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Musica antica fra colto e popolare
Musica antica fra colto e popolare Musica antica fra colto e popolare Ideazione, coordinamento scientifico e direzione arliblica GirolamoCarofalo ( indiana 1YÌ//Ì Mannro Celala Diana AUolonk1 4 - / 1 HI3,££1^10 du Concerti e Ciiornata di Studi MUSICA ANTICA FRA COLTO E POPOLARE CONCERTI E GIORNATA DI STUDI PIT 19 - POR SICILIA 2000/2006 MISURA 2.02 - AZIONE D Progetto Percorsi di storia, identità e cultura popolare Comune Capofila Piana degli Albanesi ALTOFONTE CEFALÀ DIANA GIULIANA MARI MEO FRIZZI Coordinamento del Progetto Pietro Faraone Corrado Marino Antonino Sciacchitano R.U.P. Pietro Manali 2006 ©COMUNE DI PIANA DEGLI ALBANESI PIT Enti Promotori Comune di Altofontc Comune di Belrnonte Mezzagno Comune di Bisacquino Comune di Carnpofiorito Comune di Camporelle Comune di Cefalà Diana Comune di Chiusa Scialarli Comune di Contessa Enlellina Comune di Corleone Comune di Giuliana Comune di Godrano Comune di Marineo Comune di Monreale Comune di MC//OJUSO Comune di Pala//o Adriano Comune di Piana degli Albanesi Comune di Priz/i Comune di Roccamena Comune di San Cipirello Comune di Santa Cristina Gela Comune di San Giuseppe Jato Comune di Vilkilrati Provincia Regionale di Palermo A/icnda Regionale Foreste Demaniali L'AAPIT di Palermo Cuna Arcivescovile di Palermo Curia Arcivescovile di Monreale Curia Arcivescovile di Piana degli Albanesi Club Alpino Italiano - Sicilia WWF Delegazione Sicilia UIL Provinciale Archeoclub D'Italia Consor/io Tutela Doc Monreale CGIl Palermo ARCI SICILIA Ass.ne Volo Libero Ass.nc Canottieri Telimar Fed. Ittilina Canottaggio Confcooperative Unione Prov. Palermo Legacoop Sicilia C.I.A. - Sicilia Leader lerre del Sosio C.N.A.P.A. Fed. Ecclesiastica Italiana ILMA Na/ionale Assinduslria Palermo Associazione Alto Belice Bosco di Fìcuzza Federazione Prov.le Col diretti tNEL Distribuzione spa Alto Belice Corlconese S.p.a. C.I.S.L. Comitato d'onore On.le Salvatore Cuffaro Presidente dello Regione Siciliano On.le Alessandro Pagano Assessore Regionale ai Beni Culturali Prof. Paolo Emilie Carapezza Presidente tifi Corsi di Luuiea in Discipline della Musica e in Musicologici della Facoltà di Lettere di Palermo Prof.ssa Amalia Collisane Docente di filosofia dello Mulini presso la Facoltà di Lettere di Palermo Ideazione, coordinamento scientifico e direzione artistica Girolamo Garofalo Università di Pnlernio In collaborazione con Università degli Studi di Palermo, Facoltà dì Lettere, Dipartimento di Studi Greci, Latini e Musicali "Aqlaia" Servizi tecnici Agenzia Vincenzo Montanelli, Palermo Catalogo a cura di Girolamo Garofalo Progetto grafico Antonello Blandi Grafica e Pubblicità Stampa La Grafica Editoriale, Messina Ringraziamenti II Dottore Pietro Manali e il Signor Francesco Guzzetta della Biblioteca Comunale Giuseppe Schifò di Piana degli Albanesi. L'Unita Operativa XIII del Dipartimento dei Beni Culturali dell'Assessorato Regionale ai Beni Culturali, nelle persone della Dottoressa Architetto Giuseppina Cannonilo, del Dottor Emanuele Amedeo e della Dottoressa Rosalia Androsiglio. Per l'organi//a/ione della Giornata di Studi si ringraziano altresì il Comune di Cefalà Diana e in particolare il Sindaco Dottor Luigi Calderone, il Geometra luigi Caldarella e la Signora Teresa Truzzolino p R o Q R /vro ro/v conceRtr Castello di Federico ore 21.00 Antiche contaminazioni: l'eredità araba nella musica sefardita e cristiana ENSEMBLE DI MUSICA ANTICA ANTONIO IL VERSO Chiesa di Santa Rosalia ore 21.00 // canto dell'anima FRATELLI MANCUSO E CORO DEI LAMENTATORI MEMENTO DOMINI DI MUSSOMELI Castello Beccadelli ore 21.00 Terra: canti e danze del Mediterraneo GRUPPO TERRA con la partecipazione di VALENTINO SANTAGATI Castello ore 20.00 La tradizione arborense nei manoscritti liturgici Or scuci Terme arabe ore 9.30-1 3.30; ore 1 5.00-1 9.00 Musica antica fra colto e popolare sessione owccucroA: ORC 9.30-13.3 Presiede Paolo Emilio Carapezza Saluti inaugurali Luigi Calderone, Sindaco dei Comune di Cefalo Diana Presentazione Girolamo Carotalo, ideatore, coordinatore scientifico e direttore artistico della Rassegna Interventi Pietro Arcangeli (Conservatorio di Terni) La lauda umbra nell'interpretazione dell'Ensemble Micrologus; Antonella Balsano (Università di Palermo) A Tozzi ...e bocconcini; Giacomo Baroffio (Università di Cremona) La dimensione colta e popolare nel canto liturgico in tensione tra l'esclusione reciproca e l'integrazione sapiente; Giuseppe Collisani (Università di Palermo) Su alcune siciliane che si fanno con le botte; Ignazio Macchiarella (Università di Cagliari) L'attualità del falsobordone nell'uso tradizionale; Giampaolo Mele (Università di Sassari) Dai goigs catalano-aragonesi ai gòsos/gòccius sardi. Oralità e scrittura in un repertorio devozionale. PCVnCRfOfAOA: ORe 15.3O-19.OO ENSEMBLE VOCALE LAUS CORDIS (DIRETTORE EUN Ju KIM) Canti polivocali paraliturgici di Santu Lussurgiu SU CUNCORDU 'E SU ROSARIU DELLA CONFRATERNITA DELLA MADONNA DEL ROSARIO DI SANTU LUSSURGIU (ORISTANO) Complesso Re Ruggero ore 21.00 Dal falsobordone ad Alberto favara: canti popolari siciliani fra tradizione orale e scritta LABORATORIO AGLAIA, con la partecipazione dell'ENSEMBLE VOCALE PARADHOSIS e di DANIELE Lo Dico (violino) GIOVANNI Di SALVO (carrettiere: voce) SAID BENMSAFER (oud arabo) SILVIO NATOLI (viole da gamba) Presiede Amalia Collisani Interventi Ivano Cavallini (Università di Palermo) Gli orientamenLi nazionali della storiografia musicale in Europa nel XIX secolo e i concetti di "antico", "popolare " e "nazionale "• Dinko Fabris (Conservatorio di Bari) L'equivoco della villanella; Lucio Feo (Università di Palermo) Note sulla raffigurazione della Natività in Sicilia ne! Seicento; Girolamo Garofalo (Università di Palermo) Stratificazioni nella musica bizantina degli Albanesi di Sicilia: coìto e popolare, Oriente e Occidente; Consuelo Giglio (Conservatorio di Trapani) La canzone siciliana nella Palermo dei Florio; Dario Lo Cicero (Conservatorio di Palermo) Alcuni esempi di interazione colto-popolare nella musica siciliana; Massimo Privitera (Università della Calabria) Lodovìco Zacconi fra pratiche orali e scrittura teorica. Concepire una rassegna dedicata al tema Musica antica fra collo e popolare può oggi più che mai apparire una sorta di provocazione. Da qualche decennio, infatti, ci troviamo dinanzi a una vera e proprio "moda", che non manca di attrarre vasti strati di pubblico e conscguentemente di attirare le attenzioni dell'industria discografica. Da un lato sta il dilagare di ensemble di musica "antica" che agli stili e alle modalità esecutive delia musica foìklorìca si rifanno per ridare vita, spesso con esiti improbabili, a composizioni concepite nei secoli passati (soprattutto del Rinascimento o del periodo barocco) e, fra queste, soprattutto alle pagine più oscure, lacunose o di ardua interpretazione semiografica; dall'altro iato continuano a proliferare gruppi di "riproposta" di presunta musica popolare che, in un contesto che vede il successo di fenomeni quali la world music o la cosiddetta "musica mediterranea", alla musica antica si ispirano per operazioni, talvolta nefaste, di rielaborazione e di ri-arrangiamento, se non addirittura di stravolgimento, del folklore museale. [ppure, al di là di queste mode (più o meno effìmere) e al di là dei risultati (più o meno artisticamente efficaci o filologicamente convincenti che i diversi eseditori riescono a conseguire), il tema dei rapporti fra "colto" e "popolare" costituisce, in effetti, una questione cruciale che, seppure non può ancora considerarsi interamente indagata, da diverso tempo desta una sempre crescente attenzione do parte dei più avvertiti orientamenti delle ricerche musìcoìogiche ed etnomusicoìogiche. Senza entrare qui nel merito delle specifiche conoscenze storiche e scientifiche finora acquisite, può però essere messo sinteticamente in rilievo ( ome i dati finora raccolti abbiano ormai quasi definitivamente smentito le rigide contrapposizioni fra "colto" e "popolare" e fra oralità e scrittura, che in passato hanno negativati'ente e pregiudizialmente caratterizzato il mondo accademico. Non v'e forse luogo più adatto della Sicilia per proporre un'occasione di riflessione su questi temi. Nella nostra Isola, infatti, negli ultimi decenni si è registrato :in progressivo intensificarsi dell'interesse nei confronti della cosiddetta musica "antica". Tale interesse, solidamente sostenuto da un'illustre tradizione di studi musicologici, si è espresso con esiti eccellenti anche sotto il profilo dell'organizzazione concertistica e della didattica. La Sicilia è anche una regione in cui la ricerca etnomusicologica può vantare una storia assai significativa da Alberto Favara, agli inizi del Novecento, sino ai giorni nostri. Una riflessione che in questo caso assume la forma di una rassegna musicale articolata in una duplice direzione. Da un lato una serie dì cinque concerti che non solo offriranno al pubblico l'occasione di ascoltare, da gruppi music ali di eccellente livello, alcuni fra i repertori maggiormente significativi fra "colto" e "popolare", ma costituiranno anche lo strumento della valorizzazione di alcuni spazi architettonici di straordinario pregio, e tuttavia non adeguatamente conosciuti, esistenti nella Provincia di Palermo. Dall'altro una Giornata di Studi che attraverso i contributi dei più illustri fra gli studiosi in campo nazionale mirerà a testimoniare quali e quanto fitti e variegati scambi abbiano caratterizzato diversi aspetti della vita musicale italiana, soprattutto nel Meridione e nelle ìsole, nel corso dei secoli: da' Medioevo, attraverso il Rinascimento e il Barocco, e fino all'Ottocento. da prima dello svolgimento delia Rassegna, a due degli studiosi che interverranno alla Giornata di Studi si è chiesto di pubblicare un proprio scritto in questo catalogo, stante il rilevante interesse delle questioni da essi affrontate, allo scopo di offrire sin d'ora al pubblico alcune coordinate storico-critiche di speciale rilevanza, lì primo scritto ospita alcune illuminanti riflessioni di carattere generale di lynazio Macchiatila sul tema Colto/popolare in musica. // secondo breve saggio consiste in un contributo di Dinko Fabris sulle Origini della 'villanella alla napoletana': un importante genere musicale che in maniera particolarmente emblematica, ma non sen/a fraintendimenti da parte di musicologi e musicisti, è stato storicamente connotato fra "colto e popolare". Girolamo Carotalo Colco/ropolARe in La dicotomia colto/popolare rinvia, nella prospettiva etnomuzicologia, a tematiche p uttosto difficili da definire e comunque assai controverse. Tematiche ricorrenti nella breve storia della disciplina in Italia, già a partire dagli esordi (basti ricordare la ben nota quereli? che, negli anni Cinquanta, oppose uno dei padri della disciplina, Diego Carpitala, convinto assertore dell'autonomia della "musica popolare italiana" al musicolugo comunista Massimo Mila il quale vagheggiava di "cascami storici della musica colta medievale" a proposito della musica di pastori e contadini, presupponendo ex cathcdm improbabili fenomeni di "decadimenti storici"} 1 , che in certi periodi sono state particolarmente in auge (è sufficiente ricordare che l'ultimo numero della rivista della Società Italiana di fitnomusicologia, «Culture Musicali», uscito nel 1991, era propiio dedicato al tema "Collo/popolar^")-1. Tematiche condi/ionate dalla equivocità di fondo a proposito del campo semantico coperto dai due termini: quale è la distinzione tra "musica colta" e "musica popolare"? quali sono le condizioni I TT definire una espressione musicale "colta" (o "popolare")? quali tratti definiscono i due poli concettila. 