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Sulle differenti caratterizzazioni dei Cardinali di Woodin

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Sulle differenti caratterizzazioni dei Cardinali di Woodin
Sulle differenti caratterizzazioni
dei Cardinali di Woodin
Gabriele Gullà
0.1
Introduzione
In questa breve tesina presenterò, oltre alle differenti caratterizzazioni dei cardinali di Woodin, alcuni risultati dimostrati da Ernest Schimmerling nel suo
articolo “Woodin Cardinals, Shelah Cardinals and the Mitchell-Steel Core
Model” (Proc. Am. Math. Soc. Vol. 130, Nm 11, 2002).
In particolare mi concentrerò sulla caratterizzazione (storicamente l’ultima
elaborata) che Schimmerling dà dei cardinali di Woodin in termini di collassi
di Mostowski di particolari inviluppi di Skolem.
Richiamerò tutte e sole le nozioni che rendano la lettura della presente tesina
il più autocontenuta possibile.
Verrà usata una (personale) traduzione italiana dei termini tecnici di conio
anglofono laddove essa non risulti forzata, altrimenti si lascerà la parola inglese.
Vi è, come prevedibile, un largo uso di lettere greche: esse possono variare
ruolo lungo il corso della tesina, ciononostante il loro significato sarà sempre
ben specificato. Nella Definizione (3), nella Proposizione (3) nel Teorema
(1) il cardinale di Woodin in esame è indicato con la lettera δ, mentre nel
Teorema (0) tale ruolo è affidato alla lettera κ.
Completeremo molto brevemente accennando a due nuove definizioni di grandi
cardinali introdotte da Schimmerling e al loro posizionamento all’interno
della gerarchia.
1
0.2
Preliminari
In questo paragrafo intendo richiamare alcune definizioni di base.
Definizione 1 (Inclusione Elementare)
Una mappa j tra due strutture N e M è un’inclusione elementare (i.e.) se,
presa comunque una formula del prim’ordine φ(x) e preso un elemento a in
N , si ha che
N |= φ(a) ⇔ M |= φ(j(a))
Se N e M sono classi transitive, diciamo che α è il punto critico di j
(α = crit(j)) se è il più piccolo ordinale per il quale j non è l’identità.
Definizione 2 (Insiemi di cardinalità ereditaria)
Con la scrittura Hβ (dove β è un cardinale) si identifica l’insieme degli insiemi ereditariamente di cardinalità minore di β, ovvero tale che sia l’insieme
dato sia gli elementi della sua chiusura transitiva (ovvero il più ⊆-piccolo insieme che contiene quello dato) hanno cardinalità minore di β.
Definizione 3 (Cardinale di Woodin)
Siano κ < λ due cardinali, e X un insieme. Diciamo che κ è (λ − X)−forte
se e solo se esiste una classe transitiva M (x ∈ M ⇒ x ⊆ M ) e un’inclusione
elementare j : V → M tale che
κ = crit(j)
j(κ) ≥ λ
j(X) ∩ Hλ = X ∩ Hλ
Se κ < γ allora κ è (< γ − X)−forte se e solo se κ è (λ − X)−forte per ogni
λ < γ.
Infine diciamo che un cardinale δ è di Woodin se e solo se è fortemente inaccessibile (2λ < δ per ogni λ < δ) e per ogni X ⊆ Hδ esiste
un κ < δ che sia (< δ − X)−forte.
Definizione 4
Un insieme X ⊆ κ è di Woodin se e solo se ∀f ∈
∃j : V → M | crit(j) = α ∧ Vj(f )(α) ⊆ M .
2
κ
κ ∃α ∈ X| f 00 α ⊆ α,
Definizione 5 (Extender)
Sia j : V → M un’i.e. con crit(j) = κ ≤ λ ≤ j(κ); per ogni sottoinsieme
finito A ⊂ λ definiamo una misura EA su [κ]<ω come segue
X ∈ EA ⇔ A ∈ j(X)
definiamo dunque un extender come la collezione di misure
E = {EA : A ∈ [λ]<ω }
È ovvio che un siffatto extender dipende da κ, λ e j: tale dipendenza è stata
omessa nella descrizione formale per non appesantire la notazione.
Definiamo dunque l’insieme quoziente
U ltE = [A, f ]E : A ∈ [λ]<ω , f : [κ]|A| → V
in cui identifichiamo (A, f ) con (B, g) se e solo se
t ∈ [κ]|A∪B| : f (πA∪B,A (t)) = g(πA∪B;B (t)) ∈ EA∪B
(dove πC,D : [λ]|D| → [λ]|C| , con D ⊇ C, mappa {x1 ...xn } in {xi1 ....xim }).
