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gli archivi della cri - Croce Rossa Italiana

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gli archivi della cri - Croce Rossa Italiana
 GLI ARCHIVI
DELLA C.R.I.
VADEMECUM PER LA GESTIONE E PROTEZIONE DEL PATRIMONIO
STORICO - CULTURALE LOCALE DELLA CROCE ROSSA ITALIANA
M.C. -­‐ 2013 PREMESSA Questo vademecum nasce dalla volontà di preservare, salvaguardare, mantenere, censire, catalogare e recuperare il patrimonio storico e culturale rappresentato dagli Archivi di Croce Rossa presenti in ogni Comitato d’Italia. Nella maggior parte dei casi, questo materiale [è stato] è mandato al macero perché ritenuto insignificante e visto solo come “ruba – spazio” per altre cose; o se mantenuto, magari stipato in cantine umide e conservato in modo non consono al suo mantenimento: ben presto umidità e mancanza di aria potrebbero verosimilmente rovinare in maniera irreparabile qualsivoglia tipologia di documenti conservati. Sono ben pochi, tuttavia, i casi in cui gli archivi storici dei Comitati sono mantenuti in maniera “decorosa”, ma ad ogni modo si tratta di lettera morta: ovvero non esiste né una regolamentazione, né tantomeno un censimento del materiale presente sia a livello centrale sia a livello locale o decentrato; a volte invece si trovano interi faldoni e/o cartelle in vendita sui mercatini di antiquariato e/o su siti dedicati su internet: situazione che non dovrebbe essere neanche immaginabile. Il vademecum sulla gestione degli archivi della Croce Rossa Italiana è tanto semplice quanto doveroso e rispettoso per ciò che dovrebbe rappresentare l’archivio storico per una Sede: una fonte straordinaria di informazioni, date, avvenimenti e situazioni dei tempi ormai passati. Il primo obiettivo – e quello principale – è evidenziare in prima battuta ai signori Presidenti dei Comitati C.R.I. (a qualsiasi livello) che gli archivi non rappresentano solo “merce da far sparire” per recuperare spazio nei Comitati, ma che, al contrario, rappresentano le origini, le tradizioni: sono certamente un ottimo strumento sia per conoscere la storia di qualsiasi Comitato C.R.I., ma anche una efficace testimonianza di storia locale, utile per far rivivere personaggi e ambientazioni difficilmente ricostruibili con altri mezzi. Come un anziano tramanda le sue informazioni di vita, i suoi consigli, le sue esperienze e i suoi trascorsi ai nipoti, così i nostri archivi -­‐ se aperti e ben tenuti -­‐ sapranno raccontarci molteplici informazioni e situazioni che ci faranno conoscere chi era, cosa sia stata e come si sia veramente creata quella potenza mondiale che nessun’altra organizzazione a carattere volontario è mai riuscita al mondo: la Croce Rossa. Noi, che abbiamo la fortuna di farne parte, non dobbiamo e non vogliamo essere ricordati come coloro che non hanno avuto rispetto per la nostra storia! Mandare al macero anche un solo foglio, un singolo diploma, un modulo, un libro o quant’altro dovrebbe essere visto come segno di sfregio e di mancanza totale di rispetto verso tutti coloro che sono stati Volontari prima di noi e che hanno dato il loro tempo e il loro impegno -­‐ e in taluni casi anche la propria vita -­‐ per rendere la Croce Rossa ciò che è oggi. Nella coscienza popolare la Croce Rossa è, dalla sua fondazione, sempre stata “vicina” ai grandi eventi storici del nostro paese e non solo: i nostri uomini e le nostre donne hanno saputo creare, con i loro piccoli gesti quotidiani, una Associazione di elevata caratura morale permeata di antichi e alti valori. Non dimentichiamoci che anche noi contribuiamo quotidianamente a rendere grande quest’Associazione e che anche noi, tutti i giorni, contribuiamo a scrivere una nuova pagina di storia. Non pensiamo che mantenere un archivio storico locale sia una fonte di sprechi e di sperpero di denaro, consideriamolo invece un investimento per il futuro dell’Associazione. La storia della Croce Rossa non è solo la Battaglia di Solferino, come si insegna ai corsi: per storia della Croce Rossa si deve intendere la sequenza di eventi che inizia da Solferino (e prima) ed arriva fino ai giorni nostri; Solferino è il primo degli eventi che hanno caratterizzato la Croce Rossa, ma non si può pensare che «Battaglia di Solferino» sia esattamente e solamente sinonimo di «storia della Croce Rossa». Questa nuova struttura nazionale denominata «Comitato Protezione Archivi» dovrà essere costituita e posta sotto la legittimazione del Presidente Nazionale della Croce Rossa, con al vertice un proprio Delegato – inteso come colui che dirige e sovraintende i lavori -­‐ e formata da uno staff ristretto di tecnici da lui proposto; detto staff sarà composto da personale specializzato in materia. PARTE GENERALE Sez. 1 -­‐ Fasi di realizzazione progetto 1: Costituzione -­‐ Approvazione del Vademecum con Ordinanza del sig. Presidente Nazionale; -­‐ Nomina del Delegato Nazionale per la Protezione Archivi. Il Delegato avrà anche il compito di presiedere al censimento, catalogazione e regolazione dell’accesso alla Biblioteca presso il Comitato Centrale; -­‐ Scelta dello staff tecnico, da individuare fra esperti informatici, archivisti, specialisti del settore (proposti dal Delegato Nazionale al Presidente Nazionale) selezionati fra Volontari in servizio o persone qualificate, ma comunque operanti a titolo gratuito; -­‐ Individuazione, a livello di Comitato Regionale, di un referente che avrà il compito di interfacciarsi con lo staff nazionale. I delegati dei Comitati Regionali avranno competenza anche sui Centri di Mobilitazione e sugli Ispettorati delle II.VV.; -­‐ Formazione dei referenti regionali per essere accreditati a coordinare il progetto che saranno tenuti a svolgere (possibilmente on line, per arginare i costi). -­‐ L’incarico del Delegato Nazionale e dello staff di supporto (che insieme formeranno la Commissione Centrale Permanente Protezione Archivi) avrà un mandato quadriennale eventualmente rinnovabile. 2: Adempimenti informatici -­‐ Istruzione dei Referenti Regionali riguardo alle modalità da seguire; -­‐ Realizzazione di caselle e-­‐mail ufficiali dedicate; -­‐ Creazione, previa sperimentazione, di un database informatico nazionale con relativo manuale d’istruzioni sul quale, con il coordinamento dei Referenti Regionali, verranno inserite le descrizioni sinottiche della documentazione da archiviare; -­‐ Invio, da parte dello staff nazionale, di schede di autoverifica e censimento del patrimonio storico esistente presso ogni singolo Comitato, da caricare autonomamente sul database centrale; -­‐ Realizzazione di uno spazio dedicato sul sito nazionale della C.R.I., con una parte riservata accessibile solo agli “addetti ai lavori”. 