1 '' È fin troppo evidente che in considerazione dell'estrema molteplicità di espressioni del paesaggio musk ale odierno, affrontare la tematica in termini di opposi/ione è poco proficuo e quanto meno pregiudi/iale. Pensare alla varietà della realtà musicale che ci circonda contrapponendo una o più produzione/i "colta/e" (d'accademia, erudita, di "aito livello", dotta eccetera) a una o tante "musiche popolari" ("incolta", "ordinaria", di "larga accesso", "di consumo" eccetera) vuoi dire postulare l'esistenza di un "alto" e un "basso" nei fatti di cultura, di un "livello superiore" e uno (o più) "livello/i inferiore/i", ossia creare una gerarchla di valori sostanzialmente etnocentrica, che riflette l'egemonia politico-economica occidentale. In breve, è ['"accademia occidentale" a stabilire che la "musica colta" (cioè "alta", "superiore") è la musica che ad essa appartiene (ed eventualmente le musiche che essa ritiene tali in quanto paiono avvicinarsi alla propria produzione come nel caso delle cosiddette musiche colte indiane e dell'estremo oriente in virtù del ruolo in queste esercitato dalla scrittura, della presenza di una teoria esplicita e così via), definendo per converso "popolare" ("bassa", "inferiore") tutta la musica estranea ad essa1. Si tratta di una prospettiva accettata aprioristicamente fino a qualche tempo fa, che rappresenta una sorta di luogo comune. Basti solo considerare come nell'uso corrente nelle accademie, nei conservatori (programmi ministeriali compresi), nei luoghi di cultura "ufficiali", nei mass media e via dicendo, parlando di "musica" (la musica) si intende ipso fatto la nostra musica d'accademia, quella di un Mozart, di un Beethoven o di un Luciano Berio'1. È solo quando la si voglia distinguere dalle altre musiche, quando si intenda sottolinearne il carattere di "cosa seria", "importante", allora si aggiungono aggettivi come "musica colta", "classica" eccetera. Invece, per riferirsi a tutte le altre produzioni sonore al dì fuori di questo ambito il sostantivo "musica" viene sistematicamente e necessariamente combinato con un aggettivo ("musica popolare" per l'appunto; oppure "musica etnica", "musica tradizionale", "musica commerciale", "musica jazz" e così via). E lo stesso vale con le discipline preposte allo studio teorico: musicologia (senza aggettivi) è lo studio della musica (cioè della musica "colta", "d'accademia" dell'occidente); etnomusicologia (con il prefisso aggettivale "etno") è lo studio di tutte le altre musiche (una paradossale definizione in negativo, qualora si consideri la faccenda in termini quantitativi.,.!)\o modo di vedere le cose ha cominciato a mutare con la lezione di John Blacking e la sua rivoluzionaria, per l'epoca, frase «dll rnusic is folk music», proposta ad un perplesso auditorio durante il XXV congresso mondiale della Società di Musicologia, a Berkley nel 1977: «Non riesco più a vedere alcuna utilità, se non come etichette commerciali, nella disìin/ione terminologica fra musica colta e popolare. I Venda [la popolazione sudafricana presso cui Blacking condusse le sue più importanti ricerche] mi hanno insegnato che la musica non può essere cosa a sé stante e che tutto la musica è musica popolare, nel senso che non può essere trasmessa o avere significati al di fuori dei rapporti sociali. [...J La musica è troppo profondamente legata ai sentimenti e alle esperienze dell'uomo in quanto essere sociale. [-•-] II fondamento di molti, se non di lutti, i processi essenziali della musica va ricercato nel corpo umano e nei sistemi d'interazione sociale dei corpi umani. Perciò tutta la musica è, sia struttuìalmente che funzionalmente, musica popolare»''. In quanto tatto sociale, ogni musica esprime valori, significati, emo/ìoni, idee, espedienti tecnici e così via della cultura cui appartiene, e le culture - tutte le culture - sono diverse, ma hanno pari importanza. Seguendo Blacking viene perciò annullata di fatto qualsiasi idea gerarchica, qualunque idea che esistano culture superiori ed altre inferiori. In questo senso, nei recenti sviluppi della letteratura etnomusicologica - segnatamente quelli più orientati allo studio dì tutte le musiche come "suono umanamente organizzato", come analisi del rapporto fra strutture musicali e strutture dell'interazione fra gli uomini all'interno delle diverse culture, in una situazione di dialogic ending ossia di giustapposizione fra rappresentazioni di diverse culture musicali'' - la questione "colto/popolare" in musica (e fuori dalla musica) di f a t t o non ha alcuna pertinenza. Se comunque si volesse mantenere uno spazio di specificità al fare musica all'interno dell'accademia e dei conservatori - senza nessuna intenzionalità etnocentrica - rimarrebbe sicuramente irrisolvibìle l'altro lato della dicotomia, vale a dire la definizione' dell'aggettivo "popolare". Un aggettivo indefinibile (quali sono i confini del concetto di "popolo"?) che nella nostra lingua, applicato alla musica ha generato (e continua a generare) un'inestricabile confusione: «II termine popolare in italiano può sembrare ambiguo: è popolare la musica del popolo, cioè quella di tradizione orale delle classi sociali storicamente considerate inferiori (contadini, operai, ecc.) ed è popolare la musica a grande diffusione che non è affatto delle classi sociali inferiori, ma appartiene e a tutte le classi»* 5 . D'altra parte, se si considerano i meccanismi di diffusione della musica, di circolazione e ascolto, se si entra nello spazio virtuale dei mass-media (mediasfera)1', qualunque musica è o può diventare "popolare" (fruita da chiunque), a prescindere dai meccanismi della sua produzione, trasmissione, esecuzione - fuori e dentro le accademie (è forse necessario richiamare la "popolarità" di autori quali Mozart, Bach, le cui musiche vengono normalmente utilizzate per qualunque fine, compresi jingle pubblicìtari e suonerie di telefonini?) 10 , negli scenari della globalizzazione e del mescolamento interculturale. Anzi, si potrebbe arrivare alla conclusione paradossale di definire "colte" - nel senso di "riservate", "elitarie" - certe espressioni musicali che non appartengono alla mediasfera (o hanno uno spazio affatto marginale all'interno di essa), e perciò non possono considerarsi "popolari": penso, per esempio, a repertori come la canzuna alla carrittera della provincia di Palermo, ne) passato espressione già dì classi socio-economiche inferiori ("canto popolare"), la cui fruizione oggi appartiene ad una ristretta cerchia di studiosi e appassionati (magari con l'aggiunta di un pubblico sparso per il mondo di amanti della cosiddetta world music)u, e che dunque certamente non può definirsi come "musica popolare" se si considera l'effettiva realtà odierna della sonosfera dei paesi siciliani 1 ''. A fronte della loro impraticabilità come orizzonte di studio della realtà musicale contemporanea, le categorie di "colto" e "popolare" paiono mantenere una sostanziale validità in prospettiva diacronica, nell'indagine sul fare musica nel passato, specialmente di epoche antecedenti alla rivoluzione industriale. Le fonti a noi pervenute fanno infatti pensare all'esistenza grosso modo di due livelli nella pratica musicale, due livelli certamente non contrapposti e mai recìprocamente impermeabili che rappresentavano due punti dì riferimento nella pratica musicale. Si può cioè pensare che nel fare musica vi fosse una fondamentale bipolarità tra manifestazioni con precipue finalità di elaborazione 'artistica' che tendevano ad assumere un carattere riservato e in qualche modo tendente all'assoluto, e manifestazioni che invece miravano a dare un senso ed un valore alla vita quotidiana cui erano indissolubilmente connesse. I due livelli erano comunque tra di loro in reciproco conlatto, benché secondo modalità e con intensità diverse a seconda delle epoche storiche. Si tratta di una distinzione fondamentale per la quale l'antropologo Robert Redfield ha elaborato le categorie, rispettivamente, di "grande tradizione" e "piccola tradizione", che sono state proficuamente utilizzate nello studio dei fatti storici da Peter Burke". Secondo Burke nell'Europa preindustriale coesistevano essenzialmente «due tradizioni culturali»: una 'grande tradizione' trasmessa ed insegnata nelle scuole di grammatica e nelle università; una 'piccola tradizione' che comprendeva tutto il resto {consuetudini di vita quotidiana, feste religiose e stagionali, credenze, proverbi, racconti eccetera). Esse «non corrispondevano in modo simmetrico ai due principali gruppi sociali, rappresentati da\\'élite e dalla gente comune. Mentre \'élite, infatti, partecipava alla piccola tradì/ione, la gente comune, invece, non partecipava alla grande tradizione»14. In altre parole, gli uomini colti - cioè coloro che avevano accesso alla grande tradizione scrìtta possedevano una sorta di «doppia cultura» in quanto partecipavano in larga parte alla stessa vita comunitaria (quotidiana e festiva) degli altri. Per i primi però «le due tradizioni avevano funzioni psicologiche diverse: la grande tradizione era una cosa seria, quella piccola era come un gioco»1''. Burke altresì sostiene che l'allontanamento delle culture elevate dalla pìccola tradizione comincia gradatamente a manifestarsi nel XVII secolo ma si verifica più decisamente nel secolo seguente e porta progressivamente alla distanza fra "mondo dei colti" e "mondo del popolo" che si manifesta nel XIX secolo1". Naturalmente lo studio delle due tradizioni deve fare i conti con la natura particolare della documentazione disponibile, ossia delle fonti storiche (letterarie, musicali, iconografiche eccetera) - che quasi sempre provengono dal mondo della grande tradizione, dai "colti", da chi possedeva gli strumenti delta scrittura, dalla produzione culturale "ufficiale": una questione anch'essa piuttosto complessa per la quale rinvio ancora alle illuminanti pagine di Peter Burke17. Lo spostamento dell'attenzione degli studiosi nella direzione dell'analisi dei modi della produzione e della trasmissione culturale - e musicale per quel che importa in questa sede - porta in primo piano il rapporto fra oralità e scrittura. Come è oramai assodato, risulta affatto semplicistico e concettualmente errato identificare tout court la "tradizione scritta" con la "musica colta" (la musica della "grande tradizione") e quella orale con "la musica popolare" o della "piccola tradizione". Continuare a sostenere ciò significherebbe da un lato trascurare le forme della scrittura o dì simbolizzazione grafica associate alla pratica "quotidiana" e 10 d'uso e di cui esistono molteplici attestazioni documentarie (per esempio i fogli di cantastorie, che nella versione dei broadsides britannici risalgono al Medio Evo)1"; dall'altro ignorare l'incidenza che l'oralità (la quale, non scordiamolo, è carattere preminente nel fare musica dell'uomo) ha sempre avuto pure nella più sofisticata e "riservata" produzione musicale delle élite socio-culturali 19 . Storicamente, oralità e scrittura sono stali i due espedienti atlraverso cui è avvenuta la trasmissione del patrimonio di cognizioni, informazioni, tipi di comportamento, convinzioni eccetera. Entrambe hanno presentato diversi livelli di manifestazione a seconda dei contesti e delle stralegie comunicative messe in atto: il ricorso alla scrittura non implicava la rinuncia all'oralità così come non sempre l'oralità si presentava pura cioè sganciata da qualsiasi contatto con qualsivoglia sistema codificato di simbolizzazione visiva-"'. Come il binomio "colto"-"popolare" anche quello "oralità""scrittura" necessita, nell'indagine storica sui fatti musicali, di adeguati apparati teorici di riferimento. E ciò anche (o forse soprattutto) nei casi in cui a prima vista ci si trovi di fronte a forme che paiono derivare "direttamente" dalla "piccola tradizione", dal mondo popolare del passato. Come è noto, ad esempio, già nella produzione musicale scritta del Cinquecento e del Seicento (polifonica e non) sono affatto frequenti i riferimenti al mondo "popolare", contadino e pastorale. A partire dalla stessa denominazione di alcuni generi vocali cosiddetti "minori" come le villanelle, le frottole, le villette, eccetera. Tali riferimenti sono in realtà di problematica interpretazione tanto da essere stati alla base dì notevoli fraintendimenti. Più o meno esplicitamente alcuni studiosi del passato hanno ritenuto che le fonti scritte antiche costituissero "riproduzioni" o "trascrizioni" della musica popolare del passato. È il caso dì Francesco Balilla Pratella che fra le «fonti per le ricerche» sulla musica popolare italiana cita «i codici e manoscritti cartacei e tutte le stampe di musica per liuto e di musiche corali in forma dì madrigale, o di frottola, o di villanella, cinquecenteschi e secenteschi» in quanto «contenenti riduzioni o trascrizioni dì