Infine definiamo jE : V → U ltE come la mappa che manda Y in [∅, cY ], dove
cY è la funzione costantemente uguale a Y .
Teorema 0
I seguenti enunciati sono tra loro equivalenti:
1) κ è di Woodin (ovvero è fortemente inaccessibile e per ogni A ⊆ Vκ esiste
un α < κ che sia (γ − A)−forte per ogni γ < κ).
2) ∀f ∈ κ κ ∃α < κ| f 00 α ⊆ α, ∃j : V → M | crit(j) = α ∧ Vj(f )(α) ⊆ M .
3) ∀A ⊆ Vκ
{α < κ| α (γ − A) − f orte ∀γ < κ}
è stazionario in κ.
4) F = {X ⊆ κ| κ − X non di W oodin in κ} è un filtro proprio su κ.
5) ∀f ∈ κ κ ∃α < κ| f 00 α ⊆ α, ∃ un extender E ∈ Vκ |
crit(jE ) = α
jE (f )(α) = f (α)
VjE (f )(α) ⊆ U ltE
3
Cenni e riferimenti per la Dimostrazione
Spenderò qualche parola solo per le implicazioni più “banali” che, in quanto
tali, non vengono quasi mai dimostrate.
La dimostrazione completa si puó trovare in [3] o (ancora meglio) in [6];
in particolare per (2)⇒(3) si rimanda alla Proposizione 26.13 e alla prima
parte del Teorema 26.14 di [5]; si rimanda a quest’ultimo teorema anche per
(1)⇒(5).
Ovviamente (3)⇒(1), perchè se non esistesse l’α richiesto allora l’insieme
definito nel punto (3) sarebbe vuoto e dunque non potrebbe essere stazionario
(per definizione di stazionarietà).
(5)⇔(2) grazie alle mappe j → Ej ∧ E → jE definite nella Definizione (5).
Per (1)⇒(5) si veda la prima parte del Lemma 34.2 di [2].
Per (4)⇔(2): se F è un filtro proprio allora ∅ ∈
/ F e dunque κ è di Woodin.
Viceversa sia κ di Woodin, allora ovviamente ∅ è in F ; se A, B ∈ F non è
possibile trovare un α idoneo in κ − (A ∩ B) dunque anche A ∩ B è in F , e
analogamente se B ⊃ A ∈ F un siffatto α non si troverà nemmeno in κ − B
dunque anche B ∈ F .
a
0.3
Un’Ulteriore Caratterizzazione
Apriamo questa sezione con i risultati preliminari da cui si ricaverà il teorema
principale.
Lemma (Collasso di Mostowski)
Sia E una relazione binaria su una classe X tale che:
1) E è un simil-insieme: {y| yEx} è un insieme per ogni x ∈ X;
2) E è ben-fondata: ogni sottoinsieme non vuoto di X contiene un elemento
E-minimale;
3) la struttura hX, Ei è estensionale: ∀x, y ∈ X [(zEx ⇔ zEy ∀z ∈ X) ⇒
x = y];
allora esistono un unico isomorfismo π e un’unica classe transitiva M tali che
hX, Ei 'π hM, ∈i
e π(x) = {π(y)|y ∈ X ∧ yEx} (dove è chiaro che π è definita per ricorrenza
grazie alla buona fondatezza di E: il “passo 0” è l’elemento minimo).
4
Dimostrazione
Si veda il teorema 6.15 di [3] o il lemma I.9.35 in [5].
a
Definizione 5 (Inviluppo di Skolem)
Data una formula del prim’ordine, chiamiamo skolemizzazione il processo di
rimpiazzamento delle variabili ∃-quantificate con termini del tipo f (x).
Il (nuovo) simbolo “f ” identifica una funzione di Skolem.
Una teoria che per ogni sua formula con variabili libere x, y abbia una funzione di Skolem è detta Teoria di Skolem.
Dato un modello M di una teoria di Skolem e un insieme X, la più piccola
sottostruttura contenente X è detta inviluppo di Skolem di X.
Definizione 6
Sia M classe transitiva e sia π : M → Hθ un’inclusione elementare; sia
κ = crit(π) e λ < π(κ); sia infine j : V → N un’altra inclusione elementare:
diciamo che j garantisce π fino a λ se e solo se
κ = crit(j)
j(κ) ≥ λ
j(A) ∩ Hλ = π(A) ∩ Hλ
per ogni A ∈ P(Hλ ) ∩ M .
Diciamo che π è garantita se e solo se per ogni λ < π(κ) esiste un’inclusione
elementare j : V → N che garantisce π fino a λ.
Proposizione 1
Sia M un insieme transitivo, π; M → Hθ un’inclusione elementare non banale, κ = crit(π) e λ < π(κ).
