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Collaudo affidato a dipendenti di altre pa Ricostruzione della
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Incarichi
Collaudo affidato a dipendenti
di altre p.a. Ricostruzione
della normativa per i compensi
e le incompatibilità di diritto
di Vincenzo Giannotti
Dirigente del Settore Risorse Umane e Finanziarie del Comune di Frosinone
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L’articolo evidenzia l’evoluzione della remunerazione ai dipendenti pubblici per gli incarichi
di collaudo affidati da altre pubbliche amministrazione, coinvolgendo tali attività sia il
tema degli incentivi (in caso di opera effettuata all’interno della stazione appaltante), sia il
tema del corretto corrispettivo, in caso di prestazione effettuata verso altra p.a. In caso di
prestazione richiesta da altra p.a. al dipendente pubblico, l’articolo chiude con la verifica
delle incompatibilità di diritto evidenziate dalla Funzione pubblica, particolarmente
restrittiva per i dipendenti pubblici
Premessa
L’art. 61, c. 9 del D.L. n. 11 del 2008, convertito
dalla legge n. 133 del 2008, prevede che ‘‘il 50
per cento del compenso spettante al dipendente
pubblico per l’attività di componente o di segretario del collegio arbitrale è versato direttamente ad
apposito capitolo del bilancio dello Stato; il predetto importo è riassegnato al fondo di amministrazione per il finanziamento del trattamento economico
accessorio dei dirigenti ovvero ai fondi perequativi
istituiti dagli organi di autogoverno del personale di
magistratura e dell’Avvocatura dello Stato ove esistenti; la medesima disposizione si applica al compenso spettante al dipendente pubblico per i collaudi svolti in relazione ai contratti pubblici di lavori,
servizi e forniture. Le disposizioni di cui al presente
comma si applicano anche ai corrispettivi non ancora riscossi relativi ai procedimenti arbitrali e ai
collaudi in corso alla data di entrata in vigore della
legge di conversione del presente decreto’’. Tale
norma ha creato sin dall’origine una serie di quesiti
e di interrogativi per una sua esatta applicazione,
anzi la problematica nasce proprio sulla stessa possibilità da parte dei dipendenti pubblici di eseguire
le prestazioni professionali del collaudo presso altre
amministrazioni. Vediamo nel tempo l’evoluzione
e le soluzioni adottate da vari organismi preposti alla corretta applicazione della normativa.
Deliberazione n.12 del 2 aprile 2008
e la determinazione n. 2/2009 dell’Avcp
L’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici con
deliberazione n. 12 del 2 aprile 2008 aveva modo
di precisare che ai pubblici dipendenti non può essere conferito l’incarico di ‘‘collaudo’’ di opere
pubbliche equiparando i requisiti professionali a
quelli previsti per la progettazione di opere pubbliche in cui l’affidamento poteva avvenire solo a ‘‘liberi professionisti singoli o associati’’ (art. 90
D.Lgs. n. 163/2006). L’Autorità affermava correttamente che il suindicato requisito precludeva in
assoluto ai dipendenti pubblici la possibilità di ottenere incarichi di ‘‘progettazione’’ esterna, non potendo i medesimi essere ‘‘liberi professionisti’’. Si
richiamava, infatti, il principio fondamentale, stabilito dall’art. 60 del D.P.R. n. 3/1957 (T.U. delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato), per il quale ‘‘L’impiegato non può
esercitare il commercio, l’industria, né alcuna professione o assumere impieghi alle dipendenze di
privati o accettare cariche in società costituite a fine
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di lucro, tranne che si tratti di cariche in società o
enti per le quali la nomina è riservata allo Stato e
sia all’uopo intervenuta l’autorizzazione del ministro competente.’’ Vi è, pertanto, incompatibilità
tra libera professione e rapporto di pubblico impiego. Né, sosteneva l’Autorità, può intervenire l’autorizzazione prevista dall’art. 53 del D.Lgs. n. 165/
2001, giacché tale autorizzazione si riferisce ad attività saltuarie e occasionali, mentre per la progettazione interna è richiesto il requisito dell’esercizio
continuato e professionale della relativa attività, di
qui la conclusione della preclusione all’affidamento
ai pubblici dipendenti delle attività di progettazione. Terminava, infine l’Autorità, come gli incarichi
di collaudo esterno non siano dissimili da quelli
della progettazione e a questa vanno riferiti, rendendo di fatto incompatibile l’affidamento dei citati
incarichi a dipendenti pubblici esterni alla stazione
appaltante.
