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Vasospasmo cerebrale postemorragico

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Vasospasmo cerebrale postemorragico
Massimiliano Visocchi
Vasospasmo cerebrale
postemorragico
Basi fisiopatologiche e modulazione
mediante stimolazione elettrica
del midollo spinale
Copyright © MMIX
ARACNE editrice S.r.l.
www.aracneeditrice.it
[email protected]
via Raffaele Garofalo, 133 A/B
00173 Roma
(06) 93781065
ISBN
978–88–548–2656–4
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: settembre 2009
Indice
11 Prefazioni
15 Introduzione
19 Capitolo I
Basi fisiopatologiche del flusso ematico cerebrale
Cenni di anatomia della circolazione cerebrale
19
L’albero cerebrale come un sistema di resistenze
21
Premesse fondamentali sull’autoregolazione cerebrale.
23
Comportamento dell’autoregolazione cerebrale
26
Autoregolazione statica e autoregolazione ‘fasica’
28
Limiti dell’autoregolazione cerebrale: disturbi dell’autoregolazione in condizioni di ipertensione ed ipotensione
cronica
32
Disturbi dell’autoregolazione in condizioni di danno ischemico acuto
33
Disturbi dell’autoregolazione in condizioni di ipertensione
intracranica
34
39 Capitolo II
Meccanismi di regolazione del flusso ematico cerebrale
L’Autoregolazione Neurogena
39
L’Autoregolazione Miogena
46
L’Autoregolazione Metabolica
49
L’Autoregolazione Endoteliale
52
7
8
Indice
55 Capitolo III
Importanza clinica dell’Emorragia Sub–aracnoidea (ESA) ed il
problema del Vasospasmo Cerebrale
Alterazioni del flusso in corso di Vasospasmo ed andamento
temporale
60
Ipotesi patogenetiche sul vasospasmo tardivo
63
Stato attuale del trattamento e della prevenzione del vasospasmo nell’ESA
71
77 Capitolo IV
Neuromodulazione spinale ed effetti sul flusso cerebrale
Generalità sulla neuromodulazione spinale
77
Modificazioni emodinamiche indotte dalla neurostimolazione spinale cervicale sul flusso ematico cerebrale
81
Ipotesi sui meccanismi d’azione della neurostimolazione
spinale cervicale sul flusso ematico cerebrale.
87
Meccanismi Simpatici e Parasimpatici
91
Meccanismi vasomotori sovraspinali
95
Meccanismi Neuroumorali
96
Interazioni fra SCS e Sindromi da Ipo–afflusso
98
103 Capitolo V
Studio della SCS sul vasospasmo nel modello sperimentale
Impostazione generale dello studio
103
Fase 1: elaborazione del modello per il “Monitoraggio Funzionale”
Fase 2: studio degli effetti della cSCS sul vasospasmo precoce nell’ESA
106
113
Indice
9
117 Capitolo VI
Risultati Sperimentali
131
Fase 1: elaborazione del modello per il “Monitoraggio Funzionale”
117
Fase 2: studio degli effetti della cSCS sul vasospasmo precoce nell’ESA
125
Capitolo VII
Discussione delle evidenze sperimentali
Fase 1: elaborazione del modello per il “Monitoraggio Funzionale”
131
Fase 2: studio degli effetti della cSCS sul vasospasmo precoce nell’ESA
134
139 Conclusioni
143 Abbreviazioni
145 Bibliografia
10
Indice
Capitolo I
Basi fisiopatologiche del flusso ematico cerebrale
Cenni di anatomia della circolazione cerebrale
La componente quantitativamente maggiore di CBF diretto al cervello passa attraverso le due arterie carotidi interne e le due arterie vertebrali. La congiunzione delle carotidi interne con le vertebrali dà luogo
al circolo di Willis che rappresenta l’origine dei maggiori vasi cerebrali
che irrorano l’encefalo. Il circolo rappresenta un sistema di connessione
fra i principali assi vascolari del cervello, fornendo protezione nei confronti di possibili eventi occlusivi del singolo vaso (Fig. 1).