3: Parte tecnica -­‐ Avvio del censimento e della catalogazione a livello locale, coordinata dai Delegati Regionali; -­‐ Inizio caricamento dati da parte dei refenti locali; -­‐ Produzione di report e statistiche sulle attività svolte con cadenza periodica; -­‐ Eventuali ulteriori obbiettivi potranno essere identificati a progetto attivato. Sez. 2 -­‐ Scadenziario OBBIETTIVI: Censire, catalogare, informatizzare informazioni sulla documentazione esistente in ogni singolo Comitato e Delegazione della Croce Rossa italiana. TEMPI DI REALIZZAZIONE: Brevi. VOLONTARI IMPIEGATI: n°1 unità in qualità di Delegato Nazionale; 6/7 unità di staff altamente qualificate (anche esterne all’Associazione), individuate dal Delegato Nazionale in base alla valutazione dei titoli professionali presentati; n° 1 referente per ogni Comitato Regionale, che potrà avvalersi di collaboratori nelle sedi locali. Tutte le collaborazioni, ad ogni livello, sono a titolo gratuito. COSTI E FINANZIAMENTI: Il Comitato Nazionale provvederà all’allestimento di un ufficio di coordinamento centrale; ogni singolo Comitato, secondo le rispettive esigenze, farà fronte all’acquisto del materiale per archiviazione necessario alla conservazione del patrimonio storico/archivistico provvedendo, a sue spese, a mantenere in modo idoneo i propri archivi (corrente, di deposito e storico) tramite lo stanziamento in bilancio di una sottovoce dedicata a questa specifica attività (la gestione degli archivi è una precisa disposizione di legge). Le verifiche del Delegato Nazionale, o suo incaricato, per eventuali sopralluoghi saranno a carico dei singoli Comitati. PROSPETTIVE: ogni Comitato disporrà dei mezzi per censire, catalogare e informatizzare il materiale storico in suo possesso, quindi avrà conoscenza della sua storia (non è per nulla detto che possedere materiale storico/archivistico significhi conoscerne i contenuti). Sarà così sanata una grande lacuna dell’Associazione Italiana della Croce Rossa, e sarà così definita una strategia univoca per la gestione del suo patrimonio storico documentale: attività senza precedenti dalla Sua fondazione ad oggi. Inoltre sarà possibile condurre approfondimenti comparando materiale da più sedi, cosa che attualmente non è realizzabile. Infine, tramite questa attività la Croce Rossa si adeguerà alle vigenti normative in materia di protezione dei beni archivistici/documentali (i beni culturali sono considerati patrimonio protetto da specifiche normative italiane ed europee) e si salverà una quantità enorme di documentazione che, se conservata nelle situazioni attuali di gran parte degli archivi storici CRI, è certamente destinata a distruzione a causa del deterioramento o per alienazione. Sez. 3 -­‐ Disposizione del Direttore Generale Si riporta in Allegato 1 la disposizione a firma del Sig. Direttore Generale della C.R.I. relativa alla disciplina della gestione degli archivi, tuttora in vigore, a cui fare riferimento. Sez. 4 -­‐ Disposizioni regolamentari Art. 1 Definizione di Archivio e Materiale Storico Si definisce materiale storico il materiale archivistico, documentario ed oggettistico della Croce Rossa Italiana contenuto in archivi (correnti o di deposito) centrali o periferici riguardanti l’impostazione, l’organizzazione e lo svolgimento delle attività. L’archivio storico si qualifica quale servizio che gestisce, conserva e assicura la consultazione della documentazione prodotta e/o acquisita da ogni singolo Comitato della C.R.I., con esclusione dei documenti necessari alla gestione delle pratiche correnti. Art.2 Conservazione Ogni Comitato e Delegazione dell’Associazione devono prendersi cura del proprio materiale storico facendo riferimento ai principi generali e specifici contenuti nel presente vademecum e in tutte le indicazioni specifiche che saranno successivamente comunicate. Pertanto, ogni tipologia di materiale storico deve essere conservata in luoghi asciutti, con modalità idonee alla sua conservazione nel tempo. Come riportato anche dalla circolare n. 84613 del 2010 della Direzione Generale della C.R.I., il materiale conservato negli archivi -­‐ qualsiasi sia la tipologia (circolari, libri, diplomi, manifesti, oggettistica e quant’altro) -­‐ non può essere distrutto, venduto od alienato, ne sono vietati lo smaltimento, la sottrazione e dispersione sotto qualsivoglia forma. Questa normativa si applica per gli archivi correnti (pratiche di segreteria), di deposito e storici (compresi biblioteche, musei, ecc.). Art. 3 Censimento, catalogazione, inventariazione Presso ogni Unità periferica della C.R.I. dovrà essere svolta un’attività di censimento, catalogazione e inventariazione del materiale presente, al fine di costruire un database sia locale che nazionale concernente il materiale storico della C.R.I. Le modalità specifiche di attuazione saranno comunicate dalla Commissione Nazionale Permanente Protezione Archivi ai Delegati Regionali che, a loro volta, ne informeranno gli incaricati locali alla realizzazione dei lavori. L’inserimento dei dati raccolti dal territorio sul database centrale sarà a cura dei Delegati Regionali. La Commissione Nazionale fornirà ogni utile supporto ai Delegati Regionali su ogni singola tematica e difficoltà riscontrata a livello locale. Art. 4 Commissione Nazionale Permanente Protezione Archivi E’ istituita presso il Comitato Centrale della C.R.I. la Commissione Nazionale Permanente Protezione Archivi. Responsabile sarà un Delegato nominato con Ordinanza del Sig. Presidente Nazionale della Croce Rossa Italiana. Con successiva ordinanza, saranno individuati i membri dello staff che coadiuveranno il Delegato. Il mandato della Commissione ha durata quadriennale, eventualmente rinnovabile. Analogamente, in ogni Comitato Regionale della C.R.I. sarà nominato un Delegato che fungerà sia da referente a livello locale sia da coordinatore dei lavori nel territorio di sua competenza. Sono compiti della Commissione Nazionale: -­‐ Stabilire le linee di programmazione per la realizzazione di quanto previsto dal presente vademecum e dalla regolamentazione allegata; -­‐ Realizzare una rete diffusa sul territorio per il tramite dei Delegati Regionali; -­‐ Realizzare schede di censimento in modo da facilitare l’operato dei Delegati Regionali e dei singoli operatori che realizzeranno l’attività in ogni Unità periferica della C.R.I.; -­‐ Verificare la corretta conservazione del materiale contenuto negli archivi locali; -­‐ Assicurare il diritto di accesso ai documenti archivistici -­‐ non appena terminati i lavori di