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N° 20 - Tracce d`Eternità
LA BIBBIA E GLI ALIENI: MITOPOIESI MODERNA O NEO-EVEMERISMO SOSTENIBILE? (TERZA E ULTIMA PARTE) DI FABIO MARINO Anno V nr. 20 Tracce La rivista elettronica del mistero L’EVENTO DELLA LUCE DEI FORI APICALI DEL NURAGHE RUJU DI TORRALBA d’eternità Questa rivista telematica, in formato pdf, non è una testata giornalistica, infatti non ha alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale, ai sensi della legge n. 62/2001. Viene fornita in download gratuito solamente agli utenti registrati del portale e una copia è inviata agli autori e ai collaboratori. Per l’eventuale utilizzo di testi e immagini è necessario contattare i rispettivi autori. SIAMO DAVVERO LA PRIMA CIVILTÀ AVANZATA DELLA STORIA? PIER GIORGIO LEPORI CONFERENZA AM, CIVITANOVA MARCHE L’EGITTO PRIMA DEI FARAONI ILLUSIONE DI UN SUICIDIO ROBERTO LA PAGLIA VERITÀ CELATE SUL FUHRER ROBERTO BOMMARITO LE FIRME PHILIP COPPENS, G.R.S. (GRUPPO RICERCHE SARDEGNA), ROBERTO BOMMARITO, LUIGI MILANI, DANIELE IMPERI, M.BENEDETTA ERRIGO, ALEXIA BIANCHINI, PIER GIORGIO LEPORI (AM), ROBERTO LA PAGLIA, ANTONELLA BECCARIA, ALESSANDRO DEMONTIS, ANDREA DELLA VENTURA, NOEMI STEFANI, FABIO MARINO, SIMONE BARCELLI E GIANLUCA RAMPINI NUOVO INSERTO Chimera LE RECENSIONI Daniele Imperi LA STORIA CHE VERRA’ Simone Barcelli IL PIÙ ANTICO TEMPIO DEL MONDO PHILIP COPPENS I FILM MALEDETTI M.Benedetta Errigo LA NARRATIVA presentata da Luigi Milani Lo spazzino del mietitore un racconto di Alexia Bianchini CONTENUTI ARTICOLI PAG.22 LA CREAZIONE DELL’UOMO DI ALESSANDRO DEMONTIS PAG.25 VERITÀ CELATE SUL FUHRER DI ROBERTO BOMMARITO PAG.33 L’EGITTO PRIMA DEI FARAONI DI ROBERTO LA PAGLIA PAG.44 L’EVENTO DELLA LUCE DEI FORI APICALI DEL NURAGHE RUJU DI TORRALBA DEL G.R.S. (GRUPPO RICERCHE SARDEGNA) PAG.55 IL PIU’ ANTICO TEMPIO DEL MONDO DI PHILIP COPPENS PAG.62 SIAMO DAVVERO LA PRIMA CIVILTÀ AVANZATA DELLA STORIA? DI PIER GIORGIO LEPORI CONFERENZA AM, CIVITANOVA MARCHE PAG.69 KENNEDY, UN PRESIDENTE CONTRO LE BANCHE DI ANDREA DELLA VENTURA RUBRICHE PAG. PAG. PAG. PAG. PAG. PAG. PAG. 4 10 13 18 32 39 53 NOTE A MARGINE DI GIANLUCA RAMPINI POLVERE DI SIMONE BARCELLI LUCI DALL’OLTREVERSO DI FABIO MARINO XAARAN DI ANTONELLA BECCARIA NON PRENDIAMOCI SUL SERIO DELLA REDAZIONE CONFESSO, HO VIAGGIATO DI NOEMI STEFANI LIFE AFTER LIFE DI NOEMI STEFANI Chimera PAG.6 EDITORIALE DI ROBERTO LA PAGLIA PAG.74-75 LE RECENSIONI DI DANIELE IMPERI PAG.76 LA STORIA CHE VERRA’ DI SIMONE BARCELLI PAG.79 POLVERE (PAG.10) I LIBRI MALEDETTI THE ANCIENT ALIEN QUESTION DI PHILIP COPPENS IL LUNGO RACCONTO DELL’ORIGINE DI M.HACK, W.FERRERI E G.COSSARD ANATOLIA DI ANDREA DE PASCALE DROGHE TRIBALI DI GIORGIO SAMORINI LE PORTE DELL’INFERNO DI LINCOLN CHILD MELODIA DI DANIELE BONFANTI DI M.BENEDETTA ERRIGO PAG.83 LA NARRATIVA DI CHIMERA LO SPAZZINO DEL MIETITORE UN RACCONTO DI ALEXIA BIANCHINI (PRESENTATO DA LUIGI MILANI) QUESTA RIVISTA TELEMATICA, IN FORMATO PDF, NON È UNA TESTATA GIORNALISTICA, INFATTI NON HA ALCUNA PERIODICITÀ. NON PUÒ PERTANTO CONSIDERARSI UN PRODOTTO EDITORIALE, AI SENSI DELLA LEGGE N. 62/2001. VIENE FORNITA IN DOWNLOAD GRATUITO SOLAMENTE AGLI UTENTI REGISTRATI DEL PORTALE E UNA COPIA È INVIATA AGLI AUTORI E AI COLLABORATORI. PER L’EVENTUALE UTILIZZO DI TESTI E IMMAGINI È NECESSARIO CONTATTARE I RISPETTIVI AUTORI. REDAZIONE Gianluca Rampini [email protected] Simone Barcelli [email protected] Fabio Marino [email protected] Luigi Milani [email protected] Roberto La Paglia [email protected] Traduzioni Sabrina Pasqualetto [email protected] Anna Florio [email protected] Progetto grafico e impaginazione a cura di Simone Barcelli. Revisione testi a cura della redazione. Antonio Nicolosi [email protected] Germana Maciocci [email protected] Carla Masolo [email protected] TRACCE D'ETERNITÀ DA GENNAIO 2013 E’ IN EDICOLA: LEGGI L’INSERTO DI VENTI PAGINE ALL'INTERNO DEL MENSILE XTIMES, EDITO DA XPUBLISHING. 2 "Ho seguito, studiato e presentato quello che poteva essere il vero significato del 21 dicembre 2012: trasformazione. Ma alla fine di novembre, non mi rendevo conto di quanto straordinario potesse essere il mio futuro dopo il 2012... Nel mio caso, mi è stato diagnosticato un caso estremamente raro di tumore, l'angiosarcoma, che colpisce meno di 200 persone negli Stati Uniti... per me, questa diagnosi, ha segnato un enorme campanello d'allarme... nessuno considera veramente prezioso ogni giorno come dovrebbe essere... mi sono reso conto che, in qualche modo, quello che sto imparando in questo momento temporale - tra livello mentale e terapie mediche - mi stanno offrendo spunti, intuizioni molto profonde e potenti. In particolare, come i nostri antenati abbiano saputo guarire il corpo. E' buffo che stia imparando questa lezione in un letto d'ospedale a Los Angeles, mentre avrei dovuto essere in Egitto, visitando tutti questi siti. Ma prima, a quanto pare, forse la vera comprensione e la saggezza devono essere così acquisite... Le conoscenze che ho acquisito in queste settimane sicuramente superano di gran lunga qualsiasi cosa che la terra d'Egitto mi avrebbe dato... resto convinto che questa conoscenza sarà quella che mi darà davvero il mio futuro... nella speranza che con solo un paio di giorni prima del 21 dicembre, la gente, attraverso la scelta, abbraccerà un cambiamento positivo nella propria vita per un viaggio al livello successivo della loro missione, l'unica ragione per cui abbiamo scelto di incarnarci qui in questo incantevole, pianeta d'acqua blu". Ecco ciò che scriveva il ricercatore Philip Coppens sulle pagine del suo blog il 16 dicembre scorso, l'ultimo post poco prima di morire. Ciao Philip. 3 NOTE A MARGINE DI GIANLUCA RAMPINI TABÙ MEDIATICI Rieccoci. In questo periodo di fermento elettorale, non ho potuto evitare di pensare al futuro. In tutta franchezza sono combattuto tra un ottimismo sostenuto dalle molte brave persone che conosco e un lugubre presagio rispetto all’evoluzione della nostra società. Non che questo dipenda da chi ha o non ha vinto le elezioni. Succede ogni volta. Il caos mediatico che si portano dietro, sondaggi farlocchi, insulti, brogli e affini tendono a farci dimenticare che niente di ciò che conta si decide più a livello nazionale, o più in genere, viene deciso dai politici. In tutte le indagini sui complotti (chiamiamoli intrighi per non urtare la sensibilità di chi la parola cospirazione non la vuole sentire) si dice sempre di seguire il denaro. “Follow the money”. Al giorno d’oggi non è nemmeno così difficile da fare. Ma pochi lo fanno. Frescobaldi, Rothschild, Amburgo, avete mai sentito i nomi di queste famiglie al di fuori dei circoli cospirazionisti? Ho invece recentemente letto un articolo su Nexus che illustrava molto bene come nelle principali banche e corporazioni, a livello mondiale, molte delle persone che governano queste realtà siano presenti in diversi consigli di amministrazione e varie posizioni di potere. Vero, niente di nuovo. Però sfugge il fatto che ciò produce sostanzialmente un’unica frankisteiana entità la cui enorme influenza sul pianeta produce una massa dalla cui gravità è davvero difficile sfuggire. Ora non mi aspetto che i media affrontino, neppure di 4 striscio, questo genere di argomenti e francamente che lo facciano o meno cambia relativamente. Non spetta più a loro la diffusione delle notizie. Ne mi aspetto che lo facciano i politici di professione. Non lo hanno fatto nemmeno i rappresentante dei movimenti, delle liste. Nessuno. Sogno il giorno in cui un parlamentare, seduto in qualche trasmissione a carattere politico, sorprendendo il conduttore dirà una cosa del tipo: “ Sono stato invitato al Bildberg e non ci sono andato”. Oppure : “Ma lo sa che la Banca d’Italia è un istituto privato e che l’Italia compra da lei i soldi pagando non solo i costi di lavorazione ma anche il valore nominale delle banconote?” O ancora: “Lo sa che tutti questi esponenti politici di differenti schieramenti politici sono membri della stessa loggia massonica? E lo sa che per un massone i valori massonici vengo prima di tutto il resto, compresa la difesa ed il reciproco aiuto tra fratelli massoni?” Per essere onesti fino in fondo, devo menzionare che l’unico politico ad averlo mai fatto, riguardo la Banca d’Italia, è stato Storace. E mi costa ammetterlo, vi assicuro, non condividendo con lui alcuna visione del mondo. Così come fatico a nominare Ber- ghezio che oltre ad aver sollevato al Parlamento Europeo il tema del Bildberg ha persino affrontato il tema degli Ufo, aiutato da Massimo Teodorani che abbiamo intervistato su uno dei primi numeri di Tracce. Dopo questi episodi, ricordo ancora la faccia di Vespa che arrancava non sapendo che rispondere a Storace, nulla è più passato sui media tradizionali né tra la parole di alcun politico, attuale o aspirante tale. 5 Bene, detto tutto ciò, come lo si collega a Tracce. Beh, innanzitutto perché di queste cose noi parliamo e poi perché, volevo dirlo in realtà all’inizio, Tracce è a prova di crisi economica, essendo gratuita e digitale, costa solo il tempo e la fatica di chi la realizza. Giudicate voi il risultato. Buona lettura (e pensare che non ho nemmeno accennato alle “dimissioni” del Papa). CHIMERA N.5 (FEBBRAIO 2013) EDITORIALE Roberto La Paglia Volendo cercare un termine, una frase, che possa in qualche modo illustrare il mio stato d’animo nello scrivere questo nuovo editoriale, l’unica immagine che mi viene in mente è “…una grande emozione…”. Lungi dal voler trasformare questo spazio in una occasione per dare sfogo ai miei sentimenti, resta il fatto che questo nuovo numero di Chimera vede la luce sulla scia di tante forte emozioni che hanno caratterizzato il suo recente percorso, oltre che lo scenario degli ultimi avvenimenti relativi non soltanto al mondo dei misteri. La prima novità in assoluto, della quale vi sarete ovviamente già accorti, è che da questo mese Chimera (da pag. 73 in poi) assume il ruolo di allegato a Tracce, la “rivista madre” che, grazie al vostro affetto e alla vostra sempre costante attenzione, riscuote da anni il plauso di un numero sempre più crescente di lettori. Un valore aggiunto, quindi, per tutti i suoi collaboratori, ma anche un cambiamento propedeutico ad una altrettanto importante novità, mi riferisco alla nuova collaborazione con la rivista X Times. Si tratta di un traguardo importante, frutto del lavoro e del grande senso di partecipazione che contraddistingue tutto lo staff di Tracce; mensilmente X Times proporrà alcuni articoli estratti dalla rivista digitale, presentandoli ai lettori con una nuova veste grafica, una sinergia che segna un importante passo in avanti nel campo della divulgazione. A questa emozione si aggiunge lo struggente ricordo del compianto Philip Coppens, il cui volto appare proprio in apertura, subito dopo un ultimo pensiero affidato alle pagine del suo blog prima di lasciarci prematuramente. Mi piace estrarre questo piccolo passaggio dall’annotazione di Philip: “…nessuno considera veramente prezioso ogni giorno come dovrebbe essere…”. In una semplice frase l’essenza di quello che dovrebbe essere un pensiero globale, una attenzione quotidiana alla quale nessuno di noi dovrebbe sottrarsi; ogni giorno è prezioso, così come preziosi sono tutti i singoli attimi che lo compongono, lo stupore di una scoperta, quella sana curiosità che ci pervade, che ci spinge a volerne sapere di più, a confrontarci con l’ignoto, quel ragionevole dubbio che ci porta a varcare i confini della conoscenza dogmatica, a sperimentare la vita come parte unica e inscindibile di uno scenario molto più ampio e ancora, in gran parte, inesplorato. Questo mese, ancor più che nelle edizioni precedenti, Tracce/Chimera ha voluto farsi carico di queste emozioni, e non soltanto da un punto di vista strettamente sentimentale; non potevamo non farci carico di quella che è una vera e propria responsabilità, di quell’augurio sentito, reclamato, ormai necessario per l’umanità intera, che Philip Coppens riassume in queste semplici e toccanti frasi: “…abbraccerà un cambiamento positivo nella propria vita per un viaggio al livello successivo della loro missione, l'unica ragione per cui abbiamo scelto di incarnarci qui in questo incantevole, pianeta d'acqua blu". Proprio seguendo questa traccia abbiamo cercato di dare il massimo, sia come contenuti che graficamente, provando ancora una volta a non solleticare soltanto la pura e semplice voglia di leggere, di incamminarsi tra i misteri di questo pianeta, ma sforzandoci di non perdere di vista l’anima, quel misterioso intreccio di energie, sensazioni, emozioni e turbamenti che caratterizza l’individualità di ogni essere umano. Il nuovo percorso sarà aperto dalle preziose Note a Margine di Gianluca Rampini, note che ci introdurranno ad una interessante galleria di libri magistralmente curata da Simone Barcelli, 6 galleria nella quale non poteva mancare “The Ancient Alien Question”, il volume di Philip Coppens dato alle stampe nel 2011, insieme ad altre proposte che, certo, non mancheranno di stupirvi. Continuando su un percorso di grande attenzione ai contenuti, la terza ed ultima parte dello studio di Fabio Marino sul tema Bibbia e Alieni, sarà di certo, e per lungo tempo, argomento di confronti e dibattiti, uno scenario di confronto aperto a tutti coloro che, oltre ogni preconcetto o facile presa di posizione, desiderano realmente osservare i termini della questione da ogni possibile punto di vista. Se finito di leggere questo importante contributo, e incontrando il titolo del prossimo articolo, vi troverete a pensare di essere ancora in un remoto passato, sarete subito costretti a ricredervi; quando ci si ritrova a navigare sospinti dai venti generati dall’enigma e dal mistero, il tempo cessa di esistere, e su tutto domina la maschera immutabile dell’ignoto. Proprio per questo Xaaraan, la rubrica curata dalla giornalista Antonella Beccaria, non deve trarvi in inganno; ci troviamo in tempi molto più vicini alla nostra epoca, ma non per certo meno bui. Nessun nome fantasioso di alieni, oppure di mitiche civiltà perdute; Xaaraan è in realtà un termine di origine somala che indica ciò che è oscuro, nascosto, qualcosa che va contro la legge dell’uomo o di Dio; proprio in tal senso non poteva trovarsi miglior combinazione di intenti, visto che l’articolo ci porterà indietro di circa 43 anni, ai tempi della strage di Piazza Fontana… ma non soltanto… e forse ho già detto troppo, in poche parole un articolo da non perdere e conservare gelosamente. A ritornare indietro nel tempo ci penserà Alessandro Demontis e la sua approfondita indagine sui miti babilonesi relativi alla nascita dell’uomo. Rimbalzando ancora una volta in questa ipotetica macchina del tempo, sarà Roberto Bommarito a condurci lungo uno dei percorsi più oscuri e intricati della storia, sulle tracce delle verità celate in merito alla morte di Adolf Hitler. L’Egitto prima dei Faraoni, un mio modesto contributo a Tracce/Chimera, fungerà invece da intermezzo, una parentesi misteriosa oltre la quale partiremo per un viaggio abbastanza atipico; la destinazione sarà Londra, mentre la nostra compagna di viaggio sarà Noemi Stefani, autrice già conosciuta e apprezzata dai lettori di Tracce (è in download un suo interessante ebook dal sito della rivista), presente anche questo mese su Tracce/Chimera con “Life After Life”, un contributo che vi consiglio caldamente di leggere. Due le ricerche di ampio respiro per quanto riguarda il tema Archeologia: un approfondito studio del Gruppo Ricerche Sardegna (G.R.S.) sugli strani eventi della luce dei Fori Apicali del Niraghe Ruju di Torralba, e una splendida traduzione di Ario Liberti dell’articolo di Philip Coppens riguardante i numerosi misteri del sito di Göbekli Tepe, in Turchia. Subito dopo il reportage relativo a “La perduta tecnologia delle antiche civiltà”, conferenza tenutasi nel dicembre 2012 a Civitanova Marche, sarà computo di Andrea Della Ventura riportarci ai nostri giorni con una serrata indagine su John Fitzgeral Kennedy, la sua lotta contro le banche, e i misteriosi avvenimenti che ne conseguirono. Coronano questo nuovo numero (entrando nell’inserto Chimera) le ormai indispensabili recensioni di Daniele Imperi, un coinvolgente racconto di Alexia Bianchini, presentato da Luigi Milani nella sezione Narrativa, una inquietante sequenza di notizie sui Film Maledetti curata da M. Benedetta Errigo, e quello che è ormai un classico appuntamento, ovvero l’annotazione di Simone Barcelli che, per “La Storia che Verrà”, ci introdurrà nel misterioso scenario di Nabta Playa. Cento pagine, tanta passione e tanta voglia di ricominciare; Marcel Proust scriveva: “…il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi...”, ed è proprio con questo augurio che vi lascio alla lettura di questo nuovo numero di Chimera, l’augurio che si riesca ancora ad osservare e non soltanto a guardare, che si pensi al cambiamento come a qualcosa che deve prima iniziare da ogni singolo individuo, per poi espandersi a macchia d’olio in tutto il pianeta. Se per un attimo il frutto del nostro lavoro vi ha intrigato, stupito, se è riuscito a sollevare quel piccolo, ragionevole dubbio, sul quale si fonda ogni sano confronto e ogni nuova ricerca che possa in qualche modo allargare i nostri orizzonti visivi e intellettuali, se siamo riusciti ad accendere la scintilla di un proficuo confronto, abbiamo in parte assolto al nostro compito, quello di rendere indimenticabile uno dei tanti momenti di un altrettanto indimenticabile giorno. Buona lettura. 7 Online il primo numero di SIGNS Magazine; si potrà scaricare dal sito http://signs.orizzonteassoluto.info/ o leggere nella versione flip o attraverso Calameo. Presto sarà disponibile anche negli altri siti e blog aderenti. Sommario del numero 1: Editoriale Ufo & Cover Up: il gioco delle verità Roberto La Paglia All that glitters is not gray Albert S. Rosales A new world view Paola Leopizzi Harris Ufo in Sardegna – Cronaca di un avvistamento Gabriele Lombardo Linea di Confine Rubrica a cura di Fabio Marino Il mito di Osiride e la mummificazione: tecniche rianimatorie dimenticate? Le inesplicabili linee di Nazca Enrico Vincenzi Il diabolico progetto Monarch (prima parte) Fabrizio Rondina – Franco Bertelegni – Luana Baldrighi Segnali in libreria Simone Barcelli / Fabio e Marco Garuti Signs Movie Vitriol Ufo Vintage la foto dei coniugi Trent 8 9 POLVERE DI SIMONE BARCELLI Philip Coppens era un’apprezzato autore di politica e storia alternativa. Avrebbe compiuto 42 anni il 25 gennaio ma un male incurabile se l’è portavo via prima, il 30 dicembre 2012. Scriveva per le riviste Nexus, Atlantis Rising, Legendary Times e tante altre. In Italia, a parte l’edizione nostrana di Nexus, i suoi studi sono apparsi su Hera e Fenix. E scriveva libri, undici in tutto: in Italia è stato pubblicato solo “L'Enigma di Rosslyn”, Età dell'Acquario Edizioni, 2005. Molti di voi lo ricorderanno protagonista nel recente documentario di History Channel “Ancient Aliens: The Series”. Fin da giovane Coppens s’interessò all’opera dello storico Marcel Mestdagh (che teorizzava come molti monumenti megalitici potessero rappresentare un complicato sistema stradale, costruito sulla circonferenza degli ovali, con al centro l'antica città francese di Sens), sostenendo che Atlantide era il fulcro di una remota civiltà megalitica. La sua curiosità d’investigatore lo condusse a scrivere controcorrente anche dell’assassinio di Kennedy. Una delle sue ricerche più apprezzate rimane comunque quella dedicata alla cappella scozzese di Rosslyn, soprattutto in rapporto con la massone- ria e i Templari. Tra gli ultimi lavori di Coppens c’è The Ancient Alien Question, uscito nel 2011 per New Page Books (13,12 $, Kindle Edition 10,99 $), in cui 10 l’autore indaga presunti contatti alieni nel nostro passato. Un libro (in inglese) da leggere senza preconcetti, scritto da chi sicuramente ora ne sa più di noi. Andrea De Pascale ci presenta Anatolia Le origini, edito da Oltre Edizioni (ottobre 2012). È un libro appassionante, ben scritto e ancor più documentato, che ci permette di scoprire con l’autore una terra che cela ancora molti enigmi, se non anche l’origine della civiltà come la possiamo intendere oggi. De Pascale è uno stimato archeologo, Conservatore del Museo Archeologico del Finale, che ritroviamo ogni mese anche sulle pagine della rivista Archeo. Quattrocento pagine da consultare alla bisogna e senza fretta, come fosse una piccola enciclopedia del Il lungo racconto dell’origine (I gran- mondo antico anatolico. Assolutadi miti e le teorie con cui l’umanità mente da non perdere (nonostante ha spiegato l’universo), edito da Da- il costo quasi proibitivo, 29,90 €), da lai nel novembre 2012, porta in co- conservare gelosamente in libreria pertina la prestigiosa firma di Mar- assieme a Costruirono i primi Tem- gherita Hack, coautrice con Walter pli di Klaus Schmidt (dello stesso Droghe tribali (shake edizioni, 2012, 12 €) è l’ultimo, agile saggio proposto da Giorgio Samorini, stimato ricercatore bolognese in esilio a Siviglia. Cento pagine che volano via in una Ferreri e Guido Cossard. Non sappia- lungimirante editore), anche perché piacevole lettura, scritte da un etnomo quale sia stato l’apporto gli unici volumi (accademici ma non botanico specializzato sulle droghe dell’astrofisica in questo lavoro pedanti) in italiano dedicati a Gobe- usate dalle popolazioni tribali. Samo(forse solamente il nome in coperti- kli Tepe e dintorni. rini è ben conosciuto anche in rete na) che promette più di quel che (abbiamo pubblicato un suo studio mantiene. sul numero 4 del magazine Chimera) È un libro anomalo per una serie di e il suo sito ospita fra l’altro numeroevidenti circostanze: l’editing pare se opere (anche di altri autori) che si approssimativo (si andava di fretta possono scaricare gratuitamente. per le strenne natalizie?), manca L’autore si distingue per una scrittura completamente una bibliografia di mai pesante con cui racconta le sue riferimento e non si comprende chi esperienze sul campo e per la ricerca dei tre autori abbia scritto i vari capi- spasmodica (in senso buono) delle toli (così vale anche per la prefazio- fonti da cui attinge per le sue ricer- ne). Sinceramente un’occasione che, davvero uniche e fuori da ogni sprecata, si poteva fare di più anche schema precostituito. Un libro ricco per il costo al pubblico del volume di curiosità che non troverete in altre (16,50 €). Da leggere con riserva. pubblicazioni e che non mancherà di stupirvi. Da leggere e rileggere. 11 Chiudiamo questo primo appuntamento di Polvere annotando anche due romanzi. Il primo è firmato da Lincoln Child, autore di successo anche in coppia di sua moglie Neithotep, una miste- che porto ancora addosso le cicatri- riosa figura che ancor oggi fa impaz- ci. zire gli studiosi di cose antiche. Una grande prova di scrittura (e di Da leggere, magari perdendo qual- precisa documentazione storica) che che ora di sonno. Ne vale la pena. fa di Bonfanti uno dei pochi romanzieri a cui sono particolarmente affe- con Douglas Preston, che stavolta zionato (essendo io, notoriamente, presenta Le porte dell’inferno un divoratore di sola saggistica). (Rizzoli, ottobre 2012, 18,50 €). Un omaggio dovuto, soprattutto og- Un thriller che mescola sapiente- gi che Edizioni XII ha deciso di inter- mente l’archeologia con il paranor- rompere le pubblicazioni, perché male, per una lettura tutta d’un fiato Bonfanti era uno dei dodici fondato- che ci porterà, pagina dopo pagina, ri della Casa Editrice. emozioni a catena, con l’alternarsi di Inseguendo un sogno, senza per for- personaggi ben delineati in cui po- za inseguire il lettore. tremo di volta in volta facilmente (e Questo mi è rimasto di XII. felicemente) immedesimarci: un ma- Oltre naturalmente agli incubi di gnate alla ricerca di tesori perduti, Melodia, un romanzo che consiglio a un investigatore dell’incubo, un me- chi voglia intraprendere un percorso dico che svolge esperimenti di pre- interiore simile al mio. morte sui pazienti (compresa la moglie) e una giovane archeologa che cerca l’impresa, giusto per citare i L’altro romanzo è Melodia di Danie- principali protagonisti del romanzo. le Bonfanti, edito nel 2010 da Edi- E poi, tra le righe, il periodo predina- zioni XII (15 €). Sono particolarmenstico, o quasi, con quel Narmer unifi- te legato a questa Casa Editrice percatore dell’Alto e del Basso Egitto, e ché ho avuto il piacere immenso di collaborare con XII, seppur brevemente, anche nella selezione di testi inediti. Prima ancora mi sono dilettato nel recensire alcuni dei volumi editati da Edizioni XII tra il 2007 e il 2012, e tra questi quello che mi ha maggiormente impressionato è stato proprio Melodia di Bonfanti. Ancor oggi ricordo la recensione che feci a questo romanzo, quasi di getto, preso da un misterioso demone che pareva scrivere al mio posto. Beh, leggendo Melodia ho avvertito sensazioni così forti e contrastanti 12 Daniele Bonfanti, uno dei fondatori di Edizioni XII LUCI DALL’OLTREVERSO DI FABIO MARINO LA BIBBIA E GLI ALIENI MITOPOIESI MODERNA O NEO-EVEMERISMO SOSTENIBILE? TERZA E ULTIMA PARTE DISCUSSIONE GENERALE E CONSIDERAZIONI FINALI Ci eravamo lasciati, nella seconda parte, con alcuni problemi relativi all’origine della “fusione” di El e YHWH nell’unica divinità nazionale degli Israeliti. Ora, è necessario chiudere la questione, almeno per quanto ci riguarda. Prima, però, vorrei fare una brevissima considerazione in relazione alla vexata quaestio di Elohim, già discussa nella parte precedente: quando si cita l’episodio di Cristo che “cammina sulle acque” del lago (Figura 1), parliamo di “acque” in senso plurale, oppure è semplicemente un modo di dire? Non credo che sia necessaria una risposta … Il problema di El/YHWH, complicato dai numerosi attributi del primo (due per tutti, El Elyon, cioè l’Altissimo, e El Shaddai o Saddai, probabilmente “Signore della Montagna” –ma esistono numerose altre declinazioni del sostantivo El) si osserva anche nella Bibbia, dove, com’è noto, esistono almeno quattro “codici” letterari: E, J, P, D. Stiamo parlando della cosiddetta “ipotesi documentale”, secondo cui la Bibbia fu scritta, riveduta e corretta (come appare ragionevole ed ovvio) in diversi periodi e da diversi Autori. Ora, se il neo-evemerismo di taluni fosse adeguato a rappresentare correttamente la realtà, ci si aspetterebbe, naturalmente, che la fase E (Elohista), quella, cioè, in cui il nome di Dio è El o Elohim, fosse la più antica. In fondo, “gli” Elohim sarebbero prima giunti sulla Terra, e solo dopo uno di loro (YHWH o Jahvè, da Figura 1 13 Figura 2: una Bibbia ebraica cui la tradizione J o Jahvista) si sarebbe messo a capo del popolo ebraico: pare ragionevole, non è vero? E invece, la tradizione più antica è quella del codice J, risalente almeno all’XI-IX secolo a.C. Il codice E risale, a quanto sembra, “solo” all’VIII secolo a.C., ed è caratteristico del Regno di Israele (quello settentrionale, figura 3), la parte della nazione ebraica più propensa all’adorazione di altri dei, non fosse atro che per la forte influenza del potentissimo vicino assirobabilonese, e tanto prona all’allontanamento dalla tradizione religiosa monolatra/monoteista, da essere il principale obiettivo delle invettive di quasi tutti i profeti, a cominciare da Osea. In più, esistono numerosi indizi di una sostanziale identità (anche etimologico-semantica) fra El e Baal, il vituperato dio fenicio-canaaneo. Gli altri due codici (di minore importan- dotale (P sta per “Priestercodex”), che raccoglie testi anche molto antichi, ma sviluppati solamente in epoca post-esilica (successivamente, quindi, al 587 a.C.). Che significato ha tutto ciò? Diciamolo in estrema sintesi (lo spazio è tiranno): dall’Egitto non vi fu alcun esodo, come confermato da numerosi ritrovamenti archeologici. Per lo meno, non nel senso che noi attribuiamo all’esodo. Infatti, sembra che gruppi isolati di quelli che sarebbero divenuti successivamente “gli Ebrei” (e, quindi, tribù canaanee) si siano stabiliti per un certo periodo (pari a forse uno o due secoli al massimo) nel Basso Egitto. La guida di Mosè, vissuto per lungo tempo in territorio madianita (figura 4), aFigura 3: I due regni di Israele e di Giuda vrebbe ricondotto questi individui (coesistenti dal 933 al 722 a.C.) (valutabili in qualche migliaio, non za in questa discussione) sono il certamente nel numero spropositaDeuteronomista (guarda caso, pre- to riportato dalla Bibbia, pari, solo valente nelle scritture originarie del per i maschi, a 650.000 …) nella pameridionale Regno di Giuda, e base tria originaria, nel segno di una per la profonda revisione “ricongiunzione” e di una fede unifimonolatrico/monoteista operata cante: quella in YHWH, che poi, dal re Giosia nel 621 a.C.) e il Sacer- “generally speaking”, si fuse con Figura 4: Il territorio della terra di Madian quella, tutta canaanea, del Dio unico chiamato El/Elohim, nei limiti di cui si è detto sopra. Resta da stabilire donde venga fuori “YHWH”. Un abbozzo di spiegazione c’è già nella parte precedente; ma ora entriamo (perché è importante, ai fini della nostra indagine) un po’ più in dettaglio, confortati anche dai ritrovamenti archeologici. Si dà il caso, in effetti, che il nome YHWH (la cui vocalizzazione è sconosciuta, in realtà, ma è comunemente accettata come "Jahvè") non viene mai trovato nei testi e nelle storie canaanei, per cui nasce naturale la domanda di sapere donde abbiano derivato il loro Dio gli Israeliti. La ricerca archeologica delle origini di questa divinità conduce, inevitabilmente e piuttosto sorprendentemente, di nuovo nella culla di tutte le civiltà: l'Egitto. A Karnak, infatti, esistono numerosi bassorilievi che celebrano le vittorie del noto faraone Seti I, padre del grande Ramsete II. Ebbene, in una di queste opere celebrative, si ricorda la schiacciante vittoria del sovrano egizio sul popolo degli Shasu. Shasu è un termine dell'antico egizio usata per indicare popolazioni nomadi dell'area palestinese. Questa parola, evolutasi a partire dal verbo š3š(w) (il cui significato letterale è "muoversi a grandi passi"), compare