Tuttavia, il parere rilasciato dall’Autorità era in seguito smentito dallo stesso legislatore che con il
D.Lgs. 11 settembre 2008, n. 152 inserendo all’art.
102 del D.Lgs. n. 163/2006 il c. 2-bis si precisava
come ‘‘Per i contratti relativi a lavori, servizi e forniture, l’affidamento dell’incarico di collaudo o di
verifica di conformità, in quanto attività propria
delle stazioni appaltanti, è conferito dalle stesse, a
propri dipendenti o a dipendenti di amministrazioni
aggiudicatrici, con elevata e specifica qualificazione in riferimento all’oggetto del contratto, alla
complessità e all’importo delle prestazioni, sulla
base di criteri da fissare preventivamente, nel rispetto dei principi di rotazione e trasparenza ...’’.
A fronte, pertanto, dell’intervento legislativo,
l’Avcp con determinazione n. 2 del 25 febbraio
2009 aveva modo di precisare che: ‘‘L’art. 120,
c. 2-bis, imponendo un rigoroso accertamento preventivo in capo alla stazione appaltante in merito
alla possibilità di reperire nell’ambito del proprio
personale la professionalità idonea alla prestazione,
appare volta, quindi, a limitare il ricorso a professionalità esterne. A tale obbligo e strettamente connesso quello della necessità di stabilire i criteri e i
requisiti per la scelta dell’affidatario, dovendo essere comunque garantito il rispetto dei principi di rotazione e trasparenza, espressamente richiamati al
citato c. 2-bis dell’art. 120 del Codice. L’accertamento con esito negativo, peraltro, non esaurisce
gli adempimenti preliminari della stazione appaltante, la quale è tenuta a verificare la possibilità
di affidare il collaudo a dipendenti di altre amministrazioni aggiudicatrici. Per quanto riguarda il conferimento dell’incarico ai dipendenti, il legislatore
ha attribuito particolare rilievo alla trasparenza, a
tutela della quale è previsto espressamente che il
provvedimento che affida l’incarico a dipendenti
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della stazione appaltante o di amministrazioni aggiudicatrici debba riportare la motivazione, evidentemente anche tenendo conto del rispetto dei criteri
preventivi fissati per le nomine, con l’indicazione
degli specifici requisiti di competenza ed esperienza che hanno determinato la scelta. Questi elementi
possono essere desunti dal curriculum dell’interessato e da ogni altro elemento in possesso dell’amministrazione’’. Inoltre, specificava l’Autorità, ‘‘è
auspicabile che la remunerazione della prestazione
svolta dai dipendenti di altre amministrazioni aggiudicatrici in favore della stazione appaltante sia
oggetto di apposite intese fra le pubbliche amministrazioni, utilizzando l’incentivo ex art. 92, c. 5 del
Codice come termine di raffronto, fatto salvo il
rimborso delle spese sostenute per l’espletamento
dell’incarico’’.
Circolare n. 2 del 22 gennaio 2010
della Ragioneria generale dello Stato
Con circolare del 22 gennaio 2010 la Ragioneria
generale dello Stato aveva avuto modo di precisare
che:
destinatari della normativa devono essere intesi i
dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui
all’art. 1, c. 2 del decreto legislativo 30 marzo
2001, n. 165, ricomprendendo pertanto anche i professori universitari, il personale con qualifica dirigenziale e quello in particolari condizioni di impiego (part time, personale a tempo determinato ecc).