censimento, catalogazione e inventariazione -­‐ per fini storici e di studio. Non sarà tuttavia consentito il prestito di materiale originale, ma il solo rilascio di riproduzioni previo rimborso delle relative spese; -­‐ Interfacciarsi con i Dipartimenti e gli Uffici del Comitato Centrale per l’adesione a bandi europei, nazionali e regionali di sviluppo per queste specifiche attività, supportando anche i Delegati Regionali; -­‐ Realizzare il censimento, la catalogazione e l’inventariazione di quanto conservato nella biblioteca e negli archivi del Comitato Centrale regolandone l’accesso e la consultazione; -­‐ Predisporre, in collaborazione con il Delegato Nazionale alle Attività di emergenza, un piano operativo di intervento per ogni singolo Comitato in caso di evacuazione del materiale storico qualora si ravvisi uno stato di emergenza; -­‐ Fornire attività di consulenza interna in materia; -­‐ Rappresentare la C.R.I. interfacciandosi direttamente con analoghe strutture di altri enti e/o istituzioni per la miglior realizzazione dei compiti affidati. Art. 5 Sfoltimento del materiale d’archivio Salvo quanto previsto nel titolario indicato nel vademecum, alcune tipologie di materiale archivistico, terminato il periodo di conservazione imposto dalla legge, può essere alienato. La richiesta di alienazione contente l’elenco del materiale in eccesso, curata dai Delegati Regionali, dovrà essere validata dalla Commissione Nazionale Permanente Protezione Archivi che, in caso positivo, autorizzerà il Delegato Regionale a contattare la competente Soprintendenza per i beni culturali per concordare le modalità di esecuzione. Art. 6 Interventi della Commissione I Comitati possono proporsi di ospitare le riunioni della Commissione Nazionale, facendosi carico delle spese da sostenere. Qualora si ravvisino necessità di vigilanza, anche su indicazione dei Delegati Regionali, la Commissione potrà autorizzare un proprio membro o delegare un proprio rappresentante a recarsi sul luogo per verificare la corretta realizzazione delle attività di gestione dell’archivio locale. Il Comitato oggetto della verifica sarà tenuto al rimborso delle relative spese documentate. Art. 7 Attività informatiche Oltre alla casella email istituzionale, ad ogni membro della Commissione ed ai Delegati Regionali saranno attivate caselle email personali. Sul sito nazionale della C.R.I. sarà inserita una voce relativa all’attività con una parte informativa aperta al pubblico e una parte riservata agli addetti ai lavori. Art. 8 Rendicontazione Annualmente i Delegati Regionali rendicontano alla Commissione Nazionale Permanente Protezione Archivi l’attività svolta e gli obbiettivi per l’anno successivo. Analogamente, la Commissione Nazionale Permanente Protezione Archivi rendiconta al Presidente Nazionale della C.R.I. evidenziando la situazione raggiunta e gli obbiettivi da conseguire. Per una maggiore pubblicità degli atti, i rendiconti regionali e quello della Commissione saranno pubblicati sul sito web dell’Associazione nella parte dedicata. Art. 9 Rispetto della normativa La protezione degli archivi e del patrimonio storico appartenente alla Croce Rossa non è solo un imperativo etico. Essi sono regolati da precise e specifiche norme di legge la cui violazione rappresenta reato. In caso di violazioni -­‐ accertate e/o presunte -­‐ la Commissione Nazionale approfondirà in merito. In caso di violazioni accertate, la Commissione riferirà con la massima sollecitudine l’accaduto al Presidente Regionale di riferimento e al Presidente Nazionale della C.R.I., motivando contestualmente una richiesta di provvedimenti da adottare nello specifico, non esclusa la predisposizione del prelievo forzoso del materiale per l’invio cautelativo all’Archivio Storico Centrale (o altra struttura preventivamente segnalata), il quale provvederà a conservarlo secondo quanto previsto dalla legge. In caso di palesi violazioni e/o contrasti delle normative di legge e delle presenti disposizioni a discapito dei materiale di carattere storico-­‐archivistico, la Commissione segnalerà quanto riscontrato ai competenti organi giurisdizionali. PARTE ILLUSTRATIVA LA CONSULTABILITÁ DELL'ARCHIVIO: Accesso interno ed esterno all'archivio Il tema della consultabilità dell’archivio è particolarmente rilevante per tre aspetti: il primo, quello giuridico, deve stabilire i giusti ed equilibrati confini tra accesso e riservatezza, oltre a individuare le aree riservate dell’archivio e definire chi ha accesso a tali aree; il secondo, quello tecnico-­‐scientifico, deve determinare come sia possibile raggiungere (intellettualmente prima che fisicamente) ciò che si cerca all’interno di un archivio; il terzo, quello deontologico, indica quale atteggiamento e comportamento deve tenere l’archivista nei confronti dei suoi compiti istituzionali e dell’utenza interna ed esterna. L’accesso, difatti, è un’attività gestionale consequenziale ad altre, è l’atto finale di politiche di conservazione fisica e intellettuale dell’archivio, che rinviano a valutazioni imprescindibili del patrimonio archivistico come patrimonio della collettività da “usare” con determinati criteri. Senza l’uso (corretto, regolamentato e governato) del patrimonio archivistico, dal punto di vista sia amministrativo sia scientifico, non ha senso la conservazione. Diventa però essenziale definire le modalità e le procedure con le quali regolamentare e governare l’uso dell’archivio. Per inquadrare il tema va precisato che esistono vari tipi di consultazione: quella interna all’ente produttore, effettuata per esigenze di servizio; quella di terzi, privati o amministrazioni pubbliche, per fini cosiddetti amministrativi; quella, infine, di terzi per fini di ricerca scientifica. Superfluo richiamare che la consultazione può riguardare tutte e tre le fasi di vita nelle quali si suddivide convenzionalmente l’archivio (corrente, di deposito, storica). 