musica popolare»21; oppure di Ottavio Tiby, il quale parlando di un insieme di stampe di siciliane del XVI secolo (alcune delle quali, per altro, polifoniche) si spinge ad affermare che esse «ci presentano senza dubbio lo stato dell'arte popolare, tanto per la poesia che per la musica»". In casi del genere parrebbe logico pensare all'esistenza di un rapporto ab origine fra queste fonti e il mondo della tradizione orale. Ciò però non implica l'esistenza dì un rapporto diretto con la pratica musicale quotidiana, d'uso comune dell'epoca: sarebbe, cioè, affatto fuori luogo immaginare un musicista del cinque-seicentesco che in maniera programmatica abbia "trascritto" e riportato nelle proprie composizioni melodie {o, ancora più paradossalmente, forme polìvocali) ascoltate dai contadini, dai pastori, dal volgo cittadino, eccetera (allo stesso modo di quanto invece accadrà in epoca romantica). Ne consegue che in nessun caso le fonti in questione costituiscono una qualche documentazione di pratiche musicali "popolari" di quelle epoche-". Per altro verso, questo tipo di composizioni paiono comunque acquisire tratti che sembrano estranei rispetto alle norme della "grande tradizione" ossia in relazione al normale corpus delle fonti musicali scritte dell'epoca. Non però un passaggio sic et ìimpliciter di documenti dall'una all'altra, bensì l'assunzione di specifici elementi, debitamente filtrati ed emendati. Tale acquisizione ha verosimilmente avuto luogo nel contesto di un più generale scambio fra oralità e scrittura e nella prospettiva degli uomini colti, ossia di coloro che possedevano quella sorta di «doppia cultura» di cui si è detto in precedenza. SÌ può ipotizzare che esistesse una 'piccola tradizione' della musica alla quale partecipava sia la "gente comune", ignara di qualsiasi tipo di teoria musicale, sia i musicisti colti. E cioè possibile che vi fossero determinati repertori di tradizione orale (canti connessi con feste collettive o con circostanze esecutive quotidiane) die erano conosciuti ed eseguiti anche dai cantori "colti". Per costoro tali reperlori avevano ovviamente un'importan/a minima rispetto .lile forme della musica scritta: il valore appunto di un «gioco", di un intrattenimento dilettevole e non impegnato. E quindi questa "piccola tradizione" musicale il serbatoio al quale i musicisti "colti" attingevano volendo caratteri//are la propria produzione, dare a questa un particolare "colore", o, con un termine dell'epoca, un'»aria»-'', nel rispetto delle "tendenze", delle "maniere" compositive dell'epoca-"1. D'altra parte è da supporre che nello scambio fra oralità o scrittura vi tosse anche il percorso inverso, cioè l'acquisi/ione da parte della tradizione orale di elementi della tradizione scritta. F-venienza per altro implicita nella definizione stessa di 'piccola tradizione' della musica, dovuta alla partecipazione di musicisti "colti"-"1, l.e fasi e i meccanismi di tale percorso non sono però documentabili per il passato. Se ne possono proporre solo generiche congetture, per esempio nei casi in cui vi siano particolari (ed esplicite) persistenze nell'odierna pratica di tradizione orale-' . Solo una lettura "ira le righe" delle fonti del passato, un'analisi critica cioè dei documenti bibliografici, considerati globalmente ed alla luce di tutte lo conoscenze sulla cultura di una data epoca 'h, può permettere la formulazione.1 di ipotesi sul mondo sonoro del passalo-'". Un importante contributo PUÒ comunque venire dall'analisi dell'odierna tradizione orale- Non perché questa riproponga o rifletta quella del passalo, ma perché l'oralità costituisce uno caratteristica universale del fare musica che ha dei meccanismi fondamentali ricorrenti in oqni sua manifestazione. La conoscenza dei processi di forrnali/zazione alla base degli attuali repertori tradi/ionali può quindi offrire utili suggerimenti per ipotizzare gli scenari sonori del passato ed i contesti da cui provengono le fonti scritte' 1 '. 2 Si tratta del numero n. 1 -2 (Nuova beni1), contenente 1111,1 introduzione ,il lenii) .) e u r.i di kjrui/io Macc'iiarella, e limine saqqi su ,ili i el Lini i reperì 01 i musicali "al limite 1 M cijlto e popolare" (e t u t t i , ioni iniqui1, con tinvii ii fonti storifhc, per lo più anteriori ,)l XVII secolo), scritti da Gianmjno Mcnzzi, Renalo Morelli, iacques Virel, Markus Roemer e Iqna/io Mai t hiarella. ì Su queste tematiche v'c una ampia bibliofilia: come immrdi.ita introdu/ionc si vedano Ramon ^elinski, ((/Kvnunto/oyK; nell'eptmi postmoderna, in Enuiìopedm della Musini, Emanili, Torino, 7007, voi. Il; Sleven Felli, Litui \i dome hert r use pani ki Woild Mi AH, in «l'Uomini1» un 1/1-172, 2004. A Lfr. I rancescoGiannattasiu, / / i 'jrit.en.otii n i t r i t i i iti prospettiva (iilttnale, in I m » ìojit'dki della Maska, Fu duci i, Toiino 7005, voi. III. 5 Sull'argomento si veda l'ollima sintesi di Nidiolas Cook, Masti a una breve miniila/ione, tilt, [orino 2005. 6 |olin Blaikmg, (.onte e nitrii tilt l'uomo, Ricordi-Unicopli, Milano 1986, p.ig. 7-1. 7 Cfr. Slevi>n Felli, Contili and 'n"-Iimeni- Kiids, Weepiry, Poetit s tinti \on<; in Ka/ti/i l*ptession, Univrcsily i,f Ponn.sylvania l'iess, Philadclpbia I 982 (si veda anche htlpi// 1 www.musicgrooveb.orq/r 1 evi(_'ws.php) 8 Mario Baioni, l'orecchio inteltnjente, 1 I M, I u c c a 700.S, pag. 196. Non entro qui in merito al vasto campo degli studi sulla popular musa, (e Ile in Italia trovano ancora troppa poi o spazio in ambito aecademk o) ove esiste una nudissima biblioqralia sulla definì/ione ili "musila popolare" (si fino itiilmente partire da Richard Middli'lon, lo Dindio cicliti pò pularmusit. in I nacìopedia della Musica, Einaudi, lorino, 2002, voi. II). 9 Kurl Blaukopl, Medianmrptuìsis nini set ondai y arality: in hallenge I t u t i l Itirol policy, in M. Peter Baumann (a tura di), Warld Multe. Mustcs oì thè World, F-lorian Noetzel Verlaq, Wilhelmshaven, 1992. 10 Sull'uso delle musiche nelle suonerie dei teletomni si veda l'intelligente saggio di Serena lacci, Musica'v/a/ionc. Le suonate, m «A.A.A.-l.AX. Acouslkal Arts linci Artifacts; Technoloqy, Aeslhetn -,, Communicalion-, anno 11, n 2, 7005. 1 1 (Tr. il (d a una di Cimiamo Carolalo, Giovanni Di Salvo e Pierre Vaiana, ( aiutino a la t ai ut leni. I (.anton di ììatjhetiu (\nilta), I onlimusicali film 230, 200t>. 17 Su questo importante repertorio vedi Elsa Guqqiuo, ' tanti f la magia. Percorsi di una mena. Sellerie), Palermo 2004 e, per lo specilli o musit ale, Girolamo Garofalo, / canti dei tarretttcn della provini in di PalermoPer una analisi lotmalt/siitii del repellono, in «Culture Musicali.», nn I 214, 1989. I S Vedi Petcr Burke, Lu/tura popolate nell'i uropa moderno, Mondadon, Milano 1978 (ed oì. ni., Populai Culture in nirìy Modein luiope, Templc Srnith, tondon 1978), e l ' e f f i t a i e rei ente sinlesi dello stesso Peler ISurke, La Stona (ultimile, II Mulino, Bologna 2006 (ed. or. Id, What ss Cultuali Histoiy, Cambridqe, Polity Press, 2004). 14 Btiike, Cultura popolate, < j | . pag. il 1 5 ìbidem. 16 Idem, pag. 341 e su;.. Sulla questione vedi anche |ean Molino, Che t os'e l'oralità multale, in I IKU. lopedia della Musini, I ina udi, Torino 2005, voi. V. I / fini ke, Cullili a popolale, pagi]. 7 e sgq. 18 Iqnazio Macchia re I la, tMilla musica etnie a alle musiche di intrattenimento, in I iidtlopetlia della Musini, Torino, Einaudi, 7001, voi. I. 19 Molino, Oralità in musini, ( il. 20 Oggi la situa/ione è mollo più complessa pei la preserva di lutine intermedie ionie quelle dell'oralità mediala e dell'or alila sei ondai la. Vedi Molino, Giolito in musini, ut. 21 Frani esi o Balilla Pratella, Si u l t i vati di pensiero, di arte e di stoini musiitile, lioiiqiovanni, Bologna 1 9 5 5 . 22 Oliavi» liby, // fatilo popolare siciliano, in Alberto Favara, C orpus di musili re popolari s i t i l i a n i ' . Accademia di Si ten/e I ettere e A i t i , Palermo 1959. 23 Ciò nemmeno quando si abbiano riscontri nella odierna musica "traHi/ionale". t ome avviene ad esempio nel < aso della famosa melodia della <.nn>metUì, Hoc u mentati) nelle foni i si r i t t e (in dal XVI ed a moia in uso nelle regioni sctienlrionali. Vedi Loydi, / 'aititi musica, t it pag. 160 sqq. 74 II lermine atia all'epoca non indicava Lina forma musicale, bensì -una qualche indefinibile qualità che era sentita in i erte composizioni musi cali, assente in altre» (Nino l'irrotta, Willacrt e la lanzone villanesca, in ••Sludi Musicali-, anno IX, n 2, pag. 204). 25 II riferimento al mondo agriiolo-pastoralc e. consueto all'epoia non solo nella musica. «Il topos del villanesco è un dato ricorrente no.lla slo ria del quslo, spesso affidili alo a quello della vitti pastorale, ma sempte ben distinto da esso. Nel tnptis pastorale c'è di solilo, derivalo da una tradizione i lassica, il compiacimento di una società raffinata che sr ti specchia in un altrettanto raffinalo travestimento arcadico; mentre la principale at I rat li va del villanesi o sia in un sentore esolii o, nell'ini onliu improvviso 1011 un ambiente lonladinesco clic provola sorrisi diveltiti per la sua diversità e per la i rudezza del suo Inimor o dei suoi umori» (PirrolUi, Wiltacrt e la consone, cit., pag. 193). 76 Sulle modalità del passaggio di elementi della tradì/ione si ritta all'orale si sotterma ampiamente Burke, < aitato popolare, cit., pago;. Ì5 e scjg } / C fr Iqnazio M,in Inarella, Polivi nati tu di ti adizione or lile nel Rinascimento italiano, ipotesi e prospettive di ni etni in Polifonie, pini etlimenti, lassiti 10mte e torme: unti rimessione a più voi /, a cura di Mauri/io Aqamennone, II Cardo Editore, Vene/ia 1996. 78 Presupposto londamenlale è concepite il passato non i ome precursore del presenle bensì «as a disiine I < ullure, existing ol itsell and inlelliqiblc on ils own Icrms» (Peler jellery, Rc-envisioriincj i'ast Musica/ C trlliites. tthnomusnalor.iy in thè S(<«/y ol Cirecjonan Cliant, I ho Universily ol Chicago Press, Chicago and I ondon 1 992, pag. 5). 29 I evidente che la lormulazione di ipotesi costituisce l'unico obbiettivo possibile di ciò <•( he sappiamo di non poter raggiungere |...| della conosi rn/a |»aradì>ssale a uti aspiriamo» (Paul Zumlhor, In lettera e la vote. Sii//(i letteiatiitii medievale, II Mulino, Bologna 1990, pag 79). Sulla possibilità di ricavare informazioni concernenti l'oralità nelle tonti scritte è fondamentale la lettura di Ench Havelock. (.altura orale e civiltà della si ni ti ita, I ater/a, Bari 1 983, di Waller OIKJ, Oì alila e se t i l t ut ti. II mulino, Bologna 1984 e di Paul Zumthor, la presenza della vote, 11 mulino, Bologna 1986. 