solo in Vermont, New York, New Hampshire, Washington DC,
Massachusetts, Maryland, Connecticut, Washington e Iowa.
ATTACCHI RAZZISTI A PESCARA
Dopo l'uccisione a Pescara di Domenico Rigante, un tifoso della squadra di
calcio locale di 24 anni, avvenuta il 1° maggio, della quale è sospettato un cittadino italiano di etnia rom, gruppi di tifosi e di amici della vittima hanno manifestato contro la comunità rom. Non sono stati commessi atti di violenza,
ma nel corso delle proteste si sono levati cori discriminatori e minacce. Tra
l’altro nel quartiere Rancitelli, abitato da molti rom, sono stati esplosi colpi in
aria e gruppi di persone col volto coperto da sciarpe e cappelli, sono entrati in
una sala bingo di Pescara e in un'altra di Montesilvano, con l'intenzione di
aggredire i rom che spesso frequentano quei luoghi.
Libia - Il 4 aprile, la Corte penale internazionale ha chiesto alla Libia di consegnare Saif al-Islam Gheddafi, ricercato per crimini contro l'umanità in relazione alla brutale repressione delle manifestazioni nel paese. Dalla sua
cattura, a novembre, è in isolamento in un luogo segreto, senza accesso a
un avvocato né ai familiari. Italia - Ha destato forti polemiche la foto diffusa dal regista Francesco Sperandeo, scattata il 18 aprile su un volo Roma-Tunisi, dove si vede un cittadino tunisino respinto dall'Italia imbavagliato. Sul volo c’erano due tunisini
respinti, tenuti con nastro marrone da pacchi sul viso e fascette di plastica
per bloccare i polsi.
Serbia - Il 26 aprile, a Belgrado, è iniziato uno sgombero di massa che rischia di disperdere o lasciare senza un alloggio almeno una parte delle 250
famiglie colpite. Lo sgombero è avvenuto senza alcuna consultazione. È probabile che il destino di molte famiglie rom sia, per molti anni, un container
di metallo.
Cambogia - Chut Wutty, noto attivista per i diritti dell'ambiente, è stato ucciso il 26 aprile, insieme a un agente della polizia militare, nella provincia
di Koh Kong. Wutty, direttore del Gruppo per la protezione delle risorse naturali, Ong impegnata a salvaguardare il patrimonio forestale, aveva già ricevuto minacce.
Sierra Leone - Il 26 aprile, il Tribunale speciale per la Sierra Leone ha riconosciuto colpevole di 11 capi d’accusa, relativi a crimini contro l’umanità e
crimini di guerra, l’ex presidente della Liberia, Charles Taylor. Una pietra
miliare per la giustizia penale internazionale.
Cina - Al-Jazeera English si è vista costretta a chiudere il suo ufficio di Pechino
dopo che il 9 maggio la sua reporter, Melissa Chan, è stata espulsa dalla
Cina. Il ministero degli Esteri non ha fornito alcuna spiegazione per la
decisione.
Messico - Il 18 maggio, il cadavere mutilato di Marco Aurelio Avila García,
un famoso giornalista di cronaca nera, è stato ritrovato in una busta della
spazzatura nello stato di Sonora. Dal 28 aprile sono stati sei i giornalisti
uccisi nel paese.
© IRFS
EUROVISION 2012: SILENZIO DAVANTI ALLE VIOLENZE
Alla vigilia del concorso musicale Eurovision 2012 in Azerbaigian, la repressione della polizia si è rafforzata. Il 14 maggio, le forze di polizia
hanno circondato i giardini Sabir, a Baku, interrompendo una manifestazione pacifica di 300 persone che chiedevano la liberazione dei prigionieri politici. Molte persone sono state arrestate. Il 21 maggio, prima
dell'inizio dell’evento, la polizia ha costretto 200 manifestanti a salire
su un autobus, scaricandoli fuori città, picchiandone molti e arrestandone 38. L’European broadcasting union che ha organizzato il concorso,
nonostante un generico impegno in favore della libertà d’espressione, è
rimasto in totale silenzio. Nella notte tra il 12 e 13 giugno, Meham
Museynov, coordinatore di una campagna che chiedeva ai partecipanti
al concorso di schierarsi contro le violazioni, è stato arrestato.
Ucraina - Il 20 maggio, quello che doveva essere il primo Pride del paese è
stato annullato, 30 minuti prima dell'inizio. La polizia di Kiev ha chiesto agli
organizzatori di cancellarlo, sostenendo che 500 tifosi di calcio di estrema
destra si stavano dirigendo verso il punto di partenza della manifestazione
per fermarla.
Kuwait - Hamad al-Naqi, un esponente della minoranza musulmana sciita,
è stato condannato il 5 giugno a 10 anni di carcere e ai lavori forzati per aver
postato su Twitter commenti giudicati offensivi nei confronti delle autorità
dell'Arabia Saudita e del Bahrein e dell'Islam.
Egitto - Alla vigilia dei risultati elettorali, che hanno stabilito la vittoria di
Mohammed Morsi dei Fratelli musulmani, il 16 giugno il Consiglio supremo
delle forze armate ha deciso di conferirsi poteri sulle materie relative alle
forze armate, rimuovendo ogni forma di controllo delle istituzioni civili sull'operato dell'esercito.
www.amnesty.it 11
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Anela Krasnic, il suo vicino Zoran Durmisevic e suo figlio Danijel siedono fuori
dalla loro ex casa a Belgrado, in Serbia. Cinque famiglie rom che vivevano in
edifici di loro proprietà sono state sgomberate con la forza e lasciate per strada
con i loro averi. Le violazioni dei diritti dei rom e la discriminazione nei loro confronti è uno dei temi trasversali del Rapporto annuale 2012, un problema che riguarda in particolar modo l’Europa.