1. Aspetti giuridici: consultabilità e riservatezza La consultabilità e l a riservatezza sono due diritti apparentemente contrapposti: il primo, connesso ai concetti di democrazia, trasparenza e responsabilità della pubblica amministrazione, si sostanzia nella possibilità di fare ricerca; il secondo interessa il singolo individuo, è connesso al concetto di dignità dell’essere umano e consiste nella possibilità per ciascuno di mantenere il controllo dei dati e delle informazioni di cui è titolare e di comunicarli solo a chi ha deciso (è il cosiddetto segreto privato); ma può riguardare anche la sicurezza dello Stato (segreto pubblico). Entrambi questi diritti sono parimenti garantiti dal nostro sistema giuridico e sono previsti come fondamentali dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (2000/C364/01). Mentre per la consultazione a fini amministrativi appare più facile tutelare il diritto alla riservatezza, stante l’esistenza del segreto d’ufficio, qualche problema maggiore potrebbe derivare dalla consultazione ai fini scientifici, perché le fonti che gli storici utilizzano per le ricerche contengono -­‐ evidentemente -­‐ numerosi dati personali, poiché la storia è costituita da vicende di persone e perché per sua natura la ricostruzione storiografica è fatta per essere divulgata verso una molteplicità di destinatari non individuabili a priori. Infine, l’art. 42 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea prevede il diritto d’accesso ai documenti, concetto esplicitamente introdotto e presente nella normativa italiana: dal punto di vista teorico, l’accesso ai documenti archivistici è sinonimo di trasparenza dell’azione amministrativa ed è necessario per realizzare la democrazia sostanziale e per consentire la ricerca scientifica. Il concetto di riservatezza o privacy ha conosciuto un’evoluzione: dall’originario the right to privacy inteso come diritto ad essere lasciati soli (to be let alone) e come diritto di godere liberamente la propria vita, senza intrusioni nella sfera privata dell’individuo, si è trasformato in diritto di controllare l’uso che altri fanno dei dati personali e in diritto all’autodeterminazione informativa, espressione che indica come ognuno è padrone dei dati personali che lo riguardano e che, quindi, può decidere liberamente se comunicarli e a chi. 2. Aspetti tecnico-­‐scientifici: standard di descrizione e attività di valorizzazione Per quanto riguarda l’aspetto tecnico-­‐scientifico, bisogna preliminarmente ribadire e sottolineare il ruolo fondamentale della descrizione archivistica scientificamente impostata nel reperimento delle informazioni da parte dei consultatori. In questo campo, tradizionale dell’attività specifica degli archivisti, sono stati fatti passi da gigante per la definizione di metodi condivisi, grazie alla serrata riflessione internazionale promossa e sostenuta, a partire dagli anni ’90 del Novecento, dal Consiglio internazionale degli archivi, che ha emanato appositi standard reperibili sul sito ufficiale (www.ica.org). Questo recente dibattito ha determinato un’apprezzabile crescita della professionalità degli archivisti, impegnati in molti paesi non solo a stabilire i criteri informatori della descrizione, ma anche in una concreta attività di descrizione del patrimonio archivistico. La finalità che si è proposta l’elaborazione di standard internazionali era triplice, in quanto ha inteso produrre norme in grado di assicurare la comparabilità delle informazioni, la disponibilità di informazioni di contesto (preziose e indispensabili per capire autenticamente la portata del singolo documento e delle informazioni in esso contenute), la conoscenza e la divulgazione del patrimonio archivistico. Tali obiettivi possono essere raggiunti più facilmente che in passato, mettendo a frutto i vantaggi derivanti dalla disponibilità di tecnologie informatiche. Queste metodologie, hanno inoltre affinato sensibilmente anche la capacità descrittiva e logica degli addetti alla gestione degli archivi correnti delle amministrazioni pubbliche, inducendo una maggiore scientificità nel trattamento delle informazioni descrittive. Tutto questo costituisce la base tecnica per consentire l’accesso ai documenti da parte delle differenti tipologie di consultatori. Infatti, solo la disponibilità di strumenti descrittivi validi e di qualità può attuare in concreto le affermazioni di principio contenute nel Codice dei beni culturali e del paesaggio (D. Lgs. 42/2004) e garantire così la tutela e la concreta fruibilità del patrimonio. Il Codice, in alcuni articoli, dedica particolare attenzione al tema dell’accesso: se ne sintetizzano e commentano i concetti principali. L’art. 6 -­‐ Valorizzazione del patrimonio culturale stabilisce le caratteristiche di tale attività, informa sul settore della consultabilità. «1. La valorizzazione consiste nell’esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso, al fine di promuovere lo sviluppo della cultura. Essa comprende anche la promozione ed il sostegno degli interventi di conservazione del patrimonio culturale …» Il comma 2 del medesimo articolo antepone la tutela alla valorizzazione, perché l’uso, per quanto nobile dell’archivio, non ne può compromettere la conservazione. Peraltro l’addetto all’archivio deve evitare uno stolto feticismo, che in nome della conservazione impedisce un accesso regolamentato e rispettoso ai documenti: il giusto equilibrio deve trovare espressione nel regolamento di ciascun soggetto conservatore e nei comportamenti corretti e imparziali dell’archivista. «2. La valorizzazione è attuata in forme compatibili con la tutela e tali da non pregiudicarne le esigenze». Nelle attività di valorizzazione sono coinvolti attivamente, con riferimento al principio di sussidiarietà orizzontale, anche i privati: è il giusto riconoscimento alla meritoria opera di tanti studiosi e associazioni culturali che non solo hanno convogliato sugli archivi l’attenzione e gli interessi della gente, ma spesso hanno anche contribuito in modo fattivo alla salvaguardia dei beni archivistici a rischio, segnalando agli organi della tutela situazioni pericolose o archivi meritevoli di intervento. «3. La Repubblica favorisce e sostiene la partecipazione dei soggetti privati, singoli o associati, alla valorizzazione del patrimonio culturale». L’art. 103 -­‐ Accesso agli istituti ed ai luoghi della cultura afferma: «1. L’accesso agli istituti ed ai luoghi della cultura può essere gratuito o a pagamento. Il Ministero, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali possono stipulare intese per coordinare l’accesso ad essi. 2. L’accesso alle biblioteche ed agli archivi pubblici per finalità di lettura, studio e ricerca è gratuito». La puntualizzazione circa la gratuità di accesso agli archivi e alle biblioteche è doverosa e sottolinea la funzione strumentale di tali beni. L’art. 111 -­‐ Attività di valorizzazione richiama il già citato art. 6 e, al comma 1 che si riporta testualmente, precisa in che cosa si sostanzia tale attività: «1. Le attività di valorizzazione dei beni culturali consistono nella costituzione ed organizzazione stabile di risorse, strutture o reti, ovvero nella messa a disposizione di competenze tecniche o risorse finanziarie o strumentali, finalizzate all’esercizio delle funzioni ed al perseguimento delle finalità indicate all’art. 6. A tali attività possono concorrere, cooperare o partecipare soggetti privati». Lo spirito del Codice è chiaro: il patrimonio culturale (e quello archivistico in particolare) deve essere il più possibile messo a disposizione del corretto utilizzo da parte della collettività, usufruendo di tutte le possibili agevolazioni che tutelino le categorie deboli. Il ruolo delle professionalità tecniche (e tra queste, gli addetti agli archivi) è di predisporre gli strumenti per agevolare l’accesso. In merito gli addetti agli archivi devono maturare la coscienza che solo la ricerca in archivio, abbinata alla padronanza della bibliografia disponibile, può creare conoscenza attendibile dell’archivio e del soggetto produttore, consentendo di realizzare strumenti descrittivi validi e spendibili. 