30 la questione è ben sviluppala da |ellery, Ke-envisionincj, i il., payg. 1 1 72 e 51 sgg. L e OR A.LI/V 1WPO La Villanella' è il più importante genere musicale inventato a Napoli prima dell'opera buffa e della canzone napoletana. La sua data di nascita non potrebbe essere più precisa: le prime villanelle furono cantate in occasione del soggiorno dell'imperatore Carlo V, che fu a Napoli dal novembre 1 535 all'aprile 1 536. Un anno più tardi (il colophon è datato 24 ottobre 1537) apparve la prima edÌ7Ìone musicale a stampa - anonima - intitolata Canzone villanesche alla Napolitano, Novamente stampate, Libro Primo (Stampato in Napoli per Jeanne de Colonia), che contiene 1 5 villanelle a tre voci anonime: Madonna tu mi fai Madonna tu sei intrat'in frenesia Fatte li fatti tuoi Fra quante donne Chi circa de vedere Voglia me vene nionatho Deh, quando ti veggio Boccuccia d'uno persic'aperturo Dove nasccst'o vis'angelicato Che sia malditta Tu sai che la cornacchia Va figlia bella ìannì del luorto Voi cognosciete O vecchia tu che guardi L'unico esemplare superstite, nella biblioteca tedesca di WolfenbùUel, conserva le sole parti di Cantus e Tenor, mancante il Bassus, che fu ricostruito da Donna Cardamone nella sua edizione completa di questi brani in appendice ai suo articolo del 1975 (The Debut of thè Canzona Villanesca alla Napolitano}. Prima dì questa raccolta e della visita dell'imperatore a Napoli, vi erano ovviamente canzoni in lingua che anticipavano molte delle caratteristiche della villanella, derivate tutte dall'archetipo del villancico spagnolo (molto simile è del resto l'etimologia delle due forme;. Nel canzoniere manoscritto di Montecassino (Ms. 871), una raccolta della fine del secolo XV che riporta un repertorio eseguito intorno alla corte aragonese di Napoli, si trova una canzone definita "napoletana" (Horamai che fora son) insieme con una "chalavrese" (Fate dorerà) e tutta la tradizione degli "gliommeri", ossia farse in napoletano del tardo Quattrocento, utilizzava moduli vocali assimilabili alla villanella. Lo splendore musicale della corte aragonese diffuse il mito di un popolo, quello napoletano, in cui tutte le classi sociali gareggiavano nelle esecuzioni musicali virtuosistiche: «Della musica poi, oltre di quel naturale instinto, di che par che il Cielo habbia ogni Napoletano spirito dotato, onde quasi ciascuno alla natura, l'arte giungendo di giorno, e di notte, Ldl'hor con voci, tal'hor con strumenti, diverse armonie in diversi luochi si sentono con dolcezza mirabile» (Benedetto Di Falco, Antichità di Napoli e del suo amenissimo distretto, Napoli, Cancer, 1535). Ma la villanella alla napoletana durante la visita di Carlo V assunse un carattere speciale. Come scrisse un cronista nel 1536: «Gruppi di musici gareggiavano l'un con l'altro, nel cantare cose villanesco all'usanza di qua, o cose de madrigali molto concertatamente. Giravano per le vie, improvvisando versi e canzoni in onore delle belle donne che vedevano alle finestre e rendevano una suave harmonia, con dilecto de quelli che la poteano udire...». Da allora per olire un secolo la villanella 'alla napoletana' ebbe un successo ed una diffusione straordinari: circa 5000 edizioni a stampa comprendenti 1 3.000 composizioni di cui 4.000 esplicitamente intitolate villanelle (o napoletane). Soltanto nel periodo 1537-1570 furono pubblicati 92 libri di villanelle per un totale di oltre 1000 brani. Si tratta di cifre davvero stupefacenti per quello che è ancora oggi considerato nei correnti manuali di storia della musica un parente 'leggero' del madrigale, il più nobile dei generi musicali prodotti nell'Italia del Rinascimento. In realtà dall'anno 1537 che vide la prima edizione a stampa si svilupparono tante e tali forme di villanelle da rendere assai arduo il tentativo di accomunarle in una categoria unica. Infatti, il vero significato della villanella alla napoletana fu per secoli dimenticato e poi a lungo ignorato anche dalla scienza musicologica fondata a fine Ottocento. Il primo musicologo ad intuire la natura profonda del genere villanesco fu, nella seconda metà del secolo scorso, il grande Nino Pirrotta, il quale dopo aver argomentato la sua celebre teoria àe\V iceberg della musica quattrocentesca non scritta, comprese che nella Napoli cinquecentesca si formò il modello strutturale per le future monodie accompagnate fiorentine di Caccini, allievo non a caso del napoletano Scipione del Palla (Li due Orfei, 1969). L'intuizione di Pirrotta fu prontamente recepita dal più grande studioso americano di musica rinascimentale, Howard Mayer Brown, in una serie di articoli illuminanti (Caccini ai home and abmad, Petrarch in Naples etc.) pubblicati nei vent'anni successivi ed ebbe una influenza decisiva su una allieva di Pirrotta, la statunitense di origine italiana Donna G. Cardamone, autrice della prima e tuttora insuperata monografia dedicata a The Canzone villanesca alla napolitano and Related Forms 1537-1570 (tesi del 1975 pubblicata in due volumi nel 1981). Questa studiosa negli ultimi ventanni con tenacia ammirevole ha indagalo il ruolo del principe di Salerno Ferrante Sanseverino, organizzatore delle prime rappresentazioni teatrali a base di villanelle nel suo palazzo napoletano (l'odierna chiesa del Gesù), nella creazione e diffusione europea del genere villanesco "alla napoletana", e dei musicisti raccolti altomo al principe, dai Dentice ad Orlando di Lasso. A parte i suoi sludi, soltanto lo specialista statunitense John Mili (1 998) e 10 scrivente (2002) hanno continuato questa fruttuosa direzione di ricerca, mentre i manuali di storia della musica conlinuano a perpetuare te errale interpretazioni del secolo scorso, prima fra tutte che la villanella sia un genere di musica "popolare". In realtà fin dal suo sorgere e per gran parte della sua storia, il genere villanesco "alla napoletana" non fu affatto fenomeno popolare, bensì esclusivamente aristocratico. La villanella nacque espressamente come una sorta di alternativa nazionalìstica (grazie all'uso del napoletano, "lingua" non "dialetto") alla dominazione spagnola, mai accettala dai nobili partenopei dopo la perdita del regno aragonese nel 1503. I viceré avevano proibito ai nobili l'uso delle armi e dei cavalli, in cui eccellevano pochi decenni prima: solo il canto e l'uso di strumenti musicali rimasero territorio ove primeggiare per i giovani nobili napoletani, ed ovviamente vi ci si accanirono con risultati straordinari, come dimostra il caso dì Gesualdo da Venosa. La presentazione delle prime villanelle a Carlo V è un gesto emblematico: mettendo il proprio canto nazionale sotto la protezione dell'imperatore si intendeva sottrarre giurisdizione al viceré, che era però allora 11 potente Pedro de Toledo. La sua vendetta nei confronti del principe Sanseverino, attorno al quale come alla corte di un re i gentiluomini napoletani si riunivano ad eseguire villanelle, fu lenta ma spieiata. Esiliato con i suoi musici, fu appunto il principe a spargere nelle sue peregrinazioni il gusto per le villanelle in tutte le corti musicofile d'Europa. Roma fu la prima città ad accogliere gli esiliati, che si strinsero attorno ad Orlando dì Lasso per creare la più potente propaganda antispagnola: tutti avrebbero cominciato a cantare le villanelle dei napoletani, una betta per i viceré. Questi tutti non erano tuttavia quei contadini o artigiani di cui i testi delle villanelle si prendevano gioco con i continui riferimenti alla semplicità del mondo rurale e alle voci degli animali, per puro spasso delle nobili brigate riunite nelle festose serate denominate accademie, che si andavano diffondendo rapidamente in tutte le città italiane. Con la moda delle accademie, sì sa, si diffuse il mercato del madrigale ma anche e forse più quello delle villanelle, arrangiate nella lingua e nei me//! esecutivi per le situazioni più varie e lontane (i testi mostrano ancora delle parole napoletane ma italianizzate il più possibile). Dove non arrivava il mito del principe infelice e delle sue canzoni (come ha rivelato Donna Cardamone, il Lamento del principe e dì sua moglie isabella fu uno dei grandi hits del Cinquecento, a circola/ione soprattutto manoscritta) giungevano le innumerevoli edizioni a stampa, soprattutto veneziane, in fascicoli-parte per assicurare le più diverse possibilità esecutive e dunque di vendita. Il principe Sanseverino, come sappiamo attraverso la testimonianza del letterato Brantòme, aveva fatto conoscere le prime villanelle in Francia intorno alla metà degli anni 1 540, facendole cantare per le dame di quella corte dai suoi musici sul "chitarrino" (sorta di liuto piccolo "alla napoletana" e non di piccola chitarra, come ha recentemente scoperto Renato Meucci). Il liutista che sovrintendeva alla musica di casa Sanseverino, Luigi Dentice, tu spedito in Inghilterra con incarichi di spionaggio, ma la sua presenza fece giungere sull'isola le prime villanelle. Sempre i nobili napoletani, tra cui certamente Fabrizio Dentice figlio di Luigi, si incaricarono di far conoscere in Spagna queste composizioni "alla napoletana": «Capiturno in quel tempo in Madrid [per le no//e di Filippo II nel 1559] una muta di virtuosi Napoletani, che si obligorno far sentire a S. Maestà ogni giorno madrigali, & villanelle nove non più udite per un mese di lungo, & cosi fecero, con varii SE diversi in strumenti, che correva tutto il populo per udirli, tanto era a I leg rissi m a & dolcissima la loro musica...» (Vincenzo Cervio, // (rincionte, Vene/ia, Tramezino, 1581). Come tutti i testi evidenziano, il più autentico e originale modo di eseguire le "napolitane" era a una sola voce e liuto ed in questa prassi eccellevano appunto i musicisti aristocratici come Dentice, Severino, Brancaccio e tanti altri. Questa pratica si impose nell'editorìa a stampa soltanto a partire dal 1570 in poi, quando Gorzanis, Fiorino, Antonelli e altri iniziarono a pubblicare "napolitane" per voce e intavolatura di liuto. l'I Il già citato liutista fiorentino Bottegari ha compilato il suo manoscritto, inizialo nel 1574, in questa forma e perfino il grande Orlando di Lasso fu ascoltato alla corte di Monaco, nel 1568, eseguire villanelle cantando e accompagnandosi su un liuto. Ma se, come stiamo verificando, questa storia si è svolta tutta ai piani alti della società come mai le fonti letterarie sempre citate dagli studiosi sembrano dipingere una società urbana, quella napoletana, tutta intenta a suonare e cantare villanelle senza distinzioni di rango e censo? Credo di non sbagliare attribuendo ancora una volta alla "lingua" una potenza espressiva tale da consentire una convergenza di una intera nazione su un fenomeno di protesta continuamente ai limiti della rivolta. Passati gli effetti della prima rivoluzione nobiliare antispagnola dei 1547, quella che aveva fatto poi esiliare Sanseverino e i suoi seguaci, intorno al 1570, come ancora una volta aveva già spiegato Pirrotta, ìl rientro dei superstiti a Napoli determinò una nuova fioritura di composizioni villanesche (sempre in ambito "colto") così ostentate in tutti i luoghi simbolici della città da poter diventare autenticamente "popolari" nel senso che oggi attribuiamo alle canzonette ascoltate ovunque per radio. Pensiamo al ritratto degli Spassi di Posillipo intorno al 1 571 che ha schizzato Tomaso Costo, dove le villanelle sono cantate e suonate ovunque, anche in barca, ma non tulle sono giudicate degne dell'antica e nobile tradizione. Scriveva il corrispondente del duca di Ferrara da Napoli due decenni più tardi che ovunque in città non si sentono che le antiche villanelle di Fabrizio Dentice (questo liutista e compositore osannalo ovunque in vita era morto a Parma nel 1581). Basile e soci non fanno che amplificare questi echi urbani di composizioni nate nei pala//i aristocratici e le affida idealmente a mitici cantori di strada, costantemente mischiati a probabili esecutori professionisti autentici (Cianleonardo dell'arpa, Adriana Basile, etc.) con un'unica finalità: contribuire alla fondazione di una lingua nazionale con dignità propria, che ancora possa opporsì se non ai dominatori stranieri, almeno alla lingua toscana ormai vincente. Per chi ha vissuto anni di grandi contrasti ideologici, come il 1968, o gli "anni dì piombo", è facile il paragone con la cosiddetta "canzone di protesta" o la canzone politica, di sinistra come di destra (e ciò giustifica anche la grande diffusione della antica "villanella", attraverso il geniale recupero dì Roberto De Sirnone e della Nuova Compagnia di Canto Popolare proprio in quegli anni). Nulla di più sbagliato, tuttavia. Le fonti che ci hanno trasmesso quell'antico programma "politico" di ribellione antispagnola, sono autentici ritratti di una città musicale e teatrale che lascia senza fiato, come illustra Michele Rak nel suo affascinante libro Napoli gentile: una capitale dei suoni che ebbe facilmente ragione dei suoi dominatori per i secoli a venire. Dinko Fabris Gennaro Maria Monti, Le villanelle alla napoletana e l'antica lirica dialettale a Napoli, Città di Castello, II Solco, 1925. Bianca Maria Galanti, Le v/'lanelle alla napoìitana, Firenze, Olschki, 1954. Nino Pirrotta, Commedia dell'arte and Opera, "Musical Quarterly", XLI (1955), pp. 305-324. Elena Ferrari Barassi, La villanella napoletana nella testimonian/a di un letterato, "Nuova Rivista Musicale Italiana", II (1968), pp. 1064-1087. Nino Pirrotta, Li due Orici, Torino, Eri, 1969. Dinko Fabris, // compianto per il perduto splendore artistico musicale della corte aragonese in un manoscritto napoletano del primo Cinquecento, in Trentanni di ricerche mttsicologiche. Studi in onore di i~. A. Callo, Roma, Torre d'Orfeo, 1996, pp. 305-321. Concetta Assen/J, La canzonetta dal 1570 ai Ì615, Lucca, LIM, 1997. John W. Mili, Roman monody, Cantata and Opera troni thè circ/rs around Cardinal Montaìto, Oxford, Oxford University Press, 1998, 2 voli. Donna G. Cardamone, thè debut of thè Canzona Villanesca alla Napolitano, "Studi Musicali", IV (I 975), pp. 65-HO. Dinko Fabris, Da Napoli a Parma, llmerari di un musicista aristocratico. Opere votali di Fabrizio Dentice (1530c.