Al di sotto del circolo di Willis le carotidi non hanno alcuna comunicazione anatomica e quindi, in condizioni fisiologiche, il flusso
ematico di una carotide raggiunge quasi esclusivamente la corteccia
del lato corrispondente. Al contrario, le arterie vertebrali hanno
un’anatomia più variabile ed una rete anastomotica più sviluppata, soprattutto attraverso connessioni succlavio–vertebrali e l’arteria spinale
19
20
Capitolo I
anteriore. Fra le arteriole di piccolo calibro sono presenti piccole anastomosi, ma il flusso è generalmente inadeguato per mantenere un apporto valido nel caso di un’occlusione di un ramo maggiore.
Le arterie intracraniche, da un punto di vista istologico, sono caratterizzate da una piccola componente di tessuto elastico nella tunica
media, da un sottile strato di cellule muscolari lisce e dall’assenza di
una lamina elastica esterna. Le arterie piali, connesse fra loro da branche anastomotiche, penetrano la corteccia perpendicolarmente e, superato lo spazio di Virchow–Robin, si dividono immediatamente in pic-
Figura 1
Rappresentazione schematica del circolo di Willis.
Basi fisiopatologiche del flusso ematico cerebrale
21
coli rami del diametro spesso inferiore ai 100µm, strutturalmente diverse dalle arterie piali1; sono formate da uno strato endoteliale, da
uno strato di cellule muscolari liscie e da avventizia contenente fibroblasti, collagene e le terminazione dell’innervazione perivascolare.
Man mano che queste penetrano nella sostanza grigia, perdono lo stato
muscolare e vengono circondate da periciti e da una lamina basale,
dove prendono importanti connessioni nervose con gli astrociti, determinando un’importante rapporto funzionale per la regolazione del
flusso a questo livello2.
Caratteristiche strutturali peculiari presenta anche l’endotelio dei
vasi cerebrali; in particolare le tight–junctions presenti fra le cellule
endoteliali, caratteristica ritrovata solo nel distretto cerebrale, contribuiscono alla formazione della barriera emato–encefalica3.
L’albero cerebrale come un sistema di resistenze
L’energia cinetica imposta dalla pompa cardiaca al circolo sistemico viene dispersa, in una quota variabile da un organo all’altro, in proporzione alle resistenze costituite dal tono della parete vasale.
L’albero cerebro–vascolare può essere schematicamente assimilato ad
un sistema idraulico nel contesto del quale sono distribuite delle resistenze in serie ed in parallelo. Stromberg nel 1972 e Kontos nel 1978
attraverso tecniche di micropuntura vascolare nei gatti, hanno documentato una caduta della pressione media endoluminale da 90 mmHg
delle principali arterie del poligono del Willis a meno di 40 mmHg nei
Capitolo I
22
vasi afferenti di 50 micron di diametro fino a valori di 20–30 mmHg
rilevati nei capillari. Questo fenomeno può essere giustificato considerando due settori, distinti dal compartimento capillare, entrambi coinvolti nella portanza e nella resistenza ma in proporzioni reciproche: il
settore precapillare e quello postcapillare3.
Il settore precapillare è costituito da:
1. Vasi di Portanza o Vasi Conduttori, identificati nei collettori
cerebroafferenti epiaortici (carotidi e vertebrali), il poligono del
Willis e le principali diramazioni prossimali a. cerebrale anteriore
precomunicante (Al), a. cerebrale media pretriforcazione (M1), a.
cerebrale posteriore precomunicante
(P1), coinvolti in maniera
trascurabile nel sistema di resistenze cerebrovascolari e deputati
essenzialmente alla conduzione del flusso;
2. Vasi Arteriosi Pre–capillari, costituiti da un sistema arteriolare con
funzione di “volano” idraulico tra i vasi di portanza ed i capillari.
Ad essi è devoluto il maggiore contributo sul valore assoluto delle
resistenze cerebrovascolari (CVR) rappresentando circa l’80%
della loro entità e costituendo il “sistema operativo” dell’autoregolazione cerebrale. Con questo termine vengono identificati i
seguenti distretti vascolari:
– arteriole di calibro tra i 30 ed i 40 micron;
– metarteriole di calibro tra i 20 ed i 30 micron con funzione di
micro–shunt artero–venosi;
– arteriole terminali di calibro tra 15 e 20 micron, ultimi
Basi fisiopatologiche del flusso ematico cerebrale
23
segmenti pre–capillari ad istologia ancora arteriolare, dotati di
microsfinteri muscolari lisci coinvolti, sinergicamente con le
metarteriole, nelle modulazioni delle resistenze vascolari
distali.