a partire dalla XVIII dinastia e rimane in uso fino al terzo periodo intermedio (1550 a.C. - 750 a.C.), indicando esplicitamente uno stile di vita caratteristicamente nomade. Ora, le ricerche archeologiche hanno permesso di appurare che la zona di origine in cui con un elevato indice di probabilità erano presenti gli Shasu era situata in quella che la 14 Bibbia chiama "Madian", ovvero una zona posta al confine fra la moderna Giordania e l'Arabia Saudita (figura 4). Capoluogo di questa popolazione era una località conosciuta con il nome di YHW, forse non troppo casualmente; dove, nemmeno in questo caso troppo casualmente, “teneva famiglia” Mosè: la moglie Sippora (o Sefora), i figli Ghersom e Eliezer, il suocero e sacerdote Ietro; e sempre per caso –suppongo- è proprio nel territorio di Madian che avviene la teofania del roveto che “ardeva e non si consumava”. Cosa può dunque essere accaduto? E, soprattutto, la moderna archeologia permette o no di stabilire se un esodo dall'Egitto alla Terra Promessa è avvenuto veramente? Qual è il significato dell'esistenza di una località con un nome così simile a quello della Tetragramma ebraico? Per la prima volta il termine compare in una lista risalente al XV secolo a.C. riportante un elenco di popolazioni stanziate grosso modo nell’attuale Transgiordania. In questa lista, uno dei territori occupati dagli Shasu è indicato come "YHW, nella terra degli Shasu". Esistono diverse iscrizioni di origine nubiana attribuibili alla XVIII e XIX dinastia in cui è presente la frase “Shasu di YHW”. Un bassorilievo di Amrah può essere attribuito al periodo del regno di Seti I (fine del XIV-inizio del XIII secolo a.C.), mentre l’iscrizione probabilmente più antica è databile alla metà del XIV secolo, quindi al regno di Amenofi III (anche qui, suppongo sempre per caso, si verifica un’altra straordinaria circostanza: Amenofi III è il padre di Amenofi IV, il faraone eretico più noto come Akhenaton, primo monoteista della storia…). La sua origine è il tempio di Amon di Soleb: t3 š3 sw y h wa (w) - ta Shasu Yehwa (Yehwa della terra degli Shasu). Figura 5: Karl Popper, filosofo della Scienza Gli studiosi più cauti rimangono pressoché in stallo tra l’idea che una tribù edomita fosse seguace del Dio YHWH oppure che, per pura coincidenza, il nome di una tribù sia pressoché identico a quello del Dio degli ebrei. Ovviamente, esiste, sotto il profilo squisitamente teologico e religioso, una terza possibilità: e cioè che il Dio degli Ebrei si sia manifestato per la prima volta proprio in quel di YHW, mutuandone il nome; oppure, colà manifestatosi e rivelatosi, abbia conferito il Suo nome alla località. Sia come sia, gli studi più recenti sembrano aver acclarato, oltre ogni ragionevole dubbio, che nessuna invasione della Palestina a danno dei Canaanei abbia mai avuto luogo; ad esempio, la città di Azor sembra essere caduta sotto i colpi di una rivoluzione interna, non di un attacco esterno. Ma di questi argomenti, semmai, parleremo un’altra volta; qui è necessario solo sottolineare l’aspetto sincretistico della religione El/YHWH: un solo Dio, più nomi, per coniugare tradizione e rivelazione mosaica. Ed eccoci, infine, giunti al punto focale della discussione sull’insostenibilità della stravagante e poco originale “ipotesi” neo15 evemerista di tanti Autori, attuali o passati. Intanto, bisogna precisare che stiamo parlando semplicemente di una ipotesi. Un'ipotesi è un'idea provvisoria il cui valore va accertato. L'ipotesi richiede quindi uno sforzo da parte dei ricercatori per confermarla o negarla, anche in assenza di dati sufficienti. Così, se io affermo che nella Via Lattea esistono 100 diverse civiltà, sto formulando una ipotesi, non una teoria. Una teoria, secondo la filosofia della Scienza, è un insieme collegato di ipotesi, enunciati e affermazioni aventi l’obiettivo, in generale, di spiegare un fenomeno o un’osservazione, oppure di formulare in maniera rigorosa, sistematica ed obiettiva i principi di una disciplina. Una teoria, per avere una valenza scientifica, deve essere falsificabile: si deve potere, cioè, ideare un esperimento che ne sancisca la non validità, come Karl Popper lucidamente indica. Già da queste semplici definizioni si comprende bene, direi, che nella discussione in corso non vi è assolutamente nulla di “teorico” in senso scientifico, ma solo ed esclusivamente un atteggiamento di fede in argomentazioni non suscettibili di falsificazione. Stiamo, insomma, parlando di fede! Ma v’è di più. Ammet- Figura 6: la locandina del film “Stargate” tiamo, come ipotesi (!) di lavoro, che la traduzione neo-evemerista della Bibbia (errata in più punti, come abbiamo brevemente dimostrato) rappresenti una teoria, e che dunque “gli” Elohim siano alieni, che la Bibbia racconti di un’invasione aliena o giù di lì, che YHWH fosse uno degli alieni “conquistatori”. Una teoria che si rispetti deve poter fornire risposte e previsioni, in relazione al suo proprio enunciato. Non si può, insomma, dire: “Per me è così, ed è così fin qui; il resto vedetevelo voi”. Quindi, la “teoria” neoevemerista dovrebbe rispondere con un certo grado di ragionevolezza, per non essere catalogata come una mitopoiesi moderna di probabile ispirazione hollywoodiana, ad una serie di problemi: 1 – da dove venissero tali alieni; 2 – perché siano venuti sulla Terra; 3 – come mai non se ne trova traccia nei testi e/o nei miti dei popoli cir- cumvicini, come gli Egizi (probabilmente i più “interessati” ai fatti); 4 – quando sarebbero avvenuti tali accadimenti; 5 – come mai se ne sarebbero improvvisamente andati. Mi fermo a queste sole domande, alle quali la Bibbia (tradotta letteralmente o no, e secondo qualunque codice si voglia utilizzare) non dà alcuna risposta. Faccio notare, però, che appare quanto meno arduo insistere su certe idee, soprattutto in relazione ai punti 3 e 4. Infatti, abbiamo visto che la stesura pressoché definitiva della Bibbia avviene intorno al VI secolo a.C. Ora, certamente essa è stata preceduta dalla trasmissione orale per parecchie generazioni. Non possiamo quantificare per quanto tempo; ma possiamo azzardare una valutazione. Accettiamo come sufficientemente accurata, per quanto riguarda la nascita dei primi racconti biblici (e quindi del molto presunto con16 tatto alieno), una quadruplicazione rispetto al VI secolo? Arriviamo alla metà del II millennio a.C., la data ufficiale, più o meno, della costruzione delle piramidi di Giza. Aggiungiamo, per eccesso di scrupolo, un altro mezzo millennio, e stabiliamo così che intorno al 3.000 a.C. i progenitori degli Ebrei ebbero questo famigerato (più che famoso…) contatto con YHWH l’alieno. Stiamo parlando dunque –forse non è ben chiaro- della trasmissione orale, da parte di un’entità che non era ancora né popolo, né nazione, né stanziale (ma, anzi, del tutto scollegata e divisa) di uno o più racconti per la bellezza di circa CENTO generazioni. Davvero si può pensare di prendere alla lettera (anche se poi non lo fa nessuno, neanche i proclamatori della letterarietà del complesso biblico…) una serie di racconti distorti, deturpati e modificati per cento generazioni? E dove sono i segni degli alieni in Kemet, l’antico Egitto, che già all’epoca ipotizzata vantava un consolidato sistema religioso, uno stato centralizzato già “vecchio” di quasi 200 anni, e oltre 1.500 anni di documentata storia e protostoria predinastica? Un ulteriore, breve aneddoto. In una cronaca leggiamo, testualmente: “Poi, avendo già compiuto molte opere immortali, mentre insegnava (omissis), eccoti con grande strepito e rimbombare di tuoni che un’improvvisa tempesta con una nebbia densissima lo cinse e lo coprì, tanto che a tutti gli astanti in seguito non riapparve più”. Sembra qualcosa di deja vu, non è vero? Qualcosa che i neo-evemeristi indicherebbero apoditticamente come l’ennesima prova del potere dell’alieno YHWH, insieme al “rapimento” di Elia o alla nota visione di Ezechiele, giusto? Oltre tutto, secondo qualche laico e libero pensatore YHWH non era altro che il dio della tempesta: che meravigliosa circostanza! Invece, nulla di più sbagliato! Infatti, ferma restando la possibile valenza clipeologica del brano riportato, esso non fa parte di alcun episodio biblico. Si tratta, molto più “semplicemente”, del resoconto della salita al cielo, fra gli dei, di Quirino, più noto con il suo nome di mortale: Romolo. Parliamo, quindi, di tutt’altro contesto, e di tutt’altra epoca (705 a.C. circa). Come la mettiamo? Non è forse meglio ipotizzare una sorta di archetipo comune a molte culture, anziché scomodare indimostrabili azioni da parte di alieni (di cui, a maggior ragione, non si comprende il significato)? Insomma, per il disdoro dei sostenitori, sembra proprio che l’ipotesi neo-evemerista, da qualunque parte la si guardi, faccia acqua da ogni dove, e rappresenti nulla di più che una forma di mitopoiesi del giorno d’oggi: folklore urbano, in altri termini. Senza contare un’acuta osservazione di una mia corrispondente di Facebook: quella che viene spacciata come una ricerca frutto del libero pensiero appare, in realtà, come il riconoscimento, oserei dire masochistico, di un’Umanità che non è affatto libera, ma che nasce schiava di crudeli manipolatori tecnologici e genetici senza scrupoli, e che tale viene lasciata, senza neppu17 re la speranza di conquistare la libertà. Se si pensa, poi, che un gigante come Galileo, padre fondatore della Scienza moderna e del metodo scientifico, affermò: “Nella Bibbia il Signore ci vuole rivelare come si vada in Cielo, non come vada il cielo” (Lettera a Cristina di Lorena, in: Le opere di Galileo, Firenze 1985, V, 319), si capisce bene quanto grande sia la presunzione di volere eguagliare, senza averne le capacità e la straordinaria grandezza, uno dei veri miti dell’era moderna, il primo traghettatore dell’Uomo verso la Scienza con la “S” maiuscola. Bibliografia essenziale e minima (oltre la Bibbia, ovviamente…): Akhenaton, il Faraone del Sole, Cyril Aldred, Newton Compton, 1988; Har Karkom – Montagna sacra nel deserto dell’Esodo, Emmanuel Anati, Jaca Book, 1984; Il Libro dei Prodigi, Giulio Ossequente, Corrado Tedeschi Editore, 1976; La Bibbia senza segreti, Flavio Barbiero, Profondo Rosso, 2010; L’evoluzione di Dio, Robert Wright, Newton Compton, 2010; Storia dell’antico Israele, John Bright, Newton Compton, 2002-2006. XAARAAN DI ANTONELLA BECCARIA IL GIORNO IN CUI UN PEZZO D’ITALIA PERSE L’INNOCENZA 43 ANNI FA LA STRAGE DI PIAZZA FONTANA Si era ancora innocenti, all’ora di pranzo del 12 dicembre 1969, quando il telegiornale delle 13.30 aveva raccontato agli italiani che la Grecia dei colonnelli si era ritirata dal consiglio d’Europa dove si discuteva della sua sospensione. E aveva raccontato anche che la vertenza sindacale dei lavoratori dell’editoria sembrava mettersi al bene mentre nulla cambiava per i metalmeccanici, che restavano in stato di agitazione. Intanto – proseguiva la catena delle notizie – a Palermo non si arrestavano le indagini per la strage di viale Lazio, uno dei momenti più feroci della prima guerra di mafia. Ma in mezzo a tutti quegli scorci di vita e fatti, l’edizione del notiziario si concludeva con un soffio dell’innocenza tramontante degli anni Sessanta. Lucio Battisti, snobbato dalla sinistra perché poco o per nulla impegnato, un fascistoide per qualcuno, come tutti quelli che non si schieravano, continuava a respirare a pieni polmoni la consacrazione del suo successo dopo ostacoli e delusioni. Era stato un anno fortunato, per lui, il migliore di tutti, iniziato in febbraio con il successo al festival di Sanremo dove aveva cantato Un’avventura e proseguito in estate con Acqua azzurra, acqua chiara, pezzo del trionfo al Festivalbar e al Cantagiro. Con una cadenza burina a rivendicare la sua estrazione sabina, e mentre confessava con una punta di imbarazzo al microfono di Lello Bersani che non aveva mai studiato musica, mescolava la timidez18 za dello sguardo alla caparbietà del suo percorso artistico. «Intanto io canto le canzoni che mi vanno veramente a genio, insomma, quelle che sento. E di solito, in partenza, sono sempre quelle un po’ più difficili, che agli altri non piacciono, che gli altri trovano azzardoso interpretare, ecco». «E lei si prende in pieno la responsabilità come autore», lo incalzava Bersani. «Esatto». Pasquale aveva ascoltato distrattamente le parole del giovane cantautore di origini reatine. Anche per lui non era solo Battisti, ma nella testa lo aveva archiviato come BattistiMogol: un doppio nome, uno per il musicista e l’altro per il paroliere, che aveva finito per identificare so- lo il volto più noto della neonata stella della canzonetta nostrana. Quella che solo qualche mese prima, d’estate, impazzava allo sfinimento nelle radio e nei juke-box. Nei tuoi occhi innocenti posso ancora ritrovare il profumo di un amore puro, puro come il tuo amor. In Pasquale quei versi avevano scavato, senza che lui lo volesse, una nicchia dentro cui si annidavano nostalgia e amarezza. La stagione del sole e del divertimento, da qualche anno un vacanzificio che iniziava in sella alle Lambrette o dentro le Seicento ritratte dai cinegiornali come un unico serpentone spalmato su autostrade sempre più lunghe, per lui coincidevano con la rovina. La rovina di una carriera, ma ancor prima di un’indagine, stroncata a venti giorni dalla sua conclusione. Il trasferimento decretato ed eseguito alla velocità della luce, da una Padova sempre più cupa all’immobilismo di Ruvo di Puglia, provincia di Bari. E poi l’incriminazione, la sospensione dal servizio e dallo stipendio. Sapeva, Pasquale, di essere nel giusto e sapeva di essere un poliziotto onesto. Ed era convinto che lo sapessero anche Molino e il questore, quelli dell’ufficio Affari Riservati che avevano fatto a pezzi il suo lavoro e quei delinquenti che voleva incriminare, ma che avevano alla fine incastrato lui. Tuttavia non poteva dimostrare niente di tutto questo. O almeno tutti fingevano che fosse così. Nessuno sembrava credergli. E lui zitto, fedele al suo giuramento, intendeva documentare prove alla mano che i criminali stavano da una parte precisa. Una parte in cui lui non c’era. Questi pensieri accompagnarono Pasquale per tutto il pomeriggio del 12 dicembre 1969. A chi gli stava intorno aveva dato a credere di prepararsi al Natale ormai prossimo, si era sforzato di fugare la tensione dentro casa fingendo che fosse una fine d’anno come tante ce n’erano state e tante ne sarebbero seguite. E così facendo erano trascorse le ore, era giunto il momento della cena e il telegiornale era iniziato di nuovo. Edizione delle 21, Paolo Bellucci al microfono. «Ci sono state esplosioni nel pomeriggio a Milano e a Roma. La più grave è avvenuta a Milano nel salone centrale della sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura. Per lo scoppio quattordici persone sono morte, un’ottantina è rimasta ferita o contusa. Due dei feriti sono gravi. Sembra accertato che sia scoppiata una bomba. Il fatto, per la sua atrocità, per il numero di morti e feriti, è il più grave che abbia colpito Milano in tempo di pace. A Roma, anche qui, in pieno centro della città, ci sono state tre esplosioni. Due ordigni sono scoppiati all’Altare della Patria. Il boato è stato udito in tutto il centro della città. L’altra esplosione di Roma è avvenuta nella sede centrale della Banca Nazionale del Lavoro. I feriti sono più di dieci. Non ci sono vittime. Sentiamo da Milano le ultime notizie». Il volto di Bellucci lasciò il posto al servizio che iniziava inquadrando la grande scritta luminosa della banca devastata. In sottofondo si sentivano il lamento delle sirene di ambulanze e forze dell’ordine e un brusio costante, voci che senza sostanza parlavano di qualcosa che non si comprendeva più, era solo rumore bianco. «Molti dei testimoni dicono che erano circa le 4 e mezzo quando nel salone della banca, affollatissimo oggi perché era giornata di mercato, è avvenuta la tremenda esplosione. Un boato e una fiammata hanno letteralmente sconvolto l’edificio. Una buca di circa un metro di diametro si è aperta nel pavimento della parte riservata ai clienti che in quel momento stavano ultimando le operazioni bancarie. I primi soccorsi sono stati portati dai cittadini che a quell’ora si trovavano numerosi nella centralissima piazza di Milano che è a pochi passi dal Duomo. È scattato subito l’allarme alla polizia, ai vigili del fuoco e agli ospedali. Sul posto si sono recate immediatamente tutte la autorità della provincia e il cardinale arcivescovo la cui sede è a po- Gli ignoti che si riuniscono sotto la sigla Anonymous promettono battaglia contro censura, imperialismo, finanza d’assalto, devastatori dell’ambiente e militarismo. Questo libro è un’inchiesta su una forma di lotta da nuovo millennio che ha finito per colpire sette religiose, corporation, partiti reazionari e dittature mediorientali. Ogni volta che verrà compiuto un abuso, compariranno gli anonimi fustigatori il cui volto è rappresentato dalla maschera del giustiziere Guy Fawkes. E già oggi si può intuire il loro scopo: servizi digitali che garantiscano agli utenti la libertà di espressione. AVVERTENZA di Antonella Beccaria Mi rivolgo a voi, Anonymi. Questa non vuole essere la ricostruzione completa al millimetro della vostra storia. Qualcuno di voi me l’ha raccontata o almeno mi ha fornito la sua visione che non per forza è quella di tutti. Poi ne ho letto, rimbalzando un po’ ovunque per il web, e in fase di stesura delle pagine che seguono ho compiuto una scelta arbitraria: estrapolare da ciò che avete firmato, in toto o in parte, alcune operazioni che mi sembra vi descrivano meglio. Rimane fondamentale l’inciso «secondo me». Leggetelo come il necessario imho, in my humble opinion, come si usa scrivere nelle mailing list e nei gruppi di discussione in rete. Quella che voi e altri lettori incontrerete scorrendo questo testo è una specie di biografia non autorizzata. E se alla fine ciò che leggerete non vi piacerà, non “bombardate” troppo forte il mio sito. All’origine del libro c’è la volontà di tributarvi un merito indiscutibile: combattere per la libertà di informazione. Perché, credetemi, almeno un tratto in comune ce l’abbiamo, voi e io: crediamo che l’informazione debba essere libera. A qualunque costo. E comunque la prenderete, sarà stato un viaggio entusiasmante. Un viaggio all’interno di un enorme scherzo tremendamente serio. 19 chi passi dalla banca. Nell’aria c’era un odore acre di esplosivo. La maggior parte delle persone che erano presenti ha detto che probabilmente si trattava di una bomba. Tutta la zona adesso è presidiata da carabinieri e agenti di pubblica sicurezza. Il traffico è stato deviato per consentire un rapido movimento dei mezzi di soccorso. Il sindaco ha proclamato il lutto cittadino e tutti gli spettacoli sono stati sospesi. Le bandiere abbrunate saranno esposte su tutti gli edifici nella giornata di domani. Sono state sospese le illuminazioni natalizie in segno di lutto». Quando la linea tornò in studio, si interruppe il rumore bianco della strada e Bellucci riprese a raccontare i fatti di quel pomeriggio. «I feriti delle esplosioni di Roma sono, come abbiamo detto, più di dieci. Secondo i primi accertamenti la bomba scoppiata alla Banca Nazionale del Lavoro era composta da una quantità di esplosivo tra gli ottocento grammi e i due chili. Sono passati otto minuti tra la prima e la seconda esplosione all’Altare della Patria. La prima è avvenuta alle 17.16 e la seconda alle 17.24. I due ordigni che sono scoppiati al Milite Ignoto erano ad alto potenziale. U- no è esploso sulla seconda terrazza davanti alla porta del Museo del Risorgimento. Uno dei battenti è stato scardinato e lanciato a sette metri di distanza. Una signora che si trovava a passare con una Seicento è stata sbalzata in aria e la macchina si è rovesciata su un fianco. È stata soccorsa e condotta all’ospedale. Tutti i vetri della basilica dell’Ara Coeli e del Museo del Risorgimento si sono rotti. All’interno della chiesa sono crollati alcuni pezzi del soffitto istoriato. L’altra bomba era stata sistemata sotto l’asta della bandiera, sotto la seconda terrazza del Vittoriano. Lo scoppio ha stroncato l’asta e ha fatto a pezzi una parte della balaustra. L’altra esplosione di Roma è avvenuto negli scantinati della Banca 20 Nazionale del Lavoro, in via San Basilio, nei pressi di via Veneto. I feriti sono stati medicati al Policlinico. Più precisamente l’ordigno di via San Basilio, sempre secondo i primi accertamenti, sarebbe scoppiato in un passaggio sotterraneo che collega i due edifici posti l’uno di fronte all’altro dove hanno sede gli uffici centrali della stessa Banca Nazionale del Lavoro. Il fabbricato, dove lavorano duemila persone, è stato fatto sgombrare dal personale. Anche qui l’esplosione ha provocato la rottura dei vetri e sono state le schegge a ferire le persone. Nel passaggio sotterraneo i tubi dell’impianto di riscaldamento si sono rotti e l’acqua ha allagato una parte dei locali. Per lo scoppio all’Altare della Patria sono state danneggiate anche molte auto in sosta a fianco del Vittoriano. Per precauzione tutta la zona circostante è stata isolata. Tecnici della direzione di Artiglieria e vigili del fuoco hanno compiuto un ampio sopralluogo. Anche gli uomini della polizia scientifica della questura e i carabinieri sono accorsi per cercare di accertare la natura degli ordigni esplosivi». Infine le immancabili reazioni dal mondo della politica. «Il consiglio dei ministri sta per riunirsi a Palazzo Chigi. Il presidente della Repubblica, Giuseppe Saragat, ha indirizzato al presidente del consiglio, Mariano Rumor, il seguente messaggio: “L’orrendo attentato che ha seminato la morte a Milano lascia sgomenta la nazione per l’efferatezza del delitto, per la sua mostruosa enormità, per la sua bestiale incoscienza. L’attentato di Milano – dice il messaggio del capo dello Stato – è l’anello di una tragica catena di atti terroristici che deve essere spezzata a ogni costo per salvaguardare la vita e la libertà dei cittadini. Tocca alle forze dell’ordine democratico, tocca all’autorità giudiziaria di fronte alla quale giacciono numerose denunce per istigazione ad atti di terrorismo restituire alla legge voluta dal popolo l’assoluta sovranità. Tocca ai cittadini assecondare l’opera della giustizia e delle forze dell’ordine democratico, della difesa della vita contro la violenza omicida. A lei, Onorevole Presidente, e al ministro dell’interno, Franco Restivo – dice il presidente della Repubblica – esprimo tutta la mia solidarietà per l’azione che il governo intraprende allo scopo di reprimere inesorabilmente questi atti criminali rivolti a sovvertire il libero e democratico ordinamento del nostro Paese e La prego di porgere le commosse condoglianze a nome della nazione e mio personale alle famiglie delle vittime”». L’innocenza era finita, perduta per sempre. Pasquale non se ne rende- NOVITA’ va ancora pienamente conto, ma le parole che aveva appena ascoltato gli piombarono addosso come se una scheggia avesse raggiunto anche lui, a 850 chilometri di distanza da quella banca milanese. Prima gli venne quasi da ridere a sentire le parole di Saragat, così pompose e al contempo così vuote rispetto alla vera natura di ciò che chiamava «libero e democratico ordinamento del nostro Paese». Poi, però, quella risata morì prima di affiorare e Pasquale si portò le mani al volto Antonella Beccaria, Giacomo Pacini mentre da qualche parte nella sua testa risuonarono le parole che aveva scritto solo pochi mesi prima, in uno dei due memoriali inviati al giudice istruttore di Padova, Francesco Ruberto: «Erano imminenti degli attentati». (Questo brano è tratto da Attentato imminente, Stampa Alternativa, 2009, la storia del commissario Pasquale Juliano) È inimmaginabile per chiunque la quantità di Male che bisogna accettare per ottenere il Bene”, afferma il Divo Giulio Prima edizione marzo 2012 Divo ritratto nel fortunato film di Paolo Sorrentino. E Giulio Andreotti, l’uomo in carne e ossa, di male ne ha attraversato tanto o, quantomeno, tante sono state le realtà opache che hanno accompagnato la sua storia. Fin dai tempi della Seconda guerra mondiale e dei suoi rapporti con i servizi segreti alleati, proseguendo con la stagione dei dossier, l’esplosione del terrorismo, le coperture degli stragisti neofascisti, l’allestimento di apparati non ortodossi, come Gladio e l’Anello, fino alle clientele necessarie per raccogliere consenso e ai rapporti ambigui con la mafia. Difficile dire se il Divo Giulio sia stato il maggiore statista italiano del Novecento o il grande Belzebù che si è nutrito della parte più oscura della storia nazionale. Quello che è certo è che ripercorrere la sua vicenda significa attraversare tutti i maggiori scandali italiani dal dopoguerra a oggi, dal golpe Borghese al delitto Moro, dalla P2 a Michele Sindona, fino all’omicidio del giornalista d’assalto Mino Pecorelli. Questa biografia di Giulio Andreotti, rigorosa e documentata, ricostruisce per la prima volta senza pregiudizi e senza timori l’intera storia politica, quella ufficiale e quella inconfessabile, del ‘grande vecchio’ dell’Italia del Novecento, tracciando un percorso inquietante dentro le ombre più dense della prima Repubblica. 21 LA CREZIONE DELL’UOMO ALESSANDRO DEMONTIS In questo articolo vorrei esaminare alcuni passaggi dei miti sumerobabilonesi che raccontano della 'Creazione' dell' uomo. Questi miti vengono sempre letti in maniera allegorica, estremamente interpretativa, senza fermarsi a pensare ai reali contenuti e ai processi descritti. Il primo da analizzare, che ho già menzionato più volte, è l' Atra Hasis, la 'cronaca del mondo' lasciataci dai babilonesi. Il testo inizia con una collocazione temporale per descriverci come iniziò tutta la vicenda degli Anunnaki. Per questa analisi userò la versione tramandataci da James W. Bell: Before men were created, the Anunnaki – the gods living on the earth – had to till the land and water it to grow their food. They found the work tiresome and too much trouble. So they gave Enlil lordship of the earth. He summoned the Igigi, calling down from heaven the lesser gods, lower divinities without names, to do the work. questa analisi é quella relativa alla 'rivolta' degli dei minori che porta alla creazione dell'uomo: So Enlil summoned the others, including Anu from heaven, and Enki, lord of the Abzu. Together, they stood on the ramparts of the Ekur and addressed the besiegers. “Why do you attack us?” The Igigi answered as one, “The work you have assigned us is killing; Dunque erano gli Anunnaki e gli Igigi we can no longer bear it. We have a svolgere i compiti e il lavoro neput a stop to digging cessario alla sussistenza. and declared war. La parte che ci interessa ai fini di 22 Enki responded, “If we use pure clay to make these new creatures, they will be like the animals, without intelligence. To make them capable of bearing the yoke of Enlil, we must slay one of the gods so his flesh and blood can be mixed with the clay to be made into a man. Then what we create will be god and man mixed together.” Il procedimento utilizzato è qui riportato dallo stralcio del testo di Bell: La soluzione a questo problema è trovata da Enki, che coinvolge la so- Mami took the mixture and pinched rellastra Ninmah, chiamata nel testo off fourteen pieces, 'Mami': to create seven males and seven females. “Look,” he continued, “the goddess She presented them to the AnunnaMami is with us. ki, saying, Let her create mortals, creatures to “I have done all you asked. You have be our slain servants and to do our work. a god of intelligence and mixed his Then we can put the yoke of Enlil on flesh these beings and blood with clay so I could enand let the Igigi return to heaven.” gender men. I relieve you of wearisome work by Mami / Ninmah chiede pero l' aiuto imposing di Enki, chiedendo che sia lui a pre- your yoke upon them. I have also parare la 'argilla adeguata per il la- bestowed upon them voro'. the ability to use the spoken word, Questo particolare dell'argilla è on- so they may call to one nipresente nelle storie della Creaanother to help fulfill their tasks” zione di Sumer, Babilonia, e quella biblica... E vedremo presto il perLa creazione, dunque, una volta troché. vata la 'ricetta ideale', avviene traEnki risponde che per ottenere mite l'utilizzo di 14 'pezzi' con cui qualcosa che sia per metà umano e creare 7 maschi e 7 femmine. per metà 'divino', cioè un essere ca- Una 'clonazione'? pace d’interagire con gli Anunnaki, Abbandoniamo questo testo perbisognava utilizzare il sangue e la ché, per esaminare ancora meglio la carne di un dio. creazione dell'uomo, dobbiamo anIl termine utilizzato nella versione dare all'originale testo sumero. accadica è Nepisthum che indica sia Il testo 'chiave' in questo senso è il il sangue sia il 'seme della vita'. mito sumero classico chiamato 'Enki 23 e Ninmah', nel quale vengono descritti i tentativi (andati male) di creare questo 'nuovo essere'. Vedremo, analizzando il testo, che le cose sono molto più 'tecnologiche' di come si pensa generalmente. Il mito è composto di quattro parti distinte, delle quali ci interessano la seconda e la terza. Nella seconda parte, Ninmah crea 6 esseri, tutti malati, per i quali Enki ‘decide i destini’, cioè dispone per loro un compito che possano svolgere nonostante le loro menomazioni. Nella terza parte, poiché Ninmah é desolata di non essere riuscita a creare un ‘uomo perfetto’, Enki decide di provare un nuovo procedimento, utilizzando il seme di un maschio e impiantandolo nell’utero di una femmina (Ninmah stessa?) mischiando questo seme con una forma d’argilla (ancora...) da lui prodotta. Anche questo esperimento però produce un essere imperfetto, chiamato Umul (che in sumero significa appunto ‘creatura malata’), con molte menomazioni. Ninmah, constatando che questo essere non è in grado di badare a se stesso, si lamenta con Enki. Questi però ricorda a Ninmah di come lui abbia comunque badato ai 6 esseri prodotti da Ninmah. Ciò che ci interessa maggiormente è la risposta che Enki dà a sua madre Namma, la quale diede l'originale