-l581 ), Roma, Accademia di S. Cecilia-Milano, Skira, 1 998. Donna G. Cardamone, Forme metriche e musicali della ianzone villanesca e della villanella alla napoìitana, "Rivista Italiana di Musicologia", XII (1 977), pp. 25-72. Donna G. Cardamone, Villanella, voce in The New Giove Dictionary ai Music and Musicians, second revised edition, London, MacMillan, 2001, XXVI, pp. 628-631. Howard Mayer Brown, The geography of Fiorentine monody: Cacciniat homeandabroad, "Earlv Music", IX (1981), pp. 147-168. Dinko Fabris, The iole oi solo singing to thè Iute in thè origini of thè Villanella alla Napoìitana, e. 15.ÌO-1570, in Gesanq zur Laute, a cura di Nicole Schwindt, Kassel, Barenreiter, 2002 ("Trossinyer jahrbuch fùr Renaissancemusik", II, 2002), pp. 133-145. Donna G. Cardamone, The Canzone Villanesca alla Napoletana and related lonm, Ì5Ì7-157C, Ann Arbor, UMI, 1981, 2 volt. Donna G. Cardamone, Madrigali a tre et arie napoletane: a typographical and repertorial study, "Journal of thè American Musicological Society", X X X V (1 982), pp. 436-481. Ruth Deford, Musical relationship between thè lialian Madrigai and ìight genres in thè Stxteenth Century, "Musica Disciplina", XXXIX (1985), pp. 107-168. 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Entro quel giorno, secondo profondamente influenzata da metriche, strutture e melol'editto dì espulsione firmato il 31 marzo 1492 da Isabella di die arabe. Anche le Cantigas deAmigo, scritte in gallego-porCastiglia, tutti gli Ebrei di Spagna avrebbero dovuto lasciare toghese dal trovatore Martim Codax hanno molto in il paese abbandonando case, «pezzi d'oro e monete cocomune con i canti al telaio sefarditi e con le preces mozaniate». Essi affrontarono l'esilio privati dei loro beni, ricchi rabiche, e allo stesso modo che nella musica sefardita, anche solo della loro cultura, delle loro tradizioni, della loro muin quella liturgica, entrano sovente melodie arabo-andaluse sica. Un patrimonio inestimabile, quest'ultimo, tramandato e castìgliane. attraverso i secoli, costituito da romanze, inni religiosi, meCon l'editto del 1492 gli Ebrei che rifiutavano la converlodìe nuziali, canti d'amore e funebri. sione venivano esiliati dai territori del regno. Dapprima il viLa storia degli Ebrei sefardìti, come venivano denominati cino Portogallo diede rifugio agli Ebrei, ma ben presto gli Ebrei della Spagna, inizia probabilmente intorno al 70 furono costretti da un nuovo decreto di espulsione a spard.C., quando a seguito della distruzione dei tempio di Gepagliarsi verso la Francia, l'Africa del Nord, l'America del Sud rusalemme ordinata dall'imperatore Tito, ebbe inizio una ed i paesi dell'Impero Ottomano, L'editto di espulsione di prima diaspora verso i paesi del Mediterraneo in particolare Isabella di Castiglia non risparmiò gli Ebrei di Sicilia, dove in Spagna, indicata nel Vecchio Testamento con il nome Sepersistevano importanti comunità non solo nei grandi cenfarad, dove erano già presenti insediamenti giudei e ancora tri ma anche in cittadine come Sciacca, Caltabellotta e Mapiù remoti insediamenti fenici. zara. Essi furono costretti a riparare dapprima in Calabria Dopo il periodo di dominazione visigota, fu con l'avvento per raggiungere successivamente le coste della Dalmazìa e degli Arabi, nel 711, che inizia un periodo fortunato di inil nord Europa. terazione e convivenza tra diverse culture. In questo clima, Nella musica dei Sefarditi della diaspora è evidente la manel IX secolo giunse a Cordoba Abu el-Hasan Ali Ben Nafi, trice spagnola, medievale e rinascimentale, ma anche i mecdetto Zyriab; proveniente dalla corte di Harun ar-Rashid a canismi musicali islamici risultano evidenti nei modi, negli Baghdad, questo straordinario cantante e suonatore di oud ornamenti, nelle improvvisazioni e nello stile interpretativo. portò all'Occidente un bagaglio culturale nuovo e fondò Alla tradizione della diaspora sefardita appartengono i brani una scuola di musica che diffuse l'uso dello strumento prinEl Rey de Francia (Smirne) e Por alii posò un cabotiero (Turchia). cipe della musica araba, progenitore del liuto che sarà poi Non migliore sorte toccò agli Ebrei conversi, i Marrani, che strumento prìncipe del Rinascimento europeo; soprattutto, subirono l'Inquisizione per secoli con il sospetto di conserZyriab creò la musica arabo-andalusa, commistione di culvare, sotto le apparenze, le pratiche giudaiche. Solo l'intura spagnola (già dì per sé eterogenea), culture orientali e quisitore Torquemada ne fece giustiziare 30.000 negli anni nordafricane studiate nel lungo viaggio verso Occidente. immediatamente successivi il 1492. Pertanto i Marrani in Fino al XIV secolo la Spagna fu quindi il posto dove Criogni parte del mondo erano estremamente attenti a non stiani, Arabi ed Ebrei convivevano e si influenzavano recimanifestare in pubblico qualunque espressione culturale procamente, uno straordinario laboratorio musicale dove si che ricordasse le pratiche ebraiche. E tuttavia, i segni della cantava e si suonava ovunque: «...il piacere della musica si cultura sefardita e araba sono perfettamente riconoscibili era diffuso a tal punto che in una qualsiasi città andalusa oggi nelle varie forme del flamenco, sia nei modi strumenera impossibile trovare un barrio, una calle o un angolo sitali (il balìe e il toque) che in quelli vocali (il conte). Il conte lenziosi in cui una persona potesse liberarsi dai suoni onnifondo o jondo, ad esempio, una forma vocale di contenuto presenti di strumenti musicali e canti» (). Ribera, La musica intenso ed emozionale, prende il nome dall'ebraico yom de las Cantigas). tom, giorno di festa. Nel XII secolo il re di Castilla y Leon Alfonso X el Sabìo governava un regno cristiano ma aveva a corte musicisti ebrei Silvio Natoti Sa' dawi Tradizionale sefardita (Andalusia) El Rey de Fransia Tradizionale sefardita (Orano) Por alii posò un cavaliere» Tradizionale sefardita (Turchia) San'a Darj Anonimo arabo-andaluso Como poden Alfonso el Sabio (dalle Cantigas de Santa Maria) Por que Ilorax bianca nina Tradizionale sefardita (Sarajevo) Festa de la circoncisión Anonimo arabo-andaluso A Vìrgen Madre Alfonso el Sabio (dalle Cantigas de Santa Maria) Non me morda ya habibi Jehuda Ha-Levi (arabo-andaluso) Canzone araba Tradizionale siciliano Quen a omagen Alfonso el Sabio (dalle Cantigas de Santa Maria) Dos amantes Tradizionale sefardita (Andalusia) Madre do que a bestia Alfonso el Sabio (dalle Cantigas de Santa Maria) Morenica my me Ilaman Tradizionale sefardita (Andalusia) Avrix mi galanica Tradizionale sefardita (Andalusia) 19 f i cAnco ocLLVvnfovx. Hanno lasciato la loro terra, la Sicilia, da quasi una soggettività finora sommessa, pudicamente l : u,viTi.n MANU so i. trent'anni, ancora "carusi", e si sono portati nascosta nel canto fraterno. L'intimità degli dentro rabbie, speranze e dolcez/e distillate in O MO DI.I I.ANIMATORI amori non si partecipa, la gioia, il disagio, le asMI;MÌ'\TO DOMINI canto. Hanno visitato i popoli del mondo perfeserì/e dell'anima sono riti solitari come le ore ni MrssoMm.i zionando accordi e ione in consonanza con le (Su/i su' l'uri) che ognuno contempla o maledice suggestioni attinte ad altre aree musicali, ora nel segreto della propria sofferen/a. Il canto alcckiche ora mediterranee, ma la Sicilia resta incastonata lora rilorna monodico, personalissimo, allegro o disperato, nella loro poetica come una mandorla preziosa. In un per"struggimentu, maraviglìa o fragili armonia". Un canto lacorso lungo, faticato e straordinario di concerti, novene, cerato, talvolta smarrito "tra arma e carni", anima e carne, spettacoli, festival, incisioni, si sono affrancati lentamente che ancora s'interroga sul senso della poesia e della vita, un dalla tradizione popolare dilatando il canto monodico e il canto laico che cerca di volare con ali ferite senza più crelamento antico - sintesi necessaria di una partecipazione cidere al "paradisa / fattu d'oru e di peni". vile all'umana sofferenza che i (-rateili Mancuso hanno semIn questa importante fase di passaggio le remote lontapre espresso con la voce e con il cuore - verso più profonde nanze dell'isola, fonte d'ispira/ione ormai affievolita, riafe originali esperienze liriche (Ali di carta), e la memoria è rifiorano non più e non solo come memoria, ma come masta teneramente impigliala ai miti e alle credenze, papossibili sirene del ritorno. Timidi risiili su', timide sono le gane o religiose, della loro isola. Hanno arricchito isole: il tema del nostos s'insinua struggente nelle ultime l'orchestrazione delle composi/ioni, accogliendo accanto composi/ioni dei fratelli siciliani, intriso come in un sogno ad ogni tipo di strumento a corda e ghironde percussioni e di mandorle di Avola e pistacchi di Bronle, mefograni di Pofiati che hanno impreziosito il tappeto ritmico su cui s'inli/zi Generosa e fave di Sutera, loro paese natale. "Doppu di nalza e modula la loro inconfondibile vocalità; ma la vitantu caulinari", la grande madre-matrigna incantata non brante sonorila siciliana è rimasta inalterata. parla, ma sembra voler accogliere i figli disertori "di silenOggi par d'intendere nella loro evoluzione musicale come ziu 'n silen/iu / 'n cantu e 'n chiantu", almeno per un abi segnali di una nuova stagione creativa. Raggiunta la piena braccio lieve, a riodorare la terra e riapprendere nuove maturità artistica, Enzo e Lorenzo Mancuso sembrano voler parole e can/oni. Le radici mai dimenticate, l'eterno ritorno. scavare ancora più a fondo nella propria vena poetica per differenziare i sentimenti che pure condividono e ricercare Giovanni Maria Rossi Ti preu Maria O. Mancuso - L Mancuso Signura Letizia O. Mancuso - L. Mancuso Muìier Canto tradizionale della Settimana Santa Bella Maria O. Mancuso - L. Mancuso Maria di li C razzi Tradizionale, L. Mancuso Popuie meus Canto tradizionale della Settimana Santa Nesci Maria O. Mancuso - L. Mancuso Margarita O. Mancuso - L. Mancuso Divise runt Canto tradizionale della Settimana Santa Timidi risalì su' O. Mancuso - L. Mancuso Rusariu di la mMaculata Tradizionale, L Mancuso Et inclinato capite Canto tradizionale della Settimana Santa Ti nni vai puisia O. Mancuso - L Mancuso Sacciu chi parli a la luna O. Mancuso - L Mancuso Stabat Mater Canto tradizionale della Settimana Santa 21 CeRR/v: e/vncf e tvvnze Del Lo spettacolo musicale Terra: canti e danze del appartenenti a culture "altre", come il bouzouki GRUPPO TI-RRA, Mediterraneo, portato in scena dal Gruppo di CON LA PARTILO I1 AZ1ONL greco o il saz baglama turco. musica popolare Terra, si sviluppa in tre direLa terza è volta a presentare la "nuova muDI VALENTINO zioni. La prima è tesa a valorizzare il patrimonio sica popolare" attraverso composizioni originali SANTAGATI poetico-musicale siciliano e dell'Italia Meridiodi recente creazione, che oltre a prevedere l'imnale attraverso la riproposta, più o meno fedele, di canti di piego dì strumenti di diversa natura appartenenti alla cullavoro (Pisalora, Canto delle lavandaie), novene e rosari (Rotura mediterranea, mescolano sonorità musicali di varie sario di San Giuseppe) e tarantelle appartenenti alla tradietnie. In questa "babele" di suoni e parole, di voci e di zione musicale del sud Italia (Antidotum tarantulae, danze la zampogna "a para" messinese convive con la tamTarantella del Gorgone). morra napoletana, l'organetto diatonico con il mandolino, La seconda intende riproporre antichi canti tradizionali, la mandola portoghese con i flauti di canna. come i canti dei carrettieri o i canti a la viddanisca, attraverso particolari arrangiamenti e con l'impiego di strumenti Mono Incudine 22 / carrittera M. Incudine Pisolerà Tradizionale Di chi culuri è M. Incudine Rosario di San Giuseppe Tradizionale Cantica M. Incudine Zappa f uri Tradizionale Riggitana Tradizionale Sanata con la lira calabrese Tradizionale Antìdotum Tarantulae Tradizionale (da Athanasius Kircher, sec. XVII) Tarantella del Gorgone Tradizionale Viddaniska Tradizionale (rielab. M. Incudine) Conto delle lavandaie Tradizionale Terra e musica M. Incudine 23 CR/vofzfooe /vRBOReose oer awooscRfcci ,„,,, Oristano conserva anche un piccolo repertorio di seOrislano, sede del prestigioso potere politico ed n \isriviHi ,VIH.ALL . . ,. r. ' _,- . . , quenze m cui sono confluite varie tradizioni: da ecclesiastico arborense, è l'unica città della Sarde' j" A ( . s J-quella franco-occidentale antica con il brano Rex orngna che abbia conservato una parte consistente del nipolens per l'Ascensione a quella sangallese con due canti, tra proprio patrimonio liturgico librario. Codici liturgici con mucui il celebre Sancii Sp/ritus adsit nobis gratta, dalla produzione sica e frammenti si trovano dislocati in diverse sedi: l'Aula cafranco-occidentale posteriore all'anno 1000 con la sequenza napitolare della Cattedrale, il convento francescano dei Padri talizia Lcetabundus exuitet fidelis chorus a vari pezzi composti Conventuali, il convento delle Clarisse, l'Archivio storico cospesso quali contro/ocra di modelli precedenti10. Nella sua forma munale1. Il materiale oggi reperibile permette di tracciare una classica la sequenza, canto che segue l'alleluia della Messa, ha breve rna documentata storia delle tradizioni vocali che sono un impianto melodico che si basa sulla ripetizione a coppie di conglobate sotto l'etichetta "canto gregoriano". Considerevoli una stessa frase musicale, salvo eventualmente la prima e l'ulrelìquie di libri continentali di area toscana, attribuibili al XIItima strofa che hanno due melodie autonome. Lo schema della XIII secolo-', aprano una lunga scric di testimoni che si snosequenza è pertanto: aa bb cc dd ... oppure a bb cc dd ...7. dano nei secoli successivi e testimoniano sia l'importazione di libri e di tradizioni musicali dall'Italia centro-settentrionale sìa la Giacomo Baroffio produzione locale e l'adattamento alle esigenze celebrative e sociali del territorio arborense. 