3. Accesso esterno per fini giuridico-­‐amministrativi Il diritto di accesso ai documenti amministrativi -­‐ ossia la facoltà di prenderne visione e di estrarne copia -­‐ rappresenta, com’è noto, la più tipica, immediata e diretta espressione del generale principio di pubblicità che deve caratterizzare l’intera azione amministrativa. L’idea che, sia pure con limiti (soggettivi ed oggettivi) ed eccezioni, i documenti amministrativi non siano segreti ma siano consultabili fa ormai parte del sentire comune ed è considerata “scontata” anche se, in realtà, è frutto di un lungo percorso culturale e giuridico e rappresenta una grande conquista di civiltà. In quest’ottica, dunque, il diritto di accesso per fini giuridico-­‐amministrativi, di cui ci occuperemo in questa sezione (di seguito denominato, per brevità, diritto di accesso), si configura come strumento posto a tutela del cittadino e delle sue posizioni giuridicamente rilevanti nei confronti dell’attività amministrativa. Di seguito si cercherà di fornire alcune informazioni, di taglio squisitamente pratico, sull’accesso ai documenti d’archivio, alle norme che lo regolano, alle copie degli atti amministrativi, ad alcune fattispecie particolari di accesso. Conclusivamente saranno fatti alcuni cenni agli aspetti operativi del complesso rapporto tra diritto di accesso agli atti e tutela della riservatezza dei dati personali (cd. privacy). a. Il diritto di accesso ai documenti Il diritto di accesso e la copia dei documenti amministrativi sono disciplinati da un insieme di norme: -­‐ gli artt. 22 ss. della legge 7 agosto 1990, n. 241 (così come modificati dalle leggi 15 febbraio 2005, n. 15, e 18 giugno 2009, n. 69) in materia di procedimento amministrativo e diritto di accesso ai documenti amministrativi; -­‐ il DPR 12 aprile 2006, n. 184, Regolamento recante disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativi; -­‐ il DPR 28 dicembre 2000, n. 445 in materia di documentazione amministrativa; -­‐ il DPR 26 ottobre 1972, n. 642 (tabella allegato B) in materia d’imposta di bollo. Nell’ambito della disciplina imposta da tali norme, che comprendono anche le prescrizioni relative all’accesso ai documenti amministrativi, la facoltà di regolamentazione autonoma degli enti è limitata alla disciplina di casi particolari, come ad esempio i casi di esclusione o differimento dell’accesso o la disciplina dell’accesso in relazione alla tutela dei dati personali e sensibili. Inoltre, trattandosi di accesso ai documenti va tenuto presente quanto previsto -­‐ dall’allegato A2 – Codice di deontologia e di buona condotta per il trattamento di dati personali per scopi storici – al d. lgs. 30 giugno 2003, n. 196, recante il Codice in materia di protezione dei dati personali. In altri termini, di fronte ad una richiesta di accesso ai documenti d’archivio l’operatore dovrà tenere in considerazione: A) Le regole generali in materia di accesso. In particolare: -­‐ verificare che la richiesta provenga da un soggetto interessato, vale a dire portatore di un interesse diretto, concreto e attuale (cfr. art. 22, comma 1, lettera b) della legge 241/1990); -­‐ accertarsi che la richiesta di accesso sia motivata e, in caso contrario, invitare l’utente ad integrare in questo senso la propria istanza (cfr. art. 25, comma 2, legge 241/1990); -­‐ verificare che non esista una norma che sottrae o limita l’accesso alla documentazione richiesta (cfr. art. 22, commi 2 e 3, e 24 della legge 241/1990); -­‐ osservare tutte le altre disposizioni contenute nelle norme sopra citate e in eventuali regolamenti dell’Ente di appartenenza in materia d’accesso. B) Le regole previste dal Codice di deontologia e buona condotta (cfr. il citato allegato A2 al d. lgs. 196/2003). Dovrà, inoltre: -­‐ osservare regole di correttezza e non discriminazione dell’utenza; -­‐ favorire il più ampio accesso agli archivi e l’agevole, consultazione e reperimento delle informazioni; -­‐ informare l’utenza su documenti temporaneamente esclusi dalla consultazione; -­‐ tutelare l’integrità degli archivi, l’autenticità dei documenti, nonché curare il proprio aggiornamento professionale. Dal combinato disposto delle norme generali in materia di accesso ai documenti amministrativi e delle norme di settore in materia di deontologia nella professione archivistica derivano alcune buone prassi in materia di accesso agli archivi: -­‐ prima di dare in consultazione i documenti amministrativi è bene registrare l'istanza formale o informale dell'accesso, da cui risulti l'identità del richiedente e il suo diritto ad accedere alla documentazione; pur essendo in linea generale consentita la produzione di una istanza informale, è comunque fatto obbligo alle pubbliche amministrazioni di annotare e verificare l’identità del richiedente e il suo diritto ad accedere alla documentazione, ed è per questo motivo opportuno redigere e mettere a disposizione un modulo per la richiesta di accesso; la richiesta deve essere sempre formale in presenza di controinteressati; -­‐ le richieste di accesso devono essere evase immediatamente. Solo in casi particolari o che comportino una ricerca complessa le richieste possono essere rinviate a giorni successivi; -­‐ l’esclusione o il differimento di accesso per determinati documenti o categorie di documenti possono avvenire solo con provvedimento preventivo, generale, adeguatamente motivato; -­‐ le limitazioni alla consultazione per ragioni organizzative o di tutela dell’integrità di documenti individuati possono avvenire solo con provvedimento generale e motivato del Presidente del Comitato C.R.I. b. Le copie degli atti amministrativi Alla richiesta di accesso ad un documento segue, in molti casi, l’istanza di estrarre copia del documento visionato. Va ricordato che la giurisprudenza prima e la norma poi (cfr. la formulazione vigente