idea di creare l' uomo. In sumero la risposta è: 30. ama.gu10 mud mu.gar.ra.zu i3.gal2.la.am3 zub.sig3 dingir.re.e.ne keshe2.i3 31. shag4 im ugu abzu.ka u3.mu.e.ni.in.shar2 32. sig7.en sig7.hi im mu.e.kir3.kir3.re.ne za.e me.dim2 u3.mu.e.ni.gal2 33. d.nin.mah.e an.ta.zu he2.ak.e 34. d.nin.imma3 d.shu.zi.an.na d.nin.ma.da d.nin.barag 35. d.nin.mug d.shar.shar.gaba d.nin.gun3.na tud.tud.a.zu ha.ra.gub.bu.ne traducibile in: “Madre, la creazione di cui parli avrà luogo, imponiamo ad essa il lavoro degli dei, mischia l’ argilla della terra a nord dell’ Abzu le dee della nascita ti aiuteranno a lavorare l’ argilla, e la forma sarà realizzata Ninmah sia tua aiutante, Ninimma, Shuzianna, Ninmada, Ninbarag, Ninmug, Sharshargaba, Ningunna, ti aiutino nella nascita” Dunque a essere 'legato' può essere sia il 'lavoro' ma anche l'immagine degli dei. Parliamo ora dell'argille. Come mai questo materiale sembra così insistentemente coinvolto nei miti? E se nella Bibbia Dio creò l' uomo 'dalla terra', un termine generico, come mai in tutti i miti sumeri e babilonesi che descrivono questo tipo di Creazione ritorna sempre l'argilla? La spiegazione che ci viene data di solito è che Sumer era un territorio argilloso, bagnato dal Tigri e dall'Eufrate, e che quindi l'argilla era la scelta più normale nello scrivere i testi. Del resto anche i miti sumeri ci son giunti in tavolette d'argilla. Ma se ci fosse un'altra spiegazione? Ebbene, alcuni studi nel campo della biologia hanno identificato, nelle argille organiche come la montmorillonite, dei 'catalizzatori ideali' per operazioni di combinazione e ricombinazione dell'RNA e del DNA. L'argilla organica sembra partecipare come 'protettrice' nelle reazioni che coinvolgono mix cellulari, favorendo una maggiore stabilità di reazione e aumentando le percentuali di riuscita delle combinazioni in modo sensibile. Ma abbiamo parlato del procedimento seguito da Enki, diverso da quello seguito da Ninmah. Esaminiamo il testo sumero: La frase che ho sottolineato è la chiave per comprendere il 'mistero' che ruota intorno a questa 'creatura'. La traduzione infatti è controversa perché in sumero non è possibile stabilire con certezza il 'tempo' di una situazione o azione. Dunque alla luce del significato dei singoli termini si può tradurre anche come 'La creazione di cui parli esiste' intendendo con 'la creazione' in effetti 'il creato' (mud) dunque un essere vivente. Si noti che 'gar' (ngar) ha anche il significato di 'immagine / aspetto / forma'. a gish3 ak shag4 munus.a.ka ri.a 24 tradotto in: “versa il seme maschile nell’utero di una donna” Come è possibile versare il 'seme maschile' nell'utero di 'una donna' se l'uomo non è ancora stato creato? A questa domanda è possibile rispondere con il ragionamento, e abbandonando i classici 'canoni' che prevedono una 'Creazione da zero': una delle due parti coinvolte è la 'creatura che esiste', l'Homo Erectus, del quale viene utilizzato il corredo genetico. L'idea che si delinea è che si sia utilizzato lo sperma di un Anunnaki, unendolo all'ovulo di una ominide (mescolandoli nell'argilla), e successivamente impiantandolo nell'utero di una o più femmine Anunnaki. Infatti ricordiamo che le 'dee della nascita' dovevano aiutare nel lavoro. Esse erano appositamente SETTE, per creare 7 maschi e 7 femmine! ILLUSIONE DI UN SUICIDIO VERITÀ CELATE SUL FUHRER ROBERTO BOMMARITO La morte storica del Führer professore Ian Maynard Begg, della McMaster University in Ontario, eviNella psicologia esiste un fenomeno denziano come di norma le persone chiamato «Illusione della verità». tendano a ritenere vere le narrative Alcuni studi, ad esempio quello del con cui hanno più familiarità. In altre 25 parole, si tende a credere a ciò che viene ripetuto più spesso. Questo fenomeno potrebbe aiutarci a comprendere come mai si diano per scontati avvenimenti che ci sono stati presentati come autentici dalle istituzioni educative e dai media senza però alcun fondamento di base. Un importante esempio è il suicidio di Adolf Hitler. Secondo la storia che conosciamo tutti, il dittatore e la moglie Eva Braun Hitler si tolsero la vita nel Führerbunker di Berlino il 30 aprile 1945. Le salme, sempre secondo questa versione dei fatti, vennero incenerite per evitare che venissero esibite come trofei di guerra da Josif Stalin. C'è una domanda, però, che in pochi si pongono. Ovvero quali fatti esistono a supporto di tutto ciò? L'autore principale della storia del suicidio di Hitler è stato lo storico Hugh Trevor-Roper, agente dell'intelligence britannica durante il secondo conflitto mondiale. Fu proprio il governo inglese, infatti, a incaricarlo di investigare le sorti del Führer. I risultati di questa investigazione vennero pubblicati nel 1947 all'interno del suo libro The last days of Hitler, tradotto: Gli ulti- The last days of Hitler di Hugh Trevor-Roper mi giorni di Hitler. Come muore una dittatura. Purtroppo il lavoro di Trevor-Roper è tutt'altro che attendibile. Hanna Reitsch, pilota della Luftwaffe che avrebbe tentato all'ultimo momento di salvare Hitler atterrando con il suo Fieseler Fi 156 Storch nel cuore di Berlino, dichiarò ufficialmente di non essere mai stata intervistata dall'autore, come invece sosteneva quest'ultimo. Altri intervistati, quale ad esempio il chauffeur del Führer, Erich Kempka, hanno apertamente dichiarato di aver raccontato ciò che i loro interlocutori, incluso Trevor-Roper, volevano sentire, come sottolinea il giornalista investigativo Gerrard Williams nel suo libro Grey Wolf - The Escape of Adolf Hitler. Per di più lo storico non intervistò mai di persona coloro che si nascosero nel Führerbunker insieme a Hitler. Di alcuni di loro lesse solo le dichiarazioni scritte. Alla luce dei fatti, sarebbe ingenuo non sospettare che il lavoro di Trevor-Roper sia più un'operazione propagandistica che altro. Affinché il nazismo fosse sconfitto del tutto, l'uomo che lo incarnava doveva esserlo pure. Non c'è da sorprendersi, quindi, se l'agente dell'intelligence britannica propagò una tesi che, pur non essendo fondata su alcun fatto concreto, venne negli anni presentata come genuina e accurata. Lo stesso Stalin, durante la Conferenza di Potsdam del luglio 1945, dichiarò di non credere alla morte di quello che era stato il suo principale nemico, dato che nessuno dei corpi rinvenuti apparteneva a Hitler, ritenendo invece che il dittatore fosse evaso in Spagna o Argentina. Alcuni, chiamandola Operatsiya Mif (Operazione Mito), sospettano che questo fu solo un tentativo di Stalin di confondere le acque. Forse. O forse no. J. Edgar Hoover, direttore dell'FBI, ben vent'anni dopo la fine 26 della guerra continuò a raccogliere informazioni sugli avvistamenti di Hitler, molti dei quali provenienti dall'Argentina, dove si trova ancora oggi una vasta comunità tedesca. Alcuni di questi file sono accessibili, ma non tutti. La maggioranza di queste testimonianze sono ancora mantenute segrete dai governi americani e inglesi. In ogni modo, l'interesse dell'FBI potrebbe essere indicativo di incertezze che riguardano le sorti del dittatore tedesco condivise anche in ambito governativo. I denti di Hitler. O no? Lo scienziato forense Hugh Thomas, nel suo libro The Murder of Adolf Eva Braun toposta all'esame del DNA. Le autorità russe, anche dopo – o forse soprattutto dopo – la scoperta che il cranio appartiene in realtà a una donna, si rifiutano di concedere l'autorizzazione. Hitler strangolato dalle forze alleate in una vignetta propagandistica sovietica Hitler, sottolinea come le bruciature delle ossa che sarebbero appartenute a Führer, descritte nei documenti dell'autopsia pubblicati parzialmente nel 1968, siano consistenti con temperature superiori ai 1000°C. Tali temperature sono ottenibili solo in un crematorio e non bruciando i corpi all'aperto con la benzina come vorrebbe la storia. Opinione, questa, condivisa da W. F. Heimlich, alto ufficiale dell'amministrazione americana a Berlino nel 1947. A parte ciò, secondo i resoconti dell'autopsia, il corpo carbonizzato di Hitler sarebbe stato ritrovato privo del piede sinistro e delle costole del lato destro. Se il corpo fu davvero seppellito immediatamente dopo essere stato bruciato, non si spiega che fine avrebbero fatto le parti mancanti. Ma dopotutto le ossa erano davvero quelle del dittatore? L'esame genetico della calotta cranica rinvenuta nei pressi del Führerbunker che secondo Mosca sarebbe stata quella di Hitler, ha rivelato che in realtà apparteneva a una giovane donna. L'archeologo che ha effettuato l'indagine, lo statunitense Nick Bellantoni dell'università del Connecticut, ha aggiunto che il cranio non poteva nemmeno appartenere alla moglie in quanto «non c'è nessuna indicazione che Braun si sia sparata o sia stata raggiunta da un colpo d'arma da fuoco.» La mandibola conservata negli archivi dell'FSB (ex KGB) – l'altro reperto che sarebbe appartenuto al dittatore – per quanto corrisponderebbe alla ricostruzione fatta dal dentista personale del Führer, Hugo Blaschke, nel 1945, non è mai stata sot- La calotta cranica che sarebbe dovuta appartenere a Hitler, in realtà quella di una giovane donna non identificata 27 Frammento della mandibola che apparterrebbe a Hitler A questo punto è giusto domandarsi se è davvero così assurda l'ipotesi che la mandibola possa essere anch'essa un falso? Come escludere la possibilità che l'assistente del dentista Blaschke, Kaethe Heusemann, ovvero colei che avrebbe identificato il reperto, non abbia voluto ingannare i sovietici? Quando i russi si recarono nello studio del professore Blaschke al Kurfuerstendamm 213, vi trovarono invece un altro dentista che aveva preso il suo posto, il dottor Fedor Bruck. Fu questo a consigliare ai sovietici di rintracciare l'assistente di Blaschke, per l'appunto Kaethe Heusemann, e il tecnico dentale Fritz Echtmann, dato che tutte le documentazioni relative agli interventi su Hitler – al contrario di quelli di Heinrich Himmler, Hermann Goering e Joseph Goebbels – non si trovavano più negli archivi dello studio. Una volta rintracciata, la Heusemann venne condotta alla Reichskanzlei (Cancelleria del Reich) in cerca delle documentazioni che però, ancora una volta, non vennero trovate. La donna fu così portata nei quartieri generali della SMERSH, il diparti- mento di controspionaggio sovietico. Lì le mostrarono la mandibola che era già stata estratta dal corpo carbonizzato, conservata all'interno di una scatola di sigari. L'assistente disse che i denti appartenevano al dittatore, affermando di riconoscerne i segni lasciati dalle trapanature di Blaschke. Aggiunse pure di essere stata presente durante l'intervento, osservando tutto da vicino con molta attenzione. Purtroppo, come vedremo, fu lo stesso professore a smentirla. Questa non fu nemmeno l'unica falsa testimonianza della donna. La Heusemann, cosa poco nota questa, mentì anche riguardo a Eva Braun, sostenendo di riconoscerne la mandibola che, secondo lei, avrebbe presentato un ponte dentario. In realtà il ponte non venne mai applicato alla blicata, come delinea Giordan Smith nel suo saggio Fabricating the death of Adolf Hitler. Bisognerebbe perciò limitarsi a credere sulla parola le autorità russe? E, in ogni modo, chi ci assicura che il modello di Blaschke fu davvero quello dei denti di Hitler e non l'ennesimo tentativo di depistaggio? In uno scenario dove Hitler invece di suicidarsi si dà alla fuga, fornire false prove ai sovietici che gli danno la caccia – come probabilmente tentò Hugo Blaschke di fare la Heusemann, che fu poi demandibola, aveva invece dichiarato portata in Russia dove sparì per semagli agenti sovietici, a quanto pare pre – sarebbe tutt'altro che assurdo. mentendo, di aver assistito Blaschke I dubbi sono tanti. Le certezze riguarnon solo durante l'intervento della dano solo le incongruenze delle testitrapanazione, come detto in prece- monianze rilasciate da Kaethe Heudenza, ma anche in ben altre cinque semann. operazioni dentali – per un totale di In ultima analisi, non esistono prove sei – effettuate al dittatore a cavallo forensi certe che i corpi carbonizzati ritrovati davanti al Führerbunker fossero davvero quelli di Hitler e della moglie Braun. Le prove continueranno a mancare finché non si effettuerà per lo meno il test del DNA sui frammenti della mandibola. Cosa accadde quindi al dittatore tedesco? La fuga L'agenzia di stampa britannica Reuters, fra le più importanti del mondo, insieme all'altrettanto nota AssociaLo sketch di Heusemann. Fino a che punto è affidabile? ted Press, pubblicarono la testimonianza di Peter Erich Baumgart damoglie del Führer, come ammesso fra il 1944 e 1945. vanti alla corte di Varsavia, nella quada La donna, secondo il dentista, avreb- le sosteneva di aver pilotato l'aereo Echtmann. be visto solo le lastre dei raggi X. a bordo del quale Hitler e sua moglie Avendo mentito sulla Braun, quanto Quelle giunte fino a noi sembrano evasero da Berlino. rimane credibile la testimonianza coincidere con la mandibola. Baumgart era un pilota della Luftwafdella Heusemann su Hitler? A questo punto, però, bisogna affiJunkers Ju-52 L'attendibilità della Heusemann si fa darsi alla buona fede del professore ancora più dubbiosa se prendiamo in Blaschke, fidandoci che le lastre apconsiderazione le affermazioni dello partenessero davvero a Hitler. stesso professore Blaschke. Al dentista venne pure chiesto di riNel 1948 il dentista disse in un'inter- costruire un modello dei denti del vista che la donna non l'aveva mai Führer. Questo sarebbe corrisposto accompagnato durante gli interventi al reperto custodito dai russi. Ma l'ueffettuati su Hitler. La Heusemann, so del condizionale è d'obbligo in che eseguì anche uno sketch della quanto la prova non è stata mai pub28 fe esperto in voli clandestini, la sua bravura attestata dalla Croce di Ferro di prima classe. Il 28 aprile 1945 atterrò con il suo apparecchio – un Ju 52 assegnato alla Kampfgeschwader 200, il braccio della Luftwaffe dedicato alle operazioni speciali – a Hohenzollerndamm, una stazione del distretto Wilmersdorf di Berlino. Imbarcò i suoi passeggeri, prima di decollare per la volta di Tønder in Danimarca, volando a bassa quota per evitare il fuoco nemico. Il pilota scoprì che fra i suoi passeggeri c'erano Hitler e Braun solo dopo che questi erano saliti a bordo. Baumgart dovette fare una sosta inaspettata a Magdeburg, per evitare il traffico aereo nemico, ma il giorno dopo, il 29 aprile, arrivò finalmente con il suo equipaggio a destinazione. La testimonianza del pilota è supportata da quella di un ufficiale delle SS, Friedrich von AngelottyMackensen, il quale dichiarò che il U-Boat tipo IXC nello della Luftwaffe Werner Baumbach, colui in carica del reparto speciale Kampfgeschwader 200. Fu lui, come possiamo evincere dai suoi diari, a disegnare il piano di volo di sei ore che da Travemünde avrebbe portato i due in Spagna, per la precisione a Reus in Catalonia, a bordo di uno Ju 252. Quest'altro trimotore aveva infatti una durata di volo superiore allo Ju 52. Dato l'appoggio del regime fascista, la scelta della Spagna come trampolino di lancio per il Sud America appare abbastanza logica. Il generale sovietico Nikolai E. Berzarin qualche tempo dopo dichiarò: «La mia personale opinione è che Hitler sia evaso da qualche parte in Europa, forse nella Spagna di Franco. Aveva la possibilità di farlo.» Dalla base militare spagnola di Reus, di nuovo a bordo di un Ju 52 ma questa volta con coccarde spagnole, la coppia fu trasportata nella base Werner Baumbach militare nazista di Jandía, una peniFührer fece un ultimo discorso pro- sola disabitata delle isole Canarie. prio a Tønder, nel quale preannun- Da lì una U-Boat tipo IXC, l'unico dei ciava la resa della Germania nazista, sommergibili tedeschi capaci di inprima di imbarcarsi di nuovo sull'ae- traprendere un viaggio così lungo, li reo diretto a Travemünde. avrebbe portati in Sud America. Ad attendere la coppia ci fu il colon- La ricostruzione della fuga di cui so29 pra segue quella delineata da Gerrald Williams e Simon Dunstan. Ricostruzione che vedrebbe Hitler e la moglie sbarcare infine in Argentina. L'uso del condizionale è ancora una volta d'obbligo in quanto le tappe del viaggio sono basate sulle testimonianze di coloro che avrebbero accompagnato o incontrato la coppia di fuggitivi. Non c'è quindi alcuna certezza che le cose siano andate esattamente in questo modo. Allo stesso tempo però non bisogna dimenticarsi che anche la versione ufficiale – basata soprattutto sul libro di Trevor-Roper – è stata messa in piedi affidandosi esclusivamente ai resoconti che presentavano diverse incongruenze e addirittura in alcuni casi, come in quelli di Erich Kempka, Hanna Reitsch e Kaethe Heusemann, dimostrati falsi o, in ogni modo, falsificati. Le contraddizioni riguardano anche coloro che affermarono di aver visto i corpi senza vita di Hitler e la moglie all'interno del Führerbunker. Il resoconto del 1956 di Heinz Linge, cameriere del Führer, non coincide con quello di Otto Günsche, Sturmbannführer delle SS. La posizione dei corpi varia nelle due versioni. Secondo Linge, la coppia fu ritrovata sul divano. Günsche dichiarò invece che solo Eva Braun sedeva sul divano, mentre Hitler si sarebbe tolto la vita nella sua poltrona. Le testimonianze variano anche per quanto riguardano la ferita mortale. In una versione il dittatore si sarebbe sparato in bocca. In un'altra in testa. Günsche dichiarò anche, al contrario di altri, di non aver sentito il colpo di pistola. Ricapitolando: per quanto sia vero che non possiamo essere certi dei socialista. I nazisti sembrava avessero in mente una conquista ideologica delle Americhe. Ernst Hasse, presidente della Alldeutscher Verband o «lega pangermanica», predisse che le repubbliche argentine e brasiliane avrebbero accettato l'influenza nazista. Nel giro di un secolo, sosteneva sempre Hasse, anche il Nord America avrebbe accolto con favore l'ideologia nazionalsocialista. Ne fu tanto sicuro da dichiarare, probabil- Too late Adolf (Troppo tardi Adolf) per l'Argentina, come illustrava A. W. Mackenzie in questa vignetta del 1944, o no? mente con una nota d'ironia, che «l'imperatore germanico risiederà forse a New York.» Anche se le cose non andarono come previsto da Hasse, l'influenza politica esercitata sui governi del Sud America e in particolar modo su quello argentino di Juan Perón da parte delle forze naziste fu rilevante. Nel 1943, l'autore americano Allan Chase scrisse: «Le Falange dell'America Latina appartengono a Hitler.» Prendendo in considerazione tutto Hitler in sei varianti diverse, di Eddie Senz dettagli che riguardano la fuga di Hitler, è altrettanto vero – e questo è il punto essenziale – che possiamo invece ritenerci sicuri che la versione storica della sua morte non è corretta. Per di più manca qualsiasi prova concreta, forense o meno, a sostegno del suicidio del Führer tedesco. In Argentina Nel 1939, all'inizio della guerra, in Argentina risiedevano circa 237.000 tedeschi non ebrei, di cui 60.000 erano membri del partito nazional- Adolf Hitler ed Eva Braun 30 ciò, la scelta dell'Argentina come destinazione della fuga del Führer e della moglie Eva Braun appare sensata. Nel 1944 l'FBI americana compilò dei documenti che segnalavano i possibili luoghi dove il dittatore tedesco avrebbe potuto rifugiarsi in Argentina dopo la caduta della Germania nazista. Un anno prima, il giornalista americano Drew Parsons aveva scritto che i tedeschi stavano costruendo un rifugio, sempre in Argentina, per il loro Führer. Non fu solo l'FBI a occuparsi della scomparsa del dittatore tedesco. Un documento della CIA risalente al 1955 testimonia un avvistamento di Hitler, anche se questa volta in Colombia. Ma già dopo il D-Day del 6 giugno 1944, l'OSS, Office of Strategic Services, predecessore della CIA, aveva incaricato Eddie Senz, un make-up artist di New York, di riprodurre una foto del Führer, variandone le apparenze, per aiutarne l'identificazione nel caso fosse evaso dalla Germania. L'interesse dell'FBI, come già evidenziato in precedenza, rimase vivo negli anni, continuando a collezionare testimonianze. Come riportato dall'International Portrait of German leader Adolf Hitler in old age (Ritratto del leader tedesco Adolf Hitler anziano) di Andrzej Dragan Sinopsi di un documento dell'FBI che investiga la presenza di Hitler in Argentina Business Times nel 2011, l'FBI ha rilasciato 867 pagine di documenti, centinaia dei quali trattano l'ipotesi che Hitler sia fuggito in Argentina, dichiarando esplicitamente che il dittatore avrebbe inscenato il suicidio. Negli anni le testimonianze di gente che dice di aver incontrato Hitler in Argentina si sono accumulate. In alcuni casi, come in quello del falegname del dittatore croato Ante Pavelic, Hernán Ancin, l'incontro si sarebbe ripetuto più volte, anche un decennio dopo la fine della guerra negli anni '50. Le innumerevoli dichiarazioni di persone che avrebbero incontrato il Führer tedesco e altri funzionari nazisti scoparsi dal radar della storia come Martin Bormann sono troppe per poter essere elencate tutte in questo articolo, analizzandone la veridicità. Quello che conta è comprendere che la possibilità di un esilio in Sud America è tutt'altro che impossibile, dato che anche durante il periodo della guerra sia l'intelligence alleata che la stampa riteneva questa ipotesi molto concreta. In conclusione, possiamo dire che le 31 falle sono tali da non giustificare la certezza dogmatica con la quale oggi viene preso per vero il suicidio di Hitler. Le istituzioni accademiche e i principali media rischiano di creare, come detto nelle battute d'apertura, un'illusione della verità che trasforma la storia in un simulacro narrativo privo di fondamenta. La possibilità di una fuga in Argentina è di fatto probabile, per quanto non sicura, ma proprio per questo l'investigazione sulle sorti del dittatore tedesco andrebbe ripresa, affidandosi sull'evidenza dei fatti piuttosto che non su motivazioni propagandistiche come fu probabilmente il caso con TrevorRoper. Finché non sarà fatto questo – e un buon punto d'inizio sarebbe l'estrazione del DNA dai frammenti mandibolari, comparandolo poi con quello dei parenti di Hitler, sperando in una loro collaborazione che finora purtroppo non è mai stata data – rischiamo di credere all'illusione di un suicidio, forse il più importante del secolo passato, ma che appartiene nondimeno alla coscienza storica attuale di noi tutti. NON PRENDIAMOCI SUL SERIO... 32 L’EGITTO PRIMA DEI FARAONI ROBERTO LA PAGLIA Per quanto la materia sia stata ampiamente trattata, alcune zone d'ombra rimangono ancora nella storia dell’antico Egitto, soprattutto quando si prova a leggere un documento che sembra provocare un notevole imbarazzo nell’archeologia ufficiale: il papiro di Manetone. Si tratta in pratica di una cronologia dei faraoni che comprende anche notizie relative agli avvenimenti accaduti prima del 3000 a.C., data della comparsa di Menes, primo Faraone ufficialmente riconosciuto dall’egittologia. Nello stesso periodo è però degno di nota registrare il fatto che apparve sorprendentemente una forma perfetta di scrittura, una misteriosa competenza tecnica in campo architettonico e precise conoscenze astronomi- che; da dove provenne questo improvviso balzo in avanti? L’egittologo inglese Toby Wilkinson così commentò l’avvenimento: “…sembrano non avere antenati o periodi di sviluppo, sembra che siano apparsi dal nulla…”; anche il francese Gaston Maspero ammise l’enigma dell’Egitto prima dei Faraoni: “…la religione e parte dei loro testi sacri erano già esistenti in un periodo antecedente la prima Dinastia…per capire non possiamo che tentare di entrare nello stato d’animo di coloro che vissero in quel periodo…”. Gli antichi Egizi consideravano la loro civiltà come un retaggio proveniente direttamente da esseri divini, un retaggio che esisteva in Egitto migliaia di anni prima delle dinastie faraoniche 33 oggi conosciute; il Canone Reale contenuto nel Papiro di Torino, scritto in caratteri geroglifici e risalente a Ramses II, presenta un elenco di tutti i faraoni che regnarono nel paese d'Egitto; questa lista comprende non solo i faraoni storici ma anche quelli che regnarono per retaggio divino e che provenivano da “altrove”; il Canone, infine, ci informa che questo periodo, antecedente a Menes, durò circa tredicimila anni! Certo non è facile ignorare tutto questo, così come è altrettanto difficile dare consistenza a quello che fino ad oggi è stato considerato soltanto un mito, ma lo è stato veramente? Nonostante il Canone Reale risulti mancante del nome di questi misteriosi Faraoni, possiamo aiutarci con la Stele di Palermo, sulla quale sono riportati i mitici regnanti, oltre che aiutarci con i resoconti storici di vari scrittori dell’epoca. Secondo Manetone uno di questi Faraoni fu Thoth che regnò all’incirca dall’8.670 al 7.100 a.C.; a tal riguardo è curioso osservare come lo stesso Manetone venga ritenuto affidabile dai ricercatori ufficiali per tutto ciò che riguarda le dinastie conosciute, mentre viene costantemente taciuto per tutto il resto. Manetone ci fornisce dettagli molto interessanti su queste misteriose dinastie chiamate “divine”, che suddivide in tre distinte categorie: divinità, eroi e "Manes". Allo stesso modo, anche la categoria degli Dei viene suddivisa in sei sezioni, ciascuna comandata da un dio: Horus, Anubi, Thoth, Ptah, Osiride e Ra; queste divinità, continua Manetone, provenivano dalla Terra, divennero in seguito celesti e vennero associate con le stelle quando raggiunsero il cielo. A cosa si riferiva? Semplici argomentazioni mitiche o resoconti di avvenimenti realmente accaduti e successivamente descritti? La categoria degli eroi comprende invece esseri di natura terrestre ma con poteri che oggi definiremmo soprannaturali; in ultimo troviamo i Manes o Khus, esseri gloriosi corrispondenti agli spiriti degli antenati venerati in altre culture. Sia queste fonti che altri storici ed eruditi quali Plutarco ed Eusebio di Cesarea ci parlano di u34 na stirpe di divinità che regnarono ciascuna per diverse centinaia di anni, soltanto dopo vengono citati i nomi dei regnanti che oggi conosciamo. Ovviamente nella nostra visione della storia e dell’evoluzione della civiltà umana è quasi impossibile pensare che dei sovrani di origine divina abbiano regnato per centinaia di anni, anche se poi, solitamente, nessuno batte ciglio quando si leggono le vetuste età riportate nella Bibbia in merito ai vari profeti e patriarchi. E’ possibile trovare una giustificazione a quanto riportato da Manetone? Saremmo tentati a questo punto di riprendere le teorie del filosofo Schwaller de Lubicz e dei suoi “Seguaci di Horus”, oppure quelle portate avanti dall’orientalista Zecharia Sitchin, ma esiste un mistero ancora più intrigante, legato forse alle teorie dei due autori appena citati, un mistero che riguarda gli enigmatici crani dolicocefali. La dolicocefalia è una particolare deformazione del cranio, ma anticamente era anche una pratica molto diffusa sia tra gli Aztechi che tra gli stessi egiziani. Con l’ausilio di fasciature rituali, e in seguito di assi di legno, si tentava di modificare la normale saldatura delle ossa del cranio al fine di renderlo allungato. Si trattava soltanto di un rituale? O forse era soltanto un tentativo, di certo cruento, di riprodurre l’antica immagine di qualcuno che, in epoche remote, aveva attirato l’attenzione proprio per questa sua strana anomalia? Parlavamo prima di un gruppo di persone, presumibilmente scomparso intorno al 4000 a.C., con conoscenze sofisticate e notevolmente avanzate; forse lo 35 stesso gruppo di persone che viene ricordato negli elenchi degli antichi regnanti. Il professor Walter B. Emery, scomparso nel 1971, eccellente archeologo, condusse per più di 45 anni scavi in Egitto; tra i suoi ritrovamenti figurano alcune tombe contenenti i resti di persone che vissero in epoca predinastica nel nord dell’Egitto. La caratteristica principale di questi scheletri è il cranio di dimensioni abnormi, dolicocefalo. Gli scheletri sono più grandi ri- spetto all’altezza media registrata nella zona del ritrovamento, la loro struttura è più pesante; una civiltà completamente sconosciuta, forse la stessa che si tentava di emulare con il rituale di allungamento del cranio. Non si trattava comunque di una caratterizzazione propria dell’Antico Egitto; scheletri con i crani allungati vennero alla luce in diverse regioni del mondo; In Perù sono state identificati ben tre gruppi con le stesse caratteristiche, tutti appartenenti al periodo pre Incarico: i Chinchas, gli Aymara e gli Huancas. Anche in questo caso venne confermato che il rituale si riferiva ad avvenimenti realmente accaduti, immagini di uomini che materialmente avevano vissuto insieme gli abitanti del luogo. I Chinchas, ad esempio, presentavano un cranio con tratti dolicocefali dovuti alle bende con le quali erano soliti fasciare le teste dei neonati, ma questo non avveniva in un contesto religioso bensì con lo scopo di assomigliare ai componenti degli altri due gruppi che, pur presentando questa caratteristica, non avevano mai eseguito il bendaggio del cranio. Queste persone erano già conosciute e rispettate ancor pri36 ma del mitico Manco Capac, il Primo Inca, e probabilmente influenzarono anche la cultura Maya e quella egiziana; forse non a caso crani dolicocefali si trovano nella storia dell’antico Egitto e contemporaneamente esposti nel museo di Tihuanaco. Possiamo quindi ipotizzare l’esistenza di una razza antidiluviana, i cui resti sono stati ritrovati in molte parti del mondo, che si distingueva per il cranio di forma conica allungato naturalmente? E come se non bastasse…per quale motivo molti crani dolicocefali conservati presso il Museo della Valletta, a Malta, RITORNA SIGNS MAGAZINE, RIPRENDE IL VIAGGIO TRA ANTICHI E MODERNI MISTERI, TRA GLI ENIGMI DELLO SPAZIO E GLI OSCURI SCENARI CHE CARATTERIZZANO IL COVER UP, LA COSTANTE NEGAZIONE DI UNA VERITÀ CHE DOVREBBE RENDERCI LIBERI, NON CERTO SCHIAVI DEL MONDO CHE CI CIRCONDA. SIGNS SARÀ PRESENTE OGNI MESE IN RETE, SCARICABILE GRATUITAMENTE DA QUESTO SITO E DAI SITI E BLOG CHE ADERISCONO AL PROGETTO. VI ASPETTIAMO PER INDAGARE INSIEME CIÒ CHE APPARE COME NOTO E QUELLO CHE SPESSO SI VORREBBE FAR PASSARE COME IGNOTO...SCOPRIREMO DI VOLTA IN VOLTA QUANTO QUESTI DUE TERMINI SIANO AMBIVALENTI, E COME, ALTRETTANTO SPESSO, POSSANO APRIRE IMPREVEDIBILI SCENARI. SIGNS MAGAZINE...FEBBRAIO 2013...NOI CI SAREMO... Roberto La Paglia CANARIE: UN VIAGGIO NEL MISTERO Editore Paranormaltour Non è facile spiegare in poche righe quali strade, quali sensazioni ci portino ad affrontare tematiche che, a prima vista, potrebbero apparire infinitamente lontane da quello che è il nostro quotidiano. Una delle tante risposte potrete trovarla proprio tra le pagine che state per leggere, una selezione per certi versi unica nel suo genere, la prima che si prefigge di raccogliere e sottoporre all’attenzione del grande pubblico uno degli aspetti forse meno conosciuti ma estremamente affascinante delle Canarie, i suoi antichi e moderni misteri. Molto spesso questo incredibile “paradiso terrestre” viene ampiamente menzionato soltanto negli spazi pubblicitari delle agenzie turistiche, questo scenario ha portato, nel tempo, ad accantonare spesso la storia dell’arcipelago, con le sue numerose leggende, i luoghi mitici e gli innumerevoli fatti misteriosi che ancora oggi ne disegnano i contorni. 