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Microangiopatia - Università degli Studi di Firenze

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Microangiopatia - Università degli Studi di Firenze
Sezione di Neuroscienze
Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi
Gruppo per lo Studio delle
Malattie Vascolari Cerebrali
(Coordinatore:Prof. Domenico Inzitari)
PROGETTO DI RICERCA
TITOLO DEL PROGETTO:
Microangiopatia cerebrale: studio dei marcatori biologici, genetici e di neuroimaging in relazione
agli esiti clinici-funzionali ed al rischio emorragico nel paziente con cerebropatia vascolare sia
acuta che cronica
RESPONSABILE DEL PROGETTO :
Prof. Domenico Inzitari
INTRODUZIONE
L’encefalopatia su base micro vascolare è una condizione causata da malattia dei piccoli
vasi cerebrali. Questi vasi sono costituiti da piccole arterie ed arteriole che forniscono apporto
ematico alle strutture cerebrali sottocorticali profonde quali i gangli della base e la sostanza bianca
emisferica. Essi possono andare incontro ad una serie complessa di alterazioni morfologiche e
funzionali con l’invecchiamento (arteriolosclerosi) e con due principali fattori di rischio che sono
l’ipertensione e il diabete mellito. Oltre ai fattori di rischio convenzionali, è stato recentemente
ipotizzato anche un possibile ruolo di fattori genetici [1]. Le conseguenze di questa vasculopatia a
livello del tessuto encefalico possono essere riconosciute, descritte e quantificate con la
Risonanza magnetica cerebrale (RM), che rappresenta ad oggi un marker assai sensibile del
danno d’organo cerebrale. Dati epidemiologici consistenti indicano che questa patologia è
estremamente frequente nella popolazione anziana e contribuisce al declino funzionale
nell’anziano attraverso le disfunzioni tipiche dell’età avanzata (disturbi motori e cognitivi,
incontinenza sfinterica, alterazioni dell’umore) [2]. Una serie di dati longitudinali recenti sostengono
l’ipotesi che tale danno d’organo è quello che più contribuisce alla perdita dell’autonomia
funzionale nell’anziano, con ricadute rilevantissime in termini personali, familiari, sociali e sanitari
[3,4 ].
L’arteriolosclerosi cerebrale si manifesta patologicamente per un restringimento del lume
dei piccoli vasi, un ispessimento della parete vasale con contemporanea perdita delle cellule
muscolari lisce che si trovano normalmente a tale livello e per un accumulo in loro sostituzione di
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materiale fibro-ialino e talvolta lipidico (fibro-lipo-ialinosi). Questa micro-angiopatia causa
un’alterata perfusione ematica del parenchima cerebrale con conseguente danno ischemico.
Questo può manifestarsi con un danno focale ed acuto e conseguente necrosi tissutale (infarto
lacunare) o con una condizione di ipoperfusione più cronica e conseguente danno ischemico
subliminale soprattutto a carico delle aree di confine fra il circolo superficiale e quello profondo
situate a livello della sostanza bianca encefalica [5-7]. A livello del parenchima cerebrale, le
conseguenze della micro-angiopatia sono quindi gli infarti lacunari (soprattutto a livello dei gangli
della base, della capsula interna e del talamo) e la sofferenza diffusa della sostanza bianca
cerebrale (leucoencefalopatia vascolare cronica, evidenziabile come leucoaraiosi con le tecniche
di neuroimmagine) [8]. Una notevole serie di dati sperimentali suggerisce che l’angiotensina II con i
suoi effetti negativi sul rimodellamento strutturale e funzionale (autoregolazione) dei piccoli vasi
cerebrali, sulla struttura ed il funzionamento della barriera ematoencefalica, e sulla modulazione
direttamente esercitata a livello della attività neuronale, potrebbe giocare un ruolo centrale non
solo per quanto riguarda la patogenesi di queste alterazioni, ma anche, direttamente per quanto
riguarda la loro espressione clinica e funzionale [9].