© Sanja Knezevic
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Amnesty in Italia
HUMAN RIGHTS FRIENDLY SCHOOLS
di Chiara Pacifici
Che cos’è una “scuola amica dei diritti umani”
Il progetto “Scuole amiche dei diritti umani”, rivolto
alle scuole secondarie di secondo grado, nasce nel
contesto del programma mondiale per l’Educazione
ai diritti umani proclamato dall’Onu nel dicembre
2004. Il programma promuove un approccio globale
all’educazione basato sui principi della Dichiarazione Onu sull’Educazione e formazione ai diritti
umani del 2011, che richiede che tutti gli stati membri forniscano educazione su, attraverso e per i diritti umani. In una “scuola amica dei diritti umani”
i giovani sono invitati a riconoscere quali sono i loro
diritti, a condividerli con gli altri e a farli rispettare
dentro e fuori dall’ambiente scolastico. Il progetto è
presente in 20 paesi del mondo: Benin, Cile, Costa
d’Avorio, Croazia, Danimarca, Ghana, Irlanda,
Israele, Italia, Kenya, Moldova, Mongolia, Marocco,
Paraguay, Polonia, Regno Unito, Repubblica Ceca,
Senegal, Sudafrica e Ungheria. In queste scuole
vengono promossi il rispetto, la non discriminazione, la dignità e la libertà di espressione attraverso la partecipazione attiva dell’intera comunità
scolastica.
Grazie al coinvolgimento di tutta la scuola, i diritti
umani sono integrati con tutte le attività, in modo
che ognuno abbia l’opportunità di capire e di attivarsi concretamente per promuoverli. Studenti, insegnanti, genitori e personale non docente,
attraverso corsi specifici, workshop tematici e percorsi formativi hanno l’opportunità di informarsi e
di partecipare alle decisioni della scuola, contribuendo in prima persona alla costruzione di un ambiente aperto alla conoscenza e alla diffusione di
una cultura dei diritti umani. Gli istituti scolastici
che partecipano al progetto condividono le conoscenze e le esperienze a livello internazionale.
Le “scuole amiche dei diritti umani” nel
mondo
Gli studenti e le studentesse danesi hanno trasformato per alcuni giorni la loro scuola in un campo
profughi, imparando per esperienza diretta che cosa
significa vivere in un mondo in cui i diritti umani
sono sistematicamente violati. In Irlanda, genitori e
studenti hanno accolto la diversità e affrontato
14 www.amnesty.it
l’emarginazione degli studenti migranti, dando vita
a un centro linguistico che offre corsi di albanese,
arabo, romeno e urdu. Alcune scuole in Polonia
hanno invitato funzionari governativi per discutere
l’inserimento dei diritti umani nel curriculum nazionale.
E in Italia
In Italia le “scuole amiche dei diritti umani” sono
tre: l’Istituto tecnico tecnologico “Marie Curie” di
Napoli, l’istituto di istruzione superiore “Enrico
Mattei” di San Lazzaro di Savena (BO)
e il liceo “Norberto Rosa” di Susa e
Bussoleno (TO).
I docenti dell’istituto “Marie Curie”
hanno partecipato al corso di formazione “Primi Passi. Strumenti e metodi per l’Educazione ai diritti
umani” e la scuola ha avuto l’opportunità di incontrare Touria Bouabid, responsabile del progetto di
Amnesty Marocco (intervistata
nel n. 2 - 2012 di I Amnesty).
L’istituto “Enrico Mattei” l’8
marzo si è attivato per le donne
siriane e, nella giornata della
memoria, ha organizzato lo
spettacolo teatrale “Ombre
nella memoria", ispirato al
libro “Uno psicologo nei lager”
di Viktor Frankl. Per sensibilizzare sulle conseguenze dell’inquinamento delle compagnie
petrolifere nel delta del Niger, gli studenti e le
studentesse del “Norberto Rosa” hanno partecipato
a un’attivazione, facendosi fotografare dopo aver immerso nella vernice nera oggetti di uso comune. Il
prossimo anno ci auguriamo che nuove scuole aderiscano al progetto e inizino insieme ad Amnesty un
percorso che le porti ad attivarsi per rendere la
scuola un luogo, dove poter esercitare i propri diritti
e rispettare e sostenere i diritti degli altri.
Per saperne di più e per iscrivere la tua
scuola scrivi a: [email protected]
S
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L’Assemblea generale
di Amnesty International,
la casa dei diritti umani
A Senigallia, dal 28 al 30 aprile, l’Assemblea generale di Amnesty Italia è diventata la casa dei diritti umani. La casa che ha accolto
tante e tanti ospiti, di alcuni dei quali in questa rivista potrete leggere interviste e testimonianze. Persone che ci
hanno raccontato come la lotta per difendere i diritti umani
sia dura e dolorosa, di come per ottenere il minimo risultato
occorra il massimo sforzo. Ma è uno sforzo che vale la pena
fare, e dev’essere fatto, in Siria come in Nigeria e anche,
naturalmente, in Italia.
L’Assemblea generale ha raccolto tutte le attiviste e gli attivisti insieme a coloro che lavorano ogni giorno affinché
in Italia sempre più persone si mobilitino contro le violazioni
dei diritti umani. Eravamo più di 350 persone. Molti si ritrovano, di anno in anno, portando avanti una militanza
iniziata nel secolo scorso con entusiasmo e passione intatti. Per un numero ancora maggiore di persone, era la
prima Assemblea. È stato bello vedere nuovi attivisti e attiviste perdere lo spaesamento dopo pochi minuti, annusare
un’aria comune d’impegno per i diritti umani. È stato bello
condividere la forza di un comune sentire. Così, in un ricco
ordine del giorno ottimamente gestito dalla presidenza dell'Assemblea, tra le testimonianze degli attivisti siriani in
esilio e le mozioni organizzative e statutarie, tra il racconto
della vita impossibile delle comunità del delta del Niger e
le relazioni del Comitato direttivo e degli altri organi dell’associazione, tra le parole della nostra ricercatrice sulla
Libia appena arrivata da Tripoli e un serrato dibattito sulle
tecniche di raccolta fondi, tre giorni sono scivolati veloci.
Arricchiti dalla commozione dell’incontro con le madri, le
figlie, le sorelle di vittime di violazioni dei diritti umani avvenute in Italia nell’ultimo decennio. È soprattutto per loro
che Amnesty deve continuare a essere la casa dei diritti
umani.
Carlotta Sami
Direttrice generale della Sezione Italiana di Amnesty International
www.amnesty.it 15
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Amnesty in Italia
VISITA WWW.AMNESTY.IT E ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER! SARAI PERIODICAMENTE
HUMAN RIGHTS ARE MY PRIDE!