37 sono stati ritirati alla vista del pubblico? Molti di questi enigmatici reperti, circa 700, vennero ritro- Esiste poi una strana serie di coincidenze: l'antico nome di Malta è Melita, riferito al vocabolo latino per miele, mentre il suo simbolo è un’ape e un alveare esagonale. L’ape era anche uno dei simboli del Faraone, oltre che uno dei suoi titoli, mentre il miele era un prodotto esclusivo riservato allo stesso Faraone e ai capi dei sacerdoti. Tenuto conto che la scomparsa di questa misteriosa popolazione è avvenuta nello stesso periodo sia a Malta che in Egitto vati a Malta, negli ipogei di Hal si potrebbero aprire molte Saflieni e nelle tombe dei tem- nuove strade per una ricerca pli megalitici di Taxien e Ggan- sull’argomento. tja I LIBRI DI ROBERTO LA PAGLIA 38 CONFESSO, HO VIAGGIATO DI NOEMI STEFANI APRILE A LONDRA Torno in Inghilterra, stanno chiamando il volo. Mi metto in coda a una lunga fila e mi accorgo che il cellulare è "morto". Provo e riprovo ma non da segni di vita. Cominciamo bene dico tra me e me. <Mi raccomando chiamami appena arrivi, che ti vengo incontro>... Sì, certo. E adesso non so proprio come, ma in qualche modo farò. Dopo quasi un anno riabbraccerò mia figlia e non sto nella pelle all'idea di tenermela stretta forte per un po’. Lo so, è adulta sa badare a se stessa, ma per me è ancora la mia piccolina. Quella che non mangiava se non l'imboccavo e raccontavo una storia, quella che faceva i primi passi nel girello con i pastelli in mano e colorava i muri di casa... Arte e libri, la mia stessa passione. Una sensibilità esasperata al limite che faceva di testa sua sempre e sempre contraria. Sempre. Sono pochi giorni ma per me è tanto. Vuol dire staccare dalla tranquilla quotidianità e fare un salto nel paese dei balocchi. Ah! Quanto ho amato l'Inghilterra. Anni fa con la famiglia avevamo fatto il giro della Gran Bretagna, su fino alla Scozia. Mentre aspetto il mio turno al banco del gate la mente vaga. 39 La Scozia... Ricordo il verde intenso dei boschi e le curve a gobba di cammello delle Highlands. I laghi (che poi erano fiordi)... Strisce azzurre scintillanti e increspate che si insinuavano tra le scogliere a picco. Era estate, il vento scuoteva, e i rami si incurvavano gentilmente. Macchie d'ombra sulla strada che si snodava in ripide salite e discese in sequenza continua. Su e giù, alti e bassi, una perfetta parafrasi della vita. Non c'era traffico. Le poche persone che abbiamo visto erano dentro ai pub dove ci fermavamo per dra sarebbe stata ancora la stessa. Una mega metropoli che per attraversarla sembrava non avesse mai fine. Il mio è un volo economico. Prepagato e prenotato, tutto regolare... Quindi che problema c'è? Lo diventa quando nel bagaglio a mano che ho già riempito di prelibatezze, chiedono di riporre anche la borsa. Mi fermano al gate d'imbarco, mentre forzo la cerniera e il mio colorito deve essere prossimo al bordò perché sto bloccando i passeggeri. Riesco a far rientrare quello che straborda e la zip grazie a Dio tiene. una sosta e avevano l'aspetto e la parlata tronca dei contadini scozzesi... Come Braveheart... Sorrido. Che posto da pecore. Tanti branchi di pecore segnate di blu che con sguardo assente ci vedevano passare da dietro ai reticolati. Pascolavano sotto il sole. Macchie bianche tra cespugli smeraldini che costeggiavano la strada. Tempo d'estate, e più a nord andavamo e più il giorno sembrava lungo, non diventava mai buio. Invece la fila si accorcia e tra poco tocca a me. Se mi chiedessero che ricordo mi è rimasto di Londra, non avrei esitazioni. Descriverei l'Inghilterra con il profumo dei saponi alla rosa dei piccoli alberghi dove sostavamo. La teiera elettrica sempre pronta con qualche bustina di gusti differenti da scegliere, bei giardini curati e fioriti, grandi distese verdi con poche fattorie. Dietro ai recinti cavalli che pascolano tranquilli dove nulla sembrava turbare quella quiete… L'azzurro di un cielo gonfio di nuvole bianche, grevi, che corrono veloci, e il vento che gioca a sospingerle qua e là. Chissà se avrei avuto ancora le stesse impressioni, se Lon40 migi, e tutto scorre come fosse un film, ma sono veramente lì e sto pregustando quello che verrà. La vedo, testina bionda che sobbalza tra la folla della stazione, mi viene incontro con passo svelto, sorride. Un abbraccio interminabile e le stampo un paio di bacioni sulle guance. Mi guarda le scarpe con il tacco e scuote la testa, <Non vanno bene. Preparati a scarpinare> dice. Indossa ancora un giaccone pesante. Insomma, la temperatura non è proprio primaverile, sole e pioggia si alternano continuamenSull'aereo il mio posto prenotato è già stato preso, tutto occupato e la borsa non ci sta. Non c'è più spazio per riporre nulla, tutto stivato al centimetro e siamo in molti. La hostess gentilmente mi dice di sedermi dove mi pare che intralcio il traffico e poi il decollo. Dopo un po’ arrivano con il carrello delle bevande, snack e panini. Tutto a pagamento s'intende. Prima dell'arrivo gli assistenti di volo cercano di piazzare persino i biglietti della lotteria gratta e vinci, ma nessuno li compra. Volo al risparmio stile Fantozzi e gente taccagna... Appena arrivo, fuori dall'aeroporto respiro profondamente, qui c'è un'aria diversa. Che meraviglia, aria pulita. Leggera brezza, venticello pungente un Aprile ancora quasi freddo. Ma quanti corvi... Si rincorrono tra loro, parlano e si rispondono gracchiando. Dopo circa un'ora di autobus la metropoli si offre in tutta la sua estensione e grande magnificenza. Londra dagli autobus rossi a due piani, le cabine telefoniche rosse anche quelle, che rimangono superstiti nonostante la tecnologia avanzata dei cellulari le dichiari ormai obsolete. Un traffico caotico, i ponti sul Ta- te. Vittoria Station e il nostro primo lunch insieme per sciogliere la tensione. Tante cose da chiedere e da ascoltare, poi incominciamo a fare programmi per il fine settimana. Un bus per andare all'hotel, lasciare la valigia e capire dove sarò per orientarmi. Cosa fare nel tempo che rimango l'ho già progettato e immaginato nel dettaglio. Vorrei assolutamente vedere la Chiesa dei Templari che è proprio vicino al Blackfriars Bridge (ponte dei frati neri) dove è stato trovato impiccato il noto banchiere Calvi e se riesco vorrei tor41 nare a Stonehenge. Naturalmente le cose vanno in modo diverso. La Chiesa dei Templari è chiusa per restauri, ci sono delle Gallerie d' arte da vedere, e poi il mercato di Portobello Road a Notting Hill. Non c'è tempo per Stonehenge. Prendiamo la "tube", metropolitana londinese. La prima cosa che noto sono le mura ai lati della ferrovia. Accipicchia, sono mura romane. I nostri antenati hanno lasciato segni tangibili anche qui. L'hotel è gestito da indiani, tutto al risparmio. Se si brucia una lampadina, pazienza. Manca lo shampoo? Lo chiedi e ti portano cinque buste di bagnoschiuma. Per quel poco che rimango, mi vanno bene anche le bruciature di sigaretta nelle tende. Ma anche questa è Londra. Vicino alla National Gallery, c'è la Galleria dei Ritratti e vale la pena di entrare. Ci sono cose che non ho potuto fotografare, e lo sapevo, nelle Gallerie non lo permettono. A volte sono inquietanti. Il ritratto di Aleister Crowley, noto satanista e occultista che per un certo periodo era stato collegato ai Beatles, quando erano all'apice della loro carriera. Come non associarlo ad una strana composizione di oggetti e piume appesi a un trespolo che formano un' ombra sulla parete... Completo di corna, e del tutto improbabile per quel luogo, ne esce fuori l'ombra del dannato. Inghilterra, l'isola degli angeli. Il chakra del cuore del mondo. Ma non solo questo mi sembra. Guardo i gadget nelle vetrine, portachiavi con angeli o diavoli a scelta. Nel pomeriggio facciamo un giro al mercato di Portobello Road a Notting Hill. Ci sono ragazzi che suonano le canzoni dei Beatles, ed è suggestivo camminare tra le bancarelle con le canzoni più belle della mia vita. Non mancano tipi strani, come un uomo anziano che attraversa la strada, tutto vestito di nero, persino il cappello che porta in testa e il mantello che svolazza nel vento, tipo Dracula. Che dire, molto suggestivo. Il tempo passa in fretta, ci si stanca a camminare, fa freschetto e così entriamo a bere qualcosa dentro ai pub. Non sono esattamente come i nostri bar. Ci si trova per socializzare ma si mangia anche come al ristorante. Locali mol- 42 to frequentati dai Londinesi, che mi pare bevano tantissimo. Tempo di finire la birra e loro ne hanno già ordinate almeno tre. Sono allegri, parlano e bevono. Prendiamo il bus e ci portiamo verso il centro di Londra. Dopo Marble Arch, ancora un po’ di percorso e l'autobus rallenta per una curva stretta. Sull'angolo del muro di un palazzo, proprio davanti a me, in bella evidenza vedo il "caprone". Il simbolo del male. C'è un negozio che attira la mia attenzione e decidiamo di entrare a fare shopping <All Saints>. Ritiriamo il nostro acquisto e indovina un po’ cosa c'è sulla shopper? Ebbene si, ancora lui... Sulla busta, sempre un cranio con le corna dentro a un cerchio magico. Si vede che qui ha una certa importanza. Pare che la famiglia reale faccia parte dei famosi tredici illuminati che governano il mondo, e se così fosse i conti tornano. Tutto potrebbe essere, visto la foto del principe William con lo stemma sul petto, sempre lo stesso (satanasso) che è il simbolo delle Royal Air Force a cui appartiene. Potrai dire che sono strane coincidenze... Ma sono tante, e fanno pensare. Per quello che mi riguarda, meglio cercare il bello delle cose. Una visita alla Tate Galleria d'arte moder- na, e per arrivarci passiamo dal Millenium Bridge. Da qui lo sguardo spazia lungo un bel tratto del Tamigi fino al Tower Bridge, che è il ponte più conosciuto di Londra e poi proviamo a entrare alla Cattedrale di St. Paul, una delle chiese-monumento più famose di Londra. C'è una scritta sulla porta a vetri all'ingresso. Dice che questa è <La porta del paradiso>. Non ti nascondo il mio disappunto quando sono entrata e fatti pochi passi, un tipo mi chiede 15 Pounds per poter fare la visita. Son talmente contrariata che decidiamo di uscire subito. La domenica, dove vanno i Londinesi? Ma al Covent Garden naturalmente e lì andiamo anche noi... Un grande edificio di forma rettangolare nel cuore di Londra all'interno del quale gli artisti di strada si esibiscono, suonando o facendo giochi di prestigio. Ci sono anche negozi e una pasticceria-pub dove fanno dei dolci deliziosi, sia esteticamente che come qualità. Questa volta porterò con me il ricordo dei gelsomini fioriti vicino all'hotel, e il comportamento diverso e disinibito delle persone. Il sole fa capolino tra le nuvole e dopo un po’ riprende a piovigginare, e così va avanti per tutto il tempo che resterò. C'erano gruppi di ragazze che giravano con infradito e camicette scollate come fosse luglio e altre persone con tanto di paltò e pelliccia. C'è anche chi gira con i bigodini in testa, ma non desta l'interesse di nessuno sguardo. A quanto pare il perfetto "self control" degli inglesi non è soltanto un modo di dire. Strano Paese dove una ragazza 43 seduta accanto a me sul bus, toglie lo specchio dalla borsa e con disinvoltura incomincia a strapparsi le sopracciglia e i peli dal naso. Il guidatore è uno spilungone di colore dalla bocca larga. Deve aver visto la mia espressione allibita nello specchietto retrovisore perché si volta indietro e mi sorride rassicurante. Il momento peggiore è quello del distacco. Dover andar via... Profumo di gelsomini, negozi di gadget, traffico di una Megalopoli all'imbrunire, che se attraversi con il quasi-rosso corri veloce perché ti investono senza pietà. Rabbrividisco ma non è per il freddo. Come è faticoso cercare di non piangere, "sorridere con le lacrime agli occhi", come dice una vecchia canzone, e nell'ultimo abbraccio voltare la testa dall'altra parte per non far vedere lo sforzo... Ma so che è giusto così. Sapere che le persone che ami sono felici, (una figlia ha trovato il suo spazio vitale) è l'unica cosa che fa felice anche me. Ogni giorno è un nuovo giorno, e ogni giorno ricomincia una nuova vita. La mia vita. G.R.S. (GRUPPO RICERCHE SARDEGNA) L’EVENTO DELLA LUCE DEI FORI APICALI DEL NURAGHE RUJU DI TORRALBA Strane coincidenze all’interno dei “castelli nuragici” Come sappiamo i nuraghi sono considerati, dalla maggior parte degli archeologi, delle strutture di carattere militare; eppure in questi ultimi anni la loro unica funzione di fortezza è venuta meno, sostituita gradualmente da altri ruoli, come quello di magazzini o residenze reali. Pochissimi cattedratici hanno ipotizzato che fossero templi, il più noto fra questi è sicuramente il Prof. Massimo Pittau. Sono ormai storici gli studi di Carlo Maxia e Lello Fadda, tra i primi ad aver portato come prova della funzione del Nuraghe-Tempio, i singolari eventi che accadono periodicamente all’interno di questi monumenti. Furono proprio questi due studiosi ad aver messo in evidenza il singolare evento da noi chiamato “fenomeno della luce dal foro apicale”. Gli eventi all’interno del nuraghe Aiga di Abbasanta, e del nuraghe Biriola di Dualchi furono da loro scoperti. A questi due casi si sommarono quello del nuraghe Is Paras di Isili (Zedda 1992) e altri due casi, l’Ola di Oniferi e il Nani di Tresnuraghes. Quest’ultimo da noi studiato e reso noto, assieme ad un accurato studio su altri eventi analoghi, nel libro “La luce del toro” (G.R.S Gruppo Ricerche Sardegna, PTM 2011). L’evento in questione si verifica quando il sole, nei giorni del solstizio d’estate, raggiunge una determinata altezza. In questo giorno così particolare è possibile ammirare uno degli eventi più sbalorditivi che animano queste antiche torri. Un sottile raggio di luce penetra attraverso il foro ricavato dagli antichi costruttori all’apice Interno camera secondaria 44 della cupola costruita all’interno del nuraghe. Tale raggio attraversa tutta l’ampia volta e va ad illuminare (se presente) la nicchia in sala, oppure la base della camera (Is Paras di Isili). Tecnicismo del fenomeno della luce dai fori apicali (sezione) In quest’ultimo nuraghe da noi visitato, un nuraghe complesso a due camere sovrapposte, il Ruju di Torralba, visuale dall’esterno intenzioni degli antichi costruttori di non chiudere immediatamente l’ultimo corso anulare della volta con la pietra apicale ma sviluppare un prolungamento definito tecnicamente lanterna (un lucernaio) per superare lo spessore del terrazzo e raggiungere il suo piano di calpestio onde poter chiudere l’apertura. Questa condizione, assolutamente singolare, ha come unica finalità quella di poter rimuovere liberamente la pietra apicale dal terrazzo per consentire il verificarsi dell’evento solare. L’eccezionale stato di conservazione dell’ultima parte della cupola e dell’intera sala (avente altezza di 4,88 m e una base circolare di 3,45 metri di diametro), nonché lo scrupoloso tecnicismo dell’illuminazione della nicchia centrale, è la prova della volontarietà e della predittività dell’evento, oltre ad attestarsi come il caso maggiormente preciso, tra tutti quelli finora conosciuti. visuale interno camera l’evento si è materializzato puntualmente, secondo quanto da noi ipotizzato. Il corridoio di ingresso della camera secondaria (frazionato dal raggiungimento della scala elicoidale ascendente) del Nuraghe Ruju è orientato al passaggio del sole all’alba del solstizio d’inverno. Un dato che andrà confermato empiricamente al prossimo solstizio. Ciò che è innegabile, a nostro parere, è che il fenomeno che qui si verifica è assolutamente voluto. Fu nelle 45 Il fenomeno della luce dal foro apicale (Làcanas – anno x numero 57, IV 2012, Pag. 20) come mostrano le foto, è straordinario. Il raggio solare procede lentamente verso il basso, man mano che il sole prosegue il suo cammino apparente nel cielo, per poi andare ad illuminare l’architrave della nicchia, creando inaspettatamente la precisa forma di una bipenne. Pochi minuti dopo, alle 10:45 solari, quando il sole si trova ad un azimut di 121° e ad un’altezza (angolazione) di 63°, il raggio supera l’architrave e taglia esattamente a metà la nicchia illuminandone l’interno. Avendo preso le misure della nicchia (base inferiore 66 cm, al vertice 40 cm, h 1,39 m, profondità 1,62 m, sopraelevata dal piano di calpestio di 95 cm) ci siamo resi conto che le dimensioni sono sufficienti affinché una persona adulta ci possa stare comodamente seduta. Dopo qualche minuto l’evento si esaurisce, poiché il raggio prosegue il suo cammino spostandosi lateralmente rispetto alla nicchia. Il nuraghe Ruju è ubicato a 40° 29’ 48”N – 8° 48’46”E , a questa latitudine il passaggio del sole al momento cruciale del solstizio d’estate in meridiano si contrassegna intorno ai 74°. Il perché gli antichi costruttori abbiano voluto anticipare l’evento di qualche ora e in virtù di questo edificare lo stesso monumento per espletare questa condizione non ci è dato sapere, ma quello che sorprende è che in questo preciso punto di sosta, ove avviene l’evento dal foro apicale ( ai 121° e a una altezza di 63°) si identifica con la direzione dell’alba del solstizio d’inverno. Le ipotesi su come potesse venir sfruttato tale evento ovviamente sono molteplici . Si ipotizza che una figura sacerdotale o un capo alloggiasse in tale spazio. La visione sarebbe stata sicuramente sbalorditiva, e avrebbe recato diverso prestigio agli individui capaci di creare e controllare un simile fenomeno, ol- la Bipenne sull’architrave della nicchia potevano manifestare divinità iconografiche, tuttavia in forma immateriale; un simbolismo segreto, celato all’interno del monumento, custode e dispensatore. Il nuraghe è il tempio del Bronzo Medio. La nicchia centrale illuminata tre a dargli la conoscenza della misura dell’anno e del progressivo decadere della stagione estiva, da questa data in poi, infatti, si accorcia sempre di più la durata delle ore solari. In virtù della paternità di questa scoperta se ci è permesso una nostra personalissima interpretazione, non possiamo esimerci innanzitutto dall’ enfatizzare la grandi capacità e le conoscenze architettoniche dei nostri padri, capaci di saper “ ammaestrare” con il linguaggio della pietra e della luce, un evento “sbalorditivo”, generando uno scenario simbolico, raffigurativo, del sacrificio del Toro-Sole. È interessante notare che i nuraghi nell’arco della loro edificazione registrano manufatti e cultura materiale propensa all’aniconico. Questo è confermato anche dal singolare riutilizzo come materiale da costruzione (per nuraghi e tombe dei giganti) l’Evento da un’altra angolazione delle enigmatiche statue menhir iconografiche del periodo eneolitico insulare del terzo millennio avanti Cristo. Non sarà difficile inquadrare l’archetipo del nuraghe come il più grandioso “Monolito” architettonico realizzato dall’uomo, espressamente destinato alle conoscenze astronomiche e alle funzioni sacre e in cui si Nuraghe Bidd’è Pedra Il menhir all’interno della camera di un Nuraghe Ingresso camera 46 Un evento simile accade anche nel Pantheon (tempio di tutti gli dei) di Roma, dove tale evento, da sempre sotto gli occhi di tutti, è stato messo in relazione ad una spettacolarizzazione del fenomeno, sfruttato per illuminare l’imperatore in una particolare cerimonia in una data precisa, per dimostrare maggiormente il suo potere divino (Il Fatto Storico, 23-08-2011 “Il Pantheon era una meridiana romana?”). La fisionomia del nuraghe nata dai dettami del ciclo solare Lo stesso Giovanni Lilliu nel 1998, nell’interrogarsi riguardo ai nuraghi monotorre così scriveva : “ la loro forma monumentale e il volume troncoconico quasi simbolico delle torri che si elevano come un altare e alla loro ubicazione spesso in luoghi dominanti e attrattivi come quelli delle chiese e di santuari montani” . Afferrata questa preziosa intuizione abbiamo incluso anche un altro difficile quesito ; sul perché vi Frammenti menhir nelle mura sia una netta inferiorità dei vuoti strutturali rispetto alla massa muraria costituente il monumento e per quale motivo avere delle camere intenzionalmente lasciate in uno stato di semioscurità. Queste condizioni indirizzarono la nostra principale linea guida di ricerca, unitamente alla comprensione delle planimetrie di progetto e le soluzioni tecniche del pensiero architettonico dei nuraghi monotorre. La risposta soddisfacente dai risultati palesati dal Fenomeno della luce dei fori apicali , della Luce del Toro e di altri eventi e studi (che non tratteremo in questa sede) confermerebbero la destinazione dei nuraghi a templi del sole, che effettivamente controllano eventi astronomici sensibili, come l’alba del solstizio d’inverno, l’alba del solstizio d’estate ed il suo zenit, oltre alla luna e altri astri di particolare visibilità. L’espressione massima, l’apice, di questo fenomeo è l’impatto della luce sulla parete o addirittura dentro la nicchia centrale, che visivamente realizza la forma taurina, nitida ed inconfutabile, oppure che si definisce semplicemente, come altri casi osservati, con una fisionomia stilizzata. Le Stanze del Sole In questo excursus, sono state oggetto del nostro studio anche le Torri aggiunte, dette “finestrate” dei nuraghi complessi, ribattezzate nel nostro caso come “le Stanze del Sole”. Questa particolare tipologia di torre, rispetto al nuraghe origina- Evento della Luce del Toro al nuraghe S.Barbara di Villanova Truschedu Il fenomeno della luce del toro In sintesi il fenomeno della Luce del Toro si identifica nei nuraghi che Nuraghe Arrubiu Orroli, un particolare del presentano la porta d’ingresso oparamento esterno rientata in un range che va dai 122° ai 145° nella fase del solstizio Evento nuraghe Zuras d’inverno. Il tecnicismo del fenomeno della luce del toro è operato dall’allineamento del sole con il finestrino di scarico dell’architrave del nuraghe, Il quale a sua volta genera, all’interno, un fascio luminoso che percorre tutto il corridoio e la stessa sala. Tecnicismo del fenomeno della luce del toro 47 Evento nuraghe Caddaris rio, è caratterizzata principalmente dal fatto di essere provvista di “ finestrelle” disposte a raggiera intorno alla camera ( in un numero che non supera generalmente le dieci aperture, raramente dodici ) per la maggiore realizzate ad una certa quota dal piano di calpestio. Le finestrelle attraversano tutto lo spessore murario, sovente in modo strombato verso la camera, esternamente invece la finestrella si riduce ad una stretta fessura o di poco più larga. Seppure sia accertato che queste torri siano costruite per addossamento oppure allacciate attraverso cinte murarie alla torre principale (per questo motivo ritenute più recenti della stessa) il tutto palesa la progressiva evoluzione della civiltà nuragica, la sua continuità cultuale, ma soprattutto quella architettonica. Perché Le torri nuragiche dotate di finestrelle, in ogni caso, inglobano tutta l’arte delle antiche maestranze Sarde, caratterizzate dall’uso della camera voltata ad ogiva e da tutti i criteri tipici dell’edilizia nuragica. Le torri Finestrate, si può affermare con sicurezza, sono strettamente subordinate alla torre originaria e presenti solo in questo contesto, vale a dire che questa tipica torre non potrà mai essere osservata in modo isolato, inoltre questa si distingue per non possedere la scala elicoidale (intesa a partire dal corridoio), mentre in alcuni casi invece è presente quella sviluppata ad una certa altezza nella camera. Ne consegue che non sono mai visibili le classiche nicchie di La stanza de sole nuraghe S.Barbara camera che caratterizzano le torri principali, salvo alcuni casi (nuraghe Arrubiu di Orroli), tantomeno sarà presente la nicchia d’andito, disposta immediatamente dopo l’ingresso. Alba Equinozio Alba Solstizio d’inverno Le torri secondarie (con finestrelle e non), per motivi a noi sconosciuti non hanno mai superato, per dimensioni e soluzioni tecnico/ architettoniche le torri arcaiche. Ugualmente, non esiste esempio di complesso nuragico che racchiuda la realizzazione con due torri “principali” gemelle con le stesse caratteristiche, delineando in un certo senso una vera e propria involuzione edilizia (eccezion fatta per il Duos Nuraghe di Borore ). Per questo motivo e per le condizioni sopraelencate sono da ritenere anche il marcatore più evidente della cesura esistente tra il periodo della costruzione dei monotorre a sviluppo verticale (a più camere sovrapposte e dotati di scala elicoidale ) e quello delle torri “finestrate” unite da cinte murarie. Le torri con fine48 strelle, dalla tipica planimetria caratterizzante il loro “spirito architettonico”, si diffondono in modo omogeneo nel territorio aumentando di molto l’impianto di quelli che diventeranno poi dei nuraghi complessi. Addizionando appunto alla torre principale altre torri secondarie, tramite il semplice addossamento, oppure con la connessione attraverso le cortine murarie. Di conseguenza le torri secondarie si distribuiscono in riferimento alla torre principale, in modo frontale, laterale, circolare, oppure con altri impianti. Identificati per il numero di torri componenti, i nuraghi complessi sono stati pertanto classificati per tipologie: bilobato, trilobato, quadrilobato, pentalobato e così via. Anche queste torri finestrate, a loro volta in alcuni casi, subiranno una parziale cesura o mascheramento dettato dalla fase in cui si realizzavano i poderosi rifasci nell’intero paramento esterno del complesso, con incremento notevole sia della superficie di base del complesso che della superficie dello stesso Terrazzo. E bene sottolineare che In diversi nuraghi Polilobati dove sono presenti i robusti antemurali (Su Nuraxi di Barumini), che operano puramente con lo scopo di delimitare lo stesso complesso, si riproponevano ancora e di numero le classiche torri perimetrali finestrate, realizzando infine dei veri e propri complessi architettonici di alto prestigio monumentale. Resta di fatto che le torri finestrate sono anch’esse edifici da noi identificati come possessori di una precisa funzionalità, quella di controllare plurimi eventi astronomici. Coscienti che i misteri dei nuraghi, ormai bistrattati da secoli da innumerevoli ipotesi formulate da studiosi ufficiali e outsiders, non potranno mai essere pienamente svelati; resta per ora come soluzione quella di indagare il nuraghe nella sua planimetria e architettura, su quella pietra sapientemente posata da mani antiche, che ancora oggi paradossalmente racconta ad occhi che sanno osservare. Quello che Il gruppo G.R.S. propone non sono nient’altro che palesi testimonianze fotografiche a prova del più scettico “San Tommaso” e null’altro vogliamo dare da queste ricerche, se non una flebile possibilità di riflessione. Alla “luce” di questi avvenimenti, sempre più numerosi e non casuali, è palese come sia arrivato il momento di abbandonare la visione unidirezionale del nuraghe fortezza o dimora del capo, in voga ormai da quasi un secolo e di gettare nel dimenticatoio quella di abitazione, luogo di riposo o magazzino, per iniziare a considerare l’ipotesi che tali strutture fossero dei templi dedicati al culto solare, cosa che accomuna quasi tutte le civiltà megalitiche e ciclopiche, e che i costruttori di tali edifici avessero delle avanzate conoscenze in campo astronomico. nili. Secondo alcuni studiosi rappresenterebbe il sole, il tuono, la forza dell'elemento celeste e la regalità, nelle culture Minoica e Cretese si pensa rappresenti rapporti strettamente legati al culto taurino come simbolo della potenza generatrice della natura, l'ascia dunque sarebbe utilizzata come strumento rituale per sacrificare gli stessi tori nei riti di tauromachia. Sincretismi in riti e feste popolari. Da una canzone popolare raccolta da Francesco Enna in Sos cantos de foghile, si racconta una storia dalle antiche origini, trasmessa oralmente (in versi) per non perderne la memoria. Nella canzone di Maria Giusta come interpreta la Dolores Turchi riemerge con evidenza il culto delle acque praticato da sacerdotesse munite dell’ascia bipenne a scongiurare i drammi e le tragedie della calamità e in primis della siccità. Foto 1 Approfondimento bipenne La Labrys o ascia bipenne è un arma simbolo, dai forti significati distruttivi e riparatori, mediatrice dell’uomo con il divino. Di questo simbolo antichissimo si trova testimonianza in tutto il Mediterraneo, nel Medioriente, in Africa e in Nord Europa e soprattutto anche in Sardegna. L’ascia bipenne è facilmente associata come arma tipica dei guerrieri indoeuropei, grazie agli scavi archeologici diffusi in questi siti sono stati ritrovati reperti esemplari appartenenti sia alle culture Celtiche e Vichinghe, alla Grecia Classica, e alla civiltà Nuragica; esempi di ascia bipenne, databili attorno al 1500 a.C. sono stati rinvenuti in Spagna, in Danimarca e a Creta, in Sardegna (Santa Vittoria di Serri e altri siti) e anche in Etruria. Questa arma di grande potere simbolico è stata attribuita a diverse divinità guerriere maschili o femmi- Palazzo di Malia(Creta), e chiesa di San Giovanni Battista di Tramatza (Or) rappresentazione della bipenne Nella Grecia Classica e nella cultura Celtica rappresentava anche la grande dea Madre, la più antica di tutte le divinità cretesi, simbolo della Terra, della fertilità e del potere femminile, creatrice universale. Per i Celti in particolare era il simbolo di Rosmerta “La Grande Dispensatrice” e dea della fertilità, che veniva sempre rappresentata con un'ascia bipenne al collo o in mano. In età romana, ma anche precedentemente, la labrys era lo strumento rituale usato nel sacrificio del toro e di altri animali offerti alle divinità. Anche in massoneria l’ascia bipenne infissa nella pietra cubica assume un significato simbolico particolare, il cercare di penetrare il vero significato delle cose. 49 Foto 2 Foto 3 1 )Chiesa si Sant’Andrea apostolo a Villanova Truschedu: bipenne e altri simboli scolpiti sui lati delle finestre. ( 2) San Pietro Ponte a Quartu S.E. Archetti pensili con teste di toro scolpiti. (3) Chiesa di S. Andrea (Quartu) loggiato sorretto da travi in legno in forma taurina. Scavi archeologici Foto 4 Foto 5 Foto 6 (4 ) Chiesa di San Pietro di Bulzi, Testa taurina scolpita sui pilastrini degli archetti. ( 5 ) Santuario di San Bachisio, Bolotana. Tre teste di toro scolpite sul cordone dell’architrave della porta d’ingresso. ( 6 ) Chiesa di San Francesco, Oristano. Toro scolpito. A Nuoro è ancora vivo il ricordo di donne che durante periodi persistenti di siccità, radunavano gruppi di bambini che muniti de “sas ruchittas” stecche di canne verdi incrociate e sostenute da un bastone di ferula nella forma ricordante la sacra bipenne, andavano in una sorta di processione al fiume per fare cessare questa avversità. Santa vittoria di Serri Al santuario nuragico S. Vittoria di Serri siamo di fronte all’autenticità della testimonianza di fede della religiosità “Nuragica” e dei riti svolti dagli antichi sardi. Il sito comprende sia un pozzo sacro, un nuraghe, un recinto delle feste e numerose altre costruzioni, oltre all’omonima chiesetta di Santa Vittoria. I ritrovamenti dei ricchi depositi votivi attorno al tempio a pozzo e nelle numerosissime capanne cultuali hanno restituito un tesoro inestimabile composto da spade, pugnali, lance, contenitori di bronzo, oltre ai classici bronzetti offerenti, madri con figlio in grembo, sacerdotesse, oranti, arcieri, capotribù con bastone di comando, inoltre ancora rappresentazioni miniaturistiche di contenitori in bronzo per derrate, carri, figurine di colombe, tori, cervi, capre volpi, protomi animali di navicelle nuragiche, aghi crinali in bronzo, pugnali ad elsa gammata, bracciali, anelli, ceramiche e tanto altro ancora, segno incontrastabile di secoli di frequentazione di questa area sacra. Tra i reperti ritrovati vennero alla luce sculture zoomorfe assolutamente rilevanti, due protomi taurine in calcare, dimostrazioni dell’arte scultorea a tutto tondo provenienti dal tempio a pozzo, da riferirsi a quella divinità –toro adorata sin dall’età neolitica. Una estrapolazione del disegno di Elio Moncelsi ( Dolers Turchi Maschere, miti e feste della Sardegna) 50 In quasi tutto il sito , nelle capanne del recinto delle feste, nel tempio ipetrale, nella torre con finestrelle, nel recinto dei fonditori, e in altre, ancora persiste allo stato stratigrafico i resti di pasti sacrificali composti da bovini, suini, ovini, cervi, e le immancabili valve di molluschi (Cardium o Mythilis) . In particolare portiamo all’attenzione la “Capanna della Bipenne” all’interno della quale è stato ritrovato, ai piedi dell’altare, un pilastrino che si inseriva in una basetta con una dentellatura superiore in pietra calcarea ed una grande ascia bipenne in bronzo lunga 27 cm (Inspiegabilmente non visibile in nessun museo). Lo stesso Taramelli la definì la “Sacra Bipenne Betilica” ad uso di sacrifici rituali di animali, confermato dallo stesso recinto delle feste e altre parti dell’area sacra che ne mantenevano le tracce. Capanna della bipenne Anche nella capanna delle Bipenne, presso la base dell’altare, sono stati rinvenuti resti di abbondanti pasti, ma quello veramente sorprendente e che il Taramelli operò un saggio di scavo sotto il pavimento lastricato in calcare, e portò mise alla luce una sottostante pavimentazione sempre realizzata in lastre di calcare. Lo strato di terriccio tra i due pavimenti conteneva oltre ai resti di pasto anche (sicuramente offerte votive) manufatti nuragici, ceramiche, frammenti di pugnale, anelli, statuette bronzee e anche un modellino di bipenne immanicato. Alla luce di questo ultimo reperto lo stesso Taramelli ne testimonia la persistenza del culto della bipenne nelle due fasi edilizie della capanna. Questo modo frettoloso di identificare “due fasi edilizie” appare poco convincente ed è prova invece di una persistenza del culto con le medesime modalità, testimonianza della prosecuzione dei riti religiosi senza che vi sia stata alcuna cesura “etnica”. In questi ambienti dediti al culto gli occupanti non ripulivano intenzionalmente il luogo e anzi, sovrapponevano a più strati le offerte sacrificali di pasto o di oggetti in ceramica e bronzo lasciando il tutto in uno stato di conservazione volontario ( La luce del Toro PTM Mogoro 2011 capitolo VII). Questa condizione di fatto è riscontrabile in molti siti dove si è operato uno scavo stratigrafico vuoi che essi siamo templi a pozzo, capanne “cultuali”, e gli stessi Nuraghes. Arbus località Riu D’Ome e S’Orcu Bipenne miniaturistica in piombo IX – VIII a. C. Reperto dell’alta Marmilla Il complesso nuragico Antigori Sarroch Il complesso nuragico di Antigori è un insediamento costituito da diverse torri, rocce naturali e cortine rettilinee a circondare un colle che si innalza a dominare visivamente cir51 ca venti chilometri di spiaggia, da Cagliari sino a Punta Zavorra. La stessa collina va a consumarsi verso il mare non prima dell’attuale stabilimento petrolifero di Sarroch. Di tutto questo complesso prendiamo in esame il vano A che presenta una pianta quadrangolare (3.20 /2.20 m) nonostante gli scavi clandestini abbiano in parte rovinato le sequenze stratigrafiche della parte centrale, sono stati conseguiti comunque scavi stratigrafici dei depositi che residuavano lungo le pareti orientale e occidentale. Di questo vano permane il dubbio che fosse coperto a volta ogivale anche se risulta molto più probabile una copertura a frasche come le classiche capanne. La ceramica nuragica in associazione a quella Micenea (alcuni frammenti sono stati datati con certezza al Miceneo IIIb e al IIIc ) è stata ritrovata nei diversi strati recenti e antichi e in quest’ultimo e altri è stata rinvenuta solo ceramica nuragica. Questo conferma il sito prettamente di matrice nuragica, che tuttavia mostra una certa consuetudine con contatti diretti con Micenei in loco oppure di plausibile diretta importazione nuragica. Una curiosità allo strato 2 è il ritrovamento di una quarantina di pesi da “rete” di forma cilindrica con base piatta rinvenuti disposti in strati sovrapposti e con costante andamento a semicerchio, i quali fanno pensare per la loro giacitura a una rete da pesca arrotolata a deteriorarsi in situ (questo secondo l’interpretazione dell’archeologa R. Assorgia). Questa lettura lascia alquanto perplessi nel giustificare una disposizione regolare di pesi cilindrici (in piombo o litici non è stato chiarito ) di una rete da pesca, non fosse peraltro che l’abbandono di tale rete in un vano così esiguo, troppo evidente e ingombrante, avrebbe ingenerato il buon senso del recupero di tali pesi o molto più semplicemente la rimozione (pulizia). Le disposizioni regolari di questi oggetti cilindrici son più da ascrivere a dei gesti cultuali, visto anche lo stato di rinvenimento e la loro particolare disposizione in strati sovrapposti, la quale sarebbe sicuramente stata sconvolta dalle successive frequentazioni antropiche di poco successive. Nel saggio di scavo lungo la parete Est del vano A, oltre a restituire frammenti ceramici Nuragici e Micenei è stata portato alla luce la straordinaria doppia Ascia Bipenne miniaturistica votiva in piombo con foro impervio per infissione sul manico h 2,5 / 3 cm largh. 5 cm. Recenti indagini (non chiarite) hanno appurato che tale reperto proviene dalla grotta sepolcrale “O”. Risalenti all'età del bronzo, anche in Sardegna, l’ascia bipenne (uno dei simboli più belli e caratteristici da osservare) è presente sia come reperti che come potente simbolo cultuale. Secondo alcuni archeologi quella forma era per l'uomo nuragico la rappresentazione delle corna del toro, oppure della falce lunare, associando il binomio "toro-sole" e "vacca-luna". I TRE ASSI e il primigenio simbolo della Bipenne È ormai noto che i punti cardini del sole e della stessa luna non hanno subito sostanziali variazioni in relazione al fenomeno della precessione degli equinozi, poiché la differenza misurata è di 40’ primi. Di conseguenza la posizione del sole alla sua levata e al suo tramonto è sostanzialmente quella che osservavano gli antichi Sardi dell’età del bronzo. Una persona dedita ad osservare l’astro del sole in uno stesso luogo nell’arco di un anno, munita di semplici mezzi, come dei paletti, poteva raggiungere lo scopo di avere un quadro generale del moto apparente del sole, fattore che in quel periodo sicuramente manifestava un livello di conoscenza elevato. La figura della bipenne dunque, per nostra interpretazione, si può inserire in uno schema o in un simbolo che rappresenti la levata e il tramonto del sole nei periodi principali dell'anno come solstizi ed equinozi. In modo elementare gli antichi potevano raffigurare, inciso come un simbolo appunto, una formula riassuntiva, un “progetto di realizzazione generica”, che racchiudeva in sé gli elementi basilari per la realizzazione dell’opera, stilizzata con la forma della croce di Sant’Andrea ovvero come la Bipenne. Lo schema dei tre assi dimostra come in modo empirico si potevano rilevare gli orientamenti del sole nei momenti più importanti durante il trascorrere 52 dell'anno. Nello schema si osserva la disposizione dei tre assi seguendo una logica semplice ma efficace, in primis si inserisce un palo per terra in direzione di un solstizio, in un secondo tempo il secondo palo segue la linea dell'altra alba del solstizio, cosi a formare in quella determinata posizione un intersecarsi delle due ombre. Di conseguenza il terzo palo posto al centro dell'incrocio rileverà gli equinozi. In questo modo la figura che si crea è quella di una bipenne, infatti quando il sole sorge a 58°, l’alba del solstizio d'estate, la luce solare che colpisce l’asticciola di legno crea un ombra che va in direzione dei 238° dove avviene il tramonto al solstizio invernale. E di conseguenza l'ombra creata dall'asse posizionata verso i 122°, l’alba del solstizio invernale, darà la direzione opposta cioè 302°, tramonto del solstizio d'estate. LIFE AFTER LIFE DI NOEMI STEFANI IL DESTINO È NELLE NOSTRE MANI. MAI ARRENDERSI (DETTATO DA JESUS) Senza fare sforzi non avreste nulla. Non possedete un'anima per avere tutto presto. Altro pensiero è stare bene con voi stessi e per questo non vi serve alcuna passio- ne. Non avete nessun bisogno di mettervi in gioco per cose che non sono date. Quando una Creatura sente delle necessità che la spingono a cercare, vuol dire 53 che tutto quello che la circonda non corrisponde alle sue esigenze. Una cosa è cercare il bene della propria salute e un'altra cercare cose che ti turbano il cuore. Meglio essere senza denti e avere il pane o perdere tutto il cibo perché nessuno pensa a te come tu ti senti di essere? Non siete umani per avere tutto. Siete umani per avere ciò che viene dato per tenervi sollevati dalle trappole del dannato. Quello che vedete scintillare non è oro vero. È solo un pessimo percorso che vi viene mostrato per sviare ciò che veramente vale. L'allegria e la capacità di sentire le paure di chi ti sta accanto, sono doni che porti. Secondo te valgono poco? Una sola cosa vale quanto il tesoro più grande di tutto l'universo. Un bel sorriso per te. Nessuno può portartelo via, nessuno può turbare la tua serenità se riesci a impedire ai mostri che vi stanno perseguitando di fare che vi tolgano la pace. (Politici) Una sola cosa potreste fare e ve lo voglio dire perché lo sappiate. Insegnare ai vostri figli una sana esatta "inconcludente" vita perché possano avere una vita esatta e incontrare le opportunità che desiderano vivere. "Inconcludente" non significa senza scopo. Significa che non segue i dettami e gli scopi che loro vorrebbero che voi viveste. Non state a pensare al futuro che verrà. Non state a preoccuparvi se le cose possono essere peggiori o migliori. Il caso non può fare danni, il destino che vorreste è deciso da chi una volta decise di essere umano. Sarà secondo la vostra particolare decisione, senza seguire nessuno. Avete bisogno di stare in pace, avete bisogno di avere una sicurezza che vi dia serenità. Lasciate che tutto sia secondo le vostre decisioni e poi se tutto è conforme alle aspettative, avrete una serena vittoria. Se togliete le aspettative e lasciate che il destino provveda, sarà soltanto un ripiego e perderete il senso di ciò che volevate. Non perdete il senso della volontà. Decidete ciò che volete e poi portatelo fino alla fine, senza avere paura di quello che sarà. Alla fine avrete già avuto la vostra vittoria, una vita secondo le vostre decisioni, e 54 non un seguire il pessimo interesse che vi distoglie da voi. Vedrete che le cose sono facili, sono più facili di quello che pensate. Abbiate fede in voi stessi e state attenti a non cadere nei tranelli di chi vi vuole separare dal vostro Credo. Faccio un breve commento perché so che non è facile da comprendere. Per quanto riguarda la prima frase, Jesus dice che dentro di noi abbiamo già tutto per stare bene. E questo lo diceva anche nei Vangeli. Ma qui scende nel dettaglio e spiega qual è la differenza del sapersi accontentare e subire passivamente il destino che è frutto delle nostre scelte, e decidere noi stessi.. Dice invece che è gioia essere consapevoli, dice di fare un progetto di vita, e viverla fino in fondo. Secondo i dettami del nostro vero "io" e non quello che è giusto secondo il resto del mondo. Non è bellissimo? IL PIÙ ANTICO TEMPIO DEL MONDO PHILIP COPPENS (TRADUZIONE DI ARIO LIBERT] Con la pubblicazione di questo studio ricordiamo il ricercatore Philip Coppens, recentemente scomparso. Simone Barcelli Un tempio antico di 12.000 anni che è oggetto di scavi in Turchia sta riscrivendo la storia. Sembra appartenere ad una civiltà più vasta sino ad ora sconosciuta e che si sta scoprendo lentamente. Cinque millenni ci separano dalla nascita dell'Egitto antico verso il 3100 a. C. Aggiungiamo ancora cinque millenni e siamo nel 8100 a. C., l'inizio dell'era del Cancro. Aggiungiamo un altro millennio e mezzo ed otteniamo la data in cui Göbekli Tepe, è stata costruita negli altipiani della Turchia vicino alle frontiere irachena e siriana. Archeologicamente classificato co- me sito preceramico, un periodo neolitico (verso il 9.600-7.300 a. C.), il tempio più antico del mondo è situato nella prima parte di quest'epoca ed è stato datato al carbonio 14 al 9.500 a. C. È l'epoca in cui sarebbe sparita l'Atlantide di Platone. Ed è stato costruito 5.000 anni prima dell'emergere di ciò che molti considerano come la civiltà più antica Sumer, non molto distante da Göbekli Tepe quando si discende l'Eufrate e si lasciano gli altipiani dei monti Taurus in Turchia. Göbekli Tepe è un sito incredibile. David Lewis-Williams, professore di Archeologia all'Università di Witwatersrand a Johannesburg, dichiara che "Göbekli Tepe è il sito archeologico più importante del mondo". Si tratta di una piccola collina all'orizzonte, a 15 chilometri a nordovest della città di Sanliurfa, più comunemente conosciuta con il nome di Urfa, che è stata legate con l'Abramo biblico (alcuni pretendono che Urfa era la città di Ur menzionata nella Bibbia) e che ha un tempo accolto il Santo Mandylion, on legame con la Passione del Cristo. Anche conosciuto con il nome di Edessa, Urfa è sul bordo della zona piovosa dei monti Taurus, fonte del fiume che attraversa la città e raggiunge l'Eufrate. Urfa era (ed è an55 cora) un'oasi, il che potrebbe spiegare perché Göbekli Tepe è stata costruita nelle vicinanze. Una statua di grandezza naturale in calcare che è stata trovata ad Urfa, presso lo stagno Bailli Gol, è stata datata al carbonio 14 tra i 10.000 e 9.000 anni a. C., il che ne fa la più antica scultura in pietra mai scoperta. I suoi occhi sono fatti di ossidiana. Un vecchio pastore curdo, Savak Yildiz, ha scoperto la vera natura di Göbekli Tepe nell'ottobre del 1994, quando, scorgendo qualcosa, ne rimosse la polvere che espose una grande pietra di forma oblunga. Uno scavo del sito era stato effettuato dall'archeologo americano Peter Benoît nel lontano 1963, ma identificò la zona come un cimitero bizantino. Quando gli scavi dell'archeologo tedesco Harald Hauptmann e Adnan Misir e Eyüp Bucak del Museo di Urfa hanno iniziato nel 1995, hanno subito capito che il sito era qualcosa di più. Göbekli Tepe è una serie di strutture di circoli ed ovali situati soprattutto sui pendii di una collina, conosciuta con il nome Göbekli Tepe Ziyaret. "Ziyaret" significa "visita", ma questo è spesso escluso da questo nome. Alcuni traducono "Göbekli Tepe" con "Ombelico del Mondo", "Göbek" non significa "ombelico" o "ventre" e "Tepe" significa "colline", la traduzione più corretta del nome del sito deve essere "la collina panciuta". I media sensazionalisti hanno fatto per di più dei tentativi per legare Göbekli Tepe con il giardino biblico dell'Eden. Göbekli Tepe è molto antica, ma non è unica, né un giardino. Tuttavia, durante gli ultimi 50 anni, l'epoca dell'inizio della civiltà è stata progressivamente spostata indietro rispetto all'ascesa della civiltà sumera sino alla costruzione di Göbekli Tepe. Ahimé, questo spostamento non ha ricevuto l'attenzione che meritava. Retrodatare la nascita della civiltà La scoperta della biblica città di Gerico e delle sue mura in pietra, datata a circa l'8.000 a. C. fu la prima a sospingere la data di nascita della "civiltà". ‘Ain Ghazal che è spesso considerata come un sito gemello di Gerico con i suoi 15 ettari, è il più grande sito neolitico del Medio Oriente ed è quattro volte più grande di Gerico. L'americano Gary O. Rollefson, il suo principale archeologo, è stato capace di datare la città al 7.250 a. C., ed esistono prove che l'agricoltura nella regione risale al 6.000 a. C. più tardi della creazione della città stessa. Al suo apogeo, 2.000 persone vivevano a Ain Ghazal. Tuttavia, nel 5.000 a. C. la città è completamente deserta. Trenta statue sono state scoperte, misuranti dai 35 ai 90 centimetri, sono degli esseri umani apparentemente, ma che potrebbero rappresentare delle divinità o gli spiriti degli antenati. La scoperta di Gerico dà ulteriore peso all'argomento secondo il quale la Bibbia è storia, non un mito. Ma quando si viene a sapere successivamente che esistevano anche dei siti più antichi di Gerico, "sfortunatamente" che non si trovano in Palestina, ma più a nord, in Anatolia, nel sud-est della Turchia, l'interesse dei media per queste nuove scoperte sembra esaurirsi. Il più famoso di questi siti è Çatal Höyük. È stato scoperto nel 1958 dall'archeologo britannico James Mellaart, che ha cominciato gli scavi nel 1961 e che ha infine datato il sito tra il 7.500 ed il 5.700 a. C. È il più grande ed il meglio conservato dei siti neolitici scoperti sinora. Mellaart lo ha descritto come una "Roma del neolitico", ed essa è veramente degna di questo nome: "città". Le sue costruzioni mostrano dei segni evidenti che i suoi abitanti possedevano una religione, etichettata da alcuni come un culto della Dea Madre, benché questa teoria sia stata oggetto di numerose controversie. Ciò che sappiamo, è che i morti erano sepolti sotto il pavimento degli edifici, e che molte di queste strutture contengono delle rappresentazioni di tori. Alcune persone hanno anche lasciato intendere che esiste probabilmente un'origine comune tra Çatal Höyük e la civiltà minoica di Creta, a dispetto del fatto che le separino 3.000 anni. Çatal Höyük era la prima di alcune scoperte che hanno svelato lenta56 mente la storia antica della regione turca. Göbekli Tepe non è che uno dei numerosi siti molto antichi ed è il più antico scoperto sino ad oggi. Tuttavia, l'esistenza di questi siti non è stata segnalata che sulla stampa specializzata, benché ogni sito abbia un carattere sensazionale. Il sito di Çayönü, situato a circa 96 chilometri da Göbekli Tepe, è conforme ad una concezione che è nota come "pianta a griglia". Ciò rivela che una pianificazione minuziosa entrò nella sua costruzione. Gli Americani Linda e Robert Braidwood, in collaborazione con l'archeologo turco Halet Cambel, hanno cominciato a scavare Çayönü nel 1964 ed hanno constatato che i piani delle costruzioni erano fatte di granito (calce viva e argilla), anche se al momento della scoperta, si pensò che ciò era stato utilizzato dapprima dai Romani. Il sito ha anche rivelato l'utilizzo di metalli e la prima prova della fusione del rame, benché alcuni sostengano, tuttavia, che il rame sia stato martellato a freddo piuttosto che fuso. L'utilizzazione del rame non è una sorpresa totale, perché il sito è a portata dei giacimenti di minerale di rame (ed anche di ossidiana) di Ergani nella vicina provincia di Diyarbakir. E tutto ciò in un sito datato tra il 7500-6600 a. C. Çayönü è spesso considerato come il sito in cui cominciò l'era che doveva approdare a Çatal Höyük. Çayönü presenta delle prove dei primi porci da allevamento, ma ha rivelato anche un tesoro di crani umani, se ne scoprirono sotto un altare, a forma di lastra e macchiato di sangue umano. Alcuni hanno concluso che si trattava di un'indicazione di sacrificio umano, mentre altri non hanno voluto trarre questa conclusione avendo a disposizione un solo tipo di questo manufatto. Altre prove archeologiche suggeriscono che alcune persone sono state uccise in enorme fosse della mor- te, mentre dei bambini sono stati sepolti vivi dentro pozzi o grandi contenitori di bronzo. Çayönü è dunque una civiltà, ma forse non come ci piacerebbe conoscerla. Un altro sito importante è Nevali Cori, nella provincia di Hilvan tra Diyarbakir e Sanliurfa. Qui, gli scavi di Harald Hauptmann sono iniziati nel 1979 ed egli ha potuto scoprire delle statue di pietra calcarea. Nel 1991, il sito è stato sommerso da un lago dopo la costruzione della diga Atatürk. Condivide numerosi paralleli con Göbekli Tepe ed è datato tra il 8400-8000 a. C. Tutti gli oggetti ritrovati sono ora nei musei, compresa una testa a forma d'uovo a grandezza naturale con delle orecchie rozze ed una coda di cavallo scolpita, essa fu ritrovata in una nicchia al centro di un muro nord ovest. Fatto interessante, la coda di cavallo è infatti un serpente a fregio che termina con un fungo a forma affusolata. Qualsiasi cosa essa cerchi di rappresentare, l'archeologo tedesco Klaus Schmidt pensa che si tratti di un idolo. Nevali Cori ha preparato il terreno a Göbekli Tepe: poco tempo dopo la sua scomparsa sotto le acque, Göbekli Tepe è stata sommersa dalle sabbie. Numerosi sono coloro che sottolineano la forma a T, Dei pilastri di Göbekli Tepe come la "firma" del sito. Tuttavia, pilastri a T, sono stati trovati anche a Nevali Cori. Nevali Cori è più quadrato che di forma circolare, anche se una cinta quadrata è stata trovata a Göbekli Tepe. Benché esistano alcuni paralleli tra i due siti, i pilastri di Nevali Cori sono tuttavia più piccoli ed il suo santuario è situato nel cuore di un villaggio. Il sito Göbekli Tepe rivelato In paragone al sito di Göbekli Tepe è debole. L'autore britannico Andrew Collins ha paragonato la sua dimensione a quella di "tre campi da tennis". I suoi principali scavatori sono Klaus Schmidt e Harald Hauptmann dell’Istituto tedesco di archeologia, a Istanbul. Tutti i complessi a Göbekli Tepe che essi hanno scoperto sinora sono caratterizzati da strutture contenenti dei pilastri a T. Questi pilastri sono stati utilizzati come "delle tavole da disegno" e molti rappresentano degli animali, con una preferenza evidente per i cinghiali, le volpi, dei rettili, dei leoni, dei coccodrilli e degli uccelli, così come per gli insetti ed i ragni. La maggior parte tra di loro erano intagliati sulle superfici piane dei pilastri. Tuttavia, alcuni sono delle sculture tridimensionali, di cui una 57 scoperta, nel corso della stagione di scavi 2006, rappresenta un rettile che scende sul lato di un pilastro a T, il che dimostra che colui che ha creato quest'ultimo aveva padroneggiato l'arte della scultura su pietra su un piede di eguaglianza con quelle che, migliaia di anni dopo, vedremo a Sumer ed in Egitto. Sino ad ora, quattro complessi circolari, ovali sono stati scavati. Le mura sono fatte di pietra a secco e grezze e suoli terrazzati. L'interno delle mura hanno in genere alcuni pilastri a T divisi lungo queste stanze in un motivo raggiante, la profondità del pilastro normalmente contro o vicino al muro affinché le due facce principali del pilastro possano essere scolpite e viste da chiunque è presente all'interno del complesso. Un banco basso corre lungo tutto il muro esterno di ogni complesso. Le strutture sono situate sul versante sud della collina, orientato approssimativamente nord-sud, con la loro entrata a sud. Tutti i pilastri a T sono stati ricavati da una cava di pietra sulla pendenza sud-ovest in basso alla collina. Uno dei pilastri è rimasto in situ nella cava, ha sette metri di lunghezza e tre metri di larghezza, e se fosse stato interamente scavato sarebbe pesato 50 tonnellate, ciò evidenza che la costruzione con pietre che pesano tonnellate non è iniziata in Egitto o in Inghilterra con Stonehenge. Il complesso A, la prima struttura circolare ad essere stata scavata, è detta "l'edificio a colonne di serpente", perché le rappresentazioni del serpente prevalgono nelle sculture sui pilastri a T. Una è una rete di serpenti. Un altro pilastro, tuttavia, rappresenta una "triade" il toro, la volpe e la gru, posti uno sull'altro. Alcuni pilastri rappresentano soltanto un toro, altri soltanto una volpe, e così via. Il complesso B misura nove metri di diametro, misurato da est ad ovest e da 10 a 15 metri da nord a sud (parte ancora non scavato). È tuttavia il solo complesso scavato sino al livello del pavimento che rivela la superficie del terrazzamento. Due pilastri centrali hanno una grande volpe rappresentata su di essi. Il pilastro centrale, n° 9, è di 3,4 metri di altezza; il pilastro n° 10 è di 3,6 metri di altezza, il loro peso è di 7,1 e 7,2 tonnellate rispettivamente. Il complesso è stato chiaramente concepito per ospitare questi pilastri monolitici, il che prova che i nostri antenati si trovavano a loro agio nel lavorare pietre gigantesche, e non soltanto nello scavo di cave ma anche nell'elaborazione e la decorazione. Gli archeologi pensano che 200 pilastri a T erano in origine a Göbekli Tepe. Se ognuno pesava "soltanto" cinque tonnellate, ciò significherebbe che 1000 tonnellate di pilastri sono stati estratti e decorati, e ciò sottolinea l'importanza del sito e lo sforzo che è stato fatto per crearlo. Il complesso C è chiamato "il cerchio del cinghiale", perché descrive alcuni maiali selvatici. Restano nove pilastri intorno il muro, ma alcuni sono stati rimossi ad un certo momento in passato. Un pilastro mostra una rete di uccelli. Più tardi, altre culture sono conosciute per aver catturato delle gru migratrici nelle reti, ciò potrebbe essere un'usanza che si praticava molto prima di quanto si fosse creduto sinora? Il complesso C è interessante perché una pietra a forma di U è stata trovata lì, e si ritiene che essa possa essere stata la pietra d'accesso. Questa pietra ha un passaggio centrale di 70 centimetri di larghezza, ed un lato della U è sormontata da una rappresentazione di un cinghiale; l'altro lato è purtroppo mancante. Ancora una volta, la forma a U ed il cinghiale sottolineano le competenze tecniche degli artigiani nella scultura, il che è dimostrato ancor più sul pilastro 27, che raffigura la creatura rettile tridimensionale citata prima. Questa scultura complessa potrebbe essere considerata come su un piede di eguaglianza con il David di Michelangelo. Il complesso è chiamato "lo zoo dell'Età della Pietra". Il pilastro 43 presenta degli scorpioni, ed alcuni pilastri sono infatti così abbondantemente decorati, molto più intensamente che negli altri complessi, tanto che Zoo "è del tutto una buona descrizione". Una volta ancora, vi sono due pilastri, i 18 e 31, molti altri pilastri rivelano dei simboli, come uno a forma di lettera H così come di una H ruotata di 90°. Il sito ha rivelato altri simboli, più precisamente una croce, una semiluna decrescente e delle barre orizzontali, la prova che l'origine della scrittura è probabilmente molto più antica di quanto si pensi. Il pilastro 33 è la protagonista del complesso. Schmidt dichiara che le sue forme su questo pilastro sono vicine ai geroglifici egiziani, da cui egli pone l'esistenza di un linguaggio pittografico durante il decimo millennio a. C. Insieme questi quattro pilastri e gli altri, rimasti intatti sono una serie di elissi e somigliano alla disposizione a forma ovale dei complessi dell'età della pietra ritrovati a Malta. Ciò è tanto più notevole in quanto le forme ovali di Malta sono state considerate come uniche, benché 58 alcuni megalitici in Sardegna presentino ugualmente alcune tendenze alla forma ovale ma non così nettamente come a Göbekli Tepe. Un tempio di "pietra" più in basso sul pendio è anch'esso di forma ovale ed ha un'apertura verso la camera di "sepoltura". Considerando che in altri siti queste aperture sono così strette che gli uomini non possono penetrarvi all'interno, qui è abbastanza ampio da poterci entrare. Da un'altra