Si supponga che j : V → N garantisca π fino a λ e sia S un elemento
dell’immagine di π. Allora κ è (λ − S)−forte (tramite j).
Dimostrazione:
Vista la definizione di inclusione elementare garantita, per mostrare che κ
è (λ − S)−forte basta mostrare che j(S) ∩ Hλ = S ∩ Hλ : a tal proposito
5
osserviamo che (1) S ∩ Hκ ∈ M perchè κ è il primo ordinale mosso da π, e
ovviamente (2) π(S ∩ Hκ ) = S ∩ Hπ(κ) .
Ora,
(a) j(S) ∩ Hλ = j(S ∩ Hκ ) ∩ Hλ
perchè j(κ) ≥ λ; inoltre, per ipotesi
(b) j(S ∩ Hκ ) ∩ Hλ = π(S ∩ Hκ ) ∩ Hλ
perchè, se S ∩ Hκ = A, allora A ⊆ Hκ quindi A ∈ P(Hκ ), e se A ∈ M segue
che A ∈ P(Hκ ) ∩ M .
Da (2) segue che
(c) π(S ∩ Hκ ) ∩ Hλ = S ∩ Hλ
da cui segue l’uguaglianza tra il primo membro di (a) e il secondo di (c):
j(S) ∩ Hλ = S ∩ Hλ
a
Proposizione 2
Supponiamo j : V → N inclusione elementare con crit(j) = κ. Sia θ > κ un
cardinale e S ∈ Hθ .
Supponiamo che π : M → j(Hθ ) sia l’inversa del collasso di M. dell’inviluppo
di S. di κ ∪ {j(S)} in j(Hθ ).
Allora
(a) κ = crit(π)
(b) π(κ) ≥ j(κ)
(c) j(A) = π(A) ∩ j(Hκ )
per ogni A ∈ P(Hκ ) ∩ M .
Dimostrazione
(a) Supponiamo che π(κ) = κ; π(κ) ∈ j(Hθ ) quindi κ = π(κ) = j(γ) ma
κ = crit(j) quindi non può esistere un γ < κ che viene “spostato” da j. Con
un ragionamento analogo si mostra (b): se π(κ) fosse minore di j(κ) allora
sarebbe immagine tramite j di un γ < κ, cosa impossibile.
(c) π(A) e j(Hκ ) sono in j(Hθ ) dunque π(A) ∩ j(Hκ ) ⊆ j(Hθ ).
Ovviamente j −1 (π(A) ∩ j(Hκ )) ⊆ Hκ , e poichè A ∈ P(Hκ ) e κ = crit(j) si
6
ha che j −1 (π(A) ∩ j(Hκ )) = Hκ ∩ (π(A) ∩ j(Hκ )) = A (perchè κ è punto
critico anche per π).
Applicando j ambo i membri otteniamo (c).
a
Proposizione 3
Sia δ un cardinale di W. Sia θ > δ un cardinale e S ∈ Hθ . Sia T la teoria del
prim’ordine di δ × {S} in Hθ (codificato come un sottoinsieme di Hδ ). Sia
κ (< δ − T )−forte e sia π l’inversa del collasso di M. dell’inviluppo di S. di
κ ∪ S in Hθ .
Allora
κ = crit(π)
π(κ) ≥ δ
Inoltre se λ < δ e j : V → N rende κ (λ − T )−forte, allora j attesta π fino
a λ.
Dimostrazione
Sia Ṡ il simbolo di costante in T interpretato come S da Hθ , sia X l’inviluppo
di S. di κ ∪ S in Hθ e sia π : M ' X (M transitivo).
Mostriamo innanzitutto che X ∩ δ = κ:
per prima cosa voglio osservare che sicuramente κ ⊆ X ∩ δ (perchè è sia in
X che in δ); siano ora α1 , ...., αn ∈ κ e sia γ ∈ X ∩ δ l’unico β tale che
Hθ |= φ(α1 , ..., αn , S, β)
Sia j : V → N un’inclusione che rende κ (γ + − T )−forte.
Per quanto visto sin’ora segue che j(κ) > γ + e j(T ) ∩ HγN+ = T ∩ Hγ + .
Poichè j è un’inclusione elementare segue che j(T ) è la teoria del prim’ordine
di j(δ) × {j(S)} in j(Hθ ). In particolare γ è l’unico β tale che
j(Hθ ) |= φ(α1 , ..., αn , j(S), β)
quindi γ è nell’immagine di j, γ < j(κ), dunque γ < κ e quindi X ∩ δ ⊆ κ.
Da questo segue che κ = crit(π) e π(κ) ≥ δ.