Nell'ambito delle attività della campagna "Per un'Europa
senza discriminazione", Amnesty International ha lanciato, in collaborazione con le varie associazioni Lgbti nazionali, un appello rivolto al ministro del Lavoro e delle
pari opportunità, Elsa Fornero, e ai presidenti delle camere chiedendo loro di colmare al più presto la lacuna
della legislazione penale italiana, che non contempla
l'omofobia e la transfobia tra le possibili cause di discriminazione. Amnesty ha inoltre organizzato dal 6 al 16
giugno l’evento “Lbgti human rights tour” a cui hanno
preso parte tre attivisti per i diritti umani delle persone
Lgbti in Europa: Olga Lenkova dell'associazione Coming
Out di San Pietroburgo (Russia); Şevval Kılıç, attivista
transgender dell'Istanbul Lgbtt Solidarity Association
(Turchia) e Amarildo Fecanji dell'associazione Pink Embassy di Tirana (Albania), che per 10 giorni hanno girato
l’Italia partecipando a una serie di iniziative. Amnesty International Italia ha partecipato inoltre al Bologna Pride
2012 di sabato 9 giugno, aderendo alla modalità di svolgimento, solidale con le popolazioni colpite dal terremoto,
proposta dal comitato organizzatore della manifestazione.
AMNESTYN
Amnesty International rappresenta un energetico, una vitamina che dà forza e fa attivare quando pochi o nessuno
lo farebbero. Così il 26 e 27 maggio 2012, centinaia di attiviste e attivisti di Amnesty International sono scesi in
piazza in occasione della 6° edizione delle Giornate dell’Attivismo per presentare il lavoro dell’associazione alle
persone come un energetico - AMNESTYN - e chiedendo loro
di provarlo e di entrare a far parte della più grande comunità di difensori dei diritti umani del mondo. Da Roma a
Milano, da Genova a Bari, da Palermo a Torino e in tantissime altre città italiane il messaggio è stato uno: che
sia un incontro in una scuola, un’azione di mobilitazione
o la raccolta delle firme per un prigioniero di coscienza,
AMNESTYN funziona e aiuta a vivere meglio te e chi ti sta
intorno.
amnesty.it/energetico-diritti-umani
DIRITTI NEGATI: ROM IN ITALIA
L'8 aprile si è celebrata la Giornata internazionale dei rom e sinti. Anche quest’anno Amnesty International ha festeggiato questa ricorrenza, organizzando insieme all’Associazione 21 Luglio l’iniziativa “Pasquetta con le famiglie rom”. La
giornata ha visto coinvolti gli attivisti e le attiviste delle due organizzazioni e le famiglie rom in uno scambio culturale e un’esperienza di conoscenza reciproca. Abbiamo colto l’occasione per manifestare solidarietà alle famiglie rom di uno dei
campi rom informali della capitale nei pressi di via Severino, dove gli abitanti
(circa 50 persone) si erano appena trasferiti a seguito di un sgombero forzato da
un altro campo vicino, avvenuto a fine marzo. Nonostante la gioia condivisa, si
poteva percepire nei loro occhi la paura che tutto finisse lì senza la possibilità di
un’altra occasione simile. “Speriamo di essere ancora qui quando verrete a trovarci
di nuovo“, ci ha detto uno dei residenti del campo. All’inizio di giugno, le famiglie
con cui gli attivisti e le attiviste di Amnesty International hanno celebrato la Giornata internazionale dei rom e sinti sono state nuovamente sgomberate dalle loro
abitazioni senza che le autorità fornissero loro alcuna alternativa di alloggio.
VOCI PER LA LIBERTÀ UNA CANZONE PER AMNESTY
Dal 19 al 22 luglio si tiene la 15°
edizione del festival Voci per la libertà - Una canzone per Amnesty.
Quest’anno l’evento si svolgerà a
Rosolina Mare (RO) e vedrà, come
ogni anno, avvicendarsi sul palco
gruppi emergenti, con brani che
avranno come tema il rispetto dei diritti umani, e ospiti importanti.
Il programma prevede: 19 luglio, concorso e Carlotta; il 20 luglio
concorso e Quintorigo; 21 luglio, concorso e Gnuquartet con Niccolò
Fabi; 22 luglio, finale del concorso e consegna del Premio Amnesty
Italia a Fiorella Mannoia e Frankie Hi-Nrg, per la canzone “Non è un
film” (vedi pag. 20-21).
16 www.amnesty.it
IO PRETENDO DIGNITÀ
© Masoero Guya
Dopo il grande successo del concorso fotografico
2010, dedicato alle donne (nella foto, uno degli scatti
vincitori), il gruppo 235 di Amnesty ha deciso di replicare: fino al 27 ottobre, gli appassionati di fotografia
potranno usare la loro fantasia e creatività per parlare
di diritti umani. L’argomento sarà la richiesta di dignità, a partire dalla campagna di Amnesty International, che da oltre tre anni è impegnata su questo
importante tema. Dal 29 novembre al 2 dicembre tutte
le foto saranno esposte presso lo Spazio Incontri, in
Piazza De Ferrari a Genova. Leggi il regolamento e scopri come partecipare!
www.iopretendodignita.it/concorso-fotografico
AGGIOR
AGGIORNATO SU TUTTE LE NOSTRE ATTIVITÀ
NELLA DICHIARAZIONE DEI REDDITI PUOI DESTINARE AD AMNESTY INTERNATIONAL
IL 5X1000 DELL’IRPEF. RICORDA IL CODICE FISCALE DI AMNESTY: 03 03 11 10 582!
SPETTACOLO TEATRALE
“L’AUTOBUS DI ROSA”
Un nonno e un nipotino oggi,
nell’America di Obama. Il
nonno ha una sorpresa in
serbo per il ragazzo, ma la
delusione è al massimo
quando entrano in un museo,
per di più pieno di vecchie
macchine ... il nonno si
ferma davanti a un autobus
stile anni Cinquanta: sì, è
proprio l’autobus su cui, in
quel giorno del 1955, erano seduti lui e Rosa Parks quando vennero
fatti alzare perché quei posti “erano riservati ai bianchi”. Solo che Rosa
fu schiodata solo con l’arrivo della polizia, mentre lui si era fatto in quattro per convincere quella minuta donna sconosciuta a non intestardirsi in
una battaglia che sembrava già persa.
La compagnia MD Teatro, con la produzione di ENTR'ARTe, ha deciso
di portare in scena il libro “L’autobus di Rosa” (Orecchio acerbo) di
Fabrizio Silei, patrocinato da Amnesty International. Dopo il debutto a
Firenze a maggio, sono previste repliche a Milano, Roma e Firenze nella
primavera 2013.