1 fondamentali al riguardo sono le numeroso ricerche di Gidmpaolo Mele. Il nucleo centrale dei manoscritti arborensi testimonia il reDell'Autore ricordo dimeno due studi; Nuove ricerche sai manoscritti liturpertorio musicale che per alcuni secoli i frati francescani locali t j k i Irurx escani in Sardegna Osservo/fon/ su alcuni frammenti neumati clariani (Vr. XIII-XIV), "Biblioteca Francescana Sarda" 2, 1988, 109-135; e hanno importato dall'Italia centrale per utilizzarlo nelle celersaltcrium-Hyrnnanum Arborense. Il manoscritto P XIII della Cattedrale di brazioni. Si tratta di un notevole apparalo liturgico che abGrillano (Secolo XIV/XV). Studio tudkologito, fxileoyialko, legnale, Monco, braccia le principali e anche più frequenti azioni liturgiche: la l i t i t K j i t o , gregoriano, ìraurisioni. I: llymni. Roma, Torre d'Orfco 1994 Messa e le varie Ore che scandivano il ciclo giornaliero dai primi (Quaderni di "Studi Gregoriani" 3). 2 II nucleo più consistente di Irammenti è costituito dd memi>r<j disiei tu di vespri nel tardo pomeriggio che precedeva le domeniche e le un breviaiio con neumi toscani. Meno numerosi sono i frammenti di un feste maggiori, alla compieta che concludeva la giornata per messale che presenta un breve stralcio dal canto del Passio secondo san aprirsi alla lode di D-i-o con il canto notturno del mattutino, Matteo. Anche questo messale - attribuibile alla prima metà del XIV secolo mentre dall'alba in poi sarebbero risonati salmi e canti alle lodi, - dovrebbe provenire dall'Italia centrale, probabilmente dall'area umbra tome suggerisce la musica dell'invocazione Itely Hcly. Clr. Bomfacio Baalle ore di prima (verso le 7,00), ter/a (alle 9,00), sesta (alle roffio - Cristiana Anlonelli, La Pacione nella liturgia della Chiesa cattolica 12,00), nona (1 5, 00) per concludere l'arco con i (secondi) velino all'epoca di Johann Sebastian Sach, in Elena Povellalo (ed.), Ritorno a spri e la successiva compieta. Bach. Dramma e ritualità delle Passioni, Venezia, Marsilio 1986, 31-32. TeIl segno più evidente dell'appartenenze dei codici alla tradistimoni di questa melodia (Gchc d fede che d G a) i mss. Vdt. lai. 9243, e. 89-, Vat. Ross. lai. 199, e. 82\ Ad esempio, nel ms. Bibi. Arborense, P. Il, l'ufficio zione francescana sono i formulari completi* o singoli brani'1 propri delle principali memorie liturgiche dell'Ordine. Tra queStimmate di san Francesco, di santa Chiara e di s. Ludovico d'Angiò. Questi ultimi c'è una nota antifona, Cceìorum condor, che il capist'ultimo formulario è stalo studialo da Mele 1990c con edi/ione intetolo di Narbona del 1260 ha prescritto che fosse cantata nei grale (te.slo e musica) a pp. 32-46. Ricordo che l'ufficio di s. Chiara è vespri per la commemorazione di s. Francesco"1. L'antifona è costituito da pezzi contraffatti in cui la medesima melodia (dell'ufficio di s. Francesco) è applicata ai nuovi testi scritti per commemorare b. Chiara. slata aggiunta da una seconda mano nella e. 11v del codice P. È il caso anche dell'antifona tam sanctac Clarae tlatilm che apre i vespri Vili, e. 11 v , dove è seguita da un ampio melisma - articolato in e che ricalca il canto fmndsius vii tatholk'Lis. varie sezioni che si ripetono in modo più o meno libero - che 4 Ad esempio, nel ms. P. XII la sequenza Stirgit vietar virtuali?, (e. 194 V ) per richiama le caudc? medioevali. Esplicite sono anche le indicas. Francesco. 5 "Cantetur intcrdum m vespe-m antiphono CiClorum candor in tommemotazioni francescane delle litanie dei santi con la memoria contione beati Francjyj": Sthephen |. P.van Dijk, Sounes of thè Motiviti Roman giunta di Francesco, Antonio e Clara, come nel ms. P. XIII, e. Li/urgy. The Ordinai hy Itaymoof favenlwm and Relate d Docume ni-, (124Ì229V<1; alla tradizione dell'Ordine risalgono anche le rubriche ì 307) fdited wi/h ari Intmduction and a Uescnptton ot thè Manuscripts, II: texls, Leidcn, E. |. Brill 1963, 419 (Studia et Documenta Franciscana 2). come il lungo teslo che riguarda le cosiddette antifone magSulle fonti che attribuiscono l'antifona al cardinale Rainerio da Viterbo o al giori - che sì cantavano al Magnificat nei vespri negli ultimi cardinale Stefano di Casanova cfr. Tiziana Scandaletti, Uno ricognizione sulgiorni dell'avvento - e le antifone delle lodi7. La rubrica coinl'ufiicio ritmico per s. Francesco, "Musica e Storia" 4, 1996, 67-101: 72. cide con quella dell'Orde Breviarii Fratmm Minorum secundum 6 Nelle litanie del graduale Orislano, Bibl. Arborense, P. IV, 1961 sono menConsuetudinern Romance Cufice redatto verso il 1243 sotto la zionati soltanto i santi Francesco e Antonio; delle donne si ricordano soltanto Mdrid Maddalena, Agnese e Agata. L'omissione di Chiara potrebbe responsabilità di Airnonc di Farvcrsham*. essere un indizio di una relaliva anlichità del modello da cui fu copialo il Rispetto alla salmodia delle ore, è particolare la formula salcodice. «De sancta Clara fiat otticium duplex, situi papa mandavil; et modica applicata al salmo 94 Venite exultemus Domino che si nomen eius ponatur in letania» affermava il concilio di Narbona del 1260; van Dijk, .S'ourm, 419. canta nell'invitatorio che precede il mattutino. La peculiarità di 7 La serie più diffusa delle antifone maggiori e costituita da 7 brani che iniquesta salmodia consiste principalmente nel fatto che il salmo ziano con "O" (di qui il nome di "antifone O"). Le iniziali delle prime sette è suddiviso non in versi, bensì in strofe; il testo del salmo risale parole (O iapientia, O Adonay, O radix lesse, O cfav/i David, O oiìens, O tex ad un'antica versione Ialina; l'antifona si canta non solo all'inigentitim, O Fumanti?!) danno origine a un acrostico a cancro "ero cras" zio e alla fine, ma anche tra ciascuna strofa. Tre manoscritti ar(sarò domani) che si spiega con il fatto che l'ultima antifona O Lmmanuel si canta nei vespri dell'antivigilia di Natale. borensi riportano alcune lormule melodiche per questa 8 Cfr. van Dijk, Souru'i, 26. salmodia che nelfa tradizione più anlica non prevedeva le for9 Su varie forme responsoriali testimoniate nei libri di Oristano cfr. Giacomo mule in I e Vili modo. Alla salmodia si possono assimilare alBaroffio Eun Ju Kim, Contcmus Domino Gloriose. Introduzione al canto grecuni moduli particolari quali il cosiddetto inno Te Deum. Questo goriano, Saranno, Ed. Urban 2003, I 71-1 73. lOFun |u Kim, Coipu\ Italie urn: II se<jutjn siano francescano arbocanto presenta una complessa elaborazione di una struttura rense, "Rivista Internazionale di Musica Sacra" 23, 2002, 118-144, ha pubsalmodica con due corde dì recita. Ad Oristano se ne trova una blicalo le sequenze Ab arce syderea, Lcctabundus exuitet fidelts chorus, parafrasi mariana (Aula Capitolare, P. XIII, e. 222 V ). Natività-i Maria1 virginia, Profitentes unitatem, Salve spotisa deitati\ viryo viiijinuni, S(j;y/( Chnstus (tim troplum, Sury/f (Fiegit) victor virtuale, Veni virgo I libri liturgici di Orìstano testimoniano la complessa evoluvirginum, Victimcr paschali laudes. zione del genere responsoriale''. 24 Venite exultemus Salmo invitatorio (ms. P. V) Lcetabundus exsultet fidelis coro Sequenza (Natale: ms P. XII) Alleluia. Gloriosa santissima sollemnia Alleluia (Sant'Ambrogio: ms. Bibl. Arb. P. Il) Cceìorum condor splenduti Antifona (San Francesco: ms. P. Vili) Francisci pia plantula Responsorio (Santa Chiara: ms. Bibl. Arb. P. Il) lam sanctce Gara? claritas Antifona (Santa Chiara: ms. Bibl. Arb. P. Il) Salve virgo virginum Sequenza (Immacolata Concezione: ms P. XII) Alleluia. Fulget dies hodìerna Alleluia (Immacolata Concezione: ms. Bibl. Arb. P. Il) 25 CXncf POLÌVOCA.U or S/xncu LUSSURIO. In Sardegna la definizione cantu a cuncordu In questo momento a Santu Lussurgiu opeSu O INCORDI; viene solitamente utilizzata per intendere la porano quattro diverse confraternite. La confraterr.'su ROSARII; lifonia religiosa maschile di ambito confraternale. DELLA CONl'IÌATI'.RNITA nita del Rosario (so Cunfraria 'e su Rosariu) che Si tratta di una denominazione appartenente quest'anno festeggia i quattrocento anni dalla DKI.LA MADONNA propriamente ad alcune tradizioni locali come fondazione (1 605) ed è l'unica a non aver avuto DI-I. ROSARIO quella dì Santu Lussurgìu, paese di circa 2500 mai soluzione di continuità: le altre, infatti, si DI SANTU LUSSURGIU abitanti sul Muntiferru (in provincia di Oristano). sono ricostituite di recente. Cantare nel cuncordu (OlUSTANO) Originata dall'innesto con la pratica del falso(coro) della confraternita è motivo dì grande prebordone d'epoca post-tridentina, la polifonia a cuncordu è stigio all'interno della comunità. La regola della confratersempre a quattro parti eseguite sempre da un solo cantore nita tra l'altro prevede che un solo coro di quattro confratelli ciascuno: non esiste l'idea di raddoppio delle voci. A se(propriamente detto su cuncordu) venga ufficialmente desiconda dei paesi la denominazione delle parti può cambiare: gnato dal priore per cantare durante la Settimana Santa e in a Santu Lussurgiu, dall'acuto al grave, sì chiamano su cuntutte le occasioni festive dell'anno e nelle messe solenne. traltu, sa 'oghe, so contro e su bassa. L'occasione rituale prinL'attuale Cuncordu 'e su Rosariu è formato da Antonio Mìcipale per l'esecuzione della polifonia religiosa a cuncordu è gheli (oghe), Mario Corona (contro), Roberto Iriu (contro/tu) costituita dalla Settimana Santa e in particolare dalle cerie Giovanni Ardu (bassu): esso opera senza soluzione di conmonie del Venerdì Santo. Si tratta di un complesso rituale tinuità dal 1 976. Oltre che per le indiscusse qualità musicali che ha il suo momento centrale nella cerimonia de s'iscra- individuali e di gruppo - il gruppo gode in paese di una vamentu(\o schiodamento), una rappresentazione muta che speciale considerazione: oltre al grande merito di aver assiha luogo all'interno della chiesa: due personaggi raffiguranti curato la continuità esecutiva del canto all'interno del riGiuseppe D'Arimatea e Nicodemo, interpretati da confratuale, gli viene anche riconosciuto il merito dì aver operato telli, eseguono la deposizione del Cristo (che è sempre raf(e di stare operando) attivamente nella formazione di giofigurato da una statua dì legno o di cartapesta con arti vani cantori. Ciò non solo all'interno della propria confrasnodabili), alla presenza del simulacro della Madonna Adternita: dì fatto almeno altri due cuncordu operano in dolorata, parallelamente allo svolgimento di un sermone da altrettante confraternite e sono costituiti da cantori che parte di un frate predicatore. La cerimonia