Dal punto di vista clinico, la vasculopatia cerebrale ischemica sottocorticale si può
manifestare con una variabile associazione dei seguenti disturbi: ictus di tipo lacunare, declino
cognitivo in cui prevalgono i disturbi delle funzioni esecutive (derivanti dal coinvolgimento dei
circuiti subcortico-corticali frontali) [10], disturbi della deambulazione (marcia rallentata, a base
allargata, a piccoli passi, di tipo aprassico, cadute frequenti) [11], sintomatologia depressiva [12],
disturbi della continenza urinaria [13]. La gravità clinica di questi disturbi è variabile a seconda che
la malattia sia in fase iniziale o in fase avanzata: in questo ultimo caso può determinarsi il quadro
clinico della demenza vascolare sottocorticale [14-16]. La microvasculopatia cerebrale
sottocorticale ha inoltro un ruolo importante nella evoluzione e nella risposta ai trattamenti nell’ictus
cerebrale acuto [17].
Dalla valutazione complessiva proveniente dalla importante mole di informazioni esistenti in
letteratura (molta parte dovuta al lavoro del gruppo proponente), e di quelle estraibili dalle banche
dati a disposizione dello stesso gruppo proponente, potrebbero emergere indicazioni conclusive
sul piano della prevenzione e della cura. Dal recente sviluppo delle linee di ricerca in questo
ambito di patologia, sono stati prodotti dal gruppo di ricerca proponente dati altrettanto importanti
ed innovativi che collegano la patologia stessa al più generale e rilevantissimo (sul piano sia
sanitario che sociale) problema dell’ictus acuto: i dati riguardano in particolare la predittività
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esercitata dai marker di microangiopatia sottocorticale nei confronti del rischio di emorragia
cerebrale, e la minore risposta ai trattamenti di ricanalizzazione (sia trombolisi sistemica che
trombectomia meccanica) in corso di ictus ischemico acuto nei pazienti in cui sono presenti questi
marcatori. In entrambi i casi vengono aperte prospettive di assoluto rilievo in campo clinicoterapeutico (ad esempio, in rapporto alla maggiore sicurezza dei nuovi anticoagulanti orali per la
prevenzione del rischio embolico in soggetti con fibrillazione atriale, ed al processo clinicodecisionale grazie alla migliore predizione di rischio-beneficio dei trattamenti di rivascolarizzazione
cerebrale in acuto)
LINEE DI RICERCA PROPOSTE
La sezione di Neuroscienze del Dipartimento NEUROFARBA dell’Università di Firenze
(gruppo per lo Studio delle Malattie Vascolari Cerebrali, diretto dal Prof. Domenico Inzitari) ha
conseguito negli anni passati importanti risultati nel campo della ricerca dell’encefalopatia su base
microvascolare. Tra questi sono compresi lo sviluppo, estremamente efficace e produttivo, di
attività collaborative internazionali, alcuni studi terapeutici preliminari, la definizione di nuovi criteri
diagnostici, e la promozione culturale e scientifica rivolta a ricercatori, professionisti ed utenti.
Le linee di ricerca che il gruppo intende potenziare nel prossimo futuro riguardano
l’epidemiologia ed i fattori di rischio, i meccanismi patologici, il neuro-imaging sia morfologico che
funzionale, la metodologia degli studi sperimentali, la definizione clinica, lo sviluppo e la
validazione di nuovi marcatori biologici quali predittori di esito della malattia vascolare cerebrale
nel suo complesso (cioè quali potenziali modulatori sia della storia naturale che della risposta ai
vari trattamenti in fase sia acuta che cronica), ed infine il razionale di applicazione di molecole
potenzialmente attive sia nella prevenzione che nel trattamento [17].
Nonostante l'associazione tra encefalopatia su base microvascolare ed invecchiamento,
ipertensione ed altri fattori di rischio vascolare sia forte e consistente, questi fattori spiegano solo in
parte sia l'incidenza che la gravità delle lesioni cerebrali e quindi della loro espressione fenotipica.