Il settore postcapillare, che contribuisce solamente per il restante
20% c.a. delle resistenze cerebrovascolari, è costituito da due dei tre
distretti integrati nel sistema venoso cerebrale.
– vene postcapillari;
– vene cerebrali terminali predurali.
Tuttavia, a causa della loro parete sottile, le vene possono essere
compresse modificando la loro morfologia da circolare ad ellittica fino
ad assumere, in condizioni estreme, la sezione di un “8” rovesciato,
modificando in modo drammatico il valore delle resistenze.
Il distretto venoso durale, identificato nei cosiddetti seni venosi,
pur essendo anatomicamente intracranico, risulta funzionalmente
escluso dal gioco delle resistenze per effetto di meccanismi a valvola
predurali a monte delle “lacunae laterales”4.
Premesse fondamentali sull’autoregolazione cerebrale
La circolazione cerebrale è dotata di un sistema di autoregolazione
capace di mantenere costante il CBF a fronte di incrementi o diminu-
24
Capitolo I
zioni sistemiche della pressione arteriosa attraverso una modulazione
riflessa delle resistenze cerebro–vascolari.
Ad esempio, in ortostatismo il sangue è spinto dalla forza di gravità
verso il compartimento venoso sotto–diaframmatico, in particolare
verso gli arti inferiori. Quale conseguenza del ridotto ritorno venoso
diminuiscono sia l’output cardiaco, sia la pressione arteriosa. Per rispondere alla riduzione di pressione arteriosa e alla conseguente ipoperfusione cerebrale vengono attivati due meccanismi principali: il
primo, il meccanismo riflesso barorecettoriale induce un’attivazione
simpatica che porta ad un aumento della frequenza cardiaca e a vasocostrizione periferica. Il secondo meccanismo, la cosiddetta ‘autoregolazione cerebrale’ induce una riduzione delle resistenze intracraniche al fine di ottenere un aumento della perfusione cerebrale.
Nell’ultima decade, grazie allo sviluppo di tecniche non invasive
che permettono un monitoraggio “real–time” delle modificazioni del
CBF, numerose osservazioni scientifiche hanno contribuito a chiarire i
meccanismi che sottendono l’autoregolazione cerebrale, dai substrati
anatomici ai processi fisiologici, fino a chiarire il suo comportamento
in una serie di quadri morbosi cerebrovascolari e sistemici.
Il metabolismo cerebrale è quasi esclusivamente dipendente dal
metabolismo ossidativo del glucosio e il suo utilizzo è possibile solo a
fronte di un’adeguata pressione di ossigeno. Il cervello assorbe circa il
25% dell’intero consumo di ossigeno che è mantenuto costante dal
CBF che deve essere compreso in ogni momento in un range che va
Basi fisiopatologiche del flusso ematico cerebrale
25
dai 50 ai 60 ml/min per 100 gr di tessuto. Ciò implica che il CBF assorbe in ogni momento una porzione importante dell’output cardiaco
se paragonato alla massa di altri organi. Il CBF totale a riposo è di circa 800 ml/min che è circa il 15–20% dell’output cardiaco5.
La perfusione cerebrale (differenza tra pressione arteriosa endocranica media al collo e la pressione venosa endocranica media che si assimila convenzionalmente al valore della pressione intracranica (ICP)
è contestualizzata in
un sistema ad ‘alto flusso e bassa resistenza’
con un flusso diastolico relativamente preservato. Il principale determinante del CBF è la pressione di perfusione arteriosa dipendente dalla gittata cardiaca e dalle resistenze vascolari periferiche. In altri termini, è direttamente proporzionale alla pressione arteriosa ed inversamente proporzionale alle resistenze cerebrovascolari6. Il CBF è più
elevato nelle regioni frontali ed aumenta significativamente nelle aree
funzionalmente attive dell’encefalo.