Mai come adesso, alla luce degli attuali avvenimenti, è necessaria
una rappresentazione teatrale come questa che cerchi di far ragionare le vecchie e nuove generazioni invece di allarmarle. Lo spettacolo
è pensato per bambini/e dai 9 anni in su.
Per informazioni: [email protected]
LE SCUOLE ITALIANE
PER IL DELTA DEL NIGER
Durante l’anno scolastico 2011/2012
molte scuole si sono attivate insieme ad
Amnesty International per difendere i diritti umani degli abitanti del delta del
Niger (vedi pag. 4). Il 14 e il 31 marzo i
ragazzi del liceo “Norberto Rosa”, della
Valle di Susa (TO), che aderiscono al nostro progetto “Human Rights Friendly
Schools” (vedi pag. 14/15), hanno partecipato alla foto-petizione per chiedere
alla Shell di assumersi le proprie responsabilità, bonificando i terreni inquinati e
risarcendo le persone per i danni subiti. Per sensibilizzare sugli effetti dell’inquinamento da petrolio, gli studenti si sono fatti fotografare dopo aver immerso nella vernice nera oggetti di uso comune. Spugne, cartoni del latte, scarpe, pinze, presine,
guanti sono diventate il simbolo di come le industrie estrattive hanno stravolto la quotidianità degli uomini e delle donne nigeriane. Alla foto-petizione hanno partecipato, durante l’Assemblea generale di Amnesty International, anche ragazze e ragazzi dei Gruppi
giovani. Alunne e alunni dai 9 ai 13 anni che aderiscono al progetto Amnesty Kids si
sono attivati per ricordare aziende petrolifere e al governo nigeriano le loro responsabilità. Partecipando all’azione urgente kids, hanno scritto più di un migliaio di messaggi
su “gocce d’acqua” e “pesci” di carta che hanno popolato un fiume di stoffa azzurra
lungo oltre 40 metri. Il “fiume dei diritti” realizzato dalle classi Amnesty Kids è stato poi
consegnato a David Vareba ed è stato steso davanti alla sede dell’Eni in occasione dell’Assemblea degli azionisti, l’8 maggio.
APPELLI
Tunisia
Manal Boualagi
Cina
Chen Zhenping
Manal Boualagi, 26 anni,
madre di due figli è stata
colpita al petto nel pomeriggio del 9 gennaio 2011
nella città di Regueb. È
morta durante il trasporto
dall’ospedale di Regueb alla struttura più attrezzata di
Sfax. Il medico che l’ha visitata sostiene che la traiettoria del proiettile dimostra che il colpo è arrivato da
un edificio vicino, probabilmente sparato da un cecchino. Nello stesso giorno a Regueb sono state uccise
cinque persone a causa dell’uso di forza letale da parte
della polizia per reprimere le proteste, alle quali peraltro Manal non stava partecipando.
Chen Zhenping, praticante
del Falun Gong, è stata
arrestata a luglio 2008
senza un mandato nella
© Archivio privato
sua casa di Zhengzhou,
nella provincia di Henan, per "ricorso a un’organizzazione eretica al fine di sovversione". Sta scontando una condanna a otto anni di carcere. I
ripetuti tentativi del suo avvocato di incontrarla
sono stati vani. La sua famiglia non la vede dal
marzo 2009. È sottoposta a percosse, le viene forzatamente iniettata droga e le vengono inferte
scosse elettriche su parti sensibili del corpo.
Scrivi al ministro della Giustizia e dei diritti umani
Samir Dilou e chiedi che sia avviata un’indagine indipendente e imparziale sulla morte di Manal Boualagi.
Scrivi al presidente Hu Jintao e chiedi il rilascio
immediato e incondizionato di Chen Zhenping,
detenuta solo a causa del suo credo religioso.
Bielorussia
Zmitser
Dashkevich
Zmitser Dashkevich è un
importante attivista politico
e leader dell'organizzazione
d’opposizione Fronte giovanile. È stato arrestato e condannato a due anni di
lavoro forzato con l'accusa di aver aggredito passanti il giorno prima delle elezioni, nel dicembre
2010. Un testimone ha raccontato che Zmitser e gli
altri attivisti sono stati aggrediti da alcuni passanti.
La polizia è arrivata in pochi minuti arrestando tre
di loro e due aggressori. Zmitser Dashkevich è stato
condannato sulla base delle testimonianze dei due
aggressori.
© Bymedia.net
AMENTE
I Amnesty-luglio-2012_Layout 1 26/06/12 12.42 Pagina 17
Scrivi al presidente Lukashenka e chiedi il rilascio
immediato di Zmitser Dashkevich, prigioniero di
coscienza detenuto solo per le sue idee.
Firma gli appelli su questi casi su www.amnesty.it oppure richiedi il testo degli appelli a [email protected].
www.amnesty.it 17
I Amnesty-luglio-2012_Layout 1 26/06/12 12.42 Pagina 18
Tutto questo non d ev
Giuseppe Uva, morto in ospedale a Varese nel 2008, dove
era stato portato durante un fermo di polizia, dopo tre
ore in caserma. A dicembre è stato riesumato il cadavere per ulteriori esami forensi. La sorella Lucia Uva da
allora ha intrapreso il lungo percorso per ottenere verità e giustizia.
«Quando sono arrivata quel pomeriggio e ho trovato il corpo
senza vita di mio fratello in quelle condizioni, non c’era nessun avvocato a dirmi di fare delle foto, ma le ho fatte. Tornavo
da Senigallia e avevo con me la macchina fotografica e ho pensato: “Ma come ha fatto a ridursi in questo stato?”. Io sto facendo questa battaglia da sola. Effettivamente come dice il
pm la mia famiglia è sfasciata perché i miei genitori non volevano che portassi la storia di Giuseppe nei giornali, nelle televisioni, per la loro mentalità. Il pm che si è messo dalla
parte della mia famiglia che non voleva questa battaglia, fin
dal primo momento ci ha venduto la teoria che era stata colpa
dei medici.
Ci sono voluti quattro anni per far assolvere un dottore che
non c’entrava niente. In quelle aule siamo state umiliate. Solo
grazie a un giudice che ha disposto l’autopsia, si è scoperto
che Giuseppe non è morto per i farmaci. Quando abbiamo
fatto un esposto per verificare la presenza di sangue al cavallo
dei suoi pantaloni è stato insinuato che fosse omosessuale,
hanno addirittura detto che poteva essere pomodoro.