Per esempio, non tutti i pazienti ipertesi sviluppano alterazioni della sostanza bianca e la loro
gravità varia da un paziente all'altro indipendentemente dalla durata, gravità e trattamento della
ipertensione. L'epidemiologia geriatrica si è recentemente sviluppata in risposta all'imperativo
demografico dell'invecchiamento della popolazione e dedica particolare attenzione alle patologie
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disabilitanti che, pur non essendo mortali, causano perdita dell'autosufficienza tale da richiedere
progressive cure e assistenza.
Lo studio ILSA (Longitudinal Study on Aging) e’ uno studio longitudinale eseguito sulla
popolazione anziana italiana che ha lo scopo di indagare la prevalenza e l'incidenza delle maggiori
patologie croniche invalidanti e di valutare l'impatto dei fattori di rischio socio-economici,
comportamentali e biologici sullo stato di salute delle persone anziane. Tra le patologie in esame vi
sono anche la demenza, l'ictus, oltre a tutta un a serie di fattori di rischio vascolare. Il disegno
longitudinale dello studio permette di valutare la presenza di elementi clinici in grado di predire il
raggiungimento di end-point clinici quali l’ictus, la demenza, la disabilità o la morte. A tale proposito
una descrizione analitica del campione permetterà di valutare e fornire utili informazioni circa il
rispettivo ruolo dei singoli predittori. Altre informazioni di questo tipo potrebbero derivare dallo
studio IPREA (Progetto Italiano sull’Epidemiologia della Malattia di Alzheimer) che ha lo scopo di
valutare la prevalenza e l’incidenza della fase preclinica della malattia di Alzheimer, la storia
naturale del deficit cognitivo in assenza di demenza, ed i fattori di rischio o determinanti della
salute correlati o associati a differenti decorsi clinici nella popolazione italiana. Utili informazioni di
correlazione con lesioni presenti a livello encefalico potranno essere ricavate da tale studio, dato
che un sottogruppo di soggetti arruolati è stato studiato con RM dell’encefalo.
Per quanto riguarda la fisiopatologia dell’encefalopatia su base microangiopatica, oltre ai
fattori già noti e riportati in precedenza, quali l’invecchiamento, alcuni fattori di rischio vascolare
(ipertensione, diabete) e fattori genetici, un altro possibile meccanismo ritenuto importanti nel
determinismo del danno cronico della sostanza bianca è l'alterazione della barriera ematoencefalica dovuta ad un danno primitivo dell'endotelio dei piccoli vasi. Alcuni dati recenti indicano
infatti l'endotelio come uno dei principali target dei fattori elencati. E' stato documentato che in
pazienti con infarti lacunari non acuti, con o senza leucoaraiosi, sono presenti livelli
significativamente maggiori di intercellular adhesion molecule-1 (ICAM1), trombomodulina (TM) e
inibitore della via del fattore tissutale (TFPI) rispetto ai controlli [17]. In uno studio prospettico di
popolazione è stata dimostrata la relazione tra aumentati livelli sierici di ICAM1 e progressione
della iperintensità della sostanza bianca cerebrale [18]. La disfunzione endoteliale potrebbe
contribuire alla rottura della barriera emato-encefalica e alla alterazione della reattività vascolare e
dell'autoregolazione [19,20].
Dati riguardanti i suddetti meccanismi sono stati raccolti nell’ambito di alcuni progetti quali
lo studio MILES (Microvascular Leucoencephalopathy Study), studio longitudinale multicentrico
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italiano, coordinato dal Dipartimento di Scienze Neurologiche e Psichiatriche di Firenze. In tale
ottica infatti, alcuni mediatori della disfunzione endoteliale vengono dosati in una coorte di pazienti
affetti da leucoencefalopatia microvascolare età correlata ed una di pazienti affetti dalla forma
geneticamente determinata, CADASIL (Cerebral Autosomal Dominant Artheriopathy with
Subcortical Infarcts and Leucoencephalopathy). L’attivazione di tali mediatori viene indagata
tenendo in considerazione i meccanismi patologici correlati con concomitanti fattori di rischio
vascolare e fattori appartenenti alla cascata della infiammazione (fattore di von Willebrand, fattore
tissutale, inibitore della via del fattore tissutale, molecola 1 di adesione intercellulare, molecole pro
ed anti infiammatorie).