Diversi studi hanno dimostrato come l’attività elettrica della corteccia cessi quando il CBF scende sotto valori di 16–18 ml/100g/min6,
7
. Una interruzione del CBF dagli 8 ai 10 secondi è sufficiente per in-
durre perdita di coscienza8,9, mentre alterazioni cellulari stabili, come
nello stroke appaiono quando il flusso cala al di sotto dei 10–
12ml/100g/min10.
Capitolo I
26
Comportamento dell’autoregolazione cerebrale
La regolazione del CBF dovrebbe essere considerata come un sistema integrato basato sul mantenimento di un volume intracranico
costante attraverso la modulazione del letto venoso ed arterioso ed il
riassorbimento del liquido cefalo–rachidiano.
Per mantenere un adeguato CBF durante le modificazioni della
pressione arteriosa sistemica, l’albero cerebro–vascolare è dotato di un
sistema capace di proteggere il cervello da cambiamenti eccessivi in
termini di pressione arteriosa. Quindi il CBF rimane costante entro limiti generalmente compresi fra 60 e 140 mmHg (Fig. 2).
Figura 2
Curva Flusso–Pressione. L’autoregolazione cerebrale mantiene il flusso ematico
cerebrale stabile, a fronte di cambiamenti di pressione sistemica. Quando la pressione arteriosa è mantenuta all’interno di limiti superiore ed inferiore (generalmente compresi fra i 60 e i 140 mmHg) il flusso ematico cerebrale è mantenuto costante, assicurando in ogni momento una perfusione di circa 50–54 ml/min /100g.
(Langfitt T.W. Modificata).
Basi fisiopatologiche del flusso ematico cerebrale
27
Le arterie cerebrali di tutte le dimensioni sono implicate nel processo dia autoregolazione; tuttavia sono le arteriole del diametro compreso fra 100 e 250µm (10–25 micron), le cosiddette ‘arteriole di resistenza svolgono un ruolo preponderare nel cambiare la CVR, secondo
una modulazione del diametro delle arteriole stesse in risposta ai cambiamenti pressori. Quindi, da un punto di vista meccanico, qualora si
verificasse una riduzione della pressione arteriosa sistemica, la risposta del letto cerebrovascolare sarebbe una vasodilatazione, mantenendo costante il CBF. Una risposta in senso opposto si verificherebbe
qualora intervenisse un aumento della pressione arteriosa sistemica.
L’autoregolazione del CBF coinvolge un intervento ‘sincronizzato’
e coordinato fra arterie piali extracorticali e arterie intra–parenchimali.
Infatti, una mancata riduzione delle resistenze dei vasi piali preverrebbe una vasodilatazione effettiva del letto circolatorio a valle; per
ovviare a questo effetto sembra sia coinvolto un fenomeno di ‘vasodilatazione retrograda’. Quando gli interneuroni innervanti i vasi intra–
parenchimali sono attivati ed inducono vasodilatazione a questo livello, parallelamente propagano in senso retrogrado lo stimolo vasodilatatorio anche ai vasi piali11.
L’autoregolazione del flusso cerebrale si basa fondamentalmente su
tre meccanismi, indipendenti e qualitativamente diversi, che agiscono
sinergicamente: autoregolazione miogena, metabolica e neurogena.
Oltre a questi tre meccanismi ‘classici’ di autoregolazione, vi è un
quarto meccanismo, che secondo recenti evidenze ha un ruolo impor-
Capitolo I
28
tante nella modulazione delle resistenze cerebrovascolari, ovvero la
funzione endoteliale, che interviene influenzando i meccanismi precedentemente citati attraverso il rilascio di diversi mediatori, in particolare Ossido Nitrico (NO), capaci di indurre rilassamento o costrizione
della muscolatura liscia vasale.
Autoregolazione statica e autoregolazione ‘fasica’
Per capire completamente la modulazione fisiologica del CBF bisogna considerare che le risposte alle modificazione della perfusione
seguono diverse cinetiche adattative, basate su una sequenza di interventi da parte di meccanismi differenti. Generalmente si usa considerare che l’autoregolazione del flusso cerebrale consti di due componenti principali: una statica ed una fasica.
L’autoregolazione statica si riferisce a adattamenti del CBF in risposta a cambiamenti relativamente stabili della pressione di perfusione. È il risultato quindi di un adattamento del sistema a nuovi valori
pressori dopo una progressiva, graduale modificazione, ed è rappresentata dalla classica curva flusso / pressione.