Ci sono voluti quattro anni per tirare quei pantaloni fuori da
un cassetto e per l’autopsia che avrebbero dovuto fare subito.
Sulla mia strada ho incontrato Patrizia, Ilaria e ora anche
Domenica ma siamo in contatto con tante altre famiglie e
molte hanno paura a denunciare. Tutto questo non deve più
succedere!»
18 www.amnesty.it
Michele Ferulli è morto a Milano a giugno 2011, durante
un controllo eseguito da una volante di polizia, secondo
la famiglia a causa delle percosse subite. Sua figlia Domenica Ferulli chiede verità e giustizia.
«Se non avessi conosciuto Patrizia, Ilaria, Lucia e l’avvocato Anselmo la storia di mio padre non sarebbe mai uscita fuori perché
all’inizio volevano farmi credere che fosse morto per un malore
ma c’è un video in cui si vede che lo stanno massacrando di botte
e lui che chiede aiuto. I processi vengono fatti alle vittime e ai loro
familiari e non chi ha ucciso, tanto è vero che quando ho ritirato
il fascicolo ho scoperto che sono state fatte intercettazioni a me
in tutti questi mesi, non a chi ha ucciso mio padre. Per me è stato
atroce, non perché avessi qualcosa da nascondere ma perché non
hanno fatto lo stesso con i responsabili. Avrei voluto sapere che
cosa si sono detti nei giorni successivi, cosa hanno detto alle loro
famiglie. Subito dopo una tragedia del genere, un silenzio ti cala
intorno. La sera in cui è morto mio padre, 50-60 persone che
erano lì e avevano visto ci hanno spinto ad andare avanti per
trovare la verità. Poi per giorni molte sono scomparse, alcune
sono state minacciate e mi hanno chiesto di non fare i loro nomi.
Nella caserma, nonostante un video così esplicito, è stata subito
fatta una conferenza stampa per dire che mio padre non era
stato toccato e che era stato violento e aggressivo. Mi hanno convocato in questura per convincermi che era andata così. Ho un figlio di cinque anni che si è trovato in mezzo a tutto questo e che
quando vede passare una pattuglia della polizia ha paura. Non
è facile spiegargli che non sono tutti uguali. Anche per questo
sto facendo questo percorso perché non ce la farei a guardarlo
un giorno negli occhi e dirgli che chi ha ucciso suo nonno è libero
e che non ho fatto tutto quello che potevo.»
© Massimo Giorno
I Amnesty-luglio-2012_Layout 1 26/06/12 12.42 Pagina 19
d eve più succedere!
Stefano Cucchi è morto a 31 anni, nel 2009, nel reparto
penitenziario dell'ospedale Sandro Pertini di Roma sette
giorni dopo l'arresto, riportando ferite che secondo la famiglia dimostrano i maltrattamenti subiti. Sua sorella
Ilaria Cucchi si batte per avere verità e giustizia.
«Quando a famiglie come le nostre capita una tragedia del genere, all’inizio il pm rappresenta colui che farà emergere la verità. Invece spesso accade l’esatto opposto, con pm che
sembrano difendere gli imputati piuttosto che noi, ovviamente
senza tenere minimamente in considerazione l’enorme dolore
che comporta per i familiari essere in quelle aule di tribunale.
Sono 13 gli imputati nella morte di mio fratello ma non sono i
soli responsabili. Il vero responsabile è il meccanismo di protezione e di copertura di chi commette questi reati. Sono state
ascoltate 150 persone come testimoni durante il processo, che
videro Stefano in quelle condizioni e tutte si voltarono dall’altra parte. Io oggi non posso non pensare che se una sola di
quelle persone avesse, non dico compiuto un gesto di umanità,
ma fatto semplicemente il proprio dovere, Stefano sarebbe vivo.
Leggendo gli atti una cosa mi ha colpito moltissimo: un agente
afferma che mio fratello gli disse di essere stato picchiato dai
carabinieri ma, indipendentemente se fosse vero o falso,
l’agente non fece quello che avrebbe dovuto fare, denunciare.
Ha dichiarato: “Da quel momento ho preso le distanze pensando che ognuno dovesse stare al suo posto”. Allora mi chiedo
qual è il posto di un pubblico ufficiale che ha ricevuto una denuncia. Uno dei motivi per cui queste cose continuano a succedere è che si perdono nell’indifferenza, per questo è importante
parlarne. È necessario far capire alla gente che questi episodi
sono diffusi e che potenzialmente possono colpire chiunque.
Parlarne può abbattere i muri intorno alle nostre famiglie.»
Federico Aldrovandi è morto a Ferrara a 18 anni, nel
2005, durante un fermo di polizia. Dopo la morte di suo
figlio, Patrizia Moretti ha aperto un blog per chiedere
l'apertura delle indagini e assieme alla sua famiglia ha
portato avanti una battaglia per chiedere giustizia. Il 21
giugno, la Cassazione ha confermato la condanna per
omicidio colposo per quattro agenti di polizia, responsabili della motre di Federico.
«Le vittime della violenza della polizia sono spesso fatte passare
per persone che avevano già in precedenza dei problemi. Quando
abbiamo visto Federico abbiamo pensato che fosse stato investito
da una macchina perché era distrutto. Sarebbe bastato vedere la
fotografia del suo volto per dire come era morto e invece no, abbiamo dovuto affrontare quasi 40 udienze e due anni di un processo che sembrava fatto a Federico, non a chi era accusato per la
sua morte. Sono perfino arrivati a indagare sulla sua vita, su cosa
faceva da ragazzino, su come andava a scuola, anche se per fortuna il giudice ha fatto comunque il suo lavoro in modo corretto.
Le famiglie hanno bisogno di una forza enorme per affrontare
tutto questo. E spesso questa forza viene alle donne. Il problema
di fondo è l’impunità che sanno di avere le forze di polizia. Il modo
di porsi delle persone con una divisa è spesso molto arrogante e
conoscendo il carattere di Federico avrà risposto, come avrebbe
fatto forse qualsiasi ragazzo di 18 anni. Per cambiare questo atteggiamento serve una corretta formazione e un organismo che
controlli le forze di polizia. Anche la magistratura deve rispondere a qualcuno, ad altre istituzioni ma anche a organismi che
rappresentino la coscienza pubblica. È questo ciò che serve.