parte sul sito, sul versante nord della collina, vi è una costruzione rettangolare chiamata "la costruzione con la colonna di leone". I suoi quattro pilastri hanno delle rappresentazioni di esseri leonini, che potrebbero anche essere delle tigri o dei leopardi. Un pilastro ha un graffito di 30 centimetri di altezza che rappresenta una donna rannicchiata che sembra partorire. Speculazione su Göbekli Tepe Gli scavi di Göbekli Tepe sono sempre in corso. Soltanto un quarto dei 200 pilastri a T sono stati scoperti sino ad ora, e tutte le strutture non sono state rinvenute. In breve, altre sorprese possono venire ancora fuori. È dunque presto per trarre delle conclusioni importanti, ma cosa può rappresentare tutto ciò? Il sito dimostra definitivamente che le cose che ci sembravano molto più recenti sono molto più antiche e tutte le persone presenti in un solo sito, situato in una regione che mostra che una civiltà degna di questo nome esisteva là, durante il X millennio a. C., millenni prima di quanto lo si sarebbe potuto supporre soltanto alcuni decenni prima. Klaus Schmidt ha qualificato Göbekli Tepe come "primo tempio" ed un "santuario del cacciatore dell'età della pietra". Egli vede il sito nel quadro di un culto della morte, non specificatamente legato ad un gruppo sedentario, ma è una specie di santuario centrale per molte tribù viventi nella regione. Si pensa che gli animali scolpiti siano lì per proteggere i morti. A Çayönü, come detto poco sopra, una sola struttura dispone di una cava in cui è stata constatata la presenta di crani umani e di ossa. Sino ad ora, tuttavia, a Göbekli Tepe non vi è prova di alcuna abitazione, sembra dunque essere stata puramente un centro religioso. Una volta ancora, sembra che, così come era per gli antichi Egiziani, la civiltà che ha costruito Göbekli Tepe aveva molto più considerazione per i suoi edifici religiosi che per ogni altra struttura di carattere "pratico" o più materialista. Eppure sino ad oggi, il solo Complesso B è stata scavato sino al livello del suolo, non si è scoperto nessuna tomba o nessuna sepoltura. Alcuni hanno espresso delle critiche sul fatto che i cacciatori-raccoglitori abbiano potuto creare una struttura come quella di Göbekli Tepe. Le numerose punte di freccia in silice (e la mancanza di utensili da costruzione) trovate intorno al sito sembrano appoggiare questa critica, e si potrebbero anche concepire questi oggetti nel quadro di cacce sacre piuttosto che nel quadro delle attività quotidiane per mettere procurarsi il nutrimento. Schmidt sostiene che i cacciatoriraccoglitori si sarebbero radunati in questi luoghi durante certi periodi dell'anno. Se questi incontri erano determinati da cicli solari o lunari, lo si ignora, ma è tuttavia una questione interessante su cui meditare. Allo stesso modo si può logicamente concludere che coloro che hanno costruito il sito vi vivevano e avevano una risorsa dedicata fornita da altri che li hanno sostentati nei bisogni alimentari e di alloggio. Gli archeologi hanno stimato che sino a 500 persone sarebbero state necessarie per estrarre i pilastri di 10-20 tonnellate e per spostarli dalla cava alla loro destinazione, su una distanza che andava dai 100 ai 500 metri. Tuttavia, Schmidt pensa che il mantenimento della comunità dei costruttori è stata la vera ragione per la quale i nostri antenati hanno "inventato" l'agricoltura: essi hanno iniziato a coltivare le erbe selvatiche sulle colline per nutrire questa popolazione sedentaria. In breve, egli stima che "la religione ha motivato i popoli ad intraprendere una coltivazione agricola". E manifestando un significato rituale, Göbekli Tepe, con i suoi grandi blocchi di pietra decorate con gusto, rivela che i suoi creatori avevano una straordinaria capacità e familiarità con l'arte muraria e la scultura. Che i nostri antenati nel 10.000 a. C. siano stati così abili è una scoperta archeologica che can59 cella convinzioni durate a lungo sull'origine della civiltà. In quanto alle sculture, perché alcuni animali sono stati scelti e altri no? Perché le rappresentazioni non sembrano avere un'organizzazione chiara ed evidente, ma sembrano essere una raccolta casuale? La verità è: non lo sappiamo. Nelle civiltà successive, tutti questi animali hanno ricevuto degli attributi divini. Alcune culture hanno scelto di dipingere dei serpenti perché questi animali cambiano la pelle, che essi consideravano simbolo di rinascita. Altre hanno optato per lo stesso animale per motivi diversi. Sino ad ora, non c'è alcun mezzo per conoscere le credenze dei creatori e di coloro che risiedevano a de Göbekli Tepe. Alcuni osservatori hanno evidenziato che alcune delle gru sono dipinte con ginocchia simili a quelli degli uomini ed hanno suggerito che una forma di sciamanesimo è stato praticato in questo tempio. I siti fratelli hanno rivelato delle sculture rappresentanti un intreccio animale ed umano, in particolare quella con un corpo di uccello ed una testa umana. Gli Egiziani, migliaia di anni dopo, hanno utilizzato questo simbolo come uno geroglifico rappresentante il ba, l'anima dell'uomo liberata dal corpo al momento del decesso o durante il volo sciamanico. Andrew Collins ha particolarmente insistito sul potenziale sciamanico di questi siti nell'attuale Turchia. L'immagine della donna nuda menzionata precedentemente descrive i suoi capelli a forma di cappella di fungo. Il lato di un pilastro a Göbekli Tepe comporta una serie di serpenti dalla testa a forma di fungo, quattro che scendono verso il basso ed un quinto che sale loro incontro, mentre l'altro mostra alcuni serpenti allacciati tra di loro che portano delle cappelle di fungo, otto emergono sulla cima ed un nono in basso. È questa la prova di un rituale implicante i funghi allucinogeni o sostanze simili che alterano la psiche? Delle ossa di avvoltoio sono state trovate a Nevali Cori, Göbekli Tepe e Jerf el-Ahmar (in Siria). Un sito di grotta comunitaria, Shanidar, nei monti Zagros nel nord dell'Iraq, conteneva una serie di ali di uccelli recise ricoperte di ocra rossa. I resti sono stati datati al 8.870 a. C. Le ali si presumono siano state utilizzate in alcune cerimonie, ma come resta ignoto. Tuttavia, si sa che, in un passato remoto, la gente di questa regione poneva i corpi dei morti su delle grandi strutture e lasciavano che gli avvoltoi mangiassero la carne dei morti. Le rappresentazioni di una tale scarnificazione neolitica sono state trovate su un affresco a Çatal Höyük. Fatto interessante, delle ossa umane sono state recentemente trovate nel suolo che riempivano le nicchie dietro i megaliti a Göbekli Tepe. Schmidt afferma: "... gli antichi cacciatori portavano i cadaveri dei parenti qui, e li esponevano in nicchie aperte tra le pietre. I cadaveri erano in seguito scarnificati. "Non soltanto gli avvoltoi ma anche gli animali selvatici sembrano aver preso parte a questo rituale. Questo può spiegare perché un così gran numero di animali è rappresentato sui pilastri a T: forse il popolo che ha costruito questi siti ha creduto che "qualcosa" dei morti viveva in questi animali. non è unica". D'altronde, se le date di alcuni di questi siti in Turchia anticipano il tempo presunto dal calendario degli avvenimenti come la scomparsa di Atlantide o il Diluvio Universale, ciò significa che questi antenati più antichi non possono essere considerati come "sopravvissuti di un diluvio". La nostra storia antica è diventata molto più interessante e complessa. Le culture che sono seguite alla creazione di Göbekli Tepe hanno addomesticato i porci, le pecore, i bovini e le capre e le specie di cereali coltiva come il farro. Infatti, una recente analisi ha dimostrato che la prima cultura di cereale addomesticato è avvenuta a Karacadag, una montagna a 32 chilometri da Göbekli Tepe. Gli altri cereali addomesticati, come la segale e l'avena provenivano anch'essi da qui. Secondo Schmidt, quest'avventura è iniziata verso l'8000 a. C. È facile ed allettante considerare questa regione come "la culla della civiltà", ma il fatto è che è già stato provato che il mais è stato concepito in Messico alla stessa data, sottolineando il modo in cui le frontiere della "civiltà" sono respinte sui due continenti. Infatti, esistono delle prove che le pecore di Barbaria sono state allevate dai nostri antenati Culla della civiltà Sappiamo che Göbekli Tepe ed i suoi siti fratelli hanno respinto l'età delle costruzioni monolitiche, molto più lontano nel tempo. In precedenza, abbiamo cercato dei monumenti come Stonehenge e le piramidi d'Egitto, ma ora,constatiamo che i nostri antenati hanno trasportato delle pietre massicce per le loro costruzioni 12.000 anni fa circa. Anche se una struttura come la Sfinge fosse improvvisamente ritrovata e risalente a 10.000 anni fa, la reazione immediata sarebbe ora: "E allora? 60 nel nord Africa sin dal 18.000 a. C. Inoltre, alcuni semi di farro sono stati trovati sul sito palestinese di Nahal Oren, che suggerisce che la coltivazione di questa pianta è avvenuta sin dal 14.000 a. C. È chiaro, ad ogni modo che Göbekli Tepe non è isoalata. Può ricevere molta attenzione, ma un altro sito, Karahan Tepe, a 63 chilometri ad est di Urfa sui monti TEKTEK, merita attenzione. Scoperto nel 1997 e studiato dall'archeologo Bahattin Çelik della Società di storia turca, è stato datato tra il 9.500-9.000 a. C. C'è un certo numero di pilastri a T, così come degli altorilievi di un serpente e altre sculture simili a quelle di Göbekli Tepe. Coprendo una superficie di 325.000 mq, Karahan Tepe è molto più grande di Göbekli Tepe. I pilastri di pietra sono distanziati ad 1,5 a 2,0 metri e sporgono dal terreno, aspettando che un archeologo li porti del tutto alla luce. Altre pietre scolpite includono un torso martoriato di un uomo nudo e della pietra levigata con forme di capre, gazzelle e conigli. È Troppo presto per trarre delle conclusioni straordinarie su questi siti, a parte il fatto che la nostra storia non è più così come la conoscevamo. Ma proprio come Gerico ha in parte dimostrato che la Bibbia contiene dei fatti storici, questi siti possono anch'essi dimostrare alcuni dei miti sumerici, che affermano che l'agricoltura, l'allevamento e la tessitura sono stati dati all'umanità da sacro monte Du-Ku, che era abitato dalle divinità Annuna. Benché sia poco probabile che questa montagna sia stata Göbekli Tepe, siamo probabilmente nelle vicinanze del monte Taurus. Intorno all'8.000 a. C., i discendenti dei creatori di Göbekli Tepe si ribellano contro le realizzazioni dei loro antenati ed il loro tempio è stato sepolto sotto tonnellate di terra, creando così la collina artificiale, il "ventre", che vediamo oggi. La ragione per la quale essi hanno fatto ciò è sconosciuta, benché la decisione ha conservato il monumento per i posteri, benché ciò implicò anche una quantità straordinaria di tempo e di fatica. Schmidt sostiene che il paesaggio locale ha cominciato a cambiare durante quest'epoca:che gli alberi venivano abbattuti, il suolo cominciò a perdere la sua fecondità, la regione è diventata arida e nuda, e le persone erano costrette a spo- cacciatori-raccoglitori, come essi vedevano questi animali e ciò che essi credevano accadesse dopo la morte, è un argomento difficile, che richiederà anni di studio. Ahimè, è un campo in cui pochi archeologi osano arrischiarsi, e molto probabilmente, essi salteranno da un sito all'altro, come hanno fatto per molti decenni, scoprendo "soltanto" che la civiltà è molto più antica di quanto non lo si era supposto. Già altri siti sono in competizione con Göbekli Tepe. Il sito menzionato in precedenza Jerf d’elAhmar, situato lungo l'Eufrate in Siria, è stato datato tra il 9.6008.500 a. C. Altri siti presenteranno starsi altrove. Forse è in questo mo- certamente presto le loro candidamento che essi hanno cominciato la ture. loro discesa e che, mille anni dopo, È probabile che tutti riveleranno di fondarono ciò che chiamiamo la fare parte della nostra storia, ma civiltà sumera? non così come la conosciamo. Un tale scenario è soltanto una delPiù che dell'astronomia in termini generici, le possibilità. del meccanismo della precessione degli Anche nell'Egitto antico, delle coequinozi, concetto centrale e fondativo struzioni religiose erano spesso ab- della mentalità arcaica di tutte le culture bandonate se non smantellate dopo mondiali, nozione trasmessa esotericamenun certo periodo perché appartene- te sino ai nostri giorni attraverso il mito, vano ad un "ciclo" di tempo partico- l'iconografia sacra, l'architettura e l'urbanistica. Cfr. Giorgio de Santillana, Il mulino di lare oramai trascorso. Amleto e l'opera pionieristica "soppressa" Se questo fosse il caso di Göbekli di Charles François Dupuis L'Origine de Tepe, ciò vorrebbe dire che la cono- tous les cultes del 1795 (nota del traduttoscenza dell'astronomia* è più antica re). di molti millenni. Gli ultimi cinque LINK al post originale: anni hanno così radicalmente modi- http://www.philipcoppens.com/ ficato la nostra comprensione del gobekli.html periodo tra il 10.000 ed il 4.000 a. This article appeared in Nexus Magazine, C., più precisamente il livello di "civiltà" che i nostri antenati aveva- Volume 16, Number 4 (June-July 2009) and Darklore (Volume 4). no raggiunto durante quest'epoca, che ciò non dovrebbe essere del tutto una sorpresa. E sembra che sia un dato di fatto che da qualche parte, delle città, ancora più antiche siano in attesa di essere scoperte. Tuttavia, è altrettanto chiaro che entrare nella mentalità di questi Goodbye Fil... 61 LA PERDUTA TECNOLOGIA DELLE ANTICHE CIVILTÀ SIAMO DAVVERO LA PRIMA CIVILTÀ AVANZATA DELLA STORIA? CONFERENZA AM, 1° DICEMBRE 2012 BIBLIOTECA 'S, ZAVATTI' – CIVITANOVA MARCHE Premessa Se qualcuno approdando in Conferenza sperava di assistere ad una carrellata di Oopart è rimasto deluso. Si perché, inoltre, di Oopart veri ve ne sono molto pochi e siamo dell'idea che come out of place artifacts non siano – ad esempio – classificabili le Linee di Nazca o il complesso architettonico di Al-Jizah, i giganti di pietra nei pressi di Campana (Cosenza) o il Trilithon di Baalbek. Un Oopart è un oggetto appartenente per logica ad un'epoca necessariamente incompatibile col periodo a cui l'oggetto appartiene. Le mappe di Oronzio Fineo o di Mercator dove si evince l'Antartide sono affatto Oopart poiché l'epoca è antecedente al periodo ufficiale della scoperta del continente ghiacciato. Gli esempi precedenti testimoniano semmai risultati di un'altra tecnologia a noi sconosciuta e catalogarla nell'ambito degli oggetti fuori dal loro tempo è riduttivo delle vette cognitive sulle quali gli antichi ci hanno imposto la riflessione. Nemmeno i boomerang ritrovati nella tomba di Tut-Ankh-Amun possono definirsi tali: i 'bang' erano conosciuti fin da tempi immemori tra le popolazioni dell'odierno Sudan, area piuttosto raggiungibile dall'Egitto pur con mille difficoltà. La riflessione è invece necessaria sulla presenza dei manufatti anche in Australia e possibilmente, sulla scorta di ulteriori indizi probatori o vere e proprie prove, ipotizzare contatti tra popolazioni aborigene ed afro-orientali in periodi insospettabili. Siamo oltretutto dell'idea di relegare l'acronimo Oopart tra le inquietudini dell'Ortodossia poiché per l'Eterodossia si tratta semplicemente di manufatti 62 antichi e neanche troppo sorprendenti. È infatti tra i fondamenti eterodossi considerare lo sviluppo della civiltà come un processo ciclico, ripetibile, secondo canoni diversificati rispetto ai vari periodi (nessuno tranne i millantatori sognerebbe di trovare un 'Macintosh' nelle Grotte di Qumran; ma il 'meccanismo di Antikythera' - per esempio - demolisce di misura il percepito di un passato a tenuta stagna, compartimentato tra 'clave e grugniti' da un lato e missioni odierne marziane dall'altro), foriero di condizioni in cui il 'comfort' sociale non è ascrivibile esclusivamente agli ultimi 60 anni. Questa Conferenza ha preso spunto da un'anomalia – presunta – inerente la capacità avionica degli antichi per sottolineare un paradigma evolutivo fondato sul percepito generale erroneo: " l'evoluzione è a tenuta stagna e lineare ". Non è così e a dirlo non è l'Eterodossia: è l'Ortodossia... Excursus L'agenda dell'incontro prevedeva tre punti fondamentali tra loro legati: - evoluzione umana - mito - anomalie Quale impianto espositivo? Dimostrare, anzi ricordare, le effettive posizioni scientifiche sull'annoso problema evoluzionistico e in special modo quello inerente il genere Homo; collegare al risultato derivato dalla riflessione evoluzionista il concetto di mito e sue differenze da quello di leggenda nonché sottolinearne le implicazioni nell'intellettualità umana e nella storia sociale; analizzare le anomalie cronologiche – secondo la visione ortodossa della scienza – in particolare una molto di frontiera riguardante l'avionica teorizzata come possibile ed applicata in un remoto passato della nostra vicenda planetaria. Quale filo logico? Presentare una ciclicità di periodi caratterizzati da civiltà sviluppate pari a quella dei nostri giorni, la convivenza con specie umane contemporanee ma con un profilo dato dal diverso sviluppo tecnologico e socia- le, la presenza del mito come collante culturale che sottende a diverse epoche e culture ma ricco di archetipi comuni ad ogni civiltà e infine dimostrare attraverso manufatti controversi l'eco effettiva di organizzazioni e vette umane anacronistiche in senso positivo. Evoluzione La premessa, fondamentale, è stata reale del mondo circostante. Il secondo quesito, fortemente accessorio al primo: 'trasformazione o evoluzione?'. E ancora: 'prima e dopo o durante?'. Esiste una rappresentazione oramai sedimentata nel nostro percepito che lancia un messaggio erroneo inerente l'evoluzione umana. Questa (sotto): introdotta attraverso una domanda: 'dalla scimmia o insieme alla scimmia?'. Abituati come siamo a pensare per stereotipi spesso non ci accorgiamo di ciò che davvero viene formulato aldilà del nostro percepito, complice una cattiva educazione culturale e la pigrizia nell'approfondimento – non in chiunque chiaramente – aspetti questi dannosi per la conoscenza Basata su uno schema a due dimensioni, non aiuta a comprendere il cammino complesso delle varie specie ominidi; al massimo può diventare esplicativa del cammino fatto dal Genere Homo e della Famiglia Hominina ma non rende giustizia delle convivenze che la stragrande maggioranza degli esseri umani primordiali ha vissuto. La stessa immagine (a fianco) così arricchita ci svela invece che cosa è effettivamente accaduto alle specie Sapiens e Neanderthalensis insieme ai Rhodensiensis, Heidelbergensis e altri protagonisti: si sono sviluppate contemporaneamente all'interno di lassi temporali estremamente estesi. Non solo: l'ominide subito fuori il riquadro rosso rappresenta l'homo Erectus, più conosciuto come Pithecanthropus, presente sul pianeta da 1,8 milioni di anni, convissuto con i precedenti per quasi 600.000 anni. L'Ortodossia stessa sostiene questa tesi arrivando ad ipotizzare tre scenari tesi a giustificare una condizione poco coerente con gli inizi dell'evoluzione darwiniana ma al contrario perfettamente adatta all'interdisci- 63 plinarietà dell'evoluzionismo non ultimo l'apporto sostanziale della genetica. La visione scientifica è sempre più improntata al progenitore comune; eppure non è mai stato trovato. Si tratta infatti solo ed esclusivamente di una teoria, al momento la più accreditata, che pone l'evolversi di un gruppo di primati nel Gran Rift africano intorno ai 6 milioni di anni or sono e che poi si siano differenziati definitivamente con l'Homo Habilis e l'Erectus tra i 2 e gli 1,8 milioni di anni or sono (Out of Africa I II). Essi erano differenti dall'Australopithecus che prese una via evolutiva diversa, si estinse 1 milione di anni fa pur presentando nelle varie specie caratteristiche utensili (molto semplici) nonché capacità di macellazione delle prede. Ancora una volta, comunque, l'estinzione dell'Australopithecus è caratterizzata da convivenza con Habilis ed Erectus questi ultimi 'apparsi' almeno 1 o addirittura 1,5 milioni di anni prima. L'evoluzione, in particolar modo quelle umana, non è compartimentata in periodi successivi a tenuta stagna bensì è un processo complesso ricco di molte interazioni periodiche e giocoforza ipotesi di incontri tra Hominina. Ritornando alla teoria esposta in precedenza dobbiamo sapere che non è l'unica, anzi: ve ne sono altre due che meritano una ricognizione per avere il quadro della situazione più chiaro. Una di queste è l'Ipotesi Multiregionale, nata con l'antropologo F. Weidenreich e successivamente elaborata nel 1988 da M. H. Wolpoff. In breve essa sostiene che l'attuale umanità sia la risultante di un processo interattivo tra le varie specie Homo a partire dall'inizio del Pleistocene 2,5 milioni di anni fa. In realtà l'analisi dei tratti morfologici alla base dell'enunciazione riporterebbe a fasi di semplice convergenza evolutiva ovvero dimostrando la somiglianza non per scambio genetico ma adattamento a condizioni ambientali comuni. La diatriba, però, non è ancora chiusa: questa tesi rilutta l'evoluzione parallela preferendone la cosiddetta variazione clinale, ossia la gradualità del fenotipo per ogni singola specie in una peculiare area geografica. Altra teoria molto interessante in tal senso è l'Eva Mitocondriale: una evidenza cromosomica femminile, definita Eva, che avrebbe dato origine ad una sola stirpe , linea genetica di femmine da oltre 200.000 anni a partire dall'Africa sud-orientale. 64 Questo implica che la totalità degli esseri umani avrebbero di fatto un progenitore femminile unico. La comparsa dell'Adamo Ycromosomale avrebbe fatto il resto influendo sulla totalità degli esseri umani e si sarebbe originato 75.000 anni fa. La veridicità di questa teoria, che prevede un collo di bottiglia nell'evoluzione poiché sia l'Adamo Ycromosomale e l'Eva Mitocondriale avrebbero contato pochissimi individui, è suffragata da un evento catastrofico avvenuto proprio tra 75 e 70.000 anni fa noto come la Catastrofe di Toba, un supervulcano che avrebbe ridotto l'umanità a poche migliaia di individui (S. H. Ambrose, 1998) a causa del prolungamento dell'Era Glaciale Pleistocenica. Ancora una volta entra in gioco il catastrofismo che smentisce di fatto certe velleità lineari assolutamente fuori luogo data la scala temporale con la quale ci misuriamo. Un fatto è certo: la retrodatazione umana, giunta fino a 6 milioni di anni or sono, ancora non riesce a trovare il famigerato 'anello mancante' e anche gli studi sui Proconsul, scimmie antropomorfe risalenti a circa 18 milioni di anni fa, sembrano confermare la mancanza di requisiti sostanziali per poter essere considerate 'il progenitore', la 'specie Alfa', vera spina nel fianco della teoria Out of Africa I e II. La considerazione che invece ci interessa fare è che a furia di retrodatare l'umanità perdiamo di vista la sua milionaria interazione credendo impossibile condizioni cicliche della civiltà in epoche decisamente più ancestrali degli ultimi 6.000 anni come ad esempio in contemporanea con la 'comparsa' (o meglio 'arrivo sulla scena') dei Sapiens, conviventi dei Neanderthanlensis per periodi mediamente 60 volte superiori all'inizio di ciò che noi definiamo 'Storia' (comparsa della scrittura, 3.000 a.C. ca.). A volte il buonsenso sembra abban- donare gli Accademici. È bastata l'osservazione di questa composizione per comprendere la contemporaneità di gruppi umani dai diversi stili di vita e di progresso intuendo come sia assurdo considerare esclusivamente in questa fase odierna una così ampia differenziazione e non per esempio in passato. Liberatoria la domanda all'assemblea: 'ma perché oggi si e ieri no...?' L'Eterodossia sostiene questa idea: - né prima né dopo bensì 'durante'; - non vi sono trasformazioni fondanti ma selezioni entro le quali possono verificarsi mutazioni; - l'evoluzione parallela è insufficiente rispetto alle ipotesi di convergenza; - il progenitore comune potrebbe non esistere e conseguentemente fare i conti con un processo di speciazione ossia una vera e propria comparsa dell'uomo come unicità. Pertanto, considerando il lasso temporale in analisi è inconcepibile un'impennata gaussiana nell'evoluzione né si possono escludere a priori civiltà tecnologicamente e socialmente avanzate – con gradi di intensità pari all'odierna – in periodi insospettabili. MITO Sulla scorta delle riflessioni precedenti abbiamo l'obbligo di trovare il sostrato, la sedimentazione comune che possa effettivamente teorizzare un passato luminoso ma al contempo chiuso in periodi ciclici e non lineari. Una delle caratteristiche salienti di questa ipotesi è l'oblio in cui scompare la memoria della realtà e contemporaneamente insorge un fenomeno che potremmo definire attraverso il linguaggio psicoanalitico 'transfert'. Questa rimozione è di fatto il Mito. Ma cos’è esattamente? E cosa lo differenzia dalle leggende? Il Mito rappresenta la sacralità conferita al racconto delle origini, è immutabile nel Tempo e al massimo si può assistere a sue decli- nazioni in segmenti cronologici caratterizzati da parametri culturali, sociali, filosofici, tecnologici e morali di una civiltà in particolare rispetto ad un’altra. Il sostrato però è il medesimo. Le leggende, al contrario, sono racconti fantastici contingentati in determinate sezioni temporali e si caratterizzano come compartimenti stagni tra un periodo e i propri precedenti o successivi. La leggenda è in termini esemplificati sinonimo di fiaba; il Mito sinonimo di Sapienza, conoscenza. In questa Conferenza ho utilizzato il concetto di massima espresso dagli Autori de ‘Il Mulino di Amleto’ ovvero il valore puramente cosmologico del Mito ma al contempo - in apparente contraddizione - ho scelto di illustrarne la parte invisa a De Santillana più in linea con Mircea Eliade che riguarda la funzione di cover-up del Mito e di sostanza delle religioni: i miti esprimono ancestrali condizioni sociali e culturali spazzate via da violenti cataclismi. Aldilà dunque del Mito come struttura che deduce e conduce da e verso archetipi comuni ad ogni civiltà ho preferito portare un esempio più legato alla metafora 65 che all’antropologia e alla metafisica. È quantomeno controverso considerare il Mito come realtà a sé stante ma poi legarlo indissolubilmente all’osservazione celeste e in particolare alla Precessione degli Equinozi (Intermezzo tra i capp. IV e V de ‘Il Mulino’ op. Cit. pagg. 83 - 101) conferendo ad esso de facto un valore di cover-up anche se non connesso ad eventi particolarmente cruenti o comunque caratteristici di un periodo, di un’esperienza diretta ma esclusivamente cosmologica. È da questa osservazione in fase preparatoria che mi venne in mente la leggenda di San Giorgio e del Drago: dietro il racconto popolare, infatti, si celano cognizioni astrologiche possenti e forse persino astronomiche provenienti da periodi insospettabili. La scelta del metodo di Eliade è stata dettata anche dall’aver scoperto una forte colonna mitica a sostegno di una leggenda che ne ‘Il Mulino’ è percepita come antitetica al Mito; la realtà è che potrebbe avere un valore pedagogico. ‘ О μύθος δελοι οτι... ‘ Il Mito insegna che... Dicevano i greci antichi. Se ad esso è possibile attribuire valenze morali questo significa giocoforza che deve essere anche occultamento di realtà riscontrabili oltre che metafora di verità ineffabili. La tradizione narra che presso la città di Selem in Libia vi fosse uno stagno ove dimorava un drago assassino. La gente del luogo lo placava con due pecore al giorno ma il drago divenne più famelico e si rese necessario il sacrificio di una pecora assieme ad un fanciullo o una fanciulla tirati a sorte. Un giorno il destino si fece beffe del Re e fu estratto il nome della figlia, Silene. Il Re tentò per 8 giorni di distoglierla dal rito mortale ma poi cedette. Giunse nel frattempo Giorgio che prese le difese della giovane rendendo innocuo il drago e pregandola di avvolgere il collo della bestia che si fece trascinare docilmente in città. Allora Giorgio proclamò che a fronte di una conversione a Cristo egli avrebbe ucciso il mostro e così andò con buona pace dei libici che vissero serenamente mentre l’animale fu portato via da 4 coppie di buoi. Ad una mente allenata risaltano immediatamente alcuni aspetti lapalissiani: - la fanciulla si chiama Silene; l’etimo è assai analogo al termine greco Σελήνη (Seléne) che significa ‘luna’ - l’eroe è Giorgio, il cui etimo è affatto originario greco Γεωργός (Gheorgòs) il cui significato è ‘agricoltore’ - i tentativi di distogliere la propria figlia dal sacrificio sono in numero di 8, numero stranamente identico alle fasi lunari: 1 Luna nuova (o congiunzione o fase di novilunio) 2 Luna crescente 3 Primo quarto 4 Gibbosa crescente 5 Luna piena (o opposizione o fase di plenilunio) 6 Gibbosa calante 7 Ultimo quarto 8 Luna calante - anche l’uscita della fanciulla con il drago reso inoffensivo reca i segni del periodo lunare, ovvero 4 coppie di buoi (8) che lo trascinano fuori dalle mura - altra situazione enigmatica è la richiesta da parte di Giorgio affinché la ragazza imbrigli il drago ed esso si fa trasportare docilmente in città: pochi istanti prima era disposto a divorarla - la richiesta di conversione al Cristianesimo sembra essere la vera leggenda in tutto questo, assolutamente disallineata rispetto ad un contesto dai forti connotati astronomici. Ci viene in soccorso Mircea Eliade nel suo celeberrimo ‘Storia delle Religioni’ una grande opera di ermeneutica del credo e del mito inerente le fedi religiose di tutto il mondo e dislocate nel corso della storia. La luna ha un’importanza strategica nella formazione spirituale dell’umanità e il suo culto, sotto diverse forme, è presente costantemente. Essa rappresenta le maggiori funzioni biologiche: dalla pioggia alle maree, l’acqua in genere fino alla sua caratterizzazione femminile legata alla sua ciclicità nel ciclo mestruale del tutto simile (28 giorni) all’orbita del satellite (intorno ai 29 giorni). Non solo: la ciclicità ne fa simbolo dei periodi di fecondità e in senso trasposto anche di