L’autoregolazione ‘fasica’, si riferisce a cambiamenti rapidi del
CBF in risposta a cambiamenti pressori che intervengono in pochi secondi. Questa componente dell’autoregolazione cerebrale è studiabile
attraverso metodiche che misurano le variazioni del flusso cerebrale
Basi fisiopatologiche del flusso ematico cerebrale
29
battito per battito, come il Doppler transcranico (TCD) o la Near Infrared Spectroscopy (NIRS)12.
In accordo con la legge di Monro–Kellie, le variazioni volumetriche intracraniche istantanee, sincrone con la dinamica sisto–diastolica
cardiaca, devono necessariamente essere compensate da un meccanismo intrinseco al sistema intracranico che potremmo definire “in contrasto di fase”. Si deve a Portnoy la dimostrazione di un modello idraulico definito ‘resistore di Starling’, assimilabile al sistema intracranico in grado di fornire la chiave di lettura degli equilibri biomeccanici alla base della costanza, nell’istante considerato, del volume
globale del contenuto intracranico.
Il sistema dei resistori di Starling è costituito da un contenitore rigido, completamente colmo di un fluido, nel contesto del quale è posta
una serie di tubi collassabili interrotti a monte e a valle da due resistori. Tale modello simula il sistema vascolare cerebrale. Il primo resistore rappresenta il settore delle resistenze precapillari, ed il secondo le
‘lacunae laterales’, cioè il punto di ingresso delle vene a ponte nel seno venoso (Fig. 3).
È al livello del secondo resistore che è stato identificato il sistema,
paragonabile ad una valvola a resistenza variabile, coinvolto nel compenso delle variazioni del sistema intracranico.
La ‘cascata idraulica’ coinvolta nella modulazione fasica del secondo resistore può essere così ipotizzata: la dinamica sistolica cardiaca, tradotta in onda sfigmica a livello dei plessi corioidei e dei
grossi vasi arteriosi di base viene integrata dalla dinamica del liquido
Capitolo I
30
cerebrospinale (CSF) come pulsazione liquorale ed, attraverso la distensione degli spazi liquorali ventricolari e sub–aracnoidei, trasferita
alla vene a ponte quindi alle lacune laterales. In tal modo il volume di
sangue venoso in esse contenuto viene ‘spremuto’ nel seno sagittale
superiore che assorbe, in maniera pressoché istantanea, la perturbazione volumetrica12.
Perché l’autoregolazione fasica possa essere costantemente operativa è necessario che nel secondo resistore vi sia un regime pressorio
Figura 3
Il letto cerebrovascolare può essere assimilato a due resistori di Starling.
La pressione transmurale (P arteriosa–P liquor) è bilanciata dalla tensione attiva
della parete muscolare vascolare che si comporta come una pressione esterna al
vaso. (Pa: Pressione arteriosa; Pc: pressione capillare; Pv pressione delle vene;
Pss: pressione seno sagittale superiore; Test: tensione esterna al vaso; Tel: tensione elastica).
Basi fisiopatologiche del flusso ematico cerebrale
31
sufficiente a garantire un flusso continuo e che le vene a ponte siano
ciclicamente collassabili. Ciò si traduce nelle seguenti affermazioni:
–
la pressione delle vene a ponte deve essere sempre superiore a
quella del seno sagittale superiore.
–
Le pressione diastolica delle vene a ponte deve essere leggermente superiore od uguale a quella liquorale.
Figura 4
Nel paziente iperteso la curva flusso/pressione si sposta verso destra, determinando un incremento dei limiti superiore e inferiore di autoregolazione. Questa modificazione protegge il soggetto da eccessivi rialzi pressori.
Tuttavia, in questa condizione, se si istaura una diminuzione della pressione
arteriosa il CBF inizierà a diminuire a valori di PA superiori rispetto al
normale. Viceversa in soggetti ipotesi lo spostamento verso sinistra della
curva determinerà un effetto protettivo in termini di tolleranza verso gli stati ipotensivi, ma potenzialmente pericoloso in caso di aumento della PA.
Capitolo I
32
–
La pressione liquorale pulsatile deve essere leggermente superiore a quella delle vene a ponte.