Dobbiamo combattere l’ignoranza con l’intelligenza, con la cultura. La vera dimensione della dignità delle persone è proprio
questa.»
www.amnesty.it 19
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Fiorella Mannoia e Frankie Hi-Nrg
Non è un film
a cura di Beatrice Gnassi
Fiorella, la canzone “Non è un film” vincitrice del Premio Amnesty 2012, presenta l’immagine di una società dove i
migranti vengono sfruttati e rifiutati a
seconda dell’occorrenza. In tempi di crisi
economica la discriminazione cresce e le
persone più vulnerabili diventano un
capro espiatorio. Nella tua dichiarazione
per il premio hai parlato di “terrorismo
delle parole”, cosa significa?
Penso che le parole siano importanti. Quando
rappresentanti del governo, amministratori locali, rivolgendosi agli immigrati usano parole
come "rimandiamoli indietro con i vagoni
piombati" o "ributtiamoli in mare", "spariamogli addosso", "bruciamoli col napalm", fanno
uso del terrorismo delle parole, che precede
quello delle armi. Questa gente è irresponsabile e pericolosa. Poi non c'è da stupirsi più di
tanto se qualche imbecille di turno dà fuoco a
un barbone o spara a poveri nigeriani inermi.
La responsabilità morale è di questi individui
che per meri fini elettorali (nella realtà a questi politici non interessa niente, né degli italiani, né degli stranieri, sono solo a caccia di
voti e di consensi) approfittano della paura
(comprensibile) che genera questo fenomeno
nuovo che è la convivenza tra i popoli, che (ci
piaccia o no) segna il nostro futuro.
Il disco che contiene “Non è un film”,
“Sud” ha come filo conduttore il Sud
d’Italia ma anche quello del mondo, perché hai voluto raccontarlo e cantarlo?
Perché partendo dal nostro Sud, il pensiero è
andato inevitabilmente al Sud del mondo che è
sempre stato depredato, saccheggiato, derubato e abbandonato a se stesso. Il nostro,
quello latinoamericano e soprattutto quello
dell'Africa, terra di conquista per eccellenza di
tutto l'Occidente. Ho voluto solo fare un piccolo omaggio a un'area geografica martoriata
dall'avidità degli uomini.
Nel tuo tour stai portando sul palco i ragazzi dell’Axè, com’è nata questa collaborazione?
Sono testimonial italiana da qualche anno del
progetto Axè di Salvador de Bahia, città che
frequento spesso e che amo profondamente.
Quando è iniziato questo tour che parla di
Sud, mi sono detta che era l'occasione per invitare i ragazzi (ballerini, percussionisti e capoeristi) sul mio palco e far conoscere il
progetto Axè anche in Italia, direi quasi di riportarlo a casa, visto che il fondatore è un italiano: Cesare De Florio La Rocca, che da 45
anni in Brasile dedica la sua vita ai più deboli,
a "los excluidos", bambini e ragazzi di cui nessuno si occupa. La sua intuizione di usare
l'arte è risultata vincente, a dimostrazione che
l'essere umano ha bisogno di desiderare e che
"sono gli intellettuali a essere attratti dalla
miseria, i poveri amano la bellezza". I Amnesty-luglio-2012_Layout 1 26/06/12 12.42 Pagina 21
Frankie, cosa hai pensato quando hai saputo che
“Non è un film” aveva vinto il Premio Amnesty?
Ho pensato di avere centrato la canzone, di essere riuscito
a mettere a fuoco il tema in maniera efficace, tanto da essere scelto da chi - come Amnesty - conosce bene la realtà
dell'immigrazione. Ed essere scelto in mezzo alle altre belle
canzoni in gara è stato come vincere una seconda volta.
Tra le tante canzoni che ti hanno reso celebre
“Quelli che benpensano” è stata un grande successo a fine anni Novanta. È cambiato qualcosa o
i benpensanti sono gli stessi che si “credono meglio” e che non vogliono sentire la “puzza” di questa umanità in viaggio?
I benpensanti sono e saranno sempre uguali, accomunati
nel disprezzo del "diverso", pieni di sé e privi di ogni "se".
Quello che è evidentemente cambiato in questi 15 anni è
la quantità di persone che si ritengono migliori, elettivamente privilegiate rispetto al resto del mondo: sono assai
di più, asserragliati in una finta élite, come per mettersi
al riparo dalla crisi e da una realtà che - al contrario - richiede sempre più apertura e buona disposizione nei confronti del prossimo. Ma non andranno lontano.
In Marocco, il cantante rap Mouad Belrhouate è
stato arrestato perché le sue canzoni erano ritenute offensive verso la monarchia. Perché un rapper può costituire una minaccia al potere tanto da
metterlo in carcere per le sue canzoni?
Perché il rap è uno strumento che permette di veicolare
contemporaneamente informazione e opinione, in una maniera incisiva e facilmente riproducibile, fornendo a chi lo
ascolta una visione della realtà e la possibilità di riproporla a propria volta, meglio di un semplice slogan. A differenza di molti dissidenti, un rapper può "volantinare"
simultaneamente migliaia di persone, in modo parecchio
più efficace e coinvolgente di un semplice volantino, essendo il testo scandito sul ritmo e in qualche modo "incorporato" al suono del tamburo, strumento che da sempre
riesce a spingere le masse oltre i loro limiti e le loro paure.
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da non perdere
RAPPORTO ANNUALE 2012
“Cambiamento, coraggio e conflitto sono gli elementi che hanno caratterizzato il 2011, un anno in cui moltissime persone, come non se ne vedevano
da decenni, si sono ribellate in segno di protesta contro governi e altri potenti attori. Hanno protestato contro l’abuso di potere, la mancanza di accertamento della responsabilità, la crescente diseguaglianza, la povertà
sempre più profonda e l’assenza di leadership a ogni livello di governo.”
(dall’introduzione di Salil Shetty, Segretario generale di Amnesty Internationa)
Il Rapporto annuale di Amnesty International 2012 documenta la situazione dei diritti umani in 155 paesi e territori nel 2011 e mostra come lo
scorso anno la richiesta di diritti umani sia riecheggiata in ogni angolo
del pianeta.
Dal Cairo a New York, l’elemento che ha accomunato le proteste è stata
la rapidità con cui i governi si sono affrettati a impedire manifestazioni
pacifiche e a imbavagliare il dissenso.