dell’art. 22, comma 1, della legge 241/1990) hanno definitivamente chiarito che non è più possibile scindere il diritto di visione dal diritto di estrarre copia di un documento amministrativo. In pratica: se il documento è visibile deve essere altresì possibile estrarne copia. In tema di copia degli atti amministrativi va tenuta presente la distinzione tra copie semplici e copie autentiche di un documento in quanto le due tipologie di copie differiscono per valore giuridico, soggetti abilitati ad effettuarle, costi da addebitare al richiedente, assoggettamento all’imposta di bollo. a. Le copie semplici Le copie semplici, dette anche copie informali o copie non autentiche, prive di valore legale, sono semplici fotocopie di un documento e, come tali, non possono essere validamente prodotte in luogo dell’originale. Per effettuare la copia semplice di un documento basta fare una fotocopia dell’originale o di una copia e calcolare l’importo del diritto di copia da far pagare all’utente. In calce alla copia l’addetto all’Ufficio che la rilascia dovrà apporre la dicitura “copia non autentica”, seguita dal numero di fogli di cui si compone il documento, dalla data e luogo del rilascio, dal proprio nome, cognome, qualifica e dalla propria firma per esteso, preceduta dal timbro dell’Ente. b. Le copie autentiche Le copie autentiche, dette anche copie conformi all’originale, sono copie di atti delle quali un Pubblico Ufficiale autorizzato attesta, sotto la propria responsabilità, la conformità all’originale (cfr. art. 18 DPR 445/2000). Sono autorizzati all’autenticazione delle copie: -­‐ il Pubblico Ufficiale dal quale è stato emesso il documento originale; -­‐ il Pubblico Ufficiale presso il quale è depositato l’originale; -­‐ il Pubblico Ufficiale al quale la copia autentica deve essere prodotta, previa esibizione da parte del richiedente del documento originale; -­‐ ciascun funzionario a ciò incaricato con provvedimento espresso; -­‐ un notaio, cancelliere o Segretario comunale. In virtù della sopra indicata attestazione di conformità, le copie autentiche possono essere validamente prodotte in luogo dell’originale, di cui hanno lo stesso valore giuridico. Le copie conformi, dunque, hanno la stessa “forza” giuridica degli atti originali, con un solo limite: non si possono fare copie autentiche da copie autentiche (né tantomeno da copie semplici) ma solo e unicamente dall’originale. c. Accesso e privacy Il rapporto tra diritto di accesso e privacy ha occupato e continua ad occupare giurisprudenza e dottrina, che hanno in più occasioni analizzato l’apparente conflitto tra la disciplina in materia di accesso, che sembra privilegiare la conoscibilità dei documenti amministrativi, e norme in materia di tutela della riservatezza dei dati personali (privacy), che sembrano ritenere prevalente il divieto di comunicazione e/o diffusione dei documenti. Il problema emerge in tutta la sua concretezza nel momento in cui, a seguito di una richiesta di accesso, l’operatore analizza il documento oggetto dell’istanza e rileva che esso contiene dati personali relativi a terze persone. Come procedere? Innanzitutto va ricordato che la normativa di riferimento in materia di tutela della privacy è il d. lgs. 30 giugno 2003 n. 196, Codice in materia di protezione dei dati personali. Va tenuto, altresì, presente che, in materia di diritto di accesso e privacy: L’ADDETTO ALL’ARCHIVIO è chiunque abbia responsabilità di controllare, acquisire, trattare, conservare, restaurare e gestire archivi; UTENTE è chiunque chieda di accedere o acceda per scopi storici a documenti contenenti dati personali, anche per finalità giornalistiche o di pubblicazione occasionale di articoli, saggi ed altre manifestazioni di pensiero; DATI PERSONALI sono tutte le informazioni relative alla persona fisica, persona giuridica, ente od associazione, identificati o identificabili, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione; DATI SENSIBILI sono i dati personali idonei a rivelare l’origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l’adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale; DATI GIUDIZIARI sono i dati personali idonei a rivelare qualità concernenti lo stato di imputato o indagato o dati relativi al casellario giudiziale, all’anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e ai relativi carichi pendenti; DATI SUPERSENSIBILI sono i dati concernenti la salute e la vita sessuale di un individuo. 4. L’archivio Parlando di archivio, spesso l'immaginario collettivo rimanda a locali bui e polverosi, frequentemente situati in sotterranei o soffitte, e a pergamene medievali munite di sigilli. In realtà, anche la documentazione che si trova negli uffici pubblici, utilizzata ogni giorno da amministratori, dirigenti, funzionari e impiegati per il quotidiano svolgimento del loro lavoro (le cd "pratiche"), è archivio. Tutto l'insieme dei documenti prodotti da un ente può essere, infatti, considerato dapprima lo strumento per lo svolgimento dell'attività istituzionale e poi, terminata la sua funzione attiva, diventa il residuo di tale attività, ossia la memoria di ciò che è stato fatto. a. Le fasi di vita dell'archivio Sebbene l'archivio sia un insieme unitario, la legislazione italiana ha accolto fin dal XIX secolo una sua partizione in tre parti: 1. archivio corrente (archivio in formazione), costituito dai documenti relativi alle pratiche ancora in corso di trattazione; 2. archivio di deposito, composto dai documenti relativi alle pratiche cessate da meno di 40 anni; 3. archivio storico, che comprende i documenti relativi alle pratiche cessate da più di 40 anni, selezionati per la conservazione permanente. Ognuna di queste tre fasi è caratterizzata da un'attività archivistica prevalente: 1. nella prima fase si verifica la formazione dell'archivio, ossia vengono svolte le operazioni di registrazione e segnatura, classificazione e fascicolazione dei documenti e la creazione delle serie; 2. durante la seconda fase si attua la sedimentazione e si compie la selezione del materiale, ossia si decide quale sia destinato alla conservazione permanente e quale allo scarto; 3. la terza fase è dedicata alla conservazione permanente dei documenti selezionati e alla creazione di strumenti descrittivi per facilitarne la consultazione (censimenti, guide, elenchi, inventari, regesti, edizioni critiche, etc.). b. La formazione dell'archivio La formazione dell'archivio è un momento cruciale, che non deve ridursi alla semplice adozione ed applicazione dei tradizionali strumenti di gestione, né deve essere lasciata al caso o alla buona volontà dei singoli operatori, altrimenti