La RM encefalo ha ormai acquisito una fondamentale importanza nel campo
dell’encefalopatia su base micro vascolare, essendo una metodica altamente sensibile ed in grado
di evidenziare e stadiare la gravità delle lesioni della sostanza bianca così come di valutare la
possibile coesistenza di altri tipi di lesioni, espressione di processi patologici diversi da quello
vascolare. La variabilità fenotipica della encefalopatia su base microvascolare non è tuttavia
completamente spiegata dalla gravità delle lesioni evidenziate dalla RM convenzionale; tali
sequenze non appaino infatti abbastanza sensibili nel differenziare l’integrità strutturale rispetto al
danno assonale e gliale. Inoltre non sono in grado di fornire indicazioni fisiopatologiche per quel
che riguarda le alterazioni presenti a livello parenchimale e vascolare. Alcune tecniche avanzate di
RM, quali la magnetizzazione del transfer, la RM in diffusione, e la spettroscopia permettono di
ottenere informazioni più precise circa l’estensione del danno tissutale, la natura micro-strutturale e
le sottostanti alterazioni metaboliche [22-24].
Studi longitudinali in corso, o in fase di avvio, che prevedono un diretto coinvolgimento del
Dipartimento di NEUROFARBA, potranno fornire ulteriori informazioni a tale riguardo. Inoltre,
l’esperienza e la conoscenza oramai acquisita negli anni circa la metodologia degli studi e la
definizione clinica dei principali outcome in campo geriatrico (es. la transizione a disabilità,
deterioramento cognitivo, demenza) così come la definizione di possibili marker surrogati (RM
encefalo), forniscono le basi per disegnare studi terapeutici al fine di valutare la possibile efficacia
di interventi sia preventivi che farmacologici in grado di prevenire o arrestare la comparsa o
progressione delle lesioni cerebrali associate alla microangiopatia. Infatti, dal momento che molti
fattori associati alla encefalopatia su base microvascolare sono potenzialmente trattabili, risulta
essere di fondamentale importanza espandere la conoscenza circa i meccanismi implicati nella
espressività e progressione delle lesioni associate alla encefalopatia su base microvascolare. I
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database di alcuni studi potrebbero permettere il calcolo delle dimensioni del campione ed altri
elementi operativi ed organizzativi di studi sperimentali di questo tipo.
L’attuale evidenza circa possibili terapie nel caso di encefalopatia su base microvascolare
è purtroppo scarsa. Generalmente, si può pensare che un accurato e precoce controllo dei fattori
di rischio per questa condizione, in primo luogo l’ipertensione, possa essere efficace nel ridurre la
frequenza della sua insorgenza. Dati a disposizione per ciò che riguarda il trattamento delle forme
più avanzate, con disturbi clinici già manifesti, sono pressoché assenti. In precedenza, uno studio
in aperto [25] e una analisi post-hoc di uno studio randomizzato e controllato verso placebo [26,27]
avevano evidenziato un potenziale ruolo del calcio-antagonista nimodipina nel migliorare alcuni
aspetti cognitivi della demenza vascolare sottocorticale. Una revisione Cochrane aveva quindi
concluso per un possibile ruolo della nimodipina nella demenza vascolare [28]. Tali dati sono stati
parzialmente confermati dal primo trial clinico randomizzato e controllato condotto in pazienti affetti
da questa forma di demenza vascolare [29]. In questo studio al termine della sperimentazione,
durata 12 mesi, non vi erano variazioni significative tra i pazienti trattati ed i controlli per quanto
riguarda le funzioni cognitive globali misurate con la scala prescelta come end-point primario
(Sandoz Clinical Assessment Geriatric Scale). Tuttavia lo studio metteva in evidenza altri dati di un
certo interesse: 1) i pazienti trattati con placebo presentavano un più altro tasso di violazioni del
protocollo dello studio dovuto all’uso, introdotto su prescrizione dei medici curanti, di farmaci non
permessi per il trattamento di disturbi psichiatrici; 2) il tasso di eventi cerebro- e cardio-vascolari
era statisticamente minore nel gruppo trattato con nimodipina; 3) le performance cognitive del
gruppo trattato con nimodipina in alcuni test neuropsicologici rivolti alla valutazione delle funzioni
esecutive erano migliori rispetto a quello del gruppo placebo alla fine del periodo di trattamento
una volta tenuto conto dell’alto tasso di drop-out di quest’ultimo gruppo [29].