Appare intuitivo, quindi, che il rapporto fra la pressione liquorale
(ICP) e quella venosa predurale giochi un ruolo fondamentale, oltre che
nell’autoregolazione fasica, anche nella regolazione del flusso ematico
cerebrale e nel determinare la morfologia dell’onda pulsatile liquorale12.
Limiti dell’autoregolazione cerebrale: disturbi dell’autoregolazione in condizioni di ipertensione ed ipotensione cronica
La curva flusso / pressione non rappresenta un modello rigido. I valori di base della pressione arteriosa sistemica influenzano i valori limite della curva, inducendo uno shift verso destra o sinistra della curva e, di conseguenza, alterando i limiti pressori superiore e inferiore
entro i quali il CBF viene mantenuto costante (Fig. 4). Ad esempio,
nel caso di un paziente cronicamente iperteso, la curva ha uno shift
verso destra, con un incremento dei valori superiori ed inferiori di autoregolazione. Questo comportamento della curva ha un senso protettivo qualora si verificassero ulteriori aumenti pressori nell’individuo.
Tuttavia, nel caso di una diminuzione significativa e repentina, la riduzione del CBF inizierebbe precocemente ed il valore di perfusione
critico per una perfusione adeguata si raggiungerebbe più precocemente. Quando il CBF scende al di sotto del valore inferiore di auto-
Basi fisiopatologiche del flusso ematico cerebrale
33
regolazione la perfusione si riduce ed il primo meccanismo di compenso che viene ad attivarsi è un’aumentata estrazione di ossigeno. Se
invece la pressione arteriosa aumenta fino ai limiti superiori
dell’autoregolazione, le arteriole di resistenza non possono mantenere
la vasocostrizione dando luogo ad alterazioni transitorie del calibro,
ovvero segmenti dilatati frapposti a segmenti arteriosi contratti, corrispondenti rispettivamente a regioni di dilatazione passiva del vaso da
parte della pressione arteriosa sistemica e regioni di autoregolazione
ancora efficace. La cronicizzazione di tali eventi può, infine, portare a
alterazioni costitutive dell’endotelio e della barriera emato–
encefalica13.
Disturbi dell’autoregolazione in condizioni di danno ischemico
acuto
In corso di lesioni cerebrali acute, ischemiche o traumatiche, le funzioni vasomotorie cerebrali sono compromesse. L’autoregolazione fallisce nel mantenere il CBF costante e quindi a cambiamenti della
pressione arteriosa corrispondono uguali cambiamenti a livelli di pressione di perfusione cerebrale14, 15. Le ipotesi causali della compromissione funzionale del sistema di autoregolazione del flusso cerebrale in
corso di episodi di danno acuto sembrano ritrovarsi soprattutto
nell’ischemia tissutale e nella conseguente acidosi. Questi fattori dilatano le arteriole cerebrali di resistenza nel tentativo di incrementare la
Capitolo I
34
pressione di perfusione, impedendo in questo modo la regolazione del
flusso. In queste condizioni acute il flusso ematico dipende anche da
altri fattori, quali edema e pressione intra–cranica. Quindi il flusso può
rimanere basso anche in presenza di una vasodilatazione massiva del
letto cerebrovascolare16.
Nelle regioni che circondano la lesione acuta e persino
nell’emisfero controlaterale i meccanismi di autoregolazione possono
essere alterati nonostante una pressione di perfusione adeguata. Questi
aspetti di ‘disturbo’ dell’autoregolazione del flusso ematico in condizioni di danno acuto hanno formato le basi di una serie di considerazioni terapeutiche nel trattamento acuto del trauma cranico e dello
stroke17.
Disturbi dell’autoregolazione in condizioni di ipertensione intracranica
Anche in condizioni di aumentata pressione intracranica il CBF va
incontro ad una serie di disturbi di regolazione del flusso. Le strutture
intracraniche sono sottoposte ad una pressione che, in condizioni di
normalità, non supera i 15 cm di H2O o i 13 mmHg. In questo sistema,
per evitare aumenti deleteri della ICP, è necessario che si mantenga un
volume costante. Secondo la legge di Monro–Kellie il sistema intracranico è assimilabile a un sistema semichiuso, costituito da componenti incompressibili, quali il parenchima cerebrale (80%), sangue
Basi fisiopatologiche del flusso ematico cerebrale
35
(12%) ed il CSF (8%). Questi tre volumi riempiono in modo completo
lo spazio intracranico rimanendo in equilibrio dinamico fra loro.
