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Diabete e infezioni
G It Diabetol Metab 2015;35:73-76
Rassegna
Diabete e infezioni
A. Scalzini, E. Chiari
Malattie Infettive, Spedali Civili di Brescia, Brescia
Corrispondenza: dott. Alfredo Scalzini, Spedali Civili
di Brescia, piazzale Spedali Civili 1, 25123 Brescia
email: [email protected]
G It Diabetol Metab 2015;35:73-76
Pervenuto in Redazione il 12-01-2015
Accettato per la pubblicazione il 11-02-2015
Parole chiave: diabete mellito, complicanze, infezioni,
piede diabetico, ulcera, osteomielite
Key words: diabetes mellitus, complications, infections,
diabetic foot, skin lesion, ostemyelitis
RIASSUNTO
Le complicanze infettive rappresentano una delle principali problematiche del paziente con diabete mellito, favorite dalle alterazioni immunitarie e circolatorie tipiche di questa malattia. La sede
e l’eziologia sono spesso sovrapponibili a quelle della popolazione generale mentre per alcune forme, come le osteomieliti fungine, il diabete ne rappresenta un fattore di rischio aggiuntivo. La
gravità delle infezioni è spesso maggiore e il rischio di complicanze più frequente rispetto ai pazienti non diabetici. In particolare, le infezioni del piede diabetico rappresentano indubbiamente
una delle complicanze più comuni e serie, con quadri che vanno
dalle ulcere infette con coinvolgimento della cute e tessuti molli
fino a forme più severe con coinvolgimento osseo. L’evoluzione
più grave, purtroppo non infrequente, è un’amputazione maggiore di per sé gravata da un’elevata letalità. Risulta pertanto importante che il soggetto con piede diabetico venga valutato
periodicamente in centri specializzati dove si applichino protocolli
diagnostico/terapeutici validati, con l’obiettivo di effettuare una
corretta diagnosi precoce e, quindi, un trattamento adeguato;
l’approccio multidisciplinare è in tali pazienti elemento decisivo di
successo terapeutico.
SUMMARY
Diabetes and infections
Infectious complications are a major problem for patients with
diabetes mellitus, favored by immune and microvascular alterations typical of the disease. The sites and etiology of infection are
often the same as in non-diabetic people, but for some diseases, e.g. fungal osteomyelitis, diabetes mellitus is an additional
risk factor. The infections are often more severe and the risk of
complications is higher than in non-diabetic patients. Diabetic
foot infection in particular is one of the most common and serious complications, running the spectrum from simple infected
ulcers involving only the skin and soft tissue to osteomyelitis. The
worst consequence, unfortunately not uncommon, is that major
amputation is required, with a high risk of mortality. It is therefore
important that patients with diabetic foot are periodically checked in specialized centers, following validated diagnostic and therapeutic protocols, to ensure early diagnosis and adequate
treatment. A multidisciplinary approach is fundamental for therapeutic success.
I progressi nella cura del diabete negli anni hanno portato a un
allungamento dell’aspettativa di vita dei pazienti, per cui i problemi principali oggi sono legati non tanto alla sopravvivenza
quanto alle complicanze croniche, vascolari (micro- e macroangiopatia) e non, responsabili della morbilità elevata e della
mortalità correlata. Tra le complicanze non vascolari, le infezioni
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A. Scalzini ed E. Chiari
si collocano indubbiamente ai primi posti in termini di frequenza e con una severità maggiore rispetto ai non diabetici.
Dal punto di vista patogenetico, infatti, nel soggetto diabetico
si verifica un’alterazione dell’immunità cellulo-mediata nonché
della funzione fagocitica e della chemiotassi e aderenza dei
neutrofili all’endotelio vascolare, legate all’iperglicemia che, a
sua volta, favorisce la colonizzazione e la crescita, soprattutto
a livello epiteliale, da parte di diversi microrganismi.
Il paziente diabetico, infatti, in particolare quello sottoposto a
terapia insulinica, risulta spesso colonizzato a livello cutaneo
e nasale da batteri come Staphylococcus aureus con una
prevalenza maggiore di meticillino-resistenti rispetto ai non
diabetici1.
Al meccanismo di alterata funzionalità immunitaria si aggiunge
l’alterazione della microcircolazione con conseguente ridotta
vascolarizzazione tessutale, fattore che favorisce ulteriormente lo svilupparsi delle infezioni2 (Fig.1).
I pazienti diabetici presentano con maggiore frequenza le comuni infezioni che si riscontrano anche nella popolazione generale; ai primi posti: polmoniti, infezioni delle vie urinarie (IVU)
e infezioni della pelle e dei tessuti molli, e osteomielite, con
eziologie sovrapponibili a quelle dei soggetti non diabetici.