Il possibile ruolo dell’utilizzo di classi farmacologiche diverse nel campo della encefalopatia
vascolare ischemica sottocorticale è inesplorato. Considerazioni di natura generale e dati
provenienti da quanto riportato per quanto riguarda la prevenzione del danno d’organo da
ipertensione arteriosa in altri distretti e in altre condizioni patologiche, circa l’utilizzo di farmaci attivi
sul sistema renina-angiotensina, lasciano ipotizzare un possibile ruolo di questi farmaci anche a
livello cerebrale [30]. In particolare le varie azioni farmacologiche dei farmaci bloccanti del
recettore dell’angiotensina II a livello dei microvasi e delle cellule endoteliali, soprattutto tramite
azioni sul nitrossido, ne fanno dei candidati ideali per un utilizzo in condizioni patologiche cerebrali
caratterizzate da alterazioni dei piccoli vasi.
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PROGRAMMA DI RICERCA
Il piano di ricerca prevede lo sviluppo nei seguenti sub-studi:
1) “Rischio e determinanti di demenza in pazienti con deterioramento congitivo lieve alterazioni
cerebrali vascolari sottocorticali: uno studio dei marcatori clinici, di neuroimaging e biologici.
Il progetto longitudinale, che prevede la collaborazione dei tre centri ospedaliero-universitari
della Toscana è finalizzato a studiare ulteriormente, rispetto agli importanti dati precedentemente
ottenuti dal gruppo di ricerca, il ruolo di potenziali nuovi marker (clinici, biologici e di neuroimaging)
della transizione da deterioramento cognitivo lieve a demenza in soggetti con leucoencefalopatia
su base micro vascolare. Il campione complessivo arruolato fino a questo momento nelle tre Unità
è di 210 pazienti. Sono in corso al momento le valutazioni di follow-up dei pazienti fino ad ora
arruolati.
In attesa delle analisi riguardo all’outcome principale dello studio, le attuali linee di ricerca in
corso sono varie e riguardano:
a) L’operazionalizzazione dei criteri diagnostici del mild cognitive impairment MCI attraverso una
riclassificazione dei pazienti Tuscany nei suoi sottotipi, con implementazione mediante l’utilizzo dei
dati di neuroimaging per la caratterizzazione dal punto di vista morfologico dei sottotipi di MCI
individuati.
b) Studio delle varie espressioni al neuroimaging convenzionale della microangiopatia cerebrale,
oltre alla leucoaraiosi, quali gli infarti lacunari, i microbleeds, e la dilatazione degli spazi
pervivascolari, e della loro possibile correlazione.
c) Correlazione delle suddette alterazioni con outcome clinici in particolare prestazione cognitiva,
prestazione motoria, funzionalità globale, ed alterazioni del tono dell’umore.
d) Associazione tra dati di “diffusion tensor imaging” (DTI) e marcatori clinici (alterazioni cognitive,
funzionali e motorie).
e) Associazione tra alterazioni della sostanza bianca e marcatori clinici (ad es. ipertensione,
depressione, diabete).
f) Lo studio dei biomarker di funzione endoteliale e di struttura e funzione della barriera
ematoencefalica
g) Studio del sistema renina-angiotensina linfocitario (RAS).
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2) “Studio genetico, della funzione endoteliale e con neuroimaging avanzato di forme sporadiche e
familiari (CADASIL e CADASIL-like) di microangiopatia cerebrale”.
Il progetto si propone di caratterizzare le forme sporadica e familiari (CADASIL e CADASILlike) di microangiopatia cerebrale attraverso metodiche laboratoristiche altamente specializzate e
di neuroimaging avanzato allo scopo di individuare possibili fattori in grado di modularne il fenotipo
e predirne la progressione e sui quali poter quindi intervenire con mirate strategie preventive e
terapeutiche.