L’apporto di una ulteriore componente volumetrica potrà avvenire solo grazie ad una modificazione reciproca degli elementi presenti volta
a compensare lo squilibrio causato. Quindi, qualsiasi processo occupante spazio nel sistema intracranico è a spese di questi tre volumi12.
La disponibilità del sistema ad accogliere variazioni di volume è detta “compliance” ed è legata all’esistenza di meccanismi di compenso intracranici. Il CSF (8% del volume intracranico) è stato considerato finora il più importante di questi, grazie alla possibilità di storno liquorale
dal settore craniale a quello spinale ed alla modificazione del rapporto
tra sua produzione ed assorbimento. L’efficacia nello smorzare
l’aumento di volume è dipendente dalla velocità con cui questo si determinerà, essendo le modificazioni idrodinamiche liquorali relativamente “lente”. Il sangue (altro 10% del sistema intracranico) rappresenta forse l’elemento a più rapida mobilizzazione, legato alla compressibilità del letto vascolare venoso ed alla regolazione del calibro vasale.
L’esistenza di questi compensi fa sì che il sistema intracranico non
si comporti come un sistema chiuso ma come un sistema semiaperto,
in cui, entro certi limiti, certe variazioni volumetriche sono possibili
senza ampie variazioni di pressione.
Tuttavia, superato un determinato limite, dipendente dalle caratteristiche biomeccaniche del sistema, mano a mano che aumenta il volu-
Capitolo I
36
me intracranico si esaurisce la “compliance” cerebrale e si trasforma
in un sistema chiuso o rigido in cui i compensi a variazioni di volume
non sono più possibili e piccole variazioni, anche fisiologiche, di volume possono determinare variazioni pressorie tali da costituire un pericolo per la vita del paziente12.
Quando i meccanismi di compenso sono esauriti, la ICP aumenta in
modo logaritmico, mentre parallelamente la pressione di perfusione cerebrale ed il CBF diminuiscono progressivamente. Arrivati a questo punto
particolare della dinamica del sistema intracranico, siccome il tessuto cerebrale è molto più sensibile all’ischemia che alla pressione, la priorità
biologica passa dal mantenimento della pressione a quella di un adeguata
perfusione, anche a scapito di un ulteriore aumento pressorio18.
La diminuzione di pressione di perfusione porta ad una dilatazione
arteriosa attraverso meccanismi vasogenici. Inoltre l’ipossia tissutale,
come verrà meglio spiegato più avanti nel testo, mediante un aumento
principalmente della pCO2, potassio e adenosina, ha un effetto di ulteriore potenziamento sulla vasodilatazione. A questo punto anche una
ulteriore vasodilatazione non ‘aiuta’ a fornire un incremento in termini
di CBF. L’aumento della ICP, infatti, comprimendo le vene cerebrali,
fa sì che il punto di maggior resistenza del sistema cerebrovascolare
non sia più il letto arteriolare, bensì quello venoso. In altre parole il
CBF diminuisce perché il gradente pressorio artero–venoso diminuisce parallelamente, spostando il termine di maggiore resistenza dal letto arterioso a quello venoso.
Basi fisiopatologiche del flusso ematico cerebrale
37
In queste particolari condizioni la vasodilatazione cerebrale generale ha un effetto addirittura deleterio: una dilatazione del sistema arterioso provoca una ritenzione di sangue che non viene scaricato efficientemente nel sistema venoso sotto pressione, provocando quindi un
ulteriore aumento del volume intracranico e quindi della ICP. Inoltre,
la dilatazione estrema delle arterie provoca una diminuzione dell’elasticità delle pareti stesse, trasmettendo in modo diretto la pressione arteriosa intra–vasale direttamente al parenchima. Quindi, l’aumentato
volume ematico cerebrale nelle arterie dilatate, il diminuito output venoso e la trasmissione diretta della pressione arteriosa al parenchima
sono i principali determinanti dell’ulteriore incremento della ICP12.
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