Con particolare riferimento alla posizione di par-time, si fa presente che la stessa non modica il rapporto di lavoro con l’amministrazione di appartenenza, atteso che lo status di dipendente pubblico
prevale anche nella condizione in cui il dipendente
può essere autorizzato a svolgere la libera professione;
per quanto riguarda gli enti territoriali, gli enti di
competenza regionale o delle Province autonome di
Trento e di Bolzano e gli enti del Servizio sanitario
nazionale si evidenzia, anche in questo caso, che considerata la previsione di cui citato comma 17,
secondo periodo - tali enti non devono procedere
al versamento al bilancio dello Stato. A tal proposito si ritiene utile evidenziare che il 50% del compenso spettante al dipendente per le attività di componente o segretario del collegio arbitrale e di collaudo debba essere riassegnato dall’amministrazione ai fondi per il finanziamento del trattamento
economico accessorio, secondo modalità da definirsi autonomamente da parte di ogni singolo ente;
in proposito si ritiene utile evidenziare che la riduzione del 50% dell’incentivo spettante alla figura
del collaudatore dipendente pubblico, non trova ap-
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plicazione qualora lo stesso sia assegnatario di incarichi di collaudo già retribuiti con l’incentivo di
cui all’art. 92, c. 5 del Codice dei contratti;
va segnalato inoltre, che qualora l’incarico sia
eseguito da personale non dirigente, diversamente
da quanto previsto per il personale dirigente, di magistratura e per gli avvocati della Stato, per i quali
figura un’apposita e diversa destinazione, la quota
di compenso da versare al bilancio dello Stato va
riassegnata al fondo di parte corrente di cui al comma 17, tenuta presente, anche, la destinazione di
quota delle conseguenti entrate alla contrattazione
dall’art. 67.
Parere del Consiglio di Stato
n. 713 del 24 febbraio 2010
In merito al parere del Consiglio di Stato sullo
schema di regolamento di attuazione ed esecuzione
del Codice dei contratti pubblici, riguardo al collaudo, aveva avuto modo di precisare che:
‘‘Relativamente all’art. 238, va anzitutto rilevato
che non si condividono le previste modalità di
compenso dei collaudatori interni alla stazione appaltante nel caso di commissioni di collaudo miste.
Invero, nel caso di affidamento dell’incarico di collaudo a soggetto dipendente della stazione appaltante, siccome il collaudo è considerato attività propria istituzionale della stazione appaltante, non è
previsto un compenso autonomo, ma solo la partecipazione all’incentivo di cui all’art. 92, c. 5 del
Codice. L’art. 92, c. 5 del Codice, dice infatti che
l’incentivo va anche ai dipendenti incaricati del
collaudo. Inoltre l’art. 120, c. 2-bis del Codice dice
che il collaudo è attività propria delle stazioni appaltanti.
L’Autorità di vigilanza, con la determinazione n. 2/
2009 ha fatto importanti affermazioni sul collaudo,
tra cui quella della remunerazione dei dipendenti
incaricati del collaudo mediante l’incentivo dell’art.
92, c. 5 del Codice. L’art. 238, schema, applica invece una diversa regola in caso di commissioni di
collaudo a composizione mista, di professionisti
esterni e dipendenti. In tale ipotesi i dipendenti
vengono remunerati secondo le tariffe professionali. La regola è innovativa rispetto al Codice, secondo cui i collaudatori interni svolgono un’attività
istituzionale, per la quale percepiscono lo stipendio
e l’incentivo.
La regola crea disparità di trattamento tra dipendenti pubblici, non sembra avere copertura finanziaria,
e si presta a facili elusioni. Va in secondo luogo rilevato come la formulazione sembri determinare un
obbligo delle stazioni appaltanti di far riferimento
alle tariffe professionali, mentre le forme di fissa-
zione del compenso dei collaudatori possono essere
le più varie; la disposizione, invece, andrebbe meglio coordinata con quanto dispone l’art. 2 del D.L.
4 luglio 2006, n. 223 (c.d. decreto Bersani), in ordine alla liberalizzazione delle tariffe professionali’’.
Di tali rilievi il legislatore ne ha tenuto conto nel
D.P.R. n. 207/2010.
Parere Corte dei conti a sezioni riunite
n. 58 del 6 dicembre 2010
Secondo la funzione nomofilattica chiamata a decidere una questione di massima rilevanza circa l’applicazione anche agli enti locali delle disposizioni
di cui al citato art. 61, c. 9, D.L. n. 112/2008,
con deliberazione n. 58 del 6 dicembre 2010 è precisato che:
le Sezioni Riunite ritengono che il c. 9 dell’art.