Nel caso delle IVU, per esempio, l’escrezione di glucosio nelle
urine (che facilita la proliferazione batterica urinaria), l’immunodeficienza, una modificazione uroteliale (che favorisce l’adesione
batterica) e una frequente disfunzione neurologica vescicale,
rappresentano fattori favorenti le IVU con un rischio relativo che
va da 1,5 a 4 (a seconda del tipo di infezione) rispetto alla popolazione generale3. Mentre l’eziologia e la clinica sono simili alle
IVU dei soggetti non diabetici, quello che è più frequente nel diabetico è il manifestarsi di complicanze quali ascessi renali, pielonefrite enfisematosa, necrosi papillare e sepsi.
La pielonefrite enfisematosa, in particolare, è peculiare dei
soggetti diabetici, mentre è rara nei non diabetici. Le IVU nel
Deficit della
risposta T
linfocitaria
Diabete
mellito
diabetico inoltre evolvono più spesso verso la sepsi/sepsi
grave, motivo per cui risulta indispensabile una particolare attenzione clinica ai primi sintomi, con diagnosi eziologica precoce e l’impostazione tempestiva di una terapia antibiotica
prima empirica e poi mirata.
Altre infezioni più frequenti e per le quali il diabete rappresenta
un fattore di rischio sono quelle fungine come le osteomieliti
aspergillari (per esempio della base cranica), mucormicosi, infezioni da Candida. La mucormicosi rinocerebrale, che circa
nel 50% dei casi si verifica in soggetti con diabete mellito, è
una rara e opportunistica infezione invasiva causata dai funghi della classe degli Zigomiceti che si nutrono degli elevati
livelli di glucosio disponibili. La classica triade clinica è la sinusite dei seni paranasali, l’oftalmoplegia e la proptosi unilaterale con cellulite. Anche la colonizzazione da Candida
albicans, come quella da S. aureus, è comune; studi dimostrano che le donne diabetiche con uno scarso controllo glicemico sono più soggette a vulvovaginiti da Candida (albicans
e non) rispetto alle donne con euglicemia¹.
Un altro link diabete-infezioni è, l’ormai più volte dimostrata,
correlazione tra iperglicemia postoperatoria e aumentato rischio
di infezioni delle ferite chirurgiche (surgical site infections, SSI),
sempre per i meccanismi patogenetici già citati. In particolare
sembra che la correlazione aumenti con l’aumentare dei valori
glicemici e risulti significativa per valori > 200 mg/dl, motivo per
cui, tra le varie misure preventive pre-, intra- e postoperatorie di
riduzione del rischio di SSI, risulta di fondamentale importanza
il mantenimento di buoni valori glicemici1,4.
Capitolo a parte meritano le infezioni del piede diabetico che
rappresentano un comune e serio problema; complicanza che
comporta il maggior numero di ricoveri ospedalieri in questi pazienti, nonché costi considerevoli. Si stima che dal 15 al 25%
dei diabetici svilupperà un’ulcera al piede nell’arco della propria
vita e, di questi, circa il 24% avrà un’infezione dei tessuti molli
Ridotta secrezione
delle citochine
infiammatorie
Deficit della
funzione
neutrofila
Glicosuria
Disordini
dell’immunità
umorale
Dismotilità
del tratto
gastroenterico
Deficit
del sistema
antiossidante
Angiopatia
Neuropatia
Elevato numero
di interventi
medici
INFEZIONI
Iperglicemia:
aumentata
virulenza dei
microrganismi
patogeni e apoptosi
da parte dei
polimorfonucleati
Figura 1 Fisiopatologia delle infezioni associate al diabete mellito (modificata da
Casqueiro Ju, Casqueiro Ja, Alves C. Infections in patients with diabetes mellitus: a
review of pathogenesis. Indian J Endocrinol Metab 2012;16[suppl. 1]:S27-36).
Diabete e infezioni
o un’osteomielite contigua. Il rischio peggiore, soprattutto nelle
forme croniche e inveterate, è quello di un’amputazione maggiore. Il problema è estremamente rilevante, basti pensare che
si stima che tra il 50% e il 70% di tutte le amputazioni maggiori
(sopra la caviglia) riguarda persone diabetiche5.
Alla base delle ulcere del piede diabetico diversi meccanismi: l’iperglicemia di per sé, in particolare quindi i diabetici
con scarso controllo glicemico e/o con un’insorgenza di malattia da oltre 10 anni, la microangiopatia con conseguente
ischemia e neuropatia periferica e l’insufficienza vascolare.