Le linee di ricerca che vengono esplorate sono le seguenti:
a) individuazione di fattori biologici quali possibili modulanti la espressività e predittori di
progressione in termini clinico-funzionali e di neuroimaging nei tre gruppi. In particolare verranno
studiati mediatori bioumorali e cellulari di disfunzione endoteliale, marcatori di stato anti-ossidante
e stress ossidativo, acidi grassi legati ai fosfolipidi plasmatici;
b) individuazione di possibili mutazioni patogene per la forma familiare di leucoencefalopatia su
base microangiopatica CADASIL-like. Nello specifico, verranno ricercate mediante analisi genetica
e studi di espressione possibili mutazioni patogene non note al momento sugli esoni (25-33) del
gene Notch3 codificanti per le regioni intracitoplasmatica e transmembrana del recettore e sugli
introni. Verranno anche analizzati il gene HTRA1 alla ricerca di mutazioni patogene per CARASIL
(Cerebral Autosomal Recessive Arteriopathy with Subcortical infarcts and Leukoencephalopathy),
il gene Col4A1 recentemente dimostrato mutato in forme familiari di malattia dei piccoli vasi
cerebrali e i geni della cistatina C, della proteina precursore dell'amiloide (APP), della transtiretina
e il gene BRI alla ricerca di mutazioni responsabili delle forme familiari di angiopatia amiloide
cerebrale in cui è stata riportata la presenza di leucoencefalopatia. Queste indagini potrebbero
portare ad identificare sottogruppi di pazienti con uno specifico spettro genetico dei quali
verrebbero quindi analizzati gli aspetti clinico-funzionali, di neuroimaging e biologici per una
ulteriore caratterizzazione e differenziazione rispetto ai pazienti affetti da CADASIL.
c) individuazione mediante le metodiche di neuroimaging avanzato (in particolare con sequenze in
diffusione valutando il coefficiente di diffusione apparente e l’anisotropia frazionata) marker più
sensibili e specifici rispetto a quelli ottenuti dalle metodiche convenzionali per la predizione del
declino funzionale, cognitivo e motorio nei tre gruppi di soggetti affetti da microangiopatia
cerebrale.
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d) identificazione delle caratteristiche discriminanti fra i tre gruppi di soggetti affetti da
microangiopatia cerebrale (sporadica, CADASIL e CADASIL-like) considerando gli aspetti clinicofunzionali, di neuroimaging avanzato e biologici;
e) Studio dell’influenza dei fattori di rischio vascolare sul quadro cognitivo e sulle performance
funzionali.
3) “Leucoaraiosi e diabete mellito”.
Dati preliminari fino ad ora raccolti grazie a questo progetto pilota hanno permesso di
individuare la complessa relazione tra diabete mellito e deterioramento cognitivo nell’anziano ed al
possibile ruolo delle alterazioni strutturali dell’encefalo sia di tipo vascolare che degenerativo. Lo
scopo del progetto era stabilire il ruolo del diabete mellito come fattore associato alla leucoaraiosi
negli anziani, partendo da una coorte di soggetti affetti da diabete mellito. A tale proposito, tutti i
soggetti di età compresa tra i 65 e gli 85 anni affetti da diabete mellito valutati presso il Centro
Diabetologico dell’Ospedale di Pistoia e il Centro Diabetologico del DH Diabetologia dello
Ospedale Universitario Careggi di Firenze venivano screenati sulla base di criteri clinici di seguito
riportati: storia di deficit cognitivo con riferito disturbo di memoria, associato alla presenza di
almeno uno dei seguenti disturbi: 1) disturbi del tono dell’umore; 2) disturbi della marcia; 3)
presenza di alcuni segni minimi evidenziati all’esame obiettivo neurologico. I pazienti selezionati
sulla base di tali criteri, venivano quindi valutati dal punto di vista clinico-anamnestico e cognitivofunzionale, secondo protocolli strutturati, e sottoposti ad RM encefalo.