61 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito in
legge 6 agosto 2008, n. 133, debba trovare applicazione anche nei confronti degli enti locali;
prendendo nota delle conclusioni della Corte dei
conti del Molise n. 27/2009 secondo la quale i
compensi corrisposti per collaudi al proprio personale dipendente sono soggetti a dimidiazione sulla
base delle regole incentivanti previste dall’art. 92,
c. 5 del Codice dei contratti pubblici di cui al
D.Lgs. del 12 aprile 2006, n.163;
in merito al riversamento di tale riduzione del
50% le SS.RR. aderendo alla circolare del Ministero dell’economia e delle finanze - Dipartimento
della Ragioneria generale dello Stato - n. 2 del 22
gennaio 2010, dove è previsto che, fermo restando
che nulla debba essere versato al bilancio dello Stato da parte degli enti territoriali, il 50 per cento del
compenso spettante al dipendente per l’attività di
componente o segretario del collegio arbitrale o
di collaudo debba essere riassegnato dall’amministrazione territoriale ai fondi per il finanziamento
del trattamento economico accessorio, secondo modalità da definirsi autonomamente da parte di ogni
singolo ente.
Parere della Ragioneria generale
dello Stato 17 gennaio 2012
A seguito di sollecitazione da parte del Consiglio
nazionale degli ingegneri la Ragioneria generale
dello Stato con parere prot.123618 del 17 gennaio
2012 affronta il problema al collaudo svolto da professionisti dipendenti pubblici, in regime di rapporto part-time per conto di pubbliche amministrazioni. Il parere rilasciato affronta della compatibilità
delle disposizioni di cui all’art. 61, c. 9, D.L. n.
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112/2008 (riduzione del 50% dell’importo delle
prestazioni) con le due seguenti problematiche:
il destinatario della normativa. Per la RGS sono
destinatari della disposizione della riduzione del
50% tutti i dipendenti delle amministrazioni pubbliche (di qualifica dirigenziale e non) che svolgano una delle richiamate attività e che ne percepiscano il relativo compenso. Ai fini dell’applicazione
della decurtazione in discorso, infatti, non rileva
l’amministrazione che assegna l’incarico (quella
di appartenenza o altra) bensı̀ la qualità di pubblico
impiegato del dipendente che svolge le predette attività e ciò a prescindere dalla tipologia contrattuale
del lavoro che lega il personale all’amministrazione;
conferimento a dipendente pubblico a tempo pieno o part-time. Secondo la RGS l’esclusione dell’abbattimento del 50% è legittimo solo qualora si
sia in presenza di professionisti del tutto estranei all’amministrazione, e pertanto la stessa non potrebbe operare qualora si sia in presenza di pubblici dipendenti anche se in regime di part-time. Tuttavia,
il quesito proposto è lasciato alla risoluzione del
Dipartimento della Funzione pubblica.
In merito alla riduzione del 50% operata dall’amministrazione locale, la RGS precisa come detto
importo debba essere versato all’amministrazione
o all’ente pubblico dove, sulla base dell’apposita
autorizzazione ad espletare incarichi in questione,
i dipendenti medesimi prestano servizio, affinché
le relative somme possano confluire nei pertinenti
fondi per il finanziamento del trattamento accessorio del personale.
Parere della Funzione pubblica
13 febbraio 2012
Il rimando da parte della RGS alla Funzione pubblica sulla compatibilità dello svolgimento di un incarico di collaudo da parte del pubblico dipendente,
quale incarico professionale svolto da titolare di
partita Iva, è stata recepita con parere 6156 del
13 febbraio 2012. Secondo il Dipartimento per l’esame delle incompatibilità è necessario verificare la
normativa e i principi di riferimento e in particolare:
l’art. 60 del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, richiamato dall’art. 53, c. 1 del decreto legislativo 30
marzo 2001, n. 165, fissa il principio generale sulle
incompatibilità per i pubblici dipendenti secondo
cui ’’L’impiegato non può esercitare il commercio,
l’industria, né alcuna professione o assumere impieghi alle dipendenze di privati o accettare cariche
in società costituite a fine di lucro ...’’;
tale principio è poi derogabile in presenza di pe-
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culiari presupposti; in particolare, per quanto riguarda lo svolgimento di attività professionale,
l’art. 1, c. 56, e seguenti della legge 23 dicembre
1996, n. 662, consente l’iscrizione agli albi professionali e lo svolgimento della relativa attività ai dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale,
con prestazione lavorativa non superiore al 50 per
cento di quella a tempo pieno; inoltre, l’art. 53
del decreto legislativo n. 165 del 2001 non consente al dipendente pubblico lo svolgimento di incarichi retribuiti, anche occasionali, non compresi nei
compiti e doveri di ufficio senza la previa autorizzazione dell’amministrazione di appartenenza;
è, quindi, precluso al dipendente pubblico in regime di lavoro a tempo pieno lo svolgimento di incarichi di collaudo ove tali incarichi si collochino
nell’ambito dell’esercizio abituale di un’attività
professionale da parte del pubblico dipendente, di
cui è indice la titolarità in capo al professionista incaricato di partita Iva;
si evidenzia, inoltre, che, in base al c. 56-bis dell’art. 1 della legge n. 662 del 1996, ‘‘Ai dipendenti
pubblici iscritti ad albi professionali e che esercitano attività professionale non possono essere conferiti incarichi professionali dalle amministrazioni
pubbliche’’. Poiché tale disposizione non è stata
abrogata, né risulta disapplicata, da norme successive, ivi incluso l’art. 61, c. 9 del D.L. n. 112 del
2008, e visto che l’ordinamento della professione
di ingegnere previsto dal Regolamento per la professione d’ingegnere e d’architetto, approvato con
R.D. 23 ottobre 1925, n. 2637, integrato dal
D.P.R. 5 giugno 2001, n. 328 non appare precludere la mera iscrizione all’albo dei dipendenti pubblici, si è dell’avviso che lo svolgimento di incarichi
di collaudo conferiti da pubbliche amministrazioni
sia comunque precluso al pubblico dipendente che
svolga attività professionale abituale pur se in regime di part-time al 50 per cento.