Questi sono tutti meccanismi che favoriscono, in zone della
cute particolarmente soggette a pressione e traumatismi, il
formarsi di lesioni ulcerative che si possono estendere ai tessuti molli sottostanti fino all’interessamento osseo per contiguità6.
Per tali motivi sarebbe opportuno che i pazienti diabetici venissero sottoposti, almeno annualmente, a una valutazione
del piede in centri dedicati, con personale specializzato, in
modo tale da prevenire il più possibile l’insorgenza di tali complicanze, a partire, per esempio, in caso di segni irritativi, dall’indicazione all’uso di calzature apposite che ridistribuiscano
la pressione sul piede6.
Una volta presenti le lesione ulcerative, è fondamentale che il
paziente venga valutato periodicamente affinché possa essere sottoposto a medicazioni adeguate nonché a eventuali
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approfondimenti diagnostici e interventi terapeutici (es. rivascolarizzazione).
Uno degli obiettivi principali è ridurre il più possibile il rischio
d’infezione dell’ulcera e, qualora questa sia invece presente,
fondamentale è la diagnosi precoce e soprattutto la diagnosi
eziologica per poter impostare una terapia antibiotica mirata.
Ulcera non è sinonimo di infezione; è importante distinguere infatti un’ulcera asettica da quella invece con segni di infezione
che possono essere sia locali (es. eritema, edema, essudazione
di materiale purulento, fistolizzazioni secernenti, friabilità del tessuto, odore sgradevole) sia sistemici come febbre, leucocitosi,
indici infiammatori alterati. La valutazione andrebbe sempre
fatta dopo il debridement di eventuali aree necrotiche o callose.
Gli specialisti dovrebbero inoltre scegliere e applicare routinariamente dei sistemi validati di classificazione dell’infezione
per definirne la gravità, cosa che implica, soprattutto, approcci diagnostico/terapeutici diversi, nonché indicazioni
all’ospedalizzazione del paziente o meno. Per esempio, secondo la classificazione IDSA (American Society of Infectious
Diseases), in base all’estensione e profondità, nonché alla presenza di sintomi di infezione sistemica, la gravità delle ulcere
infette si classifica in lieve, moderata e severa7 (Tab. 1).
È sempre raccomandabile effettuare una diagnosi microbiologica, a meno che, sempre secondo le linee guida IDSA, l’infezione sia di grado lieve e il paziente non abbia mai effettuato
Tabella 1 Classificazione e terapia delle infezioni del piede diabetico (modificata da The Sanford Guide to
antimicrobial therapy. 44th Edition, 2014).
Diagnosi
Eziologia
Trattamento antibiotico
Misure terapeutiche aggiuntive
Ulcere senza infezione
Flora colonizzante
Nessuna terapia
Infezioni lievi:
S. aureus (MSSA,
Terapia orale:
Controllo glicemico
ulcere superficiali < 2 cm considerare fattori di – amoxicillina/clavulanato,
Medicazioni (evitare antibiotici topici)
(epidermide e derma)
rischio per MRSA)
cefalosporine, levofloxacina
Eliminare/ridurre la pressione sull’ulcera
Streptococchi
(no MRSA)
Rivascolarizzazione arteriosa
– cotrimoxazolo, tetracicline
Toilette chirurgica/debridement
(sì MRSA)
Amputazione
Terapia a pressione negativa?
Infezioni moderate:
S. aureus (MSSA,
Terapia orale: come sopra
Terapia iperbarica?
ulcere intermedie > 2 cm considerare fattori di Terapia endovenosa:
(derma, fino alla fascia
rischio per MRSA)
– ampicillina/sulbactam,
muscolare esterna)
Streptococchi
piperacillina/tazobactam, clindamicina,
Batteri Gram-negativi
ciprofloxacina o levofloxacina, ertapenem
±
– glicopeptide/daptomicina/linezolid
Infezioni gravi:
Flora polimicrobica: Terapia endovenosa:
ulcere profonde (oltre la MSSA, MRSA
– ampicillina/sulbactam,
fascia muscolare, fino al Batteri Gram-negativi
piperacillina/tazobactam,
coinvolgimento articolare Anaerobi
clindamicina, ciprofloxacina o
e/o osseo)
Enterococcus spp.
levofloxacina+ metronidazolo,
±
(ruolo dubbio)
cefalosporina + metronidazolo,
tossicità sistemica
ertapenem/meropenem/imipenem
±
– glicopeptide/daptomicina/linezolid
MRSA: stafilococco aureo meticillino-resistente; MSSA: stafilococco aureo meticillino-sensibile.