Ora supponiamo che λ sia un cardinale tale che κ < λ < δ e sia j : V → N
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un’inclusione che rende κ (λ − T )−forte. Allora mostriamo che j garantisce π fino a λ:
sia A ∈ P(Hκ ) ∩ M , c ∈ Hλ e siano α1 , ...., αn ∈ κ. Sia π(A) l’unico B tale
che
Hθ |= φ(α1 , ...., αn , S, B)
allora (la sequenza “c ∈!B :” è da leggersi “c appartiene all’unico B tale
che...”)
c ∈ π(A) ⇐⇒
“c ∈!B : φ(α1 , ...., αn , Ṡ, B)00 ∈ T ⇐⇒
“c ∈!B : φ(α1 , ...., αn , Ṡ, B)00 ∈ j(T ) ⇐⇒
c ∈!B : φj(Hθ ) (α1 , ...., αn , Ṡ, B) ⇐⇒
c ∈ j(!B : φHθ (α1 , ...., αn , Ṡ, B)) ⇐⇒
c ∈ j(π(A)) ⇐⇒
c ∈ j(π(A) ∩ Hκ ) ⇐⇒
c ∈ j(A)
dove tra la seconda e la terza bi-implicazione abbiamo usato che κ è
(λ − T )−forte, e tra la penultima e l’ultima si è usata la Prop.(2) e il fatto
che κ = crit(j).
a
Teorema 1
Sia δ un cardinale inaccessibile. Allora sono equivalenti:
i) δ è un cardinale di Woodin;
ii) per ogni S ∈ δ esiste κ < δ tale che per ogni cardinale θ > δ, se π è
l’inverso del collasso di M. dell’inviluppo di S. di κ ∩ {δ, S} in Hθ , allora
π(κ) = δ e π è garantita.
Dimostrazione:
Se vale (ii) sono verificate le ipotesi della Prop.(1): non solo esiste j che
certifica che κ è (λ − S)−forte, ma anche che è (δ − S)−forte, dunque δ è di
Woodin.
Viceversa, se δ è di Woodin e π è l’inverso del collasso di M. dell’inviluppo
di S. di κ ∪ {δ, S}, allora si può applicare la Prop.(3): la prima parte ci dice
che π(κ) = δ, e la seconda che π è garantita (essendo δ (λ − S)-forte per ogni
8
λ < δ).
a
0.4
Appendice: Oltre i Cardinali di Woodin
Schimmerling, nell’articolo a cui ci riferiamo, completa la sua trattazione definendo due nuove classi di cardiali:
Definizione 6
Diciamo che δ è un cardinale debolmente iper-Woodin se e solo se per ogni
insieme S esiste un ultrafiltro U su δ tale che
{κ < δ| κ (< δ − S) − f orte} ∈ U
Diciamo poi che δ è un cardinale iper-Woodin se U non dipende da S, ovvero
se δ è di Woodin e U estende il filtro di Woodin.
Ricordiamo inoltre la seguente
Definizione 7
Diciamo che il cardinale δ è di Shelah se e solo se per ogni funzione f : δ −→ δ
esiste una classe transitiva M e un’inclusione elementare j : V −→ M , con
crit(j) = δ, tale che Vj(f )(δ) ⊂ M .
Allora si ha che:
Teorema ♣
Se δ è un cardinale di Shelah allora è debolmente iper-Woodin.
Idea della Dimostrazione
James Cummings ha osservato che il primo cardinale di Shelah è strettamente più piccolo del primo iper-Woodin; usando questa considerazione si
mostra che se δ è iper-Woodin, nella classe transitiva M è anche di Shelah.
Si mostra poi che il primo debolmente iper-Woodin è più piccolo del primo
Shelah.
Da questi due fatti segue la tesi.
a
9
References
[1] A.Andretta: Notes on “Large Cardinals and Elementary Embeddings”
course;
[2] W.Hodges:“Model Theory”, Cambridge University Press 1993;
[3] T. Jech: “Set Theory-Third MIllenium Edition”, Springer Ed.;
[4] P.Koellner: “Very Large Cardinals”, pre-print;
[5] K.Kunen: “Set Theory”, Studies in Logic Series Ed.;
[6] A.Kanamori: “The Higher Infinite”, Springer Ed.;
[7] E.Mendelson: “Introduzione alla Logica Matematica”, BollatiBoringhieri Ed.
[8] E. Schimmerling: “Woodin cardinals, Shelah cadinals and the MitchellSteel Core Model”, Proc. Am. Math. Soc., vol. 130, Nm 11, 3385-3391;
[9] J.Schoenfield :“Logica Matematica”, Bollati-Boringhieri Ed.;
[10] J.Steel: “What is... a Woodin Cardinal?”, Notice of the AMS, vol. 54,
Nm 9;
10
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