La gente scesa per le strade ha dimostrato un immenso coraggio di
Rapporto annuale 2012
fronte alla repressione, brutale e talvolta letale. Il Rapporto mostra,
Amnesty International
Fandango Libri, maggio 2012, € 24,00
inoltre, come la libertà di espressione e la capacità di sfidare i governi
e chiedere che rispettino, proteggano e mantengano i diritti umani
Il Rapporto annuale 2012 può essere acquistato
siano elementi essenziali per creare un mondo dove tutte le persone
nelle principali librerie, online sul sito www.fandango.it
vivano libere e uguali in dignità e diritti.
oppure richiesto a [email protected].
ADRIAN VUOLE ANDARE A SCUOLA
AGENDA 2013
“Quella di Adrian è una storia piccola,
di quelle che passano inosservate ogni
giorno, ma straordinaria come solo i
sogni dei più piccoli sanno essere. Una
casa, una famiglia, degli amici, una
scuola, anche un amore, cose semplici
per alcuni ma che per altri diventano
complicate. Ingiustamente complicate
perché si tratta di diritti, quei diritti
che, anche nel nostro paese, vengono
negati ad alcuni bambini. Attraverso le
sue parole potremo accompagnare Adrian sulla strada verso la scuola, in
una città che non lo vede, verso la sua isola di bambini che conosce e che
lo fa sentire bene. Perché anche se a volte le cose sono complicate i diritti
sono molto semplici e Adrian deve andare a scuola.”
Queste le parole che Amnesty International ha scelto per accompagnare questo albo illustrato che racconta, attraverso gli occhi di un bambino, come può
essere difficile essere un bimbo rom che vive in un campo che viene “sgomberato”, quando andare a scuola, continuare a sentirsi sicuro e accolto e incontrare la bambina che ti fa arrossire diventa, ingiustamente, difficile.
La nuova agenda di Amnesty International, che conferma la collaborazione con
l’azienda Intempo, racchiude al proprio
interno informazioni sulla storia dell’organizzazione, le parole di gratitudine di
persone liberate grazie all’azione dell’organizzazione e un’interessante panoramica sul suo lavoro in Italia, in Europa e
nel mondo. All’interno, inoltre, tutte le informazioni utili per attivarsi concretamente a sostegno dei diritti umani,
perché, come ricorda nella prefazione la presidente Christine Weise: “I diritti umani
non sono patrimonio eterno dell’umanità, non possiamo darli per scontati, anche
quelli di cui molte e molti di noi godono oggi sono stati conquistati grazie al lavoro
e alle lotte di persone consapevoli, attive e lungimiranti. I diritti umani hanno bisogno dell‘impegno e del sostegno continuo di tutte e tutti noi”.
L’agenda, sarà disponibile a partire da settembre nelle principali librerie e sul sito
www.amnesty.it. Nel prossimo numero di I Amnesty troverete tutte le informazioni
per poterla ordinare.
Adrian vuole andare a scuola
Testi di Daniela Valente
Illustrazioni di Ilaria Bochicchi
Edizioni Coccole&Caccole, giugno 2012, € 10,90
22 www.amnesty.it
Agenda tascabile giornaliera 9x13 cm
Copertina morbida con elastico orizzontale € 13,00
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CRONACHE DI GERUSALEMME
Dopo le “Cronache birmane” pubblicate dalla casa editrice Fusi
Orari nel 2008, il fumettista canadese Guy Delisle pubblica per Rizzoli Lizard un nuovo volume di
graphic journalism in cui racconta
un anno trascorso in Palestina, al
seguito della moglie in missione per
Medici senza frontiere. Il racconto
fatto di immagini e parole trascina
il lettore nelle scoperte e nelle difficoltà quotidiane di un papà che,
catapultato quasi improvvisamente
a Gerusalemme Est insieme alla sua famiglia, passeggia con i figli per le
vie di una città e di un paese che conosce a malapena, tra conflitti e tensioni complessi e millenari. Attraverso il racconto si svela una quotidianità fatta di checkpoint e frontiere, improvvise perquisizioni e interminabili
interrogatori, tra colonie ultraortodosse e quartieri desolati. Ma dal racconto emergono anche la speranza, la rabbia e le frustrazioni del popolo palestinese che cerca di resistere all’occupazione, subendo però attacchi
feroci, come l’operazione “Piombo Fuso”, di cui Guy Delisle stesso è stato
spettatore.
Cronache di Gerusalemme
Guy Delisle
Rizzoli, aprile 2012, € 20,00
LA COCCARDA
DELLA MIGLIORE
Le vite di due donne, con due
percorsi diversi alle spalle s’intrecciano indissolubilmente
nella strada della guarigione:
Celeste e Gaia. Entrambe,
anche se in modo differente,
portano i segni delle violenze
subite: una ha vissuto anni
duri all’interno di un orfanotrofio, l’altra è fuggita da un marito carnefice. Entrambe però
sono la dimostrazione che, con
percorsi e tempi diversi, il superamento degli abusi non è solo qualcosa di
possibile ma un momento fertile per costruire un futuro e un’identità nuova.
Il libro nasce dall’esperienza ventennale come terapeuta dell’autrice e vuole
raccontare la capacità dell’essere umano di superare e risanare vite lacerate e bloccate dal dolore. Questo libro parla della violenza contro le donne,
non solo denunciando quello che realmente avviene in contesti anche diversi,
come quelli di un orfanotrofio o della famiglia, ma anche mostrando la possibilità concreta di ricostruire la propria vita per chi ne è stata vittima.
La coccarda della migliore
Anna Capurso
Leggere per cambiare edizioni, aprile 2011, € 18,50
LA RIVOLTA DEI MIGRANTI
Raccoglie le storie di migranti tenuti senza diritti
nei paesi di destinazione e abbandonati dalle loro
ambasciate. Diversi paesi hanno adottato la politica di restringimento dei visti legali per i lavoratori
migranti, finendo così per favorire irregolarità, pericoli di viaggio, discriminazione e abusi. In risposta a ciò si è creato un movimento nuovo, di
indignati che lottano contro le ingiustizie del sistema economico contemporaneo.