I risultati preliminari hanno documentato una relazione tra la presenza di diabete mellito e
un alto profilo di fattori di rischio vascolare, così come un quadro clinico più grave rispetto a
soggetti senza storia di diabete mellito. Dal punto di vista clinico, i disturbi associati al diabete
erano quelli della marcia, cognitivi e funzionali. Tra tutte le variabili di neuroimmagini prese in
considerazione, gli infarti, sia lacunari che non lacunari, così come il grado di atrofia cerebrale,
risultavano associati alla presenza di diabete mellito.
Tali dati confermano l’importanza del controllo dei fattori di rischio vascolare al fine di
prevenire anche il deterioramento cognitivo nei soggetti anziani. Un ulteriore linea di ricerca porta a
definire il ruolo del diabete attraverso l’uso di marcatori più selettivi ed avanzati della patologia
diabetica rispetto alla produzione del danno microangiopatico cerebrale.
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4) “Deterioramento cognitivo, demenza, ictus e rischio emorragico: come migliorare la
stratificazione del rischio in pazienti con fibrillazione atriale?”.
Studio del ruolo dei marcatori biologici della microangiopatia cerebrale sottocorticale in
relazione alla predizione di rischio emorragico in pazienti sottoposti ad anticoagulazione cronica. Il
protocollo di studio è atto a valutare il valore predittivo della fibrillazione atriale sul deterioramento
cognitivo e demenza, così come il possibile ruolo dei marker di neuroimaging della microangiopatia
cerebrale sul rischio di sanguinamento intracranico.
La coorte di studio sarà rappresentata da 300 pazienti affetti da fibrillazione atriale nonvalvolare, con età superiore ai 70 anni ed in trattamento con anticoagulanti orali, seguiti dal Centro
Trombosi dell’AOUC. Il protocollo di studio prevede che ciascun paziente venga sottoposto ad
estesa valutazione clinica-funzionale al momento dell’arruolamento e annualmente per la durata
dello studio. La RM encefalo verrà eseguita al basale e ripetuta alla fine del follow-up secondo un
protocollo ben definito atto a valutare l’ampia gamma di alterazioni strutturali sia di tipo vascolare
che degenerativo, associate al deterioramento cognitivo nell’anziano. I marcatori biologici previsti,
indagati su campioni di sangue, saranno correlate alle funzioni cognitive ed al declino delle stesse,
alla gravità delle alterazioni strutturali presenti al neuroimaging (sia di tipo vascolare che
degenerativo) ed al rischio emorragico e/o trombotico. Verranno quindi valutati marcatori di
funzione endoteliale (es. EPCs e CECs); del sistema renina angiotensina linfocitario (RAS); dello
stato plasmatico redox; varie molecole pro ed anti-infiammatorie; marcatori dell’amiloide (A40 and
A42), fattori neurotrofici (BDNF), ed sRAGE. Il protocollo prevede inoltre test di funzionalità
piastrinica (PFA-100, aggregazione piastrinica indotta da vari agonisti, etc). La funzionalità renale
verrà inoltre indagata (microalbuminuria, creatinina, urea).
Inoltre, al fine di valutare il possibile ruolo dell’ipoperfusione cerebrale in relazione al
declino cognitivo, è prevista l’esecuzione di uno studio caso-controllo nested. Il sottogruppo di
pazienti sarà quindi diviso in due gruppi, mat5chati per età, sesso ed altre variabili cliniche, in base
alla funzione cardiaca: il gruppo con ridotta funzione sistolica (frazione di eiezione <35%) ed il
gruppo con funzione conservata (FE>35%). Ij questo caso, oltre alle tecniche di imaging
convenzionali, verranno impiegate la RM arterial spin labelling e lo studio della connettività
cerebrale funzionale al fine di esplorare possibili correlazioni tra ipoperfusione sistemica e
cerebrale, performance cognitiva al basale e deterioramento durante il follow-up.
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5) Studio del ruolo dei marcatori biologici della microangiopatia cerebrale sottocorticale nella
predizione della risposta ai trattamenti di rivascolarizzazione in corso di ictus cerebrale ischemico
acuto (in collaborazione con Università di Calgary – Canada ed Oxford - UK).