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A. Scalzini ed E. Chiari
terapia antibiotica. In tal caso la copertura empirica nei confronti dei soli cocchi Gram-positivi pansensibili, principali
agenti eziologici, risulta sufficiente. La diagnosi eziologica si
basa sul prelievo profondo, effettuato prima di iniziare qualsiasi
terapia antibiotica, di tessuto infetto, attraverso una biopsia
ossea nel caso di osteomielite, o attraverso curretage della
ferita, previa adeguata pulizia della ferita stessa. Metodica accettabile è anche l’aspirazione mediante ago sterile e siringa
di secrezioni purulente della ferita o della fistola. Assolutamente da evitare sono i tamponi superficiali perché rischiano
di isolare batteri che in realtà sono commensali o contaminanti della cute e non i veri responsabili eziologici dell’infezione7. Esempio classico è l’isolamento di Pseudomonas
aeruginosa che, soprattutto nel caso di isolamenti multipli, raramente è il patogeno responsabile, tranne in condizioni come
ferite croniche, magari già trattate, oppure sottoposte a macerazione o di origine nosocomiale; si tratta comunque di una
piccola percentuale di casi.
Una volta ottenuti i prelievi ed effettuate eventuali indagini strumentali come RX e RMN, nel caso soprattutto in cui si sospetti la presenza di osteomielite, va iniziata una tempestiva
terapia antibiotica, inizialmente empirica.
La consulenza infettivologica, quando ci si trovi di fronte a
casi complessi di infezioni gravi, magari già sottoposte e precedenti terapie antibiotiche non efficaci, potrebbe risultare
preziosa. Anche la scelta degli antibiotici, sia in termini di molecola, sia di posologia, durata, via di somministrazione, dipende dal tipo, dalla gravità della ferita e dell’eventuale
compromissione sistemica, dalla sua estensione, nonché
dalle caratteristiche del paziente. Se infatti nel paziente con
ulcera recente, mai sottoposto a terapia o con una forma
lieve, mai ospedalizzato, l’eziologia è spesso monomicrobica
(cocchi Gram-positivi sensibili), il paziente con ferita profonda, magari cronica, ospedalizzato, già sottoposto a terapie antibiotiche, con comorbilità come l’insufficienza renale
cronica (IRC) presenta solitamente un’eziologia polimicrobica
(Gram-positivi, enterobatteriacee, anaerobi) e fattori di rischio
per germi multiresistenti, in primis S. aureus meticillino-resistente. Un altro fattore fondamentale nella scelta dell’antibiotico è l’epidemiologia locale, che va sempre tenuta in
considerazione8.
La durata della terapia antibiotica è estremamente variabile:
può andare da qualche giorno nel caso in cui, per esempio,
venga completamente rimossa chirurgicamente l’area infetta,
a 1-2 settimane di terapia orale nelle forme più lievi; nelle
forme moderate, invece, possono essere necessarie 2-3 settimane e fino a 8-12 settimane (di cui almeno 2 di terapia endovenosa) nei casi di osteomielite o nelle forme severe o
croniche che non si risolvono7. Ogni caso va quindi attentamente valutato essendo molteplici i fattori da tenere in considerazione; spesso per esempio si rende necessaria una
contemporanea rivascolarizzazione periferica o interventi chirurgici di bonifica, di toilette del tessuto infetto, che si tratti di
tessuti molli od osso (in particolare nelle forme croniche di
osteomielite), drenaggio di ascessi associati, in combinazione
al trattamento medico. Anche nel caso di debridement osseo
va sempre inviato in laboratorio un campione per l’esame colturale e anche istologico. Generalmente comunque la sola terapia antibiotica non è sufficiente, ma si rende necessaria, per
la guarigione, un’appropriata medicazione della ferita fino agli
interventi più invasivi sopra descritti.
Da evitare gli antibiotici topici; dati discordanti invece sono
sull’uso di terapie alternative come la camera iperbarica o
l’uso della VAC® Therapy (vacuum assisted closure, terapia a
pressione negativa), non ancora supportati da forti evidenze
e raccomandazioni7.
Risulta evidente quindi come sia complesso l’approccio e il
trattamento del paziente diabetico con complicanze infettive, poiché richiede spesso interventi multidisciplinari; si
rende quindi necessario un approccio ben coordinato di
esperti nelle diverse specialità (diabetologi, infettivologi,
ortopedici, chirurghi). Nel caso del piede diabetico nello specifico sarebbe auspicabile disporre di protocolli diagnostico/terapeutici efficaci, coordinati preferibilmente da un
team specializzato o quanto meno la possibilità di avere
consulenze tra i diversi specialisti al fine di effettuare prevenzione, diagnosi precoce e trattamenti efficaci, con l’obiettivo di evitare le complicanze maggiori come le osteomieliti
croniche e le amputazioni.
Conflitto di interessi
Nessuno.
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