La rivolta dei migranti
Vittorio Longhi
:due punti edizioni, maggio 2012, € 15,00
LA MOGLIE DEL COLONNELLO
Nuria, una psicologa cubana, moglie di un alto ufficiale della rivoluzione castrista, in Italia per una
conferenza, vive una relazione estrema. Montaner
attraverso un tema universale analizza la repressione a Cuba e lancia una critica contro le dittature che influenzano anche la vita intima dei
cittadini. Nella prefazione, Yoani Sanchez definisce
l’autore “una delle voci più competenti e libere
della Cuba in esilio”.
La moglie del colonnello
Carlos Alberto Montaner
Edizioni a nord est, marzo 2012, € 15,00
RACCONTI A MANO LIBERA
“Raccontano la storia di un ragazzo che guardava il
mondo con amaro stupore e, insieme, la segreta speranza di poterlo cambiare”. Questo libro raccoglie una
serie di racconti di Riccardo Parlati, prematuramente
scomparso. I genitori che li hanno pubblicati hanno
deciso di devolvere il ricavato alle associazioni per le
quali Riccardo si era speso: Amnesty International e
Save the Children.
Racconti a mano libera
Riccardo Parlati
marzo 2012
TEMA IN CLASSE
Cile, 1973. Il sogno di Pedro è quello di avere un bel
pallone di cuoio, ma anche con una palla di gomma
se la cava magnificamente: ha giusto messo a
segno un bel gol di testa quando arriva una pattuglia di soldati che trascinano via il padre del suo
amico Daniel. Poi un ufficiale si presenta in classe
e ordina ai bambini di fare un tema in cui dovranno
raccontare tutto, ma proprio tutto quel che succede
a casa loro.
Tema in classe
Skármeta Antonio
Mondadori (Junior +9), febbraio 2007, € 8,00
www.amnesty.it 23
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PREMIO NOBEL PER LA PACE 1977
PREMIO DELLE NAZIONI UNITE PER I DIRITTI UMANI 1978
VISIONE
La visione di Amnesty International è quella di un mondo in cui ad ogni
persona sono riconosciuti tutti i diritti umani sanciti dalla Dichiarazione
universale dei diritti umani e da altri atti sulla protezione internazionale dei
diritti umani. Al fine di perseguire questa visione, la missione di Amnesty
International è di svolgere attività di ricerca e azione finalizzate a prevenire ed eliminare gravi abusi di tali diritti.
QUOTE ASSOCIATIVE
VALORI FONDAMENTALI
Amnesty International costituisce una comunità globale di difensori dei diritti
umani che si riconosce nei principi della solidarietà internazionale, di un’azione
efficace in favore delle singole vittime, della copertura globale, dell’universalità e indivisibilità dei diritti umani, dell’imparzialità e indipendenza, della
democrazia e del rispetto reciproco.
Socio/a junior (da 14 a 18 anni) e 15,00
METODI
Amnesty International si rivolge a governi, organizzazioni intergovernative,
gruppi politici armati, imprese ed altri attori non statali. Amnesty International si propone di accertare abusi dei diritti umani con accuratezza, tempestività e continuità nel tempo. L’organizzazione svolge ricerche
sistematiche e imparziali su singoli casi di violazione e su violazioni generalizzate dei diritti umani. Le conclusioni sono rese pubbliche e i soci, i
sostenitori e lo staff di Amnesty International mobilitano la pressione dell’opinione pubblica sui governi e su altri soggetti allo scopo di porre fine a
questi abusi. In aggiunta al suo lavoro su specifici abusi dei diritti umani,
Amnesty International chiede a tutti i governi di rispettare la sovranità della
legge e di ratificare ed applicare gli atti sulla protezione internazionale dei
diritti umani; svolge un’ampia gamma di attività nel campo dell’educazione
ai diritti umani; incoraggia le organizzazioni intergovernative, i singoli individui e gli organi della società a sostenere e rispettare i diritti umani.
LE SEDI REGIONALI
ABRUZZO - MOLISE
via Cairoli, 49
86039 Termoli (CB)
tel. 347 0088234
CALABRIA
c/o Ist. Form. Politico Sociale “Mons. Lanza”
via Cattolica dei Greci, 26
89125 Reggio Calabria
tel. 338 3946844
CAMPANIA
Via S. Liborio, 1
80134 Napoli
tel. 081 5529002
LIGURIA
c/o Casa della Pace
piazza Palermo, 10/b
16129 Genova
tel. 010 366980
LOMBARDIA
Via G.Strehler,1
20121 Milano
Tel. 02 72003901
MARCHE
via Verdi, 10/a
62100 Macerata
tel. 0733 237223
EMILIA ROMAGNA
via Irma Bandiera, 1/a
40134 Bologna
tel. 051 434384
PIEMONTE VALLE D’AOSTA
corso San Maurizio, 12 bis
10124 Torino
tel. 011 8170530
FRULI VENEZIA GIULIA
via Marconi, 36/b
34133 Trieste
Tel. 040 573833
PUGLIA
via Latilla, 13
70122 Bari
tel. 320 8406346
LAZIO
via C. Cattaneo, 22/b
00185 Roma
tel. 06 64501011
SARDEGNA
via Bacaredda, 11
09127 Cagliari
tel. 070 486377
SICILIA
via B. D’Acquisto, 30
90141 Palermo
tel. 091 329142
TOSCANA
via Convenevole da Prato
n.73 - 59100 Prato
tel. 055 6814967/929
UMBRIA
piazza Mariotti, 1
06123 Perugia
tel. 075 5732651
VENETO
TRENT. ALTO ADIGE
via Maroncelli, 65/3
35129 Padova
tel. 049 8077447
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Socio/a sostenitore/trice
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Socio/a ordinario/a
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tel. 06 4490210
fax 06 4490243
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Laura Petruccioli, Laura Renzi, Virginia Solazzo e Patrizia Vita.
Progetto Grafico: Zowart - Roma
stampa a cura di EDIThink srl
Aut. Trib. Roma n. 00296/96 dell’11/06/1996
Iscrizione al R.O.C. n. 21913 del 22/02/2012
Questo numero è stato chiuso il 25/06/2012
Stampato su patinata carta ecologica Pefc.
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gitto
50 volte
grazie!
Musacchio&Ianniello
Amnesty International ringrazia calorosamente lʼAccademia Nazionale di Santa Cecilia, il direttore d'orchestra
Antonio Pappano, le pianiste Katia e Marielle Labèque e il soprano Sally Matthews per aver dedicato unʼintera
produzione della stagione sinfonica 2011 – 2012 al 50° anniversario dellʼassociazione.
Si ringrazia per la collaborazione:
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