Dati preliminari dimostrano che la presenza di alterazioni cerebrali consistenti con la
microangiopatia sottocorticale, ed espresse alle immagini TC o RM cerebrali come microinfarti o
lesioni della sostanza bianca, è associata ad una ridotta risposta clinico-funzionale agli interventi di
rivascolarizzazione (trombolisi sistemica, o trattamento endovascolare) o ad un aumentato rischio
emorragico a seguito degli stessi trattamenti nel corso di ictus cerebrale ischemico acuto. Per
quanto riguarda il rischio emorragico la dimostrazione è avvenuta grazie alla collaborazione tra il
gruppo proponente ed il gruppo dei neurologi dell’Università di Calgary (Canada) [31]. Per quanto
riguarda la ridotta risposta ai trattamenti di rivascolarizzazione, l’ipotesi di lavoro consiste nel fatto
che i soggetti con encefalopatia su base microvascolare hanno in partenza una ridotta capacità di
adattamento del microcircolo alle esigenze di maggiore perfusione dell’area perilesionale, dovute
ad alterazioni sia strutturali che funzionali del letto arteriolo-capillare. Un’analisi del registro
Canadese dei trattamenti trombolitici denominato CASES, condotta in collaborazione sempre tra il
gruppo proponente, l’Università di Calgary e l’Università di Oxford, ha confermato che la presenza
di alterazioni microvascolari sottocorticali, espresse da infarti lacunari associati a leucoaraiosi,
condiziona pesantemente l’esito clinico-funzionale nonostante l’efficacia della rivascolarizzazione.
E’ previsto uno sviluppo di tale linea di ricerca sia sul piano clinico, usando marcatori avanzati in
RM sia della patologia che della funzione microvascolare e della barriera emato-liquorale, sia
nell’uomo che nell’animale da esperimento (ratto spontaneamente iperteso).
RISULTATI ATTESI E PREVISIONI TRANSLAZIONALI
L’assegnatario dovrà essere in grado di contribuire ad una migliore definizione delle caratteristiche
clinico-funzionali, dei fattori di rischio e dei determinanti di esito associati alla microangiopatia
cerebrale sottocorticale. Sulla base delle banche dati ILSA, IPREA, LADIS e MILES, analizzate
con metodi avanzati di biostatistica, si potrà creare un modello di predizione con la stima del peso
predittivo di ciascuna delle variabili indipendentemente associate alla encefalopatia su base
microvascolare. Attraverso lo studio dei biomarcatori, che comprendono nuove metodiche di RM
avanzata, sarà possibile ottenere ulteriori informazioni sull’intero processo fisiopatologico che porta
allo sviluppo ed alla progressione delle alterazioni cerebrali su base microangiopatica. Sarà inoltre
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possibile definire più precisamente il ruolo dei vari agenti molecolari, se primariamente coinvolti
nella via biomolecolare o se interagenti o modulanti altri fattori. Utilizzando inoltre marcatori
genetici potrà essere valutato il rapporto genotipo-fenotipo e l’interazione con fattori di rischio
esposizionali sull’espressività fenotipica della malattia. Sulla base della migliore conoscenza dei
meccanismi che portano alla fenotipizzazione delle lesioni patologiche, potranno essere
identificate molecole in grado di antagonizzare l’effetto degli agenti dannosi ed eventualmente in
grado di prevenire o arrestare la progressione del quadro anatomo-clinico. Nella malattia vascolare
acuta la migliore conoscenza della predizione esercitata da queste alterazioni rispetto all’esito
clinico dopo interventi di rivascolarizzazione cerebrale poterà essere un elemento importante nella
selezione dei migliori candidati a tali interventi e nelle decisioni terapeutiche. Potranno essere
studiate molecole in grado di migliorare la perfusione arteriolo-capillare e di correggere il difetto di
auto-regolazione permettendo così di superare l’ostacolo costituito da una microcircolazione
alterata ed inefficiente.
Il responsabile della ricerca
(Prof. Domenico Inzitari)
Sezione di Neuroscienze
Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi
Gruppo per lo Studio delle
Malattie Vascolari Cerebrali
(Coordinatore:Prof. Domenico Inzitari)
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