viene sonorizzata hanno cominciato con il gruppo de su Rosariu e dal quale in dal cantu a cuncordu che di solito sottolinea i momenti satempi recenti si sono distaccati, pur mantenendo un forte lienti, qualificando il ruolo dei personaggi sacri e il succelegame dì filiazione. dersi dei gesti simbolici, attraverso la successione del Da qualche anno la polifonia religiosa a cuncordu è al cenMiserere e di so Novena, una libera riproposizione in sardo tro di una grande attenzione sia da parte degli specialisti sia del testo dello Stabat Mater (A pes de s'Agonizzante / Autore dì un vasto pubblico di "appassionati". Alcuni repertori sono de sa vida / De dolores consumida / Pianghet sa Marna oggetto di uno specifico interesse, primo tra tutti proprio amante..., Ai piedi dell'Agonizzante /creatore della vita/ quello di Santu Lussurgiu che per la sua ricchezza e ricercaconsumata dal dolore / piange la Madre amorosa...). Gli tezza stilistica e musicale è oramai ben noto negli ambiti stessi brani vengono eseguiti negli altri momenti della Setdella musica religiosa italiana, viene studiato m varie unitimana Santa, in particolare lungo le processioni. Tutto il riversità italiane dove si tengono corsi di etnomusicologia e tuale della Settimana Santa viene tradizionalmente curato talvolta si può anche ascoltare anche per radio al di fuori dalla confraternita 'e su Rosariu che per tal motivo rappredella Sardegna. Negli ultimi anni Su cuncordu 'e su Rosariu di senta il principale sodalizio del paese. Santu Lussurgiu ha praticamente girato il mondo intero proIl repertorio di Santu Lussurgiu inoltre comprende brani ponendo il proprio repertorio in diverse occasioni e scenari: per altre festività e riti religiosi dell'anno liturgico, e tutte le il tutto senza però perdere mai il contatto con le fonti della parti de\\'Ordinarium Missae. tradizione, con la vita della confraternita e con l'udìtiorio Al di là dei brani religiosi, la polifonia lussurgese comprende che più conta per un confratello cantore: quello formato diversi brani con testo profano spesso d'argomento amoroso dagli altri membri della confraternita e dagli abitanti del pro(Istudiantine, Ottava triste, Ite bella eccetera) con una analoga prio paese. Cantare in paese al Venerdì Santo, ama ripetere struttura musicale a quattro parti. Tali brani sono conosciuti Mario Corona (che attualmente è anche priore della conda molti uomini del paese di tutte le età ed eseguiti in tutte fraternita) è sempre la cosa più impegnativa e più emoziole occasioni d'incontro collettivo (con un particolare rilievo nante perché ci si sottopone al giudizio del paese e «guai se durante il periodo di Carnevale, al termine di so carela e nanti per il Venerdì Santo non dovessimo cantare più che bene!». - spericolate esibizioni su cavallo per le strette stradine del paese). Gli stessi brani sono conosciuti e praticati nei moIgnazio Macchiareìla menti conviviali dai cantori confraternali. 26 Miserere Canto principale del rito de "sa chida santa" A pes de s'Agonizzante Sa Novena (libera riproposizione dello Stabat Mater) Kyrie Dall'Ordinarium Missae Perdona, Deus meu Su perdonu (antico canto di contrizione; talvolta cantato durante la Messa) A su nascher de Zesùsu Su ninniu (canto natalizio) Chie no amai non podet ischire Istudiantina (canto profano) Ite bella chi ses, cantu mi aggradasi S'amorada (canto profano) Fìllide, non mi miras Ottava triste (canto profano) 27 O/\ J /VlSOBOROOnc AD /VlRCRCO F^\: f POPOLARE siol_fAi>r I R A c R Adizione OR M e e SCRK e \ )t IMI \'( strumenti musicali per quest'occasione risulterà Chi volesse rifuggire dagli stereotipi romantici accompagnata dal liuto arabo di Said Benmsafer: che intendono il folklore quale prodotto "ingeil risultalo musicale non solo risulta estremamente nuo" e "spontaneo" dell'anima del popolo, si ac- ( (>i\A PAiril•( II'A/IOM !>[•! lI-NSI-MUI,]. gradevole ed efficace ma evidenzia altresì straorcorgerebbe che la musica tradizionale siciliana si v(x.,\Li. PAKADIIOSIS snoda in un intreccio di linguaggi e di stili che in dinario affinila stilistiche ed espressive e palesi soi. DI molli casi rivelano la propria matrice "colta". Tali miglianze di modi e scale musicali fra il canto dei DAMI.11 l.o l)i< o tratti sono particolarmente evidenti, ad esemcarrettieri e la musica araba. Operazione simile si (VIOLINO) è compiuta per altri tre canli: la serenala O Nici, o pio, nei repertori natalizi o nella tradizione dei GIOVANNI Di SALVO Me/sarà infatti accompagnata da una chitarra bacantastorie ciechi, gli orbi, che a Palermo nel ((.AKKI.I TI I: III ; VOCL) rocca, mentre un tcintu a lo viddanisca e la can1661 furono riuniti dai Gesuiti in una CongreSAIO BLNMSAH;H zone alla turnarisca O vui c'un cori avtstivu, ga/ione intitolata all'Immacolata Concezione. (ori) AKABO) saranno sostenuto da una viola da gamba. Anche Altri esempi sono costituiti dalle serenate, in cui SILVIO NATOLI in questi casi nessuna improbabile pretesa filoloè spesso palese l'influenza della romanza d'opera (VIOLI. HA gica ma solo un'occasione per compiere, attraottocentesca, o nei canti polivocali della Settitimbro di due strumenti antichi, un evocativo mana Santa, chiaramente riconducigli allo stile del falsoborverso done rinascimentale. "viaggio nel lempo" fino all'epoca d'origine di questi due I brani in programma sono ricavati sia dd registrazioni socanli. Nessuna "ricostruzione", invece, per quanto riguarda la can/one alla catanese Nun sacciu comu fari, cui già nella nore originali raccolte "sul campo" negli ultimi quaranta anni sia da alcune fonti scritte (il manoscritto berlinese 40260 del fonie originale di fine settecento l'anonimo trascrittore sot1 782 circa, la raccolta dell'Abate Scoppa del 1814 e il Corpus topose un accompagnamento di clavicembalo. di musiche popolari siciliane di Alberto Favara). Diverso, invece, il discorso che riguarda la parte conclusiva II lavoro che si svolge in seno al Laboratorio di etnomuzicodel concerto, dedicata alla tradizione musicale bizantina. Qui il Laboratorio "Aglaia" eseguirà un canto liturgico di Piana logia, basato prevalentemente sul folklore musicale siciliano, cerca di coglierne il più possibile anche la ricchezza espressiva degli Albanesi (il kondàkion di Natale / Parthenos simeron fon e il valore estetico, ancora oggi attuali, nella massima adeiperusion tikti), che immediatamente dopo riproporrà nella renza allo stile della tradizione autentica e rifuggendo dalle versione bizantina di Crocia: il raffronto consentirà di apfalsificazioni, dalle banalizzazioni, dalle inutili "modernizzaprezzare le palesi somigliarle fra le due versioni. La slessa zioni" e dalle gratuite rielaborazioni cui troppo spesso il canto melodia, seppure applicala al lesto del kondàkion della prepopolare risulta sottoposto al giorno d'oggi nell'ambito della vigilia di Natale (/ Parthenos simeron fon proeònion logon), sarà cosiddetta "riproposta". Tuttavia, dell'allestire il programma poi cantata dall'Ensemble vocale Paradhosis nell'elaborazione musicale per guesla rassegna, si è voluto in parte derogare da polifonica del compositore greco Peler Michailides (Alene, questa prospettiva rigorosamente filologica, immaginando in 1963)- Sempre l'Ensemble vocale Paradhosis eseguirà l'ultimo alcuni casi un'ambientazione sonora, per così dire, "arcaicizbrano, Anàstasis: una composizione polifonica ispirata alla zante" che potesse restituire quell'aria di maggiore antichità tradizione bizantina di Piana degli Albanesi scritta da Tonin che nel passato alcune espressioni musicali potrebbero, forse, Tarnaku, musicista di origine albanese ma palermitano d'adoavere avuto. Si e trattato, si badi bene, soprattutto di un zione ormai da quasi vent'anni. Anàstcìsis [Resurre/ione] solo "gioco", inteso non tanto quale ricostruzione di una presunta da poco è stata eseguita in prima assoluta nell'ambito della origiridrietà di alcuni canti, ma come operazione musicale e Rassegna "Paradhosis": la musica bizantina Ira tradizione artistica intesa ad approfondire e potenziare le suggestioni di Dritta e orale, svoltasi nei cinque paesi dell'Eparchìa di Piana per sé ìnsite in queste espressioni musicali. È il caso, ad esemdegli Albanesi la prima settimana dello scorso maggio. pio della canzuna alla carrittera che, sebbene nella forma oggi a noi nota si sviluppi monodicamenle senza alcun ausilio di Cimiamo Carolalo Notte di Natale, per zampogna (dal Corpus di Alberto Favara, n° 759, Grotte, Ac) A la santatudota: LÌ me patrunì vonnu chi ed canta (Santa Lucia del Mela, ME) Canta a la viddanìsca: Arsirà ed passàiu r'on ghiardinu (Niscemi, CL) Serenata: O Nid, o Nid (Canonia, ME) Triunfu a Santa Rusulia (repertorio degli "orbi", Palermo) Serenata: Vìnutu sugna vinutu (Caronia, ME) Novena di Natale: Alligrìzza, allìgrizza (Isnello, PA) Orazione della madre morta (repertorio degli "orbi", Messina) Passio (repertorio degli "orbi", Palermo) Canto della Settimana Santa: Li parti di la Cruci (S. Stefano di Camastra, ME) Canzone alla furnarìsca: O vui c'un cori avìstivu (dalla raccolta dell'Abate Scoppa Le vrais prìncipe* de la versification...) Taqsim (improvvisazione all'oudsu modi tradizionali arabi) Canzuna a ìa carrittera: A Munti Piddirinu cc'è no rosa (Bagheria, PA) Fimminisca (dal Corpus di Alberto Favara, n° 222, Trapani) Vitalora (dal Corpus di Alberto Favara, n° 275, Salemi, TP) Canto della Settimana Santa: Stabat Mater (Mussomeli, CL) Canzone alla catanese: Nun sacdu comu fon (dal manoscritto berlinese 40260, 1 782 ca.) Mi votu e mi rivotu (tradizionale, Sicilia) Kondàkion di Natale: / Parthenos sìmeron fon iperùsion tikti (due versioni: dalla tradizione bizantina di Piana degli Albanesi e dalla tradizione bizantina di Grecia) Kondàkion della previgilia di Natale: / Parthenos sìmeron ton proeònion logon (elaborazione polifonica, di Peter Michailides) Anàstasis (composizione polifonica di Tonin Tarnaku) 29 Cj^VRClPPf cisfe/vLf 31 Di OXisicA A^n^icw /Yncooìo f i Ve uso Ensemble vocale e strumentale ad organico variabile, si è costituito nel 1 982 nell'ambito delle iniziative didattiche promosse dall'Associazione Siciliana Amici della Musica di Palermo, con il progetto di dedicarsi esclusivamente alla musica rinascimentale e barocca, avvalendosi della collaborazione dell'Istituto di Storia della musica dell'Università di Palermo, suo punto di riferimento scientifico. Ha partecipato a numerose manifesta/ioni toncertistiche nelle principali città italiane organizzate da associa/ioni quali la Barattelli dell'Aquila, gli Amici della Musica di Palermo, la Filarmonica Laudamo di Messina e da altre specializzate nella programmazione della musica antica, quali la Jacopo da Bologna di Bologna e la Settimana Internazionale di Musica Medievale e Rinascimentale di Erice. Fuori dall'Italia ha partecipato al Festival di musica mediterranea di Orano, all'esecuzione in forma scenica degli Intermedi di Francesco Corteccia, al Festival di Musica Antica di Ambronay in Francia e ha partecipato all'esecuzione del Vespro per lo Stellarlo della Beata Vergine che ha avuto luogo in occasione del XXX Festival de Musique de la Chaise Dieu. Ha collaborato con l'Ensemble Elyms diretto da Cabrici Garrido alla realizzazione di opere barocche eseguite a Palermo nell'ambito della stagione estiva della Fondazione Teatro Massimo, annoverando tra le opere già eseguite la Colomba ferita e Lo schiavo di sua moglie di Francesco Provenzale, la prima esecu/ione moderna del Vespro per lo Stellano della Beata Vergine di Bonaventura Rubino e dei due oratori Santa Rosalia e // Trionfo della motte per il peccato di Adamo di Bonaventura Aliotti, nonché della Dafne di Marco da Cagliano. Negli ultimi anni il fruito più importante di questa collaborazione è slata la realizzazione del "Progetto Monteverdi" nell'ambito del quale sono stati rappresentati L'Orfeo, II ritorno d'Unse in patria, II combattimento di Tancredi e Clorinda, II Vespro della Beata Vergine e L'incoronazione di Poppea. A queste sono seguite le esecuzioni de // Sansone di Aliotti nel 2001 e de // mattutino de' morti di David Perez nel 2002. Nel dicembre dello stesso anno ha partecipato alla ripresa del Vespro per la Beata Vergine di Monteverdi, eseguilo presso l'Abbazia di Chiaravalle e a Bosa in provincia di Nuora. In occasione dell'edizione 