quella agricola. In questo senso inizia a farsi strada il perché sia un Γεωργός ad interessarsi della ‘salute’ lunare (Siléne). Ma la luna gestisce le acque, dunque essa è nelle acque; il suo simbolo è la spirale che viene rappresentato dal serpente; o dal ‘drago’ che del serpente è trasposizione. Questi è sinonimo di trasformazione, divenire ed è indis66 solubilmente legato all’attività lunare. Lo stesso movimento celeste della luna è rappresentato attraverso un altro movimento tipico del serpente ovvero la sinusoide o più volgarmente le ‘spire’ del serpente o del drago. Il calare e il sorgere della luna, secondo l’antica concezione del cielo, prevedeva un’emersione al di sopra dell’equatore celeste - ovvero la terraferma - e una discesa al di sotto che era un luogo rappresentato dalle acque. Si capisce quindi perché il drago della leggenda di San Giorgio dimorasse in uno stagno. È per questo che Siléne imbriglia il drago ed egli si fa docilmente riportare in città o diremmo oggi alla normalità. Il Mito che si nasconde dietro questa leggenda esprime il rapporto astronomico produttivo (agricolo) che l’umanità intratteneva con le fasi lunari; ancora oggi del resto specialmente in fase di messe o produzione vinicola. La paura che questo equilibrio venisse meno indusse probabilmente gli antichi a computare le fasi salienti del processo lunare con il fine di anticipare i tempi fecondi e quelli non fecondi. O forse anche di evitare che la luna fuggisse via da Gaia. Vi sono però delle inquietanti coincidenze con alcune delle attuali conoscenze scientifiche apparentemente non giustificabili in periodi antecedenti la nostra civiltà: - L'origine della Luna è terrestre, probabilmente da impatto, con alloggiamento orbitale progressivo 'a spirale' - La Luna è alla base dell'ecosistema planetario, senza di essa non sarebbe stata possibile la Vita - La paura di 'perdere la Luna' potrebbe essere un trauma cognitivo che interessò studiosi e osservatori del cielo quando del satellite ne calcolarono il comportamento orbitale - 'Ad oggi' sappiamo che la Luna si sta allontanando dalla Terra ad una velocità di 3,8 cm/anno e la modalità di allontanamento è una 'spirale' orbitale. Sono solo coincidenze? Oppure è lecito pensare a cognizioni ancestrali ma cover-up? Dunque la conoscenza è di tipo circolare e in fondo noi, con Platone, ricordiamo sostanzialmente? Anomalie Il filo logico della Conferenza ha il suo termine nella terza parte, la più controversa. Ho voluto appositamente tirare in ballo l’argomento più di confine proprio per sottolineare la possibilità di una evoluzione diversificata in passato e soprattutto indicare alcuni argomenti finiti sotto la cover-up del Mito. Affermare un terzo livello nella leggenda di San Giorgio e il drago di tipo astronomico stretto è una provocazione violenta ma supportata da coincidenze ed indizi probatori difficili da eludere con superficialità - Il primo livello è dato dalle considerazioni morali insite nella lotta tra bene e male - Il secondo livello da concezioni cosmologiche che si riflettono nell’astrologia come abbozzo astronomico e socio-culturale - Ma il terzo livello è astronomia pura difficilmente collocabile secondo la nostra concezione in epoche precedenti all’odierna: eppure i dati coincidono. Siamo dell’idea che gli antichi non solo alzarono gli occhi al cielo ma fossero anche in grado di percorrerlo. La spiegazione della Macchina di Antikythera fu salutata così da colui che la studiò a fondo e ne ricostruì le capacità di orientamento stellare e planetario simile a ciò che potremmo oggi chiamare non astrolabio bensì GPS: “ ...il 'computer' di Antikythera? E' stato come trovare un aereo a reazione nella tomba di Tut-Ankh- Amun...! “ (Derek de Dolla Price YALE University - di fronte alla tecnologia finalizzata alla navigazione del meccanismo di Antikythera). Forse non si era poi così lontani dalla faccenda dell’aereo a reazione. Il volo nella preistoria è un argomento affascinante a rischio saturazione fantasy se però non vi fossero stati studi approfonditi su alcuni reperti talmente controversi da ribaltare la visione canonica ad oggi accettata dalla comunità scientifica internazionale. Fermo restando il linguaggio del Mahabaratha o del Ramayana che narra storie appartenenti all’impero di Rama assieme a strani racconti di velivoli detti Vimana e tecniche avioniche correlate, un reperto ligneo ben più tangibile dei testi sacri rigveda ancora oggi è oggetto di polemica tra mondo accademico e avanguardia. Si tratta di un reperto 'aeriforme' risalente a ca. 4000 anni a.C. (oltre 6000 ad oggi) scoperto nel 1898 in una tomba interna all’area 67 archeologica di Saqqara. L’oggetto n. 6347 è passato alla storia con la denominazione di 'Uccello'. Nel 1969 i primi dubbi di Khalil Messiah (Prof. di Anatomia Artistica Università di Helwan e membro dello Egyptian Aeronautical Club) ruotano attorno alla conformazione poco ornitologica dell'oggetto al contrario affatto 'avionica' non ultima la posizione della coda perpendicolare rispetto al corpo e non parallela come è ampiamente dimostrato in natura per gli uccelli, dando più l’impressione di un timone di coda. Fu istituito un pool da parte dell'allora Ministro della Cultura Egizia Mohammed G. el Din Moukhtar il 23 dicembre 1971 per sancirne la tecnologia aeronautica. Di esso facevano parte: - H. Riad - Dir. Museo Ant. Egizie - A. Q. Selim - Vice Dir. Museo Egiziano Ricerche. Archeolologiche - H. Nessiha - Dir. Dipartimento Antichità - K. Naguib - Pres. Unione Aviazione Egiziana Così il mondo accademico fece i conti con personalità credibili disposte ad accettare e confermare una tesi disarmante e foriera di rivoluzioni culturali dalla portata non indifferente. Ci pensò la solerte ricostruzione di Martin Gregorie allora progettista di alianti ed aeromobili a sancire la smentita sulle possibilità di volo dell'Uccello di Saqqara. Erano gli Anni ’70. Nel 2006 l'esperto di avionica Simon Sanderson ricostruì un modello in scala dell'Uccello di Saqqara 5 volte più grande e in galleria del vento ne dimostrò - al contrario di Gregorie - le possibilità/ capacità di volo ('Cryptids: The Saqqara Bird' By Doug Aamoth for TIME - June 09, 2010 http:// techland.time.com/2010/06/09/ cryptids-the-saqqara-bird/) Un caso isolato non darebbe ragione del tutto ad un’ipotesi così di confine se non fosse stato per un altro reperto, questa volta numericamente più cospicuo (una dozzina circa di pezzi), composto da monili aurei conservati al Museo dell'Oro di Bo- gotà risalenti ad un’epoca datata I sec. a.C. che rappresenterebbero stilizzazioni zoomorfe di volatili e/o insetti. Tali manufatti sono ufficialmente appartenenti alla cultura pre-incaica Calima o Sinu ognuno dei quali non è più lungo di 10 cm. Anche qui le presunte forme zoomorfe inducono più ad uno chassis piuttosto che ad una struttura naturale dove ancora una volta la sezione caudale, e non solo, non dà ragione a rappresentazioni entomologhe o ornitologiche di tipo alcuno bensì aerodinamiche più consone ad un aircraft, un velivolo. L’ing. J. A. Ulrich ex pilota di jet riconobbe uno dei monili come del tutto analogo allo chassis di un SAAB 37 Viggen (JA 37) in dotazione all'Aeronautica Militare Svedese mentre Peter Belting, ing. aeronautico tedesco, si spinse oltre arrivando a riprodurre nel 1997 un modello 1:6 di un 'Monile di Bogotà' perfettamente volante e facilmente manovrabile. Il video che segue non necessita di ulteriori commenti http://www.youtube.com/watch? 68 v=oP3P3vDNjqQ In conclusione la Conferenza ha tracciato un iter attraverso alcuni punti fondamentali suddivisi in tre aree: Evoluzione - l'evoluzione umana non è lineare e sembra essere decisamente lontana dagli scimpanzè/bonobi - per ora non presenta un 'anello mancante' - l'origine dell'Uomo è costantemente retrodatata Mito - il Mito non è un'invenzione o una leggenda più articolata bensì un sistema cognitivo metaforico e mnemonico (la tradizione era infatti trasmessa oralmente) ad altissima valenza cosmologica - le sue principali caratteristiche sono la sacralità, l'univocità degli archetipi originari e la percepita esistenza di civiltà antichissime e assai progredite come mankind craddle Anomalie - le Anomalie esistono e prendono il nome di indizi probatori - non sono affatto solo invenzioni di appassionati della cosiddetta 'archeologia misteriosa'. Parafrasando un grande pensatore al tempo considerato ultraeterodosso come Galileo Galilei, mi sono immaginato - assieme a tutti coloro impegnati nel dare spiegazioni agli enigmi che ci circondano - sul banco degli imputati nel processo che l’Ortodossia porta con cura e costanza contro l’Eterodossia. E in quest’aula austera, opprimente, sinistra in cui l’Eterodossia è già messa all’indice preconcetto osammo sussurrare, dopo esser stati violentemente costretti all’abiura: ‘...eppur volano...’ (Pier Giorgio Lepori ARCHEOMISTERICA) KENNEDY, UN PRESIDENTE CONTRO LE BANCHE ANDREA DELLA VENTURA Banche e grande crisi globale Il 4 Giugno del 1963 un decreto presidenziale di John Fitzgerald Kennedy, detto Ordine Esecutivo 11110, fu firmato impedendo alla Federal Reserve Bank di prestare soldi a interesse al Governo Federale degli Stati Uniti. La FRB sarebbe presto fallita e l’America sarebbe tornata l’unica vera detentrice del proprio debito. JFK fu il primo presidente della storia a comprendere quanto lo strapotere delle banche private avrebbe ben presto creato un collasso dell’intero sistema economico. Fu fatto un piccolo tentativo per togliere alla Federal Reserve Bank il suo potere di affittare la moneta al governo facendosi pagare un interesse. In quel giorno, il presidente degli USA firmò l'ordine che ripristinava al governo americano il potere di emettere moneta sen- diventerebbero tutta carta stracza passare attraverso la FRB. cia". Cosa significano queste parole? Lincoln e gli altri Perché qualcuno non chiarisce la Presidenti assassinati questione? Prendiamo quattro nomi: Abramo Il 27 settembre del 1964 negli Sta- Lincoln, James Garfield, William ti Uniti venne pubblicato il famige- McKinley, John Fitzgerald Kenrato rapporto della commissione nedy. Warren, incaricata di indagare Chi sono questi quattro signori? sull'omicidio di Kennedy. Cosa hanno in comune? In tale rapporto si sosteneva che I quattro signori in questione sono unico responsabile dell'assassinio stati tutti Presidenti degli USA, era Lee Harvey Oswald. tutti sono stati uccisi durante il Tale rapporto fa tremare ancora mandato presidenziale e, analizoggi anche i nostri politici più zando bene i particolari, tutti si “coraggiosi”. proponevano di cambiare il sisSu “Libertà” del 27 settembre di 39 anni dopo, infatti si leggono le parole di Bossi sul debito pubblico: "Dal 2008 in avanti il sistema cambia, perché altrimenti la gente si sparerebbe, perché i titoli di stato 69 tema monetario americano estromettendo la Banca Centrale. I primi tre avevano cominciato a pensarlo, Kennedy lo stava mettendo in atto. Seguiamo poi la pista dei soldi e mostriamo com’è connessa direttamente con JKF, e cosa JFK fece per cercare di aiutare il popolo americano riguardo al debito nazionale e bancario. Per spiegare la pista dei soldi, il modo più facile è quello di far riferimento alla storia di Abraham Lincoln. Lincoln fu presidente durante la Guerra Civile Americana. La guerra tra il Nord ed il Sud sulla questione dello schiavismo. Gli Yankees contro i Confederates. Il Presidente Lincoln aveva bisogno di raccogliere denaro per finanziare l’esercito nordista. Ci sono tre modi con cui il governo può trovare il denaro: può tassare i cittadini, prendere in prestito denaro o stampare contante e spenderlo. Le parentesi monetarie di Lincoln e Kennedy colpo di penna, Kennedy stava per mettere fuori gioco la Federal Reserve Bank di New York. Se fosse Secondo JFK le banche private entrata in circolazione una quantinon potevano essere i creditori di tà sufficiente di questi certificati un’intera nazione e, cosa più im- basati sull'argento, questa avrebportante, non potevano avere il be eliminato la domanda di banpotere di stampare moneta. conote della Federal Reserve. Le somiglianze fra la Federal ReOggi il coraggio necessario per serve e la BCE, nonché la nostra attuare una fiscalità sociale a micara Bankitalia, sono a dir poco sura d'uomo non esiste proprio. imbarazzanti. Lincoln e Kennedy ebbero invece L'ordine di Kennedy dava al Mini- quel coraggio, ma lo pagarono castero del Tesoro il potere "di ero. Lincoln creò le banconote mettere certificati sull'argento "green-backs", e venne ucciso pocontro co dopo, nel 1865. Durante la qualsiasi riserva d'argento, argen- guerra civile americana, i Roto o dollari d'argento normali che thschild di Londra finanziarono il erano nel Tesoro". Nord, e i Rothschild di Parigi il Questo voleva dire che per ogni Sud. Per ridurre il livello del debito oncia di argento nella cassaforte che il suo governo avrebbe affrondel Tesoro, il governo poteva met- tato, Lincoln fece quel denaro. Le tere in circolazione nuova mone- banconote "green-backs" erano ta. come dovevano - e come dovrebIn tutto, Kennedy mise in circola- bero - essere, e cioè prive di intezione banconote per 4,3 miliardi ressi bancari. di dollari. Le conseguenze di questa legge furono enormi. Con un Il sistema bancario mondiale John Fitzgerald Kennedy aveva iniziato a mettere in atto il “cambiamento”, quando, coincidenza delle coincidenze, fu ucciso, nel 1963, a Dallas proprio dove ha sede il più grande socio finanziario della Federal Reserve Bank (la Banca Centrale degli Stati Uniti). L’assassinio di Kennedy cos’altro fu se non un avvertimento ai futuri Presidenti e ai politici di tutto il mondo, che chi comanda sono i banchieri, attraverso un sistema mafioso potentissimo e internazionale? Lincoln invece decise di stampare le banconote degli Stati Uniti per finanziare la guerra. Questo modo evitava la tassazione e l’indebitamento. Lincoln stampò contante e lo usò per la guerra. Non c’era bisogno di 70 tasse e debiti. I banchieri volevano trarre profitto dalla guerra e volevano che Lincoln stampasse il contante e lo consegnasse alle banche al prezzo del costo di stampa del denaro. Poi i banchieri avrebbero restituito il denaro al governo sotto forma di prestito bancario per poi chiedere ai contribuenti di pagare una tassa per ripagare gli interessi ai banchieri. L’onesto Abraham Lincoln disse di giungere il livello attuale, poiché NO ai banchieri e fu assassinato. avrebbe dato al Governo la possibilità di Morte di Kennedy ripagare il suo debito senza utilizzare la Federal Reserve e senza JFK fu il primo ad opporsi alle ban- essere gravato dall'interesse riche private ma purtroppo anche chiesto per la creazione di nuova l’ultimo. moneta. Il suo assassinio fece desistere Il 11110 dava agli USA la possibiliqualsiasi altro presidente, non so- tà di crearsi la propria moneta galo rantita da argento. americano, dal dichiarare guerra Quando Kennedy fu assassinato, alle banche private. dopo appena cinque mesi non L’Ordine Esecutivo 11110 avrebbe vennero più emessi certificati gamesso fine all’attuale sistema rantiti da argento. bancario mangia-soldi. "Final Call" (“Final Call” è un sito La FRB, come tutte le banche del di contro-informazione politica resto, prestava (e presta ancora) statunitense, NDR) è a conoscenza soldi che non ha. Solo un decimo del fatto che l'ordine esecutivo dell’intero ammontare di capitale non venne mai cancellato da nesche le banche private danno in sun presidente attraverso un altro prestito, é realmente detenuto ordine esecutivo, quindi è ancora dalla banca. valido. Perché allora nessun presiLa FRB crea a piacimento ricchez- dente successivo l'ha mai usato? za, un potere immenso per dei Virtualmente tutti i seimila miliarprivati. L'ordine esecutivo avrebbe di di dollari di debito sono stati impedito al debito pubblico di rag- creati a partire dal 1963. Se un Non a caso sui 5 dollari emessi dal Ministero del Tesoro su indicazione di JFK compare l’immagine di Lincoln 71 presidente statunitense avesse utilizzato il 11110, il debito non sarebbe assolutamente ai livelli correnti. Forse l'assassinio di JFK fu un avvertimento ai futuri presidenti che avessero pensato di estinguere il debito eliminando il controllo che la Federal Reserve esercita sull’emissione monetaria. Oltre la verità ufficiale Lincoln fu assassinato da John Wilkes Booth che, secondo alcuni studiosi, era un agente della Casa Rothschild. Dopo la morte di Lincoln cessò ovviamente anche la stampa dei green-backs. Kennedy propose la stessa soluzione e subito dopo fu anch'egli ucciso a Dallas in Texas, nel 1963. I suoi obiettivi principali erano di prendere il controllo della moneta della nazione, togliendola dalle mani delle Banche della Federal Reserve e di terminare così la guerra in Vietnam. Il vero motivo del suo assassinio è percepibile a ogni essere umano pensante. Dopo quello storico omicidio il vicepresidente J.B.Johnson, appena assunta la carica di Presidente ordinò infatti il ritiro di tutte le banconote fatte stampare da Kennedy. Kennedy aveva infatti ordinato l'emissione da parte del Tesoro di 4.292.893.815 dollari, con banco- note che non riportavano più la scritta "Federal Reserve Note", ma quella di "United States Note". Obiettivamente fece un intelligente tentativo per cominciare a togliere alla Federal Reserve il suo potere di affittare il denaro al governo facendosi pagare un interesse. La Federal Reserve e l’IRS I banchieri ottennero il loro scopo di nuovo nel 1913, quando la FRB e le tasse di tipo IRS divennero legge. I banchieri avevano bisogno di una nuova tassa che ripagasse gli interessi sul denaro che essi avrebbero creato e dato in prestito allo stesso governo. Il governo stampa una banconota da 100 dollari chiamata banconota della Federal Reserve. La banca prende i 100 dollari di contante per 3,5 centesimi di dollaro (costo di produzione). Poi la banca presta gli stessi 100 dollari al governo. Adesso il governo ha 100 dollari di debito e NOI dobbiamo pagare le tasse IRS per ripagare la banca dei 100 dollari più gli interessi. Con un costo di 3,5 centesimi di dollaro la banca può ottenere dai 5 agli 8 dollari di interesse ogni anno. Le banche lo chiamano un buon affare. Questo è il modo come loro [americani] creano un debito di 6 trillioni di dollari, più il debito di ciascuno stato, paese e città. Metà o più delle nostre tasse IRS vanno ai banchieri. I banchieri danno poi i soldi ai politici per assicurarsi che siano eletti ed aumentare la tassazione a nostro scapito. Immenso e rischioso. È un enorme castello di carte, basta un semplice soffio di vento per farlo crollare. L’intero sistema si basa su soldi che le banche non hanno. JFK aveva compreso a pieno quanto tutto ciò fosse sbagliato. Aveva intuito che di quel passo l’intera economia mondiale sarebbe finita male. Aveva anticipato la crisi economica mondiale che ci sta affliggendo. Con il suo Ordine Esecutivo, il Dipartimento del Tesoro avrebbe avuto il potere di “emettere certificati d’argento a fronte di ogni lingotto di argento/ dollari d’argento della Tesoreria.” Questo significa che la Tesoreria degli Stati Uniti poteva introdurre soldi in circolazione basandosi esclusivamente sui lingotti d’argento fisicamente presenti nelle casse dello Stato. Niente più speculazioni, niente più creazione 72 ad hoc di falsa ricchezza. Solo una economia solida, costituita sul valore dell’argento realmente detenuto dal governo. L’FRB non avrebbe più potuto prestare soldi ad interesse all’America. Gli uomini più ricchi del mondo non avrebbero più avuto in mano lo scettro del potere. Gli stavano per portar via il loro amato giochetto per fabbricare soldi. JFK si era già messo contro tutta l’ala conservatrice e militarizzata dell’America schierandosi contro la guerra in Vietnam, ci mancavano solo i banchieri privati da indispettire. La sua morte era già praticamente scritta. Kennedy aveva sfidato il governo monetario attaccando i due sistemi che sono sempre stati usati per aumentare il debito: la guerra e la creazione della moneta da parte di una banca centrale privata. Memorabili infatti suoi sforzi per far uscire dal Vietnam le truppe americane entro il 1965. CHIMERA LA NARRATIVA LE RECENSIONI DI Daniele Imperi presentata da Luigi Milani Lo spazzino del mietitore un racconto di Alexia Bianchini Non c’è mondo di Riccardo Coltri La leggenda di Sigurd e Gudrún di J.R.R. Tolkien I FILM MALEDETTI M.Benedetta Errigo LA STORIA CHE VERRA’ Nabta Playa Simone Barcelli 73 Non c’è mondo di Riccardo Coltri Daniele Imperi Primo romanzo dell’autore del capolavoro horror La corsa selvatica, una storia che si basava sul fantastico italiano, attingendo ai miti e alle leggende del nostro paese, in un quadro storico ben preciso: i primi anni del Regno d’Italia. In questa prima opera dell’autore siamo invece ai giorni nostri, anche se Coltri crea un interessante intreccio con la storia di Romeo e Giulietta. Le vicende del protagonista Roberto Crinti si legano a quelle della coppia shakespeariana e a quelle di un’altra coppia del suo periodo. Siamo molto lontani dalla forza del suo ultimo romanzo, La corsa selvatica, anche se qui si comincia a delineare lo stile che ha contraddistinto l’autore nelle sue pubblicazioni successive, Zeferina e il racconto Venim etiam dell’antologia Carnevale. Ci sono esperimenti stilistici che, se da un lato rallentano un po’ la lettura, dall’altro credo siano serviti a formare lo scrittore, dando al suo linguaggio un’impronta inconfondibile. In Non c’è mondo lo stile ancora non trasporta come nelle altre opere, anche se intuiamo una ricerca dell’autore nel volersi discostare da altri stili e affermarne uno proprio. Si possono notare dei piccoli particolari che secondo me sono propri di un autore alle prime armi. Il nome del protagonista, Roberto Crinti, ha le stesse iniziali dell’autore e suona come l’Arthur Gordon Pym di Edgar Allan Poe. Come se lo scrittore volesse partecipare, in un certo senso, al suo stesso romanzo. E che dire del don Coltri che fa la sua comparsa nella storia? Il romanzo ha comunque una sua forza, non annoia, anzi ha un buon ritmo. Le atmosfere sono cupe, tenebrose, ma non pesanti. Nel modo di descrivere le azioni troviamo un Coltri acerbo, ma già padrone del linguaggio. Tutta la storia, anche se ambientata per la maggior parte ai nostri tempi, è avvolta dal mistero e da un’aura di leggenda. Questa sarà una caratteristica di Riccardo Coltri, che ritroviamo anche nel suo racconto in Carnevale. Come se per l’autore ogni mondo nascondesse un angolo fantastico, soprannaturale. Non c’è storia, altrimenti, al di fuori di esso. Non c’è mondo, anzi, oltre quello della fantasia. Non c’è mondo di Riccardo Coltri Bonaccorso Editore 110 pagine giugno 2001 74 La leggenda di Sigurd e Gudrún di J.R.R. Tolkien Daniele Imperi Il volume ha un suo valore storico e anche narrativo, poiché rappresenta un’altra opera del maestro Tolkien, questa volta in forma poetica. Siamo ben lontani da opere come Il Signore degli Anelli o Lo Hobbit, quindi chi decide di acquistare La leggenda di Sigurd e Gudrún è perché davvero interessato a possedere opere di Tolkien e a conoscere ogni aspetto della sua cultura e della sua scrittura. Al di là di questo, il libro in realtà contiene ben poco di ciò che ha scritto Tolkien, limitandosi a Il nuovo lai dei Volsunghi e Il nuovo lai di Gudrún. Meno di metà libro, dunque. Il resto è, come al solito, una lunga teoria di commenti del figlio, che ho avuto modo di conoscere nelle raccolte di racconti e che già a quel tempo trovai noiosi e inutili. La minuziosa mania con cui il figlio Christopher spiega ogni passo e ogni (probabile) decisione del padre risulta di lettura pesante e anche noiosa il più delle volte. Ciò che rende prezioso La leggenda di Sigurd e Gudrún, quindi, è ciò che ha realmente scritto Tolkien. Interessanti sono invece le appendici finali, di natura storica, e la postfazione all’edizione italiana. Per quanto riguarda i versi, purtroppo la traduzione italiana non rende merito alla poesia di Tolkien. È un libro da leggere in lingua originale, perché i versi sono spesso banali per come sono resi in italiano. Sembra una poesia forzata, mentre leggendoli in inglese funzionano. Forse sarebbe stato più onesto pubblicare l’opera in versi di Tolkien prima, con l’aggiunta di un breve saggio per spiegarne la genesi alla fine del libro. La leggenda di Sigurd e Gudrún di J.R.R. Tolkien (tit. orig. The Legend of Sigurd and Gudrún) Bompiani 436 pagine ottobre 2009 75 LA STORIA CHE VERRA’ Nabta Playa Simone Barcelli Marcatori nel ‘deserto’ nei sedimenti depositati sulla depressione) queste pietre formando anelli circolari, strutture sepolcrali e linee di megaliti da cui osservavano l’orizzonte, puntando lo sguardo verso il giorno del solstizio d’estate. A Nabta Playa, l’archeologo Fred Wendorf della Southern Methodist University di Dallas, scava dal 1973 e, tra l’altro, ha portato alla luce centinaia di focolari, pozzi d’acqua in profondità, ceramiche, ossa animali e resti di capanne. L’astrofisico John McKim Malville della University of Colorado, a sua volta, ha determinato gli allineamenti di alcuni megaliti, in direzione nord-sud e del sorgere del sole all’orizzonte. Un circolo di pietre del diametro di quattro metri, con otto pietre accoppiate, permetteva all’osservatore di guardare verso est, il giorno del solstizio d'estate di 7.000 anni fa. L’astrofisico Thomas Il cosiddetto Primo Tempo, l’alba della civiltà nell’Egitto di Osiride, è testimoniato dai Testi delle piramidi risalenti alla V dinastia. Stando al racconto mitologico, la divinità avrebbe riunificato, sotto la sua corona, l’intero regno. La storia narra, invece, che fu re Narmer, forse identificabile nella figura del mitico Menes, a riunire le terre d’Egitto alla fine del III millennio a.C. Già nel VI millennio a.C. un’antica popolazione si rese protagonista della costruzione, nel Sahara orientale, di elaborate strutture perfettamente allineate con il Sole e alcune stelle, simili per molti aspetti a quelle di Stonehenge. I misteriosi costruttori di Nabta Playa, una località della Nubia situata quasi sul tropico del Cancro, a un centinaio di chilometri da Abu Simbel, eressero (tra il 5.000 a.C. e il 4.700 a.C. 76 Brophy (coautore con Robert Bauval de “Il mistero della Genesi”, Corbaccio, 2011) si spinge oltre, suggerendo che le linee di megaliti siano correlate con almeno sei stelle importanti della costellazione di Orione (Alnitak, Alnilam, Mintaka, Betelgeuse, Bellatrix, e Meissa), così come dovevano apparire nel 6.270 a.C. Un grande centro cerimoniale in cui già ottomila anni fa convergevano i gruppi provenienti da piccoli accampamenti stagionali, per registrare gli eventi astronomici di quei megaliti (una trentina di strutture complesse, sia in superficie sia interrate), che servivano anche per stabilire l’arrivo delle piogge. Curioso costatare che, in quel tempo remoto, gli allineamenti potevano anche essere sommersi dal livello dell’acqua di un antico lago che si andava formando durante la stagione delle piogge, quasi fossero dei marcatori anche per quell’elemento. toria, come il vicino tempio della Valle di Chefren, presenta un’erosione diversa rispetto ad altri monumenti, dovuta essenzialmente a insistenti precipitazioni piuttosto che all’azione classica della sabbia portata dal vento. Poiché il monumento è stato ricoperto e quindi in qualche modo protetto dalla sabbia per quasi tremila anni, quelle piogge torrenziali all’origine dell’azione erosiva potrebbero risalire al periodo pluviale, caratteristico dell’Africa settentrionale tra 9.000 e 13.000 anni fa, all’incirca quando terminò l’ultima glaciazione. La Sfinge è uno dei monumenti più antichi al mondo. Non risale, come si vuol far credere, al tempo della costruzione delle piramidi: almeno questa era l’opinione diffusa tra i primi archeologi che visitarono il sito all’inizio del XX secolo. Anche la Stele della Sfinge, opera del faraone Tutmosi IV, certifica, secondo le ultime interpretazioni, che la statua fu liberata dalla sabbia, ancor prima, dallo stesso Chefren. La stele dell’inventario, rinvenuta dall’archeologo Mariette nel 1850, non è altro che una copia dell’originale di Chefren, in cui il faraone sostiene che Il culto del bestiame Quasi tremila anni prima della datazione, comunque controversa, assegnata alla piramide a gradoni di Saqqara, eretta all’incirca nel 2670 a.C. e attribuita al genio di Imhotep, un popolo nomade ma socialmente organizzato era depositario di una scienza che potrebbe perdersi nelle pieghe del passato. Un periodo che potrebbe corrispondere a quello della Sfinge di Giza, almeno secondo il parere del geologo stratigrafo Robert Schoch, perché quest’opera scul- 77 prima del suo dominio esistevano già sulla piana di Giza sia la Casa della Sfinge sia l’attigua Casa di Iside (da intendersi la Grande Piramide); il sovrano non fece altro che erigere due piramidi di più ridotte dimensioni, una per se e l’altra per la figlia Henutsen. Erodoto, nelle sue opere, non parla della Sfinge, quindi è possibile che all’epoca il monumento fosse completamente ricoperto dalla sabbia del deserto. Qualche faraone, periodicamente, la riportava alla luce ma nel giro di qualche centinaio d’anni la Sfinge, inevitabilmente, era di nuovo sepolta. Le conoscenze astronomiche nel profondo del Neolitico, in quelle che sono ora depressioni desertiche, destano meraviglia ma anche qualche problema d’incastro nella cronologia accettata. Dal VI millennio a.C., in seguito al progressivo inaridimento di Nabta Playa, ci furono costanti migrazioni di questa gente nomade verso nord, in direzione del delta del Nilo. Il sito era occupato probabilmente solo nella stagione estiva, tra il 9.000 a.C. e il 2.800 a.C., con parentesi d’abbandono tra il 5.500 a.C. e il 4.500 a.C. (due i periodi di grande siccità: tra il 5.300 a.C. e il 5100 a.C. e tra il 4.700 a.C. e il 4.500 a.C.). Il ritorno a Nabta Playa, prima del definitivo abbandono, presenta una rilevante evoluzione nel sistema e nell’organizzazione sociale degli occupanti. Potrebbero essere loro, questo misterioso popolo proveniente dall’Africa più profonda, ad aver fondato l’Antico Regno d’Egitto che tutti conosciamo. Un tumulo di pietra del diametro di otto metri conteneva i resti completi di una mucca, sepolta in una camera scavata nel pavimento. Nella stessa zona sono stati rinvenuti altri sette tumuli di pietra contenenti resti di bestiame, senza camere sotterranee, con le ossa poste tra le pietre; non sono stati invece rintracciati resti umani. Un pezzo di legno della copertura ha prodotto una datazione al radiocarbonio attestata al 4.470 a.C., forse la data di un ultimo rito propiziatorio prima dell’abbandono del centro cerimoniale. Il culto del bestiame divinizzato era destinato a proseguire altrove. Come scopriremo, da lì a poco sarà proprio una mucca a essere considerata la madre del sole (il “Toro del Cielo”): Hathor rappresentata come una mucca mentre il marito Horus come un toro possente, con le rispettive raffigurazioni astrali. Nella parte inferiore della tavoletta di re Narmer (3.100 a.C.), il toro che abbatte le mura della città e schiaccia il re nemico è la rappresentazione del sovrano paragonato a Horus, rappresentato sia come falco sia come toro possente. 