Deliberazione n. 269 del 2 ottobre 2013
Corte dei conti Emilia-Romagna
Sull’argomento del collaudo si esprime anche un
recente parere della Corte dei conti sezione regionale di controllo per l’Emilia Romagna, la quale
in merito alla risposta di un comune, in caso di conferimento di incarico a pubblico dipendente di altra
pubblica amministrazione, dove vada versata la citata riduzione del 50% si esprime nel modo seguente: ‘‘Circa la risoluzione del quesito occorre aggiungere che dall’istruttoria compiuta è emerso
che, nel caso di specie, i compensi a tariffa professionale previsti per l’espletamento del collaudo sono a carico dell’ente locale; in tale ipotesi deve ri-
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tenersi che i beneficiari del ‘‘risparmio di spesa’’
per il comune committente debbano essere i dipendenti dell’ente locale medesimo, indipendentemente dal fatto che il collaudo sia conferito a un soggetto terzo all’ente. La soluzione prospettata appare la
più aderente alla ratio della norma intesa al contenimento della spesa corrente dell’ente, che vede
contestualmente alimentato il fondo di amministrazione dei dirigenti dell’ente medesimo’’.
Conclusione
Come è stato possibile verificare sull’argomento
dell’affidamento dell’incarico di collaudo ai dipendenti pubblici di altre amministrazioni vi è stata effervescenza di posizioni dottrinali e legislative che
hanno coinvolto le massime istituzioni pubbliche in
materia, ottenendo su molti argomenti visioni non
sempre identiche, creando con ciò grande incertezza sulla corretta attività da porre in essere. Riassumendo è possibile effettuare la seguente sintesi delle argomentazioni trattate, al fine di avere un giusto
e corretto confine delle varie problematiche sopra
dettagliate.
Incentivi:
il collaudo effettuato da personale interno è soggetto agli incentivi di cui all’art. 92, c. 5, D.Lgs. n.
163/2006 in base alla percentuale stabilita in modo
autonomo dai regolamenti comunali, tale importo
dovrà essere dimezzato e portato a incremento della
contrattazione dirigenziale, se l’incarico è stato
espletato da un dirigente, al personale dei livelli
se il collaudo è stato svolto da personale non dirigenziale;
il collaudo effettuato da pubblico dipendente non
appartenente all’amministrazione, allo stesso sarà
versato il 50% del compenso mentre l’ulteriore
50% dovrà essere versato all’amministrazione di
cui il dipendente fa parte (aderendo alla posizione
della RGS). Non convince, infatti, la posizione
dei giudici contabili emiliano-romagnoli in quanto
la riduzione del 50% non rappresenta un’economia
per la stazione appaltante dovendo tale importo essere in ogni caso riversato al fondo del personale
rendendo per tale verso neutra la partita contabile.