le conseguenze rischiano di ripercuotersi negli anni e nei decenni successivi causando non solo danni economici (spreco di ore di lavoro per il riordino dei documenti e la ricerca di pratiche archiviate) e la perdita delle prove necessarie per tutelare diritti soggettivi, ma anche l'oblio dell'esistenza stessa dell'ente produttore, delle persone che vi hanno operato e delle attività che hanno svolto. In tale situazione non ci si deve inoltre illudere che le tecnologie informatiche da sole possano risolvere ogni problema, anzi, il panorama della gestione documentale, e soprattutto della conservazione di lungo periodo, si è inevitabilmente complicato (ma anche rigorosamente chiarito) con l'avvento di tali nuove tecnologie. Indispensabile è quindi acquisire una mentalità progettuale al fine di coinvolgere e coordinare saperi e conoscenze diverse, sia concependo programmi di ampio respiro e di lungo periodo, sia applicando al progetto di archivio le metodiche e gli standard elaborati dalla comunità scientifica. In ambito digitale, infatti la conservazione dell'archivio non può essere considerata un'attività ex-­‐post, che inizia nella fase di deposito e storica, ma deve costituire una componente irrinunciabile della fase formativa dell'archivio, pena la perdita in pochi anni di tutto il patrimonio documentario. c. La fase di "concezione" dell'archivio A tale proposito la dottrina archivistica inizia a delineare la necessità di far precedere alle tre tradizionali fasi dell'archivio (corrente, deposito e storico) una fase progettuale, di concezione dell'archivio. In questo modo il ciclo vitale dell'archivio sarebbe così ridefinito: 1. Concezione (Progettazione del sistema e definizione dei requisiti essenziali per la gestione, selezione e conservazione dei documenti); 2. Fase Attiva (archivio corrente); 3. Fase Semi-­‐attiva (archivio di deposito); 4. Fase Inattiva/di conservazione permanente (archivio storico). L'archivio si configura, quindi, come sistema di gestione documentale, che affronta in maniera unitaria le problematiche tecniche e organizzative dell'archivio connesse con la formazione, l'organizzazione, la conservazione e l'utilizzo dei documenti. d. La strutturazione del servizio archivistico Le strutture Il Servizio archivistico dell'Ente si compone di due tipi di strutture: a. l'Archivio generale dell'ente b. le Strutture funzionali, che sono: -­‐ L'Ufficio di registrazione (Protocollo generale) -­‐ le Unità organizzative responsabili (UOR) -­‐ l'Archivio di deposito unico e/o gli archivi di deposito delle UOR -­‐ l'Archivio storico e. I modelli organizzativi Naturalmente, a seconda delle dimensioni dell'ente e della sua organizzazione interna, queste strutture, e quindi l'intero Servizio archivistico dell'ente, sono articolati secondo modelli organizzativi diversi adeguati alle esigenze specifiche. I modelli sviluppabili si collocano all'interno di due estremi: -­‐ Centralizzato, utilizzato soprattutto dai Comitati di piccole dimensioni, nel quale solitamente la protocollazione in entrata ed in uscita è gestita da un unico ufficio/impiegato che spesso ha anche la responsabilità della gestione dei flussi documentali e degli archivi; -­‐ Diffuso, utilizzato dai Comitati di medio-­‐grandi dimensioni, nei quali la protocollazione, soprattutto in uscita, è decentrata presso gli uffici e gli archivi di deposito sono presso le diverse UOR. La pervasività dell'archivio, elemento unificante dell'ente, enfatizzata dall'adozione di tecnologie informatiche e telematiche, determina la necessità che tutto l'ente abbia consapevolezza degli obiettivi della gestione documentale e dei ruoli che ciascuna componente amministrativa è chiamata a svolgere. 5. Le funzioni svolte dalle strutture a. L'Archivio generale L'Archivio generale è la struttura fondamentale del servizio archivistico dell'ente: esso, infatti, svolge sia le funzioni tecnico-­‐archivistiche tipiche di questo servizio legate alla gestione, conservazione, tutela e valorizzazione dei documenti, sia le funzioni di coordinamento delle strutture funzionali. Il suo ambito d'azione può essere quindi così schematicamente riassunto: -­‐ regolamentazione dei flussi documentali mediante il coordinamento delle strutture funzionali chiamate a gestirli concretamente; -­‐ conservazione, tutela e valorizzazione del patrimonio documentario dell'ente; -­‐ predisposizione degli strumenti per la gestione dei documenti; -­‐ supporto tecnico-­‐scientifico agli uffici e organi dell'ente; -­‐ sovrintendenza su qualsiasi attività relativa al patrimonio documentario dell'ente. Sebbene una struttura come l'Archivio generale sia presente solo negli enti di medio-­‐grande dimensione, la necessità di un servizio tecnico archivistico, o almeno di una figura professionale preparata in questo campo, rimane comunque un'esigenza imprescindibile per tutti i Comitati, anche per quelli più piccoli. Ma prima di tutto è necessario che essi prendano coscienza delle esigenze archivistiche. A tale proposito, soprattutto per questi enti di piccole dimensioni, diventa indispensabile ideare una politica archivistica che preveda forme di cooperazione, di convenzione o anche di consorzio tra enti, al fine di ottenere servizi tecnici qualificati a costi più contenuti. b. L'Ufficio di registrazione (Protocollo generale) È la struttura funzionale che si occupa specificamente della gestione dei documenti in arrivo ed in partenza dall'ente, attribuendo loro gli elementi per la loro identificazione, conservazione e reperimento. Le sue funzioni possono essere così riassunte: -­‐ Protocollazione, composta dalle operazioni di registrazione e di segnatura dei documenti; -­‐ Classificazione dei documenti medesimi, secondo un piano di classificazione (titolario); -­‐ Indicizzazione/normalizzazione dei nominativi dei mittenti/destinatari e degli "oggetti" dei documenti; -­‐ Smistamento dei documenti protocollati in arrivo alle UOR competenti; -­‐ Controllo delle operazioni di protocollazione, classificazione, etc. effettuate direttamente dai responsabili dei procedimenti/delle istruttorie. c. L'Archivio di deposito centralizzato e/o gli archivi di deposito delle UOR Secondo l’organizzazione dell'Ente, le serie ed i fascicoli cessati sono trasferiti dagli uffici all'archivio di deposito, il quale può essere costituito in una struttura centralizzata per tutto l'ente, spesso associata all'archivio storico, oppure decentrato presso ogni UOR. Le funzioni svolte nell'ambito dell'archivio di deposito sono: -­‐ conservazione fisica delle serie e dei fascicoli chiusi (i cd "cessati"); -­‐ redazione e aggiornamento degli