78 I FILM MALEDETTI M.Benedetta Errigo Ci sono dei film che si portano dietro un alone di mistero oltre che di maledizione. Film che vengono ricordati per esempio per la fine tragica del protagonista, come Il Corvo che ha visto morire il giovane Brandon Lee durante le riprese, o Il Cavaliere Oscuro,ultima interpretazione di Heath Ledger, morto in circostanza ancora poco chiare. Ma ce ne sono altri che portano dentro di loro leggende nere, profumo di terrore, sospetti di patti con altre entità. Questa sorta di maledizione è legata soprattutto ad alcuni film di inizio Novecento, quando forse si sperimentava di più o forse tutto era ancora da scoprire. Vediamone alcuni. Vorrei partire parlando del film Nosferatu il Vampiro,un film del 1922 che mi ha sempre colpito molto, soprattutto da quando ho scoperto che la prima volta è stato proiettato il giorno in cui poi sarei nata io, il 5 marzo.La trama di questo film è nota a tutti: si tratta del rifacimento della storia di Dracula, visto che gli eredi di Stoker non avevano concesso al regista Friedrich W. Murnau i diritti d'autore. Perciò il geniale regista creò sulla falsariga di Dracula la figura del Conte Orlok,la cui parte fu assegnata all'attore teatrale Max Schreck. Chiunque di noi, anche se non ha visto il film, ricorda qualche fotogramma di questa creatura, alta, nera, spettrale, senza capelli e con mani dalle dita lunghissime. Bene, la creatura era Schreck che stava interpretando il personaggio che l'avrebbe reso un'icona del mondo cinematografico. Però. Tutto il film è attraversato da un alone di mistero. Iniziamo dall'attore, da Max Schreck. Già il nome suona strano, visto che in tedesco queste 79 due parole significano "Grande terrore". Si trattava forse di un nome d'arte scelto ad hoc? In teoria parrebbe di no, visto che pare che in alcune locandine di piccole compagnie teatrali tedesche di inizio Novecento ci sarebbe il nome, scritto molto piccolo, di questo attore: Friedrich Gustav Max Schreck. Qualcuno le ha però mai viste? No. Proseguiamo. Alcuni dicono che in realtà Murnau si sarebbe recato nei Carpazi e lì avrebbe scovato un vero e proprio vampiro che lui avrebbe convinto a recitare. "Nella parte di se stesso", insomma! Questa diceria si sarebbe diffusa soprattutto per il fatto che le riprese con il Conte Orlok si svolgevano di notte e che nessun provino era stato fatto per assegnare la parte, ma il regista era arrivato con questo attore, comparso dal nulla. Se a questo si aggiunge il fatto che durante le riprese molti membri della troupe subirono incidenti anche mortali, si può capire come la leggenda della maledizione iniziasse già allora a farsi sentire. Alla fine gli eredi di Stoker bloccarono l'uscita del film e Murnau fu costretto a bruciare tutte le copie del girato. Tutte tranne una che è quella che ci ha permesso di vedere questo film ai giorni nostri. Forse per questo, forse per altri motivi, Max Schrek esce di scena e non ri- compare in altri film famosi. Questo è però strano, visto che era stato il protagonista assoluto di questo film e che quindi avrebbe dovuto avere altre offerte e altri parti di primo piano. Ma niente, di Max Schreck non si sa più nulla. Ecco perché si diffuse la leggenda che in realtà Max Schreck fosse lo stesso regista Murnau, che aveva deciso di travestirsi e di essere lui il protagonista prefetto, quello che lui aveva in mente. Un'idea di quello che successe durante la lavorazione del film si può avere guardando "L'ombra del vampiro", pellicola di Elias Merhige con John Malckovich nella parte di Murnau e Wilem Dafoe in quella di Schreck. Veniamo a Freaks. Freaks è uno dei film più spaventosi della storia del cinema. Girato nel 1932 da Tod Browing, venne ambientato in un circo ed interpretato da veri fenomeni da baraccone, esseri deformi e spaventosi, i "freaks" appunto. 80 La storia è presto detta: in questo circo la bellissima trapezista Cleopatra è amata dal nano Hans. Lei accetta di sposarlo, ma in realtà è interessata solo ai soldi dell'uomo, quindi progetta di ucciderlo con l'amante Hercules, anche lui lavorante del circo come uomo forzuto. Ma gli altri freaks, che non avevano mai amato questa donna e sospettavano che lei volesse uccidere Hans, scoprono che Cleopatra e Hercules stanno lentamente avvelenando il nano. Così, durante la notte, inseguono armati la donna e il suo amante. Lui viene ucciso subito,mentre a lei vengono tagliate le gambe, cavato un occhio, schiacciate le mani e mozzata la lingua. Ora anche lei è un freak, e infatti dopo qualche tempo si vede che viene presentata dal padrone del circo come "la donna gallina". Niente male eh? Sta di fatto che il regista dovette tagliare delle scene,dopo la prima messa in scena. Per inciso: Browing chiuse con Hollywood dopo questo film. Nessuno lo fece più lavorare. Fu indispensabile tagliare le scene nelle quali si mostrava esattamente la mutilazione della donna da parte dei freaks. Non si contarono infatti i malori tra gli spettatori presenti, tra i quali una donna incinta che abortì verso la fine della proiezione. Purtroppo le scene tagliate sono perse per sempre, tra le quali la vera fine di Hercules che invece di morire per mano dei circensi viene castrato e costretto ad esibirsi come una pseudo donna, anche lui come fenomeno da baraccone, quindi. Va da sé che questo film fu vietato per circa vent'anni in tutto il mondo, rinnegato in maniera così totale che persino alcuni attori decisero di non dire mai di avere partecipato a questa pellicola. Facciamo un salto avanti di qualche anno e arriviamo al 1968. Questo è l'anno in cui Roman Polanski gira Rosemary's baby, film che posso immaginare si sia pentito mille volte di girare. In questo film si racconta della nascita dell'Anticristo e Polanski, proprio per essere il più fedele possibile ai rituali descritti nella pellicola, chiama come consulente un erede di Alesteir Crowley, fondatore della Chiesa di Satana. Purtroppo Charles Manson vide quel film. L'uomo, che già percorreva una strada satanica, pare non avesse gra- 81 dito molto che nel film si parlasse di alcuni rituali segreti. E pare che fu proprio questa la causa della morte terribile un anno dopo di Sharon Tate, moglie di Polanski, massacrata nella sua villa da Manson e da suoi complici. Il regista era all'estero e a malincuore aveva lasciato a casa la moglie che era incinta di otto mesi e non si sentiva di viaggiare. Anche per Mia Farrow, la protagonista, il film si lega a un cattivo ricordo, anche se non tragico come l'uccisione della Tate: suo marito Frank Sinatra le portò sul set i documenti del divorzio da firmare. Anche L'Esorcista non gode di buona fama. A prescindere dalla trama e dalle scene impressionanti, pare che buona parte dei parenti della troupe sia morta durante le riprese, mentre Linda Blair si ruppe alcune vertebre girando qualche scena. I film maledetti sono davvero tanti, impossibile da racchiudere tutti in un articolo solo, magari se ce ne sarà possibilità in futuro vi racconterò di altre leggende. Per il momento ho de- ciso di chiudere questo articolo con la maledizione di Superman. Pare infatti che qualsiasi attore abbia interpretato il supereroe abbia avuto una vita sfortunata. Tutti noi ricordiamo Christopher Reeve, protagonista del film del 1978, che nel 1995 cadde da cavallo e rimase paralizzato, morendo poi agli inizi del Duemila. Ma anche i primi due Superman non ebbero vita facile: il primo, Kirk Alyn, si vide chiudere davanti tutte le porte del cinema, visto che ormai lo si identificava solo con l'uomo volante. Morì povero e solo. Anche George Reeves, il Superman degli anni Cinquanta, rimase senza lavoro per lo stesso motivo e purtroppo si suicidò. Come dire, non è tutto oro quello che luccica... 82 LA NARRATIVA DI CHIMERA presentata da Luigi Milani Lo spazzino del mietitore un racconto di Alexia Bianchini Alexia Bianchini è un’instancabile tessitrice di storie: con CIESSE edizioni ha pubblicato MINON, un romanzo Dark Fantasy, Io vedo dentro Te, un’opera sci-fi, e l’antologia D-Doomsday di cui è curatrice. Con Linee Infinite il romanzo Scarn, la nuova era dei vampiri, a breve in nuova versione. Con GDS Edizioni l’antologia SYMPOSIUM, di cui è curatrice, le novelle Sibilla, visioni di morte e Il cerusico. Con EDS ha la raccolta cyber punk Alter Ego e quattro racconti di fantascienza. È stata selezionata in diversi concorsi fantasy, horror e di sci-fi. Non paga, collabora con Speechless e ST-books ed è editor, curatore di collana e direttore del webmagazine Fantasy Planet. Lo spazzino del Mietitore, la storia proposta alla nostra rivista, è un’altra prova della versatilità di questa autrice. L’ambientazione e l’andamento horror-fantasy riveleranno al lettore una terribile verità, offrendo al contempo più piani di lettura e di riflessione. Buona lettura. Luigi Milani 83 Lo spazzino del mietitore un racconto di Alexia Bianchini «Nulla, Mio Signore, non ho lasciato tracce dopo il suo passaggio» disse l’ombra scarna di quello che un tempo era un uomo. «Bravo, servo fedele, persevera nel tuo dovere, prostrati ai piedi di colui che semina morte e non abuserò del tuo corpo per sentire grida di strazio» enunciò una voce possente. Apparteneva alla figura più letale che il genere umano avesse mai temuto. Il Mietitore aveva appena finito di seminare morte, tranciando vittime, ora esigeva riposo. Il suo corpo immenso divenne impalpabile, un fumo nero si espanse nell’antro del riposo, scavato nelle profondità della terra, e svanì attraverso le viscere. Nihil era rimasto solo, nel nulla. «Ho finito di ripulire le macchie di sangue, aspirando gli avanzi con estrema riluttanza, ma sono spinto dalla necessità di mantenere l’apparenza e non ho il potere di rifiutare» pronunciò a voce alta, consapevole che le sue parole non avevano più peso. «Sono colui che giunge dopo il Mietitore e ripulisce le tracce dell’atroce violenza che il male dell’uomo scatena. L’odio chiama odio, scatenando le belve che il mio padrone libera contro chi si è macchiato. Esse annusano scalpitanti l’odore di marcio che il sudore dei malvagi emana. L’eccitazione sovrasta i loro sensi e non distinguono più gli innocenti» sussurrò, mentre la figura di una giovane dilaniata dalle fauci delle bestie del suo padrone aleggiava nell’aria davanti al suo sguardo. Gli sembrò di udire di nuovo le grida di terrore, poi tutto svanì, ma non il dolore che stritolava il suo petto. 84 Nihil, che non rammentava chi fosse stato un tempo, era chiamato ad agire dopo lo scempio, e l’odore del sangue penetrava le sue narici. Quale essere osceno era mai stato, se doveva assorbire la feccia, la sporcizia e l’ipocrisia dimoranti nei resti sparsi di membra squartate? «Ero uno di voi, ero umano, ero …» si ritrovò a ripetere per l’ennesima volta. Un pensiero che lo torturava dentro, perché il ricordo era ormai svanito. «Ora sono solo lo Spazzino dell’oscuro Signore, piegato dal tempo che più non mi condanna, segnato dal dolore che ormai non mi sfiora» dichiarò, nella convinzione che esprimere il proprio fato potesse dargli un tono, una forma. Era troppo il tormento indotto dalla consapevolezza di essere stato scelto per ciò che aveva commesso. «Chi sono stato? È questo il prezzo da pagare per i peccati che ho commesso?» domandò, gridando le sue ansie. Appoggiato a un muro freddo e levigato cercò riposo. Strinse le meningi nella vana speranza di un vago ricordo, ma solo l’orrore tornava a galla, nulla di terreno e palpabile, solo sangue e carne. «Ieri e domani la mia condizione sarà immutabile» disse a denti stretti, cercando di accettare l’orrida situazione. «Nihil!» gridò il padrone, «alzati dal tuo giaciglio e seguimi!». Il servo non rispose, la paura di sbagliare era immane. I demoni dalle fauci immonde, ancora legati a grosse catene, latravano, sbavando desiderosi di attaccare. «Attendete ancora miei cari, vediamo se l’uomo è in grado di arretrare 85 sui suoi sbagli. Non sono ingordo, voglio che impariate a vedere se il nostro intervento sia necessario» disse il Mietitore ai suoi amati cuccioli. Il suo abito nero si polverizzava e ricomponeva davanti a quella landa, dove un manipolo di uomini armati stava attaccando un accampamento di agricoltori. «Guardateli, poveri illusi. Hanno distrutto il loro mondo, tornando alle origini della specie. La civiltà si è ritorta su se stessa e loro sono ancora a caccia, nella speranza di sopravvivere evitando la fatica, schiacciandosi l'un l'altro» disse con un ghigno malefico. Nihil rimase davanti alla scena che stava per svolgersi. La furia ingorda degli assalitori fu devastante. «Inutile perdere tempo, attaccate!» esclamò il mietitore, sguinzagliando le belve. Per gli umani non ci fu sentore di ciò che il fato aveva in serbo per loro. Nemmeno le vittime che tentavano invano la fuga furono risparmiate dalle fauci spalancate e voraci. Grida di terrore saettarono nel cielo che si terse di viola e schizzi di sangue tinsero la scena. Parvero innocui e innocenti persino i carnefici, inermi davanti alla potenza dei demoni della notte. Nihil deglutì, senza voltare lo sguardo. Era convinto che farlo avrebbe significato non portare rispetto al suo Signore. Fece un passo avanti, pronto per il suo lavoro di spazzino, ma una mano scarna, grande il doppio della sua figura, gli si parò davanti. «Aspetta che l’ultimo sia stato trucidato, poi potrai scendere» lo ammonì il Signore della Morte. 86 «Sì padrone» riuscì solo a dire. Nihil discese il pendio. La sua veste di stracci si mescolava, nei suoi tanti lembi, ai lunghi capelli neri. Non doveva pensare, solo agire e ingurgitare. La sua bocca si spalancò disumanamente e iniziò ad aspirare l’odio che aleggiava fra le anime dei defunti. Poi venne il turno dei resti che, sbriciolati nel turbine che si librava dalla sua bocca, si infilarono nel suo corpo. Rigonfio d’immondizia umana Nihil rimase in attesa del suo Signore, che giunto nel luogo della battaglia, sprofondò il suo bastone nella terra, creando un varco. «Liberati!» ordinò al suo servo, che obbedì, lasciando che tutto sprofondasse nell’abisso. Quando il padrone richiuse il varco le belve si ammansirono. «Nessun richiamo d’odio nell’aria. Torniamo al riposo!» proferì il Signore, e il vento li trasportò nel loro antro, ma non per molto. L’uomo, si sa, è un debole che cede velocemente, incapace di vivere in pace, soprattutto se non ha più niente. Nel silenzio del buio profondo Nihil cercò il sonno. Sequenze di numeri riempivano i suoi sogni, scatenando stati d’ansia devastanti, alternandosi con sensazioni di assenza e presenza che non riusciva a decifrare. Chi era stato? Più cercava la risposta e più si confondeva. Poteva uno come lui, che provava disgusto nel vedere il sangue e sentiva pietà nell’osservare il dolore delle vittime, essere stato malvagio al punto da 87 meritarsi quel lavoro? Il tormento lo consumava dall’interno. Quanto fu il tempo del riposo nessuno lo può dire. «Andiamo!» sentì pronunciare, e un attimo dopo erano davanti a un villaggio di case diroccate dove i sopravvissuti cercavano di resistere. «Eccoli, pochi e miseri umani. Questo luogo sembra in quiete, ma c’è un crescendo d’odio che mi ha richiamato. Vedrai fra poco la pace fasulla spazzata dalla mano dell’uomo malvagio. Se non impareranno, entro pochi anni non resterà più nessuno!» esclamò il Signore. Nihil guardò il suo Signore e non trovò ingiustizia nelle sue parole, poi tornò a dare un’occhiata a quei ruderi, dove figure femminili stendevano stracci al vento. Non riuscì a evitare di incrociare lo sguardo con una giovane dai capelli corvini e dalle labbra cremisi. «Padrone…» sussurrò a fatica. «Leggo i tuoi pensieri Nihil, ma non c’è pietà per l’umanità, quando essa rifiuta l’evoluzione facendosi dominare dalla smania del possesso. Merita solo la falce!» sentenziò il Mietitore, tirando le catene, per tenere a freno le belve. Gli assalitori entrarono nel villaggio, con i loro mezzi blindati coperti per sembrare mercanti. Solo quando la gente uscì allo scoperto si rivelarono. «Solo lei…» disse di nuovo Nihil, mentre l’attacco era partito inesorabile. «Guarda piccolo servo, guarda di cosa è capace l’uomo» disse il Signore, ignorando volutamente la supplica. La giovane che Nihil non smetteva di seguire con lo sguardo cercava riparo fra le rovine. La vide arrampicarsi lesta su un traliccio ritorto su se 88 stesso che un tempo ostentava alta nel cielo una grande scritta pubblicitaria. Tra le lamiere ritorte la ragazza trovò una nicchia e sembrò quasi al riparo dai soprusi, quando due uomini videro il lembo del suo abito svolazzare. Il cuore di Nihil ebbe un tumulto, un battito improvviso, e quasi desiderò che le belve indemoniate si lanciassero sulla folla, pur di risparmiare la violenza di uno stupro a quella giovane. Il suo padrone sembrò quasi leggergli nel pensiero e sguinzagliò le bestie immonde, ma due assalitori avevano già raggiunto la preda e la trascinarono a terra, strappandole i vestiti di dosso. Non vi fu premeditazione nel suo pensiero, né consapevolezza del pericolo in quell’azione di disobbedienza, ma Nihil iniziò a correre verso il villaggio. Quando raggiunse la ragazza, i due uomini si voltarono verso di lui, straniti, disorientati. Non doveva avere un aspetto normale, visto ciò che da tempo immemore faceva per il Mietitore. I due si guardarono, proruppero in una grassa risata, prendendolo in giro per i suoi miseri stracci. «Ci penso io a questo, intanto occupati della femmina!» esclamò il più grosso, mentre l’altro teneva una sciabola puntata al collo della vittima. Il grido esultante delle bestie affamate si mischiò con il fragore della battaglia, ma nel luogo dove si trovava il servo i due assalitori non capirono cosa stesse avvenendo nel villaggio e perseverarono nel loro atto diabolico. «Lasciatela!» intimò Nihil. «Ti distruggo!» disse il suo assalitore. Il servo spalancò la bocca, un turbine ne fuoriuscì. La forza di quel potere 89 era tale che l’uomo davanti a lui si sbriciolò, schizzando sangue ovunque. Lo sguardo di orrore dipinto sul volto del compare era una maschera di terrore, si staccò dalla giovane riversa a terra e si allontanò di corsa. Nihil raggiunse la ragazza. Mentre l’aiutava a rialzarsi lei guardò il suo assalitore scappare e poi salire su un cumulo di macerie, quando un animale nero di dimensioni spropositate fece capolino sulla cima di quella collina di detriti. Si udì solo un grido, l’uomo si voltò su se stesso per correre verso di loro venendo istantaneamente braccato dalle fauci che lo stritolarono squartandogli le carni. «Scappiamo!» gridò la ragazza. Nihil la prese fra le braccia e iniziò a correre, non sapendo se le belve lo avrebbero risparmiato, trovandolo lì, in mezzo ai Peccatori. L’odore del sangue aumentava d’intensità, ma il servo correva veloce verso il suo padrone. «Perdonatemi, non ho resistito!» disse il servo, tenendo ancora fra le braccia la giovane, che tremava convulsamente, tenendo gli occhi spalancati sull’orrore che si stava compiendo nel suo villaggio. Il padrone non rispose, forse troppo indignato per quell’atteggiamento poco consono ai doveri di un servitore. «Le belve hanno finito, lasciala a terra e vai a fare il tuo lavoro» sentenziò il padrone. La ragazza, in stato di evidente confusione, si rannicchiò a terra, stringendo a sé le ginocchia, terrorizzata. 90 «Gonfio del male appena assorbito, mi sento straripante di odio. È mio dovere, il mio obbligo verso questa società ormai persa, ma non sarò mai pronto ad accettare tutto questo. Trattengo il rigurgito per riversare tutto nelle viscere della terra, eppure questa mia condizione sembra non avere mai fine, quasi non bastasse aspirare il male» disse Nihil, osservando gli scarti che stava per risucchiare. «Il tuo lavoro è stato eccellente» disse il padrone, osservando il villaggio ripulito da ogni traccia.Il grande vento trasportò il padrone e il suo seguito nell’antro del riposo. Il signore della Morte accettò di buon grado che la donna sopravvivesse alla fame indomabile delle belve. Svenuta, sopportò il viaggio, svegliandosi di soprassalto nell’oscurità di un luogo sconosciuto. «Dove sono?» chiese la ragazza con voce treante. «Nell’antro del riposo. Il mio Signore necessita di pace fra una missione e l’altra» rispose umilmente il servo. «Ho paura, portami via di qui» implorò la ragazza. «Non devi temere nulla nella sua dimora. Dimmi come ti chiami e di cosa hai bisogno, farò di tutto per accontentarti» sostenne Nihil. «Mi chiamo Alidia. Ho molta fame e vorrei un po’ di luce» sussurrò la ragazza. «Dovremo spostarci da qua» pronunciò il servo con disagio, ma d'altronde si era proposto di aiutarla, non poteva più tirarsi indietro. Prendendole la mano, attraversò cunicoli stretti, dove serpi immense dormivano sonni eterni. 91 Giunsero in un'asettica stanza rettangolare, dove uno strano sole quadrato illuminava il luogo. Nihil guardò quell’ambiente senza sapere dove realmente si trovassero. Mai aveva osato allontanarsi dal suo giaciglio, il luogo dove il padrone lo riportava dopo ogni sporco lavoro. «Conosci la combinazione?» chiese la ragazza. Nihil rimase in silenzio, poi lei gli prese la mano e la poggiò su un riquadro luminoso. Si sentì un rumore strano, poi la porta si spalancò. «Andiamo!» lo esortò Alidia. Si incamminarono lungo stanze illuminate straripanti di macchinari di ogni genere. «Dobbiamo trovare l’uscita!» disse la ragazza, muovendosi svelta fra i locali. «Ma io non posso andarmene, devo stare con il mio padrone, o subirò le ire della sua furia immane. Possiamo cercare ciò di cui tu hai bisogno, ma io devo tornare al mio lavoro» disse Nihil. «Quale lavoro?» chiese la ragazza, fermandosi e fissandolo curiosa. «Io pulisco i resti, assimilo l’odio per nascondere la violenza. Mi chiamo Nihil, sono lo spazzino del Mietitore e non posso negarmi a lui» spiegò il servo. «Quale Mietitore? Parli di quella macchina di morte e dei suoi tentacoli mostruosi sulle cui estremità sono state montate delle falciatrici?» domandò Alidia. Nihil rimase in silenzio, perplesso da quelle parole senza senso. Il suo Signore era immenso, orrendamente elegante nelle sue movenze. Come poteva quella giovane paragonarlo a una macchina? 92 «Ti ricordi qual è la tua codifica e per cosa sei stato assemblato?» domandò di nuovo Alidia. «Assemblato?» chiese Nihil interdetto. «Lascia stare, cerchiamo le stanze dove ci sono i computer a cui siete collegati, prima che quel mostro si risvegli» disse Alidia, trascinando con sé Nihil basito e confuso. Camminavano spediti e Nihil vide le serpi dormienti che mutavano d’aspetto. Non respiravano più, erano divenuti semplici cavi dal diametro di trenta centimetri. I meravigliosi e quadrati soli che incontravano lungo il cammino persero la loro fattezza, per divenire semplici lampade. Tutto ciò che vedeva mutava, persino i suoi capelli fluttuanti sembravano ora fili elettrici. «Eccolo, dev'essere quello!» esclamò Alidia. Una grande porta in acciaio si spalancò dinanzi a loro ed entrarono in un salone immenso, dove enormi vetrate si aprivano su quella che un tempo doveva essere stata una metropoli. Nihil guardò fuori, osservando il disastro. L’aria frizzante entrava dalle vetrate rotte, migliaia di detriti erano sparsi ovunque. La devastazione era totale. «Sono passati cinque anni, ma sembra un’eternità» disse Alidia, accostandosi a lui per osservare quel panorama terrificante. «Sono passati da cosa?» chiese il servo, che ricordava bene dalle parole del suo padrone che il mondo era collassato per colpa di uomini malvagi. «Che sia stato un errore umano o dei computer non lo sappiamo, ma tutto è esploso!» spiegò Alidia. «Esploso…» ripeté l’androide accanto a lei. 93 «Dovresti essere un modello base per l’aiuto in casa, per le faccende domestiche, anche se il tuo aspiratore è stato modificato e reso molto potente» constatò Alidia, accarezzando Nihil. «Mi sento confuso!» dichiarò l’androide guardandosi le mani, arti metallici privi di carne, dalla parvenza umanoide. «Ne avevo uno come te da bambina. Anche lui sentiva. Venne portato via per essere disassemblato. A quei tempi non era previsto che un androide potesse avere emozioni, poi il genere umano ha compreso. Peccato che quando la società ha iniziato a evolversi nel verso giusto, e l’umanità ha scelto il percorso più corretto, tutto è collassato. Abbiamo toccato il paradiso con un dito, per poi risprofondare nell’inferno» si rammaricò la ragazza. «C’è odore di odio nell’aria, è questo che alimenta il mio signore» asserì Nihil, tentennando sulle ultime due parole. «Qualcosa di strano deve essere successo durante l’esplosione. È solo un macchinario antisommossa che si è auto-modificato e auto- programmato, non è affatto il tuo Signore. Dobbiamo disattivarlo!» disse Alidia. «Disattivarlo? Ma lui elimina i violenti, i banditi. Hai visto come ha difeso il tuo villaggio!» esclamò l’androide. «Difeso? Certo, mi hai salvata, ma quanti innocenti sono morti? Ogni giorno venivamo attaccati e ogni giorno riuscivamo a difenderci. Quella macchina non è in grado di distinguere il bene dal male e continuerà nelle sue stragi. L’eco dei morti si è diffuso fra molte comunità, ma nessuno è riuscito mai a disattivarlo» disse la ragazza. 94 Un allarme prese a suonare e Alidia si allarmò, cercando l’origine di quel suono. Nihil rimase immobile per qualche secondo, aveva riconosciuto quel suono che antecedeva il solito richiamo al dovere. Ripensò al suo padrone e alla sua visione distorta di ciò che vedeva. L’immagine di quell’essere superiore vestito di nero con i suoi cani enormi al guinzaglio era fasulla? Forse una distorsione della realtà prodotta da un difetto del suo chip mnemonico. Frugò nei ricordi ripensando a tutte le disposizioni che gli intimavano di credere che la sua missione fosse un obbligo inderogabile nei confronti del suo Signore, per poi confrontarle con le parole nuove di Alidia, la giovane donna che gli aveva rivelato la verità. «Di qua» gridò Nihil, deciso ormai ad aiutare la ragazza. Ora sapeva dove andare per disattivare XP8, la grande macchina anti sommossa che aveva perso il controllo dopo l’esplosione. Appena entrati nel laboratorio Nihil vide il suo padrone che ancora teneva gli occhi socchiusi, mentre le catene immense ricadevano pesanti sul terreno, dove le belve dormivano. L’allarme suonava e un computer segnalava che in una zona poco distante c’erano movimenti sospetti. Il sensore segnalava il livello due, mentre l’allarme impazzava. Al livello successivo XP8 si sarebbe attivato, scatenando le bestie. «Muoviamoci!» gridò Alidia osservando Nihil imbambolato a guardare il suo padrone. «Servo, cosa fai qui!» disse una voce cupa che risuonò nella stanza. «Perdonatemi, io …» disse Nihil, mentre Alidia cercava di scuoterlo per richiamarlo alla realtà. «Non oserai ribellarti ai tuoi doveri?» domandò furiosa quella figura o- 95 scura e potente. «Non è il Signore della Morte, non è il tuo padrone!» urlò più volte la ragazza, mentre Nihil sentiva le catene che vibravano per richiamare le belve. «Ma io …» sussurrò il servo confuso, terrorizzato dagli occhi furenti, rossi di sangue, che il suo padrone fissava su di lui. Poi sentì un latrato e si voltò verso le belve con le fauci spalancate, ma un frame si sovrappose a ciò che vedeva e l’animale si smaterializzò, lasciando spazio a un oggetto meccanico. «Svegliati! Dimmi come faccio a spegnerlo!» disse Alidia. Grandi maglie taglienti si mossero verso le due figure e lo stridore del ferro ricoprì il rumore dell’allarme. Un solo frammento di tempo e tutto sarebbe diventato vano. «Ora ricordo … l’alimentazione si trova dietro, ma non servirà a nulla staccarlo» spiegò Nihil. «Non dire così, proviamoci!» esclamò Alidia. Ancora pochi istanti e la forza deviata di quella grande macchina ne avrebbe fatto poltiglia. «Io sono il tuo servo, sono nulla senza di te, ma tu sei niente senza di me» gridò al suo padrone, aprendo uno sportello sul suo addome, strappando con violenza i fili al suo interno e cadendo fragorosamente a terra. «Noo…!» gridò Alidia, accasciandosi. Tutto si spense, il mostro era morto per mano del suo umile servitore, un androide nato per raccogliere immondizia nelle case degli umani e divenuto artefice e creatore del suo stesso carnefice. Quando la sua programmazione era andata in tilt, Nihil aveva mutato il suo status e la sua mis- 96 sione, plasmando il Signore della Morte fra i detriti vicino al laboratorio dove era stato assemblato in origine. «Non piangere, siamo riusciti a spegnerlo» sussurrò Nihil a fil di voce. «Ma perché? Potevi ricominciare!» esclamò la ragazza. «Ho dato vita io alla versione distruttrice di XP8. Sarebbe stato in grado di autoalimentarsi, ma con il suo telecomando fuori uso è solo un ammasso di ferraglia. Perdonami se puoi, non riuscivo a vedere la realtà, a distinguere il bene dal male» spiegò, spegnendosi per sempre. 97 98 99 TRACCE D’ETERNITA’ IN EDICOLA SULLE PAGINE DELLA RIVISTA MENSILE XTIMES EDITO DA XPUBLISHING. OGNI MESE UN INSERTO DI VENTI PAGINE CURATO DALLA NOSTRA REDAZIONE 100