Non si comprende, inoltre, come la stazione appaltante possa beneficiare di una riduzione operata
dall’opera professionale resa da un personale pubblico a lei esterno, al contrario è comprensibile
che l’ente pubblico che ha autorizzato il proprio
personale per il collaudo potrà beneficiare della
somma del 50% sui propri fondi di contrattazione
decentrata, essendosi privato momentaneamente
del proprio personale. Sulla possibilità prevista dall’Avcp di effettuare una collaborazione tra ammini-
strazioni e retribuire il personale che effettua l’incarico professionale del collaudo con gli incentivi di
cui all’art. 92, c. 5, D.Lgs. n. 163/2006 appare
un’operazione alquanto difficile da realizzarsi, sia
perché il personale esterno dovrebbe prestare la
propria opera al di fuori dei propri doveri di ufficio
(non potendo essere nominato dal dirigente dei lavori pubblici di altra amministrazione come se fosse interno) ossia su base volontaria, sia perché la
sua remunerazione viene decisa da un regolamento
della stazione conferente l’incarico con dimezzamento della remunerazione e con salvezza da parte
della stessa stazione del 50% che resterebbe, in
questo caso, all’interno dei fondi del salario accessorio del proprio personale, beneficiando della metà del compenso senza alcuna responsabilità.
Incompatibilità:
i dipendenti pubblici a tempo pieno non possono
essere titolari di partita Iva per il principio di esclusività che li lega all’amministrazione di appartenenza. Essi, allora, possono svolgere l’attività di collaudo in quanto attività di natura occasionale e saltuaria e qualora autorizzata ai sensi dell’art. 53,
D.Lgs. n. 165/2001;
il pubblico dipendente a tempo parziale inferiore
o uguale al 50% e autorizzato dalla propria amministrazione a svolgere attività esterna professionale
(ai sensi del D.P.C.M. n. 117 del 17 marzo 1989 Norme regolamentari sulla disciplina del rapporto
di lavoro a tempo parziale - il quale riconosce infatti che ‘‘Al personale interessato è consentito, previa
motivata autorizzazione dell’amministrazione o
dell’ente di appartenenza, l’esercizio di altre prestazioni di lavoro che non arrechino pregiudizio alle
esigenze di servizio e non siano incompatibili con
le attività di istituto della stessa amministrazione
o ente’’), non potrà essere oggetto a conferimento
di incarichi di collaudo da parte di altre amministrazioni per l’espresso diniego contenuto nell’art.
1, c. 56-bis della legge n. 662 del 1996, secondo
il quale ‘‘Ai dipendenti pubblici iscritti ad albi professionali e che esercitano attività professionale
non possono essere conferiti incarichi professionali
dalle amministrazioni pubbliche’’. La tavola 1 che
segue mostra le varie incompatibilità di diritto a cui
sono soggetti i dipendenti pubblici.
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Tavola 1
Compatibilità/Incompatibilità dipendenti pubblici
Tipologia
di incarichi
Requisiti
richiesti
Normativa
Tempo
pieno
Normativa
Part-time
non > 50%
Iscritto Albo
e con Iva
Normativa
Progettazione
preliminare,
definitiva
ed esecutiva (1)
Liberi
professionisti
singoli
od associati
D.Lgs.n. 163/2006 NO
Art. 90 lett. d)
Art. 60 e ss.
NO
D.P.R. n. 3/1957
Art. 1, c. 56-bis
Legge n. 662/1996
Direzione
lavori (1)
Liberi
professionisti
singoli
od associati
D.Lgs. n. 163/2006 NO
Art. 90 lett. d)
Art. 60 e ss.
NO
D.P.R. n. 3/1957
Art. 1, c. 56-bis
Legge n. 662/1996
Collaudi (2)
Iscrizione
5 anni relativo
Albo
professionale
D.P.R. n. 207/2010 SI
Art.215
Autorizzazione
art. 53, D.Lgs.
n. 165/2001
Art. 1, c. 56-bis
Legge n. 662/1996
NO
(1) Non è possibile attribuire incarichi ai dipendenti per attività di progettazione (requisiti richiesti liberi professionisti con
partita Iva), sia che svolgono la loro attività a tempo pieno (per il principio di incompatibilità con attività professionali), sia
se a part time non superiore al 50% con titolarità della partita Iva (per l’incompatibilità rilevata ai sensi dell’art.1 c. 56-bis
legge n. 662/1996).
(2) È possibile se autorizzato (ai sensi dell’art. 53 D.Lgs. n. 165/2001) effettuare attività di collaudo per il dipendente a tempo
pieno, mentre il dipendente part time titolare di partita Iva non può essere autorizzato per incompatibilità di diritto (art.1 c.
56-bis legge n. 662/1996).
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