2004 del Festival delle Nazioni di Città di Castello, ha preso parte ad un Vespro Iralto dalla Selva morale e spirituale di Monteverdi ed è stato invitato ad eseguire un programma di madrigali siciliani nell'ambito della stagione concertistica degli Amici della Musica di Caltanissetta. Tra i più recenti impegni segnaliamo la ripresa del Vespro della Beata Vergine di Monleverdi in occasione della edizione 2005 della Semana de Musica Religiosa di Cuenca in Spagna e due concerti dedicati al madrigale siciliano eseguiti a Marsiglia e Nizza in occasione della manifestazione Séduction baroque: la Sicilie en photographie et en musique organizzata dall'Istituto Italiano di Cultura di Marsiglia. Collabora inoltre con l'organano Fnanco Oliveri dando vita ad una rassegna annuale di concerti sugli organi storici nelle chiese delle province siciliane. DLSCOO.RAHA L'Ensemble di Musica Antica Antonio II Verso ha registrato, in collaborazione con l'ensemble Elyma di Ginevra, due ed per le case discogratiche Tactus (Musiche fatte per le nozze di Cosimo de' Medici con Eìeonora di Toledo dì Francesco Corteccia) e Symphonia (// Secolo d'oro nel Nuovo Mondo). A quesl'ullirno, la rivista francese «Diapason» ha attribuito il Diapason d'or, e altre riviste nazionali e internazionali lo hanno segnalato tra le novità discografiche più interessanti. I ed del "Progetto Monteverdi", pubblicati per l'etichetta K61 7, hanno ricevuto i più importanti premi della critica discografica internazionale, tra cui: il Premio Internazionale del disco "Antonio Vivaldì" della Fondazione Cini dì Venezia, il prestigioso Grand Prix de L'Académìe du Disque, cui sono seguiti il Grand Prix du Disque "Charles Cros" e il Diapason d'or de l'année. Con l'etichetta Quadrìvium dì Perugia, è stato pubblicato il ed Antiche musiche elleniche prodotto e distribuito dalla rivista del Teatro Massimo di Palermo «Avidi Lumi» che, nel 2001, ha curalo anche la pubblicazione e la distribuzione de // martirio di San Bartolomeo di Perez. Sempre nel 2001 è stata realizzata per K61 7 la registrazione de // Sansone dì Aliotti. F R A C ci lì O">/vneuso I Fratelli Mancuso sono nati a Sulera. Intorno agli anni '70 emigrano a Londra e lì lavorano per otto anni in fabbrica. Tornati in Italia nel '81 si stabiliscono a Città della Pieve, Perugia. Nel 1986, in collabora/ìone con joaqufn Diaz, in Spagna, incidono l'album Nesci Mario e nel 1 990 Romances de allò y de aca. Nel 1993 raccolgono insieme a composizioni proprie, i canti del loro paese, curando l'edizione del ed Sutera, la tradizione musicale di un paese della Sicilia, Nel 1994 pubblicano Ali di carta, una raccolta dì testi delle loro composizioni. Nel 1993 vincono il Premio Recanati e incìdono il ed Bella Maria. Nel 1998 partecipano come attori e musicisti al film // talento di Mister Ripley del regista inglese Anthony Minghella. Incidono Italian Odissey per la Putumayo World music Records, in distribuzione mondiale nel 2000. Nel 1999 cantano al Premio Tenco. Nel 2001 compongono il titolo di coda della fìction televisiva Donne di mafia del regista C. Ferrara. Nel 2002 concerto in diretta su RadioTre dalla Cappella Paolina del Quirinale. Esce nel 2003 il ed Canta, parallelamente compongono le musiche dello spettacolo Medea con la regia di Emina Dante e la produzione del Teatro Mercadante dì Napoli. Nel 2004 incidono, in Spagna, il ed Trazzeri e nello stesso anno presentano alla 59° Sagra Musicale Umbra il concerto mistico Requiem. Nel dicembre 2004 in diretta dalla Cappella Paolina su RadioTre eseguono un concerto di novene siciliane. Nel dicembre del 2005 al Teatro Antico di Taormina eseguono Natale nel verso e ne! canto accompagnati dall'orchestra da camera di Messina diretta dal M" Carlo Pedini, e da Mauro Pagani, Roberto Fabbrìciani e Arnaldo Vacca. CORO dei LAoicncACORf Oleose ne. L'Associazione culturale Memento Domini è stata costituita nel 2000 con lo scopo di ricercare, salvaguardare e tramandare i testi e le musiche del canto tradizionale polivocale siciliano e in particolare della zona del nisseno. Cuore fondamentale dell'associazione è un gruppo dì giovani di Mussomeli che fin dal 1994 è dedita all'esecuzione dei lomenti polìvocalì della Settimana Santa che, ancora oggi, tradizionalmente accompagnano per le vìe del paese la struggente processione del Venerdì Santo. Il gruppo opera all'interno della Confraternita del Santissimo Sacramento. L'Associazione culturale Memento Domini in questi anni non si è solo prodigata nella salvaguardia del OlussomeLr canto polivocale di Mussomeli cercando dì conservarlo con fedeltà nello stile dell'esecuzione, ma si è fatta promotrice di eventi che hanno visto la collaborazione con altri gruppi di lamentatori del nisseno, della provincia di Agrigento e della provincia di Siracusa. Ha anche collaborato con altri gruppi di canto polivocale di altre regioni d'Italia, fra cui gruppo Su Cuncordu 'e su Rosariu di Sanlu Lussurgiu (Sardegna). La collaborazione al laboratorio vocale "Di sola voce" dei Fratelli Mancuso, e all'iniziativa "II Canto dell'Anima" sono ulteriori esempi di un costante impegno volto a promuovere il canto e la cultura tradizionali nelle sue diverse espressioni. CjRUPPO II gruppo di musica popolare "Terra", diretto da Mario Incudine, nasce con l'intento di rivalutare il patrimonio poetico e musicale siciliano attraverso la rilettura di vecchi canti con nuovi arrangiamenti e sonorità interetniche che mettono in evidenza, yrazìe all'uso di strumenti tipici quali, mandolino, mandola, houzouki, tommorre, zampegne e flauti, la stratificazione culturale di cui la Sicilia e stata protagonista nei tempi. Gra/ie all'esperienza dì una pluriennale attività concertistica nei teatri e nelle piazze isolane, il gruppo porta in concerto uno spaccato della vita siciliana alternando canti d'amore, preghiere, canti di lavoro tradi/ionali a brani di propria composi/ione, mescolando tradizione e innova/ione in uno stile che coinvolge direttamente pubblico ed esecutori. Ripercorrendo idealmente le rotte del Mare Nostrum, in un susseguirsi di emozioni e sensazioni di una musica senza tempo, il gruppo da vila ad uno spettacolo che racconta una Sicilia d'altri tempi con un linguaggio completamente nuovo. CiCRRA Mario Incudine e il suo gruppo hanno inciso il loro primo compact disc dal titolo Terra, prodotto e distribuito, in tutta Italia, con la rivista specializzata "World rnusic maga/ine" che raccoglie nove brani in dialetto siciliano il cui denominatore comune è l'amore per le tradizioni siciliane, del Meridione d'Italia e del Mediterraneo. Mario Incudine è presente, con un brano inedito, nella raccolta Tribù Italiche, nel numero dedicalo alla Sicilia e distribuito in Italia dalla EDT. Il gruppo è stato ospite di diverse trasmissioni televisive in emittenti locali e nazionali ed ha dato il proprio contributo a manifestazioni a scopo benefico. Mario Incudine e il gruppo Terra hanno in preparazione un nuovo compact disc dal titolo Quasi luna piena. Per questo concerto il gruppo Terra si avvale della collaborazione del noto ricercatore e musicista popolare calabrese Valentino Santagati, autore di numerosi saggi etnomusicologici e curatore di diversi compact disc sulla chitarra battente della Calabria Meridionale. e vocale LAUS COROÌS L'Ensemble vocale Laus Cordis è un gruppo femminile di canto gregoriano impegnato nello studio fonti musicali del medioevo italiano. Si è specializzato nell'esecuzione di musica liturgica rnedioevale che esegue durante !e celebrazioni liturgiche e presenta in giornate di studio e seminari didattici. Il gruppo opera a livello di ricerca liturgica e musicologica soLlo la guida di Giacomo Baroffio, mentre la direzione corale è affidata a Eun lu Kim. Dirt'trorc FAMI [LI Kim L'organico è variabile a seconda dei repertori eseguiti. Giacomo Baroffio è docente di Storia della Musica medievale e di Storia delle Liturgie presso la Facoltà di Musicologia di Cremona. Eun Ju Kim è laureata in musica presso la Ewa Women University di Seoul, ha conseguito il dottorato in canto gregoriano presso il Pontificio Istituto Ambrosiano di Musica Sacra a Milano. 37 Su CuncoRDu 'e su ROS/VRÌU Su Cuncordu 'e su Rosariu si è di fatto costituito nel 1 976, nell'atto di accompagnare la processione della Settimana Santa di quell'anno, dopo che gli anziani cantori avevano lasciato il posto ai giovani. I membri del gruppo vocale fanno parte della Confraternita del Ss.mo Rosario (sa Cunfraria 'e su Rosariu). Scopo principale dì Su Cuncordu 'e su Rosariu è conformemente alla tradizione di Santu Lussurgiu e nell'ambito di quanto demandato all'esercizio delle confraternite laicali - la sonorizzazione dei riti della Settimana Santa e di altri eventi paraliturgici dell'anno, e l'accompagnamento di liturgie solenni e altre cerimonie religiose. Accanto a queste pratiche tradizionali, Su Cuncordu 'e su 38 Rosariu ha svolto e svolge un'intensa attività concertistica in Italia, in Europa e in altre partì del mondo, sempre nell'ambito di manifestazioni d'alto valore culturale. Il gruppo ha promosso nella propria cittadina numerose ìni/iative di carattere culturale, fra cui una serie di concerti dì musica sacra (1991) in occasione del convegno sul tema liturgia e Paraliturgia nella Tradizione Orale e un convegno nazionale (2003) dedicato al noto etnomusicologo sardo Pietro Sassu, prematuramente scomparso pochi anni or sono. ti repertorio di Su Cuncordu 'e Su Rosario è documentato nel ed: Sardegna, Confraternita delle Voci. Santu Lussurgiu, edizioni Nota, Udine 1995. LABORACORTO AcjlAfA A partire dall'anno accademico 2003/2004 in seno Corso di Laurea triennale in Discipline della Musica della Facoltà di Lettere di Palermo, insieme ad altre innovative proposte didattiche, è stata avviato per iniziativa del Dipartimento di Studi Greci, latini e musicali "Aglaia", un Laboratorio teorico-pratico di etnomusicologia. Qui, quale approfondimento degli studi che gli iscritti compiono in seno al Corso di Etnomusicologia, agli studenti è data l'opportunità di intraprendere un percorso formativo sotto la guida di Cìrolamo Carotalo in cui l'esperienza pratica e il fare musica insieme costituiscono, finalmente, parte integrante del curriculum accademico di studi: il laboratorio si conclude, infatti, con un'atipica "prova d'esame" in forma di pubblica esibizione nell'Aula Magna o presso il Teatro Nuovo della Facoltà. Si tratta di un'iniziativa pressoché unica in Italia che, seppur concentrata nel ristretto numero di circa 25 ore di studio, costituisce una proficua occasione di comprendere meglio i modi e le tecniche della musica tradizionale e foklorica attraverso la diretta pratica esecutiva e la personale sperimentazione di alcuni importanti aspetti: lo stile, il timbro e i modi dell'emissione vocale, la polivocalità, la forma dei testi. Sin dal primo anno di attivazione si è cercato di far conoscere quest'esperienza al di fuori dello specifico àmbito accademico, proponendo i risultali raggiunti in forma di concerto in diverse località siciliane. Per l'occasione di questa rassegna gli studenti del laboratorio del corrente anno accademico sì alternano in un unico programma musicale con i colleghi degli anni precedenti, cui si uniscono, quali graditi ospiti, alcuni cantori e musicisti esterni alle attività universìtarie (Daniele Lo Dico, Giovanni Di Salvo, Said Benmsafere Silvio Natoli) e l'Ensemble vocale Paradhosis diretto da Tonin Tarnaku. LABORATORIO 2003/2004 Mario Incudine (voce e chitarra barocca), Egle Mazzamuto (voce), Antonio Putzu (zampogna a paru}, Antonio Vasta (organetto diatonico). LABORATORIO 2004/2005 Francesca Billeri (voce), Girolamo Giulla (voce), Massimiliano Fìorella (voce), Giuseppe Giordano (voce, chitarra ottocentesca e armonium), Giuseppe Lanza (voce). ENSbMBLt VOCALE PARADHOSIS (DIRETTORE: TONIN TARNAKU) Solista: Rosario Caruso Soprani: Emanuela Cinà, Donata Costa, Marisa Glorioso, Irene lentile, Germana Riccioli, Monica Saporetti; Contraiti: Francesca Dal Maschio, Pia Mangano, Marilù Schiera, Liliana Tedesco; Tenori: Carlo Basile, Maurizio Castellana, Emilio Corallino, Pietro Giammellaro; Bassi: Enrico Castronovo, Girolamo Giulla, Girolamo Garofalo. 39 Finito di stampare presso la tipografia "La Grafica Editoriale" di Messina -, '.- ' IHH o— := 0) 13 o CQ — .,-*••