elenchi di consistenza della documentazione conservata; -­‐ gestione delle consultazioni dei documenti da parte degli utenti interni (con registrazione degli eventuali movimenti dei fascicoli) e delle consultazioni da parte di utenti esterni per fini amministrativi (diritto di accesso ex-­‐lege 241/1990) o di studio (Codice dei beni culturali: d.lgs. 42/2004); -­‐ tutela dei dati personali (d.lgs. 196/2003); -­‐ selezione della documentazione da trasferire all'archivio storico per la conservazione permanente; redazione degli elenchi di versamento in archivio storico e degli elenchi di scarto. d. L'Archivio storico È la struttura che gestisce il flusso documentale nella sua parte finale, curando, oltre alla conservazione dell'archivio, soprattutto gli aspetti relativi alla sua valorizzazione come bene culturale. Le funzioni svolte sono quindi le seguenti: -­‐ conservazione, tutela e valorizzazione degli archivi e dei documenti destinati alla conservazione permanente; -­‐ redazione degli strumenti di consultazione e ricerca (elenchi, inventari guide, etc.); -­‐ gestione delle consultazioni dei documenti a fini interni, di ricerca storico-­‐scientifica oppure amministrativa -­‐ promozione dei contenuti dell'archivio, anche mediante la pubblicazione, su supporto cartaceo o sul web, degli strumenti di ricerca; l'organizzazione di mostre, convegni e visite didattiche; la collaborazione con istituti culturali e con il mondo delle università. 6. Gli strumenti gestionali a. Archivio corrente Per la gestione dell'archivio corrente sono stati elaborati dalla prassi archivistica alcuni strumenti tecnici specifici, previsti anche dalla legislazione vigente (DPR 445/2000): -­‐ Protocollo informatico, che si compone di un programma informatico (data-­‐base relazionale) nel quale sono registrati giorno per giorno con numero progressivo annuale i dati salienti di tutti i documenti pervenuti e spediti dall'ente (mittente/destinatario, data e protocollo, oggetto, allegati) e di un sistema di segnatura del documento con i dati di registrazione, effettuato mediante timbratura, apposizione di etichette adesive, stampa o scrittura manuale; -­‐ Piano di classificazione (Titolario), ossia uno schema predefinito redatto sulla base delle funzioni dell'ente, nel quale collocare logicamente i documenti, singoli o aggregati in fascicoli, per una loro migliore gestione, reperimento e conservazione; solitamente tale strumento è integrato nel protocollo informatico e l'operazione di classificazione è effettuata contestualmente a quella di protocollazione; -­‐ Repertorio dei fascicoli, che è lo strumento, strutturato sulla base del piano di classificazione, nel quale sono registrati i fascicoli che annualmente si formano; integrando tale strumento con il protocollo informatico si può attivare una gestione elementare dei flussi documentali; -­‐ Indice normalizzato dei nomi e degli oggetti, solitamente integrato all'interno del sistema di protocollo informatico. b. Archivio di deposito Oltre ai vari Elenchi dei fascicoli versati dall'archivio corrente all'archivio di deposito, di cui si è detto, per la gestione dell'archivio di deposito si utilizzano: -­‐ l'Elenco di consistenza dell'archivio di deposito, aggiornato annualmente sulla base dei versamenti ricevuti dall'archivio corrente e dei versamenti effettuati all'archivio storico, annotati nel Registro dei versamenti dell'archivio di deposito; -­‐ i regolamenti e la modulistica per il diritto di accesso ai fini amministrativi e per la tutela dei dati personali; -­‐ la modulistica e il registro per la gestione dei fascicoli dati in consultazione agli uffici, utilizzati per gestire le richieste di consultazione interne all'ente; -­‐ il piano di conservazione, ossia lo schema teorico generale con il quale si effettua la selezione delle tipologie documentarie da conservare permanentemente oppure da scartare, trascorsi i termini prescrizionali di legge dalla conclusione della pratica e dalla chiusura del relativo fascicolo; da questo derivano: 
l'elenco di versamento in archivio storico, nel quale viene descritta, volta per volta, la documentazione versata all'archivio storico per essere conservata permanentemente;  l'elenco di scarto, nel quale si elencano le tipologie e la quantità di documentazione da scartare, previa l’autorizzazione della Soprintendenza archivistica territorialmente competente. c. Archivio storico I primi strumenti per la gestione dell'archivio storico sono naturalmente gli Elenchi di versamento in archivio storico, di cui si è detto; a questi si aggiungono: -­‐ gli Inventari dei fondi, che sono strumenti analitici con i quali sono descritti a livello di unità archivistica i fondi archivistici, ricostruendone anche le vicende istituzionali e archivistiche del produttore; -­‐ i regolamenti e la modulistica per il diritto d'accesso ai fini amministrativi e la tutela dei dati personali. La procedura per lo scarto Il primo passo consiste nel redigere l'elenco della documentazione selezionata per lo scarto, che deve essere il più semplice possibile ma non approssimativo: non occorre cioè entrare nel dettaglio di ogni singola unità archivistica selezionata, si può individuare una categoria precisa che giustificatamente comprenda documenti anche diversi tra loro; è preferibile che l'elenco abbia una struttura tabellare, le cui finche indichino almeno: la tipologia documentaria, la motivazione dello scarto, l'arco cronologico, la quantità in pezzi archivistici, la quantità in kg. L’elenco definitivo deve essere sottoscritto dal responsabile amministrativo provinciale e trasmesso al referente nazionale protezione archivi per ottenere il nulla osta allo scarto. Ottenuta detta autorizzazione, occorrerà contattare l’Archivio di Stato competente per territorio al fine di perfezionare la procedura. Parte aggiuntiva: Fra i primi atti della Commissione, uno spazio importante sarà garantito all’approntare un piano della catalogazione, un titolario aggiornato usufruibile su scala nazionale e anche delle linee guida circa la creazione e/o la standardizzazione sulla gestione degli archivi della C.R.I., aggiornando: -­‐ il regolamento C.R.I. per la gestione dell’Archivio di deposito, del 2004; -­‐ il titolario C.R.I. per la classificazione dei documenti, del 2004; -­‐ il manuale C.R.I. per la gestione dei documenti, del 2004; -­‐ le procedure per lo scarto dei documenti d’archivio, del 2004. ____________ Fonte della parte illustrativa: Quaderni archivistici della Regione Veneto ALLEGATO 1: Disposizione del Sig. Direttore Generale della C.R.I. 
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